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DOMANDE GIORNALISMO

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LA MACCHINA DELLA PAROLA
1. PENSATORI E TV
GOFFMAN. Le categorie di un processo comunicativo fanno riferimento ad un sistema di comunicazione che coinvolge
due soggetti definiti: un parlante in funzione di emittente e un ascoltatore in funzione di ricevente. Partendo dalla
caratteristica dinamica della comunicazione, Goffman introduce la nozione di mossa che porta a ridefinire l’attività dei
parlanti. L’emittente comprende tre funzioni: animatore, autore e mandante; l’ascoltatore si distingue in ascoltatori
ratificati e non ratificati a seconda del loro diritto a prendere parte alla conversazione.
SILVERSTONE. Partendo dall’ipotesi che l’esposizione al medium televisivo contribuisca ad indebolire i valori
tradizionali di riferimento di una società, si identificano tre dimensioni dei media e della comunità: Espressione
(discorsi radiofonici della BBC nel corso della seconda guerra mondiale, costituivano una espressione e
un’affermazione di comunità); Rifrazione (talkshow di Jerry Springer con alla base conflitti verbali, scopo di
intrattenimento per il pubblico); Critica (i media svolgono il loro ruolo di costruttori di comunità, riconducibile ad
esperienze quali le radio comunitarie e Internet).
MUNSON. Il talkshow è caratterizzato da una instabilità produttiva, tende a riprodurre l’instabilità della cultura del
consumo. Le caratteristiche che vengono attribuite al talkshow riconducono ad una forma di televisione ibrida
generata da una mescolanza di generi che prende il nome di infotainment.
LIVINGSTONE. Sottolinea la posizione di protagonista della persona comune all’interno dei talkshow. Ciò avviene
quando il pubblico in studio racconta la sua storia, porta uno spaccato della società. Il pubblico a casa prende
implicitamente la parola passando dagli interventi del pubblico in studio.
2. MODELLI DEI TALK: ORIGINE
Haarman fornisce una categorizzazione dei talk partendo dei due modelli televisivi di riferimento, quello statunitense
e quello britannico.
EVENING OR CELEBRITY: Trova il suo prototipo nella televisione statunitense con “The Tonight show”; la struttura
prevede come ambientazione un teatro, il conduttore prende posto dietro una scrivania o all’interno di un sistema
che riproduce un salotto; gli ospiti sono personaggi famosi e notizie abili; il conduttore apre la puntata con un saluto
al pubblico e l’introduzione del tema della serata; il pubblico è separato rispetto al piano del conduttore dei suoi ospiti
e solo occasionalmente gli viene data la parola; modello americano (risalto all’ospite), modello britannico (rottura
delle regole di cortesia del conduttore).
ISSUE ORIENTED: “The Oprah Show”; Modello britannico (il conduttore siede al centro della scena, dietro una
scrivania, in compagnia del suo ospite; il pubblico in studio occupa una serie di spalti); Modello statunitense (il
conduttore non mantiene una posizione fissa nello studio ma si muove tra il pubblico facendosi autentico mediatore).
Questo tipo di talk può concentrarsi su vicende di attualità e problemi sociali; l’argomento viene inquadrato, inserito
nella dialettica politica e infine sottoposto al giudizio critico di uno spettatore; Il conduttore cerca di creare un senso
di intimità con il pubblico in studio è a casa e per questo viene spesso coinvolto.
AUDIENCE DISCUSSION: Tipo di format che si basa sulla capacità di porre il pubblico al centro della discussione;
“Kilroy”, Gli argomenti variano da problemi politici e sociali a questioni intime private; non c’è distinzione tra palco
e platea ma una disposizione semicircolare di poltroncine tra le quali il conduttore può muoversi spostando il focus
della discussione su partecipanti specifici.
3. TALK E POLITICA IN ITALIA
Sviluppandosi in parallelo con la politica spettacolo, il format talk raggiunge la sua maturità tra la fine degli anni 80 la
prima metà degli anni 90 con programmi come Linea Rovente, condotto da Ferrara e articolato in tre parti: la prima
dedicata alla presentazione e alla discolpa dell’imputato; la seconda è riservata una fiction che evoca la vicenda
affrontata nel corso della puntata; la terza riservata al verdetto di condanna o assoluzione in base ai voti telefonici dei
telespettatori.
