Uploaded by Leonardo Leone

Appunti di Valutazione

advertisement
Valutazione nutrizionale degli alimenti
Definizione di alimento: etimologica, legale e nutrizionale.
•
•
Definizione etimologica: alo (faccio crescere), al (alzare muovere) mento (parte del corpo di distinzione tra uomo
e animale). Ciò che è atto a far sussistere, crescere e conservare gli organismi animali e vegetali, serve per la
crescita quindi. Il mento è appunto la parte inferiore mediana della faccia, sotto il labbro inferiore, sporgente
nell’uomo, ed è ciò che lo distingue dall’animale.
Definizione legale: reg CE 178/2002: è sinonimo di prodotto alimentare e derrata alimentare, è una qualsiasi
sostanza trasformata o parzialmente trasformata o non trasformata destinata a essere ingerito da essi umani.
Cosa è compreso e cosa no nella definizione di alimento legale?
̵
Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza che, compresa l’acqua,
intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento.
̵
Non sono compresi: mangimi, animali vivi a meno che non siano preparati per il mercato ai fine del consumo
umano (ostriche), vegetali di prima raccolta, medicinali e i cosmetici, tabacco, sostanze stupefacenti o
psicotrope, residui di contaminanti.
Definizione nutrizionale: è un veicolo che permette di assumere nutrienti indispensabili per il nostro corpo, sia
per accrescere e rinnovare tessuti e organi vitali, sia per produrre l’energia necessaria allo sviluppo delle funzioni
organiche. È un veicolo che serve per fornire:
̵
materiale energetico come calore e lavoro (proteine, carboidrati, lipidi)
̵
materiale plastico per la crescita e ripartizione dei tessuti (proteine e minerali)
̵
materiale regolatore per catalizzare le razioni metaboliche (minerali e vitamine, che sono bio-regolatori)
•
Distinzione alimenti primari e secondari.
̵
̵
Alimenti primari: quelli che devono essere assunti quotidianamente per soddisfare le richieste di macro e
micronutrienti del nostro organismo;
Alimenti secondario o accessori, non sono essenziali ma vengono consumati per valenza socio-psicologica
come bevande, dolcificanti, spezie, erbe aromatiche;
Nessun alimento, se è preso singolarmente, può definirsi completo e quindi in grado di soddisfare le esigenze del
nostro organismo ma piuttosto è la dieta quindi la combinazione equilibrata di più alimenti a soddisfare le esigenze
del nostro organismo.
Effetti positivi e negativi:
Gli alimenti possono contenere delle sostanze con effetto positivo, composti che hanno funzioni essenziali e
sintetizzati dall’organismo come la
o carnitina: carrier degli acidi grassi che sposta i grassi nella beta-ossidazione
o taurina: trasmissione impulsi nervosi, stabilizzazione membrane cellulari, stimola l’efficienza e la contrattilità
cardiaca
Possiamo assumerli come integratori o per viaendogena. Abbiamo anche composti non essenziali ma benefici:
o carotenoidi: composti liposolubili antiossidanti
o polifenoli (antocianine, flavonoidi, isoflavoni): varietà di composti idrosolubili con azione antiox
o fibra alimentare, con effetto positivo sia a livello metabolico che a livello della funzionalità intestinali
Effetto negativo, chiamati fattori antinutrizionali
▪ inibitori enzimatici, di proteasi e amilasi
▪ fattori che ostacolano l’assorbimento di nutrienti, lectine o emoagglutinine
▪ composti chelanti i metalli, fitati, ossalati
▪ gozzigeni come il tiocianato, presente nei composti vegetali che va a influire con il metabolismo tiroideo
▪ composti tossici: tossine di diversa origine, fattori del favismo
▪ composti nocivi derivati dai trattamenti tecnologici: prodotti della reazione di Maillard e prodotti della pirolisi
di grassi e proteine
Definizione di alimento di qualità secondo le norme ISO
✓ l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche che conferiscono al prodotto la capacità di soddisfare esigenze
espresse o implicite
✓ l’insieme delle caratteristiche di un prodotto che soddisfano le esigenze dei clienti
✓ l’insieme degli attributi di un prodotto che hanno valore economico o estetico per l’utilizzatore
