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Come analizzare le persone volume 2

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COME
ANALIZZARE
LE
PERSONE
VOLUME 2
Manuale di comunicazione umana per entrare nel profondo
della psicologia altrui e decifrare i loro comportamenti, tramite
il linguaggio del corpo, l’empatia e l’intelligenza emotiva
Roberto Morelli
Copyright 2020 – Roberto Morelli.
Tutti i diritti riservati.
Indice
Introduzione
PARTE PRIMA La Personalità
Cos'è e come si forma la personalità
Come identificare i tratti di una personalità
Come gestire efficacemente i diversi caratteri, stili di comunicazione e
personalità
Le differenze tra un introverso e un estroverso
Come intuire velocemente valori, paure e bisogni altrui
I fattori che motivano le persone e i loro comportamenti
PARTE SECONDA Le Emozioni
Cosa sono le emozioni?
Come riconoscere facilmente le emozioni altrui (anche quando tentano di
nasconderle)
Come aumentare la propria consapevolezza emotiva e comprendere gli
stati d'animo degli altri
Cos'è e come si sviluppa l'empatia
Come far leva sulle emozioni altrui con la comunicazione
Tecniche di persuasione emotiva
PARTE TERZA Linguaggio del corpo
Analizzare le persone velocemente è possibile?
Come leggere il linguaggio del corpo altrui
Come individuare e decifrare le microespressioni del viso
I segnali oculari
Prossemica e distanze interpersonali
Come coniugare efficacemente linguaggio verbale e corporale
Tecniche di analisi utilizzate dalle forze di polizia
Conclusione
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Prosegui a tuo rischio e pericolo: una volta imparate queste tecniche,
non si può più tornare indietro...
Sapevi che molte persone non sfruttano neanche il 10% del loro
potenziale di memoria?
Introduzione
Vi siete mai sentiti a disagio parlando con qualcuno? Sono certo che vi è
successo più di una volta. E scommetto che avete tentato di chiudere in
fretta la conversazione e avete cacciato quella sensazione di disagio
velocemente, archiviando la conversazione tra quelle da dimenticare.
Eppure quella persona, magari, avrebbe avuto molto di più da dirvi di
quello che potrete mai sapere.
Gestire i rapporti con le altre persone è qualcosa di delicato e difficile. Ma
molto possiamo fare per migliorare il primo contatto, i primi approcci con
le persone, il modo in cui le accogliamo nella conversazione e in cui
presentiamo noi stessi sulla soglia di quella conoscenza. Per diventare più
abili nell'avere a che fare con le altre persone, è indispensabile sviluppare la
nostra capacità di lettura di chi si trova di fronte a noi.
Sarebbe ridicolo, del resto, chiedere a una persona appena incontrata di
dirci, oltre a nome e cognome, tutto ciò che la caratterizza profondamente e
i valori fondanti su cui si basa la sua vita. Eppure sarebbe molto utile
saperlo! Ci permetterebbe di approcciarci alla conversazione – e alla
relazione stessa – con maggiore fiducia in noi stessi, più sicurezza, più
ottimismo. In una parola, ci permetterebbe di ricavare il meglio da ogni
incontro.
Se fare il terzo grado a una persona appena incontrata sarebbe
decisamente fuori luogo, si può però imparare a carpire il maggior numero
di informazioni nel minor tempo possibile sfruttando la conversazione
stessa. O, meglio, ciò che si cela sotto e dietro le parole. Il nostro corpo
parla, non solo tramite la voce ma attraverso gesti, movimenti, espressioni,
reazioni involontarie. Anche le nostre emozioni parlano di noi, così come i
nostri comportamenti, le nostre decisioni, i nostri gusti e le nostre
preferenze.
Diventare bravi a leggere le altre persone è possibile. Così come diventare
abili nel relazionarsi con gli altri. I vantaggi sono enormi: fiducia in sé
stessi, sicurezza, risoluzione delle situazioni conflittuali, maggiore
collaborazione. Piacere a più persone è concretamente possibile, se si sa
come prendere le persone nel modo giusto. E piuttosto che essere un
desiderio sorretto dalla vanità, è un'esigenza concreta in un mondo che ci
porta sempre più a contatto con molte persone: che ci dobbiamo passare
assieme un giorno o tutta una vita, è fondamentale saper trattare ogni
persona nella maniera corretta, comprendere e farsi comprendere. I benefici
che questo tipo di approccio garantisce sono enormi.
Questo viaggio ci condurrà alla scoperta degli elementi costitutivi del
carattere e della personalità umana: parleremo di emozioni, stili
comunicativi, modi di agire e reagire, tratteremo di come ognuno di noi
occupa un suo spazio unico nel mondo e come possiamo raccogliere il
maggior numero di informazioni sull'altra persona senza essere invadenti,
senza anzi che l'altra persona nemmeno se ne accorga.
È una rivoluzione mentale, fattibile comodamente dal divano di casa
propria: con questo libro tra le mani, la vostra mente potrà aprirsi a
prospettive finora forse mai considerate. La vostra conoscenza delle altre
persone farà un salto di qualità e con esso, ne sono certo, le vostre relazioni
interpersonali.
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migliorare le tue abilità comunicative, perfettamente complementare al libro
che stai per leggere.
PARTE PRIMA
La Personalità
Cos'è e come si forma la personalità
Siamo abituati a rapportarci alle altre persone quasi solo in termini di
piacere. I nuovi incontri possono farci relazionare con persone che ci
piacciono o non ci piacciono, che ci ispirano simpatia o antipatia, con cui
sentiamo subito un'intesa o nei confronti delle quali percepiamo una certa
resistenza. Tutto sembra sempre ridursi all'ambito delle emozioni: ciò ci
lascia a corto di strumenti per analizzare e gestire le relazioni interpersonali,
in quanto tutto sembra rifarsi al caso o alla fortuna. O scocca la scintilla di
interesse o è meglio lasciar stare. Ma è davvero così? Oppure esiste la
possibilità di un approccio, per così dire, scientifico ai rapporti
interpersonali?
Niente paura: le emozioni sono e rimarranno la nostra bussola, la nostra
guida nell'intricato mondo delle relazioni con le altre persone. Però
dobbiamo ammettere che ci sono molti casi in cui, volenti o nolenti, con
una persona dobbiamo per forza avere un rapporto: pensate anche solo a
quanti incontri fate durante una normale giornata lavorativa e quanti di essi
sono fatti per libera scelta. Rappresentano una minima percentuale, giusto?
Ecco perché sviluppare un approccio scientifico, analitico allo studio delle
altre persone può letteralmente salvarci la vita. Perché è in grado di
migliorare la qualità delle nostre giornate: evitare conflittualità, riuscire ad
andare d'accordo con le altre persone, provare piacere nei rapporti
interpersonali può davvero fare la differenza tra una giornata piacevole e
una da dimenticare. Conflitti, problemi e litigi ci lasciano con l'amaro in
bocca e lo stomaco attorcigliato, non fanno bene all'umore e nemmeno al
nostro stato di salute.
Sviluppare la capacità di “inquadrare” le persone non vuol dire allenarsi a
giudicarle, o abituarsi ad etichettarle per catalogarle mentalmente entro
rigide categorie. Tutt'altro. Significa al contrario dotarsi di strumenti che ci
permettono di “leggerle” a un ritmo accelerato, di farci un'idea di chi sono
senza dover aspettare settimane o mesi di frequentazione. È un'arma
vantaggiosa, non la cosiddetta arma a doppio taglio: riuscire a capire ciò
che caratterizza la personalità di chi abbiamo davanti può solo portare
benefici, a noi e alla persona stessa, in quanto ci permette di impostare un
rapporto migliore, più funzionale.
Il “superpotere” che dobbiamo sviluppare per imparare a leggere le
persone velocemente riguarda la capacità di farci un'idea della loro
personalità a partire da pochi e semplici elementi. Prima di vedere quali
sono gli elementi da considerare per analizzare la personalità di una
persona, però, è necessario acquisire delle minime basi teoriche riguardo a
questo tema. Vi siete mai chiesti cosa significa “personalità”? È un termine
che usiamo molto spesso quando parliamo delle altre persone, la maggior
parte delle volte però non abbiamo propriamente idea di quello di cui
stiamo parlando.
La personalità può essere così definita:
“Insieme di caratteristiche psichiche e modalità comportamentali che
caratterizzano un individuo a prescindere dai contesti”
Si intuisce dunque subito che la personalità è qualcosa di definito , che
caratterizza una persona sempre, in tutte le diverse situazioni in cui si trova
ad agire nel corso della vita. Ecco perché possiamo sfruttare le informazioni
ricavate circa la personalità di un individuo per poter fare previsioni sul suo
comportamento: la personalità fa in modo che noi ci comportiamo in
maniera piuttosto prevedibile. Il comportamento umano, insomma, è molto
più prevedibile di ciò che tendiamo a pensare. Nel momento in cui capiamo
chi abbiamo di fronte, non sarà così difficile ipotizzare quali saranno le sue
scelte (non a caso nel marketing si pone grande attenzione allo studio delle
personalità dei potenziali clienti).
Ma la personalità da dove nasce? Essa è espressione in parte dei geni e in
parte dell'ambiente. Negli anni Novanta del secolo scorso la definizione di
personalità si è arricchita dei concetti di temperamento e carattere :
Temperamento: è la tendenza ad agire in una certa maniera, ha basi
genetiche e può essere ereditato
Carattere: si costruisce e definisce attraverso l'interazione della
persona con l'ambiente
Geni e ambiente, appunto. Dunque una prima considerazione che
possiamo fare circa la personalità è che, come si suol dire... Il frutto non
cade mai troppo lontano dall'albero! Siamo espressione del contesto
genetico che ci ha generato, dunque è normale che la nostra personalità
presenti molte caratteristiche in comune con quella dei nostri genitori e, in
generale, dei nostri avi. Un'altra caratteristica ci interessa riguardo al
temperamento: esso rimane piuttosto stabile nel corso della vita, proprio
perché espressione dei geni.
Ciò che cambia è il carattere, che si costruisce negli anni (cruciali sono
quelli dell'infanzia e dell'adolescenza) grazie alle risposte che l'individuo
riceve dall'ambiente circostante.
Quando finisce questo processo di formazione della personalità? Secondo
gli studiosi, intorno ai 30 anni. A quest'età si può dire dunque che una
personalità si è formata: l'individuo che avremo davanti avrà un “timbro”
ben riconoscibile e tendenzialmente stabile per tutta la vita.
Tendenzialmente, appunto, poiché la personalità è qualcosa di statico e
dinamico al tempo stesso. Tendiamo ad agire sempre in un certo modo
(staticità) ma siamo anche in grado di modificare il nostro comportamento
se necessario (dinamismo).
Siamo in grado di modificare la nostra personalità per far fronte a
situazioni differenti: l'ambiente, quindi, ha una importanza fondamentale
nel corso della vita, una volta che la personalità di base si è formata. Ecco
perché è importante imparare a leggere le persone che ci troviamo davanti:
dall'interazione con esse può dipendere un cambiamento della nostra
personalità. Pensate all'ambito lavorativo e a quello personale: le
personalità degli individui con cui ci troviamo a condividere la vita tutti i
giorni hanno un grande impatto sulla nostra stessa personalità. E
un'esposizione prolungata a un determinato ambiente (ad esempio: un capo
dalla forte personalità con cui lavoriamo a stretto contatto tutti i giorni) può
davvero determinare un cambiamento in noi.
Vale la pena dunque essere attrezzati e imparare a guardare analiticamente
le persone che abbiamo davanti. Acquisendo informazioni sulla loro
personalità, possiamo limitare gli eventuali danni su di noi o scegliere al
contrario su quali relazioni puntare, perché siamo in grado di capire ciò che
ci porterà un effettivo beneficio a livello personale.
Come identificare i tratti di una personalità
Ora che abbiamo capito cosa è e come si forma la personalità,
addentriamoci nella materia per capire effettivamente come identificare i
tratti di una personalità. Ogni personalità, infatti, ha dei tratti distinguibili e
classificabili, compito di cui si è occupata la psicologia negli ultimi decenni
del secolo scorso. Essa si è occupata di studiare in quale maniera
temperamento e carattere interagiscono e soprattutto, cosa molto utile al
nostro scopo, ha cercato di definire i tratti della personalità che
caratterizzano tutti gli individui. Ne è nata la teoria dei “Big Five”, i cinque
grandi tratti di personalità. Vediamoli assieme:
Estroversione
Amicalità
Coscienziosità
Stabilità emotiva
Apertura mentale
Ecco dunque che possiamo già ipotizzare una prima classificazione delle
persone che ci troviamo davanti in base agli elementi caratteristici della sua
personalità. Qualcuno forse proverà delusione alla scoperta del fatto che in
fin dei conti siamo tutti “catalogabili” entro cinque grandi categorie, ma ciò
assolutamente non nega l'unicità di ogni individuo. I tratti della personalità
possono essere visti come la cornice dentro la quale il carattere di una
persona si sviluppa: tutti a grandi linee siamo simili, ma allo stesso tempo la
diversità genetica e le diverse esperienze fatte nel corso della vita ci
rendono profondamente diversi uno dall'altro.
Vediamo una per una le cinque categorie per classificare la personalità.
Estroversione
Una personalità estroversa è caratterizzata da emozioni positive nel
rapportarsi alla vita e alla socialità. Al contrario, una personalità introversa
preferisce il mondo interiore a quello esteriore ed è generalmente meno
dinamica e attiva di una estroversa.
Amicalità
Una personalità gradevole è caratterizzata da cortesia, altruismo, tendenza
alla cooperazione ed empatia, al contrario una personalità ostile si
caratterizza per sentimenti quali cinismo e indifferenza e per una spiccata
mancanza di sensibilità.
Coscienziosità
Personalità coscienziose si distinguono per la capacità di autoregolazione
(essere puntuali, perseguire degli obiettivi con perseveranza, essere
affidabili), laddove al contrario personalità superficiali si distinguono per
inaffidabilità, incostanza e poca determinazione.
Stabilità emotiva
Le personalità caratterizzate da stabilità emotiva sono in controllo delle
proprie emozioni, che dominano, e si presentano molto sicure; al contrario,
le personalità di tipo nevrotico sono vulnerabili e insicure, spesso vittime
dei propri impulsi.
Apertura mentale
L'apertura culturale, la creatività e l'anticonformismo caratterizzano le
personalità di questo tipo, il cui contraltare è rappresentato da personalità
caratterizzate da conformismo, chiusura nei confronti dell'esperienza,
mancanza di originalità.
Dunque ogni personalità è costituita da un insieme di tratti
tendenzialmente stabili nel tempo. Cinque tratti, ognuno con due poli
opposti: ecco che disponiamo già di dieci categorie per leggere le
personalità che ci troviamo a incontrare nella vita. E questo ci dà già un
enorme vantaggio. Pensate anche solo al caso di dover scegliere se accettare
o meno un posto di lavoro interessante che ci è stato offerto; supponendo di
conoscere la nostra personalità, di avere cioè una chiara idea dei tratti che la
costituiscono, intuire la personalità del team con cui ci troveremo a lavorare
gomito a gomito per mesi e anni a venire può farci già predire se sarà
un'esperienza di lavoro idonea a noi. La maggior parte delle volte, infatti,
non è tanto il fatto che facciamo scelte sbagliate a limitarci nella vita,
quanto il fatto che facciamo scelte inconsapevoli, che si rivelano poi, nel
medio e lungo termine, sbagliate.
In un primo momento può non essere semplicissimo capire la personalità
di chi ci troviamo davanti, ma se ci si approccia alla relazione con una
mente analitica, pronta a raccogliere dati e informazioni, verrà via via più
facile. Ad esempio, capire se una personalità è estroversa o introversa è
piuttosto semplice: già da questo elemento possiamo dedurne degli altri,
come abbiamo visto, ed essi possono essere molto utili alle nostre
valutazioni.
Una domanda sorge ora spontanea: quanto peso dare al fatto che ogni
personalità è “tendenzialmente stabile”? Ovvero possiamo aspettarci che
una persona si riveli diversa dalla prima impressione che ci ha fatto?
Possiamo influire sulle personalità vicine a noi o quantomeno sperare in un
loro adattamento alla nostra personalità?
Anche in questo caso la scienza ci viene in soccorso. Numerosi
esperimenti hanno indagato proprio questo aspetto, giungendo alla
conclusione che di questi cinque tratti, due sono realmente stabili, e sono la
stabilità emotiva e l'estroversione. Non si può imparare a diventare
estroversi, insomma, e nemmeno a controllare efficacemente le proprie
emozioni. Anche questo non è del tutto vero, in quanto l'eccezione è
rappresentata dal fatto che con un profondo lavoro di tipo psicologico (e
con l'aiuto quindi di un terapista) si può arrivare a modificare o almeno a
controllare certi aspetti della propria personalità, quali l'instabilità emotiva
o il grado di introversione.
