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Organizzazione Aziendale: Appunti e Concetti Chiave

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ORGANIZZAZIONE AZIENDALE: cos’è?
Nasce dalla necessità di organizzare il lavoro avente uno scopo finale orientato ai fini dell’impresa.
Ha per oggetto il lavoro (organizzazione del lavoro) svolto da persone e il lavoro coordinato è finalizzato in sotto
forma di organizzazione per raggiungere gli obiettivi.
Il lavoro è principalmente svolto da delle persone all’interno delle imprese. Questo mette in evidenza come
l’organizzazione aziendale si occupa anche della gestione delle persone che svolgono delle attività lavorative.
FATTORI PRODUTTIVI FONDAMENTALI
I lavoratori e il capitale insieme rappresentano una delle due condizioni primarie e complementari della produzione.
LAVORO ORGANIZZATO
Ogni prestatore di lavoro è anche portatore di un proprio interesse, ma bisogna fare in modo che questi diversi
interessi siano in qualche modo incanalati al fine di consentire il raggiungimento di uno degli obiettivi e dei risultati
dell’impressa. Il lavoro deve essere organizzato, coordinato, orientato e finalizzato al raggiungimento degli obiettivi
aziendali o dell’impressa.
TIPOLOGIE DI ISTITUTI (chiamate anche “organizzazioni” nell’ambito dell’economia aziendale).
Questi istituti in realtà afferiscono in base all’importanza della dimensione economica e della dimensione aziendale.
Tipi di istituti in base alla dimensione aziendale:
• Di massima importanza (diventa rilevante il tema dell’efficacia e dell’efficienza):
- Imprese
- Banche
- Assicurazioni
• Meno importante/rilevante:
- Enti pubblici
- Pubblica amministrazione
- Associazioni del terzo settore
• Altre organizzazioni in cui la dimensione aziendale può essere sempre meno importante:
- Partiti politici
- Organizzazioni sindacali
- Altre tipologie di enti, associazioni del terzo settore non profit.
È un elemento importante la differenziazione tra questi istituti e queste organizzazioni, per capire se e quanto la
dimensione aziendale sia rilevante e sia importante. (negli istituti in cui la dimensione economica aziendale è
prevalente, da qui deriva un po’ il nome di organizzazione aziendale).
IMPRESE
Istituti economici sociali di produzione economica per mezzo dello scambio ossia nella loro essenza, acquistano degli
input da dei fornitori (fattori che entrano nel processo produttivo, quindi un processo di trasformazione) e poi
distribuisce e vende dei prodotti/servizi.
PROCESSO DI PRODUZIONE
Per fare ciò utilizza il capitale e il lavoro (fattori produttivi primari). Si ha quindi bisogno delle risorse economiche e
finanziarie rappresentate dal capitale e del lavoro delle persone. In questo processo di produzione, il concetto di
trasformazione degli input in output, deve anche garantire delle condizioni di giustizia, delle condizioni che in qualche
modo porti anche ad una soddisfazione degli interessi anche dei lavoratori.
Parametri utilizzati per capire se e come un’impresa è una buona impresa (se è in grado di conseguire i risultati, riesce
ad equilibrare il tema della giustizia) o no non paga il personale o i fornitori):
• GIUSTIZIA (giustizia organizzativa): grado di correttezza ed equità nella distribuzione delle risorse, delle
procedure e nelle interazioni che avvengono all’interno delle imprese.
• EFFICACIA: è determinata al grado di raggiungimento degli obiettivi e quindi dalla capacità delle imprese di
ottenere i risultati previsti (soddisfare i bisogni, desideri dei clienti). Se un’impresa è efficacie se riesce a generare
dei ricavi o se riesce di fatto vendere i propri prodotti o servizi ai clienti finali. (ottica esterna)
• EFFICIENZA: rapporto tra i mezzi impiegati e i risultati conseguiti. Si vanno a prende in considerazione i costi
che l’impresa genera al proprio interno (nel processo di produzione e nel processo di trasformazione). (ottica
interna)
L’OBIETTIVO DI QUESTO INSEGNAMENTO:
- Studiare la dimensione organizzativa degli istituti, in particolare la dimensione organizzativa delle imprese, al fine di
comprendere i meccanismi che reggono il funzionamento di questa dimensione organizzativa.
- L’obiettivo finale, avere conoscenze, competenze ed abilità sul piano della progettazione organizzativa.
TEORIE ORGANIZZATIVE
Si basano su quattro discipline di fatto sull’economia, l’ingegneria, la sociologia e la psicologia. Questa quindi
l’organizzazione aziendale, organizzazione del lavoro, prende un po’ da queste quattro grandi discipline che ci danno
un teorico delle organizzazioni, uno psicologo Lewin cui diceva “non c’è nulla di più pratico di una teoria ben
formulata”, quindi se noi riusciamo ad avere in mente ad avere degli schemi cognitivi, degli schemi concettuali,
questo ci consentono di adattarci anche ad una realtà che cambia e quindi avere in qualche modo dei buoni fondamenti
teorici, ci consente anche in qualche modo di saper leggere un contesto pratico, che in realtà sta cambiando e dovete
avere tutte quelle insieme di conoscenze e competenze in grado di poter seguire questo cambiamento, questo è il
motivo per cui diamo ampio spazio alle teorie organizzate.
Queste teorie e queste discipline rappresentano le radici su cui si poggia l’organizzazione aziendale e l’organizzazione
del lavoro.
POTERE, GERARCHIA E CONTROLLO.
IL POTERE (gerarchia)
All’interno delle imprese il potere e l’autorità non è distribuita in maniera uguale; quindi, non tutte le persone
all’interno di un’impresa sono sullo stesso livello e non tutti hanno gli stessi diritti decisionali e dei diritti di controllo.
È presente quindi, una gerarchia che definisce le relazioni di subordinazione formale (il potere e l’autorità non è
distribuita in maniera uguale) che si hanno all’interno di un’impresa.
Sono presenti diversi soggetti (chiamati anche attori nelle teorie organizzative, sono soggetti che agiscono all’interno
dell’organizzazione:
- Proprietari
- Azionisti
- Imprenditori
- Chi detiene anche il capitale di un’impresa.
-
Membri del consiglio di amministrazione (top manager)
Manager di livello più elevato (Presidente, l’amministratore delegato, il direttore generale, dirigenti)
-
Manager di livello intermedio (quadri)
-
Lavoratori in generale (operai, impiegati, che svolgono attività di tipo esecutivo e sono persone che hanno
meno autorità e quindi meno potere da un punto di vista decisionale e del controllo)
POTERE (definizione generale)
A (può essere qualsiasi soggetto) ha potere su B nella misura in cui riesce ad obbligare B a fare qualcosa che
altrimenti non farebbe.
Definizione formulata da un sociologo, studioso del potere, Robert Tal nel 1957, dove A e B possono essere delle
persone o degli attori collettivi (altre organizzazioni delle imprese).
Un altro aspetto importante è che il potere non è una caratteristica assoluta della persona, ma riguarda una relazione.
RELAZIONE TRA POTERE
A ha potere su B (specifica relazione), dove B di per sé non ha un potere assoluto (prescinde da altri soggetti). Quindi
il potere lo possiamo vedere soltanto all’interno di una relazione e devono essere presenti almeno due persone E
possiamo capire quindi chi di queste due persone ha potere e come si esplica questo potere.
Il potere è relazionale e non è assoluto, perché A ha potere, perché obbliga B a fare qualcosa che altrimenti non
farebbe, ma se non c’è B, A quel potere, non riesce ad esercitarlo di per sé; quindi, questo è il motivo per il quale il
potere è relazionale.
POTERE E ATUORITÀ
Potere ed autorità sono una caratteristica della posizione e non della persona, ossia la persona ha autorità, ha anche
potere quando occupa una determinata posizione all’interno della gerarchia. Quando quella persona abbandona quella
posizione, perde autorità e perde anche il potere (relazione tra A e B, perché A magari è ai vertici di questa gerarchia).
Per questo quando potere e autorità si fondano sulla gerarchia, queste diventeranno una caratteristica della posizione, e
non più della persona. Le persone hanno temporaneamente potere ed autorità, perché potrebbero occupare quella
determinata posizione per un tempo determinato.
ALTRE FONTI DEL POTERE
• AUTORITÀ: quando parliamo di gerarchia;
• CARATTERISTICHE PERSONALI: carisma di una persona, fonte del potere è legata alle caratteristiche
dell’individuo;
• EXPERTISE: le conoscenze di una persona e le sue abilità (abilità critiche che da a quella persona un elevato
potere all’interno dell’organizzazione);
• FORZA COERCITIVA: patologia del potere (uso di intimidazioni, della forza per far fare alle persone quello che
altrimenti non farebbero). Questa non è una fonte di una buona organizzazione, ma che nella realtà può accadere e
per questo può essere una fonte;
• CONTROLLO DI RISORSE O CRITICHE: essere responsabili di una funzione molto importante per
l’organizzazione incide magari più di altre sul successo di un’impresa (avere un contatto più stretto con un cliente
importante)
• POSSIBILITÀ DI APPLICARE DELLE SANZIONI: avere diritti di controllo e di sanzionare nel momento in cui
un comportamento devia da un certo percorso, standard, procedura.
• PROPRIA POSIZIONE IN UN NETWORK: avere accesso a delle persone influenti.
ESEMPIO: POTERE E NETWORK
IL BARONE DI ROTHSCHILD
All’apice della sua ricchezza e del suo successo, al barone di Rothschild, un famoso banchiere del passato, fu chiesto
un prestito da parte di un suo conoscente.
Il barone però gli rispose: “non ti darò io direttamente un prestito, ma camminerò a braccetto con te nella sala
principale della borsa di New York e vedrai subito come tutti i prestatori si avvicineranno”.
Questo in qualche modo cosa voleva significare, il barone di Rothshild comunicava ai potenziali prestatori di risorse
finanziarie che quel conoscente aveva legami col barone e che quindi, nel caso in cui avessero concesso un prestito al
conoscente, in realtà avrebbero anche fatto un favore al barone di fatto. Quindi questo camminare a braccetto mette in
mostra che il conoscente aveva un potere nei confronti dei prestatori che derivava dalla sua appartenenza a quel
particolare network.
Questo accade anche nelle imprese o organizzazioni, dove abbiamo delle reti di relazioni tra le persone e questa
appartenenza ad una rete può rappresentare in realtà una fonte di potere.
POTERE E NETWORK
Il posizionamento delle persone, non solo all’interno della gerarchia di un’impresa, ma anche all’interno del network e
dove spesso il network è informale.
All’interno delle organizzazioni abbiamo una dimensione formale visibile e una dimensione informale più
difficilmente visibile (ruolo altrettanto importante).
POTERE PUÒ ESSERE RECIPROCO
Il potere può anche essere reciproco. Come nel caso di prima, A ha potere nei confronti di B, però può anche essere
anche B abbia del potere nei confronti di A.
- Magari A ha potere nei confronti di B perché occupa una particolare posizione all’interno dell’impresa e
quindi deriva il suo potere dell’autorità.
- Magari B è in realtà un lavoratore con delle conoscenze critiche importantissime, quindi perderlo sarebbe un
grave danno per l’impresa, quindi anche B può avere del potere nei confronti di A
Quindi il potere può anche andare nelle due direzioni da A verso B o viceversa, quindi il potere è anche reciproco. Ed
è per questo che dobbiamo andare ad analizzare bene tutte le fonti del potere per capire bene qual è la situazione in cui
ci troviamo.
IMPRESE COME ARENE POLITICHE
Le imprese sono anche delle arene politiche, ossia sono dei luoghi in cui di fatto avviene o avvengono dei giochi
politici nel senso pieno del termine. Cosa vuol dire?
IMPRESE COME ARENE POLITICHE
• POTERE: abilità o capacità di far fare ad altre persone quello che si vuole;
• DIMENSIONE POLITICA: diventa il potere in azione, ossia il potere utilizzando un insieme di tecniche o
tattiche che fa fare in qualche modo qualcosa o indirizza le persone in una determinata direzione.
Quindi la politica è il potere che si concretizza e all’interno delle imprese abbiamo una dimensiona aziendale
ma anche politica (arene politiche, dove la politica svolge un ruolo importante)
PROCESSO DECISIONALE
Perché abbiamo questa dimensione politica all’interno dell’impresa? Perché il processo decisionale ha delle
caratteristiche particolari.
PROCESSO DECISIONALE: processo che porta ad una qualsiasi decisione.
Fasi del processo decisionale:
- INTELLIGENCE: fase di definizione dello studio di un problema/situazione
- DESIGN: ricerca delle soluzioni al problema o di una ricerca delle alternative ad un particolare
problema/situazione o ricerca delle opzioni (quali sono le strade che posso intraprendere?)
- CHOICE: scegliere quale strada intraprendere (es. lancio di un nuovo prodotto).
RAZIONALITÀ ASSOLUTA e SOLUZIONE OTTIMA
Secondo i teorici o gli economisti, questo processo decisionale tendenzialmente è guidato da una razionalità assoluta.
• RAZIONALITÀ ASSOLUTA: è possibile giungere all’individuazione di una soluzione ottima in assoluto (sono
in grado di raccogliere tutte le informazioni di cui ho bisogno, sono in grado di valutare tutte le possibili
alternative opzioni e tra queste sono in grado di scegliere l’alternativa, la scelta migliore in assoluto).
Questo in qualche modo è, il modello su cui si basa in realtà l’attiva economica tradizionale, se così possiamo
chiamarla. In realtà gli studiosi delle organizzazioni hanno in realtà scoperto che non è così, ossia che non è vero che
all’interno delle imprese in realtà vige una razionalità assoluta e che quindi sia possibile individuare una soluzione
ottima.
HERBERT SIMON
- Ha dedicato parte della propria vita accademica a studiare questi processi decisionali;
- È stato uno dei pochi studiosi di organizzazione di imprese a vincere il premio Nobel per l’economia del 1978.
Alcuni dei suoi libri:
• “IL COMPORTAMENTO AMMINISTRATIVO” 1947,
• “ORGANIZZAZIONI” 1958 scritto insieme a James March (importante studioso delle organizzazioni)
RAZIONALITÀ LIMITATA e SOLUZIONA SODDISFACIENTE
Il contributo di Simon è stato mettere in evidenza come all’interno delle imprese i processi decisionali non siano
guidati da una razionalità assoluta, ma siano guidati da una razionalità limitata, coperta a individuare una soluzione
che non è una soluzione ottima in assoluto, ma è la soluzione che è soddisfacente stante le condizioni.
Questo significa che non è vero che possiamo avere tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno, abbiamo delle
informazioni, ma non tutte le informazioni. Abbiamo alcune alternative, non abbiamo tutte le alternative e quindi
dobbiamo accontentarci un po’ di quello che abbiamo e la scelta finale sarà una scelta che soddisfa magari alcuni
criteri, ma non è detto che sia la scelta ottima in assoluto.
Se non possiamo definire quella soluzione come soluzione ottima in assoluto, come facciamo a scegliere una
soluzione al posto di un’altra? Come facciamo a scegliere di intraprendere una strada piuttosto che un’altra? E qui
entra in gioco l’azione politica, questo vuol dire che a quel punto dobbiamo decidere quale interesse privilegiare,
sceglie una strada, privilegerà l’interesse di qualcuno, scegliere un’altra strada, privilegerà l’interesse di qualcun altro.
E qui entra in gioco la dimensione politica dove qualcuno, all’interno dell’impressa prevarrà, e in qualche modo farà
prevalere, il proprio interesse sull’interesse degli altri.
Quindi il tema di quale interesse privilegiare è sempre un tema importante e non è vero che esiste sempre una via che
soddisfa contemporaneamente tutti gli interessi.
Con la razionalità limitata, quindi, ci si deve accontentare di una soluzione soddisfacente e che soddisfa il criterio di
privilegiare i particolari interessi.
EURISMI
Come faccio quindi poi capire, quando prendere delle decisioni, come avviene poi nel concreto, il processo
decisionale all’interno delle imprese?
Simon dice che di fatto in un contesto di razionalità limitata, spesso le decisioni vengono prese utilizzando eurismi.
EURISMI: sono delle scorciatoie mentali, ossia sono delle regole o delle procedure mentali dirette a cercare o a
trovare qualcosa che si sta cercando.
- Cercare informazioni facilmente disponibili
- Inferire che A sia la causa di B, se B segue temporalmente ad A, questa è una presunzione, non è detto che sia
realmente così, ma inizio ad usare queste scorciatoie mentali perché è più semplice fare così
- Si abbassano i livelli di aspirazione se è difficile trovare un’alternativa che li soddisfa e cambio i “criteri” che
devo utilizzare per procedere.
Come diceva un filosofo, mi trovo in una stanza buia, cosa faccio? mi muovo e cerco l’interruttore anche se non so
bene dove sia, però in qualche modo inizio ad “esplorare” il mio spazio fino a quando non riesco a trovare
l’interruttore, magari riesco ad accendere la luce.
Esempi di eurismi che utilizziamo nella vita comune.
- Uscire con l’ombrello quando è nuvolo. Differenti siti meteo davano informazioni diverse sul quale sarebbe
stata l’evoluzione del tempo. Pioggia, non pioggia e quindi a quel punto noi adottiamo una scorciatoia
mentale. È nuvolo, prendiamo l’ombrello. Non è detto che poi piova effettivamente, quindi magari l’ombrello
non ci serve.
- Gioca a tennis, colpire la palla da tennis nel punto più alto della parabola di rimbalzo
- Cercare un’informazione alternativa e dapprima, ampiamente/superficialmente e poi approfondendo l’analisi
di singole alternative interessanti
ESEMPIO MELONE
Ipotizziamo di essere al supermercato e si vuole acquistare un melone, se si dovesse usare un processo decisionale
ottimizzante (ottica di razionalità assoluta), cosa si dovrebbe fare per scegliere il melone più buono in assoluto
(raggiungimento della soluzione ottima)?
- Assaggiarli tutti
In un’ottica di razionalità limitata (usando un’eurisma)?
- Va ad occhio
- Sentire il suono
- Guardo la marca
- Profumo
- Odore
Questi eurismi consentono poi a scegliere il melone più buono in assoluto, ma non siamo sicuri che questo lo sarà
veramente, ma soddisfa il nostro criterio. Scegliere poi il criterio migliore da utilizzare è facile quando siamo soli,
mentre diventa difficile quando ci troviamo in un gruppo o di un attore collettivo e si deve quindi decidere tutti
insieme.
REGOLE DECISIONALI
• OTTIMIZZAZIONE (raramente trova un riscontro tra le imprese concrete): si valutano tutte le alternative
rilevanti per trovare la migliore. L’ottimizzazione si ispira su una razionalità assoluta (one best way), modello che
molto spesso va ad ottimizzare l’utilità attesa (la va a massimizzare).
• SODDISFAZIONE: coerente alla razionalità limitata, dove si accetta la prima alternativa trovata che soddisfa i
requisiti posti (criteri elencati per l’acquisto del melone), (ci troviamo in un’ottimizzazione sufficiente, principio
di accettabilità.
• CASUALE: ci troviamo in un contesto così incerta ed ambiguo che non si riesce a trovare un eurisma/soluzione,
si va alla prova di un’azione casuale (le decisioni devono essere prese seguendo il caso senza seguire nessun
eurisma) e si sta a vedere cosa succede. (per evitare l’effetto “asino di Buridano” – asino che di fronte a due balle
di fieno, indecisa su quale mangiare, muore di fame).
ESEMPIO SODDISFAZIONI
«Due strade divergevano in un bosco, ed io — Io presi quella meno battuta, E questo ha fatto tutta la differenza»
Robert Frost, The Road Not Taken, 1916
Frase di un libro di Robert Frost. Molto spesso in queste situazioni, le persone hanno due strade da poter prendere:
• CONFORMISMO (imitazione): faccio quello che fanno gli altri
• ANTICONFORMISTA (innovatore, originale, eccentrico)
DISTORSIONI
All’interno del nostro processo decisionale sono presenti delle distorsioni che possono rendere ancora più
problematico le decisioni.
DISTORISIONI: DEFINIZIONE DEL PROBLEMA (INTELLIGENCE)
FRAME COGNITIVI: particolari strutture mentali (punti di vista – paio di occhiali che noi utilizziamo per leggere la
realtà) che ogni persona ha.
Come dice Merton (sociologo) “ogni modo di vedere è anche un modo di non vedere”, perché noi ci focalizziamo solo
su alcuni situazioni e ne trascuriamo altri, non ci focalizziamo mai nel vedere contemporaneamente tutto quanto e
quindi questo rende parziale la conoscenza della realtà.
ESEMPIO 1 (figura gestaltiche): viso di un indiano – eschimese alle spalle
ESEMPIO 2: anziana signora- giovane donna
ESMPIO 3: quali elementi vedo prima e quali vedo dopo
DISTORSIONI: RICERCA DELLE SOLUZIONI (DESIGN)
• DISPONIBILITÀ: gli individui tendono a ricercare le informazioni che sono più vicine a loro, ossia tendono a
ricercare le informazioni semplici da trovare, più frequenti o più salienti (più familiari) da un punto di vista
cognitivo oppure da un punto di vista emotivo.
Esempio. Si dà agli incidenti stradali una importanza molto superiore a quella che in realtà hanno. Le persone
pensano che tra le cause di morte, gli incidenti stradali siano tra le cause più importanti, in realtà questo non è
vero, tendenzialmente le persone tendono a pensare questo perché i media danno grande enfasi agli incidenti,
quindi non si focalizzano su cose più “ordinarie” o cose più normali e quindi abbiamo una distorsione da
disponibilità perché viene messo in evidenza un'importanza a fatti che magari non sono così frequenti.
•
•
RAPPRESENTATIVITÀ: fa riferimento agli stereotipi (pregiudizi), ossia attribuire ad un gruppo sociale,
determinate caratteristiche.
ANCORAGGIO: stime utilizzando dei punti di riferimento.
Esempio. Quanto costa? – è diverso rispetto a dire – Costa più o meno €100? (domanda con ancoraggio, perché
poi si risponderà partendo dai €100)
DISTORSIONI: SCELTA (CHOICE)
• AUTO-CONFERMA (errore di auto-conferma): tendenza di cercare casi confermativi (andare a cercare casi che
confermino la mia idea), questo porta a sottostimare che delle situazioni possano accadere. (es. covid). In questo
caso si dovrebbe andare a cercare gli elementi che falsificano della propria idea.
• INFERENZA BASATA SULL’ESPERIENZA: osservare dei fatti e da questi ne traggo dei principi di carattere
generale e adotto un approccio induttivo.
• ERRORE DI ATTRIBUZIONE: causa una perdita di vista delle cause reali, le persone tendono ad attribuire i
propri successi a fattori interni (capacità) e tende ad attribuire ai propri insuccessi i fattori esterni (sfortuna).
Quando, invece si giudicano gli altri, si tende ad attribuire i successi altrui ai fattori esterni (fortuna) e tende ad
attribuire gli insuccessi altrui ai fattori interni (colpa sua). Questo porta alla perdita di vista di quali sono le cause
reali del problema (successi e insuccessi).
ESEMPIO TACCHINO: INFERENZA BASATA SULL’ESPERIENZA
Un tacchino, in un allevamento statunitense, decise di formarsi una visione del mondo scientificamente fondata.
«Fin dal primo giorno questo tacchino osservò che, nell'allevamento dove era stato portato, gli veniva dato il cibo alle
9 del mattino. E da buon induttivista non fu precipitoso nel trarre conclusioni dalle sue osservazioni e ne eseguì altre
in una vasta gamma di circostanze: di mercoledì e di giovedì, nei giorni caldi e nei giorni freddi, sia che piovesse sia
che splendesse il sole. Così arricchiva ogni giorno il suo elenco di una proposizione osservativa in condizioni più
disparate. Finché la sua coscienza induttivista non fu soddisfatta ed elaborò un'inferenza induttiva come questa: "Mi
danno il cibo alle 9 del mattino"
Questa concezione si rivelò incontestabilmente falsa alla Vigilia di Natale, quando, invece di venir nutrito, fu
sgozzato.
Quindi ha osservato per 364 giorni all’anno, il fatto che gli venisse dato il cibo alle 9 del mattino ma è bastato un
cambiamento di un solo giorno per poter vedere una situazione totalmente diversa e quindi a falsificare quella che era
la sua ipotesi, quindi questo mette in evidenza che la problematicità è nel fare inferenze partendo dall'osservazione
della realtà. Dobbiamo avere dei modelli più sofisticati, non bastano tanti casi confermati per poter dire che
effettivamente quella è la realtà o la situazione. Questa era la trappola dell'apprendimento, legata all'inferenza dalla
propria esperienza.
PROCESSO DECIONALE: DIMENSIONE POLITICA
Il processo decisionale, reso ancora più complesso dal fatto che la maggior parte delle situazioni in cui si trovano le
imprese sono situazioni incerte e molto spesso c'è dissenso sulle scelte da intraprendere, in un contesto di questo tipo
entra in gioco la dimensione politica (imprese sono anche delle arene politiche, in cui la dimensione politica riveste un
ruolo importante).
COALIZIONI E GIOCHI POLITICI
• LE COALIZIONI: secondo Cyert e March (autori del libro “a behavioral theory of the frim”), nelle
organizzazioni/imprese si formano delle coalizioni in competizione l'una con l'altra, quindi una coalizione è un
gruppo di persone pensa che la strada migliore sia A, un'altra coalizione per esempio pensa che la strada migliore
sia B, un'altra C e così via. Alla fine, c'è un confronto scontro tra queste coalizioni e soltanto una coalizione
prevarrà sull'altra e si trasformerà in coalizione dominante, nel fare questo ovviamente entra in gioco quindi la
politica.
•
GIOCHI POLITICI: il concetto di gioco politico è stato sviluppato da Jeffrey Pfeffer, autore del libro “Power in
Organization” del 1981. Una citazione del suo libro che è la definizione di giochi politici (pag. 261).
Pfeffer definisce giochi politici organizzativi:
“quelle attività intraprese all'interno delle organizzazioni per acquisire, sviluppare e utilizzare il potere ed altre
risorse per ottenere i risultati desiderati in una situazione nella quale si ha incertezza o dissenso sulle scelte”.
I risultati desiderati saranno diversi da coalizione a coalizione quindi non è chiaro quali siano questi risultati
desiderati, ci sono sempre in gioco interessi diversi quando andiamo a considerare i processi decisionali.
COALIZIONI E GIOCHI POLITICI
Possiamo considerare un grafico:
• ASSE ORIZZONTALE: possiamo considerare l'orientamento cooperativo/non cooperativo delle persone.
• ASSE VERTICALE: l'interesse a soddisfare i propri bisogni, questo interesse può essere:
- ASSERTIVO: ossia molto forte/energico – voglio proprio soddisfare il mio bisogno.
- PASSIVO: nel senso che non ci metto forza ed energia nel cercare di soddisfare il mio determinato bisogno.
Incrociando questi due assi possiamo avere 5 situazioni/casi:
1. Se voglio adottare un approccio cooperativo e il mio bisogno è relativamente poco importante, scelgo di
soddisfare il bisogno dell'altro a quel punto cedo e seguo “il processo” dell'altro, quindi mi adatto al punto di
vista dell'altra persona.
2. Se invece il mio bisogno non è così importante, non voglio metterci energia ma al tempo stesso voglio
adottare un approccio non cooperativo, a quel punto evito il confronto con l'altro e quindi le due coalizioni
rimangono “una situazione di stallo”.
3. C'è competizione, l'orientamento rimane non competitivo però in questo caso magari due persone, due
collezioni sono molto energiche nel cercare di soddisfare i propri bisogni ai propri interessi, quindi abbiamo
una competizione.
4. Forza ed energia nel soddisfare i bisogni ma al tempo stesso ottica cooperativa e quindi cercherò di
collaborare con gli altri.
5. Giungere ad un compromesso.
Questi 5 casi diversi mettono in evidenza come queste coalizioni e questi giochi politici possano funzionare all'interno
delle imprese.
ESEMPIO: GENERALI
In Italia esiste un'importante compagnia di assicurazioni che
si chiama Generali, una delle più importanti compagnie
assicurative italiane ma anche europee. In questo momento
c'è uno scontro tra due diverse coalizioni all'interno di questa
assicurazione.
Titolo tratto da un articolo del sole ventiquattrore. Trieste
perché è la sede centrale e storica del gruppo.
Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone
sfidano Mediobanca (banca azionista di Generali) e il board
della compagnia (ossia il consiglio di amministrazione) per il
controllo del colosso assicurativo e la scelta del prossimo
amministratore delegato, la prossima primavera del 2022 ci
sarà l'elezione di un nuovo consiglio di amministrazione. C'è un conflitto tra gli azionisti da una parte, Leonardo Del
Vecchio che è il principale azionista di Luxottica (un importante azienda che opera nel campo degli occhiali), uno dei
principali player a livello globale Francesco Gaetano Caltagirone (un altro imprenditore italiano), dall'altra
Mediobanca e quindi queste due collezioni si scontrano per decidere le sorti e il futuro di questa grande compagnia di
assicurazione.
Vedremo come la situazione evolverà nel corso del tempo, però ovviamente anche se le elezioni del nuovo consiglio
di amministrazione saranno soltanto la prossima primavera, in qualche modo questi attori si stanno già muovendo per
cercare di influenzare l'esito, quindi ognuno sta cercando in qualche modo di rafforzare la propria coalizione, a scapito
di quella dell'altra della coalizione concorrente.
ESEMPIO DI APPLE
Apple viene creata e fondata la fine degli anni 70, intorno al 1976, da Steve Jobs (definito il
visionario) e Steve Woznjak (definito il genio tecnologico).
Il primo prodotto che mettono sul mercato è una scheda madre, il cosiddetto Apple 1. Siamo proprio
alla fine degli anni 70 quando inizia a nascere il personal computer.
A Bosnia a Steve Jobs poi si aggiunge successivamente e Markkula che era il businessman, si
occupava dell'aspetto più gestionale, manageriale della gestione delle aziende, quindi loro
sono le tre figure chiave che caratterizzano la storia della Apple all'inizio della sua
evoluzione.
Poi viene lanciato successivamente nel 1977 l'Apple due e divento
uno i primi grandi prodotti di successo della Apple computer.
Le prime immagini delle pubblicità sui giornali, quindi l'azienda
deve farsi conoscere, l'azienda si chiamava Apple computer, il
simbolo era una mela sempre col morso ma in questo caso
colorata.
Introducing Apple 2. Inizia un processo di sviluppo per l'azienda e il computer inizia
a diventare un prodotto diverso perchè entra anche nelle case (nella metà degli anni
70 soltanto le grandi imprese avevano dei computer molto grandi che si chiamavano
Main Frame ma nelle case non c'erano i computer), con la un'invenzione del personal
computer, quindi un computer di dimensioni ridotte e questa pubblicità mette in
evidenza questa possibilità.
L'azienda continua a crescere/svilupparsi fino a quando il
12 dicembre del 1980 viene quotata in borsa e quindi
diventa pubblica, ossia viene quotata in borsa e questo
rappresenta un momento importante nella storia
nell'evoluzione di Apple. Il valore della Apple nel 1977,
quindi appena fondata, era di 5.309 $. Il valore nel 1980
quando viene quotato in borsa di New York e di 1.79
milioni di dollari.
Steve Jobs viene celebrato sulle copertine dei magazine più
importanti del tempo, la copertina del 1981, una copertina del
settimanale time del 1982 e quindi c'è la costruzione di una
doppia immagine: l'immagine del leader visionario e
l'immagine di un'impresa di successo che vende dei prodotti di
successo.
Avvengono alcuni cambiamenti:
- Michael Scott, diventa l'amministratore delegato dell'azienda tra il
1977 al 1981
- Mike Markkula sostituisce Michael Scott come AD
- Nel 1983 Steve Jobs diventa presidente
Iniziano anche ad emergere dei primi problemi, nel 1982 il valore delle azioni della Apple calano del 6.2% (in un
contesto di espansione del mercato dei personal computer) e l'azienda ha bisogno di un nuovo amministratore
delegato, una persona che sia in grado di gestire questa nuova fase di sviluppo dell'azienda e quindi Apple inizia a
pensare che abbia bisogno sostanzialmente di una persona che sappia qualcosa del marketing e che sappia qualcosa
della pubblicità ma al tempo stesso che sia anche in grado di gestire bene i rapporti con gli investitori finanziari. Il
momento in cui un'azienda si quota in borsa si espone anche in qualche modo al controllo degli investitori finanziari e
quindi è necessario una figura che sia in grado di minacciare, di gestire gli aspetti legati al marketing e quindi la
vendita del prodotto, ma al tempo stesso che sappia anche gestire gli investitori finanziari.
Parte la ricerca di questo nuovo amministratore delegato e la scelta cade su John
Scuelly che diventa amministratore delegato l'8 Aprile del 1983. James Kelly era,
fino a quel momento, amministratore delegato della Pepsi, l'azienda che produce
ancora la pepsi cola e quindi sembra che Steve Jobs per convincere Scuelly a
diventare un nuovo amministratore delegato gli abbia detto: “vuoi passare il resto
della tua vita vendendo acqua zuccherata o vuoi avere l'occasione di cambiare il
mondo?”, il passaggio pertanto tra un bene di largo consumo, la pepsi cola, ad un
contesto tecnologico molto diverso come quello della Apple, tra l'altro il tempo
John Scully era molto famoso, era considerato il mago del marketing perché
aveva creato una campagna pubblicitaria la cosiddetta pepsi Challenge che aveva
preso per pepsicola la leader nel mercato delle Cole negli Stati Uniti ed è riuscito
in qualche modo a sconfiggere la concorrenza della Coca Cola e quindi era
considerato il mago del male.
Apple computer pensa che e per poter vendere i propri prodotti abbia bisogno di
un mago del mondo e quindi sceglie appunto per questo motivo John Scuelly.
La situazione però continua a peggiorare per Apple nell'ottobre del 1983, per esempio la rivista
“businessWeek” dice “personal computer and the winner is IBM”. IBM riesce a diventare il
leader di mercato, con una proposta di vendita di computer compatibili tra di loro e quindi in
qualche modo la crisi di Apple non migliora la situazione e tra Steve Jobs da una parte e John
Scully dall'altra, finisce per così dire la luna di miele e quindi iniziano ad emergere delle prime
frizioni dei primi conflitti.
Il conflitto più grande riguarda il lancio del Macintosh che avviene il 24 gennaio
1984, su questo prodotto su cui Steve Jobs aveva puntato molto perché era il
responsabile. Nell'ottica di Steve Jobs il Macintosh, doveva essere un prodotto per
tutti quanti, quindi doveva essere un prodotto ha un costo relativamente basso,
mentre per Scuelly questo non era sostenibile e quindi per esempio Jobs proponeva
di vendere il prodotto a 1.995 $ (nel tempo che è una cifra alta per noi oggi ma ai
tempi personal computer erano molto più costosi, quindi era un prezzo
relativamente basso) mentre Scuelly dice: “no dobbiamo aggiungere a questo prezzo 500 $ in più”, quindi rendere il
prodotto effettivamente molto più costoso. Alla fine, prevalse il punto di vista di John Scuelly e quindi sul prezzo
Steve Jobs perse questa sua battaglia. Il Macintosh venne comunque lanciato con uno spot molto famoso.
Grande campagna pubblicitaria grande attenzione ma il prodotto non vende in realtà come avrebbe dovuto e quindi il
prezzo effettivamente era un prezzo troppo elevato e in ogni caso il Macintosh diventa un prodotto di poco successo.
I conflitti tra Steve Jobs e John Scuelly diventano sempre più forti, ovviamente con una situazione anche difficile da
un punto di vista economico finanziario questo rende tutto più complesso.
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Nel 1985 i manager dell'azienda chiedono a Scuelly di contenere Jobs, perché Jobs vuole comunque continuare ad
investire nel Macintosh, pensa che il merito sia effettivamente il prodotto del futuro. Mentre da altri manager
pensano che sia necessario continuare ad investire nella Apple 2.
Il 10 Aprile del 1985 inizia la discussione al consiglio di amministrazione sull’estromissione di Jobs
dall'operatività dell'azienda.
Il 24 maggio del 1985 si ha uno scontro tra Jobs e Scuelly alla riunione dell'executive staff meeting (comitato).
Questo comitato esclude Jobs dalla divisione Macintosh (toglie ogni delega operativa).
Il 30 maggio del 1985 Scuelly presenta il piano di riorganizzazione della Apple e a Jobs fu assegnata la posizione
di presidente, ma che era soltanto una carica onorifica perché non c'era nessun ruolo specifico per Steve Jobs e
quindi Jobs alla fine poi decise di lasciare la Apple computer.
Quindi questa scena del film “Jobs” mette proprio in evidenza dall'unione del comitato esecutivo che vota
l'esclusione di Jobs dall'azienda.
Quindi abbiamo Steve Jobs che vuol continuare ad investire sullo sviluppo del Macintosh, abbassare il prezzo
perché ritiene che l’insuccesso del prodotto derivi dal fatto che sia troppo costoso, dall'altra abbiamo John Scuelly
che dice che bisogna bloccare il Macintosh e investire tutte le risorse sull’Apple 2.
Scuelly dice anche che molti tecnici ingegneri stato lasciando la Apple e stanno andando nelle case concorrenti.
Wall Street (la borsa) si sta chiedendo chi sia effettivamente il capo dell'azienda e pone il comitato esecutivo di
fronte un'alternativa o rimango io (Scuelly) o rimane Steve Jobs, e il comitato esecutivo per alzata di mano vota
per esclusione Jobs. Nel 1985 Jobs lascia l'azienda. (caso 3)
C'è una forte competizione l'approccio tra i due, l'orientamento non cooperativo. Tutti e
due sono molto assertivi quindi ci mettono molta forza/energia nel supportare la propria
idea.
Invece oggi l’informatica è un prodotto di largo consumo e successo attuale della Apple, quindi l'informatica è
diventata quella che aveva in mente Steve Jobs, il fatto che probabilmente Steve Jobs da visionario aveva un'idea che
ha anche anticipato molto i tempi.
Due copertine che raccontano un po’ la crisi della Apple. Dall’uscita di Steve Jobs
fino a quando poi ritornerà nel 1997. In realtà, la Apple avrà, dopo l'uscita di
Steve Jobs, avuto ancora qualche anno di relativo successo probabilmente fino
alla fine degli anni 80 primi anni 90, e poi entra in una grave crisi e giunge
sull'orlo della bancarotta fino a quando poi Steve Jobs non viene richiamato a
ricoprire il ruolo, non solo di presidente ma anche di amministratore delegato
dell'azienda e quindi è il fattore del rilancio della Apple e di fatto dell'azienda che
oggi in realtà molti di noi conoscono.
COALIZIONE DOMINANTE: controlla le fasi del processo decisionale e quindi decide quali sono i criteri necessari
da seguire nell’individuare una strada, una scelta piuttosto che un'altra.
INTERESSI DIVERGENTI: è un problema che riguarda
tutti i livelli dell'impresa tutti i livelli gerarchici. In questo
tema, tutte le persone hanno degli interessi e può capitare
che questi interessi siano divergenti. Tema importante è
come in realtà far confluire questi diversi e differenti
interessi in un'unica direzione e questa diversità di interessi
che abbiamo all'interno delle imprese, come fanno a fare in
modo che si passi da una situazione con interessi divergenti, verso una situazione in cui invece c'è un certo grado di
uniformità di interessi o per meglio dire di convergenza verso l'obiettivo?
CONTROLLO MANAGERIALE: la dimensione organizzativa si fonda su un lavoro che è finalizzato e coordinare
questo lavoro, finalizzato e coordinato, molto spesso anche controllato. Il meccanismo che poi viene utilizzato per
realizzare questo coordinamento è quello di esercitare il cosiddetto controllo manageriale. L'obiettivo del controllo è
proprio quello di allineare diversi interessi verso il raggiungimento comune di un obiettivo dell'impresa e delle
organizzazioni e quindi fare in modo che ogni ognuno non vada per la propria strada.
CONTROLLO MANAGERIALE il controllo può riguardare:
- Le azioni o i comportamenti delle persone (timbratura del
cartellino, controllo sul comportamento)
- Output, i risultati (controllo dei risultati, non mi interessa a
che ora inizi o finisci)
- Le singole persone
- Unità organizzative (dei reparti dei dipartimenti)
- Divisioni (nell'esempio di prima della Apple c'era un
confronto tra la divisione Macintosh di Jobs e la divisione Apple due).
TEORIE SUL CONTROLLO MANAGERIALE
SISTEMI CIBERNETICI DI CONTROLLO
CIBERNETICO: il termine cibernetico deriva da cibernetica, a sua volta dall'inglese cybernetics, che deriva a sua
volta dal greco kybernetes, che significa letteralmente timoniere (pilota di una nave, quello che guida e governa una
città/uno stato). Il sistema cibernetico di controllo favorisce la guida di qualcosa, nel nostro contesto specifico, le
imprese.
COME FUNZIONA: funziona come un termostato, sostanzialmente il
termostato raggiunta la temperatura prefissata, si spegne e si riaccende
quando la temperatura si abbassa.
Questo è un principio che si applica anche nelle imprese che usano i
sistemi cibernetici di controllo, ossia se noi consideriamo un processo
in cui entrano degli elementi abbiamo poi il processo di trasformazione,
quindi abbiamo determinate azioni/comportamenti, abbiamo un lavoro
dove viene prodotto un determinato output e cosa avviene questo output
viene misurato rispetto all'obiettivo? Si avrà un feedback positivo. Se
invece l’output alla fine è inferiore rispetto all'obiettivo, allora ci sarà un feedback negativo. In questo caso ci potrebbe
essere stato uno scostamento dell'obiettivo oppure ci può essere un feedback molto positivo nel caso in cui l’output sia
molto superiore all'obiettivo. Però qualsiasi scostamento deve essere poi capito e compreso perché anche uno
spostamento molto positivo può creare dei problemi, non è detto che sia sempre corretto.
Per esempio, al caso della televisione, dove i principali operatori televisivi italiani, sia la Rai che Mediaset, abbiano tre
canali televisivi. Caso di Mediaset, caso in cui Rete quattro abbia più ascolti di Canale 5, è un problema. Stesso
discorso per la Rai nel caso in cui Rai Tre abbia molti più ascolti di Rai Uno è un problema, perché gli spot
pubblicitari venduti su Rai Uno e Canale 5, sono vendute con un prezzo più elevato, mentre sono vendute ad un
prezzo più basso ovviamente su rete quattro e Rai Tre. Se sei progetti a cui ho venduto gli spot pubblicitari quelli con
il prezzo più basso hanno più successo rispetto a quella che è la rete con gli spot pubblicitari più costosi. Questo per
l'azienda è un problema quindi qualsiasi scostamento può diventare un elemento problematico, sia in senso positivo
che in senso negativo. Questi feedback possono poi incidere sull’azione dei comportamenti perché sappiamo che uno
scostamento bisogna capirlo perché bisogna modificare l'azione o bisogna modificare il comportamento.
Rappresenta il funzionamento del sistema delle imprese. Declina quel
principio rispetto a differenti livelli dell'impressa. Quindi il controllo
può essere un controllo che riguarda gli individui, le persone ma che
riguarda anche di diverse e differenti unità o organizzative.
