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DispenseTurboMacchine

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Sapienza - Università di Roma
Metodi di analisi delle turbomacchine
Mauro Valorani, Francesco Nasuti
Indice
Parte 1.
Metodi di analisi delle turbomacchine
1
Capitolo 1. Equazioni del moto dei fluidi
1.1. Equazioni di stato dei fluidi
1.2. Bilanci microscopici dei sistemi isotermi
1.2.1. Equazione di conservazione della massa
1.2.2. Equazioni del moto
1.2.3. Equazione di conservazione della quantità di moto
1.2.4. Equazione di conservazione dell’energia meccanica
1.3. Bilanci macroscopici di sistemi isotermi
1.3.1. Relazione tra bilanci microscopici e macroscopici
1.3.2. Bilancio macroscopico di conservazione della massa del sistema
1.3.3. Bilancio macroscopico di conservazione della quantità di moto del sistema
1.3.4. Bilancio macroscopico dell’energia meccanica di un sistema isotermo
1.3.5. Bilancio macroscopico dell’energia di un sistema isotermo
1.3.6. Relazione fra grandezze micro e macroscopiche
1.4. Bilanci microscopici dei sistemi non isotermi
1.4.1. Primo principio applicato ai campi fluidi
1.4.1.1. Trattazione Euleriana
1.4.1.2. Trattazione Lagrangiana
1.4.2. Primo principio ed equazioni del moto per un flusso compressibile
1.4.2.1. Caso di flusso compressibile ed isotermo
1.4.3. Primo principio ed equazioni del moto per un flusso incompressibile
1.4.4. Conservazione entalpia, entalpia libera e pressione totali lungo una traiettoria
1.4.5. Bilancio dell’energia interna in un volume elementare
1.5. Bilanci macroscopici per sistemi non isotermi
1.5.1. Bilancio dell’energia totale
1.5.2. Altri bilanci di energia
1.6. Bilanci del momento di quantità di moto
1.6.1. Bilancio microscopico del momento di quantità di moto
1.6.2. Bilancio macroscopico di conservazione del momento della quantità di moto
Bibliografia
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Capitolo 2. Il flusso nelle turbomacchine
2.1. Moto relativo e moto assoluto
2.1.1. Relazione tra velocità assolute e relative
2.1.2. Stazionarietà nel Moto Relativo
2.1.3. Relazione tra accelerazione assoluta e relativa
2.1.4. Potenziale dell’accelerazione centripeta
2.1.5. Momento assiale delle forze apparenti
2.1.6. Equazione di continuità
2.1.7. Equazioni del moto
2.1.8. Equazione dell’energia nel moto relativo
2.1.9. Bilancio della quantità di moto relativa
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INDICE
2.1.10. Bilancio del momento della quantità di moto
2.2. Flusso nel piano delle superfici di corrente
2.3. Flusso nel piano meridiano
2.3.1. Vortice libero e vortice forzato
2.3.2. Relazione fra flusso assiale e tipo di vortice
Bibliografia
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Capitolo 3. Prestazioni delle turbomacchine
3.1. Equazione di Eulero delle Turbomacchine
3.2. Relazione fra momento angolare e moti vorticosi
3.3. Variazione energia totale
3.3.1. Compressione di un liquido
3.3.2. Espansione adiabatica di un gas
3.4. Rendimenti
3.4.1. Rendimento di pompe
3.4.2. Rendimento di turbine
3.4.2.1. Rendimento adiabatico
3.4.2.2. Relazione tra il salto di entropia e il rendimento adiabatico
3.4.2.3. Rendimento di una macchina pluristadio
3.4.2.4. Rendimento politropico
3.4.3. Rendimento di ugelli
3.4.4. Rendimento di diffusori
3.5. Grado di Reazione
3.6. Relazione fra momento angolare e salto di pressione
3.6.1. Pompa
3.6.2. Turbina
3.7. Analisi delle perdite
3.8. Analisi delle prestazioni con l’ausilio dell’analisi dimensionale
3.8.1. Turbomacchine idrauliche
3.8.2. Turbomacchine termiche
3.8.3. Costruzione del diagramma fondamentale delle turbomacchine
3.8.4. Applicazioni dell’analisi dimensionale
Bibliografia
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Parte 2.
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Il funzionamento di pompe e turbine
Capitolo 4. Studio delle pompe
4.1. Generalità
4.2. Analisi del funzionamento delle pompe
4.2.1. Curve caratteristiche delle pompe
4.2.2. Grado di reazione e triangolo delle velocità
4.2.3. Limiti di funzionamento
4.2.4. Effetto della prerotazione sull’ingresso della pompa
4.2.5. Scelta del numero di pale e dell’angolo β2
4.3. Effetto del flusso reale sulle prestazioni della pompa
4.4. Fattore di scorrimento
4.4.1. Trattazione di Stodola
4.4.2. Trattazione di Busemann
4.4.3. Trattazione di Stanitz
4.4.4. Trattazione di Pfleiderer
4.5. Analisi della diffusione
4.5.1. Diffusore liscio
4.5.2. Diffusore palettato
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INDICE
4.5.3. Voluta
4.5.3.1. Voluta a pareti piane parallele
4.5.3.2. Voluta a pareti piane divergenti
4.5.3.3. Voluta a sezione circolare
4.6. Calcolo delle curve reali
4.6.1. Stima delle perdite
4.6.1.1. Perdite per ventilazione
4.6.1.2. Perdite per attrito
4.6.1.3. Perdite per urti
4.6.1.4. Girante
4.6.1.5. Diffusore
4.6.2. Curve caratteristiche reali e rendimento idraulico delle pompe
4.7. Cavitazione
4.7.1. Fenomenologia
4.7.2. Teoria della cavitazione
4.7.3. Il Net Positive Suction Head
4.7.4. Similitudine in cavitazione
4.7.5. L’effetto TSH (Thermodynamic Suppression Head)
4.7.6. Relazione fra NPSH e angolo di ingresso delle pale
4.8. Relazione fra numero di giri specifico e geometria della pompa
4.9. Progettazione del bordo di attacco
4.9.1. Determinazione del bordo di attacco che minimizza le perdite
4.9.2. Progettazione del bordo di attacco per minimo N P SH
4.10. Perdite di portata attraverso le tenute
4.11. Carichi radiali e assiali nelle turbopompe
4.11.1. Bilanciamento carichi radiali nella voluta a sezione circolare
4.11.2. Bilanciamento carichi assiali
4.12. Esempio: calcolo delle prestazioni di una pompa centrifuga
4.12.1. Le prestazioni di riferimento della girante
4.12.2. Test eseguiti sul programma
4.12.3. Calcolo delle prestazioni di riferimento
4.12.4. Cavitazione
4.12.5. Variazione dell’inclinazione delle pale
4.12.6. Effetto dello swirl
Bibliografia
Capitolo 5. Studio delle Turbine
5.1. Analisi termodinamica dello stadio
5.1.1. Analisi del condotto fisso
5.1.2. Analisi del condotto rotante
5.1.3. Accoppiamento statore-rotore della turbina
5.1.4. Grado di reazione cinematico e termodinamico
5.1.5. Relazione fra triangoli di velocità e grado di reazione
5.1.6. Ripartizione dei salti entalpici
5.2. Prestazioni di schiere di pale
5.3. Perdite nelle turbine
5.3.1. Perdite di profilo
5.3.2. Perdite secondarie
5.3.3. Perdite per urto
5.3.4. Perdite di tip leakage
5.3.5. Modello di Soderberg
5.3.6. Modello di Ainley - Mathieson
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INDICE
5.3.6.1. Perdite di profilo
5.3.6.2. Perdite secondarie e di tip clearance
5.3.7. Modello di Dunam-Came
5.3.8. Modello di Kacker e Okapuu-Moustapha
5.3.9. Prestazioni fuori progetto: Modello di Moustapha
5.4. Turbine ad azione monostadio
5.4.1. Scelta del palettaggio
5.4.2. Quantificazione delle perdite
5.4.3. Limiti prestazionali
5.5. Turbina ad azione a salti di velocità
5.5.1. Rendimento
5.6. Turbina ad azione a salti di pressione
5.6.1. Rendimento
5.6.1.1. Confronto tra monostadio e pluristadio
5.6.2. Analisi delle perdite di portata attraverso una turbina a salti di pressione
5.7. Curve caratteristiche
5.7.1. Analisi delle curve sperimentali e problematiche connesse
5.7.1.1. Trasformazioni reali e indice della politropica
5.7.2. Prestazioni di fuori progetto di macchine a stadio singolo
5.7.3. Prestazioni di fuori progetto di macchine multistadio
5.7.3.1. Metodo di Stodola per un numero infinito di stadi
5.7.3.2. Metodo di Stodola per un numero finito di stadi
Bibliografia
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Elenco delle figure
163
Elenco delle tabelle
167
Parte 1
Metodi di analisi delle turbomacchine
CAPITOLO 1
Equazioni del moto dei fluidi
I modelli matematici atti a descrivere il comportamento dei flussi di interesse nelle turbomacchine
possono essere classificati in diversi modi, che dipendono innanzitutto dal tipo di fluido considerato.
Il tipo di fluido determina le equazioni di stato del fluido, che permettono di mettere in relazione
tra loro le variabili che ne definiscono lo stato termodinamico, e le sue proprietà termodinamiche.
Una prima distinzione deve quindi essere fatta fra modelli per flussi compressibili (gas freddi
e caldi, vapori), definiti con buona approssimazione come quei flussi in cui il numero di Mach è
superiore a ∼0.3, da quelli per flussi incompressibili (liquidi, gas defluenti a bassa velocità), per i
quali il numero di Mach è inferiore a ∼0.3.
Una seconda distinzione può essere operata fra sistemi isotermi, ovvero sistemi per i quali la
temperatura può ritenersi costante, e sistemi non-isotermi per i quali è indispensabile ricorrere alle
leggi di bilancio dell’energia nelle sue varie forme per chiudere il sistema di equazioni di governo.
Inoltre bisognerà distinguere fra flussi descritti rispetto ad un sistema di riferimento inerziale1
(moto assoluto) da quelli espressi rispetto ad un riferimento in moto non inerziale, quale, ad esempio,
la girante della turbomacchina (moto relativo).
Ci sarà inoltre d’aiuto distinguere una descrizione microscopica dei bilanci di massa, quantità
di moto, energia che può ulteriormente essere distinta nella descrizione Euleriana e in quella Lagrangiana, da una descrizione macroscopica del sistema “turbomacchina” inteso nel suo assieme.
L’approccio macroscopico richiede l’introduzione di approssimazioni più forti di quelle normalmente
richieste dall’approccio microscopico. Offre però il vantaggio di descrivere il comportamento dell’intero sistema mediante relazioni algebriche o modelli alle derivate ordinarie al contrario dell’approccio
microscopico che fornisce modelli basati su equazioni alle derivate parziali.
1.1. Equazioni di stato dei fluidi
In termodinamica si intende per fluido un corpo il cui stato termodinamico è definito da due
variabili indipendenti. In tal senso sono fluidi gli aeriformi (gas o vapori) e i liquidi. Per essi esistono
delle equazioni di stato che permettono di calcolare le altre variabili di stato [1].
Nel caso dei gas vale l’equazione di stato dei gas ideali se lo stato termodinamico del gas è
sufficientemente lontano da quello critico. In tal caso vale l’equazione di stato:
(1.1)
p = ρRT
e, per l’energia interna
(1.2)
du = cv dT + pdv
In particolare per i gas termicamente e caloricamente perfetti l’equazione di stato e quella calorica
sono:
p = ρRT
(1.3)
h = cp T + h̄
mentre l’entropia si calcola come
p
T
− R ln
p̄
T̄
dove i valori soprasegnati sono opportuni valori di riferimento.
(1.4)
s = s̄ + cp ln
1Si intende qui per inerziale un sistema di riferimento che può essere considerato tale per il problema di interesse.
3
4
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
Dall’altra parte, nel campo dei liquidi, definiti come fluidi in cui la densità varia molto poco a
causa di variazioni di pressione (le variazioni sono poco più elevate di quelle che si hanno nei solidi),
in genere si considera la densità costante, e quindi l’equazione di stato si riduce a:
(1.5)
ρ = costante
Questa approssimazione non è sempre valida: ad esempio per l’idrogeno liquido sottoposto ad elevate
pressioni bisogna tener conto della possibile variazione di densità. E’ anche il caso di liquidi sottoposti
a variazioni di temperatura, che hanno come conseguenza una variazione di densità. In questi casi,
non essendoci equazioni di stato per solidi e liquidi di validità generale come nel caso dei gas, e
ricordando ancora che il volume di solidi e liquidi varia poco con la pressione purché le variazioni
di pressione non siano troppo grandi, vengono definiti dei parametri che permettono di scrivere
un’equazione di stato approssimata, valida in un campo limitato di temperature e pressioni. Si
ricorre in questi casi ai coefficienti di espansione termica e di compressibilità isoterma:
1 ∂ρ
(1.6)
α=−
coefficiente di espansione termica
ρ ∂T p
(1.7)
β=
1
ρ
∂ρ
∂p T
coefficiente di compressibilità isoterma
e integrando in un intorno di una condizione di riferimento la
∂ρ
∂ρ
dp +
dT
(1.8)
dρ =
∂p T
∂T p
dopo aver diviso per ρ
dρ 1
=
ρ
ρ
(1.9)
∂ρ
1 ∂ρ
dp +
dT = βdp − αdT
∂p T
ρ ∂T p
si ottiene
ρ = keβp−αT
(1.10)
con
k = ρ̄e−β p̄+αT̄
(1.11)
(a)
(b)
Figura 1.1. Diagramma di stato dell’idrogeno [2].
Gli stati di gas e liquido coprono buona parte del campo di esistenza dei fluidi, tuttavia esistono
regioni in cui il fluido si comporta diversamente da un gas ideale e da un liquido. Ciò accade in genere
1.1. EQUAZIONI DI STATO DEI FLUIDI
5
per valori molto elevati di pressione. Più precisamente quando la pressione del fluido è superiore a
quella critica. Osservando il diagramma di stato dell’idrogeno si individuano le diverse regioni.
Nei diagrammi di stato temperatura-pressione e entalpia-pressione (Fig. 1.1) si osserva nella
regione più a sinistra (basse temperature) la fase solida. Quindi la curva che separa gli stati solido e
liquido, la fase liquida, la curva di separazione tra gli stati liquido e vapore che va dal punto triplo
al punto critico e la zona di vapore o gas. Nel piano entalpia-pressione si può osservare l’estensione
delle regioni di transizione di fase (liquido-solido e liquido-vapore) che invece collassano in una linea
nel piano T-p. In entrambi i diagrammi si può osservare che per pressioni sufficientemente elevate e
in particolare se superiori a quella critica, la fase non è individuata né come solida, né come liquida,
né come gas o vapore, ma come “fluid” o “fluido supercritico”. E’ interessante notare che, passando
attraverso lo stato di fluido supercritico, è possibile passare dallo stato gassoso a quello liquido (o
viceversa) in maniera continua, senza attraversare una zona bifase.
Nel campo delle applicazioni degli endoreattori a propellente liquido i fluidi si trovano spesso in
condizioni di pressione e temperatura prossime o superiori a quelle critiche. In questo caso quindi
bisogna tener conto che il comportamento del fluido supercritico è diverso sia da quello dei liquidi
sia da quello dei gas e, man mano che lo stato si avvicina a quello critico, l’equazione di stato del
gas si allontana da quella dei gas ideali. In queste condizioni che riguardano la condizione di gas
“reale”, di vapore, di miscela liquido-vapore e di fluido supercritico, valgono altre equazioni di stato
che a seconda dei campi di applicazione assumono espressioni diverse. Equazioni di questo tipo sono
ad esempio le equazioni di Van der Waals:
(1.12)
p=
ρRT
− aρ2
1 − bρ
(a,b, costanti del fluido)
di Bettie-Bridgeman:
p = ρRT (1 − ε)(1 + Bρ) − Aρ2
(1.13)
con A = A0 (1 − aρ); B = B0 (1 − bρ); ε = cρ/T 3
(a,b,c,A0 ,B0 costanti del fluido)
la legge degli stati corrispondenti:
(1.14)
p = ZρRT con Z = f (p/pcr , T /Tcr )
dove con pcr e Tcr sono indicate la pressionee la temperatura critica, o equazioni di stato più complesse
basate su un numero maggiore di coefficienti determinati sperimentalmente quale ad esempio la legge
di Benedict-Webb-Rubin [].
Lo scostamento dell’equazione di stato da quella dei gas ideali può essere misurato dal fattore
di compressibilità, indicato di solito con Z = p/(ρRT ). Ad esempio il comportamento di Z per
l’idrogeno al variare di pressione e temperatura è illustrato in Fig. 1.2a. Sono riportati i valori di
Z che indicano uno scostamento dell’1%, del 5% e del 10%. Si osserva quindi che l’equazione di
stato dei gas ideali approssima abbastanza bene il comportamento dell’idrogeno per temperature
abbastanza più elevate di quella critica (T & 100K) e pressioni anche largamente superiori a quella
critica nel campo delle alte temperature. La Fig. 1.2b, che mostra l’andamento della densità (in
kg/m3 ) al variare di pressione e temperatura, permette di osservare che effettivamente le variazioni
di densità nel campo liquido sono limitate anche per forti variazioni di pressione, sebbene l’idrogeno
sia il liquido con maggiore compressibilità.
Nello studio dei fluidi di interesse è quindi sempre importante sapere quanto le condizioni operative sono lontane da quella critica. Per questa ragione i valori delle variabili critiche di alcuni dei
più comuni propellenti impiegati negli endoreattori a propellente liquido sono riportati in Tab. 1.1.
6
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
(a)
(b)
Figura 1.2. Diagramma di stato dell’idrogeno e validità dell’equazione di stato dei
gas ideali.
Fluido
pcr (bar) Tcr (K) ρcr (kg/m3 )
Acqua
221.0
647.3
321
Elio
2.3
5.2
68.9
Idrazina
147.0
653.0
Idrogeno
13.0
33.2
31.1
Metano
46.1
190.6
162.7
MMH
82.4
567.0
Ossigeno
50.4
154.6
435.2
Ottano
25
569.4
235
Tetrossido di Azotoa
99.3
431.4
UDMHa
59.8
523
a Dati tratti da [3]
Tabella 1.1. Grandezze critiche per alcuni dei propellenti più comuni (i valori
dell’acqua sono riportati per confronto).
1.2. Bilanci microscopici dei sistemi isotermi
Con questa definizione si indicano le relazioni che esprimono le leggi di conservazione della massa,
e di bilancio della quantità di moto e dell’energia meccanica riferite ad un campo di flusso di sostanze
gassose o liquide. In questa sezione si ricaveranno in particolare le equazioni del moto della singola
particella fluida da cui derivano le equazioni differenziali di governo.
Si daranno per acquisite le principali definizioni che riguardano la cinematica della particella,
ovvero le definizioni di velocità, accelerazione e di tensore di deformazione del campo fluidodinamico.
Il lettore interessato ad approfondire questi argomenti potrà trovare un ampia trattazione della
cinematica dei campi di flusso su numerosi testi classici (si veda ad esempio Batchelor [4] o Vavra [5]).
1.2.1. Equazione di conservazione della massa. Una particella di fluido con massa infinitesima dm, densità ρ e volume dV, tali che:
(1.15)
dm = ρdV
1.2. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI ISOTERMI
7
~ in un campo di flusso spazialmente non uniforme e in generale variabile
si muove con velocità V
nel tempo. La massa di tale particella deve rimanere costante nel tempo. Pertanto la derivata
sostanziale di dm deve essere nulla, ovvero:
D
D
Dρ
(dm) = 0 = ρ (dV) +
dV
Dt
Dt
Dt
dove si è impiegata la definizione di derivata sostanziale che riportiamo di seguito2:
∂
D
~ · ∇(.)
(.) = (.) + V
Dt
∂t
La divergenza del campo di velocità è definita come:
~ := 1 D (dV)
∇·V
dV Dt
Dalla definizione, si ricava che la divergenza del campo è la velocità di variazione nel tempo del
volume della particella (dilatazione) lungo la sua traiettoria. Si ricava cosı̀ che:
Dρ
~ )dV = 0
dV + ρ(∇ · V
Dt
da cui si ottengono due forme equivalenti dell’equazione di conservazione della massa:
la forma Lagrangiana:
1 Dρ
~)
= −(∇ · V
ρ Dt
(1.16)
che per un flusso a densità costante (incompressibile) suggerisce che:
~ =0
∇·V
(1.17)
ovvero che il flusso è a divergenza nulla.
la forma Euleriana:
Dρ
~)=0
(1.18)
+ ρ(∇ · V
Dt
in forma non conservativa. Da questa, applicando la definizione di derivata sostanziale, si
ottiene:
∂ρ ~
~ =0
+ V · ∇ρ + ρ ∇ · V
∂t
arrivando cosı̀ alla forma conservativa (differenziale):
(1.19)
∂ρ
~)=0
+ ∇ · (ρV
∂t
La forma Euleriana conservativa integrata sul volume V di un sistema esteso delimitato
dalla superficie S che ha normale esterna ~n, fornisce il risultato:
Z
Z
∂ρ
~ )dV
dV = − ∇ · (ρV
∂t
V
V


Z
Z
∂ 
~ · ~n)dS
ρdV = − ρ(V
∂t
V
S
ovvero:
(1.20)
∂
(m) = −
∂t
Z
~ · ~n)dS
ρ(V
S
2Si utilizza di seguito il simbolo D/Dt per la derivata sostanziale. In alcuni testi (p.es. [5]) si utilizza per lo stesso
significato il simbolo D/dt, consistente con l’approccio seguito per la manipolazione delle equazioni differenziali.
8
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
dove:
Z
ρdV
m=
V
ovvero che la massa totale del sistema racchiuso nel volume V può variare nel tempo
solamente a seguito di un flusso di massa netto non nullo attraverso il bordo S di V.
1.2.2. Equazioni del moto. La legge di Newton (2a legge della dinamica) applicata ad una
particella di massa elementare dm, accelerazione ~a e soggetta ad una forza dF~ fornisce la relazione:
(1.21)
dF~ = ~adm
La forza dF~ può essere decomposta in modo del tutto generale evidenziando i contributi che
agiscono sulla superficie della particella rispetto a quelli che agiscono sul volume stesso:
(1.22)
dF~ = dF~sup + dF~vol
Forze di volume
Per le forze di volume si considereranno solo quelle dovute al campo gravitazionale:
dF~vol = ~g dm = ~g ρdV
Se il campo gravitazionale è conservativo allora ammette l’esistenza di una funzione potenziale
φ tale che:
φ = |~g | z
~g = −∇φ
In tal caso le forze di volume potranno scriversi come:
(1.23)
dF~vol = ~g dm = −∇φρdV
Per ottenere l’espressione dell’accelerazione resta quindi da determinare il termine dF~sup /dV,
come descritto nel prossimo paragrafo.
Forze di superficie
La forza dF~sup agente su una faccia di area dS con normale ~n è definita come:
dF~sup := (σ~n + τ ~t)dS
dove σ e τ sono le componenti di dF~sup nella direzione rispettivamente normale e tangenziale alla
~n per unità di area si può perciò ricavare come:
faccia dS. La forza S
~
~n := dFsup = σ~n + τ ~t
S
dS
In base a questa definizione si possono ricavare gli sforzi riferiti alle facce del volumetto di
controllo che hanno normali lungo le direzioni degli assi del sistema di riferimento x, y e z, individuati
dai versori ~i, ~j, e ~k rispettivamente:
~x = σx~i + τxy~j + τxz~k
S
~y = σy~j + τyx~i + τyz~k
S
~z = σz~k + τzx~i + τzy~j
S
Si può dimostrare che dF~sup può essere calcolato tramite la relazione:
(1.24)
dF~sup = (∇ · Π)dV
1.2. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI ISOTERMI
9
in cui Π è il tensore degli sforzi [4, 5], definito come:

σx τyx τzx
Π =  τxy σy τzy 
τxz τyz σz

(1.25)
~n agente su una faccia del volumetto di controllo si può calcolare a partire dal tensore
La forza S
degli sforzi tramite le relazioni:
~n = ~n · Π = Π · ~n
S
~n
in quanto il tensore degli sforzi è simmetrico. Le tensioni σn e τij possono essere ricavate da S
tramite le relazioni:
~n · ~n
σ = ~n · Π · ~n = S
~n · ~t
τ = ~n · Π · ~t = S
Poiché per flussi non viscosi, i termini fuori diagonale di Π sono identicamente nulli, si ha che i
valori sulla diagonale principale sono tutti eguali a pari alla pressione termodinamica p:
Π = −σI = −pI
Il legame esistente fra sforzi e deformazioni in un fluido Newtoniano, si può esprimere tramite le
relazioni:
Π = −τ − pI
con:
1
~ )I
τ = −2µ Ψ − (∇ · V
3
in cui µ è la viscosità dinamica del fluido, ed il tensore simmetrico di deformazione (tensore di
stretching) Ψ è definito come il tensore simmetrico3:
i
1h ~
~ )T
∇V + (∇V
Ψ=
2
~.
che rappresenta la parte simmetrica del tensore ∇V
~
Riassumendo, dFsup /dV si può determinare mediante la seguente sequenza di passaggi:
dF~sup
dV
= ∇·Π
2
~
= ∇ · 2µΨ − ∇ · µ(∇ · V )I − ∇ · pI
3
2
~
= ∇ · 2µΨ − ∇ · µ(∇ · V )I − ∇p
3
= −∇ · τ − ∇p
ovvero:
dF~sup
dF~visc dF~pres
=
+
= −∇ · τ − ∇p
dV
dV
dV
in cui:
3(∇V
~ )T è il vettore “trasposto”, che si può ottenere scambiando righe e colonne della matrice dei coefficienti, e la
cui definizione è come quell’operatore tale che:
~ ) · ~a] · ~b = [(∇V
~ )T · ~b] · ~a
∀ ~a, ~b ⇒ [(∇V
10
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
dF~visc
= −∇ · τ
dV
dF~pres
= −∇p
dV
Se si introduce il simbolo f~ tale che:
dF~visc
f~ =
ρdV
si ha che l’espressione più generale delle forze di superficie è:
dF~sup
= ρf~ − ∇p
dV
In particolare poi, si può verificare che per flussi con viscosità variabile, si ha:
(1.26)
dF~visc
2
1
2~
~
~
~
ρf =
= −∇ · τ = (∇µ) · 2Ψ − (∇ · V )I + µ ∇ V + ∇(∇ · V )
dV
3
3
Se la viscosità è costante, si ha che il gradiente della viscosità ∇µ è identicamente nullo e quindi
1
2~
~
~
ρf = µ ∇ V + (∇ · V )
3
~ è nulla e quindi:
Se anche la densità è costante , si ha che la divergenza di V
µ 2~
~
∇ V = ν∇2 V
ρ
dove ν è la viscosità cinematica del fluido. Si ottiene cosı̀ che le forze di superficie per flussi
incompressibili e a viscosità costante possono essere valutate con la relazione:
~ ⇒ f~ =
ρf~ = µ∇2 V
dF~sup
~ − ∇p
= µ∇2 V
dV
Espressioni delle equazioni del moto
Sostituendo (1.22), (1.23) e (1.26) in (1.21), si arriva alla valutazione dell’accelerazione lineare
della particella:
1 dF~
ρ dV
1
= f~ − ∇p − ∇φ
ρ
~a =
ovvero:
1
~a = f~ − ∇p − ∇φ
ρ
Da questa espressione si deduce che la particella può variare la sua velocità a causa dell’azione
combinata o isolata degli sforzi di attrito, delle forze di pressione e dall’azione baroclinica della
gravità.
L’accelerazione della particella in un campo di flusso si può ricavare come derivata sostanziale
della velocità della particella stessa:
(1.27)
(1.28)
~a =
D ~
∂ ~
~ ·∇ V
~
(V ) = (V
)+ V
Dt
∂t
1.2. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI ISOTERMI
11
e quindi si ha che l’equazione del moto può scriversi in diverse forme a seconda se l’accelerazione
viene espressa in forma Lagrangiana o Euleriana.
Sostituendo le diverse espressioni dell’accelerazione (1.28) nella relazione (1.27), si ottengono le
equazioni del moto:
(1.29)
~a =
D ~
∂ ~
~ ·∇ V
~ = f~ − 1 ∇p − ∇φ
(V ) = (V
)+ V
Dt
∂t
ρ
valide per flussi viscosi e compressibili (equazioni di Navier-Stokes), che possono essere espresse nelle
forme:
D ~
1
(V ) = f~ − ∇p − ∇φ
Dt
ρ
∂ ~
~ ·∇ V
~ + f~ − 1 ∇p − ∇φ
(V ) = − V
∂t
ρ
Se f~ è nulla, ovvero se il flusso è non viscoso, si ottiene:
1
D ~
(V ) = − ∇p − ∇φ
Dt
ρ
∂ ~
~ ·∇ V
~ − 1 ∇p − ∇φ
(V ) = − V
∂t
ρ
I due termini a secondo membro possono essere accorpati in virtù dell’identità:
p
∇p p ∇ρ
∇p
p
p ∇ρ
∇
=
−
⇒
=∇
+
ρ
ρ
ρ ρ
ρ
ρ
ρ ρ
per ottenere:
D ~
p
p ∇ρ
(V ) = −∇
+φ −
Dt
ρ
ρ ρ
∂ ~
p
p ∇ρ
~
~
(V ) = − V · ∇ V − ∇
+φ −
∂t
ρ
ρ ρ
Qualora il flusso fosse incompressibile (a densità costante), si pensi al flusso di un liquido per
esempio, si otterrebbero le relazioni:
D ~
p
(V ) = −∇
+φ
Dt
ρ
∂ ~
p
~ ·∇ V
~ −∇
(V ) = − V
+φ
∂t
ρ
Le equazioni del moto possono scriversi nella forma dovuta a Lamb, se si esprime l’accelerazione
in funzione del gradiente dell’energia cinetica e del rotore di velocità:
(1.30)
∂ ~
~ ·∇ V
~ = ∂ (V
~)+∇
~a = (V
)+ V
∂t
∂t
V2
2
~ × ∇×V
~
−V
per ottenere:
∂ ~
(V ) + ∇
∂t
oppure
V2
+φ
2
~ × ∇×V
~ − ∇p + f~
=V
ρ
12
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
V2 p
~ × ∇×V
~ − p ∇ρ + f~ − ∂ (V
~)
+ +φ =V
2
ρ
ρ ρ
∂t
Il termine in parentesi tonda a primo membro rappresenta l’energia totale, specifica all’unità di
massa, del fluido. Si può subito notare che per un flusso stazionario, non viscoso, incompressibile
ed irrotazionale, l’energia totale è costante nello spazio (nel tempo si è assunta costante per via
dell’ipotesi di stazionarietà). E’ questa una forma del teorema di Bernoulli che vedremo in seguito.
∇
1.2.3. Equazione di conservazione della quantità di moto. Per definizione la quantità di
moto di una particella fluida vale:
~ dV
ρV
La derivata temporale della quantità di moto fornisce quindi la relazione:
! ~
∂ρ ~
∂V
∂ ~
+
ρV = ρ
V
∂t
∂t
∂t
Sostituendo l’espressione per l’accelerazione della particella ricavata dalle equazioni del moto:
~
∂V
~ ·∇ V
~ + −∇ · τ − ∇p − ρ∇φ
= −ρ V
∂t
e la derivata temporale della densità ricavata dall’equazione di conservazione della massa
ρ
∂ρ
~ − ∇ρ · V
~
= −ρ ∇ · V
∂t
si ottiene:
∂ ~
~ + −∇ · τ − ∇p − ρ∇φ − ρ ∇ · V
~ ·∇ V
~ − ∇ρ · V
~V
~
~ V
ρV = −ρ V
∂t
E poiché vale l’identità tensoriale:
~V
~ =ρ V
~ ·∇ V
~ +ρ ∇·V
~ V
~ + ∇ρ · V
~V
~
∇ · ρV
si ricava:
∂ ~
~V
~ = −∇ · τ − ∇p − ρ∇φ
ρV + ∇ · ρV
∂t
Se si integra la precedente espressione sul volume occupato dal fluido si ha:
(1.31)
(1)
(1.32)
∂
∂t
Z
~ dV = −
ρV
V
z
Z
(2)
(3)
}|
{ zZ
}|
{ zZ }| {
~
~
∇ · ρV V dV +
−∇ · τ − ∇p dV − ρ∇φdV
V
V
V
Analizziamo uno ad uno i vari contributi integrali. Il primo fornisce:
Z
(1.33)
I
I
~
~
~
~
~ dṁ
∇ · ρV V dV = ρV V · ~n dS = V
V
S
dove dṁ rappresenta la portata che attraversa la superficie dS.
~ · ~n dS
dṁ = ρ V
Il secondo integrale si può calcolare cosı̀:
S
1.2. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI ISOTERMI
Z
I
∇ · ΠdV =
(1.34)
V
I
~n · ΠdS =
S
~n dS =
S
I
I
−p~ndS +
τ ~tdS
S
S
S
13
I due integrali curvilinei rappresentano il contributo alla variazione della quantità di moto del
fluido dovuta all’azione congiunta degli sforzi normali e tangenziali agenti sulla superficie che delimita
il volume occupato dal fluido.
Poiché vale l’identità:
ρ∇φ = ∇ (ρφ) − (∇ρ) φ
il terzo integrale si può calcolare come segue:
Z
(1.35)
Z
∇ (ρφ)dV +
ρ∇φdV =
V
Z
V
I
∇ (ρ)φdV =
V
Z
ρφ~ndS −
S
(∇ρ)φdV
V
Questa relazione evidenzia che non si riesce a trasformare per intero il terzo integrale di volume
in integrali di superficie perché l’ultimo termine della espressione precedente è anch’esso un integrale
di volume.
Il bordo di V, ovvero S, può essere decomposto in tre zone, a seconda se il flusso entri nel volume,
S1 , esca dal volume, S2 , o fluisca tangente ad una parete che contorna il volume, Sw . Perciò S è
ottenibile come l’unione di queste tre zone: S = S1 +S2 +Sw . Gli integrali di superficie sono pertanto
costituiti da tre contributi: quello della parte in cui entra il flusso, quello della parte in cui esce il
flusso, e quello delle eventuali pareti solide che contornano il volume V.
Il vettore F~ , cosı̀ definito:
Z
~
F =
−p~n + τ ~t dS
Sw
rappresenta le forze che le pareti esercitano sul fluido, e si può calcolare in virtù dei risultati
(1.32)−(1.35) come:
(1.36)
F~ =
Z
S2
~ dṁ −
V
Z
S1
~ dṁ −
V
Z
∂
−p~n + τ ~t dS −
∂t
S−Sw =S1 +S2
Z
~ dV − ~G
ρV
V
dove l’ultimo termine ~G è definito come:
I
Z
~G = ρφ~ndS − (∇ρ) φdV
S
V
I termini di integrale di volume sono molto onerosi da calcolare perché richiedono la conoscenza del
campo fluido all’interno dell’intero volume di controllo. Se il flusso è stazionario si possono mettere
a zero le derivate temporali:
∂
(•) = 0
∂t
ed inoltre per i liquidi si ha che la densità è costante spazialmente e quindi il gradiente della densità
è nullo:
∇ρ = 0
Il contributo di ~G è, in generale, di piccola entità sia per liquidi sia per gas e quindi si può trascurare.
In conclusione F~ può calcolarsi, in buona approssimazione, come:
14
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
F~ =
(1.37)
Z
~ dṁ −
V
S2
Z
~ dṁ −
V
S1
Z
−p~n + τ ~t dS
S−Sw =S1 +S2
1.2.4. Equazione di conservazione dell’energia meccanica. L’energia meccanica dEmec
della particella fluida di massa ρdV si calcola facendo il prodotto scalare fra l’accelerazione della
~ dt percorso dalla particella che si muove alla velocità V
~ in
particella e lo spazio infinitesimo d~r = V
un intervallo di tempo infinitesimo dt, ovvero secondo la relazione:
~
DV
D 1~ ~
D 1 2
dV = ρ
V · V dtdV = ρ
V
dtdV
Dt
Dt 2
Dt 2
Sostituendo l’equazione del moto in luogo dell’accelerazione si ottiene:
~ dt · ρ
dEmec = V
h
i
~ dt · −∇p + ρf~ − ρ∇φ dV =
dEmec = V
h i
D V2
~
~
~
dtdV
= − V · ∇p − V · ∇ · τ + ρ V · ~g dtdV = ρ
Dt 2
La variazione di energia cinetica di particella è valutabile perciò come:
(1.38)
ρ
D
Dt
V2
2
~ · ~g
~ − p −∇ · V
~ −∇· τ ·V
~ − −τ : ∇V
~ +ρ V
= −∇ · pV
L’ultimo termine può essere valutato come segue:
~ · ~g = −ρ V
~ · ∇φ = −ρ Dφ + ρ ∂φ
ρ V
Dt
∂t
Se il campo è stazionario l’ultimo addendo è nullo, ed allora si può accorpare la derivata totale
del potenziale gravitazionale insieme alla derivata totale dell’energia cinetica onde ottenere:
(1.39)
D
ρ
Dt
(1)
(2) (3) (4) V2
~
~
~ − −τ : ∇V
~
φ+
= − ∇ · pV − p −∇ · V − ∇ · τ · V
2
Vediamo quale significato attribuire ai quattro contributi alla variazione di energia cinetica e
gravitazionale della particella, attraverso l’integrazione delle equazioni ottenute sul volume di fluido
V:
(1) lavoro forze di pressione sulle superfici che delimitano la particella fluida:
Z
I ~
~ · ~n dS
− ∇ · pV dV = − p V
V
S
(2) lavoro forze di pressione convertibile in energia interna reversibile, che è diverso da zero solo
~ 6= 0), e in presenza di forti compressioni o espansioni
nel caso di flusso comprimibile (∇ · V
(urti, espansioni centrate, ecc.):
Z ~ dV
− p ∇·V
V
(3) lavoro forze viscose sulle superfici, che può essere positivo o negativo:
I
Z
~ dV = − τ · V
~ · ~n dS
− ∇· τ ·V
V
S
1.3. BILANCI MACROSCOPICI DI SISTEMI ISOTERMI
15
(4) contributo sempre positivo che rappresenta la dissipazione di energia meccanica dovute
all’azione degli sforzi viscosi (processo irreversibile) in calore (in flussi ad alta velocità, in
lubrificazione, ecc.):
Z ~ dV > 0
−
τ : ∇V
V
Poiché sia il contributo (2) sia il (4) possono variare la temperatura del sistema, la definizione di
sistema isotermo deve essere intesa in senso debole, ovvero si considera isotermo un sistema in cui le
variazioni di temperatura eventualmente causate dagli effetti (2) e (4) siano in prima approssimazione
trascurabili.
1.3. Bilanci macroscopici di sistemi isotermi
L’analisi di un sistema “esteso”, ad esempio il campo termofluidodinamico all’interno di una
pompa o di una turbina, può essere affrontata seguendo due strade:
(1) integrazione del sistema di equazioni differenziali valide per la particella (ricavate nel precedente paragrafo) mediante tecniche di integrazione numerica (Fluidodinamica Computazionale, CFD);
(2) scrittura di opportune equazione di bilancio valide per il sistema nel suo complesso e, per
questo, indicati come bilanci macroscopici; questo secondo approccio consente di ottenere
risultati molto utili con un modesto impegno computazionale. Il prezzo da pagare consiste nel dover adottare un certo numero di ipotesi semplificative che rendono la soluzione
complessivamente meno accurata di quella ottenibile mediante CFD.
In questo paragrafo seguiremo il secondo approccio (vedere [6]). Cominceremo con lo scrivere la
conservazione della massa per un sistema tipo (Fig. 1.3), per il quale varranno le seguenti ipotesi:
◦ il volume V del sistema non varia nel tempo e nello spazio;
◦ la temperatura del fluido nel sistema si assume costante nel tempo e nello spazio;
◦ il sistema può scambiare massa con l’ambiente esterno tramite due condotti aventi sezioni
trasversali di ingresso e uscita designate S1 ed S2 rispettivamente;
◦ si ipotizza che il campo di flusso sia distribuito in modo quasi-mono-dimensionale su S1 ed
S2 ;
◦ il sistema può scambiare lavoro con l’ambiente esterno attraverso superfici mobili Sw,m che
modificano la forma del volume di fluido V;
◦ si assegna il segno positivo al lavoro W fatto dal sistema sull’ambiente esterno e negativo
quello ricevuto dall’ambiente esterno;
◦ il sistema può scambiare calore con l’esterno: si considera positivo il calore Q ceduto
dall’ambiente esterno al sistema e negativo quello ceduto dal sistema all’ambiente esterno.
Figura 1.3. Schema di sistema macroscopico.
16
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
1.3.1. Relazione tra bilanci microscopici e macroscopici. Per scrivere le equazioni di
bilancio del sistema macroscopico descritto in Fig. 1.3, si partirà dalle equazioni di bilancio microscopiche studiate nei precedenti paragrafi. Queste equazioni dovranno essere valide anche all’interno
del volume di fluido contenuto nel sistema macroscopico. Quindi per ottenere i bilanci macroscopici
si procederà semplicemente integrando i corrispondenti bilanci microscopici. Prima di fare queste
operazioni è opportuno ricordare le relazioni tra derivate temporali all’esterno e all’interno del segno
di integrale. Bisogna infatti osservare che, sebbene il volume sia costante, esso deve essere considerato ancora una funzione del tempo, a causa della presenza di superfici mobili al suo interno che ne
cambiano la forma. Vale allora la nota formula di derivazione (si considera la generica grandezza f ):
Z
Z
I
d
∂f
~S · ~ndS
(1.40)
f dV =
dV + f V
dt
∂t
V
V
S
~S indica la velocità con cui si muove la superficie S. Se il volume di riferimento è quello del
dove V
sistema macroscopico appena descritto si ha quindi che l’integrale superficiale è diverso da zero solo
lungo le superfici mobili. La relazione che verrà usata nel seguito è quindi la:
Z
Z
Z
d
∂f
~S · ~ndS
f dV −
fV
dV =
(1.41)
∂t
dt
V
V
Sw,m
1.3.2. Bilancio macroscopico di conservazione della massa del sistema. La massa totale
del sistema si può calcolare con l’integrale di volume:
Z
(1.42)
mtot = ρdV
V
Si può valutare la variazione nel tempo della massa totale in funzione dei flussi entranti e uscenti
nel e dal sistema integrando l’Eq.(1.19) sul volume V occupato dal fluido nel sistema macroscopico,
in modo simile a quello già visto in precedenza nell’Eq.(1.20):
Z
Z
∂ρ
~ )dV = 0
(1.43)
dV + ∇ · (ρV
∂t
V
V
Trasformando il secondo integrale di volume in integrale di superficie e utilizzando la Eq.(1.41) si
ottiene:
Z
Z
Z
d
~
~ · ~ndS = 0
(1.44)
ρdV −
ρVS · ~ndS + ρV
dt
V
Sw,m
S
Indicando con Sw,f le pareti fisse:
(1.45)
d
dt
Z
Z
ρdV +
V
Sw,m
~ · ~ndS +
ρW
Z
~ · ~ndS = 0
ρV
S1 +S2 +Sw,f
~ = V
~ −V
~S la velocità del fluido relativa alle superfici mobili. E’ evidente
avendo indicato con W
che su tutte le pareti gli integrali superficiali si annullano e quindi applicando le ipotesi di bilancio
macroscopico l’espressione si semplifica poiché le sole superfici interessate da flusso di massa sono le
sezioni S1 ed S2 .
(1.46)
d
(mtot ) = −ρ2 V2 S2 + ρ1 V1 S1
dt
1.3. BILANCI MACROSCOPICI DI SISTEMI ISOTERMI
17
dove il valore univoco di velocità e densità deriva dall’ipotesi di flusso monodimensionale4 nelle
sezioni S1 ed S2 . La portata di massa che attraversa la superficie di area S si può quindi calcolare
come:
Z
ṁ = ρV dS
S
(1.47)
oppure,
ṁ = ρ < Ṽ > S
oppure,
ṁ = ρV S
(seguendo la trattazione di [6])
(nell’ipotesi di flusso monodimensionale)
Nella trattazione successiva si farà costantemente riferimento alle ipotesi di [6] e riportate nella nota.
Infine, si introduce l’operatore ∆ (•) definito come:
∆ (•) = (•)2 − (•)1
che rappresenta la differenza fra il valore di una generica variabile valutato all’uscita del sistema
meno quello valutato all’ingresso del sistema.
Con queste notazioni, il bilancio macroscopico della massa si può riscrivere come:
d
(mtot ) = −∆ṁ
dt
Se il problema è stazionario si ricava dunque, molto semplicemente, che:
(1.48)
(1.49)
ṁ1 = ṁ2
1.3.3. Bilancio macroscopico di conservazione della quantità di moto del sistema.
La quantità di moto totale del sistema si può calcolare con l’integrale di volume:
Z
~
~ dV
(1.50)
Ptot = ρV
V
La variazione nel tempo della quantità di moto totale in funzione dei flussi entranti e uscenti nel e
dal sistema attraverso le sezioni S1 ed S2 e delle forze di superficie e gravitazionali si può valutare
4 Nella trattazione di [6] si fa l’ipotesi di monodimensionalità su S per lo stato termodinamico, mentre si ammette
i
la variazione lungo le superfici Si della velocità, che ha tuttavia componente non nulla soltanto nella direzione normale
ad Si . In tal caso si ha quindi che ρ1 è un valore costante su S1 e ρ2 su S2 mentre la velocità, nella sua componente
normale alle superfici S1 ed S2 , può variare lungo di esse. Si ottiene in tal caso ancora una espressione come la Eq.(1.46):
d
(mtot ) = −ρ2 < Ṽ2 > S2 + ρ1 < Ṽ1 > S1
dt
dove però vanno introdotte le opportune medie, con le notazioni relative alla generica grandezza f che hanno il seguente
significato:
Media temporale:
1
f˜ =
T
T
Z
f (~
x; t)dt
0
Media spaziale su una superficie S:
< f >=
Media spaziale e temporale:
< f˜ >=
1
S
Z
1
T
Z
f (~
x; t)dS
S
T
0
„
1
S
«
f (~
x; t)dS dt
Z
S
Z
Media rispetto alla portata attraverso una superficie S:
fˆ =
S
ρf (~
x; t) V (~
x; t)dS
Z
ρV (~
x; t)dS
S
18
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
integrando l’Eq.(1.31) sul volume V di fluido contenuto nel sistema e quindi applicando le ipotesi di
bilancio macroscopico (si veda [6]). Si ottiene innanzitutto:
Z
Z
Z
Z
∂ ~
~
~
(1.51)
−∇ · τ − ∇p dV − ρ∇φ dV
ρV dV + ∇ · ρV V dV =
∂t
V
V
V
V
e quindi trasformando il secondo integrale di volume in integrale di superficie e utilizzando le
Eq.(1.41,1.50):
Z
Z
Z
Z
dP~tot
~
~
~
~
τ · ~n + p~n dS + ~g ρ dV
ρV (VS · ~n)dS + ρV (V · ~n)dS = −
(1.52)
−
dt
S
S
Sw,m
V
ovvero:
(1.53)
dP~tot
+
dt
Z
Sw,m
~ (W
~ · ~n)dS +
ρV
Z
~ (V
~ · ~n)dS = −
ρV
S1 +S2 +Sw,f
Z
τ · ~n + p~n dS + mtot~g
S
dove il primo integrale di superficie e il contributo di Sw,f al secondo sono evidentemente nulli.
Infine, se si raccolgono le forze di superficie che il fluido esercita sulle pareti, indicate con F~ :
Z
Z
~
~
~
F = Fvisc + Fpress = τ · ~ndS + p~ndS
Sw
Sw
si ottiene:
P ressioni agenti
sulle sezioni In/Out
Variazione quantità di moto In/out
}|
z
z
}|
{
{
dP~tot
2
2
~
~
~
~
(1.54)
= ρ1 < Ṽ1 > S1 − ρ2 < Ṽ2 > S2 + p1 S1 − p2 S2 −
dt
|
F orze agenti
sulle pareti del
sistema
z}|{
F~
{z
F orza di V olume
+
F orze agenti sul sistema
z }| {
mtot~g
}
Il vettore ~S = ±S~n è diretto come la normale esterna media ma orientata come ~n nella sezione di
uscita e in verso opposto nella sezione di ingresso ed ha modulo pari al valore dell’area della sezione
stessa. Nell’equazione ottenuta è stato trascurato il contributo della forza d’attrito τ ·~n sulle superfici
S1 e S2 , in quanto esso assume valori significativi solo in prossimità di pareti solide.
Con le notazioni introdotte in precedenza si può riscrivere il bilancio macroscopico di conservazione della quantità di moto come:
h
i
d ~ Ptot = −∆ (ρ < Ṽ 2 > +p)~S + mtot~g − F~
dt
Se il problema è stazionario, allora si può calcolare la forza che il fluido esercita sulle pareti che
circondano il sistema:
(1.55)
(1.56)
h
i
F~ = −∆ (ρ < Ṽ 2 > +p)~S + mtot~g
La funzione ρ < Ṽ 2 > +p è denominata “spinta della corrente” (stream thrust). Questa relazione
permette di trovare risposte a problemi pratici molto importanti quali ad esempio il calcolo della
reazione del fluido su una paletta di pompa o turbina, o sul gomito di una tubazione.
1.3.4. Bilancio macroscopico dell’energia meccanica di un sistema isotermo. Anche
la legge che esprime il bilancio macroscopico dell’energia meccanica può essere ricavata integrando
sul volume che definisce il sistema la corrispondente espressione del bilancio microscopico (1.39). Si
definisce a questo scopo l’energia meccanica totale del sistema come:
Z V2
(1.57)
Emec,tot = ρ φ +
dV
2
V
1.3. BILANCI MACROSCOPICI DI SISTEMI ISOTERMI
19
Integrando sul volume di controllo la (1.39) e utilizzando l’equazione di continuità (1.19) si ottiene:
Z
Z
∂
V2
V2
~
(1.58)
φ+
dV + ∇ · ρV φ +
dV =
∂t
2
2
V
V
Z
Z Z
Z ~
~
~
~ dV
− ∇ · pV dV + p ∇ · V dV − ∇ · τ · V dV −
−τ : ∇V
V
V
V
V
trasformando quando possibile gli integrali di volume in integrali di superficie e utilizzando le
Eq.(1.41,1.50):
Z Z
V2
d
~
~ · ~n dS+
(1.59)
ρ V · ~n φ +
dS − p V
(Emec,tot ) = −
dt
2
S
S1 +S2
Z Z Z ~
~
~ dV
τ · V · ~ndS −
+ p ∇ · V dV −
−τ : ∇V
S
V
V
Per comodità si definiscono:
◦ l’energia cinetica complessiva del fluido racchiuso nel sistema macroscopico:
Z
Z
V2
(1.60)
Ktot :=
ρ dV =
ρkdV
2
V
V
avendo anche per brevità definito k = V 2 /2;
◦ l’energia potenziale gravitazionale complessiva del fluido racchiuso nel sistema macroscopico:
Z
(1.61)
φtot :=
ρφdV
V
◦ la potenza convertita in energia interna, trasformata in modo reversibile (è presente solo
~ 6= 0):
nel caso di flussi comprimibili, quando ∇ · V
Z ~ dV
(1.62)
Ėc := − p ∇ · V
V
◦ la potenza meccanica dissipata a causa degli attriti (perdita di energia meccanica nell’unità
di tempo), si tratta di un termine sempre positivo:
Z ~ dV > 0
(1.63)
Ėv :=
−τ : ∇V
V
A questo punto restano da esaminare soltanto gli integrali superficiali. Il primo, quello riguardante
energia cinetica e potenziale, porta ad un risultato simile a quello ottenuto nelle precedenti equazioni
di bilancio, facendo ricorso all’ipotesi di flusso monodimensionale su S1 e S2 . Per quanto riguarda
il secondo e il terzo, questi rappresentano il lavoro compiuto dalle forze di pressione ed attrito
sulle superfici. Questo è nullo sulle pareti fisse, mentre assume valori non nulli su S1 , S2 e Sw,m .
Trascurando il contributo di τ su S1 e S2 si ha che moltiplicando e dividendo per ρ si ottiene dalle
forze di pressione un’espressione dello stesso tipo di quella presente per k e φ:
Z Z ~ · ~n dS = ρ V
~ · ~n p dS
(1.64)
p V
ρ
S
S
20
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
Il lavoro delle forze di pressione e d’attrito compiuto sulle superfici mobili nell’unità di tempo è pari
all’integrale rimanente, quello su Sw,m :
Z
~ dS
(1.65)
Ẇ :=
p~n + τ · ~n · V
Sw,m
Con le definizioni date la forma macroscopica del bilancio di energia meccanica si scrive:
! #
"
d
d
1 < Ṽ 3 >
p̂
(1.66)
ṁ − Ẇ − Ėv − Ėc
(Emec,tot ) =
(Ktot + φtot ) = −∆
+ φ̂ +
dt
dt
2 < Ṽ >
ρ
1.3.5. Bilancio macroscopico dell’energia di un sistema isotermo. Abbiamo visto che
nell’equazione di bilancio dell’energia meccanica compare il termine Ėv che indica l’energia che viene
dissipata e che quindi non è più disponibile per il sistema e il termine Ėc . La presenza di quest’ultimo
termine è legata alle variabili termodinamiche considerate. L’energia non può tuttavia scomparire.
Se si scrive quindi l’equazione di bilancio di tutta l’energia scambiata dal sistema, dovrà apparire
che, per mantenere il sistema isotermo, l’energia dissipata Ėv , che andrebbe ad aumentare la temperatura del fluido, dovrà essere bilanciata da quella che viene sottratta cedendo calore all’esterno. Ci
dovrà essere dunque un raffreddamento del sistema perché esso si mantenga isotermo. L’ipotesi di
flusso isotermo rende più comodo usare come variabili termodinamiche l’energia libera di Helmoltz
e l’entalpia libera di Gibbs, cosı̀ come nel caso di flusso isentropico le variabili più comode sono
energia interna ed entalpia. Queste sono infatti definite come:
◦ l’energia libera di Helmoltz (solo per sostanze gassose):
A = U − TS
e il suo valore specifico
a = u − Ts
da cui discende che:
1
da = du − T ds − sdT = −pd
− sdT e, nel caso isotermo,
ρ
e:
Z
Atot :=
1
da = −pd
ρ
ρadV
V
◦ l’entalpia libera di Gibbs:
G = H − TS
e il suo valore specifico
g = h − Ts
da cui discende che:
dg = dh − T ds − sdT =
dp
− sdT
ρ
e, nel caso isotermo,
dg =
dp
ρ
Si può dimostrare [6] che, sfruttando l’ipotesi di sistema isotermo, l’equazione di bilancio dell’energia
può essere riscritta facendo comparire l’energia libera di Helmoltz e l’entalpia libera di Gibbs. La
legge che esprime la conservazione dell’energia in un sistema isotermo può essere scritta come:
"
#
1 < Ṽ 3 >
d
(1.67)
(Ktot + φtot + Atot ) = −∆
+ φ̂ + ĝ ṁ − Ẇ − Ėv
dt
2 < Ṽ >
Questa forma è molto simile a quella del bilancio di energia meccanica, ma il termine Ėc non è
più presente cosı̀ come p/ρ. Questi termini sono sostituiti da Atot e g. Si osserva però che mentre
l’equazione di bilancio dell’energia meccanica è una conseguenza del bilancio di quantità di moto,
la forma di bilancio dell’energia espressa in termini di A e g è proprio un’equazione di bilancio
dell’energia. Per ottenerla è infatti necessario introdurre il principio di conservazione dell’energia
espresso attraverso il primo e secondo principio della termodinamica (in questo caso dall’espressione
dg = dp/ρ).
1.3. BILANCI MACROSCOPICI DI SISTEMI ISOTERMI
21
Se il problema è stazionario si può ricavare il lavoro specifico per unità di massa scambiato dal
sistema con l’esterno (tramite opportuni organi con pareti mobili: ad esempio palettature rotanti in
una turbomacchina):
Ẇ
1
Ėv
2
(1.68)
= −∆
< Ṽ > +φ̂ + ĝ −
ṁ
2
ṁ
che si può riscrivere esplicitando i tre contributi:
h i
Ẇ
1
Ėv
2
= −∆
< Ṽ > − ∆ φ̂ − ∆ [ĝ] −
ṁ
2
ṁ
Vediamo come si può valutare il termine di variazione dell’entalpia libera, distinguendo il caso
del flusso comprimibile e incomprimibile:
Caso del flusso comprimibile:
È stato già ricordato che nel caso isotermo (dT = 0):
dg =
dp
ρ
Se il fluido è un gas ideale si ha che lungo un processo che colleghi lo stato (1) allo stato (2), la
variazione totale di entalpia libera vale:
Z 2
Z 2
dp
p̂2
∆ [ĝ] =
dĝ =
= RT log
ρ
p̂1
1
1
Se le perdite sono nulle (Ėv = 0) e il lavoro scambiato con l’esterno è anch’esso nullo (Ẇ = 0), si
ottiene il teorema di Bernoulli per flussi compressibili e per sistemi macroscopici isotermi:
p̂2
1
2
< Ṽ > + ∆[φ̂] + RT log
(1.69)
∆
=0
2
p̂1
Caso del flusso incomprimibile:
Lungo un processo che colleghi lo stato (1) allo stato (2) si ha che la variazione totale di entalpia
libera, a densità costante, vale:
Z
2
Z
2
dp̂
∆[p̂]
=
ρ̄
1
1 ρ̄
Si faccia attenzione che il significato fisico del termine (dp/ρ) è alquanto diverso qualora si pensi
attribuito ad un flusso compressibile o ad un liquido. Per un gas (dp/ρ) rappresenta un’energia di
compressione ovvero un’energia legata alla possibilità che il gas faccia o subisca un lavoro (reversibile)
definito dal termine p(∆V) non nullo, che rappresenta la conversione di energia meccanica in energia
interna.
Nel caso di un liquido, la densità costante implica che la divergenza è nulla ovunque, ovvero che
il liquido non è in grado di variare la sua energia interna, perciò (∆p/ρ̄) in un liquido rappresenta
un’energia di pressione essenzialmente di natura idrostatica.
Per un flusso incompressibile isotermo si ottiene dunque:
p̂
1
2
< Ṽ > +φ̂ +
ṁ − Ẇ − Ėv
(1.70)
0 = −∆
2
ρ̄
∆ [ĝ] =
dĝ =
~ =
che è l’equazione di bilancio dell’energia meccanica con Ėc = 0 (come si ottiene considerando ∇· V
0).
Se le perdite sono nulle (Ėv = 0) e il lavoro scambiato con l’esterno è anch’esso nullo (Ẇ = 0),
si ottiene il teorema di Bernoulli per flussi incompressibili isotermi:
1
p̂
2
(1.71)
∆
< Ṽ > +φ̂ +
=0
2
ρ
22
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
1.3.6. Relazione fra grandezze micro e macroscopiche. Riprendendo le relazioni tra grandezze micro e macroscopiche, osserviamo che il lavoro scambiato con l’esterno dal sistema necessita la
presenza di supefici mobili lambite dalla corrente fluida, e che si possono individuare due contributi
al lavoro Ẇ , uno legato alle forze viscose e l’altro alle forze di pressione:
Z
~ · ~n dS
Ẇpress =
p V
Sw,m
Z
~ · ~n dS
τ· V
Ẇvisc =
Sw,m
e quindi il lavoro totale scambiato dal fluido con l’esterno vale:
(1.72)
Ẇ = Ẇpress + Ẇvisc
Per quanto riguarda il termine delle perdite meccaniche Ėv se il flusso è incompressibile e Newtoniano
si può calcolare l’integrale che lo definisce a partire dalla relazione:
3 X
∂Vi 2
~
− τ : ∇V = µΦv = 2µ
+ ...
∂xi
i=1
Da un punto di vista dimensionale si può ricavare che:
V02
; [dV] = l03 ; [µ] = µ0
l2
Perciò le perdite di energia meccanica hanno le dimensioni:
h i V2 1 3 2
µ0 3 2 2
0 3
ρV0 l0 =
ρV0 l0
Ėv = µ0 2 l0 = µ0 V0 l0 =
ρl0 V0
Re
l0
ovvero:
Z
1
3 2
Ėv = ρ0 V0 l0
Φ∗v dV∗ = ρ0 V03 l02 f (Re)
Re
dove i termini con l’asterisco sono adimensionali.
Si può inoltre ricavare la perdita per unità di massa rapportando Ėv con la portata ṁ:
Ėv
Ėv
ρ0 V03 l02 f (Re)
1 2
ev =
=
=
≈
V
ξv (Re)
ṁ
2 0
ρ0 V0 l02 ṁ∗
ρ < Ṽ > S
[Φv ] ≈
Questa relazione suggerisce che le perdite possano essere quantificate come una frazione dell’energia
cinetica del fluido, in cui il fattore di riduzione ξv è adimensionale e tipicamente inferiore ad uno.
Le perdite di energia meccanica della corrente fluida possono essere classificate in perdite distribuite (lungo tubi, ad esempio) e concentrate (in corrispondenza di gomiti, restrizioni, diaframmi,
brusche espansioni, e cosı̀ via).
La forma generale del coefficiente di perdita sarà dunque:
X 1
2
< Ṽ0 > ξv i
perdite concentrate
ev =
2
i
e:
ev =
X 1
i
2
< Ṽ02 >
L
f
Rh
perdite distribuite
i
dove f è il coefficiente di attrito per tubi lunghi L e con raggio idraulico Rh (formula di Darcy):
1 D
P0 − PL
f=
con P = p + ρgh
1
4
L 2 ρ < Ṽ 2 >
1.4. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI NON ISOTERMI
23
1.4. Bilanci microscopici dei sistemi non isotermi
Si sono finora considerati sistemi in cui la temperatura rimane costante. Ovviamente nella
maggior parte dei problemi applicativi la temperatura varia ed è essenziale riuscire a predire il
campo di temperatura, variabile in generale non solo spazialmente ma anche nel tempo. A tal
fine, passeremo in rassegna i metodi per lo studio dei sistemi non isotermi. Anche in questo caso
affronteremo l’analisi prima da un punto di vista microscopico e poi da quello macroscopico.
1.4.1. Primo principio applicato ai campi fluidi.
1.4.1.1. Trattazione Euleriana. Cominceremo l’analisi partendo dall’espressione del primo principio della termodinamica valida per una particella fluida:
T ds = du + pdv
Dove l’energia interna del fluido si scrive:
du = cv dT
Differenziando la definizione di entalpia h = u + pv, si ottiene:
dh = du + pdv + vdp
Sostituendo nel primo principio (con v = 1/ρ), si ha:
1
T ds = dh − dp
ρ
Consideriamo un punto P del campo fluidodinamico che possiede un intorno in cui non sono presenti
forti discontinuità, quali onde d’urto. In un tempo infinitesimo dt la particella che al tempo t si
~ dt fino ad arrivare al punto P 0 (Fig. 1.4).
trovava in P si è spostata di una quantità d~r∗ = V
(1.73)
Figura 1.4. Particella, suo intorno e linea di corrente.
Si consideri ora uno spostamento infinitesimo d~r qualsiasi non coincidente con d~r∗ , che individua
un punto Q nell’intorno di P . Tra il punto P e Q le variazioni delle variabili di stato possono essere
stimate con le relazioni seguenti:
ds = (d~r · ∇) s
dh = (d~r · ∇) h
dp = (d~r · ∇) p
Sostituendo queste relazioni in Eq. (1.73), si ottiene:
1
(d~r · ∇) p
ρ
Tale relazione deve essere valida per qualsiasi d~r diverso da d~r∗ :
1
d~r · T ∇s − ∇h + ∇p = 0
ρ
Si ottiene cosı̀ una relazione fra i gradienti spaziali delle variabili di stato valida nell’intorno di
P ad un tempo t fissato:
T (d~r · ∇) s = (d~r · ∇) h −
24
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
1
T ∇s = ∇h − ∇p
ρ
Si osservi che non si riesce a valutare questa relazione se non si conosce la storia di tutte le
particelle che attraversano l’intorno di P . In linea di principio, infatti, ogni particella potrebbe
possedere un’entropia diversa dalle altre, e quindi non è possibile calcolare il gradiente entropico in
forma chiusa.
1.4.1.2. Trattazione Lagrangiana. Vediamo invece cosa succede alla particella lungo una linea di
corrente, ovvero come variano le grandezze termodinamiche di stato passando dal punto P al punto
P 0 che appartengono ad una medesima linea di corrente, ovvero:
(1.74)
~ dt
P 0 = P + d~r∗ = P + V
In tal caso la particella di massa dm costituisce un sistema chiuso nel quale la massa è costante
nel tempo. Non è però un sistema isolato, perché la particella può scambiare calore con le altre
particelle.
I differenziali delle variabili di stato lungo la linea di corrente si ottengono proiettando i gradienti
delle medesime variabili lungo il vettore che conginuge P con P 0 . Introducendo l’operatore:
d0 (•) = (d~r∗ · ∇)(•)
e applicandolo all’Eq. (1.73), si ottiene:
d0 s = (d~r∗ · ∇) s
d0 h = (d~r∗ · ∇) h
d0 p = (d~r∗ · ∇) p
e pertanto il primo principio lungo la linea di corrente si può scrivere:
(1.75)
1
T d0 s = d0 h − d0 p
ρ
Sia d0 q il calore scambiato dalla particella tra il punto P e P 0 . In tal caso,:
d0 q = T d0 s
Lo scambio di calore è dovuto essenzialmente alla trasmissione di calore, d0 q0 , fra particella e
particella, e alla presenza di fenomeni viscosi il cui lavoro viene dissipato in calore, d0 qf . Pertanto se
il flusso è adiabatico d0 q0 = 0, e se è non viscoso d0 qf = 0. Quando il flusso è viscoso si può calcolare
d0 qf tramite la relazione:
1
f~ = − ∇ · τ
ρ
Il primo principio lungo una linea di corrente si scrive perciò:
~ · f~
d0 qf = −d~r∗ · f~ = −dt V
(1.76)
dove
~ · f~ = d0 h − 1 d0 p = T d0 s
d0 q0 + d0 qf = d0 q0 − dt V
ρ
1.4.2. Primo principio ed equazioni del moto per un flusso compressibile. Si considerino le equazioni del moto della particella fluida (Eq. (1.29)):
~
DV
∇p ~
=−
+ f − ∇φ
Dt
ρ
Si può sostituire al gradiente di pressione la combinazione fra gradienti di entalpia ed entropia
trovata applicando il primo principio nell’intorno della particella fluida, Eq. (1.74), per ottenere:
1.4. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI NON ISOTERMI
25
~
DV
= − (∇h − T ∇s) + f~ − ∇ (φ)
Dt
~
DV
= − (∇h + φ) + f~ + T ∇s
Dt
ed inoltre si può scrivere l’accelerazione della particella nella forma alla Lamb (Eq. 1.30) per ricavare:
(1.77)
~
∂V
+∇
∂t
V2
~ × (∇ × V
~ ) = − (∇h − T ∇s) + f~
+φ −V
2
Perciò per un flusso compressibile, viscoso, diabatico, rotazionale, si ottiene che:
(1.78)