Nel 1987 inizio le trasmissioni Samarcanda di Santoro che offre uno spaccato dell’attualità raccontata attraverso le
parole dei protagonisti e soprattutto attraverso la voce della “piazza”; una TV verità che mescola il giudizio in studio
a quello dei cittadini in ascolto. Sempre negli anni 80 Fininvest risponde con il Maurizio Costanzo show.
Nel 1994 la Fininvest produce un vero e proprio exploit a nella copertura della campagna elettorale seguendo una
logica innovativa: a fianco alla produzione di informazione e commento politico programmi nuovi, un’offerta di
telepolitica che prende le distanze dalla struttura di approfondimento della Rai.
4. STRUTTURA DEI TALK
Un talk si può suddividere in tre macro parti: l’inizio, lo svolgimento e la fine. L’inizio è rappresentato
dall’inquadramento del tema da parte del conduttore o di un elemento riconducibile all’attenzione comunicativa della
trasmissione; lo svolgimento è costituito dall’articolarsi della discussione, dalla presentazione da parte degli ospiti in
studio di elementi nuovi (framing); La fine contiene l’appello conclusivo rivolto dal conduttore al suo pubblico, questo
è chiamato a dare una morale provvisoria la discussione avvenuta in quel contesto.
Anche l’elemento temporale fondamentale: posizionare un talk di approfondimento informativo in orario mattutino
significa cercare di intercettare un pubblico in cerca di una ricapitolazione dei fatti salienti che influiranno sullo
sviluppo della giornata politica; lo slot del primo pomeriggio è dominato da talk appartenenti alla discussione di
programmi sociali; il tardo pomeriggio è destinato ad avere successo solo se affidato ad un costruttore di carisma; la
prima e seconda serata sono specifici di talk di approfondimento.
La Pezzini classifica diversi tipi di talk a partire dal tipo di conversazione dominante: conversazione, discussione,
dibattito, colloquio, incontro, intervista. Partendo da questa classificazione e analizzando un ulteriore livello di analisi
caratterizzato da: l’importanza del conduttore; il quadro comunicativo costituito dal setting dello studio e
l’individuazione delle tre parti (incipit, sviluppo e conclusione) si arriva a classificare i talk in: salotto, macchina della
verità e piazza.
SALOTTO: Talk appartenenti al tipo “incontro conversazione”, si svolgono in un setting che riproduce un salotto. Lo
scopo principale della conversazione è parlare in un’ottica di promozione (dell’ospite). All’interno di questo modello
si può inserire la formula narrativa di Porta a Porta; le capacità spettacolari della televisione sono messe in evidenza
tramite un’inquadratura dall’alto che riprende lo studio mostrando anche il retroscena, solo la comparsa in studio del
conduttore rende possibile accendere la luce in studio, un’operazione di svelamento. Il setting è composto da
poltroncine disposte a semicerchio per creare un ambiente apparentemente domestico. Anche se il nodo centrale è
il tavolo del conduttore che si presenta come elemento estraneo al salotto a sottolineare la competenza giornalistica
di Vespa.
MACCHINA DELLA VERITÁ: talk appartenenti al tipo faccia a faccia sono caratterizzati da una componente polemica
o di smascheramento; il tutto è guidato dalla mediazione del conduttore, egli assume il compito di fare domande e
di non spingersi mai al di là del punto di rottura. Il setting è uno studio scarno ma ricco di elementi di retroscena. Mixer
(Minoli) è caratterizzato dalla compresenza dell’inquadratura dell’intervistatore, intervistato e la gigantografia di
quest’ultimo; lo scopo della trasmissione è offrire allo spettatore informazione e verità. L’attenzione ricade sull’ospite
e allo spettatore si chiede di guardare e di trarre le vere risposta alle domande.
PIAZZA: si inscrive nel tipo “dibattito” in cui il quadro comunicativo crea spettacolarità non solo nel richiamare luoghi
reali come la piazza ma anche introducendo diverse gerarchie di partecipanti fisicamente dislocati a distanze diverse,
a seconda del segmento di trasmissione nei quali sono chiamati a intervenire; questi elementi confluiscono in
programmi come quello di Santoro. Il quadro partecipativo è animato: dalle diverse gerarchie attribuite agli ospiti;
dall’uso della diretta come segno dell’immediatezza della ricezione delle sollecitazioni esterne; dal massimo
coinvolgimento possibile del pubblico dalla scelta del moderatore di assumere un ruolo sempre più “d’opinione” e
sempre meno “di mediazione”.
