Uploaded by Martina Vigni

Lezione 5

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LEADERSHIP
Uno dei primi leader della Storia dell’economia occidentale è John Rockefeller che tra l’ottocento e
il Novecento si pronunciò in una celebre frase; “penalizzare chi commette errori in buona fede rischia
di reprimere la creatività, voglio circondarmi di persone capaci di far muovere e scuotere il mondo e
che facciano anche errori”.
Vediamo di capire un po’ meglio questa frase che poi è una frase pionieristica rispetto a una delle
forme di leadership oggi più studiate e più considerati efficaci nella gestione dei gruppi sanità.
Quando parliamo di leadership ci riferiamo alla capacità di un coordinatore di un gruppo di riuscire
a influenzare il comportamento dei suoi collaboratori dei suoi cooperatori in modo da attivarli Affinché
si impegnino verso un obiettivo comune. Riesce a motivarli e a trasmettere entusiasmo per un
obbiettivo comune.
Quando parliamo di leadership è utile parlare di stili di leadership. Infatti vi sarebbero coordinatori
che si caratterizzano prevalentemente per una modalità di coordinamento dei gruppi e coordinatori
che invece si caratterizzano per un altro stile.
I più importanti e i più studiati nel settore sono lo stile transazionale e lo stile trasformazione. Lo stile
di leadership transazionale, è uno stile che si basa sul impartire dei comandi delle indicazioni molto
concrete molto precise, su cosa si dovrebbe fare e i collaboratori svolgono i loro compiti e le loro
attività spesso a compartimenti stagni, senza confrontarsi e sono raramente coinvolti nei processi
decisionali nel gruppo. Quindi è uno stile che non incoraggia molto la creatività, la fantasia e da poco
spazio anche all’autonomia del collaboratore nell’esprimersi, perché il coordinatore da precise
istruzioni su quello che si aspetta. Tende ad utilizzare un sistema di premi e punizioni per influenzare
il comportamento dei propri collaboratori. Premia spesso in termini economici i comportamenti e le
attività desiderate, mentre invece punisce e reprime i comportamenti che non sono in linea con gli
obiettivi proposti.
Questo stile si dice essere più adatto a setting, ambiti, dove sono richiesti obiettivi concreti semplici
spesso a breve termine molto prevedibili
Lo stile invece trasformazione a tempo stile innovativo, uno stile fresco, è uno stile in cui il
coordinatore dà più libertà ai propri collaboratori nella presa di decisioni legate al lavoro. Da loro la
possibilità di commettere errori di sperimentare per prove ed errori, li coinvolge nelle decisioni
soprattutto riesce a trasmettere una Mission, cioè, piuttosto che dare indicazioni concrete su quello
che deve essere fatto ispira una visione condivisa del gruppo per cui fa capire ai propri collaboratori
che si aspetta che siano raggiunti e siano perseguiti determinati valori, più che obiettivi e attività
concrete.
È quindi uno stile di leadership che stimola maggiormente la creatività dei collaboratori, è uno stile
di leadership più complementare, meno gerarchico meno verticale. La letteratura ci dice che lo stile
trasformazionale, a confronto con quello transazionale, tende a correlare maggiormente con la
soddisfazione lavorativa del leader ed i suoi collaboratori. In un gruppo in cui leader si ispiraad uno
stile trasformazionale, abbiamo maggior soddisfazione da parte del leader stesso che dei suoi
collaboratori,
Secondo alcune ricerche lo stile trasformazionale sarebbe più appropriato alle strutture sanitarie.
Dal punto di vista del professore, non pensa possa esserci uno stile più appropriato dell’altro, ma
che uno coordinatore debba saper oscillare tra uno stile e l’altro per adattarsi alla situazione e al tipo
di gruppo che si trova davanti.
Vorrei sentire un po’ da voi. Secondo voi in una struttura sanitaria in un reparto un preciso, quand’è
che può essere più utile adottare uno stile di leadership transazionale? Forse non è poi così da
rigettare in toto, ci sono i contesti in cui può risultare necessario ed efficace.
