CAPITOLO EXTRA - BASILEA 3 E 3.5: LE PRINCIPALI NOVITA’ La crisi finanziaria e le debolezze di Basilea 2 La crisi del 2007-2009 in poche righe Gli anni antecedenti la crisi bancaria del 2007-2009 sono stati caratterizzati da un elevato grado di liquidità nei mercati finanziari (cioè un eccesso di fondi da parte degli investitori), determinato da un contesto di tassi di interesse molto ridotti, che, a sua volta, ha favorito gli investimenti e la crescita economica. L'eccesso di liquidità ha intensificato il ricorso all'indebitamento da parte di tutti i soggetti economici, dei quali, in particolar modo le famiglie, hanno incrementato gli investimenti immobiliari. Inoltre, l'espansione dell'offerta di credito da parte delle banche è avvenuta anche cedendo attività preesistenti e il relativo rischio di credito mediante operazioni di cartolarizzazione. Sono perciò emersi tre elementi di fragilità: un elevato grado di leva finanziaria caratterizzante i processi di securization, visto che i titoli strutturati derivanti da una cartolarizzazione non venivano collocati direttamente agli investitori ma acquistati da una società-veicolo che a sua volta emetteva titoli (c.d. ABS fino a sfociare in CDO); un’inadeguata valutazione dei prestiti ceduti, visto che numerosi investitori facevano pieno affidamento sulle agenzie di rating internazionali, nonostante lo spread molto elevato che avrebbe dovuto sollevare qualche dubbio circa il merito creditizio; una scarsa attenzione al rischio di credito dei titoli cartolarizzati, derivante dalla convinzione delle banche di poter cedere i titoli in pochi giorni, mentre durante la crisi vendere titoli era diventato molto difficile, a meno di non subire decurtazioni di prezzo. Su questi elementi si è innestata, a partire dal 2007, la crisi. La scintilla si è verificata nel segmento dei mutui immobiliari subprime, poiché la riduzione dei valori delle case e il rialzo dei tassi ha portato ad avere un valore dell'immobile inferiore al valore del debito (negative equity). Si è così diffusa l'aspettativa che i debitori avrebbero smesso di adempiere alle proprie obbligazioni, generando un crollo della domanda di titoli strutturati garantiti da mutui (MBS) e rendendo di colpo illiquido tale settore di mercato. Qualità e livello del capitale Molte delle banche in crisi presentavano un coefficiente patrimoniale largamente superiore al minimo imposto dal Comitato di Basilea (es., Tier 1 pari all’8%, quando ad allora il minimo era del 4%). Nonostante una dotazione patrimoniale superiore a quella minima regolamentare, i mercati avevano smesso di investire nelle banche, poiché una consistente porzione del patrimonio di vigilanza era data da strumenti “ibridi” (cioè che combinano caratteristiche sia del capitale azionario che obbligazionario). Tuttavia, gli investitori consideravano questi strumenti esclusivamente come capitale di debito (quindi obbligazioni) ed erano consapevoli che le banche avrebbero continuato a pagare interessi e rimborsare il capitale associati a questi strumenti, anche in caso di crisi, per non avere ripercussioni sulle future possibilità di raccolta. Pertanto, questi titoli si sono rivelati inefficaci per la copertura delle perdite subite dalle banche. Prociclicità e incremento della leva Un limite di Basilea 2 era la sua tendenza ad accentuare le fluttuazioni del ciclo economico. Infatti, in presenza di fasi economiche recessive, cioè quando le banche si trovano a fronteggiare rischi più elevati, la regolamentazione di vigilanza imponeva maggior capitale. Di fatti, i coefficienti patrimoniali di Basilea 2 prendevano a riferimento l'attivo ponderato per il rischio. Tuttavia, l’aumento dei requisiti costringeva le banche a reagire diminuendo l'offerta di credito o vendendo titoli e poiché tutte le banche cominciarono a ridurre il credito, le difficoltà furono accentuate. Liquidità