Uploaded by Alberto Caruso

Appunti 1° parziale

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ECONOMIA E POLITICA MONETARIA
I SISTEMI MACROECONOMICI
Bisogna sapere come opera una banca centrale. I banchieri centrali devono ridurre l’incertezza,
tranquillizzare gli operatori, offrire una prospettiva ai mercati che valga per il medio/breve/lungo
periodo. Da soli i mercati non si stabilizzano, dobbiamo fare affidamento alla banca centrale, si pende
dalle sue labbra: i mercati si reggono su convenzioni e questo è indice di forte instabilità, perché
possono cambiare per qualsiasi motivo.
Ci sono posizioni molto diverse e quindi ricerche diverse di politica economica, perciò anche modelli
diversi. Radicalizzando le posizioni, abbiamo:
• modello macroeconomico neoclassico: c’è poco spazio per l’incertezza, tanta informazione e i mkt
tendono ad equilibrarsi. Qui la moneta funge da lubrificante dell’economia, funge da mezzo di
scambio, crea i prezzi dei beni, non influenza l’equilibrio in termini di consumo, investimento: è una
moneta neutrale (moneta-velo), parliamo di un sistema dicotomico;
• modello IS-LM: ha un impianto keynesiano; la moneta è non solo utile per lo scambio e a
determinare l’output, ma è anche un’attività finanziaria che entra in competizione con le altre,
pertanto è riserva di valore (mercati reali e finanziari vengono a interconnettersi); voglio moneta non
solo per scambiare ora ma per mantenere la mia ricchezza attuale nel futuro eventualmente per
comprare o per tesaurizzare. L’incertezza e le aspettative avranno quindi un valore più importante; la
moneta determina il tasso di interesse sul mkt monetario.
1) Modello neoclassico a prezzi flessibili
Descrive un’economia stabile in cui i mkt raggiungono la piena occupazione delle risorse.
Analizziamo un modello neoclassico con prezzi flessibili, dicotomia tra settore reale e monetario e
neutralità della moneta. Il modello presenta tre blocchi:
- offerta aggregata = rappresenta la produzione e il mercato del lavoro.
Qui si determinano i livelli d’equilibrio di occupazione (N) e di output (Y). La prima è individuata
dall’equilibrio fra domanda ed offerta di lavoro, che si determina individuando un salario reale (w =
W/P) ottimale in base al livello produttivo. La seconda invece si determina proprio da qui: quanto
prodotto nell’equilibrio del mkt del lavoro è proprio la produzione di pieno impiego (Y*), che è
determinato da una tecnologia F, da un capitale fisso K e appunto da N*, la forza lavoro, che
ipotizziamo essere al livello di pieno impiego.
- domanda aggregata = dato Y*, in questo grafico si individua un equilibrio nell’allocazione delle
risorse fra attività di consumo e risparmio, grazie all’aggiustamento del tasso di interesse reale (r), che
eguaglia risparmio ed investimento, cioè offerta e domanda di fondi prestabili.
r dipende dalla parsimonia delle famiglie e dalla tecnologia, è il «premio» per il posticipo del
consumo e viene determinato sul mercato dei beni, non dal mercato monetario (a differenza del
modello Keynesiano in cui dipende dalla politica monetaria).
- mercato monetario e prezzi = il ruolo della moneta in questo modello è esclusivamente quello di
determinare il livello dei prezzi tramite la teoria quantitativa della moneta. L’output non è influenzato
dalla moneta, cioè, se lo stock di moneta raddoppia, i prezzi dei beni raddoppieranno a loro volta,
ma non per questo verranno influenzate le scelte di consumo (dicotomia).
La domanda di moneta (DM) dipende dai prezzi, dall’output che in questo caso è Y* e dal tasso di
interesse nominale (r*+ π), mentre l’offerta di moneta (OM) supponiamo sia esogena, perché
ipotizziamo che la banca controlli il tasso di interesse e non l’offerta di moneta. Dato che conosciamo
già Y* e r* e supponiamo aspettative di inflazione esogene (backward looking), è facile determinare il
livello dei prezzi mediante l’individuazione dell’equilibrio sul mercato (DM = OM).
Nel modello c’è poco spazio per l’incertezza, è facile raggiungere l’equilibrio, l’informazione è
praticamente perfetta. C’è il tempo, ma il modello è sostanzialmente atemporale: tutto viene deciso
nel periodo iniziale. Nella prospettiva neoclassica è assente una forte giustificazione su natura e ruolo
della moneta.
2) Modello IS-LM
Modello con mkt centralizzati ma manca un banditore che fissa i prezzi, questi sono fissati dagli
agenti, price setters e non più price takers. I segnali di quantità sono più importanti di quelli di
prezzo: fissato il prezzo, gli agenti aggiustano le quantità. Poiché l’aggiustamento dei prezzi rispetto
alla variazione delle quantità è lento, semplifichiamo in modo estremo ipotizzando prezzi fissi nel
breve periodo (quindi i = r). Dato il prezzo, è la domanda dei beni che traina l’offerta, pertanto
l’equilibrio si raggiunge variando la quantità.
Nella visione keynesiana nel breve periodo la produzione è inferiore al pieno impiego (Y<Y*): non
tutte le risorse sono impiegate, ed è logico perché il mkt del lavoro è semplice riflesso del livello della
domanda: la domanda è alta quindi alta produzione quindi alta occupazione, viceversa nel caso
contrario. Dipende da essa che a sua volta dipende da consumo ed investimento, questa è la logica
della curva IS. Allo stesso modo nel mkt monetario. Quindi:
IS = equilibrio sul mkt dei beni; l’offerta AS si aggiusta con la domanda AD = C + I + G
LM = equilibrio sul mkt monetario; l’offerta di moneta che ipotizziamo ancora come esogena dovrà
corrispondere alla domanda di moneta, che come prima dipende dal livello dei prezzi, che abbiamo
ipotizzato essere fisso, dal tasso di interesse reale e dal livello di produzione. In questo caso la moneta
è anch’essa un’attività finanziaria, che andrà perciò distinta dai titoli e il suo rendimento (l’inflazione)
è zero per l’ipotesi dei prezzi fissi. Se c’è equilibrio sul mercato monetario, c’è anche su quello dei
titoli per la legge di Walras, quindi possiamo concentrarci sul primo.
L’equilibrio simultaneo sui due mercati viene raggiunto individuando un livello specifico di
produzione e uno del tasso di interesse reale => (Y ; r). Se l’output prodotto aumenta nel corso del
tempo (Y0 < Y1), la domanda di moneta si sposterà verso l’alto (aumenterà). Per riportarci in
equilibrio sarà quindi necessario, visto l’offerta esogena, aumentare il tasso di interesse.
Il modello può essere esteso con l’aggiustamento lento dei prezzi nel medio periodo mediante la
curva di Phillips. Per un neoclassico il lungo periodo è molto rilevante, mentre per il keynesiano non
così tanto perché vive nel breve pur riconoscendo l’esistenza nel lungo.
Moltiplicatore della base monetaria. La banca centrale controlla la base monetaria nelle sue due
componenti: riserve bancarie (banconote virtuali nel proprio conto) e circolante (banconote fisiche
distribuite nel sistema).
Quello che invece per noi è moneta, circolante più depositi, è controllato indirettamente da lei.
Facendo il rapporto fra base monetaria e moneta, possiamo dire che esiste un rapporto tra circolante
e depositi di natura strutturale cioè si vuole sempre avere un po’ e un po’ di entrambi.
r = rapporto riserve/depositi desiderato dalle banche
c = rapporto circolante/depositi desiderato da famiglie e imprese
Entrambi stabili e prevedibili. La banca centrale controlla indirettamente OM perché controlla
direttamente le componenti di BM. Dal rapporto otteniamo il moltiplicatore della base monetaria: se
la base monetaria è stabile, la banca centrale controlla un aggregato monetario ampio che comprende
anche i depositi pur controllando solo base monetaria; se c’è stabilità nel moltiplicatore la banca
centrale riesce a stabilizzare facilmente il sistema monetario in un segmento più ampio.
Trappola della liquidità => tassi di interesse bassissimi; in Germania anche negativi tanto che molte
persone hanno ritirato i loro guadagni dai depositi per metterli nelle cassette di sicurezza.
In questa situazione se la banca centrale aumenta l’offerta di moneta implica un abbassamento
ulteriore del tasso di interesse, se è a zero non si abbassa: la manovra di politica monetaria non è
efficace, non riesce a ottenere i suoi scopi, la curva LM è di fatto piatta ma non riesce a scendere
Nella trappola della liquidità abbiamo una politica monetaria che non riesce a influenzare il sistema
dal punto di vista produttivo a causa dei tassi di interesse molto bassi.
Due visioni dell’offerta di moneta
- esogena = banca centrale può comprare l’offerta di moneta, significa che c’è una D di moneta per
cui se aumenta il tasso di interesse (vuol dire che le obbligazioni mi rendono di più) aumenta la
domanda di moneta perché sono incentivato ad investire. L’obiettivo della banca centrale è
controllare l’offerta di moneta, il numero di banconote in circolazione: la curva di offerta è quindi
verticale perché periodicamente la banca stabilisce lo stock di moneta a disposizione. Ne consegue
che la curva LM è positivamente inclinata, perché quando Y aumenta, la curva di domanda di
moneta va verso l’esterno: gli scambi sono aumentati a causa dell’aumento di Y e quindi voglio più
moneta. Per avere più moneta devo smobilizzare parte del mio portafoglio: più moneta significa
meno titoli, devo venderli, pertanto diminuisce il loro prezzo, essendovi un eccesso di offerta, e
quindi diminuisce il tasso di interesse.
Se la regola della banca centrale è tenere fissa l’offerta di moneta, LM è positivamente inclinata
- endogena = se la banca centrale si propone di tenere fisso il tasso di interesse, la regola che segue è
aggiustare l’offerta di moneta per ottenere questo risultato. In questo caso LM è piatta.
LA NATURA DELLA MONETA
La moneta (M) storicamente aiuta a risolvere i problemi di scambio per un agente che opera in una
situazione incerta, con vincolo di costi, tempi e informazioni. Consente di scambiare efficacemente i
beni, ma deve essere riconosciuta da tutti come legge di scambio e deve avere determinate
caratteristiche. Le funzioni distinte ma fra loro interconnesse che ricopre sono:
- mezzo di scambio = ciò che il compratore corrisponde al venditore, nello scambio monetario
- unità di conto = misura di valore/potere d’acquisto (prezzi dei beni), cioè quanta moneta mi serve
per ottenere in cambio un altro bene
- riserva di valore = permette il trasferimento nel temo del valore, quindi una caratteristica
desiderabile della moneta è la non deperibilità
Tipi di moneta che possiamo avere:
• Nessuna => baratto. Scambio di beni, economia basata sui prezzi relativi delle merci; con 3 beni
abbiamo tre possibili scambi, con un quarto bene aggiunto abbiamo 6 scambi, quindi se abbiamo N
beni, avremo N(N-1)/2 (faccio N-1 perché non scambio bene con se stesso, diviso 2 perché è uguale
dire che scambio un bene con l’altro e viceversa) scambi o mercati. Nell’economia di baratto, in
assenza del banditore, i mercati sono decentralizzati e presentano alcuni problemi:
a) numerosi = in un’economia complessa come la nostra questi scambi sarebbero troppo numerosi
perché i prezzi relativi possano essere informativi ed efficacemente organizzati
b) sottili = con contrattazioni bilaterali, il prezzo relativo P non è un prezzo di mercato capace di
segnalare il valore del bene, non è conosciuto e non è informativo per altri scambisti e altri scambi.
Infatti il prezzo relativo può cambiare molto a seconda del luogo, tempo, aspetti soggettivi.
• Moneta merce. La moneta emerge in modo naturale, è un’invenzione sociale per risolvere questi
problemi: questa convenzione è più facilmente sostenibile quando la moneta è una merce facilmente
riconoscibile, che ha valore intrinseco, cioè nessuno può dire che quella moneta non ha valore di per
sé: per esempio l’uomo ha sempre avuto una passione per l’oro, è facile comprendere che esso e i
metalli preziosi siano la base naturale per avere un sistema monetario. Non è di per sé necessario che
abbia valore intrinseco, ma se l’informazione è scarsa ed è bassa la fiducia degli scambisti, tenderà ad
averlo e ad essere durevole, cioè ad essere una buona riserva di valore. Ci sono dei limiti:
a) non deve essere troppo grande il taglio, perché il taglio minimo, cioè la capacità di acquisto,
sarebbe troppo elevato: limiterebbe l’utilizzo pratico della moneta stessa. Cioè non posso dire che il
taglio minimo sia 10.000 euro perché non è utile.
b) limiti alla trasferibilità fisica = pesante, tanta quantità
c) costi di tesaurizzazione = l’oro-moneta non può essere destinata ad altri usi
d) slegata dalle esigenze dell’economia = lo stock di moneta aurea non si regola in base all’esigenza
dell’economia ma dipende da fattori naturali, cioè da quanto oro c’è in giro e ciò dipende da quanto
ne è stato estratto e da quanto se ne potrà estrarre da qui a un tempo ragionevole. Questo è il più
grosso limite della moneta merce: l’utilizzo della merce è complicato.
Quando la moneta è rara c’è politica monetaria restrittiva. Caratteristiche desiderabili per una moneta
merce sono che sia facilmente riconoscibile, trasportabile, durevole, al fine di mantenere la fiducia
degli scambisti.
• Moneta segno. Molte delle rigidità sono superate rescindendo la coincidenza tra moneta e l’oro o
altro bene durevole. Questo tipo di valuta non ha dietro una merce, non ha un valore intrinseco, è
quindi più fragile perché emerge nell’economia come una convenzione stabilita da privati o dallo
Stato che limita gli effetti della mancanza di fiducia tra scambisti; la convenzione costituisce una
grande bolla. Caratteristiche:
- più flessibile = che è cosa positiva e negativa: da una parte, non avendo il fardello dell’oro può
seguire la crescita economica, aggiustarsi in base alla necessità degli scambi, ma dall’altra questo può
anche creare instabilità, ad esempio la troppa moneta comporta più inflazione e un calo della fiducia.
- non c’è un ovvio limite alla creazione monetaria
- viene scambiata in modo efficiente, sia fisicamente che virtualmente.
- il costo di produzione è sostanzialmente nullo, ma si mantiene la fiducia attraverso sistemi
informativi affidabili, stampa delle banconote e monete di difficile falsificazione, ecc.
Una moneta efficiente ha nel tempo un prezzo stabile in termini di beni, vuol dire che l’inflazione si
aggira intorno allo zero, e questa stabilità viene mantenuta variando lo stock di moneta in base alle
esigenze dell’economia: questo vantaggio è impossibile da raggiungere con una moneta merce che
nella sua creazione è vincolata allo stock di oro a disposizione. Significa però che con la moneta
segno non è immediato identificare una regola adeguata di creazione della moneta, è necessario da
parte della banca centrale, al fine di mantenere alto il livello della fiducia degli scambisti, definire gli
obiettivi da raggiungere tramite la moneta e i modi per farlo. Di norma la banca vuole:
- stabilità dei prezzi = inflazione del 2% per la BCE. Gli indici che la misurano la sovrastimano
sempre, quindi avere una inflazione del 2% significa averla sostanzialmente nulla, perché se aumenta
il prezzo di un bene a causa dell’inflazione costa di più e cambio prodotto ma il paniere usato per
registrare rimane fisso, non registra questo aggiustamento, e questo porta l’indice a sovrastimare
l’inflazione. Un’altra ragione per cui si mantiene questo aspetto è quella legata alla riduzione dei salari
reali, che può avvenire così: o con un abbassamento del numero di euro del salario nominale
mediante contratto, ma anche con l’inflazione a parità di salario nominale, e questo non crea
problemi di natura sociale.
- tendenza verso la piena occupazione
Economia creditizia: ci porta a distinguere fra la banconota e il deposito bancario o prestito bancario.
In t D riceve Y da C e promette di restituirgli in t+1 Y(1+r), ma talvolta in t+1 D non può o non vuole
rispettare questo contratto, e questo è un disincentivo al prestito per C. dare credito richiede di
valutare la probabilità del buon esito del contratto di credito, il quale dipende:
- dal futuro stato del mondo, descritto da una variabile casuale esogena (informazione imperfetta)
- da alcune caratteristiche di D che C non conosce prima di stipulare il contratto (informazione
asimmetrica, adverse selection ex ante) o che non osserva, dopo la stipula del contratto (moral hazard,
ex post)
Ci sono contratti che limitano gli effetti di questa asimmetria informativa. E’ importante da preservare
questa funzione della moneta, soprattutto essa, in quanto riserva di valore, facilita lo scambio perché
se ne ho abbastanza non devo chiedere credito: se il debitore possiede uno stock di moneta, per il
creditore non è necessario conoscere D perché gli basta sapere che ha una riserva importante per far
fronte a un eventuale inadempimento del contratto.
• Moneta legale. È il caso in cui la bolla della moneta segno viene garantita da un ente, normalmente
a livello statale, in termini di qualità e di accettabilità. Se la moneta è emessa dallo stato, e se è esso
stesso a garantire questa convenzione, da un lato costringe le persone a usare quel tipo specifico di
moneta, dall’altra parte rende la convenzione molto più credibile: egli si impegna garantire la qualità
(difficile falsificazione) e la piena accettabilità (i debiti sono per legge estinti via il pagamento in
moneta legale). Lo Stato incamera in tal modo un potere di mercato molto rilevante, anche perché i
costi di produzione della moneta sono inferiori al suo valore di mercato: questo determina il rischio
di un possibile abuso della posizione dominante dell’emittente se lo stock è creato per fini politici.
• Moneta bancaria. La moneta bancaria è assimilabile alla legale ma consente di fare assegni, bonifici,
usare la carta di credito. Il circolante è quindi solo una parte dello stock di moneta, la gran parte è
quella che abbiamo nei conti correnti.
Non ha potere liberatorio ma in condizioni di normalità dei mercati, e cioè di alta fiducia, è
assimilabile alla legale: se la convenzione è valida accetto la moneta bancaria che è come se fosse
virtuale. La fiducia cala se ho la sensazione che la banca da cui ricevo questa moneta fallirà oppure se
non ritengo che l’assegno sia coperto.
Non potrò mai avere piena fiducia perché questo accade solo se le riserve bancarie sono al 100% dei
depositi, situazione che renderebbe impossibile i prestiti.
In condizioni di ordinario funzionamento dei mercati, la moneta bancaria è trasformata in moneta
legale (M0) immediatamente e senza costi significativi (bid ask spread = 0). I depositi bancari a vista
sono liquidi ed entrano in una definizione di moneta ristretta (M1), mentre i depositi vincolati
entrano in aggregati monetari più ampi (M2, M3) e meno liquidi.
La moneta bancaria si rivela necessaria perché è più smart: è tracciabile, centralizzabile, evolve
tecnicamente diventando più efficiente, comoda e sicura. Le innovazione finanziare sono fonte di
remunerazione per il sistema bancario, accrescono l’efficienza dei mercati ma possono creare
instabilità, perché non ci si rende conto spesso dei problemi che possono scaturire dalle innovazioni.
Esempio: i fondi monetari nati negli anni 70 sono fondi comuni (money market funds) con una
differenza rispetto ai conti correnti: offrivano un interesse. La gente quindi trasferisce i risparmi dalla
banca a questi fondi che investono in attività sicure garantendo suddetto interesse. Se il mercato crolla
e tutti cercano di vendere questi fondi, per quanto siano sicure queste realtà non sono comunque
moneta quindi ci sarà una perdita in conto capitale. In condizioni normali il fondo è come moneta, in
condizioni di stress invece viene meno quella convenzione che tiene in piedi il tutto.
MONETA DELLO STATO O PRIVATA
Si parla di moneta privata in contrapposizione a quella fornita dallo Stato: egli ci fornisce una
convenzione con la quale garantisce la stabilità di una moneta comune, che, secondo i liberisti
estremi, può essere superata da una convenzione puramente privata in cui sono i privati ad emettere
moneta, e sarà la concorrenza fra privati a far emerge la moneta privata vincitrice senza intervento
statale e quindi monopolio legale. Questo è positivo per i liberisti perché limiterebbe il margine di
azione dello Stato, che dal loro punto di vista interferisce nei mercati e tenta di sfruttare il signoraggio.
Secondo loro la moneta legale è espressione del cattivo monopolio statale e viene utilizzata per
comprare consenso politico.
Il problema è che, seppur le valute private impediscano lo sfruttamento del monopolio, la libertà di
entrata nel loro mercato fa sì che ci siano tante monete in competizione e questo rende molto volatile
il valore di una o dell’altra, come un tasso di cambio, inoltre se si afferma una sola di queste monete
si ha comunque un monopolio, indipendentemente che la moneta sia pubblica o privata. Il tutto
determina problemi di squilibrio sociale legati a meccanismi di mercato.
Nella prospettiva liberista, libertà di entrata e concorrenza nell’emissione di moneta portano a una
moneta privata di qualità più elevata che meglio conserva il potere di acquisto: l’emittente privato è
profit motivated e nello sfruttamento del signoraggio è vincolato dalla necessità di emettere moneta di
alta qualità per non farsi surclassare da un’altra valuta che meglio adempie a questo obiettivo, inoltre
la concorrenza potenziale impedisce lo sfruttamento del monopolio nell’emissione.
Un’alternativa alla privatizzazione e alla competizione tra monete è la competizione tra monete legali
nazionali. In questo modo infatti:
- Il signoraggio è limitato dalla concorrenza di altre monete legali (escludendo il caso
dell’inconvertibilità) => la moneta nazionale perde valore nei confronti delle altre se si approfitta
troppo del potere di monopolio stampando troppa moneta;
- lo stato riconosce l’incentivo a offrire monete di cattiva qualità => per competere con altre monete
nazionali, limita il signoraggio delegando la banca centrale alla gestione della monete.