Gli altri tre tratti della personalità invece subiscono delle modifiche nel
corso della vita. In particolare, la coscienziosità tende a crescere e l'apertura
mentale a diminuire. Non sono luoghi comuni, benché ci siano ovviamente
eccezioni alla regola: più cresciamo più aumenta la nostra affidabilità, più
diventiamo grandi e più diminuisce la nostra apertura mentale. Entro un
range limitato, ovvero dettato dalle nostre caratteristiche genetiche, la
personalità può modificarsi nel corso della vita. Esperienze particolarmente
positive o negative possono indurre cambiamenti anche importanti.
Infine, due tratti della personalità che non rientrano tra i cinque che
abbiamo analizzato hanno però un grande peso nello stabilire come le
persone si approcciano alla vita: essi sono la resilienza e l' ottimismo . Più
che tratti della personalità sarebbe forse meglio considerarli elementi del
carattere, che come tali hanno effetto sull'intera personalità. Anche in
questo caso alcuni studi scientifici hanno dimostrato come soprattutto
l'ottimismo sia in grado di generare output più favorevoli a livello fisico e
mentale: le persone che sviluppano l'ottimismo godono di un maggiore
benessere fisico e hanno più successo nella vita.
Un altro elemento dunque da tenere in considerazione quando ci
approcciamo analiticamente alla personalità altrui: una persona ottimista
può avere un influsso positivo anche sulla nostra esperienza in relazione
con essa.
Come gestire efficacemente i diversi caratteri, stili di
comunicazione e personalità
Tutti i giorni e in diversi ambiti incontriamo persone e intratteniamo
relazioni interpersonali. Spesso, senza avere nessuna preparazione al
riguardo. L'esperienza di gestione della comunicazione nelle relazioni
interpersonali la affidiamo quasi totalmente all'esperienza: può capitare
però di trovarsi per la prima volta a che fare con personalità e stili di
comunicazioni inediti per noi, trovandosi non poco in difficoltà. Questo
libro nasce proprio con questo intento: rendere più agevole – e piacevole –
la gestione dei rapporti interpersonali tramite l'analisi della persona che
abbiamo davanti.
Un'analisi che deve essere veloce, quasi istantanea, massimamente
efficace; non sempre possiamo permetterci di studiare il nostro interlocutore
e tornare la volta successiva più preparati, in molte situazioni nella vita la
prima impressione è quella che conta. E per fare un’ottima prima
impressione è essenziale capire con chi abbiamo a che fare: ci dà quegli
strumenti in più che ci permettono di adeguare la nostra comunicazione in
modo che raggiunga con certezza l'obbiettivo che ci siamo posti.
In questo capitolo ci concentreremo sugli strumenti a nostra disposizione
in ambito comunicativo e comportamentale. Ovvero, cosa possiamo dedurre
dal modo di comunicare e di comportarsi delle persone attorno a noi:
rimarrete sorpresi dalla quantità di informazioni che si possono ricavare
semplicemente osservando lo stile comunicativo di una persona. Mi preme
ancora una volta ribadire che parlare di questi argomenti non sottintende il
fatto che siamo tutti fatti con lo “stampino” e che quindi è possibile
conoscere a fondo chiunque nel giro di dieci minuti, tutt'altro! Ma le
indicazioni che possiamo ricavare dall'osservazione dei comportamenti e
del modo di comunicare di una persona sono preziosissime per farci un'idea
della personalità e del sistema di valori e credenze di quella persona.
In ambito comunicativo, possiamo riconoscere tre stili comunicativi
principali più due altri stili aggiuntivi, per così dire. Esaminiamoli uno a
uno e vediamo come poterli affrontare con successo, intendendo per
“successo” il riuscire a far passare l'informazione che vogliamo comunicare
e ottenere ciò che desideriamo, senza prevaricare e senza causare danno di
alcun tipo a nessuno. E ricordandosi che una persona non si identifica con il
suo stile: gli stili comunicativi sono funzionali alla comunicazione
interpersonale ma nell'arco della vita si può imparare ad adottarne di più
efficaci e corretti e a lasciare andare abitudini comunicative errate. Le
osservazioni che faremo saranno dunque limitate al modo di comunicare e
di relazionarsi della persona e non alla natura della persona stessa.
Stile comunicativo passivo
Questo stile comunicativo caratterizza le persone che si sentono oppresse
e che subiscono le azioni e le scelte degli altri senza riuscire a replicare.
Sono persone che risultano spesso indecise, insicure, incapaci di trasmettere
i propri sentimenti agli altri e di comunicare le proprie idee. Hanno
difficoltà nel prendere decisioni, cercano in tutti i modi di evitare il conflitto
e non riescono a dire di no.
Come gestirlo?
Se ti riconosci in questo profilo, il consiglio è quello di lavorare sul tuo
stile comunicativo riflettendo sul fatto che una persona con approccio
passivo mette in secondo piano i propri bisogni e rinuncia quindi spesso alla
soddisfazione dei propri desideri. Ciò può portare a sentimenti quali
risentimento e insoddisfazione e causare stress.
Se ti trovi a che fare con una persona che esprime uno stile comunicativo
passivo, non approfittare della sua passività ignorando i suoi bisogni, anche
se non riesce a esprimerli. Il modo migliore può essere quello di chiederle
ciò che pensa, di invitarla a esprimere i propri sentimenti e supportarla nel
percorso decisionale.
Stile comunicativo aggressivo
Al polo opposto rispetto alla passività troviamo lo stile comunicativo
aggressivo. Caratterizza le persone che scelgono di imporre il proprio punto
di vista e la soddisfazione dei propri bisogni a scapito degli altri. Esse sono
spesso verbalmente violente e possono diventare offensive, pur senza
rendersi conto di esserlo poiché mancano di empatia. Prevaricano, non
ascoltano, non chiedono scusa, cercano di dominare e manipolare gli altri,
interrompono frequentemente le altre persone mentre parlano e non
riconoscono loro i meriti che gli spettano.
Come gestirlo?
In caso tu ti riconosca in questo profilo, devi considerare che sebbene ti
possa sembrare che un atteggiamento simile ti porti facilmente a soddisfare
i tuoi bisogni, alla lunga può condannarti all'isolamento sociale a causa del
danno che arreca alle altre persone. Nel medio e lungo periodo è sempre un
comportamento controproducente.
Se invece ci si trova ad avere a che fare con una persona con stile
comunicativo aggressivo, la prima cosa da fare è mantenere la calma e
mantenere la distanza. Anche emotiva: ad esempio, mantenendo un tono
formale nella conversazione. In secondo luogo, non rispondere alle
provocazioni e contrattaccare servendosi di domande. Quando
l'interlocutore cercherà di sommergervi di critiche, chiedete il perché di
ogni cosa che vi viene addebitata e continuate a fare domande. Ciò
spiazzerà l'aggressivo, non abituato a dover giustificare il proprio
comportamento e le proprie decisioni. Infine, ricordatevi sempre dei vostri
diritti, senza farvi condizionare dal comportamento aggressivo dell'altra
persona (senza quindi farvi mettere i piedi in testa).
Stile comunicativo assertivo
Le persone con questo stile sono quelle che comunicano in maniera più
efficace. Non hanno timore di esprimere pareri, opinioni e idee, non hanno
paura di essere rifiutate, non prevaricano, non giudicano, ascoltano gli altri
ma sanno comunque decidere in maniera autonoma. Accettano le critiche
perché riescono a non prenderle sul personale.
Stile passivo-aggressivo
Combina le caratteristiche dello stile passivo e di quello aggressivo: la
persona che lo esprime ha un atteggiamento passivo ma poi cerca di
difendersi in maniera aggressiva, anche se subdola. Ovvero può far finta di
niente ma cercare di ostacolarvi, criticarvi alle vostre spalle, sabotare in una
qualsiasi maniera la vostra posizione/il vostro lavoro.
Come gestirlo?
In questo caso è sconsigliato affrontare di petto la persona che esprime
questo stile comunicativo. La cosa migliore è mantenere un comportamento
assertivo e rinunciare a qualsiasi occasione di scontro. Essere aggressivi con
queste persone non serve a niente se non a causare una reazione ancora
peggiore.
Stile comunicativo manipolativo
Le persone con stile comunicativo manipolativo cercano di controllare il
comportamento dell'altra persona colpevolizzando o inferiorizzando
l'interlocutore. È anch'esso, al pari del passivo-aggressivo, uno stile in parte
subdolo, in quanto il tentativo di manipolazione non è esplicito e palese ma
si espleta tramite la colpevolizzazione o il comportamento inferiorizzante.
A volte queste persone utilizzano anche la tecnica dell'imprevedibilità per
cercare di fare in modo che si instauri un rapporto di dipendenza nell'altra
persona, essenziale per poter effettuare una manipolazione.
Come gestirlo?
È importante, in questo caso, non cedere ai ricatti morali (comportamento
colpevolizzante) e non credere ai tentativi di screditamento (comportamento
inferiorizzante). Bisogna affrontare queste persone da una posizione di forte
stabilità emotiva ricordandosi che sensi di colpa e di inferiorità sono
assolutamente voluti e strumentali al soddisfacimento dei loro obbiettivi:
non c'è in esso niente di vero di cui dovremmo davvero preoccuparci. E
ricordandosi anche che non sempre (anzi, quasi mai) le persone che
utilizzano uno stile comunicativo manipolativo lo fanno intenzionalmente e
consapevolmente.
Le differenze tra un introverso e un estroverso
Fin da piccoli siamo abituati ad essere “etichettati” dalle altre persone.
Genitori, nonni e parenti prima, educatori e insegnanti poi, amano dividere i
bambini tra estroversi e introversi, spesso senza troppa cognizione di ciò
che stanno dicendo.
La differenza tra introversi ed estroversi – ovvero tra persone orientate
all'interno di sé o all'esterno di sé – ad ogni modo è una realtà concreta a ha
un impatto non indifferente sui rapporti sociali. Estroversi ed introversi
vengono davvero, per così dire, da due pianeti diversi e sarà molto utile per
noi scoprire quali caratteristiche li differenziano profondamente.
Il motivo è facile da capire. Capire se il nostro interlocutore è introverso o
estroverso ci dà un enorme vantaggio in termini comunicativi e di
comprensione del suo comportamento. Può aiutarci a capire il perché di
alcune scelte, la natura di alcune risposte, insomma può predisporci a una
comunicazione più scorrevole e priva di intoppi o contrasti. Vediamo
dunque come riconoscere le persone appartenenti a questi due “mondi” così
diversi.
Come riconoscere un estroverso
Non è difficile riconoscere una persona estroversa: è generalmente
loquace, ama la socialità, ha una buona conversazione, è predisposta al
contatto umano. Frequentemente, parla più di quanto ascolta.
Come riconoscere un introverso
Può essere taciturno, preferire la solitudine alle situazioni sociali, avere
lunghi tempi di elaborazione delle risposte e delle decisioni, essere riservato
riguardo ai propri pensieri e ai propri sentimenti.
Attenzione: tutti possiamo essere sia estroversi che introversi in alcune
situazioni della nostra vita. Può capitarci, per così dire, di comportarci in
maniera differente da quella che generalmente è la nostra natura. Ciò non
elimina il fatto che possediamo tutti un orientamento di base. Riconoscerlo
negli altri è utile per ricavare preziose informazioni circa il modo di agire,
pensare e comportarsi di quella persona.
Vediamo quindi le differenze nell'approccio alla vita e alla comunicazione
tra introversi ed estroversi.
Differenze tra estroversi e introversi
Comunicazione : gli introversi appaiono più lenti nel processare le
informazioni. Questo perché si soffermano più a lungo sul loro
mondo interiore, ogni informazione viene processata anche in
un'ottica passata (attraverso il filtro dei ricordi) e futura (pensando
alla pianificazione). Dunque nell'ambito di riunioni o incontri gli
introversi possono essere più taciturni e apparire più meditabondi
perché i loro processi mentali sono effettivamente più lunghi e
complessi
Stimoli dal mondo esterno : alzi la mano chi non ha mai visto un
introverso a disagio ad una festa! Scherzi a parte, le persone
introverse sono a loro agio quando gli stimoli provenienti dal mondo
esterno sono contenuti, mentre le persone estroverse necessitano di
un livello maggiore di stimolazione per attivarsi e provare piacere.
Ecco perché gli estroversi amano feste e situazioni sociali, che
invece mettono velocemente a disagio gli introversi. Non perché
siano per forza di cose timidi, ma perché un livello di stimolazione
alto li stressa e hanno dunque bisogno di isolarsi per recuperare le
energie
Solitudine : se un introverso rifiuta un appuntamento con voi, non
stateci male. Le persone introverse hanno bisogno di una grande
quantità di tempo da sole per poter recuperare energie e perdersi nei
meandri della propria mente, dedicandosi a sogni, pensieri e
progetti. Non rifiutano la socialità perché non amano la compagnia,
semplicemente possono averne bisogno meno spesso di un
estroverso, che al contrario ha un bisogno quasi fisiologico di
sfogare le proprie energie tramite l'incontro con gli altri
Capacità decisionale : un estroverso si riconosce facilmente poiché
spesso agisce di impulso e con molta sicurezza. Un introverso, al
contrario, può prendersi molto tempo per pensare attentamente a
tutti i pro e i contro prima di prendere una decisione, azione che gli
costa sempre una certa fatica dal punto di vista emozionale
Gestione degli imprevisti : riconoscerete subito un introverso in
quanto la sua necessità di programmare tutto nei minimi dettagli lo
precederà. Gli introversi non amano gli imprevisti e possono reagire
male anche alle sorprese, anche solo per il fatto che questi eventi
scompigliano l'ordine che avevano dato alla giornata o alla
situazione. Al contrario l'estroverso è sempre alla ricerca
dell'imprevisto pronto a scombinargli la vita e garantirgli una ricca
dose di emozioni. In generale, gestisce meglio gli eventi imprevisti
ai quali reagisce con più prontezza.
La via di mezzo: l'ambiverso
Avete difficoltà a catalogare una persona in una delle due categorie?
Potrebbe trattarsi di un ambiverso, ovvero una persona che racchiude in sé
caratteristiche proprie di entrambi i profili. Sono persone tendenzialmente
introverse ma che non disdegnano la socialità, se presa a opportune dosi e
vissuta in maniera adeguata. Vediamo quali sono le caratteristiche che
contraddistinguono questo profilo:
Rifuggono l'attenzione : possono amare i contesti sociali ma non
gradiscono che l'attenzione sia troppo concentrata su di loro. A differenza
degli introversi, sono sì in grado di essere al centro dell'attenzione, ma per
un periodo limitato di tempo.
Non sono eremiti : amano la solitudine ma ricercano la compagnia spesso
e volentieri. Non rifuggono la solitudine come potrebbero spesso fare gli
estroversi, ma nemmeno ci si “immergono” come rischiano di fare alcuni
introversi.
Sfuggono alle definizioni : se non sapete definire il carattere o la
personalità di una persona, potrebbe trattarsi proprio di un ambiverso. Il
loro carattere non è facilmente inquadrabile come quello di un estroverso o
di un introverso.
Amicizie eterogenee : come conseguenza del punto precedente, gli
ambiversi si attorniano di un gruppo piuttosto eterogeneo di amici e
conoscenze. Anche sotto questo punto di vista, sono difficilmente
inquadrabili.
Sono empatici : il fatto di saper entrare in contatto sia con la propria
interiorità sia con le emozioni altrui li rende molto capaci a comprendere le
altre persone. Sono abituati all'introspezione (introversi) ma sanno entrare
in contatto con i sentimenti delle altre persone (estroversi).
Hanno interessi poliedrici : gli ambiversi spaziano da un argomento
all'altro e da un contesto a uno anche opposto senza troppi problemi. Non si
lasciano etichettare e questo gli permette di coltivare interessi poliedrici e di
avere gusti versatili.
Come intuire velocemente valori, paure e bisogni altrui
Il prerequisito per leggere le persone velocemente è uno soltanto:
l'attenzione. Del resto è anche il modo migliore per essere persuasivi
durante una conversazione, quello di concedere la nostra completa
attenzione all'altra persona. Essa si sentirà compresa e valorizzata e sarà
dunque più propensa sia ad ascoltarci sia a fidarsi, dunque a rivelare
qualcosa in più su sé stessa. Se saremo in grado di carpire quelle
informazioni, ovvero se approcceremo al contesto comunicativo con la
giusta mentalità analitica, potremo far tesoro dei dati raccolti.