LA TEORIA DELL’AGENZIA
TEORIA DELL’AGENZIA: quando le dimensioni
dell’impressa aumentano o in caso di un cambiamento, i
proprietari (fondatori) decidono di affidare la gestione
dell'impressa a dei manager, quindi, è necessario
“realizzare” quella che viene definita la separazione tra
la proprietà da una parte e il controllo dell'altro.
Bisogna quindi affidare la gestione operativa
dell’impressa a dei manager.
PROBLEMA DELL’AGENZIA: Esiste un problema nell'interazione tra i proprietari (teoria dell’agenzia vede come
principali e mandati) e i manager (agenti):
• Gli obiettivi dei proprietari e dei manager non è detto che siano allineati perché magari l'obiettivo del proprietario
è quello di massimizzare il profitto (ritorno del capitale che ha investito). Mentre per i manager, l'obiettivo è far
crescere l'azienda, farla sviluppare.
• Al fine di allineare l'obiettivo dei proprietari e l'obiettivo dei manager, bisogna cercare di individuare una forma
che cerchi di allineare questi possibili obiettivi in conflitto e quindi esistono dei costi di controllo/monitoraggio.
Il problema è che il manager avendo la gestione operativa dell’impressa, ha anche il controllo dei dati delle
informazioni, quindi, ha molte più informazioni sull'andamento dell'impresa di quanto non ne abbia il proprietario,
e quindi un altro punto importante è anche questo, che rende la situazione abbastanza complessa.
INCENTIVI: Si deve essere in grado di allineare gli obiettivi del principale e della gente al minor costo possibile in
termini di incentivi e costi di raccolta delle informazioni e quindi determinare la retribuzione del manager ancorandola
ai fitti raggiunti, ai dividenti distribuiti. Però questo sistema di incentivazione può essere anche molto costoso e quindi
diventa anche problematico, inoltre l'altro aspetto importante è che gli incentivi dipendono dal rischio (perché il
manager dice “a quel punto io mi assumo il rischio che dovrebbe essere in capo di fatto al capitale, alla proprietà, e
quindi devo essere remunerato per questo rischio che io mi assumo”) ed è per questo che il tema degli incentivi poi
può generare effettivamente altri effetti distorsivi.
ESEMPIO RENAULT
Renault, il colpo di mano. Licenziato l’amministratore delegano Thierry Bollorè
Un conflitto tra il proprietario e l’agente non è stato risolto e quindi l'amministratore delegato poi è stato licenziato,
questo è accaduto nell'ottobre del 2019 e Renault (nota azienda automobilistica francese) decide di licenziare
l'amministratore delegato.
ESEMPIO LUXOTTICA
In Italia nel 2014 Luxottica
(un'importante azienda nel settore
degli occhiali a livello globale, che si
è recentemente fusa con l'Exilor che
realizza le lenti, uno dei principali
attori nel campo degli occhiali).
Nel 2014 l'amministratore delegato
lascia Guerra con 45 milioni di buona
uscita (il tema degli incentivi, se la
remunerazione è legata alle
prestazioni, se i manager si assume il
rischio e quindi diventa molto
costoso per le azienda gestire tutto
questo).
Le ragioni che hanno portato
all'uscita di questo amministratore
delegato dell'azienda.
IL MERCATO E LA GERARCHIA
• GERARCHIA: è divisa in livelli in cui l'elemento centrale è un potere fondato sull’autorità (fonte principale di
potere all'interno delle imprese. Elemento importante anche della burocrazia)
• MERCATO: confrontato con la gerarchia da Oliver Williamson, premio Nobel, come Simon, nel 2009 il quale nel
1975 pubblica un libro intitolato “Markets and Hierarchies” in cui proprio fa un confronto tra il mercato come
meccanismo di gestione delle attività economiche e la gerarchia.
Secondo Williamson;
• MERCATO: il mercato è un mercato proprio dell’economia neo-classica, questa funziona bene quando c'è
concorrenza e al suo interno il meccanismo di regolazione primaria più importante è il prezzo (consente di
sintetizzare tutte le informazioni che le persone hanno bisogno per prendere una decisione di acquisto e di
vendita).
• GERARCHIA: è uno degli elementi della burocrazia disegnata da Max Weber (sociologo tedesco della fine
dell’800 e primi 900 che propone per primo il concetto di burocrazia, sulla base del quale si costruisce la base
delle imprese/organizzazioni). Gli elementi importanti della gerarchia sono l’autorità e le regole/procedure.
Williamson confronta il mercato e la gerarchia focalizzandosi primariamente sul tema dell’organizzazione, della
gestione, del governo inteso come coordinamento e controllo, delle transazioni o scambi di beni e servizi.
MERCATO
Si basa:
- Il prezzo deve essere il meccanismo di regolazione principale, ossia i prezzi trasmettono tutte le informazioni
necessarie per un processo decisionale efficiente (criterio base di funzionamento del mercato)
Ci deve essere:
- Concorrenza
- Legame chiaro tra performance e profitto (devo avere molto chiaro che ad una data prestazione, magari di una
persona o di un dipartimento o di una prestazione, deve essere molto chiaro il legame tra questa prestazione e
il profitto). Da questo punto di vista non ci devono essere ambiguità e incertezze.
Devono esistere però:
- Delle NORME DI RECIPROCITÀ: una norma di reciprocità assicura che qualora una parte in una transazione
di mercato o in qualsiasi relazione tenda di imbrogliare un'altra, l'imbroglione, se scoperto, sarà punito da tutti
i membri del sistema sociale, non solo dalla vittima e da suoi partner. Esiste un contesto sociale che punisce
l'opportunismo, i comportamenti scorretti (nel momento in cui io entro in una relazione sono sicuro che nel
caso in cui la mia controparte sia in realtà un imbroglione alla fine io sia anche tutelato dal mio contesto
sociale non solo io solo a dover interfacciarmi con l'imbroglione).
Applicato all’impresa:
L'impresa può semplicemente ricompensare ciascun dipendente in proporzione diretta il suo contributo, in modo che
un dipendente che produce poco sia pagato poco, e tutti i pagamenti, essendo esattamente proporzionati al contributo,
siano equi all'interno dell'impressa.
Ciò significa anche che se un dipendente da questo punto di vista è un imbroglione gli altri lo faranno presente, questo
funziona se solo se si è in grado di porre in relazione il contributo del dipendente con il risultato (profitto).
È facile riconoscere questo legame, soprattutto quando si parla si agenti di commercio che vengono pagati a
provvigione, ossia paganti in base ad una percentuale sui ricavi che generano nel mese o nell'arco temporale di
riferimento.
Mentre diventa difficile individuare questo legame quando per esempio si parla di chi gestisce l'ufficio legale.
GERARCHIA (sul fronte del coordinamento e del controllo)
Si basa:
- Regole (procedure)
Ci deve essere:
- NORMA DI RECIPROCITÀ: in cambio di una retribuzione, un dipendente cede autonomia in determinate
aree ai suoi superiori organizzativi consentendo loro di dirigere le sue attività lavorative e di controllarne le
prestazioni. (lo scambio diventa: io divento tuo dipendente, tu mi paghi un fisso ogni mese, retribuzione o
salario, per contro io ti cedo parte della mia autonomia/indipendenza. Quindi tu all'interno di una determinata
area puoi prendere le decisioni e quindi io seguirò quelle decisioni e potrai controllarmi e quindi io legittimo
l'autorità all'interno dell'impresa. Accetto di ricevere ordini, sei tu che mi dici quale attività devo svolgere e
come devo svolgere quell'attività)
- Questa funzione se c'è un grado di stabilità (devo definire a priori le regole le procedure e quindi devo
disegnare le attività e dirti cosa fare come farlo, devo avviare un controllo che da questo punto di vista diventa
un controllo tipo quello del sistema cibernetico. Quindi c'è un risultato, confronto per risultato, magari con
uno standard/parametro ti do un feedback, in base a quel feedback correggi il tuo comportamento e così via)
Il controllo burocratico è possibile solo se i membri dell’impresa accettano l'idea che chi occupa posizioni o cariche
superiori nella gerarchia hanno il diritto del diritto legittimo di comandare e controllare o monitorare le persone che
occupano posizioni e cariche inferiori, entro un certo intervallo che tecnicamente viene chiamata zona di indifferenza
o zona di accettazione.
ZONA DI INDIFFERENZA E ZONA DI ACCETTAZIONE
Queste due zone sono i prerequisiti perché l’autorità possa essere esercitata all’interno
dell’impresa.
Il problema è che tutto questo funziona quando abbiamo un contesto relativamente stabile.
Cosa succede quando ci troviamo in un contesto che diventa “turbolento” (che cambia rapidamente, abbiamo tante
variabili)? In questo caso, né il mercato, né la gerarchia funzionano bene per coordinare e controllare le attività delle
persone all’interno dell’impresa, quindi bisogna individuare un nuovo meccanismo che va ad aggiungersi/sostituirsi
agli altri due. Qui interviene William Ouchi (autore americano-giapponese).
WILLIAM OUCHI
Si focalizza sul confronto e la gerarchia, ma aggiunge un terzo meccanismo, il clan.
CLAN
Funziona bene in condizioni:
- Incerte, ambigue e instabili: situazioni difficilmente sistematizzabile.
Si basa:
- Su un accordo sociale su una vasta gamma di valore e credenze. Un gruppo di individui, ad un certo punto
condivide determinati valori e credenze.
Il meccanismo di regolazione del clan è la tradizione, la cultura organizzativa.
Poiché il clan manca dell'esplicito meccanismo dei prezzi del mercato e delle regole esplicite della burocrazia, fa
affidamento per il suo controllo su un profondo livello di accordo comune tra i membri su ciò che costituisce un
comportamento corretto e richiede un alto livello di impegno da parte di ogni individuo a quei comportamenti
socialmente prescritti. (c'è una condivisione su cosa è giusto e su cosa è sbagliato all'interno dell'organizzazione e
quindi tutti gli individui condividono questo, si convertano seguendo queste regole implicite/non scritte. Quindi
elemento importante del coordinamento tramite clan che ovviamente abbiamo, uno coordinamento non visibile
direttamente perché il prezzo è qualcosa di esplicito, le regole le procedure sono visibili e scritte molto spesso, i valori
e le credenze su cui si fonda il coordinamento tramite clan no e se come gruppo condividiamo una certa visione ci
comportiamo per raggiungere quella visione, per mettere in atto quella determinata visione). Chiaramente un clan è
più esigente di un mercato di una burocrazia in termini di accordi sociali che sono prerequisiti per il suo buon
funzionamento (molto spesso ci vuole tempo per costruire un coordinamento fatto in questo modo).
Quindi dove fallisce il mercato o la gerarchia, può subentrare il clan.
I TRE TIPI DI MECCANISMI DI CONTROLLO E COORDINAMENTO
QUANDO QUESTI MECCANISMI FUNZIONANO?
CONFLITTO ORGANIZZATIVO E LA SUA GESTIONE
Tra questi meccanismi possono esserci dei conflitti. Due autori americani che si sono occupati del
conflitto organizzativo e di come gestirlo furono: Daniel Katz e Robert Kahn
È emerso che esiste una relazione curvilinea tra il livello
di conflitto che ho in un’impresa e il performance finale.
Livello di performance alto, quando ho un livello di
conflitto medio: all’interno dell’impresa è una situazione
negativa non avere conflitto che avere troppo conflitto.
- ZONA 1: conflitto troppo basso che deve essere
stimolato. Non generano quella tensione che consente
all’impresa di funzionare, di gestire bene il proprio
contesto di riferimento.
- ZONA 2: conflitto ottimale.
- ZONA 3: conflitto troppo elevato e deve essere
ridotto. Sono distratte ogn’una nel conseguimento del proprio obiettivo.
L’obiettivo è quindi mantenere un giusto livello di conflitto.
Consideriamo come parametro di riferimento il conflitto tra unità organizzative (sono degli
uffici/reparti/dipartimento).
FONTI DEL CONFLITTO TRA LE UNITÀ:
I conflitti possono derivare dal contesto di riferimento:
- Ambiente organizzativo
- Strategia
- Tecnologia
- Struttura sociale: struttura organizzativa, da come è stata
disegnata
- Cultura: valori e credenze
- Struttura fisica: spazi fisici
Fonti locali (dentro l’unità organizzativa):
- Caratteristiche del gruppo: caratteristiche delle persone
- Incompatibilità dell’obiettivo: conflitto tra obiettivi
- Interdipendenza nei compiti tra varie unità organizzative: quando l’output diventa l’input dell’altra
- Criteri di rendimento e di ricompensa: l’azienda non sta seguendo un criterio di giustizia organizzativa
- Uso di risorse comuni: conflitto tra chi deve utilizzare quella risorsa
- Incongruenza dello status: alcune funzioni/aree aziendali che sono più prestigiose delle aree
- Ambiguità giurisdizionale: situazione in cui l’autorità non è ben definita, non è chiaro chi debba fare che cosa
- Differenze individuali: conflitti interpersonali (carattere, identità delle persone)
Indizi di conflitto (ciò che utilizziamo per capire qual è il livello del conflitto):
- Ostilità aperta: conflitto vero e proprio
- Sfiducia/mancanza di rispetto (meno visibile)
- Alterazioni delle informazioni: alcune unità organizzative non forniscono delle informazioni che dovrebbero
fornire (viene minacciato il processo di programmazione e controllo)
- Retorica “noi-loro”: noi: di un reparto – loro: un altro reparto (conflitto tra gruppi)
- Mancanza di cooperazione
- Assenza di interazione
Ciò che le imprese di solito fanno è partire dagli indizi visibili o invisibili che vanno controllati/monitorati, poi cerco
se ci sono delle condizioni locali che portano a questo conflitto e se questa causa è più generale.
LATO OSCURO DEL POTERE: LE TEORIE CRITICHE E POSTMODERNE
Teorie/modelli che vedono molto negativamente il potere e si focalizzano su tutto ciò che nelle organizzazioni non va
e che diventa fonte dello sfruttamento delle persone.
Il potere sotto questo punto di vista viene visto come:
• DOMINIO: esiste all’interno della società un gruppo di persone dominante (minoranza), e un gruppo di persone
dominate (maggioranza – lavoratori). Focalizzano l’attenzione sullo sfruttamento.
• SFRUTTAMENTO: tutti i meccanismi di coordinamento e controllo, genera una situazione di sfruttamento nei
confronti delle persone.
• LA VOCE DEL PADRONE: le persone vedono il discorso, il linguaggio come la voce del padrone (di chi detiene
le redini di questo dominio).
• COMUNICAZIONE DISTORTA: quindi molto spesso la comunicazione è distorta nei confronti della classe
dominante (agiscono per mantenere una situazione stabile, per mantenere i privilegi di una classe a scapito di tutti
gli altri).
CONFLITTO STRUTTURALE
Tra i teorici quindi si ha un conflitto strutturale, dal cui è difficile uscire (non è gestibile, a differenza a quanto visto in
precedenza).
Conflitto tra:
- CLASSE DOMINANTE: ai vertici della piramide della società
- CLASSE DOMINATA/SUBALTERNA
Questo rapporto è determinato da particolari strutture/relazioni di potere che sono continuamente
legittimate, controllate, mantenute in vita.
Da questo punto di vista, gli strumenti modernisti sono i dispositivi di dominazione e controllo
(valenza negativa, legato alla dominazione. Quindi i sistemi cibernetici, la teoria dell’agenzia, il
controllo burocratico, il mercato, il clan, sono visti da questi autori, come qualcosa di negativo/come
dispositivi di dominazione e controllo) dei lavoratori.
IL CONFLITTO STRUTTURALE DA COSA DIPENDE?
Pensando ad un’impresa di successo, crea del valore. Ma come suddivido il valore tra i differenti attori/soggetti che
dovrebbero avere diritto ad una porzione?
Per gli autori questo diventa un problema, perché c’è un conflitto strutturale tra chi sta al vertice e chi sta alla base
della piramide.
Una serie di studi ha messo in evidenza, in cui il tema importante non è il livello di reddito assoluto, ma quello
relativo. Una persona è soddisfatta con il confronto del suo reddito con quello degli altri.
In alcune zone è stato messo in evidenza che molte persone erano scontente perché magari in un anno avevano un
reddito da 1M di dollari (cifra elevata), però in un contesto in cui tutti guadagnano 20M di dollari, questa persona si
sentiva “povera”. Questa era la sua percezione e questo può influenzare il comportamento e quindi anche la
soddisfazione.
Dal punto di vista delle teorie post-moderne. Mettono in evidenze la forte differenza tra la distribuzione della
ricchezza degli amministratori delegati e dei dipendenti, se questo si incrocia con la perdita di stabilità del lavoro, con
la precarizzazione, la flessibilazzione, ci troviamo in una situazione in cui molti soggetti/attori si trovano in una
situazione di sofferenze e su cui le imprese hanno una parte di responsabilità.
Però dal punto di vista delle teorie moderne e dalla teoria dell’agenzia, questo non è un problema, questi incentivi
vengono dati per risolvere il problema dell’agenzia, ossia per allineare l’obiettivo dell’amministratore delegato e dei
dipendenti.
IL POTERE DAL PUNTO DI VISTA DELLE TEORIE POST-MODERNE (punto di vista negativo)
Un autore che ha analizzato il potere da questa angolatura è:
STEVEN (sociologo inglese): ha messo in evidenza come il potere possa essere caratterizzato da tre
diverse dimensioni.
- Il potere riguarda la possibilità di partecipare ai processi decisionali: contribuire al processo di
formazione delle decisioni (capire chi può partecipare a questo processo e come lo guida).
- Il potere riguarda come e quando alcuni soggetti vengono esclusi dai processi decisionali: ad
alcune persone, all’interno delle imprese, non viene data la possibilità di prendere decisioni.
- Il potere come condizionamento delle percezioni, delle preferenze, dei desideri, dei
comportamenti delle persone: dimensione più problematica del potere, perché molto spesso le
persone non sono consapevoli che il potere sta agendo verso il condizionamento delle proprie
percezioni/desideri/comportamenti/obiettivi.
Quest’ultima faccia del potere secondo Steven Lukes è quella che assomiglia per certi versi al concetto di
egemonia (proposto da un filoso italiano, Antonio Gramsci)
ANTONIO GRAMSCI (filoso italiano)
Scrive durante la prigionia degli anni 30’, sotto il regime fascista, i “quaderni del
carcere” che verranno pubblicati dopo la fine della II GM, prima in italiano dal
1948 al 1951, poi questo libro viene tradotto in Inglese per la prima volta nel 1971,
e questo rappresenta il momento in cui il pensiero di Gramsci si diffonde negli
Stati Uniti ed entra all’interno delle teorie organizzative.
Cosa si chiedono tutti gli autori che rientrano in questa prospettiva critica del potere, tra cui anche Gramsci:
- Perché i lavoratori accettano una distribuzione disuguale della ricchezza/risorse?
- Perché i lavoratori accettano di cedere i loro diritti decisionali? (perché accettano di avere quella zona di
indifferenza/zona di accettazione).
- Perché ritengono legittima la gerarchia organizzativa e il controllo manageriale?
Esiste all’interno delle imprese (nella società), un ordine egemonico (fondato sull’egemonia):
• EGEMONIA: legittima di fatto l’esistente distribuzione e struttura del potere.
In particolare, l’egemonia, l’ordine egemonico, le idee dominanti, rappresentano una forma di dominio (il potere è
inteso come dominio di alcuni su altri) in cui gli interessi della classe dominante (di chi sta al vertice dell’impresa e
della società) vengono a costituire lo status quo attraverso un’accettazione acritica (dare per scontato che sia così,
quindi non c’è una visiona critica).
Le pratiche egemoniche non obbligano apertamente mai nessuno: inducono subdolamente (in maniera nascosta) e
incessante (in maniera continua) al rispetto dei modi radicati di pensare e di parlare dell’elite (questa classe dominante
che, riprendendo la terza faccia di Lukes, plasma le percezioni, i bisogni, i desideri delle persone che non si accorgono
neppure di essere ingranaggi di questo sistema).
L’ELITE DEL POTERE
Altri autori che si sono focalizzati nel capire la struttura di questa classe dominante (elite del potere).
WRIGHT MILLS (sociologo americano), negli anni 50’ pubblica “the power elite” (analisi dell’elite negli Stati
Uniti).
Fanno parte di questa elite del potere (classe dominante), gli individui che sono al comando delle principali
organizzazioni della società. In particolare, Weight Mills focalizza l’attenzione sull’elite militare, politica ed
economica, dove secondo lui esiste una collaborazione tra queste tre sfere della società e tra tutte le organizzazioni per
non cambiare la distribuzione e la struttura del potere (punto di vista molto ampio, ma anche le imprese entrano in
questo discorso perché i capitani d’industria fanno parte dell’elite. Potere egemonico)
DAL PUNTO DI VISTA PRATICO:
Egemonia che riguarda il linguaggio, la comunicazione e la cultura, ed è attraverso a questi canali che l’egemonia
riesce ad affermarsi e a plasmare le percezioni, i desideri, i bisogni delle persone.
EGEMONIA CHE DIVENTA SENSO COMUNE
ESEMPIO: COMUNICAZIONE DISTORTA
LA RETORICA DEL “MERITO”
ESEMPIO: MERITO E DISTORISIONI
L’EFFETTO PIGMALIONE
Pigmalione era un personaggio della mitologia, secondo il racconto di Ovidio,
era uno scultore dove scolpì una statua di una donna così bella che se ne
innamorò. Chiese poi alla Dea Afrodite di trasformare la statua in una donna
vera e la Dea lo accontentò.
Nell’uso comune, si definisce Pigmalione, chi assume un ruolo di maestro nei
confronti di una persona con poche competenze, come Pigmalione ha fatto
trasformare la statua in una persona, così come il maestro può plasmare il suo
allievo e così farla crescere dal punto di vista professionale.
ESEMPIO
Degli studiosi americani, Rosenthal e Jacobson, nel 1958 hanno condotto uno studio in una scuola
elementare della California (Oak school), in questa scuola somministrano un test d’intelligenza tra
gli alunni (Harvard Test). Rilevano tutti i dati e le informazioni e comunicano agli insegnanti i
nomi degli alunni che appartengono al 20% degli studenti con il più alto quoziente intellettivo.
Questi ricercatori ritornano dopo un anno, misurano di nuovo il test d’intelligenza e rilevano
effettivamente che quel 20% di alunni ha avuto un incremento nel punteggio. Gli insegnanti erano
molto soddisfatti di tutto questo, il problema in questo esperimento è che non era vero che quegli
alunni all’inizio appartenevano a quel 20% degli studenti più dotati, in realtà i ricercatori hanno
preso a caso un certo numero di alunni e hanno detto agli insegnanti che questi erano i più
promettenti, quindi era una finzione. A quel punto, mette in evidenza quanto gli insegnanti
pensando che quei loro alunni fossero promettenti, hanno dedicato molta più attenzione e gli hanno premiato molto di
più rispetto agli altri. L’effetto Pigmalione, da questo punto di vista, è legato all’auto profezia che si auto avvera.
Si è messo in evidenza che questo effetto esiste anche in molti altri contesti e anche qui il concetto di merito è un
concetto molto problematico che ha tante sfaccettature e complessità, come faccio a dire che una persona è più
meritevole di un’altra? Devo mettere in realtà tanti pezzi diversi di un puzzle ed è anche molto complesso confrontare
molte persone fra di loro, anche nella valutazione di una persona possono entrano in gioco le distorsioni del processo
decisionale (un semplice cosa detta ad una persona, può far cambiare il suo comportamento).
IL CONTROLLO MANAGERIALE E L’AUTO-DISCIPLINA
All’interno delle imprese può capitare che il controllo manageriale molto spesso, non sia neanche necessario, perché
certe persone si auto disciplinano.
Questo può essere visto in senso positivo nell’ottica
moderna perché questo significa che la catena di
montaggio può funzionare meglio. I teorici, invece,
vedono un risvolto negativo d’intensificazione di
controllo sulla persona (controllo che diventa invasivo, sia
in senso verticale che orizzontale, quindi si ha un’autodisciplina da parte delle persone, dove non si ha più
bisogno di un responsabile a monitorare)
POTERE DISCIPLINARE E L’AUTO-SORVEGLIANZA
MICHEL FOUCAULT (autore post-moderno)
Filosofo francese che conia il concetto di potere disciplinare.
Potere disciplinare in cui all’auto-disciplina, sostituisce l’auto-sorveglianza, in
particolare Foucault analizza una serie di organizzazioni (sulle prigioni, sulle
scuole, ma poi estende le sue analisi alle principali organizzazioni della società
contemporanea, società post-moderna). Lui dice “quello che accade nella
maggior parte dei casi è che il modello adottato, è un modello simile a quello
della prigione di Jeremy Bentham”.
Il potere in quest’ottica entra nella vita quotidiana, è simile al controllo di Clan, qualcosa che porta le persone a
condividere determinati valori, un controllo che riguarda il corpo e l’anima delle persone e quindi genera dei
comportamenti di conformismo delle persone rispetto a questo modello ed è un sistema che tende a fornire la
devianza. In questo sistema, infatti, viene definito cosa è normale e cosa non lo è e quindi di conseguenza le persone si
conformano.
Questo sguardo fisso, che ci possa sempre esserci, genera un’aspettativa di sorveglianza che viene interiorizzata (viene
data per scontata, non ce ne accorgiamo neanche più), quindi genera un’auto-monitoraggio ossia un’auto-sorveglianza.
Un libro che può dare un’idea del concetto di potere disciplinare:
“1984” di Geroge Orwell. Da questo libro viene tratto anche un film
dove dice “chi controlla il linguaggio controlla la realtà”, infatti nel
1984 viene creata una neolingua dove la storia viene scritta
continuamente in funzione degli obiettivi della classe dominante.
IL POTERE DISCIPLINARE ALL’INTERNO DELLE IMPRESE
Un’autrice, ricercatrice britannica, che ha cercato di studiare questo concetto di
potere disciplinare nelle imprese è Barbara Townley. Dice che le persone diventano
un oggetto di studio e conoscenza che vengono poi misurate rispetto a una qualche
norma di riferimento, questo genera che il soggetto si adegua a quella norma e
quindi adotta un comportamento conformista. Questo accade nelle imprese fin
dall’inizio, lei dice “già soltanto il fatto che le imprese raccolgono e analizzano i
curricula degli interessati ad entrare nell’impresa, il fatto che le imprese svolgono
con i colloqui i test psicoattitudinali”, tutte queste rappresentano delle prime
modalità di classificazione degli individui al fine di renderli in modo visibili e
quindi anche gestibili all’interno dell’organizzazione. Le persone inizieranno a
scrivere dei curricula usando dei modelli, dei form prestabiliti in funzione di quelli
che sono le richieste delle imprese e quindi iniziano un processo di costruzione della
propria identità in funzione delle proprie esperienze.
Tutto questo modifica il modo in cui le persone percepiscono e poi agiscono, quindi un primo elemento è questo, tutto
quanto avviene nel momento d’ingresso dell’impresa, è una forma di classificazione (normalizzazione di fatto delle
persone).
Quando una persona è entrata all’interno dell’impresa, dovrà subire una
valutazione delle prestazioni, parteciperà a programmi di formazione interna,
dovrà seguire delle determinate procedure e tecniche di lavoro, tutto questo ha
l’obiettivo di rendere il potere normale e accettabile, di creare quella zona di
indifferenza e zona di accettazione su cui si poggia il controllo manageriale e il
controllo burocratico.
Tutto ciò tende ad intensificarsi man mano che saliamo i vari livelli gerarchici, dove il
conformismo e la normalizzazione tendono ad aumentare proseguendo dal basso verso l’alto e
quindi secondo questo schema le persone quando arrivano ai vertici, sono persone conforme
rispetto a quelli che sono i valori e i principi di una specifica impresa/organizzazione.
ESEMPIO: POTERE DISCIPLINARE
Perché Lorenzo accetta queste condizioni secondo ciò che
abbiamo visto?
Lorenzo magari non è consapevole di trovarsi in una
situazione di sfruttamento. Dal punto di vista modernista,
vedrebbero questa situazione non estremamente patologica,
quindi magari a Lorenzo piace questo lavoro e quindi non
vede una situazione problematica. Quindi dal loro punto di
vista questo è corretto, va nella direzione di un incremento
dell’efficienza e dell’efficacia.
L’altra visuale invece è: è contento perché veramente lo è, o è
contento perché i suoi desideri sono stati plasmati. Adottando le lenti critiche degli autori post-moderni, devo capire se
ci sono delle alternative ad un modello di quel tipo che consente a Lorenzo di avere delle prospettive di carriera senza
perdere di vista il proprio bilanciamento vita privata - lavoro (esistono delle situazioni/contesti in cui la qualità della
vita potrebbe migliorare a parità di alcune condizioni? Troviamo un modo in cui la condizione lavorativa diventa più
sostenibile per Lorenzo e per la società).
Ci potrebbe essere quest’idea dominante di gavetta dove tutti quelli che entrano per la prima volta in questa società
finanziaria reggono questi ritmi, vedono questo come una cosa normale e non mettono in discussione questo modello
del potere.
AMMINISTRATORE DELEGATO DI ENEL
Come lui esercita il potere nella propria azienda.
Intervento che l’amministratore delegato di Enel ha fatto alla Luiss Business School di Roma e descrive come lui da
capo esercita il potere all’interno dell’azienda, focalizza l’attenzione sul gruppo manipolo di fedelissimi che
intervengono su incagli di controllo dell’impresa, l’obiettivo è distruggere la resistenza generando malessere e paura
(non è un’immagine di un’impresa dove è piacevole lavorare, immagine di un potere che diventa visibile e sovrano ma
che genera alla fine un potere disciplinare, generando paura e malessere alle persone).
STRATIFICAZIONE, SEGREGAZIONE DI GENERE E RISPETTO AD ALTRE CATEGORIE
Quello che succede all’interno delle imprese è la così detta stratificazione,
segregazione di genere e rispetto ad altre categorie, l’altro tema è anche legato a come
è composta questa classe dominante (quanti uomini abbiamo? Quante donne abbiamo?
Quante persone di origine etniche e culturali abbiamo?). quelli che osserviamo è che
in realtà c’è una sorta di stratificazione e della segregazione rispetto al genere e quindi
abbiamo da una parte una predominanza di uomini/posizioni di potere e una
segregazione dovuta al fatto che magari uomini e donne si specializzano in settori
diversi, non necessariamente a caratteristiche legate sia agli uomini che alle donne.
LA STRUTTURA SOCIALE
STRUTTURA SOCIALE: riguarda le relazioni più o meno stabili tra delle componenti (relazioni tra le persone, tra le
persone e le posizioni, i suoli che rivestono all’interno delle imprese e le loro responsabilità – chiamata anche struttura
organizzativa).
LA BUROCRAZIA Fondamento della struttura sociale.
Questo concetto nasce in Francia alla fine del 700’.
• BUREAU-CRATIE: termine originale. Potere dato agli uffici (dato ad alcuni funzionari che si formavano
all’interno delle monarchie della fine del 700’. Iniziano ad essere necessarie delle figure
professionali/specializzate nella gestione degli affari dello Stato e quindi nasce questa prima classi di persone).
Questo termine dalla Francia si diffonde poi anche in Italia, diventano BRUOCRAZIA.
MAX WEBER
Il primo teorico che ha inserito il concetto di burocrazia all’interno delle discipline sociali
(delle teorie organizzative).
Sociologo tedesco che scrive una serie di libri importanti come “L’etica protestante e lo
spirito del capitalismo”, che lega lo sviluppo di esse. Vengono pubblicati una serie dei suoi
scritti, dopo la sua morte nel 1921, intitolata “Economia e Società”, qui abbiamo i
fondamenti dei principi che assegna alla burocrazia.
•
ANALIZZA IL POTERE: mettendo in evidenza come il potere, lungo la storia, ha tre forme:
- POTERE CARISMATICO: si fonda sul “carisma”, ossia secondo Weber, la sua legittimità si fonda sul
carisma (dono della grazia), sull’eccezionalità (attribuita dai seguaci) di alcuni individui e sul culto della
personalità (svolgono un ruolo di leadership).
Questa forma di potere è irrazionale (mancano delle regole) e rivoluzionario (rovescia il passato, rompe le
regole del passato). Questa forma di potere non è adatta alle organizzazioni di questa società industriale.
- POTERE TRADIZIONALE: secondo lui neanche il potere tradizionale è adatto a questa società. Questo
perché si fonda sulla tradizione e quindi la sua legittimità si fonda e viene accettata sulla base di ordinamenti
antichi e percepiti come esistenti da sempre. Il criterio prevalente per l’assegnazione delle cariche è
l’ereditarietà, il nepotismo (l’appartenenza e la fedeltà prevale sulla competenza).
- POTERE LEGALE: secondo lui la forma coerente per le nuove imprese e organizzazione della società
industriale è il potere legale.
Potere che si fonda sulle regole. La sua legittimità si fonda su regole e leggi formulate in modo razionale. La
forma più pura di esercizio del potere legale è la burocrazia.
Weber è anche però consapevole che la burocrazia possa generare dei problemi, in particolare dice che esistono due
forme di razionalità:
• RAZIONALITÀ FORMALE: comporta l'uso di tecniche di calcolo, come quelle sviluppate dagli ingegneri per
misurare l'efficienza tecnica, o dai manager per rilevare o eliminare i costi.
• RAZIONALITÀ SOSTANZIALE: designa i fini desiderati che guidano l'utilizzo delle tecniche di calcolo o
tecniche «hard» della razionalità formale, quasi a voler dire che i fini del management vanno messi in discussione
(utilizzo queste tecniche solo se questi mi servono per raggiungere degli obiettivi).
Weber era convinto che servissero entrambe. Adottando la razionalità formale senza tener conto della razionalità
sostanziale si verrebbe, secondo Weber, a costruire una gabbia di ferro in grado di trasformare ogni essere umano in
«una rotella all' interno di un ingranaggio in continuo movimento» (se perdiamo di vista il fine per il quale adottiamo
una specifica regola/tecnica, si rischia che le persone si trasformino in dei criceti che corrono nella loro ruota senza
andare da nessuna parte).
Weber diventa un autore importante perché i suoi testi vengono tradotti dal tedesco all’inglese, dopo la II GM; quindi,
si diffondono anche negli Stati Uniti (1946-47). Si diffondono però in maniera imprecisa, perché conia il concetto di
burocrazia come “ideal-tipo” (=esiste solo nella mente del ricercatore), soluzione del nepotismo, al culto della
personalità e all’abuso di potere.
Alla burocrazia “ideal-tipo” associa delle caratteristiche:
- Una rigida divisione del lavoro;
- Una ben definita gerarchia degli uffici, ciascuno con le sue sere di competenza;
- I candidati alla direzione dei vari uffici reclutati sulla base delle qualifiche tecniche e vengono nominati
anziché eletti (in alcune organizzazioni le persone venivano elette e non scelte);
- Gli impiegati retribuiti con stipendi fissi, pagati in denaro;
- La gestione dell'ufficio è il compito principale del suo titolare e ne predispone la carriera;
- La promozione concessa in base all'anzianità o al merito a discrezione dei superiori;
-
Il lavoro dei dipendenti separato dalla proprietà dei mezzi di amministrazione;
Una serie di regole generali che governano la performance degli uffici; una severa disciplina e un rigido
controllo sulla condotta dell'ufficio.
Quest’idea di burocrazia quando viene trasferita negli Stati Uniti (quando vengono tradotti i suoi libri), vengono
interpretati in maniera scorretta. Interpretando la burocrazia come tipo ideale diventando “one best way”, diventando
un modello corretto in assoluto per organizzare un’impresa, quindi la burocrazia diventa un modello prescrittivo.
La burocrazia diventa poi il tema centrale delle teorie organizzative. Le caratteristiche, oltre a quelle elencate da
Weber, sono:
• GERARCHIA
• DIVISIONE DEL LAVORO
• REGOLE E PROCEDURE FORMALIZZATE
DIVISIONE DEL LAVORO TRA EFFICIENZA E ALIENAZIONE
Prima rivoluzione industriale
Alla fine della seconda metà del 700’ in Scozia, prende avvio la prima rivoluzione industriale dove nascono le prima
manifatture (utilizzo del vapore, prevale il settore tessile). Nascono degli spazi fisici in cui abbiamo una
concentrazione di persone, perché si sviluppano anche i macchinari che diventano ingombranti e che non ci stavano
all’interno delle macchine. Con la presenza di tutte queste persone in uno spazio, sorge il problema di come
controllare e coordinare queste persone.
ADAM SMITH Filosofo morale scozzese
Studia e analizza queste prime manifatture e nel 1776, pubblica il suo libro più noto “l’indagine
sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni”, all’interno del quale abbiamo la nascita
della teoria organizzativa.
Focalizza l’attenzione sulla manifattura di spilli. Un uomo tira il filo del metallo, un altro lo
drizza, un terzo lo taglia, un quarto lo appuntisce, un quito l’arrota all’estremità ove deve farsi
la testa; farne la testa richiede due o tre distinte operazioni, montarla è una speciale
occupazione, pulire gli spilli ne è un’altra, ed un’altra ne è il disporli entro la carta.
Ed in questo, l’importante mestiere di fare uno spillo si divide in circa diciotto distinte
operazioni, che in alcune fabbriche sono tutte eseguite da distinte mani, benchè in altre dallo stesso uomo se ne
eseguono due o tre.
Questa è l’idea della divisione del lavoro:
- Analizzo come si produce uno spillo (il processo)
- Indirizzo tutte le attività che devono essere svolte per realizzare uno spillo.
- Cerco di capire se e quando queste attività (operazioni) possano essere svolte da persone diverse o da più
persone.
Smith dice, più dividiamo il lavoro (più specializziamo le persone in una singola operazione), più aumenta la
produttività (più spilli, meno tempo), l’efficienza economica.
Continua poi la diffusione del capitalismo in Inghilterra nel 800’. Lo sviluppo del capitalismo ha anche delle
conseguenze sociali importanti, nasce una classe di lavoratori che sono impiegati nelle manifatture che nascono in
Inghilterra nelle principali città industriali.
- Risvolti positivi da parte delle imprese: miglioramento dell’efficienza economica.
- Risvolti negativi: la trasformazione di come le persone lavorano.
KARL MARX si focalizza su questi aspetti negativi
Filosofo/sociologo/economista, si trasferisce a Londra, va alla British Library e
analizza tutti i dati che riguardano lo sviluppo delle manifatture, il tasso di profitto,
l’evoluzione dei salari… tutte le distorsioni di questo sistema.
IL PUNTO DI VISTA DI MARX SUL CAPITALISMO
Aumento progressivamente la divisione del lavoro, accompagnato all’aumento del
controllo manageriale. Le imprese hanno sempre più bisogno di aumentare il livello e
il tasso di profitto, per fare ciò devono aumentare la divisione del lavoro e il controllo
manageriale, questo perché hanno bisogno di aumentare continuamente l’efficienza.
Da qui emerge la sua critica e l’elemento centrale. “Il lavoratore diviene un semplice
accessorio della macchina, al quale si richiede soltanto un’operazione manuale semplicissima, estremamente
monotona e facilissima da imparare”.
Secondo Marx, da questo punto di vista, un conflitto strutturale tra il Capitale e il Lavoro. Da una parte abbiamo lo
sviluppo delle teorie moderne che puntano l’attenzione sull’efficienza (vedono in maniera neutra il tema della divisone
del lavoro, del controllo manageriale). Dall’altra parte abbiamo lo sviluppo delle teorie critiche che si focalizzano
sugli aspetti della divisione del lavoro, del controllo manageriale, dell’incremento continuo e costante dell’efficienza.
L’alienazione, il fatto in cui la persona perde il contatto con quello che sta facendo, diventa un aspetto problematico.
*scena tratta dal film “Il giovane Marx”* abbiamo Marx e un altro suo compagno che incontrano un imprenditore che
ha delle fonderie dove impiega dei bambini (lavoro minorile), 20 bambini ogni 30 operai che lavoravano giorno e
notte. Secondo questo imprenditore questo era un fatto di natura, “non abbiamo scelta, è il mercato che impone questa
scelta per garantire un determinato tasso di profitto”. Ad un certo punto Marx dice: “ecco non parliamo lo stesso
linguaggio, quello che lei chiama profitto io lo chiamo sfruttamento” (elemento conflittuale che secondo Marx esiste
all’interno del sistema capitalista).
Seconda rivoluzione industriale
Siamo nella seconda metà del XIX secolo e abbiamo lo sviluppo di tre elementi principali:
- Trasporti e nei sistemi di comunicazione: treni a vapore, nascita del telegrafo.
- Diffusione ed adozione di tecnologie ad alta intensità di capitale (le imprese tessili non sono più quelle più
importanti e diventano imprese meccaniche).
- Il consolidamento del passaggio da una società feudale (basata sul potere tradizionale/carismatica) ad una
società capitalistica.
GRANDE IMPRESA MODERNA
In questi anni nasce anche la grande impresa moderna negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo.
• GRANDE IMPRESA MODERNA: impresa che fa un triplice investimento sulla produzione (sulle tecniche e sulle
tecnologie), sulla distribuzione (ha reso possibile anche lo sviluppo dei mezzi di trasporto e del telegrafo), nel
management (saper gestire la produzione e la distribuzione, secondo tecniche basate su discipline, scienze,
modelli…).
Il contesto della fine dell’800’ era un contesto in cui:
- L’attività gestionale era approssimativa, si basava sull’intuito ed era tendenzialmente arbitraria (un capo
reparto poteva licenziare un operario, senza nessuna valutazione).
- La forza lavoro non era classificata (le persone venivano dalle campagne, non avevano abilità, non avevano
conoscenze) ed era caratterizzata da una elevata mobilità (si cambiava spesso lavoro).
- L’unico aspetto ritenuto importante e rilevante era la riduzione dei costi.
Questo contesto non era adatto per lo sviluppo reale delle grandi imprese.
F.W. TAYLOR entra in gioco un ingegnere americano
Nel 1911, pubblica un libro molto piccolo, ma che rappresenta un passo importante sul passo
delle teorie organizzative. “L’organizzazione scientifica del lavoro”, dobbiamo abbandonare
l’intuito, dobbiamo sviluppare una scienza dell’organizzazione, del management, dobbiamo
fondare le nostre idee/concetti.
Conduce una serie di esperimenti presso l’acciaierie in Pennsylvenia (Stati Uniti) che gli
consente di giungere ad alcuni principi di caratteri generali (applicabili in qualsiasi impresa e
contesto). Modello applicabile sulla razionalità assoluta o ottimale.
Principi dell’organizzazione scientifica del lavoro:
È necessario basare tutto sulla ricerca, sull’osservazione, sulla sperimentazione e sulla misurazione quantitativa,
questo per definire degli standard di riferimento e per definire delle procedure che devono uniformarsi (nascono gli
uffici tempi e metodi, ossia che determinano i tempi di produzione e i metodi in assoluto per lavorare al fine di
raggiungere quei determinati tempi). L’obiettivo finale è l’incremento della produttività, al fine di incrementare
l’efficienza. La misurazione diventa l’elemento centrale.
Questo comporta una separazione tra la progettazione (dell’attività, delle mansioni, del lavoro) rispetto all’attività di
esecuzione.
Chi progetta non è chi esegue (ingegneri progettano, gli operai eseguono ciò che gli altri hanno stabilito).