2
~
∂V
V 
 ~

~ ) + T ∇s + f~ −
∇
=
V
×
(∇
×
V
h
+
φ
+

|{z}
|{z}
|{z}
{z
} | {z }

2  |
∂t
|{z}
|{z}

 energia termica
viscosità
energia
potenziale
rotazionalità
 e di compressione gravitazionale
energia 
non stazionarietà

cinetica 
|
{z
}
entalpia totale htot del gas
ovvero che l’entalpia totale htot del fluido definita come somma dei contributi di energia termica, di
compressione, gravitazionale e cinetica:
(1.79)
V2
p
V2
htot = |{z}
h +φ +
= |{z}
u + +φ+
2
ρ
2
dh=cp dT
du=cv dT
è uniforme spazialmente (∇htot = 0) se il flusso compressibile è isentropico, stazionario, non viscoso
e irrotazionale.
1.4.2.1. Caso di flusso compressibile ed isotermo. Se il flusso compressibile è anche isotermo,
allora nell’equazione:
~
V2
~ × ∇× V
~ + T ∇s + f~ − ∂ V
∇ h+φ+
=V
2
∂t
si può effettuare la sostituzione:
T ∇s = ∇ (T s) − s∇T
| {z } = ∇ (T s)
=0
da cui:


=g
{
z p}|

~
V2

 ~
~ ) + f~ − ∂ V
× (∇ × V
∇ u + − T s +
+ φ = V
ρ
2
∂t


|
{z
}
=gtot
dove si è introdotta l’entalpia libera totale di Gibbs, gtot , definita come:
V2
2
Dalle precedenti relazioni si ricava che gtot è uniforme spazialmente se il flusso compressibile
isotermo è per di più irrotazionale, non viscoso e stazionario.
(1.80)
gtot = g + φ +
26
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
1.4.3. Primo principio ed equazioni del moto per un flusso incompressibile. In un
flusso incompressibile, la densità è costante per definizione e pertanto vale la relazione:
∇p
p
=∇
ρ
ρ
che sostituita nell’equazione di Lamb fornisce direttamente:
2
~
∂V
V
~ × (∇ × V
~ ) − ∇p + f~
+∇
+φ =V
∂t
2
ρ
2
~
∂V
p V
~ × (∇ × V
~ ) + f~
+∇
+
+φ =V
∂t
ρ
2
Da quest’ultima possiamo dedurre la definizione di pressione totale del liquido che è costituita
dall’energia di pressione (idrostatica), dall’energia gravitazionale e dall’energia cinetica, e comprendere quali sono i processi che possono alterare la distribuzione spaziale di pressione totale. La
relazione:











~
V2 
∂V
p
 ~

~ + f~ −
+
φ
+
×
∇
×
V
∇
=V
{z
}
|{z}
|{z}

ρ
2  |
∂t
|{z}
|{z}

 |{z}
rotazionalità
energia
potenziale
viscosità
 energia di gravitazionale
energia 
non stazionarietà

cinetica 
|pressione
{z
}
energia totale ptot /ρ del liquido
mostra chiaramente che l’energia totale del liquido, ptot /ρ, definita come:
ptot
p
V2
= +φ+
ρ
ρ
2
(1.81)
può variare a seguito della presenza di strutture rotazionali (vortici), della viscosità (strati limiti) e
della non stazionarità del flusso. Si noti che, sebbene per un liquido sia definita un’energia interna
associabile alla temperatura (può infatti essere più o meno caldo, ovviamente), esso non è capace di
convertire la sua energia termica in lavoro non essendo comprimibile.
1.4.4. Conservazione entalpia, entalpia libera e pressione totali lungo una traiettoria. Ora possiamo definire i bilanci di energia lungo le linee di corrente facendo il prodotto scalare
dello spazio percorso dalla particella in un intervallo di tempo infinitesimo dt con l’equazione del
moto:
"
#
h
i
~
∂
V
~ × (∇ × V
~ ) + T ∇s + f~
d~r∗ ·
+ ∇htot = d~r∗ · V
∂t
"
#
h
i
~
∂
V
~ dt ·
~ dt · V
~ × (∇ × V
~ ) + T ∇s + f~
V
+ ∇htot = V
∂t
Effettuando il prodotto scalare della velocità per ognuno dei temini dell’equazione, si ottiene:
∂ 1 2
~ · f~ dt
V
dt + d0 htot = T d0 S + V
∂t 2
Sostituendo l’espressione del primo principio scritta lungo la linea di corrente
1.4. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI NON ISOTERMI
27
~ · f~ = d0 q0
T d0 s + dt V
si ha:
0
(1.82)
d htot
∂
= d q0 −
∂t
0
1 2
V
dt
2
Pertanto l’entalpia totale per un flusso compressibile e non isotermo è costante se il sistema è
adiabatico e stazionario.
Analogamente per un flusso compressibile ed isotermo si può scrivere:
#
i
h
~
∂
V
~ × (∇ × V
~ ) + f~
d~r∗ ·
+ ∇gtot = d~r∗ · V
∂t
"
#
h
i
~
∂
V
~ dt ·
~ dt · V
~ × (∇ × V
~ ) + f~
V
+ ∇gtot = V
∂t
"
da cui:
~ · f~ dt − ∂ 1 V 2 dt
d0 gtot = V
∂t 2
(1.83)
Pertanto l’entalpia libera totale per un flusso compressibile ed isotermo è costante se il sistema
è non viscoso e stazionario.
Infine per un flusso incompressibile si ottiene:
#
h
i
~
∂V
ptot
~ × (∇ × V
~ ) + f~
d~r ·
+∇
= d~r∗ · V
∂t
ρ
"
#
h
i
~
∂
V
p
tot
~ dt ·
~ dt · V
~ ×∇×V
~ + f~
V
+∇
=V
∂t
ρ
"
∗
da cui:
(1.84)
d0
ptot
ρ
2
~ · f~ dt − ∂ V
= V
dt
∂t 2
L’energia totale per un flusso incompressibile è costante se il sistema è non viscoso e stazionario.
1.4.5. Bilancio dell’energia interna in un volume elementare. Vediamo come si conserva
l’energia in un volumetto, nell’intorno della particella considerata. Si può dimostrare che vale la:
h
i
∂
1 2
V2
~
~ · ~g − ∇ · pV
~ −∇· τ ·V
~
ρ u+ V
− ∇ · ~q + ρ V
= −∇ · ρV u +
∂t
2
2
ovvero:
(1.85)
D
1 2
ρ u+ V
=−
Dt
2
h
i
~
~ · ~g − ∇ · pV
~ −∇· τ ·V
+ ρ V
| {z }
| {z } | {z }
termico
∇ · ~q
| {z }
f lusso
lavoro f orze
gravitazionali
lavoro f orze
di pressione
lavoro f orze
viscose
La variazione nel tempo della somma di energia cinetica e interna nel volume di controllo è
controllata dal flusso termico che attraversa le pareti del volumetto, dal lavoro delle forze di gravità,
delle forze di pressione e viscose.
28
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
Sottraendo all’Eq. (1.85) l’equazione di conservazione dell’energia meccanica (1.39):
D 1 2
~
~ +
~
~ +ρ V
~ · ~g − ∇ · τ · V
ρ
=
p ∇·V
τ : ∇V
V
−∇ · pV
Dt 2
| {z }
| {z }
Dissipazione viscosa
irreversibile
Lavoro reversibile
di compressione
si ottiene l’equazione di conservazione per la sola energia interna di natura termica (du = cv dT ):
Du
~ − (τ : ∇V
~)
− p ∇·V
ρ
=−
∇ · ~q
| {z }
Dt
|
{z
}
| {z }
Calore scambiato
lavoro f orze
di pressione
con lesterno
Dissipazione
viscosa
Il lavoro di compressione delle forze di pressione è di tipo reversible, mentre il lavoro delle forze
viscose è irreversibile. Questi due termini rappresentano due modalità di conversione fra energia
meccanica e termica. Il primo termine può prendere segno sia positivo che negativo indicando che
l’energia meccanica associata al lavoro delle forze di pressione può essere convertita in energia termica
e viceversa, mentre il secondo termine è sempre positivo indicando che l’energia meccanica associata
al lavoro delle forze viscose può solamente essere convertita (degradata, dissipata) in energia termica.
Per un fluido incompressibile la divergenza della velocità è identicamente nulla e quindi le forze
di pressione non possono eseguire lavoro. Pertanto l’energia interna di un flusso incompressibile (la
sua temperatura) può variare solo a causa di scambi di calore con l’esterno oppure per effetto della
dissipazione viscosa.
Poiché:
~g = −∇φ
si ricava
~ · ~g = −ρ V
~ · ∇φ
ρ V
e dalla definizione di derivata totale
∂φ ~
Dφ
=
+ V ·∇ φ
Dt
∂t
si ricava che:
~ · ∇ φ = −ρ Dφ
−ρ V
Dt
se il campo gravitazionale è costante nel tempo (∂φ/∂t = 0). In tal caso, il contributo delle forze gravitazionali può essere incluso nel termine a primo membro dell’equazione di conservazione
dell’energia, per ottenere:


