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1Guarini-riassunto-cian ( Giusto)
Diritto Commerciale (Università degli Studi di Napoli Parthenope)
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Diritto Commerciale (riassunto CIAN)
Diritto Commerciale (Università degli Studi di Padova)
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DIRITTO COMMERCIALE
LA NOZIONE DI IMPRESA
É imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi [CC 2082].
Il diritto commerciale tuttavia non è strutturato su base soggettiva ma sul modello
comportamentale posto in essere dall’imprenditore: l’impresa.
L’impresa consiste in un’attività produttiva, è volta quindi a creare un’utilità prima inesistente.
Tre sono i requisiti perché un’attività produttiva sia definibile come impresa:
1. Professionalità: il suo svolgimento deve avvenire in maniera abituale, stabile e reiterata, non
necessariamente esclusiva o continuata, non occasionale;
2. Organizzazione: il titolare deve svolgere un’opera di organizzazione di lavoro e capitale o anch
di uno solo di questi, altrimenti si ha la fattispecie del lavoro autonomo;
3. Economicità: riguarda il metodo con cui deve essere svolta l’attività. La dottrina è incerta de
deve essere lucrativo o volto al pareggio tra ricavi e costi, senza l’intervento di terze
autonomie. Non rientrano perciò nella fattispecie le attività di erogazione tipiche del mondo
non profit, dubbia è la posizione delle attività a perdita programmata.
In base a questi criteri sono qualificabili o meno come imprese quella “per conto proprio” (che no
vede i suoi prodotti collocati sul mercato), “illegale” (avviata non rispettando le norme previste pe
l’iniziazione), “immorale o mafiosa” (che persegue una finalità illecita).
L’insieme di norme riguardanti l’impresa è generalmente detto “statuto generale dell’impresa” e
comprende disposizioni codicistiche e non su azienda, consorzi, concorrenza, segni distintivi e
altre più specifiche. L’impresa è quindi destinataria di singole disposizioni, spesso specifiche a
seconda della sub-fattispecie considerata, di impresa agricola o di piccola impresa.
L’IMPRESA AGRICOLA
L’impresa agricola consiste nell’attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di
animali e di attività connesse [CC 2135].
La più recente normativa vede le attività agricole essenziali non più legate necessariamente al
fondo ma alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico animale o vegetale, altra cosa è invece
l’impresa ittica. Le attività connesse utilizzano come materia prima prevalente i prodotti derivant
dall’attività agricola essenziale, anche in mancanza di una connessione soggettiva. Rileva come
attività connessa anche quella di agriturismo, qualora utilizzi attrezzature e risorse dell’impresa
agricola.
Per quanto riguarda le disposizioni normative, nonostante l’ampliamento della fattispecie, queste
sono rimaste in gran parte ancorate all’idea dell’impresa agricola del ’42, soggetta quindi a picco
investimenti tutelati da garanzie privatistiche.
Imprenditore agricolo professionale è colui che dedica almeno il 50% del suo tempo lavorativo
all’impresa agricola e ne ricava almeno il 50% del suo reddito globale da lavoro.
LA PICCOLA IMPRESA
La piccola impresa è un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro del
titolare e dei componenti della famiglia, sia esso coltivatore diretto del fondo, artigiano o
commerciante [CC20183].
Il fattore produttivo prevalente, ma comunque non sufficiente, pertanto è il lavoro proprio del
titolare e quello dei familiari.
Tale “prevalenza” rileva in senso qualitativo come fattore essenziale e imprescindibile.
Rileva invece quantitativamente per la legge fallimentare che, nell’escluderle dalle procedure
concorsuali di fallimento e concordato preventivo, considera “piccola” un’impresa se:
- l’esposizione debitoria non superi € 500mila all’apertura della procedura;
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- l’attivo patrimoniale nei tre esercizi precedenti non abbia mai superato € 300mila (problema: s
deve guardare ai valori contabili, effettivi o a tutti i beni nella disponibilità che passeranno in
proprietà?);
- i ricavi lordi nei tre esercizi precedenti non abbiano mai superato € 200mila (problema: si
considerano solo i ricavi di gestione caratteristica o tutti i componenti positivi di reddito?).
Qualora ricorrano tutti questi presupposti opera una presunzione assoluta di piccolezza, in caso
contrario una presunzione di grandezza.
La legge-quadro per l’artigianato specifica poi la figura dell’impresa artigiana: è un’attività di
produzione di beni o semilavorati o di prestazione di servizi in cui il lavoro del titolare risulta
prevalente e preminente sul capitale. Siffatto lavoro è oltretutto l’occupazione principe del titolare
L’impresa artigiana può anche essere media o grande impresa laddove si serva di personale
dipendente diretto personalmente dal titolare.
L’IMPRESA COMMERCIALE
L’impresa commerciale è un’attività di produzione di beni o servizi che si qualifica come
industriale e/o un’attività di circolazione di beni che si qualifica come intermediaria.
Una definizione letterale e storica di “industrialità” e “intermediarietà” (implicante processi
automatici, di trasformazione della materia o attività di acquisto e rivendita) comporta l’esclusion
dalla categoria commerciale di imprese cd. “civili” (artigiane, finanziarie, agenzie matrimoniali,
imprese per pubblici spettacoli…), ciò non pare congruo per la dottrina, pertanto si preferisce
considerare “industriale” come sinonimo di “non agricolo” e “intermediaria” come “ di scambio”,
così da includere tutti i fenomeni imprenditoriali prima esclusi.
Un’impresa commerciale è quindi essenzialmente un fenomeno imprenditoriale non agricolo, che
si concretizza in:
- attività industriale di produzione di beni o servizi;
- attività intermediaria nella circolazione dei beni;
- attività di trasporto per terra, mare o acqua;
- attività bancaria o assicurativa;
- attività ausiliaria alle precedenti.
IMPRESA PUBBLICA
E’ un fenomeno produttivo imprenditoriale di natura commerciale esercitato da o riconducibile ad
un soggetto di diritto pubblico, l’ente pubblico.
Si distinguono:
- ENTE PUBBLICO ECONOMICO: persegue il suo fine istituzionale con un’attività commerciale.
Recentemente il fenomeno si è ridotto a seguito di un processo di privatizzazione: molti enti si
sono trasformati in società, le cui partecipazioni sociali appartengono per lo più ad un ente
pubblico (privatizzazione in senso formale) o a soggetti privati (privatizzazione sostanziale), che
le hanno acquistate a seguito di o.p.v. o di trattativa privata. Nei confronti di alcune società
operanti nei settori energetico, di sicurezza ecc. lo Stato può comunque esercitare poteri
speciali, come il veto su certe decisioni amministrative ed assembleari;
- ENTE PUBBLICO NON ECONOMICO: persegue molteplici fini istituzionali con varie attività, anche
d’impresa (es. un comune). A riguardo rilevano i servizi pubblici a rilevanza economica, erogati
per conseguire un margine di profitto in un mercato concorrenziale da una società-organo a
partecipazione interamente pubblica (società in house providing). I servizi pubblici privi di
rilevanza economica non perseguono invece un profitto, sono erogabili da una società in house
da un’azienda speciale, da un’istituzione oppure possono essere esercitati in economia. Le
iniziative che non sono qualificabili come servizi pubblici sono gestite a discrezione dell’ente.
L’impresa pubblica può quindi presentarsi come impresa-società, impresa-ente (cioè l’ente
pubblico economico) o impresa-organo (cioè l’ente pubblico non economico nel suo insieme).
É regolata dalle stesse disposizioni sull’impresa a meno che non sia diversamente stabilito, è il
caso dell’esenzione dell’impresa-organo dalla pubblicità d’impresa e dell’esclusione di tutti gli
enti pubblici dalle procedure di fallimento e di concordato preventivo.
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L’IMPRESA PRIVATA
É un fenomeno produttivo imprenditoriale che assume la forma giuridica di diritto privato come:
- persona fisica;
- società;
- ente privato non societario: è dubbio se applicare la normativa relativa all’impresa anche a
questi, in particolare ad associazioni e fondazioni che non possono fallire o aprire procedure di
concordato preventivo ma comunque svolgere attività commerciali;
- impresa sociale [d.lgs. 155/2006]: è un fenomeno imprenditoriale privato i cui beni e servizi
prodotti sono di utilità sociale (sanità, cultura, ambiente…) o il cui fattore lavoro provenga,
almeno al 30%, da lavoratori svantaggiati. Vede applicate numerose disposizioni relative alla
materia d’impresa come l’obbligo di pubblicità e di redigere scritture contabili, non sono tuttavi
passibili di fallimento o concordato preventivo ma di liquidazione coatta amministrativa, ciò al
fine di favorire il potere di vigilanza da parte della P.A., a meno che non siano enti ecclesiastici.
L’IMPRESA E LE PROFESSIONI INTELLETTUALI
Nonostante il legislatore del ’42 non le abbia considerate tali, le professioni intellettuali possono
rientrare nella fattispecie impresa: si presentano infatti come attività produttive di servizi
professionali (assistenza giuridica, cure mediche, design…). Spesso ricorrono infatti i caratteri di
professionalità, laddove la professione sia svolta a tempo pieno, di organizzazione, laddove il
soggetto si avvalga di e coordini vari fattori produttivi, e di economicità, dato il fine lucrativo.
La professione si distingue in protetta, se regolata da una specifica disciplina in aggiunta a quella
codicistica, o non protetta.
La dottrina ritiene che la professione intellettuale sia assoggettabile alla disciplina d’impresa
qualora l’esercizio della professione costituisca elemento di un’attività organizzata in forma
d’impresa, quindi non se l’attività produttiva si esaurisce nella realizzazione del servizio
professionale. Per individuare il cd. “professionista intellettuale” rileva il contratto d’opera
intellettuale, caratterizzato da un minimum di intellettualità nello sforzo professionale e di
personalità nella prestazione.
IMPRESA COMUNITARIA
La nozione di impresa per il diritto europeo è di matrice giurisprudenziale e vincolata alla
disciplina antitrust.
Rispetto alle disposizioni codicistiche italiane, il diritto europeo include nella fattispecie impresa
ogni attività che abbia un impatto sul mercato con fine tendenzialmente lucrativo, quindi anche
attività occasionali o fondate esclusivamente sul lavoro del titolare. Sono incluse pertanto anche l
professioni intellettuali e il lavoro autonomo.
L’INIZIO DELL’IMPRESA
Con inizio dell’impresa si intende il momento da cui sono applicabili al fenomeno produttivo le
norme relative all’impresa. Giova a riguardo il criterio di effettività: si considera quindi il momento
dal quale si ha un fenomeno produttivo qualificabile come impresa, prescindendo da qualunque
adempimento formale.
La dottrina è incerta se includere anche la fase di organizzazione, periodo in cui si pongono i
presupposti per l’impresa, tra cui i finanziamenti. Gli atti di organizzazione, per esser considerati
inizio di impresa, devono essere coordinati tra loro, volti ad un’attività produttiva unitaria e con
finalità non equivoche.
LA FINE DELL’IMPRESA
E’ il momento da cui non è più applicabile la disciplina d’impresa, in cui, secondo il criterio di
effettività, viene meno il fenomeno produttivo qualificabile come impresa.
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Coincide con la fase di disgregazione del complesso produttivo: la liquidazione, cioè la
monetizzazione dei beni aziendali e la risoluzione di debiti e crediti.
La cessazione potrebbe comunque avvenire a prescindere da una formale liquidazione (questa è
obbligatoria solo per le società), potrebbe infatti cessare l’impresa ma continuare la società.
La cessazione oltretutto non preclude le procedure concorsuali: possono essere avviate entro
l’anno successivo alla cancellazione dal registro delle imprese, purché lo stato di insolvenza sia
antecedente alla cessazione o si sia verificato nell’anno successivo.
La dottrina è in conflitto sulla posizione delle imprese che abbiano omesso l’iscrizione nel registro
il termine decorre dalla conoscenza di terzi della cessazione o è del tutto precluso?
IMPUTAZIONE DELL’IMPRESA
L’impresa deve essere ricondotta ad una sfera giuridica soggettiva, l’imprenditore, cioè colui al
quale sono imputati gli obblighi comportamentali relativi al fenomeno.
Per individuare l’imprenditore si applicano due criteri:
- spendita del nome: criterio formale che individua l’imprenditore in colui che svolge l’impresa a
suo nome;
- interesse perseguito: criterio sostanziale che individua l’imprenditore in colui nel cui interesse
l’impresa è svolta;
L’imprenditore è quindi perfettamente individuato quando l’impresa è svolta in nome e per conto
dello stesso soggetto. Il soggetto però può non esercitare materialmente l’impresa, può affidarne
l’esercizio ad uno o più soggetti, talvolta vi è obbligato, ad es. nel caso in cui sia incapace.
Nei casi di incapacità è vietata l’iniziativa imprenditoriale, è possibile solo la continuazione su
autorizzazione giudiziaria laddove risulti utile per l’interessato. Nei casi di incapacità totale,
l’impresa è gestita da un tutore (salvo autorizzazione giudiziale per atti oltre la normale gestione)
nei casi d’incapacità parziale, l’incapace può gestire l’impresa con l’assistenza di un curatore,
eventualmente coadiuvato da un institore nominato dal tribunale.
L’imputazione diventa problematica se i due criteri individuano persone differenti: la dottrina
preferisce il criterio della spedita del nome, analogamente al criterio previsto per l’imputazione
degli atti giuridici. Ciò però pone dei problemi qualora si verifichino forme di abuso: si pensi ad un
dominus che si avvalga di un prestanome nullatenente cui sia imputata l’impresa; la
giurisprudenza ha cercato di affrontare il problema con la figura della cd. “impresa
fiancheggiatrice” e considerando il dominus stesso un’imprenditore, tuttavia ciò poco giova ai
creditori del prestanome insolvente.
La giurisprudenza più recente, muovendo dalla teoria dell’imprenditore occulto di W. Bigiavi,
considera la relazione biunivoca tra potere e rischio, preferendo quindi il criterio dell’interesse
perseguito. Tale dottrina rileva nel CC laddove è sancita la responsabilità patrimoniale
dell’imprenditore anche per gli atti d’impresa non compiuti in suo nome. Il dominus quindi
acquista la qualifica di imprenditore laddove diriga un’iniziativa imprenditoriale.
La legge contempla poi anche l’ipotesi di società occulta: se dopo la dichiarazione di insolvenza d
titolare di impresa individuale emerge un suo dominus o socio, a questo è estesa la responsabilità
Diversa è invece l’ipotesi del socio occulto: rileva in tal caso una società fallita e non un’impresa
individuale, a costui è comunque esteso il fallimento.
LA PUBBLICITÁ D’IMPRESA
Le imprese sono soggette ad un obbligo pubblicitario minimo su base personale rispondente al
criterio di tipicità: sono soggette a pubblicità solo le informazioni richieste dalla legge. É
necessario all’imprenditore per provare la conoscenza dei terzi di tali informazioni, e ai terzi e al
mercato per fruire di tali informazioni.
Tale obbligo è realizzato dal registro delle imprese, registro pubblico previsto già nel ’42 ma
realizzato negli anni ’90 ed organizzato con tecniche informatiche; è tenuto presso la camera di
commercio di ogni provincia e gestito dal segretario generale, o da un conservatore, coadiuvato d
presidente del tribunale.
E articolato in:
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- SEZIONE ORDINARIA: vi sono iscritte le imprese previste dal legislatore del ’42 (imprese
-
commerciali non piccole, società commerciali, cooperative, enti pubblici economici, consorzi), i
gruppi europei di interesse economico e le reti d’impresa di fondo comune. L’iscrizione deve
avvenire previa domanda del titolare in cui sono contenuti gli elementi dell’assetto organizzativ
strutturale (CC 2196), cioè generalità dell’imprenditore, eventuale ditta, oggetto dell’impresa,
sede ed eventuali sedi secondarie, eventuali institori e procuratori, PEC. Per le società la
domanda coincide con l’atto costitutivo. Successivamente sono aggiunte ulteriori informazioni
nel corso dello svolgimento dell’iniziativa. L’iscrizione deve essere richiesta entro 30 giorni
dall’inizio dell’impresa o dal fatto o atto oggetto di pubblicità, prima tuttavia devono essere
svolte le formalità del procedimento formativo come oneri fiscali e previdenza (cd.
comunicazione unica d’impresa). L’iscrizione è subordinata al controllo che l’iscrizione sia
prescritta dalla legge, che le formalità siano state rispettate, è oltretutto un controllo di legalità
sia formale che sostanziale.
Rimedio ad un’iscrizione che non rispetta le condizioni previste è la cancellazione d’ufficio,
omonima è la cancellazione delle imprese che non presentano più i requisiti di permanenza.
L’iscrizione ha efficacia dichiarativa: crea una presunzione assoluta di conoscenza (relativa
riguardo alle società di capitali per i primi 15 giorni), in caso di omissioni opera una presunzione
relativa di ignoranza.
L’iscrizione ha anche efficacia normativa, è requisito in alcuni casi per l’applicazione di certe
norme. Ha efficacia costitutiva riguardo alle società di capitali e ad alcune decisioni sociali di
queste.
SEZIONI SPECIALI: le sezioni speciali razionalizzano l’iscrizione di imprese per cui non era
prevista la registrazione dal legislatore del ’42. Vi è una sezione che include imprese agricole,
piccole imprese, società semplici e imprese artigiane (annotate). Vi sono poi cinque sezioni
apposite (1. società tra avvocati, 2. società e enti di gruppo, che esercitano o son soggetti ad
altrui direzioni, 3. imprese sociali, 4. replica di atti e fatti iscritti in sez. ordinaria con traduzione
ufficiale in altra lingua comunitaria, 5. imprese start-up innovative).
Tali iscrizioni hanno l’effetto della pubblicità notizia, salvo efficacia dichiarativa per le imprese
agricole.
La pubblicità si realizza anche col deposito: tecnica con cui si rende conoscibile nei confronti dei
terzi un’informazione, ad es. il bilancio d’esercizio nelle società di capitali.
La pubblicità oltretutto si completa con il dovere di indicare negli atti e nella corrispondenza il
registro delle imprese in cui è presa iscrizione e il numero d’iscrizione, questi per le società di
capitali devono essere indicati anche nella PEC.
DOCUMENTAZIONE DI IMPRESA
L’imprenditore è obbligato a dare rappresentanza scritta dei diversi accadimenti relativi allo
svolgimento dell’attività d’impresa attraverso scritture contabili.
Queste hanno lo scopo di creare una conduzione razionale dell’impresa, secondo un criterio di
buona gestione, e accrescere il livello di tutela dei terzi: per costoro costituiscono infatti mezzo di
prova contro l’imprenditore, esibendole o comunicandole in giudizio; possono essere mezzi di
prova a favore dell’imprenditore solo in via eccezionale, altrimenti costituiscono mero indizio.
Le scritture contabili obbligatorie variano da impresa a impresa, secondo la natura e la
dimensione di questa. Sono invece sempre obbligatorie [CC 2214] :
- il libro giornale: vi sono indicate cronologicamente, giorno per giorno, tutte le operazioni relativ
all’esercizio d’impresa, cioè i fatti di gestione nel loro profilo patrimoniale e reddituale con
l’impatto che hanno sul patrimonio e sul risultato d’esercizio;
- il libro degli inventari: vi sono indicate e valutate, secondo un criterio sistematico, le attività e l
passività relative all’impresa ed estranee ad essa, cioè eventuali altre attività svolte
dall’imprenditore. Rilevano quindi il patrimonio e tutto ciò che si presta ad esser valutato.
L’inventario è realizzato ad inizio dell’impresa e poi con cadenza annuale, quest’ultimo e
concluso col bilancio d’esercizio, cioè il bilancio e il conto dei profitti e delle perdite.
Il BILANCIO D’ESERCIZIO è composto di tre documenti:
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Edoardo Cecchinato
- lo stato patrimoniale, contenete attività e passività suscettibili di valutazione economica, non
quindi l’intero patrimonio;
- il conto economico, contenete i componenti attivi e negativi di reddito, cioè ricavi e costi, dalla
cui somma algebrica si calcola il reddito d’esercizio;
- la nota integrativa, documento descrittivo dei due precedenti.
Manca una disciplina generale sul bilancio d’esercizio, salvo che per le società per azioni,
disciplina in alcuni casi estesa a altre società di capitali e cooperative e, per quanto riguarda le
valutazioni, a tutte le imprese.
Nonostante il processo di informatizzazione, le scritture devono rispondere a certe formalità,
alcune intrinseche (cioè grafiche), alcune estrinseche (numerazione, bollatura…).
Le scritture devono essere conservate per dieci anni, anche tramite immagini o registrazioni
purché disponibili in ogni momento.
I COLLABORATORI INTERNI ALL’IMPRESA
I collaboratori interni rilevano per il regime giuridico della sostituzione nel comportamento
imprenditoriale concernente decisioni e dichiarazioni.
Ogni collaboratore è dotato di poteri di gestione esterna, cioè rappresentanza, ma non sempre di
poteri di gestione interna, cioè decisori. L’imprenditore può limitare i poteri dei collaboratori con
procura, sottoposta ai regimi di pubblicità d’impresa, con l’iscrizione nel registro delle imprese, e
di pubblicità di fatto, principalmente riguardo ai commessi; in assenza di pubblicità le limitazioni
non possono essere opposte a terzi.
La disciplina distingue quattro tipi di collaboratori:
- INSTITORE: è il collaboratore preposto all’esercizio d’impresa, rappresentata da una sede
secondaria o da un ramo particolare. Egli può compiere tutti gli atti pertinenti all’impresa,
comprese scritture contabili e pubblicità commerciale, e non oltre la gestione di questa (no
alienazioni, ipoteche…), la cui congruità può essere verificata tuttavia solo dopo la loro
esecuzione. L’institore oltretutto può stare in giudizio per l’imprenditore, come attore o
convenuto.
Egli ha l’obbligo di spendere il nome dell’imprenditore, in caso contrario diventa responsabile d
ogni atto compiuto in proprio nome a meno che non si tratti di atti pertinenti l’impresa, in tal
caso gli si affianca sempre la responsabilità dell’imprenditore.
Nel caso di più institori, essi agiscono disgiuntamente, nell’ambito assegnato ad ognuno.
- PROCURATORE: è il collaboratore che compie atti pertinenti all’esercizio d’impresa pur senza
esservi preposto . Manca di una vera e propria disciplina, pertanto si ritiene svolga solo una
attività di rappresentanza con poteri dichiarativi, non decisionali. Non è tenuto alla spedita del
nome dell’imprenditore né a doveri pertinenti l’impresa, come scritture contabili o pubblicità
commerciali, manca anche di rappresentanza processuale;
- COMMESSI: sono collaboratori che compiono atti che comporta ordinariamente la specie di
operazioni cui sono incaricati. Hanno poteri dichiarativi e decisori ma limitati all’operazione cui
sono preposti. Il Codice li obbliga ad attenersi a specifiche disposizioni come l’impossibilità di
derogare ai contratti standard d’impresa, alle condizioni generali del contratto ecc.
- COLLABORATORI ESTERNI: si distinguono dai primi tre in quanto opera esternamente
all’organizzazione dell’impresa, sono spesso imprese ausiliarie che curano un aspetto
produttivo dell’impresa principale.
L’AZIENDA
L’azienda è il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa [CC
2555].
E’ quindi un’entità unitaria che trascende le singole componenti, giuridicamente autonomi ma
interdipendenti e complementari nell’organizzazione per il conseguimento del fine produttivo, e
rileva nell’ambito di attività in cui è svolta l’impresa. Non è necessario che l’imprenditore sia
proprietario di ciascun bene, è sufficiente che abbia un titolo giuridico per poterne godere.
A riguardo emergono due teorie sulla “proprietà” dell’azienda:
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- teoria unitaria: il complesso sarebbe distinto dalle sue componenti e sarebbe oggetto di un
diritto reale autonomo facente capo all’imprenditore;
- teoria atomistica: l’imprenditore sarebbe titolare di diverse posizioni giuridiche aventi ad
oggetto i singoli beni. Questa è preferibile ma non considera i beni come isolati sul piano
normativo, ne ha comunque una considerazione unitaria; ad es. a livello negoziale le parti non
devono elencare ogni singolo bene.
L’azienda oltretutto può esistere indipendentemente dal concreto avvio dell’attività o dalla sua
cessazione, finche l’insieme dei beni non venga concretamente disgregato.
L’avviamento è una qualità dell’azienda: l’attitudine alla produzione e alla maturazione di un
reddito, inseparabile dall’azienda (diverso è l’avviamento soggettivo: l’insieme delle abilità e la
reputazione dell’imprenditore).
Non rientrano nei beni aziendali la clientela, cioè il flusso di domanda riferibile all’impresa, né le
relazioni giuridiche instaurate dall’imprenditore nell’esercizio d’impresa (cd. patrimonio
aziendale), irrilevante è la questione se vi appartengano i servizi.
L’azienda può dividersi in sottoinsiemi con analoga funzione produttiva: i rami d’azienda sono
quindi parti del più ampio agglomerato aziendale, isolabili dal medesimo e di per se designabili
all’esercizio di un’impresa; per quanto riguarda la circolazione autonoma del ramo essa è soggett
alle stesse regole della cessione d’azienda.
IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA
La disciplina dell’azienda è incentrata principalmente sul suo momento circolatorio, cioè sulla
cessione del fascio di eterogenee posizioni giuridiche facenti capo all’alienante. Non è un tipo
negoziale autonomo, ma sono vari tipi contrattuali caratterizzati dall’oggetto, l’azienda, e dalla
causa di immettere l’acquirente nel concreto contesto imprenditoriale servito da questa, verrebbe
meno la causa se l’alienante avviasse un’altra attività concorrenziale a quella ceduta.
L’alienante infatti, ex CC 2557, non può iniziare per cinque anni qualsiasi attività imprenditoriale
che per oggetto, ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta
Le parti possono tuttavia derogare al divieto o definirne la portata nel contratto.
A livello giurisprudenziale si ritengono preclusi l’inizio di una nuova attività in proprio o per conto
di terzi, anche come o tramite prestanome, o in forma societaria, a meno che non risulti
un’investimento. Il divieto opera anche in caso di costituzione di usufrutto o affitto, o di divisione
ereditaria nel caso in cui l’azienda intera sia parte di una quota.
Per il trasferimento è sufficiente che le parti identifichino l’azienda, o un suo ramo, in base ad
elementi estrinseci, senza indicare ogni bene; il singolo bene va indicato qualora voglia essere
escluso dal trasferimento, se si tratta di un bene essenziale viene meno la qualificazione di
“trasferimento d’azienda”. L’alienante è tenuto a garantire per i vizi e le qualità promesse.
La forma contrattuale è libera: è generalmente determinata dalla natura del contratto-tipo stesso
è comunque scritta ad probationem se ha ad oggetto aziende relative ad imprese soggette a
registrazione, il contratto è poi depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese. La dottrina
ritiene che sian soggetti ad iscrizione i trasferimenti di qualsiasi azienda se almeno una delle part
è imprenditore. L’efficacia dell’iscrizione varia a seconda della sezione dove il contratto è
registrato e della natura delle parti.
Nella risoluzione di conflitti tra più acquirenti, sulla registrazione prevalgono le disposizioni
codicistiche relative ai singoli beni.
Per quanto riguarda la successione nei contratti, CC 2558 prevede l’automatico subingresso del
cessionario nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda a prescindere dal consenso del terzo
contraente. Ciò opera solo per i contratti a prestazioni corrispettive non ancora eseguite (future n
contratti di durata), salvo deroga delle parti che non verta su beni essenziali. Sono oltretutto
esclusi i contratti a carattere personale, quelli cioè in cui rileva la qualità personale della
controparte, le parti vi possono derogare facendoli salvi ma al terzo è tuttavia, in presenza di
giusta causa, è dato un diritto di recesso con efficacia ex nunc esercitabile entro tre mesi dalla
notizia del trasferimento. L’alienante in tal caso mantiene comunque una responsabilità soggetta
culpa in eligendo.
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Per quanto riguarda i rapporti di lavoro subordinato, la legge prevede la responsabilità solidale di
cedente e cessionario.
Il cessionario subentra anche nei rapporti precontrattuali e in quelli rappresentativi.
I crediti puri, cioè di fonte extracontrattuale o contrattuale, se consistono in una prestazione
isolata, sono trasferiti efficacemente nei confronti dei terzi con l’iscrizione nel registro delle
imprese dell’atto traslativo. I debiti puri invece sono a carico dell’acquirente solo se risultano dall
scritture contabili obbligatorie e l’alienante ne è comunque responsabile in solido. Per quanto
riguarda i rapporti interni tra cedente e cessionario la dottrina considera l’automatica
successione.
Le disposizioni sul trasferimento si applicano con alcune particolarità al vincitore di azione di
rivendicazione, che subentra nei contratti in corso, nei crediti e nei beni immessi dal convenuto m
non nei debiti.
L’azienda non può esser oggetto di pegno, espropriazione o sequestro conservativo (si giudiziario
DIRITTI DI GODIMENTO SULL’AZIENDA
USUFRUTTO: l’usufruttuario deve esercitare l’impresa, con la diligenza del buon padre di famiglia
conservando l’efficenza e l’organizzazione degli impianti, ammodernamenti compresi, e le norma
dotazioni di scorte e rispettandone la destinazione economica.
Ha quindi poteri di disposizione sia sul capitale circolante che sul capitale fisso, i beni da lui
immessi peraltro rientrano sempre nella nuda proprietà.
Subentra nei contratti in corso d’esecuzione secondo la normale disciplina, occorre invece uno
specifico accordo sui crediti, i debiti gravano sempre su chi li ha assunti.
AFFITTO: disposizioni analoghe riguardano l’affittuario, manca tuttavia l’automatica cessione dei
crediti e l’accollo dei debiti. Particolari indennizzi e prelazione sono previsti per il conduttore di
immobili o di azienda appartenente al fallito.
COMODATO E LEASING: varie particolarità.
I PATTI DI FAMIGLIA
Il Patto di Famiglia è un’istituto codicistico [CC 786] successorio volto a garantire la sopravvivenz
dell’azienda alla morte del de cuius. Questi può stabilirne le sorti o meno in testamento, lasciando
che eventuali litigi tra eredi ne compromettano l’andamento, oppure ricorrere al suddetto istituto
Il Patto di Famiglia è un contratto, stipulato con atto pubblico, con cui l’imprenditore trasferisce, i
tutto o in parte, l’azienda ad uno o più discendenti. Gli altri discendenti legittimari, esclusi dal
trasferimento, partecipano necessariamente al contratto (a pena di nullità), eventualmente
ricevendo un conguaglio.
Il trasferimento può operare a conclusione del contratto o, su accordo delle parti, dalla morte del
de cuius; in ogni caso l’azienda non è più soggetta alle norme successorie di riduzione per lesione
di legittima o collazione, nemmeno se l’azienda incrementasse di valore.
Nel caso in cui sopravvengano dei legittimari, questi han diritto di corresponsione, pro quota, dell
somma di denaro accettata dai legittimari anteriori.
COOPERAZIONE TRA IMPRENDITORI
In mercati che presuppongono una notevole diversificazione di risorse economiche e finanziarie,
tecnologie, strategie e investimenti ai quali un singolo imprenditore non può far fronte, sono
sempre più frequenti forme di cooperazione ed integrazione tra imprese per far fronte a certe
esigenze, tramite appositi contratti.
Distinguiamo:
- forme di cooperazione inderogabilmente strutturate (consorzi, società consortili, cooperative),
che presuppongono un apparato organizzativo funzionale ad un rapporto potenzialmente stabile
e duraturo tra imprenditori;
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- forme di cooperazione potenzialmente flessibili (contratti di rete, associazioni temporanee di
imprese), senza una rigida organizzazione interna e volte ad occasionali e specifici obiettivi
contingenti.
I CONSORZI
Il consorzio è un contratto con cui più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la
disciplina o lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese [CC 2602], sulla funzione
anticoncorrenziale, sempre più osteggiata dalla disciplina antimonopolistica, è prevalsa quella di
coordinamento interaziendale volto ad ottenere un vantaggio economico diretto.
Il contratto di consorzio è scritto ad substantiam, ha come parti solo imprenditori e deve contener
indicazioni sull’oggetto, sugli obblighi e sui contributi dei consorziati. Altri elementi, se non sono
indicati, sono desumibili dalla legge, come la durata decennale.
Essenziale è l’organizzazione comune del consorzio, affidata all’autonomia privata, sono
generalmente previsti:
- un organo deliberativo: assume a maggioranza dei consorziati le delibere attuative dell’oggetto
del contratto; l’unanimità è richiesta per la modifica del contratto, l’ingresso di nuovi
imprenditori o lo scioglimento del consorzio;
- un organo esecutivo: è responsabile della direzione del consorzio secondo le regole del
mandato.
Il consorzio può sciogliersi per varie cause: termine, conseguimento o impossibilità di
conseguimento dell’oggetto, decisione unanime o altri casi ex contractu.
Il singolo consorziato può essere escluso per decisione degli altri, per perdita della qualità di
imprenditore, per inadempimento degli obblighi. Può anche recedere unilateralmente. La sua
quota si accresce a quella degli altri consorziati.
Particolare disciplina hanno i CONSORZI CON ATTIVITÀ ESTERNA: sono autonomi centri di
imputazione con soggettività giuridica, sono imprenditori commerciali che esercitano un’attività
ausiliaria nello svolgimento o nella disciplina delle imprese consorziate.
Deve essere iscritto in sez. ordinaria del registro delle imprese un estratto del contratto
contenente l’oggetto, la sede dell’ufficio comune destinato a relazionarsi coi terzi, generalità dei
consorziati, durata, presidente, direzione e rappresentanza, ogni modifica è soggetta alla stessa
pubblicità.
Gode oltretutto di autonomia patrimoniale, ha infatti un fondo consortile indivisibile per tutta la
durata del consorzio. Su questo possono rivalersi i terzi per le obbligazioni assunte dai
rappresentanti in nome del consorzio (spese generali: gestione, servizi, personale…) e
sussidiariamente per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli
consorziati.
La rappresentanza in giudizio è attribuita al presidente o alla direzione, questi sono obbligati anch
a redigere una situazione patrimoniale entro due mesi dalla chiusura d’esercizio.
SOCIETÀ CONSORTILI
Ogni società lucrativa, esclusa la società semplice, può essere società consortile. I soci devono
essere necessariamente imprenditori e l’attività societaria ha carattere ausiliario rispetto alle
attività dei singoli imprenditori, pur potendo comunque perseguire direttamente un lucro con terz
Lo scopo consortile è caratterizzato dalla realizzazione di un vantaggio patrimoniale diretto per
l’imprenditore, consistente in un risparmio di spesa o in un maggior ricavo.
Le società consortili sono regolate dal diritto societario a seconda del modello prescelto.
IMPRESA COMUNE COOPERATIVA
É un’impresa costituita, spesso in forma societaria, da due o più imprese che la controllano
congiuntamente in forma coordinata, pur mantenendo la loro indipendenza economica e giuridica
Le imprese comuni si dicono “concentrative” se hanno funzione di integrazione tra le imprese, in
tal caso non sono prettamente soggette alle norme anticoncorrenziali.
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GRUPPO EUROPEO DI INTERESSE ECONOMICO
É una forma di cooperazione volta ad agevolare e sviluppare l’attività economica di soggetti,
imprenditori o professionisti intellettuali, operanti in Stati diversi dell’UE.
É un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici con capacità processuale, la cui attività
ha carattere ausiliario rispetto a quella dei partecipanti.
Il contratto costitutivo è scritto ad substantiam e deve contenere denominazione, oggetto, sede
(nell’UE), partecipanti e durata, è iscritto nel registro delle imprese con efficacia costitutiva e
pubblicato in Gazzetta Ufficiale. L’eventuale nullità non è retroattiva ed è comunque sanabile.
Nonostante l’organizzazione sia rimessa all’autonomia delle parti, dev’essere necessariamente
dotato di due organi:
- l’assemblea, composta da tutti i membri deliberanti con metodo collegiale, salvo unanimità per
particolari decisioni;
- amministratori, con funzioni di gestione (tra cui la redazione del bilancio poi approvato in
assemblea) e rappresentanza.
Essendo privo di autonomia patrimoniale, i membri sono responsabili illimitatamente e
solidalmente per gli obblighi assunti dai rappresentanti, non si vedono tuttavia esteso il fallimento
del GEIE.
CONTRATTO DI RETE
Più imprese si obbligano, in base ad un programma comune di rete, a collaborare in forme ed
ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi
informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ad
esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.
Il contratto è stipulato con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve contenere: nome,
ditta, oggetto, partecipanti, obiettivi strategici di innovazione, programma e modalità di attuazione,
eventuale fondo patrimoniale comune; è soggetto a pubblicità così come le sue modifiche.
L’eventuale fondo patrimoniale comune è costituito da versamenti iniziali e contributi dei
partecipanti, i terzi possono esclusivamente rivalersi su questo per e obbligazioni contratte in
relazione al programma di rete.
Le parti possono poi prevedere cause di recesso anticipato o esclusione, è salvo il recesso per
giusta causa.
La disciplina è integrata a seconda della forma assunta dalle imprese, manca invece una specifica
regolamentazione della crisi delle reti d’impresa.
ASSOCIAZIONI TEMPORANEE DI IMPRESE (CONTRATTI ASSOCIATIVI INNOMINATI)
Le associazioni temporanee di imprese (joint venture) sono contratti di cooperazione occasionale e
contingente tra più imprese per un determinato scopo, ad es. una gara d’appalto. Non ne nasce un
soggetto giuridico né di per sè ne è determinata una organizzazione, le imprese si presentano
come distinte e autonome presentando congiuntamente un’offerta e impegnandosi a realizzarla.
Con un mandato collettivo speciale, in rem propriam, assegnano ad una impresa, detta
capogruppo, la rappresentanza di tutte, anche processuale, e l’incarico di gestire i rapporti col
committente ed assicurare il coordinamento esecutivo.
Specifica è la regolamentazione nella loro partecipazione agli appalti pubblici: ad es. il mandato
collettivo speciale è irrevocabile, cosicché il committente è maggiormente tutelato.
La disciplina oltretutto distingue:
- appalti con apparati scorporabili, cui rispondono raggruppamenti di tipo verticale la cui impresa
capogruppo risponde esclusivamente per l’intera opera, mentre le altre imprese sono
responsabili per le loro singole opere ferma la responsabilità solidale della capogruppo;
- appalti con apparati non scorporabili, cui rispondono raggruppamenti di tipo orizzontale, in cui
tutte le imprese son responsabili solidalmente.
In caso di fallimento (o morte, inabilitazione, interdizione dell’imprenditore), se questo riguarda la
capogruppo il committente può proseguire il rapporto d’appalto o recedere, se riguarda altra
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impresa la capogruppo può sostituirla personalmente o con un’altra impresa, salvo il gradimento
del committente.
LA CRISI DELL’IMPRESA
La crisi dell’impresa si verifica quando i costi di produzione superano i ricavi e pertanto viene
meno il criterio di economicità ex CC 2082; si creano pertanto debiti che non potranno essere
pagati, situazione che l’art.5 l. fallimentare definisce “insolvenza”.
L’attività d’impresa allora sarà interrotta o continuata cercando una soluzione, magari tramite la
rilevazione da parte di un altro imprenditore.
Il diritto fallimentare nasce proprio come ius speciale rispetto alla tutela civilistica: l’insolvenza di
un’impresa è infatti una situazione complessa, pericolosa per il possibile effetto domino che può
generare verso altre imprese (fornitori, finanziatori…), richiede pertanto una procedura unitaria e
concorsuale in cui si cerchi di soddisfare ogni creditore, sarebbero impensabili infatti tante singole
azioni.
É una procedura, oltre che collettiva, universale dal momento che riguarda l’intero patrimonio
dell’imprenditore. Vi concorrono tutti i creditori proporzionalmente, secondo la par condicio
creditorum, salvo cause legittime di prelazione.
Soggetto al diritto fallimentare è l’imprenditore commerciale non piccolo, nonostante numerosi
aspetti della procedura fallimentare siano stati estesi anche al debitore civile o all’imprenditore
agricolo.
La legge fallimentare tuttavia non contempla solo il fallimento ma anche altre due procedure
concorsuali: il concordato preventivo e la liquidazione coatta amministrativa, oltre alla
amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Ci sono infatti tre chiav
di lettura del sistema concorsuale:
1. Si vuole favorire l’accordo tra debitore e creditori e la loro autonomia per far fronte alla crisi d
un’impresa, talvolta anche prima che questa cominci. Ciò per far sfuggire il debitore dagli
effetti più indesiderati del fallimento e permettere una soddisfazione maggiore ai creditori.
Tale prospettiva privatistica emerge sia in accordi stragiudiziali sia in procedure giudiziarie i
cui effetti legali integrano l’autonomia privata, tutelando la maggioranza dei creditori
nell’accordo col debitore e far sì che la loro decisione obblighi anche la minoranza.
Un es. sono il concordato preventivo, l’omologazione degli accordi di ristrutturazione, le
soluzioni concordatarie nella liquidazione coatta amministrativa o nell’amministrazione
straordinaria di grande imprese insolventi, o ancora nel concordato fallimentare nel
fallimento.
Si suole parlare pertanto di privatizzazione delle procedure concorsuali.
2. Alla vocazione liquidatori e afflittiva nel fallimento si preferisce sempre di più la salvaguardia
del complesso produttivo dell’impresa, spesso prevenendo l’insolvenza, permettendo
all’imprenditore di restarne alla guida o di farla rilevare a terzi, risultato sicuramente più utile
dello smembramento. I creditori oltretutto potranno profittare dei profitti di un’eventuale
gestione risanata e si potranno evitare rischi maggiori per il mercato, come il cd. “effetto
domino” di un fallimento o problemi occupazionali.
3. Nelle procedure concorsuali la componente giudiziaria è spesso affiancata a quella
amministrativa: la prima ha una funzione di controllo affinché le procedure si svolgano
secondo i criteri e le finalità previste dalla legge, la seconda invece opera con maggiore
discrezionalità, spesso gestendo direttamente l’impresa in crisi, come nell’amministrazione
straordinaria delle grandi imprese.
PRESUPPOSTI DEL FALLIMENTO
Soggetto a fallimento è, ex art. 1 l. fall., l’imprenditore commerciale privato non piccolo, ne sono
esclusi quindi glie enti pubblici, i piccoli imprenditori e anche le start-up innovative.
Presupposto oggettivo, ex art.5 l. fall., invece è la condizione di insolvenza dell’imprenditore:
questa si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrano che il debitore non
è più in grado di soddisfare regolarmente le sue obbligazioni.
La norma rileva quindi due fattori:
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- uno intrinseco, dato dall’obiettiva incapacità del debitore di adempiere alle proprie obbligazioni
e quindi indipendente dalla sua responsabilità, dal numero di debiti o dal numero dei creditori
(l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati rilevati nell’istruttoria prefallimentare deve essere
comunque inferiore a € 30000);
- uno estrinseco, dato da eventi e comportamenti che indichino lo stato di insolvenza. Spesso son
tipizzati dalla legge (fuga, irreperibilità, chiusura dei locali d’impresa diminuzione fraudolenta
dell’attivo…) e costituiscono indizio di insolvenza. Non sempre le scritture contabili invece,
nonostante la loro certezza, forniscono indizi corretti: ad es. un grave indebitamento può essere
stato necessario per un prossimo profitto.
Altro indizio possono essere mezzi anomali di pagamento, come il contante o la datio in solutum
di beni personali, che escono dai criteri di regolarità di adempimento delle obbligazioni.
Sebbene l’insolvenza abbia rilevanza attuale, può rappresentare anche un pericolo prossimo nella
potenziale incapacità ad adempiere le obbligazioni: se temuta rileverà infatti più genericamente
come stato di crisi dell’impresa, non rileverà affatto se scongiurata in extremis tramite accordi.
Vi sono tuttavia ipotesi in cui i suddetti fattori risultano insufficienti perché si apra la procedura
fallimentare:
- se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati dell’impresa non supera € 30000;
- se l’impresa è assoggettata in via esclusiva alla procedura di liquidazione coatta amministrativa
o di ritrovino preventivamente già assoggettate a questa;
- se può esservi amministrazione straordinaria, nel caso di impresa grande;
- se si tratta di patrimoni destinati ad uno specifico affare, nel caso di società si procede infatti
alla mera liquidazione del patrimonio senza avere insolvenza della società. Simile è il caso del
fondo patrimoniale nel contratto di rete.
Ipotesi particolari sono quelle degli artt. 10 - 11 l. fall. che prevedono il fallimento dell’imprendito
che ha cessato l’esercizio d’impresa o dell’imprenditore defunto. Questo è possibile se l’insolvenz
si è manifestata anteriormente o entro l’anno dal fatto. Ciò serve a tutelare maggiormente i
creditori verso l’impresa e l’imprenditore, seppure non più esistenti, contro cui si svolge il
fallimento. Se il fallito muore in corso di procedura, questa si trasferisce sugli eredi, anche se
accettanti col beneficio d’inventario, o sul curatore di eredità giacente.
APERTURA DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE
Il fallimento è dichiarato dal tribunale civile, spesso in una sua sezione specializzata, detta appun
fallimentare.
L’iniziativa può essere:
- privata: uno o più creditori , provando la propria qualità e il proprio credito (non
necessariamente liquido, scaduto o superiore a € 30000) ed allegando i presupposti del
fallimento con eventuali mezzi di prova, richiedono l’apertura della procedura.
Anche lo stesso debitore può chiedere di essere dichiarato fallito, se si tratta di società di
persone la decisione dovrà essere presa da coloro che rappresentano la maggioranza del
capitale, se si tratta di società di capitali dagli amministratori, a meno che lo statuto non
stabilisca diversamente.
L’iniziativa privata non è da considerarsi sempre quale mera facoltà, in taluni casi è un vero e
proprio obbligo sanzionato penalmente;
- pubblica: il pubblico ministero richiede l’apertura della procedura qualora gli risulti l’insolvenza
di un’impresa fallibile (per notizia di fattori esterni, per inidizi ottenuti in un procedimento
penale, per segnalazione del giudice civile o del tribunale).
