Uploaded by Canada Home

EGI

advertisement
RIASSUNTI LIBRO: LA GESTIONE DELL’IMPRESA
CAPITOLO 1: L’ IMPRESA E IL SUO RUOLO ECONOMICO E SOCIALE
1. L’Impresa quale SISTEMA SOCIO-TECNICO
DEFINIZIONE: L’Impresa è stata tradizionalmente definita come un’organizzazione di persone e di beni
rivolta ad uno scopo produttivo. Le aziende producono l’insieme di beni e di servizi indispensabili per il
soddisfacimento dei bisogni umani. (IN SENSO PIU’ AMPIO)
IMPRESA COME ORGANIZZAZIONE ECONOMICA che, mediante l’impiego di un complesso differenziato
di risorse, svolge processi di acquisizione e produzione di beni o servizi, da scambiare con entità esterne
al fine di conseguire un reddito.
REQUISITI IMPRESA:
o Contenuto economico dell’attività e degli obiettivi che essa si prefigge di raggiungere.
o Funzionamento: ogni sistema aziendale si qualifica per la presenza non solo di una struttura organizzativa
complessa, ma anche per la sua finalizzazione in ordine alla messa a profitto di risorse scarse → in altri
termini, operando una trasformazione delle risorse impiegate, ottiene dei beni di maggior valore, atti a
soddisfare direttamente/indirettamente i bisogni umani.
o Questi beni sono destinati ad essere scambiati con entità esterne per far scaturire dallo scambio un utile o
reddito.
o PER FARE TUTTO CIO’ bisogno di ORGANIZZAZIONE ossia di una struttura altamente specializzata e
coordinata, in grado di svolgere profittevolmente i processi di trasformazione e di scambio.
4 CARATTERISTICHE PRINCIPALI:
 Presenza di un’organizzazione
 Svolgimento di processi di produzione
 Relazioni di scambio con entità esterne
 Finalità imprenditoriali del reddito
( AZIENDA E IMPRESA usati come SINONIMI: essi sono invece usati in modo differenziato non solo dai giuristi, per i
quali l’azienda è il complesso di beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa e l’impresa è l’attività
economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni o servizi, ma anche dagli aziendalisti che
attribuiscono al concetto di azienda un contenuto più ampio di quello di impresa, intesa più specificatamente come
impresa di produzione. )
AZIENDA/IMPRESA → SISTEMA : complesso interrelato di parti, parti interdipendenti rispetto ad un obiettivo
comune da raggiungere.
L’impresa è un sistema DINAMICO che muta nella dimensione e combinazione delle sue risorse.
Il suo ciclo di vita si sviluppa con il passaggio da una situazione sistemica ad un’altra mediante un processo
evolutivo che non può ne deve perdere il coordinamento tra i vari elementi componenti.
Impresa = complesso ordinato di risorse rivolte ad un fine condiviso!
IMPRESA → SISTEMA SOCIALE APERTO, perché deve intrattenere continue relazioni di scambio con altri sistemi
o entità esterne: queste relazioni sono del tipo input (ingresso), cioè di approvvigionamento di risorse necessarie
per la sua alimentazione, e del tipo output (uscita), ossia di cessione a terzi del risultato (beni o servizi) del suo
funzionamento.
SISTEMA SOCIALE APERTO DI TIPO SOCIO- TECNICO
1
Il concetto di sistema socio-tecnico pone in evidenza che occorre non solo un’organizzazione del lavoro relativa
all’impiego del fattore umano, ma anche un’organizzazione tecnica costituita da impianti, attrezzature e
tecnologiche produttive.
2. La visione SOCIALE dell’impresa:
RESPONSABILITA’ SOCIALE AZIENDALE (CORPORATE SOCIAL RESPONSABILITY): la funzione dell’impresa
deve necessariamente estendersi al miglioramento della qualità della vita nel contesto in cui opera. La
responsabilità sociale aziendale è fondata sul contratto sociale che ogni impresa stipula con il contesto
esterno per definire obblighi e diritti connessi con il proprio funzionamento.
VALORE ECONOMICO+VALORE SOCIALE
3. LE FUNZIONI DELL’IMPRESA:
L’Impresa presenta 3 funzioni diverse a seconda del profilo:
A. ORGANIZZAZIONE ECONOMICA
Scopo: soddisfacimento di bisogni umani. Funzione economico-generale;
B. SISTEMA SOCIALE
Scopo: soddisfacimento delle necessità soprattutto di coloro che operano al suo interno;
C. STRUTTURA PATRIMONIALE (complesso di beni organizzato e retto per lo svolgimento dei processi
produttivi)
Scopo: produzione di reddito (questo aspetto richiama due elementi: il capitale e la capacità
imprenditoriale).
Da quanto detto fino ad ora, si può dire che ci sia una MOLTEPLICITÀ DI FUNZIONI dell’impresa in rapporto ai
differenti ruoli da essa assunti nel sistema economico-sociale. Ciascuna funzione è però essenziale per
l’espletamento delle altre e quindi per la continuità della stessa vita aziendale.
E’ complicata la ricerca di un EQUILIBRIO soddisfacente e durevole, in quanto la vita aziendale si sviluppa
mediante la composizione di tensioni o conflitti che si creano al suo interno e nei confronti dei gruppi esterni con
i quali viene in contatto.
PER RIASSUMERE LA FUNZIONE PRIMARIA DELL’IMPRESA
FUNZIONE PRIMARIA dell’impresa, a livello generale è di soddisfare nel miglior modo possibile i bisogni della
collettività, producendo beni idonei, per qualità e prezzo, alle esigenze degli utilizzatori e partecipando al
miglioramento del livello di vita della comunità. Se si pensa all’impresa come fonte di remunerazione per i
partecipanti all’organizzazione, la funzione è quella di assicurare il giusto corrispettivo soprattutto alla forza
lavoro. Infine, dal punto di vista imprenditoriale, la funzione più importante diviene quella di produrre un reddito
soddisfacente.
4. L’impresa quale SISTEMA COGNITIVO (che quindi promuove innovazione)
La vera ricchezza di un’impresa non è costituita solo dal suo patrimonio materiale (impianti, macchinari,
attrezzature..) ma anche e soprattutto dalle sue risorse immateriali, connesse con l’immagine positiva nei
confronti dell’ambiente, l’avviamento di mercato, la capacità di produrre innovazioni.
Presupposto che L’ IMPRESA → CENTRO DI INNOVAZIONI (prodotto dell’intelligenza), si definisce l’impresa quale
sistema di conoscenze atto a produrre nuova conoscenza.
2
LEARNING BY DOING: APPRENDERE LAVORANDO
La quantità e qualità di conoscenza dell’impresa è legata al contributo degli Uomini che ne hanno fatto o ne
fanno parte, perché essa diviene patrimonio comune, mediante quelle che possono essere definite le routine
(procedure) organizzative (conoscenza esplicita), mentre altra parte è strettamente incorporata nella
professionalità di coloro che operano all’interno dell’organizzazione (conoscenza tacita/implicita).
Percorso dello sviluppo aziendale: il contenuto si dematerializza perché prevale l’intelligenza, fonte di
innovazione e di flessibilità.
DA HARD SI E’ PASSATI A SOFT: l’essenza di un’impresa non sono le macchine ne la forza lavoro, ma le sue
conoscenze tecnologiche e di mercato.
Def: L’Impresa è definibile come sistema complesso all’interno del quale s’intrecciano elementi tangibili e
intangibili, immobilizzazioni materiali e immateriali, mezzi tecnici ed intelligenze, risorse finanziarie ed umane
secondo un disegno finalizzato, in ogni caso, alla produzione e diffusione di valore.
5. Le caratteristiche tipiche dell’impresa
a. L’impresa è un sistema aperto perché vive in simbiosi con un ambiente esterno;
b. L’impresa è un’organizzazione economica e sociale;
c. L’impresa deve svolgere una triplice funzione in rapporto al suo essere organizzazione economica,
sistema sociale e struttura patrimoniale;
d. L’impresa, in quanto sistema cognitivo, deve produrre conoscenza per promuovere innovazione;
e. L’impresa, quale sistema cooperativo-conflittuale, dev’essere gestita migliorando i rapporti di
collaborazione e riducendo conflitti con interlocutori.
CAPITOLO 2: L’INTERDIPENDENZA TRA L’IMPRESA E L’AMBIENTE SOCIO-ECONOMICO
1. I concetti di ambiente, settore e mercato
MICRO AMBIENTE: legato alla sua operatività, definito dai mercati con cui l’impresa attiva lo scambio delle
risorse (in entrate e in uscita):
o
o
Ambiente transazionale ( scambi in entrata ): ogni impresa ha bisogno di attingere a certe risorse
dall’esterno e quindi deve collegarsi con vari mercati di approvvigionamento mediante un insieme di
transazioni.
Ambiente competitivo ( scambi in uscita ): dipende dalla scelta dei mercati di collocamento e delle
specifiche porzioni di mercato a cui cedere i beni e servizi prodotti.
All’interno del micro-ambiente ci sono dei contraenti a cui ci si rivolge per attingere risorse o cedere prodotti.
Questi soggetti si raggruppano in categorie, originando dei distinti mercati con i quali l’impresa deve attivare un
sistema di scambi commerciali. Si ha un mercato in tutti i casi in cui vi siano due o più contraenti disposti a
scambiare fra di loro i beni.
QUALI SONO I MERCATI CON CUI SI COLLEGA L’IMPRESA?
•
•
•
•
Mercato del lavoro, costituito dall’offerta di risorse umane;
Mercato della produzione, composto dai produttori di materie prime, semilavorati, impianti e
macchinari, materiali di consumo e servizi utilizzabili per l’attività aziendale;
Mercato finanziario, rappresentato dal mercato mobiliare, dagli intermediari finanziari;
Mercato di vendita, costituito dai potenziali acquirenti dei beni o servizi prodotti.
3
MACRO AMBIENTE: molto più ampio, da cui derivano le opportunità e i vincoli entro cui questo scambio può
verificarsi.
DEF. AMBIENTE: ambiente naturale o fisico, complesso di condizioni fisico-chimiche e biologiche che
permettono l’esistenza delle creature viventi. Ambiente inteso come contesto socio-economico-politico
all’interno del quale l’impresa è chiamata a svolgere le sue funzioni. Questo contesto è regolato da una serie di
condizioni politiche, legislative, sociali, culturali ed economiche, che determinano il sistema di vincoliopportunità entro cui dovrà trovare sviluppo l’attività aziendale. Ogni parte è legata all’altra.
4 SUB-SISTEMI DEL MACRO-AMBIENTE:
▪
▪
▪
▪
A. politico-istituzionale: rappresentato dalla forma di governo e dall’ordinamento legislativo prevalenti
nel territorio considerato.
A. culturale-tecnologico: contesto in cui si affermano le manifestazioni tradizionali della vita materiale,
sociale e spirituale di una collettività organizzata. Riflette sia coloro che operano all’interno dell’impresa
(imprenditori, dirigenti) sia sui gruppi esterni (consumatori, fornitori).
A. demografico-sociale: definito dalla struttura della popolazione residente e dalle relazioni fra gli
individui e i gruppi che la compongono.
A. economico: coinvolge la sfera di rapporti che vede l’impresa quale protagonista nei confronti
dell’aggregato politico-sociale. Inteso come sistema generale dell’economia, che regola la vita della
collettività.
AMBIENTE ECONOMICO SI DIFFERENZIA PER:
 MECCANISMO DI REGOLAZIONE DELLA VITA ECONOMICA:
-Economia Di Mercato: sistema a decisioni decentrate, regolato da leggi di mercato; Principio
Della Libera Iniziativa! → PROPRIETA’ PVT MEZZI DI PRODUZIONE → ECO LIBERISTA.
-Economia Di Piano: sistema in cui le decisioni sono prese al centro mediante l’elaborazione di
piani governativi nazionali → PROPRIETA’ DELLA COLLETTIVITA’ → ECO COLLETTIVISTA.
 PROPRIETA’ DEI MEZZI DI PRODUZIONE
-Economie Liberiste;
-Economie Collettiviste.
Per ottenere maggior CONTROLLO lo Stato è chiamato ad intervenire anche direttamente nella conduzione di settori e
attività produttive, assumendo veste di imprenditore nella conduzione di economie cosiddette aperte. Nella realtà, le
economie effettivamente operanti sono quelle d’intervento o miste, all’interno delle quali la presenza del pubblico e
del privato si intrecciano con varie modalità. →++ spz all’iniziativa pvt COME rx alla crisi dello “Stato imprenditore” e
esigenza di fare affidamento alla spinta privatistica per conferire maggiore accelerazione al processo di sviluppo
economico.
L’impresa si presenta al centro di un micro-ambiente competitivo, che a sua volta è inserito in un macro ambiente. Si
genera così un sistema di interrelazioni che si compone di rapporti tra macro-variabili e micro-variabili e,
successivamente, tra queste e le caratteristiche di struttura e di gestione dell’impresa.
4
L’impresa NON può scegliersi il macro ambiente mentre può scegliersi il micro ambiente.
Solo le aziende più grandi, dotate di potere economico, possono considerare il macro ambiente una variabile e non un
vincolo.
AMBIENTE IN SENSO GENERALE → DETERMINA IL SISTEMA DI VINCOLI-OPPURTUNITA’ entro cui si dipana la
gestione aziendale. Impresa → influenza Ambiente
RAPPORTO/ INFLUENZA IMPRESA-AMBIENTE: 2 FILI CONDUTTORI
•
PROGRESSO TECNOLOGICO influenza la struttura di un settore industriale e la posizione competitiva delle
imprese. Le innovazioni concorrono a modificare il sistema di barriere sia di entrata sia di uscita e possono
creare difficoltà o nuove opportunità per coloro che sono presenti nel settore o che aspirerebbero ad
entrarvi. PROCESSO TECNO → MAGGIOR BENESSERE ECONOMICO. Con lo sviluppo economico si migliora il
livello di vita della società, aumenta il reddito pro-capite, cresce la quota di reddito discrezionale a
disposizione del consumatore. Dall’altra parte il progresso tecnologico contribuisce ad appagare nuovi
bisogni e ad aprire nuove classi di consumatori, mediante una riduzione del prezzo dei beni. L’ampliamento
del mercato è reso possibile sotto il profilo dei costi, è altresì favorito in periodi di sviluppo del Prodotto
Interno Lordo (PIL), la cui crescita produce un’espansione e conferisce una maggiore elasticità della
domanda.
•
EQUILIBRIO ECONOMICO E POLITICO SUL PIANO INTERNAZIONALE→ pesa ++ sulle condizioni e soprattutto
sull’evoluzione recente del mondo della produzione e del consumo.
AMBIENTE CARATTERIZZATO DA : TURBOLENZA, COMPLESSITÀ, OSTILITÀ, DIVERSITÀ E INSICUREZZA!
È proprio questa turbolenza ambientale che richiede un nuovo tipo di impresa, contraddistinta dalla
combinazione di FLESSIBILITÀ e di EFFICIENZA.
5
Complessità dipende anche da:
 processi di internalizzazione dell’economia: anche le piccole e medie imprese hanno dovuto
imparare a proteggersi dalla concorrenza per poter concorrere, su scala internazionale,
all’acquisizione delle risorse e al collocamento delle produzioni realizzate.
 e di globalizzazione dei mercati, inteso in senso più ampio come il processo di convergenza, a
livello mondiale, degli aspetti culturali, politici ed economici e come il superamento del
controllo sociale degli stati nazionali sull’economia. (globalizzazione del capitalismo, vale a dire
la sottrazione della forza e delle logiche del capitale al controllo sociale degli Stati nazionali.)
NEL NOSTRO CASO: globalizzazione inteso come superamento delle barriere geografiche, per
effetto del quale il mercato aziendale finisce per essere rappresentato da tutti i gruppi di
consumatori.
La globalizzazione si riferisce ad un mercato senza confini geografici, piuttosto che ad un mercato mondiale
omogeneo.
CAPITOLO 3: I PROTAGONISTI NELLA VITA DELL’IMPRESA: L’IMPRENDITORE E GLI STAKEHOLDER
1. Gli organi di governo nell’impresa: imprenditorialità e managerialità
DEF. IMPRENDITORE: soggetto economico che decide di rischiare i propri capitali e di dedicare le sue capacità
professionali alla produzione di beni o servizi da cedere a terzi.
Schumpeter→individua nella promozione delle innovazioni il focus dell’imprenditorialità. Secondo lui
l’imprenditore deve avere le seguenti qualità:
-capacità di previsione, razionalità, consapevole, intuito;
-spirito di iniziativa, forte volontà, libertà intellettuale;
-autorevolezza e capacità di leadership nei confronti dei collaboratori;
L’imprenditore deve essere capace, quindi, di formulare valutazioni e prendere decisioni differenti da quelle che
altri individui possono assumere. Questo perché dispone di un migliore accesso alle informazioni e perché è in
grado di interpretarle meglio.
IMPRENDITORIALITA’ VS MANAGERIALITA’
Capacità di sviluppare queste decisioni
e di attuarle in modo razionale.
Attitudine ad assumere decisioni rischiose
finalizzate all’innovazione dei comportamenti
aziendali.
DA CIO’ DERIVA CHE IL DIRIGENTE E’ COLUI CHE IN SOSTANZA ORGANIZZA E DISCIPLINA L’USO
DELLE RISORSE AZIENDALI, DANDO ATTUAZIONE ALLE DECISIONI IMPRENDITORIALI.
SUCCESSO DI UN’IMPRESA = IL RISULTATO DELLA COMBINAZIONE DI EFFICACIA (bontà delle decisioni) ED
EFFICIENZA (rendimento dell’uso di risorse).