(1.86)
ρ

D 
~
~ −∇· τ ·V
 u + φ + 1 V 2  = −∇ · ~q − ∇ · pV

Dt  |
{z 2 }
Energia totale =etot
Vediamo come si può ricavare una espressione dell’energia interna in termini di temperatura. Si
può dimostrare che a partire dalla:
Du
~ − (τ : ∇V
~)
=−
∇ · ~q
− p ∇·V
ρ
| {z }
Dt
| {z }
|
{z
}
Calore scambiato
lavoro f orze
di pressione
con lesterno
Dissipazione
viscosa
si può ottenere:
DT
= −∇ · ~q − T
ρcv
Dt
Inoltre, se valgono le seguenti ipotesi:
◦ gas caloricamente perfetto:
∂p
∂T
v
~
∇·V
~
− τ : ∇V
1.5. BILANCI MACROSCOPICI PER SISTEMI NON ISOTERMI
29
.
du = cv dT
.
∂p
p
=
∂T v
T
◦ conduzione di calore descrivibile dall’equazione di Fourier
∇ · ~q = −k∇2 T
◦ lavoro delle forze viscose per un fluido Newtoniano:
~ ) = µΦv
−(τ : ∇V
si perviene alla:
ρcv
DT
~ − µΦv
= k∇2 T − p ∇ · V
Dt
In seguito ai passaggi:
Dh
Du 1 Dp p 1 Dρ
Du
D p
Du 1 Dp p ~
=
=
+
+
−
=
+
−
∇·V
Dt
Dt
Dt ρ
Dt
ρ Dt
ρ ρ Dt
Dt
ρ Dt
ρ
si può anche ricavare una legge per la conservazione dell’entalpia che si scrive:
Dh
~ + Dp
= − (∇ · ~q) − τ : ∇V
ρ
Dt
Dt
1.5. Bilanci macroscopici per sistemi non isotermi
1.5.1. Bilancio dell’energia totale. Il bilancio macroscopico dell’energia per un sistema non
isotermo si può ricavare in maniera rigorosa integrando sull’intero volume occupato dal fluido nel
sistema macrosopico la relazione (1.86):
Detot
~ −∇· τ ·V
~
ρ
= −∇ · q − ∇ · pV
Dt
Dopo opportune semplificazioni [6], si perviene al bilancio macroscopico:
d
(Ktot + Utot + φtot ) =
Variazione nel tempo dell’energia interna del sistema
dt
= ρ1 < Ṽ1 > u1 S1 − ρ2 < Ṽ2 > u2 S2
Trasporto di energia interna
1
+ ρ1 < Ṽ13 > S1 − ρ2 < Ṽ23 > S2
Trasporto di energia cinetica
2
+ ρ1 < Ṽ1 > φ1 S1 − ρ2 < Ṽ2 > φ2 S2
Trasporto di energia potenziale
+ Q̇ − Ẇ
Calore e Lavoro scambiati con l’esterno
+ p1 < Ṽ1 > S1 − p2 < Ṽ2 > S2
Lavoro forze di pressione sulle sezioni di ingresso ed uscita
In forma compatta, si può scrivere:
(1.87)
dEtot
= −∆
dt
"
! #
p 1 < Ṽ >3
u+ +
+ φ ṁ + Q̇ − Ẇ
ρ 2 < Ṽ >
Se il flusso è stazionario e se l’approssimazione < Ṽ 3 >≈< Ṽ >3 è sufficientemente accurata si
ottiene:
d
(•) = 0
ṁ1 = ṁ2 = ṁ
dt
da cui la relazione:
1
Q̇ Ẇ
2
(1.88)
∆ h + < Ṽ > +φ =
−
2
ṁ
ṁ
30
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
che riveste un ruolo essenziale nel perseguire gli obiettivi del corso.
Si possono analizzare due casi limiti per quanto riguarda la variazione di entalpia:
(1) Se il fluido è un gas ideale valgono le relazioni:
dh = cp dT
p = ρRT
cp − cv = R
che forniscono il risultato:
ZT2
ZT2
(cv + R)dT =
∆ [h] =
T1
T1
R
cp dT =
M
ZT2
γ
dT
γ−1
T1
da sostituire nella Eq. (1.88);
(2) Se il fluido è un liquido valgono le relazioni:
ρ̄ = cos t
cp = cv = c
che forniscono il risultato:
ZT2
∆ [h] =
cdT +
1
(p1 − p2 )
ρ̄
T1
da sostituire nella Eq. (1.88).
1.5.2. Altri bilanci di energia. Il bilancio macroscopico dell’energia è stato già ottenuto per
un sistema isotermo, a partire dall’integrazione della (1.38) e dal primo principio espresso come
dg = dp/ρ. Si può ottenere un risultato simile per il caso isentropico in cui è comodo usare il primo
principio nella forma dh = dp/ρ.
Per i due casi limite di flussi isotermi e isoentropici si può quindi ottenere un bilancio macroscopico di energia nella forma:
1) Per i sistemi isotermi:
(1.89)
d
(Ktot + φtot + Atot ) = −∆
dt
1
2
g + φ + < Ṽ > ṁ − Ẇ − Ėv
2
2) Per i sistemi isentropici:
(1.90)
d
(Ktot + φtot + Utot ) = −∆
dt
1
2
h + φ + < Ṽ > ṁ − Ẇ − Ėv
2
Confrontando la relazione valida per il sistema isentropico (Eq. (1.90)) con il bilancio dell’energia
totale (Eq. (1.87)) si ricava che Q̇ = −Ėv , relazione che esprime il concetto che le perdite di energia
meccanica sono convertite in calore.
Inoltre si può osservare che le variazioni di entalpia libera g e quella di entalpia h nelle precedenti
espressioni possono essere valutate come:
◦ Se dT = 0:
Z2
∆ [g] =
1
dp
− sdT =
ρ
Z2
1
dp
ρ
1.6. BILANCI DEL MOMENTO DI QUANTITÀ DI MOTO
31
◦ Se ds = 0:
Z2
∆ [h] =
dp
+ T ds =
ρ
1
Z2
dp
ρ
1
Pertanto, nel caso stazionario, l’espressione:
(1.91)
Z2
1
dp
Ẇ
+∆
< Ṽ >2 +φ +
+ Ėv = 0
ṁ
2
ρ
1
che esprime il teorema di Bernoulli generalizzato al caso di flussi compressibili, si può utilizzare sia
per il caso del flusso isotermo che per quello isentropico. In questa espressione l’integrale di (dp/ρ)
si calcola in modo diverso a seconda che il flusso sia un gas od un liquido. Infatti, si ha:
◦ Gas ideale non isotermo:
Z 2
Z 2
dp
dp
RT
=
p
1
1 ρ
◦ Gas ideale isotermo (T =costante):
Z 2
1
dp
p2
= RT log
ρ̄
p1
◦ Gas ideale che subisce una trasformazione politropica con esponente n (p/ρn =costante):
" #
Z 2
p1 n
ρ2 n−1
dp
=
−1
ρ1 n − 1
ρ1
1 ρ
(per la trasformazione isentropica deve considerarsi in questa espressione n = γ);
◦ Liquido a ρ=cost:
Z 2
dp
1
= (p2 − p1 )
ρ̄
1 ρ̄
Si indirizza il lettore alle pagg. 463–492 di [6] per esercizi ed esempi sull’utilizzo dei bilanci
macroscopici per risolvere una raccolta di problemi di interesse applicativo.
1.6. Bilanci del momento di quantità di moto
Nello studio delle turbomacchine riveste una cruciale importanza il principio della conservazione
del momento della quantità di moto. In questo paragrafo, riportiamo i principali risultati validi a
livello micro e macroscopico.
~
1.6.1. Bilancio microscopico del momento di quantità di moto. Il momento polare dL,
rispetto al polo O, della quantità di moto di una particella fluida di massa dm è definito come:
(1.92)
~ := ~r × V
~ dm = ~r × (ρV
~ )dV
dL
e quindi per il fluido che occupa il volume V:
Z ~
~ dV
(1.93)
L :=
~r × ρV
V
L’equazione di conservazione della quantità di moto in forma differenziale (1.31) è stata ottenuta
combinando l’equazione del moto (1.29) con l’equazione di conservazione della massa (1.19). Una
equazione dello stesso tipo per il momento della quantità di moto può essere ottenuta come una
conseguenza delle suddette equazioni. Per ottenere questo risultato si può procedere come fatto in
32
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
~ . In
§1.2.4 per l’energia meccanica, dove si è moltiplicata l’equazione del moto scalarmente per V
questo caso l’equazione del moto viene premoltiplicata vettorialmente per ~r:
~r ×
(1.94)
~
DV
ρ
− ∇ · Π + ρ∇φ
Dt
!
=0
Si osserva che:
~
~
D ~ = D~r × V
~ + ~r × DV = ~r × DV
~r × V
Dt
Dt}
Dt
{z
|Dt
~ :=D~
~ ×V
~ =0
V
r /Dt; e V
~ e utilizzando l’equazione di continuità moltiplicata
Introducendo per comodità il simbolo ~l = ~r × V
~
per l, il primo termine della (1.94) può essere ancora elaborato per ottenere:
ρ~r ×
~
D~l
∂~l
DV
~ · ∇ ~l + ~l ∂ρ + ~l ∇ · ρV
~ = ∂ ρ~l + ∇ · ρ~l V
~
=ρ
=ρ +ρ V
Dt
Dt
∂t
∂t
∂t
da cui discende l’equazione di conservazione del momento della quantità di moto in forma differenziale:
∂ ~
~ − ~r × ∇ · Π + ~r × (ρ∇φ) = 0
ρl + ∇ · ρ~l V
{z
} | {z }
|∂t {z } | {z } |
(1.95)
(3)
(2)
(1)
(4)
Si può integrare questa relazione sull’intero volume di controllo dV, ricordando che il vettore posizione
~r ed il volume V non variano nel tempo. I quattro contributi integrali si possono calcolare come
illustrato di seguito.
Per il primo contributo si ha:
Z
(1.96)
V
∂ ~ dV = ∂
ρ~r × V
∂t
∂t
Z
V
~
~ dV = ∂ L
ρ~r × V
∂t
Per il secondo contributo si ha:
Z
(1.97)
V
I
I I ~ dV = ρ~l V
~ · ~ndS = ρ ~r × V
~ V
~ · ~ndS =
~ dṁ
∇ · ρ~l V
~r × V
S
S
S
1.6. BILANCI DEL MOMENTO DI QUANTITÀ DI MOTO
33
Per il terzo contributo è comodo passare per la notazione indiciale5. Si ha quindi:
Z
Z
∂Πjl ~
~r × ∇ · Π dV = εijk xi
(1.98)
ik dV =
∂xj
V
V
Z ∂
∂x
i
εijk
=
(xi Πjl )~ik − εijk
Πjl~ik dV =
∂xl
∂xl
ZV h
i
∂
(xi Πjl )~ik − εijk (δil Πjl ) ~ik dV =
=
εijk
∂xl
|
{z
}
V
εijk δil Πjl =εijk Πji =0
poiché Π è simmetrico
I
=
εijk (xi Πjl nl )~ik dS =
I
~r × Π · ~n dS =
S
I Z
Z
~
~r × τ · ~n dS
=
~r × Sn dS = − [(~r × ~n) p] dS −
S
S
|S
{z
Momento forze
di pressione
}
|S
{z
Momento forze
viscose
}
Per il quarto contributo si ha:
Z
(1.99)
−
Z
[~r × ρ∇ (φ)] dV =
V
I
(~r × ~g ) ρdV =
V
Z
~r × (−~nρφ) dS +
S
~r × (∇ρ) φdV
V
La presenza dell’integrale di volume a secondo membro fa sı̀ che il quarto contributo possa essere
calcolato come semplice integrale di superficie solo quando il flusso è incompressibile.
Ricapitolando, il bilancio di conservazione del momento polare della quantità di moto si può
valutare come segue:
5 Con la notazione indiciale il generico vettore V
~ si esprime attraverso i suoi componenti Vi nella base ~ii :
~ = Vi~ii
V
Analogamente un tensore:
T = Tij~ii~ij
In entrambe le definizioni precedenti è stata usata la convenzione di Einstein. Essa prevede che si intenda sottintesa
la sommatoria nel caso di indici ripetuti:
3
X
Tij bj =
Tij bj
j=1
Il simbolo di Kronecker ha il seguente significato:
δij
(
1
=
0
se i = j
se i =
6 j
Il simbolo delle permutazioni (o di Levi-Civita) è definito come:
8
>
<+1 se (i, j, k) = (1, 2, 3), (2, 3, 1) o (3, 1, 2)
εijk = −1 se (i, j, k) = (3, 2, 1), (2, 1, 3) o (1, 3, 2)
>
:
0
se i = j, o j = k, o k = i
ed è utile nel calcolo dei prodotti vettoriali. Infatti si ha:
~a × ~b = εijk ai bj~ik
Si osserva che, facendo coincidere il polo rispetto al quale viene calcolato il momento di forze e quantità di moto con
l’origine di un sistema di riferimento cartesiano, i componenti del vettore ~r possono essere presi come le coordinate del
punto (ri = xi ) per cui ∇~r = I = δij~ii~ij .
34
(1.100)
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
∂
∂t
Z Z Z ~
~
~ dṁ−
~r × V dm = −
~r × V dṁ +
~r × V
V
S2
S1
Z
Z
~r × τ · ~n dS +
[(~r × ~n) p] dS −
−
S1 +S2 +Sw
S1 +S2 +Sw
Z
(~r × ~g ) ρdV
V
dove si sono esplicitati i contributi che dipendono dalle sezioni di ingresso S1 e di uscita S2 . Si noti
che il contributo del trasporto di momento di quantità di moto lungo le pareti del sistema è nullo
perché, per definizione, la velocità è parallela alle pareti e quindi la sua proiezione sulla normale alla
parete è nulla, il che rende identicamente nulli i termini dṁ su Sw .
Analogamente a quanto fatto per l’equazione della conservazione della quantità di moto, intro~ 0 risultante dell’azione del fluido sulle pareti solide:
duciamo il vettore momento polare M
~ 0 := −
M
(1.101)
Z
Sw
Z
~
~r × Sn dS =
Z
~r × τ · ~n dS
(~r × ~n)pdS +
Sw
Sw
che può essere calcolato in base alla legge di conservazione del momento della quantità di moto:
~ 0 := −
(1.102) M
Z Z Z ~
~
~ dṁ+
~r × Sn dS =
~r × V dṁ −
~r × V
Sw
S1
S2
Z
p~r × d~S −
+
S1
Z
p~r × d~S +
S2
Z
V
∂
(~r × ~g ) ρdV −
∂t
Z ~ dm
~r × V
V
dove si è ipotizzato che il momento dovuto alle forze viscose sia trascurabile sulle superfici di ingresso
e uscita del sistema.
Nello studio delle turbomacchine, il momento polare non è una grandezza particolarmente inte~ 0 su un asse passante per il polo.
ressante, mentre lo è il momento assiale che è la proiezione di M
Interessa dunque il momento assiale rispetto all’asse di rotazione della macchina e quindi la proie~ 0 calcolato rispetto ad un punto qualsiasi dell’asse di rotazione sulla
zione del momento polare M
direzione dell’asse di rotazione, che è anche quella del vettore ω
~ , velocità angolare della girante:
~
~ a = ~j M
~0 · ω
~ 0 · ~j
M
= ~j M
ω
Essendo la direzione e il verso dell’asse di rotazione fissati si fa spesso riferimento al valore del
componente del momento (preso col segno) Ma . Si può quindi ragionare ancora sulla particella
fluida di massa dm e osservare che la componente del momento della quantità di moto in direzione
assiale, detto momento angolare, è pari a:
~ dV · ~j
(1.103)
ρ~r × V
Per poter studiare meglio le equazioni di bilancio del momento delle forze in direzione assiale e del
momento angolare è opportuno utilizzare un sistema di riferimento cilindrico definito dalle direzioni
tangenziale (~i1 ), assiale (~i2 = ~j) e radiale (~i3 = ~i1 × ~i2 ), e un sistema di riferimento cartesiano
definito dalle direzioni ~i, ~j e ~k come illustrato in Fig. 1.5. In questo sistema di riferimento si possono
~ ed ~r attraverso i loro componenti:
esprimere i vettori V
~ = Vθ~i1 + Vz~i2 + VR~i3
V
~r = z~i2 + R~i3
1.6. BILANCI DEL MOMENTO DI QUANTITÀ DI MOTO
35
Figura 1.5. Schema e nomenclatura per il calcolo del momento della quantità di moto.
avendo indicato con R la distanza del punto considerato dall’asse di rotazione. Moltiplicando scalarmente per ~j la (1.95) si ottiene un’equazione di conservazione per il momento angolare della particella
fluida in forma differenziale:
h
i
∂
~
~ V
~ · ~j − ~r × ∇ · Π · ~j + [~r × ρ∇φ] · ~j = 0
ρ~r × V
(1.104)
· ~j + ∇ · ρ~r × V
∂t
La relazione appena scritta si può semplificare tenendo conto che utilizzando la base ortogonale
cilindrica definita sopra, per un generico vettore ~b vale la relazione:
(1.105)
~r × ~b · ~j = ~j × ~r · ~b = ~i2 × z~i2 + R~i3 · ~b = R~i1 · ~b
Questa relazione è utile per tutti i termini della (1.104) tranne il secondo. Per quest’ultimo si può
facilmente verificare che:
n
h io
n h io
h
i
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
(1.106) ∇ · ρ ~r × V V
· j = ∇ · j · ρ ~r × V V
= ∇ · ρRi1 · V V = ∇ · ρRVθ V
La (1.104) può essere quindi riscritta come:
∂
~
~
(1.107)
(ρRVθ ) + ∇ · ρRVθ V − R∇ · i1 · Π + ρR (∇φ) · ~i1 = 0
∂t
oppure, ricordando che ∇ · Π = −∇p − ∇ · τ , si ha:
(1.108)
∂
~ + R (∇p) · ~i1 + R∇ · ~i1 · τ + ρR (∇φ) · ~i1 = 0
(ρRVθ ) + ∇ · ρRVθ V
∂t
1.6.2. Bilancio macroscopico di conservazione del momento della quantità di moto.
Per ottenere il bilancio macrospcopico del momento della quantità di moto in direzione assiale, si può
procedere come già visto in precedenza, integrando l’equazione (1.95) e sfruttando la (1.41). Definen~ tot del volume di fluido contenuto nel sistema macroscopico
do quindi il momento angolare polare L
di Fig. 1.3:
Z ~ tot =
~ dV
L
~r × ρV
V
si ottiene una forma uguale alla (1.100) poiché la parte relativa alla presenza di superfici mobili ha
soltanto il ruolo di annullare il termine convettivo (secondo contributo, Eq. (1.95)) sulle superfici
36
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
mobili. Si riporta allora per comodità la (1.100) riscritta nella forma:
Z Z ~ tot
dL
~
~ dṁ−
(1.109)
=−
~r × V dṁ +
~r × V
dt
S2
S
Z
Z 1
Z
~r × τ · ~n dS + (~r × ~g ) ρdV
[(~r × ~n) p] dS −
−
S1 +S2 +Sw
S1 +S2 +Sw
V
Come è stato già visto nel paragrafo precedente, nello studio delle turbomacchine il maggiore interesse
è rivestito dal momento della quantità di moto (momento angolare) fatto rispetto ad un asse di
rotazione. Quest’ultimo si ottiene ancora una volta moltiplicando scalarmente il momento polare,
fatto rispetto ad un punto qualsiasi dell’asse, con la direzione dell’asse. Si definisce quindi momento
angolare assiale La del volume di fluido contenuto nel sistema macroscopico rispetto all’asse diretto
come ~j:
Z
RVθ dm
La,tot =
V
e si ottiene:
(1.110)
dLa,tot
=−
dt
Z Z ~
~ · ~j dṁ−
~
~r × V · j dṁ +
~r × V
S2
S1
Z
−
h
i
~r × ~n · ~j p dS −
Z
Z h
i
~
~r × τ · ~n · j dS +
~r × ~g · ~j ρdV
S1 +S2 +Sw
S1 +S2 +Sw
V
Come è stato già visto nel paragrafo precedente, i termini possono essere semplificati utilizzando la
(1.105):
Z
Z
dLa,tot
= − (RVθ ) dṁ + (RVθ ) dṁ−
(1.111)
dt
S2
S1
Z
Z Z
h
h i
i
~
~
R τ · ~n · i1 dS + R ~g · ~i1 ρdV
R ~n · i1 p dS −
−
S1 +S2 +Sw
S1 +S2 +Sw
V
o ancora:
dLa,tot
= −∆ [(< RVθ >) ṁ] − ∆ < pR~i1 > ·~S − Ma,m − Ma,f + Ma,g
dt
avendo trascurato il contributo degli sforzi viscosi su S1 e S2 e avendo riassunto negli opportuni
simboli il momento assiale esercitato sul fluido dal suo peso e dal fluido sulle pareti fisse e mobili:
Z h
i
(1.113)
Ma,m =
R p~n + τ · ~n · ~i1 dS
(1.112)
Sw,m
(1.114)
Ma,f
Z h
i
=
R p~n + τ · ~n · ~i1 dS
Sw,f
Z
(1.115)
Ma,g =
R ~g · ~i1 ρdV
V
Il secondo termine a secondo membro può essere in genere trascurato, visto che esso si annulla
se le sezioni S1 e S2 sono scelte in modo che il versore normale ad esse abbia componenti solo in
direzione radiale ed assiale (giaccia cioè su un piano meridiano, vedi Cap. 2). Per quanto riguarda
il termine gravitazionale, esso è identicamente nullo sia per gas che per liquidi quando l’asse di
rotazione è parallelo alla gravità (girante ad asse di rotazione verticale), mentre esso non è nullo
quando l’asse di rotazione non è parallelo alla gravità (girante ad asse di rotazione non verticale);
1.6. BILANCI DEL MOMENTO DI QUANTITÀ DI MOTO
37
il termine resta tuttavia ugualmente trascurabile per sostanze gassose o per macchine di piccole
dimensioni. Con queste ipotesi, se il flusso è stazionario si ottiene una relazione fondamentale per il
calcolo delle turbomacchine, ovvero la relazione che esprime il legame tra coppia applicata all’albero
della girante e variazione delle grandezze cinematiche (medie) del flusso tra ingresso ed uscita della
girante stessa:
(1.116)
Ma = −∆ [ṁ < RVϑ >]
In virtù di tale relazione, si ricava che:
◦ Per una Pompa (Macchina Operatrice): il momento assiale e velocità angolare sono controversi (coppia agisce in direzione opposta al senso di rotazione della macchina); infatti si
ha che:
(1.117)
[< R2 Vϑ2 > − < R1 Vϑ1 >] > 0 ⇒ ∆ [< RVϑ >] > 0
~ a controverso a ω
⇒ Ma < 0 ⇒ M
~
◦ Per una Turbina (Macchina Motrice): il momento assiale e velocità angolare sono equiversi
(coppia agisce nella stessa direzione del senso di rotazione della macchina); infatti si ha che:
(1.118)
[< R2 Vϑ2 > − < R1 Vϑ1 >] < 0 ⇒ ∆ [< RVϑ >] < 0
~ a equiverso a ω
⇒ Ma > 0 ⇒ M
~
Si può inoltre calcolare la potenza (lavoro per unità di tempo) scambiata tra palettatura e
ambiente esterno:
~a ·ω
(1.119)
Ẇ = M
~ = −ṁω∆ [< RVϑ >]
La potenza specifica all’unità di massa elaborata dalla palettatura vale:
◦ per macchine radiali o a flusso misto:
(1.120)
Ẇ
= −∆ [< U Vϑ >]
ṁ
dove U = ωR;
◦ e per macchine di tipo assiale (R1 = R2 ):
(1.121)
Ẇ
= −U ∆ [< Vϑ >]
ṁ
Riassumendo:
◦ per una Pompa (Macchina Operatrice):
∆ [< RVϑ >] > 0 ⇒ Ma < 0 ⇒ Ẇ < 0
che rappresenta potenza assorbita da fornire all’albero della girante;
◦ Per una Turbina (Macchina Motrice):
∆ [< RVϑ >] < 0 ⇒ Ma > 0 ⇒ Ẇ > 0
che rappresenta potenza disponibile all’albero.
Per ovviare all’inconveniente di attribuire una potenza negativa ad una macchina operatrice si è
convenuto di definire la potenza relativa ad una turbomacchina nel seguente modo:
◦ Per una Pompa (Macchina Operatrice):
Ẇp = −Ẇ = +ṁ∆ [< U Vϑ >] > 0
◦ Per una Turbina (Macchina Motrice)
Ẇt = +Ẇ = −ṁ∆ [< U Vϑ >] > 0
Siamo cosı̀ in grado di calcolare il momento assiale scambiato tra:
38
1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
◦ palettature statoriche e cassa della macchina:
ω=0
Mastatore = −ṁ ∆ [< RVϑ >] 6= 0
12
◦ e tra palettature della girante ed albero della macchina:
ω 6= 0
Magirante = −ṁ ∆ [< RVϑ >] 6= 0
23
Questi risultati sottolineano che la macchina è sollecitata da un momento torcente sia nel
caso di una schiera di pale statorica che rotorica.
Diversamente, per le potenze si ottiene che:
◦ per le palettature statoriche:
ω=0
Ẇ = Mastatore ω ≡ 0
◦ mentre per quelli della girante:
ω 6= 0
Ẇ = Magirante ω 6= 0
che ci permette di concludere che lo scambio di energia della macchina con il mondo esterno può
avvenire solo mediante la girante.
Bibliografia
[1] G. Parolini, A. Del Monaco, and D. Fontana. Fisica Tecnica. UTET, Torino, 1983.
[2] H.M. Roder, R.D. McCarty, and W.J. Hall. Computer programs for thermodynamic and
transport properties of hydrogen. NASA CR 129261, Nasa, 1972.
[3] Hans Immich. Short Course: Combustion chambers of liquid rocket engines. Master in sistemi di
trasporto spaziale, 2003.
[4] G. K. Batchelor. An introduction to fluid dynamics. Cambridge University Press, 1967.
[5] M.H. Vavra. Aero-Thermodynamics and Flow in Turbomachines. Robert E. Krieger Publ. Co.,
1974.
[6] R. B. Bird, W. E. Stewart, and E. N. Lightfoot. Transport Phenomena. Wiley, 1960.
CAPITOLO 2
Il flusso nelle turbomacchine
I risultati ottenuti nell’approssimazione macroscopica indicano che relazioni semplici possono
essere ottenute tra lo scambio energetico che avviene in una macchina in rotazione e la variazione di
componente di velocità in direzione tangenziale. Tali relazioni sono ancor più valide quanto più i valori medi sono valutati correttamente. L’evoluzione del flusso attraverso una turbomacchina è tuttavia
piuttosto complessa e tipicamente rappresentabile come un flusso totalmente tridimensionale.
Per uno studio completo è quindi necessario studiare il moto complessivo che comporta variazioni delle componenti radiali, tangenziali e assiali della velocità. Questo è possibile soltanto con
i mezzi della fluidodinamica computazionale, mentre cercare di riportare lo studio del flusso a due
flussi bidimensionali permette di svolgere considerazioni interessanti. Per fare questo ci si riduce
innanzitutto a studiare, anziché il flusso attraverso l’intera macchina, un tubo di flusso generato
dal flusso entrante da una sezione identificata come quella compresa tra due circonferenze separate
da una distanza infinitesima nelle direzioni radiale e assiale. In genere si suppone che in prima
approssimazione il flusso sia assialsimmetrico, e quindi il tubo di flusso possa essere considerato
assialsimmetrico. Il suddetto tubo di flusso è delimitato da due superfici di corrente assialsimetriche
che nel caso generale assumono ciascuna l’aspetto illustrato in Fig. 2.1. Il flusso lungo la superficie di
Figura 2.1. Flusso tridimensionale nelle turbomacchine.
corrente sarà caratterizzato da una componente di velocità “meridiana” e una componente di velocità “tangenziale”. La prima è costituita dalle componenti assiale e radiale della velocità, la seconda
è la componente che dà il contributo principale (l’unico nell’approssimazione vista) allo scambio di
energia tra fluido e rotore.
L’intersezione della superficie di corrente con un piano meridiano, cioè un piano che contiene
l’asse di rotazione della macchina, individua la linea di corrente nel piano meridiano.
39
40
2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
Nel tubo di flusso considerato, se ci muoviamo lungo la linea di corrente nel piano meridiano, le
grandezze non variano in direzione normale alla linea di corrente, a causa dello spessore infinitesimo
del tubo di flusso. In generale invece potranno variare nella direzione tangenziale. Rimuovendo
l’ipotesi di tubo di flusso di spessore infinitesimo, l’intersezione delle pareti del tubo di flusso con
ciascun piano meridiano individua un tubo di flusso 2D nel piano meridiano.
L’approssimazione che viene fatta nello studio delle turbomacchine è quella di studiare due
sottoproblemi 2D del problema 3D:
Flusso quasi-bidimensionale nel piano delle superfici di corrente: Ciascuna delle superfici di corrente assialsimmetriche, che possono essere ottenute per rotazione di ciascuna
delle linee di corrente che possono essere disegnate nel piano meridiano, può essere studiata
come un flusso bidimensionale in cui i vettori hanno solo componenti “meridiana” (lungo
la linea di corrente nel piano meridiano) e “tangenziale” (la direzione perpendicolare). Lo
studio lungo la superficie di corrente (viene anche detta “piano interpalare’) è di particolare
importanza perché permette di studiare come si ottengono le variazioni di componente tangenziale di velocità, quelle decisive dal punto di vista del momento assiale esercitato sulla
macchina o dalla macchina.
Flusso bidimensionale nel piano meridiano: Nello studio del flusso nel piano meridiano
si fa l’ipotesi di flusso assialsimmetrico e cioè che il flusso ha la stessa soluzione in ogni piano
meridiano. Lo studio riguarda l’evoluzione del flusso in direzione normale alle superfici di
corrente e quindi l’approssimazione bidimensionale considera vettori che hanno soltanto
componenti assiale e radiale, sebbene possano essere presenti forze inerziali dovute alla
componente tangenziale.
2.1. Moto relativo e moto assoluto
L’analisi del campo di flusso attraverso le palettature delle giranti è di più facile effettuazione se
le equazioni che descrivono il flusso vengono espresse rispetto ad un sistema di riferimento solidale
con la girante stessa. Nel seguito viene discusso il caso di particolari sistemi di riferimento relativi:
essi sono caratterizzati da un moto rotatorio attorno ad un asse di rotazione (p.es. l’asse di rotazione
della girante), ma non hanno nessun atto di moto traslatorio.
2.1.1. Relazione tra velocità assolute e relative. Consideriamo dunque un sistema di riferimento relativo (non inerziale) con asse ~i2 parallelo alla velocità angolare ω
~ e solidale alla girante
(Fig. 2.2)1; un qualunque punto P sarà individuato in tale sistema da un vettore ~rr che è legato al
vettore ~r dalla relazione2:
−−→
(2.1)
~r = ~rr + OOr
Considerato un intervallo di tempo dt il punto P si sposterà nella posizione P 0 individuata dal vettore
spostamento d~r nel sistema di riferimento fisso e dal vettore d~rr nel sistema di riferimento relativo.
Per costruzione, d~r e d~rr soddisfano le relazioni3:
(2.2)
~r + d~r = ~r + d~rr + (~
ω × ~rr ) dt
e quindi:
(2.3)
−−→ d~r = d~rr + (~
ω × ~rr ) dt = d~rr + ω
~ × ~r − OOr dt = d~rr + (~
ω × ~r)dt
1Diversamente dal Cap. 1 dove con ~i , ~i , ~i si è indicato un sistema di riferimento cilindrico assoluto, in questo
1
2
3
capitolo con la stessa terna si indicherà sempre un sistema di riferimento relativo, e, in molti casi un sistema di
riferimento cilindrico relativo.
2I valori delle grandezze e degli operatori nel sistema di riferimento relativo sono evidenziati dal pedice () , mentre
r
quelli nel sistema di riferimento assoluto sono presentati senza pedice.
3Per i sistemi di riferimento scelti vale la relazione ω
~ × ~r = ω
~ × ~rr .
2.1. MOTO RELATIVO E MOTO ASSOLUTO
41
Figura 2.2. Sistema di riferimento relativo solidale con la girante rotante a velocità
angolare costante
La velocità nel sistema di riferimento assoluto si ottiene rapportando il vettore spostamento d~r
all’intervallo di tempo infinitesimo dt:
d~r
~ = d~rr + ω
~ +ω
~ +U
~
=: V
~ × ~rr = W
~ × ~r = W
dt
dt
I tre vettori di velocità giacciono tutti localmente sul piano tangente alla superficie di corrente (per
definizione) e quindi su questo piano si può sempre comporre un triangolo che mostra il vettore
velocità assoluta ottenuto come somma dei due vettori velocità di trascinamento e velocità relativa.
Tale relazione è detta triangolo delle velocità (Fig. 2.3):
(2.4)
(2.5)
~ =W
~ +U
~
V
da cui si può dedurre la seguente relazione tra i moduli delle velocità:
(2.6)
W 2 = U 2 + V 2 − 2U V cos α
Si osserva che diverse convenzioni sono seguite nei diversi testi per gli angoli α e β. Nel seguito si
Figura 2.3. Triangolo delle velocità
farà riferimento alla convenzione mostrata in Fig. 2.3 e cioè:
◦ α = angolo formato tra il vettore velocità assoluta e il vettore velocità di trascinamento;
◦ β = angolo formato tra il vettore velocità relativa e un vettore parallelo alla velocità di
trascinamento ma di verso opposto;
◦ Vθ = componente tangenziale della velocità assoluta, positiva se diretta come la velocità di
trascinamento;
◦ Wθ = componente tangenziale della velocità relativa, positiva se opposta alla velocità di
trascinamento;
42
2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
◦ Vm = Wm componente meridiana della velocità assoluta, uguale alla componente meridiana
della velocità relativa, che si divide a sua volta nelle componenti assiale (proiezione nella
direzione dell’asse di rotazione) e radiale (parte della componente meridiana giacente su un
piano perpendicolare all’asse di rotazione);
◦ Va = Wa componente assiale della velocità assoluta, uguale alla componente assiale della
velocità relativa;
◦ Vr = Wr componente radiale della velocità assoluta, uguale alla componente radiale della
velocità relativa.
2.1.2. Stazionarietà nel Moto Relativo. Supponiamo che il flusso attraverso un canale interpalare sia stazionario rispetto ad un sistema di riferimento relativo alla girante sulla quale il
canale è calettato. Osservando però il flusso allo scarico del canale si osserva che gli strati limiti
formatisi alle pareti del canale si separano dai profili per poi riunirsi a formare una scia a valle di
ciascun profilo (Fig. 2.4). Questo rende non uniforme la distribuzione spaziale delle velocità relative
all’uscita della girante, seppur stazionaria:
~ (θr , t) = W
~ (θr )
(2.7)
W
dove θr indica la coordinata in direzione circonferenziale del punto in un sistema di riferimento
relativo solidale con la girante. Poiché θ = θr + θ0 con θ0 = ωt, ne segue che il modulo della velocità
assoluta varrà:
~ (θ, t) = W
~ (θ − ωt) + U
~
(2.8)
V
e quindi non è costante nel tempo. Perciò, non uniformità spaziali in un flusso relativo si
traducono in non stazionarietà del flusso assoluto.
Figura 2.4. Flusso in uscita dalla girante
Le approssimazioni che si possono fare per semplificare la trattazione dei flussi nelle turbomacchine sono:
◦ la girante viene rappresentata con una distribuzione infinita di palette di spessore
infinitesimo: con tale schematizzazione il flusso allo scarico di una schiera di profili è
uniforme (non si ha più la presenza di un gradiente di velocità tra ventre e dorso della
singola pala), e la girante viene vista come una discontinuità del flusso assoluto.
◦ la velocità angolare è costante: non vengono cosı̀ analizzati i transitori.
Queste approssimazioni consentono di trattare il flusso come assialsimmetrico, e sono tanto più
accurate quanto più è elevato il numero di pale della schiera e quanto più sottili sono i profili che
formano la schiera.
2.1.3. Relazione tra accelerazione assoluta e relativa. Si ricorda che la definizione di
derivata totale (o sostanziale) nel sistema assoluto è:
D( )
∂ ( ) ~
(2.9)
=
+ V ·∇ ( )
Dt
∂t
2.1. MOTO RELATIVO E MOTO ASSOLUTO
43
mentre la definizione di derivata totale (o sostanziale) nel sistema relativo è:
Dr ( )
∂r ( ) ~
(2.10)
=
+ W · ∇r ( )
Dt
∂t
Come noto le accelerazioni assoluta e relativa sono legate attraverso l’accelerazione di trascinamento
e di deviazione:
d~
ω
~ = ~ar + ω
~
× ~rr + ω
~ × (~
ω × ~rr ) + 2~
ω×W
~ × (~
ω × ~rr ) + 2~
ω×W
(2.11)
~a = ~ar +
dt
con l’ultima uguaglianza ottenuta nelle ipotesi considerate di origine fissa e velocità di rotazione
costante nel tempo. Ora, osservando che:
~
~
DV
Dr W
(2.12)
~a =
e
~ar =
Dt
Dt
si ottiene:
~
~
DV
Dr W
~
(2.13)
=
+ω
~ × (~
ω × ~rr ) + 2~
ω×W
Dt
Dt
dove si ricorda che:
(
~acen = ω
~ × (~
ω × ~rr ) = accelerazione centripeta
(2.14)
~
~acor = 2~
ω×W
= accelerazione di Coriolis
e si osserva che il modulo dell’accelerazione centripeta, sempre diretta verso l’asse di rotazione, è
pari a ω 2 R, avendo indicato con R la distanza del punto considerato dall’asse di rotazione. Alla
stessa relazione si può giungere considerando che la particella fluida in un sistema di riferimento non
inerziale è sottoposta alle forze apparenti consistenti nel caso in esame nella forza centrifuga e la
forza di Coriolis.4
4 Un’interessante procedura formale per ricavare la relazione tra accelerazione assoluta e relativa è riportata nel
Cap. 7 di [1]. Essa consiste nel sostituire la relazione tra velocità assoluta e relativa:
~ =W
~ +ω
V
~ × ~rr
nella definizione di velocità assoluta:
“
”
~
~
DV
∂V
~ ·∇ V
~
=
+ V
Dt
∂t
e quindi espandere gli operatori di derivazione temporale e spaziale. Perché si ottenga il risultato corretto va osservato
che gli operatori devono essere calcolati rispetto al riferimento assoluto. Procedendo come su indicato si arriva alle:
” “
”
“
”
~
DV
∂ “~
~ +ω
~ +ω
=
W +ω
~ × ~rr + W
~ × ~rr · ∇ W
~ × ~rr =
Dt
∂t
~
∂W
~ · ∇W
~ + ∂ (~
~ · ∇ (~
~ + (~
=
+W
ω × ~rr ) + W
ω × ~rr ) + (~
ω × ~rr ) · ∇W
ω × ~rr ) · ∇ (~
ω × ~rr )
∂t
∂t
Per semplificare questa espressione si osserva che, considerando che ω
~ è un vettore che non dipende dalla posizione
considerata e quindi ∇~
ω = 0, si ottiene (per la simbologia si veda la nota a pag. 33):
”
∂ “
∂xj ~
~ · ∇ (~
~ · ∇ (~
~
W
ω × ~r) = W
ω × ~rr ) = Wl
εijk ωi xj~ik = εijk ωi Wl
ik = εijk ωi Wj~ik = ω
~ ×W
∂xl
∂xl
e inoltre che ci sono due termini del tipo (~
ω × ~rr ) · ∇~b, avendo indicato con ~b un generico vettore. Questi ultimi si
possono semplificare osservando che ω
~ × ~rr = ωR~i1 dove con ~i1 è stata indicata la direzione tangenziale e cioè quella
perpendicolare al piano individuato da ω
~ e ~rr . Il prodotto scalare di questa direzione per il gradiente è pari alla
derivata direzionale e quindi, indicando con Rωdt lo spostamento infintesimo nella direzione tangenziale:
d~b
d~b
=
(~
ω × ~rr ) · ∇~b = ωR
ωRdt
dt
In un atto di moto rotatorio d~b/dt = ω
~ × ~b e quindi:
(~
ω × ~rr ) · ∇~b = ω
~ × ~b
sostituendo queste relazioni nella prima, si ha:
~
~
DV
∂W
ω
~ · ∇W
~ + ∂~
~ +ω
~ +ω
=
+W
× ~rr + ω
~ ×W
~ ×W
~ × (~
ω × ~rr )
Dt
∂t
∂t
44
2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
2.1.4. Potenziale dell’accelerazione centripeta. L’accelerazione centripeta è diretta verso
l’asse di rotazione ed il suo modulo vale ω 2 R (Fig. 2.2). E’ possibile quindi definire una funzione
potenziale (la forza centripeta è conservativa in quanto centrale):
(2.15)
f (R) = R
in modo da poter ricavare l’accelerazione centripeta come il gradiente di tale funzione:
2
2
U2
R
2R
2
2
= ∇ −ω
=∇ −
(2.16)
~acen = −ω R∇ (R) = −ω ∇
2
2
2
2.1.5. Momento assiale delle forze apparenti. Se adesso consideriamo il caso semplice di
palette piane (questa ipotesi comporta Wθ = 0) possiamo vedere che l’accelerazione di Coriolis è
l’unica che provoca un momento assiale. Infatti, ricordando che il momento assiale dMa di asse ~j
Figura 2.5. Moto relativo nel caso di palette piane.
esercitato dalla forza apparente dovuta all’accelerazione ~a sulla particella elementare di fluido dm è
definito come:
(2.17)
dMa = −~j · (~r × ~adm)
si osserva che essendo l’accelerazione centripeta radiale:
(2.18)
~acen = −ω 2 R∇ (R)
essa non fornisce momento assiale. L’accelerazione relativa è meridiana, essendo Wθ = 0:
~ ·∇ W
~
(2.19)
~arel = W
e quindi anch’essa non fornisce alcun contributo al momento assiale delle forze apparenti. L’accele~ individuano in questo caso un piano
razione di Coriolis è infine completamente tangenziale (~
ωeW
meridiano) e fornisce momento assiale:
~
(2.20)
~acor = 2~
ω×W
Il momento assiale quindi in modulo sarà:
(2.21)
dMa = 2ωRWr dm = 2ωRW sin δdm (6= 0)
Questo è l’unico contributo al momento assiale nel caso di palette piane.
avendo anche osservato che ∂r ~rr /∂t = 0. Dal confronto della relazione ottenuta con la (2.13) si ottiene che deve essere:
~
~
~
∂W
Dr W
~ · ∇W
~ = ∂r W + W
~ · ∇r W
~
=
+W
Dt
∂t
∂t
Quest’ultima relazione può essere utilizzata per procedere con la sostituzione della velocità assoluta con la somma
di quella relativa e di trascinamento, per ricavare sistematicamente le equazioni di conservazione scritte rispetto al
sistema di riferimento relativo a partire da quelle già ottenute per il sistema assoluto.
2.1. MOTO RELATIVO E MOTO ASSOLUTO
45
Nel caso più generale ci potrà essere anche un contributo dell’accelerazione relativa, ma si può
vedere facilmente che è solo la componente radiale di velocità relativa a contribuire al momento
assiale dovuto all’accelerazione di Coriolis, che nel caso particolare di assenza di componente assiale
(come è il caso di turbomacchine puramente centrifughe o centripete) si scrive:
(2.22)
dMa = 2ωRW dm
Si consideri ora una girante a palette piane come quella schematizzata in Fig. 2.5. Nel sistema di
riferimento relativo non ci sono superfici mobili e pertanto nelle equazioni di bilancio non compare
lo scambio di lavoro con l’esterno. Bisogna tuttavia tener conto della presenza delle forze apparenti.
In tal caso nell’ipotesi di palette piane, l’equazione di bilancio del momento della quantità di moto
scritta nel sistema di riferimento relativo, non vedrà variazioni di componente di velocità tangenziale,
né, nelle ipotesi di funzionamento stazionario, alcun altro termine se non il momento delle forze
apparenti e il momento delle forze applicate sulle pareti solide (fisse nel sistema di riferiento relativo).
Il momento assiale esercitato dal fluido sulle pareti solide è dunque pari in modulo a quello esercitato
dalle forze apparenti sul fluido ed il calcolo del secondo permette di valutare il primo e quindi la
potenza scambiata dalla macchina con l’esterno. Per calcolare questo momento assiale si può valutare
la massa del fluido che passa attraverso la palettatura. La massa dell’elemento fluido compreso tra
le ascisse curvilinee ξ e ξ + dξ, posto ad una distanza R dall’asse di rotazione ed avente altezza h
nella direzione normale a ξ, potrà essere calcolata (indicando con Z il numero di palette e con t lo
spessore di ciascuna) come:
2πR
− t Zhdξ
(2.23)
dm = ρ
Z
Nelle stesse ipotesi, la portata che entra nella girante può essere calcolata considerando la generica
~ , a sua volta diretta come ξ:
sezione perpendicolare alla velocità W
2πR
(2.24)
ṁ = ρ
− t ZhW
Z
dividendo membro a membro le ultime due relazioni ottenute si ha:
(2.25)
dm
dξ
=
ṁ
W
⇒
dm =
ṁdξ
W
che ci permette di esprimere il dm che appare nell’espressione della forza di Coriolis in funzione
di W , dξ e ṁ. Il momento assiale fornito dall’elementino (considerato come la corona circolare di
raggio medio R attorno all’asse di rotazione ~j) assumerà quindi l’espressione:
ṁdξ
(2.26)
dMa = 2ωRW sin δ
= 2ṁωR sin δdξ = 2ṁωRdR = ṁωd R2
W
Il momento assiale delle forze apparenti agenti sul fluido presente all’interno della girante è calcolabile
come integrale lungo il raggio:
Z R2
(2.27)
Ma =
dMa = ṁω R22 − R12
R1
e quindi per ottenere il moto relativo ipotizzato tra le palette piane è necessario fornire al fluido una
potenza pari a:
(2.28)
Ẇ = Ma ω = ṁω 2 R22 − R12 = ṁ U22 − U12
ossia, in virtù dell’accelerazione di Coriolis (presente se si ha una variazione di raggio con palette
piane),5 si ha una potenza non nulla all’asse se varia l’accelerazione di trascinamento.
5Nel caso più generale di palette non piane si possono avere contributi anche derivanti dall’accelerazione relativa.
46
2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
2.1.6. Equazione di continuità. L’equazione di continuità nel sitema di riferimento relativo
si scrive:
∂r ρ ~
~ =0
(2.29)
+ W · ∇ r ρ + ρ ∇r · W
∂t
Questo risultato può essere anche ottenuto6 sostituendo le relazioni tra velocità assolute e relative nell’equazione di continuità scritta nel sistema di riferimento assoluto seguendo la procedura
riportata nella nota di pagina 43.
2.1.7. Equazioni del moto. L’equazione del moto scritta nel sistema di riferimento relativo
è la stessa di quella scritta nel sistema di riferimento assoluto purché si tenga conto della presenza
delle forze apparenti, cosı̀ come descritto dal legame tra accelerazione relativa e accelerazione assoluta
(2.11-2.13). L’equazione del moto diventa quindi:
~
Dr W
∇r p ~
∂~
ω
~ +ω
(2.30)
~ ×W
~ × (~
ω × ~rr ) = −
+
× ~rr + 2 ω
+ fr − ∇r φ
Dt
∂t
ρ
con
1
(2.31)
f~r = ∇r · τ
ρ
Assumendo velocità angolare costante (∂~
ω /∂t = 0), utilizzando il primo principio della termodinamica (1.73), e la (2.16), l’equazione (2.30) diventa:
2
~
Dr W
U
~
(2.32)
+2 ω
~ × W − ∇r
+ ∇r h = T ∇r s + f~r − ∇r φ
Dt
2
Ricordando la (1.30) e procedendo come a pagina 25 si ottiene:
~
∂r W
~ × ∇×W
~ + 2~
+ ∇r htot,r = W
ω + T ∇r s + f~r
∂t
avendo definito un’entalpia totale che contiene al suo interno i contributi di entalpia, energia potenziale ed energia cinetica:
(2.33)
W2 U2
U2
−
= φ + h0,r −
2
2
2
Nel caso di flusso incompressibile, visto che
∇p
p
(2.35)
=∇
ρ̄
ρ̄
(2.34)
htot,r = φ + h +
l’equazione (2.30) può essere facilmente modificata ricordando ancora la (2.16):
2 2
~
Dr W
~ = −∇r φ + p − ω R
(2.36)
+ 2~
ω×W
+ f~r
Dt
ρ̄
2
e sviluppando la derivata materiale:
~
∂r W
~ × ∇×W
~ + 2~
+ ∇r ptot,r = W
ω + f~r
∂t
avendo definito una pressione totale del moto relativo come:
(2.37)
(2.38)
ptot,r = φ +
6 Per i passaggi e la discussione si veda [1], § 7.3.
p W 2 ω 2 R2
+
−
ρ̄
2
2
2.1. MOTO RELATIVO E MOTO ASSOLUTO
47
2.1.8. Equazione dell’energia nel moto relativo. Moltiplicando scalarmente per d~r∗ =
~
W dt l’equazione del moto relativo (2.33) e ricordando che il differenziale lungo la linea di corrente
e il gradiente sono legati dalla
d0r () = d~r∗ · ∇r ()
(2.39)
vale la seguente relazione:
(2.40)
∂r
∂t
W2
2
~ · f~r
dt + d0r htot,r = T d0r s + dt W
mentre il I principio lungo la linea di corrente si esprime come:
~ · f~r
(2.41)
T d0r s = d0r q0 − dt W
e quindi la variazione dell’entalpia totale del moto relativo è dovuta agli scambi di calore con l’esterno
e alla non stazionarietà:
∂r W 2
0
0
(2.42)
dr htot,r = d q0 −
dt
∂t
2
Per un flusso adiabatico stazionario (quindi anche non isoentropico) si ha quindi:
(2.43)
φ+h+
W2 U2
−
= costante
2
2
oppure
(2.44)
(d~r∗ · ∇r ) htot,r = 0
che rappresenta:
◦ un flusso con entalpia totale relativa costante ovunque;
◦ un flusso con l’entalpia totale relativa che varia solamente in direzione normale alle linee di
corrente del moto relativo.
Per un flusso incomprimibile si riparte dalla relazione (2.37) e quindi si scrive:
1 0
∂r W 2
~ · f~r dt
(2.45)
d (ptot,r ) = −
dt + W
ρ̄
∂t
2
con la pressione totale del moto relativo che rimane costante solamente se il flusso è stazionario e
non viscoso.
2.1.9. Bilancio della quantità di moto relativa. Nel caso dello studio del moto nel sistema
di riferimento relativo, lo studio del generico volume di controllo equivale a quello del sistema macroscopico, purché vengano distinte le superfici di ingresso ed uscita del fluido dalle pareti. Infatti le
pareti sono tutte fisse nel sistema di riferimento relativo e quindi il sistema macroscopico si riduce
ad un caso speciale di volume di controllo (determinato da superfici di controllo tutte fisse). Si
ricorda che l’assenza di superfici mobili fa’ si che non ci sia scambio di lavoro tra fluido e pareti nel
sistema di riferimento relativo (Ẇr = 0). L’equazione di bilancio della quantità di moto nel sistema
di riferimento relativo può essere quindi scritta per l’elemento di volume dV:
h
i
∂r ~ ~
~
~
ρW dV + ∇ · ρW W dV = − ∇r · τ dV − ∇pdV − ρ∇φdV − ρ~
ω × 2W + ω
~ × ~r dV
(2.46)
∂t
e integrata sul volume di controllo (cioè nel sistema macroscopico costituito dalla girante o rotore
di una turbomacchina):
Z
Z
Z
Z
Z
h
i
d
~ dm +
~ dṁ −
~ +ω
~ dṁ =
(2.47)
W
W
W
−p~n − τ · ~n dS + ~G −
ρ~
ω × 2W
~ × ~r dV
dt V
V
S2
S1
S
L’ultimo termine tra parentesi si può trasformare calcolando il doppio prodotto:
Z
Z Z
h
i
~ +U
~ dV = 2 ρ ω
~ dV − 1 ρω 2 R2~ndS
(2.48)
ρ~
ω × 2W
~ ×W
2 S
V
V
48
2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
La forza che il fluido esercita sulla parete si ha, come si è già visto in (1.56):
Z
p~n + τ · ~n dS
(2.49)
F~ =
Sw
e la sua proiezione lungo l’asse sarà, nel caso stazionario e trascurando il termine ~G
Z
Z
Z
Z
(2.50)
F~r,a = ~j
Wa dṁ −
p cos δdS
p cos δdS −
Wa dṁ +
S1
S2
S2
S1
risultato ottenuto facendo riferimento a Fig. 2.5 dove con δ si è indicato l’angolo tra la direzione
assiale e quella individuata dall’ascissa curvilinea ξ nel piano meridiano e si sono considerate superfici
S1 e S2 perpendicolari alla direzione individuata da ξ.
2.1.10. Bilancio del momento della quantità di moto. Moltiplicando vettorialmente per
~rr l’equazione del moto si ottiene l’equazione di bilancio del momento della quantità di moto, che
consente di ottenere una espressione per il momento che il fluido scambia con le pareti solide.
Ricordando la (1.105) e la (1.108) l’equazione di bilancio del momento della quantità di moto nel
sistema di riferimento relativo si scrive7:
∂r ~ ~ ~ · ~i1 W
~ + R (∇p) · ~i1 +
(2.51)
ρRW · i1 + ∇r · ρRW
∂t
+ R∇ · ~i1 · τ + ρR (∇φ) · ~i1 + ρR~acen · ~i1 + ρR~acor · ~i1 = 0
si tratta quindi della (1.108) scritta nel sistema di riferimento relativo con l’aggiunta dei termini
delle forze apparenti. Ricordando le (2.14) si nota facilmente che il termine della forza centrifuga
non da’ contributo alla (2.51), mentre per quanto riguarda il termine della forza di Coriolis, si ha:
~ · ~i1 = 2ω~i2 × W
~ · ~i1 = 2ω~i1 × ~i2 · W
~ = 2ω~i3 · W
~ = 2ωWr
2~
ω×W
Integrando sul volume e procedendo come in § 1.6.2 si ottiene un’espressione identica alla (1.111)
dove si sostituiscono le velocità relative a quelle assolute e si aggiunge a secondo membro l’integrale
generato dalle forze apparenti:
Z Z Z
h i
dLr,a,tot
~ · ~i1 dṁ +
~ · ~i1 dṁ −
R ~n · ~i1 p dS−
(2.52)
=−
RW
RW
dt
S2
S
S1 +S2 +Sw
Z 1 h
Z Z
i
~
~
R τ · ~n · i1 dS + R ~g · i1 ρdV − 2RωWr ρdV
−
S1 +S2 +Sw
V
V
Da quest’ultima espressione è possibile ricavare il momento assiale esercitato dal fluido sulle pareti
(che nel caso del sistema di riferimento relativo saranno solo pareti fisse):
Z Z Z Z
d
~
~
~
~
~
~
RW · i1 dm +
RW · i1 dṁ −
RW · i1 dṁ − 2RωWr ρdV
(2.53)
Mr,a = −
dt V
S1
S2
V
avendo considerato sezioni di ingresso e di uscita perpendicolari all’asse di rotazione (lungo di esse
~n · ~i1 = 0).
7 In questo caso si è preferito indicare esplicitamente il prodotto scalare W
~ · ~i1 per indicare la componente
tangenziale della velocità relativa. Questo perché nella discussione si considera una terna destra definita da versori
diretti secondo la direzione dell’asse di rotazione (orientato come ω
~ ), la direzione radiale (orientata verso l’esterno), e
la direzione circonferenziale (orientata come la velocità di trascinamento), mentre con Wθ si intenderà nel seguito del
~ cambiata di segno, come indicato in Fig. 2.3.
testo la componente tangenziale di W
2.3. FLUSSO NEL PIANO MERIDIANO
49
2.2. Flusso nel piano delle superfici di corrente
Si può studiare il flusso lungo la superficie di corrente riportandolo nel piano ξ − θ, dove ξ è
l’ascissa curvilinea, calcolata lungo l’intersezione della superficie di corrente con il piano meridiano.
La turbomacchina può essere classificata come assiale, radiale o mista in base alla direzione dell’ascissa curvilinea ξ, rispettivamente, assiale, radiale oppure generica (con componenti sia radiale sia
assiale).
(a) Assiale
(b) Radiale
(c) Mista
Figura 2.6. Tipi di turbomacchina in base alla direzione della linea di corrente.
In questo piano la velocità avrà ovviamente una componente lungo l’ascissa ξ (componente
meridiana) e una componente tangenziale. Lungo questo piano potranno essere individuate le tracce
delle superfici mobili (pale) che indirizzano il flusso come desiderato e che sono quelle che permettono
lo scambio energetico (è su di esse infatti che viene applicato un momento assiale che compie lavoro).
La presenza di superfici mobili in numero discreto fa cadere le ipotesi di flusso assialsimmetrico fatte
all’inizio del capitolo. Quelle ipotesi vanno quindi viste come rappresentative di un comportamento
medio del flusso.
L’angolo che localmente forma la pala (o idealmente il flusso nell’ipotesi di numero infinito di
pale di spessore nullo) con la direzione tangenziale è:
dξ
rdθ
L’angolo β (vedi anche Fig. 2.3) viene preso positivo se la pala è inclinata in direzione opposta alla
rotazione. Nel caso particolare di β costante si ha una pala rettilinea nel caso di turbomacchina
assiale e pala a spirale logaritmica nel caso di turbomacchina radiale. Il caso di β = 90o indica che
la pala è meridiana (in tal caso se β è costante si ha una pala piana anche nel caso di turbomacchina
radiale).
Lo studio nel piano della superficie di corrente (o piano interpalare) ci permette di individuare
la forma della palettatura. Infatti dall’equazione di Eulero per le turbomacchine, sappiamo che lo
scambio di energia è legato alla variazione della componente tangenziale di velocità (e solo ad essa nel
caso di turbomacchina assiale). Di conseguenza si può vedere quale deve essere il tipo di curvatura
che devono avere le superfici mobili per ottenere questa variazione. Il primo passo sarà quello di
fare l’ipotesi di “guida perfetta” e cioè nell’ipotesi che il flusso segua perfettamente la direzione delle
pale (ciò equivale a considerare un numero infinito di pale di spessore nullo).
Nei capitoli seguenti si vedrà il dettaglio del flusso nel piano delle superfici di corrente per il caso
specifico di pompe e turbine.
(2.54)
tan β = −
2.3. Flusso nel piano meridiano
L’altezza dei tubi di flusso nel piano meridiano mostrata in Fig. 2.6 indica che bisogna considerare
in flusso non solo nel piano ξ −θ ma anche quello che si stabilisce in direzione normale a questo piano,
e cioè nel piano meridiano. Si tratta quindi di studiare le relazioni tra le evoluzioni del flusso lungo
50
2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
le diverse possibili superficie di corrente. Per capire queste relazioni conviene scrivere le equazioni
del moto in coordinate cilindriche.
Si consideri l’equazione della quantità di moto nel caso ideale:
~
DV
(2.55)
ρ
= −∇p
Dt
che può essere trasformata in coordinate cilindriche attraverso le posizioni8:
~ = Vr~ir + Vθ~iθ + Va~ia
(2.56)
V
∇ () =
(2.57)
∂ ()~
1 ∂ ()~
∂ ()~
ir +
iθ +
ia
∂R
R ∂θ
∂z
e proiettata radialmente:
(2.58)
∂Vr Vθ ∂Vr Vθ2
∂Vr
1 ∂p
∂Vr
+ Vr
+
−
+ Va
=−
∂t
∂R
R ∂θ
R
∂z
ρ ∂R
2.3.1. Vortice libero e vortice forzato. Considerando che:
◦ il flusso sia stazionario;
◦ i gradienti spaziali della velocità radiale Vr siano trascurabili rispetto al termine non
derivato;
allora è possibile affermare che il gradiente di pressione radiale è fornito dalla forza centrifuga:
V2
dp
=ρ θ
dR
R
Tale equazione differenziale ordinaria ha due soluzioni notevoli:
◦ vortice libero: è una soluzione irrotazionale in cui
(2.59)
(2.60)
(2.61)
Vθ R = ωf R2 = C
ossia la velocità angolare del fluido (indicata con ωf ) è inversamente proporzionale al
quadrato del raggio
C
ωf (R) = 2
R
sostituendo nella (2.59) si ottiene, per flussi incomprimibili, che la pressione ha un’espressione del tipo:
p
1 C2
1
=−
+ cost = − Vθ2 + cost
2
ρ̄
2R
2
con l’energia delle particelle pari a:
p 1
(2.63)
eθ = + Vθ2 = cost
ρ̄ 2
e quindi non occorre fare del lavoro per portare le particelle da un raggio ad un altro: tale
flusso si riscontra nei condotti di mandata e di ritorno dalle turbomacchine ove, in assenza di
parti mobili, non è possibile fornire lavoro al flusso e quindi questa è l’unica configurazione
immaginabile.
◦ vortice forzato: è tipico dei corpi rigidi in rotazione attorno ad un’asse:
Vθ
(2.64)
= ωf = cost.
R
e quindi la pressione sarà:
(2.62)
(2.65)
p (R) = ρ̄ωf2
R2
1
+ cost. = ρ̄Vθ2 + cost.
2
2
8 Per maggior chiarezza i versori vengono indicati con ~i = ~i , ~i = ~i e ~i = ~i .
r
3
1
a
2
θ
2.3. FLUSSO NEL PIANO MERIDIANO
51
Figura 2.7. Andamenti della velocità e pressione per un vortice libero
e l’energia associata al moto vorticoso è:
(2.66)
(2.67)
eθ =
p 1 2
+ V = Vθ2 + cost. = ωf2 R2 + cost.
ρ̄ 2 θ
che aumenta con il raggio e dunque è necessario compiere un lavoro per spostare le particelle
da un raggio ad un altro (negativo se il raggio aumenta):
∆p
= ωf2 R22 − R12
ρ̄
Figura 2.8. Andamenti delle velocità e pressione per un vortice forzato
2.3.2. Relazione fra flusso assiale e tipo di vortice. La derivata lungo il raggio del primo
principio (1.74) può essere calcolata come:
∇p
~ir · T ∇s = ∇h −
(2.68)
ρ
ottenendo:
ds
dh
dp
=
−
dR
dR dR
e per l’equilibrio radiale e per la definizione di entalpia di ristagno assoluta per un moto vorticoso
(VR = 0)
1
(2.70)
h0 = h +
Vθ2 + Va2
2
si ha:
V2
ds
dh0
1 d
(2.71)
T
−
=−
Vθ2 + Va2 − θ
dR
dR
2 dR
R
(2.69)
T
52
2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
Nell’ipotesi che il flusso il flusso sia isoentropico e isoentalpico allora vale
2
2
Vθ2
Vθ
d
Va
d
(2.72)
=−
−
dR 2
R
dR 2
ma si ha anche:
2
i
Vθ2
Vθ
1 1 d h
d
2
=
(2.73)
+
(RV
)
θ
R
dR 2
2 R2 dR
e quindi:
i
d
1 d h
(2.74)
Va2 = − 2
(RVθ )2
dR
R dR
che lega le componenti assiali e tangenziali del moto del flusso vorticoso nelle ipotesi sopra descritte.
Nei casi particolari esaminati si ha:
◦ per il vortice libero essendo RVθ costante ne segue che:
(2.75)
Va = costante
ossia la velocità di avanzamento assiale è la medesima a tutte le distanze dall’asse;
◦ per il vortice forzato invece Vθ = ωf R e integrando:
Z R2
Z R2
1 d h 2 2 i
d
Va2 dR =
dR
(2.76)
−
R ωf
2
R1 R dR
R1 dR
ottenendo
Va2 (R) = 2ωf 2 R2 + cost.
(2.77)
oppure in altra forma:
1
Ẇ
Va22 − Va21 = ωf 2 R22 − R12 = ωf R2 Vθ2 − ωf R1 Vθ1 =
2
ṁ
Per una macchina assiale, dalla (1.121) e derivando entrambi i membri secondo il raggio, considerando
il flusso ad entalpia costante lungo lo stesso:
d
(2.79)
ωf
(R∆ [Vθ ]) = 0
dR
ossia:
(2.78)
(2.80)
R∆ [Vθ ] = cost.
che contempla due casi:
◦ RVθ = cost. ossia il flusso è di vortice libero: questo tipo di progettazione però porta a
svergolamenti elevati;
◦ Vθ2 = Vθ1 e quindi viene conservata la velocità tangenziale tra ingresso e uscita ma il flusso
non è in generale quello di vortice libero.
Bibliografia
[1] M.H. Vavra. Aero-Thermodynamics and Flow in Turbomachines. Robert E. Krieger Publ. Co.,
1974.
CAPITOLO 3
Prestazioni delle turbomacchine
3.1. Equazione di Eulero delle Turbomacchine
Il bilancio macroscopico che esprime la conservazione del momento della quantità di moto in una
turbomacchina è espresso dall’Eq. (1.119):1
Ẇ
= −∆ [< U Vϑ >]
ṁ
Si è visto inoltre che la dinamica dell’energia totale del fluido obbedisce ad una legge di conservazione diversa a seconda se il flusso è comprimibile o incomprimibile, cioè a seconda se si sta
considerando una macchina termica o una macchina idraulica2. Tuttavia è interessante mostrare le
analogie tra le diverse espressioni nel caso in cui si fa’ l’ipotesi di fluido comprimibile isentropico
(ciò equivale a considerare la macchina di interesse non adiabatica, mentre di solito si considera
la macchina adiabatica, essendo quest’ultima un’ipotesi più prossima al comportamento reale della
macchina). Per avere un fluido comprimibile isentropico bisognerà sottrarre dall’esterno una quantità di calore pari a quella generata dall’irreversibilità della trasformazione (vedi pag. 30). Si ha
quindi:
◦ incomprimibile (liquido):3
1
p
Ėv
Ẇ
2
= −∆
< V > +φ +
−
(3.1)
ṁ
2
ρ
ṁ
◦ comprimibile isentropico:
(3.2)
Ẇ
1
Ėv
2
= −∆
< V > +φ + h −
ṁ
2
ṁ
◦ comprimibile (caso generale, vedi Eq. (1.88)):
Ẇ
1
Q̇
2
(3.3)
= −∆
< V > +φ + h +
ṁ
2
ṁ
Si ricorda che nel caso comprimibile adiabatico (3.3) la variazione di entalpia totale è pari proprio
al lavoro scambiato e descritto dalla (3.2) con l’ultimo termine nullo (Ėv 6= 0 ma esso non compare
nella (3.2) perché Q̇ = 0).
Cerchiamo di uniformare le relazioni (3.2) e (3.1) in una forma tale che possano valere sia per
un gas che per un liquido. Allo scopo, introduciamo una variabile di stato H tale che:
1In questo capitolo appaiono contemporaneamente l’energia interna e la velocità di trascinamento, entrambe
indicate con il simbolo U . Nonostante ciò possa in principio generare confusione è stata mantenuta questa simbologia
che è quella più diffusa per queste grandezze. Per evitare ogni rischio di confusione si segnala che in questo capitolo
l’energia interna apparirà esclusivamente attraverso il suo valore specifico (u) e quindi il simbolo maiuscolo U identifica
inequivocabilmente la velocità di trascinamento (U = ωR).
2Una macchina a fluido incomprimibile è di solito classificata come macchina idraulica mentre una macchina a
fluido comprimibile come macchina termica. Inoltre una macchina che cede energia al fluido compiendo lavoro su di
esso è detta operatrice, mentre una macchina che estrae lavoro dal fluido è detta motrice. In particolare una macchina
operatrice idraulica è chiamata pompa, una macchina operatrice termica compressore, mentre per le macchine motrici
si parla sempre di turbina (turbina idraulica o turbina a gas).
3Si ricorda che V è il modulo della velocità che può essere espresso come V = V 2 + V 2 + V 2 .
a
R
ϑ
53
54
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
|~g |H := φ + u +
|~g |H := φ +
(3.4)
p
ρ̄
p
p
≈u+
ρ
ρ
per un gas
per un liquido
Confrontando le due espressioni si nota che si può istituire la seguente analogia:
energia interna del gas (∆u = cv ∆T ) ⇔ altezza piezometrica (∆φ = |~g |∆z);
energia di compressione
⇔ energia di pressione idrostatica
Questa notazione permette di scrivere il bilancio dell’energia totale (valido sia per un gas isentropico
che per un liquido) nella forma:
Ẇ
1
Ėv
2
(3.5)
= −∆
< V > +|~g |H −
ṁ
2
ṁ
o più in generale per un gas nella forma:
(3.6)
1
Ẇ
Q̇
2
= −∆
< V > +|~g |H +
ṁ
2
ṁ
Introducendo la notazione di energia di ristagno H0 = H + V 2 /2, si ha infine:

