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Pirandello e Nietzsche: Relativismo e Prospettivismo

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Pirandello e Nietzsche: rela2vismo conosci2vo e prospe6vismo
Così è (se vi pare), 1917. Tra$o dalla novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero, il dramma
racchiude già nel 5tolo la problema5ca che Pirandello vi affronta: l'impossibilità di avere una visione unica
e certa della realtà.
Il tema viene esplicitato fin dalle prime parole di Lamberto Laudisi (il personaggio che, in realt,à è il portavoce
dell'autore), poste all'inizio dell'opera: «Io sono realmente come mi vede lei. Ma ciò non toglie, cara signora
mia, che io non sia anche realmente come mi vede suo marito, mia sorella, mia nipote e la signora qua».
In queste parole si può cogliere l’analogia con il prospeGvismo di Nietzsche.
«Non esistono faE, ma solo interpretazioni di faE» (FrammenH postumi), dice Nietzsche. Il mondo ha
quindi innumerevoli sensi che derivano da vari angoli prospe9ci. Il mondo è come un «testo misterioso e
non ancora decifrato» e la conoscenza è ermeneu=ca, interpretazione, non mera registrazione e presa d’a$o
della realtà.
«Sono i nostri bisogni che interpretano il mondo: i nostri is1n1 e il loro pro e contro. Ogni is1nto è una specie
di sete di dominio, ciascuno ha la sua prospeEva, che esso vorrebbe imporre come norma a tuE gli altri»
(FrammenH postumi).
Non esiste la verità come corrispondenza ad uno stato di cose, la verità, come per Kierkegaard in cui la verità
è “verità per me”, non è un faCo ogge9vo, ma fruCo di una decisione personale.
Il prospe9vismo di N. è stato accostato al cri=cismo di Kant in quanto entrambi danno forma al caos, ma il
primo lo fa con le forme a priori che cos5tuiscono l’unica chiave di le$ura della realtà, il secondo con
molteplici interpretazioni, generate dai bisogni e dagli interessi lega5 all’is5nto di conservazione e alla
volontà di potenza.
Questo spiega anche la cri=ca di N. alla scienza moderna:
• per il suo modello matema=co-meccanicis=co della natura, che è invece polimorfa e la cui
considerazione deve essere libera e plurale;
• per la sua eccessiva specializzazione e conseguente incapacità di offrire una visione complessiva del
mondo e della realtà;
• per il suo determinismo: richiamandosi alla cri5ca del principio di causalità messa in a$o da Hume,
N. ri5ene che la causalità sia posta dall’uomo per un’esigenza di regolarità che dipende dalla sua
fragilità psicologica.
Le varie interpretazioni non sono equivalen5, i criteri di scelta consisteranno nella salute e nella forza, cioè
nella vita stessa come volontà di potenza, come capacità dionisiaca di acceLare la tragicità dell’esistenza
e saper vivere senza certezze né fedi assolute (ci soffermeremo su ques5 singoli aspeG).
Trama: La vicenda si svolge nel salo$o e nell'aGguo studio del Consigliere Agazzi, dove un gruppo di persone
della "buona società” è intento al rito borghese della conversazione. Quando si viene a parlare del nuovo
impiegato della prefe$ura e del suo misterioso ménage familiare, il tono della conversazione si accende, la
curiosità delle donne diventa irrefrenabile. Perché il signor Ponza, impiegato della prefe$ura trasferito in una
nuova ci$à, ha affi$ato due appartamen5 (uno per sé e la moglie, l'altro, al piano di so$o, per la signora
Frola, sua suocera) e non perme$e alla signora Frola, sua suocera, di vedere sua figlia? Al presentarsi della
signora Frola e successivamente del signor Ponza, il saloCo diventa un tribunale e la conversazione si
trasforma in un processo. Essi sono, per così dire, “invita5 a deporre”. Sulla scena, che il cri5co Giovanni
Macchia ha definito “la stanza della tortura”, si svolge, quindi, un'inchiesta, un'indagine, un processo: i due
protagonis5, personaggi mar5rizza5, sono portatori di una tragedia, di una sventura di cui non vogliono
parlare, mentre tuG si accaniscono contro di loro per sapere la verità.