Uno dei principali problemi delle banche nel corso della crisi è stato l'insufficienza di attività finanziarie liquide con cui far fronte ai deflussi di cassa imprevisti (rischio di liquidità). Basilea 2 non trascurava il rischio di liquidità, ma lo trattava all'interno del secondo pilastro. Non, quindi, attraverso un requisito esplicito e uniforme per tutte le banche, ma con un pressante invito a tenerlo sotto controllo. Tale rischio, infatti, non si prestava ad essere coperto interamente con il patrimonio, bensì controllato attraverso limiti alla struttura per scadenza di attivo e passivo. Banche sistemiche Nel corso della crisi, diverse banche furono salvate dallo Stato per il timore che un loro fallimento avrebbe provocato una crisi generalizzata. Si trattava infatti di “istituzioni finanziarie importanti a livello sistemico”, poiché fortemente interconnesse con altre istituzioni finanziarie. Un altro limite di Basilea 2 era infatti l’assenza di requisiti più elevati per le banche “sistemiche”. Rischio di mercato sul trading book Durante la crisi, numerose banche hanno subito perdite rilevanti sulle attività inserite nel portafoglio di negoziazione (trading book). Le autorità di vigilanza di Basilea avevano autorizzato banche ad utilizzare modelli interni per il calcolo dei requisiti sul rischio di mercato. Ciò aveva provocato due problemi: negli anni antecedenti la crisi, la presenza di mercati liquidi aveva indotto le banche a calibrare i propri modelli VaR in maniera ottimistica; al peggiorare della situazione, i requisiti patrimoniali dettati da questi modelli si sono rivelati insufficienti; molti strumenti finanziari erano stati inseriti nel portafoglio di negoziazione per beneficiare di operazioni di arbitraggio; se fossero stati inseriti nel banking book avrebbero creato meno difficoltà (poiché avrebbero previsto un VaR al 99,9% a un anno anziché al 99% a dieci gg). Il sistema di Basilea 3 I principali elementi introdotti dal nuovo schema di adeguatezza patrimoniale delle banche, noto come Basilea 3, sono i seguenti: maggiore qualità del capitale, perseguita attraverso una nuova ridefinizione del patrimonio di vigilanza; nuove misure contro la prociclicità, attraverso l’introduzione di due requisiti patrimoniali addizionali: il capital conservation buffer e il country-cyclical buffer, quest’ultimo a discrezione delle autorità di vigilanza; l'introduzione di un nuovo requisito minimo di capitale, noto come leverage ratio; l'introduzione di nuovi coefficienti minimi a presidio del rischio di liquidità: liquidity coverage ratio e net stable funding ratio; l’introduzione di nuovi requisiti a fronte del rischio di mercato e del rischio di controparte; una più stringente normativa per le banche di rilevanza sistemica. Di seguito sarà analizzato punto per punto. La nuova definizione del patrimonio di vigilanza Con Basilea 3, la definizione di patrimonio di vigilanza diviene più restrittiva, allo scopo di perseguire l’obiettivo di incrementare e migliorare qualitativamente la dotazione patrimoniale delle banche. Il Comitato interviene sui principali aggregati del patrimonio di vigilanza: il patrimonio di base (Tier 1), aumentandone il requisito da 4% a 6%, resta invariato il patrimonio addizionale (Tier 2), e viene eliminato il c.d. Tier 3, formato prevalentemente da prestiti subordinati a breve termine e originariamente ammesso per la copertura del solo rischio di mercato. La somma del Tier 1 e del Tier 2 costituisce il total capital, che deve raggiungere almeno l’8% degli attivi ponderati per il rischio. Il Tier 1 è detto going concern capital (capitale di un'azienda in esercizio) visto che può coprire le perdite lasciando la banca proseguire la propria attività, senza il bisogno di metterla in liquidazione. Esso si compone di: common equity Tier 1 (CET1): composto da azioni ordinarie, riserve