Uploaded by Luca Gilulfo

BUSINESS STRATEGY 3

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BUSINESS STRATEGY
CAPITOLO 1
LA STRATEGIA AZIENDALE
STRATEGIA
Che cosa è una strategia? Fare strategia vuol dire pensare al modello di impresa che io voglio
realizzare.
Le strategie possono essere buone o cattive.
La strategia è il disegno che definisce il sistema delle attività aziendali, orientandole verso risultati
e obbiettivi comuni.
Tutte le aziende hanno un disegno che ne definisce le attività; tuttavia, mentre in alcune esse può
essere voluto, in altre può essere risultante di scelte via via compiute nel corso della vita
dell’impresa senza l’intenzione di dotarsi di una strategia.
La scelta degli obbiettivi verso i quali orientare le attività è la prima importante decisione da
prendere quando ci si vuole dotare di una strategia esplicita; tale strategia risulterà efficace se
l’azienda raggiunge risultati coerenti con gli obbiettivi prefissati.
La definizione degli obbiettivi produce una serie di effetti a cascata sul modo con cui configurare e
coordinare le attività. Non solo, prima ancora, essa riflette in un certo modo di guardare
all’azienda e al ruolo che essa svolge nel sistema economico, per il soddisfacimento dei bisogni che
costituiscono la sua ragione d’essere.
Nelle imprese di successo gli obbiettivi aziendali sono definiti in base alle aspettative di tutti gli
interlocutori rilevanti con i quali l’azienda si confronta:
-
Clienti finali
Collaboratori
Azionisti
Altri stakeholders
LIVELLI DELLA STRATEGIA
La definizione di strategia data sopra è valida per la maggior parte delle aziende, però qui la
andremo a declinare su due livelli:
-
Livello aziendale complessivo
Livello di business
Mentre nelle aziende mono-business non è necessario andare a distinguere il livello di business da
quello complessivo a meno che non si valuti l’ingresso in un nuovo settore.
Le imprese impiegate in diversi settori svolgono contemporaneamente “mestieri” diversi, ciò
richiede la presenza simultanea di strategie di business differenti e di un disegno complessivo che
orienti e coordini i sistemi di attività propri di ciascun business.
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Siamo di fronte alle imprese multi-business, dove la strategia non può essere analizzata, valutata e
formulata se non facendo riferimento a ogni singolo campo di attività ovvero a ogni particolare
business.
Non ha senso per esempio chiedersi chi sono i concorrenti o magari quali sono le prospettive di
mercato dell’impresa De Agostini, perché le attività facenti capo tale azienda spaziano
dell’editoria, ai media, ai giochi fino alla finanza.
Quindi solo considerando in modo distinto i diversi ambiti di attività si possono esprimere giudizi
sull’impresa nel suo insieme.
Nell’impresa multi-business gli obbiettivi e i risultati competitivi si definiscono e si misurano a
livello dei singoli business, tenendo conto anche dei costi e dei benefici che derivano da essi.
Nell’impresa mono-business invece, si riscontrano risultati e obbiettivi competitivi riferiti all’unico
business in l’azienda opera.
Diverso è il caso degli obbiettivi/risultati sociali e di quelli economico-finanziari perché
indipendentemente che l’azienda operi in uno o più business si definiscono e si apprezzano sia a
livello complessivo sia a livello di business o area strategica d’affari.
STRATEGIA COMPLESSIVA riguarda l’azienda multi-business nella sua interezza, può essere
descritta come il disegno che definisce tutto il sistema di attività, sia quelle svolte centralmente sia
quelle indirizzate alle unità di business o a eventuali unità intermedie raggruppanti più business.
La strategia complessiva include:
-
Il disegno di sviluppo dell’azienda nella sua interezza
Le strategie competitive dei singoli business (analizzate e valutate sinteticamente)
Le linee guida di un’eventuale valorizzazione delle sinergie tra i diversi business
Il disegno che definisce il sistema delle attività svolte a livello centrale
Anche le attività svolte centralmente possono essere suddivise in
-
Attività correnti come per esempio quelle relative al sistema informativo e di controllo, ai
sistemi di gestione delle risorse umane, alla gestione finanziaria.
-
Attività di set up come:
- Attività di guida e controllo strategico
- Le operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, acquisizioni)
- Ristrutturazioni organizzative
- Progetti di miglioramento finalizzati all’aumento dell’efficienza in costanza di
posizionamento strategico (progetti di sollecitazione di idee migliorative del
contesto di lavoro da parte di tutti i collaboratori
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Comunque possiamo dire che le strategie complessive variano a seconda che il vertice aziendale
sia orientato o meno a valorizzare i collegamenti fra le attività dei business, se il vertice aziendale è
orientato valorizzare i collegamenti ci troviamo di fronte a una logica sinergica, al contrario ci
troveremo davanti a una logica di portafoglio.
Logica sinergica, in tale logica il valore economico aggiuntivo che ne scaturisce deriva dalla
capacità del Management di cogliere e valorizzare le interrelazioni tangibili (tecnologiche,
produttive, commerciali) e Intangibili (dipendenti da fattori produttivi imm.) tra i diversi business.
Tutto ciò attraverso processi di condivisione di attività per esempio mettendo in comune
infrastrutture, e processi di trasferimento di competenze per esempio di ricerca e sviluppo.
Quindi il disegno di sviluppo complessivo dell’azienda, allora, si realizza mediante il coordinamento
delle strategie competitive.
Inoltre in tale logica si riscontra un’attenzione particolare agli obbiettivi di leadership complessiva
dell’azienda
Logica di portafoglio, questa logica si presenta invece quando il vertice aziendale percepisce ogni
arena competitiva come un’entità specifica con proprie caratteristiche e assegna la responsabilità
della gestione delle diverse strategie competitive a unità organizzative autonome.
In tale approccio gli obbiettivi economico-finanziari sono tempificati e prevalgono sui traguardi
competitivi nei singoli business.
In ambe due le logiche si può avere un miglioramento dei risultati aziendali.
Questa è in estrema sintesi, la fisiologia dell’impresa multi-business, nei fatti a volte prevalgono
logiche differenti tipo speculative e di potere che portano alla formazione di imprese multibusiness appesantite da strutture centrali inefficienti e incapaci di creare valore.
STRATEGIA COMPETITIVA è la parte più importante della strategia aziendale nell’impresa monobusiness, tanto che quando si parla in modo generale della strategia di un’impresa, e questa è
un’azienda mono-business, si fa riferimento implicito alla sua strategia competitiva.
Nell’impresa multi-business, invece, oltre alla strategia complessiva si presentano tante strategie
competitive quanti sono i business in cui l’azienda opera.
La strategia competitiva è quindi il disegno che definisce il sistema delle attività svolte a livello di
business, riferendosi a uno specifico ambito competitivo, avendo come riferimento un particolare
cliente finale di cui si intende soddisfare convenientemente il bisogno.
La strategia competitiva richiede quindi di mettere a fuoco il concetto di business e il processo
necessario per individuare i diversi business all’interno dell’azienda, questo è un problema
fondamentale perché ogni business si confronta con problematiche competitive ed economicofinanziarie proprie e si svolge attraverso uno specifico sistema di attività.
Un insieme di attività che nelle imprese multi- business può essere interconnesso con quello di
altri business.
Un business quindi si presenta come un sistema unitario di attività:
-
Dotato di una struttura e di una logica economico-finanziaria sua
Configurabile come un’unità di sintesi e di responsabilità di risultati eco-fin
Governabile come un tutto relativamente omogeneo e unitario
Con il quale ci si deve misurare in un definito settore industriale
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Tale sistema di attività risulta essere il luogo in cui:
-
Ci si confronta con la concorrenza
Si crea occupazione e disoccupazione
Si producono performance positive e negative
Si decreta il successo o insuccesso dell’impresa
Nell’impresa multi-business la gestione del sistema delle attività proprie di ogni business non
avviene in totale autonomia, non solo per la presenza di attività a livello aziendale ma anche per il
coordinamento delle attività fra i diversi business.
Tale coordinamento fra le diverse strategie competitive si rende necessario soprattutto in
presenza di:
-
Un unitario assetto produttivo utilizzato per realizzare prodotti differenti destinati a diversi
mercati
-
Un mercato o un insieme unitario di sblocchi servito con prodotti ottenuti impiegando
differenti materiali/tecnologie/impianti
-
Un canale distributivo utilizzato per commercializzare prodotti destinati a diversi bisogni
e/o ottenuti da diversi impianti produttivi
Le interrelazioni fra i business risultano maggiori se essi sono appartenenti a medesimi settori
industriali, in questi casi le differenti strategie competitive vengono gestite in modo sinergico
mediante un disegno complessivo.
Le informazioni economico-finanziarie per gestire i business e le loro relazioni sono riportate nel
libro a pagine 29/30/31/32
IL MODELLO DELLA FORMULA IMPRENDITORIALE (appunti di lezione)
Abbiamo un quadrato centrale dove è rappresentata l’azienda nella sua struttura, cioè risorse
organizzate in sistema di attività.
L’azienda con la sua struttura offre remunerazione e consenso agli interlocutori (dipendenti,
finanziatori, stato, comunità locale, fornitori), quindi è ovvio che l’azienda ha queste relazioni.
L’azienda cerca di offrire loro una proposta progettuale, cioè rispetto ad essi decide o comunque
dovrebbe decidere come posizionarsi, quindi quale rapporto avere con tali soggetti, per cui
sorgono dei costi per l’azienda.
Al tempo stesso uno degli interlocutori da non trascurare è quello a cui si offre il sistema di
prodotto, ovvero i clienti.
Anche qui l’azienda sceglie la strategia, il posizionamento competitivo rispetto ai clienti, e in tale
parte si presenteranno ricavi per l’azienda.
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Il corso di BS si concretizza sulla parte dei clienti, e quindi le scelte di posizionamento rispetto ai
clienti e al mercato.
Ovviamente nell’anello di sinistra è possibile che ci siano un certo numero di Business (clienti), per
esempio se l’azienda vende turbine e frigoriferi ha 2 business cm la general elettric.
Vale la pena ricordare che le strategie si classificano in due grandi famiglie:
-
Strategie di business, quindi sul singolo business o area strategica d’affari
Strategie a livello corporate, al tempo stesso sono classificate in: Strategie a livello
organizzativo, Strategie sociali, se l’azienda è multi business avremo le strategie del
portafoglio business, e infine abbiamo le Strategie economico-finanziarie.
Nelle strategie dell’impresa bisogna considerare la dimensione economica, sociale e competitiva
Parliamo del caso LA STRATEGIA DICHIARATA DI BORDERS, INC:
Borders si propone di conquistare la leadership negli Stati Uniti nel settore della vendita al
dettaglio di libri per quota di mercato calcolata sul numero di libri e fatturato. Avremo il maggior
fatturato per metro quadrato e il più alto margine unitario.
I nostri clienti proveranno da Borders l’esperienza d’acquisto più gratificante in termini di varietà
dell’offerta, disponibilità immediata dei titoli desiderati e competenza del personale di vendita.
Espanderemo la nostra rete distributiva all’Australia, alla Nuova Zelanda, a Singapore e al Regno
Unito.
Borders gestirà una catena di grandi librerie (oltre 2.000 mq) con una notevole varietà di titoli
(oltre 80.000) in ogni punto vendita. Avremo punti vendita in tutte le maggiori aree metropolitane
degli Stati Uniti e del Canada. I nostri locali non saranno acquistati ma presi in leasing; i punti
vendita avranno sistemi informativi comuni e lo stesso layout, anche se progettato nel rispetto
dell’architettura locale. La maggior parte dei punti vendita avrà un bar gestito da terzi. Abbiamo
sviluppato e ci proponiamo di mantenere un sistema informativo esclusivo per la gestione del
magazzino. Non siamo integrati verticalmente nella produzione di libri.
Riteniamo che le fonti-chiave del vantaggio competitivo siano le seguenti:
• La nostra larga scala
• Il nostro sistema proprietario di gestione delle scorte di magazzino
• Il nostro personale di vendita altamente qualificato
• La nostra reputazione per servizio di qualità e convenienza
• La localizzazione di prestigio delle nostre librerie
• La percezione diffusa fra gli agenti immobiliari del valore dei nostri punti vendita come punti di
attrazione che valorizzano il mercato immobiliare
Ampia varietà di titoli, prezzi contenuti, personale preparato, punti vendita attraenti che
forniscono al cliente un’esperienza d’acquisto gratificante sono i punti di forza che ci rendono la
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first choice tra le librerie. Gli alti volumi di vendita che questo genera in ogni negozio, uniti alle
dimensioni della catena, ci danno un potere negoziale che ci consente di acquistare libri ad un
prezzo molto vantaggioso.
Inoltre, il nostro sistema proprietario di gestione del magazzino ci fornisce una conoscenza
superiore di cosa tenere in magazzino e di minimizzare i casi di mancato acquisto perché “non in
magazzino”, ottimizzare l’inventario e minimizzare i resi agli editori.
I nostri costi unitari sono quindi i più bassi del settore, permettendoci di avere margini più alti pur
mantenendo i prezzi sotto la media. Nonostante i considerevoli costi di sviluppo e manutenzione
del nostro sistema informatico proprietario, addestramento del personale, pubblicità e
amministrazione, la nostra capacità di distribuire queste spese su molti negozi ci consente di
mantenere i nostri costi operativi ad un livello contenuto rispetto ai ricavi.
La posizione geografica dei nostri punti vendita ci offre un vantaggio di prima mossa; la
reputazione dei nostri negozi come luoghi di attrazione e generatori di traffico ci rende ottimi
locatari in nuovi complessi urbani e commerciali: questo facilita la nostra crescita attraverso nuove
aperture e ci permette di sostenere il nostro vantaggio competitivo in nuove località.
Es. Capire l’enunciato strategico considerando le determinanti del caso:
-
Ambito e gli obbiettivi
Vantaggio competitivo: leadership di costo che però persegue un sistema di prodotto diverso,
quindi ha elementi che potrebbero far pensare alla differenziazione.
Logica, che permette di perseguire il vantaggio competitivo secondo le condizioni di
economicità
In tale caso manca il fatto che non abbia considerato che nel futuro i libri cartacei non sarebbero
più stati acquistati come un tempo, dato il grande utilizzo degli acquisiti online, infatti ad oggi è
fallita.
Forse anche per colpa della nascita di Amazon.
Per cui è venuta meno la sostenibilità del vantaggio competitivo.
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4 P, LE 4 CONCEZIONI DI STRATEGIA. (appendice A capitolo 1)
Diversi sono i significati dati alla parola “Strategia”, però Mintzberg ha raccolto le differenti
definizioni proposte e ha creato il modello delle 4 P
-
Strategia come piano (Plan)
-
Strategia come modello (Pattern)
-
Strategia come posizione (Position)
-
Strategia come prospettiva (Perspective)
Strategia come PIANO.
La strategia viene comunemente intesa come una predisposizione consapevole di una serie di
attività, un pensiero che anticipa l’azione.
Secondo questa definizione, si attribuisce alla strategia due caratteristiche fondamentali:
-
Il fatto di venire delineata in anticipo rispetto alle azioni a cui si riferisce
-
Il fatto di essere sviluppata consciamente in vista di un obbiettivo fissato
Il più delle volte la sua definizione avviene in modo esplicito con la creazione dei documenti
formali chiamati “piani”.
Secondo Drucker la strategia è “un’azione finalizzata a uno scopo”.
Secondo Glueck essa è “un piano unificato, completo, integrato /…/ volto ad assicurare il
perseguimento degli obbiettivi dei base dell’azienda.
Questa concezione è confermata dalle definizioni di strategia attinenti a settori diversi. Per
esempio:
-
Nel campo militare, la strategia riguarda “la penetrazione del piano di una guerra, dalle
singole campagne e, all’interno di queste, dei singoli compiti”
-
Secondo il vocabolario della lingua italiana, la strategia è “la capacità di individuare uno
scopo e predisporre i mezzi e le linee generali del loro impiego per conseguirlo”
Sul riferimento militare è utile soffermarsi un momento, il termine “piano” infatti evoca nel
linguaggio comune il “piano della battaglia” o il “piano militare”. D’altra parte il termine strategia,
nel suo significato originario indica l’arte della guerra.
Il governo di un’impresa, tuttavia, si configura attraverso una fenomeni ben diversi dalla condotta
di un conflitto bellico, perché l’impresa è tipicamente un istituto economico-sociale farro per
durare all’infinito, mentre la guerra prima o poi finisce.
Ne consegue che l’obbiettivo della guerra è solitamente quello di sconfiggere il nemico, mentre il
finalismo aziendale è ben più complesso e non si identifica con la disfatta dei concorrenti.
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Strategia come MODELLO
Pattern, quello che noi in italiano possiamo definire come modello. Ovvero, ogni strategia si fonda
su unità imprenditoriale che viene progettualizzata in un’impostazione strategia, cioè in un
modello.
Quindi l’idea di strategia per oggi e la strategia di domani (intento strategico) è il modello.
Infatti secondo alcuni definire la strategia come piano non è sufficiente, è necessaria una
definizione che comprenda anche il comportamento che ne deriva.
La strategia come modello può essere intesa come uno schema da seguire mediante una serie di
azioni. Sulla base di questa definizione per esempio il comportamento della Ford Motor Company
quando Henry Ford presentò la sua Model T utilizzando solo il colore nero rappresentò una
strategia come modello.
La strategia è dunque coerenza dei comportamenti, consapevole o meno. Si tratta quindi di un
disegno, un modello, che nel concreto (anche involontariamente) orienta le azioni.
Mentre solo raramente tale significato è fatto proprio dai cultori della disciplina strategica , a esso
si rifanno molti “non accademici”.
Quando troviamo espressioni del tipo: “quell’impresa ha una strategia di qualità” oppure
“l’azienda è caratterizzata da una strategia di volume vincente” viene adottata in maniera implicita
l’eccezione di strategia come modello.
Strategia come POSIZIONE
La terza accezione rappresenta la strategia come posizione: una collocazione dell’azienda nel
territorio, cioè che nel linguaggio militare è la zona occupata e protetta dalle truppe.
Secondo questa definizione, la strategia raffigura la forza mediatrice tra organizzazione e
ambiente, cioè tra il contesto interno e esterno; essa esprime, come afferma Grant il legame fra
l’impresa e il suo ambiente.
Nella terminologia di Norman si parla di dominio di un territorio e di business idea come sistema
per la sua dominanza.
Questa accezione di strategia può essere compatibile con quelle precedenti: una determinata
posizione può essere preselezionata e assunta come obiettivo tramite un piano e o può essere
raggiunta per mezzo di un modello di comportamento.
Comunemente si fa riferimento a questo significato del termine strategia quando si riscontrano
espressioni del tipo: “è un’azienda con una strategia internazionale, con una strategia globale” ,
“l’impresa persegue una strategia di nicchia“.
Strategia come PROSPETTIVA
Tale accezione di strategia agisce all’interno dell’impresa, nella mente degli strateghi.
Qui la strategia è una prospettiva, consistente non tanto in una posizione scelta, ma soprattutto in
una percezione radicata del mondo che definisce un orientamento strategico di fondo.
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In questo senso, la strategia è per l’azienda ciò che la personalità è per l’individuo ciò che per gli
antropologi è la cultura.
Uno dei primi studiosi di strategia ha parlato del carattere dell’organizzazione, “fatto dei diversi
modi integrati di agire e di rispondere che le sono propri”.
In tal senso, il termine strategia descrive i tratti che sono profondamente radicati nella realtà di
un’azienda, quei tratti che sono difficili da cambiare e che formano un paradigma, un’identità, il
DNA dell’azienda.
Il concetto di strategia così delineato e almeno in parte evocato da diversi termini, tra questi
troviamo:
-
La visione dell’impresa: “un progetto ambizioso a lungo termine e non perfettamente
delineato nei dettagli”.
-
La missione aziendale: “un enunciato definitivo in termini ampi e duraturi dello scopo che
contraddistingue l’impresa, che non solo incorpora la filosofia di business della leadership
strategica, ma rivela l’immagine che l’impresa cerca di proiettare.
-
Il sistema delle idee dominanti: “le idee che esercitano un’influenza decisiva sul modo in
cui l’impresa opera e si sviluppa”.
-
La cultura aziendale: “Le convinzioni e i valori condivisi che danno significato a ciò che
membri di un’organizzazione fanno e forniscono a essi le regole secondo cui comportarsi
nella loro organizzazione.
È possibile aggiungere anche il fatto che è necessario guardare al domani nel lungo termine e per
gestire strategicamente l’azienda non può mancare l’idea del cambiamento.
Si parla di strategia quando c’è un Cambiamento consapevole, quindi è il modello delle 4 P con la
C.
Perché il modello del domani è diverso da quello di oggi perché il contesto ambientale muta.
Quindi un elemento che è fondamentale è il cambiamento, quindi il capo azienda deve pensare a
un’azienda del domani diversa da quella di oggi perché il mondo cambia.
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CHE COSA È UN’ ASA? (Appunti di lezione + Appendice B capitolo 1)
Per area strategica di affari intendiamo un sottosistema aziendale che viene individuato sulla base
della combinazione o più combinazioni di prodotto-mercato omogenee sotto il profilo della
strategia competitiva che l’azienda intende realizzare, con riferimento quindi alle leve principali
che ritengo di dover muovere per vincere la competizione sul mercato.
Es. se un’azienda vende turbine e frigoriferi sono i diversi prodotti a creare le due ASA, mentre se
un’azienda vende auto i Europa e in sud America il modo in cui mi rapporto con lo stesso prodotto
in due mercati diversi, quindi qui è il mercato a fare la distinzione.
Inoltre per ASA si intende un Area di impiego di risorse (in quale ASA impiegare risorse umane,
finanziarie, da quale ASA uscire o in quale entrare), inoltre è un centro di imputazione economica
perché possiamo fare un CE delle ASA dove normalmente il risultato dell’ASA è un risultato lordo
come un EBTDA.
Infine possiamo definire le ASA come un centro di responsabilità e a volte permette di costruire
l’assetto organizzativo e possiamo parlare allora di SBU (unità strategica organizzativa).
E si parla di SBU quando ASA ha un elevato rango di unità organizzativa, (quindi quando dentro
l’ASA troviamo il direttore di asa, operatori o team di asa) molto autonoma diventa un SBU.
Possono esserci ASA e sotto-asa e la creazione di ASA è un processo soggettivo per ogni azienda.
Perché è importante mappare le asa, cioè definire l’assetto strategico-competitivo?
La definizione delle ASA è il punto di partenza del processo di analisi strategica, e l’assetto
strategico riguarda il modo di concepire l’azienda, quindi il primo passo per una strategia vincente.
Il concetto di business (o area strategica di affari) occupa un ruolo fondamentale nell’analisi
strategica poiché esso consente di comprendere a che livello si ponga il problema di definizione
della strategia competitiva.
Permette inoltre, la determinazione dei risultati e le conseguenti decisioni di investimento e
disinvestimento per aree di responsabilità coerenti con la strategia complessiva.
È infine fondamentale per l’organizzazione e il rinnovamento delle attività.
Individuazione dell’assetto strategico di impresa, METODO PER MAPPARE LE ASA:
1. Elencare i possibili criteri di classificazione dei prodotti e dei mercati, possiamo definirla
una fase creativa.
2. Ordinare i diversi criteri secondo la loro importanza, fase selezione
3. Costruire la matrice della combinazione prodotti/mercati
4. Aggregare le combinazioni prodotto/mercato in ASA e eventualmente sub-ASA
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Al fine di individuare gli eventuali business in cui opera l’impresa, è necessario utilizzare un
concetto base dell’analisi strategica: la combinazione prodotto/mercato.
Essa è un insieme di attività aziendali definito in base all’unione fra i prodotti offerti e clienti
serviti.
Nella fase tre andiamo a costruire la matrice prodotti mercati, seguendo i seguenti passi:
-
Elencare tutti i possibili criteri di classificazione dei prodotti e dei mercati
Ordinare i diversi criteri secondo la loro importanza esplicitandone i motivi
Costruire la matrice prodotti mercati sulla base dei criteri più importanti
Fornire la distribuzione percentuale del fatturato fra le diverse combinazioni prodotto
mercato
Il primo passo nella costruzione di tale matrice è un momento di intensa generazione di idee.
l’elencazione dei criteri individuati secondo la loro importanza porta a privilegiare sia per quanto
riguarda la classificazione dei prodotti che per i mercati, uno o al massimo due criteri.
In conclusione l’identificazione dell’area strategica d’affari è un processo complesso che
presuppone la conoscenza di alcuni strumenti di analisi (in particolar modo la matrice prodotti
mercato), una certa creatività e soprattutto una conoscenza approfondita dell’impresa e
dell’ambiente in cui è immersa.
Tale processo richiede che si guardi con occhi nuovi una realtà ben conosciuta, apprezzando per
esempio, per ogni business non soltanto i dati dimensionali o di performance ma anche i fattori
critici di successo.
Permette quindi di analizzare tutta una serie di informazioni importanti per definire gli obiettivi e
per rendere più incisiva e produttiva l’attività di conduzione strategica dell’impresa.
ES. Rispetto al caso De’ Longhi
1- Classificazione dei prodotti: Condizionamento, riscaldamento, Pulizia casa e stiro, Cottura e
preparazione cibo.
Queste sono le macro-famiglie, dopo di che ognuna di questa è suddivisa in segmenti (10),
a sua volta i segmenti sono suddivisi in prodotti, che sono un numero altissimo.
Prodotti fissi o mobili. Sennò la classificazione può essere fatta in base al colore, prodotti
innovativi o tradizionali; anche se tali classificazioni non sono rilevanti non importa perché
siamo in una fase creativa.
Classificazione dei mercati: sono classificati per area geografica per es. nazionale,
regionale, europeo o mondo, inoltre sono classificati in base alla tipologia e numerosità dei
concorrenti e quindi anche in base alla diversa competizione.
Classificazione in base al canale distributivo (impiantisti, Consumer retailer e Installatori).
Classificazione in base al nome del marchio o in base alla fascia (alta, media o bassa) dei
Marchi (keenwood, delong….)
Classificazione in base al pubblico o privato.
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2- Ordinare i diversi criteri secondo la loro importanza: qui possiamo focalizzarci sulle
classificazioni prevalenti, sul prodotto ci concentriamo sui settori e sulla differenza fra fisso
o mobile.
Mentre sui mercati è importante il canale distributivo e la suddivisione dei marchi per
fascia.
3- Costruire la matrice delle combinazioni prodotto/mercato:
RISCALDAMENTO
MOBILE
CONSUMER
IMPIANTISTI
RETAILER
INSTALLATORI
RISCALDAMENTO
FISSO
1
CONDIZIO
MOBILE
CONDIZIO
FISSO
CONDIZO
GRANDI
IMPIANTI
1
2
3
5
6
7
Preso proprio l’esempio di De Longhi per completarlo dovremmo aggiungere sulla destra altre due
colonne ovvero: Pulizia casa e stiro e cottura e preparazione cibi che vengono venduti attraverso
Consumer retailer.
4- Aggregare le combinazioni prodotto/mercato in ASA e eventualmente sub-ASA
Dobbiamo chiederci quali di queste combinazioni sono simili e possono essere unite.
(I cerchi indicano le ASA)
Possiamo quindi per esempio dividere i Consumer retailer (cerchio rosso) che saranno più
attenti al design e alla sicurezza dagli Istallatori e Impiantisti (cerchio blu) che invece
saranno più attenti al prezzo.
E poi possiamo costruire un’altra ASA quella del cerchio verde.
E infine un’altra ASA che comprende Pulizia e cottura.
Dopo di che potremmo creare delle SBU, una per l’ASA rossa e per l’ASA dedicata alla Pulizia e alla
cottura dei cibi che hanno come canale di vendita i Retailer.
Mentre un’altra SBU per le altre ASA che hanno come canale di vendita i professionisti quindi
installatori e impiantisti.
Le aziende mono-business hanno una solo ASA, mentre quelle multi-business hanno più ASA
ovvero un portafoglio ASA.
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LA CATENA DEL VALORE DI PORTER (appendice A cap. 1)
Per approfondire la strategia competitiva, Porter ha elaborato la “Catena del Valore” per
esaminare le diverse attività di un business.
Questa catena permette per ogni attività le proprie determinanti di costo e come contribuisce alla
soddisfazione dei consumatori.
Composta di attività generatrici di valore che assorbono costi, dove per valore si intende il valore
creato per i clienti che potrebbe essere il prezzo; quindi per valore è ciò che il cliente è disposto a
pagare per ciò che l’impresa offre.
La differenza fra ciò che il cliente paga e la somma dei costi per generare il valore determina il
margine.
Quando parliamo di costi dobbiamo chiedersi quali sono i costi particolarmente rilevanti per quel
determinato settore, per es. nel settore cartario il costo del lavoro è ormai automatizzato e quindi
non è prioritario.
È uno strumento di rappresentazione comparativa dei costi, per capire quanto quei costi pesano
sulla mia azienda rispetto ai competitor.
Porter va a suddividere le attività primarie da quelle di supporto, dove le attività primarie
contribuiscono direttamente alla produzione e distribuzione dei beni e servizi, quelle di supporto
sono funzioni necessarie alle attività primarie mediante la fornitura di merci, materiali, risorse
umane, tecnologia e altri servizi di interesse generale.
Nelle attività primarie troviamo:
-
Logistica interna e esterna
Attività operative
Marketing e vendite
Servizi
Nelle attività di supporto troviamo:
-
Infrastruttura dell’impresa
Gestione delle risorse umane
Sviluppo della tecnologia
Approvvigionamento
La catena del valore serve anche per capire su cosa investire e su cosa disinvestire.
IL SISTEMA DEL VALORE DI PORTER
Il passaggio fra la catena del valore al sistema del valore sottolinea il fatto che il successo di
un’azienda non sempre deriva dalla qualità della catena del valore, ma piuttosto dal sistema del
valore.
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A.3 LE POSSIBILI ACCEZIONI DI GESTIONE STRATEGICA
I 4 approcci che si riscontrano nella realtà e proposti dalla letteratura di strategic
management sono 4:
• Activity based View—> la prospettiva basata sulle attività: il più noto riferimento èPorter, che
propone lo strumento della catena del valore per analizzare le determinanti del successo in ogni
business. I cultori di economia aziendale si riferiscono a tale approcciocon il termine “gestione”;
• Knowledge based view—> la visione basata sulle conoscenze: vede l’azienda come una
sommatoria di competenze. La tradizione utilizza il termine “organizzazione”; l’autrice che ha
proposto tale visione è Penterose e Wernerfelt che ne ha sviluppato l’impiego incampo strategico;
• Performance based view—> l’approccio basato sui risultati: prende le mosse per comprendere
lo “stato di salute” dell’azienda, dei suoi risultati, in particolare quelli economico-finanziari;
• Stakeholders based view—> la concezione basata sui portatori di interessi: osserva Il
funzionamento all’azienda partendo dalla prospettiva dei portatori di interessi.
Lezione 5 (Rigolini e Palla)
AZIENDA SAVEMA CON APPLICAZIONE DELLA CATENA DI PORTER
Azienda Savema, azienda del settore lapidio cioè di trasformazione e commercio delle pietre
ornamentali tipo il granito.
È un’azienda familiare, di media dimensioni che ha all’incirca 100 dipendenti e ha un fatturato
medio di 30 milioni l’anno.
Ha come cliente il consumatore finale.
Settore della pietra naturale nel mondo in termini di produzione e consumo non ha mai
conosciuto un periodo critico ma è sempre cresciuto.
La crescita nel mondo è stata ininterrotta, dal 94 al 2018 sono quadruplicate perché siamo passati
da 15 tonnellate a 65.4.
L’Italia rappresenta il 10.8% di tutto il materiale che viene estratto al mondo, noi riusciamo a
vendere il materiale a un prezzo più alto rispetto agli altri paesi.
Questo mercato si divide in 2 distretti: il distretto di Verona che si rivolge al mercato nord europeo
e il distretto di carrara.
È un settore prestigioso perché il marmo è diventato negli anni un elemento distintivo dell’Italia,
nonché essere sinonimo di bellezza.
Tale vendita di marmo si colloca in molti mercati, gli stati uniti che hanno assorbito nel 2018 409
milioni di euro di prodotto pari a 177 mila tonnellate.
La Cina che è il primo compratore dal punto di vista qualitativo perché acquista materia prima.
Questo primato dipende da tanti elementi, prima di tutto dall’area geografica italiana che
presenta moltissime cave il fatto di avere questa ricchezza ha fatto si che nei secoli si siano
sviluppate delle tecnologie volte ad estrarre i materiali.
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E poi dobbiamo considerare che questo primato deriva dal fatto il marmo sia parte della nostra
storia basti pensare alla reggia di Caserta.
Questo ha attribuito valore al prodotto, il vero primato era dato anche dal fatto che fino al 1950
l’Italia era l’unica e solo fabbrica di marmo al mondo, quindi l’unico paese in grado di lavorare il
marmo.
La vera rivoluzione avviene nel 1950 con l’invenzione del telaio, macchina per segare il granito.
Inoltre un altro elemento di sviluppo è stato una tendenza dell’architettura moderna, cioè alcuni
architetti iniziano ad amare a rivestire i palazzi con il granito; proprio perché il granito ha una vita
più lunga del marmo.
Quest’avvento del granito ha avuto come conseguenza lo spostamento della lavorazione del
granito dall’Italia al mondo, perché la tecnologia diventa accessibile a tutti e le cave di granito non
sono solo in Italia.
L’Italia ha cominciato ad abbandonare il granito perché non era più profittevole perché anche gli
altri paesi avevano per esempio costi di manodopera inferiori e più competitivi.
Per cui l’Italia ha iniziato ad investire e commercializzare il marmo proveniente dalle alpi apuane.
I prodotti del nostro distretto sono i:
-
Blocchi, destinati a un mercato di trasformatori
Lastra di marma, spessore di 2/3 cm
Tagliato a misura, il rivestimento che viene utilizzato per qualsiasi tipo di applicazione tipo
pavimento.
Nella catena Del valore di Porte nel distretto lapideo Apo-Versiliese abbiamo come attività
primarie:
-
Attività di cava
Attività estrattiva
Produzione lastre
Lavorazione
Posatura
Nelle attività di supporto:
-
Commercializzazione blocchi
Rapporti con le istituzioni locali
Progettazione
Relazioni con società di architettura e ingegneria
Attività di ingegnerizzazione e ancoraggi
Attività di innovazione dei materiali
Gestione del selected and produced by carrara
Rapporti con il cliente finale
Savema, fondata nel 1961 poi con l’avvento delle nuove tecnologie che prevedevano di
trasformare il granito, il figlio del fondatore insieme ad un altro decide di costruire un ulteriore
15
azienda e la società nel 1975 viene rilevata dal figlio e dal collega e inizia a crescere fino alla metà
degli anni 80.
Adesso l’azienda ha uno stabilimento con 97 dipendenti e un turnover che varia da 25 a 50 milioni
di euro l’anno, si fanno investimenti in media di 2 milioni l’anno.
E ha una produttività teorica di 600.000M2 l’anno.
Quali sono i mercati principali dell’azienda del 2019:
-
25% medio oriente
25% stati uniti
35% Europa
8% estremo oriente
0.4% Oceania
5% centro sud-America
Durante tali analisi non dobbiamo considerare solo il fatturato ma dobbiamo concentrarsi sulle
linee di business (grezzi e progetti), ma è importante analizzare le linee di business per paese e poi
per area geografica.
Quindi non dobbiamo guardare solo al turnover ma anche alla marginalità
E ci siamo resi conto che la maggior parte del fatturato proviene dai primi tre paesi ma allo stesso
tempo i costi che vengono sostenuti in quei paesi sono molto alti e quindi ci sono marginalità non
remunerative.
Perciò è molto più strategico provare a sviluppare il mio business in altri paesi con fatturato
inferiore, perché è vero che in Europa ho il 35% del fatturato però è un settore che non mi dà
marginalità.
I costi di trasporto nei mercati del medio-oriente e degli stati uniti rispetto all’Europa sono più alti,
perché nei primi c’è il costo del nolo e quindi sono più alti rispetto a quelli che vengono sostenuti
in Europa dato che abbiamo un trasporto per via terra e non anche per via mare.
In Cina per esempio costa meno che inviare qualcosa a Londra perché ci sono molti contenitori
vuoti che partono per la Cina.