Quando parlo di attenzione intendo che il focus della conversazione deve
essere sull'altra persona. Fatela parlare, non interrompetela, non affrettate
conclusioni o consigli: prendetevi il tempo necessario per lasciarle modo di
parlare di sé. Una tecnica spesso utilizzata è anche quella del silenzio:
quando volete stimolare una risposta o una reazione da parte di una persona,
provate a essere piuttosto silenziosi nell'ambito della conversazione. Il
vostro silenzio spingerà probabilmente l'altra persona a parlare ancora di
più.
Esistono trucchi e segreti per intuire velocemente il profilo di chi
abbiamo davanti? Parlare di trucchi o segreti è un po' fuori luogo, in quanto
si tratta semplicemente di amplificare le proprie capacità di ascolto e analisi
in determinate situazioni. Che, certamente, possono anche essere stimolate,
anche se non in tutti i casi. Non si tratta mai di tendere una “trappola”
all'altra persona, ma semmai di testare la sua personalità in determinate
condizioni, per ricavarne una serie di dati utili alle nostre considerazioni.
Vediamo quali possono essere queste situazioni.
Discussione
Nulla come una bella discussione può fare emergere valori, credenze,
paure e bisogni di una persona. Semplicemente perché spesso una
discussione può coinvolgerci dal punto di vista emotivo, portandoci a
diminuire le nostre resistenze. Una discussione, un “intoppo”, ci
costringono ad attingere alle nostre risorse di problem solving e per fare ciò
dimostriamo chi siamo veramente: altruismo, egoismo, moralità, etica,
timori e fobie, tutto viene svelato in queste circostanze se l'argomento del
discutere è abbastanza sensibile. Non vi sto invitando a diventare dei
perfetti attaccabrighe, ma certamente un modo veloce per intuire qualcosa
di più circa la personalità di chi abbiamo di fronte è quello di stuzzicarla un
po', stimolando una reazione per vedere quali “armi” tira fuori la persona
interessata.
Problem solving
Dopo la discussione è il momento di risolvere il problema. Il problem
solving è un ottimo banco di prova per testare la personalità altrui. Quando
dobbiamo risolvere un problema, soprattutto se dobbiamo farlo assieme a
un'altra persona, vengono fuori le nostre caratteristiche di pazienza,
collaborazione, comprensione, tolleranza, costanza. Sono tante le occasioni
per risolvere un problema assieme a un'altra persona, una delle più comuni
e consigliate per valutare la personalità altrui è quella di costruire qualcosa
assieme: un lavoro manuale come può essere l'assemblaggio di un mobile,
ad esempio. Avete presente le infinite e spesso incomprensibili istruzioni
del noto marchio di arredamento svedese? Ecco, montare uno dei loro
mobili assieme a un'altra persona può rivelarsi un test perfetto: bisogna
seguire e interpretare le istruzioni, capire come superare piccoli ostacoli,
ascoltare il parere dell'altra persona, fidarsi delle sue intuizioni o imporre
gentilmente le proprie quando ci si rende conto che l'altra persona non ha
compreso la consegna. Sono tutte situazioni in cui è necessario dimostrare
alcuni dei valori fondanti dell'animo umano: pazienza, tolleranza, capacità
di comprensione, fiducia negli altri.
Competizione
La competizione stimola il talento... ma può anche tirare fuori il peggio di
noi, oltre che il meglio. Se volete vedere la vera natura di una persona,
giocateci assieme: una partita di pallone, una partita a tennis, ma anche una
semplice partita a carte o un gioco di società. In un ambito competitivo le
persone spesso perdono freni e inibizioni e rivelano la loro natura molto di
più di quanto vorrebbero. C'è chi non è capace di perdere, chi perde le staffe
e il controllo di sé con una minima pressione, chi è disposto a tutto pur di
vincere, anche a prevaricare gli altri; certamente ci sarà anche chi invece
dimostrerà spirito collaborativo, ironia, comprensione e rispetto delle
regole, rispetto per l'altra persona.
Per imparare a leggere una persona velocemente e per trarre il massimo
dalle situazioni che abbiamo analizzato ci vuole molto allenamento. La
nostra mente deve essere abituata ad analizzare, raccogliere dati, insomma
dobbiamo sapere dove e cosa guardare. Ecco perché è molto utile allenarsi a
leggere le persone sfruttando la cerchia di contatti stretti di cui disponiamo:
amici, parenti, partner, anche colleghi di lavoro. Vediamo come fare per
sviluppare un'abitudine al dettaglio che ci può poi tornare utile nell'incontro
con uno sconosciuto:
•
Innanzitutto eliminate le vostre barriere. Spesso anche se non ce ne
rendiamo conto rifuggiamo dall'incontro vero con un'altra personalità,
perché inconsapevolmente ci difendiamo da potenziali situazioni che
ci mettono a disagio, come sentimenti spiacevoli. Quando volete
veramente conoscere qualcuno, preparatevi ad accettare tutto ciò che
potrebbe arrivare da quella persona.
•
Analizzate i vostri pregiudizi. Non significa eliminarli se non ci
riuscite, ma quantomeno essere in grado di metterli
momentaneamente da parte. I pregiudizi potrebbero farvi sviare e
condurvi a un’interpretazione scorretta della personalità che vi trovate
a conoscere.
•
Scegliete un candidato ideale. Superati i primi due punti, individuate
una persona da analizzare: l'ideale è una persona che potete osservare
in diverse situazioni, anche in momenti di relax e svago. È importante
fare momentaneamente tabula rasa di ciò che conoscete o credete sul
suo conto: questa persona deve diventare una specie di “cavia” per il
vostro laboratorio di analisi delle persone, dunque fate finta di
osservare il suo comportamento e le sue azioni per la prima volta.
•
Delineatene un profilo. Osservate la persona in una situazione di
svago o relax e provate a schematizzare i tratti principali del suo
carattere e della sua personalità. In seguito osservatela in una
situazione potenzialmente stressante e aggiustate il profilo che avete
creato aggiungendo particolari desunti da questa ulteriore
osservazione.
Cercate una schematicità. Dopo ripetute osservazioni, cercate gli
elementi comuni alle diverse situazioni. Ad esempio, una persona
quando è imbarazzata può cambiare tono di voce, assumere una
precisa posizione del corpo, avere determinate reazioni. Provate a
creare degli schemi per ogni situazione ricorrente: gioia, paura,
rabbia, imbarazzo...
•
•
Definite la personalità. Le informazioni che avete raccolto e gli
schemi che avete provato a delineare vi permetteranno infine di
definire la personalità della persona analizzata. Capirete di aver
raggiunto il risultato quando il suo comportamento sarà per voi
prevedibile: la conoscenza che avete sul suo conto vi permetterà di
prevedere come si comporterà in determinate situazioni.
Questo allenamento di base vi permetterà di diventare sempre più abili
nell'intuire la personalità altrui. Conoscendo e valutando diverse personalità
vi accorgerete che spesso farete ricorso a schemi che avete già rilevato in
persone conosciute, ciò vi permetterà di diventare veloci nel tratteggiare la
personalità di chi vi trovate davanti.
I fattori che motivano le persone e i loro comportamenti
La motivazione è un altro concetto di cui spesso ci riempiamo la bocca
senza avere una vera consapevolezza al riguardo. Molte volte parliamo di
fattori motivanti con troppa leggerezza; la vera motivazione è una spinta
interna fortissima, quella che ci rende in grado di sollevare le montagne.
Voglia di fare e motivazione sono due cose distinte: la motivazione ci parla
dei nostri valori, di ciò che davvero conta per noi nella vita, mentre la
voglia di fare può essere figlia della disciplina sviluppata nel corso della
vita. Esistono persone molto efficienti ma ben poco motivate; al contrario
esistono persone all'apparenza poco disciplinate ma in realtà profondamente
motivate, che saranno quindi in grado di raggiungere traguardi più
ambiziosi rispetto alle altre persone.
Capire cosa motiva una persona equivale davvero a staccare il biglietto
vincente della lotteria in tema di analisi della personalità: i fattori motivanti
sono alla base del comportamento, delle scelte e delle azioni di una persona,
nonché espressione dei suoi valori fondanti. La nostra fortuna è che ciò che
motiva le persone nella vita può essere ricondotto ad alcuni elementi
principali; le persone, in sostanza, si possono dividere in grandi insiemi, ciò
ci aiuta a comprenderne il comportamento. Prima di vedere quali sono i
principali fattori motivanti, parliamo brevemente di come individuarli nelle
persone che incontriamo nella vita. L'unico modo valido per capire cosa
motiva una persona è provare. Fare dei test. Un po' come avviene in
laboratorio, per capire cosa stimola e motiva la nostra “cavia” dobbiamo
testare delle ricompense diverse. Non sarà difficile capire quale è quella
giusta, in quanto all'aumentare della motivazione aumentano produttività e
felicità!
1 – Riconoscimento sociale
Vi siete mai chiesti perché alcune tra le persone più vincenti al mondo, in
qualsiasi ambito, continuino a impegnarsi per vincere sempre di più?
Semplice: il riconoscimento sociale è una delle gratifiche migliori che si
possano ottenere. Sentire che gli altri riconoscono il nostro valore è
motivante di per sé, a prescindere dalla gratificazione materiale collegata al
riconoscimento. A tutti piace sentirsi valorizzati e importanti, ecco perché il
modo più veloce per perdere la stima di una persona è quella di non
riconoscere il merito del lavoro svolto, del contributo dato a un progetto ad
esempio. Ricordate che il riconoscimento individuale è una molla
potentissima: impegnarsi per qualcosa che dà lustro alla propria persona è
percepito come uno sforzo che vale sempre la pena di fare. L'importante è
non abusare di questo fattore motivante: il riconoscimento sociale deve
comunque essere accompagnato da un livello sufficiente di gratifica
materiale. Lavorare o impegnarsi “per la gloria” può funzionare per un po',
ma alla lunga chi non viene premiato materialmente per il proprio impegno
non sarà nemmeno interessato al riconoscimento e alle lodi verbali.
2 – Successo
Il bello della motivazione è che può facilmente instaurarsi un circolo
virtuoso: riuscire in qualcosa è gratificante di per sé, percepirsi efficaci è la
migliore ricompensa. Alle persone piace vincere e avere successo nella vita,
inutile nascondersi dietro a un dito: tutti vogliamo vincere, tutti desideriamo
il successo nella vita. Ecco perché quando riusciamo in qualcosa, quando
siamo bravi a svolgere un'azione o un compito, tendenzialmente
continuiamo a farlo a prescindere dalle ricompense. I manager d'azienda
passano da un'azienda all'altra perché amano il successo e le sensazioni ad
esso collegate, più che per avidità (a molti di essi basterebbe il primo
incarico per mettere da parte sufficienti soldi per essere a posto per una vita
intera!); allo stesso modo, gli sportivi faticano spesso ad “appendere le
scarpette al chiodo” perché competere e vincere è una sensazione molto
motivante. Un modo semplice per motivare qualcuno è proporgli una sfida
alla sua portata: una persona che percepisce di poter vincere, si rimboccherà
le maniche per farlo. Attenzione a non superare il limite, spesso
difficilmente individuabile: sfide troppo difficili deprimono la motivazione
in quanto la persona percepisce la concreta possibilità di fallire. E fallire
non è motivante né piacevole per nessuno.
3 – Famiglia e affetti
Tante, tantissime persone sono pronte a impegnarsi molto di più per i
propri cari che per sé stesse. Il dovere di provvedere al benessere e alla
sicurezza dei propri affetti è molto sentito dall'essere umano, che spesso
può essere fortemente motivato a compiere azioni che gli garantiscano di
procacciarsi quel benessere tanto desiderato. Allo stesso modo, soprattutto
in ambito lavorativo la possibilità di godersi del tempo libero da passare
con famiglia e affetti è una forte motivazione per molti individui, che
saranno portati a impegnarsi più duramente per portare a termine il lavoro e
garantirsi l'ambita ricompensa.
4 – Responsabilità
Alle persone piace sentirsi responsabili, di sé stessi o di un lavoro poco
conta. Sentirsi responsabili di qualcosa ci fa prendere più seriamente e con
più forza di volontà i nostri impegni. La responsabilità è anch'essa autogratificante: se facciamo qualcosa bene, attribuiamo il merito a noi stessi e
siamo più propensi ad assumerci ulteriori responsabilità. Niente motiva
l'uomo come la sensazione di essere capace ed efficace: ogni sfida vinta,
anche piccola, è benzina sul fuoco della propria motivazione. Un forte
senso di responsabilità può motivare in maniera davvero intensa le persone,
nella vita personale come nel lavoro. Spesso, in famiglia ma anche sul
lavoro, tendiamo ad accentrare le responsabilità su noi stessi, fatichiamo a
delegare e ci lamentiamo perché gli altri non ci aiutano; può bastare la
semplice azione di affidare incarichi ad altre persone per motivarle
all'impegno e migliorare la loro determinazione.
5 – Curiosità e novità
Fare leva sulla curiosità innata delle persone può stimolare una forte
motivazione. L'essere umano è curioso per natura, ma spesso la vita
monotona che conduce giorno dopo giorno lo porta ad appiattirsi e a
rinunciare alla sete di novità, al piacere di imparare cose nuove, alla sfida di
comprendere come funziona il mondo. Trovarsi impegnato in compiti che
stimolano la curiosità è molto motivante per l'uomo, così come essere
coinvolto in qualcosa di nuovo può aiutare a ritrovare la motivazione persa
dopo un lungo periodo di monotonia.
Praticamente tutte le azioni delle persone possono essere ricondotte a
questi fattori motivanti. Abituatevi ad analizzare i comportamenti altrui in
base a questo schema di valutazione: perché questa persona ripete questo
comportamento? Perché persegue questo obiettivo? Come ha fatto ad avere
così tanto successo in questo ambito? Prendete le motivazioni che abbiamo
analizzato come riferimento e, una volta liberati dai pregiudizi (step
imprescindibile in quanto spesso “leggiamo” le altre persone attraverso il
filtro dei giudizi che formuliamo a priori), sarete in grado di capire cosa
motiva profondamente la persona ad adottare un certo comportamento e a
svolgere determinate azioni.
Una volta comprese le motivazioni, sarà semplice risalire ai valori che
contano nella vita di quella persona: quando sarete a conoscenza dei loro
valori, vi sarà molto più facile farvi un'idea della loro personalità.
Conoscere cosa motiva una persona ci dà un vantaggio enorme in termini
collaborativi. Quando sappiamo che leva usare, possiamo facilmente
spingere una persona a svolgere determinate azioni.
PARTE SECONDA
Le Emozioni
Cosa sono le emozioni?
La nostra vita gira attorno alle emozioni, anche se la maggior parte delle
volte non ne siamo consapevoli. Il primo obiettivo di questa parte di libro è
quindi quello di aumentare la nostra consapevolezza nei confronti delle
emozioni. Che, forse non lo sapevate, sono alla base di comportamenti e
azioni.
Questo è il primo concetto importante da comprendere circa le emozioni:
hanno sempre come conseguenza un'azione. Sono un ponte tra pensiero e
comportamento, e nel momento in cui diventiamo in grado di riconoscere le
emozioni altrui diventiamo anche capaci di prevedere il comportamento
delle persone. Ovvero leggerle, come ci siamo proposti di fare all'inizio del
libro.
Il termine “emozione” deriva dal latino emovere che significa portare
all'esterno, e infatti le emozioni non sono altro che la manifestazione
esteriore di uno stato d'animo interiore, di una precisa condizione mentale.
Sono la fotografia di un momento, di un processo di pensiero, di una catena
di reazioni che è stata messa in moto da un evento (una parola, un'azione,
un gesto...). Questa “fotografia” si manifesta dal punto di vista fisico con
dei precisi cambiamenti – che analizzeremo nei prossimi capitoli – e dal
punto di vista psichico con processi mentali che si innescano di
conseguenza.
Un'emozione è un ponte tra la reazione a un avvenimento e ciò che
succederà dopo: le emozioni precedono le azioni, per questo motivo è molto
interessante imparare a leggerle negli altri nonché a riconoscerle in sé
stessi. Va da sé che una volta che siamo in grado di capire quale azione
causerà una determinata emozione, dovremmo anche essere in grado di
gestire le azioni stesse controllando le emozioni che le innescano.
Le emozioni ci mettono letteralmente a nudo agli occhi degli altri. Per
quanto si possa diventare bravi a nasconderle infatti, non si riuscirà mai ad
annullarne gli effetti fisici. Ecco perché nella terza parte del libro ci
concentreremo sui segnali del corpo: imparando a leggerlo come un libro
aperto, il corpo è in grado di dirci tutto ciò che le persone a parole provano
a nascondere. O magari che non vogliono nascondere, ma non sono in
grado di esprimere a parole.
