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Sciarelli la gestione impresa introduzione 10

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Sergio Sciarelli
LA GESTIONE DELL’IMPRESA
tra teoria e pratica aziendale
Decima edizione
riveduta e ampliata con esercizi e applicazioni
Indice generale
PARTE PRIMA
ELEMENTI DI ECONOMIA DELL’IMPRESA
CAPITOLO PRIMO
L’impresa e il suo ruolo economico e sociale.
CAPITOLO SECONDO
L’interdipendenza tra l’impresa e l’ambiente
socio-economico.
CAPITOLO TERZO
I
protagonisti
nella
vita
dell’impresa:
l’imprenditore e gli «stakeholder».
CAPITOLO QUARTO
Le finalità imprenditoriali: la teoria del «successo
sociale».
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Indice generale
PARTE SECONDA
I COMPORTAMENTI IMPRENDITORIALI E LA GESTIONE
STRATEGICA
CAPITOLO QUINTO
La gestione strategica dell’impresa.
CAPITOLO SESTO
Le strategie competitive e i modelli di analisi di
mercato.
CAPITOLO SETTIMO
Le strategie di sviluppo dimensionale e il
rinnovamento strategico.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Indice generale
PARTE TERZA
LE FUNZIONI DI DIREZIONE AZIENDALE
CAPITOLO OTTAVO
L’organizzazione dell’impresa: modelli e problemi
di progettazione.
CAPITOLO NONO
Il processo di programmazione della gestione.
CAPITOLO DECIMO
Il sistema di controllo direzionale.
CAPITOLO
La funzione di conduzione del personale:
motivazione, stile di direzione e «leadership».
UNIDICESIMO
CAPITOLO
DODICESIMO
Il sistema informativo e i processi di gestione della
conoscenza.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Indice generale
PARTE QUARTA
LA GESTIONE COMMERCIALE E IL «MARKETING»
CAPITOLO
La gestione commerciale e il marketing.
TREDICESIMO
CAPITOLO
Il processo di produzione e l’impianto.
QUATTORDICESIMO
CAPITOLO
QUINDICESIMO
La gestione della
finanziamenti.
finanza:
investimenti
CAPITOLO
Il processo logistico e gli approvvigionamenti.
e
SEDICESIMO
CAPITOLO
Il processo di innovazione nella gestione aziendale.
DICIASSETTESIMO
CAPITOLO
DICIOTTESIMO
I problemi amministrativi: gestione del personale e
contabilità.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Indice generale
PARTE QUINTA
APPLICAZIONE DELLE TECNICHE DI GESTIONE
Le tecniche di programmazione e di controllo della
DICIANNOVESIMO gestione.
CAPITOLO
CAPITOLO
VENTESIMO
Le tecniche
aziendale.
per
la
valutazione
dell’efficienza
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Indice generale
APPLICAZIONI AZIENDALI
1.
La redazione del prospetto delle fonti e degli impieghi e la scelta delle
fonti di finanziamento. Il caso Tazza d’Oro S.p.A.
2.
Valutazione dell’efficienza della gestione delle scorte. Il caso FrescoMagic
S.r.l.
3.
Misurazione del rischio operativo mediante il diagramma di redditività.
Il caso Dolci Profumi S.r.l.
4.
Analisi della profittabilità dei segmenti di vendita. Il caso CodeInt S.r.l.
5.
Valutazione degli equilibri economici-finanziari mediante l’analisi di
bilancio. Il caso Legno & Legnami S.p.A.
6.
Valutazione dell’efficienza prospettica mediante la «balanced scorecard».
Il caso Grand Hotel Caesar Palace.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Consigli utili per lo studio
Il Manuale va studiato tenendo conto, in particolare,
dei seguenti suggerimenti:
1. La successione delle cinque parti in cui è suddiviso va
rispettata nel percorso di studio perché avvicina
progressivamente il lettore all’approfondimento delle
problematiche aziendali.
2. In ogni capitolo sono inseriti dei brani retinati e dei brani in
corsivo per richiamare i passaggi più importanti di teoria e
pratica aziendale sui quali è il caso di fermare
particolarmente l’attenzione.
3. Le figure e le tabelle riportate nel testo rappresentano delle
sintesi dei concetti e sono utili per porre in evidenza
classificazioni di particolare importanza nello sviluppo di
ciascun argomento.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Consigli utili per lo studio (segue)
4. Il riepilogo o le considerazioni finali poste a conclusione dei
vari capitoli hanno lo scopo di richiamare, in modo
sintetico, i punti fondamentali esposti e messi in particolare
evidenza nello sviluppo di ciascun capitolo.
5. I «concetti chiave» riepilogati a chiusura di ciascun capitolo
vogliono fornire uno strumento di autovalutazione
dell’approfondimento, utilizzabile per saggiare il livello di
preparazione raggiunto nello studio.
6. Le applicazioni e gli esercizi costituiscono casi concreti
riferiti alla pratica aziendale e si pongono, pertanto, quale
necessario e utile completamento della parte teorica.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Capitolo I
L’impresa e il suo ruolo
economico e sociale
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Definizione di impresa e suoi elementi distintivi
Organizzazione economica che, mediante l’impiego di un
complesso differenziato di risorse, svolge processi di
acquisizione e di produzione di beni o servizi, da
scambiare con entità esterne al fine di conseguire un
reddito.
QUATTRO ELEMENTI DISTINTIVI:
1) Presenza di un’organizzazione.
2) Svolgimento di processi di produzione.
3) Relazioni di scambio con entità esterne.
4) Finalità imprenditoriale di produzione di reddito.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
L’impresa quale sistema socio-tecnico, aperto
L’impresa può essere considerata un sistema sociotecnico.
È un sistema sociale poiché il suo funzionamento
dipende dall’operare coordinato di una molteplicità di
gruppi, interni o esterni all’organizzazione (tra i quali si
possono stabilire relazioni di cooperazione e conflitto).
È un sistema tecnico poiché, per il suo funzionamento,
necessita di strumenti che incorporano tecnologie.
È un sistema di tipo aperto poiché, per funzionare,
necessita di intrattenere relazioni di scambio con
sistemi più ampi (mercato e ambiente). Per questo
motivo è un sistema dinamico.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
L’impresa quale sistema cognitivo
La vera ricchezza dell’impresa non è
costituita solo dal suo patrimonio
materiale
o
tangibile
(impianti,
attrezzature, fabbricati, ecc.) ma anche
dalle risorse immateriali, in particolare
quelle di conoscenza, che si sono
sedimentate nell’organizzazione o che
comunque sono contenute nella mente
di
coloro
che
operano
nella
organizzazione.
IMPRESA COME
SISTEMA COGNITIVO
L’impresa è un insieme di
conoscenze atte a
produrre nuova
conoscenza
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Definizioni di impresa a confronto
Organizzazione economica
che, mediante l’impiego di un
complesso differenziato di
risorse, svolge processi di
acquisizione e di produzione
di beni o servizi, da
scambiare con entità esterne
al fine di conseguire un
reddito.
L’impresa deve essere in
grado di produrre innovazioni
in virtù della capacità di
“apprendere” e di mettere a
frutto le conoscenze che
derivano
dall’esperienza
(learning by doing).
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
La visione sociale dell’impresa
Il concetto di responsabilità sociale d’impresa (Corporate
Social Responsibility, CSR) è fondato sul contratto sociale
che ogni impresa stipula con il contesto esterno per definire
obblighi e diritti connessi con il proprio funzionamento.
L’impresa, mediante il continuo scambio di risorse, influenza
in misura spesso rilevante le condizioni di vita della collettività
e si rende protagonista e responsabile del contributo prodotto.
Non può, dunque essere vista come un’iniziativa esclusivamente
imprenditoriale, rivolta soltanto a conseguire le finalità economiche
dell’investitore-proprietario, ma come sistema economico e sociale, cui
prende parte una pluralità di attori, che deve essere guidato in funzione
di un giusto equilibrio tra obiettivi economici e responsabilità sociali.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le funzioni dell’impresa
Organizzazione
Il suo scopo è il soddisfacimento
Economica
di bisogni umani
mediante la messa a frutto
di risorse rinvenibili
in natura in misura limitata
IMPRESA
Rappresenta uno strumento
per creare e distribuire valore
fra tutti i gruppi sociali
con cui è in contatto
Sistema
Sociale
E’ un complesso
di beni organizzato e
retto per lo svolgimento
di processi produttivi finalizzati
alla produzione di reddito
Struttura
Patrimoniale
Le tre funzioni considerate sono strettamente complementari e rispondono ad
interessi via via più limitati: da quelli della comunità nel suo complesso a quelli dei
partecipanti all’organizzazione e, in ultimo, a quelli del solo imprenditore.
Capitolo II
L’interdipendenza tra l’impresa
e l’ambiente socio-economico
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
L’impresa e l’ambiente
L’impresa, cellula fondamentale del sistema
economico-produttivo, opera all’interno di un
ambiente più vasto con cui scambia risorse
IMPRESA
AMBIENTE
Tale ambiente può essere convenzionalmente
suddiviso in micro-ambiente e macro-ambiente
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
L’impresa e l’ambiente
Macroambiente
IMPRESA
Microambiente
Macroambiente
Mercati con cui l’impresa attiva
lo scambio delle risorse (in
entrata e in uscita)
Sistema delle condizioni e dei
vincoli in cui questo scambio si
verifica
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Il micro-ambiente
Il microambiente si può convenzionalmente scomporre in
due parti:
 scambi in entrata → ambiente transazionale (definisce i confini
organizzativi dell’impresa);
 scambi in uscita → ambiente competitivo (dipende dalle porzioni di
mercato cui cedere i prodotti/servizi).
Mercati di
produzione
Mercato del
lavoro
Ambiente transazionale
Mercato
finanziario
IMPRESA
Ambiente competitivo
Clienti
serviti
Imprese
concorrenti
Il micro-ambiente
(sistema degli scambi)
Mercato di vendita
Mercato della produzione
Mercato del lavoro
Impresa
Beni o servizi
Mercato dei capitali
Scambi in entrata
(Acquisizione input)
Processo
produttivo
Scambi in uscita
(Cessione dell’output)
Mercato = In termini strettamente economici, si ha un mercato in tutti i casi in cui
vi siano due o più contraenti disposti a scambiare tra di loro i beni
rispettivamente posseduti.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Il macro-ambiente
(sistema generale di vincoli e opportunità)
Sistema politico-istituzionale
IMPRESA
Sistema economico
Sistema delle macro variabili economiche
(produzione industriale, prezzi, moneta, ecc.)