Lezione 7 (continuo Savema)
Un prodotto sostitutivo dal punto di vista dell’utilizzo è la ceramica, anche se varia il processo
produttivo.
Uno dei mercati più importanti per la lastra del marmo e del granito è il rivestimento delle cucine
o dei bagni, quindi vengono vendute ai rivenditori o ai grossisti.
Savema ha una linea di porcellana, creata per fronteggiare il problema dei concorrenti di
porcellana.Nella lezione precedente abbiamo analizzato i mercati e la fetta più grossa (35%) è
andato verso l’Italia e l’Europa.
16
Il trend di fatturato dal 2014 al 2019 per area geografica qual è stato? In generale la tendenza alla
diminuzione dei fatturati.
Fatturato molto concentrato con andamenti non costanti.
-
Medio-oriente mercato predominante fino al 2018
Europa
Stati Uniti
Estremo oriente ha andamenti di fatturato minori ma più stabili
Sud America una retta parallela
Mentre il fatturato suddiviso per area di Business:
-
Blocchi
Lastre
Lavorati (progetti), hanno un fatturato molto predominante
Altri ricavi, dovuta alla posa in opera che in alcuni contratti di progetti viene richiesta
ANALISI SWOT dell’azienda
DEBOLEZZE
-
Elevati costi di acq. della materia prima
Fatturato concentrato sui progetti
La maggior parte del fatturato deriva da
un’unica area (Medio-oriente)
Bassa marginalità nell’area dei Mediooriente
Manca la costanza dell’andamento dei
fatturati
La proprietà dell’az. di 2 famiglie
MINACCE
-
Prodotti sostitutivi
Assenza di politiche di marketing
(è anche un punto di debolezza)
Instabilità politiche nelle aree del mediooriente
Andamento di alcune valute per acquisti
in dollari/euro
PUNTI DI FORZA
-
Unicità della materia prima
Elevata qualità delle lavorazioni
Cave di proprietà
Prestigiosità che è riconosciuta a livello
mondiale al marmo di Carrara
Importanza (conoscenza) del brand sui
progetti
Distretto di Carrara
Integrazione: controllo della filiera in tutte
le sue parti (dall’estrazione alla fine)
OPPORTUNITÀ
-
Accesso nel distretto alle tecnologie più
avanzate (anche punto di forza)
L’assenza di aziende in questo settore che
fanno pesanti politiche di marketig
Possibilità di ampliamento nei settori
limitrofi
Digitalizzazione delle attività
17
Dopo la creazione dell’analisi SWOT si vanno a delineare le strategie alternative, come nel modello
della scuola Harvardiana.
Una strategia adottata nel 2020 al fine di fronteggiare minacce e punti di debolezze: c’è stata una
modifica dell’assetto familiare, passando dal controllo dell’azienda da parte di 2 famiglie a una
famiglia sola.
Dopo di che sono state adottate ulteriore modifiche:
-
È stato nominato un nuovo consiglio di amministrazione che ha visto concentrati tutti i
poteri
È stata fatta una mappatura dei processi + critici, finalizzata a un rendimento in termini di
efficacia maggiore
Creati nuovi prodotti e entrata in nuovi mercati
È stato creata una nuova identità del brand
Lezione 6
GESTIONE STRATEGICA (cap. 12 del libro)
L’uso consapevole dei processi, metodologie e strumenti che consentono di:
-
Individuare i contenuti della strategia e le condizioni per la realizzazione
Controllare l’avanzamento dell’impresa lungo il vettore di rinnovamento strategico.
Per cui possiamo dire che la gestione strategica si compone di attività tese alla:
-
Comprensione del posizionamento strategico attuale
Identificazione del posizionamento strategico obiettivo
Definizione delle azioni più opportune per colmare il divario tra il posizionamento strategico
attuale e quello obbiettivo.
La gestione strategica impone una diagnosi dell’idea imprenditoriale attuale e anche in alcuni casi
una diagnosi dell’idea di impresa per il futuro, ovvero l’intento strategico.
Dopo tale analisi potrebbe emergere un gap.
Quindi la gestione strategica presuppone di analizzare i cambiamenti ambientali aziendali, per
esempio Bordes avrebbe dovuto analizzare questi fattori riguardo la vendita online dei libri.
Si tratta di attività set up varie, come quelle di:
-
Osservazione dei cambiamenti ambientali e aziendali
-
Riflessioni per riconoscere la natura strutturale o congiunturale dei cambiamenti
18
-
Concettualizzazione per valutare i bisogni di modifica del posizionamento strategico che ne
derivano ed, eventualmente, per mettere a punto la nuova strategia
-
Costruzione del consenso, almeno tra i primi livelli manageriali, sul posizionamento strategico
obbiettivo
-
Costruzione delle condizioni d’impresa (organizzative, finanziarie ecc..) necessarie per
realizzare il vettore di rinnovamento strategico.
-
Sperimentazione del nuovo posizionamento strategico e controllo della sua validità nel
tempo.
Non tutte le aziende, sono gestite strategicamente, in un certo numero di imprese il
posizionamento strategico attuale è frutto del combinarsi casuale di una serie di elementi e ci si
limita a svolgere il sistema di attività esistenze senza preoccuparsi di metterlo in discussione ed
eventualmente modificarlo:
Ciò può succedere quando:
-
Il management è totalmente assorbito dalle attività correnti
-
Nell’impresa si è consolidata una certa rilassatezza organizzativa a seguito di un lungo
periodo di successi
-
Non sono stati attivati, o non funzionano come dovrebbero, meccanismi di controllo
dell’evoluzione ambientale
-
Il management rimane fedele a linee di azione tradizionali che non vengono riviste
La gestione strategica si distingue dalla gestione operativa per l’oggetto di interesse (strategia),
attori responsabili, le metodologie e gli strumenti utilizzati. Riguardo quest’ultimo aspetto la
gestione strategica presenta diversi contenuti a seconda dell’approccio utilizzato, che può essere:
-
Logico-razionale
Di apprendimento continuo
A due vie
E questi tre tipi di modelli di gestione strategica sono stati proposti da 3 scuole: la scuola
harvardiana, Norman, Mintzberg.
SCUOLA HARVARDIANA
19
La necessità di una qualche forma di gestione strategica si afferma nel corso degli anni 50 e 60
nelle grandi imprese nordamericane.
Gli studiosi di tale scuola si mettono nei panni di coloro che guidavano le grandi aziende
americane che in Italiana erano veramente poche come la Fiat, la Pirelli, Olivetti…
In più erano gli anni in cui ci si stava avvicinando al grande sviluppo economico anche in Europa e
in Italia e gli studiosi di tale scuola vedevano l’avanzare del potere delle grandi corporation.
Perciò, gli elevati tassi di crescita della domanda, la maggiore complessità ambientale e aziendale,
l’opportunità di effettuare diversificazioni in misura largamente superiore alle disponibilità
aziendali, rendono indispensabile la necessità di dotarsi di metodologie, strumenti che consentono
di prendere decisioni riguardo la strategia da seguire.
In quegli anni il modello più completo di gestione strategica è quello sviluppato dall’università di
Harvard e sintetizzato da Andrews nel 1971 che afferma che: la decisione in merito alla strategia
da adottare è, o almeno dovrebbe essere, un’attività di tipo razionale.
Per fare ciò Andrews afferma che deve esserci una netta distinzione fra:
-
Momento di formulazione della strategia
Momento di attuazione della strategia
Nel processo di formulazione della strategia prima di tutto dobbiamo generare le alternative
strategiche o economiche tramite l’analisi SWOT.
Non è sufficiente, però, guardare solo alle alternative economiche che derivano dall’analisi SWOT
ma analizzare anche i valori della direzione perché questi potrebbero escludere alcune alternative
economiche, e analizzare anche la responsabilità sociale che l’azienda ha scelto di assumere.
Generate N alternative, considerati i valori e la responsabilità sociale dobbiamo analizzare le
alternative economiche e arrivare alla scelta di tali alternative.
La strategia così risultante, è dunque esplicita, articolata e integralmente formulata prima di
passare alla fase di realizzazione, che consiste essenzialmente nell’intervenire sulla struttura
organizzativa e sui sistemi operativi dell’impresa.
In quegli anni, il management delle imprese impegnato nelle attività correnti non è in grado di
assumere il distacco necessario delle proprie attività per riflettere sul posizionamento strategico
dell’impresa.
I vertici delle imprese, allora, per scegliere la strategia da realizzare e per dettagliare i contenuti
della stessa, oltre che per valutarne l’avanzamento in fase di realizzazione, si impegnano nella
costituzione di unità organizzative dedicate, via via sempre più grandi e costose.
Si affermano così staff di pianificazione strategica che rendono possibile la stesura di piani a medio
termine (5anni) nei quali viene dettagliata la strategia da realizzare.
Il contributo della scuola harvardiana si confonde con la pianificazione strategica.
Dove la pianificazione strategica porta a interpretare la gestione strategica come un’attività che si
svolge a certe scadenze e a sottovalutarne non poco i contributi che possono venire da una
sistematica riflessione sui risultati prodotti dalle attività correnti e di set up alla gestione
strategica.
La concezione di gestione strategica descritta è sottoposta a un profondo ripensamento nel corso
degli anni 70’ e 80’:
20
-
L’accentuato dinamismo ambientale e la più intensa competitività accorciano molto la vita
utile dei prodotti, processi e tecnologie, rendendo quindi evidente la necessità di un’attività
di gestione strategica di tipo continuativo.
-
La maggiore complessità dei contesti competitivi rende sempre più difficili i processi di
formulazione della strategia.
-
Con i successi ottenuti dal management giapponese negli anni 70’ e con la letteratura
sull’eccellenza imprenditoria, si consolida la convinzione che la preoccupazione principale di
chi è responsabile della gestione strategica di un’impresa non debba essere quella di “fare
scelte giuste”, quanto piuttosto quella di creare un contesto organizzativo predisposto a
“imparare bene e in fretta”.
CONTRIBUTI DI NORMANN
Lo studioso Richard Normann nel 1977, consapevole delle critiche che si stavano accumulando
intorno al tradizionale modo di intendere la gestione strategica e sulla base dell’osservazione di
alcune imprese, propone un’interpretazione della gestione strategica come un processo di
apprendimento guidato da una visione strategica.
Una volta definito il nuovo posizionamento strategico obbiettivo, può essere necessario un primo
adeguamento delle attività correnti, prima di passare alla fase di messa in opera del nuovo
posizionamento.
Successivamente, l’apprendimento può sfociare in azioni di aggiustamento del vettore di
rinnovamento strategico o in una vera e propria messa in discussione dello stesso posizionamento
strategico obbiettivo originariamente ipotizzato, con la conseguenza di dover ripercorrere tutte le
fasi di sviluppo della strategia.
LA gestione strategica, quindi, diventa un processo in cui formulazione e realizzazione non si
susseguono sequenzialmente, ma si intrecciano tra di loro.
Rovescia la situazione e porta avanti il concetto di visione che è un’idea che tratteggia come il
business deve essere al tempo t0, chiamata Business Idea.
Si spinge verso un processo Bottom-up affermando che le idee vengono da basso influenzando il
vertice e quindi è un modello che da priorità al processo di apprendimento del basso.
VISIONE
Idea di partenza
(Business idea t0)
21
Primi passi
AGGIUSTAMENTO
(Nuova idea t2)
Secondi passi
AGGIUSTAMENTO
DIREZIONE
(Nuova idea t1)
CONTRIBUTO DI MINTZBERG
Una critica più radicale alla scuola harvardiana viene dallo studio dell’organizzazione canadese di
Mintzberg, che riprende alcune intuizioni di anni precedenti in un articolo del 1987.
Sulla base dell’osservazione di una dozzina di imprese, paragona l’attività di gestione strategica a
quella di un vasaio che modella il suo prodotto.
L’artista quando inizia il lavoro ha una certa idea che vuole realizzare, poi però in corso d’opera
può prendere forma un oggetto che risulta diverso da quello pianificato.
Per cui Mintzberg afferma che la strategia realizzata può essere diversa da quella deliberata.
E le strategie realizzata possono formarsi anche senza che ve ne fosse l’intenzione.
Secondo Mintzberg, quindi, la creazione di una strategia procede per due vie: quella deliberata e
quella emergente.
L’abilità dei responsabili della gestione strategica di un’impresa consiste allora, oltre che nel
migliorare la propria capacità di concepire strategie migliori, anche (o soprattutto) nel creare le
condizioni perché si manifestino le strategie emergenti e nel maturare le capacità necessarie per
selezionarle al meglio.
Occorre quindi lasciare che le strategie si sviluppino gradualmente, man mano che l’azienda opera
e accumula esperienza. Per questo gli strateghi devono immergersi nell’operatività quotidiana e
devono preoccuparsi di creare e mantenere aperti canali di comunicazione efficaci con il personale
per essere in grado di rilevare quelle lievi discontinuità che, a lungo andare, possono minacciare la
strategia esistente e per consentire a tutti di far arrivare al vertice le informazioni necessarie a
mettere a punto la nuova strategia.
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Strategia
intenzionale
Strategia deliberata
Strategia non
realizzata
Strategia realizzata
Strategie emergenti
ANALISI SWOT (appendice E del capitolo 12)
L’analisi SWOT offre al management gli elementi necessari per formulare le alternative strategiche
espresse in termini economico finanziari che poi dovranno essere valutate.
In particolare, l’analisi e la valutazione della situazione dell’azienda rispetto ai concorrenti conduce
alla definizione dei punti di forza e dei punti di debolezza dell’impresa, mentre l’analisi
dell’ambiente esterno porta a individuare le opportunità e le minacce suscettibili di impattare sul
posizionamento strategico dell’impresa sia positivamente che negativamente.
LE RADICI STORICHE
Anche se i primi elementi si possono ritrovare già in Selznick (1957), L’analisI SWOT È stata
sviluppata negli anni 60 dalla scuola Harvard Jana che la utilizzata per formare migliaia di studenti
master.
Le società nordamericane di consulenza strategica ne hanno poi fatto uno strumento applicativo
per aiutare l’impresa nei processi di pianificazione strategica.
L’analisi SWOT Nasce e si sviluppa in un contesto storico che favoriva l’impiego di metodologie
fondate sulla convinzione che manager intelligenti e preparati, utilizzando le loro capacità
analitiche, potessero conoscere a fondo la realtà, prevederne i suoi cambiamenti e formulare
quindi un’idonea strategia di business.
APPLICAZIONE DELLA SWOT
una volta definiti gli obiettivi strategici dell’impresa che orientano tutto il successivo processo di
pianificazione strategica, l’analisi SWOT prevede:
- Una fase di raccolta di dati e informazioni
- Una fase di classificazione di tali dati e informazioni finalizzata a individuare quelli più
rilevanti
23
-
Una valutazione sintetica che individua i punti di forza e di debolezza dell’impresa rispetto
ai concorrenti e le opportunità e minacce presenti nell’ambiente.
Al termine dell’analisi, il manager ha gli elementi necessari per passare alla fase di formulazione
delle alternative strategiche.
Tali alternative strategiche dovrebbero contemporaneamente:
- Fare leva sui punti di forza dell’impresa
- Neutralizzare l’effetto dei punti deboli o nei casi in cui sia possibile investire per porvi
rimedio
- Consentire di cogliere le opportunità che si trovano nell’ambiente
- Eludere o fronteggiare efficacemente le minacce che possono venire dall’esterno.
L’analisi SWOT Deve essere svolta a livello di singolo business e, quindi, nel caso di aziende multi
business, dovrà essere replicata per ogni singola area strategica di affari in cui l’impresa opera.
LIMITI E PROBLEMI APPLICATIVI
L’analisi SWOT presenta un limite collegato sia alle sue premesse sia al momento storico nel quale
ha avuto il suo più intenso sviluppo.
Tale limite è riconducibile all’ipotesi che sia possibile per un gruppo di manager conoscere tutta la
realtà a tavolino e considerarla in pochi elementi rilevanti, sulla base di uno schema concettuale
tanto semplice da risultare povero e, spesso, banalizzato.
La maggiore complessità delle imprese e l’accelerazione Dei cambiamenti rendono oggi necessario
lo sviluppo di processi di conoscenza più approfonditi e fondati sull’apprendimento incrementali.
Le dinamiche ambientali e la complessità aziendale, infatti, rendono più difficile l’utilizzo di una
metodologia che fissi semplicemente i punti di forza, di debolezza, le opportunità e le minacce,
rischiando anche di produrre quel irrigidimento strategico che può portare l’impresa al declino.
In secondo luogo, l’analisi SWOT Presenta alcuni problemi applicativi di non poco conto.infatti:
- La ricerca delle informazioni sui concorrenti può risultare incompleta a causa della loro
poca trasparenza o dell’insufficiente conoscenza disponibile in azienda
-
-
Il passaggio dal momento analitico di raccolta e classificazione dei dati al momento della
valutazione sintetica dei punti di forza e di debolezza e delle opportunità e minacce
presenta un’elevata soggettività, legata alla scelta dei criteri di ponderazione degli
elementi raccolti
La valutazione dei punti di forza e di debolezza rispetto ai concorrenti può soffrire delle
difficoltà delle imprese e esprimere autovalutazioni Ben ponderate.
Nonostante i limiti e i problemi applicativi che rendono oggi tale analisi meno popolare di un
tempo, le domande alle quali essa cerca di rispondere - quali sono i nostri punti forti? Dove siamo
deboli? Quali opportunità e minacce si presentano nel contesto ambientale? - rimangono i
capisaldi di qualsiasi processo di formulazione della strategia.
Essa presenta il grande pregio di costringere il manager a riconoscere l’influenza reciproca che
esiste tra ambiente impresa e, quindi, a considerare entrambe questi elementi Per formulare una
strategia, contribuendo a superare ogni approccio fondato solo su uno dei due elementi.
24
Inoltre, non va trascurato il contributo che l’analisi SWOT Può dare alla costruzione del consenso
del manager intorno ad alcune valutazioni sintetiche sul posizionamento strategico dell’impresa e
sull’evoluzione attesa nell’ambiente, grazie alla sua immediatezza comunicativa.
Si suggerisce, al fine di superare alcuni dei limiti sopra elencati, di integrare tale analisi con gli
strumenti analitici.
CASO STUDIO
Fare l’analisi SWOT del caso sotto, evidenziando:
•
•
•
•
Punti di forza
Punti di debolezza
Opportunità
Minacce – libreria online di Amazon, La minaccia che Barnes & Nobles possano venire nelle
aree metropolitane e un’altra minaccia sono i libri digitali.
LA STRATEGIA DICHIARATA DI BORDERS, INC.
Borders si propone di conquistare la leadership negli Stati Uniti nel settore della vendita al
dettaglio di libri per quota di mercato calcolata sul numero di libri e fatturato. Avremo il maggior
fatturato per metro quadrato e il più alto margine unitario. I nostri clienti proveranno da Borders
l’esperienza d’acquisto più gratificante in termini di varietà dell’offerta, disponibilità immediata
dei titoli desiderati e competenza del personale di vendita. Espanderemo la nostra rete
distributiva all’Australia, alla Nuova Zelanda, a Singapore e al Regno Unito.
Borders gestirà una catena di grandi librerie (oltre 2.000 mq) con una notevole varietà di titoli
(oltre 80.000) in ogni punto vendita. Avremo punti vendita in tutte le maggiori aree metropolitane
degli Stati Uniti e del Canada. I nostri locali non saranno acquistati ma presi in leasing; i punti
vendita avranno sistemi informativi comuni e lo stesso layout, anche se progettato nel rispetto
dell’architettura locale. La maggior parte dei punti vendita avrà un bar gestito da terzi. Abbiamo
sviluppato e ci proponiamo di mantenere un sistema informativo esclusivo per la gestione del
magazzino. Non siamo integrati verticalmente nella produzione di libri.
Riteniamo che le fonti-chiave del vantaggio competitivo siano le seguenti:
• La nostra larga scala
• Il nostro sistema proprietario di gestione delle scorte di magazzino
• Il nostro personale di vendita altamente qualificato
• La nostra reputazione per servizio di qualità e convenienza
• La localizzazione di prestigio delle nostre librerie
• La percezione diffusa fra gli agenti immobiliari del valore dei nostri punti vendita come punti di
attrazione che valorizzano il mercato immobiliare
Ampia varietà di titoli, prezzi contenuti, personale preparato, punti vendita attraenti che
forniscono al cliente un’esperienza d’acquisto gratificante sono i punti di forza che ci rendono la
25
first choice tra le librerie. Gli alti volumi di vendita che questo genera in ogni negozio, uniti alle
dimensioni della catena, ci danno un potere negoziale che ci consente di acquistare libri ad un
prezzo molto vantaggioso. Inoltre, il nostro sistema proprietario di gestione del magazzino ci
fornisce una conoscenza superiore di cosa tenere in magazzino e di minimizzare i casi di mancato
acquisto perché “non in magazzino”, ottimizzare l’inventario e minimizzare i resi agli editori. I
nostri costi unitari sono quindi i più bassi del settore, permettendoci di avere margini più alti pur
mantenendo i prezzi sotto la media.
Nonostante i considerevoli costi di sviluppo e manutenzione del nostro sistema informatico
proprietario, addestramento del personale, pubblicità e amministrazione, la nostra capacità di
distribuire queste spese su molti negozi ci consente di mantenere i nostri costi operativi ad un
livello contenuto rispetto ai ricavi. La posizione geografica dei nostri punti vendita ci offre un
vantaggio di prima mossa; la reputazione dei nostri negozi come luoghi di attrazione e generatori
di traffico ci rende ottimi locatari in nuovi complessi urbani e commerciali: questo facilita la nostra
crescita attraverso nuove aperture e ci permette di sostenere il nostro vantaggio competitivo in
nuove località.
CAPITOLO 4 (Lezione 7)
L’ANALISI DI SETTORE
PERCHÉ L’ANALISI DI SETTORE È IMPORTANTE?
Il settore è un insieme di aziende in concorrenza tra loro.
Nella definizione della strategia aziendale uno dei problemi più discussi e quanto conti il settore,
ovvero fino a che punto i risultati economico finanziari dell’azienda siano determinati dalle
condizioni del settore e fino a che punto si possono ricondurre invece alla qualità della strategia
aziendale.
Quindi le determinanti della performance economico finanziaria dell’azienda sono sia la
condizione del settore che la strategia aziendale
L’impatto forte che il settore esercita sulle performance aziendali fa sì che la comprensione del
settore sia considerata un passaggio obbligato per chi lavora alla strategia aziendale.
CHE COSA È L’ANALISI DI SETTORE
Per capire un settore è importante conoscere la redditività che può variare nel corso del tempo e
inoltre può variare tra un’azienda e l’altra.
Però, per capire un settore non basta conoscere la redditività media, infatti, l’analisi di settore è
qualcosa di molto più ampio.
L’analisi di settore è lo studio delle cause che spiegano la redditività del settore in un certo istante,
non solo il suo livello medio, ma anche la sua distribuzione attorno alla media e le sue variazioni
nel tempo.
Capire le cause di tutto questo non è cosa facile e gli studi di questo genere permettono di intuire
alcune cose ma gli elementi certi sono ben pochi.
26
Eppure, nonostante il loro alto grado di incertezza questi elementi sono alla base di tutte le
decisioni di investimento e di disinvestimento, da cui derivano successi e insuccessi in campo
aziendale.
Lo studio di queste relazioni ha portato anche a riconoscere come rapporto tra aziende legate tra
loro da rapporti di scambio non si traduca necessariamente solo in una sorta di tiro alla fune.
Negli ultimi anni infatti, si sono affermati diversi fenomeni di collaborazione tra fornitori e clienti,
dove rapporto fornitore cliente, invece di limitarsi all’esercizio della rispettiva forza contrattuale è
sfociato nella ricerca di forme di collaborazione non contemplate nello schema di Porter.
Tali forme di collaborazione sono orientate in anzitutto a migliorare la posizione della catena di
fornitura del fornitore e del cliente rispetto alle catene di fornitura concorrenti, e soltanto in
seconda battuta, a stabilire come dividersi il maggior risultato raggiunto insieme.
Un altro passo significativo compiuto nell’analisi settore riguarda lo studio dell’impatto che alcuni
beni complementari producono sul successo dei produttori, nell’ambito delle cosiddette relazioni
a rete.
Questo studio è stato sviluppato a partire dal 95 da alcuni contributi statunitensi ed è stato
applicato in molti campi.
COME SI REALIZZA L’ANALISI DI SETTORE
Gli strumenti che ad oggi permettono di studiare e comprendere un settore sono più complessi
rispetto a quelli che si potevano impiegare verso la fine degli anni 70 del secolo scorso.
In particolare, possiamo osservare che oggi lo studio di un settore procede secondo quattro
direttrici di studio che hanno per oggetto:
- Le cinque forze secondo il modello di Porter
- La catena di fornitura, attraverso la quale si realizzano le relazioni di filiera
- Il ruolo dei beni complementari
- La mappa dei raggruppamenti strategici
Nella pratica, la qualità degli studi di settore dipende da delle variabili:
- La complessità e la difficoltà di comprensione del settore perché non tutti i settori sono
omogenei da questo punto di vista.
-
La disponibilità di informazioni
-
Le competenze e le esperienze di chi svolge lo studio infatti diversi settori hanno fatto
nascere alla figura dell’esperto di settore
-
Il costo dello studio, che si riflette sulla quantità e sulla qualità delle attività compiute per
arrivare ai risultati infatti non tutti possono permettersi di investire milioni di dollari.
IL MODELLO DELLE 5 FORZE DI PORTER
27
Il modello delle cinque forze ha avuto sviluppi e applicazioni soprattutto nel campo della
definizione della strategia competitiva. Ciò è avvenuto soprattutto componendo lo studio della
struttura del settore con l’analisi del comportamento individuale delle singole aziende.
Viene definito come modello della competizione allargata considera non solo i competitor in senso
stretto ma anche per esempio altri soggetti come fornitori.
Studia l’ambiente competitivo dell’azienda.
Ha come obbiettivo quello di analizzare le condizioni che possono o non consentire livelli più o
meno elevati di una redditività nel medio lungo termine.
Intensità della concorrenza al centro, qui possiamo capire se l’intensità della concorrenza è forte o
debole. Nota bene: un settore non è attrattivo quando è facile entrarci (Porter).
Il modello ha una struttura apparentemente semplice, fondata sulla valutazione dell’impatto che
le relazioni tra aziende esercitano sulla redditività del settore. Porter individua in particolare:
•
•
•
•
I rapporti di forza contrattuale delle aziende con i clienti
I rapporti di forza contrattuale delle aziende con i fornitori
Le relazioni di rivalità e collaborazione tra produttori di beni simili
Le relazioni con i produttori di beni diversi ma comunque idonei a soddisfare medesimi
bisogni
• Le relazioni che le aziende del settore intrecciato anno con i soggetti che ancora non
operano nel settore ma minacciano di entrarvi.
Le 5 forze competitive di Porter che sono in grado di spiegare la distribuzione, il mutamento e le
cause della redditività di un settore possono essere classificate anche:
1. Concorrenza (caratteristiche dei competitor);
2. Potenziali entranti (aziende che non sono nel settore ma che potrebbero esserne
interessate);
3. Prodotti sostitutivi (prodotti che soddisfano il medesimo bisogno, ma con caratt. diverse);
4. Potere contrattuale dei fornitori;
5. Potere contrattuale dei clienti.
Questo modello si basa su un assunto di fondo: la logica struttura-condotta-performance, secondo
la quale la performance dell’azienda dipende dalla sua condotta (dalla sua strategia) e la sua
28
strategia dipende dalla struttura del settore. Quindi l’azienda adatta la sua strategia alla struttura
del settore. Ha comunque grande valenza per l’analisi delle cause della redditività di un settore.
Analizziamo un insieme di elementi che potrebbe determinare l’intensità delle varie forze, che
permettano di capire da che parte spingono la redditività del settore:
Concorrenza:
• Settore in crescita o meno
• Livello di concentrazione, è un settore polverizzato o concentrato?
• Grado di differenziazione dei prodotti, la concorrenza si fa differenziando o sul
prezzo?
• Importanza del brand
• Barriere all’uscita, è facile disinvestire?
• Struttura dei costi, ci sono elevati costi fissi o variabili?
Potenziali entranti (barriere all’entrata):
• Investimenti iniziali
• Capacità produttiva, serve una certa massa critica?
• Fedeltà al marchio
• Accesso alla fornitura o ai clienti
• Regolamenti
• Brevetti
• Ritorsione da parte delle aziende che operano nel settore
Prodotti sostitutivi:
• Rapporto prezzo/servizio offerto
• Costi di riconversione
• Propensione del cliente ad effettuare il passaggio, il cliente è fedele?
Potere contrattuale dei fornitori:
• Grado di concentrazione, se ho 1 fornitore il potere è in mano a questo
• Dimensione fornitori
• Volumi di acquisto
• Costi di passaggio
• Minaccia di integrazione a valle, più è elevata più il potere è nelle mani del fornitore
• Disponibilità di prodotti sostitutivi
• Grado di differenziazione dei fornitori
• Incentivi personali
Potere contrattuale dei clienti:
• Grado di concentrazione, se ho pochi clienti il potere è in mano a loro
• Volumi di acquisto, se ho tanti clienti, ma alcuni acquistano volumi maggiori, la
perdita di questi compromette i risultati
• Costi di riconversione, quanto è facile per il cliente passare da un prodotto ad un
altro
• Informazioni disponibili
• Minaccia di integrazione a monte, se l’azienda ha possibilità di inglobare l’azienda
fornitrice
29
•
•
•
•
•
Disponibilità di prodotti sostitutivi
Importanza del bisogno, incidenza che il bene/servizio ha sulla spesa complessiva
del consumatore
Sensibilità del cliente al prezzo, se è sensibile non è fedele alla marca
Identità della marca
Incentivi personali, capacità relazionali sviluppate tra l’azienda e l’acquirente
Appunti lezione prof.
Il settore è attrattivo oppure no?
Non si fa la somma, si va a vedere qual è la forza più importante. Si devono evidenziare le forze
che spiegano l’andamento della redditività in quel settore. Il settore è attrattivo quando ci sono
delle buone barriere all’ingresso, i fornitori e i clienti hanno poco potere contrattuale, non ci sono
prodotti sostitutivi o ce ne sono pochi, è un settore mediamente concentrato con possibilità di
differenziare il prodotto, con basse barriere all’uscita. È una combinazione di elementi.
Per misurare la redditività usiamo i seguenti indici:
- ROI (reddito operativo/ capitale netto investito)
- ROS (reddito operativo / vendite)
- EBITDA sul fatturato
Fine appunti lezione
La forza contrattuale di chi vende di chi compra può essere ricondotta a tre variabili:
- La forza negoziale dell’azienda compratrice dell’azienda venditrice
- La forza negoziale delle persone coinvolte nell’attività di acquisto e di vendita
- La percezione di equità o di maggiore un minore convenienza
Dal punto di vista dell’azienda che vende, la forza negoziale dell’azienda che compra appare legata
a sua volta due elementi principali:
- Importanza del bisogno soddisfatto per il cliente e per il fornitore
- Confronto tra l’azienda fornitrice e le alternative a cui il cliente può accedere per
soddisfare il bisogno
Il primo riguarda l’importanza del bisogno soddisfatto per il cliente e per il fornitore.
Da un punto di vista del cliente, se si tratta di un bisogno che il cliente può lasciare insoddisfatto
senza gravi conseguenze, la forza negoziale del compratore aumenta.si riduce nel caso opposto.
L’importanza del bisogno soddisfatto non è legata soltanto all’opportunità di rinunciare a
soddisfarlo ma anche all’impatto che l’acquisto del prodotto o del servizio può generare sulle sue
attività di produzione di consumo e sui suoi costi.
Per esempio, una cura sanitaria che abbia un impatto forte sull’aspettativa di vita di un cliente ha
probabilmente un’importanza diversa rispetto a un servizio di natura turistica. A parità di costo,
nel primo caso il compratore sarà meno incline a rinunciarvi.
Bisogna constatare, che i consumatori sono diversi gli uni dagli altri e, per molte valutazioni in
merito all’importanza dei bisogni, esistono dei fattori psicologici che spesso fanno la differenza.
30
Dal punto di vista del fornitore è importante soprattutto l’impatto che la vendita può generare
sulla sua redditività e sulla sua esperienza e referenze che possono condizionare la redditività
futura.
Il secondo elemento fondamentale riguarda il confronto tra l’azienda fornitrice e le alternative a
cui il cliente può accedere per soddisfare il bisogno.
Questo confronto è qualcosa che parte dall’esperienza di qualsiasi consumatore e si fonda sul
rapporto qualità prezzo.
Si tratta quindi di una variabile nota a tutti che si fonda però su presupposti non troppo conosciuti.
In particolare, nel confronto tra i concorrenti diretti e indiretti il rapporto qualità prezzo rilevato
dal cliente risente di una serie di variabili:
- I costi di riconversione
- I rischi di riconversione
- I tempi necessari per la riconversione
Queste tre variabili contribuiscono a generare inerzia da parte del cliente e quindi aumentare la
forza contrattuale del fornitore. Infatti nelle valutazioni comparative di rapporto qualità prezzo il
prezzo del fornitore alternativo è maggiorato per effetto di costi, dei rischi e dei tempi necessari
per abbandonare il fornitore attuale e iniziare una nuova relazione commerciale.
Le alternative considerate, a loro volta, possono essere rappresentate da:
- Produzione diretta
- Concorrenti in senso stretto
- Produttori di beni sostitutivi
- Concorrenti potenziali o potenziali entranti
La forza negoziale della persona che compra e cosa diversa rispetto alla forza contrattuale
dell’azienda che si trova in posizione di acquisto.
Perché, la forza negoziale della persona dipende da una serie di elementi di natura individuale,
riconducibile alla sua indole e alla sua storia: intelligenza, coraggio, capacità interpersonali,
esperienza passata, con le conseguenze che essa esercita sui suoi orientamenti personali.
La forza negoziale della persona è condizionata anche da alcune circostanze aziendali tra le quali il
sistema di incentivi e la forza della persona nella sua posizione.
Ma i prezzi e più in generale il comportamento nelle trattative commerciali non dipendono solo
dalla forza negoziale delle parti ma anche dalla percezione di equità che si forma nelle parti anche
per effetto della loro maggiore o minore attenzione e del loro accesso alle informazioni.
Questa percezione condiziona il modo in cui soggetti esercitano la propria forza contrattuale e di
riflesso, incide sui prezzi di acquisto e di vendita.
Chi si trova in una posizione di debolezza e è costretto a subire il potere negoziale della
controparte può rifiutare la transazione anche a costo di incorrere in un disagio maggiore.
31
Gran parte del modello di Porter orbita attorno al concetto di valore, inteso come ciò che il cliente
è disposto a pagare. Questa nozione parafrasi il concetto di utilità tipico della teoria del
consumatore secondo il quale l’utilità (il valore) di un bene è pari all’utilità dei beni alternativi che
il consumatore considera per lui indifferenti rispetto al bene in oggetto, in base sui gusti e sui
vincoli di bilancio.
Questo concetto non riflette i presupposti motivi di soddisfazione o insoddisfazione del cliente, di
percezione di equità o non, che pure hanno un impatto notevole sui comportamenti sui risultati
delle aziende.
Pertanto, un compratore insoddisfatto del prezzo ottenuto nel breve periodo può pagare il
prodotto secondo le condizioni richieste dal venditore ma nel lungo periodo cercherà un altro
fornitore.
A fronte del valore creato per il cliente, cui corrisponde un prezzo potenzialmente accettabile da
parte il cliente, il prezzo di vendita definisce quindi il valore o il prezzo effettivamente richiesto e
ottenuto dal cliente.
Questo prezzo di vendita taglia in due il valore creato (ovvero il prezzo che il cliente è disposto a
pagare) dividendolo in due parti:
-
Il valore sottratto al cliente e trasferito al fornitore
Il valore lasciato al cliente
Questa divisione a sua volta incide sulla percezione di equità della transazione da parte del cliente
da parte il fornitore. La divisione in due del valore creato per il cliente non è l’unica variabile che
incide sul comportamento del compratore e del venditore.
L’altra variabile e definita dalle informazioni che ogni parte può tenere in merito alla redditività
della controparte.
