POLITECNICO DI BARI I Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale TESI DI LAUREA IN MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE CODICE PER LA SIMULAZIONE DINAMICA DI UNA TRASMISSIONE A PULEGGE ESPANDIBILI Relatori: Chiar.mo Prof. Ing. L. MANGIALARDI Dott. Ing. G. CARBONE Laureando: Francesco DE GENNARO ANNO ACCADEMICO 2004-2005 INDICE Introduzione ____________________________________ 1 1 – Trasmissione CVT ____________________________ 7 1.1 – Cambio automatico CVT __________________________________ 7 1.2 – Evoluzione del CVT a cinghia _____________________________ 11 1.3 – La cinghia metallica _____________________________________ 13 1.4 – Le pulegge_____________________________________________ 15 1.5 – CVT con cinghia metallica ________________________________ 17 1.6 – Il CVT toroidale ________________________________________ 19 2 – Modello teorico______________________________ 21 2.1 – Descrizione del modello teorico ____________________________ 21 2.2 – Ipotesi iniziali __________________________________________ 22 2.3 – Relazioni geometriche ___________________________________ 24 2.4 – Equazione di continuità___________________________________ 25 2.5 – Equazione di equilibrio della catena _________________________ 27 2.6 – Deformabilità delle pulegge _______________________________ 30 2.7 – Modello con attrito visco-plastico __________________________ 32 2.8 – Parametri adimensionali __________________________________ 34 2.9 – Sistema di equazioni risolutivo_____________________________ 35 2.10 – Dipendenze funzionali __________________________________ 38 2.11 – Spinta assiale S e parametro adimensionale _________________ 39 3 – Implementazione del codice di simulazione _______ 42 3.1 – Obiettivi del codice di simulazione__________________________ 42 3.2 – Scelta del linguaggio di programmazione_____________________ 43 3.3 – Logica di calcolo del codice _______________________________ 44 3.4 – Metodi numerici di calcolo ________________________________ 46 3.5 – Diagramma generale di flusso _____________________________ 53 3.6 – Fase di editing e descrizione del codice ______________________ 56 4 – Analisi dei risultati___________________________ 75 4.1 – Risultati sperimentali ____________________________________ 75 4.2 – Risultati del modello teorico CMM__________________________ 78 4.3 – Rappresentazione grafica dei risultati della simulazione _________ 79 4.4 – Discussione dei risultati della simulazione ____________________ 89 Conclusioni ___________________________________ 92 Bibliografia ___________________________________ 94 Introduzione Introduzione Negli ultimi anni con l’aggravarsi su scala mondiale della crisi energetica fortemente condizionata dal vertiginoso aumento del costo del petrolio e dal sempre più serio problema inquinamento, si è concretamente diffusa una cultura che ha modificato l’approccio dei Paesi più industrializzati verso tutti i propri settori produttivi a cominciare da quello automobilistico. Un primo forte impegno in questa direzione si è tradotto con la firma del Protocollo di Kyoto, un accordo internazionale sull' ambiente negoziato nella città giapponese nel dicembre del 1997 da oltre 160 stati, durante la Conferenza COP3 della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ed il riscaldamento globale. L’insieme delle norme restrittive sulle emissioni nocive contenute nel trattato ha difatti comportato una ristrutturazione dell' apparato produttivo alquanto rilevante e in ogni caso molto onerosa per i 55 Paesi che hanno firmato l’adesione. Una misura purtroppo ancora proibitiva per Cina, India e soprattutto per gli Stati Uniti che che hanno deciso di non aderire all’accordo, e che da soli contribuiscono per il 36,1% alle emissioni di sostanze nocive dell’intero globo. La Comunità europea, mostrandosi più sensibile su questo tema, aveva già dato un forte segnale nel 1991 emanando una serie di direttive per regolamentare le emissioni di gas inquinanti da parte degli autoveicoli. E’ in vigore dal 1 gennaio 2006 la normativa Euro 4 secondo la quale i veicoli di nuova immatricolazione devono essere conformi alla direttiva 98/69B. Questa normativa segue il cammino tracciato dalle sue antenate Euro 1 del 1993 che oltretutto obbligava alle auto di nuova immatricolazione, la 1 Introduzione marmitta catalitica e l’alimentazione ad iniezione, Euro 2 del 1996 ed Euro 3 del 2001, ed impone un livello sempre più restrittivo (la metà rispetto alla Euro 3) agli scarichi di ossido di carbonio (CO), idrocarburi incombusti (HC) e ossidi di azoto (NOx), con la prospettiva incoraggiante di ridurre le emissioni inquinanti di circa il 90% rispetto ad una ventina di anni fa. Tenuto conto di ciò, i settori di ricerca dei maggiori costruttori d’automobili, quali Daimler-Chrysler, General Motors, BMW, Ford, Renault, Toyota ecc, hanno incrementato sensibilmente il proprio impegno nei confronti della progettazione di nuovi sistemi che fossero in grado di soddisfare contemporaneamente le normative internazionali in materia di inquinamento e le richieste degli utenti. Nel raggiungimento di tali obiettivi si sono andati delineando due modi differenti d’approccio al problema. Il primo è finalizzato allo sviluppo di rivoluzionari sistemi di propulsione, quali quella ibrida e le fuel cell. Toyota è fra i leader in fatto di tecnologia per sistemi di trazione ibrida e presenta l’Hybrid Synergy Drive che combina le caratteristiche di affidabilità ed autonomia di un motore a benzina, con lo spunto e la potenza di un motore elettrico. Si viaggia in alternanza di propulsione, elettrica o a benzina, in base alla velocità di marcia: ad andatura ridotta la trazione è fornita dal motore elettrico, oltre una certa velocità entra in funzione il motore a benzina. Quando si vuole affondare il piede sull' acceleratore per uno scatto bruciante, il motore elettrico si sovrappone a quello a benzina, con evidenti vantaggi sui consumi. Alla trazione ibrida si accompagna la tecnologia fuel cell (cella a combustibile) che utilizza l’idrogeno come vettore energetico. Le soluzioni adottate sono sostanzialmente due: utilizzare l' idrogeno liquido in un normale motore a scoppio al posto della benzina o adoperarlo per produrre un fascio d’elettroni che vanno ad alimentare motori elettrici. La 2 Introduzione Honda ha già in produzione la FCX, vettura fuel cell, certificata per l' utilizzo quotidiano dal mercato americano, dove si prevede di venderne 30 entro il 2010; anche per la General Motors il 2010 rappresenta il termine per la produzione in serie di un mezzo ad idrogeno, sempre fuel cell. DaimlerChrysel vanta una folta schiera di prototipi fuel cell ed ha stretto alleanze con la Ford e con la Ballard per proseguire su questo filone di ricerca. Quest’ultimo sistema, sembra dunque essere il futuro della trazione automobilistica soprattutto perché nelle sue maggiori applicazioni pratiche ha come prodotto di scarto semplicemente acqua ed è quindi completamente ecologico; nonostante tutto però è ancora piuttosto lontano dalla completa maturazione. Dietro lo sviluppo tecnologico della singola “cella a combustibile”, infatti, c’è la complicata ricerca di sistemi di produzione, stoccaggio ed eventuale reforming del combustibile. Inoltre la diffusione su larga scala di questi sistemi è impedita anche dalla loro limitata autonomia, dagli elevati costi di produzione e dal solo parziale raggiungimento di quelli che sono i requisiti di confort, guidabilità e prestazioni richiesti dall’utenza. L’altro grande approccio è invece finalizzato all’ottimizzazione complessiva dell’attuale configurazione del veicolo, metodo che costituisce la strada al momento più battuta, dove si sono riscontrati risultati sicuramente più incoraggianti; la riduzione delle forze dissipative per mezzo di un più approfondito studio dell’aerodinamica dei veicoli stessi, il contenimento delle masse, i motori a combustione interna dotati d’iniezione diretta del combustibile, la combustione magra ed i sistemi d’iniezione Common Rail sono, solo alcune delle innovazioni introdotte in fase finale di sviluppo. In quest’ambito ha preso piede una delle soluzioni maggiormente adottate soprattutto con riferimento al contenimento delle emissioni nocive attraverso una sensibile riduzione dei consumi di combustibile: le trasmissioni a 3 Introduzione variazione continua del rapporto note come CVT (Continuously Variable Transmission). Questa nuova tecnica di variazione continua del rapporto di trasmissione tra due limiti finiti, vanta numerose tipologie applicative ciascuna con caratteristiche differenti; quelle che però destano il maggior interesse nel campo autoveicolistico sono le trasmissioni a pulegge espandibili a cinghia trapezoidale e le trasmissioni toroidali. Numerose case automobilistiche propongono ormai sul mercato vetture equipaggiate con tali tipi di trasmissioni (Nissan, Ford, Fiat) e numerose sono le industrie meccaniche (Van Doorne, Nsk, Luk, Zf) che prevedono tra i loro prodotti cambi CVT. Inoltre tali trasmissioni sono largamente usate sugli scooter, dove abbinano alle alte prestazioni, bassi consumi ed un’elevata guidabilità del mezzo. Le ragioni di un tale successo sono da ricercarsi nella possibilità, qualora le trasmissioni CVT siano opportunamente controllate, di mantenere il motore sempre sulla linea del miglior rendimento termico e in maniera tale da ridurre sensibilmente le emissioni di gas nocivi. Le grandi potenzialità contenute in questa tipologia di trasmissioni, allo stato attuale di sviluppo sono, però, solo parzialmente fruibili: ciò è principalmente da attribuirsi alla mancata risoluzione dei problemi di rendimento globale che ancora oggi le caratterizzano. L’attuale studio del comportamento delle trasmissioni CVT facendo purtroppo uso di alcune consistenti approssimazioni teoriche e di un certo numero di dati ricavati da prove di funzionamento dirette, va inesorabilmente incontro ad una serie di compromessi che vanificano in parte le potenzialità di questi cambi di velocità. Per quel che concerne le trasmissioni a cinghia, il più rilevante tra tali compromessi riguarda l’utilizzo di forze di chiusura delle pulegge della trasmissione, dal modulo ben più elevato di quello che sarebbe 4 Introduzione effettivamente necessario, con conseguenti ripercussioni negative proprio sul rendimento della trasmissione stessa. La risoluzione delle suddette problematiche verso il completo sviluppo delle trasmissioni CVT richiede quindi un’efficiente soluzione da un punto di vista teorico-sperimentale che permetta, grazie ad una fedele modellizzazione del sistema, di descrivere, senza approssimazioni ed ambiguità il corretto funzionamento della trasmissione. Questo campo di studio ha incentivato il gruppo di lavoro sulle trasmissioni meccaniche del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale del Politecnico di Bari, sotto la guida del prof. Ing. L. Mangialardi, ad avviare da alcuni anni un progetto di ricerca finalizzato ad una profonda conoscenza del comportamento del variatore in transitorio, al fine di proporre un modello di simulazione efficace e preciso. Il presente lavoro di tesi inquadrato all’interno di questo progetto ha il preciso intento di fornire il proprio contributo, per quel che concerne il completamento degli studi teorici avviati, attraverso una simulazione dinamica. Tale simulazione è stata realizzata mediante l’implementazione di un codice di calcolo eseguito in ambiente Fortran 90, con lo scopo di ricavare una serie di risultati utili alla descrizione del comportamento del variatore durante il transitorio. Al fine di facilitare la comprensione del lavoro svolto, vengono di seguito presentati i vari capitoli di questa tesi e riassunto il loro contenuto. Il primo capitolo descrive il funzionamento a livello generale del cambio CVT, le maggiori tipologie tuttora in uso e il loro processo evolutivo fino alle attuali configurazioni sviluppate. Il secondo capitolo, illustrando il modello teorico adottato per lo studio del CVT a pulegge espandibili, definisce tutte le grandezze utili all’analisi del comportamento del cambio durante il transitorio. 5 Introduzione Nel terzo capitolo sono descritti gli obiettivi prefissati per questo lavoro di tesi, gli step d’implementazione del codice di simulazione e le soluzioni matematiche adottate. Il quarto ed ultimo capitolo mostra i risultati ottenuti dalla simulazione, il loro confronto con quelli sperimentali e con quelli presenti in letteratura tecnica e la loro rappresentazione grafica mediante una serie di curve. La tesi termina con le conclusioni che contengono le considerazioni su tutto il lavoro svolto. 