Lo stesso vale per le emozioni, che dei cambiamenti corporei sono la
causa. Le emozioni seguono il loro percorso, che noi vogliamo o meno; una
volta premuto il “pulsante” di un'emozione, è impossibile annullarla. Si può
solo tentare di contenere i suoi effetti, anche se la maggior parte delle volte
il risultato sarà assolutamente fallimentare. Le emozioni ci forniscono
anche un linguaggio universale: molti studi e ricerche hanno indagato la
manifestazione delle emozioni nei diversi popoli e culture del mondo,
scoprendo che le somiglianze che ci accomunano sono molto più numerose
delle differenze che ci dividono (poche, anche se interessanti).
Sviluppare una consapevolezza dal punto di vista emozionale è dunque
una potente arma in proprio possesso per diventare sempre più in grado di
gestire con abilità e destrezza i rapporti interpersonali. Ma quali sono le
emozioni dell'essere umano? Si sarebbe tentati di pensare che siano
tantissime e che una classificazione sia praticamente impossibile. E
invece... sbagliato, le emozioni sono più semplici di quanto pensiamo. È la
loro manifestazione e, più che altro, la loro percezione da parte nostra ad
essere alle volte difficoltosa.
Le emozioni principali sono sei, e sono le seguenti:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Paura
Rabbia
Tristezza
Gioia
Disgusto
Sorpresa
Su di esse c'è consenso da tempo nel mondo scientifico. Recentemente
però, un gruppo di neuroscienziati ha deciso di ampliare “ufficialmente” la
gamma delle emozioni umane riconosciute: tramite esperimenti e test
condotti su un ampio campione di persone, si è riusciti a standardizzare
altre 21 emozioni proprie dell'essere umano. L'elenco ampliato e aggiornato
delle emozioni ne comprende ora 27, accettate e riconosciute dalla
comunità scientifica internazionale.
Le 21 emozioni che sono state aggiunte alle 6 originarie sono le seguenti:
1. Ammirazione
2. Adorazione
3. Apprezzamento estetico
4. Ansia
5. Soggezione
6. Noia
7. Imbarazzo
8. Divertimento
9. Dolore empatico
10.
Confusione
11.
Calma
12.
Eccitazione
13.
Desiderio ardente
14.
Orrore
15.
Estasi
16.
Nostalgia
17.
Amore romantico
18.
Interessamento
19.
Sollievo
20.
21.
Desiderio sessuale
Soddisfazione
Una gamma molto ampia e che ora è in grado di riflettere appieno le
sfumature che caratterizzano tutti i giorni la nostra vita emotiva.
Ragioniamo un attimo su questo fatto: 27 emozioni significa anche un
numero molto maggiore di potenziali azioni che l'essere umano può
compiere sull'onda di tali emozioni. Ecco dunque che la conoscenza delle
emozioni umane e la capacità di riconoscerle ci rende potenzialmente in
grado di prevedere una vastissima gamma di azioni, di fare previsioni, di
capire come gestire al meglio il rapporto con le persone che incontriamo
tutti i giorni.
Un'ultima osservazione va fatta circa la considerazione delle emozioni. Si
contrappone spesso, a torto, l'emozione alla ragione. Si dice spesso che chi
reagisce in maniera emotiva non usa la testa. Gli studi scientifici hanno però
da tempo smontato questa credenza: le emozioni non sono che una risposta
fisiologica e ineliminabile a un avvenimento, un cambiamento nell'ambiente
circostante, a cui segue un'azione. Il cervello è assolutamente coinvolto e
implicato in questi processi: le emozioni non scavalcano la razionalità,
semplicemente il circuito avvenimento-emozione-reazione è talmente
veloce ed efficiente che noi non ci rendiamo conto della sua attivazione e,
di fatto, spesso non riusciamo a controllarlo.
Una impasse da cui si può uscire diventando maggiormente consapevoli
delle emozioni e di come agiscono sul nostro cervello. Lo stesso dicasi per
come individuare le emozioni e i loro effetti nelle altre persone: dobbiamo
slegarci dal giudizio e imparare a decostruire il comportamento altrui,
risalendo alle cause dagli effetti, cioè procedendo dalle azioni alle emozioni
che le hanno causate. Osservando ciò in maniera analitica saremo in grado
di capire le ragioni dietro ad azioni e gesti, ma anche a intuire i valori di
quella persona, a tratteggiarne la personalità, a comprendere bisogni e
necessità che ne caratterizzano l'esistenza. Ricordate sempre: le emozioni
non mentono. E hanno tanto da dire. Conviene dunque ascoltarle e
utilizzarle per ricavare una importante quantità di informazioni riguardo alla
persona che le esprime. Può fare la differenza tra una conversazione (o un
rapporto) che va a buon fine e una che si interrompe incagliandosi su
qualche ostacolo.
Come riconoscere facilmente le emozioni altrui (anche quando
tentano di nasconderle)
Abbiamo visto l'importanza delle emozioni e di saperle riconoscere nelle
altre persone, al fine di gestire al meglio la comunicazione e modulare
azioni e reazioni. Tutti abbiamo una certa dimestichezza con le emozioni,
dato che ci conviviamo da sempre, ma essere abituati a percepirle non
coincide purtroppo con la capacità di riconoscerle chiaramente. Abbiamo
detto inoltre che, seppur le emozioni non si possano annullare, si può fare di
tutto per nasconderle: una persona dunque può impegnarsi per celare la
manifestazione di una determinata emozione, e questo può rendere
difficoltosa la lettura da parte nostra. Inoltre, le differenze individuali tra
una persona e l'altra non rendono sempre immediato e semplice il
riconoscimento delle manifestazioni emotive. Come dire, siamo abituati a
vedere la realtà attraverso i nostri occhi, i nostri filtri, anche emotivi.
Parleremo più avanti e diffusamente di come sviluppare la propria
capacità di percepire le emozioni altrui. Questa capacità prende il nome di
empatia e ci rende in grado di sentire letteralmente ciò che gli altri sentono,
di sintonizzarci sulle loro emozioni. In questo capitolo, invece, tratteremo di
un argomento tutto sommato più semplice, ovvero come riconoscere e
individuare le emozioni che si manifestano in un'altra persona. Ciò
dovrebbe renderci possibile capire cosa sta succedendo a livello emotivo in
un'altra persona nel momento stesso in cui le stiamo parlando.
Gli indicatori delle emozioni
Viso
Il primo elemento su cui concentrarsi è il viso. Occhi e bocca, infatti,
sono quelli che subiscono più fortemente l'influenza delle emozioni. Ci
sono significative differenze individuali e anche tra le diverse etnie, ma
nessuno di noi può evitare di modificare l'espressione degli occhi
(soprattutto per quanto riguarda l'apertura) e della bocca (apertura,
piegatura delle labbra) quando prova un'emozione.
Tono di voce
Anche il tono di voce cambia in relazione alle emozioni provate. Allo
stesso tempo, però, spesso il tono di voce viene utilizzato proprio allo scopo
di controllare le emozioni stesse, di cercare di imporsi un controllo e di
dominare un'emozione che sta diventando troppo forte. Dunque bisogna
allenarsi molto per riconoscere queste sottili differenze. Ad ogni modo
abituatevi a notare le variazioni del tono di voce e soprattutto a legarle ad
altri cambiamenti nello stato fisico della persona.
Postura
I movimenti e la postura del corpo sono dei grandi indicatori dello stato
emotivo di una persona. A livello generale, una postura dritta e aperta
indica uno stato di benessere, sicurezza, felicità; al contrario segnali come
le spalle cadenti e le braccia conserte sono sinonimo di disagio, noia,
contrarietà, a qualsiasi livello (una persona lievemente a disagio non saprà
dove mettere le mani e finirà per incrociare le braccia, pur se il suo disagio
è molto lieve).
Mani
Le mani sono un importante elemento da considerare. Emozioni come la
tristezza, la noia o la delusione possono portare un individuo a inserire le
mani in tasca, mentre una persona indifferente alla situazione che sta
sperimentando terrà le mani dietro la schiena. Una persona innervosita e sul
punto di arrabbiarsi metterà frequentemente le mani sui fianchi (o anche
una sola per tenere libera l'altra mano per gesticolare).
Piedi
Vale un po' lo stesso discorso fatto per le mani: chi agita o “fa ballare”
gambe e piedi è frequentemente nervoso, stressato o ansioso, mentre chi
continua a cambiare la posizione dei piedi e cerca quasi di nasconderli uno
dietro l'altro potrebbe essere imbarazzato o a disagio.
Altri segnali fisici
Certi segnali fisici sono indicatori di condizioni emotive particolari:
l'arrossamento del viso, il tremolio delle mani, il sudore di viso, palmi delle
mani e ascelle, il lieve tremare del corpo intero. Sono tutti segnali che
indicano uno stato di alterazione dovuto a una improvvisa reazione di
paura, forte imbarazzo o ansia.
Questi sono i segnali che dovete abituarvi a notare nelle altre persone. Ci
vuole pratica e allenamento, soprattutto per capire quando un segnale è
inequivocabile e quando invece può far parte delle caratteristiche peculiari
di un'altra persona – c'è chi ride o sorride in una certa maniera e chi in
un'altra, chi piange più facilmente e via dicendo – il consiglio è sempre
quello di iniziare da persone conosciute e da emozioni certe. Vedete il
vostro partner arrabbiato per qualcosa che è andato storto a lavoro?
Prendete nota dei segnali fisici che manifesta. Un amico è triste o depresso?
Concentratevi su come queste emozioni si manifestano a livello fisico,
notate i cambiamenti nella postura, nel modo di muoversi e, ovviamente,
anche nelle espressioni facciali.
Riconoscere le emozioni universali
Per le 6 emozioni universali (paura, rabbia, tristezza, gioia, disgusto,
sorpresa) esistono numerosi studi che hanno standardizzato le modificazioni
che avvengono soprattutto a livello del volto e delle micro-espressioni
facciali. È importante conoscerle in quanto ci permette di partire
avvantaggiati, per così dire, con dei punti fermi dai quali muoversi. La
variabilità individuale farà sì che ogni persona manifesti queste emozioni
universali in maniera lievemente diversa, ma quantomeno esistono degli
indicatori chiari e condivisi da cui partire.
Sorpresa
Questa è l'emozione che si manifesta in maniera più breve di tutte. I suoi
segnali a livello del volto sono chiarissimi: sopracciglia sollevate, occhi
molto aperti, bocca aperta. L'indicatore dell'intensità di questa emozione è
dato dalla bocca: più la persona è sorpresa più la bocca si apre, fino a
spalancarsi. Una lieve sorpresa farà solamente sgranare gli occhi, mentre
una sorpresa sconvolgente lascerà la persona letteralmente “a bocca aperta”.
Rabbia
In questo caso, le sopracciglia si abbassano e tendono ad unirsi
centralmente, le labbra si assottigliano poiché vengono strette, gli occhi
scintillano. La rabbia è un'emozione molto potente ed è difficile da
controllare o da nascondere. Ha dei segni premonitori: la mandibola tesa, lo
sguardo che si fa duro e fisso, le sopracciglia che si abbassano. Si può
imparare a riconoscere questi segnali in modo da aggiustare la
conversazione e tentare di controllare l'emozione altrui.
Tristezza
Al contrario della rabbia, quando una persona prova tristezza solleva
involontariamente le sopracciglia (soprattutto nell'angolo interno) e le
palpebre superiori, gli angoli della bocca si abbassano leggermente e lo
sguardo tende ad abbassarsi e a perdere di intensità. Un consiglio: fingere la
tristezza è quasi impossibile poiché è difficile ricreare quella
particolarissima espressione di sopracciglia e palpebre, dunque se avete il
dubbio che qualcuno sia effettivamente triste controllate quella parte del
volto.
Paura
In caso di paura, le sopracciglia si sollevano ma non si piegano verso
l'alto o il basso, si sollevano anche le palpebre superiori e lo sguardo
diventa sgranato, la bocca può essere chiusa o leggermente aperta e le
labbra si assottigliano. Anche in questo caso, chi finge paura farà fatica a
controllare sopracciglia e palpebre dunque controllate questi due elementi.
Disgusto
Chi prova disgusto arriccia il naso in un'espressione davvero tipica,
facilissima da riconoscere. La bocca può subire modifiche: il labbro
superiore può essere arricciato e sollevato anch'esso, se il disgusto è forte
ciò avviene anche al labbro inferiore.
Gioia
Molto facile riconoscere un'espressione di vera gioia: bocca e occhi
sorridono letteralmente. Le sopracciglia si arcuano e si abbassano, gli occhi
si assottigliano, compaiono le classiche rughette sulle tempie e gli angoli
della bocca si sollevano all'insù. La bocca può essere o meno aperta. Un
sorriso falso, tipico di chi finge gioia anche se non la prova, coinvolge solo
la bocca mentre gli occhi e le sopracciglia rimangono uguali a prima: è
perciò piuttosto facile da individuare.
Come aumentare la propria consapevolezza emotiva e
comprendere gli stati d'animo degli altri
Numerosi studi hanno dimostrato che l'intelligenza emotiva – una delle
tante intelligenze di cui ogni essere umano è dotato, secondo la teoria delle
intelligenze multiple – è utile in tanti ambiti diversi, non ultimo quello del
lavoro. Lungi dall'essere una cosa riservata alle persone “sensibili”, la
consapevolezza emotiva dà una marcia in più in compiti e azioni che
apparentemente non hanno nulla di “sentimentale”. L'intelligenza emotiva
aumenta i guadagni delle aziende, se vogliamo ridurre la questione ai
minimi termini: uomini d'affari dotati di consapevolezza emotiva
performano meglio di quelli che ne sono privi, portando le aziende in cui
lavorano a conseguire risultati finanziari migliori.
Spesso sentiamo parlare di persone che “non hanno sentimenti”, che non
sono in grado di capire le altre persone, individui “insensibili” che
calpestano desideri e bisogni altrui. Sono tutti modi per indicare persone
con una scarsa o scarsissima consapevolezza emotiva. Una cosa diversa dal
cinismo o dall'egoismo, che si esprimono con una volontà precisa di non
considerare emozioni e bisogni altrui. Le persone con poca consapevolezza
emotiva non si rendono proprio conto dei sentimenti degli altri e la maggior
parte delle volte nemmeno dei propri. Esiste un modo per porre rimedio a
questo problema? Si può lavorare per aumentare la propria consapevolezza
emotiva?
La risposta è sì. Il percorso per aumentare la propria consapevolezza
emotiva, peraltro, è anche piacevole, nel senso che immergersi nel mondo
delle emozioni e dei sentimenti altrui è un po' come inforcare sul naso un
paio di occhiali dopo una vita passata a non vederci chiaramente. Le
informazioni che riusciamo a raccogliere dal mondo circostante una volta
che lo approcciamo forti di questa consapevolezza, sono in grado di
arricchire la nostra esperienza e le nostre relazioni interpersonali. Vediamo,
passo per passo, come fare per diventare maggiormente consapevoli delle
emozioni proprie e altrui.
Partite da voi stessi. Il primo step per diventare più consapevoli delle
emozioni degli altri è riconoscere le proprie emozioni. Chi non è confidente
con la propria sfera emotiva non potrà mai esserlo con quella di qualcun
altro. Provate a fare caso ai vostri stati d'animo, a come reagite alle
situazioni, ma soprattutto chiedete agli altri come vi vedono e provate
dunque a diventare consapevoli di emozioni di cui magari non riuscite a
rendervi conto. Capire come e perché si provano certe emozioni ci aiuta
anche a ridimensionarle e a non farci sopraffare da esse.
Imparate a controllarvi. Proprio così: avere il controllo delle proprie
emozioni ci rende anche in grado di riconoscerle e individuarle nelle altre
persone. Essere in balia delle emozioni non è mai utile, né nei rapporti con
gli altri né con noi stessi. Imparate a non reagire immediatamente a
qualsiasi situazione si presenti, cercate di essere meno impulsivi e di
ascoltare le emozioni che stanno prendendo possesso della vostra mente e
del vostro corpo.
Fatevi criticare. Cercate una persona delle cui opinioni vi fidate e
chiedetele di essere brutale nei vostri confronti. Affrontare il giudizio altrui
può far perdere le staffe e farsi trasportare dalle emozioni senza ragionare.
Ecco perché è sano allenarsi a farsi criticare: si può cogliere l'occasione per
notare cose su sé stessi che non si erano notate, aumentare la
consapevolezza delle proprie emozioni nel momento in cui si viene criticati
e imparare a gestire e controllare le proprie emozioni. Questo ci aiuterà a
metterci nei panni degli altri quando saremo noi i critici altrui, o anche solo
gli spettatori di una situazione che non ci vede diretti protagonisti. Sapremo
riconoscere le loro emozioni molto più facilmente.