Competente è il tribunale del luogo in cui si trova la sede principale dell’impresa, spesso non
coincidente con la sede legale ma piuttosto con quella dove è concentrata la direzione
dell’impresa, questo per neutralizzare pratiche dilatorie od opportunistiche dell’imprenditore che
ad es. voglia trasferire la sede altrove. La giurisdizione italiana pertanto è confermata anche in
caso di trasferimento della sede o in caso di presenza di una stabile organizzazione dell’impresa i
Italia.
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A.A. 2015/16
PROCEDIMENTO
Il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento, è svolt
dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità procedurali della camera di
consiglio, con accorgimenti che assicurano il contraddittorio.
Nell’istruttoria prefallimentare il debitore è convocato per essere sentito dal tribunale o da un
giudice delegato; le parti possono presentare, anche su istanza del giudice, memorie volte a
dimostrare o meno i presupposti del fallimento.
Possono oltretutto essere emessi su istanza di parte, provvedimenti cautelari o conservativi a
tutela del patrimonio o dell’impresa.
Il procedimento può concludersi in diversi modi:
- istanza di resistenza del procedente, cioè una rinuncia agli atti dell’attore;
- decreto di rigetto, fondato sull’accertata insussistenza dei presupposti del fallimento; è
impugnabile entro 3o giorni in Corte d’Appello che potrà accogliere il reclamo e rimettere gli at
al tribunale;
- sentenza dichiarativa di fallimento motivata: ha natura di accertamento costitutivo del
fallimento, i cui effetti si produrranno tra le parti dopo la pubblicazione, verso i terzi dopo
l’iscrizione nel registro delle imprese. Può contenere provvedimenti di natura ordinatoria per la
prosecuzione della procedura (nomina degli organi, deposito della documentazione
economica…). Contro la sentenza può essere proposto reclamo in Corte d’Appello da parte di
chiunque vi abbia interesse. Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza. Se viene accolto
il fallimento è revocato con effetto retroattivo (l’imprenditore quindi non sarà mai considerato
fallito), salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi durante la procedura, anche s
liquidatori.
ORGANI DEL FALLIMENTO
La procedura fallimentare prevede quattro uffici, detti “organi”:
- Tribunale: apre la procedura fallimentare (mai d’ufficio), dichiarando il fallimento, e ne resta
investito per tutta la sua durata con funzioni di vigilanza, potendo sentire in ogni tempo gli altri
organi e lo stesso fallito. Nomina il giudice delegato e il curatore, sempre revocabili o
sostituibili.
Rispetto ha questi mantiene un rapporto di sovraordinazione, potendone sempre riformare le
decisioni e potendo decidere su tutte le controversie di cui il giudice delegato non è competent
o che derivano dal fallimento (individuate dalla legge o che comunque non avrebbero ragione
d’essere senza il fallimento).
Ogni provvedimento del tribunale è assunto con decreto, impugnabile entro 10 giorni in Corte
d’Appello e deciso in 30, la sua esecuzione non è comunque sospesa.
- Giudice delegato: vigila e controlla la regolarità della procedura, accerta i crediti e gli altri diritt
vantati da terzi insinuati al passivo, riferendone in Tribunale. Tale attività presuppone adeguata
informazione, ricevuta dal curatore o dal comitato dei creditori che può convocare ogni qual
volta ritenga opportuno. Il giudice oltretutto nomina, potendolo sempre revocare, lo stesso
comitato dei creditori.
Decide sui reclami posti contro il curatore o il comitato dei creditori, il suo è un controllo di
legittimità, non di merito.
Può infine emettere o provocare dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la
conservazione del patrimonio, come ad es. i decreti di acquisizione con cui si accerta
l’appartenenza di certi beni all’asse fallimentare.
Ogni provvedimento del giudice delegato è assunto con decreto, impugnabile entro 10 giorni in
Tribunale e deciso in 30.
- Curatore: è un soggetto con requisiti di professionalità, esperienza ed indipendenza che attua le
finalità della procedura in qualità di pubblico ufficiale. Seppur sotto vigilanza, amministra il
patrimonio fallimentare, potendo anche compiere negozi con terzi e stare in giudizio per conto
della procedura. Egli è autonomo né deve rispondere particolarmente agli interessi dei creditor
o del fallito, infatti i suoi atti possono essere oggetto di reclamo solo per violazione di legge.
La sua legittimazione ad agire può però esser condizionata da autorizzazioni, del giudice
delegato (es. per continuare l’impresa) o del comitato dei creditori (straordinaria
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amministrazione, come riduzione di crediti…), il programma di liquidazione invece dovrà essere
approvato da questi e autorizzato dal giudice.
Il curatore deve poi presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata su cause e
circostanze del fallimento e su condotta e responsabilità del fallito, ogni sei messi deve poi fare
un rapporto riepilogativo sulle attività svolte. Ogni comunicazione è effettuata con PEC o
deposito in cancelleria, qualora non indicata.
A fine mandato il curatore presenta un conto della gestione, contestabile e revocabile se non ha
adempiuto ai suoi doveri con diligenza professionale. Può seguire un’azione di responsabilità
(civile contrattuale o penale) fatta valere dal nuovo curatore, autorizzato da giudice delegato e
comitato dei creditori.
Comitato dei creditori: condivide le azioni del curatore, autorizzandole o esprimendo un parere
non vincolante. É composto da tre o cinque creditori scelti dal giudice delegato in modo che
rappresentino in modo equilibrato quantità e qualità dei crediti, avendo riguardo delle possibilit
di soddisfacimento. Ha ampi poteri ispettivi ed informativi, decidendo poi, anche informalmente
a maggioranza. Ha diritto a rimborso spese ma è anche soggetto a obblighi di diligenza e
conseguente responsabilità.
Il comitato può comunque essere inerte o addirittura non venire ad esistenza dal momento che
creditori non hanno l’obbligo di accettare la nomina, il giudice delegato può sostituirvisi.
EFFETTI DEL FALLIMENTO SUL DEBITORE
Il fallimento implica lo “spossessamento” dell’imprenditore dichiarato fallito: costui, e i suoi
rappresentanti, non sono più legittimati dalla data del fallimento ad amministrare e a disporre de
suoi beni, intendendosi ogni situazione giuridica attiva di cui il fallito è titolare. Tali poteri
spetteranno al curatore.
Sono compresi anche i beni che pervengano al fallito durante la procedura, sono esclusi invece i
beni necessari al mantenimento proprio e della famiglia o di natura strettamente personale, di
questi il fallito avrà piena disponibilità, salvo azioni individuali dei creditori.
Il beneficio opera con efficacia relativa: va favore dei soli creditori concorsuali sicché chi
maturasse un credito successivo al fallimento non potrà concorrere sui beni del fallito appresi
dalla procedura, riguardo ai beni pervenuti successivamente l’apprensione è effettuata
espressamente dal curatore su autorizzazione del comitato dei creditori, tenendo conto delle
spese per il loro acquisto e conservazione a carico della massa.
L’efficacia relativa rileva anche sul fatto che non sono compresi tutti i beni del fallito e che
comunque costui non ne perde la titolarità, tant’è che, chiusa la procedura, può riacquistare la
disponibilità dei beni non ceduti.
Di converso vi è anche un’inefficacia relativa: ogni atto di disposizione del fallito dei beni appresi
alla procedura nonché le formalità per rendere opponibile un atto a terzi sono inefficaci solo per i
creditori concorsuali, non per i terzi. Tale regola si estende anche ai pagamenti eseguiti o ricevut
dal fallito, salvo apprensione delle utilità.
Il fallito è sostituito dal curatore anche sul piano processuale, in ogni controversia relativa a
rapporti patrimoniali che lo riguardano.
Il fallimento ha anche conseguenze personali sul fallito: al di là delle conseguenze penali o degli
obblighi di collaborazione con la procedura, egli è colpito nella segretezza della sua
corrispondenza relativa ai rapporti compresi nel fallimento nonché nella libertà di circolazione,
dovendo essere sempre reperibile e comunicando ogni spostamento di residenza o domicilio.
EFFETTI DEL FALLIMENTO SUI CREDITORI
La procedura ha lo scopo di soddisfare coloro che hanno fatto credito al debitore prima del
fallimento, sono i “creditori concorsuali”, così detti perché non possono agire individualmente, né
in via esecutiva né cautelare (art. 51 l. fall.), ogni azione è infatti esercitata dagli organi.
Il loro soddisfacimento è regolato dalla par condicio creditorum e dalla proporzionalità, sicché
l’attivo è ripartito tra tutti e in misura del loro credito; sono salve tuttavia le cause legittime di
prelazione che alterano notevolmente i principi suddetti, operanti in definitiva solo tra creditori di
pari rango. I creditori privilegiati sono infatti preferiti ai chirografari e ai chirografari postergati.
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Altro importante istituto derogatorio è la compensazione: i creditori possono compensare i propri
crediti con debiti (entrambi liquidi e omogenei) eventualmente assunti verso il fallito,
eventualmente non scaduti; il principio non vale per crediti assunti inter vivos dopo la
dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore.
La procedura fallimentare deve anche tener conto di altre due posizioni:
- coloro che diritti reali o personali sui beni del fallito possono chiederne la separazione e
l’attribuzione. Questi beni sono così esclusi dalla massa attiva;
- dalla massa attiva saranno anche detratte tutte le spese relative alla procedura, come i
compensi del curatore, e all’impresa, come le obbligazioni assunte per continuarne l’esercizio.
Questi sono i cd. “debiti della massa”, pagati per intero e prima degli altri (prededuzione).
Ogni credito, anche se privilegiato o prededucibile, deve comunque essere accertato e regolato con
i metodi procedurali di accertamento della massa attiva e passiva. Entrambe saranno omogenee
stabilmente definite: omogenee in quanto misurate in denaro e quindi liquidi, stabili in quanto
cristallizzate, attribuendo un valore nominale fermo ai crediti ed evitando che all’attivo si
detraggano beni se non con le regole procedurali.
Per quanto riguarda i crediti:
- non pecuniari: se non sono caduti son valutati secondo il loro valore alla data di dichiarazione
del fallimento, se scaduti son valutati secondo il valore alla data di scadenza;
- pecuniari: sono valutati secondo il loro valore attuale, quindi rivalutati se scaduti, e dalla
determinazione del valore ogni interesse legale o convenzionale è sospeso. Se non sono scaduti,
si considerano tali agli effetti del concorso. Se sono crediti privilegiati comprendono spese e
interessi scaduti nonché agli interessi dell’anno in corso e successivi nella misura del tasso
legale;
- infruttiferi: se non scaduti vengono ammessi per l’intero, detraendo insedi di ripartizione
un’interesse composto rapportato al periodo della scadenza;
- condizionali: quanto spetterebbe in sede di riparto è accantonato e non attribuito sino
all’avverarsi della condizione (sospensiva);
- solidali: il creditore in solido può esigere l’intero da tutti i condebitori e può essere soddisfatto
anche da quanto un condebitore adempiente chiede in via di regresso agli altri.
La massa passiva è data principalmente da da tutte le domande dei creditori concorsuali verificat
che divengono pertanto creditori concorrenti sulla massa attiva.
ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI
Il curatore può agire per far valere l’inefficacia rispetto ai creditori concorsuali di atti ad essi
pregiudizievoli compiuti dall’imprenditore già insolvente prima del fallimento, così da recuperare
beni oggetto di quegli atti nell’asse fallimentare e di disconoscere ogni pretesa dei terzi in capo a
questi.
Vi sono atti inefficaci di diritto: la loro inefficacia verso i creditori concorsuali è stabilita da
sentenza meramente dichiarativa, il curatore può pertanto chiedere direttamente al terzo la
restituzione di quanto ottenuto. Questi sono:
- atti a titolo gratuito traslativi (donazioni…), di destinazione (trust…), di rinunzia ad un diritto o d
remissione del debiti compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. Sono
esclusi, se proporzionati al patrimonio del debito, i regali d’uso e gli atti compiuti per forza di
pubblica utilità o dovere morale;
- i pagamenti anticipati la cui scadenza si sarebbe verificata nel giorno del fallimento o
successivamente.
Il Codice, all’art. 2901, prevede già un’azione revocatoria ordinaria, esperibile dal singolo creditor
o dal curatore in caso di fallimento, tuttavia presenta vari limiti: si deve provare un pregiudizio ai
creditori e la consapevolezza di questo in capo al fallito e ai terzi, non può colpire l’adempimento
debiti scaduti e riguarda solo gli atti di disposizione del debitore. Pertanto, a meno che non si trat
di atti anteriori al cd. periodo sospetto per cui si usa l’azione revocatoria, ordinaria sono preferite
altre azioni ad hoc.
La Cassazione distingue le nature di revocatoria ordinaria e revocatoria fallimentare: la prima
deriva dal pregiudizio al creditore per l’insufficienza del patrimonio e di garanzie del debitore, la
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secondo invece dalla lesione della par condicio creditorum (non propende quindi per la teoria
indennitaria né per quella antindennitaria).
L’azione revocatoria fallimentare, ex art. 67 l. fall., è esercitata dal curatore su autorizzazione del
giudice delegato. Essa consiste in una dichiarazione di inefficacia, rispetto ai creditori, degli atti a
titolo oneroso, dei pagamenti e delle garanzie poste in essere dall’imprenditore non ancora fallito
ma già insolvente. Per tutelare il terzo la legge concede la revocatorie solo se costui era a
conoscenza dell’insolvenza (scientia decoctionis), non bata quindi che l’atto sia avvenuto nel cd.
periodo sospetto. Criterio importante è anche la lesione della par condicio creditorum, non tanto
dei creditori stessi (sono infatti revocabili atti che attribuiscano prelazione).
Ha funzione di disconoscimento di un diritto, di prelazione ad es.(cd. revocatoria incidentale,
esperibile sempre come eccezione), o di recupero di un bene nella massa fallimentare o del suo
valore, se perito o consumato. Il terzo in buona fede che ha subito la revoca può insinuarsi nel
passivo con i creditori concorsuali per il valore corrispondente alla propria prestazione.
Gli atti revocabili sono distinti in normali e anormali, i primi richiedono che il curatore provi la
scienti decoctionis del terzo, i secondi invece la presumono salvo prova contraria.
Sono atti anormali:
- gli atti a titolo oneroso nell’anno anteriore al fallimento che superino di 1/4 il valore di ciò che è
stato promesso o dato al fallito;
- gli atti estintivi, anche se ottenuti coattivamente, di debiti pecuniari scaduti ed esigibili effettua
non con denaro o con altri mezzi normali di pagamento (es. datio in solutum di merci, ricavato d
svendita merci…) compiuti nell’anno anteriore al fallimento;
- le garanzie costituite per debiti preesistenti e non scaduti nell’anno anteriore al fallimento;
- le garanzie per debiti scaduti costituite nei sei mesi anteriori al fallimento.
Sono atti normali:
- i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, cioè scaduti, compiuti nei sei mesi anteriori al
fallimento;
- gli atti a titolo oneroso non anomali nei sei mesi anteriori al fallimento;
- gli atti costitutivi una prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati nei sei mesi
anteriori al fallimento;
Regimi particolari operano per gli atti che incidono su un patrimonio destinato ad uno specifico
affare, per gli atti tra coniugi in regime di separazione legale, per i pagamenti effettuati tramite
intermediari specializzati.
Il computo del cd. periodo sospetto nei casi in cui il fallimento segua una domanda di concordato
preventivo, si deve calcolare dalla data di pubblicazione della domanda.
Sono invece esenti da azione revocatoria, per incentivare il superamento preventivo di una crisi
d’impresa ed evitare l’isolamento da parte dei terzi dell’impresa in crisi:
- i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso;
- rimesse in un conto corrente bancario che non abbiano ridotto considerevolmente l’esposizione
debitoria del fallito verso la banca;
- i pagamenti per prestazioni lavorative di dipendenti o altri collaboratori, anche non subordinati;
- atti, pagamenti e garanzie concesse su beni del debitore in esecuzione di un piano di
risanamento o di un concordato preventivo. L’esecuzione del piano o del concordato è infatti
incentivata dall’impossibilità di una futura azione revocatoria in caso di fallimento;
- i pagamenti per la prestazioni di servizi strumentali all’accesso al concordato preventivo;
- vendita e preliminari di vendita aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, costituenti
l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti/affini entro il 3° grado, o immobili
destinati a divenire la sede principale dell’impresa dell’acquirente. Il prezzo deve essere giusto
(non inferiore a 1/4 del valore);
- operazioni di credito su pegno o credito fondiario.
RAPPORTI GIURIDICI PREESISTENTI
L’art. 72 l. fall. qualifica come rapporti giuridici preesistenti i quei rapporti giuridici, come i
contratti pendenti o i contratti preliminari, cui le parti non hanno ancora dato esecuzione. Con la
dichiarazione di fallimento l’esecuzione di questi è sospesa finché il curatore non scelga se
subentrare nel contratto o scioglierlo.
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La scelta di subentrare nel contratto deve essere autorizzata dal comitato dei creditori, i relativi
obblighi sono assunti dalla massa fallimentare.
La scelta di sciogliere il contratto (cd. resiliazione) non necessita invece di autorizzazioni, se l’altr
parte ha già adempiuto parzialmente potrà far insinuarsi nella massa per il valore della
prestazione parziale.
Una clausola di risoluzione del contratto per fallimento sarebbe inefficace, se però l’altra parte ha
intrapreso l’azione di risoluzione prima del fallimento, questa si sviluppa comunque contro la
curatela.
L’altra parte può oltretutto costituire in mora il curatore chiedendo al giudice di stabilire un
termine (max 60 giorni) per la prosecuzione o lo scioglimento del contratto.
Nel caso di esercizio provvisorio d’impresa i contratti pendenti proseguono salvo la facoltà del
curatore di sospenderne l’esecuzione o scioglierli.
Vi sono tuttavia delle eccezioni:
- il fallimento non costituisce giusta causa di risoluzione dei rapporti di lavoro subordinato;
- il fallimento del socio scioglie il suo rapporto con la società di persone;
- il fallimento scioglie il contratto di finanziamento destinato ad uno specifico affare se impedisce
la realizzazione o la continuazione dell’operazione;
- leasing: se il curatore sciogliesse il contratto, dovrebbe restituire il bene al concedente e quest
ne traesse un valore superiore al credito residuo in linea capitale, la differenza andrà versata al
fallimento;
- vendita con riserva di proprietà: se il compratore fallisce, il curatore può proseguire il contratto
pagando l’intero o prestando congrua cauzione, o scioglierlo con reciproca restituzione di bene
e rate versate, salvo un indennizzo per l’uso;
- contratti ad esecuzione continuata o periodica: se il curatore sceglie la prosecuzione, dovrà
pagare l’intero;
- contratto di borsa a termine non scaduto: scioglimento automatico al momento del fallimento;
- contratto di associazione per partecipazione: scioglimento automatico col fallimento
dell’associante;
- conto corrente: scioglimento automatico;
- commissione: scioglimento automatico:
- mandato: scioglimento automatico per fallimento del mandatario;
- locazione: non è sospeso dal fallimento, il curatore può disimpegnarsi pagando un’indennità al
conduttore o al locatore. Se si tratta di affitto d’azienda il recesso è esercitabile entro 60 giorni;
- appalto: scioglimento automatico a meno che il curatore non comunichi di subentrare entro 60
giorni; è salvo il consenso dell’altra parte se si era determinato per intuitus personae;
- assicurazione: prosegue salvo il diritto dell’assicuratore di recedere se il rischio è eccessivo;
- contratto di edizione: prosegue in caso di fallimento dell’editore, si scioglie se entro l’anno
l’impresa non riprende attività;
- procedimento arbitrale: non è proseguito se il contratto in cui era prevista la clausola arbitrale è
sciolto.
L’ESERCIZIO PROVVISORIO DELL’IMPRESA
Laddove si accerti che l’interruzione dell’esercizio d’impressa possa comportare un danno grave a
vari interessi concorrenti può essere autorizzato l’esercizio provvisorio, anche solo di un suo ramo
Può farlo già il tribunale nella sentenza dichiarativa di fallimento o il giudice delegato,
autorizzando l’istanza del curatore col parere favorevole del comitato dei creditori.
La prosecuzione è temporanea e spetta al curatore, anche nelle scelte imprenditoriali, pertanto
ogni obbligazione costituirà debito della massa. I contratti pendenti proseguono salvo decisione d
curatore di scioglierli o sospenderli.
Il giudice delegato o il tribunale potranno ordinare la cessazione prima della durata prevista.
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AFFITTO DELL’AZIENDA
Dopo l’apertura del fallimento, su istanza del curatore con parere favorevole del comitato dei
creditori, il giudice delegato può autorizzare l’affitto dell’azienda se ciò appaia più proficuo della
vendita.
L’autonomia contrattuale del curatore è vincolata: l’affittuario è scelto anche in base alle garanzie
prestate e al suo piano di prosecuzione, considerando anche la conservazione dei livelli
occupazionali; la durata dovrà essere compatibile con le esigenze di liquidazione; è prevista una
clausola di recesso anticipato del curatore (salvo giusto indennizzo).
Tutte le obbligazioni contratte durante l’affitto, anche in caso di retrocessione, graveranno
esclusivamente sull’affittuario.
Alla retrocessione dell’azienda può essere preferita la cessione definitiva allo stesso affittuario,
che vanta su di essa un diritto di prelazione.
CHIUSURA DEL FALLIMENTO
Ex art. 118 l. fall. le cause di chiusura del fallimento sono:
- la mancanza di domande di ammissione del passivo entro il termine previsto dalla sentenza di
apertura, la procedura in assenza di queste sarebbe infatti priva di scopo. Non giovano domande
di rivendicazione o restituzione;
- la soddisfazione di tutti i crediti, compresi quelli prededucibili, anche prima della ripartizione
dell’attivo;
- la compiuta ripartizione finale dell’attivo, cioè quando nulla resta dal liquidare e ripartire;
- la mancanza di attivo, tale da non soddisfare persino i crediti prededucibili.
Il decreto di chiusura emanato dal tribunale comporta la cessazione della procedura fallimentare,
ciò comporta la cessazione dello spossessamento del fallito: costui riacquisterà la piena
disponibilità del proprio patrimonio e dei rapporti giuridici preesistenti.
Gli organi fallimentari decadono, salvo il mantenimento di alcuni poteri ultrafallimentari.
I creditori invece potranno tornare ad agire individualmente contro il debitore per la parte di
credito insoddisfatta o gli interessi.
Le azioni già intraprese e riassunte dal curatore, sia per il fallito che per i creditori, sono interrotte
e spetteranno ai legittimari naturali. Le azioni derivanti dal fallimento verranno dichiarate invece
improcedibili.
RIAPERTURA DEL FALLIMENTO
Il tribunale, entro 5 anni dalla chiusura del fallimento, può ordinare la riapertura dello stesso se si
è creata la possibilità di nuove ripartizioni per soddisfare creditori concorrenti insoddisfatti alla
precedente chiusura o quando il fallito offra garanzia di pagare almeno il 10% a creditori vecchi e
nuovi.
Alla riapertura infatti concorrono anche i nuovi creditori che facciano domanda, i precedenti
creditori invece son ammessi direttamente e con prelazione.
ESDEBITAZIONE
L’esdebitazione consiste nella liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali,
anche non concorrenti, non soddisfatti.
É disposta col decreto di chiusura del fallimento o con decreto successivo ad hoc in accoglimento
della domanda del debitore. E’ comunque impugnabile dai creditori insoddisfatti.
L’ammissione del beneficio è possibile solo se il debitore:
- è una persona fisica che abbia promosso apposita istanza;
- ha tenuto comportamenti collaborativi e meritevoli durante la procedura fallimentare, tali da
non farne presumere la disonestà;
- almeno una parte dei creditori sia stata soddisfatta dal fallimento.
L’esdebitazione rende inesigibili i debiti, non li estingue: non è perlato ripetibile quanto versato in
relazione a quei debiti. Sono del tutto escluse dall’esdebitazione le obbligazioni estranee
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all’esercizio d’impresa, quelle derivanti da illecito extracontrattuale o da sanzione penale o
amministrativa, i diritti vantati verso i coobbligati o i fideiussori del debitore.
IL FALLIMENTO DELLE SOCIETÀ
La maggior parte dei fallimenti investe imprese aventi forma societaria. La legge fallimentare
tuttavia regola principalmente la responsabilità per debito dei soci e per illecito degli organi della
società fallita, poco dice sugli effetti del fallimento invece.
Il fallimento non provoca di per sé lo scioglimento delle società di capitali o corporative (che
possono altresì trasformarsi, fondersi, scindersi…), ne è causa invece per le società di persone.
Il fallimento in non provoca la cessazione del funzionamento degli organi sociali , né la decadenza
dei loro componenti: amministratori e liquidatori sono tenuti agli obblighi imposti al fallito ex art.
49 l. fall., le loro competenze sono tuttavia notevolmente ridimensionate (l’assemblea può
comunque riunirsi e adottare delibere, anche modificative della società).
Se il fallimento si chiude con l’integrale ripartizione dell’attivo o mancanza di questo tale da non
soddisfare creditori e spese neanche in parte la società è cancellata dal registro delle imprese; se
il fallimento si chiude con un attivo residuo, la società può proseguire la propria esistenza.
IL FALLIMENTO “IN ESTENSIONE” DEI SOCI A RESPONSABILITÀ ILLIMITATA
Ex art. 147 l. fall. La sentenza che dichiara il fallimento di una società in nome collettivo, in
accomandita semplice o in accomandita per azioni produce anche il fallimento dei soci
illimitatamente responsabili, siano essi persone fisiche o giuridiche.
Il fallimento della società si estende solo ai soci illimitatamente responsabili e non viceversa, ciò
avviene automaticamente con la dichiarazione del fallimento da parte del tribunale, senza che vi
sia istanza di alcuno né previo accertamento dei presupposti di fallibilità dei soci.
L’estensione avviene in altre due ipotesi:
1. Il socio illimitatamente responsabile, che ha cessato di essere socio (per morte, recesso o
esclusione) o di essere illimitatamente responsabile, continua a rispondere illimitatamente
delle obbligazioni sorte anteriormente alla cessazione e può pertanto essere dichiarato fallito
se non è decorso più di un anno dalla cessazione e che l’insolvenza della società derivi da
debiti, almeno in parte, contratti prima della cessazione.
2. In seguito alla dichiarazione di fallimento della società possono essere scoperti dei soci
illimitatamente responsabili, la dichiarazione di fallimento in tal caso sarà “in ripercussione” e
successiva, non opera infatti automaticamente con la dichiarazione del tribunale, ma con
dichiarazione sostitutiva su istanza del curatore o di uno o più creditori o soci falliti. Vi sono tre
ipotesi a riguardo:
- i soci occulti: sono soci illimitatamente responsabili ulteriori rispetto a quelli noti al momento
del fallimento;
- i soci occulti di società occulta: sono soci illimitatamente responsabili di un’imprenditore
individuale fallito, la cui impresa è nel concreto riferibile ad una società;
- socio apparente di società esistente o apparente: è una creazione giurisprudenziale a tutela
dei terzi, applicabile quando si ritiene vi sia un vincolo sociale tra più persone.
Infine rileva il caso delle cd. super società, società che dirigono e controllano altre società o con
cui condividono l’iniziativa economica: il fallimento di una non si estende automaticamente alle
altre.
Per quanto riguarda la procedura, prima di essere dichiarati falliti i soci illimitatamente
responsabili devono essere convocati, si vuole tutelarne la difesa nonché indurre il socio
eventualmente solvibile a porre rimedio in extremis all’insolvenza della società.
Si apriranno poi procedure distinte per ogni singolo socio, i cui curatore e giudice delegato
saranno comuni, diversi invece saranno i comitati dei creditori. Ogni socio è “spossessato” e i suo
debiti saranno “cristallizzati”, non potrà subire azioni esecutive individuali.
Patrimonio della società e patrimonio del socio sono tenuti distinti: si definiranno pertanto massa
attiva e massa passiva della società, masse attive e masse passive dei singoli soci. L’esercizio
dell’azione revocatoria fallimentare da parte del curatore è dubbio riguardo ad ambito (può colpir
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tutti gli atti del socio o solo quelli funzionali alla società?) e periodo (si guarda alla data di
fallimento della società o del socio, se successiva?).
I creditori della società potranno soddisfarsi sia sull’attivo della società che su quello dei soci
essendo ammessi per par condicio ad ogni procedura, i creditori dei soci solo sull’attivo di questi.
Il socio peraltro può agire in regresso contro gli altri qualora abbia pagato in misura più che
proporzionale un debito della società.
Le singole procedure possono chiudersi autonomamente (ex art.118) oppure se si è chiusa la
procedura della società per mancanza di domande d’ammissione o integrale soddisfazione dei
creditori sociali, in quest’ultimo caso i creditori personali beneficeranno delle procedure di
esecuzione individuale.
Le singole procedure potranno esser chiuse anche per via concordataria (concordato particolare
del socio o concordato della società, salvo patto contrario di chiusura della procedura individuale,
omologati).
L’ATTUAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ DEI SOCI A RESPONSABILITÀ LIMITATA
Si tratta di soci accomandati di s.a.s. o s.a.p.a., soci di s.p.a o s.r.l., soci di società cooperative o d
socio unico di s.p.a. o s.r.l. limitatamente responsabile.
Sono tenuti ad attuare gli obblighi per eventuali conferimenti non ancora eseguiti.
I versamenti ancora dovuti dai soci rientrano nei crediti della massa e il curatore può esigerli
direttamente, eventualmente con decreto ingiuntivo del giudice delegato.
La stessa richiesta può essere inoltrata anche ai precedenti titolari delle partecipazioni,
responsabili in via sussidiaria.
Il curatore può altresì chiedere ai soci il rimborso di quanto eventualmente ricevuto in restituzione
dei finanziamenti concessi alla società.
LE AZIONI DI RESPONSABILITÀ
Le azioni di responsabilità si esplicano in tre direzioni: verso la società, verso i creditori sociali,
verso i singoli soci o terzi. In caso di fallimento tali azioni potranno essere esercitate
esclusivamente dal curatore, previa autorizzazione del giudice delegato e parere del comitato de
creditori.
Legittimati passivi sono gli amministratori (anche di fatto), i componenti degli organi di controllo
(anche i revisori legali), i direttori generali o i liquidatori, nelle s.r.l. anche i soci che abbiano
intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.
Per quanto riguarda le azioni di responsabilità risarcitoria da abusivo esercizio di potere di
direzione e coordinamento della società, queste possono esser fatte valere dai soci o dai creditor
delle società controllate. In caso di fallimento sono esercitate dal curatore e la somma ottenuta
andrà a beneficio di tutti i creditori concorsuali e non soltanto di quali lesi.
IL CONCORDATO PREVENTIVO
Il concordato preventivo è un percorso giudiziale, con una forte natura contrattuale, alternativo a
quello fallimentare. Consente all’imprenditore di formulare ai creditori una proposta di
soddisfacimento parziale dei loro diritti, senza tuttavia perdere la gestione dell’impresa e godend
di una moratoria sui debiti. Tale proposta, se accettata dalla maggioranza dei creditori e
omologata dal tribunale, limiterà a quanto promesso i debiti dell’imprenditore, con effetto
liberatorio anche a chi vi si sia opposto.
Il concordato ha quindi finalità satisfativa, vuole tuttavia anche prevenire la più grave situazione d
fallimento: il concordato è proponibile infatti anche quando l’insolvenza si presenti solo come
rischio concreto, permettendo così ai creditori di soddisfarsi su un attivo maggiore di quello
ricavabile da una procedura fallimentare ma anche all’imprenditore di poter proseguire la propria
attività.
Rispetto al fallimento al concordato sono ammesse anche le imprese soggette a liquidazione
coatta amministrativa, le imprese assoggettabili ad amministrazione straordinaria. Per quanto
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riguarda le società con soci a responsabilità illimitata, questi possono partecipare al concordato
salvo patto contrario.
Escluse sono invece le banche, dubbia è l’ipotesi del concordato di gruppo.
La proposta ai creditori è articolata in un vero e proprio piano, la cui formulazione spetta
esclusivamente all’imprenditore, nonostante in concreto sia influenzato dalle pretese dei creditor
Il piano concordatario non ha una forma specifica tuttavia l’art. 160 l. fall. prevede alcuni esempi:
- concordato remissorio / dilatorio: è una promessa di pagamento parziale o dilazione dei crediti
esistenti, solitamente assistita da garanzie prestate da terzi;
- concordato liquidatorio: è cessione dei beni ai creditori, può avere natura obbligatoria
(l’imprenditore si impegna a conferirne la proprietà o altro diritto reale) o traslativa (l’effetto si
produce con l’omologazione del concordato);
- operazioni straordinarie: trattasi spesso del conferimento della azienda in un’altra società, di
un’incorporazione o di una scissione in “good and bad company”. Ai creditori, o a società da lor
partecipate, sono poi attribuiti titoli emessi dalle società risultanti da queste operazioni;
- garanzie: a tutti o ad alcuni creditori sono prestate garanzie reali o personali, tipiche o atipiche
da parte dell’imprenditore, di soci o di terzi. Un terzo, detto “assuntore”, può accollarsi i debiti d
cui il piano prevede il pagamento: l’accollo potrà essere cumulativo (in solido col debitore) o
anche limitato ai creditori verificati ai fini del voto, talvolta l’assuntore è anche un alter ego del
stesso imprenditore, che vuole recuperare il complesso aziendale privo dei debiti (cd. falcidia
concordataria);
- suddivisione dei creditori in classi: i creditori possono essere raggruppati in classi secondo
posizioni giuridiche e interessi economici omogenei, ottenendo trattamenti differenti (es. i
lavoratori rinunciano a parte dei crediti per mantenere il posto di lavoro, la banca preferisce
avere tutto il proprio credito anche in lungo tempo…);
- pagamento non integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca purché la
soddisfazione loro assicurata non risulti inferiore a quella realizzabile, in ragione della
collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione. Per la parte restante potranno
poi essere considerar chirografari e inseriti in classi, senza che tuttavia venga alterato l’ordine
delle cause legittime di prelazione (absolute priority rule): il creditore privilegiato, per la parte
non garantita, non potrà quindi ricevere meno dei chirografari. Questi in ogni caso saranno in
parte soddisfatti rispetto alla procedura fallimentare che li vede invece perdenti.
APERTURA DELLA PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENTIVO
Il debitore presenta e sottoscrive la domanda di ammissione alla procedura concordataria, in
forma di ricorso, al tribunale del luogo della sede principale. La domanda è comunicata al PM, la
cui partecipazione è facoltativa, è pubblicata nel registro delle imprese.
Nel caso di società, la domanda è presentata dagli amministratori, previa approvazione con atto
pubblico della maggioranza assoluta dei soci se si tratta di società di persone.
La documentazione presentata nella domanda contiene:
- un’aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa,
assimilabile ad un bilancio straordinario;
- uno stato analitico e sistematico delle attività, per individuare la massa attiva;
- l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause legittime d
prelazione;
- l’elenco dei titolari dei diritti reali e personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore,
così da individuare la massa attiva effettivamente disponibile;
- il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci a responsabilità illimitata;
- un descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, sopratutto
laddove sia un concordato con continuità aziendale (prosecuzione di attività, cessione
dell’azienda in esercizio o suo conferimento….). Questa è integrata da una indicazione analitica
dei costi e dei ricavi attesi alla prosecuzione dell’attività, nonché delle risorse finanziare
necessarie e delle relative modalità di copertura.
La domanda e la documentazione sono accompagnate dalla relazione di un professionista che
attesti la veridicità dei dati aziendali esibiti e la fattibilità del piano medesimo, da ripetersi nel cas
di modifiche a domanda o documentazione.
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L’imprenditore, qualora non sia ancora riuscito a convenzionare un piano da presentare ai
creditori, potrà depositare un ricorso contenente la domanda di concordato ma riservandosi di
presentare la proposta, il piano e la documentazione in un termine successivo (60-120 giorni
prorogabili) assegnatogli dal giudice. É il cd. preconcordato, o concordato con riserva.
Nel periodo concessogli potrà definire la proposta concordataria senza incorrere in una
dichiarazione di fallimento o in azioni esecutive individuali.
Essendo tuttavia l’istituto spesso abusato, il tribunale può nominare un commissario giudiziale pe
accertare eventuali intenti fraudolenti, può disporre obblighi informativi periodici oltre alla
presentazione mensile della situazione finanziaria, può abbreviare il termine di presentazione del
piano, può altresì disporre atti di straordinaria amministrazione.
Entro il termine assegnato l’imprenditore dovrà integrare la proposta e la procedura seguirà
normalmente, potrà anche ricorrere affinché venga piuttosto omologato un accordo di
ristrutturazione dei debiti. Se non presenta invece la proposta e il piano, eventualmente potrà
essere considerato fallito.
Sull’ammissibilità del ricorso si pronuncia il tribunale, che eventualmente può concedere 15 giorn
al debitore per integrare il piano. Verifica la sussistenza dei presupposti della procedura e della
documentazione.
I poteri del tribunale, secondo le recenti pronunce della Cassazione, si stendono da un controllo d
legittimità che verifica anche l’effettiva realizzabilità della causa concreta della procedura di
concordato, sfociando spesso quindi in un controllo di merito, nonostante l’attestazione del
professionista e l’interesse dei creditori.
La legge indica poi esplicitamente anche un controllo sulla correttezza dei criteri di formazione
delle diverse classi di creditori.
A seguito di tali criteri di giudizio e sentito il debitore, il tribunale può dichiarare inammissibile la
domanda con decreto non soggetto a reclamo (può essere posta una nuova domanda a meno che
non sia dichiarato contestualmente il fallimento) oppure può aprire la procedura di concordato co
decreto d’ammissione. Nominerà poi giudice delegato e commissario giudiziale (con poteri assai
diversi dal curatore fallimentare), comunicherà il provvedimento ai creditori e li convocherà. Il
decreto sarà poi pubblicato.
GLI EFFETTI DELL’APERTURA DEL CONCORDATO PREVENTIVO
L’apertura del concordato preventivo ha varie conseguenze sui soggetti coinvolti:
- il DEBITORE conserva l’amministrazione dei sui beni e l’esercizio dell’impresa, di ogni atto
compiuto dopo la procedura risponderà col suo patrimonio. Se si tratta di società, questa
manterrà i suoi organi con le rispettive funzionalità, anche se le loro azioni comportassero
perdite di capitale, sono infatti sospese le ordinarie cautele sul capitale a tutela dei creditori fin
all’omologazione, tali tutele si ritengono infatti sostitute dal potere di vigilanza degli organi
concorsuali.
Il debitore è tuttavia sottoposto a varie limitazioni: gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione
(cioè diversi dalla normale gestione ed esemplificati ex art. 167 l. fall. in mutui, fideiussioni,
pegni, ipoteche…) non possono essere compiuti senza l’autorizzazione del giudice delegato;
oltretutto gli atti pregiudizievoli ai creditori successivi all’apertura del concordato, necessari a
render opponibili atti anteriori, sono inefficaci rispetto ai creditori (cd. spossessamento
attenuato). Il debitore può tuttavia essere autorizzato dal tribunale a contrarre i cd.
finanziamenti alla ristrutturazione, approvati da un professionista e garantiti dalla loro
prededucibilità in caso di fallimento. Anche i crediti sorti durante la procedura saranno
prededucibili. I crediti anteriori invece possono essere adempiuti in corso di procedura se un
professionista ne attesta l’essenzialità e la migliore soddisfazione per i creditori.
Il potere di gestione è comunque esercitato sotto la vigilanza del commissario giudiziale, quest
può influenzare le scelte gestori e dell’imprenditore, avendo il potere di interrompere la
procedura e chiedere la revoca dell’ammissione al concordato laddove riscontri irregolarità;
- i CREDITORI ANTERIORI alla pubblicazione della domanda non potranno eseguire o proseguire
azioni esecutive né acquisire diritti di prelazione o iscrivere ipoteche giudiziali fino
all’omologazione. Il piano potrà anche prevedere una moratoria fino a un anno
dall’omologazione per il pagamento dei creditori con prelazione (se sono tuttavia liquidati beni
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oggetto dei loro diritti, saranno subito pagati in relazione a quanto ottenuto).
Oltretutto è sospeso il decorso degli interessi dei crediti, è vietata la compensazione, sono
regolati crediti infruttiferi, pecuniari, societari o solidali, non possono maturare termini di
prescrizione o decadenza.
I CREDITORI POSTERIORI invece possono soddisfarsi alla scadenza e alle condizioni convenute
contrattualmente, nel caso di successivo fallimento saranno pagati in prededuzione;
i CONTRATTI PENDENTI continueranno ad avere normale esecuzione salvo che non venga
concessa apposita autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione, in tali casi il terzo merita
un’indennizzo da soddisfare come credito anteriore;
gli ATTI PREGIUDIZIEVOLI ai creditori, compiuti prima della procedura, non sono revocabili dal
momento che non c’è l’esigenza di reintegrare il patrimonio del debitore. Lo saranno solo in
caso di successivo fallimento (peraltro rimarranno irrevocabili gli atti in esecuzione del
concordato).
FASI INIZIALI DELLA PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENTIVO
Una volta aperta la procedura il commissario giudiziale deve prendere dei provvedimenti
immediati:
- ricognizione dei creditori al fine di definire la massa passiva nonché individuare i legittimati al
voto. Ai creditori (individuati principalmente con la consultazione delle scritture contabili) sono
notificate la data di convocazione nonché le proposte del debitore;
- ricognizione della massa attiva, individuando i creditori del debitore ed facendo l’inventario del
suo patrimonio;
- relazione dettagliata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di
concordato e sulle garanzie offerte ai creditori.
Il commissario opera un’attività di vigilanza continua non solo sull’attività del debitore durante la
procedura ma anzitutto indaga anche su eventuali profili di dolo nella proposta di concordato
(eventuali passivi o attivi simulati o dissimulati, atti di frode…) secondo i criteri di ammissibilità d
concordato. Al verificarsi di situazioni patologiche nella procedura, potrà poi chiedere al tribunale
la revoca del decreto di ammissione ed eventualmente l’apertura del fallimento.
Nella data stabilita avviene poi l’adunanza dei creditori, questa si svolgerà possibilmente in
un’unica udienza con la presenza del giudice delegato, del commissario, dei creditori e del
debitore.
L’udienza inizia con l’illustrazione della propria relazione e delle proposte definitive del debitore
da parte del commissario, segue una discussione in cui ogni creditore indica il proprio credito,
eventualmente contesta quello altrui e valuta la proposta del debitore, cui spetterà l’ultima parola
Esaurita la discussione, si procede alla votazione del concordato, cui sono legittimati tutti i
creditori chirografari, si è incerti sull’ammissibilità dei creditori subordinati, soprattuto qualora il
piano non prometta loro alcunché. I creditori privilegiati non hanno diritto al voto se è loro
promesso un pagamento integrale, saranno ammessi invece qualora rinuncino in tutto o in parte
alla parte di credito non coperta da garanzia o quando non si prometta loro la soddisfazione
integrale. Sono esclusi dal voto i creditori che siano parenti o affini del debitore entro il IV grado.
Il voto è dichiarato informalmente ma espressamente e messo a verbale, i legittimati non present
potranno far pervenire il loro voto per corrispondenza entro 20 giorni, coloro che non avranno
votato nemmeno per corrispondenza saranno computati nella maggioranza dei crediti.
Il concordato è approvato col voto favorevole della maggioranza dei creditori, pro quota, cioè 50%
€0,01. In caso di divisione per classi la maggioranza può rilevare anche dalla maggioranza per
quote all’interno del maggior numero di classi.
OMOLOGAZIONE
Se all’esito della votazione non viene raggiunta la maggioranza il concordato è respinto, potrà
seguire una nuova proposta o la dichiarazione di fallimento.
Se viene raggiunta la maggioranza si apre invece il giudizio di omologazione: in udienza in camer
di consiglio vengono convocati commissario, debitore e creditori dissenzienti. Il giudice delegato
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comunicherà poi ai creditori eventuali mutamenti delle condizioni di fattibilità del piano cosicché
possano modificare il proprio voto.
I creditori dissenzienti (di classe dissenziente o, se non vi è stata suddivisione in classi, da tanti ch
rappresentano almeno il 20% dei crediti) o chiunque vi abbia interesse possono peraltro
presentare opposizione, instaurando un giudizio contenzioso. L’opposizione sarà respinta qualora
il tribunale ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore
rispetto alle alternative concretamente praticabili (cd. best interest test). Motivi di opposizione
possono essere vari, dall’abuso della maggioranza alle patologie della procedura, dal conflitto di
interessi alla non fattibilità del piano… Se l’opposizione viene accolta, con decreto, la proposta di
concordato è rigettata.
In assenza o in caso di non accoglimento di opposizioni, il tribunale procede alla verifica di
regolarità della procedura ed emana, ad esito positivo, il decreto di omologazione entro sei mesi,
questo potrà essere impugnato ma sarà comunque provvisoriamente esecutivo.
L’omologazione del concordato produce i seguenti effetti:
- il debitore ha piena capacità d’agire e processuale ed è liberato dalle obbligazioni anteriori il cu
adempimento non è previsto nella proposta approvata. Questi effetti giovano anche i soci a
responsabilità limitata sulle obbligazioni sociali. Il debitore deve poi dare esecuzione a quanto
promesso nel piano concordatario;
- l’esdebitazione vincola tutti i creditori anteriori, anche quelli dissenzienti. Conservano però
intatti i diritti verso coobbligati, obbligati in via di regresso e fideiussori del debitore;
- in caso di successivo fallimento sono esentati da azione revocatoria fallimentare e da reati di
bancarotta gli atti in esecuzione del concordato, i finanziamenti in funzione di questo invece
saranno prededucibili.
Nel caso di concordato di cessione dei beni il tribunale nominerà uno o più liquidatori e un
comitato di creditori che assistano e determinerà le modalità di liquidazione, a meno che il piano
concordato non preveda diversamente.
