DIRITTO COMMERCIALE CAPITOLO 1 SPA I caratteri essenziali di una SPA sono: - Personalità giuridica. La Spa, in quanto società dotata di personalità giuridica, è dotata di piena e perfetta autonomia patrimoniale. - Responsabilità limitata dei soci. I soci non assumono alcuna responsabilità personale per le obbligazioni sociali; di queste risponde soltanto la società col suo patrimonio. I creditori della società per azioni possono quindi fare affidamento solo sul patrimonio sociale per soddisfarsi. - Organizzazione corporativa. Organizzazione basata sulla necessaria presenza di distinti organi: l’assemblea, un organo di gestione ed un organo di controllo. Il singolo socio in quanto tale non ha alcun potere diretto di amministrazione e di controllo; ha solo il diritto di concorrere con il suo voto in assemblea alla designazione dei membri dell’organo amministrativo e di controllo. Il funzionamento dell'assemblea è poi dominato dal principio maggioritario e il peso di ogni socio in assemblea è proporzionato alla quota di capitale sottoscritto ed al numero di azioni possedute. - Quote di partecipazione rappresentate da azioni. Dato caratterizzante è che le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da partecipazioni- tipo omogenee e standardizzate. Infatti, le azioni sono partecipazioni sociali di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti COSTITUZIONE La costituzione della Spa si articola attualmente in due fasi essenziali: 1) stipulazione dell'atto costitutivo per atto pubblico; 2) iscrizione dell'atto costitutivo nel RI. Solo con l'iscrizione nel registro delle imprese la società per azioni acquista la personalità e viene ad esistenza. È stata soppressa nel 2000 la fase intermedia dell'omologazione dell'atto costitutivo da parte dell'autorità giudiziaria, controlli oggi svolti in via esclusiva dal notaio che redige l'atto costitutivo. STIPULAZIONE ATTO COSTITUTIVO (1): La stipulazione dell'atto costitutivo può a sua volta avvenire secondo due diversi procedimenti: - stipulazione simultanea: dove l'atto costitutivo è stipulato immediatamente da coloro che assumono l'iniziativa per la costituzione della società (soci fondatori). Tali soci sottoscrivono integralmente il capitale sociale iniziale. - stipulazione per pubblica sottoscrizione: dove si arriva alla stipulazione dell'atto costitutivo al termine di un complesso procedimento che consente la raccolta fra il pubblico del capitale iniziale sulla base di un programma predisposto da coloro che assumono l'iniziativa (promotori). Questa si articola in 4 fasi: 1) i promotori predispongono un programma della costituenda società, il quale deve indicare l'oggetto e il capitale, le principali disposizioni dell'atto costitutivo, l'eventuale partecipazione dei promotori agli utili e il termine in cui l'atto costitutivo deve essere stipulato. Il programma, con le firme autenticate dei promotori, deve essere depositato presso un notaio prima di essere reso pubblico 2) si apre la fase delle adesioni al programma con la sottoscrizione delle azioni, che deve risultare da atto pubblico o scrittura privata autenticata. Sottoscritto integralmente il capitale sociale, i promotori devono assegnare ai sottoscrittori un termine (non superiore ai 30 gg) per il versamento del 25% dei conferimenti in denaro presso una banca designata dai promotori 3) completato il versamento del 25 % del capitale sottoscritto, i promotori convocano l'assemblea dei sottoscrittori che: accerta l'esistenza delle condizioni richieste per la costituzione della società; delibera sul contenuto dell'atto costitutivo e dello statuto, che non sia già stato fissato nel programma; delibera sulla riserva di partecipazione agli utili fatta a favore dei promotori; nomina i primi amministratori e i primi sindaci. L'assemblea è validamente costituita con la presenza di metà dei sottoscrittori e ciascun sottoscrittore ha diritto ad un solo voto quale che sia l'ammontare del capitale sottoscritto. Le delibere sono valide se votate dalla maggioranza dei presenti e per modificare le condizioni stabilite dal programma, è necessario il consenso di tutti i sottoscrittori. 4) Infine, si arriva alla stipulazione dell'atto costitutivo, a cui provvedono i partecipanti all'assemblea, anche in rappresentanza degli assenti I promotori sono solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni assunte per la costituzione della società. Obbligazioni che essi potranno riversare sulla società solo se sono state necessarie per la costituzione o siano state approvate dall'assemblea. Essi sono inoltre responsabili: - Per l’integrale sottoscrizione del capitale sociale e per i versamenti richiesti per la costituzione della società - Per l’esistenza dei conferimenti in natura in conformità della relazione giurata di stima - Per la veridicità delle comunicazioni da essi fatte al pubblico per la costituzione della società. È consentito che i promotori si riservino una partecipazione agli utili della società: tale partecipazione non può superare complessivamente il 10% degli utili netti risultanti dal bilancio e non può avere una durata superiore a 5 anni. L’ATTO COSTITUTIVO: FORMA E CONTENUTO La società per azioni può essere costituita per contratto o per atto unilaterale (art. 2328 cod. civ.), nel caso in cui si abbia un solo socio fondatore. L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico a pena di nullità della società. L'atto costitutivo deve indicare (art. 2328 cod. civ.): - il cognome ed il nome o la denominazione, la data e il luogo di nascita o lo stato di costituzione, il domicilio o la sede e la cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni assegnate a ciascuno di essi; - la denominazione e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie. La sede sociale è luogo dove risiedono l'organo amministrativo e gli uffici direttivi della società; - l'oggetto sociale, vale a dire il tipo di attività economica che la società si propone di svolgere. - l'ammontare del capitale sottoscritto e versato; - il numero e l'eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di emissione e circolazione; - il valore attribuito ai crediti e beni conferiti in natura, sempre che vi siano conferimenti di tale tipo; - le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti; - i benefici eventualmente accordati ai promotori o soci fondatori; - il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società; - il numero dei componenti del collegio sindacale; - la nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto che dovrà esercitare il controllo contabile; - l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della società. Ad esempio: spese notarili; - la durata della società. Si può stabilire che la società sia a tempo indeterminato; in tal caso, se le azioni non sono quotate, i soci possono recedere decorso un periodo di tempo, massimo un anno, e con un preavviso di 180 giorni. L'omissione di una o più di tali indicazioni legittima il rifiuto del notaio di stipulare l'atto costitutivo. Di solito si procede alla redazione di due documenti: l'atto costitutivo e lo statuto. L'atto costitutivo contiene la manifestazione di volontà di costituire la società ed i dati fondamentali della struttura organizzativa. Lo statuto contiene le norme legali e convenzionali di funzionamento della società. Anche se forma oggetto di atto separato, lo statuto si considera parte integrante dell'atto costitutivo (art. 2328 cod. civ., 3° comma). Ne consegue che anche lo statuto deve essere redatto per atto pubblico a pena di nullità. nell'altro. Le condizioni per la costituzione La Spa deve costituirsi con capitale non inferiore a 50 mila euro (art. 2327 cod. civ.), salvo i casi in cui leggi speciali impongono un capitale minimo più elevato. Ad esempio: società bancarie e finanziarie. Per procedere alla costituzione della società per azioni è poi necessario (art. 2329 cod. civ.): 1) che sia sottoscritto per intero il capitale sociale; 2) che siano rispettate le disposizioni relative ai conferimenti; ed in particolare che sia versato presso la banca il 25% dei conferimenti in denaro o, nel caso di costituzione per atto unilaterale, il loro intero ammontare; 3) che sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni richieste delle leggi speciali per la costituzione della società. Tutte le condizioni per la costituzione previste dall’art 2329 devono preesistere alla redazione dell'atto costitutivo da parte del notaio. Fanno eccezione alcune autorizzazioni che per legge devono essere rilasciate successivamente alla stipula dell'atto costitutivo Gli effetti della stipulazione dell’atto costitutivo La stipulazione dell’atto costitutivo non è di per sé sufficiente per la costituzione della società per azioni. Produce tuttavia una serie di effetti. I contraenti restano vincolati dalla dichiarazione di costituire la società e non possono ritirare il loro consenso se validamente espresso. Le somme depositate a titolo di conferimento presso la banca restano vincolate fino al completamento del procedimento di costituzione. Esse possono essere consegnate solo agli amministratori e a condizione che questi provino l’avvenuta iscrizione della società nel registro delle imprese. I sottoscrittori hanno tuttavia diritto di entrare in possesso delle somme versate se la società non è iscritta nel registro delle imprese, entro 90 giorni dalla stipulazione dell’atto costitutivo. Decorso tale termine l’atto costitutivo perde efficacia. Con la stipulazione dell’atto costitutivo sorge l’obbligo del notaio che l’ha ricevuto di depositarlo entro 20 giorni presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della società allegando all’atto costitutivo i documenti che comprovano l’osservanza delle condizioni richieste per la costituzione. Se il notaio non provvede, l’obbligo incombe sugli amministratori nominati nell’atto costitutivo. Nell’inerzia di entrambi, ogni socio può provvedervi a spese della società. Le operazioni compiute prima dell’iscrizione Può verificarsi che tra la stipulazione dell'atto costitutivo e l'iscrizione nel registro delle imprese vengano compiute operazioni in nome della costituenda società, perché necessarie per lo stesso procedimento di costituzione. Per le operazioni compiute in nome della società prima dell'iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito, art. 2331 cod. civ. Sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico fondatore, e in caso di pluralità di soci fondatori, coloro che hanno autorizzato o consentito il compimento dell'operazione. È vietata l’emissione delle azioni prima dell’iscrizione della società nel registro delle imprese; inoltre, esse non possono formare oggetto di offerta al pubblico. La società resta automaticamente vincolata solo se le operazioni compiute in suo nome erano necessarie per la costituzione, e purché l'atto costitutivo abbia previsto che tale spesa siano a carico della società. La società è libera di accollarsi o meno le obbligazioni derivanti da operazioni non necessarie per la costituzione. Perciò è necessario che dopo l’iscrizione, l’organo competente della società, approvi l’operazione perché su di essa ricadano le relative obbligazioni. L’accollo da parte della società non fa venire meno la responsabilità verso i terzi dei soggetti agenti (accollo cumulativo). Nel caso in cui la costituzione della società non vada a buon fine, l'art. 2338 cod. civ., 3° comma, stabilisce che i promotori non hanno alcuna rivalsa verso i sottoscrittori delle azioni per le spese sostenute per la costituzione. La società non resta automaticamente vincolata dagli atti posti in essere in suo nome prima dell’iscrizione, quand’anche autorizzati da tutti i soci. E del pari è da ritenersi che solo con l’iscrizione la società acquisti gli effetti attivi degli atti posti in essere in suo nome prima dell’iscrizione. La nullità della società per azioni Il procedimento di costituzione della società per azioni ed in particolare l'atto costitutivo possono presentare vizi e anomalie. Prima della registrazione vi è solo contratto di società; un atto di autonomia privata che per il momento è destinato a produrre effetti solo fra le parti contraenti. Tale contratto può essere dichiarato nullo o annullato nei casi e con gli effetti previsti dalla disciplina generale dei contratti. La situazione muta invece radicalmente dopo l'iscrizione della società nel registro delle imprese. Se prima esisteva solo contratto invalido o procedimento viziato, dopo esiste invece una società, sia pure invalidamente costituita. Cause di nullità (art 2332): intervenuta l'iscrizione nel registro delle imprese, la società per azioni può essere dichiarata nulla solo in tre casi tassativamente elencati: 1) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico; 2) illiceità dell'oggetto sociale; 3) mancanza dell'atto costitutivo (o statuto) di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, o i conferimenti, l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale Non costituiscono più cause di nullità della società: la mancanza dell'atto costitutivo; l'incapacità di tutti i soggetti fondatori; la mancanza della pluralità dei fondatori; il mancato versamento iniziale dei conferimenti in danaro; la mancanza di omologazione da parte del tribunale. La dichiarazione di nullità di un contratto ha effetto retroattivo e travolge in linea di principio tutti gli effetti prodotti. Invece, la dichiarazione di nullità della società per azioni "non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l'iscrizione nel registro delle imprese" La dichiarazione di nullità non tocca minimamente l'attività svolta. I soci non sono liberati dall'obbligo di conferimento fino a quando non sono soddisfatti i creditori sociali. La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori; il dispositivo della sentenza di nullità deve essere iscritto, a cura degli amministratori o liquidatori, nel registro delle imprese. Mentre la nullità di un contratto è insanabile (art. 1423 cod. civ.), la nullità della società iscritta "non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è stata data pubblicità con iscrizione nel registro delle imprese" (art. 2332 cod. civ., 5° comma), prima che sia intervenuta la sentenza dichiarativa della nullità. Quindi, la nullità della società è sanabile con una semplice modifica dell'atto costitutivo deliberata a maggioranza dall'assemblea straordinaria per sanare l'illiceità dell'oggetto sociale. L'azione di nullità è imprescrittibile (art. 1422 cod. civ.). La nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice (art. 1421 cod. civ.). L’invalidità della singola partecipazione anche se essenziale non determinerà nullità della società; ma semmai, lo scioglimento per impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale. La dichiarazione di invalidità della singola partecipazione non ha effetto retroattivo. La causa di invalidità opera come causa di recesso ex lege del socio. Il controllo notarile Dal controllo giudiziale al controllo notarile -> in passato con il deposito dell’atto costitutivo si apriva la seconda fase del procedimento di costituzione: il giudizio di omologazione da parte del tribunale. Per esigenze di semplificazione, il giudizio di omologazione del tribunale in sede di costituzione è stato soppresso nel 2000 (sopravvive come facoltativo per le sole modifiche dell’atto costitutivo). E questo impianto è stato confermato dalla riforma del 2003. Il controllo di legalità in sede di costituzione resta affidato in via esclusiva al notaio che redige l’atto costitutivo. Il controllo del notaio è un controllo di legalità (e non di merito); controllo di legalità che non ha solo carattere formale, ma anche sostanziale in quanto volto ad accertare la conformità alla legge della costituenda società. Ne consegue che il notaio potrà e dovrà rifiutare di chiedere l’iscrizione nel registro delle imprese se l’atto costitutivo e lo statuto contengono clausole contrastanti con l’ordine pubblico o col buon costume, nonché con norme imperative della disciplina della società per azioni. L’iscrizione nel registro delle imprese Se ritiene che sussistano le condizioni di legge, il notaio redige l'atto costitutivo e richiede l'iscrizione della società nel registro delle imprese. L'ufficio del registro delle imprese prima di procedere l'iscrizione può e deve verificare solo la regolarità formale della documentazione ricevuta (art. 2330 cod. civ., 3° comma). Con l'iscrizione nel registro delle imprese la società acquista la personalità giuridica e viene ad esistenza (art. 2331 cod. civ.). CAPITOLO 2 UNIPERSONALE Il codice del 1942 vietava la costituzione di una società per azioni da parte di una singola persona e sanciva la nullità della società in mancanza di pluralità di soci fondatori. Stabiliva inoltre la responsabilità illimitata del socio nelle cui mani si concentravano tutte le azioni nel corso della vita della società, in caso di insolvenza di quest'ultima (art. 2362 cod. civ.). Identici principi erano dettati anche per le società a responsabilità limitata (S.r.l.). In base all'attuale disciplina: a) è consentita la costituzione della società per azioni con atto unilaterale di un unico socio fondatore (art. 2328 cod. civ.); b) anche nella società per azioni unipersonale per le obbligazioni sociali di regola risponde solo la società col proprio patrimonio, salvo altri casi eccezionali. L'unico socio fondatore risponde in solido con coloro che hanno agito, per le operazioni compiute in nome della società prima dell'iscrizione nel registro delle imprese (art. 2331 cod. civ., 2° comma). Sia in sede di costituzione della società, sia in sede di aumento del capitale sociale, l'unico socio è tenuto infatti a versare integralmente, al momento della sottoscrizione, i conferimenti in danaro. Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro 90 giorni (art. 2342 cod. civ., 2° e 4° comma). Per consentire ai terzi di conoscere agevolmente se la società è unipersonale, negli atti e nella corrispondenza della società deve essere indicato se questa ha unico socio. Per consentire l'agevole identificazione dell'unico socio, i dati anagrafici dello stesso devono essere iscritti nel registro delle imprese a cura degli amministratori. A dare pubblicità nel registro delle imprese gli amministratori devono provvedere inoltre quando si costituisca o ricostituisca la pluralità dei soci. L'omissione di tale pubblicità impedisce che operi per l'unico socio il beneficio della responsabilità limitata. Una particolare disciplina è stata introdotta per assicurare maggiore trasparenza ai rapporti che intercorrono fra società ed unico socio. Si stabilisce infatti che i contratti fra società ed unico socio e operazioni a favore dello stesso sono opponibili ai creditori della società solo se risultano dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento. Per quanto riguarda il regime di responsabilità per le obbligazioni sociali, oggi per la società per azioni unipersonale vale la regola opposta rispetto a quella dettata dal codice del 1942: l'unico socio non incorre in responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali. Sono tuttavia previste due eccezioni (art. 2325 cod. civ., 2° comma) che comportano, in caso di insolvenza della società, la responsabilità illimitata dell'unico socio per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui tutte le azioni sono allo stesso appartenute: a) l'unico socio risponde illimitatamente quando non sia osservata la disciplina dell'integrale liberazione dei conferimenti; b) l'unico socio risponde inoltre fino a quando non sia stata attuata la specifica pubblicità dettata per la S.p.A. unipersonale dall'art. 2362 cod. civ. In entrambi i casi la responsabilità illimitata dell'unico azionista ha carattere sussidiario, in quanto può essere fatta valere dai creditori solo in caso di insolvenza della società (vale a dire solo dopo che sia stato infruttuosamente escusso il patrimonio sociale o comunque risulti oggettivamente l’insufficienza dello stesso). Il fallimento della società non produce però come effetto anche l’automatico fallimento dell’unico azionista. La responsabilità illimitata viene meno per le obbligazioni sociali sorte dopo che i conferimenti sono stati eseguiti o dopo che la pubblicità è stata effettuata. Con la riforma del 2003 sono stati soppressi gli altri due casi di perdita del beneficio della responsabilità limitata previsti dalla disciplina del 1993: unico socio che sia una persona giuridica ed unico socio che sia socio unico di altra società di capitali. L’art 2362 è norma eccezionale in quanto chiama l’unico socio azionista a rispondere per debiti che sono e restano formalmente imputabili alla società-persona giuridica. La norma àncora la perdita del beneficio della responsabilità limitata al dato oggettivo e formale dell’appartenenza dell’intero pacchetto azionario non al dato sostanziale del dominio di fatto della società (partecipazione sociale quasi totalitaria / controllo totalitario indiretto). Il dominio di fatto non è condizione né necessaria né sufficiente per affermare la responsabilità del titolare di una partecipazione quasi totalitaria. I PATRIMONI DESTINATI La creazione di società unipersonali consente di limitare il rischio di impresa attraverso la moltiplicazione formale dei soggetti cui i relativi diritti e le relative obbligazioni sono imputabili. La riforma del 2003 offre alle società per azioni una nuova tecnica per limitare il rischio di impresa: quella dei patrimoni destinati ad uno specifico affare. Una tecnica che non moltiplica i soggetti per limitare il rischio d’impresa, ma che a tal fine opera direttamente sul patrimonio facente capo ad una Spa. L'attuale disciplina offre due modelli di patrimoni destinati: Patrimoni destinati operativi: la società per azioni può costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare, sia pure entro i limiti del 10% del proprio patrimonio netto e purché non si tratti di affari attinenti ad attività riservate in base leggi speciali. La costituzione di un patrimonio destinato avviene con apposita deliberazione adottata dal consiglio di amministrazione della società maggioranza assoluta dei componenti. La delibera costitutiva deve contenere: - L’affare al quale è destinato il patrimonio - I beni e i rapporti giuridici compresi nel patrimonio separato - Il patrimonio separato può essere incrementato da apporti di terzi - La delibera di costituzione deve indicare le regole di rendiconto dello specifico affare La deliberazione deve essere verbalizzata da un notaio ed è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese. Diventa però produttiva di effetti solo dopo che siano decorsi 60gg dall'iscrizione. Decorso tale termine si producono gli effetti della separazione patrimoniale. I creditori della società non possono più far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo specifico affare né sui frutti o proventi da esso derivanti. Il vincolo di destinazione riguardante beni immobili o beni mobili registrati deve però essere trascritto nei rispettivi registri. Perché la separazione patrimoniale operi è necessario che gli atti compiuti in relazione allo specifico affare rechino espressa menzione del vincolo di destinazione. In mancanza ne risponde la società con il suo patrimonio generale. Per ciascun patrimonio destinato dovranno essere tenuti separatamente i libri e le scritture contabili e nel bilancio della società dovranno essere distintamente indicati i beni e i rapporti compresi in ciascuno patrimonio, con separato rendiconto in allegato al bilancio. Se la società ha emesso strumenti finanziari di partecipazione all’affare, deve tenere un libro indicante le loro caratteristiche, i possessori ed i vincoli ad essi relativi. Realizzato l'affare, gli amministratori redigono un rendiconto finale che deve essere depositato presso ufficio del registro delle imprese. Se permangono creditori insoddisfatti questi possono chiedere mediante raccomandata la liquidazione del patrimonio destinato. Se, invece, non vi sono creditori che chiedono la liquidazione del patrimonio dopo il deposito del rendiconto finale, cessa il vincolo di destinazione e i beni e i rapporti del patrimonio destinato confluiscono in quello generale. Finanziamenti destinati: la società può inoltre stipulare con terzi un contratto di finanziamento di uno specifico affare, pattuendo che al rimborso totale o parziale del finanziamento siano destinati i provenienti dell'affare stesso o parte di essi. Il contratto di finanziamento di uno specifico affare deve indicare gli elementi essenziali dell'operazione, che consentono di individuarne lo specifico oggetto, le modalità ed i tempi di realizzazione, nonché i costi e i ricavi previsti. Inoltre, deve specificare i beni strumentali necessari per la realizzazione e il relativo piano finanziario indicando la parte coperta dal finanziamento e quella a carico della società. Il finanziamento viene rimborsato dai proventi generati dall’affare nel tempo massimo indicato dal contratto. Decorso tale periodo, nulla è più dovuto al finanziatore. La società può garantire il rimborso ma solo per una parte del finanziamento. È anche possibile riconoscere al finanziatore la facoltà di esercitare controlli sull’esecuzione dell’operazione. Il patrimonio separato è formato dai proventi dell'affare, dai relativi frutti e dagli investimenti eventualmente effettuati in attesa del rimborso al finanziatore. È necessario, tuttavia, che copia del contratto sia stata iscritta nel registro delle imprese e che la società adotti sistemi di contabilizzazione idonei ad individuare in ogni momento i proventi dell’affare ed a tenerli separati dal restante patrimonio della società. Adempiuti i requisiti pubblicitari e contabili, i creditori della società non possono più esercitare azioni sui beni oggetto di separazione patrimoniale. Quindi, possono solo esercitare sulle stesse azioni conservative sino al rimborso del finanziamento o alla scadenza del termine massimo fissato in contratto. Se la società fallisce prima della realizzazione dell’affare, il finanziatore potrà insinuarsi nel fallimento della società per le somme non riscosse. CAPITOLO 3 CONFERIMENTI Conferimenti e capitale sociale I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società; la loro funzione essenziale è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento dell'attività di impresa (c.d. funzione produttiva dei conferimenti). Il valore in danaro del complesso dei conferimenti promossi dai soci costituisce il capitale sociale nominale della società. La disciplina dei conferimenti è ispirata da una duplice finalità: a) quella di garantire che i conferimenti promossi dei soci vengano effettivamente acquisiti dalla società; b) quella di garantire che il valore assegnato dai soci ai conferimenti sia veritiero per evitare che il valore complessivo dei conferimenti sia inferiore all’ammontare globale del capitale sociale con evidente inganno per i creditori in merito all’effettiva formazione del capitale sociale. Ne consegue che ai soci debba essere assegnato un numero di azioni proporzionale alla quota del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Ciò che è necessario e sufficiente è che il valore globale dei conferimenti non sia inferiore all’ammontare globale del capitale sociale, ma non è necessario che la ripartizione delle azioni tra i soci sia proporzionale al conferimento di ciascuno. Conferimenti in danaro Nella società per azioni i conferimenti devono essere effettuati in danaro se nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente. È disposto l’obbligo di versamento immediato presso una banca di almeno il 25% dei conferimenti in denaro o dell'intero ammontare se si tratta di società unipersonale. Costituita la società, gli amministratori sono liberi di chiedere in ogni momento ai soci i versamenti ancora dovuti. Ne sono tenuti a rispettare eventuali termini stabiliti nell'atto costitutivo. Le azioni non interamente liberate sono trasferibili, ma devono essere necessariamente nominative e dal titolo deve risultare i versamenti ancora dovuti. In caso di trasferimento delle azioni, l'obbligo di versamento dei conferimenti residui grava sia sul socio attuale che sul socio alienante. La responsabilità dell'alienante è però limitata nel tempo ed ha carattere sussidiario: permane solo per il periodo di tre anni dall'iscrizione del trasferimento del libro dei soci. In sostanza, chi trasferisce azioni non liberate è costituito ex lege come garante a termine dell’attuale azionista, su cui grava in via principale l’obbligo di conferimento. Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto: la società può avvalersi di una procedura di vendita coattiva delle azioni del socio moroso, previa pubblicazione di una diffida sulla Gazzetta Ufficiale. Se la vendita coattiva non ha esito, gli amministratori possono escludere il socio della società, trattenendo i conferimenti già versati e salvo il risarcimento dei maggiori danni. Le azioni del socio escluso entrano a far parte del patrimonio della società e questa può ancora tentare di rimetterle in circolazione entro l'esercizio. Se anche questa possibilità è vana, la società deve annullare le azioni rimaste invendute e ridurre il capitale sociale. I conferimenti diversi dal danaro Non ogni entità economica diversa dal denaro può essere conferita in società per azioni o può formare oggetto di conferimento imputabile al capitale sociale. È espressamente stabilito "che non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi" (art. 2342 cod. civ., 5° comma), in quanto è difficile dare una valutazione oggettiva ed attendibile di tali prestazioni. Perciò, le prestazioni d'opera possono formare oggetto solo di prestazioni accessorie distinte dai conferimenti. Limitazioni sono poi state introdotte anche per quanto riguarda i conferimenti dei beni in natura e dei crediti, ai quali si applicano comunque principi già esposti per le società di persone quanto alla garanzia cui è tenuto il socio conferente ed al passaggio dei rischi. Il terzo comma dell'attuale art. 2342 cod. civ. dispone che: "le azioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere interamente liberate al momento della sottoscrizione". Il socio deve attuare tutti gli atti necessari affinché la società acquisti la titolarità e la piena disponibilità del bene conferito, una volta che sia venuta ad esistenza con il completamento del procedimento di costituzione. È invece da ritenersi ammissibile il conferimento di diritti di godimento, dato che la società acquista col consenso del conferente l'effettiva disponibilità del bene ed è in grado di trarne tutte le utilità, senza necessità di ulteriore cooperazione da parte del socio. Funzione primaria dei conferimenti è quella di dotare la società dei mezzi utili per lo svolgimento dell'attività produttiva, non invece anche quella di formare un patrimonio aggredibile dai creditori (c.d. funzione di garanzia). Anche oggi resta perciò conferibile ogni prestazione di dare suscettibile di valutazione economica oggettiva e di immediata messa a disposizione della società. La valutazione I conferimenti diversi dal denaro devono formare oggetto di uno specifico procedimento di valutazione regolato dall'art. 2343 cod. civ. (parzialmente modificato della riforma del 2003), per garantire una valutazione oggettiva e veritiera di tali conferimenti e per evitare che agli stessi venga attribuito un valore nominale superiore a quella reale. Il procedimento di valutazione si articola in più fasi. Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare una relazione giurata di stima di un esperto designato dal tribunale. La stima deve contenere una serie di indicazioni e in particolare deve attestare che "il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo". La relazione deve essere legata all'atto costitutivo e depositata presso l'ufficio del registro delle imprese. Il valore assegnato in base alla relazione di stima ha carattere provvisorio. Gli amministratori devono, nel termine di centottanta giorni dalla iscrizione della società, controllare le valutazioni contenute nella relazione giurata di stima e, se sussistano fondati motivi, devono procedere alla revisione della stima. Fino a quando le valutazioni non sono state controllate, le azioni corrispondenti ai conferimenti sono inalienabili e devono restare depositate presso la società. Se dalla revisione risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti è inferiore di oltre un quinto rispetto a quello per cui avvenne il conferimento, la società deve ridurre proporzionalmente il capitale sociale e annullare le azioni scoperte. Il socio, per non vedere ridurre la propria partecipazione, potrà versare la differenza in danaro oppure potrà recedere dalla società. In caso di recesso, il socio avrà diritto alla restituzione del bene in natura, qualora sia possibile. I risultati della revisione devono essere preventivamente comunicati al socio in modo di consentirgli l’esercizio di tali scelte alternative. Del delineato procedimento di stima oggi si può fare a meno quando il valore del conferimento in natura risulta già in modo attendibile da altre circostanze. Non è richiesta infatti la stima del perito nominato dal tribunale quando il valore attribuito al conferimento in natura è pari o inferiore al valore risultante da una valutazione riferita ad una data precedente di non oltre 6 mesi il conferimento. La documentazione presentata dal conferente comprovante il valore attribuito ai conferimenti e la sussistenza delle condizioni per l’esonero dall’ordinario procedimento di stima è allegata all’atto costitutivo; inoltre, gli amministratori possono far sottoporre ad una nuova valutazione il conferimento in natura qualora ritengano inattendibile il valore ad esso attribuito. Tali accertamenti devono essere espletati fagli amministratori entro 30 giorni dall’iscrizione della società e se conducono alla contestazione del valore del conferimento, la nuova stima dovrà essere effettuata secondo l’ordinaria procedura di valutazione. Gli acquisti potenzialmente pericolosi L'obbligo di assoggettare a stima i conferimenti in natura poteva essere in passato eluso attraverso un semplice espediente. Chi intendeva conferire un bene in natura figurava nell'atto costitutivo come un socio che si era obbligato a conferire denaro; appena costituita la società vendeva alla stessa il bene, per un importo corrispondente alla somma dovuta a titolo di conferimento, con la conseguenza che il suo debito di apporto si estingueva per compensazione. Questo pericolo è però oggi neutralizzato dall'art. 2343 - bis cod. civ. In base a tale disposizione, l'acquisto da parte della società di beni o crediti dai promotori, dai fondatori, dei soci attuali o dagli amministratori necessita della preventiva autorizzazione dell'assemblea ordinaria e l'alienante deve presentare una relazione giurata di stima di un esperto designato dal tribunale quando: a) il corrispettivo pattuito è pari o superiore al decimo del capitale sociale; b) l'acquisto è compiuto nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese. Le disposizioni dell’art 2343bis non si applicano agli acquisti che siano effettuati a condizioni normali nell'ambito delle operazioni correnti della società né a quelli che avvengono nei mercati regolamentati o sotto il controllo dell'autorità giudiziaria o amministrativa. Le prestazioni accessorie Oltre all'obbligo di conferimenti, l'atto costitutivo può prevedere l'obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie non consistenti in denaro, determinandone anche contenuto, durata, modalità e compenso (art. 2345 cod. civ.) Le prestazioni accessorie costituiscono un utile strumento per vincolare stabilmente soci ad effettuare a favore della società prestazioni che non possono formare oggetto di conferimento. Le azioni con prestazioni accessorie devono essere nominative e non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori, dato che il trasferimento delle azioni comporta anche il trasferimento in testa all'acquirente dell'obbligo di esecuzione delle prestazioni accessorie. Salvo diversa clausola statuaria, tali obblighi possono essere modificati con il consenso di tutti soci. CAPITOLO 4 SCIOGLIMENTO (Spa) Lo scioglimento della società per azioni è disciplinato agli artt. 2484-2496 cod. civ. La società per azioni si scioglie ed entra in stato di liquidazione col verificarsi di una delle seguenti cause (art. 2484 cod. civ.): 1. il decorso del termine di durata fissato nell'atto costitutivo; 2. il conseguimento dell'oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, sempre che quest'ultima abbia carattere assoluto e definitivo. Tale causa di scioglimento non opera se l'assemblea delibera le opportune modifiche statutarie; 3. l'impossibilità di funzionamento o la continuata inattività dell'assemblea; 4. la riduzione del capitale (per perdite) al di sotto del minimo legale, salvo che l'assemblea deliberi la riduzione e il contemporaneo aumento del capitale ad una cifra superiore al minimo legale, oppure la trasformazione della società; 5. la delibera dell'assemblea straordinaria di scioglimento della società in seguito al recesso di uno o più soci, ovvero all'impossibilità di provvedere al rimborso delle relative azioni; 6. la deliberazione dell'assemblea (straordinaria) di scioglimento anticipato, per la quale nelle società che non fanno appello al mercato del capitale di rischio è richiesta la maggioranza forzata di più di un terzo del capitale sociale anche in seconda convocazione; 7. le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto per le quali lo statuto deve determinare la competenza a deciderle o accettarle e ad effettuare i prescritti adempimenti pubblicitari; Verificatasi una causa di scioglimento, gli amministratori devono procedere senza indugio al suo accertamento e all'iscrizione presso il registro delle imprese della relativa dichiarazione o deliberazione assembleare che dispone lo scioglimento. In caso di omissione da parte degli amministratori, il tribunale, su istanza dei soci o dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento con decreto soggetto ad iscrizione nel registro delle imprese Il verificarsi di una causa di scioglimento non determina l'immediata estinzione della società: si deve prima provvedere, attraverso il procedimento di liquidazione, al pagamento dei creditori sociali e alla ripartizione fra i soci dell'eventuale residuo attivo. Gli amministratori restano in carica fino alla nomina dei liquidatori ma devono convocare l'assemblea per le deliberazioni relative alla liquidazione. Sono inoltre responsabili della conservazione dei beni sociali fin quando li abbiano consegnati ai liquidatori. Infine, vedono limitati i loro poteri. Infatti, per il semplice verificarsi di una causa di scioglimento gli amministratori conservano il potere di gestire la società "ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale" in attesa di farne consegna ai liquidatori. Con la riforma del 2003 è stata infine espressamente disciplinata la revoca dello stato di liquidazione; la relativa decisione è circondata da una serie di cautele. La società può in ogni momento revocare lo stato di liquidazione e tornare ad una fase di normale esercizio, ma nelle società che fanno appello al mercato del capitale di rischio è richiesta la maggioranza rafforzata di un terzo del capitale sociale anche in seconda convocazione. Inoltre, ai soci che non hanno concorso alla deliberazione è riconosciuto il diritto di recesso. Anche i creditori sociali sono tutelati. Il procedimento di liquidazione si apre con la nomina di uno o più liquidatori. I liquidatori sono nominati dall'assemblea straordinaria. Nell'inerzia dell'assemblea, i liquidatori sono nominati dal tribunale, su istanza dei singoli soci o amministratori ovvero dei sindaci. I liquidatori restano in carica per tutta la durata del procedimento di liquidazione. Essi possono essere revocati dall'assemblea con le maggioranze prescritte dall'assemblea straordinaria. Se sussiste giusta causa, sono revocabili anche dal tribunale, su istanza dei soci, dei sindaci o del pubblico ministero. I provvedimenti di nomina e di revoca dei liquidatori sono soggetti a iscrizione nel registro delle imprese. Con l'iscrizione della nomina dei liquidatori, gli amministratori cessano dalla carica e devono consegnare ai liquidatori i beni sociali. Poteri, doveri e responsabilità dei liquidatori sono modellati su quelli degli amministratori; pertanto: a. i liquidatori devono adempiere ai loro doveri con la diligenza e la professionalità richieste dalla natura dell'incarico; b. i liquidatori devono prendere in consegna dagli amministratori i beni e i libri sociali, nonché redigere con gli stessi l'inventario del patrimonio sociale; c. i liquidatori possono compiere "tutti gli atti utili per la liquidazione della società". L'attività dei liquidatori deve essere diretta al pagamento dei creditori sociali. Essi non possono perciò ripartire fra i soci beni della società fin quando non siano pagati tutti i creditori noti. Se la liquidazione si protrae per oltre un anno, i liquidatori devono redigere il bilancio e sottoporlo all'approvazione dell'assemblea. Completata la liquidazione del patrimonio sociale con la conversione in danaro dell'attivo, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione (art. 2492 cod. civ.). Il bilancio finale di liquidazione deve essere approvato dai singoli soci e non dalla assemblea; approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Compiuta la liquidazione, i libri della società sono depositati presso l'ufficio del registro delle imprese. L'estinzione della società. Il procedimento di liquidazione si chiude con la cancellazione della società dal registro delle imprese. Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. La cancellazione è disposta d'ufficio quando per oltre tre anni consecutivi non viene depositato il bilancio annuale di liquidazione. Intervenuta la cancellazione dal registro, i creditori sociali rimasti insoddisfatti possono far valere i loro diritti: - nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da queste riscosse in base al bilancio finale di liquidazione; - nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La cancellazione dal registro delle imprese segna l'estinzione della S.p.A., anche quando vi siano creditori insoddisfatti. I creditori possono chiedere il fallimento della società entro un anno dalla cancellazione della stessa dal registro. La materia dello scioglimento è uguale a tutte le società di capitali… solo nelle Sapa c’è un ulteriore causa di scioglimento… cessazione di tutti gli amministratori… se nel termine di 180 giorni non si è provveduto alla sostituzione. CAPITOLO 5 AZIONI Le azioni sono le quote di partecipazione dei soci nella Spa. Sono quote omogenee e standardizzate, liberamente trasferibili e di regola rappresentate da documenti (titoli azionari) che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito. Nella Spa il capitale sociale sottoscritto è diviso in un numero predeterminato di parti, di identico ammontare, ciascuna delle quali costituisce un'azione ed attribuisce identici diritti nella società̀ e verso la società̀. La singola azione rappresenta l'unità minima di partecipazione al capitale sociale e l'unità di misura dei diritti sociali. È perciò̀ indivisibile. Se più̀ soggetti diventano titolari di un'unica azione devono nominare un rappresentante comune per l'esercizio dei diritti verso la società̀. Ciascun socio diventa titolare non di un’unica quota di partecipazione, bensì̀ di tante quote di partecipazione quante sono le azioni sottoscritte e ciascuna azione costituisce una partecipazione tendenzialmente distinta ed autonoma rispetto alle altre possedute dallo stesso soggetto. Il valore delle azioni Le azioni devono essere tutte di eguale valore; devono cioè̀ tutte rappresentare una identica frazione del capitale sociale nominale. E si definisce valore nominale delle azioni la parte del capitale sociale da ciascuna rappresentata espressa in cifra monetaria. Possono essere emesse anche azioni senza indicazione del valore nominale, ma Non è consentito emettere contemporaneamente azioni con e senza valore nominale. Nelle azioni con valore nominale lo statuto deve specificare non solo il capitale sottoscritto, ma anche il valore nominale di ogni azione e il numero complessivo delle azioni emesse. Nelle azioni senza valore nominale lo statuto deve invece indicare solo il capitale sottoscritto e il numero delle azioni emesse. In tal caso la partecipazione al capitale del singolo azionista sarà̀ espressa non in una cifra monetaria ma in una percentuale del numero complessivo delle azioni emesse. Per tutte le azioni (con e senza valore nominale) vale la regola che in nessun caso il valore complessivo dei conferimenti può̀ essere inferiore all'ammontare globale del capitale sociale. L’indivisibilità̀ delle azioni L'azione è l'unità minima di partecipazione e ad essa corrisponde un complesso unitario e non frazionabile di diritti e poteri sociali. Le azioni sono perciò̀ indivisibili. Se più̀ soggetti diventano titolari di un'unica azione si instaura fra gli stessi una situazione di comproprietà̀ indivisa. I diritti dei comproprietari verso la società̀ devono essere esercitati da un rappresentante comune. Se il rappresentante non è stato nominato, le comunicazioni e le dichiarazioni fatte dalla società̀ a uno dei comproprietari sono efficaci nei confronti di tutti. L'esercizio dei diritti sociali è precluso ove non si provveda alla nomina del rappresentante. In ogni caso, i comproprietari rispondono solidalmente verso la società̀ delle obbligazioni da essa derivanti e quindi per il versamento dei conferimenti ancora dovuti Frazionamento e raggruppamento di azioni Nel caso di azioni con indicazione del valore nominale, l’indivisibilità̀ delle azioni non impedisce che la società̀ possa procedere ad un loro frazionamento, che ne riduce l’originario valore nominale. Possibile è anche l’operazione inversa: il raggruppamento delle azioni attraverso l’aumento del loro originario valore nominale (es. sostituzione di 10 azioni da 1 euro con un’azione da 10 euro). Il raggruppamento con resti è legittimo quando è conseguenza di altra operazione necessaria o che sarebbe impedita o gravemente ostacolata qualora non si desse luogo alla formazione di resti (es. fusione). Invalidità̀ della delibera si avrà̀, pertanto, solo quando il raggruppamento risulta predisposto al solo fine di pregiudicare i singoli azionisti. CAPITOLO 6 LA PARTECIPAZIONE AZIONARIA L’uguaglianza dei diritti Ogni azione costituisce una partecipazione sociale ed attribuisce al suo titolare un complesso unitario di diritti e poteri di natura amministrativa, di natura patrimoniale, ed anche a contenuto complesso amministrativo e patrimoniale. Due peculiari caratteri che il rapporto di partecipazione assume per il fatto di essere espresso in azioni sono: - l’uguaglianza dei diritti - l’autonomia delle azioni. Le azioni, infatti, "conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Si tratta di uguaglianza relativa e non assoluta e inoltre di eguaglianza oggettiva e non soggettiva. L’uguaglianza è relativa in quanto è possibile creare "categorie di azioni fornite di diritti diversi" ma l'uguaglianza deve essere rispettata nell'ambito di ciascuna categoria. L'uguaglianza è poi oggettiva e non soggettiva. Uguali sono i diritti che ogni azione attribuisce, non i diritti di cui ciascun azionista globalmente dispone, dovendosi al riguardo tener conto anche del numero delle azioni di cui ciascuno è titolare. Se si assume come angolo visuale la posizione soggettiva dell’azionista, i diritti sociali possono essere distinti in 3 diverse categorie: 1. diritti indipendenti dal numero di azioni possedute 2. diritti che competono solo se si possiede una determinata percentuale di capitale sociale 3. diritti che spettano ad ogni azionista in proporzione del numero delle azioni possedute. Ed è proprio con riferimento a questi diritti che si coglie una situazione di disuguaglianza soggettiva degli azionisti. Disuguaglianze soggettive perfettamente legittime e giuste, perché́ su di esse si fonda l'ordinato funzionamento di un organismo economico a base capitalistica. In esse si esprime infatti l'essenza del principio cardine delle società̀ di capitali: chi ha più̀ conferito più̀ rischia ed ha più̀ potere e può̀ imporre, nel rispetto della legalità̀, la propria volontà̀ alla minoranza. Il che non esclude però che quando entrano in gioco interessi pubblici di particolare rilevanza, il legislatore introduca deroghe al principio capitalistico con il riconoscimento allo Stato o ad enti pubblici di poteri societari svincolati dall’ammontare della partecipazione azionaria o dalla qualità̀ stessa di azionista. Unità ed autonomia delle partecipazioni azionarie Le azioni costituiscono partecipazioni sociali distinte. L’azionista può̀ sottoscrivere od acquistare più̀ azioni ed in tal caso diventa titolare di una pluralità̀ di partecipazioni azionarie, non già̀ di un’unica ed unitaria partecipazione. È questo il principio dell’autonomia delle azioni. Ne consegue che l’azionista può̀ disporre in modo autonomo e separato delle azioni possedute. Ne consegue inoltre che anche all’interno della società̀ l’azionista potrà̀ comportarsi come titolare di distinte partecipazioni nell’esercizio dei diritti proporzionati al numero di azioni possedute (ciò̀ vale essenzialmente per il diritto di voto). È ritenuto valido anche il c.d. voto divergente cioè̀ il voto espresso con alcune azioni a favore ed altre contro la stessa delibera. Il principio di autonomia delle azioni non impedisce al legislatore e all’interprete di dar rilievo sotto + profili alla sostanziale unità di un pacchetto azionario in unica mano Le