La qualità totale di un alimento è un insieme multifattoriale che dipende da un insieme di singole qualità strettamente
correlate tra loro, regola delle 5 S:
1. Sicurezza, cioè la qualità sul profilo igienico-sanitario (microbiologico)
2. Salute, cioè qualità relativa alle caratteristiche nutrizionali
3. Sensi, cioè qualità organolettica
4. Servizio, riguarda le caratteristiche tecnologiche e commerciali relative alla durabilità del prodotto (shelf-life),
il rapporto qualità/prezzo
5. Storia, cioè la qualità riferita all’origine e alla tipicità del prodotto
Qualità nutrizionale dipende da:
❖ sicurezza d’uso, assenza di rischio
❖ contenuto in nutrienti/bilanciamento tra nutrienti
❖ composizione non nutrienti
Insieme danno rispondono alle necessità fisiologiche: sistema ormonale, sensoriale, nervoso e dall’ecosistema
microbico intestinale. Il contenuto totale di nutrienti fornisce un’indicazione solo approssimata della qualità di un
alimento, un’indicazione più puntuale della reale utilizzazione dei nutrienti è fornita dalla loro biodisponibilità
Biodisponibilità
È la % del contenuto totale di un macro o micro nutriente che viene digerita, assorbita e utilizzata dal nostro organismo
e quindi disponibile per l’organismo e le sue specifiche funzioni.
Gli alimenti vengono raggruppati in base:
✓ stato fisico
✓ processo produttivo: conserve, semiconserve
✓ occasione di consumo: colazione, snack
✓ composizione: in base al ruolo che rivestono rispetto alla soddisfazione dei fabbisogni di nutrienti del
consumatore. Ad esempio alimenti proteici, glucidici
I 5 gruppi degli alimenti sono quindi:
1. cereali e tuberi: mais, riso orzo, avena, pasta pane, patate. Ci forniscono carboidrati, fibre alimenteri e vitamine
gruppo B
2. frutta e ortaggi, anche legumi secchi. Ci fornisce acqua, fibre alimentare, carotenoidi, vitamine e minerali,
antiossidanti
3. latte e derivati: fornisce proteine di elevate qualità, calcio, grassi e acidi grassi, vitamina D, A
4. carne, salumi, pesce e uova: proteine a elevata quantità, minerali, vitamina B12
5. grassi da condimento, sia di origine animale che vegetale: forniscono grassi, tra cui acidi grassi essenziale e
vitamina E, ci servono per assorbire i componenti liposolubili e le vitamine
le bevande alcoliche: forniscono alcool e antiossidanti
bevande nervine: the, caffè ci forniscono caffeina e antiossidanti
zucchero, miele, caramelle e cioccolato: ci forniscono zuccheri e grassi di cui possiamo benissimo fare a meno
I 4 attributi alla base della dieta mediterranea sono importanti come quelli nel corpo di essa.
Indice glicemico
Premessa: la digestione e l’assorbimento dei carboidrati avviene grazie alla presenza di enzimi che idrolizzano la
molecola di amido in maltosio, maltotrioso e destrine; questi enzimi sono presenti sull’orletto a spazzola, poi viene
liberato glucosio e galattosio. L’assorbimento avviene tramite specifici trasportatori per ogni monosaccaride, in
simporto (con Na) arrivano all’enterocita che li veicola poi nella vena porta.
In funzione della qualità dei carboidrati presenti negli alimenti, il processo digestivo può compiersi in maniera più o
meno velocemente. Per i carboidrati facilmente digeribili la digestione e l’assorbimento avverrà velocemente; a livello
ematico la curva glicemica post-prandiale presenterà un picco molto alto alto e immediato. La curva glicemica,
tornando ai valori basali, andrà sotto il livello iniziale, si parla infatti di ipoglicemia. Si libera il glucagone affinché liberi
a sua volta glucosio dal glicogeno e si torni ai valori basali. Con questo tipo di carboidrato non solo la fame ricompare
molto prima rispetto ai corrispettivi a lenta digestione, ma i continui sbalzi ormonali (insulina – glucagone) provocano
problemi salutari. I carboidrati poco accessibili agli enzimi digestivi comportano un maggior senso di sazietà
(prolungato nel tempo), la curva è più schiacciata e non va mai sotto i valori basali, questo garantisce salute perché
non ci sono sbilanci ormonali.