- storicamente, dalla competizione emerge una moneta di scambio internazionale, che idealmente è
quella di miglior qualità, e questo conferisce grande potere al suo emittente, economico e politico.
• Moneta sovranazionale. È una moneta non di una nazione ma che molte nazioni utilizzano come
propria; questo evita lo sfruttamento del signoraggio perché la gestione della moneta è demandata a
un board sovranazionale per cui tutti i membri dell’accordo si controllano l’un l’altro e limitano a
vicenda l’incentivo al signoraggio e al sovranismo monetario. È anche un punto di debolezza perché
la moneta è di tutti e di nessuno: non è chiaro il rapporto fra gli Stati dell’Eurozona: i paesi sono
deboli nell’affrontare problemi come quello del debito pubblico.
CRIPTOVALUTE (CV)
Una cripta valuta è una moneta segno emessa da un privato senza alcuna garanzia esterna che si basa
su una convenzione: gli altri privati la riconoscono e sono disposti a scambiare attività finanziarie con
essa. Dietro questa convenzione non c’è moneta merce con valore intrinseco, il suo valore si basa
solo sulla stabilità dei mercati, che però è problematica essendo in un mercato di competizione fra
valute private il cui valore è estremamente volatile. Sono infatti circa 1600 le cripto valute emesse alla
ricerca di profitti nel breve termine.
Il valore fondamentale di un’azione dovrebbe riflettere i suoi rendimenti futuri attesi, ma spesso
l’acquisto riflette la sola scommessa di una futura rivendita a prezzo maggiorato. Anche quadri e
collectibles non hanno valore intrinseco: il prezzo positivo della valuta dipende da convenzioni sociali
più o meno salde che rimandino lo scoppio della bolla. Il suo scoppio è più probabile con la
proliferazione della criptovalute: se il prezzo aumenta, chi acquista deve affrettarsi a vendere perché
lo scoppio della bolla diventa più probabile.
La cripto valuta è un mezzo di scambio inefficiente rispetto alla moneta segno: l’offerta della seconda
dipende da quanto oro è disponibile, l’offerta della prima dipende da un algoritmo slegato dalle
necessità degli scambi (è già predisposto un limite allo stock), legato al prezzo dell’energia elettrica.
Inoltre, è inefficiente rispetto al sistema bancario: il sistema dei pagamenti ufficiale con regolazione
lorda istantanea è attualmente più economico e veloce. Gli scambi di cripto sono lenti e costosi,
anche in termini di energia, inoltre non sono quasi mai accettate come mezzo di scambio.
Infine, non è nemmeno riserva di valore perché quest’ultimo cambia continuamente. C’è un asset
finanziario molto rischioso perché il prezzo della valuta è molto volatile: investitori con una normale
tolleranza al rischio di norma non considerano adeguato l’investimento in CV.
Quindi la domanda di cripto va spiegata non come affrancamento dal signoraggio con una moneta
privata, è una domanda altamente speculativa. Poi, essendo la moneta anonima e gli scambi non
tracciabili diventa mezzo di scambio per transazioni illegali. Inoltre, lo Stato reagisce sia alla perdita di
signoraggio sia all’erosione del suo potere politico, connesso alla perdita di controllo della legalità
delle transazioni.
MONETA ESOGENA ED ENDOGENA
Tenere fisso tasso di interesse rende endogena l’offerta di moneta, o viceversa tenere fissa
quest’ultima rende endogeno il tasso. C’è un altro modo di parlarne:
- moneta endogena = è il risultato finale di un processo di riequilibrio dei mkt finanziari, dove prima
viene creato credito e poi viene creata moneta. Esempio la banca dà credito a X, quest’ultimo ha
quindi una qualche disponibilità sul conto corrente, la moneta appunto
- moneta esogena = prima si devono avere i soldi sul conto corrente e poi nel sistema bancario,
avendo liquidità, può aumentare il credito. Mette insieme decisioni delle famiglie, banche e della
banca centrale che modifica le condizioni di accesso al credito controllando o tasso di interesse o base
monetaria.
Stato patrimoniale delle banche
Nella banca centrale:
- attivo: oro, riserve di moneta estera, i titoli pubblici acquistati dalla banca centrale (credito verso il
governo), lo stock di moneta che serve a rifinanziare le banche, cioè i prestiti che periodo dopo
periodo vengono rinnovati che la banca centrale dà alle banche di credito ordinario.
- passivo: circolante, i depositi effettuati dalle banche a credito ordinario, possono essere le riserve
obbligatorie (RR) o le riserve in eccesso (ER).
Quindi nelle banche a credito ordinario:
- passivo: depositi a vista (conto corrente, chiusi subito) o quelli vincolati ad esempio depositi aperti.
- attivo: riserve libere ed obbligatorie, i prestiti privati e i titoli pubblici che la BC ha comprato
I prestiti erogati dalle banche che per loro sono attivi saranno passivi per le famiglie, mentre all’attivo
queste ultime hanno il circolante, i titoli di stato posseduti da famiglie ed imprese, i depositi a vista e i
titoli comprati dalla banca a credito ordinario.
In presenza di tutti questi legami, quando qualcosa va male per un’impresa, che es non riesce a
pagare i propri debiti, questo ha un impatto più o meno importante sul bilancio della banca che si
trova un attivo inesigibile, si trova con un indebolimento degli asset che determina una scarsa
patrimonializzazione, con una richiesta di finanziamento alla BC ecc.
Diversi tipi di moneta e il moltiplicatore
- M0 = il circolante con le riserve delle banche presso la banca centrale (ER + RR)
- M1 = M0 + i depositi a vista; “moneta in senso stretto” perché è la liquidità al massimo grado
- M2 = M1 + depositi vincolati con scadenza fino a due anni o depositi trasformabili in circolante con
preavviso fino a 3 mesi; non sono asset rischiosi, è una moneta più ampia ma meno liquida
- M3 = M2 + pronti contro termine, fondi monetari, strumenti di debito maturità max 2 anni;
comprende attività ancora meno liquide e con un rischio maggiore.
La BC ha diretto controllo sul circolante e sulle riserve, quindi su M0, quindi controlla solo
indirettamente M1, M2, M3…, perché in esse vengono coinvolti altri attori economici, ad esempio i
depositi dipendono dalle scelte delle famiglie.
Il moltiplicatore monetario lega la base monetaria alla moneta in senso stretto: faccio rapporto
M1/M0. Ipotesi comportamentali:
- rapporto circolante/depositi in cui c’è propensione ad avere moneta sulla base di quanto ho in banca
(es se ho 100 di depositi voglio 20 di circolante, ho uno 0,2)
- rr = sono le riserve obbligatorie e riguardano le banche (esempio devono tenere l’1% di depositi)
- er = è invece un elemento comportamentale sempre riguardante le banche e riguardo le riserve in
eccesso rispetto quelle obbligatorie, che dipende dalle abitudini delle famiglie (se sono abituate a
chiedere un tot di circolante essa farà in modo di adeguare la quantità di circolante a disposizione in
funzione di questa domanda) oppure può dipendere dal costo di tenere questo circolante, se non si
perde troppo profitto. Le banche dovrebbero essere avverse al rischio e quindi dovrebbero voler
evitare di avere poca liquidità.
M1 si appoggia a M0 emessa dalla BC, la moneta bancaria nell’economia dipende da quella legale.
AF (azioni finanziarie) emesse da importanti istituzioni non bancarie sono quasi moneta ma non sono
controllabili da CB, quindi fonte di instabilità.
E’ stabile il controllo BC rispetto a condizioni liquidità sistema? È complicato controllare M3, M2 e
anche M1. Ad esempio il moltiplicatore dell’offerta di moneta in UK che pure è una economia
stabile è aumentato tantissimo dagli anni 80 a parità di M0, vuol dire che è aumentato moltissimo M1,
fenomeno chiamato finanziarizzazione dell’economia: accanto a M1 che cresce molto al pari di M0
c’è una crescita di altri asset finanziari categorizzabili nelle altre Mi. Nel 2008 viene a collassare. Il
sistema è diventato sempre più grande rispetto agli strumenti a disposizione della banca.
Moltiplicatori monetari per M1 e M2 per crisi del ’29 e per crisi del 2008:
- 1929: M2 cresce un po’ più di M1, poi crolla perché crolla la fiducia nei depositi bancari e vincolati,
in tutto quello che non è moneta liquida M0; i depositi non sono zero ma in una situazione di
instabilità c’è una corsa agli sportelli che determina un forte decremento della liquidità a disposizione
delle BC. Le gente vuole M0 non M1
- 2008: quello che succede in questo caso è che abbiamo grande stabilità finché improvvisamente i
mercati tracollano; la liquidità esplode nel momento in cui i mkt finanziari diventano incerti.
In una situazione del genere se parliamo di M0 come elemento sotto il controllo della BC, M0 è la
variabile prima (esogeno, variabile scelta dalla BC che poi influenzerà il credito) o la banca cerca
tramite altri strumenti di controllare il credito e poi dato questo ci sarà una certa liquidità (endogeno)?
• Visione tradizionale – moneta esogena
Nella visione tradizionale la moneta è esogena e il credito è il risultante di tale processo. CB controlla
il processo di creazione monetaria imponendo alla banca di tenere liquida una quota minima dei suoi
depositi (RR, riserve obbligatorie), cioè stabilisce il coefficiente di riserva obbligatoria: per aumentare i
depositi, quindi aumentare i crediti da erogare, impone alle banche ordinarie di aumentare
proporzionalmente la liquidità a disposizione.
Come se la procurano le banche ordinarie questa liquidità?
- vendendo i titoli alle famiglie: l’offerta di titoli aumenta, diminuisce il loro prezzo, quindi per
procurarsi liquidità la banca dovrà impattare sul tasso di interesse che aumenterà, dovrà pagare di più
questi depositi e a un certo punto non le converrà più garantire;
- vendendo i titoli alla banca centrale: se è disposta ad emettere liquidità comprandoli e lo fa
mantenendo stabili i tassi di interesse (politica monetaria espansiva: sta comprando quei titoli che
servono al banchiere per rifornirsi di riserve, e la BC è monopolista nell’erogazione di queste riserve);
se non li vuole comprare dovrà venderli alle famiglie.
BC controlla direttamente le riserve e indirettamente l’ammontare dei depositi.
Ragionamento: famiglie risparmiano/imprese vogliono investire => domandano depositi bancari =>
serve liquidità => tramite riserva obbligatoria la BC controlla l’offerta di depositi bancari => controlla
il sistema finanziario dal lato del passivo => le banche intermediano i depositi offrendo prestiti => i
prestiti ritornano al sistema bancario e diventano altri prestiti.
• Visione corrente – moneta endogena
Inizia dagli anni ’60: la moneta è endogena, non è più elemento cruciale, la BC guarda all’attivo
bancario, ai crediti.
Imprese e famiglie domandano credito per investimento e consumo, la banca lo concede se ha
convenienza, determinando una disponibilità monetaria sul conto corrente dell’interessato (il credito
«crea» i depositi). Quindi è solo dopo la concessione del credito che la banca richiede liquidità a CB.
Quest’ultima controlla il sistema agendo non più sulle riserve, ma sui tassi che influenzano la
profittabilità del credito.
Quindi: la BC compra dalla banca ordinaria i titoli da essa offerti perché con quell’attività la banca
ordinaria vuole fare credito a X, ma li compra a un certo prezzo, ex 5%; in tal modo obbliga la banca
ordinaria, al fine di garantirsi un margine di profitto, a fare credito a X con un tasso del 6/7%.
Decidendo il tasso con cui eroga il credito la BC determina il tasso dei prestiti: lo decide controllando
che chi offre il credito non sia troppo esposto.
LA MONETA NEL MODELLO A GENERAZIONI SOVRAPPOSTE
Studiamo due modelli che ci danno informazioni sul funzionamento della logica di mercato:
vogliamo capire come trasportare la ricchezza da un periodo all’altro considerando che il nostro
periodo di vita è finito e pertanto rende i mercati incompleti.
C’è un modo di completare i mkt, tramite l’intervento dello Stato: tralasciando sconvolgimenti vari,
esso è immortale, eventualmente intrusivo. Se lo stato si appropria di una serie di compiti dicendoci
cosa dobbiamo fare la nostra normalità viene superata e così l’incompletezza dei mercati. Lo stesso
compito può essere svolto però anche dalla moneta essendo una riserva intertemporale di valore
immortale, si trasmette da generazione a generazione: è un testimone di valore fra generazioni che
permette di migliorare l’efficienza dell’economia. Bisogna stabilire la politica monetaria ottimale. Lo
Stato è infatti costoso, bisogna capire come finanziarlo.
Quindi: gli agenti hanno vita finita e le generazioni si sovrappongono parzialmente fra loro: ogni
agente vive due periodi, definiti da tempo ed età, giovane (t) e anziano (t+1), in ognuno c’è
rispettivamente la generazione precedente vecchia e quella successiva giovane, e fra di loro
coesistono.
Ognuna di esse è uguale all’altra in termini di numerosità e di gusti (avranno stessa funzione di utilità)
e pure la stessa tecnologia, quindi non dobbiamo agire sulla produttività o sui gusti ma sulla moneta.
Ogni agente nasce con una dotazione Y° esogena, non ci concentriamo neanche su scambio e
consumo. Assunzioni:
- consumo pro capite per chi nasce in t: c1, nel periodo successivo c2t+1
- tutti hanno gli stessi gusti (agente rappresentativo)
- non ci sono shock (mondo deterministico), non ho incertezza
A) Autarchia
Da giovane, l’agente massimizza la propria utilità e stabilisce il migliore programma intertemporale di
consumo e da anziano attua quanto deciso nel periodo precedente. Anche con 3 o più periodi di vita,
in assenza di shock, vi è una sola scelta iniziale per tutti i periodi. Dobbiamo risolvere un problema di
ottimizzazione con due vincoli di bilancio per tenere conto dei due diversi periodi: quanto non
consumato da giovane viene risparmiato, considerando il tasso di interesse otteniamo quanto
possiamo permetterci di consumare da anziani (smoothing intertemporale del consumo).
Il consumo di domani è determinato dai prezzi di oggi. Normalmente pensiamo che r sia positivo, ma
questo dipende dal tipo di tecnologia vigente, potrebbe infatti essere negativo.
Il problema è che ogni giovane vorrebbe traslare un po’ del suo stock di risorse Y° che ha in t in t+1,
magari maggiorato con gli interessi, ma è impossibilitato perché da una parte ogni giovane come lui ha
lo stesso interesse, si trovano quindi ad essere incompatibili, dall’altra parte l’altra generazione
presente in t (anziani) nel periodo successivo sarà scomparsa e quindi non si può scambiare con loro.
Ogni agente può raggiungere l’equilibrio autarchico E che riflette le decisioni ottimali individuali e
decentrate ma è spesso subottimale. A livello economico non posso sommare le preferenze
dell’anziano e del giovane, quindi non posso tracciare le curve di indifferenza dei consumatori, ma le
scelte ottimali sono le stesse per ognuno. Il nostro è un equilibrio autarchico e non sfruttiamo la
presenza del mercato, che “non c’è”, ci arrangiamo con la nostra dotazione iniziale. In caso di
tecnologia avversa questo può però essere molto svantaggioso: se infatti fossi nel caso limite per cui
r = -1, il giovane non potrebbe consumare niente nel periodo successivo, morirebbe di fame a causa
anche dell’impossibilità di scambiare.
B) Stato
Possiamo affidarci allo Stato che ci dice cosa dobbiamo fare. Egli massimizza un problema di ottimo
sociale, non individuale: egli sa che in ogni periodo nella sue economia ci sono sia giovani che anziani
che hanno tutti uguale utilità, pertanto c’è solo un equilibrio stazionario da trovare, uguale per tutti i
periodi, derivante dalla somma delle utilità degli agenti esistenti nel periodo di riferimento; questo
semplifica molto la situazione perché possiamo non considerare più le differenze temporali. È uno
stato molto intrusivo che si tiene le dotazioni iniziali e i risparmi degli agenti.
• r > 0 = l’autarchia impone ai giovani un consumo eccessivo da giovani e un risparmio troppo basso
perché ognuno deve pensare a sé stesso, mentre sarebbe più efficiente impiegare tutto per il
risparmio. Graficamente significa che anche i giovani quando possono risparmiare tutto avranno una
dotazione maggiore derivante dall’incremento della dotazione iniziale grazie al tasso di interesse.
• r < 0 = la soluzione autarchica impone un risparmio eccessivo ai giovani, che devono risparmiare
anche se non conviene. Lo Stato supera il problema dicendo ai giovani di consumare e lo fa
redistribuendo parte delle risorse disponibili in t dai giovani agli anziani che non devono più usare
l’inefficiente tecnologia di trasferimento dei beni nel tempo, e così fa per ogni generazione. Questo
sposta di nuovo in avanti il vincolo di bilancio.
• r = 0 = la tecnologia di trasferimenti intertemporale è neutrale quindi l’equilibrio autarchico
coincide con quello di ottimo sociale.
E’ uno stato molto intrusivo che potrebbe non soddisfare completamente gli interessi di tutti, ad
esempio a causa di una asimmetria informativa: da un lato riconosciamo che ci permette di andare
oltre l’equilibrio autarchico, d’altra parte è una soluzione con dei limiti.
C) Moneta
La moneta consente di superare un’inefficienza importante: l’equilibrio autarchico che non consente
di sfruttare il mercato ma obbliga a regolarsi sulla propria dotazione iniziale. Essa è una riserva
intertemporale di valore infinita, quindi utile perché ognuno di noi ha vita finita e vorremmo poter
disporre al momento giusto di qualcosa che ha valore.
La moneta è un pagherò che vale per ogni generazione indipendentemente dal periodo: è una
convenzione sociale mantenuta molto saldamente, ma solo se garantita stabilmente: lo Stato stesso
può fornire questa garanzia certa, avendo vita infinita e potere coercitivo. Ipotizzo che il suo potere
d’acquisto rimanga costante nel tempo (rM = 0).
In t = - ∞ lo stato quindi dà alla prima generazione di anziani un certo ammontare di moneta da
spendere, da qui si eclissa, diventa solo un garante esterno della moneta legale, non impone scambi o
trasferimenti tra gli agenti, che agiscono massimizzando la loro utilità.
Lo scambio avverrà fra anziani e giovani: i primi cedono M per avere i beni dai secondi, che gli
conferiscono cedendo parte della loro disponibilità iniziale Y°, appunto in cambio di moneta.
Si può fare di meglio? Ci sono delle monete che potrebbero garantire un risultato ancora migliore.
Potrebbero esserci banconote che grazie a una tecnologia superiore fanno incrementare il valore di
un tot di moneta nel futuro.
Il problema di massimizzazione per metà è lo stesso: la gente vuole massimizzare la sua utilità con il
consumo di oggi e domani, quindi ha due vincoli di bilancio:
- periodo 1 = quello che consumo in t1 sommato a quello che risparmiamo in termini monetari è
uguale all’ammontare iniziale di risorse Y°
- periodo 2 = dove si consuma tutto quanto è stato risparmiato
I beni e quindi il consumo ora sono misurati in unità monetarie e non fisiche, per questo anche i
consumi sono dati dai prezzi per le quantità. Per esprimere in termini reali dividiamo tutto per il
prezzo t.
La stabilità dei prezzi (πt = 0) è desiderabile perché dà una situazione efficiente, quindi le banche
sanno che devono tendere nel lungo periodo a questo. Intuitivamente quindi viviamo in un mondo
molto neoclassico (certezza, no shock, no problemi demografici, produzione con piena occupazione
ecc.). Ci aspettiamo che i prezzi rimangano costanti quando anche l’offerta di moneta lo è: perché la
prima richiede la seconda, nell’ipotesi che tecnologia e generazioni siano costanti nel tempo.
Possiamo avere due situazioni:
- Neutralità = stock di moneta non influenza le scelte di consumo
- Super neutralità = la crescita di moneta non influenza le scelte di consumo; quest’ultima condizione
dipende da come la nuova moneta viene immessa nell’economia.
Devo fare un trasferimento proporzionale di moneta a ciascun individuo nel suo periodo di vecchiaia.
A livello aggregato, ma anche a livello individuale, in tal modo ogni periodo/istante lo stock di moneta
cresce a un tasso “mi”. La moneta cresce ma non cresce lo stock di risorse, che è sempre y°, di
conseguenza dovrà aumentare il livello di prezzi (inflazione) per far fronte alla maggior domanda di
beni derivante da avere più potere d’acquisto. (Foglio)
Lo stato crea la moneta, sfrutta il suo potere di monopolio e ce la vende per finanziare la spesa
pubblica, perché la nuova moneta è pagata da chi la vuole in termini di beni e servizi. Nel modello
finora ci siamo disinteressati della spesa pubblica ipotizzando che non incida sul consumo privato,
considerando invece questo aspetto le ipotesi cambiano.
Se g è molto alto, anche M crescerà, il tasso di crescita della moneta sarà elevato e così il tasso di
inflazione: significa che quando lo Stato spende molto e crea inflazione noi passiamo a un equilibrio
peggiore (da S a M), perché consumiamo meno risorse, dato che la moneta è di cattiva qualità, ha
poco potere d’acquisto. La differenza fra i due equilibri viene incamerata dallo Stato. È una situazione
subottimale.
