lOMoARcPSD|49390304 Fondamenti di economia aziendale Management e diritto d'impresa (Sapienza - Università di Roma) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 1 - L’economia aziendale Scienza economica ed economia aziendale L’economia aziendale è un ramo della scienza economica che è la disciplina che studia la condotta umana sotto l’aspetto economico. Robins nel 1932 precisa i concetti di attività economica e di scienza economica. Secondo Robbins non è corretto distinguere tra atti economici (che contribuiscono al benessere materiale) e atti non economici,è necessario superare l’aspetto classificatorio,l’attività umana non è costituita da atti economici e atti non economici ma ha vari aspetti, tra cui quello economico che può essere oggetto di autonoma analisi. Secondo Robins sono necessarie e sufficienti 4 condizioni per rendere la condotta umana suscettibile di considerazione economica. Esiste l’aspetto economico quando: 1. i fini/scopi da realizzare sono molteplici; 2. tali fini/scopi hanno differente rilevanza e sono classificabili in ordine di importanza; 3. i mezzi a disposizione per realizzare fini/scopi sono scarsi rispetto ai bisogni; 4. i mezzi sono suscettibili di usi alternativi cioè possono essere impiegati per soddisfare bisogni differenti. Perchè l’aspetto economico sia rilevante è necessario che sussistano contemporaneamente tutte le condizioni sopra elencate. E’ importante evidenziare che secondo l’impostazione del Robbins l’economia come scienza non si caratterizza per il suo particolare oggetto di studio limitato ai soli fenomeni che comunemente vengono qualificati come ‘’economici’’,essa si afferma soprattutto come metodologia fondata sulla teoria delle decisioni, applicabile a tutte le attività umane,politiche,giuridiche… Processo di decisione Il comportamento ha alla sua base la decisione che determina l’azione dell’azienda. Ogni comportamento nasce da un processo decisionale; l’insieme delle decisioni configura la programmazione aziendale. La decisione determina l’azione e quest’ultima richiede il controllo che ha i seguenti obiettivi: - verificare se l’azione è conforme alla decisione, individuare le cause di eventuali scostamenti rilevanti e avviare un’azione di correzione del comportamento per riportarlo o riprogrammarlo verso gli obiettivi desiderati. Il controllo predispone report periodici e bilanci annuali che alimentano l’informazione esterna a favore degli stakeholders e cioè dei gruppi di interesse esterni che formulano delle attese nei confronti dell’azienda. Le decisioni aziendali sono alimentate dalle informazioni contabili ed extracontabili che riguardano l’ambiente esterno all’azienda e anche l’ambiente interno. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Processo di esecuzione Una volta che le decisioni sono formulate,segue il processo esecutivo. Processo di controllo Le decisione e l’azione necessitano del processo di controllo;senza il processo di controllo l’attività non è razionale. Il processo di controllo effettua il confronto fra decisione e azione. Provvede al calcolo di eventuali scostamenti. Se lo scostamento è contenuto entro certi limiti di tolleranza non si interviene,in caso contrario si analizzano sistematicamente le cause degli scostamenti. Correzione (processo di retroazione) Una volta individuate le cause degli scostamenti,scatta il feed-back,l’azione di correzione. Il controllo e l’avvio dell’azione di retroazione configurano un processo che si manifesta continuamente nella vita dell’azienda ben governata. Nelle aziende più evolute si tende a sviluppare anche un feed-forward control system cioè un meccanismo che consente di acquisire le informazioni per porre in essere eventuali interventi correttivi in anticipo rispetto all’azione e cioè prima che i risultati siano conseguiti (processo di retroazione). L’economia aziendale studia i processi di decisione,di esecuzione,di controllo con i relativi feed-back e feed-forward, il sistema informativo interno e le informazioni esterne a favore degli stakeholders. Il processo di decisione Il processo di decisione si articola in varie fasi: 1. individuazione del problema; 2. definizione del problema (raccolta di informazioni interne ed esterne per capire qual è la natura del problema); 3. sviluppo di soluzioni alternative 4. individuazione delle conseguenze associate a ciascuna alternativa (i manager individuano solo alcune delle conseguenze;hanno capacità di previsione e di calcolo limitate); 5. scelta dell’alternativa più conveniente,in base a una funzione d’utilità: - la funzione di utilità potrebbe essere monodimensionale; - di fatto,la funzione è pluridimensionale. Le prime 4 fasi della decisione vengono affrontate nelle aziende di una certa dimensione mentre la quinta fase compete esclusivamente ai manager che sono responsabili dei risultati della decisione. Approcci allo studio delle decisioni nella scienza economica Esistono due impostazioni nello studio delle decisioni: 1. modello della razionalità obiettiva: è seguito dagli economisti neoclassici,dai matematici e dagli statistici che si occupano dello studio delle scelte aziendali,essi suppongono che a prendere le decisioni sia un essere soprannaturale chiamato uomo economico. 2. modello della razionalità limitata: è alla base della ‘’teoria del comportamento aziendale o amministrativo’’,il protagonista delle decisioni è il cosiddetto ‘’uomo amministrativo’’. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 L’uomo economico è onnisciente e obiettivamente razionale;sceglie sempre l’alternativa ottima,egli: - individua tutti i problemi; - definisce perfettamente i problemi; - sviluppa tutte le alternative; - individua e conosce tutte le conseguenze associate a ciascuna alternativa; - ha la capacità di previsione e di calcolo illimitate. La sua decisione sarà pertanto ottima,è dotato per definizione di capacità soprannaturali. Nelle sue valutazioni è presente tutta la vita dell’azienda;i suoi calcoli considerano tutti i fenomeni che possono incidere sulle decisioni aziendali. L’uomo amministrativo è un essere simile ai manager delle reali organizzazioni,ha conoscenze limitate quindi è limitatamente razionale e sceglie l’alternativa soddisfacente. Le sue capacità di previsione e di calcolo sono limitate e il mondo da lui percepito è un modello assai ridotto e semplificato. L’uomo amministrativo: - individua con grande difficoltà soltanto alcuni problemi presenti nel corso del tempo; - definisce spesso in modo vago i problemi che prende in considerazione; - sviluppa solo alcune soluzioni si ferma all’alternativa che giudica soddisfacente; - conosce solo parte delle conseguenze associate a ciascuna alternativa. Sceglie per tanto l’alternativa soddisfacente, il livello di soddisfazione dipende dai risultati conseguiti nel passato e dal livello di aspirazione/motivazione del manager o dei manager che sono responsabili delle decisioni. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 2- L’azienda Generalità L’azienda è un istituto economico,duraturo,che produce beni e servizi. E’ costituito da un sistema di persone (organizzazione),da un sistema di beni (capitale) e da un sistema di operazioni (gestione) ed è rivolto alla soddisfazione dei bisogni umani. - Istituto: l’azienda è un complesso di elementi complementari, è un sistema di elementi avvinti da complementarità che mutano dinamicamente nel corso del tempo. - Istituto economico: l’azienda è un luogo dove si prendono decisioni per adattare i mezzi scarsi a disposizione ai molteplici fini da raggiungere. - Istituto economico duraturo: l’azienda destinata a vivere a lungo, persone e beni si rinnovano e cambiano ma l’istituto aziendale permane nonostante la mutabilità dei suoi elementi. I manager devono prendere le proprie decisioni avendo un’ottica a lungo termine. La funzione dell’azienda,cioè la sua mission,è quella di creare utilità in due modi: 1. mediante la trasformazione dei beni che conduce alla fabbricazione di prodotti e/o servizi da vendere o da erogare (azienda industriale o servizi) 2. mediante il trasferimento nel tempo e nello spazio e da persona a persona dei prodotti e delle merci (azienda mercantile). L’organizzazione Il sistema di persone occupate in un’azienda è detto organizzazione. E’ costituita da un sistema coordinato di persone che operano all’interno dell’azienda e che sono specializzate a svolgere determinati compiti. Specializzazione e coordinamento sono i due principi su cui è basata l’organizzazione delle aziende,vengono ottenute mediante il processo organizzativo che prevede le seguenti fasi: 1. Individuazione degli obiettivi da raggiungere. 2. Determinazione delle funzioni da svolgere per conseguire gli obiettivi programmati e loro valutazione in termini di unità lavorative da impiegare. 3. Scomposizione e/o ricomposizione delle funzioni,in modo da creare dei ruoli omogenei da assegnare alle persone. 4. Specificazione per iscritto per ogni ruolo dei compiti delle responsabilità e dei poteri da assegnare alle persone. 5. Definizione delle linee di influenza (vengono specificate in un documento denominato mansionario). 6. Definizioni delle procedure operative (si stabiliscono come le funzioni dovranno essere effettuate,più che un elemento strutturale dell’organizzazione è uno strumento di funzionamento del sistema aziendale). 7. Creazione del sistema informativo (definire le varie linee verticali,orizzontali e trasversali attraverso cui passano le informazioni che alimentano i processi di decisione, esecuzione e controllo). La struttura organizzativa è il complesso dei ruoli delle linee di influenza e del sistema informativo. Span of control è il numero di persone controllate da un dirigente (tra 3 e 12 persone). L’organigramma è la rappresentazione della struttura organizzativa,non evidenzia le linee che configurano il complessivo sistema informativo. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Il patrimonio/capitale dell’azienda Il patrimonio è un complesso di beni coordinati a disposizione dell’azienda. In base all’art.810 c.c. , sono beni tutte le cose che possono formare oggetto di diritti. Il patrimonio è un concetto statico fa sempre riferimento a una determinata data. Può essere studiato sotto due aspetti: a) qualitativo: il patrimonio qualitativo è un complesso di beni espressi in quantità eterogenee. Gli elementi patrimoniali poiché sono eterogenei non possono essere sommati e vengono rappresentati e descritti in un prospetto denominato inventario a quantità eterogenee. Non consente di avere una nozione sintetica di patrimonio cioè non si può esprimere il patrimonio con un numero. b) quantitativo: il patrimonio quantitativo è un fondo omogeneo di valori. Gli elementi possono essere sommati in quanto sono stati resi omogenei mediante il processo di valutazione. Vengono rappresentati e descritti in un prospetto detto inventario a quantità e a valori. L’inventario viene riassunto in un conto sintetico denominato Stato Patrimoniale.L’aspetto quantitativo consente di avere una nozione sintetica di patrimonio. Capitale netto o capitale proprio significa capitale del proprietario o dei proprietari. Il totale del dare -> investimenti finanziari Il totale dell’avere -> fonti finanziarie Le fonti di finanziamento possono essere di due tipi: - capitale proprio (fa capo al/ai proprietario/i) - capitale di credito (debiti dell’azienda ovvero capitale dei creditori). Se le attività (A) sono maggiori delle passività (P) A>P A – P= capitale netto o capitale proprio Se le passività (P) sono maggiori delle attività (A) A<P P – A=deficit patrimoniale o passivo netto o passivo scoperto. Il rapporto tra capitale di credito (CC) e capitale proprio (CP) è detto Leverage ratio (rapporto di indebitamento): L= CC/CP Oppure: L= CC+CP/CC-1 Gli elementi attivi dello stato patrimoniale hanno l’attitudine a essere convertiti in denaro entro un determinato periodo di tempo; gli elementi passivi dello stato patrimoniale hanno l’attitudine a richiedere denaro entro un determinato periodo di tempo. Breve termine= entro 1 anno Medio termine= tra 1 e 5 anni Lungo termine= dopo 5 anni Riclassificazione dello SP in base al criterio finanziario Le attività sono classificate in base alla loro attitudine a convertirsi in denaro e si distinguono in proposito: -liquidità -disponibilità -immobilizzazioni Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Le passività sono classificate in base alla loro attitudine a richiedere denaro; si distinguono in proposito: -passività correnti (esigibilità) -passività consolidate (redimibilità) -capitalizzazione (capitale netto) Indicatori finanziari I seguenti indici rivelano la salute finanziaria dell'azienda. l'analisi per indici ha senso se è effettuata per più anni di seguito e se si effettuano comparazioni rispetto alle medie di settore. Current ratio è un indicatore di liquidità, esprime il rapporto tra la somma delle liquidità immediate e le disponibilità rispetto al totale delle esigibilità. Current ratio= attività correnti/passività correnti= liquidità+Disponibilità/esigibilità Il current ratio ha come valore soglia 2,se l’indice è maggiore di 2, il giudizio sulla situazione finanziaria a breve termine dell’azienda è teoricamente buono; se inferiore a 2 il giudizio comincia a essere negativo. Il quick ratio è un altro indicatore di liquidità, esprime il rapporto tra le liquidità immediate e le disponibilità al netto delle rimanenze di magazzino rispetto all’esigibilità, è il rapporto tra attività correnti al netto delle rimanenze e le passività correnti: Quick ratio= attività correnti-magazzino/passività correnti = Quick ratio= liquidità immediate+disponibilità-magazzino/esigibilità Il quick ratio ha come valore soglia 1, se è maggiore di 1, la situazione aziendale è teoricamente buona; se è inferiore a 1, la situazione aziendale comincia a diventare rischiosa. Leverage ratio indica il grado di indebitamento dell’azienda. L’indicatore esprime il rapporto tra il capitale di credito e il capitale proprio. Ha valore indicativo 1, se il rapporto è maggiore di 1 la situazione aziendale tende teoricamente a diventare rischiosa, perché c’è un eccessivo ricorso al capitale di terzi rispetto al capitale proprio; se l’indicatore è minore a 1 la situazione aziendale tende a diventare soddisfacente perché l’azienda è adeguatamente patrimonializzata. La gestione La gestione dell’azienda è il sistema delle operazioni simultanee e successive che dinamicamente si dispiega, finché l’azienda ha vita, per il raggiungimento dei fini della medesima. Questa attività costituisce la gestione in senso oggettivo mentre il sistema delle operazioni esprime l’aspetto oggettivo. Il periodo amministrativo è il lasso di tempo in riferimento al quale la gestione è programmata e controllata. Si chiama esercizio il sistema delle operazioni relative a un determinato periodo amministrativo. Secondo H. Fayol le funzioni di un’azienda industriale orientata al profitto si distinguono in: funzioni operative e funzioni direzionali. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Le funzioni direzionali investono le funzioni operative e le ‘’razionalizzano’’. Si può così parlare di programmazione della produzione, di controllo della produzione, di organizzazione della produzione e di leadership della produzione; di programmazione delle vendite, di controllo delle vendite, di organizzazione delle vendite e di leadership dell’attività di vendita e così via per le varie funzioni operative. La leadership è una funzione di rilevanza strategica e viene vista come una variabile causale perché incide sulla salute dell’organizzazione e sui suoi risultati. Se esiste una leadership inadeguata,tutto il sistema aziendale ne risentirà in modo negativo. L’azienda e la soddisfazione dei bisogni umani Il comportamento umano può essere riguardato come una serie di azioni rivolte a realizzare delle mete capaci di soddisfare i bisogni umani. Questo processo è continuo,dura tutta la vita. 1.Un bisogno soddisfatto non motiva;al suo posto emerge un altro bisogno di ordine superiore che stimola il comportamento. 