Per classificare gli alimenti in funzione alla loro velocità di digestione e assorbimento è stata stilata la definizione di
indice glicemico. È il rapporto percentuale tra l'area incrementale sottesa dalla curva glicemica post-prandiale di un
alimento test e quella di un alimento standard, a parità di carboidrati disponibili = 50g. Attenzione non è una porzione
da 50g, ma una porzione con 50 grammi disponibili.
IG è una procedura condotta in vivo, normata dalla ISO 26642 (standardizzata); prevede l’arruolamento di 10 volontari
a cui viene somministrato l’alimento da valutare, l’alimento di riferimento (50 g glucosio) e 500 ml di acqua in giorni
diversi. Loro a 0,15,30,45,60,90,120 fanno i prelievi capillari così che poi si possa costruire la curva glicemica. L’aria
incrementale va calcolata, detraendo i valori basale delle singole curve alle singole curve, vuol dire portare queste due
curve allo 0 e incrementare la differenza. Quando abbiamo calcolato le due arie incrementali si fa il rapporto, moltiplica
per 100 e infine si ottiene IG.
Gli alimenti vengono classificati in:
alto: pane, fiocchi di mais, purè, riso brillato bollito
medio: alcuni tipi di pane e biscotto
basso: pasta, legumi, orzo, fiocchi d’avena
Si possono guardare sul database gli IG dell’alimento che si sta
cercando (GI database).
Fattori che influenzano IG
➢ Tipologia di carboidrati: zuccheri, tipo di amido, etc. . Il fruttosio dopo un’ora arriva al fegato e viene rielaborato
a glucosio, per cui nelle due ore post-prandiale non si vede, ma perseguendo nella curva si nota. Il grado di
maturazione del frutto influisce molto, per esempio nella banana acerba ci sono pochi zuccheri e tanto amido
lentamente digeribile IG 30, quando è matura ha un IG 60.
➢ Rapporto di amilosio-amilopectina della farina: l’amilosio è lineare e quando gelatinizza tende ad impaccarsi
(molto compatto); è più difficile quindi da digerire. L’amilopectina è molto ramificata, non riesce a impaccarsi e
➢
➢
➢
➢
➢
quando gelatinizza forma una struttura molto porosa quindi più facilmente digeribile (IG più alto). Aumentare la
concertazione di amilosio rappresenta una strategia per diminuire l’indice glicemico.
Contenuto grassi e proteine: se consumiamo un alimento con alto IG in combinazione con dell’olio, l’indice
glicemico da 108 (purè) scende a 71. Se invece ci aggiungiamo del petto di pollo passa a 74. Con insalata rimane
uguale. Grassi e proteine riducono l’indice glicemico perché ne rallentano la digestione e lo svuotamento gastrico;
inoltre alcuni AA stimolano la secrezioni di insulina, quindi ci sarà un pre-secrezione.
Qualità della fibra alimentare: la fibra d’avena è molto viscosa (si misura con un reometro), dei ricercatori hanno
correlato il picco della glicemia al log della viscosità, giungendo a una conclusione molto importante: tanto
maggiore è la viscosità dell’alimento, tanto basso sarà il valore IG dell’alimento stesso e quindi la sua percorrenza
nel nostro tratto gastroenterico (basso IG). Massimo 6% di fibra può essere inserita nell’impasto del pane però.