6
L’efficacia è il valore più proprio dell’imprenditorialità, cioè dell’intuizione decisionale di chi governa a livello più
elevato il sistema aziendale; l’efficienza è l’attributo perseguito in fase di attuazione dei processi operativi ed è,
quindi, più proprio della managerialità, intesa quale attitudine a realizzare il massimo rendimento nella fase di
attuazione delle scelte aziendali.
2. I requisiti per l’esercizio del potere decisionale
ORGANI DELIBERANTI O VOLITIVI: quelli che esercitano prevalentemente attività di decisione.
Si differenziano dagli organi operativi non solo per il predominare degli atti di decisione ma anche per il più
ampio potere discrezionale esercitato nel compimento di tali atti.
3 gruppi di organi deliberanti:
• Organi di proprietà;
• Organi di amministrazione;
• Organi di direzione;
ORGANI DI CONTROLLO e ORGANI ESECUTIVI: hanno FZ di controllo e di esecuzione.
I requisiti per l’esercizio del potere decisionale (essere parte di uno stesso organo):
AUTORITA’+ ABILITA’ PROFESSIONALE+ DISPONIBILITA’ DELLE INFORMAZIONI+ CAPACITA’ DI CONTROLLO DELLE
DECISIONI ASSUNTE.
3. La pluralità dei soggetti in relazione con l’impresa: LA TEORIA DEGLI STAKEHOLDER
Come appare dalla figura 3.1 l’impresa si pone al centro di una serie di rapporti bilaterali con differenti
gruppi sociali, rispetto ai quali attiva relazioni di scambio, di informazione, di rappresentanza. Questi
gruppi costituiscono dei veri interlocutori dell’impresa o portatori di interessi(STAKEHOLDER) che
influenzano e sono influenzati dall’attività dell’impresa stessa.
TEORIA DEGLI STAKEHOLDER
Vengono compresi anche coloro che sono in grado di esercitare un’influenza sulle decisioni aziendali o, che pur
non partecipando alla sua vita, possono essere influenzate da esse.
STAKEHOLDER PRIMARI: destinati ad esercitare un ruolo più diretto e immediato nella gestione aziendale.
STAKEHOLDER SECONDARI: in grado di influenzare indirettamente i comportamenti di lungo termine, potendo
incidere soprattutto sul clima sociale delle relazioni aziendali.
7
Il governo dei rapporti con tutti gli stakeholder rappresenta una responsabilità primaria per chi governa
l’impresa perché influenza direttamente i risultati della gestione aziendale.
Imprenditore deve: individuare gli stakeholder, stabilirne il peso relativo, valutarne gli interessi e orientare la
mission dell’impresa.
Alla luce di questa teoria
DEF. Impresa = ORGANIZZAZIONE ECONOMICA, legata ad un complesso di interlocutori interni ed
esterni che mediante la combinazione di risorse differenziate, svolge processi di acquisizione e di
produzione di beni e servizi allo scopo di creare e distribuire valore tra di essi.
Co-creazione del valore: importanza e utilità di far partecipare tutti gli stakeholder alla formazione del
valore nell’attività aziendale.
4. L’importanza nel governo dell’impresa, dell’individuazione e classificazione degli STAKEHOLDER
PRIMA DEVO RISPONDERE A QUESTE DOMANDE:
o
o
o
o
o
Chi sono i gruppi portatori d’interessi con cui l’impresa deve misurarsi;
Quali sono gli interessi in gioco;
Quali opportunità o sfide questi portatori d’interessi creano per l’impresa;
Quali responsabilità l’impresa ha verso di essi;
Quali strategie o politiche dovrebbero essere adottate dall’impresa per rispondere alle sfide e alle
opportunità;
COME SCEGLO GLI STAKEHOLDER-CRITERI:
o La forza ovvero il potere da essi detenuto in virtù del ruolo ricoperto;
o La legittimazione ossia il riconoscimento ufficiale della loro funzione di rappresentanza di particolari
interessi;
o L’attualità dell’interesse difeso ovvero l’urgenza della risposta da parte aziendale e la criticità che tale
risposta assume nel particolare momento di vita dell’impresa.
Classificazione stakeholder continuamente MUTEVOLE perché possono variare l’attualità degli interessi, la forza
dei singoli interlocutori e il loro grado di legittimazione!
L’individuazione degli stakeholder deve consentire di stabilire: come gestire i relativi rapporti, valutando se da
ciascuno di essi potrà derivare un atteggiamento collaborativo oppure un ostacolo, se non addirittura una
minaccia per la stessa sopravvivenza dell’impresa.
CLASSIFICAZIONE STAKEHOLDER:




STAKEHOLDER AMICHEVOLI (supportive), dai quali si può ottenere sostegno decisivo per l’impresa;
STAKEHOLDER AVVERSARI (non supportive), dai quali potrebbero generarsi difficoltà per la gestione
aziendale;
STAKEHOLDER NON ORIENTATI (mixed blessing), da cui si potrà avere un sostegno o un atteggiamento
negativo;
STAKEHOLDER MARGINALI, il cui peso nei confronti dell’impresa nel particolare momento risulterà del
tutto modesto.
8
QUALE STRATEGIA UTILIZZO A SECONDA DELL’ORIENTAMENTO DELLO STAKEHOLDER?
POSSIBILITA’ DI MINACCE PER IMPRESA
ALTA
POSSIBILITA DI
COLLABORAZIONE DA PARTE
DELLO STAKEHOLDER
ALTE
BASSE
STAKEHOLDER
NON ORIENTATO
STAKEHOLDER
AMICHEVOLE
STRATEGIA:COLLABORAZIONE
STAKEHOLDER
AVVERSARIO
STRATEGIA:
COINVOLGIMENTO
STAKEHOLDER
MARGINALE
STRATEGIA:DIFESA
STRATEGIA: MONITORAGGIO
BASSA
ANALISI PER STAKEHOLDER SECONDARI perché i primari non dovrebbero essere in posizioni di contrasto o marginali!
TEORIA DELL’AGENZIA: può accadere che ci sia la proprietà investitrice, da un lato e il management dall’altro.
La teoria dell’agenza si riferisce alla situazione in cui il potere di amministrazione aziendale è esercitato da un
agente (agent) su mandato ricevuto dalla proprietà (principal).
Un delegato amministra per conto del delegante→ si viene così a creare una relazione singolare che tende a
ridurre se non ad annullare il carattere residuale della remunerazione della proprietà.
Una situazione del genere indurrà l’agente ad assicurare comunque una congrua remunerazione alla proprietà,
dopo aver soddisfatto gli altri stakeholder.
Internalizzazione→ causa della crescente managerialità
5. La gestione degli STAKEHOLDER e le economie di relazione
Godere di un clima favorevole nei confronti sia dell’ambiente interno sia di quello esterno rappresenta un
vantaggio spesso decisivo per i risultati e per la stessa sopravvivenza dell’impresa.
++ COLLABORAZIONE
++CLIMA FAVOREVOLE
++VANTAGGI
9
CAPITOLO 4: LE FINALITA’ IMPRENDITORIALI: LA TEORIA DEL “SUCCESSO SOCIALE”
1. Premessa sulle motivazioni dei partecipanti all’impresa
Quale motivazione si sviluppa all’interno ed intorno all’impresa ?
L’imprenditore → ottenimento del profitto;
I dirigenti e i lavoratori → alla retribuzione e alla progressione;
I fornitori → a trarre maggior vantaggio dalle relazioni commerciali;
I finanziatori → rapporti continuativi e lucrativi d’affari;
BISOGNA valorizzare gli elementi cooperativi e contenere quelli antagonisti → COME? Promuovendo un
processo di integrazione tra i gli obiettivi aziendali e quelli soggettivi.
2. Le FINALITÀ dei comportamenti imprenditoriali
L’Impresa, quale entità economica e sociale, ha delle FUNZIONI da svolgere.
Per una corretta analisi dei comportamenti imprenditoriali, intesi come modelli di azione degli organi
deliberanti, bisogna tener conto delle diverse situazioni di composizione del gruppo di governo.
Le due distinzioni sono:
▪ Imprenditoria privata o pubblica.
▪ Imprenditoria diretta o delegata (manageriale).
3. Teorie classiche sulle finalità imprenditoriali
A. TEORIA DELLA MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
Il PROFITTO secondo la teoria economica classica, è il compenso che spetta all’imprenditore per l’organizzazione
dei fattori produttivi.
4
Ipotesi
di
profitto
per 4
teorie
 Profitto= corrispettivo che spetta a colui che coordina l’impiego dei vari fattori di produzione.
 Profitto=quota destinata a ripagare il rischio corso nell’attività aziendale.
 (Schumpeter) Profitto= no caratteristica stabile ma si lega a particolari circostanze di mutamento dei
prodotti, delle strutture, delle procedure tecnologiche.
 Profitto= un qualcosa di subordinato a certe condizioni esterne.
QUESTE 4 VISIONI SONO COMPLEMENTARI
DEF. PROFITTO: entità composita, in cui rientrano il compenso per il lavoro imprenditoriale, il premio per il
rischio, la contropartita dell’innovazione e la rendita connessa con la posizione monopolistica. L’esistenza del
profitto si legittima soprattutto per il rischio connesso con l’investimento di capitali.
PROFITTO → ELEMENTO QUALIFICANTE DELLO STESSO CONCETTO D’IMPRESA.
→ SCOPO DELLA TEORIA: Massimizzare il risultato reddituale ottenibile dall’attività aziendale, cioè di produrre il
maggior reddito. –> Può andar bene in senso astratto ma limiti sul piano pratico.
LIMITI TH MASSIMIZZAZIONE:
mancano il FATTORE TEMPO (time-preference) e il FATTORE RISCHIOSITA’ (uncertainty conditions)!!
Quindi il profitto è sicuramente obiettivo di fondo ma a lungo andare è considerato solo come uno degli
elementi rientranti nelle finalità imprenditoriali.
10
B. TEORIA DELLO SVILUPPO E DELLA SOPRAVVIVENZA
→ Secondo la teoria della sopravvivenza, il FINE del gruppo di governo è soprattutto quello di assicurare la
continuità dell’organismo aziendale. Puntare al profitto come mezzo per irrobustire la struttura patrimoniale
dell’impresa e, rifiutare attività gestionali con coefficienti di rischio che possano porre in pericolo la vita
dell’organizzazione.
Profitto= RUOLO STRUMENTALE (MEZZO) –> SCOPO ULTIMO= NON pregiudicare la continuità di funzionamento
dell’impresa.
Drucker→ misura il raggiungimento della finalità sulla base di obiettivi legati a 5 aspetti:
o Posizione occupata nel mercato;
o Innovazioni;
o Risorse umane;
o Risorse finanziarie;
o Redditività dell’impresa;
Gabraith→ sottolinea che la sopravvivenza trova la sua prima condizione di verificazione nell’autonomia
decisionale della struttura direzionale di governo (tecnostruttura).
L’esigenza primaria è quella di realizzare un livello stabile di profitto che consenta all’impresa di non correre
rischi e di destinare risorse sufficienti all’autofinanziamento.
C. TEORIA DELLA CREAZIONE E DIFFUSIONE DEL VALORE
TH→Risponde agli obiettivi di TUTTI i partecipanti non solo imprenditori/manager
La teoria sostiene che la finalità da assegnare alla gestione è quella di far crescere il valore economico
dell’impresa. Con essa la visione dei risultati aziendali è orientata al futuro, perché ciò che conta non è il
differenziale positivo tra ricavi e costi (profitti), ma le potenzialità di produrre risultati sempre migliori.
Attenzione quindi alla CREAZIONE DEL VALORE E ALLA DIFFUSIONE DELLO STESSO, ovvero al suo trasferimento
nel valore di mercato, espresso in quotazioni azionarie. L’azionista aspira a ad acquisire il dividendo, e nello
stesso tempo, è interessato alla crescita del corso delle azioni possedute.
Questa teoria è dunque più accettabile di quella della massimizzazione del profitto per 2 motivi:
-perché ha come riferimento tutti gli interlocutori interessati alla vita dell’impresa,
-perché può essere tradotta in misurazioni economiche.
D. TEORIA MANEGERIALE DELLO SVILUPPO DIMENSIONALE
→Secondo tale teoria, i manager sono più interessati all’espansione dell’impresa (garanzia della sopravvivenza),
nell’assunzione di una maggiore forza nei confronti della concorrenza (garanzia di redditività aziendale), e
nell’incremento delle retribuzioni ai livelli più elevati di direzione.
Comportamenti imprenditoriali → ampliamento del volume di affari rispetto a quello dei profitti globali →
CRESCITA FATTURATO (INVECE CHE CRESCITA DEL PROFITTO)
FATTURATO= ricavi in un determinato periodo
PROFITTO = quantità che rimane del fatturato togliendo le spese per il conseguimento di quest’ultimo.
Baumol→ sostiene che le imprese mirano a realizzare il flusso di profitti che consente di finanziare il massimo
sviluppo delle vendite nel lungo periodo. L’obiettivo da raggiungere si concreta nella ricerca della combinazione,
tra quantità da vendere e prezzi di vendita, che massimizzi il volume d’affari dell’azienda.
11
4. Una prima revisione delle teorie classiche: la TEORIA COMPORTAMENTISTICA o dei limiti sociali alla
massimizzazione del profitto
Ogni impresa rappresenta un’organizzazione cooperativa, la cui vita è contrassegnata da situazioni potenziali di
CONFLITTI d’interessi (nei confronti di fonti esterne o tra gruppi interni).
CONFLITTI ESTERNI: (compratori dei beni e servizi, produttori di beni e servizi similari, fornitori di materiali e
servizi da impiegare nella produzione, distributori commerciali, finanziatori esterni, organi da impiegare nella
produzione etc..) le opportunità di soluzione sono molteplici, anche se l’azienda non ha quasi mai la forza di
imporre totalmente le proprie condizioni all’opponente.
CONFLITTI INTERNI: (proprietari, dirigenti etc..) le possibilità di manovra dell’imprenditore risultano essere più
limitate, nonostante egli abbia il potere di risolvere il conflitto escludendo l’opponente dall’organizzazione.
GRUPPI SOCIALI in relazione diretta con l’impresa:
G.1) Consumatori o utilizzatori dei beni o dei servizi prodotti;
G.2) Concorrenti;
G.3) Forze di lavoro occupate nell’impresa;
G.4) Fornitori di beni e di servizi (compresi impianti e macchinari);
G.5) Finanziatori;
G.6) Distributori commerciali;
G.7) Organi della pubblica amministrazione;
G.8) Conferenti il capitale di proprietà dell’azienda.
RUOLO ATTIVO
GENERANO INFLUENZA
SULLA MISURA FINALE
DEL PROFITTO
L’IMPRENDITORE TENTA DI MASSIMIZZARE IL RISULTATO ECONOMICO DELLA GESTIONE:
amplia i ricavi (AB) e riduce i costi (CD) per far crescere il profitto (DE). A tale scopo egli può promuovere delle
innovazioni nei prodotti, nella tecnologia e nei mercati, oppure può modificare l’equilibrio esistente senza
adottare processi innovativi.
12
CONCLUSIONI:
• l’equilibrio tra costi e ricavi aziendali è difficilmente modificabile in assenza di innovazioni nella
gestione;
• le innovazioni nell’organizzazione e nel mercato richiedono il sostenimento di costi che, invece, sono
solitamente tagliati in periodi di crisi aziendale;
• il profitto è una quantità residuale che risente delle situazioni di crisi, data la rigidità delle altre
grandezze economiche e l’assenza di processi innovativi;
• il reddito è un risultato che deriva da accordi di cooperazione o dalla composizione di conflitti interni ed
esterni e che la sua misura non è mai liberamente determinabile dall’imprenditore.
• Il fine del massimo profitto diviene, così, il fine del massimo profitto condizionato.
E. LA TEORIA DEL SUCCESSO SOCIALE ED I RAPPORTI CON L’ETICA D’IMPRESA
Approfondisce il concetto di “valore economico”, dà un contenuto più ampio al termine “valore”, in modo da
evitare di confinarlo al campo economico.
→ le finalità dell’imprenditore appaiono, in ordine crescente d’importanza, quelle di assicurare la sopravvivenza
dell’impresa (mediante il perseguimento del fondamentale equilibrio economico tra costi e ricavi), di affermarsi
nell’ambito della classe sociale di appartenenza e di assumere posizioni di preminenza nella comunità. (Maslow)
L’imprenditore tenderebbe al successo e il successo sarebbe rappresentato dai risultati raggiunti dall’impresa e
dal ruolo che, con esso, si riuscirebbe a conquistare rispetto ai concorrenti e, in più generale, all’interno della
comunità.
ASPETTO NOVITA’: ordinamento interno tra motivazioni di natura differente!!
FINE ECONOMICO: può e deve divenire anche un MEZZO per il raggiungimento di obiettivi morali e sociali.
FINALITA’ IMPRENDITORIALI: combinazione o mix costituita dal conseguimento del Profitto, del Potere e del
Prestigio. (LE 3 P)
X IMPRENDITORE PROPRIETARIO DI IMPRESA
Questa combinazione è rappresentativa del successo sociale ottenuto dall’imprenditore mediante il successo
della sua impresa. In questa ottica, il Prestigio (leadership sociale) rappresenta il traguardo di più elevato valore,
punto di arrivo dell’attività imprenditoriale. Il Potere di Mercato (leadership competitiva) e il Profitto
consentono all’impresa di svilupparsi rispetto alla concorrenza, preservando l’equilibrio economico.
X IMPRENDITORE-MANAGER: il successo aziendale è visto come finalità intermedia o strumentale.
 L’imprenditore visibile → teoria del successo sociale;
 L’imprenditore meno visibile → teoria della massimizzazione del valore economico dell’impresa nel
tempo lungo;
13
 L’imprenditore delegato (manager) → teoria della mobilità, in quanto spesso il successo dell’impresa
dovrebbe consentirgli di accrescere l’affermazione sociale.