LE RELAZIONI DI RIVALITÀ E COLLABORAZIONE TRA PRODUTTORI DI BENI SIMILI
Una delle variabili che più incidono sulla redditività del settore è definita dalle relazioni di rivalità e
di collaborazione tra chi produce lo stesso bene.
Forme di collaborazione in senso stretto tra concorrenti sono comunque possibili.
Esse possono sfociare in accordi finalizzati alla riduzione dei costi, o all’affermazione di standard
tecnici destinati a migliorare le condizioni di svolgimento delle attività di tutto il settore.
Le relazioni di rivalità o di collaborazione incidono in modo notevole sulla redditività del settore e
dipendono da quattro variabili principali:
-
L’importanza degli obbiettivi di aumento delle quote di mercato per aziende del settore
Prospettive di utilizzo della capacità produttiva a livello di settore
L’impatto che le iniziative della singola azienda (prima tra tutte la riduzione del prezzo) può
avere sulla ridistribuzione delle quote di mercato
I modelli di comportamento prevalenti dei produttori
L’importanza degli obiettivi di aumento delle quote di mercato per le aziende del settore che
dipende a sua volta da una serie di elementi riconducibili:
32
-
Alla struttura dei costi dell’azienda e in particolare alla disponibilità di capacità produttiva
inutilizzata e ai costi che ne derivano
-
Alle politiche alle tradizioni dell’azienda e in particolare a ruolo da essa attribuita le quote
di mercato
-
Alle caratteristiche alla storia personale del top management
Le prospettive di utilizzo della capacità produttiva sono un’altra delle variabili fondamentali.
In particolare, la variabile chiave è rappresentata le prospettive di aumento o di riduzione del
grado di utilizzo della capacità produttiva livello di settore, che dipendono a loro volta:
-
Dall’evoluzione prevedibile della domanda
Dall’evoluzione prevedibile dell’offerta
Dal confronto tra la domanda e l’offerta scaturiscono le difficoltà che le aziende incontra un livello
di settore nel tentativo di aumentare le quantità di produzione e vendita.
Dato un certo livello di difficoltà di aumento delle quantità a livello di settore, un’altra variabile
determinante ai fini dei rapporti di rivalità e di collaborazione è rappresentata dalla volatilità delle
quote di mercato che si riflette sulle opportunità di aumento delle quantità livello aziendale.
La volatilità delle quote di mercato dipende:
- Grado di unicità del prodotto o del servizio offerti
- Forza del marchio e dal legame del cliente nei confronti del marchio
- Costi di riconversione del cliente
Quando il livello di unicità del prodotto e del marchio sono modesti e i costi di riconversione sono
bassi e relativamente più facile che le aziende siano aggressive nei confronti dei concorrenti.
Infine l’ultima variabile sono le difficoltà di coordinamento del comportamento dei produttori.
Quando il settore è altamente frammentato e le informazioni sul comportamento dei concorrenti
non sono disponibili è più facile che si affermino comportamenti aggressivi.
Viceversa, quando il settore è concentrato e le informazioni sono disponibili, comportamenti ostili
possono determinare più facilmente atti di ritorsioni da parte dei concorrenti.
RELAZIONI CON I PRODUTTORI DI BENI SOSTITUTIVI
Le relazioni di concorrenza con i produttori di beni sostitutivi producono anch’essi un impatto sulla
redditività del settore, in quanto contribuiscono a definire le alternative che il cliente può
perseguire per soddisfare i propri bisogni.
I produttori di beni sostitutivi operano in modo analogo ai concorrenti in senso stretto, in quanto
finiscono per contendere almeno parzialmente la stessa domanda.
L’intensità della concorrenza con i produttori di beni sostitutivi dipende in larga misura dall’entità
della sovrapposizione della clientela a cui si rivolgono. Quanto maggiore è il grado di
sovrapposizione della clientela, tanto maggiore è l’intensità della relazione di concorrenza
innescata dei produttori di beni sostitutivi.
33
È interessante osservare che le variabili che Porter segnala come rilevanti ai fini dei rapporti con i
produttori di beni sostitutivi sono:
- Il rapporto prezzo performance relativa ai singoli prodotti sostitutivi
- I costi di riconversione che il cliente supporta per servirsi dei prodotti sostitutivi
- La propensione del cliente a effettuare la sostituzione.
È evidente che si tratta delle stesse variabili che possono essere impiegati impiegate per
sintetizzare l’intensità dei rapporti di rivalità tre concorrenti in senso stretto.
LE RELAZIONI CON I POTENZIALI ENTRANTI
Le minacce di entrata da parte di soggetti che ancora non sono presenti nel settore incidono sulla
redditività perché inducono le aziende che operano nel settore a contenere il livello di prezzi e a
investire per creare ostacoli all’accesso di altre aziende.
Gli ostacoli all’accesso al settore si traducono in:
- Spese da sostenere per entrare nel settore
- Ritardi tra il momento in cui si decide di entrare nel settore e il momento in cui l’ingresso
può effettivamente avvenire
- Rischi che l’accesso al settore non produca risultati desiderati
Costi investimenti, ritardi e rischi possono essere ricondotti alle attività di setup di tutte le
principali attività correnti necessari per operare nel settore.
L’entità degli ostacoli che il potenziale entrante incontra è correlata a:
-
Disponibilità di autorizzazioni governative quando necessario
La disponibilità degli input necessari per l’esercizio dell’attività
La misura dei costi e degli investimenti complessivamente necessari per ottenere l’unicità
desiderata
La disponibilità delle informazioni e delle risorse manageriali necessarie per realizzare il set
Up delle nuove attività.
Le decisioni del potenziale entrante non sono condizionate però soltanto dalle barriere all’entrata
e dei costi e dalle difficoltà che si incontrano per superarle.
Concorrono a formare il panorama anche altre due variabili fondamentali:
-
L’esistenza di posizioni di monopolio o di oligopolio naturale.
In questi casi il nuovo entrante sa che il suo ingresso nel settore è destinato a produrre
come effetto core con laterale una riduzione del grado di utilizzo della capacità produttiva
complessiva e di conseguenza un calo della redditività media.
Quando si realizzano queste condizioni il potenziale entrante è un incentivo entrare nel
settore mediante un’acquisizione
-
Il livello dei prezzi di vendita prevalenti e il prezzo che il nuovo entrante dovrebbe
raggiungere per ottenere una redditività significativa
Per chi opera nel settore, la consapevolezza di tutto questo può ispirare politiche finalizzate a:
34
-
Rendere l’ingresso più difficile investendo per esempio per aumentare il livello delle
barriere all’entrata da superare.
-
Rendere l’ingresso meno attraente, occupando posizioni di monopolio oligopolio naturale
o accettando un livello di prezzi relativamente più basso a quello che il cliente sarebbe
disposto a pagare
L’ANALISI DELLA CATENA DI FORNITURA
Quando i fornitori e distributori lavorano nell’ambito di rapporti di scambio e di cooperazione
consolidati, la redditività delle aziende all’interno del settore finisce per essere legata alle
condizioni delle catene di fornitura di cui le diverse aziende fanno parte.
Si costituiscono così forme di concorrenza tra catene di fornitura oltre che tra singole aziende.
In queste circostanze per esempio la redditività dei diversi fornitori di componenti per auto che
operano il servizio dei principali produttori di auto sono determinate:
- Dalla forza contrattuale di cui essi godono nell’esercizio della propria attività
- Dalle condizioni di redditività di cui la catena di fornitura nel suo insieme può godere,
circostanza che può dipendere soprattutto dei risultati ottenuti da chi nella catena di
fornitura, svolge l’attività di regia e coordinamento.
Se da una parte gli ultimi anni del XX secolo i primi anni 2000 hanno visto intensificarsi i rapporti di
concorrenza tra catene di fornitura, dall’altra occorre riconoscere che il fenomeno non si presenta
con lo stesso impatto in tutti i settori.
Esso è accentuato dove i prodotti e servizi forniti non sono standardizzati e dove la
programmazione della produzione e della disponibilità della capacità produttiva induce chi offre
prodotti o i servizi principali a coinvolgere i fornitori e i distributori in attività di programmazione e
in contratti di medio termine.
In questi casi, diverse aziende lavorano in squadra ed è in squadra che vincono perdono rispetto
agli altri.
Prima di arrivare alla propria collaborazione, negozi hanno tra loro rispettivi prezzi di acquisto e di
vendita e definiscono poi come spartirsi risultati che stanno per ottenere dopodiché cominciano
un lavoro di gruppo.
Lo sviluppo della catena di fornitura può avvenire:
- A valle come nel caso di alcuni produttori di mobili di design
- A monte, come nel caso di Ikea che controlla una rete capillare di Sab fornitori ma tratta
poi direttamente con il cliente
IL RUOLO DEI BENI COMPLEMENTARI E LA RETE DEL VALORE
Risale al 1995 il primo contributo di Natlebuff e Branderburger sull’impatto dei beni
complementari e della rete del valore sul sistema competitivo.
La logica di questo studio a qualcosa in comune con quella relativa la catena di fornitura, dalla
quale si differenzia per un aspetto fondamentale.
35
Entrambi gli studi infatti esplorano le cause del successo o dell’insuccesso delle aziende,
investigando le relazioni più o meno esplicite.
La differenza consiste nel fatto che, mentre la catena di fornitura si estende in senso verticale,
l’analisi dei beni complementari e la rete del valore in genere si sviluppa anche in senso
orizzontale.
È il caso di sottolineare che si sviluppa anche in senso orizzontale proprio perché i beni
complementari sono visti come elementi integrativi della capacità competitiva della catena di
fornitura nel suo insieme e non dell’azienda intesa come soggetto a sé stante.
LA MAPPA DEI RAGGRUPPAMENTI STRATEGICI
Una volta definita la struttura del settore mediante il modello delle cinque forze, l’analisi della
catena di fornitura e lo studio dei prodotti complementari, la mappa dei raggruppamenti strategici
permette di compiere l’ultimo passaggio analitico, finalizzata a preparare il terreno per le scelte di
strategia competitiva.
Nel primo contributo di Porter (1980) i raggruppamenti strategici sono formalmente definiti come
gruppi di aziende dotate di strategie simili, mentre l’identificazione dei gruppi avviene in base a
variabili che definiscono sempre secondo Porter, barriere alla mobilità.
In realtà, lo studio dei raggruppamenti strategici va bene oltre limiti che lo stesso Porter enuncia.
Infatti, l’obiettivo è quello di identificare gruppi di aziende che sono esposte in modo omogeneo
rispetto alle cinque forze competitive.
Questo obiettivo non è definito in modo esplicito nello schema di Porter ma è evidente nelle sue
applicazioni.
L’omogeneità dell’esposizione alle cinque forze competitive può derivare da diverse circostanze, le
quali concorrono a definire la strategia competitiva ma non la qualificano in modo completo.
CASO STUDIO: IL SETTORE DELLE ACQUE MINERALI IN ITALIA
Il settore delle acque minerali è attrattivo oppure no?
36
Emerge da questa tabella che il ROI è molto variabile: questa variabile ribadisce di fare l’analisi di
settore non solo a livello di macro-settore, ma anche a livello di raggruppamento strategico
(=gruppo di imprese che operano dello stesso settore e hanno strategie competitive simili, es le
scarpe di Gucci si confrontano con quelle di Prada e non con quelle della cafénoir)
Il settore ha alcune aziende dominanti in termini di presenza competitiva, altre più polverizzate
(tabella pagina 3 del caso).
Modalità di consumo:
-
Domestico/privato: la catena di fornitura parte dai produttori di polimero e finisce nella
GDO (pag 9)
-
Fuori casa: la catena di fornitura parte dai produttori della bottiglia di vetro e finisce nei
bar, ristoranti, catering (pag 4), il 71% del totale pesa la GDO. L’acquisto viene fatto
attraverso grossisti e concessionari.
Un’analisi dettagliata dovrebbe distinguere questi canali, da quelli che passano per grossisti e
concessionari che riforniscono i tradizionali negozi di alimentari.
Quindi non si tratta solo di 2 canali diversi per uno stesso prodotto, sono due veri e propri
business diversi ai quali corrispondono sotto-settori differenti nell’ambito del settore dei
produttori/imbottigliatori di acque minerali che fanno parte di due filiere diverse.
FILIERA DEL CONSUMO DOMESTICO
Forza contrattuale dei clienti:
-
La GDO ha un ruolo primario in questo settore e ha un elevata forza contrattuale.
Marchio forte della GDO
Rispetto ai canali tradizionali la forza contrattuale è maggiore al dettaglio, nel porta a porta
hanno una forza contrattuale minore
37
Forza contrattuale dei Fornitori:
-
Fornitori del PET hanno maggiore forza contrattuale
Numerosità dei possibili fornitori che è elevato rispetto ai fornitori del vetro.
Servizio offerto dai fornitori, perché offrire un servizio di più elevata qualità aumenta la
forza contrattuale (nel caso non c’è)
Minaccia dei nuovi entranti:
-
Brand già molto consolidati e forti costituisce una barriera all’entrata dal punto di vista
degli investimenti
Concessioni regionali per accedere alle fonti naturali
Fedeltà al gusto e al brand da parte dei consumatori è una barriera all’entrata
Prodotti sostitutivi:
-
Acqua del rubinetto
Soft drinks (bibite analcoliche) non è pienamente sostitutiva e il livello della domanda non
cresce e non sembra minacciare il settore dell’acqua
Depuratori sono un prodotto sostitutivo e quindi una minaccia
Rivalità tra concorrenti diretti: (è forte e differenziata)
-
Fasce di prezzo
Aziende grandi e aziende micro
70 % del totale delle aziende sono branded
Sono necessari ingenti investimenti pubblicitari che generano costi, anche se Rocchetta e
Uliveto dimostrano la grande campagna pubblicitaria non ha portato a gradi ritorni
economici
Notorietà del brand
Lezione 25 marzo (ospite Pierluigi Rumbo) Seminario
AZIENDA ALPIPAN S.R.L.
Nata come start-up nel 2004 da un progetto di Rumbo e Alberto Gori, è un’azienda nata per fare
prodotti senza glutine.
Nata ad Altopascio da un’azienda conosciuta già in Italia per la produzione del pane e loro hanno
deciso di allargarsi nel ramo dei prodotti senza glutine.
In quegli anni era un settore di nicchia che però in quegli diventava sempre più importante.
38
Cosa determina l’introduzione di alimenti contenenti glutine negli individui celiaci? Una risposta
immunitaria enorme a livello intestinale che porta a un’infiammazione cronica con scomparsa dei
villi intestinali.
Quindi ad oggi non c’è cura, l’unica è quella di seguire una dieta priva di glutine da seguire tutta la
vita.
Ovviamente, negli anni passati la celiachia non veniva trattata e rilevata come oggi.
L’altra problematica è la contaminazione crociata, infatti, da qui si è poi sviluppato tutto un
settore come quello della ristorazione per produrre alimenti non contaminati.
Perché scegliere questo settore?
- Sfruttare un Know How familiare nel campo del panificio dal 1957
- Voglia di intraprendere
- Settore valutato come in forte espansione
- Collaborazione con Nuova Terra S.r.l. che aveva già una rete commerciale con prodotti
biologici che però si è poi convertita nel campo dei prodotti senza glutine.
La celiachia a livello europeo colpe una persona su 100, e in Italia ogni persona celiaca ha un bonus
mensile che un tempo valeva 130 euro oggi 90 da poter utilizzare per comprare cibi senza glutine,
che porta quindi ad avere un fatturato di mercato abbastanza fisso.
Il mercato senza glutine ha un giro d’affari di 100 milioni di euro.
Fino a pochi anni fa erano presenti poche aziende che creavano confezioni di prodotti molto
grandi che portavano a degli enormi sprechi.
AlpiPan nasce con l’idea di creare dei prodotti più simili al pane tradizione con ingredienti di
qualità e con delle confezioni monodose e quindi più pratiche rispetto a quelle detto sopra.
AlpiPan è nato con una strutta piccola ovvero uno stabilimento di 1000 mq dedicato
esclusivamente alla produzione di prodotti gluten free e appena 9 operatori.
Ad oggi l’azienda ha circa 70 dipendenti.
All’esterno invece si presentava come una società associata a Nuova Terra S.r.l che si occupava
della commercializzazione dei prodotti di AlpiPan.
La mission era creare una struttura giovane e dinamica capace di offrire una risposta tempestiva
alle richieste di mercato, quindi non soddisfare un bisogno ma esaudire un desiderio.
Poi negli anni sono stati adottati dei processi di automazione (ancora parziale).
Successivamente, l’azienda è maturata nel 2014 è stato aperto il secondo stabilimento e, poi, si è
presentata ai nuovi partners creando una collaborazione con Bauli fino ad arrivare al 2018 dove
AlpiPan è stata acquisita in quota di maggioranza dal gruppo Bauli.
AlpiPan ad oggi produce 6 categorie di prodotti senza glutine e/o senza proteine e nel 2018 sono
stati introdotti i dolci senza lattosio.
AlpiPan ha sempre lavorato per conto terzi.
All’inizio i prodotti gluten free venivano venduti solo in farmacia, poi successivamente accolti
anche dalla GDO. Ma nonostante questo, i produttori restano pochi.
39
Successivamente, però, si sono fatti avanti i grandi Player come Barilla che ha deciso di inserire i
suoi prodotti di punta nella versione senza glutine.
Modello di business basato su marginalità elevate grazie a efficienze e miglioramento continuo e
grazie alle NO guerre sul prezzo.
Inoltre, questo modello di business è basato sulla costante qualità percepita dei prodotti.
Quindi una strategia di focalizzazione orientata alla differenziazione.
ORGANIZZAZIONE COMMERCIALE
- No brand strategy, no sales force
- Pochi client fidelizzati
- Trend: riduzione della durata dei contratti di fornitura
- Servizio di supporto al cliente dal prototipo al packaging
- Innovazione continua in termini di prodotto
- Ordini mensili da parte dei clienti es. Bauli
SVILUPPI FUTURI
L’intento strategico porta a disegnare l’azienda di domani dove l’obbiettivo è diventare un’azienda
di marca.
Quindi cerca di lavorare per loro stessi e non per solo per conto terzi.
Dicembre 2020 il logo AlpiPan è cambiato, perché si presenta come azienda industriale di ultima
generazione dove la tecnologia la fa da padrone e che crea prodotti di alta qualità.
Nel 2021 è uscita sul mercato con due marchi, Bauli e Doira.
Il fatturato è cresciuto arrivando a ben 11 milioni, raddoppiato rispetto al 2015.
40
CAPITOLO 5 (spiegato dal prof il 29 marzo)
LE STRATEGIE COMPETITIVE DI BASE
L’analisi delle strategie competitive di base è la seconda tappa nella comprensione della strategia
competitiva. Infatti, essa assume come punto di partenza l’analisi del settore che mette A fuoco le
cause che spiegano:
•
•
•
La redditività media del settore in un certo periodo di tempo
La variabilità della redditività del settore da un gruppo di aziende all’altro, o da un’azienda
all’altra, osservata nello stesso periodo di tempo
La variabilità della redditività media del settore in periodi di tempo successivi.
CHE COSA SONO LE STRATEGIE COMPETITIVE DI BASE
L’analisi delle strategie competitive di base punta a compiere un passo avanti, rispondendo alla
domanda: perché alcune imprese hanno una redditività superiore alla media del settore nel medio
lungo periodo?
Secondo il modello di Porter, la capacità di ottenere una performance superiore rispetto alla
media deriva dalla capacità di scegliere e realizzare in modo coerente una delle tre strategie
competitive di base:
1. Leadership di costo
2. Differenziazione
3. Focalizzazione
Le tre strategie competitive di base rappresentano strade alternative per raggiungere una
redditività superiore alla media del settore nel medio lungo periodo e presuppongono il
raggiungimento e la difesa di un vantaggio competitivo.
La focalizzazione si differenzia dalle altre strategie per il fatto di fondarsi su un ambito ristretto,
scelta che può risultare in alcuni casi funzionale al perseguimento del vantaggio competitivo.
41
Esempio prof: la matrice si applica a livello di business (Fiat a livello globale). Il brand Fiat, ASA Fiat,
all’inizio degli anni 2000 ma anche intorno agli anni 70/80 si sarebbe posta a metà dell’asse
dell’ampiezza dell’ambito competitivo e l’orientamento sembrava essere quello al costo
(quadrante in alto a sinistra della tabella sopra).
Toyota con il Total Quality management si collocava nel 2000 nel quadrante in alto a destra.
Nel quadrante Fiat anche India e Corea sono della Fiat.
Fiat non era in grado di competere in quella posizione, era destinata a perdere con quelli a basso
costo e anche con coloro che aveva grandi volumi; Fiat doveva cambiare strategia! Doveva
spingersi verso l’alto, aumentando volumi (fusione con Cruiser e Renault e Citroen) e verso destra
ovvero verso la differenziazione (ad es. la 500 dove il tentativo è stato quello di dare a quest’auto
il design evocativo per trasformarla in un’auto alla moda).
Quando si vuole utilizzare la matrice sopra dobbiamo:
1.
2.
3.
4.
Posizionare la nostra azienda nel tempo t0 nella matrice considerando le due variabili
Metti t-5 e t-10 (quindi dove era posizionata l’azienda 5 e 10 anni fa)
Posizionare i competitors (sia nel tempo t0 che t-5 e t-10)
Capire se il posizionamento che l’azienda sta perseguendo o vuole perseguire è un
posizionamento buono per creare valore e se l’azienda è in grado di competere con quella
strategia. (nell’esempio sopra, la Fiat non era in grado)
5. Se tale posizionamento non è buono l’azienda dovrà modificare strategia
Dimensioni ambito competitivo/raggio d’azione:
- dimensione territoriale (industriale e commerciale)
- diversificazione settoriale
- gamma all’interno del settore
- grado di integrazione verticale
Ciascuna di queste dimensioni può essere utilizzata o no, scomposta in più parti o meno.
(diamante grafico)
L’analisi delle strategie competitive di base è la seconda tappa nella comprensione della
strategia competitiva. Infatti, essa assume come punto di partenza l’analisi del settore che
mette a fuoco le cause che spiegano:
• La redditività media del settore in un certo periodo di tempo
• La variabilità della redditività del settore da un gruppo di aziende all’altro, o da
un’azienda all’altra, osservata nello stesso periodo di tempo
• La variabilità della redditività media del settore in periodi di tempo successivi
42
CHE COSA SONO LE STRATEGIE COMPETITIVE DI BASE
L’analisi delle strategie competitive di base punta a compiere un passo avanti, rispondendo
alla domanda: perché alcune imprese hanno una redditività superiore alla media del settore
nel medio lungo periodo?
Secondo il modello di porter, la capacità di ottenere una performance superiore rispetto alla
media deriva dalla capacità di scegliere e realizzare in modo coerente una delle tre strategie
competitive di base:
1. Leadership di costo
2. Differenziazione
3. Focalizzazione
Le tre strategie competitive di base rappresentano strade alternative per raggiungere una
redditività superiore alla media del settore nel medio lungo periodo e presuppongono il
raggiungimento e la difesa di un vantaggio competitivo.
La focalizzazione si differenzia dalle altre strategie per il fatto di fondarsi su un ambito
ristretto, scelta che può risultare in alcuni casi funzionale al perseguimento del vantaggio
competitivo.
Quando parliamo di strategie dobbiamo conoscere il significato di:
•
•
Vantaggio competitivo
Ambito competitivo
CHE COSA È (E CHE COSA NON È) IL VANTAGGIO COMPETITIVO
Il vantaggio competitivo è definito da:
•
•
una redditività del capitale investito superiore alla media del settore nel medio lungo
periodo
Una condizione di vantaggio rispetto ai concorrenti basata sul prezzo di vendita (di
differenziazione) o sui costi di produzione, intendendo per costi di produzione non soltanto
i costi industriali ma tutti i costi sostenuti per l’esercizio delle attività aziendali. Quindi il
vantaggio competitivo si divide in vantaggio competitivo di prezzo o di costo.,
Il vantaggio competitivo di prezzo o differenziazione, presuppone:
In linea generale che il prezzo di vendita sia maggiore a fronte di una maggiore unicità del
prodotto.
1. Che la redditività del capitale investito sia superiore alla media del settore nel medio lungo
periodo
2. Che i prezzi di vendita siano maggiori rispetto al prezzo medio dei concorrenti.si dice in
questo caso che l’azienda in vantaggio gode di un “Premium Price”, ovvero di un prezzo più
alto della media
3. Che i costi di produzione non presentino, rispetto ai costi di produzione dei concorrenti,
una differenza tale da compensare il premio ottenuto nei prezzi di vendita.
43
Le tre condizioni di cui sopra presuppongono a loro volta tre condizioni ulteriori:
4. Che il prodotto o il servizio offerti siano in certa misura percepiti e apprezzati come unici.
Se così non fosse non sarebbero venduti a un prezzo maggiore
5. Che le attività svolte all’interno dell’azienda presentino elementi di unicità rispetto a quelli
dei concorrenti, altrimenti il prodotto non sarebbe percepito come unico
6. Che le attività svolte per produrre offrire il prodotto siano coerenti dal punto di vista
economico finanziario. Se così non fosse, il premio di prezzo che compensa l’unicità non
compenserebbe i costi sostenuti per offrire un prodotto unico.
Il vantaggio competitivo di costo, invece, presuppone:
1. Che la redditività del capitale investito sia superiore alla media del settore nel medio lungo
periodo
2. Che i costi unitari di produzione siano inferiori ai costi unitari di produzione di tutti i
concorrenti di riferimento
3. Che i prezzi di vendita non presentino, rispetto ai prezzi di vendita dei concorrenti, una
differenza tale da compensare lo scarto ottenuto nei costi unitari di produzione
Le tre condizioni di cui sopra presuppongono allora volta due condizioni ulteriori:
4. Che le attività svolte all’interno dell’azienda presentino elementi di unicità rispetto a quelli
dei concorrenti, se così non fosse i costi non potrebbero essere inferiori a quelli dei
concorrenti
5. Che le attività svolte per produrre offrire il prodotto siano coerenti dal punto di vista
economico finanziario.se così non fosse, il prezzo ottenuto non risulterebbe sufficiente a
coprire costi di produzione e non assicurerebbe una maggiore redditività del capitale
investito.
Quindi, possiamo dire che il vantaggio competitivo di costo si distingue dal vantaggio competitivo
di prezzo per due aspetti:
•
la condizione di vantaggio è definita rispetto a tutti i concorrenti di riferimento e non
rispetto alla media. Questo perché essere second leader nel tentativo di ridurre costi può
dare origine a una condizione scomoda e vulnerabile. Il settore non è mai abbastanza
grande per assicurare una posizione redditizia e difendibile a due Cost leader. Uno dei due
è comunque destinata a soccombere o, nella migliore ipotesi, a sopravvivere in una
condizione vulnerabile.
•
Il fatto di non presupporre l’unicità del sistema di prodotto. Anzi, in molti casi, le strategie
fondate sul vantaggio di costo - in particolare quelle con un ambito competitivo ampio - si
affermano proprio nei settori dove i prodotti presentano opportunità di prezzo
44
relativamente minori. Queste attività sono state definite come attività di volume, ovvero
come attività dovevi sono opportunità di differenziazione limitate.
Di solito la scelta tra i due vantaggi è indispensabile. Rinunciare a scegliere vuol dire trovarsi
bloccati a metà del guado, ovvero essere incapaci di ottenere qualsiasi vantaggio.
Ma può un’azienda godere di entrambi vantaggi competitivi? La risposta è sì, ma solo in casi
eccezionali o transitori. Tipicamente questo si verifica:
•
Quando un concorrente è un vantaggio grande che deriva dalla quota di mercato o dalle
interrelazioni. Questa è stata l’esperienza di Honda nel settore della moto, che ha goduto
per un lungo periodo di una quota di mercato pari a circa quattro volte quella del suo
principale rivale (Yamaha).
•
Quando un produttore introduce per primo una novità importante. Questa è stata
l’esperienza di Philips nel settore dei lettori di compact disc negli anni 80. In quel periodo,
prima che i concorrenti sviluppassero strategie competitive efficaci per conseguire il
vantaggio di costo o di prezzo, Philips ha potuto beneficiare nello stesso tempo sia di un
vantaggio di prezzo (derivante dal fatto di essere stata l’azienda innovatrice), Che di un
vantaggio di costo (associato soprattutto al fatto che Philips era più avanti dal punto di
vista dell’industrializzazione del prodotto)
•
Quando i concorrenti sono bloccati a metà del guado. Questa è una condizione perlopiù
transitoria, in quanto il blocca a metà del guado si accompagna a condizioni di redditività
insoddisfacenti alle quali prima o poi concorrenti reagiscono facendo una scelta.
Ma che cosa NON è il vantaggio competitivo?
Alcuni autori hanno attribuito la nozione di vantaggio competitivo non all’azienda ma al prodotto
al servizio offerti.
Secondo questa prospettiva, risulterebbe dotata di un vantaggio competitivo l’azienda capace di
soddisfare il cliente meglio dei propri concorrenti.
Questo approccio, nel breve periodo non fa una piega dal punto di vista del cliente o del
consumatore, ma non è compatibile con un modello di definizione della strategia competitiva
fondato sulla relazione tra strategia competitiva e performance aziendale.
Basti pensare alle aziende che, pur offrendo prodotti considerati dal cliente di qualità superiore,
sono fallite o hanno rischiato di fallire come nel caso della Porsche.
Analizzando il problema con il metodo proposto, si può affermare che sei un’azienda è capace di
soddisfare il cliente meglio dei propri concorrenti:
•
soddisfa certamente due delle sei condizioni segnalate per ottenere il vantaggio
competitivo di prezzo e in modo particolare la condizione 4 e 5. (unicità percepita del
prodotto e unicità delle attività svolte)
45
•
Non soddisfa automaticamente le altre quattro condizioni: la condizione 1, la condizione 2,
3 e 6. (redditività superiore alla media, superiorità del prezzo di vendita, contenimento dei
costi entro limiti tali da non vanificare il premio di prezzo e coerenza dal punto di vista
economico finanziario delle attività svolte)
Il vantaggio competitivo non è quindi il vantaggio ottenuto dal punto di vista della soddisfazione
del cliente.
L’esperienza di Porsche
Fino al 1995, quando la Porsche era una vettura raffreddata d’aria e relativamente difficile da
guidare, la casa automobilistica tedesca si distingueva per un elevato livello di soddisfazione dei
propri clienti e per l’elevato livello di insoddisfazione dei propri azionisti che vedevano l’azienda
sull’orlo del fallimento.
Anche se i clienti fedeli al marchio Porsche erano più che soddisfatti, l’azienda non godeva di un
vantaggio competitivo dal punto di vista delle performance aziendali.Le cose cambiarono negli
anni successivi, quando la redditività aziendale migliorò in modo drastico, soprattutto grazie alla
variazione del posizionamento del prodotto, che fu reso più comodo e più facile da guidare e fu
quindi indirizzato a un pubblico più ampio, rappresentato dalle persone facoltose e appassionate
delle vetture sportive invece che dalle persone che erano sia facoltose che appassionate delle
vetture sportive ma anche disponibili a guidare una vettura difficile scomoda.
L’IMPATTO DELLE POLITICHE DI PREZZO SUL POSIZIONAMENTO STRATEGICO DELL’AZIENDA
La scelta di perseguire il vantaggio competitivo di costo o di prezzo non è sufficiente a definire il
posizionamento strategico dell’azienda.
Esso dipende infatti anche da altre sue decisioni fondamentali, tra loro collegate:
•
•
La politica di prezzo
La configurazione delle attività correnti che definiscono la base del vantaggio competitivo
Per capire l’impatto della politica di prezzo sul posizionamento strategico dell’azienda conviene
ragionare distintamente per:
•
•
Le strategie orientate al vantaggio di costo
Le strategie orientate al vantaggio di prezzo
Le strategie orientate al vantaggio di costo, quando sono perseguite su un ampio ambito
impegnano chi vuole conquistare una posizione difendibile a cercare un vantaggio nei confronti di
tutti i concorrenti.
La posizione di second leader, come si è detto in precedenza, risulta rischiosa e vulnerabile; è
quindi comprensibile che chi adotta questo tipo di strategia cerchi la leadership di mercato o
quantomeno la quota di mercato necessaria per raggiungere una posizione di costo migliore
rispetto a quella di tutti i concorrenti.
46
Più facile a dirsi che a farsi. Infatti, chi persegue la leadership di costo finisce per trovarsi in un
Trade- off tra:
•
•
la ricerca della posizione di prezzo che massimizza la propria redditività in un certo periodo
La ricerca della posizione di prezzo necessaria per la dissuasione dell’attacco al leader, da
parte dei produttori attuali, dei potenziali entranti e dei produttori di beni sostitutivi.
Posizionarsi con un prezzo più basso del necessario comporta un calo di redditività ma ciò in alcuni
casi favorisce la costruzione di una posizione più difendibile.
Come si è avuto modo di osservare nel capitolo precedente che illustra le tecniche di analisi del
settore, dato un certo valore creato per il cliente il prezzo di vendita definisce quale parte del
valore l’azienda desidera acquisire e quale parte invece disposta a lasciare al cliente.
Questa scelta è fondamentale perché può incidere anche in modo determinante sulle quote di
mercato dell’azienda, dal momento che:
•
nei business destinati ad acquisti ripetitivi, come per esempio quelli dei beni di largo
consumo o dei prodotti industriali destinati ad acquisto ripetuto, condiziona la stabilità
delle relazioni commerciali e, di riflesso, le opportunità di successo da parte dei concorrenti
che cercano di attaccare la posizione dell’azienda
•
nei business destinati ad acquisti una tantum, come per esempio quelli dei beni durevoli o
di prodotti industriali destinati all’investimento, condiziona la probabilità di concludere le
singole transazioni e di riflesso le quote di mercato raggiungibili.
A parità di altre condizioni, e soprattutto di valore creato per il cliente, una maggiore attenzione
alle quote di mercato e alla difesa delle quote di mercato finisce per stimolare una politica di
prezzi più aggressiva.
Ma vi è anche un’altra complicazione perché il prezzo di vendita non condiziona soltanto il
posizionamento competitivo di un’azienda e la sua redditività ma può condizionare anche il
cambiamento del posizionamento competitivo da un periodo all’altro.
Generalmente un cliente non cambia fornitore a meno che non abbia gravi motivi di
insoddisfazione o che il nuovo fornitore non proponga un prezzo più basso infatti, a parità di
rapporto qualità prezzo il cliente sta dove si trova.
Chi vuole acquisire un cliente nuovo, spesso deve offrire un prezzo inferiore rispetto a quello dei
suoi fornitori attuali.
Nei casi delle aziende impegnate nell’attacco al leader la redditività del capitale investito superiore
nel medio lungo periodo può non esserci, eppure l’azienda può perseguire una strategia di
successo in cui privilegia la conquista di quote di mercato e non ho ancora ottenuto i risultati
economici finanziari a cui è destinata.
Potremmo definire questa strategia di prezzo come una strategia di prezzo di Set up, in quanto
finirà per produrre i propri benefici in un periodo diverso da quello in cui viene attivata, mentre gli
oneri che ne derivano hanno manifestazione immediata.
47
L’esperienza iniziale di Samsung nel settore dei televisori LCD può essere interpretata in questo
modo. Durante la prima decade degli anni 2000, l’obiettivo di acquisire quote di mercato maggiori
in un settore dove Samsung aveva una notorietà e un’immagine inferiore rispetto a Sony può aver
costretto Samsung ad offrire un rapporto qualità prezzo migliore. In poche parole, a fare i prezzi
più competitivi.
Ma la valutazione della redditività di Samsung e in questo settore non può farsi tenendo conto
soltanto della posizione ed è la redditività di allora e prescindendo dall’impatto che la sua politica
aggressiva era destinata a produrre e sulla conquista di un posizionamento diverso da quello di cui
l’azienda godeva quando avviato la strategia di attacco al leader.
Nelle aziende che perseguono il vantaggio competitivo di prezzo, il problema è molto simile.
Esiste però una differenza rilevante, rappresentata dal fatto che, nei settori dove vi sono molte
opportunità di differenziazione, la risposta della domanda del cliente a variazioni del prezzo di uno
dei concorrenti è minore.
Per fare un esempio, se un produttore di memorie RAM riduce il prezzo di vendita del 10% può
aspettarsi un forte impatto sulla sua quota di mercato sempre che gli sia in grado di far fronte
all’aumento della richiesta dei clienti.