h
i Ė

Ẇ
v


=
−∆
|~
g
|H
Liquido (gas incomprimibile), gas isentropico
0 −
 ṁ

ṁ
(3.7)

h
i



 Ẇ = −∆ |~g |H0 + Q̇ Gas (caso generale)
ṁ
ṁ
e quindi definendo una nuova grandezza, Q̇ che rappresenta energia sottratta al fluido per effetto di
attrito o di scambio di calore o della combinazione di entrambi e in particolare:


Q̇ = Ėv
Liquido (gas incomprimibile)






(3.8)
Q̇ = Ėv = −Q̇ Liquido isotermo (gas comprimibile isentropico)






Q̇ = −Q̇
Gas (caso generale)
e confrontando la legge che esprime la conservazione del momento della quantità di moto (1.119),
con quella dell’energia totale nella forma generalizzata (3.7), si ottiene la relazione fondamentale
delle turbomacchine (o Equazione di Eulero) che stabilisce che:
(3.9)
|~g |∆ [H0 ] = ∆ [< U Vθ >] −
Q̇
Ẇ
Q̇
= −(
+ )
ṁ
ṁ
ṁ
valida sia per sostanze gassose che per liquidi.
L’Eq. (3.9) indica che la variazione di altezza totale H0 del fluido tra ingresso ed uscita della
macchina si traduce quindi in potenza meccanica disponibile all’asse e perdite meccaniche ed inoltre
che a tale variazione corrisponde una variazione delle grandezze cinematiche (medie) del flusso tra
ingresso ed uscita della girante stessa.
La relazione (3.9) si può riscrivere come:
h
i
h
i
1
Q̇
2
∆ |~g |H + ∆
< V > − ∆ < U Vϑ > = −
2
ṁ
e quindi come:
3.3. VARIAZIONE ENERGIA TOTALE

55



1
2
 = − Q̇
∆
|~
g
|H
+
<
V
>
−
<
U
V
>
ϑ


2
ṁ
|
{z
}
Entalpia rotazionale di ristagno=I0
Tale relazione suggerisce di introdurre una nuova variabile di stato I0 designata come Rotalpia
di ristagno o Entalpia rotazionale di ristagno
1
I0 = |~g |H + V 2 − ωRVϑ
2
che ha la proprietà di conservarsi inalterata tra l’ingresso e l’uscita di una macchina che ruota a
velocità angolare ω costante se il secondo membro è nullo. Ciò accade ad esempio per una macchina
idraulica ideale (Ėv = 0) o per una macchina termica adiabatica (Q̇ = 0).
In conclusione, la relazione di Eulero per le turbomacchine si scrive:
Q̇
Q̇
Ẇ
|~g | ∆ H0 = ∆ U Vϑ −
=−
+
ṁ
ṁ
ṁ
|{z}
|{z}
| {z } | {z }
(3.10)
(1)
(2)
(3)
(4)
e mette in relazione fra loro:
(1) Variazione dell’energia totale del fluido |~g |∆ [H0 ] che assume una diversa espressione a
seconda che il fluido sia un liquido o un gas;
(2) Espressione della variazione del momento angolare ∆ [U Vϑ ] nelle sue componenti vorticose;
(3) Perdite di energia meccanica o calore scambiato con l’esterno;
(4) Lavoro scambiato con l’esterno.
3.2. Relazione fra momento angolare e moti vorticosi
Partendo dalla relazione (2.6), calcolata studiando il triangolo delle velocità e riportata di seguito
per comodità:
W 2 = V 2 + U 2 − 2U V cos α
il termine U Vϑ si può calcolare come:
1
V 2 + U2 − W2
2
Inoltre possiamo esprimere la velocità relativa e quella assoluta in funzione delle componenti
meridiane e circonferenziali:
V 2 = Vϑ2 + Vm2
(3.11)
U Vϑ =
2
W 2 = Wϑ2 + Wm
osservando che il moto di trascinamento è puramente circonferenziale e quindi che le componenenti
meridiane assoluta e relativa coincidono, si ha:
(3.12)
∆ [U Vϑ ] = ∆
2
V
V 2 U2 W2
U 2 Wϑ2
+
−
=∆ ϑ +
−
2
2
2
2
2
2
Questa relazione mostra che le uniche componenti di velocità che contribuiscono a variare il
momento di quantità di moto sono quelle circonferenziali, ovvero quelle associate al moto vorticoso
assoluto e relativo.
3.3. Variazione energia totale
Esamineremo il caso di un liquido e quello di un gas separatamente.
56
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
3.3.1. Compressione di un liquido. Per un liquido, l’equazione di Eulero diventa:
V2
Ėv
∆ |~g |H +
= ∆ [U Vθ ] −
2
ṁ
e sostituendo sopra la relazione (3.11) e trascurando le variazioni di energia potenziale si ha la
semplice relazione che lega il salto di pressione alla variazione di energia cinetica del moto relativo
e di trascinamento:
2
p
U − W2
Ėv
(3.13)
∆
=∆
−
ρ̄
2
ṁ
p2 p1
U 2 − U12 W12 − W22 Ėv
−
= 2
+
−
ρ̄
ρ̄
2
2
ṁ
che ci porta alla conclusione che se:
◦ la macchina è radiale deve essere R2 > R1 cioè la macchina deve essere centrifuga;
◦ la macchina è assiale (ma puo valere anche se è radiale) deve essere comunque W2 < W1 .
In ogni caso per le aree deve essere A1 < A2 .
3.3.2. Espansione adiabatica di un gas. Per un gas, nelle ipotesi di flusso adiabatico,
l’equazione di Eulero diventa:
(3.14)
2
2
2
V2
V
W
U
−∆ h+
= −∆
+∆
−∆
2
2
2
2
ossia:
2
W2
U
−∆ [h] = ∆
−∆
2
2
2
2
2
U − U2
W − W12
h1 − h2 = 1
+ 2
2
2
e considerando il gas termicamente e caloricamente perfetto:
2
2
W
U
−cp ∆ [T ] = ∆
−∆
2
2
oppure dalla equazione (3.9):
Ẇ
= −cp ∆ [T0 ] = −∆ [U Vθ ]
ṁ
(3.15)
e quindi:
∆ [T0 ]
∆ [U Vθ ]
1
=
=
T01
cp T01
cp T01
2
W2 U2
V
∆
−
+
2
2
2
3.4. Rendimenti
Per una pompa possiamo immaginare il flusso di energia che:
(1) viene fornita, mediante una turbina o altro organo motore, all’asse della pompa ed è detta
potenza reale all’albero ed è pari a Ẇ ;
(2) attraverso delle perdite meccaniche (dovute a cuscinetti, tenute), schematizzabili con un
rendimento meccanico ηmecc , diventano l’energia disponibile per la girante;
(3) la rotazione della stessa trasferisce energia al fluido (|~g |∆ [H0 ]) (energia disponibile per
il fluido) con delle perdite (per flusso non potenziale) quantificabili con un rendimento
idraulico ηidr ;
e il rendimento della pompa è nell’insieme:
ηp = ηmecc ηidr
Per una turbina invece:
3.4. RENDIMENTI
57
Figura 3.1. Schematizzazione del flusso energetico in una pompa.
(1) l’energia disponibile iniziale è quella del fluido (∆ [h0 ]) (energia disponibile per il fluido) e, attraverso le perdite fluidodinamiche (quantificate attraverso il rendimento adiabatico ηts ) dovute a sforzi tangenziali, ricircoli, flussi secondari arriva a costituire l’energia
disponibile per la girante;
(2) attraverso l’organo rotante, con perdite dovute agli attriti e alle tenute
(ηmecc ), si arriva ad
una potenza detta potenza all’albero da cedere all’utilizzatore Ẇ che può essere una
pompa od altra macchina operatrice.
e quindi:
ηT = ηmecc ηts
Figura 3.2. Schematizzazione del flusso energetico in una turbina.
3.4.1. Rendimento di pompe. L’equazione di Eulero specializzata per le pompe e riferita
alla girante nel caso reale è:4
Ẇ re
p0
Ẇpre
Ėv
=−
=∆
+φ +
ṁ
ṁ
ρ̄
ṁ
avendo introdotto la pressione totale per fluidi incomprimibili: p0 = p + ρV 2 /2. Nel caso ideale
(perdite nulle) si ha invece:
Ẇpid
p0
=∆
+φ
ṁ
ρ̄
e il rendimento della pompa potrà essere espresso come il rapporto tra le due espressioni del lavoro
(trascurando il termine gravitazionale):
ηp =
Ẇpid
=
Ẇpre
1
Ėv /ṁ
1+
(p02 − p01 )/ρ̄
4 Si ricorda che a pag. 37 erano state definite le potenze di pompa e turbina con segni opposti in modo che vengano
considerati sempre valori positivi.
58
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
ed il lavoro necessario alla girante per realizzare un certo salto di pressione si calcolerà semplicemente:
1
1 p01 p02
1 p2 − p1 V22 − V12
Ẇp = Ẇpid =
−1 =
+
ηp
ηp ρ̄
p01
ηp
ρ̄
2
3.4.2. Rendimento di turbine. Si possono individuare diversi tipi di rendimento:
◦ Rendimento adiabatico (o isentropico) di macchina:
. Rendimento total-to-total;
. Rendimento total-to-static;
◦ Rendimento pluri-stadio
. Numero finito di stadi;
. Numero infinito di stadi: rendimento politropico.
3.4.2.1. Rendimento adiabatico. Consideriamo ora una turbina che effettui un’espansione adiabatica attraverso uno statore ed un rotore in due diversi casi:
◦ per un’espansione ideale la variazione di entropia è nulla attraverso i componenti:
∆sI = ∆sII = 0
ciò equivale anche ad assumere, essendo Q̇ = 0 che:
Ėv ≡ 0
Se l’energia cinetica del flusso in uscita è utile al sistema (per esempio per una successiva
accelerazione in un ugello) allora il lavoro utile che può essere idealmente estratto dalla
turbina è detto total to total ed è pari alla variazione di entalpia totale del flusso:
(3.16)
(3.17)
Ẇttid
= −∆ [h0 ]id
tt = h01 − h03s (s1 , p03s )
ṁ
mentre se l’energia cinetica residua non è utile si definisce il lavoro massimo idealmente estraibile (quello in condizioni isentropiche) il lavoro total to static che è pari alla
variazione tra l’entalpia totale a monte e l’entalpia statica a valle:
id
Ẇts
= −∆ [h0 ]id
ts = h01 − h3s (s1 , p3 )
ṁ
ma entrambe sono funzione delle sole condizioni a monte e del rapporto di espansione della
turbina.
Figura 3.3. Evoluzione del flusso in turbina riportata nel piano entalpico.
3.4. RENDIMENTI
59
◦ per un’espansione reale le perdite sono diverse da zero e vanno sottratte al lavoro ideale
per avere il valore reale estratto. Tuttavia, nelle macchine motrici a fluido comprimibile
bisogna tener conto che parte del lavoro perso a causa dell’attrito viene recuperato grazie
al riscaldamento del fluido (cosidetto “lavoro di recupero”, 0 ≤ Ėrec ≤ Ėv ):
Ẇttre
Ėv
Ėrec
Ėv
Ėrec
id
= −∆ [h0 ]re
+
= h01 − h03s (s1 , p03s ) −
+
tt = −∆ [h0 ]tt −
ṁ
ṁ
ṁ
ṁ
ṁ
re
Ẇts
V32 Ėv
Ėrec
id
= −∆ [h0 ]re
−
+
= h01 − h3s (s1 , p3s ) −
ts = −∆ [h0 ]ts −
ṁ
2
ṁ
ṁ
Ėv
Ėrec V32
−
+
ṁ
ṁ
2
!
e possiamo quindi definire il rendimento adiabatico total to total:
ηtt =
Ėv − Ėrec
Ẇttre
h01 − h03
=1−
=
id
h01 − h03s
ṁ (h01 − h03s )
Wtt
e il rendimento adiabatico total to static:
Ẇ re
Ėv − Ėrec + ṁV32 /2
h01 − h3
ηts = tsid =
=1−
h01 − h3s
ṁ (h01 − h3s )
Ẇts
e quindi il lavoro estratto sarà:

 ηtt h03s , Ėv , Ėrec Ẇttid (h03s )
Ẇ =
2
id (h )
 ηts h3s , Ėv , Ėrec , V3 Ẇts
3s
2
Adesso, considerando anche la (3.15) si può legare il rendimento adiabatico total to static con il
rapporto di espansione e il lavoro estratto:
T03
T03
1−
1−
cp (T01 − T03 )
Ẇ
T01
T01
(3.18)
ηts =
=
=
"
γ−1 =
γ−1 #
T3s
cp (T01 − T3s )
γ
γ
p
p
3
3s
1−
1−
ṁcp T01 1 −
T01
p
p
01
01
visto che nel caso ideale l’espansione è isentropica; per il rendimento total to total:
T03
1−
Ẇ
T01
(3.19)
ηtt =
"
γ−1 =
γ−1 #
p03s γ
p03 γ
1−
ṁcp T01 1 −
p01
p01
e il lavoro per unità di massa può essere quindi espresso come:
"
γ−1 #
Ẇts
p3s γ
(3.20)
= ηts cp T01 1 −
ṁ
p01
oppure
(3.21)
"
γ−1 #
Ẇtt
p03s γ
= ηtt cp T01 1 −
ṁ
p01
Se consideriamo piccole le differenze tra le energie cinetiche residue nel caso ideale e reale:
V32
V2
' 3s
2
2
allora sussiste una semplice relazione tra i due rendimenti:
ηts
(3.22)
ηtt =
V32
1−
[2cp (T01 − T3s )]
60
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
e risulta subito:
ηtt > ηts
3.4.2.2. Relazione tra il salto di entropia e il rendimento adiabatico. Si riprenda la definizione
(3.18)
T03
1−
T01
ηts =
γ−1
γ
p3
1−
p01
5
e si consideri che per una turbina
∆s
T03
= ln
cp
T03s
visto che i due punti sono sulla stessa curva di pressione totale; si può anche esprimere il rapporto
tra le temperature finali e iniziali come:
γ−1
∆s
γ
T03 T03s
p
T03
03
=
= e cp
T01
T03s T01
p01
e quindi il rendimento total to static sarà:
γ−1
p03 γ ∆s
1−
e cp
p01
ηts =
γ−1
γ
p3
1−
p01
ed analogamente per il rendimento total to total:
γ−1
p03 γ ∆s
e cp
1−
p01
ηtt =
γ−1
p03 γ
1−
p01
3.4.2.3. Rendimento di una macchina pluristadio. La presenza di un’espansione reale, con aumento di entropia, porta ad un vantaggio per la turbina quantificabile in un fattore di recupero;
consideriamo per semplicità una macchina a tre stadi con il medesimo rendimento adiabatico del
singolo stadio:
h02 − h03
h03 − h04
h01 − h02
ηst =
=
=
h01 − h02s
h02 − h03ss
h03 − h04sss
ed il rendimento totale che sarà definito semplicemente come:
h01 − h04
(h01 − h02s ) + (h02 − h03ss ) + (h03 − h04sss )
ηT =
= ηst
h01 − h04s
h01 − h04s
ma dal piano entalpico (Fig. 3.4) possiamo anche dire che:
0
h02 = h02s + ∆h2
0
h03 = h03ss + ∆h3
5Dalla definizione di entropia e dal I principio si ha:
ds = cp
dT0
dp0
−R
T0
p0
ma per un’isobara (dp0 = 0) si ha che la pendenza aumenta all’aumentare della temperatura (e quindi dell’entalpia):
˛
dT0 ˛˛
T0
=
ds ˛p0 =cost.
cp
3.4. RENDIMENTI
0
61
00
h04sss = h04s + ∆h4 + ∆h4
e sostituendo:
ηT = ηst
h
i
0
0
0
00
h01 − h02s + h02s + ∆h2 − h03ss + h03ss + ∆h3 − h04s + ∆h4 + ∆h4
h01 − h04s
ossia:
0

0
0
00
∆h2 + ∆h3 − ∆h4 + ∆h4

ηT = ηst 1 +
h01 − h04s

(3.23)
con in generale
ηT > ηst
vista la divergenza delle isobare.
Figura 3.4. Stati termodinamici all’ingresso e all’uscita di ciascuno dei tre stadi
simili di una turbina nel piano entalpico.
3.4.2.4. Rendimento politropico. Se consideriamo ora infiniti stadi che compiono ciascuno un’espansione infinitesima il rendimento politropico si può definire come:
(3.24)
ηp =
dh0
dhid
0
ma dall’espressione dell’entropia della nota 5 di pagina 60 si ha:
1
T ds = dh0 − dp0
ρ0
che nel caso isoentropico:
dhid
0 =
1
dp0
ρ0
e il rendimento politropico (3.24) diventa:
ηp =
ρ0 cp dT0
p0 γ dT0
=
dp0
T0 γ − 1 dp0
ma considerando il rendimento ηp costante tra due stati (1) e (2) e integrando per separazione delle
variabili si ha:
γ−1
T02
p02 γ ηp
(3.25)
=
T01
p01
62
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
Si può introdurre quindi il fattore di recupero politropico definito come il rapporto tra il
rendimento dello stadio e quello politropico:
γ−1
p02 γ ηp
h01 − h02
T
02
1−
1−
1
1
ηis
p01
h01 − h02s
T01
=
=
=
γ−1
T
ηp
ηp
ηp
ηp
02s
p02 γ
1−
1−
T01
p01
Si dimostra che tale rapporto è maggiore di uno e quindi è un’effettivo fattore di recupero; risulta
funzione del rendimento politropico e del rapporto di espansione (per la divergenza delle isobare).6
Per una trasformazione politropica di indice n (che può approssimare un’adiabatica non isentropica) rappresentata dall’espressione
p · ρ−n = cost.
si ha, differenziando rispetto alle grandezze totali:
dρ0
dp0
−n
=0
(3.26)
p0
ρ0
mentre differenziando l’equazione di stato per un gas ideale si ottiene:
dp0 dρ0
dT0
(3.27)
−
=
p0
ρ0
T0
e combinando (3.26) e (3.27) si ha:
dT0
n − 1 dp0
=
T0
n p0
(3.28)
e confrontando le relazioni (3.25) e (3.28) si ha un’espressione di ηp legata all’indice della politropica
n:
γ n−1
(3.29)
ηp =
γ−1 n
3.4.3. Rendimento di ugelli. Per un ugello il rendimento7 può essere espresso come rapporto
tra la variazione dell’entalpia statica reale e quella ideale nel caso in cui il processo sia isoentropico:
(3.30)
ηn =
V 2 − V12
V22
h1 − h2
= 22
≈
2
h1 − h2s
V2s − V12
V2s
con l’ultima approssimazione valida nel caso in cui la velocità all’ingresso dell’ugello sia molto più
piccola di quella all’uscita. Distinguendo per i diversi fluidi:
6In maniera del tutto simile può essere definito un fattore di controrecupero per i compressori che è minore
di uno per le medesime ragioni esposte sopra.
7Ricordiamo che in un ugello o in un diffusore, essendo assenti parti mobili, il lavoro compiuto sul fluido è nullo:
Ẇ = 0
e quindi, nell’ipotesi che il flusso possa essere considerato in buona approssimazione anche adiabatico (Q̇ = 0) l’entalpia
totale (o l’altezza totale) si conserva.
3.4. RENDIMENTI
63
◦ per un gas il rendimento dell’ugello si può esprimere ricordando che:
T01
T2s
=
γ−1
γ
p01
p2
;
T01
T2
=
p02
p2
γ−1
γ
e
T2
T2s
=
p01
p02
γ−1
γ
;
T2s
T1
=
p2
p1
γ−1
γ
da cui si ottiene:
1−
ηn = 1 −
p01
p02
γ−1
γ
1−
p2
p1
p2
p1
γ−1
γ
p2
p02
p2
p01
1−
≈1−
γ−1
γ
1−
γ−1
γ
γ−1
γ
Poiché la variazione di entropia per un processo ad entalpia totale costante è:
∆s
p01
= ln
R
p02
si può anche scrivere:
γ−1
p2 γ
1−e
p1
ηn = 1 −
γ−1
p2 γ
1−
p1
∆s
R
◦ per un liquido invece, nel caso isoentropico si ha:
dh =
1
dp
ρ̄
e quindi integrando tra 1 e 2s
h1 − h2s =
1
(p1 − p2 )
ρ̄
mentre nel caso reale
V22 V12
−
2
2
Si può quindi facilmente ottenere per il rendimento:
h1 − h2 =
ηn = 1 −
p01 − p02
p1 − p2
3.4.4. Rendimento di diffusori. Per un diffusore possiamo definire il rendimento come il
rapporto tra il salto ideale e quello reale che, per la divergenza delle isobare, è più grande:
(3.31)
ηd =
2
h2s − h1
V 2 − V2s
= 12
h2 − h1
V1 − V22
Per un liquido si possono fare le posizioni precedenti trovando:
(3.32)
ηd =
1
p01 − p02
1+
p2 − p1
64
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
Figura 3.5. Rappresentazione sul piano (h, s) espansione e compressione di ugelli e diffusori
3.5. Grado di Reazione
Il grado di reazione si definisce come il rapporto tra la variazione dell’entalpia statica e quella
totale attraverso lo stadio rotorico:
2
2
U
W2
V
∆
−
∆
∆ [H]
2
2
2
i=
i
h
(3.33)
R=
=1− h
∆ [H0 ]
∆ U Vθ
∆ U Vθ
Dalla definizione di grado di reazione si può trovare la relazione fra la variazione dell’energia cinetica
assoluta del flusso con la variazione di momento di quantità di moto:
2
V
∆
= (1 − R) ∆ [|~g |H0 ] = (1 − R) ∆ [U Vθ ]
2
Assegnando diversi valori al grado di reazione, si possono distingurere diversi tipologie di macchine:
◦ macchine ad azione (R = 0): la variazione di energia cinetica è pari alla variazione di
energia totale del flusso e non si ha variazione di entalpia statica (turbine) o pressione
(pompe) attraverso la girante;
◦ macchine a reazione: l’energia fornita al flusso è in parte di tipo statico ed in parte di
tipo cinetico;
◦ macchine a reazione pura: poco usate, producono una variazione di entalpia statica pari
a quella totale (ossia l’energia cinetica del flusso rimane costante).
3.6. Relazione fra momento angolare e salto di pressione
Con riferimento alla Fig. 2.3 visto che la velocità meridiana Vm (assoluta e relativa) è legata alle
altre componenti dalle relazioni:
V 2 = Vm2 + Vθ2
dove per costruzione Wm = Vm
circonferenziali:
2
W 2 = Wm
+ Wθ2
e dalla relazione (3.12) si ha una relazione per le sole componenti
2
Vθ
U 2 Wθ2
+
−
∆ [U Vθ ] = ∆
2
2
2
Ma ancora dalla Fig. 2.3 si ha:
V θ = U − Wθ
e quindi:
(3.34)
∆ [U Vθ ] = ∆ U 2 − ∆ [U Wθ ]
3.6. RELAZIONE FRA MOMENTO ANGOLARE E SALTO DI PRESSIONE
65
che introduce la variazione di momento angolare nel sistema relativo.
3.6.1. Pompa. Considerando ora un flusso incomprimibile con portata di volume Q = Wm A e
considerando la Wθ si ha:
2
∆p0
Ėv
Ėv
U
(3.35)
−
= |~g |∆ [H0 ] = ∆ [U Vθ ] −
= ∆ U − Q∆
ρ̄
ṁ
A tan β
ṁ
che lega le prestazioni della turbomacchina alla sua portata e quindi permette di trovare le curve
caratteristiche della stessa.
Se si vuol far apparire il rapporto tra le pressioni totali all’uscita e all’ingresso della pompa (o
più precisamente della girante della pompa), si osserva che:
1 p01 p02
− 1 = ∆ [U Vθ ]
Ẇp =
ηp ρ̄
p01
e quindi:
∆ [U Vθ ]
p02
= 1 + ηp
p01
p01 /ρ̄
che è pari al rapporto tra le prevalenze visto che la densità è costante:
p02 /ρ̄
|~g |H02
=
p01 /ρ̄
|~g |H01
e introducendo ancora la portata:
H02
ηp
=1+
H01
|~g |H01
2
∆ U − Q∆
U
A tan β
che mostra come la prevalenza massima sia a portata nulla.
3.6.2. Turbina. Dall’espressione (3.20) e considerando che il lavoro per unità di massa è pari
alla variazione di momento angolare si può ricavare un’interessante relazione tra il salto di pressione
e la variazione di momento:
γ
p3
∆ [U Vθ ] γ−1
(3.36)
= 1+
p01
ηts cp T01
dove si ricorda che la variazione di U Vt heta riguarda esclusivamente il rotore e quindi nel caso
specifico dello stadio di turbina in esame, con le denominiazioni di Fig. 3.3, indica:
∆U Vθ = U3 V3,θ − U2 V2,θ
Queste relazioni esprimono il fatto che, per forti variazioni di pressione (p3 /p01 1) è necessaria una
variazione notevole del termine ∆ [U Vθ ] che può essere raggiunto attraverso due differenti strategie:
◦ si opera una notevole variazione di U (quindi del raggio) mentre è più contenuta la variazione di Vθ (angoli β bassi); tale è la strategia con cui vengono progettate le macchine
centripete;
◦ si adotta una grossa variazione di Vθ mentre è piccola o addirittura assente la variazione di
raggio; le turbine di questo tipo sono le turbine assiali.
Da notare comunque che, dalla relazione 3.18, il rendimento è funzione del rapporto delle pressioni :
occorre quindi bilanciare gli effetti per avere un sistema efficiente. Dalle ultime relazioni trovate
(3.34), (3.35) e (3.36) si ha:
γ
γ−1
2
p3
1 1
U
= 1+
∆ U − Q∆
p01
ηts cp T01
A tan β
66
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
Per turbine assiali, visto che la velocità assiale è la medesima, si ha invece:

 γ
γ−1


p3
1 Q
U
1


= 1 −
∆

p01 
ηts A
cp T01
tan β 
| {z } | {z }
(1)
(2)
con il termine (1) che rappresenta una velocità meridiana media mentre (2) è rappresentativa di
un numero di Mach di pala; è chiaro che per avere un’espansione è necessario che:
1
1
<
oppure cot β1 < cot β2 oppure β1 > β2
tan β1
tan β2
Figura 3.6. Triangoli di velocità e paletta di turbina assiale
3.7. Analisi delle perdite
Le sorgenti di perdite per le turbomacchine sono di tre tipi principali:
◦ perdite idrauliche: sono dovute all’energia del flusso che, attraverso sforzi tangenziali,
ricircoli dovuta a gradienti di pressione e a moto con circolazione, provocano perdite di
energia totale del flusso (abbassamento della prevalenza o della pressione totale del flusso).
Attraverso un rendimento fluidodinamico (turbine) o idraulico (pompe)8 possiamo
tenere conto:
. della viscosità: quindi dello strato limite, delle separazioni, della scia a valle dei profili,
dei vortici che nascono in un flusso rotazionale;
. della comprimibilità: della presenza degli urti e dell’interazione che lo stesso ha con
lo strato limite e la scia a valle (importante per sistemi pluristadio);
◦ perdite di portata: sono dovute alla presenza di flussi secondari che, guidati da gradienti
di pressione non voluti, fanno si che la portata che evolve all’interno della pompa (turbina)
sia maggiore (minore) di quella che effettivamente entra dal collettore (visto che in parte è
sempre la medesima) e quindi viene richiesto (fornito) un lavoro maggiore (minore) rispetto
al caso ideale (si introduce un rendimento volumetrico ηvol );
◦ perdite di energia meccanica: sono dovute alla presenza di attrito tra superfici solide
e quindi tenute, cuscinetti, guide al rotolamento e sono schematizzate con un rendimento
meccanico.
A seconda del punto di funzionamento le perdite possono essere classificate anche come:
(1) perdite in condizioni di progetto ossia in condizioni nominali (in termini di portata,
numero di giri, ecc. . . ) possiamo pensare che le perdite siano dovute principalmente:
(a) attrito nei condotti (fissi o mobili);
(b) perdite concentrate (dovute ai ricircoli per grosse variazioni di sezione);
(c) perdite nei divergenti;
(d) perdite per variazioni brusche della direzione della velocità (gomiti);
8Sono quelli precedentemente definiti rendimenti adiabatici (total to total e total to static).
3.8. ANALISI DELLE PRESTAZIONI CON L’AUSILIO DELL’ANALISI DIMENSIONALE
67
(e) vortici alla base e all’estremità del palettaggio (per i gradienti di pressioni tra dorso e
ventre);
(f) urti nei sistemi transonici;
(g) ventilazione dovuta la trascinamento da parte della girante di fluido che non partecipa
al ciclo;
(2) perdite fuori condizioni di progetto: alle perdite sopra elencate si aggiungono:
(a) ricircoli ed urti per incidenze fuori progetto;
(b) stallo (per i compressori) o pompaggio (per le pompe) per basse portate;
(c) chocking per palettature transoniche;
(d) cavitazione per la presenza di basse pressioni in aspirazione.
Il lavoro reale potrà quindi essere espresso dal prodotto:
Ẇ re = ηmecc (ηvol ṁ) (ηidr ∆ [H0 ])
3.8. Analisi delle prestazioni con l’ausilio dell’analisi dimensionale
L’analisi e il confronto tra le turbomacchine può essere reso più agevole dall’analisi dimensionale:
con l’ausilio del Teorema di Buckingham9 possiamo ridurre i parametri su cui agire per provare
o confrontare diversi sistemi. Possiamo distinguere:
◦ parametri di funzionamento quali
. la velocità angolare ω (o il numero di giri N );
. la portata massica ṁ o quella di volume Q;
. la coppia applicata Ma ;
. la variazione delle caratteristiche fluidodinamiche del fluido (pressione p, temperatura
T , volume specifico v);
◦ prestazioni in termini di
. prevalenza |~g |∆ [H0 ] o di variazione di entalpia totale ∆ [h0 ];
. rendimento η;
. potenza trasmessa o ricevuta dall’asse Ẇ ;
◦ proprietà del fluido
. densità del flusso entrante ρ o ρ̄;
. viscosità dinamica µ;
. peso molecolare M;
. calore specifico;
◦ geometria del sistema
. dimensione caratteristica della turbomacchina D (tipicamente un diametro);
. una serie di lunghezze caratteristiche `i che possono rappresentare le dimensioni delle
mandate, uscite, giochi, ecc. . .
3.8.1. Turbomacchine idrauliche. Dall’analisi sperimentale o dalla simulazione numerica si
ottengono delle relazioni funzionali del tipo:
g∆ [H0 ] = H (Q, N, D, ρ, µ, D, `i , . . .)
η = η (Q, N, D, ρ, µ, D, `i , . . .)
Ẇ = Ẇ (Q, N, D, ρ, µ, D, `i , . . .)
9Il Teorema di Buckingham (o teorema Π) afferma che:
Qualunque legge fisica può essere espressa mediante un relazione tra una serie completa di gruppi adimensionali.
Il numero di gruppi adimensionali che sono necessari sono pari al numero di grandezze influenti il fenomeno diminuite
del numero di grandezze fondamentali necessarie per rappresentarle. La serie si dice completa se:
◦ ciascun gruppo compare almeno una volta nella serie;
◦ i gruppi debbono essere indipendenti tra di loro, ossia nessun gruppo può essere espresso mediante prodotto
di potenze degli altri gruppi.
68
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
e visto che il fluido è isotermo allora possiamo dire che le grandezze fondamentali sono tre: massa,
lunghezza e tempo. Le grandezze indipendenti scelte per rappresentare lo stato del sistema sono
la densità ρ, il numero di giri N e il diametro caratteristico D. I parametri non dimensionali che
possono essere definiti in maniera indipendente sono:
(1) la cifra di flusso che rappresenta una portata adimensionalizzata
Q
N D3
(2) la cifra di pressione che è la prevalenza adimensionale
(3.37)
ϕ=
(3.38)
ψ=
g∆ [H0 ]
(N D)2
(3) il rendimento
(4) la cifra di potenza che è una potenza adimensionale
(3.39)
λ=
Ẇ
ρ̄N 3 D5
(5) i rapporti tra le misure geometriche caratteristiche e il diametro D
`i
D
(6) il numero di Reynolds indicativo del tipo di deflusso
Re =
ρ̄N D2
µ
con le quali le relazioni precedentemente trovate assumono la forma non dimensionale con sole 3
gruppi indipendenti:
`i
ψ = ψ ϕ, Re,
D
`i
η = η ϕ, Re,
D
`i
λ = λ ϕ, Re,
D
In alcuni casi vi possonoi essere definizioni differenti per i gruppi adimensionali:
◦ per la cifra di flusso possiamo manipolare la sua definizione10
π 2 Vm
Q
=
N D3
60 U
e quindi una definizione alternativa per la cifra di pressione è
Vm
ϕ̄ =
U
oppure
Q
ϕ̄¯ =
ωD3
ϕ=
10Si ha infatti che
30
ω
π
ωD
U=
2
πD2
Q = Vm
4
N=
3.8. ANALISI DELLE PRESTAZIONI CON L’AUSILIO DELL’ANALISI DIMENSIONALE
69
◦ per la cifra di pressione invece, con le posizioni della nota 10, diventa:
ψ̄ = g
∆ [H0 ]
U2
oppure
∆ [H0 ]
ψ̄¯ = g
(ωD)2
Ipotizzando ora che:
`i
◦ i rapporti D
siano sempre i medesimi (la classe delle macchine sia la stessa) si abbia cioè
similitudine geometrica;
◦ il numero di Reynolds di macchina ReD sia sempre lo stesso ovvero sia verificata la similitudine fluidodinamica;11
ne consegue che le prestazioni della pompa sono funzione della sola cifra di flusso (quindi della
portata)
ψ = ψ (ϕ)
η = η (ϕ)
λ = λ (ϕ)
ma solo due delle tre relazioni sono indipendenti ; infatti la potenza può essere scritta come il prodotto
della portata massica per la prevalenza reale:
0h
i
0
ρ̄Q 1 g∆ Hid
2
3
N
D
(N
D)
ρ̄
Ẇ = ρ̄Qg∆ Hre =
ρ̄N D3 ηp (N D)2
e quindi la cifra di potenza12
λ=
Ẇ
ϕ
= ψ
3
5
ρ̄N D
ηp
In condizioni quindi di similitudine (geometrica e fluidodinamica) è possibile collassare le diverse
curve della prevalenza in funzione della portata (a diversi numeri di giri e diametri) in un’unica
curva di ψ in funzione di ϕ; possiamo notare che:
◦ i diversi punti delle curva caratteristica non dimensionale (ϕ costante) sono, sul piano
fisico, su delle parabole per l’origine a diversa pendenza visto che la portata è, per diametro
assegnato, funzione lineare del numero di giri
Q = ϕN D3
e la prevalenza è funzione quadratica del numero di giri
g∆ [H0 ] = (N D)2 ψ
◦ nel caso in cui il numero di giri sia assegnato allora la portata è funzione del cubo del
diametro e il salto funzione quadratica dello stesso.
◦ l’analisi dimensionale è valida (in particolare l’ipotesi di similitudine fisica è rispettata)
quando la cifra di flusso si mantiene entro un intervallo [ϕmin , ϕmax ] visto che per flussi al
di sopra o al di sotto di tali valori si hanno fenomeni che fanno cadere le ipotesi di studio
(chocking o stallo).
11Bisogna precisare che la similitudine geometrica non è in generale sufficiente per confrontare i risultati di due
pompe visto che il numero di Reynolds identifica il tipo di deflusso: in generale per aumento della scala della macchina
il numero di Reynolds va aumentando e gli effetti viscosi non essendo predominanti non influenzano il confronto; nel
caso in cui si passi a scale più basse il risultato non è garantito.
12Sotto le stesse ipotesi si può dimostrare che per una turbina idraulica si ha:
λ = ηT ϕψ
70
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
Figura 3.7. Curva caratteristica per una turbopompa
Nel caso in cui la geometria della pompa sia variabile (ad esempio gli angoli caratteristici possano
variare) allora se ne terrà conto nelle relazioni attraverso un angolo caratteristico α:
ψ = ψ (ϕ, α)
η = η (ϕ, α)
e quindi il rendimento potrà anche essere espresso come funzione della cifra di flusso e della cifra di
pressione:
η = η ϕ, ψ −1 (ϕ, ψ) = η̄ (ϕ, ψ)
e quindi si avrà la curva risultante come l’inviluppo delle curve a diverse cifre di potenza.
Figura 3.8. Curva del rendimento per una pompa a geometria variabile
3.8.2. Turbomacchine termiche. La differenza fondamentale nell’analisi dei flussi non isotermi rispetto a quelli isotermi sta nella presenza della temperatura tra le grandezze fondamentali;
dalla sperimentazione si ottengono delle relazioni del tipo:
∆h0 = h (ṁ, N, D, ρ01 , µ01 , a01 , γ, `i )
η = η (ṁ, N, D, ρ01 , µ01 , a01 , γ, `i )
Ẇ = Ẇ (ṁ, N, D, ρ01 , µ01 , a01 , γ, `i )
ove il pedice ()01 indica la grandezza alla condizione di ristagno nella sezione di ingresso; scegliendo
come grandezze fondamentali la densità ρ, il diametro caratteristico D, il numero di giri N e la
temperatura T possiamo definire i seguenti gruppi:
◦ la cifra di flusso
ṁ
(3.40)
ϕ=
ρ01 N D3
◦ il numero di Reynolds di macchina
ReD =
ρ01 N D2
µ01
3.8. ANALISI DELLE PRESTAZIONI CON L’AUSILIO DELL’ANALISI DIMENSIONALE
71
◦ il numero di Mach di pala
M aD =
ND
a01
◦ la cifra di pressione
∆ h0is
ψ=
(N D2 )
(3.41)
◦ la cifra di potenza
(3.42)
λ=
Ẇ
ρ01 N 3 D5
e si hanno relazioni non dimensionali del tipo
ψ = ψ (ϕ, ReD , M aD , γ)
η = η (ϕ, ReD , M aD , γ)
λ = λ (ϕ, ReD , M aD , γ)
Definizioni alternative prevedono:
◦ per la cifra di flusso si può far comparire il numero di Mach di pala
ṁ
ṁ
a01
ṁ
1
ϕ=
=
=
ρ01 N D3
ρ01 a01 D2 N D
ρ01 a01 D2 M aD
e se i numero di Mach di pala sono i medesimi allora possiamo utilizzare la cifra di flusso
semplificata
ṁ
ϕ̄ =
ρ01 a01 D2
che dalla definizione della velocità del suono e dalla legge dei gas perfetti diventa:
√
ṁ RT01
(3.43)
ϕ̄ =
√
p01 D2 γ
◦ che la cifra di pressione possa, attraverso la definizione di entalpia (gas caloricamente perfetto) e la legge delle isoentropiche, essere scritto come prodotto del numero di Mach di
pala per una cifra modificata
γ−1 γ−1 γ
γ
cp (T01 −T02s )
cp T01
p02
γRT01
(3.44)
ψ=
= (N D)2 1 − p01
= (γ−1)(N D)2 1 − pp02
=
01
(N D)2
γ−1 γ
1
1
(3.45)
= (γ−1) 1 − pp02
M a2
01
D
e quindi la cifra di pressione è proporzionale al rapporto tra le pressioni.
◦ che anche nella cifra di potenza entri il Mach di pala e la cifra di flusso
ṁcp ∆T0
ϕ cp ∆T0
ϕ
Ẇ
a201
(3.46)
λ=
=
= 2
=
2
2
2
3
5
ρ01 N D
MD γRT01
(γ − 1) MD
ρ01 (N D) (N D) a01
e quindi è funzione del salto di temperature totali.
Possiamo dunque scrivere in maniera equivalente:
√
p02
ṁ RT01
=p
,
Re
,
M
a
,
γ
√
D
D
p01
p01 D2 γ
√
ṁ RT01
η=η
√ , ReD , M aD , γ
p01 D2 γ
√
∆T01
ṁ RT01
=T
√ , ReD , M aD , γ
T01
p01 D2 γ
Facendo ancora le ipotesi che:
∆T01
T01
72
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
◦ il fluido sia lo stesso in tutte le macchine (γ e Re costanti);
◦ le macchine abbiano tutte lo stesso diametro D;
◦ il numero di Mach di pala M aD sia il medesimo in tutti i casi;
i possono definire una portata ridotta
√
ṁ T01
p01
e un numero di giri ridotto
N
√
T01
In tale caso possiamo costruire le curve caratteristiche a diversi numeri di giri ridotti e diversi
rendimenti.
Figura 3.9. Curve caratteristiche per compressori e turbine
3.8.3. Costruzione del diagramma fondamentale delle turbomacchine. Consideriamo
ora una macchina, sia turbina che pompa: dall’analisi dimensionale sarà possibile ricavare le curve
caratteristiche in termini di rendimento e di cifra di pressione in funzione della cifra di flusso. Volendo
caratterizzare tale macchina con una sola coppia di valori (quindi con un solo punto su un’opportuno
piano) è possibile seguire il seguente algoritmo:
◦ si considera la condizione di massimo rendimento come quella significativa a cui corrisponde
la cifra di flusso ϕ∗ :
∂η
=0
∂ϕ ϕ∗
da cui
ϕ∗ = η −1 (ηmax )
◦ si trova in corrispondenza il valore della cifra di pressione
ψ ∗ = ψ η −1 (ηmax ) = ψ̄ (ηmax )
ma dalle definizioni 3.37 e 3.38 si ha la dipendenza contemporanea dal numero di giri e dal diametro;
a tal proposito conviene definire:
◦ il numero di giri specifico
. per una pompa come
1
√
N Q
(ϕ∗ ) 2
(3.47)
Ns =
3 =
3
(ψ ∗ ) 4
(g∆ [H0 ]) 4
che dipende solo dal numero di giri;13
13Per una turbina idraulica si preferisce definire il numero di giri specifico alla potenza come
1
Nsp =
λ2
5
ψ4
1
=N√
Ẇ 2
5
ρ̄ (g∆ [H0 ]) 4
3.8. ANALISI DELLE PRESTAZIONI CON L’AUSILIO DELL’ANALISI DIMENSIONALE
73
. per una turbina a gas invece si preferisce invece la definizione della nota 1314
1
(3.48)
Nsp =
λ2
5
ψ4
1
=N√
Ẇ 2
5
ρ01 (∆ [h0 ]) 4
◦ il diametro specifico
1
Ds =
(ψ ∗ ) 4
1
(ϕ∗ ) 2
0 1
4
D g∆ His
√
=
Q
che dipende solo dal diametro;15
e la cosa importante che mentre le cifre sono funzione del disegno della macchina in termini di
dimensioni, portata numero di giri, il numero di giri specifico e il diametro specifico essendo rapporti
tra cifre, sono funzione della sola architettura della turbina o pompa (assiale, radiale o mista).
Si verifica che preso un piano (Ns , Ds ) tutte le macchine si trovano in una ristretta fascia a
pendenza negativa. si ha inoltre che:
◦ macchine ad angolo di uscita β2 costante sono su curve a pendenza negativa all’incirca
parallele tra di loro;
◦ macchine al medesimo rendimento massimo si trovano a su curve crescenti decrescenti con
i rendimenti maggiori a numeri di giri specifici maggiori;
◦ le macchine assiali sono quelle a numero di giri specifici superiori: visto che il numero di
giri specifico e il diametro specifico sono inversamente proporzionali, volendo una maggiore
prevalenza (quindi un diametro specifico maggiore) si andrebbe verso rendimenti sempre
più bassi; la soluzione prevede quindi il passaggio, per salti elevati, a macchine pluristadio
probabilmente assiali (quindi a rendimenti del singolo stadio superiori).
Figura 3.10. Curva fondamentale delle turbomacchine
Il fatto che all’aumentare del numero di giri il diametro diminuisca e si passi da macchine centrifughe
a macchine assiali lo si può spiegare nella seguente maniera: considerando che, dalla definizione,
all’aumentare del numero di giri specifico la prevalenza
0
2 Q
ω2
U
=
D22 − D12
g∆ H = ∆ U − ∆
|{z}
A
tan β
4
Q=0
14Per un compressore è utile invece la definizione 3.47 opportunamente modificato
1
Ns =
15Invertendo le relazioni si ha:
(ϕ∗ ) 2
3
(ψ ∗ ) 4
√
N ṁ
= √
3
ρ01 (∆ [h0 ]) 4
1
Ns Ds3
1
ψ∗ =
(Ns Ds )2
ϕ∗ =
74
3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
diminuisce quindi i diametri diventano simili e la portata
Di2
4
aumenta e quindi il diametro di ingresso aumenta è chiaro che si passa da una situazione con elevate
differenze tra i numeri di giri e basse portate (tipica delle macchine assiali) ad una macchina che
elabora elevate portate con piccole (al limite nulle) differenze tra i diametri. Facendo inoltre il
rapporto tra le cifre di flusso e pressione otteniamo:
ϕ
Ns
=
ψ
Ds
e quindi per numeri di giri molto più grandi dei diametri specifici si hanno cifre di flusso superiori
alle cifre di potenza (ancora macchine assiali) e viceversa [1].
Q ' Vm π
3.8.4. Applicazioni dell’analisi dimensionale. Con l’analisi dimensionale è possibile, tra
gli altri, risolvere i seguenti problemi:
◦ dati il lavoro compiuto sul fluido (in termini di prevalenza o salto di entalpia totale), la
portata (massica o di volume) e il numero di giri è possibile determinare il numero di giri
specifico e quindi il tipo di macchina;
◦ dal tipo di macchina (Ns ), il salto entalpico e la portata si può trovare il numero di giri al
quale abbiamo il massimo rendimento (quindi adottabile come condizione di progetto);
◦ noto il diametro specifico (Ds ), il salto entalpico e la portata si può determinare il diametro
della macchina che fornisce il massimo rendimento;
◦ dato Ns e il range di valori che può assumere il numero di giri (N ∈ [Nmin , Nmax ]) si possono
determinare gli estremi valori assunti dalla potenza;
◦ si possono determinare le tipologie di macchine da costruire in serie: si suddivide il diagramma (Ns , Ds ) in zone a ciascuna delle quali verrà assegnata una condizione di riferimento da
cui costruire la macchina;
◦ la classificazione delle turbomacchine;
◦ la prova su diverse scale.
Bibliografia
[1] S. Sandrolini and G. Naldi. Macchine. Pitagora Ed., 1996.
Parte 2
Il funzionamento di pompe e turbine
CAPITOLO 4
Studio delle pompe
4.1. Generalità
In generale [1] per lo studio delle pompe vengono definite grandezze simili al numero di giri
specifico; dalla definizione di questi infatti si può ricavare il parametro ωs come:
√
√
30 ω Q
N Q
=
= 9.55ωs
(4.1)
Ns =
3
π (g∆ [H 0 ]) 43
(g∆ [H 0 ]) 4
oppure in termini non adimensionali si ha anche (specie nella letteratura americana)
√
N Q
(4.2)
ns =
3
(∆ [H 0 ]) 4
La classificazione delle pompe definisce:
◦ pompe radiali quelle per cui
0.18 ≤ ωs ≤ 1.2
◦ pompe miste quando
1.2 < ωs ≤ 2.6
◦ pompe assiali quelle per cui si ha
2.6 < ωs ≤ 5.5
I componenti fondamentali di una pompa si suddividono in:
◦ componenti che partecipano al ciclo termodinamico del fluido quali:
. i canali di aspirazione che conducono il flusso alla pompa;
. l’induttore che è una pompa assiale con poche pale ad elevato angolo di ricoprimento
che effettua una precompressione utile per evitare problemi di cavitazione nella girante;
. un raddrizzatore che serve a imporre una componente vorticosa al flusso in ingresso
alla girante;
. la girante che compie il maggior lavoro sul fluido;
. la voluta o il distributore che servono ad convertire l’energia cinetica del flusso in
uscita dalla girante in pressione;
◦ componenti che, pur non lavorando direttamente sul fluido, sono essenziali per il corretto
funzionamento della pompa:
. l’albero di trasmissione che fornisce coppia alla girante e all’induttore fornita da
una macchina motrice;
. gli organi di tenuta necessari per evitare perdite di portata;
. i sistemi di lubrificazione per abbassare gli attriti meccanici e aumentare l’omonimo
rendimento;
. il riduttore di velocità utile se la macchina motrice che fornisce potenza lavora ad
un numero di giri troppo elevato per la pompa.
Coppia e potenza assorbite all’albero sono:
Ma = ρ̄Q∆ [RVθ ]
P = ρ̄Qω∆ [RVθ ] = ρ̄Q∆ [U Vθ ]
77
78
4. STUDIO DELLE POMPE
Se consideriamo quindi la legge di Eulero con l’espressione di g∆ H 0 e di Vθ (nel moto relativo con
la relazione 3.11) si ha:
2
2
2
2
p
V
U
V
W
g∆ [z] + ∆
+∆
=∆
+∆
−∆
ρ̄
2
2
2
2
che diventa, trascurando l’energia potenziale:
2
1
U − W2
∆ [p] = ∆
ρ̄
2
che poteva anche essere ricavata imponendo che la rotalpia si conservi tra ingresso e uscita).
E’ utile notare anche come le particelle abbiano traiettorie differenti nei due sistemi di riferimento:
◦ nel moto relativo, in condizioni di guida perfetta, le traiettorie sono i profili della pala;
◦ nel moto assoluto si ha una traiettoria elicoidale che segue il senso di rotazione della girante.
Figura 4.1. Traiettoria delle particelle nel moto assoluto e relativo
4.2. Analisi del funzionamento delle pompe
4.2.1. Curve caratteristiche delle pompe. Le curve che caratterizzano il funzionamento
ideale (in assenza di perdite) delle pompe possono essere ricavate dalla relazione 3.9 utilizzando per
Vθ le relazioni trigonometriche che si determinano dal triangolo di velocità di figura 2.5:
0
2
U
g∆ H = ∆ U − Vm ∆
tan β
avendo considerato il caso in cui Vm è costante, e quindi:
V m U2
Vm U1
0
0
2
2
g H2 − H1 = U2 −
− U1 −
tan β2
tan β1
che in termini adimensionali (dividendo per U22 si ottiene qualcosa di proporzionale alla cifra di
pressione definita nella 3.38) è:
2
g H20 − H10
Vm 1
U1
Vm U1 1
ψ̄2 =
=1−
−
−
U2 tan β2
U2 U2 tan β1
U22
U22
4.2. ANALISI DEL FUNZIONAMENTO DELLE POMPE
79
ossia, ricordando una possibile definizione alternativa per la funzione di flusso:
" #
ϕ2
R1 2 U1 ϕ2
ψ̄2 = 1 −
−
−
tan β2
R2
U2 tan β1
con il termine tra parentesi quadre che si annulla quando la prerotazione è nulla. Possiamo ora
esaminare il contributo dei vari termini al variare della cifra di flusso ϕ2 :
◦ nel caso di prerotazione nulla si ha
ϕ2
ψ̄2 = 1 −
tan β2
che è funzione lineare di ϕ2 con andamento dipendente da β2 :
. per β2 < 90◦ (pale all’indietro) la cifra di pressione è decrescente con la cifra di flusso;
. con β2 = 90◦ (pale diritte) la cifra di pressione è costante con ϕ2 ;
. con β2 > 90◦ (pale in avanti) la cifra di pressione è crescente con la cifra di flusso:
questi ultimi due casi si dimostrano instabili a variazioni della cifra di flusso;
◦ il termine di prerotazione ha un segno che:
. nel caso di pale all’indietro che dipende dalla cifra di flusso; per la cifra di flusso
U1
tan β1
ϕ∗2 =
U2
il termine si annulla; mentre per
∗ ϕ2 < ϕ∗2 allora il contributo è negativo e la prevalenza diminuisce;
∗ ϕ2 > ϕ∗2 allora il contributo è positivo e la prevalenza aumenta rispetto al caso
in assenza di prerotazione;
. nel caso di pale diritte il contributo è costante e non dipende da ϕ2 ;
. nel caso di pale in avanti il termine è sempre negativo e aumenta con la cifra di flusso.
Figura 4.2. Curve ψ, ϕ per diverse pompe
La potenza quindi:
◦ sarà lineare nel caso di pale diritte;
◦ aumenterà in maniera più che lineare per pale in avanti;
◦ aumenterà meno che linearmente nel caso di pale all’indietro.
4.2.2. Grado di reazione e triangolo delle velocità. Dalla definizione del grado di reazione
come
h i
h 2i
∆ ρ̄p
∆ V2
R=
=1−
g∆ [H 0 ]
∆ [U Vθ ]
e ipotizzando che:
80
4. STUDIO DELLE POMPE
Figura 4.3. Curve P , Q per diverse macchine
◦ la variazione di velocità meridiana tra ingresso e uscita sia nulla ∆ [Vm ] = 0 e quindi
2
2
V
V
∆
'∆ θ
2
2
◦ non vi sia prerotazione
Vθ1 = 0
si ha:
R=1−
Vθ2
2
2
U2 Vθ2
=1−
Vθ2
2U2
e possiamo analizzarla in diversi casi:
◦ per reazione completa (R = 1) deve essere Vθ2 = 0 (velocità assoluta diritta e quindi Wθ2 =
U2 ) e quindi le pale debbono essere all’indietro con angolo
tan β2min =
Vm
= ϕ2
U2
che è il minimo per avere la necessaria componente di attraversamento per smaltire la
portata richiesta;
◦ per reazione pari al 50% deve essere
Vθ2 = U2
ossia le pale debbono essere diritte (Wθ2 = 0) e con velocità assiale pari alla necessaria
velocità di attraversamento;
◦ per reazione nulla (R = 0) si ha
Vθ2 = 2U2
e quindi le pale debbono essere inclinate in avanti con angolo
β2max = π − β2min
che è il massimo possibile sempre per ragioni di continuità;
Dai vari triangoli possiamo dedurre che a parità di prevalenza totale al diminuire del grado di
reazione aumenta l’energia del fluido ma contemporaneamente il modulo della velocità in uscita
dalla girante aumenta e quindi la voluta è più sollecitata; l’aumento della pressione dinamica inoltre
eleva l’aliquota di perdite, proporzionali alla pressione dinamica. L’utilizzo delle pompe a grado di
reazione unitario sembrerebbe allora migliore: in realtà avendo tali palette un grado di ricoprimento
maggiore portano ad un aumento di grado di reazione nei condotti e quindi maggiori perdite per
attrito.
4.2. ANALISI DEL FUNZIONAMENTO DELLE POMPE
81
Figura 4.4. Triangoli di velocità a diversi R
4.2.3. Limiti di funzionamento. Partiamo dalla condizione di progetto (in termini di portata
e quindi di velocità di attraversamento Vm2 ), per una pompa con pale all’indietro, e facciamo variare
la portata medesima1 nelle due diverse direzioni ipotizzando che, per un flusso ideale, l’angolo di
uscita sia sempre pari all’angolo di costruzione β2 :
(1) se la portata diminuisce vediamo che l’angolo di uscita α2 diminuisce mentre aumenta in
modulo e ruota la velocità di uscita; se la portata si annulla allora V2 = Vθ2 = U2 e quindi
si ha un vortice forzato e la prevalenza totale è massima
g∆ H 0 = U22
quindi ψ → 1;
(2) se la portata aumenta l’angolo α2 tende a 90◦ e la velocità al valore massimo
Vmmax
= U2 tan β2
2
e quindi, in assenza di prerotazione, la prevalenza è nulla:
U2 W2
g∆ H 0 = 2 − θ2 = 0
2
2
vista anche che il flusso in termini assoluti è radiale; la cifra di flusso corrispondente è:
V max
ϕmax = m2 = tan β2
U2
Figura 4.5. Triangolo ai limiti di funzionamento
4.2.4. Effetto della prerotazione sull’ingresso della pompa. Supponiamo che il flusso
in ingresso alla mandata sia uniforme e non viscoso: se la girante è in rotazione si verrà a creare
una distribuzione di velocità tipica di un vortice libero in maniera tale da avere comunque una
distribuzione di pressione uniforme.
In presenza di un raddrizzatore invece la velocità è costretta a mantenere un angolo α1 in ingresso
fisso al variare della portata e questo può essere dannoso: in condizioni fuori progetto (numero di
giri o portata non nominali) si ha una componente meridiana maggiore o minore del previsto con
la possibilità di formazione di urti in ingresso o distacco della vena fluida. Situazione simile la
si ha quando il condotto di mandata è troppo corto: in questi casi il flusso non uniforme si va a
1Per esempio attraverso un aumento delle perdite a monte della pompa (con la variazione della sezione di una
valvola).
82
4. STUDIO DELLE POMPE
sovrapporre ad una prevalenza non uniforme e il flusso in uscita della girante presenta forti ricircoli
con bassi rendimenti.
4.2.5. Scelta del numero di pale e dell’angolo β2 . Una semplice relazione che ci permette
di stimare il numero di pale necessarie per avere un’efficiente girante è:
Rs
sin βm
zmin = 2k
`
con Rs , βm rispettivamente raggio medio e angolo medio mentre k è un coefficiente che dipende
dall’architettura:2
k = 6.5
k = 4.5
per macchine radiali
per macchine assiali
Per la scelta dell’angolo di uscita bisogna tenere conto di diversi aspetti:
◦ il raggio di uscita;
◦ la curva caratteristica desiderata;
◦ il lavoro massimo ottenibile; a diversi gradi di reazione avremo, per prerotazione nulla:3
R g∆ H 0 = U2 Vθ2
0
2U22
1
U22
2
0
1
4.3. Effetto del flusso reale sulle prestazioni della pompa
In presenza di viscosità le caratteristiche della pompa variano: visto che per ogni canale interpalare, osservato il senso di rotazione, possiamo individuare un lato in pressione ed uno in depressione
e quindi, ipotizzando che la rotalpia si conservi lungo il raggio (quindi la velocità di trascinamento
non entra nell’espressione visto che è la medesima per entrambi i punti):
W2
W2
pS
pP
+ P =
+ S
ρ̄
2
ρ̄
2
e quindi WP < WS ossia la distribuzione delle velocità in uscita non è uniforme.
Altro motivo di non uniformità, per pompe miste, sta nella presenza di un raggio di curvatura
non nullo nel piano meridiano e quindi, a parità di ascissa x, le linee di corrente vicine al controdisco
subiscono una forza centrifuga superiore e dunque un battente idrostatico superiore (con la possibilità
2Si vede come il coefficiente k sia più elevato per le macchine radiali visto che la variazione di direzione è più
marcata.
3Si vede quindi come all’aumentare del grado di reazione, a lavoro stabilito, debba aumentare il numero di giri
e/o il raggio. Si potrebbe pensare di utilizzare quindi R = 0 ma:
. si hanno condotti a sezioni fortemente variabili e quindi possibilità di separazione;
. velocità in uscita elevate e quindi carichi e perdite nel diffusore elevati;
. instabilità di funzionamento.
4.3. EFFETTO DEL FLUSSO REALE SULLE PRESTAZIONI DELLA POMPA
83
di separazione).
Figura 4.6. Gradienti di pressione nella pompa reale
In termini quantitativi si può considerare l’equazione di Navier-Stokes scritta in termini relativi e
proiettarla lungo la direzione tangenziale:
∇p ~
+ fr − 2~
ω×w
~ · ~gθ
(w
~ · ∇r ) w
~ =−
ρ̄
e visto che l’accelerazione di Coriolis e il gradiente di pressione non sono nulli si ha un flusso di w
~
detto flusso secondario che si oppone alla rotazione del flusso imposto alla girante e quindi:
◦ una componente di ingresso ∆Wθ1 > 0
◦ una componente di uscita ∆Wθ2 < 0
e quindi un’energia fornita al fluido inferiore visto che:
h
i
0
0
0
0
g∆ Hre
= ∆ U Vθ = U2 Vθ2 − U1 Vθ1 = U2 (Vθ2 − ∆Wθ2 ) − U1 (Vθ1 + ∆Wθ1 ) =
= (U2 Vθ2 − U1 Vθ1 ) − (U2 ∆Wθ2 + U1 ∆Wθ1 )
con il I termine tra parentesi che rappresenta la variazione di energia ideale e la seconda che è una
perdita di potenza per la limitata capacità delle palette di indirizzare il flusso: normalmente si stima
una correzione da apportare agli angoli β1 e β2 dell’ordine di 2-3◦ .
Figura 4.7. Deviazione della corrente sul piano palare per flusso secondario
Nel piano meridiano la potenza associata al filetto fluido in uscita la possiamo scrivere come:
1 dP
= ∆ [U Vθ (z)] = U22 − U2 Wθ2 (z)
ρ̄ dQ
ma la portata per unità di lunghezza e la velocità meridiano potranno essere espresse dalle
dQ = Vm (z) (πD2 dz)
84
4. STUDIO DELLE POMPE
W θ2 =
Vm2
tan β2
e sostituendo nella I relazione e integrando dP tra il valore 0 e la larghezza del canale b si ha
Z b
Z b 2
Z b
Z
Vm2
Vm2 (z)
1 b
2
2
Vm2 dz −
U2 − U2
dP =
πD2 Vm (z) dz = U2 πD2 U2
dz
ρ̄ 0
tan β2
0 tan β
0
0
e reintroducendo la portata
Z
Q = πD2
b
Vm dz
0
si ha:
Rb
P
U2 0 Vm2 dz
2
= U2 −
R
ρ̄Q
tan β2 b Vm dz
0
con il II termine che può essere semplificato solo nell’ipotesi, peraltro adottata in precedenza per
ottenere semplici relazioni, che
Vm2 ' hVm i2
Nel caso si adotti una distribuzione di velocità lineare tra i valori Vmp e Vms si ha una cifra di flusso
pari a:
Vmp − Vms
ϕ = V̄ 1 +
12V̄ 2
che è maggiore per velocità medie più elevate (tipiche di macchine ad elevata portata come quelle
assiali).4
Si potranno definire una serie di rendimenti quali
◦ il rendimento idraulico
0 ∆ploss
g∆ Hid
−
0 ρ̄
ηid =
g∆ Hid
~2 e U
~ 2 è proporzionale alla potenza
◦ considerando che nel triangolo di velocità l’area tra V
0
Vm Vθ2
P = ρ̄Qg∆ H ' ρ̄gVm A2 U2 Vθ2 = (2ρ̄gA2 U2 )
2
e che nel caso reale si ha, dalla figura 4.7, un’area minore si può definire il rendimento di
palettaggio
0
Vθ2
Preal
ηvane =
=
Pid
Vθ2
4Altro effetto da considerare è la necessaria rastremazione delle palette (specie nelle macchine assiali) che porta
il gradiente di pressione tra dorso e ventre ad annullarsi all’estremità e quindi portando l’ultima tratto della pala ad
essere “inerte”.
4.4. FATTORE DI SCORRIMENTO
85
◦ il rendimento volumetrico viene ancora definito semplicemente come
ηv =
Qre
Qre + Qf lusso + Qricircoli
◦ il rendimento meccanico invece:
ηmecc
0
ρ̄gQid ∆ Hid
=
Palbero
e il rendimento totale sarà il prodotto dei rendimenti
0
ρ̄gQre ∆ Hre
ηtot =
= ηid ηv ηmecc
Palbero
4.4. Fattore di scorrimento
Per una determinazione computazionalmente semplice del fattore di scorrimento (ovvero
dell’angolo compreso tra la direzione di uscita del flusso e la tangente alla paletta in uscita) si
dispone di diverse trattazioni con diverso approccio e approfondimento analitico.
4.4.1. Trattazione di Stodola. Si introduce un fattore pari al rendimento di palettaggio
0
σ=
Vθ2
Vθ2
tale da permettere subito il calcolo delle prestazioni reali della pompa una volta note quelle ideali
h
i
0
0
0
0
g∆ Hre
= ∆ U Vθ ' U2 Vθ2 = U2 σVθ2 = σg∆ Hid
Stodola ipotizza che “il flusso secondario sia approssimabile con un vortice forzato di diametro d2
compreso tra il bordo di uscita di una pala e tangente alla pala successiva con velocità angolare
Ω uguale e contraria al quella della girante”. La velocità di scorrimento (slip) può essere quindi
calcolata come
d
0
∆Vθslip = Vθ − Vθ = Ω
2
con
2πR2
sin β2
d'
z
con z numero di pale. Sostituendo
πU2
sin β2
∆Vθ =
z
mentre
Vθ2 = U2 − Vm2 cot β2
e il fattore di Stodola è
σ =1+
π
z
sin β2
1 − ϕ cot β2
ed è funzione:
◦ del numero di pale: all’aumentare di queste diventa migliore la capacità di guida del flusso
e quindi maggiore σ che al massimo è unitario (per portata nulla);
◦ dall’angolo di uscita β2 ;
◦ dalla cifra di flusso ϕ: man mano che la portata aumenta si ha una minore capacità delle
palette di incanalare il flusso e dunque una diminuzione del fattore σ.
86
4. STUDIO DELLE POMPE
Figura 4.8. Fattore σ nella trattazione di Stodola
4.4.2. Trattazione di Busemann. Tale teoria è valida solo per i profili a spirale logaritmica 5
e trova un fattore σ pari a
A − Bϕ2 tan β 0
σ=
1 − ϕ2 tan β 0
che presenta lo stesso denominatore ma un numeratore con coefficienti6 che sono funzione del:
◦ numero di pale;
◦ del rapporto tra i raggi;7
◦ dell’angolo β 0
4.4.3. Trattazione di Stanitz. Egli considera una trattazione di flusso potenziale valida solo
per campi 2-D (quindi per pale a semplice curvatura) e ritrova che il fattore lo scorrimento ∆Vθ :
◦ non dipende dall’angolo di uscita β2 ;
◦ dipende dal numero di pale z;
◦ dipende in maniera debole dalla comprimibilità;
ottenendo:
U2 π
∆Vθslip = 0.63
z
0.63 πz
σ =1−
1 − ϕ cot β2
5I profili a spirale logaritmica sono profili che mantengono il medesimo angolo indicato qui con β 0 = −β a tutti i
raggi e possiamo determinare le seguenti relazioni:
◦ l’angolo di ricoprimento è
R2
γ = tan β 0 ln
R1
◦ il rapporto tra la lunghezza e l’apertura del canale interpalare è
`
z
R2
=
ln
s
2π cos β 0
R1
con
s=
2π (R2 − R1 )
2
z ln R
R1
6In generale si ha A > 1 e B ' 1.
7Dipendenza questa che scompare se
`
1
s
ossia se
z
R2
e 2π cos β0
R1
Normalmente vengono adottati 50 < β 0 < 70 e 5 < z < 12 e la relazione è ben verificata.
4.4. FATTORE DI SCORRIMENTO
87
Figura 4.9. Fattore di Busemann
4.4.4. Trattazione di Pfleiderer. Se consideriamo l’espressione della prevalenza nel caso di
un numero infinito di pale e nel caso discreto, pensando a prerotazione nulla
g∆ H 0 ∞ = U2 Vθ2
0
g∆ H 0 z = U2 Vθ2
possiamo introdurre la differenza tra questi due valori
g∆ H 0 ∞ − g∆ H 0 z = U2 Vθ2 (1 − σ)
e definire cosi un coefficiente di Pfleiderer
Cp =
1−σ
σ
tale che
1
g∆ H 0 ∞
1 + Cp
Pfleiderer calcola il coefficiente con la seguente relazione
g∆ H 0 z =
Cp = ψ
R22
zMst
con Mst momento statico della linea media del canale meridiano rispetto all’asse di rotazione8
Z R2
Mst =
Rds
R1
e ψ coefficiente da determinare in base all’architettura del diffusore.9
8Per pali radiali
Mst =
´
1` 2
R2 − R12
2
Cp = 2
ψ
z
quindi
1−
1
“
R1
R2
”2
mentre per quelle ad elica
Mst = R`
9Si hanno i seguenti casi:
◦ per diffusore palettato
. a semplice curvatura o dd12 ≥ 2 si ha ψ1 = 0.5 + 0.63 sin β2
. a doppia curvatura o dd21 < 2 si ha ψ2 = (1.1 ÷ 1.2) (1 + sin β2 )
◦ per diffusore liscio ψ = (1.1 ÷ 1.2) ψ2
R1
R2
88
4. STUDIO DELLE POMPE
4.5. Analisi della diffusione
Compito principale della diffusione è la conversione dell’energia cinetica del flusso in uscita dalla
girante in energia di pressione; il rallentamento del flusso è anche utile per diminuire le perdite per attrito (proporzionali alla pressione dinamica). Tale rallentamento viene effettuato in più
componenti:
◦ il diffusore (che può essere liscio o palettato) ove si ha un aumento della sezione di passaggio
del flusso e/o una variazione del momento della quantità di moto;
◦ la voluta che raccoglie il flusso del diffusore e può eseguire un’ulteriore compressione;
◦ il condotto divergente di uscita del flusso dalla pompa;
con tutti i componenti che, non avendo parti mobili, non scambiano lavoro con il fluido.
4.5.1. Diffusore liscio. Visto che il lavoro scambiato è nullo il momento della quantità di moto
si conserva:
∆ [U Vθ ] = ω∆ [RVθ ] = 0
che ha come soluzione il vortice libero:
R2 Vθ2 = R3 Vθ3
cui vanno affiancati l’equazione di continuità e di conservazione dell’energia:
ρ̄2πR2 b2 Vm2 = ρ̄2πR3 b3 Vm3
2
V
p
+∆
=0
∆
ρ̄
2
e decomponendo la velocità nel parte tangenziale e meridiana V 2 = Vθ2 + Vm2 si ha:
2
2
V
Vm
p
∆
= −∆
−∆ θ
ρ̄
2
2
p3 − p2
1 2
=
Vm2 − Vm2 3 + Vθ22 − Vθ23
ρ̄
2
e ricavando dalla continuità e dalla condizione di vortice libero le velocità in uscita:
p3 − p2
1
R22 b22
R22
2
2
=
V
1 − 2 2 + Vθ2 1 − 2
ρ̄
2 m2
R3 b3
R3
che mette in luce la dipendenza del recupero di pressione da:
◦ la variazione delle sezioni di passaggio;
◦ la variazione della distanza da centro.
4.5. ANALISI DELLA DIFFUSIONE
89
4.5.2. Diffusore palettato. Quando il recupero di pressione deve essere elevato l’uso di un
diffusore liscio presenta diversi problemi: il rapporto tra i raggio può essere tale da rendere il sistema
troppo ingombrante ed un angolo di divergenza troppo grande può causare separazione del flusso
con elevate perdite idrauliche.
Nei casi più frequenti si utilizza pertanto un diffusore palettato: la presenza di canali interpalari (che costituiscono dei divergenti con angolo 8-12◦ ) permette una guida del flusso migliore e
maggiori recuperi di pressione ottenibili rispetto al diffusore liscio; accorgimenti progettuali sono:
◦ l’utilizzo di un numero di pale del diffusore primo rispetto al numero di pale della girante
(per evitare fenomeni di risonanza del flusso nel diffusore);
◦ la presenza di un prediffusore liscio per eseguire una precompressione e omogeneizzazione
del flusso a valle delle palette rotoriche.
Per il diffusore palettato le equazioni da utilizzare sono la conservazione dell’energia
2
p
V
∆
= −∆
ρ̄
2
la continuità (indicando con b2 e b3 la profondità dei canali in ingresso e uscita)
Vm2 b2 R2 = Vm3 b3 R3
e la relazione tra velocità tangenziale e meridiana:
Vθ =
Vm
tan α
Il recupero di pressione viene quindi calcolato dalla conservazione dell’energia sostituendo le
velocità a valle del diffusore con le relazioni presentate trovando quindi:
"
#
p3 − p2
1 2
1
1
b2 R2 2
= Vm2
−
1+
1+
ρ̄
2
b3 R3
tan2 α2
tan2 α3
che vede la dipendenza dall’angolo di deviazione e dalla divergenza del canale.
4.5.3. Voluta. La voluta, che ha il compito di raccolta ed eventualmente di rallentamento del
flusso, può avere differenti sezioni trasversali a seconda della quale il flusso viene studiato in maniera
differente: in ogni caso per definire la parete esterna ci si riferisce alla prima particella che esce dal
diffusore (per θ = 0) che va a definire il contorno.
Per lo studio della voluta occorre considerare che:
◦ il flusso è a vortice libero e quindi per ogni punto vale che
RVθ = R3 Vθ3 = k1
◦ la portata a distanza R dal centro della pompa la possiamo scrivere come:
Q (R) = 2πRVm (R) b (R)
con b (R) funzione della forma della sezione trasversale;
90
4. STUDIO DELLE POMPE
◦ che tra la velocità meridiana e tangenziale sussiste la già incontrata relazione
tan α =
Vm
Q 1
Q R
=
=
Vθ
2πRb k1
2πk1 b
che è quindi funzione della sezione trasversale e definisce le pareti (che in ogni punto debbono
essere tangenti alla velocità assoluta).
Essendo inoltre, per definizione
dR
Rdθ
si può integrare da 0 a θ trovando la forma in pianta
Z θ
Q R 0
R (θ) =
dθ
0 2πk1 b
tan α =
4.5.3.1. Voluta a pareti piane parallele. Si ha in questo caso
b (R) = cost.
e quindi
tan α = tan ᾱ
ossia il flusso ha angolo costante e descrive quindi una spirale logaritmica; integrando infatti:
Z θ
Z R
1 dR
0
dθ =
0
R0 tan ᾱ R
θ=
1
R
ln
tan ᾱ R0
e quindi la sezione di passaggio sarà:
A (θ) = [R (θ) − R0 ] b̄ = R0 b̄ e
Q
θ
2πR3 Vθ b̄
3
−1
che cresce esponenzialmente con l’angolo θ e pertanto può portare alla separazione del flusso per
l’elevata compressione che imprime.
4.5.3.2. Voluta a pareti piane divergenti. La distanza tra le pareti per un raggio R è in questo
caso
b (R) = b1 + m (R − R0 ) = k2 R
e quindi l’angolo della velocità è:
tan α =
Q 1
2πk1 k2 R
e quindi integrando:
dR =
Q
dθ
2πk1 k2
R = R0 +
Q
θ
2πk1 k2
che aumenta linearmente con θ descrivendo in tale frangente una spirale archimedea e la sezione
di passaggio cresce in questo caso linearmente con θ:
A (θ) =
b2 + b1
b2 + b1 Q
[R (θ) − R0 ] =
θ
2
2 2πk1 k2
4.6. CALCOLO DELLE CURVE REALI
91
4.5.3.3. Voluta a sezione circolare. Scopo principale dell’adozione di tale sezione è mantenere
la velocità costante in tutte le sezioni : in questa maniera si evitano i problemi di carichi laterali
sull’albero per un campo di pressione non uniforme. La velocità sarà fissata dalla portata complessiva
uscente dalla voluta e la sezione finale della stessa:
Q (2π) = Ag Vg
con Vg ' 0.5 ÷ 0.65Vθ3 . Si può fare il bilancio tra la portata proveniente dal diffusore per un certo
raggio R e la portata uscente per l’angolo θ corrispondente:
Vm3 R3 θb3 = Vg A (θ)
che deve valere anche all’uscita e quindi:
A (θ)
Q (θ)
Vm3 R3 θb3
θ
=
=
=
Ag
Q (2π)
Vm3 R3 b3 2π
2π
ossia in questo caso l’area cresce linearmente con θ
Ag
θ
2π
e quindi il raggio cresce in maniera meno che lineare:
A (θ) =
r
4A (θ)
π
e in questa maniera si ottiene un campo di pressioni uniformi anche se in realtà la velocità non è
costante lungo la sezione per la presenza della distribuzione di un vortice libero.10
R (θ) = R3 + d (θ) = R3 +
4.6. Calcolo delle curve reali
4.6.1. Stima delle perdite. Abbiamo visto che le perdite possono essere suddivise grossolanamente in:
◦ perdite per ventilazione;
◦ perdite per attrito;
◦ perdite per urto.
4.6.1.1. Perdite per ventilazione. Tale tipo di perdite è dovuto al fatto che la girante deve mettere
in moto e mantenere un flusso che non partecipa al ciclo termodinamico della pompa ma che dissipa
soltanto, per mezzo dell’attrito, l’energia meccanica fornita dalla girante stessa; a seconda che questo
fluido partecipi ad un flusso secondario o meno si hanno perdite differenti.
La coppia resistente che agirà sull’albero sarà, per un tratto infinitesimo dA, pari a:
dM = τ RdA
con
2
τ = ξ ρ̄Urel
= ξ ρ̄ (ω − ωf )2 R2
ove ξ è il coefficiente di attrito (funzione del Reynolds e della rugosità) mentre Urel è la velocità
relativa tra fluido e parete e quindi esprimibile come differenza delle velocità angolari al quadrato.
La coppia totale agente per ventilazione sul disco sarà pertanto:
10Questo lo si può capire se si considera la pompa a mandata chiusa: la velocità tangenziale in uscita dal diffusore
è diversa da zero (vortice forzato) ma per continuità la velocità tangenziale nella voluta deve essere nulla e quindi si
creerà uno strato limite che dissipa l’energia trasferita dalla girante al fluido.
92
4. STUDIO DELLE POMPE
Z
Md =
dM = ρ̄ (ω − ωf )2
Z
ξd R3 dA = ρ̄ (ω − ωf )2 Jd
Ad
Ad
ove Jd assume il ruolo di un momento di inerzia; per la carcassa, visto che la sua rotazione è nulla:
Mc = ρ̄ωf2 Jc
Dobbiamo ora distinguere i due casi:
◦ per un flusso nullo la coppia che viene trasmessa dal disco al fluido è pari a quella che
il fluido cede alla carcassa (non si ha una variazione di momento di quantità di moto del
fluido); uguagliando le due espressioni possiamo quindi ricavare la velocità di rotazione del
fluido ωf
√
ω
Jd
√ |{z}
ωf = ω √
=
2
Jd + Jc
Jd =Jc
e di seguito la coppia sulla girante:
Md = ρ̄ω 2 1
√1
Jd
+
√1
Jc
2
che vale quando la superficie è piccola, liscia e a distanza sufficientemente piccola;
◦ per flusso diverso da zero allora la coppia data dalla girante è pari a quella ceduta alla
carcassa più la variazione di momento di quantità di moto del fluido:
Md = Mc + ∆Mf
ed esistono formule empiriche che legano la potenza persa per ventilazione alle dimensioni
caratteristiche della girante:
Pvent = k ρ̄U 3 D (D + 5e) = [KW ]
con
1
106 6
k = 7.3 · 10
Re
4.6.1.2. Perdite per attrito. La presenza di forze tangenziali porta ad una diminuzione della
pressione totale (quindi dell’energia meccanica disponibile per il fluido) lungo i condotti proporzionale
alla pressione dinamica; tra la sezione di ingresso e uscita di ciascun tratto in esame possiamo quindi
scrivere:
0
2
Vrif
∆p
= ξϕ
ρ̄ i,i+1 |{z} 2
7
ζ
con ϕ che tiene conto della geometria del condotto:
2
Z `
2P
V
ϕ=
ds
Vrif
0 A
con P perimetro bagnato. Scelta un’area di riferimento Arif per la continuità
Arif Vrif = AV
4.6. CALCOLO DELLE CURVE REALI
p
e una lunghezza di riferimento `rif =
93
Arif si ha
`ˆ
Z
ϕ=
0
2P̂
Â3
dŝ
In condizioni fuori progetto, essendo la velocità funzione lineare della portata, le perdite variano
con il quadrato e quindi:
0
0 ∆p
Q 2
∆p
=
ρ̄ ef f
ρ̄ N QN
In maniera semplificata possiamo per la girante tenere conto della velocità assoluta e quella relativa
per mezzo di opportuni coefficienti:
0
∆p
V2
W2
= KV 2 + Kw 2
ρ̄
2
2
con KV = 0.2 ÷ 0.4 e Kw = 0.1 ÷ 0.2.
4.6.1.3. Perdite per urti. In condizioni di fuori progetto e per angoli di deflusso reali si hanno
delle perdite fluidodinamiche ascrivibili ad vortici, scie, ecc. . . che vanno sotto il nome di perdite
per urti e che possiamo calcolare per la girante come
0
∆Wθ21
∆p
= ζgir
ρ̄ gir
2
e per il diffusore (palettato)
∆p0
ρ̄
= ζdif f
dif f
∆Vθ21
2
con ζ = 0.7 per Q < QN e ζ = 0.5 per Q > QN in entrambi i casi. Per la determinazione della
variazione di velocità tangenziale in condizioni fuori progetto si esegue un’analisi separata per i due
componenti:
4.6.1.4. Girante. Per la girante, a partire dalla condizione nominale e ipotizzando che l’angolo
della velocità in ingresso rimanga costante possiamo tracciare, per portate differenti (quindi differenti
Vm ), il vettore Wθ1 : il vettore ∆Wθ1 sarà proporzionale alla distanza tangenziale tra l’estremo del
vettore tracciato e la direzione della velocità in condizioni nominali. Analiticamente:
Q
R1
Q
∆Wθ1 = U 1 −
= U2
1−
Qn
R2
QN
e la perdita sarà:
∆p0
ρ̄
proporzionale al quadrato della portata.
U2
=ζ 2
2
R1
R2
2 Q 2
1−
QN
94
4. STUDIO DELLE POMPE
Figura 4.10. Determinazione di ∆Wθ nella girante
4.6.1.5. Diffusore. Per il diffusore bisogna innanzitutto considerare che il triangolo in uscita dalla
girante presenta un fattore di slip differente da quello di progetto; le approssimazioni possibili sono
due:
◦ consideriamo che al variare della portata il rapporto
δVθslip
2
U2
rimanga costante; ne segue che dall’espressione della prevalenza si ha:
W θ2
0
2
2
gH = U2 − U2 Wθ2 = U2 1 −
U2
e introducendo il fattore di slip
Wθ2 = Wθ∞
− δVθslip
2
2
si ha
0
gH =
U22
−
U2 Wθ∞
2
−
U22
δVθslip
2
!
U2
con il termine tra parentesi costante per ipotesi. Ne segue che lo scorrimento ad una portata
diversa dalla nominale lo si può valutare come segue:
. si considera la condizione di progetto e si determina, con una trattazione opportuna,
il fattore di scorrimento e quindi il triangolo reale;
. a partire dallo scorrimento nominale si traccia la parallela alla Wθ∞
e l’estremo di tutti
2
~
i vettori V2 sarà su tale retta;
. quindi la distanza tangenziale tra la retta delle velocità V2 nominale e tale parallela
fornisce lo scorrimento alle differenti portate;
ed allora la correzione di slip alle varie portate sarà:
!#
"
δVθslip
Q
2
U2 1 −
∆Vθ = 1 −
QN
U2
mentre tra ingresso e uscita del diffusore possiamo ipotizzare flusso a vortice libero con
α2 = α3 visto che le particelle descrivono una spirale archimedea:
∆Vθ3 = ∆Vθ2
R2
R3
e quindi la correzione è:
0
∆p
U22
Q 2
= ζdif f
1−
ρ̄ dif f
2
QN
1−
δVθslip
2
U2
!2 R2
R3
2
e la curva delle prevalenze reali ha una distanza verticale costante da quella ideale;
4.6. CALCOLO DELLE CURVE REALI
Figura 4.11. Perdite per urti nel diffusore:
95
δVθslip
2
U2
= cost.
◦ altra possibilità è considerare il coefficiente di Pfleiderer costante con una differenza tra le
prevalenze che diminuisce con l’aumentare della portata:
0
gH∞
= (1 + Cp ) gHz0
e il ∆Vθ2 alle varie portate si trova nella seguente maniera:
. si considera ancora il triangolo di velocità in condizioni nominali con la correzione di
scorrimento opportuna;
U2
. sulla velocità U2 si stacca il vettore 1+C
individuando il punto B che corrisponde
p
~2 per portata nulla;
all’estremo del vettore V
~2 in condizioni di
. si individua il punto A che corrisponde all’estremo del vettore V
prevalenza nulla e si traccia la retta per AB;
~2 si troveranno su tale retta e quindi la distanza dal prolunga. gli estremi del vettore V
∞
mento del vettore w
~ 2 è lo scorrimento cercato;
Calcolato lo scorrimento come
Q
1
∆Vθ2 = 1 −
U2
QN
1 + Cp
e ipotizzato ancora un vortice libero tra le sezioni 2 e 3
∆Vθ3 = ∆Vθ2
R2
R3
e quindi la correzione è:
0
2 2
U22
Q 2
1
∆p
R2
= ζdif f
1−
ρ̄ dif f
2
QN
1 + Cp
R3
Per il diffusore liscio vi sono perdite per attrito che dipendono dalla traiettoria delle particelle: visto
che essa è più lunga a portate inferiori tale aliquota di perdite è inversamente proporzionale alla
portata.
4.6.2. Curve caratteristiche reali e rendimento idraulico delle pompe. Le curve caratteristiche reali delle pompe avranno pertanto una diversa espressione a seconda delle ipotesi assunte
sul rendimento dei palettaggi. Nei due casi limiti da noi esaminati nella stime delle perdite per urto,
siottienee quindi nel caso in cui
∆Vθslip
2
U2
= cost.:


"
#
0
0
0
slip
δV
∆p
∆p
 ∆p

0
gH 0 = gH∞
− U22 θ2
−
+
+

urto
urto
U2
ρ̄ attr
ρ̄
ρ̄
girante
dif f usore
e nel caso in cui Cp = cost.:
96
4. STUDIO DELLE POMPE
Figura 4.12. Perdite nel diffusore per Cp = cost.
Figura 4.13. Curve reali nel caso
∆Vθslip
2
U2
= cost.