Qualunque sia il tipo di concordato, al commissari giudiziale spetta sempre la sorveglianza
sull’adempimento nonché sulla sua persistente fattibilità.
Qualora gli impegni assunti non vengano rispettati (indipendentemente da dolo o colpa) i creditor
possono chiedere la risoluzione del concordato per inadempimento, purché questo non abbia
scarsa importanza. Il ricorso è presentato entro un anno dal termine previsto per l’ultimo
adempimento e si svolge con rito camerale ad esito del quale sarà accolto o respinto. La
risoluzione non può essere chiesta nel caso in cui gli obblighi siano stati assunti da un terzo con
liberazione del debitore.
Con la risoluzione cesseranno retroattivamente gli effetti della procedura (come l’esdebitazione),
salvi però gli atti compiuti in esecuzione del concordato; i creditori potranno poi chiedere il
fallimento e il pagamento per l’intero.
Diverso invece è l’annullamento del concordato, dichiarato qualora si rilevi che il debitore abbia
escogitato un disegno fraudolento: provoca la cessazione gli effetti della procedura concordataria
e la possibile dichiarazione di fallimento del debitore.
IL CONCORDATO FALLIMENTARE
Nell’ambito di un fallimento già aperto, il concordato fallimentare costituisce un modo alternativo
di soddisfazione dei creditori.
La proposta è presentata da uno o più creditori o da un terzo dopo che sia stato reso esecutivo lo
stato passivo, anche il fallito potrà effettuare la proposta ma solo decorso un anno dalla
dichiarazione di fallimento ed entro due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo (co
ciò si vuole infatti incentivare il debitore ad anticipare il fallimento presentando piuttosto un
concordato preventivo).
Il contenuto della proposta è solitamente simile a quello della proposta di concordato preventivo:
soddisfazione parziale dei creditori (anche privilegiati, degradandoli a chirografari per il residuo),
suddivisione in classi dei chirografari, realizzazione di operazioni straordinarie, prosecuzione
dell’attività dell’impresa fallita…
La proposta è presentata al giudice delegato con ricorso, costui dovrà acquisire il parere del
curatore sui risultati ricavabili dalla liquidazione e dalle garanzie offerte, il parere vincolante del
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comitato dei creditori e, se è prevista una suddivisione in classi, l’approvazione del tribunale circa
il corretto utilizzo dei criteri di divisione. La proposta sarà poi comunicata ai creditori per il voto,
legittimati saranno i chirografari e i privilegiati, qualora sia proposta la loro soddisfazione parziale
o rinuncino a quella integrale. Non potranno votare i creditori parenti o affini entro il IV grado.
Dubbia è la posizione del creditore proponente.
Saranno conteggiati come consenzienti tutti i creditori che non abbiano fatto pervenire il loro
dissenso nei termini stabiliti. In caso di più proposte è approvata quella che riceve il maggior
numero di consensi.
Se è raggiunta la maggioranza richiesta, il curatore riferisce l’esito al giudice delegato che, a sua
volta, ordina che sia data comunicazione al proponente. Costui richiede l’omologazione del
concordato. Il fallito, i creditori dissenzienti e chiunque vi abbia interesse può comunque
presentare opposizione.
Il tribunale, con decreto motivato reclamabile, dichiara l’omologazione e la chiusura del
fallimento. Il fallito recupera la disponibilità del suo patrimonio ed è libero da ogni obbligo che non
derivi dal concordato, questo risulta obbligatorio per tutti i creditori anteriori al fallimento anche
se non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. I creditori conservano le loro azioni
per l’intero contro i coobbligati, gli obbligati in regresso e i fideiussori del debitore.
L’esecuzione del concordato sarà sorvegliata dagli organi del fallimento e con le modalità stabilite
dal decreto di omologazione, un provvedimento del giudice dichiarerà l’avvenuta esecuzione del
concordato, ordinando lo svincolo dalle eventuali cauzioni e garanzie.
Qualora il piano non venisse eseguito o risultasse viziato da frode, si potrà chiedere la risoluzione
o l’annullamento con conseguente riapertura del fallimento e riammissione dei creditori al passiv
per l’importo originario del credito. Potrà essere proposto un nuovo concordato ma il debitore
dovrà depositare le somme occorrenti all’integrale adempimento.
GLI ACCORDI STRAGIUDIZIALI
Date la ritrosia del debitore a portare la propria contabilità in tribunale e le restrizioni che
subirebbe con un procedura fallimentare o di concordato, il debitore generalmente preferisce
rendere partecipi i propri creditori della situazione di crisi e proporre loro accordi in via
stragiudiziale.
La proposta del debitore vil dar vita ad una ristrutturazione dei debiti, tramite una loro riduzione i
conto capitale, una dilazione del termine di adempimento, una rinuncia sugli interessi, una
conversione del credito in partecipazione al capitale, una concessione di credito supplementare…
Con questo si vuole dare ossigeno all’impresa affinché recuperi il proprio equilibrio e la
soddisfazione dei creditori possa essere maggiore rispetto ad una procedura giudiziale, oltretutto
si vogliono anche far scadere i termini di eventuali azioni revocatorie rispetto ad alcuni atti
compiuti.
La proposta non è necessariamente rivolta a tutti i creditori, con la conseguenza che quelli
estranee non subiranno alcun effetto dall’accordo e manterranno integre le loro pretese nonché la
possibilità di agire in giudizio. Di qui il rischio che questi chiedano il fallimento del debitore anche
durante le trattative, possibilità peraltro anche in capo al creditore coinvolto ma allarmatosi della
situazione. Oltretutto le azioni poste in essere in esecuzione dell’accordo stragiudiziale saranno
normalmente revocabili in caso di fallimento e gli eventuali finanziamenti contratti non saranno
prededucibili. Oltretutto i creditori partecipanti all’accordo potranno essere ritenuti responsabili
della tardiva apertura del fallimento ed eventualmente incriminati per concorso in bancarotta.
ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI OMOLOGATI
L’art. 182bis l. fall. è dedicato agli accordi di ristrutturazione dei debiti, non tanto al loro contenut
ma piuttosto agli effetti. La disciplina si applica ad accordi dello stesso genus di quelli
stragiudiziali di composizione della crisi, la dottrina li indica come fasci di contratti bilaterali
accomunati da causa omogenea.
Tali accordi, oltre ai tipici effetti negoziali, producono effetti legali riguardo agli inconvenienti che
invece potrebbero presentare gli accordi stragiudiziali: ad es. si impediscono azioni revocatorie,
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azioni esecutive durante le trattative… tali effetti si producono con l’omologazione dell’accordo a
seguito di un procedimento giudiziale.
L’accordo ha poi i seguenti requisiti:
- è stipulato tra un’imprenditore in crisi (anche agricolo) e uno o più creditori, che rappresentino
almeno il 60% dei crediti. Il calcolo di tale percentuale è sempre incerto dal momento che
manca un vero e proprio accertamento del passivo;
- è presente un piano di ristrutturazione dei debiti (dilazione dei termini d’adempimento, rinuncia
di interessi…) senza che sia rispettata la par condicio creditorum ma comunque tale da
assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei;
- dev’essere accompagnato dalla documentazione prevista per il concordato preventivo nonché
dal parere di un professionista circa l’attuabilità del piano, l’idoneità a soddisfare per intero i
creditori estranei e la veridicità dei dati aziendali.
Il procedimento è avviato con ricorso del debitore, presentando la proposta di ristrutturazione e le
suddette documentazioni presso il tribunale, l’accordo viene poi pubblicato nel registro delle
imprese acquistando efficacia legale:
- sono infatti bloccati per 60 giorni le azioni esecutive e cautelari nonché l’acquisto di diritti di
prelazione,
- il debitore è autorizzato a contrarre finanziamenti, prededucibili in caso di successivo fallimento
o a pagare crediti anteriori alla presentazione della domanda.
Tali effetti possono prodursi già durante la fase delle trattative qualora l’imprenditore depositi la
proposta di accordo e la documentazione specificando che le trattative sono in corso.
I creditori e ogni altro interessato potranno presentare opposizione entro trenta giorni, per
insussistenza dei requisiti di omologabilità come il mancato raggiungimento del 60% dei creditori
l’inattuabilità dell’accordo, l’impossibilità della l’insoddisfazione integrale dei creditori estranei,
l’inattendibilità della relazione del professionista….
Se le opposizioni mancano o sono respinte, il tribunale procede all’omologazione con decreto
motivato, pubblicato nel registro delle imprese e reclamabile. Gli effetti della omologazione sono
eventuali in quanto si producono in caso di successivo fallimento:
- gli atti in esecuzione dell’accordo sono esenti da revocatoria fallimentare;
- la “nuova finanza” è prededucibile;
- gli atti in esecuzione dell’accordo non rilevano in relazione ai reati di bancarotta.
La vigilanza sull’esecuzione dell’accordo è rimessa direttamente ai creditori partecipanti, questi
potranno chiedere la risoluzione in caso di inadempimento o l’annullamento in caso di vizi
dell’accordo.
I PIANI DI RISANAMENTO
Per piano di risanamento si intende un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della
esposizione debitoria delle imprese e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e
la cui fattibilità sia attestata da un professionista.
Esso non è necessariamente concordato coi creditori, può infatti essere predisposto
unilateralmente dall’imprenditore al fine di recuperare l’equilibrio dell’impresa e salvarne la
permanenza sul mercato, al di là della soddisfazione dei crediti.
Gli atti in esecuzione del piano sono esenti da azione revocatoria purché sia stabilità una data cer
d’esecuzione, spesso tramite pubblicità (facoltativa) nel registro delle imprese.
La minore garanzia che offre il piano rispetto agli accordi omologati sta nella sua sindacabilità: u
giudizio ex post infatti potrebbe rilevare la non conformità alla fattispecie legale e renderlo quind
passibile di revocatoria.
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LA SOCIETÀ
Le società sono strutture organizzative destinate all’esercizio di un’attività economica diretta alla
produzione o allo scambio di beni o servizi.
Nonostante un tempo lo si potesse definire come “impresa collettiva”, oggi non è possibile dare u
definizione unitaria e specifica del fenomeno societario: vi sono infatti società unipersonali, societ
che esercitano un’attività produttiva non imprenditoriale…
Il diritto societario pertanto, nonostante alcuni principi comuni, si diversifica seconda dei vari
modelli organizzativi previsti:
- società di persone a scopo lucrativo: società semplice, società in nome collettivo, società in
accomandita semplice (generalmente più snelle, con dimensioni produttive ridotte e pochi soci
- società di capitali a scopo lucrativo: società per azioni, società a responsabilità limitata, società
in accomandita per azioni (generalmente più complesse, con dimensioni produttive mediograndi e più soci);
- società a scopo mutualistico: società cooperative, mutue assicuratrici;
- società europea e società cooperativa europea.
Alle società si applicano quindi le norme sulle attività produttive e imprenditoriali più quelle
peculiari circa l’organizzazione della loro struttura, della loro esistenza e del loro operare: in
particolare il diritto societario si preoccupa della costituzione, del funzionamento, dello
scioglimento, delle posizioni giuridiche assunte dai soci e dagli altri finanziatori.
La società costituisce infatti un centro di interessi unitario, dotato un patrimonio giuridicamente
distinto da quelli personali dei soci e gestito in nome dell’ente, necessita quindi di specifiche
norme circa il suo operare interno ed esterno.
STORIA
Prima forma societaria è la societas di diritto romano che tuttavia prescindeva dall’attività
produttiva e mancava di rilevanza esterna, consisteva nella comunione di più beni o lavoro per
trarre un guadagno.
Nel tardo Medioevo si sviluppano la compagnia, impostata secondo principi di autonomia
patrimoniale e responsabilità illimitata dei soci, e l’accomandita, coinvolgente anche finanziatori
esterni la cui responsabilità è limitata a quanto versato.
Prototipi di società di capitali si sviluppano tardi, con le grandi compagnie coloniali, dotate di
personalità giuridica spesso con forti tratti pubblicistici.
Il diritto italiano post unitario distingueva società commerciali, destinate agli atti di commercio e
quindi regolate dal Codice di Commercio (1882), e società civili, cioè collettività di persone volte a
sfruttamento di beni comuni e alla ripartizione del guadagno, regolate dal Codice Civile (1865).
Il nuovo Codice Civile del ’42 elimina la società civile e distingue piuttosto società lucrative e
mutualistiche, sempre improntate ad un’attività economica. Prevedeva la società come
caratterizzata dalla compartecipazione di più persone ad un’attività produttiva, e quindi soggetta
rischi, comune e con fini egoistici. Il diritto societario si è poi evoluto su più piani:
- soggettivo, con la nascita delle spa e delle srl unipersonali, divenendo quindi la società uno
strumento del singolo per l’esercizio della sua attività imprenditoriale;
- l’attività e i fini sono cambiati: soprattutto con la privatizzazione delle imprese pubbliche e la
comparsa del settore no profit troviamo molte società che svolgono attività d’erogazione, con
fini più assistenzialistici che lucrativi;
- il rischio può spesso ricadere più su terzi finanziatori che sui soci, potendo ad es. una srl essere
costituita con capitale di partenza di 1 €.
La società quindi diventa anzitutto uno strumento di azione sul mercato, assumendo sfaccettature
diverse a seconda del modello assunto.
SOCIETÀ PLURIPERSONALI E UNIPERSONALI
Società pluripersonali sono necessariamente:
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- società di persone: l’atto costitutivo ha infatti natura contrattuale e il venir meno della pluralità
di soci è una causa di estinzione;
- società in accomandita per azioni: sono composte tipicamente da due classi di soci,
accomandanti e accomandatari;
- società con scopo mutualistico: non avrebbero ragione di esistere senza più fruitori.
Spa e srl invece non sono necessariamente pluripersonali, possono infatti esser costituite anche
dal singolo, unico socio, con atto unilaterale. Rappresentano in tal caso un’esigenza organizzativa
dell’attività d’impresa: si crea infatti un’ente autonomo rispetto al socio. Avendo la società
personalità giuridica e autonomia patrimoniale, potrà assumere il rischio d’impresa al posto del
socio nel cui interesse è costituta.
IL CONTRATTO DI SOCIETÀ
l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili. Elementi essenziali
sono quindi il conferimento di beni e servizi in comune, lo svolgimento dell’attività e lo scopo
lucrativo, non tanto il numero dei partecipanti (che può essere anche uno).
Il contratto di società appartiene alle categorie dei contratti associativi e plurilaterali con
comunione di scopo, l’interesse negoziale comune fa sì infatti che sia un contratto a struttura
aperta.
La comunione di scopo pone quindi la società come mezzo per il suo raggiungimento, i soci vi
partecipano pro quota: questa è il complesso delle posizioni giuridiche in cui si sostanzia la
partecipazione del soggetto all’attività comune, ha sia natura patrimoniale che amministrativa.
Il fenomeno societario non si esaurisce tuttavia nell’esecuzione di un contratto, il diritto delle
società infatti disciplina anche la struttura organizzativa e i modi di esercizio dell’attività
conseguenti al contratto.
La disciplina sul contratto peraltro prevede:
1. Formazione: atto pubblico nelle società di capitali e mutualistiche, atto a forma libera nelle
altre, a meno che il bene conferito non richieda una forma specifica. Il contratto può anche
perfezionarsi per fatti concludenti (cd. società di fatto).
2. Pubblicità: ogni società deve essere iscritta nel registro delle imprese, con efficacia costitutiva
per le società di capitali e mutualistiche (sono comunque salve le obbligazioni tra i contraenti)
dichiarativa per le società di persone, di rafforzamento dell’autonomia patrimoniale per snc e
sas.
3. Contenuto: vige l’autonomia contrattuale, salvo nome inderogabili conseguenti al modello
societario scelto, a tutela del mercato e dei creditori (ad es. divieto di patto leonino, equilibrio
tra rischio e potere…).
4. Interpretazione: operano i principi generali di interpretazione del contratto, tra i vari criteri
però prevale quello dell’interpretazione oggettiva.
5. Attuazione: valgono i principi di correttezza e buona fede.
6. Invalidità del contratto: le cause di invalidità, tassativamente elencate, determinano lo
scioglimento dell’ente con efficacia ex nunc, a tutela dei terzi.
7. Invalidità della singola partecipazione: se la partecipazione è essenziale per il raggiungimento
dello scopo comune, l’invalidità travolge l’intero contratto altrimenti riguarda esclusivamente
il socio, ha efficacia retroattiva nelle società di persone, da diritto di recesso nelle società di
capitali.
8. Risoluzione del rapporto: non rileva nei casi di inadempimento del socio né di impossibilità
sopravvenuta, opera piuttosto l’esclusione per decisione della maggioranza nelle società di
persone, di riduzione della quota nelle società di capitali. Dubbia è l’inapplicabilità della
risoluzione per eccessiva onerosità.
Anche l’atto costitutivo di società unipersonale, seppur unilaterale, rileva come contratto di societ
e vede applicarsi norme specifiche. Questo infatti regola l’organizzazione e lo svolgimento
dell’attività, i rapporti tra il socio e la struttura….. è poi potenzialmente aperto all’ingresso di altri
soci, tramite cessione di parte dell’unica quota o di nuovi conferimenti.
L’ATTIVITÀ PRODUTTIVA
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La società esercita un’attività economica, l’ambito in qui questa si esplica è detto oggetto sociale
Nonostante il fine analogo non sempre tuttavia una società assume le caratteristiche di
un’impresa. Entrambe sono poste in essere per compiere una serie coordinata di atti (è
impensabile fondare una società per un singolo atto), entrambe rispondono al requisito
dell’organizzazione, intrinseco nella definizione di società, quanto invece al requisito di
professionalità esso non è essenziale nel fenomeno societario. Vi sono infatti società cd.
occasionali, che svolgono operazioni economiche non stabili e destinate ad esaurirsi, e che quind
non sono configurabili come imprese.
SOCIETÀ PER L’ESERCIZIO DI PROFESSIONI INTELLETTUALI
L’art. 10 l. 183/2011 permette la costituzione di società per lo svolgimento di una professione
intellettuale. Rilevano peraltro due vincoli sull’esercizio di talune professioni intellettuali imposti
dall’ordinamento: uno pubblicistico, cioè il conseguimento di un titolo abilitativo e l’iscrizione ad
un albo, uno privatistico, cioè l’esecuzione personale della prestazione. Non presentano particolar
problemi quindi le società aventi ad oggetto l’esercizio di un professione non protetta.
Già prima della riforma del 2011 esistevano vari fenomeni associativi nell’ambito delle profession
intellettuali:
- la società tra avvocati: è composta solo da soci professionisti e da essi amministrata, è iscritta
in un’apposita sezione del registro delle imprese, ha rilevanza esterna ma non è fallibile. Il
cliente può scegliere il socio a cui rivolgersi;
- la società di revisione legale: è riservata a commercialisti e revisori legali, riuniti in qualunque
forma societaria lucrativa, con rilevanza esterna. La maggioranza degli amministratori deve
essere iscritta nel registro dei revisori legali, la maggioranza dei soci o delle quote deve essere
espressione di soggetti essi stessi iscritti;
- l’incarico professionale congiunto non da vita ad un vero e proprio rapporto associativo, essend
le prestazioni eseguibili anche disgiuntamente;
- società di mezzi: più professionisti acquistano e gestiscono l’apparato materiale e umano per
l’esercizio della loro attività, comunque indipendente da quella degli altri;
- studio associato: il rapporto associativo ha rilevanza obbligatoria meramente interna, gli
associati si impegnano infatti a collaborare tra loro e a dividersi costi e ricavi;
- società che erogano un servizio complesso: sono società che offrono prodotti/servizi complessi
che comprendono anche attività intellettuali ma che non si esauriscono in queste. Sono le cd.
società di engineering;
- società tra professionisti: sono società aventi ad oggetto l’esercizio di una professione protetta.
Per quanto riguarda l’organizzazione interna, l’organo di gestione è liberamente composto, la
compagine sociale invece deve essere personalmente e pro quota a maggioranza di abilitati,
cosicché di fatto la società sia controllata da professionisti. Qualora venisse meno tale
maggioranza per sei mesi, la società viene sciolta.
La prestazione richiesta dal cliente deve essere svolta da uno dei soci abilitati, anche con
ausiliari non professionisti ma purché sia autonomo nell’eseguirla. Su di lui graverà la
responsabilità, in solido con la società.
ATTIVITÀ PRODUTTIVA E GODIMENTO
Essendo l’attività di una società definita come produttiva, la legge non ammette società di mero
godimento. Tale impossibilità giuridica riguarda solo il momento genetico dell’ente ed il suo
programma negoziale, se invece una società cessasse l’esercizio dell’attività cui era destinata
potrebbe comunque continuare a godere dei propri beni o consentirlo ai soci.
Pertanto la comunione di più beni finalizzata al loro godimento è regolata dalle norme sulla
comunione ordinaria e quindi, essendo una situazione giuridica statica, dal diritto dei beni e non d
quello d’impresa.
Rileva il caso della società simulata, o di comodo, in cui l’oggetto sociale è simulato: i soci infatti
convengono nell’atto costitutivo un’attività produttiva, accordandosi tuttavia per il mero godimen
dei beni, spesso finalizzato all’elusione fiscale o a sottrarre beni alle azioni esecutive di creditori.
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Questa è nulla qualora sia una società di persone, qualora sia di capitali invece si cerca
un’applicazione analogica della disposizione elusa.
Dubbia è la posizione delle attività ricettive e di noleggio, sicuramente non di godimento se di
autonoleggio o di gestione di una struttura residenziale turistica. Riguardo invece all’attività di
gestione di partecipazioni, non è di godimento qualora questa si esplichi controllando o
arricchendo le singole realtà societarie, come fanno le cd. holding pure.
Altro caso particolare sono le società-veicolo, costituite per supportare varie operazioni finanziare
(come le società di cartolarizzazione: acquistano pacchetti di crediti, li trasformano in securities d
vendere a terzi, il cui rischio sta nella possibile insolvenza del debitore originario), la dottrina le
considera attività d’impresa, così come nel caso delle srl costituite per la cartolarizzazione del
patrimonio immobiliare pubblico.
LA SPENDITA DEL NOME SOCIALE
L’iniziativa economica se svolta in nome della società è a questa giuridicamente imputata.
Vi sono casi tuttavia in cui la società non è manifesta, in cui i soci, pur conferendo risorse o
gestendo di fatto la società, convengono che l’attività si imputata ad un unico socio (cd.
prestanome), sottraendo così se stessi e il proprio patrimonio al rischio d’impresa.
E’ la cd. società occulta, derivante da un patto di occultamento invalido: di per sé sarebbe una
società atipica e pertanto illegittima. Il vero problema riguarda la responsabilità dell’attività, se
questa si estenda all’intero gruppo o meno; l’art 147 l. fall. opta, in via d’eccezione, per un criterio
di responsabilità sostanziale anziché nominale: se dopo il fallimento di un’imprenditore, l’impresa
risultasse riferibile ad una società di cui il fallito era socio illimitatamente responsabile, il
fallimento è esteso a questa e a tutti gli altri soci illimitatamente responsabili.
L’ESERCIZIO IN COMUNE DELL’ATTIVITÀ
Ex art. 2247 CC l’esercizio dell’attività deve essere comune: ciò non significa che tutti i soci devo
essere coinvolti nell’amministrazione dell’attività, essendovi infatti differenze qualitative e
quantitative nelle quote a seconda del modello sociale (ad es. i soci accomandanti son esclusi dal
gestione). Nemmeno significa che il rischio dell’attività è condiviso.
La caratteristica che indica l’esercizio in comune dell’attività è il regime di imputazione, non
individuale ma collettivo: ogni attività esercitata è infatti imputata alla società e non al socio.
Non rilevano come società, seppur l’interesse dell’attività produttiva è comune a più soggetti:
- l’impresa familiare: vi collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e/o gli affini entro il
secondo ma è imputabile al solo familiare che la esercita. Gli altri familiari hanno vari diritti
patrimoniali e di codecisione, come una partecipazione agli utili, agli atti di gestione
straordinaria, una prelazione in caso di cessione…. La disciplina è comunque residuale: sia
applica qualora non sia configurabile un’altra situazione;
- l’impresa coniugale: è soggetta a comunione legale l’azienda costituita o acquistata dai coniug
dopo il matrimonio, non è configurabile come società salvo apposito contratto, gode di scarsa
autonomia patrimoniale, le decisioni di straordinaria amministrazione sono prese in comune da
entrambi i coniugi.
Per quanto riguarda l’amministrazione dell’ente la disciplina varia a seconda del modello
societario, salvo alcuni principi comuni.
Il potere di amministrazione può essere attribuito a livello gestionale direttamente ad ogni socio,
come nelle società di persone, o può essere attribuito ad un organo particolare, nominato da
un’assemblea di soci, come nelle società di capitali. L’atto costitutivo può comunque limitare
l’estensione del potere di un socio. Per quanto riguarda l’assunzione delle decisioni si distinguono
due criteri:
- l’unanimità, tipica delle società di persone, importa l’accordo di tutti i soci sull’adozione
dell’atto;
- la regola maggioritaria, tipica delle società di capitali, importa la prevalenza della volontà di un
maggioranza assembleare su una minoranza, evitando così situazioni di stallo e favorendo una
dialettica tra le parti. Alla minoranza sono generalmente riservate varie forme di tutela, come
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poteri di vigilanza, di attivazione di rimedi giudiziali in caso di mala gestione e il diritto di recess
in presenza di giusta causa.
In ogni caso amministrazione e rapporti tra soci sono retti dai principi di buona fede e correttezza
LA DOTAZIONE PATRIMONIALE
I conferimenti sono il complesso delle risorse iniziali che i soci destinano in via definitiva
all’iniziativa economica, rappresentano la prestazione iniziale degli stipulanti e giustificano la loro
partecipazione alla società.
L’atto costitutivo della società contiene l’assunzione, da parte dei soci, dell’obbligo di effettuare i
conferimenti o il trasferimento diretto della titolarità dei beni in capo alla società. Possono essere
vari: denaro, proprietà, diritti di godimento, crediti, obblighi di non facere…
Sono un elemento essenziale dell’atto costitutivo, non v’è infatti società che si formi senza una
dotazione di risorse e non v’è fondatore che non conferisca qualcosa, i conferimenti rappresentan
infatti il rischio del socio, e al tipo di conferimento / rischio corrisponde la quota di partecipazione
La proporzionalità tra conferimento e quota è comunque derogabile, è tuttavia nullo il patto
leonino. Dubbia è invece la legittimità del conferimento costituito dall’assunzione della
responsabilità del socio.
L’essenzialità del conferimento è stata comunque in parte derogata con le cd. società senza
conferimenti, srl con capitale sociale iniziale minimo di 1€ che non hanno altro scopo di attirare
finanziamenti esterni. Nella maggior parte dei casi la legge però afferma dei conferimenti minimi,
ad es. 50000€ per le spa e 10000 per le srl a capitale ordinario.
I conferimenti, essendo destinati definitivamente alla società, sono oggetti ad un vincolo di
destinazione che si esplica in vari modi:
- il socio conferente non può mai chiedere la restituzione del bene, può aver diritto in caso di
recesso ad una somma di denaro corrispondente al valore della sua partecipazione;
- i soci non possono servirsi individualmente dei beni conferiti per fini estranei alla società;
- i beni sono garanzia per i creditori sociali, prioritariamente ai creditori individuali dei soci o in
via esclusiva.
L’indisponibilità riguarda anche il capitale sociale: è una posta contabile che rappresenta il valore
dei conferimenti, può essere mutato solo modificando l’atto costitutivo ed è distinto dal patrimon
che invece è l’insieme concreto di attivi e passivi.
Il capitale rileva dal momento in cui i soci possono prelevare dal patrimonio solo il valore che
eccede rispetto al capitale (cd. utile). Qualora non vi sia un utile, ossia il patrimonio sia pari o
inferiore al capitale, i soci non avranno alcun ricavo, potranno se necessario operare una riduzion
di capitale.
I conferimenti poi possono distinguersi in:
- conferimenti al capitale: denaro e beni di proprietà;
- conferimenti al patrimonio: beni di godimento, opere e servizi che possono essere imputati al
capitale solo su accordo delle parti.
Tale distinzione rileva nel processo di liquidazione e ripartizione dell’attivo: dopo il pagamento de
creditori sociali, i soci conferenti in capitale sono rimborsati dei valori dei loro conferimenti, i soci
conferenti in patrimonio parteciperanno solo dell’eccedenza.
LO SCOPO EGOISTICO
La società è una struttura costituita per il perseguimento di uno scopo egoistico. La causa del
negozio è quindi la realizzazione di un guadagno (l’utile, cioè l’avanzo del patrimonio netto rispett
al capitale), di un lucro oggettivo. Questo sara poi diviso tra i vari soci.
Il lucro soggettivo è infatti la caratteristica che distingue la società da altri enti, come associazion
o fondazioni, che svolgono sì attività economiche ma senza spartirne il ricavato tra gli associati,
anzi destinandolo ad altri secondo fini altruistici.
Il lucro soggettivo però non è da intendersi come mera spartizione di denaro, può rilevare infatti
anche come beneficio o servizio ottenuto dal socio, come nelle società mutualistiche, o
dall’impresa, come nelle società cosortili.
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Rilevante è il problema di qualificazione dell’ente, qualora le parti attribuiscano all’ente un nomen
iuris inconciliabile con lo scopo perseguito. Possono operare o la riqualificazione dell’ente o la
nullità dell’accordo, a seconda dei casi.
Il diritto societario presenta tuttavia alcune eccezioni allo scopo egoistico:
- società sportive professionistiche: devono reinvestire tutti gli utili nell’attività sportiva senza
poterli distribuire;
- società di gestione di mercati regolamentati, società di gestione accentrata di strumenti
finanziari: possono non perseguire fini lucrativi ma piuttosto perseguire il miglioramento del
proprio operare;
- impresa sociale: è una qualifica che comuni, società, associazioni e fondazioni possono
acquisire per operare in un qualunque settore perseguendo uno scopo non lucrativo, ma
altruistico / sociale. L’impresa sociale deve annoverare una percentuale di lavoratori
appartenenti a categorie disagiate, deve assoggettarsi a regole coerenti col fine perseguito, no
può trasformarsi, fondersi o essere ceduta se non ad altro ente con fini non egoistici.
I TIPI DI SOCIETÀ
Il diritto societario offre diversi modelli organizzativi, lucrativi o cooperativi, ciascuno dei quali
costituisce un tipo di società. Le distinzioni rilevano principalmente sul piano dell’organizzazione
interna e dell’autonomia patrimoniale, a seconda delle finalità che si vogliono perseguire. Ogni tip
societario è infatti autonomamente disciplinato da un’apposita normativa.
Vige il principio della libertà di scelta: sono i soci fondatori a determinare il tipo societario,
comunque rivedibile modificando l’atto costitutivo (cd. trasformazione). Operano comunque alcun
limiti e correttivi:
- se l’attività ha natura commerciale, non si può adottare la società semplice;
- se l’attività riguarda determinati settori può essere imposto un determinato tipo (ad es. spa o
cooperative per azioni nell’attività bancaria).
- qualora le parti non determinino il tipo e l’attività non sia commerciale, la società è semplice;
- qualora le parti non determinino il tipo e l’attività sia commerciale, la società è in nome
collettivo.
Società semplice e società in nome collettivo rilevano quindi prevalentemente come modelli
residuali.
Si pone il problema se la qualificazione della società dipenda solo dal nomen iuris: riguardo alle
società di capitali, è decisivo il nome con cui sono iscritte; riguardo alle società di persone rilevan
anche elementi sostanziali.
L’autonomia privata è peraltro limitata dalla tassatività dei tipi di società, vista la loro rilevanza
economica e l’esigenza di tutelare i terzi e il mercato. Ne consegue che sono nulle le società
atipiche. L’autonomia privata è circoscritta quindi ad alcuni elementi del tipo di negozio, salvo il
caso delle cd. clausole atipiche: queste sono nulle nelle società di capitali, rendono nullo invece
l’intero negozio della società di persone a meno che non operi una sostituzione di diritto.
Deroga parziale al diritto societario è rappresentata dalla società di diritto speciale, frutto della
deroga o dell’integrazione del diritto generale operata dal legislatore. Il diritto speciale non regola
solo l’attività svolta ma anche l’organizzazione stessa dell’ente. Si distinguono in:
- società di diritto singolare: sono società individualmente regolate, spesso sono frutto della
privatizzazione di enti pubblici, come la RAI;
- categorie societarie di diritto speciale: sono società regolate da un diritto speciale che le
distingue in categorie aventi un medesimo oggetto sociale o un’altra caratteristica comune,
come le società bancarie.
Recente è il fenomeno delle società in mano pubblica, società cioè non disciplinate dal diritto
speciale ma sempre da quello generale, che tuttavia sono controllate da enti pubblici a da questi
partecipate.
AUTONOMIA PATRIMONIALE: SOCIETÀ DI PERSONE E SOCIETÀ DI CAPITALI
La prima distinzione tra società di persone e società di capitali rileva per la presenza dell’intuitus
personae nel socio delle prime. In una società di persone si guarda al socio per le sue qualità
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personali, per le sue competenze, per un rapporto di fiducia, nelle società di capitali invece si
guarda al conferimento da lui fatto, indipendentemente da chi sia.
Attualmente le distinzioni più pratiche operano tuttavia in relazione al grado di autonomia
patrimoniale dei due tipi di società, imperfetta nelle società di persone, perfetta in quelle di
capitali. Il legislatore, rispetto a situazioni di comunione o all’azienda individuale, ha attribuito ai
vari tipi di società diversi gradi di autonomia patrimoniale, per favorirne l’iniziativa economica e i
suo svolgimento. Distinguiamo infatti:
- società semplici: il creditore particolare di un socio non può aggredire direttamente i beni
sociali ma può chiedere la liquidazione della quota del suo debitore. Dei debiti sociali, i beni
dell’ente rispondono prioritariamente rispetto ai beni dei singoli soci, esclusivamente invece pe
i soci non amministratori con responsabilità limitata al conferimento;
- società in nome collettivo: il creditore del socio non può aggredire i beni sociali, neppure
chiedendo la liquidazione della quota. Per i debiti sociali, i creditori devono prima escutere i ben
della società e poi potranno agire contro i singoli soci;
- società in accomandita semplice: i soci accomandanti son responsabili solo per i conferimenti;
- società di capitali e cooperative: i creditore sociale non ha azione contro il singolo socio, il
creditore del singolo socio non ha azione contro i beni della società.
L’autonomia patrimoniale perfetta implica necessariamente la personalità giuridica dell’ente,
acquisita con l’iscrizione nel registro delle imprese ex art. 2331 CC. La personalità giuridica
comporta che la società diventi un centro di imputazione di rapporti giuridici, autonomo dal singo
socio (costui infatti non potrà ad es. impugnare direttamente un contratto stipulato dalla società).
All’autonomia patrimoniale imperfetta consegue invece una condizione detta di “soggettività
minore”, la società sarà si centro d’imputazione di rapporti giuridici ma la sua autonomia non è
completa appunto sul piano patrimoniale.
LE SOCIETÀ DI PERSONE
I modelli di società di persona presentano varie caratteristiche comuni: dimensioni ridotte,
maggiore agilità gestionale, stabilirà nel tempo, responsabilità illimitata di almeno un socio e
rilevanza dell’intuitus personae.
La disciplina, seppure organica e talvolta modello di riferimento per altri modelli di impresa,
presenta ampi margini di derogabilità, concessi dal legislatore per renderne più elastica la
gestione o l’avvicinamento alla società di capitali. Rispetto a queste ultime però le società di
persone presentano vantaggi sul piano tributario: gli utili sono tassati in capo ai soci,
proporzionalmente alle rispettive quote, nell’IRPEF, se non sono distribuiti o non sono stati
realizzati non sono tassati. Oltretutto la recente riforma ha introdotto importanti novità e
agevolazioni come la possibilità di modificare l’atto costitutivo a maggioranza, o la partecipazione
di società di capitali di partecipare a società di persone.
La normativa codicistica relativa alle diverse società è “a cascata”: si presenta ampia per le
società semplici, richiama alle regole di questa e ne sviluppa altre di dettaglio per le società in
nome collettivo, e allo stesso modo avviene tra queste ultime e le società in accomandita semplic
Le società di persone si distinguono quindi in:
- società semplice: esercita un’attività non commerciale (ad es. agricola o professionale), il
modello è organizzato per persone (i poteri son rimessi ai soci) e tutti i soci sono responsabili
illimitatamente delle obbligazioni sociali;
- società in nome collettivo: esercita un’attività commerciale o meno, il modello è organizzato pe
persone (i poteri sono rimessi ai soci) e tutti i soci sono responsabili illimitatamente delle
obbligazioni sociali;
- società in accomandita semplice: esercita un’attività commerciale o meno, il modello è
organizzato per persone (i poteri sono rimessi ai soci), i soci accomandatari sono responsabili
illimitatamente delle obbligazioni sociali, i soci accomandanti limitatamente ai conferimenti.
SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO
Ex art. 2291 CC nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono illimitatamente e
solidalmente per le obbligazioni sociali, anche qualora la società non fosse iscritta nel registro
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delle imprese. Eventuali patti limitanti la responsabilità di uno o più soci hanno solo rilevanza
interna, non rilevando per i creditori sociali.
La snc agisce sotto una ragione sociale: il rapporto sociale è indicato nel nome della società
assieme a quello di uno o più soci (es. Alfa Trasporti di Tizio Caio).
L’atto costitutivo di snc comprende:
- cognome, nome, domicilio, cittadinanza dei soci;
- ragione sociale e oggetto sociale (cioè settore in cui opera);
- sede ed eventuali sedi secondarie;
- amministratori e rappresentanti;
- conferimenti, valore attribuito e metodo di valutazione;
- prestazioni degli eventuali soci d’opera;
- criterio e quota di ripartizione di utili e perdite;
- eventuale durata.
Non sono tutti elementi essenziali, possono infatti essere integrati dal codice se mancanti.
Per quanto riguarda la forma sono ammessi atto pubblico e scrittura privata autenticata se si
vuole iscrivere la società nel registro delle imprese. L’iscrizione non è tuttavia un requisito di
validità dell’atto costitutivo: la snc irregolare infatti è comunque validamente costituita ma gode d
minore autonomia patrimoniale, essendo in taluni aspetti regolata come società semplice.
Qualora manchi la documentazione dell’atto costitutivo si ha una snc di fatto, nonostante infatti
manchi la scelta del tipo il regime della snc si presta ad essere il più adatto nella maggior parte
dei casi: a tale disciplina son anche assoggettate società occulta e società apparente.
Unico problema riguarda i conferimenti per i quali è richiesta una forma ad substantiam, come gli
immobili: in tal caso i conferimenti eseguiti senza le prescritte formalità sarebbero nulli, è così
anche l’atto costitutivo se tali conferimenti risultassero essenziali.
Per quanto riguarda le partecipazioni, alle snc possono partecipare:
- persone fisiche (se incapaci possono solo essere autorizzate alla “continuzione”);
- società di capitali, previa autorizzazione dell’assemblea. Una snc può essere partecipata anche
da sole società di capitali, come si evince dalla norma che impone la redazione del bilancio
tipico delle spa per le snc partecipate da sole società di capitali;
- società di persone, tale partecipazione è ritenuta possibile in via giurisprudenziale.
Può essere provata anche la presenza di soci occulti che risponderanno illimitatamente come gli
altri soci, il regime dell’autorizzazione rende inqualificabili come socio occulto le società di
capitali.
Se una partecipazione è viziata, questa non inficia l’intero rapporto societario se non è essenziale
ma viene sciolto ex nunc il singolo rapporto sociale.
Riguardo ai vizi dell’intero atto costitutivo si applica la disciplina generale sulla patologia dei
contratti, in particolare di quelli plurilaterali. La soluzione di una nullità con efficacia ex tunc male
si adatta però con la realtà economica e sociale in cui operano le società, pertanto rilevano i
correttivi giurisprudenziali della tutela della buona fede, nonché dell’applicazione analogica della
dichiarazione di nullità di una spa (che opera ex nunc). Oltretutto l’art. 2332 CC stabilisce che le
cause di nullità legittimano gli interessati a chiedere l’eliminazione pro futuro, salvando quindi
l’attività posta in essere prima della dichiarazione d’invalidità.
PROFILI FINANZIARI DELLA SNC
Nell’atto costitutivo i soci devono indicare i conferimenti, il valore attribuito a questi e il modo di
valutazione (liberamente concordabile alla costituzione o all’aumento di capitale). La somma dei
valori dei conferimenti costituisce il capitale sociale, per il quale non è fissata alcuna soglia
minima.
I soci possono stabilire l’importo da conferire, in alternativa la legge integra la volontà negoziale
stabilendo un quantum ragionevolmente necessario al conseguimento dell’oggetto sociale e
presumendo uguali tutti i conferimenti.
Alla società può essere conferita qualunque entità suscettibile di valutazione economica (beni,
obblighi di fare o non fare, know-how….) ed è sufficiente che il socio si obblighi al conferimento, i
soci peraltro possono soprassedere al suo inadempimento e ammetterlo comunque a godere deg
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utili e soffrire delle perdite. La disciplina societaria rinvia poi alla normativa generale, salvo alcune
integrazioni, a seconda del tipo di conferimento:
- beni in proprietà: vigono i principi della vendita riguardo a consenso traslativo, evizione e
perimento del bene prima del trasferimento;
- denaro: se è previsto un termina, il versamento sarà richiesto dagli amministratori.
L’inadempimento espone il socio all’esclusione per grave inadempimento;
- beni in godimento: la proprietà resta in capo al socio, che ha quindi diritto alla restituzione
spirato il termine, a suo carico è la garanzia per il godimento e il rischio per il perimento;
- crediti: il creditore risponde dell’insolvenza del debitore se ne ha assunto garanzia, dovrà anche
rimborsare spese e interessi;
- servizi: particolare posizione assume il socio d’opera, che si obbliga come socio ad una
prestazione di fare verso la società. Partecipa alle decisioni sociali, agli utili e alle perdite,
rischia peraltro l’esclusione per sopravvenuta inidoneità. Problematica però è l’individuazione
del suo conferimento, per cui non è necessaria una valorizzazione. In sede di liquidazione il
socio d’opera ha si diritto ad una parte dell’attivo, ma ha anche diritto ad una parte di capitale?
Sicuramente se il suo conferimento è stato valorizzato e imputato a questo, in caso contrario la
giurisprudenza è discorde: alcuni sostengono l’imputazione al capitale, altri sostengono che
nulla gli spetti se non ne è determinato il valore, altri ancora considerano il conferimento
imputato al patrimonio e quindi passibile di rimborso in sede di scioglimento.
Non è necessaria la capitalizzazione di tutti i conferimenti, alcuni possono essere accantonati
come plusvalenza di patrimonio ed accantonata come riserva, o eventualmente redistribuita se d
bilancio risulta un attivo.
Pertanto vanno a costituire il capitale sociale solo i conferimenti valutati in cifra monetaria,
secondo criteri decisi liberamente dai soci. Il capitale è elemento essenziale, in primo luogo a
tutela del mercato e dei creditori: grava pertanto sugli amministratori un obbligo di conservazione
di questo.
Il capitale pertanto non è restituibile ai soci se non nella misura degli utili, cioè le eccedenze del
patrimonio netto rispetto al capitale. L’utile tuttavia deve essere realmente conseguito, è vietata
infatti la distribuzione di utili fittizi , la snc può sempre chiedere la restituzione di questi ultimi se
distribuiti.
L’unanimità (o maggioranza se prevista) dei soci comunque può disporre una modifica all’atto
costitutivo, operando una riduzione del capitale: questa diviene efficace dopo tre mesi,
consentendo ai creditori anteriori di fare opposizione in caso di pregiudizi subiti.
La riduzione può essere facoltativa o obbligatoria, perlato quest’ultima non è espressamente
prevista dalla legge in caso di perdite, è tuttavia vietato però alle snc in perdita di ripartire utili fin
a reintegrazione o riduzione del capitale.
Sempre all’unanimità, o maggioranza se prevista dall’atto costitutivo, si decide per l’aumento di
capitale o per la capitalizzazione di finanziamenti o versamenti dei soci.
L’atto costitutivo può poi indicare i criteri di ripartizione di utili e perdite e la quota di ciascun soc
la decisione può essere anche devoluta ad un terzo. Nel caso in cui i soci non stabiliscano
alcunché, la legge stabilisce la proporzionalità tra quota di partecipazione al capitale e
distribuzione di utili / perdite.
I soci possono anche convenire che partecipazione agli utili e alle perdite non siano simmetriche,
comunque nullo ogni patto leonino, che rende nulla la partecipazione di un socio a utili o perdite o
le rende tra loro eccessivamente sproporzionate, sono vietate anche analoghe forme elusive.
Le quote di partecipazione agli utili e alle perdite rilevano anche in sede di liquidazione, in base
alle prime si determinerà l’attivo da distribuire a ciascun socio, in base alle seconde la perdita. La
quota sugli utili rileva anche nella determinazione della maggioranza per alcune decisioni
importanti (concordato preventivo, fallimentare…).
Il diritto del socio alla percezione dell’utile matura con l’approvazione del bilancio, la creazione di
riserve facoltative pertanto è possibile solo su decisione unanime.
CREDITORI PARTICOLARI E CREDITORI SOCIALI
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I creditori del singolo socio non possono chiedere la liquidazione della quota del loro debitore
finché dura la società, né quindi chiedere lo scioglimento del singolo rapporto. Possono tuttavia
aggredire gli utili o compiere atti conservativi sulla quota.
In caso di proroga espressa della durata della società, i creditori particolari possono presentare
opposizione in tribunale entro tre mesi per chiedere la liquidazione della quota del loro debitore.
In caso di proroga tacita, i creditori possono chiedere in ogni momento la liquidazione della quota
Per quanto riguarda le obbligazioni sociali, ex art. 2291 CC tutti i soci rispondono solidalmente e
illimitatamente per esse, anche col loro patrimonio personale. La norma riguarda anche i soci che
siano persone giuridiche.