Questa netta separazione, nell’ottica di Marx, questo diventa un peggioramento della condizione perché porta dietro di
sé il concetto dell’alienazione. Non solo non hai coscienza di dove il tuo lavoro si posiziona ma addirittura non hai
nessun tipo di possibilità di autonomia nel decidere come lavorare.
HENRY FORD mette in pratica le teorie di Taylor
Imprenditore americano del settore automobilistico che inventa la catena di montaggio (simbolo del capitalismo del
900’).
La catena di montaggio è ciò che alimenta la produzione di massa e ciò che porta lo sviluppo del sistema retributivo in
grado di alimentare i consumi (nascita della società dei consumi).
Ford porta avanti una serie di iniziative per fare una serie di investimenti, realizza nel 1910 un stabilimento ad
Highland Park che rappresenta il primo esempio di fabbrica verticale, in cui la sequenza delle lavorazioni si svolge in
verticale. Successivamente realizza anche, uno stabilimento al River Rouge nel 1917-27, una fabbrica orizzontale, in
cui la produzione a ciclo completo che si sviluppa in orizzontale. Dalle accaierie fino alla realizzazione
dell’automobile.
IL PRINCIPIO BASE DELLA CATENA DI MONTAGGIO:
“Quando noi montammo le nostre prime macchine, la vettura
soleva esser messa al suolo in un punto qualsiasi e gli operai vi
portavano man mano i pezzi occorrenti, al modo dei manovali
quando si costruisce una casa. […] Il rapido incalzare della
produzione rese indispensabile l’organizzare altrimenti il lavoro,
per evitare che gli operai si dessero d’impaccio l’uno con l’altro.
Il lavoratore mal diretto spende più tempo nel muoversi di qua e
di là per prendere materiali e strumenti che non ne impieghi per il
lavoro effettivo; […] Il pirmo passo innanzi nell’opera di montaggio avvenne quando s’incominciò a portare il lavoro
agli operai e non gli operai al lavoro”
Quindi l’operai rimane fermo ed è il prodotto semilavorato che si muove, in maniera tale che non ci sia uno “spreco”
di energia.
OBIETTIVO: riduzione della necessità di pensiero da parte degli operai (questo porta alla netta divisione tra la
progettazione e l’esecuzione) e la eliminazione d’ogni loro movimento superfluo (questo permette all’operaio di
diventare il soggetto-lavoratore e allo stesso tempo il soggetto-consumatore, lavora per guadagnare un salario per
poterlo spendere).
Tutto ciò porta all’importanza della misurazione del tempo, abbiamo quindi l’introduzione del Time Clock (dove si
timbrava il cartellino)
IL TAYLORISMO REALIZZATO: abbiamo un aumento della produttività e dell’efficienza, in parte viene
ridistribuito una parte dei salari (aumentano) e la riduzione dell’orario di lavoro (giornata lavorativa 8h, settimana
lavorativa 5 giorni).
CATENA DI MONTAGGIO: la prima applicazione del 1913 nello stabilimento di Highland Park (stabilimento
verticale), consentiva di ridurre il tempo di produzione: da 12h e 30min a 5h e 50min.
Sucessivamente un ulteriore raffinamento della catena di montaggio ha ridotto ancora di più la produzione: da 5h e
50min a 93min. Così abbiamo un risparmio di tempo e di risorse che la produzione di montaggio comporta.
TEYLOR E FORD
Si domandano come fare per migliorare la gestione e l’organizzazione di queste attività, anche perché fino a quel
momento vi era il regno dei capi reparto (la maggior parte delle attività gestionali ed organizzative erano demandate al
capo reparto, che agiva molto spesso per arbitrio).
“Per l’operaio il capo reparto era un vesputa, non sempre benevolente che decideva ed interpretava la politica del
personale come meglio garbava. Il controllo del capo reparto sui dipendenti cominciava letteralmente ai cancelli della
fabbrica, le mattine in cui l’azienda assumeva, una folla si accalcava di fronte alla fabbrica (elemento che questa
elevata mobilità, porta al fatto che molto spesso c’erano delle assunzioni giornaliere e quindi al mattino le persone si
posizionavano di fronte ai cancelli della fabbrica per vedere chi dovrebbe essere assunto). Il capo reparto stava in testa
alla folla e sceglieva gli operai che apparivano più adatti o che erano riusciti ad avvicinarsi (totale arbitrio, sceglie a
caso quali assumere).
In una fabbrica di Philadelphia, il capo reparto gettava delle mele nella folla e chi riusciva ad afferarle aveva il lavoro.
I capi reparto potevano essere meno arbitrari assumento loro amici o parenti di quelli già impiegati, molti si basavano
su streotipi etnici per stabilire chi doveva avere il lavoro e quale lavoro offrire (segregazione su base etnica).
Gli operai spesso ricorrevano alla corruzione offrendo al capo reparto whiskey, sigari o denaro per avere un lavoro,
una pratica che uno studio trovò estremamente comune nelle fabbriche dell’Ohaio.”
L’introduzione dell’organizzazione scentifica del lavoro e della catena di montaggio doveva in parte risolvere questi
problemi, sottraendo la gestione ai capi reparto e renderla più trasparente basata su regole.
IL FORDISMO IN ITALIA
Il fordismo arriva in Italia in ritardo. Un esempio di fabbrica del fordismo in Italia lo abbiamo nel 1923.
In particolare, la prima fabbriche che si ispira ai principi di Ford è la Fiat (famosa casa automobilistica italiana), nel
1923 viene inaugurata la fabbrica del Lingotto (Torino, fabbrica verticale), dove la sequenza delle lavorazioni si
sviluppa in verticale.
Nel 1938, abbiamo l’inaugurazione della fabbrica orizzontale del quartierie di Mirafiori (Torino) ed ha una produzione
a ciclo completo perché si sviluppa in orizzontale e arriverà ad occupare più di 56.000 lavoratori.
FABBRICA VERTICALE del Lingotto
§ Cinque piani: cinque “gironi” del ciclo di lavorazione (ogni piano era
specializzato su ogni specifico ciclo di lavorazione).
§ La costruzione architettonica: sistema verticale e integrata del sistema
produttivo (c’era soltanto uno snodo nel passaggio da un piano a quello
successivo).
§ Organizzazione lineare e flusso sequenziale (andava dal basso verso l’alto, un
flusso costante e coordinato del prodotto).
§ Riduzione dei margini di autonomia dei vari addetti (uno dei principi cardine
del Taylorismo era una netta distinzione tra l’attività di progettazione e l’attività di esecuzione).
“L’operaio è una serie di cellula assegnata ad un dato posto. Molte volte non ha più di uno o due metri quadrati di
spazio per muoversi. Non ha bisogno di muoversi, non deve. Ogni movimento suo inutile rappresenterebbe una perdita
o distruzione di energia. Il pezzo di sua lavorazione giunge a lui lungo un piccolo binario ricco di rulli: giunge sotto la
spinta d’un braccio vicino, è lavorato, e sotto un’altra spinta riparte e va da un altro operaio a farsi raffinare o
aggraziare” (La Stampa, maggio 1923)
FABBRICA ORIZZONTALE di Mirafiori
“Il locale e gli impianti avrebbero dovuto essere disposti in fabbricati a un solo piano, in modo da limitare al minimo i
trasferimenti di materiali in corso di lavorazione e rendere un flusso delle operazioni continuo ed uniforme, senza
alcuna sosta.quasi si trattasse di un fiume, il quale via via procede, riceve le acque dei diversi affluenti, alimentati a
loro volta da altri numerosi corsi d’acqua minori”
Evoluzione della struttura fisica e dell’organizzazione.
*video “da Corso Dante a Mirafiori*
Nella prima parte mostra in particolare il trasferimento dallo stabilimento di Corso Dante che nel 1899, quando nasce
la Fiat ha soltanto 10 operai, introduce 10 automobili di tipo 0. Le officine avevano dimensioni ridotte. La Fiat
aumenta notevolmente le proprie dimensioni durante la I GM, partecipa allo sforzo bellico (anni in cui ipermeccanica
in Italia aumentano notevolmente le dimensioni), giungerà poi allo stabilimento di Mirafiori che invece conta 70 mila
dipendenti.
L’ultima parte del video ci fa vede l’impatto dell’automobile nella società.
Il tema del fordismo e del taylorismo è un tema che ha dei risvolti sulla società. Nello stabilimento di Mirafiori c’era
un convogliatore che convogliava i pezzi degli automobili che aveva una velocità esattamente calcolata, una macchina
che produce macchine in cui gli operai svolgevano delle operazioni molto specifiche.
I CARDINI DEL TAYLORISMO E DEL FORDISMO
Tema del:
• CONTROLLO: controllo manageriale molto stretto che porta all’aumento della produttività e di conseguenza
all’aumento dell’efficienza.
Tutto questo in una combinazione di definizione di metodi di lavoro specifici, progettati dagli ingegneri, tempi definiti
e tutto questo deve essere poi misurato da persone che hanno questo compito lungo la catena di montaggio.
La misurazione diventa l’elemento importante del taylorismo e del fordismo che alimenta il controllo manageriale
(concetto di divisione del lavoro da Smith a Taylor a Ford, passando per Marx che critica la divisione del lavoro e
metteno in evidenza anche quelli che verranno dopo di lui, rischi legati alla alienazione legate allo sfruttamento.
REGOLE E PROCEDURE FORMALIZZATE (management)
PROCEDURE FORMALI E LA QUESTIONE DEL MANAGEMENT
Il tema della divisione del lavoro non riguarda soltanto quello che accade nelle fabbriche, negli stabilimenti, nelle
officine, ma riguarda anche la nascita della disciplina del management, dell’amministrazione di quella che viene
chiamata “la direzione”
HENRY FAYOL e la teoria della direzione amministrativa
Siamo in Francia all’inizio del XX secolo, un ingegnere francese pubblica un libro
nel 1916 intitolato “direzione generale ed industriale”, in cui propone la sua teoria
della direzione amministrativa. Fayol è il primo che esplicita il concetto di
direzione amministrativa, parla quindi dell’amministrazione delle imprese come
attività specifica e quindi che parla di management in senso proprio. All’inizio
non c’era un concetto di management, c’erano i capi reparto che gestivano gli
operai, l’imprenditore che magari aveva l’idea e ci metteva le risorse e i capitali,
ma non esisteva la classe manageriale. Questo nasce nel 900’ in seguito
all’espansione del fordismo, alla nascita dell’impresa moderna.
§
§
§
Fayol mette in evidenza come la funzione direzionale si distinta dalle altre funzioni dell’impresa (tecniche,
commerciali, finanziarie, di sicurezza e contabilità).
DIRIGERE: significa programmare, organizzare, comandare, coordinare e controllare (aspetti importanti che
noi associamo ora al concetto di management.
Esistono dei principi che definisce come soluzioni normative universali, che secondo lui vanno bene per tutte
le imprese, in tutti i contesti.
Alcuni di questi principi sono:
- Lo spazio di controllo: definizione del raggio di azione di una singola persona all’interno dell’impresa
(quante persone riesce a ordinare, controllare e comandare, ovviamente c’è un limite a questo spazio di
controllo).
- Delega: all’aumentare della dimensione dell’impresa nella sua complessità, le persone devono anche
delegare parte delle loro attività ad altri (tema della divisione, della differenziazione tra le produzioni e i
ruoli).
- Dipartimentalizzazione: nascita di uffici, reparti, dipartimenti.
- Unità di comando: Fayol diceva che ogni persona doveva avere un solo capo.
- Spirito di corpo: vicino all’idea di Clan, quello che poi chiameremo “la cultura organizzativa”.
MARY PARKER FOLLETT e la democrazia organizzativa
Siamo negli Stati Uniti negli anni ’20 del XX secolo (dopo la I GM), una consulente americana sostiene l’idea di
democrazia organizzativa.
DEMOCRAZIA ORGANIZZATIVA: il potere e l’autorità sono diffuse all’interno
dell’organizzazione, non sono concentrate in alcune posizioni o in alcuni ruoli, tutti quanti
partecipano ai processi decisionali più importanti e rilevanti (management partecipativo).
- Per Follett, l’impresa deve essere vista come una comunità in cui la risoluzione dei
conflitti debba basarsi sull’integrazione (trovare una soluzione che vada bene a tutti
quanti, non si devono solo accontentare) e non sulla dominazione o sul
compromesso.
- Il potere non deve essere esercitato sulle persone, ma con le persone. Sostituisce il
concetto di power-over (potere esercitato sulle persone) con il concetto di powerwith (potere con le persone), passare dal bilanciamento del potere ad un potere
congiunto, esercitato da più soggetti all’interno dell’impresa.
- Il sistema di “governance” di un’impresa deve essere collegiale, in cui partecipano
tutti i soggetti e quindi ci deve essere un reale coordinamento tra le persone.
LA FORMALIZZAZIONE DELLE CONOSCENZE MANAGERIALI
Negli anni ’20 abbiamo anche la formalizzazione della conoscenza manageriale.
Negli Stati Uniti nel 1922 esce il primo numero della Harvard Business Review, è uno dei
principali appoggi riviste del management, non solo a livello nazionale ma anche internazionale.
In quegli anni vengono pubblicati i primi libri sul management, le prime riviste; quindi, il
management inizia a diventare una vera e propria disciplina (viene studiata negli istituti
superiore, nelle università).
LUTHER H. GULICK E LYNDALL URWICK
Siamo sempre negli Stati Uniti negli anni ’30, due autori americani curano una raccolta di articoli “Papers on the
science of administration” (per la prima volta viene coniato il termine “scienza” dell’amministrazione).
- OBIETTIVO della scienza dell’amministrazione: razionalizzare e professionalizzare il management, quindi
l’idea è che il management deve basarsi sulla razionalità assoluta (perché non esisteva ancora la razionalità
limitata).
In questa raccolta di articoli pubblicata, vengono identificate sette funzioni (simili a
quelli citate da Fayol):
• Planning
• Organizing
• Staffing
• Directing
• Coordinating
• Reporting
• Budgeting
CHESTER BARNARD
Siamo negli Stati Uniti negli anni ’30, Barnard pubblica nel 1938 questo libro intitolato “The functions of the
executive” (la funzione del top manager).
Punto di vista di Barnard:
- Vede l’organizzazione come un sistema cooperativo (vicinanza con il punto
di vista di Follett dell’organizzazione come comunità) basato sia sulla
dimensione formale (quella che noi vediamo nella struttura organizzativa
dove ci sono delle regole, delle procedure formali), sia informali (riguardano
il comportamento delle persone, le relazioni tra le persone).
- È molto importante distinguere tra gli scopi organizzativi dai moventi
personali (da ciò che porta le persone a lavorare in una specifica
impresa/organizzazione)
PARABOLA DEL MASSO
Nel suo libro del 1938, utilizza delle parabole per spiegare alcuni concetti.
“Immaginiamo un uomo che si trova nella strada di fronte ad un masso che gli blocca il cammino. Egli tenterà
dapprima di smuoverlo con le sue forze, ma se il masso è troppo grande, dovrà attendere che sopraggiungono altre
persone interessate a spostare il masso, in modo da riunire gli sforzi (cooperazione dove il fine comune coincide con i
fini personali – il fine organizzativo coincide con il movente personale). Barnard attira l’attenzione sul fatto che il fine
organizzativo non è mai riconducibile alla somma dei moventi individuali (ciò che qui è importante non è muovere il
masso, ma capire quello che le persone pensano. L’interesse dei quattro è muovere il masso, ma non sappiamo perché
per ogni uno di queste persone sia realmente importante smuovere questo masso), dobbiamo distinguere il reale
movente personale e l’obiettivo finale dell’organizzazione. A questo punto appare più chiaro che gli uomini interessati
a smuovere il masso non ce la facciano da soli e che abbiano bisogno di altro aiuto, dovranno avere il contributo di
persone non direttamente interessate a rimuove il masso, di conseguenza le nuove persone accetteranno di cooperare
solo se riceveranno una ricompensa che è diversa dalla rimozione del masso stesso. Il fine per cui la cooperazione
originaria era stata creata e che sia capace di motivarle sufficientemente.
Ipotizza: pensiamo che al campo vicino alla strada passi un uomo con il trattore, lui non ha bisogno di spostare il
masso sulla strada però queste quattro persone potrebbero chiedere al trattore di aiutarli, a quel punto devono
convincerlo e quindi entra in gioco un incentivo per la persona (incentivo monetario, convincerlo ad aiutare per motivi
etici…). Esiste un movente personale che non coincide con l’interesse dell’organizzazione.
La parabola del masso ha due elementi centrali della costruzione teorica di Barnard:
- Rapporto tra gli aspetti formali e informali della cooperazione umana
- Distinzioni tra fini organizzativi e moventi personali.
LE DIMENSIONI
Dimensioni comunemente utilizzate per l’analisi della struttura sociale organizzativa:
•
GRANDEZZA: numero di dipendenti di un’organizzazione (variabile più importante per capire le
varie diversità tra le imprese). Imprese con dimensioni diverse richiedono modelli manageriali e
organizzativi differenti.
Secondo l’ISTAT (Istituto di Statistica Italiano) possiamo suddividere le imprese in 3
macrocategorie:
- Microimprese: meno di 10 addetti.
- Piccole imprese: da 10 e 49 addetti.
- Medie imprese: da 50 a 249 addetti.
- Grandi imprese: da 250 499 addetti.
- Grandissime imprese: più di 500 addetti.
•
COMPONENTE AMMINISTRATIVA: fa riferimento alla percentuale dei numeri dei dipendenti che
all’interno dell’impresa hanno responsabilità amministrative. Sono spesso divise in:
Funzioni di line: reparti o unità organizzative direttamente coinvolte nella produzione dell’output organizzativo
(attività che riguardano il processo caratteristico di un’impresa, quelle che permettono la trasformazione degli
input in un output specifico).
- Funzioni di staff: dipartimenti o reparti o unità organizzative che supportano ed orientano le funzioni di
linea (che svolgono un’attività di servizio nei confronti delle funzioni: pianificazione strategica,
contabilità, selezione del personale, formazione del personale…)
•
DIFFERENZIAZIONE: può
essere:
- Verticale: riguarda il numero dei livelli gerarchici (divisione dell’autorità su
diversi livelli gerarchici, come viene distribuita l’autorità, il potere, all’interno
dell’impresa.). Possiamo avere:
§ Strutture organizzative piatte: con pochi livelli gerarchici.
§ Strutture alte/piramidali: tanti livelli gerarchici
- Orizzontale: riflette la divisione del lavoro attraverso il numero dei reparti in cui è divisa l’organizzazione,
si riflette a sua volta nello spazio di controllo dei manager (dipende dalla divisione del lavoro tra unità
organizzative).
La differenziazione può essere rappresentata anche:
L’impresa può essere vista poi come sistema, caratterizzata da sotto-sistemi (unità
organizzative), ogni unità organizzativa a un sotto-sotto-sistema, fino ad arrivare
alla persona. L’impresa a sua volta è sovra inserita in un sovra-sistema (ambiente
organizzativo).
Rappresentazione di un’impresa in cui abbiamo una serie di livelli gerarchici. Il
livello da cui partiamo, viene definito livello N (di partenza/base), riguarda
l’amministratore delegato o il direttore generale (capo azienda), da qui si parte per
identificare tutti gli altri livelli. Quando si dice che dei manager sono posizionati al
livello N-1 significa che sono i manager che dipendono direttamente dall’AD.
Abbiamo un terzo livello N-2 che mette in evidenza chi dipende dal livello N-1…
Al di sopra dell’AD e del DG c’è il consiglio di amministrazione (non è un vero e
proprio livello organizzativo, anche se hanno dei ruoli decisionali importanti).
All’interno di questi rettangoli possiamo avere una struttura simile, fino ad arrivare che ogni una di questi rettangoli a
sua volta hanno delle strutture al loro interno
•
INTEGRAZIONE/COORDINAMENTO: coordinamento delle attività attraverso la
responsabilizzazione individuale, le regole e le procedure, i ruoli di collegamento, i
team interfunzionali o il contatto diretto (modi per gestire il coordinamento e il
controllo)
Se noi dividiamo il lavoro, l’autorità, in senso verticale e orizzontale, dobbiamo trovare
il modo di mettere insieme tutto ciò che abbiamo diviso. Il fine/obiettivo dell’impresa è
unico e quindi tutti quanti devono andare in quella specifica direzione. Devo integrare
e coordinare ciò che ho diviso.
•
CENTRALIZZAZIONE: misura in cui l’autorità decisionale è concentrata ai
vertici dell’organizzazione (AD). Nel processo decisionale decentralizzato
l’autorità decisionale si estende in tutti i livelli della gerarchia.
All’aumentare della centralizzazione, diminuisce la decentralizzazione e viceversa.
•
STANDARDIZZAZIONE: misura in cui procedure standardizzate governano le
operazioni delle attività dell’organizzazione (gli standard sono poi il risultato del
taylorismo, definire dei parametri di livello, degli indicatori attraverso i quali poi
misurare come le persone si stanno comportando o il risultato che conseguono). Si
contrappone all’utilizzo del giudizio e dell’iniziativa individuale per affrontare
problemi nel momento in cui si presentano (ti do regole e procedure standard o ti
lascio libero nel gestire la tua attività a seconda del momento, senza darti delle
procedure definite), se è alta la standardizzazione, tutto sarà molto più
proceduralizzato, se è bassa sarà concessa più libertà individuale nel decidere come gestire le varie situazioni.
Diverso dall’autonomia, perché se uno è autonomo sceglie la modalità con cui agire all’interno di un’impresa.
•
FORMALIZZAZIONE: è la misura in cui un’organizzazione utilizza job description (descrizioni
delle mansioni, delle posizioni), procedure e comunicazioni scritte (formali), anziché comunicazioni
e relazioni basate sull’interazione informale diretta. Questa caratteristica ci dice quanto sia
formalizzata una determinata impresa e quindi quando esistono dei documenti che descrivono il suo
funzionamento, che parte dalla descrizione delle funzioni, delle procedure, la rappresentazione
grafica e formale della struttura organizzativa… questo fa riferimento al grado di formalizzazione.
Ci sono alcune imprese che sono formalizzate e altre poco formalizzate, in cui prevale una
dimensione informale (di cui non troviamo politiche descritte in maniera puntale e contenute in documenti
formali).
•
SPEIALIZZAZIONE: misura in cui il lavoro dell’organizzazione viene suddiviso in
compiti o operazioni dettagliatamente definiti, assegnati a determinati dipendenti e a
determinate unità di lavoro.
È il grado di dettaglio con cui viene assegnato il lavoro alle persone.
Anche la specializzazione, come la formalizzazione, viene legata al grado di
specializzazione delle mansioni (rappresentano il mattone base della costruzione di una
struttura organizzativa/sociale).
L’IMPORTANZA DELLE RELAZIONI UMANE
LO SVILUPPO DEL TAYLORISMO E DEL FORDISMO
Negli Stati Uniti durante gli anni ’20-’40 del XX secolo, dove si diffondono le catene di montaggio, la divisione del
lavoro, le definizioni dei metodi di lavoro, dei tempi di lavoro e di misurazioni.
LA RELAZIONE TRA STRUTTURA SOCIALE E STRUTTURA FISICA
Alcune imprese si iniziano a chiedere come e quante la struttura fisica delle imprese, quindi le
relazioni spaziali tra gli elementi fisici di un’organizzazione (come sono costruiti gli edifici),
influenzino la struttura organizzativa e la struttura sociale e come, al tempo stesso, la struttura
sociale va ad influenzare la struttura fisica.
In uno stabilimento della Western Electric Company, l’Hawthorne plant
(vicino Chicago), volevano mettere in atto una ricerca che aveva l’obiettivo
di capire come e quanto l’illuminazione degli ambienti di lavoro avessero un
impatto sul rendimento degli operai/e (impatto sulla produttività e
sull’efficienza).
“Vediamo se un ambiente illuminato o meno illuminato ha un impatto
positivo o no sul rendimento degli operai”.
Ci moviamo quindi in un modello coerente di quello scientifico proposto da Taylor; vogliamo misurare l’impatto
dell’illuminazione.
Quindi producono una serie di ricerche su questo campo, dove bisogna definire il livello ottimale di
illuminazione in alcuni reparti dell’azienda.
Grafico che rappresenta la variazione del rendimento in funzione
dell’andamento dell’illuminazione. Però quello che scoprono alla Western
Electric è che in realtà non c’è correlazione tra livello di illuminazione e
produttività, ossia nei reparti in cui l’illuminazione veniva aumentata, c’era un
incremento della produttività ma c’era anche nei reparti in cui veniva
diminuito il livello di illuminazione, e quindi se che l’illuminazione venisse aumentata sia che venisse diminuita,
l’effetto era lo stesso.
Questo lascia perplessi i manager della Western Electric, perché loro si aspettavano che all’aumentare
dell’illuminazione, e quindi al miglioramento delle condizioni lavorative (ambiente più illuminato quindi le persone
vedono meglio quello che fanno), ci fosse stato un miglioramento della produttività e sul rendimento.
Dopo questi risultati i manager cercarono di capire meglio questa situazione e i motivi determinanti di questo risultato,
così decisero di avviare dal 1927 al 1934 una ricerca “-” che avesse l’obiettivo di capire quali fossero i fattori che
incidono sulla produttività, sul rendimento delle persone all’interno dei luoghi di lavoro. Per fare questo creano un
team di ricercatori e studiosi dell’Harvard University, guidati da Elton Mayo.
ELTON MAYO
Psicologo industriale (in campo delle imprese), australiano ma si
trasferisce poi negli Stati Uniti, in quale guida un team di ricercatori e
studiosi.
Fondatore delle relazioni umane.
Questi ricercatori conducono altri esperimenti, sempre nello stabilimento della Western Electric.
Vengono pubblicati i loro risultati verso la fine degli anni ’30, intitolati “The
human problems of an industrial civilization”, “the industrial workers”,
“management and the worker”.
LA SCUOLA DELLE RELAZIONI UMANE
In particolare, conducono un esperimento dove viene coinvolta un reparto i relè elettrici, un
reparto in cui sono coinvolte cinque operaie a cui si aggiunge un’addetta al rifornimento
delle materie prime (componenti che devono essere poi assemblati), un osservatore esterno
(osserva come le operaie lavorano, interagiscono tra di loro) e poi avviene una
modificazione cottimo (incentiva la produzione, dalla parte del salario che veniva basato in
base ai relè che venivano prodotti).
Vengono variate molto le caratteristiche di lavoro degli operai, quindi si tenne in
considerazione le pause, quanto le operaie riposassero…
Grafico originale della ricerca dove si cerca sempre di indicare la variazione di tutte queste
dimensioni rispetto al rendimento, alla produttività, ossia quanti relè venivano prodotti
nell’unità di tempo.
Percentuale di efficienza (sull’asse verticale).
Serie di eventi che venivano misurati.
Dopo aver raccolto e analizzato una serie di dati, scoprirono ciò che poi venne chiamato “Effetto Hawthorne”. Il
risultato più importante fu che si scoprì che gli individui (le operaie di quel reparto), non si comportano come degli
attori razionali isolati, ma come membri complessi di un gruppo sociale. Quindi si mise in evidenza per la prima volta
che all’interno dei luoghi di lavoro, era importante la dimensione sociale, legata alla relazione con gli altri. In
particolare, l’aumento del rendimento dell’operaio dipende soprattutto dall’istaurarsi della supervisione amichevole e
quindi di migliorate relazioni umane nel gruppo di lavoro (il fatto che ci fosse un buon rapporto con il capo).
Un effetto minore è dato anche dall’introduzione di pause e di riposo e l’incentivo economico, calcolato sul lavoro di
gruppo, solo ad effetto modesto.
Mayo esaltò i risultati della ricerca scrivendo “in pratica ottenne 6 individui che diventarono una squadra e la squadra
si mise spontaneamente di tutto cuore a collaborare all’esperimento, di conseguenza gli operai avevano il sentimento
di una partecipazione libera e senza ripensamenti ed erano contente sapendo che lavoravano senza coercizione
dall’alto né limitazioni dal basso”. In questo caso, il fatto di essere oggetto di osservazione e di studio ha modificato il
clima all’interno del reparto e quindi aveva creato quello che Mayo definisce una squadra.
In realtà si scoprì poi che molte delle analisi che Mayo e i suoi collaboratori fecero non erano veramente validi ed
affidabili; infatti, poi questi vengono ristudiati negli anni ’60 e scoprirono che erano presenti molti buchi. Ma
comunque questi risultati portarono all’attenzione di chi si occupava di management e di chi si occupava di
organizzazione, la dimensione relazione nelle imprese e nelle organizzazioni. Non basta lavorare soltanto sugli
incentivi economici in senso stretto o sulle condizioni fisiche, ma bisogna tener conto anche della dimensione
relazionale tra i colleghi, in senso orizzontale e anche in senso verticale, tra la squadra e il loro responsabile.
Livelli in cui si focalizzava l’attenzione della scuola delle relazioni umane (estratto originale del libro di Elton Mayo).
- C’è un’importanza che agisce a livello socio-psicologico (detto comportamento organizzativo, comportamento
degli individui delle persone all’interno dell’organizzazione) in base al quale la motivazione dei lavoratori non
è influenzata solo da fattori economici, ma anche da fattori psicologici e sociali.
- Un livello che riguarda di più la struttura organizzativa, in base al quale l’organizzazione informale è
importante (tra le varie dimensioni, il grado di formalizzazione: la formalizzazione è una variabile importante,
ma è anche importante quanto informalmente viene costruita all’interno
delle imprese, quanto viene informalmente costruita dalle persone
stesse).
La scuola delle relazioni umane ha l’obiettivo di migliorare la dimensione
umana o relazionale del lavoro, per incrementare la produttività (ci moviamo
sempre in un modello in cui l’obiettivo finale è aumentare l’efficienza, il rendimento, la produttività) al fine di
aumentare l’efficienza.
La scuola delle relazioni umane di Mayo si inserisce nelle teorie moderne perché l’obiettivo è sempre puntato
sull’efficienza.
RELAZIONI UMANE: lubrificano la macchina del taylorismo, quindi da questo punto di vista sono complementari,
che nasceva dall’organizzazione scientifica di Taylor e Ford. L’obiettivo è far funzionare meglio gli ingranaggi e
recuperare una migliore produttività, rendimento e poi l’efficienza.
LA TEORIA DELLE CONTINGIENZE STRUTTURALI progettazione di
una struttura sociale di un’impresa
TEORIA DELLE CONTINGENZE STRUTTURALI
Teoria moderna che ha l’obiettivo di dare delle indicazioni su come progettare le strutture organizzative.
Il contributo di Smith, Taylor, Weber, Mayo… erano contributi che assumevano che il loro modello fosse uno valido
in maniera assoluta e universale (modello ottimo). Bisognava tendere al concetto di burocrazia, che anche in questo
caso era un modello universale valido in tutte le imprese e in tutti i contesti.
PRINCIPIO DELLE TEORIE DELLE CONTINGENZE: Gli autori, che si muovono all’interno di queste teorie
contingenti, scoprono che in realtà non esistono delle soluzioni ottime e universali (one best way), non esistono
soluzioni valide in tutte le circostanze e in tutte le situazioni. Ma le soluzioni organizzative devono essere valutate in
base al loro adattamento (fit) alle caratteristiche (contingenze) delle situazioni.
Principio importante che evidenzia in maniera rilevante le teorie contingenti dal punto di vista di altri autori visti che
avevano rilevato dei principi universali, questi autori (contingenti) dicono che non è così. Le soluzioni e strutture
organizzative devono essere adatte rispetto alla situazione che andiamo ad osservare, rispetto alle situazioni in cui le
imprese si trovano ad operare, quindi bisogno analizzare la situazione, le contingenze. Imprese diverse, in contesti
differenti, potrebbero avere bisogno di soluzioni risolutive differenti.
COME DEFINIAMO QUESTE CONTINGENZE?
Autori che danno delle definizioni.
TOM BURNS – G.M. STALKER
Identificano le contingenze con le caratteristiche dell’ambiente organizzativo (ciò che è esterno all’impresa),
in particolare, sul grado di stabilità o di instabilità di esso.
Dicono: “nell’ambiente organizzativo dobbiamo capire quanto è stabile o instabile”.
Il grado di stabilità o di instabilità dipende da quanto quest’ambiente è:
- Certo
- Complesso
- Cambia nel corso del tempo
Le intersezioni tra queste dimensioni mi da un ambiente stabile.
Dicono: “servono strutture organizzative diverse in funzione di quelle che sono le caratteristiche dell’ambiente”. Se
l’ambiente è:
- Stabile: la struttura organizzativa deve essere meccanicistica
(metafora della macchina)
- Instabile: sarà preferibile che le imprese adottino una struttura
organicistica (idea dell’organismo umano che si adatta
all’ambiente).
Tutto questo si situa all’interno di una linea continua in cui abbiamo tante graduazioni diverse, quindi nella realtà è
possibile avere un mix di questi due casi.
CARATTERISTICHE DI QUESTE DUE STRUTTURE:
• STRUTTURE MECCANICISTICHE: ambiente stabile quindi l’ambiente è prevedibile (programmazione dei
processi e delle attività).
- Forte differenziazione orizzontale e verticale: struttura gerarchica di autorità e controllo
- Alta formalizzazione: i ruoli saranno definiti, le responsabilità, le istruzioni e le metodologie di lavoro saranno
stabili (definiti in maniera chiara).
- Centralizzazione: le decisioni vengono prese ai vertici della gerarchia (elevata centralizzazione)
- Standardizzazione: che si ottiene grazie a regole e procedure scritte (elevata standardizzazione dei
comportamenti).
- Stretta supervisione: controllo manageriale molto elevato, l’autorità e il prestigio dipendono dalla posizione
che si occupa (la struttura organizzativa diventa importante e rilevante.
- Comunicazione verticale: in cui diventa rilevante il rapporto con il superiore subordinato che comunica una
serie di istruzioni.
• STRUTTURE ORGANICISTICHE: hanno bisogno di essere flessibili, di potersi adattare in ad un ambiente in
continua evoluzione e cambiamento, diventa rilevante l’innovazione.
- Elevata e complessa integrazione orizzontale e verticale: diventa importante l’integrazione, il coordinamento
(far lavorare le persone insieme). Una rete di autorità e controllo basati sulla conoscenza del compito (non è
l’autorità il criterio fondante che da prestigio all’interno dell’impresa, ma sono le conoscenze che si hanno, le
capacità che si hanno, perché bisogna adattarsi ad un ambiente incerto.
-
Bassa formalizzazione: gli incarichi e le responsabilità sono ridefiniti a seconda della situazione, quindi la
struttura organizzativa è in continua evoluzione, cambia a seconda di come cambia l’ambiente.
Decentralizzazione: le decisioni vengono prese da chi ha il sapere, da chi ha la conoscenza (alta
decentralizzazione).
Adattamento reciproco e ridefinizione degli incarichi e dei metodi attraverso l’interazione e la soluzione
collegiale dei problemi (importante l’interazione tra le persone, la condivisone delle conoscenze).
Esperienza e creatività personale senza la rilevanza attribuita alla supervisione: il controllo manageriale non è
il meccanismo di coordinamento ideale. Il prestigio non è legato alla posizione che si occupa all’interno
dell’organizzazione, è invece legato all’esperienza.
Frequente comunicazione laterale (comunicazione orizzontale, tra pari o persone dello stesso livello): spesso
abbiamo una comunicazione nella forma del confronto tra persone che appartengono anche a funzioni diverse
(forte integrazione).
PAUL R. LAWRENCE – JAY W. LORSCH
Lavorano nello stesso ambito di Burns e Stalker, ma loro dicono “attenzione, in realtà non è vero che ci
sia un unico ambiente organizzativo per tutta l’impresa, ma è possibile che: funzioni diverse all’interno
della stessa impresa siano caratterizzate da ambienti differenti. Per esempio, la funzione ricerca e
sviluppo (si occupa di sviluppare nuovi prodotti, processi) probabilmente è caratterizzata da un’ambiente
dinamico (se è un ambiente instabile), mentre la produzione si troverà in un ambiente più stabile.
All’interno di un’impresa, si dovrebbe differenziare tra le diverse funzioni aziendali. È probabile che a
livello generale un’impresa si orienti più verso il modello meccanicistico o verso il modello organicistico,
ma poi scelto il modello generale questo deve essere modificato ed adattato a livello di ogni singola
funzione aziendale.”
Quindi ci deve essere una differenziazione (diversità tra le unità organizzative) e cercare
anche di gestire questa differenziazione attraverso l’integrazione (far convergere le unità
organizzative verso la stessa direzione). A quel punto rischio di trovarmi la ricerca e sviluppo
che ha una struttura più organica, la produzione che ha una struttura più meccanica, alla fine
devono ancora una volta bilanciare questa differenziazione, quindi devo agire
sull’integrazione e sul coordinamento di queste differenze che ho all’interno della mia
organizzazione.
Lawrence e Lorsch precisano meglio il modello proposto dagli autori in precedenza.
La cosa più difficile per Lawrence e Lorsch per un’impresa è: di fronte ad un ambiente che può essere stabile o
dinamico, stabile o instabile, è il bilanciamneto tra differenziazione e integrazione. Questo secondo loro è il compito
più complesso, per i quali non esistono delle linee di guida univoche e quindi le imprese “migliori” saranno quelle che
meglio di altre riescono a bilanciare l’integrazione e la differenziazione (quelle che riescono a costruirsi una struttura
organizzativa che tenga conto delle differenze tra le varie funzioni e poi le sappia integrare in maniera opportuno).
LE CONTINGENZE OLTRE L’AMBIENTE
• L’AMBIENTE: es. la cultura nazionale di un paese che è una variabile dell’ambiente che rende più o meno
efficaci o efficienti le organizzazioni rispetto ad altre.
• IL CILCO DELLA VITA: in cui si trova una determinata impresa.
• LA STRATEGIA: strategia basata sulla leadership di corso, in cui l’efficienza dei processi diventa il parametro
più importante…
• LE DIMENSIONI: microimprese, grande impresa…
• LA TECNOLOGIA: caratteristiche tecnologiche
• …
LE FORME ORGANIZZATIVE
Ci sono molti termini utilizzati per definire quello che andremo a descrivere.
Modelli/forme/configurazioni/architetture/assetti organizzativi: sono tipi di strutture organizzative (specificazioni dei
due modelli visti prima). Sono combinazioni tipiche di scelte di differenziazione e specializzazione orizzontale e
verticale e di integrazione e coordinamento.
HENRY MINTZBERG
Studioso canadese, di management e di organizzazione aziendale. Riguardo a
organizzazione aziendale ha pubblicato un libro nel 1983, intitolato “Structure in
Fives”, si occupò di dirci come progettare le strutture organizzative, attraverso un
modello che definisce in base a cinque dimensioni.
LE CINQUE PARTI DELLA
STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Una struttura organizzativa può essere scomposta in
cinque parti:
• VERTICE STRATEGICO
• LINEA INTERMEDIA
• NUCLEO OPERATIVO
• TECNOSTRUTTURA
• STAFF DI SUPPORTO
RAPPRESENTAZIONE FINALE DEL MODELLO
•
ORGANI DI LINE: sono organi che sono
direttamente coinvolti nell’attività caratteristica di un’impresa
(nel suo processo che porta alla realizzazione di un prodotto o
servizio): vertice strategico, la linea intermedia e il nucleo
operativo.
•
ORGANI DI STAFF: staff di supporto e la
tecnostruttura che svolgono una funzione di supporto e di aiuto
nei confronti della line, gli staff di supporto forniscono servizi
alla line (all’interno dell’impresa, servizi di consulenza legale, chi si occupa della gestione dei pagamenti dei
salari), mentre la tecnostruttura si occupa di analisi e progettazione (dei processi di lavoro, delle strutture
organizzative, delle procedure, delle regole – servizi di consulenza di alto livello).
DIPENDENZE aspetto che fa riferimento ad una duplice dipendenza che abbiamo all’interno delle imprese
• DIPENDENZA GERARCHICA: dipendenza che una persona ha nei confronti del proprio superiore (dipendenza
legata alla distribuzione dell’autorità all’interno dell’impresa).
• DIPENDENZA FUNZIONALE: dipendenza nei confronti dell’organo di staff (dipendenza professionale, l’organo
di staff non è il mio capo ma mi può dare delle indicazioni su come svolgere il mio lavoro).
ESEMPIO
LE CONFIGURAZIONI ORGANIZZATIVE DI MINTZBERG (1983) forme organizzative
STRUTTURA:
• SEMPLICE
• FUNZIONALE:
- Burocrazia meccanica
- Burocrazia professionale
• DIVISIONALE
• ADHOCRATICA
• AMATRICE
LA FORMA SEMPLICE (imprese piccole o appena fondate)
DIFFERENZE RISPETTO AL MODELLO GENERALE:
Mancano Staff di supporto
Manca Tecnostruttura
Acquistano i servizi, che gli staff di supporto e la
tecnostruttura offrono, sul mercato (si appoggeranno ad uno
studio legale, al consulente del lavoro…)
Abbiamo soltanto organi di line.
ORGANI DI LINE:
- Linea manageriale intermedia: parte meno sviluppata perché abbiamo pochissimi manager. Non abbiamo tanti
livelli gerarchici.
- Vertice strategico: molto sviluppato (decisioni sono centralizzate nelle mani dell’imprenditore.
- Nucleo operativo: molto sviluppato (la maggior parte dei dipendenti si occupano delle attività esecutive).
Riesce ad adattarsi bene all’ambiente perché le decisioni possono essere prese molto rapidamente.
DESCRIZIONE: la struttura semplice è la struttura più elementare, il potere è centralizzato ai livelli più alti della
direzione con l’impiego di pochi manager (linea manageriale intermedia piccola), questa struttura è utilizzata di solito
dalle piccole imprese (dimensioni ridotte). Il controllo è esercitato direttamente dai manager che conoscono tutti i
lavoratori e si rivolgono a loro direttamente ogni giorno.
ESEMPI: questa forma è particolarmente indicata per attività imprenditoriali, imprese che producono un solo prodotto
o semplici e per imprese start up.
LA FORMA FUNZIONALE
L’elemento chiave della struttura funzionale è la presenza
di unità organizzative specializzate per funzioni.
FUNZIONI: sono unità organizzative che raggruppano
attività omogenee dal punto di vista tecnico e del mestiere o
professione in esse svolto.
BUROCRAZIA MECCANICA
Abbiamo di fatto tutte le cinque componenti e tutte quante sono
sufficientemente sviluppate.
La burocrazia meccanica funziona bene quando:
Ci troviamo di fronte a dimensioni importanti, di dimensioni
elevate (imprese medie).
Ambiente semplice e stabile: con poche variabili e stabili,
deve essere prevedibile. Si ispira al modello meccanicistico
È importante la standardizzazione dei processi di lavoro, che
rappresenta il fattore di integrazione più importante di questa forma ed
è per questo che troviamo una tecnostruttura così sviluppata (l’obiettivo della tecnostruttura è di progettare
degli standard che devono essere seguiti nei processi di lavoro).
DESCRIZIONE: enfatizza la standardizzazione dei processi produttivi. La maggior parte dei dipendenti ha poche
competenze ed esegue compiti molto specifici. L’organizzazione necessita di una pianificazione dettagliata e vi è
bisogno di una struttura amministrativa. Queste organizzazioni sono altamente efficienti ma non flessibili.