5. TELEPOLITICA 2001/2006 e 2008/2013
Confronto tra Porta a Porta, Il Raggio Verde e Il Fatto. La puntata simbolo della campagna elettorale del 2001 è quella
dell’8 maggio. Infatti, per la firma del contratto con gli italiani, Vespa snatura il setting del suo studio portando al
centro della scena la scrivania nella quale Berlusconi potrà prendere posto.
Opposto è il destino della piazza di Santoro dove il set è completamente stravolto: si passa alla costruzione di uno
studio semicircolare costruito su diversi livelli che presenta allo spettatore un vero e proprio ventaglio di personaggi.
Il conduttore è costretto ad una mobilità maggiore; qui vi è anche un largo utilizzo del mezzo più tradizionale di
contatto tra il talkshow e il mondo reale: il telefono, non a caso Berlusconi pur non essendo ospita la trasmissione
interviene proprio con una telefonata.
Per quanto riguarda Il Fatto di Enzo Biagi la trasmissione si fonda sull’intervista, sul faccia a faccia tra il giornalista e
il politico. Lo scambio risulta rilassato ma mai veramente cordiale o formale. I segni di una progressiva crisi di questo
tipo di talk diventeranno significativi rispetto alla crisi del giornalismo televisivo che cerca di emanciparsi dal regime
dello spettacolo. Questa crisi tocca il punto più alto durante la campagna elettorale del 2006 con l’incontro-scontro
tra Berlusconi e Annunziata in cui si segna la rottura del patto di mediazione che dovrebbe legare il giornalismo e
politica nel corso di un’intervista.
Le elezioni politiche del 2008 sembrano cogliere di sorpresa tanto gli schieramenti politici quanto i palinsesti televisivi
che non offrono alcuna novità a livello di innovazione. Avviene però una rottura della ritualità nel rapporto tra
giornalista e intervistato, Berlusconi è protagonista di episodi fondamentali: I rimproveri verso Mentana e la scortesia
nei confronti di Vespa significano per Berlusconi la rinuncia a costruire assieme la scena del proprio successo televisivo;
il politico cerca deliberatamente la rottura delle regole rendendo il compito del conduttore arduo; nel 2009
Intervenendo telefonicamente nella trasmissione Ballarò dimostra di non rispettare nel meccanismo della
trasmissione né il ruolo del conduttore né quello degli ospiti mettendo in atto uno scontro aspro con il giornalista che
sceglie di moderare i toni senza contrattaccare.
A due anni dal flop dei format del 2008 nascono “Agorá” e “l’ultima parola”. Il primo nasce come piazza elettronica
affidata a Vianello, è posizionata in fascia mattutina e, si apre con lo studio buio sino all’entrata del conduttore a
sottolineare che la chiarificazione delle dinamiche politiche passa necessariamente per Vianello; gli ospiti siedono su
due file di poltroncine rosse poste l’una di fronte all’altra (forte carica di spettacolarizzazione).
6. MODELLI DI CONDUTTORI
Insieme agli ospiti, al pubblico e all’argomento, la figura del conduttore è fondamentale per il format talk show. Il
conduttore adotta uno stile autoriale rendendolo così non solo uno dei partecipanti alla discussione ma il più
importante di essi, è l’unico ad avere la possibilità di movimento all’interno dello studio che lo porta a dare parola ai
diversi ospiti o al pubblico presente; il suo muoversi in ambienti costruiti per simulare setting domestici (come il
salotto) lo rende una figura familiare.
MODELLO ANGLOSASSONE: Il conduttore è colui che dirige l’azione; il potere di controllo del conduttore è mostrato
dalla sua possibilità di movimento all’interno dello studio, da ciò deriva il suo ruolo attivo. Vigila sul dibattito
guidandolo, assecondandolo, chiarendolo. Haarman presenta tre contesti nei quali il conduttore esercita il suo ruolo:
il talk centrato su questioni di attualità e politica sociale (Kilroy, il presentatore entro in studio, si dirige verso la
telecamera e introduce l’argomento, è un aperto invito alla partecipazione; raramente mantiene una posizione
neutrale nei confronti degli argomenti); format basati su problematiche sociali spettacolarizzate (Oprah, Compito di
coinvolgere il pubblico in studio nel corso dell’intera discussione sollecitando facendogli prendere la parola appena
possibile con l’intento di creare un rapporto di intimità e confidenza); trash talkshow statunitense (Springer, modello
di conduzione tarato su programmi in cui l’elemento di fiction intrattenimento e più marcato).