6 Capitolo 1 - Trasmissione CVT 1.1 Cambio automatico CVT I maggiori costruttori di autoveicoli, al fine di rispettare le nuove normative sulle emissioni nocive, ridurre i consumi ed elevare gli standard di comfort, guidabilità e sicurezza delle vetture, stanno lavorando attualmente in più di una direzione introducendo tecnologie innovative tra le quali forniscono un considerevole contributo le trasmissioni CVT (Continuously Variable Transmission). Il CVT è una tipologia di cambio automatico che consente di passare dalla marcia più corta a quella più lunga attraverso una gamma infinita di rapporti intermedi con la possibilità di cambiare anche sotto carico. Rispetto ai cambi tradizionali, migliora il comfort di marcia perché non si avvertono strappi durante il passaggio da un rapporto all’altro. Per le auto il più diffuso è quello della Van Doorne, che si rifà al tipo Variomatic installato fin dagli anni cinquanta sulle olandesi Daf (1958). Costruttivamente è più semplice di un automatico convenzionale: oltre al convertitore di coppia (ma ce ne sono anche a frizione) esso è costituito da due pulegge con gole a «V» in ognuna delle quali è avvolta una cinghia ( belt ) a sezione trapezioidale, di gomma, che si muove per attrito. Ciascuna puleggia, l’una collegata all’albero motore e quindi motrice (driver pulley ) e l’altra collegata all’albero di trasmissione quindi condotta (driven pulley ), è composta da due semi-pulegge, una fissa e l’altra mobile; le semipulegge mobili posso allontanarsi da quelle fisse o avvicinarsi, sotto l’azione di un cilindro idraulico (o di un motore elettrico) in modo da far variare il raggio di avvolgimento della cinghia e quindi il rapporto di trasmissione. La cinghia, larga da 2 a 4 centimetri, in passato era di gomma 7 Capitolo 1 - Trasmissione CVT mentre ora è costituita da un gran numero di sottili tasselli metallici (acciaio o alluminio) o da una catena. Un altro tipo di CVT, detto toroidale, è costituito da due semicarrucole affacciate, una con l’asse motore e l’altra con l’asse di trasmissione. La variazione di rapporto è ottenuta con lo spostamento delle semicarrucole, a sua volta indotto variando l’inclinazione di una serie di rulli. Esiste anche una ulteriore tipologia di trasmissione automatica denominata IVT ( Infinite Variable Transmission ) che, per quel che concerne le applicazioni automobilistiche, viene realizzata unendo una trasmissione a rapporto fisso, una trasmissione CVT, con cinghia o toroidale, e un rotismo di tipo epicicloidale. Il cambio IVT è in grado di fornire anche un rapporto di trasmissione pari a zero, inglobando quindi anche la funzione di frizione. Nei CVT tradizionali, la cinghia può essere tirata o spinta; nel primo caso essa è in fibre sintetiche o è una vera e propria Figura 1.1 – Schema tradizionale di trasmissione con CVT a cinghia. catena metallica, nel secondo caso è a tasselli metallici e necessita di un raffreddamento a bagno d’olio. Abbinato al motore c’è un convertitore di coppia o una frizione magnetica (frizione a dischi multipli a controllo elettronico) che abbina il motore a un rapporto fisso di trasmissione (in genere circa 2:1) poi, verso i 10 km/h il rapporto tra le pulegge supera quello fisso ed entra in funzione il CVT che si spinge fino a un rapporto di circa 0,5:1. Attualmente i CVT sono gestiti 8 Capitolo 1 - Trasmissione CVT elettronicamente, mentre in passato erano comandati utilizzando la depressione nel collettore di aspirazione e il numero di giri del motore, e possono lavorare con coppie dell’ordine max. di 300 Nm (270 Nm, ZF luglio 98; 387 Nm, Nissan Extroid 1999; 310 Nm, Audi A4 e A6 Multitronic 2001). Permangono problemi di rendimento in quanto il cambio CVT assorbe potenza agli alti regimi e con vettura ferma, attraverso la pompa idraulica; tuttavia la possibilità di far lavorare il motore nelle zone di massimo rendimento limita gli inconvenienti. Come già ripetuto la migliore qualità dei a) b) Figura 1.2 - a) Optimal Efficiency Line;b) Grafico forze di trazione–velocità. CVT è di variare con continuità il rapporto di trasmissione, consentendo al propulsore di funzionare costantemente lungo la propria curva di massima efficienza (Optimal Operation Line o Efficiency Line ) qualunque siano le condizioni di carico e indipendentemente dalla velocità del veicolo (figura 1.2 a) ). Tale curva è rappresentativa del luogo dei punti di funzionamento del motore, in essa ad ogni valore di potenza richiesto corrisponde il consumo specifico minore di combustibile. Il vantaggio in termini di riduzione dei consumi che può derivare dall’utilizzo di una simile tipologia di trasmissione, risulta evidente, senza contare che il passaggio attraverso infiniti rapporti 9 Capitolo 1 - Trasmissione CVT avviene senza necessità di sconnettere la trasmissione dal propulsore, contrariamente a quanto avviene con un tradizionale cambio manuale a rapporti discreti. Alla riduzione dei consumi si affianca, inoltre, la possibilità di usufruire di una trazione costantemente più elevata, come chiaramente riscontrabile dalla figura 1.2 b) in cui si evidenzia un aumento continuo e perciò più fluido delle forze rispetto ad una trasmissione manuale in cui l’aumento della trazione avviene a strappi con il cambio di rapporto. Attualmente le tipologie di CVT più usate e di maggior interesse sono: il CVT con cinghia metallica di tipo Van Doorne; il CVT a catena metallica tipo Luk; il CVT toroidale. 1) 2) 3) Figura 1.3 – Esempi di CVT: con cinghia metallica 1), con catena 2) e toroidale 3). 10 Capitolo 1 - Trasmissione CVT 1.2 Evoluzione del CVT a cinghia La presenza di una trasmissione CVT dotata di cinghia per applicazioni di tipo automobilistico risale al 1958, anno in cui la DAF presentò le due versioni DAF 33 e DAF 55 dotate del Variomatic; si trattava di un dispositivo che utilizzava due cinghie di gomma, ognuna delle quali era montata su una doppia coppia di pulegge. Ogni puleggia era suddivisa in due semi-pulegge di cui una poteva muoversi assialmente, al fine di far variare il raggio d’avvolgimento della cinghia e quindi il rapporto di trasmissione. Nel 1968 questo tipo di cambio fu addirittura provato dalla stessa casa automobilistica su vetture di Formula 3 con risultati abbastanza incoraggianti. Purtroppo gli alti costi di sviluppo insieme ai numerosi problemi di limitata coppia massima trasmissibile e alla scarsa durata delle cinghie ne fecero presto abbandonare l’utilizzo. Nei primi anni ’70 la Volvo continuò ad insistere su questa tipologia di cambio, progettando veicoli di piccola cilindrata con coppie trasmissibili non Figura 1.4 - Il Variomatic sulle DAF di Formula 3 del 1968. superiori a circa 100 Nm, che montavano il CVT con cinghia di gomma. 11 Capitolo 1 - Trasmissione CVT La svolta arrivò quando, nei medesimi anni, Hub Van Doorne diede vita ad un modello innovativo di trasmissione CVT che utilizzava una cinghia metallica. Nel 1993 la Williams, scuderia ai vertici del campionato di Formula 1, sviluppò in collaborazione con la VDT, il primo prototipo di CVT a cinghia metallica per questo genere di vetture, denominato FW15C (figura 1.5). Tuttavia, un anno più tardi la FIA (Federazione Internazionale dell’Automobile ) vietò, nel suo regolamento sportivo, l’adozione dei cambi CVT per tutte le competizioni automobilistiche con monoposto. Negli ultimi anni le grosse case automobilistiche hanno fatto passi da gigante nel campo della ricerca, sviluppo e progettazione di cambi Figura 1.5 - Cambio CVT FW15C progettato dalla Williams nel 1993. CVT. Uno degli aspetti negativi non ancora eliminato, è connesso con l’efficienza di questi cambi e riguarda la necessità di generare, attraverso un opportuno circuito oleodinamico, forze di chiusura maggiorate sulle pulegge. Tale aumento del modulo delle forze ha lo scopo di evitare gli scorrimenti tra cinghia e pulegge ed è del 20 – 30 % rispetto a quello teoricamente necessario, con la diretta conseguenza di un aumento della potenza assorbita dalla pompa del circuito idraulico ed una riduzione dell’efficienza del cambio. Tuttavia tale aspetto negativo è superato grazie all’aumento dell’efficienza complessiva del gruppo motore – cambio che risulta comunque maggiore 12 Capitolo 1 - Trasmissione CVT rispetto a quella di un veicolo dotato dello stesso motore, ma di una trasmissione tradizionale. Attualmente, i maggiori marchi del campo automobilistico possono annoverare vetture equipaggiate con il proprio modello di cambio CVT e lavorano sinergicamente al fine di accrescere le prestazioni di queste trasmissioni. 1.3 La cinghia metallica. La cinghia, rimasta fino ad oggi sostanzialmente invariata rispetto a quella proposta da Van Doorne negli anni ‘70, è costituita da un elevato numero di tasselli d’acciaio, nella cui forma caratteristica, visibile in figura 1.6, le superfici laterali presentano apposite sedi e all’interno di queste ultime sono Figura 1.6 - La cinghia Van Doorne alloggiati due set di bande metalliche continue. I tasselli metallici, che presentano uno spessore e una larghezza variabili a seconda della severità dell’applicazione, rispettivamente da 1.5 a 1.8 mm e da 24 a 30 mm, hanno una particolare forma a cuneo in direzione longitudinale (figura 1.7), indispensabile per consentire la rotazione relativa tra un tassello e l’altro lungo gli archi di avvolgimento sulle due pulegge. 13 Capitolo 1 - Trasmissione CVT Le superfici laterali d’ogni elemento sono, inoltre, inclinate di un angolo tipicamente di circa 11 gradi, esattamente uguale all’angolo d’inclinazione delle superfici coniche che individuano la geometria di ognuna delle semipulegge. I due set di bande, invece, ottenuti dalla sovrapposizione di più bande semplici dello spessore di circa 0.2 mm e in numero variabile da 9 a 12, hanno la funzione primaria di conferire alla cinghia una notevole resistenza a trazione, unitamente ad una gran flessibilità; la banda più interna, quella a diretto contatto con i tasselli, ha un profilo studiato per ottimizzare la lubrificazione. punto riveste importanza indispensabile sforzi Quest’ultimo in particolare quanto è minimizzare gli tangenziali che si Figura 1.7 - Forma e dimensione dei tasselli. manifestano fra tasselli e set di bande laterali, avendo essi natura chiaramente dissipativa; questi sforzi nascono dal fatto che, essendo diversi i raggi medi d’avvolgimento dei due elementi considerati sulle pulegge, le rispettive velocità periferiche non potranno che essere inevitabilmente differenti. La cinghia Van Doorne, appena descritta, è anche indicata come push-belt; tale denominazione sta ad indicare che la trasmissione di potenza dalla puleggia motrice alla puleggia condotta è affidata, essendo la cinghia priva di soluzioni di continuità, alle azioni di compressione che si manifestano fra un tassello e quello immediatamente precedente lungo tutto il ramo di spinta. 14 Capitolo 1 - Trasmissione CVT La coppia trasmissibile mediante l’utilizzo di una cinghia metallica di tipo Van Doorne cresce con le forze di trazione all’interno delle bande, ovvero al crescere delle spinte assiali esercitate dagli attuatori sulle semi-pulegge mobili; il valore massimo della coppia trasmissibile dipende, pertanto, dalla massima resistenza a trazione delle bande stesse che attualmente è di circa 200 Nm. 1.4 Le pulegge Le pulegge hanno il compito di trasferire la coppia attraverso azioni d’attrito alla cinghia metallica. La variazione del rapporto, come già più volte accennato, avviene grazie al moto relativo delle semi-pulegge mosse da un attuatore idraulico. Il contemporaneo moto d’avvicinamento della semipuleggia motrice e di allontanamento di quella condotta, varia la dimensione delle gole e con essa, i raggi d’avvolgimento della cinghia, quindi il rapporto di trasmissione. Generalmente nelle trasmissione continue a cinghie trapezoidali sulla semi-puleggia mobile condotta agisce una molla, mentre l' apparecchiatura di regolazione, ad esempio di tipo oleodinamico, agendo sulla semi-puleggia mobile motrice, impone il rapporto di trasmissione desiderato. In tali casi è necessario un sistema di controllo che indichi il desiderato rapporto di trasmissione nelle diverse condizioni di funzionamento. Per valutare correttamente le forze di chiusura necessarie per muovere le semi-pulegge si rende necessaria un’attenta analisi di tutti quei fenomeni che possono seriamente inficiare il funzionamento del cambio. 15 Capitolo 1 - Trasmissione CVT Come anticipato nel paragrafo 1.2, allo scopo di evitare scorrimenti tra cinghia e pulegge si applica un aumento del modulo delle forze di chiusura del 20 – 30 % rispetto a quello teoricamente necessario, con la diretta conseguenza di un aumento della potenza assorbita dalla pompa del circuito idraulico ed una riduzione dell’efficienza del cambio. Questo comporta una deformazione delle pulegge se s’ipotizza una rigidezza elevata della cinghia in direzione Figura 1.8 – Pressioni agenti sugli attuatori trasversale, e conseguentemente una delle semi-pulegge motrice e variazione nella posizione della condotta. puleggia che va ad inficiare il corretto rapporto di trasmissione. Un altro aspetto potenzialmente critico consiste nell’elevato gioco radiale tra la semipuleggia mobile e l’albero; tale gioco, infatti, se eccessivo, può sensibilmente influenzare il moto radiale della cinghia nella gola e per questo, deve essere attentamente controllato. La flessione dell’albero è più pronunciata in prossimità della puleggia condotta e si manifesta laddove la tensione della cinghia è più elevata, in pratica agli alti rapporti, quando la cinghia stessa è avvolta al massimo diametro nella gola della puleggia. Si deve inoltre limitare il momento d’inerzia rotazionale delle pulegge, adottando una geometria assottigliata per le semi-pulegge, che ne diminuisca la massa alle estremità e nel contempo ne aumenti la rigidezza. 16 Capitolo 1 - Trasmissione CVT 1.5 CVT con cinghia metallica Nelle sue più recenti realizzazioni una trasmissione CVT a cinghia metallica effettua la variazione di posizione relativa fra semi-pulegge mobili e fisse mediante due attuatori di tipo idraulico; una pompa volumetrica a doppio effetto provvede a fornire al fluido viscoso una certa prevalenza dipendente dalle condizioni di carico, mentre le diverse pressioni che raggiungono gli attuatori stessi sono imposte a mezzo di una apposita valvola detta valvola primaria. La posizione dello stelo di quest’ultima da cui, in definitiva, dipende il rapporto di trasmissione, è modificata attraverso uno step-motor. Il Durashift CVT, nato dalla collaborazione tra Ford e ZF sfrutta una pompa a pistone radiale e si avvale di sistema di progressione logica nella Figura 1.9 - CVT Durashift progettato da Ford e Zf. variazione dei rapporti che permette di eliminare il fastidioso rumore che si manifesta al transitorio. Il risultato è la stessa sensazione offerta da un moderno cambio automatico a rapporti multipli con un programma equilibrato di passaggi e innesti delle marce. 17 Capitolo 1 - Trasmissione CVT Questa tecnologia di cambio usa un convertitore di coppia idrodinamico compatto e rigido, dotato di bloccaggio, che elimina lo slittamento del convertitore agli alti regimi di giri del motore e alle alte velocità del veicolo per offrire consumi ridotti. Una semplice serie d’ingranaggi epicicloidali con due innesti idraulici, che possono essere azionati anche sotto carico, sono utilizzati semplicemente per il passaggio dalla marcia avanti alla retromarcia. Anche il nuovo Hypertronic CVT di Nissan, equipaggiato da Micra, Primera e Almera Tino è dotato di convertitore di coppia idraulico caratteristica possessori e vanta desiderata d’auto da con quella tutti i cambio automatico: la funzione creep. Si tratta di quella caratteristica del cambio Figura 1.10 - Cambio CVT Hipertonic equipaggiato dalla Nissan Primera. automatico che mantiene una connessione appena sufficiente tra il motore e il cambio stesso in modo da impedire che l’auto, anche al minimo, rotoli all’indietro su una strada in leggera pendenza, e in modo da farla avanzare di qualche centimetro nel traffico lento senza dover toccare il pedale dell’acceleratore. La stessa tecnologia offre anche il vantaggio di partenze più fluide da fermo e un’accelerazione più incisiva e silenziosa. 