0
gH∞
∆p0
∆p0
 ∆p0

+
+
−
gH 0 =

urto
urto
1 + Cp
ρ̄ attr
ρ̄
ρ̄
girante
dif f usore
Figura 4.14. Curve reali a Cp = cost.
Il rendimentoidraulicoo della pompa si otterrà infine tramite l’espressione:
ηidr =
H0
=1−
Hz0
P ∆p i
i
ρ
Hz0
4.7. CAVITAZIONE
97
4.7. Cavitazione
4.7.1. Fenomenologia. Una particella fluida è composta da: liquido, gas disciolti, vapore del
liquido disciolto.
La pressione parziale pG dei gas e la pressione parziale pV del vapore (denominata tensione di
vapore) disciolti nel liquido sono funzioni principalmente della temperatura e ovviamente del tipo di
liquido e di gas disciolto.
A parità di pressione totale, la pressione statica della particella diminuisce laddove la sua velocità
aumenta come ad esempio accade sul lato in pressione delle pale di una girante di pompa.
Se la pressione statica del fluido diviene inferiore a quella della tensione di vapore del liquido
o diella pressione parziale dei gas disciolti (p < pV o pG ) allora vapore e gas possono evaporare
localmente formando micro-bolle e dando origine cosı̀ ad un flusso bifase.
Man mano che la velocità sul dorso della pala diminuisce, la pressione statica riaumenta e questo
comporta l’implosione dei vapori e gas che tornano in soluzione (monofase).
I principali effetti della cavitazione sono:
◦ Rumore e vibrazioni
Sono causate dall’implosione delle micro bolle. Rumore e vibrazioni possono però essere
anche causate da pale con elevati angolo di attacco del flusso all’ingresso in condizioni di
fuori progetto. E’ bene perciò non confondere le diverse cause;
◦ Caduta della curva caratteristica H-Q e del rendimento: In funzione del numero specifico
di giri della girante si hanno diverse conseguenze sulla curva caratteristica della pompa
(Fig. 4.15). In particolare se:
. ns < 1500 (pompe radiali) allora si ha un’improvvisa caduta della prevalenza ad una
certa portata che dipende dal numero di giri e dalla pressione totale all’aspirazione
della girante; in tal caso i canali interpalari sono lunghi e stretti, e la condizione
di cavitazione iniziata sul lato in depressione riesce ad estendersi attraverso l’intera
sezione di passaggio del canale; questo determina una parziale occlusione del canale
con conseguente crollo della prevalenza elaborata dalla girante;
. 1500 < ns < 5000 (pompe miste) la caduta della prevalenza è più graduale ma ancora
apprezzabile; in tal caso i canali interpalari sono più corti e larghi; per poter estendere
la condizione di cavitazione a tuuta la sezione di passaggio bisogna far defluire una
portata maggiore rispetto a quella da una pompa radiale;
. ns > 5000 (pompe assiali) la caduta della prevalenza non è più apprezzabile; i canali
interpalari sono pochi, corti e larghi; questo determina una bassa sovrapposizione fra
due canali consecutivi; anche ad elevate portate la zona di flusso bifase determinata
dalla cavitazione non riesce mai ad invadere l’intero canale e quindi si riesce ad ottenere
soddisfacenti prestazioni della pompa anche in regime di cavitazione sviluppata.
Figura 4.15. Effetto della cavitazione per ns differenti
◦ Azione meccanica di martellamento delle pale e eventuale rottura per corrosione e/o fatica
del metallo: durante l’implosione le bolle presenti sulla parete della pala, esercitano un
martellamento della superficie ad alta frequenza (600-25000 Hz) e ad elevatissime pressioni
(300 e 1000 atmosfere). Se le bolle si formano sulla superficie della pala, si possono creare
98
4. STUDIO DELLE POMPE
cricche.Un parametro importante è il rapporto fra le dimensioni della bolla e le micro
porosità della superficie. La penetrazione delle micro bolle nelle micro porosità è facilitata
quando la cavitazione si sviluppa a bassa frequenza.
4.7.2. Teoria della cavitazione. Vediamo da quali parametri dipende la condizione di incipiente cavitazione. La conservazione dell’energia meccanica (Teorema di Bernoulli per flussi incompressibili) fra la sezione A nel serbatoio del liquido e la sezione S all’aspirazione della girante
(Fig. 4.16) ci permette di scrivere il bilancio:
V2
V2
pA
pS
∆p0
+ gzA + A =
+ S + gzs +
ρ
2
ρ
2
ρ loss
Figura 4.16. Schema del circuito all’aspirazione della pompa
Ed inoltre tra la sezione S e la sezione dove si registra la minima pressione statica nel canale
palare:
pS
W2
pmin
=
− λw 1
ρ
ρ
2
(4.3)
dove
λw = 0.2 − 0.4
La relazione diretta tra le condizioni nel serbatoio ed il punto di minima pressione si ottiene
eliminando ps dalle due espressioni e :
pA VA2
∆p0
pmin VS2
W2
0
+
− gh = gHA − gzS =
+
+
+ λw 1
ρ
2
ρ loss
ρ
2
2
dove VS = AQS e h = zs − zA .
La condizione di cavitazione è definita dalla diseguaglianza:
pmin ≤ pV (T ) + pG (T )
dove la condizione di incipiente cavitazione si verifica quando nella vale il segno di eguaglianza. In
tal caso possiamo sostituire l’espressione di pmin nella per ottenere che:
pA VA2
0
+
− gh = gHA
− gzS =
ρ
2
∆p0
ρ
pV (T ) + pG (T ) 1
+
+
ρ
2
loss
Q
AS
2
+ λw
W12
2
Questa espressione rappresenta un vincolo al quale devono sottostare tutte le grandezze onde far
preservare le condizioni di incipiente cavitazione, ovvero se una grandezza aumenta si deve verificare
un simultaneo aggiustamento delle altre onde prevenire il manifestarsi della cavitazione.
Fra le principali situazioni che possono essere di interesse citiamo i casi di:
4.7. CAVITAZIONE
99
◦ Una diminuzione di pA nei serbatoi di propellente liquido (dovuta ad un funzionamento in
quota con pA = patm , oppure con serbatoi sottovuoto) come pure un progetto dei condotti di
alimentazione della pompa non ottimale che determini elevate perdite di pressione implicano
una riduzione della portata smaltibile, oppure una diminuzione di W1 il che vuol dire, a
parità di V1 , una minor U1 = ωR1 , ovvero una ridotta velocità angolare ω od un diametro
all’aspirazione R1 più piccolo;
◦ Un’aumento di temperatura produce un’aumento della pV che provoca effetti analoghi
all’abbassamento di pA ;
◦ L’uso di un propellente ad elevata densità consente portate o W1 più elevate; idrocarburi
sono perciò più facilmente gestibili di LOX che a sua volta è meno gravoso dell’ LH2;
◦ Propellenti con bassa tensione di vapore sono preferibili;
◦ Un disegno fluidodinamico del canale della girante che minimizzi il coefficienteλw è auspicabile in quanto, a parità di altre condizioni, consente di operare con una W1 più
elevata.
◦ presenza di gas disciolti aumenta pG , che provoca effetti analoghi all’abbassamento di pA ;
però i vari gas disciolti non evaporano tutti alla stessa pressione di vapore, e quindi il loro
effetto è ripartito su un campo di pressioni ampio e non è concentrato ad una sola pressione.
E’ quindi complessivamente meno gravoso.
4.7.3. Il Net Positive Suction Head. In letteratura si è introdotto un parametro capace
di qua.jpgicare le prestazioni della pompa e/o dell’impianto di alimentazione della pompa nei confronti della cavitazione: tale parametro è denominato Net Positive Suction Head (altezza netta
all’aspirazione) ed è definito dalla espressione:
(4.4)
N P SH :=
V2
pS
+ S
ρ
2
−
pV + pG
ρ
=
p0S
pV (T ) + pG (T )
−
ρ
ρ
Si possono fare delle prove al banco in modo che la pompa funzioni a numero di giri N e pressione
all’aspirazione pS fissate. Dall’andamento delle curve caratteristiche H = f (Q, N, pS ) si ricavano i
punti di incipiente cavitazione che indicheremo con il simbolo *.
Le condizioni di incipiente cavitazione sono definte convenzionalmente nel punto della curva
caratteristica ottenuta per Q ed N costanti ed al variare (diminuire) della pressione all’aspirazione
in cui la prevalenza sviluppata dalla pompa raggiunge il 97% del suo valore nominale (Fig. 4.17).
Figura 4.17. N P SH critico
Si possono pertanto costruire le curve di N P SH = f (Q∗, N, pS ) come:
N P SHpompa =
pS
1 (Q∗ )2
+
ρ
2 A2S
!
−
pV + pG
ρ
Inoltre, si può caratterizzare il comportamento della pompa nei confronti della cavitazione
tracciando le curve di N P SH(Q, N ) (Fig. 4.18).
100
4. STUDIO DELLE POMPE
Figura 4.18. N P SH in funzione di Q e N
Una volta caratterizzata la pompa si devono determinare le prestazioni dell’impianto di alimentazione. Combinando l’equazione di conservazione dell’energia meccanica con la definizione di NPSH,
si ottiene che:
V2
V2
pS
pA
+ S =
− g(zs − zA ) + A −
ρ
2
ρ
2
∆p0
ρ
= N P SH +
loss
pV + pG
ρ
da cui si può ricavare che l’NPSH dell’impianto vale:
N P SHimpianto
pA VA2
=
+
− gh −
ρ
2
∆p0
ρ
−
loss
pV + pG
ρ
Pertanto la condizione per far funzionare la pompa in assenza del pericolo della cavitazione è :
N P SHimpianto ≥ N P SHpompa
4.7.4. Similitudine in cavitazione. Il NPSH non è un parametro adimensionale. In letteratura si sono utilizzati il parametro di Thoma σ e il numero di giri specifico all’aspirazione NSS
definiti come:
N P SH
g∆ [H0 ]
σ=
e
NSS = N
√
Q
3
(N P SH) /4
I due parametri sono legati fra loro dalla relazione:
σ=
NS
NSS
1,333
I parametri di similitudine possono risolvere il problema di estrapolare le curve di N P SH(Q, N )
note per una macchina che ha un certo diametro caratteristico D1 e che ruota al numero di giri N1
a macchine aventi diverso diametro e rotanti a diversi giri.
Se il funzionamento della macchina prototipo e delle altre macchine in esame rispetta le condizioni
di similitudine geometrica e fluidodinamica, allora entrambe le machine avranno gli stessi valori di
σ e NSS . Se inoltre si troveranno in condizioni di incipiente cavitazione caratterizzate dallo stesso
valore del parametro di Thoma, allora si avrà :
4.7. CAVITAZIONE
101
(N P SH)1
(N P SH)2
=
gH10
gH20
Q1
Q2
ϕ1 = ϕ2 →
=
3
N1 D1
N2 D23
σ1 = σ2 →
ψ1 = ψ2 →
gH20
gH10
=
N12 D12
N22 D22
Da cui se si vuole valutare l’effetto del diverso numero di giri si ha:
N2
N1
2
D2
D1
2
(N P SH)2 [Q2 ] = (N P SH)1 [Q1 ]
con
N1
N2
Mentre l’effetto del diverso diametro comporta che:
Q2 = Q1
(N P SH)2 [Q2 ] = (N P SH)1 [Q1 ]
con
D1 3
Q2 = Q1
D2
Il numero di giri specifico all’aspirazione è un parametro di similitudine più utilizzato di recente
e serve a caratterizzare immediatamente il tipo di pompa nei confronti delle sue prestazioni in
condizione di incipiente cavitazione. Ad esempio un valore di NSS di 10,000 prevede una pompa
senza inducer, mentre per ottenere NSS dell’ordine dei 100,000 è indispensabile aggiungere l’inducer
in serie alla girante centrifuga. Un ulteriore problema che può essere facilmente risolto con l’ausilio
del NSS è quello di determinare il massimo numero di giri per una pompa con un dato NSS e che
debba operare alla portata QN in un’impianto che fornisce un certo N P SHi . In tal caso si ha che:
Nmax =
NSS
q
4
(N P SH)3i
√
QN
4.7.5. L’effetto TSH (Thermodynamic Suppression Head). Quando la pressione statica
locale scende sotto la tensione di vapore, il liquido evapora formando vapore. Il processo di evaporazione richiede una quantità di calore che viene sottratta alla fase liquida della particella fluida
provocando un’abbassamento della temperatura della particella stessa. Ma la tensione di vapore è
anch’essa funzione della temperatura e quindi il confronto fra pressione statica e tensione di vapore
deve essere effettuato tenendo in debito conto questa dipendenza.
Si può osservare che l’abbassamento di tensione di vapore dovuto all’evaporazione si può qua.jpgicare
come segue:
(4.5)
∆pvap ≈ ∆T
dpvap
xvap hg dpvap
=
dT
cpliq dT
ed inoltre, per l’equazione di Clapeyron, vale la:
(4.6)
dpvap
pvap hg
≈
dT
Rvap T 2
102
4. STUDIO DELLE POMPE
dove xvap è la frazione molare di vapore nella miscela, hg è il calore latente di evaporazione, cp,liq è
il calore specifico del liquido, Rvap = R/wvap è la costante del vapore e wvap è il peso molecolare del
vapore e R è la costante universale dei gas. Con queste posizioni, l’abbassamento percentuale della
pressione di vapore in funzione della percentuale di vapore presente vale:
∆pvap
=
pvap
"
2 hg
cpliq T
cpliq
Rvap
#
xvap = K
Questo comporta che:
(N P SH)
2
Vm
2g
(N P SH)
2
Vm
2g
(N P SH)
2
Vm
2g
≈3
nel caso di H2O
≈2
nel caso di LOX
≈1
nel caso di LH2
Che indica che l’idrogeno liquido gode del più elevato TSH, ovvero che a parità di velocità
meridiana richiede il minimo NPSH.
4.7.6. Relazione fra NPSH e angolo di ingresso delle pale. Nella progettazione degli induttori si tiene conto che questi sono organi anticavitazione. Si utilizza anche qui analisi
adimensionale. U è la velocità più elevata, nelle pompe assiali al tip
τ=
p0S −pV
ρ
U2
2
Ut = −ωRT ip
ψ1 η = F (ϕ, τ, disegno)
τ = F (ϕ, disegno)
E’ una funzione definita sperimentalmente per vari tipi di pompa.
Se lavoriamo con delle Ut elevate, data
pos − pV →
deve essere
τmin ↓
Numero di pale deve essere basso e quindi le pale hanno un forte ricoprimento l’una contro l’altra.
Questo perchè lavorano in condizioni di incipiente cavitazione.
L’uso degli induttori ci permette di lavorare a ω più elevato e a diminuire la pressione nei serbatoi,
tutte caratteristiche che ci servono.
τmin
sin ϑ
=f
ϕ
1 + cos ϑ
4.8. RELAZIONE FRA NUMERO DI GIRI SPECIFICO E GEOMETRIA DELLA POMPA
103
4.8. Relazione fra numero di giri specifico e geometria della pompa
Dalla definizione di cifra di flusso e di portata si possono ricavare la portata e la prevalenza in
funzione del diametro D2 e dello spessore del canale b2 allo scarico della girante
gH 0 = ψ2 U22
Q = ϕ2 U2 πD2 b2
Dalla definizione di numero di giri specifico kq :
kq :=
√
ω Q
3
(gH 0 ) 4
si può ricavare la:
kq :=
√
ω ϕ2 U2 πD2 b2
3
√
√
√
ϕ2
b2
= 2 π√
D2 (ψ2 ) 34
(ψ2 U22 ) 4
che mostra esplicitamente come valori bassi di kq si ottengono per valori bassi di cifra di flusso, alti di
cifra di pressione e per bassi rapporti fra b2 e D2 (macchine a flusso radiale) e viceversa ((macchine
a flusso assiale).
Estendendo l’analisi alle condizioni all’aspirazione si trova che le relazioni:
ϕ1 =
V1e
U1e
U1e = U2
D2
D1e
consentono di scrivere la portata come:
2 − D2 )
π(D1e
π 2
D2
D2 π 2
D2
1i
= ϕ1 U1e D1e
(1 − 21i ) = ϕ1 U2
D1e (1 − 21i )
4
4
D1e 4
D1e
D1e
e infine la velocità specifica come:
Q = V1e
r
2 (1 −
ω ϕ1 U2 DD1e2 π4 D1e
kq :=
2
D1i
2 )
D1e
√
s
D1e
D2
3 s
√
ϕ1
D2
(1 − 21i )
D1e (ψ2 ) 34
= π
3
(ψ2 U22 ) 4
Esplicitando questa relazione rispetto al rapporto tra diametro max all’aspirazione e diametro
allo scarcio della girante di ha:
(4.7)
D1e
1
= √
3
D2
π
kq
1 − ν2
2 √
3
ψ2
√
3 ϕ
1
dove:
D1i
D1e
Dalla relazione (4.7) si ricava che il rapporto D1e /D2 è tanto maggiore quanto più è alta la
velocità specifica e la cifra di pressione e più bassa la cifra di flusso. Inoltre tanto maggiore è il
prolungamento del bordo d’attacco verso l’aspirazione (piccolo ν < 1) tanto maggiore diventa il
rapporto D1e /D2 . Il rapporto ottimale fra D1e e D2 potrà essere identificato come illustrato nella
sezione che segue.
ν=
104
4. STUDIO DELLE POMPE
4.9. Progettazione del bordo di attacco
Per la determinazione del bordo di ingresso delle palette della girante si possono seguire due
strategie differenti:
◦ minimizzazione delle perdite per urto;
◦ minimizzazione del fattore N P SH per essere il più lontani possibile dalle condizioni di
cavitazione.
4.9.1. Determinazione del bordo di attacco che minimizza le perdite. Sotto l’ipotesi
che siamo fuori dalle condizioni di cavitazione, si può trovare quel valore del diametro esterno D1e
che rende minimi gli urti; la portata in ingresso è:
Q = π R12e − R12i V1
mentre dal triangolo di velocità nel caso di prerotazione nulla la portata, con la velocità meridiana
V1 costante, si ricava la portata in funzione delle relativa e di rotazione:
q 2
Q = π R12e − R12i
W1e − ω 2 R12e
ma le perdite d’urto sono proporzionali alla velocità W1e (che tra l’altro è la più grande nell’intervallo
R1i < R < R1e ); possiamo:
◦ minimizzare, a parità di portata Q, la velocità W1e e ottenere quindi la condizione di ottimo
in termini di R1e ;
◦ massimizzare, a parità di W1e , la portata Q trovando quindi ancora la condizione di ottimo
in termini di R1e che ancora minimizza le perdite d’urto.
Considerando questa seconda possibilità, definiamo il rapporto
ν=
R1i
R1e
Si può dimostrare che il valore della cifra di flusso che massimizza la portata Q a W1e = cost
vale:
r
V1e
1
ott
ϕ1 :=
=
(1 − ν 2 )
U1e
2
e l’angolo di attacco della pala all’ingresso esterno:
β1 = tan−1 ϕott
1
che, per 0.3 ≤ ν ≤ 0.5 e 0.614 ≤ ϕ ≤ 0.674, va da un valore di 31 a 34 gradi. Dalla definizione della
cifra di flusso:
V1,e,ott
Q
1
ϕott
= 2
1 [ν] =
ott
U1,e,ott
ωR
ott
1,e
π R1,e
(1 − ν 2 )
si ricava il valore ottimale del raggio:
4.9. PROGETTAZIONE DEL BORDO DI ATTACCO
s
(4.8)
ott
R1,e
=
105
Q
3
πϕott
1 [ν]ω (1
− ν 2)
e da qui il valore del raggio interno11
ott
ott
R1,i
= νR1,e
Il valore ottimale del rapporto D1e /D2 si può quindi ricavare inserendo nella relazione (4.7) i
valori ottimali di ϕott
1 per assegnati ν, ψ2 e kq .
4.9.2. Progettazione del bordo di attacco per minimo N P SH. Dalla definizione di
N P SH, Eq. (4.4, sostituendo alla pressione totale la sua definizione e dalla pressione minima il
legame con la pressione all’aspirazione, Eq. (4.3), si ha:
N P SH =
V12
W2
+ λw 1
2
2
Esprimendo la portata come:
(4.9)
Q = ϕ1e U1e πR12e 1 − ν 2
e dal triangolo di velocità del bordo esterno
W12 = U1e 1 + ϕ21e
si trova
N P SH =
U12 2
ϕ1e (λw + 1) + λw
2
Si può definire il parametro di cavitazione (analogo a N P SH):
√
ω Q
Kcav = q
4
(N P SH)3
e sostituendo
πϕ1e 1 − ν 2
2
Kcav
= 1
2 (λ + 1) + λ
ϕ
w
w
1
2
e
si può massimizzarlo rispetto a ϕ
2
∂ Kcav
=0
∂ϕ1e
per avere il minimo valore di N P SH. Si trova
s
λw
ϕott
1e =
2 (1 + λw )
3
2
che per i normali valori di λw (0.2 ÷ 0.4) vale 0.289 ÷ 0.375 fornendo un valore di β1 compreso
nell’intervallo 16 ÷ 21 che è più restrittivo rispetto al caso precedente: occorre infatti in questo caso
minimizzare non solo la velocità relativa ma anche quella assoluta e quindi gli angoli possibili di
deviazione sono inferiori. Il valore minimo di N P SH è
3
N P SH min = λw ω 2 R12e
4
Questa relazione indica quali siano le opzioni di disegno capaci di minimizzare l’NPSH, ovvero
di incrementare le prestazioni anticavitative della pompa, ossia:
◦ diminuire λw , che sottolinea l’importanza del disegno fluidodinamico della girante;
11Nel caso in cui si abbia R < R
1,i
1,e il bordo di viene detto bordo di attacco prolungato all’aspirazione.
106
4. STUDIO DELLE POMPE
◦ diminuire la velocità di rotazione della girante; tale soluzione confligge però con la necessità
di accoppiare la girante della pompa con quella della turbina senza l’impiego di riduttori di
velocità;
◦ diminuire il raggio esterno all’aspirazione della girante.
Inserendo il valore ottimo della cifra di flusso nella (4.9) possiamo ricavare il raggio ottimo
esterno:
s
(4.10)
R1ott
e
=
Q
πϕott
1e ω (1
− ν 2)
Confrontando le due soluzioni ottime (4.8) e (4.10) si ricava:
s
urti (ν)
R1cav
3 ϕ1
e
=
ϕcav
R1urti
1 (λw )
e
Tale rapporto è sempre maggiore di uno poichè ν e λw sono sempre minori di 1.
4.10. Perdite di portata attraverso le tenute
Scopo delle tenute è limitare, attraverso una serie di labirinti che determinano elevate perdite di
carico, le portate di ricircolo del fluido che tende a muoversi da zone a pressione maggiore verso zone
a pressione minore; considerando una geometria semplice (un condotto a sezione costante, Fig. 4.19)
possiamo, una volta risolto il campo potenziale, schematizzare le perdite del flusso attraverso:
(1) una perdita all’imbocco proporzionale alla pressione dinamica di riferimento; possiamo
quindi scrivere l’equazione di Bernoulli a cui sommiamo le perdite di pressione totale:
pA − p1
V2
V2
=
+ β1
ρ̄
2
2
dove V = Q/A e la sezione di passaggio A è calcolata come:
a 2 a 2
A=π R+
− R−
= 2πRa
2
2
(2) una perdita nel condotto proporzionale, attraverso il coefficiente di attrito λ funzione
(Fig. 4.10) del numero di Reynolds riferito alla velocità assoluta ReV = Didr V /ν e del
numero di Reynolds riferito alla velocità di trascinamento ReU = Didr U/ν, al rapporto tra
la lunghezza e il diametro idraulico (a sua volta proporzionale allo spessore del meato a):
Didr =
4A
= 2a
2p
poichè il perimetro bagnato 2p vale:
h
a a i
2p = 2π R +
− R−
= 4πR
2
2
e infine al quadrato della velocità di riferimento
` V2
p1 − p2
= λ[ReV ; ReU ]
ρ̄
Didr 2
(3) una perdita in uscita sempre proporzionale alla pressione dinamica di riferimento
p2 − pB
V2
V2
=
+ β2
ρ̄
2
2
4.11. CARICHI RADIALI E ASSIALI NELLE TURBOPOMPE
107
Figura 4.19.
Figura 4.20.
Le perdite totali saranno quindi:
pA − pB
V 2 λ`
1 V2
1 Q 2
=
+ (β1 + β2 ) = 2
= 2
ρ̄
2 Didr
µ 2
µ
A
con
µ= q
1
λ`
Didr
+ (β1 + β2 )
da cui possiamo ricavare la velocità di deflusso
s
V =µ
2∆p
ρ̄
e la portata persa
s
Q = µA
2∆p
ρ̄
che risulta proporzionale:
◦ alla “conduttanza” fornita dal circuito idraulico: geometrie più complesse abbassano la
portata persa;
◦ alla sezione di passaggio: conviene quindi lavorare con meati sottili (compatibilmente con
le tolleranze di lavorazione e le dilatazioni termiche);
◦ al gradiente di pressione: portate minori si hanno se si riesce ad avere camere a pressioni
intermedie.
Una volta stimate tutte le portate perse, si potrà valutare il rendimento volumetrico con la definizione:
Q
P
ηvol =
Q + i Qloss
4.11. Carichi radiali e assiali nelle turbopompe
In una turbopompa, l’azione del fluido sulle giranti di pompe e turbine, in termini di variazioni di
quantità di moto e di risultante delle distribuzioni di pressioni sulle superfici delle giranti, si traduce,
in virtù del principio di conservazione della quantità di moto, in una spinta non nulla che insiste
108
4. STUDIO DELLE POMPE
sull’albero che collega le giranti. In particolare, la spinta può essere decomposta in una componente
radiale ed una assiale rispetto all’albero della turbopompa. Vediamo nelle due sezioni che seguono
quali sono le origini di queste componenti di spinta e come il progetto della turbopompa deve essere
concepito in modo da minimizzare l’impatto di tale spinta.
4.11.1. Bilanciamento carichi radiali nella voluta a sezione circolare. In condizioni di
progetto è stato visto come la voluta a sezione circolare sia l’unica ad avere il campo di pressioni
costante lungo θ; in condizioni fuori progetto però si ha la presenza di una distribuzione non uniforme
visto che la velocità Vg non è quella prevista.
Considerando il semplice caso di mandata nulla abbiamo che le condizioni al contorno all’inizio
della voluta e alla fine sono differenti:
◦ per θ = 0 la velocità Vg coincide con la componente tangenziale della velocità in uscita dal
diffusore
Vg (0) = Vθ3
e dunque diversa da zero;
◦ per θ = 2π per la continuità la velocità deve essere nulla
Vg (2π) = 0
e quindi, dividendo grossolanamente la girante in quadranti, verso l’uscita la velocità si annulla e la
pressione tende a quella totale: si ha un carico netto verso l’alto e quindi una sollecitazione a fatica
dell’albero. La risultante può essere graficamente individuata sul piano (θ, H) come l’area tratteggiata in blu tra la curva nominale e quella reale a portata inferiore a quella nominale. Per portata
superiore a quella nominale si ha un carico di segno opposto visto che la velocità va aumentando
mentre la pressione diminuisce. Una relazione empirica che ci fornisce il modulo di tale risultante
per tutte le condizioni è:
"
#
Q 2
F =k 1−
QN
che vede una proporzionalità quadratica con la portata.
Figura 4.21. Carichi laterali
4.11.2. Bilanciamento carichi assiali. In presenza di un flusso non nullo nella girante esiste
una spinta assiale: in virtù dei trafilaggi di fluido dietro il disco e dietro al controdisco esiste una
risultante in direzione x che dipende dalla portata visto che dalla portata dipende il salto di pressioni
realizzato. Possiamo scrivere il bilancio della quantità di moto in direzione assiale:
F = p̄d Ad + patm Aa − p̄cd Acd − p1 A1 − ṁVmi
dove p̄cd e p̄d sono le pressioni medie delle distribuzioni di pressione dei meati interessati. Considerando che la parte più lontana dall’asse presenta distribuzioni simmetriche e quindi equilibrata, la
risultante dipende fondamentalmente dalla differenza tra p1 e pd che, per portate non troppo elevate,
è negativa e quindi la spinta è diretta a sinistra; quando la prevalenza giunge a zero allora la spinta
assiale può cambiare segno.
Con riferimento a Fig. 4.22, per il calcolo della distribuzione di pressione pc possiamo ipotizzare:
4.11. CARICHI RADIALI E ASSIALI NELLE TURBOPOMPE
109
Figura 4.22. Distribuzione di pressione per impeller senza foro di comunicazione.
◦ che le tenute siano tali da portare le portate di fuga a zero: il fluido quindi si mette in
rotazione come un corpo rigido con una velocità angolare ωf
ωd
ωf =
2
come visto nel paragrafo 4.6.1.1;
◦ oppure che si abbia una portata non nulla: per i nostri scopi possiamo adottare l’ipotesi
di Pfleiderer che, anziché considerare il bilancio di momento di quantità di moto, considera
che il fluido sia ad una velocità di rotazione maggiore di quella del paragrafo 4.6.1.1:
0.8ωg < ωf < ωg
e in ogni caso avremo una distribuzione di pressione di vortice forzato:
p (R) = ρ̄
ωf2
2
R2 + cost.
con la condizione al contorno
p (R2 ) = p2 = ρ̄
ωf2
2
R22 + cost.
e quindi
p (R) = p2 − ρ̄
ωf2
2
R22 − R2
da cui la pressione media
Z
R2
p (R) 2πRdR = p2 (Q) − ρ̄
p̄ =
R1
ωf2
4
R22 − R12
Per il dimensionamento è necessario considerare il valore massimo di p2 che si raggiunge per mandata
nulla (Q = 0)
p2 − p1
= U22
ρ̄
che fornisce la massima spinta negativa.
Un possibile rimedio alla spinta assiale la creazione di camere stagne dietro al disco che, essendo
in comunicazione con l’imbocco della girante, siano a pressione p1 e quindi limitino al massimo il
tratto ove si risente della differenza pd − p1 (Fig. 4.22). In tale tratto si risente infatti sia della
presenza del foro che della pressione atmosferica:
p (R) = p1 + ρ̄
ωf2
2
R2 − Rf2
con una pressione media:
p̄ = p1 + ρ̄
ωf2
4
Rt2 + Ra2 − 2Rf2
110
4. STUDIO DELLE POMPE
e, imponendo ad una certa portata che sia pari alla pressione p1 si trova la posizione del foro
r
Rt2 + Ra2
Rf =
2
la risultante:
F = (pd − p1 ) A0 − (p1 − patm ) Aa − ṁV1i
risulta la minima in condizioni nominali.
Figura 4.23. Distribuzione di pressione per impeller con foro di comunicazione.
4.12. Esempio: calcolo delle prestazioni di una pompa centrifuga
4.12.1. Le prestazioni di riferimento della girante. La girante in esame, di tipo centrifugo (con variazione del raggio medio tra la sezione di ingresso e quella di uscita), ha le seguenti
caratteristiche:
Geometria
Raggio interno aspirazione
R0h = 68.3 mm
Raggio esterno aspirazione
R0t = 93.9 mm
Raggio interno ingresso
R1h = 74.6 mm
Raggio esterno ingresso
R1t = 93.9 mm
Raggio interno ed esterno uscita R2h = R2t = 139 mm
Prestazioni
3
Portata di progetto
ṁD = 191.4 ms
Salto di pressione nominale
∆pd = 112.4 atm
Numero di giri nominale
RP M = 12000
Fluido
Tipo di fluido
Ossigeno liquido
La girante, visibile in una vista frontale nella tavola 1, è una girante radiale (il bordo di uscita
è parallelo all’asse di rotazione) con bordo prolungato all’aspirazione visto che i raggi R del
disco e del controdisco non sono i medesimi: da una semplice analisi si deduce immediatamente che
le linee di corrente, subendo accelerazioni differenti perchè a differente distanza dall’asse, forniranno
un profilo di velocità non uniforme all’uscita con conseguente presenza di flussi secondari importanti
(che però con l’analisi 1-D qui presentata non possono essere evidenziati).
Nel piano meridiano la potenza associata al filetto fluido in uscita la possiamo scrivere come:
1 dP
= ∆ [U Vθ (z)] = U22 − U2 wθ2 (z)
ρ̄ dQ
ma la portata per unità di lunghezza e la velocità meridiano potranno essere espresse dalle
dQ = Vm (z) (πD2 dz)
wθ2 =
Vm2
tan β2
4.12. ESEMPIO: CALCOLO DELLE PRESTAZIONI DI UNA POMPA CENTRIFUGA
111
e sostituendo nella I relazione e integrando dP tra il valore 0 e la larghezza del canale b si ha
Z b
Z b
Z
Z b 2
Vm2
Vm2 (z)
1 b
2
2
U2 − U2
dP =
πD2 Vm (z) dz = U2 πD2 U2
Vm2 dz −
dz
ρ̄ 0
tan β2
0
0
0 tan β
e reintroducendo la portata
Z
Q = πD2
b
Vm dz
0
si ha:
Rb
P
U2 0 Vm2 dz
2
= U2 −
R
ρ̄Q
tan β2 b Vm dz
0
che ritorna all’espressione derivante dall’equazione di Eulero
P
U2 Vm2
= U22 −
ρ̄Q
tan β2
solo nel caso in cui il profilo di velocità sia proprio un profilo uniforme.
L’utilizzo nell’esempio dell’ossigeno liquido elimina i problemi legati alla comprimibilità ; nel
caso si fosse fatto uso di idrogeno liquido la densità sarebbe stata funzione della pressione e della
temperatura secondo delle relazioni semiempiriche del tipo:
p−p̄
−α(T −T̄ )
ρ = ρ̄e β
con β e α costanti valide in un intorno di p̄, T̄ .
Per il disegno della pala si considera un arco di cerchio il cui centro si individua con il seguente
algoritmo:
(1) si considerano i due cerchi di raggio (medio nel nostro caso) R1 e R2 che delimitano la pala;
(2) a partire da una direzione di riferimento, si traccia un angolo di apertura β1 + β2 ;
(3) individuato B, si traccia, rispetto al raggio corrispondente, una retta inclinata β2 rispetto
al raggio;
(4) l’intersezione dell’asse di AB con tale retta fornisce il centro C cercato.
4.12.2. Test eseguiti sul programma.
112
4. STUDIO DELLE POMPE
Figura 4.24. Disegno di assieme della girante e dei canali palari
4.12.3. Calcolo delle prestazioni di riferimento. Con le caratteristiche sopra presentate
ed inoltre
ps = 1 atm α1 = 90◦ β1 = 13◦ β2 = 25◦
4.12. ESEMPIO: CALCOLO DELLE PRESTAZIONI DI UNA POMPA CENTRIFUGA
113
si possono trovare, a diversi RPM, il salto di pressione e la potenza assorbita (prestazioni che
saranno poi di riferimento per tutti i test successivi) sotto le ipotesi che12
(1) il rendimento di progetto di una girante sia una funzione del numero di giri specifico (ricavata
in base all’analisi di un numero elevato di pompe differenti)
d
ηidr
= 0.41989 + 2.1524Ns − 3.1434Ns2 + 1.5673Ns3
per Ns ≤ 0.8 oppure
d
ηidr
= 1.020 − .120Ns
per Ns > 0.8
Figura 4.25. Grafico delle funzione polinomiale relativa al rendimento η.
(2) il rapporto tra il rendimento in condizioni di progetto e fuori progetto sia una funzione della
portata non dimensionale
ηidr
ξ = d = 0.86387 + .3096F − .14086F 2 − .029265F 3
ηidr
(3) il numero di giri specifico all’aspirazione richiesto sia funzione della portata
req
Nss
= −.28607 + 4.14245F − 12.0967F 2 + 20.708F 3 − 15.42122F 4 + 3.9366F 5
(4) il fattore di scorrimento sia, in rapporto al suo valore di progetto, funzione anch’esso della
portata
σ
= 1.534988 − .6681668F + .077472F 2 + .0571508F 3
σd
Figura 4.26. Grafici delle funzioni polinomiali relative a ξ, NSS e σ.
e possiamo rilevare:
12Le funzioni sotto introdotte sono rappresentate nei grafici allegati.
114
4. STUDIO DELLE POMPE
◦ essendo le pale inclinate all’indietro (β2 < 90◦ ) la prevalenza decresce con la portata (le
perdite introdotte sono troppo piccole per influenzare la pendenza della curva);
◦ la potenza assorbita, sempre lo stesso motivo, è crescente in maniera meno che lineare.
◦ la velocità tangenziale in uscita (indicata nel grafico con CU 2) decresce all’aumentare della
portata (ed è proprio questo il fattore che determina la diminuzione di prevalenza) perchè
aumenta lo scorrimento (visibile nel grafico adiacente) all’uscita della girante.
Figura 4.27. Velocità tangenziale in uscita (indicata nel grafico con CU 2) decresce
all’aumentare della portata
4.12.4. Cavitazione. L’insorgere della cavitazione porta ad una variazione delle prestazioni
della girante: pur non potendo con il modello utilizzato ricavare le prestazioni della pompa (è necessaria la conoscenza del flusso all’interno della girante per sapere l’esatta distribuzioni di pressioni)
possiamo ricavare le coppie di punti (Q, N P SH), per un certo numero di giri, in cui si ha che la
pressione minima è pari o inferiore alla pressione di vapore saturo del liquido in oggetto (incipiente
cavitazione).
Si possono rappresentare, per ciascun numero di giri, tale coppie di valori al variare della pressione
in ingresso e della pressione di vapore saturo osservando:
◦ all’aumentare della portata, aumentando la velocità in ingresso e quindi la depressione
sulla pala, il valore di N P SH aumenta ossia anche con pressioni aspirazione superiori si ha
cavitazione;
◦ anche all’aumentare della pressione di vapore saturo il fenomeno si ripete;
◦ le curve tracciate dovrebbero mostrare anche che per RPM superiori NPSH deve essere
superiore (maggiore velocità relativa in ingresso) ma la discretizzazione dell’intervallo in un
numero basso (16) di portate esplorabili non permette di avere la risoluzione necessaria (da
qui anche la pendenza anomala a basse portate delle curve a RPM superiori).
Pressione di aspirazione (atm) 0.4
0.6
0.8
1.0
1.2
Pressione di vapore saturo
1000 5000 10000 50000 100000
Figura 4.28. NPSH al variare della pressione di aspirazione
4.12. ESEMPIO: CALCOLO DELLE PRESTAZIONI DI UNA POMPA CENTRIFUGA
115
Figura 4.29. NPSH al variare della pressione di vapore saturo
4.12.5. Variazione dell’inclinazione delle pale. Dall’equazione di Eulero per le turbomacchine, considerando la prerotazione nulla, la prevalenza sviluppata dalla girante è espressa
come:
Q
g∆H 0 = U2 Vθ2 = U22 − U2 wθ2 = U22 − U2
A2 tan β2
e quindi risulta funzione crescente con l’angolo β2 . Dal triangolo di velocità infatti
Figura 4.30. Nomenclatura per il triangolo delle velocità in uscita della girante.
si vede come all’aumentare dell’angolo si ha un aumento della componente tangenziale della velocità
e quindi, a parità di condizioni iniziali, una aumento di quantità di moto che si ripercuote, dall’equazione di Eulero, in energia totale. Altresı̀ però si ha un aumento del modulo della velocità e quindi
un maggior carico sulla voluta con le conseguenti perdite; i dati forniti non davano informazioni
sulla voluta e quindi le reali prestazioni della pompa non sono state appurate. Si può però immaginare che all’aumentare di β2 la prevalenza sviluppata abbia un andamento crescente decrescente in
virtù dell’esistenza, per un diffusore palettato, di una condizione di progetto che si verifica per una
certa portata ed una certa direzione del flusso in uscita dalla girante (ancora funzione di Q e di β2
appunto).
I valori utilizzati per β2 sono riportati sotto in tabella e gli andamenti rispecchiano le previsioni
fatte dato che:
◦ la prevalenza aumenta con β2 ;
◦ la potenza assorbita aumenta, e in particolare cambia la concavità , passando da pale
all’indietro a pale in avanti.
angoli β2 utilizzati 25!‘ 50!‘ 75!‘ 100!‘ 125!‘
4.12.6. Effetto dello swirl. Sempre dall’equazione di Eulero, in forma completa però :
g∆H 0 = U2 Vθ2 − U1 Vθ1
116
4. STUDIO DELLE POMPE
Figura 4.31. Effetto dell’angolo di uscita delle pale sulla potenza assorbita
Figura 4.32. Effetto dell’angolo di uscita delle pale sulla prevalenza
Figura 4.33. Curve caratteristiche della prevalenza a diversi numeri di giri
si vede come all’aumentata dell’angolo di ingresso α1 diminuisca Vθ1 e, per θ > 90◦ , cambi addirittura
segno; non stupisce allora il fatto che, all’aumentare di α1 , si abbia un aumento della prevalenza e
della potenza assorbita ma ancora una volta non si tiene conto delle perdite per urto che sono, a parità
di portata (quindi di velocità meridiana) superiori a quelle in condizioni nominali per l’aumento o
la diminuzione dell’incidenza rispetto al valore di progetto.
angoli α1 utilizzati 70!‘ 80!‘ 90!‘ 100!‘ 110!‘
Bibliografia
Figura 4.34. Curve caratteristiche della potenza assorbita a diversi numeri di giri
Figura 4.35. Curve caratteristiche adimensionali
Figura 4.36. Prevalenza al variare della pre-rotazione all’aspirazione
Bibliografia
[1] A.J. Stepanoff. Centrifugal and Axial Flow Pumps. Wiley, 2 edition, 1957.
117
118
4. STUDIO DELLE POMPE
Figura 4.37. Potenza assorbita al variare della pre-rotazione all’aspirazione
CAPITOLO 5
Studio delle Turbine
5.1. Analisi termodinamica dello stadio
Preso uno schema di principio come quello sotto mostrato: per la macchina nel suo complesso
possiamo adattare i concetti già visti quali:
◦ il lavoro estratto dal flusso è pari alla variazione di entalpia totale
2
Cp ∆ T 0
W
1
1
U 2 w2
Ev
Ev
V
−
=
+
−
−
=
=
∆ [U Vθ ] −
∆
ṁ
2
2
2
ṁ
Cp T00
Cp T00
Cp T00
Cp T00
◦ la definizione dei rendimento total-total e total-static
h0 − h2
ηts = 00
=
h0 − h2s
1 − TT20
0
γ−1
γ
1 − pp20
0
h0 − h02
ηtt = 00
=
h0 − h02s
T0
1 − T20
0
0 γ−1
γ
p2
1 − p0
0
◦ l’espressione del lavoro reale quindi
"
Wts =
ηts Cp T00
p2
p00
p02
p00
1−
"
Wtt = ηtt Cp T00 1 −
γ−1 #
γ
#
γ−1
γ
◦ la relazione tra la variazione di momento di quantità di moto e salto di pressione
γ−1
p2
1 ∆ [U Vθ ] γ
= 1−
ηts Cp T00
p00
γ−1
p02
1 ∆ [U Vθ ] γ
= 1−
ηtt Cp T00
p00
119
120
5. STUDIO DELLE TURBINE
◦ Per una politropica di indice n, e con rendimento politropico ηp =
rapporto delle temperature totali vale:
0 n−1
0 γ−1
0 γ−1
η
p2 n
p2 γ ∆S
T20
p2 γ p
=
=
=
e Cp
0
0
0
T0
p0
p0
p00
◦ il fattore di recupero
0 γ−1 ηp
γ
p2
1
−
ηtt
p00
Rtt =
= 0 γ−1 ηp
γ
p
ηp 1 − p20
γ n−1
γ−1 n ,
si ha che il
0
5.1.1. Analisi del condotto fisso. Essendo il condotto fisso si ha un lavoro estratto nullo e
quindi l’entalpia totale si conserva (sia nel caso isoentropico che nel caso reale):
V02
V2
V2
= h1 + 1 = h1s + 1s
2
2
2
da cui possiamo ricavare l’entalpia statica in entrambi i casi
h0 +
V12
2
V2
= h00 − 1s
2
h1 = h00 −
h1s
Figura 5.1. Piano entalpico per un condotto fisso
L’ipotesi fondamentale è che la velocità reale V1 sia proporzionale alla velocità isentropica V1s
secondo un fattore ϕ minore di uno1 (la trasformazione di energia termica in cinetica non è completa)
V1 = ϕV1s
e quindi
ϕ2 =
da cui
h00 − h1
h00 − h1s
V2
h1 = h00 − ϕ2 h00 − h1s = h00 − ϕ2 1s
2
Le perdite nello statore possono quindi essere legate a ϕ e alla velocità V1s :
V2
Rst = h1 − h1s = 1 − ϕ2 h00 − h1s = 1 − ϕ2 1s
2
1Valori tipici sono di 0.96 per condotti convergenti e 0.86 − 0.9 per condotti convergenti-divergenti.
5.1. ANALISI TERMODINAMICA DELLO STADIO
con
V1s
121
v
"
u
γ−1 #
u 2γ
p1 γ
=t
RT00 1 −
γ−1
p00
Per adimensionalizzare e quindi semplificare le analisi sperimentali le perdite si possono adimensionalizzare in differenti maniere:
◦ rispetto al salto entalpico ideale
Rst
= 1 − ϕ2
ζ= 0
h0 − h1s
◦ rispetto al salto reale
Rst
ζ
ζ
1 − ϕ2
=
=
=
ϕ2
1−ζ
ϕ2
h00 − h1
◦ introducendo in fattore di perdita, più facile da misurare sperimentalmente visto che
utilizza le pressioni
p0 − p02
p0 − p0
Y = 00
= 0 V21
p1 − p1
ρ1 1
ζ0 =
2
che quindi permette di ricavare il rapporto tra le pressioni totali
p1
1
+
Y
0
p1
p00
=
1+Y
p00
Si dimostra che:
! γ−1
γ
1+Y
p
1+Y 01
ζ=
1−γ
p1
p00
che nel caso di accelerazione nulla
p1
p00
p1 ζ
,
p00 ζ0
γ
−1
= 1 è
ζ0 =
−1
p0
1
1+Y
e che in un piano
vede le perdite attenuarsi con l’aumento dei rapporti di espansione e al
diminuire di Y (che tiene conto della fluidodinamica).
Figura 5.2. Perdite in relazione al rapporto di espansione
Il rendimento per gli ugelli può essere:
◦ isoentropico
ηis =
h0 − h1
V 2 − V02
= 12
h0 − h1s
V1s − V02
122
5. STUDIO DELLE TURBINE
◦ fluidodinamico
ηf l =
V12
h00 − h1
1
=
= ϕ2 = 1 − ζ =
0
2
1 + ζ0
h0 − h1s
V1s
legato al quadrato di ϕ.
5.1.2. Analisi del condotto rotante. In questo caso è invece la rotalpia totale relativa che si
conserva
∆ [IR ] = 0
e quindi è la medesima sia per lo stato 1, lo stato 2 e lo stato 2 isoentropico
w12 U12
w2 U 2
w2
U2
−
= h2 + 2 − 2 = h2s + 2s − 2
2
2
2
2
2
2
relazione che permette di ricavare la velocità relativa nel caso isoentropico:
s 2
U2
w12
U12
w2s = 2 h1 +
− h2s +
−
2
2
2
h1 +
che presenta un termine aggiuntivo dovuta alla forza centrifuga.
Figura 5.3. Piano entalpico per il condotto mobile
Ipotizzando ancora una proporzionalità tra la velocità nel caso ideale e reale:
w2 = ψw2s
si può calcolare l’entalpia reale
w12
U22 − U12
w12
U22 − U12
2
h2 =
h1 +
+
−ψ
h1 +
− h2s +
2
2
2
2
con le perdite nel rotore
w2
w12
2
− h2s = ζR 2s
Rrot = h2 − h2s = 1 − ψ
h1 +
2
2
introducendo ancora i fattori di perdita:2
ζR =
Rrot
Rrot
= 2 = 1 − ψ2
− h2s
w2s
h01
2Si ricorda che la pressione totale relativa viene definita come
p0r = p + ρ
w2
2
5.1. ANALISI TERMODINAMICA DELLO STADIO
123
Rrot
1
ζR
= 2 =
ψ
1 − ζR
− h2
0
ζR =
h01
Y =
p01r − p02r
p01r − p02r
=
w2
p02r − p2
ρ2 22
con Y che ha senso solo per macchine assiali in quanto per macchine mista la variazione di U 2 può far
invertire il segno al numeratore. Una volta note le prove sui condotti fissi, quindi nota Y , si può, con
l’uso della definizione per i condotti mobili, trovare la variazione di pressione totale e quindi trovare
le perdite per lo stadio rotante della turbina. I rendimenti per i condotti mobili sono sempre quello
isoentropico e fluidodinamico (quest’ultimo ancora legato al quadrato del fattore di proporzionalità
ψ)
w22 − w12 − U22 − U12
h1 − h2
=
ηis =
2 − w2 − U 2 − U 2
h1 − h2s
w2s
1
2
1
ηf l =
w22
h01 − h2
2
=
2 =ψ
h01 − h2s
w2s
5.1.3. Accoppiamento statore-rotore della turbina. Supponiamo note:
◦ la geometria dello stadio in termini di angoli αi (per lo statore) e βi (per il rotore) del
palettaggio;
~0 e γ;
◦ le condizioni del fluido in ingresso allo statore (distributore) come T0 , p0 , V
◦ il punto di funzionamento della turbina conoscendo ω, R, p1 e p2 ;
e supponiamo che lo stadio di turbina (assiale) sia progettato a velocità meridiana costante: per lo
studio delle prestazioni dello stadio è possibile seguire il seguente algoritmo:
(1) dalla conoscenza degli angoli di deviazione ∆α (nello statore) e ∆β (nel rotore) è possibile
trovare i valori ϕ e ψ che legano le velocità in uscita reali a quelle ideali e di conseguenza i
rendimenti che sono i quadrati di ϕ e ψ;
(2) dalla conoscenza del numero di Mach di ingresso
M0 = √
V0
γRT0
si possono trovare le grandezze totali in ingresso3
T00 = T0 1 + δM02
p00 = p0 1 + δM02
γ
γ−1
h00 = Cp T00
(3) per lo statore si parte dalla considerazione che, non essendoci parti mobili, il lavoro
scambiato con il fluido è nullo e pertanto l’entalpia totale si conserva
∆ h0 = 0
ed è la medesima tra ingresso, uscita, e uscita ideale (alla medesima pressione p1 )
h00 = h1 +
V2
V12
= h1s + 1s
2
2
3E’ utile definire il parametro
δ=
che dipende dal tipo di fluido considerato.
γ−1
2
124
5. STUDIO DELLE TURBINE
Tra il primo e l’ultimo termine si trova, visto che la trasformazione è isentropica, la velocità
ideale in uscita dallo statore
v
"
u
γ−1 #
u 2γ
p1 γ
V1s = t
RT00 1 −
γ−1
p00
e quindi la velocità reale
V1 = ϕV1s
e quindi la temperatura
V12
1
0
h0 −
T1 =
Cp
2
da cui il Mach, la pressione totale, ecc. . .
(4) per il rotore possiamo subito trovare la velocità relativa in ingresso dal triangolo delle
velocità
w12 = V12 − U 2 − 2V1 U1 cos α1
e in questo caso la rotalpia totale relativa risulta costante
0
∆ IR
=0
che per una macchina assiale equivale a dire che l’entalpia totale relativa è costante e la
stessa tra ingresso rotore, uscita e uscita ideale
h01R = h1 +
w2
w2
w12
= h2 + 2 = h2s + 2s
2
2
2
Ancora dal primo e l’ultimo termine
v

u
u
u 2γ
w2s = t
RT 0 1 −
γ − 1 1R
p2
p01R
! γ−1 
con
T10R = T1 1 + δM12R
γ
p01R = p1 1 + δM12R γ−1
e
M1R = √
w1
γRT1
Possiamo quindi trovare lo stato finale del fluido
2
w2s
2
w2
− ψ 2 2s
2
h2s = h01R −
h2 = h01R
e da qui le perdite
Rrot = h2 − h2s
Trovando la velocità totale
V22 = U 2 + w22 − 2U w2 cos β2
si trovano le condizioni totali in termini di entalpia
h02 = h2 +
V22
2
γ