Ci sono dei posti in cui è necessaria la capacità del leader di sapersi muovere tra i due stili. c’è un
momento in cui serve transazionale, quindi abbiamo il momento in cui la creatività la riflessione e
valori che stanno dietro la professione sono importanti, però ci sono posti in cui bisogna intervenire
rapidamente. Pensiamo presente un pronto soccorso, al dipartimento di emergenza urgenza, oppure
in situazioni ad altissimo rischio nei setting chirurgici, dove chiaramente ognuno deve sapere quello
che deve fare subito senza esitazioni. In questo caso la parte valoriale che sta dietro il lavoro là si
può comunicare in un secondo momento, nelle briefing e nelle riunioni di equipe, però c’è un
momento in cui bisogna ad essere direttivi, chiari e concreti, altrimenti si rischia anche la perdita di
autorevolezza del coordinatore agli occhi dei collaboratori, perché non riesce a prendere in mano la
situazione.
In questo specchietto troviamo a confronto i due stili di leadershi.
Una leadership transazionale:
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Utilizza come premi e punizioni per motivare collaboratori
È uno stile poco elastico
È uno stile che pone proprio enfasi sulla relazione con i subordinati, quindi anche il tono del
leader è molto imperativ, molto direttivo, il non verbale è marcato e a tratti anche autoritario.
È uno stile di leadership reattivo, nel senso che di fronte ai cambiamenti, alle problematiche
cerca di adattarsi, cerca di trovare delle soluzioni.
Mentre invece nella leadership trasformazionale:
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lo spirito di leadership innanzitutto è carismatico e ispira dei valori piuttosto che porre enfasi
su una gerarchia e su una differenza di status
è proattivo, differentemente dal transazionale che reattivo. Lo stile di leadership
trasformazionale e proattivo nel senso che di fronte ai problemi li vede come delle sfide,
come delle occasioni per cambiare, delle opportunità piuttosto che dei problemi.
Allora possiamo dire che la leadership transazionale è più appropriata per un ambiente statico
che non è in mutamento nella sua organizzazione. Un ambiente più dinamico è sicuramente
l'ideale per uno stile trasformazione.
Nel caso della leadership transazionale in genere essendo una struttura piramidale il leader è
uno solo, in quello trasformazionale invece è più di uno.
Facciamo un esempio. Facciamo l'esempio delle squadre di calcio scandinave. Ormai da circa
15 vent'anni è invalsa la tendenza ad avvalersi dello psicologo all'interno del team per cui la
nazionale svedese già da qualche edizione del mondiale si presenta a bordo campo non solo
con l'allenatore tecnico ma sono presenti:
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due allenatori tecnici che curano diciamo più il piano sportivo appunto tecnico
a supporto oltre al medico sportivo hanno introdotto anche la figura dello psicologo sportivo,
che è una persona che conosce i giocatori nella loro personalità. È colui che conosce la
squadra, le dinamiche di gruppo, che motiva la squadra di fronte alle difficoltà.
Quindi in un tipo di setting come questo chiaramente abbiamo una leadership trasformazionale nella
misura in cui non c'è un unico leader che fa tutto ma ci sono figure complementari che si integrano
e che hanno ciascuna il proprio ruolo.
La leadership transazionale è una leadership volta a consolidare la cultura organizzativa cioè
rafforzare lo status e le dinamiche di potere mentre invece la leadership trasformazionale mira a
cambiare l’organizzazione a cambiare le regole del gioco, cambiare i ruoli, a modificarli nell’ottica
sempre del benessere del paziente e degli operai.
Si può dire poi che i leader transazionale è un leader burocrate nella misura in cui esegue delle
pratiche. È un leader carismatico il leader dallo stile trasformazione.
Infine il leader trasformazionale all’indomani fa introdurre nuove strategie e nuovi approcci, nuove
modalità. Nella leadership transazionale viene premiato l’individuo per cui il collaboratore che svolge
un compito secondo le richieste viene premiato. Non viene empatizzato il buon rendimento, ma è un
premio che arriva all’individuo, non arriva al gruppo.
Nella leadership trasformazionale invece il premio arriva in termini di gruppo, cioè il leader
trasformazionale riesce a restituire a tutto il gruppo il buon rendimento effettuato e quindi riconduce
all’apporto di tutti i vari membri del gruppo il risultato.
È chiaro che la leadership trasformazionale ha quindi la prerogativa di rafforzare la coesione di
gruppo molto di più rispetto alla transazionale che invece ha la prerogativa di rafforzare il sistema
gerarchico e la dipendenza dei vari componenti.