CAPITOLO 5: LA GESTIONE STRATEGICA DELL’IMPRESA
1. I profili della gestione aziendale
GESTIONE= complesso di decisioni e di attività svolte dall’impresa per raggiungere le finalità dei soggetti
coinvolti appunto nella sua operatività.
GESTIRE L’IMPRESA=governarla, amministrare i vari fattori di produzione impiegati per il suo funzionamento e
assicurarle la sopravvivenza e lo sviluppo mediante la creazione e il mantenimento di equilibri economici,
patrimoniali e finanziari.
La vita dell’impresa si sviluppa secondo un complesso di decisioni: quelle che assume l’imprenditore, quelle che
devono essere prese per conferire l’impulso necessario all’attività di gestione.
 Al vertice le SCELTE DI TEMPO LUNGO:
A. SCELTE STRATEGICHE
B. SCELTE TATTICHE
(modalità d’impegno delle risorse)
C. SCELTE OPERATIVE
(per procedere materialmente alla loro attuazione)
GERARCHIA DI SCELTE:
A. Scelta delle aree d’affari (STRATEGIA COMPLESSIVA O CORPORATE)
B. Scelta delle modalità di competizione in ciascuna area d’affari (STRATEGIA COMPETITIVA)
C. Scelte relative alla produzione, al marketing, al personale (STRATEGIA FUNZIONALE)
2. La gestione strategica
La gestione strategica è la gestione tipicamente imprenditoriale, di tempo lungo, impostata su scelte di fondo
riguardanti gli obiettivi e l’impiego delle risorse aziendali.
La strategia risponde all’obiettivo di scegliere l’ambiente competitivo e transazionale di riferimento dell’azienda,
di definire i mercati di collocamento di quanto prodotto e il confine tra l’organizzazione e i mercati di
approvvigionamento con cui l’impresa stessa entrerà in contatto durante la sua attività gestionale.
3. La strategia e le politiche di gestione
N.B = Non sempre viene definito un quadro di sviluppo a lungo termine. Infatti la gestione è orientata su brevi
periodi (esercizio annuale) e si basa sulla ripetizione di comportamenti abituali piuttosto che sull’innovazione →
guarda di + le condizioni interne che quelle esterne di natura economica, politica e sociale.
RISCHIO
Il mutamento delle condizioni dell’ambiente genera per l’impresa delle opportunità ma anche dei problemi che
se non avvertiti in modo tempestivo possono tradursi in vere minacce per la prosecuzione della gestione.
14
ATTEGGIAMENTO IMPRENDITORE:
1. ATTESA: aspettare il verificarsi di fenomeni evoluti nel mercato o nel più vasto contesto in cui questo è
compreso, per promuovere gli opportuni adattamenti; → SCHEMA RIPETITIVO (“PASSIVO”) DAY BY DAY
2. ANTICIPATORIO: attuazione di uno sforzo costante di previsione dei mutamenti ambientali, allo scopo di
potere realizzare le necessarie modifiche nei comportamenti di gestione; → SCHEMA RAZIONALE
3. PROATTIVO: promozione di azioni tendenti ad influenzare l’ambiente (micro e macro) nella direzione più
favorevole alle prospettive di sviluppo aziendale. → SCHEMA FONDATO SULL’INNOVAZIONE→ MIGLIORE
L’elemento che denota il grado di avanzamento del processo di gestione aziendale è rappresentato dall’intento o
orientamento strategico delle decisioni imprenditoriali. La formulazione di piani strategici consente di
inquadrare in modo corretto le relazioni tra l’impresa e l’ambiente, secondo il loro rapporto d’interdipendenza.
STRATEGIA: comportamento imprenditoriale di tempo lungo finalizzato al raggiungimento di obiettivi primari
della gestione. È il mezzo per conseguire traguardi di tempo lungo, definiti in fz dell’evoluzione del rapporto tra
l’impresa e l’ambiente nel quale questa opera.
L’ambiente è oggetto continuo di mutamento, quindi la strategia è uno dei principali strumenti a disposizione
per rispondere a tale mutamento esterno e interno.
Si caratterizza per 3 elementi fondamentali:
o Formulazione a livello alto-direzionale;
o Proiezione a lunga scadenza;
o Priorità dei traguardi fissati;
INNOVAZIONE → MUTAMENTO OBIETTIVI O AGGIUNTA NUOVI OBIETTIVI
GERARCHIA STRATEGIE:
A. STRATEGIE COMPLESSIVE/CORPORATE: può essere di sviluppo o di mantenimento delle posizioni già
conquistate, deve stabilire i comportamenti da assumere nei confronti della concorrenza in ciascuna
area d’affari prescelta;
B. STRATEGIE COMPETITIVE: definiscono gli obiettivi e le politiche da adottare per fronteggiare la
concorrenza e acquisire la clientela, puntando sui vantaggi competitivi conseguibili;
C. STRATEGIE FUNZIONALI: tipo strategie di produzione, di vendita, di finanza ecc, che devono essere
strumentali rispetto alle strategie competitive prescelte. Si possono chiamare anche strategie operative
perché devono METTERE IN ATTO.
INTERRELAZIONE TRA LE
STRATEGIE
QUALI SONO GLI STRUMENTI CHE UTILIZZANO LE STRATEGIE? LE POLITICHE
Il concetto di politica sottintende delle scelte funzionali in rapporto al disegno strategico e vincolanti per le
decisioni da assumere nel corso della gestione.
2 ASPETTI DECISIONE STRATEGICA:
•
Impatto da esse producibile sul raggiungimento degli obiettivi di gestione: riflettono ob. prioritari
azienda , facilitare traguardi sul lungo termine;
• Grado di modificabilità dopo l’attuazione.
15
CAPITOLO 6: LE STRATEGIE COMPETITIVE E I MODELLI DI ANALISI DEL MERCATO
1. Il rapporto tra strategia complessiva e strategia competitiva.
La ricerca del vantaggio competitivo, che deriva dalle risorse che l’azienda possiede o ritiene di potere
acquistare, risorse che le consentono di avvantaggiarsi rispetto alla concorrenza→ è alla base delle scelte
imprenditoriali che definiscono la strategia complessiva.
2 conclusioni:
 La formulazione della strategia corporate deriva dalla strategia competitiva, dalle decisioni di mercato
che l’imprenditore prenderà in base agli obiettivi di lungo termine da perseguire.
 Il peso interrelato di fattori interni (risorse) ed esterni (condizioni di mercato) nella creazione del
vantaggio competitivo.
2. I paradigmi teorici per la definizione della strategia competitiva.
PARADIGMA STRUTTURALISTA: struttura-condotta-performance (SCP)→ La struttura del mercato incide sul
comportamento delle imprese ed è quest’ultimo che determina il risultato della gestione aziendale.
PARADIGMA COMPORTAMENTISTA: condotta-struttura-performance → il comportamento delle imprese
influisce sulla struttura del mercato. Il ruolo dell’impresa diventa ATTIVO, non subisce il condizionamento della
struttura, ma reagisce alla situazione in essere e si propone di modificarla a proprio vantaggio.
Il rapporto, quindi è di INTERDIPENDENZA tra strutture e condotte.
PARAFIGMA FONDATO SULLE RISORSE: risorse-condotta-performance (RCP) → pone in relazione la performance
con la condotta e quest’ultima con le risorse proprie dell’impresa, riduce quindi l’influenza del settore e accresce
il peso dei fattori endogeni nella formulazione delle scelte strategiche.
SCP→RCP
Tra i due ci sono condizioni di integrazione e complementarietà.
PARADIGMA FONDATO SULLA CONOSCENZA: conoscenza-capacità-performance (KPC) → le conoscenze che si
accumulano nell’impresa producono le capacità innovative e queste determinano i risultati.
16
Conclusione: si può sostenere che sulle scelte dell’impresa pesano sia fattori esogeni (legati al mercato) che
endogeni (legati alle risorse) e che il rapporto è di interdipendenza. È intuibile analizzare il settore o lo specifico
spazio di mercato in cui competere in rapporto al grado di concentrazione dei concorrenti già presenti, alle
barriere d’entrata e all’uscita, all’elasticità della domanda→ presupposto iniziale per immaginare come
competere con risorse e capacità disponibili o acquisibili.
3. L’analisi di settore secondo lo schema della “concorrenza allargata”.
Porter: MODELLO DELLA CONCORRENZA ALLARGATA/MODELLO DELLE 5 FORZE DI PORTER basato sulle 5 forze
competitive (struttura-condotta-risultato). Si tende ad attribuire un peso prevalente alla struttura rispetto alle
risorse, si mira a considerare prevalenti i fattori esogeni nella scelta della strategia competitiva.
La scelta di un mercato è guidata ANCHE dalla posizione competitiva che l’azienda potrà assumere, cioè dalle
situazioni di vantaggio che sarà in grado di acquisire rispetto alla concorrenza e che assicureranno la conquista di
una soddisfacente quota di mercato.
Tutto in base a → VANTAGGIO COMPETITIVO DUREVOLE nel mercato.
Le 5 forze sono:
1. Rivalità tra i concorrenti presenti (concorrenza reale);
2. L’entrata di nuovi concorrenti (concorrenza potenziale diretta);
3. La minaccia di sostituti dei prodotti (concorrenza potenziale indiretta);
4. Il potere contrattuale dei clienti;
5. Il potere contrattuale dei fornitori;
CONCETTO DI FONDO: in qualsiasi mercato i costi e i margini sono funzione non solo della forza della clientela e
dei fornitori ma anche della pressione concorrenziale.
RUOLO CENTRALE: attribuito alle barriere di mercato ovvero agli ostacoli che si frappongono all’ingresso in un
particolare spazio di mercato (barriere all’entrata), all’allargamento di questo spazio (barriere di mobilità) e
anche all’uscita dallo spazio occupato (barriere all’uscita).
4. Le barriere alla concorrenza
BARRIERE ALL’ENTRATA/INTERNE: tutelano la posizione di ciascun produttore nei confronti delle azioni
espansive degli altri produttori già presenti nel mercato.
Per superare tali barriere occorre conoscere se esse si colleghino:
o Alle economie ottenibili nelle funzioni di gestione;
le economie conseguibili nella gestione possono distinguersi in:
 Economie di scala, cioè il fenomeno di abbassamento dei costi unitari di produzione e di vendita al
raggiungimento di determinati volumi di operazioni. Possono essere legate all’approvvigionamento.
Distinzione economia di scala: d’impianto (economie reali), che afferiscono al processo di produzione dei beni
e sono funzione della singola dimensione impianto e d’impresa (economie pecuniarie), che discendono dalla
dimensione globale assunta dall’azienda e riguardano processo di produzione e i processi di
commercializzazione e di amministrazione aziendale.
 Economie di apprendimento;
 Economie di scopo (interrelazione, ovvero interne all’impresa), si dilatano anche sul piano esterno per effetto
dell’inserimento dell’azienda in reti pluri-aziendali, dando origine ad una nuova forma di economia delle
relazioni
 Economie di relazioni, caratterizza la moderna organizzazione produttiva. Consente di instaurare rapporti di
fiducia con clienti e fornitori, che contribuiscono a migliorare le posizioni di mercato e il conto economico
aziendale.
17
o
o
o
Alla disponibilità di brevetti o know-how;
Alla scarsa disponibilità di fattori produttivi essenziali;
Alla differenziazione dei prodotti; il fattore differenziazione può trovarsi congiunto con quello della
concentrazione e generare degli ostacoli maggiori all’ingresso del mercato. Svolge anche un ruolo esterno
nel senso che l’acquisizione di un vantaggio competitivo nei confronti di imprese già presenti richiede uno
sforzo promozionale e l’impegno di notevoli capacità finanziarie ed organizzative.
BARRIERE ALL’USCITA/ESTERNE: impediscono l’ingresso di nuovi competitori.
Le barriere d’uscita vincolando le imprese a permanere nel mercato, finiscono per irrigidire e turbare i
comportamenti concorrenziali. Sono create da vincoli sociali o economici, rendono rigide le situazioni di
mercato, penalizzando tutte le imprese soventi.
BUSINESS: porzione di mercato in cui l’azienda intende operare.
•
•
•
FUNZIONI D’USO
TECNOLOGIE ALTERNATIVE
GRUPPI DI CLIENTI
(ABELL)
BUSINESS
BUSINESS
5. Le fonti del vantaggio competitivo: la catena del valore
PORTER→ la formulazione della strategia competitiva può fondarsi sulla catena del valore.
L’azienda crea un valore per il cliente, valore che è
misurato dal prezzo che questi paga o sarebbe disposto a
pagare per il prodotto. Il valore creato si distingue in due
parti: i costi sopportati per la prestazione delle attività
necessarie a progettare, produrre, vendere, distribuire e
fornire assistenza e il margine che rimane all’azienda. Il
maggior valore deriverebbe così soprattutto dalla
maggiore efficienza nella prestazione delle attività.
(PORTER)
6. La formulazione della strategia competitiva
Vantaggio competitivo impresa si basa su 2 livelli:
• Livello Organizzazione e innovazione
• Livello Differenziazione:
Ruolo centrale perché con la sua affermazione è caduto uno dei presupposti essenziali della concorrenza
perfetta. Questa è legata alla condizione dell’omogeneità dei prodotti offerti sul mercato, cioè all’impossibilità di
differenziarli e individuarli. –> submercato.
18
Il submercato è caratterizzato dall’esistenza di una domanda che
si rivolgerà preferibilmente all’offerta di alcune imprese, le quali
godranno di un vantaggio rispetto alle altre nella misura in cui
riusciranno a creare e a rafforzare tali preferenze.
In pratica il vantaggio competitivo potrà essere conseguito puntando sulla leadership di costo, cioè
sull’opportunità di sfruttare il minore costo globale di produzione come fattore di vantaggio; ovvero sulla
differenziazione del prodotto. L’impresa può scegliere i segmenti di mercato da servire in grado di farle acquisire
una posizione di vantaggio. L’obiettivo è di scegliere una strategia vincente tra leadership di costo, la
differenziazione dell’offerta e la focalizzazione o specializzazione di mercato, che rappresentano le possibili
strategie competitive.
DEF. RISORSE aziendali sono definite: come tutte le attività, le capacità, le competenze, i processi
organizzativi, le caratteristiche aziendali, le informazioni, le conoscenze, che sono controllate dall’azienda e
che le permettono di formulare e implementare strategie che ne migliorino l’efficacia e l’efficienza.
19
LE RISORSE POSSONO ESSERE CLASSIFICATE
→
MODELLO VRIO
IN BASE:
•
Al loro valore (attributo di valore)
•
Alla loro unicità o rarità (attributo della
rarità)
•
Alla loro insostituibilità (attributo della
inimitabilità)
•
Alla loro durevolezza, persistere del
valore nell’ambito dell’organizzazione
(attributo dell’organicità)
Nell’impresa l’innovazione è il portato della conoscenza ovvero dell’arricchimento del capitale umano, che
assume il ruolo determinante nel contesto competitivo. Il crearsi e l’ampliarsi della conoscenza riposa anche sul
capitale strutturale sotto forma di infrastrutture che consentono la produzione, accumulazione e trasmissione di
idee e pratiche nuove di gestione. Il capitale umano è all’origine del processo perché l’innovazione parte sempre
dalla mente umana, ma opera in senso più proficuo quando poi la struttura consente l’accumulo e la
formalizzazione della conoscenza.
Analisi sui fattori competitivi basata sul modello SWOT: STRENGHT, WEAKNESS, OPPURTUNITY, THREAT
Suggerisce di prendere in considerazione i punti di
forza e di debolezza dell’impresa in rapporto alla
possibile evoluzione del mercato e dell’ambiente,
da cui potranno derivare opportunità favorevoli o
minacce.
7. Le strategie competitive e l’equilibrio fra la domanda e l’offerta: il “mercato del venditore” e il
“mercato del compratore”
IMPORTANTE: EQUILIBRIO TRA POTENZIALITÀ DI PRODUZIONE E CAPACITÀ DI ASSORBIMENTO
APPENDICE: ANALISI SWOT
Impresa → sistema aperto → vive di relazioni di scambio con l’ambiente esterno, dalla cui dinamica evoluzione
possono derivare minacce ed opportunità, ossia condizioni suscettibili di influenzare, positivamente o
negativamente.
L’acronimo SWOT suggerisce la natura olistica di questo modello, che si prefigge l’obiettivo di identificare tutte
le variabili, interne ed esterne, suscettibili di influenzare la performance e le scelte strategiche dell’impresa,
raggruppandole in una matrice, che offra una visione di insieme sui principali punti di forza(STRENGHTS) e
debolezza (WEAKNESS) dell’impresa rispetto ai concorrenti, così come sulle opportunità (OPPORTUNITIES) e
minacce (THREATS), più critiche derivanti dall’evoluzione del contesto ambientale.
20
Lo svolgimento dell’analisi richiede:
• L’individuazione delle forze/debolezze che caratterizzano l’azienda;
• L’analisi ambientale, per individuare minacce e opportunità;
• L’analisi combinata di fattori di origine interna ed esterna per determinare gli elementi di maggiore
criticità;
• L’individuazione delle più opportune alternative di intervento;
In linea con l’impostazione della RESOURCE-BASED VIEW, i fattori di origine interna possono essere ricondotti
alle RISORSE e competenze dell’impresa e possono essere distinti in:
o
o
o
o
Risorse tangibili, risorse fisiche;
Risorse immateriali interne (es. brevetti, laboratori di ricerca, sistema informativo aziendale) ed esterne
(reputazione dell’impresa nei confronti del cliente, fornitori, e altri stakeholder, immagine del brand, ampiezza e
solidità delle relazioni con la clientela);
Risorse umane, come il livello di addestramento ed esperienza dei dipendenti, le competenze, la motivazione e la
lealtà di cui questi sono portatori;
Competenze aziendali, (tecnologie, di marketing, organizzative)→ competenze distintive.