di utili non distribuiti e altre riserve palesi, al quale Basilea 3 attribuisce un ruolo prevalente dovendo ora essere pari al 4,5% dell’attivo ponderato per il rischio; addiotional Tier 1 (AT1): composto da altri strumenti del Tier 1, i quali devono rispettare alcuni importanti criteri, come la subordinazione dei titoli, l’assenza di garanzie della banca… Il Tier 2 è detto gone concern capital, visto che esso può assorbire le perdite soltanto se la banca viene preventivamente messa in liquidazione. Esso comprende un'unica categoria di strumenti, cioè i prestiti subordinati caratterizzati da una scadenza originale di almeno 5 anni. Il Tier 2 può essere pari al massimo al 100% del Tier 1, che a sua volta deve essere pari ad almeno il 50% del patrimonio totale. Basilea 3 comporta altresì l’applicazione, in sede di calcolo del common equity, di una serie di deduzioni prudenziali più rigorose (es. per le imposte differite) e una graduale esclusione dal patrimonio di vigilanza degli strumenti innovativi di capitale giudicati non sufficientemente “solidi” dal Comitato. Nuove misure contro la prociclicità Basilea 3 introduce due principali meccanismi contro la prociclicità, entrambi rivolti a far sì che le banche accantonino capitale in eccesso rispetto al minimo regolamentare durante le fasi di espansione. Il primo meccanismo è il capital conservation buffer - Esso prevede un cuscinetto aggiuntivo di capitale, con l'obiettivo di dotare le banche di una riserva patrimoniale addizionale con cui fronteggiare le fasi più critiche del ciclo economico. Gli istituti che ancora non hanno accantonato tale cuscinetto sono soggetti a limitazioni nella distribuzione dell'utile. Si tratta di limitazioni tanto più severe quanto più ampio è il divario rispetto al requisito totale. Per effetto di questo meccanismo, le banche dovranno accantonare il CET1 per una percentuale pari al 2,5 dell’attivo ponderato, che consentirebbe di accumulare fino al 7% in termini di CET1 e fino 8,5% in termini di Tier 1. Nelle fasi negative, questo cuscinetto potrà essere utilizzato per coprire le perdite senza incidere sull’operatività della banca. Il secondo meccanismo è noto come counter-cyclical buffer – Si tratta di un requisito di capitale aggiuntivo e varia tra lo 0% e il 2,5% degli attivi ponderati. Saranno le singole autorità nazionali a imporlo, assicurando che le banche accumulino ulteriore capitale aggiuntivo nei momenti di maggiore crescita economica e siano quindi in grado di affrontare le fasi negative del ciclo senza interrompere il finanziamento all'economia. Quando applicato, tale requisito verrà preannunciato con un anno di anticipo, così da evitare bruschi shock alle banche e ai mercati. Il nuovo requisito di leva finanziaria Il Comitato di Basilea ha introdotto un nuovo requisito minimo di capitale, noto come leverage ratio, dato dal rapporto tra il patrimonio di base (Tier 1) e il totale dell’attivo non ponderato per il rischio, comprensivo delle esposizioni fuori bilancio. Tale rapporto deve essere almeno pari al 3%, da cui deriva un limite massimo di leva finanziaria pari a 33,3. Analiticamente: 𝑙𝑒𝑣𝑒𝑟𝑎𝑔𝑒 𝑟𝑎𝑡𝑖𝑜 = 𝑇𝑖𝑒𝑟 1 ≥ 3% 𝐴𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒𝑟𝑎𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑟𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑜 I nuovi requisiti sulla liquidità I problemi di liquidità sperimentati da numerose banche nel corso della crisi hanno spinto il Comitato di Basilea a proporre l'introduzione di due coefficienti minimi di liquidità. Non si tratta di requisiti patrimoniali, ma di regole di vigilanza prudenziale che impongono alle banche di mantenere un livello minimo di attività liquide. Tali coefficienti sono il liquidity coverage ratio e il net stable funding ratio. Liquidity coverage ratio (LCR) Si tratta di un vincolo relativo alla liquidità di breve periodo, diretto ad assicurare che una banca mantenga un volume di attività liquide di alta qualità (A.L.A.Q.) in misura sufficiente a fronteggiare uno scenario di tensione e di crisi. Esso richiede che il rapporto tra le A.L.A.Q. e i deflussi di cassa netti attesi nei successivi 30 giorni ad uno scenario di stress (𝐷𝐶 ) risulti sempre almeno pari a uno. Si tratta quindi di un rapporto minimo tra una variabile di stock e una variabile di flusso, richiedendosi che la prima sia almeno pari alla seconda. Analiticamente: 𝐿𝐶𝑅 = 𝐴. 