Tradizioni, costumi, valori, sviluppo
tecnologico, innovazione
e dalle relazioni sociali tra gli individui
È definito dalla struttura della popolazione
È rappresentato dalla forma di governo
e dall’ordinamento legislativo
I rapporti tra l’impresa e l’ambiente
In senso generale, l’ambiente determina il sistema di vincoliopportunità entro cui si dipana la gestione aziendale.
L’impresa non può scegliersi il macro-ambiente ma può scegliere
l’ambiente transazionale e competitivo all’interno del quale
operare.
TUTTAVIA …
Per le imprese di maggiori dimensioni, capaci di incidere sulle
condizioni ambientali, anche il macro-ambiente finisce per essere,
per certi versi ed entro certe condizioni, una variabile più che un
vincolo da rispettare.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Capitolo III
I protagonisti nella vita
dell’impresa: l’imprenditore e
gli «stakeholder»
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
L’imprenditore
Soggetto economico che decide di rischiare i propri
capitali e di dedicare le sue capacità professionali alla
produzione di beni e servizi da cedere a terzi.
Secondo Schumpeter, il focus dell’imprenditorialità è da
rinvenire nella promozione dell’innovazione.
Le qualità fondamentali dell’imprenditore:
 capacità di previsione e intuito;
 spirito di iniziativa, forte volontà realizzativa, libertà
intellettuale;
 autorevolezza, capacità di “leadership” nei confronti
dei collaboratori.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Imprenditorialità e managerialità
IMPRENDITORIALITA’
Attitudine ad assumere decisioni rischiose
finalizzate all’innovazione dei comportamenti
aziendali
EFFICACIA
è il valore proprio dell’imprenditorialità ed attiene
alla bontà delle decisioni. Può essere intesa quale
abilità decisionale di chi governa
a livello più elevato il sistema aziendale
MANAGERIALITA’
Capacità di sviluppare le decisioni
imprenditoriali e di attuarle in modo
razionale
EFFICIENZA
è il valore proprio della managerialità, intesa
quale attitudine a realizzare il massimo rendimento
nella fase di attuazione delle scelte aziendali
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Gli organi aziendali
ORGANI DELIBERANTI
ORGANI DI CONTROLLO
ORGANI ESECUTIVI
Esercitano prevalentemente attività decisionale.
Si differenziano per l’ampio potere discrezionale
esercitato nel compimento della loro attività.
Sono preposti alla supervisione e al
“monitoraggio” dell’attività aziendale.
Hanno il compito di dare attuazione alle disposizioni
provenienti dagli organi deliberanti.
Per l’esercizio effettivo dei poteri decisori ed organizzativi
è necessaria non solo l’autorità formale (collegata alla carica
ricoperta nell’organigramma) ma anche l’autorità sostanziale che deriva da:
• abilita professionale;
• disponibilità delle informazioni;
• capacità di controllo delle decisioni assunte.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
La mappa degli “stakeholder” nell’ipotesi di separazione tra proprietà
e governo dell’impresa
Gruppi
politici
Proprietari
Istituzioni
finanziarie
Gruppi di
opinione
Governo
(centrale e
locale)
Clienti
IMPRESA
Fornitori
Associazioni
dei
consumatori
Concorrenti
Associazioni
di categoria
Sindacati
Dipendenti
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
La teoria degli stakeholder
L’impresa si pone al centro di una serie di rapporti con differenti gruppi sociali,
rispetto ai quali attiva relazioni di scambio, di informazione, di rappresentanza.
Questi gruppi costituiscono dei veri e propri interlocutori
dell’impresa o stakeholder, ossia portatori di interesse, che
influenzano (le decisioni aziendali) e sono influenzati
dall’attività dell’impresa.
Gli stakeholder primari hanno un interesse diretto nella vita
dell’impresa e sono collegati alla stessa mediante rapporti
giuridici (contratti), gli stakeholder secondari possono
incidere soprattutto sul clima sociale delle relazioni aziendali
(interne ed esterne) e influenzare i comportamenti di lungo
termine.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Stakeholder primari e secondari
Stakeholder
SECONDARI
Stakeholder
PRIMARI
Governo
(centrale e locale)
Proprietari Organizzazioni sovranazionali
Associazioni
di Consumatori
Fornitori
Clienti
IMPRESA
Media
Gruppi politici
(partiti e movimenti)
Concorrenti
Dipendenti
Sindacati
Gruppi
Di opinione
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
La gestione degli stakeholder
Il governo dei rapporti con gli stakeholder è una responsabilità primaria per
l’imprenditore perché influenza i risultati della gestione: individuare gli
stakeholder, stabilirne il peso relativo, valutarne gli interessi e orientare la
mission aziendale anche tenendo conto di questi ultimi sono passaggi
fondamentali per la definizione del progetto strategico.
Definizione di impresa alla luce dellaTeoria degli stakeholder
l’impresa è una organizzazione economica, legata ad un complesso d’interlocutori
interni ed esterni, che, mediante la combinazione di risorse differenziate,
svolge processi d’acquisizione e di produzione di beni e servizi allo scopo
di creare e distribuire valore tra di essi.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Stakeholder : criteri di individuazione
Criteri per l’individuazione
e la valutazione
degli stakeholder
 Forza, Potere
 Legittimazione
 Attualità dell’interesse
difeso
La classificazione degli stakeholder è continuamente mutevole,
perché, da tempo a tempo, possono variare l’attualità degli
interessi, la forza dei singoli interlocutori ed il loro grado di
legittimazione.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Rapporti strategici con gli stakeholder
Possibilità di minacce per l’impresa
provenienti dallo “stakeholder”
Possibilità di
collaborazione
con l’impresa
da parte dello
stakeholder
ALTA
BASSA
ALTE
BASSE
STAKEHOLDER NON
ORIENTATO
STAKEHOLDER
AMICHEVOLE
Strategia:
COLLABORAZIONE
Strategia:
COINVOLGIMENTO
STAKEHOLDER
MARGINALE
STAKEHOLDER
AVVERSARIO
Strategia: DIFESA
Strategia:
MONITORAGGIO
La matrice consente di individuare la strategia
di volta in volta più efficace per amministrare le relazioni con le
diverse tipologie di stakeholder aziendali
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
L’ipotesi di dissociazione
tra proprietà e governo dell’impresa
In caso di separazione tra proprietà e governo dell’impresa (quando
l’imprenditore-proprietario delega la gestione a un manager
professionista), l’imprenditore-proprietario (stockholder) è anche uno
stakeholder, costituendo uno degli interlocutori primari del
management .
Tuttavia, a differenza di quanto avviene per gli altri
stakeholder primari, la cui remunerazione è contrattualmente
garantita, la remunerazione dell’imprenditore-proprietario avrà
sempre carattere residuale.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
I rapporti tra imprenditore-stakeholder e manager
Secondo la Teoria dell’Agenzia, il manager è l’agente che
amministra l’azienda su incarico del principal (della proprietà).
Proprietà
(Principal)
Mandato
Agente (Amministra l’azienda
per conto del principal)
Si crea una relazione singolare tra agent e principal che tende a ridurre, se non ad
annullare, il carattere residuale della remunerazione della proprietà.
Il rischio è che l’agente, dopo aver soddisfatto gli altri stakeholder, per
assicurare comunque una congrua remunerazione alla proprietà, giunga a
depatrimonializzare l’azienda - distribuendo non il reddito creato ma la
ricchezza accumulata (patrimonio) - o comunque sacrifichi gli obiettivi di
lungo termine riducendo gli investimenti di sviluppo.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Capitolo IV
Le finalità imprenditoriali e la
teoria del «successo sociale»
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Finalità imprenditoriali
L’azienda è lo strumento di una capacità
imprenditoriale finalizzata verso determinati risultati
QUALI SONO GLI SCOPI CHE SPINGONO IL GRUPPO
IMPRENDITORIALE AD ORGANIZZARE E GOVERNARE
UN’ATTIVITA’ PRODUTTIVA?
Per rispondere a questa domanda è opportuno distinguere tra le
finalità dell’imprenditore di tipo “classico” e quelle
dell’imprenditore “delegato” (manager professionista) che
detiene il potere di gestione senza la proprietà
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Teorie sulle finalità imprenditoriali
Teoria della massimizzazione del profitto
Teoria della sopravvivenza
Teoria della creazione e diffusione del valore
Teoria manageriale dello sviluppo dimensionale
Teoria dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto
Teoria del successo sociale
Teoria della mobilità
Finalità primaria dell’imprenditore
classico
Finalità primaria dell’imprenditore
delegato
Teoria della massimizzazione del profitto
Il profitto è un’entità composita in cui rientrano:
… la quota destinata
a ripagare il rischio
corso nell’attività
aziendale
… il compenso che spetta
all’imprenditore
per l’organizzazione dei
fattori produttivi
PROFITTO
… il premio che spetta
a colui che
promuove l’innovazione
… il risultato
dell’imperfezione del
mercato da cui si origina
l’acquisizione di posizioni
monopolistiche
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Limiti della teoria della massimizzazione del profitto
La teoria, diffusa in teoria, incontra dei limiti sul piano concreto:
Quale profitto l’imprenditore vuole rendere massimo? Quello di un
esercizio, di due esercizi, di una specifica operazione, di un
complesso di operazioni?
Fattore tempo
Time-preference
L’imprenditore intende puntare al massimo profitto, sostenendo
altresì il rischio più elevato circa il risultato dell’attività di impresa?
Fattore rischio
Uncertainty condition
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Teoria della sopravvivenza aziendale
Il fine del gruppo imprenditoriale è quello di assicurare la continuità
dell’organismo aziendale: il profitto è il mezzo per irrobustire la
struttura patrimoniale dell’impresa.
Drucker ha proposto di misurare il raggiungimento di tale finalità
mediante i cinque seguenti indicatori:
Posizione occupata
nel mercato
Innovazioni
Fattori di
sopravvivenza
dell’impresa
Redditività
Risorse Umane
Risorse Finanziarie
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Teoria della creazione e diffusione del valore
Secondo questa teoria l’obiettivo dell’imprenditore proprietario, del
manager e di tutti i partecipanti all’impresa è accrescere il valore
economico dell’impresa.