categorie speciali di azioni Sono categorie speciali di azioni quelle fornite di diritti diversi da quelli tipici previsti dalla disciplina legale. Le azioni speciali si contrappongono perciò̀ alle azioni ordinarie. Esse possono essere create con lo statuto o con la successiva modificazione dello stesso. Se esistono diverse categorie di azioni, le deliberazioni dell'assemblea generale che pregiudicano i diritti di una di esse devono essere approvate anche dall'assemblea speciale della categoria interessata. Alle assemblee speciali si applica la disciplina delle assemblee straordinarie. Se, invece, le azioni speciali sono quotate si applica la disciplina dell'organizzazione degli azionisti di risparmio. La previsione normativa tutela gli azionisti di categoria come gruppo e non individualmente. I diritti speciali di categoria si atteggiano come diritti di gruppo e non come diritti individuali. La valutazione dell'interesse di tutti gli azionisti e quella degli interessi di categoria prevalgono perciò̀ sulla volontà̀ individuale e rendono legittimo, nell'interesse comune, il sacrificio dei diritti speciali originariamente attribuiti ad una determinata categoria di soci. La delibera dell’assemblea di categoria è necessaria solo se vengono pregiudicati i diritti di una determinata categoria di azioni, non quando con delibera assembleare vengono pregiudicati i diritti di tutti gli azionisti Il contenuto della partecipazione azionaria Alcune categorie di azioni speciali sono espressamente previste e regolate dal legislatore. La società̀ gode tuttavia di ampia autonomia nel modellare il contenuto della partecipazione azionaria, anche se con alcuni limiti. Fra i limiti espressi permane dopo la riforma del 2003 il divieto di emettere azioni a voto plurimo, azioni cioè̀ che attribuiscono ciascuna più̀ di un voto. Con la riforma del 2003 tutte le società̀ possono emettere azioni senza diritto di voto, in passato consentite solo per le società̀ quotate (azioni di risparmio) a partire dal 1974. Allo stesso tempo sono scomparse le azioni privilegiate a voto limitato e si consente a tutte le società̀: a) la creazione di azioni "con diritto di voto limitato a particolari argomenti"; b) la creazione di azioni "con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative". L'azione senza voto, a voto limitato e a voto condizionato non può tuttavia superare complessivamente la metà del capitale sociale. Alle società̀ che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è inoltre consentita anche di prevedere che: a) il diritto di voto sia limitato ad una misura massima; b) si è introdotto il c.d. voto scalare. Con l'attuale disciplina è caduto per le società̀ non quotate il principio che il voto può̀ essere escluso o limitato solo se le relative azioni sono assistite da privilegi patrimoniali. Resta invece fermo il principio che possono essere emesse azioni privilegiate anche senza limitazione dei diritti amministrativi (art. 2350 cod. civ.). Le azioni privilegiate sono azioni che attribuiscono ai loro titolari un diritto di preferenza nella distribuzione degli utili e/o nel rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società̀. Col solo limite del divieto di patto leonino (art. 2265 cod. civ.), la società̀ è perciò̀ libera di articolare come preferisce il contenuto patrimoniale di tali azioni. È altresì̀ consentita l'emissione di azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell'attività̀ sociale di un determinato settore, anche quando non si danno vita a patrimoni separati destinati solo ad uno specifico affare. Ai possessori di azioni correlate non possono essere corrisposti dividendi in misura superiore agli utili risultanti dal bilancio generale della società̀. A nulla avranno diritto se l’attività̀ complessiva della società̀ registra una perdita. Le azioni di risparmio Fra le categorie speciali di azioni meritano una specifica considerazione le azioni di risparmio. Nelle azioni di risparmio i diritti amministrativi sono drasticamente ridimensionati, ossia sono prive del diritto di voto. Quindi, devono essere privilegiate sotto l'aspetto patrimoniale. A differenza delle altre azioni possono essere emesse al portatore, quindi essere anonime. Le azioni di risparmio possono essere emesse solo da società̀ le cui azioni ordinarie sono quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'unione europea. Le azioni di risparmio non possono superare la metà del capitale sociale. Le azioni risparmio sono prive del diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie. Di esse perciò̀ non si tiene conto per il calcolo dei relativi quorum costitutivi o deliberativi. È da escludersi oggi che agli azionisti di risparmio possa essere riconosciuto il diritto di intervento in assemblea e il diritto di impugnare le delibere assembleari invalide perché́ l’esercizio di tali diritti è stato riservato agli azionisti con diritto di voto. Il singolo azionista di risparmio potrà̀ però domandare il risarcimento del danno a lui provocato dalla delibera invalida. In caso di aumento del capitale sociale a pagamento, i possessori di azioni di risparmio hanno diritto di ricevere azioni di risparmio della stessa categoria ovvero azioni di risparmio di altra categoria, azioni privilegiate o azioni ordinarie. La disciplina delle azioni di risparmio è poi completata dalla previsione di un'organizzazione di gruppo per la tutela degli interessi comuni. Le azioni a favore dei prestatori di lavoro L'art. 2349 cod. civ. consente l'assegnazione straordinaria di utili ai dipendenti delle società̀ o di società̀ controllate da attuarsi mediante un articolato procedimento: gli utili sono imputati a capitale e la società̀ emette speciali categorie di azioni che vengono assegnate gratuitamente ai prestatori di lavoro. Per tali azioni la società̀ può̀ stabilire "norme particolari riguardo alla forma, al modo di trasferimento e ai diritti spettanti agli azionisti. La società̀ può̀ poi escludere o limitare il diritto di opzione degli azionisti sulle azioni a pagamento di nuova emissione. La società̀ può̀ inoltre concedere prestiti o fornire garanzie a favore dei dipendenti per favorire la sottoscrizione o l’acquisto delle proprie azioni. La società̀ può̀ infine assegnare, con delibera dell'assemblea straordinaria, ai propri dipendenti o ai dipendenti di società̀ controllate strumenti finanziari partecipativi. Nelle società̀ ad azionariato diffuso si stanno affermando i piani di compensi basati su strumenti finanziari a favore di amministratori e altri dirigenti. Nelle società̀ quotate ad esempio è frequente che una parte del compenso degli amministratori delegati sia costituito da azioni oppure dall’attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione Le azioni di godimento Le azioni di godimento costituiscono una categoria di azioni speciali la cui funzione è quella di assicurare la parità̀ di trattamento degli azionisti in occasione della riduzione reale del capitale sociale attuata mediante sorteggio ed annullamento di un certo numero di azioni dietro rimborso del valore nominale delle azioni stesse. Agli azionisti rimborsati vengono rilasciati speciali titoli detti azioni di godimento. I titolari di tali azioni partecipano alla ripartizione degli utili solo dopo che sia stato corrisposto alle altre azioni un dividendo pari all'interesse legale sul valore nominale. Inoltre, partecipano alla liquidazione del saldo attivo di liquidazione solo dopo che alle altre azioni sia stato rimborsato il valore nominale. Le azioni di godimento non danno diritto di voto, diritto di intervento nell'assemblea e di impugnare le delibere assembleari invalide Azioni e strumenti finanziari partecipativi L'emissione degli strumenti finanziari partecipativi è stata prevista dalla riforma del 2003, anche al fine di consentire l'acquisizione da parte di soci o di terzi di apporti patrimoniali che non possono formare oggetto di conferimento e che perciò̀ non sono imputabili al capitale sociale, quali le prestazioni di opera o di servizi, nonché́ come alternativa alle azioni a favore dei prestatori di lavoro. A differenza delle azioni, gli strumenti finanziari partecipativi non sono parti del capitale sociale. Gli strumenti finanziari partecipativi non attribuiscono perciò̀ la qualità̀ di azionista e presentano ampia elasticità̀ per quanto riguarda i diritti propri delle azioni che possono essere loro riconosciuti. Essi possono essere forniti solo di diritti patrimoniali o dei diritti amministrativi, con esclusione però del diritto di voto nell'assemblea generale degli azionisti. Deve essere inoltre costituita un’organizzazione di categoria dei titolari degli strumenti finanziari partecipativi, composta dall’assemblea e dal rappresentante comune. Lo statuto disciplina "modalità̀ e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione’’ CAPITOLO 7 LA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI I titoli azionari I titoli azionari sono i documenti che rappresentano le quote di partecipazione nelle Spa non quotate, né diffuse fra il pubblico, e che ne consentono il trasferimento secondo le regole proprie dei titoli di credito. La loro emissione nelle società̀ non quotate non è essenziale; infatti, lo statuto può̀ escludere l'emissione dei titoli azionari. Qualora emessi, i certificati azionari devono indicare: 1. la denominazione e la sede della società̀; 2. la data dell'atto costitutivo e della sua iscrizione, l'ufficio del registro delle imprese dove la società̀ è iscritta; 3. il loro valore nominale o, se si tratta di azioni senza valore nominale, il numero complessivo delle azioni emesse, nonché́ l'ammontare del capitale sociale; 4. l'ammontare dei versamenti parziali sulle azioni non interamente liberate; 5. i diritti e gli obblighi ad esse inerenti. Devono inoltre risultare dal titolo gli eventuali limiti statutari alla circolazione delle azioni. Le azioni devono essere sottoscritte da uno degli amministratori. Le stesse regole seguono gli eventuali certificati provvisori rilasciati ai soci in attesa dell'emissione dei titoli definitivi. I certificati provvisori devono essere ritirati dalla società̀ al momento del rilascio dei titoli definitivi. I certificati azionari possono essere titoli semplici o multipli; possono cioè̀ rappresentare una o + azioni. Il possessore di un titolo multiplo può̀ chiederne in ogni momento il frazionamento in + titoli di taglio minore. È possibile anche la riunione in un titolo multiplo di + titoli di taglio minore. Ai titoli azionari è collegato un foglio cedole: le cedole consentono di esercitare i diritti che maturano durante la vita della società̀ (es. diritto di opzione), senza necessità di esibire il titolo azionario. È sufficiente distaccare e consegnare alla società̀ la cedola. Le cedole sono di regola al portatore e possono formare oggetto di autonoma circolazione una volta distaccate dal titolo principale, acquisendo così la natura di titoli di credito. Azioni e titoli di credito Ai titoli azionari deve essere riconosciuta la natura di titoli di credito. Le azioni rientrano nella categoria dei titoli di credito causali. Sono cioè̀ titoli di credito che possono essere emessi solo in base ad un determinato rapporto causale e che si caratterizzano per la parziale sensibilità̀ del rapporto documentato dal titolo (rapporto cartolare) alle eccezioni desumibili da disciplina legale del rapporto societario. I titoli azionari costituiscono veicolo necessario per il trasferimento della partecipazione sociale e pertanto è applicabile il principio dell'autonomia in sede di circolazione dei titoli di credito, art. 1994 : “ chi acquista in buona fede il possesso del titolo azionario non è soggetto a rivendicazione, cioè̀ diventa proprietario del titolo e titolare della partecipazione azionaria nello stesso incorporata, quand’anche tale non fosse il dante causa” (ad es. perché́ aveva rubato il titolo azionario). È, inoltre, fuori contestazione che il titolo azionario svolge una funzione di legittimazione nei rapporti interni all’organizzazione societaria. Il possessore del titolo azionario può̀ esercitare i diritti sociali senza essere tenuto a provare la proprietà̀ del titolo e la qualità̀ di socio. Il titolo azionario non attribuisce un diritto letterale; un diritto cioè̀ il cui contenuto è determinato esclusivamente da quanto è scritto nel documento. Per determinare la posizione del socio nei confronti della società̀ è necessario far riferimento a fonti di cognizione estranee alla lettera del titolo: atto costitutivo e delibere assembleari. I titoli azionari sono perciò̀ da inquadrare fra i titoli di credito a letteralità̀ incompleta o per relazione. La disciplina generale dei titoli di credito stabilisce che al terzo portatore del titolo non sono opponibili le eccezioni personali ai precedenti possessori ed in particolare quelle fondate sul rapporto causale che ha dato luogo all’emissione del titolo. È opinione diffusa che tale principio non possa trovare piena applicazione ai titoli azionari. Si ritené, infatti, che l’esigenza di tutela dell’acquirente delle azioni deve essere sacrificata quando può̀ comportare lesione di altro inderogabile e prevalente principio di diritto societario: quello della salvaguardia dell’integrità̀ del capitale sociale. Se ne è perciò̀ dedotto che: - La società̀ può̀ opporre erga omnes vizi del procedimento di creazione delle azioni - La società̀ può̀ opporre al terzo acquirente l’intervenuto annullamento del titolo azionario non risultante dal documento - La società̀ può̀ richiedere al terzo acquirente i versamenti dei conferimenti ancora dovuti - La società̀ può̀ opporre le limitazioni statutarie alla circolazione delle azioni non risultanti dal titolo è che la società̀ non può̀ opporre al terzo acquirente eccezioni fondate su certi rapporti personali con dante causa qualora non entri in gioco l’esigenza di salvaguardare l’integrità̀ del capitale. AZIONI NOMINATIVE E AZIONI AL PORTATORE Le azioni possono essere nominative o al portatore a scelta dell'azionista (art. 2354 cod. civ., 1° comma). Ciò̀ significa concedere il beneficio dell'anonimato all'investimento azionario, rendere quest'ultimo fiscalmente competitivo rispetto ad altre forme di investimento. Il sistema vigente è perciò̀ il seguente: tutte le azioni devono essere nominative, salvo le azioni di risparmio e quelle emesse dalle Sicav che, purché́ interamente liberate, possono essere nominative o al portatore a scelta dell'azionista. LA LEGGE DI CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI La disciplina della circolazione delle azioni nominative è stata parzialmente modificata con la riforma del 2003. Le azioni nominative devono essere intestate al nome di una persona fisica o giuridica e l'intestazione deve risultare anche dal libro dei soci. Per il trasferimento dei titoli azionari è perciò̀ necessario il mutamento della doppia intestazione sul titolo e sul libro dei soci e quindi la necessaria cooperazione della società̀ emittente. La doppia annotazione può̀ avvenire secondo due tipi di procedure: 1) il transfert, cioè̀ il cambiamento contestuale delle due intestazioni, sul titolo e sul libro soci, a cura della società̀ emittente. Il transfert può̀ essere richiesto sia dall’alienante, sia dall’acquirente: l’alienante deve esibire il titolo e deve provare la propria identità̀ e la propria capacità di disporre mediante certificazione di un notaio o di altro soggetto; se il transfert è invece richiesto dall’acquirente, questi deve esibire il titolo e deve inoltre dimostrare il suo diritto (cioè̀ l’acquisto del titolo) mediante atto con firma autenticata o atto pubblico. controllato che tali formalità̀ sono state osservate, la società̀ annota il nome dell’acquirente nel libro dei soci e sul titolo. Con l’esecuzione del transfert l’acquirente entra a far parte della società̀ ed acquista la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali; 2) il trasferimento mediante girata: nel trasferimento mediante girata la duplice annotazione è eseguita da soggetti diversi ed in tempi diversi. L’annotazione sul titolo (girata) è fatta dall’alienante; quella nel libro dei soci dalla società̀ e si rende necessaria solo quando l’acquirente voglia esercitare i diritti sociali. Medio tempore l’acquirente può̀ rivendere le azioni mediante ulteriore girata, dato che dal titolo già̀ risulta l’intestazione a suo favore. La girata deve contenere la data, il nome del giratario; deve essere sottoscritta dal girante e anche dal giratario se si tratta di azioni non liberate. La girata deve essere autenticata da un notaio, da un agente di cambio o da una banca a ciò̀ autorizzata Le azioni dematerializzate La circolazione delle azioni si fonda sul trasferimento materiale dei titoli e comporta, per le azioni nominative, il compimento delle complesse formalità̀ connesse alla duplice annotazione. Da qui l'esigenza di semplificare il mercato dei titoli quotati in borsa attraverso l'adozione di meccanismi di circolazione svincolati dal trasferimento materiale del documento e basati su semplici registrazioni contabili. A tale finalità̀ risponde nel nostro ordinamento il sistema di gestione accentrata di strumenti finanziari. Il sistema è gestito da apposite S.p.A. a statuto speciale che operano sotto il controllo della Consob e della Banca d'Italia, anche se allo stato l’unico sistema operante in Italia resto quello gestito dalla Monte Titoli S.p.A. Coesistono allo stato due sistemi di gestione accentrata: dematerializzata e non dematerializzata. Il sistema di gestione accentrata non dematerializzata si fonda sul deposito accentrato dei titoli azionari presso la società̀ di gestione (Monte Titoli S.p.A.), e l'adesione è facoltativa per ogni azionista Una vera e propria dematerializzazione con conseguente soppressione del documento cartaceo è stata introdotta nel nostro ordinamento nel 1998: la soppressione dei titoli fa venire meno la necessità di deposito e sub-deposito degli stessi. I vincoli sulle azioni Le azioni possono essere costituite in usufrutto o in pegno e possono inoltre formare oggetto di misure cautelari ed esecutive. La costituzione in usufrutto o in pegno delle azioni nominative avviene mediante annotazione del relativo vincolo sul titolo e nel libro soci, a cura della società̀ emittente. Salvo convenzione contraria, il diritto di voto compete al creditore pignoratizio o all'usufruttuario. Essi dovranno comunque esercitarlo in modo da non ledere gli interessi del socio, esponendosi altrimenti al risarcimento dei danni nei suoi confronti. Nel caso di sequestro delle azioni il voto è esercitato dal custode. Gli altri diritti amministrativi spettano invece disgiuntamente sia al socio sia al creditore pignoratizio o all'usufruttuario. In caso di sequestro sono invece esercitati dal custode, salvo che dal provvedimento del giudice non risulti diversamente (art. 2352 cod. civ., 6° comma). Il diritto di opzione spetta invece al socio e l'attuale disciplina stabilisce che solo ad esso sono attribuite le nuove azioni sottoscritte. Il socio deve tuttavia provvedere almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio del diritto di opzione. In mancanza, gli altri soci possono offrire di acquistarlo. È pacifico che l’usufrutto o il pegno si estendono sul ricavato della vendita. Le nuove azioni sottoscritte spettano al socio libere da vincoli. Non vi è dubbio poi che al titolare del diritto frazionario spettino gli utili distribuiti dalla società̀. E in caso di aumento gratuito del capitale, il pegno, l'usufrutto o il sequestro si estendono alle azioni di nuova emissione. In caso di versamento delle somme dovute sulle azioni non liberate si ha: in caso di pegno, è il socio che deve provvedere al versamento; in caso di usufrutto è invece l'usufruttuario che deve provvedere al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione di tale somma al termine dell'usufrutto. I limiti alla circolazione delle azioni Le azioni sono in via di principio liberamente trasferibili. La libera trasferibilità̀ tuttavia è esclusa o limitata per legge in determinate ipotesi: a) le azioni liberate con conferimenti diversi dal denaro non possono essere alienate prima del controllo della valutazione; b) le azioni con prestazioni accessorie non sono trasferibili senza il consenso del consiglio di amministrazione. c) intrasferibili senza il consenso del consiglio di amministrazione sono anche le azioni delle società̀ fiduciarie e di revisione. d) ulteriori limiti alla circolazione delle azioni sono poi previsti quando il trasferimento riguardi partecipazioni rilevanti o di controllo. Oltre ai limiti legali, vi sono i limiti convenzionali, cioè̀ quei limiti determinati da accordi fra i soci. Questi, poi vanno distinti a seconda che risultino dall'atto costitutivo (limiti statutari) o da accordi distinti (patti parasociali). CAPITOLO 8 AZIONI PROPRIE Le operazioni della Spa sulle proprie azioni e in particolare la loro sottoscrizione e compravendita sono operazioni particolarmente pericolose sotto più profili. Pericolose per l'integrità del capitale sociale, per il corretto funzionamento dell'organizzazione societaria, per il mercato dei titoli. Per tutti questi motivi le operazioni della società sulle proprie azioni sono considerate con estremo sfavore dal legislatore e sono in linea di principio vietate: è questa la linea fissata dal codice del 1942 e ribadita dalla riforma del 2003. Tre sono le situazioni attualmente regolate: La sottoscrizione: In nessun caso la società può sottoscrivere proprie azioni. Il divieto ha carattere assoluto e non soffre eccezioni. Il divieto opera sia in sede di costituzione della società sia in sede di aumento del capitale sociale. Colpisce inoltre tanto la sottoscrizione diretta, compiuta cioè in nome della società, quanto la sottoscrizione indiretta, compiuta cioè da terzi in nome proprio ma per conto della società. La sanzione per la violazione del divieto di auto-sottoscrizione non è la nullità della sottoscrizione, ma le azioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai soggetti che materialmente hanno violato il divieto. In caso di sottoscrizione diretta, le azioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai promotori e dai soci fondatori o dagli amministratori. Nel caso di sottoscrizione indiretta, è obbligato invece il terzo che ha sottoscritto le azioni in nome proprio, ma per conto della società ed è lui ad eseguire i conferimenti, senza possibilità di rivalsa sulla società. L’acquisto di azioni proprie: Tale operazione può dar luogo ad una riduzione del capitale reale. Tuttavia, l'acquisto di azioni proprie può costituire una proficua forma di investimento delle eccedenze patrimoniali disponibili della società, inoltre se la società è quotata in borsa, l'acquisto e la vendita di azioni proprie è un mezzo per stabilizzare le quotazioni e neutralizzare eventuali manovre speculative. L'acquisto di azioni proprie non è vietato in modo assoluto; l’operazione è consentita, ma la società deve rispettare alcune condizioni: 1) le somme impiegate nell'acquisto non possono eccedere l'ammontare degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. In caso contrario, si viola il vincolo di indisponibilità del patrimonio netto; 2) le azioni da acquistare devono essere interamente liberate; 3) l'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria; 4) solo per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio permane la condizione che il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere la quinta parte del capitale sociale, tenuto conto anche delle azioni possedute da società controllate Un’ulteriore condizione deve essere poi osservata dalle sole società con azioni quotate in borsa: gli acquisti di azioni proprie da parte di queste società devono essere effettuati con le modalità determinate dalla Consob. Gli acquisti compiuti senza l'osservanza di tali condizioni restano validi, ma gli amministratori sono esposti a sanzioni penali e le azioni devono essere vendute entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, la società deve annullarle con corrispondente riduzione del capitale sociale. La disciplina fin qui esposta si applica anche quando la società procede all’acquisto di azioni proprie per tramite di società fiduciaria o per interposta persona. Sono previsti alcuni casi speciali di acquisto, ossia: - quando l'acquisto avviene in esecuzione di una delibera assembleare di riduzione del capitale sociale, da attuarsi mediante riscatto ed annullamento delle azioni; - quando l'acquisto è finalizzato al rimborso di un socio recedente e non è stato possibile collocare le azioni presso gli altri soci o sul mercato; - quando l'acquisto avviene a titolo gratuito (se sono azioni interamente liberate), per effetto di successione universale, fusione o scissione, in caso di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società. I diritti sociali relativi alle azioni proprie sono sterilizzati. Il diritto di voto e gli altri diritti amministrativi sono sospesi. Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio si stabilisce che le azioni proprie sono sempre computate ai fini del calcolo del quorum costitutivo e deliberativo dell’assemblea. Invece, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio trova applicazione la regola generale delle azioni a voto sospeso, che ne prevede il conteggio solo ai fini del quorum costitutivo e non di quello deliberativo. Infine, gli amministratori non possono disporre delle azioni senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea. Opportune disposizioni assicurano la corretta rilevazione in bilancio delle azioni proprie possedute ed un'adeguata informazione sulle relative operazioni compiute dalla società. Altre operazioni: Le altre operazioni sulle azioni proprie regolate dalla legge sono l’assistenza finanziaria per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie e l’accettazione di azioni proprie in garanzia. L’attività di assistenza finanziaria consiste nel concedere prestiti o fornire garanzie di qualsiasi tipo a favore di soci o di terzi per la sottoscrizione o l’acquisto di azioni proprie. Il compimento di tali operazioni deve essere previamente autorizzato dall’assemblea straordinaria, che si pone oggi come un limite legale al potere di rappresentanza degli amministratori; pertanto, la mancanza di autorizzazione rende i relativi contratti validi ma inefficaci, salvo che l’autorizzazione stessa non intervenga successivamente a ratifica. Nulli sono i contratti di assistenza finanziaria che impiegano somme non disponibili. L’importo complessivo dei finanziamenti e delle garanzie non può eccedere l’ammontare degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. La società può concedere assistenza finanziaria anche per agevolare l’acquisto di azioni proprie che essa stessa ha in portafoglio e figurare così nella duplice veste di finanziatore e di venditore. La società non può invece accettare azioni proprie in garanzia (es: concedere finanziamenti ai soci garantiti dal pegno di proprie azioni). Entrambi i divieti subiscono una parziale deroga quando le relative operazioni sono effettuate per favorire l’acquisto di azioni da parte dei dipendenti della società o di quelli di società controllate o controllanti. CAPITOLO 9 PARTECIPAZIONI RILEVANTI Le partecipazioni rilevanti ricorrono quando: - una persona fisica oppure una Società o un Ente partecipano, direttamente o indirettamente, in una società con azioni quotate in misura superiore al 2% del capitale sociale di questa - quando una società con azioni quotate partecipa, direttamente o indirettamente, in altra società con azioni non quotate - in una società a responsabilità limitata, anche estere, in misura superiore al 10% del loro capitale. Tuttavia, con l'art. 1 del d.lgs. n. 184 dell'11.10.2012, si è abrogato il comma 3 dell'art. 120 ed ogni riferimento ad esso contenuto nel medesimo articolo. Di conseguenza, le suddette partecipazioni superiori al 10% detenute da società con azioni quotate in società con azioni non quotate o s.r.l., non sono più "rilevanti", e rimangono solamente quelle superiori al 2% in società con azioni quotate. La Consob può variare le soglie per la rilevanza della partecipazione. L'attuale disciplina applicabile alle società italiane (aventi sede in Italia) con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’UE, prevede l'obbligo di comunicazione alla società partecipata e alla Consob per: - tutti coloro (persone fisiche, società o enti) che partecipano in una società con azioni quotate in misura superiore al 2% del capitale di questa; - le sole società con azioni quotate che partecipano, direttamente o indirettamente, in società con azioni non quotate o in società a responsabilità limitata in misura superiore al 10% del capitale di queste. Sono invece determinate dalla Consob con proprio regolamento le variazioni delle partecipazioni rilevanti che comportano l'obbligo di successive comunicazioni. L'attuale normativa regolamentare differenzia a seconda che si tratti di partecipazioni in società quotate o partecipazioni detenute da società quotate. Per le partecipazioni in società quotate è adottato un sistema di soglie fisse; per le partecipazioni di società quotate in società non quotate, le successive comunicazioni hanno un carattere periodo L'ACQUISTO DI PARTECIPAZIONI RILEVANTI IN SOCIETÀ QUOTATE (OPA) Chiunque intenda acquistare una partecipazione di controllo in una società con azioni quotate deve osservare specifiche regole di comportamento introdotte con la legge n. 149/1992. L'idea ispiratrice della legge del 1992 è che il passaggio di proprietà di pacchetti azionari di controllo di società quotate deve avvenire con la massima trasparenza e con modalità che consentano a tutti gli azionisti di partecipare al premio di maggioranza che l'operazione può comportare. Per realizzare tali obiettivi sono stati introdotti due principi: - l’opa (offerta pubblica di acquisto) è resa obbligatoria quando è trasferita la partecipazione di controllo di una società quotata; - l'opa, obbligatoria o volontaria, deve svolgersi nel rispetto di determinate regole di comportamento volte a tutelare i destinatari dell'offerta e il regolare funzionamento del mercato. Dei 5 casi di opa obbligatoria previsti dalla legge del 1992, ne erano rimasti 2 con la riforma del 1998 ed oggi ne sopravvive uno solo: l’opa successiva totalitaria. L'opa successiva totalitaria consente agli azionisti di minoranza di società con titoli quotati di uscire dalla società a seguito del mutamento dell'azionista di controllo. È tenuto a promuovere un’offerta pubblica di acquisto chiunque, in seguito ad acquisti, venga a detenere, direttamente o indirettamente, una partecipazione superiore al 30% dei titoli che consentono di esercitare un’influenza sulla gestione della società. L’offerta deve essere promossa entro 20 gg. È fissato per legge anche il prezzo minimo che deve essere offerto: è il prezzo più elevato pagato dall’offerente nei 12 mesi anteriori l’offerta pubblica, per acquisti di titoli della medesima categoria. Per le categorie di titoli rispetto alle quali l’offerente non ha invece effettuato acquisti a titolo oneroso nel periodo di riferimento, l’offerta è promossa ad un prezzo non inferiore a quello medio ponderato di mercato degli ultimi 12 mesi o del minor periodo disponibile. L’obbligo di lanciare l’opa sussiste anche quando la partecipazione del 30% è superata sommando gli acquisti effettuati da persone che agiscono di concerto. Superata la soglia del 30% le persone che agiscono di concerto sono obbligate solidamente a lanciare l’opa totalitaria anche se gli acquisti a titolo oneroso sono stati effettuati da uno solo di essi. Casi particolari in merito ai quali sussiste l’obbligo di lanciare l’opa successiva: - acquisto indiretto di una partecipazione superiore al 30% in una società quotata - acquisti effettuati da chi già deteneva più del 30% senza però detenere la maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria. Chi intende acquisire il controllo di una società quotata può tuttavia sottrarsi all’obbligo di promuovere l’onerosa opa successiva totalitaria lanciando un’opa volontaria preventiva che lo porti a detenere una partecipazione superiore al 30%. L'opa preventiva può essere totale o parziale. L'opa preventiva diretta a conseguire tutte le azioni ordinarie non è soggetta a condizioni e l'offerente può fissare liberamente prezzo di acquisto. Più articolata è la disciplina dell’opa preventiva parziale che deve avere ad oggetto almeno il 60% dei titoli di ciascuna categoria. L'esonero dall'opa successiva deve essere autorizzata dalla Consob e richiede che: - l'offerente non deve aver acquistato nell'anno precedente partecipazioni nella società bersaglio superiori all' 1%; - l'offerta deve essere condizionata all’approvazione da parte dei soci di minoranza “indipendenti” della società bersaglio. Comunque, l'offerente sarà obbligato a promuovere l'opa successiva se nell'anno successivo alla chiusura dell'opa preventiva acquisti altre azioni della società bersaglio superiori all' 1%, o nel caso di fusione o scissione. L’obbligo di opa non sussiste nei seguenti casi (alcuni es.): - acquisti a titolo gratuito o per successione ereditaria - operazioni dirette al salvataggio di imprese in crisi - cause indipendenti dalla volontà dell’acquirente - operazioni di carattere temporaneo Un altro caso di opa obbligatoria è l'opa residuale: la sua funzione è quella di consentire agli azionisti di minoranza l'uscita dalla società ad un prezzo equo quando la stessa è ormai saldamente in pugno di un predeterminato gruppo di controllo, sicché il regolare andamento delle negoziazioni è pregiudicato dalla mancanza di un adeguato flottante. L’attuale disciplina prevede 2 casi di obbligo di acquisto residuale: - l’offerente che viene a detenere a seguito di un’offerta pubblica totalitaria una partecipazione almeno pari al 95% del capitale rappresentato da titoli della società bersaglio, è tenuto ad acquistare i restanti titoli da chi gliene faccia richiesta. - Chiunque viene a detenere una partecipazione superiore al 90% del capitale rappresentato da titoli quotati della società bersaglio ha l’obbligo di acquistare i restanti titoli quotati, se non ripristina entro 90gg un flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni. Allo stesso tempo è oggi tutelato anche l’interesse di chi ha conseguito con un’opa il controllo quasi dell’intero capitale e teme comportamenti ostruzionistici o ricattatori da parte della striminzita minoranza che non ha aderito all’opa. Infatti, chi viene a detenere in seguito al lancio di un’opa totalitaria, più del 95% del capitale rappresentato da titoli ha diritto di acquistare coattivamente le azioni residue entro 3 mesi dalla scadenza del termine per l’accettazione dell’opa purché abbia dichiarato nel documento di offerta di volersi avvalere di tale diritto. La violazione dell'obbligo di promuovere un'opa è colpita con sanzioni particolarmente dissuasive (art. 110 Tuf): a) il diritto di voto inerente all'intera partecipazione detenuta non può essere esercitato; b) i titoli eccedenti le percentuali che fanno scattare l’obbligo di opa o di acquisto residuale devono essere alienati entro 12 mesi. Sono previste anche sanzioni pecuniarie. Le offerte pubbliche di acquisto e di scambio. Analizziamo questa disciplina, applicabile ad ogni offerta finalizzata all’acquisto o allo scambio di prodotti finanziari (quindi, non solo azioni quotate). In pratica, però, l’opa è utilizzata quasi esclusivamente per l’acquisto di azioni quotate. CARATTERI ESSENZIALI: l’offerta pubblica di acquisto (corrispettivo in denaro) o di scambio (corrispettivo costituito da altri strumenti finanziari) è una proposta irrevocabile rivolta a parità di condizioni a tutti i titolari di prodotti finanziari che ne formano oggetto. Ogni clausola contraria è nulla. Però l’offerta può essere sottoposta a condizioni il cui verificarsi non dipende dalla mera volontà dell’offerente. L’offerta può essere aumentata o modificata durante l’operazione e l’aumento si estende anche a coloro che hanno già aderito all’offerta. Non è però ammessa la riduzione del quantitativo richiesto. La durata dell’offerta è concordata con la società di gestione del mercato, tra un minimo di 15 ed un massimo di 25 giorni di mercato aperto per l’opa obbligatoria; tra 15 e 40 giorni per le altre offerte. L’offerta si svolge sotto il controllo della Consob. Questa può sospendere o dichiarare decaduta l’offerta in caso di violazione della disciplina; la sospensione può essere disposta anche quando sopraggiungano fatti nuovi, da non consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull’offerta. L’offerta pubblica si articola in tre fasi. FASE PREPARATORIA: chi intende lanciare un’offerta pubblica deve darne comunicazione alla Consob, alla società bersaglio ed al mercato, con le modalità e i contenuti fissati dal reg. emittenti. L’offerta è promossa mediante la presentazione alla Consob del documento di offerta destinato alla pubblicazione. L’opa volontaria deve essere proposta non oltre 20 giorni dalla comunicazione. Il mancato rispetto del termine comporta che il documento è dichiarato irricevibile e l’offerente non può promuovere ulteriore opa volontaria avente per oggetto prodotti finanziari dello stesso emittente nei successivi 12 mesi. Il documento di offerta contiene le informazioni necessarie a consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull’offerta. La Consob, entro 15 giorni dalla presentazione, ne può chiedere l’integrazione, e può prescrivere all’offerente di prestare garanzie. Decorso tale termine, il documento di considera tacitamente approvato e può essere reso pubblico. La società bersaglio è obbligata a diffondere un comunicato (comunicato dell’emittente) contenente ogni dato utile per l’apprezzamento dell’offerta, anche con gli effetti che l’eventuale successo dell’offerta avrà sull’impresa e sull’occupazione. Questo va trasmesso alla Consob ADESIONI ALL’OFFERTA è così aperta la seconda fase. Le adesioni sono irrevocabili e possono essere raccolte, tramite sottoscrizione di una scheda, dall’offerente, dagli intermediari indicati nel documento di offerta (es. banche), dai depositari dei titoli abilitati a prestazione di servizi di investimento. L’attuale disciplina ha cancellato quasi del tutto una serie di obblighi e divieti previsti dalla legge 149 per assicurare il corretto svolgimento dell’operazione. Oggi la legge si limita a fisare il principio di “correttezza e trasparenza delle operazioni sui prodotti finanziari oggetto dell’offerta”, demandando alla Consob l’emanazione di norme di attuazione. Tra queste, spicca l’obbligo dell’offerente che durante la pendenza dell’offerta, o nei 6 mesi successivi, acquisti titoli a prezzo superiore a quello dell’offerta, di adeguare il prezzo di quest’ultima al prezzo più alto pagato. Con l’attuale disciplina è inoltre mutato l’atteggiamento del legislatore nei confronti delle tecniche di difesa che il gruppo di comando della società bersaglio, aggredita da un’opa ostile, può attuare per ostacolare il successo dell’iniziativa dell’offerente: aumenti del capitale sociale, fusione, scissione, vendita azienda. Attualmente, l’attuazione di misure difensive è consentita solo previa autorizzazione dell’assemblea (c.d. passività rule), ma lo statuto può derogare in tutto o in parte tale divieto (clausola opta-out). Il divieto imposto agli amministratori di “compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta”, che decorre dalla data della comunicazione dell’offerta alla Consob, può esser rimosso con delibera assembleare. L’autorizzazione può essere concessa con le normali maggioranze, a seconda del tipo di operazione da autorizzare. È ferma la responsabilità degli ahm. e dei direttori per atti ed operazioni in violazione della passività rule che però non sono considerati nulli. La società bersaglio può quindi avvalersi in pendenza di opa di una serie di tecniche di difesa che in precedenza potevano essere attuate solo prima che l’offerta fosse resa pubblica. Analizziamole: - opa concorrente tecnica di difesa successiva consentita senza autorizzazione. È un’opa lanciata da parte di alleati della società bersaglio. Chi ha lanciato l’offerta originaria può reagire all’opa concorrente rilanciando il gioco con un aumento del prezzo e/o del quantitativo originariamente richiesto. Il numero dei rialzi non può essere limitato. Dopo la pubblicazione di un’opa concorrente o di un rilancio, le adesioni alle altre offerte sono revocabili. L’attuale disciplina ha però neutralizzato anche alcune tecniche di difesa preventiva. Gli azionisti che intendono aderire ad un’opa totalitaria o ad un’opa parziale diretta a conseguire almeno il 60% delle azioni ordinarie possono liberamente recedere, senza preavviso, da eventuali sindacati di voto e/o di blocco stipulati. Cadono inoltre in tali casi i limiti agli incroci azionari fra società quotate. L’attuazione di una direttiva (2007) era stata l’occasione per ampliare la regola di neutralizzazione delle misure di difesa preventive nelle società quotate, mediante l’introduzione di misure volte a rendere inefficaci le tecniche più comuni del gruppo di comando contro scalate ostili; ma questa disciplina opera solo se lo statuto lo prevede. Ove previsto, la regola si articola in una serie di misure che incidono sia sullo svolgimento dell’opa, sia sulla fase successiva. Durante l’opa: a. non hanno effetto nei confronti dell’offerente limitazioni statutarie al trasferimento dei titoli (clausole di prelazione o di gradimento); b. nelle assemblee, chiamate a decidere sull’autorizzazione di atti di contrasto all’opa, non operano le limitazioni al diritto di voto previste nello statuto o da patti parasociali, né le maggiorazioni del diritto di voto e le azioni a voto plurimo conferiscono solo un voto. Dopo l’opa è paralizzata temporaneamente l’efficacia di alcune clausole statutarie o patti parasociali il cui scopo è impedire all’offerente vittorioso di conseguire l’effettivo dominio sulla società bersaglio. Nella prima assemblea successiva l’opa convocata per modificare lo statuto o per revocare o nominare gli ahm. non operano le limitazioni al diritto di voto previste; non operano maggiorazioni statutarie; le azioni a voto plurimo conferiscono un voto. Il nuovo gruppo di comando potrà così approfittare per nominare amministratori di fiducia e modificare clausole statutarie non gradite. Questi effetti si producono solo a condizione che a seguito dell’opa l’offerente venga a detenere almeno il 65% del capitale con diritto di voto nelle deliberazioni riguardanti nomina o revoca degli ahm. o dei componenti del consiglio di gestione o di sorveglianza. Ai titolari dei diritti che la regola di neutralizzazione ha reso non esercitabili è dovuto equo indennizzo, a carico dell’offerente. La passività rule e la regola di neutralizzazione sono soggette alla c.d. clausola di reciprocità. Non operano quando l’opa è promossa da chi non è a sua volta soggetto a tali o equivalenti disposizioni. In tal caso qualsiasi misura difensiva deve essere autorizzata dall’assemblea nei 18 mesi anteriori la comunicazione dell’offerta; la società che intende avvalersi della clausola deve rinnovare periodicamente la delibera assembleare che autorizza specifiche misure di difesa. La decisione è comunicata al mercato, affinché un potenziale offerente valuti il grado di contendibilità della società bersaglio. La Consob accerta se la condizione di reciprocità è rispettata. CHIUSURA DELL’OFFERTA: nulla è previsto nel caso in cui alla scadenza del termine le adesioni siano inferiori o superiori al quantitativo di titoli richiesti, sicché ogni determinazione è rimessa al documento dell’offerente. Salvo opa totalitaria obbligatoria, il documento dovrà specificare il quantitativo minimo che deve essere raggiunto affinché l’offerta diventi irrevocabile. Se invece le adesioni superano il quantitativo richiesto, il documento dovrà specificare i criteri di reparto. I risultati dell’offerta sono resi noti dall’offerente mediante la pubblicazione di un documento. LIMITI ALL’ASSUNZIONE DI PARTECIPAZIONI RILEVANTI L'assunzione di partecipazioni rilevanti in una S.p.A. o da parte di una S.p.A. è in via di principio libera, anche se vi sono delle limitazioni. L'acquisizione a qualsiasi titolo di partecipazioni nelle banche da chiunque effettuato deve essere preventivamente autorizzata dalla Banca d'Italia quando attribuisce una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10% del capitale o comunque consente di esercitare un’influenza notevole oppure il controllo della banca stessa. La violazione di tale disposizione espone a sanzioni penali e comporta la sospensione dal diritto di voto inerente alle azioni o quote per le quali l’autorizzazione non è stata concessa ovvero sia stata sospesa o revocata. In caso di inosservanza, le deliberazioni assembleari sono impugnabili (l’impugnazione può essere proposta anche dalla Banca di Italia). Una disciplina analoga è prevista anche per le società di assicurazione ma il potere di autorizzazione in questo caso è attribuito all’Isvap. Fra i limiti all'assunzione di partecipazioni rilevanti rientrano le clausole statutarie che fissano limiti massimi agli azionisti, vietando che essi detengano un numero di azioni superiore ad una determinata percentuale del capitale sociale al fine di evitare che si formi un nucleo stabile di azionisti di controllo o di riferimento. LE PARTECIPAZIONI MODIFICATIVE DELL’OGGETTO SOCIALE. LE PARTECIPAZIONI A RESPONSABILITA’ ILLIMITATA Un limite di carattere generale all’assunzione di partecipazioni da parte delle società per azioni e + in generale da parte delle società di capitali è posto dall’art 2361. La norma stabilisce che l’assunzione di partecipazioni in altre imprese anche se prevista genericamente nello statuto, non è consentita, se per la misura e per l’oggetto della partecipazione ne risulta sostanzialmente modificato l’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo. Il divieto di assunzione di partecipazioni modificative dell’oggetto sociale non è operante quando l’attività principale o esclusiva della società consiste proprio nell’assunzione di partecipazioni in altre imprese (holdings). L’assunzione di partecipazioni in altre imprese, ove anche compatibile con l’oggetto sociale deve essere però deliberato dall’assemblea ordinaria quando comporta la responsabilità illimitata per le obbligazioni della partecipata. Gli amministratori che violino il dettato dell’art 2361 sono esposti all’azione di responsabilità. L’atto di assunzione della partecipazione è inefficace in quanto posto in essere in violazione di un limite legale. LE PARTECIPAZIONI RECIPROCHE Le partecipazioni reciproche fra società di capitali danno luogo a pericoli di carattere patrimoniale e/o amministrativo non diversi da quelli visti per la sottoscrizione e l'acquisto di azioni proprie. Pericoli che diventano particolarmente accentuati quando fra le due società intercorre un rapporto di controllo. Questi pericoli sono di tutta evidenza nel caso di sottoscrizione reciproca del capitale. Se due società si costituiscono o aumentano capitale sociale sottoscrivendo l'una capitale dell'altra, si ha infatti una moltiplicazione illusoria di ricchezza. Aumenta cioè il capitale sociale nominale delle due società, senza che si incrementi di un solo centesimo il rispettivo capitale reale. In nessun caso la società controllata può sottoscrivere un aumento di capitale deliberato dalla controllante, sia direttamente, sia avvalendosi di terzi che agiscono in nome proprio ma per conto della controllata. Identiche sono inoltre le sanzioni. Le azioni sono imputate agli amministratori della società controllata che non dimostrino di essere esenti da colpa, ovvero al terzo che ha sottoscritto le azioni in nome proprio, ma per conto della controllata. Mentre la sottoscrizione reciproca da luogo ad aumento del capitale nominale senza aumento del capitale reale, l’acquisto reciproco all’opposto lascia inalterato il capitale nominale, ma determina una riduzione surrettizia dei rispettivi capitali reali che può giungere fino al completo svuotamento dei relativi patrimoni dando luogo al fenomeno della carta contro carta. L'attuale disciplina può essere così sintetizzata: a) l'acquisto reciproco di azioni è possibile senza alcun limite quando fra le due società non intercorre un rapporto di controllo e nessuna delle due è quotata in borsa; b) se l'incrocio è realizzato fra società controllante e sue controllate, l'acquisto da parte della società controllata di azioni o quote della società controllante, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, è considerato ex lege come effettuato dalla controllante stessa. È perciò assoggettato alle seguenti limitazioni: 1) le somme impiegate nell'acquisto non possono eccedere l'ammontare degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato o della società controllata; 2) possono essere acquistate solo azioni interamente liberate; 3) l'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria della controllata e deve contenere le stesse specificazioni richieste per l'acquisto di proprie azioni; 4) il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere la quinta parte del capitale della società controllante qualora questa sia una società che faccia ricorso al mercato del capitale di rischio, tenendosi conto anche delle azioni o quote possedute dalla stessa controllante e dalle altre società da essa controllate; 5) la società controllata non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee della controllante. Le azioni o quote acquistate in violazione di tali condizioni devono essere alienate entro un anno dal loro acquisto (art. 2359-ter cod. civ., 1° comma). In mancanza la società controllante deve procedere al loro