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La seconda rivoluzione industriale fu il processo industriale che rappresentò la seconda fase di sviluppo
industriale (dopo la prima rivoluzione industriale) e che viene cronologicamente riportato dagli storici al periodo
compreso tra il Congresso di Parigi (1856) e quello di Berlino (1878), giungendo a pieno sviluppo nell'ultimo decennio
del XIX secolo[1], sia pure in concomitanza con la grande depressione di fine Ottocento: in Europa, nel periodo tra
il 1850 ed il 1914, si assistette ad una serie di cambiamenti importanti, che mutarono la vita del continente; le innovazioni
non furono della stessa portata in tutti i paesi: più significative in alcuni, meno evidenti in altri; tuttavia gli Europei
avevano l'impressione di essere giunti ad una svolta.
Nella seconda metà dell'Ottocento l'Europa occidentale infatti estese e consolidò la propria presenza nel mondo. Il suo
prestigio si fondava sulla superiorità nel campo scientifico e tecnologico e sulla potenza industriale e capitalistica,
rafforzato in seguito alla scoperta di nuove fonti di energia, come il petrolio e l'elettricità, all'utilizzo di nuovi sistemi
di comunicazione e di trasporto, al dominio incontrastato del commercio mondiale. Intanto, le grandi potenze europee
portavano a termine le conquiste coloniali, soprattutto in Africa, spinte dal desiderio di procurarsi nuovi mercati di vendita
per i prodotti nazionali e di accaparrarsi materie prime e risorse energetiche a basso costo. A questo prodigioso sviluppo
industriale, che si protrasse fino agli inizi del Novecento e che interessò anche altri Paesi del mondo, come gli Stati Uniti
d'America e il Giappone, è stato dato il nome di seconda rivoluzione industriale.
Il termine industria deriva dal latino industria (-ae), parola composta da endo- (dentro) e -struo (costruire). Il significato
originario di operosità, attività, diligenza acquista alla fine del Novecento l'accezione di "settore manifatturiero".
La rivoluzione industriale in genere è un processo di trasformazione economica che da un sistema
prevalentemente agricolo-artigianale-commerciale porta ad un sistema industriale caratterizzato dall'uso generalizzato
di macchine azionate da energia meccanica, dall'utilizzo di nuove fonti energetiche in sostituzione e per il potenziamento
della forza lavoro operaia e dalla diffusione della fabbrica come principale luogo di produzione nel quale si concentrano
i mezzi di produzione (forza lavoro e capitale). Ne consegue un notevole incremento, quantitativo e qualitativo, delle
capacità produttive di un Paese.
La rivoluzione industriale comporta una profonda ed irreversibile trasformazione che parte dal sistema economico fino a
coinvolgere il sistema produttivo nel suo insieme e l'intero sistema sociale. L'apparizione della fabbrica e della macchina
modifica i rapporti fra gli attori produttivi. Nasce il capitalista industriale, imprenditore proprietario della fabbrica e dei
mezzi di produzione, che mira ad incrementare il profitto della propria attività e conseguentemente si viene a formare
la classe operaia che riceve, in cambio del proprio lavoro e del tempo messo a disposizione per il lavoro in fabbrica,
un salario.
All'interno della più generica definizione di rivoluzione industriale va fatta una distinzione fra prima e seconda rivoluzione
industriale. La prima, iniziata alla fine del settecento in Inghilterra, riguarda prevalentemente il settore tessile metallurgico ed è connessa all'introduzione della macchina a vapore, che potrà avvalersi della grande disponibilità di
carbone delle miniere.
La seconda rivoluzione industriale, che sia pure in tempi diversi a seconda dei paesi, prende avvio attorno alla metà del
secolo XIX, si sviluppa con l'introduzione dell'acciaio, l'utilizzo dell'elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio.
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