Trattamenti tecnologici: vanno a influire sulla struttura dell’alimento rendendolo più o meno accessibile agli
enzimi modificandone così la risposta glicemica. Il pane e la pasta hanno indice glicemico diverso perché a fine
impastamento la pasta va all’essiccamento e la struttura si conferma così, invece, il pane va a fermentare quindi
si forma gas all’interno del prodotto, si formano gli alveoli e diventa più accessibile agli enzimi digestivi. Nel pane
integrale c’è una certa alveolatura, molto più compatta che rende più lento il fenomeno di digestione e
assorbimento. Il pane integrale ha inoltre una glicemia più alta del pane bianco, lo stesso vale per la pasta, perché
sono presenti delle molecole di cellulosa (fibra insolubile) che si inframmezzano nella struttura glutinica
rendendola più lassa e rendere quindi l’amido più digeribile. Tra gli gnocchi e le patate bollite c’è molta differenza
perché negli gnocchi c’è anche la farina, si forma quindi un reticolo di glutine che modifica la risposta glicemica
(una la metà dell’altra).
Cottura dell’alimento e gelatinizzazione dell’amido.
Food processing: come abbiamo visto, l’inserimento e/o le miscelazioni di diverse farine e componenti (beta
glucani) possono modificare profondamente la risposta glicemica di un alimento. I processi tecnologici, in funzioni
delle condizioni con cui vengono condotti, modificano la struttura dell’alimento e quindi il suo IG (vedi per esempio
i tipi di riso). Nella produzione del pane, solo usando la Madre Acida, si ha una riduzione del 30% dell’IG; si arriva
a una riduzione del 50% se a quest’ultimo viene combinata pure della fibra solubile. Alcuni sostengono che la
presenza di acido lattico nel pane con M.A rallenti i processi di digestione; altri sostengono invece che i batteri
lattici lavori anche sul proteine, tagliandole (struttura molto più compatta).
Il carico glicemico: difficilmente si riesce a calcolare porzioni consumo di 50g reali di carboidrati per la misura
dell’indice glicemico. Per calare il concetto di IG nella dietetica di tutti i giorni è stato studiato un altro parametro, il
carico glicemico; quest’ultimo tiene conto dei carboidrati presenti nelle reali porzioni di consumo moltiplicato per
(IG/100)
• carico glicemico nella porzione di pane comune: 50g (carboidrati) x 67%x80%= 27
• carico glicemico nella porzione di pane integrale: 50g x (54/100) x (78/100) = 21
Quindi è il carico glicemico la differenza tra i due non IG
Quindi IG ci permette di classificare gli alimenti in base alla velocità della loro
risposta glicemica e definisce la qualità dei carboidrati. Il carico glicemico
predice la risposta glicemica e la risposta all’insulina per una porzione
specifica di un alimento, definisce quindi qualità e quantità dei carboidrati
presenti nella porzione. Facendo la sommatoria dei GL delle pz. di alimenti
della dieta otteniamo il GL (glycemic load, carico glicemico) della dieta. (GL
dieta/ CHO tot dieta, (tutti i carbo della dieta)) x 100= IG dieta.
Basso indice glicemico comporta:
❖ controllo della glicemia e della richiesta della glicemia, questo comporta un basso rischio di diabete
❖ controllo del peso e dei lipidi del sangue, riducono il rischio cardio vascolare
idem per il carico glicemico, il rischio relativo aumenta il doppio con carichi/indici glicemici alti nella dieta.
I cereali
Sono alla base della piramide alimentare, sarebbero da consumare quindi 2/3 volte al giorno. La cariosside dei cereali
è un frutto il cui corpo fruttifero è un tutt’uno con il seme, di dimensioni variabili a seconda della specie. La cariosside
all’interno della spiga è protetta dalle cosiddette glume. In alcuni cerali (orzo, riso, avena) tali rivestimenti sono
intimamente associati ai tegumenti del frutto, per questa caratteristica sono definite vestite.
L’allontanamento delle glume è necessario perché ricche di silice (antinutriente). Accanto ai principali cereali ci sono
i cereali minori, non lavorabili, consumati prevalentemente in paesi del terzo mondo; quest’ultimi sono: il sorgo, miglio,
fonio (novel food in EU) e teosinte. Ci sono anche gli pseudo – cereali, non appartenenti alle graminacee, sono: la
quinoa, il grano saraceno e l’amaranto.
i cereali e derivati ci forniscono inoltre circa
il 30% delle proteine nella nostra dieta, non
tanto perché ne hanno molte ma piuttosto
perché ne consumiamo molti; i cereali sono
i principali contributori di fibra e ferro (di più
della carne). Anche in questi casi derivano
dal fatto che ne consumiamo molto.