ANALISI SECONDO DUE PROSPETTIVE: LA PROPRIA E QUELLA DEL CLIENTE
Può essere utile classificare le variabili interne alla luca di una matrice IMPORTANZA-PERFORMANCE.
La performance esprime la capacità dell’impresa con riferimento a una specifica risorsa.
L’importanza, invece, indica quanto il possesso di una specifica risorsa appare essere rilevante, e dunque, critico per la
generazione di valore per il cliente e l’acquisizione di un vantaggio competitivo nello specifico ambito di operatività.
IDENTIFICAZIONE CONCORRENTI
ANALISI MICRO E MACRO AMBIENTE:
Macro: non solo per come si presenta ma per come si potrà modificare in prospettiva. Cogliere
anticipatamente la configurazione dell’ambiente futuro in cui l’impresa si troverà ad operare è
21
un’operazione complessa e caratterizzata da un rilevante grado di soggettività. L’analisi dell’ambiente
risente della soggettività con cui il management percepisce e interpreta la realtà circostante.
Micro: analizzare il micro condurrà a una visione condivisa sullo stato attuale e sulle prospettive di
cambiamento del mercato e della situazione concorrenziale.
Le variabili di contesto possono determinare minacce o opportunità per l’impresa. le opportunità sono
fattori che se sfruttati, possono contribuire a generare un vantaggio competitivo, mentre le minacce
sono variabili ambientali suscettibili a determinare un deterioramento delle prestazioni aziendali in
assenza di contromisure adeguate a fronteggiarle.
UTILITA’ ANALISI SWOT come potenziale diagnostico:
 Cogliere le opportunità dalle minacce ambientali;
 Valorizzare il potenziale di valore insito nei punti di forza aziendali e, al tempo stesso, sopperire ai
più rilevanti punti di debolezza.
L’analisi SWOT può supportare il management nel processo di assunzione delle decisioni, consentendo alle
aziende di definire il posizionamento strategico più idoneo, alla luce dell’evoluzione del contesto, e aiutandole a
identificare i propri punti di debolezza più rilevanti e a valorizzare i propri punti di forza, senza farsi, vincolare da
questi in modo eccessivo.
CAPITOLO 7: LE STRATEGIE DI SVILUPPO DIMENSIONALE E IL RINNOVAMENTO STRATEGICO
1. Le opzioni strategiche
Le opzioni riguardano sostanzialmente l’uso delle RISORSE → vantaggi/svantaggi
L’arbitraggio di fondo si esercita in funzione dell’orizzonte temporale da privilegiare, che può essere quello di
tempo lungo (preferenza per l’investimento) o di tempo breve (preferenza per la liquidità).
È fondamentale il requisito delle capacità distintive, intese come gli elementi propri di ciascun impresa che ne
determinano l’eccellenza e quindi, il successo → focalizza meglio l’attenzione sulle core competencies che fa
intuire come l’azienda possa costruire su di esse il vantaggio rispetto alle altre imprese operanti nello stesso
mercato.
Le risorse fondamentali dell’impresa sono risorse immateriali (intangibili):
 Fiducia, immagine favorevole dell’azienda.
 Competenze, conoscenze accumulatesi nel corso della vita aziendale.
OB. della strategia complessiva → quello dello sviluppo dimensionale perché mediante anche il reinvestimento
del reddito risponde alle finalità di sopravvivenza dell’impresa. È evidente che questo obiettivo di sviluppo
dimensionale potrà essere subordinato ad alcune condizione o vincoli qualitativi.
L’imprenditore potrebbe puntare a migliorare gli equilibri di gestione nel triplice aspetto economico
patrimoniale finanziario oppure mirare ad una riduzione del rischio complessivo di gestione.
2. Una tipologia semplificata delle strategie complessive
La strategia complessiva o “corporate” dipende dagli obiettivi che l’impresa si pone in funzione della situazione
in cui si trova e delle opzioni strategiche disponibili.
22
L’indirizzo strategico dipende anche dalle risorse interne disposizione. Un’impresa in buona salute potrà puntare
alla crescita anche se mercati in cui opera appaiono in declino. Al contrario un’impresa in crisi dovrà
preoccuparsi soprattutto di sopravvivere dovrà scegliere alternative che possono preservarne l’esistenza.
Si può così distinguere tra le strategie complessive tre percorsi alternativi:
 Il percorso di sviluppo dimensionale, comune a tutte le imprese perché è caratteristica di una gestione
più logica è protesa all’estensione dell’attività aziendali;
 Il percorso di risanamento, tipica di organismi caratterizzati da squilibri strutturali;
 Il percorso del rafforzamento o dell’assestamento, improntato alla prevenzione e gestione delle risorse
a difesa delle posizioni occupate.
3. Il processo di sviluppo dimensionale –> FENOMENO GENERALIZZABILE NON GENERALE
SVILUPPO: movimento verso il meglio. Processo qualitativo, ovvero di evoluzione dei rapporti tra l’impresa e
l’ambiente a cui si accompagna un ampliamento della struttura organizzativa. → CRESCITA → MA NON SEMPRE
E’ COSI’ (non è detto che tutte le aziende perseguono le finalità della crescita, in quanto elemento selettivo della
dimensione operativa genera una serie di problemi di ordine gestionale e organizzativo.)
CONCLUSIONE: LA CRESCITA DOVREBBE COMPORTARE LO SVILUPPO, MENTRE NON È SEMPRE VERO IL
CONTRARIO.
Lo sviluppo dimensionale appare un connotato fisiologico di organismi più sani, in quanto consente di adeguare
il volume dell’attività aziendale alle potenzialità della struttura, all’evoluzione dell’ambiente esterno, con il fine
di migliorare, nel tempo, l’equilibrio nei confronti del mercato dei mercati serviti.
CURVA DI APPRENDIMENTO → CURVA DELL’ESPERIENZA: più aumenta il volume di vendita più migliora il livello
di efficienza della produzione e quindi più decrescono i costi unitari di prodotto. Da ciò deriva un vantaggio
competitivo per l’impresa che produce una quantità più elevata rispetto ad un’altra impresa operante nello
stesso settore. Gli effetti della curva di esperienza si annullano quando l’impresa raggiunge la dimensione
rilevante tale per cui qualsiasi ulteriore incremento della produzione modifica il livello di efficienza e l’altezza dei
costi unitari.
OBIETTIVI DI FONDO DELLO SVILUPPO DIMENSIONALE:
1. Ottimizzazione uso delle risorse aziendali;
2. Acquisizione di un peso contrattuale crescente nei confronti dei consumatori, dei concorrenti,
dei distributori.
Limiti sviluppo PER L’ IMPIANTO possono essere di natura:
-tecnica (potenzialità e grado di specializzazione dei cicli di lavorazione);
-organizzativa (possibilità di reperire le risorse umane adeguate alle esigenze quantitative e qualitative della
produzione);
-socio urbanistica (necessità di non aggravare il congestionamento nell’area di insediamento).
23
L’attivazione del processo di
espansione, la decisione di
aumentare la dimensione
dell’impresa, può incontrare dei
limiti interni o strutturali ed esterni e
può scaturire da situazioni estrogene
o endogene.
Gli stimoli alla crescita proverrebbero principalmente DALL’INTERNO della struttura, cioè sarebbero generati
dalla possibilità di utilizzare meglio il fascio di risorse esistenti.
La ricerca all’esterno di concrete opportunità di sviluppo sarebbe pertanto successiva e si tradurrebbe
nell’individuazione dei campi di attività in cui poter impiegare le capacità sottoutilizzate. La crescita è un
processo di ottimizzazione dell’uso di fattori produttivi disponibili → adattamento delle occasioni esterne alle
risorse interne parzialmente utilizzate.
4. I percorsi di sviluppo: la formulazione della strategia complessiva
Le strategie di espansione si differenziano soprattutto rispetto al rapporto prodotto/mercato, cioè alla
permanenza, al superamento o all’allargamento della relazione per i prodotti fabbricati e i mercati serviti.
Alternative di fondo sono:
• CONCENTRAZIONE → ESPANSIONE NEI BUSINESS ESISTENTI
•
DIVERSIFICAZIONE delle attività gestite, cioè della preferenza di percorsi di sviluppo che aumentino il
peso delle attività già esercitate o che, invece, estendano il portafoglio prodotti/mercati → NUOVI
BUSINESS:
 DIVERSIFICAZIONE CORRELATA (Valorizzare
positivamente le interrelazioni tra vecchie e
nuove aree di affari)
 DIVERISIFICAZIONE CONGLOMERALE (ridurre
rischio globale di gestione)
24
Si possono individuare 3 tipi fondamentali sviluppo
dimensionale:
•
•
•
LO SVILUPPO DI TIPO MONO SETTORIALE SI REALIZZA
MEDIANTE PROCESSI DI INTEGRAZIONE ORIZZONTALE E
VERTICALE.
LO SVILUPPO POLISETTORIALE ASSUME LE FORME DELLA
DIVERSIFICAZIONE LATERALE E CONGLOMERALE.
LO SVILUPPO DI TIPO INTERNAIONALE SI CONCRETA IN
UN PROCESSO DI ESPANSIONE INTERNAZIONALE DEL
MERCATO O DI RICONFIGURAZIONE MULTINAZIONALE
DELLA GESTIONE.
5. La strategia di sviluppo mono settoriale: HA LO SCOPO di rafforzare la posizione dell’impresa
soprattutto nell’ambito del mercato in cui opera.
Lo sviluppo mono settoriale quando c’è un processo di concentrazione che può aver luogo nello stesso stadio in
cui agisce l’impresa (SVILUPPO ORIZZONTALE) o in stadi immediatamente adiacenti (SVILUPPO VERTICALE)
La differenza sostanziale è che lo sviluppo ORIZZONTALE porta ad un ampliamento del volume d’affari.
a. Lo sviluppo orizzontale
La strategia di sviluppo orizzontale dell’attività aziendale può essere:
• mediante l’espansione interna dell’organizzazione, cioè ampliando la potenzialità degli impianti o
creando ex-novo altre utilità produttive,
• oppure con un processo esterno di acquisizione di imprese similari → integrazione orizzontale, in
quanto sia di fatto il raggruppamento di più aziende operanti nello stesso mercato.
SCOPO= FAR CRESCERE LA QUOTA DI MERCATO DETENUTA DALL’IMPRESA.
La crescita in senso orizzontale si distingue perché richiede generalmente tempi meno lunghi attuazione
consente di sfruttare tutte le risorse disponibili e implica il ischi meglio valutabili da parte degli organi
imprenditoriali. Il suo principale vantaggio che dovrebbe avere sotto il profilo delle economie di costo che si
possono distinguere in economie di dimensione e di espansione (le quali facilitano l’espansione stessa e
possono o no generare economie di dimensione). ESPANSIONE→ DIMENSIONE.
FATTORI CHIAVE: capacità di marketing e capacità finanziarie, che forniscono le risorse di capitale necessarie per
l’espansione.
b. L’integrazione verticale e la teoria dei costi di transazione
Lo sviluppo verticale sia quando un’impresa assume il controllo di uno stadio di produzione o di distribuzione
immediatamente collegato a quello in cui opera. Espansione riguarda uno stato diverso ma adiacente al
preesistente campo di attività. Nello stesso settore produttivo si trovano imprese più integrate ovvero che
hanno maggiormente internalizzata o la produzione di beni servizi da impiegare nel ciclo produttivo.
Teoria dei costi di transazione:
L’impresa per decidere se produrre o acquistare i beni e servizi di cui necessita proverà a comparare il costo di
transazione, collegato al processo esterno di approvvigionamento, a quello di produzione da sostenere per
produrre al suo interno gli stessi beni servizi.
Secondo questa TH l’imprenditore o manager giungerebbe alla definizione del “confine efficiente”
dell’organizzazione → insieme di compiti da svolgere all’interno dell’impresa per assicurarsi il livello massimo di
efficienza operativa.
25
L’integrazione verticale si traduce in uno spostamento a monte o a valle del mercato di acquisto di vendita di
certi prodotti aziendali. Con la verticalizzazione ascendente l’azienda inserisce nel suo ciclo produzioni di base o
intermedie rispetto al processo terminale; con quella discendente cambia il suo mercato di sbocco, rivolgendosi
ad uno stadio più vicino alla fabbricazione di prodotti finali.
Sub-obiettivo: aumento valore aggiunto→ aumento costi produzioni.
OBIETTIVO: AUMENTO DEL PROFITTO MEDIANTE UNA RIDUZIONE DEI COSTI DI APPROVVIGIONAMENTO
(INTEGRAZIONE ASCENDENTE) O UN INCREMENTO DEI MARGINI DI CONTRIBUZIONE (INTEGRAZIONE
DISCENDENTE).
L’integrazione verticale e non è una strategia universale buona o cattiva perché il successo o l’insuccesso
collegato la sua attuazione dipende soprattutto dalla situazione esistente dalle capacità di chi la attua.
INTEGRAZIONE VERTICALE:
 MAGGIORE FORZA CONTRATTUALE DELL’IMPRESA
 INNALZA BARRIERE ALL’INGRESSO NEL MERCATO → perché chi aspira ad entrare in quest’ultima sarà
costretto ad operare in più stadi di produzione e ad un livello dimensionale superiore.
Il processo di integrazione verticale, inteso come alternativa competitiva, si può tradurre nel creare maggiori
ostacoli all’ingresso del mercato per effetto sia del controllo di fonti di approvvigionamento o di strutture
distributive essenziali, sia del più elevato investimento necessario per poter operare con livelli d’integrazione
pari a quello di chi è già presente nel mercato.
6. La strategia di diversificazione produttiva
Porta l’azienda ad occupare posizioni in mercati nuovi, compresi in settori o comparti produttivi differenti da
quelli in cui già opera. → MULTISETTORIALITA’
DIVERSIFICAZIONE LATERALE/CORRELATA: basata sull’esistenza di un collegamento tra produzioni vecchie e
nuove;
DIVERSIFICAZIONE CONGLOMERALE: caratterizzata dall’inesistenza di qualsiasi legame tra attività preesistenti
nuove.
Le relazioni tra prodotti aziendali possono ricondursi a 4 situazioni differenti:
o Prodotti affini sotto il profilo tecnologico e di marketing; -> sviluppo integrato di tipo orizzontale
o Prodotti affini in termini tecnologici ma non in termini di marketing; ->diversificazione laterale
o Prodotti affini in termini di marketing ma non in termini tecnologici; -> diversificazione laterale
o Prodotti senza alcuna affinità tecnologica e di marketing; -> diversificazione conglomerale
PERCHE’ SCEGLIERE LA DIVERSIFICAZIONE? Molteplici sono le risposte ma la giustificazione più frequente è
l’impossibilità di espandersi soddisfacentemente in un settore ormai ritenuto saturo e la ricerca in altri mercati
di occasioni più favorevoli.
26
DIVERSIFICAZIONE DELLE ATTIVITA’ → DIVERSIFICAZIONE DEI RISCHI DEL MERCATO, in quanto ciascuna
produzione sarà assoggettata alle aree correnti nel particolare mercato cui sarà destinata.
7. La strategia di espansione internazionale
CONSEGUENZA dell’espansione internazionale: collocare all’estero parte della propria produzione o di centrare
con le fasi/ interi cicli produttivi in Paesi dove è possibile avvantaggiarsi di più bassi costi di lavoro.
Diversificazione → consente di diversificare merceologicamente i rischi d’impresa → FRA PRODUZIONI DIVERSE
Espansione internazionale → permette di bilanciare i contrapposti fenomeni → FRA PAESI DIVERSI
LE FASI PRINCIPALI DEL PROCESSO DI ESPANSIONE INTERNAZIONALE SONO:
o
o
o
o
o
Esportazione di prodotti fabbricati esclusivamente in patria;
Stipula di accordi di licenza compiuto e stranieri percezione di brevetti, know-how;
Attuazione d’investimenti diretti per la creazione lettera di proprie strutture distributive;
Avviamento in altri paesi di impianti di montaggio di stabilimenti di produzione a ciclo completo;
Organizzazione multinazionale;
ESPLORAZIONE
PRODUZIONE INDIRETTA
VENDITA DIRETTA
PRODUZIONE E VENDITA DIRETTA
ORGANIZZAZIONE DI UNITA’ AZIENDALI INTEGRATE
CICLO
Il processo di espansione multinazionale della gestione si fonda soprattutto sulla qualità del management aziendale.
La capacità manageriale va infatti considerata non solo come fattore interno da sfruttare col procedere dello sviluppo
dimensionale, ma anche come RISORSA basilare per avviare un processo.
8. Le modalità di realizzazione delle strategie di sviluppo: il ruolo degli accordi strategici tra imprese
L’Aspetto+nuovo nell’organizzazione degli accordi tra imprese → RETE (NETWORK)
27
La costituzione dell’impresa rete si fonda sul ricorso ad alleanze strategiche tra aziende che sembrerebbe
decisamente orientate verso di trasversali che colleghino più stakeholder ( concorrenti, fornitori ecc.)
La rete è la risposta non solo all’ampliarsi dell’interconnessione mercati di vendita, dipendenze della finanza, ma
anche soprattutto la risposta all’esigenza di procedere sulla strada dell’efficienza fondata sull’economia delle
relazioni.
Riorganizzazione aziendale che si fonda su 2 pilastri fondamentali:
 RICERCA DELL’EFFICIENZA;
 SOLIDARIETA’ TRA STAKEHOLDER.
9. L’esigenza di cambiamento strategico e l’inerzia organizzativa
PROBLEMA CENTRALE AZIENDALE: esigenza di modificare comportamenti strategici in essere per incontrare i
mutamenti ambientali e di mercato.
→ NESSUNA IMPRESA PUO’ PENSARE DI SOPRAVVIVERE SENZA CAMBIAMENTI
L’imprenditore deve fermarsi a riflettere e intuire quando opportuno disegnare una nuova strategia.
