Monarchie del Golfo e diversificazione post-oil: obiettivo perseguibile? Fonte immagine: https://agsiw.org/improved-fiscal-outlooks-renew-focus-on-gulf-economic-diversificationefforts/ La situazione fiscale delle monarchie del Golfo è migliorata notevolmente come conseguenza all’aumento dei prezzi dell’energia. Le loro economie sono pronte a crescere e realizzare i loro ambiziosi piani di diversificazione economica. C’è da chiedersi ora come i governi nazionali gestiranno i guadagni per rendere effettive le loro proposte di sviluppo del settore non petrolifero. La centralità degli idrocarburi La situazione in Ucraina ha provocato uno shock economico positivo per i paesi del Golfo: il prezzo dell’energia, già in crescita, si trova tuttora al rialzo. Le materie prime fossili sono tornate al centro della scena economica mondiale, nonché della competizione fra Stati. Sono soprattutto gli Stati europei ora ad attivarsi per la ricerca di fonti di gas e petrolio alternative alla Russia. Per l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar, il Kuwait, il Bahrein e l’Oman, è dunque l’occasione giusta per riempire i loro fondi sovrani, un “tesoriere” dal quale attingere per sostenere il percorso di diversificazione economica post-idrocarburi. Nel primo trimestre 2022, il PIL risulta in crescita in tutta l’area del Consiglio di Cooperazione del Golfo, dopo un biennio di contrazione, aggravato dall’impatto del virus Covid-19. Oggi, l’Olimpo della Borsa ha un nuovo leader: Saudi Aramco, la celebre compagnia saudita di idrocarburi. I profitti di Saudi Aramco sono aumentati dell’82% nel primo trimestre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021: l’utile netto è passato da 21 miliardi di dollari a 39 miliardi e la compagnia petrolifera saudita ha persino superato la società americana Apple, diventando l’azienda a maggiore capitalizzazione nel mondo. Inoltre, nel primo trimestre 2022 i conti statali del Sultanato dell’Oman sono tornati positivi dopo il deficit fiscale registrato nel 2021: la rendita petrolifera è aumentata di oltre il 70%, quella derivante dal gas è più che raddoppiata. Con rendite più elevate, le monarchie possono scegliere di allungare i tempi della diversificazione economica mitigandone le ricadute sociali e, così, tutelando la stabilità politica interna. Gestione efficace del flusso di denaro Il Fondo monetario internazionale (FMI) si è espresso sulle entrate inaspettate che le nazioni esportatrici di petrolio del Medio Oriente e dell’Asia centrale raccoglieranno nel 2022, sollecitando l’attuazione di forti politiche che rendano le loro economie meno vulnerabili al boom e al crollo dei prezzi dell’energia. Secondo le prospettive regionali del FMI, le entrate petrolifere nella regione quest’anno raggiungeranno 818 miliardi di dollari, con un aumento di 320 miliardi di dollari rispetto alla valutazione del FMI dello scorso ottobre. Jihad Azour, direttore del dipartimento del Medio Oriente e dell'Asia centrale del FMI, ha recentemente affermato che “è molto importante che quei paesi rimangano vigili nel modo in cui conducono le loro politiche”, sottolineando l’importanza nell’indirizzare i finanziamenti verso progetti di crescita effettivi. Un afflusso di entrate del petrolio e del gas, e i profitti ad essi associati, offrono ai funzionari regionali i mezzi per procedere verso la diversificazione economica. Sicuramente il peso finanziario derivante dai proventi di petrolio e gas può aumentare i costosi piani di diversificazione economica, ma ciò non li rende infallibili. La sola disponibilità di risorse finanziarie non garantisce il successo a lungo termine nel settore non petrolifero. Solo tre degli stati arabi del Golfo sono in una posizione di forza per promuovere in modo aggressivo e costante iniziative di diversificazione economica orientate al futuro: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Questi paesi, pur dimostrando molte variazioni istituzionali, combinano la volontà politica dall’alto verso il basso per la trasformazione economica con le risorse finanziarie disponibili. L’Oman e il Bahrain devono agire per sostenere le proprie finanze e ridurre le vulnerabilità economiche da un lato, e, dall’altro, andare avanti con la diversificazione economica. L’aumento dei prezzi dell’energia consente invece al Kuwait (un valore anomalo regionale) di ritardare ulteriormente le riforme economiche e le iniziative di diversificazione. Quali proposte per un futuro post-oil? Ci si chiede se le proposte per un futuro diversificato siano all’altezza dell’ingente profitto fornito dal petrolio. L'Arabia Saudita, ad esempio, vuole reinventare le città, il turismo di lusso e l’aviazione. Gli sviluppi intorno al Future Aviation Forum a Riyadh avvenuto dal 9 all’11 maggio scorso sono un chiaro esempio degli ambiziosi obiettivi del Regno per il settore dell’aviazione. I funzionari sauditi vogliono fare dell’Arabia Saudita il principale hub aeronautico del Medio Oriente entro il 2030: un obiettivo ambizioso da sostenere con un previsto finanziamento di 100 miliardi di dollari pubblici e privati, un nuovo vettore nazionale e infrastrutture potenziate. Inoltre, Riyadh sta rilanciando i suoi piani di privatizzazione degli aeroporti e già 29 aeroporti sono stati riorganizzati sotto una nuova entità commerciale, Matarat. L’obiettivo deli stati e degli emirati più piccoli della regione è quello di guadagnare peso nell’arena economica regionale e internazionale. A questo proposito, gli Emirati Arabi Uniti hanno lanciato il cosiddetto “Progetto dei 50 anni”, una visione strategica a lungo termine incentrata sul settore governativo e privato e che miri a liberare energie creative in vari campi, in particolare quelli dell’imprenditorialità, dell’economia digitale, spazio e tecnologie avanzate. Inoltre, i piccoli paesi del Golfo si sono assicurati i diritti per i principali eventi globali, puntando sia a migliorare la capacità di attrazione degli investimenti esteri, che a promuovere un sistema meno ancorato alla dipendenza petrolifera e più incentrato su servizi e commercio. Dubai ha ospitato l’Expo 2020 e il piccolo paese del Qatar si sta preparando per ospitare la Coppa del Mondo FIFA a partire dal mese di novembre 2022. Così come è stato per l’Expo 2020, anche la Coppa del Mondo potrà contribuire tanto al progresso del Qatar, quanto all’avanzamento della competizione economica intra-Golfo, aumentando i vantaggi politici e consentendo allo Stato di avere una maggiore proiezione esterna. Conclusione Lo sviluppo delle industrie non petrolifere della regione richiede pazienza, cosa che i governi regionali possono permettersi più facilmente durante i periodi in cui i prezzi dell’energia sono più alti. Analizzando la crescita del 9,6% dell’Arabia Saudita nel primo trimestre dell’anno, le attività legate al petrolio crescono del 20,4% e le attività non petrolifere solo del 3,7%. I tassi di crescita in gran parte dell’economia non petrolifera non possono eguagliare quelli di un mercato energetico solido. Tuttavia, le industrie non petrolifere spesso sperimentano una minore volatilità e alla fine offrono un futuro più sostenibile. L’attuale sfida per i paesi del Golfo è dunque quella di sfruttare gli ingenti guadagni dati dal petrolio per favorire la crescita e sviluppo dei settori non petroliferi nel lungo termine, realizzando la tanto discussa diversificazione post-oil.