Indossate le scarpe di qualcun altro. No, non intendo di scambiarvi
materialmente le scarpe, ma di provare a “camminare” nelle scarpe di
un'altra persona, ovvero immergervi idealmente nella loro situazione di vita.
Immaginate cosa pensa e cosa sente quella persona e poi provate ad
utilizzare le informazioni che avete ricavato da questo esercizio per
comunicare in maniera più effettiva con la persona in oggetto.
Siate specifici riguardo alle sensazioni. Imparate a dare un nome
preciso alle emozioni. Siete arrabbiati? Fate un passo ulteriore e chiedetevi
perché. Cos'altro provate? Tristezza? Umiliazione? Delusione? Non
fermatevi finché non avete dato un nome preciso alla sensazione che state
provando. Non dev'essere per forza un'emozione forte e molto
coinvolgente, abituatevi a essere specifici circa quello che sentite in ogni
circostanza.
Fate caso al vostro corpo. Molte emozioni passano sottotraccia. A volte
per accorgersi di ciò che si prova è utile far caso alle reazioni fisiche:
analizzate la vostra postura, le vostre sensazioni di caldo/freddo, le vostre
espressioni facciali o il modo in cui state tenendo gambe e braccia. Ciò vi
permetterà di riconoscere più agevolmente le emozioni sottostanti.
Interessatevi agli altri. Come si sentono le altre persone? Cosa provano?
Non c'è modo migliore che chiederglielo: abituatevi a chiedere agli altri
come si sentono. Entrare nel mondo delle loro emozioni, senza farsi
coinvolgere eccessivamente, vi aiuterà a sviluppare consapevolezza.
Non giudicate frettolosamente. Il giudizio è nemico delle emozioni. Chi
giudica in fretta non si prende nemmeno il tempo di analizzare le emozioni
altrui (e nemmeno le proprie). Dunque quando sta per uscirvi un giudizio
dalla bocca, trattenetevi e provate ad analizzare la situazione chiedendovi
cosa prova l'altra persona e cosa provate voi.
Cos'è e come si sviluppa l'empatia
Mai sentito parlare di empatia? È un termine da “addetti ai lavori” ma
nell'ultimo decennio la sua popolarità è stata costantemente in crescita e se
ne è iniziato a parlare in diversi contesti. L'empatia è, per così dire,
l'evoluzione della sensibilità emotiva: è la capacità di comprendere come si
sentono gli altri e condividere con noi stessi le loro emozioni. E perché è
tanto importante, forse vi chiederete? L'importanza dell'empatia è cresciuta
progressivamente man mano che crescevano le prove riguardo la sua
funzione strategica per il successo personale.
Empatia e successo personale, è lecito chiedersi cosa c'entrino uno con
l'altro. Il filo logico è semplice da seguire: con un alto livello di empatia è
più facile leggere le persone, comprendere i loro sentimenti e prevedere il
loro comportamento, ciò porta inevitabilmente a conseguire un maggiore
successo nelle relazioni interpersonali, di qualsiasi tipo esse siano
(personali, amorose, di lavoro e via dicendo). Ma sviluppare l'empatia non è
solo funzionale a ottenere più successo nelle relazioni interpersonali. È un
po' come guardare la realtà attraverso un caleidoscopio: il mondo in cui
viviamo di colpo si colora, in quanto la capacità di comprendere e sentire
emozioni e sentimenti altrui rende tutto più ricco, più vivido, più
emozionante.
L'empatia però, purtroppo, presenta anche un lato negativo. Più si diventa
capaci di sintonizzarsi sui sentimenti delle altre persone, più può diventare
difficile lasciare il carico emotivo fuori dalla porta di casa, per così dire.
Essere più empatici porta con sé tanti vantaggi ma anche il dovere di
imparare a regolare il flusso emotivo in entrata. Non si può infatti rischiare
di finire schiacciati dal peso delle emozioni e dei sentimenti altrui; bisogna
trovare il modo di filtrare il vissuto emozionale delle altre persone,
imparare a viverlo con partecipazione ma al contempo con un certo salutare
distacco.
La regolazione emotiva fa parte del percorso per sviluppare la propria
capacità empatica: si nasce più o meno predisposti per l'empatia, ma è una
dote che tutti possono imparare a coltivare e sviluppare nel tempo. Il
presupposto imprescindibile è la consapevolezza emotiva, che abbiamo
affrontato nel capitolo precedente; saper riconoscere le proprie emozioni e
quelle degli altri è proprio il punto di partenza. A un gradino superiore
troviamo appunto la regolazione emotiva, ovvero la capacità di gestire e
controllare prima le emozioni proprie, in seguito quelle altrui.
Può sembrare che stiamo sconfinando nel territorio ambiguo della
manipolazione, ma l'espressione “gestione delle emozioni altrui” non vuole
rimandare a questo. Un'empatia sviluppata può renderci in grado di
assecondare al meglio le emozioni altrui, può farci capire cosa fare, quando
farlo e come farlo, al fine di raggiungere la massima collaborazione con la
persona che abbiamo di fronte, evitando scontri e incomprensioni. In questo
senso dunque l'empatia aumenta la nostra capacità di gestire i rapporti
attraverso la conoscenza delle emozioni altrui.
Ma l'empatia può fare molto di più: può farci guardare la realtà attraverso
le lenti di qualcun altro. Quando siamo capaci di immedesimarci non solo
con la testa e la ragione, ma anche con la “pancia” e i sentimenti nei panni
di qualcun altro, lì avviene la vera magia. Perché a quel punto tutte le
informazioni di cui abbiamo bisogno per leggere il comportamento dell'altra
persona, le abbiamo a portata di mano. Prevedere azioni e reazioni, capire
come comportarsi o cosa dire, tutto risulterà più facile (inoltre, guardare il
mondo da una prospettiva diversa è sempre e comunque istruttivo).
Facciamo un passo in più e... l'empatia si rivela ancora più utile. Al più
alto grado, infatti, essa ci consente di avere realmente a cuore la situazione
e i bisogni di un'altra persona. A quel punto sarà ancora più facile agire: non
si tratterà nemmeno più di pensare e progettare cosa fare e cosa dire, poiché
ciò ci verrà spontaneo. Questo è il massimo grado di empatia che si può
raggiungere: quando non è nemmeno più necessario pensare a come
soddisfare le necessità dell'altra persona, semplicemente perché
l'immedesimazione è tale che ci consente di saperlo in maniera intuitiva.
Bello, vero? Certamente non facile, vi verrà da pensare. Eppure,
nemmeno poi così difficile... seguendo i consigli di seguito esposti.
Fate in modo che gli altri si aprano con voi
Come? Essendo sinceri e incoraggianti quando esprimete un'opinione. Le
persone apprezzano onestà e sincerità al massimo grado, anche se può non
sembrare che amino sentirsi dire la verità, danno un grande valore a chi ha
il coraggio di farlo. Quindi siate sempre sinceri, onesti e gentili: anche per
esporre le proprie critiche non è mai necessario essere offensivi o brutali.
Quando è il caso, non perdete occasione per complimentarvi con una
persona. Siate incoraggianti e non risparmiate i complimenti. L'importante è
che siano sinceri e che non siano esasperati. Anche in questo caso, le
persone saranno più disposte ad aprirsi con voi, in quanto sentono di potersi
fidare e di essere al sicuro.
Accettate le opinioni diverse dalle vostre
Non c'è modo migliore per allargare i propri orizzonti che quello di
conoscere realtà e visioni diverse dalla propria. Ci permette di entrare in
contatto con ciò che è diverso da noi, con sentimenti e opinioni diverse.
Approcciate sempre le altre persone con umiltà e accettate la loro visione
del mondo, anche se molto diversa dalla vostra; non significa rinunciare alla
vostra unicità ma accettare il fatto che ognuno di noi è diverso e vede la
realtà in maniera diversa. Da questo punto di partenza sarà più facile
accorgersi che esiste un mondo di pensieri, emozioni e sentimenti altrui
tutto da conoscere.
Siate disponibili all'ascolto
Il modo migliore per entrare in contatto con il mondo emotivo delle altre
persone è... essere disponibili a farlo. Il contrario esatto dell'empatia è
l'autoreferenzialità: chi pensa solo a sé stesso e vede solo sé stesso,
difficilmente riuscirà a comprendere l'universo altrui. Dunque ascoltate le
altre persone con sincero interesse, è il modo migliore e più veloce per
imparare a comprendere e “maneggiare” le loro emozioni. Oltretutto, come
abbiamo già avuto modo di vedere, è anche il modo migliore per fare in
modo che le altre persone si aprano.
Interessatevi alle storie altrui
Diventare più empatici significa diventare più abili a comprendere il
vissuto emotivo delle altre persone. Quale modo migliore per farlo di
chiedere direttamente alle persone di parlarcene? Lo step successivo
all'ascolto è quello di essere disposti a conoscere davvero emozioni,
pensieri e sentimenti delle altre persone. Potrebbe non essere facile,
potrebbe essere faticoso dal punto di vista emotivo, ma bisogna passarci
attraverso, confrontarsi con le emozioni altrui per comprenderle e capire
come averci a che fare, evitando di accumulare stress.
Siate presenti e date il vostro supporto
Come fare per far sì che gli altri si fidino, si aprano e ricerchino la nostra
opinione? Siate presenti. Anche solo con un piccolo gesto, o una telefonata.
E fate sempre il tifo per le persone che vi stanno a cuore. Gesti piccoli o
piccolissimi possono fare la differenza. Letteralmente. Sentire la presenza,
il supporto e l'attenzione di qualcuno nel momento del bisogno ci farà
capire che di quella persona ci possiamo fidare, che su di lei possiamo
contare. Aprirsi con quella persona sarà la logica conseguenza.
Come far leva sulle emozioni altrui con la comunicazione
Sviluppare l'empatia può essere molto utile anche a livello comunicativo.
Il linguaggio verbale è uno “spazio” in cui possiamo applicare tutto ciò che
abbiamo imparato riguardo alla gestione delle emozioni, proprie e altrui,
per portare la conversazione a un altro livello. Un livello diverso di
efficacia: raggiungere i propri obiettivi sarà decisamente più facile una volta
che si smette di scontrarsi con il muro delle emozioni e dei sentimenti
altrui, e si inizia a capire quali “pulsanti” schiacciare per ottenere
determinate reazioni. Possiamo fare ciò attraverso due tecniche molto
efficaci: l'ascolto attivo e il rispecchiamento empatico.
Un buon discorso nasce ovviamente da un buon ascolto. Ascoltare non è
sufficiente; si tratta di ascoltare nella maniera giusta. Dunque per capire
come poter agire con il linguaggio emotivo, prima bisogna raccogliere la
giusta dose di informazioni riguardo alla situazione e alla persona. Bisogna
cioè ascoltare attivamente , facendo caso a come una persona dice qualcosa
oltre che a cosa dice. Queste sfumature, inflessioni, espressioni, reazioni
quasi impercettibili costituiscono il corollario al discorso e sono
importantissime per svelare il mondo emotivo di quella persona in quel
momento. Forse è arrabbiata ma sta cercando di celare questo sentimento,
magari cerca di nascondere la tristezza dietro parole apparentemente
positive o, viceversa, fatica a esprimere una felicità che percepisce in
maniera molto forte. Capire ciò ci consegna il primo strumento a nostra
disposizione per far leva sulle emozioni altrui tramite il linguaggio: le
informazioni.
In secondo luogo ci si può servire di una nota e utilizzata tecnica, quella
del rispecchiamento empatico . Si tratta proprio di trasformarsi in uno
specchio delle emozioni della persona che si ha davanti, ovviamente dopo
essere riusciti a intercettarle. Una volta indossati i panni dell'altra persona,
si può provare a verbalizzare ciò che l'altra persona sente, per aiutare lei a
capire come si sente e a darci giuste indicazioni, noi a precisare le intuizioni
raccolte nella fase di ascolto attivo. Se abbiamo davanti una persona
arrabbiata non si tratta di arrabbiarsi a nostra volta, ma di verbalizzare
quanto notato: “ti sento arrabbiato, guarda come stringi i pugni” ad
esempio, o ancora “devi proprio essere pieno di rabbia”. Queste semplici
osservazioni produrranno due risultati: faranno capire all'altra persona che
ci siete, che avete capito, che di voi si possono fidare; permetteranno
all'altra persona di confermare o di smentire le nostre supposizioni,
consentendoci di aggiustare il tiro.
Si possono usare domande o affermazioni per rispecchiare lo stato
emotivo di una persona. Si può anche, in minima parte, rispecchiare i suoi
gesti, la sua postura o la sua scelta di vocaboli, avendo cura però di
rimanere credibili e di non scadere nel ridicolo. Questo “mimare” lo stile e
l'approccio di una persona può contribuire a farla sentire più accolta e al
sicuro. È tassativo evitare critiche o giudizi: non è questo lo scopo e fare ciò
può portare al blocco immediato del canale di comunicazione con l'altra
persona. Un altro errore da evitare è quello di mostrarsi interessati nelle
intenzioni ma non rispecchiare ciò nel linguaggio. Una persona che utilizza
frasi fatte, espressioni generiche e modi di dire sempre validi non riuscirà
mai a far leva sulle emozioni altrui. Per riuscire a colpire nel segno bisogna
puntare dritti al centro del bersaglio: essere cioè altamente specifici, dire
(poche) cose pertinenti, far cioè capire all'altra persona che abbiamo
ascoltato e che stiamo parlando per lei, non per dare aria alla bocca o
parlarci addosso.
Come contorno al discorso, ricordiamoci di dare dei segnali di presenza e
di comprensione all'altra persona mentre essa parla: annuire con la testa,
sorridere quando è il caso, guardare brevemente l'altra persona per
mostrarle la nostra comprensione e il nostro supporto, sottolineare le
emozioni che le sue parole suscitano in noi con le espressioni del viso. Sono
tutti segnali di contatto e sono utilissimi per far capire all'altra persona che
siamo presenti e attenti a ciò che dice.
Tecniche di persuasione emotiva
Ora che abbiamo capito come aumentare la nostra consapevolezza
emotiva e come sviluppare l'empatia, siamo pronti a poter agire sulle
emozioni degli altri. O meglio, sfruttando le emozioni degli altri. La
persuasione si serve della comunicazione (verbale e non verbale) per far
leva sulle emozioni altrui e aiutare così la persona che la applica a
raggiungere i propri scopi. Stiamo ovviamente parlando di scopi etici,
benefici, reciprocamente vantaggiosi: se convinco una persona ad
assumermi è perché penso di essere adatto per quel lavoro, così come nel
momento in cui persuado qualcuno ad acquistare il mio prodotto so che gli
porterà un vantaggio. Agire in maniera non etica sarebbe in definitiva
controproducente (la persona capirebbe che le ho rifilato un “bidone” e non
un prodotto davvero utile, il capo si accorgerebbe che non sono in grado di
svolgere il lavoro). Ecco perché, fatta questa premessa, non mi preoccuperò
più di ribadire che il fine deve sempre essere etico.
Per far leva sulle emozioni altrui serve ovviamente grande
consapevolezza emotiva. Ed essere empatici certamente aiuta. Una volta
messo a fuoco l'obiettivo, saremo dunque in grado di usare le tecniche
giuste per suscitare emozione nell'interlocutore. E l'emozione porta
all'azione, come abbiamo visto in precedenza. Il nostro obiettivo dunque è
quello di persuadere qualcuno a compiere un'azione, attraverso il ricorso a
una risposta emozionale da parte sua.
Usate parole intense
Il modo migliore per suscitare emozioni in chi vi ascolta è scegliere
accuratamente dei termini particolarmente intensi da usare opportunamente.
Le parole si portano con sé le emozioni, numerose ricerche hanno
dimostrato che l'utilizzo di termini “forti” aumenta la predisposizione ad
ascoltare e a farsi persuadere nelle persone. Parole intense e ricche di
emozione attirano l'attenzione e aprono la strada alla reazione emotiva che
si desidera provocare. Il modo migliore per comunicare in maniera intensa è
quello di trasmettere la propria passione a chi ascolta. Una passione
genuina, trasmessa senza filtri, riesce a colpire nel segno e si servirà, per la
comunicazione, di parole dalla forte carica emotiva.
Incuriosite, create aspettativa
L'uomo è curioso per natura e la curiosità è una forte motivazione per le
sue azioni, in qualsiasi campo. Una comunicazione in grado di destare
curiosità porterà naturalmente gli ascoltatori a volerne sapere di più. E, per
farlo, potrebbero dover compiere l'azione che vogliamo persuaderli a fare.