Cosa deve essere massimizzato?
Nel contesto italiano
la teoria si riferisce
opportunamente alla
massimizzazione del
valore economico del
capitale (*)
Potenzialità
reddituali
dell’impresa
… ossia la sua capacita di produrre risultati sempre migliori
(*) Nella pratica nordamericana, questa teoria, riferita alle “public company”, postula la
massimizzazione del valore del capitale azionario (capitalizzazione in base al corso
dell’azione).
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Teoria manageriale dello sviluppo dimensionale
I
manager
sono
maggiormente
interessati
all’espansione
dell’impresa, perché quest’ultima dovrebbe tradursi in un
irrobustimento dell’organizzazione, nell’assunzione di una maggiore
forza nei confronti della concorrenza, nell’ incremento delle
retribuzioni ai livelli più elevati di direzione, nel miglioramento delle
relazioni con banche, fornitori e personale (Teoria di Baumol).
Obiettivo: massimizzare le vendite dei prodotti (il fatturato)
rispettando il vincolo di un livello minimo di profitto.
Le imprese mirano a realizzare il flusso di profitti che
consente di finanziare il massimo sviluppo delle vendite nel
lungo periodo.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Teoria dei limiti sociali al massimo profitto
La massimizzazione del profitto implica l’accrescimento dei ricavi, la
riduzione dei costi o entrambe le manovre.
Le possibilità effettive di manovrare queste variabili economiche sono però
limitate dai condizionamenti esercitati dai gruppi sociali sottesi dietro
ciascuna delle componenti in cui possono essere suddivisi i costi e i ricavi.
RICAVI = Prezzo x Quantità
Consumatori e Concorrenti
COSTI
COSTI DI
LAVORO
Lavoratori
COSTI DI
APPROVVIGIONAMENTO
Fornitori
COSTI DI
FINANZIAMENTO
Finanziatori
PROFITTO
COSTI DI
DISTRIBUZIONE
ONERI
FISCALI
Distributori
Pubblica
Amministrazione
COSTI DI
ORGANIZZAZIONE
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
COSTI DI
RICERCA
E
SVILUPPO
Proprietari
Teoria dei limiti sociali al massimo profitto: fattori di crisi
Categorie di costi sganciate da uno specifico gruppo sociale
COSTI
COSTI DI
LAVORO
Lavoratori
COSTI DI
APPROVVIGIONAMENTO
Fornitori
COSTI DI
FINANZIAMENTO
Finanziatori
PROFITTO
COSTI DI
DISTRIBUZIONE
ONERI
FISCALI
Distributori
Pubblica
Amministrazione
Riguardano l’analisi, la progettazione,
il controllo e l’adattamento delle
strutture, le procedure e le tecniche di
ordinamento del lavoro direzionale ed
esecutivo.
COSTI DI
ORGANIZZAZIONE
COSTI DI
RICERCA
E
SVILUPPO
Proprietari
Sono relativi all’individuazione di
nuove opportunità tecnologiche o di
mercato, alla creazione dell’immagine,
all’avviamento commerciale.
Sono fattori di economicità e di maggior ricavo per l’impresa e, in quanto
tali, non comprimibili se non a danno della produttività e della redditività
aziendale di lungo periodo.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Teoria del successo sociale
Le finalità dell’imprenditore, facendo anche riferimento alla piramide dei
bisogni di Maslow, appaiono, in ordine crescente d’importanza, quelle di
assicurare la sopravvivenza dell’impresa (mediante il perseguimento del
fondamentale equilibrio economico tra costi e ricavi), di affermarsi
nell’àmbito della classe sociale di appartenenza (leadership competitiva)
e di assumere posizioni di preminenza nella comunità (prestigio
sociale).
Profitto
Potere
Prestigio
La teoria delle 3 «P»
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
I valori legati alla teoria del successo sociale
Lungo
Tempo
PRESTIGIO
POTERE
PROFITTO
Breve
Economici
Etici
Valori
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Una prospettiva di sintesi sulle finalità imprenditoriali
a) l’imprenditore «visibile» e strettamente
integrato
nell’impresa,
al
quale
sembrerebbe potersi applicare la teoria del
successo sociale;
b) l’imprenditore meno visibile e meno
integrato cui appare meglio riferibile la
teoria della massimizzazione del valore
economico dell’impresa nel tempo
lungo;
c) l’imprenditore delegato (manager), al
quale sarebbe applicabile quella che
potrebbe essere definita come teoria della
mobilità, in quanto spesso il successo
dell’impresa
dovrebbe,
attraverso
la
mobilità, consentirgli l’affermazione sociale.
La soluzione di dilemmi
morali, che attengono anche
al campo dell’ etica aziendale,
si rivela, oggi, quale fattore
caratteristico di una superiore
interpretazione della funzione
imprenditoriale.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Capitolo V
La gestione strategica
dell’impresa
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Profili della gestione aziendale
GESTIONE = governo dei fattori di produzione impiegati
nell’organizzazione aziendale.
GESTIONE = complesso di decisioni e di attività rivolte
al raggiungimento degli obiettivi aziendali.
LE SCELTE DI GESTIONE
STRATEGICHE
Obiettivi imprenditoriali di tempo lungo.
TATTICHE
Modalità d’impiego delle risorse.
OPERATIVE
Svolgimento delle attività.
La gestione strategica attiene ai comportamenti imprenditoriali di tempo lungo
orientati al raggiungimento degli obiettivi primari dell’attività aziendale.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Comportamenti imprenditoriali nei confronti dell’ambiente
La strategia definisce i rapporti con l’ambiente, i cui mutamenti
possono determinare opportunità e minacce per l’impresa. Nei
confronti dell’evoluzione dell’ambiente l’imprenditore può
assumere tre diversi atteggiamenti:
Atteggiamento
di attesa
Risposta solo al verificarsi di
cambiamenti ambientali.
Atteggiamento
Risposta anticipata rispetto a
cambiamenti ambientali previsti.
Atteggiamento
Induzione dei cambiamenti
dell’ambiente (micro e macro).
anticipatorio
proattivo
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Definizione di strategia
La strategia è un comportamento imprenditoriale di tempo lungo
finalizzato al raggiungimento di obiettivi primari della gestione
Tre elementi caratterizzanti:
È il mezzo per conseguire
traguardi di tempo non
breve, definiti in funzione
dell’evoluzione del rapporto
tra
l’impresa
e
l’ambiente in cui questa
opera
1. Formulazione a livello altodirezionale.
2. Proiezione a lunga scadenza.
3. Priorità dei
raggiungere.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
traguardi
da
Gerarchia delle scelte strategiche
Scelta delle aree
d’affari in cui
operare
STRATEGIA
COMPLESSIVA
(strategia corporate)
Definizione degli
obiettivi e delle
politiche da adottare
per competere
STRATEGIE COMPETITIVE
(strategie d’area d’affari)
Area
A
Area
B
Area
C
STRATEGIE FUNZIONALI
Definizione delle
modalità di attuazione
delle funzioni di
gestione
Strategia e politiche
STRATEGIA
POLITICHE
Disegno generale globale
di tempo lungo che
individua le direttrici da
seguire per raggiungere
determinate mete
(obiettivi primari della
gestione)
Scelte funzionali in
rapporto al disegno
strategico e vincolanti
per le decisioni da
assumere nel corso della
gestione
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Capitolo VI
Le strategie competitive e i
modelli di analisi di mercato
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
I rapporti di interdipendenza tra le scelte strategiche
La scelta di inserirsi in un determinato ambito di attività (A.S.A.
“Area Strategica di Affari” o S.B.U. “Strategic Business Unity”)
dipende dalla preventiva valutazione della possibilità di competere
con successo in quella determinata porzione di mercato, sulla base
delle risorse possedute (o acquisibili).
STRATEGIA
COMPLESSIVA
(strategia corporate)
STRATEGIE COMPETITIVE
A.S.A.
A
A.S.A.
B
A.S.A.
C
STRATEGIE FUNZIONALI
La scelta delle A.S.A. in cui
operare è dunque funzione della
possibilità di attuare in esse una
strategia competitiva vincente.
I paradigmi strategici
S-C-P
PARADIGMA STRUTTURALISTA
(Struttura-Condotta-Performance)
La struttura del mercato incide sul
comportamento delle imprese e
questo, a sua volta, determina il
risultato
(performance)
della
gestione aziendale.
C-S- P
PARADIGMA COMPORTAMENTISTA
(Condotta-Struttura-Performance)
È la condotta delle imprese che
influenza la struttura del settore. Le
trasformazioni
del
contesto
si
determinano
(anche)
per
i
comportamenti innovativi promossi
dalle imprese con effetti sul risultato.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
I paradigmi strategici (segue)
R- C - P
PARADIGMA FONDATO SULLE RISORSE
(Risorse-Condotta-Performance)
Sono le risorse specifiche possedute
dall’impresa che possono generare
cambiamenti
settoriali
e
che,
modificando le condizioni competitive,
migliorano le probabilità di successo
aziendale.
K-C- P
PARADIGMA FONDATO SULLA CONOSCENZA
(Conoscenza-Capacità-Performance)
Sono
le
conoscenze
(prodotte
dall’interazione
sociale)
che
si
accumulano nell’impresa a produrre
capacità in grado di ispirare condotte
suscettibili di generare successo
competitivo.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Il modello della concorrenza allargata di Porter (Grant)
Potere dal lato dell’offerta
Minaccia di nuove
Minaccia di nuove
entrate
entrate
• Economie di scala.
• Vantaggi di costo
assoluto.
• Fabbisogno di capitale.
• Differenziazione del
prodotto.
• Canali di accesso alla
distribuzione.
• Barriere governative e
legali.
• Rappresaglia tra i
produttori consolidati.
Concorrenza a livello
di settore
Minaccia di surrogati
• Concentrazione.
• Differenziazione del prodotto.
• Capacità in eccesso.
• Rapporto tra costi fissi e
variabili.
• Aumento della domanda.
• Fluttuazioni cicliche della
domanda.
• Barriere all’entrata.
• Propensione degli
acquirenti nei confronti
dei prodotti sostitutivi.
• Caratteristiche e
andamento dei prezzi
dei prodotti sostitutivi.