Frumento
La cariosside è organizzata in diverse strutture che quando il cereale è sottoposto ai processi di macinazione, danno
origine a frazioni con differente composizione nutrizionale.
Crusca: viene allontanata durante i processi di macinazione (insieme al germe) comprende pericarpo, perisperma e
strato aleuronico.
Composizione dell’amido
1. Carboidrati: sono i maggiori costituenti in un peso dei cereali e dei derivati. L’amido nei cereali è il principale
costituente, localizzato prevalentemente nell’endosperma in forma di granuli. La morfologia e le dimensioni
dei granuli sono diverse a seconda della specie botanica. Frumento 55% di amido, mais 65%, riso 70%. L’amido
nei cereali è costituto da amilosio e amilopectina. L’amilosio essendo lineare una volta gelatinizzato tende a
impaccarsi e sarà più difficile digerirlo. L’amilopectina essendo ramificata non si impacca una volta
gelatinizzata. Amidi ad alto tenore di amilosio tendono a ridurre l’IG del prodotto, e viceversa gli amidi ricchi
di amilopectina che sono più accessibili) dagli enzimi.
Gelatinizzazione: la perdita irreversibile delle regioni
cristalline nei granuli d’amido che occorre quando noi
scaldiamo in presenza di acqua. Il nostro organismo può
digerire l’amido solo se è gelatinizzato, cotto quindi. In
funzione di come avviene il raffreddamento può avvenire
la retrogradazione.
Retrogradazione: processo che si instaura quando gli amidi
gelatinizzata vengono raffreddati e le molecole di amilosio
e amilopectina tendono a riassociarsi in una struttura
pseudo ordinata.
Amido resistente è la somma dell’amido e dei prodotti
della sua degradazione non digeriti né assorbiti nel piccolo
intestino dei soggetti umani.
Fibra alimentare è stata inizialmente definita come la parte restante delle piante resistente all’idrolisi enzimatica
umana. Poi nel 1985 venne messo a punto il metodo di dosaggio della fibra, qua viene definita come il materiale edibile
della pianta, non idrolizzata dagli enzimi endogeni. Nel 2001 infine si arriva all’attuale definizione: “parte edibile, o gli
analoghi dei carboidrati, che sono resistenti a digestione o assorbimento nell’intestino umano e vengino parzialmente
o interamente frammentati nel grosso intestino. Essa include polisaccaridi, oligosaccaridi, lignina, polifenoli o altro che
è interamente collegata alla cellulosa. La fibra promuove effetti fisiologici benefici come l’effetto lassativo, il controllo
del colesterolo ematico e l’attenuazione del glucosio ematico post-prandiale. Nel 2010 viene aggiornata ulteriormente
dall’EFSA. Fino al 2015 era stata considerata acalorica, oggi giorno gli si attribuisce 2 kcal per grammo (processi di
fermentazione). I principali tipi di fibra sono:
• NSP (polisaccaridi non amidi): cellulosa, emicellulosa, pectine
• Oligosaccaridi resistenti: non digeribili come i galatto-oligosaccaridi e inulina. Nei legumi sono verbascosio,
stachinosio e raffinosio, causano flatulenza in quanto vengono fermentati.
• amido resistente
• lignina, che è un polimero intimamente collegata alla cellulosa
Gli oligosaccaridi non digeribili (OND) sono contenuti in una grande varietà di cerali, farine bianche, pane, pasta,
legumi, frutta e verdura, e sono dei particolari carboidrati i cui enzimi atti alla loro idrolisi non vengono sintetizzati dal
nostro organismo. Stachiosio, verbascosio e raffinosio sono oligosaccaridi piuttosto comuni nel mondo vegetale; il
raffinosio è un trisaccaride (glucosio, fruttosio e galattosio), mentre lo stachiosio (glucosio, galattosio, galattosio,
fruttosio) ed il verbascosio (galattosio, galattosio, glucosio, fruttosio) sono dei tetrasaccaridi. Queste oligosaccaridi
sono contenute nei legumi e sono responsabili di flatulenza, in quanto indigeribili e inassorbibili per l'uomo, ma
fermentabili a livello del crasso dalla flora microbica residente. Altre oligosaccaridi, come i già citati FOS e l'inulina,
favoriscono la crescita di batteri intestinali simbionti, utili per promuovere la salute dell'intero organismo; queste
oligosaccaridi sono definiti prebiotici.