Il socio che paghi l’intero ha diritto di regresso verso la società e verso gli altri secondo il valore
delle quote.
Un patto limitativo di responsabilità non ha rilevanza esterna, a meno che i creditori sociali non lo
accettino, ha invece rilevanza interna, specie in sede di regresso: il socio la cui responsabilità
limitata non dovrà restituire più di quanto convenuto.
La responsabilità per le obbligazioni permane anche dopo lo scioglimento del rapporto sociale, in
caso di cessione di quota però si devon guardare gli accordi negoziali.
In caso di fallimento della snc, questo opera in estensione verso i soci. Potrà essere dichiarato
fallito anche l’ex socio, se l’insolvenza dipende da obbligazioni di un anno anteriori allo
scioglimento.
Ai soci tuttavia è accordato il beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale: questo
opera automaticamente, sicché i creditori sociali potranno agire contro i soci solo dopo aver
provato l’insolvenza della società. La dottrina è in dubbio se tale beneficio operi anche in caso di
fallimento, la giurisprudenza invece è favorevole.
ORGANIZZAZIONE DELLA SNC: AMMINISTRAZIONE E RAPPRESENTANZA
Il codice presenta un modello legale di amministrazione e rappresentanza delle snc, che integra l
volontà negoziale mancante. Prevede, ex art. 2257, che l’amministrazione della società spetta
disgiuntamente a ciascuno dei soci e che al ruolo di socio amministratore consegue il potere di
rappresentanza.
L’amministrazione disgiunta, nonostante consenta una notevole agilità sul mercato, implica una
grande fiducia tra i soci, dal momento che ognuno potrebbe contrarre obbligazioni in nome e per
conto della società indipendentemente dagli altri amministratori. A questi spetta solo un diritto di
opposizione, cioè porre il veto preventivo ad un’operazione futura determinata nell’oggetto.
In caso di opposizione, per evitare situazioni di stallo, il Codice prevede che i soci partecipanti agl
utili deliberino a maggioranza riguardo al veto stesso (non all’esecuzione dell’operazione), che
quindi può essere riproposto.
Nell’atto costitutivo le parti possono disporre un modello diverso come l’amministrazione
congiunta, o una forma mista tra le due, ad es. disponendo che il regime disgiunto si applichi per
operazioni entro un certo valore.
L’amministrazione congiunta rende la società meno agile sul mercato ma consente un confronto
costante tra i soci-amministratori nella gestione. Può presentarsi in due varianti a seconda del
metodo con cui sono prese le decisioni:
- unanimità: occorre il consenso di tutti i soci per ogni decisione. Il codice lo considera come
modello legale qualora le parti nell’atto costitutivo non specifichino il tipo di amministrazione
congiunta;
- maggioranza: per ogni decisione deve essere raggiunto il consenso della maggioranza dei soci,
questa si calcola secondo il criterio di partecipazione agli utili, a meno che all’atto costitutivo
non risulti il voto per testa.
A temperamento dell’amministrazione congiunta c’è la possibilità per il singolo amministratore di
compiere individualmente atti di gestione, con conseguente rappresentanza, in casi di urgenza
onde evitare un danno alla società. Qualora successivamente gli altri soci si pronuncino contro ta
atti, questi resteranno validi per i terzi, sul piano interno però il socio-amministratore potrà subire
un’azione di responsabilità.
Nell’atto costitutivo i soci possono anche inserire una clausola di arbitraggio gestionale per
superare situazioni di stallo. Con questa sono deferiti ad un arbitratore o ad un collegio di
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arbitratori, terzi e imparziali predeterminati o da nominare di volta in volta, poteri decisionali più o
meno ampi. Vi possono essere infatti clausole “deboli” che delimitano espressamente il potere
decisionale, o clausole “forti” grazie alle quali l’arbitratore può anche vincolare gli amministratori
a determinate azioni. Le clausole di arbitraggio indicano la volontà sociale di preferire la
continuazione della società allo scioglimento.
Potere gestori e rappresentanza tuttavia non sempre sono riuniti nella stessa persona: la
rappresentanza è infatti è il titolo a spendere il nome della società nei rapporti giuridici coi terzi. É
nell’atto costitutivo che sono indicati i rappresentanti, pertanto i fondatori possono attribuire tale
potere a tutti o solo ad alcuni amministratori, o anche a soci non amministratori dissociando i due
poteri. In caso di più rappresentanti dovrà essere specificato se operano congiuntamente o
disgiuntamente, in mancanza di indicazioni la legge presume la simmetria tra potere gestori e di
rappresentanza.
L’amministratore con potere di rappresentanza può quindi compiere tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale (compresa la rappresentanza giudiziale), salvo le limitazioni indicate nell’atto
costitutivo. Le limitazioni saranno opponibili nei confronti dei terzi solo se sono iscritte nel registro
delle imprese o se comunque questi ne hanno avuto conoscenza effettiva.
Amministratori e rappresentati possono essere nominati in due modi:
- nell’atto costitutivo, in tal caso la revoca negoziale dell’amministratore richiede una giusta
causa nonché il rispetto delle regole di modifica dell’atto;
- con decisione successiva dei soci: l’atto costitutivo infatti può limitarsi a indicare il numero di
amministratori e rinviare la scelta ad un atto successivo. La nomina sarà effettuata con atto
separato, deliberato a maggioranza/unanimità. Per la revoca negoziale si applicano le
disposizioni sul mandato: non è necessaria la giusta causa ma l’amministratore revocato può
chiedere il risarcimento del danno.
Qualora l’atto costitutivo taccia completamente sulla nomina, la legge prevede che tutti i soci
siano amministratori e rappresentanti disgiuntamente.
Ad ogni singolo socio oltretutto è attribuito il potere di chiedere la revoca giudiziale per giusta
causa.
Per quanto gli obblighi degli amministratori, essi hanno il potere-dovere di gestire la società
(delineare strategie imprenditoriali, redigere il bilancio, iscrivere la società nel registro delle
imprese…), senza che vi sia alcuna distinzione tra amministrazione straordinaria e ordinaria. In
caso di amministrazione disgiunta conseguono anche gli obblighi di vigilanza e di intervento verso
gli altri amministratori.
I diritti ed gli obblighi sono regolati anzitutto dalle norme sul mandato, da quelle sulle obbligazion
di mezzi e quindi dal generale principio della diligenza del buon padre di famiglia, sicché gli
amministratori godono di ampia discrezionalità nella gestione della società.
Specifiche regole, pur derogabili, sono dettate in materia di conflitto di interessi e divieto di
concorrenza: l’amministratore, ma anche il socio, non potrà avviare un’impresa individuale
concorrente o partecipare come socio illimitatamente responsabile ad una società concorrente. L
violazione di tali norme può comportare l’azione di esclusione e/o di risarcimento del danno.
Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società per gli obblighi imposti loro dal
contratto sociale e dalla legge, ad esclusione del socio che provi di non essere in colpa.
Può conseguire un’azione di responsabilità , per il risarcimento dei danni, esperibile direttamente
secondo la giurisprudenza dal socio o dal terzo, come avviene nelle società di capitali.
Si discute se possa essere nominato amministratore un terzo estraneo alla compagine sociale, vi
sono tre tesi a riguardo, che sostengono:
- l’inammissibilità, dovendo l’amministratore essere socio a responsabilità illimitata;
- ammissibilità di un terzo che non sia tanto amministratore ma piuttosto institore;
- ammissibilità completa.
Il dibattito è stato attenuato dall’introduzione delle norme sull’arbitraggio gestionale e sulla sulla
possibilità per le società di capitali di partecipare a società di persone e addirittura esserne
amministratori.
ORGANIZZAZIONE DELLA SNC: DECISIONI DEI SOCI
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Ai soci non amministratori spetta il coinvolgimento nelle attività previste dalla legge, dall’atto
costitutivo o da specifica procura. In ogni caso essi hanno poteri di controllo verso
l’amministrazione che si esplicano nei diritti di informazione, ispezione e rendiconto. Quest’ultimo
generalmente annuale, non è da confondersi col bilancio d’esercizio ma è un prospetto analitico
delle operazioni realizzate, redatto solo su istanza del socio.
L’amministratore che ostacoli l’esercizio di questi diritti è sposto alle sanzioni per impedito
controllo, salvo che non vi sia un’abuso del diritto. Dubbia è l’opponibilità del segreto aziendale.
Tali diritti possono esercitarsi anche dopo la perdita della qualità di socio verso le informazioni
riguardanti la responsabilità stessa dell’ex socio.
Il Codice non presenta tuttavia una disciplina generale sulle decisioni dei soci. Rilevano solo alcun
distinzioni, la prima riguarda il rapporto tra unanimità e maggioranza.
L’unanimità dei soci è richiesta per le modifiche dell’atto costitutivo, sia soggettive che oggettive
per gli altri atti è sufficiente la maggioranza, calcolata secondo diversi criteri:
- in base alla partecipazione agli utili (decisione su opposizioni in amministrazione disgiunta,
trasformazione in società di capitali, fusione, scissione…);
- per teste (esclusione del socio…);
- in base alla partecipazione al capitale (concordato preventivo, fallimentare…).
Sono poi contemplate decisioni per le quali non è specificato se sia richiesta l’unanimità dei soci o
la maggioranza, la dottrina allora ha ritenuto che per le decisioni inerenti all’attività gestori sia
necessaria la maggioranza in base alla partecipazione agli utili, per le decisioni inerenti alla
struttura organizzativa (compreso il consenso all’esercizio di attività concorrenziali) sia necessaria
l’unanimità.
Il Codice nemmeno disciplina il procedimento di assunzione delle decisioni, pertanto, se non è
previsto dall’atto costitutivo, è tendenzialmente informale. La dottrina ha tuttavia ritenuto di
colmare tale lacuna col rispetto delle fasi tipiche di un procedimento collegiale.
Mancano quindi anche le norme relative all’impugnazione della decisione viziata, salvo che per
l’impugnazione di esclusione di socio in cui è indicato il legittimato, cioè l’escluso, il termine di
trenta giorni e un rimedio cautelare di sospensione della decisione.
MODIFICHE ALL’ATTO COSTITUTIVO
Ogni modifica all’atto costitutivo va assunta col consenso unanime dei soci, sono considerate tutt
le modifiche soggettive e oggettive aventi ad oggetto elementi tipici dell’atto (soci, ragione socia
sede…) o altri a questi parificati (aumento di capitale, costituzione di riserve, alienazione
dell’azienda sociale…). I soci possono tuttavia derogare al criterio di unanimità con apposita
clausola di maggioranza o con clausola di arbitraggio, anche solo per specifiche decisioni.
Per quanto riguarda le modifiche soggettive si può derogare al criterio di unanimità, e quindi alla
rilevanza dell’intuitus personae, non con una clausola di maggioranza ma con una clausola di
libera trasferibilità delle partecipazioni, che elimina ogni vincolo circa la loro circolazione inter
vivos o mortis causa, o con una clausola di prelazione, che privilegia l’acquisto della quota da par
di chi è già socio.
Ogni modifica, per essere opponibile ai terzi, deve essere iscritta nel registro delle imprese entro
trenta giorni a cura degli amministratori, la regola riguarda anche le modifiche non dipendenti da
una decisione dei soci (ad es. la morte o il recesso di uno).
Al criterio di unanimità sono comunque sottratte alcune decisioni:
- esclusione del socio;
- proposta di concordato preventivo o fallimentare;
- introduzione o soppressione di clausole compromissorie;
- trasformazione in società di capitali, scissione o fusione, che si effettuano col criterio di
maggioranza secondo la partecipazione agli utili. É salvo il diritto di recesso del socio contrario.
Il criterio di maggioranza si applica quindi a tutti gli atti collegati a queste ipotesi.
É salva comunque una diversa opzione statutaria, che invece preveda l’unanimità o clausole di
maggioranze diverse.
Non sembrano convincenti le tesi che vogliano limitare il principio maggioritario con
l’immodificabilità a maggioranza delle basi essenziali della società o con l’intangibilità dei diritti
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individuali del socio, uniche forme di tutela effettiva alla minoranza paiono essere gli obblighi di
correttezza e buona fede, nonché il rispetto della parità di trattamento.
SCIOGLIMENTO DEL SINGOLO RAPPORTO SOCIALE
Il singolo rapporto sociale termina quando ricorrano eventi che impediscano, limitino o rendano
sgradita la partecipazione del socio alla società.
In linea di principio lo scioglimento del singolo rapporto sociale non impedisce il proseguimento
della società, l’attività sociale continua infatti con gli altri soci (a meno che non risulti uno stato d
unipersonalità protratto per sei mesi).
Peraltro gli effetti della singola partecipazione non cessano tutti contemporaneamente
A livello di disciplina rilevano particolarmente l’intreccio tra le vicende personali e societarie, il
rapporto tra scioglimento del singolo rapporto sociale e scioglimento della società nonché le
situazioni legate alla persona fisica del socio.
Il Codice prevede diverse ipotesi di scioglimento del singolo rapporto:
1. Morte del socio: determina l’obbligo della società di liquidarne la quota agli eredi, a meno che
entro sei mesi i soci non propongano la continuazione della società con gli eredi (necessaria se
essi sono già soci e pertanto accresceranno la propria quota) o lo scioglimento della società,
avendo riscontrato l’essenzialità del socio defunto o l’impossibilità di liquidarne la quota senza
pregiudicare la società.
L’atto costitutivo peraltro può prevedere una clausola di consolidazione, cristallizzando la
volontà di liquidare la quota del defunto, o di continuazione. Una clausola di continuazione può
essere facoltativa (vincolante solo la società), obbligatoria (vincolante anche gli eredi) o
automatica (operando la continuazione subito con l’accettazione dell’eredità).
2. Recesso del socio: l’art. 2285 CC lo disciplina diversamente riguardo a due ipotesi. Se la societ
è a tempo indeterminato, o contempli un termine prorogato indeterminatamente, o il termine
coincida con la morte di un socio od altro evento non determinabile, il socio è libero di
recedere in qualunque momento con un preavviso di tre mesi.
Se la società è a tempo determinato invece il socio potrà recedere solo nei casi previsti
dall’atto costitutivo (cd. cause facoltative) o in presenza di giusta causa, con questa si intende
ogni situazione oggettiva, quindi non soggettiva, che aggravi, anche indirettamente, la
responsabilità del socio o le condizioni di rischio economico in presenza del quale aveva
aderito al contratto sociale.
Ipotesi particolari di recesso sono previste per i soci che non abbiano concorso alla
maggioranza nelle decisioni di trasformazione in società di capitali, fusione, scissione o altre
modifiche particolarmente incisive.
3. Esclusione facoltativa: è una decisione facoltativa adottata dagli altri soci a maggioranza di
teste, salvo diversa previsione dell’atto costitutivo, volta allo scioglimento di un singolo
rapporto sociale.
Il socio può essere escluso per gravi inadempienze delle obbligazioni derivanti dalla legge o
dall’atto costitutivo, ad es. l’inadempimento imputabile al socio nell’effettuare i conferimenti
(anche parziale di beni in godimento o d’opera), la violazione del divieto di concorrenza o
l’immistione non autorizzata nell’amministrazione, rilevano anche comportamenti contrari alla
buona fede o alla collaborazione con la società.
Altra causa di esclusione può essere l’interdizione, l’inabilitazione, e si ritiene anche
l’amministrazione di sostegno, che porterebbero il subingresso di un tutore o curatore nei
rapporti sociali, nonché la condanna penale di interdizione, anche temporanea, a pubblici uffic
particolarmente disdicevole per l’immagine sociale.
L’atto costitutivo può poi prevedere altre ipotesi di esclusione, tranne quella su discrezionalità
assoluta degli altri soci.
L’esclusione acquista efficacia 30 giorni dopo la sua comunicazione, il socio escluso potrà
quindi presentare opposizione al tribunale e chiedere anche la sospensione del provvedimento
fino a termine del giudizio, se l’opposizione è accolta il socio è reintegrato con efficacia ex tun
Qualora la società si componga di due soli soci, ciascuno può chiedere al tribunale l’esclusione
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dell’altro.
La decisione può anche essere deferita ad un arbitro o a collegi arbitrali qualora nell’atto
costitutivo sian presenti clausole compromissorie.
4. Esclusione di diritto: non è legata alla decisione degli altri soci e non è derogabile dall’atto
costitutivo. Opera in automatico qualora il socio venga dichiarato fallito (non rilevano ipotesi d
concordato) o qualora i suoi creditori particolari ottengano la liquidazione della sua quota.
Quest’ultimo caso è possibile solo se il giudice accoglie l’opposizione alla proroga espressa
alla continuazione della snc o se c’è proroga tacita, la liquidazione è da farsi entro tre mesi.
Qualora vengano meno i presupposti dell’esclusione di diritto, il socio è riammesso iim
automatico con efficacia ex tunc o dalla dichiarazione di fallimento.
Allo scioglimento del singolo rapporto sociale segue l’obbligo per la società di liquidare la quota
dell’ex socio entro sei mesi (tre in caso d’esclusione di diritto), gli altri soci possono tuttavia
decidere lo scioglimento della società sicché il socio escluso potrà esser soddisfatto solo in sede
di liquidazione.
Salva diversa disposizione nell’atto costitutivo, la quota è liquidata in denaro, sulla base del valor
effettivo al momento dello scioglimento del rapporto.
Se la società risulta inadempiente decorso il semestre sarà passibile di azioni esecutive, alla quot
si aggiungeranno gli interessi legali e gli amministratori incorreranno in responsabilità. In ogni
caso, decorso il semestre, per il socio escluso diventano irrilevanti cause di scioglimento o altre
vicende societarie.
Una volta liquidato il rapporto, il capitale della snc andrà ridotto e la quota di partecipazione agli
utili si accrescerà proporzionalmente a quella degli altri soci.
SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ
Lo scioglimento della società conduce, passando per la liquidazione del patrimonio e l’estinzione
dei debiti sociali, all’estinzione della società stessa come autonomo soggetto di diritti.
Cause di scioglimento sono:
1. Il decorso del termine nelle società a tempo determinato. Peraltro i soci possono modificare
l’atto costitutivo con una proroga espressa oppure, unanimemente, proseguire l’attività,
quest’ultima cd. proroga tacita dev’essere comunque iscritta nel registro delle imprese. Non
ha da confondersi peraltro con la revoca tacita di liquidazione.
2. La volontà di tutti i soci di anticipare lo scioglimento.
3. Il conseguimento dell’oggetto sociale o l’impossibilità del conseguimento, sia oggettiva che
soggettiva, intendendoci in quest’ultimo caso un insanabile dissidio tra i soci.
4. Unipersonalità sopravvenuta: è tollerato un periodo di sei mesi in cui la società può restare
unipersonale in cui potranno essere trovati nuovi soci o compiute operazioni di trasformazione
o fusione.
5. Provvedimento dell’autorità governativa.
6. Dichiarazione di fallimento della snc commerciale. E’ dubbio tuttavia se al fallimento consegua
automaticamente lo scioglimento della società.
7. Altre cause previste dall’atto costitutivo.
Il verificarsi di una causa di scioglimento determina automaticamente l’ingresso della snc in stato
di liquidazione. L’organizzazione societaria tuttavia non viene meno, gli stessi soci possono infatti
unanimemente revocare la liquidazione.
Gli amministratori poi conservano i loro poteri ma con alcune limitazioni: hanno divieto di eseguir
nuove attività, devono seguire solo le operazioni urgenti o volte alla liquidazione, avviando
tempestivamente ad es. il procedimento formale di liquidazione. Quest’ultimo, se non è definito
nelle sue modalità dall’atto costitutivo o da autonoma decisione unanime ad hoc, è così disciplina
ex lege:
1. Nomina di uno o più liquidatori all’unanimità, sempre revocabili da tutti i soci o dal tribunale su
istanza di alcuni per giusta causa. Se non si raggiunge l’unanimità, la nomina sarà effettuata
dal tribunale. É sempre iscritta nel registro delle imprese.
2. Successione dei liquidatori agli amministratori nella gestione del patrimonio e dell’attività
sociale. Tra questi sorge un obbligo di collaborazione, di scambio di documenti e di redazione
dell’inventario da qui risultino l’attivo e il passivo del patrimonio sociale.
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3.
4.
5.
6.
7.
I liquidatori hanno i medesimi obblighiate avevano gli amministratori (compimento di atti
necessari per la liquidazione, rappresentanza sostanziale e giudiziale, devolvere ad arbitri
eventuali controversie…), non possono intraprendere nuove operazioni, di cui peraltro
risponderebbero personalmente e solidalmente, né ripartire tra i soci i beni sociali prima del
compimento degli altri obblighi.
Pagamento dei debiti sociali tramite i fondi disponibili della società, qualora questi risultino
insufficienti i liquidatori potranno chiedere ai soci versamenti dovuti o ulteriori in proporzione
della parte di ciascuno sulle perdite. Il debito del socio insolvente è ripartito
proporzionalmente.
Rimborso dei conferimenti con l’attivo residuo, trasformato in denaro. Se l’atto costitutivo lo
prevede la ripartizione dei beni può avvenire in natura secondo le disposizioni sulla divisione
delle cose comuni. Riguardo ai beni dati in godimento, saranno restituiti ai soci e, se periti o
deteriorati per causa imputabile agli amministratori, daranno diritto al risarcimento del danno
a carico del patrimonio sociale.
Ripartizione tra i soci dell’eccedenza dell’attivo in base alla partecipazione di ciascuno agli util
Redazione di un bilancio finale di liquidazione e di un piano di riparto (riguardante i rapporti
sociali interni) da far approvare ai soci, anche per silenzio-assenso; i documenti sono
impugnabili congiuntamente ma le questioni reative possono essere esaminate
separatamente.
Cancellazione dal registro delle imprese e, secondo la giurisprudenza, conseguente estinzione
della snc. Le sopravvenienze passive saranno infatti ripartite tra tutti gli ex soci (i liquidatori n
risponderanno solo in caso di colpa), le sopravvenienze attive andranno in una situazione di
contitolarità tra i soci.
I soci devono altresì individuare un depositario che tenga le scritture contabili e i documenti
sociali per i dieci anni successivi.
Ipotesi particolare è quella della cancellazione d’ufficio: in presenza di alcuni sintomi di
inattività (irreperibilità presso la sede, mancata gestione triennale, mancanza di codice
fiscale…) si avvia un procedimento di monitoraggio, ad esito del quale può essere nominato u
liquidatore dal tribunale o essere direttamente disposta la cancellazione dal registro delle
imprese.
La cancellazione non osta alla dichiarazione di fallimento o di apertura di altra procedura
concorsuale entro un anno.
SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE
La società in accomandita semplice si caratterizza per la presenza di due categorie di soci,
accomandanti e accomandatari, inequivocabilmente indicati (sicché non è ipotizzabile una sas
irregolare, che sarà trattata come società semplice, o di fatto, valido può invece essere un
preliminare).
I due tipi di soci son così distinti:
- accomandatari: sono soggetti alle medesime regole dei soci di una snc, hanno infatti
responsabilità illimitata (un patto limitativo è inefficace esternamente) e solidale, beneficio di
preventiva escussione della società… In via di principio sono gli unici a poter essere
amministratori, spesso v’è un unico socio accomandatario che è anche amministratore (può
essere anche una società di capitali);
- accomandanti: godono di responsabilità limitata ai propri conferimenti, i creditori sociali
possono aggredirli direttamente solo con azione surrogatoria qualora non abbiano versato tutti
conferimenti. I conferimenti sono generalmente mezzi finanziari o altri tipi di beni, discussa è
l’ipotesi se l’accomandante possa apportare la propria opera.
Un patto volto a rendere illimitata la loro responsabilità è inefficace, sia sul piano interno che su
quello esterno. L’accomandante non può essere amministartore.
Diverso è anche il regime di circolazione delle rispettive quote, in ogni caso mai rappresentabili d
azioni. La quota dell’accomandatario è trasferibile solo col consenso unanime dei soci, salvo
diversa previsione dell’atto costitutivo.
La quota dell’accomandante è soggetta al regime di una partecipazione capitalista: in caso di
successione mortis causa subentra l’erede o gli eredi in comunione (la divisione richiede il
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consenso dei soci), salvo limitazioni previste nell’atto costitutivo. La circolazione inter vivos invec
è soggetta al consenso della maggioranza dei soci partecipanti al capitale computando anche
cedente e cessionario già socio, salvo diversa previsione statutaria.
I soci accomandanti sono tuttavia soggetti al un divieto di immistione ex art. 2320 CC: godendo d
beneficio della responsabilità limitata, non possono essere amministratori né compiere atti di
amministrazione né trattare o concludere affari in nome della società. Tale limite rileva sia negli
atti esterni che in quelli interni e la sua violazione, formale o sostanziale, comporta la
responsabilità illimitata dell’accomandante per tutte le obbligazioni sociali, l’applicazione del
regime di falsus procurator per gli atti compiuti (che comunque non impegnano la società) e, su
decisione dei soci, l’esclusione.
Particolare è il caso in cui Tizio costituisca una società di capitali unipersonale e che questa sia
accomandante di una sas in cui Tizio è accomandatario e amministratore, essendo in tal caso le
persone diverse non si ritiene violato il divieto di immistione.
Il divieto trova tuttavia una eccezione, non operante in caso di sas irregolare: l’accomandante può
compiere gli atti vietatigli in forza di procura speciale per singoli affari, quindi per situazioni
circoscritte (dubbia è infatti la posizione dell’accomandante institore). Per quanto riguarda gli att
compiuti come socio, l’accomandante può comunque partecipare alla nomina/revoca di
amministratori con atto separato, discutibile è se possa partecipare all’approvazione del bilancio,
considerato atto gestori vero e proprio.
L’accomandante ha comunque il potere di dare autorizzazioni e pareri per determinate operazion
considerati comunque non vincolanti. Ha poi poteri di controllo sulla legittimità dell’operato degli
amministrativi e di informativa annuale inderogabile sulle attività sociali.
La posizione dell’accomandante è quindi subalterna a quella dell’accomandatario, nonostante i
suoi finanziamenti siano essenziali per la società: i soci accomandanti mirano spesso alla
trasformazione della sas in sapa così da avere maggiori poteri gestori, la modificazione dell’atto
costitutivo di questo tipo deve essere tuttavia approvata da tutti gli accomandatari.
Per quanto riguarda lo scioglimento, le cause sono comuni alla disciplina delle snc, oltretutto è
causa anche la mancanza di una delle due categorie di soci per sei mesi (può esser nominato un
amministratore provvisorio nel caso manchino accomandatari).
!
LA SOCIETÀ SEMPLICE
!
La società semplice è l’unico tipo di società non commerciale, essendole precluso l’esercizio di
attività d’impresa commerciale o consortile. Può quindi esercitare attività d’impresa agricola,
professionali o di mero godimento.
L’atto costitutivo è soggetto alla massima semplicità e libertà formale essendo soggetto solo alle
disposizioni relative ai al trasferimento dei singoli beni conferiti, conferimenti che peraltro, come
capitale e le scritture contabili, non sono necessari. È sufficiente un rendiconto contabile annuale
redatto dagli amministratori, in forma libera e non soggetto a pubblicità che, una volta approvato
da diritto alla percezione degli utili.
L’iscrizione è richiesta dagli amministratori entro tre mesi, così come le modifiche all’atto
costitutivo o lo scioglimento, ed ha efficacia dichiarativa per le imprese agricole, di pubblicità
notizia negli altri casi. Con la riforma del 2003 le società semplici possono essere trasformate in
altro tipo di società e viceversa, salvo i limiti riguardanti l’attività perseguita.
L’atto costitutivo può anche designare i rappresentanti, cioè coloro i quali agiscono per nome e pe
conto della società e la rappresentano in giudizio, in mancanza la rappresentanza è attribuita ad
ogni socio amministratore. Eventuali limiti, modifiche o revoche sono opponibili a terzi sempre ne
caso di pubblicità-notizia (avendo i terzi il diritto di “verifica dei poteri”), limitatamente
all’iscrizione nel caso di pubblicità con efficacia dichiarativa.
Particolare è il regime della responsabilità per le obbligazioni sociali: in linea generale tutti i soci
sono illimitatamente responsabili, i patti di limitazione alla responsabilità sono validi e opponibili a
terzi purché non riguardino soci investiti del potere di rappresentanza e siano resi conoscibili con
mezzi idonei. Dev’esservi comunque almeno un socio illimitatamente responsabile.
Oltretutto i singoli soci potranno essere direttamente investiti di azioni esecutive, potranno
opporre il beneficio di escussione della società solo indicando i beni aggredibili.
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Per quanto riguarda i crediti particolari del socio, i suoi creditori potranno colpire gli utili a lui
spettanti, procedere al sequestro conservativo della quota o, qualora dimostrino l’insufficienza de
suoi beni, chiedere la liquidazione della quota. La quota è liquidata entro tre mesi, salvo
scioglimento della società, e il socio è escluso di diritto.
LA SOCIETÀ PER AZIONI
La società per azioni ha origine dalle compagnie coloniali, autorità “pubbliche” che ricercavano
investitori privati non coinvolti nell’amministrazione; volendo costoro esercitare sempre più poter
di controllo, le compagnie son ben presto diventate società e ne è conseguita la disciplina
(preventiva e rimediale) sui rapporti tra i soci, tra questi e l’amministrazione, tra la società e il
risparmio. La disciplina si è ulteriormente evoluta con la possibilità delle società di accedere al
mercato borsistico nonostante la tendenziale diffidenza del legislatore, fino alla creazione del TUF
e quindi di una disciplina speciale garantista di trasparenza e tutela delle minoranze di soci verso
amministratori e grandi soci.
Il modello organizzativo della spa è pertanto diffuso in tutto il mondo (société anonime, public
corporation, sociedad anonima…) e la sua disciplina influenza anche quella degli altri tipi di societ
di capitali.
Essa è infatti un efficiente strumento per reperire e utilizzare risorse ai fini della produzione
d’impresa.
Elementi essenziali di una spa sono:
- il non personale coinvolgimento dei soci nella gestione dell’iniziativa se non per un controllo di
merito, sono pertanto considerati “investitori di rischio anonimi”. La situazione diviene
particolarmente evidente nelle spa quotate, in cui la possibilità di disinvestimento è maggiore;
- la proporzione diretta tra capitale di rischio conferito dal socio e potere ad esso attribuito (cd.
principio plutocratico), il capitale è infatti frazionato in azioni che attribuiscono al loro titolare
vari diritti. Le azioni oltretutto sono suscettibili di più facile valutazione economica nonché di
libero trasferimento.
Da ciò si ricava l’autonomia patrimoniale perfetta della spa, la cui responsabilità è quindi limitata
ai conferimenti e non investe il patrimonio dei singoli soci.
Problematica è tuttavia l’attribuzione di una determinata fattispecie alla spa, al di là che la sua
costituzione avvenga mediante iscrizione nel registro delle imprese e che suoi elementi essenzial
siano responsabilità limitata dei soci, divisione delle partecipazioni in azioni e organizzazione
corporativa. Si discute infatti se essa sia riconducibile ad un contratto plurilaterale con comunione
di scopo, e pertanto le regole che governano i comportamenti di soci e organi non sarebbero altro
che regole di esecuzione di un contratto, o una formazione sociale, o uno strumento organizzativo
della produzione di utilità, o, ancor più recente teoria, un’atto di destinazione patrimoniale.
Particolare rilevanza come sistema organizzativo d’impresa ha il caso della spa unipersonale, in
cui un solo socio ha partecipazione totalitaria dall’atto costitutivo o a seguito di acquisti. Soci e
amministratori però in tal caso sono gravati di specifici oneri: il versamento immediato dell’intero
conferimento e l’informazione verso terzi tramite deposito di apposita dichiarazione nel registro
delle imprese, in caso di inadempimento il socio diviene illimitatamente responsabile in caso di
insolvenza della società (in ogni caso non gli è estesa la dichiarazione di fallimento). Oltretutto ne
caso di rapporti contrattuali tra la società e il suo unico socio, questi divengono opponibili a terzi
solo se risultano dal libro delle adunanze e deliberazioni del CdA. La fattispecie dell’unico
azionista rileva anche nel caso di intestazione fittizia o fraudolenta di azioni ad un terzo, nel caso
intestazione fiduciaria si intendo invece attribuite al terzo.
SPA: COSTITUZIONE E ORGANIZZAZIONE
Una spa può essere costituita per contratto o per atto unilaterale, l’atto costitutivo contiene la
volontà dei fondatori di dare vita alla società e ne determina gli elementi essenziali, questo è
integrato dallo statuto, sempre modificabile.
Contenuti essenziali dell’atto costitutivo sono:
- denominazione, è libera purché contenga la dicitura “società per azioni”;
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-
sede, è sufficiente l’indicazione del comune;
oggetto, dev’essere indicato il settore merceologico o il particolare mercato di riferimento;
durata, se indeterminata ai soci spetta un diritto di recesso anche in assenza specifiche cause;
capitale sociale;
numero e caratteristiche delle azioni e della loro emissione;
valore attribuito a crediti e conferimenti in natura;
criterio di ripartizione degli utili;
eventuali benefici a promotori e fondatori, spese di costituzione;
struttura di governo: sistema di amministrazione, organo di controllo (3 o 5 sindaci, liberamente
determinato superiore a 3 invece se la spa è quotata). Rilevano come “dati storici” i primi
incaricati.
L’atto costitutivo è redatto ad substantiam per atto pubblico al fine di certificare la dichiarazione
privata e verificarne la conformità alla legge. Il notaio ha pertanto obbligo di controllare gli
eventuali vizi di nullità, non quelli di annullabilità (errore…). Gli stessi obblighi formali, per
analogia, vincolano lo statuto.
Lo statuto è infatti parte integrante e continuativa dell’atto costitutivo, ne riprende gli elementi
essenziali e detta norme sul funzionamento della società, laddove queste manchino sono integrat
dalla legge.
Affinché la spa sia validamente costituita devono essere soddisfatte tre condizioni:
- il capitale sociale deve essere interamente sottoscritto (cd. principio di effettività: il capitale
deve essere reale e attuale, non un mero programma). Qualora l’adozione statutaria diverga
dalle sottoscrizioni attuali, dovrà essere rettificata in base a queste;
- i conferimenti devono corrispondere al capitale sottoscritto e devono essere nella quanto più
immediata disponibilità della società;
- eventuali autorizzazioni per casi particolari prima dell’inizio dell’attività (ad es. autorizzazione
della BCE per l’attività bancaria).
La costituzione può seguire due procedimenti:
- costituzione istantanea: i contenuti dell’organizzazione sono decisi in toto dai sottoscrittori
dinanzi al notaio. Determinazione del programma, sottoscrizioni, atto costitutivo e stipula finale
sono pertanto contestuali.
- costituzione per pubblica sottoscrizione: le fasi sopra menzionate possono svolgersi in tempi
differenti. Le sottoscrizioni peraltro sono sollecitate presso il pubblico indistinto, e pertanto
dev’essere presentato un progetto pubblico di spa da parte di promotori (intermediari) che
invitino terzi ad aderirvi sottoscrivendo il capitale. Compete poi all’assemblea dei sottoscrittori,
validamente costituita da metà degli stessi, completare la costituzione, eventuali modifiche del
programma originario devono essere prese all’unanimità.
La costituzione avviene con l’iscrizione nel registro delle imprese, previo controllo della regolarità
formale della documentazione. La spa acquista personalità giuridica e atto costitutivo e statuto
divengono efficaci.
Prima dell’iscrizione si ritiene che i futuri soci siano illimitatamente e solidalmente responsabili
verso i terzi relativamente alle obbligazioni assunte per costituire la società, la società dovrà poi
rettificarli.
Alcune teorie individuano la figura della “società in formazione” e sostengono che al fenomeno
vadano applicate le regole della società semplice o della snc irregolare.
SPA: PATTI PARASOCIALI
Sono contratti stipulati tra soci, non necessariamente tutti, che si autoimpongono determinati
vincoli in relazione all’esercizio di certi poteri amministrativi, come il voto, o alla libera
disposizione delle azioni o sono volti alla realizzazione di un’influenza dominante sulla spa.
Essi non hanno causa societaria, pertanto producono effetti meramente obbligatori in capo agli
aderenti e la loro inosservanza produce ermo inadempimento contrattuale.
Hanno durata massima di 5 anni (3 nelle spa quotate), rinnovabili. Se stipulati per un tempo
eccedente, questo è ridotto a 5 (o 3). Se la durata è indeterminata è data ai soci facoltà di recess
salvo preavviso di 180 giorni.
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Per la loro importanza i patti parasociali sono soggetti ad un particolare regime di pubblicità:
devono essere comunicati alla società e dichiarati in assemblea, se quest’ultimo aspetto non è
osservato gli aderenti perdono il diritto di voto e le eventuali deliberazioni col loro voto sono
impugnabili.
L’accordo parasociale si distingue propriamente da una clausola statutaria perché non è
applicabile ad un socio astratto ma ad un socio specifico, obbligandolo sul piano personale.
SPA: MODIFICHE ALLO STATUTO
Lo statuto, e di conseguenza l’atto costitutivo, sono sempre modificabili in ogni punto, ad
esclusione di quei dati cd. “storici” (soci fondatori, amministratori…), di per sé irrilevanti sul piano
statutario, e dei diritti individuali dei soci (individuabili qualora questo risulti come un terzo per la
società, ad es. nel diritto alla distribuzione di dividendi già deliberati).
Le modifiche statutarie sono sottoposte all’assemblea straordinaria, tranne il caso di riduzione de
capitale per perdite che è competenza di quella ordinaria.
Sono previsti vari quorum costitutivi dell’assemblea e quorum deliberativi (maggioranze rafforzat
per trasformazione dell’oggetto sociale, scioglimento anticipato… o maggioranze particolari ad es
per clausole compromissorie).
Ogni modifica dev’essere iscritta nel registro delle imprese, previa verifica di rispetto delle norme
procedurali: qualora la verifica dia esito negativo, gli amministratori possono convocare
l’assemblea per opportuni provvedimenti o ricorrere al tribunale per ordinare l’iscrizione (cd.
procedimento di omologazione). La modifica produce effetto dal momento dell’iscrizione.
SPA: NULLITÀ
La disciplina in materia di nullità delle spa è volta ad esigenze di certezza dell’agire della società
nella circolazione e nella produzione di ricchezza e della sua organizzazione.
La legge individua cause tipiche ed esclusive di nullità della società, iscritta nei registri (prima
dell’iscrizione rilevano infatti le regole di nullità del contratto o, per altri, della società semplice):
- mancata stipulazione dell’atto costituivo nella forma di atto pubblico;
- illiceità dell’oggetto sociale;
- mancanza di denominazione, conferimenti, ammontare del capitale o oggetto sociale.
Le norme specifiche sono integrate dalla disciplina contrattuale in quanto alla legittimazione attiv
- può agire infatti chiunque abbia un interesse qualificato - e all’imprescrittibilità dell’azione.
Tale disciplina esclude anche le ipotesi di annullamento, inefficacia o simulazione della spa.
La dichiarazione di nullità tuttavia non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della
società dopo l’iscrizione, pertanto i soci non sono liberati dell’obbligo di conferimento fino alla
soddisfazione dei creditori sociali.
La sentenza di nullità prevede anche la nomina dei liquidatori e pertanto la liquidazione della
società. É tuttavia ammissibile una convalida della spa colpita.
Per quanto riguarda le modifiche statutarie, se sono operazioni straordinarie (trasformazione,
fusione, scissione) è preclusa ogni pronuncia di invalidità dopo la pubblicità, salvo il risarcimento
dei danni. Le altre modifiche sono invalidabili (salvo specifiche disposizioni ad es. per quelle
relative agli aumenti di capitale) e seguono i principi di irretroattività e tutela del terzo, sia esso in
buona o mala fede. Le modifiche nulle sono convalidabili.
SPA: CAPITALE SOCIALE E CONFERIMENTI
La spa è caratterizzata da una fisiologica apertura al mercato per il reperimento di risorse
finanziarie, coloro che rispondono a tale raccolta ricevono strumenti rappresentativi della
posizione che assumono rispetto alla società.
Si distinguono due forme di raccolta di risorse nel mercato:
- essenziale: avviene in occasione della creazione della società che raccoglie capitale, ciò la
provvista primaria di rischio, ed emette azioni rappresentative di questo;
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- eventuale: avviene in occasione dell’ulteriore raccolta di risorse, anche non finanziarie, sul
mercato a fronte delle quali la società emette altri strumenti finanziari partecipativi,
obbligazioni o simili.
Il capitale sociale è l’insieme dei mezzi originariamente prestati dai soci e stabilmente destinati
dalla società all’attività produttiva costituente l’oggetto sociale. Esso deve essere integralmente
sottoscritto e mantenuto dalla società nel corso del tempo (cd. fissità del capitale sociale) ai fini d
garantire l’equilibrio economico della società, per la sua modifica infatti occorre una delibera
dell’assemblea straordinaria. Dalla fissità oltretutto derivano anche particolari vincoli di non
distribuzione: degli utili in caso di perdita del capitale sociale fino a che non venga ridotto, della
restituzione dei conferimenti se è considerata insostenibile.
Il capitale sociale mai può essere inferiore a € 50k, sotto tale soglia la società non può costituirsi
deve essere sciolta se non è possibile un’integrazione, esclusa è l’ipotesi che lo scioglimento
possa essere causato anche dalla mancata adeguatezza del capitale all’oggetto sociale, questa
infatti è una decisione rientrante nell’autonomia privata.
Chi dichiara di sottoscrivere il capitale è obbligato ad eseguire un conferimento corrispondente
alla cifra sottoscritta, volendo costituirsi un capitale “reale ed effettivo” la legge stabilisce che i
soci debbano eseguire il conferimento immediatamente per almeno 1/4 di quanto promesso, in
denaro se non è diversamente stabilito. Spetterà poi agli amministratori chiedere la somma
restante e, in caso di inadempimento, possono diffidare il socio ad adempiere con pubblicazione i
GU. Se costui persevera nell’inadempimento, gli amministratori potranno vendere le azioni ad alt
soci o, in caso di rifiuto di questi, a terzi. In assenza di compratori, son trattenute le somme già
versate e il socio è escluso (unica ipotesi di esclusione nelle spa).
Conferimenti diversi dal denaro sono ammessi purché siano integralmente liberati all’atto di
sottoscrizione, sono pertanto ammessi beni in natura, aziende, crediti e beni in godimento, resi
subito disponibili. Non possono formare oggetto di conferimento invece prestazioni d’opera o
servizi, beni individuati nel genere, non facere, know how…
L’emissione di azioni a seguito del conferimento di beni in natura o crediti è subordinata alla stim
del valore a seguito della relazione giurata di un esperto indipendente e responsabile, al controllo
di tale stima da parte degli amministratori, all’eventuale riduzione del capitale se il valore è di 1/5
inferiore al conferimento, salva integrazione in denaro o recesso.
L’obbligo di stima non incorre se il conferimento riguarda valori mobiliari, strumenti del mercato
monetario oppure se il bene ha già un fair value corrispondente a quello iscritto nel bilancio del
conferente. La stima peraltro può essere effettuata da un terzo indipendente di riconosciuta
professionalità ma non nominato giudizialmente.
In caso di fatti nuovi e incidenti sul prezzo dei beni, gli amministratori devono avviare la stima
ordinaria.
Spesso i soci assumono l’impegno di conferire il capitale salvo poi compensare tale obbligo con
crediti per altre prestazioni eseguite verso la società. La legge promuove una disciplina attenta pe
evitare l’annacquamento del capitale sociale: gli eventuali acquisti della società verso soci,
fondatori, promotori o amministratori eccedenti 1/10 del capitale, a due anni dalla costituzione,
devon essere autorizzati dall’assemblea e il relativo verbale iscritto nel registro delle imprese.
Amministratori e alienante son solidalmente responsabili se la procedura è violata.
Peraltro ad ogni apporto di un socio non deve necessariamente corrispondere una quota di
capitale sociale, possono essere eseguite prestazioni infatti che vadano ad accrescere solo il
patrimonio.
Alcuni esempi tipici:
- soprapprezzo: è una sorta di “ticket d’ingresso” per chi voglia acquistare una quota, oltre a
questa infatti dovrà pagare subito un sovrapprezzo. Esso impone la costituzione di una riserva;
- conferimento a capitale individualmente esuberante: è un conferimento superiore al valore
nominale della propria quota a beneficio di un altro azionista, che conferirà di meno ma ricever
più azioni. Per ricevere tale beneficio costui dovrà comunque aver prestato un minimo
conferimento. La parte eccedente dovrà essere subito versata;
- versamenti in conto capitale (o a fondo perduto): sono apporti spontanei che non incrementano
capitale né quindi le singole partecipazioni;
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- azioni con prestazioni accessorie: l’atto costitutivo può prevedere per alcuni azionisti l’obbligo
di prestazioni aggiuntive, determinandone modalità, compenso, durata, sanzioni per
inadempimento ecc. Generalmente, proprio per tale personalizzazione della partecipazione
azionaria, queste azioni circolano solo previo consenso degli amministratori e i relativi obblighi
posson esser modificati solo col consenso unanime dei soci. L’eventuale inadempimento
solitamente comporta la perdita del diritto di voto nel periodo di mora, nonché l’esclusione se
definitivo.
SPA: CREAZIONE DELLE AZIONI
L’assegnazione di azioni attesta e misura la partecipazione di ogni socio al capitale sociale, tale
partecipazione è definita dal numero e dal tipo di azioni. L’esercizio dei diritti partecipativi è
subordinato quindi alla disponibilità delel azioni.
L’azione è l’unità minima di finanziamento richiesta da una spa per partecipare all’iniziativa
d’impresa, la partecipazione è quindi spersonalizzata e rileva per il valore delle azioni, questo pu
essere:
- nominale: è la parte di dotazione di capitale di rischio espressa dalla singola azione, misura i
diritti spettanti all’azionista. Nello statuto può peraltro mancare la determinazione del valore
nominale: in tal caso si guarda al loro numero in rapporto al totale di quelle emesse.