Secondo questo modello la leadership trasformazionale si compone di 5 ingredienti:
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un leader trasformazionale è innanzitutto un leader che accoglie le sfide. Facciamo un
esempio: quando due unità operative sperimentano difficoltà di comunicazione la
coordinatrice delle due unità operative cerca di migliorare la relazione tra le due componenti
incoraggiando gli operatori di una unità a svolgere dei turni all'interno dell'altra. Ecco, nella
visione della leader trasformazionale essere fisicamente presente e poter parlare con i
presenti e poter parlare con i colleghi, da ai vari membri del gruppo informazioni utili sui ruoli
che ciascun membro dell'altra unità svolge e questo porta a una cooperazione reciproca,
maggiore empatia reciproca, perché i vari membri delle due diverse unità hanno la possibilità
di sperimentare empatia cioè di conoscere quali sono le difficoltà dei membri della comunità
opposta.
Allora una leader trasformazionale di fronte a problemi comunicativi piuttosto che vederli
come problemi li vede come occasioni.
un leader trasformazionale è un leader che responsabilizza, ma dà anche autonomia. Per
esempio quando la coordinatrice permette al proprio staff di organizzarsi e programmare i
tempi degli interventi da fare nelle camere dei degenti da soli, questa autonomia che viene
concessa agli operatori socio sanitari si traduce in una miglior programmazione dei tour e
quindi le chiamate dei pazienti paradossalmente si riducono, anche perché i pazienti
percepiscono una miglior soddisfazione e benessere degli operatori stessi. Non solo gli
operatori in questo modo si assumono le proprie responsabilità, piuttosto che essere protetti
dalle regole dettate da una persona soltanto, quindi capite bene che responsabilizzare i
collaboratori è fondamentale anche per farli sentire non solo importanti e valorizzati, ma
anche per evitare poi i meccanismi difensivi. Un esempio di meccanismo difensivo è quello
di attribuire al leader i malfunzionamenti. Nel momento in cui un leader trasformazionale
attribuisce responsabilità ed autonomia sta anche chiedendo ai propri collaboratori di farsi
carico degli eventuali errori e difficoltà che potranno nascere da un'organizzazione che hanno
sotto il loro controllo.
un leader trasformazionale è un leader che dà l’esempio. Per esempio è molto importante
quando vogliamo trasmettere trasferire ai nostri collaboratori una visione, un insieme di valori
che noi riteniamo importanti. La prima cosa da fare è farlo noi e fare quei gesti quelle piccole
azioni che noi vorremmo che gli altri facessero per cui per esempio quando una coordinatrice
vuole che il proprio staff si impegni a sedersi accanto al letto dei pazienti ospedalizzati per
trasmettere l'idea che appunto c'è un personale che si prende cura dei loro bisogni e quindi
puntando sul valore empatia verso i pazienti ecco, quando la coordinatrice vuole trasmettere
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quest'idea per alcuni minuti lo deve fare lei. Deve dedicarsi lei stessa a sedersi vicino al letto,
in modo da dare l’esempio come appunto un leader trasformazionale di solito fa.
Per poter trasmettere una filosofia professionale deve arrivare dritto al cuore dei colleghi, dei
collaboratori. Ad esempio, quando una delle sue dottoresse del suo reparto tenne
l'abilitazione professionale, la coordinatrice riconobbe questo risultato importante inviando
un'email di congratulazione ai suoi colleghi di reparto pubblicando la foto della dottoressa
all'interno del dipartimento. Questo piccolo gesto ha motivato altri colleghi e colleghe a
raggiungere risultati simili, ha contribuito al raggiungimento dell’abilitazione da parte di altri
12 dottori e dottoresse nel corso dei tre anni successi.
Infine la leadership trasformazionale consiste nell’esplorare una visione condivisa, ovvero
rafforzare la coesione di gruppo significa anche far capire che ciò che ci accomuna è un’idea
di professione che tutti noi abbiamo. Quando tre delle sue unità operative di terapia intensiva
sono state conglobate in un unico servizio la coordinatrice ha sollecitato il contributo del
personale nel valutare ciò che questa nuova struttura poteva comportare. Ha quindi generato
entusiasmo per le nuove competenze che avrebbero acquisito assistendo i pazienti sia
dentro che fuori l’unità di terapia intensiva e ha spiegato come il paziente e l’organizzazione
ne avrebbero tratto beneficio in generale. Quindi ispirare una visione condivisa significa
motivare le nostre scelte coinvolgere i nostri collaboratori nelle scelte che facciamo e far
intravedere loro le opportunità che stanno dietro alle scelte che noi facciamo per il loro bene
e per il bene del gruppo e dell'attività.