annullamento ed alla corrispondente riduzione del capitale sociale. La società controllata ha diritto però al rimborso del valore delle azioni annullate. Diversa da quella fin qui esposta invece la disciplina degli incroci azionari che trova applicazione quando una o entrambe le società protagoniste dell'incrocio abbiano azioni quotate in borsa, ma fra le stesse non intercorre rapporto di controllo. In tal caso sono previsti solo limiti quantitativi (percentuale massima di azioni acquistabili) agli incroci azionari. Perciò: a) se entrambe le società sono quotate, l'incrocio non può superare il tetto del 2% del capitale con diritto di voto (vale a dire: se la società A ha + del 2% delle azioni con diritto di voto della società B, quest’ultima non può avere + del 2% delle azioni con diritto di voto della società A); b) se una sola delle società è quotata, la società quotata può arrivare fino al 10% del capitale della società non quotata, fermo restando il tetto del 2% per quest'ultima. Qualora la partecipazione incrociata ecceda da entrambi i lati, le percentuali massime consentite, la società che ha superato il limite successivamente: - non può esercitare il diritto di voto per le azioni o quote possedute in eccedenza rispetto alla percentuale consentita; - deve alienare l'eccedenza entro 12 mesi; - in caso di mancata alienazione, la sospensione del diritto di voto si estende all'intera partecipazione e quindi anche alla parte che può essere legittimamente posseduta. Qualora il voto venga ugualmente esercitato, la delibera adottata con voto determinante di tali azioni è annullabile e l'impugnazione può essere proposta anche dalla Consob nel termine di 180. Anche gli incroci triangolari non possono superare il limite del 2% (ad ex. Se la società A possiede + del 2% della società quotata B, questa non può acquistare + del 2% nella società quotata C controllata da A). In sostanza, questa disciplina si preoccupa essenzialmente di frenare gli abusi di carattere amministrativo degli incroci azionari. CAPITOLO 10 I GRUPPI DI SOCIETÀ' Il fenomeno di gruppo. I problemi Il gruppo di società è una aggregazione di imprese societarie formalmente autonome e indipendenti l'una dall'altra, ma assoggettate tutte ad una direzione unitaria. Tutte sono infatti sotto l'influenza dominante di un'unica società che direttamente o indirettamente le controlla e dirige secondo un disegno unitario la loro attività di impresa, per il perseguimento di uno scopo unitario e comune a tutte le società del gruppo. Nei gruppi ad un'unica impresa sotto il profilo economico, corrispondono più imprese sotto il profilo giuridico. Tali gruppi si distinguono in: - gruppi a catena: la società A (capogruppo) controlla e dirige la società B, che a sua volta controlla dirige la società C e così via. - gruppi stellari o a raggiera: la capogruppo A controlla e dirige contestualmente tutte le altre società. La costituzione di gruppi di società è fenomeno di per sé fisiologico che l’ordinamento tendenzialmente favorisce e comunque non ostacola poiché risponde ad esigenze di razionalizzazione e di maggior efficienza del sistema produttivo. Società controllate e direzione unitaria Possiamo definire società controllata la società che si trova sotto l'influenza dominante di altra società, che perciò è in grado di indirizzarne l'attività nel senso da essa voluto (art. 2359 cod. civ.). Il controllo societario può assumere diverse forme: a) è controllata la società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria: cioè, dispone di più della metà delle azioni con diritto di voto nelle assemblee ordinarie; b) è società controllata inoltre quella in cui un'altra società dispone dei voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; c) si considerano controllate, le società che sono sotto l'influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Ai fini del solo controllo azionario si computano poi anche "i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta", con esclusione però "dei voti spettanti per conto di terzi", quali i voti per delega. Il controllo azionario può quindi essere non solo diretto ma anche indiretto: ad esempio, se A controlla B che a sua volta controlla C, quest'ultima società si considera controllata indirettamente da A. Inoltre, controllo azionaria si ha anche quando le relative situazioni si realizzano sommando partecipazioni dirette ed indirette. Ad es. se A controlla sei società ognuna delle quali possiede il 10% dei voti della società D, A è ugualmente controllante di D per effetto della somma dei voti esercitabili dalle controllate dirette. Dalle società controllate vanno distinte le società collegate. Si considerano infatti collegate "le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole", ma non dominante. La disciplina dei gruppi In presenza di un gruppo di controllo societario si rendono applicabili al fenomeno di gruppo sia le norme che regolano i rapporti fra società controllante e società controllate, sia le ulteriori disposizioni introdotte della riforma del 2003 dedicate alle società o enti che esercitano attività di direzione e di coordinamento di altre società. In base all'attuale disciplina è infatti istituita un'apposita sezione del registro delle imprese nella quale sono iscritti i soggetti che esercitano attività di direzione e coordinamento e le società alla stessa sottoposte. Queste ultime sono inoltre tenute ad indicare negli atti e nella corrispondenza la soggezione all'altrui attività di controllo e coordinamento. In presenza di una situazione di controllo, scattano limitazioni e divieti a carico delle società controllate. In tema di sottoscrizione e di acquisto di azioni della società controllante da parte delle controllate, la disciplina inibisce alle controllate l’esercizio del diritto di voto per le azioni possedute nel capitale della società controllante e se la controllante è società facente ricorso al mercato del capitale di rischio, la disciplina limita al 20% del capitale della controllante le azioni che possono essere possedute dalle società facenti parte di uno stesso gruppo. In sede di redazione del bilancio di esercizio scattano specifici obblighi di informazione contabile sia a carico della società controllante che della società controllata, volti ad evidenziare i reciproci rapporti di partecipazione e gli effetti dell'attività di direzione e coordinamento sulla società controllata. Copia integrale dell’ultimo bilancio delle società controllate ed un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio delle società collegate devono restare depositati nella sede della società controllante insieme al bilancio della stessa durante i 15gg che precedono l’assemblea convocata per la relativa approvazione e finché lo stesso non sia approvato. È stato poi inserito il Bilancio consolidato di gruppo: consente di conoscere la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del gruppo considerato unitariamente, attraverso l'eliminazione delle operazioni intercorse fra le società del gruppo. Il gruppo insolvente L'attuale disciplina dell'amministrazione straordinaria prevede che, dichiarata insolvente e sottoposta ad amministrazione straordinaria una società facente parte di un gruppo, alla stessa procedura siano sottoposte tutte le imprese facenti parte dello stesso gruppo che si trovino in stato di insolvenza. Ciò anche se per quest'ultime non ricorrano i requisiti richiesti per l'ammissione all'amministrazione straordinaria, purché le stesse presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico o risulti opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo. L'omogeneità delle procedure non incide però sulla reciproca autonomia patrimoniale delle società del gruppo, anche se ricorre lo stato di insolvenza. È sempre necessario un distinto accertamento dello stato di insolvenza delle singole società del gruppo. Inoltre, l'uniformità delle procedure non comporta confusione dei patrimoni; ciascuna società insolvente risponde solo delle proprie obbligazioni e non vi è responsabilità della capogruppo nei confronti dei creditori delle società figlie. Sono però previste delle norme specifiche volte ad assicurare la reintegrazione del patrimonio delle società figlie ed a consentire il ristoro degli eventuali danni dalle stesse subite per effetto della politica unitaria di gruppo. In tale direzione è fissato l'allungamento dei termini per l'esercizio delle azioni revocatorie fallimentari nei confronti degli atti posti in essere con altre imprese del gruppo, anche se non insolventi. Il termine di un anno anteriore alla dichiarazione di insolvenza è portato a cinque anni e quello di sei mesi è portato a tre anni. Inoltre, il commissario giudiziale, il commissario straordinario e il curatore di un'impresa del gruppo dichiarata insolvente possono proporre la denuncia al tribunale per gravi irregolarità nei confronti degli amministratori e sindaci di altre società del gruppo non assoggettate alla procedura. Inoltre, in caso di direzione unitaria del gruppo "gli amministratori delle società che hanno abusato di tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati alla società stessa. Gli amministratori delle società dominanti sono perciò coinvolti nella responsabilità degli amministratori delle società dominate, per i danni da questi ultimi cagionati alla propria società per il fatto di aver supinamente dato attuazione alle direttive di gruppo. LE LETTERE DI PATRONAGE L'autonomia patrimoniale delle società di gruppo comporta che una società capogruppo non può essere chiamata a rispondere dei debiti contratti dalle controllate. Se non ricorrono gli estremi dell'abuso di attività di direzione e coordinamento, i creditori delle società controllate potranno agire nei confronti della capogruppo solo se dispongono di uno specifico titolo giuridico. Ad es. delle garanzie da parte della capogruppo. Fra le possibili fonti di responsabilità della capogruppo vanno ricomprese le c.d. lettere di patronage, che sono delle dichiarazioni della capogruppo, normalmente rilasciate a banche, per favorire il finanziamento delle società controllate. Il contenuto di tale lettera non è omogeneo, e il suo valore giuridico varierà in base a quello che c'è scritto. CAPITOLO 11 ASSEMBLEA Il procedimento assembleare La convocazione dell'assemblea è di regola decisa dall'organo amministrativo, il quale può disporre la stessa ogni qual volta lo ritenga opportuno. È tuttavia obbligatoria in una serie di casi: a) deve convocare l'assemblea ordinaria almeno una volta all'anno, entro il termine stabilito dallo statuto, e che comunque non può essere superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio; b) deve convocare senza ritardo l'assemblea quando ne sia stata fatta richiesta da tanti soci che rappresentano almeno il 10% del capitale sociale o la minor percentuale prevista dallo statuto e nella domanda siano indicati gli argomenti da trattare. Se gli amministratori oppure in loro vece i sindaci non provvedono, la convocazione dell'assemblea è ordinata con decreto dal tribunale. La convocazione dell'assemblea deve poi essere disposta dal collegio sindacale: - ogni qualvolta sia obbligatoria e gli amministratori non vi abbiano provveduto - quando vengono a mancare tutti gli amministratori o l'amministratore unico - il collegio sindacale può convocare l’assemblea qualora nell’espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilavante gravità e vi sia necessità di provvedere. L'assemblea è convocata nel comune dove ha sede la società, se lo statuto non dispone diversamente. Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, la convocazione è disposta mediante avviso da pubblicare nella gazzetta ufficiale della repubblica, almeno 15 giorni prima di quello fissato per l'adunanza. Tale modalità può essere sostituita dalla pubblicazione su almeno un quotidiano indicato dallo statuto. Lo statuto può consentire la convocazione mediante avviso comunicato ai soci almeno otto giorni prima, con mezzi idonei a comprovare l'avvenuto ricevimento Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio invece l’avviso di convocazione deve essere pubblicato almeno 30gg prima della data dell’assemblea sul sito internet della società. L'avviso deve contenere l'indicazione del giorno, ora e luogo dell'adunanza, nonché l'elenco delle materie da trattare, detto ordine del giorno. Nello stesso avviso può essere stabilito il giorno della seconda convocazione, che deve essere diverso dal giorno stabilito per la prima convocazione. In mancanza, la seconda convocazione deve avvenire entro 30 giorni dalla prima. L'ordine del giorno delimita la competenza dell'assemblea e impedisce che si possa deliberare su argomenti ulteriori e diversi. La convocazione preventiva serve per rendere noto a tutti i legittimati ad intervenire e permette di conoscere gli argomenti che saranno trattati. Agli assenti deve tuttavia essere data tempestiva comunicazione delle deliberazioni assunte: questa è la c.d. assemblea totalitaria. Essa può deliberare su qualsiasi argomento, ma la sua competenza è instabile e precaria. Infatti, ciascuno degli intervenuti può opporsi alla discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato, impedendo così che si arrivi a deliberare su quel punto. COSTITUZIONE DELL'ASSEMBLEA. VALIDITÀ DELLE DELIBERAZIONI Si definisce quorum costitutivo la parte del capitale sociale che deve essere rappresentato in assemblea perché questa sia regolarmente costituita e possa iniziare i lavori. Si definisce invece quorum deliberativo la parte del capitale sociale che si deve esprimere a favore di una determinata deliberazione perché questa sia approvata. L'attuale disciplina stabilisce che nel computo del quorum costitutivo non si tiene conto delle azioni istituzionalmente senza diritto di voto, mentre si tiene conto delle azioni per le quali il voto sia occasionalmente sospeso, ma queste ultime, così come le astensioni dal voto, non partecipano al computo per il raggiungimento del quorum deliberativo. La disciplina del quorum costitutivo e deliberativo è comunque diversa per l'assemblea ordinaria e straordinaria: - l'assemblea ordinaria: in prima convocazione è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale con diritto di voto. Essa delibera col voto favorevole della metà più uno (maggioranza assoluta) delle azioni che hanno preso parte alla votazione per quella determinata delibera. Nessun quorum costitutivo è richiesto per l'assemblea ordinaria di seconda convocazione, che può perciò validamente deliberare qualunque sia la parte del capitale rappresentata in assemblea. E le delibere sono approvate se riportano il voto favorevole della maggioranza delle azioni che hanno preso parte alla votazione - assemblee straordinarie è diversa a seconda che la società faccia o meno ricorso al mercato del capitale di rischio: a) Per l'assemblea straordinaria delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non è espressamente previsto un quorum costitutivo. In prima convocazione l'assemblea straordinaria delibera con voto favorevole di tanti soci che rappresentano più della metà del capitale. Per la seconda convocazione, la riforma del 2003 ha introdotto una differenziazione fra quorum costitutivo e quorum deliberativo. L'assemblea straordinaria di seconda convocazione è infatti regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea b) Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la disciplina dell'assemblea straordinaria prevede una differenziazione fra quorum costitutivo e quorum deliberativo. In base all'attuale disciplina, il quorum costitutivo minimo è almeno la metà del capitale sociale in prima convocazione e più di un terzo in seconda convocazione. Per quanto riguarda i quorum deliberativi invece è stabilito che l'assemblea straordinaria delibera sia in prima che in seconda convocazione, con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea SVOLGIMENTO DELL'ASSEMBLEA. VERBALIZZAZIONE L'assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o, in mancanza da quella eletta con il voto della maggioranza dei presenti. Il presidente è assistito da un segretario, designato allo stesso modo. Tuttavia, la presenza del segretario non è necessaria se il verbale è redatto da un notaio. La funzione del presidente è quella di dirigere i lavori dell'assemblea, assicurando che la stessa si svolga in modo ordinato e nel rispetto delle norme che ne regolano l'attività. Il presidente ha ampi poteri ordinatori e decisori sullo svolgimento dei lavori assembleari. Egli dichiara aperta e chiusa l'assemblea, pone in discussione gli argomenti dell'o.d.g., regola gli interventi e modera il dibattito, mette in votazione le diverse proposte e proclama i risultati. L'assemblea non potrà sovrapporsi al presidente, ma potrà revocarlo per giusta causa qualora egli eserciti le proprie funzioni in modo arbitrario e in conflitto di interessi. Manca qualsiasi norma che disciplini il dibattito assembleare. Non vi è dubbio che ogni votante abbia il diritto di prendere parte alla discussione per cercare di orientare la decisone degli altri soci. Ai soci intervenuti che raggiungono il terzo del capitale sociale rappresentato in assemblea è riconosciuto il diritto di chiedere il rinvio dell’adunanza di non oltre 5 gg dichiarando di non essere sufficientemente informati sugli argomenti posti in discussione. Il diritto di rinvio può essere esercitato una sola volta per lo stesso oggetto. Gli amministratori sono tenuti a fornire informazioni ulteriori rispetto a quelle dovute per legge all'assemblea, solo nei limiti in cui ciò sia necessario per consentire agli azionisti l'esercizio consapevole del voto. Non essendo stabilito nulla a proposito, il modo di procedere alla votazione è liberamente stabilito di volta in volta. Non è ammissibile la votazione a scrutinio segreto in quanto la manifestazione palese del voto è necessaria per identificare i soci in conflitto di interessi nonché quelli dissenzienti ai fini della legittimazione all’impugnativa delle delibere assembleari ed al recesso. Le delibere devono constare da verbale, sottoscritto dal presidente e dal segretario o dal notaio. I verbali devono essere trascritti nell'apposito registro delle adunanze e delle deliberazioni dell'assemblea, tenuto a cura degli amministratori. Il verbale deve indicare la data dell'assemblea, l'identità dei partecipanti e il capitale rappresentato da ciascuno; deve indicare le modalità e il risultato delle votazioni e deve consentire, in allegato, l'identificazione dei soci favorevoli e di quelli contrari o astenuti. Il verbale deve essere redatto senza ritardo dall'assemblea, anche se non contestualmente. IL DIRITTO DI INTERVENTO … IL DIRITTO DI VOTO Possono intervenire in assemblea gli azionisti con diritto di voto (art. 2370 cod. civ., 1° comma), nonché i soggetti che pur non essendo soci hanno diritto di voto, come l'usufruttuario o il creditore pignoratizio (art. 2352 cod. civ.). Il diritto di intervento va riconosciuto anche agli azionisti con diritto di voto sospeso (ad ex. Azionista moroso) come si ricava dalla circostanza che le azioni degli stessi sono conteggiate ai fini del raggiungimento del quorum costitutivo. In base all'attuale disciplina il diritto di intervento non compete invece agli azionisti senza diritto di voto, eccezion fatta per il socio che ha dato le proprie azioni in pegno o in usufrutto. L’attuale disciplina ha introdotto significative novità riguardo alle modalità di accertamento del diritto dei soci di intervenire in assemblea. Vige oggi una fondamentale distinzione fra società non quotate e società con azioni negoziate nei mercati di strumenti finanziari: - Nelle società non quotate la condizione che legittima l’intervento in assemblea, ossia la titolarità del diritto di voto, deve sussistere nel giorno stesso dell’adunanza - Nelle società con azioni negoziate sui mercati di strumenti finanziari, la legittimazione ad intervenire in assemblea si determina immodificabilmente con riferimento alla situazione esistenze il settimo giorno feriale precedente l’adunanza (sistema della data di registrazione) Per evitare cambi di maggioranze a sorpresa lo statuto può introdurre misure volte ad impedire l’alienazione delle azioni in prossimità dell’assemblea. Può in particolare imporre il deposito delle azioni presso la sede della società o presso banche indicate nell’avviso di convocazione entro un termine prefissato con divieto di ritiro dei titoli prima che l’assemblea abbia avuto luogo. Lo statuto può inoltre consentire l'intervento all'assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o l'espressione del voto per corrispondenza. Chi esprime il voto per corrispondenza si considera intervenuto all'assemblea (art. 2370 cod. civ., 4° comma). Le deliberazioni assembleari invalide L’invalidità delle delibere assembleari può essere determinata dalla violazione delle norme che regolano il procedimento assembleare o da vizi che riguardano il contenuto della delibera. Per le delibere assembleari opera quindi la tradizionale distinzione fra nullità ed annullabilità propria della disciplina dei contratti. Le cause e la relativa disciplina sono però autonome e parzialmente diverse rispetto la disciplina generale, dando vita ad un sistema speciale. CODICE ‘42 E GIURISPRUDENZA il codice privilegiava le esigenze di certezza e stabilità delle delibere assembleari. La nullità si presentava infatti come sanzione eccezionale prevista solo per le delibere aventi oggetto impossibile o illecito. I vizi di procedimento davano vita all’annullabilità della delibera. Decorso il breve termine di 3 mesi per l’impugnativa, la delibera non era più contestabile. Questo era il diritto scritto. Però ben altro era il diritto vivente. La giurisprudenza riteneva le scelte legislative scarsamente protettive del rispetto della legalità e/o della posizione dei soci di minoranza. Perciò aveva introdotto, accanto alle delibere nulle ed annullabili, una terza categoria ignota al codice: le delibere inesistenti. Tali erano le delibere che presentavano vizi di procedimento talmente gravi da precludere la possibilità stessa di qualificare l’atto come delibera assembleare. La delibera era inesistente per mancanza dei requisiti minimi essenziali di una delibera assembleare. E la sanzione era la nullità. Si estendeva così la sanzione della nullità anche a delibere che presentavano solo vizi di procedimento. Ma intenso dibattito si creava sulle delibere: quando è da considerarsi inesistente e quando annullabile. Il risultato? Ad un sistema legislativo ispirato alla certezza del diritto si era sostituito un sistema giurisprudenziale incerto. A questo stato di cose ha inteso porre fine la riforma 2003, il cui obiettivo è porre fine alla categoria giurisprudenziale delle delibere inesistenti riconducendo nelle categorie della nullità o annullabilità tutti i possibili vizi delle delibere assembleari. RIFORMA DEL 2003 Cominciamo dalle delibere annullabili. L’annullabilità è la regola per le delibere assembleari invalide. Infatti, sono annullabili tutte “le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto”, mentre la più grave sanzione della nullità scatterà solo nei tre casi tassativamente indicati (art. 2379). Possono dar vita solo ad annullabilità della delibera: a. la partecipazione all’assemblea di persone non legittimate, ma solo se tale partecipazione sia stata determinante per la regolare costituzione dell’assemblea (prova di resistenza); b. l’invalidità dei singoli voti o il loro conteggio errato, ma solo se determinanti per il raggiungimento della maggioranza; c. l’incompletezza o inesattezza del verbale, ma solo quando impediscono l’accertamento del contenuto, di effetti e della validità della delibera. L’impugnativa può essere proposta solo dai soggetti espressamente previsti: soci assenti, dissenzienti o astenuti, ahm., consiglio di sorveglianza e collegio sindacale, ed il rappresentante comune degli azionisti di risparmio (soggetti legittimati). La legittimazione non compete ai soci che abbiano votato a favore della delibera, né ai titolari di azioni speciali senza voto. Non compete a terzi come creditori sociali. In alcuni casi, tassativi (partecipazioni rilevanti, sindacati di voto e di blocco, bilancio S.p.A. quotate), l’impugnativa può essere proposta anche dalla Consob, Banca d’Italia, Vass. Tutela reale e risarcitoria. Per evitare azioni pretestuose o di disturbo di un singolo socio, legittimati sono gli azionisti con diritto di voto che rappresentano, anche congiuntamente, l’1 per 1000 del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato ed il 5% nelle altre. Lo statuto può ridurre o escludere questo requisito. Come correttivo della limitazione del diritto di impugnativa, è riconosciuto ai soci non legittimati il diritto di chiedere il risarcimento danni loro cagionati dalla delibera invalida. L’impugnativa o azione di risarcimento devono essere proposte entro il termine di decadenza di 90 giorni dalla data della deliberazione o, se soggetta a iscrizione o deposito nel registro imprese, 90 giorni dall’iscrizione o deposito. Termine allungato di 180 per Consob, Banca d’Italia e Vass. Procedimento di impugnazione l’azione di annullamento è proposta davanti al tribunale del luogo dove la società ha la sede. I soci impugnanti devono dimostrare di essere possessori al tempo dell’impugnazione di almeno un’azione. Se questa viene meno nel corso del processo, il giudice non può pronunciare l’annullamento e provvede solo sul risarcimento del danno, ove richiesto. Al fine di evitare impugnative pretestuose, il tribunale può disporre che i soci opponenti prestino idonea garanzia per l’eventuale risarcimento danni. Inoltre, la proposizione dell’azione non sospende l’esecuzione della delibera. La sospensione può essere disposta su richiesta dell’impugnante, previa comparazione fra danno alla società e del ricorrente. Tutte le impugnative relative alla medesima deliberazione devono essere istruite congiuntamente e decise con unica sentenza, per evitare giudicati contrastanti. Il provvedimento di sospensione e la sentenza vanno iscritti nel registro imprese a cura degli amministratori Ciò per rendere opponibili ai terzi la sospensione o l’annullamento della delibera. L’annullamento ha effetto per tutti i soci ed obbliga gli ahm. a prendere i provvedimenti, sotto la propria responsabilità. Sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera… INFINE, l’annullamento non può aver luogo se la delibera è sostituita con altra in conformità alla legge o statuto o è stata revocata dall’assemblea (sostituzione della delibera). Il giudice può tentare di conciliare le parti in udienza, anche suggerendo egli le modifiche da apportare alla delibera impugnata e, ove la soluzione sia realizzabile, rinvia l’udienza. La sostituzione ha effetto sanante retroattivo. Sono salvi i diritti acquistati dai terzi (anche in mala fede) sulla base della deliberazione sostituita. LE DELIBERAZIONI NULLE La delibera è nulla solo nei tre casi tassativamente indicati nell'art. 2379 cod. civ. Sono nulle le delibere il cui oggetto è impossibile o illecito; vale a dire contrario a norme imperative, all'ordine pubblico al buon costume. Nullità si ha tuttavia anche quando la delibera ha oggetto lecito ma contenuto illecito. Con l'attuale disciplina la delibera assembleare è altresì nulla nei casi di: a) mancata convocazione dell'assemblea b) mancanza del verbale (si precisa che la nullità per mancanza del verbale è sanata con effetto retroattivo mediante verbalizzazione eseguita prima dell'assemblea successiva). Resta fermo il principio che la nullità delle delibere assembleari può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice. È fermo deve altresì essere mantenuto il principio che la delibera nulla è inefficace salvo che venga retroattivamente sanata. Possono essere impugnate senza limiti di tempo solo le delibere che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibili. In tutti gli altri casi è introdotto un termine di decadenza di tre anni che decorre dalla iscrizione o deposito nel registro delle imprese, se la deliberazione vi è soggetta o in caso contrario dalla trascrizione nel libro delle adunanze dell’assemblea. La dichiarazione di nullità non pregiudica i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera; la nullità non può essere dichiarata se la delibera è sostituita con altra presa in conformità della legge. Per i casi di nullità delle delibere riguardanti l'aumento o riduzione del capitale sociale, emissione di obbligazioni, l'azione di nullità è soggetta al + breve termine di decadenza di 180 giorni. In caso di mancata convocazione, il termine è di 90 giorni dall'approvazione del bilancio nel corso del quale la delibera è stata anche parzialmente eseguita. Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio: la nullità della delibera di aumento del capitale sociale non può essere + pronunciata dopo che è stata iscritta nel registro delle imprese l’attestazione che l’aumento è stato anche parzialmente eseguito. Resta comunque salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci e ai terzi. CAPITOLO 12 LA RAPPRESENTANZA IN ASSEMBLEA Gli azionisti possono partecipare all'assemblea sia personalmente sia a mezzo di rappresentante. L'istituto della rappresentanza in assemblea consente la partecipazione indiretta dei piccoli azionisti alla vita della società e agevola il raggiungimento delle maggioranze assembleari nelle società con diffuso assenteismo dei soci. È però istituto che può prestarsi ad abusi: attraverso il rastrellamento delle deleghe, il gruppo minoritario di comando della società e/o gli amministratori possono rafforzare le proprie posizioni di potere a spese dei piccoli azionisti in occasione di assemblee che si preannunciano particolarmente combattute. Proprio per evitare ciò il legislatore interviene una prima volta nel 1974, scegliendo la via di introdurre una serie di limitazioni volte ad ostacolare la raccolta delle deleghe. Coloro ai quali spetta il diritto di voto (azionisti ed altri legittimati) possono farsi rappresentare in assemblea. La delega deve essere conferita per iscritto e deve contenere il nome del rappresentante, che può farsi sostituire solo da altra persona indicata nella delega stessa. Le società o gli enti possono delegare solo un proprio dipendente o collaboratore. La delega è sempre revocabile. Altre e più intense limitazioni (introdotte nel 1974) valgono poi solo per le società non quotate: in queste la rappresentanza non può essere conferita ad una serie di soggetti -> membri degli organi amministrativi e di controllo e dipendenti della società, società da essa controllate e membri degli organi amministrativi o di controllo o dipendenti di queste ultime, società di revisione; la rappresentanza può essere conferita alle banche. Sempre nelle società non quotate valgono limitazioni anche per quanto riguarda il numero dei soci che la stessa persona può rappresentare in assemblea: non + di 20 soci nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio; in quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il limite dei soci cresce in funzione del valore del capitale sociale. Con la riforma del 2003 è stata invece circoscritta alle sole società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, la regola secondo cui la rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee. Il d.lgs. n 27/2010 ha introdotto una serie di misure volte ad agevolare l’esercizio per delega del diritto di voto nelle società quotate: 1) È stato previsto il conferimento della delega anche per via elettronica 2) Se lo statuto non dispone diversamente, la società è tenuta a designare per ciascuna assemblea un soggetto al quale gli azionisti possono conferire senza spese una delega con istruzioni di voto su tutte o alcune proposte all’ordine del giorno nel caso in cui alcuni soci non possano o non vogliano incaricare un rappresentante di fiducia 3) Sono stati soppressi i limiti quantitativi al cumulo delle deleghe da parte del medesimo rappresentante e sono caduti anche i divieti soggettivi visti per le società non quotate. Allo stesso tempo nelle società quotate vige il principio di trasparenza delle situazioni di conflitto di interessi dei rappresentanti per consentire il conferimento consapevole della delega da parte del socio. La riforma del 1998 ha introdotto per le sole società con azioni quotate gli istituti della "sollecitazione" e della "raccolta delle deleghe". La sollecitazione è la richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta da uno o + soggetti (promotori) a + di 200 azionisti su specifiche proposte di voto ovvero accompagnata da raccomandazioni, dichiarazioni o altre indicazioni idonee a influenzarne il voto. Il promotore effettua la sollecitazione mediante la diffusione di un prospetto e di un modulo di delega. La delega può essere conferita solo per singole assemblee già convocate. Non può essere rilasciata in bianco: deve indicare il nome del delegato, le istruzioni di voto, la data e recare la sottoscrizione del delegante. Inoltre, la delega può essere conferita anche solo per alcune delle proposte di voto indicate nel modulo di delega o solo per alcune materie all’ordine del giorno. Il voto per delega è esercitato dal promotore che può farsi sostituire solo da chi sia espressamente indicato nel modulo di delega e nel prospetto di sollecitazione. La violazione della disciplina in tema di sollecitazione espone a sanzioni amministrative pecuniarie ed è destinata inoltre a riflettersi sulla validità delle delibere assembleari qualora comporti invalidità della delega. Diversa dalla sollecitazione è la raccolta di deleghe che è la richiesta di conferimento di deleghe di voto effettuata dalle associazioni di azionisti nei confronti dei propri associati. La raccolta di deleghe risponde allo scopo di agevolare l'esercizio indiretto del voto da parte di piccoli azionisti già organizzati in associazione per la difesa dei comuni interessi. L'associazione deve essere formata da almeno 50 persone fisiche, ciascuna delle quali deve possedere una quantità di azioni non superiore allo 0,1 % del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto LIMITI ALL'ESERCIZIO DEL VOTO. IL CONFLITTO DI INTERESSI Con l'esercizio del diritto di voto il socio concorre alla formazione della volontà sociale in proporzione del numero di azioni possedute e la maggioranza esplica il potere di operare le scelte discrezionali, necessarie o utili per l'attuazione del contratto sociale. L'esercizio del diritto di voto è in via di principio rimesso all'apprezzamento discrezionale del socio, il quale deve però esercitarlo in modo da non arrecare un danno al patrimonio della società. Le deliberazioni assembleari regolarmente adottate sono annullabili solo se la maggioranza si sia ispirata esclusivamente ad interessi extra sociali, con danno per la società. Versa in un conflitto di interessi l'azionista che in una determinata delibera ha un interesse personale contrastante con l'interesse della società. Ad esempio, l'assemblea è chiamata a deliberare sull'acquisto di un immobile di proprietà del socio, o sul compenso al socio amministratore, o ancora sulla concessione di fideiussione a favore di altra società composta dagli stessi soci. In base a tale situazione il socio, art. 2373 cod. civ., è libero di votare o di astenersi, ma se vota la delibera approvata con il suo voto determinante è impugnabile a norma dell'art. 2377 cod. civ. qualora possa recare danno alla società. La delibera adottata col voto del socio in conflitto di interessi è annullabile se ricorrano due condizioni: a) che il suo voto sia stato determinante {prova di resistenza); b) che la delibera possa danneggiare la società {danno potenziale). Nulla impedisce perciò al socio di perseguire con la delibera anche un proprio interesse personale, purché ciò non avvenga a discapito del patrimonio sociale. Due ipotesi tipiche di conflitto di interessi sono previste dall'articolo 2373 cod. civ., 2° comma che: a) vieta ai soci amministratori di votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità; b) vieta, nel sistema dualistico, ai soci componenti del consiglio di gestione di votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca, o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza. Qui il conflitto è certo ed il pericolo di danno è evidente, perciò, il diritto di voto è senz’altro inibito. La disciplina del conflitto di interessi consente di reprimere gli abusi della maggioranza a danno del patrimonio sociale. Si può verificare il caso in cui una delibera sia adottata dalla maggioranza per danneggiare non la società, ma i soci di minoranza. In questo caso l'art. 2373 cod. civ. non è invocabile, dato che la società non subisce alcun danno patrimoniale né attuale né potenziale. Ma, la dottrina e la giurisprudenza tendono ad applicare in materia il principio della correttezza e buona fede nell'attuazione del contratto, art. 1375 cod. civ o un più generale principio di correttezza nel procedimento deliberativo. Si perviene così ad affermare l'annullabilità della delibera quando la stessa sia ispirata dal solo scopo di danneggiare singoli soci. Identici principi saranno validi per i casi in cui sia la minoranza ad abusare del diritto di voto o altri diritti. In tali casi la sanzione non potrà però essere l’annullamento della delibera bensì l’esposizione al risarcimento dei danni nonché l’annullamento del voto nei casi in cui il voto contrario della minoranza è in grado di bloccare la decisione della maggioranza. I SINDACATI DI VOTO I sindacati di voto sono accordi (patti parasociali) con i quali alcuni soci si impegnano a concordare preventivamente il modo in cui votare in assemblea. I sindacati di voto possono avere carattere occasionale o permanente. In questo secondo caso, possono essere a tempo determinato o a tempo indeterminato, nonché riguardare tutte le delibere assembleari o soltanto quelle di determinato tipo. Si può stabilire che il modo come votare sarà deciso all’unanimità o a maggioranza dei soci sindacati. Infine, si può stabilire che il voto sarà esercitato nell’assemblea della società direttamente dai soci sindacati oppure che questi rilasceranno di volta in volta delega ad un comune rappresentante. I vantaggi dei sindacati di voto sono evidenti: essi danno un indirizzo unitario all'azione dei soci sindacati e se questi vengono a costituire il gruppo di comando, il patto di sindacato consente di dare stabilità di indirizzo alla condotta della società. L'accordo di sindacato consente una migliore difesa dei comuni interessi quando è stipulato fra soci di minoranza. I pericoli dei sindacati di voto sono altrettanto evidenti: i sindacati di comando cristallizzano il gruppo di controllo, soprattutto se stipulati a lungo termine o a tempo indeterminato e combinati con un sindacato di blocco delle azioni. Con i sindacati di comando il procedimento assembleare finisce con l'essere rispettato solo formalmente, dato che in fatto le decisioni vengono prese prima e fuori dall'assemblea. Se il sindacato decide a maggioranza, anche il principio maggioritario finisce col ricevere ossequio solo formale. Con i sindacati di voto formalmente nulla cambia nel funzionamento dell'assemblea; sostanzialmente invece il procedimento assembleare può essere più o meno gravemente alterato a seconda di come il sindacato è strutturato. Il sindacato di voto, come patto parasociale, è produttivo di effetti solo fra le parti e non nei confronti della società. Perciò il voto dell'assemblea resta valido anche se espresso in violazione degli accordi di sindacato. La presenza di un sindacato di voto può riflettersi sulla validità delle delibere solo quando uno o più sindacati versino in conflitto di interesse con la società. La presenza di sindacati di voto a maggioranza non altera le regole procedimentali e perciò strettamente formali di formazione della volontà sociale. È pur sempre l'assemblea che assume le delibere secondo la legge. Il legislatore ne limita la durata al fine di evitare una cristallizzazione delle posizioni di potere: se stipulati a tempo determinato gli stessi non possono avere una durata superiore a 5 anni (3 per le società quotate), ma sono rinnovabili alla scadenza. Inoltre, possono essere stipulate anche a tempo indeterminato, ma in tal caso ciascun contraente può recedere con un preavviso di 180gg. I limiti di durata non si applicano ai patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione e nello scambio di beni o servizi e relativi a società non quotate interamente possedute dai partecipanti all’accordo. I patti parasociali sono inoltre soggetti ad un particolare regime di pubblicità. Nelle società non quotate che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio i patti parasociali devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di assemblea. La dichiarazione deve essere trascritta nel verbale di assemblea che deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese. L'omessa dichiarazione è sanzionata con la sospensione del diritto di voto delle azioni cui si riferisce il patto parasociale e la conseguente impugnabilità della delibera. Nelle società quotate, invece, i sindacati di voto e gli altri patti parasociali entro 5gg dalla stipulazione devono essere comunicati alla Consob e alla società quotata, pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana e depositati presso il registro delle imprese del luogo dove la società ha sede legale. La violazione di tali obblighi comporta l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie e la nullità dei patti. Inoltre, per le sole azioni delle società quotate l’omissione degli obblighi di pubblicità comporta anche la sospensione del diritto di voto relativo alle azioni sindacate. Nessuna forma di pubblicità è invece prevista per i patti parasociali riguardanti società non quotate che non fanno appello al mercato del capitale di rischio. CAPITOLO 13 IL RAPPORTO ASSEMBLEA – AMMINISTRATORI Nel sistema tradizionale, la ripartizione di competenze fra assemblea e amministratori in merito alla gestione dell'impresa sociale risulta dal coordinamento di due disposizioni: - l'art. 2364 cod. civ., n.5 che dispone: "l'assemblea ordinaria delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti"; - l'art. 2380-bis cod. civ. (Amministrazione della società), che dispone: "La gestione dell'impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale". La competenza di gestione dell'assemblea ha perciò carattere delimitato e specifico: sussiste solo per gli atti espressamente previsti dalla legge (nomina e revoca amministratori e sindaci, approvazione bilancio, distribuzione dividendi, ecc.). La competenza di gestione degli amministratori ha invece carattere generale: sussiste per tutti gli atti di impresa che non siano riservati all'assemblea e si pongono come mezzo per il conseguimento dell'oggetto sociale. NOMINA. CESSAZIONE DALLA CARICA I primi amministratori sono nominati nell'atto costitutivo. Successivamente la loro nomina compete all'assemblea ordinaria. La legge o lo statuto possono tuttavia riservare la nomina di uno o più amministratori allo Stato o ad enti pubblici. Il numero degli amministratori è fissato nello statuto. Gli amministratori possono essere soci o non soci. Gli amministratori di società quotate devono possedere, tutti, a pena di decadenza, i requisiti di onorabilità fissati per i sindaci con regolamento del Ministero per la Giustizia. Non possono essere nominati amministratori: l'interdetto, l'inabilitato, il fallito o chi è stato condannato ad una pena che comporta l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi. Le cause di incompatibilità comportano solo che l'interessato è tenuto ad optare fra l'uno e l'altro ufficio; non rendono perciò invalida la delibera di nomina. La nomina degli amministratori non può essere fatta per un periodo superiore a tre esercizi. Sono cause di cessazione dall'ufficio prima della scadenza del termine: a) la revoca da parte dell'assemblea, che può essere deliberata liberamente in ogni tempo, salvo il diritto degli amministratori al risarcimento dei danni se non sussiste una giusta causa; b) la rinuncia (dimissioni) da parte degli amministratori; c) la decadenza dall'ufficio, ove sopravvenga una delle cause di ineleggibilità; d) la morte. La cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha effetto solo dal momento in cui l'organo amministrativo è stato ricostituito. Gli amministratori scaduti perciò rimangono in carica fino all'accettazione della nomina da parte dei nuovi amministratori (prorogatio). L’amministratore che rinunzia all’ufficio deve darne comunicazione scritta al consiglio d’amministrazione e al presidente del collegio sindacale. Le dimissioni dell'amministratore hanno effetto immediato se rimane in carica la maggioranza degli amministratori COMPENSO. DIVIETI Gli amministratori hanno diritto ad un compenso per la loro attività (art. 2389 cod. civ.). Tale compenso ha struttura composita e comprende oltre ad una remunerazione fissa, una quota variabile in rapporto al raggiungimento di determinati obiettivi, l’attribuzione di trattamenti speciali in caso di cessazione della carica e include pure una serie di benefici in natura quali l’uso personale di beni aziendali. Questo inoltre può consistere anche in una partecipazione agli utili della società o all'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione (c.d. stock options). Se non è stabilito dallo statuto, il compenso viene determinato dall’assemblea ordinaria all’atto di nomina, nei sistemi tradizionale e monistico; e nel sistema dualistico dal consiglio di sorveglianza. Per gli amministratori investiti di particolari cariche, la remunerazione è invece stabilita dallo stesso consiglio d'amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Con la riforma del 2003 è stato stabilito che: - Se lo statuto lo prevede, l’assemblea può fissare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche - Nelle società quotate o con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, l’attribuzione di compensi basati su azioni o altri strumenti finanziari richiede l’approvazione del relativo piano da parte dell’assemblea ordinaria - Nelle sole società quotate il consiglio di amministrazione approva e sottopone agli azionisti una volta l’anno una relazione sulla remunerazione. Per evitare situazioni di antagonismo con la società e di potenziale conflitto di interessi, gli amministratori di società per azioni non possono assumere la qualità di soci a responsabilità illimitata in società concorrenti, né essere amministratori e direttori generali in società concorrenti, salva l'autorizzazione dell'assemblea (art. 2390 cod. civ.). L'inosservanza del divieto espone l'amministratore alla revoca dall'ufficio per giusta causa e al risarcimento degli eventuali danni arrecati alla società. Specifici obblighi di informazione sui possessi azionari degli amministratori sono stabiliti per le società con azioni quotate in borsa. Agli stessi è fatto divieto di acquistare, vendere e compiere altre operazioni su strumenti finanziari della società, anche per interposta persona, sfruttando informazioni privilegiate ottenute in ragione del loro ufficio. La violazione di tale divieto espone a sanzioni penali. LA RAPPRESENTANZA DELLA SOCIETÀ Fra le funzioni di cui gli amministratori sono per legge investiti vi è quella di rappresentanza della società. In presenza di un consiglio di amministrazione, gli amministratori investiti del potere di rappresentanza devono essere indicati nello statuto o nell'atto di nomina. Se gli amministratori con rappresentanza sono più di uno, deve essere specificato se essi hanno il potere di agire disgiuntamente o congiuntamente. Di regola, la rappresentanza della società è attribuita, disgiuntamente o congiuntamente, al presidente del consiglio di amministrazione e/o ad uno o più amministratori delegati. In base all'attuale disciplina il potere di rappresentanza degli amministratori è generale e non più circoscritto agli atti che rientrano nell'oggetto sociale. Essi hanno inoltre la rappresentanza processuale, attiva e passiva, della società. Il potere di rappresentanza, che è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della gestione, va tenuto distinto dal potere di gestione, che riguarda invece la fase dell'attività amministrativa interna alla società. La società può avvalersi, oltre che degli amministratori, anche di altri rappresentanti, nominati dall'assemblea o dagli stessi amministratori. Come, ad esempio, i direttori generali sia di procuratori esterni generali o per singoli affari. In questi casi avremo delle forme di rappresentanza negoziale, rette dai principi di diritto comune o dalle norme speciali in tema di rappresentanza commerciale. La rappresentanza organica degli amministratori di S.p.A. è retta da due principi cardine: 1. è inopponibile ai terzi di buona fede la mancanza di potere rappresentativo dovuta ad invalidità dell'atto di nomina; infatti, una volta intervenuta l'iscrizione nel registro delle imprese dell'atto di nomina, le cause di nullità e di annullabilità della nomina degli amministratori con rappresentanza non sono opponibili ai terzi, salvo che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza. In mancanza, la società resta vincolata dagli atti compiuti dagli amministratori invalidamente nominati; 2. la società inoltre resta vincolata verso i terzi anche se gli amministratori hanno violato eventuali limitazioni volontarie poste ai loro poteri di rappresentanza. DIRETTORI GENERALI Nella gestione dell’impresa sociale gli amministratori si avvalgono spesso della collaborazione di altri soggetti stabilmente inseriti nell’organizzazione imprenditoriale: direttori generali. I direttori generali sono nominati dall’assemblea o dal consiglio di amministrazione per