ESEMPI: imprese impegnate nella produzione di massa o che producono prodotti semplici in ambienti stabili
(McDonald’s e UPS).
BUROCRAZIA PROFESSIONALE
DIFFERENZE RISPETTO AL MODELLO GENERALE:
- Tecnostruttura: poco sviluppata, presente nella minima parte rispetto
al modello generale che alla burocrazia meccanica.
- Staff di supporto: sono più sviluppati rispetto al modello generale che
alla burocrazia.
- Linea manageriale intermedia: poco sviluppata rispetto alla burocrazia
meccanica (entra in gioco la distribuzione dell’autorità).
-
Vertice strategico: più piccolo.
BUROCRAZIA PROFESSIONALE:
- È adottata nelle imprese che operano nell’ambito dei servizi professionali (università, ospedali.
- Non adotta una standardizzazione che troviamo nella burocrazia meccanica.
- Abbiamo una standardizzazione delle competenze: si agisce sulle conoscenze, competenze, ossia sulla
selezione di persone che hanno conoscenze e competenze (vengono assunti professionisti). Quindi vengono
delegati a loro la scelta delle modalità di lavoro, perché sappiamo che sono competenti.
- Per questo c’è un vertice strategico piccolo, una linea manageriale poco accennata e non c’è la tecnostruttura
(non è necessario definire delle procedure valevoli per tutti).
FUNZIONA BENE QUANDO:
- L’ambiente è complesso: ci troviamo in un settore dove il grado di complessità è elevato, deve essere un
ambiente complesso ma stabile.
- Le dimensioni possono essere elevate
- Standardizzazione delle competenze: elemento centrale
DEFINIZIONE: si basa sulla standardizzazione delle competenze standardizzate, piuttosto che sulla standardizzazione
dei processi. L'impiego di professionisti permette all'organizzazione di garantire discrezionalità ai propri dipendenti
(garantisce un certo grado di autonomia nello svolgimento del proprio lavoro), che devono svolgere dei compiti per i
quali sono stati formati professionalmente. Ha una minore gerarchia rispetto alla burocrazia meccanica, anche se i
professionisti sono supportati da uno staff organizzato in maniera meccanicistica.
ESEMPIO: Si addice a quelle imprese che operano in ambiti complessi e stabili (Università, ospedali, grandi società di
consulenza come McKinsey e KPMG.
FORMA FUNZIONALE CON INTEGRATORI (non c’entra con il modello di Mintzberg)
Molto spesso può capitare che un’impresa aumenta di dimensioni, inizia a
produrre più prodotti, è quindi necessario introdurre gli “organi di integrazione”.
ORGANI DI INTEGRAZIONE: hanno il ruolo e la funzione di coordinare le
funzioni in base alle esigenze dei vari prodotti o marchi.
PRODUCT/BRAND MANAGER: ha il compito di coordinare la ricerca e
sviluppo, la produzione, il marketing e le vendite rispetto ad un determinato
prodotto o brand
Questo vale sia per la burocrazia meccaniche che per la burocrazia professionale.
LA FORMA DIVISIONALE
Sono presenti due livelli:
- Livello centrale (chiamato direzione generale/quartiere generale/ livello
corporate): si caratterizza dal vertice strategico, dagli staff di supporto della
tecnostruttura.
- Livello che fa riferimento alle divisioni (specifiche unità organizzative e
questo livello viene chiamato divisioni): replicano lo schema di Mintzberg.
FUNZIONA BENE QUANDO:
- Le dimensioni sono elevate: imprese grandi o molto grandi.
- L’impresa opera in settori e mercati diversi per i quali ha bisogno di un
presidio specifico offerto da queste unità organizzative (divisioni, dove ognuna di loro hanno al proprio
interno le funzioni e sono delle quasi imprese).
All’interno della forma divisionale entra in gioco il rapporto che esiste tra il livello centrale e le varie divisioni, ossia
nell’ambito della forma multidivisionale, può essere vario il grado di decentramento decisionale che ho (vario il grado
di autonomia che io segno ad ogni singola divisione). Da questo punto di vista posso avere un elevato grado o un
grado basso di autonomia e indipendenza rispetto al livello corporate.
Nell’ambito della forma divisionale il controllo e il coordinamento manageriale avvengono attraverso un meccanismo
di mercato (modello di Uchi), perché possono affidare alle varie divisioni degli obiettivi di risultato (obiettivi di
fatturato da raggiungere, remunerazione del capitale da raggiungere) e poi le valuterò su questo fronte (creo all’interno
dell’impresa un quasi mercato che mette in competizione le varie divisioni tra di loro).
DIVERSE TIPOLOGIA DI FORMA DIVISIONALE:
- FORMA MULTIDIVISIONALE (M form): in cui le divisioni sono si delle quasi imprese, ma rimangono
delle unità organizzative (giuridicamente non autonome e non indipendenti). Queste divisioni possono essere
specializzate per prodotti, per progetti, per clienti, per aree geografiche… non abbiamo un criterio di
specializzazione per funzioni (come visto nella forma funzionale). All’interno di queste di queste divisioni
specializzate in base ai criteri, abbiamo poi a loro volta delle varie funzioni.
Il criterio che di solito che viene utilizzato per specializzare le funzioni:
o Criterio della massima disomogeneità e indipendenza tra quelle esistenti: devo creare o scegliere un
criterio che renda le divisioni autonome e indipendenti l’una dall’altra.
- FORMA DIVISIONALE AD HOLDING (H form): in cui le divisioni dove le divisioni diventano società
diventano giuridicamente autonome. In questo caso, il livello centrale diventa un capo gruppo o una Holding
che detiene le partecipazioni azionarie delle società controllate (divisioni).
Il capo-gruppo può essere:
o Operativa: capo-gruppo che entra nel merito delle strategie delle singole società autonome.
o Finanziaria: è una holding che detiene le quote azionarie ed è interessata quasi unicamente al ritorno
economico del proprio investimento.
Molto spesso le forme divisionali ad holding vengono chiamate anche imprese conglomerate, perché molto
spesso sono presenti in attività non collegate tra di loro (in settori diversi tra di loro).
INTERNO DELLA FORMA DIVISIONALE
DEFINIZIONE: sia delle divisioni che perseguono in maniera relativamente autonoma le proprie attività, nel senso
che ciascuna produce prodotti specializzati per mercati particolari. Le divisioni sono supervisionate da un gruppo
dirigente e dal loro staff (livello corporate), che definiscono gli obiettivi di divisione, ne controllano il comportamento
regolandone le risorse e ne monitorano e confrontano il rendimento usando degli strumenti finanziari (come gli
obiettivi di vendita, i tassi di redditività).
ESEMPIO: agiscono meglio in ambiti complessi e piuttosto instabili, perché le divisioni possono essere chiuse o
trasferite, e nuove attività possono essere avviate più facilmente che con i modelli burocratici (General Electric,
General Motors).
RAPPRESENTAZIONI GRAFICHE DELLA FORMA DIVISIONALE
LA FORMA ADHOCRATICA (adhocrazia)
RISPETTO AL MODELLO GENERALE E ALLA FORMA SEMPLICE:
- Organi di staff: non sono nettamente distinti rispetto alla linea mangeriale intermedia
- Non abbiamo una chiara distinzione tra le cinque parti
CARATTERISTICA:
- Abbandona la specializzazione e la definizione, perché come dice il suo nome
“AdHoc”, si deve adattare ad un ambiente complesso e dinamico (che cambia
rapidamente) e fortemente instabile, e quindi devo avere una forma organizzativa
flessibile in grado di cambiare continuamente.
La foma adhocratica è un esempio di sistema organico.
FUNZIONA BENE CON:
- Team o gruppi di lavoro di tipo orizzontale (persone che si trovano allo stesso livello), per questo non
abbiamo una chiara definizione tra gli staff, la linea manageriale intermedia e con il nucleo operativo.
- Imprese giovani, start up che operano in un settore dinamico (dove il cambiamento diventa la chaive
essenziale e dove la creazione e l’innovazione devono essere supportate al massimo.
DESCRIZIONE: è una struttura interattiva di gruppo di progetto, il cui compito è di introdurre delle soluzioni
innovative per affrontare situazioni problematiche in continuo cambiamento. Ricorre a numerosi esperti, che
producono prodotti non standardizzati sulla base delle specifiche dei clienti. I processi decisionali sono estremamente
decentralizzati (c’è molta autonomia all’interno di questa forma) e la strategia emerge dalle azioni compiute dall'intera
organizzazione (startegia emergente).
ESEMPIO: è più efficace in ambienti turbolenti, quando un'organizzazione ha bisogno di innovazione costante (Le
piccole ditte di consulenza come le agenzie pubblicitarie, le imprese impegnate nelle biotecnologie, i comitati di
esperti).
FORMA A MATRICE (non è citata da Mintzberg)
CARATTERISTICHE:
- Due livelli gerarchici che sono uguali per autorità. Mette insieme due diversi criteri di
specializzazione.
- I manager di secondo livello sono dette, in questa particolare forma organizzativa,
“two boss managers” manager che hanno due capi (capo funzionale e capo divisionale)
e quindi abbiamo una dobbia dipendenza gerarchica (va contro il principio dell’unità di
comando di Fayol – una persona deve avere un solo capo).
Può rappresentare un’evoluzione della forma divisionale: abbiamo un doppio livello
(livello centrale e livello dove abbiamo una combinazione più o meno complessa di
funzioni e divisioni).
In questo modello dobbiamo però stare attenti ai conflitti che possono nascere tra i
diversi criteri di specializzazione.
FORMA A MATRICE GLOBALE
Mettiamo insieme più criteri
di specializzazione. Qui
andiamo a considerare
imprese molto grandi e
complesse, che hanno
prodotti diversi, operano in
mercati differenti a livello
globale
Quello che accade nella pratica, le forme organizzative e le configurazioni organizzative si sovrappongono. Quello che
capita nelle imprese concrete è una situazione in cui abbiamo una “confusione” tra divisioni, funzioni, matrici più o
meno complesse.
LA TEORIA DELLE CONTINGENZE, LE FORME E LE CONFIGURAZIONI ORGANIZZATIVE
Secondo questo filone teorico moderno-modernista:
- Ci sono determinate contingenze: ambiente con particolari caratteristiche (grado di stabilità e instabilità), il
tema delle dimensioni, ciclo di vita (fase di evoluzione, sviluppo), tema della tecnologia, strategia…
Tutte queste contingenze incidono sulla scelta della configurazione più adatta e coerente (rispetto al tema
dell’efficienza e dell’efficacia) a queste contingenze.
- Non abbiamo una forma che è migliore di un’altra, ma vanno bene in funzione alle contingenze.
GLI ORGANIGRAMMI
ORGANIGRAMA: rappresentazione grafica della struttura organizzativa, rappresentazione
semplificata e formale e non tiene conto della dimensione informale (non coincide con la struttura
organizzativa)
Uno dei primi organigrammi proposti di un’impresa ferroviaria degli Stati Uniti nella seconda metà
dell’800 (seconda rivoluzione industriale). Le imprese ferroviarie hanno rappresentato le prime
imprese che hanno iniziato a diventare delle imprese moderne per fare investimento nei servizi, nel
management…
DIFFERENTI LOGICHE E DIFFERENTI PROSPETTIVE
Seguiamo una logica organizzativa con l’obiettivo di garantire determinati livelli di efficienza, di efficacia e di
giustizia organizzativa. In realtà, esistono tante logiche differenti, quando le organizzazioni decidono quale struttura
adottare, quale dimensione societaria scegliere, possono dover bilanciare logiche e prospettive diverse.
In particolare, dobbiamo tener conto delle differenze che esistono tra il concetto di: (noi ci occupiamo di unità
organizzative, mentre le altre discipline, il resto)
• SOCIETÀ: (prospettiva legale/fiscale) le imprese decidono di trasformare le loro unità organizzative in società
giuridicamente autonome e indipendenti, non necessariamente per motivazioni organizzative che riguardano
l’efficienza, l’efficacia e i processi o del funzionamento, ma perché magari c’è una legge/normativa che rende più
favorevole un assetto societario rispetto ad un altro (trasformo l’unità organizzativa in società perché in questo
modo riesco ad avere un maggior controllo o perché riesco ad avere dei vantaggi fiscali).
• AREA DI BUSINESS: (prospettiva strategica - combinazione di prodotti e mercato) impresa, non per quanto
riguardano le unità organizzative, ma per quanto riguardano quali siano le aree di business che la caratterizza.
• MARCHIO: (prospettiva di marketing) non è detto che dietro ad un marchio ci sia dietro un impresa, quindi può
essere semplicemente un marchio commerciale.
• UNITÀ ORGANIZZATIVA: (prospettiva organizzativa) logiche che caratterizzano la prospettiva organizzativa
e le sue teorie (differenziazione verticale/orizzontale, integrazione…).
Quello che accade nella realtà è che queste prospettive si sovrappongono e quindi le imprese devono bilanciare queste
prospettive.
GLI APPROCCI SIMBOLI
DALLE STRUTTURE AI PROCESSI E ALLE PRATICHE
Alcuni autori definiti simbolici/simbolisti, ritengono che in realtà nelle imprese non esistano delle strutture (come le
abbiamo descritte/rappresentate), ma esistono dei processi organizzativi (dimensione legata all’interazione continua e
costante tra le persone). Secondo questi autori non ci si bisogna focalizzare sulle posizioni o sui livelli, ma sulle
pratiche organizzative, ossia su quello che viene effettivamente fatto nelle imprese.
Non esistono organizzazioni ma solo processi organizzativi, non esistono strutture ma esistono pratiche organizzative,
in cui l’interazione tra le persone diventa l’elemento centrale.
LA ROUTINE ORGANIZZATIVA
• ROUTINE: fenomeno naturale o sociale che si verifica in modo ripetitivo.
• ROUTINE ORGANIZZATIVA: sono delle sequenze di regole o di comportamento automatici (su cui le persone
non prestano neanche attenzione) e attraverso queste routine organizzative le imprese usano e ricordano a tutti
quanti le loro conoscenze (modo per tramandare le proprie conoscenze, il saper fare).
Quindi il tema della socializzazione diventa un tema centrale.
COME VENGONO ATTIVATE QUESTE ROUTINE ORGANIZZATIVE?
Vengono attivate nel momento in cui le persone le seguono e le continuano a seguire (quindi non vengono messe in
discussione e questo genera un rafforzamento della routine). Se la routine viene giorno per giorno, messa in pratica
questa tende a rafforzarsi, a diventare parte dell’impresa.
Può capitare però che qualcuno decida di non seguire più quella
routine e quindi entra in gioco la “devianza”. Questo porta ad un
cambiamento della routine organizzativa e se quel cambiamento
tende a diffondersi, questa può diventare una nuova routine
organizzativa.
ESEMPIO
PRATICHE ORGANIZZATIVE: ciò che riguarda le pratiche organizzative sono da una parte il concetto di routine
organizzativa, dall’altra l’improvvisazione organizzativa e il bricolage organizzativo (modificano la routine).
FONTI DI CAMBIAMENTO DELLE ROUTINE
• IMPROVVISAZIONE ORGANIZZATIVA: rileva la propensione generale ad agire in seguito di un
cambiamento inaspettato o ad un vuoto organizzativo.
Il concetto di improvvisazione organizzativa deriva un po’ dal jazz che, di fatto i musicisti jazz si rifiutano di
suonare secondo uno spartito rigido, generalmente tendono ad addentrarsi in maniera indipendente in un territorio
musicale inesplorato.
Questo può capitare anche nelle imprese e questo riempire “gli spazi vuoti”, perché le imprese non possono
individuare delle soluzioni per tutto ciò che potrebbe accadere.
Per far si che l’improvvisazione sia efficace bisogna avere delle elevate competenze, si devono conoscere bene i
processi (in realtà sono poche le persone che realmente possono improvvisare), la tua professione… e viene
annullata la distinzione tra chi progetta e chi esegue.
• IL BRICOLAGE ORGANIZZATIVO: ha tre dimensioni:
- CAMBIAMENTO DI RUOLO (roul shifting): propensione dell’individuo, all’interno delle organizzazioni,
ad assumere un ruolo differente rispetto a quello formale per rispondere ad un cambiamento improvviso. Un
cambiamento di ruolo che dura fino al momento che serve per gestire qualcosa di inaspettato (mi occupo in un
determinato momento di una mansione/lavoro/attività che magari non è richiesta tra le mie mansioni).
- CAMBIAMENTO DELLE ROUTINE (reorganizing routines): propensione dell’individuo ad adottare
nuove routine per gestire il cambiamento improvviso (non rispetto più la routine abituale e ne individua una
nuova)
- CAMBIAMENTO DELLA SEQUENZA DI LAVORO (reordering the work): propensione
dell’individuo a modificare la sequenza temporale dell’attività che risponde ad un cambiamento improvviso
(non seguo la sequenza prevista).
“Rifare” le cose con quello che si ha a disposizione.
LA COMUNITÀ
Nella descrizione delle strutture organizzative si basava molto sulla forma, con questo approccio simbolico andiamo a
lavorare sull’informale.
• COMUNITÀ: gruppi di persone che tendono ad interagire nell’une con le altre e che attivano un processo di
costruzione collettiva di un significato. La comunità può assumere due forme:
- COMUNITÀ DI PRATICA: lavoratori che svolgono la stessa professione all’interno dell’impresa e che si
mettono in rete per scambiarsi opinioni o punti di vista su come svolgere determinate attività (comunità
informale, perché sono le persone a decidere di formare questa comunità).
- COMUNITÀ DI LINGUAGGIO: gruppi di persone che all’interno delle imprese condividono uno stesso
gergo aziendale (proprio linguaggio).
L’APPROCCIO POST-MODERNO
È un approccio che tende a sfidare lo status quo (situazione presente) e
quindi tende a vedere negativamente tutta una serie di strutture,
meccanismi che da un lato facilitano l’efficienza/efficacia, ma dall’altra
possono avere delle conseguenze negative sulle persone che lavorano
nelle organizzazioni.
Quindi l’approccio critico post-moderno si focalizza sulle strutture e
sulle relazioni di potere che abbiamo nelle imprese, in particolare tra:
• CLASSE DOMINANTE: controlla i processi decisionali e tiene il
potere all’interno delle organizzazioni.
• CLASSE SUBALTERNA: subisce le decisioni della classe dominante.
La struttura organizzativa (così come l’abbiamo descritta) è considerata come un dispositivo di dominazione e
controllo nei confronti dei lavoratori e quindi viene vista come una sorta di prigione all’interno del quale sono
rinchiusi i lavoratori (qui riprendono la gabbia di ferro di cui ne parlava Weber).
Per questo motivo dicono che si dovrebbe cambiare questo approccio e pensare a nuove strutture organizzative.
LA DE-DIFFERENZIAZIONE
Secondo gli autori post-moderni, bisogna ridurre la divisione del lavoro in senso orizzontale e in senso verticale, si
domandano poi se sia possibile costruire delle strutture sociali/organizzative più democratiche, meno gerarchiche e
meno differenziati in particolare in senso verticale.
Bisogna individuare tutte le soluzioni che possono
consentire di dare maggior democrazia organizzativa
all’interno delle imprese, fare in modo che le persone
possano partecipare ai processi decisionali. Quindi da questo
punto di vista, nasce la cooperazione o le cooperative.
L’iniziativa di “workers buy out”: fenomeno che si è
intensificata negli ultimi anni, dopo la crisi finanziaria del 2007-08, ossia aziende in crisi che vengono rilevate dai
lavoratori/dipendenti e che poi vengono gestite dai lavoratori/dipendenti.
L’ACCESSO ALLE POSIZIONI
Chi decide molto spesso le caratteristiche e le condizioni per accedere a determinate condizioni, in realtà è chi detiene
le leve all’interno dell’impresa (classe dominante) e questo può rischiare di escludere altri soggetti. Questo mette in
evidenza che all’interno delle imprese ci possano essere delle distorsioni.
LA DIFFUSIONE DELLE FORME ORGANIZZATIVE
COME E PERCHÉ SI DIFFONDONO LE FORME ORGANIZZATIVE?
Variabili che entrano in gioco:
• STRATEGIA AZIENDLE
ALFRED CHANDLER (1962)
Pubblica un libro intitolato “Strategy and structure” e dice che in realtà la strategia rappresenta la
variabile più importante per capire perché un’impresa decide di cambiare la propria struttura
organizzativa.
- FORMA FUNZIONALE: quando un’impresa adotta una strategia di espansione orizzontale
(ossia di accrescimento delle proprie dimensioni all’interno del proprio settore) oppure
quando adotta una strategia di espansione verticale (ossia acquista i propri fornitori/clienti),
può adottare una forma organizzativa di tipo “funzionale” (rimane nell’ambito di quello che è
un determinato mercato/settore).
- FORMA DIVISIONALE: quando un’impresa adotta una strategia di diversificazione (quando
aumentano il numero dei prodotti, diversi gli uni dagli altri, entra nei nuovi mercati) e quindi
la forma organizzativa più adatta è la forma divisionale (da maggiore autonomia a quelle unità
organizzative che noi chiamiamo divisioni e quindi consente di presidiare meglio i singoli prodotti/mercati).
In base alla strategia di Chandler è la strategia la contingenza più importante, la variabile che più di altre spiega perché
si diffonda una forma piuttosto che un’altra.
• DIMENSIONI
LA TEORIA DEI COSTI DI TRANSAZIONE proposta da OLIVER WILLIAMSON
Nel libro pubblicato nel 1975, intitolato “Markets and HIerarchies” e dice:
Quando le imprese aumentano di dimensioni, perdono la capacità di controllo, in particolare aumenta
la potenzialità di opportunismo (comportamento che privilegia l’interesse personali a scapito
dell’interesse dell’impresa e quindi le imprese tendono a perdere l’efficienza e l’efficacia), l’unica
soluzione è adottare una nuova forma organizzativa che sia in grado di ripristinare le condizioni di
efficienza e di efficacia.
LA FORMA DIVISIONALE, da questo punto di vista, diventa quella più conveniente perché è quella
che minimizza i costi di transazione (costi connessi agli scambi di costi e servizi) ed è la forma più
efficiente ed efficacie.
•
AMBIENTE: è tutto ciò che circonda l’impresa e possono essere altre imprese, altre
organizzazioni, altri soggetti esterni.
TEORIA ECOLOGICA proposta la prima volta da due autori americani HANNAN e
FREEMAN
Nel 1977, secondo questi autori l’ambiente selezione le imprese che hanno il fit (adattamento) migliore.
Si chiama teoria ecologica perché lima quello che accade nell’ambiente naturale in cui è in atto un
processo di selezione delle specie animali, vegetali… un processo simile accade anche nell’ambito
dell’economia e quindi l’ambiente seleziona (sopravvivono) le imprese più adatte.
Le imprese dotate di una forma organizzativa divisionale, in un certo momento sono risultate migliori
di quelle con una forma organizzativa funzionale (muoiono tutte le imprese funzionali, forma
organizzativa non più adatta, e sopravvivono quelle che invece hanno adottato la forma divisionale, più
adatta alle caratteristiche richieste dall’ambiente).
PROSPETTIVA ISTITUZIONALISTA proposta da DI MAGGIO e POWELL nel 1983
Il loro libro “the new institutionalism in organizational analysis” pubblicato il 1991 viene spiegata
questa loro prospettiva.
Anche loro puntano l’attenzione sull’ambiente ma in questo caso cambia un po’ il meccanismo in
gioco, loro dicono:
Le imprese hanno bisogno della legittimazione del proprio ambiente, ossia le imprese in realtà non
competono soltanto tra di loro sul fronte dell’efficienza/efficacia tecnica, ma competono anche per
aver l’approvazione dell’ambiente. Questa ricerca di legittimazione porta le imprese ad essere
uguali le une alle altre, quindi portano ad un conformismo (isomorfismo). Se ad un certo punto,
secondo una serie di attori importanti (società di consulenza, scuole di management, università), la
forma migliore è la forma divisionale allora molte imprese tendono a conformarsi, quindi a
prescindere dal fatto che sia realmente utile, decidono di adottare la forma divisionale.
• POTERE:
Il libro di Pfeffer “the power of innovation” del 1981, in base a questa prospettiva, la forma
organizzativa è decisa da chi detiene il potere all’interno dell’impresa (coalizione dominante), quindi
la diffusione della forma divisionale è legata alla coerenza tra la base di potere gli interessi di alcuni
attori chiave e le caratteristiche della forma divisionale (ossia la forma divisionale soddisfa gli
interessi di chi detiene il potere). Qui aumenta il potere degli attori chiave che hanno supportato la
forma organizzativa divisionale. (forma di finanza)
In particolare, in base ad uno studio che è stato
condotto è emerso che:
Quando all’interno di un’impresa la funzione
più importante è la funzione di produzione, è
molto più probabile che la forma
organizzativa, sia una forma funzionale.
Quando la funzione chiave è il marketing,
convivono la forma funzionale e la forma
divisionale.
Quando la funzione chiave è la finanza, la
forma organizzativa predominante diventa la forma divisionale.
Questo perché, come abbiamo visto, la forma divisionale lavora su due livelli:
- Livello di gruppo: holding. L’attività primaria che fa è quella di distribuire risorse finanziarie alle varie
dimensioni e quindi entra in gioco la finanza (si rafforza perché diventa centrale di tutta l’attività di
distribuzione delle risorse finanziarie)
- Livello più operativo: divisioni.
Le forme organizzative si diffondono mettendo insieme queste
teorie. La scelta concreta di quale forma organizzativa adottare
dipende: dalla strategia che l’impresa vuole adottare, dalle
dimensioni, dall’ambiente, potere interno)
Abbiamo sempre ragionato a livello macro secondo le forme organizzative, configurazioni organizzative…
LIVELLO MICRO E MESO
In questo livello il concetto chiave è il concetto di “Mansione” (job).
Si caratterizza per elementi che sono:
• SOTTO-ORDINATE (compiti)
• SOPRA-ORDINATE (rispetto alla mansione): sistema del lavoro primario
SISTEMA DEL LAVORO PRIMARIO: insieme di attività interdipendenti che concorrono alla realizzazione di
un output come e identificabile (bene/servizio).
Esempio: assemblaggio di un prodotto finito (automobile. Per giungere ad un’automobile devo compiere una serie di
attività che sono poste in sequenza), pranzo in un ristorante.
COMPITI E OPERAZIONI
Sono delle funzioni al di sotto delle mansioni.
Rispondere al telefono:
- Muovere il braccio
- Prendere la cornetta
- Parlare
- …
OPERAZIONI, AZIONI E MOVIMENTI
MANSIONI
COME POSSIAMO ANALIZZARE LE MANSIONI?
Possiamo usare una matrice in cui abbiamo tre elementi principali:
TRE TIPI DI MANSIONI:
LE MANSIONI PERCELLIZZATE: se una mansione
coincide con un compito solo, abbiamo una mansione
specializzata. Siamo un’impresa caratterizzata da una
elevata divisione del lavoro.
LE MANSIONI VARIE: mansione caratterizzata da
tanti compiti in senso orizzontale, quindi la persona dovrà
svolgere tanti compiti diversi e differenti.
LE MANSIONI RICCHE: mansione caratterizzata da
più autonomia, diritti decisionali e di controllo. La
mansione è ricca perché aumenta l’autonomia della
persona.
COME POSSIAMO ANALIZZARE LE MANSIONI? GLI ELEMENTI IMPORTANTI
LA VALUTAZIONE DELLE MANSIONI
Attribuendo un valore relativo alle mansioni questo mi consente di definire la retribuzione di una persona che svolge
quella determinata mansione. Quindi devo esprimere un giudizio sulla mansione (quanto è importante quella mansione
rispetto alle altre?). Definire il valore relativo di una determinata mansione rispetto alle altre.
DIMENSIONI DELLE MANSIONI, RUOLO E DEGLI INDIVIDUI
• DIMENSIONE OGGETTIVA: definibili in maniera semplice e formale
- MANSIONI
- POSIZIONI
• DIMENSIONE INDIVIDUALE/INTERPERSONALE: riguarda le caratteristiche di un individuo che andrà a
ricoprire quella mansione
- INDIVIDUO: entra in gioco la sua identità, la motivazione, i suoi valori individuali, i suoi atteggiamenti, gli
stili cognitivi e l’insieme delle capacità, abilità e competenze che lo contraddistinguono.
Bisogna capire se potrà svolgere una determinata mansione o posizione.
• DIMENSIONE SOCIALE: aspettative che si
- RUOLO (ottica interna): aspettative che si hanno all’interno dell’impresa su come quella mansione debba
essere svolta (dipende però dall’impresa che si sta considerando).
- MESTIERE/PROFESSIONE (ottica esterna): abbiamo molto spesso delle professioni che sono modificabili,
(dottori commercialisti) hanno degli ordini professionali e quindi ci si aspetta che ci si comporta in un
determinato modo e che abbia determinate competenze. Questo viene deciso da organismi che sono gli ordini
professionali. Abbiamo delle aspettative che sono esterne alle singole imprese e quindi un esperto contabile,
svolgerà il proprio ruolo in una specifica impresa (aspettative legate all’impresa), ma ci saranno delle
aspettative legate ad un professionista (deve seguire delle norme più generali).
MATRICI DI ERNST: matrice in cui mette da una parte le persone che lavorano all’interno dell’impresa e dall’altra
i compiti.
MASSIMA SPECIALIZZAZIONE
Ci troviamo in una situazione di “massima specializzazione” e che di fatto la persona svolge la
mansione che coincide con un determinato compito; quindi, abbiamo un elevato grado di
specializzazione.
Quando la matrice di Ernst è evidenziata in senso diagonale, significa che ci troviamo in
un’impresa in cui la specializzazione è molto elevata (quando un individuo si assenta un
giorno, nessun altro potrà svolgere il suo compito).
MASSIMA POLIVALENZA
Quando la matrice di Ernst è tutta colorata significa che tutte le persone possono svolgere tutti
i compiti (o la maggior parte dei compiti) che caratterizzano le mansioni e le attività
d’impresa, e quindi c’è una massima polivalenza.
Perché questa azienda inizia ad avere tutti questi problemi? Problemi sul fronte della qualità del prodotto e che poi si
traduceva in insoddisfazione da parte dei clienti. Quali sono gli errori?
- L’azienda cresce di dimensioni, c’è un tema di differenziazione orizzontale (quindi il lavoro inizia ad essere
diviso tra più persone/unità organizzative differenti), c’è anche un tema di differenziazione verticale (abbiamo
un approccio di gerarchia e quindi la distinzione è sempre più chiara tra il direttore e i due responsabili). In
particolare, le due unità organizzative sembrano slegate, sembrano procedere in maniera autonomo ed
indipendente l’una dall’altra.
- L’azienda è cresciuta in maniera molto rapida in poco tempo e il direttore non aveva competenze psicologiche
per gestire questo cambiamento e quindi non sono riusciti a disegnare una struttura organizzativa che fosse in
grado di tenere conto dell’evoluzione del settore e delle richieste dei clienti.
Come sono queste mansioni? Sono molto differenziate quindi specializzate perché abbiamo una chiara distinzione tra
chi batte i testi e chi controlla e edita i file che vengono generati.
Abbiamo due problemi:
• EFFICACIA: perché non soddisfa i bisogni dei clienti. Consegna in ritardo e per di più con degli errori. Tutto
questo perché non c’è coordinazione tra le due unità organizzative e abbiamo anche un conflitto tra questi due,
bisogna trovare il giusto mix tra la divisione del lavoro e l’integrazione che mi consente di rendere
l’organizzazione come un’orchestra.
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.Problemi sul fronte di diverse varietà:
• MANSIONI: poco varie, tendenzialmente monotone che genera una situazione di noia da parte degli addetti/e,
perché la varietà è un elemento importante nel definire il contenuto del lavoro. La varietà fa riferimento al fatto
che il lavoro richiede attività differenti per portarlo al termine (differenti capacità e differenti talenti). Quindi la
varietà del lavoro può rappresentare un aspetto positivo per chi svolge quella determinata attività, mentre nella
Westa abbiamo un’assenza di varietà.
Abbiamo:
- MANCANZA DI VAIRETÀ: Un’elevata divisione del lavoro (mansioni parcellizzate) in cui gli addetti
svolgono poche attività.
- MANCANZA D’IDENTITÀ: Manca un senso di identità di quello che si sta facendo, ovvero i compiti sono
così parcellizzati (chi batte i testi, chi li edita, chi li corregge) che a fronte di alcuni sicuri vantaggi derivanti
dalla specializzazione degli operatori si generano molti errori e i tempi non vengono rispettati, perché gli
operatori perdono di vista il senso complessivo di quello che stanno facendo. Chi batte i testi non si rendeva
conto che facendo degli errori appesantisce il lavoro a chi dovrà correggere, chi fa l’editing non tiene conto
dei tempi stretti di chi deve battere i testi…
Quindi questa elevata parcellizzazione porta ad una mancanza d’identità di quello che si sta facendo, che
consente di svolgere un’attività dall’inizio alla fine con un risultato identificabile.
- MANCANZA DI SIGNIFICATIVITÀ: I dipendenti della Westa non si rendono conto che quei semplici gesti
contribuiscono ai risultati dell’azienda e ritengono i loro compiti poco importanti, c’è una mancanza di
significatività da parte dei lavoratori. La significatività di una mansione riguarda il fatto che la persona ha la
percezione che quello che sta facendo ha un impatto sul lavoro di altre persone, manca un legame tra quello
che stanno facendo e il risultato.
- MANCANZA DI AUTONOMIA: Non possono organizzare il lavoro in maniera autonoma creando un team
responsabile lavorando tutti su più compiti, non essendo responsabili su un prodotto finito. Le mansioni che
svolgono non sono mansioni ricche. L’autonomia consente di avere una libertà, una discrezione nella
programmazione delle attività e nella scelta delle procedure da utilizzare per svolgere quelle attività.
- MANCANZA DI FEEDBACK: non ricevono feedback sul lavoro svolto ma solo rimproveri sui tempi e sugli
errori di cui non si tengono responsabili. Il feedback riguarda la possibilità che l’individuo riceva chiare e
dirette informazioni sull’efficacia sulla sua prestazione/performance.
Questo ci fa vedere come è importante disegnare/progettare opportunamente le mansioni al fine di conseguire
determinati livelli di efficacia e di efficienza. Il problema che abbiamo in Westa è un problema di efficacia perché
avrà deciso di puntare su una buona efficienza, ma una buona organizzazione è quella che riesce a bilanciare
l’efficienza e l’efficacia.
DALLE MANSIONI ALLE UNITÀ ORGANIZZATIVA come facciamo? (dal livello micro al livello meso)
Abbiamo due modi per costruire le unità organizzative:
- Raggruppando le mansioni.
- Analizzando i processi e delle attività complessive, scomponendoli nei loro elementi.
DISTRIBUZIONE DELL’AUTORITÀ
Ho una serie di unità organizzative, di posizioni all’interno della struttura e devo capire come distribuire l’autorità tra
le varie posizioni (senza dimenticare che all’interno delle posizioni esistono delle relazioni di subordinazione
formale).
Quando ragioniamo a livello meso, dobbiamo definire i rapporti di sovrapposizione, di dipendenza e di autorità.
Quindi dobbiamo capire chi dipende da chi.
LA TECNOLOGIA
TECNOLOGIA: insieme di metodi, conoscenze, strumenti, attrezzature per trasformare i fattori produttivi (input) in
prodotti o servizi (output). Tutto ciò che serve per far funzionare i processi di trasformazione di
un’impresa/organizzazione.
ESEMPIO: LA TECNOLOGIA USATA IN UN’AULA
• AULA: fisica
• SCRIVANIA: computer (hardware)
• SISTEMA AUDIO: amplifica la voce in aula e da casa, software di presentazione (power point)
• SISTEMA DI VIDEO PROIEZIONI
• LEZIONE FRONTALE
• CONOSCENZA DELLA DISCIPLINA
•
•
VIDEOLAVAGNA: foglio, pennarelli
…
LE TECNOLOGIE DIGITALI
Tutt’oggi rappresentano un campo presente in tutte e quante le organizzazioni. Le tecnologie informatiche, in
particolare, le tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni di tipo digitale, oggi rappresentano una categoria
molto importante.
DUE TIPI DI TECNOLOGIE ALL’INTERNO DELLE IMPRESE:
• TECNOLOGIE DEL NUCLEO TECNOLOGICO: sono tecnologie che sono direttamente connesse con le attività
e i processi caratteristici dell’impresa (come nella struttura organizzativa, la differenza tra le attività di line e di
staff). Le tecnologie presenti nel nucleo tecnologico sono le tecnologie utilizzate nella attività di line (ambito nel
processo caratteristico).
• TECNOLOGIE A SUPPORTO DEL NUCLEO TECNOLOGICO: tecnologie di tutto ciò che abbiamo associato
alle attività di staff, che rendono possibile il funzionamento (supporto/servizio) delle tecnologie del nucleo
tecnologico.
ESEMPIO: MCDONALD’S e DAVITTORIO
Anche per un’impresa di uno stesso settore possiamo avere tecnologie diverse. A livello generale utilizzano le stesse
tecnologie, ma poi le declinano in maniera diversa in funzione del tipo di prodotto di servizio che possono proporre.
Esempi delle tecnologie del:
- Nucleo tecnologico di un ristorante: preparazione, assemblaggio del cibo (tagliare, cuocere, seguire
determinate ricette, norme, attrezzature), attività di servizio del cliente.
- Supporto: controllo di gestione, relazione con i media, gestione delle relazioni di lavoro, delle risorse
umane…
Gli input sono:
- Materie prime: verdure, bibite…
Gli output sono:
- Servire dei pasti, delle bevande…
TEORIE SULLE TECONOLOGIE
JOAN WOODWARD
Siamo tra gli anni ‘50/’60 del secolo scorso dove Joan Woodward propone diversi tipi di
tecnologie. Ha pubblicato due libri uno nel 1958, intitolato “Management and Technology”
e l’altro nel 1965, intitolato “Industrial organization”.
In particolare, propone un modello sul grado di complessità tecnica dei processi produttivi, dove il
grado di complessità tecnica è, ai tempi di Woodward, il grado di meccanizzazione del processo
produttivo principale, oggi noi potremmo sostituire al termine “meccanizzazione” il termine
“automazione”. Quindi secondo Woodward, dobbiamo distinguere i tipi di tecnologie in funzione
del loro grado di complessità tecnica, ossia in funzione del grado di meccanizzazione/automazione,
dei processi e non dei prodotti.
In base a questo individua tre tipi generali di tecnologie che possiamo avere nelle
imprese manifatturiere (industria). Tecnologia caratterizzata da:
- Bassa complessità tecnica: sono tutte quelle tecnologie che riguardano le
piccole quantità e le produzioni di singole unità.
- Grado di complessità tecnica media: le grandi quantità e la produzione di
massa.
- Elevata complessità tecnica: processo continuo di produzione.
ESEMPIO: piccole quantità o produzione di una singola unità
*video di Valentino* siamo in un atelier in cui l’elemento centrale è il lavoro manuale, fatto quasi
totalmente dal lavoratore, ossia il lavoratore partecipa all’intero processo produttivo, è il protagonista.
Quindi abbiamo una bassa complessità tecnica nell’ottica di Woodward perché abbiamo strumenti ed
attrezzature molto semplici e la sapienza di questi sarti. Il tipo di conoscenza inglobato nel saper fare
deve essere tramandato attraverso l’osservazione, quindi, è poco modificato, non c’è un libro di testo
dove si impara a cucire un abito di alta moda, è necessario avere scuola in cui giovani sarte lavorano
insieme alle sarte con più esperienza, è quindi un trasferimento della conoscenza poco modificato. Da
questo punto di vista viene messo in evidenza l’importanza dell’affiancamento del diffondere delle
tecniche che hanno come obiettivo la realizzazione di capi unici.
Tutte le categorie che rientrano nell’ambito di questo primo tipo di tecnologia secondo Woodward
possono essere: abiti sartoriali, costumi utilizzati nei teatri, realizzazione di oggetti di vetro, oggetti di design
particolari.
Il fatto che la tecnologia funzioni in questo modo, significa che anche l’organizzazione deve funzionare in un certo
modo.
ESEMPIO: aumenta la complessità tecnica ma rimaniamo comunque nel modello delle piccole quantità e delle
produzioni di singole unità
*video della Goppion (realizza vetrine per museo) * siamo in un’impresa che realizza le
teche per i musei che proteggono i quadri, pezzi comunque unici perché ogni museo richiede
teche personalizzate. siamo nell’ambito delle piccole unità/singole unità che però il grado di
complessità tecnica è superiore. Il ruolo delle persone è ancora centrale, quindi ci sono
ancora molte fasi manuali in cui è necessario avere degli operai esperti che sappiano
assemblare componenti personalizzate, ma ovviamente rispetto l’atelier di Valentino, il
grado della complessità tecnica è superiore.
È un grado di complessità tecnica che riguarda il prodotto e non il processo produttivo perché è ancora un processo in
cui il lavoro delle persone riveste un ruolo molto importante (grado di automazione è relativo – lavoro manuale).
Abbiamo poi un sistema flessibile che è in grado di funzionare bene; quindi, è in grado di essere efficiente ed efficacie
anche quando le caratteristiche dei prodotti variano molto l’uno dall’altro (sorta di laboratorio). Ha una struttura
organizzativa poco gerarchica.
ESEMPIO: grandi quantità e produzione di massa (settore dell’automobile)
Catena di montaggio:
- Elevata divisione del lavoro
- Processo suddiviso in differenti fasi
• Esempio.1 Stabilimento di Mirafiori, TO (Fiat 500): in questa catena di montaggio
funzionano 187 robot e l’elemento centrale delle nuove catene di montaggio è tutta
l’interazione tra le persone e i robot (human robot collaboration)
• Esempio.2 Stabilimento di Cassino, FR (Alfa Romeo): anche in questo caso è la
presenza molto importante delle tecnologie digitali, sull’aspetto della sicurezza
dove l’operatore prima di avviare il proprio lavoro deve confermare sul proprio smartwatch, solo dopo aver dato
l’ok, può prendere posizione lungo la catena di montaggio. In caso di eccezioni o problemi, c’è la capacità di
chiamata il team leader che è la persona che sovraintende quella parte del processo. Abbiamo visto l’immagine
della control room, che è l’ufficio dove poi monitorano il corretto funzionamento della catena di montaggio,
alcuni pezzi vengono realizzati sul momento (stampante 3D).
• Esempio.3 Stabilimento di Grugliasco, TO (Maserati): un ambiente digitale in cui l’elemento importante è come
l’attività di progettazione del prodotto va a pari passo con l’attività di progettazione della catena di montaggio,
ossia si ha una progettazione congiunta, sistemi integrati in maniera tale di velocizzare il “time to market”
(prodotto arrivi sul mercato), ma anche di minimizzare possibili errori nella progettazione della catena di
montaggio, al fine di garantire la qualità.
Viene poi citata Siemens che è il fornitore della tecnologia del funzionamento della catena di montaggio (azienda
attiva nel settore delle tecnologie).