Ci sono però dei rovesci della medaglia, infatti ci sono delle situazioni in cui la leadership si configura
come un processo tossico, quindi diversamente dai due precedenti stili sia esso transazionale o
trasformazionale, la leadership può anche acquisire delle modalità negative, delle modalità che
procurano malessere all’organizzazione e al gruppo.
Labrague è un autore che recentemente ha sintetizzato la letteratura su quella che chiama
leadership tossica e sulla base di osservazioni fatte nei contesti sanitari nei gruppi è arrivato a
formulare quattro diversi sottotipi di leadership disfunzione:
1. la leadership incontrollata: il coordinatore costantemente svaluta i propri colleghi e lo staff
per proteggersi dalle proprie insicurezze, dai propri errori, dalle proprie mancanze percepite.
È un leader rabbioso, ansioso è un leader quindi che ha una facilità alle emozioni negative e
di fronte ai minimi cambiamenti si sente destabilizzato, per cui per esempio si arrabbia
facilmente quando vengono fatte domande o quando i collaboratori desiderano essere
maggiormente coinvolti nelle decisioni. Questi leader non riuscendo a gestire queste
dinamiche non danno attenzioni, non ascoltano, svalutano e punisce a volte anche in
modalità materiale.
2. la leadership narcisistica: un leader narcisista è invece un leader che rende i propri
collaboratori dipendenti, in modo che i suoi successi dipendano esclusivamente da lui. Pone
davanti all’interesse dei propri collaboratori sempre il proprio personale fabbisogno e non
condivide gli errori che fa lo staff. Questa è una modalità comportamentale molto importante
in una leadership trasformazionale, ovvero vedere gli errori, le incongruenze, le difficoltà
come un'occasione di crescita di condivisione. Un leader narcisistico in genere copre gli errori
dello staff e non li sfrutta come proprie come possibili occasioni di cambiamento.
3. la leadership autopromozione: una modalità di leadership invece autopromozionale è quella
di un leader autocentrato manipolatore, un leader che mente per apparire più competente ai
superiori, che tratta in modo asimmetrico i colleghi con favoritismi, soprattutto coloro che gli
sono utili. A volte li schiera anche gli uni contro gli altri in delle modalità che chiaramente
dividono il gruppo e che creano confusione
4. La leadership umiliante: lo stile umiliante è uno stile che potremmo dire all'origine di alcuni
casi di certe forme di mobbing, cioè di violenza verbale sul luogo di lavoro, un comportamento
prevaricatore nei confronti dei colleghi in cui il leader ricorda costantemente gli errori al
proprio staff oppure per esempio svaluta gli occhi di altri colleghi altri colleghi ancora, a loro
insaputa, quindi parla male dei colleghi in loro assenza piuttosto che appunto mettere in
evidenza errori o aspetti su cui su cui concentra
All'interno del compito potrete trovare una domanda aperta per esempio che vi chiede di definire il
concetto di leadership e articolare le differenze tra leadership transazionale e quella
trasformazionale facendo magari degli esempi se riuscite in degli esempi e un'altra domanda
potrebbe invece chiedervi di differenziare le varie forme di leadership tossica una domanda chiusa
invece potrebbe chiedervi di indicare quale tra le seguenti è una caratteristica di un certo tipo di
leadership per cui quale tra le seguenti corrisponde a un comportamento tipico della leadership
incontrollata piuttosto che della leadership umiliante
FOCUS GROUP
In questo nostro ultimo capitolo vorrei trattare un ultimo aspetto che riguarda la vita di gruppo. Vorrei
brevemente introdurre un aspetto che secondo me potrebbe risultarvi utile anche per un lavoro di
tesi, dopo mi spiego meglio.
Il gruppo come strumento di conoscenza, ovvero utilizzare il gruppo per indagare e per valutare un
certo fenomeno.
Al pari di un test, al pari di una risonanza magnetica, al pari di un termometro e di qualsiasi strumento
di misurazione anche il gruppo ci può fornire delle indicazioni. Faccio riferimento qui in modo
particolare a una tecnica o meglio a un metodo che utilizza il gruppo per valutare i fenomeni nato
nell’ambito delle strategie di marketing per la raccolta di informazioni: il focus Group.
Il focus group è un metodo di studio dei fenomeni attraverso la conduzione di gruppi. È un metodo
non standardizzato e si basa su una discussione interattiva focalizzata su un certo tema, da qui
focus Group.