disposizione dello statuto. A tali direttori si applicano le norme che regolano la responsabilità civile degli amministratori, in relazione ai compiti loro affidati (art. 2396 cod. civ.). Inoltre, i direttori generali sono assimilati agli amministratori in numerose norme penali e fallimentari. I direttori generali sono dirigenti che svolgono attività di alta gestione dell'impresa sociale. Dirigenti cioè che sono al vertice della gerarchia dei lavoratori subordinati dell'impresa ed operano in rapporto diretto con gli amministratori. Essi sono perciò investiti di ampi poteri decisionali nella gestione dell'impresa. La nomina di direttori generali non spoglia gli amministratori dei relativi poteri di gestione e di rappresentanza ed anzi i direttori sono in posizione subordinata rispetto agli amministratori. I direttori generali sono parificati agli amministratori sotto il profilo delle responsabilità penali. Inoltre, se nominati dall'assemblea o dallo statuto, agli stessi si applicano le norme che regolano la responsabilità civile degli amministratori. I direttori sono quindi responsabili verso la società, verso i creditori sociali e verso i singoli soci o terzi per i danni arrecati nell’esercizio dei compiti loro affidati. Essi, quindi, devono rifiutarsi di dare attuazione alle direttive degli stessi amministratori se illegali o pregiudizievoli per la società. GLI AMMINISTRATORI DI FATTO Amministratore di fatto è il soggetto, privo della veste formale di amministratore per la mancanza di nomina assembleare, che in fatto si ingerisce nella direzione dell'impresa sociale. Gli amministratori di fatto sono equiparati agli amministratori legalmente nominati per l'applicazione delle norme penali in tema di responsabilità. È invece dubbia l'estensione agli amministratori di fatto della responsabilità civile dettata per gli amministratori. Risposta affermativa dalla legge con riferimento alla S.r.l., quando amministratore di fatto è un socio, ma solo in presenza di comportamenti dolosi. (art. 2476 cod. civ., 7° comma) Parte della dottrina ritiene che si applichi anche nella S.p.A., assimilando la figura dell'amministratore di fatto a quella dei direttori generali. La giurisprudenza fino a non molto tempo fa era ferma nell’escludere che il concreto esercizio delle funzioni di amministratore fosse di per sé sufficiente a far sorgere in capo all’amministratore di fatto gli obblighi e le responsabilità previsti per gli amministratori. CAPITOLO 14 CDA E ORGANI DELEGATI La riforma del 2003 ha previsto tre sistemi di amministrazione e controllo: a) il sistema tradizionale, basato sulla presenza di due organi entrambi di nomina assembleare: l'organo amministrativo e il collegio sindacale; il controllo contabile, in passato svolto dallo stesso organo sindacale, è invece oggi svolto per legge da un organo di controllo esterno: revisore contabile o società di revisione; b) il sistema dualistico (di ispirazione tedesca) prevede la presenza di un consiglio di sorveglianza di nomina assembleare e di un consiglio di gestione, nominato dal consiglio di sorveglianza; c) il sistema monistico (di ispirazione anglosassone), nel quale l'amministrazione ed il controllo sono esercitate rispettivamente dal consiglio di amministrazione e da un comitato per il controllo sulla gestione costituito al suo interno ed i cui componenti devono essere dotati di particolari requisiti di indipendenza e professionalità. Anche per le società che adottano il sistema dualistico o monistico è poi previsto il controllo contabile esterno. Il sistema tradizionale di amministrazione e controllo trova applicazione in mancanza di diversa previsione statutaria. Il sistema dualistico o monistico deve essere espressamente adottato in sede di costituzione della società o con successiva modifica statutaria. STRUTTURA E FUNZIONI DELL'ORGANO AMMINISTRATIVO Nel sistema tradizionale, la società per azioni non quotata può avere sia un amministratore unico sia una pluralità di amministratori, che formano il consiglio di amministrazione. Le società quotate devono avere un’amministrazione pluripersonale. Inoltre, il consiglio di amministrazione può essere articolato al suo interno con la creazione di uno o più organi delegati che danno luogo alle figure del comitato esecutivo e degli amministratori delegati. Gli amministratori sono l'organo cui è affidata in via esclusiva la gestione dell'impresa sociale e ad essi spetta compiere tutte le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Le loro funzioni sono: - gli amministratori deliberano su tutti gli argomenti attinenti alla gestione della società che non siano riservati dalla legge all'assemblea. È questo il c.d. potere gestorio degli amministratori; - gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società. Hanno cioè il potere di manifestare all'esterno la volontà sociale attuando i singoli atti giuridici in cui si concretizza l'attività sociale (potere di rappresentanza); - gli amministratori danno impulso all'attività dell'assemblea: la convocano e ne fissano l'ordine del giorno. Danno altresì attuazione alle delibere della stessa ed hanno il potere-dovere di impugnare quelle che violino la legge o l'atto costitutivo. - gli amministratori devono curare la tenuta dei libri e delle scritture contabili della società, in particolare devono redigere il progetto di bilancio da sottoporre ad approvazione dell'assemblea e una volta approvato lo devono iscrivere nel registro delle imprese; - gli amministratori devono prevenire il compimento di atti pregiudizievoli per la società, o quanto meno eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose. - gli amministratori sono tenuti a adottare ed effettuare efficacemente modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire la commissione di reati dai quali può conseguire la responsabilità amministrativa della società. Tali funzioni sono inderogabili da parte dell'autonomia privata. Di tutte queste funzioni gli amministratori sono investiti per legge e non per mandato dei soci. E si tratta di funzioni che essi esercitano in posizione di formale autonomia rispetto all'assemblea IL CONSIGLIO D'AMMINISTRAZIONE La società per azioni non quotata può avere sia l'amministratore unico, sia una pluralità di amministratori; invece, nelle società quotate è obbligatorio nominare + amministratori. L'amministratore unico riunisce in sé ed esercita individualmente tutte le funzioni proprie dell'organo amministrativo. Quando invece l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione, retto da un presidente scelto dallo stesso consiglio fra i suoi membri, qualora non sia già stato nominato dall'assemblea (art. 2380-bis cod. civ., 5° comma). È esercitata collegialmente l’attività deliberativa e le relative decisioni devono essere adottate a maggioranza in apposite riunioni alle quali devono assistere i sindaci (art. 2405 cod. civ.). La rappresentanza della società è funzione individuale degli amministratori designati dall'atto costitutivo o dall'assemblea all'atto della nomina. Se ci sono più amministratori con rappresentanza il relativo potere è esercitato disgiuntamente o congiuntamente e non collegialmente. La funzione di vigilanza spetta al consiglio collegialmente e al singolo amministratore. Cioè ogni amministratore può esaminare e controllare i documenti sociali, può compiere atti di ispezione, ecc. Gli amministratori però, che rivelino irregolarità, non possono adottare individualmente gli eventuali provvedimenti che si rendano necessari, dato che si richiede una delibera collegiale. L'attuale disciplina stabilisce che, se lo statuto non prevede diversamente, il consiglio di amministrazione è convocato dal presidente dello stesso, il quale fissa anche l'ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché tutti gli amministratori siano adeguatamente informati sulle materie iscritte all'ordine del giorno (art. 2381 cod. civ., 1° comma). Per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione è necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori in carica; le deliberazioni sono approvate se riportano il voto favorevole della maggioranza assoluta dei presenti (un voto per testa), sempre che lo statuto non richieda diversamente. Non è ammesso il voto per rappresentanza. Nulla è previsto per la verbalizzazione delle delibere consiliari. È solo stabilito che il verbale sia redatto per atto pubblico nei casi di delibere su materie di competenza assembleare. È previsto la tenuta di un apposito libro delle adunanze e delle deliberazioni del c.d.A., dal quale devono risultare le delibere adottate. La riforma del 2003 ha modificato la disciplina dell'invalidità della deliberazione del consiglio di amministrazione, la cui impugnazione in passato era consentita in un solo caso: delibera adottata con voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi (ex art. 2391 cod. civ.). L'attuale disciplina ha optato per ampliare la categoria delle delibere consiliari annullabili, mentre non sono previste cause di nullità delle stesse. L'art. 2388 cod. civ., 4° comma, prevede che possono essere impugnate tutte le delibere del consiglio di amministrazione che non sono prese in conformità della legge o dello statuto. L'impugnativa può essere proposta dagli amministratori assenti o dissenzienti e dal consiglio sindacale entro 90 giorni dalla data della deliberazione. Quando la delibera consiliare leda direttamente un diritto soggettivo del socio questi avrà diritto di agire giudizialmente per far annullare la delibera. L'annullamento delle delibere consiliari non pregiudica i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione delle stesse. Interessi degli amministratori. Operazioni con parti correlate L'amministratore che in una determinata operazione ha un interesse non necessariamente in conflitto con quello della società: a) deve darne notizia agli amministratori e al collegio sindacale precisandone: "la natura, i termini, l'origine e la portata"; b) se si tratta di amministratore delegato, deve inoltre astenersi dal compiere l'operazione investendo della stessa l'organo collegiale competente; c) in entrambi i casi il consiglio d'amministrazione deve adeguatamente motivare le ragioni della convenienza per la società dell'operazione. L'impugnazione può essere proposta entro 90 giorni dalla data della delibera, dal collegio sindacale, dagli amministratori assenti o dissenzienti nonché dagli stessi amministratori che hanno votato a favore se l’amministratore interessato non abbia adempiuto agli obblighi di informazione sopra indicati. I contratti conclusi dall'amministratore unico in conflitto di interessi sono annullabili su richiesta della società in base alla disciplina generale della rappresentanza, salva la buona fede del terzo contraente. La società può agire contro l'amministratore per il risarcimento del danno derivante dalla sua azione o omissione. L'amministratore risponde anche dei danni derivanti alla società dall'utilizzazione a vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità d'affari appresi nell'esercizio del suo incarico. Quindi, l'amministratore non può approfittare della propria posizione per conseguire vantaggi a danno della società. Maggiori cautele sono previste per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio per quanto riguarda le operazioni correlate; vale a dire operazioni aventi come controparte soggetti particolarmente vicini alla società. Al riguardo la Consob ha delineato una procedura generale in base alla quale in merito al compimento di un’operazione fra la società ed una parte correlata deve preventivamente raccogliersi il parere motivato di un apposito comitato composto esclusivamente da amministratori non esecutivi (privi di deleghe gestorie), non correlati (diversi dalla controparte dell’operazione) ed in maggioranza indipendenti. Il parere non è vincolante ma la società deve informare il pubblico sulle operazioni approvate nonostante parere negativo. COMITATO ESECUTIVO. AMMINISTRATORI DELEGATI Nelle società per azioni di maggiore dimensione è frequente un'articolazione interna del consiglio di amministrazione per rendere più razionale ed efficiente la gestione corrente dell'impresa sociale. Se l'atto costitutivo o l'assemblea lo consentono, il consiglio d'amministrazione può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo ovvero ad uno o più amministratori delegati. Il comitato esecutivo è un organo collegiale; le sue decisioni sono adottate in riunioni alle quali devono assistere i sindaci. Le relative delibere devono risultare da un apposito libro delle adunanze. Gli amministratori delegati sono invece organi unipersonali. Se vi sono più amministratori delegati, essi agiscono disgiuntamente o congiuntamente, a seconda di quanto stabilito dallo statuto o dall'atto di nomina. Agli amministratori delegati è di regola affidata la rappresentanza della società. È poi possibile la coesistenza di un comitato esecutivo e di uno o più amministratori delegati con competenze ripartite. I membri del comitato esecutivo e gli amministratori delegati sono designati dallo stesso consiglio di amministrazione, che determina l'ambito della delega. In base all'attuale disciplina non possono esser tuttavia delegati: a) la redazione del bilancio di esercizio; b) la facoltà di aumentare il capitale sociale e di emettere obbligazioni convertibili per delega; c) gli adempimenti posti a carico degli amministratori in caso di riduzione obbligatoria del capitale sociale per perdite; d) la redazione del progetto di fusione o di scissione. Con la concessione della delega gran parte della gestione della società è svolta dagli organi delegati, nelle cui mani si concentra il potere decisionale. La delega non spoglia però il consiglio di amministrazione delle attribuzioni delegate; determina solo una competenza concorrente del consiglio e degli organi delegati. Infatti, il consiglio può avocare a sé operazioni rientranti nella delega e resta in posizione sovraordinata rispetto al comitato esecutivo ed agli amministratori delegati. Può inoltre revocare in ogni momento la delega. L'attuale disciplina puntualizza le funzioni proprie degli organi delegati e definisce i rapporti tra gli stessi e gli altri componenti del consiglio di amministrazione, al fine di favorire la circolazione delle informazioni sulla gestione fra i diversi componenti del consiglio e la partecipazione attiva alla gestione anche degli amministratori privi di delega. Si stabilisce infatti che gli organi delegati: a) curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa; b) riferiscono periodicamente al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale sul generale andamento della gestione e sulla prevedibile evoluzione, nonché sulle operazioni di maggiore rilievo effettuate anche dalle società controllate. Per consentire un'effettiva partecipazione di tutti i consiglieri alla gestione della società si dispone che tutti gli amministratori devono agire informati e che ciascuno può chiedere agli organi delegati che siano fornite in consiglio informazioni relative alla gestione della società. L'attuale disciplina attribuisce al consiglio di amministrazione il potere-dovere di: - valutare, sulla base delle informazioni ricevute, l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; - esaminare i piani strategici, industriali e finanziari della società; - valutare, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione. CAPITOLO 15 ORGANI SPA La spa necessita di 3 organi distinti, ognuno dei quali ha, per legge, specifiche funzioni e competenze: - Assemblea dei soci: ha funzioni deliberative, le cui competenze sono circoscritte alle decisioni di maggior rilievo della vita sociale - Organo amministrativo: si occupa della gestione della vita sociale ed ha ampi poteri decisionali. Inoltre, gli amministratori hanno la rappresentanza legale della società e il compito di attuare le delibere dell’assemblea - Organo di controllo interno: ha funzioni di controllo sull’amministrazione della società Relativamente al sistema adottato possono esserci differenze: 1) SISTEMA TRADIZIONALE: avremo rispettivamente assemblea dei soci, amministratore unico o consiglio di amministrazione (nel caso di pluralità) e collegio sindacale 2) SISTEMA DUALISTICO: (ispirazione tedesca). Amministrazione e controllo sono esercitate da un consiglio di sorveglianza (di nomina assembleare) e da un consiglio di gestione nominato direttamente dal consiglio di sorveglianza. Il consiglio di sorveglianza ha competenze che nel sistema tradizionale spettano all’assemblea 3) SISTEMA MONISTICO: (ispirazione anglosassone). Amministrazione e controllo sono esercitati da un CDA (nominato dall’assemblea) e da un comitato per il controllo sulla gestione (costituito al suo interno; ed i suoi componenti devono essere dotati di particolari requisiti di indipendenza e professionalità) SISTEMA TRADIZIONALE ASSEMBLEA DEI SOCI: L'assemblea è l'organo composto dai soci; la sua funzione è quella di formare la volontà della società nelle materie riservate alla sua competenza dalla legge o dall'atto costitutivo. È un organo collegiale che decide secondo il principio maggioritario. La volontà espressa dai soci riuniti in assemblea vincola tutti i soci, anche se assenti o dissenzienti. A seconda dell'oggetto delle deliberazioni, l'assemblea si distingue in ordinaria e straordinaria. In seguito alla riforma del 2003, le competenze dell'assemblea ordinaria variano a seconda del sistema di amministrazione di controllo adottato. Nelle società che adottano il sistema tradizionale o monistico, l'assemblea in sede ordinaria: 1) approva il bilancio; 2) nomina e revoca gli amministratori, i sindaci e il presidente del collegio sindacale; 3) determina il compenso degli amministratori e dei sindaci; 4) delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci; 5) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea; 6) approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari. Più ristrette sono le competenze dell'assemblea ordinaria delle società che optano per il sistema dualistico. Rientrano comunque nella competenza dell’assemblea ordinaria tutte le deliberazioni che non sono di competenza dell’assemblea straordinaria. L'assemblea in sede straordinaria a sua volta delibera: a) sulle modifiche dello statuto; b) sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori; c) su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza. L'assemblea è unica e generale se la società ha emesso solo azioni ordinarie. E quando invece sono state emesse diverse categorie di azioni, o strumenti finanziari, all'assemblea generale si affiancano l'assemblea speciale di categoria. Alle assemblee speciali si applicano le norme dettate per l’assemblea straordinaria, se le azioni speciali non sono quotate. Si applica invece la disciplina dell’assemblea degli azionisti di risparmio se le azioni speciali sono quotate. CAPITOLO 16 SISTEMI ALTERNATIVI DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO La riforma del 2003 ha introdotto due sistemi alternativi, i quali trovano applicazione solo se espressamente adottati in sede di costituzione della società o con modifica dello statuto: sistema dualistico e sistema monistico SISTEMA DUALISTICO Il sistema dualistico, di ispirazione tedesca, prevede la presenza di un consiglio di gestione e di un consiglio di sorveglianza. La revisione legale dei conti è affidata, senza eccezioni, ad un revisore o ad una società di revisione. Il consiglio di gestione svolge le funzioni proprie del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale. La presenza del consiglio di sorveglianza invece riduce le competenze dell’assemblea e lo statuto può ulteriormente comprimere il ruolo dell’assemblea attribuendo al consiglio di sorveglianza o a quello di gestione alcune materie di competenza dell’assemblea straordinaria. Questo sistema determina un più accentuato distacco fra azionisti ed organo gestorio della società. Infatti, scelte e valutazioni imprenditoriali sono sottratte ai soci e affidate al consiglio di sorveglianza, che nel esercita il controllo sull’amministrazione. È un modello organizzativo particolarmente adatto per società con azionariato diffuso e prive di stabile nucleo di azionisti, anche se il legislatore ha cercato di renderlo fruibile anche da parte della società a base familiare. Il consiglio di sorveglianza è costituito da almeno tre componenti, anche non soci: i primi nominati nell’atto costitutivo e gli altri dall’assemblea. Questi sono revocabili anche senza giusta causa, fatto salvo in questo caso il diritto al risarcimento dei danni. I membri del consiglio di sorveglianza restano in carica per tre esercizi e sono rieleggibili. Almeno un componente deve essere scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro; lo statuto può subordinare l’assunzione della carica al possesso di altri requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza. Quanto ai compiti, il consiglio di sorveglianza racchiude: - Funzioni di vigilanza e responsabilità tipiche del collegio sindacale - Una rilevante porzione delle funzioni dell’assemblea ordinaria, come la nomina, la revoca e il compenso dei componenti del consiglio di gestione, l’approvazione del bilancio e la promozione dell’azione sociale di responsabilità - Ulteriori compiti come la denuncia al tribunale per gravi irregolarità riscontrate; e obblighi informativi all’assemblea - Infine, racchiude compiti di alta amministrazione. Ove previsto dallo statuto, il consiglio delibera in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari della società, predisposti dal consiglio di gestione La responsabilità del consiglio di sorveglianza è modellata in modo simile a quella del collegio sindacale del sistema tradizionale. I componenti del consiglio di sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. Sono inoltre responsabili solidalmente con i componenti del consiglio di gestione per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica. Non sono poi richiamate disposizioni in tema di responsabilità verso creditori sociali e singoli soci o terzi. Il consiglio di gestione: le funzioni coincidono con quelle del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale e si applicano in materia quasi tutte le norme per quest’ultimo dettate. È costituito da un numero di componenti non inferiore a 2, dove i primi sono nominati nell’atto costitutivo. Successivamente la nomina compete al consiglio di sorveglianza, che ne determina il numero nei limiti dello statuto ed il compenso. Nelle S.p.A. quotate, se i componenti sono 3 o più, si applicano le regole sull’equilibrio fra uomini e donne nella composizione degli organi sociali; se i componenti sono più di 4 almeno uno deve possedere i requisiti degli amministratori indipendenti. I componenti sono revocabili dal consiglio di sorveglianza, salvo il diritto al risarcimento se manca giusta causa. Restano in carica per un periodo non superiore a 3 esercizi, ma sono rieleggibili. Se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più componenti del consiglio, quello di sorveglianza provvede alla sostituzione. Il consiglio può delegare proprie attribuzioni ad uno o più componenti e in tale caso si applica la disciplina delle deleghe del sistema trad. Inoltre, può delegare le proprie funzioni anche ad un compitato esecutivo. La normativa disciplina l’azione di responsabilità contro i consiglieri di gestione. Ferma restando l’applicazione della disciplina per l’azione di responsabilità contro gli amministratori, tale azione può essere promossa anche dal consiglio di sorveglianza. La relativa deliberazione è assunta a maggioranza dei componenti e comporta la revoca dei consiglieri se approvata con la maggioranza di 2/3 dei consiglieri di sorveglianza. In tal caso il consiglio di sorveglianza provvede contestualmente alla sostituzione. Lo stesso consiglio può rinunciare all’esercizio dell’azione o può transigerla, purché la relativa delibera sia approvata dalla maggioranza dei suoi componenti e non si opponga la % dei soci prevista dalla corrispondente disciplina dettata per la rinuncia o transazione da parte dell’assemblea. SISTEMA MONISTICO Il sistema monistico, di ispirazione anglosassone, si caratterizza per la soppressione del collegio sindacale. L’amministrazione ed il controllo sono esercitati dal consiglio di amministrazione e da un comitato per il controllo sulla gestione, costituito al suo interno, che svolge le funzioni del collegio. La revisione legale dei conti è affidata, senza eccezioni, ad un revisore o ad una società di revisione. Comitato per il controllo sulla gestione: è nominato dal consiglio di amministrazione al suo interno ed è composto da amministratori che non svolgono funzioni gestionali. Almeno un componente deve essere scelto fra i revisori legali iscritti nell’apposito registro. Gli amministratori devono essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci e di quelli di onorabilità e professionalità dettati dallo statuto. Nel sistema monistico non sono previsti organi separati di controllo e di gestione; infatti, amministratori e controllori sono tutti membri del consiglio di amministrazione. Quanto ai compiti, il comitato per il controllo svolge funzioni di vigilanza: - inerenti all’adeguatezza della struttura organizzativa societaria - inerenti all’adeguatezza del sistema di controllo interno e amministrativo - ulteriori compiti affidatigli dal consiglio di amministrazione, con particolare riguardo ai rapporti col soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti. Al comitato di controllo si applica gran parte delle norme stabilite per il collegio sindacale nel modello tradizionale. Rispetto ai doveri del collegio sindacale, risultano omessi il dovere di vigilare sul rispetto della legge e dello statuto e il dovere di vigilare sul rispetto dei principi di corretta amministrazione. Questo perché si ritiene che il legislatore, in ambito del sistema monistico, abbia considerato superfluo attribuire al comitato di controllo doveri di vigilanza che i componenti devono in ogni caso svolgere nella loro qualità di amministratori CAPITOLO 17 LA RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI VERSO LA SOCIETÀ Gli amministratori sono responsabili civilmente del loro operato in tre direzioni: - verso la società: In base all'attuale disciplina, gli amministratori incorrono in responsabilità verso la società e sono tenuti al risarcimento dei danni dalla stessa subiti, quando non adempiono ai doveri ad essi imposti dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Gli amministratori non sono invece responsabili per i risultati negativi della gestione che non siano imputabile a difetto di normale diligenza della condotta degli affari sociali o nell'adempimento degli specifici obblighi posti a loro carico. Se gli amministratori sono più di uno, essi sono responsabili solidalmente. - verso i creditori sociali: Oltre che nei confronti della società, gli amministratori sono responsabili anche verso i creditori sociali (art. 2394 cod. civ.): a) gli amministratori sono responsabili verso i creditori sociali solo "per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale"; b) l'azione può essere proposta dai creditori solo quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. Il danno subito dai creditori non è che un effetto riflesso del danno che gli amministratori hanno arrecato al patrimonio sociale rendendolo insufficiente a soddisfare i primi. Consegue che se l'azione risarcitoria è stata esperita dalla società e il relativo patrimonio è stato reintegrato, i creditori non potranno più esercitare l'azione di loro spettanza dato che gli amministratori sono ovviamente tenuti a risarcire una sola volta il danno. Anche la transazione intervenuta con la società paralizza l'azione dei creditori sociali; invece, la rinuncia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. L'azione dei creditori si prescrive in 5 anni, al pari dell'azione sociale. Quanto corrisposto dagli amministratori a titolo di risarcimento danni non spetterà alla società, ma direttamente ai creditori fino alla concorrenza del loro credito - verso i singoli soci o terzi: L’azione di responsabilità della società ed i creditori sociali "non pregiudicano il diritto al risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori" (art. 2395 cod. civ.). Perché il singolo socio o il terzo possano chiedere agli amministratori il risarcimento dei danni devono ricorre due presupposti: a) il compimento da parte degli amministratori di un atto illecito nell'esercizio del loro ufficio; b) la produzione di un danno diretto al patrimonio del singolo socio o del singolo terzo; di un danno cioè che non sia semplice riflesso del danno eventualmente subito dal patrimonio sociale. Caso classico di danno diretto è quello degli amministratori che con un falso bilancio inducono i soci o terzi a sottoscrivere l'aumento di capitale a prezzo eccessivo. Il socio o il terzo che agiscono in responsabilità contro gli amministratori devono provare che esiste un nesso causale diretto fra il danno subito e l'illecito degli amministratori, vale a dire che solo la condotta illecita di quest'ultimi li ha indotti a compiere l'atto da cui è loro derivato un danno. Spetterà al socio o al terzo provare anche il dolo o la colpa degli amministratori. L'azione può essere esercitata entro 5 anni dal compimento dell'atto che ha pregiudicato il socio o il terzo CAPITOLO 18 COLLEGIO SINDACALE Il collegio sindacale è l'organo di controllo interno della società per azioni nel sistema tradizionale, con funzione di vigilanza sull'amministrazione della società. La disciplina del collegio sindacale ha subito profonde modifiche del 1942 ad oggi: con la riforma del 1974 è stato introdotto per le società quotate un controllo contabile esterno da parte di una società di revisione, dando però vita ad una sovrapposizione di funzioni col collegio sindacale che si è rilevata scarsamente funzionale. Norme volte a migliorare la professionalità e l'efficienza del collegio sindacale sono addotte dal d.lgs. 27-1-1992, n. 88, che ha istituito un apposito registro dei revisori contabili. La riforma del 1998 ha modificato la disciplina del collegio sindacale delle società con azioni quotate e ha liberato tale organo dalle funzioni di controllo contabile, che perciò sono ora affidate in via esclusiva alla società di revisione. Con una riforma del 2003 anche nelle altre società per azioni il controllo contabile è stato sottratto al collegio sindacale ed è stato attribuito ad un revisore contabile o ad una società di revisione. COMPOSIZIONE. NOMINA. CESSAZIONE Il collegio sindacale delle società con azioni non quotate si compone di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci, secondo quanto stabilito nello statuto (per questo si dice a struttura semirigida). Devono inoltre essere nominati due membri supplenti (art. 2397 cod. civ.). Le società non quotate di minori dimensioni possono sostituire, se lo statuto lo prevede, il collegio sindacale con un sindaco unico. Fermo restando il numero minimo di tre sindaci effettivi e di due supplenti, l'atto costitutivo delle società quotate può oggi determinare liberamente il numero dei sindaci (art. 148 Tuf). I primi sindaci sono nominati nell'atto costitutivo; successivamente essi sono nominati dall'assemblea ordinaria. I sindaci sono di regola nominati dallo stesso organo che nomina agli amministratori (dunque controllanti e controllati sono in definitiva espressione dello stesso gruppo di comando). La situazione è tuttavia mutata per le sole società quotate con la riforma del 1998. L'atto costitutivo di tali società deve prevedere che almeno un membro effettivo sia eletto dalla minoranza. Nelle società con azioni non quotate, in seguito alla riforma del 2003, almeno un sindaco effettivo ed uno supplente devono essere scelti fra gli iscritti nel registro dei revisori legali. L'attuale disciplina prevede che tutti i sindaci devono possedere requisiti di professionalità, anche se la legge consente una composizione diversificata del collegio in modo da avere un organo in cui siano presenti le necessarie competenze tecniche (contabile, giuridica e amministrativa) per l'assolvimento della funzione di controllo. Per le società quotate i requisiti di onorabilità e di professionalità sono invece fissati con regolamento del ministro della giustizia, che prevede anche la nomina di sindaci non iscritti nel registro dei revisori contabili. Nel registro dei revisori possono iscriversi persone fisiche in possesso di specifici requisiti di professionalità e onorabilità, che abbiano superato un apposito esame di ammissione e società di persone o capitali che rispondano a certi requisiti. Non possono esser nominati sindaci: a) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori, nonché gli amministratori di società facenti parte dello stesso gruppo; b) coloro che sono legati alla società o a società facenti parte dello stesso gruppo "da un rapporto di lavoro o da una rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza". Valgono poi per i sindaci le stesse cause di incompatibilità viste per gli amministratori. Per favorire l’efficacia del controllo, la legge si preoccupa inoltre di arginare il diffuso fenomeno del cumulo di incarichi. A tal fine si prevede innanzitutto che prima di accettare la nomina i soggetti designati come sindaci rendano noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e controllo già ricoperti presso altre società. Il compenso dei sindaci deve essere predeterminato ed invariabile in corso di carica. La retribuzione annuale dei sindaci, se non stabilita nello statuto, è determinata dall'assemblea o dall'atto della nomina per l'intero periodo di carica. I sindaci restano in carica per tre esercizi e sono rieleggibili. I sindaci scaduti restano in carica fino alla nomina dei nuovi. Costituiscono causa di cessazione dell'ufficio prima della scadenza del termine la morte, la revoca, la rinuncia e la decadenza dall'ufficio. L'assemblea può revocarli solo se sussiste una giusta causa; la delibera di revoca deve essere approvata dal tribunale (art. 2400 cod. civ.), al fine di verificare se ricorre giusta causa. Costituiscono cause di decadenza dall'ufficio il sopraggiungere di una delle cause di ineleggibilità, nonché la sospensione o cancellazione dal registro dei revisori. Decade dall'ufficio il sindaco che, senza giustificato motivo, non assiste o disserta, durante un esercizio sociale, due riunioni del consiglio di amministrazione, del comitato esecutivo o del collegio sindacale. In caso di morte, di rinuncia o decadenza di un sindaco, subentrano automaticamente i supplenti in ordine di età. La nomina e la cessazione dei sindaci deve essere iscritta, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese entro 30 giorni. IL CONTROLLO SULL'AMMINISTRAZIONE Funzione primaria del collegio sindacale è quella di controllo. In base all'attuale disciplina, il controllo del collegio sindacale ha per oggetto l'amministrazione della società globalmente intesa e si estende a tutta l’attività sociale, al fine di assicurare che la stessa venga svolta nel rispetto della legge e dell’atto costitutivo. Il collegio sindacale vigila "sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento". Il collegio sindacale non svolge più il controllo contabile sulle società, oggi affidato ad un revisore contabile o ad una società di revisione. La vigilanza del collegio sindacale è esercitata nei confronti degli amministratori in quanto organo investito della gestione della società, ma riguarda anche l'attività dell'assemblea e comunque può estendersi in ogni direzione. Da qui il poteredovere dei sindaci di intervenire alle riunioni dell'assemblea, del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, nonché di impugnare le relative delibere. Essi devono: - Convocare l’assemblea ed eseguire le pubblicazioni prescritte per legge in caso di omissione da parte degli amministratori - Devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale sociale obbligatoria per legge ove l’assemblea non vi provveda e gli amministratori restino inerti. Il controllo del collegio sindacale sull'amministrazione è un controllo di carattere globale e sintetico, le cui modalità di esercizio sono rimesse alla discrezionalità tecnica del collegio. Per consentire al collegio sindacale l’efficace svolgimento della propria attività, la legge pone a carico degli amministratori numeri obblighi di comunicazione nei confronti del primo. I sindaci hanno il potere-dovere di procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione e di controllo, nonché di chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Il collegio sindacale può inoltre convocare l'assemblea "qualora nell'espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere". Ancora + significativo è il potere di recente riconosciuto al collegio di promuovere l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori. Il collegio può inoltre promuovere il controllo giudiziario sulla gestione, se ha fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione. La revisione legale dei conti. Altre funzioni Il collegio sindacale non svolge più la revisione legale dei conti della società, oggi affidato ad un revisore legale o ad una società di revisione. Il collegio sindacale è oggi tenuto a vigilare solo sull’adeguatezza e sull’affidabilità del sistema amministrativo-contabile. Tuttavia, lo statuto può prevedere che anche la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. In tal caso l’intero collegio sindacale deve essere costituito da revisori legali iscritti nell’apposito registro. Al collegio sindacale sono infine devolute per legge altre funzioni di consulenza, propositiva e di amministrazione attiva che integrano e completano la principale funzione di controllo. Funzioni di amministrazione attiva i sindaci sono chiamati eccezionalmente a svolgere quando vengono meno tutti gli amministratori, sia pure con poteri circoscritti agli atti di ordinaria amministrazione e con l’obbligo di convocare con urgenza l’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori. IL FUNZIONAMENTO DEL COLLEGIO SINDACALE Il presidente del collegio sindacale è nominato dall'assemblea. In caso di morte, rinunzia o decadenza, la presidenza del collegio è assunta sino alla successiva assemblea dal sindaco più anziano. L’organo sindacale funziona collegialmente. Il collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni 90 giorni e l'attuale disciplina prevede che le riunioni possono svolgersi anche con mezzi telematici, se lo statuto lo consente. Il collegio sindacale è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presenti. Delle riunioni deve essere redatto processo verbale, sottoscritto da tutti gli intervenuti, che viene trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale. I sindaci possono avvalersi di dipendenti e di ausiliari per lo svolgimento di specifiche operazioni di ispezione e di controllo. L'attività di controllo del collegio sindacale può poi essere sollecitata dai soci. Ogni socio può denunziare al collegio sindacale fatti che ritiene censurabili. Il collegio sindacale è però obbligato solo a tenerne conto nella relazione annuale dell'assemblea. Doveri specifici e più intensi sono invece poste a carico del collegio sindacale quando la denuncia provenga da tanti soci che rappresentano il 5% del capitale sociale o la minore percentuale prevista dallo statuto. In tal caso il collegio sindacale "deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati, presentare le sue conclusioni ed eventuali proposte all'assemblea", convocando immediatamente la medesima qualora ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità. LA RESPONSABILITÀ DEI SINDACI I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico. I sindaci sono responsabili, anche penalmente, della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. L'obbligo di risarcimento dei danni grava esclusivamente sui sindaci e qualora il danno sia imputabile solo al mancato o negligente adempimento dei loro doveri. Ad esempio, uno o più sindaci hanno violato il segreto d'ufficio. I sindaci sono responsabili in solido con gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi ultimi, qualora il danno non si sarebbe prodotto se i sindaci avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica. L'azione di responsabilità concessa è disciplinata dalle stesse norme dettate per l'azione di responsabilità contro gli amministratori. CAPITOLO 19 LA REVISIONE LEGALE DEI CONTI IL SISTEMA Con la riforma del 2003 si è completato il processo di separazione del controllo sull'amministrazione dal controllo contabile, originariamente entrambi affidati al collegio sindacale. L'affidamento del controllo contabile ad un revisore esterno è stato avviato nel 1974; a tale disciplina si è affiancata con la riforma del 2003, quella del controllo contabile applicabile a tutte le altre società per azioni. Oggi coesistono tre discipline parzialmente diverse: a) nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il controllo contabile è esercitato da un revisore contabile che sia persona fisica o da una società di revisione iscritti in un apposito registro dei revisori contabili; b) nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, diverse dalle società quotate, il controllo contabile invece può essere esercitato solo da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili; c) nelle società con azioni quotate l'attività di revisione contabile è riservata alle società di revisione iscritte in un apposito albo speciale, tenuto dalla Consob. CONFERIMENTO E CESSAZIONE DELL’INCARICO La revisione legale è esercitata da un revisore legale o da una società di revisione iscritti nel Registro dei revisori legali dei conti oppure se lo statuto lo prevede, dal collegio sindacale. Il ministero dell’economia e delle finanze esercita la vigilanza sugli iscritti nel Registro. Il revisore esterno è nominato per la prima volta nell’atto costitutivo. Successivamente l’incarico è conferito dall’assemblea, su proposta motivata dell’organo di controllo. Il revisore legale o la società di revisione devono essere soggetti indipendenti dalla società controllata. A tutela dell’indipendenza del soggetto incaricato della revisione legale è posta anche la disciplina del compenso: questo è determinato dall’assemblea all’atto della nomina per l’intera durata dell’incarico e in misura sufficiente a garantire la qualità e l’affidamento dei lavori. L’incarico di controllo o di revisione contabile ha durata di 3 esercizi con scadenza alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio, ed è rinnovabile senza limiti. L’incarico può essere revocato dall’assemblea solo per giusta causa sentito il parere dell’organo di controllo. Contestualmente alla revoca, l’assemblea deve conferire l’incarico ad un nuovo revisore. Il revisore o la società di revisione possono dimettersi però le dimissioni devono essere attuate in tempi e modi tali da consentire alla società sottoposta a revisione di provvedere altrimenti: la società deve provvedere tempestivamente a conferire l’incarico ad un nuovo revisore, ed il vecchio resta in carica in regime di prorogatio fino a quando la deliberazione di conferimento dell’incarico non è divenuta efficace. LA REVISIONE LEGALE DEGLI ENTI DI INTERESSE PUBBLICO La revisione legale degli enti di interesse pubblico è soggetta a regole speciali. Sono enti di interesse pubblico le società emittenti azioni o altri strumenti finanziari quotati o diffusi tra il pubblico in maniera rilevante, nonché alcune società regolate da leggi speciali. La revisione legale degli enti di interesse pubblico deve essere inderogabilmente esercitata da un revisore legale esterno, senza possibilità di affidarne il compito al collegio sindacale. L’incarico può e deve essere conferito ad un soggetto iscritto nel Registro dei revisori legali. Resta fermo però il potere di vigilanza della Consob sull’organizzazione e sull’attività dei soggetti incaricati della revisione di un ente di interesse pubblico, al fine di controllarne l’indipendenza e l’idoneità tecnica. L’incarico di revisione legale degli enti di interesse pubblico ha la durata di 9 esercizi quando è conferito a società di revisione e di 7 esercizi per i revisori legali persona fisica. Non può essere rinnovato o nuovamente conferito al medesimo soggetto se non siano decorsi almeno 3 esercizi dalla cessazione del precedente. L’attuale disciplina fa divieto al revisore, a tutti i soggetti che fanno parte della sua rete, nonché ai soci, ai componenti degli organi di amministrazione e di controllo e ai dipendenti della società di revisione, di prestare una serie di servizi all’ente di interesse pubblico che ha conferito l’incarico, nonché alle sue società controllate o controllanti o sottoposte a comune controllo. La revisione legale non può essere esercitata da coloro che hanno rivestito cariche sociali o funzione di direttore generale o dirigenti preposto alla redazione dei documenti contabili presso l’ente di interesse pubblico se non sono trascorsi almeno 2 anni dalla cessazione di tali rapporti. Per quanto riguarda i trasferimenti in senso inverso, il revisore non può rivestire cariche sociali o funzioni dirigenziali di rilievo presso l’ente revisionato se non sono trascorsi almeno 2 anni dalla conclusione dell’incarico o dalla cessazione del rapporto con la società di revisione. La violazione di tali divieti è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria e l’eventuale applicazione di altri provvedimenti sanzionatori da parte della Consob. FUNZIONI E RESPONSABILITÀ DEL REVISORE DEI CONTI Funzione principale del revisore è quella di controllare la regolare tenuta delle scritture contabili e di esprimere un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato. Non deve essere in alcun modo coinvolto nel processo decisionale della società. L’attività di revisione è volta ad esprimere un giudizio sul bilancio. Giudizio che può essere graduato secondo 4 modelli: - Giudizio senza rilievi, se il bilancio è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione - Giudizio con rilievi - Giudizio negativo - Dichiarazione di impossibilità di esprimere il giudizio. Il giudizio espresso dalla società di revisione lascia impregiudicato il potere dell'assemblea di approvare o meno il bilancio, che potrà essere approvato anche se il giudizio è negativo. Il revisore ha diritto di ottenere dagli amministratori documenti e notizie utili per la revisione e può procedere autonomamente ad accertamenti, ispezioni o controlli. Il revisore o la società di revisione devono conservare i documenti e le carte di lavoro relativi agli incarichi di revisione legale svolti per dieci anni dalla data della relazione di revisione, in modo da consentire successive verifiche sul loro operato da arte dell’organo di controllo. Il revisore contabile, al pari del collegio sindacale, deve adempiere i propri doveri con diligenza professionale; è responsabile della verità delle sue attestazioni e deve conservare il segreto su fatti e documenti di cui ha conoscenza per ragioni del suo ufficio. Trova applicazione la disciplina dell'azione di responsabilità dettata per i sindaci. L'azione si prescrive in 5 anni dalla data della relazione di revisione sul bilancio emessa al termine dell’attività di revisione cui si riferisce l’azione di risarcimento CAPITOLO 20 CONTROLLI ESTERNI IL SISTEMA Accanto al controllo interno del collegio sindacale ed al controllo contabile affidato ad un revisore esterno, l'ordinamento prevede un articolato sistema di controlli esterni sulle società per azioni. Controlli che sono diretti a tutelare anche interessi ulteriori e diversi rispetto a quelli tradizionali dei soci di minoranza e dei creditori sociali. Il sistema dei controlli esterni diversi dal controllo contabile non è identico per tutte le società per azioni. Comune a tutte le società per azioni è infatti solo il controllo esterno sulla gestione, esercitato dall'autorità giudiziaria in presenza di situazioni patologiche che ne alterano il corretto funzionamento. Controlli esterni di diversa natura sono introdotti per le società che svolgono particolari attività dalla relativa legislazione speciale. Per esempio, le società quotate in borsa sono soggette al controllo della Consob, o società bancarie sono soggette al controllo della Banca d'Italia, ecc. IL CONTROLLO GIUDIZIARIO SULLA GESTIONE Il controllo giudiziario sulla gestione delle società per azioni (art. 2409 cod. civ.) è una forma di intervento dell'autorità giudiziaria nella vita delle società volta a ripristinare la legalità dell'amministrazione delle stesse. La relativa disciplina ha subito significative modifiche con la riforma del '98 e con quella del 2003: ad iniziare dalla situazione societaria che legittima l'intervento del tribunale in precedenza individuata nel "fondato sospetto di gravi irregolarità nell'adempimento dei doveri degli amministratori e dei sindaci". In base all'attuale disciplina invece il procedimento può essere attuato se vi è fondato sospetto che gli amministratori (non + i sindaci) abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possano arrecare danno alla società. Le gravi irregolarità possono essere denunziate: a) dai soci che rappresentano almeno il decimo del capitale sociale; nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la percentuale richiesta è ridotta al 5% del capitale sociale; b) in tutte le società l'iniziativa può essere assunta anche dal collegio sindacale o dal corrispondente organo di controllo nei sistemi alternativi; c) nelle sole società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'iniziativa può essere assunta anche dal pubblico ministero nonché dalla Consob. d) nelle società quotate è legittimata anche la Consob quando sospetti gravi irregolarità nell’adempimento