Valore nominale o numero devon essere sempre indicati nei titoli azionari eventualmente
emessi;
- reale: dipende dal valore del patrimonio netto concretamente presente nella spa in un dato
momento storico, in base alla valutazione del patrimonio il valore può esser contabile (se si
guarda ai dati del bilancio) o effettivo.
La creazione delle azioni avviene a seguito delle sottoscrizioni di capitale, queste possono essere
effettuate in due momenti distinti:
- alla costituzione della spa: fatti necessari e sufficienti per l’assegnazione di azioni sono la
sottoscrizione del capitale alla stipula dell’atto costitutivo e il versamento di almeno il 25% del
conferimento. In violazione la partecipazione è nulla ex nunc e liquidabile.
Le azioni possono essere assegnate in proporzione alla sottoscrizione o meno.
- in aumento di capitale “gratuito”: si tratta di una mera operazione contabile di imputazione al
capitale di valori patrimoniali già presenti nella spa, affinché sia possibile devono ovviamente
esserci fondi propri superiori al capitale precedentemente sottoscritto e una deliberazione
dell’assemblea. Sono emesse nuove azioni, uguali alle precedenti, e distribuite gratuitamente e
proporzionalmente ai soci.
- in aumento di capitale “a pagamento”: l’assemblea straordinaria dei soci delibera per un
aumento di capitale, tale delibera è verbalizzata, controllata da un notaio e successivamente
iscritta a registro (efficacia dichiarativa). La legge ha previsto anche la possibilità di delega
statutaria agli amministratori ad aumentare il capitale entro un limite massimo e non oltre i 5
anni (sistema del capitale autorizzato). Alla sottoscrizione delle nuove azioni dev’essere
immediatamente versato il 25% del loro valore, a meno che l’assemblea straordinaria non abbi
stabilito conferimenti in natura.
Se il capitale sottoscritto è inferiore a quello deliberato, in mancanza di diversa previsione,
l’aumento non può avvenire.
L’assemblea può deliberare un’aumento di capitale nuovo quando uno è ancora in corso, non
può tuttavia dargli esecuzione: dev’esserci infatti la totale liberazione delle azioni
precedentemente emesse prima di proseguire ad un nuovo aumento.
La sottoscrizione di nuove azioni spesso comporta delle modifiche negli equilibri partecipativi dell
società, alcuni soci infatti potrebbero diventare più influenti a scapito di altri, avendo la
maggioranza delle azioni. Il legislatore ha pertanto introdotto il cd. diritto di opzione: le azioni di
nuova emissione e le obbligazioni convertibili devono essere offerte in opzione ai soci in
proporzione al numero di azioni già possedute. L’esercizio di tale diritto si prescrive almeno entro
15 giorni dalla pubblicazione nel registro delle imprese.
Nelle spa non quotate oltretutto, le azioni inoptate comunque non sono liberamente collocabili,
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infatti i soci che abbian già esercitato il diritto d’opzione e che ne facciano avranno un diritto di
prelazione nell’acquisto.
Il diritto di opzione può essere tipicamente escluso quando:
- le azioni devono essere liberate con conferimenti in natura, in tal caso gli amministratori devon
allegare una relazione sulla determinazione dei corrispettivi;
- l’interesse della società lo esige;
- le azioni sono offerte ai dipendenti della società;
- lo statuto di una società quotata lo preveda nei limiti del 10% del capitale.
SPA: ESTINZIONE DELLE AZIONI
Opposta all’aumento di capitale è l’operazione di riduzione di questo. Si distinguono due ipotesi:
- Riduzione reale: corrisponde ad un impoverimento della società ed una parziale restituzione
delle risorse apportate ai soci o una liberazione dal debito dei versamenti residui. É decisa
dall’assemblea straordinaria con ampia discrezionalità, salvo ovviamente il limite del capitale
minimo. La deliberazione può essere eseguita solo 90 giorni dopo l’iscrizione e non se v’è
opposizione di uno o più creditori, in quest’ultimo la spa può ricorrere in tribunale e farsi
autorizzare alla riduzione.
L’esecuzione comporta la riduzione del valore nominale delle azioni oppure l’estinzione di
alcune di esse in misura corrispondente alla riduzione e proporzionalmente tra i soci.
- Riduzione nominale: consegue a perdite che riducono il patrimonio netto della società tanto da
renderlo inferiore alla cifra del capitale sottoscritto.
Facoltativa è la riduzione per perdite inferiori a 1/3 del capitale.
Qualora però la perdita sia superiore a 1/3 del capitale gli amministratori devono convocare
l’assemblea sottoponendole una relazione sulla situazione patrimoniale (documento simile ad
un bilancio), l’assemblea dovrà quindi assumere gli opportuni provvedimenti. Se entro
l’esercizio successivo la perdita non è diminuita a meno di 1/3, l’assemblea e il consiglio di
sorveglianza devono ridurre il capitale in proporzione alle perdite accertate.
Qualora il capitale risulti inferiore a € 50k, è immediatamente convocata l’assemblea la quale
deve deliberare la riduzione e il conseguente aumento oltre la soglia minima, salva la possibilit
di decidere la trasformazione o lo scioglimento.
In tali casi è ridotto il valore nominale delle azioni o alcune di esse si estinguono
proporzionalmente in base alla partecipazione di ciascun socio.
SPA: LA PARTECIPAZIONE AZIONARIA
Le azioni sono unità minime indifferenziate della partecipazione del socio all’attività sociale, ne
certificano la partecipazione al capitale, i diritti e gli obblighi. Esse sono:
1. Indivisibili: l’azionista è impossibilitato a suddividere la singola azione in più parti e imputarne
diritti e gli obblighi derivanti ai titolari di singole parti.
Ciò non vieta comunque la contitolarità di una medesima azione tra più persone, i diritti dei
comproprietari saranno esercisti da un rappresentante comune scelto a maggioranza, qualora
il rappresentante non sia nominato le dichiarazioni fatte dalla società ad un comproprietario si
intendono efficaci verso tutti, le azioni dei comproprietari verso la società invece devono esse
esercitate congiuntamente e all’unanimità, per quanto riguarda i conferimenti ogni contitolare
è obbligato solidalmente.
L’assemblea straordinaria può comunque deliberare un frazionamento o un raggruppamento
delle azioni, ritirando in ogni caso i titoli precedentemente emessi e consegnando i nuovi.
2. Inscindibili: l’azionista non può frazionare singoli diritti od obblighi derivanti dall’azione
imputandoli ad altri soggetti (ad es. vendita del voto).
3. Uguali: le azioni sono uguali le une alle altre a seconda della categoria cui appartengano. Non
è ammissibile infatti la diversità della partecipazione azionaria sulla base della persona che
venga a possederla.
L’unica differenziazione tra azionisti pertanto può aversi sulla base della quantità di azioni
possedute (principio plutocratico).
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4. Autonome: il titolare delle azioni potrebbe esercitare in modo diversificato le prerogative
sociali fondamentali (ad es. votare in un modo per una parte di azioni, in un’altro per l’altra).
Tale possibilità comunque incontra i limiti della buona fede, del divieto di abuso del diritto e
della coerente strumentalità all’interesse lucrativo del socio.
L’azione attribuisce al titolare i diritti sociali, questi han contenuto patrimoniale o amministrativo.
Contenuto patrimoniale hanno il diritto agli utili e alla quota di liquidazione (in caso di sciogliment
anche parziale del rapporto sociale), una clausola statutaria che li escludesse, anche con
l’unanimità dei soci, sarebbe invalida data l’essenzialità del fine lucrativo nella spa.
Il diritto agli utili, cioè al dividendo, matura di anno in anno nella misura in cui la società produca
un utile di esercizio distribuibile e ne sia effettivamente decisa la distribuzione.
L’utile affinché possa essere distribuito, deve risultare al netto delle perdite dell’anno precedente
(compresa la soddisfazione dei creditori) e pertanto il patrimonio netto deve risultare almeno par
al capitale sociale: la distribuzione infatti non può intaccare quest’ultimo.
L’assemblea delibera la distribuzione dei dividendi a maggioranza nella misura che preferisce,
salvi gli accantonamenti previsti ex lege, tale discrezionalità incontra i limiti della buona fede e de
divieto di abuso del diritto.
Il diritto alla quota di liquidazione consegue prevalentemente all’esercizio del diritto di recesso, e
di conseguenza allo scioglimento del singolo rapporto sociale.
Il diritto di recesso si consiste nel potere di sciogliersi dalla società per mezzo di una propria,
unilaterale manifestazione di volontà e di ottenere anticipatamente la quota di liquidazione.
La legge prevede delle cause inderogabili per cui è possibile esercitarlo:
- modifica dell’oggetto sociale;
- trasformazione della società o revoca dello stato di liquidazione ;
- trasferimento della sede all’estero;
- eliminazione di una o più cause di recesso derogabili inizialmente previste dallo statuto;
- modifica dei criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso;
- modifica dello statuto sui diritti di voto o partecipazione.
Sono poi previste altre cause, tuttavia derogabili dallo statuto:
- proroga del termine della società;
- introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione dei tigli azionari.
Lo statuto può poi contenere ulteriori ipotesi di recesso, che attengano tuttavia a importanti
mutamenti del programma economico di una società e non tanto a vicende economiche di questa
Il recesso ad nutum (cioè senza particolari giustificazioni) è previsto per il socio di spa a tempo
indeterminato, salvo un preavviso di almeno 180 giorni (variabile sino ad un anno ex statuto).
Il diritto di recesso è esercitato con lettera raccomandata, da spedire entro 15 giorni dalla deliber
che lo giustifica o 30 giorni dalla conoscenza del fatto. Le azioni devono rimanere depositate
presso la sede sociale onde evitarne la circolazione.
Il valore della liquidazione è calcolato dagli amministratori tenendo conto della consistenza
patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di
mercato delle azioni (valori reali attuali), sono salve diverse regole previste dallo statuto o le
specifiche operazioni di calcolo per le azioni quotate.
Colui che vuole recedere può prendere visione anticipatamente del valore della liquidazione ed
eventualmente contestarlo, sarà allora nominato dal tribunale un esperto per compiere la
valutazione.
Le azioni saranno offerte in opzione agli altri soci e le inoptate in prelazione a coloro che abbiano
esercitato l’opzione. In assenza di terzi acquirenti saranno acquistate dalla società, qualora quest
non possa acquistarle per insufficienza di risorse sarà necessaria una riduzione del capitale o
addirittura lo scioglimento.
Per quanto riguarda i diritti di tipo amministrativo, si esplicano nella partecipazione dei soci
all’attività della spa, tramite l’intervento e il voto in assemblea nonché particolari forme di tutela
controllo garantite alle minoranze di azionisti.
Il diritto di voto consente agli azionisti di decidere in assemblea di questioni organizzative della
società si di influire nel controllo e nella gestione di questa con la nomina/revoca degli
amministratori.
Vige il principio “un azione - un voto”, sono salve tuttavia alcune ipotesi:
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- azioni senza diritto di voto, a voto limitato o subordinato a certi casi. Non possono comunque
superare la metà del capitale;
- azioni a voto plurimo: possono essere emesse azioni valenti fino ad un massimo di tre voti nelle
società non quotate;
- voto limitato ad una misura massima o scaglionato: il voto può essere dato solo fino ad una
certa percentuale limite di azioni e non per le restanti;
- aumento di valore del voto per possesso continuativo da almeno due anni di azioni ordinarie
nelle società quotate.
Particolari forme di tutela sono previste poi per le minoranze di azionisti, al singolo socio o a
gruppi di soci: possono essere prerogative funzionali alla promozione della regolare attività
assembleare (sollecitazione della convocazione, rinvio per migliore preparazione alla
discussione…) o riguardare specifici comportamenti degli amministratori, richiedendo ad es.
l’intervento degli organi di vigilanza e controllo: i soci possono infatti denunciare al collegio
sindacale fatti censurabili degli amministratori o al tribunale gravi irregolarità gestionali.
Le azioni possono essere sottoposte a vincoli di tipo reale o giudiziale:
- pegno: il diritto di voto è esercitato dal creditore pignoratizio, il diritto di opzione compete al
socio così come i benefici di un aumento di capitale gratuito, per quanto riguarda gli altri diritti
essi spettano sia al socio che al creditore pignoratizio (non il recesso);
- usufrutto: il diritto di voto è esercitato dall’usufruttuario, il diritto di opzione compete al socio
così come i benefici di un aumento di capitale gratuito, per quanto riguarda gli altri diritti essi
spettano sia al socio che all’usufruttuario (non il recesso);
- sequestro: il diritto di voto è esercitato dal custode, il diritto di opzione compete al socio così
come i benefici di un aumento di capitale gratuito, per quanto riguarda gli altri diritti essi
spettano al custode (non il recesso).
SPA: CATEGORIE DI AZIONI
Lo statuto può prevedere categorie di azioni fornite di diritti diversi, cd. azioni speciali, per
rispondere alle esigenze di vari tipi di investitori (mai del singolo investitore). La legge consente
un’ampia autonomia nella creazione, incidendo tanto sui diritti patrimoniali quanto su quelli
amministrativi.
Alcuni tipi di azioni speciali sono ad es.:
- azioni con un privilegio patrimoniale, presentano un diritto all’utile maggiorato o maggiormente
garantito;
- azioni con diversa incidenza delle perdite, presentano il diritto dell’azionista di subire
l’imputazione delle perdite solo dopo che le stesse abbiano colpito la partecipazione di altri soc
- azioni correlate: forniscono diritti patrimoniali in relazione ai risultati dell’attività sociale in un
determinato settore, il diritto ai dividendi di questi azionisti peraltro è subordinato alle regole
generali sulle perdite della società. É salva la creazione di un’apposita riserva targata;
- azioni a voto escluso, limitato o condizionato, devono essere meno della metà del capitale;
- azioni a voto plurimo nelle società non quotate, per un massimo di tre voti ad azione;
- azioni di godimento, obbligatorie se l’individuazione degli azionisti da rimborsare in sede di
delibera di riduzione reale del capitale è avvenuta per sorteggio.
Unici limiti alla creazione di azioni speciali sono il divieto di patto leonino e il rispetto del rapporto
rischio - potere nell’allocazione del diritto di voto tra le varie categorie.
Gli azionisti di categoria partecipano oltretutto ad assemblee speciali, rette dalle regole
sull’assemblea straordinaria, per un maggiore coordinamento tra loro. Qualora una delibera
dell’assemblea ordinaria pregiudichi una categoria di azionisti, la delibera deve essere approvata
anche dalla relativa assemblea speciale.
SPA: CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI
La spa può avvalersi per l’emissione dei titoli azionari delle regole sui titoli di credito. Contenuto
tipico dei titoli azionari sono:
- denominazione e sede della società;
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-
data dell’atto costitutivo, della su iscrizione e ufficio del registro presso il quale è iscritto;
valore nominale / numero complessivo di azioni emesse e ammontare del capitale sociale;
ammontare dei versamenti parziali sulle azioni non ancora liberate;
diritti e obblighi particolari inerenti all’azione.
Il possesso dei titoli legittima l’azionista all’esercizio dei diritti attribuiti, il possesso legittimo
comporta la titolarità dell’azione. Di conseguenza l’esercizio dei diritti e la circolazione dei titoli
sono più rapidi e snelli.
La legge prevede che i titoli debbano essere nominativi, salvo i casi di tigli al portatore possibili p
azioni di risparmio o SICAV.
I titoli azionari nominativi si possono trasferire in due diversi modi:
1. Transfert: opera con la doppia annotazione del nome dell’acquirente sul titolo e sul registro
dell’emittente oppure con il rilascio di un nuovo titolo al nuovo socio. Tali formalità sono a cura
dell’amministratore e possono essere richieste sia dall’allettante che dall’acquirente.
2. Girata autentica: è effettuata dal notaio o da un altro soggetto, se le azioni non sono
interamente liberate deve esservi anche la sottoscrizione del giratario. Ha sempre rilevanza il
libro soci.
Le azioni al portatore si trasferiscono con la consegna del titolo, l’esercizio dei diritti da queste
derivanti avviene con la mera dimostrazione del possesso.
Peraltro le esigenze di rapidità di disinvestimenti e scambi rendono tali procedimenti inefficienti e
scarsamente utilizzati, lasciando spazio piuttosto al fenomeno della “dematerializzazione”:
- totale: avviene al momento dell’emissione di azioni nelle società quotate, queste ne affidano
contabilizzazione e sovrintendenza nelle operazioni di trasferimento ad una società di gestione
accentrata, Monte Titoli spa.
L’emittente comunica l’ammontare dell’emissione e il suo frazionamento nonché gli
intermediari (banche, sim, agenti di cambio…) cui accreditare i titoli emessi, i quali
comunicheranno per conto dei singoli clienti le dichiarazioni di sottoscrizione. La società di
gestione accentrata apre per ogni emissione un conto a nome dell’emittente, accende per ogni
intermediario che ne faccia richiesta i conti destinati a registrare le disposizioni azionarie
operate tramite lo stesso. Gli intermediari che accedono al sistema devono registrare per ogni
titolare di conto le azioni di relativa pertinenza nonché il trasferimento e gli atti d’esercizio. Si
tratta di pertanto di una serie di scritturazioni contabili, i titolari dei conti sono comunque
tutelati da azioni di terzi se in buona fede e con l’osservanza della legge. Per la legittimazione
all’esercizio dei diritti l’azionista ha diritto ha un certificato rilasciato dall’intermediario e ad una
sua comunicazione all’emittente.
- parziale: le società quotate possono emettere titoli e depositarli presso un intermediario, si
applicheranno poi le norme riguardanti la dematerializzazione totale.
Lo statuto di una società può prevedere poi tecniche diverse (es. affidamento ad un soggetto
fiduciario della spa) o addirittura di non emettere titoli azionari, favorendo la “chiusura” della
società rispetto a terzi. La circolazione delle azioni in tal caso prevede che un trasferimento
divenga efficace solo dall’iscrizione nel libro soci.
Lo statuto può prevedere anche particolari limiti alla libera circolazione delle azioni, dato un
interesse dei soci a rendere più personale il rapporto sociale o a garantire il buon governo della
spa. Le limitazioni devono comunque risultare dal titolo. Alcuni esempi:
- divieto di trasferimento per massimo 5 anni dalla costituzione della spa o dall’introduzione del
divieto;
- clausole di prelazione: i soci che intendono alienare azioni devono notificare l’intenzione agli
altri soci che saranno preferiti ad altri nell’acquisto;
- clausole di gradimento: il trasferimento è subordinato al condendo degli organi sociali. La
clausola deve comunque fornire dei criteri di valutazione di modo che il gradimento non sia
mero.
SPA: LE AZIONI PROPRIE E LE PARTECIPAZIONE SOCIALI DELLA SPA
Una spa può acquistare azioni o diversi tipi di partecipazioni sociali sul mercato, la legge disciplin
tuttavia alcune fattispecie potenzialmente rischiose:
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1. Acquisto di azioni proprie: l’emittente (o una sua controllata) può acquistare e detenere azioni
di propria emissione, solo se interamente liberate, con varie finalità, ad es. per stabilizzare i
prezzi di listino in periodi di speculazione, o per darle in compenso ad amministratori o altri
dipendenti…
La legge vuole tuttavia evitare che la spa acquisti azioni proprie intaccando eccessivamente la
propria struttura finanziaria o col fine di alterare la govenrance.
Una spa (o una controllata) pertanto non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli
utili distribuibili e delle riserve disponibili, oltretutto a fronte dell’acquisto deve accantonare
una riserva indisponibile di eguale valore. Si vuole consentire l’acquisto solo in condizioni di
stabilità patrimoniale. Oltretutto se la società è quotata potrà acquistare solo per 1/5 del
proprio capitale.
A garantire invece la stabilità della governance la legge prevede invece che l’assemblea
autorizzi l’acquisto o la disposizione, specificando le modalità dell’operazione (quantità, durata
corrispettivo max e min…), prevede poi che per le azioni proprie il voto è sospeso ma siano
comunque computate ai fini dei quorum partecipativo e deliberativo, e infine che i diritti agli
utili e d’opzione siano attribuiti proporzionalmente alle altre azioni.
In caso di violazione dei suddetti limiti, dev’esserci il ripristino della situazione precedente con
l’alienazione delle azioni entro un anno dall’acquisto o il loro annullamento e conseguente
riduzione del capitale (sono salvi i casi in cui l’acquisto avvenga a titolo gratuito, per
successione, fusione o scissione, o esecuzione forzata per riscossione di credito).
2. Auto-sottoscrizione di azioni: la spa (o la controllata) non può sottoscrivere azioni di propria
emissione. In caso di violazione devono essere sottoscritte e liberate da soci e promotori, o in
caso di aumento di capitale, dagli amministratori.
3. Sottoscrizione reciproca: è vietata, pena la nullità, la sottoscrizione di azioni reciproca, in
costituzione o in aumento di capitale, da parte di due società non legate da rapporti di
controllo. Il divieto rileva laddove sia evidente un sinallagma o comunque un coordinamento tr
le sottoscrizioni.
4. Finanziamento per l’acquisto di azioni proprie: la spa può concedere un prestito o garanzie per
agevolare l’ingresso di un terzo nella compagine sociale. É tuttavia necessaria l’autorizzazione
dell’assemblea straordinaria eseguito di inattività istruttoria svolta dagli amministratori, i
quali devono illustrare le ragioni e gli obiettivi imprenditoriali che la giustificano, lo specifico
interesse della società, gli eventuali rischi.
Il finanziamento o la garanzia possono essere concessi solo in presenza di utili distribuibili e
riserve disponibili, nonché comportano la creazione di una riserva indisponibile
dell’ammontare del finanziamento per tutta la durata di questo.
É vietata l’accettazione di azioni proprie in garanzia.
La violazione delle suddette norme comporta la nullità.
5. Assunzione di partecipazioni sociali qualificate: la spa può acquistare azioni di altre società pe
ragioni industriali o finanziarie. Sono tuttavia vietate le partecipazioni sostanzialmente
modificative dell’oggetto sociale, è salva la preventiva modifica di quest’ultimo. Qualora ciò no
avvenga gli amministratori saranno responsabili per i danni.
L’acquisto di una partecipazione ad una società comportante responsabilità illimitata deve
essere deliberato in assemblea.
SPA: LE OBBLIGAZIONI
Con l’emissione di obbligazioni la spa riceve risorse finanziarie a debito, che dovrà pertanto
ripagare nel loro ammontare, generalmente con un interesse.
Anche le obbligazioni sono “titoli di massa”, cioè una pluralità di strumenti di eguale valore
nell’ambito di una operazione finanziaria. Sono necessariamente emesse in quanto “titoli” di
credito, garantiscono infatti all’obbligazionista il diritto al rimborso della somma versata più gli
interessi. Possono comunque essere soggette a dematerializzazione e circolazione in un mercato
secondario.
La prassi riconosce vari tipi di obbligazioni, alcuni esempi:
- a struttura semplice: prevedono la restituzione della somma versata più il pagamento di
interessi, da corrispondere periodicamente (cedolari) o alla restituzione finale;
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- indicizzate: la quantificazione degli interessi è legata a diversi parametri (indici borsistici…);
- a premio: prevedono la corresponsione di somme aggiuntive;
- partecipative: i tempi e l’entità del pagamento degli interessi possono variare in dipendenza
dell’andamento economico della società;
- postergate: il cui rimborso è condizionato al preventivo soddisfacimento di altri creditori;
- convertibili in azioni: alla cui maturazione possono essere convertite in azioni (da capitale di
debito a capitale di rischio). La loro emissione è competenza dell’assemblea straordinaria, salva
delega agli amministratori, e ad essa consegue una delibera di aumento del capitale per un
ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione. I diritti di opzione su azioni d
nuova emissione o altre obbligazioni convertibili è attribuito si agli azionisti che ai titolari di
obbligazioni convertibili.
Non può esservi emissione se il capitale sociale non è interamente versato.
La procedura di conversione è progressiva e impone stringenti limiti all’assemblea in tema di
modifiche statutarie al fine di non pregiudicare gli obbligazionisti.
Per quanto riguarda la procedura di emissione, gli amministratori o altri organi delegati
deliberano l’emissione, a meno che legge o statuto non dispongano diversamente, attribuendo ta
compito all’assemblea straordinaria come nel caso delle obbligazioni convertibili.
La decisione deve risultare da verbale redatto da un notaio, che vi esercita controllo di legalità,
depositato e iscritto nel registro delle imprese. Qualora il controllo del notaio sia negativo, gli
amministratori potranno modificare la delibera o ricorrere in tribunale.
L’emissione avviene con la sottoscrizione, cui seguono la consegna del titolo o le formalità previst
in caso di dematerializzazione. Il titolo deve necessariamente contenere:
- denominazione, oggetto e sede sociale;
- capitale sociale e riserve al momento dell’emissione;
- data della delibera di emissione e ammontare complessivo di questa;
- valore nominale del titolo, diritti spettanti, rendimento e modalità dei pagamenti, eventuale
clausola di subordinazione, garanzie a favore dell’obbligazionista, data del rimborso;
- estremi dell’eventuale prospetto informativo.
La legge tuttavia impone un limite all’entità del prestito obbligazionario: non può eccedere il
doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo
bilancio approvato, i sindaci devono attestare il rispetto di tale limite.
La ratio di tale divieto è di garantire gli obbligazionisti dell’esistenza di fondi sufficienti alla
restituzione nonché di contenere la leva finanziaria della spa, ma soprattutto di evitarne iniziative
azzardate scaricando il peso su investitori sprovvisti di adeguati poteri di controllo.
Tale limite non si applica in alcune ipotesi tipiche:
- le obbligazioni eccedenti il limite sono sottoscritte da investitori professionali, qualora questi le
rimettano in circolazione sono responsabili della solvenza della società;
- obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di
negoziazione (dati gli stringenti obblighi informativi imposti ad emittente ed intermediari);
- obbligazioni che danno diritto ad acquistare o sottoscrivere azioni;
- particolari ragioni che interessano l’economia nazionale (è necessaria l’autorizzazione
governativa).
Il rispetto del limite deve perdurare per tutta la durata del prestito, in caso di riduzione di capitale
obbligatoria gli utili non potranno distribuirsi fino al raggiungimento del rapporto limite.
L’assemblea degli obbligazionisti è l’organo deputato ad assumere tutte le decisioni che in astratt
riguardano il prestito obbligazionario e i suoi sottoscrittori. Ha competenza in:
- nomina e revoca del rappresentante comune, in caso di inerzia è nominato con decreto del
tribunale su istanza di un obbligazionista o degli amministratori. Può essere anche revocato ad
nutum, salvo il risarcimenti del danno per revoca ingiustificata.
Ha funzione escuteva di tutela dell’interesse degli obbligazionisti, tra i suoi poteri: assistere
all’assemblea dei soci, esaminare il libro degli obbligazionisti, quello delle adunanze dei soci…
- modifica delle condizioni del prestito;
- proposta di concordato;
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- costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela degli interessi comuni e al suo
rendiconto;
- altri interessi comuni.
É regolata dalle norme sul procedimento di un’assemblea straordinaria.
É salvo il diritto dell’obbligazionista alle forme di tutela individuale, laddove non siano state
escluse da decisione dell’assemblea degli obbligazionisti.
SPA: STRUMENTI FINANZIARI DIVERSI DA AZIONI E OBBLIGAZIONI
La spa può finanziarsi anche con strumenti finanziari diversi da azioni e obbligazioni, ad es.
raccogliendo contribuzioni alla provvista di rischio non rivolte all’aumento del capitale oppure
crediti caratterizzati da una minore sicurezza nel rimborso. Sono strumenti finanziari atipici
possibili grazie alla libertà d’iniziativa economica.
La prassi ha individuato due categorie principali:
1. Strumenti finanziari partecipativi: consistono in apporti, anche di opera o servizi, in favore
della società attributivi di particolari diritti di partecipazione, patrimoniali (diritto agli utili, ad
un rimborso, partecipazione alle perdite…) e/o amministrativi (diritto di voto su argomenti
specifici, nomina di amministratori indipendenti, sindaci…), i titolari in ogni caso non hanno
diritto di voto all’assemblea generale degli azionisti ma piuttosto costituiscono un’assemblea
speciale che delibera sui temi a loro pregiudizievoli. La loro regolazione dettagliata è prevista
nello statuto, l’emissione compete all’assemblea straordinaria.
2. Strumenti finanziari con rimborso condizionato: sono forme di obbligazioni il cui rimborso è
condizionato dall’andamento economico della società, sia nei tempi che nella sua entità (può
pertanto essere inferiore o superiore alla somma prestata). Particolare ipotesi sono i cd. titoli
irredimibili, il cui rimborso può essere spostato nel tempo o del tutto rinviato al momento di
liquidazione della società.
3. Strumenti finanziari ibridi: la dottrina ha accolto la possibilità di strumenti ibridi, che
incorporino cioè sia diritti partecipativi che caratteristiche delle obbligazioni.
SPA: PROFILI ORGANIZZATIVI
Le spa hanno un’organizzazione complessa, i cui compiti sono attribuiti distintamente a tre organ
secondo il principio della ripartizione fissa di competenze:
1. Organo rappresentativo della compagine sociale: l’Assemblea, presente in ogni tipo sistema
(tradizionale, dualistico monistico). Gli competono le decisioni di tipo organizzativo.
2. Organo gestionale: Amministratori nel sistema tradizionale, Consiglio di Gestione nel sistema
dualistico, Consiglio d’Amministrazione nel sistema monistico. Gli compete l’esercizio
dell’impresa ed ha responsabilità verso soci, creditori e terzi per i danni cagionati dal proprio
operato. La più recente normativa ha preferito accentuare i poteri degli amministratori rispetto
a quelli dell’assemblea onde rendere l’attività d’impresa più snella ed efficiente.
3. Organo di controllo: Collegio Sindacale nel sistema tradizionale, Consiglio di Sorveglianza nel
sistema dualistico, Comitato per il controllo sulla gestione nel sistema monistico. Ha
un’autonoma funzione di controllo sulla legalità e la correttezza della gestione imprenditoriale
e dell’assetto aziendale, nonché sulla regolarità di bilanci e scritture contabili se attribuitagli
dallo statuto nelle società non quotate (nelle società quotate compete ai revisori).
Particolare disciplina riguarda poi le società quotate, dove alla rigida organizzazione si sommano
la disciplina sulla trasparenza, una forte tutela delle minoranze, una più considerevole quantità e
qualità di controlli.
Le spa possono poi aderire ad ulteriori fonti normative, i codici di autodisciplina promossi da
associazioni di categoria o società di gestione dei mercati, che stabiliscono regole di dettaglio su
vari profili organizzativi.
SPA: IL RUOLO E LE COMPETENZE DELL’ASSEMBLEA
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L’Assemblea è l’organo rappresentativo degli azionisti, non necessariamente composto da tutti gl
azionisti. É un organo insopprimibile e necessariamente collegiale, al massimo lo statuto può
consentire il voto elettronico o per corrispondenza.
É validamente costituito e delibera secondo diverse regole di maggioranza.
Si distinguono assemblea:
- ordinaria, prende le decisioni periodicamente necessarie al concreto funzionamento
dell’organizzazione sociale. Ha competenza nell’approvazione del bilancio e nella destinazione
degli utili, nella nomina, nella revoca e nei compensi degli altri organi sociali, nella
deliberazione di azioni di responsabilità contro questi e in ogni altro ambito genericamente
espresso dalla legge. Lo statuto non può attribuirle ulteriori competenze.
Particolare è il regime delle autorizzazioni: la legge o lo statuto possono prevedere che per
alcune operazioni gli amministratori debbano chiedere preventiva autorizzazione all’assemblea
qualora venga concessa questa non impone agli amministratori il compimento e non li esonera
dalla responsabilità sull’operazione.
Gli amministratori possono comunque sottoporre atti gestionali all’assemblea per informarla o
consultarla.
- straordinaria, prende decisioni attinenti alle regole di funzionamento e alle vicende evolutive, h
infatti competenza sulle modifiche statutarie, sulle modalità di liquidazione nonché sulla nomin
dei liquidatori e la determinazione dei loro poteri.
Lo statuto non può aumentarne le competenze, può tuttavia delegarne alcune previste
all’organo amministrativo (incorporazione di controllate, sedi secondarie, scelta di
amministratori con potere di rappresentanza, riduzione di capitale in caso di recesso,
adeguamento dello statuto alla legge, emissione di obbligazioni convertibili), queste sono
comunque soggette a controllo notarile e non delegittimano in ogni caso l’assemblea
straordinaria a deliberarvi.
SPA: IL PROCEDIMENTO ASSEMBLEARE
Il procedimento assembleare è tipicamente collegiale, la disciplina legale è parzialmente integrat
e derogabile dallo statuto. Si articola in:
1. Convocazione;
2. Costituzione e riunione;
3. Discussione e votazione;
4. Deliberazione, proclamazione e verbalizzazione.
Le delibere sono nulle in mancanza di convocazione e verbalizzazione, sono annullabili se è violat
una delle altre fasi, a meno che il vizio non sia del tutto ininfluente sul piano deliberativo.
La convocazione compete all’organo amministrativo ogni qualvolta lo ritenga opportuno, vi sono
tuttavia alcune circostanze obbligatorie: casi di perdite superiori ad 1/3 del capitale, verificarsi di
una causa di scioglimento, approvazione annuale del bilancio.
La convocazione è altresì obbligatoria in caso di richiesta della minoranza: soci che rappresentano
almeno 1/10 del capitale sociale (o meno se previsto da statuto) possono richiedere la convocazio
dell’assemblea indicando gli argomenti, ad essa competenti, da trattare.
In caso di inerzia degli amministratori, può ottemperare alla convocazione l’organo di controllo o,
in extremis, il tribunale, che ne determinerà presidente e modalità di svolgimento.
Gli amministratori devono convocare l’assemblea senza ritardo.
Il CdA delibera la convocazione, a meno che lo statuto non la rimetta a singole cariche
amministrative, l’atto di convocazione generalmente compete al presidente del CdA o ad un
amministratore ad hoc.
Alla convocazione sono altresì competenti i sindaci, qualora manchino gli amministratori o questi
siano inerti o ancora commettano gravi fatti censurabili, al tribunale, all’amministratore
giudiziario e ai liquidatori.
L’avviso di convocazione può essere dato in vari modi: pubblicazione in GU, su un quotidiano, per
mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, pec, telefax, consegna a mani, pubblicazione sul
sito internet o altre previste da Consob per le società quotate.
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Deve contenere giorno, ora, luogo (generalmente nel comune della sede), modalità per eventuale
video conferenza e l’ordine del giorno.
L’ordine del giorno informa i soci sulle materie in ordine alle quali si dovrà discutere e deliberare e
a quelle consequenziali (varie ed eventuali), né può essere data indicazione sintetica ma non
generica. Nelle società quotate gli amministratori devono anche pubblicare un’apposita relazione
sul sito internet.
Il mancato rispetto di queste formalità iniziali comunque non pregiudica la validità della cd.
assemblea totalitaria, nella quale è presente ogni avente diritto al voto, anche per delega. Essa
può deliberare in ogni materia di sua competenza, anche non prevista in o.d.g., a meno che i
partecipanti non vi facciano opposizione al fine di potersi meglio informare sull’argomento.
La validità delle deliberazioni assembleari è subordinata al preventivo raggiungimento di due
quorum, costitutivo e deliberativo.
Il quorum costitutivo, se raggiunto, permette all’assemblea di formarsi validamente, per il suo
computo non devon contarsi le azioni istituzionalmente prive di diritto di voto (azioni a voto limita
a risparmio…), devono invece contarsi le azioni che ne sono occasionalmente prive (azioni proprie
della spa da questa detenute).
Il numero legale, se raggiunto, si presume sussistere per tutta l’assemblea, è salvo il diritto di
ogni socio a chiederne verifica (in caso di esito negativo il presidente dovrebbe sospendere lo
svolgimento dell’assemblea).
Il quorum deliberativo, se raggiunto, permette all’assemblea di deliberare validamente, per il suo
computo la legge rimanda talvolta al capitale sociale complessivo della società, altre volte al
capitale concretamente presente in assemblea. Non sono contate le azioni del socio in conflitto
d’interessi e le azioni dei soci il cui voto è occasionalmente sospeso, per quanto riguarda le azion
a voto plurimo il quorum deve tenere conto del numero complessivo dei voti spettanti ai soci.
I quorum sono fissati dalla legge diversamente in base all’oggetto della deliberazione, alla
convocazione e al fatto se la società sia quotata o meno.
La seconda convocazione (e successive) si ha qualora non sia raggiunto il quorum costitutivo alla
prima, il suo avviso può essere anche contestuale a quello per la prima e il suo svolgimento anch
a distanza di un giorno.
Nelle società quotate è possibile la convocazione unica ex statuto, che consente l’applicazione de
quorum straordinari già in prima seduta.
I quorum legali di prima convocazione possono essere aumentati dallo statuto ma mai portati
all’unanimità o ad una maggioranza sostanziale tale da consentire il veto a un qualsiasi socio, tali
clausole sarebbero nulle così come una modifica in diminuzione. L’unanimità è ammessa per
circostanze circoscritte (es. riguardanti il riconoscimento di determinate garanzie ai soci).
In ogni caso lo statuto non può prevedere maggioranze superiori in seconda convocazione per
quanto riguarda: approvazione di bilancio, nomina e revoca delle cariche sociali.
Quorum costitutivo
Quorum deliberativo
Assemblea ord. I convocazione
Metà del capitale sociale.
Maggioranza assoluta del capitale
avente diritto al voto presente.
Assemblea straord. I
convocazione
1. Società chiuse: maggioranza
assoluta del capitale.!
2. Società aperte: metà del
capitale
1. Società chiuse: maggioranza
assoluta del capitale.!
2. Società aperte: 2/3 del
capitale presente
(inderogabile).
Assemblea ord. convocazioni
successive
Qualsiasi porzione del capitale.
Non è stabilito, quindi la
maggioranza assoluta del capitale
presente.
Assemblea straord. convocazioni
successive
1/3 del capitale sociale, riducibile
ex statuto sino a 1/5.
2/3 del capitale presente in
assemblea.
Sono salve le maggioranze qualificate previste ex lege per singole ipotesi (cambiamento
dell’oggetto sociale, trasformazione, scioglimento anticipato, proroga…).
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Per essere ammesso in assemblea, l’azionista deve dimostrare la propria legittimazione, esibendo
i titoli azionari o, in caso di dematerializzazione, previa comunicazione dell’intermediario.
Il diritto di intervenire in assemblea spetta, oltre ai componenti degli organi amministrativo e di
controllo, a tutti gli azionisti, titolari del diritto di voto (per quanto riguarda i titolari di voto limitat
a determinate materie, potranno intervenire solo in queste), salva deroga salva deroga statutaria
che consenta l’intervento anche agli azionisti senza diritto di voto.
L’intervento è generalmente precluso a soggetti estranei alla società, salva delega del socio o
deroga statutaria.
Lo statuto può subordinare l’intervento ad una prenotazione da effettuarsi mediante deposito dei
titoli presso la società o una banca indicata all’avviso di convocazione.
L’intervento può essere telematico o per corrispondenza: nel primo caso la partecipazione del
socio avviene mediante mezzi di telecomunicazione, garantendogli le stesse possibilità degli altri
soci, nel secondo caso il socio non partecipa alla seduta ma dichiara il proprio voto, in tal caso
l’ordine del giorno deve indicare le singole proposte e non solo le materie di discussione.
Il presidente dell’assemblea è l’organo che controlla la regolare costituzione dell’assemblea,
l’identità e la legittimazione dei presenti, lo svolgimento dei lavori, lo scrutinio e la verbalizzazion
(le varie fasi possono essere disciplinate da un regolamento assembleare interno).
La persona del presidente è generalmente indicata nello statuto (presidente del CdA…) oppure è
eletto dalla maggioranza dei presenti, allo stesso modo è individuato il segretario che lo aiuta, un
notaio può sostituire il segretario.
Essendo organo autonomo le sue decisioni non sono sindacabili o revocabili seduta stante, può
piuttosto essere annullata la delibera laddove l’esercizio dei poteri presidenziali sia stato
irregolare e arbitrario, nonché influente.
La carica non è revocabile nemmeno per giusta causa se individuata dallo statuto, lo è se nomina
in assemblea.
La disciplina sullo svolgimento dei lavori non è particolarmente dettagliata, è rimessa in larga
parte alle valutazioni del presidente.
Particolare però è il diritto d’informazione degli azionisti: costoro possono rivolgere domande
pertinenti alla materia in esame (purché sia pertinente e non coperta da segreto aziendale) ad
amministratori e sindaci, che hanno dovere di rispondere. Nelle società quotate le domande
possono essere formulate anche prima e la società può provvedervi con apposita relazione sul
proprio sito web, sempre obbligatoria è poi la relazione degli amministratori sulle materie
all’ordine del giorno.
L’informazione pre-assembleare può essere esercitata anche in altri modi, ad es. richiedendo
copia di documenti ed atti.
La discussione assembleare avviene nel rispetto dell’o.d.g. e della non discriminazione tra i soci,
qualora si verifichino disordini il presidente può sciogliere l’assemblea. É possibile anche un rinvio
dell’assemblea se soci rappresentanti almeno 1/3 del capitale dichiarino di essere poco informati
in materia, può altresì essere deliberato a maggioranza del capitale presente per garantire
un’ulteriore riflessione sui temi affrontati.
La votazione può avvenire in varie modalità, a seconda della scelta del presidente: dichiarazioni
verbali, alzata di mano, schede precompilate. In ogni caso la votazione deve essere simultanea,
pena l’invalidità.
Il voto segreto non è ammissibile, in quanto incompatibile con la disciplina su impugnazione,
recesso e conflitto d’interessi.
Il presidente non può inibire il diritto di voto di chi è ammesso a intervenire, anche qualora
individui conflitto di interessi (è salva l’azione di annullamento).
Controversa è la possibilità di esercitare il voto divergente.
Le deliberazioni devono constare da un verbale, che documenta lo svolgimento della riunione
assembleare. Ha carattere obbligatorio e necessario tant’è che la sua assoluta mancanza importa
la nullità della delibera, le mere irregolarità l’annullabilità.
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In assemblea ordinaria è redatto e sottoscritto da presidente (responsabile) e segretario, in
straordinaria è redatto da un notaio e sottoscritto da questo e dal presidente.
Quanto al suo contenuto, deve essere analitico (identità partecipanti, capitale rappresentato,
modalità e risultato delle votazioni, identificazione dei favorevoli…), peraltro alcune informazioni
possono risultare da allegati, come il foglio delle firme dei presenti. Può contenere anche
dichiarazioni dei presenti, su loro richiesta.
La redazione non è necessariamente contestuale, ma deve avvenire comunque senza ritardo.
Se è omesso il verbale, la delibera è impugnabile per nulla entro tre anni, il verbale si considera
omesso qualora manchino data o oggetto della deliberazione e non sia sottoscritto.
SPA: CONFLITTO D’INTERESSI E ABUSO DI MAGGIORANZA / MINORANZA
Il componente di un organo, specie quello assembleare, che si trovi in conflitto d’interessi con la
società, dovrebbe in linea di principio astenersi dalla partecipazione a votazioni sulla materia
oggetto del conflitto. Questo si verifica ogni qualvolta l’interesse personale del socio sia
contrapposto a quello della società, quindi qualora si ponga al socio la scelta se privilegiare
l’interesse proprio o quello sociale.
L’interesse personale rileva solo se attuale e concreto (non se astratto e potenziale) e riguardante
singoli atti più che attività nel loro complesso.
L’azionista in conflitto in ogni caso non è propriamente obbligato ad astenersi, può liberamente
scegliere se votare o astenersi e il presidente non può impedirlo (non legittimati a votare sono
invece gli amministratori nelle azioni sulla loro responsabilità, posson tuttavia partecipare alla
discussione), il suo voto è tuttavia causa di annullabilità della delibera se:
- determinante (cd. prova della resistenza);
- abbia contribuito ad una delibera idonea a danneggiare la spa (dev’essere intesa in senso
oggettivo, non va confusa col mero perseguimento di interessi personali da parte del socio in
conflitto nel caso in cui non vi sia danno).
In caso di voto negativo, è sì annullabile ma non sostituibile con accertamento giudiziario positivo
è infatti necessario che gli amministratori riattivino il procedimento deliberativo.
Diverso è il caso di abuso di maggioranza in cui la maggioranza assume una delibera con lo scopo
di danneggiare non la società ma la minoranza, rileva principalmente per la violazione dei princip
di buona fede e correttezza e per il dolo (da provare) della maggioranza, pertanto comporta
annullabilità della delibera nonché il risarcimento del danno.
Figura affine è l’eccesso di potere, importato dal diritto amministrativo: questo rileverebbe invece
laddove non vi sia alcun interesse sociale ragionevole alla base della delibera. É in ogni caso
difficile da provare in quanto le delibere assembleari non sono gravate da obblighi di motivazione
salvo alcuni casi tassativi.
Per abuso di minoranza invece rileva laddove l’assunzione di una delibera sia impedita dal
comportamento ostruzionistico di alcuni soci, finalizzato a scopi extrasociali. L’annullamento del
voto in ogni caso non può provocare un’accertamento giudiziale positivo di questo, nasce piuttost
l’obbligo di riconvocare l’assemblea con lo stesso o.d.g.
SPA: INVALIDITÀ DELLE DELIBERAZIONI
L’invalidità della delibera può essere data dalla violazione di norme procedurali o riguardanti il su
contenuto, l’annullabilità costituisce il rimedio principe mentre la nullità è prevista solo per
specifici casi. La legge oltretutto punta alla stabilità degli atti societari, salvandone gli effetti vers
terzi e dando brevi termini d’impugnativa.
!
Le deliberazioni prese non in conformità con la legge o lo statuto sono annullabili, rilevano
pertanto vizi contenutistici e procedurali. Vi sono poi alcune specifiche ipotesi legali in cui il vizio,
per essere tale, deve superare una determinata soglia di rilevanza sostanziale:
- partecipazione all’assemblea di persone non legittimate (si fa la cd. prova di resistenza, si
verifica cioè se la partecipazione sia stata determinante o meno);
- invalidità di singoli voti o errato conteggio (prova di resistenza).
