OLIMPIADI BERLINO 1936 Le olimpiadi dei primi decenni del 20° secolo non erano certo paragonabili a quelle di oggi: il numero delle nazioni, gli atleti partecipanti e le discipline sportive erano molto inferiore rispetto a oggi. I giochi olimpici erano un evento esclusivamente sportivo a cui la maggior parte della popolazione dei paesi partecipava solo in modo limitato e solo tramite i giornali. Prima del 1936 le televisioni esistevano solo a livello sperimentale e la radio era ancora agli inizi del suo sviluppo tecnico e della diffusione di massa. Le strumentalizzazioni politiche erano limitate, così come i soldi che i giochi riuscivano a far girare. La differenza maggiore è comunque che oggi le olimpiadi, oltre ad essere una manifestazione sportiva, sono anche un gigantesco evento mediatico, politico e commerciale. La dimensione mediatica - e politica - dei giochi olimpici è cominciata proprio nel 1936 a Berlino. Dal punto di vista sportivo queste olimpiadi furono un grande successo per gli atleti tedeschi che conquistarono per la prima volta il primo posto nella classifica delle medaglie, con 33 medaglie d'oro, 26 medaglie d'argento e 30 medaglie di bronzo, davanti agli Stati Uniti e l'Ungheria. L'Italia conquistò il quarto posto in classifica, con 8 medaglie d'oro, 9 medaglie d'argento e 5 medaglie di bronzo. Per la prima volta nella storia dei giochi olimpici si suonarono gli inni nazionali durante la cerimonia della premiazione e tutti gli atleti tedeschi premiati salutarono l'inno con il saluto nazista. La star incontrastata di queste Olimpiadi fu l'americano Jesse Owens, che vinse 4 medaglie d'oro. Il 3 agosto 1936, l’afroamericano Jesse Owens vinse la prima medaglia d’oro nei 100 metri. Il 4 agosto arrivò la seconda, nel salto in lungo. Il 5 agosto fu la volta della terza medaglia d’oro nei 200 metri e il 9 agosto la quarta, nella staffetta 4×100 metri. A quest’ultima gara Owens non era neanche iscritto, ma vi prese parte dopo che gli Stati Uniti avevano ritirato due atleti ebrei, scegliendo di cedere alle pressioni dei nazisti. La leggenda vuole che Hitler abbandonasse lo stadio e si rifiutasse di stringere la mano a Jesse Owens. È vero che il cancelliere tedesco abbandonò lo stadio prima della premiazione ed è vero anche che non strinse la mano ad Owens, ma non la strinse a nessun atleta che non fosse tedesco. Di sicuro tuttavia non fu felice che un afroamericano brillasse così tanto, soprattutto in una competizione che Hitler avrebbe voluto sancisse l’indiscussa superiorità della cosiddetta razza ariana. Hitler disse durante un'intervista che i neri avrebbero dovuto essere in futuro esclusi dai giochi. LA PRIMA VITTORIA AI MONDIALI DELL ITALIA La nazionale di calcio italiana è una delle squadre più titolate al mondo ed è seconda al Brasile come numero di vittorie dei mondiali. 1934, la prima vittoria arriva nella seconda edizione dei mondiali. Gli anni '30 rappresentano un periodo d'oro per gli Azzurri guidati da Vittorio Pozzo e l'Italia si fa valere nel proprio territorio. I mondiali del 1934 si svolgono infatti nel nostro paese e la nazionale dimostrati essere una squadra preparata e fortemente competitiva: arriva in finale e batte la Cecoslovacchia 2 a 1. OLIMPIADI MESSICO 1968 Il motivo principale per cui i Giochi di Città del Messico sono passati alla storia, infatti, non risiede in un’impresa sportiva, ma in una delle più potenti immagini che si siano mai impresse nella memoria collettiva: quella che ritrasse i velocisti afroamericani Tommie Smith e John Carlos con il pugno chiuso guantato di nero sollevato, durante la premiazione della gara dei 200m, in segno di protesta contro il razzismo e a sostegno del movimento per i diritti civili. I due atleti furono espulsi dal Villaggio Olimpico e la loro carriera fu gravemente compromessa, ma il loro gesto resta una dei simboli più evocativi della storia dello sport moderno. Aiutati (e non danneggiati come si credeva) dall’altitudine della capitale messicana, oltre che dall’introduzione del tartan come materiale per pista e pedane, molti atleti disintegrarono record su record – il più famoso e duraturo dei quali fu senza dubbio quello stabilito dall’americano Bob Beamon nel salto in lungo, che con il suo 8.90 migliorò di oltre mezzo metro il precedente primato, mantenendolo fino al 1991. E un altro saltatore, ma in alto, entrò nella storia: Dick Fosbury, che vinse l’oro con la tecnica di salto dorsale che rivoluzionò la disciplina e che per questo motivo porta il suo nome.