Avvicinandosi all’esperienza quotidiana del consumatore, lo stesso fenomeno ce lo potremmo
aspettare da un distributore di benzina che decide di diminuire il prezzo del 10% rispetto a quello
dei concorrenti.
Probabilmente, fintanto che non viene imitato dai concorrenti, il limite alla crescita della sua quota
di mercato è determinata soltanto dalla congestione del traffico presso le sue aree di servizio.
Questo perché i beni rame e benzina sono beni indifferenziati.
Se invece uno dei tre grandi produttori di vetture tedesche differenziate (Mercedes, BMW e Audi)
decidessero di ridurre i prezzi di vendita del 10% esso otterrebbe un vantaggio in termini di quote
di mercato non paragonabile a quello ottenibile da chi adotta la stessa politica nelle vendite di
RAM o benzina.
Infatti, molti clienti delle altre due case automobilistiche sì conserverebbero fedeli Al proprio
produttore di riferimento.
Quindi, anche le aziende che seguono il vantaggio competitivo di prezzo incontrano lo stesso
Trade off per le aziende orientate al vantaggio competitivo di costo.
Ogni scelta di prezzo di vendita le pone di fronte alla scelta tra:
•
•
Quale parte del valore creato trattenere
Quale parte del valore creato lasciare al cliente
Nella consapevolezza che la parte del valore creato lasciata al cliente e finirà per avere un effetto
propulsivo sulle loro quote di mercato e sulla loro affermazione commerciale.
48
In entrambi casi, se osserviamo le aziende che perseguono il vantaggio di prezzo,
indipendentemente dal fatto che offrono prodotti di valore unitario alto basso possiamo rilevare
che:
•
casi di aziende che preferiscono cercare i posizionamenti di prezzo più alti possibili, anche a
costo di sacrificare in modo sostanziale le quote di mercato ottenibili come per Nespresso
•
casi di aziende che rinunciano a chiedere e ottenere il prezzo più alto possibile, sacrificando
almeno in parte la redditività del singolo articolo in vista di obiettivi di aumento delle quote
di mercato come per Lavazza.
La seconda opzione può avere due tipi diversi di giustificazione economica:
•
la consapevolezza che, una volta aumentati i volumi di vendita, l’effetto complessivo sui
risultati sia positivo già nell’immediato
•
La convinzione che, malgrado i risultati relativamente minori che possono essere ottenuti
nel breve periodo, la conquista di maggiori quote di mercato sia destinata ad assicurare
all’azienda un posizionamento migliore nel medio lungo periodo.
Tutto quanto finora osservato in merito alle politiche di prezzo e al loro impatto sulla redditività,
sul posizionamento strategico e sulla difendibilità del vantaggio competitivo all’obiettivo di
evidenziare come il modello delle strategie di Porter, che non approfondisce questo aspetto,
finisca per delineare modelli di strategie generiche.
Non solo, secondo l’opzione di posizionamento di prezzo prescelta le strategie di base possono
dare origine a risultati disomogenei sotto i profili della redditività del capitale investito nel medio
lungo periodo, delle quote di mercato raggiunte e della difendibilità del posizionamento acquisito
rispetto all’attacco dei concorrenti.
QUALI SONO LE BASI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO
Il vantaggio competitivo si basa sull’unicità e sulla coerenza delle attività aziendali. Le attività
aziendali sono di solito rappresentate con riferiamo alla catena del valore o ad altri strumenti di
rappresentazione.
Con riferimento alla catena del valore proposto da Porter è importante sviluppare tre osservazioni.
1. In primo luogo, essa non identifica attività, ma categorie di attività. Nell’ambito di
un’azienda operante nel settore del trasporto aereo, per esempio, nella categoria delle
attività operative si possono distinguere innanzitutto le attività operative svolte a terra e
quelle svolte in volo. Successivamente possono poi individuarsi specifiche attività. Ed è con
riferimento a ognuna di queste attività che si possono mettere in luce il ruolo di
determinanti di costo quali le economie di scala, l’effetto di esperienza o il grado di utilizzo
della capacità produttiva. Considerazioni analoghe valgono per tutte le altre categorie di
attività.
49
2. Il livello di unicità e di coerenza del sistema di attività deriva non solo dalle caratteristiche
delle singole attività che lo compongono ma anche dalle relazioni di interdipendenza che si
stabiliscono all’interno del sistema delle attività. I motivi di unicità, infatti, creano elementi
di protezione contro l’imitazione che tendono a rafforzarsi l’un con l’altro. La probabilità
che i concorrenti imitino efficacemente un’attività unica è superiore rispetto alla
probabilità che i concorrenti ne imitino efficacemente due.
In particolare, è stato osservato che, se le probabilità di imitazione di ogni attività sono pari
al 10% e le attività di imitazione sono indipendenti, la probabilità che un sistema di due
attività sia imitato fedelmente è pari all’1%.
La coerenza deriva anch’essa dai rapporti di interdipendenza che si stabiliscono all’interno
del sistema delle attività. Infatti, il contributo che l’insieme delle attività imprime al valore
creato per il cliente e ai costi può essere valutato soltanto considerando le attività nel loro
insieme. Un’attività considerata isolatamente può essere a prima vista non vantaggiosa
generando costi maggiori rispetto ai benefici direttamente prodotti per il cliente essa,
però, può influire sulle condizioni di svolgimento di altre attività favorendo la riduzione dei
costi o l’aumento del valore creato per il cliente in altre parti della catena del valore.
3. Le attività in oggetto non esauriscono tutte le attività che si svolgono all’interno
dell’azienda.al contrario, esse definiscono soltanto le attività correnti, ovvero le attività
all’origine delle performance correnti in un certo periodo della vita dell’azienda. Infatti, le
attività che compongono la catena del valore producono i propri effetti economici
principali sui risultati dell’anno in cui sono svolte.
Oltre a queste attività, nell’azienda si svolgono altre che non producono i loro risultati
principali nell’anno in cui sono svolte, ma soltanto negli anni successivi. Si tratta delle
attività di Set up che sono finalizzate soprattutto a rinnovamento delle attività correnti.
Queste attività, pur non essendo classificate e studiate con lo stesso grado di dettaglio
dell’attività correnti, non devono essere trascurate in quanto sono proprio esse a
promuovere il rinnovamento e a determinare la quantità della posizione strategica.
CHE COSA È L’AMBITO COMPETITIVO?
L’ambito competitivo è definito dall’ampiezza delle attività aziendali. I criteri di definizione
nell’ambito competitivo sono molti, tra questi troviamo:
•
L’ampiezza della gamma dei prodotti offerti
•
Il numero di segmenti di clientela serviti che è una variabile a sua volta riconducibile alle
caratteristiche della clientela, all’area geografica del cliente e al canale distributivo seguito
•
Il grado di integrazione verticale
•
L’articolazione geografica delle attività coordinate (variabile più ampia dell’area geografica
del cliente in quanto abbraccia anche l’articolazione delle attività diverse dal marketing e
dalle vendite)
•
Livello di diversificazione in attività correlate
50
QUANDO L’AMBITO COMPETITIVO (RAGGIO DI AZIONE) SI DEFINISCE “STRETTO” O “AMPIO”
A parità di ogni altra condizione, si afferma spesso che l’ambito competitivo e tanto più ampio
quanto più ampi sono:
•
•
•
•
•
la gamma di prodotti
Il numero di segmenti di clientela serviti
Il grado di integrazione verticale
L’articolazione geografica delle attività coordinate
Il livello di diversificazione in attività correlate
Si tratta di una definizione formalmente corretta ma banale. Il problema principale è un altro:
come si fa a mettere insieme il risultato dell’analisi effettuate sulle diverse variabili??
È sufficiente che un’azienda abbia quattro variabili di ambito ampie come accade per Hermès per
dire che l’ambito è ampio? (gamma ampia, integrazione verticale elevata, articolazione geografica
ampia, diversificazione ampia per la capacità di offrire un elevato numero di prodotti)
È sufficiente che un’azienda abbia tre variabili di ambito stretto, come accade per Coca-Cola per
dire che l’ambito è stretto? (gamma stretta, integrazione verticale limitata, livello di
diversificazione delle attività correlate e modesto)
La risposta è NO. Hermès che vende i foulard da donna a prezzi compresi tra i 300 e i 6000 € a un
ambito stretto mentre Coca-Cola che vende il concentrato per la produzione dei soft drink che
tutti conosciamo a un ambito ampio.
PERCHÉ L’AMBITO COMPETITIVO SI DEFINISCE AMPIO O STRETTO
Ai fini della comprensione della strategia competitiva la definizione di ambito competitivo stretto
è associata alla possibilità di ottenere dalla restrizione di ambito un beneficio economico
finanziario determinante ai fini del vantaggio competitivo.
È importante sottolineare che non si tratta di un beneficio economico finanziario qualunque, ma di
un beneficio che esercita un ruolo determinante sulla performance aziendale, dando origine a
valori di prezzi di vendita, dei costi di produzione e del capitale investito complessivamente
migliori rispetto a quelli raggiunti dalle imprese concorrenti non focalizzate.
Ma tutto questo come è possibile? A prima vista, appare contrario al senso comune che è
un’azienda che restringa il proprio ambito possa avere una redditività maggiore, dal momento che,
limitando la propria attività, essa incontra una serie di maggiorazioni di costo legato alla minore
dimensione.
Il problema è che la focalizzazione può produrre benefici tali da compensare e superare gli
svantaggi della minore dimensione.
Non esiste nessun tipo di automatismo che assicuri i benefici a fronte della restrizione dell’ambito.
Tutto dipende, ancora una volta, dal complesso gioco dell’attività e dai benefici che alcune attività
51
assicurano quando, pur essendo dimensionati su scala minore, sono adattate alle caratteristiche di
specifici segmenti.
Nello stesso Modo, si può anche dimostrare che non esiste alcun automatismo che assicuri
benefici in seguito all’ampliamento dell’ambito o a un amento del volume di attività. Anche in
questo caso, la questione decisiva e se e in che misura l’ampiamento dell’ambito o l’aumento del
volume di attività si traducano in una riduzione dei costi unitari.
Hermès, per esempio, ottiene prezzi di vendita più alti soprattutto grazie ai benefici di immagine
che le derivano da focalizzarsi su un segmento di clientela molto ristretto.
Un modello strategico simile è interpretato da numerosi produttori italiani nel settore
dell’abbigliamento, dell’arredamento, della pelletteria e della gioielleria di lusso. E si riscontra
anche in alcuni segmenti del settore vinicolo e automobilistico.
Se si considera per esempio Ferrari, la restrizione dell’ambito, e in particolare la rinuncia al vino
venduto a tre euro e alle vetture vendute a 50.000 €, sono alla base del superiore livello di prezzi
che le tue aziende riescono a tenere per le rispettive produzioni.
In questi casi, così come nel caso di Hermès, non si verificano quindi soltanto le sei condizioni
presentate in precedenza come presupposti del vantaggio di prezzo ma si verifica anche una
settima condizione, che è tipica delle aziende che ottengono un vantaggio di prezzo su un ambito
stretto: ovvero le aziende che perseguono la strategia di focalizzazione orientata al vantaggio
competitivo di prezzo.
SouthWest Airlines e Ryan Air rappresentano un fenomeno analogo sul fronte del vantaggio di
costo. Esse riescono a ottenere una redditività di medio lungo periodo superiore a quella degli altri
produttori e ciò nonostante operino con un abito più stretto e di riflesso, con un volume di attività
minore espressa in termini di ASM (ovvero la somma del numero di posti disponibili moltiplicabili
per il numero di miglia percorse in volo da ogni posto disponibile)
Come è possibile? Ancora una volta tutto dipende dalla natura dell’attività e dal modo in cui le
singole attività risentono del volume di attività e delle altre determinanti di costo.
In questi due casi non si verificano soltanto le cinque condizioni presentate in precedenza come
presupposti del vantaggio di costo ma si verifica anche una sesta condizione, che è tipica delle
aziende che ottengono un vantaggio di costo su un ambito stretto: ovvero le aziende che
perseguono la strategia di focalizzazione orientata al vantaggio competitivo di costo.
La definizione di ambito competitivo ampio, tipico delle strategie di leadership di costo e di
differenziazione non associa invece alla scelta dell’ambito un ruolo determinante al fine del
vantaggio competitivo.
Procter & Gamble Che persegue una strategia di differenziazione nel settore dei beni di largo
consumo con marchi come Dash, Gillette, Ace, Pampers, mantiene un ambito coerente con le
attività svolte.
Ma, nel suo caso, prezzi, costi e capitale investito dei singoli business non ottengono un beneficio
determinante rispetto ai concorrenti dalla rinuncia A operare in segmenti di attività limitrofi.
52
E lo stesso accade per Coca-Cola, Apple, General elettriche, Barilla, Benetton.
Sul fronte delle strategie di Cost leadership, un ragionamento analogo può essere sviluppato
guardando la storia di Nokia, Toyota, Honda, Dell computer, Vodafone.
Tutti questi produttori hanno ottenuto e molti di essi ancora conservano, un vantaggio di costo
rispetto ai loro concorrenti operando con un ambito che rendesse questo vantaggio di costo
possibile.
Ma non è stata e non è la limitazione dell’ambito a rendere il vantaggio di costo possibili. Anzi
nella maggior parte dei casi, come per esempio per Vodafone, è accaduto proprio il contrario: è
stato l’ambito più ampio ristretto ai concorrenti a favorire il contenimento dei costi delle singole
attività, fino ad assicurare una redditività superiore rispetto alla media del settore.
Così come si è osservato che non esistono relazioni necessarie e a somatiche tra la restrizione del
raggio di azione da un lato e il conseguimento del vantaggio competitivo dall’altro, nello stesso
modo si può osservare che non esiste alcun automatismo che assicuri il conseguimento del
vantaggio competitivo in seguito ad un ampliamento dell’ambito.
Questa è la ragione banale per la quale alcune aziende che si avventurano in progetti di crescita
privi di coerenza dal punto di vista strategico si accorgono che una volta raggiunta la maggiore
dimensione ottengono performance inferiori rispetto alle performance che ottenevano quando
erano più piccole.
Una sintesi delle condizioni
necessarie e sufficienti per la
realizzazione delle strategie
competitive di base è illustrata
nella foto.
53
CAPITOLO 6
VANTAGGIO COMPETITIVO DI COSTO E LA STRATEGIA DI LEADERSHIP DI COSTO (caso flixbus)
Il vantaggio di costo è una filosofia di gestione che pervade tutta l’azienda e si verifica quando
un’azienda ottiene una redditività superiore alla media sostenendo costi inferiori a quelli della
concorrenza e realizzando prezzi di vendita pari o non sensibilmente inferiori 1ai prezzi dei
concorrenti.
• L’azienda deve avere una superiore attitudine a contenere i costi nella produzione del
bene/servizio.
• I minori (o uguali) prezzi applicati ai prodotti non devono erodere pienamente il minor costo—
> condizione di sovraredditività
• Il valore creato per gli acquirenti deve essere percepito da essi
• Non è necessario che per perseguire il VC il prodotto/servizio dell’azienda sia uguale a quello
dei competitor, ma l’azienda realizza un sistema di prodotto diverso in parte rispetto a quello dei
competitor grazie a quella superiore attitudine. Ad esempio IKEA, ha introdotto i mobili di design a
basso prezzo.
Si può parlare di VC :
-
per prodotti indifferenziati
più scarni es. Rynair
che presentano elementi di diversità rispetto a quelli dei competitor
Il VC di costo può essere realizzato in un ambito competitivo ampio o ristretto, dando origine
rispettivamente alla leadership di costo o alla focalizzazione orientata al VC di costo.
Non tutti i settori consentono il conseguimento del VC di costo: esso è perseguibile solo qualora la
variabilità dei costi e la variabilità dei prezzi di vendita del settore siano tali da consentire a
un’azienda di ottenere una redditività del capitale investito superiore alla media del settore,
qualora la variabilità dei costi di produzione possa influire in maniera notevole sulla variabilità
della redditività del capitale investito. Questo fenomeno si presenta soprattutto nei cosiddetti
“settori di volume”, ovvero che offrono limitate opportunità di differenziazione; tuttavia, esso si
manifesta anche nei settori dove le opportunità di differenziazione sono maggiori, i cosiddetti
“settori specializzati”.
1
la fattispecie in cui i prezzi di vendita, pur essendo inferiori ai prezzi della concorrenza, prsentino,
rispetto ai prezzi della concorrenza, una differenza inferiore a quella tra i costi dell’azienda e i costi
della concorrenza
54
LE DETERMINANTI DEL VANTAGGIO DI COSTO
Le determinanti che sono alla base del vantaggio di costo sono:
•
Economie o diseconomie di scala, che consentono la riduzione o dall'aumento dei costi
medi unitari al variare del volume di produzione vendita ed ipotesi di pieno impiego delle
attività correnti
•
Effetto di apprendimento
•
Grado di impiego delle attività
•
•
•
Sfruttamento dei collegamenti tra le attività
•
Sfruttamento delle interrelazioni con attività di altri business
•
Scelta dei tempi nei quali è stata avviata o sviluppata latita
•
Scelte di politiche discrezionali (quali la configurazione del sistema di prodotto)
•
Collocazione geografica
•
Fattori istituzionali (quali leggi, regolamenti)
Sfruttamento dell’integrazione verticale a monte o a valle
Il vantaggio di costo scaturisce dall’impatto che ciascuna di queste determinanti di costo può
esercitare su ogni attività generatrici di valore. Inoltre, le singole determinanti di costo producono
un effetto sul comportamento dei costi solo se l'azienda esprime un impegno diffuso sul fronte
della realizzazione della strategia di contenimento dei costi, cioè non vi è alcun rapporto di causa
effetto tra l'aumento dei volumi da una parte, e lo sfruttamento delle economie di scala dall'altra.
Al contrario si può affermare che l'aumento dei volumi crei, in molti casi, le condizioni che
consentono di ridurre costi soltanto a chi si applichi per il raggiungimento di questo obiettivo
mediante un'azione puntuale e determinata.
Quindi secondo il prof (importante) affinché vi sia un VC di costo:
-
-
L’azienda deve avere una superiore attitudine a contenere i costi nella produzione del
bene/servizio in quel determinato business.
Minori prezzi applicati ai prodotti, che possono essere anche uguali ai competitor, se
sono minori non devono erodere pienamente il minor costo perché se accade non si ha la
condizione di sovra-redditività
Il valore creato per gli acquirenti deve essere percepito da essi.
Non è necessario che il prodotto/servizio dell’azienda sia uguale a quello dei competitor.
(es Ikea)
55
Possiamo parlare di V.C di costo nei casi di:
-
Prodotti sostanzialmente indifferenziati
Prodotti più scarni rispetto a quelli dei competitor
Prodotti che presentano elementi di diversità rispetto a quelli dei competitor, l’importante
è che ci sia una propensione gestionale volta con determinazione ed efficacia a contenere i
costi e che possa tradursi in..
Nel determinare se un’azienda segue o meno un VC di costo è importante seguire il percorso di
analisi strategica
IL VANTAGGIO DI COSTO E L’ACCETTABILITA’ DEL SISTEMA DI PRODOTTO
Un’azienda che persegue il vantaggio di costo non può trascurare l'affidabilità del sistema di
prodotto offerto, dal momento che un divario nei costi rispetto alla concorrenza può essere più
che compensato da un divario nei prezzi di vendita, ciò in particolare se la qualità del prodotto non
è considerata paragonabile alla qualità del prodotto offerto dalla concorrenza. Quando il prodotto
o il servizio non abbiano le caratteristiche di un bene standardizzato, ovvero di una commodity, il
perseguimento di un vantaggio di costo impegna comunque l'azienda sul fronte della definizione
dei livelli qualitativi che rappresentano l'obiettivo per la propria produzione e sul fronte della
difesa del livello qualitativo prescelto. L'analisi delle determinanti di costo e il problema
dell'accettabilità del prodotto del servizio assumono una configurazione differente a seconda che
si consideri un’azienda che persegue un vantaggio di costo operando in un ambito competitivo
ampio o un'azienda che cerca di stabilire un vantaggio di costo concentrandosi in ambito
competitivo limitato.
56
VANTAGGIO DI COSTO E AMBITO AMPIO: LA LEADERSHIP DI COSTO
La leadership di costo è una strategia molto diffusa, di solito interpretata da aziende di grandi
dimensioni e di una visibilità notevole. Quando l'azienda vuole raggiungere una leadership di costo
corre un rischio importante, dal momento che se l'azienda non acquisisce o non difende la
leadership di costo, ma rimane o diventa second leader o comunque follower, la sua posizione di
redditività risulta vulnerabile.
Infatti, la leadership di costo è una strategia di base concettualmente molto semplice: consiste
nell’acquisizione di un vantaggio di costo nei confronti di tutti i concorrenti, operando con un
ambito competitivo ampio e mantenendo comunque un livello di qualità giudicato simile a quello
degli altri produttori e un prezzo pari o prossimo al prezzo dei concorrenti di riferimento.
Le due variabili che rappresentano le condizioni necessarie per il perseguimento di una strategia di
leadership di costo sono:
-
la capacità di ottenere costi inferiori rispetto a tutti i conti concorrenti: riguarda
l'opportunità di ottenere costi inferiori rispetto a tutti i conti correnti
-
l'accettabilità dell’offerta, che determina la possibilità di ottenere un prezzo pari o
prossimo al prezzo dei concorrenti di riferimento: riguarda l'accettabilità dell’offerta che
deve essere tale da far sì che il prezzo di vendita dell'azienda sia pari o prossimo a quello
dei concorrenti di riferimento per evitare che la differenza di costo stabilità rispetto ad essi
sia più che compensata da una differenza nel prezzo di vendita.
L’accettabilità del sistema di prodotto produce un impatto notevole sulla redditività di un'azienda
in quanto può condizionare:
-
Il livello dei prezzi dell'azienda e quindi l'eventuale scarto tra il prezzo di vendita
dell'azienda e il prezzo di vendita dei concorrenti, scarto che se esiste deve essere il più
contenuto possibile
-
la quota di mercato di un'azienda. Infatti, nei settori dove i beni non possono essere
considerati standardizzati, a parità di livello di prezzo, il livello qualitativo offerto determina
il rapporto qualità prezzo
Solitamente chi è cost leader di solito è anche price leader, ovvero stabilisce il prezzo di mercato o
quantomeno decide di accettare il prezzo di mercato fissato da altri rinunciando a fissare un
prezzo inferiore. L'azienda leader di costo non aspira a ridurre il prezzo di mercato dal momento
che la formula della sua superiore redditività si sintetizza nel presupposto che se i costi sono
inferiori e i prezzi pari o prossimi a quelli della concorrenza, i margini unitari saranno senz'altro
superiori e quindi anche i margini complessivi.
A tal proposito si possono sviluppare due considerazioni: in primo luogo un'azienda può ottenere
una redditività del capitale investito superiore alla media anche con prezzi inferiori alla media del
mercato e questo accade se il divario di prezzo è più che compensato dal divario di costo. In
57
secondo luogo, in particolare nei settori dove si producono beni standardizzati, la variabile prezzo
rappresenta una delle leve direzionali suscettibili di produrre maggiore impatto sulla distribuzione
delle quote di mercato.
Quindi un'azienda che punti alla conquista delle quote di mercato può avere una notevole
motivazione alla riduzione dei prezzi di vendita, dal momento che una pur lieve variazione del
prezzo di vendita, può originare un forte impatto sulle quote di mercato. Infatti, è molto probabile
che una quota di mercato maggiore rispetto ai concorrenti favorisca il raggiungimento di un livello
di costi inferiore che a sua volta può risultare difendibile mediante un ulteriore riduzione dei prezzi
che consentono di accrescere ulteriormente la quota di mercato e quindi ridurre ancora una volta
il livello dei costi.
Il fatto che in un settore ci sia una sola azienda leader di costo fa sì che la leadership di costo sia
una posizione competitiva ambita e contesa: nonostante ciò non è detto che il secondo leader non
possa avere una redditività superiore alla media del settore e lo stesso vale per le aziende che
vengono classificate come follower.
La differenza principale tra il leader e le aziende follower sta nella vulnerabilità soprattutto se
l'azienda leader può aumentare ulteriormente la propria capacità produttiva e quindi può
accadere che essa sia portata ad espandere la propria capacità e a fissare un livello di prezzi di
vendita al quale essa realizzi utili mentre i concorrenti sopportano perdite.
Nella leadership di costo il problema della vulnerabilità è l'aspetto più importante: infatti se la
sostenibilità del vantaggio di costo presenta di per sé un rischio, che può essere sintetizzato
soprattutto nell’ascesa di un diretto concorrente al vantaggio competitivo di costo non può
avvenire senza compromettere il vantaggio di costo dell'azienda, nel caso della leadership di costo
il problema è più grave; questo perché si aggiunge la circostanza che gli investimenti sono di solito
molto maggiori di quanto avvenga nel caso della focalizzazione orientata alla riduzione dei costi e i
rischi associati al mancato utilizzo della capacità produttiva.
Tutti queste considerazioni rappresentano il motivo per cui la difesa della leadership di costo si
traduce nella difesa delle quote di mercato che condizionano due delle principali determinanti dei
costi, ovvero le economie di scala e il grado di utilizzo della capacità produttiva e distributiva.
In molte circostanze anche soltanto un punto percentuale di quote di mercato è importante per le
aziende concorrenti e di conseguenza le strategie di attacco di difesa per contendersi quel punto
percentuale possono degenerare in guerra dei prezzi che producono effetti negativi per tutto il
settore. Infatti, la leadership di costo può essere detenuta sull’intero settore soltanto da
un’azienda, il leader di costo. Tutte le altre aziende soffrono di una situazione vulnerabile dal
momento che sono esposte al rischio che in caso di guerra dei prezzi, il prezzo diventa di mercato,
che è stabilito di solito dall'azienda leader di costo, si venga a trovare a un livello intermedio tra i
costi del leader e i costi degli altri concorrenti, consentendo al leader di produrre degli utili e
costringendo i concorrenti a sopportare le perdite.
Anche l'azienda leader affronta dei rischi; in particolare il rischio di essere superata dai
concorrenti, condizione che può verificarsi a seguito di una politica commerciale più aggressiva
mediante la quale un concorrente potrebbe realizzare innovazioni di prodotto tali da determinare
una riduzione sensibile dei costi di produzione, ovvero potrebbe ridurre il livello dei prezzi fino a
58
una riduzione drastica della redditività o l'insorgere di situazioni di disequilibrio economico pur di
accrescere la propria quota di mercato. Oppure potrebbe introdurre innovazioni tecnologiche tali
da consentire una riduzione dei prezzi e un aumento della propria quota di mercato senza dar
luogo a riduzioni dei suoi margini tali dei suoi livelli di redditività punto quindi oltre al controllo
delle quote di mercato la strategia di leadership di costo impone anche un intervento qualificato e
tempestivo e costante sul processo di miglioramento e di innovazione del prodotto e su
determinante di costo associate alla politica di prodotto e di processo.
CASO FLIXBUS
Le determinanti del vantaggio competitivo di costo:
•
Vantaggio derivante dalla scelta dei tempi nei quali è stata avviata l’attività. E’ stata tra
le prime del settore ad utilizzare un app mobile o sito della compagnia per prenotare i
ticket.
•
Politiche discrezionali, ovvero, connessione wi-fi a bordo, sistema di tracciamento live
GPS, colore distintivo dei bus, attenzione alla pulizia, utilizzo di software per vedere la
disponibilità dei a posti a bordo.
•
Collegamenti fra le attività della catena del valore e del sistema del valore di cui
l’impresa è parte à partenership strategiche con proprietari di bus, Google e Spotify.
•
Effetto di apprendimentoà possibilità di collezionare dati , relativi ai consumatori al
fine di individuare le loro abitudini e preferenze , tutto al fine di definire le tratte da
implementare, i prezzi da applicare e il target a cui far riferimento
Grazie a queste determinanti l’azienda è in grado di conseguire un vantaggio competitivo di costo.
Tale vantaggio è in grado di essere conseguito grazie a una combinazione unica tra bassi prezzi
(come il prezzo del ticket pari a 4.99 euro per la tratta Parigi la Defense – Amiens) e servizio unico
(in quanto sono stati in grado di dare una nuova visione dei viaggi in bus, rendendoli alla moda.)
Flixbus si è sempre definita non un semplice “bus operator”, ma una start-up fortemente
tecnologica che offre servizi di trasporto.
Flixbus crea valore per gli acquirenti in termini di:
•
minori costi (prezzi inferiori per i clienti)
•
migliori performance (ottimizzazione del tempo speso durante il viaggio, per es. lavorare
con il pc)
59
Tale valore viene percepito soprattutto dai clienti che hanno una fascia di età 18-24 e 25-34 anni.
Dalle tabelle riportate nel caso si vede che gli indici di bilancio sono negativi questo vuol dire che
l’azienda non ha ancora raggiunto la sovra-redditività della strategia di leadership di costo, ma
piano piano la raggiungerà perché è vero che questi indici sono negativi ma stanno migliorando
negli anni.
Appunti prof. “Corretta analisi di bilancio” (sempre riferita a flixbus)
1- comparazione dei dati e indici nel tempo
2- Comparazione nello spazio (con le altre aziende del settore)
3- Sistematicità di lettura (un indice considerato singolarmente non dice niente, se è negativo
bisogna ad esempio capire se è dovuto a fattori contingenti)
4- Collegamento con la strategia e il modello di business dell’azienda (se non conosciamo la
strategia il bilancio è bugiardo)
La strumentazione data (modello di VC di prezzo e di costo) si può utilizzare se il vantaggio
competitivo è già perseguito e, in questo caso ci vuole la sovra-redditività; oppure si può usare per
un’idea di business in corso di realizzazione (start-up, aziende che fanno investimenti). Le aziende
che investono hanno i così detti costi di SET-UP che gravano sul CE, ma sono riferibili alla strategia
ancora da realizzare, e daranno frutti fra qualche anno.
60
CAPITOLO 7
IL VANTAGGIO COMPETITIVO DI PREZZO E LE STRATEGIE DI DIFFERENZIAZIONE
Le imprese possono conseguire risultati superiori alla media del settore solo se riescono ad
ottenere un vantaggio competitivo nel business prescelto. Per conseguire un vantaggio
competitivo un'impresa ha due possibilità:
•
può decidere di offrire alla propria clientela un valore superiore a quello presentato dal
sistema di prodotto degli altri operatori con cui si confronta, sostenendo costi più elevati
•
può cercare di avere costi inferiori a quelli dei concorrenti, essendo costretta ad offrire un
sistema di prodotto il cui valore risulta inferiore rispetto a quello dei comuni competitor
Il vantaggio competitivo di prezzo riguarda la creazione di un valore unico per determinati
acquirenti o rispetto di determinati bisogni.
Se il vantaggio di prezzo viene ricercato avendo come ambito competitivo di riferimento l'intero
settore o una parte significativa di esso, allora l'impresa persegue una strategia di differenziazione;
se il vantaggio di prezzo viene ricercato in un ambito ristretto allora l'impresa persegue una
strategia di focalizzazione orientata all' incremento di prezzo.
Per ottenere un vantaggio competitivo di prezzo, un'impresa deve operare con successo su un
duplice fronte:
-
da un lato occorre individuare alcune variabili rilevanti per i propri clienti, costruire attorno
ad esse un sistema di prodotto percepito come unico nell'ambito competitivo: questo
consente di ottenere un premio di prezzo, ossia un prezzo superiore rispetto a quello
ottenuto in media dagli altri concorrenti, oppure di vendere una quantità maggiore di
prodotti a parità di prezzo.
-
dall'altro lato, è necessario un controllo della posizione di costo relativa alle diverse attività
che si compongono a sistema proprio grazie alla strategia di differenziazione. Infatti, per
ottenere una redditività superiore alla media, l'impresa deve assicurarsi che il premio di
prezzo o i maggiori ricavi ottenuti grazie all'unicità percepita del proprio sistema di
prodotto, non siano inferiori ai maggiori costi sostenuti per crearla e che il costo delle
attività che non generano differenziazione non sia superiore a quello dei concorrenti non
differenziati
A seconda dei risultati ottenuti su due fronti si possono configurare le quattro differenti situazioni:
-
un vantaggio competitivo di prezzo ben costruito, quando l'impresa ha saputo sviluppare
attorno ad alcuni elementi di unicità un sistema di prodotto che crea valore per gli
acquirenti, operando con efficacia anche sul fronte dei costi
-
un vantaggio competitivo di prezzo realizzato solo a metà, se un'impresa ha ben operato
sul fronte dell’unicità senza agire in maniera efficace sul fronte dei costi. Le imprese che si
trovano in questa situazione, pur essendosi differenziate dai concorrenti non possono
trarne beneficio sul piano reddituale a causa degli eccessivi costi sostenuti
61
-
un vantaggio competitivo di prezzo incongruo o vulnerabile, se un’impresa abile nel
controllo dei costi ha ottenuto risultati poco apprezzabili di differenziazione. In tale
situazione si trovano quelle imprese che non vengono percepite come realmente
differenziate dai clienti e che quindi sono poco propensi a pagare un price premium e la cui
unicità potrebbe essere facilmente imitata da altre aziende
-
un’assenza di vantaggio competitivo di prezzo, quando un'impresa non ha saputo ottenere
validi risultati né sul fronte dell’unicità né sul fronte del controllo dei costi. Questa è la
situazione che contraddistingue le imprese il cui tentativo di costruire un vantaggio
competitivo di prezzo se il livello è rivelato fallimentare
Lezione del prof 29 marzo
Per avere la strategia di differenziazione prima di tutto deve esserci l’unicità (2) però questa non è
sufficiente affinché si possa già parlare di vantaggio di competitivo, infatti esistono dei prodotti
unici ma che non portano al VC come si vede nello schema (un Es. imprenditori innamorati del
proprio prodotto che usano materiali di alta qualità ma che poi non portano a grandi prestazioni o
durata del prodotto)
Nel punto 3 dello schema vediamo nel sotto punto a. minori costi per l’acquirente, che cosa
intendiamo? che è vero che il prodotto costa di più però dopo, per esempio, nell’assistenza post
vendita è gratis.
Altro elemento fondamentale per il vantaggio competitivo di differenziazione è la percezione che il
consumatore ha dell’unicità, però quest’unicità può anche non essere percepita dal cliente come
quando per Es. un’azienda inserisce software unici un’azienda.
62
Un es. di prodotto unico ma che non viene percepito come tale è VHS betamacks (cassette
compatte) che non fu in grado di imporsi.
Una volta valutato che i clienti percepiscono il valore bisogna appurare se tutto questo sforzo si
può tradurre in un Premium Price (prezzo + alto rispetto agli altri competitor) o in maggiori volumi
di produzione; se ciò non accade vuol dire che il VC di differenziazione non è stato raggiunto.
Dopo di che sarà opportuno considerare il punto 6, che afferma che gli extra-costi di
differenziazione non devono superare il premium price sennò non si raggiungere l’extra
redditività.
E infine considerare il fatto che i costi che noi sosteniamo per differenziare non superino quelli dei
concorrenti.
Detto ciò se tutto questo viene rispettato si raggiunge il Vantaggio competitivo di differenziazione.
LE DETERMINANTI DI UNICITA’
Le determinanti di unicità sono 10:
1. scelta di politiche discrezionali: ogni impresa gode di un'ampia discrezionalità nella scelta
delle attività da svolgere, delle modalità con cui svolgerle: ad esempio, un'impresa può
risultare unica per le caratteristiche e le prestazioni offerte dai propri prodotti, oppure per
l'intensità con cui viene svolta una determinata attività, per la migliore qualità degli input
utilizzati. Tutte queste scelte di politiche discrezionali conducono a sistemi di prodotto
percepiti come unici dal cliente target
2. sfruttamento dei collegamenti che si stabiliscono all'interno del sistema di attività e
all'interno della rete del valore cui l'azienda è parte: un'impresa può risultare unica grazie
a una distintiva capacità di coordinare le diverse attività all'interno del sistema composto
dall' insieme delle stesse attività: il collegamento fra le vendite e l'assistenza commerciale
potrebbe ad esempio rendere possibile un servizio di assistenza superiore a quello
garantito ai concorrenti, oppure un collegamento tra le attività di vendita, produzione,
approvvigionamento potrebbe migliorare l'affidabilità delle consegne, la personalizzazione
del prodotto. Oppure l'unicità può derivare anche da un migliore coordinamento con i
fornitori distributori.