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- incompletezza o inesattezza del verbale se impediscono l’accertamento del contenuto, degli
effetti o della validità della delibera.
Legittimati ad agire sono i soci assenti, dissenzienti o astenuti che avrebbero avuto diritto di voto
però prevista una soglia minima per l’impugnativa: deve agire, anche con domande separate,
almeno il 5% del capitale sociale (1‰ nel caso di società quotate). Se non è raggiunta tale soglia
comunque possibile l’azione per il risarcimento del danno, purché sia stato prodotto dalla delibera
e sia di tipo patrimoniale. Le soglie son derogabili a ribasso nello statuto.
Legittimati sono pure amministratori e collegio sindacale, anche nel caso in cui la delibera sia
stata adottata all’unanimità.
La parte attrice presenta un atto di citazione notificato alla società, dimostrando la propria
legittimazione ad agire (qualora venga meno durante il processo, il giudice può pronunciarsi solo
sul risarcimento del danno), l’azione di per sé non sospende la delibera a meno che non sia accolt
una richiesta correlata di sospensione cautelare.
Il termine è di 90 giorni dalla delibera o dalla data della sua iscrizione/deposito presso il registro
delle imprese.
La sentenza di accoglimento ha efficacia immediata rispetto a tutti i soci e obbliga gli
amministratori a prendere conseguenti provvedimenti, la delibera può anche essere sostituita con
una procedura di sanatoria ad efficacia retroattiva.
Le cause di nullità sono invece tipicamente previste dalla legge:
1. Illiceità dell’oggetto, non si tratta di una semplice non conformità alla legge ma una vera e
propria violazione di norme imperative inderogabili di interesse generale.
2. Mancata convocazione, deve essere assoluta e può riguardare anche solo un socio avente
diritto di voto. La convocazione invece è semplicemente irregolare, e quindi annullabile,
laddove ciascuno dei soci abbia ricevuto da parte degli amministratori o dei sindaci un minimo
avviso sulla data.
La delibera non è impugnabile da chi vi ha dato volontaria esecuzione.
3. Mancanza del verbale, rileva la totale assenza del documento. La nullità può essere sanata
retroattivamente se la verbalizzazione interviene prima dell’assemblea seguente, salvi i diritti
dei terzi in buona fede.
Legittimato ad agire è chiunque vi abbia interesse, nel termine di tre anni, e l’accoglimento
dell’azione comporta inefficacia ex tunc.
Particolari sono invece i casi di inesistenza ed inefficacia della delibera.
L’inesistenza rileva laddove la delibera sia solo apparente e manchi di ogni requisito essenziale,
può essere fatta valere da chiunque e senza limiti di tempo, la sentenza è meramente accertativa
L’inefficacia deriva invece dalla carenza di legittimazione rispetto al potere deliberativo
dell’assemblea, può essere impugnata dai soggetti lesi senza limiti di tempo.
SPA: GLI AMMINISTRATORI
Gli amministratori hanno competenza esclusiva sull’attività di gestione della società e quindi in
tutte le operazioni volte al perseguimento dello scopo sociale. Tale competenza è inderogabile,
essendo la separazione dei poteri all’interno della spa dettata in modo imperativo.
La nomina dell’amministratore unico o del consiglio d’amministrazione, a seconda che la
composizione dell’organo sia monocratica o pluripersonale, spetta inderogabilmente
all’assemblea ordinaria. Sono tuttavia possibili nomine separate, lo strutto infatti può prevedere
che un consigliere indipendente sia nominato da portatori di strumenti finanziari partecipativi o
che alcuni amministratori, in proporzione alla partecipazione al capitale, siano nominati da enti
pubblici (cd. golden share).
Lo statuto può poi prevedere alcune norme specifiche sulla nomina volte a garantire la
rappresentanza delle minoranze, ad es:
- nomina di uno o più amministratori per gruppi di azioni, o con votazioni separate all’interno
dell’assemblea o con designazioni separate successivamente approvate dell’assemblea;
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- fissazione di requisiti di eleggibilità, prevedendo che gli amministratori appartengano a certi
gruppi di azionisti;
- previsione di maggioranze qualificate in prima convocazione;
- temperamento della regola di maggioranza (voto cumulativo, voto limitativo o voto scalare) o
sistemi proporzionali;
- voto di lista: gli azionisti che rappresentino determinate soglie di capitale presentano liste di
amministratori, gli amministratori saranno eletti non solo dalla lista maggiormente votata ma
anche dalle altre in almeno un componente del CdA (la lista di minoranza non deve essere
collegata in alcun modo a quella di maggioranza, ciò ad evitare le cd. liste di comodo).
Possono essere nominati sia soci che terzi, a meno che lo statuto non limiti l’eleggibilità solo ai
primi. Cause legali di ineleggibilità e decadenza, anche in corso di mandato, sono: incapacità
legale, fallimento e condanne penali che comportino interdizione da uffici pubblici o privati, la
nomina in violazione di tali norme è nulla. La decadenza può avere anche carattere sanzionatorio
ad es. per ripetute assenza ingiustificate in consiglio.
Diversa dall’ineleggibilità è l’incompatibilità, prevista tipicamente dalla legge in alcuni casi di
sovrapposizione di incarichi (parlamentare, amministratore di ente locale…), essa obbliga
l’interessato a scegliere una tra le due cariche. É previsto poi un divieto per gli amministratori di
società operanti nei mercati finanziari di assumere analoghe cariche in imprese o gruppi
concorrenti, ciò ad evitare il fenomeno dell’interlocking directorates.
Lo specifico divieto di concorrenza rileva qualora un amministratore svolga un’attività attuale o
potenziale in concorrenza con quella della spa di cui è amministratore, sia in forma di impresa
individuale, sia come socio illimitatamente responsabile, sia come amministratore o direttore
generale, sia per conto di altri. La violazione del divieto è causa di revoca per giusta causa, salvo
che l’assemblea ordinaria non deliberi una specifica deroga.
Requisiti di professionalità e onorabilità del candidato amministratore sono previsti solo per le
società quotate, in quelle non quotate possono risultare dallo statuto.
All’amministratore possono essere richiesti anche requisiti di indipendenza, in particolare in tutte
le società quotate c’è almeno un consigliere indipendente, due se il CdA ha più di sette
componenti.
L’amministratore indipendente che, durante la carica, perda i requisiti informa la società e decade
dalla carica.
L’assunzione della carica non è immediata, occorre un atto di accettazione, anche tacito. Seguono
poi degli adempimenti pubblicitari riguardanti l’iscrizione in registro della nomina (così come della
cessazione). Il giudice del registro ha solo controllo di veridicità e tipicità, non di validità della
nomina.
Dubbia, anzi tendenzialmente negativa, è la possibilità di nominare amministratore una persona
giuridica.
Chi si inserisca sistematicamente nella gestione della società, pur senza nomina (cd.
amministratore di fatto), assume gli stessi poteri e responsabilità degli amministratori tuttavia no
è legittimato nei rapporti esterni.
La durata massima della carica è inderogabilmente di tre anni, computati per esercizi. Essa può
cessare per:
- scadenza del termine (è prevista in ogni caso prorogati della carica fino alla sostituzione da
parte dell’assemblea);
- decesso;
- rinunzia: le dimissioni son presentate ad substantiam in forma scritta, non necessitano di
giustificazione o obbligano ad un indennizzo. Hanno effetto immediato e pertanto sono
irrevocabili, a meno che non comportino una paralisi dell’organo, in tal caso hanno effetto dalla
sostituzione;
- revoca: è esercitata senza limiti dall’assemblea o dall’ente pubblico per l’amministratore da
questo eventualmente nominato. Non necessita di motivazione ma qualora manchi di giusta
causa (inadempimenti gravi, rottura del rapporto fiduciario…) comporta risarcimento del danno
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per l’ammontare dei compensi non ricevuti. L’assemblea che revoca l’amministratore
generalmente provvede anche alla sua sostituzione;
- decadenza, ex lege / statuto;
In caso di cessazione di uno o più amministratori, qualora ne sia comunque ancora in carica la
maggioranza, i membri del consiglio han l’obbligo di esercitare il potere di cooptazione con
delibera, approvata anche dai sindaci.
L’amministratore cooptato resta in cardia sino all’assemblea successiva, che potrà riconfermarlo,
anche implicitamente. Qualora tuttavia venga a mancare la maggioranza degli amministratori
nominati dall’assemblea, i restanti devono prontamente convocare l’assemblea.
Lo statuto può poi prevedere particolari clausole riguardo alla cessazione degli amministratori, ad
es “simul stabunt simul cadent”, sicché alla cessazione della carica di uno corrisponderà la
cessazione di tutti, o una clausola di cessazione immediata del consiglio alternativa alla
prorogatio, che comporta la convocazione dell’assemblea da parte dei sindaci.
SPA: STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DELL’ORGANO DI AMMINISTRAZIONE
L’organo di amministrazione può avere composizione varia, da una a più persone (nelle società
quotate non può essere monocratico). Lo statuto può tuttavia indicare un numero minimo e un
numero massimo di componenti.
Qualora gli amministratori siano più d’uno, costituiscono il consiglio d’amministrazione che
esercita la gestione con metodo collegiale e criterio decisionale di maggioranza, sono pertanto
invalide le clausole statutaria che prevedano amministrazione congiuntiva o disgiuntiva, così com
clausole che ridurrebbero il consiglio a solo organo di consultazione.
Il principio di collegialità è comunque compatibile con riunioni a distanza tramite mezzi telematic
(invalido è invece il voto per delega).
Fondamentale nel CdA è la figura del presidente, nominato direttamente dal consiglio o
dall’assemblea tra i consiglieri. I poteri ad esso attribuiti, derogabili dallo statuto ma non tanto da
ridurne in toto le funzioni, sono:
- convocazione del consiglio: la delibera è legittima solo se sono stati convocati tutti i consiglieri,
ciascuno può chiedere la convocazione ma l’avviso dev’essere dato dal presidente;
- ordine del giorno: è inderogabile e deve contenere adeguate informazioni sulle materie previste
in discussione. Il presidente può essere coadiuvato in una società quotata da un lead
independent director, la cui nomina è considerata una best practice dal Codice di Autodisciplina
In caso d’urgenza di evitare un danno alla società, il procedimento d’informazione o il rispetto
dell’o.d.g. sono derogabili;
- coordinamento dei lavori del consiglio e direzione della discussione. Il consiglio ha come
quorum costitutivo la maggioranza dei componenti e deliberativo la maggioranza assoluta dei
presenti (sono salve maggioranza qualificate ex statuto ma non l’unanimità);
- voto prevalente per il superamento di impasse gestorie;
- verbalizzazione: le delibere vanno inserite nel libro obbligatorio di adunanze e deliberazioni del
CdA.
Le delibere sono impugnabili e annullabili entro 90 giorni per non conformità alla legge o allo
statuto, legittimati sono gli amministratori assenti, dissenzienti o astenuti nonché il collegio
sindacale, che è obbligato ogni qualvolta ravvisi un danno per la società.
Anche il singolo socio può impugnare una delibera che sia lesiva dei suoi diritti (diritti del socio in
quanto tale, diritti inerenti l’organizzazione e il funzionamento della società, diritti dell’azionista).
L’annullamento ha efficacia erga omnes e obbliga gli amministratori a prendere gli opportuni
provvedimenti, sono salvi i diritti dei terzi in buona fede.
SPA: AMMINISTRAZIONE DELEGATA
Le funzioni amministrative sono delegabili dal consiglio d’amministrazione ad uno o più dei propri
componenti, cd. amministratori delegati, o ad un consiglio ristretto, cd. comitato esecutivo. Quest
potranno ricevere il compito di svolgere funzioni specifiche o il day-by-day management, spettand
invece al plenum del consiglio un dovere di vigilanza e, conseguentemente, di intervento laddove
ravvisi una mala gestione.
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La delega può essere stabilita da clausola statutaria (delega obbligatoria) o da autorizzazione
dell’assemblea ordinaria ed è costituita con delibera consiliare che ne determina contenuto e
limiti, non essendo ammessa una delega generica. É invece ammessa delega generale per l’inter
gestione della spa, salvo alcune competenze non delebili (redazione del bilancio, aumento del
capitale sociale…).
Il codice consente la creazione di deleghe atipiche, cioè di specifici compiti attribuiti ad uno o più
amministratori.
Ex lege gli amministratori delegati han comunque competenza nel curare l’assetto amministrativo
e contabile affinché sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, delibera poi sui piani
strategici industriali e finanziari della società.
Nel caso in cui sia creato un comitato esecutivo, questo assume le regole deliberative del CdA ma
può prevedere vari comitati interni , titolari di deleghe amministrative o con funzioni istruttorie, la
loro presenza è considerata una best practice.
Il consiglio ha dovere di vigilare ed esaminarne l’operato e, in ogni caso, mantiene una competen
concorrente e sovraordinata sulle materie delegate: può infatti impartire direttive o avocare a sé
decisioni su singole operazioni, nonché revocare la delega anche senza giustificazione. Il consiglio
pertanto ha poteri-doveri di indirizzo, avocazione, sostituzione e controllo.
Nei rapporti tra gli organi amministrativi e tra questi e gli altri organi sociali ci sono importanti
obblighi di circolazione delle informazioni, con periodicità non inferiore a sei mesi (tre nelle spa
quotate), sul generale andamento della gestione, sulla sua prevedibile evoluzione e sulle
operazione di maggior rilievo. Si tratta di importanti obblighi di reporting, estesi anche agli assett
amministrativi, organizzativi e contabili, nonché sull’attività delle controllate.
L’obbligo di circolazione delle informazioni si traduce per gli organi amministrativi in un obbligo d
agire informati e di assumere di conseguenza iniziative opportune.
SPA: INTERESSI DEGLI AMMINISTRATORI E INTERESSE SOCIALE
Gli amministratori sono gestori di un interesse altrui, quello dei soci, e pertanto sono obbligati ad
una diligente gestione e al perseguimento del fine sociale.
Tuttavia possono essere anche portatori di interessi propri o di terzi particolari diversi da quello
sociale, la legge pertanto impone inderogabili obblighi di trasparenza: gli amministratori in
questione dovranno pertanto informare, con comunicazione documentale e verbalizzata, gli altri
componenti del consiglio e i sindaci ogni qualvolta siano latori di interessi personali, propri o di
terzi, interferenti con la società in una data operazione. L’amministratore coinvolto potrà poi
votare in consiglio ma in modo non pregiudizievole alla società.
Qualora sia coinvolto l’amministratore delegato questo ha obbligo di astenersi e rimettere
l’operazione al consiglio, qualora invece sia coinvolto l’amministratore unico questi deve dare
notizia della propria situazione ai sindaci e alla prima assemblea utile.
Ogni qualvolta il CdA deliberi in presenza di interessi di un amministratore, ha l’obbligo di motiva
la delibera, esplicitandone ragioni e convenienza anche qualora questa sia negativa. Qualora la
delibera violi tali disposizioni e rechi danno alla società sarà invalida e pertanto impugnabile entro
90 giorni dai sindaci e da ogni amministratore. É comunque salva la tutela risarcitoria, anche
quando l’amministratore approfitti per interesse personale o di terzi di informazioni acquisite sia
per il caso di lucro cessante. L’amministratore è pertanto responsabile per ogni azione od
omissione pregiudizievole purché il suo voto sia stato determinante nella delibera.
Gli amministratori hanno poi diritti al compenso ex lege, in mancanza di disposizioni statutarie i
compensi sono così determinati: l’assemblea stabilisce quelli degli amministratori e quelli del
comitato esecutivo (a meno che per quest’ultimo non li stabilisca il consiglio), il consiglio previo
parere del consiglio sindacale stabilisce quelli del presidente e gli amministratori delegati.
L’assemblea può comunque stabilire dei tetti per la remunerazione, essendo considerato uno
stipendio eccessivo come lesivo dell’interesse sociale. Può altresì essere predisposto un comitato
interno per la remunerazione.
La trasparenza sulle remunerazioni rileva più nelle società quotate tant’è che il consiglio deve
approvare un’apposita relazione, su cui l’assemblea esprime un voto consultivo.
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Il compenso degli amministratori può essere costituito da una partecipazione agli utili o anche
dall’attribuzione di un diritto d’opzione nella sottoscrizione di azioni.
Disciplina speciale riguarda le società quotate qualora realizzino un’operazione economica che
abbia come controparti soggetti particolarmente prossimi alla società, cd. parti correlate. Sono ta
i soggetti che appartengono all’area del controllo e del collegamento societario, a quella dei
dirigenti con responsabilità strategiche, a quella dei soggetti vicini ai precedenti per legami
personali.
La disciplina impone particolari obblighi di informazione al mercato nonché istruttori nelle ipotesi
di decisioni a maggiore conflitto di interessi: le operazioni dovranno anzitutto rispondere ai princip
di trasparenza e trasparenza sostanziale e procedurale, più accentuate nelle operazioni
maggiormente rilevanti. Un regolamento interno all’organo amministrativo, deliberato dal CdA
previo parere favorevole degli amministratori indipendenti, può comunque derogare parzialmente
o integrare nel dettaglio le disposizioni legali.
La regolamentazione procedurale prevede in particolare obblighi di approfondita istruzione
sull’interesse sociale nonché sulla correttezza e convenienza dell’operazione.
SPA: RAPPRESENTANZA
Poiché opera all’esterno la società necessita di qualcuno che agisca in nome e per contro di essa.
Si distinguono:
1. Rappresentanza volontaria: è eventuale e disciplinata dalle norme codicistiche generali, o da
quelle sulla rappresentanza commerciale (institore) se ne è integrata la fattispecie. É una
rappresentanza speciale, in quanto deriva da una apposita procura del rappresentante
statutario, e non può avere carattere generale.
2. Rappresentanza organica (o statutaria): è generale e necessaria ed attribuita ad uno o più
amministratori, in quest’ultimo caso opereranno disgiuntamente qualora lo statuto non
preveda la forma congiuntiva in tutte o in specifiche ipotesi.
La legge detta un’articolata disciplina volta a tutelare i terzi nel rapportarsi con i rappresentanti:
- gli eventuali limiti statutari o legali, sia contenutistici che formali, alla rappresentanza non sono
opponibili a terzi, anche se pubblicati nel registro delle imprese, a meno che il terzo non abbia
intenzionalmente agito a danno della società (exceptio doli);
- qualora l’atto posto in essere dal rappresentante sia estraneo all’oggetto sociale, la società
potrebbe opporlo al terzo solo nel caso in cui riesca a rilevarlo in concreto e ad invocare
l’exceptio doli.
- qualora l’atto deliberativo del CdA è viziato è di conseguenza viziato per invalidità derivata anc
l’atto posto in essere dal rappresentante, è tuttavia inopponibile a terzi salva exceptio doli.
- in caso di dissociazione tra potere gestori e potere di rappresentanza, cioè ogni qualvolta un’at
posto in essere dal rappresentante manchi di apposta delibera del CdA, l’atto è viziato e
invalidabile ma è comunque inopponibile a terzi salva exceptio doli.
- qualora l’atto compiuto dal rappresentante sia in una situazione di conflitto d’interessi e manch
di delibera autorizzativa, è annullabile se il conflitto era noto o riconoscibile dal terzo.
SPA: LE AZIONI DI RESPONSABILITÀ CONTRO GLI AMMINISTRATORI
La legge prevede tre tipi di responsabilità degli amministratori:
1. Verso la società stessa.
2. Verso i creditori sociali.
3. Verso singoli soggetti, quali soci o terzi.
La responsabilità verso la società è la più importante, assorbendo spesso le altre due, e rileva ogn
qualvolta vi sia un’inadempimento dell’obbligo di corretta amministrazione nonché violazione di
norme statutarie o legali, alle quali gli amministratori devono adempiere con la diligenza richiesta
dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.
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Pertanto è una responsabilità contrattuale che comporta il risarcimento del danno emergente
nonché del luci cessante, ogni qualvolta la mala gestione porti ad un deterioramento dello stato
patrimoniale o del conto economico della spa.
La responsabilità si basa su un criterio soggettivo di colpevolezza, che emerge ogni qualvolta sian
violati:
- l’obbligo generale di diligenza: non è tipizzato pertanto la colpa dell’amministratore si valuta
secondo i criteri tradizionali di negligenza, imprudenza (condotte “irrazionali” e incompatibili
con la logica d’impresa) e imperizia. Nel giudizio non rileva il merito della discrezionalità gestor
a meno che non siano violate norme sull’adeguata istruttoria o sul conflitto d’interessi.
L’onere di provare la colpa spetta alla società attrice;
- gli obblighi specifici di diligenza: essendo tipizzati dalla legge alla società attrice basterà
provare l’inadempimento dell’amministratore, per questo sono salve le ipotesi di errore
scusabile, fatti impeditivi…
La responsabilità tra amministratori è solidale e si estende anche a quelli di fatto.
Si distingue tuttavia una responsabilità diretta di ciascun amministratore per atti propri o del
consiglio ed una responsabilità per omessa o difettosa vigilanza, imputabile agli amministratori
non delegati per gli atti compiuti dagli amministratori delegati, in quanto sarebbe violato l’obbligo
di intervenire ogni qualvolta si prefiguri una situazione pregiudizievole.
Gli amministratori non sono solidalmente responsabili laddove provino la presenza di clausole
distributive di specifiche competenze o funzioni e dimostrino la loro lontananza dall’atto
pregiudizievole.
Altra ipotesi che elimina la responsabilità solidale e la cd. dissociazione: in un atto produttivo di
responsabilità non è responsabile il socio che abbia fatto annotare il proprio dissenso senza
ritardo nel libro delle adunanze, che ne abbia informato il presidente del collegio sindacale e che,
effettivamente, sia esente da colpa. In tale ipotesi devono essere pertanto adempiuti specifici
obblighi di informazione, vigilanza e intervento.
L’esercizio di azione di responsabilità necessità di delibera dell’assemblea ordinaria, l’assemblea
che approva il bilancio può deliberarla anche se non è indicata all’o.d.g. per fatti relativi
all’esercizio in questione.
Pure il collegio sindacale, a maggioranza di 2/3, può deliberare un’azione di responsabilità.
La delibera non richiede una specifica motivazione ma necessita che vi siano indicati:
- gli amministratori contro i quali e proposta;
- i fatti che hanno dato origine alla responsabilità;
- le pretese della società.
La delibera comporta la revoca automatica della carica degli amministratori, purché sia approvata
da 1/5 del capitale, e pertanto dovrà prevedere la nomina di nuovi. Sono salve le decisioni di
rinunziare all’azione o proporre una transazione a meno che non sia esercitato il diritto di veto da
parte di 1/5 del capitale (1/40 nelle quotate).
L’esercizio dell’azione di responsabilità si prescrive in 5 anni dalla cessazione della carica di
amministratore.
Anche una minoranza di soci può esercitare l’azione di responsabilità, notificando l’azione alla
società che sarà liticonsorte necessaria nonché unica titolare dei diritti risarcitoti eventualmente
riconosciuti (carattere surrogatorio dell’azione). La spa potrà comunque rinunziare o transigere
all’azione promossa.
I proponenti oltretutto saranno ulteriormente disincentivati ad agire in quanto impossibilitati ad
accedere a tutte le informazioni e ad ogni libro della società.
La minoranza nelle società chiuse è qualificata ad 1/5 del capitale, riducibile da statuto o
innalzabile sino ad 1/3, e di 1/40 nelle società quotate, modificabile da statuto solo a ribasso.
SPA: RESPONSABILITÀ VERSO I CREDITORI SOCIALI
I creditori sociali possono singolarmente esperire azione di responsabilità contro gli
amministratori qualora:
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- gli amministratori non abbiano osservato gli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità
del patrimonio sociale, inizialmente si consideravano l'elementi tipici di mala gestione
(irregolare distribuzione di utili irregolarità di bilancio…) ma attualmente la norma è
interpretata in senso estensivo verso il rispetto del generale obbligo di corretta gestione e
conservazione del patrimonio;
- il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei crediti, l’azione pertanto
pertanto è esperibile a seguito della conoscenza dell’insolvenza della società, che è anche
momento da cui decorre la prescrizione quinquennale.
L’azione ha carattere autonomo e pertanto non coinvolge la società né gli amministratori quindi
potranno opporre ai creditori le eccezioni opponibili verso la società. Non potranno opporre poi la
revoca dell’azione effettuata da altri creditori, potranno opporre invece una transizione, volendo
infatti la legge evitare il moltiplicarsi di domande risarcitorie.
SPA: RESPONSABILITÀ NELLE PROCEDURE CONCORSUALI
Data la scarsa frequenza di azioni di responsabilità esercitate dalla società, dalla minoranza o dai
creditori e la maggiore durante procedure concorsuali, la riforma del 2003 ha disciplinato la
possibilità del curatore fallimentare di esperire azione di responsabilità ad hoc, questa costituisce
una sintesi della disciplina dell’azione sociale o dei creditori, potendo il curatore avvalersi di quell
più favorevole.
L’onere della prova segue i criteri generali del nesso causa-effetto tra azione dell’amministratore
e danno, il danno risarcibile peraltro è più difficile da determinare e necessariamente ricondotto a
criteri equitativo basati sul deficit della società.
SPA: AZIONE DI RESPONSABILITÀ ESERCITATA DAL SOCIO O DAL TERZO.
Il socio o un terzo potranno esercitare direttamente azione di responsabilità contro un
amministratore qualora il comportamento di questo li abbia danneggiati personalmente, il danno
quindi non può derivare di riflesso sfa un danno subito dalla spa.
Alcuni esempi: comportamenti discriminatori, stipulazione di affari pregiudizievoli ,sottoscrizioni
basate su un bilancio falso…
L’amministratore non è giustificato se ha agito con dolo o colpa nell’interesse della società, in tal
caso semmai potrebbero prefigurarsi ipotesi di corresponsabilità.
L’onere della prova, sul nesso causa-effetto, spetta all’attore. Costui pertanto potrà cumulare la
propria azione a quella della società o dei creditori.
SPA: IL DIRETTORE GENERALE
Il direttore generale è previsto dallo statuto e nominato dall’assemblea o dall’organo di
amministrazione (non basta il nomen iuris ma devono esserne specificati i connotati tipologici
perché sia tale).
Egli è un funzionario dirigente in posizione apicale rispetto all’azienda, che opera in relazione con
l’organo amministrativo, costituendo il tramite tra attività deliberativa di questo e uffici interni.
Può essere anche un amministratore, se non lo è non gli si applicano le cause di ineleggibilità
previste per gli amministratori. Può essere titolare di un rapporto di lavoro autonomo come
subordinato, nonché di poteri di rappresentanza.
Pur essendo gerarchicamente subordinato, gli è esteso il regime di responsabilità speciale
previsto per gli amministratori (a meno che non sia ordinario, cioè sia nominato senza previsione
statutaria).
Ha il potere-dovere di resistere al compimento di atti che integrino responsabilità verso la società
nonché può rifiutarsi di eseguire quegli atti che costituirebbero responsabilità a suo carico o un
illecito civile o penale.
SPA: IL CONTROLLO SULLA GESTIONE CONTABILE
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Edoardo Cecchinato
A.A. 2015/16
Le funzioni di controllo interno, proprie di ogni organizzazione imprenditoriale efficiente, sono
affidate nelle spa sia ad un organo sociale, il collegio sindacale, sia a soggetti esterni, i revisori
legali dei conti.
Il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, il controllo di legalità in
questione è sostanziale, riferendosi ai principi di corretta amministrazione e di adeguatezza
dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società e del suo funzionamento.
Non si tratta di un controllo censorio su singoli atti ma di una vigilanza complessiva e continuativ
su tutta l’attività sociale. Nè tale controllo può riguardare il merito dell’attività.
Il collegio sindacale ha oltretutto compiti di amministrazione attiva tipizzati, di di informare
l’assemblea nonché di essere consultato obbligatoriamente, specie nella relazione depositata in
occasione dell’approvazione di bilancio (questa riferisce sull’adempimento dei propri doveri, sulla
valutazione dei risultati dell’esercizio, su osservazioni e proposte in ordine al bilancio).
Il controllo contabile invece è affidato a soggetti professionali esterni, i revisori legali dei conti, pu
restando in capo al collegio compiti di supervisione. Gli statuti delle spa chiuse possono
demandare il controllo contabile allo stesso collegio sindacale, purché i suoi componenti siano
tutti revisori legali.
Nelle società quotate è oltretutto previsto un comitato per il controllo interno e la revisione
contabile, vigilante appunto sull’adeguatezza organizzativa dei sistemi di controllo interno, è
oltretutto prevista la nomina di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili.
!
SPA: I SINDACI
!
Il collegio sindacale è composto da 3 o 5 membri effettivi, nelle società quotate il numero è
aumentabile ed è prevista la nomina di almeno 2 supplenti.
I sindaci devono presentare determinati requisiti di professionalità (avvocati, commercialisti,
professori universitari…), pena la nullità della nomina o la decadenza in caso di perdita delle
qualità. Almeno un sindaco dev’essere revisore dei conti (anche una società di revisione), nelle
società chiuse se è domandata al collegio il controllo contabile tutti i sindaci devono essere
revisori.
La nomina del collegio è competenza dell’assemblea ordinaria, l’omissione della nomina comport
alo scioglimento della società. Uniche deroghe sono la possibilità di nomina da parte di:
- portatori di strumenti finanziari;
- enti pubblici in proporzione alla propria partecipazione;
- una minoranza di azionisti, peraltro nelle società quotate il sindaco di minoranza è presidente
del collegio.
La nomina deve essere accettata.
Cause di cessazione del rapporto sono:
- decesso;
- termine: tre esercizi con prorogatio della carica fino alla nomina in assemblea;
- decadenza per perdita di un requisito di eleggibilità o per un’inadempimento sanzionato con la
decadenza (ad es: assenza ripetuta alle riunioni). Tali cause devono essere accertate in un
contraddittorio;
- revoca, per giusta causa con delibera di assemblea ordinaria approvata da decreto del tribunale
ipotesi di revoca ex lege è la trasformazione della spa in società senza collegio sindacale.
- rinuncia: sempre ammissibile senza dar luogo a risarcimento, laddove non sia possibile
integrare subito il consiglio o dar luogo a supplenza (che opera in ordine di età ope legis senza
bisogno d’accettazione), si ha prorogati della carica fino ad assemblea per la nuova nomina.
!
L’effettività della funzione di controllo dei sindaci è data da due caratteristiche principali:
1. Indipendenza: nonostante i sindaci siano espressione della maggioranza, la legge tipizza
alcune cause di ineleggibilità volte a garantirne un’operatività quanto più autonoma possibile,
non possono pertanto essere eletti, pena la nullità, sindaci incapaci legali, falliti o con altre
pene (stessi requisiti degli amministratori), parenti o affini con amministratori della società o
di altre del gruppo, oppure aventi rapporti di lavoro continuativi con la società o altre del
gruppo, o ancora in altri rapporti patrimoniali con queste che ne compromettano
l’indipendenza.
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Peraltro i sindaci hanno un diritto irrinunciabile al compenso, invariabile, annuale e fissato
equamente alla loro nomina.
2. Inamovibilità: ogni sindaco è revocabile solo per giusta causa con delibera motivata
(inadempimento, rottura dei rapporti di fiducia, vicende personali…) dell’assemblea ordinaria,
approvata poi con decreto del tribunale.
Il collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni 90 giorni (anche in forma telematica), è convocato
dal suo presidente, si costituisce validamente con la maggioranza dei sindaci e può deliberare a
maggioranza assoluta dei presenti (i sindaci in conflitto d’interessi devono astenersi). Il verbale
deve essere sottoscritto da tutti i presenti.
L’esercizio delle funzioni si articola fondamentalmente in tre fasi:
1. Istruttoria: i sindaci godono di poteri ispettivi individuali e gli amministratori sono obbligati a
fornire le informazioni richieste (salvo segreti industriali). I sindaci possono avvalersi anche di
collaboratori. Di tutti gli accertamenti, sia individuali che collegiali, deve rimanere traccia nel
libro delle adunanze del collegio.
2. Valutativa: è esercitata collegialmente ma il sindaco dissenziente può individualmente usare
strumenti residuali di reazione.
3. Reattiva: si articola in vari poteri quali la convocazione dell’assemblea in caso di omissione,
ritardo ingiustificato degli amministratori o per provvedimenti urgenti causati da fatti gravi, in
caso di gravi irregolarità nella gestione i sindaci potranno poi presentare denuncia al
Tribunale, possono anche impugnare le delibere assembleari o consiliari illegittime nonché
esercitare l’azione sociale di responsabilità (se decisa da 2/3 dei componenti).
I soci possono sollecitare il collegio ad intervenire con apposita denuncia, se la richiesta
proviene da 1/20 del capitale (1/50 nelle quotate) il collegio deve riferirne in assemblea.
Sono salve le reazioni individuali dei singoli soci tramite rilievi in collegio, intervenendo in
discussioni nel CdA o, ma solo nelle quotate, denunziando direttamente al PM gravi
irregolarità.
I sindaci devono adempiere ai loro obblighi con diligenza professionale, pertanto sono responsabi
in solido con gli amministratori colpevoli di mala gestione, se il danno non si fosse prodotto
qualora avessero vigilato diligentemente.
L’azione di responsabilità dei sindaci ha la stessa disciplina dell’azione contro gli amministratori,
dovendosi sempre provare il nesso di causalità tra danno e mancata vigilanza. In ogni caso i
sindaci non saranno mai responsabili per danni in misura superiore agli amministratori, a meno
che non ricorrano ipertesi esclusive (violazione di segreti in danno della società, false attestazion
date agli azionisti e al pubblico).
SPA: LA REVISIONE LEGALE DEI CONTI
I revisori legali dei conti sono soggetti professionali, iscritti nell’omonimo registro, che esercitano
funzioni di controllo contabile nelle spa. Devono infatti verificare la regolare tenuta della
contabilità sociale e la corretta rilevazione nelle scritture contabili dei fatti di gestione. Rilevano
quindi gli eventi di gestione e la relativa contabilizzazione.
I revisori devono esprimere un giudizio (non che sia vero) sul bilancio d’esercizio e, se presente, s
quello consolidato; il giudizio può essere positivo, positivo con rilievi, negativo o impossibilitato.
Il controllo è continuativo per ogni esercizio ed esercitato collaborando (scambio di informazioni…
col collegio sindacale. Il revisore gode poi di poteri informativi ed ispettivi su tutti i documenti e le
notizie utili alla sua attività (l’utilità effettiva costituisce pertanto un limite intrinseco).
I revisori hanno obbligo di documentare la propria attività, conservandone le carte per almeno 10
anni, e di riservatezza a riguardo.
La nomina dei revisori è deliberata dall’assemblea su proposta del collegio sindacale, non può
pertanto essere autonoma. La durata dell’incarico è di tre esercizi e prevede un corrispettivo
stabilito alla nomina, adeguato e non variabile.
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L’incarico è revocabile per giusta causa con delibera assembleare previo parere dell’organo di
controllo. Una revoca d’ufficio è esercitabile dal MEF e in alcuni casi da CONSOB. Sono comunque
previste particolari forma di prorogatio.
Il revisore può recedere dall’incarico, salvo il risarcimento dei danni.
Il revisore è indipendente, non deve essere in alcun modo coinvolto nei processi decisionali della
società e, in base ad una forte disciplina sull’autoresponsabilità (integrata anche
dall’autodisciplina dell’associazione professionale), deve provvedere a ovviare tutte le cause che
minino la sua indipendenza.
La responsabilità del revisore è solidale con quella degli amministratori verso la società, isoli e i
terzi secondo i normali criteri di diligenza professionale. Nel caso in cui revisore legale sia una
società, responsabili sono anche il responsabile della revisione nonché i dipendenti di questa che
vi han collaborato.
L’azione contro il revisore si prescrive in 5 anni.
SPA: SISTEMI ALTERNATIVI DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO
La riforma del 2003 ha introdotto la possibilità di adottare all’atto costitutivo e nello stato della
spa, due sistemi organizzativi alternativi al cd. sistema tradizionale. Ciò al fine di dare maggiore
libertà ai privati e attirare investitori stranieri.
Sono stati introdotti pertanto un sistema dualistico, di derivazione tedesca, ed un sistema
monistico di derivazione anglosassone, laddove il codice presenti lacune nel regolarli sono
integrati dalle norme sul sistema tradizionale.
Al di là degli specifici organi previsti, in entrambi i sistemi la revisione legale dei conti è affidata a
un soggetto esterno.
SPA: IL SISTEMA DUALISTICO
Il sistema dualistico, di derivazione tedesca, è caratterizzato da una maggiore separazione tra
gestione e proprietà. Presenta tre organi principali:
1. Il consiglio di sorveglianza: è un ibrido tra il collegio sindacale e l’assemblea ordinaria, ha
pertanto competenze sia di controllo di legalità che di controllo sul merito, può altresì avere
incarichi di alta amministrazione ex statuto (es. deliberazioni in operazioni strategiche e piani
industriali o finanziari).
Organo necessariamente collegiale, è composto da almeno tre membri, soci o terzi, nelle
società quotate almeno un componete proviene dalla minoranza; è nominato dall’assemblea
ordinaria e dura 3 esercizi (i consiglieri comunque son liberamente revocabili, anche senza
giusta causa purché 1/5 del capitale sia favorevole), non sono previsti gli istituti della supplenz
né della cooptazione.
Nelle società chiuse non sono richiesti requisiti di professionalità (solo un membro dev’essere
revisore), nelle società quotate invece si applicano i tipici requisiti di onorabilità e
professionalità e le rispettive ipotesi di decadenza.
Quanto ai requisiti di indipendenza la disciplina è meno stringente (divieto di cumulare cariche
di rapporti di lavoro continuativi con la spa…) salvo che per le società quotate in cui son
assimilati alla disciplina del collegio sindacale.
Il consiglio di sorveglianza ha funzioni di controllo, analoghe a quelle del collegio sindacale, e
di indirizzo della gestione, analoghe a quelle di un’assemblea ordinaria. Pertanto controlla il
rispetto di legge e statuto, la corretta amministrazione, l’adeguatezza dell’assetto
organizzativo, amministrativo e contabile. Può assistere alle riunioni dell’organo
amministrativo e dell’assemblea, ha potere di ispezione (collegiale, salvo alcune deroghe nelle
quotate), può convocare gli altri organi (assemblea per omissione degli amministratori o fatti
censurabili o denunzia da parte dei soci…), può denunciare gravi irregolarità al tribunale.
Per quanto riguarda i poteri di indirizzo, il consiglio nomina gli amministratori, approva il
bilancio d’esercizio, autorizza l’esercizio dell’azione di responsabilità contro gli amministratori
Ha oltretutto competenza a deliberare, se prevista da statuto, in ordine alle operazioni
strategiche e ai piani industriali e finanziari.
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Il consiglio si costituisce con la maggioranza dei componenti e delibera a maggioranza
assoluta dei presenti, le delibere sono annullabili in caso di vizi dai consiglieri assenti o
dissenzienti e dai soci se lesi in un loro diritto soggettivo.
Il regime di responsabilità è analogo a quello previsto per il collegio sindacale, improntato sui
criteri di diligenza e dovere di vigilanza, la disciplina dell’azione di responsabilità è tuttavia
scarna e pare pertanto integrabile con quella del sistema tradizionale (dubbia è la possibilità d
una azione di minoranza).
2. L’assemblea ordinaria: ha un ruolo assai ridotto, le competono la distribuzione degli utili, la
nomina del revisore, dei consiglieri di sorveglianza e del loro presidente, l’esercizio dell’azione
di responsabilità contro gli amministratori ed eventualmente l’approvazione del bilancio, se il
non l’ha fatto il consiglio e lo richiede 1/3 dei componenti di questo o degli amministratori.
Si tende a negarle poteri autorizzativi su atti di gestione, le sono invece concesse funzioni di
arbitraggio qualora il consiglio di sorveglianza non approvi le operazioni strategiche o i piani
finanziari e industriali posti in essere dagli amministratori.
Il consiglio di gestione: è necessariamente collegiale e gli spetta in via esclusiva la gestione
dell’impresa. La nomina dei componenti e del presidente spetta al consiglio di sorveglianza, salvo
la prima ex atto costitutivo. Il numero dei componenti, anche come limite massimo, è determinat
dallo statuto.
La revoca, anche senza giusta causa, spetta al consiglio di sorveglianza. La carica dura tre eserciz
e non è prevista cooptazione ma immediata nuova nomina. Il consiglio di sorveglianza può
assumere temporalmente le vesti di amministratore laddove vengano a mancare tutti i membri d
consiglio di gestione.
La disciplina sul suo funzionamento, così come quella sulla delega, ricalca quella tradizionale.
L’azione di responsabilità contro gli amministratori può essere promosso da delibera di
assemblea ordinaria, su delibera di 2/3 del consiglio di sorveglianza (comporta revoca automatica
su iniziativa della minoranza. Eventuali rinunce o transizioni sono deliberate dal consiglio di
sorveglianza se non v’è opposizione da parte di minoranze qualificate.
SPA: IL SISTEMA MONISTICO
Il sistema monistico, ispirato ai modelli anglosassoni, si caratterizza per la presenza , oltre
all’assemblea e al CdA, di un comitato per il controllo sulla gestione.
Il comitato per il controllo controllo è interno al consiglio di amministrazione e presenta pertanto
minore indipendenza rispetto al tradizionale collegio sindacale.
Per pervenire alla nomina del comitato, almeno 1/3 dei membri del CdA devono avere requisiti di
indipendenza tipici dei sindaci (lo statuto può prevedere altri requisiti, anche rimandando a codic
comportamentali esterni), i componenti del comitato a loro volta devono presentare anche
particolari requisiti di professionalità e onorabilità, non possono far parte del comitato esecutivo
né ricevere deleghe o cariche particolari, devono quindi essere scelti tra i cd. amministratori non
esecutivi.
I membri del comitato per il controllo sulla gestione sono almeno due nelle spa chiuse, almeno tre
nelle quotate, dove oltretutto un membro è scelto dalla minoranza. Il numero definitivo è stabilito
dal CdA. Questo può anche revocare i membri, pure senza giusta causa, la revoca non comporta
però la cessazione della carica di amministratore. Il CdA deve prontamente sostituire il
componente del comitato.
IL comitato per il controllo sulla gestione ha anzitutto funzione di controllo sull’adeguatezza della
struttura organizzativa, amministrativa e contabile della società. Si presume gli competa anche il
controllo di legalità e di rispetto dei principi di corretta amministrazione, nonché di assistere alle
assemblee e alle riunioni del CdA.
Per quanto riguarda i poteri informativi, sono totali nelle quotate,anche attraverso singoli
componenti, nelle spa chiuse si limitano allo scambio di informazioni col revisore legale dei conti.
Il comitato si costituisce a maggioranza dei componenti e delibera a maggioranza assoluta dei
presenti, è convocato dal presidente e deve riunirsi almeno trimestralmente.
Essendo i componenti del comitato amministratori a tutti gli effetti, rispondono anch'essi del
relativo regime di responsabilità ogni qualvolta non impediscano una delibera pregiudizievole.
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SPA: IL CONTROLLO GIUDIZIARIO SULLA GESTIONE
Il controllo giudiziario sulla gestione ha carattere eccezionale e residuale, pertanto può essere
richiesto laddove non vi siano altri mezzi di tutela.
Può essere richiesto dall’organo di controllo, da soci con una partecipazione qualifica (10% del
capitale, 5% nelle società quotate, diminuibile dallo statuto) o dal PM nelle società quotate, su
esposto dei soci che non raggiungano le soglie stabilite.
Presupposto per l’attivazione è il fondato sospetto di gravi irregolarità imputabili agli
amministratori, non formali ma concrete, attuali e idonee a danneggiare la spa o le controllate
(non solo i singoli soci), derivante da indizi gravi, precisi e concordanti: non sarebbe infatti
possibile una piena prova, non avendo né sindaci né soci il pieno accesso a tutte le informazioni
sulla gestione.
A seguito della denuncia il Tribunale convoca in camera di consiglio amministratori e sindaci, potr
quindi decidere se:
- archiviare la denuncia per manifesta infondatezza;
- sospendere la procedura laddove vi sia un ravvedimento operoso della società (pronta
sostituzione di amministratori e sindaci, impegno a eliminare le irregolarità…);
- ordinare un’ispezione giudiziale;
- prendere opportuni provvedimenti provvisori (convocazione dell’assemblea…);
- nominare un amministratore giudiziario, in sostituzione di amministratori e sindaci, con ampi
poteri anche eccedenti l’ordinaria amministrazione. Costui può anche promuovere l’azione di
responsabilità contro i precedenti amministratori e sindaci.
Al termine della gestione commissariale è convocata l’assemblea per la nomina dei nuovi
organi.
SPA: DOCUMENTAZIONE DELL’ATTIVITÀ SOCIALE
L’attività sociale deve essere documentata in un vasto complesso di scritture, divisibili in due
categorie principali:
1. Conti dell’iniziativa economica: la società deve tenere i libri e le altre scritture contabili, al di là
che eserciti o meno un’impresa commerciale. Il documento più importante è il bilancio
d’esercizio, che da una rappresentazione economica e finanziaria della società in ogni suo
esercizio.
2. Libri sociali, riguardanti i profili prettamente societari dell’ente, si distinguono in:
- libri in cui va documentata l’attività degli organi: ogni organo (anche i revisori) ha un proprio
libro in cui sono verbalizzate le varie riunioni e attività;
- libri contenenti informazioni relative ai rapporti di investimento / finanziamento di natura
societaria: sono il libro dei soci, degli obbligazionisti e dei titolari di altri strumenti.
Essendo i soci limitati nella consultazione dei documenti interni (salvo libro dei soci e delle
adunanze assembleari), il principale strumento informativo, anche per il mercato, sarà il bilancio.
SPA: IL BILANCIO D’ESERCIZIO
Il bilancio è l’insieme dei documenti, redatti inderogabilmente ogni anno dall’organo
amministrativo e approvati dall’assemblea, che rappresentano in modo veritiero e corretto la
situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico della società. Può avere
forma abbreviata nella società non quotate.