Risulta solo apparentemente informatico, in realtà si basa sulle regole ben precise, su delle strategie
molto accorte che devono essere pianificate in anticipo. C’è un gruppo di persone di ridotte
dimensioni, in genere dai 5 ai 15 individui, e il gruppo viene condotto da un moderatore e in genere
da un osservatore che ha il compito di osservare dall'esterno le dinamiche che emergono,
verbalizzare, quindi trascrivere i contenuti del gruppo durante la discussione.
La discussione è focalizzata su un argomento specifico, che viene fissato preliminarmente prima
della conduzione del gruppo. L'obiettivo è indagare in profondità, con dei metodi specifici, la
percezione e l'opinione, l'atteggiamento, il punto di vista che un certo gruppo bersaglio possiede nei
confronti di un tema specifico.
Perché ho detto che può essere un argomento utile per il lavoro di tesi? Perché se qualcuno di voi
avrà interesse per esempio a condurre una tesi di tipo qualitativo, la metodologia qualitativa
differentemente da quella quantitativa si basa sulla raccolta di informazioni di qualità, quindi si pone
la domanda a che cosa, perché, come, piuttosto che misurare l'intensità di un certo fenomeno come
farebbe un questionario.
Ecco, il focus Group invece utilizza domande aperte, non quantifica, piuttosto cerca di chiarire
problemi. Questo è il setting principale in cui si articola un tipico focus Group: l’idea che sta alla base
della conduzione di un focus Group è l’interazione tra i vari membri che si trovavano seduti in quella
stanza, in quel contesto, guidati da un ricercatore o da un moderatore per far emergere le
informazioni originali.
Cioè, ciascuno di quei membri se si fosse trovato in una intervista con l’intervistatore da solo,
individualmente, probabilmente avrebbe detto delle cose diverse. Invece è il fatto di trovarsi in
gruppo che fa esplodere la potenzialità di questo tipo di indagine, perché le persone hanno la
possibilità di confrontarsi a vicenda.
Quali sono le caratteristiche del gruppo? è molto importante definire a priori i criteri di inclusione ed
esclusione dei partecipanti. Il gruppo dovrebbe essere infatti omogeneo sotto il profilo di vari aspetti
che hanno un ruolo chiave nella problematica oggetto di studio, per cui se per esempio se stiamo
valutando un problema come la presa in carico delle patologie mentali gravi durante la pandemia,
chiaramente dovremmo fissare a priori i criteri di inclusione dei partecipanti al focus, per cui
potremmo decidere di condurre un focus Group con tutti gli operatori dei servizi di salute mentale
del territorio che si sono trovati in prima linea a gestire l’emergenza covid e quindi mantenere
un’adeguata continuità di cura con i pazienti con disturbi psichiatrici cronici e gravi nonostante la
pandemia da COVID-19.
Se vogliamo invece esplorare la percezione che i parenti di persone che hanno un problema acustico
uditivo hanno nei confronti della comunicazione con il loro caro, sicuramente dovremmo inserire
all’interno del focus persone che abbiano queste caratteristiche, che abbiano questo tipo di
situazione familiare.
Le persone dovrebbero avere uno status, un livello di educazione simile. Chiaramente una
discussione di gruppo per poter essere attivata dovrebbe contenere persone che hanno un livello
culturale adeguato ,ma soprattutto simile tra loro, per evitare asimmetrie e per far sì che si possa
costruire durante la discussione un linguaggio condiviso e comprensibile per tutti.
In genere la durata di un focus è di 1-2 ore. È stato sdoganato questo metodo dalla pandemia e il
professore è stato coinvolto all'interno di un progetto sui finanziamenti regionali che ha avuto
l'obiettivo sin dalle prime fasi pandemiche di esplorare la percezione durante le varie fasi della
pandemia di gruppi bersaglio, come studenti universitari, operatori sanitari coinvolti in prima linea,
operatori sanitari invece del territorio, anziani, commercianti ecc.
L’obiettivo è stato quello di esplorare le percezioni che queste diverse popolazioni hanno avuto della
pandemia e l’abbiamo condotti online a causa delle misure del distanziamento sociale. Sono stati
obbligati ad adottare questo metodo soprattutto nelle fasi più acute della pandemia, vi parlo di circa
due anni fa, ma oggi sicuramente in un focus Group da remoto possiamo raggiungere persone che
altrimenti non potrebbero parteciparvi, per cui se io volessi avere una fotografia abbastanza
rappresentativa della situazione di una certa problematica, come è percepita tra operatori di aree
diverse della Toscana, condurrei un focus group in modalità online e certamente mi permetterebbe
di raggiungere più persone contemporaneamente, senza difficoltà organizzative o logistiche.