ASPETTATIVE E DINAMICA INFLAZIONISTICA
Introduciamo un modello che descrive la dinamica del mercato monetario esaminata guardando al
ruolo delle aspettative. Finora avevamo una domanda di moneta che non aveva a che fare con
l’incertezza, con quello che abbiamo in testa riguardo al futuro: qui non ci preoccupiamo più di vita
finita, né del livello di produzione (viviamo in una teoria quantitativa della moneta in cui il livello di
produzione è quello di lungo periodo di pieno impiego) ma teniamo conto di quello che può
accadere in futuro. Tre tipi di dinamica:
- dinamica del mkt monetario
- dinamica inflazionistica con aspettative adattive (aggiustamento sulla base di quello che mi è
successo, imparo dall’esperienza)
- dinamica inflazionistica con aspettative razionali (cerco di indovinare immediatamente qual è il
futuro, avendo un comportamento forward looking, tipico dei mkt finanziari)
Voglio esaminare un mkt monetario in una situazione dinamica, dove la moneta varia nel corso del
tempo a un tasso mi. Se l’offerta di moneta cresce del 3% e i prezzi crescono del 3% allora in termini
dinamici mi è uguale all’inflazione. Se invece aumenta di più l’offerta della crescita dei prezzi allora
avviene qualcosa dall’altra parte dell’equazione. La domanda di moneta varia quando variano le
aspettative di inflazione. Alfa è l’unico parametro che non varia, è la struttura del mercato.
Ho un equilibrio sul mkt monetario dei tassi di crescita. Il tasso di crescita della offerta di moneta in
termini reali è uguale a quello della domanda in termini reali.
• Aspettative adattive (backward looking, AE)
Ipotizzo che la variazione nelle aspettative sia di tipo adattivo, cioè adattiamo le nostre azioni sulla
base delle nostre esperienze passate.
Siri = prima guardo cosa avviene e poi lo aggiusto; non mi preoccupo prima del tempo
Nel tempo aggiusto le aspettative di inflazione (derivata rispetto al tempo) sulla basa dell’errore di
previsione fatto nell’istante prima. Infatti ho un’equazione che mi lega l’inflazione attesa differenziale,
cioè che varia nel tempo, con l’errore di previsione, espresso dalla differenza fra inflazione di periodo
e inflazione stimata, moltiplicata per un coefficiente ß. Esso mi rappresenta il livello di aggiustamento,
cioè la reazione all’errore di stima, che è limitato e può essere grande (ß > 1), pari all’errore (ß = 1) o
piccolo (ß < 1).
Ho due equazioni che mi individuano la dinamica del mkt monetario con AE:
1) la crescita dell’offerta di moneta deve essere uguale alla crescita della domanda di moneta, che
cresce sulla base delle aspettative sull’inflazione
2) equazione di correzione degli errori di previsione sull’inflazione
Le metto a sistema risolvendo in funzione di πe variante nel tempo, e ottengo che esso è determinato
da un’equazione differenziale. Individuato l’intercetta verticale come z e la pendenza come gamma,
mi ritrovo nella situaizone generalizzata in precedenza sul foglio.
In particolare, a seconda delle ipotesi su gamma, l’aggiustamento varia:
• γ < 0 (quindi αß < 1) = allora l’aggiustamento sarà stabile. Significa che a fronte di una
perturbazione del valore dell’inflazione attesa rispetto al valore di periodo (che è mi), si ritorna a
questo equilibrio dato dalla crescita costante monetaria.
Se le mie aspettative di inflazione erano troppo basse (πe < π), mi correggo aumentando l’inflazione
attesa in funzione di ß, chiaramente la correzione è positiva, cioè devo spostare il livello previsto verso
l’alto, infatti nel grafico a) l’inflazione attesa cresce in funzione del tempo fino a stabilizzarsi intorno al
livello da raggiungere, il tasso di crescita monetario. Chiaramente la situazione è opposta se viceversa
ho sovrastimato l’inflazione futura (πe > π).
• γ > 0 (quindi αß > 1) = allora l’aggiustamento sarà instabile. Quando sbagli le previsioni potrei iper
reagire, ma ciò ha un effetto squilibrante, perché un piccolo errore di previsione mi porta a iper
reagire nel periodo successivo con aspettative troppo alte. Esse fanno calare la domanda di moneta, e
in equilibrio anche l’offerta. Ma dato che la crescita della moneta è costante, ciò che mantiene
l’equilibrio è il livello dei prezzi. Significa che per ripristinare un equilibrio derivante da una
sovrastima delle aspettative, creerò altra inflazione, e ciò condurrà a ancora più iper reazioni, che mi
allontanano sempre più dall’equilibrio.
La dinamica è nulla quando l’inflazione stimata coincide con il tasso effettivo di inflazione, cioè le
previsioni sono esatte, e il tasso di inflazione atteso è uguale al tasso di crescita monetaria.
Applichiamo una politica monetaria espansiva. Il banchiere può annunciarla, ma se la gente ha
aspettative adattive, prima vede se c’è stata la variazione e poi si aggiusta di conseguenza. In questo
contesto gli annunci non servono, perché il futuro non c’è e l’aggiustamento è rivolto al passato.
Questo è uno dei principali limiti di questo meccanismo, che rende il modello inadeguato.
Ipotizziamo venga attuata in t1: modificando il tasso di crescita monetario (prima l’offerta di moneta
cresceva del 5, ora del 10% ad esempio), cambia con esso l’inflazione, graficamente deve quindi
cambiare l’equilibrio precedente.
A questo punto le aspettative non sono più adeguate, prevedevo una crescita monetaria che si è
rivelata maggiore e quindi ho un’inflazione maggiore di quella che ho stimato, quindi A => B. Da qui
la freccia ci porta un po’ alla volta al nostro nuovo equilibrio, ci arriviamo aumentando gradualmente
le aspettative e sbagliando ripetutamente.
• Aspettative razionali (RE)
Se con le aspettative adattive avevamo a che fare con agenti che faticavano ad aggiustarsi, ora abbiamo
agenti sofisticati, conoscono tutto ciò che c’è da conoscere e riescono ad elaborare l’informazione,
sono forward looking, sanno già l’equilibrio su cui andremo. Prima l’equilibrio lo scoprivamo un po’
alla volta, per prove d’errore. Con le razionali sappiamo già qual è e ci fionderemo immediatamente.
Se gli agenti sono sofisticati non faranno errori (a meno di shock imprevedibili, ma immaginiamo un
mondo deterministico) e quindi le aspettative di inflazione sarà uguale all’inflazione effettiva.
Mettendo insieme questa condizione con uguaglianza fra domanda ed offerta di moneta otteniamo
un’equazione differenziale lineare di primo ordine. Nella nostra soluzione α è positivo (come avere γ
positivo), significa avere instabilità.
Dinamica instabile legata ad un’inclinazione positiva. Se vado anche di poco fuori dall’equilibrio
tendo ad allontanarmici sempre di più nel tempo. Come raggiungere e rimanere in equilibrio? In
questa situazione agiamo sul presente sulla base delle aspettative future, le quali dipendono dalle
future politiche monetarie. Conoscendo quindi le manovre che si ha intenzione di effettuare in futuro
e andando a ritroso dal momento in cui verranno compiute, è possibile fare le scelte che conducano
all’equilibrio e che consentano di rimanerci (comportamento forward looking). Bisogna però
conoscere la struttura dell’economia e non commettere errori di previsione sulle future politiche
monetarie (annunci precisi e vincolanti di una CB credibile) riguardo mi(t). in assenza di questi
requisiti difficilmente si raggiunge l’equilibrio.
• Politica monetaria espansiva inattesa attuata
Nel tempo t1 la banca centrale attua una politica monetaria espansiva (quindi aumenta il tasso di
crescita della moneta) senza aver fatto annunci in precedenza. Gli agenti se ne accorgono
immediatamente e saltano subito al nuovo equilibrio stazionario. Abbiamo un aggiustamento
immediato perché l’inflazione è forward looking: non sarebbe stato possibile con il backward looking
delle aspettative adattive. Qui non aspettiamo di sbagliare per rimediare, appena vediamo il cambio di
politica provvediamo ad adattare le aspettative.
• Politica monetaria espansiva attesa
La banca centrale annuncia in t0 che attuerà la politica in t1. Attraverso la prospettiva forward
looking, gli agenti percorrono a ritroso il percorso dal futuro equilibrio a quello attuale e individuano
il nuovo equilibrio stazionario, che però emergerà solo nel periodo successivo, quando si realizzerà la
policy espansiva. Da t1 inizia il percorso di aggiustamento verso di esso (dinamica instabile
temporanea), la reazione è comunque immediata. Se in t2 non avessimo ancora raggiunto l’equilibrio
previsto, andremmo in contro a una dinamica molto instabile.
• Politica monetaria espansiva inattesa e temporanea
La Banca centrale aumenta l’offerta monetaria in t1 per un periodo limitato, diciamo fino a t2, per
poi tornare alla situazioni iniziale. Viene sfruttata la dinamica divergente d’inflazione nell’intervallo
(t1;t2), al fine di arrivare in B in t2. Perché ciò accada, nel periodo di aumento dell’offerta monetaria
il sistema deve passare in A, dove l’inflazione è aumentata rispetto a t1 ma non è ancora al livello di
equilibrio previsto in t2, avrò una certa instabilità per forza di cose. Dopo diche, per ripristinare
l’equilibrio iniziale, passo da A a B, ritornando al tasso di inflazione iniziale solo in t2.
Si può anche cercare di anticipare gli annunci della Banca Centrale, perché quando tutti li sanno, tutti
avranno meno convenienza a tenere titoli. Potrei speculare sulla decisione della Banca e iniziare a
vendere i titoli prima del tempo.
Covid shock negativo sulla domanda (no acquisiti lockdown), shock sull’offerta.
Con i vaccini e green pass => domanda ha superato lo shock, si è riportata a livello pre-covid.
Se l’offerta riuscisse a tornare nella sua identica posizione non ci sarebbe inflazione, invece non riesce
a farlo, si sposta verso l’esterno ma di meno. Questo perché per i beni manifatturieri è necessario
rimettere in moto una catena di produzione molto complessa, i nuovi prodotti devono tenerne conto.
La domanda si è spostata molto verso l’esterno, la curva di offerta invece no, quindi aumenta la
produzione ma anche l’inflazione fino a che non riuscirà a raggiungere il punto desiderato. Per questo
la BC dice che l’inflazione è solo temporanea e l’O tornerà al suo posto velocemente, ma i mercati
non ne sono convinti.
Per capire se l’aggiustamento è veloce o lento devo guardare i tassi di interesse a lungo termine ma
devo distinguere fra reale (tecnologia e demografia lo determinano) e nominale (dato dal reale e della
dinamica inflazionistica, poiché il reale non cambierà tanto, sostanzialmente solo dall’inflazione).
L’inflazione da qui a 3 mesi dipende dalla posizione dell’offerta aggregata, cioè il prezzo dei beni
futuri dipenderà dalle attuali condizioni di produzione. Guardiamo pertanto le aspettative da qui a 5
anni: le previsioni non si sono modificate, l’inflazione è vista come temporanea, e la BC, fidandosi dei
suoi modelli, sostiene questo.
Se le aspettative di inflazione vanno fuori controllo un modello come quello con aspettative razionali
ha dei problemi: se la BC dice una cosa e le aspettative sono molto diverse diventa difficile governare
la situazione (un po’ il caso della BC che sorprende i mercati dopo una speculazione degli stessi). È
una lotta per decidere chi governa il sistema: se la BC è credibile gli operatori si adeguano, al
contrario se è costretta a capitolare perché il mkt non la segue, l’equilibrio può diventare preda di
credulità di vario tipo più o meno convincenti.
Esempio: giugno 2012, mkt convinto che l’euro sarebbe naufragato come progetto. L’annuncio di
Draghi ha corretto in modo sostanziale e repentino le aspettative: si è passati a una situazione in cui il
mkt si è piegato all’autorità della banca, perché le ha creduto.
La Lagarde a inizio crisi Covid ha fatto invece un cattivo annuncio: aveva detto che il mercato
deciderà, se i prezzi aumentano è perché lo vuole il mercato, noi non siamo qua a domare gli spread.
Ciò provocherebbe una crisi di liquidità.
LA DOMANDA DI MONETA E LE ATTIVITA’ FINANZIARIE
Nel precedente modello abbiamo dato per acquisito un certo tipo di domanda di moneta: domanda
esponenziale poi lineare nei logaritmi. Approfondiamo la questione della domanda di moneta
facendo un excursus sulle varie teorie che la riguardano e sul sempre più netto legame che c’è fra essa
e la domanda di altre attività finanziarie.
• La BC determina le condizioni di rifinanziamento delle banche per controllare le condizioni di
liquidità del sistema economico: in passato lo faceva guardando la quantità di riserve presenti nel
sistema lasciando fluttuare i tassi (posizione monetarista), ora fissa i tassi di interesse.
Per mantenerli al livello desiderato aggiusta e modifica l’offerta di moneta bancaria, cioè le riserve,
sulla base appunto di quanto è necessario per mantenerli costanti a quel livello.
Tecnicamente succede questo: la banca che necessita di liquidità vende dei titoli alla BC, a titolo
definitivo o con dei pronti contro termine (REPO). La BC compra questi titoli che magari sono a 20
anni per 15 giorni, oltre i quali la banca che li ha venduti ridà la liquidità ricomprandoseli, e via così.
In tal modo la banca centrale controlla quanta moneta bancaria dà così da tenere a un certo livello i
tassi (più sono bassi più le manovre sono espansive).
• Escluse le situazioni di stress, CB mantiene al livello desiderato i tassi di policy, che influenzano i
tassi di mercato e AD. Questa strategia richiede l’aggiustamento di Ms (endogena) a Md e cerca di
neutralizzare l’eventuale instabilità di Md.
• Il tasso giusto da mantenere dipende dalla D di moneta: se questa esplode è più difficile
controllarlo e mantenerlo costante che in presenza di una domanda stabile. Se poi la BC riesce a dare
la liquidità sufficiente a stabilizzare i tassi, si modificano le condizioni del credito, della domanda di
investimento e di consumo di beni durevoli: infatti se aumentano i tassi non solo diminuiscono gli
investimenti delle imprese, ma costano di più i mutui o le auto a rate, quindi diminuisce la domanda
di questo tipo di beni.
Keynes – la teoria generale (1936)
Accanto alla tradizionale funzione di moneta come finanziatrice di transazioni dei teorici della teoria
quantitativa della moneta, Keynes privilegia l’idea di moneta a scopo speculativo, come modo di
detenere ricchezza in concorrenza con altre attività finanziarie. Il modello di Keynes analizzato è ultra
semplificato, e le assunzioni sono:
- ricchezza (W) composta o da moneta (M) o da titoli irredimibili (B), cioè che durano per l’eternità,
si comprano e si vendono ma non hanno scadenza
- del titolo nella nostra situazione si è appena pagata una cedola, la prossima la daranno l’anno
prossimo ed ha valore unitario
- il prezzo di mercato di un titolo è dato dalla somma scontata (attesa) del valore delle cedole,
considerato il tasso di interesse corrente (i). La serie così strutturata converge a 1/i. La ricchezza di
questo agente è composta da M unità monetarie e un numero B di titoli moltiplicato per il proprio
prezzo, appunto 1/i => W = M + B/i
Punto cruciale del ragionamento keynesiano è che ciascun investitore guarda al futuro e si fa
aspettative sul tasso di interesse atteso ie (expected). Quanto mi rende il titolo? Se voglio venderlo ora
i, il tasso corrente, ma tra mezz’ora? Dipende da quello che è il tasso di interesse che mi aspetto.
In particolare questo rendimento atteso dipende da quanto mi rende il titolo ora e da quanto sarà il
mio guadagno/perdita in conto capitale in futuro. In futuro il prezzo che mi aspetto dipende dal mio
rendimento atteso pe = 1/ie, mentre p = 1/i è il rendimento corrente. Quindi se attualmente il titolo
vale 80, tra un anno vendendolo potrà essere 100 e allora realizzo un guadagno in conto capitale, ma
può anche darsi che il valore del titolo cada a 70, e allora realizzo una perdita in conto capitale.
Nella logica di Keynes il rendimento complessivo del titolo è quindi l’interesse corrente che ho e
quello che guadagno o perdo vendendo il titolo in futuro considerando l’interesse atteso. Il
rendimento complessivo aumenta quando il tasso di interesse corrente aumenta ma diminuisce
quando il tasso atteso aumenta, infatti se esso aumenta allora diminuisce il pe e quindi probabilmente
realizzerò una perdita in conto capitale. Sono indifferente quando il rendimento complessivo è uguale
a zero, situazione chiamata condizione del tasso critico, che dà una regola di comportamento: quando
il mio tasso critico è superiore al tasso corrente allora conviene tenere i titoli, quando invece è
inferiore al tasso di mercato detenere i titoli è stupido, sono indifferente quando si equivalgono.
Dipendendo dalle mie aspettative, il tasso critico è qualcosa di personale. La scelta è se detenere nel
portafoglio moneta o titoli, e scelgo confrontando l’interesse corrente con quello critico:
- i > ic => Re > 0 : nelle attese dell’investitore il prezzo corrente del titolo è abbastanza basso e ci si
aspetta un guadagno in conto capitale (o una perdita inferiore all’interesse i che offre il titolo) =>
meglio portafoglio di soli titoli
- i < ic => Re < 0 => mi attendo una perdita, meglio un portafoglio di sola moneta
Tasso critico (ic) = 3%; sopra solo titoli, sotto solo moneta. A livello di mkt i diversi tassi critici ci
danno una domanda di moneta aggregata che aumenta al diminuire del tasso di mkt (se questo
diminuisce sempre più persone avranno i superiore a quello di mkt e quindi sempre più persone
domanderanno moneta perché non vorranno tenere i titoli), quindi è funzione negativa di i.
Trappola della liquidità. Ognuno dei j investitori si comporta in modo diverso: la domanda di moneta
scoppia quando il tasso i è così basso che tutti si trovano nel secondo caso; se ipoteticamente il tasso
di interesse di mkt fosse zero, nessuno avrebbe un tasso critico inferiore a zero, per questo tutti
avranno un tasso critico superiore e tutti domanderanno moneta. La domanda di moneta diventa
quindi massimamente elastica nel momento in cui il tasso è minimo, non per forza zero: è la trappola
della liquidità. Nella trappola della liquidità, il mercato assorbe qualsiasi quantità di moneta offerta e
non è possibile avere un’ulteriore riduzione del tasso di mercato. Il tasso è al lower bound. Una
manovra monetaria espansiva dovrebbe portare alla caduta del tasso d’interesse che però non si
avviene. La politica monetaria è inefficace.
Volatilità delle aspettative. Il secondo problema è capire cosa succede se j cambia idea riguardo al suo
tasso critico: ad esempio improvvisamente vuole solo titoli. Può succedere perché le aspettative sono
volatili e le influenze cambiano. Per questo la domanda di moneta è instabile: il tasso di mkt non
cambia, ma cambiano le scelte di portafoglio di j, che ora vuole moneta e quindi la sua domanda
aumenta. Avere una aspettativa puntuale non significa essere certi, può sempre cambiare e questo
comporta un’instabilità della domanda di moneta.
La BC ha problemi a controllare la liquidità, sia con la trappola della liquidità, sia nel caso di tassi di
interesse più elevati se c’è volatilità. In caso di interessi elevati la BC può attuare una politica
monetaria ma non sapendo che posizione abbia la domanda di moneta non si sa che effetti potrebbe
avere, potrebbe essere addirittura destabilizzante.
Le critiche al modello
Keynes ha una posizione dirompente nel 1936, ma per quanto innovativa fosse la funzione di moneta
come riserva di valore che assorbe tutta la ricchezza quando i tassi sono bassi, la sua posizione riceve
diverse critiche:
• Nella domanda di moneta non inserisce la ricchezza, solo la motivazione per transazione (Y).
In teoria quando la ricchezza aumenta vogliamo sia più titoli che moneta. Se nella domanda non
abbiamo W e la ricchezza aumenta è come se volessimo solo più titoli. La domanda di moneta M/P =
m(Y,i) non ha un fattore di scala e non varia se deltaW=deltaB/i > 0.
Guardando i vincoli di bilancio di un operatore la cui ricchezza è composta da titoli e moneta, la D di
moneta varia quando devo finanziare più transazioni, ma visto che è solo il reddito che aumenta Y e
non W la ricchezza, se voglio più moneta devo smobilizzare parte dei miei titoli proprio perché la
ricchezza è data. Una pura variazione nel tasso di interesse ha il medesimo effetto su W: esso varia,
varia la domanda di moneta e per forza quella di titoli. A parità di ricchezza se prima avevo 500 e
500, se il tasso di interesse aumenta vorrò meno moneta (400) e quindi più titoli (600).
Dopo di che vale anche la relazione per cui se la ricchezza aumenta (da 900 a 1000), questo aumento
verrà distribuito fra ricchezza e titoli, ma Keynes dimentica il primo termine di questa relazione,
appunto. Quando la ricchezza aumenta quindi secondo il suo ragionamento si scarica solo sui titoli,
ne aumenta la domanda.
• Considera solo queste due attività finanziarie, in realtà ce ne sono di più e con caratteristiche
diverse; esse vengono tendenzialmente categorizzate sulla base del rischio e del rendimento atteso,
categorie che Keynes non comprende, egli racconta il rischio solo riferendosi alle aspettative puntuali
ma volatili.
• Considera un mondo normale nel senso gaussiano, cioè quando definiamo un asset finanziario con
media e varianza lo definiamo totalmente; il mondo non è normale, servono analisi del portafoglio
più sofisticate con un’ipotesi di non normalità, in cui avremmo una distribuzione con eventi estremi
più grossi (grandi guadagni e grandi perdite che avvengono più frequentemente che nel caso
normale). Il ptf del singolo individuo non è diversificato, la teoria del ptf che evidenzia la necessità
della diversificazione nell’allocazione ottimale delle AF verrà sviluppata dopo alcuni decenni.
• Decisioni troppo estreme sull’allocazione della ricchezza, normalmente non abbiamo solo titoli o
solo moneta; decisioni estreme a livello individuale sono però compensate a livello aggregato, ma non
nel caso della trappola della liquidità (instabilità dei mkt finanziari).