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La signora Frola e la moglie del signor Ponza comunicano tra di loro esclusivamente tramite dei foglieGni
cala5 in un paniere; il fa$o suscita, ben presto, la curiosità prima dei vicini, poi di tu$o il paese. Si apre quasi
un'indagine colle9va finché il signor Ponza e la suocera non rivelano la loro verità.
La signora Frola sos5ene che il genero è impazzito, crede di essere rimasto vedovo e di essersi risposato con
un'altra donna; perciò, lei è costre$a a mantenere i rappor5 con la figlia di nascosto. Il signor Ponza, invece,
asserisce che è la suocera ad essere impazzita e, non volendo acce$are la morte della figlia, si os5na a
considerare tale la seconda moglie di Ponza; lui, per assecondare questa follia, deve impedire che le due
donne si incontrino.
I due protagonis5 (gli “inquisi5”) rimangono os5natamente chiusi nel loro doloroso mondo e nei loro
affe9 gelosi.
Le persone più in vista del luogo si accaniscono però a voler conoscere la verità, chiamando in causa perfino
il prefeCo. Nemmeno l’apparizione della giovane signora Ponza chiarirà il mistero.
Questo dramma, infaG, è forse il testo in cui il rela5vismo conosci5vo pirandelliano emerge con maggiore
forza a causa delle estreme conseguenze a cui l’autore porta le sue riflessioni. Oltre alla visione della verità
come, di faCo, inesistente di per sé, l'altra novità sta nel mancato scioglimento della vicenda. La signora
Ponza è un personaggio misterioso, impenetrabile, ves5to di nero e col volto velato, che porta inquietudine
e disagio in quel salo$o della normalità. L'esistenza di pun= di vista differen= sulla vicenda rende
impossibile la conoscenza della verità, ma ha come conseguenza anche l’a$eggiamento della donna che
dichiara: «Qui c'è una sventura... che deve restar nascosta, perché solo così può valere il rimedio che la
pietà le ha prestato». È la pietà, dunque, che perme$e di comprendere la dimensione tragica che si cela in
ciò che appare comico ed è anche per questo che la signora Ponza acce$a propria condizione: «lo sono colei
che mi si crede».
La risata finale di Laudisi («Ed ecco, o signori, come parla la verità. Siete contenH? Ah, ah! Ah!» sembra voler
suggerire l'inu5lità dell'indagine voluta dalla “buona società” incapace di capire che l'uomo non può essere
rinchiuso in alcun ruolo definito e defini=vo.
Così è (se vi pare) può essere considerato come un dramma che segna il passaggio dalla precedente
produzione teatrale pirandelliana, ancora tradizionale, a quella successiva, imperniata sul metateatro e sulla
completa disgregazione del personaggio. Qui, infaG, assis5amo ancora a una rappresentazione
apparentemente tradizionale, in cui la chiave della storia sembra possa trovarsi assieme alla soluzione del
mistero. Ma, giun5 alla fine, scopriamo che non è così: il rela=vismo conosci=vo pirandelliano sta
prendendo il sopravvento e sta occupando la scena non solo come componente tema=ca ma anche in
modo più profondo e struCurale. La vicenda irrisolta dei tre personaggi, dei quali non sapremo mai la vera
natura, è già una presa di posizione (come poi sarà, ancor più radicale, nei Sei personaggi) sul fa$o che non
c'è un'unica e defini=va soluzione della vicenda rappresentata, non esiste una verità ogge9va e valida per
tu9, ma tante verità quan= sono i pun= di vista: ognuno può scegliere quella che preferisce, in ogni caso
la verità è ina9ngibile.
Pirandello e Nietzsche: incomunicabilità. Linguaggio e tragicità della vita
Il linguaggio secondo Pirandello risente di tale precarietà ed è fonte di incomunicabilità, poiché non sempre
le parole che ciascuno adopera hanno lo stesso significato per gli altri.
Anche Nietzsche, nel saggio del 1873, pubblicato postumo e in5tolato Su verità e menzogna in senso extra
morale, cri5ca la concezione posi5vista della verità e sviluppa alcune considerazioni sul linguaggio.