In ogni caso, nella catena di montaggio, c’era la presenza delle persone, ma svolgevano un lavoro manuale inferiore
rispetto a quello visto negli esempi del primo tipo del modello di Woodward. Il lavoro della persona segue
l’andamento della catena di montaggio, l’automobile non si ferma quasi mai e i lavorati hanno un’area all’interno del
quale possono muoversi ed è l’area in cui passa il prodotto che deve essere lavorato…
ESEMPIO: processo continuo di produzione
Ambito dei prodotti chimici, del petrolio, ciclo dei rifiuti dove i
lavoratori sorvegliano macchine che effettuano automaticamente la
trasformazione. Qui cambia il ruolo delle persone, non fanno più parte
del processo di produzione/trasformazione, ma questa trasformazione
viene effettuato interamente dalle macchine (passo ulteriore rispetto alla
catena di montaggio). È per questo che aumenta il grado di complessità
tecnica.
Sofidel. In questo caso abbiamo un processo continuo di produzione, in cui la protagonista è la macchina continua che
effettua tutto il processo di trasformazione, che parte dalla cellulosa e arriva fino al rotolo di carta igenica. Prodotto
semplice che però ha un macchinario complesso infatti, nel modello di Woodward, la complessità rigurda il processo
produttivo, non del prodotto finale, in cui le persone svolgono solo attività di controllo/monitoraggio del buon
funzionamento della macchina.
Questi riguardano imprese manifatturiere (industrie), ma per quanto rigardano i servizi, bisogna avere nuovi modelli.
JAMES THOMPSON
Siamo nel 1967, poco dopo alle indagini di Woodward. Thompson presenta i tipi di tecnologia che
riescono ad accogliere le caratteristiche del settore dei servizi.
In particolare, si focalizza su un aspetto che viene poi declinato in due modi diversi:
• GRADO DI STANDARDIZZAZIONE: in particolare Thompson dice, “possiamo suddividere le
vaire tecnologie in base al grado di standardizzazione:
- Degli input e degli output del processo di trasformazione, quanto standard sono gli elementi
che entrano nel processo di trasformazione e degli esiti del processo di trasformazione.
- Del processo di trasformazione
In base all’incrocio tra la standardizzazione di input e output da una parte e standardizzazione
del processo di trasformazione, dall’altra, siamo in grado di avere tre diversi tipi di tecnologie.
CHARLES PERROW (1967)
Fa un passaggio ulteriore, perché con Woodward e Thompson ragioniamo in termini
generali e quindi sono tipi che riguardano il processo di trasformazione considerato
nel suo complesso, quello che fa Perrow invece focalizza l’attenzione sul compito
(elementi di base della progettazione delle mansioni).
Dibbiamo capire dei compiti, per poi individuare vari tipi di tecnologie, quando quel
compito sia:
• VARIABILE: è la presenza di eccezioni che possono incontrare nello
svolgimento di un determinato compito. Se le eccezioni sono tante allora sarò di
fronte ad un compito variabile (che presenta situazione inaspettate).
• ANALIZZABILE: possibilità di spiegare con metodi analitici noti, eventuali
eccezioni che posso riscontrare (essere in grado capire le cause, modellizzare le
cause). È importante il grado di esplicitazione, di formalizzazione, frogedulalizzazione, codificazione di tutte
queste eccezioni per sapere come comportarsi di pronte alle eccezioni.
Se metto insieme il grado di variabilità e il grado di analizzabilità mi trovo di fronte ad un modello che si distingue tra
quattro differenti tipi di tecnologie.
IMPERATIVO TECNOLOGICO
La tecnologia rappresenta una delle tante contingenze che abbiamo e che
influenzano la scelta della forma organizzativa e della progettazione della
struttura organizzativa (divisione del lavoro e di integrazione della
divisione del lavoro). Questo è il modello dell’imperativo tecnologico.
In questo modello, la tecnologia è una variabile che influenza la scelta
della forma organizzativa più adatta (più efficiente/efficacie).
Sono riportati due schemi del testo originale di
Woodward del 1958, in cui ha cercato di legare
il tipo di tecnologia (orizzontale), rispetto ad
alcuni elementi della struttura organizzativa.
Imperativo tecnologico: capire quando
determinate tecnologie sono in grado di
influenzare la scelta della configurazione
migliore.
MODELLO DI THOMPOSON
Meccanismo che fa da cinghia di trasmissione tra la tecnologia e le
configurazioni organizzative. Secondo Thomposon, determinate
tecnologie sono caratterizzate da determinate interdipendenze che
abbiamo tra le attività e che quindi hanno un impatto differente tra
l’efficacia, in particolare, dei meccanismi di coordinamento e di
integrazione che possono essere utilizzati. In realtà, il legame tra la
tecnologia e le configurazioni organizzative, poi si declinano rispetto al ruolo che giocano le interdipendenze.
L’interdipendenza rappresenta la variabile chiave, che sta alla base della progettazione organizzativa. Quindi,
classifica tipi diversi di tecnologie che saranno caratterizzati da tipi differenti di interdipendenze, ai quali a loro volta
richiedono diversi meccanismi di coordinamento e di integrazione.
TECNOLOGIE DI MEDIAZIONE
Le tecnologie di mediazione sono caratterizzate dal tipo di
interdipendenza generica, ossia si basa sulla condivisione di una risorsa
tra più attività, e quindi c’è il fabbisogno di coordinamento e basta
individuare delle regole/procedure standard di accesso a quella risorsa.
Esempio: le aule sono la risorsa condivisa che lega i vari docenti.
TECNOLOGIE A COLLEGAMENTO LINEARE
Hanno una interdipendenza di tipo sequenziale, ossia un’interdipendenza
propria e caratteristica della catena di montaggio, in cui c’è un processo
di lavoro diviso in fasi. L’output di un’attività diventa l’input di quella
successiva. Qui il meccanismo di coordinamento deve essere un po’ più
potente rispetto alla definizione di semplici regole o procedure di accesso
alla risorsa, devo avere una pianificazione e una programmazione dei
tempi di lavoro.
TECNOLOGIE INTENSIVE
Hanno una interdipendenza reciproca, ossia le diverse attività hanno
bisogno molto spesso di conoscenze e competenze molto specifiche, ma
ne hanno bisogno contemporaneamente. Hanno bisogno che alcune
persone lavorino insieme per affrontare una determinata situazione e
quindi c’è una sorta di mutua influenza (lavoro di squadra).
Dobbiamo mettere insieme i tre modelli quando dobbiamo analizzare una tecnologia.
LA TECNOLOGIA SECONDO GLI APPROCCI SIMBOLICI
IL DETERMINISMO ORGANIZZATIVO
Se in un ambito modernista prevaleva l’imperativo tecnologico, in base
alla quale le tecnologie impattano sulle variabili organizzative e quindi
anche sulle invariabili individuali, in base ad un approccio simbolico
tende a prevalere il così detto “determinismo organizzativo”. Secondo
questi autori non è vero che la tecnologia impatta direttamente
sull’organizzazione, quindi sulle variabili organizzative e sulle persone
dentro le organizzazioni, ma molto spesso sono le stesse variabili organizzative a plasmare la tecnologia e quindi
viene utilizzato un concetto, un’idea di tecnologia concretamente e realmente utilizzata dalle persone che lavorano
nelle imprese (rapporto tra le persone e la tecnologia è un rapporto un po’ più complesso).
LE TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE
Sono indentificate spesso con l’acronimo “ICT” (information and Communication Tecnologies). Hanno una
componente:
• MATERIALE: molto spesso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione coincidono con dispositivi,
oggetti (computer, tablet, smartphone…)
• SOCIALE: è legata a come le persone usano questa dimensione materiale, che senso attribuiscono a questo senso
materiale.
• DINAMICA: la tecnologia informatica cambia nel corso del tempo.
• MULTI-DIMENSIONALE: ci sono tanti strati diversi che devono interagire e che funzionino bene.
LA DUALITÀ MATERIALE E SOCIALE
È legato il rapporto che le persone hanno con la tecnologia; quindi, deve essere
posta in relazione con le persone e con gli individui così come le persone e gli
individui interagiscono tra di loro attraverso tecnologie informatiche
(dimensione intersoggettiva è fondamentale). Dall’altra parte bisogna legare le
tecnologie informatiche alle pratiche organizzative, che vengono
disegnate/progettate all’interno dell’impresa e poi dobbiamo porre in relazione
le persone con queste pratiche (tutto ciò che accade all’interno delle imprese).
LA DINAMICITÀ
L’EVOLUZIONE NEL TEMPO
•
Anni 50’: abbiamo la messa in commercio del primo computer commerciale 1951 (prima veniva utilizzato in
ambito solo militare). La diffusione dei computer definiti mainframe (grandi computer occupavano stanze intere)
ci troviamo alla fine degli anni 50’ (1958-59), quando la IBM lancia sul mercato il mainframe serie 7.000 che
rappresenta la prima evoluzione. Le imprese iniziano ad adottare questi mainframe.
Anche in Italia vengono realizzati i primi computer, nel 1959 entra sul mercato l’EEA (Elaboratore Elettronico
Aritmetico) 9.003 dell’Olivetti e viene adottato dall’Amazzotto (impresa tessile) e dal Monte dei Paschi di Siena
(banca).
Questi computer vengono chiamati mainframe perché effettivamente sono dei computer di grandi dimensioni,
specializzati sull’elaborazioni di specifiche informazioni, e quindi sull’automazione di specifici processi o attività
aziendali. Erano collocati fisicamente in dei centri di elaborazione dati (CED).
Abbiamo nell’era del data processing, una elevata accentrazione di queste risorse informatiche all’interno delle
imprese (in questi uffici chiamati CED, in cui vi erano programmatori professionisti che svolgevano attività di
programmazione che curavano il funzionamento corretto di questi grandi computer).
Abbiamo poi bisogno dei software che fanno funzionare questi computer, il primo software, per le imprese, viene
introdotta nel 1959 ed è il “Sabre” (Semi-Automated Business Reasearch Environtment), che serve per la gestione
delle prenotazioni aeree. È un software che viene realizzato dalla IBM per l’America Airlines.
AREE SU CUI INTERVENGONO LE TECNOLOGIE INFORMATICHE:
- Al centro l’elaborazione dati
- Automazione che riguarda l’attività amministrative
- Programmazione e la produzione
- Gestione del magazzino
•
Anni 70’: nascita del microcomputer. Quindi, il computer diminuisce le proprie dimensioni, dove nel:
- 1974 abbiamo la comparsa del primo microcomputer prodotto dal Tire.
- 1976 fondazione della creazione di Microsoft da parte di Bill Gates e Paul Allen.
-
1977 Radio Shack e Apple rilasciano i loro primi personal computer.
1981grando punto di svolta dell’era del microcomputer, quando la rivista Time proclama personaggio
dell’anno il personal computer dell’IBM, che funziona sistema operativo MS dos (Microsoft) ed è dotato da
un processore Intel, perché fa la sua comparsa sul mercato. Il pc di IBM è il primo pc che utilizza uno
standard aperto e quindi in cui è possibile l’interazione con altri computer e di altri produttori, iniziano poi a
diffondersi.
•
Anni 80’: questi primi pc hanno bisogno di software per funzionare, quindi nascono i primi software applicativi
pacchettizzati, quindi dei pacchetti che supportano da una parte la produttività individuale e quindi fanno la loro
comparsa i programmi di lavorazione tecnica di testi, tutto ciò che permette alle persone di utilizzare in maniera
autonoma il pc, quindi non abbiamo più questi centri di elaborazione dati che controllano il buon funzionamento
di tutte le risorse informatiche e informative dell’azienda, ma abbiamo un decentramento nell’utilizzo delle
tecnologie informatiche. Nasce in questi anni, la necessità di avere all’interno delle imprese delle figure che si
occupano della gestione di tutte le risorse informative/informatiche e quindi nasce la figura del così detto “Chief
Information Officer”, ossia del responsabile dei sistemi informativi aziendali (nasce anche una nuova disciplina,
sistemi informativi aziendali).
Un’altra innovazione è il software che consente la condivisione di periferiche, come la possibilità di connettere
stampanti ai computer. Novel lancia nel 1983 Sharenet, che consente la condivisione di periferiche, abbiamo la
nascita di tutti i software che consentono un’interazione molto più semplice con i computer.
Alla fine degli anni 80’ abbiamo l’avvento di internet (diventa una rete di uso comune). L’idea di internet nasce
nel 1969, con la nascita di Arpanet (usato dai militari), nel 1977 abbiamo la nascita del protocollo di CPAP che
consente il dialogo tra i computer e il termine internet viene coniato nel 1984, mentre nei primi anni degli anni 90’
ci sarà poi la possibilità del suo uso alle persone (quando viene sviluppato il Web).
•
Anni 90’: inaugura l’era delle reti informatiche.
I MAINFRAME
Rappresentazione dei mainframe, grandi computer che
occupano intere stanze delle organizzazioni.
Questo primo computer viene utilizzato prima in ambito
militare, poi in ambito della meteorologia e poi anche
nelle imprese. Inizia ad essere venduto nel 1951.
I PERSONAL COMPUTER
-
Rappresentazione del:
- Primo computer dell’Altair, che viene
commercializzato per la prima volta nel 1974.
- Fondazione (fine 1976) della Apple da parte di Steve
Job e di Wozniak.
- Lancio nel 1977 dell’Apple II dove sono
rappresentate alcune pubblicità che mette in evidenza che
il computer dovesse entrare nelle abitazioni, quindi
diventa un oggetto di uso comune.
Il vincitore di questa battaglia dei pc è IBM con il lancio del proprio computer nel 1981 che aveva un sistema
aperto, non come quelli della Apple che avevano un sistema chiuso e che quindi non erano compatibili con
altri computer e questo rappresentava un limite sulla capacità di sviluppo dei software e delle applicazioni.
I SOFTWARE DI PRODUTTIVITÀ INDIVIDUALE
Un altro aspetto importante è la nascita del software a
supporto della produttività individuale. Tra i primi c’è
Microsoft Word nei primi anni 90’. L’inclusione di
Word, Excel e di questi programmi, cambia
notevolmente il modo di lavorare, in particolare negli
uffici, iniziano a sparire le penne, le calcolatrici e il
computer diventa il protagonista deli uffici, delle
attività che riguardano anche aspetti semplici della vita
lavorativa delle persone.
I FORTWARE PER LE IMPRESE
Primo software utilizzato in maniera estensivo
importante per un processo aziendale, quindi quello
dedicato alla gestione delle prenotazioni dei voli aerei.
Sabre è un software specifico sviluppata dalla IBM per
l’America Airlines, un aspetto importante è che per la
prima volta abbiamo un software online, ossia che mette
in rete una serie di computer (o CED) negli Stati Uniti e
funziona anche in maniera real time
PRINCIPALI CATEGORIE DI SOFTWARE
IL WEB
Siamo nella fine degli anni 80’, inizio anni 90’, questo
è Tim Berners-Lee, inventore del Word Wilde Web
che fu introdotto in maniera commerciale estensiva nel
1991 e quindi è l’elemento che consente l’utilizzo
semplice di internet. Internet inizia a diffondersi nei
primi anni 90’.
I BROWSER
Per navigare su internet abbiamo bisogno dei browser, il
primo browser è Mosiac e poi ci sono altri che sono succeduti
nel corso del tempo.
Un altro aspetto importante dell’evoluzione di internet è la
nascita di un motore di ricerca, la nascita di google.
L’EVOLUZIONE DEL TELEFONO
Evoluzione dal telefono fisso allo smartphone passando dal
telefono cellulare. Questo è un altro aspetto importante da
tenere in considerazione quando di parla dell’aspetto
dinamico della tecnologia e della sua dimensione evolutiva.
L’EVOLUZIONE DEGLI STANDARD PER LA TELEFONIA
Uno dei successi dell’IBM nei primi anni 80’ fu la decisione di
avere uno standard aperto, assieme a Microsoft e Intel, una
definizione di standard diventa un altro aspetto importante su
tutti i fronti. Sul fronte della telefonia abbiamo l’evoluzione
degli standard che consentono il funzionamento della telefonia mobile o cellulare, partendo dal Tacs degli anni 90’,
fino ad arrivare ai sistemi UMTS e LTE definiti 4G/5G. Anche qui tener conto dell’evoluzione ci fa comprendere
quali saranno gli sviluppi delle tecnologie, quindi dobbiamo ragionare tenendo conto della tecnologia disponibile al
momento ma anche di quella che potrebbe entrare sul mercato a breve termine.
LA MULTIDIMENSIONALITÀ
Dietro alla tecnologia informativa abbiamo
elementi hardware, software, le telecomunicazioni.
Abbiamo poi da una parte le persone che
progettano e che decidono sull’utilizzo di queste
tecnologie informatiche.
I manager all’interno delle imprese che
decidono di adottare soluzioni tecnologiche.
I tecnici che si occupano di sviluppare queste
soluzioni (chi lavora nelle imprese tecnologiche).
Utenti che li utilizzano.
Dall’altra parte abbiamo i tipi di attività che vanno ad essere supportate da queste tecnologie.
- Attività decisionale: come e quanto le tecnologie aiutano il processo decisionale.
- Attività di supporto
- Attività esecutiva
Le tecnologie informatiche, oltre ad avere una dimensione materiale, sociale, ad essere caratterizzati da dinamicità è
l’aspetto legato alla multidimensionalità.
Sono elementi diversi rispetto alle tecnologie precedenti, quando Woodward, Thompson e Perrow parlano di
tecnologia non hanno come riferimento queste tecnologie (tema della dimensione materiale e sociale).
Home page del Corriere della Sera, dietro a
questa homepage abbiamo tanti strati diversi.
Prima di accedere a quel quotidiano, dobbiamo
avere tante cose diverse che devono interagire e
funzionare tutte correttamente.
- Device: dispositivo elettronico (computer,
tablet smartphone).
- Connessione di rete
- Software/social media
- Quotidiano
Se c’è un problema dobbiamo capire qual è, è un
problema del device che magari non è
aggiornato, è un problema della rete che non funziona…
Il fatto di avere tante dimensioni, tanti elementi diversi che devono funzionare correttamente e rendere le tecnologie
informatiche non così semplici da gestire, quindi abbiamo una serie di problemi da gestire.
L’IMPORTANZA DELLE RAPPRESENTZIONI SIMBOLICHE
Le tecnologie informatiche abilitano una rappresentazione
simbolica della realtà. Un aspetto che è stato messo in evidenza in
un libro del 1988 di ShoShana Zuboff “In the age of the smart
machine. The future of work and power”, è un testo positivo sul
fronte delle tecnologie informatiche. Questo libro è stato
pubblicato quando abbiamo la diffusione del microcomputer e
inizia a muovere i primi passi di internet dal punto di vista
commerciale. Mette in evidenza è il fatto che le tecnologie
informatiche portano le persone di fronte ad una rappresentazione
simbolica della realtà, il fatto che noi interagiamo con un computer dove vediamo numeri, grafici che devono essere
letti e interpretati, quindi le persone devono sviluppare la capacità di interpretare queste rappresentazioni simboliche
fornite come output dai computer.
Ciò che caratterizza queste tecnologie è che in un contesto in cui non vengono utilizzate le tecnologie informatiche, le
persone hanno un contatto diretto (rapporto fisico, materiale) con la procedura che devono utilizzare per gestire un
processo e quindi non hanno una mediazione di un computer, hanno anche un rapporto materiale con il processo
(procedura gestita su carta, in maniera manuale. Contatto diretto con la procedura).
Mentre per quanto riguarda le tecnologie informatiche, ho l’intermediazione di un computer, quindi non vedo
direttamente la procedura, l’elaborazione che il computer fa. Inserisco dei dati nel sistema e poi li elabora e li
trasforma in informazioni (contatto indiretto con la procedura). È quindi necessarie che le persone siano capaci di
interagire con queste procedure e devono avere una capacità di astrazione maggiore rispetto a quella che avevano nel
passato.
K. E. WEICK
Tutto questo rende la dimensione cognitiva una dimensione importante. La dimensione
cognitiva è la dimensione interpretativa.
Un autore che si è occupato degli aspetti cognitivi dei simboli è K. E. Weick, che pubblica
nel 1990 questo articolo “La tecnologia come equivoco” dove mette in evidenza tutti gli
aspetti problematici legati al tema delle rappresentazioni simboliche.
ESEMPI: SITUAZIONI NEGATIVE SUL FATTO DI LAVORARE ESCLUSIVAMENTE SU
RAPPRESENTAZIONI SIMBOLICHE
Due film da citare:
Sono due film in cui la cattiva interpretazione di queste rappresentazioni simboliche avrebbe potuto avere
conseguenze molto negative.
È un film che risente dello sviluppo dei primi
computer. È una storia di un ragazzo che si connette
per sbaglio al computer della difesa americano, entra
nel computer che gestisce una base americana che ha
il compito di controllare il lancio delle testate
nucleari, il problema è che in questa base vedono
solo la rappresentazione simbolica della realtà, non vedono direttamente la realtà. Il computer
inizia a “giocare” e mette in evidenza che l’unione sovietica stava per lanciare delle testate
nucleari sul territorio americano (Guerra fredda 1983, scontro nucleare).
Mette in evidenza che non sono sicuri se quello che vedono sia vero o no, quindi devono decidere
se quello che stanno vedendo è la realtà o no.
Proprio nel 1983 nell’unione sovietica capitò realmente una cosa molto simile.
STORIA DI UN MILITARE RUSSO, PETROV
Siamo nel 1983 la tensione era molto alta tra gli Stati Uniti e l’unione sovietica. Era presidente degli Stati Uniti
Ronald Reagan che aveva appena definito l’unione sovietica, l’impero del male. Andropov era il presidente
dell’unione sovietica del tempo si diceva convinto dalla volontà di aggressione americana e un attacco si sarebbe
ovviamente risposto quasi certamente con una massiccia rappresaglia. Decine di missili sovietici lanciati verso gli
Stati Uniti e Washington avrebbe certamente replicato con il lancio, questa volta vero, delle sue testate nucleari. Per il
globo sarebbe stata la fine ma Pietrov però non era un militare ottuso, al suo posto di controllo in una base segreta
vicino Mosca arrivò il segnale sempre atteso e tanto temuto, si accese una luce rossa segno che un missile americano
era partito e stava per colpire gli Stati Uniti. “Tutti si girarono verso di me” diceva petrov aspettando un ordine, “io
ero come paralizzato, da principio, ci mettemmo subito a controllare l’operatività del sistema, 29 livelli in tutto” ci
raccontò. “Pochissimi minuti e si è acceso un’altra luce poi un’altra, nessun dubbio il sistema diceva che erano in
corso lanci multipli dalla stessa base” racconta Petrov. Una nostra comunicazione avrebbe data il vertice del paese al
massimo 12 minuti, poi sarebbe stato troppo tardi (quindi lui deve avvertire o dovrebbe avvertire generale che in
qualche modo stava ad stanno arrivando le testate nucleare su suolo sovietica e aveva solo 12 minuti di tempo per fare
tutto questo finché l’unione sovietica reagisca immediatamente in qualche modo all’attacco). Petrov per assicuro che
la segnalazione fosse sbagliata nonostante tutto, e un’analista era certa che si trattasse di un errore “me lo diceva la
mia intuizione” (attenzione qui lui se avesse dovuto seguire la procedura avrebbe dovuto avvisare I generali non
avrebbe potuto in realtà di sua iniziativa fare improvvisazione organizzativa in questo caso) così comunicò che c’era
stato un malfunzionamento del sistema i 15 minuti l’attesa furono lunghissimi “e se eravamo noi a sbagliare?”. Ma
nessun missile colpì l’unione sovietica perché effettivamente era un errore del sistema. Infatti, in seguito si chiarì che
il sistema era stato ingannato da riflessi di luce sulle nuvole (e quindi in realtà aveva interpretato questi riflessi della
luce del sole sulle nuvole come lanci di testate nucleare quindi va dato l’allarme e quindi c’è il tema di questa
rappresentazione simbolica, se Petrov si fosse fidato del sistema e dell’allarme, avrebbe dovuto avvisare generale in
qualche modo sarebbe probabilmente scoppiata una guerra termonucleare così per un errore del sistema).
Per esempio, la maggior parte dei sistemi di controllo degli aerei, dei treni,
in realtà si basa su rappresentazioni simboliche.
Questa è una centrale di controllo di Trenord dove i tecnici vedono la
rappresentazione del traffico ferroviario sulle linee della regione
Lombardia. Vedono i dati che i treni inviano al sistema, il sistema li elabora
e li trasforma in un monitoraggio del funzionamento delle varie linee.
Molto spesso nelle centrali di controllo devono prendere delle decisioni, se
bloccare un treno oppure no.
È per questo che Weick dice che le tecnologie informatiche hanno tre caratteristiche importanti che le differenziano da
tutte le tecnologie precedenti.
• STOCASTICHE: le tecnologie informatiche sono caratterizzate da interruzioni inaspettate e di cui molto spesso
non è possibile individuare la causa. Sono stocastiche perché per funzionare richiedono tante
dimensioni/tecnologie diverse contemporaneamente funzionare in maniera corretta.
• CONTINUE: sono tecnologie informatiche che funzionano 24/7 e qui c’è il tema degli aggiornamenti e delle
manutenzioni. Tornando alle prenotazioni del sistema Sabre, è un sistema importante perché il campo delle
prenotazioni aeree e ferroviarie è un settore in cui il tema dell’aggiornamento e delle manutenzioni è critico,
perché se per un problema due persone prenotano contemporaneamente un posto su un aereo e il sistema non è
online in real time, rischiamo che due persone abbiano lo stesso posto sull’aereo. Quindi il fatto che queste
tecnologie siano continue pone il problema di quando dover effettuare gli aggiornamenti e le manutenzioni.
• ASTRATTE: non si vedono direttamente, vediamo dei segnali, dei simboli che hanno un significato e lo
dobbiamo saper leggere.
LA TECNOLOGIA SECONDO GLI APPROCCI CRITICI E POSTMODERNI
Questi autori si chiedono: chi usa chi?
In una visione moderna le persone usano la tecnologia per svolgere delle attività, dei processi, quindi le tecnologie
dovrebbero essere degli strumenti di supporto.
Quello che dicono però gli autori critici/post-moderni è che spesso non accade questo, molto spesso ci troviamo in un
contesto in cui è la tecnologia che detta i tempi e i modi e quindi è la tecnologia che usa le persone, con delle
conseguenze negative. Tendono a focalizzarsi sui problemi della diffusione e all’utilizzo delle tecnologie
informatiche.
Su questo fronte, diventa importante il tema delle competenze informatiche (saper utilizzare le tecnologie
informatiche).
Un incremento delle competenze informatiche da parte delle persone, può dare dei risvolti differenti, può:
- Migliorare l’uso normale: uso definito dai manager, dagli sviluppatori. Tecnologie utilizzate così come è
previsto.
- Uso deviante come emancipazione della persona: una persona diventa così competente nell’utilizzare le
tecnologie che riesce a “rompere” le sbarre della prigione in cui è inserito e quindi a emanciparsi (a
svincolarsi) della tecnologia informatica.
Uso deviante che porta ad un’innovazione: individuare una funzionalità che non era prevista dai
manager/sviluppatori. Devio ma per giungere ad una funzionalità nuova, ad un sistema, ad un applicativo
informatica.
- Calo dell’uso deviante per errori: commetto meno errori perché so usare il sistema, quindi diminuisce l’uso
deviante.
USO DEVIANTE PER FINI DI EMANCIPAZIONE
Andiamo a vedere un settore che ha un rapporto
molto diretto con le tecnologie informatiche, il
settore dei riders (consegna dei pasti a domicilio).
I riders sono controllati da una
piattaforma/applicazione che comunica dove
devono andare, quanto tempo ci devono
impiegare, quindi monitorano il rispetto del tempo
di consegna.
Siamo a Londra durante l’estate del 2016, molti rider iniziano a protestare. Le principali piattaforme cambiano il
meccanismo di retribuzione, non più basato sul tempo, ma sul numero di consegne. Il problema però dei riders è che
non condividono un ufficio, come fanno ad incontrarsi, a creare una massa critica per avviare una vera e propria
protesta. Quindi alcuni riders di UberEats, decidono di inviare delle false richieste al sistema, quindi si fingono clienti,
affinché tutti i riders convergano in una determinata piazza della città. Hanno quindi trovato un modo utilizzando
l’app che li sfruttava, per avviare una protesta.
Quindi la tecnologia può essere strumento di sfruttamento da un punto di vista, ma può essere utilizzata anche per
cambiare le carte in tavola.
LA TECNOLOGIA E IL CONTROLLO MANAGERIALE
Gli autori critici/post-moderni dicono che quello che fa la tecnologia è quello di aumentare notevolmente il controllo
manageriale, di renderlo molto più pervasivo rispetto a quello che accadeva nel passato. A questo proposito alcuni
parlano del neotylorismo digitale.
Articolo pubblicato nel 2015 dell’Economist e mette in evidenza il
Digital Taylorism.
Tutti i principi di controllo, dei metodi e dei tempi di lavoro, vengono
portate alle estreme conseguenze attraverso l’utilizzo delle tecnologie
informatiche, che rendono molto più semplice il controllo (molto più
pervasivo).
Rendono molto più possibili e pervasivo il controllo Panopticom, carcere
progettato dal filosofo/giurista, Jeremy Bentham. Crea una torre centrale
con tutte le celle poste intorno, il prigioniero non sapeva se fosse
sorvegliato in un determinato momento, ma soltanto l’idea che poteva
essere sorvegliato generava un effetto, quindi le persone si autodisciplinano in funzione di questo potenziale controllo.
Quindi le tecnologie informatiche rendono questo controllo Panottico molto
più presente nelle imprese, ma anche nella società.
E quindi rischia di trasformare la tecnologia come una
gabbia di ferro. Weber diceva che la burocrazia può
trasformarsi in una gabbia di ferro, secondo gli autori
critici/post-moderni anche le tecnologie possono
diventare delle gabbie che rischiano di imprigionare le
persone nelle imprese (o anche nella società).
LA TECNOLOGIA E LA SORVEGLIANZA
Qui entra in gioco questo concetto di “sorveglianza” o di “capitalismo
della sorveglianza”. L’autrice Shoshana Zuboff, che aveva scritto il libro
del 1988 positivo-neutro nei confronti delle tecnologie informatiche,
adesso invece porta l’attenzione agli aspetti negativi.
“il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei
nuovi poter”, il fatto di rendere le materie di controllo panottico così
pervasivo e presente, rende il tema della sorveglianza, un tema
importante.
ESEMPIO: IL CONTROLLO NEI CALL CENTER
In alcuni call center, sono stati introdotti dei software e degli applicativi che
rilevano cosa l’addetto al call center dice, come e quanto tempo ci mette a
dirlo.
“Slow to respond”, oppure può esserci scritto, “devi essere più empatico”,
quindi è un software che controllando quello che l’addetto dice e come lo dice,
gli da degli avvisi. È un controllo pervasivo perché è come avere un capo alle
spalle che monitora cosa la persona fa e dice.
Questo può rendere il lavoro anche più stressante.
ESEMPIO: IL BADGE SOCIO-METRICI
La maggior parte delle persone, all’interno della propria azienda
ha un badge (tesserino magnetico) che deve passare ai tornelli per
entrare. Questi badge socio-metrici aggiungono delle funzionalità
in più:
sono in grado di catturare le interazioni faccia-faccia con le
persone: come si comportano quando interagiscono con gli altri,
quindi estrae degli elementi segnaletici per capire come parlano e
come si comportano nei confronti degli altri e quindi misurando anche il grado di prossimità e dove si
trovano… misurano il grado di collaborazione che esiste all’interno di un’impresa.
- Data collection: raccolta dei movimenti delle persone
all’interno dell’impresa.
- Vengono trasferiti in un ambiente Cloud.
- Vengono trasferiti in una serie di indicatori dove il
manager vede il grado di interazione di una persona.
Tutti questi sistemi hanno degli effetti, perché nel
momento in cui le persone sanno di essere misurati,
modificano il loro comportamento.
LA TECNOLOGIA E LO SFRUTTAMENTO
L’altro aspetto importante è capire come e quanto possono estrarre tra ciascuno di noi dati e informazioni, sia estrarre
da noi come lavoratore nelle imprese, sia come quando usiamo in maniera estensiva le tecnologie informatiche (uso
dei social network).
Altro ruolo importante è quello giocato dagli algoritmi.
Sempre più porzioni delle nostre attività sono gestite da
algoritmi. Gli algoritmi ci suggeriscono gli articoli da
leggere, le cose da ascoltare, i video da vedere,
decidono come deve proseguire una serie televisiva.
Un articolo scritto da Cathy O’Neil “come gli algoritmi guidano la nostra vita lavorativa”,
perché le imprese stanno utilizzando sempre di più gli algoritmi per far reclutamento, selezione,
screening dei curricula…
Il libro “armi di distruzione matematica”, perché gli algoritmi si basano a modelli matematici,
quindi aprendo i campi ad una serie di conseguenze su cui è necessario prestare una dovuta
attenzione.
LA TECNOLOGIA E FORME DI RESISTENZA
Gli autori critici/post-moderni dicono che ci sono
anche forme di resistenza, in realtà noi possiamo
utilizzare in maniera intelligente la tecnologia per
porre un limite a questo sfruttamento/sorveglianza.
Per esempio, il tema dell’offuscamento, libro
pubblicato un paio di anni fa “guida per l’utente per
garanzia della privacy e per protestare”, scritta da
Helen Nissenbaum (filosofa che si occupa di etica).
Gli autori di questo libro propongono un sistema chiamato “TrackMeNot”
Un esempio di sistemi che consentono di proteggere alcuni dati e informazioni da parte degli individui. Quindi uso la
tecnologia per combattere la tecnologia stessa.
ESEMPIO
Esempio che ci porta l’attenzione al fatto che le tecnologie
informatiche sono da una parte continue (devono esserlo), dall’altra
possiamo avere delle interruzioni stocastiche, come ha messo
inevidenza da Weick. Questa interruzione che è durata per un
tempo relativamente breve, però mette in evidenza il fatto che le
tecnologie informatiche rischiano di non essere affidabili.
IL POTERE: CONFLITTI TRA COALIZIONI
Riguardano le vicende di Tim (Telecom Italia), un’azienda
ribattezzata nel 1997 e da quel momento non ha mai avuto pace
sul fronte dell’assetto proprietario/organizzativo.
La notizia di un fondo di investimento statunitense ha lanciato
di acquisto su Tim e questo ha generato una serie di conflitti tra
una serie di coalizioni per il controllo dell’azienda. Attualmente
l’azionista di maggioranza è l’azienda francese Vivendi che
detiene quasi il 24% delle azioni e poi c’è questo nuovo fondo
investimento che ha intenzione di acquisire il controllo
dell’azienda. Quindi abbiamo due coalizioni che si fronteggiano per acquisire il controllo azionario e manageriale
dell’azienda.
*sulla foto* si vedono i vari passaggi di proprietà di Telecom Italia:
- Nocciolo duro: è un gruppo di azionisti che detenevano una quota molto piccola dell’azienda, non riuscirono a
mantenere il controllo di Telecom Italia.
- I capitani coraggiosi: acquisirono Telecom Italia a debito (quindi caricarono l’azienda con tantissimi debiti).
- Olimpia
- Telefonica: spagnoli
- Vivendi: francesi
LA DIFFUSIONE, L’ADOZIONE E L’UTILIZZO DELLE TECNOLOGIE
DIGITALI
LE RIVOLUZIONI INDUSTRIALI
Rivoluzioni industriali che si sono succedute dall’inizio della fine del 700’ ad oggi:
• I rivoluzione industriale: uso dell’acqua e del vapore per meccanizzare la produzione del settore tessile. Era il
contesto nel quale si muoveva Adam Smith dove nasce il concetto e l’idea di divisione del lavoro.
• II rivoluzione industriale: i suoi cardini principali sono l’elettricità per la produzione di massa. Quando nasce
l’industria moderna, quando Weber inizia a porsi il problema della burocrazia, della razionalità, dell’autorità,
nasce l’organizzazione scientifica del lavoro di Taylor, ma anche l’adozione di tempi e metodi definiti per
disciplinare la divisione del lavoro.
• III rivoluzione industriale: ci spostiamo dopo la II GM, negli anni 70’ del secolo scorso. L’elettronica e le
tecnologie informatiche per l’automazione.
• IV rivoluzione industriale: le tecnologie digitali e la convergenza tra il mondo fisico/biologico e quello digitale, le
scienze della vita che si convergono anche con il mondo della tecnologia.
Il tema dell’automazione si sposta da automazione di processi soltanto fisici a
processi di tipo immateriali, quindi involgono anche tutte le professioni e i
lavoratori nell’ambito della conoscenza.
LA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE
•
Dal punto di vista teorico, il percorso che si è fatto è un
percorso vario che vede la presenza di tanti autori diversi
che hanno focalizzato l’attenzione su aspetti differenti di
questa IV rivoluzione industriale e dei suoi risvolti:
• 1970 “Future shock” di Alvia Toffler: ha fatto fortuna
sulle previsioni, sull’evoluzione futura del mondo
dell’economia e della società.
• 1973 “The coming of post-industrial society” di
Daniel Bell: conia il concetto di “società post-industriale”.
• 1979 “La condition postmodern” di Jean-Francois
Lyotard: è uno dei libri fondanti della corrente teorica “prospettiva critica/post-moderna.
Altri testi che si sono focalizzati sull’evoluzione di tutto quello che stiamo osservano
Distinzione tra il concetto di “società post-industriale” che è un
concetto più ampio. L’idea è stata presentata nel 1973 da Daniel
Bell e dice “in realtà abbiamo un passaggio da una società in cui
l’industria era il settore più importante, ad una società in cui
invece è il settore dei servizi ad essere più importante”.
Il concetto di “società post-industriale” va poi a sovrapporsi al
concetto di “società della informazione, società post-moderna,
società post-fordista”, sono concetti che vanno a sovrapporsi.
- La “società post-moderna” è un concetto filosofico e teorico
(il testo del 1979 è un libro di filosofia)
- “società della informazione” si focalizza sugli aspetti
economici, che riguardano le imprese, con il libro del 1996 di Manuel Castells.
LA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE E IL CAPITALISMO INFORMAZIONALE
La società dell’informazione si fonda su un paradigma tecnico-economico della tecnologia dell’informazione e della
comunicazione, ossia su una combinazione di un modello economico che ha nelle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione il suo fulcro centrale.
Caratteristiche di questo modello generale, chiamato anche “capitalismo informazionale”:
• INFORMAZIONE COME MATERIA PRIMA: di tantissimi processi e attività.
Copertina della rivista “The Economist” che mette in evidenza come la risorsa di maggior
valore del mondo attuale sono i dati e le informazioni.
Sono i principali tec-company che hanno la possibilità di accedere a dati e informazioni
dei propri utenti.
•
•
•
•
PERVASIVITÀ DELLE ICT: quindi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La maggior parte
dei processi delle attività oggi nelle imprese sono mediate dalle tecnologie informatiche.
LOGICA E RETE: diventa sempre più una logica dominante anche nei modelli organizzativi e quindi sempre di
più le imprese collaborano con altre in reti più o meno globali, in cui c’è una divisione del lavoro anche tra
imprese.
FLESSIBILITÀ: le tecnologie informatiche rendono possibile un assetto organizzativo flessibile. La richiesta che
viene messo in evidenza dai sistemi complessi è quello di essere flessibili, quindi quello di sapersi adattare ad un
ambiente organizzativo debole.
CONVERGENZA TRA ICT E TECNOLOGIE DELLA VITA: le tecnologie entrano nei corpi delle persone,
iniziando dai dispositivi indossabili (wearable), allo smartwatch e poi diventeranno sempre più pervasivi.
•
MODO DI PRODUZIONE (dominante nella società dell’informazione): è quella capitalista. È un capitalismo in
cui sono rilevanti i mercati finanziari globali basati su reti telematiche, dove il valore cambia e si modifica in
frazioni di secondo e si muove su una scala globale.
•
MODO DI SVILUPPO: informazionalismo, in cui è rilevante il processo di creazione e l’utilizzo delle
informazioni. Le informazioni rappresentano la materia prima fondamentale, sia la produzione attraverso i dati sia
il loro utilizzo.
RELAZIONE SOCILALE DI CLASSE: abbiamo una scissione tra lavoratori della conoscenza da una parte e
lavoratori generici e sostituibili dall’altra, e l’esclusione di tutti colore che non sono lavoratori e consumatori.
Questa forte separazione genera disuguaglianze che può generare tensioni generali in tutti i paesi.
•
GLI IMPATTI
Gli impatti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in particolare, le tecnologie digitali, li possiamo
declinare in tre modi diversi:
- IMPATTI SULLA QUANTITÀ E QUALITÀ DEL LAVORO E DELLE RELAZIONI DI LAVORO
- IMPATTI SUI SETTORI E SUI MERCATI
- IMPATTI SULLA SOCIETÀ
Copertine del settimanale “The Economist” che sintetizzano alcuni dei fenomeni più generali che riguardano la
diffusione delle tecnologie informatiche.
- L’ascesa dei robots in tanti settori.
- La distruzione di posti di lavoro tradizionali, in seguito allo sviluppo di queste tecnologie digitali.
- Le tecnologie rappresentano una delle risorse più importanti del capitalismo informazionale.
- Lo sviluppo di aziende che diventano sempre più grandi.
Google, FB, Amazon, Apple che acquisiscono sempre una dimensione fondamentale.
- L’impatto dei social media nei nostri sistemi democratici.
GLI IMPATTI SULLA QUANTITÀ
Il tema è quanto l’automazione di processi di attività porti ad una sostituzione del lavoro umano ad un lavoro svolto da
robot.
In particolare, uno studio condotto nel 2013 dalla Frey and Osborsne, ha messo in evidenza come il 47% dei lavoratori
negli Stati Uniti sono a rischio di automazione, è una percentuale molto importante dei lavoratori che possono essere
coinvolti dal processo di sostituzione delle persone con i robot.
Non solo nel settore del commercio, ma
anche nel settore bancario, in cui le
tecnologie digitali stanno modificando
l’organizzazione del lavoro e della
presenza.
Nel corso della storia, nel passaggio tra le rivoluzioni industriali, c’è
sempre stato un’evoluzione dell’importanza/rilevanza dei vari settori.
Bisogna però saper gestire la transizione, alcuni lavori vengono distrutti,
altri vengono creati…
Molti studi che abbiamo visto fino a questo momento, si focalizzano
sull’automazione delle professioni, in realtà dobbiamo focalizzare
l’attenzione sulle mansioni, sui compiti e sulle operazioni che
contraddistinguono quelle professioni. Questo perché è possibile che
l’automazione non riguarda tutte le mansioni, ma magari solo alcune
mansioni.
Quindi dobbiamo distribuire le varie mansioni su un’asse
in cui abbiamo il diverso grado di probabilità di
automazione.
Dobbiamo quindi distinguere tra:
• AUTOMAZIONE DELLA PROFESSIONE
• AUTOMAZIONE DELLA MANSIONE
• AUTOMAZIONE DELL’OPERAZIONE/COMPITO
Dobbiamo anche distinguere tra:
• ELIMINAZIONE DEL LAVORO
• TRASFORMAZIONE DEL LAVORO
VIDEO WIRED
I robot sono molto più veloci delle persone, l tempo stesso sono molto
più accurati. (presenza di efficienza e efficacia).
C’è una netta separazione tra la zona in cui si trovano i robot e una
zona in cui sono presenti gli operatori.