18 Capitolo 1 - Trasmissione CVT 1.6 Il CVT toroidale Se pur con molti anni di ritardo, rispetto ai suoi antenati usati fin dal secolo scorso su macchine utensili, il CVT toroidale nel 1999 ha fatto la sua comparsa ufficiale nel mercato automobilistico, grazie alla Nissan. La casa giapponese avvalendosi dello sviluppo di nuovi acciai ad alta resistenza e di un rivoluzionario sistema di lubrificazione detto traction oil ha messo a punto Extroid un CVT toroidale che risponde alle esigenze di durata, riduzioni di pesi, ingombro e costi di produzione, tutti fattori essenziali per lo sviluppo su larga scala. Questo CVT si avvale di due dischi affacciati, rispettivamente d’ingresso e d’uscita, la cui geometria genera una cavità toroidale. La trasmissione di potenza da un disco all’altro avviene alloggiando all’interno della suddetta cavità un certo numero di rulli, detti roller, il cui asse centrale, attorno al quale essi sono liberi di ruotare, ha un’inclinazione variabile che è modificata in funzione del rapporto di trasmissione che deve essere realizzato. Modificando l’inclinazione di quest’asse le circonferenze di contatto tra disco di input e roller e disco di output e roller, variano il loro raggio e quindi il rapporto di trasmissione. La posizione dell’asse centrale dei roller è modificata attraverso un circuito idraulico gestito da un apposito sistema di controllo elettronico. Il trasferimento di coppia dal disco motore ai rulli e da questi al disco condotto avviene tramite gli sforzi di taglio che si generano all’interno del traction oil, che si trova in regime elastoidrodinamico, e pertanto senza alcun contatto metallo-metallo. Le elevatissime pressioni d’interfaccia, che possono raggiungere qualche GPa, fanno sì che le deformazioni elastiche dei corpi in moto siano maggiori dello spessore del 19 Capitolo 1 - Trasmissione CVT film di lubrificante. Il traction oil usa un lubrificante a molecole allungate che in tali condizioni, si saldano allineandosi facendo così crescere la viscosità e rendendo possibile, anche con superfici di contatto molto piccole, la trasmissione di momenti elevati. Spesso, per ottenere un ulteriore incremento di questi ultimi e per poter allo stesso tempo equilibrare le spinte assiali sui dischi, si ricorre all’utilizzo di due unità toroidali che lavorano in parallelo (figura 1.11). Rispetto ad unità CVT dotate di cinghia, il CVT toroidale può contare su un migliore rendimento, che si attesta intorno ad un valore di 0.9, e sulla possibilità di lavorare con coppie superiori; restano, però, da ottimizzare la riduzione degli ingombri, per potere essere utilizzati anche su vetture a trazione anteriore, e l’affidabilità. Figura 1.11 – Il CVT toroidale Nissan Extroid. 20 Capitolo 2 - Modello teorico 2.1 Descrizione del modello teorico Il modello teorico sviluppato ha come obiettivo primario quello di analizzare l’influenza della deformabilità delle pulegge sul comportamento del CVT quando l’attrito che si manifesta fra gli elementi mobili è di tipo visco-plastico. Con lo scopo di poter migliorare in termini di rendimento le prestazioni di una trasmissione CVT, risulta importante comprendere tutti i fenomeni che si manifestano durante le fasi transitorie. Queste ultime infatti sono certamente le condizioni più critiche in cui la trasmissione stessa si viene a trovare; l’analisi condotta ha dunque rivolto la propria attenzione all’indagine delle condizioni al transitorio note come creep mode, fenomeno in cui la variazione del rapporto di trasmissione avviene piuttosto lentamente e che si contrappone al transitorio detto slip mode in cui la variazione del rapporto avviene velocemente. In letteratura tecnica sono presenti modelli di comportamento al transitorio di trasmissioni CVT che, in base alle ipotesi fondamentali effettuate, possono sinteticamente riassumersi in : modello con pulegge rigide e attrito cinghia-puleggia di tipo Coulombiano; modello con pulegge rigide e attrito cinghia-puleggia di tipo viscoplastico; modello con pulegge deformabili e attrito cinghia-puleggia di tipo Coulombiano; 21 Capitolo 2 - Modello teorico 2.2 Ipotesi iniziali E’ importante adesso ricavare delle relazioni analitiche esplicite fra i diversi parametri di funzionamento del CVT in condizioni transitorie e a tal fine sono state formulate le seguenti ipotesi: CVT del tipo a catena metallica (in questo caso la catena è sollecitata a trazione); catena assimilabile a un corpo unidimensionale e continuo; deformazioni longitudinali e trasversali della catena trascurabili; rigidezza flessionale della catena trascurabile; moto della catena considerato localmente rigido. Le principali grandezze geometriche e cinematiche coinvolte nello studio sono rappresentate nelle figure 2.1 e 2.2 dove i diversi sistemi di riferimento relativi alla puleggia motrice e condotta sono contraddistinti rispettivamente dal pedice DR (dall’inglese “driver”, motrice) e DN (dall’inglese “driven”, Figura 2.1 - Schema cinematico 22 Capitolo 2 - Modello teorico condotta). θ θ θ θ θ Figura 2.2 - Principali grandezze geometriche e cinematiche In particolar modo le diverse quantità definite rappresentano : (O, r, θ ,z) il sistema di coordinate cilindrico scelto per individuare la posizione del generico punto appartenente alla catena metallica; (er, eθ, ez) la terna di versori levogira che individuano la direzione radiale, tangenziale e assiale rispettivamente; β0 l’angolo di semi-apertura delle pulegge, motrice e condotta, in assenza di deformazione; τ il versore tangente alla catena e n il versore ad esso ortogonale; il raggio di curvatura della catena metallica; l’angolo di inclinazione della catena, ovvero l’angolo formato dai versori τ e eθ; l’angolo di slittamento; 23 Capitolo 2 - Modello teorico βs l’angolo di semi-apertura delle pulegge valutato nel piano avente per sostegno l’asse z e contenente il vettore υs; υs la velocità di scorrimento della catena; • R= dr e R ωs le componenti della velocità di scorrimento della dt cinghia in direzione radiale e tangenziale, rispettivamente; ωDR e ωDN le velocità angolari di rotazione delle pulegge motrice e condotta rispettivamente; F la sollecitazione di trazione agente sulla catena metallica. 2.3 Relazioni geometriche Dalle figure 2.1 e 2.2, è possibile ricavare le seguenti relazioni geometriche e trigonometriche: (1) tan β s = tan β ⋅ cosγ (2) r ⋅ ωs =R ⋅ tanγ (3) 1 ∂r tanϕ = ⋅ r ∂θ (4) dl = (5) • 1 ρ = r ⋅ dθ cosϕ cosϕ ∂ϕ ⋅ 1− r ∂θ 24 Capitolo 2 - Modello teorico nelle quali dl rappresenta la lunghezza dell’elementino di catena metallica in esame, dθ/dt è la velocità angolare dell’elemento stesso e la ωs = dθ/dt - ω rappresenta la velocità di scorrimento angolare della catena rispetto alla puleggia. 2.4 Equazione di continuità Si consideri l’elemento infinitesimo di cinghia avente lunghezza dl e sia dlo la lunghezza stesso θ in indeformata; dell’elementino configurazione detta ε la deformazione longitudinale, nel caso di cinghia capace di subire deformazioni, è evidentemente θ valida la relazione seguente: θ θ (6) Figura 2.3 - Schema per la valutazione del termine dθ(t+dt) dl = (1 + ε ) ⋅ dlo Considerata adesso l’equazione (4) del paragrafo 2.3, si effettua una operazione di derivazione Lagrangiana per ambo i suoi membri. La derivata Lagrangiana, anche nota come derivata materiale rispetto al tempo, è indicata dal simbolo D/Dt. Essa rappresenta la velocità di cambiamento nel tempo della quantità “G” in esame, vista da un punto solidale all’elemento materiale nel suo moto. Quindi: DG ∂G ∂G = +G Dt ∂t ∂θ 25 Capitolo 2 - Modello teorico ritornando alla (4) si ottiene dunque: 1 D (dl ) = r + ϕ ⋅ tan ϕ + 1 D (dθ ) dl Dt r d θ Dt (7) Eseguendo poi la derivata materiale per ambo i membri della (6) si ricava: (8) 1 D (dl ) = ε dl Dt 1+ ε Per poter utilizzare l’equazione di continuità occorre esplicitare l’ultimo termine della relazione (7 ) in funzione di grandezze che siano maggiormente rappresentative del fenomeno in esame; a tal fine, in virtù della definizione di derivata materiale e dall’osservazione della figura 2.3, è possibile scrivere: 1 D (dθ ) dθ (t + dt ) − dθ (t ) Ω((θ + dθ ), t ) ⋅ dt − Ω(θ , t ) ⋅ dt ∂Ω ⋅ = = = dθ Dt dθ ⋅ dt dθ ⋅ dt ∂θ dove =d /dt è la velocità angolare locale della cinghia, funzione di e t. L’equazione di continuità per una cinghia continua unidimensionale, in grado di subire allungamenti, risulta essere: (9) Ricordando che s= ε 1+ ε = r ∂Ω + ϕ ⋅ tan ϕ + r ∂θ - ω, si potrà scrivere ∂Ω ∂ωs ∂ω = + ∂θ ∂θ ∂θ e trascurato il termine ∂ω perché la velocità angolare della puleggia può ∂θ essere considerata costante su tutto l’arco di avvolgimento, l’equazione di continuità diventa: (10) ε 1+ ε = ∂ω s r + ϕ ⋅ tan ϕ + r ∂θ 26 Capitolo 2 - Modello teorico Se la cinghia è considerata inestensibile, ne consegue che = 0; inoltre, il termine ϕ ⋅ tan ϕ è di secondo ordine e può essere trascurato. L’equazione di continuità assumerà la forma semplificata: (11) r ∂ω s + =0 r ∂θ 2.5 Equazioni di equilibrio della catena Siano A e B le due superfici di s γ contatto della cinghia con la semipuleggia mobile e con la semipuleggia fissa e siano pA e pB le pressioni per unità di lunghezza s esistenti sulle superfici di contatto stesse; siano ancora Fatt,A e Fatt,B le forze di attrito per unità di lunghezza θ ad esse relative. θ Tenuto conto di tutte le forze agenti sul generico elementino di Figura 2.4 - Forze agenti sull’elemento di cinghia di lunghezza ds cinghia considerato di lunghezza ds, visibili in figura 2.4, imponendo l’equilibrio della cinghia secondo quanto previsto dalla seconda equazione cardinale della dinamica in forma vettoriale si ha: → → → → → → → d F in + F (s + ds, t ) − F (s, t ) + p A ⋅ ds + p B ⋅ ds + F att , A ⋅ ds + F att , B ⋅ ds = 0 27 Capitolo 2 - Modello teorico → → da cui, essendo “ d F in = −σ ⋅ a⋅ ds ” si ottiene: → → → ∂F → → σa= + p A + p B + F att , A + F att , B ∂s → dove σ rappresenta la densità lineare della cinghia e a l’accelerazione cui è sottoposta. Di seguito sono state ricavate le espressioni esplicite delle forze per unità di lunghezza agenti sulla cinghia e le relazioni geometriche che legano i versori (er,eθ) ai versori (τ,n). → → → → → → p A = p A sin β ⋅ e r − p A cos β ⋅ e z p B = p B sin β ⋅ e r + p B cos β ⋅ e z → → → → → → → → F att , A = − µ ⋅ p A cos β s ⋅ cos γ ⋅ e r + cos β s ⋅ sin γ ⋅ e θ + sin β s ⋅ e z F att , B = − µ ⋅ p B cos β s ⋅ cos γ ⋅ e r + cos β s ⋅ sin γ ⋅ e θ − sin β s ⋅ e z → → → e r = sin ϕ ⋅ τ − cos ϕ ⋅ n → → → e θ = cos ϕ ⋅ τ + sin ϕ ⋅ n Osservato ancora che : → → → ∂ F ∂ ( F τ ) ∂F → ∂ τ ∂F → F → = = ⋅τ + F ⋅ = ⋅τ + n ρ ∂s ∂s ∂s ∂s ∂s 28 Capitolo 2 - Modello teorico è possibile proiettare l’equazione di equilibrio dinamico del sistema lungo le direzioni τ e n ottenendo: ∂F + ( p A + pB ) ⋅ (sin β sinϕ − µ cos β s sin(ϕ + γ )) = σ ⋅ aτ ∂s F ρ − ( p A + pB ) ⋅ (sin β cosϕ − µ cos β s cos(ϕ + γ )) = σ ⋅ an ( p A − pB ) ⋅ (cosβ − µ sin β s ) = σ ⋅ az L’accelerazione della cinghia in direzione tangenziale e in direzione assiale può essere trascurata; inoltre, considerando che : r /( r θ ) << 1 le equazioni di equilibrio della cinghia possono essere riscritte nel seguente modo: (12) (13) 1 . F −σ θ 2 r2 p=− ⋅ sin β sin ϕ − µ cos β s sin(ϕ + γ ) ∂F ∂ϕ =− 1− ∂θ sin β cosϕ − µ cos β s cos(ϕ + γ ) ∂θ 1 1 F − σθ 2 r 2 (sin β cosϕ − µ cos β s cos(ϕ + γ ) ρ 29 Capitolo 2 - Modello teorico 2.6 Deformabilità delle pulegge Come si è già osservato, le trasmissioni CVT di recente realizzazione utilizzano per la trasmissione di potenza particolari oli lubrificanti le cui caratteristiche riducono notevolmente il valore del coefficiente di attrito che si manifesta sulle superfici di contatto. Conseguentemente, per trasmettere le elevate coppie in gioco, si rende necessario incrementare le forze assiali di chiusura, sino al raggiungimento di valori che risultano essere di entità sufficientemente elevata da sottoporre gli alberi di sostegno delle pulegge e le pulegge stesse a deformazioni tali da non poter essere trascurate. Le deformazioni flessionali delle pulegge provocano una variazione continua dell’angolo β di semi-apertura delle pulegge stesse lungo l’intero arco di contatto, cui consegue una altrettanto continua variazione della posizione radiale della cinghia e del rapporto di trasmissione. Per descrivere analiticamente la variazione dell’angolo β, si è fatto riferimento a quanto proposto da Sattler all’interno del suo lavoro “Efficiency of Metal Chain and V-Belt CVT” ([7]); in esso l’autore suggerisce di utilizzare la seguente relazione di tipo sinusoidale che consente di valutare al variare della posizione angolare θ l’effettivo valore della semi-apertura della puleggia: (14) ∆ 2 β = β 0 + ⋅ sin θ − θ c + π 2 ove β0 rappresenta, come noto, l’angolo di semi-apertura in configurazione indeformata, ∆ l’ampiezza della sinusoide avente valore stimato pari a 10-3, 30 Capitolo 2 - Modello teorico mentre θc individua la posizione angolare in corrispondenza della quale la variazione ∆β è massima. Figura 2.5 – Effetti della deformazione delle pulegge Dalla figura 2.5 si può valutare lo spostamento assiale u, conseguente alla deformazione flessionale subita, del generico punto appartenente alla superficie di contatto delle semi-pulegge: (15) u = 2 R ⋅ tan( β − β 0 ) in cui R è il raggio corrispondente alla puleggia indeformata. In virtù dell’ipotesi di potere trascurare le deformazioni trasversali della cinghia, se si indica con r l’effettiva posizione della cinghia stessa in direzione radiale si può ricavare un’ulteriore equazione: (16) r ⋅ tan β = R ⋅ tan β 0 − u 2 31 Capitolo 2 - Modello teorico 2.7 Modello con attrito visco-plastico Il modello di attrito Coulombiano ben si presta per la descrizione del comportamento in slip mode (variazione rapida del rapporto di trasmissione), in cui si trascura la deformabilità delle pulegge. Nello studio del comportamento creep mode (variazione lenta del rapporto di trasmissione) il rapporto tra le forze di chiusura agenti sulle semi-pulegge mobili è influenzato dalla velocità tangenziale della cinghia e dalla velocità con cui cambia il rapporto di trasmissione. Il modello di attrito Coulombiano diventa in questo caso inefficace. Per tale studio è stato messo a punto un modello d’attrito, detto visco-plastico, che sfrutta speciali fluidi lubrificanti che hanno la caratteristica fondamentale di venire assorbiti dalle superfici metalliche delle semi-pulegge. Relativamente alle relazioni utilizzate si è fatto esplicito riferimento a quanto presente in letteratura tecnica [3]. Premesso che lo spessore di lubrificante è supposto costante in direzione radiale, in corrispondenza di una generica posizione angolare θ, è in generale possibile affermare che gli sforzi tangenziali trasmessi sono funzioni della viscosità η del fluido, della velocità di slittamento υs e dello spessore h dello strato di lubrificante secondo la nota relazione: τ =η ⋅ υs h Di conseguenza, detta p la pressione esistente sulla superficie di contatto tra la puleggia e la cinghia in corrispondenza del generico angolo θ, è possibile esprimere il coefficiente d’attrito viscoso µ come: 32 Capitolo 2 - Modello teorico µ= τ p =η ⋅ υs h⋅ p Tuttavia l’entità degli sforzi tangenziali presenti all’interno del fluido in condizioni reali vanno ben al di là dei massimi valori limite previsti ipotizzando un comportamento newtoniano del fluido stesso; quindi si è ipotizzato un comportamento del lubrificante non più tale ma di tipo viscoplastico, in accordo con quanto asserito nell’articolo in precedenza citato. In quest’ultimo l’autore specifica come il valore limite del coefficiente d’attrito, che verrà di seguito indicato con µ0, sia proporzionale a : µ0 ∝ η υs ⋅ k υ lim Se si introduce il parametro adimensionale Π : Π= υs υ lim il coefficiente d’attrito viscoso può essere espresso tramite le seguenti relazioni: (17 ) υs ≤Π υ µ= µ0 υs ⋅ Π υ (18 ) υs ≥Π υ µ = µ0 Occorre ora esplicitare la velocità di slittamento in funzione di alcune grandezze fondamentali caratteristiche del transitorio; in termini vettoriali la υs è espressa dalla seguente relazione: → → → → υ s = r ⋅ e r + r ⋅ tan β ⋅ e z + ω s ⋅ r ⋅ e θ Pertanto il modulo della velocità di slittamento risulta essere pari a: 33 Capitolo 2 - Modello teorico υ s = r 2 + r 2 ⋅ tan 2 β + ω s 2 ⋅ r 2 In virtù della relazione geometrica esistente nel piano (er,eθ) tra le componenti radiale e tangenziale della velocità di scorrimento, espresse dalla (2), è possibile esprimere il modulo della υs nel modo seguente: (19) υ s = r ⋅ 1 + tan 2 β + tan 2 γ A questo punto è possibile esplicitare il coefficiente d’attrito µ in modo diverso e precisamente come: 2 2 µ 0 r ⋅ 1 + tan β + tan γ ⋅ Π r ⋅ ωs (20) υs ≤Π υ µ= (21) υs ≥Π υ µ = µ0 Le (20) e (21) non rappresentano ancora l’espressione definitiva del coefficiente d’attrito che verrà utilizzata; quest’ultima sarà infatti ottenuta a mezzo dell’introduzione di alcuni parametri adimensionali che verranno ricavati nel paragrafo seguente. 