La complessità del mondo, messa in luce dalla comprensione tragica, viene per così dire tradita dal linguaggio
umano, che è un insieme di convenzioni arbitrarie che servono a descrivere il mondo, a dare un nome alle
cose, a dare ordine al caos e riordinare la realtà per rassicurare l'essere umano. Nel linguaggio è fondata
una delle più grandi illusioni della civiltà occidentale, la quale, dimen5cato il suo caraCere convenzionale,
pensa da un lato che esso colga la realtà delle cose, che arrivi a descriverle per come esse sono e che,
dall'altro, l'unica descrizione "vera" del reale sia quella prodoCa dal linguaggio.
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Ma il linguaggio non è quindi in grado di cogliere adeguatamente l'incessante divenire delle cose. Le parole,
sempre uguali a loro stesse, non possono comprendere la realtà nel suo ininterroCo movimento. Inoltre, il
linguaggio che usiamo è un sistema di parole, espressioni, significa5 (Nietzsche parla di un «mobile esercito
di metafore») liberamente o arbitrariamente inventato, al pari di altri possibili sistemi linguis5ci, in quanto
tale non può essere preso come l'unico strumento valido a descrivere il mondo.
In questo senso per Nietzsche non esiste la verità: il mondo che conosciamo, e di cui parliamo, è una nostra
descrizione del mondo aCraverso le parole, o meglio una nostra interpretazione. Dipende dalla prospe9va
che assumiamo, ciò che chiamiamo verità è solo una combinazione, un gioco di carte, in cui ogni carta è
usata secondo il significato convenzionale che assume in un determinato gioco (il tre di picche o la regina di
quadri non hanno lo stesso valore e significato se si gioca a poker o a scala quaranta).
Il linguaggio, tuCavia, è una finzione necessaria, che consente agli uomini di costruire, all'interno di una
realtà fluida, sempre diversa, dei momen= stabili, dei pun= fermi, ovvero dei conce9, indispensabili per
nominare le cose e per comunicare: l'importante però è capirne i limi=, senza aCribuire il valore di verità
assoluta a ciò che il linguaggio designa.
Cfr. anche N. come “scriba del caos”.
Il nichilismo
«Che cosa significa nichilismo? Significa che i valori supremi si svalutano. Manca lo scopo. Manca la
risposta al perché» (La volontà di potenza).
Nel linguaggio comune si parla di nichilismo per indicare gli a$eggiamen5 rinunciatari, distruGvi o
autodistruGvi che derivano dal rifiuto dei valori e delle is5tuzioni esisten5.
Il termine deriva dal la5no nihil, ossia nulla, e viene usato a par5re dal XVIII secolo, per designare, spesso con
inten5 polemici, a$eggiamen5 di cri=ca radicale e di negazione dei valori condivisi. Il nichilismo è uno dei
temi centrali della filosofia di Nietzsche, anche se assume nelle sue opere sfumature di significa5 che
sfuggono a una definizione univoca.
In generale Nietzsche usa il termine in due accezioni, una nega=va e una posi=va:
1. nel primo senso “nichilismo” è la negazione della vita, propria del cris=anesimo e di ogni filosofia
della trascendenza: affermando un «mondo di là dal mondo», queste filosofie negano il mondo reale,
la vita, la naturalità;
2. nel secondo senso, il termine è usato in riferimento alla crisi dei valori, allo sconvolgimento epocale
espresso dal filosofo con la metafora della «morte di Dio». Di fronte alla negazione dei valori storici,
come vedremo, la reazione immediata è uno stato psicologico caraCerizzato da senso di vuoto e di
smarrimento, che si traduce in rassegnazione e inaGvità (nichilismo passivo: in questo senso il
nichilismo è un vicolo cieco, se assunto come rassegnazione e rinuncia alla vita, che travolge i deboli
facendoli soccombere all’insensatezza) e che deve però essere superato dal nichilismo a9vo, ossia
dalla gioia di essere finalmente liberi da tuG i dogmi impos5 dall'alto e padroni del proprio des5no,
del senso della propria esistenza.
Nel XX secolo il termine è stato ripreso dal filosofo Mar=n Heidegger, per il quale il nichilismo è la cifra della
società di massa dominata dalla tecnica, in cui gli esseri umani si stanno trasformando in cose tra le cose.