RIFLETTERE SU:
 ANDAMENTO E POSIZIONE DETENUTA NEL MERCATO;
 RISULTATI REDDITUALI.
L’imprenditore potrà e dovrà decidere se è necessario un mutamento radicale dei comportamenti gestione, se
tale mutamento è urgente, se il disegno inizialmente immaginato appare complessivamente ancora sostenibile,
se le risorse risultano compatibili, se i rischi sono ritenuti tollerabili, se l’organizzazione può essere
positivamente coinvolta in un programma strategico di forte impatto sulle logiche aziendali.
TRASFORMAZIONE DEL DISEGNO DEVE ESSERE:
1. Nella definizione degli obiettivi generali da scomporre successivamente in obiettivi analitici;
1. Nell’individuazione delle innovazioni da promuovere;
1. Nella quantificazione delle risorse da impegnare;
1. Nella scansione dei tempi di realizzazione;
1. Nell’attribuzione delle responsabilità a livello di governance;
CI VUOLE → FORTE CAPACITA’ IMPRENDITORIALE PER AVVERTIRE TEMPESTIVAMENTE L’ESIGENZA DEL NUOVO
PARADIGMA E PER SUPERARE L’INERZIA ORGANIZZATIVA. SAPER COGLIERE I SEGNALI DEBOLI, OPPORSI ALLE
RESISTENZE AL CAMBIAMENTO E PROCEDERE CON I TEMPI GIUSTI ALL’INNOVAZIONE STRATEGICA.
CAPITOLO 8: L’ORGANIZZAZIONE DELL’IMPRESA: MODELLI E PROBLEMI DI PROGETTAZIONE
1. Il ruolo del management;
Responsabilità dell’efficienza nell’impiego del fattore umano, dei mezzi finanziari, delle competenze
tecnologiche e commerciali.
 Organizzare le risorse;
 Programmare il ciclo operativo e controllarne gli esiti;
 Motivare il personale.
28
2. Il processo di direzione aziendale;
La funzione di direzione richiede l’assunzione simultanea di atti di decisione, di impiego delle risorse, di
conduzione degli uomini e di valutazione delle prestazioni, secondo un ciclo integrato che prevede lo sviluppo di
più momenti o fasi strettamente interdipendenti.
Ogni attività va: PROGRAMMATA, ORGANIZZATA, GUIDATA E CONTROLLATA.
PROGRAMMAZIONEORGANIZZAZIONE- CONDUZIONECONTROLLO
FASI CHE SI RINNOVANO DURANTE
LA GESTIONE, DANNO CORPO A
DISTINTE FUNZIONI DI DIREZIONE.
CICLO INFORMATIVO PER LA DIREZIONE: attiva un ciclo formativo perché il CONTROLLO produce informazioni, la
PROGRAMMAZIONE richiede l’integrazione di dati così ottenuti con quelli relativi al contesto esterno, la
CONDUZIONE comporta il trasferimento di informazioni da chi dirige a chi esegue e, infine chi esegue deve
trasmettere i risultati della propria attività agli organi di CONTROLLO.
3. La funzione organizzativa;
DEF. ORGANIZZARE: ordinare un sistema in parti interdipendenti e correlate, ciascun avente una specifica
funzione rapporto rispetto al complesso. In senso aziendale, le parti sono gli organi dell’impresa e
l’organizzazione si rivolge in primo luogo a disciplinare i compiti, i poteri e le responsabilità che ciascuno di
questi dovrà assumere nel corso della gestione.
SCOPO ORG.: ordinare i compiti, responsabilità in relazione alle forze personali presenti nell’impresa. Essa
concerne i soggetti dell’attività aziendale e si rivolge a creare le condizioni per lo svolgimento di più azioni
efficienti del processo di gestione.
Definisce, quindi:
o I centri decisionali;
o L’autorità e la responsabilità da attribuire a ciascuna unità organizzativa;
o Le relazioni formali da attivare fra i vari centri;
o Le procedure di decisione, di informazione e di esecuzione;
Lo scopo della funzione organizzativa è l’ottenimento di condizioni di massima efficienza operativa mediante la
suddivisione e specializzazione delle attività e l’opportuna loro coordinazione in un sistema integrato di obiettivi,
poteri e responsabilità.
I problemi dell’organizzazione possono essere inquadrati secondo un duplice profilo:
ASPETTO STRUTTURALE E COMPORTAMENTO DEL SISTEMA ORGANIZZATIVO.
29
4. Le scelte organizzative;
La progettazione dell’organizzazione richiede la definizione degli obiettivi da raggiungere mediante il processo
organizzativo.
CAPIRE PRIMA SE SI TRATTA DI ORGANIZZARE UNA NUOVA AZIENDA O RIORGANIZZARE AZIENDA GIA’
FUNZIONANTE
X NUOVA IMPRESA elementi fondamentali:
o La natura e le modalità di realizzazione dell’attività aziendale;
o L’investimento organizzativo;
o Le risorse umane disponibili.
X IMPRESA GIA’ FUNZIONANTE bisogna riorganizzare vincoli:
o Capacità professionali disponibili nel mercato;
o Investimento che si può sostenere;
o Costi fissi di lavoro sopportabili.
VINCOLI DI NATURA UMANA
ED ECONOMICA
→ Bisogna bilanciare potenzialità-elasticità-economicità dell’organizzazione per sfruttare al meglio le
opportunità connesse con la strategia aziendale (POTENZIALITA’) e per consentire di far evolvere la struttura
aziendale in fz dei mutamenti del contesto esterno e quindi dei comportamenti imprenditoriali (ELASTICITA’).
5. I modelli di struttura organizzativa;
SCELTE DA PRENDERE PER QUANTO RIGUARDA STRUTTURA ORG.:
1. Grado di decentramento dei poteri: determinare i livelli organizzativi;
2. Criteri di specializzazione dei compiti.
Piccole imprese → strutture elementari, caratterizzate dall’accentramento del governo aziendale in una sola
persona o in un ristretto gruppo di persone, dalla divisione di responsabilità prevalentemente operative per aree
funzionali fondamentali e dalla ridotta formalizzazione sia dell’assetto organizzativo sia delle procedure
operative ed informative. → STRUTTURA SEMPLICE
Al crescere delle dimensioni dell’organico e a complicarsi dei problemi di coordinamento del lavoro→
STRUTTURA FORMALE→ che stabilisca in modo chiaro l’assetto delle funzioni, dei poteri e delle responsabilità
all’interno dell’impresa.
MODELLO FUNZIONALE
PRIMA→ DEFINIZIONE DI FUNZIONE= UN INSIEME DI COMPITI O MANSIONI COMPLEMENTARI E
INTERDIPENDENTI RISPETTO AD UN FINE
30
L’organizzazione funzionale
contribuisce ad esaltare il livello di
specializzazione delle singole aree
operative, suddividendo il processo
gestionale in rapporto alla diversa
natura dei problemi da amministrare.
P. di Debolezza.= minor
coordinamento tra le diverse aree di
responsabilità e minor spinta
all’innovazione.
Il modello funzionale si caratterizza per la SUDDIVISIONE delle aree di responsabilità per gruppi di compiti, cioè
per la ripartizione delle competenze in termini di funzione primaria della gestione.
FUNZIONI ORGANICHE:
o Universalità, cioè la loro presenza in tutti i sistemi dello stesso tipo;
o Essenzialità rispetto al conseguimento delle finalità primarie del sistema; →
o Possibilità di suddivisione per linee gerarchiche;
o Impossibilità di aggregazione con altra funzione;
FZ ORGANICHE
CRESCONO CON LO
SVILUPPO AZIENDALE
AZIENDE DIVERSIFICATE→ MODELLO DI STRUTTURA DIVISIONALE/ MULTIDIVISIONALE
Il criterio generale è quello di decentrare le
funzioni che possono ritrarre i maggiori
benefici dalla specializzazione e di accentrare
quelle che richiedono un più elevato
coordinamento sul piano aziendale(come la
finanza) o che consentono maggiori economie
di scala o d’interrelazione
(approvvigionamenti e la ricerca e sviluppo).
Il modello divisionale comporta il frazionamento dell’organizzazione aziendale in due parti, ciascuna delle quali
potrebbe rappresentare un’impresa a sé stante e costituire un centro di profitto affidato a un diverso capo.
31
SCOPO: a focalizzare l’attenzione sui risultati anziché sui compiti. Si punta a stimolare il senso imprenditoriale
creando situazioni di conflitto e di competizione. Ciò comporta la presenza all’interno dell’organizzazione di
quadri direttivi di elevato livello professionale.
MENO FREQUENTE IL CRITERIO DIVISIONALE APPLICATO IN SENSO TERRITORIALE.
6. Le strutture organizzative flessibili e innovative: l’organizzazione per processi, a rete, per
progetto e per matrice;
Flessibili perché → in grado di agevolare la composizione e ricomposizione dei processi di gestione in funzione
delle esigenze innovative.
 ORGANIZZAZIONE PER PROCESSI
La logica della gestione per processi consente di superare le tradizionali barriere funzionali e di operare in
rapporto ad obiettivi globali, il cui raggiungimento è facilitato dall’anticipata finalizzazione e coordinamento di
tutte le attività sequenzialmente interrelate.
Organizzare per processi significa superare i modelli funzionali e divisionali, per adottare strutture più elastiche,
in grado di adattarsi a comportamenti gestionali in un ambiente in rapido mutamento.
 ORGANIZZAZIONE A RETE
E’ fondata sull’instaurazione di relazioni strette tra più parti dell’impresa e tra quest’ultima, i fornitori e clienti.
La rete rispondere esigenza di conferire velocità festività ed efficienza all’operatività aziendale.
L’organizzazione a rete si avvicina a quella per processo, da cui si distingue per il minore grado di strutturazione.
 ORGANIZZAZIONE PER PROGETTO
Rappresenta un’ulteriore articolazione della struttura funzionale.
In sostanza, per compiti di segnata importanza si procede alla nomina di un capo progetto, coadiuvato da un
team di specialisti estratte dalle varie linee funzionali.
Questi lavorano alle dipendenze del responsabile del progetto fino al completamento del progetto stesso, dopo
di che il gruppo si scioglierà.
Nell’impresa potranno essere creati più gruppi responsabili diversi progetti con la conseguenza che il modello
basa sarà integrato temporaneamente da una struttura per progetti. Quest’ultima funzionerà in modo efficiente
se le stesse risorse umane potranno essere impiegate in progetti differenti, cioè se l’azienda disporrà di capacità
tecniche in grado di trattare problemi di volta in volta diversi.
 ORGANIZZAZIONE PER MATRICE
Rappresenta l’istituzionalizzazione di quella per progetto, in quanto la struttura aziendale assume un carattere
reticolare con intreccio di competenze funzionali e per progetto.
32
La costruzione della struttura organizzativa deve essere completata mediante al definizione dell’AMPIEZZA E DEI
LIMITI DELLA DELEGA DEI POTERI DIREZIONALI.
I caratteri di velocità e di maggiore creatività del lavoro nelle imprese spingono difatti a preferire strutture
appiattite o corte, all’interno delle quali i processi di informazione e di decisione si possano svolgere senza il
vincolo di troppi filtri gerarchici istituzionalizzati. La struttura corta consente un migliore rapporto tra organi
direttivi ed esecutivi, accorciando canali di comunicazione e consentendo di sviluppare meglio le relazioni
interpersonali.
33
AMPIEZZA DEL CONTROLLO DIRETTIVO →
definisce le dimensioni del gruppo che può
essere guidato da un unico dirigente, mediante
la considerazione di un insieme di fattori
specifici e generali, quali temperature di attività
da controllare, la capacità dei subordinati di
controllo impiegabili.
7. La definizione delle procedure decisionali ed operative;
ROUTINE OPERATIVE: queste possono essere programmate in fase di avviamento dell’impresa ma si
arricchiscono per effetto dell’accumulazione di conoscenze dell’organizzazione.
Il patrimonio di routine rappresenta il frutto del funzionamento della struttura del trasferimento delle
esperienze compiute dei singoli in regole valide in senso generale.
4 TIPI DI PROCEDURE/ROUTINE:
a) Procedure operative, intese a disciplinare lo svolgimento di attività ripetitive;
b) Procedure di controllo, dirette a seguire gli andamenti di gestione;
c) Procedure di informazione, con scopo di alimentare i flussi di conoscenza;
d) Procedure decisionali, rivolte a definire gli interventi e i ruoli rivestiti nell’assunzione delle decisioni.
Le procedure stabiliscono delle NORME di comportamento adottabili in modo ricorrente nel tempo per la
soluzione di problemi similari che si traducono in regole decisionali od operative.
VEDI ESEMPI PAGINA 151-152
34
8. Considerazioni di sintesi sul rapporto tra scelte organizzative ed efficienza aziendale.
LA FUNZIONALITÀ ORGANIZZATIVA È UNO DEI PRESUPPOSTI FONDAMENTALI DELL’EFFICIENZA GESTIONALE.
CAPITOLO 9: IL PROCESSO DI PROGRAMMAZIONE DELLA GESTIONE
1. La funzione di programmazione aziendale;
DEF. PROGRAMMA Dal Greco= “ SCRIVERE PRIMA” → processo di PRE-determinazione degli obiettivi, delle
politiche e delle attività da compiere entro un determinato periodo di tempo.
IN AZIENDA SIGNIFICA: assumere in anticipo un complesso di decisioni attinenti alla gestione futura.
RAPPORTO PREVISIONE-PROGRAMMAZIONE
PREVISIONE: tentativo di anticipazione dei futuri andamenti di certe variabili mediante il quale si ottengono delle
informazioni essenziali per orientare i comportamenti e le scelte aziendali.
NO PREDETERMINAZIONE MA VALUTAZIONE anticipata di fenomeni e fatti interessanti la vita dell’impresa.
PROGRAMMAZIONE: decidere cosa fare e come farlo e quando farlo.
Aspetti nuovi: FORMA E METODO → Il carattere formale si sostanzia nello svolgimento di una procedura
codificata, che porta alla materiale redazione di un piano, in cui sono specificati gli obiettivi, le politiche da
adottare e i mezzi da impiegare e le operazioni da compiere entro certi periodi di tempo.
La programmazione può avvenire per singoli settori o funzioni (PIANI SETTORIALI) oppure in modo integrale per
l’intera gestione aziendale (PROGRAMMA GENERALE).
La programmazione è necessaria per coordinare le operazioni ricorrenti di gestione (PROGRAMMAZIONE DI
ESERCIZIO) sia per promuovere l’innovazione (PROGRAMMAZIONE DI LUNGO TERMINE).
PROGR. DI ESERCIZIO → diretta ad preordinare le attività correnti nell’ambito delle risorse disponibili; BV
TERMINE
35
PROGR. DI LUNGO TERMINE → rivolta a modificare il sistema di risorse in funzione degli obiettivi di tempo
lungo;
Il processo di programmazione per essere efficace si traduce in un sistema di piani distinto secondo:




3
I contenuti (piani strategici o innovativi e piani operativi o di adattamento);
L’ambito gestionale (piani globali);
L’orizzonte temporale (piani di lungo e breve termine);
Il grado di analisi (piani-progetto e piani esecutivi );
SI POSSONO
COMBINARE FRA DI
LORO
Il disegno strategico rivolto alla crescita comporta
sempre un processo di investimento e un
adattamento dell’organizzazione, per cui il piano
strategico può essere idealmente suddiviso nel piano
di sviluppo, di investimenti e organizzativo.
Il piano strategico dovrà essere poi articolato in piani
di breve termine che costituiranno la
programmazione di esercizio.
TECNICA SCORRIMENTO: consiste nell’aggiungere
anno per anno un nuovo segmento annuale dopo
aver eventualmente rettificato i valori dei segmenti
precedenti in rapporto ai risultati raggiunti.
FORMALIZZAZIONE-QUANTIFICAZIONE-INTEGRAZIONE-PLURIENNALITA’
2. Il processo di costruzione dei piani aziendali;
LA PROGRAMMAZIONE E’ COSTITUITA DA:
a)
b)
c)
d)
INTERRELAZIONE
OBIETTIVI → traguardi cui dovrà tendere l’organizzazione;
POLITICHE → linee generali di azione;
ATTIVITA’ / OPERAZIONI → flussi di operazioni da attuare durante la gestione;
RISORSE → opportunità-vincoli da rispettare lungo lo svolgimento di tali operazioni.
Il processo di costruzione di piani assume un carattere chiaramente iterativo, ovvero si realizza mediante un
percorso di approssimazioni successive fin quando non si arriva ad un EQUILIBRIO tra i tre elementi della
programmazione (OBIETTIVI-POLITICHE-RISORSE).
L’iperattività si compagna al processo di contrattazione tra l’accettazione dei traguardi assegnati dal vertice alla
struttura organizzativa e le risorse richieste dei vari responsabili per potere garantire il raggiungimento degli
obiettivi così definiti.
L’impresa è protesa a massimizzare i risultati di gestione entro i limiti posti dall’ambiente esterno e della
struttura interna (RISORSE); per far ciò essa stabilisce un insieme di politiche che consentano di ottenere gli
obiettivi di periodo.
36
BUDGET ECONOMICO: documento contabile che traduce, in termini di costi ricavi, le scelte e le operazioni
stabilito nel piano. Il budget è definito anche come un conto profitti e perdite anticipato perché tende a
predeterminare il risultato della futura gestione.
→ UTILE sia sotto profilo decisionale e di controllo, con esso infatti si riescono a valorizzare economicamente le
decisioni programmate e valutare l’opportunità di attuarle o di modificarle prima di tradurle in operazioni di
gestione.
BUDGET FINANZIARIO: che considera gli usi e le fonti di capitale, in modo da predeterminare il saldo finanziario
dell’esercizio.