2.8 Parametri adimensionali Per poter semplificare lo studio del modello in esame, si è reso necessario fare ricorso ad una serie di relazioni dipendenti da pochi parametri fondamentali; si è provveduto quindi ad adimensionalizzare alcune grandezze, introducendo i seguenti parametri: 34 Capitolo 2 - Modello teorico (22 ) w= R ω⋅R (23) A= w sin( 2 β 0 ) ∆ 1 + cos 2 β 0 (24 ) υ~r = r 1 sin( 2 β 0 ) ω ⋅ r ∆ 1 + cos 2 β 0 (25 ) υ~θ = ω s 1 sin(2β 0 ) ω ∆ 1 + cos 2 β 0 (26 ) κ= F − σ ⋅ω 2 ⋅ R2 F0 − σ ⋅ ω 2 ⋅ R 2 (27 ) ~ p= p⋅R F0 − σ ⋅ ω 2 ⋅ R 2 dove F0 rappresenta la tensione agente sulla cinghia in corrispondenza di θ = 0. Particolare importanza riveste il parametro A all’interno del quale sono racchiusi l’influenza della deformazione flessionale delle pulegge, tramite il parametro ∆, e la rapidità di variazione del rapporto di trasmissione, tramite il parametro w. 2.9 Sistema di equazioni risolutivo Per ottenere il sistema di equazioni risolutivo del modello in funzione dei parametri adimensionali occorre semplificare le equazioni (12) e (13) considerando le seguenti ipotesi: 35 Capitolo 2 - Modello teorico l’angolo ϕ è generalmente molto piccolo e, pertanto, il termine ∂ϕ/∂θ può essere trascurato rispetto rispetto all’unità; i termini ωs, dϕ/dt e dθc/dt sono molto minori di ω; ne consegue che le equazioni di equilibrio dinamico possono essere riscritte come: µ cos β s sin γ ∂ (F − σω 2 R 2 ) ⋅ = 2 2 ∂θ F − σω R sin β 0 − µ cos β s cos γ 1 1 F − σω 2 R 2 p= 2 R(sin β 0 − µ cos β s cos γ) Ancora in virtù di quanto osservato, le equazioni (14), (15), e (16) dopo alcuni passaggi possono essere così riscritte: 1− r 1 + cos 2 β 0 π = ⋅ ∆ ⋅ sin θ − θ c + R sin( 2 β 0 ) 2 r R 1 + cos 2 β 0 π = − ⋅ ∆ ⋅ cos θ − θ c + rω Rω sin(2 β 0 ) 2 tan β s = tan β 0 cos γ Considerando tutte le semplificazioni effettuate, le ultime relazioni ottenute e dei parametri adimensionali introdotti, il sistema di equazioni utili allo studio del transitorio è il seguente: 36 Capitolo 2 - Modello teorico π (27 ) υ~r = A − cos θ − θ c + (28) θ θ υ~θ = υ~θ 0 − Aθ − 2 sin sin − θ c (29 ) (30) (31) 2 2 tan γ = 2 θ θ υ~θ 0 − Aθ − 2 sin sin − θ c 2 A − cos θ − θ c + 2 π 2 µ sin γ 1 ∂κ = κ ∂θ sin β 0 1 + tan 2 β 0 cos 2 γ − µ cos γ ~ p= 1 + tan 2 β 0 cos 2 γ κ sin β 0 1 + tan 2 β 0 cos 2 γ − µ cos γ 2 Per quel che riguarda il valore assunto dal coefficiente d’attrito µ all’interno delle precedenti relazioni, con la (24) in modo particolare, e indicato con ∆* la quantità: ∆* = ∆ ⋅ (1 + cos 2 β0 ) sin (2β 0 ) si possono ricavare le seguenti espressioni definitive: υs ≤Π υ µ = µ0 ⋅ υs ≥Π υ µ = µ0 ∆* ~ ⋅ υ r ⋅ 1 + tan 2 β + tan 2 γ Π 37 Capitolo 2 - Modello teorico Resta ancora da chiarire come possa essere ottenuto l’angolo θc che individua la posizione corrispondente alla massima variazione ∆β di semiapertura delle pulegge. Come si è già avuto modo di osservare, la deformazione flessionale è originata dagli elevati valori delle spinte assiali cui le pulegge stesse vengono ad essere sottoposte e quindi, in ultima analisi, dalla distribuzione di pressione che si instaura lungo l’intero arco di contatto con la cinghia. In accordo con l’approssimazione introdotta in [4] dall’autore per il calcolo di θc, anche nella presente analisi si è proceduto alla determinazione dell’angolo in esame confondendolo con la posizione del vettore risultante della distribuzione di pressione secondo la seguente relazione: α (32) tan θ c = 0 α 0 ~ p ⋅ sin θ ⋅ dθ ~ p ⋅ cos θ ⋅ dθ 2.10 Dipendenze funzionali Le equazioni ottenute, relativamente alla distribuzione di pressione e alla distribuzione delle tensioni all’interno della catena metallica, risultano essere dipendenti dalla posizione angolare θ, dall’angolo θc, dal parametro A e dal valore iniziale della velocità tangenziale adimensionalizzata, così come emerge dalle (28), (29), (30) e (31). Per poter confrontare i risultati ottenuti tramite il presente modello con quelli esistenti in letteratura tecnica (vedi [4]), si è ugualmente introdotto il seguente parametro ξ: F2 − σ ⋅ ω 2 ⋅ R 2 ξ= F1 − σ ⋅ ω 2 ⋅ R 2 38 Capitolo 2 - Modello teorico ove F1 e F2 rappresentano la tensione agente sulla cinghia in corrispondenza delle sezioni relative al punto in cui la stessa, rispettivamente entra in contatto con la puleggia e la abbandona. Evidentemente, avendo indicato con F0 la tensione corrispondente a θ = 0, risulta: F0 = F1 ξ = κ 2 (υ~0 , A) Pertanto se si risolve il sistema di equazioni ricavato in funzione di υ~θ 0 le distribuzioni di pressione e tensione risulteranno essere dipendenti dai seguenti parametri: κ = κ (θ , ξ , A) ~ p=~ p (θ , ξ , A) 2.11 Spinta assiale S e parametro adimensionale δ Le spinte assiali, esercitate dagli attuatori idraulici sulle semi-pulegge mobili in una trasmissione CVT, rivestono un ruolo di primaria importanza non solo poiché da esse dipende l’attitudine del sistema a trasmettere coppie più o meno elevate, ma soprattutto poiché ad esse è affidata la rapidità di variazione del rapporto di trasmissione durante le fasi transitorie. Occorre inoltre ribadire come al fine di allontanare durante il funzionamento della trasmissione il pericolo di slittamento globale della cinghia, si tenda ad incrementare l’entità delle spinte assiali di una quantità 39 Capitolo 2 - Modello teorico stimabile intorno al 30% rispetto al valore effettivamente necessario. Questo tipo di approccio al problema è all’origine della riduzione di rendimento della trasmissione e, con essa, del mancato raggiungimento, almeno in parte, dei potenziali miglioramenti che una simile tipologia di trasmissione sarebbe in grado di offrire. Di qui l’importanza di poter esprimere e calcolare la spinta assiale S in funzione dei parametri introdotti in precedenza; in virtù delle ipotesi effettuate, tenuto presente che: ~ S = S F0 − σ ⋅ ω 2 ⋅ R 2 possiamo direttamente calcolare S in forma adimensionale, a mezzo della seguente equazione di equilibrio assiale del sistema: (33) ~ S (ξ , A) = α 0 (cos β + µ ⋅ sin β s ) ⋅ ~p ⋅ dθ Per poter ricavare una relazione esplicita fra la spinta adimensionale così come espressa dalla (33) e i parametri da cui essa dipende, ξ e A, si è introdotto il parametro adimensionale δ dato da: (34) ~ S δ= (F1 − σ ⋅ ω 2 ⋅ R 2 ) + (F2 − σ ⋅ ω 2 ⋅ R 2 ) Dove, come noto, F1 e F2 rappresentano le sollecitazioni di trazione agenti sulla catena in corrispondenza delle sezioni di contatto con la puleggia in ingresso e in uscita dalla stessa. 40 Capitolo 2 - Modello teorico Ricordando quanto esplicitato nel paragrafo relativo alle dipendenze funzionali relativamente a F1 e a ξ si può, in definitiva, esprimere il parametro adimensionale relativo alle forze di chiusura sulle pulegge nel modo seguente: (35) ~ S (ξ , A) δ (ξ , A) = 1+ ξ 41 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione 3.1 Obiettivi del codice di simulazione Come osservato dal modello matematico le deformazioni flessionali delle pulegge, indotte dall’aumento delle forze assiali di chiusura, provocano una variazione continua dell’angolo β di semi-apertura delle pulegge stesse, lungo l’intero arco di contatto, cui consegue una altrettanto continua variazione della posizione radiale della cinghia. Questo lavoro di tesi si è proposto di studiare gli effetti provocati dalla deformazione delle pulegge durante il transitorio, su alcune grandezze rappresentative della trasmissione quali: c ovvero l’ascissa angolare che individua la massima variazione di semi-apertura delle pulegge e i valori di parametro adimensionale di velocità tangenziale della cinghia υ~θ 0 = υ~θ θ =0 e del parametro adimensionalizzato di spinta ~ S, il tutto attraverso l’implementazione di un codice di simulazione dinamica in linguaggio FORTRAN 90. Uno degli obiettivi principali della simulazione è stato quello di riscontrare i risultati sperimentali precedentemente ottenuti dal gruppo di studio del DIMeG per il CVT, e riportati nell’articolo [4] dal titolo “The Influence of Pulley Deformation of the Shifting Mechanism of Metal Belt CVT” da G. Carbone, L.Mangialardi, G. Mantriota, e quelli ricavati da Peter Teneberg e riportati nel suo articolo [8] dal titolo “Efficiency of Chain-CVTs at Constant and Variable Ratio”. I risultati ottenuti in questo lavoro di tesi si riferiscono alla simulazione condotta per imitare il transitorio del cambio e quindi verificare la bontà delle relazioni tra deformazioni elastiche, velocità di slittamento e spinta, proposte nel modello teorico adottato. Tale modello 42 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione considera un approccio visco-plastico per l’attrito a differenza del modello denominato CMM (Carbone, Mangialardi, Mantriota) che considera l’attrito di tipo coulombiano ([4]). 3.2 Scelta del linguaggio di programmazione Il FORTRAN è il progenitore di tutti i linguaggi di programmazione scientifici. Il nome stesso deriva da FORmula TRANslation ed indica la particolare attitudine del linguaggio a tradurre modelli matematici costituiti da complesse equazioni scientifiche in codice macchina. Sviluppato da IBM tra il 1954 e il 1957 il FORTRAN ha subito nel corso degli anni diversi aggiornamenti raggiungendo la sua piena maturità con la versione “ 90 ” ottimizzata poi dalla successiva “ 95 ” che ha epurato diverse ambiguità permettendo al linguaggio di affermarsi nel campo matematico e quindi in ambienti scientifici ed ingegneristici, nonché in aziende ed istituzioni di ricerca. La scelta del FORTRAN per l’implementazione del codice è stata dettata oltre che per la sua elevata capacità computazionale e per la sua semplicità di sintassi (il FORTRAN è, infatti, un linguaggio d’alto livello in altre parole più vicino alla logica di ragionamento del programmatore che non a quella della macchina) anche per la sua velocità di esecuzione, caratteristica per la quale sono stati scartati altri linguaggi altrettanto potenti ma più lenti . 43 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione 3.3 Logica di calcolo del codice Prima di passare alla fase d’editing del codice, si è reso necessario individuare la logica generale di funzionamento della simulazione, e del metodo di calcolo delle variabili di output “ c, υ~θ 0 ed S~ ”. Capire il problema che si sta cercando di risolvere e poi scinderlo in tanti sottoproblemi più semplici da gestire è la tecnica alla base del metodo di programmazione “top down” (letteralmente, dall’alto verso il basso). Questa tecnica consente di codificare e collaudare ciascuna delle singole parti (sottoprogrammi) cui è stato suddiviso il problema principale, in modo del tutto indipendente dalle altre. Tutte queste parti potranno poi essere combinate insieme dopo che sarà stato verificato il loro corretto funzionamento. Si è dunque proceduto suddividendo il nostro problema in diversi sottoproblemi più semplici dando prima una definizione generale del “main program” (programma principale) e poi definendo separatamente una serie di sottoprogrammi (procedure) per il calcolo delle grandezze coinvolte nella simulazione. Si è pensato di costruire un main program costituito da due cicli iterativi concatenati; con il ciclo esterno s’introduce il valore del parametro adimensionale “A” di velocità di variazione del raggio d’avvolgimento della cinghia, preso in una serie di valori tra Amin=0.45 e Amax=1.5 con incremento di 0.15. Entrando nel ciclo interno si introduce il valore di denominato c input , prelevato da una serie di n+1 valori tra inclusi, con incremento ( c max - c min)/n, c di input, c min e c max e si calcola con l’ausilio di apposite function i parametri adimensionali definiti nel modello teorico: , V , Vr, , f, 44 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione k, p , esp definito come l’integrale tra 0 e del parametro f , e k = exp(esp) secondo la formula (30) del cap. 2, tutti in funzione di c input. Sempre nel ciclo interno è ricavato attraverso una subroutine che sfrutta il “metodo delle secanti” il valore υ~θ 0 di velocità tangenziale della cinghia corrispondente a ciascun per il qual è soddisfatta la relazione: c input, [esp=ln( )] con , rapporto adimensionale delle forze, parametro di input. Per ogni valore di velocità υ~ ottenuto viene calcolato un nuovo θ0 definito c output c , dalla formula ricavata nel modello matematico: α θ c output = arctan 0 α 0 p int⋅ sin θ ⋅ dθ p int⋅ cosθ ⋅ dθ in cui pint è la funzione interpolante di n punti ( i, p( i)) e dove “p” è definito nella formula (31) del cap. 2: 1 + tan (β 0 ') ⋅ cos(γ ) 2 p = 0.5 ⋅ k ⋅ 2 sen (β 0 ) 1 + tan (β 0 ) ⋅ cos(γ ) − µ cos(γ ) 2 2 Per l’interpolazione si è scelto di costruire una function che usa il metodo a spline cubiche con algoritmo di Thomas. Caricati i valori υ~θ 0 , c output in opportuni vettori, si esce dal ciclo interno per rientrare in quello esterno e si esegue una nuova interpolazione per ricavare sempre attraverso il metodo delle secanti, il valore reale dell’angolo, c reale , che soddisfi la condizione c output - c input = 0. Trovato c reale si può calcolare il nuovo valore della velocità tangenziale della cinghia υ~θ 0 reale per il quale è soddisfatta la relazione: [esp=ln( )] e quindi si determina il valore del parametro adimensionale di spinta definito come ~ S= π 0 cos(β 0 ) + µ ⋅ tan (β 0 ) ⋅ cos(γ ) 1 + tan (β 0 ) ⋅ cos(γ ) 2 2 ⋅p 45 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione , in funzione di c reale e υ~θ 0 reale . Questo processo si ripete per tutti i valori di A considerati. 