MODELLO ITALIANO: Secondo Casetti il conduttore incarna il patto comunicativo tra emittente e ricevente, mirando
all’ottenimento della fiducia e della simpatia dello spettatore. Con l’avvento della neotelevisione assistiamo a una
fusione tra i due generi intrattenimento informazione ciò porta la figura del conduttore a passare da un mediatore a
un mediattore, alla base del successo di un programma televisivo risiede il carisma degli stessi conduttori.
Nella seconda campagna elettorale della Seconda Repubblica assistiamo a una certa indipendenza delle trasmissioni
e dei conduttori che sono in grado entro certi limiti di imporre il proprio marchio al dialogo e quindi di mettere alla
prova il personaggio politico. Ad esempio in PORTA A PORTA, Vespa si muove molto verso gli ospiti per cercare di
metterli a proprio agio; in MIXER, Minoli non si muove mai nel suo studio, non ne ha bisogno in quanto l’ospite unico;
egli riduce al minimo la sua presenza durante l’interlocuzione con il suo ospite così da poter incentrare tutta
l’attenzione dello spettatore sulle parole dell’ospite; in LINEA VERDE, Annunziata è la guida effettivo del programma
chiedendo sin da subito ai politici chiarezza, concisione precisione affinché il pubblico possa capire.
LA RADIO NELLA RETE
1. RADIO E INTERNET
Il cambio radicale della radio negli ultimi tempi è dettato dalle innovazioni tecnologiche (internet ecc.). La radio è uno
dei mezzi di comunicazione che più ha saputo adattarsi al cambiamento e divenire multimediale, crossmediale.
I media stanno vivendo una mutazione nei modi di produzione e fruizione dei contenuti, è cambiato drasticamente
anche il modo di produrre e ricevere informazioni; si ha il superamento dell’età della scarsità (fase caratterizzata da
un’offerta limitata di canali e prodotti destinati a un pubblico di massa) per passare all’età dell’abbondanza mediale.
L’introduzione di tecnologie avanzate ha permesso di incrementare la velocità e la quantità delle comunicazioni
determinando così un aumento della densità dell’informazioni trasmesse. Le nuove tecnologie portano
inevitabilmente nuovi metodi di ricezione e ascolto dei prodotti radiofonici, si inizia a consolidare il podcast che,
attraverso la diffusione della banda larga e di dispositivi sempre più efficienti spinge molto sull’ascolto via streaming.
La mutazione riguarda anche il modo di fruire i prodotti radiotelevisivi; è in corso una progressiva socializzazione negli
usi e costumi dei media (media partecipativi) che porta alla nascita delle social radio. La condivisione è l’essenza
stessa dei media digitali.
L’ibridazione con il web e il rapporto con i nuovi media hanno indebolito la funzione di orologio sociale della radio, la
corrispondenza tra l’offerta e i ritmi di vita degli ascoltatori e l’idea di un palinsesto pensato sulle abitudini degli
ascoltatori; grazie al web si è rotto il secolare meccanismo dell’ascolto in simultaneità.
2. ASCOLTO NELL’ERA DELLA DISATTENZIONE
La rivoluzione digitale ha causato una metamorfosi sociale, si passa da un mondo analogico a uno caratterizzato dal
flusso costante dell’informazione fondato sulla connessione (onlife). Come mai la radio e la pratica dell’ascolto
resistono nel mondo del flusso?
La radio resiste perché la musica e la parola umana possiedono una loro completezza e perché il suono senza
l’immagine corrisponde ad un bisogno umano. La radio è il medium soggettivo del racconto, una dimensione
immediata che può essere percepita come amichevole e intima. Impegnare l’udito nell’ascolto significa che la mente
deve ricostruire, arricchire completare ciò che l’orecchio ascolta.
La radio è adatta ai nuovi territori poiché è agile, leggera, ubiqua. Grazie ai podcast ad esempio, la pratica del consumo
radiofonico è diventata ancora più elastica. La radio è il primo medium broadcast portatile. Il podcast, lo streaming,
la portabilità esaltano questo carattere e rendono la radio ancora più malleabile; oggi l’ascolto si è molto
individualizzata e privatizzato si parla di narrowcasting.
La radio risponde a un bisogno umano e ha una leggerezza e agilità che le permettono di sopravvivere ma ciò non
avverrebbe se non continuasse a fare bene ciò che fa fin dalla sua nascita ossia informare, educare intrattenere.