5.1. ANALISI TERMODINAMICA DELLO STADIO
125
e di seguito temperatura, pressione, ecc. . .
Lavoro e rendimento potranno quindi essere calcolati
W = h00 − h02
η=
h00 − h02
h00 − h02ss
con
"
0
h00 − h02ss = Cp T00 − T2ss
= Cp T00 1 −
p00
p02
#
γ−1
γ
La variazione di entropia è
S2 − S1 = R ln
p01R
p02R
Figura 5.4. Sistema statore-rotore sul piano entalpico
5.1.4. Grado di reazione cinematico e termodinamico. Il lavoro estratto dal fluido può
essere calcolato in differenti maniere
2
0
0
V
w2 U 2
−
+
W = ∆0→2 h = ∆1→2 h = ∆1→2 [U Vθ ] = ∆1→2
2
2
2
mentre il lavoro estratto per reazione (ossia ottenuto dalla variazione dell’entalpia statica del flusso)
è, dalla seconda e l’ultima espressione
2
U − w2
Wreaz = ∆1→2 [h] = ∆1→2
2
con il lavoro di azione (variazione di energia cinetica)
Waz = W − Wreaz = ∆1→2
V2
2
Si definisce quindi il grado di reazione cinematico il rapporto tra il lavoro di reazione e quello
totale
Wreaz
Waz
(5.1)
R=
=1−
W
W
126
5. STUDIO DELLE TURBINE
che può essere scritto in diverse maniere a seconda che le espressioni del lavoro vengano calcolate
dalla variazioni di entalpia e/o di energia cinetica:

∆1→2 [h]


∆1→2 [h0h]


2i

 ∆1→2 U 2 −w
2
h 2 2 2i
R=
∆1→2 V −w2 +U



∆1→2 [h]


 ∆ h V 2 −w2 +U 2 i
1→2
2
Il grado di reazione termodinamico fa riferimento invece alle variazioni di entalpia statica
nel rotore e nello statore ideali
(5.2)
2 − w2
∆1→2s [h]
∆1→2s [h]
w2s
1
=
= 2
2 − w2
∆0→1s [h] + ∆1→2s [h]
∆ [htot ]
V1s − V02 + w2s
1
χ=
ed in generale queste due grandezze sono differenti.4
5.1.5. Relazione fra triangoli di velocità e grado di reazione. Definite le cifre di flusso
ϕ (3.40), di pressione Ψ (3.41), di potenza Λ (3.42) e rendimento η (o i loro equivalenti 3.43, 3.46,
3.45) possiamo esprimere la relazione di Eulero in termini adimensionali. Il risultato consente di
esplicitare il legame esistente fra cifra di pressione e grado di reazione con la cifra di flusso e gli angoli
che individuano la forma dei triangoli di velocità in ingresso ed uscita di uno stadio di turbina. In
particolare, per la cifra di pressione, anche detta coefficente di carico palare, si ottiene che:
Ψ = φ (cot β1 + cot β2 ) = φ (cot α1 + cot β2 ) − 1
(5.3)
ed il grado di reazione
(5.4)
R=
ϕ
1 ϕ
(cot β2 − cot β1 ) = − (cot α1 − cot β2 )
2
2
2
.
Tali risultati possono essere specializzati per i casi:
◦ macchina assiale ad azione; imponendo che il grado di reazione cinematico sia nullo nella
relazione (5.4) si ottiene:
R=0
R = ϕ2 (cot β2 − cot β1 )
⇒ (cot β2 − cot β1 ) ⇒ β2 = β1
ovvero che la condizione per ottenere uno stadio ad azione è quella di prendere palettaggi
con angoli di ingresso β1 ed uscita β2 identici, il che implica palettaggi simmetrici. Per una
fissata velocità assoluta Vθ,1 , si otterranno infinite geometrie, tutte ad azione, al variare
della velocità periferica U della girante. Sostituendo questa condizione nella (5.3) si ottiene
per la cifra di pressione:
Ψ = ϕ (cot β1 + cot β2 ) − 1 = 2ϕ cot β1 − 1
che mostra come la cifra di pressione a parità di cifra di flusso dipenda solamente dall’angolo
β1 ;
4Nel caso in cui
ψ'ϕ
w2 = V 1
V1 = w1 = V0
allora
R=χ=
1
2
5.1. ANALISI TERMODINAMICA DELLO STADIO
127
◦ macchina a 50% di reazione; imponendo che il grado di reazione cinematico sia 0.5 nella
relazione (5.4) si ottiene:
R = 12
⇒ (cot α1 − cot β2 ) ⇒ β2 = α1
R = 12 − ϕ2 (cot α1 − cot β2 )
ovvero che la condizione per ottenere uno stadio ad 50% di reazione è quella di prendere
palettaggi con angoli di ingresso α1 ed uscita β2 eguali. Per una fissata velocità assoluta Vθ,1 ,
si otterranno infinite geometrie, tutte a 50% di reazione, al variare della velocità periferica
U della girante. Sostituendo questa condizione nella (5.3) si ottiene per la cifra di pressione:
Ψ = 2ϕ cot α1 − 1
che mostra come la cifra di pressione a parità di cifra di flusso dipenda solamente dall’angolo
α1 ;
◦ macchina a scarico assiale; imponendo che l’angolo α2 sia nullo nella relazione (5.4), ovvero
che la velocità assoluta allo scarcio sia assiale, si ottiene per il grado di reazione:
Vm
α2 = 0
⇒ tan β2 =
=ϕ
ϕ
1
R = 2 − 2 cot β1
U
che indica che la cifra di flusso è uguale alla tangente dell’angolo β2 . Imponendo che l’angolo
α2 sia nullo nella relazione (5.3) fornisce direttamente:
Ψ = 1 + ϕ cot β1
che mostra come la cifra di pressione a parità di cifra di flusso dipenda solamente dall’angolo
β1 .
Per calcolare il rendimento di una macchina assiale consideriamo che la differenza tra l’entalpia
totale iniziale e quella totale a valle del processo isentropico (con il rapporto di espansione ideale) è
il lavoro nel caso ideale e quindi
2
2 + w2 − w2
2
V1s − V2s
V2s
0
0
0
2s
1s
=
h0 − h2s = h0 − h2s +
2
2
e quindi
h00
2 − w2
V 2 + w2s
1s
= 1s
2
− h2s
Il rendimento total to static sarà
W
2ΨU 2
ηts = 0
= 2
2 − w2 =
h0 − h2s
V1s + w2s
1s
2Ψ
V12
ϕ2 U 2
+
w22
ψ2 U 2
−
w12
U2
esprimendo tutto in funzione delle velocità reali; considerando poi il teorema di Pitagora per w1
w12
Vm2
1
=
+ 2 (Vθ1 − U )2 = φ2 + (φ cot α1 − 1)2
2
2
U
U
U
e la relazione 5.3 si ha
(5.5)
ηts =
φ2
2
1
ϕ2 sin2 α1
0
φ cot α1 + cot β2 − 1
1
+ 2 2 0 − 1 − 12 (φ cot α1 − 1)2
ψ sin β2
Ognuna delle relazioni trovate in precedenza rappresenta una retta nel piano (Ψ, ϕ) e (R, ϕ) con
pendenze funzione degli angoli α e β. Pertanto le coordinate di un punto appartenente ad una di
tali rette rappresenta le prestazioni di uno specifico disegno di stadio di turbina come schematizzato
in Fig. 5.5. In letteratura si trovano i diagrammi riassuntivi delle prestazioni nel punto di progetto
di macchine a diversi gradi di reazione dovuti a Hawthorne, Shaw e Smith (fonte [1]).
128
5. STUDIO DELLE TURBINE
Figura 5.5. Punti di progetto per uno stadio di turbina assiale
5.1.6. Ripartizione dei salti entalpici. Assegnato il grado di reazione χ e supponiamo noto
il salto entalpico totale possiamo subito trovare entalpia e temperatura all’uscita dello statore una
volta note le condizioni ideali in uscita dal rotore T2s o h2s
h1 = h2s + χ∆ [htot ]
T1 = T2s + χ∆ [Ttot ]
e sempre dalla definizione 5.2
2
2
w2s
2
2
2
2
−
w
=
χ
V
−
V
+
w
−
w
1
1s
0
2s
1
ψ2
si può ricavare la velocità relativa w1
χ 2
2
V1s − V02
w2s
− w12 =
1−χ
Dalla conoscenza dei Mach relativi quindi e visto che l’entalpia totale relativa va conservandosi lungo
il rotore di una macchina assiale
"
# γ
p02sR 1 + δM12R γ−1
p2s
= 0
2
p1
p1R 1 + δM2s
R
si ricava la pressione p1 .
Dalle espressioni trovate, nell’ipotesi di macchina assiale con velocità meridiana costante e V0 =
V2 , possiamo confrontare le prestazioni e le forme stadi a diverso grado di reazione
◦ per uno stadio ad azione o impulso
χ=0
vediamo subito che non si ha variazione delle caratteristiche fluidodinamiche tra ingresso
e uscita5 che portano quindi a triangoli ideali simmetrici; essendo però
h1 = h2s
T1 = T2s
w1 = w2s
w2 = ψw2s
si hanno triangoli reali non simili, la presenza di una componente meridiana inferiore in
uscita e quindi la necessità di aumentare la sezione verso l’uscita anche se non vi è alcuna
espansione nel rotore;
5Essendo la trattazione integrale, non si hanno informazioni sul comportamento del flusso nel rotore e sul reale
profilo di velocità: la forma dei palettaggio comporta comunque la presenza di una zona di accelerazione seguita da
una decelerazione (affinché la velocità media del flusso sia sempre la medesima).
5.1. ANALISI TERMODINAMICA DELLO STADIO
129
◦ per uno stadio al 50% di reazione si ha i salti entalpici ideali sono i medesimi nello statore
e nel rotore
h1 − h2s = h0 − h1s
e anche
2
2
w2s
− w12 = V1s
− V02
e triangoli sono similicon
p2
<1
p1
ovvero si ha un’espansione nel rotore.
◦ per uno stadio ad azione invece si ha l’espansione nel solo rotore mentre lo statore provvede
solo a deviare la corrente.
Figura 5.6. Confronto tra diversi χ
Dalla figura mostrata si può notare che:
(1) dato che il lavoro per una macchina assiale è data dall’espressione
W = U (Vθ1 − Vθ2 )
a parità di Vθ2 e Vm allora Vθ1 diminuisce man mano che si passa da macchine ad azione a
quelle a reazione e ne segue dunque che il lavoro aumenta quando si va verso macchine ad
azione (R → 0) ma con esso aumenta:
◦ la deviazione ∆α e quindi le perdite fluidodinamiche rappresentate da ϕ;
◦ il modulo della velocità V1 e quindi le perdite per attrito;
Ne segue che la migliore soluzione è un grado di reazione intermedio R = 12 per una
ripartizione ottimale delle perdite.
(2) in condizioni χ = 0 si ha che
w2s = w1
in modulo ma
w2 = ψw2s < w2s
e quindi il lavoro di reazione è negativo
1
w2
w12 − 2s
Wreaz =
<0
2
ψ2
e cosı̀ il grado di reazione cinematico
R=
Wreaz
<0
W
Ne segue che si progetta la macchina con χ = ε > 0 con ε piccolo a piacere ma tale da
provocare nella girante un’espansione tale da bilanciare il rallentamento del flusso dovuto
alle forze di attrito.
130
5. STUDIO DELLE TURBINE
Figura 5.7. Confronto tra stadi con χ = 0 o χ > 0
5.2. Prestazioni di schiere di pale
La geometria della schiera viene definita mediante l’assegnazione dell’aspect ratio nello specifico
dai seguenti dati: corner point al root ed al tip delle palette i quali vengono definiti rispetto all’asse
di rotazione, corda aerodinamica,corda assiale, raggio della superficie scoperta (definisce la forma
della zona a valle della sezione di gola di conseguenza impone di quanto il flusso viene deviato),
angoli metallo relativi all’inlet ed all’outlet, questi di fatto definiscono la deviazione alla quale viene
sottoposto il flusso. Seguono l’angolo di flusso assegnato solo all’ingresso del primo statore della
turbina per definire lo swirl (incidenza con cui il flusso arriva sul primo statore), seguono inoltre lo
spessore massimo della paletta, l’apertura di gola, raggio al leading edge, spessore del trailing edge,
corda assiale, pitch (distanza tra due punti corrispondenti delle palette adiacenti). Nella fig. 5.8
è possibile vedere una sezione di una schiera ove sono evidenziati tutti i parametri geometrici che
abbiamo citato.
Figura 5.8. Sezione della schiera bidimensionale.
5.3. Perdite nelle turbine
Le perdite in turbina possono essere quantificate in molti modi diversi. I principali coefficienti
di perdita sono:
◦ Coefficienti di velocità
KN =
V1
V1,is
KR =
W2
W2,is
5.3. PERDITE NELLE TURBINE
131
Figura 5.9. Sezione del distributore di una turbina ad azione supersonica.
Figura 5.10. Sezione della schiera bidimensionale di una turbine a reazione.
◦ Rendimenti di espansione
ηN =
h00 − h1
h00 − h1,s
◦ Perdite di entalpia
ξN =
h1 − h1,s
V12
2
=
h1 − h1,s
h00 − h1
ξR =
h2 − h2,s
W22
2
=
h2 − h2,s
h01,rel − h2
◦ Produzione di entropia
s1 − s0 = s1 − s1,s
◦ Perdite di pressione totale
s2 − s1 = s2 − s2,s
132
5. STUDIO DELLE TURBINE
YN =
p00 − p01
p00 − p01
=
V12
p01 − p1
2
YR =
p01,rel − p02,rel
p01,rel − p02,rel
=
W22
p02,rel − p2
2
Sebbene tutte queste forme siano atte a quantificare la perdita attraverso una schiera di palette,
non tutte presentano la stessa facilità d’uso, nel senso che le grandezze che intervengono non sono
tutte egualmente agevoli da misurare, né posseggono un campo di validità egualmente ampio. Ad
esempio, si può dimostrare che fra YN e ξN vale la seguente relazione:
γM 2
1+
YN
per M < 1
2
che dimostra che YN ingloba la dipendenza rispetto al numero di Mach, contrariamente a ξN . Questo
fa si che valori di YN calcolati a bassi valori di Mach possano essere validi anche ad elevati Mach,
con l’ovvio vantaggio di poter fare prove sperimentali solo a basso Mach.
∼
= ξN
Figura 5.11. Break-up dei principali contributi di perdite meccaniche.
I modelli predittivi di stima dei coefficienti di perdita si basano su relazioni trovate sperimentalmente analizzando un elevato numero di tipi di palette in galleria del vento con precise connotazioni
geometriche e in condizioni di funzionamento sia di progetto che di fuori progetto. Sono state classificate in relazione alla loro origine in perdite di profilo, perdite secondarie, perdite per urto, perdite
per trafilamento al tip delle palette e infine perdite dovute al raffreddamento delle palette. Il loro
peso percentuale è riassunto nel grafico riassuntivo di fig. 5.11.
5.3.1. Perdite di profilo. Le perdite dovute allo strato limite che si forma sulla superficie
della paletta, quelle dovute ai fenomeni di separazione di questo, gli effetti legati ad elevati angoli
d’incidenza ed elevati valori del numero di Mach del flusso all’ingresso delle palette sono classificate
come perdite di profilo. Gli incrementi di entropia e le conseguenti perdite di pressione totale offrono
una misura dell’entità dei fenomeni suddetti. L’entalpia totale del flusso rimane invece costante
qualora l’approssimazione di adiabaticità del sistema sia sufficientemente accurata. La difficoltà
principale che si riscontra nella predizione delle perdite di energia meccanica è legata al fenomeno
della transizione; in particolare è difficile individuare quando e dove questa potrà verificarsi. Il
flusso da laminare può passare successivamente ad un regime separato a causa dei locali gradienti di
pressione avversi che danno origine a delle bolle di ricircolo, che di fatto causano la transizione, con
notevole incremento delle perdite di energia meccanica. In fig. 5.12 viene data la schematizzazione
del fenomeno appena descritto.
Le perdite dovute allo spessore finito della paletta al bordo d’uscita, che provoca separazione del
flusso ed è la zona in cui avvengono interazioni tra le onde d’urto e le onde di espansione, sono di
5.3. PERDITE NELLE TURBINE
133
Figura 5.12. Separazione del flusso all’ingresso delle palette in condizioni di fuori progetto.
fatto accorpate alle perdite di profilo. Questi effetti sono ben evidenziati in turbine transoniche e
supersoniche ove vengono trattati separatamente.
5.3.2. Perdite secondarie. Sono generate dal sistema di vortici illustrato schemativamente
nella fig. 5.13 a sinistra. La variazione di circolazione lungo lo span della paletta è il principale
fattore che ingenera un sistema di vortici che attraversano il canale della turbina. Un secondo
fattore è di produzione di vorticità è il basso livello di energia cinetica della parte di flusso relativo
allo strato limite che non permette il mantenimento dell’equilibrio tra forze centripete e forze di
pressione. Di fatto vi è un impedimento del flusso a proseguire senza una deviazione verso il lato
in aspirazione della paletta adiacente, perciò si viene a creare un movimento di flusso dal lato in
pressione di una paletta verso quello in aspirazione dell’altra. In questo modo si dà origine ad un
moto vorticoso, detto Passage Vortex, responsabile della diffusione di energia nel canale, e di una
notevole perdita di energia meccanica.
Un altro elemento importante è il vortice a staffa (fig. 5.13 a destra) che si forma quando il flusso
indisturbato proveniente da monte incontra la paletta. La zona in cui il fenomeno ha origine è il
bordo d’attacco della paletta, dove il flusso dello strato limite, a causa del gradiente di velocità di
cui è dotato nell’impatto con la paletta della turbina, genera un moto vorticoso definito Leading
Edge Vortex. Tale vortice si separa in due parti che proseguono separatamente, il primo sul lato in
aspirazione della pala, il secondo sul lato in pressione. Questi interagiscono in maniera diversa con
il Passage Vortex in quanto il primo viene trascinato da quest’ultimo, mentre il secondo ne viene
avvolto.
Infine bisogna tenere conto del flusso nel punto in cui interagiscono lo strato limite dell’endwall e
quello della paletta. Queste strutture vorticose interagiscono fra loro provocando perdite di energia
meccanica.
5.3.3. Perdite per urto. Le perdite che si sviluppano mediante la dissipazione viscosa attraverso il sistema di urti, che si ingenerano al bordo d’uscita delle palette (fig. 5.14) in condizioni di
flusso transonico e supersonico, prendono il nome perdite per urto.
134
5. STUDIO DELLE TURBINE
Figura 5.13. Vortice di passaggio (a sinistra) e vortice a staffa (a destra).
Figura 5.14. Sistema d’urti allo scarico del canale palare
5.3.4. Perdite di tip leakage. Le perdite dovute alle clearance che sono comprese tra l’estremità superiore della pala e la cassa della turbina vengono definite come un contributo separato
dagli altri e vengono chiamate Tip Leakage losses. Questo tipo di perdite dipende dalla forma
del tip della paletta, in quanto esistono due diverse tipologie costruttive, definite rispettivamente
tip shrouded e tip unshrouded. Il primo tipo è relativo ad una paletta provvista di un’appendice
simile alle winglets delle ali degli aerei alloggiata in una cava realizzata nella cassa; naturalmente le
forme possono cambiare in base alle esigenze costruttive, ed è una prerogativa sia delle pale dello
statore che di quelle del rotore. Molto importante ai fini della caratterizzazione delle perdite, è
capire la modalità di realizzazione dell’accoppiamento con la cassa, che deve essere tale da ridurre
al minimo il passaggio di flusso. Tale accoppiamento, perquanto riguarda il tip shrouded, viene
realizzato mediante utilizzo delle cosiddette tenute a labirinto, cosı̀ come schematizzato in fig. 5.15.
La figura rappresenta molto semplicemente lo schema costruttivo di una paletta con shroud; si può
notare inoltre il particolare della tenuta a labirinto atta a limitare il più possibile il passaggio di
flusso dalla pressure side alla suction side: quest’ultimo è agevolato dalla differenza di pressione tra
un lato e l’altro della paletta. Tale passaggio permette l’immissione nel canale di flusso con diversa
velocità e differente angolo. Tale immissione permette la formazione del vortice di leakage, il quale,
interagendo con il flusso principale,origina le perdite di energia meccanica.
La configurazione della figura 5.15 non è l’unica possibile; infatti, dalla fig. 5.16, si può vedere
che esistono due tipologie costruttive rispettivamente tip shrouded e tip unshrouded. Nel primo
5.3. PERDITE NELLE TURBINE
135
Figura 5.15. Perdite al tip delle palette
caso la paletta è priva di qualsiasi tipo di appendice; l’accoppiamento e la tenuta vengono realizzati
mediante anelli ancorati alla cassa con struttura a nido d’ape, caratterizzati da interferenza con le
palette, le quali girando a basso regime costruiscono l’alloggiamento nell’anello consumandone una
parte. In entrambi i casi non si riesce mai a fermare il passaggio di flusso; pur tuttavia si riesce a
ridurre le perdite dovute al miscelamento sulla suction side.
Figura 5.16. Palette con e senza shroud
5.3.5. Modello di Soderberg. Viene considerato a ragione il primo tentativo di modellizzare
le perdite di energia meccanica che si verificano in turbina. Queste vengono definite in funzione dell’angolo di deflessione ∆α del flusso tra monte e valle del canale interpalare, il quale è caratterizzato
dalle correzioni relative al numero di Reynolds Re, dell’ aspect ratio b/h e della tip clearance. Il
coefficiente di perdita di base ξ ∗ al netto delle correzioni è definito in funzione della deflessione ∆α
attraverso il canale, il quale è rappresentativo delle perdite di profilo ed è espresso dalla seguente
relazione:
(5.6)
ξ ∗ = 0.04 + 0.06
∆α
100
2
Partendo dalla (5.6) come base, Soderberg ha provveduto a tenere conto delle correzioni aggiungendone i contributi in cascata. Il primo effetto è quello legato all’aspect ratio b/h ed è
rappresentativo delle perdite secondarie:
b
0
−1
ξ = (1 − ξ ∗ ) 0.975 + 0.075
h
L’effetto del numero di Reynolds Re è definito come segue:
(5.7)
00
(5.8)
ξ =
105
Re
14
ξ
0
dove per lo statore abbiamo:
(5.9)
e per il rotore si ha:
Re =
DV1
2hs cos α1
con D =
ν
h + s cos α1
136
5. STUDIO DELLE TURBINE
Re =
(5.10)
DW1
2hs |cos β2 |
con D =
ν
h + s |cos β2 |
Infine l’effetto del trafilamento al tip delle palette (tip clearance), è quantificato moltiplicando
00
il coefficiente ξ per il rapporto tra l’area del canale interpalare della schiera considerata meno
l’area della clearance e l’area del canale. Questo modo di tenere conto dell’effetto della clearance è
considerato adeguato per turbine ad impulso le cui palette hanno piccole dimensioni. Il metodo di
Soderberg è stato usato in particolare per predire l’efficienza al punto di progetto di macchine aventi
velocità tangenziale in uscita nulla (scarico assiale).
5.3.6. Modello di Ainley - Mathieson. Ainley e Mathieson [2] svilupparono un metodo
empirico per la predizione delle prestazioni degli stadi di turbina sia in condizioni di progetto che di
fuori progetto. Il metodo è più complesso di quello proposto da Soderberg ed esprime le perdite in
termini di pressione totale Y invece che di entalpia ξ. Vengono presi in considerazione gli effetti di
perdita legati al profilo YP , ai flussi secondari YS , al tip clearance YT l , allo spessore del trailing edge
χT e ed infine all’incidenza i. Le relazioni sono state sviluppate in base ad una serie di test effettuati
su palette il cui rapporto tra lo spessore massimo e la corda del profilo varia tra 0.15 e 0.25.
La perdite totali Y vengono stimate combinando i diversi contributi di perdita secondo l’espressione:
(5.11)
Y = (YP + YS + YT l )χT e
5.3.6.1. Perdite di profilo. Nella (5.11), le perdite di profilo YP nel modello Ainley e Mathieson
sono calcolate individuando per prima cosa le perdite che intervengono con un flusso a incidenza
nulla e quindi corregendo questa stima per includere i contributi che intervengono quando il flusso
entra nella schiera con un’incidenza diversa da zero.
0
0
Le perdite a incidenza nulla YP (i=0) per palettaggi con angoli α1 6= 0 e α1 6= α2 sono espresse
come una combinazione delle perdite che si incontrano in un palettaggio a reazione YP (α0 =0) e quelle
1
riferibili ad un palettaggio ad impulso YP (α0 =α2 ) , che sono definiti dalle fig. 5.17, per un valore del
1
rapporto tra spessore massimo tmax e corda c pari a 0.2, in funzione del rapporto tra il passo s e
la corda c del profilo e parametrati in funzione dei vari valori degli angoli d’uscita α2 , secondo la
relazione:
(
(5.12)
YP (i=0) =
0
YP (α0 =0) +
1
α1
α2
!
0
)
α
h
i t /c α12
max
YP (α0 =α2 ) − YP (α0 =0)
1
1
0.2
in cui l’ultimo fattore permette di estendere il modello a valori tmax /c diversi da 0.2. E’ da intendersi che gli angoli da utilizzare nella (5.12) sono del tipo α (tra velocità assoluta e velocità di
trascinamento) per lo statore e β (tra velocità relativa e velocità di trascinamento) per il rotore.
I grafici di fig. 5.17 sono stati ottenuti mediante prove sperimentali in galleria di schiere di pale
con un valore del numero di Reynolds pari a 2 × 105 , con un rapporto tra spessore del trailing edge
ed il passo pari a 0.02 e e con un numero di Mach allo scarico minore di 0.6.
Nel modello Ainley e Mathieson, si può correggere il valore di perdita ottenuto a Re = 2 × 105
con la relazione:
0.2
105
YP (i=0,Re6=2×105 ) =
YP (i=0,Re=2×105 )
Re
e poi includere il contributo legato all’impiego di rapporti tra spessore del trailing edge te ed il passo
pari s a 0.02 con la:
(5.13)
YP = YP (te /s=0.02) (1 + 7 (te /s − 0.02))
5.3. PERDITE NELLE TURBINE
Figura 5.17. Perdite di profilo secondo Sodeberg: in alto, palettaggio a reazione,
0
0
α1 = 0; in basso, palettaggio ad impulso, α1 = α2 .
che approssima bene l’andamento del grafico di fig. 5.18.
Figura 5.18. Perdite dovute allo spessore del trailing edge
137
138
5. STUDIO DELLE TURBINE
A partire dalle perdite di profilo a incidenza nulla, si ottengono quelle ad incidenza qualsiasi,
come segue. Si introduce un coefficiente χi definito come rapporto tra YP (i6=0) e YP (i=0) :
(5.14)
χi =
YP (i6=0)
YP (i=0)
Figura 5.19. a) Incidenza di stallo is (s/l = 0.75) in funzione del rapporto fra angolo
del flusso all’ingresso e allo scarico α1 /α2 ; b) Fattore di correzione sull’angolo in uscita
della schiera di pale in funzione del rapporto s/c. Grafici validi per Re = 2 × 105 ,
Mach < 0.5 , rapporto passo/corda s/l pari a 0.75.
Figura 5.20. Variazione dell’incidenza di stallo is − is(s/l=0.75) in funzione del
rapporto s/c
Il calcolo del coefficiente χi procede come segue.
Si definisce l’incidenza di stallo is come l’incidenza alla quale YP diviene il doppio del valore
ottenuto ad incidenza nulla, ovvero:
is := YP (i=is ) = 2 × YP (i=0)
L’incidenza di stallo is per schiere con rpporto s/l = 0.75 è graficata in fig. 5.19(a) in funzione del
rapporto fra angolo del flusso all’ingresso e allo scarico α1 /α2 per vari valori dell’angolo α2 . Quando
5.3. PERDITE NELLE TURBINE
139
α1 /α2 = 0 si ha un palettaggio a reazione, quando è pari ad 1 si ha un palettaggio ad impulso (ad
azione).
Quando s/l 6= 0.75 occorre correggere il valore di α2 nel rapporto α1 /α2 , in ascissa del grafico di
fig.5.19(a). Il fattore di correzione si ottiene dal grafico di fig. 5.19(b) in funzione del rapporto s/c.
Inoltre, anche l’incidenza di stallo is deve essere corretta quando s/l 6= 0.75. La variazione da
apportare ∆is si ricava dal grafico di fig. 5.20(c) in funzione del rapporto s/c.
Il valore is(s/l=0.75) + ∆is per definzione è quello che corrisponde ad una perdita di profilo doppia
rispetto a quella ottenuta ad incidenza nulla.
A questo punto, noto il valore effettivo di incidenza i al quale lavora il palettaggio in fase di
progetto, si ricava il coefficiente χi in funzione del rapporto i/is dal grafico in fig. 5.21(d).
Noto χi , si può infine determinare dal grafico di fig. 5.21(e) l’andamento della variazione dell’angolo in uscita dalla schiera α2 rispetto all’angolo α2 (YP,min ) che corrisponde a minime perdite di
profilo in funzione del rapporto YP /YP,min .
Figura 5.21. d) Coefficiente di perdita χi = YP /YP (i=0) in funzione del rapporto
i/is ; e) variazione dell’angolo in uscita dalla schiera α2 in funzione del coefficiente
χi = YP /YP (i=0)
5.3.6.2. Perdite secondarie e di tip clearance. Le perdite secondarie YS e quelle dovute alle tip
clearance YT l vengono correlate mediante un’unica relazione:
(5.15)
YS + YT l
τ
= λ+B
h
CL
s/c
2
cos2 α2
cos2 αm
140
5. STUDIO DELLE TURBINE
dove λ è una funzione della geometria:
(5.16)
(A2 /A1 )2
1 + (din /dout )
λ=
in cui A1 , A2 , din , dout sono le aree delle sezioni di ingresso ed uscita, i diametri medi all’ingresso
ed uscita, rispettivamente, del canale palare.
Il coefficiente B nella (5.15) assume due diversi valori a seconda della tipologia costruttiva:
B = 0.25 per palette con shroud
B = 0.50 per palette senza shroud
Inoltre, nella (5.15), τ è lo spessore del gioco al bordo della paletta (tip clearance), e:
1
αm = tan−1 [ (tan α1 − tan α2 )]
2
ed il rapporto tra coefficiente di portanza CL e s/c è esprimibile in funzione degli angoli della schiera
tramite la:
(5.17)
(5.18)
CL
s/c
= 2 (tan α1 + tan α2 ) cos αm
E’ opportuno comunque distinguere gli effetti dovuti alle perdite secondarie da quelle relative
alle tip clearance.
Per quanto riguarda le perdite secondarie abbiamo:
(5.19)
YS = λ
CL
s/c
2
cos2 α2
cos2 αm
dove le perdite sono proporzionali al quadrato del coefficiente di portanza; λ aumenta al diminuire
dell’aspect ratio s/c.
Gli effetti dovuti alle tip clearance vengono quantificati dalla:
(5.20)
YT l =
CDe
s/c
cos2 α2
cos2 αm
dove:
CDe = BCL2
(5.21)
τ c s
h
5.3.7. Modello di Dunam-Came. Si tratta di uno sviluppo del modello di Ainley-Mathieson
che riprende l’espressione delle perdite di profilo e viene elaborato in modo tale da poter essere
utilizzato anche per l’analisi delle prestazioni di turbine di piccole dimensioni. L’espressione delle
perdite globali è la seguente:
"
(5.22)
Y = (YP + YS )
Re
2 ∗ 105
2
#
+ YT l χT e
Le perdite di profilo YP vengono calcolate riprendono l’espressione di Ainley-Mathieson ed
aggiungendo gli effetti degli eventuali alti valori del numero di Mach in uscita Mout della schiera:
(5.23)
YP = YP (i=0) χi [1 + 60(Mout − 1)2 ]
5.3. PERDITE NELLE TURBINE
141
Il contributo dell’incidenza viene calcolato sfruttando il metodo di Ainley-Mathieson. Le perdite
secondarie vengono calcolate usando l’espressione precedentemente sviluppata sempre da Ainley e
Mathieson, ottimizzando la dipendenza rispetto all’aspect ratio c/h e semplificando il parametro λ:
(5.24)
YSAM DC = 0.0334
c cos α C 2 cos2 α
2
2
L
0
h
s/c
cos2 αm
cos α1
in cui:
CL
= 2 (tan α1 + tan α2 ) cos αm
s/c
(5.25)
e:
1
αm = tan−1 [ (tan α1 − tan α2 )]
2
La somma delle perdite di profilo e secondarie viene moltiplicata per il coefficiente relativo al
numero di Reynolds. Per quanto riguarda le perdite dovute alle tip clearance anche in questo caso
viene rielaborata l’espressione trovata da Ainley-Mathieson:
(5.26)
(5.27)
YT l = B
c τ 0.78
cos2 α2
4 (tan α1 − tan α2 )2
h c
cos αm
in cui B prende i valori:
B = 0.47 per palette con shroud
B = 0.37 per palette senza shroud
τ = radial tip clearance × (no. dei seals)−0.42
Il termine correttivo delle perdite dovute al trailing edge si calcola con la medesima metodologia
usata nel modello di Ainley-Mathieson.
5.3.8. Modello di Kacker e Okapuu-Moustapha. Questa modellizzazione è una delle più
recenti almeno per quanto riguarda i calcoli mean line, che per come sono stati concepiti richiedono
modelli di perdita che non abbiano bisogno di altri dati se non quelli che abbiamo specificato nella
sezione del dimensionamento. E’ basato sul modello di Ainley Mathieson ottimizzato da Dunam e
Came e può fornire risultati con accuratezze dell’ordine del 2%. L’espressione delle perdite totali è
(5.28)
Y = χRe YP + YS + YT et + YT c
dove χRe è il fattore di correzione del numero di Reynolds che corregge solamente le perdite di profilo
mentre le perdite dovute al trailing edge in questo modello risultano separate da quelle di profilo. Il
fattore di correzione del numero di Reynolds viene calcolato come segue:
χRe =
Re
2 ∗ 105
−0.4
2 ∗ 105 > Re < ∗106
χRe = 1.0
(5.29)
χRe =
Re ≤ 2 ∗ 105
Re
106
−0.2
Re > 106
Le perdite di profilo sono cosı̀ definite:
(5.30)
2
YP = 0.914( Kp YP (i=0) + Yshock )
3
142
5. STUDIO DELLE TURBINE
dove YP (i=0) rappresenta le perdite di profilo a incidenza nulla basate sul modello di Ainley-Mathieson
(5.14) tranne che per il termine in valore assoluto del rapporto tra l’angolo metallo in ingresso della
generica paletta e l’angolo di flusso in uscita, il quale tiene conto di eventuali incidenze negative:
(
(5.31)
YP (i=0) =
0
YP (α0 =0) +
1
α1
α2
0
α1
α2
!
h
0
)
α
i t /c α12
max
YP (α0 =α2 ) − YP (α0 =0)
1
1
0.2
Nella (5.30), il fattore correttivo KP che è stato inserito per ovviare al comportamento troppo
conservativo della correlazione di Ainley-Mathieson riguardo a casi in cui il valore del numero di
Mach è elevato. Il fattore correttivo viene definito come segue:
(5.32)
KP = 1 − K2 (1 − K1 )
dove entrambi i coefficienti correttivi dipendono dal valore del numero di Mach in ingresso ed in
uscita della schiera:
(5.33)
(5.34)
K1 = 1 − 1.25 (M2 − 0.2)
per M2 > 0.2
K2 = (M1 /M2 )
L’altro termine fondamentale è quello relativo alle perdite dovute agli urti che si presentano a
causa delle variazioni di velocità in zone diverse del canale:
(5.35)
Yshock = 0.75 (M1,H − 0.4)1.75
rH
rT
1− 1+
P1
P2
1− 1+
γ−1
2
2 M1
γ
γ−1
γ−1
2
2 M2
γ
γ−1
in cui P1 e P2 , M1 e M2 sono le pressioni totali e i numeri di Mach a monte e valle della schiera.
La relazione dipende dal rapporto dei raggi rispettivamente al tip rT ed al root rH per tenere conto
della differenza di velocità delle due zone del canale interpalare. Il valore M1,H è calcolato con la
relazione:
(5.36)
M1H = M1
rH
1+K
−1
rT
2.2
!
in cui K è una costante che vale 1.8 per lo statore e 5.2 per il rotore.
Le perdite secondarie vengono espresse in funzione dell’aspect ratio, il quale dà una misura
dell’ampiezza del canale dove è appunto presente il sistema vorticoso. L’espressione di KackerOkapuu è stata elaborata sulla base del modello di Ainley-Mathieson ottimizzata successivamente
da Dunam e Came, la relazione fondamentale elaborata è :
(5.37)
YS = 1.2 KS YSAM DC
in cui:
(5.38)
Ks = 1 − K3 (1 − KP )
tiene in conto gli effetti delle accelerazioni del flusso in prossimità degli endwall che di fatto sono
fonti di perdite, e:
5.3. PERDITE NELLE TURBINE
(5.39)
K3 =
1
h/b
143
2
ed ancora:
(5.40)
YSAM DC = 0.0334FAR
cos α2
0
cos α1
CL
s/c
2
cos2 α2
cos2 αm
dove:
(5.41)
CL
s/c
= 2 (tan α1 + tan α2 ) cos αm
e.
1
αm = tan−1 [ (tan α1 − tan α2 )]
2
Il fattore correttivo FAR è una funzione dell’aspect ratio h/c e prende due diverse formulazioni
a seconda h/c sia maggiore o minore di 2. Ciò consente di coprire uno spettro di forme delle palette
quanto più ampio possibile:
(5.42)
(5.43)
FAR
p
1 − 0.25 2 − h/c
=
per (h/c) ≤ 2
h/c
1
per (h/c) > 2
h/c
Le perdite dovute al trailing edge producono effetti in termini di bloccaggioche possono quindi
essere espresse in funzione del rapporto tra lo spessore al trailing edge e apertura di gola. Per
ottenere una stima quantitativa di questo tipo di perdite si introduce un coefficiente di energia ∆Φ
calcolato tramite la relazione:
(5.44)
FAR =
0
(5.45)
∆Φ2T et
α
= ∆Φ2T et(α0 =0) + 1
α2
1
0
α1
α2
!
∆Φ2T et(α0 =α
2)
1
−
∆Φ2T et(α0 =0)
1
in cui i valori dei coefficienti relativi ai casi di turbina ad impulso ∆Φ2
0
T et(α1 =α2)
ingresso assiale ∆Φ2
0
T et(α1 =0)
sono definiti mediante il grafico della fig. 5.22.
Figura 5.22. Perdite dovute al trailing edge
e di quella con
144
5. STUDIO DELLE TURBINE
La (5.45) viene trasformata in termini di perdite di pressione YT et con la seguente:
h
(5.46)
YT et =
1−
γ−1
2
2 M2
1
1−∆Φ2T et
1− 1+
i− γ
γ−1
−1
−1
− γ
γ−1
2
2 M2
γ−1
Le perdite dovute alle eventuali velocità supersoniche che potrebbero caratterizzare il flusso
vengono inglobate nelle perdite di profilo.
Le perdite dovute alla tip clearance devono tenere conto del fatto che la paletta può essere
realizzata secondo le due tecniche costruttive che prevedono o meno uno shroud che contorna le
palette. I palettaggi senza shroud generano perdite di trafilalamento superiori a quelli con shroud a
causa delle perdite legate al flusso tridimensionale che si ingenera al tip delle palette. Tali perdite
sono espresse in termini di caduta di efficienza ∆η secondao la relazione:
∆η
η0
(5.47)
∆K
h cos α2
∗
Rtip
RM ean
= 0.93
in cui ∆K definisce la variazione della clearance tra il tip della paletta e la cassa.
Il termine ∆η può essere convertito in termini di perdita di pressione totale YT c mediante una
procedura iterativa imponendo un valore di efficienza con un valore di clearance nullo. Per quanto
riguarda le palette con shroud, la correlazione è espressa in funzione dell’inverso c/h dell’aspect ratio,
dipende dal coefficiente di portanza del profilo CL ed in particolare dal numero delle tenute (seals:
protusioni che cosituiscono il labirinto della tenuta (vedi fig. 5.16).
(5.48)
(5.49)
YT c
K
c
c
= 0.37
h
0
K =
0
!0.78 CL
s/c
2
cos2 α2
cos3 αm
K
(n◦ seals)0.42
5.3.9. Prestazioni fuori progetto: Modello di Moustapha. Fino a questo momento sono
state definite le correlazioni in condizione di progetto, lasciando fuori la stima delle perdite che si
sviluppano in condizione di fuori progetto. Il modello proposto è quello elaborato da Moustapha che
ha sviluppato delle correlazioni sperimentali per definire le perdite di profilo e secondarie quando la
macchina lavora in condizioni di fuori progetto. In particolare verranno analizzati i contributi dovuti
alle incidenze del flusso rispetto alle pale diverse da quelle di progetto. A questo proposito troviamo
che le perdite d’incidenza sono funzione del diametro del leading edge, del pitch, dell’aspect ratio e
della forma del canale. La perdita sotto forma di coefficiente energia ∆Φ sono espresse mediante le
relazioni:
(5.50) ∆Φ2 = 0.778 × 10−5 x + 0.56 × 10−7 x2 + 0.4 × 10−10 x3 + 2.054 × 10−19 x6 per 800 > x > 0
(5.51)
∆Φ2 = −5.1734 × 10−6 x + 7.6902 × 10−9 x2 per 0 > x > −800
dove definiamo:
(5.52)
−1.6
0
d
cos αin −2
x=
( 0
) (α1 − α1des )
s
cos αout
5.4. TURBINE AD AZIONE MONOSTADIO
145
il quale è funzione dello scarto fra l’angolo di incidenza α1 in fuori progetto da quello in condizioni di
progetto α1des . La conversione di ∆Φ2 in perdita di pressione totale Yof f di fuori progetto avviene
mediante la seguente:
h
1−
(5.53)
Yof f =
γ
i− γ−1
−1
−1
− γ
γ−1
2
1 − 1 + γ−1
2 M2
γ−1
2
2 M2
1
∆Φ2
Per quanto riguarda il calcolo delle perdite secondarie d’incidenza, la forma delle equazioni
rimane invariata ma i coefficienti sono diversi. Non viene inoltre usato il coefficiente ∆Φ2 , bensı̀ si
modellizzano direttamente i rapporti tra le perdite in termini di pressione, riferite al comportamento
in condizioni di design e quello fuori design:
Yof f
(5.54)
(
) = exp(0.9x) + 13x2 + 400x4 per 0.3 > x > 0
Ydes
(5.55)
(
Yof f
) = exp(0.9x) per 0 > x > 0.4
Ydes
0
(5.56)
α1 − α1
x = 0
0
α1 − α2
0
−0.3
0
cos α1 −1.5
d
(
0 )
c
cos α2
Le perdite di miscelamento possono essere schematizzate con modelli più complessi i quali richiedono una serie di parametri aggiuntivi come ad esempio le velocità del flusso nel mixing layer.
Infatti esiste la possibilità di suddividere il canale interpalare in tre parti rispettivamente del lato
in pressione, quello in aspirazione e la porzione centrale. Il flusso viene miscelato nei mixing layer
ed infine ponendo l’ipotesi di pressione statica costante all’uscita del canale vengono miscelati i tre
diversi flussi. Tale modellizzazione è difficilmente praticabile nei codici mean line per via della necessità di nuovi parametri di velocità , temperature e pressione da definire nei canali intercalari, ed
è perciò più semplice seguire l’approccio sperimentale con l’individuazione dei coefficienti correttivii
5.4. Turbine ad azione monostadio
5.4.1. Scelta del palettaggio. Se consideriamo un triangolo delle velocità generico per una
turbina con χ = 0, ove vale che
w2 = ψw2s = ψw1
e definito un rapporto caratteristico
U
X=
Vθ1
il problema di progettazione consiste nella determinazione del rapporto X tale da massimizzare il
lavoro fornito dallo stadio. Le velocità relative e di scarico all’uscita possono essere ricavate dalla
velocità tangenziale in ingresso con semplici relazioni trigonometriche
0
0
0
Vθ2 = U − w2 cos β2 = U − ψw1 cos β2 = U − ψ (Vθ1
cos β2
− U)
cos β1
e il lavoro dunque
0
L = −W = U (Vθ1 − Vθ2 ) = U (Vθ1
cos β2
− U) 1 + ψ
cos β1
che in termini non dimensionali introduce il parametro X
0
(5.57)
L
cos β2
= X (1 − X) 1 + ψ
cos β1
Vθ21
!
!
146
5. STUDIO DELLE TURBINE
che, nel caso di perdite ψ costanti, rappresenta una parabola con il massimo per X = 21 . In realtà le
perdite sono funzione di X: considerando infatti V1 vettorialmente costante per X > 12 la velocità
w1 tende all’asse della macchina e, visto che la macchina è ad azione, la stessa cosa dicasi per w2 e
quindi la deviazione ∆β nella girante della corrente è inferiore e quindi ψ è più basso; ne consegue
che per una turbina monostadio ad azione si preferisce un valore di X leggermente superiore a 0.5.
Figura 5.23. Rendimento in funzione di X
Dall’analisi condotta il valore ottimale di velocità è pari a due volte la velocità in ingresso e
quindi il valore massimo del lavoro è
L ' U 2 (1 + ψ) ≤ 2U 2
ossia in termini adimensionali ψ ≤ 2: se consideriamo la geometria del distributore fissata (in termini
di α1 ) allora
1
Uott = V1 cos α1
2
con V1 funzione del salto entalpico disponibile e realizzato nel distributore; se la turbopompa è a ciclo
aperto allora il salto disponibile è elevato e quindi la velocità tangenziale ottimale è troppo grande
per permettere un semplice accoppiamento con la pompa e/o un ingombro limitato del gruppo.
5.4.2. Quantificazione delle perdite. Dal fatto che la turbina sia ad impulso ne seguono le
due note condizioni termodinamiche mentre l’energia cinetica in uscita dal distributore può essere
h1 = h2s
p1 = p2
scritta in funzione delle condizioni di ristagno e ideali
2
2
2
V12
0 − h = h0 − h0 − V1
0 − h + V1s − V1
=
h
=
h
=
1
1s
0
0
0
0
2
2
2
2
V2
= h00 − h1s − 21s 1 − ϕ2 = h00 − h1s − 1 − ϕ2 h00 − h1s
visto che le condizioni di ristagno 0, 1 e 1s coincidono; il lavoro può essere visto come somma del
lavoro ideale estrabilbile e delle perdite nel distributore, nella girante e allo scarico
(5.58)
L=
w2
V2
V12 V22 w22 w12
−
+
−
= h00 − h1s − 1 − ϕ2 h00 − h1s − 1 1 − ψ 2 − 2
2
2
2
2
2
|
{z
} |2 {z
} |{z}
Rdistr
Rgir
Rscar
che mostra come per massimizzare il lavoro occorre, oltre a minimizzare le perdite nei condotti
fissi e mobili, anche mantenere bassa la velocità sia nei condotti della girante (quindi diminuire
w1 il che significa, a pari V1 , aumentare U ) sia allo scarico e quindi possibilmente realizzare una
5.4. TURBINE AD AZIONE MONOSTADIO
147
girante a scarico assiale. Il rendimento total to static, detto anche rendimento periferico, assume
l’espressione
Rdistr + Rgir + Rscar
ηp = 1 −
h00 − h1s
che in termini adimensionali, con le relazioni trovate sopra tra le velocità e Vθ1
0
cos β2
!
2
Vθ1 X (1 − X) 1 + ψ cos β1
0
L
cos β2
2ϕ cos2 α1
(5.59)
ηp = V 2 =
= X (1 − X) 1 + ψ
Vθ2
cos β1
1s
1
2
2ϕ2 cos2 α1
che mostra, data la dipendenza di ϕ e ψ da X, un massimo spostato per X >
con α (visto che aumenta la deviazione della corrente nella girante).
1
2
e che diminuisce
Figura 5.24. Rendimento reale in funzione di X
Il rendimento complessivo della turbina deve tenere conto anche delle perdite per attrito e
ventilazione (quest’ultime proporzionali all’area del disco girante)
ηturb =
L − (Rdistr + Rgir + Rscar ) −
h00 − h1s
Rattr +Rvent
ṁ
= ηp − ∆η
Ancora nel caso di macchine ad azione è possibile avere, con palettaggi leggermente divergenti, un
grado di reazione cinematico nullo ed uno scarico assiale: aumentando però la velocità w2s necessaria
aumentano le perdite ma il rendimento è complessivamente migliore. Visto che χ > 0 e quindi
p2 < p1
mantenendosi la portata tra l’ingresso e l’uscita
ṁ = ρ1 w1 A1 = ρ2 w2 A2
e il rapporto tra le aree sarà dunque
A2
ρ1 1
=
>1
A1
ρ2 ψ
e supponendo che A = hb e h1 = h2 allora
b2 > b1
e la sezione longitudinale deve essere leggermente divergente.
148
5. STUDIO DELLE TURBINE
5.4.3. Limiti prestazionali. Il rotore della turbina è sottoposto a due diversi tipi di sollecitazioni meccaniche
◦ forze aerodinamiche non costante dovute al campo di pressioni del fluido;
◦ forze di inerzia che in un regime di funzionamento costante sono costanti;
e una volta che è stato scelto il materiale è determinata, in base alla temperatura di esercizio, lo
sforzo di trazione σ ammissibile; si dimostra che la sollecitazione massima che viene esercitata per
una certa configurazione è proporzionale alla velocità di trascinamento
σmax ∝ U 2
calcolata per il diametro medio; esiste quindi un valore massimo di velocità tangenziale utilizzabile che dipende dal materiale e che è dell’ordine di 300 ÷ 350 m
s . Il lavoro sarà quindi limitato
superiormente
m2
2
Lmax ≤ 2Umax
= 245.000 2
s
e quindi il massimo salto entalpico sfruttabile, con un rendimento tipico di 0.8 sarà
∆hmax =
Lmax
m2
' 306.000 2
ηp
s
Visto che il salto entalpico può essere anche espresso come
2
V1s
V2
1
U2 1
= 12 =
2
2ϕ
2ϕ2 cos2 α1 X
e per sfruttare il salto entalpico disponibile si hanno due possibili strade:
(1) aumentare l’angolo α1 ma questo comporta aumento della velocità V1 e quindi perdite nello
statore e quindi minore rendimento, ecc. . . ;
(2) diminuire X ma si lavora cosı̀ in condizioni di basso rendimento, minor lavoro e U ma,
a parità di potenza all’albero che deve essere fornita, maggiore deve essere la portata che
evolve nella turbina e quindi minore è l’impulso specifico della stessa.
oppure si può considerare la possibilità di ulteriori stadi per una ripartizione del salto entalpico
totale.
h00 − h1s =
5.5. Turbina ad azione a salti di velocità
In contrapposizione alla turbina monostadio, detta turbina a salti di pressione, per macchine
a prestazioni più elevate si possono utilizzare turbine a salti di velocità ove ad un primo stadio
del tutto identico a quello delle macchine sopra descritte, si fa seguire uno o più stadi ove la pressione
rimane costante e il flusso viene solamente deviato (almeno nel caso ideale) di stadio in stadio.
Nel caso in figura è stato preso Vθ1 = 4U : si vedrà che questa è la soluzione migliore per un
sistema bistadio; il lavoro estratto sarà
L = LI + LII = U (Vθ2 − Vθ1 ) + U (Vθ3 − Vθ4 ) = 8U 2
che a parità di salto di pressione (legato al salto entalpico disponibile) e pari U (funzione del materiale) è di quattro volte superiore al lavoro ottenibile dal singolo stadio.
Ne segue che per una macchina pluristadio:
5.5. TURBINA AD AZIONE A SALTI DI VELOCITÀ
149
Figura 5.25. Schema di una turbina a salti di velocità
◦ il lavoro massico aumenta quindi a parità di potenza la portata può diminuire con conseguente beneficio sull’impulso specifico;
◦ il salto entalpico sfruttabile può, a parità di velocità tangenziale, aumentare con la possibilità di avere macchine a ciclo aperto;
◦ l’angolo di deviazione per la girante e il distributore aumenta con aumento delle perdite e
conseguente diminuzione del rendimento.
Si dimostra che per una macchina con Z stadi il valore ottimale di X è
1
U
=
Xott =
Vθ1
2Z
e il lavoro massimo
Lmax = 2Z 2 U 2
Considerando ora il caso reale con le perdite ψ e ϕ dalle relazioni trovate per la macchina monostadio
e adattate alla bistadio si ha:
V12
= h00 − h1s − 1 − ϕ2dist (h0 − h1s )
2
e il lavoro sarà possibile scriverlo come somma del salto entalpico ideale (per il rapporto di espansione
dato) e delle perdite
h 2 2
i h V 2 −V 2 w2
i
V −V
w2
2
=
L = LI + LII = 1 2 2 − 21 1 − ψI2 + 3 2 4 − 23 1 + ψII
w2
w2
V2
2
= h00 − h1s − 1 + ϕ2dist h00 − h1s − 1 1 + ψI2 + 2 1 − ϕ2radd − 3 1 − ψII
| {z } |
{z
} |2 {z
} |2
{z
} |2 {z
}
salto ideale
Rdistr
Rradd
RI
mentre il rendimento
RII
P
ηp = 1 −
i Ri
h00
− h1s
Consideriamo ora per semplicità che non vi siano perdite (ϕ = ψ = 1) e consideriamo l’espressione
del rendimento
2 −V 2
V1s
4
V4 2
2
ηp = V 2 = 1 −
V1s
1s
2
che nello condizioni di ottimo X = 14 e V4 = Vm
V1 sin α1 2
ηpmax = 1 −
= cos2 α1
V1
che vale anche per Z salti e che mostra che all’aumentare di questi aumenta l’angolo iniziale di
deviazione e dunque diminuisce il rendimento. Il lavoro massimo per Z salti sarà calcolabile una
150
5. STUDIO DELLE TURBINE
Figura 5.26. Piano entalpico turbina pluristadio
volta noto il rendimento
2
V1s
1 2ZU 2
= cos2 α1
= 2Z 2 U 2
2
2 cos α1
e quindi il rapporto con il lavoro massimo per uno stadio
(Lmax )Z
(5.60)
= Z2
(Lmax )1
mentre il rapporto tra le velocità tangenziali ottime
(Uott )Z
1
=
(5.61)
(Uott )1
Z
(Lmax )Z = ηpmax ∆h0is = cos2 α1
5.5.1. Rendimento. Consideriamo una macchina bistadio con il relativo triangolo di velocità
reale e scriviamo l’espressione del lavoro:
L = LI + LII = U [(Vθ1 − U ) (1 + ψI ) + (Vθ3 − U ) (1 + ψII )]
ma dai triangoli si ha anche:
Vθ3 = ϕradd V2 cos α3 = ϕradd
V3 = ϕradd V2
w2 cos β2 − U = ϕradd (ψI w1 cos β1 − U ) = ϕradd [ψI (Vθ1 − U ) − U ]
0
e quindi
L = U {[(1 + ψI ) + ϕradd ψI (1 + ψII )] Vθ1 − [(1 + ψI ) + ϕradd ψI (1 + ψII ) + (1 + ψII ) (1 + ϕradd )] U }
che possiamo anche scrivere introducendo X
L = X {[(1 + ψI ) + ϕradd ψI (1 + ψII )] − [(1 + ψI ) + ϕradd ψI (1 + ψII ) + (1 + ψII ) (1 + ϕradd )] X} Vθ21
Calcolando però il rendimento si vede che il rapporto con la turbina a singolo stadio
ηpZ
<1
ηp
5.6. TURBINA AD AZIONE A SALTI DI PRESSIONE
151
per le perdite introdotte dal secondo stadio in termini di:
◦ aumento del modulo di w1 e quindi delle perdite per attrito nel rotore;
◦ aumento della deviazione ∆β e quindi diminuzione di ψ.
Ne segue dunque che il rendimento, all’aumentare del numero di stadi, diminuisce e diminuisce il
valore di Xott : le caratteristiche del sistema nel suo complesso, l’accoppiamento con la pompa e le
esigenze strutturali saranno quelle che, stabilendo il valore di X, porteranno alla scelta del numero
di stadi.
Figura 5.27. Zott al variare di X
5.6. Turbina ad azione a salti di pressione
La turbina a salti di pressione è ottenuta mediante la successione di più stadi semplici con
l’espansione totale ripartita tra più statori ; questa architettura ha diversi aspetti da analizzare:
(i)
◦ visto che la velocità di uscita dal rotore V2 dello stadio i-esimo che compone la turbina
viene utilizzata nello stadio i + 1 − esimo risulta corretto utilizzare il rendimento total to
total ηtt anziché ηts e le perdite allo scarico dell’ultimo stadio saranno accorpate alla perdite
per ventilazione;
◦ sempre per la ragione sopra vista il fattore di recupero è superiore alla turbina a salti di
velocità;
◦ nell’ipotesi che
(1) vi sia un solo albero a velocità angolare ω dove sono calettati tutti i rotori;
(2) il diametro medio sia costante lungo la macchina;
(3) i triangoli di velocità siano gli stessi per tutti gli stadi
allora il salto entalpico del singolo stadio è una frazione del salto entalpico totale
∆h0
Z
e quindi da una parte il salto di pressione è inferiore e il flusso rimane subsonico 6, dall’altra
Z è il medesimo per tutti gli stadi;
il rendimento ηtt
◦ nelle ipotesi sopra fatte il valore ottimo di X per il singolo stadio è sempre
1
Z
Xott
=
2
0
le velocità, a salto ∆h fissato, sono scalate con la radice di Z
r
Z=1
V θ1
V1 cos α1
V1s cos α1
ϕ1
∆h0
Uott
Z
=
=ϕ
=
cos α1 2
= √
Uott =
2
2
2
2
Z
Z
∆h0Z =
(5.62)
V1Z=1
V1Z = √
Z
6In ogni caso è possibile, ai fini di una regolazione più agevole, aumentare il salto di pressione per avere un flusso
in chocking negli ugelli di statore e quindi una portata costante.
152
5. STUDIO DELLE TURBINE
w1Z=1
w1Z = √
Z
Z
◦ se invece fissiamo, per limiti strutturali ad esempio, Umax
allora il salto entalpico è funzione
7
lineare di Z.
◦ la presenza di più stadi statorici ove si realizza un salto di pressione porta alla necessità di
tenute che evitino che parte della portata non espanda come dovuto; inoltre tali trafilamento, sempre presente per equilibrare la spinta assiale, porta alla necessità, nelle equazioni di
conservazione, di considerare le grandezze estensive anziché specifiche.
◦ l’espansione nei vari stadi porta ad una diminuzione della densità: la progettazione di
una turbina a velocità assiale costante porterebbe ad un aumento dell’altezza delle palette
troppo grande (di gran lunga superiore all’aumento dovuto alle perdite per attrito per le
turbine a salto di velocità) e quindi pale svergolate con grado di reazione variabile con il
~1 costante, una diminuzione di α1 con conseguente aumento
raggio. Si considera allora, a V
della componente assiale; conseguenza marginale è la ripartizione non più uniforme del salto
entalpico tra i diversi stadi.
5.6.1. Rendimento. Consideriamo ora uno stadio ad azione (χ = 0) e scriviamo il salto ideale
di entalpia totale in funzione di V1 e V2 :
"
2 #
2
V1s
V22
V12
0
0
0
0
2 V2
h0 − h2s = h0 − h1s − h2s − h1s =
−
=
1−ϕ
2
2
2ϕ2
V1
e di seguito, utilizzando l’espressione del lavoro 5.57, il rendimento total to total
ηtt =
2ϕ2 cos2 α1 X (1 − X) (1 + ψ)
2
1 − ϕ2 VV12
che rispetto al rendimento 5.59 risulta maggiore per la presenza di un denominatore minore di uno
e tale differenza cresce la crescere di V2 (visto che ciò che veniva considerato perdita prima ora non
lo è più). Dai triangoli di velocità
0
0
V22 = U 2 + w2 − 2U w2 cos β2 = U 2 + ψ 2 w12 − 2ψU w1 cos β2
w12 = U 2 + w12 − 2U V1 cos α1
si ha
V2
V1
2
h
i
= ψ 2 + X cos2 α1 (1 + ψ)2 X − 2ψ (1 + ψ)
e dunque
ηtt =
2ϕ2 cos2 α1 X (1 − X) (1 + ψ)
n
h
io
1 − ϕ2 ψ 2 + X cos2 α1 (1 + ψ)2 X − 2ψ (1 + ψ)
e possiamo vedere che, rispetto alla turbina a salti di velocità, il rendimento si presenta maggiore
e con un andamento più piatto nell’intorno del massimo; ancora una volta, considerando anche le
perdite per ventilazione (proporzionali ad U ) il massimo si sposta ad X inferiori rispetto al Xott
dell’analisi fluidodinamica ed inoltre la cifra di pressione (che è inversamente proporzionale a U 2 )
risulta superiore a bassi X.
7Rispetto alla turbina a salti di pressione dobbiamo notare però che la dipendenza da Z (vedi 5.60 e 5.61) ha
l’esponente dimezzato.
5.6. TURBINA AD AZIONE A SALTI DI PRESSIONE
153
Figura 5.28. Confronto tra ηtt e ηts in funzione di X
5.6.1.1. Confronto tra monostadio e pluristadio. Prendiamo due macchine, una monostadio e
l’altra bistadio, con le seguenti condizioni:
◦ sia reso disponibile lo stesso salto entalpico totale (inferiore al massimo sfruttabile per limiti
strutturali);
√
◦ abbiano triangoli simili (scalati del fattore Z)
◦ abbiano le medesime perdite (ϕ, ψ);
allora le perdite nella macchina monostadio saranno somma delle perdite nel distributore e nella
girante (dalla 5.58)
2
2
V1
1
2 w1
−
1
+
1
+
ψ
RZ=1 = Rd + Rg =
ϕ2
2 Z=1
2 Z=1
mentre nella turbina bistadio basta moltiplicare per Z la medesima espressione con le opportune
velocità
2
2
V1
1
2 w1
−1
+ 1+ψ
RZ = Z
ϕ2
2 Z
2 Z
che, vista la 5.62 e seguenti, permette di affermare che le perdite fluidodinamiche nella turbina sono
le medesime a prescindere dal numero di stadi impiegati. Allo scarico però, supponendo la velocità
assiale, per la turbina monostadio si ha
Z=1
Rsc
=
V12
Z=1
sin2 α
2
mentre per la pluristadio
sin2 α
RZ=1
= sc
2
Z
la perdita è scalata di Z proprio come l’energia cinetica.
Z
Rsc
=
V12
Z
5.6.2. Analisi delle perdite di portata attraverso una turbina a salti di pressione.
Consideriamo un caso semplice con tre stadi ad azione: le portate che attraversano ciascuno stadio
sono legate tra di loro dai trafilamenti
ṁII = ṁI − (δ ṁe + δ ṁII )
ṁIII = ṁII − (δ ṁIII − δ ṁII )
154
5. STUDIO DELLE TURBINE
con i trafilamenti attraverso le tenute a labirinto sull’asse che possono essere scritte come
s
1
2
1 p00 − (pa )
δ ṁ = αA
RT 0
n
con αA il coefficiente di efflusso, A la sezione di passaggio ed n il numero di stadi del labirinto; dalla
relazione presentata si può trovare il numero minimo di labirinti
2
2
α2 A2 p00 − (pa )
nmin =
(δ ṁmax )
RT 0
che è funzione delle prestazioni; dal punto di vista fluidodinamico si può pensare che, attraverso delle
espansioni isoentropiche e successivi riscaldamenti isobari, il punto rappresentativo si sposti sempre
ṁ
sulla curva di Fanno corrispondente alla portata adimensionalizzata αA
.
Figura 5.29. Tenuta a labirinto
Il flusso principale può, tra uno stadio e l’altro, subire alterne vicende:
(1) conservare la sua energia cinetica se gli stadi sono sufficientemente ravvicinati e non esistono
organi dissipativi; il tal caso vediamo che il flusso principale (oro) e quello secondario (viola)
hanno punti rappresentativi differenti sul piano entalpico8 fino a quando, a valle del II stadio,
vi è la miscelazione con conservazione dell’energia e della quantità di moto (considerando
trascurabile quella della portata trafilata)
ṁII h02II + (δ ṁII − δ ṁIII ) h6 = ṁIII h00III
ṁII V2II = ṁIII V0III
dalle quali si ricava l’entalpia (totale e statica) all’inizio del III stadio e di conseguenza,
sulla curva p3 = cost. il punto di partenza del III stadio.
(2) dissipare, prima di arrivare allo stadio successivo, l’energia cinetica e quindi portarsi, assieme alle portate perse, a velocità nulla (punto di ristagno coincidente con punto statico):
la miscelazione tra i flussi, avvenendo a più elevata entropia, porta a sfruttare nell’ultimo
stadio un salto entalpico maggiore e di conseguenza un maggior fattore di recupero.
5.7. Curve caratteristiche
5.7.1. Analisi delle curve sperimentali e problematiche connesse. Dalle prove al banco
possiamo dedurre, per una data turbina, delle curve caratteristiche che legano, a diversi numeri di
giri e con temperatura9 T00 e pressione allo scarico psc costanti, il salto di pressione con la portata
elaborata. Nell’andamento ottenuto possiamo notare che esiste una curva ben definita al di sotto
della quale nessuno degli stadi è in chocking e in tali condizioni la portata aumenta sia perché
aumenta la pressione totale a monte sia perché aumenta il rapporto di espansione. Quando invece o
più stadi si trovano in condizioni di saturazione allora succede che la portata non è più influenzata
dalle condizioni a valle e dunque risulta funzione lineare della pressione a monte. Si possono inoltre
8Il flusso principale prosegue nelle espansioni attraverso gli stadi mentre il flusso secondario si riscalda prima
isoentalpicamente poi isobaricamente.
9Per avere la temperatura totale a monte costante si può, a partire dalla camera di combustione, laminare,
attraverso una valvola, il flusso con conseguente diminuzione della pressione totale al valore voluto.
5.7. CURVE CARATTERISTICHE
155
Figura 5.30. Rappresentazione delle perdite sul piano entalpico
Figura 5.31. Curve caratteristiche della turbina
trovare potenza e coppia fornita dalla turbina:
P = ηT ṁ Cp T00 − his
P
ω
In generale possiamo adimensionalizzare la pressione rispetto alla pressione di scarico e quindi
avere delle funzioni della portata adimensionalizzata rispetto alla portata di chocking e del numero
di adimensionale:
!
p
ṁ RT00 N D
p00
,p 0
ηT ,
=F
psc
D2 p00
RT0
C=
ottenendo che la portata adimensionalizzata è proprio costante in condizioni di saturazione.
Figura 5.32. Curve caratteristiche adimensionalizzate
Gli aspetti da considerare sono essenzialmente due:
◦ la saturazione della turbina inizia in uno stadio e successivamente si propaga al resto della
macchina;
◦ nell’espansione negli ugelli del distributore bisogna tenere conto, in condizioni di sottoespansione, degli effetti bidimensionali in uscita dello stesso visto che la velocità non è assiale e
dunque il fan di uscita può o meno incidere completamente sulla superficie opposta della
156
5. STUDIO DELLE TURBINE
macchina: si definisce quindi un rapporto di sottoespansione massimo (quindi una pressione
a valle minima) al di sotto della quale le caratteristiche ulteriore del fan di espansione non
sono incidenti sulla paletta e quindi non contribuiscono risultante delle pressioni.
Per osservare quanto si è prossimi alla saturazione si può tracciare, per una geometria assegnata,
le curve di Fanno di ciascuno stadio che rappresenta le leggi di conservazione sul piano entalpico in
presenza di attrito
ṁ
ṁ
= ρ1 V1 =
A
ξ1 πD1 sin α1
quindi, individuando il punto sulla curva che rappresenta la condizione a fine espansione, si valuta
la sua distanza dal punto di flusso sonico della curva stessa. Al variare della portata varieranno le
curve di Fanno, le perdite e di conseguenza i punti finali: esisterà una condizione per cui in uno
stadio la pressione finale sarà quindi quella critica e quindi il condotto sarà in chocking. Nella figura
di pagina 156 si possono quindi vedere sia i casi di palettaggi tutti subcritici sia il caso il distributore
sia in chocking.
Figura 5.33. Curve di Fanno e chocking del palettaggio
Nel caso in cui vada in chocking la girante allora si ha quanto detto sopra: una volta arrivati alla
pressione critica (quindi sull’estremo della stessa curva di Fanno visto che la portata è costante) si ha
0
una post-espansione che porta il flusso ad essere supersonico, ad arrivare ad una pressione p2 inferiore
0
e quindi a sviluppare un lavoro superiore; possiamo quindi definire una p2min al di sotto della quale,
essendo il fan di espansione non più incidende sul palettaggio, non si ha ulteriore incremento della
potenza sviluppata. Si può infatti vedere come il lavoro di post-espansione sia limitato inferiormente
con il rapporto di espansione.
5.7.1.1. Trasformazioni reali e indice della politropica. Per una trasformazione isoentropica
γ
p
ρ
=
p0
ρ0
dalla termodinamica si possono trovare le espressioni della velocità e della portata specifica nel caso
subcritico:
v
"
u
γ−1 #
u 2γ
p2 γ
V =t
p0 ρ0 1 −
γ−1
p00
ṁ
= ρV = ρ00
A
p
p00
1
γ
v
" 2 γ+1 #
u
u 2γ
γ
p γ
p
t
V =
p00 ρ00
−
0
0
γ−1
p0
p0
mentre il caso supercritico si ottiene sostituendo al rapporto di pressioni quello critico.
5.7. CURVE CARATTERISTICHE
157
Figura 5.34. Sovraespansione nei palettaggi
Se abbiamo ora una generica traformazione politropica (che schematizza un processo con perdite):
n
p1
ρ1
(5.63)
=
p0
ρ0
si ottengono delle relazioni simili
(5.64)
v
"
u
n−1 #
u 2γ
p2 n
p0 ρ0 1 −
V =t
γ−1
p00
(5.65)
v
"
u
2 n+1 #
n
ṁ u
2γ
p
γ
−
1
p n
=t
p00 ρ00
M02
−
1+
0
0
A
γ−1
2
p0
p0
Ricavando poi dalla definizione del coefficiente di perdita ϕ
ϕ2 =
V12
h00 − h1
T00 − T1
=
=
2
V1s
h00 − h1s
T00 − T1s
il rapporto delle temperature (ricordando la relazione tra la temperatura totale e statica per 1 e 1s)
T00
1
h
=
T1
1 − ϕ2 1 −
T1s
T1
i=
1
γ−1 γ
2
1 − ϕ 1 − pp01
0
Dalla relazione 5.63 si ha:
n=
ln pp10
ln ρρ10
ma possiamo manipolare i rapporti
γ
p1
p1 p0
p1
= 0 0 = 0 1 + δM02 γ−1
p0
p0 p0
p0
γ T0
ρ1
p1 T0
p1
1
p1
=
= 0 1 + δM02 γ−1 0
= 0
2
ρ0
p0 T1
T1 1 + δM0
p0
p0
1
1 + δM02 γ−1
γ−1 γ
2
1 − ϕ 1 − pp10
0
158
5. STUDIO DELLE TURBINE
e quindi esiste un legame tra l’indice della politropica, l’espansione, le perdite e le condizioni in
ingresso:
γ
ln pp10 1 + δM02 γ−1
p1
0
(5.66)
n=n
, γ, ϕ, M0 =
1
2 γ−1
p00
(1+δM
)
p1
0
2
3
ln p0
„ « γ−1
0
che per piccole velocità in ingresso (M0 ' 0) diventa
p1
(5.67)
n=n
, γ, ϕ =
p00
ln
p1
p0
0
1−ϕ2 41−
γ
5
ln pp01
0
p1
0
p0
2
1−ϕ2 41−
„
p1
p0
0
« γ−1
3
γ
5
5.7.2. Prestazioni di fuori progetto di macchine a stadio singolo. Il comportamento
fuori progetto di uno stadio di turbina può essere facilmente caratterizzato a partire dalla relazione
(5.3). Infatti, se si accetta l’approssimazione che la relazione (5.3) valga sia in condizioni di progetto,
indivuate con un’asterisco:
Ψ∗ = −1 + ϕ∗ (cot α1∗ + cot β2∗ )
che in una qualsiasi altra condizione diversa da quella di progetto:
Ψ = −1 + ϕ (cot α1 + cot β2 )
e questo avviene se gli angoli di uscita del flusso sono uguali a quelli geometrici e che gli angoli di
flusso variano poco tra le condizioni di e fuori progetto:
cotα1∗ + cotβ2∗ ≈ cotα1 + cotβ2
allora si ottiene:
Ψ
ϕ
1
1
= ∗ 1+ ∗ − ∗
∗
Ψ
ϕ
ψ
ψ
Da questa relazione si vede che il rapporto tra le cifre di pressione e di flusso in condizione di in
e fuori progetto è descritto da una retta con pendenza Ψ∗ . Tutte le rette passano per il punto (1,1)
nel piano (Ψ/Ψ∗ , ϕ/ϕ∗ ).
5.7.3. Prestazioni di fuori progetto di macchine multistadio. Il metodo approssimato è
dovuto a Stodola e si distingue l’analisi per il caso, più semplice, del numero infinito di stadi
5.7.3.1. Metodo di Stodola per un numero infinito di stadi. Le ipotesi di studio sono:
◦ il numero Z di stadi della turbina sia infinito ciascuno dei quali con un salto di pressione
infinitesimo; ne segue che nessuno stadio potrà mai essere in chocking;
◦ l’indice della politropica n e le perdite ϕ e ψ siano costanti la pressione p1 ;
◦ gli angoli di deflusso siano, a differenti portate, costanti.
La portata potremo allora scriverla come:
p
ṁ = −µi Ai 2ρi dpi
con µi coefficiente di efflusso
µi =