Potere dal lato della domanda
Sensibilità al prezzo:
• Costo degli acquisti
rispetto ai costi totali.
• Redditività degli acquirenti.
• Importanza del prodotto rispetto
alla qualità del prodotto dell’acquirente
industriale.
Potere contrattuale:
• Dimensioni e concentrazione acquirenti rispetto ai fornitori.
• Costi di spostamento per gli acquirenti.
• Informazioni degli acquirenti.
• Capacità degli acquirenti di integrazione a monte.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Il modello della concorrenza allargata di Porter (segue)
Per valutare l’intensità della concorrenza in un
determinato settore (e, dunque, il suo grado di
attrattività) non basta considerare i concorrenti
attualmente presenti, ma occorre estendere
l’analisi anche alla concorrenza potenziale (diretta
e indiretta) e valutare il potere contrattuale di
fornitori e clienti.
Le cinque forze determinano il livello di
intensità competitiva e condizionano le
possibilità di profitto, che in un’ottica di
medio lungo termine, le imprese del
settore possono conseguire .
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le barriere di mercato
Definizione di “barriere all’entrata”:
«Un costo che dev’essere sopportato da un’impresa che volesse
entrare in un certo settore industriale, ma che non è sopportato dalle
imprese già operanti all’interno di tale settore» (Stigler).
Tipi di barriere all’entrata:
1. Economie di scala, di apprendimento, di scopo e di relazioni.
2. Disponibilità di brevetti/know-how.
3. Controllo di fattori produttivi essenziali (possesso di risorse non
appropriabili).
4. Differenziazione dei prodotti.
Barriere all’uscita
Difficoltà del disinvestimento.
Ostacoli al fallimento o liquidazione
aziendale.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le economie tipiche nella gestione dell’impresa
TIPO DI ECONOMIA
EFFETTI POSITIVI
Economie di Scala:
- Reali (di impianto);
- Pecuniarie (di impresa).
Riduzione costo di trasformazione.
Riduzione costi delle transazioni.
Economie di Espansione
Riduzione incidenza costi di sviluppo.
Economie di Apprendimento
Maggiore efficienza operativa.
Economie di Scopo e Ampiezza
Ottimizzazione costi di produzione
congiunte.
Economie Relazionali di Rete
Vantaggi contrattuali con gli stakeholder.
Economie di Replicazione
Vantaggi nello sviluppo dimensionale.
Economie di Agglomerazione
Economie esterne e di contesto
(distretti).
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Barriere e RBT (Resource Based Theory)
Nella prospettive della Resource Based Theory, le barriere all’entrata non
sono soltanto un dato oggettivo ma dipendono anche dalle condizioni
soggettive e dalla specifica dotazione di risorse dell’impresa.
Sono le risorse specifiche di cui l’impresa è dotata che possono consentire
di annullare o attenuare la forza delle barriere.
Per Risorse aziendali si possono intendere tutte le attività, le
capacità, le competenze, i processi organizzativi, le caratteristiche
aziendali, le informazioni, le conoscenze, e così via che sono
controllate dall’azienda e che le permettono di formulare e
implementare strategie che ne migliorano l’efficacia e l’efficienza.
La forza di un’impresa sarà tanto maggiore quanto più potrà mettere in campo
delle “competenze distintive” ossia attributi e condizioni non in possesso di
altre imprese concorrenti.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Il modello tridimensionale di Abell
Bisogni che si
intendono
soddisfare
Funzioni d’uso
Target
Business
Tecnologie
alternative
Gruppi
di
clienti
Modalità
alternative di
soddisfacimento
dei bisogni
Il modello definisce l’Area Strategica di Affari (ASA), ossia il business, la porzione
di mercato in cui l’azienda intende operare.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Attività primarie Attività di supporto
La catena del valore di Porter
ATTIVITA’ INFRASTRUTTURALI
GESTIONE DELLE RISORSE UMANE
SVILUPPO DELLA TECNOLOGIA
APPROVVIGIONAMENTO
LOGISTICA
LOGISTICA MARKETING
ATTIVITA’
E
IN
IN
OPERATIVE
VENDITE
ENTRATA
USCITA
SERVIZI
L’impresa, con la sua attività, crea un valore per il cliente, che è misurato dal prezzo
che questi paga o sarebbe disposto a pagare per ottenere il prodotto. Il margine è il
valore che residua all’azienda dopo aver coperto i costi associati allo svolgimento di
tutte le attività necessarie per progettare, produrre, promuovere e commercializzare il
prodotto.
Scelta di materiali meno costosi
(fare il costo sui prezzi),
riduzione della frequenza di
variazione dei modelli.
PROGETTAZIONE DEL
PRODOTTO
Scelte di design, stile, materiali
particolari, soluzioni progettuali
innovative, rapido sviluppo di
nuovi prodotti.
Economie di scala e di
apprendimento,
efficienza
economica degli impianti.
PRODUZIONE
Innovazione di processo, livelli
qualitativi elevati.
LOGISTICA
Logistica per il cliente (consegna
rapida, efficienza nella gestione
degli ordini).
MARKETING DI ACQUISTO
E DI VENDITA
Ricerca fornitori di qualità,
soluzioni
di
vendita
personalizzate, sviluppo del brand,
gamma ampia.
Lay-out, riduzione delle scorte,
outsourcing dei servizi logistici.
Partnership
con
fornitori,
eliminazione clienti marginali,
vendita a pacchetti standard,
gamma ristretta.
Riduzione dei servizi al cliente.
Delocalizzazione
produttiva
verso aree con bassi costi del
lavoro.
SERVIZI AL CLIENTE
GESTIONE DELLE RISORSE
UMANE E TECNOLOGICHE
Offerta di
(finanziari,
informativi).
servizi
di
al cliente
assistenza,
Formazione delle risorse umane,
tecnologia all’avanguardia.
Sistema di direzione
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Differenziazione
Leadership di costo
Le maglie della catena del valore
La differenziazione
La differenziazione è generata dalla possibilità di conferire al
prodotto caratteristiche e qualità tali da renderlo «differente» e
preferibile rispetto ai prodotti della concorrenza.
Può essere conseguita modificando le caratteristiche fisiche,
tecniche, estetiche o semplicemente psicologiche (es. immagine
della marca) associate al prodotto.
L’ESISTENZA DI PRODOTTI DIFFERENZIATI
COMPORTA IL FRAZIONAMENTO DEL MERCATO
IN TANTI SUB-MERCATI CIASCUNO DEI QUALI E’, ENTRO
CERTI LIMITI, SEPARATO DAGLI ALTRI
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le strategie competitive
Secondo Porter l’impresa può conseguire un vantaggio competitivo se è in
grado di:
• realizzare le attività descritte dalla catena del valore ad un costo
complessivamente inferiore rispetto a quello sostenuto dalla concorrenza
(leadership di costo);
• differenziare l’offerta rispetto a quella dei competitor, così da giustificare
un ricarico sul prezzo (premium price).
Leadership di costo
Il
vantaggio
è
ricercato
sfruttamento di minori costi.
Leadership di servizio
Il
vantaggio
è
ricercato
nella
completezza dell’offerta in termini di
servizi al cliente.
Differenziazione
Il vantaggio è ricercato nella capacità
di conferire al prodotto caratteristiche
di “unicità”, reali o percepite.
Focalizzazione
nello
Si ricerca l’uno o l’altro vantaggio,
puntando su specifici segmenti di
mercato (di dimensioni più contenute).
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Tipologia delle strategie competitive
STRATEGIA
CONTENUTI
FINALITA’
Leadership di costo
Offerta essenziale di
prodotto e servizi con il
minimo costo.
Concorrenza basata sul
prezzo.
Leadership di servizio
Offerta ricca in termini di
servizi al cliente.
Concorrenza basata sulla
completezza dell’offerta
(prodotto + servizi).
Differenziazione del
prodotto
Offerta di prodotti
differenziati e innovativi.
Concorrenza basata sul
prodotto e la marca.
Specializzazione di
mercato
Offerta confezionata su
nicchie di mercato.
Concorrenza basata sulla
focalizzazione di mercato.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
VRIO Analysis
RISORSE O CAPACITA’
DI
VALORE
RARE
DIFFICILI
DA
IMITARE
MESSE A
FRUTTO
NELLA
ORGANIZZAZIONE
(durevolezza)
CONSEGUENZE
COMPETITIVE
RISULTATI
NO
---
---
NO
Svantaggio
competitivo
Al di sotto
della media
SI
NO
---
Parità
competitiva
In media
SI
SI
NO
Vantaggio
temporaneo
Al di sopra
della media
Vantaggio
durevole
Al di sopra
della media
SI
SI
SI
SI
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
SWOT Analysis
POSITIVI
NEGATIVI
FATTORI DI
ORIGINE
INTERNA
Strenght
Punti di forza
Weakness
Punti di debolezza
FATTORI DI
ORIGINE
ESTERNA
Opportunity
Opportunità
Threat
Minacce
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Relazione tra domanda e offerta
Domanda superiore all’offerta
Mercato del venditore
Il venditore può stabilire le condizioni di
contrattazione dei beni e, senza
preoccuparsi della vendibilità, può
concentrare i suoi sforzi sulla
gestione tecnico –finanziaria.
Offerta superiore alla domanda
Mercato del compratore
Il venditore deve attuare una gestione
in chiave di marketing per fronteggiare
In modo adeguato i bisogni ed i gusti
dei consumatori.
L’ipotesi di mercato del compratore è la più diffusa, dato che il progresso tecnologico e
l’evoluzione dei sistemi di produzione portano a creare risorse potenziali quasi sempre
esuberanti rispetto alle capacità di assorbimento della domanda.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Capitolo VII
Le strategie di sviluppo
dimensionale e il rinnovamento
strategico
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le scelte strategiche quali sistemi di opzioni
LA GESTIONE DELL’IMPRESA SI SVILUPPA SECONDO UN
CONTINUO SISTEMA DI SCELTE TRA OPZIONI POSSIBILI
IN ORDINE ALL’ALLOCAZIONE DI RISORSE SCARSE.
Le strategie vanno scelte in base alle risorse specifiche (firm
specific) di cui l’impresa è dotata, con lo scopo di sfruttarle al
meglio. Sono le capacità distintive, intese come gli elementi di
forza propri di ciascuna impresa, che ne determinano
l’eccellenza e, quindi, il successo.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Tipologia di percorsi strategici
TIPO DI PERCORSO
OBIETTIVO DA RAGGIUNGERE
PERCORSO DI SVILUPPO DIMENSIONALE
Sfruttamento di occasioni favorevoli di
business.