3. Scelta dei tempi nei quali è stata avviata o sviluppata l'attività: un'impresa può risultare
unica per la tempistica adottata nello svolgimento di alcune attività. Talvolta l'unicità è
dovuta alla scelta di essere i primi a svolgere un’attività, ad esempio è il caso delle imprese
che per prime lanciano un nuovo prodotto, scoprono un nuovo mercato, adottano
un’immagine innovativa o introducono una nuova tecnologia. Altre volte l'unicità deriva
dalla scelta di muoversi sempre con maggior cautela, ad esempio quelle imprese che
preferiscono assumere sempre una posizione di follower nel lancio di un nuovo prodotto o
di una nuova tecnologia e in questo caso l'unicità viene raggiunta se l'impresa, sfruttando
l'esperienza degli innovatori, riesce a tenere immune la propria clientela dai rischi e oneri
connessi alla novità dei nuovi prodotti, delle tecnologie introdotte, o mette a punto una
versione delle innovazioni che garantisca delle performance superiori
63
4. collocazione geografica: l'unicità di un'impresa può essere il frutto della scelta di collocare
l'attività o anche parte di essa in specifiche aree geografiche: ad esempio la localizzazione
geografica delle attività costituisce una determinante di unicità molto importante per le
catene alberghiere, mentre in altri settori la dislocazione delle attività di
approvvigionamento, di produzione in specificare aree geografiche risulta indispensabile
per assicurare il livello qualitativo desiderato degli input e per permettere lo sfruttamento
dell’effetto immagine legato ad un certo paese
5. sfruttamento delle interrelazioni con attività di altri business: talvolta l'impresa può
risultare unica nello svolgimento di certe attività grazie alla possibilità di condivisione delle
attività derivanti dalla sua presenza in molteplici settori
6. effetto apprendimento: nello svolgimento di alcune attività il progressivo accumulo di
esperienza consentono impresa di risultare unica
7. sfruttamento dell’integrazione verticale a monte o a valle: tramite un superiore livello di
integrazione verticale un'impresa può controllare e coordinare e integrare meglio le sue
attività risultando così unica nell'ambito competitivo in cui opera. Altre volte l'unicità
deriva proprio dalla minore integrazione: grazie alla scelta di decentrare lo svolgimento di
alcune attività generatrici valore un'impresa può sfruttare le attività svolte fornitori e
ottenere una flessibilità superiore
8. grado di impiego delle attività: la scelta di sovradimensionare la struttura impiantistica di
vendita, di assistenza può rendere unica un'impresa. Infatti, l'esistenza di una riserva di
capacità inutilizzata potrebbe permetterle di far fronte eventuali picchi della domanda o
esigenze impreviste della clientela senza dover allungare i termini di consegna assicurati
normalmente
9. fattore scala: nello svolgimento di una determinata attività un'impresa può risultare unica
operando su un livello di scala non raggiungibile da altri; per esempio il caso delle imprese
che grazie alla scala mondiale raggiunta nell’attività di vendita e di assistenza sono in grado
di fornire ricambi e assistenza nei diversi mercati geografici. La presenza di fenomeni di
scala può assicurare unicità anche nell’attività di ricerca e sviluppo di produzione e di
approvvigionamento
10. fattori istituzionali: i fattori istituzionali risultano un'importante fonte unicità garantendo
ad esempio la possibilità di svolgere in esclusiva alcune attività o permettendo di ottenere
rapporti costruttivi con i vari interlocutori sociali più disponibili a garantire determinate
prestazioni.
Un'impresa che vuole costruire un vantaggio competitivo di prezzo deve decidere in quale attività
dunque ricercare unicità e individuare le determinanti che occorre mettere in atto. Ciò richiede
non solo l'analisi del sistema delle attività dell’impresa e il confronto con quello dei concorrenti,
ma anche l'identificazione dell'acquirente a cui l'impresa intende rivolgersi, l'analisi del suo
sistema di attività e la comprensione dell'impatto che l'impresa ha su di esso.
64
L’UNICITA’ PERCEPITA
Poiché l'unicità possa costituire la base di partenza per la costruzione di un vantaggio di prezzo e
necessario che:
-
crei valore per gli acquirenti: un'impresa impegnata nella realizzazione di una strategia che
si basa su un vantaggio competitivo di prezzo vedrà ricompensati i suoi sforzi quando le
caratteristiche di unicità del suo sistema di prodotto creeranno valore per i clienti,
riducendo i costi e/o migliorandone la prestazione. Solo in questo caso gli acquirenti
saranno disposti a pagare un prezzo maggiore per il prodotto/servizio di quell’impresa o a
privilegiarne l'acquisto a parità di prezzo.
Il valore creato costituisce anche un termine di riferimento per la fissazione del price premium:
infatti l'impresa non potrà richiedere un differenziale di prezzo superiore al differenziale di valore
creato.
Le modalità con cui un'impresa può ridurre i costi dei suoi acquirenti possono essere diverse: ad
esempio la riduzione dei costi può derivare dalla diminuzione dei consumi di quel prodotto
impiegato come input nel processo produttivo dell’acquirente, ottenibile grazie alla sua superiore
qualità e alla sua migliore adattabilità nel caso in cui il prodotto sia venduto ad un'impresa.
Altre volte l'unicità del prodotto acquisito rende possibile la riduzione dei costi dovuta agli scarti in
produzione e ai resi dei clienti, dei costi degli altri input impiegati nel processo produttivo e
connessi all' utilizzazione del prodotto acquisito, come la manodopera diretta, l'energia e le
lavorazioni esterne, dei costi non direttamente collegabili all'impiego del prodotto, degli oneri
connessi all'installazione, consegne, finanziamento.
Quando l'acquirente è il singolo consumatore, la riduzione dei costi può derivare dal calo della
quantità di prodotto necessaria per soddisfare un certo bisogno, dalla riduzione di una serie di
costi accessori, dal minor tempo impiegato per effettuare l'acquisto. Anche nel caso in cui si vuole
assicurare alla propria clientela un miglioramento delle prestazioni, un'impresa può procedere in
più modi. Però affinché la strategia risulti efficace è necessario che l'impresa abbia compreso quali
siano le prestazioni il cui miglioramento sia critico agli occhi del cliente.
Migliorare la prestazione dell'acquirente se è rappresentato da un’azienda di produzione, significa
arricchirne il sistema di prodotto e dunque aumentarne la competitività o rendere possibile un
miglioramento del suo rapporto con i diversi interlocutori sociali. Si ha un arricchimento del
sistema di prodotto se l'impresa fornitrice, con un'offerta unica per metà, permette all'acquirente,
ad esempio di incrementare la qualità del suo prodotto e il livello di servizio assicurato alla
clientela oppure di ampliare la gamma, di introdurre novità esclusive, di migliorare la sua
immagine o di accrescerne la notorietà.
Si ha un effetto positivo sul rapporto con i diversi interlocutori sociali se l'impresa fornitrice rende
possibile un migliore soddisfacimento di alcune delle loro attese, contribuendo ad assicurare ad
esempio un ambiente di lavoro più sicuro e stimolante. Assicurare un miglioramento delle
prestazioni dell’acquirente, se questo invece è rappresentato dal singolo consumatore, significa
rendere possibile un miglior soddisfacimento di alcuni suoi bisogni o soddisfarne nuove necessità.
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Il livello globale di differenziazione di un'impresa è dato dal miglioramento di prestazioni e/o dalla
riduzione di costi complessivamente ottenuti dagli acquirenti in tutte le loro attività grazie
all'impiego del sistema di prodotto dell’impresa.
La creazione di valore per il cliente presuppone quindi un'analisi delle caratteristiche del sistema
delle attività degli acquirenti, dell'effettivo uso che essi fanno del prodotto/servizio acquisito e del
conseguente impatto che questo potrebbe esercitare sulle diverse attività che compongono il
sistema delle attività.
In particolare, risulta critica l’identificazione dei criteri d'uso, ossia delle misure specifiche di ciò
che crea valore per l'acquirente.
In alcuni casi infatti ci si limita a segnalare in termini generici che ciò che crea valore per il cliente
ad esempio l'alta qualità o un buon livello di servizio nelle consegne; ma per poter realmente
incidere sul sistema delle attività dell'acquirente, occorre scendere più nel dettaglio: alta qualità
potrebbe voler dire rispetto di alcuni standard tecnici o qualità costanti nel tempo o impiego di
input di livello superiore e allo stesso modo un buon livello di servizio nelle consegne potrebbe
significare consegne rapide e/o puntuali.
L'identificazione dei criteri d'uso non è sufficiente per costruire e controllare un vantaggio
competitivo di prezzo. Infatti, occorre provare a quantificare i criteri identificati: la puntualità delle
consegne, per esempio, potrebbe essere tradotta nel numero di prodotti o di lotti che non
possono arrivare in data successiva a quella concordata o nel numero di giorni di massimo ritardo
accettabile.
Solo attraverso la quantificazione dei criteri d'uso un'impresa può determinare il livello di
differenziazione che occorre raggiungere per creare valore per gli acquirenti
-
sia percepita da questi ultimi: il vantaggio competitivo di prezzo non dipende solo dalla
capacità di creare valore, ma richiede che gli acquirenti siano in grado di apprezzarlo
adeguatamente. Infatti, nessun cliente è disponibile a pagare un price premium per un
valore che non è in grado di percepire e di apprezzare.
Le imprese che perseguono un vantaggio competitivo di prezzo devono innanzitutto individuare i
criteri tramite i quali gli acquirenti sono soliti riconoscere l'esistenza di un vantaggio di prezzo e
poi porre in essere una politica di comunicazione volta a segnalare la presenza di una reale
differenziazione. Infatti, solo così le imprese possono ottenere un price premium commisurato agli
sforzi di differenziazione sostenuti. Sono esempi di criteri di segnalazione, la reputazione e
l'immagine dell’impresa, l'aspetto del prodotto, la struttura impiantistica, l'elenco dei clienti già
serviti, la quota di mercato detenuta, il prezzo, la presenza a livello mondiale.
La loro identificazione può avvenire attraverso l'osservazione del processo, attraverso cui
l'acquirente matura un giudizio riguardo la qualità del sistema di prodotto di un azienda fornitrice
e la sua attitudine a soddisfare certi bisogni: ciò richiede un'analisi delle fonti informative
consultate, degli indicatori di qualità prese in esame.
Altre volte l'individuazione dei criteri di segnalazione viene agevolata dall’analisi del processo di
acquisto del cliente. In generale, si tratta di processi e di contatti largamente influenzati dall’uso
che l'acquirente fa di un certo prodotto/servizio ed al beneficio atteso.
66
Anche nel caso dell’identificazione dei criteri di segnalazione quindi risulta essenziale l'analisi del
sistema delle attività dell’acquirente, dei suoi criteri d'uso, dell’impatto complessivamente
esercitato in via diretta e indiretta dal prodotto al servizio acquisito sulle diverse attività della sua
catena del valore.
LA POSIZIONE DI COSTO E LE STARTEGIE DI DIFFERENZIAZIONE
Se si opera in un ambito competitivo ampio nella maggior parte dei casi la differenziazione è
costosa. L'impresa per risultare unica agli occhi degli acquirenti deve sostenere alcuni costi di
esercizio e alcuni investimenti che i competitors possono evitare, e sono proprio i maggiori costi
esercizio e gli investimenti più elevati a consentire un sistema di prodotto che offra prestazioni
superiori o riduca i costi dei propri clienti.
I costi di differenziazione possono essere più o meno elevati a seconda del tipo di strategia di
differenziazione perseguita: quindi a seconda del valore che si vuole offrire alla clientela e
dell’investimento richiesto per segnalare in maniera efficace l'esistenza di unicità del sistema di
prodotto per raggiungere unicità in termini qualitativi. Ad esempio un'impresa può svolgere in
maniera differente alcune attività generatrici di valore, ad esempio impiegando input di qualità
superiore, intensificando l'addestramento e la formazione del personale, oppure potrà modificare
la struttura stessa del proprio sistema delle attività ad esempio, ricorrendo ad una maggiore
integrazione verticale o adottando una diversa collocazione geografica.
L'importo dei costi differenziazione dipende quindi da quali e quante determinanti l'impresa
decide di utilizzare per costruire l'offerta. Poiché la costruzione di una strategia di differenziazione
comporta maggiori costi d'esercizio e investimenti più elevati, si avrà un miglioramento dei
risultati reddituali solo se i costi di differenziazione sostenuti non eccedono il premio di prezzo
ottenibile o i ricavi differenziali dovuti alle maggiori vendite e se viene mantenuto un controllo su
tutti i costi che non impattano sul livello di unicità percepita.
Quindi nel progettare una strategia di differenziazione l'impresa dovrà:
-
valutare preventivamente quali siano le attività tramite le quali ottenere segnalare la
propria unicità nel settore
-
stimare quale sia il costo o l'investimento differenziale necessario per conseguire la
differenziazione desiderata in tale attività
-
individuare e cogliere le opportunità di riduzione dei costi che non sacrificano la
differenziazione ricercata
-
confrontare costi di differenziazione al netto dell'eventuale opportunità di riduzione di
cose esistenti con il price premium e con gli altri benefici ottenibili grazie alla strategia
prescelta
Se l'esito del confronto è positivo, allora l'impresa può attendersi un miglioramento delle proprie
performance reddituali a seguito della strategia di differenziazione; in caso contrario, occorre
procedere ad una revisione della strategia.
67
CASO STUDIO STARBUCKS – lavoro di gruppo – applicazione della differenziazione
Determinanti di unicità presenti in Starbucks:
-
Scelte di politica aziendale: Wi-fi gratuito in ogni cafè/store, Design, Velocità del servizio,
basso impatto ambientale, abbigliamento riconoscibile, Franchising; creare ogni anno
nuovi prodotti, investimenti in ricerca e sviluppo
-
Collegamenti all’interno della catena del valore o con gli operatori posti a vallo o a
monte: Partnership con fornitori a lungo termine con il rispetto di protocolli ambientali,
Partnership con Google per offrire una connessione più veloce, Partnership con Lyft e
Spotify.
-
Fattore tempo: Sviluppo di un App innovativa per ordinare e pagare in modo più veloce e
trovare lo store più vicino, inoltre Starbucks è la prima azienda ad accogliere il cliente per
lungo tempo permettendo di poter studiare/lavorare nello store.
-
Collocazione geografica: punti vendita in mercati molto sviluppati (USA, Giappone,
Australia…) e locali situati vicino ad attrazioni turistiche
-
Interazioni con attività svolte in altri settori: Espansione nel settore degli alcolici, offrendo
bevande alcoliche dal pomeriggio alla sera, Espansione nel settore food senza diventare
fast food e vendita di gadget
-
Apprendimento e ricadute: Importanza del dipendente, formazione del dipendente
riguardo alla vasta gamma dei prodotti offerti, attività sociali per studenti (supporto
economico), formazione continua
-
Fattore scala: numerosi punti vendita per poter avere una rete commerciale ampia
(franchising)
-
Integrazione: Processo produttivo del caffe integrato nell’azienda
L’azienda ha caratteristiche di unicità offrendo maggiori prestazioni per l’acquirente, dove tale
valore viene percepito dal cliente anche perché Starbucks è riuscita a diventare uno status symbol
in tutto il mondo.
Riesce inoltre ad avere sua un controllo dei costi, quindi gli Extra-cost di differenziazione non sono
superiore al premium price o all’incremento dei ricavi. Ma è stata in grado anche di raggiungere il
Premium price offrendo prodotti a prezzi più elevati rispetto alla concorrenza e questo lo può fare
perché i clienti riconoscono il suo valore.
68
19 aprile 21
Azienda ECOSTUDIO di Fornari Guido
Applicazione del vantaggio competitivo di differenziazione
È una società di servizi che si occupa di tematiche ambientali, sociali e di sostenibilità. La
Sostenibilità passa da tre asset, sociale, ambientale e economica che devo convivere entrambe.
Per sostenibilità si intende preservare l’ambiente per poter offrire alle generazioni future ciò che
la generazione attuale ha.
Background diverso rispetto alle altre aziende, ha un laboratorio di analisi a Lucca e ha altri lab.
Uno a Padova e uno a Ravenna dove si vanno a prelevare campioni di acqua, alimenti, terra per
analizzarli. È un’azienda di 150 dipendenti prevalentemente a Lucca.
L’azienda va quindi studiare anche gli elementi inquinanti presenti nelle confezioni dei prodotti.
L’altra attività dell’azienda è la consulenza sulle tematiche e impatti ambientali, aiutare le aziende
a capire quanto esse impattano sull’ambiente.
La consulenza riguarda anche l’elemento sociale, capire se i luoghi di lavoro sono sicuri per i
lavoratori.
La formazione è un altro ambito in cui l’azienda opera.
I beneficiari: ambiente, lavoratori per rendere l’ambiente di lavoro più sicuro e i consumatori
attraverso confezioni che non inquinano i prodotti.
Fornari Guido ha iniziato a lavorare in questo mondo intorno agli anni 80 spinto dall’amore verso
l’ambiente. Ha aperto la partita iva come libero professionista nel 1982 e ha iniziato a fare la libera
professione, è un perito chimico.
L’azienda è nata nel 1987 e è andata a gonfie vele anche perché è proprio in questi anni che l’Italia
ha iniziato a recepire le direttive ambientali, fino ad arrivare al 93 dove ha raggiunto delle grandi
dimensioni con un fatturato importante, costituendo poi la prima S.r.l senza distribuire utili, al fine
di fare investimenti in azienda. (che fatturata 1 milione di utile)
A fine degli anni 90 Eco Studio aveva già il controllo di gestione, costituendo le ASA.
Poi successivamente hanno creato un nuovo business, la consulenza ambientale, raddoppiando
l’anno dopo il fatturato. Nel 2007 in seguito a un master che il fondatore ha fatto, in azienda
arrivavano cambiamenti positivi continui.
Poi sono entrati in azienda i suoi due figli che sono entrati nel CDA solo dopo qualche anno e solo
dopo la trasformazione dell’azienda in Società per azioni con 1 milione di euro di capitale sociale, e
ad oggi l’azienda ha 270 dipendenti. Dopo 10 anni un figlio un figlio è uscito dall’azienda.
La strategia poi adottata si basava su tre elementi:
-
Crescita interna del 10% l’anno
Crescita esterna per acquisizioni
Digitalizzazione dell’azienda
Investendo moltissimo sulla formazione del personale, sia per aumentare la crescita personale di
ogni dipendente.
Fatturato del 2019 e del 2020 si è aggirato intorno ai 21 milioni di euro
69
CAPITOLO 8
LE STRATEGIE DI FOCALIZZAZIONE
La strategia di focalizzazione si basa sulla definizione di un ambito competitivo stretto, laddove la
definizione di ambito competitivo stretto è associata alla possibilità di ottenere dalla restrizione di
ambito un beneficio economico finanziario determinante ai fini del vantaggio competitivo.
Come già detto, le cinque dimensioni che determinano l’ampiezza dell’ambito competitivo sono:
1.
2.
3.
4.
5.
La gamma
Il numero di segmenti di clientela serviti
Il grado di integrazione verticale
L’articolazione geografica delle attività coordinate
Il livello di diversificazione in attività correlate
Inoltre il riconoscimento dell’ambito ampio o stretto non si basa sul fatto che la maggioranza di
queste variabili risulti configurata in modo ampio o stretto, ma sulla circostanza che anche una
sola di queste venga definita in modo stretto, a condizione che, da tale restrizione di ambito
scaturiscano le determinanti per ottenere il vantaggio competitivo.
GLI ELEMENTI COMUNI A TUTTE LE STRATEGIE DI FOCALIZZAZIONE
Tutte le strategie di focalizzazione, sia quelle orientate al vantaggio competitivo di prezzo che di
costo, hanno in comune tre tratti tipici:
1. La restrizione dell’ambito competitivo di riferimento
2. La ricerca di un vantaggio competitivo attraverso la restrizione di ambito
3. La pluralità delle opzioni disponibili per la restrizione dell’ambito e per la ricerca del
vantaggio competitivo
L’ambito competitivo di riferimento è una variabile ricorrente nella pratica e negli studi di strategia
e di marketing. Nella strategia di focalizzazione il concetto di restrizione di ambito non si basa
sulla semplice osservazione del mondo esterno, o sulla ricerca di una parte di un ambiente
protetta, o comunque migliore in sé e per sé. La protezione raramente garantisce barriere
insuperabili da parte dei concorrenti.
La strategia di focalizzazione si fonda sul presupposto che la limitazione dell’ambito competitivo
possa permettere una configurazione diversa del sistema delle attività, fino al punto di ottenere,
grazie alla diversità delle attività correnti svolte, una posizione di vantaggio.
Diversità e vantaggio sono concetti che richiedono un termine di paragone, o meglio un punto di
riferimento. Tale punto di riferimento non può che essere rappresentato dalle aziende che
operano nello stesso settore senza assumere restrizioni di ambito.
Il vantaggio di Apple nel settore degli smartphone non dipende tanto dalla nicchia che è stata
capace di identificare, ma quanto dalla numerosità di attività uniche che è riuscita a sviluppare e a
organizzare per soddisfarla. Attività che non sarebbero state realizzate con altrettanto successo se
l’azienda avesse operato nel settore degli smartphone con un ambito ampio, partendo quindi da
livelli di prezzo molto inferiori come avviene per esempio nel caso di Nokia.
70
La ricerca di un vantaggio competitivo attraverso la restrizione di ambito per certi aspetti si
muove contro corrente. Accettare restrizioni di ambito comporta infatti sacrifici sui volumi di
attività, a cui si possono associare posizioni di inferiorità dal punto di vista delle economie di scala
o del grado di utilizzo della capacità distributiva o produttiva.
Il presupposto della focalizzazione è però rappresentato da due fattori capaci di compensare
questo svantaggio iniziale, uno interno e l’altro esterno.
Il fattore interno ha a che fare:
•
con i benefici che la specializzazione assicura sulla qualità del prodotto. A parità di quantità
prodotte, attività omogenee possono determinare capacità tecniche e qualità del prodotto
superiori rispetto a quelle che possono essere ottenute con produzioni eterogenee.
•
Con il comportamento di costi e in particolare col fatto che i costi aziendali non sono legati
soltanto alla dimensione, ma anche a una serie di altre variabili, tra le quali la diversità
delle attività svolte.
A parità di qualità del prodotto e di quantità prodotte, attività omogenee possono determinare
costi minori rispetto ad attività eterogenee.
In alcuni casi, questo vantaggio nei costi associato all’omogeneità può compensare lo svantaggio
nei costi derivante dalla minore dimensione.
Il fattore esterno ha a che fare con i benefici di immagine che la focalizzazione può generare agli
occhi del cliente. Alcuni clienti, a fronte di una scelta di focalizzazione netta, possono apprezzare il
fornitore in modo maggiore, pagando un prezzo superiore o dimostrando una maggiore fedeltà.
La Ferrari gran turismo e la Ferrari spumanti godono entrambe di un vantaggio di immagine
derivante dalla propria restrizione di ambito.
In entrambi casi, i clienti pagano un prezzo superiore anche perché, non offrendo prodotti di
qualità medio bassa, il produttore finisce per essere più accreditato come produttore di fascia alta
e permette rispettivi clienti di avere la soddisfazione di consumare un prodotto caratterizzato da
un certo grado di esclusività.
La terza caratteristica comune a tutte le strategie di focalizzazione consiste nel fatto che esse
possono essere realizzate secondo molteplici opzioni.
Naturalmente, alla molteplicità delle azioni corrisponde pluralità di risultati, sia dal punto di vista
dell’apprezzamento dei clienti, sia dal punto di vista delle performance aziendali.
Rispetto a chi opera con un ambito ampio, le opportunità di limitazione dell’ambito suscettibili di
garantire un miglioramento della redditività sono numerose. Esse non si fondano infatti Sulla sola
ricerca di segmenti o nicchie diverse da quelle occupate degli altri che potrebbero alla fine essere
esaurite.
Le strategie di focalizzazione si basano sulle opportunità di modificare le attività aziendali in base a
quello che l’azienda decide di produrre e in funzione dei clienti finali.
71
I limiti alla strategia di focalizzazione derivano soltanto dalla fantasia e dall’intuizione di chi
l’imposta.
Basti pensare alla pluralità delle opzioni di focalizzazione offerte dal settore della ristorazione, vi
sono ristoranti che si focalizzano in base al tipo di menu offerto, altri che puntano sulla qualità del
prodotto, altri ancora che puntano sul servizio a domicilio e così via.
In sede di valutazione della strategia la discriminante è il reddito o meglio la redditività.
Perché per esempio, sei un ristorante tre stelle Michelin non ha una redditività superiore alla
media o è in perdita la strategia di focalizzazione non può dirsi riuscita.
E questo può succedere dal momento che le condizioni che assicurano la soddisfazione del cliente
possono essere ben diverse da quelle che garantiscono la soddisfazione degli azionisti.
Il banco di prova fondamentale delle strategie di focalizzazione è rappresentato dal modo in cui le
attività svolte creano qualcosa di unico rispetto agli altri e, nello stesso tempo, qualcosa di
coerente sotto i profili delle aspettative del cliente della redditività:
•
•
quanto più le opzioni di focalizzazione perseguite sono diverse l’una dall’altra tanto più
esse convivono senza interferenze reciproche e aiutano chi le persegue ottenere una
redditività superiore
Quanto più esse, invece, sono il frutto di tentativi di imitazione, Tanto più accade che le
aziende focalizzate con logiche simili entrino in concorrenza l’un con l’altra, innescando un
gioco che di solito finisce per danneggiare tutti i produttori e beneficiare i clienti.
•
Quanto più la strategia di focalizzazione è coerente con le aspettative dei clienti, tanto più
essa è al riparo dal rischio di iper segmentazione, ovvero dal rischio di rivolgersi a una
clientela troppo limitata.
•
Quanto più la strategia di focalizzazione è coerente dal punto di vista economico
finanziario, tanto più essa è al riparo dal rischio di far contento il cliente a spese
dell’azionista.
Unicità, coerenza con le esigenze del cliente e coerenza dal punto di vista economico finanziario
sono condizioni necessarie per il successo di tutte le strategie di base.
Nella strategia di focalizzazione esse sono condizionate in modo determinante dalla limitazione
volontaria dell’ambito competitivo e da riflessi che questo genera sul vantaggio competitivo.
LA STRATEGIA DI FOCALIZZAZIONE ORIENTATA AL VANTAGGIO COMPETITIVO DI COSTO
Il perseguimento di un vantaggio competitivo di costo su un ambito limitato si basa sul
presupposto che i costi sostenuti nel servire il segmento prescelto siano inferiori rispetto ai costi
che incontrerebbe un leader di costo o un’azienda che opera in un ambito ampio per servire lo
stesso segmento.
Non si tratta di una strategia diffusa. In numerosi settori, infatti, la limitazione dell’ambito non
comporta opportunità di riduzione di costi rispetto ai produttori che operano con ambito ampio.
In un numero limitato di settori, tuttavia, accade che i costi non siano inversamente correlati alla
72
scala delle attività sviluppate, ma risultino più sensibili a livello di omogeneità o di disomogeneità
delle operazioni da compiere nell’ambito delle singole attività generatrici di valore.
In alcuni settori, le aziende che operano con ambito ampio sono costrette a osservare in una certa
misura gli standard qualitativi applicati negli altri segmenti anche quando offrono prodotti che
consentirebbero standard qualitativi e costi di produzione inferiori.
Basti pensare a Ferrero, il grande produttore italiano del settore dolciario che pur avendo
competenze e scala produttiva tali da permettere l’accesso a qualsiasi segmento del settore
alimentare, lo stesso marchio e la tradizione che gli conferiscono un punto di forza impareggiabile
nei prodotti di qualità lo mettono in condizioni di debolezza ai fini del confronto con produttori di
qualità bassa.
In altre circostanze, può accadere che le minori dimensioni dell’attività svolta favoriscono i
produttori che operano con un ambito limitato. Ciò può verificarsi quando i costi medi unitari di
produzione crescono all’aumentare dei volumi di produzione di vendita, per esempio a causa
dell’incremento di costi di acquisto al crescere dei volumi di materie prime acquistate.
Ma i produttori possono ottenere vantaggi da un ambito limitato anche quando l’effetto di scala è
associato più alla dimensione dell’attività concentrata su un certo segmento di mercato, che non
alla dimensione dell’attività sviluppata sul mercato nella sua globalità.
Si pensi al caso di alcune attività commerciali caratterizzate da modesti margini di intermediazione
(ricavi di vendita meno costo delle merci), le cui strutture di costo complessive sono condizionate
in larga misura dall’incidenza dei costi di trasporto, i quali possono essere significativamente
ridotti in virtù della concentrazione geografica dell’attività più che sulla base dell’aumento del
volume complessivo dell’attività.
In tutti i casi sopra descritti, può accadere che l’azienda focalizzata su un ambito limitato sia
favorita rispetto all’azienda che opera in un ambito ampio.
Più in generale, la focalizzazione orientata al vantaggio competitivo di costo presuppone un
complesso calcolo di convenienza in merito a come le limitazioni dell’ambito possano incidere sui
costi delle attività principali.
Le aziende quindi dovranno effettuare una configurazione delle attività in base all’ambito scelto e
comprendere il modo in cui le attività possono risentire della variazione di ambito.
Prendiamo, a titolo esemplificativo il caso Ikea, che ha sviluppato un sistema di attività correnti
completamente diverso da quello dei produttori di mobili tradizionali rinunciando per esempio al
rapporto con i negozi di proprietà di terzi, a rapporto con gli architetti, all’esposizione dei prodotti
nei centri cittadini e a gran parte delle attività di consegna e montaggio.
Qui il successo della strategia di focalizzazione orientata al contenimento dei costi si fonda sul
fatto che la scelta dell’ambito diverso si è riflessa sulla mappa delle attività da svolgere
rendendola diversa da quella dei produttori che operano su un ambito ampio. Questa diversità ha
permesso di ottenere una redditività superiore rispetto a quella dei produttori tradizionali.
73
LA STRATEGIA DI FOCALIZZAZIONE ORIENTATA AL VANTAGGIO COMPETITIVO DI PREZZO
Le strategie di focalizzazione orientata al vantaggio competitivo di prezzo sono forse le più
frequenti. Il presupposto su cui si basano consiste nel capire le esigenze del cliente meglio degli
altri e nel soddisfarle in modo migliore in cambio di un prezzo più alto.
Il panorama industriale italiano, fatto perlopiù di aziende di piccola e media dimensione è pieno di
casi di successo realizzate mediante formule che hanno proposto una qualità superiore a clienti
capaci di riconoscerla e apprezzarla come tale. Pensiamo per esempio ai numerosi casi di successo
nel mondo della moda, interpretati a volte da aziende piccole, ma allo stesso tempo molto
affermate a livello internazionale. Ma pensiamo anche ai casi di insuccesso, derivanti da scelte
sbagliate in uno o più degli elementi essenziali della strategia di focalizzazione.
Insomma, uno dei motivi di interesse della strategia di focalizzazione orientata al vantaggio
competitivo di prezzo è che essa si basa spesso su distinzioni sottili. Singole scelte qualificanti in
merito all’ambito competitivo e alle attività da svolgere possono fare la differenza tra il successo e
l’insuccesso.
Non solo, la strategia di focalizzazione orientata al vantaggio competitivo di prezzo, come tutte le
altre, può incontrare problemi di rinnovamento.
Da questo punto di vista, in alcune circostanze i rischi della strategia di focalizzazione possono
essere maggiori rispetto a quelli della strategia di differenziazione; questo perché la focalizzazione
molti casi fa riferimento a una clientela più limitata e concentrata che può venir meno per effetto
dei cambiamenti di mercato.
Le strategie di focalizzazione orientate al vantaggio competitivo di prezzo assumono
caratteristiche diverse a seconda che siano realizzate nella produzione di beni di consumo o di
beni industriali.
Nella produzione di beni di consumo, molte strategie di focalizzazione fanno leva sul fattore
esterno, ovvero sui benefici di immagine che la focalizzazione può generare agli occhi del cliente.
Il produttore si presenta allora come capace di offrire qualcosa di esclusivo o qualcosa che il
consumatore può percepire come tale.
Spesso, il produttore gode inoltre di un vantaggio fondamentale: vende a un dilettante ovvero a
una persona che nella maggior parte dei casi non è in grado di fare una valutazione tecnica.
La politica di comunicazione, che il produttore studia scientificamente, influenza il consumatore
infatti alla fine, quest’ultimo è contento di comprare un prodotto venduto a un prezzo molto alto
anche grazie all’emozione che prova nell’acquisto e nel consumo di tale.
Nel 2013, in una delle campagne pubblicitarie più intense della sua brillante esperienza di
marketing, Rolex ha dichiarato al suo pubblico che i suoi orologi non segnano l’ora ma la storia.
Rolex è indiscutibilmente uno dei casi di focalizzazione orientata al vantaggio competitivo di
prezzo di maggior successo. I bilanci non sono disponibili in quanto Rolex è una fondazione ma le
informazioni che filtrano parlano di risultati economici di difficile imitazione.
All’azienda va riconosciuto infatti il merito di aver affermato un marchio che, pur non essendo
considerato come il marchio tecnicamente migliore dal pubblico degli esperti, ha conquistato un
74
valore ideale presso il grande pubblico di Rolex.
Grande pubblico per dire perché non sarà mai grande come quello di Swatch, in quanto i punti di
prezzo dei quali Rolex ha deciso di partire limitano il numero di acquirenti in modo decisivo e
rappresentano il presupposto della strategia di focalizzazione di Rolex.
Rolex, sapendo di rivolgersi soltanto a quanti sono disposti a spendere alcune migliaia di euro o di
dollari per un orologio a capito la necessità di compensare questa limitazione di ambito con
l’estensione a livello internazionale.
Possiamo quindi dire che il caso Rolex è un modello di riferimento per capire la focalizzazione
orientata al vantaggio competitivo di prezzo nel settore dei beni di consumo.
Innanzitutto, fa leva sulle motivazioni di acquisto di natura emotiva del pubblico, in secondo luogo
configura una mappa di attività capaci di esaltare l’unicità richiesta dal grande pubblico Rolex.
Il design dei prodotti è conservato relativamente stabile nel corso dei decenni e ciò rende i
prodotti Rolex e riconoscibili, a volte anche da lontano infine la pubblicità dei prodotti aiuta a
rafforzare il lifestyle di cui Rolex è interprete.
Il lessico con il quale Rolex si rivolge ai suoi clienti è certamente diverso da quello di Patek
Philippe, uno dei marchi dell’orologeria Svizzera che è impostato una strategia di focalizzazione
orientata soprattutto all’unicità tecnica.ma, ed è questa la questione decisiva, il lessico di Rolex è
unico e perfettamente coerente con le esigenze e le aspettative del suo pubblico anche dal punto
di vista economico finanziario.
Nella produzione dei beni industriali, le strategie di focalizzazione fanno leva soprattutto sul
fattore interno, ovvero sulla capacità del produttore di specializzarsi nel fare qualcosa è meglio
degli altri e nel dimostrare al suo cliente che il valore assicurato gli vale il prezzo richiesto.
Il cliente quindi, paga un prezzo più alto in cambio di qualcosa.
Spesso questo qualcosa è frutto di un’intimità industriale per effetto della quale il fornitore si fa
carico di risolvere una serie di problemi tecnici del suo cliente, condividendone gli obiettivi e
contribuendo al superamento degli ostacoli che si incontrano nel raggiungerli.
Le determinanti di unicità che rendono le attività del fornitore uniche rispetto a quelle dei
concorrenti sono le stesse che operano nella produzione dei beni di consumo.
La differenza è rappresentata dal fatto che il banco di prova fondamentale in questo caso è
l’impatto che il produttore di beni industriali è in grado di generare
•
sul conto economico dell’azienda cliente, deriva dall’effetto sui ricavi e dall’effetto sui costi
del cliente. L’effetto sui ricavi è collegato al modo in cui il prodotto del fornitore condiziona
le performance del prodotto del cliente mentre l’effetto sui costi deriva dal modo in cui il
prodotto del fornitore incide sulle attività del cliente.
•
sul lavoro delle persone fisiche direttamente coinvolte nel processo di acquisto.