dei doveri dei sindaci, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione. e) infine, dal commissario giudiziale o straordinario di una società in amministrazione straordinaria e dal commissario liquidatore di una società fiduciaria in liquidazione coatta amministrativa, nei confronti degli amministratori e sindaci di altra società facente parte dello stesso gruppo. Il tribunale non può invece procedere di ufficio. I soggetti legittimati non sono tenuti a provare l'effettiva esistenza delle gravi irregolarità. È sufficiente che essi dimostrino l'esistenza di un fondato sospetto. Condizione necessaria e sufficiente affinché il procedimento inizi sia che le irregolarità denunziate sussistano, che siano potenzialmente dannose e non siano rimosse. IL PROCEDIMENTO Il procedimento attivato con la denunzia si articola in due fasi. Una prima fase, di carattere istruttorio, è diretta ad accertare l'esistenza delle irregolarità e a individuare i provvedimenti da adottare per rimuoverle. A tal fine il tribunale deve sentire in camera di consiglio gli amministratori e sindaci. Può inoltre fare eseguire l'ispezione dell'amministrazione della società da parte di un consulente nominato dal Tribunale. Le spese relative sono a carico dei soci richiedenti. Il gruppo di comando della società può evitare l'ispezione ed ottenere dal tribunale la sospensione del procedimento per un periodo determinato se l'assemblea sostituisce amministratori e sindaci con soggetti "di adeguata professionalità, che si attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistano e per eliminarle". Se questi ultimi risultano insufficienti all'eliminazione delle violazioni denunziate ed accertate dal tribunale, questo può scegliere fra due strade: - il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti cautelari per evitare il ripetersi di irregolarità e allo stesso tempo convocare l'assemblea della società per le deliberazioni conseguenti. Deliberazioni che l'assemblea è libera di adottare o meno; - nei casi più gravi, il tribunale revoca gli amministratori, a volte anche i sindaci, e nomina un amministratore giudiziario. I poteri e la durata in carica dell'amministratore giudiziario sono determinati dal tribunale con decreto di nomina. L'amministratore giudiziario ha la qualifica di pubblico ufficiale per quanto attiene alle sue funzioni. Il suo compenso, a carico della società, è determinato dal tribunale. Può essere revocato dal tribunale. Al termine del suo ufficio deve rendere al tribunale il conto della propria gestione. L'amministratore giudiziario ha la rappresentanza della società, anche processuale, ma non può compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza l'autorizzazione del presidente del tribunale. Prima della scadenza del suo incarico, l'amministratore giudiziario, deve convocare l'assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci. Oppure, può proporre all'assemblea la messa in liquidazione della società o la sua sottoposizione ad una procedura concorsuale. Ma l'assemblea è libera nel decidere in proposito. LA CONSOB La Consob (commissione nazionale per le società e la borsa) è un organo pubblico di vigilanza sul mercato dei capitali; attualmente la Consob è una persona giuridica di diritto pubblico, che gode di piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge. Essa ha sede in Roma ed una sede secondaria operativa a Milano. La commissione ha autonomi poteri normativi e regolamentari nelle materie ad essa riservati per legge. Le sue deliberazioni sono adottate collegialmente, salvo i casi di urgenza previsti per legge e non è ammessa delega permanente di funzioni ai commissari. Il presidente sovrintende all'attività istruttoria e cura l'esecuzione delle delibere. La Consob e le altre autorità di vigilanza del mercato finanziario (banca d'Italia, Isvap) collaborano fra loro al fine di agevolare le rispettive funzioni e non possono opporsi reciprocamente il segreto d'ufficio. Allo stesso fine, la Consob collabora anche con le autorità europee e dei vari stati membri o extracomunitari. Nata come organo di controllo della borsa e delle società che in borsa collocano i propri titoli, la Consob è progressivamente divenuto organo di controllo dell'intero mercato mobiliare. Infatti, la Consob vigila, insieme alla Banca d'Italia, sugli intermediari mobiliari, col fine di garantire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli stessi. Vigila sui mercati regolamentati al fine di assicurare la trasparenza, l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. Vigila, infine, su tutti gli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico avendo riguardo alla tutela degli investitori, nonché alla efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato di capitali. AMMISSIONE DELLE AZIONI ALLE QUOTAZIONI DI BORSA La privatizzazione della borsa valori realizzata nel 1997, in attuazione al d.lgs. 415/1996, ha modificato la disciplina in tema di ammissione delle azioni alle quotazioni, sospensione e revoca. Le relative competenze, in precedenza attribuite alla Consob, sono state trasferite alla società di gestione della borsa, Borsa italiana S.p.A., sotto la vigilanza della Consob. In base all'attuale disciplina le condizioni di ammissione, esclusione e sospensione delle azioni dalle negoziazioni sono determinate dal regolamento di mercato deliberato dall'assemblea ordinaria della società di gestione della borsa. La Consob, a sua volta, autorizza l'esercizio dei mercati regolamentati previo accertamento che il regolamento assicuri la trasparenza del mercato, l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. L'ammissione avviene esclusivamente su domanda della società interessata previa deliberazione dell'organo competente, cioè dall'assemblea dei soci. La società di gestione delibera entro due mesi dalla domanda e comunica all'emittente la decisione di ammissione o rigetto della domanda. Contestualmente comunica alla Consob la propria decisione. L'inizio delle negoziazioni deve comunque essere preceduto dalla pubblicazione di un apposito prospetto di quotazione contenente le informazioni necessarie affinché gli investitori possano formarsi un giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'attività dell'emittente, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. Contenuto e modalità di pubblicazione del prospetto è determinato dalla Consob con proprio regolamento. La società di gestione del mercato dispone anche la sospensione o la revoca della quotazione, dandone immediata comunicazione alla Consob. Quest'ultima può entro 5 giorni vietare l'esecuzione dei provvedimenti di esclusione, ovvero ordinare la revoca della sospensione. La sospensione è disposta qualora non sia temporaneamente garantita la regolarità del mercato o se lo richiede la tutela degli investitori. La sospensione può durare al massimo 18 mesi, dopo di che la società di gestione della borsa delibera l'esclusione della sospensione se sono venuti meno i motivi della sospensione. La società può chiedere, con deliberazione dell'assemblea straordinaria, l'esclusione dalla negoziazione se ottiene l'ammissione in altro mercato regolamentato, purché sia garantita una tutela equivalente degli investitori. CONSOB E INFORMAZIONE SOCIETARIA La Consob svolge un ruolo centrale per assicurare una adeguata e veritiera informazione del mercato mobiliare sugli eventi di rilievo che riguardano la vita delle società che fanno appello al pubblico risparmio, in modo da consentire agli investitori scelte più consapevoli. In base all'attuale disciplina sono assoggettati ad obblighi informativi nei confronti del pubblico: - tutti gli emittenti strumenti finanziari quotati e i soggetti che li controllano; - gli emittenti strumenti finanziari non quotati in mercati italiani, ma diffusi fra il pubblico in misura rilevante. - gli emittenti strumenti finanziari negoziati, su richiesta o con il consenso della stessa società, in un sistema multilaterale di negoziazione avente le caratteristiche fissate dalla Consob. Due sono i principi cardine dell'attuale disciplina: a) tutte le società con azioni e obbligazioni diffuse fra il pubblico devono tempestivamente informare il pubblico, secondo le modalità stabilite dalla Consob, di qualsiasi fatto, riguardante anche l'attività delle società controllate, la cui conoscenza può influire sensibilmente sul prezzo degli strumenti finanziari (art. 114 Tuf); b) la Consob può richiedere che siano resi pubblici notizie e documenti necessari per l'informazione del pubblico e provvedervi direttamente. La Consob ha prescritto specifici obblighi di informazione preventiva del pubblico per una seria operazione straordinaria: acquisto e cessione di pacchetti azionari, acquisto e vendita di azioni proprie, fusioni, scissioni. Ha inoltre prescritto che siano messi tempestivamente a disposizione dei pubblici documenti contabili periodici: bilancio di esercizio e relazione semestrale degli amministratori. La Consob è poi investita di ampi poteri di indagine di intervento al fine di vigilare sulla correttezza dell'informazione fornita al pubblico. La Consob può chiedere agli emittenti quotati, ai soggetti che li controllano e alle società dagli stessi controllate, la comunicazione di notizie e documenti. Può assumere informazioni dai componenti dei loro organi sociali, dai direttori generali, dai dirigenti e dalle società di revisione, nonché dai soggetti che vi detengono una partecipazione rilevante o partecipano a un patto parasociale. Può eseguire ispezioni presso tutte le società e i soggetti indicati, al fine di controllare i documenti aziendali e di acquisirne copia. Previa autorizzazione del procuratore della Repubblica può acquisire le intercettazioni telefoniche esistenti e i dati relativi al traffico informatico. CAPITOLO 21 PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL BILANCIO Il bilancio di esercizio è un atto della società alla cui redazione cooperano nel sistema tradizionale di amministrazione e controllo tutti e tre gli organi sociali: amministratori, collegio sindacale e assemblee, nonché il soggetto incaricato del controllo contabile. Nelle società che adottano il sistema dualistico il bilancio invece è predisposto dal consiglio di gestione ed è approvato dal consiglio di sorveglianza. Il procedimento di formazione del bilancio è regolato dall'art. 2364 cod. civ., 2° comma. In base a tale norma, l'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta all'anno, entro il termine stabilito dallo statuto o comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale. Gli amministratori redigono il progetto di bilancio e tale funzione non è delegabile al comitato esecutivo o agli amministratori delegati. A tal fine nelle società quotate gli amministratori si avvalgono della cooperazione di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. Tale dirigente è nominato con le modalità previste dallo statuto fermo restando che sarà necessario anche il parere positivo dell'organo di controllo. I poteri del dirigente sono essenzialmente due: - predisporre adeguatamente procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario; - attestare che gli atti e le comunicazioni della società diffusi al mercato e relativi all'informativa contabile della società stessa siano conformi alle scritture contabili. Se si tratta di una società capogruppo, al bilancio devono essere allegati le copie integrali dell'ultimo bilancio (approvato) delle società controllate ed un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell'ultimo bilancio delle società collegate. Nelle società quotate va allegata anche una relazione sul bilancio, sottoscritta congiuntamente dagli amministratori delegati e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. Il progetto di bilancio deve essere poi comunicato al collegio sindacale. Tale organo deve riferire all'assemblea sui risultati dell'esercizio sociale e sull'attività svolta nell'adempimento dei propri doveri e fare poi osservazioni e proposte in merito al bilancio e alla sua approvazione. Il progetto di bilancio e i relativi allegati devono restare depositati in copia nella sede della società durante i 15 giorni che precedono l'assemblea affinché sia approvato. I soci possono prenderne visione. La legge non specifica quali poteri abbia l'assemblea in merito al bilancio. Essa può certamente approvarlo o respingerlo. Approvazione del bilancio non implica comunque la liberazione degli amministratori, direttori generali e sindaci. Entro 30 giorni dall'approvazione la copia del bilancio, corredata dalle relazioni e dal verbale di approvazione dell'assemblea o del consiglio di sorveglianza, deve essere depositato a cura degli amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo ufficio a mezzo raccomandata. Nella società con azioni quotate in borsa, gli amministratori devono redigere anche una relazione finanziaria semestrale sull'andamento della gestione. Tale relazione consiste in un bilancio in forma abbreviata. La relazione sui messaggi deve essere resa pubblica entro 60 giorni dalla chiusura del primo semestre nei modi stabiliti dalla Consob. ACCONTI SUI DIVIDENDI La distribuzione di acconti dividendo è consentita solo alle S.p.A. il cui bilancio è assoggettato per legge al controllo da parte di società di revisione iscritte nell'albo speciale. La distribuzione di acconti dividendo è sottoposta ad una serie di condizioni per evitare che vengano distribuiti utili solo sperati e difficilmente recuperabili dagli azionisti dopo l'approvazione del bilancio di esercizio. Le condizioni: - deve essere prevista dallo statuto; - può essere deliberata dagli amministratori solo dopo un giudizio positivo della società di revisione; - non è consentita quando dall'ultimo bilancio approvato risultano perdite; - la misura dell'acconto non può superare la minor somma fra l'importo degli utili conseguiti dalla chiusura dell'esercizio precedente e quello delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. La distribuzione deve essere deliberata dagli amministratori sulla base di un prospetto contabile e di una relazione dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società consente la distribuzione stessa. Su tali documenti va chiesto il parere del soggetto incaricato del controllo contabile. Gli acconti dividendo se erogati rispettando queste condizioni non sono ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede, anche se sia successivamente accertata l'esistenza degli utili di periodo risultanti dal prospetto. Inoltre, l'assemblea che successivamente approvi il bilancio dell'esercizio non può deliberare di non distribuire alcun dividendo, costringendo così gli amministratori a chiedere agli azionisti la restituzione degli acconti riscossi. Se gli amministratori non rispettano detta disciplina saranno sottoposti a sanzioni penali. LIBRI SOCIALI. IL BILANCIO I libri sociali obbligatori. Oltre i libri e le scritture contabili previsti per l'imprenditore commerciale, la S.p.A. deve tenere anche i libri sociali indicati nell'art. 2421 cod. civ. e destinati a documentare i profili essenziali dell'organizzazione e della vita sociale. I libri obbligatori sono: 1. il libro soci, dove devono essere indicati il n° delle azioni emesse, il cognome ed il nome dei relativi possessori delle azioni nominative, i trasferimenti ed i vincoli ad essi relativi e i versamenti eseguiti. Sono inoltre annotati gli annullamenti dei titoli azionari, l'ammortamento e il rilascio di duplicati; 2. il libro delle obbligazioni, in esso sono indicati l'ammontare delle obbligazioni emesse e di quelle estinte, il cognome e nome dei titolari di obbligazioni nominative, nonché i trasferimenti e i vincoli ad esse relativi; 3. il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, nel quale vanno trascritti anche i verbali redatti per atto pubblico; 4. il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione; 5. il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale; 6.il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo; 7. il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell'assemblea degli obbligazionisti; 8. il libro degli strumenti finanziari di partecipazione ad uno specifico affare. I soci ed il rappresentante comune degli azionisti di risparmio hanno il diritto di esaminare solo il libro dei soci e quello delle adunanze e delle deliberazioni dell'assemblea e possono ottenerne degli estratti. Il bilancio di esercizio. La società per azioni deve redigere annualmente il bilancio di esercizio, ossia il documento contabile che rappresenta, in modo chiaro, veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società alla fine di ciascun esercizio, nonché il risultato economico dell'esercizio stesso. Esso è costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa. Deve inoltre essere corredato dalla relazione sulla gestione degli amministratori, nonché la relazione del collegio sindacale e del revisore contabile. Funzione essenziale del bilancio è quindi quella di accertare periodicamente la situazione del patrimonio e la redditività della società. Il bilancio di esercizio costituisce per i soci il solo strumento legale di informazione contabile sull'andamento degli affari sociali, e costituisce per i creditori sociali il mezzo per conoscere la consistenza del patrimonio della società. Il bilancio di esercizio delle società di capitali ha inoltre rilievo anche per l'applicazione della normativa tributaria in quanto costituisce per il fisco il termine di riferimento per la tassazione periodica del reddito della società (Ires). "Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio". Oggi è stato stabilito che la chiarezza dell'informazione e rappresentazione veritiera costituiscono vere clausole generali che integrano e completano la normativa di dettaglio. È infatti espressamente stabilito che: 1. è obbligatorio fornire le informazioni ulteriormente necessarie, se quelle richieste dalla legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione corretta e veritiera; 2. le specifiche disposizioni di legge o dei principi contabili internazionali non devono essere applicate se la loro applicazione è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta. È stabilito inoltre che: a) la valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva di continuazione dell'attività. Si deve altresì tenere conto "della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato" al fine di far prevalere quest'ultima in caso di contrasto con i criteri formali di iscrizione in bilancio (c.d. principio di prevalenza della sostanza sulla forma). b) nella redazione del bilancio si deve tener conto delle entrate e delle uscite di competenza dell'esercizio indipendentemente dalla data dell'incasso del pagamento. Il bilancio di esercizio è cioè un bilancio di competenza e non di cassa. c) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro. La struttura del bilancio redatto secondo la disciplina del cod. civile. Il bilancio di esercizio si articola in tre parti: lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa. In applicazione del principio di chiarezza, sono dettagliatamente indicate le voci che devono figurare nello stato patrimoniale e nel conto economico. Sono dettate alcune regole generali: a) le singole voci devono essere inserite nello stato patrimoniale e nel conto economico secondo l'ordine tassativo fissato per la legge. Gli amministratori non possono perciò scegliere liberamente l'ordine di esposizione né modificarlo da un esercizio all'altro; b) le voci sono organizzate in grandi categorie omogenee a loro volta articolate in sottocategorie, in voci ed in alcuni casi anche sottovoce; c) per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l'importo della voce corrispondente dell'esercizio precedente; d) è vietato il compenso di partite: cioè la somma algebrica di attività e passività che per legge devono essere iscritti distintamente. Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali. Alle società che non superano determinate dimensioni è consentita la redazione di un bilancio in forma abbreviata, nel quale è ridotto il numero delle voci dello stato patrimoniale e del conto economico, nonché delle indicazioni richieste nella nota integrativa. Può essere omessa la redazione della relazione sulla gestione, qualora la nota integrativa contenga le informazioni richieste. Lo STATO PATRIMONIALE rappresenta in modo sintetico la composizione quantitativa e qualitativa del patrimonio della società e la sua situazione finanziaria nel giorno della chiusura dell'esercizio. Consente inoltre l'immediata conoscenza del patrimonio netto della società. Lo stato patrimoniale deve essere redatto nella forma a colonne. Le voci dell'attivo sono aggregate in quattro grandi categorie: A) crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già chiamata; B) immobilizzazioni, che comprendono gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente dalla società e che in base l'attuale disciplina devono contenere separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria; BI) immobilizzazioni immateriali: quali i costi di impianto e di ampliamento, i diritti di brevetto industriale e l'avviamento; B II) immobilizzazioni materiali quali i terreni e i fabbricati, le attrezzature industriali e commerciali; B III) immobilizzazioni finanziarie, che comprendono partecipazioni azionarie e altri titoli e le azioni proprie. C) attivo circolante, a sua volta distinto in: CI) rimanenze quali le rimanenze di materie prime, sussidiarie e di consumo, di prodotti in corso di lavorazione e di prodotti finiti e merci; C II) crediti, che non costituiscono immobilizzazioni, a loro volta oggi articolati in sette voci, con distinta indicazione dei crediti tributari e delle imposte anticipate; C III) attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni, fra le quali vanno inserite le partecipazioni, le azioni proprie e gli altri titoli di cui si prevede l'alienazione in tempi brevi. C IV) disponibilità liquide, quali i depositi bancari e il denaro in cassa. D) ratei e risconti (attivi), con separata indicazione del disaggio su prestiti. I ratei attivi sono provenienti di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi. I risconti attivi sono invece i costi sostenuti nell'esercizio, ma di competenza di esercizi successivi. Passando al passivo dello stato patrimoniale: A) patrimonio netto, composto dal capitale sociale nominale (A-I) e dai diversi tipi di riserve, distinte a seconda della fonte. B) fondi per rischi ed oneri. Si tratta di accantonamenti destinati a coprire perdite o debiti certi e probabili. C) trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato. L'importo del relativo fondo va calcolato in base agli anni di servizio maturati. D) debiti, distinti oggi in ben 14 voci per consentire una dettagliata informazione quantitativa e qualitativa sull'inadempimento della società. E) ratei e risconti (passivi), con separata indicazione dell'aggio sui prestiti. I ratei passivi sono costi di competenza dell'esercizio che saranno effettivamente sopportati negli esercizi successivi. I risconti passivi sono invece provenienti percepiti nell'esercizio, ma di competenza di esercizi successivi. In calce allo stato patrimoniale devono infine essere iscritti i conti d'ordine: la loro funzione è quella di informare sull'esistenza di rischi ed impegni futuri, che non incidono attualmente sulla consistenza del patrimonio sociale. Mentre lo stato patrimoniale rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria della società al termine dell'esercizio, il CONTO ECONOMICO espone il risultato economico dell'esercizio attraverso la rappresentazione dei costi e degli oneri sostenuti, nonché dei ricavi e degli altri proventi conseguiti nell'esercizio. Il conto economico deve essere redatto in forma espositiva scalare, con esposizione cioè in unica sequenza prefissata dei componenti positivi e negativi di reddito. Il conto economico è articolato in cinque sezioni scalari: 1) nella prima, denominata valore della produzione, vanno indicati e sommati i ricavi di competenza dell'esercizio dell'attività produttiva tipica e le variazioni delle relative rimanenze di magazzino. Dal totale così ottenuto si sottraggono 2) i costi della produzione, fra cui sono compresi gli ammortamenti, le svalutazioni e gli accantonamenti. 3) Nella 3 sezione, vanno iscritti e sommati algebricamente i proventi e oneri finanziari. 4) Nella 4 sezione vanno iscritte e sommate algebricamente le rettifiche di valore di attività finanziarie. 5) Nella quinta ed ultima sezione vanno iscritti e sommati algebricamente i proventi ed oneri straordinari. La somma algebrica dei diversi totali parziali così ottenuti costituisce il risultato globale di esercizio. Si ottiene così l'utile o la perdita di esercizio che va riportato nello stato patrimoniale. Oltre lo stato patrimoniale e il conto economico, gli amministratori devono redigere due ulteriori documenti: a) la nota integrativa, che costituisce parte integrante del bilancio. Essa illustra e specifica le voci dello stato patrimoniale e del conto economico; fornisce una serie di informazioni integrative sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sul risultato economico di esercizio, sulle azioni e sugli strumenti finanziari emessi dalla società e sulle operazioni di locazione finanziaria. Inoltre, nella nota integrativa vanno elencate le partecipazioni in società controllate e collegate. b) la relazione sulla gestione è un allegato esterno al bilancio; essa deve illustrare la situazione della società e l'andamento della gestione "nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti, nonché una descrizione dei principali rischi ed incertezze a cui la società è esposta". La struttura del bilancio redatto secondo i principi contabili internazionali. Il bilancio redatto secondo i principi contabili internazionali ha struttura più articolata rispetto a quanto previsto dal codice civile poiché, oltre al prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria, al conto economico complessivo e alle note al bilancio, esso si compone di altri due documenti: a) un prospetto delle variazioni del patrimonio netto b) un rendiconto finanziario. Resta fermo, comunque, l'obbligo di allegare al bilancio le relazioni degli amministratori, del collegio sindacale e del revisore legale dei conti. Tale più complessa struttura corrisponde ad una più ampia funzione informativa assegnata al bilancio dai principi contabili internazionali: quella di rappresentare non solo la situazione del patrimonio e la redditività della società, ma anche i flussi di cassa cioè accertare di quanta liquidità ha potuto disporre la società nel corso dell'esercizio come è stata procurata e come è stata impiegata. Allo stesso tempo, però, a differenza della disciplina codicistica, i principi contabili internazionali non prescrivono rigidi schemi di bilancio, limitandosi ad elencare le informazioni minime da esporre in ciascuna parte. Per quanto riguarda il prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria è prescritto che si debbano indicare almeno i seguenti elementi: - immobili, impianti e macchinari, - investimenti mobiliari, - attività immateriali, - attività finanziarie, - partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto, - attività biologiche, - rimanenze, - crediti commerciali ed altri crediti, - disponibilità liquide e mezzi equivalenti, - attività e complessi aziendali che la società intende vendere o di smettere nel primo periodo, - debiti commerciali e altri debiti, - accantonamenti, - passività finanziarie non rientranti in altre voci specifiche, - crediti e debiti per imposte, - capitale nominale e riserve. Ovviamente spetta agli amministratori organizzare le voci del prospetto nella maniera più idonea a fornire un'informazione chiara è attendibile. Inoltre, viene delineato il contenuto minimo del conto economico, fermo restando che gli amministratori sono obbligati ad aggiungere tutte le voci rilevanti per la comprensione di risultati economici della società. In particolare, il prospetto di conto economico deve includere almeno le seguenti voci: - ricavi, - oneri finanziari, - oneri tributari, - utili e perdite, - utili o perdite di esercizio, - altre voci di ricavo e di costo, - totale del conto economico complessivo. Nel conto economico devono essere di regola rappresentati tutti gli incrementi e le diminuzioni patrimoniali verificatisi nell'esercizio. Tuttavia, i principi contabili internazionali prevedono che alcune variazioni patrimoniali siano rilevate direttamente come variazioni delle poste del patrimonio netto, senza che risultino dal conto economico. Ecco che allo scopo, dunque, di evidenziare tutte le variazioni di valore subite dalle poste del patrimonio netto nel corso dell'esercizio, i principi contabili internazionali impongono la redazione di un ulteriore documento: il prospetto delle variazioni del patrimonio netto. Il rendiconto finanziario, infine, espone in modo sintetico gli incassi e i pagamenti (flussi di cassa) effettuati dalla società durante l'esercizio. A tal fine detti principi precisano che i flussi di cassa devono essere presentati raggruppati in tre classi: 1) Flussi di cassa dell'attività operativa, relativi all'esercizio dell'attività produttiva principale dell'impresa 2) Flussi di cassa derivanti dall'attività di investimento, relativi alla realizzazione di investimenti. 3) Flussi di cassa derivanti dall'attività finanziaria, vale a dire gli incassi derivanti dalle operazioni con cui la società si procura nuovo capitale o nuovi finanziamenti. Le note al bilancio assolvono infine la medesima funzione della nota integrativa prevista dalla disciplina nazionale: illustrare ed in alcuni casi integrare il contenuto degli altri documenti che compongono il bilancio. I criteri di valutazione nel codice civile. La redazione del bilancio di esercizio comporta per molti cespiti patrimoniali il compimento di una serie di stime da parte degli amministratori, volte a determinarne il valore da iscrivere in bilancio, sia perché i valori veri in assoluto spesso non esistono, sia perché il valore di molti cespiti varia nel tempo in relazione a molteplici fattori. Il legislatore per un verso fissa principi generali da osservare nella valutazione: quello della prudenza e quello della continuità dei criteri di valutazione. Per altro verso determina dettagliatamente i criteri cui gli amministratori devono attenersi nelle valutazioni dei diversi cespiti. Il criterio base accolto dal codice civile è quello del costo storico di acquisto o di produzione del bene contabilizzato. Le immobilizzazioni di ogni tipo sono iscritte in bilancio al costo storico: vale a dire al costo di acquisto o di produzione nel quale vanno computati anche i costi accessori. Il valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere inoltre sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene attraverso la diretta riduzione del valore iscritto nell'attivo dello stato patrimoniale. Se tuttavia il valore di un'immobilizzazione risulta durevolmente minore del costo storico regolarmente ammortizzato, dovrà essere iscritta nel bilancio per tale minore valore. Se il costo storico è criterio base di valutazione delle immobilizzazioni, regole particolari sono tuttavia dettate per alcune di esse: a) le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate e collegate, anziché al costo, possono essere valutate col metodo del patrimonio netto: cioè iscrivendo in bilancio un importo pari alla corrispondente quota, opportunamente rettificata, del patrimonio netto della società partecipata risultante dall'ultimo bilancio della stessa; b) i costi di impianto e di ampliamento, di ricerca, di sviluppo e di pubblicità possono essere iscritti nell'attivo, solo se hanno un’utilità pluriennale; inoltre devono essere ammortizzati per un periodo non superiore a 5 anni; c) l'avviamento può essere iscritto nell'attivo solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del costo per esso sostenuto. I crediti devono essere sempre valutati secondo il valore di prudente realizzo. I cespiti dell'attivo circolante diversi dai crediti devono essere iscritti al costo di acquisto o di produzione ovvero, se minori, al valore realizzato desumibile dall'andamento del mercato. L'attuale disciplina stabilisce anche i criteri di iscrizione in bilancio delle attività e passività. Al riguardo sono dettati criteri diversi a seconda che si tratti di attività e passività non costituenti immobilizzazioni ovvero di attività che costituiscono immobilizzazioni. Le prime vanno iscritte al tasso di cambio in vigore alla data di chiusura dell'esercizio e la differenza rispetto al cambio del giorno di compimento dell'operazione darà luogo alla formazione di utili o perdite su cambi da imputare al conto economico. Le immobilizzazioni in valuta devono invece essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro acquisto (cambio storico) o a quello inferiore alla chiusura dell'esercizio se la riduzione è giudicata durevole. I criteri di valutazione fin qui esposti sono costantemente ispirati dal principio di prudenza e mirano ad evitare che gli amministratori sopravvalutino i relativi cespiti patrimoniali. La stessa legge, tuttavia, impone di derogare ai criteri di valutazione fissati, in presenza di casi eccezionali che rendono l'applicazione degli stessi incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta. In tal caso gli amministratori possono e devono attribuire ai beni un valore superiore a quello risultante dall'applicazione dei criteri sopra esposti, motivando però le singole deroghe nella nota integrativa. Inoltre, gli eventuali utili risultanti dalla deroga devono essere scritti in un'apposita riserva non distribuibile fin quando il maggior valore iscritto non sia stato realizzato per effetto dell'alienazione del bene o coperto da ammortamento. Tra i casi eccezionali che rendono possibile e doverosa la rivalutazione di elementi dell'attivo patrimoniale non rientra però il semplice incremento di valore per effetto della svalutazione monetaria. La rivalutazione monetaria è infatti possibile solo in presenza di leggi speciali, che ne fissano criteri e modalità. Un altro problema sollevato dalla disciplina dei criteri di valutazione è quello del margine di discrezionalità di cui gli amministratori godono dato che, in alcuni casi sono previsti criteri alternativi di valutazione ed in altri casi il valore da iscrivere coinvolge il loro prudente apprezzamento. Di fronte ad un sistema palesemente ispirato da criteri di prudenza, è certo che sono illecite le sopravvalutazioni di cespiti patrimoniali non dovute a ragioni oggettive, eccezionali e adeguatamente motivate. Così come le sopravvalutazioni, anche le sottovalutazioni sono illecite. Illecita era e resta perciò la pratica delle cosiddette riserve occulte: sottovalutazioni delle attività e sopravvalutazioni delle passività attuate al solo fine di deprimere l'utile d'esercizio e di sottrarre alla decisione dell'assemblea la politica di autofinanziamento della società. Restano invece lecite le valutazioni prudenziali degli amministratori, purché motivate e rese palesi nella nota integrativa. I criteri di valutazione dei principi contabili I criteri di valutazione prescritti dai principi contabili internazionali divergono in più punti da quelli del codice civile, poiché mirano ad impedire non solo le sopravvalutazioni del patrimonio non conformi con il principio di prudenza, ma anche le sottovalutazioni conseguenti all'impiego del criterio del costo storico. Criterio al quale i principi contabili internazionali tendono ad affiancare o sostituire la valutazione in base al fair value. Il fair value è il corrispettivo al quale un bene potrebbe essere scambiato, o un debito estinto, in una transazione tra parti consapevoli e indipendenti. È dunque il valore di scambio o di mercato del cespite da valutare. Gli eventuali utili di esercizio derivanti dall'applicazione del criterio del valore del patrimonio netto devono essere infatti iscritti in un'apposita riserva non distribuibile fin quando il maggiore valore iscritto non sia stato realizzato per effetto dell'alienazione del bene o coperto d'ammortamento. I principali criteri di valutazione sono: 1) gli investimenti in immobili sono rilevati per la prima volta in bilancio al costo storico di acquisto, comprensivo anche dei costi accessori. Nei bilanci successivi gli amministratori possono conservare tale valore oppure possono optare per la contabilizzazione al fair value alla data di riferimento del bilancio; 2) Impianti, macchinari ed immobili posseduti per uso proprio sono rilevanti per la prima volta in bilancio al costo storico di acquisto o di produzione, comprensivo anche dei costi accessori. Gli amministratori devono in seguito rivalutare con cadenza periodica le relative poste di bilancio sulla base del fair value dei beni che lo compongono. 3) I beni immateriali, dove non diversamente disposto a tutte le specialità notazione, devono essere iscritti in bilancio quando è probabile che generino futuri benefici economici ed è possibile determinarne attendibilmente il costo. Tali cespiti devono essere rilevati al valore di costo, da ammortizzare negli esercizi successivi per tutta la durata di vita utile de bene. 4) L'avviamento può essere iscritto nell'attivo solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del costo per esso sostenuto. Successivamente non deve essere ammortizzato, ma solo svalutato in caso di perdita durevole di valore. 5) Le attività finanziarie devono essere iscritte in bilancio al fair value alla data di riferimento del bilancio. Se non è possibile determinarne attendibilmente il fair value si iscrivono alla costa. Sono previsti tuttavia alcune eccezioni in particolare: a) le partecipazioni in società controllate o collegate possono essere alternativamente valutate al costo oppure al fair value; b) finanziamenti, crediti, nonché di investimenti che l'impresa intende procedere fino alla loro scadenza, sono valutati al fair value solo al momento della prima iscrizione in bilancio. Nei successivi bilanci se mantiene il valore della prima iscrizione oppure si deve iscrivere l'importo che gli amministratori ritengono di poter ragionare in te recuperare. 6) Le rimanenze devono essere iscritte al costo di acquisto o di produzione ovvero, se minore, al valore di realizzo desumibile dall'andamento di mercato. 7)I lavori in corso su ordinazione sono iscritti sulla base del taglio dei costi che possono essere attendibilmente stimati in base allo stato di avanzamento dei lavori. 8) Attività e passività in valuta estera da contabilizzare al valore del costo storico vanno iscritte in bilancio al tasso di cambio del momento in cui furono acquistate o contratti, mentre quelle contabilizzate al fair value vanno iscritte al tasso di cambio in vigore alla data in cui è stato determinato il fair value. Alla pari della disciplina codicistica, si prevede tuttavia che, qualora in casi eccezionali i criteri di valutazione fissati dai principi contabili internazionali conducono in concreto a risultati non conformi con l'obiettivo della rappresentazione veritiera e corretta dei dati di bilancio, gli amministratori sono tenuti a disapplicarti, motivando le singole deroghe nelle note al bilancio. Inoltre, analogamente a quanto previsto dal codice civile, gli eventuali utili risultanti dalla deroga devono essere iscritti in un’apposita riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato. Invalidità della delibera di approvazione. Il bilancio di esercizio può presentare vizi ed irregolarità che riguardano il procedimento di formazione dello stesso. In tal caso la relativa delibera assembleare di approvazione è di regola annullabile. È nulla in caso di mancanza di convocazione del verbale. Il bilancio di esercizio può inoltre presentare irregolarità che riguardano il suo contenuto perché magari redatto violando i principi di chiarezza verità e certezza. In merito a ciò, e in merito alle sanzioni che dovrebbero derivare, le opinioni non sono omogenee. Tende tuttavia a prevalere, la tesi più rigorosa della nullità della delibera di approvazione del bilancio che presenti vizi di chiarezza e/o di precisione. Si ritiene infatti che la delibera di approvazione di un bilancio non chiaro non preciso ha oggetto illecito. La giurisprudenza ha però avvertito la necessità di introdurre temperamenti alla riconosciuta nullità della delibera che approvi un bilancio affetto da vizi di contenuto, anche per porre un freno al proliferare di azioni pretestuose e di disturbo. In tale prospettiva, per un verso si è escluso che sia sufficiente un generico interesse al rispetto della legalità per essere legittimati a promuovere l'azione di nullità. Si richiede per contro un interesse concreto ed attuale ad agire. Significative limitazioni all'impugnativa dei bilanci sono state introdotte dallo stesso legislatore, dapprima per i soli bilanci delle società sottoposta a revisione contabile obbligatoria, poi estese a tutte le società per azioni con la riforma del 2003 che hai introdotto una speciale disciplina volta a dare certezze e stabilità alla delibera di approvazione del bilancio. Infatti, le azioni di annullabilità e nullità non possono essere più esercitate dopo che è stato approvato il bilancio dell'esercizio successivo. Inoltre, se il soggetto incaricato della revisione ha emesso un giudizio privo di rilievi, la legittimazione ad impugnare la delibera di approvazione del bilancio non solo per cause di annullabilità, ma anche per cause di nullità spetta ai tanti soci che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale. E così oggi impedita l'impugnativa da parte del singolo azionista anche per cause di nullità della delibera di approvazione del bilancio. Allo stesso tempo, nelle società quotate è però previsto un parziale contrappeso al sacrificio della legittimazione individuale degli azionisti e all'impugnativa. L'impugnativa per mancata conformità del bilancio alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione può essere infatti proposta in ogni caso anche dalla Consob nel termine di sei 6 dal deposito del bilancio presso l'ufficio del registro delle imprese. L'attuale dato legislativo chiarisce definitivamente che, per quanto non espressamente derogato, trova integrale applicazione la disciplina generale dell'impugnativa delle delibere assembleari fissata dagli articoli 2377 e 2379 del codice civile. Nei consegue in particolare che: - resta ferma la legittimazione all'impugnativa degli amministratori, dei sindaci e del rappresentante comune degli azionisti di risparmio; - la nullità della delibera per vizi di contenuto può essere fatta valere da ogni terzo interessato, oltre che dei soci rappresentanti la suddetta percentuale del capitale. Il bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità tiene conto delle ragioni di quest'ultima. Utili. Riserve. Dividendi. L'assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci. Nel sistema dualistico a tal fine provvede l'assemblea convocata dal consiglio di sorveglianza. Non tutti gli utili sono però distribuibili fra i soci sotto forma di dividendi. E ciò per la presenza di alcuni vincoli di destinazione imposti dalla legge. Se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale sociale, non si possono ripartire gli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. Dagli utili netti annuali, non assorbiti da perdite precedenti, deve essere poi dedotta una somma corrispondente almeno al 5% degli stessi per costituire una riserva (riserva legale). La riserva legale costituisce un accantonamento contabile di utili imposto per legge a salvaguardia dell'integrità del capitale sociale; per evitare cioè che eventuali perdite degli esercizi futuri colpiscano direttamente il capitale sociale riducendolo. Essa si risolve in una forma di autofinanziamento obbligatorio della società. Funzione e caratteri non diversi dalla riserva legale presenta la riserva statutaria. La differenza consiste nel fatto che la sua costituzione è imposta dallo statuto, che stabilisce anche la quota parte degli utili di esercizio da destinare alla stessa. Sono infine riserve facoltative, quelle discrezionalmente disposte dall'assemblea ordinaria che approva il bilancio. Gli utili di cui l'assemblea che approva il bilancio può disporre a favore dei soci sono costituiti: a) dagli utili distribuibili di esercizio; b) dagli utili accertati e non distribuiti negli esercizi precedenti. Diversamente da quanto visto per le società di persone, nella società per azioni l'approvazione del bilancio di esercizio non determina di per sé l'insorgere di un diritto individuale degli azionisti all'immediata assegnazione della propria parte di utili. Nella società per azioni la periodica distribuzione degli utili e perciò rimessa all'apprezzamento discrezionale dell'assemblea. L'interesse del gruppo di comando al reinvestimento degli utili nell'attività sociale e così chiaramente privilegiato rispetto all'interesse del singolo socio alla distribuzione annuale degli utili ed alla remunerazione periodica del capitale investito. La discrezionalità della maggioranza nella destinazione degli utili ad autofinanziamento trova tuttavia temperamento nel principio generale di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto di società. Principio che peraltro consente di affermare solo una generica regola di ripartizione periodica degli utili durante la vita della società e di sanzionare con l'annullabilità della delibera ai solo i comportamenti platealmente abusivi del gruppo di comando. Il potere dispositivo dell'assemblea in tema di distribuzione degli utili può essere limitato da clausole statutarie che riconoscono a determinate categorie di azionisti il diritto alla percezione annuale di un dividendo minimo. Per tutti gli altri azionisti un diritto di credito verso la società all'erogazione dei dividenti sorge solo in seguito alla delibera assembleare di distribuzione degli utili. Nelle società quotate infine per incentivare la stabilità della compagine azionaria, lo statuto può riconoscere ai soci di minoranza una maggiorazione sul dividendo percepito dagli azionisti che conservino le loro azioni per un determinato periodo di tempo non inferiore ad un anno. La società non può comunque pagare dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato. Ne può procedere alla distribuzione di dividendi se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale, fin quando il capitale non sia reintegrato. L'inosservanza di tali condizioni da luogo alla distribuzione di utili fittizi. La relativa delibera, quindi, sarà nulla per illiceità dell'oggetto e gli amministratori sono esposti a responsabilità anche penale. Gli azionisti non sono tuttavia obbligati a restituire i dividendi riscossi per utili non realmente esistenti quando: 1) erano in buona fede al momento della riscossione; 2) i dividendi sono stati distribuiti in base ad un bilancio regolarmente approvato; 3) dal bilancio risultano utili netti corrispondenti 4) non sono esposti a ripetizione gli azionisti che senza colpa ignoravano il carattere fittizio degli utili assegnati e riscossi. Il bilancio consolidato di gruppo. Il bilancio consolidato è un bilancio redatto dalla capogruppo in aggiunta al proprio bilancio di esercizio. In esso è rappresentata la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del gruppo considerato nella sua unità. Il bilancio consolidato costituisce un utile strumento di informazione sulla situazione globale del gruppo. Non incide invece sulla determinazione dell'utile distribuibile. L'obbligo di redazione del bilancio consolidato di gruppo è stato introdotto dal d.lgs. 9-41991 n. 127 (arti 25-43). Il bilancio consolidato deve essere redatto dalla società di capitali che controlla altre imprese e dalle società cooperative che controllano società di capitali. Le imprese da considerare ai fini del consolidamento sono solo quelle controllate tramite il possesso di partecipazioni. Sono esonerati dall'obbligo di redigere il bilancio consolidato i gruppi di minore dimensione, purché nessuna delle imprese del gruppo sia una società con azioni quotate; e quelli in cui le imprese controllate sono irrilevanti ai fini della rappresentazione veritiera e corretta della situazione economica e finanziaria complessiva del gruppo. Il bilancio consolidato è redatto dagli amministratori della capogruppo assumendo di regola come termine di riferimento la data di chiusura del bilancio d'esercizio dell'impresa controllante. Le controllate, il cui esercizio abbia una data di chiusura non coincidente con quella della capogruppo, sono tenute a redigere un bilancio annuale intermedio riferito alla data del bilancio annuale consolidato. Le controllate sono inoltre obbligate trasmettere tempestivamente alla controllante le informazioni richieste ai fini della redazione del bilancio consolidato e non possono quindi opporre a questo ultimo segreto aziendale Il bilancio consolidato ha la stessa struttura del bilancio di esercizio. Si articola perciò nello stato patrimoniale, nel conto economico e nella nota integrativa. Deve inoltre essere corredato da una relazione degli amministratori sulla situazione complessiva delle imprese comprese nel consolidamento. Anche i principi ed i criteri di redazione del bilancio consolidato coincidono con quelli dettati per il bilancio di esercizio, nonostante detto bilancio non sia una semplice aggregazione dei bilanci di esercizio delle singole imprese, infatti deve rappresentare la situazione patrimoniale finanziaria ed il risultato economico del complesso delle imprese costituenti il gruppo, come se si trattasse di un'unica impresa. Il che comporta l'eliminazione dei rapporti interni al gruppo ed i relativi risultati secondo regole di consolidamento fissata dalla