Il rischio oggi è quello di una vita “distratta” in cui si sfugge alla conversazione con i nostri simili per rivolgersi
all’intelligenza artificiale per fare conversazioni sui social. La radio di flusso è strutturata su segmenti temporali molto
brevi e quindi è più che adatta a questo tempo. Il problema viene riscontrato nella radio di contenuto, nelle
trasmissioni dove le persone si confrontano anche per lungo tempo.
Lacey distingue due tipologie di ascolto: quello serio (frutto di un lavoro intellettuale, immersivo e attento che
necessita di uno sforzo cognitivo costante) e quello popolare più passivo orientato al rilassamento.
3. RAPPORTO RADIO-UTENTE
L’effetto più evidente dell’incontro tra radio e rete riguarda il rapporto tra chi parla e chi ascolta: la socializzazione, la
partecipazione e la condivisione sono pilastri della nuova social radio. Tutti i nuovi mezzi rendono molto più
interattivo il rapporto tra chi fa la radio, il conduttore e chi ne fruisce. Il rapporto è meno unilaterale e gli ascoltatori
hanno molti più strumenti per intervenire e partecipare; la radio diventa una piattaforma crossmediale, un medium
che si ibrida. Si parla di networker listeners (ascoltatori radiofonici connessi alla rete).
Oggi essere connessi significa entrare in un contesto multimediale che permette relazioni continue e multiple, ci si
trova dentro un vero e proprio ecosistema comunicativo. Il pubblico ha cambiato ruolo e anche funzione: oggi l’utente
può essere parte attiva del processo di costruzione del programma.
Per citare alcuni pensatori come Benjamin (1930) e Brecht (1932); Il pubblico deve essere trasformato in testimone
nelle interviste nelle conversazioni e devo avere la possibilità di farsi sentire; la radio dovrebbe abbandonare il suo
ruolo di fornitrice e far sì che l’ascoltatore diventa fornitore.
La prima rivoluzione fu l’ingresso delle telefonate in radio a partire dagli anni 60; questo periodo viene definito come
l’avvento dell’oralità di massa. I microfoni aperti sancirono un passaggio storico ai fini dell’allargamento della
democrazia nel campo dei Mas media.
Il programma diventa un racconto corale, una conversazione nazionale. Di conseguenza oggi chi conduce deve essere
molto più flessibile e avere una capacità di improvvisare rispetto ai primi conduttori radiofonici incollati rigidamente
a seguire una scaletta. Attraverso questa pluralità il tema che si affronta viene descritto, affrontato e guardato da tanti
punti di vista attenuando ancora di più quell’unilateralismo e autoritarismo che può esserci in una conversazione tra
pochi tipica degli albori radiofonici.
Tutta la città ne parla: attraverso contributi social e telefonici sono gli spettatori a orientare la direzione del discorso
e a sviluppare dei percorsi autonomi (anche fuori scaletta).
Radio anch’io: interventi attraverso SMS e social che contribuiscono a orientare il programma; vengono letti dal
conduttore o alle volte fatti sentire direttamente.
4. STRUMENTI DELLA PARTECIPAZIONE
L’utilizzo di strumenti partecipativi varia a seconda della radio e del genere di trasmissioni. Una cosa è certa, l’utilizzo
del telefono cellulare ha reso tutto molto più semplice. I WhatsApp audio sono il mezzo più utilizzato per sentire in
tempo reale come la pensano gli ascoltatori; sono messaggi tendenzialmente brevi che si integrano molto bene con il
percorso della trasmissione.
Facebook è il pilastro della social radio. Tutte le radio hanno un profilo social e anche gran parte dei conduttori è
tenuto ad averlo quale strumento utile per coinvolgere e mobilitare gli ascoltatori. In un mercato in cui cresce la
concorrenza tra gruppi audiovisivi per accaparrarsi audience e pubblicità, il conduttore diventa uno strumento del
marketing: più forte è il suo impatto sui social e meglio è. Il pubblico diventa un’audience che si muove in un ambiente
multipiattaforma e che si deve cercare di sedurre.
C’è una corrispondenza tra la natura della radio o del programma e lo stile dei post e il tenore dei commenti. Il
linguaggio adottato dai fan nei commenti è lo specchio e l’amplificazione di quello usato nei programmi: la lingua, i
toni, gli atteggiamenti dei fan non sono altro che un feedback rispetto alla comunicazione del programma.