PROGRAMMAZIONE BASATA SULL’ANALISI DEL DIVARIO → GAP ANALYSIS
Con questa impostazione l’impresa tende
ad imporre i suoi obiettivi al mercato,
sfruttando le opportunità di mutamento
delle sue politiche di gestione.
A seconda dell’entità del divario, essa
deciderà se insistere nei comportamenti
adottati in passato o se procedere a delle
innovazioni nei segmenti fondamentali
della gestione.
3. Le premesse previsionali e la flessibilità dei piani;
I programmi sono definiti in rapporto ad un insieme di premesse legate alla previsione dell’andamento dei
fenomeni interessanti la vita dell’impresa; premesse quindi che possono o no trovare verificazione nel corso
della gestione.
Le premesse rappresentano degli assunti circa il futuro svolgimento dell’attività aziendale.
Esse sono distinguibili in tre tipi:
1. NON CONTROLLABILI (es. inflazione, imposizione fiscale);
→ FORMUNALRE PREVISIONI
2. SEMICONTROLLABILI (es. turnover personale);
3. CONTROLLABILI (es. ingresso in nuovi mercati, adozione di un programma impegnativo di ricerca e
sviluppo).
CARATTERE FLESSIBILE in modo da adattare ai mutamenti che si presentano nel mercato e nel più vasto contesto
ambientale.
37
4. La programmazione strategica ed operativa;
Ogni impresa opera entro un sistema fondamentale di vincoli.
VINCOLI INTERNI:
•
•
•
•
POTENZIALITA’ DI PRODUZIONE
POTENZIALITA’ ORGANIZZATIVA
POTENZIALITA’ FINANZIARIA
POTENZIALITA’ ECONOMICO-STRUTTURALE
VINCOLI ESTERNI:
•
•
•
•
VARIABILI DA MODIFICARE PER
PERSEGUIRE DETERMINATI OBIETTIVI DI
ESPANSIONE DEL SISTEMA AZIENDALE.
CRESCITA DELLA DOMANDA
PRESSIONE DELLA CONCORRENZA
PROGRESSO TECNOLOGICO
REGOLAMENTAZIONE PUBBLICA
Ob.PROGR. LUNGO TERMINE →
MODIFICARE SISTEMA VINCOLI
Ob.PROGR. BREVE TERMINE → ADATTARE
L’ATTIVITA’ CORRENTE AI VINCOLI INTERNI
ED ESTERNI ALLA GESTIONE AZIENDALE.
La programmazione a breve termine consiste nel preordinare le operazioni di gestione secondo gli obiettivi
fissati per l’esercizio annuale. PROGRAMMAZIONE DI ADATTAMENTO
L’attuazione di un efficace processo di programmazione deve fondarsi su una buona funzione di controllo
dell’efficienza aziendale. Quest’ultima rappresenta il fattore chiave soprattutto in periodi di crisi e di turbolenza
quali quelli che il mondo occidentale sta attraversando da qualche tempo. La programmazione è certamente lo
strumento fondamentale per il coordinamento della gestione perché consente di organizzare in via anticipata lo
svolgimento dell’attività aziendale ma dev’essere sempre accompagnata da un efficace controllo direzionale.
38
5. Il “business plan”;
BUSINESS PLAN: documento che rappresenta i contenuti e le caratteristiche di un progetto imprenditoriale allo
scopo di valutarne la FATTIBILITA’.
E’ un vero e proprio PIANO AZIENDALE nel quale si definiscono obiettivi, quale tipo di organizzazione allestire,
come attuare principali funzioni operative, quali investimenti promuovere, quali risorse finanziarie impegnare.
→ Documento complesso di programmazione che deve tratteggiare anticipatamente il nuovo disegno di
gestione, valutandone la reale fattibilità in termini organizzativi, economici e finanziari. Assume grande rilievo la
stima delle risorse umane e finanziari necessarie.
B.P. HA UNA Rilevanza prevalentemente interna, essere cioè di conforto per l’imprenditore investitore, oppure
essere destinato ad un utilizzo esterno, inteso a ricercare eventuali finanziatori del progetto imprenditoriale.
BUSINESS IDEA: composta da 3 elementi
 Il sistema prodotto, che identifica l’offerta;
 Il segmento di mercato, la tipologia di clienti;
 Le risorse interne.
Solo quando questi 3 elementi sono
coerenti ci si può formare un sistema per la
dominanza competitiva.
Il cuore del piano di impresa è rappresentato dalle scelte strategiche assunte dalla compagine imprenditoriale:
una prima metà del business plan ruota attorno alla definizione di una chiara mission e di una solida strategia
aziendale, con il supporto di informazioni e dati relativi al mercato, al settore, alla specifica area strategica di
affari, al territorio, ai potenziali clienti, ai concorrenti, alle opportunità e minacce provenienti dall’ambiente
esterno.
IL PIANO DI IMPRESA
•
Il piano di impresa si apre con un sommario EXECUTIVE SUMMARY che costituisce un documento di
riepilogo in cui si presentano brevemente natura e finalità del progetto, evidenziando la mission
aziendale e l’essenza della business idea; si indicano i prodotti e servizi che si intendono offrire
sottolineando i vantaggi per la clientela e i punti di forza rispetto ai concorrenti; le opportunità di
mercato che si ritiene di poter cogliere; si valuta la dimensione del mercato, indicando le strategie da
tutta lare nonché i risultati economici finanziari attesi.
•
PRIMA PARTE→ INFO RELATIVE A IDEA IMPRENDITORIALE E COMPAGINE AZIENDALE: l’idea va
identificata nelle sue componenti essenziali, presentandone l’unicità dei punti di forza, motivazioni
sottostanti la scelta di modalità di implementazione. La valutazione dell’attività deve essere riferita a un
arco temporale di almeno 5 anni. Si devono fornire info sulla società e sulla localizzazione delle attività.
•
SECONDA PARTE→ DEFINIZIONE PIANI OPERATIVI: piano di marketing, piano delle vendite, piano di
produzione, piano degli approvvigionamenti, piano degli investimenti, piano economico-finanziario, che
devono essere coerenti fra di loro e rispetto alle scelte strategiche.
39
LA STESURA DEI PIANI SU BASE PREVISIONALE!
Dalla previsione delle vendite dipendono molte delle
grandezze che saranno utilizzate per costruire il piano di
produzione, il piano degli investimenti, il piano degli
approvvigionamenti, il piano economico- finanziario.
L’analisi di fattibilità economico finanziaria deve chiudersi con l’indicazione dei capitali necessari per avviare a
sostenere l’attività e delle forme di finanziamento che saranno utilizzate per coprire il fabbisogno.
FUNZIONI BUSINESS PLAN:
o Strumento di pianificazione e controllo;
o Rappresenta un’occasione di riflessione per l’imprenditore;
o Strumento di comunicazione esterna.
40
CAPITOLO 10: IL SISTEMA DI CONTROLLO DIREZIONALE
1. La funzione di controllo direzionale;
Il processo di controllo direzionale s’interpone tra quelli decisionali ed operativo allo SCOPO di assicurare che le
scelte siano correttamente attuate a livello d’amministrazione e della direzione aziendale.
Il controllo serve anche a valutare la bontà delle decisioni prese e anche di quelle da formulare.
Esso è necessario per garantire l’ordinato svolgimento dell’attività aziendale che si diffonde a qualsiasi livello e a
qualsiasi posizione organizzativa.
MARCATA EVOLUZIONE DEL CONTROLLO: esso, anziché essere considerato come elemento necessario a
disciplinare e soprattutto a vincolare l’azione degli uomini inseriti nell’organizzazione, è inteso come MEZZO di
guida del lavoro e delle funzioni svolte a qualsiasi piano della struttura.
SCOPO: stimolare automaticamente gli interventi di correzione e favorire lo spirito d’iniziativa del personale.
a)
b)
c)
d)
In via antecedente rispetto all’azione;
In via concomitante allo svolgimento dell’azione;
In via susseguente per mezzo della determinazione di valori e indici di efficienza aziendale;
In via prospettica mediante il controllo strategico;
2. Il controllo concomitante e susseguente;
L’attuazione di una gestione programmata (controllo antecedente) consente l’esplicazione di una funzione
concomitante di controllo operativo.
Lo schema di controllo si compone di 4 elementi:
▪
DETERMINAZIONE OBIETTIVI:
La fissazione degli obiettivi è un momento particolarmente delicato perché se essi non sono realistici e
chiaramente definiti, sarà difficile attribuire la dovuta efficacia alle successive fasi di misurazione e di
analisi dei risultati conseguiti.
41
▪
RILEVAZIONE PERIODICA DEI RISULTATI:
La rilevazione dei risultati abbisogna di un’organizzazione efficiente. È necessario, ottenere
tempestivamente i dati sulle prestazioni, raccogliendoli dove si generano e sottoponendoli al processo
di elaborazione. In ogni azienda è buona norma stabilire un sistema di reporting.
▪
ANALISI CAUSALE DEGLI SCOSTAMENTI:
L’analisi causale è momento di grande importanza perché deve fornire elementi preziosi sulla genesi
delle deviazioni. Un’analisi non corretta può orientare in modo sbagliato gli interventi di gestione.
▪
INTERVENTI CORRETTIVI:
La fase degli interventi correttivi è elemento qualificante perché la logica di tale tipo di controllo è di
verificare la concordanza tra obiettivi e risultati.
Gli interventi di correzione possono avere per oggetto il livello delle prestazioni ottenibili nell’organizzazione o
direttamente i piani. I primi tendono a riportare l’attività in linea con la programmazione; i secondi hanno invece
per scopo il riadeguamento di quest’ultima alle mutate condizioni interne ed esterne di svolgimento della
gestione.
LE FASI PIÙ DELICATE SONO LA FISSAZIONE DEGLI OBIETTIVI E L’ANALISI CUASALE.
ESEMPIO
NEL CAMPO
VENDITE
MBO
PAG. 178-9
3. Il controllo strategico o prospettico;
LIMITI DEL CONTROLLO:
 RAPPORTO DI INTERDIPENDENZA NEI CONFRONTI DEL SISTEMA DI PROGRAMMAZIONE ADOTTATO
NELL’IMPRESA (PERCHE’ IL CONTROLLO SI BASA SU DUE PIANI);
 DIFFICOLTA’ DI AMPLIARE LE ANALISI A LIVELLO DELL’INTERA STRUTTURA ORGANIZZATIVA AZIENDALE;
42
Se il controllo è inteso soprattutto come completamento della programmazione, il suo campo di riferimento è
delimitato dal tipo di programmazione attuato: è chiaro che se l’azienda formula soltanto piani di breve termine,
la proiezione del controllo non potrà andare al di là di questo limite temporale. Se invece l’azienda perverrà alla
costruzione di un piano strategico → controllo strategico, avendo come riferimento il tempo lungo.
Il secondo limite del controllo può essere rappresentato dalla sua incapacità a cogliere disfunzioni o inefficienze
dell’organizzazione nel suo complesso → il controllo porta ad individuare certe aree specifiche di scarsa
efficienza MA non si spinge a valutare la rispondenza del modello base dell’organizzazione o il corretto impiego
degli uomini che in questa organizzazione si trovano ad operare.
→ NECESSITA’ DI UN NUOVO TIPO DI CONTROLLO → CONTROLLO STRATEGICO + OBIETTIVO –> CONTROLLO
GLOBALE
CONTROLLO STRATEGICO DEVE VERIFICARE:
a) Congruenza esterna del comportamento strategico dell’azienda;
b) Congruenza organizzativa tra strategia e struttura dell’azienda;
c) Efficienza del sistema e qualità dei responsabili di direzione.
Def. Il controllo strategico permette di valutare se le scelte di tempo lungo conservano la loro validità.
Mira ad anticipare esigenze di cambiamento della programmazione di tempo lungo e dell’assetto
dell’organizzazione. ALLUNGAMENTO DEL QUADRO DI CONTROLLO.
Il controllo strategico tende a valutare l’efficienza del sistema di direzione.
Il controllo strategico CONDIZIONA:
-la formulazione e l’aggiornamento della strategia
-le scelte di fondo e le successive revisioni in materia di organizzazione.
Con la VERIFICA del grado di avanzamento della tecnologia direzionale e della sua compatibilità con gli uomini
inseriti nell’impresa completa l’iter del controllo strategico dell’azienda.
CHECK-UP : FAR EMERGERE STATI PATOLOGICI + VALUTARE POTENZIALITÀ NON SFRUTTATE O SFRUTTATE
POCO.
4. L’organizzazione della funzione direzionale di controllo;
Il controllo è complementare alla fz di programmazione sotto un duplice profilo: quello del rispetto dei piani di
gestione formulati e quello dell’orientamento delle successive scelte di programmazione.
OBIETTIVI X UN EFFICACE SISTEMA DI CONTROLLO DI DIREZIONE:
 EQUILIBRARE LE ESIGENZE DI CREATIVITA’ E CONFORMITA’ NEL FUNZIONAMENTO
DELL’ORGANIZZAZIONE;
 EVITARE L’ECCESSIVA PROLIFERAZIONE DEI CONTROLLI;
 IMPIEGARE TECNICHE E STRUMENTI ADEGUATI IN LINEA CON LE RISORSE PROFESSIONALI E FINANZIARIE
DELL’IMPRESA.
43
CAPITOLO 11: LA FUNZIONE DI CONDUZIONE DEL PERSONALE: MOTIVAZIONE, STILE DI DIREZIONE E
“LEADERSHIP
1. La conduzione delle risorse umane ed i problemi della motivazione;
La funzione di conduzione ha per OBIETTIVO l’ottenimento del miglior rendimento dell’organizzazione e riguarda
i pb d’impiego e di guida delle risorse umane presenti in azienda. Dirigere significa “far sì che altri realizzino certe
attività” e l’abilità direttiva si misura anche in rapporto al clima delle relazioni di lavoro creato nell’azienda.
RIVISITAZIONE DEL Concetto di UOMO: L’organizzazione scientifica del lavoro è partita da una visone
meccanicistica del ruolo dell’uomo, visto come strumento o meccanismo da far funzionare all’interno della
macchina aziendale, e non come individuo da motivare o far partecipe alle scelte. (scuola sistemica)
SI PASSA QUINDI
DA UNA DIREZIONE DI TIPO AUTOCRATICO (AUTORITA’)→ DIREZIONE PARTECIPATIVA BASATA SUL CONSENSO
Lo stile partecipativo si basa sul controllo legato alla motivazione, sull’autocontrollo.
→ nella realtà, nelle imprese non viene applicato né l’uno né l’altro perché il funzionamento di qualsiasi
organizzazione richiede l’esistenza di una gerarchia intorno a cui costruire, mediante la motivazione, dei rapporti
di consenso e collaborazione.
PERCIO’ CI VUOLE INTEGRAZIONE TRA ASPETTI INDIVIDUALI E AZIENDALI!!
Il principio dell’identificazione con l’organizzazione è alla base della motivazione delle risorse umane che
lavorano in azienda.
IL PROBLEMA MOTIVAZIONALE può essere scomposto in due parti: nella motivazione a partecipare, che induce
l’individuo ad accettare l’inserimento in azienda, e nella motivazione a produrre, che spinge ad assicurare la
produttività richiesta dall’organizzazione stessa. I due tipi di motivazione rispondono a stimoli diversi e
richiedono l’adozione di differenti politiche, tecniche ed incentivi.
TEORIA DEI BISOGNI DI MASLOW: secondo questa teoria l’individuo punterebbe alla soddisfazione di una serie di
bisogni, ordinati lungo una scala crescente d’importanza. I bisogni individuati e posizionati sui vari gradini della
scala Maslowiana sono:





BISOGNI DI SUSSISTENZA, rappresentati dalle necessità fondamentali da soddisfare per sopravvivere;
BISOGNI DI SICUREZZA, costituiti dalle esigenze di protezione della persona, del patrimonio, del lavoro;
BISOGNI DI SOCIALITA’, rappresentati dalla necessità di sentirsi parte di un gruppo;
BISOGNI DI STIMA, reputazione o prestigio;
BISOGNI DI AUTOREALIZZAZIONE, rappresentati dalla convinzione di avere realizzato appieno le proprie
capacità professionali e morali.
Secondo questa impostazione, ogni individuo aspirerebbe a salire la scalinata dei bisogni, soddisfacendo
dapprima le necessità più elementari di sopravvivenza e poi mirando a situazioni di tranquillità personali e
familiari, creando vincoli affettivi all’interno dei gruppi di appartenenza, conquistando la stima da parte degli
altri appartenenti al gruppo e infine pervenendo all’ultimo gradino mediante la realizzazione piena delle proprie
capacità.
44
PUNTI CRITICI ALLA PIRAMIDE DI MASLOW:
o
o
o
o
La scalata verso i bisogni superiori non presuppone obbligatoriamente il soddisfacimento al 100% del
bisogno inferiore;
La separazione tra le varie categorie di bisogni è un fatto teorico;
L’ordinamento dei bisogni lungo la scala può non essere uguale per tutti;
La scala dei bisogni risente anche delle condizioni ambientali.
TEORIA DI HERZBERG: distingue in due grandi categorie i bisogni del lavoratore:
I BISOGNI SODDISFATTIVI, quelli che una volta appagati producono gratificazione e stimolano all’azione.
Fattori motivazionali → successo, crescita professionale, possibilità di promozione e di avanzamento.
I BISOGNI INSODDISFATTIVI, quelli che se non soddisfatti, generano frustrazione e determinano l’inazione.
Fattori igienici → politica dell’azienda e alla sua organizzazione, alla supervisione, alle relazioni interpersonali,
alle condizioni lavorative, alla retribuzione, allo status e alla sicurezza.
DA INCENTIVAZIONE ECONOMICA SI PASSA A COMPARTECIPAZIONE AI RISULTATI AZIENDALI, creare solidarietà
all’interno dell’organizzazione.