Distinzione tra chi si occupa del controllo dei robot e operatori che si
occupano di attività esecutiva, ossia prelievo dei prodotti dallo
scaffale da parte del robot e viene portato all’operatore.
Si ha una umanizzazione dei robot, dove prendono dei nomi.
VIDEO MAGAZZINO TRACY
VIDEO MAGAZZINO IN ITALIA
Per entrare nella zona in cui si trovano robot, bisogna indossare una speciale apparecchiatura in maniera tale che i
robot sentano la presenza delle persone (capacità sensoriale della tecnologia). L’attività che svolge quelle persone è
un’attività di controllo e correzione di eventuali errori dei robot. Il fatto di avere due aree separate, dove i prodotti si
trovano permette al magazzino di contenere più prodotti.
L’attività di prelievo dei prodotti negli scaffali è un lavoro faticoso e l’introduzione dei robot, facilita le persone. È
vero che perdiamo quell’attività, ma è un’attività faticosa.
SkyTg24, decide di automatizzare parte di queste attività, adottando due piattaforme:
- VIZ MOSART
- MEDIA CENTRAL
Consentono:
- Automazione della messa in onda
- Automazione della produzione del contenuto
L’adozione di queste due tipologie di automazione ha comportato la riduzione del personale tecnico e l’affidamento ai
giornalisti di compiti tecnici.
VIDEO BBC
Dobbiamo prendere in considerazione anche l’output delle tecnologie digitali.
Molti quotidiani stanno sempre di più utilizzando i sistemi di intelligenza artificiale per
automatizzare alcune delle attività (notizie brevi).
Questo vale
anche per
alcuni
quotidiani italiani, in particolare, Il sole 24
ore ha avviato un progetto per la generazione
automatica di testi (di podcast).
In particolare, ha generato due podcast
generati automaticamente:
Copertura delle notizie borsistiche
(riepilogo andamento della borsa)
Copertura dei contagi e l’andamento
delle vaccinazioni relativo al Covid.
Due articoli dedicati alle recenti elezioni
amministrative che si sono svolte tra i
primi di ottobre e la metà di ottobre, è un
servizio del quotidiano della Repubblica
che ha deciso di utilizzare l’intelligenza
artificiale per coprire l’andamento delle
elezioni in tutti i comuni italiani in cui si è
votato. Devono essere progettare tutte le
possibili casistiche che possono verificarsi, quindi in tutti questi sistemi c’è un’attività di progettazione molto forte,
perché poi l’intelligenza artificiale deve poi automaticamente pescarlo e inserirlo all’interno di un contesto che però
abbia anche un senso.
Altro caso è quello delle partite sportive (visto anche con il Washington Post), in questo caso è SkySport e le coperture
di alcune partite a livello Europeo avviene fatto utilizzando il sistema di intelligenza artificiale.
La televisione e il quotidiano sta sperimentando questa intelligenza in campi in cui abbiamo tanti dati/informazioni,
però sono sufficientemente strutturare.
IL METAVERSO
Alcuni operatori della tecnologia stanno sperimentando questi ambienti virtuali e
digitali, introdotto da FB. L’utilizzo del metaverso potrebbe cambiare molte
attività.
L’adozione di questi sistemi potrebbe cambiare il modo dell’educazione, questo
però non riguarda la sostituzione del docente con un robot. Ma cambiano le
conoscenze e l’abilità che il docente e gli studenti devono avere nell’utilizzare
questi sistemi.
È stato uno dei primi settori a cui è stata applicata la divisione del lavoro, a valle della prima rivoluzione industriale,
quella basata sull’utilizzo del vapore. Il settore tessile però è stato fino a questo tempo toccato marginalmente dal tema
della robotizzazione, a differenza di altri settori. L’impresa, da questo punto di vista, per tenere i costi bassi, hanno
preferito delocalizzare l’attività produttiva in paesi con un consto del lavoro più basso.
Modello su cui si basa.
Parto (dall’alto) da una serie di dati di vario tipo (non
necessariamente tutti questi dati possono essere raccolti in
tutti i paesi, qui entra in gioco la normativa sulla
riservatezza e sulla privacy. Questo riguarda gli Stati uniti
che ha una normativa di privacy bassa rispetto all’Europa).
Mettendo insieme tutti questi dati c’è una previsione
dell’andamento delle vendite (andamento potenziale degli
ingressi nel negozio).
Convoca il numero di persone coerente rispetto alla
domanda attesa (se un giorno ci aspettiamo un’affluenza
bassa, ci saranno poche persone, se ci sarà un’affluenza
alta, dovranno essere convovate più persone). Dall’altra
parte metto insieme tutte le persone che i dati dicono è
meglio lavorare insieme.
L’EFFICACIA
Immagini utilizzati per allenare il riconoscimento facciale,
affinché sappiano distinguere un muffin da un cagnolino.
Se un’impresa deve valutare su come adottare delle tecnologie
digitali o sostituire le persone con le tecnologie digitali, deve
fare una valutazione che riguarda l’efficienza.
GLI IMPATTI SULLA QUALITÀ
Affronta tre temi:
• UPSKILLING e DESKILLING
• TEAMWORK
• CONTROLLO
DESKILLING dequalificazione
HARRY BRAVERMAN
Il tema del deskilling o della dequalificazione legato all’utilizzo delle tecnologie in generale, ma
in particolare alle tecnologie informatiche, è stato messo in evidenza negli anni 70’ da Harry
Braverman, con un libro intitolato “Labor and monopoly capital”.
Dice “le imprese utilizzano sempre più le tecnologie per automatizzare le proprie attività perché
vogliono renderle meno complesse i compiti e le operazioni, al fine di rendere molto sostituibili
gli addetti i lavoratori (diminuzione dell’autonomia).
Riduco la complessità, riduco l’autonomia, quindi riduco la ricchezza delle mansioni. Le rendo
molto più parcellizzate e quindi rendo le persone più sostituibili perché hanno bisogno di meno
conoscenze e competenze per svolgere quelle attività.
UPSKILLING qualificazione
Ci sono dei ruoli in cui sono richiesti delle conoscenze e delle competenze più avanzate. Sono tutte le attività legate al
controllo, al monitoraggio del buon funzionamento.
Il problema è che abbiamo una forte separazione tra queste due realtà, che ricorda la distinzione tra progettazione ed
esecuzione
CONTROLLO
Quando consideriamo una tecnologia industriale digitale, dobbiamo tenere conto:
• PIANO ORGANIZZATIVO: impatto sul fronte dell’efficienza, dell’efficacia e della giustizia organizzativa
• PIANO TECNOLOGICO: legato alla fattibilità (cosa è fattibile)
• PIANO LEGISLATIVO: bisogna tenere conto di cosa è lecito o conforme rispetto alla legge sul fronte dei diritti e
doveri del datore di lavoro, del lavoratore e del cittadino.
Nell’Unione Europea esiste delle leggi per la protezione della privacy e della
riservatezza molto forte e quindi ciò che le imprese possono fare negli Stati Uniti, non
lo possono fare all’interno dell’Unione Europea.
TEAMWORK
L’utilizzo dell’informatica rende il lavoro sempre di più, delle persone con le altre, rilevanti, quindi raramente le
persone lavorano in isolamento, ma sempre più spesso rende fondamentale il lavoro in team.
LE IMPRESE E LE PERSONE
Capire e comprendere come le imprese concepiscono le persone che lavorano al proprio interno. Quindi, le persone
sono:
• UN COSTO: da dover minimizzare, quindi il costo associato alle persone diventa una variabile che deve essere il
più possibile più compressa, che consente di aumentare l’efficienza e la razionalità dei processi, questo diventa
l’elemento più importante.
• FONTE DI CONOSCENZA: sono parte del possibile vantaggio che l’impresa può costruire e sviluppare rispetto
ai propri concorrenti.
In questi diversi tipi di imprese, l’adozione e l’uso delle tecnologie digitali è diverso e differente.
COME SI SVILUPPA IL RAPPORTO TRA LE MACCHINE E LE PERSONE
Abbiamo visto molti esempi dove le tecnologie stanno modificando/trasformando le attività, le mansioni, le
professioni; sono nati nuovi settori… quindi è importante capire il rapporto che si instaura tra le macchine, intese in
senso lato (intelligenza artificiale, robot, machine learning…), e le persone.
ESEMPIO
VIDEO 1: riguarda Amazon e tutti gli attori del settore del commercio elettronico della logistica sono sotto
l’attenzione dei diversi attori perché stanno modificando notevolmente i loro modelli di business, hanno degli impatti
sociali rilevanti, quiè opportuno focalizzare l’attenzione sui modelli organizzativi e gestionali che queste imprese
stanno adottando.
Nel primo filmato veniva fatto notare i movimenti “smart”, ossia una codificazione dei movimenti che le persone
devono fare per svolgere le diverse attività, in parte questi movimenti definiti “smart” servono per rendere meno
faticoso l’attività, però questi movimenti sono disegnati anche per rendere tutta l’attività lavorativa più fluida possibile
e quindi coerente al rispetto dei tempi, che vengono costantemente misurati. Infatti, nel primo filmato, veniva detto
che c’era un timer nella pistola che gli addetti usano per individuare i prodotti, e quindi venivano contati i secondi che
gli addetti ci impiegano per prelevare il prodotto e portarlo alla stazione successiva. C’è un target legato al numero di
articoli che devono essere processati nell’ora, da parte di ciascun addetto e nel caso in cui sia sottosoglia (sotto
produttività), riceve un avviso da parte del team leader. Per poter rispettare queste tempistiche era necessario avere un
passo molto veloce.
Sono queste le attività di magazzino (prelevare i prodotti nei vari scaffali) che vengono automatizzati. Qui il tema
dell’automazione ha due risvolti:
- Positivo: perché fa fare alle macchine e ai robot un’attività faticosa. Quindi tutta questa attività relativa al
passo veloce… che ha generato degli effetti negativi sulle persone, viene eliminata e quindi il prelievo viene
effettuato dai robot.
- Negativo: riduce la forza lavoro che è impiegata in quest’attività.
È un video del 2017, ci troviamo nel magazzino di Piacenza, dove era stato detto che i lavoratori potevano ascoltare la
musica per creare un’ambiente di lavoro piacevole, però alla fine i ritmi sono così forti che di fatto questa
piacevolezza non c’è.
Una distinzione importante all’interno del magazzino è tra due lavoratori:
- Assunti a tempo indeterminato: fanno parte del nucleo di un’impresa/organizzazione
- Assunti a tempo determinato: hanno dei contratti di lavoro brevi.
VIDEO 2: sui Riders, tutti quelli che lavorano sulle piattaforme di consegna di prodotti di vario tipo a domicilio, è un
settore nato recentemente e quindi fa parte della così detta “economia dei lavoretti”.
In questo caso siamo di fronte a piattaforme che utilizzano delle tecnologie di mediazione, perché fanno da
intermediari tra i ristoranti e i rider che mettono a disposizione la propria bicicletta per effettuare dei servizi, quindi
per consegnare dei pasti a domicilio. Da questo punto di vista gli attori sono i ristoranti, la piattaforma, i riders, dove
la piattaforma fa da intermediario tra questi due fattori quindi siamo quindi di fronte ad una interdipendenza tra questi
attori.
È importante capire da una parte il modello economico, ossia dove vengono distribuiti i ricavi tra questi differenti
attori, dall’altra come avviene la gestione, in particolare dei riders.
Sul fronte dei riders c’è un grande dibattito e una discussione aperta in differenti paesi e contesti, negli Stati Uniti,
all’interno dell’UE, ossia il punto diventa: capire e comprendere se i riders sono veramente lavoratori autonomi o se
sono dei lavoratori dipendenti subordinati. Molti tribunali in altri paesi stanno categorizzando questi lavoratori come
lavoratori subordinati. Il grado di autonomia qui è molto basso, loro possono decidere di rifiutare un turno di lavoro,
un turno di lavoro che viene decisa e comunicata dalla piattaforma (algoritmo che incrocia le richieste dei clienti, la
disponibilità del ristorante e dei fattorini), qui definisce una serie di turni di lavoro, indica quanti ciclofattorini possono
essere per strada, all’interno di un determinato turno di lavoro. La proposta dei turni viene determinata anche in base
alla disponibilità date nel passato, quindi se io riders non do la mia disponibilità, a quel punto rischio di essere
penalizzato la volta successiva e quindi non mi vengono assegnati i turni migliore, quelli che in cui io so che ci sarnno
un maggior numero di consegne. Tutto ciò avviene tramite la piattaforma, quindi non hanno un contatto diretto con la
un manager o con un team leader. Una piattaforma che tiene traccia anche dei tempi di consegna e quindi questo
diventa uno strumento di valutazione. Molto spesso capita che anche i turni siano molto frammentati, perché un fatto è
lavorare in un arco di tempo definito, un altro è lavorare 20 minuti alla volta e questo rende molto difficile bilanciare
la propria vita professionale e privata.
L’altro tema è come vengono pagati i riders, prima c’era un modello di pagamento all’ora, poi le piattaforme hanno
deciso di passare al pagamento alla consegna, questo cambiamento ha generato una serie di proteste. Quindi significa
che se io do disponibilità per un turno, so che io sono pagato per quelle ore, a prescindere del numero di consegne che
faccio; invece, ora sono pagato solo in base a quante consegne faccio.
Un altro aspetto importante è che è un’attività che può essere fatta da chiunque, dove le ore di formazione sono solo
48, quindi le conoscenze e le abilità richieste dai riders sono molto basse, quindi sono altamente intercambiabili, per
questo il loro potere contrattuale è molto basso perché effettivamente è un’attività che non richiede competenze e
conoscenze sofisticate.
Altra cosa importante è capire chi paga cosa, abbiamo visto che l’azienda fornisce pochissimo (fornisce la divisa, il
contenitore termico, mentre la bicicletta è a carico del lavoratore, e quindi tutto questo mette in evidenza come tutto
questo in realtà il modello di taylor e della catena di montaggio è ancora molto vivo. È un modello che nasce nel 1911,
la catena di montaggio nel 1913, ma alla fine anche in un settore nuovo come quello dei riders, alla fine quei principi
sono riutilizzati e applicati.
VIDEO 3: Amazon, la logistica e le consegne che effettivamente vengono svolte.
Il primo aspetto importante da mettere in evidenza è che Amazon si appoggia a società terze, ossia i fattori della
logistica che sono di fatto dei fornitori di Amazon, infatti quei guidatori non è detto che sono di Amazon.
In particolare, abbiamo seguite le consegne del mattino di uno di questi drivers che deve consegnare 350 pacchi, la
consegna dovrebbe durare 3 minuti per ogni numero civico, dove questa attività è monitorata e quindi l’impresa che
gestisce questo servizio per conto di Amazon sa se ognuno fa il suo movimento, sa che ha un obbligo di pausa di 30
min, ma finita poi questa pausa diventa un po’ un problema perché poi magari non riesce a rispettare le consegne che
deve effettuare nell’arco della giornata. Il stesso sistema di guida identifica anche il percorso migliore, quindi c’è
anche un controllo su questa attività, quindi Amazon da quando un determinato pacco è stato consegnato o no e molto
spesso anche il cliente valuta la modalità di consegna del pacco.
Questa parte dell’interno processo (consegna) ha meno possibilità di essere automatizzata, perché la variabilità e il
numero di eccezioni così elevato rende la consegna finale difficile automatizzarla.
Commento: l’uso della tecnologia per il controllo e il monitoraggio che diventano una misurazione del tempo e un
rispetto dei tempi. Per tutto il settore della logistica, il tempo diventa un fattore critico e quindi diventa critico anche
che le persone rispettino i tempi. Quindi se il tema della misurazione dei tempi diventa un tema cardine, in tutti questi
video ritorna l’autore Taylor. Di fatto quello che abbiamo visto nei tre filmati è una sorta di neo-taylorismo o di
taylorismo digitale, con l’organizzazione scientifica del lavoro, definizione dei tempi e dei metodi.
Tutti e tre i video pongo l’attenzione nel tema del rapporto tra le imprese e le persone che utilizzano le macchine, e il
controllo pervasivo che queste macchine rendono possibile e quindi bisogna capire come questi diversi attori dovranno
regolamentare anche questi fattori per ripristinare delle condizioni di lavoro migliori.
IL FUTURO
Come potrà essere?
La tecnologia è una variabile che deve essere monitorata, compresa, non sappiamo quale tecnologia avremmo a
disposizione nel futuro e che tipo di impatti potranno avere.
IL FUTURO TRA VISION UTOPICHE E DISTOPICHE
Due immagini che erano state realizzate
all’inizio del 900’ e rappresentavano come si
vedeva il 2000.
Quindi la scuola prevedeva una trasmissione
del sapere attraverso delle cuffie con degli
elettrodi, in cui il professore inserisce dei testi
in una macchina e poi automaticamente veniva
trasferita nella mente degli studenti.
Dall’altra, un servizio postare fatto con una sorta di aeroplano, ovviamente all’inizio del 900’ non erano in grado di
immaginare la posta elettronica e quindi immaginarono questo. Quindi è molto difficile immaginare il futuro, infatti le
immagini del 900’ ci dicono come vedevano il nostro presente, molto diverso da quello immaginato.
Ci sono molti film che si sono occupati in maniera più distopica, ossia mettendo in evidenza gli aspetti negativi delle
tecnologie.
- Metropolis del 1927
- 2001: odissea nello spazio. In cui il computer
AL 9001, da qualche problema di
funzionamento.
- Blade runner 1982. In cui abbiamo la figura
del replicante.
- Matrix 1999. In cui da uomini diventano
batterie che alimentano le macchine, quindi
abbiamo un sistema governato dalle macchine.
LA CULTURA ORGANIZZATIVA
Con riferimento alla cultura organizzativa, lavoreremo su due livelli:
• CULTURA NAZIONALE: andremo a vedere se e come la cultura nazione (di un paese),
può influenza e condizionare le scelte sul piano organizzativo
• STRUTTURA ORGANIZZATIVA: in senso stretto, che riguarda una specifica impresa o
organizzazione
LA CULTURA
DEFINIZIONE: insieme di assunti, valori, norme, comportamenti, artefatti (oggetti fisici e simbolici) che devono
essere più o meno condivisi o accettati da un certo gruppo di persone, che saranno gli abitanti di un paese (cultura
nazionale) o dei dipendenti lavoratori (singola determinata impresa).
Quindi è importante mettere in evidenza che abbiamo una cultura vera e propria, nazionale ed organizzativa, quando
intorno a certi valori, norme, assunti, esiste una condivisione o un’accettazione.
La distinzione tra condivisione e accettazione è importante, perché mette in evidenza il fatto che non è detto che un
cittadino o lavoratore, condivida quei valori, ma le accetta, quindi, si fa influenzare da quei valori.
LA CULTURA “NAZIONALE”
Questo è un modo per rappresentare il grado di complessità
della cultura nazionale di un paese. Useremo la metafora
dell’iceberg.
Abbiamo una parte:
- Nascosta, poco visibile, poco consapevole anche alle persone
stesse, è la parte legata agli assunti.
- Legata ai valori, sempre più visibile.
- Legata alle norme e alle credenze
- Legata ai comportamenti che è la parte che noi osserviamo
nelle persone, quello che noi definiamo gli usi e costumi, da cui
noi possiamo ricostruire cosa c’è sotto e nascosto, quindi, possiamo capire le norme che condizionano questi
comportamenti, quali siano i valori che danno forma a queste norme e gli assunti di base a cui si poggiano
questi valori.
Questi comportamenti hanno un’influenza importante su sistema economico, sulla struttura della famiglia,
sulla stratificazione sociale di un determinato paese.
Gli elementi che condizionano tutto questo sono legati alla demografia (andamento della popolazione, tasso di
natalità, di mortalità), la geografia, la storia…
Esiste una diversa visione su quanto siano importanti le culture nazionali nel condizionare i modelli manageriali e
organizzativi, a questo proposito esistono tre punti di vista diversi:
• IPOTESI CULTURALISTA FORTE: è un’ipotesi per la quale la cultura nazionale ha u ruolo molto importante,
ossia se prevale questa ipotesi, significa che siamo di fronte ad una sostanziale intrasferibilità del know-how
organizzativo, delle soluzioni organizzative elaborate in una cultura ad un’altra. Quindi secondo questa idea, la
cultura nazionale, così forte e potente che in realtà un modello organizzativo e manageriale pensato in un paese,
non può essere trasferito in un altro paese, perché non funzionerebbe così come previsto, perderebbe efficacia,
efficienza…
Quindi questa è una tesi di sostanziale incomunicabilità tra paradigmi organizzativi maturati entro diverse culture.
• IPOTESI CULTURALISTA MODERATA: in questo caso la diversità di contesto culturale rende diverse le
soluzioni organizzative efficaci nella regolazione dello stesso tipo di attività economiche. Qui non abbiamo una
intrasferibilità, possiamo trasferire, ma dobbiamo adattare (devo modificare alcuni aspetti che lo
contraddistinguono).
• IPOTESI CULTURALISTA NULLA: in cui il peso della cultura nazionale diventa minimo, quasi nullo, dove le
dimensioni delle imprese e la natura delle attività sono la determinante di alcuni aspetti strutturali delle soluzioni
organizzative adottate. Quindi non è la cultura di un paese a rappresentare la determinante chiave, ma sono altri
aspetti legati alla grandezza dell’impresa, le loro dimensioni legata alle caratteristiche ai settori a cui appartengono
e quindi alle caratteristiche tecniche delle attività dei processi che le caratterizzano.
La cultura nazionale ha rappresentato una variabile che ha iniziato ad essere progressivamente studiata, in particolare,
a partire dagli anni 70’ del secolo scorso, quindi non dall’inizio. È stata sviluppato un approccio che viene definito
“Quantitative Societal Cultural Research” (QSCR), ossia, uno studio quantitativo della cultura. L’obiettivo di questo
filone di ricerca è quello di semplificare il confronto tra paesi e nazioni, individuando degli indici di diversità
culturale.
HOFSTEDE
Primo autore che si è occupato nel campo manageriale delle culture nazionali è stato uno
psicologo sociale olandese, Hofstede, a cui fu stato commissionato dalla IBM (importante società
del settore dell’informatica), un’analisi delle diverse sedi di IBM sparse per il mondo e quindi
iniziò a studiare somiglianze e differenze tra le sedi di IBM in tutto il mondo. Iniziò a farlo
all’inizio degli anni 70’ e 80’ del XX secolo e i risultati che ottenne lo portarono a sviluppare un
modello a sei dimensioni, che è poi cresciuto col passare del tempo.
Quello che fece Hofstede fu: distribuì una serie di questionari ai dipendenti della IBM delle
differenti senti, distribuiti nei diversi paesi (IBM è un’impresa multinazionale e quindi era un
contesto concreto in cui era possibile condurre una ricerca di questo tipo).
DEFINIZIONE DI CULTURA DI HOFSTEDE
La cultura è una sorta di programma collettivo della mente umana che
distingue membri di un gruppo ai membri di un altro. La cultura, in
questo senso, è un sistema di valori definiti a livello collettivo
(qualcosa di condiviso o accettato).
*versione più recente del suo modello*
SEI DIMENSIONI IMPORTANTI dal punto di vista manageriale e organizzativo
Cultura nazionale, le differenze culturali pensando al mondo delle imprese, quindi ci focalizziamo su degli aspetti che
possono influenzare i lavoratori all’interno delle imprese.
• GRADO DI ACCETTAZIONE DELLA DISTANZA DI POTERE (PDI)
• GRADO DI INDIVIDUALISMO (IDV)
• GRADO DI SEPARAZIONE DEI RUOLI IN BASE AL GENERE (MAS)
• GRADO DI AVVERSIONE ALL’INCERTEZZA (UAI)
*variabili aggiunte successivamente*
• GRADO DI PRAGMATISMO (PRA): chiamato anche “orientamento a l lungo termine (LTO). Aggiunta quando
ha iniziato a estendere la su analisi anche ai paesi asiatici, in particolare, alla Cina.
• GRADO DI INDULGENZA (IVR)
GRADO DI ACCETTAZIONE DELLA DISTANZA DI POTERE
Questa variabile ci dice quanto i membri di una cultura sono disposti ad accettare una distribuzione diseguale del
potere, della ricchezza e del prestigio.
Quello che fa Hofstede per ogni una di queste dimensioni è individuare una serie di valori, di numeri, ogni paese ha
una storia caratterizzata da un punteggio lungo una scala definita da Hofstede e quindi si distribuiranno una sorta di
linea continua, in cui ai due estremi abbiamo un basso grado di accettazione della distanza di potere e l’altro estremo
abbiamo un elevato grado di accettazione della distanza di potere. I singoli paesi possono poi distribuirsi secondo
questa linea continua e quindi avremo delle situazioni molto definite e chiare agli estremi, e altre molto più sfumate
che si collocano nella parte centrale di questa linea.
Abbiamo dei modelli
Abbiamo una struttura
verticale con tanti livelli.
organizzativi molto
piatti.
In paesi caratterizzati da un basso grado di accettazione della distanza di potere:
- La gerarchia organizzativa è considerata una convenzione che crea posizioni/ruoli diseguali che però non
riflettono delle differenze sostanziali tra le persone. Quindi dicono, abbiamo questa posizione al vertice però il
fatto di avere questa posizione non ci dice nulla di queste nulla delle caratteristiche della persona.
- I dipendenti in questo aspetto si aspettano di essere consultati dai loro superiori.
- I superiori dovrebbero essere dei democratici, ossia prendere decisioni in maniera collettiva, coinvolgere il più
possibile le persone nei processi decisionali.
In questi paesi abbiamo un basso grado di accettazione della distanza di potere, quindi tollerano male che ci siano
delle forti differenze sulla distribuzione del potere, della ricchezza e del prestigio.
Grado di accettazione della distanza di potere elevata:
- L’autorità è distribuita in modo diseguale e la gerarchia riflette delle differenze sostanziali tra gli individui.
Quindi la gerarchia diventa un modo che ci dice che l’individuo definisce le persone, non è una semplice
convenzione.
- Netta separazione tra il capo (autocrate benevolente) e i suoi subordinati.
- Quando il capo decide i suoi subordinati devono obbedire.
- I subordinati si aspettano che sia il capo a decidere e a dirgli cosa fare e cosa non fare.
In questi paesi, l’autonomia di dipendenza delle persone non è ben accettata, perché nel momento in cui uno è un capo
deve fare il capo, quindi deve prendere decisioni, non deve chiedere a me cosa bisogna fare.
GRADO DI INDIVIDUALISMO
Ci dice quanto ci si aspetta che gli individui agiscano indipendentemente dagli altri membri della società. Quindi,
quanto è importante l’individuo rispetto alla collettività.
Paesi caratterizzati da un elevato grado di individualismo: l’individuo conta molto di più della collettività.
- I diritti individuali sono prioritari.
- Le relazioni tra gli individui sono lasche (deboli) e ci si aspetta che gli individui si prendano cura di loro
stessi.
Quindi c’è una accentatura sui suoi desideri, bisogni, quindi ha l’obiettivo di soddisfare primariamente i propri
bisogni.
Paesi caratterizzati da un basso grado di individualismo: è molto più importante la collettività dell’individuo.
- I gruppi coesi (famiglie estese, comunità locali…) danno agli individui un senso d’identità e di appartenenza
pretendendo in cambio un’elevata fedeltà (sicurezza – fedeltà).
Quindi, l’interesse della collettività tende a prevalere rispetto ai bisogni/desideri dei singoli individui.
In Italia abbiamo una particolarità su questo fronte, è un paese
caratterizzato da un tendenziale elevato grado di individualismo,
con la particolarità in cui la dimensione collettiva acquista un
ruolo rilevante che è quella legata alla famiglia. In Italia la
famiglia è un aspetto importante/rilevante che poi ha portato i
sociologi ha studiare questo fenomeno e di parlare di
“familismo”. Il familismo e il dare importanza a questo gruppo
rispetto alla collettività considerata nel suo complesso può anche
alimentare un clientelismo e di fatto una logica di clan.
EDWARD C. BANFIELD: FAMILISMO AMORALE
Concetto coniato da un sociologo americano nel 1958. Questo libro che ha pubblicato “basi morale
della società arretrata”. Banfield conduce uno studio etnografico in un paese della Basilicata e
rileva come in questo paese l’interesse delle singole famiglie prevalesse sull’interesse della società
in generale. Quindi, l’obiettivo delle persone era privilegiare l’interesse delle famiglie, e secondo
lui questo era uno delle cause dell’arretratezza di quella regione e anche di molti paesi del
mediterraneo che condividono questa struttura sociale in Italia.
OBIETTIVO: massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia
nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo.
RISVOLTI NEGATIVI: Una sorta di individualismo temperato dal dare alla famiglia
un’importanza rilevante, che però perde di vista l’interesse di un gruppo più ampio che è
eterogeneo come composizione, questo poi si riscontra anche nell’economia e nelle imprese
(assumo un famigliare al posto di assumere una persona brava e competente). Tutto questo non crea creatività e
innovazione, ma genera chiusura e porta al lungo termine una situazione bloccata. Secondo Banfield questo poteva
essere una delle cause che giustificava l’arretratezza di molte regioni dell’area mediterranea.
RISVOLTI POSITIVI: quando andiamo a considerare le imprese famigliari che in realtà hanno una dinamica ampia
positiva
GRADO DI SEPARAZIONE DEI RUOLI IN BASE AL GENERE
Questa dimensione va a misurare quanta distinzione si ha di genere all’interno della società e delle imprese (fenomeni
di segregazione orizzontale, settori tipicamente femminili o maschili, di segregazione verticale come avere ai vertici
uomini).
Basso di grado di separazione dei ruoli di genere: abbiamo meno fenomeni di segregazione orizzontale e verticale, e
anche dal punto di vista generale, abbiamo un miglior equilibrio tra vita privata e lavoro. Significa che:
- In quei contesti in cui abbiamo minor separazione dei ruoli di genere, sono anche differenti i valori e le norme
di comportamento e quindi c’è una minor pressione sull’ottenimento degli obiettivi.
- Migliore equilibrio tra vita privata e lavoro.
Paesi caratterizzati da un grado di separazione dei ruoli di genere molto netto ci si aspetta di avere una netta
distinzione tra uomini e donne.
-
Ci si aspetta che gli uomini siano più assertivi e le donne più protettive e debite all’attività di cura. Questa è la
causa di segregazione di genere orizzontale, quindi significa che gli uomini tenderanno ad intraprendere
professioni e carriere in cui l’assertività la competizione è importante.
- Le donne tenderanno a privilegiare quelle professioni e i settori in cui è rilevante l’attività di cura.
- In un contesto di questi tipi, la carriera e la competizione prevalgono sugli aspetti legati alla vita privata.
Sono contesti caratterizzati da un peggior equilibrio tra vita privata e lavoro.
GRADO DI AVVERSIONE ALL’INCERTEZZA
Questo grado ci dice, quanto i membri di una cultura soffrano l’incertezza, l’ambiguità, il rischio…
Elevato grado di avversione all’incertezza: per gestire l’incertezza
- Definire delle regole, regolamenti. Mettere ordine dove c’è disordine.
- Abbiamo una elevata diffusione della standardizzazione e della formalizzazione.
- I principi generali, astratti tendono ad essere molto più importanti della pratica.
In questi contesti, è necessario costruire una struttura che consente di “imbrigliare” l’incertezza. Questo dà alla
dimensione pratica un senso di maggiore sicurezza (ho delle regole scritte, degli standard, so come mi devo
comportare).
Contesti caratterizzati da un basso grado di avversione all’incertezza:
- Le persone sono aperte all’innovazione, alle differenze di opinione, all’eccentrità e alla devianza. Riescono a
tollerare bene tutto ciò che non rientra nelle categorie non ben definite.
- Le persone non apprezzano le regole e sono resistenti all’introduzione di regole e della formalizzazione. In
particolare, quando la formalizzazione diventa eccessiva.
- Conta più la pratica rispetto ai principi generali e astratti.
GRADO DI PRAGMATISMO (orientamento a lungo termine)
È il grado che ci dice quanto i membri di una cultura sono pronti a proiettarsi nel futuro.
Elevato grado di pragmatismo: orientamento pragmatico a lungo termine, una proiezione legata al futuro.
- Il progresso è un aspetto considerato importante.
- La perseveranza è importante, ossia il tentare di raggiungere determinati obiettivi, anche se non si ottengono
subito dei risultati, appunto perché è una proiezione del futuro nel lungo periodo.
- Le abilità ad adattarsi al cambiamento sono importanti, perché se ragiono sul lungo termine mi aspetto che ci
sia un cambiamento.
- L’educazione è vista come lo strumento per affrontare le sfide del futuro, quindi l’aumento delle
conoscenze/competenze, delle abilità delle persone sono viste come la chiave per proiettarsi pragmaticamente
nel futuro.
Basso grado di pragmatismo: orientamento normativo al breve termine, in cui la norma diventa più importante della
pratica.
- Lo status quo (stato presente) è importante.
- La conformità alle norme e alle tradizione è importante, anche se queste possono rappresentare un freno.
GRADO DI INDULGENZA
Il grado ci dice quanto una cultura stimola la gratificazione degli individui. In parte è simile al grado di
individualismo, ma mette in evidenza altri aspetti.
Elevato grado di indulgenza: se ci troviamo di fronte ad una società che stimola la gratificazione abbiamo
- Forte enfasi sul tempo libero e sulla soddisfazione dei desideri delle persone, dove le persone scelgono come
essere, come agire la propria identità… senza dei vincoli sociali troppo stretti
Basso grado di indulgenza:
- Le norme sociali imprigionano l’individuo, soffoca il desiderio dell’individuo di agire la propria identità così
come vorrebbe.
*estratto del film “Mine vaganti”* ambientato in una cittadina della Puglia, dove il pettegolezzo diventa una forma di
controllo sociale.
Questa è una società con un basso grado di indulgenza, che permette certi comportamenti perché altrimenti venivi
subito inserita in una determinata categoria. Questa categoria diventa una sorta di calugna che viene utilizzata molto
spesso. Sono tutti protagonisti, hanno tutti il sorriso, è tutto molto civile, ma dietro ci sono dei conflitti molto forti.
Società con un basso grado di indulgenza, alla fine finiscono per imprigionare gli individui.
Queste sei dimensioni devono essere lette tutte insieme.
ESEMPI
ESERCIZIO
IL CAMBIAMENTO DELLA CULTURA NAZIONALE
Nell’ambito delle teorie, c’è una visione che dice che la cultura è qualcosa di stabile all’interno di un paese/contesto,
altri hanno un punto di vista opposti su questo fronte.
Alcuni autori: Marx, Bell, loro vedono il tema della modernizzazione, il fatto che lo sviluppo economico innesca
anche un cambiamento della cultura e che porta nel lungo tempo, i paesi a convergere tra di loro. Quindi il processo di
modernizzazione è un processo che riduce le differenze culturali.
Altri autori come Weber e Huntington, vedono la cultura stabile nel tempo, quindi una persistenza della cultura nel
passare del tempo.
RONALD F. INGLEHART
Un autore che si è occupato del tema del cambiamento dei valori che stanno alla base delle
differenti culture è un sociologo, pubblica un libro intitolato “Cultural evolution”, quindi, sposa
l’idea che la cultura cambia nel tempo e non rimanga come una caratteristica fissa di un
determinato paese. Dice questo perché è stato uno dei primi a lanciare delle indagini/inchieste a
livello globale ripetute nel corso del tempo, in particolare, le così dette “World values surveys”,
ossia inchieste sull’evoluzione dei diversi paesi. Quindi non abbiamo solo un confronto tra
paesi, ma anche un confronto intertemporale tra i differenti paesi.
Il modello di Inglehart e dei suoi colleghi si basa sul confronto tra due coppie di valori:
• VALORI TRADIZIONALI: enfatizzano l’importanza della religione, dei legami famigliari, dando molta
importanza all’autorità e alla tradizione (valori famigliari tradizionali). Le persone abbracciano questi valori
tradizionali, in genere sono contrari al divorzio, all’aborto, all’eutanasia e in particolare, le società/contesti
caratterizzati da alti livelli di valori tradizionali sono anche caratterizzati da un elevato orgoglio nazionale e da una
prospettiva nazionalistica.
Si oppongono ai:
• VALORI SECOLARI/RAZIONALI: nelle società in cui prevalgono i valori secolari/razionali, sono meno
importanti la religione, la famiglia tradizionale, l’autorità, c’è maggiore apertura nei confronti del divorzio,
dell’aborto, dell’eutanasia, che sono viste accettabili, anche se non è detto che siano più diffusi.
Siccome si ha un’opposizione tra questi due valori, sono messi in scale opposte l’uno con l’altro.
E dall’altra un confronto tra:
• VALORI DI SOPPRAVIVENZA: danno grande enfasi alla sicurezza economica e fisica, sono generalmente
collegati con la visione etnocentrica, una visione razionalistica, ma basata sul gruppo etnico-dominante all’interno
di un determinato paese. Sono anche caratterizzate da un basso livello di fiducia negli altri e di tolleranza verso gli
altri.
• VALORI ESPRESSIONI DI SÉ: l’individuo diventa protagonista e sono collegati anche al tema della tutela della
protezione dell’ambiente, ad una crescente tolleranza nei confronti delle diversità variamente definite (diversità
etnico-culturale, di genere, di orientamento sessuale…) e che tendono anche un protagonismo nei processi
decisionali che riguardano sia la vita economica sia quotidiana.
WORLD VALUES SURVEYS
Ultima mappa delle indagini portate avanti
da Inglehart e Welzel nel 2020, i vari paesi
sono raggruppati all’interno di alcune aree
culturali.
LA CULTURA E IL CAMBIAMENTO
Il ragionamento che fa Inglehart e tutti i
ricercatori che hanno proposto questo
modello è che c’è stato una tendenza nel
corso del tempo nel passare da una
prevalenza di un’autorità basata sulla
tradizione, quindi in cui erano molto
rilevanti il genere, tutti i valori di
ispirazione religiosa o comunitaria.
Questa autorità perde rilevanza con il
processo di modernizzazione, che ci porta
l’attenzione ad un’autorità di tipo
razionale/legale (coerente con quello che dice Weber, dove dice che le organizzazioni moderne devono essere fondati
su un’autorità di tipo razionale/legale), quindi diventa importante il tema del raggiungimento di determinati obiettivi e
della crescita economica.
Abbiamo un’altra tendenza della post-modernizzazione, e c’è un passaggio da un contesto in cui l’autorità di per sé
perde di rilevanza e diventa molto più importante per le persone, il loro benessere.
Quindi, lo sviluppo economico porta ad uno sviluppo culturale e alcuni paesi tendono a convergere lungo alcuni valori
(riduzione di alcune differenze tra i paesi). Questo però è temperato dall’eredità culturale, dal fatto che i paesi partono
da un punto di partenza diverso e quindi, quest’idea dell’impatto e dello sviluppo economico sul cambiamento
culturale, deve essere bilanciato.
A parità di anno ci sono delle differenze rispetto all’età
delle persone, quindi vuol dire che all’interno di uno
stesso paese, in uno stesso anno, persone di età differenti,
hanno valori differenti. Quindi, qui entra in gioco un altro
aspetto importante di questo modello, ossia all’interno di
uno stesso paese abbiano più persone che hanno valori
differenti ed entra in gioco il tema dell’età.
Con il diminuire dell’età aumenta la tolleranza rispetto
alle scelte individuali e abbiamo un miglioramento
degli indici di tolleranza passando dal 1981 al 2009.
Questo modello rapprresenta un termometro utile alle
imprese sul fronte del capire e comprendere quali
politiche possono adottare, oppure con quale forza
devono adottare queste politiche/pratiche.
HOFSTEDE INCONTRO MINTZBERG
Il modello di Inglehart è un modello generale, quindi analizza valori che rigurdano la società nel suo complesso,
mentre nel modello di Hofstede era un modello un po’ più specifico rispetto alle teorie organizzative e alle scelte
concrete che possono fare le organizzazioni.
Ritornando al modello di Hofstede, facciamo incontratre il suo modello con lo schema di Mintzberg (abbiamo visto
quando ci siamo occupati della struttra sociale delle organizzazioni).
Da questo punto di divsta, la cultura nazionale può essere vista come una delle tante contingenze (teoria strutturali
delle contingenze), tra le tante dimensioni che possono caratterizzare le contingenze, una di questa diventa la cultura
nazionele, quinidi influenza e condiziona la scela della configurazione più adatta (più efficiente e efficace, rispetto alle
caratteristiche della cultura nazionale) e coerente.
In particolare, Hofstede ha cercato di mettere in evidenza come partendo dal posizionamento dei diversi paesi lungo il
modello di Hofstede, forse è possibile capire quali strutture organizzative o forme orgsanizzative sono più adatte (in
senso generale).
Abbiamo una matrice che prende in considerazione una delle dimensioni del modello di Hofstede.
Questi studi sulla cultura, si differenziano in funzione a cosa vanno a misurare, e da questo punto di vista il concetto di
visibilità o meno di quello che si va ad indagare assume un ruolo importante. Il modello di Hofstede, di Inglehart e il
così detto “progetto GLOBE”, si focalizzano sulla rilevazione di valori, credenze, preferenze che hanno un grado
medio di visibilità.
Gli aspetti invisibili sono le assunzioni di base, ossia quelle convinzioni così profonde e radicate negli individui che in
realtà non si accorgono neanche di averle e sono difficilmente indagabili anche perché sono poco confapevoli dagli
stessi individui.
Il progetto GLOBE si focalizza anche sull’aspetto visibile, quella che rigurda i comportamenti, gli artefatti (oggetti), le
norme, le pratiche.
IL PROGETTO GLOBE
GLOBE è una sigla di un progetto di ricerca che sta per: Global Leadership and
Organizational Behavior Effectiveness.
Il progetto è iniziato nel corso degli anni 90’ e i primi risultati sono stati pubblicati tra la fine
degli anni 90’ e i primi anni 2000 e in particolare in questo libro del 2004, che raggruppa le
principali evidenze, intitolato “Culture, leadership and organizations. The GLOBE study of 62
Societies”. Un progetto che rappresenta un confronto tra le caratterstiche tra i 62 paesi nel
mondo.
Il progetto GLOBE, rappresneta un’evoluzione rispetto al modello di Hofstede e lavora su 9
dimensioni, cercando però di rilevare due diversi punteggi per ognuna delle 9 dimensioni:
- Rigurda la situazione che viene deifnita “AS IS” (come adesso) che tenta di rilevare le
norme e le pratiche (standard di comportamento), e come si comportano le persone.
- Rileva anche un aspetto definito”SHOULD BE” che riguarda i valori, il come deve
essere.
9 DIMENSIONI SU CUI LAVORA IL PROGETTO GLOBE
ESEMPIO
Il progetto GLOBE non va solo a rilevare i valori e i comportamenti, ma anche alcune dimensioni che rigurdano come
viene esercitata la leadership all’interno dei diversi paesi.
DIMENSIONI DELLA LEADERSHIP (RESPONSABILI):
• CARISMA: abilità di ispirare, motivare e di aspettarsi elevate performance da parte degli altri.
• ORIENTAMENTO AL TEAM: abilità di costruire efficacemente dei gruppi e incrementando un senso di
direzione (agli obiettivi) nel gruppo.