Attraverso i contenuti caricati sui social dalle radio (e i programmi) si crea un’identità specifica portando a diverse
conseguenze: la prima riguarda l’esperienza dell’ascolto che non è più simultanea e immediata ma può estendersi nel
tempo; la seconda riguarda la comunità degli ascoltatori infatti l’ascolto non simultaneo corrode il palinsesto e l’idea
stessa di comunità degli ascoltatori; si indebolisce quella dimensione rituale dell’ascolto.
5. EFFETTI DELLA SOCIAL RADIO
Turkle si interroga sul rapporto costi/benefici nell’epoca del continuo scambio di informazioni. È palese
l’accrescimento in termini di ricchezza di informazione; le trasmissioni infatti sono diventati veri e propri luoghi di
conversazione con molte più possibilità di presa di parola.
La trasmissione ha una durata “liquida”: non è solo ciò che gli ascoltatori sentono in “diretta” ma anche tutto ciò che
viene scambiato via social sia prima che dopo contribuendo a definire ciò che gli ascoltatori tradizionali sentiranno il
giorno dopo. Le trasmissioni oggi hanno una mobilità è un’imprevedibilità superiori rispetto al passato.
Sovrabbondanza di voci, commenti e contenuti in generali può causare una perdita in termini di profondità e chiarezza
dell’esposizione di un tema.
6. REGOLE DELLA CONDUZIONE RADIOFONICA
Molto dipende dal contesto, dal registro e dal tipo di pubblico che ci troviamo di fronte. Alcune regole si applicano
solo agli speaker-intrattenitori e non ai giornalisti.
BEYOND POWERFUL RADIO (Geller): Parlare in modo che l’ascoltatore possa immaginare, usando dettagli; iniziare la
trasmissione con qualcosa di interessante; dire sempre la verità; focalizzare l’attenzione su avvenimenti importanti;
se non si sa qualcosa bisogna metterlo perché agli ascoltatori piace che il conduttore sia simile a loro.
Per i radioascoltatori i termini sono l’accessibilità fisica (acustica intellettuale), chiarezza, limpidità e ritmo gradevole;
bisogna evitare che nell’ascoltatore si manifesta il complesso di inferiorità culturale.
NORME PER LA REDAZIONE DI UN TESTO RADIOFONICO (Gadda): Costruire il testo con periodi brevi; procedere per
coordinate; evitare parentesi o sospensioni sintattiche; evitare negazioni delle negazioni; evitare le rime; evitare
parole desuete e forme poco usate.
Alla base della comunicazione giornalistica radiofonica vigono le regole: di sintassi, immediatezza, velocità, capacità di
educazione.
7. GENERI E MODELLI RADIOFONICI
A seconda del tipo di conduzione, degli argomenti, “della scaletta” e del pubblico si differenziano tipologie di radio con
i proprio sottogeneri: radio palinsesto (tendenzialmente generalista e costituita su una griglia di programmi pensati
per un pubblico dai gusti indifferenziati, eterogenei con distinzioni leggibili) e radio di flusso (format radio, flusso che
prescinde dalle fasce orarie e dall’offerta per generi pubblici, è costruita su un sistema di elementi fissi e ripetitivi che
risultano riconoscibili quali musica, parlato, informazione, pubblicità, jingle, meteo e traffico).
A seconda del linguaggio proposto dalla tipologia di radio si definiscono: parlato di accompagnamento (radio
commerciali, music&talk in cui i conduttori hanno griglie rigide tra un pezzo e l’altro) e parlato di contenuto (radio
pubblica, dibattiti sull’attualità ecc.).
Le radio di parola o miste si distinguono in allnews (divise a sua volta in news-oriented, no-news e light-news),
news&talk, music&news
In un ampio contenitore (spazio radiofonico di circa un’ora contenente materiali diversi ma con uno stesso filo logico)
possono essere contenuti approfondimenti informativi che riportano rassegne stampa e prodotti giornalistici di
qualità.
8. LA FIGURA DEL CONDUTTORE
Il conduttore ha il compito di condurre un programma radiofonico cioè di assicurare con i suoi interventi la fluidità dei
passaggi tra le diverse parti del programma. La guida del programma avviene sulla base di scalette più o meno
dettagliate ed è generalmente in diretta o in registrata ma nelle forme di una diretta. Il tipo di conduzione subisce
influenze e vincoli a seconda del genere della trasmissione e del tipo di canale sul quale va in onda: le radio di
programma sono più scritto e formale e il conduttore è una figura che corrisponde a questi criteri, nelle radio di flusso
invece è molto più raro trasmissioni e quindi le condizioni possono dividersi tra informazione e intrattenimento
educazione.