Il framework keynesiano (50-60)
Di fronte a queste difficoltà e in particolare all’instabilità di Md, la ricetta keynesiana è di puntare
soprattutto sulla politica fiscale, qualcosa di molto simile a quanto sta avvenendo ora. Uscendo dalla
seconda guerra molti paesi si trovarono indebitati, l’ortodossia economica del bilancio in pareggio
avrebbe consigliato di introdurre politiche restrittive, ma ci troviamo nel periodo d’oro dell’analisi
keynesiana: si verifica un rientro del debito ma la stabilizzazione del ciclo avviene soprattutto con
politiche fiscali, ci si fida poco della politica monetaria (UK ci mette 40 anni a riportare il rapporto
debito/Pil a livelli adeguati), perché Keynes sostiene che per stabilizzare occupazione c’è bisogno
della politica fiscale inoltre con Bretton Woods la politica monetaria si occupa solo di gestione dei
tassi e della politica del cambio.
LA DOMANDA DI MONETA
Si domanda moneta per:
• motivi transativi = privilegiati dai teorici della teoria quantitativa della moneta; il ruolo della moneta
è particolarmente rilevante nella determinazione dei prezzi
• motivi speculativi = quelli enfatizzati da Keynes; detengo moneta perché c’è instabilità sui mkt
finanziari; quando si parla di rischio e rendimento ci si chiede che ruolo abbia la moneta, per Keynes
è molto diversa dai titoli, ma tra le AF, la moneta ha liquidità massima ed è imperfettamente
sostituibile con altre AF per le quali c’è una probabilità di perdite in conto capitale, quando vengono
trasformate in moneta: bisogna valutare la moneta in un contesto di decisione di allocazione della
ricchezza (scelte di ptf) e, prima ancora, a valutare la scelta risparmio (e di accumulazione di
ricchezza). New view (anni ’60): la differenza tra la moneta e le altre AF è di grado e non di natura:
chi crea moneta (la banca) non è «speciale», ma piuttosto è soggetta a regolamentazione specifica,
dato che il loro attivo (prestiti) ha maturità maggiore del loro passivo (depositi a vista) e questo può
creare problemi d’instabilità
• motivi precauzionali = la moneta viene domandata in quanto forma liquida di risparmio, serve per
far fronte a piccoli ma anche grandi imprevisti, motivazione che si sovrapporrà con la seconda,
benché cambino le ragioni alla radice
Modello di Baumol 1952 – motivi transativi
Il modello vuole individuare la domanda ottima di moneta a scopo transattivo.
Situazione. Rossi spende Y e deve finanziare la spesa tramite moneta, in particolare ha bisogno di
Y = nM. Va in banca e ogni volta prende M dal suo conto, magari vendendo titoli, questo per n volte.
Diciamo che ci va 2 volte: 500 per i primi 15 gg poi 500 per i successivi 15 gg. Avrà uno stock medio
di M/2 detenuto tra due successivi prelevamenti.
Deve però sostenere dei costi:
a) il passaggio da AF a M è costoso (c>0 fisso) per via del tempo perso e dei costi di transazione.
b) AF alternativa rende un interesse i che perdo chiedendo la moneta in forma liquida.
Risolviamo il problema individuando la scelta ottimale delle scorte monetarie minimizzando i costi di
detenzione di M:
a) costo del prelevamento per il numero n di prelevamenti cn = cY/M
b) interessi perduti a cui si rinuncia detenendo in media M/2: iM/2
Li devo minimizzare: derivo rispetto alla mia variabile di scelta M, quanta moneta voglio detenere.
Se i è elevato farò più “file” alla banca per non rinunciare più dello stretto necessario all’interesse che
avrei se non richiedessi tanta moneta, perché a quel punto il costo di fare la fila è inferiore al costo
che devo sostenere se perdo gli interessi (domanda moneta funzione negativa tasso).
La moneta, pur essendo per transazioni, ha un piccolo elemento di natura speculativa perché
confronto sempre titoli con moneta, titoli che rendono e moneta che rende zero, per scegliere la
domanda. La minimizzazione potevo esprimerla in numero di volte che vado in banca, non solo in
termini di moneta domandata.
Motivi precauzionali
Allo stesso disegno del modello precedente sovrapponiamo un buffer, il risparmio messo da parte
per le emergenze. La domanda è proporzionale allo shock sul reddito e se questo è elevato lo sarà
anche la domanda. E’ un saldo di conto corrente oltre le normali esigenze di spesa che ci assicura ex
post contro piccoli shock negativi. L’assicurazione è efficace se è liquida (moneta o quasi moneta).
La domanda dipende dall’avversione al rischio dell’agente e dall’entità attesa degli shock.
Per i grandi shock non conviene pagare ex post con il buffer, è opportuno assicurarsi prima.
Fisher - motivi speculativi
Qui la moneta è parte della ricchezza, la quale di norma viene ereditata. Una volta accumulata ci si
chiede che tipo di risparmio fare: breve o lungo termine, che tipo di rischio ecc., mi pongo il
problema di gestire il mio portafoglio.
Le decisioni di risparmio e della sua allocazione tra diverse forme sono simultanee e coinvolgono
asset finanziari e reali. Analiticamente è conveniente separare i due passi:
i) decisioni di accumulazione = quanto consumare e quanto risparmiare per il futuro.
Nel modello a due periodi risparmio oggi per consumare domani; posso pensare che oltre alla
dotazione iniziale si guadagni qualcosa in futuro, il reddito atteso, grazie al tasso di interesse, che fa
lievitare quanto risparmiato. Guardo una ricchezza intertemporale da distribuire, la quale deriva,
soprattutto da giovane, dal valore di mkt del nostro lavoro. Questo lavoro in parte andrà in consumo
e in parte in risparmio; da anziano avrò una ridotta capacità lavorativa, la mia ricchezza umana si sarà
ridotta, ma avendo risparmiato la ricchezza che avrò sarà materiale, che cresce nel corso della vita
grazie ai tassi sui risparmi, e poi ho ancora quella reale (case, beni) e quella finanziaria.
Tecnicamente il problema può essere tradotto in una massimizzazione della funzione di consumo
intertemporale, scritta come comodamente separabile nel tempo anche se non è detto, avendo a che
fare con un vdb che ci dice che la nostra dotazione Y1 viene consumata ma anche risparmiata. Mi
aspetto che ci sia smoothing di consumo nel corso del tempo fra i due periodi: voglio avere risorse in
entrambi. Se poi d tende ad infinito ho un individuo massimamente impaziente; quando invece d = 0
è molto lungimirante.
ii) investimento = come investire il risparmio accumulato.
Data la ricchezza materiale W, mi chiedo in che modo investirla al meglio. Bisogna combinare
diverse AF in modo da avere il massimo rendimento atteso per un dato rischio.
Markovitz ragiona su questo all’interno di un mondo normale, scelto perché comodo per due ragioni:
- necessitiamo di soli due parametri, media e varianza, per descrivere accuratamente le caratteristiche
di tutte le attività finanziarie
- è un mondo stabile (robotico), cioè possiamo anche essere perturbati rispetto alla situazione di
equilibrio che coincide con la media, rendimento medio dell’attività finanziaria, ma lasciando che si
accumulino degli shock, questi tendenzialmente vanno a compensarsi gli uni con gli altri, perciò fuori
dalla media tendiamo a ritornarci.
Qui compone un portafoglio mettendo insieme attività finanziarie Rb (basso rischio basso
rendimento) e Ra (alto rischio alto rendimento) pesando rischio e rendimento. 4 calcoli:
- rendimento del portafoglio: quanto mi rende il titolo per il peso del portafoglio, sommato alla stessa
cosa per l’altro titolo. Ma r non lo conosco, quindi mi baso sui rendimenti attesi
- rendimento medio (atteso) del portafoglio
- varianza del portafoglio: varianza data dall’asset a per il suo peso, più stessa cosa per b, più la
covarianza fra i due asset perché non è detto che i due rendimenti siano fra loro indipendenti.
NB media mu e varianza definiscono perfettamente le caratteristiche rilevanti del portafoglio, essendo
in un mondo normale.
In questa situazione ho una neutralizzazione del ciclo, cosa che accade davvero raramente, quando i
mkt crollano per tutti la covarianza tende ad 1. Il disegno ci dice che il nostro ptf, descritto da media
e scarto quadratico medio, viene in due situazioni estreme a coincidere con la singola attività
finanziaria, a basso o ad alto rischio. Per combinazioni lineari interne (beta, quota dell’attività
finanziaria, compreso fra 0 e 1) è proprio una linea retta quella che descrive le caratteristiche del ptf.
Tre casi grafici:
1) Covarianza = 1
Toyota rende poco ma a basso rischio, Volkswagen rende di più ma ha anche un rischio maggiore e i
due titoli hanno correlazione perfetta. Non ci sono benefici dalla diversificazione, perché è un
segmento quello che congiunge i punti dove il ptf è composto da attività a basso rendimento e rischio
o ad alto rendimento e rischio, cioè quello che esprime il legame fra i due titoli. Non ho possibilità di
diversificazione perché ro è uguale ad 1 appunto.
2) Covarianza = -1: Se va bene una va male l’altra e viceversa; i benefici della diversificazione in
questo caso sono del tutto evidenti: spostandoci dalla linea rossa a quella verde potremmo avere
rendimenti superiori. Sono entrambi due segmenti di retta ma partono da un ptf che riesce ad
annullare completamente la rischiosità
3) Covarianza tra 1 e -1: descritto dalla linea verde grossa curva, la quale si avvicina a quella di +1 o -1
a seconda del valore effettivo della covarianza fra queste due attività finanziarie.
LA MONETA E LE ALTRE ATTIVITA’ FINANZIARIE
Tobin nel 1958 individua la moneta come un AF maggiormente sicuro e liquido, ha sostanzialmente
rischio nullo (nella realtà un Treasury Bill con rischio di fallimento «nullo» e rendimento positivo è
un’AF non rischiosa).
Mettendo dentro a un portafoglio attività che non falliscono abbiamo un rendimento positivo con una
variabilità nulla, quindi che sia moneta bancaria (non banconota se no avrebbe rendimento zero) o
che sia un’attività molto liquida e sicura, essa è descritta dal punto A del grafico.
Il nostro ptf sarà composto da un’attività sicura (varianza=0) e n-1 attività rischiose. La frontiera
rischio-rendimento è lineare, poiché è una combinazione lineare tra la moneta e uno specifico pft
delle n-1 AF rischiose, indicato con R.
Componiamo il nostro ptf aggiungendo questa attività: passo dal punto A ad un qualsiasi punto che
sia sulla linea verde del grafico.
A = ptf composto tutto da moneta (attività non rischiosa infatti varianza = 0)
R = ptf con solo attività rischiosa, è il migliore fra tutti quelli individuabili e dipende dal tasso di
interesse vigente sul mkt
A < p < R = combinazione lineare dei due asset
p > R = se R è già composto al 100% da attività rischiosa, i pt dopo R ne hanno 110, 120%: sono
raggiungibili indebitandosi, ad esempio vendendo moneta e con la moneta ricevuta a prestito compro
titoli rischiosi.
Ottengo una curva rischio-rendimento lineare, che infatti parte da A, intercetta verticale, in cui
appunto ho rischio nullo, e poi si sviluppa con pendenza positiva, delineando una proporzionalità fra
rischio e rendimento. Infatti il rischio è rappresentato dalla variabilità, la varianza, mentre il
rendimento viene individuato con la media sull’asse y.
Ci serve il ptf migliore, quello che ci permette di identificare appunto questa linea azzurra, qualsiasi
altro punto sarebbe inefficiente, non consente di coprire al meglio lo spazio rischio-rendimento.
Come si comportano gli investitori nello scegliere? Dipende dal loro grado di rischio (SMS = SMT):
- avverso al rischio: ha delle curve di indifferenza positivamente inclinate, quindi a un maggiore
rischio (scarto quadratico più elevato) vuole un maggiore rendimento atteso.
Certo l’investitore vorrebbe avere elevati rendimenti e basso rischio, quindi la curva di indifferenza
più alta è meglio è, ma la curva deve essere tangente alle possibilità offerte dal mkt, rappresentate del
segmento verde. Qui l’investitore sceglie un ptf bilanciato fra attività rischiose e sicure (E).
- amante del rischio: caso empiricamente non plausibile, se non per «piccole» somme; ha curve
d’indifferenza inclinate negativamente (se aumenta il rischio deve ridursi il rendimento medio). La
soluzione preferita è un pft con peso nullo per l’AF risk-free.
- casi particolari: succede che persone avverse al rischio presentano un’inclinazione delle curve tale
che fanno scelte estreme per una data frontiera rischio-rendimento. L’investitore con la curva blu
sceglierà di avere solo moneta, quello con la curva rossa sceglierà invece di avere solo attività
rischiose.
Un aumento del valore del rischio (tasso d’interesse) comporta scelte diverse: se per un aumento di 1
della rischiosità il mkt paga di più in termini di rendimento, allora abbiamo la curva che shifta verso
l’alto (es prima 1 pt in più 0,2% in più rendimento, ora per 1 in più mi danno 0,5%), l’inclinazione
della frontiera rischio rendimento (curva verde) aumenta di inclinazione. Questo modifica i miei
incentivi e pertanto l’equilibrio fra attività rischiose e non.
Riassunto del contributo di Tobin
Quando, a differenza di Keynes che tratta l’incertezza limitatamente, arriva Tobin, egli riesce a
domare quell’incertezza difficilmente trattabile. In particolare egli micro fonda la domanda di moneta
a scopo speculativo, inserendola nell’alveo delle scelte di ptf, con moneta e titoli ben sostituibili tra
loro: tecnicamente inserisce la moneta come un qualcosa che è confrontabile con le altre AF però è
all’estremo perché ha un rischio minimo zero. La domanda di moneta si connette in tal senso
all’ambito del rischio, diventando la moneta essa stessa un asset di cui ci interesse il rendimento
medio, ed anche all’avversione al rischio dell’investitore, il tutto dentro un contesto gaussiano.
Da qui la connessione fra politica monetarie e mercato dei beni (materiali e immateriali): il tasso di
interesse (o delle aspettative sui tassi) con le sue piccole variazioni determina aggiustamenti nella
composizione del ptf.
Assimilare M (depositi bancari) e altre AF rende Md «stabile» ma meno «speciale». Rileva il grado di
liquidità dell’economia, che va oltre M (=Circ+Dep) ed è difficilmente controllabile da BC.
LA CONTRORIVOLUZIONE MONETARIA (FRIEDMAN)
Questa incertezza viene enfatizzata dalla controrivoluzione monetarista degli anni ’60 e ’70. I
monetaristi riprendono il tema del considerare la moneta non una delle tante attività finanziarie, ma
un’attività per effettuare gli scambi innanzitutto, tenendo conto degli avanzamenti teorici. Ci sono
asset reali e finanziari, la moneta serve a far funzionare tutto: comprare beni e azioni rispettivamente.
In questo senso Friedman riformula la domanda di moneta considerandola come qualcosa che da un
lato è in concorrenza con altre attività finanziarie, e dall’altro è l’unico asset che connette tutti questi
elementi del portafoglio. È una domanda sufficientemente complessa (transazioni, elemento
ricchezza).
L’aumento dell’offerta di moneta viene assorbita non solo dal cambio degli asset finanziari ma anche
da quelli reali: aumenta la domanda di entrambi.
Si perviene a due formule equivalenti:
a) offerta di moneta in termini reali uguale alla domanda di moneta in termini reali che dipende dal
rendimento dei titoli e delle azioni, dal tasso di inflazione (rendimento proprio della moneta e dal
reddito. Rimane una funzione stabile e prevedibile influenzabile dalla politica monetaria.
Molto complicato distinguere l’impatto su P e su Y nel breve periodo, nel lungo invece Y sarà uguale
a Y* quindi l’impatto sarà sul livello dei prezzi. Questa è una buona ragione per controllare l’offerta
di moneta in modo prevedibile così da non destabilizzare il sistema. Rinuncio a stabilizzare il sistema
con politica monetaria e lo faccio invece regolando l’offerta di moneta, perché nel lungo periodo il
sistema si stabilizza da solo.
b) formula in termini della teoria quantitativa; v dipende dalle stesse variabili da cui dipende il
rapporto M/P.
La velocità di circolazione v(.) non è costante, ma è una funzione stabile di poche variabili. M è
esogena e controllabile da BC. Anche se gli effetti della politica monetaria sono caratterizzati da
«ritardi lunghi e variabili», l’inflazione è sempre e comunque un fenomeno monetario. dM => dPY
nel breve-medio periodo e, poiché nel medio-lungo periodo Y => Y* dM => dP Nella prospettiva
monetarista il problema non è MD (stabile) ma Ms che deve essere controllato correttamente, poiché
le politiche monetarie discrezionali (keynesiane) creano instabilità  non un destabilizzante fine tuning
ma una regola stabilizzatrice (k% rule) che riduce le fluttuazioni del reddito nel quadro di
un’economia considerata stabile ed efficiente.
La sua teoria di per sé non funziona. Per circa 15 anni si è pensato di sì, perché le proposte di
Friedman diventarono mainstream non solo nelle università, nelle banche centrali e nei governi, a
fronte di una difficoltà fondamentale del modello keynesiano, che non riesce a governare l’inflazione
negli anni ’70: i modelli keynesiani erano basati su una curva di Philips mal specificata che non teneva
in adeguato conto le aspettative di inflazione, pertanto hanno sottostimato per anni l’inflazione
effettiva e i governi e le BC hanno continuato a pompare moneta dicendo che l’inflazione non era da
imputare a loro, ma all’incremento dei prezzi petroliferi, dell’incremento dei poteri sindacali e
all’aumento dei prezzi delle materie prime, ecc.
La ricetta monetarista prescriveva un cambiamento opposto e in mancanza di alternative teoriche
adeguate, progressivamente molti paesi del sistema si sono convertito a questa visione. Ciò è stato
favorito anche da fattori contingenti: se negli anni ’60 la politica monetaria per Bretton Woods
doveva badare ai tassi di cambio fissi, mantenendoli controllando l’offerta di moneta e
contemporaneamente cercando di preservare riserve auree e di moneta estera, nel corso degli anni
’70 Bretton Woods cade e da un lato non c’è più una regola di decisione monetaria, dall’altra le
banche hanno le mani libere nella gestione dell’offerta di moneta, c’è la possibilità di dedicare le
politiche monetarie non più al controllo del tasso di cambio ma a quello dell’offerta di moneta.
Nel momento in cui si inizia a controllare Om, succedono cose: gli Usa fanno una sorta di
esperimento monetarista fra il 1979 e il 1982, aumenta la velocità di circolazione di moneta.
L’esperimento è che la FED decide di controllare la crescita delle riserve bancarie, non i tassi, così da
controllare l’offerta di moneta e lasciare al mkt la dinamica dei tassi. Questi ultimi schizzano in su
arrivando anche al 20% e fluttuano molto, pertanto gli investitori si trovano ad avere seri problemi ad
investire secondo una prospettiva di lungo periodo, c’è incertezza. L’inflazione scende ma
l’esperimento ha un effetto recessivo: l’inflazione scende per gli annunci o per il calo dell’offerta di
moneta, sul piano reale abbiamo una recessione. In termini tecnici significa anche un picco
nell’instabilità della domanda di moneta tradotta in termini di velocità.
Negli anni 90 forte finanziarizzazione dell’economia per cui la velocità di circolazione della moneta
aumenta clamorosamente rispetto al reddito, salvo poi crollare successivamente. Il primo crollo è lo
scoppio delle dotcom: accanto ad Amazon, Apple, nel 1997-98 c’erano tante piccole compagnie
tecnologicamente avanzate, le dotcom, piccole imprese che lavoravano nell’informatica. Wall Street
le valutava alle stelle, c’erano le offerte d’acquisto, ne momento in cui si capisce che non c’è spazio
per il successo di tutte, il mercato crolla. Il secondo tracollo risale al 2008, la quale a sua volta ha due
momenti. Per la BC non è importante tanto controllare la quantità di moneta, che dagli anni ’80 in
poi è tendenzialmente esogena, ma concentrarsi sui tassi degli interessi.
Sistema dei pagamenti
C’è un legame importante tra i bilanci della BC, delle banche e anche di famiglie e imprese.
Circolante = le banconote costituiscono una riserva di valore che permette lo scambio che è anonimo,
non tracciabile, questo per certi versi è comodo, perché non c’è bisogno di un clearing centralizzato,
ma è necessario un costo scambio fisico, infatti è ragionevole solo per piccoli scambi al dettaglio.
Quando c’è circolante il livello di informazione è basso, non è necessario conoscere l’identità degli
agenti per effettuare pagamenti.
Moneta bancaria tracciabile = lo scambio è tracciato, c’è più informazione, il clearing è centralizzato
perché il pagamento della mia spesa in negozio che prima avveniva in modo anonimo e
decentralizzato, ora viene registrato nel conto corrente al momento del pagamento. La banca conosce
il cliente e varia i saldi. Il clearing centralizzato rende più flessibile lo scambio (non richiesto lo
scambio fisico), quindi risulta adeguato anche per pagamenti di importo elevato.
Gli scambi basati su moneta bancaria originano un rapporto di debito/credito che richiede
un’adeguata informazione su identità e solvibilità del debitore e della sua banca. L’evoluzione
tecnologica (facilità d’uso della moneta elettronica, sicurezza su frodi…) rende facile, conveniente,
poco costoso, e affidabile l’utilizzo della moneta bancaria al posto del circolante, anche per
transazioni di piccolo importo.
Nella pratica lo scambio al dettaglio consiste in questo:
j vende un bene ad h al prezzo P → h ordina alla propria banca H un pagamento di ammontare P (in
moneta legale) alla banca J che accredita P sul conto corrente di j. Il processo spesso coinvolge CB,
che agisce come clearing house: H chiede a CB di ridurre le proprie riserve di P e di accreditarle sul
conto che J ha presso CB. Con più scambi, spesso ci si limita a trasferire i saldi.