nostra legge dei principi contabili internazionali. Nel bilancio consolidato sono perciò ripresi integralmente gli elementi dell'attivo e del passivo, nonché i proventi e gli oneri delle imprese incluse nel consolidamento utilizzando però criteri di valutazione uniforme. Non sono inserite nel bilancio consolidato: 1) le partecipazioni della controllante in imprese incluse nel consolidamento e la corrispondente frazione del patrimonio netto (capitale e riserve) di queste; 2) i crediti e debiti fra le imprese incluse nel consolidamento; 3) i provenienti e gli oneri relativi ad operazioni effettuate fra le stesse; 4) gli utili e le perdite conseguenti. La formazione del bilancio consolidato segue lo stesso procedimento previsto per il bilancio di esercizio della società capogruppo che lo redige ed è sottoposto agli stessi controlli e alle stesse forme di pubblicità. Vi è una sostanziale differenza però: il bilancio consolidato, a differenza di quello di esercizio, non è assoggettato ad approvazione da parte dell'assemblea. Esso costituisce perciò atto degli amministratori. Nelle società quotate i soci che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale possono richiedere al tribunale di accertare la conformità del bilancio consolidato alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione. L'accertamento può essere richiesto anche dalla Consob, entro sei mesi dal deposito del bilancio consolidato. CAPITOLO 22 Aumento Capitale sociale Costituisce modificazione dello statuto di una società per azioni ogni mutamento del contenuto oggettivo del contratto sociale; mutamento che può consistere sia nell'inserimento di nuove clausole, sia nella modificazione o soppressione di clausole preesistenti. Le modificazioni dello statuto rientrano nella competenza dell'assemblea dei soci in sede straordinaria. La delibera è adottata con le maggioranze previste in via generale per l'assemblea straordinaria o nelle società non quotate, con quelle più elevate stabilite per talune modifiche di particolare rilievo: cambiamento dell'oggetto sociale, trasformazione, scioglimento anticipato, emissione di azioni privilegiate. Per le società quotate sono inoltre previsti specifici obblighi informativi nei confronti della Consob e del pubblico. Le delibere modificative dello statuto erano originariamente soggette ad omologazione da parte del Tribunale. In base all'attuale disciplina è il notaio che verifica l'adempimento delle condizioni stabilite dalla legge ed entro 30 giorni, ne richiede l'iscrizione nel registro delle imprese contestualmente al deposito. Aumento Capitale sociale Queste operazioni rientrano nell’ambito delle modificazioni dello statuto e dunque svolte in ambito delle assemblee straordinarie. Le operazioni sul capitale sociale possono essere: operazioni in aumento o operazioni in riduzione. Le operazioni di aumento possono essere: di aumento effettivo a pagamento; di aumento nominale (aumento gratuito). Le operazioni di riduzione possono essere: di riduzione effettiva; di riduzione nominale. Operazioni di aumento reale del capitale sociale (a pagamento) Con l'aumento reale del capitale sociale, la società intende procurarsi nuovi mezzi finanziari a titolo di capitale di rischio: nuovi conferimenti. L'aumento reale da, perciò, luogo all'emissione di nuove azioni a pagamento. Per evitare la formazione di un vistoso capitale rappresentato prevalentemente da crediti verso soci, non è consentito eseguire un aumento del capitale fino a che le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate. Competente a deliberare l'aumento di capitali è l'assemblea straordinaria dei soci. Lo statuto o una successiva modifica dello stesso possono però attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il capitale sociale. Tuttavia: a. deve essere predeterminato l'ammontare massimo entro cui gli amministratori possono aumentare il capitale sociale; b. la delega può essere concessa per un periodo massimo di cinque anni. La delega è però rinnovabile. Con la tecnica dell'aumento per delega, la manifestazione di volontà della società di procedere all'aumento del capitale è costituita dalla delibera del consiglio di amministrazione. Perciò, il verbale della delibera del consiglio di amministrazione di aumento del capitale sociale deve essere redatto da un notaio e la delibera è soggetta al controllo di legalità dello stesso notaio ed eventualmente ad omologazione del tribunale nonché ad iscrizione nel registro delle imprese. Per quanto riguarda la sottoscrizione dell'aumento del capitale sociale, la deliberazione di aumento deve fissare il termine entro il quale le sottoscrizioni devono essere raccolte, non inferiore a 30 giorni dalla pubblicazione dell'offerta. Nel caso in cui l'aumento del capitale non sia integralmente sottoscritto, il capitale sarà aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte soltanto se la deliberazione di aumento lo abbia espressamente previsto. In mancanza di tale previsione l'aumento di capitale è inscindibile e la sottoscrizione non vincola né i sottoscrittori né la società. I sottoscrittori saranno liberati dall'obbligo di conferimento e hanno diritto al rimborso di quanto versato. Avvenuta la sottoscrizione delle nuove azioni, entro 30 giorni gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese un'attestazione che l'aumento del capitale è stato eseguito. Per i conferimenti in sede di aumento di capitale vale la stessa disciplina del conferimento al momento di costituzione della società. In particolare, vale la regola che i conferimenti dei sottoscrittori delle nuove azioni non possono essere complessivamente inferiore all'aumento di capitale deliberato. I conferimenti in natura devono essere sottoposti al normale procedimento di valutazione, ma gli amministratori possono consentire il ricorso ad uno dei metodi di valutazione alternativa previsti dall'art 2343. Gli amministratori devono controllare il valore dei conferimenti valutati con metodi alternativi entro 30 giorni dalla data di esecuzione del conferimento. Entro questo termine quando i conferimenti sono apportati al fair value risultante da un precedente bilancio oppure stimati da esperto non nominato dal tribunale, i soci che rappresentano il 5% del capitale possono chiedere che gli amministratori facciano realizzare una nuova valutazione. Il diritto della minoranza di chiedere una valutazione del conferimento è riconosciuto anche in caso di aumento di capitale delegato. Talvolta si verifica che, pur senza procedere ad un aumento del capitale sociale, i soci versino alla società somme a titolo di conferimento, denominate "versamenti in conto capitale" o "A copertura di perdite", al fine di sopperire alle esigenze di capitali di rischio e di costituire un fondo destinato a ripianare eventuali perdite evitando così di incorrere nella disciplina della riduzione obbligatoria del capitale. La liceità di tali apporti dei soci, caratterizzate dalla mancanza di un obbligo di restituzione a carico della società, è oggi fuori discussione anche se gli stessi non possono essere equiparati ai conferimenti di capitale per l'inosservanza del relativo procedimento di aumento. Ne consegue che tali apporti incrementano il patrimonio della società senza modificarne il capitale sociale e restano perciò sottratti alla disciplina dei conferimenti. Resta comunque fermo che i soci non possono pretendere la restituzione di tali versamenti, salvo che non risulti che si tratti di semplici finanziamenti a titolo di mutuo. I versamenti in conto capitale devono perciò risultare da appositi fondi iscritti in bilancio, che potranno essere utilizzati dalle società, in caso di necessità, per la copertura di perdite o per effettuare un aumento di capitale sociale. È Sempre possibile ad un aumento di capitale sociale? oppure ci sono dei limiti da rispettare? L’art 2438 stabilisce che un aumento di capitale NON può essere eseguito finche le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate: il legislatore non dice che Non può essere DELIBERATO un aumento di capitale sociale, bensì vi è impossibilità di ESEGUIRE una delibera di aumento di capitale sociale. Si può deliberare un aumento di capitale, ma non si po’ eseguire tale delibera prima di aver rispettato il requisito di questo articolo AUMENTO NOMINALE DI CAPITALE SOCIALE (gratuito) L'aumento nominale (o gratuito) del capitale sociale è operazione che non da luogo a nuovi conferimenti e non determina perciò alcun incremento del patrimonio sociale. L'aumento nominale è infatti posto in essere dall'assemblea straordinaria "imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili". L'aumento è quindi realizzato utilizzando valori già esistenti nel patrimonio della società, come riserve facoltative, riserve statutarie, riserva da sovrapprezzo azioni, fondi speciali. L'aumento nominale del capitale sociale può essere attuato o aumentando il valore nominale delle azioni in circolazione o mediante l'emissione di nuove azioni. L'aumento deve essere attuato in modo da non alterare le preesistenti posizioni reciproche degli azionisti. Diritto di recesso. L'applicazione del principio maggioritario anche per la modificazione dello statuto fa si che nella società per azioni la minoranza non può impedire modifiche dell'assetto societario. Nonostante ciò, in presenza di delibere modificative di particolare gravità, la minoranza è inoltre direttamente tutelata dalla previsione di maggioranze più elevate e dal riconoscimento del diritto di recesso dalla società. Il diritto di Recesso riguarda lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio stesso che esercita tale diritto. Hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle deliberazioni riguardanti: la modifica della clausola dell'oggetto sociale; la trasformazione della società; il trasferimento della sede sociale all'estero; ed altri casi previsti dal nostro ordinamento giuridico. e la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno centottanta giorni; lo statuto può prevedere un termine maggiore, non superiore ad un anno. È nullo ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso l'esercizio del diritto di recesso. La riduzione del capitale sociale. La riduzione reale. Anche la riduzione del capitale sociale può essere reale o nominale, a seconda che la riduzione dia luogo o meno ad un corrispondente rimborso ai soci del valore dei conferimenti; sia o meno accompagnata da una contestuale riduzione del patrimonio sociale. È riduzione reale la riduzione del capitale sociale disciplinata dall'art 2445. È riduzione nominale la riduzione del capitale sociale per perdite. La riduzione reale del capitale è circondata da una serie di cautele sostanziali e procedimentali, in quanto operazione potenzialmente pericolosa per i creditori sociali e per i soci di minoranza: riduce la consistenza del patrimonio sociale e può pregiudicare lo svolgimento dell'attività di impresa ove la riduzione si riveli infondata. Il capitale sociale non può essere ridotto al di sotto del minimo legale di 50 mila euro. Sono poi previste particolari cautele procedimentali. L'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione, in modo che i soci siano informati. La delibera, adottata con le normali maggioranze previste per la modifica dello statuto, può essere eseguita solo dopo 90 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese. Entro tale termine, i creditori sociali possono fare opposizione alla delibera di riduzione, dato che la riduzione può pregiudicare i loro diritti. La riduzione reale può aver luogo mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, o mediante rimborso agli stessi del capitale. La società può anche procedere all'acquisto ed al successivo annullamento di proprie azioni. Le modalità di riduzione prescelte devono comunque assicurare la parità di trattamento degli azionisti. Ad. Esempio estrazione a sorte ed annullamento di un certo numero di azioni dietro rimborso del valore nominale delle azioni stesse. In questo caso agli azionisti rimborsati vengono rilasciati speciali titoli denominati azioni di godimento dato che il valore reale delle azioni può essere notevolmente superiore a quello nominale. La riduzione del capitale sociale per perdite. Il patrimonio netto della società (o capitale reale) può scendere, per effetto di perdite, al di sotto del capitale sociale nominale. La riduzione del capitale sociale per perdite consiste nell'adeguare la cifra del capitale sociale nominale all'attuale minor valore del capitale reale. È quindi una riduzione puramente nominale. La disciplina ella riduzione del capitale sociale per perdite non è unitaria; la legge distingue a seconda che la perdita del capitale sia o meno superiore ad un terzo. La società non è obbligata a ridurre il capitale sociale fino a quando la perdita dello stesso non sia superiore ad un terzo. Anche se non obbligata, la società può tuttavia ugualmente ridurre il capitale per perdite per poter distribuire gli utili successivamente conseguiti; distribuzione altrimenti vietata fin quando le perdite non siano state colmate. La riduzione facoltativa per perdite segue la disciplina generale della modificazione dell'atto costitutivo. Se la società ha emesso obbligazioni, tale riduzione può essere disposta solo rispettando il limite legale all'emissione di obbligazioni. La riduzione del capitale sociale diventa invece obbligatoria quando il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite. La disciplina è diversa a seconda che il capitale si sia o meno ridotto sotto il minimo legale. Se il minimo legale non è stato intaccato, gli amministratori o nel caso di loro inerzia, il collegio sindacale, devono convocare senza indugio l'assemblea straordinaria e sottoporle una relazione sulla situazione patrimoniale aggiornata della società. La situazione patrimoniale e le osservazioni devono restare depositate nella sede della società durante gli 8 giorni che precedono l'assemblea. L'assemblea così convocata prende gli opportuni provvedimenti: non è quindi tenuta a decidere l'immediata riduzione del capitale sociale e può anche limitarsi ad un semplice rinvio a nuovo delle perdite. Tuttavia, se entro l'esercizio successivo, la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza, la riduzione del capitale è disposta di ufficio dal tribunale. Se le azioni emesse dalla società sono senza valore nominale, lo statuto può prevedere che la riduzione sia deliberata dal consiglio di amministrazione. Se il capitale scende sotto il minimo legale, l'assemblea convocata senza indugio dagli amministratori o dal collegio sindacale, deve necessariamente deliberare: - la riduzione del capitale sociale ed il contemporaneo aumento ad una cifra > al minimo legale oppure - la trasformazione della società. Se l'assemblea non adotta tali provvedimenti, la società si scioglie ed entra in stato di liquidazione. La maggioranza però potrà evitare la messa in liquidazione deliberando la riduzione a zero del capitale sociale e la contestuale reintegrazione dello stesso, riconoscendo agli azionisti del diritto di opzione. CAPITOLO 23 OBBLIGAZIONI La società per azioni può emettere obbligazioni, che costituiscono il tipico e tradizionale strumento per la raccolta di capitale di prestito fra il pubblico. Le obbligazioni sono titoli di credito che rappresentano frazioni di uguale valore nominale e con uguali diritti di un'unitaria operazione di finanziamento a titolo di mutuo. Mentre l'azione attribuisce la qualità di socio e di compartecipe ai risultati dell'attività di impresa, l'obbligazione attribuisce invece la qualità di creditore della società. L'obbligazionista, diversamente dall'azionista, ha perciò diritto ad una remunerazione periodica fissa (interessi); ha inoltre diritto al rimborso del valore nominale del capitale prestato alla scadenza pattuita. L'azionista, per contro, ha diritto al rimborso del suo apporto solo in sede di liquidazione della società. La quota di liquidazione dell'azionista può essere uguale, superiore o inferiore al valore nominale del conferimento eseguito. Meno netta invece è la distinzione fra obbligazioni e strumenti finanziari partecipativi, che hanno in comune la caratteristica di essere messi a fronte di un apporto non imputato a capitale. Le obbligazioni hanno però specifiche caratteristiche: - sono titoli di massa; - attribuiscono il diritto al rimborso di una somma di denaro (diritto che non può essere né escluso ne soppresso; solo i tempi e l'entità del pagamento degli interessi possono variare ma solo in dipendenza di parametri oggettivi relativi all'andamento economico della società). Gli strumenti finanziari partecipativi sono invece genericamente forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea Generale degli azionisti. Essi rappresentano pertanto una categoria residuale, atta a ricomprendere tutti gli strumenti finanziari emessi dalla società non altrimenti qualificati e disciplinati dalla legge. Gli strumenti finanziari possono pertanto condizionare il diritto al rimborso del capitale all'andamento della gestione, o escluderlo del tutto. Gli strumenti finanziari partecipativi possono essere emessi non solo in base ad un'operazione di finanziamento a titolo di mutuo, ma in base ad un rapporto di diversa natura: associazione in partecipazione, negozio atipico di apporto di capitale di rischio. D’altro canto, è indubitabile la somiglianza fra taluni strumenti finanziari partecipativi e le obbligazioni che può essere molto stretta. Infatti, il codice civile prevede che la disciplina di queste ultime è applicabile anche agli strumenti finanziari comunque denominati, “che condizionano i tempi e l'entità del rimborso del capitale all'andamento economico della società”. Tipi speciali di obbligazioni Fra i tipi speciali di obbligazioni possono essere ricordate: 1) le obbligazioni a premio, che prevedono l'attribuzione agli obbligazionisti di utilità aleatorie da assegnare mediante sorteggio o con altro sistema; 2) le obbligazioni partecipanti, in cui i tempi e l'entità degli interessi variano in dipendenza dell'andamento economico della società; 3) le obbligazioni indicizzate, che mirano a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria e a adeguare il rendimento dei titoli all'andamento del mercato finanziario, ancorando il tasso di interesse e/o il valore di rimborso ad indici di varia natura quali le obbligazioni strutturate indicizzate in base all'andamento dei prezzi di azioni, indici azionari o valute estere; 4) le obbligazioni convertibili in azioni, che attribuiscono all'obbligazionista la facoltà di trasformare il proprio credito in una partecipazione azionaria della società emittente o di altra società alla prima collegata; 5) le obbligazioni con warrant (o con diritto di opzione su azioni), che attribuiscono all'obbligazionista il diritto di sottoscrivere o acquistare azioni della società emittente o di altra società; 6) le obbligazioni subordinate, che sono rimborsabili solo dopo l'integrale soddisfacimento degli altri creditori, in caso di liquidazione volontaria o di assoggettamento a procedura concorsuale della società emittente. I limiti all'emissione di obbligazioni. Il codice civile del 1942 poneva un limite all'emissione di obbligazioni da parte delle società per azioni, stabilendo che le stesse non potevano essere emesse per somma eccedente il capitale versato ed esistente risultante dall'ultimo bilancio approvato. La riforma del 2003 ha abbandonato definitivamente l'idea che il limite all'emissione di obbligazioni abbia funzione di garanzia e concepisce lo stesso come una tecnica volta ad evitare che gli azionisti ricorrono al mercato del capitale di credito in misura eccessiva rispetto al capitale di rischio apportato. In base all'attuale disciplina la società per azioni può infatti emettere obbligazioni per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. I sindaci attestano il rispetto di tale limite. La società può emettere obbligazioni per un ammontare superiore al limite fissato in via generale quando: a) le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate ad essere sottoscritte da investitori istituzionali soggetti a vigilanza prudenziale, i quali a loro volta, se trasferiscono le obbligazioni sottoscritte, rispondono della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali; b) le obbligazioni sono garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, sino a due terzi del valore di questi; c) ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale e la società è autorizzata con provvedimento dell'autorità governativa a superare il limite. Per le società con azioni negoziate in mercati regolamentati ogni limite è stato soppresso dalla riforma del 2003; per le altre società, la legge si preoccupa di garantire che il rapporto fra capitale più riserve ed obbligazioni, fissato dall'art. 2412 cod. civ., permanga per tutta la durata del prestito obbligazionario. La società che ha emesso obbligazioni non può infatti ridurre volontariamente il capitale sociale o distribuire riserve se il limite del primo comma dell'art. 2412 cod. civ. non risulta più rispettato per le obbligazioni che restano in circolazione. Il procedimento di emissione. Con l'attuale disciplina l'emissione di obbligazioni cessa di essere materia di competenza dell'assemblea straordinaria; infatti, l'emissione di obbligazioni è deliberata dagli amministratori. La delibera di emissione deve tuttavia risultare dal verbale redatto da un notaio, ed è soggetta a controllo di legalità; essa può essere eseguita solo dopo l'iscrizione. Il collocamento sul mercato delle obbligazioni è soggetto alla disciplina dell'offerta al pubblico di prodotti finanziari, ove ne ricorrano i presupposti. Alla sottoscrizione secondo il bando di emissione segue il rilascio dei titoli, che possono essere nominativi o al portatore e devono contenere le indicazioni stabilite dall'art. 2414 cod. civ. Il prezzo di emissione delle obbligazioni può essere anche inferiore al valore nominale, salvo che per le obbligazioni convertibili. L'ammontare delle obbligazioni emesse deve risultare da un apposito libro delle obbligazioni. In tale libro devono essere annotate anche l'ammontare delle obbligazioni via via estinte nonché i dati dei titolari di obbligazioni nominative, i trasferimenti ed i relativi vincoli. Le obbligazioni convertibili in azioni. L'art. 2420-bis cod. civ., regola le obbligazioni convertibili in azioni della stessa società di futura emissione (procedimento diretto). Sono queste obbligazioni che attribuiscono il diritto di sottoscrivere azioni della stessa società utilizzando come riferimento le somme già versate al momento dell'acquisto delle obbligazioni. Chi esercita il diritto di conversione cessa perciò di essere obbligazionista e diventa azionista della società. Le obbligazioni convertibili devono essere offerte in opzione agli azionisti e ai possessori di obbligazioni convertibili precedentemente emesse. A tal fine si è disposti che: - la delibera di emissione delle obbligazioni convertibili non può essere adottata se il capitale sociale precedentemente sottoscritto non è stato interamente versato; - le obbligazioni convertibili non possono essere emesse per somma complessivamente inferiore al loro valore nominale. Competente a deliberare l'emissione di obbligazioni convertibili è l'assemblea straordinaria. La stessa deve determinare il rapporto di cambio nonché il periodo e le modalità di conversione. Deve inoltre contestualmente deliberare l'aumento del capitale sociale, per un ammontare corrispondente al valore nominale da attribuire in conversione. La legge si preoccupa di conciliare, durante il periodo concesso per la conversione, la libertà di decisione della società con l'esigenza di tutelare i possessori di tali obbligazioni di fronte ad operazioni societarie che possono vistosamente alterare il valore del diritto di conversione; sono tre al riguardo le regole fissate: 1. in caso di aumenti del capitale sociale a pagamento e di nuove emissioni di obbligazioni convertibili, il diritto di opzione sugli stessi spetta anche ai possessori di obbligazioni convertibili. Si permette così agli obbligazionisti di mantenere inalterata la proporzione della loro futura partecipazione azionaria; 2. in caso di aumento gratuito del capitale o di riduzione dello stesso per perdite, il rapporto di cambio è automaticamente modificato in proporzione alla misura dell'aumento o della riduzione del capitale; 3. la società non può deliberare la riduzione volontaria del capitale sociale, la fusione con altra società, la scissione o la modificazione delle disposizioni dello statuto concernenti la ripartizione degli utili, fin quando non siano scaduti i termini fissati per la conversione. Il divieto non ha però carattere assoluto. Infatti, può essere superato concedendo agli obbligazionisti la facoltà di conversione anticipata. Non è disciplinato invece il procedimento indiretto di emissione, che si ha quando le obbligazioni emesse da una società sono convertibili con le azioni di altra società. Di fronte al silenzio del dato normativo, si pensa ancora alla possibilità di adattare analogicamente la disciplina fin qui dettata anche al procedimento indiretto. L'organizzazione degli obbligazionisti. I prestiti obbligazionari emessi da una società per azioni si caratterizzano rispetto a quelli dello Stato e degli enti pubblici per la previsione dell'organizzazione del gruppo degli obbligazionisti volta: - a tutelare gli interessi degli stessi verso la società; - consentire modifiche a maggioranza delle originarie condizioni del prestito, così sollevando la società dalla necessità di ottenere il consenso dei singoli obbligazionisti. L'assemblea degli obbligazionisti delibera: a) sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune; b) sulle modificazioni delle condizioni del prestito; c) sulle proposte di amministrazione controllata e di concordato preventivo e fallimentare; d) sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi e sul relativo rendiconto; e) sugli altri oggetti di interesse comune degli obbligazionisti. Fra le competenze dell'assemblea degli obbligazionisti spicca quella di poter deliberare "sulle modificazioni delle condizioni del prestito". Ciò è inteso nel senso che è modificabile a maggioranza qualsiasi modalità del prestito, purché la modifica sia giustificata da una situazione oggettiva della società che la rende necessaria nell'interesse degli obbligazionisti. Resta invece sottratta al potere dispositivo della maggioranza l'alterazione dei caratteri strutturali di quel determinato prestito obbligazionario. Per l'assemblea degli obbligazionisti valgono le stesse regole di funzionamento dettate per l'assemblea straordinaria dei soci, salvo alcune regole specifiche. - L'assemblea è convocata dagli amministratori della società o dal rappresentante comune degli obbligazionisti; - per le delibere di modificazione delle condizioni del prestito è necessario il voto favorevole degli obbligazionisti che rappresentano la metà delle obbligazioni emesse e non estinte; - le deliberazioni dell'assemblea degli obbligazionisti sono iscritte nel registro delle imprese. Alle delibere dell'assemblea è stata inoltre estesa l'intera disciplina dettata per le delibere assembleari nulle e annullabili. Il rappresentante comune degli obbligazionisti è nominato dall'assemblea degli obbligazionisti. Il rappresentante comune può essere scelto al di fuori degli obbligazionisti e può essere una persona fisica o una persona giuridica autorizzata alla prestazione di servizi di investimento o ancora una società fiduciaria. La nomina è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese. Il rappresentante comune ha diritto ad un compenso fissato dall'assemblea degli obbligazionisti. Il rappresentante comune dura in carica per un periodo non superiore a tre anni ed è rieleggibile. Il rappresentante comune tutela gli interessi comuni degli obbligazionisti nei confronti della società e dei terzi. Funzioni del rappresentante comune: - esegue le deliberazioni dell'assemblea degli obbligazionisti; - assiste alle operazioni per l'estinzione a sorteggio delle obbligazioni, operazioni che sono nulle se svolte senza la sua presenza; - assiste alle assemblee dei soci; - può esaminare il libro delle obbligazioni; - ha la rappresentanza processuale degli obbligazionisti, anche nelle procedure concorsuali. L'organizzazione di gruppo non priva il singolo obbligazionista del potere di tutelare i propri diritti nei confronti della società. Sono tuttavia precluse le azioni individuali che siano incompatibili con le deliberazioni dell'assemblea prevista dall'articolo 2415. La proposizione di azioni individuali è preclusa solo quando il loro accoglimento potrebbe portare a risultati contrastanti con le azioni promosse dall'organizzazione per la tutela degli interessi comuni di gruppo CAPITOLO 24 SAPA La società in accomandita per azioni è un tipo di società che si caratterizza per la presenza di due categorie di soci: a) i soci accomandatari, che rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali e sono per legge amministratori della società; b) i soci accomandanti, che sono obbligati verso la società nei limiti della quota di capitale sottoscritto. Questo tipo di società si caratterizza per il fatto che le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni. Ecco perché infatti la disciplina della società in accomandita per azioni è modellata su quella della società per azioni, dato che alla società in accomandita per azioni sono applicabili le norme relative alla società per azioni in quanto compatibili con le disposizioni seguenti. Netta è però la distinzione fra i due tipi di società in accomandita. L'accomandita semplice è una società di persone: una società in nome collettivo modificata dalla presenza di soci a responsabilità limitata (gli accomandanti). L'accomandita per azioni è invece una società di capitali: una società per azioni modificata dalla presenza di soci a responsabilità illimitata (gli accomandatari). L'azionista accomandatario Nella società in accomandita per azioni vi è un nesso indissolubile fra qualità di accomandatario, posizione di amministratore e responsabilità per le obbligazioni sociali. Non si può essere soci accomandatari se non si è amministratori e si cessa di essere accomandatari e responsabili se si cessa di essere amministratori. Infatti, nell'accomandita per azioni: a) i soci indicati nell'atto costitutivo come accomandatari sono tutti di diritto amministratori della società b) il socio accomandatario che cessa dall'ufficio di amministratore non risponde per le obbligazioni della società sorte posteriormente all'iscrizione nel registro delle imprese della cessazione dall'ufficio c) il nuovo amministratore assume la qualità di socio accomandatario dal momento dell'accettazione della nomina Nell’accomandita per azioni, diversamente da quanto avviene nell'accomandita semplice, vi è quindi piena coincidenza fra accomandatari e amministratori e l'accomandatario- amministratore risponde illimitatamente per le sole obbligazioni sorte nel periodo in cui ha rivestito la carica di amministratore. Il dato che l'azionista accomandatario condivide con il socio accomandatario dell'accomandita semplice è il carattere sussidiario della propria responsabilità rispetto a quella della società. I creditori sociali possono agire nei confronti degli accomandatari solo dopo aver infruttuosamente escusso il patrimonio sociale. Costituzione. Conferimenti. Azioni. L' atto costitutivo deve indicare quali sono i soci accomandatari. La denominazione sociale deve essere costituita dal nome di almeno uno dei soci accomandatari, con l'indicazione di società per accomandita per azioni. Nessuna disposizione specifica è dettata per le azioni intestate agli accomandatari. Sono azioni uguali a tutte le altre, senza nessun diritto speciale. Chi acquista le azioni da un accomandatario diventa socio, ma non amministratore. Perciò assume la posizione di semplice azionista accomandante, se e fino a quando non è nominato amministratore dell'assemblea. Le azioni dei soci accomandatari sono liberamente trasferibili e non è necessario il consenso degli altri accomandatari. Gli organi sociali. Come per le S.p.A. l'organizzazione interna della Società in accomandita per azioni, si fonda sulla necessaria presenza di tre organi: assemblea, amministratori e collegio sindacale. All'assemblea si applicano le regole di funzionamento dettate per la S.p.A. Norme particolari valgono tuttavia per l'adozione di talune delibere assembleari: a) gli accomandatari non hanno diritto di voto nelle deliberazioni di nomina e revoca dei sindaci; b) le modificazioni dell'atto costitutivo non solo devono essere deliberate dall'assemblea straordinaria con le consuete maggioranze, ma devono inoltre essere approvate da tutti soci accomandatari, che in seguito a questo diritto hanno dunque potere di veto (art. 2460 cod. civ.); c) la nomina e la revoca degli amministratori è competenza dell'assemblea straordinaria. I soci accomandatari, designati nell'atto costitutivo, sono di diritto amministratori ed il loro ufficio ha carattere permanente, se l'atto costitutivo non dispone diversamente. Gli accomandatari amministratori non sono tuttavia inamovibili. Essi possono essere revocati anche se non ricorre giusta causa; la revoca deve essere però deliberata con le maggioranze prescritte per le deliberazioni dell'assemblea straordinaria. Gli amministratori sono soggetti agli stessi obblighi degli amministratori della S.p.A... Essi, pertanto, oltre ad essere personalmente e solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali, sono tenuti al risarcimento del danno per violazione degli obblighi a loro imposti dalla legge o dall'atto costitutivo, verso la società, verso i soci e verso i creditori sociali o terzi direttamente danneggiati. Per il collegio sindacale l'unica deviazione dalla disciplina della società per azioni consiste nel divieto per gli accomandatari di votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina e la revoca dei sindaci. Lo scioglimento della società. Per la società in accomandita per azioni è prevista una causa di scioglimento tipica ed ulteriore rispetto a quelle dettate per la società per azioni. La società si scioglie in caso di cessazione dalla carica di tutti gli amministratori, se nel termine di 6 mesi non si è provveduto alla loro sostituzione ed i sostituti non hanno accettato la carica. Per questo periodo il collegio sindacale nomina un amministratore provvisorio, i cui poteri sono circoscritti agli atti di ordinaria amministrazione. È quindi causa di scioglimento dell'accomandita per azioni il venir meno di tutti gli accomandatari e la conseguente impossibilità di funzionamento dell'organo amministrativo protratta per 6 mesi. Fra le cause di scioglimento non è invece previsto il venir meno di tutti i soci accomandanti. Per il resto lo scioglimento della S.a.p.a. segue la disciplina della S.p.A., salvo alcune peculiarità derivanti dalla presenza di soci a responsabilità illimitata. Infatti, se il patrimonio sarà insufficiente al pagamento dei creditori, i liquidatori potranno richiedere agli accomandatari le somme necessarie, nei limiti della loro responsabilità e della loro partecipazione alle perdite. Dopo la cancellazione della società, i creditori rimasti insoddisfatti potranno far valere i loro diritti nei confronti degli accomandatari ed anche dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da loro. Potranno agire nei confronti degli accomandanti solo nei limiti della quota di liquidazione dagli stessi riscossa. CAPITOLO 25 SRL La società a responsabilità limitata è una società di capitali nella quale: a) per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo patrimonio; b) le quote di partecipazione dei soci non possono essere rappresentate da azioni e non possono inoltre costituire oggetto di offerta al pubblico. In questo tipo di società, tutti i soci godono del beneficio della responsabilità limitata e perciò nessuno pretesa possono avanzare nei loro confronti i creditori. Con la riforma del 2003 è sostanzialmente caduto il divieto per le società a responsabilità limitata di emettere obbligazioni e quindi di emettere titoli di credito di massa anche per la raccolta di capitale di credito. L'attuale disciplina consente infatti alle S.r.l. di emettere titoli di credito, ma vieta la collocazione diretta degli stessi presso il pubblico dei risparmiatori. Nella S.r.l. è consentito adottare statutariamente anche soluzioni organizzative proprie delle società di persone. L'obiettivo di fondo è quello di accentuare il distacco della S.r.l. dalla S.p.A. e di farne un modello societario particolarmente elastico, che consenta di valorizzare profili di carattere personale presenti soprattutto nelle piccole e medie imprese. La costituzione della società. La società a responsabilità limitata unipersonale La costituzione della società a responsabilità limitata presenta limitate deviazioni dal regime della società per azioni; in merito alla sua costituzione: 1) non è ammessa la stipulazione dell'atto costitutivo per pubblica sottoscrizione; 2) il capitale sociale minimo richiesto per la costituzione è di 10 mila euro; 3) la denominazione sociale può essere liberamente formata come nella società per azioni, ma deve ovviamente contenere l'indicazione di società a responsabilità limitata; 4) anche la società a responsabilità limitata può essere costituita a tempo indeterminato. In tal caso, ogni socio può recedere dando un preavviso di 180 giorni, che l'atto costitutivo può allungare fino a un anno. Il contenuto dell'atto costitutivo è lo stesso di quello della società per azioni, salvo l'indicazione delle singole quote di partecipazione di ciascun socio invece delle azioni. Nel 1993 fu introdotta la possibilità per la S.r.l. di essere costituita da un singolo socio, società a responsabilità limitata unipersonale, con il mantenimento della responsabilità limitata per le obbligazioni sociali. Tale disciplina è stata modificata dalla riforma del 2003 ed ora coincide con la disciplina della società per azioni unipersonale. Recesso ed esclusione È riconosciuta ampia autonomia all'atto costitutivo nello stabilire quando il socio può recedere e le relative modalità. Il recesso è inderogabilmente riconosciuto per legge in una serie di casi: 1) se la società è a tempo indeterminato ogni socio può recedere con un preavviso di almeno 180 giorni, che l'atto costitutivo può allungare fino ad 1 anno; 2) se la società è a tempo determinato possono recedere i soci che non hanno consentito: a) al cambiamento dell'oggetto sociale o del tipo di società; b) alla sua fusione o scissione; c) alla revoca dello stato di liquidazione; d) al trasferimento della sede all'estero; e) all'eliminazione di una o più cause di recesso previste dall'atto costitutivo; f) al compimento di operazioni che comportano una modifica dell'oggetto sociale o una rilevante modifica dei diritti dei singoli soci; g) il diritto di recesso è riconosciuto al socio contrario all'aumento del capitale sociale con esclusione del diritto di opzione (art. 2481-bis cod. civ.). I soci che recedono hanno diritto alla liquidazione della propria partecipazione in proporzione del patrimonio sociale entro 180 giorni dalla comunicazione del recesso alla società. La quota del socio recedente deve essere prima offerta in opzione agli altri soci. Se non vi sono acquirenti si procede al rimborso attingendo dalle riserve disponibili o in mancanza riducendo il capitale sociale. Se la riduzione non è possibile, perché i creditori si oppongono la società si scioglie. Come nelle società di persone, nella S.r.l. l'atto costitutivo può prevedere specifiche cause di esclusione del socio per giusta causa. Gli organi sociali. Le decisioni dei soci. L'assemblea dei soci con la riforma del 2003 è stata degradata da organo essenziale ad organo solo eventuale per una serie di decisione dei soci. L'art. 2479 cod. civ., 2° comma, stabilisce che sono rimesse inderogabilmente alla decisione dei soci: 1) l'approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili; 2) la nomina degli amministratori, se prevista nell'atto costitutivo; 3) la nomina dei sindaci, del presidente collegio sindacale e del revisore legale dei conti; 4) modifiche dell'atto costitutivo; 5) decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale o una rilevante modifica dei diritti dei singoli soci. L'atto costitutivo può tuttavia prevedere che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In tal caso le decisioni sono adottate col voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale. Nonostante ciò, alcune decisioni particolarmente importanti devono comunque essere adottate con il metodo assembleare ritenuto più idoneo a garantire maggiore ponderazione nelle scelte e maggiore tutela dei diritti della minoranza. Esse sono: - le modifiche dell'atto costitutivo - le decisioni che comportano una sostanziale modifica dell'oggetto sociale o una rilevante modifica dei diritti dei soci - nonché la riduzione del capitale per perdite obbligatoria - le deliberazioni assembleari inoltre sono necessarie quando ne sia fatta richiesta da uno o più amministratori o dai soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale. Le modalità di convocazione dell'assemblea sono rimesse alla disciplina dell'atto costitutivo. In mancanza l'assemblea è convocata dagli amministratori con lettera raccomandata spedita ai soci e non sarà necessaria la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. In assemblea possono intervenire tutti i soci. Il voto dei soci vale in misura proporzionale alla propria quota di partecipazione. L'assemblea (ordinaria) è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta del capitale intervenuto. Non è prevista l'assemblea di seconda convocazione con maggioranze ridotte. L'invalidità delle decisioni dei soci. Parzialmente autonoma è la disciplina dell'invalidità delle decisioni dei soci. I regimi di invalidità sono tre: - un'invalidità che può essere fatta valere solo da alcuni soggetti, entro breve termine, e non opponibile ai terzi in buona fede - un’invalidità conseguente da più gravi vizi sostanziali o procedimentali, che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, ma entro tre anni - una sola causa di invalidità che può essere fatta valere da chiunque senza limiti di tempo. Regola generale è che le decisioni prese non in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono essere impugnate dei soci che non vi hanno consentito anche individualmente, nonché da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro 90 giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Sono impugnabili le decisioni prese col voto determinante di soci in conflitto di interessi qualora possano recare danno alla società. Il procedimento di impugnazione è regolato dalla disciplina delle società per azioni. Inoltre, l'annullamento non può aver luogo se la decisione impugnata è sostituita con altra, presa in conformità della legge o dell'atto costitutivo. Pertanto, la sostituzione sana retroattivamente la decisione invalida e fa salvi i diritti acquistati dai terzi. Per quanto riguarda la convalida delle decisioni, questa è favorita dalla legge anche nel corso del giudizio di impugnazione. Si prevede infatti che il tribunale può assegnare un termine per l'adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità. Possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse, ma nel termine di tre anni, e decisioni aventi oggetto impossibile o illecito e quelle prese in assenza assoluta di informazione. Infine, possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite. Amministrazione e controlli. In base all'attuale disciplina la ripartizione di competenze fra assemblea ed amministratori in merito alla gestione dell'impresa sociale è rimessa all'autonomia statutaria. In mancanza di diversa previsione, resta ferma la regola che l'amministrazione è affidata a uno o più soci, nominati con decisione dei soci. Salvo diversa previsione, gli amministratori restano in carica a tempo indeterminato. Non sono previste poi cause di incompatibilità o ineleggibilità, e sarà pertanto l'atto costitutivo a precisarle, sebbene vada sicuramente mantenuta ferma quantomeno l'ineleggibilità degli incapaci. Inoltre, l'atto costitutivo può anche prevedere che gli amministratori operino non come consiglio di amministrazione, bensì disgiuntamente o congiuntamente come nelle società di persone. Ed in tal caso si applica la relativa disciplina. Con l'applicazione dello stesso sistema di amministrazione disgiunta, ciascun amministratore può da solo decidere e da solo realizzare atti in nome della società, ma con alcune eccezioni. Infatti, devono comunque essere assunte da tutti gli amministratori le decisioni riguardanti la redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione e scissione, nonché l'aumento di capitale per delega. Nell'amministrazione disgiunta ciascun amministratore può poi opporsi al compimento di atti da parte di un altro ed in tal caso la decisione sull'opposizione è deferita ai soci a maggioranza. Gli amministratori hanno il potere generale di rappresentanza della società. Si puntualizza però che contratti conclusi dagli amministratori con rappresentanza in conflitto di interessi possono essere annullati su domanda della società se il conflitto era riconosciuto o riconoscibile dal terzo. Secondo la regola generale l'azione si prescrive entro 5 anni dalla conclusione del contratto. Possono inoltre essere impugnate le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, qualora cagionino un danno patrimoniale alla società. Profili di accentuata singolarità rispetto la società per azioni presenta la disciplina dell'azione di responsabilità. Secondo la regola generale, gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo, salvo che dimostrino di essere esenti da colpa. Responsabili solidalmente con gli amministratori sono anche i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi e quindi i soci che di fatto amministrano la società. L'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori può essere promossa dal singolo socio, il quale può altresì chiedere la revoca degli amministratori in caso di gravi irregolarità nella gestione della società. La revoca giudiziale degli amministratori può essere domandata dal singolo socio anche senza promuovere l'azione di responsabilità. Intervenuta la revoca giudiziaria dell'amministratore, sarà la società stessa a dover nominare il nuovo amministratore, non riconoscendo la legge tale potere al giudice. In caso di accoglimento della domanda di risarcimento, il ricavato va a vantaggio della società, la quale è tenuta a rimborsare il socio agente delle spese di giudizio e di quelle sostenute per l'accertamento dei fatti. Pur non espressamente previsto, possono richiamarsi per analogia i principi della società per azioni in tema di azione sociale di responsabilità esercitata dalla minoranza. Ne consegue: che la società deve essere necessariamente chiamata in giudizio come litisconsorte necessario. Alla società spetta ogni corrispettivo che abbiano tenuto i soci attori per rinunciare all'azione o transigerla. L'azione di responsabilità contro gli amministratori può essere promossa dalla società stessa. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, alla società è riconosciuto il potere o di transigere l'azione di responsabilità contro gli amministratori, anche se promossa dei soci. Più elevati sono però i quorum richiesti rispetto alla disciplina della società per azioni, essendo necessario il consenso della maggioranza dei due terzi del capitale. L'approvazione del bilancio non implica però liberazione implicita degli amministratori per le responsabilità incorse nella gestione. La disciplina della responsabilità degli amministratori verso i singoli soci o terzi direttamente danneggiati ricalca quella della società per azioni. Non si fa alcuna menzione invece della responsabilità verso i creditori sociali. Costoro potranno però trovare tutela esercitando i rimedi di diritto. L'atto costitutivo può prevedere la nomina di un sindaco o di un revisore determinando le competenze poteri. Nella società a responsabilità limitata la nomina di un singolo è obbligatoria solo in alcuni casi quando: - il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per la società per azioni (€ 50.000). - la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato - non ricorrono le condizioni stabilite dall'articolo 2435 bis per la redazione del bilancio di esercizio in forma abbreviata - la società controlla è una società obbligata alla revisione legale dei conti. Ogni socio non amministratore ha diritto di avere dagli amministratori notizie dello svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all'amministrazione, compresi quindi libri e le scritture contabili della società. Bilancio. Modificazioni dell'atto costitutivo. Scioglimento. La redazione del bilancio di esercizio e la distribuzione dell'utile non presentano sostanziali differenze rispetto alla disciplina della società per azioni. Il bilancio viene predisposto dall'ordine amministrativo, provato dei soci ed infine depositato entro 30 giorni nel registro delle imprese. Dal 2012 le società a responsabilità limitata che non abbiano nominato il sindaco potranno redigere il bilancio secondo uno schema semplificato. La decisione dei soci che approva il bilancio decide anche sulla distribuzione degli utili. Si prevede inoltre che in caso di distribuzione di utili fittizi i dividendi non sono ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede in base ad un bilancio regolarmente approvato. Le modificazioni dell'atto costitutivo sono di competenza inderogabile dell'assemblea, la quale deve deliberare con il voto favorevole di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale. Per quanto riguarda la delega degli amministratori questa è disciplinata per l'aumento del capitale sociale a pagamento. La determinazione dei limiti e delle modalità di esercizio è tuttavia integralmente rimessa all'atto costitutivo. Anche la regolamentazione del diritto di opzione è prevalentemente rimessa alle previsioni statutarie e alle determinazioni dei soci. L'esclusione del diritto di opzione è possibile solo se espressamente previsto dall'atto costitutivo. Non è ammessa solo quando l'aumento di capitale è reso necessario da una riduzione dello stesso per perdite. La disciplina dell'aumento di capitale gratuito è sostanzialmente coincidente con quella della società per azioni. Si precisa comunque che a seguito di tale operazione la quota di partecipazione di ciascun socio deve restare immutata. Sostanzialmente coincidente con quella della società per azioni è infine la disciplina della riduzione reale e nominale del capitale sociale fermo restando che limite minimo del capitale sociale da rispettare è di € 10.000. la riduzione volontaria del capitale può essere attuata mediante rimborso ai soci delle quote pagate o mediante liberazione degli stessi dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti. Quando invece si verificano perdite che rendono obbligatoria la riduzione del capitale è previsto che gli amministratori convochino senza indugio l'assemblea e sottopongono ai soci una relazione sulla situazione patrimoniale della società con le osservazioni del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale nella sede della società per almeno otto giorni prima dell'assemblea così che i soci possano prenderne visione. L'assemblea potrà procedere immediatamente alla riduzione del capitale oppure rinviare ogni decisione all'esercizio successivo. Se entro l'esercizio successivo la perdita non risultano diminuite a meno di un terzo, l'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza vi provvede il tribunale su richiesta dell'amministratori, dei sindaci, del soggetto incaricato della revisione legale o di qualsiasi interessato. Lo scioglimento della società è oggi disciplinato unitariamente per tutte le società di capitali e perciò si rinvia alla disciplina delle società per azioni. SRLS La società a responsabilità limitata semplificata La S.r.l. “semplificata” è un tipo speciale di S.r.l. disciplinata all’art. 2463-bis c.c. È stata introdotta nel 2012, nel quadro di una serie interventi volti a stimolare la creazione di nuove imprese e lo sviluppo economico del Paese. Il legislatore ha preso esempio da altri ordinamenti europei, i quali prevedevano forme di S.r.l. con ridottissimi requisiti di capitale e modalità di costituzione semplificate. Questa figura societaria ha già vissuto numerose riforme, che ad un certo punto avevano portato alla coesistenza di due tipi diversi di S.r.l. “semplificata”: quella prevista dal cod. civ., e la c.d. “società a responsabilità limitata a capitale ridotto” disciplinata da leggi speciali. Entrambe caratterizzate da un capitale inferiore al minimo legale, ma divergenti per vari aspetti della disciplina. Un riordino della materia ha per un verso ha eliminato limiti di utilizzo della S.r.l. semplificata e, per altro verso, cancellato la duplicazione con la S.r.l. a capitale ridotto. Quest’ultima abrogata, ma in compenso è stata introdotta nell’art. c.c. la facoltà di costituire una S.r.l. “ordinaria” con capitale inferiore al minimo legale. S.r.l. Semplificata disciplinata dalle norme in tema S.r.l., salvo poche ma significative differenze: - Può essere costituita con contratto o atto unilaterale solo da persone fisiche. - La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di “S.r.l. semplificata”. - Il capitale sociale dev’essere pari almeno ad € 1 ed inferiore a € 10.000. Sono ammessi solo conferimenti in denaro e il capitale va interamente sottoscritto e versato nelle mani dell’organo amministrativo alla data della costituzione. - Deve essere costituita per atto pubblico, ma l’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro imprese sono esenti da diritti di bollo e di segreteria. Non è dovuto neppure l’onorario del notaio. - L’atto va redatto in conformità al modello standard tipizzato con decreto dal Ministro della giustizia. Le clausole di questo modello sono inderogabili. Perciò, la riduzione dei costi di costituzione è bilanciata da una limitazione all’autonomia statutaria. MA il c.c. non vieta di introdurre nell’atto clausole ulteriori che integrino le previsioni del modello. E la normativa emanata dal Ministero lo consente, nonostante il fatto che quando i costituenti richiedono integrazioni allo schema tipico la prestazione del notaio non è più gratuita. CAPITOLO 26 Finanziamento dei soci nelle s.r.l. I Finanziamenti dei soci sono un mezzo che consente di incrementare le risorse finanziarie di una società senza ricorrere alle tecniche convenzionali di aumento del capitale. Essi sono dei versamenti fuori capitale, ma si differenziano dalle altre tipologie per l’obbligo di restituzione che fanno sorgere in capo alla società stessa. I soci possono rivestire la posizione di finanziatori della società stipulando con essa un contratto di mutuo. Il contratto di mutuo deve essere redatto per iscritto e deve contenere l’importo della somma da versare e il termine ultimo per il rimborso. Lo scopo del socio è quello di investire il proprio denaro disponibile per accrescere le capacità economiche della società stessa senza incidere sul capitale sociale. I finanziamenti sono delle somme di denaro che i soci hanno diritto a vedersi restituite, con o senza corresponsione degli interessi, a scadenza fissa o rinnovabile. Essi costituiscono quindi un capitale di debito della società. Inoltre, costituiscono una posta passiva dello stato patrimoniale, in quanto costituiscono dei debiti della società nei confronti dei soci. Questi sono concordabili liberamente, senza la necessità di una delibera assembleare, e in misura indipendente alla quota di partecipazione sociale. È tuttavia preferibile un accordo in forma scritta dal momento che l’articolo 1815 del codice civile presume l’onerosità delle somme oggetto di mutuo. In mancanza, gli interessi si stimano percepiti per l’ammontare maturato nel periodo d’imposta nella misura prevista ai sensi dell’articolo 1284 del codice civile. Se invece gli importi finanziati non fruttano interessi, l’infruttuosità dev’essere espressa nella nota integrativa al bilancio d’esercizio. L’accordo di finanziamento tra il socio e la società può anche avvenire in sede di assemblea ordinaria. In tal caso, l’assemblea determina i modi e i tempi di versamento e di restituzione delle somme con delibera vincolante solo per i soci che hanno prestato il loro consenso. L’articolo 11 del decreto legislativo numero 385 del 1993 e la deliberazione per il comitato internazionale del credito ed il risparmio del 3 marzo 1994 hanno stabilito delle condizioni in cui il socio si deve trovare per poter finanziare la società senza che tale operazione venga considerata come raccolta del risparmio (vietata ai soggetti diversi dalle banche, con alcune deroghe). Tali condizioni devono coesistere e sono: 1) L’iscrizione al libro dei soci per un arco temporale non inferiore ai tre mesi; 2) L’essere titolare di una quota sociale di almeno il 2% del capitale sociale deliberato con l’ultimo bilancio approvato; 3) Che ci sia un’espressa previsione nell’atto costitutivo mediante apposita clausola. La disciplina delle società a responsabilità limitata contenuta nel codice civile prevede una norma ad hoc per il rimborso dei finanziamenti effettuati dai soci nei confronti della s.r.l. Riportando che cosa si intenda anzitutto, ai fini dell’articolo 2467 del codice civile, per finanziamento dei soci: “Ai fini del precedente comma s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.“ La norma individua due criteri di qualificazione dei finanziamenti: 1) L’eccessivo squilibrio tra i debiti della società e il suo patrimonio netto; 2) L’ipotesi in cui le condizioni finanziarie della società avrebbero richiesto un conferimento. L’unica disciplina specifica sul finanziamento dei soci nelle S.p.A. la troviamo all’articolo 2497-quinquies denominato “Finanziamenti nell’attività di direzione e coordinamento”. Tale norma è dedicata ai finanziamenti eseguiti tra società dello stesso gruppo. Quando a prestare una quantità di denaro è la società del gruppo che ha la direzione e il controllo sulla società o altri soggetti ai quali è destinato il finanziamento si applica il disposto dell’articolo 2467 del codice civile. Lo spirito che muove la legge in tal senso è limitare la pratica dei gruppi di imprese di distribuire in maniera diseguale il rischio d’impresa tra le società del gruppo che esercitano controllo e coordinamento e quelle che lo subiscono stanti in situazione di sottocapitalizzazione. Nelle ipotesi di finanziamento dei soci che esulano da quelli delle società di gruppo, non è prevista una disciplina specifica. Ci sono dunque opinioni differenti sull’estensione della normativa di cui all’articolo 2467 del codice civile anche in queste ipotesi. La dottrina maggioritaria è unanime sull’idea che la disciplina delle s.r.l. relativamente ai finanziamenti si applichi anche alle S.p.A. in quanto espressione di un principio generale del diritto societario. Finanziamenti infragruppo Il cod. civ. si occupa dei fraintendimenti infragruppo in tema di direzione e coordinamento di società, in particolare all’art. 2497-quinquies. La disposizione rinvia espressamente all’art. 2467 cod. civ. che disciplina la fattispecie dei finanziamenti soci e del relativo rimborso, con la conseguenza che il combinato disposto delle due disposizioni riconduce il finanziamento infragruppo al mero apporto effettuato dal socio alla società partecipata (il finanziamento soci). L’art. 2467 cod. civ. in particolare, sancisce la postergazione legale dei finanziamenti soci subordinata tuttavia ad una serie di presupposti di natura oggettiva e soggettiva. La giurisprudenza più volte è stata chiamata sulla qualificazione della natura dell’apporto effettuato dal socio alla società partecipata. In particolare, se qualificare la fattispecie come capitale di rischio oppure capitale di debito e gli elementi dell’onere della prova in capo al socio ed alla società. La Cassazione è intervenuta sulla questione stabilendo che la diversa qualificazione dipende dalla volontà negoziale delle parti. Quindi, a prescindere dalla denominazione con la quale l’apporto del socio è stato contabilizzato nelle scritture contabili della società partecipata, l’interprete deve ricostruire la volontà delle parti per ‘’stabilire se il versamento tragga origine da un rapporto di mutuo o se invece esso sia effettuato a titolo di apporto del socio al patrimonio di rischio dell’impresa collettiva’’. Invece, la postergazione legale del finanziamento soci nell’ambito del fenomeno del gruppo di società è prevista dall’art. 2467 cod. civ., il cui perimetro di applicazione è tuttavia esteso dall’art. 2497-quinquies cod. civ. Conferimenti La disciplina dei conferimenti è prevista all’articolo 2464 cc. Possiamo partire dal principio di integrità del capitale sociale. Il valore dei conferimenti non può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale del capitale sociale. È un principio di carattere generale che vale in tutte le ipotesi in cui i soci effettuano conferimenti nella società. I soci sono obbligati ai conferimenti soltanto nel momento di costituzione della società; oltre i conferimenti iniziali, i soci non hanno nessun obbligo di effettuare altri conferimenti in società. Una volta che il socio ha effettuato il conferimento iniziale e ha ricevuto la quota di partecipazione nella S.r.l, quella quota resta la stessa durante tutta la vita della società, a meno che ovviamente non sopraggiungano perdite tali da azzerare il valore della quota di partecipazione. Se dovesse succedere questo, il socio potrebbe perdere la sua partecipazione all’interno della società oppure, altrimenti, il socio decide di ricapitalizzare la società stessa, ossia decide di effettuare nuovi conferimenti. Questa decisione va presa in maniera spontanea e autonoma, da ogni socio. Gli altri soci, in assemblea, possono decidere a maggioranza di effettuare un aumento di capitale sociale, però non possono costringere il socio a sottoscrivere il capitale sociale ed effettuare nuovi conferimenti. Infatti, il diritto di sottoscrizione nelle S.r.l, così come il diritto di opzione nella Spa, è un diritto potestativo che appartiene al socio, il quale può esercitarlo o meno. L’unico obbligo è quello dei conferimenti iniziali in sede di costituzione della società; ottemperato questo obbligo, comunque si sviluppino le vicende societarie, il socio non ha più l’obbligo di cacciare alcun centesimo nella società. Oggetto di conferimento in una S.r.l., possono essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica. Nelle S.r.l c’è una disciplina sui conferimenti molto più permissiva di quella conosciuta per le Spa. Ad esempio, nella Spa sono vietati i conferimenti d’opera o di servizi. Si tratta di un carattere inderogabile. Nelle S.r.l invece il conferimento d’opera è possibile, ma non come avviene nelle società di persone, ma è possibile con determinate caratteristiche e peculiarità. Quali sono le regole da rispettare in tema di conferimenti? Sappiamo che sono conferibili tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica, però se nell’atto costitutivo non è indicato diversamente, il conferimento va fatto in denaro. Viene però stabilita la possibilità che i soci effettuino conferimenti in natura. Questa possibilità deve essere espressamente prevista nell’atto costitutivo. In tutte le S.r.l ordinarie, ad eccezione di quelle con capitale sociale inferiore a 10.000 euro, sono ammissibili i conferimenti in natura? Sono ammissibili purché ci sia espressa previsione statutaria. Breve schema: - Nelle società di persone i conferimenti in natura sono sempre ammissibili, ovviamente non c’è bisogno di prevederli nell’atto costitutivo a meno che non siano conferimenti per la cui validità il legislatore richieda una determinata forma (ad esempio conferimenti immobiliari che richiedono la forma scritta per la trascrizione e devono essere necessariamente effettuati per atto scritto e vanno necessariamente menzionati nell’atto costitutivo). - Nelle Spa i conferimenti in natura sono sempre possibili purché previsti nell’atto costitutivo. - In tutte le S.r.l sono permessi conferimenti in natura purché previsti nell’atto costitutivo e sempre che la S.r.l sia costituita con capitale sociale pari o superiore a 10.000 euro. Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato all’organo amministrativo, nominato nell’atto costitutivo, almeno il 25% dei conferimenti in denaro e l’intero sovrapprezzo, o nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. Il versamento può essere sostituito dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria. In tal caso il socio può in ogni momento sostituire la polizza o la fideiussione con il versamento del corrispondente importo in denaro. Per i conferimenti di beni in natura e dei crediti, si osservano le disposizioni degli articoli 2454 e 2455. Le quote corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione. Cosa succede per quanto riguarda il conferimento in denaro? Anche nelle S.r.l ordinarie con capitale sociale pari o superiore a 10.000 è possibile, allo stesso modo di quanto accade nelle Spa, che il conferimento in denaro, sottoscritto, non debba essere integralmente liberato al momento della sottoscrizione. Può essere versato il 25 % e il restante 75 % verrà versato dai soci stessi successivamente, a richiesta degli amministratori. Se questo non succederà, si avrà la figura del socio moroso. È espressamente previsto che il conferimento in denaro può essere sostituito da una polizza di assicurazione o da fideiussione bancaria. Non occorre versare il denaro. Ovviamente polizza e fideiussione potranno, a scelta del socio, in ogni momento, essere sostituite dal versamento corrispondente di una somma in denaro. Qual è la caratteristica della polizza di assicurazione e della fideiussione bancaria che sostituisce il conferimento in denaro? Potranno essere sostituite in qualsiasi momento, ad esclusiva scelta del socio conferente, dalla corrispondente somma in denaro Conferimenti di beni in natura e di crediti? Anche nelle S.r.l, solo quando è previsto nell’atto costitutivo, è possibile conferire beni in natura e crediti. Domanda: se in sede di costituzione della società, nell’atto costitutivo, non è inserita questa clausola, può successivamente (ad esempio in sede di aumento del capitale) essere inserita? Si, però deve essere modificato l’atto costitutivo, nel senso che bisogna inserire, nell’atto, la clausola apposita, che permetta ai soci di conferire il bene in natura. I conferimenti dei beni in natura e dei crediti devono essere oggetto di stima, vanno valutati perché bisogna tutelare il principio dell’integrità sociale. In sede di conferimento è necessaria una relazione di stima del bene in natura o del credito, fatta da un revisore legale o da una società di revisione legale, scelto/a dai soci. L’esperto, a differenza di quanto accade nelle Spa, non deve essere designato dal tribunale. L’unica peculiarità è che sia iscritto nell’apposito registro dei revisori legali. Nella S.r.l, a differenza della Spa, non c’è il controllo delle valutazioni contenute nella relazione di stima, né si applica la disciplina della revisione della stima. Conferimento d’opera (è un conferimento in natura): La disciplina del socio d’opera nella S.r.l è molto peculiare. Prima della riforma del 2003, la disciplina dei conferimenti della S.r.l era modellata sulla disciplina dei conferimenti prevista per le Spa. Valevano dunque i limiti fissati anche in materia di Spa. Con la riforma e con il comma 6 dell’art. 2464, notiamo che per la S.r.l il divieto di conferimento d’opera e servizi è venuto meno. Ad oggi è possibile nella S.r.l conferire anche l’opera e in questo caso, però, tale conferimento deve essere garantito con polizza di assicurazione o fideiussione bancaria. Qual è il problema che, con questa norma, il legislatore vuole risolvere? Quello di conciliare la disciplina del conferimento d’opera (che non si realizza mai in un’unica soluzione, ma tramite la prestazione di attività periodiche che si svolgono con costanza nel tempo) con il principio dell’integrale liberazione dei conferimenti. La polizza assicurativa o la fideiussione bancaria permette il rispetto dell’integrale liberazione del conferimento d’opera. Anche se l’opera viene acquisita nel patrimonio della società nel corso del tempo, in realtà la polizza o fideiussione, vengono acquisite dalla società immediatamente, al momento della sottoscrizione del conferimento. A conferimento avvenuto, il socio d’opera è liberato ma non è più socio. Siccome il conferimento d’opera è un conferimento in natura, bisogna rispettare anche i requisiti di tali conferimenti, nel senso che anche per il conferimento d’opera è necessaria la relazione giurata di stima. In questa relazione bisogna attestare il valore dell’opera e viene descritta l’opera, le modalità di svolgimento e ne viene quantificato il valore. Cosa succede se ad un certo punto il socio d’opera non adempie più all’obbligo di prestare l’opera? La società è garantita dalla polizza e dalla fideiussione bancaria; dunque, potrà far fronte ad una delle due cose; quindi, ottenere in questo modo la sicurezza che quel valore, già conteggiato a capitale sociale, non vada perduto. In caso di inadempimento si trasformerà in socio normale, perché la società acquisirà integralmente la polizza assicurativa o fideiussione bancaria. Ricapitolando: la società fa riferimento alla polizza assicurativa e alla fideiussione bancaria. Il socio non è costretto ad andar via dalla società, non viene escluso dalla società, e la società può non addivenire ad una riduzione di capital, perché acquisisce il valore della quota del socio d’opera, escutendo la polizza assicurativa o fideiussione bancaria, e il socio d’opera diventa un socio normale. Domanda che capita spesso: la quota del socio d’opera si può trasferire? La quota del socio d’opera è liberamente trasferibile come una quota normale. Il socio è libero di trasferire/ cedere, a titolo oneroso o a titolo gratuito, la propria quota come socio d’opera. Il problema è quello di stabilire che fine fa la prestazione d’opera, in quanto quest’ultima può, o meno, avere carattere infungibile. Se il carattere è fungibile, il problema non si pone, ma se infungibile si. Questo significa che per quella prestazione d’opera, può non essere indifferente, per la società, la persona che la effettua. Ad esempio, una prestazione d’opera intellettuale o artistica: in questo caso è possibile che un socio abbia più competenza rispetto ad un altro socio. Cosa succede? Se non ci sono accordi tra i soci, l’obbligo di effettuare l’opera non si estingue ma rimane in capo al socio cedente. Il cedente può trasferire la quota della società ma non può trasferire insieme alla quota, anche l’obbligo di eseguire l’opera. La quota come socio viene trasferita a chi acquista tale quota, ma l’obbligo della prestazione d’opera rimane in capo al cedente. Cosa può succedere? Che il cedente voglia essere liberato dall’obbligo di effettuare la prestazione d’opera. Quindi cosa avviene in questo caso? Cosa serve? Ci vuole il consenso degli altri soci! È necessaria la maggioranza, non l’unanimità. È l’interesse sociale che va tutelato. Non per teste ma per quota di partecipazione al capitale sociale Ricapitolando, sono due i possibili scenari: 1) la quota è liberamente trasferibile ma il cedente resta obbligato nello svolgimento dell’opera, o l’opera viene effettuata dal socio cessionario col consenso della società. 2) può essere anche che ‘opera si estingua! Come avviene che l’opera si estingua? Diventa una quota di S.r.l normale poiché la società, in questo caso, acquisisce l’intero valore dell’opera con la fideiussione o la polizza. Se l’opera passa in capo al socio cessionario, va ricordato che il cessionario deve prestare una nuova fideiussione bancaria o polizza assicurativa. Questo perché la fideiussione bancaria e la polizza assicurativa hanno carattere personale; quindi, quelle del socio cedente vanno restituite e la società deve acquisire dal cessionario una nuova polizza assicurativa o fideiussione bancaria. CAPITOLO 27 TITOLI DI DEBITO SRL Per le S.r.l. È caduto il divieto di emettere obbligazioni o meglio, l’atto costitutivo può prevedere l’emissione di “titoli di debito”, sottratti alla disciplina delle obbligazioni di S.p.A. ma soggetti alla disciplina secondaria del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio. A differenza delle obbligazioni, l’emissione di titoli di debito è consentita solo se prevista nell’atto costitutivo. Ed è l’atto a stabilire se la competenza all’emissione spetta ai soci o agli amministratori determinando eventuali limiti, modalità e maggioranze necessarie. La decisione di emissione fissa le condizioni del prestito e le modalità di rimborso ed è iscritta nel registro imprese. Può anche sancire che condizioni e modalità siano modificate col consenso della maggioranza dei possessori i titoli. Contenuto ampia libertà è concessa all’autonomia statutaria nella determinazione del contenuto dei titoli. Però tali titoli sono emessi a fronte di un apporto a titolo di prestito. Quindi, come le obbligazioni, il diritto al rimborso del capitale non può essere condizionato all’andamento economico della società; solo la misura degli interessi può esserlo. L’atto può poi assimilare ulteriormente i titoli alle obbligazioni, prevedendone l’emissione come titoli di massa e la loro circolazione secondo la disciplina dei titoli di credito. Può essere prevista l’emissione come titoli individuali ed essere esclusa la destinazione dei titoli alla circolazione. Possono essere emessi titoli convertibili in partecipazioni. Sottoscrizione Garanzia Né il c.c., né la disciplina Cicr stabiliscono limiti quantitativi all’emissione, in quanto la tutela del pubblico dei risparmiatori è realizzata tramite un particolare regime di collocamento e circolazione dei titoli di debito. Questi non possono esser collocati direttamente presso il pubblico dei risparmiatori. Possono infatti essere sottoscritti solo da banche e “investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale”; cioè investitori per i quali è prescritto il rispetto di determinati requisiti di solidità patrimoniale. Investitori che, in caso di successiva circolazione dei titoli, rispondono della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali o soci della società emittente. Il che, assieme all’elevato taglio minimo (€ 50.000), ha finora scoraggiato la diffusione di questo nuovo tipo di finanziamento. CAPITOLO 28 PARTECIPAZIONI NELLE SRL In merito alle partecipazioni nelle S.r.l. la norma di riferimento è l’articolo 2468 cc. Le partecipazioni sociali in una S.r.l vengono chiamate quote, a differenza delle Spa in cui vengono definite azioni. La prima differenza tra le due è contenuto nel primo comma del 2468, il quale dice che: le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni, né costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari. Il regime giuridico che è alla base delle S.r.l è diverso da quello che è alla base di azioni di Spa. In particolare: le azioni in una Spa altro non sono che parti omogenee e standardizzate che rappresentano, ciascuna, un’identica frazione del capitale sociale. Nelle S.r.l invece, le quote, rappresentano la percentuale di partecipazione di ciascun socio al capitale sociale. Nelle S.r.l la quota di partecipazione è proporzionale al conferimento effettuato dal socio. Se parametrata al conferimento effettuato dal socio significa che ci saranno tante quote di partecipazione quanti sono i soci della S.r.l. La conseguenza che deriva da questa importante differenza sta nel fatto che Le azioni sono necessariamente tutte dello stesso valore. Hanno tutte lo stesso valore nominale, sia che tale valore sia espresso, sia che tale valore nominale sia inespresso. Le quote invece non hanno tutte lo stesso valore, ma sono di diverso ammontare (perché rapportate al capitale conferito da ciascun socio). Un'altra conseguenza: abbiamo detto che mentre per la Spa il socio è titolare di più azioni, quindi di più partecipazioni sociali, e queste partecipazioni restano autonome e distinte fra loro. Nelle S.r.l invece il socio è titolare di una sola quota. Se il socio acquista la quota di un altro socio, nella S.r.l, il socio non diventa titolare di due quote, ma diventa titolare di una sola quota, la quale subirà un incremento di valore. Una e una sola per ogni socio. Ancora, mentre le azioni sono indivisibili, nelle S.r.l. la quota è divisibile, nel senso che ogni socio può cedere anche parte della propria quota e in questo caso la quota di cui quel socio è titolare, resta sempre una ma ovviamente diminuisce il suo valore. La quota di partecipazione in una S.r.l quindi che cos’è? Secondo la giurisprudenza la quota di S.r.l va considerata un bene immateriale che può essere equiparato ad un bene mobile non iscritto in pubblico registro, ai sensi dell’art. 812 del cc. Ne deriva che ad una quota di S.r.l si possono applicare le disposizioni concernenti i beni mobili. La dottrina invece considera che le partecipazioni sociali sono trascritte nel registro delle imprese e di conseguenza si può ritenere che la quota possa essere considerato un bene mobile registrato. Sia che la si voglia considerare allo stesso modo della giurisprudenza (bene mobile non registrato), sia che la si voglia come afferma la dottrina (bene mobile registrato), resta fermo che la quota ha un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del capitale sociale che rappresenta e va quindi considerata come oggetto unitario di diritti. Le azioni ordinarie in una Spa conferiscono ai soci eguali diritti, sia sul piano patrimoniale che amministrativo. Lo stesso avviene per le quote di S.r.l. Anche qui diritti che possono essere patrimoniali o amministrativi. Qual è la peculiarità enorme rispetto alle Spa? (fondamentale) Nelle Spa per attribuire dei diritti diversi rispetto ai diritti ordinari, bisogna creare delle categorie speciali di azioni e questo significa che la società deve emettere delle partecipazioni sociali che al loro interno contengono la possibilità che il loro titolare eserciti determinati e particolari diritti. Diritti che non hanno, o hanno in maniera diversa, le azioni ordinarie. Nelle S.r.l non è così e se si vuole attribuire dei particolari diritti, questi ultimi non saranno collegati alla quota della S.r.l, ma saranno collegati alla persona del singolo socio che fa parte della S.r.l. È evidente il rilievo a carattere personale che connota la S.r.l rispetto alla Spa. Su questo punto la S.r.l, anche come società di capitali, vede essere messa in rilievo quella connotazione personalistica finora conosciuta solo per le Società di persone. Il diritto è attribuito al socio. Ne deriva che nella S.r.l non possono mai esistere e non possono mai sussistere, categorie di quote. In una S.r.l i soci possono creare categorie di quote? La risposta è NO, perché la disciplina prevista dal legislatore in tema di S.r.l, è una disciplina diversa rispetto a quella prevista per le Spa. Ed è una disciplina che impone(permette/concede) ai soci di S.r.l, la possibilità/ capacità di attribuire i diritti che ritengono maggiormente confacenti alla società, di cui si parla, ad un singolo socio. Questo non è possibile in una Spa. Se per le Spa viene chiesto: è possibile attribuire un particolare diritto ad un singolo socio? La risposta è No, perché la disciplina prevede la possibilità di creare dei diritti particolari / diversi, ma questi diritti possono essere esercitati dal socio di Spa solo se la società crea una particolare categoria di azioni, emette queste azioni speciali e le stesse vengono attribuite al socio che le esercita. Abbiamo detto che nella S.r.l non si possono creare categorie di quote e ricordiamo che nella S.r.l i diritti sociali particolari, non fanno mai parte del contenuto della partecipazione sociale, ma ineriscono alla persona del socio, dove è prevista la possibilità di attribuire diritti particolari al singolo socio. La norma di riferimento è sempre l’art. 2468. Dalla lettura della norma si ricavano due elementi FONDAMENTALI: quali sono i presupposti per l’attribuzione dei particolari diritti? Sono 2: 1) la possibilità di attribuire particolari diritti a singoli soci deve essere prevista nell’atto costitutivo. (Non significa che i particolari diritti possono essere stabiliti solo in sede di costituzione. Significa che prima di attribuire particolari diritti al singolo socio, se non c’è espressa previsione statutaria, bisognerà modificare lo statuto e inserire la specifica clausola che preveda l’attribuzione di particolari diritti) 2) i particolari diritti possono essere attribuiti solo a soci. Anche se l’attribuzione del particolare diritto non è collegata alla quota, dal momento che possono essere attribuiti questi diritti solo ai soci, significa che se il socio decidesse di trasferire la sua intera quota di partecipazione sociale (e quindi non sarà più socio), non potrà più esercitare quel particolare diritto che gli è stato attribuito. Non si può attribuire diritti sociali particolari a chi non è più socio o a chi deve diveltarlo. Questo perché la norma parla espressamente di attribuzione ai soci Un altro punto molto importante che caratterizza i particolari diritti è previsto dal comma 4 dell’art. 2468: 3) “salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo e salvo quanto previsto dal primo comma dell’art. 2473, i diritti particolari possono essere modificati solo con il consenso di tutti i soci” Quindi sia per l’attribuzione dei particolari diritti al singolo socio, sia per la modifica di tali diritti, è necessaria nella S.r.l l’unanimità. È una caratteristica importante perché nelle S.r.l, come in tutte le società di capitali, vale il principio maggioritario e non unanimistico. In questo caso invece vediamo come la disciplina delle S.r.l si avvicina a quella delle società di persone prevedendo l’unanimità. Tuttavia, è possibile che nell’atto costitutivo si possa derogare alla previsione dell’unanimità. È possibile quindi che nell’atto si preveda che le modifiche dei particolari diritti siano assunte a maggioranza. Questo significa che è possibile prevedere che la modifica di un particolare diritto (che può anche consistere nell’eliminazione del particolare diritto) può avvenire anche contro la volontà del socio che ne è titolare. Quindi se nell’atto costitutivo, nulla si dice in materia di modifica dei particolari diritti attribuiti, per modificarli e per eliminarli, ci vorrà sempre il consenso del loro titolare. E in alcuni casi l’eliminazione diventerà difficile, specialmente se il socio che è titolare di quel particolare diritto, è titolare di determinati benefici. Dunque, attenzione quando si prevede la clausola apposita nell’atto costitutivo, perché un bravo professionista deve prevedere la possibilità di modifica a maggioranza di quei particolari diritti. Possibilità che ovviamente deve essere contenuta in una clausola statutaria, altrimenti il regime legale prevede l’unanimità. Prevede una difficoltà pesante nel momento in cui si vorrà togliere o modificare il particolare diritto. Questo primo passaggio appena esposto riguarda il regime legale e unanimità della modifica dei particolari diritti. Adesso vediamo il secondo passaggio: Deroga all’unanimità. È possibile prevedere una modifica a maggioranza ma tale possibilità deve essere prevista nell’atto costitutivo. L’inciso “salvo in ogni caso quanto previsto dal primo comma dell’art. 2473 cc. Ciò significa che qualora l’atto costitutivo preveda la possibilità di modificare i particolari diritti a maggioranza, deve essere consentito ai soci dissenzienti, la possibilità di esercitare il diritto di recesso. Questo perché si sta attribuendo alla maggioranza la possibilità di incidere su un diritto soggettivo spettante al socio e di incidere anche in maniera peggiorativa. Bisogna quindi, come contrappeso attribuito alla maggioranza, garantire una tutela al socio. Garantita appunto dal diritto di recesso. Trasferimento della quota. Dove sta il problema? Il problema del trasferimento della quota del socio titolare di particolari diritti sta nel fatto che non c’è una disciplina apposita. Il legislatore non disciplina il trasferimento. Questo significa che la disciplina in concreto applicabile sarà quella risultante dagli orientamenti dottrinali e pronunciati giurisprudenziali. Partiamo da ciò che il legislatore ci dice espressamente e cioè che i particolari diritti possono essere attribuiti solo ai soci. Noi possiamo partire da una prima considerazione: cosa succede se, durante la vita societaria, un socio al quale sono attribuiti particolari diritti, intende cedere interamente la propria quota? Secondo parte della dottrina, quella quota non è trasferibile, nel senso che l’attribuzione di particolari diritti al singolo socio, comporterebbe intrasferibilità della quota. Proprio perché la quota sarebbe connessa alla persona del singolo socio. Se quella quota è intrasferibile, cosa succede? Se il socio non può cederla, le uniche possibilità sono: - Cederla col consenso di tutti gli altri soci e attribuire al nuovo socio quel particolare diritto - Il socio deve, per fuoriuscire dalla compagine sociale, recedere dalla società Questa tesi della intrasferibilità della quota però è minoritaria, perché la tesi prevalente è che non è possibile che l’intrasferibilità della quota sia implicita. Per la dottrina prevalente, laddove la quota debba essere considerata intrasferibile, il legislatore dovrebbe dirlo espressamente. Siccome non c’è espresso divieto di intrasferibilità, deve considerarsi/ ammettersi, che anche i soci titolari di particolari diritti possono liberamente trasferire la propria quota. Anche in questo caso, come in tutti gli altri casi di trasferibilità delle partecipazioni sociali, vige il principio di libera trasferibilità. I soci sono liberi di trasferire in ogni momento la propria quota, la propria partecipazione sociale. Dunque, l’intrasferibilità di una quota deve essere espressamente prevista, dal legislatore o dall’atto costitutivo, ma non può mai essere implicita né derivare da un’interpretazione della norma. Quindi se il socio di S.r.l può trasferire liberamente la propria quota, che fine fanno i diritti di cui è titolare? 1) Se il socio vuole trasferire l’intera quota significa che non sarà più socio e se non sarà più socio, non potrà più essere titolare dei particolari diritti. Questi ultimi non possono essere trasferiti insieme alla quota perché sono stati attribuiti alla persona del socio e non alla quota. Quindi mentre in una Spa, i diritti connessi alle azioni speciali circolano con le azioni speciali, nella S.r.l questo non è possibile. I diritti particolari non circolano insieme alla quota. Significa che il socio può liberamente trasferire la quota, ma sarà quella ordinaria. Non può trasferire da solo i particolari diritti. Che fine fanno questi diritti? Si estinguono!! Il socio cedente può cedere la quota, la cede come quota di partecipazione ma non può cedere i particolari diritti, i quali sono connessi alla propria persona. Se la società vorrà attribuire particolari diritti al nuovo socio, potrà farlo ma all’unanimità e l’attribuzione deve avvenire espressamente alla persona del nuovo socio. 2) Se il socio a cui sono attribuiti i particolari diritti vuole cedere solo parte della propria quota, lo può fare. Di conseguenza la propria quota di partecipazione alla società si ridurrà, ma il socio comunque resterà titolare dei particolari diritti che gli sono stati attribuiti. L’attribuzione dei particolari diritti alla persona del singolo socio prescinde dalla partecipazione al capitale sociale. Io posso essere socio di una S.r.l all’1 % ed essere titolare di particolari diritti all’interno della società. Questi diritti rimarranno in capo al socio al socio cedente nella loro unitarietà e non potranno essere trasferiti nemmeno parzialmente al socio che acquista la partecipazione sociale L’unica cosa che bisogna rispettare anche nelle S.r.l sono i divieti inderogabili di legge. Ad esempio, anche nelle S.r.l vige il divieto di Patto Leonino. Non è possibile attribuire a così particolari diritti da cui deriva come diretta o immediata conseguenza l’esclusione di uno o più soci dalla partecipazione agli utili o alle perdite Da dove si evince questo principio di libera trasferibilità? Si evince dalla lettura dell’art. 2469 cc. Dove il legislatore tratta della disciplina sul trasferimento delle partecipazioni. Attenzione al comma 1 dove viene espressamente stabilito che le partecipazioni sono liberamente trasferibili “per atto tra vivi” e “per successione a causa di morte”, salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo. La disciplina legale prevede il principio della libera trasferibilità della quota, dove il socio può autonomamente decidere le tempistiche, le modalità ed il soggetto al quale cedere la propria partecipazione sociale. Come può avvenire questo trasferimento? Può avvenire sia per atto tra vivi, quindi sia mediante un normalissimo contratto di cessione di quota, sia “mortis causa”. Questo comporta che a differenza di quanto accade nelle società di persone, nella S.r.l la quota cade in successione; quindi, la morte del socio non determina, come accade nelle società di persone, lo scioglimento del rapporto sociale. Nelle S.r.l la quota cade in successione e andrà in titolarità dell’erede del socio defunto. Da ciò deriva che i casi di scioglimento del rapporto sociale, limitatamente al singolo socio, nella S.r.l, sono il recesso e l’esclusione. Non la morte. Sempre l’art. 2469 però permette di derogare al principio della libera trasferibilità della partecipazione sociale. Nel senso che il legislatore espressamente stabilisce che le partecipazioni sono liberamente trasferibili salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo. Questo significa che i soci, concordemente, possono inserire nell’atto una clausola di intrasferibilità delle partecipazioni sociali. In questo modo al socio è impedito, in qualsiasi modo, trasferire ad altri soggetti, che in questo modo diventerebbero soci, la propria partecipazione sociale. A questo livello massimo di intrasferibilità si aggiunge anche la possibilità di prevedere una intrasferibilità relativa, ossia una intrasferibilità subordinata al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi. Questo comporta che è lecita una clausola dell’atto costitutivo che preveda che una partecipazione è intrasferibile se non vi è il consenso ad esempio degli amministratori, o se non vi è il consenso di uno o più soci, o addirittura di un terzo. È possibile anche prevedere delle condizioni e dei limiti al trasferimento di una partecipazione sociale. Cosa succede quando i soci decidono di inserire nell’atto costitutivo una clausola che preveda l’intrasferibilità delle quote? Bisogna impedire che il socio rimanga prigioniero di una compagine sociale di cui evidentemente non vuole più far parte. Tutelare i soci dall’ingresso di soci non graditi e tutelare i soci che non intendono più far parte della società. Lo si fa inserendo dei correttivi alla intrasferibilità della partecipazione sociale. Quali sono questi correttivi? - Qualora l’atto preveda l’intrasferibilità delle partecipazioni sociali, oppure ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, soci o terzi, senza prevederne condizioni o limiti, spetta al socio il diritto di recesso. E gli spetta per il solo fatto che lo statuto contiene un limite di tal genere alla circolazione della quota - Qualora invece l’atto subordini il trasferimento della quota al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi, ponendo condizioni e limiti. che nel caso concreto impediscono il trasferimento, al socio spetterà il diritto di recesso solo se nel caso concreto gli sarà impedito il trasferimento della quota CAPITOLO 29 LA TRASFORMAZIONE La trasformazione è il cambiamento di tipo di società, o il passaggio da una società di capitali ad altro tipo di ente giuridico o comunione d'azienda, e viceversa. Caratteristica propria dell'istituto è la regola della continuità dei rapporti giuridici: con la trasformazione l'ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti rapporti anche processuali dell'ente che ha effettuato la trasformazione. La riforma del 2003 ha profondamente modificato l'ambito di operatività e la disciplina della trasformazione rimuovendo gran parte dei limiti vigenti in passato. L'attuale disciplina infatti distingue tra trasformazione omogenea e trasformazione eterogenea. La trasformazione omogenea è il passaggio dall'uno all'altro tipo nell'ambito delle società lucrative. Il cambiamento del tipo di società è trattato dalla legge come una modifica dell'atto costitutivo, e come cambiamento dell'intero assetto organizzativo. La trasformazione non comporta però l'estinzione della società preesistente e la nascita di una nuova società; è la stessa società che continua a vivere in una rinnovata veste giuridica e che conserva quindi tutti i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione. La trasformazione, quindi, è una semplice vicenda modificativa dell'atto costitutivo e offre all'autonomia privata un duttile strumento per adattare l'assetto organizzativo della società alle nuove esigenze sopravvenute. Si ha trasformazione eterogenea nel passaggio da società di capitali in un ente non societario o in una comunione di azienda, e viceversa. Più precisamente, l'attuale disciplina consente la trasformazione di una società di capitali in consorzi, società consortili, società cooperative, comunioni di azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni. Le stesse poi possono trasformarsi anche in società di capitali. La trasformazione omogenea deve essere deliberata secondo le modalità previste per le modificazioni dell'atto costitutivo e con l'osservanza delle relative maggioranze. Se l'atto costitutivo non dispone diversamente, è sufficiente il consenso della maggioranza dei soci. Al socio che non ha concorso alla decisione è però riconosciuto il diritto di recesso. 1) Per la trasformazione da uno ad un altro tipo di società di persone deve essere decisa dai soci all'unanimità, salvo diversa previsione statutaria, secondo la regola generale valida per le modifiche dell'atto costitutivo. 2) Per le società di capitali è invece necessaria una delibera dell'assemblea straordinaria da adottare nelle società per azioni non quotate con le maggioranze rafforzate. È comunque richiesto il consenso dei soci che con la trasformazione assumono responsabilità in limitata. I soci che non hanno concorso alla deliberazione hanno diritto di recesso. La delibera di trasformazione fissa le basi organizzative della società nella nuova veste giuridica 3) Nel caso di trasformazione di società di persone in società di capitali la relativa delibera deve risultare da atto pubblico e deve contenere le indicazioni prescritte dalla legge per l'atto costitutivo del tipo di società prescelto. Inoltre, alla delibera di trasformazione deve essere allegata una relazione giurata di stima del patrimonio sociale. Il capitale sociale della società che risulta dalla trasformazione dovrà essere fissato in una cifra non superiore al patrimonio netto risultante dalla relazione di stima, ed in ogni caso non potrà essere inferiore al minimo legale stabilito per la costituzione di quel tipo di società 4) Per quanto riguarda infine le società cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, l'attuale disciplina consente la trasformazione in società lucrative o in consorzi... sebbene a caro prezzo. Di regola la deliberazione deve essere approvata con il voto favorevole di almeno la metà dei soci della cooperativa. La responsabilità dei soci La trasformazione può comportare un mutamento del regime di responsabilità dei soci. - Se in seguito alla trasformazione i soci assumono responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, l'attuale disciplina dispone che è comunque richiesto il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata. Tale responsabilità opera anche per le obbligazioni anteriori alla trasformazione. - Espressamente regolata è invece l'ipotesi inversa, quando a seguito della trasformazione viene meno la responsabilità illimitata di tutti o di alcuni dei soci. Al riguardo è innanzitutto fissata la regola che i soci non sono liberati dalla responsabilità per le obbligazioni sociali anteriori all'iscrizione della delibera di trasformazione nel registro delle imprese. La trasformazione opera solo per il futuro. Per favorire la trasformazione è però introdotta una disciplina che agevola la liberazione dei soci. È infatti stabilito che: il consenso dei creditori alla trasformazione vale come consenso alla liberazione di tutti soci a responsabilità illimitata. Il consenso alla trasformazione si presume, se ai singoli creditori è stata comunicata per raccomandata la delibera di trasformazione ed essi non hanno negato espressamente la loro adesione, nel termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione. Il silenzio quindi vale come consenso. Però l'eventuale dissenso non impedisce comunque la trasformazione della società. Il permanere della responsabilità dei soci comporta il loro assoggettamento a fallimento purché l'insolvenza sia dovuta, in tutto o in parte, a debiti risalenti al periodo anteriore alla trasformazione. Questa soluzione particolarmente rigorosa è ispirata dalla finalità di impedire che la trasformazione diventi espediente per sottrarsi al fallimento personale. In ogni caso, oggi il fallimento può essere esteso ai soci solo se dichiarato entro un anno dalla trasformazione, purché siano state osservate le formalità necessarie per rendere la stessa opponibile ai terzi. La trasformazione eterogena La disciplina regola anche la trasformazione eterogenea e più esattamente la trasformazione eterogenea da parte di una società di capitali o che dà vita ad una società di capitali. Non è invece disciplinata la trasformazione eterogenea di società di persone o in società di persone. Secondo la disciplina prevista dalla riforma del 2003 le società di capitali possono trasformarsi in consorzi, società consortili, società cooperative, comunioni di azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni. Si applica quindi la disciplina della trasformazione omogenea di società di capitali, ma è richiesto il voto favorevole dei due terzi degli aventi diritto. È necessario, inoltre, il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata. La delibera di trasformazione in fondazione produce gli effetti che il codice civile ricollega all'atto di fondazione o alla volontà del fondatore. - La trasformazione in comunione d'azienda produce invece l'imputazione diretta in capo ai soci del patrimonio appartenuto alla società. Ne consegue che ciascun socio diviene comproprietario dei beni aziendali ed assume allo stesso tempo responsabilità personale ed illimitata per i debiti, anche se sorti anteriormente alla trasformazione. Più articolata è la disciplina della trasformazione eterogenea in società di capitali prevista per i consorzi, le società consortili, le comunioni di azienda, le associazioni riconosciute e le fondazioni. - Nei consorzi la trasformazione deve essere deliberata dalla maggioranza assoluta dei consorziati. - Nelle comunioni di azienda da tutti i partecipanti alla comunione. - Nelle società consortili e nelle associazioni con le maggioranze richieste per lo scioglimento anticipato. L'atto di trasformazione in società di capitali deve risultare da atto pubblico, e deve contenere le indicazioni previste dalla legge per l'atto di costituzione del tipo adottato. In particolare, dovrà contenere le enunciazioni di uno scopo lucrativo, salvo che la società risultante dalla trasformazione abbia i requisiti per essere qualificata "impresa sociale". Le azioni o quote della società risultante dalla trasformazione sono assegnate in proporzione alla partecipazione detenuta da ciascuno nel consorzio, società consortile o nella comunione d'azienda prima dell'operazione; mentre per le successioni il capitale è diviso in parti uguali fra gli associati; infine, per la trasformazione di fondazioni le partecipazioni nella nuova società sono assegnate secondo le disposizioni dell'atto di fondazione o dall'autorità governativa. L'atto di trasformazione è soggetto sia alla pubblicità richiesta per la cessazione dell'ente che effettua la trasformazione, sia alla pubblicità richiesta per la costituzione dell'ente o del tipo societario adottato. Diversamente da quanto previsto per la trasformazione omogenea, le trasformazioni eterogenee hanno effetto solo dopo che siano decorsi 60 giorni dall'ultimo adempimento pubblicitario richiesto. Entro tale termine i creditori dell'ente che si trasforma possono proporre opposizione alla trasformazione. CAPITOLO 30 LA FUSIONE La fusione è l'unificazione di due o più società in una sola. Essa può essere realizzata in due diversi modi: a) con la costituzione di una nuova società, che prende il posto di tutte le società che si fondano (fusione in senso stretto); b) mediante assorbimento in una società preesistente di una o più altre società (fusione per incorporazione). La disciplina della fusione era stata già radicalmente riformata nel 1991 dando attuazione alla terza e sesta direttiva Cee in materia societaria, e successivamente nel 2003. La fusione può aver luogo sia fra società dello stesso tipo (fusione omogenea), sia fra società di tipo diverso (eterogenea). La fusione fra società eterogenee comporta anche la trasformazione di una o più delle società che si fondono. Per le fusioni eterogenee valgono perciò gli stessi limiti esposti per la trasformazione. La partecipazione alla fusione non è consentita alle società che si trovano in stato di liquidazione, mentre con la riforma del 2003 è caduto il divieto per le società sottoposte a procedura concorsuale. La fusione è uno strumento di concentrazione delle imprese societarie che consente di ampliarne la dimensione e la competitività sul mercato in questa prospettiva è agevolata sotto diversi profili dalla legislazione tributaria. La fusione inoltre è un istituto che dà luogo ad una concentrazione giuridica e non solo economica. La fusione determina perciò la riduzione ad unità dei patrimoni delle singole società e la confluenza dei rispettivi soci in unica struttura organizzativa che continua l'attività di tutte le società preesistenti. La società incorporante o la nuova che risulta dalla fusione "assumono diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione". I creditori delle società estinte potranno perciò far valere i loro diritti sull'unitario patrimonio della società risultante dalla fusione. A loro volta i soci delle società che si estinguono diventano soci delle società incorporate o della nuova società e ricevono in cambio della loro originaria partecipazione quote o azioni di quest'ultima, in base ad un predeterminato rapporto di cambio. Sotto il profilo sostanziale per i soci si ha perciò continuazione e non estinzione del contratto sociale. La fusione è perciò correttamente inquadrata fra le vicende modificative dell'atto costitutivo delle società partecipanti. Infatti, una cosa è qualificare la delibera di fusione come modificazione dell'atto costitutivo, altro è individuare gli effetti che la fusione produce. A più società se ne costituisce una sola, e ciò implica necessariamente il venir meno di alcune o tutte le società partecipanti come soggetti giuridici autonomi. Proprio in questa conciliazione normativa fra continuità ed estinzione risiede l'essenza dell'istituto della fusione; ed è questo che fa della fusione un istituto tipico non risolubile, né in una semplice modificazione dell'assetto organizzativo delle società partecipanti, né in un trasferimento universale del patrimonio. Il progetto di fusione Il procedimento di fusione si articola in tre fasi essenziali: il progetto di fusione, la delibera di fusione e l'atto di fusione. Il progetto di fusione deve avere identico contenuto per tutte le società partecipanti alla fusione e dallo stesso devono risultare, fra le altre, le seguenti indicazioni: 1) Il tipo, la denominazione o regime sociale, la sede delle società partecipanti alla fusione. 