Ai fini dell’uno e dell’altro fenomeno, la focalizzazione su alcune particolari esigenze, nella misura
in cui porta a conoscerle e a soddisfarle in modo migliore, può risultare premiante.
75
Pensiamo al successo ottenuto da SAP nel settore dei sistemi informativi aziendali.
Esso si basa sulla circostanza che i sistemi informativi possono incidere in modo forte sul conto
economico dell’azienda, ma anche sul fatto che il processo di introduzione di un nuovo sistema
informativo si accompagna una serie di rischi che possono incidere in modo notevole sul lavoro
delle persone coinvolte.
Ciò fa sì che la selezione di questi sistemi informativi sia condizionata anche da alcuni aspetti
emotivi, quali per esempio la preoccupazione di un progetto non vada a buon fine e che
l’insuccesso e si rifletta anche sulla posizione di chi lo ha sponsorizzato all’interno dell’azienda.
Mentre i prodotti industriali per definizione dovrebbero essere acquistati nell’ambito di un
processo di selezione razionale, non è raro che, in circostanze di elevata asimmetria di
informazioni tra acquirente e fornitore, la scelta avvenga anche sotto il condizionamento di
elementi emotivi di varia natura.
Tra questi elementi motivi, la circostanza che è un fornitore sia per così dire specializzato su un
certo tipo di esigenza o su un certo tipo di mercato può contribuire a rassicurare il cliente sulla
qualità della decisione che porta preferirlo rispetto a un fornitore non specializzato.
Ora, possiamo immaginare come talvolta elementi di natura razionale possano condizionare
alcune decisioni del consumatore e, di conseguenza, anche alcune strategie aziendale nella
produzione di beni di consumo.
Pensiamo Per esempio quei beni per i quali il consumatore sia portato a scegliere in base a
informazioni relativamente diverse rispetto a quelle che orientano gli acquisti emotivi.L’acquisto di
alcuni servizi di personal banking, di istruzione o di cura, così come l’acquisto di alcuni beni
durevoli come le automobili in alcune circostanze derivano dalla composizione di elementi
razionali ed emotivi.
In questi casi, il lavoro delle aziende focalizzate consiste innanzitutto nel mettere a fuoco i bisogni
e i criteri di scelta del cliente e, successivamente, nell’adoperarsi affinché tali bisogni siano
soddisfatti nel modo migliore possibile.
Anche a questo scopo, il livello di conoscenza che il produttore deve acquisire in merito alle
esigenze del cliente e tali da richiedere un sistema di attività che spesso è fatto su misura e quindi
costringe a selezionare i clienti sui quali concentrarsi.
Non si tratta di una scelta fine a sé stessa perché conoscere meglio i clienti sui quali si decide di
specializzarsi porta ad adattare in funzione di questa conoscenza le attività aziendali. Ed è proprio
da questo adattamento delle attività aziendali che alla fine scaturisce il vantaggio in termini di
redditività.
76
CAPITOLO 9
IL VANTAGGIO COMPETITIVO E LE RISORSE AZIENDALI
L’EVOLUZIONE DELLA RBW E IL COLLEGAMENTO CON LA VISIONE BASATA SULLE ATTIVITA’
È un approccio di analisi nato successivamente alla pubblicazione di un articolo sulla RBW, intorno
agli anni 80 e 90.
L’assunto di base della RBW
Questo approccio è stato per molto tempo in contrasto con il modello di Porter, dove il vantaggio
competitivo dipendeva dal posizionamento dell’azienda con un approccio di activity based view,
quindi la fonte del vantaggio competitivo era proprio la struttura del settore.
Il problema nel modello di Porter era però che non si riusciva a spiegare perché due aziende che
sceglievano lo stesso settore poi avevano dei risultati di performance diversi.
La RBW da un’importanza ai fattori interni riferiti alle risorse di un’azienda, a differenza mira a
definire i punti di forza dell’impresa e successivamente a valutare il posizionamento di mercato.
Per la RBW la prospettiva di analisi si sposta dall’esterno all’interno, perché sono proprie queste
risorse interne a stabile il vantaggio di un’azienda anche perché secondo la RBW tale vantaggio
potesse essere più duraturo.
Successivamente poi i due approcci (analisi interna e esterna, RBW e ABW) diventano
complementari.
Quindi nel RBW le risorse vengono considerate come fattori produttivi utilizzati per lo svolgimento
delle attività, da questo evince che alla fine non c’è una grande differenza fra RBW e ABW.
Per cui alla fine degli anni 90 si arriva a capire che per studiare il vantaggio competitivo era
necessario tenere conto dei due approcci.
La RBW si basa su due ipotesi preliminari:
-
Eterogeneità delle risorse (l’impossibilità per le aziende di possedere le medesime risorse
sia in termini qualitativi e quantitativamente)
Apple nel momento in cui è entrata sul mercato, Samsung poteva scegliere di imitare la
stessa strategia di Apple ma non l’ha fatto perché sapeva di non poter eguagliarla data la
mancanza di competenze.
-
Immobilità delle risorse, cioè vi è una difficolta nello spostare le risorse di un’azienda da
un’altra azienda dovuta ai vincoli normativi.
Ci sono poi altri limiti come l’ambiguità casuale, cioè quando quelle risorse diventano
distintive perché fanno parte di un sistema, magari perché dipendono da competenze dei
dipendenti e quindi diventa difficile collocare quella risorsa al di fuori del sistema per
raggiungere il Vantaggio Competitivo, perché la sua forse nel raggiungere il vantaggio è
data dal sistema in cui quella risorsa viene inserita.
Infine l’altro motivo di immobilità delle risorse abbiamo il percorso obbligato, per riuscire a
ottenere determinate risorse e competenze dobbiamo passare da un percorso obbligato e
quindi deve passare del tempo, come per esempio la brand reputation.
77
Scopi della RBW
-
-
-
Analizzare il profilo delle risorse delle competenze aziendali dato che è un’analisi interna
all’azienda, quindi è importante capire quali risorse e competenze la mia azienda ha a
disposizione
Una volta individuate tutte le risorse dovrò individuare le risorse ritenute critiche per il
vantaggio competitivo scegliendo quelle in cui investire per alimentare le attività
generatrici di valore
Riflettere sul profilo di risorse di cui avrà bisogno l’impresa per garantirsi la sopravvivenza e
lo sviluppo nel lungo periodo
Fasi analisi strategia:
1.
2.
3.
4.
5.
Inventario delle risorse e competenze
Classificazione delle risorse e competenze
Capire quali sono critiche tramite l’analisi VRIN
Ricerca del mercato in cui sfruttare risorse e competenze
Formulare le strategie per il raggiungimento del VC
Inventario delle risorse
Tangibili: facili da individuare e valutare che figurano nel bilancio, però spesso non contribuiscono
al vantaggio competitivo perché sono più facilmente imitabili
Intangibili: quelle che possono contribuire al vantaggio competitivo, il loro utilizzo non ne va a
diminuirà la disponibilità e tendono a essere autoprodotte all’interno mediante complessi
processi, (quindi essendo autoprodotte si va a verificare l’ambiguità casuale quindi per il
competitor sarà difficile imitarla)
Contribuiscono più facilmente al VC perché sono più difficili da imitare e sono più soggetti ai
vincoli prima detti. Si fa riferimento ai brevetti per esempio.
Risorse umane: si fa riferimento alle conoscenze specializzate riconducibili alle conoscenze dei
singoli individue e possono contribuire al vantaggio competitivo.
Competenze sono definite come complesse combinazioni di risorse, capacità, personali e processi
indispensabili per trasformare gli input in output.
Possono contribuire maggiormente al raggiungimento di un vantaggio competitivo, ovvero
permettono di ottenere a partire degli stessi fattori produttivi, prodotti o servizi di maggiore
qualità o con minori costi.
Dopo aver fatto l’inventario dobbiamo schematizzare, nella seconda fase, tali risorse e
competenze all’interno di categorie quali: Commerciale, tecnologie, finanziarie e di general
management.
Una volta elaborato tale schema devo capire quale risorse e competenze possono permettermi di
raggiungere il vantaggio competitivo.
78
Quindi nella fase 3 bisogna andare a capire quali risorse e competenze sono critiche tramite il
metodo di analisi VRIN
Per vedere quali risorse e competenze sono critiche abbiamo due metodi:
-
Analisi VRIN
L’analisi della catena del valore
ANALISI VRIN
In tale analisi si va a considerare 4 requisiti che la risorsa deve avere:
-
-
-
Il valore riferito al cliente, solo dopo che tale risorsa crea valore per il cliente allora
genererà valore per l’azienda.
Rarità, è necessario che la risorsa sia rara e che quindi sia difficilmente accessibili e
possedute da un numero ristretto di azienda magari perché è troppo costosa in termini di
tempo o in denaro.
Inimitabilità, tali risorse devono essere difficili o impossibili da imitare a causa di
impedimenti tecnici e economici.
Qui possiamo dire che rarità e inimitabilità sono collegate, perché più quella risorsa può
essere imitata e minore sarà la sua rarità.
Non sostituibile, le risorse deve poter non essere sostituite con altre, quindi inesistenza di
alternative strategiche che permettono di ottenere lo stesso output.
ES. gommini della Faber castel per non far scivolare la matita che ha brevettato, poi negli
anni i competitor sono riusciti a trovare un modo diverso per ottenere lo stesso output
della Faber castel.
Es. brand reputation
INIMITABILITÀ
L’imitazione è una semplice replica eseguita da un concorrente, ovvero il trasferimento o la
ridistribuzione di competenze da un’azienda all’altra.
Ma esistono alcuni fattori che contribuiscono a rendere risorse e competenze inimitabili:
-
Ambiguità causale
Accumulazione in base ad un percorso obbligato
Nei mercati competitivo la facilità di imitazione determina la sostenibilità del vantaggio
competitivo e quindi la rapida dissipazione dei profitti
ANALISI VRIO
Inimitabilità e non sostituibilità qui non vengono considerate in maniera distinta rispetto al VRIN
In tale analisi la prima cosa che devo chiedermi è se tale risorsa è di valore per il cliente, se la
risposta è no avrò uno svantaggio competitivo.
Se invece è di valore allora dovrò chiedermi se tale risorsa è rara se la risposta è no si verificherà la
79
competitive parity perché va bene che la risorsa crea valore per il cliente ma non è rara quindi
tutte le aziende potranno reperirla e di conseguenza nessuna az. raggiungerà il vantaggio
competitivo.
Se è rara mi devo chiedere se è inimitabile se la risposta è no avremo un VC temporaneo in attesa
del competitor mi imiti.
Se la risorsa è inimitabile mi devo chiedere se l’azienda è organizzata per sfruttare le risorse
perché non è detto che l’azienda riesca a individuare le risorse critiche oppure anche se sa
individuarle magari poi non riesce a sfruttarle.
Quindi se l’azienda non sa sfruttare le risorse in azienda si verificherà una potenzialità inespressa,
se invece è organizzata si creerà un vantaggio competitivo sostenibile nel medio lungo termine
perché l’inimitabilità è u requisito che non può essere sostenuto all’infinito.
Barney se un’azienda non effettua mai un’analisi VRIN non sarà mai organizzata per sfruttare le
risorse e competenze.
PERCORSO EVOLUTIVO DELLE RISORSE.
Percorso a: ciclo di vita fisiologico della risorsa, perché quando una risorsa nasce in azienda non
subito si è in grado di capirne il valore.
Tale percorso parte dall’analisi delle risorse specifiche quando la risorsa è rara, poi solo dopo
quando, l’azienda capisce il valore di essa e che è inimitabile, diventa distintiva e quindi porta
l’azienda a raggiungere il vantaggio competitivo.
Dopo da distintiva diventa critica per il settore quando qualche competitor utilizza la mia risorsa e
poi igienica quando le risorse vengono utilizzate da tutti i concorrenti
Specifiche-distintive-critiche di settore-igieniche
Percorso b: Risorsa affondata, quando la risorsa anche se critica, non riesce a generare valore per
il cliente oppure l’azienda non riesce a sfruttarla e diventa affondata
Percorso c: risorsa spiazzata, io ho risorsa critica però dalla rarità diventa subito affondata perché
si verificano immediatamente dei fenomeni di innovazione tecnologica che rendono la mia risorsa
obsoleta
Percorso d: risorse non necessarie, quelle che non creano valore per il cliente e non rispondo al
primo requisito del VRIN, qui si può decidere di mantenerle in azienda anche se rappresentano un
costo oppure di dismetterle
Percorso e: dismissione delle risorse affondate, tentare di dismettere le risorse affondate che non
sono più in grado di generare valore cercando di venderle a altre aziende
80
L' approccio Resource Based View si diffonde solo all'inizio degli anni ’90, ma i primi contributi
possono essere fatte risalire alla Penrose e al concetto di rendita imprenditoriale di Schumpeter.
La Penrose è la prima ad esplorare l'impatto delle risorse sullo sviluppo, in particolare per ciò che
riguarda le opportunità di diversificazione; secondo la Penrose, l'impresa è qualcosa di più di un
semplice apparato amministrativo per il coordinamento dei fattori produttivi, ovvero è un
portafoglio di risorse sviluppate per il migliore svolgimento della funzione di produzione.
La nascita della RBV viene ricondotta storicamente all'insoddisfazione di alcuni studiosi riguardo la
spiegazione dell'eterogeneità delle performance delle imprese. Secondo il paradigma
dell'Industrial Organization, allora prevalente, la redditività delle imprese all'interno di un settore
era condizionata della struttura di quest'ultimo; le differenze di performance tra settori diversi
erano principalmente spiegate dalla capacità delle imprese di erigere barriere all'entrata, mentre
le differenze di performance all'interno del settore potevano essere ricondotte alla capacità di
alcune imprese di erigere barriere alla mobilità tra i diversi raggruppamenti strategici.
Dal 1984 due autori, Wernerfelt e Rumelt, si ritrovano accomunati dalla stessa riflessione:
l'eterogeneità delle performance all'interno dei settori e tra i settori non può essere generata
esclusivamente dall’esistenza di barriere all'entrata, quanto dall’unicità delle caratteristiche delle
imprese; l'unicità è riconducibile alle risorse possedute. W. in un articolo conia il termine resource
based view of the firm e l'idea principale era che le imprese dovrebbero prestare maggiore
attenzione alle proprie risorse interne in quanto, risorse e prodotti, sono facce di una stessa
medaglia. In particolare, alcune risorse sono legate alla capacità dell’impresa di realizzare profitti
supera la media.
Fino ai primi anni ‘90 la RBV rimane un tema di discussione a livello accademico senza avere un
particolare riflesso sulle imprese. Nel 1990 Prahalad e Hamel, pubblicano un articolo su Harvard
business review che richiama molti concetti della RBV e, in particolare, viene proposto un
approccio di analisi strategica basato sulle core competencies, in contrapposizione al tradizionale
schema di analisi fondato sulle attività (Activity based view, ABV). L'impresa secondo questi autori
è vista come un insieme di competenze di cui alcune, le core competencies, sono funzionali allo
sviluppo di core product (prodotti chiave), importanti per lo sviluppo di molteplici end product
(prodotti finiti).
Nel manuale proponiamo la RBV come un approccio complementare alla definizione di strategia
poiché consente:
•
di approfondire l'analisi del profilo di risorse necessario al posizionamento competitivo nei
business in cui opera l'impresa
•
individuare le risorse ritenute critiche per la sostenibilità del vantaggio competitivo,
individuando quello in cui investire per alimentare le attività che determineranno un
posizionamento strategico futuro di successo
•
di riconoscere le risorse impiegabili in diversi business condividendo lo svolgimento di
specifiche attività correnti
81
•
di progettare il profilo di risorse di cui avrà bisogno di impresa, per garantirsi la
sopravvivenza e lo sviluppo nel lungo termine, evidenziando le attività di setup in cui
investire
Il collegamento fra la RBV e ABV, si può esprimere facendo riferimento alla metafora della vasca
da bagno, che consente di spiegare la distinzione tra livelli, ovvero le risorse e flussi, cioè le
attività. In ogni momento la disponibilità di acqua è rappresentata dal livello che l'acqua raggiunge
nella vasca da bagno; il livello dipende sia dal flusso di acqua che entra nella vasca, sia da quello
che esce. Se applichiamo questa metafora all'esempio delle attività di ricerca e sviluppo, la
quantità di acqua nella vasca sarà rappresentata dal livello di competenze, cioè dalle risorse
disponibili in un determinato momento, l'attività di ricerca e sviluppo corrispondono al flusso
d'acqua che entra nella vasca e il fatto che il know-how sia soggetto a una perdita di valore nel
tempo, è assimilabile al flusso d'acqua che esce dalla vasca.
Questo paragone consente di evidenziare che se i flussi possono essere regolati in maniera
immediata, lo stesso non è vero per quanto riguarda i livelli, ovvero per ottenere una variazione
apprezzabile delle disponibilità di risorse è necessario accumulare una quantità consistente di
giusti in entrata.
CHE COSA SONO LE RISORSE
Collis e Montgomery individuano tre tipi fondamentali di risorse:
•
i beni tangibili sono quelli più facili da individuare e spesso sono gli unici che figurano nel
bilancio: comprendono gli immobili, gli impianti, le materie prime. Sebbene risorse di
questo tipo possano essere essenziali ai fini della strategia aziendale, raramente
contribuiscono al vantaggio competitivo anche se esistono delle eccezioni a questa regola,
ad esempio gli immobili ubicati nei pressi di località turistiche ambite possono essere fonte
di profitti superiori alla media
•
beni intangibili comprendono ad esempio la reputazione dell'azienda, la notorietà del
marchio, i brevetti e i marchi. Sono risorse che spesso contribuiscono in maniera
significativa al vantaggio competitivo e quindi anche al valore dell'azienda. Una
caratteristica importante di questi beni è che il loro utilizzo non ne diminuisce il livello, al
contrario se utilizzati in maniera intelligente essi possono addirittura acquistare valore nel
tempo
•
le competenze non sono fattori produttivi in senso stretto, ma si tratta di complesse
combinazioni di asset, capacità personali e routine organizzative indispensabili per
trasformare l'input in output; sono proprio queste risorse che determinano l'efficienza
delle attività svolte. Se adeguatamente messe a punto, possono contribuire alla creazione
di un vantaggio competitivo: infatti tali competenze, permettono all'azienda di
differenziarsi dalla concorrenza e di ottenere prodotti e servizi di maggiore qualità e/o con
minori costi rispetto ai rivali. Tra le competenze sono incluse una serie di caratteristiche
che permettono maggiore efficienza i migliori risultati e che possono riguardare qualunque
attività dell'azienda.
82
UNA CLASSIFICAZIONE DELLE RISORSE
È possibile identificare alcuni tipi di risorse impiegate a supporto dell’impresa nell'ambito
competitivo: si tratta di due categorie di risorse che si pongono tipicamente a livello di business.
•
le risorse tecnologiche sono le risorse di cui l'azienda dispone per realizzare i propri
prodotti o per promuovere innovazioni: centri di ricerca, brevetti, stabilimenti produttivi,
laboratorio per il controllo della qualità.
•
le risorse commerciali, tra le risorse commerciali a disposizione di un'azienda è possibile
riscontrare beni intangibili come il marchio e i sistemi informativi di CRM, ma anche fattori
produttivi controllati all'impresa come le reti di vendita in canali presidiati, le reti di
assistenza pre e post vendita, il portafoglio clienti. Le competenze commerciali sono
relative ad un “saper fare” operativo che si concretizza in una superiore capacità
dell’impresa di vendere i propri prodotti oppure nella capacità di comprendere meglio i
bisogni del mercato, oppure nella capacità di instaurare relazioni di lungo periodo con i
propri clienti e partner commerciali.
Le risorse tecnologiche e commerciali sono quelle più facilmente identificabili ma non sempre
sono le più importanti.
Ci sono altre quattro categorie di risorse che agiscono all'interno del sistema aziendale: sono più
difficilmente identificabili ma fondamentali per il conseguimento del vantaggio competitivo e si
tratta di risorse che si pongono tipicamente a livello aziendale. Esse sono:
-
finanziarie: rappresentano un fattore produttivo di cui occorre tenere conto in modo
distinto. Oltre alle riserve di liquidità, tra le risorse finanziarie possiamo identificare la
capacità di indebitamento e la capacità di attrazione del capitale di rischio: si tratta di
risorse fondamentali in tutti quei business in fasi di sviluppo e caratterizzati da rilevanti
bisogni finanziari. Nelle imprese multi-business, le scelte economico finanziarie si pongono
a livello corporate. Gli elevati investimenti richiesti da questi business sono coperti dalla
liquidità generata delle aree d'affari in cui l'impresa è leader o dal ricorso al mercato di
capitali di rischio o di debito; in queste imprese, il livello corporate agisce come un mercato
di capitali interno. Questo ruolo delle unità centrali è associato alle competenze finanziarie
che si sostanziano nella capacità di valutare la portata finanziaria delle scelte di business
ma anche nella capacità di interagire all'esterno con il mondo finanziario per mantenere o
incrementare il rating dell’impresa. Tra le competenze finanziarie vi sono quelle anche
relative alla capacità di valutare e seguire le operazioni di finanza straordinaria, cioè
acquisizioni o fusioni
-
organizzative: sono fattori produttivi utilizzati nello svolgimento delle attività che
consentono di distinguere le imprese che sono strutturalmente organizzate da quelle che
non lo sono. In molti casi le imprese si concentrano sul front end, ovvero sul contatto con il
cliente finale attraverso attività commerciali e marketing dimenticandosi dell’importanza
del back end, ovvero di quanto è necessario alla realizzazione del prodotto o servizio
83
richiesto. Ad esempio, nel settore delle acque minerali il ruolo della logistica è di
fondamentale importanza: la mancanza del prodotto a scaffale comporta un immediato
spostamento del consumatore finale su prodotti concorrenti. Le competenze organizzative
hanno attinenza con le capacità dell’impresa di saper coordinare persone e risorse
immateriali e gestire trasferire la conoscenza all'interno dell’organizzazione o tra società
appartenenti allo stesso gruppo. Un'impresa organizzata si caratterizza per l'adozione di
routine, ovvero di schemi regolari di azioni piccola formalizzate o meno, sedimentati
nell’organizzazione e incorporati nei meccanismi operativi le routine organizzative da un
lato consentono il coordinamento dei processi e dall'altro rappresentano una fonte di
rigidità aziendale se spingono verso un'eccessiva burocrazia
-
relazionali o “di network”: sono una categoria di risorse sempre più importante che si
fonda sul diritto o sulla capacità d'uso di risorse esterne all'azienda. Le risorse relazionali
sono quelle che più esaltano il ruolo delle collaborazioni tra le aziende e consistono nelle
capacità di comunicazione e networking, ovvero di intessere reti di relazioni
-
di general management: nei contesti competitivi caratterizzati da margini di incertezza
molto elevati, il management team contribuisce con le proprie scelte a definire il sistema di
prodotto di un'impresa e le interrelazioni tra diversi business. Le competenze di General
management sono di due tipi:
-competenze imprenditoriali che consistono nella capacità di innovazione e nella capacità di
motivare i collaboratori
-competenze manageriali che devono affiancarsi alle prime per la definizione dei compiti per il
coordinamento e controllo
L’INVENTARIO DELLE RISORSE
La RBV suggerisce al manager di individuare le risorse e valutarle considerando la loro capacità di
generare un vantaggio competitivo.
Prima fase
Innanzitutto, occorre che vengano individuate le risorse di cui l'impresa dispone e quindi fare
l'inventario delle risorse aziendali. E’ opportuno descrivere ogni singola risorsa utilizzando tre
criteri:
1. capacità: riguarda la quantità disponibile della risorsa
2. tasso di consumo: può variare a seconda dell'utilizzo che si fa della risorsa
Non tutte le risorse si deteriorano con la stessa velocità; a volte, anche nel caso di beni tangibili,
nonostante si sappia che diminuiscono in base all'utilizzo, non è facile calcolare la velocità di
consumo. Tale difficoltà aumenta nel caso dei beni intangibili e delle competenze, è
estremamente difficile valutare il potenziale tasso di consumo delle competenze, poiché esso
dipende dal modo in cui vengono gestite e le trasformazioni del settore
84
3. specificità: mentre esistono risorse che hanno varie applicazioni, altre hanno la
possibilità di impiego circoscritte a uno specifico business. Nel primo caso, le risorse
come ad esempio la liquidità finanziaria o le competenze di general management,
possono essere impiegate in diversi business, mentre le risorse che hanno un carattere
più specifico come il know how relativo al funzionamento di un macchinario
specializzato, hanno un’applicabilità più limitata circoscritta non solo business.
L’APPREZZAMENTO DELLE RISORSE
La seconda fase del processo, suggerito dalla RBV, consiste nella valutazione di ciascuna risorsa in
base alla sua capacità di generare un vantaggio competitivo in uno o più business.
Il metodo per stabilire se una specifica risorsa di un'azienda è superiore a quella posseduta da
altre aziende che operano nello stesso settore consiste nel cercare di collegarla direttamente a
una misura di performance dell’impiego della risorsa attesa.
Una risorsa è di valore nella misura in cui genera un vantaggio competitivo dimostrabile; quando
non esiste un legame diretto tra la risorsa e risparmi di costo o il maggior valore per il cliente che
genera il valore della risorsa, è da dimostrare.
L'apprezzamento delle risorse non va inteso come un esercizio di contemplazione introspettiva
perché sebbene queste analisi possano portare ad individuare alcune risorse chiave, in realtà non
si tratta di risorse di valore. La verifica deve piuttosto confrontare le risorse di un'impresa con il
contesto competitivo esterno attraverso una comparazione suffragata da dati economici. In molti
casi da questa analisi emerge l'assenza nell’azienda di una risorsa di valore.
Per conseguire un vantaggio competitivo, le aziende devono contribuire al soddisfacimento dei
bisogni del consumatore a fronte di un prezzo remunerativo per l'azienda che egli è disposto a
pagare.
Le risorse di un'azienda sono di valore solo se sono in grado di soddisfare i bisogni dei
consumatori meglio della concorrenza e/o a costi inferiori della concorrenza, consentendo
all'azienda una superiore redditività.
L'analisi delle risorse non può limitarsi ad individuare le risorse in cui un’azienda eccelle, perché
una risorsa acquista valore solo ed esclusivamente nel momento in cui è in grado di contribuire
alla superiorità competitiva dell'azienda all'interno del settore in cui opera.
85
CASO STUDIO NETFLIX- analisi VRIO e percorso evolutivo delle risorse
L’analisi VRIO va fatta facendo riferimento alle risorse, elementi utilizzati nell’attività aziendale per
ottenere il prodotto; e non sul prodotto perché il prodotto è l’output della combinazione delle
risorse.
Analisi VRIO:
Riflessioni:
Marchio= La risorsa del marchio è inimitabile sia grazie ai vincoli normativi (brevetti che Netflix ha
creato) che al percorso obbligato.
Ma anche grazie all’ambiguità causale (perché riesce a ottenere tale vantaggio perché la risorsa
viene inserito in un sistema)
Cultura orientata all’innovazione= è inimitabile, perché l’algoritmo è imitabile ma la banca dati
che Netflix va ad utilizzare è più difficile da imitare per via del percorso obbligato
86
Percorso evolutivo delle risorse:
Possiamo aggiungere altri percorsi di alcune risorse come=
Sistema di raccomandazione del proprietario: Percorso di tipo A, nasce come risorsa specifica
perché rara, poi nel corso del tempo diventata distintiva per l’azienda; poi successivamente nel
futuro si trasformerà in risorsa critica di settore e infine igienica.
Cultura orientata al cliente: crea valore per i consumatori, e per ora non risulta essere obsoleta.
Punti fisici di Blockbuster: Risorsa affondata perché prima distintiva poi sul mercato ci sono stati
dei cambiamenti tecnologici che hanno fatto affondare tale risorsa
87
CAPITOLO 3 (Libro + Rigolini, 26 aprile)
IL RAPPORTO TRA STRATEGIA E RISULTATI ECONOMICO-FINANZIARI
IL CONCETTO DI REDDITIVITA’ OPERATIVA NELL’AMBITO DEI RISULTATI ECONOMICO-FINANZIARI
LA STRATEGIA AZIENDALE E L’ANALISI STRATEGICA
La redditività operativa a livello aziendale:
ROI = reddito operativo / capitale netto investito
Dove:
- Reddito operativo = reddito prima delle imposte, sopravvenienze, insussistenze, oneri
finanziari
Si calcola:
(Ricavi di vendita + valore della produzione – costi variabili = margine di contribuzione
Margine di contribuzione – costi fissi = reddito operativo)
-
Capitale investito netto = si trova nello SP, valore di inizio periodo
Si può calcolare in tre modi, noi usiamo il primo metodo:
(Totale attivo al netto dei fondi rettificati di poste patrimoniali attive come fondi
ammortamento, fondo svalutazione crediti e il fondo di deprezzamento magazzini)
(Totale attivo netto anche meno debiti verso i fornitori e il fondo indennità di fine
rapporto)
(Totale attivo netto anche meno i debiti a breve)
Nel calcolo andremo a prendere il capitale investito netto a inizio esercizio che verrà
rapportato quindi con il reddito operativo dello stesso anno.
In ambito di analisi strategica, però, se voglio capire la qualità delle mie scelte devo
prendere le risorse che avevo a disposizione a inizio esercizio e capire che rendimento
hanno avuto queste risorse.
Quindi dovrò prendere il reddito operativo prodotto in quell’esercizio e lo confronto con il
capitale che avevo a disposizione per fare quelle scelte a inizio esercizio.
Questo viene fatto perché siamo interessati a valutare l’impatto che alcune scelte
strategiche possono avere sui risultati aziendali, dati un certo stock di risorse tangibili e
intangibili, ovvero un certo livello di capitale iniziale.
Il ROI esprime la redditività del core business, si esprime di solito in termini percentuali, va
confrontato prima di tutto con quello dei competitor per capire se la nostra redditività è migliore o
peggiore rispetto a quella del settore; quindi fare un confronto nello spazio.
Dopo di che è importante fare un confronto di natura temporale, quindi confrontare il ROI degli
anni passati con quello attuale.
Poi è importante non considerare mai il ROI come un indice solo ma confrontarlo con altri, e
soprattutto è importante conoscere la strategia aziendale
88
ES. Noi abbiamo un ROI del 5% e rispetto ai competitor è inferiore del 3% e negli anni ha un trend
negativo; come si fa a migliorarlo?
- Aumentare il volume di vendita
- Aumentare sul prezzo, perché aumentano i ricavi e si ha maggior marginalità
Noi non guarderemo il ROI aziendale, ma piuttosto, il ROI a livello di ASA.
Per un’azienda multi-business è estremamente sconsigliato fare un’analisi di ROI a livello aziendale
perché non ci dice molto; mentre in un’azienda mono-business andremo a guardare il ROE.
L’analisi sul reddito operativo possiamo farla sia ex-ante che ex-post; quindi possiamo analizzare
per esempio i risultati del 2017/2018/2019 e confrontarli con i competitor ma possiamo fare
anche un’analisi ex-ante per poi fare un’analisi di simulazione sui risultati futuri dell’azienda.
La redditività operativa è un indicatore di economicità relativamente svincolato dal modo in cui
l’impresa si finanzia, è un’espressione sintetica dell’efficacia e dell’efficienza aziendale.
La redditività operativa non si misura solo a livello aziendale, ma ++ a livello di business,
essendo espressione della strategia competitiva, però in questo caso, incontra dei limiti nella
configurazione del portafoglio business.
Quanto più i sistemi di attività di ciascun business sono interconnessi, tanto più diventa
problematica la rilevazione di significati risultati reddituali a livello competitivo e ci si deve
accontentare di conoscere i margini di contribuzione di ciascun business.
Se non ci sono attività condivise tra i diversi business, è possibile rilevare i redditi operativi:
è possibile rilevare anche il capitale investito netto in ciascun business e si può rilevare
anche la redditività netta (ROE).
La redditività netta entra nel sistema di relazioni che rappresentano la situazione di
equilibrio o di squilibrio economico-finanziario complessivo, dove entrano gioco anche la
liquidità e solidità patrimoniale.
Redditività - liquidità - solidità patrimoniale—> triplice ordine di risultati economico finanziari
tra loro collegati da relazioni di causa-effetto:
-
Più è alta la redditività più elevata è la capacità di autofinanziamento, che costituisce
aumento della dotazione di patrimonio netto
-
il livello di patrimonializzazione influisce sulle possibilità di espansione dell’attività
produttiva con ripercussioni sulla redditività
-
la redditività impatta sulla liquidità attraverso il flusso di cassa netto generato dalla
gestione del/dei business nel quale confluiscono anche i fabbisogni netti per investimenti
in capitale circolante e fisso richiesti dalla stessa gestione
-
una buona situazione di liquidità favorisce la focalizzazione su obiettivi di redditività, una
situazione tesa la ostacola o può costringere a operazioni penalizzanti la redditività
89
-
un consistente livello di patrimonializzazione e quindi, un basso grado di indebitamento,
spesso si combina con la presenza di elevate riserve di credito su cui l’impresa può far
conto per le sue esigenze di cassa
-
la situazione di liquidità si ripercuote sul rapporto di indebitamento nella misura in cui
deficit o surplus di cassa inducono rispettivamente aumenti o diminuzioni
dell’indebitamento complessivo
-
la dinamica dei risultati economico-finanziari ha una determinante fondamentale negli
investimenti e disinvestimenti e questi confluiscono nella relazione tra tasso di variazione
del capotale investito e tasso di autofinanziamento
-
la dinamica economico-finanziaria complessiva percepita dai finanziatori impatta sul loro
grado di fiducia, e quindi sulla loro disponibilità a rinnovare gli affidamenti in essere o a
concederne di nuovi, a sottoscrivere aumenti di capitale o prestiti obbligazionari
Per calcolare il ROI, ho i bilanci: cosa si deve fare?
- REDDITO OPERATIVO si prende dal CE (di ASA): partendo dai ricavi di vendita (di ASA),
togliamo i CV (di Asa) e troviamo il margine di contribuzione - CF e troviamo il reddito
operativo;
-
CAPITALE INVESTITO NETTO: si legge nello SP, ci sono vari metodi:
1. totale attivo al netto dei fondi di poste patrimoniali attive (fondi ammortamenti, fondo
svalutazione crediti e fondo deprezzamento magazzino): devo capire il rendimento che
posso produrre con immobilizzazioni che magari hanno 20 anni;
2. Totale attivo netto - debiti v/fornitori - TFR: debiti e TFR non sono risorse a
disposizione dell’azienda secondo alcune interpretazioni;
3. totale attivo netto - debiti a breve termine
Se devo calcolare il ROI 2020, quale totale attivo netto prendo? Nel 90% dei casi si prende
il ROI 2020 e lo rapportano al reddito operativo del 2020. ATTENZIONE!!!
Noi dobbiamo capire, a partire da uno stock di risorse iniziale, come posso usarle, che
rendimento hanno prodotto, per produrre un certo reddito operativo a fine esercizio. Se
voglio comprendere da un punto di vista di risultati la qualità delle scelte strategiche devo
paragonare il reddito operativo prodotto nell’esercizio con il capitale che avevo a
disposizione all’inizio dell’esercizio (RO fine 2020 e TAN a inizio esercizio, cioè inizio
2020, fine 2019): così capisco se quelle scelte strategiche hanno prodotto una redditività
maggiore o inferiore, dato un certo stock di risorse tangibili o intangibili. Se il RO è alto, il ROI può
variare di molto.
90
Lo studio sulla redditività operativa può svolgersi seguendo 2 diversi percorsi:
1. Attraverso l’analisi di indici di bilancio
2. Attraverso l’analisi delle relazioni causa-effetto che collegano la redditività operativa ai
fattori che la determinano
La redditività operativa è un indicatore di economicità relativamente svincolato dal modo in cui
l’impresa si finanzia e è un’espressione sintetica dell’efficacia e dell’efficienza aziendale.