Per non parlare del fatto che una conduzione online del focus Group ha come vantaggio la possibilità
di videoregistrare, previo consenso informato sottoscritto da tutti i partecipanti, e questo chiaramente
diminuisce la possibilità di distorcere i contenuti raccolti in focus, perché avendo la
videoregistrazione possiamo certamente raccogliere le informazioni in modo più fedele possibile e
trascriverla attraverso dei metodi di analisi qualitativa.
Una di queste analisi è quella tematica e ci consente di isolare dei temi a partire dai trascritti dei vari
partecipanti sulla base delle parole chiave, per esempio quelle più ricorrenti durante le due ore di
discussione.
Se questi sono i vantaggi di un focus Group online, c’è da dire però che chiaramente è più difficile
la conduzione di un focus, per via dell’alternanza dei turni, per non parlare della possibilità di perdere
alcuni messaggi non verbali legati alla postura, agli Stati d’animo dei partecipanti che l’osservatore
del focus Group potrebbe registrare.
In una modalità online questo si potrebbe in gran parte perdere, come è chiaro che sia, per cui
dobbiamo analizzare con attenzione pro e contro dietro la scelta di un focus Group in presenza
oppure online.
Quali sono i campi di applicazione dei focus Group? Sono i più svariati, infatti si può:
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analizzare i bisogni, atteggiamenti, motivazioni e percezioni su certo tema
esplorare la gradevolezza di un certo prodotto, di una terapia di intervento riabilitativo, di un
farmaco in uno specifico contesto.
Per esempio potrebbe essere sviluppato un focus Group nei vostri servizi, ad esempio se siete
interessati a verificare quanto e come è percepito un certo intervento riabilitativo, fisioterapico,
logopedico o di altro tipo, dai vostri utenti o dai familiari e ampliare poi la visuale anche ad altre
persone coinvolte nel problema.
Il focus Group non soltanto permette di analizzare la percezione di un problema, di un aspetto, ma
permette anche di rilevare criticità e quindi di mettere in luce aspetti problematici che necessiteranno
di soluzioni o strategie.
Un’applicazione interessante del focus Group è quella che riguarda la rilevazione di linguaggi e
idiomi. Attraverso un focus Group noi possiamo infatti trascrivere, raccogliere e identificare modi di
dire e modalità espressive. Se per esempio vogliamo cogliere le modalità linguistiche di determinate
categorie di pazienti, il focus Group ci può dare questo tipo di esperienza. Il professore ricorda un
celebre studio fatto da Mayer diverse decine di anni fa, che aveva utilizzato anche delle interviste in
modalità focus Group, per esplorare la percezione che i pazienti di cliniche cardiologiche avevano
riguardo all’ipertensione essenziale, l’ipertensione cronica.
Si era visto che vi erano profili diversi di pazienti, infatti c’erano pazienti che qualificavano e
percepivano l'ipertensione come una malattia acuta e tendevano a curarsi e quindi assumere le
terapie o seguire le raccomandazioni del proprio medico solo fintanto che rientravano nella norma e
quindi percependo la malattia come una malattia acuta, che una volta che i livelli pressori sono
rientrati nel range normale non necessita più di terapie. Questi tendevano ad abbandonare le terapie
non appena gli si ristabiliva la salute con il risultato però chiaramente che questa intermittente
aderenza ai farmaci determinava un rischio aumentato di recidiva.
Vi erano poi invece pazienti che si caratterizzavano per un percezione dell’ipertensione come
malattia cronica e di conseguenza in modo più corretto e realistico seguivano le raccomandazioni a
lungo termine degli operatori sanitari, seguendo le prescrizioni, assumendo i medicinali e le terapie
prescritte e mantenendo uno stile di vita attivo. Questi pazienti, che erano dei pazienti con una buona
aderenza, avevano un minor rischio di ricadute.