Grafico. Confronto UE-USA sulla quantità di circolante rapportato al PIL, vediamo che è aumentato
nel tempo, è crescente rispetto al Pil. Per gli USA risulta decrescente fino al 2008 poi ricomincia a
crescere a causa della crisi: la moneta liquida costituisce un bene rifugio perché è meno rischioso
degli asset. Per l’UE aumenta dal 2008 e soprattutto dalla crisi dell’euro. C’ una componente che ci
indica l’aumento di incertezza: la corsa agli sportelli e ai beni rifugio.
Per l’Italia il problema è che ci stiamo indebitando verso l’Euro sistema e parte di questi debiti
vengono saldati con banconote. Prima del 2011 i debiti c’erano comunque, ma venivano chiusi
comprando titoli di Stato italiani da parte dei paesi creditori; con l’incertezza essi preferiscono le
banconote.
In Italia poi la situazione è diversa fra nord e sud: a sud si usa molto di più il contante, la
finanziarizzazione caratterizza per lo più il nord. Qui pur usando meno contante la quota di
movimenti in banconote anomali (che potrebbero significare riciclaggio, pagamenti in nero) è
superiore ai livelli del sud, dove di per sé è usato per le transazioni, riflette appunto solo un ritardo
tecnologico e culturale.
Contanti, assegni e bonifici hanno tasso di crescita negativa mentre crescono tra 5 e 10%il numero di
transazioni dei sistemi di pagamento al dettaglio ed elettronici. L’uso del contante è una perdita per la
banca, mentre quando usiamo una carta guadagna molto di più. La gestione della moneta in Italia è
ancora quindi leggermente più costosa rispetto ad altri paesi europei.
Moneta bancaria e pagamenti al dettaglio
Il sistema della moneta legale, per quanto più comodo, veloce, sicuro, ha anche aspetti difficili:
- richiede una certa fiducia sull’affidabilità dello scambio
- complesso = ogni scambio coinvolge più agenti (debitore, creditore e banche e CB che devono
offrire adeguate informazioni)
- fragile = rischi di malfunzionamento tecnico, rischi finanziari (es. mancanza di liquidità)
- adeguati controlli per limitare i rischi, che sono particolarmente forti quando le banche sono
insolventi, hanno poche riserve o si pensa che saranno illiquide.
Teorema Centrale del Limite (CLT):
signor 1: (media; varianza) del deposito; signor 2: uguale fino ad n
Entrambi possono depositare o ritirare. Fino a che queste variabili casuali sono normali o comunque
indipendenti fra loro nella versione forte del teorema, il deposito medio avrà esattamente (media;
varianza/n) dei singoli depositari, con varianza che diminuisce all’aumentare del numero dei
depositari. Questo mi dice che la banca riesce a trasformare depositi liquidi in un deposito medio
stabile per cui se non ci sono shock non tengo liquido tutto il resto, lo investo a lungo termine.
Le passività a breve se sono tante si stabilizzano e mi consentono di investire parte dei depositi che
costituiscono le mie passività così da avere più profitti.
Il problema però è che ho varianza/n quando i depositari sono indipendenti fra loro: se c’è paura non
lo sono più, vogliono fare tutti la stessa cosa, vedi la corsa agli sportelli. Il teorema crolla e quindi
anche la stabilità del deposito medio: la banca diventa illiquida. Il problema diventa sistemico.
La banca non ha problemi se ha degli squilibri temporanei, quindi se passa da saldi positivi a saldi
negativi. Una banca solo con saldi negativi per periodi troppo elevati invece è mal gestita perché
significa che ha poca liquidità.
In mercati con informazione imperfetta, un sistema di pagamenti all’ingrosso deve mantenere la
fiducia definendo regole e incentivi che controllano o limitano:
- rischio di liquidità (illiquidità)
- rischio di credito (insolvenza)
- rischio sistemico (contagio)
- rischio operativo (efficienza tecnica rispetto a guasti, frodi…)
Si verifica un rallentamento dei flussi: ci vuole più tempo per ottenere la liquidità.
Per partecipare a questo sistema di pagamenti la banca deve dare delle garanzie, cioè dare un certo
ammontare di liquidità, il quale garantisce la banca qualora ci dovessero essere scompensi di massa.
Tanto più è pesante e complicato il sistema delle garanzie, tanto più è costoso ma fornisce anche
maggiore serenità.
Caratteristiche dei sistemi di pagamento all’ingrosso
Il pagamento all’ingrosso è quello che effettua la banca o con un’altra banca o con la banca centrale.
I tipi di regolazione a cui è soggetto sono:
- regolazione bilaterale o multilaterale:
a) bilaterale = la banca A scambia con la B, la quale scambia con la C ecc.
b) multilaterale = la banca A si rivolge alla BC se ha dei debiti, e li salda alla BC; sono scambi
centralizzati
- regolazione lorda o netta:
a) lorda = se una banca ha un credito di 50 con un’altra (A), e quest’ultima ha un debito di 60 sempre
con la prima, dovremmo consolidare. Invece qui non lo fanno
b) netta = 10 il netto
- regolazione istantanea o periodica:
a) istantanea = si crea un debito credito, che non può che essere lorda perché nel momento in cui si
forma un credito/debito viene subito pagato, non c’è tempo per lavorare sui saldi;
b) periodica = ogni tot lasso di tempo si guardano debiti e crediti; può essere sia lorda che netta
NETTA PERIODICA
MULTILATERALE
LORDA CONTINUA
Descrizione Calcolo della posizione netta (+/-) di
Vantaggi
Svantaggi
ogni banca verso la clearing house a
intervalli prefissati di tempo.
- necessarie poche riserve perché si
rilevano solo i saldi netti
- pertanto meno costi da sostenere
- nel durante il rischio è assunto dal
creditore, che solo al momento della
regolazione scopre se il debitore riesce
a pagare o no (illiquidità)
- quindi più l’azzardo morale del
debitore => insolvenza più probabile
- suggerisce una forte regolamentazione
e supervisione di CB
- immediata
- definitiva
- dà maggiori garanzie
- riduce il rischio di azzardo morale e il rischio
sistemico;
- minore invasività della regolamentazione e
della supervisione.
- più costosa in termini di assorbimento di
risorse, servono più riserve e controlli
Safety nets: piccole insolvenze sono coperte dalla banca centrale magari attingendo dalle garanzie, è
un problema quando si tratta di grandi insolvenze. Se le finestre sono frequenti si va verso la
regolazione lorda continua.
Esempi:
- pagamenti all’ingrosso dell’area euro sono descritti dal sistema Target2, e un pagamento è istantaneo
lordo. Costa molto, per cui le principali banche dell’area hanno fatto un loro sistema privato (euro1)
che invece consisteva in regolazione netta periodica. Impiegava meno risorsa a comprendeva
comunque un costo di partecipazione. A fine giornata, se una banca aveva un problema chi eroga il
prestito si affaccia su target2, perché gli squilibri non più compensabili in euro1 si scaricano qua. Essa
ha gli scambi quasi zero per quasi tutta la giornata, si affacciano appunto nelle ultime ore,
successivamente alla chiusura di euro1. La BC di fronte a una banca temporaneamente illiquida le
fornisce dei prestiti senza interessi ma vuole le garanzie: deve dargli in cambio titoli ad esempio.
- la FED fa qualcosa del genere, con la differenza che non vengono chieste garanzie, ma bisogna
pagare degli interessi, c’è una penalità in qualche modo per la banca illiquida.
L’obiettivo è sempre la stabilità del sistema: evitare illiquidità, insolvenze, contagi, problemi operativi.
- regolazione netta e periodica = si creano debiti e crediti ma i primi non si sa se verranno pagati se
non a fine giornata, quindi abbiamo delle finestre di regolazione durante la giornata
- regolazione lorda periodica = meno rischioso ma più costoso
CLS = transazione internazionali
Euro1, Target2 = europa
Fedwire = USA
Target2
Target2 riguarda soprattutto pagamenti di istanza limitata perché molti dei pagamenti fra banche
vengono regolati nel circuito euro1. Quello che rimane a fine giornata degli squilibri, si riversa su
target e la banca problematica chiede alla BC di regolare la sua posizione.
I pagamenti sono nel 90% dei casi saldi piccoli, inferiori al milione di euro, la media di un pagamento
target2 è attorno ai 5 milioni di euro (2019 stabilizzata intorno a questo valore).
L’utilizzo di target2 riflette molto l’andamento del ciclo economico: è un sistema dei pagamenti,
quindi laddove l’attività economica si riduce (vedi crisi del 2009), il volume degli stessi pagamenti si
riduce (a volte abbiamo proprio dei numeri negativi sull’incremento percentuale). È facile notare a tal
proposito un andamento ciclico abbastanza netto all’interno dell’anno, in termini di numero di
transazioni ma anche quantità di somme: ci sono maggiori flussi di pagamenti anche al dettaglio
intorno a Pasqua e attorno a Natale e questo ha un riflesso anche su quelli all’ingrosso, mentre ad
agosto buona parte dei pagamenti delle imprese, essendo chiuse, si riduce.
Target2 costa, nel rapporto annuale c’è anche questo aspetto: nel 2008, al suo inizio, costò 6 milioni
di euro e non determinò profitti, ma essendo un progetto di lungo periodo questa situazione si
prolungherà ancora per diversi anni. Infatti, le perdite continuarono a superare i ricavi fino al 2013,
da qui, con lentezza, i costi stanno diminuendo, ma dopo 11 anni di funzionamento c’è ancora un
profitto negativo di circa 8 milioni di euro.
Un’area come l’Eurozona non potrebbe funzionare se non ci fosse un sistema dei pagamenti
efficiente come questo. All’inizio, i casi di pieno funzionamento erano intorno al 99%, dal 2012 in poi
sono intorno al 100%, sono rarissimi i casi in cui fallisce, si parla di 5/6 casi all’anno su milioni di
transazioni che avvengono.
Una volta messo in moto regola le operazioni accumulate durante la notte, ma il grosso del lavoro
avviene nelle ultime due ore del funzionamento, tra le 17 e le 18, perché a quel punto gli scompensi
che le singole banche non riescono a regolare fra di loro entrano all’interno di Target2. Parte prima
target2 e poi euro1, che oltretutto finirà prima di target. Se la banca sa di avere bisogno di liquidità, la
Bce ha sempre uno sportello aperto durante la giornata lavorativa. Può infatti accadere che una
qualsiasi banca, ancora all’interno di euro1 deve fare dei pagamenti per cui si ritrovi a corto di
liquidità, si rivolge quindi alla BCE tramite target2 chiedendo di fornirle temporaneamente liquidità.
Il più delle volte questi problemi emergono dopo le 16, può succedere però che compaiano prima,
per questo Target2 è sempre aperta.
Target2 e Euro1 si integrano e convivono come sistemi di pagamento.
1998, EURO1 = sistema privato di pagamenti all’ingrosso per transazione domestiche e/o nell’area
euro, per pagamento da chiudersi entro la giornata lavorativa. È supervisionato da BCE e dalla BC
nazionali dell’Euro sistema.
E’ un sistema di regolazione netta equivalente al “real time gross settlements” (come Target).
Equivalente al RTGS in quanto pur richiedendo meno liquidità assicura una regolazione del 95%
delle transazioni in tempo reale e il 99% entro 30 min. dall’immissione dell’ordine nel Sistema.
Il lavoro all’interno dell’eurozona è abbastanza ben distribuito: il rapporto euro1 e target2 rimane
costante, si è stabilizzato il lavoro dei due sistemi di pagamento. Laddove è possibile si aggregano: se
una banca deve pagare e ha liquidità sufficiente all’interno di EURO1 si procede, se no la si mette in
coda. Il termine giornaliero per immettere gli ordini in Target2 sono le 16, due ore prima delle
chiusura. Alla chiusura EURO1 valuta la posizione netta di ciascun partecipante, avverte se ognuna è
a credito o a debito, e rispettivamente avrà un + o un – su target2. La posizione netta verrà
addebitata/accreditata direttamente da Target2 sul suo conto presso la BCE. Se non hai liquidità te la
devi procurare chiedendo un prestito alla BCE, che lo dà senza interessi ma richiedendo garanzie. Se
hai delle riserve libere le puoi utilizzare tutte.
Flussi di pagamento: non sorprende che Londra non sia molto coinvolta perché non è parte
dell’eurozona, mentre Parigi, Bruxelles, Amsterdam, Milano, Francoforte lo sono molto. Ci sono poi
capitali più periferiche, ad esempio Dublino è importante per la gestione del risparmio per motivi
fiscali ma non c’erano grandi sedi bancarie, stessa cosa per Madrid e anche per Barcellona. C’è poi
Malta: all’interno dell’Eurozona con una qualche libertà.
La Germania pesa molto all’interno di Target, l’Italia pesa molto in termini di volumi (molte
transazioni ma piccolo peso monetario), la Francia altrettanto importante così come l’Olanda e il
Lussemburgo.
Saldi target
Nell’Eurozona abbiamo una moneta comune ma d’altra parte l’Italia continua ad avere delle
posizioni debitorie o creditorie all’interno dell’Eurozona stessa. Ci preoccupiamo cioè della bilancia
dei pagamenti nazionali con riferimento alla situazione dell’Eurozona: la bilancia non distingue se
siamo a debito con gli USA o altri, ci dice la situazione debiti/crediti generale.
Il sistema è a cambi fissi essendo in Eurozona e avendo tutti la stessa valuta, guardiamo alle quantità
per vedere se ci sono squilibri fra le diverse zone.
Esempio: Schultz (c/c in Commerzbank) vende a Rossi (c/c Unicredit). Rossi dà mandato di pagare il
suo debito con Schultz alla sua banca, il suo deposito si riduce così come quello di Unicredit, mentre
quelli di Schultz e quindi della sua banca aumentano. Ciò comporta uno squilibrio fra le due banche,
quindi fra i due stati, Italia e Germania.
Cosa è accaduto pre perdita di fiducia: a fronte di un debito italiano, la Germania comprava titoli
italiani, quindi aumentava il suo debito italiano la controparte finanziaria era l’aumento del debito
italiano rispetto all’eurozona.
Non c’è variazione delle riserve ufficiali, si ha un regolamento fra privati.
Nel novembre 2011, c’è sempre lo stesso debito di Italia verso Germania ma quest’ultima non vuole
più comprare i titoli italiani, perché c’è speculazione e non c’è fiducia, anzi cominciano a vendere i
titoli comprati prima. Questo mette pressione su suddetti titoli, perché fa diminuire la fiducia. Chi li
compra? Se le regole dell’eurozona non permette all’Italia di comprarli, crisi di fiducia sui mkt
finanziari, il valore del debito italiano si riduce.
Poi la BCE permette di contenere gli spread o comprando direttamente i titoli italiani o permettendo
a Banca d’Italia di comprarli, ad esempio con il QE (le banche centrali nazionali possono comprare
titoli emessi dal loro governo, maggiore sono le quantità di QE maggiori titoli sono emessi e
comprati). Esattamente quanto successo con la crisi dell’euro. Gli squilibri privati si riflettono a livello
di banca centrale.
Crisi 2008 => indebitamento Italia verso Eu aumenta, dal 2012 con l’intervento di Draghi la
situazione si stabilizza, dal 2015 in poi c’è il Qe che permette l’indebitamento italiano rispetto al resto
del sistema. Essa dà titoli di stato in cambio di liquidità, ma i titoli sono debito. La pandemia ha
determinato un crollo relativamente piccolo, l’effetto pandemico è stato pagato solo in parte dall’Italia
e soprattutto all’inizio, poi è stata l’UE con gli euro bond a farsi carico di tutto.
OBIETTIVI E STRATEGIE DELLA BANCA CENTRALE
Prospettiva storica
Per capire la logica di funzionamento attuale bisogna creare il contesto tecnico, politico, ideologico.
• anni ‘60-’70
Prospettiva politica. Partiamo dal miracolo economico, associato alle politiche keynesiane; il modello
IS-LM affermava che potevamo raggiungere la piena occupazione con una gestione adeguata della
domanda; questo richiedeva soprattutto una politica fiscale (sempre per il discorso per cui la politica
fiscale aveva potere limitato). Si verifica un ampliamento progressivo dell’intervento pubblico in
economia ma con sempre minore efficienza (si privilegia il consenso politico di breve periodo), i
rendimenti marginali spesso decrescono.
Caso Italia => quando un’impresa andava male il tentativo era quello di venderla al settore pubblico
che avrebbe finanziato le perdite e assicurato le occupazioni con ovvia perdita di efficienza.
E’ il periodo ad esempio delle “cattedrali nel deserto”: grandi infrastrutture a causa di capacità in
eccesso ma che verranno abbandonate.
Visione dei mkt finanziari. I mkt finanziari erano crollati a causa della crisi del ’29 e di fronte a ciò il
sistema bancario italiano era stato comprato dall’IRI, non c’era di fatto una banca privata per evitare il
fallimento di Banca d’Italia. Essa salvando le banche aveva acquisito le partecipazioni nelle imprese,
per rendere la garanzia di non fallimento forte e quindi aumentando la sicurezza e la regolazione dei
mkt finanziari. Si vuole evitare la concorrenza, perché spinge le banche a prendere dei rischi, a
seguito della crisi si predilige la stabilità. Regolamentazioni:
- US - Glass-Seagall Act (1933) = separa le banche commerciali da quelle d’investimento; durerà fino
al cambio di ideologia, quindi circa a partire dagli anni ’80. Dopo la crisi del 2008 verrà ripristinata
con il Dodd-Frank Act (2010).
- Italia - legge bancaria (1936) = separa gli impieghi a breve da quelli a lungo termine, per cui le
banche non potevano finanziare niente se non gli impieghi a breve termine, quelli a lungo dovevano
essere finanziati da obbligazioni a lungo che dovevano essere emesse dagli istituti di credito speciali. Il
nostro era un sistema complesso e stabile, molto legato ai piccoli centri, le casse rurali pesavano
molto nel sistema e fino agli anni ’50 vengono da esso protette. Per aprire uno sportello bancario era
necessaria l’autorizzazione di Banca Italia
- il sistema bancario è nel settore pubblico, diventa strumento politico (credito erogato sulla base dei
criteri non economici), questo determina inefficienza e fragilità a causa anche della corruzione
dilagante, spesso le persone in carica non erano meritevoli e competenti => protezione della
concorrenza interna ed estera
• anni ‘70-‘80
Prospettiva politica. Progressivamente arriva la rivoluzione liberista: i politici di sinistra che vogliono
ridurre molto la disoccupazione pompano questa con l’inflazione, mentre a destra cercano di
diminuire l’inflazione al prezzo di aumentare la disoccupazione; Friedman ci dice che la curva di
Philips è verticale.
A livello ideologico si inizia a dire che i mkt sono troppo regolati, che l’economia va bene quando la
si deregolamenta, perché nel lungo termine questo porterà al pieno impiego. A livello politico si deve
attendere circa un decennio: nel 1979 la Thatcher vince le elezioni, nell’81 vince Reagan, e cambiano
completamente l’impostazione ideologica del sistema. Il decennio ’80 è quello del predominio
dell’impronta liberista: privatizzazione, deregolamentazione, libera concorrenza ecc.
Visione dei mkt finanziari. Sul mkt concorrono agenti selfish, informati e razionali capaci di elaborare
correttamente e istantaneamente l’informazione rilevante. Se tale informazione è nel contratto e lo
firmi, vuol dire che valuti conveniente la transazione e conosci i rischi che corri.
Questo significa predominio degli shareholder e del management che vuole massimizzare i dividendi
delle imprese nel breve periodo; secondo loro i mkt a quel punto valutano al meglio i valori
dell’impresa tramite i titoli in borsa, questo ha benefici anche per i lavoratori e consumatori (mano
invisibile di Adam Smith). Ancora, politiche business-friendly: diminuzione dei costi dell’impresa
(antitrust depotenziato e legislazione permissiva su protezione del consumatore, dell’ambiente con
costituzione di monopoli digitali). Assenza di obiettivi sociali e di lungo periodo.
Nella realtà:
- informazione delicata difficile da capire
- lasciando il mkt a sé stesso i grandi possono facilmente sovrastare i piccoli
- antitrust indebolito perché nell’idea di Chicago già solo la concorrenza potenziale annulla il potere
di mercato; essa può essere di prezzo (Bertrand, qui anche solo un entrante determina
l’annullamento del potere di mkt e quindi non c’è il problema di posizioni dominanti), di quantità.
- non eliminazione ma crescita delle rendite
- protezione degli shareholder a scapito degli stakeholder: le parti deboli del mkt non sono protette,
questa supremazia ha conseguenze indesiderabili spesso sia nel breve che nel lungo periodo; massimi
profitti di breve a scapito della creazione di valore nel lungo, si creano diseguaglianza e squilibri,
instabilità ed inefficienza.
I liberisti sostengono che i mkt siano stabili ed efficienti (non come ipotizzato dai keynesiani),
pertanto la strategia ottimale è la liberalizzazione e deregolamentazione dei capitali e dei servizi
finanziari. Ci si aspetta in questo modo un aumento dell’efficienza, una mobilizzazione del risparmio,
una selezione ottima degli investimenti, un aumento dell’innovazione, proprio per il fatto che le stesse
banche sono libere da qualsiasi regolamentazione.
La regolamentazione non è più politica, ma tecnica, spesso legata a decisioni di autorità indipendenti,
dei tecnici che sono un po’ sensibili alla politica, si pensi alla regolamentazione di Basilea I
riguardante le banche (livelli minimi di regolamentazione). Se un sistema sovranazionale riteneva di
dover regolamentare di più era libero di farlo consapevole che le sue banche avrebbero sostenuto
costi maggiori. Era in ogni caso un problema di concorrenza fra banche ma non di stabilità perché la
concorrenza, lungi dal ridurre la instabilità, l’avrebbe aumentata, ci sarebbero stati sistemi finanziari
più capaci di inventare e mettere a profitto le novità e per questo più capaci di stabilizzarsi.