Anche creare aspettativa è una tecnica ideale per suscitare emozioni nelle
persone che ci ascoltano: attraverso lo story telling, ovvero il racconto come
mezzo di comunicazione, si può creare una forte aspettativa nell'altra
persona, ottenere la sua attenzione e dunque predisporla a desiderare di
ascoltarci.
...Cosa rischiate di perdere?
A nessuno piace perdere. E soprattutto a nessuno piace perdere un'ottima
occasione. Dunque, la strategia di ingolosire le persone al fine di
persuaderle a compiere un'azione è sempre una delle più valide. Facciamo
un esempio: volete persuadere un amico a passare una giornata fuori città
assieme a voi. Una comunicazione persuasiva che fa leva sulle emozioni
potrebbe essere giocata su una descrizione abbastanza approfondita (non
troppo, il perché lo vedremo nel paragrafo seguente) di ciò che lo aspetterà
nella giornata da passare insieme. Fate trapelare qualche dettaglio e, se
riuscite a suscitare la sua curiosità, fate leva sulle emozioni che insieme
proverete se farete quella o quell'altra cosa. Quando perdiamo un'occasione
preferiamo non sapere quanto abbiamo perso. Dare la percezione di ciò a
una persona fa scattare in lei una forte reazione emotiva.
Il fascino del mistero
Questa tecnica è strettamente legata a quelle che fanno ricorso alla
curiosità. Se decidete di servirvi del mistero, create aspettativa in maniera
molto accurata al fine che l'oggetto di tanta aspettativa rimanga misterioso.
Sentirsi all'oscuro di qualcosa porta le persone ad agire perché fa leva su
alcune tre le più forti emozioni. Dunque questa è una tecnica di persuasione
da calibrare con attenzione.
Il potere della solidarietà
Avete mai notato che risposta ampia ottengono le iniziative di solidarietà
o beneficenza in cui basta 1 euro per sostenere una causa? È perché alle
persone piace sentirsi “buone”. Per fortuna, ci piace aiutarci l'un l'altro. Se
volete muovere la volontà di molte persone, fate leva sul loro istinto di
solidarietà. Offrite una prospettiva che consenta loro di sentirsi di aiuto per
qualcosa o qualcuno. È un tasto emotivo che si può spingere con sicurezza
perché la reazione positiva delle persone è quasi sempre assicurata.
Come avete potuto notare, in nessun caso si fa menzione di tecniche di
comunicazione che fanno leva su emozioni negative. Paura, ansia,
vergogna, imbarazzo devono assolutamente rimanere fuori dallo spazio
comunicativo tra noi e l'altra persona se il nostro scopo è influenzarla,
persuaderla a compiere un'azione o a sposare un'idea. Con la paura non si
va da nessuna parte: si ottengono risultati che sembrano efficaci al
momento, ma che ci si ritorceranno contro nel medio e lungo periodo.
La paura non può mai essere una leva emotiva. Una persona spaventata
agirà, sicuramente, ma non lo farà perché vuole seguire noi, lo farà per
evitare qualcosa. Che, nel peggiore dei casi, siamo proprio noi o le idee di
cui siamo portatori. Dunque tenetevi sempre alla larga dalle emozioni
negative e se vi accorgete che state entrando in un territorio minato,
semplicemente e senza sottolineare la cosa spostate il discorso verso
un'altra direzione. L'ultimo consiglio per persuadere emotivamente
qualcuno dunque è questo: siate sempre positivi. Le persone aspirano a star
bene e seguiranno molto volentieri una persona che è portatrice di
benessere.
PARTE TERZA
Linguaggio del corpo
Analizzare le persone velocemente è possibile?
Non sarebbe bello poter capire in anticipo cosa le persone stanno per
fare? Intuire i loro pensieri ed essere in grado di prevedere la loro prossima
mossa. Tutto questo, ovviamente, senza parlare. Sarebbe bello e anche
molto utile, in quanto ci permetterebbe di trarre il meglio da ogni situazione
interpersonale. Evitare conflittualità inutili, fraintendimenti, riuscire a
raggiungere i propri scopi. E, certamente, anche sentirsi più sicuri
nell'approccio alle altre persone.
Peccato che nessuno ci dia un manuale segreto con i contenuti della
mente delle persone. Però esiste qualcosa di molto simile, un “libro” che si
può imparare a leggere per ricavarne quante più informazioni utili possibile.
Quel libro è il corpo delle altre persone e imparare a leggere i segnali che
esso manda, continuamente e la maggior parte delle volte
involontariamente, è utilissimo per portare a un altro livello le proprie
interazioni sociali.
Ma è davvero possibile leggere in maniera veloce il linguaggio del corpo
di un'altra persona? La risposta è sì, ma ci vuole tanto allenamento. Bisogna
sapere cosa guardare, come guardarlo, come valutarlo. Ed essere in grado,
infine, di avere uno sguardo d'insieme che unisca per così dire tutti i
puntini, al fine di evitare fraintendimenti. A conferma di ciò posso dirvi che
i servizi segreti da tempo utilizzano tecniche di lettura del linguaggio del
corpo durante gli interrogatori.
La cosa più difficile è forse dividersi tra la comunicazione verbale e
quella non verbale: spesso le parole che una persona pronuncia possono
andare in direzione opposta rispetto a quello che il suo linguaggio del corpo
comunica. Ciò non è inusuale. Sta a noi, allora, imparare a ragionare su due
livelli, analizzando in contemporanea entrambi i messaggi, confrontandoli
per individuare eventuali punti di debolezza.
A livello generale, per analizzare velocemente una persona basandosi sul
linguaggio del corpo si può seguire uno schema che mette in ordine di
importanza i vari segnali.
•
Occhi: sono la prima cosa da guardare. Ci possiamo concentrare
sull'espressione degli occhi (approfondiremo in seguito questo
argomento) e delle sopracciglia e sulla direzione dello sguardo.
Inoltre, è utile notare se lo sguardo è più o meno sostenuto (la persona
ci guarda dritto negli occhi continuamente? O al contrario rifugge il
nostro sguardo?).
•
Espressioni del viso: le espressioni che disegnano il viso sono un
universo a sé, molto affascinante, che approfondiremo nei prossimi
capitoli. Una volta interpretato lo sguardo, cerchiamo altri segnali
rivelatori all'interno del viso. I punti da osservare sono bocca, naso e
sopracciglia.
•
Postura e gesti: dopo il viso passate al corpo intero. La persona ha
una postura rigida o rilassata? Composta o trasandata? Si pone sicura
e aperta verso il mondo o al contrario sembra quasi ripiegarsi su sé
stessa? Cercate segnali particolari, elementi che vi colpiscono. Anche
per quanto riguarda i gesti: notate se la persona gesticola
animatamente, muove di continuo la testa o si tocca frequentemente i
capelli, intreccia le dita delle mani o batte un piede per terra, insomma
fate caso a tutto ciò che può saltare all'occhio.
•
Distanze: questo è l'elemento forse più difficile da valutare. Lo
approfondiremo in seguito, ad ogni modo fate caso a come una
persona gestisce la distanza interpersonale con l'altra persona e il
contatto fisico.
Avrete forse già intuito che leggere il linguaggio del corpo... non è affatto
semplice. Vediamola così, potete iniziare con una più o meno lunga fase di
apprendimento, in cui il vostro unico scopo non è tanto imparare a
interpretare il linguaggio del corpo altrui ma semplicemente notarlo e
classificarlo. Imparate e distinguere le espressioni, le microespressioni, i
modi di guardare, le posture, i molti movimenti che le persone fanno mentre
parlano anche se non se ne rendono conto (con testa, braccia, gambe, mani
e piedi). Il vostro unico scopo deve essere quello di raccogliere quanti più
dati possibile.
Nella seconda fase, cominciate a notare similitudini e differenze tra le
varie persone e a ricercare nessi di causa-effetto. Ad esempio: il capo era
molto nervoso oggi in riunione quindi continuava a tamburellare con le dita
mentre ascoltava i suoi collaboratori parlare. O ancora: Paolo ha preso un
brutto voto a scuola oggi, per questo motivo teneva lo sguardo basso e
aveva gli angoli della bocca rivolti leggermente all'ingiù.
Man mano che diventerete esperti, noterete da soli che i tempi di analisi si
ridurranno e voi diventerete più abili a capire quali cause possono aver
prodotto determinati effetti a livello corporeo.
Vediamo ora invece quali possono essere gli ostacoli alla lettura del
linguaggio del corpo di una persona:
•
Etnia: culture ed etnie diverse dalla nostra possono utilizzare in
maniera parzialmente differente il linguaggio del corpo, soprattutto
per quanto riguarda sguardo, sorriso e distanze interpersonali. Se vi
trovate di fronte a una situazione ambigua (un segnale per voi sempre
molto chiaro ma che di colpo sembra di segno opposto) considerate
questo aspetto. Pensiamo anche solo all'Italia e al fatto che tra Nord e
Sud ci siano differenze sostanziali nel valore che si dà alla distanza
interpersonale e al contatto fisico.
•
Disabilità: persone con disabilità possono inviare segnali corporei
difficili da decifrare. E non per forza si deve trattare di disabilità
fisiche: anche le disabilità intellettive possono portare le persone a
servirsi della comunicazione corporea in maniera del tutto peculiare.
•
Differenze individuali: questo è l'elemento che può più facilmente
trarre in inganno. Persone diverse possono comunicare in maniera
differente. Solitamente certi segnali ed espressioni sono universali, ma
ci sarà sempre l'eccezione che conferma la regola, ovvero quella
persona che li utilizza (o li interpreta) in maniera diversa o opposta.
Può aiutare conoscere la personalità dell'altra persona.
•
Contesto: certi segnali corporei assumono un significato solo una
volta calati nel contesto in cui sono stati emessi. Dunque ricordatevi
sempre di considerare le persone come inserite in un dato contesto
(ambientale, situazionale, ma anche emotivo), altrimenti il rischio di
capire “Roma per toma” è molto alto. Si può ovviare a questo
problema ricordandosi di farsi un'idea del contesto prima di procedere
ad analizzare e interpretare i segnali che una persona sta inviando con
il linguaggio del corpo.
Per concludere, quindi, analizzare le persone velocemente è possibile ma
bisogna fare molta pratica prima di essere in grado di interpretare
correttamente i segnali che le altre persone continuamente ci inviano. Ci
sono situazioni più ideali di altre per fare questo tipo di pratica: quando si è
in una sala d'attesa, ad esempio, c'è tutto il tempo per osservare con
discrezione il linguaggio del corpo delle altre persone presenti. Con una
sufficiente pratica, leggere i segnali del corpo diventerà un'abitudine
involontaria: è allora che questa abilità darà i suoi frutti migliori.
Come leggere il linguaggio del corpo altrui
Postura, pose, gesti... Con il corpo comunichiamo molto e la cosa
interessante è che per la maggior parte delle volte non siamo consapevoli di
ciò che stiamo comunicando. Un fattore importantissimo nel momento in
cui ci mettiamo dall'altra parte, ovvero dalla parte di chi utilizza questi
segnali involontari per capire qualcosa di più riguardo alla personalità, lo
stato d'animo, le emozioni e i pensieri di chi si trova davanti. Il corpo non
mente: lo sa bene chi prova a controllarlo, poiché a meno di essere dei
campioni di questa “disciplina”, si è destinati al fallimento. Ecco allora che
abbiamo un canale molto importante a cui approvvigionarci per carpire
informazioni sulle altre persone.
Per interpretare lo stato d'animo o la personalità di una persona guardando
il suo corpo, la cosa più semplice e veloce da fare è far caso alla sua
postura. Ovvero, a come sta in piedi o seduta. Sono sostanzialmente quattro
le posture che il corpo può assumere quando la persona è in piedi:
•
Neutra: la schiena è dritta, testa e collo anche. La persona è
probabilmente rilassata. Questa postura è, come dice la parola, neutra:
ovvero non ci dà nessuna indicazione particolare circa lo stato
emotivo della persona.
•
Curva: la persona ha la schiena leggermente incurvata in avanti, le
spalle che tendono a chiudersi, la testa anch'essa si rivolge verso il
basso più o meno leggermente. La persona è probabilmente triste,
scoraggiata, depressa, delusa (per verificare ciò dovremo far caso
anche ad altri segnali, soprattutto relativi alla mimica facciale, ne
parleremo nei prossimi capitoli).
•
Inclinata: è la tipica posizione di chi si protende in avanti e verso il
basso, per parlare a un bambino o a un animale domestico. Ma non
solo, anche quando ci rivolgiamo a una persona che ci sta simpatica o
che ci piace tendiamo a inclinarci verso di essa, frontalmente o
lateralmente. Due teste e due corpi che convergono, insomma,
indicano piacere e simpatica reciproca. La postura inclinata dunque
può indicare uno stato interiore di simpatia, piacere, buona
disposizione.
•
Eretta: la tipica posizione a schiena ben dritta, testa e mento alti e,
molto probabilmente, mani sui fianchi. Questa posizione ci dice che la
persona è molto sicura di sé e vuole dominare la situazione (o le altre
persone). La persona potrebbe anche avere le gambe divaricate.
Passiamo ora ad analizzare alcuni gesti e movimenti del corpo che sarà
capitato a tutti noi di vedere numerose volte nella vita. Sono l'equivalente
delle espressioni facciali per quanto riguarda il corpo, ed è molto
importante imparare ad associare a ogni gesto o movimento un significato –
pur, come già detto, in considerazione delle differenze individuali.
•
Alzare le spalle: partiamo da un gesto di facile interpretazione.
Quando una persona alza le spalle (“fa spallucce”) vuole significare
che non sa nulla riguardo a ciò che le è stato chiesto, che è estranea ai
fatti, che vuole essere estranea ai fatti. Il gesto è di solito
accompagnato dall'esposizione dei palmi delle mani, sollevati in alto,
e da un'alzata di sopracciglia (segnali che sottolineano la portata del
gesto).
•
Mostrare i palmi delle mani: mani aperte e mani visibili sono un
universale segnale di non conflittualità, sincerità e onestà.
•
Puntare il dito a pugno chiuso: le persone che indicano in questa
maniera, e che magari lo fanno spesso, denotano desiderio di
dominare la situazione e/o le altre persone. È un segnale piuttosto
aggressivo e viene recepito generalmente male dalle altre persone. Se
invece il dito è puntato verso l'alto, la persona intende richiamare
l'attenzione e trasmettere autorità alle sue parole.
•
Occupare lo spazio con braccia e gambe: avete presente che gesto
fanno gli sportivi quando tagliano vittoriosi il traguardo? Alzano le
braccia a “V” nel cielo, ovvero cercano di espandersi, per così dire,
nello spazio. È un segnale inequivocabile di potere e leadership. Lo
stesso dicasi per chi divarica molto le gambe quando sta fermo in
piedi.
•
Fare dondolare una gamba: le persone che fanno questo gesto sono
agitate interiormente. Quanto più non riescono a controllarsi, tanto più
sono agitate.
•
Accavallare le gambe: è una posizione comoda, lo sappiamo tutti, ma
nell'ambito di una conversazione indica chiusura nei confronti
dell'altra persona e probabilmente rifiuto di ciò che essa sta
dicendo/proponendo. È un atteggiamento difensivo e che segna una
scarsa disponibilità alla collaborazione.
•
Incrociare le braccia: vale lo stesso discorso fatto al punto precedente.
Questo gesto segnala proprio chiusura, tanto più se la persona stringe
anche le mani in un pugno.
•
Tenere le braccia dietro la schiena: in questo caso le braccia unite
dietro il corpo sono un segnale di sicurezza e di autorità.
•
Tenere un braccio davanti al corpo: è un segnale che mostra un
tentativo di difesa, di protezione dall'altra persona o dalla situazione.
•
Grattarsi o toccarsi il naso: si ritiene che sia il segnale di una persona
che sta mentendo. Ad ogni modo, se non sta mentendo sta comunque
esagerando con le parole, e ne è consapevole.
•
Grattarsi il collo: è un segnale da leggere come incertezza, la persona
che lo fa probabilmente non è sicura di qualcosa che sta ascoltando o
dicendo o ha dei dubbi.
•
Mettere le mani in tasca: è un segnale universale di noia. Può
segnalare anche un più o meno blando disinteresse per ciò che l'altra
persona sta dicendo o per la situazione.
•
Stringere le ginocchia: se una persona mentre è seduta si stringe le
ginocchia con le mani, è a disagio nella situazione.
•
Grattarsi il braccio/la spalla: se questo gesto viene effettuato con la
mano opposta, segnala nervosismo e, in alcuni casi, disagio.