3.4 Metodi numerici di calcolo Quello delle secanti è un metodo iterativo atto alla risoluzione numerica, quindi approssimata, di equazioni non lineari della forma f(x)=0, con “f” funzione qualunque. Tra i metodi iterativi per la ricerca di zeri di funzioni non lineari ricordiamo anche il metodo della bisezione, del regula falsi, il metodo delle corde e, il più usato, il metodo di Newton, o delle tangenti. Il metodo delle secanti si potrebbe anche vedere come variante del metodo di Newton: infatti, mentre in quello di Newton si lavora con le tangenti, il metodo delle Figura 3.1 – Metodo delle secanti secanti è di costituzione analoga, ma lavora con le secanti. Il principale svantaggio del metodo delle secanti è che di solito ha ordine di convergenza 1, perciò è più lento nella ricerca della soluzione rispetto al metodo di Newton che invece ha convergenza almeno quadratica, per cui converge più rapidamente alla soluzione desiderata. Nonostante ciò, 46 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione nel metodo delle secanti classico si richiede solo una valutazione ad ogni passo della funzione, mentre nel metodo di Newton si richiedono ben due valutazioni: quella della funzione e della sua derivata prima. Per quanto riguarda invece la determinazione della funzione interpolante per n punti si è optato per la codifica del metodo a spline cubiche con algoritmo di Thomas. Questo metodo rappresenta un approccio alternativo all' uso dei polinomi interpolatori di grado n per n+1punti e consiste nell' interpolare con diversi polinomi d’ordine inferiore alcuni sottoinsiemi dei punti dati. I polinomi così ricavati sono chiamati funzioni spline. Queste funzioni hanno la proprietà di connettersi tra loro senza presentare discontinuità. Le spline del primo ordine relative ad un gruppo di punti presi nell' ordine delle x crescenti vengono definite da un insieme di funzioni lineari che passano per ogni coppia di punti: dove mi è la pendenza della retta che collega i punti: 47 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione Lo svantaggio principale di queste spline consiste nel fatto che nei punti di incontro tra due spline (quindi nei nodi), c’è una discontinuità della derivata prima. Per essere certi che le derivate d’ordine m-esimo sono continue in corrispondenza dei nodi, è necessario usare spline di ordine m+1 o superiore. La continuità della derivata prima nei nodi si può ottenere usando le spline quadratiche il cui scopo è quello di raccordare ogni coppia di punti adiacenti con una funzione polinomiale di secondo grado. L' espressione generale di questa funzione risulta : Nel caso di n+1 punti noti (0; 1; 2; .. ; n) ci sono n intervalli (1; 2; .. ; n) e di conseguenza 3n incognite (i coefficienti ai, bi e ci di ciascuno degli n intervalli) che devono essere calcolate. Bisogna impostare 3n equazioni o condizioni. 48 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione I valori della funzione devono essere uguali in corrispondenza dei nodi interni. Questa condizione corrisponde alle equazioni per i = 2; 3; ..; n. Queste condizioni sono scritte per gli n - 1 nodi interni per un totale di 2n - 2 condizioni. La prima e l' ultima funzione devono passare per i corrispondenti punti esterni. Ciò corrisponde ad altre due equazioni: per cui si hanno ora complessivamente a disposizione 2n - 2 + 2 = 2n condizioni. Le derivate prime di ciascuna coppia di spline adiacenti devono essere uguali in corrispondenza dei nodi: per i = 2; 3; .. ; n. Questa fornisce altre n - 1 condizioni che si aggiungono alle precedenti 2n per dare 2n + n - 1 = 3n - 1 condizioni. Si impone il valore della derivata seconda in uno dei punti estremi. Ad esempio, si assume che la derivata seconda sia nulla in corrispondenza del primo punto: a1 = 0. Questa condizione corrisponde alla richiesta che i primi due punti siano collegati da una retta. 49 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione Le spline cubiche connettono i nodi che delimitano ogni intervallo con una funzione polinomiale di terzo grado che ha la seguente forma generale Nel caso di n + 1 punti (i = 0; 1; .. ; n) ci sono n intervalli e di conseguenza devono essere calcolate 4n incognite. Servono quindi 4n condizioni: I valori delle funzioni devono essere identici in corrispondenza dei nodi interni (2n-2 condizioni). La prima e l' ultima funzione devono passare per i rispettivi nodi esterni (2 condizioni). Le derivate prime di spline adiacenti devono essere uguali in corrispondenza dei nodi in comune (n - 1 condizioni). Le derivate seconde di spline adiacenti devono essere uguali in corrispondenza dei nodi in comune (n - 1 condizioni). Le derivate seconde in corrispondenza dei nodi esterni devono assumere valori noti, ad esempio pari a zero (2 condizioni). Graficamente queste condizioni richiedono che le funzioni diventino rettilinee nei punti più esterni. Sebbene questo sistema d’equazioni permetta di ricavare le spline cercate, vedremo ora una tecnica che richiede la soluzione di un sistema di sole n - 1 equazioni contro le 4n della tecnica appena vista. Dato che ogni coppia di punti adiacenti è collegata da una cubica, la derivata seconda all' interno d’ogni intervallo deve essere una retta. Sotto queste ipotesi possiamo rappresentare le derivate seconde come funzioni interpolanti di Lagrange del primo ordine: 50 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione dove fi’’(x) è il valore della derivata seconda nell' intervallo i-esimo compreso tra i punti i -1 ed i. Pertanto questa è l' equazione di una retta che collega la derivata seconda calcolata nel primo nodo, fi’’ (xi-1), alla derivata seconda calcolata al secondo nodo, fi’’(xi). Integrando due volte la fi’’(x) si ottiene la fi(x); si ottengono però espressioni di fi(x) contenenti due costanti di integrazione. Queste costanti incognite possono essere calcolate imponendo la condizione di uguaglianza delle funzioni nei nodi: f(x) deve essere uguale a f(xi-1) nel punto xi-1 e ad f(xi) nel punto xi. Eseguendo questi calcoli si ottiene la seguente funzione cubica: Scrivendo questa relazione per tutti i nodi interni si ottiene un sistema di n 1 equazioni nelle n + 1 incognite costituite dalle derivate seconde; ma, poichè le derivate seconde nei nodi esterni sono state considerate note (ad esempio nulle), il sistema viene ridotto a n – 1 equazioni in n - 1 incognite. E’ da notare che il sistema risultante è di tipo tridiagonale. Il processo di risoluzione di questo tipo di sistema risulta particolarmente efficiente se si utilizza l' algoritmo di Thomas. A questo scopo l' equazione può essere posta in forma diversa con le seguenti posizioni: 51 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione ed andando a sostituire si ottiene (35) le prime tre equazioni di questo sistema sono: Un sistema di questo tipo è detto tridiagonale perchè la matrice dei coefficienti presenta elementi diversi da zero solo sulla diagonale principale, sulla sopradiagonale e sulla sottodiagonale. L' equazione (35) è detta equazione tridiagonale. L' algoritmo di Thomas si basa sull' uso della seguente formula risolutiva ricorsiva: (36) e sostituendo nella(35) si ottiene da cui e dove 52 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione Noti Rn-1 e Tn-1, queste relazioni consentono di valutare tutti i coefficienti Ri e Ti in modo da valutare la soluzione mediante l' applicazione dell' equazione (36) per i =1; .. ; n -1 (si ricordi che si è posto y0 = 0). A tale proposito basta osservare che l' ultima equazione del sistema tridiagonale si scrive: ed essendo yn = 0 da cui si ricava per confronto con la (35) : Queste condizioni equivalgono ad assumere Rn = 0 e Tn = 0, ovvero a dire che tra yn e yn-1 non esiste alcun legame o, meglio che il legame può essere qualsiasi. Noti quindi Rn-1 e Tn-1 si possono calcolare tutti gli altri Ri e Ti; noti questi si possono calcolare yi usando la formula (36). Le yi sono le derivate seconde nei punti base, i cui valori consentono di conoscere l' equazione della cubica all' interno del generico intervallo. 3.5 Diagramma generale di flusso Individuata la logica generale di funzionamento del programma e scomposto questo in diversi segmenti, si è proceduto con il processo di 53 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione raffinamento. In questo processo, stabiliti i compiti che devono svolgere i diversi segmenti del codice, si definiscono le funzioni di ciascun segmento con un livello crescente di dettagli, fino a quando questi non raggiungeranno un grado di specificità che gli consentirà di trasformare agevolmente queste funzioni in istruzioni del linguaggio Fortran. Una tecnica che consente visivamente di migliorare l’interazione dei vari segmenti del codice, e di poter raffinare le loro funzioni è quella del flow chart (diagramma di flusso). Qui di seguito è riportato il diagramma di flusso generale ottenuto come risultato del processo di Figura 3.2 – Logica generale di programmazione raffinamento. In esso sono ben visibili e distinti il main program e le varie function e subroutine che esso chiama. 54 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione 55 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione 3.6 Fase di editing e descrizione del codice Dall’analisi del flow chart generale emerge la presenza del modulo denominato Shared. Questo modulo definito in testa al programma è condiviso dal main program e da tutti i sottoprogrammi perché contiene una serie parametri ricorrenti ed in particolare definisce la precisione delle variabili reali delle quali il codice fa largo uso nella definizione di tutte le grandezze caratteristiche. Un problema importante che bisogna risolvere, quando si trasferisce un programma Fortran da un computer all’altro è che i termini in singola e doppia precisione non sono definiti con esattezza perché il numero di bit associati ai tipi di dati REAL varia da un computer all’altro. E’ possibile superare quest’ambiguità attraverso una funzione intrinseca del Fortran 90/95 per selezionare automaticamente il tipo appropriato di valore reale, quando un programma viene trasferito da una macchina ad un’altra. Questa funzione si chiama SELECT_REAL_KIND e quando viene eseguita, restituisce il numero del parametro KIND del più piccolo valore reale che soddisfa il range e la precisione richiesti da un particolare processore. La forma più generale di questa funzione è: numero_di KIND= SELECT_REAL_KIND (p=precisione, r=range) dove precisione è il numero di cifre decimali della precisione richiesta e range è l’intervallo richiesto per gli esponenti delle potenze di 10. Inoltre il modulo Shared contiene altri parametri quali il numero degli intervalli per le function d’integrazione, la precisione e gli estremi per le 56 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione subroutine di ricerca delle radici che usano il metodo delle secanti, il numero di punti per le function d’interpolazione ed una serie di grandezze costanti. MODULE shared INTEGER,PARAMETER::dp=selected_real_kind(13,200) ! selected_real_kind(15) INTEGER, PARAMETER :: n=100 !the number of intervals of integration INTEGER, PARAMETER :: MAXIT=25 !the number of iterations INTEGER, PARAMETER :: nval = 40 !the number of interpolation INTEGER, PARAMETER:: n1 = 11 !the number of value of arrays REAL(dp), PARAMETER :: pi=3.14159265358979_dp REAL(dp), PARAMETER :: delta=0.001 !the amplitude of the sinusoid REAL(dp), PARAMETER :: tetamin = pi/3._dp REAL(dp), PARAMETER :: tetamax = pi REAL(dp), PARAMETER ::beta0 = 10._dp * pi/180._dp !the groove angle of undeformed pulley REAL(dp), PARAMETER ::mi=0.1_dp !friction coefficient beetween metal blocks and pulley REAL(dp), PARAMETER :: xi=0.2_dp !dimensionless force ratio REAL(dp), PARAMETER::vxi0=-0.5_dp !dimensionless tangential velocity of belt REAL(dp), PARAMETER :: precision=0.0005_dp REAL(dp), PARAMETER :: ext1=0.0_dp !extreme value of thetac function REAL(dp), PARAMETER :: ext2=pi REAL(dp), PARAMETER::extr1=1.9_dp !extreme value of metsectetac subroutine REAL(dp), PARAMETER :: extr2=2.1_dp REAL(dp), PARAMETER::extreme1=-1.0_dp !extreme value of mtesecesp subroutine REAL(dp), PARAMETER:: extreme2=0.0_dp INTEGER, PARAMETER:: lenghtmatrix=50 END MODULE shared Per quanto riguarda il main program, come già accennato nel paragrafo 3.2, esso si compone di due cicli iterativi concatenati; quello esterno simula la variazione di velocità del raggio di avvolgimento della cinghia attorno alla puleggia in esame, facendo variare il parametro A in una serie di valori impostati, mentre quello interno preleva i valori di input , da una serie di n+1 valori tra - c min)/n, c min e c max c di input, denominato inclusi, con incremento ( c c max e si calcola con l’ausilio di apposite function i parametri adimensionali definiti nel modello teorico: , V , Vr, , f, k, p , esp , 57 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione quest’ultimo definito come l’integrale tra 0 e del parametro f , k = exp(esp), e infine il parametro di spinta. Il ciclo DO interno richiama la subroutine ricorsiva metsecesp(x1,x2,xacc) di ricerca delle radici. Questo sottoprogramma riceve in input i parametri x1=estremo inferiore, x2=estremo superiore, e xacc che rappresenta la precisione di ricerca, ovvero la massima differenza tra ascisse e ordinate, del punto della funzione e del punto d’intersezione tra questa e l’asse delle x, che fa terminare la ricerca. RECURSIVE SUBROUTINE metsecesp(x1,x2,xacc) !Find root by secant method! USE shared IMPLICIT NONE INTEGER i REAL (dp) :: rtsecesp REAL (dp), intent(in) :: x1 REAL (dp), intent(in) :: x2 REAL (dp), intent(in) :: xacc !Using the secant method, find the root of a function thought to lie between x1 and !x2. The root, returned as rtsecesp, is refined until its accuracy is ±xacc. REAL(dp) :: dx,f,fl,swap,xl fl= calc_esp(pi,tetac,x1) - log(xi) f = calc_esp(pi,tetac,x2) - log(xi) if(ABS(f).lt.ABS(fl))then !Pick the bound with the smaller function value !as the most recent guess. rtsecesp=x1 xl=x2 swap=fl fl=f f=swap else xl=x1 rtsecesp=x2 endif dx=(xl-rtsecesp)*f/(f-fl) i=0 do While (xacc.lt.ABS(dx).and.xacc.lt.ABS(f).and.i.lt.MAXIT) !Secant loop. i=i+1 rtsecesp=rtsecesp+dx f = calc_esp(pi,tetac,rtsecesp) - log(xi) 58 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione if(ABS(f).lt.ABS(fl))then swap=rtsecesp rtsecesp=xl xl=swap swap=fl fl=f f=swap end if dx=(xl-rtsecesp)*f/(f-fl) End do if (MAXIT.lt.i)then Call metsecesp(x1+0.5_dp,x2-0.5_dp,xacc*10) End if vteta0_out = rtsecesp END SUBROUTINE metsecesp Come si nota dal segmento di codice che definisce la subroutine, è stato necessario rendere ricorsiva questa procedura al fine di richiamare la stessa con nuovi estremi ogni qual volta questa falliva nella ricerca delle radici, naturalmente rispettando un massimo di chiamate a se stessa stabilito dal parametro MAXIT nel modulo Shared, per evitare il loop infinito. Di subroutine per la ricerca delle radici ne sono state previste due metsecesp che abbiamo già descritto e metsectetac uguale alla precedente tranne che per la funzione di cui si vuole ricercare le radici ovvero f= arcinterp(x1) - x1 dove arcinterp(x1) è la function che restituisce il valore ottenuto dall’interpolazione di c output, mentre x1 è l’estremo inferiore di c input che è passato alla subroutine. Per quanto concerne il calcolo delle grandezze adimensionali utili ai fini della simulazione, sono state definite delle function alle quali vengono passati opportuni parametri per indirizzo e che sfruttano le relazioni già viste nel modello matematico. Ad esempio: FUNCTION calc_beta (te, tec) USE shared IMPLICIT NONE 59 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione REAL (dp) :: calc_beta REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec calc_beta = beta0 + 0.5 * delta * SIN(te-tec+pi/2) END FUNCTION calc_beta che calcola il valore di in accordo con la formula proposta da Sattler ([7]). A questa function vengono passati ai parametri te e tec, definiti localmente, gli indirizzi delle posizioni di memoria che contengono i valori attuali assunti dalle variabili globali e c. I parametri locali (ovvero definiti all’interno della function e usati solo da questa) te e tec per loro definizione (REAL (dp), intent (in) :: te) non possono essere modificati all’interno della function stessa. Per quanto riguarda l’operazione di integrazione definita, sono state implementate delle apposite function per ogni funzione integranda. Ad esempio: FUNCTION integraf (a,b,te,tec,vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp), intent(in) :: a REAL (dp), intent(in) :: b REAL (dp), intent (in):: te REAL (dp), intent (in):: tec REAL (dp), intent (in):: vte0 REAL (dp) :: s, del, sum REAL (dp) :: integraf del = (b-a)/n integraf =0 sum=0 x= a + del/2._dp do j = 1, n sum=sum + calc_f(x,tec,vte0) x = x + del end do integraf = sum * del END FUNCTION integraf 60 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione alla quale vengono passati sempre per indirizzo della locazione di memoria occupata i valori degli estremi di integrazione a, b, ed i valori delle grandezze e υ~ . La function approssima il valore dell’integrale sommando l’area c θ0 degli n rettangoli ottenuti dividendendo in n intervalli la funzione integranda. Come già accennato nei metodi matematici usati, la procedura di interpolazione codifica il metodo a spline cubiche con algoritmo di Thomas. FUNCTION pinterp (te,tec,vte0) !This function implements the cubic spline interpolation with the algorithm of Thomas USE Shared IMPLICIT NONE REAL (dp), intent(in):: te REAL (dp), intent(in):: tec REAL (dp), intent(in):: vte0 REAL(dp) ::pinterp,x1,fx1,y1 REAL(dp), DIMENSION (nval) :: x = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: fx =(/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: a = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: b = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: c = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: d = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: r = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: t = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: y = (/ (0,i=1,nval) /) INTEGER :: i x(1)= ext1 do i=2,nval x(i)= x(i-1) + ext2/nval end do do i=1,nval fx(i)= calc_p (x(i), tec, vte0) end do !Calculation Ai,Bi,Ci,Di coefficients of the tridiagonal tridiagonale do i=2,(nval-1) a(i)=x(i)-x(i-1) b(i)=2 *(x(i+1)-x(i-1)) c(i)=(x(i+1)-x(i)) d(i)=(6*(fx(i+1)-fx(i)))/(x(i+1)-x(i))+(6*(fx(i-1)-fx(i)))/(x(i)-x(i-1)) end do !Implementation of the algorithm of Thomas r(nval)=0. 61 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione t(nval)=0. do i=2,(nval)-1 j=(nval-i+1) r(j)=(-a(j))/(b(j)+c(j)*r(j+1)) t(j)=(d(j)-c(j)*t(j+1))/(b(j)+c(j)*r(j+1)) enddo !Calculation of second derived through recoursive formula y(1)=0. y(nval)=0. do i=2,(nval-1) y(i)=r(i)*y(i-1)+t(i) enddo !Calculation of value of the interpolation spline in generic point do i=1,(nval-1) if((x(i).le.te).and.(te.le.x(i+1))) then y1=(y(i)/(6*(x(i+1)-x(i))))*(x(i+1)-te)**3+(y(i+1)/(6*(x(i+1)-x(i))))* & & (te-x(i))**3+(fx(i)/(x(i+1)-x(i))-y(i)*(x(i+1)-x(i))/6)*& &(x(i+1)-te)+(fx(i+1)/(x(i+1)-x(i))-y(i+1)*(x(i+1)-x(i))/6)*& &(te-x(i)) exit endif enddo pinterp=y1 END FUNCTION pinterp Di subroutine d’interpolazione ne sono state previste due una per individuare una funzione interpolante per gli i-esimi punti individuati dal valore del parametro adimensionale p (fx(i)= calc_p (x(i), tec, vte0) in funzione di =x(i), che a sua volta è stato preso in una serie di valori tra 0 e con incremento /nval (nval= numero di punti d’interpolazione), e l’altra per la determinazione della funzione interpolante degli i-esimi punti individuati da c output e c input e caricati rispettivamente nei vettori arctanin(i) e tetacin(i). I risultati ottenuti dalla simulazione ovvero i valori di c ,υ~θ 0 e spinta in funzione di A, sono stati poi caricati all’interno di un file dati denominato “result.dat” così come i corrispondenti valori dei parametri k, e p che sono stati memorizzati all’interno dei file “k.dat”, “gamma.dat” e “ p.dat”. Viene riportato di seguito il codice completo: 62 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione !Modules declaration MODULE shared INTEGER, PARAMETER :: dp= selected_real_kind(13,200) !selected_real_kind(15) INTEGER, PARAMETER :: n=100 !the number of intervals of integration INTEGER, PARAMETER :: MAXIT=25 !the number of iterations INTEGER, PARAMETER :: nval = 40 !the number of interpolation INTEGER, PARAMETER :: n1 = 11 !the number of value of arrays REAL(dp), PARAMETER :: pi=3.14159265358979_dp REAL(dp), PARAMETER :: delta=0.001 !the amplitude of the sinusoid REAL(dp), PARAMETER :: tetamin = pi/3._dp REAL(dp), PARAMETER :: tetamax = pi REAL(dp), PARAMETER :: beta0 = 10._dp * pi/180._dp !the groove angle of undeformed pulley REAL(dp), PARAMETER :: mi=0.1_dp !friction coefficient beetween metal blocks and pulley REAL(dp), PARAMETER :: xi=0.2_dp !dimensionless force ratio REAL(dp), PARAMETER :: vxi0=-0.5_dp !dimensionless tangential velocity of belt REAL(dp), PARAMETER :: precision=0.0005_dp REAL(dp), PARAMETER :: ext1=0.0_dp !extreme value of thetac function REAL(dp), PARAMETER :: ext2=pi REAL(dp), PARAMETER :: extr1=1.9_dp !extreme value of metsectetac !subroutine REAL(dp), PARAMETER :: extr2=2.1_dp REAL(dp), PARAMETER :: extreme1=-1.0_dp !extreme value of mtesecesp !subroutine REAL(dp), PARAMETER :: extreme2=0.0_dp INTEGER, PARAMETER :: lenghtmatrix=50 END MODULE shared !End module declaration PROGRAM automatic_model USE shared !********************************************************************* !* Programmer ******* Tutor programmer * !* ===========================================================* !* de Gennaro Francesco ******* Ing. Carbone Giuseppe * !********************************************************************* IMPLICIT NONE !global variables declaration !-----------------------------------------------------------------------REAL(dp) :: beta !the pulley half-opening angle REAL(dp) :: teta !the angular coordinate REAL(dp) :: vteta0, vteta, vteta0_out !dimensionless tangential velocity !of belt in undeformed pulley REAL(dp) :: vr !dimensionless radial velocity of belt 63 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione REAL(dp) :: ag !parameter relating the rate of change of pitch radius REAL(dp) :: tetac !the center of the wedge expansion REAL(dp) :: gamma !the sliding angle REAL(dp) :: k !dimensionless tension REAL(dp) :: p !dimensionless pressure REAL(dp) :: f, x, tetacont !auxliary variables REAL(dp) :: spinta, sp ,esp !dimensionless axial thrust INTEGER :: i , j , cont !variables counter CHARACTER:: aspetta !auxliary variables REAL (dp), DIMENSION (n1) :: tetacin = (/ (0,i=1,n1) /) !the input value of tetac REAL (dp), DIMENSION (n1) :: arctanin = (/ (0,i=1,n1) /) !the output value of !tetac REAL (dp), DIMENSION (n1) :: speed = (/ (0,i=1,n1) /) !the output value of !dimensionless tangential velocity of belt !in undeformed pulley REAL (dp), DIMENSION (2,lenghtmatrix+1) :: k_result = RESHAPE ((/ (0,i=1,2*(lenghtmatrix+1)) /),(/2,lenghtmatrix+1/)) !the output value of k REAL (dp), DIMENSION (2,lenghtmatrix+1) :: p_result = RESHAPE ((/ (0,i=1,2*(lenghtmatrix+1)) /),(/2,lenghtmatrix+1/))!the output value of p REAL (dp), DIMENSION (2,lenghtmatrix+1) :: gamma_result =RESHAPE((/ (0,i=1,2*(lenghtmatrix+1)) /),(/2,lenghtmatrix+1/))!the output value of gamma INTEGER :: ierror CHARACTER (len=6) :: k_file; CHARACTER (len=6) :: p_file; CHARACTER (len=10) :: gamma_file; CHARACTER (len=11) :: risult_file; k_file= ' k.dat' p_file= ' p.dat' gamma_file= ' gamma.dat' risult_file= ' risult.dat' !-----------------------------------------------------------------------!End global variables definition !Start main program tetacin(1)= tetamin OPEN (UNIT=8, FILE= k_file, STATUS=' Replace' , IOSTAT=ierror) OPEN (UNIT=9, FILE= p_file, STATUS=' Replace' , IOSTAT=ierror) OPEN (UNIT=10, FILE= gamma_file, STATUS=' Replace' , IOSTAT=ierror) OPEN (UNIT=11, FILE= risult_file, STATUS=' Replace' , IOSTAT=ierror) Do i = 2,n1 tetacin(i)= tetacin(i-1) + (tetamax-tetamin)/(n1-1) End do spinta=0.0_dp tetacont=0.0_dp ACTION=' Write' , ACTION=' Write' , ACTION=' Write' , ACTION=' Write' , 64 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione ag=0.45_dp Do While (ag < 1.5_dp) Write(*,7) ag 7 Format (" A= ", F4.2) Do i =1,n1 tetac=tetacin(i) Call metsecesp(vxi0 - 0.5_dp,vxi0 + 0.5_dp,precision) speed(i)= vteta0_out arctanin(i)= thetac(ext1,ext2,tetac,speed(i)) Write (*,1) speed(i), tetac, arctanin(i) 1 Format ("vteta0= ", F9.6, " tetac=", F9.6," tetac calcolato=", F9.6) End Do Call metsectetac(extr1,extr2,precision) Call metsecesp(extreme1,extreme2,precision) spinta = calc_spinta (tetac, vteta0_out) Write (*,*) Write (*,2) tetac, vteta0_out, spinta 2 Format ("tetac = ", F9.6," vteta0_out=", F9.6," spinta=", F9.6 ) Write (11,3) ag, tetac, vteta0_out, spinta 3 Format (" A= ", F4.2, " tetac = ", F9.6, " vteta0_out=", F9.6, " spinta=", F9.6 ) tetacont=0.0_dp cont=1 Do While (tetacont<pi+pi/lenghtmatrix) k_result(1,cont)= tetacont k_result(2,cont)= calc_k(tetacont,tetac,vteta0_out) Write (8,4) k_result (1,cont) , k_result (2,cont) 4 Format (F9.6,F9.6) p_result(1,cont)= tetacont p_result(2,cont)= calc_p(tetacont,tetac,vteta0_out) Write (9,5) p_result (1,cont) , p_result (2,cont) 5 Format (F9.6,F9.6) gamma_result(1,cont)= tetacont gamma_result(2,cont)= calc_gamma(tetacont,tetac,vteta0_out) Write (10,6) gamma_result (1,cont) , gamma_result (2,cont) 6 Format (F9.6,F9.6) tetacont=tetacont+pi/lenghtmatrix cont=cont+1 End do Write (8,*) Write (8,*) Write (9,*) Write (9,*) Write (10,*) Write (10,*) pause ag=ag+0.15_dp End do 65 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione CLOSE (unit=8) CLOSE (unit=9) CLOSE (unit=10) CLOSE (unit=11) CONTAINS !------------------------------------------------------------------------!Subroutines and functions definition! !------------------------------------------------------------------------FUNCTION calc_beta (te, tec) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp) :: calc_beta REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec calc_beta = beta0 + 0.5 * delta * SIN(te-tec+pi/2) END FUNCTION calc_beta !------------------------------------------------------------------------FUNCTION calc_vteta (te, tec, vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp) :: calc_vteta REAL (dp), intent (in) :: vte0 REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec calc_vteta = vte0 - ag*te + 2 * SIN(te/2) * COS(te/2 + pi/2 - tec) END FUNCTION calc_vteta !------------------------------------------------------------------------FUNCTION calc_vr (te, tec) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp):: calc_vr REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec calc_vr = ag - COS(te - tec + pi/2) END FUNCTION calc_vr !------------------------------------------------------------------------FUNCTION calc_gamma (te, tec, vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp) :: calc_gamma REAL (dp) :: V_r, V_teta, ang, div 66 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec REAL (dp), intent (in) :: vte0 V_r = calc_vr (te, tec) V_teta = calc_vteta (te, tec, vte0) div = V_teta / V_r ang = ATAN (div) if (V_r .lt. 0) then calc_gamma = ang + pi else calc_gamma = ang end if END FUNCTION calc_gamma !-----------------------------------------------------------------------FUNCTION calc_f (te,tec,vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp) :: calc_f, angle, aux REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec REAL (dp), intent (in) :: vte0 angle = calc_gamma (te, tec, vte0) aux= SQRT(1 + (TAN(beta0))**2 * (COS(angle))**2) calc_f = (mi*SIN(angle))/(SIN(beta0)* aux - mi * COS(angle)) END FUNCTION calc_f !-----------------------------------------------------------------------FUNCTION integraf (a,b,te,tec,vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp), intent(in) :: a REAL (dp), intent(in) :: b REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec REAL (dp), intent (in) :: vte0 REAL (dp) :: s, del, sum REAL (dp) :: integraf del = (b-a)/n integraf =0 sum=0 x= a + del/2._dp do j = 1, n sum=sum + calc_f(x,tec,vte0) x = x + del end do 67 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione integraf = sum * del END FUNCTION integraf !