𝐿. 𝐴. 𝑄. ≥ 1 (𝐷𝐶 ) L'obiettivo di questo indicatore è quello di spingere le banche a mantenere un adeguato livello di attività prontamente liquidabili per resistere ad una situazione di stress, crisi o tensioni. Il rapporto minimo deve essere rispettato su base continuativa e consolidata. A.L.A.Q. – Le attività possono essere considerate liquide e di alta qualità quando sono agevolmente e rapidamente trasformabili in liquidità con una perdita di valore minima o nulla. Per essere tali, devono rispettare sei caratteristiche: basso rischio di credito e di mercato: ad esempio, elevato merito di credito dell'emittente, bassa duration e volatilità; facilità e certezza di valutazione, la quale deve essere basata su un modello di pricing semplice, che non richieda ipotesi impegnative; bassa correlazione con attività rischiose: le attività liquide di alta qualità non devono essere caratterizzate dalla tendenza a perdere valore nelle fasi di stress dei mercati; quotazione in un mercato sviluppato: la presenza di un mercato ampio e attivo garantisce la possibilità di vendere rapidamente le attività ad un prezzo cospicuo; mancanza di vincoli, poiché le attività non devono essere in alcun modo già impegnate a garanzia di passività della banca; ammissibilità allo sconto presso la banca centrale, grazie alla quale le attività sono convertibili in liquidità non solo attraverso una vera e propria vendita ma anche mediante anticipazioni da parte della banca centrale. Lo stock di attività liquide di alta qualità detenuto da una banca si ottiene moltiplicando i valori di bilancio delle diverse categorie di attività per un fattore di ponderazione fissato a livello internazionale dallo stesso Comitato di Basilea, che tiene conto della qualità di ciascun tipo di attività. Il Comitato ha fornito un elenco di massima delle attività che possono essere classificate come A.L.A.Q. distinguendo tra: attività di livello 1 (qualità più alta): contante, attività a breve, riserve presso la banca centrale se utilizzabili in periodi di stress … attività di livello 2 (ammesse per non più del 40%): corporate bonds, covered bonds … Deflussi netti di cassa - Questa variabile deve essere calcolata come differenza tra deflussi e afflussi attesi nei successivi 30 giorni ad una situazione di crisi. Questa differenza rappresenta lo squilibrio nella posizione netta di liquidità di una banca nel periodo di stress considerato. I deflussi sono calcolati moltiplicando le passività per la percentuale di previsione di richiesta di rimborso; gli afflussi sono calcolati moltiplicando le varie categorie di attività per i tassi ai quali ci si attende che confluiscano in entrata. Anche per i deflussi, il Comitato fornisce alcune indicazioni per lo scenario di stress sulla base del quale ogni banca deve stimare i deflussi. Ad esempio, peggioramento dei rating, fuga dei depositi, aumento della volatilità di mercato… Net stable funding ratio (NSFR) Si tratta di un requisito diretto a promuovere un rapporto equilibrato tra le fonti di finanziamento stabili e il fabbisogno di fondi determinato in funzione della scadenza e del grado di liquidità Esso richiede dunque che il rapporto tra l’ammontare della provvista stabile disponibile (available stable funding, ASF) e il l’ammontare della provvista stabile necessaria (required stable funding, RSF) sia