2. I bisogni sono disposti secondo una scala gerarchica (scala di Maslow). Compito primario del manager è quello di soddisfare i bisogni dei clienti,dei dipendenti e degli altri stakeholders e di realizzare contemporaneamente le finalità generali dell’azienda. Alla frustrazione sono collegati alcuni meccanismi di comportamento irrazionali che non risolvono affatto i problemi dei dipendenti. Il fenomeno della frustrazione si manifesta quando si presentano degli ostacoli che non consentono di soddisfare adeguatamente i bisogni in tensione. Gli ostacoli possono essere interni ai dipendenti e/o esterni. Se i bisogni fondamentali sono adeguatamente soddisfatti, il comportamento dei dipendenti è sostanzialmente orientato dalle motivazioni di ordine superiore che in quel momento stanno in tensione. Il frustrato è generalmente improduttivo e ammalato, la sua malattia si rifletterà sul suo comportamento e sulla sua produttività. Se esiste un ostacolo le reazioni possono essere: - razionali: tendere all’abbattimento dell’ostacolo; - irrazionali: si sviluppano meccanismi auto ingannatori che tendono a preservare l’autostima;ma tali meccanismi non soddisfano i reali bisogni dell’individuo. Le principali reazioni irrazionali sono: a)aggressività b)isolamento motivazionale c)compensazione d)razionalizzazione Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 3 - Stili direzione, produttività e soddisfazione dei dipendenti I modelli convenzionali di management La teoria convenzionale è influenzata dal principio secondo il quale la direzione, per risultato efficiente, deve basarsi sull’autorità e sul controllo. La logica che ispira il principio in discorso può riassumersi in questo modo: poiché il capo di qualsiasi dipartimento organizzativo è responsabile dell’operato dei suoi dipendenti egli deve avere diritto di imporre agli stessi una certa linea di condotta e di controllarne e rettificarne continuamente il comportamento, in vista di realizzare con voluta efficienza, gli obiettivi prestabiliti. Se non esistesse tale diritto o se il medesimo è limitato, il funzionamento del dipartimento risulta sicuramente insoddisfacente; e ciò perché i dipendenti hanno l’innata attitudine a non conformarsi alle direttive impartite. Senza il controllo, la produttività langue e gli obiettivi aziendali non sono raggiunti. Come osserva il McGregor, la gestione delle risorse umane dell’azienda è, da lungo tempo, ispirata ad alcuni concetti, che ormai, alla luce delle più recenti scoperte delle scienze sociali, possono essere considerati superati e inadeguati alla realtà odierna. La direzione tradizionale di stampo sostanzialmente tayloriano muove dai seguenti principi sulla natura umana: l’uomo medio non ama il lavoro è per natura indolente. L’individuo medio non è ambizioso: per tanto non accetta di buon grado, né aspira ad assumersi responsabilità; preferisce essere diretto, influenzato e controllato; è ostile ai cambiamenti; ricerca la gratificazione dei propri bisogni personali e di auto – realizzazione al di fuori dell’azienda, è poco sensibile alle esigenze aziendali, l’ingegno. L’immaginazione e la capacità creativa non sono ampiamente diffusi tra gli individui: l’uomo medio è perciò poco intelligente e credulone. I dirigenti che operano sulla base di tali assunzioni reputano indispensabile programmare dettagliatamente i compiti dei dipendenti e controllarne continuamente l’esecuzione. Tali sono le convinzioni profondamente radicate nei manager modellati alla scuola della ‘’Teoria X’’. La direzione può essere: - dura: sono introdotti rigidi schemi di controllo, il comportamento umano è indirizzato in senso conforme all’interesse aziendale facendo uso di sanzioni e di minacce: chi non si dimostra docile rispetto ai comandi della direzione è punito; a tal fine si ricorre a sanzioni pecuniarie, a minacce di licenziamento e di rallentamento nella progressione di carriera. Tale sistema parte dall’assunto motivazionale che l’uomo sia mosso dalla paura della miseria e dallo spettro della disoccupazione.L’approccio duro sia del controllo esterno basato sulle sanzioni, impedisce agli individui di soddisfare le motivazioni più elevate. Ne discende che il morale è basso ; mentre la produttività, almeno nel breve termine, può risultare elevata. A lungo andare, la frustrazione genera aggressività diretta o dislocata, compromessi motivazionali, comportamenti immaturi e isolamento di natura emotiva per fuggire dalle situazioni che sono la causa dell’insoddisfazione. Sempre a lungo andare la produttività decresce, il tasso di assenteismo si manifesta sempre più rilevante; il sindacalismo d’assalto si sviluppa; gli individui tendono a divenire più ostili e arroganti, rifiutano di assumersi responsabilità e si organizzano per vanificare gli sforzi della direzione, Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 inoltre se le condizioni dell’economia generale del paese lo permettono, molti dipendenti cercano nuove e più allettanti opportunità di lavoro e abbandonano l’azienda; - morbida: il ‘’management’’ aziendale impiega un sistema incentivazionale positivo, alle punizioni sono sostituite le ricompense; i dirigenti sono disposti a fare concessioni e si adoperano a soddisfare prontamente le richieste dei subordinati; si cerca di raggiungere l’armonia a ogni costo: il morale dei dipendenti è il costante punto di riferimento della strategia utilizzata per gestire le risorse umane, l’elevata soddisfazione deve essere raggiunta anche ricorrendo all’abdicazione alla direzione. Tale approccio è basato sull’assunto che se si è buoni, aperti e disponibili nei confronti dei dipendenti, questi per lealtà e gratitudine, si confermeranno di buon grado agli ordini e alle direttive. Il sistema incentivazionale di cui trattasi permette ai lavoratori di gratificare le loro motivazioni personali, indipendentemente dalla soddisfazione delle richieste dell’organizzazione. Ne consegue che il morale è alto, ma la produttività in genere è poco elevata, in altre parole la ‘’dimensione socializzante’’ è sacrificata a favore della ‘’dimensione personalizzante’’. L’abdicazione dei dirigenti non realizza gli effetti sperati: gli esseri umani non eseguono necessariamente ciò che viene loro comandato se i dirigenti sono buoni e sempre disposti a fare concessioni. L’abdicazione alla direzione, è un fatto assai grave per l’efficienza dell’azienda: non crea affatto un gruppo di lavoro produttivo, responsabile e sensibile alle esigenze aziendali. Quando i manager rinunciano a esercitare il loro ruolo, il comportamento del sistema organizzativo è contraddittorio, i veri problemi di gestione restano irrisolti, il coordinamento degli obiettivi e dell’attività operativa risulta molto carente, le risorse creative del fattore umano non sono sufficientemente sviluppate; ben presto, i conti economici manifestano chiaramente la scarsa efficacia delle decisioni che sono state assunte e il basso livello di produttività dei partecipanti all’organizzazione. La direzione dura e quella morbida sono i due estremi entro cui e ricompensa una vasta serie di strategie di gestione del personale ispirate alla Teoria X. Mutamento ambientale e crisi dei sistemi tradizionali di management I modelli di management e gli schemi di programmazione, di organizzazione e di controllo di tipo tradizionale non sono più validi per governare efficientemente i moderni sistemi aziendali. Furono sviluppati tanto tempo fa, in condizioni molto differenti dalle attuali e con obiettivi diversi, furono concepiti in un ambiente in cui la scienza e la tecnologia erano relativamente semplici e stabili; i mercati erano caratterizzati da scarso dinamismo e i fenomeni che vi si svolgevano erano alquanto prevedibili; la direzione delle aziende era esercitata da una sola o da pochissime persone e non si reputava necessario far ricorso, nella misura in cui avviene attualmente, a gruppi di persone dotate di conoscenze specializzate riguardanti i vari rami della gestione, le strutture decisionali non erano complesse e gli organi del vertice detenevano le competenze necessarie per indirizzare e controllare nel merito l’operato dei dipendenti; i sistemi informativi, da cui scaturiva la materia prima per le decisioni e per i controlli, erano relativamente semplici, le motivazioni prevalenti dei lavoratori riguardavano i bisogni fisiologici e di sicurezza; la funzione del dirigente consisteva nell’assicurare la massima produttività dei dipendenti e nello stimolare gli stessi a operare la massima produttività dei dipendenti e nello stimolare gli stessi a operare in conformità agli ordinamenti emanati; i capi nell’ambito della loro area di Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 competenza funzionale, accentravano il processo deliberativo, perché detenevano tutte le competenze e le informazioni necessarie per prendere decisioni razionali; il mezzo fondamentale per integrare i comportamenti individuali e per adattarlo alle richieste dell’organizzazione era rappresentato dall’autorità. Le relazioni tra gli organi erano caratterizzate dal rispetto del principio gerarchico e poco frequenti e scarsamente rilevanti erano i fenomeni che mettevano in discussione o che intaccavano il funzionamento del meccanismo autorità - subordinazione, la gestione generalmente, non era programmata: si era in presenza di un tipo di ‘’direzione per intuito’’ attuata secondo le opportunità e le esigenze del momento. I modelli di direzione tradizionali nonostante siano ancora oggi adottati in moltissime aziende non risultano utili per governare razionalmente le aziende moderne, specialmente quelle di grandi dimensioni, con tecnologia avanzata e operanti in settori molto dinamici. La reazione tipica della psiche alle novità sgradite è la negazione, ciò che si vorrebbe non esistesse, spesso si immagina che non esista, e così si nega il cambiamento che è in atto nella nostra società e nelle aziende più dinamiche e si continua a puntare sugli schemi di direzione tradizionali, di stampo sostanzialmente tayloriano, credendoli erroneamente in linea con l’evoluzione dei tempi. L’evoluzione ambientale ha messo in crisi i modelli direzionali di tipo convenzionale, perché ha cambiato alcune condizioni su cui poggiano gli stessi modelli. Le conoscenze per gestire l’azienda non stanno esclusivamente nel vertice della gerarchia aziendale, ma sono ampiamente diffuse nel quadro organizzativo. Tutto ciò mette in crisi i sistemi direzionali tradizionali, che partono dall’ipotesi secondo cui il ‘’sapere’’ è concentrato negli organi situati al vertice della gerarchia aziendale e che questi sono capaci di accentrare le decisioni e di controllare perfettamente nel merito le delibere e gli atti dei loro subordinati. Gli schemi tradizionali del management sono entrati in crisi segnatamente nelle organizzazioni più dinamiche. La necessità di rispondere in modo razionale ai mutamenti e alle varie esigenze, che si sono manifestati nella società in generale e nelle aziende in particolare, implica una sostanziale modificazione della strategia di direzione. Gli scienziati sociali sono convinti che le attitudini negative degli individui nei confronti del lavoro non sono una conseguenza della natura umana, ma sono il portato di particolari strutture organizzative e di certe politiche direzionali ispirate ai postulati della Teoria X: gli uomini non hanno per natura determinati atteggiamenti negativi verso il lavoro, essi tendono ad assumerli per effetto dell’ambiente organizzativo. Verso nuovi modelli di direzione E’ interesse dell’azienda fare ogni sforzo per fondere la ‘’dimensione socializzante’’ con la ‘’dimensione personalizzante’’, per sviluppare cioè le condizioni in cui il dipendente lavori spontaneamente e sia convinto che può tanto meglio gratificare le sue motivazioni personali quanto più la sua condotta è rispondere alle richieste dei ruoli organizzativi. Se ciò si verifica è molto probabile che si riesca a realizzare contemporaneamente un elevato tasso di produttività ed un alto livello di soddisfazione. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 La direzione tradizionale non è oggi in grado di motivare il comportamento del personale; i bisogni sui quali essa pone l’accento sono ragionevolmente soddisfatti, e pertanto non stimolano più la condotta umana. Come osserva il Maslow un bisogno adeguatamente soddisfatto non motiva più ed è spinto nel fondo della personalità, esso per altro riemerge quando i mezzi che lo gratificano sono ristretti. Oggi gran parte dei membri delle imprese manifesta un insieme di motivazione di natura sociale e psicologica. Di conseguenza le aziende programmano rigidamente la condotta del personale, che definiscono compiti senza significato e che non consentono l’interazione sociale, lo sviluppo della stima e l’auto – realizzazione. L’insoddisfazione ben presto si accompagna con un calo della produttività. Il fenomeno in discorso è attualmente assai accentuato e risulta indispensabile fronteggiarlo opportunamente. Il McGregor avanza interessanti proposte in tema di gestione del personale, le quali mirano a realizzare contemporaneamente alto morale ed elevata produttività, egli denomina il nuovo approccio ‘’Teoria Y’’. La ‘’ Teoria Y’’ assume che: gli sforzi effettuati nel lavoro sono altrettanto naturali dal riposo e del gioco, l’uomo medio, se la situazione è propizia, non solo accetta, ma aspira ad assumersi responsabilità; il contenuto del lavoro può essere un fattore motivante; il controllo esterno del comportamento umano, le punizioni e le ricompense esterne non rappresentano gli unici mezzi per stimolare gli individui a operare nell’interesse dell’azienda: il dipendente è capace di auto – controllo e di auto – valutazione in rapporto agli obiettivi in cui è coinvolto, l’ingegno, l’immaginazione e la capacità creatività sono ampiamente diffusi tra gli individui; le attitudini intellettuali del fattore umano sono parzialmente utilizzate nella moderna organizzazione industriale. La filosofia direzionale ispirata alla ‘’Teoria Y’’ si propone di sviluppare nel lavoro il talento, l’energia e le potenzialità creative degli individui e di soddisfare le preminenti motivazioni umane istituendo mansioni significative, stimolando la partecipazione alla soluzione dei problemi aziendali, facendo sentire a ognuno che il proprio lavoro è importante e ben considerato da tutti i partecipanti all’organizzazione. Ciò comporta che la direzione abbia piena fiducia nei dipendenti, che faccia realmente ricorso al decentramento e alla delega, che impieghi opportunamente i servizi di staff che rimuova i controlli penetranti e renda possibile le ricompense intrinseche, che incoraggi la partecipazione a ogni livello, che coinvolga attivamente i dipendenti stimolandoli ad auto – dirigersi e ad auto- valutarsi ponendo a se stessi traguardi operativi da verificare a determinate scadenze temporali. Un dirigente la cui condotta è ispirata ai modelli partecipativi, cercherà di instaurare un clima organizzativo che stimoli, sviluppi concretamente e consolidi il ‘’team work’’, la soddisfazione e il rendimento. A tal fine, si comporterà in maniera da essere percepito dal subordinati, dai pari grado e dai superiori, come una fonte di aiuto. L’adozione di processi di decisione e di controllo di gruppo non attenua le responsabilità del capo per i risultati conseguiti dall’unità che supervisiona. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Il manager partecipativo respinge il principio secondo il quale la direzione, per essere efficiente, deve essere basata sull’autorità e sul controllo esterno del personale. A mano a mano che gli schemi di leadership si allontanano dai modelli basati sull’autorità e sul controllo esterno del comportamento umano e si avvicinano al modello partecipativo puro, si creano le condizioni per incrementare contemporaneamente la soddisfazione e la produttività dei lavoratori; di conseguenza tendono ad elevarsi la qualità e il valore dell’organizzazione umana dell’impresa. Il personale è condizionato dalle esperienze pregresse e conseguentemente ha bisogno di imparare gradualmente a lavorare secondo le nuove concezioni. I nuovi modelli di direzione di tipo partecipativo, è altresì indispensabile sperimentare e correggere continuamente i modelli in discorso allo scopo di renderli sempre più efficaci ed efficienti. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 4 - Classificazioni delle aziende Le aziende possono essere classificate in: - azienda di erogazione (che si suddividono in aziende di autoconsumo e aziende di erogazione in senso stretto) - aziende di produzione per il mercato o imprese L’azienda di erogazione L’azienda di erogazione è un sistema socio economico che produce beni e/o servizi che soddisfano i bisogni di: - persone o enti che stanno all’interno dell’azienda o che comunque fanno capo all’azienda (aziende di autoconsumo) -persone esterne all’azienda (beneficiari) nell’interesse delle quali l’azienda è costituita e gestita (azienda di erogazione in senso stretto) Queste aziende non hanno come obiettivo il profitto (non profit) Il ciclo operativo delle aziende di erogazione si suddivide in tre fasi: 1. Processo di acquisizione delle risorse finanziarie e/o dei fattori produttivi; 2. processo di produzione di beni/servizi e/o investimento/gestione delle risorse finanziarie; 3. processo di consumo o di erogazione esterna. Il ciclo finanziario delle aziende di erogazione Le entrate provengono: a) dai beni aziendali (interessi attivi su titoli, fitti attivi ecc...); b) dalle persone che stanno all’interno; c) dalle persone esterne (esclusi i beneficiari, che pagano un contributo inferiore al costo sopportato dell’azienda di erogazione per produrre e distribuire i beni e i servizi); d) da una combinazione delle prime 3. La gestione dell’entrate passa attraverso 3 fasi: a) previsione; b) accertamento/liquidazione (diritto a riscuotere, vengono determinati l’ammontare, la causale, il nome del creditore, il nome del debitore e la scadenza); c) riscossione. Le uscite servono per attivare i processi di acquisizione dei fattori produttivi, di produzione e/o di investimento delle risorse finanziarie, di consumo e di erogazione. Hanno tre fasi: a) previsione; b) impegno/liquidazione (obbligo giuridico di pagare); c) pagamento. Le entrate e le uscite sono riepilogate in un conto detto ‘’conto finanziario’’, cui sono registrate in ‘’dare’’ le entrate e in ‘’avere’’ le uscite. Se entrate = uscite → Pareggio finanziario Se entrate > uscite → Avanzo finanziario Se entrate < uscite → Disavanzo finanziario L’ideale per un’azienda di erogazione è il pareggio finanziario Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Le entrate e le uscite possono essere classificate: ENTRATE: -effettive: modificano il valore del patrimonio netto, provocando variazioni quantitative positive nel patrimonio netto. -per movimento di capitali: non modificano il valore del patrimonio netto, ma la sua composizione cioè la sua qualità, provocano la variazione qualitative del patrimonio netto. USCITE: -effettive: modificano il valore del patrimonio netto, provocando variazioni quantitative negative nel patrimonio netto. -per movimento di capitali: non modificano il valore del patrimonio netto, ma la sua composizione cioè la sua qualità, provocano variazioni qualitative del patrimonio netto. Esistono inoltre entrate e uscite per partite di giro che sono strettamente indipendenti. Un’entrata per partite di giro (e il relativo diritto a riscuotere una determinata somma) è necessariamente collegata a un’uscita per partite di giro (cui corrisponde un impegno giuridico a pagare una corrispondente somma). Il ciclo economico incide sul valore del patrimonio, dal punto di vista economico abbiamo Rendite o proventi, Oneri o spese che derivano sia da movimenti finanziari attivi/passivi, sia da rendite/proventi in natura o da consumi/deperimenti/svalutazioni di beni strumentali. Rendite/proventi= entrate finanziarie Oneri/spese= uscite finanziarie Se Proventi = Oneri → Pareggio economico (equilibrio economico) Se Proventi > Oneri → Avanzo economico Se Proventi < Oneri → Disavanzo economico Gli oneri e i proventi sono riepilogati in un conto detto ‘’conto economico’’ DARE AVERE Spese Proventi Oneri Vendite L’obiettivo dell’azienda di erogazione è quello di realizzare i fini istituzionali in condizioni di equilibrio economico (proventi = oneri) e di efficienza (bassi oneri,alti rendimenti dei fattori produttivi utilizzati in azienda). I fini istituzionali riguardano l’adeguata soddisfazione dei bisogni delle persone nel cui interesse è stata creata l’azienda di erogazione. Queste persone possono essere interne (aziende di consumo) o esterne (aziende di erogazione in senso stretto). E’ indispensabile che l’organizzazione operi in condizioni di equilibrio economico e di efficienza. L’impresa L’impresa è un sistema socio – economico che produce beni e servizi destinati al mercato e che sono messi a disposizione dei consumatori e degli utilizzatori mediante lo scambio. Dallo scambio derivano le entrate (ricavi) che vanno a remunerare i fattori produttivi (capitale, terra, lavoro). Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Il ciclo operativo prevede: - il processo di reperimento dei fattori produttivi (capitale, terra, lavoro); - il processo di produzione di beni/servizi in senso lato (non limitato cioè ai processi di trasformazione fisico – chimica dei fattori produttivi per trasformarli in prodotti); - il processo di vendita. I consumatori consumano direttamente il bene acquistato; gli utilizzatori, commercianti o riutilizzatori, rispettivamente, lo rivendono o lo trasformano. I fattori produttivi possono essere di due tipi: 1. in posizione contrattuale; 2. in posizione residuale. 1. Fattori produttivi in posizione contrattuale: sono acquisiti dall’azienda mediante contratto; hanno una remunerazione che è tendenzialmente: - certa; - fissa; - prioritaria. 2. Fattori produttivi in posizione residuale: questi fattori hanno una remunerazione - eventuale; - variabile; - successiva rispetto a quella dei fattori in posizione residuale. I ricavi remunerano i fattori in posizione contrattuale e i fattori in posizione residuale. Le remunerazioni dei fattori produttivi in posizione contrattuale costituiscono i costi. Le remunerazioni dei fattori produttivi in posizione residuale rappresentano il reddito d’esercizio. RICAVI= COSTI + REDDITO D’ESERCIZIO Condizione indispensabile per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa è la realizzazione dell’equilibrio economico, inteso come capacità dell’azienda di sviluppare nel corso della sua vita con un volume di ricavi tale da coprire tutti i costi e da remunerare in misura congrua il fattore in posizione residuale. L’obiettivo dell’impresa è rendere quanto più elevato possibile il valore del reddito d’esercizio (differenza tra ricavi e costi). RICAVI= COSTI+REDDITO D’ESERCIZIO CONGRUO (equazione dell’equilibrio economico) Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 5 - Il soggetto giuridico Il soggetto giuridico di un’azienda è la persona o il gruppo di persone o l’ente nel cui nome l’azienda è esercitata a cui fanno capo i diritti e gli obblighi che derivano alla costituzione e dal funzionamento dell’azienda. E’ il responsabile patrimoniale, il titolare di situazioni giuridiche connesse con la creazione e la gestione di un’azienda. -Soggetto economico: è colui che esercita di fatto il ‘’supremo potere decisionale’’ nell’azienda; e cioè la persona o il gruppo di persone che prende le decisioni che determinano gli orientamenti di fondo della gestione. -Soggetto giuridico: è la persona o il gruppo di persone o l’ente che risponde dal punto di vista patrimoniale dei risultati dell’attività dell’azienda Nel nostro ordinamento giuridico, sono soggetti giuridici non solo le persone fisiche (esseri umani), ma anche le cosiddette persone giuridiche, vale a dire taluni enti collettivi ai quali l’ordinamento attribuisce formalmente la personalità giuridica. Il soggetto giuridico può essere classificato come segue: -persona fisica → essere vivente -persona giuridica → ente astratto che nasce in forza di legge Entrambe hanno capacità giuridica Diversa è la capacità legale di agire. -Capacità giuridica: attitudine ad essere titolari di diritti e doveri; è l’idoneità ad essere titolari di situazioni giuridiche soggette. -Capacità legale di agire: è l’attitudine a costituire, modificare, estinguere rapporti giuridici. La capacità di agire si acquista con la ‘’maggiore età’’ fissata al compimento del diciottesimo anno. Soggetto giuridico: persona fisica ART. 1 C.C. ‘’La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita’’. Ne deriva che il neonato e il concepito possono essere soggetti giuridici di un’azienda. Tali persone agiscono per tramite di un tutore. ART. 462 C.C. “Sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione. Possono, inoltre, ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, benchè non ancora concepiti”. E’ minore colui che ha un’età inferiore ai 18 anni (art 2 c.c.) Anche il minore può essere giuridico di un’azienda, che agisce tramite un tutore. In particolare l’esercizio di un’impresa commerciale non può essere continuato se con l’autorizzazione del Tribunale su parere del giudice tutelare (art. 320 c.c.) ART. 390 C.C. “L’emancipato legale (che è un minore che ha contratto matrimonio) può essere soggetto giuridico; da solo può compiere atti di ordinario amministrazione (atti che non intaccano il patrimonio e che riguardano sostanzialmente l’utilizzazione del reddito aziendale, o delle rendite patrimoniali, per la soddisfazione dei bisogni primari); per gli atti di straordinaria amministrazione è assistito da un curatore, il quale, a differenza del tutore, non sostituisce l’incapace, ma lo affianca. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 ART. 397 C.C. “L’emancipato autorizzato all’esercizio di un impresa commerciale può essere soggetto giuridico; può svolgere atti di ordinaria e straordinaria amministrazione anche se estranei all’esercizio dell’impresa (cioè ha piena capacità di agire). ART. 414 C.C. “La persona maggiore di età e il minore emancipato, che si trovano in condizione di abituale infermità mentale che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, devono essere interdetti. L’interdetto può essere soggetto giuridico di un’azienda per la legge rileva il suo patrimonio e non la sua capacità di agire. L’interdetto opera per il tramite di un tutore. Per alcuni atti è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare e/o del Tribunale. ART. 415 C.C. “Il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è così grave da far luogo all’interdizione, può essere inabilitato. Possono essere inabilitati coloro che, prodigalità o per abuso abituale di sostanze alcoliche o stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici. Possono essere inabilitati il sordomuto e il cieco della nascita o dalla prima infanzia se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente salvo l’applicazione dell’art. 414. L’inabilitato può essere soggetto giuridico; egli può compiere gli atti di ordinaria amministrazione; può, inoltre, compiere gli atti di straordinaria amministrazione con l’assistenza del curatore. ART. 417 C.C. “L’interdizione e l’inabilitazione possono essere promosse dal coniuge, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero”. SCOMPARSO,ASSENTE O MORTO PRESUNTO: ART. 48 C.C. Quando una persona scompare dal luogo del suo ultimo domicilio e della sua ultima resistenza e non si hanno più notizie sul suo conto, il Tribunale dell’ultima residenza o domicilio, su istanza degli interessati o dei presunti successori legittimi o del Pubblico Ministero, può nominare un curatore che rappresenti la persona in giudizio o nella formazione degli inventari e dei conti e può dare gli altri provvedimenti necessari alla conservazione del patrimonio. Lo scomparso può essere soggetto giuridico: resta infatti titolare dei diritti che insistono sul patrimonio dell’azienda di cui è titolare. ART. 49 C.C. Trascorsi 2 anni dal giorno a cui risale l’ultima notizia, i presunti successori legittimi e chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti indipendenti dalla morte di lui possono domandare al Tribunale competente che ne sia dichiarata l’assenza. L’assente può essere soggetto giuridico dell’azienda. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 ART. 50 C.C. In seguito alla dichiarazione di assenza, il Tribunale, su istanza di chiunque vi abbia interesse o del Pubblico Ministero, ordina l’apertura degli atti di ultima volontà dell’assente, naturalmente se tali esistono. Coloro che sarebbero eredi testamenti o legittimi, se l’assente fosse morto nel giorno a cui risale l’ultima notizia di lui, possono richiedere ed ottenere l’immissione nel possesso temporaneo dei beni. Tale immissione attribuisce a coloro che la ottengono e ai loro successori l’amministrazione dei beni dell’assente, la rappresentanza di lui in giudizio e il godimento delle rendite dei beni nei limiti determinati all’art. 53 c.c. ART. 58 C.C. Trascorsi 10 anni dal giorno a cui risale l’ultima notizia dell’assente, il Tribunale competente su istanza del Pubblico Ministero o delle persone indicate dell’art 50 c.c., può con sentenza dichiarare la morte presunta dell’assente. Il morto presunto non può essere soggetto giuridico. Soggetto giuridico: persona giuridica -persone giuridiche pubbliche → art. 11 c.c Enti pubblici -persone giuridiche private → associazioni, fondazioni, società commerciali. La persona giuridica è un ente astratto che nasce forza di legge. Quest’ultima riconosce formalmente l’ente come soggetto giuridico e cioè come centro d’imputazione di diritti e di obblighi. La persona giuridica è pertanto un soggetto di diritto diverso dall’essere vivente. Essa è costituita da un elemento materiale e da un elemento formale. Il primo consiste in una stabile organizzazione di persone e di beni sistematicamente rivolta a realizzare un determinato fine. L’elemento formale consiste nel riconoscimento da parte dell’ordinamento con il quale l’ente acquista la personalità giuridica: a somiglianza della persona fisica, viene ad essere dotata di una generale idoneità ad essere titolare di diritti e doveri; in altre parole, diviene un soggetto giuridico autonomo, distinto dalle persone fisiche che, eventualmente, lo compongono. Le persone giuridiche pubbliche Secondo l’art 11 c.c. le persone giuridiche pubbliche sono riconosciute soggetti giuridici con provvedimenti speciali e godono dei diritti secondo le leggi o gli usi osservati come diritto pubblico. Le persone giuridiche pubbliche: - realizzano obiettivi di interesse generale -nascono mediante una manifestazione di volontà di un ente pubblico -lo schema dell’atto costitutivo non è standardizzato Classificazione delle persone giuridiche pubbliche a) Enti pubblici territoriali: Stato, Regione, Provincia, Comune. Si tratta di aziende con propri obiettivi istituzionali e che devono essere gestite nel rispetto dell’equilibrio economico e del principio di efficienza. b) Enti pubblici economici: una volta erano numerosi (es. ENI, IRI, EFIM, alcuni istituti di credito ecc...) con il passare del tempo sono stati progressivamente trasformati in S.p.A. c) Enti pubblici istituzionali: ad esempio, l’INAIL, l’INPS, le Università, la Croce Rossa, il CNR, l’ACI, il CONI, le Camere di Commercio. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Le persone giuridiche private Sono rappresentante da: -associazioni; -fondazioni; -società commerciali con personalità giuridica. a) Le associazioni: -vengono anche chiamate corporazioni, -lo schema dell’atto costitutivo è standardizzato: è regolato da norme di legge generale, -non hanno fine di lucro e perseguono scopi e interessi comuni a tutti gli associati. Un’associazione è costituita da un’organizzazione stabile, composta da un sistema di persone, le quali utilizzano un patrimonio, pongono in essere delle operazioni rivolte a conseguire finalità di natura privata, non lucrativa. Poiché perseguono scopi e interessi comuni a tutti gli associati, è la volontà di questi ultimi, espressa in assemblea, che orienta il comportamento di tali enti. Il patrimonio dell’associazione è, per norma, costituito dai contributi degli associati e da eventuali acquisti di beni. b) Le fondazioni: -sono dette anche istituzioni; -lo schema dell’atto costitutivo è standardizzato; -non hanno scopo di lucro (sono aziende di erogazione in senso stretto). La fondazione è un'organizzazione stabile creata per la gestione di un patrimonio fruttifero che, per donazione o per testamento, è permanentemente vincolato al raggiungimento di finalità private non lucrative delineate dal fondatore. Tali finalità sono collegate con la soddisfazioni di bisogni e di interessi di persone all’ente (beneficiari). Nel caso di costituzione mediante testamento, l’atto di fondazione diviene efficace soltanto dopo la morte del fondatore. Nelle istituzioni predomina l’elemento patrimoniale. Le fondazioni al contrario delle associazioni non hanno un’assemblea e operano secondo gli orientamenti strategici delineati dal citato atto costitutivo. Poiché manca l’assemblea, il controllo dell’attività di una fondazione comporta un intervento più rilevante da parte dell’autorità amministrativa. Processo di nascita delle associazioni e delle fondazioni: Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 *atto pubblico (art. 2699 c.c.) documento redatto, con richieste di formalità da un notaio o da altro pubblico ufficiale ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato. Affinché l’atto sia pubblico sono necessarie 2 condizioni: che sia redatto per iscritto,che sia redatto da pubblico ufficiale (notaio, segretario comunale). **Il riconoscimento della personalità giuridica implica, non solo il controllo della liceità e del merito dei fini perseguiti, ma anche la congruità rispetto agli stessi fini dei mezzi economici a disposizione dell’ente. *** L’iscrizione avviene presso il registro Regionale per le persone giuridiche che operano nelle materie attribuite alla competenza delle Regioni art. 14 del D.P.R 24 luglio 1977, n 616, e che hanno un’area di operatività nell’ambito di una sola Regione. c) Le società commerciali con personalità giuridica: Occorrono quattro condizioni ai fini della costituzione di società commerciali con personalità giuridica. I Condizione: manifestazione di volontà mediante la stipulazione dell’atto costitutivo. L’atto costitutivo è rappresentato dal contratto di società. Secondo l’art. 2247 c.c con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune attività economica allo scopo di dividerne gli utili. - si tratta di imprese; -si persegue l’attività di lucro. Le Società a responsabilità limitata può essere costituita anche con un atto unilaterale. Con il d.gls. 17 gennaio 2003 n. 6, la società per azioni (nuovo art. 2328 c.c.) può essere costituita o per contratto o per atto unilaterale. II Condizione: la società deve svolgere attività commerciale. L’art. 2195 c.c. definisce l’attività commerciale come: -attività industriale diretta alla produzione di beni e servi; - “ “ intermediaria nelle circolazione dei beni; - “ “ di trasporto per terra, acqua, aria, - “ “ bancaria o assicurativa; - altre attività ausiliarie delle precedenti ( es. Attività di mediazione). III Condizione: la società, affinché nasca la personalità giuridica, deve assumere una delle seguenti forme giuridiche: - S.p.A. → SOCIETA’ PER AZIONI - S.r.l. → SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA - S.A.P.A. → SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI: - SOCIETA’ COOPERATIVA Non hanno personalità giuridica le seguenti società: - Società semplice; -S.n.c (società in nome collettivo); -S.A.S. (società in accomandita semplice). IV Condizione: iscrizione della società nel Registro delle imprese: L’atto costitutivo deve essere depositato entro 20 gg, presso l’ufficio di registro dell’imprese il quale si trova presso le camere di commercio (L.590 del 29/12/93). Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Dal momento dell’iscrizione la società acquisisce personalità giuridica (art. 2331 c.c.) e diventa soggetto giuridico. Secondo l’art. 2331: “Con l’iscrizione nel registro la società acquista personalità giuridica. Per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito. Sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico fondatore e quelli tra i soci che nell’atto costitutivo e con atto separato hanno deciso, autorizzato o consentito il compimento dell’operazione. Qualora successivamente all’iscrizione la società abbia provato un’operazione prevista dal precedente comma, è responsabile anche la società ed essa è tenuta a rilevare coloro che hanno agito”. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 6 - Il soggetto economico con particolare riferimento all’impresa Introduzione Il soggetto economico è la persona o il gruppo di persone che, detiene il supremo potere volitivo in azienda: determina gli indirizzi di fondo della gestione e controlla il comportamento aziendale. Nelle imprese (aziende di produzione per il mercato), il soggetto economico esplica di fatto il suo potere di governo come segue: 1. prende decisioni strategiche; 2. controlla il funzionamento del sistema aziendale imponendo, mediante l’uso dell’autorità e delle influenze non autoritarie, una gerarchia di obiettivi, di decisioni, di organi e di comando. Il soggetto economico effettua il coordinamento della condotta degli organi aziendale mediante l’uso dell’autorità e delle influenze non autoritarie. L’autorità esiste allo stato potenziale. Il soggetto economico così come ogni grande manager la usa in casi eccezionali, impiega normalmente in alternativa alle influenze basate sull’autorità, il convincimento, la persuasione, il giudizio e la deliberazione di gruppo; ciò sviluppa la soddisfazione e la produttività del personale e consente di impiegare in azienda tutto il potenziale di energia, fantasia e di creatività di coloro che compongono il sistema organizzativo. 1. L’azienda è un sistema socio-economico finalizzato. Il sistema è scomponibile in vari settori, come ad esempio produzione, vendite, approvvigionamento ecc... I settori sono, articolati in sub – settori: la produzione è scomponibile negli stabilimenti x ed y; le vendite si possono articolare in filiale a), filiale b) ecc… 2. Il complessivo sistema aziendale presenta: - Finalità: si tratta della missione aziendale - Obiettivi generali: esplicitano concretamente e rendono operative le finalità generali. - Politiche generali: si tratta in sintesi dei processi decisionali con effetti a lungo termine che: sviluppano il ‘’modello business’’ che verrà adottato volto a creare valore per l’azienda; definiscono le modalità secondo cui l’operatività aziendale si discosta dalle strategie di business dei competitors in guisa da realizzare vantaggi differenziali duraturi basati della differenziazione del business, sulla sua unicità e sulla difficoltà di imitazione delle soluzioni adottate. Creano il sistema organizzativo, vale a dire un struttura di organi specializzati e coordinati capaci di realizzare efficientemente gli obiettivi aziendali 3. Anche i settori e i sub – settori hanno obiettivi e politiche da stabilire 4. Il soggetto economico si riserva e prende le decisioni strategiche; tali decisioni esplicano i loro effettivi a livello globale, in quanto influenzano l’intero sistema aziendale. 5. Le decisioni tattiche sono prese dai direttori e riguardano uno o più sub-sistemi dell’azienda. 6. Le decisioni operative sono quelle prese sulla ‘’linea di fuoco’’, vale a dire a livello operativo e riguardano i settori in cui sono articolati i sub – sistemi aziendali. 7. Le decisioni strategiche, adottate dal soggetto economico, orientano il comportamento complessivo dell’azienda. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Il soggetto economico appare come l’unità centrale e di controllo del sistema aziendale. L’adeguamento al cambiamento, non è sempre facile; segnatamente a causa della quantità e qualità delle risorse disponibili e molto spesso, soprattutto nelle aziende di successo, a causa dell’ “inerzia manageriale”, vale a dire della tendenza dei dirigenti a rimanere prigionieri della loro formula di successo che nel passato ha consentito loro di raggiungere traguardi economici, finanziari e patrimoniali di eccellenza. Il controllo di un’impresa costituita sottoforma di società da parte del soggetto economico. Affinchè il soggetto economico possa governare stabilmente è necessario che i membri che lo costituiscono: a) abbiano la volontà di governare l’azienda. (es. General Motors) b) abbiano le competenze professionali in tema di management: programmazione, controllo, organizzazione e leadership. (es. Caso Henry Ford) c) dispongono della maggioranza dei voti, per imporre la volontà nelle assemblee dei soci. Disporre della maggioranza dei voti in assemblea non significa necessariamente avere la proprietà della maggioranza del capitale sociale, esistono infatti vari fenomeni che operando a sistema, consentono di controllare una società con una quota di capitale sociale inferiore al 50% o con un investimento indiretto di capitale o ancora senza capitale sociale. Controllo di una società con un’aliquota di capitale sociale inferiore al 50% Ciò avviene principalmente a causa: a) della polverizzazione della proprietà azionaria e dell’assenteismo degli azionisti o della mancanza di organizzazione degli stessi; b) dell’esistenza di particolari azioni che per legge azioni di risparmio o per disposizione statutaria non hanno diritto di voto nell’assemblea ordinaria degli azionisti; c) della possibilità di integrare la quota azionaria di proprietà mediante l’acquisizione di deleghe di voto; d) della possibilità di integrare la quota azionaria di proprietà mediante l’acquisizione di diritto di voto attraverso la stipulazione di vari tipi di contratto: pegno, usufrutto e riporto. L’acquisizione di deleghe di voto può avvenire a titolo oneroso o a titolo gratuito. L’art. 2372 cod. Civ. Precisa che, salvo disposizione contraria dello statuto, i soci possono farsi rappresentare in assemblea. I limiti previsti per la concessione della delega sono i seguenti: 1. la delega deve essere conferita per iscritto; 2. la delega non può essere rilasciata in “bianco” senza il nome del rappresentante; 3. la delega è sempre revocabile, anche in presenza di patto contrario; 4. nelle società che si finanziano ricorrendo al mercato, la rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee (e per le varie convocazioni); 5. qualora la rappresentanza sia conferita a una società, associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione, questi ultimi possono delegare soltanto un proprio dipendente o collaboratore; 6. non può essere conferita delega: - agli amministratori, agli organi di controllo e ai dipendenti delle società e delle società da questa controllate e - alle società controllate; 7. nelle società che non fanno ricorso al mercato, ogni persona non può rappresentare più di Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 20 soci; mentre nelle società quotate sul mercato una stessa persona non può rappresentare in assemblea più di: - 50 soci, se la società ha un capitale sociale superiore a 5 milioni di euro; - 100 soci, se la società ha un capitale sociale superiore a 5 milioni di euro, ma non superiore a 25 milioni di euro; - 200 soci, se la società ha un capitale sociale a 25 milioni di euro. Relativamente al punto D, vale a dire alla possibilità di integrare la quota di proprietà con l’acquisizione di diritto di voto mediante la stipulazione di vari tipi di contratto (pegno, usufrutto, riporto) si segnala quanto segue. PEGNO (art. 2784 C.C.) E’ una garanzia su una obbligazione del debitore; tale garanzia può essere costituita dello stesso debitore o da un terzo. Possono essere costituiti in pegno: - beni immobili - universalità di beni immobili - crediti - altri diritti su beni mobili. Nel caso di pegno su titoli azionario, l’art 2352 c.c stabilisce che, salvo convenzione contraria, il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio. Nel caso di sequestro delle azioni, il diritto di voto è esercitato dal custode. Da quanto esposto, si evince che il creditore pignoratizio, poiché dispone del diritto di voto, può integrare la propria quota azionaria nelle delibere assembleari. USUFRUTTO (art. 978 SS. C.C) Diritto di godimento pieno su un bene o su una cosa rispettandone le destinazione economica. L’usufrutto è stabilito dalla legge o dalla volontà dell’uomo, può anche acquisirsi per usucapione. L’art. 979 c.c dispone che la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario. Se l’usufruttuario è una persona giuridica, la durata dell’usufrutto non può durare più di trent’anni. L’art.2352 c.c stabilisce che, in caso di usufrutto di titoli azionari, il diritto di voto spetta all’usufruttuario. Nel caso di sequestro delle azioni, il diritto di voto spetta al custode. L’usufruttuario ha il diritto di conseguire il possesso delle azioni di cui ha l’usufrutto. Parliamo di usufrutto di titoli azionari, l’usufrutto consente di integrare la propria aliquota di voti da utilizzare nelle assemblee. RIPORTO (art. 1548 C.C.) Il riporto è il contratto per il quale il riportato trasferisce in proprietà al riportatore titoli di credito di una data specie per un determinato prezzo, il riportatore assume l’obbligo di trasferire al riportato alla scadenza del termine stabilito , la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso il rimborso del prezzo, che può essere aumentato o diminuito nella misura convenuta. E’ pertanto un particolare contratto che si articola in due momenti (I° momento: immediato o a pronti, II° momento a scadenza o a termine) e che prevede la presenza di due soggetti: riportato e riportatore. Il contratto si perfeziona con la consegna dei titoli. Nel nostro caso si tratta di titoli azionari, perché il riporto è qui riguardato come strumento per acquisire diritto di voto in modo da integrare quelli già disponibili. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Il riportato trasferisce, a pronti, la proprietà di un certo tipo di titoli azionari al riportatore dietro il pagamento di un determinato prezzo. La vendita avviene con l’obbligo del riportatore di trasferire, a termine, la proprietà di un certo numero di titoli azionari della stessa specie e nella stessa quantità dietro pagamento di un determinato prezzo, che può essere maggiore (riporto) o minore (deporto) di quello iniziale. Per la durata del riporto a titoli azionari sono di proprietà del riportatore che può esercitare il diritto di voto (salvo patto contrario, art. 1550 c.c). Controllo mediante la formazione di un gruppo di società Gruppo di società: complesso di società aventi distinti soggetti giuridici, ma un unico soggetto economico, che elabora le strategie aziendali e controlla il funzionamento del complesso delle società. Controllo diretto La società H controlla direttamente le società A, B e C: è direttamente soggetto economico perché ha l’aliquota di voti sufficiente per esercitare il controllo in assemblea. Controllo indiretto La società H controlla indirettamente le società N e M. I rappresentati di A, B e C infatti operano conformemente alla volontà di H che di conseguenza dispone della maggioranza nelle loro assemblee. La società H è detta società capogruppo o holding o anche società finanziaria. Il soggetto economico si trova nella holding e, nel caso sopra citato, esercita un controllo diretto su A,B e C e un controllo indiretto su N e M. La holding può essere pura o mista. Pura -> quando svolge l’attività finanziaria e non attività operativa. Gestisce solo partite finanziarie: titoli, crediti e debiti. Nel suo S.P ci sono solo voci di natura finanziaria: - cassa/banca; (d) - crediti finanziari; (d) - partecipazioni; (d) (natura finanziaria) - debiti finanziari. (a) - capitale netto (a) Mista-> quando svolge sia l’attività finanziaria che attività operativa (industriale,commerciale, di trasporto, bancaria, assicurativa o ausiliare delle precedenti). Nel suo S.P esistono voci di natura finanziaria e voci che denotano l’esercizio di un’attività operativa. - cassa/banca (d) -crediti finanziari (d) - crediti commerciali (d) - partecipazioni (d) - materie (d) - macchinari (d) - impianti (d) - prodotti finiti (d) - debiti commerciali (a) - debiti finanziari (a) - capitale netto (a) La creazione di un gruppo è il prodotto dell’esigenza degli imprenditori di aumentare la dimensione dell’attività operativa. Le strategie di sviluppo che portano alla creazione di un gruppo di società possono essere di 4 tipi: 1. sviluppo verticale; 2. sviluppo orizzontale; 3. sviluppo diversificato; 4. sviluppo internazionale. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Strategia di sviluppo verticale integrato L’impresa X crea o acquista società che producono beni/servizi che stanno “ a monte” o “a valle” delle attività operative effettuate della stessa società X. Praticamente la società X acquista o crea ex novo le aziende che sono direttamente connesse con la propria attività, per cui controlla gli approvvigionamento, sia le vendite. Costituendo o acquistando “A” e “B” la società X crea un gruppo e controlla le attività a monte e a valle delle sue produzioni. “X” diventa soggetto economico di “A” e “B”. Strategia di sviluppo orizzontale integrato L’impresa X acquista o crea imprese che producono lo stesso bene. La strategia è utile per conquistare alte quote di mercato, che possono creare situazioni di monopolio, che risultano utili all'azienda. I beni di solito sono differenziati tecnicamente o soltanto mediante politiche di marketing. Strategia di sviluppo diversificato La società X entra in settori che non le sono familiari; settori nuovi, che sono diversi per tecnologia adoperata e/o per marketing. Strategia di sviluppo internazionale La strategia di sviluppo internazionale è utile per effettuare una ripartizione geografica di rischi aziendali. Normalmente questa strategia si articola in quattro fasi. a) impresa a mercato internazionale: L’azienda X produce in Italia, distribuisce i propri prodotti in Italia e all’estero. La vendita sul mercato estero avviene senza strutture distributive di proprietà, ma utilizzando dei buyer che sono soggetti esteri. In questo caso “X” si denomina “impresa a mercato internazionale”. b) impresa nazionale: L’azienda “X” produce in Italia, vende i propri prodotti sia in Italia sia all’estero con strutture distributive proprie; la società “X” è denominata “impresa internazionale”. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 c) impresa internazionale: L’azienda “X” produce in Italia e produce indirettamente all’estero mediante cessioni di licenze, brevetti e know – how ad aziende estere, l’azienda distribuisce i propri prodotti sia nel mercato italiano sia nel mercato estero. L’impresa “X” è denominata “impresa internazionale” d) impresa multinazionale: L’azienda “X” produce e vende direttamente sia in Italia che all’estero. La società “X” è detta “impresa multinazionale”. Il soggetto economico sta nell’impresa “X” in Italia, esso controlla anche l’attività internazionale. Le società estere di una impresa multinazionale possono essere di 2 tipi: - subsidiaries: se sono state create investendo una quantità di capitale che consente il controllo. “X” è il soggetto economico di diritto. In genere, “X” ha il 100% delle quote di capitali; -joint ventures: se sono state create all’estero concludendo accordi che prevedono una partecipazione paritetica con soggetti esteri: 50% ciascuno. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Controllo senza investimento diretto o indiretto di capitale. In base all’art 2359 c.c sono considerate controllate: 1. le società in cui l’altra società dispone della maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria; 2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza nell’assemblea ordinaria; 3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 7 - L’organizzazione All’interno del sistema aziendale il coordinamento dei vari organi è contenuto entro i limiti tollerabili mediante la creazione della struttura organizzativa, la specificazione degli obiettivi che gli organi devono conseguire in un determinato lasso di tempo, l’introduzione di “norme di funzionamento”, la costituzione di un efficiente sistema informativo e l’adozione di incentivi capaci di stimolare le persone ad agire nell’interesse dell’organizzazione. La condotta degli organismi produttivi è strettamente dipendente dai rapporti esistenti tra i vari organi aziendali ed una moltitudine di gruppi esterni costituenti l'environment, interessati alle scelte ed ai risultati della gestione. Nelle aziende moderne di una certa dimensione, il potere decisorio è ripartito tra numerosi centri deliberativi. Tali centri sono affidati ad individui che posseggono le competenze specializzate per impiegare la tecnologia avanzata, per analizzare l’ambiente e per adattare alle variazioni di quest’ultimo la condotta del sistema aziendale. Le singole fasi di un processo deliberativo sono trattate da più organi che agiscono in senso cooperativo. Poichè le premesse deliberative sono situate presso una moltitudine di individui componenti il sistema organizzativo, è indispensabile provvedere a trasmettere le informazioni dei centri di raccolta e di elaborazione ai centri decisionali. Affinchè il comportamento dell’impresa risulti razionale è necessario realizzare il team work, ciò implica la formazione di un gruppo di persone che operi in maniera coordinata, tenendo costantemente presenti gli interessi della complessiva organizzazione. La personalità umana non è generalmente docile e passiva, come osservano Bakke e Argyris, gli individui che compongono un’organizzazione hanno bisogni da gratificare ed obiettivi da conseguire, che spesso sono in contrasto con le finalità organizzative. Il vertice aziendale tenta di eliminare o di attenuare nella maggior misura possibile, l’inevitabile tendenza all’ “entropia positiva”. A questa necessità, introduce un insieme di provvedimenti amministrativo – organizzativi. Questi mettono in grado i componenti del sistema aziendale di agire in una situazione informativa che consenta loro di porre in essere decisioni, controlli ed azioni di qualità soddisfacente. In secondo luogo, permette agli stessi di operare in un contesto organizzativo ordinato e relativamente stabile, in cui ciascun individuo possa crearsi stabili aspettative circa la condotta dei membri con cui collabora. In terzo luogo i procedimenti hanno l’effetto di collegare e di armonizzare le decisioni e di renderli compatibili e funzionali rispetto alle finalità generali dell’impresa. Definizione dei ruoli organizzativi e delle linee di autorità e di influenza non autoritaria che collegano i membri del corpo aziendale (struttura organizzativa) L’organizzazione è il sistema coordinato di persone che operano all’interno dell’azienda e sono specializzate nello svolgimento di determinati compiti. Il coordinamento è effettuato mediante il processo organizzativo. Il processo organizzativo crea la struttura organizzativa ed è articolato nelle seguenti fasi: A) individuazione degli obiettivi; B) determinazione delle funzioni da svolgere per conseguire gli obiettivi programmati; C) scomposizione e/o ricomposizione delle funzioni, in modo da creare ruoli omogenei da assegnare alle persone; D) specificazione per iscritto, per ogni ruolo, dei compiti, delle responsabilità e dei poteri da assegnare alle persone; E) definizione delle linee di influenza Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 La struttura organizzativa è il complesso dei ruoli e delle linee di influenza. L’organigramma è la rappresentazione grafica della struttura organizzativa. Determinazione degli obiettivi concreti che i vari sub-sistemi aziendali devono realizzare e specificazione delle norme di funzionamento (politiche, procedure e regole) L’organo che detiene il governo aziendale, si adopera a specificare quanto segue: a) gli obiettivi che dovranno essere realizzati dai singoli centri organizzativi in riferimento a certi lassi temporali; b) le norme di funzionamento che precisano come i centri aziendali dovranno svolgere le mansioni assegnate in vista di conseguire gli obiettivi prestabiliti. La determinazione degli obiettivi può essere decisa, esclusivamente, dagli organi di vertice o mediante una o più meno ampia partecipazione degli organi di livello gerarchico inferiore. Le norme di funzionamento possono essere di vario tipo e concernono: le procedure operative standard; le politiche aziendali e le regole: - Ai livelli organizzativi più bassi: si programma, in dettaglio, il comportamento degli individui e si programmano esattamente le azioni che dovranno essere eseguite in risposta a determinati stimoli interni e ambientali - Ai livelli organizzativi più elevati: l’organizzazione non è in grado di stabilire la condotta dei centri decisori. L’alta direzione può emanare principi o insieme di principi che delineano l’orientamento e i limiti entro cui e verso cui devono dirigersi le delibere degli organismi dotati di discrezionalità decisionale in modo che il loro operato sia rispondente alle richieste e all’interesse dell’organizzazione. La politica definisce le linee guida che devono essere seguite per risolvere i problemi. - Per guidare l’azione, vengono individuate le regole. Una regola richiede che una specifica e ben precisa azione venga posta in essere nel rispetto di una determinata situazione. Creazione di un sistema informativo efficiente L’informazione è la materia prima degli atti di decisione, di esecuzione e di controllo. La costituzione di un efficiente sistema informativo è indispensabile per numerose ragioni: -per produrre decisioni che consentano di adattare continuamente e convenientemente la condotta aziendale ai mutamenti dell’ambiente; -per controllare che i comportamenti dei vari centri aziendali siano rispondenti agli interessi dell’organizzazione. Ricerca e selezione di personalità adatte ai ruoli da ricoprire e addestramento delle stesse in senso conforme alle esigenze aziendali Esistono due tipi di ricerca e selezione, nel primo si individuano e si selezionano le persone con competenze richieste dai ruoli. Nella seconda si individuano e si selezionano persone adatte alla cultura aziendale, che a sua volta di suddivide in: - a livello direttivo: si intende a scegliere chi conforma la propria condotta al “principio dell’adattamento”. -a livello inferiore: si intende scegliere chi ha interiorizzato programmi di comportamento “a risposta fissa”. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Esistono due tipi di addestramento: -dimensione tecnica: si prepara l’individuo a rispondere alle richieste del ruolo organizzativo. -dimensione motivazionale: si stimolano i dipendenti ad identificarsi con i loro ruoli e con l’azienda. Introduzione di un sistema di direzione che induca i dipendenti a considerare le richieste dei ruoli organizzativi con prescrizioni il cui assecondamento soddisfa contemporaneamente interessi aziendali e personali - Il soggetto economico si propone di sviluppare un sistema di direzione che crei la più elevata congruità fra i bisogni della personalità dei dipendenti e le esigenze tecniche dei ruoli organizzativi. - Se si fondono l’aspetto “personalizzante” con quello “socializzante” si stimolano i dipendenti a fornire il massimo contributo di energia, così realizzando alta motivazione ad elevata produttività. Definizione del quadro organizzativo: ruoli e influenze organizzative Il quadro organizzativo è una struttura di ruoli individuali e di dipartimenti, cui è confidata l’esplicazione dell’insieme delle funzioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi dell’azienda. Con la creazione di un sistema di compiti e con la determinazione delle relazioni formali che collegano gli organi si realizza il “ coordinamento strutturale di tipo formale” (Simon) si perviene, a delineare, in maniera generale ed astratta il comportamento che ci si attende da ogni posizione organizzativa ed i rapporti che dovranno intercorrere tra le stesse posizioni. L’autorità formale Un mezzo fondamentale per integrare i comportamenti individuali e per dettarli alle richieste dell’organizzazione è rappresentato dall’autorità. Essa permette che le decisioni costituiscano delle guide per le delibere dei livelli inferiori. Mediante il suo impegno, il management coordina la condotta dei subordinati e la rende funzionale agli interessi aziendali. L’azienda è un sistema sociale orientato verso il conseguimento di determinati obiettivi generali, ottenibili scegliendo opportuni mezzi, ma i mezzi a loro volta, rappresentano dei fini di ordine secondario, che sono realizzabili scegliendo altri mezzi e così via. L’autorità formale è una delle varie forme di influenza negativa. Consiste nel diritto, ufficialmente riconosciuto dell’organizzazione di comandare, e cioè elaborare decisioni rivolte ad indirizzare l’attività dei subordinati, e nell’obbligo imposto a questi ultimi di accettare quelle decisioni come premessa della propria condotta, senza poterle analizzare e criticare nel merito. Il diritto al comando è rafforzato dall’introduzione di particolari sanzioni e ricompense, che siano potenzialmente capaci di indurre i dipendenti ad operare in conformità alle direttive ricevute. L’autorità formale non conferisce necessariamente potere; vale a dire non attribuisce in ogni caso la capacità di influenzare il comportamento altrui, per renderlo rispondente alla propria volontà, può aversi infatti autorità senza potere. Per mezzo della sola autorità formale un capo può ottenere che i suoi dipendenti rispettino alla lettera le disposizioni promananti dall’ordinamento organizzativo; ma non può suscitare l’iniziativa, la collaborazione ed il rispetto da parte dei medesimi. Naturalmente nella vita organizzativa possono riscontrarsi situazioni di potere senza un apposito conferimento di autorità formale. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 L’autorità gerarchica - Consiste nel diritto di comando assegnato a determinate persone che ricoprono certi ruoli per utilizzare risorse in vista della realizzazione degli obiettivi aziendali; - comporta l’obbligo di obbedienza, da parte di colui che riceve il comando senza esame critico dell’ordine e senza possibilità di replica; - intercorre tra persone che si trovano sulla stessa linea di comando in posizioni immediatamente sovrapposte; - l’autorità è generale: riguarda tutti gli aspetti del compito del subordinato; - sono previste ricompense e sanzioni che sono in grado di indurre i subordinati ad ubbidire. Ricompense e sanzioni sono rispettivamente dispensate e irrogate dal capo gerarchico; - la presenza esclusiva dell’autorità gerarchica comporta il rispetto del “principio dell’unità di comando”, secondo il quale una persona riceve ordini soltanto da un capo (superiore) ed è responsabile solo nei confronti di questa persona. La struttura decisionale si presenta come segue: al vertice economico dell’organizzazione opera il soggetto economico; le sue delibere investono l’intero sistema aziendale, delineano i piani di sopravvivenza e di sviluppo di lungo periodo dell’impresa e adeguano la struttura organizzativa alle esigenze delle strategie programmate. L’organo di vertice appare il depositario dell’effettivo governo aziendale: provvede, in sostanza a regolare le libertà d’azione degli organi subordinati, in modo che i loro poteri discrezionali siano integrati armonicamente ed unitariamente rivolti al conseguimento delle finalità di ordine superiore. Nell’ambito delle premesse elaborate dal vertice aziendale, operano i centri deliberativi gerarchicamente inferiori, che sono responsabili della condotta dei sub – sistemi aziendali. Ciascun sotto – sistema può essere scomposto in sub – sistemi di ordine inferiore, i cui responsabili agiscono tenendo costantemente presenti le premesse decisionali formulate da coloro che occupano il gradino immediatamente superiore dalla scala gerarchica. Da quanto esposto emerge che la condotta del sistema d’impresa,trova nel vertice aziendale la fonte primaria dell’indirizzo e del coordinamento. Mediante l’autorità gerarchica le decisioni degli organi superiori condizionano e guidano le delibere adottate nei livelli inferiori; crea una catena di svolgimenti gestionali integrati ed unitariamente protesi alla realizzazione degli obiettivi dell’impresa. Ogni persona inserita in un determinato punto di una certa linea di comando, ha il diritto di emanare ordini e direttive, che hanno lo scopo di influenzare la condotta di coloro che ricoprono la posizione gerarchica immediatamente sottostante, questi ultimi attendono i comandi del superiore e li accettano senza un’analisi critica. Ogni dipendente ha un solo superiore e risponde del suo operato solamente nei suoi confronti. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 L’autorità funzionale - Consiste nel diritto di comando assegnato a determinate persone che ricoprono ruoli specialistici per utilizzare risorse in vista della realizzazione di obiettivi aziendali; - comporta l’obbligo di obbedienza da parte di chi riceve il comando; - intercorre tra persone dislocate su linee di comando differenti - è limitata ad un particolare materia ed è limitata nel tempo; - il campo funzionale può porre sanzioni e ricompense, ma queste sono irrogate e dispensate dal capo gerarchico. - con l’introduzione dell’autorità funzionale si spezza l’unità di comando. L’ autorità funzionale è assegnata con atto formale, ed è istituita per garantire l’applicazione di informazioni e di conoscenze specializzate nell’espletamento di talune funzioni aziendali, il suo contenuto è “specifico” e la sua durata è limitata al tempo indispensabile per trattare gli aspetti specializzati del compito che si vuole razionalizzare. L’impiego dell’autorità funzionale viola il principio dell’unicità di comando. Ecco perché l’autorità funzionale è un meccanismo di influenza che è chiaramente e dettagliatamente regolato dall’ordinamento organizzativo: il suo contenuto e le sue limitazioni sono precisati in maniera che il subordinato destinatario degli ordini, il capo gerarchico ed il superiore funzionale possano prontamente ed inequivocabilmente rilevare i comportamenti loro richiesti. L’autorità funzionale è vincolante quanto l’autorità gerarchica, ma non comporta il diritto di disciplinare le violazioni e di emanare sanzioni a carico di coloro che trasgrediscono i comandi. L’autorità del grado E’ fenomeno tipico degli organismi militari, poco diffuso nelle imprese. Il soggetto passivo del rapporto autoritario ha l’obbligo di conformare la sua condotta ai comandi emanati da qualsiasi individuo, al quale l’organizzazione ha conferito un grado superiore al suo. Il soggetto attivo della relazione autoritaria può appartenere a linee di comando differenti da quella in cui è inquadrato il subordinato, pur essendo inserito nella stessa linea di comando, non è suo superiore diretto, vale a dire non ricopre la posizione immediatamente superiore della scala gerarchica. Quando l’organizzazione prevede l’autorità del grado, un subordinato è soggetto agli ordini di più persone. Se, questi sono in conflitto fra loro egli non ha l’obbligo di eseguire tutti i vari comandi,né ha la facoltà di aderire ad uno di essi, da scegliere sulla base di una valutazione personale. Al fine di disciplinare i conflitti in discorso, i regolamenti organizzativi dispongono, che in caso di ordini contrastanti, il subordinato ha il dovere di eseguire quello che gli è stato trasmesso per ultimo; ma gli è fatto obbligo di far rilevare, a colui che lo ha emanato, il contrasto esistente. La giustificazione dell’autorità del grado sta nella necessità di consentire il funzionamento dell’organizzazione anche in momenti eccezionali, in cui le “normali” linee di autorità non possono operare. In altri termini “ quando il modo d’essere normale dell’organizzazione viene temporaneamente alterato da situazioni di emergenza, o morte o assenza di un ufficiale, il sistema di autorità viene ristabilito dal grado”. Il congegno del grado, è raramente riscontrabile nelle organizzazioni produttive. In queste si verificano, fenomeni di obbedienza sulla base del grado a livello informale; capita altresì che il meccanismo del grado sia utilizzato dall’ordinamento organizzativo per aumentare il potere d’influenza dell’autorità gerarchica. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Il sistema dei rapporti organizzativi Si tratta dei rapporti formali istituiti nell’ambito dell’organizzazione. Essi sono così classificabili: Rapporti gerarchici e rapporti funzionali E’ bene precisare che si sta parlando di rapporti formali, e cioè di influenze previste dall’organizzazione e che, conseguentemente, sono legittimate da norme appositamente emanate dall’ordinamento organizzativo. I rapporti organizzativi sono compendiabili in tre classi: a) rapporti gerarchici; b) rapporti funzionali; c) rapporti di assistenza. Un rapporto gerarchico è quello che intercorre tra superiore e subordinato diretto, tra due individui cioè collocati in due posizioni diverse, ma immediatamente sovrapposte, della stessa linea di comando. La relazione è di natura autoritaria: il capo emana le disposizioni, il subordinato le accetta come premessa del proprio comportamento, senza un esame critico delle stesse. Allo scopo di migliorare la razionalità delle decisioni, di accrescere l’efficienza del coordinamento e di conseguire, un comportamento collettivo più rispondente agli obiettivi generali del sistema aziendale, sono istituite relazioni di tipo funzionale. Un rapporto funzionale si manifesta quando l’ordinamento organizzativo conferisce il diritto di influenzare la condotta di un membro aziendale ad un organo che non sia il suo diretto superiore gerarchico. Schematizzando i concetti si può affermare quanto segue: a) rapporti gerarchici -> sono rapporti autoritari che si stabiliscono in presenza di autorità gerarchica. b) rapporti funzionali-> sono rapporti autoritari che si stabiliscono in presenza di autorità gerarchica. Rapporti consultivi ->sono rapporti non autoritari; uno specialista studia i problemi che ricadono nell’ambito della competenza di qualche dirigente, prepara un piano per risolvere i problemi e lo raccomanda ai dirigenti. Questi ultimi possono accettare o respingere le raccomandazioni dopo averle esaminate nel merito. Rapporti di servizio -> sono rapporti non autoritari; uno specialista è investito dei problemi di un certo dirigente; anziché raccomandare un piano per la loro risoluzione, produce direttamente i servizi necessari per la risoluzione dei problemi. Rapporti di controllo -> sono rapporti non autoritari, uno specialista esercita il controllo su alcune persone al posto del loro diretto superiore gerarchico. Rapporti di assistenza Rapporti di assistenza -> l’organizzazione “innesta”, in un rapporto gerarchico, una linea di influenza dal basso verso l’alto. A: SUPERIORE GERARCHICO B: SUBORDINATO La posizione di B è istituita per fornire un aiuto ad A. L’aiuto è fornito sia per lo svolgimento dell’attività operativa sia per lo svolgimento delle funzioni direttive. In altre parole, un rapporto di assistenza è istituito per aiutare un capo nello svolgimento di funzioni operative e direzionali. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Esistono due fondamentali relazioni di assistenza: - assistant – to (assistente addetto) -> lavora da solo e ha rapporti solo con il suo capo. Gli assistenti non hanno autorità sui subordinati del capo.Essi rappresentano un prolungamento della personalità del capo -general staff (staff personale) -> si tratta di un sistema di specialisti che lavorano in gruppo, coordinati da uno chief of staff. Lo chief of staff sono articolati in varie aree: Personnel → 1 man Intelligence → 2 man Operation → 3 man Logistic → 4 man Controller → 5 man Relazione tra autorità e potere Esiste una relazione tra autorità formale e potere: il primo è un diritto conferito dall’organizzazione ad un individuo; il secondo è la capacità di quest’ultimo di influenzare il comportamento dei membri dell’organizzazione e la condotta dei suoi subordinati. Secondo la teoria classica dell’organizzazione e del management, dagli obiettivi aziendali derivano le funzioni e dai compiti discendono le responsabilità, per fronteggiare le responsabilità è attribuita l’autorità formale che dovrebbe essere in grado di conferire un adeguato potere al titolare dell’autorità. Il potere deriva sostanzialmente dall’autorità, all’aumentare dell’autorità aumenta anche il potere, è un processo “automatico”, un fenomeno “consequenziale”. Relazione tra autorità e potere secondo la teoria moderna dell’organizzazione e della direzione Il fenomeno del potere è complicato, il suo livello dipende anche dalle autorità, ma è decisamente collegato, all’accettazione dell’autorità da parte dei subordinati. - Il “volume” di autorità è conferito dall’organizzazione e può essere aumentato o diminuito e di ciò si ha notizia delle schede personali, dal manuale e dell’organizzazione e dal contenuto e delle deleghe e delle procure; - il grado di accettazione non è conferito dall’organizzazione con atto formale, ma è un riconoscimento che il manager deve guadagnarsi giorno per giorno durante la sua attività. L’accettazione dell’autorità dipende dalle seguenti qualità del manager: - il capo deve essere giusto, equo; - il capo deve essere competente tecnicamente - il capo deve operare in modo da far progredire in carriera i dipendenti e da sviluppare le loro professionalità -il capo deve utilizzare un modello di direzione partecipativo. Line e staff La distinzione tra line e staff è mutuata dall’ordinamento militare: LINE = personale sulla linea di comando; sulla “linea del fuoco” STAFF = personale di supporto, di aiuto, di assistenza Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 La distinzione è importante perché permette di individuare: ORGANO DI LINE: ORGANO DI STAFF: è essenziale è secondario comanda assiste,aiuta,consiglia ha autorità ha influenze non autoritarie ha la priorità decisionale è postergato nel processo decisorio Come vengono individuati gli organi di line e staff? Secondo il modello di Davis esistono 3 tipi di obiettivi: Obiettivi primari Creare valori desiderati dalla clientela: produrre e distribuire beni e servizi desiderati dalla clientela. Questi obiettivi si realizzano con funzioni e organi primari, si tratta di organi e funzioni di LINE. Obiettivi collaterali Creare valori desiderati dai gruppi d’interesse che “ruotano” intorno all’azienda (esclusi i clienti) operai, impiegati, dirigenti, fornitori, capitalisti, sindacati, enti pubblici, Stato ecc... Questo obiettivo si realizza con funzioni e organi collaterali e secondari, si tratta di organi e funzioni di STAFF. Obiettivi secondari Creare valori che consentano di realizzare più efficacemente ed efficacemente gli obiettivi primari e collaterali. Questo obiettivo si realizza con funzioni e organi collaterali e secondari, si tratta di organi e funzioni di STAFF. Gli organi di line e di staff variano secondo il tipo d’azienda. Secondo Davis l’impresa si suddivide in: Lo staff e la line sono caratterizzati da particolari leggi di accrescimento. Relativamente allo staff esistono 2 teorie riguardanti la legge di accrescimento: 1) Davis: con l’aumentare del volume dell’attività aziendale, la line aumenta in progressione aritmetica, lo staff aumenta in progressione geometrica. 2) Maison Haire: al primo raddoppio della line, lo staff aumenta 6 volte, al secondo raddoppio della line, lo staff aumenta 5 volte; al terzo 3 volte; dopo è identico. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Sulla legge di accrescimento dello staff vale anche ricordare la cosiddetta “legge di Parkinson”: - in un’organizzazione burocratica, lo staff aumenta continuamente anche se il lavoro rimane costante e anche se il lavoro diminuisce. Definizione degli obiettivi e delle norme di funzionamento dei sub – sistemi aziendali Dopo aver sviluppato una adeguata organizzazione capace di realizzare un coordinamento di tipo strutturale, i detentori del governo aziendale provvedono a formulare i programmi d’azione dei centri aziendali, predeterminando, la loro condotta in risposta a particolari stimoli ambientali. I programmi imposti dagli organi di vertice aziendali condizionano e limitano l’autonomia e il comportamento di questi ultimi perché definiscono: a) gli obiettivi che i sotto – sistemi dovranno conseguire; b) le norme di funzionamento che stabiliscono come gli stessi dovranno svolgere i compiti loro assegnati per la realizzazione degli obiettivi. Analogo discorso può essere fatto per i programmi imposti dai sub – sistemi alle unità organizzative che derivano dalla scomposizione dei vari sub – sistemi aziendali. Le norme di funzionamento sono di vario tipo: politiche, procedure e regole; la loro natura è strettamente collegata con il carattere delle attività svolte dai diversi centri aziendali. 1. L’organizzazione può stabilire delle procedure operative standard che specificano come i compiti dovranno essere eseguiti; esse hanno l’effetto di “routinizzare” l’attività dei centri aziendali: di predeterminare le scelte che essi dovranno effettuare. La connessione mezzi – fini e cioè l’individuazione dei comportamenti più convenienti per raggiungere gli obiettivi assegnati, è definita dall’organizzazione, e i membri non hanno il problema di determinare come dovranno espletare i compiti loro attribuiti. I suoi membri, in presenza di uno stimolo ambientale sperimentato nel passato, non si pongono il problema di ricercare e scegliere le reazioni più opportune da porre in essere; ma rispondono allo stimolo uniformandosi alle modalità stabilite dalla procedura organizzativa. 2. In certi casi le procedure, fanno dipendere le loro scelte da calcoli effettuati dagli stessi e/o dall’ottenimento e dall’utilizzatore di informazioni fornite da centri differenti, i soggetti che li pongono in essere non hanno potere discrezionale e, di fatto, non risolvono alcun problema. 3. La standardizzazione dell’attività decisioni non è però sempre possibile, e ciò soprattutto in riferimento ai compiti degli organi con funzioni direttive. Quando le deliberazioni sono carattere innovativo, la conoscenza delle connessioni mezzi – fini deve essere di volta in volta ricercata. La risoluzione di ogni problema che si presenta con carattere di novità implica l’ideazione e lo sviluppo di alternative, in tale circostanza l’organizzazione non è in grado di determinare a priori e in dettaglio le scelte che verranno effettuate dai centri deliberativi. Nella pratica aziendale le norme di funzionamento in discorso sono chiamate politiche. Una politica è un principio o un insieme di principi che traccia il corso entro cui deve incanalarsi il pensiero dei subordinati nelle decisioni che prenderanno per il conseguimento degli obiettivi loro assegnati. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Le politiche restringono i poteri deliberativi conferiti ai centri direttivi in quanto. a) limitano le alternative di comportamento da considerare nella risoluzione di ogni problema; b) determinano i criteri da adottare per la valutazione delle conseguenze associate a ciascuna alternativa e per l’individuazione del corso d’azione che presenta il grado più elevato di utilità. Le regole si differenziano dalle procedure perché costituiscono delle norme che stabiliscono in modo chiaro e preciso, senza però specificare alcuna sequenza logica e temporale, che determinati atti devono essere eseguiti nel rispetto di una determinata situazione. Affinché le regole risultino efficaci e siano osservate è necessario che tutti le conoscano in modo preciso e capiscano la loro portata, le regole sono qualificate dalla rigidezza, nel senso che non consentono alcun potere di alternativa o di variazione rispetto a quanto precisato. I programmi aziendali dei singoli centri aziendali trovano la loro origine e la fonte di coordinamento nella programmazione generale dell’attività dell’azienda. Quest’ultima è un processo intellettuale di carattere creativo, proiettato nel futuro, e proteso a determinare gli obiettivi aziendali e le vie gestionali per conseguirli. Se ci si riferisce alle imprese, tali finalità sono rese operative mediante determinazione, in riferimento a un certo lasso temporale, dal tasso di sviluppo e dal saggio di profitto. Si tratta di due obiettivi “soddisfacenti” che dipendono dal livello di aspirazione del vertice aziendale. Esiste una gerarchia dei programmi: quelli di ordine inferiore dipendono da quelli di grado superiore e costituiscono dei mezzi che adducono alla realizzazione di questi ultimi. La portata dei programmi è collegata con l’importanza delle finalità che esse di propongono di conseguire e con l’ampiezza del lasso temporale cui si riferiscono. I programmi sono assegnati ai vari centri aziendali e la loro importanza riflette il livello gerarchico dei centri. Le unità responsabili dei programmi di livello superiore determinano per i centri cui sono assegnati i piani di grado inferiore a) gli obiettivi che dovranno essere conseguiti con i vari sotto – programmi; b) un sistema di norme di funzionamento deputato a disciplinare la loro condotta. Nel primo caso i loro processi decisionali sono condizionati da norme di condotta che limitano, ma non eliminano la loro autonomia, nella seconda ipotesi operano secondo un modello decisionale standardizzato che non ammette discrezionalità e in relazione al quale è controllata la loro condotta. Mediante la fissazione degli obiettivi e delle norme di funzionamento dei centri decisionali, il vertice aziendale riesce a creare un collegamento funzionale tra le finalità generali d’impresa e i comportamenti dei vari organi. E’ compito dell’alta direzione individuare il punto d’equilibrio in cui gli effetti positivi, associati all’ampliamento della sfera della discrezionalità dei centri aziendali, bilanciano gli svantaggi provenienti dall’erraticita della condotta dei centri stessi. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 8- L’economicità nel sistema d’impresa E’ un criterio che consente di giudicare la validità economico – finanziaria dei progetti di investimento ed è inoltre il criterio che consente di giudicare la convenienza a iniziare e/o a continuare una certa iniziativa/attività imprenditoriale. L’economicità secondo il Prof. Onida si suddivide in: - economicità aziendale - economicità super – aziendale, che si suddivide in: - economicità di gruppo - economicità collettività o macroeconomicità L’economicità aziendale Il giudizio di economicità è formulato considerando l’azienda da sola, senza tener conto di eventuali rapporti e collegamenti esistenti con altre economie/aziende che le impongono transazioni che non si svolgono a condizioni di libero mercato, che le forniscono sovvenzioni, aiuti, opportunità e sinergie, ovvero che le comportano oneri impropri e vincoli che si riflettono in modo positivo o negativo sulla sua autosufficienza economica. L’economicità di gruppo L’azienda è considerata nell’ambito del gruppo di appartenenza. Il giudizio di convenienza è formulato nell’ottica del soggetto economico del gruppo. Ipotizziamo di avere un gruppo composto da 3 società “X”, “Y” e “Z” e che Y controlli X e Z. Il giudizio di economicità su ”X” può cambiare totalmente se si considera “X” da sola oppure “X” inserita nel proprio gruppo. Giudizio di economicità aziendale Supponiamo che l’azienda “X” (controllata al 100% da Y) presenti questo tipo di conto economico: Quindi in questo caso “X” ha il conto economico stabilmente in perdita e quindi non risponde al criterio di economicità aziendale che prevede che l’azienda debba realizzare, almeno nel medio – lungo periodo, l’equilibrio economico. Giudizio di economicità di gruppo Se consideriamo “X” nell’ambito del gruppo e si formula un giudizio di economicità di gruppo, le cose possono cambiare. Per capire se conviene o meno tenere in vita “X” bisogna confrontare i risultati del gruppo con “X” e i risultati dello stesso gruppo senza “X”. La società “X” pur non rispondendo a “economicità aziendale”, soddisfa le condizioni per realizzare la “economicità di gruppo”. Al gruppo infatti conviene mantenere in vita “X”, Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 perché la sua presenza permette al gruppo di conseguire i risultati economici migliori rispetto a quelli ottenibili in sua assenza. E’ necessario che il gruppo realizzi complessivamente un reddito congruo e che sia capace di coprire adeguatamente i fabbisogni finanziari manifestati dalla gestione delle varie imprese. La macroeconomicità o economicità collettiva Il giudizio di “economicità collettiva” o "macroeconomicità" è formulato considerando l’azienda inserita in una più o meno vasta economia territoriale (comune, provincia, regione...) Tale giudizio è spesso formulato dai manager di aziende pubbliche o da uomini politici responsabili dello sviluppo socio – economico di determinare aree geografiche depresse. Giudizio di economicità aziendale Supponiamo che X ha il CE normalizzato e stabilizzato: L’azienda “X” non risponde ad economicità aziendale, in quanto non rispetta il requisito fondamentale: realizzazione dell’equilibrio economico. Giudizio di economicità collettiva Anche se l’azienda “X” opera in perdita, è possibile che convenga mantenerla in vita perché il suo abbandono potrebbe creare complessivamente un danno all’economia della provincia K. Il giudizio di “economicità collettiva” è formulato sulla base di un’analisi costi – benefici. In altri termini, il responsabile della scelta di costituire una certa azienda o, se già esistente, di mantenerla in vita o di liquidarla non prende in considerazione soltanto Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 i costi e i ricavi del complesso delle aziende che costituiscono “l’area geografica di riferimento”, ma valuta anche in base a una certa “ funzione di utilità”, i vantaggi e gli svantaggi associati alla costituzione, all’abbandono o alla conservazione in vita dell’azienda. La funzione di utilità deve essere bene specificata e presentata in modo trasparente a tutti i soggetti influenzati dalla decisione di economicità collettiva. “X” non soddisfa le condizioni dell’economicità aziendale, ma risponde al criterio della macroeconomicità: per il responsabile dello sviluppo della provincia K conviene mantenere in vita l’azienda “X” o crearla se non esistesse. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 9- L’equilibrio economico e l’adeguata potenza finanziaria dell’impresa Le condizioni che qualificano l’economicità aziendale sono due: - equilibrio economico; - realizzazione di una adeguata potenza finanziaria. L’equilibrio economico E’ l’attitudine della gestione aziendale a generare un flusso di ricavi che compra tutti i costi e che consente di remunerare congruamente il fattore in posizione residuale. Flusso ricavi= flusso costi+flusso remunerazione congrua del fattore in posizione residuale L’equilibrio economico deve realizzarsi almeno nel medio/lungo termine. Nel breve termine è difficile realizzare l’equilibrio economico a causa principalmente di due fattori: a) sviluppo e impiego di tecnologie avanzate che richiedono tempi relativamente lunghi e comportano notevoli investimenti in capitale fisso; b) caratteristiche del “ciclo di vita prodotto” (andamento delle vendite nel tempo). Esempio in via preventiva della rispondenza alla condizione dell’equilibrio economico di una certa iniziativa aziendale Le fasi del ciclo di vita di un prodotto si suddividono in: I fase: INTRODUZIONE → lento aumento delle vendite, il fattore strategico della competitività è rappresentato dalla qualità e dalla conoscenza del prodotto da parte dei consumatori e/o degli utilizzatori; II fase: SVILUPPO → le vendite aumentano a un tasso molto elevato. Il fattore strategico del marketing è la pubblicità. III fase: MATURITA’ → le vendite continuano ad aumentare, ma a un tasso più contenuto. Il fattore strategico è costituito dal prezzo. IV fase: SATURAZIONE → le vendite si stabilizzano.Fattori strategici di marketing diventano la confezione, l’imballaggio, gli sconti ai distributori V fase: DECLINO → le vendite calano.Il fattore strategico che influenza le vendite è soprattutto la pubblicità. La congrua remunerazione del fattore in fattore in posizione residuale - per norma, in posizione residuale si trova il capitale proprio -la remunerazione congrua è il compenso che sta in linea con la remunerazione dei migliori investimenti alternativi, tenuto conto del rischio che si corre e del lavoro imprendibile. Spesso un investimento non richiede un lavoro imprenditoriale,ma se lo richiede quest’ultimo viene remunerato con uno stipendio da manager; Se in posizione residuale c’è il capitale proprio, il congruo compenso è indicato con i (tasso di congrua remunerazione del capitale). Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Come si calcola i? Un investimento di denaro comporta: - perdita della disponibilità del denaro e ciò determina un compenso detto “price of time” o “risk free rate”: i1 -rischio, ciò determina un compenso per il rischio: i2 -eventuale lavoro imprenditoriale, ciò determina un compenso per il lavoro imprenditoriale: i3 i=i1+i2+i3 Per semplicità si trascura la terza componente e la formula di calcolo del tasso di congrua remunerazione diventa la seguente: i=i1+i2. Compenso per la perdita della disponibilità del denaro: risk free rate o compenso per l’investimento puro. Si calcola con riferimento ai rendimenti dei titoli di Stato.Compenso per il rischio o risk premium. Si calcola generalmente applicando il Capital asset pricing model (CAPM). L’adeguata potenza finanziaria L’adeguata potenza finanziaria è la capacità dell’imprenditore di coprire pienamente, continuamente e convenientemente il fabbisogno finanziario che deriva dallo sfasamento tra le “uscite totali per operazioni di esercizio” e le “entrate totali per le operazioni di esercizio”. Entrate e uscite da considerare ai fini del calcolo del fabbisogno finanziario USCITE PER OPERAZIONI DI ESERCIZIO: 1. uscite per costi 2. uscite per remunerazione al fattore in posizione residuale 3. uscite per concessione di crediti di finanziamento a terzi. ENTRATE PER OPERAZIONI DI ESERCIZIO: 1. entrate per ricavi 2. entrate per riscossione dei crediti di finanziamento FASI DELLE USCITE: 1. previsioni; 2. liquidazione: è la fase in cui nasce il debito dal punto di vista giuridico, nasce l’impegno dell’azienda a pagare una determinata somma e vengono specificati i nomi del creditore e del debitore, la causale, la scadenza e l’ammontare; 3. pagamento. FASI DELLE ENTRATE 1. previsione; 2. accertamento; 3. riscossione: fase da considerare ai fini del calcolo del fabbisogno finanziario. Solo con la riscossione si hanno la disponibilità per fronteggiare le uscite. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 10 - L’efficienza L’efficienza è un concetto che qualifica l’economicità: consente di individuare le cause della economicità o della non economicità di un’azienda. Permette di rilevare le cause del livello dell’economicità e di intervenire al fine di migliorare il grado dell’economicità. L’efficienza ha come indicatori fondamentali: 1. il rendimento fisico - tecnico dei fattori produttivi e dei processi produttivi 2. costi A parità di altre condizioni: a) se aumentano i rendimenti → aumenta l’efficienza → aumenta il livello di economicità; b)se diminuiscono i rendimenti →diminuisce l’efficienza →diminuisce il livello di economicità; c) se aumentano i costi → diminuisce l’efficienza → diminuisce il livello di economicità; d) se diminuiscono i costi → aumenta l’efficienza → aumenta il livello di economicità. L’analisi di efficienza permette: a) di stabilire le cause dell’economicità: consente di individuare a quali fenomeni determinano il livello della economicità/non economicità; b) consente al management di intervenire con provvedimenti adeguati che tendono a sviluppare l’efficienza e il livello di economicità. I rendimenti fisico-tecnici o produttività fisico-tecnica I rendimenti (Rd) sono indicatori dell’efficienza. + Rd → + Efficienza → + Economicità - Rd → - Efficienza → - Economicità I rendimenti possono riguardare: 1. i fattori produttivi: lavoro, materie prime, macchine, energia ecc... 2. i processi produttivi: rappresentano una combinazione di fattori produttivi: processi di cokeria,produzione di ghisa, produzione di acciaio, di laminazione, ecc... Il rendimento è sempre riferito ad un certo lasso temporale:1 giorno,1 mese, 6 mesi,1anno… Il rendimento di un certo fattore si calcola come segue: Rd riferito a un determinato periodo t = quantità bene o servizio prodotto/ quantità di fattore impiegato Le variazioni di rendimento si interpretano considerando gli effetti delle citate variazioni sul complessivo sistema aziendale, e in particolare, si interpretano considerando gli effetti su: - i ricavi; - i costi; - il reddito. Per giudicare se una variazione di rendimento è conveniente o meno occorre studiare i suoi effetti sul sistema ricavi/costi/reddito d’esercizio. I costi Sono indicatori di efficienza e rappresentano la remunerazione dei fattori che si trovano “in posizione contrattuale”. Quanto più bassi sono i costi, tanto più alta è l’efficienza e tanto più elevato è il livello dell’economicità. I costi possono essere calcolati e controllati in riferimento a vari “oggetti di costo”, vari sono gli oggetti di costo. L' oggetto di costo si denomina anche “centro di costo” quando coincide con un’unità organizzativa. Le principali classificazioni dei costi a) Classificazione secondo il loro comportamento al variare del volume dell’attività aziendale Secondo il loro comportamento al variare del volume dell’attività aziendale, si ha la seguente distinzione: Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 - costi fissi: restano costanti entro determinati limiti,quale che sia il volume dell’attività aziendale - costi variabili: variano in misura proporzionale, ovvero più o meno proporzionale, rispetto al volume dell’attività aziendale. b) Classificazione secondo le modalità di imputazione agli oggetti di costo Secondo le modalità di imputazione agli oggetti di costo, si ha la seguente distinzione: costi diretti o speciali - sono imputati direttamente ai vari oggetti/centri di costo mediante la misurazione delle quantità di fattori produttivi utilizzate/impiegate. - le quantità sono obiettivamente e logicamente misurabili e di fatto sono misurate. costi indiretti o comuni - sono imputati indirettamente ai vari oggetti di costo mediante stime e previsioni soggettive. - le quantità dei fattori produttivi impiegate/consumate non sono obiettivamente misurabili. Il controllo dei costi a livello di oggetto specifico (subsistema aziendale, filiale, stabilimento, reparto, prodotto) Esistono due tecniche fondamentali di controllo dei costi: a) direct costing (esistono due versioni di direct costing); b) configurazioni di costo, che possono giungere fino al full cost. Il direct costing nella sua versione di base considera solo i costi diretti. Le configurazioni di costo sono utilizzate soprattutto in riferimento al controllo dei costi di prodotto e considera sia i costi diretti che i costi indiretti. Full cost = costo pieno = costi diretti + costi indiretti. I costi diretti e indiretti possono essere: - variabili o - fissi Con la prima versione del direct costing si spinge il controllo dei costi a livello di margine di contribuzione specifico che rappresenta un valore affidabile e tendenzialmente obiettivo. Con la seconda versione l’obiettività termina con il margine lordo, perché il margine di contribuzione specifico è influenzato dalle previsioni e dalle congetture in virtù delle quali sono imputati i costi indiretti. Configurazione di costo di un prodotto in un'impresa industriale Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Configurazione di costo delle “partite di merci” in un’impresa mercantile (in questo caso l’oggetto è rappresentato da una determinata partita di merce). Il costo economico tecnico è un parametro ibrido: comprende sia costi, sia la remunerazione per il fattore in posizione residuale, rappresentata da cosiddetti oneri figurativi. Questi ultimi non costituiscono costi effettivi, ma oneri figurativi e cioè compensi al fattore in posizione residuale comprensivi della remunerazione per il lavoro imprenditoriale svolto. I costi specialmente quando si tratta di costi complessivi e quando si tratta di figure di costo che comprendono costi indiretti, rappresentano quantità astratte. Le quantità possono essere classificate: -quantità di misura, -quantità stimate, -quantità astratte. Il controllo dei costi a livello di sistema aziendale Il controllo è effettuato a sistema considerando Ricavi/Costi/Reddito.Il controllo può essere effettuato con un Conto economico a forma scalare diverso formalmente da quello previsto dal codice civile dell’ art 2425, sia da quello stabilito dai principi IAS/IFRS. Il costo del venduto è determinato nel modo seguente: Rimanenze iniziali +Acquisti materie,semilavorati, prodotti +Costo del lavoro industriale +Amm.to e costi di struttura industriali +Altri oneri industriali -Rimanenze finali Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Il controllo della redditività e dei costi a livello del complessivo sistema aziendale può essere effettuato sinteticamente calcolando 2 indicatori: 1. ROI = RO/CC+CP Esprime la redditività del capitale investito nell’azienda nella gestione operativa.Tale indicatore interessa agli amministratori e ai manager. 2. ROE = RN/CP Esprime la redditività del capitale proprio investito nell’azienda. Interessa soprattutto all’azionista (al proprietario). Il ROI può essere scomposto: Il ROS segnala la capacità dell’azienda di spuntare prezzi alti e di produrre a costi contenuti. Un ROS pari a 0,05 indica che su 100 euro di fatturato ci sono 5 euro di reddito operativo. Il CT evidenza la “capacità commerciale” dell’azienda, capacità di “far ruotare” il capitale. Rappresenta l’attitudine dell’azienda a sviluppare gli affari e ad aumentare il fatturato. Un CT pari a 2 indica che il capitale investito (CC+CP) gira 2 volte nel periodo considerato (1 anno). Il comportamento dei costi al variare del volume dell’attività aziendale Secondo Clark i costi possono essere distinti in: - costi fissi - costi variabili in misura proporzionale al volume dell’attività - costi variabili in misura più che proporzionale al volume dell’attività aziendale Il comportamento dei costi e dei ricavi al variare del volume dell’attività aziendale: il break even point (BEP). Supponiamo che tutta la produzione effettuata nell’esercizio sia stata venduta. I ricavi totali risultano pari al prodotto tra qualità di output venduta (Q) e prezzo di vendita (pv): RT= pv x Q. Graficamente i ricavi totali vengono rappresentati da una retta crescente, con intercetta pari a zero e coefficiente angolare pari al prezzo di vendita. I CT sono pari alla somma tra CF e CV. Questi ultimi sono calcolati moltiplicando il costo variabile unitario (cvu) per la quantità di output prodotta e venduta (Q). Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Il calcolo del BEP può essere effettuato in termini di quantità e/o in termini di fatturato. Formule per il calcolo del BEP: Q=quantità prodotta e venduta cvu= costo variabile unitario pv= prezzo di vendita unitario CV= cvu Q= costi variabili totali CF= costi fissi totali. RICAVI totali – COSTI totali= 0 (profitto nullo) RICAVI totali = CV totali + CF totali Q x pv= cvu x Q + CF totali Q x pv – cvu x Q – CF totali = 0 Q (pv – cvu)= CF totali. Q = CF totali/ pv – cvu → BEP espresso in termini di quantità Al fine di individuare il BEP espresso in termini di fatturato (ricavi) si moltiplicano per pv i 2 termini dell’equazione riportata sopra, si dividono il numeratore e il denominatore del secondo membro dell’equazione per pv: Q x pv= CF tot/pv – cvu/pv → BEP espresso in termini di fatturato Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 CAPITOLO 11 - La gestione monetaria, finanziaria ed economica dell’impresa La gestione è il sistema delle operazioni svolte durante la vita dell’azienda. Si distingue in gestione monetaria, finanziaria ed economica: sono tre aspetti dello stesso fenomeno, vale a dire del complessivo sistema delle operazioni aziendali. Gestione monetaria -> sistema delle entrate e delle uscite di cassa/banca relative alle operazioni di gestione. Gestione finanziaria ->sistema delle operazioni volte a reperire e a rimborsare il capitale sociale e il capitale di credito necessari per finanziare gli investimenti aziendali. Gestione economica-> sistema dei costi e dei ricavi. Fabbisogno finanziario - E’ riferito sempre ad un certo momento (tx). - Rappresenta il bisogno di denaro per fronteggiare gli investimenti richiesti dalla gestione. - Si tratta degli investimenti finanziati con il capitale dei soci e con il capitale di credito. Esistono due modalità di calcolo del Fabbisogno Finanziario: 1. metodo analitico -> fabbisogno finanziario al tempo x= uscite tot. per le operazioni di esercizio - entrate tot. per operazioni di esercizio 2. metodo sintetico, basato sullo Stato Patrimoniale, riferito a una determinata data in relazione alla quale si vuole calcolare il fabbisogno. Si supponga di voler determinare il fabbisogno finanziario al 31/12/n sulla base della seguente situazione patrimoniale: In questo caso particolare, il Fabbisogno Finanziario al 31/12/n si calcola come segue: FF 31/12/n= Investimenti in attesa di realizzo – Fondi rettificati – Riserve – Utili; I fondi di rettifica delle poste attive comprendono anche i risconti passivi; questi ultimi corrispondono a somme già incassate ma che non sono di competenza dell’esercizio. Dalle riserve, vanno escluse le riserve da sovrapprezzo azioni. Occorre escludere dagli utili da distribuire che rappresentano debiti verso gli azionisti. Da quanto detto si evince che, se si analizza attentamente lo Stato Patrimoniale, il Fftx si può calcolare anche come segue: Fftx = CS (capitale sociale) +Riserva da sovrapprezzo azioni +CC (capitale di credito) -(CASSA + BANCA) (liquidità) Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Le fonti di finanziamento Le fonti che vanno a finanziare l’insieme degli investimenti aziendali sono normalmente classificate come segue: 1. capitale sociale 2. capitale di credito: - obbligazione - credito bancario, credito di altri istituiti finanziari e credito di soci - credito mercantile - credito dei dipendenti 3. autofinanziamento Il capitale sociale Prima della riforma del diritto societario, attuata con D.Lgs 17 gennaio 2003 n. 6 le azioni erano così classificate: - azioni ordinarie, - azioni privilegiate art. 2348 c.c; - azioni di risparmio, - azioni di godimento Azioni ordinarie: - conferivano il diritto di voto nelle Assemblee (art. 2351 c.c); - conferivano il diritto a ricevere una parte proporzionale degli utili netti (art. 2350 c.c.) - conferivano il diritto al riparto del capitale netto risultante dalla liquidazione della società, salvi i diritti spettanti a particolari categorie di azioni (2350 c.c.) Azioni privilegiate: - conferivano il diritto di voto sia nelle Assemblee Ordinarie sia in quelle Straordinarie. L’atto costitutivo poteva stabilire che alle azioni privilegiate fosse conferito il diritto di voto nelle sole assemblee straordinarie. (art. 2351 c.c.) - erano privilegiate nella ripartizione degli utili e del capitale netto che residuava in sede di liquidazione (art. 2350 c.c.) - il privilegio era normalmente interpretato come priorità rispetto alle azioni ordinarie entro certi limiti, nel godimento dei diritti patrimoniali. Azioni di risparmio: - sono state regolate per la prima volta dalla legge 7 giugno 1974 n. 216; - sono state rivisitate con il D.Lgs n. 58/1998 (Decreto Draghi). La legge n. 216/1974 stabiliva quanto segue: - sono messe solo dalle società quotate in borsa; - non hanno il diritto di voto né nelle Assemblee Ordinarie né in quelle Straordinarie; - hanno privilegi patrimoniali in sede di ripartizione del capitale durante la liquidazione della società e in sede di riparto degli utili; - la ripartizione degli utili, la legge n. 216/1974. L’art 145 del D.Lgs.n. 58/1998 (Decreto Draghi) ha modificato la legge 7 giugno 1974, n 216: - tale articolo stabilisce che l’atto costitutivo determina il contenuto dei privilegi di natura patrimoniale, le condizioni, i limiti e le modalità e i termini per il loro esercizio. In sostanza la società stabilisce i privilegi patrimoniali: determina e perciò il contenuto dei privilegi; - se l’atto costitutivo, in tema in privilegi, seguisse perfettamente la legge del 7 giugno 1974 il risultato sarebbe identico a quello che si realizzerebbe applicando questa ultima legge. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Azioni di godimento: secondo l’art. 2353 c.c. : - non costituiscono fonte di finanziamento, perché sono assegnate agli azionisti rimborsati a seguito della riduzione del capitale sociale. In caso di riduzione, il rimborso avviene al valore nominale, poiché coloro che sono estratti sono svantaggiati, ricevono azioni di godimento volte a ricompensare tale svantaggio; - non hanno diritto di voto, salvo diversa disposizione dello statuto; - partecipando alla distribuzione degli utili, dopo che alle azioni non rimborsate è stato corrisposto un dividendo pari all’ingresso legale sul loro valore nominale. (l’interesse legale è dello 0,50%) - partecipano alla ripartizione del capitale in sede di liquidazione dopo che agli azionisti esistenti e non rimborsati è stata corrisposta una somma pari al valore nominale delle azioni possedute. D.Lgs. 17 gennaio 2003 n.6 (aggiornato alla luce del D.Lgs. 6 febbraio 2004, n.37 e del D.Lgs 28 dicembre 2004, n. 310) Attualmente, esistono i seguenti tipi di azioni e di strumenti finanziari partecipativi: a) azioni ordinarie; b) azioni con diritti diversi da quelle ordinarie; c) azioni di risparmio d) azioni di godimento e) strumenti finanziari partecipativi. a) Azioni ordinarie: la partecipazione sociale è rappresentata da azioni: - vi è la possibilità di non emettere materialmente i titoli azionari e di prevedere diverse tecniche di legittimazione e di circolazione; -vi è la possibilità di emettere azioni con valore nominale o senza valore nominale indicato sul titolo; - vi è la possibilità di emettere azioni in numero non proporzionale ai conferimenti effettuati. b) Azioni con diritti diversi da quelli attribuiti alle azioni ordinarie: L’art. 2348 c.c. dispone quanto segue: “ Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Si possono tuttavia creare, con lo statuto o con successive modificazioni di questo, categorie di azioni fornite di diversi [...]. In tal caso la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie. Tutte le azioni appartenenti ad una medesima categoria conferiscono uguali diritti”. c) Azioni di risparmio La disciplina delle azioni di risparmio resta invariata, legge n. 216/1974 modificata dal D.Lgs n. 58/1998. d) Azioni di godimento La disciplina delle azioni di risparmio resta invariata, rispetto a quanto stabilito dall’art. 2353 c.c. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Circolazione delle azioni (2355 c.c.) Se lo Statuto prevede che debba essere esclusa l’emissione dei titoli azionari,il trasferimento delle azioni ha effetto nei confronti della società dal momento dell’iscrizione del trasferimento stesso nel libro dei soci. Le azioni al portatore sono trasferite mediante girata autenticata da un notaio o da un soggetto secondo quanto previsto dalle leggi speciali. Il giratario ha diritto ad ottenere l’iscrizione del trasferimento nel libro dei soci; è in ogni caso legittimato ad esercitare i diritti sociali. La società ha l’obbligo, di aggiornare il libro dei soci. Il trasferimento delle azioni nominative con mezzo differente dalla girata si può effettuare secondo quanto previsto dall’art. 2022 c.c. (con annotazione del nome dell’acquirente e sul registro dell’emittente ovvero con il rilascio di un nuovo titolo intestato all’acquirente). Del rilascio deve essere fatta annotazione nel registro dell’emittente. Limiti alla circolazioni dell’azioni (art. 2355-bis c.c.) Nel caso in cui non siano stati emessi i titoli azionari e nel caso in cui le azioni emesse siano nominative, lo statuto sociale può stabilire particolari condizioni al loro trasferimento e può anche vietarne il trasferimento per un periodo non superiore a 5 anni. e) Strumenti finanziari partecipativi Il D.Lgs 17 gennaio 2003 n.6 ha introdotto la figura degli “strumenti finanziari partecipativi” agli artt. 2346 e 2349 c.c. Gli strumenti finanziari sono assegnati a soci o a terzi a seguito di apporti di prestazioni d’opera, di servizi o di beni futuri. Possono garantire al titolare: -diritti patrimoniali: es. La partecipazione agli utili o il riparto del capitale in sede di liquidazione; -diritti amministrativi: es. Il diritto di voto solo su specifici argomenti individuati dallo statuto, con esclusione del diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti. L’art. 2346 specifica che lo statuto disciplina: a) le modalità e le condizioni di emissione degli strumenti finanziari partecipativi; b) i diritti che gli stessi conferiscono ai loro detentori; c) le sanzioni da applicare in caso di inadempimento delle prestazioni previste; d) se ammesso, il regime di circolazione degli strumenti finanziari. Il capitale di credito E’ costituito principalmente dalle seguenti voci: - obbligazioni; - credito bancario; - credito mercantile; - credito dei dipendenti. Le obbligazioni La riforma del diritto societario, in tema di obbligazioni, ha prodotto alcune novità. - La competenza a deliberare l’emissione delle obbligazioni è attribuita all’organo amministrativo, salvo che non sia diversamente previsto dalla legge o dallo statuto. L’emissione delle obbligazioni viene così assimilato all’accensione di un normale debito di finanziamento, che è normalmente di competenza dell’organo amministrativo. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 - L’emissione di obbligazioni convertibili è di competenza dell’assemblea straordinaria, la quale peraltro può delegare tale attribuzione agli amministratori nei limiti di un ammontare determinato e per un periodo non superiore ai 5 anni. In questo caso, la delega comprende anche quella riguardante il correlato aumento del capitale sociale. - Le obbligazioni costituiscono dei debiti della società. Il titolo obbligazionario deve indicare: il capitale sociale e le riserve esistenti al momento dell’emissione, il valore nominale di ciascun titolo; i diritti attribuiti dal titolo; il rendimento o i criteri per la sua determinazione; il modo di pagamento e di rimborso; l’eventuale subordinazione dei diritti degli obbligazionisti a quelli di altri creditori sociali; eventuali garanzie da cui sono assistiti; data di rimborso. - La legge inoltre consente che i tempi e l’entità degli interessi da corrispondere possano variare in dipendenza di parametri oggettivi anche collegati all’andamento economico della società. - Mentre in precedenza i limiti all’emissione erano parametrati sull’entità del capitale sociale versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio approvato la nuova legge stabilisce che la società può emettere obbligazioni al portatore nominative per una somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Il limite di cui sopra non si applica per disposizione di legge, nei seguenti casi: - quando le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate ad essere sottoscritte da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma di leggi speciali; - quando si tratta di emissioni di obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su immobili della società,sino ai due terzi del valore degli stessi immobili; - quando si tratta di obbligazioni emesse da società quotate in mercati regolamentati e le obbligazioni sono destinate ad essere quotate nei mercati regolamentati; -quando la società è autorizzata con provvedimento del governo a superare i citati limiti, secondo modalità cautele e importi stabiliti dal provvedimento stesso. - Fatte salve le ipotesi in cui i limiti all’emissione delle obbligazioni possono essere superati, la società non può né ridurre volontariamente il capitale sociale, né distribuire riserve se, in relazione a tali delibere, non risultano più rispettati i limiti stabiliti per le obbligazioni ancora in circolazione. Se, la riduzione del capitale è obbligatoria o la diminuzione delle riserve avviene in conseguenza di perdite, non può farsi luogo alla distribuzione di utili fino a che l’ammontare del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili non eguagli la metà del valore delle obbligazioni in circolazione. Il credito bancario: - Può essere a breve termine (inferiore a 1 anno) es. Anticipazione, riporto, sconto di cambiali; - Può essere a medio/lungo termine es. Mutui. Il credito mercantile: E’ il credito dei fornitori; viene concesso senza indagini particolari ed ha la caratteristica di essere notevolmente elastico. E’ il credito generalmente più costoso. Il credito dei dipendenti: - diretto: i dipendenti depositano contro interesse i loro stipendi presso la cassa sociale; - indiretto: riguarda il trattamento di fine rapporto (TFR). Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Il trattamento di fine rapporto è regolato dalla legge del 29 maggio 1982 n. 297. Rappresenta un debito della società verso i dipendenti. Questo debito incrementa ogni anno.In particolare, l’incremento è dovuto a tre componenti: a) l’indennità dell’anno; b) l’interesse sul credito maturato all’inizio dell’anno dai dipendenti; c) la rivalutazione monetaria del credito maturato all’inizio dell’anno. L’autofinanziamento E’ il processo mediante il quale si finanziano gli investimenti aziendali senza ricorrere, o ricorrendo in misura minore, al capitale di credito e all’emissione di azioni (c. Sociale). E’ riferito a un determinato arco temporale (1 anno, 6 mesi ecc...): non è un concetto statico, ma dinamico. Calcolo dell’autofinanziamento: 1. metodo globale Investimenti lordi= CS + Debiti (compresi i ratei passivi) + autofinanziamento (x) Autofinanziamento= investimenti lordi – CS – CC 2. metodo analitico Autofinanziamento= utili + riserve + fondi di rettifica Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 Capitolo 12 - La struttura finanziaria dell’impresa La scelta delle fonti di finanziamento devono essere orientati ad economicità, in particolare, la scelta deve essere ispirata ai cinque principi: 1)Le singole fonti di finanziamento finanziano l’azienda e non singoli e specifici investimenti Le singole fonti di finanziamento finanziano l’azienda e non i singoli investimenti. L’azienda poi distribuisce il denaro tra i vari investimenti (fabbisogni) richiesti dalla gestione 2)E’ indispensabile armonizzare le scelte finanziarie con le esigenze del mercato E’ necessario adottare la scelta delle fonti finanziarie alle esigenze dei mercati monetario e finanziario. Le scelte sono condizionate dalle attese dei risparmiatori. Le scelte devono essere effettuate in chiave di marketing finanziario e cioè in funzione delle caratteristiche e delle esigenze dei mercati. 3) E’ necessario prendere in considerazione le fondamentali motivazioni del soggetto economico da soddisfare prioritariamente Occorre soddisfare due esigenze del soggetto economico: - conservare il governo dell’azienda (mantenere il potere decisionale strategico all’interno dell’azienda) mantenere il leverage ratio a livello di sicurezza 4) Il sistema delle fonti finanziarie deve essere armonizzato con le caratteristiche del fabbisogno finanziario Occorre adattare il sistema finanziario delle fonti finanziarie alle caratteristiche del fabbisogno finanziario. Il fabbisogno finanziario può essere scomposto in tre fasce: Fascia costante α Fascia variabile crescente β1 Fascia variabile fluttuante (aumenta e diminuisce) β2 Le fasce α e β1 vanno finanziate con capitale proprio o con capitale di credito legato stabilmente all’azienda. Le fasce β2 è da finanziare con capitale di credito a breve termine pronto ed elastico. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com) lOMoARcPSD|49390304 5) le scelte vanno vagliate in relazione a taluni parametri che determinano la convenienza e i limiti al ricorso al capitale di credito La convenienza e i limiti a ricorrere al capitale di credito vanno giudicati in relazione: al valore del ROE complessivo aziendale (ROE= RN/CP) Al valore del ROI complessivo aziendale (ROI= RO/(CC+CP)) Al costo del capitale di credito (id) All’entità del massimo leverage sopportabile (L=CC/CP) Se il ROI > id (costo del capitale di credito), al soggetto economico conviene indebitarsi, perché il suo ROE aumenta con il crescere dell’indebitamento. L’indebitamento non deve essere spinto al di là del punto in cui il leverage assume un valore critico (massimo leverage sopportabile) A mano a mano che aumenta il valore della leva finanziaria e cioè CC/CP il ROE aumenta, sempreché ROI >id Se ROI < id all’aumentare del rapporto di indebitamento(CC/CP)diminuisce il livello del ROE. Scaricato da Alessio S. (ale.son.532@gmail.com)