- stabilità finanziaria => slegata dalle politiche monetarie
- stabilità monetaria => Regolamentazione molto leggere su mkt che essendo stabili ed efficienti
potevano essere lasciati liberi
Negli anni ‘80, in particolare in UE, si completa il mkt unico: merci, servizi, servizi finanziari. Diventa
una competizione interna all’eurozona ma anche con le altre piazze mondiali. Dietro c’era il progetto
euro, che avrebbe necessitato di piazze finanziarie forti, capace di competere con le banche
statunitensi ed inglesi. Ci si prepara progressivamente a questa liberalizzazione e all’integrazione: nei
vari paesi si cerca di rafforzare il sistema bancario interno, in Italia questo richiede l’integrazione delle
BCC (banche piccole), che in parte si aggregarono e in parte si federarono. Alcune crisi di crescita: il
sistema bancario meridionale, fragile, viene smantellato perché nel momento in cui si richiede
maggiore efficienza subentrano i problemi e le fragilità. Inoltre difficoltà anche per le banche sane di
scoprirsi piccole e incapaci di gestire un mkt diventato globale.
• Crisi 2008
La crisi sub prime (2007-2008) poi dell’Eurozona (2011-2013) mettono in chiara evidenza i difetti di
fondo di questa impostazione liberista. A livello tecnico è soprattutto una la difficoltà: riconoscere che
l’instabilità dei mkt (lungi dalle ipotesi di prima) influenza pesantemente la gestione della politica
monetaria, devo per forza gestirla.
- interconnessione tra politica monetaria e stabilità del sistema bancario e finanziario (quando applico
una politica monetaria devo pensare alle conseguenza)
- instabilità dei mkt finanziari impatta sulla politica monetaria (tassi di policy, riserve/liquidità
bancaria, liquidità del mercato obbligazionario…)
È solo nel 2014 che la BCE comincia ad avere un ruolo diretto nella vigilanza bancaria, prima erano
due sfere separate. Stiamo parlando di aspettative adattive.
Tuttora non c’è concordanza: un conto sono le scelte di politica monetaria, un conto quelle di
vigilanza, sono separate, le due cose si parlano ma rimangono ancora istituzionalmente distinte. Il
regolatore non fa parte del consiglio direttivo della banca centrale, fa le sue deliberazioni che vengono
portate a conoscenza della BCE e di norma vengono approvate ma sono di per sé autonome. La
radice del problema è l’instabilità intrinseca del settore finanziario: le carte di credito determinano un
aumento nella velocità di circolazione e nell’immediato non si colgono le conseguenze nel controllo
della moneta. Innovazioni importanti ma difficili da trattare, facile che la novità non sia regolata, lo
rende interessante ma instabile.
Quindi impostazione liberista che di fronte alle difficoltà viene progressivamente corretta: nel post
pandemia si discute di quale debba essere il ruolo dello Stato.
Obiettivi della Banca centrale
Il primo e principale obiettivo è la stabilità dei prezzi, prodotta con un’inflazione positiva ma bassa e
stabile. Positiva perché parlando di prezzi si ha a mente un livello generale di essi ma anche i loro
prezzi relativi: il primo può rimanere costante ma i secondi devono variare per segnalare il cambio dei
gusti, innovazioni tecnologiche… si punta al 2% dell’inflazione. Ragioni:
- modelli a generazioni sovrapposte = l’inflazione è una tassa, ma perché ce ne sono tante è necessario
fare smoothing fra loro; dato il fabbisogno di finanziamento del settore pubblico, la minimizzazione
delle distorsioni richiede lo smoothing tra le diverse tipologie di tassazione (sfruttamento maggiore
delle imposte meno distorsive) tra cui il signoraggio
- l’inflazione lubrifica la domanda aggregata, favorisce l’anticipo dell’acquisto perché si sa che i costi
aumenteranno in futuro
- se c’è uno shock negativo e la nostra produttività si riduce, si riduce con essa anche il salario reale,
l’inflazione consente di variare i prezzi relativi per abbassare suddetti salari reali, evitando di dover
andare ad agire su quelli nominali; consente di adeguare il salario ai prezzi;
- a fronte di uno shock negativo, l’inflazione positiva lascia margini alla politica monetaria
consentendo di farne una espansiva, si vuole fare perché ricordando la relazione di Fisher, riduce il
tasso di interesse nominale; con un’inflazione, anche se il tasso nominale fosse zero avremmo la
possibilità comunque di abbassarlo, al contrario se fosse negativa la BC avrebbe minor margine
d’azione perché i tassi si avvicinerebbero al lower bound. C’è anche un elemento di natura politica:
quello dell’inflazione è un obiettivo immediatamente osservabile, comprensibile.
Deve essere bassa perché se fosse alta sarebbe variabile e determinerebbe un forte margine di errore.
Se è alta diventa difficile da prevedere => si prediligono contratti e titoli a breve termine, inoltre si
investe in beni rifugio
- agenti avversi al rischio sospendono i programmi di risparmio e investimento a lungo termine
- emergono errori di previsione => segnali di prezzo errati sul valore dei beni, e ho una
redistribuzione di risorse che favorisce il debitore rispetto al creditore
- l’inflazione (specie inattesa) favorisce il debitore rispetto al creditore (con π>0 uno Stato indebitato
riduce il valore reale del proprio debito, sfruttando il signoraggio).
Bisogna anche evitare la deflazione, perché comporta aspettative pessimistiche e trasferimenti dai
debitori ai creditori (eccesso di indebitamento). Motivi:
- I beni costeranno meno in futuro, vorrò posticipare i miei consumi ed investimenti, l’effetto di
stimolo sulla domanda aggregata gioca negativamente; l’inflazione diminuisce sempre più.
- poiché chi si è indebitato lo ha fatto perché non ha soldi, già è in difficoltà in quanto debitore, si
troverà anche a pagare di più in termini reali (significa che ho una redistribuzione verso i creditori).
Questo riduce la domanda aggregata perché sapendo questo dovrò stringere la cinghia. In tal modo i
debiti vengono liquidati e il numero sempre minore di essi determina la chiusura dei depositi bancari
(Fisher 1933)
- Contagio ai mkt finanziari = chi è indebitato si scopre più indebitato del previsto e inizia a liquidare
quello che può (smobilizza determinati beni rifugio) al fine di liberarsi dei debiti; il prezzo di questi
cade e questo ha un riflesso sui mkt finanziari, perché determina una diminuzione della ricchezza
reale, e questo a sua volta fomenta la deflazione. Se il prezzo delle azioni diminuisce, la mia garanzia
si riduce, perché la mia ricchezza vale di meno, pertanto la banca mi fa condizioni meno favorevoli
- Contagio al sistema bancario = asset acquistati a debito, c’è maggiore probabilità di fallimenti di
imprese e mutuatari, il valore collaterale diminuisce, maggiore rischiosità di prestiti bancari e titoli,
credit cruch.
Nel 2015 questo è un rischio che è stato corso dalla BCE.
Operativamente il 2% di inflazione lo misuriamo con l’indice dei prezzi CPI, che però determina una
sua sovrastima circa dell’1,5-2%, quindi sostanzialmente perseguiamo una stabilizzazione dei prezzi.
Questo perché l’indice ha un paniere di consumo che rimane fisso per lunghi periodo e non è
sensibile agli aggiustamenti dei prezzi relativi o al miglioramento della qualità dei beni, pertanto non
coglie le traslazioni di domanda. Permette un aggiustamento dei prezzi relativi senza una caduta del
livello nominali di alcuni beni.
INFLATION TARGETING
Se negli anni ‘80 pian piano vengono meno gli esperimenti monetaristi, progressivamente si
sviluppano questi nuovi modelli di gestione della politica monetaria che dagli anni ‘90 assumono una
specifica fisionomia e vengono chiamati strategie di inflation targeting. Queste politiche funzionano
bene perché mantengono l’inflazione abbastanza in linea con l’obiettivo del 2%, assicurando una
crescita stabile. Vanno bene quasi dappertutto ma non in Italia, che continua ad avere un problema di
crescita insoddisfacente, e anche in alcune zone periferiche del mondo: America Latina, Russia,
incorrono in crisi importanti, ma avendo questi paesi un ruolo marginale non sono state contagiose.
È un periodo in cui si rafforza il processo di globalizzazione, che dal punto di vista delle politiche
monetarie non è al centro dell’attenzione: il banchiere centrale vuole solo raggiungere la stabilità
monetaria, tende talvolta a sottovalutare che l’ingresso di alcune importanti economie nel circuito
capitalista permette la crescita globale dei prezzi più bassi. Infatti c’è progressivamente uno
spostamento della redistribuzione del reddito a favore dei professionisti con una progressiva
divaricazione rispetto ai lavoratori meno qualificati: il mondo cresce ma aumentano le disuguaglianze.
Tutto questo non è ben compreso dai banchieri centrali, che si occupano quasi esclusivamente della
dinamica inflazionistica.
E’ la strategia normalmente utilizzata dalle banche centrali per guidare la politica monetaria e consiste
nel perseguire un obiettivo prestabilito di inflazione (per la BCE del 2%). Oltre ai vantaggi, ci sono
però anche dei costi:
- se π>0 e le aliquote fiscali non sono aggiustate rispetto a π (drenaggio fiscale) si hanno modifiche
nelle scelte riguardo, p.e., offerta di lavoro e investimenti (costi di ammortamento).
- shoe leather costs = un’inflazione positiva comporta una riduzione dei saldi monetari, perché il costo
opportunità di detenere moneta aumenta
- seri = con un 2% perseguito fino all’eternità i nostri redditi reali non aumentano perché è solo quello
nominale a farlo, perciò andiamo a pagare più tasse. In una situazione di equilibrio di lungo periodo,
un’inflazione positiva comporta distorsioni crescenti del sistema fiscale se questo non fosse
periodicamente aggiustato per riportarlo a valori allineati alla dinamica inflazionistica.
Pur tenendo conto di questi costi alla fine degli anni 90 le principali banche centrali, prima la Nuova
Zelanda poi le altre, si sono attenute a questo obiettivo.
Avere questo valore non esclude il perseguimento di altri: è importante avere anche il pieno utilizzo
delle risorse, in particolare del fattore lavoro. La riduzione della disoccupazione, o meglio il
perseguimento della piena occupazione, è un altro obiettivo.
Esso è esplicitamente perseguito dalla FED (obiettivo duale = inflazione controllata + piena
occupazione risorse, importante pesare i due obiettivi qualora fossero in contrapposizione), mentre
per la BCE il discorso è diverso: nel suo statuto non c’è alcun riferimento ad esso, si cita solo la
stabilità dei prezzi. L’obiettivo viene perseguito indirettamente: si afferma che nel perseguire il target
di inflazione, la BCE ci porta in un equilibrio di lungo periodo in cui c’è anche la piena occupazione
delle risorse. Cioè se ci fosse una situazione di depressione nell’eurozona (troppa disoccupazione) ci
sarebbe anche un’inflazione inferiore del 2% e lo sforzo di riportarla al 2% porta automaticamente
anche il raggiungimento della piena occupazione.
Spesso l’obiettivo viene formulato in termini di output gap, lo scarto percentuale tra il prodotto
effettivo e quello potenziale (naturale). Sembra una complicazione lavorare non con i livelli ma con le
deviazioni, non è così: nel lungo periodo il livello di piena occupazione Y* si suppone rifletta la
dinamica demografica, tecnologica, quindi Y* è in funzione del tempo. Lavorando con le deviazioni
(X = (Y – Y*)/Y*) a livello analitico e logico diamo per scontato un trend ragionevolmente crescente
nelle economie, ci può essere uno scarto percentuale tra il prodotto effettivo e quello potenziale.
Il terzo obiettivo è la stabilità finanziaria. Pre crisi 2008 i mkt finanziari erano ben funzionanti,
efficienti, stabili, non avevano bisogno di un forte controllo della BC, questo riflette il liberismo
economico e ideologico, e la regolamentazione era leggera, svolta da un comitato specifico, quello di
Basilea, che ha dentro i banchieri centrali, attenta a non mettere troppi paletti, a lasciare che ci sia una
condizione di concorrenza fra i sistemi bancari e le banche che avrebbe permesso un sempre migliore
esito in termini di efficienza.
La concorrenza è buona, regole sufficientemente leggere e separate dalla politica monetaria, per
riassumere. Il sistema di regole guardava alla stabilità ma non al suo legame con le decisioni di politica
monetaria intesa come stabilità monetaria.
Caratteristiche della Banca Centrale
La dinamica inflazionistica contenuta si lega ad una BC conservatrice e indipendente:
- indipendente nell’uso degli strumenti; mandato politico ricevuto dai governi (nel caso della BCE),
quindi le viene conferito un obiettivo politico, che poi persegue con strumenti a sua scelta. Questo la
protegge da influenze politiche ma rende responsabile la Bce stessa dell’eventuale mancato
raggiungimento dell’obiettivo.
- conservatrice perché vuole raggiungere questa bassa inflazione e non attua politiche espansive
Nel definire la propria strategia per perseguire il suo obiettivo, in buona sostanza deve esplicitare
delle regole che si presuppone siano le migliori possibili. Per farlo deve capire come funziona il
sistema economico, magari attraverso delle previsioni. Le manovre sono correnti ma soprattutto
future, perché le economie hanno un grado di inerzia anche piuttosto importante: ad esempio,
attualmente stiamo vivendo un aumento dei prezzi dell’energia, se anche da oggi il prezzo del petrolio
dovesse stabilizzarsi, avremo comunque per i prossimi minimo sei mesi un tasso di inflazione,
proprio per fattori inerziali, un fenomeno si riflette non solo nel tempo in cui accade ma anche
successivamente. Le informazioni del futuro diventano importanti così come gli annunci,
relativamente non solo a quello che faccio ora ma anche a quello che farò in futuro. Essi devono
essere credibili: un annuncio non credibile dimostra che la banca non riesce a governare.
Si è non credibili quando l’obiettivo perseguito non lo è, come affermare che si perseguirà il 2%
quando le cose vanno male. Un conto e affermare che ci si arriverà dandosi un certo lasso di tempo
(entro 6 mesi), ma se c’è uno shock forte i fondamentali dell’economia cambiano e la BC non può
non considerarlo. Deve seguire una regola di comportamento prevedibile e chiara e nel contempo ci
deve essere una certa flessibilità al fine di aggiustare gli annunci in base alla situazione. Quando
aumenta l’incertezza chiaramente gli annunci devono risentirne.
Per rendersi credibile la BC utilizza più strumenti:
=> tassi di policy = li modifica o può anche decidere di mantenerli. I tassi sui mkt monetari sono tanti,
diciamo che regola il costo di rifinanziamento a breve per le banche, i prestiti che la BC fa alle
banche. Essa è monopolista nel rifinanziare le banche e fa le condizioni che ritiene più opportune: se
sono bassi i tassi queste condizioni sono più favorevoli, la politica è espansiva e la LM si abbassa. Ma
nella LM non parliamo di tassi di policy ma di tassi di mkt, perché influenzano il mkt in senso lato e
le condizioni di prestito riservate alle imprese. Si suppone che a fronte dei tassi di policy le banche
modificheranno i propri tassi.
=> forward guidance = fornisce indicazioni prospettiche con annunci sulle manovre future,
influenzando le aspettative sui tassi futuri a breve e quindi i tassi a medio-lungo termine, cioè infine
influenza AD. Si impegna ad esempio a mantenere stabili i tassi fino a quando non si verificherà un
evento, che dichiara (ad esempio finché l’inflazione non raggiunge il 2%) => annuncio state
contingent.
Gli annunci risultano meglio calibrati quando sono attuati da organi collegiali, cioè quando non c’è un
governatore che agisce da solo, ma un board di persone:
- FED = ci sono i circuiti, gli USA sono divisi in varie zone geografiche, i governatori di ogni area si
riuniscono e deliberano collegialmente.
- BCE = più complesso perché ogni governatore parla lingue diverse e ha attitudini culturali diverse
(olandesi molto attenti all’inflazione, spagnoli più attenti ai risvolti fiscali delle politiche monetarie ad
anche alla dinamica dell’economia reale, quindi al tasso di occupazione ad esempio), poi ancora le
persone vogliono fare carriera e quindi si alleano o ci sono ripicche personali.
Limiti del targeting
• Una CB conservatrice e indipendente tende a sottovalutare i costi del mancato coordinamento tra
politiche monetarie e fiscali. Finché non ci sono shock o ce ne sono pochi, questo costo è pure
limitato, ma di fronte a shock persistenti, specie se marcati, questo mancato dialogo evidentemente è
costoso.
• La regolazione dei mkt largamente indipendente rispetto alla politica monetaria: regolazione
leggera, apertura molto importante alle innovazioni finanziarie (tutti ne devono beneficiare
rapidamente, no brevetti ecc.) e separazione tra politica monetaria e prudenziale essendo i mkt
finanziari considerati stabili ed efficienti. Quello che successe con Basilea I e soprattutto II pre 2008,
dove le BC o le agenzie tipo la Consob ammisero l’esistenza di un sistema di valutazione dei rischi
sviluppato direttamente dalle banche, quindi non esterno. La BC per quanto abbia i tecnici fa fatica a
valutare la qualità del suo sistema di gestione, che infatti non si è rivelato particolarmente efficace al
momento della crisi del 2008.
Modello grafico
Il modello che sintetizza questo tipo di politica ha tre curve fondamentali che ora esamineremo.
1. Curva di Philips
Blanchard racconta di una curva di Philips non derivante dai neoclassici. Ha due elementi:
- price setting = le imprese determinano il prezzo unitario dei beni come ricarico M rispetto ai costi
del lavoro. Il profitto dipende dalle condizioni concorrenziali
- wage setting = riflette il comportamento di imprese e lavoratori; mkt non concorrenziale dove c’è
una contrattazione sul salario nominale, che dipende dal livello dei prezzi atteso (stipulo ora un
contratto per un futuro), e poi c’è l’elemento contrattuale vero e proprio (g), quanto sono forti i
sindacati. Se la disoccupazione è alta hanno poco potere, quindi il salario che emerge dal processo di
contrattazione sarà più basso: nelle fasi di depressione la dinamica salariale è più contenuta. z è una
elemento di natura istituzionale: le leggi sul salario minimo, il grado di protezione dei lavoratori,
grado di sindacalizzazione, settore con grandi imprese o piccole, ecc. Se aumenta z aumenta il potere
contrattuale dei lavoratori e quindi il salario nominale.
Dietro questo funzionamento del mkt del lavoro si sviluppano l’equilibrio e la dinamica dei prezzi:
l’equilibrio deriva dall’uguaglianza delle due curve citate, eguaglio i due w fino alla riformulazione sul
foglio. I prezzi effettivi qui dipendono dalla dinamica dei prezzi attesi, dal ricarico e da gu + z.
Se si toglie il logaritmo dei prezzi passati, otteniamo la formulazione della curva di Philips che
incorpora anche elementi istituzionali oltre che la dinamica inflazionistica influenzata dal tasso di
disoccupazione. In equilibrio π = πe, quindi si ricava il livello di disoccupazione naturale, che
dipende appunto dalle caratteristiche di contrattazione (g) ma soprattutto da m (fattore
concorrenziale) e z (fattori istituzionali). Infine possiamo scrivere la curva di Philips in termini di
inflazione: il grado di inflazione dipenderà dall’allontanamento del sistema dall’equilibrio, dove ho
piena occupazione.
Conviene esprimere il tutto non in termini di disoccupazione ma di output: riscrivo quindi la curva
precedente con gli Y. Quando la disoccupazione è più bassa di quella naturale, quindi la produzione
è più elevata di quella di equilibrio, l’output gap è positivo, abbiamo errori di inflazione altrettanto
positivi quindi avremo un’inflazione più alta del previsto.
Due ipotesi possibili sulla formazione delle aspettative:
- adattive / statiche = inflazione prevista è quella di guardare il passato ma mi serve un periodo per
aggiustare lei e le aspettative; il mkt guarda solo all’inflazione passata, non bada neanche agli annunci
- ancorate all’annuncio di CB = la gente si fida ciecamente dell’annuncio della banca
Le due ipotesi conducono a due formulazioni diverse della curva di Philips.
2. Curva LM
L’equilibrio su mkt monetario si determina ipotizzando, qual che sia l’O di moneta necessaria, un
certo tasso di i determinato da BC individuando una inflazione da perseguire per mantenerlo. È una
LM piatta, la BC controlla il tasso di interesse e per farlo adegua l’offerta di moneta.
Qui la BC ha un certo sistema di preferenza, cioè ha una loss function che vuole minimizzare, vuole
minimizzare l’output gap (x) e gli scostamenti da esso vengono penalizzati (x quadro). Il secondo
obiettivo è minimizzare la perdita dovuta a scostamenti dell’inflazione rispetto a quanto desiderato
(scostamenti rispetto al 2% vengono penalizzati, quindi anche qui funzione quadratica). L’obiettivo
inflazione rispetto all’output pesa sempre di più all’aumentare di beta. BC è tanto più conservatrice
quanto più beta è alto.
Fingiamo che BC usi come strumento non il tasso di interesse ma direttamente il tasso di inflazione.
Di fronte a una situazione in cui essa pesa gli scostamenti di output e inflazione, trovo che il tasso
d’inflazione ottimale per minimizzare la loss dipende dall’inflazione desiderata e dagli scostamenti
dell’output. L’ottimale è quando non ci sono scostamenti dell’output corrispondente da quella
desiderata. Se invece x>0 cioè siamo in una fase espansiva, produciamo di più di quanto desiderato,
allora la loss viene minimizzata quando l’inflazione è inferiore al 2%. Questo è un riflesso
condizionato della banca centrale, avviene automaticamente.
3. Curva IS
CB non controlla l’inflazione ma il tasso i di policy. Trasformiamo il controllo dell’inflazione in una
regola operativa (interest rate rule) tramite la curva IS.