-----------------------------------------------------------------------FUNCTION calc_esp (te,tec, vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp) :: calc_esp REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec REAL (dp), intent (in) :: vte0 calc_esp = Integraf(0.0_dp,te,te,tec,vte0) END FUNCTION calc_esp !-----------------------------------------------------------------------FUNCTION calc_k (te, tec, vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp) :: calc_k REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec REAL (dp), intent (in) :: vte0 calc_k= EXP (calc_esp (te, tec, vte0)) END FUNCTION calc_k !-----------------------------------------------------------------------FUNCTION calc_p (te, tec, vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp) :: angle, aux, den, calc_p REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec REAL (dp), intent (in) :: vte0 angle = calc_gamma (te, tec, vte0) aux = SQRT(1 + (TAN(beta0))**2 * (COS(angle))**2) den = SIN(beta0)*aux - mi*COS(angle) calc_p = 0.5 * calc_k (te, tec, vte0)*aux /den END FUNCTION calc_p !------------------------------------------------------------------------FUNCTION calc_sp (te,tec,vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL(dp) :: aux, calc_sp, angle REAL (dp), intent (in) :: te REAL (dp), intent (in) :: tec 68 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione REAL (dp), intent (in) :: vte0 angle=calc_gamma(te, tec, vte0) aux=SQRT(1+(TAN(beta0))**2*(COS(angle))**2) calc_sp=(COS(beta0)+(mi*TAN(beta0)*COS(angle))/aux)*calc_p(te,tec, vte0) END FUNCTION calc_sp !-----------------------------------------------------------------------FUNCTION integrasp(a,b,tec,vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp), intent(in) :: a REAL (dp), intent(in) :: b REAL (dp), intent (in) :: tec REAL (dp), intent (in) :: vte0 REAL (dp) :: s, del, sum, x REAL (dp) :: integrasp del = (b-a)/n integrasp =0 sum=0 x=0 x= a + del/2._dp do j = 1, n sum=sum+ calc_sp(x,tec,vte0) x= x + del end do integrasp = sum * del END FUNCTION integrasp !------------------------------------------------------------------------FUNCTION calc_spinta (tec, vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp) :: calc_spinta REAL (dp), intent (in) :: tec REAL (dp), intent (in) :: vte0 calc_spinta = integrasp(0.0_dp,pi,tec,vte0) END FUNCTION calc_spinta !----------------------------------------------------------------------------RECURSIVE SUBROUTINE metsecesp(x1,x2,xacc) !Find root by secant method! Use shared INTEGER i REAL (dp) :: rtsecesp REAL (dp), intent(in) :: x1 REAL (dp), intent(in) :: x2 69 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione REAL (dp), intent(in) :: xacc !Using the secant method, find the root of a function thought to lie between x1 and !x2. The root, returned as rtsecesp, is refined until its accuracy is ±xacc. REAL(dp) :: dx,f,fl,swap,xl fl= calc_esp(pi,tetac,x1) - log(xi) f = calc_esp(pi,tetac,x2) - log(xi) if(ABS(f).lt.ABS(fl))then !Pick the bound with the smaller function value !as the most recent guess. rtsecesp=x1 xl=x2 swap=fl fl=f f=swap else xl=x1 rtsecesp=x2 endif dx=(xl-rtsecesp)*f/(f-fl) i=0 do While (xacc.lt.ABS(dx).and.xacc.lt.ABS(f).and.i.lt.MAXIT)!Secant loop. i=i+1 rtsecesp=rtsecesp+dx f = calc_esp(pi,tetac,rtsecesp) - log(xi) if(ABS(f).lt.ABS(fl))then swap=rtsecesp rtsecesp=xl xl=swap swap=fl fl=f f=swap end if dx=(xl-rtsecesp)*f/(f-fl) End do if (MAXIT.lt.i)then Call metsecesp(x1+0.5_dp,x2-0.5_dp,xacc*10) End if vteta0_out = rtsecesp END SUBROUTINE metsecesp !-----------------------------------------------------------------------FUNCTION pinterp (te,tec,vte0) !This function implements the cubic spline interpolation with the algorithm of Thomas USE Shared REAL (dp), intent(in):: te REAL (dp), intent(in):: tec REAL (dp), intent(in):: vte0 70 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione REAL(dp) ::pinterp,x1,fx1,y1 REAL(dp), DIMENSION (nval) :: x = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: fx =(/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: a = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: b = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: c = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: d = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: r = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: t = (/ (0,i=1,nval) /) REAL(dp), DIMENSION (nval) :: y = (/ (0,i=1,nval) /) INTEGER :: i x(1)= ext1 do i=2,nval x(i)= x(i-1) + ext2/nval end do do i=1,nval fx(i)= calc_p (x(i), tec, vte0) end do !Calculation Ai,Bi,Ci,Di coefficients of the tridiagonal tridiagonale do i=2,(nval-1) a(i)=x(i)-x(i-1) b(i)=2 *(x(i+1)-x(i-1)) c(i)=(x(i+1)-x(i)) d(i)=(6*(fx(i+1)-fx(i)))/(x(i+1)-x(i))+(6*(fx(i-1)-fx(i)))/(x(i)-x(i-1)) end do !Implementation of the algorithm of Thomas r(nval)=0. t(nval)=0. do i=2,(nval)-1 j=(nval-i+1) r(j)=(-a(j))/(b(j)+c(j)*r(j+1)) t(j)=(d(j)-c(j)*t(j+1))/(b(j)+c(j)*r(j+1)) enddo !Calculation of second derived through recoursive formula y(1)=0. y(nval)=0. do i=2,(nval-1) y(i)=r(i)*y(i-1)+t(i) enddo !Calculation of value of the interpolation spline in generic point do i=1,(nval-1) if((x(i).le.te).and.(te.le.x(i+1))) then y1=(y(i)/(6*(x(i+1)-x(i))))*(x(i+1)-te)**3+(y(i+1)/(6*(x(i+1)-x(i))))* & & (te-x(i))**3+(fx(i)/(x(i+1)-x(i))-y(i)*(x(i+1)-x(i))/6)*& &(x(i+1)-te)+(fx(i+1)/(x(i+1)-x(i))-y(i+1)*(x(i+1)-x(i))/6)*& &(te-x(i)) exit 71 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione endif enddo pinterp=y1 END FUNCTION pinterp !----------------------------------------------------------------------FUNCTION thetac(a,b,tec,vte0) USE shared IMPLICIT NONE REAL (dp) ::thetac REAL (dp), intent(in):: a REAL (dp), intent(in):: b REAL (dp), intent(in):: tec REAL (dp), intent(in):: vte0 REAL (dp) :: del, sum, x ,num, den REAL (dp) :: integrasp del = (b-a)/n num=0 sum=0 x= a + del/2._dp do j = 1, n sum=sum + pinterp(x,tec,vte0)*sin(x) x= x + del end do num = sum * del den=0 sum=0 x= a + del/2._dp do j = 1, n sum=sum + pinterp(x,tec,vte0)*cos(x) x= x + del end do den=sum*del thetac=num/den thetac=ATAN(thetac) !Calculate di final value of tetac if (den .lt. 0) then thetac = thetac + pi else thetac = thetac end if END FUNCTION thetac !---------------------------------------------------------------------------------FUNCTION arcinterp (tec) USE Shared REAL (dp), intent(in):: tec REAL(dp) ::arcinterp INTEGER :: i 72 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione REAL(dp) :: x1,fx1,y1 REAL(dp), DIMENSION (n1) :: a = (/ (0,i=1,n1) /) REAL(dp), DIMENSION (n1) :: b = (/ (0,i=1,n1) /) REAL(dp), DIMENSION (n1) :: c = (/ (0,i=1,n1) /) REAL(dp), DIMENSION (n1) :: d = (/ (0,i=1,n1) /) REAL(dp), DIMENSION (n1) :: r = (/ (0,i=1,n1) /) REAL(dp), DIMENSION (n1) :: t = (/ (0,i=1,n1) /) REAL(dp), DIMENSION (n1) :: y = (/ (0,i=1,n1) /) do i=2,(n1-1) a(i)=tetacin(i)-tetacin(i-1) b(i)=2*(tetacin(i+1)-tetacin(i-1)) c(i)=(tetacin(i+1)-tetacin(i)) d(i)=(6*(arctanin(i+1)-arctanin(i)))/(tetacin(i+1)tetacin(i))+(6*(arctanin(i-1)-arctanin(i)))/(tetacin(i)-tetacin(i-1)) end do r(n1)=0. t(n1)=0. do i=2,(n1-1) j=n1-i+1 r(j)=(-a(j))/(b(j)+c(j)*r(j+1)) t(j)=(d(j)-c(j)*t(j+1))/(b(j)+c(j)*r(j+1)) end do y(1)=0. y(n1)=0. do i=2,n1-1 y(i)=r(i)*y(i-1)+t(i) end do do i=1,(n1-1) if((tetacin(i).le.tec).and.(tec.le.tetacin(i+1))) then y1=(y(i)/(6*(tetacin(i+1)-tetacin(i))))*(tetacin(i+1)tec)**3+(y(i+1)/& &(6*(tetacin(i+1)-tetacin(i))))*(tectetacin(i))**3+(arctanin(i)/& &(tetacin(i+1)-tetacin(i))-y(i)*(tetacin(i+1)-tetacin(i))/6)*& &(tetacin(i+1)-tec)+(arctanin(i+1)/(tetacin(i+1)-tetacin(i))y(i+1)*& &(tetacin(i+1)-tetacin(i))/6)*(tec-tetacin(i)) exit end if end do arcinterp=y1 END FUNCTION arcinterp !---------------------------------------------------------------------------------RECURSIVE SUBROUTINE metsectetac(x1,x2,xacc) !Find root by secant method! 73 Capitolo 3 – Implementazione del codice di simulazione Use shared INTEGER i REAL (dp) :: rtsecesp REAL (dp), intent(in) :: x1 REAL (dp), intent(in) :: x2 REAL (dp), intent(in) :: xacc !Using the secant method, find the root of a function thought to lie between x1 and !x2. The root, returned as rtsecesp, is refined until its accuracy is ±xacc. REAL(dp) :: dx,f,fl,swap,xl fl= arcinterp(x1) - x1 f = arcinterp(x2) - x2 if(ABS(f).lt.ABS(fl))then !Pick the bound with the smaller function value !as the most recent guess. rtsecesp=x1 xl=x2 swap=fl fl=f f=swap else xl=x1 rtsecesp=x2 end if dx=(xl-rtsecesp)*f/(f-fl) i=0 do While (xacc.lt.ABS(dx).and.xacc.lt.ABS(f).and.i.lt.MAXIT)!Secant loop. i=i+1 rtsecesp=rtsecesp+dx f = arcinterp(rtsecesp) - rtsecesp if(ABS(f).lt.ABS(fl))then !Pick the bound with the smaller function value !as the most recent guess. swap=rtsecesp rtsecesp=xl xl=swap swap=fl fl=f f=swap end if dx=(xl-rtsecesp)*f/(f-fl) end do if (MAXIT.lt.i)then Call metsectetac(x1+0.5_dp,x2-0.5_dp,xacc*10) end if tetac = rtsecesp END SUBROUTINE metsectetac !-----------------------------------------------------------------------------------END PROGRAM automatic_model 74 Capitolo 4 – Analisi dei risultati 4.1 Risultati sperimentali Lo scopo di un attento studio sperimentale del variatore, condotto per meglio comprenderne tutti i possibili fenomeni che si manifestano durante il suo transitorio di funzionamento e per verificare la validità delle relazioni e del modello teorico messo a punto, ha spinto il gruppo di studio del CVT ad allestire, negli ultimi anni, un banco di prova (Fig. 4.1) presso la sezione di Progettazione Meccanica del Dipartimento d’Ingegneria Meccanica e Gestionale del Politecnico di Bari. La configurazione prevede l’alloggiamento del variatore in una belt-box (scatola nera in figura ), realizzata direttamente dalla Van Doorne, allo scopo di valutarne con maggiore accuratezza il comportamento dinamico. Lo studio eseguito negli ultimi anni sul banco è teso a migliorare i dispositivi elettrici, il circuito idraulico degli attuatori delle semipulegge mobili, i sistemi di controllo e quelli d’acquisizione e di sicurezza, Figura 4.1 - Banco di prova nel tentativo di rendere un’immagine complessiva, e per quanto possibile chiara, delle condizioni operative nelle quali sono state condotte le prove sperimentali, che saranno descritte più approfonditamente in seguito. Volendo dare una breve descrizione del banco prova, possiamo osservare come il moto è generato da un motore elettrico asincrono trifase a quattro poli, con alimentazione 380 V e 50 Hz e velocità tra 500 e 7500 RPM, 75 Capitolo 4 – Analisi dei risultati controllato da un convertitore statico di frequenza (inverter). L’inverter consente di comandare il motore e di ottenere un agevole controllo della velocità di rotazione. Un apposito quadro elettrico riporta l’alloggiamento del sistema di comando del motore in modo tale da garantire uno standard di sicurezza adeguato. Il banco inoltre è dotato di un freno elettromagnetico a polvere, che ha come scopo quello di consentire lo studio del comportamento del variatore sotto l’applicazione di una coppia frenante di entità variabile. Per consentire la misura sperimentale di coppia e velocità per gli alberi d’ingresso Figura 4.2 – Freno ed uscita, sul banco sono stati montati dei torsiotachimetri dotati elettromagnetico d’apposita apparecchiatura ausiliaria per l’alimentazione, la lettura, il controllo e la trasduzione del segnale con la possibilità di collegamento ai sistemi d’acquisizione del segnale d’uscita opportunamente amplificato. Gli alberi usati per trasmettere il moto sono stati realizzati in acciaio da bonifica non legato (C60), e sono a sezione circolare con Figura 4.3 – Giunti elastici diametro di 60 mm. Per garantire il montaggio isostatico degli alberi ed evitare errori di lettura dei torsimetri, sono stati utilizzati dei giunti elastici. Per sostenere gli alberi, inoltre, sono stati adottati cuscinetti e supporti Y prodotti dalla SKF, che oltretutto consentono di compensare i piccoli disallineamenti degli alberi stessi. Il banco prevede il rinvio del moto 76 Capitolo 4 – Analisi dei risultati proveniente dall’albero d’uscita della belt-box, ad un albero secondario, collegato al freno elettromagnetico. Per realizzare tale trasmissione è stata scelta una cinghia dentata la quale associa i vantaggi degli ingranaggi e della catena a quelli della cinghia di gomma, senza le limitazioni dovute al contatto metallo-metallo, all’interasse e Figura 4.4 – Cinghia dentata alla necessità di effettuare la lubrificazione. Il variatore CVT, oggetto delle prove eseguite sul banco, è stato fornito dalla casa produttrice Van Doorne ed è stato alloggiato all’interno della belt-box. Attraverso questa, gli attuatori comandati da opportuno circuito oleodinamico trasmettono le forze di chiusura alle semipulgge mobili e permettono l’azione di cambio. Il circuito oleodinamico è fisicamente separato dal resto del banco e alloggiato su un carrello mobile che comprende anche il serbatoio per l’olio. Figura 4.5 – Belt-box Figura 4.6 – Circuito idraulico Figura 4.7 – Vista complessiva del banco di prova 77 Capitolo 4 – Analisi dei risultati 4.2 Risultati del modello teorico CMM. Le prove sperimentali finora svolte con la finalità di comprendere appieno il comportamento del variatore, hanno confermato l’enorme precisione del modello teorico CMM con attrito coulombiano (Carbone, Mangialardi, Mantriota), descritto nell’articolo [4] e di cui si è ampiamente parlato nel capitolo 2. I risultati ottenuti con il suddetto modello, inoltre, sono ampiamente coerenti con quelli ricavati da Tenberge e riportati nel suo lavoro dal nome “Efficiency of Chain-CVTs at Constant at Variable Ratio “ [8]. La comparazione dei due modelli, che evidenzia la loro forte concordanza, è messa in risalto nelle figure 4.8 e 4.9, nelle quali si rappresenta l’andamento della velocità di slittamento e delle forze d’attrito ottenute da prove Figura 4.8 – Prove svolte con = 2.0, DR = 2000 RPM, R DR = 70.3 mm , R DN = 75.1 mm, Fmin = 2670 N, Fmax = 6228 N, 0 = 10°, e = 0.09 78 Capitolo 4 – Analisi dei risultati sperimentali condotte imponendo opportuni valori per le grandezze caratteristiche della trasmissione. Figura 4.9 – Prove svolte con = 0.5, DR = 2000 RPM, R DR = 35.1 mm , R DN = 70.2 mm, Fmin = 709 N, Fmax = 723 N, 4.3 0 = 10°, e = 0.09 Rappresentazione grafica dei risultati della simulazione Il passo successivo è stato quello di operare la simulazione mediante il codice implementato in questo lavoro di tesi per poi passare alla rappresentazione dei risultati ottenuti, ed al loro confronto con quelli ricavati con il modello CMM e con quelli presenti in letteratura tecnica. 