• STILE DECISIONALE PARTECIPATIVO: coinvolgimento degli altri nelle partecipazioni:
• TENGONO IN CONSIDERAZIONE LE ESIGENZE DELLE ALTRE PERSONE: sono generosi,
compassionevoli…
• AUTONOMIA: grado con cui i leader sono indipendenti.
• PROTEZIONE PROPRIA: si focalizza nel dare sicurezza agli individui che fanno parte del proprio gruppo, quindi
tende ad assumere un atteggiamento protettivo.
Ipotetica domanda d’esame, indicate e descrivete le somiglianze e le differenze tra il modello di Hofstede, Ingehart e il
progetto GLOBE.
CULTURA NAZIONALE
3 modelli che hanno l’obiettivo di focalizzare l’impatto e l’importanza della cultura nazione nelle organizzazioni e poi
sulle scelte sul piano organizzativo delle imprese:
• INGLEHART: è un modello generale che riguarda la società nel suo complesso. Ci da due informazioni:
- Culture nazionali cambiano nel tempo
- Culture nazionali sono diverse rispetto all’età delle persone e quindi sarebbe sbagliato pensare che un paese
sia omogeneo rispetto all’età.
• HOFSTEDE e PROGETTO GLOBE: sono più specifici sulla realtà delle imprese.
- HOFSTEDE: primo modello che è stato realizzato
- PROGETTO GLOBE: più sofisticato, ha più dimensioni, misura ogni dimensione su due diverse scale…
ELLIOTT JAQUES e CULTURA ORGANIZZATIVA
Il tema della cultura organizzativa è un tema relativamente recente nell’ambito delle teorie organizzative, in
particolare il primo autore che ha iniziato a parlare di cultura organizzativa è stato Elliott Jaques nel 1951, in questo
libro intitolato “The changing culture of a factory”, uno studio sull’autorità e la partecipazione in un contesto
industriale. Si è occupato della cultura di una pratica.
DEFINIZIONE DI JAQUES SULLA CULTURA ORGANIZZATIVA: la cultura della fabbrica sta nel suo modo di
pensare e di fare le cose, che è condiviso in misura minore o maggiore da tutti i suoi membri; ogni membro la deve
imparare, o almeno accettare parzialmente, se vuole essere assunto dall’impresa.
In questa definizione sono importanti due concetti:
• TEMA DELLA CONDIVISIONE: per essere tale, la cultura organizzativa deve essere condivisa in misura minore
o maggiore, quindi ci deve essere comunque condivisione.
• TEMA DELL’ACCETTAZIONE: anche nel caso in cui non ci sia condivisione della cultura organizzativa,
almeno deve essere accettata, quindi significa che almeno quei valori o quelle norme devono condizionare il
comportamento delle persone, altrimenti non è una vera cultura organizzativa.
Il concetto di cultura organizzativa rimane la stessa fino agli anni 80’ e quindi non è una dimensione particolarmente
considerata dai teorici delle organizzazioni e di chi si occupa di management, la focalizzazione in questo periodo è
sulle strutture.
Diventa un tema popolare negli anni 80’, quando vengono pubblicati in pochi anni una serie di libri che diventano dei
best seller, sono:
• 1981, “Theory Z” di William Ouchi (incontrato nel coordinamento e nel controllo, controllo basato sul clan).
• 1982, “In search of excellence” di Thomas Peters e Robert Waterman. Confrontano delle imprese di successo e
dicono che il motivo dell’eccellenza di queste imprese di successo sta nella loro cultura organizzativa.
• 1982, “ Corporate culture” di Terrence Kennedy
• 1985 “Organizational culture and leadership” di Edgar Schein.
IL MODELLO DI SCHEIN e CULTURA ORGANIZZATIVA
Aspetti importanti:
• COERENZA: la cultura organizzativa deve basarsi sull’insieme coerente di assunti fondamentali (ciò che non
possiamo vedere e che non è detto che le persone siano consapevoli). Gli assunti sono delle convinzioni profonde
che riguardano il mondo che ci circonda (la natura, il tempo, le persone…), qual è il modo giusto per impostare i
rapporti tra gli essere umani, per distribuire il potere, la vita deve essere basata sulla cooperazione o sulla
competizione, che cos’è il lavoro, l’ordine sociale va mantenuto ricorrendo alla gerarchia e al controllo oppure
costruendo dei rapporti basati sulla fiducia/uguaglianza; quindi, sono le visioni del mondo che ognuno di noi ha.
ESEMPI
ESEMPIO
*ESTRATTI DAL FILM “TUTTA LA VITA DAVANTI “*
• Ci troviamo nello spazio del Call Center, in cui abbiamo il rito che si svolge all’inizio del turno motivazione (o
che dovrebbe esserlo). Poi abbiamo una cerimonia pubblica, dell’elargizione dei premi e delle punizioni, in cui
vengono attribuiti i premi alle migliori addette al Call Center, alle lavoratrici che riescono a fissare più
appuntamenti per poter dimostrare il prodotto che vendono, e dall’altro lato c’è anche la messa in evidenza di tutte
le ragazze che hanno avuto le prestazioni peggiori, definite “le dolenti note”. Nella parte finale abbiamo il
licenziamento pubblico delle ragazze che non raggiungono gli obiettivi mensili, anche in questo caso c’è una
pubblicità nel sanzionare con il licenziamento, il comportamento che non è considerato corretto.
• Riguardano i venditori, cioè coloro che si recano effettivamente a casa delle persone per dimostrare questo
prodotto. Notiamo, con il confronto dei due video, una forte e mancata segregazione di genere in base alla
professione, le addette al Call Center sono tutte ragazze, mentre i venditori sono tutti uomini. In questo video dei
venditori c’era la scienza del “pay off”, quindi la punizione di coloro che non hanno raggiunto il target.
“Tutta la vita davanti” porta alle estreme conseguenze, tutta una serie di riti e cerimonie che accadono all’interno delle
imprese e delle organizzazioni, in un’organizzazione però non dovremmo vedere questi riti e cerimonie, che sono sono
sintomi di un’organizzazione malata. Però molte organizzazioni lo fanno e utilizzano questi rituali e cerimonie per
diffondere le norme di comportamento.
LA CULTURA ORGANIZZATIVA COME STRUMENTO DI COORDINAMENTO E CONTROLLO
Recuperiamo il modello di Ouchi sul potere e il controllo organizzativo, in particolare, diceva che in tanti meccanismi
di sistemi di controllo, uno è il controllo di clan (controllo che usa le norme per coordinare o controllare le persone).
VALORI DICHIARATI COME ARTEFATTI
Molto spesso le aziende dichiarano esplicitamente quali sono i valori che dovrebbero guidare
il comportamento delle persone e l’azienda. Questi valori, che troviamo pubblicati sui siti
delle aziende, non sono in realtà i veri valori, i valori dichiarati in realtà sono degli artefatti,
quindi un aspetto visibile che non è detto che corrispondono ai veri valori dell’impresa.
VALORI INDIVIDUALI, DELL’ORGANIZZAZIONE E DELLA SOCIETÀ
Esistono dei valori che riguardano la società (cultura di un paese – analizzato con Hofstede, Inglehart, GLOBE), le
singole persone (legate all’identità dell’individuo).
Qual è il rapporto tra i valori dell’organizzazione e i valori delle singole persone che lavorano all’interno
dell’organizzazione?
Tra tutti questi valori esistono dei rapporti, i valori della società (di un paese), influenzano sia i valori organizzativi sia
i valori individuali.
Per quanto riguarda i valori individuali, possiamo descrivere valori che
riguardano tanti aspetti diversi della vita di una persona:
• SOCIETÀ: cosa le persone pensano della società.
• LAVORO: cosa le persone pensano del lavoro.
• ORGANIZZAZIONE: come gli individui pensano la propria azienda.
Possiamo avere diverse situazioni nel rapporto tra i valori individuali e organizzativi: quanto coerenti sono i valori
organizzativi rispetto ai valori individuali?
I VALORI INDIVIDUALI E DELL’ORGANIZZAZIONE
*da capire solo il significato*
Mette in evidenza il grado di congruenza tra i valori organizzativi e valori individuali
rispetto ad alcune variabili definiti di output.
Grado di fiducia
Grado di collaborazione
Capacità dell’impresa di attrarre le persone dall’esterno…
Questa curva tridimensionale, mette in evidenza come, più elevata è la coerenza tra i
valori organizzativi e quelli individuali, più abbiamo degli aspetti positivi su queste
variabili di output.
LA CULTURA ORGANIZZATIVA SECONDO GLI APPROCCI
SIMBOLICI
BARNEY GLASER e ANSELM STRAUSS
Hanno pubblicato questo libro nel 1967, intitolato “The discovery of grounded theory: strategies
for qualitative research”.
HAROLD GARFINKEL
“Studies in ethnomethodology” nel 1967
Questi tre autori sono importanti perché:
- Ci forniscono un metodo per interpretare la cultura di un’organizzazione.
Loro dicono che per capire una cultura organizzativa è necessario che metta
in atto una ricerca sul campo. Quindi, significa entrare nelle organizzazioni,
non mi possono basare solo sulla somministrazione di un questionario.
Bisogna adottare gli strumenti e i metodi che sono stati sviluppati dall’antropologia, alle imprese e
alle organizzazioni.
Quindi, dobbiamo considerare l’impresa come un gruppo etnico, come se fosse una tribù, così
come gli antropologi andavano a studiare le tribù così questi studiosi decisero di entrare nell’organizzazione.
Inoltre, dicono che in termini generali, che “la cultura è il prodotto dell’interazione tra gli individui (Essendo gli autori
di una derivazione simbolica, puntano molto la loro attenzione su questo concetto di “interazione” tra gli individui),
che per interpretare ciò che accade all’interno dell’impresa (gli individui interpretano ciò che accade all’interno
dell’impresa) creano collettivamente un significato (la cultura organizzativa è un processo che continua a
svilupparsi).”
Due concetti importanti da questo punto di vista, che questi autori pongono l’attenzione:
• ORDINE NEGOZIATO: proposto da Glaser e Strauss, è un concetto di ordine in cui il ruolo e l’interazione tra le
persone è fondamentale. Negoziato perché è un ordine che continua ad essere messo in discussione ed accettato.
• ASPETTATIVA CULTURALE: ossia che le persone si aspettano che gli altri si comportino in un certo modo e a
loro volto mettono in atto determinati comportamenti. Tutto ciò che rompe le aspettative è visto come una sorta di
disordine (anche temporaneo) e si cerca di riportare la situazione di disordine ad una situazione di ordine, questo
si basa sull’interazione tra le persone.
I SIMBOLI
Nelle organizzazioni abbiamo tanti artefatti/comportamenti, alcuni di questi acquisiscono una valenza simbolica, e
quindi, diventano dei simboli. A questi viene attribuito un significato che va oltre il loro contenuto intrinseco.
I simboli vengono utilizzati per produrre o comunicare qualcosa di specifico. Hanno due diversi significati:
• DENUTATIVO: fa riferimento al significato principale di una parole/termine. È legato all’utilizzo strumentale di
quel simbolo.
• CONNOTATIVO: fa riferimento ad un utilizzo espressivo del simbolo (prendere un logo di un’azienda e
trasformarlo per ridicolizzarlo). Prendo quel segno come segno di protesta nei confronti dell’azienda.
Il simbolo nel suo utilizzo espressivo è molto sensibile al contesto del suo utilizzo.
CLIFFORD GEERTZ e L’INTERPRETAZIONE
Libro del 1973, intitolato “The interpretation of cultures”.
Concetto di interpretazione presente nel suo libro: “Ritenendo con Max Weber, che l’uomo sia un
animale impigliato nelle reti di significati che egli stesso ha costruito, affermo che la cultura consiste
in queste reti e che perciò la loro analisi è non una scienza sperimentale in cerca di leggi, ma una
scienza interpretativa in cerca di significato.”
È un approccio che va a scavare il significato profondo di tutti gli aspetti che riguardano
l’organizzazione. In un contesto di questo tipo, acquistano un significato importante e fondamentale,
tutto ciò che è informale (ciò che non vediamo direttamente.
*Estratto di un film “Codice d’onore*
Mette in evidenza l’importanza della dimensione informale e dal ruolo giocato dall’interpretazione.
Siamo negli Stati Uniti, il film è dedicato ad alcune vicende che si svolgono alla base militare di Guantánamo (Cuba)
“codice rosso”, il cui significato è noto solo alle persone della base. È qualcosa di informale, nessun documento
ufficiale c’è l’indicazione di cos’è e quando può essere usato.
LE NARRAZIONI
I simboli rappresentano un elemento centrale, quindi l’impresa deve essere raccontata. Bisogna quindi sviluppare una
narrazione organizzativa, che riguarda la vita di un’organizzazione.
Un ruolo importante è anche la narrazione personale, ossia i racconti che riguardano degli individui illustri
dell’organizzazione, dove molto spesso sono i fondatori.
Attraverso la descrizione delle caratteristiche più importanti del fondatore, descrivo l’impresa.
LE NARRAZIONI PERSONALI
STEVE JOBS
Fondatore della Apple, rappresenta una figura importante nel campo della
tecnologia, a cui vengono dedicati tanti film.
Sono rappresentate le locandine di due film.
*Trailer film “jobs” e “steve jobs”*
“persone folli possono cambiare il mondo”, “innovatore, rivoluzionario,
visionario”, “l’uomo capace di guardare oltre gli orizzonti, di rendere possibile
l’impossibile”
Il tema che viene sempre legato alla figura di Steve Jobs è il concetto di rivoluzione nel campo tecnologico, di follia,
ribelle, questo lega il tema della creatività e della rivoluzione. Apple si posiziona all’interno del suo settore/mercato
alla frontiera dell’innovazione, è stata una delle prima a lanciare il personal computer alla fine degli anni 70’ e ha
realmente inventato lo smartphone (1997).
Altri aspetti importanti che vengono attribuiti a Jobs sono l’attenzione ai dettagli (che poi diventa un’attenzione al
design), del sistema operativo e dei programmi, che diventa un valore fondamentale per lo sviluppo di tutti i prodotti
Apple. Queste piccole cose sono elementi di differenziazione del modo di operare di Apple e che la differenzia
rispetto ai suoi concorrenti.
Nel racconto del personale di Jobs c’è la nascita di Apple computer, un tema che viene citato spesso con riferimento
alle imprese americane (dimensione imprenditoriale).
Altri aspetti sono legati al fatto che per Apple, la tecnologia deve essere qualcosa di semplice, questo lo troviamo
anche sul fronte del design.
Questi sono caratteristiche di Steve Jobs che sono state riportate a diventare anche caratteristiche dell’azienda (legame
che unisce le narrazioni personali alle narrazioni organizzative).
MARK ZUCKERBERG
“The social network”
Il fondatore è Mark Zuckerberg. Anche alle sue vicende e a quelle che hanno caratterizzato
la creazione e la fondazione di Facebook, è stato dedicato un film.
*Trailer*
Il film racconta delle vicende iniziali di Facebook, si focalizza sulla figura di Zuckerber,
che è una figura che viene rappresentata in modo relativamente antipatico, con molti
problemi relazionali, una persona con pochi amici, con molti conflitti. Anche in questo caso
il film e la narrazione mette in evidenza il tema dell’unicità della figura di Zuckerber,
quindi legare questa devianza dal pensiero comune al tema della creatività e
dell’innovazione.
L’elemento che viene rappresentato anche nella narrazione relativa a Zuckerber è il tema
del “genio sregolato” e del “nerd appassionato alla tecnologia” che inventa il social network, rendendolo popolare e
aprendo un settore nuovo in un tempo breve.
Le vicende che riguardano la fondazione di Facebook ritornano anche nella cultura organizzativa di Facebook.
AMAZON (creata 1994-1995 a Seattle da Jeff Bezos)
Inizia come sito di commercio elettronico, che vende solo ed esclusivamente libri, infatti veniva definita “la più
grande libreria online del mondo”, per poi svilupparsi e diventare una della principali piattaforme di commercio
elettronico a livello globale, che vende prodotti e servizi di tutti i tipi.
Bisogna mettere in evidenza il legame molto stretto tra:
- Le caratteristiche di questi individui: quello che viene raccontato.
- Le caratteristiche delle loro imprese: quello che viene raccontato.
LE NARRAZIONI ORGANIZZATIVE E PERSONALI
Perché tutto questo avvenga, è necessario che queste narrazioni organizzative o personali, diventino parte dei racconti
delle persone.
Nell’ambito della prospettiva simbolica è molto importante come le persone interagiscono tra di loro per creare,
supportare e diffondere queste narrazioni, quindi deve essere qualcosa che le persone continuano a raccontare, che
conoscono, che raccontano ai nuovi entrati nelle imprese e, quindi, portano avanti il mito/leggenda del fondatore.
Da questo punto di vista, l’interazione sociale diventa l’arco di volta di tutto quanto.
INTER-SOGGETTIVITÀ
L’interazione che abbiamo tra le persone che vivono nelle imprese e nelle organizzazioni diventa l’elemento centrale.
L’elemento che sta alla base del concetto di ordine negoziato, di aspettativa culturale, dei simboli e delle narrazioni.
La dimensione inter-soggettiva (o inter-personale) è l’elemento che favorisce la socializzazione tra le persone, la
negoziazione di vari aspetti dell’impresa/organizzazione, la condivisione di senso e di significato nel tempo e nello
spazio. Sulla base del quale si costruisce un ordine sociale (può essere anche informale, che si fonda sul conformismo
(adeguarsi e conformarsi sui valori e norme) e sull’appartenenza.
ERVING GOFFMAN
Autore che rientra nell’ambito di questo approccio simbolico è stato proposto da un sociologo canadese,
con questo libro pubblicato nel 1959 “The presentation of self in everyday life”, in particolare Goffman
è rilvenatre perché descrive la vita delle persone e delle organizzazioni usando la metafora del teatro.
LA METAFORA DEL TEATRO
Attraverso questa metafora, potremmo rappresentare l’impresa e l’organizzazione con quello che avviene in questo
modo:
• PARTE PUBBLICA: in cui avviene la performance da parte delle persone, in cui le persone, gli individui e i
lavoratori assumono l’identità di ruolo (identità che viene agita di fronte ad un determinato pubblico), che avviene
sul palcoscenico.
• RETROSCENZA: avviene la preparazione del ruolo e della performance che noi non vediamo.
È come il medico che indossa il camice bianco, l’atto di indossare il camice bianco diventa una sorta di esempio di
performance, quindi nel momento in cui indosso quel camice bianco assumo un ruolo differente rispetto a quello che
avrei in un altro contesto.
Da questo punto di vista, c’è un’attenzione verso le aspettative che il pubblico ha nei confronti di una persona con un
camice bianco.
Il tema della performance può diventare parte stessa delle scelte organizzative.
*Video girato sul volo Easyjet*
Volo che stava atterrando nell’aeroporto di Malpensa, lo steward mette in atto una performance in senso stretto, che
diventa anche una performance legata al modo in cui Easyjet gestisce i propri voli, quindi questo diventa parte di una
scelta organizzativa aziendale, su come gestire il proprio servizio. Questo richiede che anche nel processo di
selezionamento delle persone vengono valutate delle abilità e competenze per mettere in atto performance di questo
tipo, importanti quando il volo è in ritardo o c’è qualche problema, quindi si cerca di sviare alla probabile tensione o
malcontento dei passeggeri.
Questo fa parte di un copione che è richiesto dallo steward.
CONFLITTI DELLA METAFORA DEL TEATRO
Il tema della metafora del teatro lascia aperte alcuni aspetti che possono essere in parte problematici, perché può
sorgere un conflitto, tra l’individuo vero (reali caratteristiche) e l’individuo nell’organizzazione.
COME SI COSTRUISCONO NEL CORSO DEL TEMPO LA CULTURA ORGANIZZATIVA.
LE DINAMICHE CULTURALI: I PROCESSI DI CREAZIONE DI SENSO
Tutto questo avviene nell’ottico simbolista attraverso le dinamiche culturali, in cui gli elementi che
contraddistinguono la cultura organizzativa, poi vengono messe in relazione.
ESEMPIO: LE DINAMICHE CULTURALI
Nel 2015, Zuckerberg ebbe una bambina. I media,
dietro a questo evento, diedero molta attenzione
perché decise di prendersi un congedo di paternità.
Finito il congedo di paternità, ce lo comunica.
Come queste immagini rappresenta un artefatto e può essere letta dalle persone che lavorano in Facebook.
LA CULTURA ORFANIZZATIVA SECONDO GLI APPROCCI CRITICI
E POST-MODERNI
Quello che fanno gli autori di questo approccio critico/post-moderno è sostituire alla parola “interpretazione” (parola
chiave dell’approccio simbolico), la parola “decostruzione” (parola chiave degli approcci critici).
LA DECOSTRUZIONE DELLA CULTURA ORGANIZZATIVA
Questi autori citrici/post-moderni hanno l’obiettivo di decostruire la cultura organizzativa.
DECOSTRUIRE: portare alla luce quella rete di interessi, relazioni di potere, obiettivi e soggetti/gruppi in gioco, che
molto spesso non sono direttamente visibili. Quindi, cercare di capire e di comprendere chi all’interno dell’impresa
domina e controlla il significato, ossia il processo di fatto e di creazione di senso e di significato.
In particolare, dal loro punto di vista, la cultura organizzativa non è qualcosa di neutro, ma dietro alla cultura
organizzativa ci sono determinati interessi, obiettivi, relazioni di potere (torna il tema del potere come variabile
rilevante e importante nel definire le caratteristiche della cultura organizzativa e aziendale).
ESEMPIO
Come reagiscono e procedono gli autori critici e post-moderni di
fronte a questo evento?
È mettere in evidenza decostruire le affermazioni di questo
amministratore delegato, qui emergono differenti obiettivi
perché sono presenti diversi attori.
- IMPRESA: con i suoi obiettivi e interessi, che sono legati al
fatto che il lancio del nuovo prodotto sia un successo.
- DONNA (manager dell’azienda): ha obiettivi e interessi legati alla sua attività lavorativa, ossia il suo successo
professionale, dall’altra assume il ruolo di madre di un bambino, quindi da questo punto di vista, entra un
terzo attore (il bambino).
- BAMBINO: lui stesso ha determinati obiettivi e interessi.
Un caso come questo deve essere letto più approfonditamente, ossia il vero beneficiario non è la donna, ma l’azienda,
perché il coinvolgimento della neo-mamma giovane nella produttività dell’azienda è legato al fatto che l’azienda
pensa al successo del lancio, non tanto alla situazione della neo-mamma.
Quindi,
- Cerco di far emergere chi siano gli attori in gioco (in questo caso, l’azienda, la neo-mamma e il bambino).
- Quali sono i diversi interessi e obiettivi (in questo caso, viene privilegiato l’interesse dell’azienda, perché
addirittura la mamma programma la nascita del bambino in funzione del lavoro. Da questo punto di vista c’è
una consapevolezza da parte della neo-mamma, non è detto che lei sia consapevole di quali siano i propri
interessi, perché magari l’azienda ha anche inciso sulle sue percezioni).
*video Google*
Rappresenta in maniera divertente il quartier generale di Google negli Stati Uniti, che rappresenta come erano
organizzate (prima della pandemia) le sue sedi. È un’ambiente in cui viene messa in evidenza l’aspetto divertente, sia
nel video che nella descrizione dei servizi.
Dichiarazione di Marissa Mayer fatte nel 2016, è
stata amministratore delegato di Yahoo, ma ha
anche lavorato in un’altra impresa nel settore
tecnologico e poi ha lavorato in Google.
Si mette in evidenza come alla fine il quartier generale di Google possa essere visto come gabbia dorata, l’obiettivo
dell’impresa è quello di fornire ai propri lavoratori tanti servizi, da annullare i confini con la vita privata e il lavoro,
perché la persona svolge la maggior parte delle attività (anche quella riscreativa) all’interno del proprio ambiente di
lavoro. Da questo punto di vista, l’azienda riesce ad appropriarsi di tutto il tempo del lavoratore, non c’è più una casa
privata.
Quindi la cultura organizzativa può trasformarsi in una gabbia dorata.
GIDEON KUNDA
Ha lavorato sul concetto di “gabbia dorata” e sul fatto che la cultura organizzativa diventa un
meccanismo di controllo normativo (basato sulle norme).
“L’ingegneria della cultura” pubblicato negli anni 90’ del secolo scorso, fa uno studio su
un’impresa del settore tecnologico Digital (impresa importante degli anni 90’), scopre che
all’interno di questa impresa era molto simile a quelli che sono Google, Facebook…
Quello che mette in evidenza in questo libro, è che molto spesso la cultura organizzativa è un
simulacro, ossia qualcosa di falso, queste imprese vogliono dare la parvenza di un senso di
famiglia, comunità, autonomia che è lasciato al lavoratore, ma in realtà questo è solotanto una
finzione scenica. L’obiettivo della cultura organizzativa è quello di controllare le persone, che
lavorano molto di più compromendo la loro libertà. Con questo controllo normativo molto
stretto, crea una confusione tra i sé organizzativo e il sé reale (all’interno dell’impresa un
persona deve interpretare un ruolo e continuando ad
interpretare quel ruolo si crea un conflitto tra le proprie
caratteristihe reali e le caratterisitche all’interno
dell’organizzazione).
DESCRIZIONE DELLA METAFORA DI GABBIA DORATA
*brano*
“Il costo umano di vivere in una gabbia dorata o meglio di un labirinto dorato dove i soggetti, come Alice nel paese
delle meraviglie, sono tenuti non soltanto a correre il più velocemente possibile per non perdere il passo rispetto agli
altri concorrenti, ma anche a trovare da sé il percorso giusto e soprattutto a recitare, dal momento di confini tra realtà e
finzione, sono sempre più labili. Con l’erosione sistematica persistente dei confini della sfera privata l’aziendanon
riesce a catturare del tutto l’anima dei suoi membri, anche se mira sistematicamente le fondamente (visione negativa
di queste politiche/pratiche che le imprese adottano)”.
ESEMPIO
Sono sempre più coinvolte le imprese del settore della
tecnologia, queste imprese recentemente è emerso in maniera
importante il tema della segregazione di genere, il fatto che
siano poche le donne che lavorano in queste imprese.
Cultura maschile che caratterizza anche Facebook, ne parlano questi libri di Katherine Losse (ex lavoratrice di
Facebook).
Questo è un punto di vista di una lavoratrice che poi ha deciso di lasciare Facebook. In questa impresa a maggioranz
maschile, questa netta maggioranza crea anche una cultura molto maschilista, perché si creano dei legami che si
basano sull’omogeneità di genere. Questo ha un’aspetto positivi perché si ha un rafforzamaneto dei legami, questi
ragazzi che vivono in questo ambiente, vivono bene, è come se fossero in un campus univeristario. Il lato negativo è
che altre persone non si sentono incluse a suo agio all’inteno di quest’azienda.
Altri autori dicono che è sbagliato trattare al sigonolare, perché di fatto poi nelle imprese non abbiamo una cultura
organizzativa, ma abbiamo delle culture organizzative.
JOANNE MARTIN
Nel 1992, dice che in realtà possiamo avere tre modi diversi per studiare o leggere le culture organizzative
dell’impresa. Approccio che vede la cultura organizzativa come fonte di:
• INTEGRAZIONE: in cui prevale armonia e omogeneità. Approccio sposato da Shein e
Ouchi, approccio moderno, modernista. La cultura organizzativa è una ed è tale se è in
grado di creare armonia, consenso e ordine all’interno dell’impresa, quindi è uno
strumento di coordinamento e di controllo.
Quello che dice però Martin è che questo è un caso molto raro all’interno di
un’impresa.
•
DIFFERENZIAZIONE: separazione e conflitto. Mette in evidenza che abbiamo una
cultura organizzativa e tante sub-culture organizzative e tra questi ci può essere una
relazione di conflitto.
•
FRAMMENTAZIONE: molteplicità e fluidità. In base a questo approccio, in un’organizzazione non esistono
culture ben definite, ma esistono dei punti di vista che sono fluttuanti ed ambigui, e che cambiano nel corso del
tempo. È difficile che la cultura organizzativa funge da elemento di
coordinamento e di controllo.
LA STRUTTURA FISICA
DEFINIZIONE: la relazione della struttura fisica va a focalizzare l’attenzione sulla relazione spaziale tra gli elementi
fisici di un’organizzazione e a sua volta, il tema della struttura fisica può essere declinato lungo tre differenti direttrici:
• GEOGRAFIA ORGANIZZATIVA: ci dice qualcosa degli aspetti legato allo spazio delle imprese, i luoghi che
utilizzano per definire la loro presenza in questo spazio fisico e la dimensione legata al tempo.
• SPAZIO ESTERNO: architettura esterna delle imprese, quindi gli edifici che le imprese occupano.
• SPAZIO INTERNO: lay-out, disposizione spaziale interna agli edifici e il suo arredamento.
JEFFREY PFEFFER
Uno degli autori che ha posto l’attenzione, prima degli altri, sul tema della
struttura fisica. In questo libro pubblicato nel 1982 “Organization and
organization theory”, è stato uno dei primi a mettere in evidenza come anche
in un corso di organizzazione aziendale fosse importante accennare il tema
della struttura fisica.
LA GEOGRAFIA ORGANIZZATIVA
Si occupa di come l’impresa può distribuire, da un punto di vista spaziale, geografico, le proprie
attività e i propri processi. Quindi si occupa di come e perché l’organizzazione può avere
attività che sono disperse dal punto di vista geografico, quindi sono legate alle decisioni, alle
scelte di dove collocare i propri uffici, i propri stabilimenti, i propri punti vendita.
La geografia organizzativa è strettamente legata al tema delle strategie di internazionalizzazione
(sviluppo internazionale) di un’organizzazione. Mette in evidenza tutti i processi decisionali che
hanno a che fare con lo spazio geografico di riferimento.
Lo spazio geografico di riferimento può essere lo spazio fisico in senso proprio (entra in gioco il tema della distanza),
un tema che ha un impatto sugli aspetti logistici di un’impresa e dall’altro lato, quando coinvolgiamo tutti gli aspetti
logistici, e quindi fa in modo che i flussi fisici si muovano in un certo modo, che le materie prime vengano trasferite
da uno stabilimento ad un altro, in maniera tale che possa avvenire la produzione, il fatto che i prodotti raggiungano i
mercati di riferimento. Sono tutti aspetti che hanno a che fare con il tema della logistica, con il tema dei flussi fisici.
Su questo fronte hanno un ruolo molto importante l’evoluzione e lo sviluppo dei mezzi di trasporto e di
comunicazione.
Rappresentazione del planisfero tenuto conto del tempo impiegato per coprire determinate
distanze nel corso del tempo.
Si ha l’evoluzione dal 1500 in avanti e quindi, in funzione dello sviluppo dei mezzi di trasporto.
Il tema della geografia organizzativa, della scelta di dove collocare i propri uffici e stabilimenti,
risente dell’evoluzione dei mezzi di trasporto (più sono efficaci e efficienti, ossia ci consentono
di coprire in minor tempo una determinata distanza più le possibilità per le imprese si
ampliano).
Anche nel caso di un’economia che si basa sulle tecnologie digitali, non bisogna dimenticare che queste tecnologie
hanno bisogno di una dimensione materiale per poter funzionare. Quindi, il tema dello spazio fisico riguarda anche
un’economia digitale.
Rappresentazione dei principali cavi sottomarini che consentono il
funzionamento di internet e del web.
ESEMPI
Rappresentazione di dove sono collocate i principali data center di Arruba
(impresa che fornisce servizi informatici alle imprese: cloud computing…).
Questi servizi hanno bisogno di server fisici per poter essere erogati, quindi
hanno bisogno di trovare degli spazi fisici in cui essere presenti.
Anche sul fronte dei bitcoin (moneta digitale elettronica),
risiede fisicamente da qualche parte, in determinati server. In
particolare, l’Islanda sta diventando uno dei principali hub a
livello mondiale per queste miniere di bitcoin.
Server su cui risiedono i dati e le informazioni che consentono
ai bitcoin e alle cripto valute in generale, di funzionare.
ESEMPI
Quello che accade per le imprese è quello di distribuire le proprie attività e i propri processi, quindi, scegliere le
proprie sedi in cui svolgere fisicamente queste attività e processi.
LO SPAZIO FISICO
Molto spesso lo spazio è anche un luogo che ha un significato che va oltre al suo significato letterale. Per esempio, alla
città in cui è stata fondata un’azienda, il fatto che magari quella città rimanga la sede principale di quell’azienda.
Quella città per quell’azienda continua ad avere una valenza simbolica.
LO SPAZIO ESTERNO
Riguarda l’architettura.
Centrale elettrica realizzata da un famoso architetto
Portaluppi, negli anni 20’ del secolo scorso. Siamo nel
nord del Piemonte.
È una centrale elettrica che ha una struttura particolare,
l’obiettivo di questa centrale elettrica era quello di
legittimare l’energia elettrica, che ebbe in quegli anni un
periodo di grande sviluppo, in particolare dopo la I GM, il
settore elettrico e idroelettrico.
L’obiettivo di Portaluppi era quello di costruire un tempio della modernità, non a caso ha una struttura fisica che
ricorda un tempio. Anche in questo caso, la struttura fisica acquisisce una valenza simbolica. La torre e gli elementi
posti nella struttura non servono per il funzionamento della centrale, ma per comunicare un messaggio a quelli che
potevano essere i potenziali futuri clienti dell’energia elettrica.
Siamo negli Stati Uniti, poco prima dello scoppio della grande depressione del 1929, è rappresentato il
Chrusler Building, la prima sede, che era una delle principali imprese automobilistiche degli Stati Uniti.
Rappresenta un esempio delle strutture verticali che iniziano ad essere costruite negli anni
20’ del secolo scorso, negli Stati uniti. Quindi, iniziano ad essere usate queste strutture
verticali, come sedi di alcune delle principali imprese di quel tempo.
Anche questo ha una valenza simbolica, quindi il tema delle dimensioni, della potenza e
della forza di queste imprese, non a caso sono anche gli anni in cui la Chrysler ha un periodo
di sviluppo, infatti, il settimanale Time dedica la copertina ad uno dei principali manager.
In realità, il modello del campus è stato poi ripreso negli Stati Uniti. Vanno invece contro tendenza alcune imprese
italiane che hanno invece deciso di adottare una struttura verticale.
La sede italiana di Samsung (filiale commerciale) decide di trasferire la propria
sede dalla periferia di Milano, al centro (vicino alla sede di Unicredit).
QUARTIR GENERALE DI APPLE
Per le imprese tecnologiche, negli Stati Uniti, utilizzano un modello della struttura orizzontale
(modello del campus). In particolare, l’obiettivo di queste imprese tecnologiche è quello di
creare una struttura di un campus universitario americano. Quindi, i lavoratori che andranno a
lavorare all’interno di Apple, devono avere l’impressione di continuare a trovarsi un’ambiente
simile a quello che è un campus universitario, quindi, di vedere l’attività lavorativa come un
prolungamento della loro esperienza universitaria. Questo per puntare molto l’attenzione sul
tema della creatività, dell’innovazione, dell’apprendimento continuo.
*video quartier generale di Apple*
In questo filmato vengono detti alcuni aspetti simbolici legati al luogo, quindi l’obiettivo di Steve Jobs era quello di
rimanere a Copertino (città in cui Apple ha sempre avuto il suo quartiere generale) e poi il fatto che si trova nella così
detta Silicon Valley (zona al nord della California in cui c’è un’elevatissima concentrazione di imprese attive nel
settore della tecnologia, abbiamo Apple, Facebook, Google, Microsoft). Quello che si vede è il nuovo campus di
Apple, può ospitare fino a 12.000 persone. C’è una grande attenzione sugli aspetti ambientali (tema che coinvolge
sempre di più le imprese).
Il tema della scelta di queste strutture orizzontali è una prerogativa non solo di Apple, ma riguarda le principali
aziende del mondo della tecnologia.
QUARTIER GENERALE DI FACEBOOK
Si sviluppa anche questo in orizzontatale, Facebook ha realizzato una vera e
propria città, un piccolo paese molto ampio.
*video quartier generale di Facebook*
Questo video è rilevante ai nostri fini per due motivi:
- Mette in evidenza come la crescita di un’impresa deve accompagnarsi
anche con la crescita e lo sviluppo della sua struttura fisica. C’è anche
una descrizione di un progressivo ampliamento della sede di FB, con l’aggiunta di edifici su edifici, spazi su
spazi. FB nasce in una stanza del dormitorio dell’Università di Harvard, dove Zuckerberg e con alcuni suoi
amici crea FB, si trasferisce poi in California e ci rimane per sempre, e da lì nasce lo sviluppo di FB dal 200405 fino ad oggi.
La sede di FB è una sorta di cittadina, siamo al nord della California a Palo Alto.
- Vengono descritti alcuni elementi che riguardano l’obiettivo che porta a realizzare una struttura di questo tipo.
L’obiettivo è quello di favorire il più possibile la dimensione sociale tra i lavoratori, al fine di favorire la
collaborazione tra le persone. Questo rappresenta uno degli aspetti più rilevanti che stanno alla base della
scelta che stanno alla base di queste imprese.
- Terzo aspetto di questo video, ritorna il tema della gabbia dorata (visto quando ci siamo occupati della sede di
Google), questi luoghi diventano luoghi dove le persone passano tutto il loro tempo.
BREMBO
Impresa italiana specializzata nel settore delle
automobili, nata nella realizzazione di freni di
altissima qualità, ha appena compiuto 60 anni.
*video Brembo in occasione del suo 60esimo
anniversario*
Unisce due temi:
• STRUTTURA FISICA: passaggio dalla
vecchia sede originale, alla nuova.
• CULTURA ORGANIZZATIVA: diversi lavoratori, di diverse provenienze, citano alcuni valori e principi della
Brembo.
PIRELLI
Quartier generale situato in zona Bicocca a Milano.
Ingloba una fornace al centro dell’edificio, in cui oggi ci sono gli uffici. Prima
sorgeva una vecchia fabbrica della Pirelli dove venivano realizzati fisicamente
gli pneumatici, oggi non abbiamo più la fabbrica, ma abbiamo il quartier
generale. Anche questo è un modo di legare il passato con il presente e anche il
futuro (tema della rilevanza simbolica degli edifici delle sedi principali delle
imprese).
H. FORD E LA CATENA DI MONTAGGIO
La fabbrica di Highland Park del 1910, si sviluppava in senso verticale. Da questo punto di vista,
la struttura fisica è sia un’opportunità (consente l’implementazione della prima forma di catena di
montaggio) e vincolo (perché la catena di montaggio deve andare avanti e quindi è necessario
passare da una dimensione verticale a quella orizzontale) allo stesso tempo per il lavoro svolto al
loro interno.
La fabbrica di River Rouge, consente di inclementare una produzione a ciclo completo in
orizzontale, che va dalla produzione dell’acciaio, fino alla realizzazione dell’automobile.
GLI SPAZI DELLA GIG ECONOMY
Economia basta sui lavoretti (riders, ciclo fattorini), anche questa economia ha bisogno
dei propri spazi, in questo caso sono le strade e le piazze delle nostre città.
Qui siamo a Porta Ticinese a Milano, dove c’è quella struttura coperta che diventa un
punto di concentrazione dei riders, in particolare nelle ore serali.
LO SPAZIO INTERNO
Dentro gli edifici, quindi come il layout interno può influenzare il lavoro delle persone.
JEFFREY PSAFFER
Autore che più di altri ha portato l’attenzione sulla struttura fisica.
L’IMPORTANZA DEGLI SPAZI
Winston Churchill (primo ministro britannico) “Noi diamo forma ai nostri palazzi
e questi, a loro volta, danno forma a noi”.
In particolare, durante la II GM il parlamento inglese fu gravemente danneggiato e
quindi finita la guerra, si pose la questione di ricostruirlo. Il parlamento inglese ha
sempre avuto una forma rettangolare, a differenza di quasi tutti gli altri parlamenti.
A quel punto, si pose questione se ricostruirlo sempre adottando una forma rettangolare o adottando una forma semicircolare (come quella del nostro parlamento). Chruchill disse che era necessario ricostruirlo così com’era, ossia
mantenere quella forma, perché secondo lui la forma rettangolare rappresentava un modo affinché il parlamento
inglese sviluppasse una buona dinamica tra la maggioranza e l’opposizione, in cui ci fosse una chiara distinzione tra i
due gruppi all’interno del parlamento, cosa che secondo Chruchill non era possibile se si adottava una forma semicircolare.
Gli spazi cambiano nel corso del tempo, quindi c’è un tema di evoluzione sia dal punto di vista estetico che dal punto
di vista funzionale (strettamente legato all’evoluzione della tecnologia).
L’EVOLUZIONE DELLA CATENA DI MONTAGGIO
TRA ESTERNO E INTERNO
Ci deve essere anche un bilanciamento tra gli spazi esterni e
interni. Se progetto una struttura esterna, alla fine influenzo
anche le mie possibilità di strutturazione degli spazi interni.
Il progetto di realizzazione della scuola di medicina della
Columbia University a New York.
Ci deve essere un dialogo tra le scelte fatte sul fronte degli spazi
esterni degli edifici, rispetto alle scelte dell’organizzazione degli
spazi interni.
RELAZIONE TRA STRUTTURA SOCIALE E FISICA
Esiste una relazione di mutua influenza, perché la
• STRUTTURA SOCIALE: ci dice qualcosa rispetto alle relazioni tra le persone, le posizioni, i ruoli e le unità
organizzative. In particolari, la struttura sociale è occupata da persone.
• STRUTTURA FISICA: è lo spazio all’interno della quale si trovano le persone, quindi ci dice qualcosa sulle
relazioni spaziali tra gli elementi fisici di un’organizzazione (edifici, posizioni geografiche) all’interno dei quali
lavorano le persone.
È per questo che tra queste due dimensioni esiste una relazione di mutua influenza.
IL TRASFERIMENTO DELLA APPLE
Il trasferimento dalla vecchia sede alla nuova, mette in evidenza questo
legame molto stretto tra la struttura sociale e fisica. Da questo punto di
vista, il cambio della struttura fisica è stato anche un cambio di struttura
sociale.
Sovrappongo la dimensione legata alla struttura
organizzativa.
La scelta degli uffici aperti è stat una scelta dominante delle principali imprese.
Rappresentato è la mappa della redazione del quotidiano spagnolo “El Pais”, che ha adottato
un struttura molto simile a quella del quotidiano “La Stampa”, quindi un unico spazio grande
aperto senza pareti.
Così come la redazione televisiva BBC di Londra.
PRODOTTI E SERVIZI
In alcuni casi la struttura fisica diventa una struttura visibile anche per i potenziali clienti o utenti.
Rappresentato lo studio di Sky TG24, nuovo studio inaugurato qualche anno fa.
L’obiettivo di questo nuovo studio, quindi di una struttura fisica, è anche quello di modificare in parte i prodotti (in
questo caso il telegiornale).
“Lo studio è lo specchio della nuova filosofia, uno strumento editoriale a
supporto dei giornalisti”, in cui la scelta è fatta sul fronte del layout dello
studio, che intervengono anche sul prodotto (tg). È un’aspetto della
struttura fisica che è visibile dallo spettatore.
Stesso discorso è per quanto rigurda il punto vendita, in particolare vediamo quello della
Apple.