La fibra viene quindi divisa in
• insolubile → assorbe acqua e si rigonfia
o favorisce la sensazione di sazietà
o promuove il transito intestinale ma non viene fermentata dai microrganismi
o aiuta a prevenire le malattie dell’intestino
si trova principalmente nei cereali integrali e nelle verdure
• solubili → si scioglie in acqua e forma gel da viscosità nei contenuti luminali
o rallentamento nei processi di digestione e assorbimento
o favorisce il controllo della glicemia e del colesterolo plasmatico
o viene fermentata dai microrganismi intestinali così da mantenere il benessere dell’organismo
Fermentazione: gli acidi grassi prodotti dalla fermentazione della fibra alimentare sono butirrato, propionato e un
acetato. Il butirrato viene utilizzato in loco nell’intestino (come fonte di energia dai colonociti) ed è anti-criogenico (si
accumula nella cellula tumorale provocandone la
morte programmata) ma è un effetto paradosso
perché invece è molto utile alle cellule sane.
Il propionato viene assorbito e tramite la vena porta
arriva al fegato ed è usato per la sintesi di acidi grassi,
come fonte di energia e per la sintesi di glicogeno;
inoltre regola l’attività di HMG-CoA-Red, l’enzima
adibito alla sintesi del colesterolo.
L’acetato va invece al fegato, poi nei tessuti periferici,
si ha un migliore controllo glicemico con alti valori di
esso nel sangue.
Un'altra cosa che fanno gli acidi grassi a livello
intestinale è quella di abbassarne il pH; ciò inibisce la
crescita di patogeni e attività enzimatiche dannose;
inoltre studi epidemiologici hanno messo inevidenza
che tanto più e acido l’ambiente nel nostro colon tanto
meno c’è il rischio di cancro.
La qualità proteica: significato e calcolo
Cosa sono? macromolecole formate da AA uniti da un legame peptidico; dalla proporzione e dalla sequenza AA
(determinate a livello genetico) si ha specificità e funzione.
Cosa servono? Composti molto importanti nel nostro organismo, hanno funzione sia strutturale sia funzionale
(catalizzato, ormoni, recettori, trasportatori, etc.). Anche dal punto di vista tecnologico svolgono numerosissime
funzioni (schiumogene, texurizzanti, etc.).
Digestione:
Classificazione degli AA:
-
-
fisiologiche: non solo sono la base per la costituzione delle proteine, ma è fondamentale anche per la sintesi
di altri composti come neurotrasmettitori, mediatori, composti alto-energetici, antiossidanti, vit. e ormoni.
Solo in casi estremi anche come fonte energetica.
Nutrizionale: AA indispensabili non sintetizzabili per via endogena (essenziali); i semi -essenziali sono AA
sintetizzabili dal nostro corpo ma partendo da AA essenziali, per cui se vengono assunti direttamente con la
dieta si ha un “risparmio” di quelli essenziali. I condizionatamente indispensabili sino AA essenziali solo in
specifici periodi vitali; es. nei bambini che ancora non si hanno tutti gli enzimi completi.
Il turnover proteico è un equilibrio
dinamico
Il fabbisogno MINIMO di AA è definito dalla FAO come: l’assunzione minima di AA che permette di raggiungere
l’equilibrio azotato; situazione di mantenimento.
Fabbisogno proteico (FAO): livello più basso di apporto di proteine di elevata qualità della dieta capace, in presenza
di un adeguato apporto energetico, di mantenere l’equilibrio dell’azoto (nell’adulto) o un adeguato accrescimento (nel
bambino). Cosa si intende pe qualità proteica? Da cosa dipende e come si determina?
Download