Un bravo conduttore deve fare chiarezza dove possibile, riportare notizie di fonti affidabili e citare sempre la fonte ma
soprattutto usare il tono giusto. Occorre anche ricapitolare gli avvenimenti passati nella trasmissione per agevolare
la comprensione di chi si è appena messo all’ascolto. Le caratteristiche principali che deve avere un conduttore sono
sicuramente la voce, il ritmo, l’espressività e l’intonazione (anche la personalità e la capacità di improvvisare).
Attraverso queste abilità si cerca di creare una connessione con il pubblico, un rapporto di fiducia e di empatia che
fidelizza l’ascoltatore alla trasmissione.
Il conduttore musicale si muove all’interno di una griglia prefissata; nelle radio commerciali ha un tempo di parola
limitato che si sviluppa tra un brano e l’altro. I conduttori di programmi di taglio giornalistico invece possono
modificare la struttura attraverso un confronto vivo a più voci sono notizie sul tema di attualità. Tipico delle radio
pubbliche è l’annunciatore (sta scomparendo): lettore professionale, neutro e mediocremente partecipativo
caratterizzato dall’alta professionalità in materia.
Obiettivamente c’è una forma di potere in chi gestisce il microfono infatti il conduttore gestisce tempi, guida il
dibattito, sceglie il percorso e ha il potere di togliere la parola. Il conduttore deve essere un ponte è un intermediario
tra la notizia/gli ospiti e l’ascoltatore; deve svolgere una funzione di Gate-keeper.
DOMANDE LEZIONI
1. INTERVISTA
L’intervista viaggia su una serie di “mosse”. A seconda delle domande proposte (hard o soft) si possono distinguere
in: 1) intervista a imbuto: serie di domande che parte da temi generali per poi scendere a un argomento particolare;
2) intervista a imbuto rovesciato: si parte dal tema specifico e si conclude con domande su problemi più ampi; 3)
intervista a tunnel: fuoco incrociato sempre sullo stesso tema; 4) intervista con bersaglio nascosto: molte domande
lontane dall’oggetto per poi generare un effetto sorpresa; 5) intervista a schema libero: orientamento in base alle
risposte dell’intervistato.
Un ulteriore suddivisione la si può ottenere in base all’angolazione con cui vengono fatte: “IN ASSE”: chi è intervistato
entra nella telecamera, guarda sempre dentro l’obiettivo e di conseguenza entra nelle case degli spettatori;
“INTERVISTA A DUE”: scopo principale è di presentare l’ospite, intervistatore è posto di fianco all’intervistato e,
facendosi vedere, mette la firma alla diretta; “INTERVISTA A DUE FUORI ASSE”: è presente una regia e quindi più
telecamere che ritagliano inquadrature diverse; “INTERVISTA A TONNARA ISTITUZIONALE”: tantissimi giornalisti,
microfoni che danno parola all’intervistato istituzionale che sa della presenza dei giornalisti; “INTERVISTA A BRUCIA
PELO”: differisce perché le domande non sono concordate, porta a una dinamica che tende ad infastidire l’intervistato
2. MODELLI DI TELEGIORNALE e IMPAGINAZIONE
MODELLO GENERALISTA-OGGETTIVO: si rivolge a un pubblico eterogeneo, senza fare distinzioni di sesso, età, livelli
socio-culturali, la testata o rete si fa portavoce di punti di riferimento comuni e trasversali (TG1 e TG5). Ha un
atteggiamento enunciativo che tende a costruire il discorso attraverso la rappresentazione degli oggetti più che dei
soggetti dell’informazione; è suddiviso in 3 blocchi: parte introduttiva consistente (anticipazione, sigla sommario),
seconda parte che raduna le notizie più significative, terzo blocco caratterizzato da un calo dell’importanza tematica
(es. cultura, sport)
MODELLO INTERPRETATIVO-ESPLICATIVO: adotta un modello enunciativo alternativo al primo, un esempio sono TG2,
Studio Aperto poi TG3. Forte visibilità delle figure giornalistiche e ampia diffusione della diretta, presentano una
connotazione tematica degli argomenti che supera quella politica caratteristica del modello precedente (giornalismo
schierato). Il giornalismo punta sulle storie, sulla drammatizzazione e sulla personalizzazione delle notizie, in questo
modello il personaggio viene prima del fatto
IMPAGINAZIONE DEL TELEGIORNALE: 1) notizia di apertura (filmate, con collegamenti in diretta, interviste,
commento, materiale originale o recente); 2) notizie forte (filmante, possono essere costituite da una breve inchiesta,
sono spettacolari e possono riguardare anche fatti lontani nel tempo); 3) notizie di passaggio (dal vivo, anche con
illustrazione fotografica o video, servono a collegare le notizie forti); 4) notizie speciali (approfondimenti, interviste
ad esperti o a personaggi noti); 5) notizie di chiusura (fatti insoliti e spettacolari, rassicuranti)
3. CLASSIFICAZIONE DEI TALK: PEZZINI
La Pezzini offre una tipizzazione del formato talk (politico e non politico) basata su un’analisi di tipo conversazionale
che comprende: il quadro comunicativo della conversazione televisiva (setting + scopo) e il quadro partecipativo
della conversazione televisiva (ratified participants” vs “bystanders”).