Apple Store di Milano, è una struttura fisica che è promisqua perché abbiamo all’interno di
questi spazi fisici sia le persone di Apple sia i clienti (soggetti/attori che non appartengono
all’azienda).
Queste strutture hanno un elevato numero di immagine, un contenuto simbolico e quindi le
strutture fisiche vogliono comunicare qualcosa, in particolare ai clienti che lo vendono.
Sono anche occasioni le inaugurazioni delle nuove sedi, anche per modificare
l’organizzazione del lavoro. Anche la società di revisione PwC
(PricewaterhouseCoopers) ha deciso di avere una nuova sede a Milano, è stata
un’occasione di implementare un nuovo modello organizzativo.
NUOVI SPAZI E NUOVE MODALITÀ DI ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
Molto spesso va oltre agli uffici aperti di per sé, in particolare, un altro aspetto importante è la
nascita e la diffusione anche degli “uffici diffusi”.
Gli uffici diffusi hanno una caratteristica in più rispetto gli uffici aperti, ossia sono uffici in cui
i lavoratori non hanno una scrivania fissa, ma la prenotano giorno per giorno. Quindi, non
abbiamo più un contesto in cui le persone aveva una determinata scrivania, anche se magari in
uno spazio aperto.
SEDE DI BNL A ROMA
È stata una scelta fatta dalla BNL (Banca Nazionale del Lavoro) che ha sede a Roma e ha
deciso di trasferire la propria sede dal centro di Roma ad una zona più periferica. Il
cambiamento di sede è importante per le banche perché la sede centrale ha sempre avuto un
ruolo di rappresentanza molto importante.
La BNL in questa nuova sede ha scelto:
- Una sede vicina ad una stazione di un treno di alta velocità: facilita l’accessibilità dei
propri lavoratori.
- Cambia il modo di lavorare: adozione degli uffici diffusi.
- Utilizzo della tecnologia: digitalizzazione dei processi interni, ma anche dei servizi che vengono resi ai clienti.
*video inaugurazione BNL Roma*
Mette in evidenza come le scelte delle loro sedi hanno un impatto sulle città.
BNL adotta nella nuova sede gli “uffici diffusi”, chiamati anche “hot desking” perché
nessuno ha una propria scrivania fissa. L’adozione degli uffici diffusi si lega anche
l’adozione estensiva dello smart working, quindi, molto spesso viene lasciato alle
persone la possibilità di scegliere se e quando lavorare in ufficio o da casa, in
funzione all’attività che devono svolgere.
QUARTIER GENERALE DI AMAZON ITALIA A MILANO
Inaugurato nel 2017 a Milano, anche in questo caso le scelte adottate ricordano un po’ quelle di
Googleplex o di FB.
*video Amazon Italia*
Anche le scelte che stanno alla base di questa decisione di inaugurare questo nuovo quartier
generale, sono legate al tema della condivisione tra le persone, che guida le maggiori decisioni di cambiamento delle
strutture fisiche.
C’è più attenzione sull’arredamento, il fatto che la sede debba essere funzionale ed è anche importante il benessere dei
lavoratori, anche se l’aspetto più importante lo si vede anche nel fatto che la struttura diventa una struttura fatte da
tante sale riunioni, spazi in cui le persone possono interagire direttamente, quindi l’obiettivo è quello di favorire
l’incontro tra gruppi che sono indipendenti (che lavoro separatamente ma che hanno bisogno di prendere decisioni
congiunte). Poi c’è anche il tema legato alla sostenibilità ambientale e della mobilità delle persone.
È interessante confrontare gli uffici con le scelte che vengono prese sul fronte dei
magazzini.
Sono due mondi diversi, quindi quando analizziamo queste imprese, dobbiamo
distinguere tra tutte le attività che si svolgono nei quartier generali rispetto a tutti
quei processi che si svolgono negli stabilimenti. Non è detto che ci sia un unico
modello che valga per tutta l’organizzazione e livelli.
Ingresso del magazzino di Piacenza. L’obiettivo, da questo punto di vista, della struttura
fisica è quello di ricordare ai lavoratori quali sono i principi su cui si deve basare il loro
lavoro.
Nella parte dell’ingresso, in cui ci sono i metal detector (amazon deve controllare che niente
entri, di ciò che non puù entrare, e niente esci, di ciò che non può uscire), ci sono i tre
principi di Amazon che sono “work hard, have fun, make history”. Da questo punto di vista,
la struttura fisica ha un ruolo di comunicazione nei confronti dei propri dipendenti.
CALL CENTER
Anche questi sono spazi aperti, molto spesso sono uffici diffusi.
Le parti del call center sono divise in funzione dei clienti che questi addetti servono (molto
spesso le aziende affidano attività di contatto con il cliente ad aziende esterne). Un modo per
creare legame con il cliente del momento è quello di mettere dei cartelli che identificano le aree
dei call center che sono dedicate ad alcune tipologie di clienti.
Il call center è una tipologia di lavoro che è stato successivamente studiato perché è stato
un’attività che rientra nel mondo dei servizi, ma che adotta delle regole tayloristiche molto strette.
PROBLEMI DEGLI UFFICI DIFFUSI
Gli uffici diffusi, non solo aperti, ma anche senza postazione fissa generano alcuni problemi.
L’altra cosa che scoprirono dopo aver adottato questi uffici diffusi è che le
persone si ammalavono anche molto di più.
Non consentono poi la personalizzazione degli spazi e rende l’ufficio molto
più neutro.
Varie ricerche hanno messo in evidenza come molto spesso le persone usano
la peronalizzazione del proprio spazio per comunicare qualcosa della propria
identità (un modo per rafforzare il rapporto tra il singolo lavoratore e
l’azienda. Ha anche risvolti negativi perché se comunico tanto della mia
identità posso entrare anche in conflitto con alcune persone. Quindi, alcune
organizzazioni limitano la personalizzazione della propria postazione.
SPAZI DI COWORKING
Altro spazio o modalità di lavoro che si sta diffondendo, sono gli spazi di coworking. Nelle
principali città stanno nascendo degli spazi in cui le persone (di imprese differenti o anche
liberi professionisti) vanno a lavorare e condividono lo spazio con persone che fanno lavori
diversi.
In questo caso la struttura fisica perde la sua valenza identitaria per l’organizzazione, perché
diventa una struttura in cui abbiamo persone che provengono a diverse imprese.
LO SMART WORKING
Lavora su dimensioni importanti:
• FLESSIBILITÀ NEL TEMPO: scelta di quando lavorare.
• FLESSIBILITÀ NELLO SPAZIO: scegliere dove lavorare.
Il lavoro tradizionale è sempre stato un lavoro in cui c’era una limitata flessibilità nel
tempo e nello spazio, ossia in cui la maggior parte delle persone dovevano lavorare in
sede ad orario fisso e generalmente nel mondo del lavoro di ufficio era dal lunedì al
venerdì dalle 9:00 ale 17:00, eventualemente con una limitata possibilità di entrata ed
uscita in ufficio.
Le modalità per raggiungere un lavoro agile pieno può andare lungo diverse strade:
- Lavorare prima sulla flessibilità del tempo, mantenendo fisso lo spazio.
- Rendere flessibile lo spazio e mantenere fisso il tempo.
- Incrementare entrambi.
Ciò che è stato sperimentato nella fase più acuta dell’emergenza Covid19, in realtà, non è
realmente smat working, ma è stato semplicemente lavoro da casa (remort working/working
from home). Non c’era flessibilità nello spazio, ma solo nel tempo.
L’AMBIENTE ORGANIZZATIVO
(nel capire l’ambiete organizzativo possiamo considerare il concetto di sistema)
Da questo punto di vista dobbiamo vedere la nostra organizzazione (triangolo) come il sistema
di riferimento e dobbiamo intendere l’ambiente organizzativo come sovra-sistema, che è sovraordinato rispetto al sistema.
Ambiente organizzativo dove all’interno del quale c’è qualcosa all’interno di essa.
LA QUESTIONE DEI CONFINI
Decidere chi sta dentro l’organizzazione e chi sta fuori, quindi, come tracciamo i confini.
- Chi è dentro il sistema.
- Chi è parte del sovra-sistema.
- Chi è fuori dai confini dell’ambiente organizzativo (attore individuale)
LA QUESTIONE DEI LIVELLI
L’ambiente organizzativo e il sistema si compone di tanti livelli, questo crea una grande
complessità. Abbiamo 5 diversi livelli attraverso i quali possiamo scomporre l’ambiente
organizzativo:
• PRIMO LIVELLO:
- Supply chain (catena dell’offerta): si focalizza sui flussi fisici. Livello che mette insieme la nostra impresa
(triangono grande rosso) con tutti i suoi fornitori (nazionali e internazionali) ai vari livelli.
Rappresenta la gestione dei flussi fisici della mia impresa, ossia la moviementazione delle materie prime, dei
semilavorati che partecipano alla realizzazione di un prodotto, (questo caratterizza soprattutto le aziende
manifatturiere, che realizzano dei prodotti).
- Value chain (catena dell’offerta): si focalizza sui flussi economico-finanziari e la creazione di valore lungo
tutto il processo di creazione, partendo dalle materie prime fino al prodotto finito. Chi all’interno di queste fasi
prende la quota più elevata di valore. Questo mette in evidenza qual è la fase del processo più importante e più
critica.
•
SECONDO LIVELLO:
- Network inter-organizzativo: non consideriamo solo i fornitori della nostra impresa, ma anche altri
potenziali attori che possono avere un ruolo importante per l’impresa.
•
TERZO LIVELLO: Portatori di interesse (stakeholder):
- Qualunque attore fondamentale per la soppravvivenza e il successo di un’organizzazione
(definizione ristretta). Consideriamo i Governi, gli enti locali, i sindacati… attori che hanno un
ruolo istituzionale, ma che possono condizionare le scelte dell’organizzazione.
- Ogni attore che è coinvolto in qualche modo nell’attività di un’organizzazione (definizione allargata). Mette in
evidenza una visione molto più ampia di quelli che siano interessati in modo diretta e indiretta. Chi abita
vicino ad uno stabilimento chimico può avere dei rischi e anche quelle persone possono essere dei portatorti di
interesse.
•
QUARTO LIVELLO: ambiente generale (di un paese):
•
QUINTO LIVELLO: va oltre l’ambiente generale (legato al tema dell’internazionalizzazione e della
globalizzazione). L’ambiente generale si focalizza sulle caratteristiche di un determinato bene, ma ormai la
maggior parte delle imprese non coopera all’interno di un solo paese, ma molto spesso coopera con altri paesi in
maniera diretta e indiretta. Quindi, abbiamo tanti ambienti generali, tanti quanti sono i paesi con cui l’azienda
opera.
Questo quinto livello rappresenta una sorta di rete che collega tutti gli ambienti generali dei paesi.
Tutto questo rende la definizione dell’ambiente organizzativo complessa, abbiamo tanti diversi livelli che si
intersecano l’uno con l’altro.
LE CONTINGENZE AMBIENTALI (teoria già vista quando ci siamo occupati della struttura organizzativa,
sociale, delle organizzazioni. La riprendiamo perché una delle contingenze più rilevanti e importanti che è stata
studiata riguarda l’ambiente)
In base a questa teoria, le contingenze rappresentano l’insieme dei fattori ambientali (i cinque livelli), che incidono
sulle scelte strategiche, organizzative e manageriali delle imprese.
Ci focalizziamo sugli impatti dei fattori ambientali sulla struttura organizzativa. In quest’ambito, una delle principali
caratteristiche dell’ambiente che possono incidere sulla scelta della forma organizzativa più adatta è il grado di
variabilità dell’ambiente.
• Se l’ambiente è uno che cambia molto, instabile, è meglio che l’organizzazione adotti delle strutture
organizzative di tipo organico (piatte, orizzontali, informali), in grado di modificarsi.
• Se l’ambiente organizzativo è stabile, è preferibile scegliere delle strutture organizzative di tipo meccanico
(verticali, standardizzate).
Nelle teorie delle contingenze ambientali, le imprese devono adattarsi rispetto alle caratteristiche del
proprio ambiente organizzativo di riferimento, ed è per questo che avere gli strumenti per analizzare
e comprendere organizzativo è importante, perché per adattarsi all’ambiente organizzativo l’impresa
deve essere in grado di leggere le caratteristiche del proprio ambiente organizzativo, comprendere
queste caratteristiche e scegliere le soluzioni più adatte all’ambiente organizzazione.
Sul fronte delle contingenze ambientali e sui fattori ambientali, uno delle variabili che è più rilevante è quello
dell’incertezza ambientale, che dipende da due fattori (è funzione di due fattori):
• Grado di complessità dell’ambiente.
• Tasso di cambiamento dell’ambiente.
LA COMPLESSITÀ AMBIENTALE
Fa riferimento a quante dimensioni l’impresa deve tenere in considerazione quando deve prendere una decisione. Può
essere influenzata da:
• Tutti e sette strati dell’ambiente generale.
• Andamento internazionale dell’economia.
• Suoi fornitori, portatori di interesse, altri attori importanti. Deve cercare di combinare tanti
orientamenti diversi al tempo stesso:
- Orientamento al proprio business e ai propri clienti.
- Orientamento alla trasformazione digitale.
- Deve prestare attenzione agli aspetti diplomativi, spesso internazionali, nei confronti di numerosi attori e di
soggetti esterni (dimensione politica è importante).
- Bisogna prestare attenzioni agli aspetti culturali (modello di Hofstede in cui viene messo in evidenza dove
caratteristiche diverse richiedevano delle soluzioni organizzative differenti).
- Orientamento alla sostenibilità sociale e ambientale.
Le imprese si trovano all’interno di un groviglio si forze che devono essere in grafo di gestire e che incide sul grado di
complessità dell’ambiente. Più sono gli strati rilevanti, più sono gli orientamenti da tenere in considerazione, più sono
le forze che incidono sulle imprese, più l’ambiente organizzativo diventa un ambiente organizzativo complesso.
IL CAMBIAMENTO AMBIENTALE
Se poi andiamo ad aggiungere a questa complessità dell’ambiente, il tema del cambiamento, tutto si amplifica, dove il
tema del cambiamento ambientale si riferisce a quanto questo cambiamento è:
• INTENSO: forte rispetto a diversi strati che possiamo prendere in considerazione.
• PERVASICO: riguarda contemporaneamente più strati diversi dell’ambiente generale.
Più il cambiamento è forte e più si unisce alla pervasività, più entra in relazione con la complessità.
Viene creata una sorta di matrice, formata da due dimensioni:
• LIVELLO DI COMPLESSITÀ (verticale): numero di strati o settori dell’ambiente generale da tenere in
considerazione, il numero degli orientamenti da dover bilanciare…
•
TASSO DI CAMBIAMENTO: grado di intensità/pervasività del cambiamento.
LA TEORIA INFORMATIVA DELL’INCERTEZZA
La percezione dell’incertezza è anche legata alla disponibilità di dati e informazioni sulle dimensioni che possono
essere importanti e rilevanti. Quindi il rapporto tra l’ambiente e l’organizzazione è mediato dalla disponibilità di
informazioni, quindi, se ho molti dati e informazioni e sono affidabili rappresenta un fattore che abbassa l’incertezza
complessiva perché riesco a monitorare il cambiamento.
È una teoria che mette in evidenza come l’incertezza non sia assoluta, ma è relativa, ossia dipende da quali e quanti
informazioni affidabili ho a disposizione.
Anche in questo caso possiamo utilizzare una matrice (pag.88). In questo caso, alla matrice già vista, aggiungiamo il
tema dell’informazione e della disponibilità di informazioni.
ESEMPIO: emergenza Covid-19
Tutta l’emergenza legata alla diffusione del Covid-19 ha rappresentato
per tutti quanti, anche per le imprese, un contesto ad elevata incertezza,
perché abbiamo un impatto su tutti gli strati dell’ambiente generale e
conta sul cambiamento molto elevato, perché abbiamo un andamento
erratico dell’epidemie (elevata incertezza) e un contesto dove non è
neanche chiaro di quali informazioni abbiamo bisogno.
In questi ultimi due anni, tutte le imprese e tutti gli autori si trovano in
un contesto ad elevata incertezza e dove non si sa realmente di quali informazioni si ha bisogno per prendere le
dicisioni.
LA LEGGE DELLA VERITÀ NECESSARIA E L’ISOMORFISMO
• LEGGE DELLA VARITÀ NECESSARIA: abbiamo una situazione in cui le caratteristiche dell’ambiente devono
essere rispecchiate nelle caratteristiche dell’impresa. Ossia:
- Se l’ambiente è un’ambiente semplice, l’organizzazione deve essere altrettanto semplice e quindi deve
adottare una struttura organizzativa semplice.
- Se l’ambiente diventa un’ambiente complesso, anche l’organizzazione deve essere complessa e quindi
adottare una struttura organizzativa altrettanto complessa.
- Se l’ambiente è un’ambiente in cambiamento, anche l’organizzazione deve essere un’organizzazione in
cambiamento e quindi deve adottare, ad esempio, una struttura organizzativa organica o adocratica.
Questa legge ha come conseguenza:
• ISOMORFISMO: letteralmente significa avere la stessa forma. Questo significa che:
- Tutte le imprese che si trovano in un ambiente semplice dovranno avere una struttura semplice (sono
isomorfiche da questo punto di vista perché hanno tutte la stessa forma organizzativa).
- Tutte le imprese che si trovano in un ambiente complesso dovranno avere una struttura complessa.
- Tutte le imprese che si trovano in un ambiente in cambiamento dovranno adottare una struttura organizzativa
in cambiamento.
Una conseguenza di questa legge della varietà necessaria, quindi lega direttamente alle caratteristiche dell’ambiente
alle caratteristiche dell’organizzazione, è l’isomorfismo. Il fatto che lungo alcune dimensioni le imprese che si trovano
allo stesso ambiente devono assomigliarsi, quindi avere delle caratteristiche simili.
Tutto parte dall’individuazione dei fatti ambientali che porta poi l’impresa ad adottare le soluzioni coerenti rispetto
alle caratteristiche del proprio ambiente.
LA TEORIA DELLA DIPENDENZA DALLE RISORSE
Libro che l’ha sistematizzata per la prima volta. Siamo nel 1978, due autori JEFFREY PFEFFER e
GERALD SALACIK, pubblicano questo libro che si intitola “the external control of organizations”.
È un libro che mette in evidenza quanto le organizzazioni dipendano dall’ambiente esterno.
Questa teoria usa di fatto il concetto di network inter-organizzativo, quindi
di analisi delle relazioni di poteri e di dipendenza che abbiamo all’interno
del network inter-organizzativo.
Quindi, questa teoria cerca di capire quali siano all’interno della catena
dell’offerta e del network inter-organizzativo, le relazioni di potere e di dipendenza che
abbiamo.
Il concetto di dipendenza diventa funzione del fabbisogno di risorse che un’impresa ha.
A sua volta il fabbisogno delle risorse dipende dall’importanza e dalla priorità che
questo fabbisogno di risorse ha nei confronti dell’imprese e a sua volta, l’importanza e
la priorità del fabbisogno di risorse dipende dall’interazione da altre due variabili che
sono:
• LA CRITICITÀ DELLE RISORSE: quante importanti sono queste risorse per il
processo di trasformazione (processo produttivo) di un’impresa.
• LA SCARSITÀ: difficile da reperire.
Riguardano risorse in generale, possono essere risorse economiche, finanziarie, materiali…
ESEMPIO: settore dell’automobile
Fornitori delle imprese del settore delle automobili. Uno dei principali attori a livello globale di questo settore è
Stellantis, in cui sono confluiti molti dei marchi italiani, tra cui Fiat, Alfa Romeo.
Confrontiamo la situazione delle:
• Impresa A (che è fornitrice di Stellantis): ipotizziamo che l'impresa A sia focalizzata sui freni e quindi fornisca a
Stellantis i freni per le automobili. Nel caso in cui il 100% del fatturato dell'impresa dipenda dagli acquisti di
Stellantis, ci troviamo in una situazione in cui l’impresa A sia totalmente indipendente dalle scelte di Stellantis.
• Impresa B (che è fornitrice anche di altre imprese del settore dell’automobile): ipotizziamo sempre che produca
freni. È un’impresa diversa perché genera i propri ricavi, il proprio fatturato, da diverse imprese. Quindi, l’impresa
B è molto meno indipendente dalle scelte di Stellantis di quanto non lo sia l’impresa A.
L’impresa B ha molti più margini di manovra, perché nel caso in cui Stellantis decidesse di punto in bianco di
cambiare fornitore, comunque B perderebbe si una quota importante del fatturato, ma rimarrebbe comunque il 60%
delle altre due imprese.
Mentre, l’impresa A rischierebbe di soccombere perché perderebbe tutto il suo fatturato.
L’ECOLOGIA DELLE POPOLAZIONI
Un’altra teoria che attribuisce all’ambiente un ruolo importante.
Rappresentati un articolo e un libro che hanno definito tratti fondamentali di questa teoria.
Articolo di Micheal Hannan e John Freeman “The population ecology of organizations”.
Libro di Howard Aldrich “Organizations and Environments”
Come dice il nome “Ecologia delle popolazioni” prende le mosse dalla teoria evoluzionistica di Darwin.
Quindi, traspone alcuni dei principi della teoria dell’evoluzione di Darwin, dal mondo naturale al
mondo delle organizzazioni. Il concetto chiave che viene ripreso dall’ecologia delle popolazioni è il
concetto di “selezione”, che diventa un concetto chiave di questa teoria.
POPOLAZIONE
Un altro concetto cardine è il concetto di “popolazione”, perché l’ecologia delle popolazioni non si focalizza sulle
singole imprese, ma su popolazioni di organizzazioni e di imprese. Quindi considera gruppi di imprese che sono simili
lungo alcune dimensioni (tutte le imprese del settore economico, delle automobili, dell’editoria…).
È un’importante differenza tra la teoria dell’indipendenza dalle risorse e l’ecologia delle popolazioni, perché nella
teoria della dipendenza dalle risorse il nostro focus è sempre sulle singole imprese e quindi abbiamo un’attenzione
micro. Nell’ambito dell’ecologia delle popolazioni, non ci occupiamo più delle singole imprese, ma su come
cambiano queste popolazioni nel corso del tempo.
All’interno delle popolazioni abbiamo delle così dette:
• NICCHIE ECOLOGICHE: ossia non è vero che tutte le imprese sono in competizione l’una con l’altra per
ottenere le stesse risorse, quindi, all’interno di una stessa popolazione abbiamo nicchie ecologiche diverse.
ESEMPIO: nicchie ecologiche
Prendiamo ad esempio la popolazione delle imprese del settore
dell’automobile.
All’interno di questa popolazione abbiamo nicchie ecologiche diverse,
perché in questo modo, per esempio, marchi differenti si rivolgono a
clienti diversi.
Quindi, all’interno del settore dell’automobile abbiamo il marchio Fiat,
che si rivolge a clienti diversi rispetto al marchio Ferrari o al marchio
Tesla, abbiamo quindi per questi marchi tre nicchie differenti perché prendono le loro risorse da clienti diversi, questo
significa che Fiat non in competizione da Ferrari o da Tesla.
L’altro aspetto importante è individuare la nicchia ecologica a cui appartiene l’impresa, quindi, capire effettivamente
con chi è in competizione la nostra impresa, per ottenere le risorse che consentono la sopravvivenza dell’impresa.
EVOLUZIONE
Quello che fanno tutti i ricercatori che si muovono all’interno di questa teoria dell’ecologia delle popolazioni, è
prestare attenzione su come si evolvono nel tempo le popolazioni e le composizioni che fanno parte della nicchia
ecologica.
Quello che osserviamo all’interno delle popolazioni
dell’organizzazione, è la nascita e la morte di ogni singola
organizzazione. Quello che rilevano tutti i ricercatori che si
occupano di ecologia delle popolazioni è quella di rilevare i tassi di
nascita e di morte delle imprese.
Quello che fa l’ecologia delle popolazioni è quello di rilevare come
e perché le imprese nascono e muoiono.
Il meccanismo che è legato a tutto questo è un meccanismo che è centrato sulla selezione.
Ci sono comunque delle imprese che sopravvivono.
Rappresentate due delle imprese più vecchie d’Italia
(entrambe piccole imprese).
LA DINAMICA DELLA SELEZIONE NATURALE
La nascita e la sopravvivenza delle imprese è determinata da un processo di selezione che si accompagna ad
un’attività di:
• VARIAZIONE: avviene quando nasce un’innovazione di vario tipo, che da origine a nuove organizzazioni.
Quindi, abbiamo un cambiamento nell’ambiente, nella popolazione. Questa variazione investe un processo di
selezione.
• SELEZIONE: si modificano le caratteristiche dell’ambiente e l’ambiente “seleziona” quelle imprese che hanno le
caratteristiche più coerenti rispetto al cambiamento che c’è stato. Qui non c’è tanto una capacità delle imprese di
adattarsi (differenza alle contingenze ambientali sia rispetto alla dipendenza dalle risorse), ma è un processo che
l’ambiente decide, non è il fatto che la singola impresa può decidere come comportarsi.
• RITENZIONE: rimangono le imprese che hanno delle caratteristiche considerate migliori e quindi danno origine a
nuove forme organizzative. Quindi, rimangono quelle che riescono a fronteggiare l’ambiente di riferimento.
ESEMPIO
Oggi il settore delle automobili si trovano di fronte all’invenzione dell’auto
elettrica, ossia sembra che l’auto elettrica stia diventando il modello di
riferimento e quindi ci troviamo di fronte ad un contesto in cui chi è in grado
di produrre auto elettriche ottiene più risorse. Tutte le case automobilistiche
stanno cercando di modificare i propri prodotti per renderli coerenti rispetto
a questo nuovo modello di riferimento.
La ritenzione si verificherà sul fatto che sopravvivrà chi è in grado di produrre auto elettriche, non è detto che tutti
quanti riescano a sopravvivere.
LA DINAMICA DELLA SELEZIONE NATURALE: il settore editoriale
Siamo all’inizio degli anni 90’ del secolo scorso, abbiamo un cambiamento dello strato
economico dell’ambiente generale, ossia la comparsa di un’innovazione per il tempo
rappresentata da internet, che inizia a diffondersi.
In particolare, le imprese della carta stampata iniziarono ad approcciarsi al mondo
internet.
Intervengono altre cose che resero quella decisione nefasta per la sopravvivenza
del settore, abbiamo la nascita degli smarphone, dei social network
(rappresentano due fenomeni che modificano le caratteristiche del settore dei
media). Altre due variazioni che vanno ad aggiungersi a quelle iniziali legati
all’avvento di internet, una variazione non prevista dalle imprese editrici.
Questo ha reso il contesto della carta stampata dei quotidiani, un contesto in cui il pericolo di
morte delle imprese di questo settore diventa molto alto.
Copertina dell’”Economist” del 2004, “Chi ha ucciso il
quotidiano?”.
Questo perché:
• VARIAZIONE COMBINATA: la nascita e diffusione di internet, degli smartphone e dei social media, hanno
modificato notevolmente le caratteristiche del settore dei media. I quotidiani non sono più in grado di reggersi
soltanto sulla raccolta pubblicitaria, quello che loro ritenevano la loro fonte principale attraverso cui ottenere le
proprie risorse, perché ormai oggi la maggior parte dei ricavi pubblicitari sono intercettati dai social media. I
quotidiani hanno fatto l’errore di abituare le persone ad avere un accesso gratuito alle informazioni e quindi, oggi
le persone devono pagare per avere un accesso al quotidiano, quindi, il passaggio da un modello gratuito ad un
modello a pagamento è oggi un passaggio difficile.
• SELEZIONE: quindi il passaggio della selezione è ora molto più problematica per i quotidiani.
• RETENZIONE: non sappiamo se e quanto i quotidiani riusciranno a sopravvivere questo cambiamento. Avremo
una loro diminuzione nel caso in cui non riusciremo a convincere i lettori a pagare per avere l’accesso a
determinate informazioni.
L’AMBIENTE ORGANIZZATIVO SECONDO GLI APPORCCI
SIMBOLICI
LE TEORIE ISTITUZIONALI
Ci sono tante teorie istituzionali, ma che hanno trovato riassunto nel 1991 con il libro “il nuovo
istituzionalismo dell'analisi organizzativa”, curato da due sociologi americani Walter Powell e Paul
DiMaggio. La teoria è nata alla fine degli anni 70’, ma è nel 1991 dove vengono raccolti i principali
contributi e da qui diventa una teoria abbastanza popolare nell'ambito degli studi organizzativi.
In particolare, le teorie istituzionali mettono in evidenza il fatto che in realtà le imprese competono per
due tipologie di benessere:
• PER AVERE RISORSE/CLIENTI: competono tra di loro per avere un benessere economico.
Quello che aggiungono le teorie istituzionali è anche la competizione:
• PER IL POTERE POLITICO E PER LA LEGITTIMITÀ ISTITUZIONALE: quindi il conseguimento anche di un
benessere sociale, ossia le organizzazioni devono anche avere una legittimazione da parte del contesto in cui si
trovano ad operare, devono essere legittimate per operare e avere la possibilità di sopravvivere nel meglio e nel
lungo termine.
Abbiamo quindi, una doppia competizione, la prima più tecnica la seconda più politica e sociale.
Questa doppia competizione mette in evidenza il fatto che ci troviamo a due ambienti organizzativi diversi con cui le
imprese devono interagire:
• AMBIENTE OPERATIVO (task environment, ambiente legato al tipo di attività che svolge l'impresa): è dato
dalla somma tra il network inter-organizzativo, lo strato economico, tecnologico e fisico dell'ambiente generale.
Quest'ambiente premia l'efficienza e l'efficacia (fit economico, adattamento economico), quindi, esercita delle
pressioni e ha delle richieste sul piano economico, tecnico e fisico nei confronti delle imprese, e va a premiare
tutte quelle imprese che sono efficienti ed efficaci.
Le imprese si trovano ad interagire anche con
• AMBIENTE ISTITUZIONALE: va a coincidere con lo strato sociale, culturale, politico e legale dell'ambiente
generale.
Quest'ambiente va a premiare il grado di legittimità sociale delle imprese (fit sociale), adattamento sociale rispetto
alle pressioni e alle richieste di tipo sociale, culturale, politico e legale che esercita l'ambiente istituzionale.
L’impresa si trova nell'intersezione tra questi due ambienti, trova subire questa duplice pressione: economica, tecnica
e fisica da parte dell'ambiente operativo; sociale, culturale, politico e legale da parte dell'ambiente istituzionale.
Le pressioni sociali, culturali, politici e legali, possono essere a loro volta di tre tipi diversi. Possono essere pressioni
di tipo:
• COERCITIVO: sono tutte quelle pressioni che derivano da leggi, regolamenti, contratti. Quindi, fa riferimento
allo strato legale dell'ambiente generale (pressione forte nei confronti delle organizzazioni).
• NORMATIVO: legate agli aspetti culturali, cosa ci si aspetta debbano fare le imprese. Quindi, fa riferimento allo
strato sociale e culturale dell'ambiente generale. È quello che chiedono i clienti, cosa si aspettano da parte
dell'impresa sul fronte dell'ambiente, della sicurezza dei lavoratori, delle caratteristiche dei prodotti… (è una
norma legata al tema dei valori).
• MIMICHE: tema dell'imitazione. Le imprese tendono ad imitarsi l'una con l'altra, un modello diventa un modello
dominante e le imprese tendono a seguirlo.
Sono pressioni dell'ambiente che condizionano ed influenzano le scelte delle organizzazioni.
Questa teoria di fatto dice che le organizzazioni sono soggette a queste pressioni, l'organizzazione dell'impresa deve
scegliere, conformarsi oppure no. Se si conforma queste pressioni allora ottiene la legittimazione, se non si conforma
rischia di non avere la legittimazione sociale e quindi perde la capacità di avere le risorse (clienti non usano i prodotti,
i tuoi servizi, le banche non ti concedono i prestiti…).
LA LEGITTIMAZIONE
• LEGITTIMAZIONE CULTURAL-COGNITIVA: è la conformità ad uno schema cognitivo o ad una categoria,
ossia quando un'attività o un prodotto diventa così familiare e così conosciuto che le persone lo danno per
scontato. Ci riferiamo a tipologie di prodotti che noi abbiamo nella nostra mente cosa sia un determinato prodotto
o servizio o cosa svolga una determinata impresa.
• LEGITTIMAZIONE LEGALE: la conformità a leggi e regolamenti, legata all'accettazione legale. È la
legittimazione legata alla pressione di tipo coercitivo.
• LEGITTIMAZIONE NORMATIVA: conformità a valori, norme o aspettative di comportamento, legata
all'accettazione morale, quindi, una valutazione di cosa è giusto e sbagliato.
ESEMPIO
Questo è un primo prototipo di automobile, siamo all'inizio della nascita delle automobili alla fine
dell'Ottocento e i primi del 900.
Cerchiamo di applicare questo caso specifico il tema della legittimazione e delle pressioni che le
organizzazioni hanno nel momento in cui si approcciano all'ambiente istituzionale.
Questa è la quinta strada di New York, una delle vie più trafficate, siamo nel 1900, e
Abbiamo una strada dove ci sono solo carrozze e in cui c'è soltanto un'automobile.
Questa è la stessa strada 13 anni dopo. Abbiamo solo una carrozza in una Fiumara di automobili.
(nel 1913 nasce anche la catena di montaggio di Ford).
Come è potuto accadere che in un periodo così breve, l'automobile sia diventata negli Stati Uniti uno dei prodotti più
diffusi E le imprese che lo realizzavano hanno ottenuto un certo grado di legittimazione sociale?
• LEGITTIMAZIONE CULTURAL-COGNITIVA: all'inizio bisognava creare la categoria “automobile” e renderla
un aspetto ineliminabile del panorama americano. All'inizio non c'era neanche un termine per identificare il
prodotto che oggi noi chiamiamo automobile, alcuni lo chiamavano velocipide, altri carrozze senza cavalli… e
con caratteristiche che noi oggi diamo per scontato ma che anni fa non lo erano. La cosa necessaria da fare fin
dall'inizio è creare la categoria “automobile”, quindi, far entrare nella mente della persona questa categoria
cognitiva. Oggi noi quando osserviamo un'automobile non ci meravigliamo, sappiamo quali siano le sue
caratteristiche fondamentali, a quel tempo non era ancora così. (Questo vale per le automobili così come vale per
gli altri servizi e prodotti).
• LEGITTIMAZIONE NORMATIVA: accettazione etico e morale dei prodotti e dei servizi, quindi, bisogna
rendere le automobili un mezzo di trasporto sicuro, affidabile e desiderabile (giusto). Quindi, la moderna
soluzione ai problemi del trasporto (soluzione migliore rispetto alla carrozza trainata dai cavalli). Bisognava
rendere il mezzo sicuro, dare comunque la percezione che fosse un mezzo sicuro, non è un caso che nascono una
serie di gare di automobili, per mostrare al pubblico che l'automobile era un mezzo sicuro.
• LEGITTIMAZIONE LEGALE: bisogna creare leggi e regole per rendere affidabile e sicuro l'utilizzo
dell'automobile. Viene introdotta la patente di guida, in maniera tale che si sia certi che chi al volante
dell'automobile sappia utilizzarla, vengono poi istituiti limiti di velocità, vengono poi inventate una serie di regole
e leggi che disciplinano l'utilizzo dell'automobile in uno spazio pubblico.
Affinché il prodotto automobili che affermasse e si affermassero anche le imprese che producevano le automobili, era
necessario raggiungere una legittimazione cultural-cognitiva, normativa e legale. Quindi, l'automobile diventa un
prodotto di successo quando riesce a raggiungere questa triplice legittimazione.
Quello che ci dicono le teorie istituzionali è che le imprese subiscono una
serie di pressioni, sono alla ricerca di una legittimazione e quindi anche in
questo caso l'ambiente organizzativo rappresenta un ruolo molto importante,
perché è l'ambiente che definisce da una parte il fit economico e dall'altra il
fit sociale, quindi, garantisce alle imprese di avere determinate risorse.
Questo mette in evidenza come l'ambiente esterno condiziona la
sopravvivenza delle organizzazioni, questo significa che nessuna impresa
può permettersi di non tener conto il proprio ambiente operativo e
istituzionale di riferimento.
ISOMORFISMO
Una delle conseguenze di tutto ciò è l’isomorfismo, ossia se le imprese subiscono le stesse pressioni, sia la parte
dell'ambiente operativo sia la parte dell'ambiente istituzionale, si rischia che le imprese tendono ad assomigliarsi,
quindi, a seguire le mode manageriali. Qui le imprese adottano delle politiche e delle pratiche in maniera:
• RETORICO-CERIMONIALI: per dimostrare all'esterno che sono attenti su determinati temi.
• SOSTAZIONALE: abbiamo realmente l'adozione di determinate politiche.
Un'altro tema che è connesso alle teorie istituzionali è quello delle mode manageriali.
Per esempio, il tema della sostenibilità ambientale, dove alcune imprese stanno modificando i propri processi
produttivi e prodotti per renderli più sostenibili da un punto di vista ambientale, altre agiscono più con la
comunicazione e poco da un dato reale. Quindi è difficile capire quali imprese adottano retoricamente
cerimonialmente questo cambiamento, in maniera tale da ottenere legittimazione senza modificare niente, rispetto a
quelle che poi effettivamente modificano le proprie strutture, processi e prodotti.
(Tutto questo può incidere anche sulle questioni più indirettamente organizzative (come si sono diffuse le forme
organizzative divisionali)
AMBIENTE ORGANIZZATIVO ATTIVATO
Teoria legata all'ambiente organizzativo, sempre di tipo simbolico e la teoria che si focalizza sul
concetto di ambiente organizzativo attivato.
Karl Waick (si è occupato anche della tecnologia), pubblica nel 1969 questo libro che si intitola “The
social pyscology of organizing”. È un autore simbolista che si occupa di procedure, si focalizza su
l'impatto del ruolo delle tecnologie digitali e mette in evidenza come sia importante mettere in
considerazione gli aspetti cognitivi dei decisori aziendali, ossia dei manager. In particolare, Weick
Sposta l'attenzione su questo concetto di ambiente organizzativo attivato.
OBIETTIVO DI QUESTO AMBIENTE: è focalizzare l'attenzione sugli schemi e sui frame cognitivi dei manager. i
manager all'interno dell'organizzazione in realtà non vedono tutto l'ambiente organizzativo, ne vedono una parte, E lo
vedono filtrato per rispetto agli occhiali che indossano (ognuno di noi legge la realtà a seconda delle categorie che ha
nella propria mente). È un tema che possiamo legare anche con il tema delle distorsioni dei processi decisionali.
Quello che accade è che i manager vedono una porzione dell’ambiente e lo vedono attraverso i propri schemi
cognitivi. L’ambiente organizzativo attivato è letto attraverso le informazioni che hanno i manager e attraverso
l’attività di creazione di senso e di significato (sensemaking), quindi, danno senso a questi dati in maniera specifica e
propria. Per questo l’ambiente organizzativo attivato non coincide direttamente con l’ambiente organizzativo, dove
quest’ultimo subisce un processo di enactment (attivazione), ossia di costruzione di un’immagine (mappa) della realtà.
Quello che vedono i manager è la mappa della realtà, una rappresentazione di quello che c’è nella loro mente, quindi
basano le loro decisioni non sulla realtà così com’è, ma sulla realtà che si sono creati.
Questo concetto di ambiente
organizzativo è collegato con
il concetto di “scenario”, ossia quello che fanno i decisori aziendali all’interno dell’organizzazione è quello di
attribuire un senso a tutti i dati e alle informazioni, quindi, quello di creare delle connessioni. Sono scenari che
vengono ritenuti plausibili sulla base dell’informazione e anche dei propri elementi congitivi (elemento soggettivo del
gruppo di persone che partecipa al processo decisionale).
AMBIENTE VS. ORGANIZZAZIONE confronto tra teorie
Nel rapporto tra ambiente e organizzazione , abbiamo delle somiglianze e delle differenze:
- Nella teoria dalla dipendenza dalle risorse e nella teoira dell’ambiente attivato, l’organizzazione
e l’ambiente solo allo stesso modo sullo stesso livello. Questo significa che sono entrambi
importanti.
- Per la teoria delle contingenze ambientali, per l’ecologia delle popolazioni e per la teoria istituzionale
(neoistituzionalismo), l’ambiente è molto più importante della singola organizzazione, quindi è l’ambiente che
gioca il ruolo più importante.
Perché nella teoria delle contingenze ambientali è l’incertezza ambientale che definisce il contesto all’interno
del quale le imprese si muovono e si devono adattare rispetto a questo ambiente.
Nell’ecologia della popolazione, è l’ambiente che seleziona e le imprese subiscono questo
processo di selezione.
Per la teoria istituzionale, è l’ambiente che da le risorse alle imprese attraverso la legittimazione.
L’AMBIENTE ORGANIZZATIVO SECONDO GLI APPROCCI CRITICI
E POST-MODERNI
Gli autori che appartengono a questo approccio critico e post-moderno.
- Danno una valenza più politica al concetto della legittimazione.
- Utilizzano il concetto di attivismo.
Il loro obiettivo è quello di modificare l’ambiente organizzativo per renderlo, dal loro punto di vista, più giusto per
una serie di attori.
In particolare il loro obiettivo è di fare questo per cambiare le lenti con cui osservare la “realtà” al fine di decostruirla
e cambiarla. Quindi vogliono far emergere i vari interessi in gioco in maniera tale che si evitino insultamento,
discriminazione, tutte le conseguenze negative che mettono in evidenza.
LA TEORIA DEGLI STAKEHOLDER
Danno una visione molto ampia del concetto di “stakeholder”, ossia i portatori di interesse. Sono coloro i quali
sfociano una visione molto ampia di questo concetto di portatore di interesse. Molti di noi, in realtà, sono portatori di
interessi nei confronti delle imprese, anche i cittadini lo sono (stabilimento chimico e i cittadini che ci abitano
attorno).
IL RIFIUTO DEL POTERE EGEMONICO E DEL LINGUAGGIO DEL GRUPPO DOMINANTE
L’obiettivo di queste teorie e di questi autori è quello di svelare gli interesse dietro le idee dominanti per diminuire
l’influenza sociale e psicologica di queste idee dominanti, quello di sfidare le convenzioni, quello che diamo per
scontato (come il concetto del merito).
L’altro aspetto importante è che l’ambiente non è un mero insieme di risorse a disposizone delle organizzazioni, ma è
qualcosa di più diverso, perché per:
• TEORIE MODERNE: la necessità economica prevale rispetto alla sostenibilità ambientale,
quindi molte delle decisioni privilegiano gli aspetti strettamente legati alle valutazioni
economiche in senso stretto, quindi valutazioni che riguardano l’efficienza e l’efficacia, a
scapito della sostenibilità ambientale, sociale.
• TOERIE POST-MODERNE O CRITICHE: pesa molto di più la sostenibilità ambientale, quindi la protezione
della natura, il valore della salute (aspetti sociali) e passa in secondo piano tutti il tema legato alla necessità
economica.
Gli autori di queste teorie dicono che è molto difficile coniugare l’aspetto economico con
quello ambientale e sociale, quindi, il bilanciamento tra questi elementi è molto complesso e
molto spesso dobbiamo scegliere quali tra questi aspetti privilegiare nelle decisioni e nelle
azioni.
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