 PERCORSO DI RAFFORZAMENTO DELLE
POSIZIONI OCCUPATE
Salvaguardia degli equilibri gestionali.
 PERCORSO DI RISANAMENTO GESTIONALE
Uscita dalla crisi aziendale.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
I fattori di crescita dell’impresa
Risorse, competenze e “dynamic capabilities”
RISORSE
COMPETENZE
CAPACITA’
Materiali
(fabbricati, impianti,
ecc.) ed immateriali
(immagine,
reputazione, cultura
gestionale, ecc.)
Attitudini a
svolgere
determinate
funzioni
(es. innovazioni di
prodotto)
Intese in senso
dinamico
(dynamic capabilities)
come abilità a creare
nuove combinazioni dei
fattori di produzione
(generando innovazione)
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Differenza tra sviluppo e crescita
SVILUPPO
CRESCITA
“Movimento verso il meglio”
Processo qualitativo di evoluzione
dei rapporti tra l’impresa e
l’ambiente, che può determinare
o meno un ampliamento della
struttura organizzativa.
Aumento della dimensione aziendale con mutamento dell’assetto
organizzativo, dello stile di direzione e degli stessi comportamenti
Imprenditoriali.
L’aspirazione allo sviluppo dimensionale è un fenomeno
generalizzabile, anche se non generale.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Gli effetti positivi dello sviluppo dimensionale
GLI EFFETTI DELLA CRESCITA:
Permette di acquisire un maggiore peso nel mercato sfruttando
l’incremento della domanda globale e sottraendo affari alla
concorrenza.
Rende possibile sfruttare la curva di apprendimento e le economie di
scala, che si collegano non solo al momento tecnico-produttivo ma
anche alla fase distributiva, al campo finanziario, alla ricerca, etc..
Conferisce all’impresa un più ampio potere nei riguardi delle varie
componenti dell’ambiente (stakeholder).
Contribuisce ad aumentare potere e prestigio di chi governa l’impresa.
Purché il processo di crescita sia correttamente concepito
ed efficacemente attuato!
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Effetti, limiti e cause dello sviluppo dimensionale
Vantaggi
EFFETTI
Aumento dei ricavi:
- maggiori volumi
- prezzi più favorevoli
Riduzione dei costi:
- economie di scala
- economie di apprendimento
Interni
Diseconomie di scala
Rigidità organizzativa
Perdita di controllo
Visibilità di mercato
LIMIITI
Risorse manageriali
Struttura organizzativa
Capacità finanziaria
Interne
Risorse aziendali
parzialmente sfruttate
Svantaggi
Esterni
Sviluppo domanda
Pressione concorrenza
CAUSE
Esterne
Occasioni favorevoli di
business
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le alternative di fondo
AMPIEZZA
OBIETTIVI
CONCENTRAZIONE
Espansione nei
business esistenti
OPPORTUNITA’
DI CRESCITA
SFRUTTABILI
DIRETTRICI
DI
SVILUPPO
TIPOLOGIA
RISORSE
DISPONIBILI
MODIFICA
GRADO DI
RISCHIO
DIVERSIFICAZIONE
Espansione in nuovi
ambiti di attività
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le strategie di sviluppo
Prodotti e mercati esistenti:
- espansione geografica
Mutamenti
nell’ampiezza
prodotto-mercato e
nell’estensione
geografica
(nazionale, internazionale);
- penetrazione nel mercato.
Prodotti esistenti in nuovi mercati:
- incrementi di usi e applicazioni.
Nuovi prodotti in mercati esistenti:
- ampliamento delle linee di prodotti.
ESPANSIONE
NEI BUSINESS
ESISTENTI
Integrazione
verticale
(espansione lungo
la filiera)
A valle: avvicinamento ai clienti
A monte: avvicinamento ai fornitori
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le strategie di sviluppo (segue)
Tecnologia di prodotto
Tecnologia di processo
Approvvigionamento
Materie prime
Correlata
Materiali fabbricati o lavorati
Componenti fabbricati
Prodotti assemblati
Distribuzione
Marketing e vendite
Servizi
DIVERSIFICAZIONE
IN NUOVI
BUSINESS
Non correlata
(conglomerazione)
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le strategie di sviluppo dimensionale
Tipo di sviluppo
Strategie adottate
1.1. Integrazione orizzontale (stesso mercato)
1. Monosettoriale
1.2. Integrazione verticale
ascendente (a monte)
discendente (a valle)
2.1. Diversificazione laterale (correlata)
2. Polisettoriale
2.2. Diversificazione conglomerale (non correlata)
3. Internazionale
3.1. Sviluppo internazionale del mercato
3.2. Sviluppo multinazionale della gestione
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Integrazione orizzontale
COMPLETAMENTO GAMMA DEI PRODOTTI
OBIETTIVO
AUMENTO DELLA QUOTA DI MERCATO
AMPLIAMENTO NUMERO DEI SEGMENTI DI
MERCATO
ALLARGAMENTO AREA GEOGRAFICA DI
VENDITA
TEMPI: RELATIVAMENTE PIU’ BREVI
MODALITA’ DI ATTUAZIONE: INTERNE O ESTERNE (FUSIONI E ACQUISIZIONI)
VANTAGGI
ECONOMIE DI COSTO
ECONOMIE DI DIMENSIONE (O DI SCALA)
ECONOMIE DI ESPANSIONE
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Integrazione verticale
Integrazione a valle
MERCATO DI
APPROVVIGIONAMENTO DEI
FATTORI PRODUTTIVI
IMPRESE FORNITRICI
MERCATO DI RIFERIMENTO
DELL’ATTIVITA’ DELL’ IMPRESA
FILIERA
Integrazione a monte
L’espansione riguarda uno stadio di attività diverso, ma adiacente a quello già
presidiato dall’impresa, che può espandersi «a monte» dello stadio occupato
(integrazione verticale ascendente) o «a valle» (integrazione discendente).
MERCATO DI SBOCCO DEI
PRODOTTI DELL’IMPRESA
IMPRESE CLIENTI
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Integrazione verticale
SUBOBIETTIVI:
OBIETTIVO
AUMENTO DEL VALORE AGGIUNTO
AMPLIAMENTO GAMMA DI PRODUZIONI INTERMEDIE
COMPRESE NELLO STESSO CICLO TECNICOECONOMICO
AUMENTO DEL CONTROLLO SUI COSTI
DI PRODUZIONE
AUMENTO DEL PROFITTO?
MINORI RISCHI:
- Integrazione a monte: continuità dei
processi di approvvigionamento
- Integrazione a valle: controllo dei
mercati di sbocco
MODALITA’ DI ATTUAZIONE: PIU’ SPESSO ESTERNA
VANTAGGI:
RIDUZIONE COSTI DI TRANSAZIONE
MAGGIORE FORZA CONTRATTUALE
INNALZAMENTO DI BARRIERE ALL’ENTRATA
SVANTAGGI: INNALZAMENTO DI BARRIERE
ALL’USCITA
Il valore aggiunto si
calcola sottraendo dal
valore del prodotto
finito (ricavi) tutti i costi
di acquisizione di beni
e servizi.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Integrazione verticale e costi di transazione
Nel tentativo di spiegare i fattori che inducono l’impresa a orientarsi verso
l’internalizzazione (make) o l’esternalizzazione (buy) di determinate attività, la
dottrina economica ha sviluppato la teoria dei costi di transazione.
Il costo del bene scambiato è uguale non soltanto al prezzo
pagato per il suo acquisto, ma anche allo sforzo sostenuto
dall’acquirente e dallo stesso venditore per ricercare le
informazioni utili a perfezionare la contrattazione
I costi di transazione comprendono, quindi, tutti i costi necessari
per progettare, negoziare e tutelare un accordo di scambio.
Rappresentano, dunque, i costi d’uso del mercato.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Integrazione verticale e costi di transazione
La definizione del “confine efficiente” dell’organizzazione, ossia delle
attività da svolgere all’interno per ottenere il massimo livello di efficienza
operativa, dipende da due tipologie di valutazioni:
ECONOMICITA’
si ottiene comparando i costi d’uso del
mercato con quelli da sostenere all’interno
dell’organizzazione di impresa (e svolgendo
all’interno le attività che sarebbero
più costose se delegate all’esterno)
RISCHIOSITA’ DELLA TRANSAZIONE
Il controllo delle condizioni d’acquisizione di beni
o servizi è maggiore nell’ipotesi di produzione
interna rispetto a quelle di un rapporto
contrattuale di scambio
Sulla base di questo duplice aspetto si è ipotizzato che il ricorso al mercato
divenga meno conveniente al crescere della complessità della transazione
sulla quale influiscono.
Ricorrenza
Incertezza
Specificità degli atti d’acquisizione da compiere all’esterno
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Diversificazione
Con questa strategia l’azienda si espande in mercati nuovi, compresi in settori o
comparti produttivi differenti da quelli in cui già opera. La diversificazione si
definisce laterale, se sussiste un collegamento, in termini tecnologici oppure di
marketing, tra produzioni vecchie e nuove; è invece definita conglomerale, nel caso
in cui non sussista alcun tipo di legame tra attività preesistenti e nuove.
E’ SPESSO ATTUATA PER L’IMPOSSIBILITA’ DI ESPANDERSI SODDISFACENTEMENTE IN UN
SETTORE ORMAI RITENUTO SATURO
VANTAGGI:
STABILIZZAZIONE DEI REDDITI.
RIDUZIONE DEL RISCHIO GLOBALE DI
GESTIONE.
MODALITA’ DI ATTUAZIONE: PIU’ PROBABILMENTE INTERNA PER LA
DIVERSIFICAZIONE LATERALE, ESTERNA PER LA CONGLOMERALE.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Sviluppo internazionale
Tappa
Modalità di realizzazione
Esportazione
Vendita sistematica dei prodotti
all’estero.
Produzione indiretta
Concessione di licenze di
fabbricazione a produttori esteri.
Vendita diretta
Creazione di reti di vendita
all’estero.
Produzione e vendita diretta
Allestimento di impianti di
produzione all’estero.