Ricompensa mista: formata in parte da una retribuzione fissa e in un’altra parte da un correspettivo legato
all’esito della gestione → MIGLIORE EFFICACIA PER FAR CRESCERE PRODUTTIVITA’ DEL LAVORO.
SCOPO→ IMPRENDITORIALITA’ COLLETTIVA, che consente all’impresa di rinnovarsi continuamente attraverso
l’innovazione, le decisioni e la capacità di adattamento di tutti i membri dell’organizzazione che operano in
collaborazione.
A prescindere dagli stimoli
di carattere economico,
sulle motivazioni a
partecipare ed a produrre
incidono lo stile di
direzione e la forma
(struttura)
dell’organizzazione.
45
2. Gli stili di direzione;
Lo stile di direzione = MODELLO DI GOVERNO DEI RAPPORTI DI LAVORO NELL’ORGANIZZAZIONE.
Esso tende ad assumere caratteristiche molto dissimili da impresa ad impresa, in funzione non solo della
struttura realizzativa adottata, ma anche della qualità degli organi direttivi impegnati.
Gli stili di direzione si ordinano lungo un continuum.
L’adozione di un modello è legato al sistema dei valori posseduto da chi dirige.
CONTINUUM
DA STILE AUTORITARIO A STILE PARTECIPATIVO O DEMOCRATICO
STILE AUTORITARIO: si lega ad una struttura fortemente accentrata del processo decisorio e se esercita
mediante il comando ed il controllo.
STILE PARTECIPATIVO O DEMOCRATICO: richiede una struttura decentrata del processo decisorio, al cui interno
sia possibile applicare i principi della delega e dell’autocontrollo. secondo questo modello, lo schema di
direzione prevede cioè il coinvolgimento dei subordinati nel processo di decisione, l’assunzione da parte di
questi di precise responsabilità E del controllo diretto dei risultati prodotti. Il capo esercita un ruolo d’impulso e
di coordinamento piuttosto che di controllo, assumendo la figura del LEADER.
MC GREGOR
TEORIA X: LA TEORIA DELLA DIREZIONE MEDIANTE IL CONTROLLO E IL COMANDO
a) L’uomo in generale detesta il lavoro;
b) Gli unici mezzi per ottenere ch’egli lavori sono i controlli e la minaccia;
c) L’obiettivo che si pone il lavoratore è quello della sicurezza, per cui evita il rischio di accollarsi
responsabilità e preferisce essere diretto piuttosto che assumere ruoli di leadership.
TEORIA Y: TEORIA DELLA DIREZIONE MEDIANTE L’INTEGRAZIONE DI OBIETTIVI INDIVIDUALI ED
ORGANIZZATIVI
a)
b)
c)
d)
Il lavoro è accettato dall’uomo con un fatto naturale;
L’uomo può esercitare l’autodisciplina e per lavorare non deve essere né controllato né minacciato;
L’uomo è disposto ad accettare le responsabilità per salire nella scala dei bisogni;
La capacità innovativa, l’immaginazione la fantasia creativa sono diffuse tra i lavoratori possono essere
sfruttate per risolvere i problemi organizzativi;
e) Le potenzialità medie dei lavoratori sono solo parzialmente messo tutto nelle attuali condizioni della
vita aziendale.
IMPO CREARE STRETTI LEGAMI NEL GRUPPO AZIENDALE—> PRINCIPIO DEL CLAN (Ouchi): consente di far leva sul
rapporto comune di lealtà verso l’azienda, in modo che la supervisione del comportamento e delle prestazioni
sia assicurata da forme di controllo sociale. ++ COOPERAZIONE
LEADERSHIP: questione di stile, di educazione, di equilibrio, di disponibilità, di apertura, ovvero di grandi valori umani. Per essere o
diventare un buon leader bisogna avere la capacità di trasmettere non solo problemi da risolvere ma sentimenti, sfide, voglia di
competere di affermarsi, tensione continua verso risultati. Il leader si misura costantemente con i problemi della traduzione
decisioni in operatività: la sua abilità è riposta sulla velocità del processo di realizzazione delle scelte e sul mantenimento della
coesione del gruppo di persone dirette.
46
3. La motivazione del personale mediante l’analisi e l’arricchimento delle mansioni;
Il ruolo di chi dirige è anche quello di valorizzare al meglio le risorse umane a disposizione
JOB ANALYSIS: cioè lo studio approfondito e sistematico delle singole posizioni organizzative, diretto a valutare
le caratteristiche delle operazioni e dei compiti ad esse connesse, le conoscenze e capacità richieste
all’esecutore e le responsabilità nei confronti di altre unità amministrative.
ESEMPIO DI ANALISI DELLA MANSIONE:
AMPLIAMENTO
VERTICALE
ISRTRUZIONE
ESPERIENZA ED ADDESTRAMENTO
COMPLESSITA’ DEI COMPITI
RESPONSABILITA’ PER LE DECISIONI
RESPONSABILITA’ PER LA SICUREZZA DI ALTRI
RESPONSABILITA’ PER IL LAVORO DI ALTRI
RESPONSABILITA’ PER I RAPPORTI CON GLI ALTRI
RESPONSABILITA’ PER LE INFORMAZIONI RISERVATE
AFFATICAMENTO MENTALE
SFORZO FISICO
RISCHI DI INFORTUNIO
CONDIZIONI AMBIENTALI
MEGLIO
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
Per migliorare il rendimento del fattore umano ci sono delle tecniche di variazione e di ampliamento delle
mansioni attribuite:
o ROTAZIONE;
o ESTENSIONE (JOB ENLARGMENT);
o ARRICCHIMENTO (JOB ENRICHMENT) delle mansioni di lavoro.
La possibilità di far ruotare l’individuo in mansioni diverse potrebbe concorrere a rendere meno monotona la
prestazione lavorativa e portare ad un accrescimento delle conoscenze e della preparazione professionale del
lavoratore. Questi risultati possono essere meglio raggiunti grazie ad un ampliamento della mansione (JOB
ENLARGMENT), che si concretizza nell’affidamento di cicli integrati di operazioni, in modo da attribuire
all’esecutore la responsabilità di un’attività completa.
47
CAPITOLO 12: IL SISTEMA INFORMATIVO E I PROCESSI DI GESTIONE DELLA CONOSCENZA
1. Il sistema informativo nell’organizzazione aziendale;
L’impresa necessita di essere coordinata nel suo funzionamento e gestita tenendo conto del crescente
dinamismo ambientale. Creare un accordo efficace tra tutti coloro che operano nell’organizzazione, promuovere
le innovazioni necessarie per fronteggiare i mutamenti ambientali è fondamentale per la sopravvivenza e il
successo aziendale.
ESSENZIALE IL RUOLO DELL’ INFORMAZIONE → contribuisce a coordinare il comportamento degli organi di
direzione e di esecuzione supportandoli nell’assunzione di decisioni e alimenta i processi di generazione della
conoscenza.
Le informazioni sono la materia prima che alimenta il processo decisionale di ogni azienda.
SISTEMA INFORMATIVO S.I. può fornire a sostegno di tutti i processi gestionali, rendendo disponibili le
informazioni che supportano sia i processi di assunzione delle decisioni che quelli esecutivi.
In ogni impresa occorre creare un adeguato sistema informativo che consenta l’informazione di fluire
nell’organizzazione.
S.I.
COMPOSTO DA:
o SISTEMA INFORMATIVO DIREZIONALE (S.I.D.), che elabora le info che sostengono
management;
o SISTEMA OPERATIVO, identifica una serie di sottosistemi eterogenei che forniscono il supporto
informativo per programmare lo svolgimento delle attività esecutive e per il loro controllo.
.operativo.
2. Le informazioni nella gestione aziendale;
L’informazione è indispensabile per attivare sia il sistema direttivo sia quello operativo in situazioni in cui è
necessario coordinare l’azione di uomini, di impianti, attrezzature nella realizzazione degli obiettivi gestionali.
Le informazioni devono essere create perché debbono rispondere alle esigenze degli utenti, vanno elaborate e
poi, trasmesse a chi deve procedere all’assunzione delle decisioni o alla promozione dei cicli operativi.
REQUISITI DI UNA BUONA INFORMAZIONE: chiarezza, precisione, completezza, tempestività ed economicità.
LE INFORMAZIONI SONO LA BASE DELLA CONOSCENZA CHE SI CREA NELL’IMPRESA E LA CONOSCENZA È LA BASE
DELL’INNOVAZIONE.
3. Gli elementi costituitivi di un sistema informativo;
Un sistema informativo è costituito da un insieme di elementi integrati e interagenti, deputati alla raccolta,
archiviazione, elaborazione di dati, allo scopo di produrre e distribuire le informazioni necessarie alla
pianificazione e all’attuazione dei processi aziendali. I principali elementi costitutivi di tale sistema sono:
48
o
o
o
o
Un patrimonio di dati → costituiscono l’imput, la materia prima grezza impiegata nel processo di
produzione di info; per una buona base bisogna integrare dati interni con dati esterni;
Un insieme di procedure → insieme di regole e norme da seguire per l’acquisizione e l’elaborazione dei
dati e la successiva diffusione delle informazioni generate;
Un insieme di mezzi e strumenti → diffusione tecnologie;
Un insieme di persone → ora componente umana sostituita dalle tecnologie online, ma comunque nella
loro analisi il sistema informativo richiede quell’ingegno e quella capacità di interpretazione tipica
dell’uomo.
4. Sistema informativo direzionale e Business Intelligence;
Il Sistema Informativo Direzionale identifica
quella porzione del Sistema Informativo
Aziendale che consente di produrre
informazioni e conoscenze necessarie per
supportare i processi decisionali e di controllo
attuati dal management aziendale.
Questa definizione evidenzia che il sistema
informativo direzionale:
o
o
Supporta tutte le posizioni organizzative che
partecipano al ciclo di direzione, assumendo
decisioni;
È in grado di produrre informazioni in
modalità push (per rispondere a fabbisogni
informativi predeterminati), oppure su
specifica richiesta dell’utente (pull).
BUSINESS INTELLIGENCE: INSIEME DI METODOLOGIE DI ANALISI CHE ESPLORANO I DATI PER RICAVARNE INFO E
CONOSCENZE UTILI NEI PROCESSI DECISIONALI. (VD TAB PAG.210)
49
5. Dall’elaborazione delle informazioni alla gestione delle conoscenze: knowledge management;
KNOWLEDGE MANAGEMENT: Informazione, deriva dall’interpretazione dei dati, cui viene associato un
significato dal punto di vista del soggetto. Conoscenza: generata dall’assimilazione dell’informazione, ossia
dall’integrazione dell’informazione con le informazioni precedentemente ottenute dal soggetto e costituite in un
sistema.
K.M. → APPROCCIO STRATEGICO che identifica nella conoscenza la risorsa da gestire al fine di
accrescere/migliorare le capacità di azione non soltanto dell’individuo ma dell’intera organizzazione aziendale.
OB: far circolare condividere la conoscenza che viene a crearsi all’interno dell’organizzazione aziendale.
OBIETTIVO –> DA CAPITALE UMANO A CAPITALE STRUTTURALE
2 FORME DIVERSE DI CONOSCENZA: TACITA ED ESPLICITA
CONOSCENZA TACITA è radicata nell’azione, nell’impegno e situata in uno specifico contesto; è la conoscenza
che gli individui acquisiscono ed esercitano nella pratica, ma che non sono in grado di esplicitare, descrivere
verbalmente, né di spiegare. “Sanno più di quello che riescono a dire”;
CONOSCENZA ESPLICITA, può essere codificata e trasmessa attraverso un linguaggio formale, mediante manuali,
procedure, codici, norme, database, prodotti.
SPIRALE DELLA CONOSCENZA
La creazione della conoscenza richiede un processo
dinamico di conversione che deve realizzarsi su due
livelli: dall’individuo all’organizzazione; dal sapere
tacito a quello esplicito ( e viceversa).
DA IMPLICITA A IMPLICITA → SOCIALIZZAZIONE
DA IMPLICITA A ESPLICITA → ESTERIORIZZAZIONE
DA ESPLICITA A ESPLICITA → COMBINAZIONE
DA ESPLICITA A IMPLICITA → INTERIORIZZAZIONE
La creazione di conoscenza nell’organizzazione ha come punto di partenza l’individuo e la dimensione tacita
della conoscenza di cui questo dispone, che ha prevalentemente origine da esperienze empiriche. La conoscenza
tacita non può essere trasferita attraverso le parole, ma può essere acquisita attraverso l’osservazione del
comportamento.
SPIRALE → osservando lavoro artigiano, creando interaction fields ossia campi di interazione, un individuo può
acquisire conoscenza dalla relazione diretta con altri attraverso l’osservazione e l’imitazione di comportamenti →
SOCIALIZZAZIONE → dare un’espressione linguistica-comunicativa alla base di conoscenze comuni che gli
individui hanno sviluppato, attraverso l’uso del dialogo e delle riflessioni collettive → ESTERIORIZZAZIONE → si
realizza la conversione da conoscenza esplicita ad esplicita: la comunicazione interpersonale, il confronto di idee,
lo scambio di conoscenze con individui o gruppi che sono portatori di una diversa visione della realtà consentono
di accrescere la base di conoscenze pregresse, di ricombinare i saperi esistenti in nuove forme → COMBINAZIONE
→ conoscenza prodotta viene cristallizzata a livello organizzativo assumendo la forma di una routine, di una
tecnica, di una procedura e può essere trasformata nuovamente in conoscenza tacita grazie al processo con cui
l’individuo la sperimenta e la mette in pratica → INTERIORIZZAZIONE.
-OBIETTIVO KOWLEDGE SHARING ALL’INTERNO DELL’ORGANIZZAZIONE-
50
CAPITOLO 13: LA GESTIONE COMMERCIALE E IL MARKETING
1. Il rapporto tra la strategia competitiva e le strategie funzionali;
Esiste uno stretto legame tra la strategia competitiva e le strategie funzionali.
La strategia competitiva comprende:
•
•
•
•
STRATEGIA DI PRODUZIONE
STRATEGIA DI MARKETING
STRATEGIA FINANZIARIA
STRATEGIA DI RICERCA E SVILUPPO
a. Le caratteristiche della gestione operativa;
La gestione operativa si svolge con caratteristiche e problematiche dissimili da azienda ad azienda. Il complesso
di attività si caratterizza in funzione dell’oggetto sociale. Di conseguenza è necessario precisare se si faccia
riferimento ad imprese manifatturiere, commerciali, bancarie etc.
Le funzioni operative di gestione sono inquadrabili in tre distinti gruppo:
a) Funzioni primarie ed organiche, quelle anche specializzate all’interno dell’organizzazione;
PRODUZIONE-VENDITA-FINANZA-LOGISTICA
b) Funzioni operative complementari o di supporto, caratterizzate in prevalenza da un grado relativamente
minore d’importanza e affidabili anche a centri esterni di servizio;
PERSONALE-RICERCA E SVILUPPO-CONTABILITA’ E BILANCIO
c) Funzioni ausiliarie, che sono delegate all’esterno per ragioni di economicità o per mancanza di
competenze idonee nell’organizzazione.
TRASPORTI-DISTRIBUZIONE-MANUTENZIONE-PUBBLICITA’
2. L’orientamento dell’impresa nei confronti del mercato;
Esistono 2 tipi di orientamento:
 ORIENTAMENTO AL PRODOTTO: alla cura soprattutto dei problemi attinenti al ciclo di produzione dei
beni, per i quali la successiva vendita finiva per costituire un’attività complementare e automatica;
(Mercato del venditore)
 ORIENTAMENTO AL MERCATO: dal preventivo accertamento della vendibilità dei prodotti da realizzare;
necessità di analizzare la domanda globale, di valutare la quota massima ottenibile dall’azienda e di
indirizzare le politiche di produzione in funzione degli obiettivi di vendita realizzabili.
TUTTI E DUE FUORI TEMPO QUINDI SI PARLA DI:
 ORIENTAMENTO AL BUSINESS: ricerca di nuove occasioni di affari da aggiungere eventualmente a quelle
già sfruttate nell’ambito del mix di settori in cui si opera. Lo sguardo di chi governa è proiettato verso
l’individuazione di bisogni e desideri dei consumatori che possano rappresentare delle nuove
opportunità di business. La differenza tra orientamento al mercato e orientamento al business è dato
dall’ampiezza dell’area di osservazione da parte dell’impresa.
51
ORIENTAMENTO AL BUSINESS è fondato sul
concetto di marketing, posto al centro della
gestione aziendale. Il termine marketing indica il
processo mediante cui l’azienda studia il mercato o
i mercati che ritiene interessanti, analizza le
tendenze della domanda e la situazione della
concorrenza, individua l’esistenza di opportunità di
business, orienta la produzione in funzione dei
potenziali acquirenti da conquistare, crea la
domanda per i nuovi prodotti e provvede a
collocare questi ultimi presso sbocchi prescelti.
DEF. AZIONE DI MARKETING: analisi del
mercato, nella programmazione dei
prodotti, nella promozione della domanda
e dell’esecuzione della vendita.
3. La gestione commerciale: funzioni di marketing e funzioni di vendita;
IL MARKETING si pone come una filosofia di gestione, incentrata sul mercato e protesa a trovare il miglior
equilibrio tra le potenzialità di offerta aziendale e le esigenze attuali e prospettiche della domanda.
Rappresenta una vera e propria funzione, questa funzione richiede la creazione di strutture idonee e la
disponibilità di competenze professionali adeguate, con un allargamento e arricchimento sostanziale della
tradizionale area della vendita.
Ci sono infatti un complesso di attività operative, legate al momento della vendita, e un complesso di attività di
programmazione, necessarie per l’orientamento non solo della gestione commerciale, ma anche della gestione
produttiva e finanziaria. Queste ultime sono identificate quali funzioni di marketing.