Quindi, qual è il setting in un focus Group? In un focus Group in genere il setting è circolare, per
questo vi dicevo in un focus online bisogna stare molto attenti perché chiaramente, a parte che
alcune piattaforme tendono a privilegiare maggiormente l’accensione di telecamere o comunque il
primo piano di persone che parlano più frequentemente durante la discussione con il rischio di
lasciare un po’ in disparte altri membri che partecipano meno. Il setting del focus Group condotto in
presenza tipicamente dovrebbe essere svolto in modalità circolare, con un moderatore a un angolo
o al lato del cerchio e l’assistente che si colloca dalla parte opposta
In altri focus, per esempio in centri di salute mentale territoriali, l’osservatore addirittura si colloca
all’esterno rispetto al cerchio quindi non è neppure visibile resta un po’ dietro le quinte e ha una
visuale ancora più a 360 ° sulle dinamiche che emergono, su chi rimane in ascolto e non parla, su
chi parla di più, su chi aggredisce e su chi si difende e quindi ecco un setting circolare è molto utile
perché ci si vede, tutti possono vedere gli altri e tutti hanno quindi la possibilità in qualche modo di
esporsi e di mettersi in gioco.
Non è quindi il setting di una lezione frontale, è un setting più simmetrico alla pari. Il professore ha
caricato dei filmati su moodle che ritraggono degli esempi di conduzione di focus gruppo.
Ci sono alcune linee operative per la conduzione di un focus Group, una struttura guida e sono
alcune tracce che si possono seguire ma con flessibilità, non in modo rigido.
C’è un introduzione in cui il moderatore introduce la propria figura professionale, il proprio lavoro e
le proprie funzioni e lascia la parola poi ai vari membri del gruppo per cui ciascuno riporta
brevemente una propria descrizione.
Le domande dovrebbero essere preparate in anticipo, quindi un team di esperti sull'argomento,
magari multi professionale, si riunisce e stila una lista di domande a partire da una banca di domande
molto ampie. Arriva tramite selezione a un numero più ristretto di domande che saranno quelle che
hanno ricevuto il massimo accordo tra i vari componenti del team. Le domande finali selezionate a
partire da questa banca più ampia di quesiti saranno le domande che verranno utilizzate come
domande guida, cioè serviranno a stimolare il dibattito.
Le domande devono essere brevi, semplici e chiare se possibile proiettate in PowerPoint o
comunque su una lavagna a fogli mobili o magari sotto forma di schede che vengono fatte girare in
gruppo in modo tale che le persone possano avere il tempo di elaborarle, di memorizzarle.
Le domande che devono essere dirette al gruppo non devono essere rivolte ai singoli membri.
potrebbe essere un errore istintivo e chiaramente ingenuo che un moderatore commette quando
conduce un focus Group, quello di fare un po’ il turno, fare il giro e quindi di porre le domande uno
ad uno ai vari membri del gruppo.
È preferibile invece lanciare nello stagno la domanda stimolo e aspettare che sia il gruppo a reagire,
magari avendo dapprima condiviso un po’ le regole di funzionamento del gruppo, cioè che non si
offende o non si danno giudizi sull’esperienza altrui, sull’opinione altrui, ma ciascuno porta il proprio
punto di vista.
Si rispetta l’alternanza dei turni, se si sente il bisogno di lasciare il gruppo perché un certo argomento
risulta troppo forte e difficile da affrontare lo si può fare, si può interrompere il gruppo in qualsiasi
momento, per non parlare poi del preliminare consenso informato in cui membri del gruppo si
impegnano a mantenere riservate le informazioni che emergono dal gruppo e sono loro stessi tutelati
da queste informativa che firma il professionista riguardo alla protezione dei dati sensibili.
Le domande dovrebbero essere dapprima generali e aperte e quindi dare spazio più possibile a una
libera riflessione piuttosto che indirizzare le risposte verso un ambito preciso e quindi è utile con
domande aperte introdurre espressioni del tipo “in quale contesto, in che modo, quando, quali fattori,
quali aspetti ecc…”.
Bisogna fare una domanda per volta, quindi dare il giusto tempo alle risposte e stare anche diversi
minuti su una risposta da dare, facendo parlare e permettendo a tutti di esprimersi.
Poi può essere utile adottare degli accorgimenti comunicativi che fanno un po’ da collante tra i vari
passaggi della discussione di gruppo. Si possono utilizzare poi delle domande circolari, per esempio
domande che creano rispecchiamento come questa “qualcuno si riconosce nell’esperienza del
signor x?” “qualcuno condivide questo punto di vista? c’è qualcuno invece che ha un’opinione
diversa in tema?” ecco questo può essere un esempio di domanda circolare.