•
Cingersi un braccio: se una persona si cinge il braccio sinistro con
quello destro (o viceversa), sta tentando di proteggersi. Questo
segnale può essere dunque letto come un segnale di nervosismo.
•
Gambe divaricate da seduti: chi si siede a gambe molto aperte (è
generalmente un gesto maschile) segnala arroganza, desiderio di
potere e di conquista delle altre persone.
•
Ginocchia puntate verso una persona: se una persona si siede,
accavalla le gambe e rivolge le ginocchia verso una persona in
particolare, sta segnalando interesse verso quella persona.
Come individuare e decifrare le microespressioni del viso
Nella seconda parte di questo libro ci siamo occupati delle emozioni e di
come queste causino una varia serie di espressioni sul nostro viso. Già
imparare a decifrare le espressioni principali relative alle emozioni
universali è molto utile, può renderci più consapevoli emotivamente e
facilitare le relazioni interpersonali. La marcia in più però la si mette
quando si comincia a interessarsi alle microespressioni del viso. Micro
perché sono piccole ma anche perché sono davvero brevi: durano circa un
venticinquesimo di secondo.
La prima domanda che una persona dovrebbe porsi è quella riguardo a chi
sia stato in grado di notare per primo queste microespressioni. La risposta
ha il nome di Paul Ekman, psicologo tra i più famosi e apprezzati al mondo,
grandissimo studioso delle emozioni. Egli è il teorizzatore dell'origine
biologica delle emozioni: tutti esprimiamo le emozioni nella stessa maniera
poiché le espressioni del volto dipendono dai movimenti dei muscoli
facciali, e questi movimenti hanno origine nei geni.
Ekman è riuscito a classificare la bellezza di diecimila espressioni umane.
Studiando popoli di varie etnie è poi riuscito a generalizzare le sue scoperte.
Nel corso degli anni si è interessato sempre di più alle microespressioni in
quanto movimenti assolutamente involontari dei muscoli del viso, causati
appunto dalle emozioni sottostanti. Ora avrete forse intuito perché è così
importante imparare a individuarle e decifrarle: essendo risposte
involontarie al manifestarsi di un'emozione, possono dirci cosa sta
veramente provando l'altra persona.
Gli studi di Ekman sono perciò strettamente correlati a quelli sulla
menzogna: fu sempre lui a dichiararsi certo del fatto che è sempre possibile
capire se una persona sta mentendo, se si è in grado di leggere le sue
microespressioni. L'unica difficoltà è appunto la fugacità di queste
microespressioni, il che rende molto difficile individuarle. Come punto di
partenza c'è però una regola generale: bisogna prestare attenzione a ciò che
è diverso dalla norma.
Dal momento che abbiamo già visto quali sono le espressioni relative alle
emozioni universali, ci concentreremo in questo capitolo su quelle
microespressioni molto significative che dobbiamo allenarci a individuare
quando si presentano.
•
Rughe intorno agli occhi/sotto le palpebre: accompagnano
inequivocabilmente e inevitabilmente l'espressione di gioia vera, un
sorriso sentito e sincero. Dunque, se mancano, la persona sta con tutta
probabilità fingendo il sorriso (e l'emozione di gioia).
•
Sorriso asimmetrico: un altro elemento da notare in un sorriso è la
simmetria. Chi prova veramente un'emozione di gioia o felicità ride in
maniera uguale con entrambe le metà del viso.
•
Sopracciglia alzate: un'alzata di sopracciglia fugace ma ben
riconoscibile? La persona prova sorpresa, preoccupazione o forse
anche paura.
•
Labbro sollevato solo da un lato: è una microespressione che indica
disprezzo per l'altra persona o per la situazione.
•
Rughe verticali tra le sopracciglia: si formano quando una persona
prova rabbia. Fateci caso se una persona non esterna la rabbia ma
temete che stia dissimulando una finta calma.
•
Rughe orizzontali sulla fronte: indicano che l'emozione provata è la
paura.
Sappiamo che possiamo fidarci delle microespressioni facciali. La loro
manifestazione è involontaria da parte delle persone, le microespressioni
rispondono alle emozioni e non alla volontà delle persone. Siccome questo
discorso è intrecciato con quello della comprensione dei segnali che una
persona manda quando sta mentendo, vediamo brevemente anche quali
microespressioni del viso e del corpo devono farci allertare riguardo alla
possibilità che la persona con cui stiamo parlando stia mentendo:
•
Sguardo negli occhi prolungato: non è naturale mantenere lo sguardo
fisso negli occhi dell'altra persona troppo a lungo. Se una persona
mentre vi parla o vi dice una frase in particolare insiste con il
guardarvi negli occhi, è possibile che vi stia mentendo e che lo faccia
proprio per non destare alcun sospetto in voi.
•
Mascella contratta: una involontaria contrazione della mascella è
sintomo di stress. Dunque se mentre parlate una persona vi appare con
la mascella contratta e, magari, con la fronte aggrottata, significa che
la situazione per qualche motivo la stressa. Magari sta pensando a
come mentirvi?
•
Parte superiore del viso inespressiva: se una persona si dichiara triste
a parole e ha gli angoli della bocca visibilmente piegati verso il basso,
voi controllate comunque le sopracciglia. Le espressioni di occhi e
sopracciglia sono difficilissime da dissimulare. Una persona realmente
triste avrà gli angoli interni delle sopracciglia spostati verso l'alto e
verso l'interno.
•
Toccarsi il viso: se la persona con cui state parlando continua a
toccarsi il viso, è quasi certamente nervosa. Per “soffocare” il
nervosismo infatti ci tocchiamo brevemente il viso o la pelle del corpo
con le mani.
•
Tirarsi il lobo di un orecchio: se una persona si tira il lobo di un
orecchio mentre le parlate è indecisa su ciò che deve dire o
rispondere.
•
Stringersi un polso: una persona che si stringe il polso con l'altra
mano è preoccupata o in ansia.
•
Annuire lentamente: annuire con la testa è universalmente un modo
per dire “sì”, ma se la persona a cui avete fatto una domanda annuisce
piuttosto lentamente potrebbe star mentendo circa il suo essere
d'accordo.
I segnali oculari
Che gli occhi siano lo specchio dell'anima lo sappiamo un po' tutti,
giusto? Al di là di questo famoso detto, è stato provato da ricerche e studi
scientifici che i movimenti oculari sono in relazione con l'attività cognitiva.
La scoperta risale alla fine dell'Ottocento, ma nel secolo scorso gli inventori
della PNL (Programmazione Neuro Linguistica) approfondirono il concetto
e furono in grado di catalogare, per così dire, i movimenti oculari.
Non solo i movimenti oculari sono di interesse per chi aspira a leggere il
linguaggio del corpo di un'altra persona. L'espressione degli occhi è in
stretta relazione con lo stato emotivo di una persona, dunque analizzando
attentamente il suo sguardo in un dato momento potremmo farci un'idea di
come si sente interiormente. Sarebbe molto utile durante un primo
appuntamento, sia esso di lavoro o amoroso, non pensate? Gli esperti
ritengono che una precisa lettura dei segnali oculari di una persona ci
potrebbe far capire in pochi istanti quali emozioni e quali sentimenti si
manifestano dentro di lei in quel preciso istante.
Il presupposto da cui partire è che tutti, anche se non ce ne rendiamo
conto, muoviamo gli occhi mentre pensiamo. Fateci caso. Pensate a cosa
avete fatto ieri, a qual è il vostro colore preferito, immaginate il vostro cane
con un mantello zebrato o cercate di ricordarvi nomi e cognomi dei vostri
compagni della scuola elementare... Ecco, vi sarete accorti che mentre
facevate ciò muovevate gli occhi a destra, sinistra, in alto e in basso. Come
detto prima, per nostra fortuna qualcuno si è occupato di classificare questi
movimenti e quindi possiamo vedere a quale attività mentale
corrispondono.
Guardare a sinistra
Guardiamo a sinistra quando ricordiamo e immaginiamo, ovvero quando
recuperiamo dalla memoria immagini, fatti, frasi o suoni ascoltati.
Guardare a sinistra in alto
Se guardiamo a sinistra e anche in alto, siamo sicuri di ciò che stiamo
ricordando.
Guardare a sinistra in basso
Gli occhi assumono questa posizione quando è in corso un dialogo
interiore. Ovvero, quando parliamo con noi stessi.
Guardare a destra
Gli occhi guardano a destra quando, invece che ricordare, creiamo ed
usiamo attivamente l'immaginazione. Ciò può avvenire anche quando
mentiamo (creiamo cioè una realtà alternativa).
Guardare a destra in alto
Guardiamo a destra quando creiamo specificamente delle immagini con la
nostra mente.
Guardare a destra in basso
Facciamo ciò quando attingiamo a emozioni o sensazioni corporee.
Dunque, per riassumere, si guarda a destra quando si è in fase creativa,
mentre si guarda a sinistra quando si recupera qualche informazione dalla
memoria. Attenzione: queste regole generali sono valide per circa il 90%
delle persone. Come avrete ormai imparato, esisterà sempre la persona che
rappresenta l'eccezione che conferma la regola...
Gli occhi ci possono mandare altri segnali oltre a quelli che trasmettono
con il loro posizionamento. Le pupille dilatate, ad esempio, manifestano
attenzione, interesse, desiderio ed eccitazione. Sono un segnale da tenere
presente soprattutto nell'ambito di relazioni amorose/sessuali, ma è bene
controllare le pupille anche quando si sospetta che una persona abbia un
interesse per noi nell'ambito di una relazione che invece appare al di sopra
di ogni sospetto.
Come abbiamo detto, occhi ed emozioni sono in stretta correlazione.
Vediamo quindi come gli occhi manifestano le principali emozioni:
•
•
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•
Felicità: la persona strizza gli occhi e loro, letteralmente, brillano.
Questo ci permette di capire che essa è felice anche se al momento
non sta sorridendo con la bocca.
Interesse: la persona apre bene gli occhi e ci guarda attentamente.
Tristezza: uno sguardo triste è spento e le palpebre superiori sono
sollevate.
Rabbia: sguardo fisso, duro, penetrante, intenso.
Incertezza: la persona socchiude gli occhi, che diventano più piccoli.
Ciò può anche indicare che sta mettendo in dubbio quello che le
stiamo dicendo, oppure che non si fida. La persona sta insomma
valutando.
Infine, anche la direzionalità dello sguardo di una persona è molto
importante per capire come si sente e cosa pensa:
•
Sguardo basso: se una persona guarda verso il basso, fissando lo
sguardo al pavimento, significa che ha paura, è in imbarazzo o si sente
a disagio. Il messaggio è chiaro: sta evitando la situazione e le altre
persone cercando di “fuggire” con lo sguardo.
•
Sguardo dritto negli occhi dell'altra persona: una persona fissa negli
occhi l'altra quando è attenta e interessata, ma solo se è rilassata e lo
dimostra, ad esempio, inclinando leggermente la testa. Fate caso a
questo piccolo gesto. Se invece una persona è dritta, rigida e fissa
l'altra può voler sfidare l'altra persona. Uno sguardo sostenuto può
essere utilizzato anche per manifestare desiderio sessuale all'altra
persona.
•
Sguardo sfuggente: avete presente le persone che vi guardano negli
occhi ma brevemente, perché continuano a spostare lo sguardo
altrove? Sono in imbarazzo o a disagio per un qualche motivo e non
vogliono farvelo vedere.
•
Sguardo rivolto altrove: anche l'assenza di sguardo, per così dire, ha
un significato. Una persona che volutamente evita lo sguardo di una
persona che le sta parlando vuole manifestarle il suo disprezzo oppure
è fortemente insicura al punto da non riuscire a guardare negli occhi.
Se invece la persona guarda verso l'orizzonte, è chiaro il suo intento di
estraniarsi dalla situazione che sta vivendo/dal contesto in cui si trova.
Chiudiamo con una piccola deviazione: anche le rughe di espressione che
si formano nella zona degli occhi possono darci dei segnali sulla personalità
o sui sentimenti ricorrenti di una persona. Ecco un motivo in più per
analizzare la zona oculare di una persona appena conosciuta.
•
Rughe verticali in mezzo alle sopracciglia: le lineette verticali che si
estendono dall'inizio del naso verso la fronte sono il frutto di
sentimenti ricorrenti quali rabbia e risentimento. Sono tipiche di
persone con una intensa attività intellettiva.
•
Rughe diagonali in mezzo alle sopracciglia: se invece le rughe si
muovono diagonalmente dalla radice del naso verso la parte esterna
della fronte (tempie), sono frutto di stati di tensione emotiva,
attenzione e controllo. Spesso caratterizzano persone dal carattere
vigile e curioso.
•
Rughe orizzontali sopra agli occhi: queste rughe che si formano a
diversa altezza all'interno della fronte, sopra agli occhi, sono indice di
attività di rimuginazione ed elucubrazione. Più sono marcate, più
questa attività sarà stata intensa (ovviamente è un elemento da
considerare anche in relazione all'età della persona).
Prossemica e distanze interpersonali
C'è un linguaggio del corpo che non “parla”, utilizza segnali molto
sfumati ma che hanno un significato inequivocabile . Stiamo parlando di
come l'uomo occupa i micro-spazi, ovvero lo spazio che interpone tra sé e
le altre persone e tra sé e l'ambiente. Questo modo di interagire con le altre
persone e lo spazio permette all'uomo di comunicare senza usare le parole,
ma servendosi della posizione del corpo nello spazio.
Esiste una disciplina che studia questa materia, la prossemica: il termine è
stato inventato dal suo teorizzatore, l'antropologo Eduard Hall, che si è
occupato di studiare proprio come l'uomo si relaziona al micro-spazio. È un
linguaggio molto potente, nel senso che i segnali che manda sono chiari e
inequivocabili; è anche uno dei più semplici da interpretare, poiché anche
alla luce di alcune differenze culturali tra le diverse etnie, si può
serenamente generalizzare per la grande maggioranza di questi segnali.
Per capire la prossemica bisogna innanzitutto capire l'importanza che il
territorio assume anche per l'uomo. Se avete sempre messo in relazione
territorio e animali non avete sbagliato, ma dobbiamo considerarci in un
certo senso noi stessi animali e provare a leggere il rapporto dell'uomo con
lo spazio in questa ottica. Anche l'uomo infatti, proprio come gli animali, ha
un suo territorio di appartenenza; essere all'interno del proprio territorio fa
sentire al sicuro, aumenta la fiducia. Al contrario, quando ci si sente in
territorio estraneo ci si percepisce come maggiormente vulnerabili.
All'interno del territorio ogni uomo ha una sua “bolla” di spazio
personale. Questa bolla si estende circolarmente per circa due metri nello
spazio. Immaginatevi dei cerchi concentrici disegnati attorno alla persona,
che occupa il centro di questi cerchi. A grandi linee queste sono le distanze
di riferimento:
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Da 0 a 45 cm: sfera intima
Da 45 cm a 1 m circa: sfera personale
Da 1 m circa a 2 m: sfera sociale
Da 2 m a oltre: sfera pubblica
Cosa significa ciò? In parole povere, che ognuno di noi tiene le diverse
persone a distanze diverse. Famigliari e partner possono entrare nella sfera
intima, ovvero interagire con noi a meno di 45 cm di distanza. È la sfera che
può dare origine al contatto fisico e ovviamente è riservata ai soli rapporti
intimi, in quanto a questa distanza non abbiamo più difese: la persona può
toccarci, annusarci, decifrare le nostre micro-espressioni.
Gli amici li teniamo a circa mezzo metro-un metro di distanza tra noi. È
una distanza a cui si può comunque interagire anche sul piano del contatto
fisico (una pacca sulla spalla, darsi il “cinque” con la mano) ma a cui non è
possibile sentire l'odore dell'altra persona. È invece possibile guardarla
dritta negli occhi, cosa che nella sfera intima è più difficile.
La sfera sociale (fino a 2 metri di distanza) la riserviamo a tutte le
interazioni che hanno un qualcosa di formale: colleghi di lavoro,
sconosciuti, commercianti, incontri causali. Il contatto fisico non è possibile
in questa sfera.
Infine, la sfera pubblica è la distanza alla quale una persona si confonde
con l'ambiente e dunque non ha la possibilità di interagire con le altre
persone.
Avrete sicuramente notato che a maggiore interazione/intimità
corrisponde una minore distanza. Ecco allora che le persone possono
utilizzare la distanza, il posizionamento nello spazio rispetto all'altra
persona, per comunicare chiaramente i loro sentimenti rispetto all'altra
persona. Non a caso esiste l'espressione “prendere le distanze” da una
situazione: perché quando l'uomo aumenta la distanza sta diminuendo
l'intimità con qualcuno o qualcosa. Una persona che si allontana mentre le
stiamo parlando è a disagio, la sua sfera intima è stata in qualche modo
violata e sta cercando di ristabilire una distanza che le consenta di sentirsi a
proprio agio. Al contrario, la situazione è opposta quando una persona si
avvicina all'altra: sta cercando di passare dalla sfera personale a quella
intima, mossa che potrebbe essere interpretata molto male se l'altra persona
non condivide questo desiderio.