sempre superiore all'unità. Analiticamente: 𝑁𝑆𝐹𝑅 = 𝐴𝑆𝐹 > 1 𝑅𝑆𝐹 L'obiettivo di questo requisito è quello di indurre le banche a non fare eccessivo affidamento su risorse finanziarie a breve termine, incoraggiando ad una migliore valutazione del rischio di liquidità e prevenendo potenziali squilibri nella struttura per scadenze dell’attivo e del passivo. Le banche devono rispettare tale coefficiente in modo continuativo e su base consolidata. ASF – È la somma di quattro importanti elementi del passivo: patrimonio netto (comprensivo di Tier 1 e Tier 2); le azioni privilegiate, con scadenza pari o maggiore di un anno; le passività con scadenza effettiva pari o superiore a un anno; la porzione “stabile” delle passività senza scadenza o con scadenza inferiore ad un anno, che ci si attenda rimanga a disposizione della banca anche in presenza di uno scenario di stress prolungato. Ad ognuna di queste voci viene attribuito un coefficiente proporzionale al grado di stabilità, cioè alla quota che si presume resti a disposizione della banca in periodi di crisi di liquidità. Non viene considerata la provvista ottenuta mediante operazioni con la banca centrale (escluse le operazioni di mercato aperto), al fine di non creare un eccessivo grado di dipendenza dalla banca centrale e assicurare che essa assolva ad una funzione di ultima istanza (lender of last resort). RSF – Anche il denominatore è la somma di diverse poste, relative però alle attività detenute dalla banca, incluse le esposizioni fuori bilancio, ognuna ponderata in base ad un particolare coefficiente stabilito dalle autorità di vigilanza, che riflette il grado di liquidità dell’attività presa in esame e dunque la necessità di finanziarla con fonti stabili. I nuovi requisiti sul rischio di mercato Le forti perdite subite dalle grandi banche internazionali sul portafoglio trading hanno spinto il Comitato di Basilea a proporre alcune importanti modifiche alla normativa sui rischi di mercato. Le riforme hanno dato luogo a variazioni tanto all’approccio standard quanto a quello basato sui modelli interni. Le modifiche all’approccio standard Basilea 3 ha introdotto due principali modifiche per le banche che adottano l'approccio standard: Azioni - Il requisito relativo al rischio specifico delle posizioni azionarie sarà sempre pari all'8% e non verrà più ridotto al 4% nel caso di posizioni in portafogli liquidi e ben diversificati; Ri-cartolarizzazione - Vengono introdotti nuovi requisiti relativi al rischio specifico delle esposizioni connesse a operazioni di securitization e re-securitization. Tali requisiti variano in relazione alla classe di rating, dall’1,60% per le classi AAA fino al 52% per le BB-, prevedendo addirittura la deduzione diretta dal capitale per le classi molto basse o prive di rating. Le modifiche all’approccio dei modelli interni Più rilevanti sono le innovazioni per le banche che adottano l’approccio dei modelli interni, vale a dire requisiti per gli istituti che fanno ricorso ad un modello interno per la misurazione del rischio di mercato validato dalle autorità di vigilanza. Stressed VaR – Si tratta di un requisito patrimoniale addizionale per il rischio di perdite connesse a periodi di forte stress. In pratica, una banca con un modello validato dovrà rispettare, su base giornaliera, un requisito calcolato come VaR al 99% a dieci giorni (come pre-Basilea 3) sommato a ad uno Stressed VaR al 99% che abbia come orizzonte temporale n periodo passato ininterrotto di un anno contraddistinto da perdite significative. Dunque, il requisito risulta almeno raddoppiato. Incremental Risk Charge (IRC) – Consiste in un requisito introdotto come risposta alla crescente quota investita in portafogli trading di strumenti di debito con scarsa liquidità, il cui rischio non è correttamente catturato dai modelli VaR, per le difficoltà di fissare un adeguato orizzonte