Si articola in:
1. Stato patrimoniale: è un documento contabile in cui è data rappresentazione statica delle
attività e delle passività del patrimonio alla chiusura dell’esercizio e ne indica il valore. Non si
tratta di un’inventario, dal momento che si possono fare raggruppamenti per voci e categorie.
Si divide in due blocchi: attivo e passivo. All’attivo sono iscritte le immobilizzazioni, cioè i beni
utilizzati durevolemente dalla società, e l’attivo cicalante, cioè crediti, liquidità, rimanenze… A
passivo sono inseriti i debiti e i fondi per rischi ed oneri, cioè passività certe nell’an e nel
quantum ma non nel quando, al passivo va oltretutto iscritto il patrimonio netto per questioni
convenzionali. Se il capitale è inferiore al patrimonio netto si avranno perdite d’esercizio, se
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superiore si iscriveranno i proventi a riserva (legali fino a 1/5 del capitale, statutarie,
facoltative) o ad utili (utili di bilancio ≠ utili d’esercizio).
Nel caso di perdite, queste andranno imputate prima agli utili di bilancio, poi alle riserve e
infine al capitale.
Alla fine vanno indicati i conti d’ordine, situazioni giuridiche che non hanno ancora inciso sulla
situazione patrimoniale (contratti non ancora eseguiti, garanzie…).
2. Conto Economico: è un documento contabile, sintesi di un processo dinamico, riepiloga infatti
ricavi realizzati e i costi sostenuti nel corso dell’esercizio e ne determina il risultato
economico. Si articola in macrovoci (valore della produzione, costi, proventi, oneri diversi da
quelli nascenti dall’esercizio dell’attività) e prevede diversi criteri di valutazione, ad es. le
immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione, i crediti devono essere
iscritti al valore presumibile di realizzazione…
3. Nota integrativa: è un documento descrittivo e illustrativo che esplica le informazioni ricavabil
dai due documenti precedenti.
Al bilancio si aggiunge una relazione degli amministratori a resoconto della gestione, della sua
prevedibile evoluzione e dei fatti rilevanti avvenuti dopo l’esercizio.
Il bilancio assolve tre funzioni fondamentali:
1. Informativa: è depositato presso il registro delle imprese pertanto è lo strumento principale
con cui i soci e il mercato possono avere un quadro generale della società.
2. Estimativa dei risultati dell’attività: determina il patrimonio della società e pertanto se siano o
meno distribuibili degli utili.
3. Organizzativa: alcune operazioni possono essere effettuate solo in base a certi dati di bilancio
La disciplina sul bilancio è molto rigida e tendenzialmente inderogabile, uniformata a livello
europeo e applicata anche ad altri tipi di società (anche per il rendiconto in quelle di persone), è
costituita da principi fondamentali, seguiti principi di redazione e infine norme di attuazione
Principi fondamentali (o clausole generali) sono:
1. Verità: gli elementi patrimoniali, i proventi ed i costi iscritti devono essere reali e concreti e
ciascun elemento deve essere iscritto secondo il suo valore reale.
Spesso tuttavia risulta difficile se non impossibile attribuire un valore stabile ad un elemento
dato il margine di opinabilità che possono determinare certi fattori (rischio di un credito,
svalutazione di scorte invendute, valore di brevetti…), pertanto non si può cercare un valore
assolutamente certo e vero ma, piuttosto, veritiero, determinato da una valutazione oggettiva
tecnicamente corretta, ragionevole e realistica.
2. Chiarezza: impone una redazione ordinata, intellegibile, trasparente e fruibile dei dati forniti.
La chiarezza di un bilancio è garantita dal rispetto della struttura prevista dalla legge,
dovendosi altresì fornire ogni informazione complementare rilevante oltre al grado di dettaglio
minimo, da rispetto dell’ordine delle voci e della collocazione delle informazioni.
Si deve misurare in base alla sua leggibilità tecnica, pertanto non richiede spiegazioni
semplificative dei dati tecnici forniti.
3. Correttezza: equivale ad adeguatezza tecnica o buona fede oggettiva, il bilancio deve essere
redatto secondo corretti criteri contabili e secondo le regole della scienza aziendalistica.
Laddove anche solo uno di questi principi non sia rispettato, il bilancio è nullo.
I principi di redazione invece sono criteri tecnici generali cui ci si deve attenere alla redazione,
rispettano pienamente i principi fondamentali. Essi sono:
1. Prudenza: non si deve far risultare una consistenza patrimoniale non suffragata dalla sua
esistenza.
2. Realizzazione: si possono indicare solo gli utili realizzati entro la chiusura dell’esercizio e
quindi giuridicamente conseguiti dalla società, non meramente attesi o sperati.
3. Disimmetria: le diminuzioni patrimoniali devono essere iscritte non solo al momento della loro
concretizzazione ma anche quando sono temute o probabili. Possono essere escluse solo le
perdite che è ragionevole escludere che si verifichino.
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Oltretutto quando due valutazioni presentano un pari grado di attendibilità, deve essere iscritt
quella inferiore.
Continuità dell’attività: i criteri di valutazione non devono determinare un valore corrente
(come se la società dovesse essere liquidata) ma quello risultante dalla prospettiva di
continuazione dell’attività.
Competenza: essendo il bilancio d’esercizio di competenza e non di cassa, il criterio temporale
di iscrizione degli elementi patrimoniali riguarda la loro imputabilità giuridica e non l’effettivo
incasso o pagamento.
Immodificabilità dei criteri di valutazione: non possono essere variati da un bilancio d’esercizio
ad un altro se non per casi eccezionali.
Valutazione separata degli elementi eterogenei: laddove elementi diversi siano inscrivibili sott
la medesima voce, questi devono essere valutati separatamente per indicare chiaramente
ricavi e perdite altrimenti occultabili.
Prevalenza della sostanza sulla forma: il conto della funzione economica dell’elemento di
attivo e passivo considerato va considerato al di là della veste giuridica che assume (es.
leasing). Il principio comunque è disciplinato tanto blandamente da farne dubitare l’esistenza.
Il codice non disciplina veri e propri principi contabili, a ciò rimediano organismi rappresentativi
del mondo internazionale che elaborano in proposito criteri guida che, pur non avendo carattere
normativo, possono essere adottati da una società nella redazione di bilancio.
Hanno infatti utilità sul piano interpretativo, su quello integrativo della disciplina e su quello
applicativo.
Particolare prestigio hanno gli IAS/IFRS (International Accounting Standards, rinominati in
International Financial Reporting Standards), redatti dall’International Accounting Standard Board
L’utilizzo di questi ultimi è peraltro obbligatorio per le società quotate nonché per quelle operanti
nel settore creditizio e finanziario, che dovranno peraltro redigere ulteriori documenti quali il
rendiconto finanziario riguardante la liquidità attuale e i flussi di cassa, le altre società invece
potranno semplicemente seguire principi contabili internazionali.
SPA: PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE E INVALIDITÀ DEL BILANCIO
Il progetto di bilancio è redatto dall’organo gestori in forma collegiale, è sottoposto poi all’organo
di controllo e al revisore, che deve formulare un apposito giudizio sulla verità e regolarità di
questo. Viene poi approvato dall’assemblea ordinaria, in cui peraltro ogni socio può chiedere
chiarimenti e informazioni, e iscritto a registro. L’assemblea oltretutto può modificare il bilancio.
La delibera del bilancio non libera gli amministratori da responsabilità ne ha natura confessori per
quanto riguarda debiti e crediti indicati dal documento.
Gli eventuali vizi procedimentali comportano annullabilità, salvo particolari ipotesi di nullità:
contrarietà a norme imperative e violazione dei principi fondamentali (verità, corretteza,
chiarezza). Può essere fatta valere da chiunque abbia un interesse, patrimoniale o meno, attuale
ed entro la delibera del bilancio successivo. Qualora l’impugnativa provenga dai soci, devono
rappresentare almeno il %% del capitale.
SPA: BILANCI STRAORDINARI
La legge, spesso al verificarsi di determinate circostanze, impone la redazione di bilanci
straordinari, documenti e relazioni simili al bilancio d’esercizio che possono discostarsi o meno
dalla disciplina di questo, ad es. il bilancio finale di liquidazione al termine della procedura, la
relazione sulla situazione patrimoniale in caso di perdita di capitale….
Specifico è invece il bilancio consolidato, documento analogo al bilancio d’esercizio ma che
riguarda un gruppo di società e il cui onere di redazione incombe sulla capogruppo.
Il contenuto riprende tutti gli attivi e i passivi dell’area di consolidamento, i principi e la struttura
sono quelli del bilancio d’esercizio ma tuttavia non è approvato dall’assemblea (è infatti redatto
dagli amministratori, sottoposto a revisione legale e infine iscritto nel registro delle imprese).
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LA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA
La srl risulta essere uno dei tipi societari più diffusi per la sua versatilità in contesti ristretti come
medio-grandi.
Inizialmente la disciplina rinviava in gran parte alla spa ma dal 2003 è stata profondamente
riformata, attualmente é enfatizzata particolarmente la figura dei singoli soci, aventi ampi poteri d
voice e di exit, nonché la loro libertà contrattuale. La disciplina pertanto si avvicina notevolmente
alle società di persone tanto che gli interpreti sono in dubbio se integrare le lacune normative con
norme riguardanti le spa o proprio le società di persone.
Per attirare investimenti stranieri e rilanciare l’attività d’impresa sono state disciplinate anche
forme alternative di srl (srl semplificata, srl a capitale ridotto, start-up innovativa…).
SRL: COSTITUZIONE
Una srl può essere costituita unicamente con costituzione simultanea (quindi mai con forme di
pubblica sottoscrizione), sia tramite contratto che con atto unilaterale. In caso di unico socio sono
tuttavia previste alcune disposizioni a tutela dei terzi (iscrizione delle sue generalità a registro,
versamento immediato del capitale da lui sottoscritto o dei conferimenti mancanti se l’unicità del
socio p successiva), in violazione delle quali l’unico socio diviene personalmente e illimitatamente
responsabile per le obbligazioni della srl.
L’atto costitutivo ha forma di atto pubblico e contiene:
- elementi identificativi di ciascun socio fondatore;
- elementi essenziali e identificativi della srl (denominazione, sede, oggetto sociale);
- elementi identificativi delle risorse destinate alla srl e delle corrispondenti partecipazioni
(capitale, che dev’essere sottoscritto per intero, conferimenti, quote…);
- norme relative al funzionamento della società;
- eventualmente l’arbitrato gestionale in caso di contrasti nella gestione.
Lo statuto non è menzionato ma qualora venga redatto è considerato parte integrante dell’atto
costitutivo come nelle spa. Non sono nominati parimenti i patti parasociali.
La srl acquista personalità giuridica con l’iscrizione nel registro delle imprese, a seguito del
deposito dell’atto costitutivo. Per le operazioni compiute precedentemente, sono illimitatamente e
solidalmente responsabili i soci che le han poste in essere.
La società tuttavia è nulla nei casi in cui:
- l’atto costitutivo non sia stipulato come atto pubblico;
- l’oggetto sociale è illecito;
- nell’atto costitutivo mancano denominazione, conferimenti, capitale o oggetto sociale.
Le modifiche all’atto costitutivo sono di competenza dei soci in assemblea e devono avere il voto
favorevole di almeno la metà del capitale sociale, peraltro alcune modifiche danno luogo al diritto
di recesso. Il verbale della modifica è redatto da un notaio e iscritto a registro, momento in cui
assumerà efficacia.
SRL SEMPLIFICATA
La srl semplificata, introdotta nel 2012, è caratterizzata da un capitale compreso tra € 1 - 10000,
inizialmente poteva essere costituita solo dai minori di 35 anni ma attualmente il legislatore ne h
consentito la creazione a qualunque persona fisica.
La costituzione avviene mediante contratto o atto unilaterale redatto da notaio in conformità ad u
modello standard, questo è alquanto scarno, immodificabile (non consente di scegliere tra
amministrazione congiuntiva o disgiuntiva, di inserire ulteriori cause di recesso…) e pertanto limit
fortemente l’autonomia negoziale. La srl semplificata può comunque evolvere in una srl ordinaria
come in qualunque altro tipo di società.
Avendo un capitale ridotto (ma comunque da conservare) ha suscitato forti critiche per la sua
possibile azione sul mercato.
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A.A. 2015/16
SRL: I CONFERIMENTI
In una srl il capitale sociale non può essere inferiore a 10000 €. Il legislatore prevede che possano
essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica (denaro,
prestazioni d’opera o servizi, beni in natura, crediti, know-how…).
Il valore dei conferimenti può essere superiore ma mai inferiore al capitale sociale, non è
riconosciuto l’obbligo di prestazioni accessorie.
In mancanza di diversa previsione i conferimenti devono farsi in denaro e deve esserne versato
subito almeno il 25%, il versamento può essere sostituito da apposita polizza assicurativa o
fideiussione bancaria.
Per quanto riguarda il conferimento di beni in natura e di crediti, devono essere integralmente
liberati ed accompagnati da una relazione giurata predisposta dal revisore.
Il socio inadempiente nei conferimenti è diffidato ad adempiere dagli amministratori, decorso il
termine la sua quota può essere venduta agli altri soci o a terzi, se i primi non la comprano. In cas
nessuno la acquisti si riduce il capitale trattenendo le somme versate.
Nelle società a capitale inferiore a 10000 € i conferimenti sono da effettuarsi in denaro e da
versare per intero agli amministratori. V’è poi l’obbligo di costituire una riserva legale
accantonando 1/20 degli utili netti fino a raggiungere 1/5 del capitale sociale.
SRL: AUMENTO E RIDUZIONE DEL CAPITALE
Il capitale sociale può subire delle modifiche, vi sono infatti due tipi di aumento:
1. Reale: è un incremento effettivo dell’attivo patrimoniale, non può tuttavia essere attuato prim
che siano stati versati tutti i conferimenti precedenti.
I soci hanno un diritto a sottoscrivere il capitale in proporzione alle partecipazioni, l’aumento
tuttavia può essere effettuato anche con offerta di partecipazioni di nuova emissione a terzi, in
tal caso i soci potranno esercitare diritto di recesso vedendo modificato il valore percentuale
delle proprie quote.
2. Nominale: è gratuito in quanto consegue ad un passaggio a capitale di riserve e/o altri fondi
iscritti a bilancio in quanto disponibili. Le quote di partecipazione dei soci restano immutate.
Per quanto riguarda la riduzione, anch’essa può essere:
1. Reale: comporta una effettiva diminuzione del patrimonio, rimborsando ai soci parte delle
quote pagate o liberandoli dall’obbligo di versare i conferimenti.
2. Nominale: è una operazione contabile con la quale si procede ad un adeguamento del capitale
sociale a fronte di una perdita già verificatasi. Diviene obbligatoria in due casi:
- perdita superiore a 1/3 del capitale: l’assemblea assume gli opportuni provvedimenti e, se la
perdita non è recuperata entro l’esercizio successivo, si deve ridurre il capitale;
- perdita al di sotto del minimo legale: l’assemblea deve immediatamente deliberare la
riduzione del capitale e di conseguenza un aumento per portarlo alla soglia limite oppure lo
scioglimento della società e la sua liquidazione.
SRL: LE PARTECIPAZIONI
Le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni, non possono essere divise
in frazioni omogenee di capitale né incorporate in titoli. Tantomeno possono essere offerte al
pubblico sotto forma di prodotti finanziari.
Ciascun socio è titolare di una sola partecipazione rappresentativa di un complesso di situazioni
giuridiche, il cui peso è determinato in percentuale o in valore nominale. La partecipazione è
comunque divisibile.
Le partecipazioni sono determinate in misura proporzionale ai conferimenti, ma nulla vieta il
contrario (ad es. partecipazioni privilegiate…). I diritti sociali spettano in misura proporzionale alla
partecipazione, salvo alcuni che spettano indipendentemente da questa.
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Slegati dalla partecipazione ma previsti per la persona del singolo socio sono i cd. diritti
particolari, questi pertanto non sono trasferibili con la partecipazione e sono attribuibili o
modificabili solo col consenso unanime di tutti, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo.
Al singolo socio possono essere attribuiti diritti particolari in ambito:
- amministrativo (scelta di amministratori, funzione di amministratore, veto su atti gestori…), i
soci possono liberamente determinarla entro i limiti dell’ordinamento;
- di distribuzione degli utili (percentuali qualificate, priorità nel prelievo del dividendo…), i soci
possono liberamente determinarla entro i limiti dell’ordinamento;
Le partecipazioni sono liberamente trasferibili a meno che lo statuto non preveda clausole di
gradimento, di prelazione o, addirittura, di non trasferibilità (in tal caso il socio può recedere dopo
due anni, o altro termine superiore indicato, dalla costituzione).
Il trasferimento deve farsi per iscritto con sottoscrizione autenticata di un notaio, l’atto è efficace
verso la società dal suo deposito presso il registro delle imprese. L’atto è successivamente iscritto
e in caso di alienazione a più acquirenti, prevale colui che per primo ha effettuato in buona fede
l’iscrizione.
La srl non può acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie e neppure accordare
prestiti o fornire garanzie per il loro acquisto, pena la nullità.
La partecipazione può formare oggetto di pegno, usufrutto, sequestro e espropriazione: in caso di
partecipazione non liberamente trasferibile, si cerca anzitutto un accordo tra debitore, creditore e
società, segue la vendita all’incanto se l’accordo non viene raggiunto salva la facoltà della srl di
rendere entro 10 giorni inefficace la vendita qualora le si presenti un altro acquirente più gradito
per lo stesso prezzo.
SRL: I FINANZIAMENTI
I soci della srl possono effettuare versamenti non imputandoli a capitale ma semplicemente
all’incremento del patrimonio netto, generalmente a prestito e quindi rimborsabili.
Prima del 2003 i soci erano soliti conferire alla srl il capitale minimo e poi finanziarla tramite
credito (cd. sottocapitalizzazione nominale), per ovviare a situazioni così rischiose il legislatore ha
stabilito che, in casi di eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto o qualora fosse
stato più ragionevole effettuare un conferimento anziché un prestito, il rimborso dei crediti dei so
è postergato rispetto a quello dei terzi estranei. Oltretutto qualora la società fallisca è i crediti dei
soci siano stati rimborsati nell’anno precedente, devono essere restituiti alla srl.
Gli interpreti che la disciplina, nei casi previsti, sia applicabile per analogia anche alle altre societ
di capitali.
Le srl, se l’atto costitutivo lo prevede, possono ricorrere al mercato del capitale di credito anche
emettendo titoli di debito, cioè titoli di massa rappresentativi di una frazione di debito pecuniario
L’atto costitutivo stabilisce se è possibile, a chi spetta deciderla, i modi, eventuali limiti e le
condizioni del prestito (per la modifica delle condizioni è necessaria l’unanimità degli aderenti).
La decisione di emissione è successivamente iscritta a registro.
Acquirenti possono essere solo investitori professionali, questi a loro volta possono immettere i
titoli nel mercato secondario ma, a meno che i subacquirenti non siano soci della srl o clienti
professionisti, rispondono della solvenza della società.
SRL: L’USCITA DEL SOCIO
Sono tipiche due cause di estinzione del rapporto sociale:
1. Recesso: la legge tutela il socio dissenziente consentendogli di uscire dalla società, lo statuto
può prevedere poi cause ulteriori ma mai derogare quelle legali. Queste sono:
- cambiamento dell’oggetto sociale significativo e tale da alterare il rischio iniziale;
- cambiamento del tipo di società;
- fusione, scissione o trasferimento della sede all’estero;
- revoca dello stato di liquidazione;
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- eliminazione di una o più cause di recesso statutarie;
- operazioni che comportano una sostanziale modifica dell’oggetto sociale o dei diritti
particolari dei soci;
- se la società è a tempo indeterminato o le quote non sono trasferibili o il trasferimento è
subordinato al mero gradimento dei soci, il socio può recedere liberamente con preavviso di
180 giorni (aumentabile a massimo 1 anno);
- aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione;
- introduzione o soppressione di clausole compromissorie;
La legittimazione a recedere spetta ai soci dissenzienti o a qualunque socio per il recesso ad
nutum, se si tratta di cause statutarie la legittimazione dipende dal singolo caso.
Le modalità di esercizio del diritto sono indicate dallo statuto, in caso di silenzio la legge
prevede l’avviso per raccomandata entro 15 giorni dalla delibera legittimante.
Il recesso è irrevocabile a meno che non venda revocata la delibera legittimante entro 180
giorni.
Il rimborso avviene entro 180 giorni con la vendita della quota agli altri soci e, in caso di non
acquisto, a terzi graditi. Se mancano acquirenti il rimborso avviene prelevando utili o riserve e
in assenza di questi, col capitale, con conseguente sua riduzione e estinzione della quota.
Il valore della somma è determinato proporzionalmente al patrimonio sociale, secondo il
valore reale del patrimonio stesso al momento in cui il recesso diviene efficace.
2. Esclusione: l’atto costitutivo può prevedere ipotesi di esclusione per fatti relativi alla persona
del socio tali da non renderne più opportuna la partecipazione. Le clausole sono valide solo
qualora specifichino siano conformi a giusta causa e soddisfino il requisito di specificità, alcuni
esempi sono esclusione per violazione degli obblighi nascenti dal rapporto sociale, per perdita
di taluni requisiti soggettivi (iscrizione ad un albo professionale…), per sopravvenienza di fatti
relativi alla persona del socio (fallimento, condanne penali…).
All’autonomia statutaria è rimessa anche la determinazione della procedura di esclusione, che
può essere automatica o facoltativa, dipendendo quindi da decisione motivata dei soci
(maggioranza per quote) o degli amministratori. In ogni caso l’escluso può fare opposizione in
Tribunale.
Alla liquidazione della quota il rimborso è calcolato secondo il valore reale previsto per il
recesso e non può subire penalizzazioni.
SRL: LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA
La struttura organizzativa delle srl si caratterizza per l’estrema flessibilità del sistema governativo
dell’impresa nonché per l’attribuzione ai soci di un ruolo attivo e centrale nella vita della società.
É dato ampio spazio all’autonomia negoziale dell’atto costitutivo, nel silenzio di questo è tuttavia
previsto un modello legale con amministratore/i, assemblea dei soci e organo di controllo, i soci
tuttavia hanno maggiore influenza nella gestione, potendo assumere decisioni e ottenere tutte le
informazioni riguardanti la società nonché promuovere individualmente azioni di responsabilità.
SRL: COMPETENZE DEI SOCI E I PROCEDIMENTI DECISIONALI
Le competenze dei soci i distinguono in:
1. Necessarie: sono inderogabilmente affidare alla decisione del gruppo dei soci e riguardano
l’assetto fondamentale dell’ente (modifiche all’atto costitutivo, ai diritti dei soci…) o il rispetto
dell’equilibrio di poteri e funzioni tra gli organi (approvazione del bilancio, nomina dell’organo
di controllo, del revisore…). Il coinvolgimento dei soci nella gestione è istituzionalizzato, tanto
da essere responsabili essi stessi per mala gestione riguardo agli atti decisi o autorizzati.
2. Normali: nomina degli amministratori, distribuzione degli utili…. sono tuttavia derogabili dallo
statuto.
3. Legali eventuali: i soci decidono sugli argomenti sottoposti loro dagli amministratori o su
richiesta di soci rappresentanti 1/3 del capitale.
4. Esclusive statutarie: l’atto costitutivo può attribuire ai soci competenze ulteriori e rafforzate
competenze in ambito gestorio, senza peraltro alcun limite.
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Il procedimento con cui i soci assumono una decisione non ha necessariamente natura
assembleare. Vi sono pertanto procedimenti decisionali con:
1. Metodo assembleare: all’assemblea lo statuto può attribuire determinate competenze oltre a
quelle inderogabilmente attribuitele (modifiche dell’atto costitutivo, operazioni gestori e
fondamentali…). Il modello procedimentale è analogo a quello delle spa (convocazione,
intervento dei soci, discussione, votazione, proclamazione dei risultati, verbalizzazione) tanto
che la disciplina di queste integra spesso quella delle srl.
La convocazione avviene come indicato dall’atto costitutivo, altrimenti deve essere comunicat
con raccomandata almeno 8 giorni prima della riunione (principio di tempestiva informazione)
Eventuali vizi son sanati dalla riunione totalitaria.
Sono legittimati a intervenire inderogabilmente tutti i soci, salvo quelli in mora coi versamenti
Il socio può farsi rappresentare da un altro socio o da un terzo, salvo limiti statutari.
É validamente costituita generalmente con la presenza di metà del capitale e delibera a
maggioranza del capitale presente (il voto è proporzionale alla quota, salvo clausole di voto
capitario). Le delibere, una volta adottate, sono immediatamente efficaci, salvo quelle
modificative dell’atto costitutivo che acquistano efficacia con l’iscrizione.
2. Metodo non assembleare: il codice lo chiama “consultazione scritta” o “consenso espresso per
iscritto” ed è generalmente caratterizzato dall’assenza di collegialità. L’atto costitutivo ha la
massima libertà nel determinare vari metodi, sono salvi alcuni precetti: tutti i soci devono
essere informati in tempo utile, tutti devono potervi prendere parte, ogni voto è revocabile sin
alla chiusura del procedimento.
Il quorum deliberativo è generalmente la maggioranza del capitale.
Per quanto riguarda l’invalidità delle decisioni, il codice parla genericamente di impugnazione e
distingue due categorie di vizi:
1. Assenza assoluta di informazione, cioè la mancata comunicazione dell’avvio della procedura a
uno o più soci (termine di tre anni), e l’illiceità od impossibilità dell’oggetto (non c’è termine).
2. Non conformità ala legge o all’atto costitutivo (vizi procedurali). Peraltro non ogni violazione
inficia una decisione ma solo quella concretamente e significativamente lesiva dell’interesse
protetto dalla norma. Il termine è di 90 giorni.
Legittimati all’impugnazione sono gli amministratori, l’organo di controllo e ogni socio
dissenziente. Il procedimento di impugnazione coincide con quello delle spa.
SRL: AMMINISTRAZIONE
L’amministrazione della società è affidata a uno più soci nominati con decisione dei soci. Gli
amministratori hanno una competenza gestoria generale ma non esclusiva, i soci infatti hanno
competenza legale concorrente, ampliata o meno dall’atto costitutivo.
La nomina avviene con decisione dei soci a meno che lo statuto non assegni tale potere ad uno o
una cerchia ristretta. La nomina è poi iscritta a registro e l’eventuale invalidità non è opponibile a
terzi che ne fossero a conoscenza.
La durata della carica non è indicata dalla legge, può pertanto essere anche a tempo
indeterminato. La revoca in tal caso deve avvenire con congruo preavviso, in mancanza si deve il
risarcimento del danno. Il risarcimento è dovuto anche per revoca senza giusta causa negli
incarichi a tempo determinato. Possibile è anche la revoca giudiziaria, anche cautelare, per gravi
irregolarità.
Le altre ipotesi di cessazione della carica (morte, dimissioni, scadenza) sono analoghe alla
disciplina della spa.
L’amministrazione può essere congiuntiva (a maggioranza o all’unanimità) o disgiuntiva (con
diritto di opposizione di ogni amministratore) o mista a seconda delle scelte statutarie, salvo
redazione del bilancio, fusione e scissione che devon essere decisi in via collegiale.
In caso di contrasti è possibile adottare l’arbitraggio gestionale, in cui uno o più terzi sono chiama
a risolvere tali divergenze.
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A.A. 2015/16
La rappresentanza legale è attribuita agli amministratori secondo i criteri attribuiti dall’atto
costitutivo, è generale e i relativi limiti non sono opponibili a terzi (salva eccepito doli).
SRL: RESPONSABILITÀ
Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti
dall’inosservanza dei doveri imposti dalla legge o dall’atto costitutivo.
Essi hanno infatti l’obbligo di amministrare diligentemente l’impresa per l’attuazione dell’oggetto
sociale. All’obbligo di diligenza si affiancano quello di agire in modo informato nonché quello di
intervento in caso di irregolarità.
La responsabilità non si estende infatti a chi provi di essere immune da colpa, cioè chi, conoscend
il fatto dannoso, abbia fatto valere il proprio dissenso (voto negativo, opposizione…).
La responsabilità si estende anche ai soci cui è attribuito come diritto particolare il potere gestori
e non si siano opposti al compimento di un’operazione dannosa.
L’azione di responsabilità può essere proposta individualmente da ciascun socio o dalla società,
liticonsorte necessaria e destinataria dei risarcimenti ottenuti. Possono altresì agire il socio o il
creditore lesi nei propri diritti individuali.
SRL: CONTROLLO
Nelle srl l’esistenza di un organo di controllo indipendente è eventuale, diviene obbligatoria solo
quando:
- la società è obbligata a redigere un bilancio consolidato, quindi è una capogruppo;
- la società controlla un’altra società obbligata alla revisione dei conti;
- la società supera due dei limiti ex art. 2345bis CC (attivo ≥ € 44000000…);
Generalmente il controllo è affidato ai singoli soci che han diritto ad avere dagli amministratori
notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro
fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione (cd. internalizzazione del controllo)
Tali diritti sono inderogabili e incomprimibili e spettano, anche quando sia presente un sindaco, a
soci non amministratori. Possono ottenere ogni tipo di informazione e ispezione concernente la
società, con i soli limiti della buona fede e di non ostacolare la corretta conduzione dell’impresa.
Il controllo obbligatorio impone la nomina di un organo di controllo o di un revisore. L’organo è
monocratico, se lo statuto non dispone diversamente, e vigila sia sulla gestione che sulla
contabilità. Pertanto vigila su:
- osservanza della legge dello statuto;
- rispetto dei principi di corretta amministrazione;
- adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile;
- regolare tenuta della contabilità sociale e corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture
contabili.
Esprime poi un’apposita relazione di giudizio sul bilancio.
L’incarico è conferito dai soci e può essere revocato per giusta causa e approvazione del tribunale
(il venir meno dei requisiti di obbligatorietà è considerata giusta causa).
L’atto costitutivo può comunque prevedere la presenza di un organo di controllo e/o di un revisore
determinandone anche le competenze (controllo facoltativo), senza mai però ridurne le funzioni
essenziali.
La disciplina non prevede il controllo giudiziario.
SOCIETÀ IN ACCOMANDITA PER AZIONI
La sapa è caratterizzata per la presenza di due categorie di soci: accomandanti e accomandatari,
le cui quote di partecipazione sono rappresentate da azioni, la disciplina infatti rinvia spesso a
quella delle spa pur essendo pensata principalmente per “società familiari”.
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I soci accomandanti sono inderogabilmente obbligati nei limiti delle quote di captale sottoscritte.
Gli accomandatari rispondono invece solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali ma
non prima che sia stato escusso il patrimonio della società e mai per quelle anteriori all’iscrizione
della carica.
Gli accomandatari, indipendentemente dalla quantità di azioni possedute, sono di diritto
amministratori della società. Il nome di almeno uno di essi deve risultare nella denominazione
della sapa.
Sono nominati dall’assemblea dei soci, con la maggioranza prevista per l’assemblea straordinaria
delle spa e l’approvazione degli altri accomandatari. La revoca avviene con il medesimo quorum e
qualora non abbia giusta causa, da luogo al risarcimento del danno.
Qualora cessino dalla carica di amministratori tutti gli accomandatari la società si scioglie se non
si provvede a nuova nomina entro 180 giorni.
Gli accomandatari, oltre che alla nomina di nuovi amministratori, hanno diritto di veto anche nelle
modifiche all’atto costitutivo (decise sempre in assemblea con il suddetto quorum).
Gli accomandatari non hanno diritto di voto invece sulla nomina dei sindaci né sull’esercizio delle
azioni di responsabilità, ciò a garantire l’indipendenza dell’organo di controllo.
SOCIETÀ DI CAPITALI: SCIOGLIMENTO
Con lo scioglimento una società di capitali mantiene e prosegue la propria personalità giuridica, lo
scioglimento in sé non incide sui rapporti giuridici in essere che fanno capo alla società.
Le cause di scioglimento sono previste dalla legge o dallo statuto. Cause legali sono:
1. Decorso del termine: se l’atto costitutivo prevede un termine di scadenza, la società si scioglie
a meno che l’assemblea non intenda prorogarlo. Nelle spa e nelle sapa è previsto un quorum
deliberativo rafforzato ed è dato diritto di recesso ai soci dissenzienti.
2. Conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo: l’impossibilità
deve essere assoluta, definitiva e oggettiva. L’assemblea può apportare opportune modifiche
statutarie.
3. Impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell’assemblea (es. i due unici soci votan
l’uno l’opposto dell’altro). La valutazione deve constatare l’irreversibilità e la definitività della
paralisi.
4. Riduzione del capitale al di sotto del minimo legale per oltre 1/3.
5. Recesso del socio qualora il rimborso comporti una riunione del capitale e tale operazione sia
impedita dai creditori sociali.
6. Deliberazione dell’assemblea (straordinaria in spa).
7. Dichiarazione di nullità della società.
8. Cessazione dell’ufficio di tutti gli amministratori nelle sapa.
9. Mancato ripristino del rapporto dovuto tra azioni ordinarie e di risparmio e/o con voto limitato
nelle spa quotate.
10.Il fallimento non è espressamente contemplato nelle società di capitali. Ma qualora sia stato
chiuso per il compimento della ripartizione finale o per assenza di un patrimonio da liquidare, i
curatore deve chiedere la cancellazione della società dal registro.
Lo statuto può poi prevedere ulteriori cause di scioglimento. Qualora lo scioglimento derivi dal
mero accertamento di una situazione, l’ipotesi è comunque salva qualora lo statuto non indichi
l’organo competente a tale accertamento.
Gli effetti dello scioglimento si producono con l’iscrizione nel registro delle imprese della delibera
assembleare o della dichiarazione di accertamento. L’organo amministrativo deve senza indugio,
pena la responsabilità da ritardo, accertare la causa e convocare l’assemblea per le opportune
delibere in materia di liquidazione. In caso di omissione interviene il tribunale su istanza di singoli
soci, amministratori o sindaci.
Il potere degli amministratori è notevolmente ridimensionato e volto alla conservazione
patrimoniale della società (son salvi comunque nuovi affari che mirino a ciò), in caso di omissione
gli amministratori sono responsabili.
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SOCIETÀ DI CAPITALI: LIQUIDAZIONE
La liquidazione è un procedimento inderogabile anche qualora manchino attività o passività da
liquidare.
Si apre con la nomina dei liquidatori da parte dell’assemblea, nella delibera sono anche indicati il
funzionamento dell’organo, l’indicazione dei criteri secondo cui deve svolgersi la liquidazione, la
definizione dei loro poteri, gli atti necessari alla conservazione del valore dell’impresa e il suo
esercizio provvisorio (peraltro su molti di questi aspetti può aver già disposto l’atto costitutivo). La
delibera può anche prevedere che la gestione della liquidazione sia governata dai soci.
In assenza di indicazioni, si ritiene che l’organo preposto alla liquidazione operi con metodo
collegiale e con rappresentanza disgiunta.
In caso di inerzia degli amministratori nell’accertare una causa di scioglimento, è possibile
l’intervento del tribunale per la convocazione dell’assemblea e, qualora questa non si costituisca,
per la nomina dei liquidatori stesi.
La revoca dei liquidatori può essere assembleare o giudiziale, su istanza dei soci, dei sindaci o de
PM. Qualora la revoca assembleare manchi di giusta causa, comporta risarcimento del danno.
La nomina dei liquidatori è iscritta nel registro delle imprese entro 30 giorni, così come lo stato di
liquidazione e scritto accanto alla denominazione della società.
L’iscrizione segna il passaggio dei poteri dagli amministratori ai liquidatori, questi riceveranno
peraltro i libri sociali e ogni altra documentazione, nonché una situazione dei conti e un rendicont
sul periodo successivo al bilancio.
I liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili alla liquidazione della società, salvo i limi
statutari (operano quindi in un’ottica di continuazione dell’attività d’impresa, con l’obbligo di
operare con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico.
Particolari poteri espressamente previsti sono:
- richiedere ai soci i versamenti ancora dovuti, qualora i fondi disponibili risultino insufficiente
alla soddisfazione dei creditori;
- derogare al divieto di ripartire tra i soci acconti sul risultato della liquidazione, la deroga
peraltro richiede una garanzia da parte dei soci e, qualora risulti illecita, comporta una specifica
responsabilità per i liquidatori.
Sebbene la legge taccia, l’incarico del liquidatore è naturalmente oneroso e il compenso è
determinato in assemblea ordinaria.
Il regime della responsabilità è quello previsto per gli amministratori, più due specifiche
previsioni: la responsabilità per illecita ripartizione tra i soci di acconti sul risultato della
liquidazione e la responsabilità per la cancellazione dal registro delle imprese senza avere, con
colpa, pagato i creditori sociali.
Per quanto riguarda il ruolo degli altri organi sociali durante la liquidazione, le disposizioni sulle
decisioni dei soci, sulle assemblee e sugli organi amministrativi e di controllo si applicano in
quanto compatibili, favorendo così la continuità della struttura organizzativa.
Peraltro non vi sono molti ostacoli alle delibere assembleari, almeno fino a che non sia iniziata un
distribuzione dell’attivo, si può infatti disporre una fusione, una scissione, una trasformazione
della società o addirittura deliberare operazioni sul capitale.
Anche nella fase di liquidazione incombe l’obbligo, sui liquidatori, della redazione periodica del
bilancio d’esercizio, approvato dall’assemblea o dai soci (sistema dualistico).
Durante la liquidazione il bilancio ha la medesima struttura di quello di funzionamento ma
cambiano i criteri di valutazione, volti appunto alla liquidazione, e la relazione allegata assume
particolare importanza a fini esplicativi.
In caso di mancato deposito per oltre tre anni del bilancio d’esercizio in liquidazione, la società è
cancellata d’ufficio dal registro delle imprese.
Lo stato di liquidazione può essere revocato in ogni momento con deliberazione dell’assemblea
con le maggioranze previste per la modifica dell’atto costitutivo. La delibera dovrà anche nomina
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i nuovi amministratori della società. Il socio in tal caso ha diritto di recesso, i creditori sociali
invece hanno diritto di opposizione.
La revoca è in ogni caso condizionata dalla rimozione della causa di scioglimento e
dall’accertamento dei requisiti minimi di capitale tramite bilancio straordinario. É effettuabile sino
alla cancellazione della società dal registro delle imprese.
La liquidazione si conclude con il bilancio finale, la ripartizione dell’attivo residuo e la
cancellazione della società dal registro delle imprese.
Il bilancio finale ha la medesima struttura del bilancio d’esercizio ma ha rilevanza informativa solo
nei confronti dei soci e rappresenta il rendiconto della liquidazione nonché la quota di attivo
residuo spettante ad ogni socio (piano di riparto). É depositato assieme alla relazione dei sindaci e
del revisore presso il registro delle imprese e si intende approvato se nessun socio propone
reclamo dinnanzi al tribunale entro 90 giorni (silenzio assenso), prima dell’approvazione i
liquidatori possono altresì provvedere alla ripartizione delle somme tra i soci e riceverne quietanz
di pagamento. Le somme non riscosse son depositate presso una banca.
Con l’approvazione del bilancio e la ripartizione, i liquidatori chiedono la cancellazione della
società dal resisto delle imprese. I creditori sociali insoddisfatti potranno agire contro i soci o
contro i liquidatori laddove il mancato pagamento sia dipeso da loro colpa. Con la cancellazione la
società è estinta (si discute se il processo sia irreversibile o meno, in relazione ad attività non
distribuite, con una cancellazione della cancellazione).
L’ARTICOLAZIONE DEL RISCHIO D’IMPRESA
Partendo dal principio cardine secondo il quale “il debitore risponde dell’adempimento delle
obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”, la disciplina delle società si è evoluta in modo d
articolare e limitare il rischio di talune operazioni alle stesse.
Una società operante in più settori infatti risponderebbe comunque col proprio patrimonio anche
per l’esito negativo di operazioni in un solo settore. Pertanto sono stati previsti i modelli de:
- i gruppi di società: una capogruppo controlla più società ciascuna operante in un diverso settor
e pertanto limitando il rischio d’impresa a questo;
- i patrimoni destinati ad uno specifico affare: in cui il rischio di una data operazione è limitato al
risorse per questa predisposte.
I GRUPPI DI SOCIETÀ: IL CONTROLLO
In Italia non sono diffuse le cd. public companies (società con numerosi azionisti e prive di un
soggetto con una percentuale rilevante), generalmente la proprietà è in mano a uno o pochi
soggetti, i soci di controllo. Questi hanno un’interesse partecipativo nella società che si manifesta
in una vera e propria influenza dominante o addirittura in una attività di direzione e coordinament
della società.
La legge individua tre forme di controllo:
1. Controllo di diritto: una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea
ordinaria di un’altra società.
2. Controllo di fatto: una società detiene voti comunque sufficienti ad esercitare un’influenza
dominante nell’assemblea ordinaria di un’altra società, considerando ad esempio il generale
astensionismo dei soci di minoranza.
3. Controllo contrattuale: una società risulta sotto l’influenza di un’altra in virtù di particolari
vincoli contrattuali (es. una società è l’unica cliente di un’altra).
Ai fini del controllo di diritto o di fatto si computano anche i voti di società controllate, fiduciarie e
persona interposta (cd. controllo indiretto).
Nella disciplina non rileva il controllo congiunto che si ha qualora più soggetti, ad es. con un patto
parasociale, esercitino congiuntamente un’influenza dominante in assemblea. Diverso è il caso de
controllo di sindacato, dove è un unico soggetto, che per mezzo di un patto parasociale, esercita
un’influenza dominante sugli altri.
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Qualora l’influenza su un’altra società non sia dominante ma notevole (1/5 dei voti, 1/10 nelle
quotate) si ha la fattispecie del “collegamento”.
A prescindere dal fatto che tale influenza dominante venga o meno esercitata, la legge impone
degli obblighi specifici nei rapporti di controllo:
1. Doveri di vigilanza: gli organi delegati devono riferire al CdA e al collegio sindacale sul
generale andamento della gestione e sulle operazioni di rilievo della società e delle sue
controllate. Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori, anche in riferimento alle
controllate, sull’andamento delle operazioni e su determinati affari nonché scambiare
informazioni con i corrispondenti organi delle controllate in merito all’amministrazione e al
controllo nonché all’andamento generale dell’attività sociale.
2. Informazioni di mercato: le scritture contabili devono indicare nello stato patrimoniale le
partecipazioni detenute in altre società e i rapporti finanziari tra controllante e controllate,
nella relazione sulla gestione vi deve essere una analisi dei vari settori in cui la società, anche
attraverso le controllate, ha operato. Presso la controllante oltretutto deve essere depositato i
bilancio di ogni controllata.
É previsto poi l’obbligo per la controllante di redigere un bilancio consolidato.
3. Effettività del capitale: la controllata non può sottoscrivere azioni della controllante (in
violazione le azioni si intendono sottoscritte dagli amministratori), può invece acquistare azion
della stessa nei limiti degli utili e delle riserve disponibili (le azioni devono essere interamente
liberate e l’acquisto autorizzato dall’assemblea).
I GRUPPI DI SOCIETÀ: LA FATTISPECIE
Il gruppo di società è una forma organizzativa in cui un soggetto esercita un’attività di direzione e
coordinamento nei confronti di altre società, che comunque mantengono autonomia giuridica e
patrimoniale.
Il legislatore ha introdotto una presunzione relativa (superabile quindi con prova contraria)
sull’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, ogni qual volta sia esercitata dalla società
tenuta al bilancio consolidato o in una posizione di controllo.
Peraltro tale attività può risultare anche da contratto (contratti di dominio, di coordinamento…) o
da clausola statutaria.
I GRUPPI DI SOCIETÀ: LE NORME FISIOLOGICHE
Le norme fisiologiche sui gruppi di società hanno il fine di tutelare i terzi o i potenziali soci di
minoranza che vengono in contatto con una delle società coinvolte. La disciplina persegue tre
obiettivi principali di informazione e trasparenza riguardo:
1. Esistenza del gruppo: gli amministratori delle società eterodirette sono obbligati a iscrivere (o
cancellare) della direzione in un’apposita sezione del registro delle imprese. Oltretutto negli
atti e e nella corrispondenza deve essere sempre indicato il nome della capogruppo.
2. Operazioni ed effetti: gli amministratori, nella relazione sulla gestione (documento pubblico),
devono indicare i rapporti tra la capogruppo e le eterodirette, nonché l’effetto che l’attività di
direzione ha avuto sui risultati dell’impresa sociale. Nella nota integrativa del bilancio
d’esercizio oltretutto deve essere presente un prospetto riepilogativo dei dati essenziali
dell’ultimo bilancio della capogruppo.
3. Motivazioni delle decisioni: le deliberazioni consiliari e assembleari, laddove prese sotto la
direzione della capogruppo, devono essere motivate analiticamente riguardo agli interessi e
alle ragioni. Decisioni e relative motivazioni devono essere anche indicate nella relazione sulla
gestione.
I GRUPPI DI SOCIETÀ: LE NORME PATOLOGICHE
Al fine di arginare le possibili distorsioni dell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, è
possibile per soci e creditori della società eterodiretta di esercitare un’azione di responsabilità
contro la capogruppo.
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Affinché l’azione sia esercitabile devono ricorrere poi i seguenti presupposti:
- una società o un ente (non una persona fisica), o anche più soggetti, hanno svolto una attività d
direzione e coordinamento. La legge prevede una presunzione relativa derivante dalla pubblicit
di registro, peraltro la pubblicità può anche non sussistere se i soci o i creditori provino il
concreto esercizio dell’attività di controllo;
- la società o l’ente hanno agito nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui violando i principi d
corretta gestione societaria e imprenditoriale;
- il pregiudizio per quanto riguarda i soci rileva qualora essi abbiano subito un pregiudizio alla
redditività ed al valore della partecipazione sociale, per quatto riguarda i creditori rileva qualora
abbiano riscontrato una lesione cagionata al patrimonio della società. L’azione è perpetuata a
loro esclusivo vantaggio. L’azione non è esercitabile se il danno risulti mancante alla luce del
risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero sia integralmente
eliminato a seguito di operazioni a ciò dirette (cd. vantaggi compensativi). Il criterio valutativo
quindi non può fermarsi al singolo atto ma guarda all’attività nel suo insieme.