Poi ci sono domande di aggancio che hanno lo scopo di far circolare ulteriormente la conversazione
di gruppo. Possono essere accompagnate poi da domande sintetiche, in cui il moderatore dopo una
serie di interventi che si sono succeduti uno dopo l’altro fa una breve sintesi, restituisce al gruppo i
contenuti principali emersi e poi passa all’argomento dopo e rilancia la discussione dopo aver fatto
una sintesi che fa capire a chi ascolta che il moderatore ha bene in mente l’argomento oggetto di
discussione e il flusso della conversazione.
Quindi le domande sono organizzate nel seguente modo:
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domande generiche, dette domande guida: le domande guida sono domande ampie,
domande che lasciano molta libertà di risposta. Sono domande aperte per esempio “qual è
stato l'impatto della pandemia sulla vostra formazione?” oppure “quale è stato l'impatto della
pandemia nella vostra vita familiare?”, “quali sono stati i comportamenti protettivi che avete
messo in atto nella vostra vita quotidiana” ecco le domande guida sono su macro temi.
Ciascuna domanda guida ha una serie di sotto domande, denominate domande in profondità
o ad ad albero: rappresentano i rami di quello che è la domanda guida. Sono delle domande
più specifiche che vanno più a fondo sull’argomento, per cui nella domanda guida “qual è
stato l’impatto della pandemia nella vostra formazione?” esempi di domande in profondità in
questo caso possono essere “che effetto ha avuto la pandemia sulla possibilità di formarvi
all’estero?” “quali sono stati i vantaggi e gli svantaggi delle nuove tecnologie nella vostra
formazione?” “quali materie si prestano di più alla didattica a distanza?”. Quindi capite bene
che le domande in profondità servono a sviscerare a fondo un certo argomento. È molto utile
fare una lista di domande in profondità. Non è detto che tutte verranno poste al gruppo però
sicuramente rappresentano una riserva di domande importanti soprattutto quando il gruppo
stenta nel dare delle risposte alle domande guida generali, per cui motivare e stimolare
maggiormente una partecipazione del gruppo può essere garantito da questo approccio più
specifico.
Quindi se sarete interessati a svolgere un lavoro di tesi di questo tipo sappiate che il focus Group è
un metodo affidabile un metodo qualitativo, non vi dirà se qualcosa è meno o più intenso rispetto a
prima, ma vi dirà cosa c'è di diverso rispetto a prima.
Qui c’è elenco giusto a titolo di esempio per rendervi un po’ più consapevoli delle possibili
applicazioni della tecnica del focus Group. Come vedete può essere applicato a una miriade di
diverse tematiche in ambito culturale, psico sociale, sanitario, ecc… 7
Questo è un po’ un quadro che ci tenevo a darvi riguardo all’uso dei focus Group, quindi all’uso del
gruppo come lente d’ingrandimento nei confronti della conoscenza di un certo fenomeno e
sinceramente vi consiglio di prendere in considerazione questa modalità di indagine nell'ambito di
un lavoro scientifico. Potrebbe essere molto pregevole per esempio adottare una metodologia mista,
una metodologia quantitativa e qualitativa, quindi per esempio se doveste svolgere un progetto che
riguarda la prevenzione del burnout, da una parte abbinare strumenti quantitativi come maslach
burnout inventory o altre scale accanto a focus Group che sono propri dei metodi qualitativi e quindi
risultano essere utili per integrare informazioni che i metodi quantitativi non riescono amettere in
evidenza.
Ve lo consiglio anche perché ha un effetto molto positivo in termini di coesione del gruppo, cioè
utilizzare il focus Group per rafforzare la coesione del vostro gruppo. È un messaggio potente che
noi diamo come coordinatore alla nostra equipe quando ci avvaliamo di uno strumento che ha lo
scopo di entrare in empatia con il gruppo.
Anche solo il fatto che loro abbiano la possibilità di parlare di come si sentono, di come vivono,
sentirsi coinvolti ha un effetto che sicuramente abbassa l'emotività, soprattutto in quei gruppi dove
si osservano reazioni dinamiche, rabbiose, di ansia, depressive.
Il focus Group è tanto di intervento quanto di valutazione. Nasce come metodo di valutazione ma
poi di fatto indirettamente configura anche in intervento.
Una domanda aperta potrebbe essere descrivere la tecnica del focus Group e delineare un esempio
possibile di focus Group. Quindi potrebbe chiedervi di descrivere degli esempi di domande guida e
di domande in profondità, come organizzereste un gruppo, un certo tipo di problematica con quali
caratteristiche, con quali criteri di inclusione e esclusione dei partecipanti…
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