temporale di stima. L’IRC, infatti, consente di assegnare ad ogni strumento un diverso orizzonte temporale, in funzione del grado di liquidità, che, tuttavia, non deve essere inferiore a tre mesi. Modifiche più marginali – Riguardano principalmente l’holding period dei modelli VaR. che resta fondato su un orizzonte temporale di 10 giorni, ma diversamente dal passato, la trasformazione di misure giornaliere in decadali attraverso la regola “radice di dieci” deve essere giustificata sulla base di evidenze empiriche. La Fundamental Review of the Trading Book Un altro pacchetto di riforme approvato da Basilea 3 è diretto a trasformare in profondità la misura del rischio di mercato. Per sottolineare l'impatto di tali modifiche esse sono state definite come “una revisione fondamentale delle regole sul portafoglio di negoziazione”. Le novità sono: l'approccio standardizzato è reso più accurato introducendo, accanto alle misure basate sul “delta” (approssimazione lineare della funzione che lega il valore di mercato ai fattori di rischio) anche i “gamma” (approssimazione del secondo ordine che tiene conto della curvatura della funzione) e i “vega” (relazione che collega il valore di mercato e la volatilità dei fattori di rischio); l'approccio dei modelli interni è stato rivisto in maniera significativa, sostituendo il VaR con l'expected shortfall come principale misura di rischio capace di cogliere meglio gli eventi estremi. il passaggio di strumenti finanziari dal banking book al trading book e viceversa è stato sostanzialmente vietato, salva l'approvazione delle autorità. I requisiti sul rischio di controparte L'eccessivo ricorso a strumenti derivati OTC, non assistiti da organismi di compensazione e garanzia, aveva creato un enorme rischio di controparte per gli intermediari, generando ripercussioni su tutto il sistema finanziario. Di conseguenza, Basilea 3 accresce sensibilmente i requisiti sul rischio di controparte. Viene rafforzato il calcolo dell’Effective Excpected Positive Exposure (EEPE), cioè il possibile credito nei confronti della controparte in caso di andamento favorevole di una posizione in derivati. Come lo Stressed VaR, deve essere calcolato sia sulla base delle condizioni correnti che in relazione ad un periodo di mercato sotto stress. Viene considerato il maggiore dei due, sul quale è calcolato un requisito patrimoniale per il rischio di controparte. Viene introdotto il credit value adjustement (CVA), il quale prevede che il calcolo del requisito patrimoniale tenga conto anche del declassamento creditizio della controparte. Viene introdotto un ulteriore requisito patrimoniale che scatta per le esposizioni verso istituzioni finanziarie con un attivo superiore ai 100 miliardi. In questo modo, si vuole evitare eccessive esposizioni nei confronti di grandi banche. Le banche sistemiche A fronte del fallimento di banche di rilevanza sistemica, trasmessosi a catena ad altre istituzioni, il Comitato ha sviluppato una metodologia per individuare il grado di rilevanza sistemica delle banche. Sulla base di una serie di criteri (dimensione, interconnessione con altre banche, attività transfrontaliera…) è determinato un punteggio a cui fa riscontro un requisito aggiuntivo, da un minimo dell’1% a un massimo del 3,5%. Basilea 3.5 Alla fine del 2017 il Comitato di Basilea ha introdotto un ulteriore pacchetto di riforme, spesso chiamato Basilea 4, ma che i suoi promotori preferiscono definire Basilea 3.5, essendo un mero completamento. Le innovazioni hanno riguardato sostanzialmente i sistemi di rating interni introdotti con Basilea 2, colpevoli di essere scarsamente confrontabili tra diverse banche e di generare attivi ponderati molto diversi anche a fronte di controparti simili. Di seguito tutte le novità introdotte. I sistemi di rating interni È stato abolito l'approccio dei rating interni nella sua versione