Gestione integrata
Fondazione di una società all’estero.
Organizzazione multinazionale
Coordinamento della gestione
sul piano multinazionale.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le alleanze strategiche tra imprese
TIPO DI INTESA
ESEMPIO
NON CONTRATTUALE
RETE O NETWORK
INTERAZIENDALE
CONTRATTUALE
CONSORZIO
SOCIETARIA
JOINT VENTURE
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Caratteristiche delle strategie di sviluppo
dimensionale
STRATEGIA DI
SVILUPPO
OBIETTIVO
SPECIFICO
Sviluppo
orizzontale
Aumento della
quota di
mercato
Integrazione
verticale
Aumento del
valore aggiunto
RISORSA
CHIAVE PER
SVILUPPO
MODALITA’
PREVALENTE
DI
ATTUAZIONE
Marketing
Sviluppo
interno
Finanza
Sviluppo
esterno
Diversificazione
produttiva
Aumento del
valore degli
affari
Espansione
internazionale
Allargamento
dell’area di
mercato
TEMPO DI
ATTUAZIONE
EFFETTI TIPICI
SUL RISCHIO
D’IMPRESA
Breve
Non rilevanti sotto il
profilo strutturale
Medio
Riduzione rischi di
approvvigionamento
o di vendita
Management e
Finanza
Rilevamenti
aziendali e
accordi
strategici
Medio-lungo
Diversificazione
merceologica del
rischio
Tecnologia e
Management
Rilevamenti
aziendali
Medio-lungo
Diversificazione
geografica del rischio
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Capitolo VIII
L’organizzazione dell’impresa:
modelli e problemi di
progettazione
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Il processo (o ciclo) di direzione
PROGRAMMAZIONE
(atti di decisione)
CONTROLLO
ORGANIZZAZIONE
(atti di
valutazione)
(atti di disposizione)
CONDUZIONE
(atti di guida)
Ogni attività va programmata, stabilendo in anticipo gli obiettivi da raggiungere,
le decisioni e le modalità di svolgimento da rispettare nonché le risorse da
impiegare; organizzata, individuando chi e con quali responsabilità dovrà
curarne la realizzazione; guidata, fornendo le direttive e motivando gli organi
operativi; ed, infine, controllata, valutando i risultati raggiunti rispetto a quelli
programmati.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Il ciclo informativo sottostante il processo di direzione
Il controllo conclude il processo e avvia un nuovo ciclo di direzione, poiché i dati con
esso rilevati, integrati con quelli provenienti dall’ambiente esterno, concorrono a
produrre informazioni necessarie per alimentare la programmazione.
Informazioni
sull’ambiente
Direttive per
l’esecuzione
Dati interni di
controllo
Risultati
dell’esecuzione
In realtà, alla base del ciclo di direzione c’è un ciclo informativo: anche la conduzione
comporta il trasferimento di informazioni da chi dirige a chi esegue e chi esegue, a
sua volta, deve trasmettere i risultati della propria attività agli organi di controllo.
I contenuti della funzione organizzativa
Organizzare significa ordinare un sistema di parti interdipendenti e
correlate, ciascuna avente una specifica funzione rispetto al
complesso. In senso aziendale, le parti sono gli organi dell’impresa e
l’organizzazione si rivolge in primo luogo a disciplinare i compiti, i
poteri e le responsabilità che ciascuno di questi dovrà assumere nel
corso della gestione.
La funzione organizzativa si pone lo scopo di definire:
Centri decisionali, di controllo ed esecutivi da istituire nell’impresa
Autorità e responsabilità da attribuire a ciascuno di essi
Relazioni formali da attivare fra i vari centri
Procedure di decisione, di informazione e di esecuzione, necessarie per
l’ordinata attuazione della gestione
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le finalità della funzione organizzativa
Ottenere condizioni di massima efficienza operativa (produttività)
mediante la suddivisione e la specializzazione delle attività e
l’opportuna loro coordinazione in un sistema integrato di obiettivi,
poteri e responsabilità.
ASPETTO STRUTTURALE
(Statico)
ASPETTO COMPORTAMENTALE
(Dinamico)
Ordinamento di
responsabilità.
compiti
e
Rapporti
interpersonali
collaborazione e di conflitto.
di
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le scelte organizzative
Per organizzare una nuova impresa, gli elementi fondamentali di
riferimento sono:
1. la natura e le modalità di realizzazione dell’attività aziendale;
2. l’investimento organizzativo;
3. le risorse umane disponibili nel mercato e acquisibili in base
all’investimento programmato.
Obiettivo
Trovare il giusto bilanciamento tra
Potenzialità del servizio, Elasticità
di prestazione ed Economicità di
funzionamento
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Obiettivi nella progettazione dell’organizzazione
REQUISITI
OBIETTIVI
 POTENZIALITA' OPERATIVA
Sfruttamento della capacità
di servizio.
 ELASTICITA' STRUTTURALE
Sostenibilità e incidenza dei
costi fissi.
 ECONOMICITA' DI FUNZIONAMENTO
Rendimento degli
investimenti organizzativi.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
I modelli di struttura organizzativa
 Accentramento al vertice del governo aziendale.
Struttura SEMPLICE
 Divisione responsabilità operative per funzioni.
 Ridotta formalizzazione (struttura non codificata).
Strutture FORMALI
Prevedono la suddivisione pianificata
dei compiti attribuiti a ciascun
responsabile.
Struttura Funzionale Suddivisione per funzioni, ossia
gruppi di compiti o mansioni
complementari e interdipendenti
rispetto a un fine.
Struttura Divisionale Suddivisione per segmenti di
gestione (famiglie di prodotti, aree
geografiche, ecc) meritevoli di una
gestione specializzata.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Modello funzionale
Il modello funzionale si articola in un insieme di compiti o mansioni
complementari e interdipendenti rispetto ad un fine (funzioni).
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
AMMINISTRATORE DELEGATO
DIREZIONE GENERALE
DIREZIONE
MARKETING
Direzione
vendite
Ufficio
pubblicità
DIREZIONE
PRODUZIONE
Direzione
programmazione vendite
Ufficio
assistenza
clientela
Direzione
stabilimento
Ufficio
sistemi e
metodi
Direzione
progettazione
Ufficio
controllo
produzion
e
Ufficio
impianti
Ufficio
gestione
della
produzion
e
DIREZIONE DEL
PERSONALE
Direzione
approvvigionamento
Ufficio
acquisti
Ufficio controllo
qualità
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
DIREZIONE
AMMINISTRAZIONE
Direzione
contabilità
Direzione
finanziaria
Modello funzionale
Le funzioni organiche che assicurano l’operatività del sistema si
caratterizzano in base a quattro criteri:
 universalità, cioè presenza in tutti i sistemi dello stesso tipo;
 essenzialità rispetto al conseguimento delle finalità primarie del sistema;
 possibilità di suddivisione o articolazione in linee gerarchiche;
 impossibilità di aggregazione con altre funzioni.
Il modello funzionale, per la sua semplicità, è il più diffuso nelle aziende
poco diversificate per tecnologie, prodotti e mercati. Esso si adatta bene a
situazioni di gestione abbastanza stabili sotto il profilo strategico ed
operativo, cioè in tutti i casi in cui la prevalente ripetitività delle procedure
gestionali rappresenta l’elemento caratterizzante della gestione stessa.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Modello divisionale
Il modello divisionale comporta il frazionamento dell’azienda in più
parti ciascuna delle quali potrebbe rappresentare un’impresa a se
stante e costituire un centro di profitto.
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
AMMINISTRATORE DELEGATO
Comitato per il
PERSONALE
DIVISIONE
PRODOTTI
ALFA
Direzione
produzione
Direzione
impianti
Comitato per la
FINANZA
DIREZIONE GENERALE
DIVISIONE
PRODOTTI
GAMMA
DIVIDIONE
PRODOTTI
BETA
Direzione
marketing
Direzione
produzione
Direzione
ricerca e
sviluppo
Direzione
marketing
Direzione
produzione
e impianti
 Consente precise valutazioni di rendimento.
 Si concentra maggiormente sui risultati anziché sui compiti.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Direzione
progettazione
nuovi prodotti
Direzione
marketing
Modello divisionale (segue)
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
AMMINISTRATORE DELEGATO
Comitato per il
PERSONALE
DIVISIONE
PRODOTTI
ALFA
DIREZIONE GENERALE
DIVIDIONE
PRODOTTI
BETA
Comitato per la
FINANZA
DIVISIONE
PRODOTTI
GAMMA
Il modello divisionale può prevedere la centralizzazione di alcune funzioni.
Il criterio generale è quello di decentrare le funzioni che possono ritrarre i
maggiori benefìci dalla specializzazione e di accentrare quelle che
richiedono un più elevato coordinamento sul piano aziendale (come la
finanza) o che consentono maggiori economie di scala o d’interrelazione (come gli
approvvigionamenti e la ricerca e sviluppo).
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Modello funzionale e divisionale a confronto
Modello
Funzionale
Modello
Divisionale
VANTAGGI
SVANTAGGI
 esalta la specializzazione delle singole aree
operative;
consente di avvicinare le competenze dei
responsabili al tipo di compiti da svolgere;
 adatto in situazioni di gestione abbastanza
stabili in termini strategici ed operativi.
 minore coordinamento tra le diverse aree
di responsabilità;
 attenzione ai risultati;
 stimola il “senso imprenditorale” dell’alta
dirigenza;
 adatto ad aziende diversificate ed in
situazioni di gestione dinamiche in senso
strategico ed operativo.
 minore spinta all’innovazione;
 poco adatto per aziende più dinamiche.
 stimola
situazioni
di
competizione tra le risorse;
conflitto
e
 genera più elevati costi direzionali;
 esige maggiore attenzione al rapporto
autonomia/coordinamento tra la direzione
generale e le divisioni.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Organizzazione per processi
Organizzare per processi significa adottare strutture molto più
elastiche finalizzate a operare su obiettivi globali.
Lo scopo è ottimizzare la gestione di compiti interrelati, superando le
barriere funzionali, così da velocizzare i comportamenti gestionali in un
ambiente in rapido mutamento.