Ci sono alcuni elementi da tenere in considerazione quando valutiamo la
prossemica di una persona:
•
Etnia e cultura: nei vari popoli del mondo la sfera personale è
interpretata in maniera differente. I popoli del sud del mondo
prediligono un contatto ravvicinato, spesso le persone parlano a
ridotta distanza l'una dall'altra. Al contrario nel nord del mondo le
distanze aumentano e la sfera personale può arrivare a estendersi
anche a 2 metri (“sconfinando” nella sfera sociale).
•
Direzionalità: anche se viene definita “bolla” di spazio personale, non
dobbiamo immaginarla come una palla in quanto la sua estensione
non è perfettamente regolare. I contatti che avvengono lateralmente,
dal fianco, sono meglio tollerati dalle persone, che potrebbero
accettare distanze più ridotte rispetto a quando il contatto avviene
frontalmente. Stesso dicasi per i contatti che avvengono dalle spalle. Il
lato più sensibile della bolla è dunque quello frontale.
•
Importanza della persona: i personaggi pubblici/importanti hanno una
sfera più ampia. Lo spazio personale e sociale aumenta, i contatti
vengono considerati inopportuni/minacciosi a distanze maggiori di
quelle generalmente accettate per le persone comuni.
•
Contesto: se siamo sul tram, non faremo troppo caso alla distanza che
le persone impostano da noi, perché sappiamo che in quel contesto
può essere normale stare schiacciati “come sardine”. Al contrario se
siamo in uno spazio aperto e arioso, una persona che viene a parlarci a
30 cm dalla faccia verrà percepita come altamente
minacciosa/invadente.
•
Stato d'animo: questo è particolarmente interessante per chi come noi
intende leggere il linguaggio del corpo delle altre persone per
desumerne informazioni sullo stato emotivo. Una persona in preda a
forti emozioni positive potrebbe facilmente violare le distanze
canoniche, mentre una persona particolarmente nervosa o arrabbiata
potrebbe voler allargare ulteriormente la sua sfera personale.
Come coniugare efficacemente linguaggio verbale e corporale
Giunti a questo punto del libro siamo ormai consci dell'esistenza e
dell'importanza di un linguaggio di comunicazione non verbale. Il corpo
parla, ma soprattutto non è in grado di mentire. Ecco perché ci siamo posti
l'obiettivo di capire cosa il corpo altrui ci comunica attraverso gesti,
posture, movimenti, distanze. Il passo successivo da fare ora è capire come
noi stessi possiamo comunicare attraverso la comunicazione non verbale, o
meglio sottolineare o diminuire l'importanza di certi messaggi che
contemporaneamente inviamo tramite il canale verbale.
Perché? Semplice: l'abbiamo detto all'inizio, l'obiettivo è quello di evitare
conflittualità che possono rendere vana la trasmissione del nostro
messaggio (o, peggio, portare a ben altre conseguenze). Il corpo è uno
strumento potentissimo e credetemi quando dico che saper usare la
comunicazione non verbale correttamente significa essere già quasi a metà
dell'opera. Tramite il linguaggio non verbale possiamo mettere a proprio
agio il nostro interlocutore, ribadire il nostro status sociale, calmare le sue
emozioni se queste sono agitate, convincerlo e persuaderlo della bontà del
nostro messaggio. Lanciare segnali di pace, ispirare fiducia nell'altra
persona.
Vedremo quindi ora una serie di gesti, movimenti e posture e la loro
valenza nell'ambito di una comunicazione verbale, per capire come
utilizzare al meglio questo potente strumento che è il nostro corpo.
Contatto visivo
L'utilizzo dello sguardo è fondamentale per veicolare bene il messaggio
che si comunica a parole. Uno sguardo dritto negli occhi, sereno e sicuro,
sottolinea nella maniera giusta il fatto che si è sicuri di ciò che si sta
affermando o chiedendo. È anche un segno di rispetto per l'altra persona e
ci permette inoltre, cosa da non sottovalutare, di tenere sotto controllo le
reazioni dell'altra persona alla nostra comunicazione.
Espressioni facciali
Molto importante anche sottolineare chiaramente ciò che si sta dicendo
tramite l'uso dell'espressività facciale. Se siete timidi e non siete abituati a
farlo, allenatevi davanti allo specchio. Una corretta espressività facciale
aumenta di molto la portata del messaggio che si sta trasmettendo a parole,
poiché alza il velo sulle emozioni che state provando e ciò rende meno
ambiguo e interpretabile il vostro messaggio. Potete usare efficacemente le
espressioni facciali anche mentre non state parlando, ovvero quando è l'altra
persona ad avere la parola: è un modo di comunicare ciò che state
pensando/provando senza interrompere il discorso altrui. Ricordate in
generale che più siete comunicativi a livello facciale, meglio è.
Distanza
Un sapiente uso della distanza tra voi e il vostro interlocutore darà grandi
benefici al discorso. In linea generale, attenzione a non mantenere troppo le
distanze, come si suol dire: una persona che non si avvicina può dare l'idea
di poca sicurezza in sé stessa e poca fiducia nell'interlocutore. Non è
necessario “appiccicarsi” all'altra persona ma bisogna trovare il giusto
compromesso tra vicinanza e lontananza affinché l'altra persona si senta a
proprio agio ma vi percepisca sicuri di voi stessi.
Baricentro stabile
Le persone che spostano continuamente il peso da una gamba all'altra
mentre parlano sono preoccupate o agitate, generalmente non a proprio
agio. Attenzione dunque ad assumere una postura stabile e che trasmetta
sicurezza in sé stessi mentre si parla. Se vi viene da spostare il peso, cercate
di limitare questo movimento che viene inconsciamente letto dagli altri in
maniera negativa. È altrettanto importante non dondolare su sé stessi e non
continuare a cambiare posizione dei piedi: i piedi devono stare bene in
contatto con il suolo se volete trasmettere una sensazione di sicurezza e
dare autorità alla vostra figura e al vostro messaggio.
Manipolazione di oggetti
Un altro consiglio in negativo, ovvero di cosa non fare: evitate di
manipolare continuamente oggetti mentre parlate. Anche se non ve ne
accorgete, potete farlo pure mentre state parlando da in piedi, continuando
ad esempio a sistemarvi la giacca, giocare con un bottone, sistemare il
polsino della camicia... Sono tutti gesti che tradiscono il vostro nervosismo.
Può sembrarvi una cosa banale, ma la mente del vostro interlocutore
inconsciamente se ne accorge.
Fare un passo in avanti
Un gesto semplicissimo e ignorato dalla stragrande maggioranza delle
persone. Quando dovete veicolare un messaggio importante e positivo, fate
un passo in avanti verso il vostro interlocutore. Serve a sottolineare
inconsciamente il messaggio. Funziona, ovviamente, se vi ricordate poi di
tornare nella posizione in cui eravate prima, altrimenti perde la sua
potenzialità.
Parlare a tutti
Se vi trovate a dover parlare con più persone, tenetene conto: dovete fare
in modo che il vostro corpo si rivolga a tutti. Per quanto riguarda le parole
basta regolare il volume della voce, ma per il corpo bisogna ricordarsi di
dirigere il busto a tutte le persone, effettuando movimenti regolari durante il
discorso. Non farlo vi farà percepire come indifferenti e poco sicuri di voi
stessi.
Gesticolare con le braccia
Gesti ampi e misurati saranno in grado di coinvolgere l'altra persona nel
discorso, sottolineando la comunicazione verbale e il ritmo delle vostre
parole. Attenzione però a non esagerare: una persona che gesticola troppo
viene percepita come nervosa e agitata. Fate sempre in modo che i vostri
gesti siano ampi, lenti, sinonimo di apertura nei confronti dell'altro e non di
difesa. Esempi negativi sono anche le braccia che difendono il proprio
spazio personale: braccia conserte, braccia unite davanti al corpo con mani
che coprono la zona genitale (segno di insicurezza), braccia e mani dietro la
schiena (segno di eccessiva autorità).
Infine, la postura
Quasi superfluo ricordarlo: curate la vostra postura. Sarà la prima cosa
che le persone noteranno di voi, inconsciamente ovviamente, ma proprio
per questo motivo ciò che essa trasmetterà avrà una forte valenza. Voi
dovete essere la vostra postura.
Tecniche di analisi utilizzate dalle forze di polizia
A riprova dell'importanza del linguaggio del corpo, oltre ai numerosi
studi in proposito, c'è il fatto che da decenni le forze di polizia di tutto il
mondo utilizzano tecniche di analisi basate sulla lettura del linguaggio non
verbale. L'assunto di partenza è chiarissimo: oltre la metà della nostra
comunicazione avviene attraverso il canale non verbale, ovvero tramite il
linguaggio del corpo. Volete sapere quanta parte del nostro messaggio viene
effettivamente veicolata dalle parole? Il 7%. Tutto il resto è affidato alla
comunicazione para-verbale (tono di voce) e non verbale (corpo).
Le forze di polizia sanno ciò e da molti decenni utilizzano la lettura del
linguaggio non verbale nell'ambito dei propri interrogatori. Se state
pensando alla famosa “macchina della verità”, sappiate che essa esiste
davvero e ha una sua base scientifica: la misurazione delle risposte
fisiologiche di una persona può offrire una lettura riguardo al suo stato
emotivo momentaneo. Ciò che si ricerca, in quel caso, sono le alterazioni
rispetto alla normalità. Battito cardiaco che aumenta, sudorazione profusa,
cambiamento nella dilatazione delle pupille sono tutti indicatori utili, anche
se le tecniche di interrogatorio più moderne si basano su altre rilevazioni.
Le tecniche moderne di interrogatorio puntano i propri riflettori proprio
sulla comunicazione non verbale. Le espressioni del volto, i gesti, i
movimenti... tutto ciò che una persona fa, oltre a ciò che dice, viene
analizzato nel dettaglio al fine di individuare possibili menzogne. Questo è
l'obiettivo ultimo che un interrogatorio deve avere: accertare se la persona
sta dicendo o meno la verità. Mentire, infatti, comporta un notevole sforzo,
che si rivela sul piano fisico:
•
•
•
•
Bisogna innanzitutto creare la menzogna con uno sforzo creativo
Controllare la propria comunicazione su tutti i livelli (verbale, paraverbale e non verbale) al fine di apparire credibili
Controllare le reazioni dell'interlocutore alla ricerca di segnali che
indichino se ci ha scoperto
Sforzarsi di raccontare sempre la stessa menzogna, memorizzando e
ricordando un'infinità di dettagli
Tutto ciò richiede un notevole sforzo. Ecco perché si dice che le bugie
hanno le gambe corte! Perché non sono in grado di arrivare lontano. Ma ciò
che interessa a noi è l'effetto che questo sforzo produce nel soggetto, a
livello di comunicazione non verbale:
•
•
•
•
Tentativo di calmarsi, dissipare ansia e agitazione tramite movimenti
del corpo la cui frequenza aumenta
Al contrario, staticità inconsueta causata dalla necessità di
concentrarsi a fondo per recuperare i dettagli della menzogna dalla
memoria
Gesti inusuali o simbolici, inconsueti per il soggetto, dettati
dall'inconscio
Modifiche al tono e al volume della voce
Dunque l'analisi da parte delle forze di polizia durante un interrogatorio
punta a riconoscere le alterazioni dal normale, dal consueto, per cercare di
capire se sono dovute a uno stato emotivo particolare indotto dalla necessità
di difendersi attraverso una menzogna. Tra i sistemi che le forze dell'ordine
utilizzano durante gli interrogatori c'è infatti la videoregistrazione: dopo
l'interrogatorio, il filmato può essere visionato da uno psicologo che sarà in
grado di rilevare queste alterazioni e, tramite la visione al rallentatore,
individuare micro-espressioni che sfuggono alla percezione durante la
conversazione normale ma che, come abbiamo visto, possono essere
importantissime per rivelare il reale stato emotivo di una persona.
Una tra le tecniche di interrogatorio più note è stata codificata dall'agente
speciale dell'FBI Joe Navarro. È una tecnica ormai entrata nel repertorio
classico delle tecniche di interrogatorio e viene ancora oggi largamente
utilizzata. È un modello di interrogatorio che prende in analisi quattro
elementi:
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•
Comfort/disagio
Enfasi
Sincronia
Perception management
Comfort/disagio
Si tratta di osservare se la persona è più o meno a suo agio nel contesto
dell'interrogatorio, in particolare nel rispondere alle domande. Abbiamo
appena visto che mentire provoca un sovraccarico di stress e tensione.
Quando una persona è a disagio lo manifesta chiaramente a livello del
corpo: si muove di continuo; al contrario, sta innaturalmente ferma; siede
con postura rigida e tesa; si massaggia il collo o il retro della testa; si
massaggia le tempie; sbatte le palpebre più velocemente; ha uno sguardo
sfuggente; mette distanza tra sé e l'altra persona.
Un altro modo di stabilire se una persona è a disagio è, secondo Navarro,
misurare il mirroring. Quando una persona è a suo agio nella conversazione
tende a rispecchiare l'altra persona, imitandone istintivamente tono di voce,
gestualità, postura. Se ciò non avviene, la persona probabilmente è a
disagio.
Enfasi
Il principio di base è che una persona che dice la verità tende a enfatizzare
ciò che dice attraverso il linguaggio non verbale, soprattutto se viene
accusata di non dire la verità. Al contrario, una persona che sta mentendo
probabilmente rimarrà calma e impassibile, o enfatizzerà particolari di
minore importanza o, ancora, li enfatizzerà in maniera innaturale (con una
tempistica sbagliata, inconsueta).
Sincronia
Concetto ampio e difficile da rendere in poche parole, la sincronia
riguarda tutti gli elementi del contesto comunicativo. Una persona dovrebbe
mostrare coerenza tra ciò che dice e i segnali del corpo che manda
(affermare qualcosa mentre si nega con la testa è un esempio di mancata
sincronia), l'interrogatorio dovrebbe svilupparsi in maniera armonica,
interrogato e interrogante dovrebbero mostrare un certo grado di mirroring,
l'interrogato dovrebbe essere in sincronia con sé stesso ovvero non negare
cose dette in un primo momento e non mostrare movimenti del corpo fuori
contesto.
Perception management
Durante l'interrogatorio, la persona che mente tenterà in vari modi di
gestire la percezione che l'altra persona ha di lei (perception management),
facendo finta di essere a proprio agio, disinvolta, annoiata, serena,
tranquilla... Per fare ciò si servirà di gesti, movimenti e posture che, se
osservate attentamente, possono manifestare il loro carattere “fasullo”.
Conclusione
Personalità, emozioni, linguaggio del corpo. Quello che abbiamo fatto è
un viaggio nell'universo della comunicazione umana, tutto ciò che viene
trasmesso nei rapporti interpersonali anche al di là delle parole stesse. Il
nostro obiettivo era quello di giungere a una comprensione migliore delle
altre persone ma alla fine di questo viaggio... abbiamo fatto anche di
meglio.
Abbiamo capito che una lettura attenta delle altre persone ci permette di
vivere una vita sociale più ricca e soddisfacente. Abbiamo capito che
importanza centrale hanno l'ascolto, il sorriso, il modo in cui ci si pone nei
confronti dell'altra persona. Saper leggere le altre persone può sembrare
qualcosa di passivo, ma senza questa attività “silente” non saremo mai in
grado di passare a una fase attiva proficua di risultati. Agire prima di aver
capito chi abbiamo veramente di fronte può essere molto controproducente.
Le persone sono un universo variegato e affascinante. Ognuno di noi è
interessante. Pensate a quante cose ci perdiamo, quante sfumature non
siamo in grado di comprendere, quante emozioni non riusciamo a cogliere
quando ci “dimentichiamo” che la persona davanti a noi, la persona con cui
stiamo parlando, è come un libro tutto da scoprire. Non fermiamoci alla
copertina, per quanto possa essere bella e accattivante: è per il contenuto,
per ciò che c'è scritto nelle pagine, che paghiamo il prezzo di acquisto.
Le apparenze delle persone possono essere molto affascinanti, ma ciò che
si cela dietro può emozionarci molto di più. Questo libro vi ha dato gli
strumenti necessari a “sfogliare le pagine” delle altre persone. A voi non
resta da fare che la prima e più importante azione: scegliere di guardare
oltre la loro copertina...
Al vostro successo,
Roberto Morelli
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