79 Capitolo 4 – Analisi dei risultati Come già spiegato nel capitolo 3, la simulazione è stata condotta considerando una serie di valori per il parametro A, che contiene l’influenza della flessione della puleggia e quella della velocità di variazione del raggio primitivo della cinghia, e che è proporzionale alla grandezza w. La condizione A=0 descrive il caso di comportamento stazionario, mentre, durante le fasi di variazione del raggio primitivo, man mano che tende a zero (cioè A ± ), il comportamento del sistema diventa sempre più simile a quello predetto per il caso di pulegge indeformabili, e osservabile nel fenomeno slip mode (capitolo 2). Per quanto riguarda il calcolo dell’angolo c, il quale rappresenta la posizione del punto dove si annulla la velocità radiale della cinghia, esso dipende dalla distribuzione di pressioni lungo tutto l’arco di contatto e anche dalle proprietà elastiche delle pulegge. Sebbene un calcolo esatto di c richieda, ad esempio un’analisi agli elementi finiti, esso tuttavia è calcolato, con buona approssimazione, dalla direzione del momento flettente, valutato rispetto al vertice delle semipulegge coniche. Le uniche forze che contribuiscono a generare questo momento sono le forze di pressione, mentre quelle d’attrito contribuiscono soltanto a generare la coppia assiale. Pertanto, c viene calcolato semplicemente considerando la posizione angolare del vettore risultante della distribuzione di pressioni, dato da: α tan θ c = 0 α 0 Nella precedente relazione ~ p ⋅ sin θ ⋅ dθ ~ p ⋅ cos θ ⋅ dθ rappresenta l’estensione dell’arco di contatto. Tenendo conto della relazione (29) ricavata nel paragrafo 2.9 è stato possibile, inoltre, calcolare al variare di . 80 Capitolo 4 – Analisi dei risultati Tramite l’integrazione numerica, è poi stato possibile ottenere la tensione adimensionalizzata k in funzione di , A, e υ~ θ0 Sempre in accordo con il sistema d’equazioni risolutivo espresso nel paragrafo 2.9 si è ricavato Pertanto, dopo aver scelto un valore da attribuire all’estensione dell’arco di contatto, è stato possibile calcolare il parametro in funzione di A e di υ~ c θ0 ottenendo così: relazioni che mostrano come il comportamento del sistema cinghia dipende dai parametri: υ~ e A. θ0 Introdotto poi il parametro già descritto nel paragrafo 2.10 come F2 − σ ⋅ ω 2 ⋅ R 2 ξ= F1 − σ ⋅ ω 2 ⋅ R 2 ove F1 e F2 rappresentano la tensione agente sulla cinghia in corrispondenza delle sezioni relative al punto in cui la stessa, rispettivamente entra in contatto con la puleggia e la abbandona, ed avendo indicato con F0 la tensione corrispondente a θ = 0, risulta: F0 = F1 ξ = κ 2 (υ~0 , A) 81 Capitolo 4 – Analisi dei risultati Pertanto si è risolto il sistema d’equazioni ricavato in funzione di υ~θ 0 con le distribuzioni di pressione e tensione dipendenti dai seguenti parametri: κ = κ (θ , ξ , A) ~ p=~ p (θ , ξ , A) Inoltre, come si è in precedenza avuto modo di osservare, particolare importanza riveste, nello studio del transitorio di una trasmissione CVT, la possibilità di poter conoscere l’esatto valore da assegnare alle spinte assiali, in relazione alle diverse condizioni di funzionamento che possono manifestarsi. La suddetta conoscenza costituisce probabilmente il più significativo fra i possibili risultati che possono emergere dall’analisi del modello, in quanto essa potrebbe migliorare significativamente il rendimento del sistema. In effetti, tramite la risoluzione dell’ormai noto sistema d’equazioni descrittive del comportamento dinamico del sistema, si è potuto mettere in luce l’andamento del parametro δ, che ricordiamo essere la spinta assiale adimensionalizzata, al variare della coppia trasmessa dal sistema e al variare del parametro A. I risultati ottenuti da simulazioni con modello CMM, evidenziano il seguente andamento del parametro adimensionale di spinta in funzione del ln( ) al variare di A: 82 Capitolo 4 – Analisi dei risultati dove sono ben visibili le zone di valori inaccettabili per la spinta e quindi i valori limite inferiore e superiore per ln( ). La simulazione condotta in questo lavoro di tesi, per quel che concerne l’andamento del parametro adimensionale di spinta Figura 4.10 – Andamento di con : 0 = 10°, al variare di A ed in = 0.1, A= -1.5 ÷ 1.5, ln( ) = -1.7 ÷ 1.7 83 Capitolo 4 – Analisi dei risultati funzione del ln( ), ha prodotto come risultato il diagramma in figura 4.10; tale diagramma è stato ricavato modificando il codice di partenza, che prevedeva il calcolo delle variabili di output imponendo un valore costante per la coppia ( ln( ) ); quindi è stato editato un nuovo codice, sulla base del primo, con lo scopo di ottenere l’andamento del parametro di spinta al variare del ln( ). Il codice di riferimento per le prove di simulazione, sarà pertanto quello denominato codice_curve.f90 riportato nella cartella dal nome simulazione. Come si osserva dalla figura 4.10, esiste un’ottima concordanza di risultati tra la simulazione condotta ed il modello CMM, anche se, come vedremo meglio in seguito il modello considerato, con attrito visco-plastico, richiede pressioni mediamente maggiori di quelle richieste dal modello CMM con attrito coulombiano. Si mostrano, adesso, gli andamenti dei parametri adimensionali k, p e , caricati all’interno di tre appositi file durante la simulazione e ottenuti al variare dell’ascissa angolare , lungo tutto l’arco d’avvolgimento della Figura 4.11 – Andamento di k con : 0 = 10°, =0÷ = 0.1, A = -1.5, ln( ) = -1.7 ÷ 1.1, 84 Capitolo 4 – Analisi dei risultati cinghia (0- ) imponendo dei valori per A e ln( ). Figura 4.12 – Andamento di k con : 0 = 10°, = 0.1, A = -0.3, ln( ) = -1.7 ÷ 1.1, =0÷ Figura 4.14 – Andamento di k con : 0 = 10°, =0÷ = 0.1, A = 0.3, ln( ) = -1.7 ÷ 0.7, 85 Capitolo 4 – Analisi dei risultati Figura 4.13 – Andamento di k con : 0 = 10°, = 0.1, A = 1.5, ln( ) = -1.7 ÷ 1.1, =0÷ Figura 4.15 – Andamento di p con : 0 = 10°, = 0.1, A = -1.5, ln( ) = -1.7 ÷ 1.1, =0÷ 86 Capitolo 4 – Analisi dei risultati Figura 4.16-Andamento di p con : 0 = 10°, = 0.1, A = -0.3, ln( ) = -1.7 ÷ 1.1, =0÷ Figura 4.18 – Andamento di p con : 0 = 10°, = 0.1, A = 0.3, ln( ) = -1.7 ÷ 1.1, =0÷ 87 Capitolo 4 – Analisi dei risultati Figura 4.17 – Andamento di p con : 0 = 10°, = 0.1, A= 1.5, ln( ) = -1.7 ÷ 1.1, =0÷ Figura 4.19 – Andamento di con : 0 = 10°, = 0.1, A = -1.5, ln( ) = -1.7 ÷ 1.1, =0÷ 88 Capitolo 4 – Analisi dei risultati Figura 4.20 – Andamento di con : 0 = 10°, = 0.1, A = 1.5, ln( ) = -1.7 ÷ 1.1, =0÷ 4.4 Discussione dei risultati della simulazione Alla luce di quanto appare nella figura 4.10 è possibile innanzitutto osservare che a parità di coppia trasmessa, ovvero mantenendo costante il ln(ξ), la spinta assiale δ cresce al crescere di A. Conoscendo la natura del parametro A, è possibile trarre le seguenti considerazioni: essendo A direttamente proporzionale a w, ne consegue che al crescere della rapidità di variazione del rapporto di trasmissione, deve crescere la spinta assiale fornita dagli attuatori; inoltre, essendo A inversamente proporzionale a ∆, che si ricorda essere la massima variazione 89 Capitolo 4 – Analisi dei risultati dell’angolo di apertura delle semi-pulegge dovuta alla deformazione, ne consegue che la variazione del rapporto di trasmissione è tanto più difficoltosa quanto più è grande la rigidezza flessionale delle pulegge. Infatti, nell’ipotesi di mantenere costante la velocità di variazione del rapporto, ovvero w, un incremento della rigidezza flessionale delle pulegge si tradurrebbe in una corrispondente riduzione della loro deformabilità e dunque in una riduzione di ∆. Ne deriverebbe un aumento di A, ed essendo la coppia trasmessa costante, ciò si tradurrebbe in una richiesta di spinte assiali di valore più elevato. Questo dimostra che la deformabilità delle pulegge gioca un ruolo di primo ordine nell’ambito della risposta del sistema. Dalla figura 4.11 si osserva come all’aumentare della coppia trasmessa, ed al veloce decrescere della rapidità di variazione del rapporto di trasmissione (A=-1.5), il parametro k decresce, sulla puleggia motrice, con l’aumentare dell’ascissa angolare , in accordo con l’andamento della tensione lungo l’arco d’avvolgimento della cinghia al diminuire della spinta applicata sulla puleggia. Osservando invece la figura 4.14, dove è elevata la velocità di variazione del rapporto di trasmissione ( A=1.5), è visibile, con l’aumentare dell’ascissa angolare, un primo tratto di graduale crescita delle tensioni dipendente ovviamente dal valore di coppia trasmessa, e poi dopo aver raggiunto un massimo, un calo graduale fino alla sezione di abbandono della cinghia. Naturalmente è predominante il tratto di crescita delle tensioni sulla puleggia condotta e viceversa su quella motrice. Per quanto riguarda la distribuzione delle pressioni, si nota dal diagramma di figura 4.17, e per A=0.3, un salto nell’andamento di p, per ln(ξ)= - 0.9, in corrispondenza di =1.55 rad ovvero per =88.8°. Tale andamento irregolare è stato causato solo da uno step di integrazione su non sufficientemente 90 Capitolo 4 – Analisi dei risultati piccolo ma comunque corrisponde ad un reale andamento della pressione rapidamente variabile in corrispondenza della coordinata angolare =1.55. Nel diagramma di figura 4.19 che rappresenta l’andamento dell’angolo di scorrimento cinghia-puleggia al variare della coppia trasmessa e per A = - 1.5, si osserva invece che per ln(ξ) = - 0.9 e -0.5 l’andamento di risulta non rettilineo su tutto l’arco di avvolgimento. Un tale andamento non risulta fisicamente accettabile ed è stato originato da un problema di convergenza del metodo delle secanti utilizzato nel codice di calcolo. Sempre dalla stessa figura è poi visibile l’andamento di per ln(ξ)= - 1.7 in cui la coppia sulla puleggia motrice è elevata quindi la velocità di scorrimento in corrispondenza di = 0 è quasi priva di componente radiale infatti = 4,55 cioè 273°. L’angolo di scorrimento ha un andamento quasi lineare se si eccettua un lieve aumento in prossimità dell’angolo di abbandono della cinghia provocato dalla deformazione delle pulegge. 91 Conclusioni Conclusioni Il presente lavoro di tesi ha avuto il preciso scopo di sviluppare un codice di calcolo in ambiente Fortran 90 che permetta di analizzare il comportamento dinamico del variatore CVT a pulegge espandibili. Il codice è basato sul modello CMM sviluppato dai proff. Carbone, Mangialardi e Mantriota del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale del Politecnico di Bari (DIMeG). Il modello, la cui validità e correttezza è stata ultimamente dimostrata da un’intensa attività sperimentale, presenta il vantaggio di essere estremamente flessibile nel senso che risulta in grado di predire il comportamento dinamico dei variatori a pulegge espandibili qualunque sia la cinghia metallica utilizzata per trasmettere il moto: a tasselli e anelli di contenimento, a catena e così via. Un ulteriore vantaggio del modello riguarda la sua relativa semplicità che permette di individuare i parametri fondamentali e le grandezze fisiche che influenza in maniera più “pesante” il comportamento dinamico del variatore. La semplicità del modello ha una notevole ricaduta per ciò che concerne i tempi di calcolo che risultano estremamente ridotti. L’utilità del codice sviluppato è peraltro testimoniata da una collaborazione in fase di perfezionamento tra il gruppo di lavoro sulle trasmissioni meccaniche del DIMeG e le aziende manifatturiere Gear Chain Industrial B.V. (Nuenen, Paesi Bassi) e la JTEKT Co., Ltd (Kashihara, Giappone) quest’ultima controllata da Toyota. L’interesse di tali aziende è legato alla possibilità di migliorare le strategie di gestione del CVT, che ora può ottenersi in quanto sono stati compresi tutti i 92 Conclusioni fenomeni che governano il trasferimento del moto fra gli elementi mobili della trasmissione, ovvero cinghia o catena e pulegge. Il software sviluppato è stato testato mediante confronto con i dati già precedentemente calcolati e verificati dal gruppo di lavoro sulle trasmissioni meccaniche del DIMeG, confermando così i risultati presenti in letteratura tecnica e quelli ottenuti tramite il modello teorico (CMM). Il codice inoltre ha evidenziato come la risposta dinamica del sistema in transitorio sia influenzata dalla deformabilità flessionale delle pulegge. Infatti, dai risultati ottenuti si è potuto rilevare come la deformabilità delle pulegge possa sensibilmente modificare l’andamento delle forze di chiusura delle pulegge al variare della coppia trasmessa e della velocità di variazione del rapporto. Alla luce dei risultati ottenuti con il nuovo codice, si può affermare, che gli scopi prefissati sono stati abbondantemente raggiunti, anche se in alcuni casi particolari permane un piccolo difetto di convergenza inerente al segmento di programma che si occupa della ricerca delle radici, per equazioni non lineari, con il “metodo delle secanti”. Perfezionare il codice implementato e creare un interfaccia grafica per l’utente saranno le mete da raggiungere nel prosieguo del lavoro post-laurea, al fine di rendere l’utilizzo del software molto semplice da usare anche da parte di operatori poco esperti. 93 Bibliografia [1] TURSI CARLO – Confronto teorico sperimentale del comportamento dinamico di un variatore a cinghia metallica – Tesi di Laurea 2005. [2] CARBONE G., MANGIALARDI L., MANTRIOTA G., “Theoretical Model of Metal V-Belt Drives During Rapid Ratio Changing”, ASME Journal of Mechanical Design, vol. 123, pp. 111-117, March 2001. [3] CARBONE G., MANGIALARDI L., MANTRIOTA G., “EHL viscoplastic friction model in CVT shifting behaviour”, Int. J. Of Vehicle Design, Vol. 33, 2003. [4] CARBONE G., MANGIALARDI L., MANTRIOTA G., “The Influence of pulley deformations on the shifting mechanism of Metal V-Belt CVT”. [5] CARBONE G., MANGIALARDI L., MANTRIOTA G., “Transitorio nelle trasmissioni CVT a cinghia metallica”, XV Congresso AIMETA, 26-29 Settembre 2001, Taormina. [6] GUEBELI M., MICKLEM J. D., BURROWS C. R., “Maximum Transmission Efficiency of a Steel Belt Continuously Variable Transmission”, ASME Journal of Mechanical Design, Vol. 115, pp. 1044-1048, 1993. [7] SATTLER H., “Efficiency of Metal Chain and V-Belt CVT”, Int.Congress on Continuously Variable Power Transmission CVT’99, Eindhoven, The Netherlands, September 16-17, 1999. 94 [8] TENBERGE P., “Efficiency of Chain-CVTs at Constant at Variable Ratio “ - A new mathematical model for a very fast calculation of chian forces, clamping ratio, slip and efficiency. 95