s
sin α1i
„
«2 ϕ
V0
1− V i
f isso
1i
0
sin β
s „ 2i « ψ
2
w1
1− w i
2i
mobile
5.7. CURVE CARATTERISTICHE
159
Per la turbina completa isoliamo il termine ρdp ed integriamo considerando l’espressione 5.63:
"
n+1 #
Z psc
Z
ṁ2 X 1
psc n
n 0 0
=−
p0 ρ0 1 −
ρdp =
2
2
2
n+1
µ A
p00
p00
i=1 i i
Facendo il rapporto tra l’espressione appena trovata e la medesima in condizioni di progetto
(indicata da una barra), nelle ipotesi fatte:
n+1 p
n
P
0
2
0
Z
1
ṁ
p0 RT0 1 − ppsc0
i=1 µ2i A2i
2
0
=
n+1 ¯ 2 PZ
1
ṁ
p
n
0
0
i=1 µ̄2i A2i
2
p̄0 RT̄0 1 − p̄p̄sc0
0
che, nel caso comune di curve a T00 costante e considerando che a primo membro il rapporto tra le
sommatorie è circa unitario per le ipotesi fatte:
v
u
n+1
u
ṁ
psc n
0t
(5.68)
=
p
1
−
0
¯
ṁ
p00
v
u
p̄00
u
t
„
1−
p̄sc
p̄0
0
« n+1
n
che fornisce nello spazio ṁ, p00 , psc un cono a sezione ellittica. Da tale superficie potremo quindi
ricavare le curve caratteristiche ideali a p00 costante o a psc costante: si nota che in quest’ultimo
caso l’assenza di choking porta all’aumento della portata al diminuire della pressione psc (fino alla
condizione di pressione nulla) mentre nella realtà la saturazione di uno o più stadio porta ad una
portata massima ben definita.
Figura 5.35. Curve caratteristiche ideali
Adimensionalizzando come segue
√
ṁ∗
= ṁ
RT00
p00
p∗ =
si ha una relazione semplificata
√
ṁ
(5.69)
RT00
p00
√
¯
ṁ
RT̄00
p̄00
q
n+1
1 − (p∗sc ) n
= ¯∗ = q
n+1
ṁ
1 − (p̄∗sc ) n
ṁ∗
che ci porta, sul piano (ṁ∗ , p∗sc ), ad un’unico ellisse di equazione
ṁ∗
+ (p∗sc ) = 1
Γ
p
p00
160
5. STUDIO DELLE TURBINE
con Γ che rappresenta la massima portata non dimensionale
¯
ṁ
Γ= r
n+1
n
p̄00 1 − p̄p̄sc0
0
Figura 5.36. Curva caratteristica adimensionale
5.7.3.2. Metodo di Stodola per un numero finito di stadi. La correzione della teoria presentata
per l’insorgere del chocking la si conduce semplicemente considerando il rapporto di espansione
disponibile per la turbina:
(1) se
n
n−1
p1
p1
2
≥
=
0
0
n+1
p0
p0 cr
allora la portata è quella trovata sopra
v
" 2 n+1 #
u
ṁ u
p1 n
2γ
p1 n
=t
p00 ρ00
−
A
γ−1
p00
p00
(2) nel caso in cui
n
n−1
p1
p1
2
<
=
0
0
n+1
p0
p0 cr
allora la portata è costante e pari a quella di chocking
v
"
u
2
n+1 #
n−1
n−1
ṁ u
2γ
2
2
t
0
0
=
p0 ρ0
−
A
γ−1
n+1
n+1
con il punto di raccordo in condizioni critiche: la superficie conica acquista una base parallelepipeda
che tiene conto della saturazione. L’equazione della curva corrispondente sarà:
ṁ 2
p1 − pcr 2
+
=1
ṁcr
p00 − pcr
per p1 ≥ pcr e
ṁ = ṁcr
per p1 < pcr .
Introducendo ancora la portata massima smaltibile
s
n+1
n−1
γ
2
Γ = A1
(n − 1)
γ−1
n+1
si ha
ṁ
Γ
2
+
p1 − pcr
p00 − pcr
2
=1
e la curva di ṁ in funzione di p00 ottenuta approssima bene il caso reale.
Bibliografia
161
Figura 5.37. Curve ideali con saturazione
Bibliografia
[1] J. H. Horlock. Axial Flow Turbines. Robert E. Krieger Publ. Co., 2 edition, 1973.
[2] D. G. Ainley and G. C. R. Mathieson. A method of performance estimation for axial flow turbines.
ARC R and M 2974, Aeronautical Research Council, London, 1957.
Elenco delle figure
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
Diagramma di stato dell’idrogeno [2].
Diagramma di stato dell’idrogeno e validità dell’equazione di stato dei gas ideali.
Schema di sistema macroscopico.
Particella, suo intorno e linea di corrente.
Schema e nomenclatura per il calcolo del momento della quantità di moto.
4
6
15
23
35
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
2.7
2.8
Flusso tridimensionale nelle turbomacchine.
39
Sistema di riferimento relativo solidale con la girante rotante a velocità angolare costante 41
Triangolo delle velocità
41
Flusso in uscita dalla girante
42
Moto relativo nel caso di palette piane.
44
Tipi di turbomacchina in base alla direzione della linea di corrente.
49
Andamenti della velocità e pressione per un vortice libero
51
Andamenti delle velocità e pressione per un vortice forzato
51
3.1
3.2
3.3
3.4
Schematizzazione del flusso energetico in una pompa.
57
Schematizzazione del flusso energetico in una turbina.
57
Evoluzione del flusso in turbina riportata nel piano entalpico.
58
Stati termodinamici all’ingresso e all’uscita di ciascuno dei tre stadi simili di una turbina
nel piano entalpico.
61
3.5 Rappresentazione sul piano (h, s) espansione e compressione di ugelli e diffusori
64
3.6 Triangoli di velocità e paletta di turbina assiale
66
3.7 Curva caratteristica per una turbopompa
70
3.8 Curva del rendimento per una pompa a geometria variabile
70
3.9 Curve caratteristiche per compressori e turbine
72
3.10 Curva fondamentale delle turbomacchine
73
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
4.8
4.9
4.10
Traiettoria delle particelle nel moto assoluto e relativo
Curve ψ, ϕ per diverse pompe
Curve P , Q per diverse macchine
Triangoli di velocità a diversi R
Triangolo ai limiti di funzionamento
Gradienti di pressione nella pompa reale
Deviazione della corrente sul piano palare per flusso secondario
Fattore σ nella trattazione di Stodola
Fattore di Busemann
Determinazione di ∆Wθ nella girante
163
78
79
80
81
81
83
83
86
87
94
164
ELENCO DELLE FIGURE
4.11 Perdite per urti nel diffusore:
δVθslip
2
U2
= cost.
4.12 Perdite nel diffusore per Cp = cost.
4.13 Curve reali nel caso
4.14
4.15
4.16
4.17
4.18
4.19
4.20
4.21
4.22
4.23
4.24
4.25
4.26
4.27
∆Vθslip
2
U2
= cost.
Curve reali a Cp = cost.
Effetto della cavitazione per ns differenti
Schema del circuito all’aspirazione della pompa
N P SH critico
N P SH in funzione di Q e N
95
96
96
96
97
98
99
100
107
107
108
109
110
112
113
113
4.28
4.29
4.30
4.31
4.32
4.33
4.34
4.35
4.36
4.37
Carichi laterali
Distribuzione di pressione per impeller senza foro di comunicazione.
Distribuzione di pressione per impeller con foro di comunicazione.
Disegno di assieme della girante e dei canali palari
Grafico delle funzione polinomiale relativa al rendimento η.
Grafici delle funzioni polinomiali relative a ξ, NSS e σ.
Velocità tangenziale in uscita (indicata nel grafico con CU 2) decresce all’aumentare della
portata
114
NPSH al variare della pressione di aspirazione
114
NPSH al variare della pressione di vapore saturo
115
Nomenclatura per il triangolo delle velocità in uscita della girante.
115
Effetto dell’angolo di uscita delle pale sulla potenza assorbita
116
Effetto dell’angolo di uscita delle pale sulla prevalenza
116
Curve caratteristiche della prevalenza a diversi numeri di giri
116
Curve caratteristiche della potenza assorbita a diversi numeri di giri
117
Curve caratteristiche adimensionali
117
Prevalenza al variare della pre-rotazione all’aspirazione
117
Potenza assorbita al variare della pre-rotazione all’aspirazione
118
5.1
5.2
5.3
5.4
5.5
5.6
5.7
5.8
5.9
5.10
5.11
5.12
5.13
Piano entalpico per un condotto fisso
Perdite in relazione al rapporto di espansione
Piano entalpico per il condotto mobile
Sistema statore-rotore sul piano entalpico
Punti di progetto per uno stadio di turbina assiale
Confronto tra diversi χ
Confronto tra stadi con χ = 0 o χ > 0
Sezione della schiera bidimensionale.
Sezione del distributore di una turbina ad azione supersonica.
Sezione della schiera bidimensionale di una turbine a reazione.
Break-up dei principali contributi di perdite meccaniche.
Separazione del flusso all’ingresso delle palette in condizioni di fuori progetto.
Vortice di passaggio (a sinistra) e vortice a staffa (a destra).
120
121
122
125
128
129
130
130
131
131
132
133
134
ELENCO DELLE FIGURE
165
5.14
5.15
5.16
5.17
Sistema d’urti allo scarico del canale palare
134
Perdite al tip delle palette
135
Palette con e senza shroud
135
0
Perdite di profilo secondo Sodeberg: in alto, palettaggio a reazione, α1 = 0; in basso,
0
palettaggio ad impulso, α1 = α2 .
137
5.18 Perdite dovute allo spessore del trailing edge
137
5.19 a) Incidenza di stallo is (s/l = 0.75) in funzione del rapporto fra angolo del flusso
all’ingresso e allo scarico α1 /α2 ; b) Fattore di correzione sull’angolo in uscita della schiera
di pale in funzione del rapporto s/c. Grafici validi per Re = 2 × 105 , Mach < 0.5 ,
rapporto passo/corda s/l pari a 0.75.
138
5.20 Variazione dell’incidenza di stallo is − is(s/l=0.75) in funzione del rapporto s/c
138
5.21 d) Coefficiente di perdita χi = YP /YP (i=0) in funzione del rapporto i/is ; e) variazione
dell’angolo in uscita dalla schiera α2 in funzione del coefficiente χi = YP /YP (i=0)
5.22 Perdite dovute al trailing edge
5.23 Rendimento in funzione di X
5.24 Rendimento reale in funzione di X
5.25 Schema di una turbina a salti di velocità
5.26 Piano entalpico turbina pluristadio
5.27 Zott al variare di X
5.28 Confronto tra ηtt e ηts in funzione di X
5.29 Tenuta a labirinto
5.30 Rappresentazione delle perdite sul piano entalpico
5.31 Curve caratteristiche della turbina
5.32 Curve caratteristiche adimensionalizzate
5.33 Curve di Fanno e chocking del palettaggio
5.34 Sovraespansione nei palettaggi
5.35 Curve caratteristiche ideali
5.36 Curva caratteristica adimensionale
5.37 Curve ideali con saturazione
139
143
146
147
149
150
151
153
154
155
155
155
156
157
159
160
161
Elenco delle tabelle
1.1
Grandezze critiche per alcuni dei propellenti più comuni (i valori dell’acqua sono riportati
per confronto).
167
6
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