avanzata (che consente di stimare anche la LGD e la EAD) per i crediti verso imprese non finanziarie di grandi dimensioni (con fatturato superiore ai 500 milioni). Per questi portafogli sarà dunque necessario usare le misure di fissate dal Comitato per l’approccio standard. I motivi sono due: le stime statistiche erano molto diverse tra le singole banche e le probabilità di default per questi portafogli sono relativamente rare. L’approccio standard per il rischio di credito e il c.d. “output floor” Le modifiche all'approccio standard prevedono la possibilità di attribuire un diverso coefficiente di ponderazione ai prestiti e mutui, in funzione dell’ammontare prestato e del valore della garanzia. In questo modo, il rischio di credito è reso più sensibile in relazione alla singola esposizione. È stato poi introdotto il c.d. “output floor”, meccanismo per il quale il limite minimo di patrimonio dovrà essere applicato al risultato finale dell’approccio standard unito all’approccio dei rating interni. È infatti stabilita una percentuale massima (dal 2022 del 50% ma aumenterà al 72,5%) di patrimonio di vigilanza determinabile con i rating interni. La percentuale restante deve essere riconducile all’approccio standard. Nuovo requisito per il CVA Con Basilea 3.5 cambia anche il calcolo del CVA, che presuppone di considerare anche il cambiamento del valore dell'esposizione (secondo una logica che tenga conto anche del rischio di mercato). Rischio operativo Per quanto riguarda il rischio operativo, Basilea 3.5 elimina l'approccio dei modelli avanzati (in base al quale ogni banca era libera di sviluppare un proprio modello richiedendone poi la validazione alle autorità) e unifica gli altri due approcci (basic e standard) rendendoli più sensibili al rischio. Il nuovo requisito per il rischio operativo sarà dato dal prodotto tra due fattori: basic indicator component (BIC), che misura quanto una banca sia potenzialmente esposta al rischio operativo. È dato dalla somma di tre aggregati: o o o proventi da interessi, dividendi e locazioni finanziarie; ricavi da servizi; proventi finanziari. internal loss multiplier (ILM), che misura quanto la banca, in passato, si sia dimostrata concretamente capace di controllare i rischi operativi e dipende dalla media storica delle relative perdite. Leverage ratio per le G-SIB/G-SII Per le banche di rilevanza sistemica (G-SIB/G-SII) il leverage ratio verrà incrementato in misura pari alla metà del requisito counter-cyclical buffer (imposto a discrezione delle autorità ad una percentuale 0-2,5%). Il mancato rispetto comporterà limiti alla distribuzione dei dividendi. La normativa sulle risoluzioni Il salvataggio delle istituzioni a rilevanza sistemica da parte dello Stato ha contribuito all'introduzione di nuove normative per consentire l'uscita ordinata dal mercato delle banche in dissesto, senza provocare gravi conseguenze sistemiche. I provvedimenti sono: total loss absorbtion capacity (TLAC), introdotto dal Comitato di Basilea per le sole banche sistemiche. Si aggiunge agli altri buffer previsti da Basilea 3 (capital conservation e counter-cyclical) come ulteriore cuscinetto, composto da strumenti che, in caso di risoluzione, possono essere abbattuti per coprire le perdite o convertiti in azioni (es. non sono validi i depositi, derivati …); minimum requirement of eligible liabilities (MREL), introdotto dall’Unione Europea per tutte le banche e gli intermediari. Prevede che, prima di utilizzare fondi pubblici, una parte delle passività possa essere convertita in azioni ed eventualmente abbattuta per perdite, senza dover mettere in liquidazione la banca. Tale principio, noto come burden sharing (condivisione degli oneri) è stato più volte applicato in Italia, per esempio nel caso di Banca Etruria o MPS, addossando significative minusvalenze agli acquirenti di obbligazioni subordinate.