Esempio: processo di sviluppo di un nuovo prodotto
FUNZIONI
Marketing
Ricerca
&
Sviluppo
Produzione /
Acquisti
SVILUPPO PRODOTTO
PROCESSO
Analisi dei
bisogni
Ricerche
Progettazione
preliminare
Ingegnerizza-
Ingegnerizza-
Produzione
zione prodotto
zione processo
pilota
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Organizzazione a rete
L’organizzazione a rete si basa sull’instaurazione di relazioni molto
strette tra più parti dell’impresa e tra quest’ultima, i fornitori e i clienti,
al fine di conferire velocità, flessibilità ed efficienza all’operatività
aziendale.
Impresa
collegata in rete
Impresa
collegata in rete
Impresa
collegata in rete
Impresa
collegata in rete
Unità
divisionali o
funzionali
Unità
divisionali o
funzionali
Direzione
Generale
Impresa
collegata in rete
Unità
divisionali o
funzionali
Impresa
collegata in rete
Unità
divisionali o
funzionali
Unità
divisionali o
funzionali
Impresa
collegata in rete
Impresa
collegata in rete
Impresa
collegata in rete
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Organizzazione per progetto e per matrice
L’organizzazione
per
progetto
rappresenta
un’ulteriore
articolazione della struttura funzionale, in quanto è all’interno di
questa che vengono costituiti dei gruppi di lavoro incaricati di
elaborare e porre in attuazione determinati progetti.
L’organizzazione per matrice rappresenta l’istituzionalizzazione di quella
per progetto, in quanto la struttura aziendale assume un carattere
reticolare con un intreccio di competenze funzionali e per progetto.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Organizzazione per matrice
DIREZIONE GENERALE
Direttore
produzione
Direttore
commerciale
Direttore
amministrativa
Direttore
risorse umane
Direzione
Prodotti
Alfa
Direttore
Tecnico
Prodotti Alfa
Direttore
Vendite
Prodotti Alfa
Direttore
Contabilità
Prodotti Alfa
Responsabile
Risorse Umane
Prodotti Alfa
Direzione
Prodotti
Beta
Direttore
Tecnico
Prodotti Beta
Direttore
Vendite
Prodotti Beta
Direttore
Contabilità
Prodotti Beta
Responsabile
Risorse Umane
Prodotti Beta
Direzione
Prodotti
Gamma
Direttore
Tecnico
Prod. Gamma
Direttore
Vendite
Prod. Gamma
Direttore
Contabilità
Prod. Gamma
Responsabile
Risorse Umane
Prod. Gamma
Interconnessione tra campi di responsabilità orizzontali e
campi di specializzazione verticali.
Ogni responsabile si troverà alle dipendenze del direttore di
linea e del direttore di prodotto.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Ampiezza del controllo direttivo
Condizioni che limitano l’ampiezza del controllo
direttivo
Condizioni che estendono l’ampiezza del
controllo direttivo
Poca o nessuna formazione del personale
Formazione completa dei subordinati
Delega di autorità inadeguata o non chiara
Delega chiara per lo svolgimento di compiti ben
definiti
Procedure poco chiare relative ad attività non
ripetitive
Procedure ben definite relative ad attività ripetitive
Obiettivi e standard non controllabili
Obiettivi verificabili utilizzati come standard
Cambiamenti repentini nelle condizioni di contesto
interno ed esterno
Lenti cambiamenti nelle condizioni di contesto interno
ed esterno
Utilizzo di tecniche di comunicazione poco efficaci e
con istruzioni vaghe
Utilizzo di tecniche appropriate di comunicazione
Interazione carente tra superiore e subordinati
Interazione efficace tra superiori e subordinati
Riunioni di lavoro non produttive
Riunioni di lavoro produttive
Elevato numero di responsabilità speciali ai livelli bassi
e medi dell’organizzazione
Elevato numero di responsabilità speciali ai livelli alti
dell’organizzazione
Dirigenti poco competenti e mal addestrati
Dirigenti competenti e ben addestrati
Compiti complessi da eseguire
Compiti semplici da eseguire
Riluttanza dei subordinati ad assumersi responsabilità
e rischi insiti nel ruolo rivestito
Propensione dei subordinati ad assumersi
responsabilità e rischi conformi al ruolo rivestito
Subordinati non ancora formati
Subordinati maturi
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Procedure o routine organizzative
La programmazione della struttura non esaurisce i compiti attribuiti
alla funzione organizzativa, in quanto il funzionamento del sistema
impresa richiede la definizione di procedure o routine organizzative.
Procedure
Operative
Disciplinano lo svolgimento di attività
ripetitive ai livelli operativi.
Procedure di
Controllo
Dirette a
gestione.
Procedure di
Informazione
Alimentano i flussi di conoscenza
ricorrenti all’interno dell’organizzazione.
Procedure
Decisionali
Definiscono gli interventi e i ruoli
rivestiti nell’assunzione delle decisioni.
seguire
gli
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
andamenti
di
SINTESI DELLE FASI DEL PROCESSO ORGANIZZATIVO
FASI DEL PROCESSO
OBIETTIVO
SPECIALIZZAZIONE DEI COMPITI
Definizione quali-quantitativa
dell’organico
DELEGA DEI POTERI DECISIONALI
Decentramento
(livelli e gerarchia)
SCELTA MACRO-STRUTTURA
Potenzialità organizzativa
COMPOSIZIONE U.O. (Unità Organizzative)
Dipartimentalizzazione
DEFINIZIONE COLLEGAMENTI TRA ORGANI
Coordinamento operativo
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Capitolo IX
Il processo di programmazione
della gestione
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
La programmazione
DEFINIZIONE:
[dal greco: pro-gramma (scritto prima)]
Processo di predeterminazione degli obiettivi, delle politiche
e delle attività da compiere entro un determinato periodo
di tempo.
PREVISIONE
Tentativo di anticipare i futuri
andamenti di alcune variabili
e fenomeni che sono di
interesse per l’impresa, così
da trarre informazioni utili per
orientare i comportamenti e le
scelte aziendali.
=
PROGRAMMAZIONE
Pre-determinazione di
decisioni o azioni future.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
I requisiti della programmazione
FORMALIZZAZIONE
(Piani scritti)
QUANTIFICAZIONE
(Piani con obiettivi quantificati)
INTEGRAZIONE
(Piani gestionali integrati)
PLURIENNALITA’
(Piani di lungo termine)
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Il sistema dei piani
Medio-lungo TERMINE
Breve TERMINE (12 mesi)
PIANO DI
SVILUPPO
PRODUZIONE
VENDITA
PIANO
STRATEGICO
PIANO DI
INVESTIMENTI
PIANO
OPERATIVO
FINANZIARIO
RICERCA E
SVILUPPO
PIANO
ORGANIZZATIVO
TECNICA DELLO SCORRIMENTO
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Gli elementi di un piano di gestione
Rappresentano l’elemento di
traduzione di un sistema di
vincoli, interni ed esterni, in un
sistema di obiettivi
OBIETTIVI
POLITICHE
RISORSE
OPERAZIONI
L’ottenimento degli obiettivi è SUBORDINATO alla
possibilità di adottare opportune politiche
gestionali e alla disponibilità di un determinato
stock di risorse.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Programmazione secondo la Gap Analysis
Obiettivi di
sviluppo di
lungo termine
Divario tra
obiettivi e
previsioni
Previsioni di
mercato
Innovazioni
necessarie per
eliminare il
divario
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Piano di
gestione
Programmazione e vincoli per lo sviluppo dell’impresa
VINCOLI PER LO SVILUPPO DELL’IMPRESA
VINCOLI INTERNI
VINCOLI ESTERNI
Potenzialità produttiva
Crescita della domanda
Potenzialità organizzativa
Pressione della concorrenza
Potenzialità finanziaria
Progresso tecnologico
Potenzialità economicostrutturale
Regolamentazione pubblica
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Programmazione strategica ed operativa
PROGRAMMAZIONE
Programmazione a breve termine
Adatta l’attività corrente
ai vincoli interni ed
esterni alla gestione
aziendale.
Preordina le operazioni
di gestione secondo gli
obiettivi
fissati
per
l’esercizio annuale.
Programmazione a lungo termine
Modifica il sistema dei
vincoli entro cui opera
l’impresa in funzione di
obiettivi
di
lungo
termine.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Programmazione a lungo e a breve termine
FASI DEL PROCESSO DI PROGRAMMAZIONE A LUNGO TERMINE
Obiettivi
da
raggiungere
Politiche
da
adottare
Valutazione dei
vincoli e delle
risorse
Attività
da
svolgere
FASI DEL PROCESSO DI PROGRAMMAZIONE A BREVE TERMINE
Analisi delle
risorse
disponibili
Stima delle
opportunità
di mercato
(vincoli esterni)
Determinazione
potenzialità
aziendali
(vincoli interni)
Valutazione
politiche
adottabili
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Fissazione
degli
obiettivi di
esercizio
Il Business Plan
E’
il documento che presenta in ottica
un’iniziativa imprenditoriale allo scopo di:
prospettica
1) valutarne anticipatamente la fattibilità (sia in relazione alla
struttura aziendale che al contesto nel quale l’impresa
andrà ad operare);
2) stimare le risorse (economico-finanziarie, umane e
tecnologiche) da investire per implementare il progetto
imprenditoriale, valutando anticipatamente l’impatto che
tale progetto potrà produrre sul mercato e i risultati
economico-finanziari che potranno derivarne.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le finalità del Business Plan
 è uno strumento di pianificazione e controllo, che definisce in
maniera esplicita i contenuti strategici cui devono riferirsi i diversi
attori aziendali, fornendo un’utile base di raffronto per valutare la
bontà dei risultati conseguiti;
 rappresenta un’occasione di riflessione per l’imprenditore, che è
chiamato ad analizzare criticamente (e, dunque, affinare) le proprie
intuizioni relative all’opportunità imprenditoriale intravista;
 è uno strumento di comunicazione esterna, con cui l’imprenditore
può presentare la sua idea imprenditoriale a diverse categorie di
interlocutori (potenziali finanziatori, come le banche, potenziali
investitori, come società di venture capital, business angel, ecc. o,
ancora, potenziali partner) e persuaderli della bontà del progetto per
ottenerne il coinvolgimento e le risorse.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
I contenuti del Business Plan
Il piano di impresa dovrebbe prima di tutto presentare i connotati
distintivi della business idea e valutarne anticipatamente la validità
e la fattibilità, operativa e finanziaria.