2) L'atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante. 3) Il rapporto di cambio delle azioni o quote. 4) Le modalità di assegnazione delle azioni o quote della società che risulta dalla fusione o di quella incorporante. 5) La data dalla quale tali azioni o quote partecipano agli utili. 6) La data a decorrere dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla fusione sono imputate al bilancio della società che risulta dalla fusione o di quella incorporante. 7) Il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di azioni ed ai possessori di titoli diversi dalle azioni. 8) I vantaggi particolari eventualmente proposti a favore degli amministratori delle società partecipanti alla fusione. Il progetto di fusione deve essere iscritto nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società partecipanti alla fusione. La documentazione informativa non si esaurisce però nel progetto di fusione in quanto è prescritta la redazione preventiva di altri tre documenti: - la situazione patrimoniale; - la relazione degli amministratori; - la relazione degli esperti. Gli amministratori di ciascuna delle società partecipanti alla fusione devono redigere una situazione patrimoniale aggiornata della propria società, con l'osservanza delle norme sul bilancio di esercizio. Si tratta di un vero e proprio bilancio di esercizio infrannuale (c.d. bilancio di fusione), la cui funzione prevalente è quella di fornire ai creditori sociali informazione aggiornate per il consapevole esercizio del diritto di opposizione alla fusione. Gli amministratori delle società partecipanti alla fusione devono redigere una relazione, la quale illustri e giustifichi il progetto di fusione e in particolare il rapporto di cambio, in modo da mettere i soci in condizione di verificare i metodi di valutazione utilizzati dagli amministratori nella determinazione del rapporto di cambio. È inoltre prescritto che per ciascuna società partecipante alla fusione uno o più esperti (scelti dal tribunale nel caso la società risultante o incorporante sia una S.p.A. o una S.A.p.A.) devono redigere una relazione sulla congruità del rapporto di cambio ed esprimere un parere sull'adeguatezza del metodo o dei metodi seguiti dagli amministratori. Se la società incorporante o la società risultante dalla fusione è una società per azioni o in accomandita per azioni, la designazione dell'esperto è riservata al tribunale. Al medesimo esperto è altresì affidata la relazione di stima del patrimonio della società di persone previste dalla disciplina della trasformazione. In ogni caso le società partecipanti alla fusione possono chiedere al tribunale del luogo in cui ha sede la società risultante dalla fusione o quella incorporante, la nomina di uno o più esperti comuni. L'attuale disciplina consente inoltre di fare a meno della relazione degli esperti se vi rinunciano all'unanimità i soci di ciascuna società partecipante alla fusione. Il progetto di fusione, le relazioni degli amministratori e degli esperti, le situazioni patrimoniali di tutte le società partecipanti alla fusione ed inoltre i bilanci degli ultimi tre esercizi delle stesse, devono restare depositati in copia nelle sedi di ciascuna delle società partecipanti alla fusione durante i 30 giorni che precedono l'assemblea e finché la fusione sia deliberata. I soci possono prenderne visione e l'attuale disciplina consente che con consenso unanime possono rinunciare al termine. La fusione a seguito di acquisizione con indebitamento L'attuale disciplina regola infine le fusioni realizzate a seguito di acquisizione con indebitamento, consentendole sia pure con particolari cautele. Si tratta delle fusioni realizzate nell'ambito di un leverage buy-out, particolare tecnica per l'acquisto del controllo di una società, di origine statunitense e di recente utilizzata anche da noi. L'operazione può assumere forme diverse, ma nello schema più classico è così congegnata: chi intende acquistare il controllo della società costituisce un'apposita società per azioni con modesto capitale sociale, che ottiene un cospicuo prestito utilizzato nell'acquisto delle azioni della società bersaglio. Conseguito il controllo di quest'ultima, viene deliberata la fusione per incorporazione della stessa nella società acquirente ed il finanziamento da questo ottenuto è rimborsato con gli utili futuri della società bersaglio incorporata e/o con la vendita di parte delle attività di quest'ultima. In quest'istituto la restituzione del prestito concesso alla società acquirente è sostanzialmente garantita dal patrimonio della società bersaglio, del cui valore il finanziatore tiene conto nella concessione del prestito. Il coinvolgimento del patrimonio della società bersaglio è solo una conseguenza della successiva fusione, per effetto della quale poi la stessa società bersaglio si estingue. Altro è il profilo su cui incidono le fusioni a seguito di acquisizione con indebitamento: è quello della trasparenza dell'operazione, della quantità e qualità delle informazioni da fornire per attestare che la fusione è finanziariamente sostenibile, risponde ad un serio piano imprenditoriale, e non risponde invece ad una mira ottica predatoria. In altri termini, il problema giuridico è consentire di rilevare eventuali abusi del socio di controllo e di porre i soci di minoranza ed i creditori in condizioni di esercitare consapevolmente i loro diritti nel procedimento di fusione: diritto di voto e di impugnazione per i primi; diritto di opposizione per i secondi. Ed è proprio in questo caso che si è mossa l'attuale disciplina che integra in più punti le informazioni da fornire nella fase preliminare del procedimento "nel caso di fusione tra società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell'altra, quando per effetto della fusione il patrimonio di quest'ultima viene a costituire garanzia generica o fonte di rimborso di detti debiti". In particolare, il progetto di fusione deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione e la relazione degli esperti deve attestare la ragionevolezza della previsione. La relazione degli amministratori deve indicare le ragioni che giustificano l'operazione. Al progetto va allegata anche una relazione del soggetto incaricato della revisione legale. Non sono infine applicabili le semplificazioni procedurali previste in tema di incorporazione di società interamente controllata, o controllata al 90%. La delibera di fusione La fusione viene decisa da ciascuna delle società che vi partecipano "mediante l'approvazione del relativo progetto". L'attuale disciplina consente tuttavia che la decisione di fusione possa apportare al progetto le modifiche che non incidono sui diritti dei soci o dei terzi. È necessario ovviamente, che le modifiche al progetto di fusione siano approvate da tutte le società che partecipano alla fusione. Per l'approvazione vanno rispettate le norme dettate per le modificazioni dell'atto costitutivo. Inoltre, in caso di fusione eterogenea, i soci che non hanno concorso alla deliberazione avranno diritto di recesso. Diritto che invece è riconosciuto in caso di fusione omogenea solo per la S.r.l. Le delibere di fusione delle società singole, con i documenti previsti, devono essere iscritte nel registro delle imprese, previo controllo di legalità da parte del notaio se la società risultante dalla fusione è una società di capitali. L'atto di fusione Il procedimento di fusione si conclude con la stipulazione dell'atto di fusione da parte del legale rappresentante delle società interessate, che così da attuazione alle relative delibere assembleari. L'atto di fusione deve essere sempre redatto per atto pubblico, anche se la società incorporante o la nuova società risultante dalla fusione è una società di persone. L'atto di fusione deve essere iscritto nel registro delle imprese dei luoghi ove è posta la sede di tutte le società partecipanti alla fusione e di quello, eventualmente diverso, della società risultante dalla fusione. All'ultima iscrizione nel registro delle imprese va riconosciuta efficacia costitutiva degli effetti della fusione. Si produce perciò l'unificazione soggettiva e patrimoniale delle diverse società. La società risultante dalla fusione assume tutti i diritti e gli obblighi di quelle partecipanti, che si estinguono. I soci di quest'ultime hanno diritto di ottenere in cambio delle proprie azioni o quote, azioni o quote della società che continua l'attività, in base al prefissato rapporto di cambio. Nella fusione per incorporazione (ma non in quello in senso stretto) è consentito stabilire per tutti gli effetti una data di decorrenza successiva a quella sopraindicata, purché ciò sia previsto dal progetto di fusione. Per quanto riguarda invece la possibilità di retrodatare gli effetti, la legge stabilisce che gli effetti a rilievo reale non possono essere fatti retroagire convenzionalmente perché entrano in gioco anche gli interessi dei creditori sociali. È invece ammessa: - La retrodatazione contabile, che consiste nell'imputare al bilancio della società risultante dalla fusione le operazioni delle società partecipanti alla fusione compiute prima che la stessa si perfezioni. - La retrodatazione della data a decorrere dalla quale le azioni o quote ricevute dai soci della società che si estinguono partecipano agli utili. L'attuale disciplina regola inoltre la redazione del primo bilancio successivo alla fusione, e stabilisce che, devono essere recepiti i valori delle attività e passività come risultano dalle scritture contabili delle società che partecipano alla fusione alla data di efficacia della fusione medesima. Uno scostamento di tali valori è però consentito quando emerga un disavanzo di fusione. Sì al disavanzo di fusione in due ipotesi: - quando la società incorporante assegna ai soci delle incorporate partecipazioni per un valore complessivamente superiore al valore che ha il patrimonio netto dell'incorporata al momento della fusione (disavanzo da cambio); - oppure quando la società incorporante ha acquistato ed iscritto nei propri bilanci, prima della fusione, la partecipazione nell'incorporata per un importo superiore al valore che ha il patrimonio netto dell'incorporata al momento della fusione (disavanzo da annullamento). Espressamente disciplinato è anche il trattamento contabile dell'avanzo di fusione. Se il primo bilancio post-fusione è redatto da una società che fa appello al mercato del capitale di rischio, si deve allegare la relazione degli esperti sul rapporto di cambio ed appositi "prospetti contabili indicanti i valori attribuiti alle attività e passività delle società che hanno partecipato alla fusione". CAPITOLO 31 LA SCISSIONE Con la scissione il patrimonio di una società è scomposto ed assegnato in tutto o in parte ad altre società, con contestuale assegnazione ai soci della prima di azioni o quote delle società beneficiarie del trasferimento patrimoniale. Con la scissione si ha quindi la suddivisione di un unico patrimonio sociale e di un'unica compagine societaria in più società. Nella scissione le azioni o quote delle società beneficiarie del trasferimento patrimoniale sono acquisite direttamente dai soci della società che si scinde e non da quest'ultima, sicché per i soci il contratto sociale continua in nuove e diverse strutture societarie. La scissione non era regolata dal codice del 1942. La situazione è cambiata successivamente nel 1991. La scissione ad oggi può essere o totale o parziale. Nella scissione totale, l'intero patrimonio della società che si scinde viene trasferito a più società. La prima società, perciò, si estingue senza che però si abbia liquidazione della stessa, dato che l'attività continua tramite le società beneficiarie della scissione che assumono i diritti e gli obblighi corrispondenti alla quota di patrimonio loro trasferita. Nella scissione parziale invece solo parte del patrimonio della società che si scinde viene trasferito ad una o più società. La società scissa resta perciò rimane in vita sia pure con un patrimonio ridotto e continua l'attività parallelamente alle società beneficiarie. Beneficiare della scissione possono essere: - società di nuova costituzione, che nascono per gemmazione dalla società che si scinde ed in tal caso i soci della società scissa sono inizialmente i soli soci della società risultanti dalla scissione; - una o più società preesistenti che vedono allo stesso tempo incrementati il loro patrimonio e la compagine per l'ingresso dei soci della società scissa. Si deve tener presente, infine, che le società beneficiarie della scissione possono essere anche società di tipo diverso da quello che si scinde o altri enti giuridici. Come per la fusione è espressamente stabilito che alla scissione non possono partecipare società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo. Effetto tipico e costante della scissione, in tutte le sue articolazioni, è la diretta attribuzione ai soci della società scissa delle azioni o quote della o delle società beneficiarie. Si è perciò fuori dall’ambito della scissione e non è applicabile la relativa disciplina quando le azioni o quote della società beneficiaria sono invece attribuite alla stessa società scissa. Quest'ultima operazione, detta scorporo, È certamente possibile quando la società beneficiaria preesiste, restando però in ogni caso assoggettata alla disciplina propria dei conferimenti in natura. Il procedimento Gli amministratori delle società partecipanti alla scissione devono redigere un progetto di scissione, sottoposto alla stessa pubblicità prevista per il progetto di fusione. Oltre le indicazioni stabilite per quest'ultimo, il progetto di scissione deve contenere: - l'esatta descrizione degli elementi patrimoniali, - i criteri di ridistribuzione ai soci delle azioni o quote delle società beneficiarie. In merito al primo punto, la legge specifica che la sorte degli elementi attivi e passivi la cui destinazione non è desumibile dal progetto di scissione, con soluzioni diverse per la scissione totale o parziale, ma ispirate dalla comune finalità di salvaguardare le esigenze di tutela dei creditori sociali. Nella scissione totale, le attività di incerta attribuzione sono ripartite fra le società beneficiarie in proporzione alla quota di patrimonio netto trasferita a ciascuna di esse. Delle passività di dubbia imputazione rispondo invece in solido tutte le società beneficiarie. Nella scissione parziale invece, le relative attività restano in testa alla società trasferente. Delle passività rispondono in solido sia questa sia alle società beneficiarie. In merito al secondo punto, non è fatto obbligo alla società che si scinde, di attribuire a ciascun socio un pacchetto assortito di azioni o quote di tutte le società beneficiarie della scissione. Ma se non mi rispetta questa condizione l'attuale disciplina riconosce ai soci che non approvano la cessione il diritto di far acquistare le proprie partecipazioni dai soggetti indicati nel progetto di scissione per un corrispettivo determinato secondo le norme in tema di recesso. Per la situazione patrimoniale, la relazione degli amministratori e quella degli esperti, è integralmente richiamata la disciplina della fusione. Si specifica tuttavia che: la relazione degli amministratori deve illustrare i criteri di distribuzione delle azioni o quote e deve inoltre indicare il valore effettivo del patrimonio netto da trasferire alle società beneficiarie e di quello che eventualmente resta nella società scissa. La relazione degli esperti non è necessaria quando la cessione avviene mediante costituzione di una o più nuove società e le azioni o quote sono assegnate con criterio proporzionale, dato che in tal caso la situazione dei soci resta sostanzialmente invariata. Rinvio alla disciplina della fusione sì ha anche per le altre fasi del procedimento di scissione: delibera di scissione, pubblicità, opposizione dei creditori e stipula dell'atto di scissione. La scissione diventa efficace a partire dalla data in cui è stata eseguita l'ultima iscrizione dell'atto di scissione nel registro delle imprese in cui sono iscritte le società beneficiarie. A partire da tale momento ciascuna delle società beneficiarie assume diritti e gli obblighi della società scissa, che le sono stati attribuiti nell'atto di scissione. Con norma chiaramente ispirata dall'esigenza di tutela dei creditori, è però stabilito che "ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico". In sostanza tutte le altre società coinvolte nella scissione sono garanti in via sussidiaria di quella cui il debito è stato trasferito, sia pure nei limiti specificati dalla norma. Vale infine per l'invalidità dell'atto di scissione la stessa disciplina dettata per la fusione. CAPITOLO 32 SOCIETA’ EUROPEE La società europea è una S.p.A., dotata di personalità giuridica, in cui ciascun socio risponde delle obbligazioni sociali esclusivamente nei limiti del capitale sottoscritto. Il capitale minimo è di 120.000€, salvo leggi speciali. La SE può essere costituita solo in 5 casi tassativamente previsti dal regolamento. Il legislatore comunitario limita l’impiego di questo tipo societario, e lo riserva per la realizzazione di operazioni di concentrazione fra enti di nazionalità diversa o per la riorganizzazione di imprese già operanti in più paesi UE. La costituzione di un SE è consentita: 1) quando si fondono S.p.A. soggette alla legge di Stati membri differenti (costituzione per fusione). È ammessa sia la fusione per incorporazione, sia quella con costituzione di una nuova società. Nelle fasi preliminari del procedimento ciascuna società partecipante deve osservare le disposizioni in tema di fusione dello Stato da cui dipende; invece, l’atto di fusione è stipulato secondo la disciplina dello Stato in cui la SE avrà sede. Il regolamento fissa, tuttavia, regole comuni e individua il contenuto del progetto di fusione; richiesta è inoltre la relazione sulla congruità del rapporto di cambio, che può essere redatta anche da unico esperto per tutte le partecipanti. 2) quando due o più S.p.A., o S.r.l., promuovono la costituzione di una società europea holding al fine di sottoporsi a direzione unitaria. È necessario che almeno due società promotrici presentino un collegamento stabile con ordinamenti comunitari diversi: cioè siano soggette alla legge di Stati membri differenti, o controllino da almeno 2anni una società soggetta alla legge di altro Stato membro (affiliata), o abbiano da almeno 2anni una succursale situata in altro Stato membro. Per l’operazione, le promotrici redigono un programma comune con cui propongono ai soci di scambiare le loro azioni o quote con azioni o quote della nuova società holding. Ciascun socio è libero di aderire o rifiutare. Tuttavia, la società europea holding è costituita solo se i soci le hanno conferito oltre la metà delle azioni o quote con diritto di voto delle promotrici, o la più elevata percentuale indicata nel progetto; 3) due o più enti (anche non società) che presentano un collegamento stabile con ordinamenti comunitari diversi costituiscono una società europea controllata in comune (SE affiliata); 4) una società europea affiliata può essere costituita per atto unilaterale da parte di altra SE; 5) la SE può nascere dalla trasformazione di una S.p.A. costituita secondo la legge di uno Stato membro, purché quest’ultima controlli da 2anni una società soggetta alla legge di altro Stato Ue. Il procedimento di costituzione è disciplinato dalla legge dello Stato della sede in tema di S.p.A. Esso si conclude con l’iscrizione della società in un registro (per le SE con sede in Italia è il registro imprese). L’iscrizione determina l’acquisto della personalità giuridica da parte della società. Per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione rispondono solidamente ed illimitatamente coloro che le hanno attuate. Dopo la costituzione, la SE può però assumere i relativi obblighi. INFINE, nulla prevede il regolamento circa i conferimenti dei soci, pertanto soggetti alla disciplina degli ordinamenti nazionali: in Italia, alle norme sui conferimenti in S.p.A. L’assemblea. Organizzazione della SE. La struttura interna si caratterizza per la necessaria presenza della assemblea dei soci; l’amministrazione e i controlli possono essere organizzati secondo il sistema dualistico o monistico. Il primo prevede la presenza di un organo di direzione, con funzioni gestorie, e di un organo di vigilanza, che esercita il controllo. Quello monistico solo l’organo di amministrazione. Competenze, organizzazione, svolgimento e procedure di voto sono regolate dalla legge dello Stato della sede in tema di assemblea delle S.p.A., salvo disposizioni nel regolamento. Questo prescrive che l’assemblea deve tenersi almeno 1 volta l’anno entro 6mesi dalla chiusura dell’esercizio. La legge nazionale dello Stato della sede determina a chi spetta convocare l’assemblea. Il regolamento precisa che gli organi di direzione e vigilanza, nonché l’organo di amministrazione possono disporre la convocazione in qualsiasi momento. Riconosce poi il potere di chiedere la convocazione, o l’integrazione dell’o.d.g., agli azionisti che, soli o congiuntamente, rappresentino almeno 10% del capitale o la più bassa percentuale prevista dallo statuto o dalla legge dello Stato della sede. Le deliberazioni sono prese a maggioranza semplice dei voti, ma per le modificazioni dello statuto la maggioranza di almeno 2/3 dei voti. Tali quorum si applicano, tuttavia, solo se la legge dello Stato della sede non preveda maggioranze più elevate per le deliberazioni dell’assemblea delle S.p.A. La gestione. Riguardo all’amministrazione della società lo statuto può optare fra il sistema dualistico e monistico: 1) SISTEMA DUALISTICO come nella S.p.A., questo sistema prevede la presenza di due organi. a) ORGANO DI VIGILANZA i componenti sono nominati dall’assemblea. Però parte di essi può essere nominata dai dipendenti della società, se previsto negli accordi per il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione. Quest’organo esercita il controllo sulla gestione. Viene informato almeno ogni 3mesi dall’organo di direzione sull’andamento degli affari sociali e sugli avvenimenti che possono avere ripercussioni sulla SE. Può chiedere informazioni specifiche di qualsiasi genere all’organo di direzione. b) ORGANO DI DIREZIONE gestisce la società sotto la propria responsabilità. Tuttavia, lo statuto può prevedere che la realizzazione di alcune categorie di operazioni siano preventivamente autorizzate dall’organo di vigilanza. I componenti sono nominati e revocati da quello di vigilanza. Nessuno può cumulare le cariche di componente dei due organi. Ma, in caso di vacanza nell’organo di direzione, l’organo di vigilanza può designare uno dei suoi membri per esercitarne le funzioni. Durante tale periodo le funzioni dell’interessato in qualità di membro dell’organo di vigilanza sono sospese. 2) SISTEMA MONISTICO prevede solo un ORGANO DI AMMINISTRAZIONE a cui è attribuita la gestione della società. I suoi componenti sono nominati e revocati dall’assemblea, salvo gli accordi per il coinvolgimento lavoratori. Alle SE con sede in Italia, facendosi riferimento alla disciplina del sistema monistico spa, è imposta la costituzione in seno all’organo di un comitato per il controllo sulla gestione NORME COMUNI AI DUE SISTEMI i componenti degli organi dei due sistemi restano in carica per il periodo stabilito dallo statuto, max. 6anni, e sono rieleggibili. Se lo statuto lo prevede, può essere nominata anche una società o altro ente. Questi ultimi dovranno però esercitare i poteri loro attribuiti tramite un rappresentante persona fisica designato. Invece, non possono essere nominati i soggetti che la legge dello Stato della sede considera non eleggibili come componenti del corrispondente organo di una S.p.A. Lo stesso quando l’ineleggibilità è conseguenza di un provvedimento giudiziario o amministrativo dallo Stato della sede per le S.p.A. Sono salve le disposizioni nazionali che permettono a minoranza di azionisti, altre persone o autorità, di designare una parte dei componenti degli organi. Gli organi della SE sono validamente costituiti quando è presente o rappresentata almeno ½ dei loro componenti, e decidono a maggioranza semplice dei membri presenti o rappresentati. La responsabilità dei componenti è disciplinata dalle norme in tema di S.p.A. dello stato della sede. La disciplina locale della S.p.A. è richiamata anche in tema di redazione, controllo e pubblicità del bilancio d’esercizio e consolidato. LA SOCIETA’ COOPERATIVA EUROPEA La costituzione. La SCE è una società cooperativa, dotata di personalità giuridica, i cui soci rispondono limitatamente o illimitatamente, a seconda di quanto previsto dallo statuto. Se questo nulla prevede, la responsabilità è limitata. In quanto cooperativa, la SCE è caratterizzata da scopo mutualistico. L’oggetto principale della società deve consistere nel “soddisfacimento dei bisogni e/o promozione delle attività economiche e sociali dei propri soci” mediante l’instaurazione con gli stessi di rapporti mutualistici. Come le cooperative italiane, lo statuto può però consentire che la SCE operi anche con terzi. Corollario dello scopo mutualistico è l’esigenza che la società sia costituita da un numero minimo di soci: almeno 5soci, persone fisiche, società o altri enti costituiti secondo la legge di uno degli Stati membri. È ulteriormente richiesto che i soci fondatori presentino un legame con almeno 2 ordinamenti nazionali diversi (residenza, collocazione della sede, legge regolatrice) affinché risulti giustificato l’impiego di tipo societario europeo anziché di quelli predisposti dal diritto interno. In alternativa la SCE può nascere o per fusione fra cooperative costituite secondo la legge di uno Stato membro, purché abbiano sede nell’Ue e siano soggette ad almeno due ordinamenti nazionali diversi o per trasformazione di una cooperativa costituita secondo la legge di Stato membro, che abbia sede (legale ed effettiva) nell’Ue e possegga da almeno 2 anni una succursale o controllata soggetta alla legge di altro Stato membro. I procedimenti di costituzione mediante fusione e trasformazione ricalcano la disciplina della SE. I fondatori redigono l’atto costitutivo e lo statuto della SCE contenente le indicazioni prescritte dal regolamento comunitario. Va indicato il capitale sottoscritto, non inferiore a 30.000 €. In Italia, l’atto deve esser redatto per atto pubblico, poiché richiamate le norme in tema di controllo sulla costituzione delle S.p.A. Il procedimento di costituzione termina con l’iscrizione della SCE nel registro imprese. La disciplina dei conferimenti si ispira a quella della S.p.A. Possono essere conferiti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica, ad eccezione di prestazioni di opere o servizi. Le quote non possono essere emesse per importo inferiore al loro valore nominale. I conferimenti in danaro devono essere versati per il 25% al momento della sottoscrizione, e il residuo entro 5anni. Quelli in natura devono essere integralmente liberati al momento della sottoscrizione, e sono soggetti a stima. Le partecipazioni sociali. Le partecipazioni dei soci nella SCE sono rappresentate da quote obbligatoriamente nominative. È ammessa la creazione di categorie speciali di quote, dotate di diritti diversi. Il regolamento prevede che nell’ambito della medesima categoria le quote abbiano tutte lo stesso valore nominale ed attribuiscano stessi diritti. Si realizza così parziale standardizzazione delle partecipazioni. Perciò, la modifica del valore nominale può avvenire solo mediante operazione di frazionamento o raggruppamento che coinvolga tutte le quote appartenenti a medesima categoria. La facoltà di introdurre categorie speciali di quote rende possibile nella SCE la presenza di soci sovventori. A questi è possibile riservare privilegi nella partecipazione agli utili, nonché rappresentanza negli organi di gestione e vigilanza fino ¼ dei componenti di tali. Può poi essergli attribuito fino ¼ dei voti assemblea. L’ingresso di nuovi soci può avvenire mediante acquisto delle quote esistenti, o sottoscrizione di quote di nuova emissione. In quest’ultimo caso, il relativo aumento del capitale non richiede il procedimento di modifica dello statuto perché il capitale della SCE è variabile. Lo statuto può subordinare la ammissione di nuovi soci a particolari condizioni, come sottoscrizione di quota minima di capitale o di un numero minimo di quote. L’acquisto della qualità di socio cooperatore è soggetto ad approvazione dell’organo amministrazione. In caso di rifiuto, la decisione può essere impugnata davanti all’assemblea. L’ammissione di soci sovventori è invece deliberata direttamente dall’assemblea. Si perde la qualità di socio per morte, recesso o esclusione. Le condizioni di recesso ed esclusione sono fissate dallo statuto, ma il regolamento fissa punti fermi. Il diritto di recesso spetta al socio che ha votato contro una modifica statutaria che: a. impone ai soci di effettuare nuovi conferimenti o altre prestazioni a favore della società, o aggrava sensibilmente gli obblighi esistenti; b. prolunga il termine di preavviso di recesso ad oltre 5anni. Può poi recedere il socio che si è opposto al trasferimento della sede all’estero. Il recesso va dichiarato entro 2mesi dalla delibera contestata. L’esclusione colpisce di diritto il socio fallito e gli enti che si sciolgono. Inoltre, può essere escluso con delibera dell’organo amministrazione il socio gravemente inadempiente ai propri obblighi o che compie atti in contrasto con l’interesse societario. L’escluso può impugnare la decisione dinanzi all’assemblea. In caso di scioglimento del rapporto per morte, recesso o esclusione, il socio ha diritto al rimborso del valore nominale della quota, al netto di eventuali perdite di capitale. La liquidazione della quota avviene nel termine fissato nello statuto; condizione del rimborso è che il capitale non si riduca al di sotto del minimo legale o del maggiore importo nello statuto. Altrimenti il pagamento è sospeso. Tutte le modifiche della compagine sociale devono essere iscritte entro 1mese nel libro dei soci, liberamente consultabile da qualsiasi interessato, e sono opponibili alla società e terzi dopo iscrizione Altre forme di finanziamento Oltre con l’emissione di quote, la SCE può finanziarsi mediante l’emissione di obbligazioni e di altri titoli che non attribuiscono la qualità di socio. I possessori di questi titoli hanno diritto al rimborso del capitale e godono di altri privilegi determinati dall’atto di emissione. Non può essere loro attribuito il diritto di voto; ma se lo statuto lo prevede, possono riunirsi in assemblea speciale ed emettere pareri da portare all’assemblea prima che deliberi su argomenti riguardanti i loro diritti e interessi Gli organi. La SCE può essere organizzata secondo il sistema dualistico o monistico. La disciplina degli organi di amministrazione e controllo nei due sistemi è identica a quella della SE, anche circa il coinvolgimento dei lavoratori. Invece, se ne discosta la disciplina dell’ASSEMBLEA per l’esigenza di dar espressione ai principi del diritto cooperativo. In primo luogo, la regola del voto capitario: ad ogni socio è attribuito un voto, qualunque sia il numero di quote che detiene. Tuttavia, se la legge dello Stato della sede lo permette, lo statuto può temperare questa regola con l’attribuzione di una parte dei voti in ragione della partecipazione: max. 5voti a testa o, se inferiore, il 30% del totale. Possono inoltre essere attribuiti più voti ai soci persone giuridiche, max. 20% del totale, in relazione all’ammontare della quota o al numero dei loro soci. Ai sovventori possono essere attribuiti più voti max. 25% del totale. Inoltre, possono essere emessi a partecipare alle assemblee con diritto di voto anche i lavoratori o i loro rappresentanti, qualora previsto dagli accordi sulla partecipazione dei lavoratori. Per il resto è fatto rinvio alle norme nazionali in tema di assemblea delle cooperative dello Stato della sede, salvo per le seguenti regole nel regolamento. Convocazione l’assemblea deve riunirsi almeno 1volta l’anno, entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio, per l’approvazione di bilancio e destinazione degli utili. È inoltre convocata dall’organo amministrazione ogni qualvolta ne ravvisi la necessità, o quando ne faccia richiesta l’organo di vigilanza o una minoranza qualificata di soci. Tale minoranza ha diritto anche di ottenere l’integrazione dell’o.d.g. nell’assemblea. La convocazione deve avvenire con preavviso di almeno 30 giorni mediante comunicazione scritta, trasmessa con qualsiasi mezzo idoneo. Assemblee separate o settoriali per incentivare la partecipazione attiva dei soci alla vita SCE, è loro consentito di fari rappresentare nell’assemblea, con le modalità statuto. Questo può altresì consentire il voto per corrispondenza. Nelle SCE di maggior dimensione e in quelle che hanno più sedi o esercitano diverse attività, lo statuto può prevedere e disciplinare lo svolgimento di assemblee separate o settoriali, a cui si applicano le norme per l’assemblea generale. In questo caso l’assemblea è composta dai delegati eletti dalle assemblee separate o settoriali. Ogni socio ha diritto di ottenere in assemblea informazioni dall’amministrazione sulle materie dell’o.d.g., salvo circostanze coperte per legge da obbligo di riservatezza, o la cui divulgazione possa arrecare grave pregiudizio alla società. Questi quorum sono fissati dallo statuto. Per le modifiche dello statuto il regolamento precisa che in prima convocazione è necessaria la partecipazione di almeno ½ soci, e la maggioranza di almeno i 2/3 dei voti; in seconda non è richiesto alcun quorum costitutivo. Destinazione degli utili. Scioglimento. Secondo i principi delle cooperative nazionali, la SCE può attribuire ristorni ai propri soci in proporzione degli scambi mutualistici realizzati con ciascuno, mentre è limitata la remunerazione del capitale mediante la distribuzione di utili. Le SCE con sede in Italia devono infatti rispettare i vincoli obbligatori alla destinazione degli utili imposti dalla nostra legge alle società cooperative. La destinazione degli utili residui e delle riserve disponibili è determinata dall’assemblea che approva il bilancio, nel rispetto delle previsioni dello statuto che può anche escludere del tutto la distribuzione ai soci. L’assemblea può destinare utili e riserve disponibili ad aumento gratuito del capitale. Gli altri profili della SCE sono regolati mediante rinvio alla disciplina delle cooperative dello Stato della sede: in particolare circa il bilancio, la revisione legale dei conti, nonché lo scioglimento e le procedure d’insolvenza. Però, il regolamento precisa che, la SCE deve essere posta in liquidazione quando risulti che è stata costituita in violazione dei casi consentiti o non rispetti il limite minimo di capitale, o non osservi l’obbligo di far coincidere nello stesso Stato sede legale e reale. A ciò provvede l’autorità prevista dalla legge dello Stato della sede (in Italia il Ministero dello sviluppo economico) su istanza di qualsiasi interessato o di organo pubblico, se la cooperativa non regolarizza la propria condizione entro termine prefissato. Poi il residuo attivo di liquidazione è devoluto per finalità altruistiche dedotto quanto necessario per il rimborso del capitale ai soci. La SCE può trasformarsi in una cooperativa nazionale dello Stato membro della sede, ma non prima di 2 anni dalla registrazione e dopo l’approvazione del secondo bilancio d’esercizio. CAPITOLO 33 Patti Parasociali Sono accordi tra i soci (non necessariamente tutti, possono anche essere una parte dei soci), o tra soci e terzi, stipulati al di fuori dell'atto costitutivo o dello statuto. Vengono stipulati al fine di regolare il comportamento reciproco proprio dei soci nei confronti della società. Sono considerati contratti ATIPICI. È possibile ipotizzare la presenza di patti che coinvolgano soggetti NON soci (i terzi) (in base a ciò che a ribadito la Corte di Cassazione: è possibile riconoscere la natura parasociale anche a quei patti a cui partecipano soggetti NON soci, ogni qual volta però che l’oggetto dell’accordo sia l’esercizio di diritti, facoltà o poteri spettanti, anche in futuro, nei confronti della società. Per capire l’ambito di applicazione dei patti parasociali, occorre tener conto sia delle norme presenti nel TUF sia quelle presenti nel c.c. In sintesi, dunque, Il TUF disciplina i patti parasociali relativi alle società aperte con azioni quotate in un mercato regolamentare. Mentre il c.c. disciplina le società aperte non quotate (ma che comunque accedono al mercato del capitale di rischio. Tra le tipologie di patto parasociale individuiamo: - SINDACATI DI VOTO. sono quei patti con cui alcuni soci si impegnano a concordare preventivamente il modo in cui voteranno in assemblea. Questo tipo di patto ha la funzione di dare stabilità alla condotta della società se l'accordo è tra i soci di maggioranza. Tra i soci di minoranza, invece, tale accordo consente una migliore difesa degli interessi comuni. - SINDACATI DI BLOCCO. Pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano. Sono funzionali all’esigenza di mantenere stabile la composizione della compagine sociale e quindi di evitare ingressi indesiderati. - PATTI GLOBALI: quei patti parasociali risultanti dalla combinazione dei due precedenti. Efficacia dei patti parasociali: le clausole statutarie hanno efficacia reale (sono vincolanti per tutti i soci, sia presenti che futuri), invece i patti parasociali hanno efficacia obbligatoria (non saranno vincolanti per i soci e per i terzi, ma la loro osservanza trova un presidio nell’obbligo di risarcimento dei danni che grava sui soci inadempienti, nei confronti degli altri aderenti al patto). L’inclusione di una clausola, nell’ambito di un patto parasociale, fa si che il vincolo che emerge da questo accordo opera su un terreno esterno rispetto alla società. I problemi legati all’illegittimità dei patti parasociali, nonostante l’ampia disciplina del TUF e del c.c., non sono stati ancora superati: una sentenza del 2007 della Corte di Cassazione ha stabilito che sono da considerarsi illegittimi i patti parasociali che entrano con le norme imperative o che eludano norme o principi generali in materia societaria. I patti parasociali possono riferirsi ad una singola assemblea o possono avere carattere permanente (a tempo determinato o indeterminato); Non rientrano nella disciplina patti parasociali, ad esempio, gli accordi che incidono in maniera esclusiva sul riparto degli utili. I patti parasociali previsti dal TUF sono tassativi e vengono elencati all’art.122 (sono 6 categorie) e discipline le società quotate, mentre il codice civile, agli art 2341 bis, individua per le società non quotate soltanto 3 categorie ovvero: (1) patti aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di voto (2) patti che pongono limiti al trasferimento delle azioni (3) patti che hanno effetto congiunto di influenza dominante. Quindi non rientrano i patti di consultazione, patti che prevedono acquisto di azioni o strumenti finanziari, offerta pubblica di acquisto o di scambio. La disciplina specifica dei patti parasociali, sia nel TUF che nel c.c., prevede un sistema di obblighi in tema di trasparenza e pubblicità. È irrilevante ai fini del patto, la forma adottata per la stipulazione dello stesso, mentre vi è obbligo di pubblicità. Pubblicità (nel TUF): a) comunicati alla Consob; b) pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana; c) depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha la sua sede legale. della società. Pubblicità nel c.c.: deve essere informata innanzitutto la stessa società e deve essere resa dichiarazione in apertura di assemblea (con annotazione nel relativo verbale da depositarsi nel Registro delle Imprese). In caso di mancata dichiarazione è previsto come sanzione il divieto di esercitare il diritto di voto per i possessori delle azioni cui il patto inerisce e l'impugnabilità della deliberazione eventualmente assunta con il loro voto. In caso di inosservanza di tali obblighi i patti sono nulli, e vi sarà anche un riflesso nei confronti. CAPITOLO 34 DIRITTO DI OPZIONE I principi cardine della disciplina del diritto di opzione dettata dall’art. 2441. Il diritto di opzione è il diritto dei soci attuali di essere preferiti ai terzi nella sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale a pagamento. Questo diritto consente di mantenere inalterata la proporzione in cui ciascun socio partecipa al capitale ed al patrimonio. È possibile fare riferimento ad una duplice funzione: - Amministrativa: consente (il diritto) di mantenere inalterata la proporzione in cui ogni socio partecipa, attraverso il voto, alla formazione della volontà sociale - Patrimoniale: consente di mantenere inalterato il valore reale della partecipazione azionaria in presenza di riserve accumulate; valore che si ridurrebbe qualora le azioni fossero sottoscritte da terzi ad un prezzo inferiore al valore effettivo delle azioni già in circolazione. Quindi il diritto ha un proprio valore economico, che l’azionista può monetizzare cedendolo a terzi qualora non lo voglia o non possa concorrere all’aumento del capitale. Non è tuttavia intangibile, infatti può essere sacrificato quando uno specifico interesse della società lo esige. Il diritto di opzione ha per oggetto le azioni di nuova emissione di qualsiasi categoria e le obbligazioni convertibili in azioni emesse dalla società. Compete agli azionisti di ogni categoria e ai possessori di obbligazioni convertibili. Il diritto è attribuito a ciascun azionista in proporzione del numero di azioni già possedute. Per l’esercizio del diritto la società concede agli azionisti un termine non inferiore a 15giorni, che decorre dalla pubblicazione dell’offerta mediante deposito presso il registro imprese e contestuale avviso sul sito internet della società, o in mancanza presso la sede sociale. Però con decisione unanime i soci possono rinunciare a tale termine. Gli amministratori non sono liberi di collocare a loro piacimento le azioni rimaste inoptate. Infatti: a. se le azioni NON sono quotate, coloro che hanno esercitato il diritto di opzione hanno diritto di prelazione nella sottoscrizione delle azioni non optate, purché ne facciano richiesta all’atto dell’esercizio dell’opzione; b. se le azioni SONO quotate, i diritti di opzione residui vanno offerti nel mercato regolamentato degli amministratori, per conto della società, per almeno 5 riunioni entro il mese successivo alla scadenza; ed il ricavato della vendita va a beneficio del patrimonio. Solo se gli azionisti non si avvalgono per l’intero del diritto di prelazione o i diritti offerti nel mercato regolamentato restano invenduti, le azioni di nuova emissione potranno essere liberamente collocate. Tuttavia, la società potrebbe, nei casi previsti dal 2441, decidere di deliberare l’aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione. L’esclusione del diritto di opzione avviene: - Per le azioni di nuova emissione che, secondo la deliberazione di aumento del capitale, devono essere liberate mediante conferimenti in natura. In questo caso l’interesse della società a procurarsi il bene in natura prevale sull’interesse individuale del socio alla sottoscrizione dell’aumento - Per deliberazione dell’assemblea, quando l’interesse della società lo esige, cioè quando sussista un concreto interesse sociale che giustifica tale sacrificio - Per deliberazione dell’assemblea quando le azioni di nuova emissione debbano essere offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società, o di società che la controllano o che sono da essa controllate - Infine, nelle società con azioni quotate lo statuto può escludere il diritto di opzione nei limiti del 10% del capitale preesistente, purché il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni e ciò sia confermato da apposita relazione di un revisore legale o di una società di revisione Il diritto non si considera però escluso o limitato quando le azioni di nuova emissione sono sottoscritte da banche, enti o società finanziarie soggetti al controllo Consob, o da altri soggetti autorizzati al collocamento di strumenti finanziari, con l’obbligo di offrirle successivamente agli azionisti rispettando la disciplina del diritto di opzione. Tale forma di collocamento (c.d. opzione indiretta) è utilizzata per dilazionare nel tempo le sottoscrizioni da parte degli azionisti e dev’essere espressamente prevista dalla delibera di aumento del capitale. Le spese sono a carico della società e la delibera di aumento deve indicarne l’ammontare. È fatto divieto all’intermediario, titolare medio tempore delle azioni sottoscritte, di esercitare il diritto di voto durante la detenzione delle azioni e fino a quando non sia stato esercitato il diritto di opzione, per evitare interferenze nella vita della società.