Riepilogando, quindi, con questo termine si intende:
• “la volontà del nulla”, che scaturisce dalla fuga e dal disgusto nei confron= della realtà (è
l’a$eggiamento del platonismo e del cris5anesimo che pongono l’essere vero in un presunto aldilà e
considerano questo mondo come un male da cui fuggire, un nulla da negare o da ridurre a niente);
• la situazione dell’uomo moderno e contemporaneo che ha rinunciato ai valori supremi, di Dio,
dell’Uno, del Vero, del Bene e avverte lo sgomento del vuoto e del nulla. L’essere non è Uno (cioè
una totalità ordinata), né Vero (in quanto non esiste una verità assoluta connaturata agli en5), né
buono (perché la realtà non si conforma alle nostre aspe$a5ve e5che). Questa scoperta fa piombare
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l’uomo nell’angoscia nichilis=ca, vista come stato psicologico che causa maggiore sofferenza nel
post-cris5ano. Ma l’equivoco del nichilismo sta in questo: dire che il mondo non abbia un senso
metafisico o provvidenziale, non vuol dire che non abbia senso. Il significato del mondo non è una
struCura metafisica già data, ma un prodoCo della volontà di potenza che prepara il suo sì alla vita.
N. dis5ngue il nichilismo in:
• incompleto: distrugge i vecchi valori, ma ne crea di nuovi sempre in un’oGca fideis5ca o metafisica:
o in ambito poli=co: nazionalismo, socialismo, anarchismo;
o in ambito scien=fico: storicismo e posi5vismo;
o in ambito ar=s=co: naturalismo francese.
• completo (o nichilismo vero e proprio):
o passivo: è un segno di debolezza; è proprio di chi subisce la crisi dei valori, senza reagire; è
l’aCeggiamento =pico degli spiri= deboli e succubi; energia stanca che prende a$o della
decadenza dei valori e si crogiola nel nulla, senza pun5 di riferimento nella vita;
o a9vo: è un segno di forza; è proprio di chi prende parte al processo nichilis=co e lo porta a
compimento; si esercita come “forza violenta di distruzione”.
Il nichilismo aGvo aiuta cioè ad abba$ere i valori che stanno già cadendo, ma dà inizio ad una
trasvalutazione dei valori, cioè ad una costruGva creazione di nuovi valori; capisce che non
esiste un senso già dato, ma che il senso deve essere umanamente inventato («DARE UN
SENSO: questo compito resta assolutamente da assolvere, posto che nessun senso vi sia già»,
Frammen1 postumi)
Da mo=vo di luCo e disperazione, il nichilismo diventa opportunità, occasione per la nascita dell’Oltreuomo che si colloca oltre l’orizzonte platonico-cris5ano e si afferma come volontà di potenza, cioè come
capacità crea5va libera da ipoteche metafisiche.
N. giungerà così al superamento del nichilismo, responsabilizzando l’uomo come fonte dei valori e dei
significa=.
«Ogni specie di pessimismo e di nichilismo diventa nella mano del più forte soltanto un martello e uno
strumento in più per acquisire un nuovo paio di ali» (FrammenH postumi)
«Guardare negli occhi il nichilismo significa non subirlo ma andare oltre. La morte di Dio, infaE, apre le
porte alla possibilità di far sbocciare nuovi valori. L'essere umano che libera la propria volontà di potenza
non vive più tra i fantasmi di una tradizione ingannevole e illusoria, ma si trasforma in un uomo nuovo che
annulla il nulla, producendo prospeEve di senso: il crepuscolo degli idoli è l'inizio di una nuova era, l'era
dell'oltreuomo, in cui "noi siamo diventaH uomini e quindi vogliamo il Regno della Terra"» (Così parlò
Zarathustra).
Resta aperta un'ul5ma domanda: potrà mai esistere un uomo capace di sopravvivere senza un senso e valori
trascenden5 e capace di creare di volta in volta i propri valori, i propri orizzon5 di senso?
Fon=:
Abbagnano-Fornero, L’ideale e il reale, pp. 312-316
M. Sambugar- G. Salà, Laboratorio di leLeratura, pp. 432-438.
AA.VV., Prima filosofare, pp. 175, 185-186, 21
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