1.PRIMO SENTIERO: L’ANALISI DELLA REDDITIVITA’ OPERATIVA MEDIANTE INDICI DI BILANCIO
Questo primo sentiero che ci permette di scomporre la redditività operativa:
ROI = ROS x Turnover del capitale investito
Turnover del capitale investito = Vendite/Capitale investito netto
Esprime quanto del capitale investito ritorna sotto forma di vendite in azienda
Capitale investito netto= Capitale circolante lordo + il capitale fisso
Il turnover del capitale investito si può analizzare con gli indici di rotazione e di durata
Il turnover esprime la relazione tra una dimensione operativa dell’azienda (fatturato netto al
numeratore) e una dimensione strutturale (capitale investito netto al denominatore): esso
dunque può segnalare la presenza di squilibri tra volume dell’attività svoltasi nell’esercizio
e dimensioni strutturali.
Seguendo questo percorso si può giungere a individuare fondamentali determinanti della
redditività operativa (durata media dei crediti v/clienti) ma senza pervenire a un quadro
chiaro delle fondamentali quantità economiche in gioco.
ROS = Risultato operativo/ Ricavi netti
Esprime la redditività delle vendite, quindi quanto sono remunerative le vendite che realizzo nel
corso dell’esercizio.
Misura il rapporto tra risultato operativo e valore delle vendite. È influenzato dalla variabile
“grado di utilizzo della struttura” poiché tra i componenti negativi di reddito figurano non
solo i CV ma anche i CF, inclusi i costi di struttura.
Sul ROS impattano i costi di struttura (costi fissi) inoltre al suo interno gravano anche i costi
variabili dell’azienda
Proprio per questa problematica conviene utilizzare un altro indicatore che prevedere di dividere il
Margine di contribuzione (fatturato – costi variabili) per i ricavi netti.
Questo indice mi indica come le vendite sono in grado di coprire i costi variabili e quanto mi
rimane per coprire i costi fissi.
91
2.SECONDO SENTIERO: L’ANALISI DELLE RELAZIONI DI CAUSA-EFFETTO CHE COLLEGANO LA
STRATEGIA COMPETITIVA ALLA REDDITIVTA’ OPERATIVA
Si chiama anche Analisi del tessuto-causale.
Consideriamo tutti gli elementi che mi vanno a impattare sul reddito operativo:
- Ricavi
- Costi variabili, relativi a fattori che si impiegano in quantità variabili con il variare dei
volumi di produzione e vendita
- Costi fissi, che dipendono dalla struttura organizzativa, da politiche discrezionali, da
investimenti soggetti ad ammortamento. (costi di politica, di struttura e ammortamenti)
Secondo questo percorso di analisi tali elementi possono essere messi insieme secondo un
percorso che analizza le determinanti del reddito operativo.
Scomponiamo il reddito operativo nelle sue determinanti:
Reddito operativo = margine di contribuzione – costi fissi
Margine di contribuzione complessivo è dato dal= margine di contribuzione medio unitario per
ogni business
Margine di contribuzione medio unitario= margine di contribuzione medio unitari per singole classi
di produzione – la composizione percentuale del volume di produzione/vendita
Margine di contribuzione medio unitario per singole classi di produzione = Ricavi medi unitari –
costi variabili medi unitari
Ricavi medi unitari= prezzi applicati che generano ricavo
Costi variabili medi unitari= costo e rendimenti
Margine di contribuzione complessivo = Volume di produzione
Volume di produzione e vendita è condizionato dal= livello di capacità produttiva, dal grado di
utilizzo della capacità produttiva e dal giro d’affari del mercato e anche dalla quota di mercato
dell’azienda.
Costi fissi altra macro-determinante del reddito operativo è determinata da= costi di struttura,
costi di politica, ammortamenti
Costi di struttura fanno riferimento ai= costi dell’organico
Costi dell’organico dipendono= dalla struttura organizzativa dell’azienda (quante persone ci sono
in azienda per esempio), assenteismo, conflittualità, produttività e carichi di lavoro
Costi di politica= che sono per esempio costi di ricerca e sviluppo, costi per la promozione
Ammortamenti che dipendono dal= valore da ammortizzare, criteri di ammortamento che vado a
utilizzare (aliquote stabilite dalla legge o altre aliquote particolari)
ES. se vogliamo capire se la nostra strategia di differenziazione genera reddito operativo, cosa
andrò a guardare?
Il margine di contribuzione complessivo mi aumenta, perché mi aumentano i ricavi e i ricavi
aumentano perché io vado ad aumentare il prezzo del prodotto grazie al premium price della
strategia di differenziazione.
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Le principali vie che posso seguire, applicando questo percorso, per migliorare il reddito
operativo?
- Attuare iniziative per allargare la forbice prezzi-costi/prezzi-ricavo
- Migliorare l’efficienza di impiego dei fattori variabili, es. rendere migliore l’impiego mat. 1
- Spostare il mix di produzione/vendita sui prodotti (o sulle varietà di prodotti) più
remunerativi
- Aumentare il volume di produzione/vendita
Questo strumento è utilissimo per valutare l’impatto delle scelte strategiche sul reddito operativo
dell’azienda, ma non sempre è costì semplice da attuare; infatti le principali difficoltà:
- Gran numero delle variabili in giochi
- Intreccio delle variabili in gioco
- Specificità propria di ogni situazione da analizzare
- Carenza di informazioni disponibili
Abbiamo detto che il reddito operativo = margine di contribuzione complessivo – CF
Facciamo riferimento al caso di un'impresa manifatturiera mono-business, la cui produzione
sia destinata a una sola categoria di consumatori. L'analisi può procedere esaminando
distintamente le determinanti del margine di contribuzione complessivo e quelle di ciascuna
categoria di costi fissi. Quanto alle prime, ad esse si risale considerando il margine di
contribuzione complessivo come prodotto di un margine di contribuzione medio unitario per
un certo volume di produzione o vendita.
Il margine medio unitario è determinato da alcune quantità economiche collegate da definite
relazioni aritmetiche facilmente identificabili: prezzi-ricavo dei prodotti venduti, prezzi-costo
dei fattori divisibili, tassi di cambio impiegati per convertire in valuta nazionale flussi finanziari
originati da compravendite con prezzi definiti in una moneta estera, rendimenti espressivi
dell’efficienza di impiego dei fattori produttivi variabili, composizione del volume di produzione o
vendita. Il volume di produzione/vendita invece può essere considerato come prodotto di una
data capacità produttiva per un certo grado di utilizzo della medesima.
Questa analisi dei fattori determinanti il margine di contribuzione complessivo consente di
enucleare le fondamentali vie che la direzione aziendale può seguire per migliorare
migliorarlo. Esse sono:
1. allargamento della forbice prezzi costo prezzi ricavo
2. miglioramento dell’efficienza di impiego dei fattori variabili
3. spostamento del mix di produzione vendita sui prodotti più remunerativi
4. aumento del volume di produzione vendita
Ciascuna di queste quattro vie può assumere configurazioni diverse secondo i casi.
Per esempio la fattibilità tecnica della 4° via può tenersi incrementando la capacità
produttiva oppure cercando di accrescere il grado di utilizzo della capacità produttiva
attualmente disponibile.
Bisogna sottolineare che le determinanti del margine di contribuzione complessivo possono
essere collegate tra loro da relazioni rilevanti di causa-effetto: per esempio il mix di
93
produzione può concorrere in misura sensibile a determinare il grado di utilizzo della
capacità produttiva.
Le variabili sono collegate con le determinanti dei costi fissi del capitale investito netto. Alcune di
esse possono per più vie incidere sulla redditività operativa: tipico è il caso del volume di
produzione o vendita che oltre a influire sul margine di contribuzione il complessivo incide anche
sugli investimenti in capitale circolante e può influire su costi fissi, sugli investimenti in capitale
fisso. È abbastanza normale che il corso di azione alternativi per migliorare il margine di
contribuzione abbiano ripercussioni sui costi fissi e sugli investimenti netti.
Determinanti dei CF
Per quanto riguarda i costi di struttura, un grande influsso sul loro ammontare hanno gli
organici delle unità organizzative nonché i livelli dei saggi retributivi. Il dimensionamento
degli organici poi a sua volta dipende dalla struttura organizzativa e da fattori vari che
incidono sull’intensità di utilizzo della struttura.
Per quanto riguarda i costi discrezionali (detti anche costi di politica) essi dipendono dalla
quantità e dalla qualità dei fattori allocati, le cosiddette attività discrezionali, ad esempio
attività di ricerca e sviluppo, formazione e promozione e dai costi unitari di acquisizione
degli stessi.
È interessante osservare che i fattori destinati a tali attività sono una delle
principali determinanti dell’efficacia e dell’efficienza delle attività medesime.
Gli ammortamenti dipendono dai valori da ammortizzare ed ai criteri di ammortamento.
Il volume di produzione/vendita è condizionato dal livello odi capacità produttiva, dal grado
di utilizzo della capacità produttiva e dal giro d’affari/quota di mercato.
Questo permette di capire il MdC COMPLESSIVO, che è il 1° componente del RO.
COSTI FISSI, 2° componente del RO
- costi di struttura: costi relativi ++ all’organico e sono determinati dalla struttura
organizzativa (n° di persone che operano all’interno dell’az e il relativo organigramma,
-
grado di produttività delle persone, assenteismo);
-
costi di politica: costi di R&S, costi per promozione;
-
ammortamenti: dipende dai valori da ammortizzare e dai criteri di ammortamento utilizzati
(tipiche della legge o particolari per caratteristiche tecniche dell’impianto).
Cosa posso fare dopo aver scomposto il RO?
Ad esempio, un’azienda vuole provare a implementare una strategia di differenziazione per
aumentare il RO. Conditio sine qua non è il Premium Price, dove lo leggo? Nel MdC medio
unitario per classi di prodotti aumenterà perché aumenteranno i ricavi, perché a parità di Q
aumento il prezzo, che determina anche un aumento dei ricavi e MdC per singola classe di
prodotto, ipotizzando che il volume di vendita non varia.
Per applicare il Premium Price ho già fatto analisi delle attività generatrici di valore e che
determinano unicità: un’unicità ad es è legata ai costi di politica. Quindi ciò si traduce in un
94
aumento dei costi di politica e magari degli ammortamenti perché devo comprare un nuovo
macchinario.
Oppure mi chiedo gli impatti di un cambio nelle politiche di approvvigionamento: prima
compravo un blocco alla volta, ora compro 10 blocchi alla volta (nella convinzione che ciò
porta un miglioramento del RO). Sicuramente questo può cambiare i Costi medi variabili
unitari perché posso ottenere degli sconti comprando di più insieme. Quindi quelli
diminuiscono e il MdC per quel prodotto potrebbe aumentare.
Ogni scelta strategica può avere un effetto congiunto su ogni singola determinate del RO.
Quindi, per aumentare RO:
- aumentare MdC per singola classe di prodotto
-
migliorare il rendimento dei CV
-
spostarsi su un mix di produzione/vendita su prodotti più remunerativi, che hanno un MdC
più elevato
-
aumentare volume produzione/vendita
(libro)
Determinanti del capitale investito netto
Le determinanti delle attività circolanti nette sono:
- prezzi
- volumi
- rendimenti dei processi produttivi
- composizione dei volumi
- durate delle dilazioni di pagamento offerte clienti, dei ritardi aggiuntivi negli incassi
dei crediti commerciali, dei cicli produttivi termini di consegna da parte dei fornitori,
dei termini di consegna ai clienti, delle condizioni di pagamento praticate ai fornitori,
dei ritardi aggiuntivi nei pagamenti ai fornitori, dei margini di sicurezza incorporati
nel sistema di gestione delle giacenze
Le prime tre categorie (prezzi, volumi, rendimenti) e alcune delle variabili della quarta
categoria sono fattori determinanti il risultato operativo e in particolare il margine di
contribuzione complessivo.
Anzi possiamo dire che tutti i fattori che determinano tale margine incidono anche sul circolante.
Alcune variabili che influenzano il capitale circolante sono sue peculiari, ad esempio mix per
condizioni di regolamento e tutte quelle variabili che fanno parte della quinta categoria.
Il circolante è variamente sensibile all'influsso esercitato dalle variazioni nei predetti fattori.
Soprattutto i prezzi, volumi e le durate sono fattori che hanno una ripercussione sul
circolante, nel senso che di solito quest'ultimo varia in modo quasi proporzionale al variare
dei primi.
Anche il capitale fisso dipende da determinanti che condizionano il reddito operativo, ad
esempio il caso delle immobilizzazioni materiali, il cui valore rispecchia i caratteri
95
qualitativi e quantitativi delle stesse e i criteri di valutazione di ammortamento.
Le caratteristiche delle immobilizzazioni materiali incidono sul reddito operativo per altre
vie in quanto concorrono a determinare sia la capacità produttiva sia i rendimenti di
processo.
Queste osservazioni evidenziano l'importanza degli elementi patrimoniali, in particolare di quelli
del capitale fisso come fattori che causano i redditi operativi.
Nel concetto di capitale investito netto accolto per definire la redditività operativa sono ricompresi
i debiti per il trattamento di fine rapporto: anche questi elementi passivi del patrimonio
dipendono da fattori che influenzano appunto i redditi operativi oltre che dall'anzianità di servizio
del personale.
Dunque i fattori causanti la redditività operativa di un'azienda:
-
sono numerosissimi e di natura differente ma riconducibili a poche categorie fondamentali
-
sono fra loro interconnessi
-
spesso influiscono per più vie sulla redditività operativa contribuendo a rendere
variamente interconnesse le variazioni di margine di contribuzione complessivi, costi fissi,
capitale circolante, immobilizzazioni, debiti per trattamento di fine rapporto.
Una volta individuate le determinanti della redditività operativa com'è possibile da
esse risalire alla strategia aziendale sottostante?
La risposta non è particolarmente difficile, posto che prezzi, volumi, mix di produzione
vendita, efficienza, capacità produttiva, quota di mercato, struttura organizzativa sono tutte
variabili su cui si esercita l'azione manageriale e alla cui origine vi sono le attività nel loro
concreto svolgersi.
Come si può cogliere la strategia competitiva? Bisogna considerare due aspetti:
1. la distinzione tra attività correnti e attività di set-up
2. come il management persegue l'obiettivo di migliorare la redditività
Il primo punto viene tenuto presente domandandosi se in qualche misura le determinanti
della redditività operativa sono influenzate anche da attività di setup.
Ad esempio, il caso delle determinanti dei costi fissi di struttura e discrezionali che possono essere
manifestazione soltanto del dispiegarsi delle attività correnti oppure possono anche essere
influenzate da attività di set-up generatrici di costi che vengono spesati sull’esercizio in cui sono
sostenuti e pertanto entrano nella redditività operativa.
Così ad esempio occorre accertare se e in che misura la spesa pubblicitaria è volta anche ad
affermare un nuovo marchio commerciale oppure se i costi di ricerca e sviluppo spesati
nell'esercizio sono finalizzati a produrre innovazioni che impatteranno sulle attività correnti.
Questo tipo di analisi è importante perché una volta individuato l'eventuale influsso delle
attività di set-up, le determinanti della redditività operativa rispecchiano il posizionamento
strategico attuale.
La logica di queste ultime scelte, e veniamo al secondo punto da tenere in considerazione, può
essere quella di ricercare nell’immediato qualsiasi opportunità di fare profitti senza una lucida
96
consapevolezza strategica, oppure può essere espressione di un management orientato al
miglioramento della redditività in costanza di posizionamento strategico e al consolidamento al
rinnovamento del posizionamento esistente.
In conclusione, lo studio dei fattori determinanti la redditività operativa che consente di descrivere
la strategia sottostante le attività, è molto complessa ma estremamente utile.
Le difficoltà dipendono dal gran numero di variabili in gioco, dal loro intreccio, dalle
specificità proprie di ogni situazione da analizzare, dalle carenze della base informativa
disponibile.
Più difficile è l'approfondimento ulteriore dell'analisi per spiegare certi rendimenti, certe
quote di mercato. Questo è un compito difficile ma si vuole andare al cuore della strategia
competitiva e a tale riguardo infatti occorre:
-
Identificare fattori chiave che incidono sui risultati economico finanziari
Capire l'impatto degli eventi ambientali rilevanti
Esplicitare e valutare l'impatto che le leve decisionali possono esercitare sui fattori chiave
Un'analisi di questo tipo può aiutare la direzione a:
-
maturare una consapevolezza piena dell’importanza relativa che le diverse quantità
economiche hanno nel determinare la variabilità del reddito operativo del capitale
investito netto.
-
aprire la via a una migliore comprensione dell'influsso che i concreti comportamenti
direzionali hanno sulla redditività operativa
Per quanto riguarda il primo punto il management non riesce a concentrare l’attenzione e le
energie necessarie al miglioramento della situazione se non in un ridottissimo numero di
aree di intervento; e proprio perché non è possibile fare tutto e bene contemporaneamente,
la scelta di tagliare diventa quanto mai importante.
Per quanto riguarda il secondo punto, lo studio delle quantità economiche determinanti la
redditività, se non è sufficiente per operare il collegamento tra azioni direzionali risultati
economici, ne costituisce però un passaggio obbligato. Anzi solo se si opera tale passaggio
diventa possibile un efficace opera di sensibilizzazione alla dimensione economico finanziaria
dei problemi gestionali che aiuti ciascuno a crescere nella consapevolezza del proprio ruolo in
ordine alla salvaguardia della redditività aziendale. Solo se si opera tale passaggio nasce la
motivazione, quindi lo stimolo ad approfondire l'analisi del tessuto di relazioni di causa-effetto
sottostanti le quantità economiche e a maturare una consapevolezza nuova delle interdipendenze
che uniscono i diversi livelli il diverse attività nel perseguimento di obiettivi di redditività.
(fine libro)
97
L’ANALISI DI SENSITIVITÀ (Appendice D capitolo 3 + Rigolini)
È uno degli strumenti più utilizzati è l’analisi della sensitività e è lo studio delle variazioni di
risultato associate a specifiche alternative gestionali, definite a partire da un’ipotesi base. Viene
chiamata anche What if analysis.
La domanda che dobbiamo porci è- Cosa succede se?
Gli strumenti che si utilizzano per rispondere a questa domanda sono le LEVE, che sono indicatori
di sintesi che ci dicono cosa succede al nostro reddito operativo al variare dell’1% la variabile
Leva prezzo: fatturato / reddito operativo gestione cara
Cosa succede al reddito se mi aumentano o diminuiscono i prezzi di vendita dell’1%
Leva Operativa: MDC / reddito operativo gestione caratteristica
Cosa succede al reddito se mi aumentano o diminuiscono le quantità prodotte
Leva costi fissi: CFT/reddito operativo
Cosa succede al risultato operativo all’aumentare o diminuire dell’1% i CV
Leva costi variabili: CVT /reddito operativo
Cosa succede al risultato operativo all’aumentare o diminuire dell’1% i CFT
Detto questo, però, queste leve lavorano su due ipotesi di base
-
A partire da un certo risultato operativo iniziale, ma che comunque potrebbe cambiare nel
corso del tempo; quindi le leve è come se non tenessero conto delle variazioni
-
A parità di altre condizioni. Ci permettono di rispondere alla domanda ipotizzando che però
tutte le altre condizioni rimangono invariate, a parte per esempio l’aumento del prezzo.
Ma noi sappiamo che l’aumento di prezzo magari fa diminuire altri elementi come le
quantità vendute
ES. azienda che ha una struttura di CE: (az. grossista)
Un'altra azienda ha: (Compagnia aerea)
ricavi 1000
Ricavi 1000
Costi variabili 800
CV 100
MDC 200
MDC 900
CF 100
CF 800
Reddito operativo= 100
Reddito operativo= 100
Calcolare leva operativa e leva prezzo
Leva operativa az1: 200/100=2
Leva operativa az2: 900/100=9
Leva prezzo az1: 1000/100=10
Leva prezzo az2: 1000/100=10
98
Commento: nonostante siano due aziende diverse hanno la stessa leva prezzo. non possiamo però
per entrambe avere la stessa strategia perché sono due aziende completamente diverse. L’azienda
A ha più CV, mentre l’azienda B ha più CF. La differenza sostanziale fra le due aziende sta nella
composizione dei costi variabili e fisse di entrambe le aziende.
Proviamo a superare il primo punto base visto sopra:
Per farlo dobbiamo mettere in rapporto le leve, perché quel valore trovato prima non ci dice
molto presa per conto proprio dato che è uguale per entrambi i settori, e quindi faremo:
Mdc/ROCG diviso Fatturato/ROCG à e quindi avremo un’unica leva che sarà data da
MDC/Fatturato
Questo valore è sempre un valore compreso fra 0 e 1
Az1. 200/1000= 0,2
Az2. 900/1000= 0,9
Se questo rapporto è più vicino a 0 siamo di fronte a quelle aziende che hanno una sensibilità
maggiore al prezzo di vendita
Mentre, le aziende che hanno un rapporto fra le leve vicino a 1 sono quelle aziende più sensibili ai
volumi di produzione.
Cerchiamo di risolvere la seconda ipotesi di base:
“A parità di altre condizioni” è la condizione che cerchiamo di togliere perché queste analisi si
fanno comunque ipotizzando che vari solo una variabile e tutte le altre rimangono uguali ma è
sbagliato.
Nel nostro esempio chiediamoci- qual è la variazione percentuale della quantità che compensa
esattamente ai fini del reddito operativa, la variazione del prezzo
A una variazione del prezzo (10%1%..) che cosa succede a q affinché mi rimanga quel reddito
operativo della gestione caratteristica?
Il reddito operativo dipende sia dal prezzo che dalla quantità
Ipotizziamo un’azienda che ha:
Leva operativa = 160%
Leva prezzo= 422%
Quindi se aumenta dell’1% le quantità il reddito operativo mi aumenta del 160, se aumenta
dell’1% il prezzo il reddito operativo mi aumenta di 422
È un’azienda più sensibile al prezzo o ai volumi? È un’azienda più sensibile al prezzo perché il
rapporto fra le leve è intorno allo 0,4
99
Ora domandiamoci quale è la variazione che q deve avere per compensare l’aumenti o
diminuzione di prezzi affinché gli effetti sul reddito operativo siano quelli ipotizzati
dall’applicazione della leva
Io so se ipotizzo una diminuzione del prezzo di vendita dell’ 1% ho una riduzione della leva prezzo
di -422
ROCG= 67660
Variazione prezzo= -0,01
Variazione assoluta a seguito della variazione dei prezzi = - 28668 (questa è la variazione in ipotesi
di CF costanti) (-422*67660/100)
Quindi se non cambiano i CF vuol dire che la variazione del reddito operativo corrisponde alla
variazione del MDC quindi= 28668
Ma in realtà il MDC a seguito di una riduzione dei prezzi è di 10.569.723, che è dato da il MDC di
partenza (del risultato finale) – la Variazione assoluta a seguito della variazione dei prezzi
A questo punto MDC che per effetto della riduzione dei prezzi/ Riduzione del ROCG che ho per
effetto della diminuzione die prezzi ottengo la quantità necessaria in % che mi serve per
compensare questa diminuzione del prezzo che in questo caso è il 3% à 28668/10-569.723
COME SI ORIENTA LA STRATEGIA COMPETITIVA AL MIGLIORAMENTO DEI RISULTATI ECONOMICI
L'orientamento della strategia competitiva al miglioramento dei risultati economici presuppone
una serie di decisioni finalizzate ad assicurare e a difendere il vantaggio competitivo punto è
necessario approfondire le decisioni di prezzo di vendite di ambito competitivo che sono collegate
tra loro. I passi da compiere a questo scopo sono 2:
1. evidenziare il valore della leva operativa espressa in termini relativi, ovvero in
rapporto alla leva del prezzo. L'obiettivo di questo passo consiste nel definire la
potenza della leva della quantità venduta mediante il riferimento a un parametro
indipendente dal risultato operativo iniziale
2. studiare il rapporto di interdipendenza che si osserva tra l'intervento sulla leva del
prezzo e la leva operativa punto un modo per evidenziare questo rapporto consiste
nel definire quale sia il massimo livello di variazione della quantità che renda
comunque conveniente un aumento del prezzo di vendita, oppure nell'ipotesi in cui
il prezzo di vendita sia destinato a una riduzione, quale sia il livello minimo di
aumento della quantità che renda conveniente la riduzione del prezzo.
Il valore della leva operativa espressa in termini relativi è illustrata nella tabella che
confronta 10 diverse strutture di conto economico caratterizzate da rapporti tra leva
operativa e leva del prezzo differenti.
100
Dalla tabella si può vedere come la leva operativa non dipende soltanto dalla struttura dei
costi ma soprattutto dalla distanza dell'azienda dal punto di pareggio.
- Il caso 10 si riferisce alla compagnia aerea che considera gli effetti derivanti dalla variazione
del numero di passeggeri una volta definita la programmazione cioè una volta definito il
numero di voli. In questo caso i costi variabili si riducono ulteriormente dal momento che i
costi diretti del volo non dipendono dal numero di passeggeri in modo significativo e quindi
il rapporto tra la leva operativa e la leva del prezzo sfiora l'unità. Questa è la ragione per
cui le compagnie aeree sono molto disponibili alla riduzione dei prezzi soprattutto nei casi
in cui hanno già definito la programmazione dei voli.
-
I casi 8 e 7 presentano due strutture di costo simili a quelle della compagnia aerea per certi
aspetti, con livelli di costi variabili crescenti: si tratta delle aziende alberghiere dell'azienda
di ristorazione caratterizzate da un margine di contribuzione elevato rispetto al fatturato.
-
I casi 6 e 5 illustrano due diverse ipotesi di conto economico per un'azienda che affitta e
distribuisce acqua in contenitori per uffici case collettività. Questi due casi vengono
presentati insieme per illustrare come il rapporto tra la leva operativa la leva del prezzo sia
comunque significativo anche nel caso in cui l'azienda sia in perdita e quindi abbia tutti i
valori delle leve negativi. Raddoppiando le quantità vendute, quindi passando dal caso 5 al
caso 6, l'azienda supera il punto di pareggio, le leve diventano positive ma il rapporto tra la
leva operativa e la leva del prezzo rimane alterato.
-
I casi 3 e 4 identificano invece i ricavi e costi annuali rilevanti per la realizzazione e il
mantenimento di collegamenti di abitazioni private alla rete per la trasmissione dei dati: si
osserva come il rapporto tra la leva operativa e la leva del prezzo aumenta in maniera
significativa passando dal collegamento ADSL, che si serve della rete di terzi, al
collegamento in fibra, che si serve di una rete propria.
101
-
Il caso 2 identifica una tipica impresa industriale che opera nel settore alimentare e ha un
rapporto tra leva operative e leva del prezzo pari a 0,5.
In sintesi, nei 10 casi è possibile osservare diversi contesti decisionali, dove a fronte di
diverse strutture dei costi, si apprezzano diverse sensibilità del risultato economico alle
variazioni delle quantità vendute. L' indicatore che consente di apprezzare questa sensibilità
è il rapporto tra leva operativa e leva del prezzo e tale rapporto coincide con il valore
del margine di contribuzione espresso in percentuale del fatturato, un indicatore che ha
il vantaggio di essere universalmente conosciute più facile calcolarsi.
Le considerazioni esposte finora prescindono dal rapporto di interdipendenza tra gli
effetti prodotti dalla leva del prezzo e quelli derivanti dalla leva operativa. Il quesito
che consente di introdurre questo problema è il seguente: data una certa variazione di
prezzo qual è la variazione della quantità venduta minima o massima che può compensare
gli effetti della variazione di prezzo sul risultato aziendale?
Si consideri l'esempio relativo all'azienda Delta che produce filati in lana di alta qualità che
valuta l'ipotesi di aumentare di un punto percentuale il prezzo di vendita. Il problema che
deve affrontare questa azienda è il seguente: qual è il massimo livello di riduzione della
quantità che l'azienda può sopportare senza ridurre il risultato operativo rispetto alla
situazione iniziale?
Innanzitutto, possiamo osservare il valore della leva operativa che esprime la sensibilità del
risultato alle variazioni delle quantità vendute, però occorre tenere conto del fatto che una
volta modificato il prezzo di vendita, il valore della leva operativa è destinato a cambiare rispetto
alla situazione di partenza. Per lo svolgimento dell'analisi, quindi, occorre partire dal valore della
leva operativa che si registra nella situazione intermedia ovvero dopo la variazione di prezzo e non
dal valore della leva operativa che si osserva nella situazione iniziale.
102
Nella tabella ci sono alcuni elementi fondamentali:
- i valori della leva del prezzo e di quello operativa variano dalla situazione iniziale a quella
intermedia
- i valori delle leve della situazione iniziale sono quelli che determinano il passaggio dalla
situazione iniziale alla situazione intermedia, mentre i valori delle leve della situazione intermedia
sono quelli che determinano il passaggio dalla situazione intermedia a quella finale
- in ognuno dei due passaggi si osserva il funzionamento di' soltanto una leva: in particolare nel
primo passaggio si osserva il funzionamento della leva del prezzo mentre nel secondo passaggio si
osserva il funzionamento della leva operativa
- nella realtà le due leve intervengono congiuntamente e non sequenzialmente. Tuttavia, il fatto
che le quantità si modificano insieme al prezzo di vendita costringe a considerare l'effetto della
variazione delle quantità in base la struttura di conto economico modificata cioè quella
caratterizzata dal prezzo maggiore e non in base la struttura di conto economico iniziale cioè
quella caratterizzata dal prezzo iniziale
- nella situazione intermedia può apparire a prima vista strano il fatto che il valore della leva
operativa risulti ridotto rispetto alla situazione iniziale: ciò dipende dal fatto che la leva operativa
esprime una misura di elasticità del risultato operativo, misura che si riduce all'aumentare del
risultato operativo di partenza punto puoi che il risultato operativo di partenza della situazione
intermedia è maggiore rispetto al risultato operativo di partenza della situazione iniziale la leva
operativa si è ridotta.
Nell'azienda Delta la riduzione della quantità massima sopportabile senza peggiorare il
risultato rispetto alla situazione iniziale può essere calcolata attraverso i seguenti passaggi:
-riduzione del risultato operativo ma si ma sopportabile senza determinare un peggioramento
della situazione iniziale
- risultato operativo di partenza rilevato nella situazione intermedia che costituisce la base per il
calcolo della variazione percentuale
- risultato no riduzione del reddito operativo massima sopportabile senza determinare un
peggioramento rispetto alla situazione iniziale questa variazione espressa in percentuale del
risultato di partenza rilevato nella situazione intermedia
- valore della leva operativa nella situazione intermedia
- riduzione percentuale della quantità massima sopportabile
103
RIPASSO LIA 10 MAGGIO
- verifica di veridicità e correttezza del bilancio: se l’az è sottoposta a revisione contabile il tema
della rappresentazione veritiera e corretta è tendenzialmente rispettato; all’interno dei OIC ci
sono dei margini di manovra per le aziende, quindi possono trattare in modo diverso lo stesso
fenomeno (un’azienda che va male tende a capitalizzare i costi, una che va bene tende a spesarli);
- riclassificazione di alcune voci di bilancio
- conoscenza della strategia: ad esempio un’azienda che investe molto perché sta facendo una
politica di internazionalizzazione e quindi ha una serie di costi che vanno in CE e riducono il suo
risultato, ma i benefici si vedono solo negli esercizi successivi (costi di set-up) e questo può portare
all’aggiustamento di alcune voci come reddito operativo o ebitda (adjusted in nota integrativa);
- Calcolo indici: comparazione nel tempo (da t-5 a t+5) e nello spazio (rispetto ai competitors),
analisi sistematica di lettura e interpretazione.
CLASSIFICAZIONE DEGLI INDICI
(Ai fini dell’analisi strategica corporate e competitiva)
- indici di liquidità
- indici di solidità
- indici di redditività
- indici di sviluppo
INDICI DI LIQUIDITA’
• Indice di liquidità primaria/quoziente di liquidità = liquidità immediate e differite /
passività correnti
• Quoziente di disponibilità = attività correnti / passività correnti
(attività correnti: liquidità immediate + differite + magazzino)
• Capitale circolante netto = attività correnti - passività correnti
INDICI DI SOLIDITA’
• Grado di indebitamento = mezzi terzi / mezzi propri
• Indice di copertura delle immobilizzazioni = mezzi propri / totale attivo fisso
• Margine di struttura = mezzi propri / totale attivo fisso
Indice ibrido = PFN / ebitda : (covenant) nei contratti di finanziamento vengono messe
clausole che dicono ad es che il finanziamento viene mantenuto se tale rapporto non è
superiore a 5, e quindi le banche hanno diritto a chiedere rimborso. La misura ritenuta
fisiologica dalle banche è 3: in 3 anni l’az il flusso è in grado di rimborsare la PFN.
INDICI DI REDDITIVITA’
• ROI
• Tasso rotazione di investimenti
• ROS
• Costo dei mezzi propri = oneri finanziari / mezzi di terzi finananziari
• ROE (a livello corporate)
104
INDICI DI SVILUPPO
• tasso di rotazione dell’attivo
• Tasso di rotazione dei mezzi propri
• Tasso di variazione del fatturato
STRATEGIA E VALORE DELLE AZIONI, (Appendice C, capitolo 3)
C1 La misurazione delle performance fondata sul valore azionario
Il valore delle azioni è il valore attribuito ai risultati previsti sul lungo periodo per
l'azionista. Strategia e valore hanno in comune una cosa: si misurano entrambi sul lungo
periodo.
La strategia si apprezza sul lungo periodo perché è soltanto col tempo che si può capire
l'impatto del susseguirsi delle attività correnti e delle attività di setup sui risultati aziendali;
chi valuta la strategia limitandosi a considerare il posizionamento strategico ottenuto, rischia
di trascurare gli elementi che in futuro sono destinati a migliorare o a peggiorare tale
posizionamento e le ripercussioni sui risultati che derivano dal miglioramento dal
peggioramento.
Il valore azionario si misura sul lungo periodo perché nel momento in cui è calcolato esso
sintetizza in un numero solo i risultati che l'azienda è destinata a produrre in tutta la sua vita
futura; chi determina il valore guardando al breve periodo compie un errore di prospettiva e
da questo errore non scaturiscono sempre perdite per gli investitori che lo commette. Infatti
quando l'errore è commesso anche da altri investitori può capitare di realizzare guadagni
consistenti a chi opera in una logica di breve periodo. Naturalmente seguendo questa
prospettiva può anche capitare di perdere. Chi determina il valore guardando al lungo
periodo assume la prospettiva corretta, ma questo non è sufficiente per garantire che tutte le
sue decisioni di investimento conducano a risultati positivi. Infatti, i risultati delle singole
decisioni sono per loro natura esposti a una serie di elementi aleatori che possono generare
risultati negativi anche a seguito di processi decisionali perfezionatasi a regola d'arte.
Tuttavia, quando gli investimenti si ripetono nel tempo, ovvero nel lungo periodo, i risultati
di chi assume la prospettiva di lungo periodo hanno più probabilità di generare risultati
migliori rispetto a quelli di chi agisce con una logica speculativa di breve periodo.
La prospettiva di lungo periodo è quella che:
• pone in primo piano gli elementi fondamentali del valore dell'azienda, ovvero della
capacità sistematica di produrre risultati futuri per gli azionisti
•
non si basa sugli elementi che in un certo momento possono alterare in modo transitorio la
capacità sistematica di produrre risultati futuri per gli azionisti e la percezione di questa
capacità da parte degli investitori
I risultati di cui gli azionisti vanno in cerca sono i dividendi e l'aumento di valore delle
azioni. L'aumento di valore in un dato periodo a sua volta dipende dal miglioramento nelle
prospettive di produzione di dividendi maturate per il periodo successivo.
La produzione di dividendi per gli azionisti scaturisce dalla capacità di far sì che le singole unità di
business generino, al netto delle imposte e dei fabbisogni di investimento, flussi di cassa
105
disponibili o “free cash flow”, ovvero i flussi di cassa disponibili prima delle operazioni finanziarie:
- scaturiscono dalle attività correnti e dalle attività di setup dell'azienda, ovvero dal
posizionamento strategico e dal vettore di rinnovamento strategico
- dipendono da una serie di fattori riconducibili a due cose ovvero le variazioni di patrimonio netto
derivanti dalla gestione e le variazioni di capitale investito derivanti dalla gestione
La differenza positiva tra queste due variazioni esprime infatti i flussi di cassa disponibili prima
delle operazioni finanziarie.
- sono qualificati da una certa distribuzione nel tempo da una certa esposizione al
rischio, fattori che vengono considerati nella valutazione dei flussi di cassa con modalità
differenziate che variano da soggetto a soggetto ma che sempre si possono ricondurre al costo del
capitale privo di rischio, espressivo del compenso a fronte del valore finanziario del tempo e al
premio per il rischio che identifica il compenso per l'esposizione al rischio.