La IS è una curva che trasformiamo anche in questo caso in scostamenti. La curva dipende dalla
dinamica del tasso di interesse reale rispetto al tasso di equilibrio, quando raggiungo r*, cioè r =
r*vuol dire che abbiamo piena occupazione delle risorse, infatti x è uguale a zero perché l’economia
viaggia alla piena occupazione.
Quando invece questo non avviene, se ad esempio il tasso di interesse effettivo è superiore a quello di
equilibrio di lungo periodo (r > r*), gli investimenti cadono e quindi avremo una produzione inferiore
a quella di equilibrio. B è un parametro che mi rappresenta la sensibilità della domanda aggregata al
tasso di interesse.
Mettendo insieme le due curve, LM e IS, otteniamo il tasso di interesse reale obiettivo, uguale
all’interesse naturale del lungo periodo più qualcosa che dipende dai seguenti elementi strutturali:
- b = differenza fra inflazione effettiva e desiderata sulla base della sensibilità degli investimenti sul
tasso di interesse
- ß = il peso assegnato all’obiettivo di inflazione di BC
- α = la sensibilità della curva di offerta all’output gap
Poiché la BC controlla il tasso nominale e non quello reale, lo ricaviamo e otteniamo la regola
ottimale di comportamento che tiene conto sia della minimizzazione della loss sia dei riflessi sulla
domanda aggregata tramite la x. È una regola operativa che ci dice nell’ambito dell’inflation targeting
che l’inflazione è ottimale e viene controllata al meglio seguendo questa regola. Questa regola ottima
è operativa (CB determina i, non r o π) e dipende dalla situazione economica
Logica: se la differenza fra le due inflazioni è maggiore di zero (π > π*), allora la BC dovrebbe
introdurre una politica monetaria restrittiva per riportare sotto controllo la dinamica inflazionistica. A
fronte di questo scostamento ipotizzato dell’1%, quanto reagisce la BC?
- αß/b < 1 => aumenta tasso interesse di meno dell’1%
- αß/b > 1 => aumenta tasso interesse più del 1% (politica aggressiva)
=> Taylor rule, ci dice che questo rapporto è circa 1,5.
Nella regola ottimale di politica monetaria entrano tutte le info che CB ritiene rilevanti nella
previsione dell’inflazione futura.
Se la regola è credibile, nel perseguire l’uguaglianza tra inflazione attesa e desiderata otteniamo anche
il raggiungimento della piena occupazione. Nella realtà l’equilibrio è perturbato da shock ed è qui che
si gioca la bontà della politica monetaria. Ad esempio:
- Presenza di shock di domanda e di offerta (in particolare questi ultimi creano un trade-off tra i due
obiettivi π* e x = 0
- Instabilità strutturale dell’economia (nell’esempio, dei coefficienti alfa e b)
P.e., se nell’economia lo scostamento corrente influenza quello futuro con un ritardo di un periodo,
Etπt+J=π* e se CB osserva che Etπt ≠ π*, CB modifica ora il tasso a breve it, al fine di avere (tempo di
trasmissione della manovra) πe t+j = πt+j = π*. Quindi nella regola ottima compare πt (ed
eventualmente xt ) non perché obiettivi effettivi ma perché previsori di πt+1 (l’obiettivo di CB).
Rappresentazione grafica: IS inclinazione positiva, LM piatta.
shock negativo => output gap negativo
a) aspettative adattive
Philips curve in cui inflazione attesa = passata (aspettative adattive), inclinazione positiva.
La disoccupazione è troppo alta rispetto al livello naturale, la BC attua una politica monetaria
espansiva, la curva LM si sposta più in basso: il tentativo è di abbassare il tasso di interesse al fine di
ritornare alla situazione precedente. Da A passiamo ad A’, dove x = 0, ma qui l’inflazione è ancora
inferiore a quella ottimale. Se la BC vuole tornare al 2% deve fare una politica monetaria ancora più
espansiva. In una situa di questo tipo in cui le aspettative dipendono dal passato possiamo finire in
una trappola di bassa inflazione e trappola di bassi tassi di interesse.
C’è limite massimo al grado di espansività della politica monetaria, esempio al di sotto del 3% i tassi
non possono andare, mentre per tornare in equilibrio dovremmo andare ancora più giù. In una situa
del genere, se i = 0 e l’inflazione sta scendendo a causa della recessione, arriviamo in A’ dove x = 0
ma non c’è stabilità di inflazione, sta continuando a scendere, diventando prima nulla poi anche
negativa, arriviamo nella situa di deflazione, è la trappola deflazionistica.
In questo caso, r dovrà essere sempre più grande: quindi, in una situazione di questo tipo in cui la
gente perde lavoro, le imprese non solo sono sempre più indebitate ma hanno anche condizioni
finanziarie sempre più sfavorevoli. Non rimaniamo in A’ ma scivoliamo in questa spirale
deflazionistica sempre più giù (lower bound della politica monetaria). Poiché la LM è già al minimo,
la soluzione a questo punto è spostare IS. Sono richieste politiche monetarie non convenzionali ma
anche politiche fiscali espansive.
b) aspettative di inflazione ancorate. e t=*
Se le famiglie e imprese credono alla BC e hanno aspettative di inflazione allineate con gli annunci, la
situazione è migliore. Ancora abbiamo lo scostamento fra inflazione effettiva e attesa, siamo sempre
in A dove c’è una situazione di difficoltà con disoccupazione elevata, la politica monetaria ci abbassa i
tassi dell’interesse che ci riportano in equilibrio. C’è comunque lower bound, la situazione è
sgradevole perché comunque non possiamo portare la LM troppo sotto, siamo comunque in
recessione ma non c’è spirale deflazionistica grazie alle aspettative allineate. C’è sempre bisogno di
una politica fiscale espansiva che ci riporti in equilibrio, ma in sua assenza almeno qui la situazione
economica non peggiora. Con l’ancoraggio delle aspettative, nel caso del grafico (x < 0) CB con una
manovra espansiva riporta l’inflazione al livello desiderato e chiude l’output gap.
Quanto abbassa il tasso di interesse la BC dipende da ß, cioè da quanto è conservativa:
- ß => ∞ = la BC non tollera scostamenti rispetto a π*, anche a costo di rinunciare all’occupazione.
CB agisce con una manovra restrittiva che porta l’economia in A’’.
- 0 < ß < ∞ = al diminuire di beta aumenta la reattività della BC
- ß = 0 = la CB stabilizza solo l’output non guardando alla inflazione.
A livello empirico aggiungiamo alla regola un termine di errore, stimiamo direttamente la reazione
ottenendo una forma stimabile. Taylor nella formula oltre all’inflazione desiderata ha incluso l’output
gap: lo scostamento dell’output effettivo da quello potenziale non è ben noto, bisogna fare ipotesi
teoriche.
Dalla fine degli anni 80 per tutti gli anni 90 e 2000 per gli Usa la stima di Taylor funzionò molto
bene. Dal 2001 in poi è scoppiata la bolla dotcom, si è cercato di tenere i tassi molto bassi per
favorire ad esempio l’acquisto delle case, allontanamento significativo rispetto dalla regola di Taylor,
tassi più bassi rispetto a quelli considerati ottimi dalla regola. In UE ogni paese aveva una politica
ottimale diversa, la UE non poteva accontentare tutti quindi ha dovuto scegliere una regola di Taylor
“compromesso”.
(FACOLTATIVO)
L’ASSETTO ISTITUZIONALE DELLA BANCA CENTRALE
Attualmente la banca centrale ha obiettivi stabiliti a livello politico, e la stabilità dei prezzi è quella più
importante, ma le viene concessa ampia autonomia su come perseguire questi obiettivi.
Si vuole una Banca centrale conservatrice in modo che sia nel suo interesse mantenere l’inflazione
sotto controllo.
Contesto teorico
La macroeconomica si divide in tante scuole, una delle divisioni più importanti è quella keynesiana,
che vede il sistema economico come l’esito aggregato di mkt imperfetti che quindi hanno bisogno di
un’importante connessione da parte del settore pubblico, visione spesso associata a prezzi rigidi e a
visioni di breve periodo.
Ad esso contrapposta sia a livello tecnico che ideologico c’è quella neoclassica, dove i mkt sono
efficienti, i prezzi sono flessibili, gli operatori sono ben informati e non fanno errori, quindi i mkt
trovano da soli l’equilibrio, senza bisogno di intervento pubblico.
La visione neoclassica non era solo riferita al lungo periodo, ma applicata anche al breve. A partire
dagli anni ’70 spiegava il mondo nel breve e nel lungo in termini di agenti massimizzanti che
sfruttavano al massimo l’informazione. A volte la razionalità degli operatori sembrava fin troppo
eccessiva.
Modello pratico
L’imprinting teorico dell’inflation targeting deriva proprio da questa visione con queste ipotesi:
- tempo discreto
- orizzonte uni periodale
- aspettative razionali
In ogni periodo le persone cercano di prevedere cosa succederà in quello successivo facendo delle
previsioni sull’andamento dei prezzi, basandosi sull’informazione disponibile nel periodo t-1
precedente al periodo t attuale. Ci saranno però degli shock, disturbi che la gente non riesce a
prevedere, abbandoniamo quindi l’ipotesi di previsione perfetta e mancanza di shock. Elementi:
• domanda aggregata (AD) che viene semplicemente riassunta dall’equilibrio fra domanda ed offerta
di moneta. La trasformazione logaritmica ci permette di lavorare in termini lineari.
• funzione di produzione (AS), anch’essa banale: la produzione Y dipende da quanto lavoro è
applicato (N) al processo produttivo, “a” è un fattore di natura tecnica che ci dà la produttività dal
lavoro; ci sono rendimenti decrescenti quindi è compreso fra 0 e 1. C’è poi un fattore che esprime lo
shock tecnologico, A: se lo shock è negativo (calo delle materie prime) A diminuisce, se è positivo
(miglioramento della funzione di produzione) aumenta. È una variabile causale normale a media zero
per questo motivo.
Sostanzialmente ho due shock che possono verificarsi in t+1 e che non conosco: uno tecnologico e
uno monetario, dovuto alle aspettative d’inflazione, determinato dalla BC con il controllo dell’offerta
di liquidità.
L’impresa massimizza i profitti in t per t+1, quindi sceglie l’ammontare di lavoro che uguaglia la
produttività marginale del lavoro al salario reale stabilito. In termini di logaritmi trovo il livello di
equilibrio del lavoro. Esso dipende dallo shock (log(A)) che non è noto: ad esempio se la tecnologia è
particolarmente favorevole l’imprenditore impiegherà più gente. Il punto è che i contratti si stipulano
in t e non sappiamo se in futuro la tecnologia verrà a migliorare o meno, dovremmo prendere il
valore medio degli shock, che è zero. Quindi formulano le loro aspettative sui prezzi e in base a
queste stipulano i contratti e i salari.
Se le aspettative non coincidono con i valori attesi, in t+1, momento in cui già conosciamo lo shock A
e anche l’inflazione effettiva, gli imprenditori procedono all’aggiustamento modificando l’offerta di
lavoro (occupazione effettiva). Posso quindi trovare l’errore di previsione sull’occupazione, dato
dall’attesa meno l’effettiva. Vediamo che il salario nominale scompare, si mantiene la differenza tra
livello effettivo e previsto dei prezzi con lo shock tecnologico osservato.
Quindi se c’è una inflazione più elevata di quella che abbiamo previsto (p > pe), pagherò sempre
2000 euro al mese ma in termini di salario reale ne pagherò di meno, perché il salario nominale non
incorpora l’inflazione effettiva, solo quella attesa che appunto è inferiore: trovandosi a sostenere
meno costi, le imprese domanderanno più lavoro rispetto a quello di equilibrio.
Passiamo dalla sorpresa in termini di occupazione alla sorpresa in termini di output (formulazione
della curva di Phillips in termini di errori di inflazione che influenzano errori nella produzione).
Indico l’output gap con y = (Y – Y*). La curva di Phillips nel neoclassico non è qualcosa di strutturale
ma dipende dagli errori di previsione dell’inflazione e della previsione tecnologica. Non è più un
elemento strutturale dell’economia.
Interessi della Banca Centrale
La BC deve minimizzare la sua funzione di perdita, che come al solito è una funzione quadratica con
due termini:
- Y = k > 0: viene penalizzato un livello di produzione basso al di sotto di un livello desiderato k > 0,
cioè un livello oltre piena occupazione e crescita, perché un governo vuole essere rieletto, e la
probabilità di rielezione è maggiore se l’occupazione è al massimo, non importa se Y è superiore al
livello naturale. La BC cerca di favorire la rielezione del governo e per massimizzare le chance di
vittoria deve raggiungere disoccupazione bassa, produzione alta
- π* = 0: nel frattempo la BC vuole anche la stabilità dei prezzi; per non avere un pigreco* desiderato
positivo, ipotizziamo che sia nullo invece che il nostro canonico 2-3%. C’è una BC che aumenta la
domanda aggregata creando inflazione.
Ci sono due situazioni diverse che ci portano a esiti diversi:
a) Equilibrio discrezionale
E’ una situazione in cui la BC agisce quando ha piena informazione, cioè in t+1, per aggiustare il
livello dei prezzi (quindi creare o meno inflazione) mediante l’offerta di moneta.
Il primo di gennaio si stipulano i contratti, che individuano un salario nominale sulla base di un certo
tasso di inflazione atteso. Arriva il periodo successivo e si vede lo shock effettivo, la BC crea
l’inflazione solo a questo punto (quando ha maggiore informazione): è una buona cosa perché non è
costretta a fare una previsione, può alla luce dello shock risolvere i problemi che si pongono.
Dopo di che, le imprese, sulla base dell’inflazione effettiva, quindi delle politiche monetarie,
aggiustano la loro domanda di lavoro, non il salario nominale pattuito: se l’inflazione è superiore,
pago di meno gli operai quindi posso assumerne di più.
La BC minimizza la propria loss scegliendo un tasso di inflazione che bilanci i due obiettivi,
l’incremento di output (Y = k) e la stabilità dei prezzi (π* = 0). Ma quando lavoratori e imprese
stipulano i contratti cercano di prevedere cosa farà la BC e quindi si fanno aspettative sul tasso di
inflazione, che saranno imperfette perché la BC agisce dopo lo shock. Lo sfruttamento di
informazione non consente di avere una previsione perfetta. Dopo di che in t+1 sostituiscono le loro
aspettative con l’inflazione desiderata dalla BC, ugualmente sostituiamo il tutto nell’espressione per
minimizzare la loss. La BC quando conosce lo shock trova ottimale attuare la politica monetaria nel
foglio, che dipende dallo shock ma anche dalle aspettative di lavoratori e imprese.
Per fare i conti in tasca prendono questa relazione, ne fanno l’expectation (non conoscono αe),
capiscono la struttura dell’economia, sanno gli incentivi della BC, ma non sanno niente sullo shock
tecnologico “e”. fanno quindi le loro aspettative imperfette e le mettono nella formula appena citata,
ottenendo la soluzione discrezionale:
- se ß pesa molto, l’inflazione per BC è importante e cercherà di contenere l’inflazione a parità delle
altre condizioni sempre più, perciò tanto più inflazione sarà piccola.
- se α è grande, allora compra molto output avvicinandosi a k con l’aumentare dell’inflazione
- se k è alto, anche l’inflazione è alta
- l’ultimo termine è quello dello shock: se e è positivo, l’imprenditore aumenta l’inflazione senza
bisogno di abbassare il valore del salario reale, ma se la tecnologia è positiva allora l’occupazione
aumenterà grazie ad esso, quindi tanto meno la BC dovrà creare inflazione a sorpresa.
Se e = 0 siamo in equilibrio perfetto perché l’inflazione discrezionale è esattamente quella prevista.
Primo elemento è inflation bias, è una tendenza a una economia inflazionistica perché k > 0
L’altro elemento è legato alla stabilizzazione del sistema: con shock negativo BC cerca di creare
inflazione a sorpresa per aumentare l’occupazione.
La perdita attesa ex ante nell’equilibrio discrezionale è individuabile (ragioniamo in termini della
varianza dello shock). Quando la tecnologia è molto variabile, evidentemente questa perdita aumenta,
perché la BC cerca di compenetrare due obiettivi con un solo strumento. Se c’è molta incertezza la
loss è elevata, se k è molto alto anche.
b) Equilibrio con regole
Qui le regole ci sono e valgono per tutti: non solo per gli imprenditori al momento della stipula dei
contratti, ma anche per la BC, la quale fa un annuncio prima che ci siano gli shock dicendo la politica
monetaria che attuerà, contestualmente alla stipula dei contratti o anche prima. In questo modo non
ci sono sorprese inflazionistiche perché l’inflazione in t+1 è già stata stabilita mediante l’annuncio: gli
imprenditori sceglieranno quante persone assumere sulla base esclusivamente degli shock tecnologici.
La BC non ha più alcun vantaggio informativo rispetto a lavoratori e imprese (non state-contingent).
Non può indurre un errore nelle aspettative di inflazione, perché non conosce lo shock. Imprese e
lavoratori riescono quindi perfettamente a prevedere i suoi comportamenti perché semplicemente
inglobano quanto dichiarato da BC.
Essa tiene conto del fatto che se dice qualcosa, gli altri lo incorporano nei contratti come inflazione
attesa uguale a quella che ci sarà, e in base a questo individua il valore dell’inflazione ottimale.
La minimizzazione di questa loss che tiene conto delle regole mi dà un risultato evidente: quello che
può fare la BC è dire che l’inflazione sarà 0. Non ci sarà sorpresa inflazionistica, il primo termine
della loss è da lasciar perdere, non si riesce più ad avvicinarsi a k, rimane il secondo termine ma è
facile individuarlo perché l’inflazione desiderata sarà proprio zero. La loss deriva dalla mancata
stabilizzazione, ci può essere shock tecnologico.
c) State contingent rule (SCR)
Si può fare di meglio, queste sono due situazioni estreme. Supponiamo che ci sia una regola che
prenda il meglio dai due casi: ha una parte fissa (prevedibile dal settore privato, b0) e una parte che
dipende dal valore dello shock tecnologico (b1). La prima dipenderà degli incentivi della politica, la
seconda dipenderà dall’entità dello shock. Entrambi i valori ottimali delle componenti sono da
determinarsi in modo ottimale con la minimizzazione della perdita.
b0 = è inflazione nulla, perché la annuncio prima quindi non riesco a creare delle sorprese, è un
annuncio che deve essere rispettato e i lavoratori e imprenditori lo sanno.
b1 = la individuo minimizzando la loss (derivata prima).
Individuo a questo punto la regola SCR che sarà composta quindi solo da b1 perché b0 = 0.
Rispetto alla regola state contingent, le scelte di stabilizzazione sono le stesse dell’equilibrio
discrezionale, ma è assente il bias inflazionistico. È una regola migliore perché rispetto alla
discrezionale abbiamo la stessa perdita nell’addendo di stabilizzazione, ma guadagniamo rispetto
all’inflation bias, che non c’è più a differenza del caso discrezionale.
Rispetto alla loss delle regole il risultato è opposto: in entrambi i casi non abbiamo il bias, ma nelle
SCR la perdita legata alla stabilizzazione è minore. Prende il buono dei due casi di prima: da D
prende la stabilizzazione, da R l’assenza di inflation bias, ma è di difficile implementazione.
Se attuabile, SCR è la scelta migliore. Se non lo è la scelta tra D e R non è ovvia: D è preferibile per
la stabilizzazione, R è preferibile per l’assenza di inflation bias. Criterio da seguire: se gli shock di
offerta sono forti («grande») e/o le distorsioni limitate (k «piccolo»), la strategia discrezionale (con
stabilizzazione ma con inflation bias) è superiore alla regola non state contingent (senza inflation bias
ma senza stabilizzazione).
Come deve essere la Banca Centrale
Finora abbiamo analizzato modelli molto astratti, ma dietro c’è l’avere o meno una BC che è un
ufficio governativo, oppure una BC che segue i propri obiettivi senza essere coinvolta dalle esigenze
della politica. BC indipendente e conservatrice consente di arrivare a risultati simili a questa regola.
Quando parliamo di banca centrale indipendente, è necessario distinguere due funzioni di perdita:
una della società (governo) e una della BC. Se è conservatrice vuol dire che, indipendentemente dalle
volontà strategiche del governo, la BC è avversa all’inflazione più di lui, quindi avrà un inflation bias
più piccolo di quello del governo. Contemporaneamente deve però riuscire a reagire agli shock.
La BC indipendente attua la propria manovra discrezionale dipendente dagli shock, minimizza la sua
funzione di perdita e l’espressione individuata sarà la stessa. Tenuto conto di questo, il Governo
decide qual è il livello ottimale di conservazionismo (qual è il beta ottimale, il tipo di governatore
ottimale da mettere a capo della BC stessa) che minimizza la perdita della società (derivata della loss
uguale a zero rispetto a ßCB). Il governo quindi non sceglie l’inflazione, tiene conto della BC e sceglie
il tipo di governatore migliore di essa. È una scelta costituzionale.
La funzione è complessa, si può simulare come funziona mettendo valori credibili di α e di ßCB e
vedo come evolve la funzione a seconda del beta:
- ßBC = 0: caso in cui il banchiere centrale è allineato al governo, quindi non è conservatore. Poiché
mi rimane solo il termine negativo la derivata sarà negativa, quindi un aumento di ßBC rispetto a ßG
riduce la perdita della società => è ottimale avere una BC conservatrice.
- se ßBC tende ad infinito, quindi la BC è massimamente conservatrice, non conviene che sia tanto
conservatrice perché la derivata tende a zero ma dà valori positivi.
Da un lato la vogliamo più conservatore del governo, dall’altro non troppo di più. C’è un
bilanciamento tra queste due esigenze: inflation bias basso e adeguata stabilizzazione.