Una business idea è composta da tre elementi:
 il sistema di prodotto, che identifica l’offerta rivolta al mercato;
 il segmento di mercato, ossia la tipologia di clienti cui l’impresa si rivolge;
 le risorse interne attraverso le quali si confida di poter realizzare l’idea
imprenditoriale.
Il cuore del piano di impresa è dunque rappresentato dalle scelte
strategiche assunte dalla compagine imprenditoriale.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
I contenuti del Business Plan (segue)
Executive summary - un documento di riepilogo, in cui si presentano
brevemente natura e finalità del progetto, evidenziando la “mission”
aziendale e l’essenza della “business idea”. Si indicano i prodotti/servizi
che si intendono offrire, sottolineando i vantaggi per la clientela ed i punti
di forza rispetto ai concorrenti; le opportunità di mercato che si ritiene di
poter cogliere; si valuta la dimensione del mercato, indicando le strategie
da adottare, nonché i risultati economico-finanziari attesi.
Le parti del Business Plan sono le seguenti:
 Idea imprenditoriale e compagine aziendale.
 Analisi dell’ambiente esterno.
 I mercati di sbocco.
 Prodotti/servizi da realizzare.
 Risorse umane necessarie e modello di struttura organizzativa.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
L’articolazione del Business Plan
PIANO DI MARKETING
Si descrivono tutte le scelte compiute a livello di marketing,
presentando il budget delle vendite (che sarà la base di partenza
delle proiezioni economico-finanziarie).
PIANO DI PRODUZIONE E PIANO
DI APPROVVIGIONAMENTO
Va presentata la struttura tecnico-industriale dell’impresa, indicando
i macchinari e le attrezzature che, si stima, saranno necessari per la
produzione e valutando anche i relativi costi e grado di produttività.
Bisogna evidenziare la disponibilità di eventuali accordi a livello
produttivo, di brevetti o know-how. Vanno, dunque, presentate le
determinanti delle scelte di make or buy, Bisognerà inoltre stimare i
costi di produzione correlati alla struttura produttiva prescelta,
indicando tempi, modalità e costi connessi alla predisposizione
della stessa.
PIANO DEGLI INVESTIMENTI
Serve a quantificare il capitale necessario per la costituzione
dell’impresa e per il suo funzionamento: prevede gli investimenti da
effettuare in immobilizzazioni (materiali ed immateriali) e in capitale
circolante (liquidità, scorte, crediti verso clienti).
PIANO ECONOMICOFINANZIARIO
Richiede la redazione di bilanci previsionali (conti economici, stati
patrimoniali, preventivi finanziari) accurati e coerenti tra di loro. Le
previsioni devono essere formulate su un periodo di 3-5 anni. Vanno
inoltre calcolati i principali indici di bilancio, il punto di pareggio
(break-even point) e il margine di sicurezza.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Un passaggio critico: la previsione delle vendite
Dalla previsione
delle vendite
dipendono molte
delle grandezze che
saranno utilizzate
per costruire il piano
di produzione, il
piano degli
investimenti, il piano
degli
approvvigionamenti,
il piano economicofinanziario.
domanda
PREZZO
concorrenza
Piano di
Marketing
VOLUMI
costi
Capacità
produttiva
richiesta
Piano di
produzione
Piano degli
approvvigionamenti
Stima dei livelli
di acquisti
necessari in
base alla
produzione
Piano econfinanziario
Struttura
organizzativa
Risorse umane
necessarie
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Piano degli
investimenti
Capitale
fisso
Cap. circol.
(piano di
liquidità)
Capitolo X
Il sistema di controllo direzionale
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Il controllo direzionale
PROGRAMMAZIONE
(atti di decisione)
La funzione di controllo
conclude il ciclo di
direzione e crea le
premesse per l’avvio, con
la programmazione, di un
nuovo ciclo di attività
CONTROLLO
ORGANIZZAZIONE
(atti di
valutazione)
(atti di disposizione)
CONDUZIONE
(atti di guida)
 Si interpone tra il processo decisionale e quello operativo per assicurare
che le scelte siano correttamente attuate dagli organi operativi.
 Si riferisce sia al momento dell’attuazione che a quello della
programmazione e consente di valutare il rispetto dei piani di gestione
formulate orientando le successive scelte di programmazione.
 E’ trasversale rispetto ai livelli ed alle posizioni organizzative.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Il controllo di direzione (segue)
VISIONE TRADIZIONALE
Strumento
di
costrizione
Elemento necessario a disciplinare e
vincolare l’azione degli uomini inseriti
nell’organizzazione.
VISIONE MODERNA
Strumento
di
indirizzo
Mezzo di guida del lavoro e delle funzioni
svolte a qualsiasi piano della struttura, al
fine di stimolare automaticamente gli
interventi di correzione e favorire lo spirito
d’iniziativa dei responsabili organizzativi.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Articolazione del controllo di direzione
Controllo di
direzione
Controllo Antecedente
Preventivo
Controllo Operativo
Concomitante
Misurazioni di efficacia
Valutazioni di
rendimento
Misurazioni di efficienza
Analisi strategica
Controllo Strategico
Analisi organizzativa
Analisi direzionale
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Controllo operativo concomitante
Procedura attuata, durante lo svolgimento delle
operazioni aziendali, allo scopo di seguire lo
sviluppo della gestione e di assicurare l’equilibrio
tra gli obiettivi fissati in sede di costruzione dei
piani e i risultati conseguiti.
Per correggere
le deviazioni
Determinazione
obiettivi
Rilevazione
periodica
risultati
Analisi
causale
scostamenti
Interventi
correttivi
Per modificare
gli obiettivi
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le fasi del controllo operativo concomitante
Per correggere
le deviazioni
Determinazione
obiettivi
Rilevazione
periodica
risultati
Analisi
causale
scostamenti
Gli obiettivi:
• possono essere desunti dalla
programmazione o fissati da politiche
od azioni operative;
• devono essere realistici e ben definiti.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Interventi
correttivi
Per modificare
gli obiettivi
Le fasi del controllo operativo concomitante
Per correggere
le deviazioni
Determinazione
obiettivi
Rilevazione
periodica
risultati
Analisi
causale
scostamenti
La rilevazione dei risultati:
• richiede una organizzazione efficiente;
• presuppone una raccolta sistematica ed
una elaborazione dei dati sulle prestazioni;
• è collegata ad un sistema di reporting per la
dirigenza.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Interventi
correttivi
Per modificare
gli obiettivi
Le fasi del controllo operativo concomitante
Per correggere
le deviazioni
Determinazione
obiettivi
Rilevazione
periodica
risultati
Analisi
causale
scostamenti
Interventi
correttivi
Per modificare
gli obiettivi
L’analisi causale fornisce elementi preziosi
sulla genesi delle deviazioni e orienta gli
interventi di gestione.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Le fasi del controllo operativo concomitante
Per correggere
le deviazioni
Determinazione
obiettivi
Rilevazione
periodica
risultati
Analisi
causale
scostamenti
Possono avere per oggetto:
 Il livello delle prestazioni ottenibili
nell’organizzazione (si tenta di riportare
l’attività in linea con la programmazione).
 I piani (si decide di adeguare i piani alle
mutate condizioni interne ed esterne).
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Interventi
correttivi
Per modificare
gli obiettivi
Schema del controllo operativo del piano di vendita
REPARTO
VENDITE
Organici
periferici di
vendita
Dati riassuntivi di
vendita
Dati analitici di
vendita
REPARTO CONTROLLO E BUDGET
Analisi degli scostamenti
Altre linee
funzionali
Informazioni per la
predisposizione di
interventi di
correzione
DIREZIONE COMMERCIALE
Interventi
organizzativi
REPARTO
VENDITE
Modifiche ai
programmi
REPARTO
CONTROLLO E
BUDGET
Organici periferici di vendita
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Interventi
promozionali
REPARTO
PROMOZIONE
VENDITE
Direzione per obiettivi e controllo per risultati
La programmazione ed il controllo operativo
consentono di realizzare la direzione per obiettivi
ed il controllo per risultati (M.B.O. – Management
By Objective).
Il processo di conduzione è più agevole poiché
ciascun responsabile ha il proprio obiettivo, il cui
ottenimento è monitorato mediante un controllo
di tipo concomitante.
In questo modo le singole parti del sistema
aziendale possono, entro certi limiti (fasce di
tolleranza), autoregolarsi.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Valutazioni di efficacia e di efficienza
La funzione di controllo della gestione non si esaurisce nello
svolgimento del controllo operativo concomitante, ma si
completa con l’attuazione delle valutazioni di efficienza sulla
gestione aziendale.
Efficacia
Efficienza
BONTÀ
DELLE DECISIONI
RENDIMENTO
DELL’USO DI RISORSE
Rapporto tra obiettivi
ottenuti e quelli che si
sarebbero dovuti
conseguire.
Rapporto tra risultati
conseguiti e risorse
impegnate.
Sul punto v. lucidi capitolo XX
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Limiti del controllo di gestione
LIMITI DEL CONTROLLO INTERNO DI GESTIONE:
• soffre di una interdipendenza elevata con il sistema di
programmazione;
• difficilmente l’analisi può essere ampliata all’intera struttura
organizzativa aziendale.
Si può rendere necessario un controllo di tipo
strategico e globale della gestione aziendale.
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Controllo strategico
Verifica congruenza esterna
Compatibilità tra strategia e
ambiente.
Controllo congruenza
interna
Compatibilità tra struttura
e strategia.
Efficienza del sistema
direzionale e dei
responsabili di direzione
Valutazione dell’idoneità
del management.
È un check-up che non serve solo a far emergere l’esistenza di punti di
debolezza da eliminare ma anche a valutare le eventuali potenzialità non
sfruttate (o non adeguatamente sfruttate).
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
Alcuni aspetti critici del controllo
(equilibri da rispettare)
Rischio di eccessiva
standardizzazione
dell’azione gestionale
Equilibrio tra creatività e
conformità
Proliferazione eccessiva
dei controlli
Equilibrio tra beneficio
e costo delle procedure
di controllo
Adeguatezza alle
esigenze aziendali
Scelta delle tecniche e
degli
strumenti
più
appropriati per attuare
il controllo direzionale
Riferimenti: S. Sciarelli, La gestione dell’impresa tra teoria e pratica aziendale, X ed., Wolters Kluwer Italia, 2017
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