Questi tre punti sono gli ingredienti di tutte le valutazioni aziendali: il primo chiama in
causa la strategia aziendale, il secondo i risultati economico-finanziari che la strategia
aziendale è destinata a produrre e il terzo riguarda la tecnica di valutazione dei risultati
economico finanziari. Ognuno di questi punti presenta i suoi elementi di incertezza e le sue
difficoltà tecniche.
Il punto di vista delle difficoltà tecniche è il punto forte: è rappresentato dal premio per il
rischio dal momento che alcuni aspetti che incidono sul rischio dell' investitore sono ancora
ignoti.
Si può affermare quindi che il valore dell'azienda sia rappresentato dal valore attuale dei
risultati futuri che potrà assicurare agli azionisti nella forma di dividendi o di aumento del
valore delle azioni. La conversione dei risultati futuri in valori attuali presuppone che i
risultati previsti siano scontati per tenere conto del valore finanziario del tempo e del rischio
cui sono esposti.
In alcune formulazioni, la tecnica di determinazione del valore dei flussi di cassa scontati
non è applicata ai dividendi, ma ai flussi di cassa disponibili prima delle operazioni
finanziarie punto il risultato così ottenuto rappresenta il valore dell'azienda, il cosiddetto
Enterprise Value, ovvero il valore di tutti i diritti sull’azienda che fanno capo ai finanziatori
e agli azionisti.
Poiché il diritto dei finanziatori gode di un privilegio, il valore dei diritti
degli azionisti si ottiene in maniera residuale sottraendo al valore di tutti i diritti il valore dei
diritti di finanziatori:
VALORE DELLE AZIONI = VALORE DELL’AZIENDA – VALORE DEI DEBITI NETTI
Secondo il lessico anglosassone:
EQUITY VALUE = ENTERPRISE VALUE – NET DEBT
A partire dagli anni 90 l’aumento del numero di operazioni di cessione e di acquisizione di
azienda e i ripetuti aumenti di valore di molti titoli azionari hanno favorito la diffusione di
nuovi criteri di valutazione.
Alcuni di essi sono più semplici: tra questi uno dei più famosi è quello basato sui multipli
106
dell’EBITDA, ovvero utile prima degli interessi, delle imposte, degli ammortamenti sui beni
materiali e immateriali. Secondo questo metodo il valore dell’azienda si potrebbe ottenere
moltiplicando l’EBITDA per un certo fattore, ovvero “il moltiplicatore dell’EBITDA”.
Valore dell’azienda = EBITDA x moltiplicatore dell’EBITDA
Il valore delle azioni si ottiene quindi per differenza tra il valore dell'azienda così ottenuto e
il valore del debito secondo la formula precedenti.
Il metodo dei multipli non si riferisce solo all’EBITDA:
-
l'applicazione più antica è quella sintetizzata nel rapporto tra prezzo e utile per azione, il
cosiddetto “P/E” o Price/Earnings. Secondo questa applicazione il prezzo di un'azione si
potrebbe ottenere moltiplicando l'utile per il rapporto P/E
-
un'altra applicazione è quella relativa all’EBIT. Secondo questo metodo il valore
dell'azienda si potrebbe ottenere come multiplo dell'EBIT, ovvero l'utile prima degli
interessi e delle imposte.
Il valore delle azioni si otterrebbe quindi per differenza tra il valore dell'azienda così ottenuto e il
valore del debito.
Nello stesso periodo oltre al metodo di valutazione fondato sui multipli si è affermato in
diversi paesi del mondo il metodo basato sull’EVAtm: questo non è un metodo di
determinazione del valore, ma un metodo di determinazione della remunerazione assicurata
agli investitori e più esattamente della differenza tra la remunerazione assicurata gli
investitori e la remunerazione considerata soddisfacente per loro.
I limiti di questo metodo sono molteplici e si riconducono principalmente al fatto che esso è
ampiamente ancorato ai dati contabili. I vantaggi di questo metodo però sono notevoli, in
particolare:
• si basa su informazioni consultive e non su informazioni preventive
•
usa uno schema di riferimento nella valutazione dei risultati che è vicino per impostazione
lessico a quello diffuso in molte aziende. Secondo il metodo il valore economico aggiunto
assicurato agli azionisti e pari alla differenza tra il risultato operativo al netto delle imposte
e il costo del capitale impiegato dove il costo del capitale impiegato si ottiene
moltiplicando il costo medio ponderato del capitale per il valore del capitale investito
•
nel valutare le performance aziendali sviluppa un indicatore di performance coerente con
le principali determinanti del valore. Infatti, risultato operativo al netto delle imposte,
capitale investito e costo del capitale sono gli stessi elementi che entrano nel calcolo del
valore dell'azienda ottenuto mediante l'attualizzazione dei flussi di cassa scontati
•
si presta a rappresentare una base di riferimento stabile per la remunerazione del
management questo aspetto virgola in un contesto dove in criteri di remunerazione del
management cambiavano più spesso di quanto cambiassero i governi in Italia è tuttora
considerato uno dei principali vantaggi di questo metodo.
La tendenza da parte delle grandi multinazionali quotate in borsa a responsabilizzare il top
management sulla creazione di valore, ha acceso l'attenzione del top management nei
107
confronti di questi criteri di determinazione delle performance. Quindi, la diffusione di
sistemi di incentivi capaci di generare cospicui vantaggi personali per il top management al
manifestarsi dell’aumento del valore delle azioni (ad esempio alcuni piani di stock option),
ha alimentato la fiamma.
I piani di stock option hanno l'obiettivo di far sì che un certo aumento del valore delle azioni
si rifletta sul valore degli incentivi riconosciuti al top management in misura
percentualmente superiore e hanno l'obiettivo di far sì che riduzioni del valore delle azioni
si riverberino anche se in misura più che proporzionale sul valore degli incentivi concessi ai
top manager. Ciò ha prodotto allo stesso tempo conseguenze positive e conseguenze
negative.
Tra le tra le conseguenze positive vi sono:
•
maggiore consapevolezza delle determinanti del valore da parte del management e
soprattutto una maggiore attenzione nell’impiego del capitale investito nella politica degli
investimenti in immobilizzazioni e in capitale circolante
•
in alcuni casi la diffusione di politiche di incentivazione coerenti con gli obiettivi di
creazione di valore
Tra le conseguenze negative vi sono:
•
in alcuni casi la tendenza a spingere oltre misura l'esposizione al rischio finanziario nel
tentativo di aumentare le performance per gli azionisti e di rendere accessibile
l'investimento anche a soggetti esterni o a componenti del team di management dotati di
risorse finanziarie limitate. Infatti, questa è stata spesso una condizione necessaria per la
realizzazione delle acquisizioni avvenute con le cosiddette formule del “leverage by out” o
del “management by out”. Chiaramente gli stessi elevati livelli di indebitamento che hanno
permesso in alcuni casi di ottenere aumenti di valore eccezionale per gli azionisti sono stati
in altri casi all'origine del default e della perdita di numerosi posti di lavoro
•
in numerosi casi, la tendenza a gestire l'azienda con una logica di breve periodo ovvero la
deviazione della strategia aziendale dal suo alveo naturale, in direzione di tracciati
finalizzati a produrre miglioramenti immediati nelle principali determinanti di valore.
Anche in questi casi non sempre il miglioramento immediato delle determinanti del valore
si è rilevato possibile; nelle circostanze peggiori alcuni team di management hanno reagito
alle difficoltà gestionali forzando le opportunità di produzione dei risultati e abbracciando
politiche di breve periodo se non azioni illegali incluse le frodi contabili.
C2 Le differenze tra la misurazione delle performance fondate sul valore azionario e le
misurazioni fondate sui dati contabili
Rispetto ai criteri di valutazione delle performance basati sulla redditività, i criteri fondati
sul valore si differenziano per alcuni aspetti fondamentali:
- valutano le performance in base ai dati di mercato e non ai dati contabili
- presuppongono una valutazione del rischio più accurata di quella usualmente implicita
nelle valutazioni di redditività fondate sui dati contabili
108
-
favoriscono una valutazione delle performance non limitata alla prospettiva dell'azienda,
ma estesa anche al punto di vista dell'azionista comportano difficoltà tecniche maggiori
Dati di mercato e dati contabili
Il ricorso ai dati di mercato in sostituzione di quelli contabili comporta alcune conseguenze.
Ad esempio un ROE trimestrale superiore all' 11% e nello stesso tempo una perdita di
valore per l'azionista del 23%: come si conciliano le due cose? E quale dei due dati è più
utile per valutare la strategia aziendale?
Per rispondere alla prima domanda diciamo che le due cose sono tra loro compatibili perché
esprimono due diversi due fatti diversi e relativamente indipendenti tra loro. Il ROE indica
il rapporto tra il risultato netto e il valore del patrimonio netto, cioè tra due misure contabili
relative a qualcosa che ha a che fare soprattutto con le performance registrate in passato.
Il secondo dato, il rendimento per l'azionista, indica invece l'effetto della variazione delle
aspettative degli azionisti sui risultati futuri dell'azienda. L'elemento più importante che può
spiegare una riduzione del valore del 23% scaturisce dal fatto che gli azionisti hanno
modificato le loro aspettative sui risultati futuri.
I due fatti sono relativamente indipendenti tra loro dal momento che le aspettative sul futuro
non dipendono se non in parte dai risultati consuntivi. Questi possono avere alcune
conseguenze soprattutto qualora risultino diversi rispetto alle aspettative. Ma l'andamento
delle quotazioni di borsa è legato soprattutto all' aggiustamento delle stime sui risultati
futuri virgola che dipendono a volte da informazioni indipendenti da dati consuntivi.
La risposta alla seconda domanda è più difficile perché presuppone che sia definito
innanzitutto lo scopo per il quale la strategia è valutata, in particolare gli scopi principali che
possono essere presi in considerazione sono due:
1. comprendere o prevedere l'impatto che la strategia ha avuto o potrà avere sull’andamento
delle azioni
2. giudicare le performance che l'azienda raggiunge nel suo settore di appartenenza
1. se la strategia è valutata al fine di comprendere e di prevedere l'impatto che ha avuto
e che potrà avere anche nel lungo periodo sull’andamento delle azioni, il problema
fondamentale consiste nel capire se e in che misura le attività aziendali correnti e di
setup siano state o siano destinate ad essere capaci di battere le aspettative delle
azionisti; in questo caso l'indicatore di performance corretto è l'andamento
dell'azione, che può avere una performance molto diversa e a prima vista non
immediatamente compatibile con la redditività contabile
2. se la strategia è valutata invece al fine di giudicare le performance che l'azienda
raggiunge nel suo settore di appartenenza, allora il punto di partenza è rappresentato
dai flussi di cassa prima delle operazioni finanziarie che è in grado di generare nel
tempo e dal rapporto tra questi flussi di cassa e gli investimenti effettuati in passato
in immobilizzazioni e in capitale circolante. Il rapporto tra questi flussi di cassa e gli
investimenti effettuati in passato in immobilizzazioni capitale circolante ha il
significato di commisurare il flusso di cassa ottenuto al valore degli esborsi iniziali
109
che ne hanno reso possibile la produzione. Quindi anche se esso non rappresenta un
metodo di valutazione perfetto dal punto di vista formale, il metodo del tasso interno
di rendimento applicato “cash on cash”, ovvero con misurando il flusso di cassa
ottenuto dall’esborso di cassa iniziale, è forse il metodo più usato nella valutazione
delle performance dei fondi di private equity ai fini della valutazione delle
performance necessarie per assicurare l'azienda che gestisce il fondo il
riconoscimento delle commissioni sul capital gain.
L'analisi dei flussi di cassa prima delle operazioni finanziarie può essere approfondita
sviluppando lo studio delle determinanti dei flussi di cassa secondo uno schema simile a
quello delle determinanti del reddito operativo. Possono sembrare due percorsi
completamente diversi in realtà sono molto meno lontani di quanto si possa immaginare.
Ad esempio, pensiamo agli analisti finanziari che esprimono le diverse raccomandazioni sulle
azioni:
-
la raccomandazione di comprare l'azione che presuppone che il titolo sia sottovalutato
-
la raccomandazione di mantenere l'azione che presuppone che il titolo sia valutato in
modo corretto
-
la raccomandazione di vendere l'azione che presuppone che il titolo sia sopravvalutato
Queste tre raccomandazioni si basano sempre su un’analisi delle determinanti del valore
inteso in senso oggettivo, ovvero sulla valutazione della capacità dell'azienda di generare
flussi di cassa prima delle operazioni finanziarie e di conseguenza dividendi per gli azionisti.
E se contengono una distorsione rispetto alla valutazione delle determinanti dei flussi di
cassa di lungo termine dell'azienda e tale distorsione deriva dal fatto che se sono finalizzate
soprattutto ad anticipare le variazioni del titolo che deriveranno dal comportamento corale
degli altri operatori.
La presunzione che il titolo sia destinato a scendere genera la vendita del titolo, che si riflette in un
calo reale dell'azione, il quale a sua volta promuove una presunzione ancora più estesa di
sopravvalutazione e un calo ulteriore dell'azione. Sono queste le conseguenze dell’utilizzo della
prospettiva di breve periodo negli obiettivi di rendimento azionario.
L'andamento delle azioni si fonda soprattutto sulle prospettive di medio lungo termine delle
aziende, ma sul mercato operano tutti: vi sono gli investitori di lungo periodo che comprano
un’azione aspettano anni prima di giudicare la qualità del proprio investimento e vi sono gli
speculatori di breve periodo che acquistano per rivendere entro un periodo breve.
Sono proprio gli speculatori a determinare il valore delle azioni nel breve termine, sono loro
che formano le profezie e che ne accelerano la realizzazione e sono loro che costringono gli
amministratori delegati di alcune grandi aziende quotate ad ammettere che essi spesso non
sono in grado di capire perché il titolo sia calato o se aumentato.
Gli speculatori innestano sugli obiettivi di rendimento delle azioni una prospettiva di breve
periodo, ovvero il proposito di ottenere vantaggi grazie alla capacità di reagire in modo più veloce
degli altri alimenti che giustificano una variazione delle aspettative.
110
E’ come se l'andamento del valore dell'azione risentisse di due componenti diverse:
-
una componente principale legata alla capacità di produrre flussi di cassa per gli azionisti
nella forma di dividendi. Questa componente è la componente di medio lungo periodo
-
una componente secondaria legata al tentativo di anticipare la formazione delle
aspettative degli altri. Questa componente appare a prima vista come una componente di
breve periodo; in realtà ha una proiezione naturale di medio lungo periodo per due ragioni:
innanzitutto, perchè anche se la singola accellerazione speculativa può essere intesa come
un fenomeno transitorio, l’innesto della prospettiva di breve periodo è un fenomeno
permanente. Il fenomeno di distorsione è qundi, un fattore transitorio se si considera la
singola deviazione dai fondamentali del valore di lungo periodo, ma permanente se si
considera il fatto che le deviazioni si ripetono continuamente. In secondo luogo, perché i
segnali in ragione dei quali gli speculatori cercano di aggiustare le proprie valutazioni prima
degli altri sono segnali che interessano soprattutto la capacità di produrre cassa nel lungo
periodo.
Quindi cosa dovrebbe fare il top management?
Dovrebbe rassegnarsi all'esistenza della componente secondaria e concentrarsi su quella
principale: dedicarsi soprattutto a migliorare la strategia dell'azienda e la sua capacità di
produrre flussi di cassa nel medio lungo termine e concentrare la propria politica di
comunicazione di vendita dell’azione nei confronti dei soggetti che si riconoscono
nell’approccio di medio lungo termine e non nell’approccio speculativo.
Valutazione del rischio
La valutazione del rischio è un altro degli elementi che distingue la misurazione delle
performance fondata sul valore delle analisi di redditività. Sebbene le analisi di redditività
presuppongano la considerazione del costo opportunità del capitale e quindi del premio per
il rischio, il fatto che se siano legate ai dati contabili rende spesso difficile la misurazione
accurata del costo opportunità.
La tecnica di misurazione del valore considera il premio per il rischio una delle variabili
fondamentali se non l'elemento più importante. Malgrado oggi non vi siano ancora elementi
degni di essere presi in considerazione ai fini della valutazione del rischio non sistematico, o
rischio specifico, la tecnica di misurazione del valore e sotto questo profilo più vicina alla
metrica con la quale le azionisti valutano le proprie performance nella prospettiva di medio
lungo termine.
Prospettiva dell'azienda e prospettiva dell'azionista
Un'altra caratteristica che qualifica la misurazione delle performance fondata sul valore è il
fatto che essa compone la prospettiva dell’azienda e la prospettiva dell'azionista.
Le valutazioni di redditività sono spesso orientate a determinare le performance dell'azienda
a prescindere dalla considerazione riguardo a come l'azionista sarà in grado di ottenere un
beneficio diretto. Ad esempio, pensiamo a un'azienda che produce un elevato livello di
redditività a fronte di continue esigenze di reinvestimento degli utili che inibiscono la
capacità di produrre dividendi: in questo caso nelle valutazioni di redditività i limiti che essa
presenta nella capacità di distribuire dividendi appaiono a priori non rilevanti.
111
Invece in sede di analisi del valore per l'azionista, esse non potrebbero essere trascurate. Inoltre,
nei primi anni 2000 la diffusione della tecnica di determinazione del valore fondata sull’ebitda
ha fatto sì che questa misura di performance ottenesse un successo senza precedenti.
Molti imprenditori sono legati a questo indicatore perché esso determina nello stesso tempo il
valore dell'azienda e il valore dell'azionista, che dell'azienda rappresenta l'ultimo
beneficiario, quello che riceve il compenso soltanto dopo che siano stati soddisfatti tutti gli
altri e quindi sopporta il rischio maggiore.
Difficoltà tecniche
La misurazione del valore è esposta a significative difficoltà tecniche; la più importante è
stata già segnalata in precedenza quando si è discusso dell’impossibilità di misurare il
rischio specifico, ma non è l'unico problema. per i non specialisti della finanza il calcolo e la
comprensione dei flussi di cassa sono più difficili del calcolo della comprensione della
redditività. L'analisi dei preventivi è più esposta margine di aleatorietà rispetto all' analisi
dei consuntivi. Anche se si ignora il problema del rischio non sistematico, il costo del
capitale rimane comunque uno dei problemi più complessi soprattutto per le aziende non
quotate. Altri problemi sono:
- la valutazione dell'impatto del debito sul valore delle azioni
-
l'effetto delle imposte personali, dal quale non si può prescindere quando si cerca di
perfezionare il passaggio dalla prospettiva dell'azienda alla prospettiva che compone i
punti di vista dell'azienda e dell'azionista.
Questo vale per quanto riguarda i metodi di valutazione fondati sull’attualizzazione dei
flussi di cassa.
I metodi di valutazione fondati sull’EBITDA a prima vista sono più semplici di quelli
fondati sul valore delle azioni: questo è vero soltanto a prima vista. Dall'analisi ci si accorge
infatti che in realtà tali metodi sono più complessi dal momento che la determinazione del
moltiplicatore riassume in un solo passaggio logico tutti quei problemi che il metodo dei
multipli sembra a girare.
Si tratta quindi di una semplicità solo apparente, anche se lasemplicità apparente è una cosa
importante. Infatti una volta che un parametro di performance considerato semplice e
determinante per la valutazione delle aziende e degli interessi dell'azionista diventa parte del
linguaggio comune, esso finisce non solo per incidere sulle decisioni aziendali e sulle scelte di
investimento individuali. Non solo, l’EBITDA è anche un parametro di performance vicino al lessico
tradizionale del bilancio, dell’analisi di redditività; inoltre questo indicatore gode di una condizione
non comune alle altre misure di performance, quella di essere una “non GAAP misur”, ovvero una
misura di performance che non fa parte dei principi contabili generalmente accettati.
C3 La misurazione delle performance fondata sul valore azionario nello sviluppo della
strategia
Una volta effettuata l'analisi degli aspetti tecnici alla base della misurazione delle
performance dobbiamo capire che cosa c'è di buono in tutto questo e soprattutto come è
possibile far sì che l'impiego del valore azionario permetta di migliorare lo sviluppo della
strategia.
112
In conclusione possiamo dire che:
- i dati contabili non sono sufficienti per valutare in modo corretto le decisioni EI risultati
aziendali
-
i dati fondati sul valore azionario sono uno strumento migliore
-
i dati fondati sul valore azionario sono nello stesso tempo esposti a numerose applicazioni
patologiche, anche perché gli interessi di arricchimento personale entrano spesso in
conflitto con gli interessi di sviluppo aziendale nel medio lungo termine
-
è un problema antico: sono passati + di 80 anni da quando è stta denunciata per la prima
volta la necessità di prendere coscienza degli effetti derivanti dalla separazione tra
proprietà e management e dal conflitto di interessi che ne può scaturire
Prendere solo la componente buona del criterio del valore azionario non è una cosa facile.
Riuscire ad allineare gli interessi della proprietà e il comportamento del management non è
cosa da poco anche perché se gli interessi della proprietà sono quelli di lungo periodo, il
loro soddisfacimento presuppone che tutti gli altri interessi siano stati anch'essi soddisfatti.
Infatti, è impossibile aumentare il valore delle azioni nel medio lungo periodo senza ottenere allo
stesso tempo la soddisfazione e il consenso dei clienti dei dipendenti dei fornitori e di tutti gli altri
soggetti principali coinvolti nell’attività aziendale.
Ma come si può assicurare che il criterio del valore azionario attecchisca con una
prospettiva di medio lungo periodo?
La risposta è soprattutto nelle persone e nelle regole su cui si fa affidamento: sono due
elementi che si condizionano a vicenda dal momento che le regole sono fatte dalle persone e
che le persone devono sottostare alle regole.
Un'azienda che desidera orientarsi alla produzione di valore in una logica di medio lungo periodo
deve dotarsi di persone che non si lasciano sedurre dall’idea di realizzare guadagni facili,
sfruttando le speculazioni.
Ma le persone non bastano. In aziende strutturate dove molta parte delle decisioni è decentrata
all'amministratore delegato e agli organi che da lui dipendono, occorrono anche regole che
incoraggiano le persone a comportarsi a decidere con una prospettiva di medio lungo
periodo.
Inoltre se la strategia dell'azienda è fatta allo stesso tempo di posizionamento e di rinnovamento
strategico di attività correnti e di attività di setup, le regole per il buon funzionamento del criterio
del valore dovrebbero assicurare che esso sia applicato in modo tale da incentivare chi decide di
guardare ad entrambe le cose impedendo, ad esempio, politiche di spremitura finalizzate alla
massimizzazione dei risultati correnti a scapito dei risultati futuri, oppure politiche di investimento
eccessivamente rischiose, le cosiddette “can-non bull strategy”.
Inoltre, se la strategia aziendale è valutata anche in base alle informazioni che chi la promuove è in
grado di sistematizzare trasmettere all'esterno, l'orientamento al valore presuppone anche una
politica di comunicazione in grado di limitare i problemi di percezione distorta del valore da parte
degli investitori o dei potenziali compratori.
113
A questo scopo è necessario che chi gestisce l'azienda diffonda all'esterno le informazioni
necessarie per comprendere la strategia aziendale e l'impatto che essa è destinata ad avere sui
risultati nel medio lungo periodo; inoltre è necessario che chi valuta sia in grado di restringere le
aree di rischio di incertezza al minimo indispensabile e non debba applicare in sede di valutazione
una sorta di sconto che deriva dalla scarsa qualità delle informazioni disponibili.
C4 La misurazione delle performance fondata sul valore azionario nel panorama degli
indicatori di performance economico-finanziari
Gli indicatori di performance economico finanziari possono essere ridotti a quattro punti
cardinali.
Il primo punto cardinale è rappresentato dallo stato patrimoniale che ha un ruolo
fondamentale in quanto:
- è la base per l'accertamento del reddito e del flusso di cassa
- ha un notevole impatto sul valore dell'azienda
- è un punto di riferimento dal quale non si può prescindere se si vuole sviluppare un
sistema di incentivi per il management che sia coerente con gli interessi dell'azienda.
La rappresentazione dello Stato patrimoniale può essere sintetizzata in base a tre variabili:
1. il capitale investito
2. debiti finanziari netti
3. patrimonio netto
Il secondo punto cardinale è rappresentato dal conto economico: esso rappresenta spesso
l'unico punto di riferimento nella responsabilizzazione del management, anche perché è più
facile suddividerlo per aree di risultato corrispondente a singoli business e a diversi prodotti,
aree geografiche eccetera. Esso ha un legame diretto con lo stato patrimoniale e con i flussi
di cassa.
Il legame con lo stato patrimoniale scaturisce dal fatto che, in assenza di interventi degli
azionisti e di operazioni di rivalutazione, il risultato del conto economico esprime la
variazione di patrimonio netto per effetto della gestione in un certo periodo di tempo.
Il legame con il flusso di cassa deriva invece dal fatto che, in assenza di interventi degli
azionisti, il risultato economico e la variazione del capitale investito determinano la
variazione della posizione finanziaria netta, data dalla differenza tra risultato economico e
variazione del capitale investito.
Il terzo punto cardinale è rappresentato dai flussi di cassa: dipendono innanzitutto dai
risultati economici e dalle variazioni del capitale investito. La variazione della posizione
finanziaria netta è certamente il risultato più importante nell’analisi dei flussi di cassa, in
quanto mette insieme i due primi risultati parziali del rendiconto finanziario costruito
secondo i principi contabili internazionali (US GAAP e IFRS), ovvero:
-
Il flusso di cassa della gestione corrente
il flusso di cassa derivante da investimenti e disinvestimenti
114
Si tratta dei flussi di cassa riconducibili ai business integrati dagli oneri finanziari netti ed
agli effetti fiscali. L'importanza dei flussi di cassa è dovuta a numerose circostanze:
innanzitutto il fatto che il loro andamento può condizionare la sopravvivenza stessa
dell'azienda, inoltre i flussi di cassa incidono:
-
sui risultati economici, che risentono della capacità dell'azienda di pagare regolarmente i
fornitori, di concedere il credito alla clientela, di assicurare il regolare movimento delle
rimanenze e i necessari investimenti in immobilizzazioni
-
sul valore dell’azienda che conserva un legame con la produzione all’assorbimento di
liquidità e con le conseguenti variazioni dei debiti finanziari netti
Il quarto punto cardinale è il valore delle azioni e per alcuni aspetti è l’indicatore di
performance più importante: esso dipende dallo stato patrimoniale, dal reddito e dai flussi di
cassa. Esso risente anche della valutazione del rischio e del valore finanziario del tempo
durante il quale l'investitore prevede di ottenere benefici futuri per il suo capitale. Ma il
primato di questo criterio deriva soprattutto dal fatto che il valore delle azioni e la
performance che compone gli interessi dell'azienda e quelli degli azionisti, ovvero dei
soggetti che all'azienda hanno dato vita accettando il rischio maggiore.
115
CASO PAZZA IDEA
Prima di analizzare le determinanti del ROCG per i due periodi presi in esame possiamo fare
un’analisi per indici:
DETERMINANTI DEL ROCG PER L’AZIENDA DAL 96 AL 99
ANALISI DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE 1996-1999
3. Prezzi-ricavo (Prezzo unitario) ITALIA à Esso è aumentato dal 1996-1998, ciò è
dovuto alla strategia di differenziazione adottata dall’azienda i clienti infatti le
riconoscono un premium price.
Nel 1999 il prezzo è sceso ciò è dovuto al fatto che i competitor sono stati attratti
dal mercato in cui opera Pazza idea adottando una strategia di prezzo ciò ha
impedito all’azienda di mantenere i prezzi al livello precedente.
4. Prezzi-ricavo ESTERO à i prezzi sono aumentati dal 1996 al 1997, dal 1998 essi
sono diminuiti ciò è dovuto al fatto che l’azienda dopo aver affermato la sua
posizione nel mercato Italiano ha rivolto le proprie energie a quello estero
tendando però di essere più competitiva
5. Costi Variabili à essi dipendono da:
- Prezzi-Costo: i costi medi di acquisto delle materie prime sono diminuiti, ciò è
dovuto al crescente potere contrattuale dell’azienda che le fa ottenere maggiori
sconti.
- Rendimenti: L’efficienza di impiego dei fattori produttivi variabili è diminuita dal
1996 al 1998 anche se ha avuto una leggera ripresa nel 1999, ciò è dovuto ad
un’errata programmazione dell’attività di produzione.
Nel complesso però la diminuzione del costo di acquisto delle materie prime ha più che bilanciato
la diminuzione di efficienza produttiva provocando nel complesso una diminuzione dei costi
variabili soprattutto nel 99.
6. Mix a volume à Rimane costante nel tempo
7. Margine di contribuzione medio Italia/estero à tale margine è aumentato sia in
Italia che all’estero
116
8. Volumi di produzione vendita à dipendono:
- Giro di affari di mercato: tale giro ha avuto un grande ampliamento infatti il tasso
di crescita della domanda per i filati di fantasia è fortemente cresciuto
- Quota di mercato: Pazzaidea azienda leader della fascia alta del mercato
- Capacità produttiva: era inferiore rispetto alla domanda, nonostante ciò dallo SP si
evince che gli investimenti in immobilizzazioni sono aumentati.
I volumi di vendita fatta eccezione per alcune oscillazioni, negli anni sono lievemente aumentati
9. Margine di contribuzione complessivo à è aumentato in valore assoluto dal 96 al
99
ANALISI DEI COSTI FISSI DAL 1996-1999
COSTI DI
STRUTTURA
COSTI DI
POLITICA
• STRUTTURA
ORGANIZZATIVA:
• COSTI DI PUBBLICITÀ:
• SAGGI RETRIBUTIVI
MEDI: sono aumentati.
• COSTI FISSI DI
PRODUZIONE:
• COSTI DI R&S :
è aumentata per far
fronte alla crescente
domanda, infatti
l’azienda è passata da
pochi dipendenti nel
1996 a 56 nel 1999.
Sono aumentati.
• SPESE GENERALI ED
AMMINISTRATIVE:
Sono aumentate a causa
dell’ampliamento della
struttura organica.
sono aumentati infatti
l’azienda voleva acquisire
sempre più notorietà nel
mercato estero e
pubblicizzare i nuovi
articoli che ogni anno
metteva in vendita.
Anch’essi sono
aumentati, Pazzaidea
infatti persegue una
strategia di
differenziazione e il suo
fine è quello di ottenere
prodotti di qualità
superiore rispetto ai
competitor utilizzando
un discreto numero di
nuovi filati.
AMMORTAMENTI
Gli ammortamenti
sono aumentati, il
loro aumento è
dovuto agli ingenti
investimenti in
immobilizzazioni
tecniche il cui
ammontare è
raddoppiato nel giro
di 3 anni.
La strategia implementata dall’azienda dal 1996-1999 è una strategia di differenziazione, ciò
implica che a parità dei volumi di vendita i clienti riconoscano all’azienda un premium price.
Da questo discende che il margine di contribuzione, dato dalla differenza tra i ricavi ed i costi
variabili, aumenti.
117
Per supportare ed implementare efficacemente una strategia di differenziazione è necessario che i
clienti percepiscano il valore del prodotto e per fare questo sono richiesti ingenti costi fissi di
politica (=marketing).
Inoltre per soddisfare la domanda crescente l’azienda ha dovuto anche investire costi fissi di
struttura.
Dall’analisi svolta si può evincere come gli extra costi non siano tali da erodere il premium price,
per questo la redditività operativa dell’azienda è aumentata.
AUMENTANO
DIMINUISCONO
AUMENTANO
AUMENTANO
AUMENTANO
ANALISI DELLE DETERMINANTI DEL ROCG DAL 2000-2001
ANALISI DEL MDC 2000-2001
1. Prezzi-ricavo à Dal 1999 il prezzo è sceso ciò è dovuto al fatto che nuovi competitor sono
stati attratti dal mercato in cui opera Pazzaidea e ciò ha spinto l’azienda a ridurre il prezzo
per provare a combattere la concorrenza, inoltre essa ha tentato di differenziare la sua
offerta offrendo anche prodotti più competitivi sia in Italia che all’estero
2. Costi variabili à Essi dipendo da:
-
Prezzo costo i costi à il costo medio di acquisto delle materie prime è diminuito nel
2001 ciò è dovuto anche al fatto che Pazzaidea ha iniziato ad acquistare materiali
più competitivi.
-
Rendimenti à L’efficienza di impiego è rimasta tendenzialmente costante negli anni
Da ciò discende che i costi variabili hanno subito una leggera diminuzione nel corso del tempo
118
1. Mix a volume à Il mix a volume si è spostato sul mercato Italiano, infatti il la percentuale
del fatturato che proveniva dal mercato italiano stava man mano crescendo
2. Margine di contribuzione medio Italia/ Estero à A causa della forte diminuzione del
prezzo e della bassa diminuzione dei costi variabili, il margine di contribuzione in Italia e
all’estero ha subito una forte diminuzione.
3. Volumi di produzione venduta à I volumi di produzione venduta dipendono da molteplici
fattori:
-
Giro d’affari del mercato à in generale il mercato dei filati in questi anni
stava subendo un periodo di crisi, anche se il segmento dei filati di fantasia
dove opera Pazzaidea rimaneva quello più ricco e meno toccato dalla crisi
-
Quota di mercato à In questi anni molti competitor hanno tentato di
invadere il segmento di mercato di Pazzaidea nonostante ciò essa è riuscita
a mantenere una buona quota di mercato pari al 75%
-
Grado di utilizzo della capacità produttiva à Essa è diminuita infatti in
questi anni la percentuale di ordini in ritardo è aumentate
significativamente ciò è dovuto alla formazione dei «colli di bottiglia»
all’interno dell’attività produttiva causata anche dall’assenza della
programmazione operativa ed al fatto che l’ufficio commerciale per effetto
dell’aumento della concorrenza prometteva una riduzione dei termini di
consegna. Da ciò si evince lo scarso coordinamento tra attività commerciale
e produttiva.
I volumi di vendita fatta eccezione per una diminuzione forte nel 2000 rimangono
tendenzialmente costanti.
4. Margine di contribuzione complessivo à E’ diminuito fortemente
119
ANALISI DEI COSTI FISSI 2000-2001
COSTI DI
STRUTTURA
• STRUTTURA
ORGANIZZATIVA:
E’ leggermente
aumentata, si passa da
56 dipendenti nel 99 a 58
nel 2001.
• SAGGI RETRIBUTIVI
MEDI: Essi sono
aumentati, ciò in parte è
dovuto al fatto che la
maggior parte dei
dipendenti entrati da
giovani in pazza idea
ormai avevano acquisto
competenze che
l’azienda gli riconosceva
tramite un aumento del
salario.
COSTI DI
POLITICA
• COSTI DI PUBBLICITÀ:
Essi sono rimasti
tendenzialmente costanti
fatta eccezione per
l’anno 2000, in questo
anno l’azienda ha
registrato un aumento
dei costi di pubblicità
dovuto anche al fatto che
per tentare di mantenere
il premium price il
direttore commerciale
aveva iniziato ad offrire
un servizio di consulenza.
AMMORTAMENTI
Sono diminuiti,
la loro
diminuzione è
dovuta al calo
delle
immobilizzazioni
tecniche.
• COSTI DI R&S :
Essi sono aumentati
infatti per rispondere alla
minaccia dei nuovi
competitor Pazzaidea
aveva deciso di ampliare
sempre più la gamma dei
prodotti introducendo
innovazioni sempre più
sofisticate
In questi anni il settore dei filati è entrato in crisi anche se il segmento dove opera l’azienda era
quello più ricco e meno in crisi, ciò ha comportato l’entrata di competitor all’interno del segmento.
Pazzaidea per difendersi ha tentato di proteggere il premium price aumentando ulteriormente la
qualità dei prodotti anche se è stata costretta ad abbassare leggermente i pezzi.
A causa dell’aumento dei costi variabili e dalla riduzione del prezzo a parità di quantità il margine
di contribuzione totale è quindi diminuito. I costi fissi, rimasti tendenzialmente costanti hanno
quindi anch’essi eroso il premium price riconosciuto all’azienda portando nel complesso ad una
riduzione della redditività operativa.
AUMENTANO
AUMENTANO
SCENDONO,
gli ultimi tre
120
Soluzione della Rigoli che è molto simile a quella vista sopra:
121
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