Il creditore e il socio possono agire contro la controllante solo se la controllata non li ha già
soddisfatti (il che risulta improbabile dal momento in cui avendo già subito un pregiudizio,
dovrebbe raddoppiarlo per soddisfare soci o creditori).
Sono responsabili in solido con la capogruppo coloro i quali abbiano preso parte al fatto lesivo e
quanti comunque ne abbiano tratto beneficio consapevolmente. La responsabilità pertanto potrà
estendersi ad amministratori e sindaci della controllante e/o della controllata, ai soci della
controllata, alle società cd. sorelle, eventualmente a terzi che han preso parte al fatto lesivo.
Si discute se l’azione abbia natura contrattuale o extracontrattuale.
I GRUPPI DI SOCIETÀ: FINANZIAMENTI
Spesso nei gruppi di società possono verificarsi situazioni di sottocapitalizzazione di una o più
società che richiedono quindi un finanziamento, generalmente dalla capogruppo.
Per evitare pregiudizio ai creditori il legislatore ha esteso la norma delle srl sulla prostergazione
ai gruppi di società: il rimborso di finanziamenti a favore di una eterodiretta è postergato rispetto
alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto l’anno precedente la dichiarazione di
fallimento, deve essere restituito.
La norma si applica ai finanziamenti di ogni tipo effettuati da capogruppo a controllate (e non
viceversa) nonché a quelli tra società sorelle, solo se risulta un eccessivo squilibrio tra
indebitamento e patrimonio netto, situazione in cui sarebbe stato più ragionevole un conferiment
I GRUPPI DI SOCIETÀ: DIRITTO DI RECESSO DEI SOCI
I soci di minoranza di una controllata sono tutelati da particolari ipotesi di diritto di recesso:
1. La capogruppo opera una trasformazione tale da mutare il proprio scopo sociale (ad es. da srl
a società cooperativa).
2. La capogruppo modifica il proprio oggetto sociale alterando anche in modo sensibile le
condizioni economiche e patrimoniali della eterodiretta. L’onere della prova spetta a colui che
intende recedere.
3. La capogruppo ha subito una condanna esecutiva (per abusi…) a favore del socio, il quale
quindi può recedere.
4. Inizio o cessazione dell’attività di direzione e coordinamento. Peraltro il recesso non è
consentito laddove il socio possa disinvestire secondo altre forme di exit, ad esempio a seguit
di un’OPA o di quotazione in borsa.
E’ oltretutto necessaria un’alterazione delle condizioni del rischio d’investimento per
esercitare il recesso.
I PATRIMONI DESTINATI A SPECIFICI AFFARI
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I patrimoni destinati a specifici affari consentono ad una società di limitare il rischio di nuove
operazioni (generalmente limitate nel tempo) a questi e, rispetto alla costituzione di società
controllate, di avere costi inferiori.
La legge distingue due fattispecie:
1. Patrimoni destinati operativi (o industriali): sono deliberati dall’organo amministrativo, salva
diversa previsione statutaria, e possono essere indirizzati a specifici affari. La delibera
costitutiva contiene un piano economico-finanziario che attesta la congruità con l’affare e
indica l’assetto organizzativo del patrimonio, ad es. anche prevedendo apporti di terzi o la loro
partecipazione dietro emissione di appositi strumenti finanziari (i sottoscrittori sono comunque
tutelati con un apposito libro sociale e dalla presenza di assemblee speciali e di un
rappresentante comune).
La delibera è iscritta nel registro delle imprese previo controllo di legalità di un notaio, se
nessun creditore sociale si oppone entro 60 giorni i creditori sociali non potranno far valere
alcun diritto sul patrimonio destinato (il termine non decorre laddove manchi l’iscrizione).
La legge prevede alcuni limiti alla costituzione di patrimoni destinati: il loro complesso non può
mai eccedere il 10% del patrimonio netto della società, non possono riguardare materie
coperte da riserva legale, come quella bancaria o assicurativa…
Per quanto riguarda il regime di responsabilità la delibera può prevedere una responsabilità
sussidiaria della società per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare, in ogni
caso la società è responsabile per le obbligazioni derivanti da fatto illecito.
Lo specifico affare deve avere poi una contabilità distinta, con un libro giornale, un libro degli
inventari, la corrispondenza e un separato rendiconto da allegare al bilancio della società.
Oltre alle cause di estinzione del patrimonio destinato previste dallo statuto, la legge prevede
l’estinzione anche per:
- realizzazione dell’affare o sopravvenuta impossibilità;
- fallimento della società che comporta la cessione dell’affare;
- insolvenza del patrimonio destinato che segue le regole della liquidazione.
2. Finanziamenti destinati ad uno specifico affare: sono contratti di finanziamento destinato a
specifici affari co terzi disposti a sovvenzionare la realizzazione di nuove iniziative al fine di
conseguirne i proventi. La garanzia ed il rimborso del finanziamento avvengono
esclusivamente con i valori conseguiti nell’esercizio dell’impresa.
Il contratto deve individuare specificatamente l’oggetto dell’affare, i modi e i tempi di
realizzazione nonché elaborare un piano finanziario dell’operazione ed un sistema di incasso e
contabilizzazione idoneo ad individuare in ogni momento i proventi e a tenerli sperati dal
patrimonio sociale (i creditori sociali infatti non possono aggredirli). Oltretutto vanno indicati i
sistemi di controllo attuabili dal finanziatore.
La dichiarazione di fallimento della società da diritto al rimborso al finanziatore, in ogni caso il
contratto non è automaticamente estinto né viene meno la separazione.
LE SOCIETÀ COOPERATIVE
Le società cooperative nascono a metà ‘800 per supplire i fabbisogni delle classi meno abbienti,
realizzando una distribuzione di materie prime e offrendo lavoro a condizioni più eque rispetto a
quelle di mercato. Presentavano pertanto un carattere di mutualità e non avevano fini di
speculazione privata.
Attualmente la disciplina, protetta dall’art. 45 Cost. (funzione sociale della cooperazione) e
generalmente dettata dal Codice Civile e specificata da varie leggi speciali, che spesso operano d
distinguo a seconda dei settori in cui opera la società.
Le lacune normative sono colmate dal rinvio alla disciplina delle spa, o a quella delle srl se
stabilito dall’atto costitutivo (purché la società cooperativa abbia meno di 20 soci o un attivo
inferiore a € 1mln). Il rinvio alle srl è obbligatorio se i soci sono meno di 9.
In ogni caso le società cooperative sono società di capitali, pertanto per le obbligazioni sociali
risponde esclusivamente la società col suo patrimonio.
SOCIETÀ COOPERATIVE: SCOPO MUTUALISTICO E CAPITALE VARIABILE
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Lo scopo mutualistico non è definito dal codice se non nell’indicazione dell’attività che una societ
cooperativa deve perseguire: fornire beni, servizi o occasioni lavorative direttamente ai membri a
condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato.
La società quindi rinuncia al lucro soggettivo, cioè il guadagno diretto dei soci, non anche a quello
oggettivo. Il profitto dei soci peraltro non è escluso, gli utili potranno infatti essere distribuiti in via
secondaria in relazione alla natura e alla quantità di beni e servizi mutualistici ottenuti da
ciascuno, e non in relazione alla quota di capitale.
La società esercita anche la propria attività coi terzi, auspicando di trarne un profitto e sempre a
beneficio prioritario dei soci.
Il rapporto associativo è qualificato come “gestione di servizio”: tendenzialmente i soci sono i
principali, ma non i soli, fruitori dei beni e dei servizi della cooperativa. Non esiste tuttavia un
diritto soggettivo del socio alle prestazioni mutualistiche ma piuttosto una legittima pretesa di
essere preferito ai terzi nelle erogazioni e di parità di trattamento con gli altri soci.
Le prestazioni mutualistiche peraltro non trovano la propria fonte nel rapporto sociale ma in
autonomi contratti di scambio tra la cooperativa e i soci. La reciprocità di queste prestazioni esige
quindi che vi sia un numero minimo di soci (tre se rinviano alle srl, nove se alle spa).
In particolare è valorizzata la partecipazione personale del socio, seguendo principi di carattere
democratico quali il voto capitario e non pro quota.
L’atto costituivo prevede poi i requisiti soggettivi per l’ammissione di nuovi soci che si conciliano
con il cd. principio della porta aperta, per il quale dev’essere incentivato l’accesso di tutti coloro
che risultino idonei così come l’uscita di coloro i quali perdano i requisiti.
Questo fa sì che il capitale sociale sia variabile e privo di limiti minimi.
SOCIETÀ COOPERATIVE: COOPERATIVE A MUTUALITÀ PREVALENTE
La distinzione tra cooperative a mutualità prevalente e le altre (cd. diverse) rileva principalmente
sul piano fiscale, le prime hanno infatti determinati benefici fiscali a fronte di certe rinunce sul
piano del lucro soggettivo dei soci.
Le cooperative a mutualità prevalente svolgono la loro attività in prevalenza a favore dei soci,
consumatori o utenti di servizi, oppure si avvalgono principalmente delle prestazioni lavorative de
soci. Sono iscritte (assieme ai relativi bilanci) in una specifica sezione dell’Albo delle Cooperative
presso il Ministero dello Sviluppo Economico.
Per godere dei benefici fiscali devono essere rispettati alcuni criteri legali, documentati dagli
amministratori e dai sindaci nella nota integrativa del bilancio:
- i ricavi delle vendite e delle prestazioni verso i soci devono essere superiori alla metà totale de
ricavi delle vendite e delle prestazioni;
- il costo del lavoro dei soci deve essere superiore alla metà del costo del lavoro complessivo.
Devono essere inserite poi delle clausole statutarie antilucrative:
- divieto di distribuire dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni fruttiferi
postali (+ 2,5 pt. rispetto al capitale versato);
- divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in
misura superiore al 2% del limite massimo previsto per i dividendi;
- divieto di distribuire riserve tra i soci cooperatori;
- obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto i
capitale sociale ed i dividendi eventualmente maturati ai fondi mutualistici per la promozione e
lo sviluppo della cooperazione.
Il mancato rispetto dei suddetti criteri per due esercizi comporta la perdita della qualifica di
cooperativa a mutualità prevalente.
SOCIETÀ COOPERATIVE: COSTITUZIONE E NULLITÀ
Il procedimento di costituzione è analogo a quello delle altre società di capitali.
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L’atto costitutivo è redatto per atto pubblico e deve stabilire la disciplina dei rapporti mutualistici,
eventualmente integrata dai “regolamenti mutualistici” (sono parte integrante dell’atto costitutiv
e possono essere adottati in concomitanza con esso o con delibera assembleare straordinaria).
L’atto costitutivo contiene:
- generalità dei soci (almeno 9 se la società è modellata sul regime delle spa, 3 se su quello delle
srl) e quota di capitale sottoscritta da ognuno, entro i limiti legali;
- denominazione sociale e indicazione di società cooperativa;
- specifica indicazione dell’oggetto sociale con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci;
- requisiti, condizioni e procedura per l’ammissione dei soci, non discriminatori e coerenti con lo
scopo. Non è ammesso un socio che operi attività concorrente;
- condizioni di recesso ed esclusione;
- regole per la ripartizione degli utili e la distribuzione dei ristorni.
Il notaio che riceve l’atto lo deposita entro venti giorni al registro delle imprese per l’iscrizione
(allegando i documenti attestanti le condizioni per la costituzione), la quale da alla società efficac
costitutiva. L’ufficio provvede a inoltrare l’iscrizione all’albo tenuto presso il Ministero dello
Sviluppo Economico.
I soci son obbligati a versare subito il 25% dei conferimenti.
Le modifiche all’atto costitutivo sono deliberate dall’assemblea, sottoposte a controllo notarile e
iscritte a registro. Data la variabilità del capitale è necessaria una delibera solo per aumenti di
capitale a pagamento (con conseguente riconoscimento del diritto di opzione dei soci verso le
azioni di nuova emissione).
- mancanza dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico;
- illiceità dell’oggetto sociale;
- mancanza di indicazioni sulla denominazione, sui conferimenti o sull’oggetto sociale.
SOCIETÀ COOPERATIVE: STRUTTURA FINANZIARIA
La società cooperativa si avvale della disciplina sulle spa per scelta o obbligatoriamente se ha più
di 20 soci o un attivo patrimoniale superiore a € 1 mln, si avvale della disciplina delle srl per scelt
o obbligatoriamente se ha meno di 9 soci.
Eventuali deroghe statutarie alla disciplina sono consentite solo laddove la legge le preveda (ad e
è inammissibile l’obbligo di versare contributi o prestazioni accessorie in denaro ulteriori ai
conferimenti).
Per quanto riguarda le partecipazioni, in quote o in azioni, la legge prevede un limite massimo di
100000€ (aumentabile sino al 2% del capitale sociale nelle cooperative con più di 500 soci). Le
partecipazioni eccedenti il limite sono riscattate o alienate nell’interesse del socio dagli
amministratori. Sono esenti da questi limiti le azioni o le quote:
- liberate attraverso il conferimento di beni in natura o crediti;
- assegnate gratuitamente ai soci mediante l’utilizzo di riserve divisibili o a titolo di distribuzione
dei ristorni;
- detenute da persone giuridiche;
- di sottoscrittori di strumenti finanziari dotati di diritti amministrativi;
Essendo il capitale della cooperativa variabile, le azioni non ne indicano l’ammontare.
É possibile poi creare categorie di azioni con diritti diversi in relazione all’oggetto della prestazion
mutualistica o attribuire a soci diritti particolari come nelle srl.
Per favorire i finanziamenti alle cooperative la legge ha previsto la categoria dei soci sovventori:
non sono animati da scopo mutualistico ma dal conseguimento di una remunerazione (eleveabile
max 2 pt. sopra al tasso spettante agli altri soci) per l’investimento operato. Il suo conferimento è
destinato ad appositi fondi per lo sviluppo tecnologico e la ristrutturazione dell’impresa.
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Ai soci sovventori non possono spettare tanti voti da superare il terzo dei voti di tutti i soci né più
amministratori che agli altri soci.
Particolare tipo di azioni sono quelle “di partecipazione cooperativa”, senza diritto di voto e con
privilegio nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale (maggiore del 2% rispetto agli
altri). Sono offerte per almeno la metà in opzione ai soci e ai dipendenti.
Le cooperative possono anche emettere strumenti finanziari (partecipazioni a capitale,
obbligazioni, titoli ibridi…) con diritti patrimoniali o amministrativi diversi. Tuttavia la ripartizione
degli utili e il rimborso del capitale non si estendono alle riserve indivisibili e non possono avere
oltre il terzo dei voti spettanti ai soci.
Hanno oltretutto un’assemblea speciale e rappresentanti comuni.
Se è adottato il sistema srl, gli strumenti finanziari privi di diritti amministrativi possono essere
sottoscritti solo da investitori qualificati.
Per quanto riguarda i prestiti, la raccolta può riguardare solo i soci iscritti da almeno 3 mesi e non
può eccedere il triplo del patrimonio risultante dall’ultimo bilancio.
Possono anche essere emesse obbligazioni, salvo l’obbligo di sottoporsi alla certificazione del
bilancio e alle regole di informazione al pubblico.
SOCIETÀ COOPERATIVE: LE VICENDE DELLA PARTECIPAZIONE
Principio cardine nelle società cooperative è la “porta aperta”, secondo cui l’ingresso dei nuovi so
idonei avviene attraverso una procedura semplificata che non implica una modifica dell’atto
costitutivo. Si vuole infatti limitare la discrezionalità degli amministratori e garantire la
trasparenza sulle modalità di accesso (l’ammissione è infatti relazionata nelle relazioni al bilancio
nonché sorvegliata dall’autorità di vigilanza che, in caso di irregolarità, può diffidare la società e
addirittura commissariarla).
L’ammissione è deliberata dagli amministratori e, in caso di rigetto, deve essere motivata.
L’interessato potrà allora chiedere l’ammissione all’assemblea, la cui decisione vincola gli
amministratori. Non essendo configurato né un diritto soggettivo né un interesse legittimo
all’ammissione, questa non può essere dichiarata con pronunce giudiziale.
Può essere previsto un periodo di formazione di massimo 5 anni per i nuovi soci (cd. soci in prova
che avranno diritti limitati rispetto agli altri. Non possono superare di 1/3 il numero totale dei soci
Il trasferimento della partecipazione sociale è unitario e deve essere autorizzato dagli
amministratori.
Il socio deve inviare raccomandata agli amministratori indicando le generalità dell’acquirente, gli
amministratori potranno consentire e iscrivere l’acquirente nel libro soci oppure negare il
trasferimento, in quest’ultimo caso il socio potrà fare opposizione in tribunale. Il silenzio degli
amministratori è considerato assenso.
Se la quota trasferite non è interamente liberata, l’acquirente risponde per i conferimenti ancora
dovuti per un anno dalla cessazione. Questa ipotesi si applica anche ai casi di recesso, esclusione
morte.
Gli amministratori possono acquistare quote o azioni proprie se il patrimonio netto è almeno il 25
dell’indebitamento totale.
In caso di divieto di circolazione delle azioni è dato ai soci diritto di recesso, esercitabile dopo due
anni dall’ingresso in società e con preavviso di almeno 90 giorni.
Il rapporto sociale si scioglie per recesso, esclusione o morte del socio.
Le ipotesi di recesso sono previste dall’atto costitutivo o dalla legge (casi di spa o srl), i soci
comunicano l’intenzione con raccomandata agli amministratori e in caso di diniego, possono fare
opposizione al tribunale. In caso di accettazione, gli effetti che incidono sul rapporto sociale (diritt
al voto, agli utili…) si producono dalla comunicazione di consenso, gli effetti sui rapporti
mutualistici sono invece differiti alla chiusura dell’esercizio in corso.
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É vietato il recesso parziale dal momento che avrebbe fini meramente speculativi essendo previs
il voto capitario.
Le ipotesi di esclusione sono convenzionali o legali, le prime devono riguardare l’inadempimento
obblighi statutari o discendenti dal rapporto mutualistico, le seconde sono:
- inadempimento totale o parziale dei conferimenti dopo intimazione degli amministratori;
- gravi inadempienze;
- mancanza o perdita dei requisiti soggettivi per la partecipazione;
- interdizione, inabilitazione o condanna a pena che comporta interdizione da pubblici uffici;
- fallimento del socio.
- Il socio è escluso con delibera, specificatamente motivata, degli amministratori o
dell’assemblea. I rapporti mutualistici anche pendenti si sciolgono immediatamente.
Data la rilevanza dell’intuitus personae, la morte del socio comporta la liquidazione della quota o
rimborso delle azioni agli eredi, salvo diversa previsione statutaria che consenta agli eredi di
subentrare (tramite rappresentante comune se sono due o più).
SOCIETÀ COOPERATIVE: L’ASSEMBLEA
L’assemblea delle società cooperative è incentrata sul principio di democraticità grazie al voto
capitario, ogni socio ha infatti diritto a un solo voto indipendentemente dal numero di azioni
possedute o dal valore della propria quota. Vi sono tuttavia alcune deroghe:
- l’atto costitutivo può prevedere fino a un massimo di 5 voti per il socio persona giuridica;
- i soci sovventori possono avere un diritto di voto proporzionale ai conferimenti ma mai superior
a 1/3 dei voti spettanti ai soci cooperatori. Così anche per i possessori di strumenti finanziari;
- nelle cooperative consortili il diritto di voto può esser attribuito in ragione della partecipazione
allo scambio mutualistico.
Il diritto di voto spetta in ogni caso ai soli soci iscritti da almeno 90 giorni al libro soci.
Sono possibili sia il voto per corrispondenza (non computato però nel quorum costitutivo) che
quello telematico, in questi casi la convocazione deve contenere per esteso la delibera proposta.
Nelle cooperative a modello spa un socio può rappresentare fino a 10 soci in assemblea.+
La legge prevede la possibilità del sistema delle assemblee separate per le cooperative con azion
non quotate, è peraltro obbligatorio se la società ha più di 3000 soci e opera in più provincie o
realizzi più gestioni mutualistiche e abbia più di 500 soci.
Si riuniscono diverse assemblee, generalmente nei luoghi dove risiedono più soci, e deliberano
sull’o.d.g. dell’assemblea generale delegando un socio a votarvi.
La delibera dell’assemblea generale sarà impugnabile se il socio delegato a votato in contrasto
con l’assemblea separata e il suo voto è stato determinante.
Sono previste poi assemblee speciali per ciascuna categoria di soci nonché per i possessori di
strumenti finanziari.
SOCIETÀ COOPERATIVE: ORGANO AMMINISTRATIVO
Gli amministratori devono avere requisiti soggettivi tali da garantire una efficiente gestione
manageriale nonché la valorizzazione degli apporti personal idei soci interessati all’attività
mutualistica.
La maggioranza degli amministratori deve esser scelta tra i soci cooperatori o tra le persone
indicate dai soci persone giuridiche. L’atto costitutivo può prevedere che gli amministratori siano
proporzionali agli interessi delle varie categorie di soci e che, massimo 1/3 dei membri, sia
nominato da portatori di strumenti finanziari o che alcuni siano nominati dallo Stato o da enti
pubblici.
SOCIETÀ COOPERATIVE: ORGANO DI CONTROLLO, VIGILANZA AMMINISTRATIVA E CONTROLLO
GIUDIZIARIO
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Il collegio sindacale è obbligatorio qualora lo sia la nomina del sindaco nelle srl nonché quando la
società ha emesso strumenti finanziari non partecipativi (titoli di debito e obbligazioni).
Lo statuto può prevedere anche un collegio dei probiviri, con lo scopo di prevenire e gestire le
controversie tra socie e società o sanzionare comportamenti deontologicamente scorretti.
Le società cooperative, date le agevolazioni fiscali di cui godono, sono soggette anche a vigilanza
amministrativa, volta a verificare l’effettivo e corretto perseguimento dello scopo mutualistico.
In particolare vi sono revisioni ordinarie almeno biennali eseguite dalle associazioni nazionali di
rappresentanza e tutela del movimento cooperativo, verificano la natura mutualistica dell’ente,
l’assenza i finalità lucrative, il rispetto dei limiti legali… Il Ministero può anche ordinare ispezioni
straordinarie.
Gli eventuali provvedimenti sanzionatori possono culminare anche con la gestione commissariale
o con la disposizione dello scioglimento autoritario e la liquidazione coatta amministrativa.
É poi possibile il controllo giudiziario sulla gestione qualora i soci titolari di almeno 1/10 del
capitale abbiano il fondato sospetto che gli amministratori abbian compiuto gravi irregolarità. Il
ricorso deve essere presentato al tribunale e da questo notificato all’autorità di vigilanza.
SOCIETÀ COOPERATIVE: IL BILANCIO E LE RISERVE
La disciplina del bilancio non differisce da quella delle spa. Amministratori e sindaci tuttavia, nelle
rispettive relazioni, dovranno indicare specificatamente i criteri seguiti nella gestione per il
conseguimento dello scopo mutualistico.
La legge prevede però stringenti norme per quanto riguarda la destinazione degli eventuali utili
prodotti dalla società:
- il 30% degli utili netti annuali deve essere permanentemente destinato alla riserva legale, a
tutela dei creditori data la variabilità del capitale;
- il 3% degli utili netti annuali deve essere destinato ai fondi mutualistici per la promozione e lo
sviluppo della cooperazione, sono una sorta di autofinanziamento;
- riserve indivisibili: sono fondi esclusi dal calcolo del valore delle quote sia in occasione di
scioglimento del singolo rapporto che della società intera;
- riserve indisponibili: sono fondi sì di proprietà dei soci ma utilizzabili solo in determinate
circostanze;
- altre destinazioni facoltative degli utili.
Le riserve disponibili invece possono essere assegnate ai soci attraverso l’emissione di strumenti
finanziari o l’aumento gratuito di capitale.
SOCIETÀ COOPERATIVE: DIVIDENDI E RISTORNI
La legge prevede certi limiti sulla distribuzione dei dividenti e quindi sul lucro soggettivo dei soci.
Le cooperative non quotate infatti possono distribuire dividendi ai soci cooperatori solo se il
rapporto tra patrimonio netto e indebitamento complessivo sia superiore ad 1/4.
Le cooperative a mutualità prevalente invece non possono distribuire dividendi in misura superior
all’interesse dei buoni fruttiferi postali aumentato di 2,5 pt. rispetto al capitale versato.
L’atto costitutivo stabilisce poi le regole e i modi di distribuzione.
I ristorni invece sono elementi propri delle società cooperative: sono distribuiti ai soci
annualmente e rappresentano il vantaggio mutualistico (nelle coop. di consumo c’è il rimborso
della quota di prezzo eccedente il costo di produzione, nelle coop. di lavoro c’è l’integrazione dell
retribuzione per la prestazione lavorativa…).
Possono essere distribuiti solo se risulta un avanzo di gestione (escludendo le eccedenze derivant
da attività di scambio con terzi) e in modo da essere proporzionali alla quantità e qualità degli
scambi mutualistici.
SOCIETÀ COOPERATIVE: SCIOGLIMENTO E DEVOLUZIONE DEL PATRIMONIO
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La società cooperativa si scioglie, oltre per le cause previste per le altre società di capitali, per:
- integrale perdita del capitale sociale (e non per perdita superiore al terzo, non rimpianta dopo
un anno);
- mancata reintegrazione del numero minimo di soci entro un anno;
- provvedimento dell’autorità amministrativa;
- insolvenza. L’insolvenza può portare a fallimento o alternativamente liquidazione coatta
amministrativa.
Particolare è il regime della quota di liquidazione nelle società a mutualità prevalente: sono
obbligate a destinare il residuo attivo, detratto solo del capitale versato e rivalutato nonché dei
dividendi maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (cd.
devoluzione disinteressata: le risorse accumulate dalla società grazie alle agevolazioni fiscali
vengono così lasciate al movimento cooperativo).
SOCIETÀ COOPERATIVE: CONSORZI E GRUPPI COOPERATIVI
La legge prevede talune forme di integrazione tra imprese cooperative:
- Cooperative di secondo grado: svolgono attività ausiliaria che si esaurisce nella cooperazione d
servizi volta facilitare il perseguimento dello scopo mutualistico delle associate.
- Gruppo cooperativo gerarchico eterogeneo: le società cooperative controllano, tramite
partecipazione azionaria, società lucrative.
- Gruppo cooperativo paritetico: un contratto vincola più cooperative (anche enti mutualistici o
pubblici) ad un’attività di direzione e coordinamento equiordinato, consistente nell’elaborazione
concreta di scelte strategiche e non in una mera gestione accentrata. É previsto un comitato
direttivo di gruppo con un numero paritario di rappresentanti delle società associate ed
eventualmente una cooperativa veicolo con funzioni di formazione della volontà comune.
LE MUTUE ASSICURATRICI
Sono particolari, e poco diffusi, tipi di società cooperative in cui la partecipazione del socio è
subordinata alla stipula di un contratto di assicurazione con la società stessa.
I contributi dei soci hanno quindi funzione sia di apporto al patrimonio che di premio assicurativo,
può essere peraltro prevista la costituzione di fondi di garanzia.
Sono sottoposte, sin dall’iscrizione dell’atto costitutivo, alla vigilanza dell’IVASS.
LE TRASFORMAZIONI
La trasformazione, sebbene ne sia impossibile dare una nozione, è una modifica dell’atto
costitutivo sui generis avente ad oggetto il cambiamento del tipo di società. Cambia pertanto la
forma giuridica dell’impresa ma rimangono inalterati i rapporti giuridici anteriori alla
trasformazione, sono infatti conservati tutti i diritti e gli obblighi, anche processuali.
Non vi sono limiti espliciti all’operazione che può essere eseguita anche in sede di liquidazione o i
pendenza di una procedura concorsuale, purché non vi siano incompatibilità con le finalità e lo
stato della stessa.
Regole generali di trasformazione sono:
1. L’invalidità della trasformazione non può essere fatta valere dopo l’iscrizione nel registro delle
imprese. É salvo il diritto al risarcimento del danno.
2. Nella trasformazione in società di capitali, la trasformazione è fatta per atto pubblico con le
indicazioni richieste dalla legge per il relativo atto costitutivo e deve seguire le normali regole
di pubblicità. La trasformazione ha efficacia dal compimento dell’ultimo degli adempimenti
pubblicitari.
Le trasformazioni si dividono poi,in base alla specifica disciplina, in omogenee ed eterogenee.
La trasformazione omogenea è il cambiamento del tipo di società senza la modifica del cd. scopofine. Unica eccezione è la trasformazione si cooperative a mutualità non prevalente in società di
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capitali che pur importa una modifica dello scopo-fine.
Essendo modifiche statutarie obbligano la società a seguire le relative norme.
Le trasformazioni possono essere:
- da società di persone a società di persone, decisa all’unanimità se non è diversamente stabilito
- da spa in altra società di capitali, deliberata in assemblea straordinaria, con conseguente
verbalizzazione ed iscrizione a registro;
- da srl ad altra società di capitali, deliberata in assemblea e verbalizzata;
- da società di persone a società di capitali (trasformazione progressiva);
- da società di capitali a società di persone (trasformazione regressiva).
La regolamentazione della trasformazione progressiva si articola sotto 4 profili:
1. Decisione: salva diversa previsione statutaria, non è richiesta l’unanimità ma la maggioranza
dei soci secondo la partecipazione di ciascuno agli utili. É salvo il diritto di recesso dei
dissenzienti.
2. Capitale: è determinato sulla base dei valori attuali di attivo e passivo. É fissato in una cifra m
superiore al patrimonio netto (eventualmente inferiore per costituire riserve) e deve risultare
dalla relazione giurata di un esperto (spa) o di un socio revisore (srl). Deve essere oltretutto
redatto un bilancio straordinario di trasformazione.
Se è inferiore al minimo legale, i soci sono obbligati a nuovi conferimenti.
3. Partecipazione: ciascun socio ha diritto a ricevere un numero di azioni o una quota
proporzionale alla propria partecipazione sociale. Questa si riduce per garantire le azioni o la
quota del socio d’opera che sono valutate in proporzione alla sua partecipazione agli utili.
4. Responsabilità: i soci sono illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali anteriori alla
trasformazione a meno che i creditori sociali non abbian dato consenso alla trasformazione (il
consenso può essere richiesto anche notificando l’intenzione con raccomandata. In tal caso
vale il principio del silenzio-assenso).
Le trasformazioni regressive invece sono caratterizzate da un procedimento particolarmente
disincentivante: è infatti necessaria una delibera secondo le maggioranze statutarie più il
consenso di tutti i soci che intendono assumersi responsabilità illimitata. Essi risponderanno
illimitatamente anche delle obbligazioni sociali anteriori all’iscrizione della trasformazione.
Gli amministratori peraltro sono obbligati a rendere disponibile una relazione sulle motivazioni e
gli effetti della trasformazione, consultabile da tutti nei trenta giorni precedenti la delibera.
I soci assumono una partecipazione proporzionale al valore della propria quota o delle azioni.
É vietata poi la trasformazione di società cooperative a mutualità indipendente in società lucrativ
le altre cooperative invece possono farlo ma seguendo alcune regole speciali:
- la delibera deve avere la maggioranza favorevole di almeno la metà dei soci (2/3 se i soci son
meno di 50);
- il valore effettivo del patrimonio, confermato con relazione giurata di un esperto nominato dal
tribunale, è devoluto ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
Le trasformazioni eterogenee invece comportano un radicale mutamento dell’assetto
organizzativo e generalmente dello scopo-fine. Vi sono varie ipotesi:
1. da società di capitali a società con diverso scopo-fine, ad enti collettivi non societari o a
comunioni d’azienda. Prevede generalmente un quorum deliberativo di 2/3 degli aventi diritto
al voto più il consenso di tutti quelli che assumeranno responsabilità illimitata. Gli
amministratori peraltro sono obbligati a rendere disponibile una relazione sulle motivazioni e
gli effetti della trasformazione, consultabile da tutti nei trenta giorni precedenti la delibera.
2. Da enti collettivi non societari o comunioni d’azienda o società consortili a società di capitali. L
maggioranze richieste variano di caso in caso ma non sono particolarmente stringenti, l’atto d
trasformazione deve essere pubblico e il patrimonio dell’ente è sottoposto ad una relazione di
stima.
Particolari sono i casi di associazioni e fondazioni che si trasformino in società di capitali: le
prime non possono trasformarsi qualora abbiano ricevuto contributi o liberalità pubblici, le
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seconde possono solo con disposizione dell’autorità governativa dietro richiesta dell’organo
competente.
I creditori possono fare opposizione entro 60 giorni dagli adempimenti pubblicitari, a meno che
abbiano consentito alla trasformazione o siano stati pagati.
La legge prevede poi ipotesi di trasformazioni atipiche in virtù della libertà d’iniziativa economica
contrattuale, purché no contrastino con norme inderogabili e non ledano gli interessi di soci e di
terzi. Alcuni esempi:
- da consorzio / società consortile / associazione a società cooperativa;
- da / a società di persone;
- da società di persone a impresa individuale.
Non possono invece aversi trasformazioni da impresa individuale a società unipersonale (sarebbe
un conferimento d’azienda) o viceversa.
FUSIONI
La fusione è un fenomeno di concentrazione giuridica tra imprese societarie: due o più società si
unificano in una sola. Le società precedenti si estinguono, l’estinzione tuttavia è un fatto
meramente formale: il fondamento e la causa della fusione risiedono principalmente nelle
reciproche modifiche statutarie delle società che si fonderanno. La nuova società prosegue tutti i
rapporti, anche processuali, delle precedenti.
La disciplina è stata fortemente modificata, specie dalle direttive comunitarie con finalità
antimonopolistiche, e distingue quattro ipotesi principali:
1. Fusioni tra spa: in senso stretto o per incorporazione, dove ad estinguersi è solo l’incorporata.
2. Fusioni tra società non azionarie (più semplici perché esenti da vincoli comunitari).
3. Fusioni a seguito di acquisizione con indebitamento.
4. Fusioni transfrontaliere intracomunitarie.
Se una fusione coinvolge società del medesimo tipo è omogenea, se di tipo diversa è eterogenea
comporta la trasformazione di almeno una delle due società (sono peraltro possibili fusioni
trasformative eterogenee, ossia tra società con diverso scopo-fine).
Sono altresì possibili fusioni infragruppo: dirette, dove la controllante incorpora una o più
controllate, o inversa, dove la controllata è l’incorporante.
La fusione è consentita anche per le società in stato di liquidazione, ad eccezione delle spa che
abbiano già iniziato la distribuzione dell’attivo (a meno che non revochino lo stato di liquidazione
con le opportune cautele).
Possono operare la fusione anche società sottoposte a procedure concorsuali, anzi la fusione è
considerata lo strumento elettivo per il superamento della crisi d’impresa (oltre ad offrire un
notevole risparmio di costi).
Il procedimento di fusione si articola in 4 fasi:
1. Gli amministratori redigono un progetto di fusione unico per tutte le società coinvolte, a seguit
di una precedente attività di programmazione gestionale e analisi strategica. Il progetto
contiene i dati delle società coinvolte, l’atto costitutivo della nuova società, il momento di
decorrenza degli effetti contabili, i criteri di assegnazione delle partecipazioni e il rapporto di
cambio delle azioni o delle quote con gli eventuali conguagli (mai maggiori del 10% del valore
nominale delle azioni).
2. Il progetto deve essere sottoposto a pubblicità legale o con iscrizione nei registri dove hanno
sede le società in fusione o sui rispettivi siti web, con modalità tali da renderlo conoscibile a
soci e terzi. Devono decorrere almeno 30 giorni dalla pubblicità alla decisione di fusione.
3. Al progetto devono poi essere allegati tre documenti, a meno che i soci non vi rinuncino
all’unanimità:
- una situazione patrimoniale, che è in sostanza un bilancio infrannuale (cd. di fusione)
anteriore di massimo 120 giorni;
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- una relazione degli amministratori che illustra e giustifica la fusione;
- una relazione di esperti riguardante i il rapporto di cambio delle azioni o delle quote (gli
esperti sono designati dal giudice per spa o sala, da CONSOB per le quotate). Gli esperti devon
altresì, nelle fusioni trasformative, redigere una relazione di stima del patrimonio.
4. Tutti i documenti sono depositati presso le sedi o nei siti web delle società.
Sono previste talune semplificazioni per le società fondendo con capitale non rappresentato da
azioni: i termini sono ridotti alla metà, i limiti riguardanti i conguagli o la fusione durante
liquidazione con distribuzione dell’attivo son disapplicati.
Altre ipotesi sono quelle di incorporazione di società interamente controllate o controllate almeno
al 90%: la decisione può essere assunta direttamente dagli amministratori con atto pubblico (a
meno che dei soci rappresentanti il 5% del capitale non chiedano la delibera assembleare).
Nel primo caso oltretutto non occorrerà nemmeno indicare le regole e criteri di cambio delle
azioni.
La decisione di fusione deve essere presa da ogni società coinvolta mediante approvazione del
relativo progetto. La decisione può sempre modificare il progetto di fusione, purché non si
pregiudichino i diritti dei soci o dei terzi. Operano peraltro maggioranze diverse a seconda dei cas
- nelle società di persone la decisione è presa a maggioranza dei soci secondo la partecipazione
agli utili. I dissenzienti possono recedere;
- nelle spa la decisione è presa secondo le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria. I
soci non possono recedere a meno che la fusione non sia eterogenea o non sia previsto da
statuto;
- nelle srl la decisione è presa a maggioranza dei soci con metodo assembleare. I dissenzienti
possono recedere.
Nelle società di capitali le delibere sono sottoposte a controllo notarile e iscrizione a registro,
nelle società di persone anche qualora la fusione comporti la nascita di o coinvolga una società di
capitali.
Particolare tutela è prevista per i creditori, i quali potrebbero vedere pregiudicati i propri diritti
(soprattutto nei casi di incorporazione di una società in crisi). Pertanto è disposto che la fusione
possa essere attuata solo sessanta giorni dopo l’iscrizione della decisione. In questo periodo i
creditori anteriori potranno fare opposizione al tribunale, con conseguente sospensione
dell’operazione fintantoché il tribunale non dichiari infondato il pericolo.
Le società possono comunque realizzare una fusione anticipata prendendo una di queste cautele:
- consenso alla fusione da parte di tutti i creditori;
- pagamento dei creditori non consenzienti o deposito delle somme corrispondenti in banca;
- affidare la relazione degli esperti ad un unica società di revisione la quale assicuri, sotto la
propria responsabilità, che la situazione patrimoniale delle società coinvolte rende superflua
ogni garanzia.
Disciplina analoga riguarda la fusione volta a costituire una nuova società di capitali: i soci
mantengono la responsabilità illimitata per le obbligazioni anteriori, sono liberati se i creditori non
si oppongono entro 60 giorni o se consentono alla fusione.
Anche gli obbligazionisti hanno diritto di opposizione, a meno che la fusione non sia stata
approvata dall’assemblea degli obbligazionisti. I possessori di obbligazioni convertibili possono
esercitare il diritto di conversione anticipata.
Qualora gli amministratori iscrivano l’atto di fusione senza il rispetto delle suddette norme,
incorrono in responsabilità penale.
L’atto di fusione è poi stipulato in forma di atto pubblico dai legali rappresentanti delle società. Il
notaio rogante lo deposita per l’iscrizione nei registri delle società originarie e in quello della sede
della nuova società. L’ultima iscrizione ha efficacia costitutiva e fa sì che la società acquisiti tutti i
rapporti giuridici delle precedenti. Eventuali clausole di postdatazione degli effetti sono valide sol
se previste nel progetto, non sono valide clausole di retrodatazione.
Conseguita l’efficacia della fusione, gli amministratori compiranno tutti gli atti di esecuzione
necessari: annullamento delle azioni ed emissione delle nuove, pagamento degli eventuali
conguagli, liquidazione dei soci recedenti, adempimenti contabili (bilancio di chiusura…) tenendo
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contro delle cd. differenze di fusione, cioè delle differenze tra attività e passività rilevate in fase d
programmazione con certi criteri e quelle attuali.
Il primo bilancio successivo alla fusione è redatto secondo il principio di continuità contabile:
attività e passività sono iscritte ai valori risultanti dalle scritture contabili alla data di efficacia del
fusione.
Il legislatore ha precluso la possibilità di invalidare la fusione per vizi, anche gravi, del
procedimento o dell’atto una volta che siano state eseguite le opportune iscrizioni.
I soci e i terzi danneggiati potranno tuttavia agire per il risarcimento del danno, sia per quello
direttamente subito sul proprio patrimonio, sia per quello patito dalla incorporata o dalla
incorporante. L’azione può essere esercitata contro gli amministratori, gli esperti o la società
risultante dalla fusione, o infine contro il socio di controllo ingiustamente beneficiario della
fusione.
FUSIONE A SEGUITO DI ACQUISIZIONE CON INDEBITAMENTO
Le operazioni di merger leveraged buy-out sono particolari procedimenti di fusione elaborati
dall’ingegneria finanziaria. Si articolano in diverse fasi:
1. Uno o più società costituiscono una società con modesto capitale sociale (cd. newco).
2. La newco ottiene un finanziamento per l’acquisto di della partecipazione di controllo di una
società obiettivo (cd. target).
3. Acquistato il controllo, viene deliberata la fusione tra la newco e la target.
4. La società risultante dalla fusione renderà il finanziamento grazie agli attivi della target.
Data a particolarità dell’operazione devono essere rispettati vari obblighi di trasparenza tali da
salvaguardare ed informare adeguatamente i soci di minoranza e i terzi.
FUSIONI TRANSFRONTALIERE
Per fusione transfrontaliera si intende una fusione in cui siano coinvolte società fra le quali almen
una è costituita ai sensi della legge di uno Stato diverso.
La disciplina è soggetta al diritto internazionale privato che rende ammissibile la fusione solo
quando:
- l’istituto della fusione è previsto dalle leggi di entrambi gli Stati;
- l’istituto può essere applicato anche con società straniere;
- la disciplina sia compatibile con quella straniera.
Per agevolare il tutto, il legislatore comunitario ha armonizzato le fusioni transfrontaliere
intracomunitarie. Tale disciplina, rispetto a quella comune italiana, prevede alcune specificità:
- ovviamente non può essere utilizzata per aggirare norme interne (es. fusione di spa in
liquidazione con distribuzione dell’attivo in corso);
- il progetto di fusione deve contenere ulteriori indicazioni: forma, denominazione, sede legge
regolatrice… e deve essere iscritto a registro e pubblicato per estratto in Gazzetta Ufficiale;
- se la società risultante è estera, ai soci dissenzienti spetta il diritto di recesso.
- le società devono ottenere dalle autorità nazionali competenti un certificato preliminare alla
fusione, questo è trasmesso alle autorità opposte che quindi rilasceranno un’apposita
attestazione.
SCISSIONE
É una particolare tecnica di riorganizzazione di complessi patrimoniali destinati all’esercizio
d’impresa mediante la ristrutturazione delle compagini societarie. Esistono vari tipi di scissione:
1. Totale: una società assegna tutto il suo patrimonio ad una o più società beneficiarie. La società
scissa si estingue senza liquidazione dal momento che la sua attività è continuata dalle
beneficiarie.
2. Parziale: una società assegna parte del proprio patrimonio ad una o più beneficiare e
comunque continua ad operare sul mercato.
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Con la scissione i soci acquistano partecipazioni delle beneficiarie: questo aspetto distingue
l’istituto dallo scorporo, in cui le partecipazioni delle beneficiarie sono attribuite alla società
scorporata e non ai soci.
A seconda che la beneficiaria sia di nuova costituzione o già esistente, si distinguono scissione in
senso stretto (l’atto deve prevedere anche la costituzione della beneficiaria) o scissione per
incorporazione.
Si distinguono poi scissioni:
- omogenee: scissa e beneficiaria sono dello stesso tipo;
- eterogenee: scissa e beneficiaria sono di tipi diversi;
- miste: scissa e beneficiarie sono di almeno tre tipi diversi.
É vietata la scissione di spa in liquidazione già alla distribuzione dell’attivo.
Il procedimento di scissione ricalca parzialmente quello di fusione. Gli amministratori di tutte le
società coinvolte devono redigere un progetto con allegati situazione patrimoniale, relazione deg
amministratori e relazione degli esperti, soggetto alle medesime norme e deroghe pubblicitarie d
quello previsto per la fusione. Ovviamente entra più nel dettaglio, dovendo indicare gli elementi d
patrimonio da assegnare, i criteri di distribuzione di azioni e quote…
Particolari regole suppletive intervengono riguardo all’attivo e al passivo qualora vengano omessi
l’attivo residuo è assegnato in scissione totale a tutte le beneficiarie in proporzione del patrimonio
assegnato, in scissione parziale resta alla scissa. Il passivo residuo segue le medesime regole ma
è prevista una responsabilità solidale tra le società nei limiti del valore del patrimonio attribuito.
I soci possono decidere a maggioranza che l’attribuzione delle partecipazioni non sia
proporzionale alle loro partecipazioni originarie. I soci dissenzienti han diritto a farsi acquistare le
quote o le azioni per un corrispettivo determinato secondo i criteri di recesso.
All’unanimità può essere deciso poi che alcuni soci non ricevano partecipazioni delle beneficiarie
ma piuttosto della società scissa (cd. scissione asimmetrica).
L’atto di scissione è pubblicato e efficace secondo le regole dell’atto di fusione, e subisce anche la
medesima disciplina in tema di stipula anticipata, opposizione, invalidità e risarcimento.
Le società coinvolte sono in ogni caso responsabili solidalmente, nei limiti dei patrimoni netti
attribuiti, per i debiti della società scissa.
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