Questo è quanto è successo alle banche centrali negli ultimi 30 anni.
(RICHIESTO)
PRATICHE OPERATIVE DELLA BC E MANOVRE DEI TASSI DI
POLICY
Finora abbiamo raccontato gli obiettivi della BC, ora descriviamo quindi il modo effettivo con cui
queste strategie vengono attuate. Per ora ci concentriamo, sapendo i suoi obiettivi, sugli strumenti
della Banca Centrale che poi impatteranno sui mkt finanziari ed in particolare sui tassi a breve
termine (che influenzeranno quelli a medio lungo, che a loro volta influenzeranno il consumo,
l’investimento ecc). Essa si preoccupa di aggiustare le cose se la disoccupazione è elevata o se
l’inflazione a sua volta lo è, per minimizzare le sue perdite.
La Banca Centrale ha vari strumenti: alcuni hanno a che fare con le quantità (quanti titoli compro io
banchiere) altri con i prezzi (compro titoli a questo prezzo) e li utilizza in modo coordinato:
- ammontare dei finanziamenti delle banche, con titoli a breve o lungo termie acquistati a termine o a
titolo definitivo
- tipologia di titoli che vanno bene per essere acquistati dalla BC, alta o bassa qualità, nell’ultimo caso
do liquidità alle banche che le rinvigorirà; se non li ha e se la BC intende comunque fare una politica
monetaria espansiva deve accettare un abbassamento di questa qualità di titoli che deve comprare
- riserve obbligatorie
- standing facilities
Tutti strumenti da utilizzare in modo coordinato fra loro, senza la coordinazione la politica monetaria
non sarebbe credibile. C’è un legame tra le strategie di politica monetaria e regolazione prudenziale.
Prospettiva storica
Negli anni 50-60 per aumentare i prestiti, le banche dovevano vendere dei titoli alla Banca centrale e
se questa non voleva comprare non avevano liquidità sufficiente per soddisfare la richiesta dei prestiti.
Queste due voci erano le fondamentali, ad esempio i depositi erano abbastanza insensibili alla
situazione economica. C’era la possibilità di indebitarsi, che significa emettere proprie obbligazioni
sul mkt, cosa che potevano fare solo poche banche al mondo.
Dagli anni 70 in poi nasce un mercato interbancario: la banca, se vuole aumentare i prestiti, può
indebitarsi a breve o a lungo, ma più facilmente a breve, sul mkt interbancario. Una banca che vuole
aumentarli ed ha poca liquidità, la trova chiedendo prestiti alle altre banche che invece ne hanno in
eccesso. Per la banca diventa molto più facile indebitarsi, si slega dalla gestione del portafoglio titoli.
Se i prestiti aumentano significa che è aumentato l’indebitamento delle banche. Se cala però la fiducia
c’è un potenziale di stabilità che può emergere in modo eclatante.
La BC ora controlla la possibilità nonché la convenienza all’erogazione di prestiti bancari,
controllando il costo dell’indebitamento. Infatti acquista titoli dalle banche se vuole dare liquidità, e
questi acquisti determinano un tasso di interesse e le condizioni su di essi, che influenzano costo e
disponibilità della liquidità per la banca, perché influenzano la sua convenienza ad indebitarsi. Se
infatti i tassi di policy aumentano, il costo del finanziamento per la banca aumenta, aumentano gli
interessi sui prestiti e questo determina una diminuzione della loro domanda.
Può anche chiedere controlli di solidità patrimoniale: non puoi continuare a chiedermi prestiti perché
hai poco capitale e tanti prestiti, la tua leva finanziaria è troppo alta, non rispecchia i requisiti di
solidità che voglio, quindi non compro più titoli da te perché sei troppo rischiosa (se qualcuno non
ripaga tu non riesci a coprire). Possibili contagi ed effetti sistemici che la BC cerca di evitare.
I tassi di policy
I tassi di policy in generale definiscono il costo della liquidità per le banche, cioè quanto costa avere
riserve presso una banca centrale, cioè un conto corrente con saldo positivo. In particolare, la
liquidità della banca, il saldo di cc che ha presso la BC, si compone di due elementi, che
costituiscono i due motivi per cui le banche chiedono liquidità:
RR = le riserve obbligatorie (required reserve); non si transige su questo, istituzionalmente devono
soddisfare le condizioni imposte dalla BC un certo ammontare di depositi deve essere tenuto sotto
forma di liquidità presso la BC
ER = liquidità in eccesso, parte di questa serve per esempio, se un cliente vuole chiudere il proprio
conto, la banca deve avere sufficiente quantità di banconote per permettergli di chiuderlo a vista.
Deve avere riserve liquide anche per effettuare i pagamenti che si vengono a creare nel corso di una
giornata lavorativa con le altre banche, ma anche perché in una situazione di anormale operatività dei
mkt tutti potrebbero contribuire a una corsa agli sportelli, è una sorta di precauzione da questi rischi.
Le riserve obbligatorie sono calcolate in questo modo: c’è un periodo di n giorni (periodo di
mantenimento) che è calcolato sulla base delle giacenze medie dei depositi della banca del periodo
precedente (es. mese precedente). Se ad esempio erano 1500, le RR saranno 15, per esempio (è l’1%
per la BCE). Il tutto si può calcolare in termini giornalieri moltiplicando per il numero dei giorni. Le
regole ci danno una certa flessibilità: la banca deve avere 15 in media, oggi può avere 10 ma domani
deve avere 16, alla fine del mese basta che la media sia quella voluta.
Verso la fine del periodo di mantenimento, se ci sono degli spostamenti bisogna aggiustarli con
immediatezza: se manca poco al periodo di mantenimento e ho un deficit per esempio di 3, negli
ultimi due giorni devo accumulare molte riserve per annullarlo.
Quello che avviene è che il periodo di mantenimento, almeno nell’area euro, è quello rosso ed è
calcolato sul mese precedente e non c’è sovrapposizione fra periodo di calcolo (mese precedente) e
periodo di mantenimento (periodo attuale).
I due periodi sono parzialmente sovrapposti; Le riserve cambiano un po’ ma non troppo perché ho
sovrapposizione parziale, man mano che non ho sovrapposizione ho maggiore certezza sulle RR ma
minore certezza sul loro aggiustamento.
LA DOMANDA DI LIQUIDITA’
La domanda di liquidità del sistema bancario è più o meno regolare e la BC vi risponde con una
offerta di liquidità e, regolando le condizioni di essa (ammontare del prestito e tassi), di fatto regola il
comportamento delle banche, determina la dinamica di alcuni tassi a breve che poi si trasmettono su
quelli a più lungo termine.
Ipotizziamo che la BC stia fuori dal mkt, perché il rifinanziamento, che consiste nel rifornire di
liquidità in modo normale il mkt ed avviene diciamo una volta a settimana (nell’UE il mercoledì), è
già avvenuto. Si suppone che le banche abbiano richiesto alla BC quantità adeguata di liquidità per
funzionare fino al successivo rifinanziamento. Questo non esclude però che una qualsiasi banca,
UniCredit, si ritrovi con necessità di liquidità.
Può succedere che invece di rivolgersi alla BC, la chieda ad altre banche, che se si ritrovano liquidità
in eccesso gliela conferiranno. Tipicamente sono prestati a brevissimo termine, a un giorno (prestiti
overnight), e in condizioni di normalità non sono garantiti. In periodi di turbolenza dei mkt invece,
anch’essi possono rivelarsi problematici (giorno prima del fallimento Lehman Brothers faticava a
trovare prestiti perché c’erano voci ma ufficialmente aveva ancora un rating AAA).
La liquidità esistente viene riallocata fra le banche senza che la BC faccia nulla, ma in realtà controlla
indirettamente questo prestito a brevissimo termine perché questi sono solo aggiustamenti delle
allocazioni dello stock di liquidità che lei ha deciso, mediante il rifinanziamento, di rendere
disponibile sul mkt.
Distinguiamo quindi due mercati: il primario, dove avviene il rifinanziamento, ed il secondario dove
avvengono gli scambi di liquidità fra banche.
L’alternativa al prestito interbancario è richiedere alla BC nella giornata di rifinanziamento liquidità,
che nell’Eurozona dura una settimana e 11 giorni in UK, quindi costituisce comunque una liquidità
fornita a breve termine. Questo perché si vuole facilitare il controllo del mkt e la rapidità degli
aggiustamenti: se la BC inizia a fornire finanziamenti a 5 anni, l’unico modo per ritirare la liquidità è
andare sul mkt aperto, ad esempio sul mkt dei titoli di stato, e comprare moneta dando in cambio
titoli così da incamerare moneta. Dandola ogni settimana, se si accorge di averne data troppa, per
ritirarne una parte dal mercato basterà fornirne di meno al rifinanziamento successivo.
Nei casi in cui abbia fornito invece poca liquidità al sistema, le banche che si trovano in difficoltà
possono chiedere dei prestiti di emergenza, normalmente alla fine della giornata lavorativa si aprono
degli sportelli appositi.
Corridor system
(Grafico) Nel grafico sull’asse delle ascisse si misura l’ammontare delle riserve presenti sul mkt
bancario. La curva ad “s rovesciata” è la domanda di riserve, la domanda di liquidità da parte delle
banche, che è compresa tra un limite inferiore e uno superiore:
• inferiore (iD) = tasso d’interesse che rappresenta la remunerazione derivante dal deposito nel conto
corrente della BC da parte di una banca della propria liquidità in eccesso.
• superiore (iL) = tasso d’interesse a cui la BC concede un prestito (lending) ad una banca che si
trova in difetto di liquidità, in stato di emergenza.
Ovviamente iD è basso mentre iL sarà alto perché l’emergenza si paga. Siccome la possibilità di dare
e ricevere liquidità vale sempre per la BC, allora la domanda di riserve è sicuramente compresa fra
questi due tassi, garantiti e stabiliti dalla BC.
Se una banca ha troppa liquidità può depositarla presso la BC oppure prestarla alle altre banche,
deciderà in base ai tassi di interesse, cioè alle sue remunerazioni: per prestare alle altre banche deve
guadagnare almeno iD, se no non le conviene. Per le stesse ragioni, se ha bisogno di un prestito,
capisce dove le conviene chiedere a seconda del tasso che chiede la BC ed anche le altre banche.
Nel disegno la BC fornisce un certo ammontare di liquidità R° ogni settimana, la linea rossa nel
grafico. La liquidità è offerta tramite asta: fa un annuncio sul sito della BCE con giorno e ora e gap di
tempo in cui far pervenire le offerte. Impone inoltre che, per partecipare all’asta, bisogna offrire ad
un certo tasso minimo, che è quello che dovrebbe garantire l’equilibrio fra domanda ed offerta
(iMRO, main refinancing operation). Infatti la BC ha già previsto la domanda e ha già deciso l’offerta,
deve fare in modo che si determini il tasso di equilibrio, quindi di fatto controlla anch’esso. Per essere
sicuri di avere liquidità possono offrire di più.
Le banche cercano di rendere minime queste scorte monetarie perché avere le riserve costa: non
possono farne a meno, ma non ne vogliono tante di più rispetto a quelle obbligatorie.
Può succedere che una banca si ritrovi a dover domandare un prestito e sul mkt interbancario non lo
trovi o lo trovi a un tasso superiore. Questo accade se la BC ha sbagliato sottostimando la domanda di
liquidità. Si dovrà quindi richiedere alla BC, la quale dà liquidità facendo un pronto contro termine di
una settimana (per cui vuole una garanzia), cioè essa acquista un certo ammontare di titoli che in una
settimana verranno riacquistati dalla banca che ha bisogno di prestito e ad un prezzo leggermente più
basso di quello iniziale. Quindi, se il rifinanziamento costa il 2% e UniCredit dà 100 di titoli, la BC
restituirà 98, implicitamente definisce il tasso di interesse. La BC compra a 100 quello che vale 102.
Quindi sono 4 i tassi controllati dalla BC: tasso sui depositi (iD), tasso sui prestiti (iL), tasso di
rifinanziamento (iMRO, unico non perfettamente controllabile da BC perché richiede di prevedere la
posizione della domanda) e il tasso interbancario (overnight).
C’è una regione in cui le banche sono molto sensibili anche a piccoli spostamenti del tasso, cioè in cui
un aggiustamento minimo di iMRO (es dal 4 al 4,05) potrebbe spostare in modo significativo il tasso
della liquidità, ci riferiamo alla parte centrale della curva.
Vicini ad iD una piccola variazione del tasso fa aumentare moltissimo le riserve, al tasso minimo la
domanda di riserve è massima, in un certo senso indeterminata; al tasso iL la domanda delle banche
è invece quella minima possibile, e sono due situazioni in cui il tasso non si muove più: sul punto
inferiore e superiore possono variare le quantità ma non i prezzi (tassi). Vuol dire che, in presenza di
una carenza di liquidità, il tasso non si modificherebbe quindi la BC oltre a non riuscire a percepire il
problema, non riuscirebbe a risolverlo modificando il tasso (siamo in lower bund). Un tasso iMRO e
overnight “medio” segnalerebbe il problema e ci consentirebbe invece un abbassamento del tasso.
Quando c’è la possibilità di indebitarsi ad iL alto, perché il sistema dovrebbe chiedere un elevato
ammontare di liquidità? Se c’è necessità, UniCredit o qualsiasi altra banca potrà indebitarsi al tasso
iL, ma di per sé il sistema delle banche dovrebbe avere un tasso di riferimento iMRO più basso, poi
nello specifico può esserci una singola banca con un problema e allora iL è il tasso “di emergenza”: se
fosse lui la normalità e non MRO, non converrebbe alla banca avere liquidità in eccesso.
Errore di previsione della domanda
(Grafico slide 20) Se la BC fa un errore di previsione e non azzecca la posizione della domanda
quindi regola la propria offerta su un dato errato, dà troppa poca o troppa liquidità, ci troviamo nel
caso delle curve estreme. Se ha sottostimato la domanda di liquidità e quindi ha offerto troppe poche
riserve (sx), che saranno molto ambite dalle banche le quali offriranno tassi elevati per averle, perciò il
tasso iMRO si sposterà sempre più verso iL. Se invece l’ha sovrastimata, avremo la situazione
opposta: non c’è competizione fra le banche per averla e quindi il suo costo, il tasso di
rifinanziamento ordinario, scende verso il suo limite minimo (iD).
Riscontriamo lo stesso risultato dal lato della variazione della domanda: data l’offerta, a seconda della
posizione della domanda iMRO si sposta verso l’alto o basso.
Infatti nella realtà il mestiere del banchiere è più complesso, perché ad esempio la domanda può
spostarsi imprevedibilmente. Si pensi ad esempio che ci sono periodi dell’anno in cui la domanda di
liquidità è maggiore (Natale e Pasqua), o giorni in cui ci possono essere degli shock non sempre
prevedibili. Quando poi avere liquidità costa molto, allora la domanda si bassa, le banche cercano di
non avere liquidità in eccesso. Se avere liquidità costa poco invece, chiaramente se ne domanda
molta. La domanda di liquidità è crescente, cioè le riserve crescono, al diminuire del costo della
liquidità stessa.
Politica monetaria espansiva
Se la BC vuole fare una politica espansiva allora sposterà la linea rossa verso l’esterno, quindi, se la
domanda rimane nella stessa posizione, il tasso normale di rifinanziamento iMRO che si viene a
determinare sarà più basso della settimana precedente. Essendoci più liquidità infatti ora le banche
per ottenere prestiti non dovranno più fare grandi sforzi perché non ci sarà più molta concorrenza,
significa che i tassi sono più bassi (sia gli MRO sia gli overnight, la politica ha ripercussioni su tutto).
Ma dato che il controllo della BC avviene attraverso 3 tassi, iMRO, iL, iD, se muove uno muove
anche gli altri due probabilmente, quindi si sposteranno anche i limiti del corridoio visti prima. In
questo modo otteniamo un risultato importante: MRO, rimane più o meno sempre in mezzo al
corridoio solo grazie agli aggiustamenti dei tassi che lo delimitano.
E’ stato fatto durante la crisi del 2008, vedi prossimo paragrafo.
Se le banche si aspettano una manovra espansiva, magari perché è stata annunciata, e quindi per
esempio, se ora il rifinanziamento costa il 2% ma tra una settimana potrebbe costare l’1%,
aspetteranno una settimana ad indebitarsi perché sosterranno un costo minore (per farlo dovranno
poter procrastinare una serie di pagamenti).
La domanda di liquidità oggi sarà quindi più bassa di quanto sarebbe stata senza l’annuncio e con la
domanda più bassa cadranno i tassi. Emerge anche qui la logica forward looking, la politica comincia
a funzionare nel momento in cui viene annunciata, non quando viene attuata, sono le stesse
aspettative derivanti dalla politica annunciata a farla realizzare (aspettative auto avverantesi).
Crisi finanziaria: dal 2001 al 2015
Crisi successiva al crollo delle dotcom (2001): i tanti concorrenti di Apple nati negli anni ‘90, cresciuti
finanziariamente in modo impetuoso, finiscono per crollare perché ci si accorge che il mkt deve fare
selezione e solo poche possono sopravvivere, moltissime falliscono.
Sempre nel 2001 c’è stato l’attentato alle Torri Gemelle che ha creato un altro shock emotivo sui
mkt, peggiorando la recessione. Andamento tipico: il mkt fiuta il pericolo, i prestiti a brevissimo
termine iniziano ad avere tassi molto elevati (5% annualizzato). Nel momento in cui le BC
cominciano a reagire, le condizioni sul mkt interbancario si allentano perché esse, settimana dopo
settimana, offrono più liquidità di prima. Il rifinanziamento del mercoledì avviene a condizioni più
favorevoli (tassi in calo) e questo si riflette anche sul mkt secondario. Segue un lungo periodo, dal
2004 fino al 2006-7, con politiche sia in USA che in UE monetarie espansive e un corrispondente
tasso overnight molto basso.
Pian piano va creandosi una bolla, quella che scoppia nel settembre 2008, il mkt percepisce
l’aumento di rischio e la riduzione di liquidità. Vediamo che prima di Lehman i prestiti di emergenza
in eurozona sono praticamente nulli. Con il fallimento di Lehman cominciano ad aumentare
significativamente solo dopo 10 giorni, inizia ad aumentare tantissimo la domanda di prestiti di
emergenza per un mese e mezzo, per poi ritornare a livelli relativamente bassi. La liquidità aumenta
nel momento in cui aumentano anche i prestiti: da una parte, le banche se hanno poca liquidità la
domandano, dall’altra se c’è liquidità in giro la rastrellano e non la mettono più in circolo
concordando prestiti.
Anche le BC cercano di avere una politica monetaria più restrittiva, ma non riescono a controllare la
situazione. Quando il mkt crolla e si palesa una crisi di liquidità improvvisa la bolla è già scoppiata. La
BCE, magari con ritardo rispetto alla FED, è costretta ad effettuare un profondissimo aumento di
liquidità che porta i tassi interbancari a livelli estremamente bassi. Funziona?
- Linea rossa = iL
- Linea verde = iD
- Linea gialla = MRO
- Linea blu (sovrapposta a gialla) = overnight;
non controllato direttamente dalla BCE, ma
sappiamo che di fatto segue il iMRO.
Fino al 2006 si è mantenuta una politica monetaria accomodante. A partire dal 2007
progressivamente i tassi sono aumentati gradualmente e la regola è rimasta la stessa: il corridoio
mantiene la stessa ampiezza. La BC riesce con piccoli scostamenti a controllare indirettamente
l’overnight e a mantenerlo, insieme all’IMRO, fra i due tassi limite del corridoio, con uno scarto
costante nel tempo di circa il 2%. Quello che fa però è aumentare i tassi mentre i mkt stanno
crollando.
Dopo Lehman (15/09/2008), crollando tutti e tre i tassi in modo considerevole, nel 2013 viene meno
la simmetria: vengono abbassati di 25 punti base l’iD e MRO. Al giugno 2014, l’iD diventa addirittura
negativo: significa che la liquidità può essere depositata, ma non è conveniente tenerla parcheggiata
perché non frutta ma anzi verrà erosa nel tempo. Dall’altra parte il rifinanziamento in condizioni
normali è offerto dalla BC a tasso zero (iMRO = 0), offre la liquidità di cui necessitano senza fargli
pagare nulla, anche se mi date titoli di scarsa qualità (abbassamento standard qualitativi). Significa che
le regole cambiano: il rifinanziamento non avviene più con aste competitive, non c’è più un’offerta
fissa: di fronte alle conseguenze della crisi sub prime e della crisi dell’euro, la politica monetaria
espansiva si fa molto marcata. iL va all’1%. Non è più un corridoio del 2% ma di 1% e inoltre ora è in
parte negativo, ma iMRO rimane comunque in mezzo.
Inoltre, fa aste in cui il rifinanziamento è a lungo termine, tipo pronto contro termine, di 3 anni o più
(non più pronto contro termine di 1 settimana), che incidono direttamente sui tassi a lungo termine,
non sugli overnight. Diventano più importanti delle aste a tasso fisso.
La mossa è azzardata ma il messaggio è chiaro: in una condizione di crisi della liquidità, cerca di dare
quest’ultima con condizioni molto agevoli, si vuole far ricircolare denaro nel sistema.
L’inflazione rimane bassissima nonostante la grande liquidità, perché non ci sono tanti investimenti
da parte di imprese, famiglie… la domanda aggregata rimane depressa per molto tempo. Dovesse la
gente improvvisamente iniziare a spendere allora sì che ci sarebbe inflazione.
In una situazione con così tanta liquidità l’overnight non è più legato all’MRO che rimane allo zero
per cento, si schiaccia e va sul limite minimo del corridoio, sull’iD negativo, cioè le banche ci
perdono a dare prestiti. Lo stacco da MRO avviene man mano che la BCE inietta liquidità nel
sistema, fenomeno che causa il crollo della sua domanda e quindi del tasso dei prestiti.
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