Il setting è identificabile all’interno della concreta esperienza quotidiana dello spettatore (piazza o salotto) e si divide
in: Cornice implicita (l’essere in televisione) e Cornice esplicita: la costruzione della scenografia.
Lo scopo varia a seconda della disposizione del setting e delle finalità che cerca di portare avanti la trasmissione infatti,
un talk condotto in un salotto avrà lo scopo di mettere in luce gli aspetti più privati dei protagonisti della
“chiacchierata” mentre un talk condotto in una piazza darà maggior spazio al confronto con le voci del pubblico in
studio e a casa (Michele Santoro, Gad Lerner).
I partecipanti alla discussione possono essere o no “ufficialmente” ammessi a farne parte; nel primo caso, Goffman
(1987) parla di ratified participants (partecipanti riconosciuti) nel secondo, di bystanders (astanti). I ratified
participants occupano uno spazio ben definito sulla scena, separato da quello del pubblico e collocato in posizione
utile per dialogare con il conduttore mentre i bystanders, per accedere alla discussione, devono essere introdotti. Il
conduttore ha il “potere” di far prendere la parola come di toglierla/censurarla.
Attraverso l’analisi di queste variabili si vengono a definire sei diverse tipologie di talkshow:
CONVERSAZIONE: Setting: salotti; Quadro partecipativo: conduttore centrale, con adiuvanti il cui ruolo è sempre
molto ben definito; Modelli di interazione: colloquialità, modello dominante cooperativo-consensuale (Costanzo)
DIBATTITO: Setting: spazi semicircolari che enfatizzano la loro natura di spazi televisivi; Quadro partecipativo: forte
autorialità del conduttore verso la trasmissione e la conduzione del dibattito; Modelli di interazione: controllo
dell’interazione affidato a “custodi del dibattito” o “padroni di casa”
DISCUSSIONE: Setting: studi televisivi, di cui talvolta viene svelato il retroscena, es. la cabina di regia: Quadro
partecipativo: ruolo dominante del conduttore, che riconosce l’importanza dell’esperto o del leader d’opinione;
Modelli di interazione: simmetria degli scambi presentata come un valore; conflittualità solo evocata
INTERVISTA: Setting: salotti virtuali, incontri al caffè, semplici sedie in ambiente neutro; Quadro partecipativo:
intervistatori-conduttori, il cui ruolo è dar spazio agli ospiti, che siano personaggi pubblici o “testimoni comuni”;
Modelli di interazione: atmosfera colloquiale; modello dominante cooperativo, effetti passionali ricercati e stimolati
nel pubblico
FACCIA A FACCIA: Setting: ambientazioni neutre volte a confermare il pubblico come destinatario reale
dell’interazione; Quadro partecipativo: protagonismo dei partecipanti, conduttori che abdicano al ruolo di moderatori
per divenire interlocutori; Modelli di interazione: dissimmetria stabilita per contratto, mantenuta o meno in funzione
del tono generale da dare all’incontro
INVETTIVA: Setting: spazio fortemente figurativo, che cerca una connotazione precisa; Quadro partecipativo:
conduttori soli o assistiti da astanti destinati a tacere anche se interpellati; Modelli di interazione: valorizzazione della
competenza dell’enunciatore
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