IL CICLO DI VENDITA
RICERCA DEL CLIENTE → VENDITA → CONSEGNA PRODOTTO → FATTURAZIONE → REGOLAMENTO
FINANZIARIO → ASSISTENZA TECNICA → GESTIONE DEI RAPPORTI CON LA CLIENTELA.
52
Le responsabilità di marketing richiedono competenze prevalentemente di studio e una centralizzazione degli
organi a cui esse debbono essere confidate, mentre quelle di vendita comportano delle azioni da svolgere in
diretto contatto con il mercato. ESEMPIO DI ORGANIZZAZIONE DELLA DIREZIONE COMMERCIALE PAG. 225
4. Il marketing in funzione del servizio al consumatore (customer satisfaction) e della concorrenza
basata sul tempo (time-based competition);
Le politiche di marketing compongono combinazione o mix di marketing, cioè la miscela degli strumenti rivolti
all’ottenimento degli obiettivi di mercato fissati di periodo in periodo. Nell’ambito di tale combinazione sono
comprese le scelte inerenti ai prodotti, ai prezzi, alla promozione, ai canali di distribuzione, alle zone, ai metodi e
tempi di vendita.
La definizione di miscela di marketing poggia sulla scelta strategica del bersaglio di mercato o mercato-obiettivo
(market-target) da raggiungere e richiede uno studio approfondito del comportamento dei consumatori, delle
abitudini e delle motivazioni di acquisto. Tale comportamento tende a variare in funzione del tipo di prodotto,
dato che la frequenza, il luogo, il tempo e la causa dell’acquisto si differenziano notevolmente, passando da
articoli di consumo giornaliero ad articoli di consumo periodico e di acquisto eccezionale.
5. Il comportamento del consumatore e la segmentazione del mercato;
Il processo di acquisto si realizza mediante un complesso di scelte e si differenziano per quanto concerne il
luogo, il tempo, la quantità e le modalità di acquisizione del bene o del servizio richiesto. Queste scelte
configurano le abitudini di acquisto circa i punti di vendita, le epoche, l’entità e le condizioni che caratterizzano
gli atti di spendita. La conoscenza di tali abitudini, permette all’azienda e di orientare le sue politiche di
marketing, che possono essere rivolte ad assecondare le abitudini esistenti o creare nuovi modelli di
comportamento.
BISOGNA CONOSCERE LE CAUSE che originano differenti aumenti di acquisto, cioè risalire al PERCHÉ di certe
scelte da parte del consumatore
QUALI SONO LE MOTIVAZIONI DI ACQUISTO?
• motivazioni razionali; (CALCOLO ECONOMICO)
• motivazioni emotive;
• motivazioni di patrocinio. (FIDUCIA NEL PRODUTTORE)
Le motivazioni mutano anche in base alle condizioni
del consumatore e alla natura del prodotto.
53
PROCESSO DI SEGMENTAZIONE DEL MERCATO: consiste nell’individuare le caratteristiche o fattori principali che
distinguono strati differenti di mercato e nello scegliere quello o quelli che meglio si prestano a definire le classi
di acquirenti, cui in particolare l’impresa ha interesse a rivolgersi.
I parametri utilizzati per la segmentazione sono raggruppabili in sei classi:






parametri demografici;
parametri socio-economici;
parametri culturali;
parametri ubicazionali;
parametri psicografici;
parametri comportamentali.
Questo vuol dire che le reazioni, cioè le risposte in termini di acquisto, alle scelte aziendali saranno diverse da
parte delle differenti classi di acquirenti, a seconda del segmento del mercato.
6. I modelli di strategie di marketing;
Il processo di segmentazione comporta non solo la scelta dei criteri di suddivisione dei consumatori ma anche la
separazione dei vari segmenti di mercato e la misurazione della loro consistenza. Quest’ultimo punto mira a
valutare se l’ampiezza degli strati individuati consente di predisporre un apposita azione di marketing.
L’impresa può adottare tre differenti atteggiamenti, di fronte a un mercato segmentato:
 Rivolgersi al mercato come se fosse omogeneo → MARKETING INDIFFERENZIATO (es. Volkswagen)
 Indirizzarsi ad un gran numero di segmenti mediante la formulazione di diversi programmi di marketing
→ MARKETING DIFFERENZIATO (es. Fiat)
 Mirare ad uno solo o a pochi segmenti di mercato con un unico programma di marketing → MARKETING
CONCENTRATO (es. Porsche)
7. La politica di prodotto e della marca;
Il successo di un’impresa dipende dal favore che riscuote la sua offerta e del grado di accettazione dei beni che
pone sul mercato.
La politica del prodotto appare caratterizzata da un alto tasso di strategicità perché richiede l’allestimento di
strutture molto impegnative sotto il duplice profilo del risorse finanziarie da immobilizzare e della reciprocità
delle scelte di fondo formulate. Si tratta di decisioni che vincolano l’impresa per tempi lunghi, necessari per
ammortizzare gli investimenti, e che determinano:
▪
L’ampiezza dell’offerta, la minore o maggiore estensione della gamma di vendita;
La gamma di vendita si può caratterizzare in ampiezza (tipologia produttiva), profondità (assortimento)
e coerenza (affinità dei tipi di prodotti).
Bisogna tenere conto anche dei rapporti di complementarità e sostituibilità tra prodotti diversi, che
possono suggerire o imporre l’allargamento della tipologia produttiva.
I casi maggiori sono quelli dei prodotti strategici e di prodotti da richiamo; all’interno della gamma si
può avere di fatto la distinzione tra prodotti da reddito, destinata generare maggiori flussi di cassa per
l’impresa e prodotti strategici, la cui presenza è essenziale per consentire quello che mentre i primi.
▪
La differenziazione degli assortimenti, la distinzione interna alla gamma esterna rispetto alla
concorrenza;
54
Sempre ogni tipo di prodotto viene portato al mercato in una varietà di modelli per una o più delle
seguenti ragioni: le caratteristiche intrinseche del tipo di prodotto; la segmentazione della domanda e il
posizionamento dell’offerta; l’invecchiamento dei modelli e la differente capacità di contribuzione al
reddito d’ impresa.
La decisione fondamentale concerne il posizionamento dell’offerta (marca) nei confronti della
concorrenza, posizionamento che spesso dipende in larga misura dalle caratteristiche attribuite ai
prodotti posti sul mercato.
Il problema del posizionamento si collega direttamente quello della segmentazione, perché completa la
definizione del rapporto impresa-domanda-concorrenza. A seguito infatti della sedimentazione,
l’azienda può scegliere strategie di marketing da attuare (indifferenziata, differenziata o concentrata),
ma quest’ultima deve essere orientata in funzione delle fasce più particolare dei consumatori da servire.
▪
L’innovatività delle produzioni, il tasso di rinnovamento di ricambi dei prodotti posti in vendita;
L’esigenza di una pluralità di modelli e tipi di prodotto deriva anche dal naturale invecchiamento della
gamma della necessità di procedere in modo sistematico e continuativo il suo rinnovamento.
Ciascun prodotto ha un suo ciclo di vita che si svolge dalla nascita, all’affermazione, allo sviluppo e poi al
declino.
Di conseguenza per l’impresa assume un’importanza rilevante tutte le decisioni relative al ringiovanimento e
alla radiazione dei prodotti obsoleti e all’ inserimento dei prodotti nuovi nella gamba di vendita.
A tal fine bisogna tentare di prevedere il ciclo di vita del prodotto.
a)
Introduzione, nella quale inizia a diffondersi con
una crescita molto lenta delle vendite;
b)
Sviluppo, nella quale l’espansione delle vendite
ha luogo ad un ritmo molto rapido, a seguito
dell’affermazione del prodotto nel mercato;
c)
Maturità, nella quale le vendite continuano a
svilupparsi;
d)
Declino, fase nella quale il volume delle vendite
comincia a ridursi più o meno rapidamente per
l’obsolescenza del prodotto, per l’immissione di
un prodotto sostitutivo o per la saturazione
della domanda.
55
MATRICE PORTAFOGLIO PRODOTTI costruita da Boston Consulting Group BCG: essa suddivide i prodotti in 4
classi in funzione del cash-flow generato, intendendo con questo termine il divario tra investimenti e ritorni
relativi a ciascun tipo di prodotto. La matrice stabilisce un rapporto diretto tra cash-flow di prodotto e
condizioni interne (quota di mercato) ed esterne (sviluppo della domanda). Per ciascuna posizione di
prodotto la situazione favorevole o sfavorevole dipende dalla quota di mercato detenuta dall’impresa e dal
tasso di variazione della domanda globale.
o
Prodotti con bassa quota di mercato e lento
sviluppo della domanda (DOGS);
o
prodotti con bassa quota e rapido sviluppo
della domanda (QUESTION MARKS);
o
Prodotti con alta quota e rapido sviluppo della
domanda (STARS);
o
Prodotti con alta quota e lento sviluppo della
domanda (CASH COWS);
Il concetto base della classificazione è quello del cash-flow di prodotto: il “prodotto marginale” presenta un
flusso di cassa insoddisfacente, a causa del costo elevato da sostenere per mantenere una posizione competitiva
debole. Il “prodotto rischioso” genera il cash-flow peggiore perché richiede elevati investimenti per fronteggiare
un mercato in rapido sviluppo.
→ RISPETTO ALLA BCG RISULTA PIU’ COMPLETA LA MATRICE DELLA GENERAL ELETRIC E DELLA MC KINSEY,
fondata sull’attrattività del mercato e sulla posizione competitiva. Queste due variabili ampliano gli elementi
della matrice BCG e ipotizzano 9 possibili situazioni per ciascuna impresa (TAB PAG. 239).
▪
La riconoscibilità dei prodotti, la scelta della marca e della confezione.
Un prodotto va considerato come un fascio di utilità, un insieme di attributi tangibili e intangibili, che risponde
ad esigenze di vario ordine. Le imprese definiscono una “proposta di valore” che risponda ai bisogni di potenziali
acquirenti. Questi si determinano all’acquisto quando giudicano adeguata ed equilibrata la proposta di valore
ovvero l’offerta di un’impresa.
L’impresa può scegliere fra l’adozione di una marca industriale o commerciale tra quella di una marca unica per
l’intera famiglia di prodotti (family brand o firm brand) o di marche distinte per ciascun prodotto venduto
(product brand). L’assenza di una politica di marca è tuttavia frequente nelle piccole unità industriali.
MARCA= SINONIMO DI GARANZIA DI QUALITA’ DEL PRODOTTO.
CONFEZIONE (Industrial Packaging)→ ASSUME IMPO SOTTO IL PROFILO PROMOZIONALE, il tipo di confezione è
spesso sfruttato per acquisire un vantaggio differenziale, inducendo il consumatore a preferire quel tipo di
marca rispetto alle altre.
56
PB= garanzie da fornire ai compratori e dell’assistenza post-vendita.
PB= livelli quantitativi da conferire alla gamma di vendita→ COLLEGATI ALLA SEGMENTAZIONE DEL
MERCATO E ALLA POLITICA DEL PREZZO
8. La determinazione dei prezzi di vendita;
La determinazione e l’amministrazione dei prezzi di vendita assumono un ruolo importante nell’elaborazione del
programma di marketing. Il problema si concreta nella formulazione del sistema dei prezzi da applicare ai
prodotti compresi nella gamma e negli amministrazione dei listini praticati alla clientela.
o
DETERMINAZIONE DEI PREZZI DI VENDITA si fonda sulla base di queste premesse:
▪
▪
▪
▪
o
Funzione attribuita al prezzo in relazione alla segmentazione del mercato e al posizionamento
della marca;
Equilibrio volumi-margini da conseguire;
Ruolo del particolare prodotto (modello) all’interno della gamma di vendita;
Peso della politica del prezzo nel marketing mix.
DISCRIMINAZIONE E CONTROLLO DEI PREZZI STESSI.
La fissazione dei prezzi avviene in 2 fasi: prima a livello di specifico articolo e poi in funzione dell’intera gamma
trattata. La determinazione dei prezzi passa per un processo di approssimazione successive, in cui elementi di
conoscenza, di esperienze di politica generale dell’impresa contribuiscono a definire le soluzioni da adottare.
Il problema si concreta nell’individuazione del possibile margine di manovra del prezzo e nella determinazione di
una quotazione compatibile con gli obiettivi di mercato da raggiungere.
AREA DI MANOVRA DEFINITA DA 3 ELEMENTI:
A. COSTO DEL PRODOTTO
B. ELASTICITA’ DELLA DOMANDA
C. PRESSIONE DELLA CONCORRENZA
La possibile escursione del prezzo dipende da molti fattori:
-concorrenza reale, cioè la presenza nel mercato di prodotti con caratteristiche più o meno similari a quelle del
prodotto considerato;
-concorrenza potenziale, ossia la possibile entrata di altri produttori;
-concorrenza indiretta, cioè la minaccia di prodotti sostitutivi;
-il grado di differenziazione del prodotto rispetto alla concorrenza;
-la qualità del servizio fornito insieme al prodotto.
Il concetto di fondo → DIFFERENZIAZIONE DEL PRODOTTO.
Orientamento della politica di prezzo può essere:
 SCREMATURA, che si collega ad una politica di prezzi inizialmente elevate e decrescenti nel tempo, il cui
fine è la massimizzazione del profitto unitario come via per massimizzare il profitto globale.
 PENETRAZIONE, consigliabile quando è possibile ottenere significative economie di scala ed allorché la
differenziazione del prodotto è annullabile in tempi brevi.
57
Per valutare l’interrelazione tra i prezzi dei prodotti venduti, si può calcolare l’indice di elasticità incrociata, cioè
il rapporto fra la variazione percentuale della domanda del bene A rispetto a quella del prezzo del bene B.
Se elasticità POSITIVA = BENI INTERSOSTITUIBILI
Se elasticità NEGATIVA = BENI COMPLEMENTARI
Se elasticità BASSA O NULLA = BENI NON CORRELATI
L’Amministrazione dei prezzi di vendita: l’amministrazione dei prezzi di vendita va vista differentemente a
seconda se l’offerta è rivolta al consumatore, al distributore e al dettagliante.
9. La politica di comunicazione;
L’Azienda ha necessità di ricevere e di inviare messaggi, di farsi conoscere, di creare relazioni, d’inserirsi nel
contesto socio-culturale che al circonda. La promozione e la pubblicità rivestono un ruolo importante.
La promozione può essere definita in generale come il complesso di azioni poste in essere per indurre,
preservare o modificare i modelli di comportamento degli operatori di mercato (consumatori, intermediari,
finanziatori, altri produttori etc..), allo scopo di ritrarre un vantaggio competitivo. IMBUTO PROMOZIONALE
PAG.248 VD TAB.
SCOPO: creare delle preferenze, d’informare e di persuadere ad acquistare i beni prodotti dall’impresa.
Processo di formazione delle decisioni di acquisto
suddiviso in 3 fasi:
i.
Il momento COGNITIVO, stadio conoscitivo;
ii.
Il momento EMOTIVO, stadio affettivo;
iii.
Il momento ATTIVO, stadio
comportamentale.
La politica di comunicazione può essere realizzata mediante:
a) L’attività di relazioni pubbliche;
b) La pubblicità;
c) La promozione in senso stretto;
d) L’attività persuasiva dei venditori.
DEF. PUBBLICITA’: QUALSIASI FORMA DI MESSAGGIO IMPERSONALE INVIATO A PAGAMENTO DA UN
PROMOTORE INDIVUATO A COLORO CHE SONO O POSSONO ESSERE INTERESSATI AL PRODOTTO. TAB PAG. 250
58
10. La politica di distribuzione commerciale;
Per l’impresa industriale, la distribuzione dei prodotti comporta, scelte relative a:
o
o
o
Livello di contatto con il mercato;
Intensità della distribuzione;
Tipo di operatori cui affidare il collocamento del o dei prodotti aziendali.
Le scelte distributive riguardano la tipologia degli sbocchi attraverso cui far defluire i beni posti in vendita, il loro
numero e il modo di collegamento. Per stabilire le vie di deflusso delle produzioni è necessario conoscere la
struttura della distribuzione prevalente nel mercato, cioè la modalità secondo cui i tipi di beni trattati sono posti
a disposizione dei consumatori. Scelta del numero di sbocchi: estensiva o selettiva.
11. La qualità del marketing: il marketing relazionale e il “customer relationship management”
(CRM);
Il customer relationship management deve consentire di mantenere un elevato grado di fedeltà dei clienti, in
modo da conferire stabilità al portafoglio detenuto.
L’incremento della customer retention (l’attitudine a mantenere i clienti acquisiti), genera significativi effetti
sulla profittabilità dell’impresa perché:
• Acquisire un nuovo cliente è un costo, per cui i profitti derivanti dal singolo cliente aumentano solo
dopo che i costi di acquisizione sono stati totalmente coperti;
• Se i clienti restano fedeli il relativo flusso di ricavi aumenta nel tempo;
59
•
•
I consumatori fidelizzati attivano un processo di PASSA PAROLA;
I consumatori fidelizzati diventano meno sensibili nei confronti di offerte alternative.
OB FINALE del Marketing Relazionale = miglioramento della profittabilità della clientela nel lungo termine e la
massimizzazione del CUSTOMER LIFETIME VALUE. Il CLV definisce il valore che un cliente può generare nel
tempo per una determinata impresa.
CLV = VALORE MEDIO DELLA TRANSAZIONE X CICLO DI VITA ATTESO DEL CLIENTE.
60
CAPITOLO 14: IL PROCESSO DI PRODUZIONE E L’IMPIANTO
1. Il ruolo della funzione di produzione nella gestione industriale: il sistema operativo;
La funzione di produzione incide sulla competitività aziendale; presenta aspetti e problemi molto differenti da
impresa ad impresa, in dipendenza delle caratteristiche dell’impianto e del processo operativo.
La funzione di produzione riguarda il processo di trasformazione dei beni, ossia l’insieme di operazioni mediante
il quale le risorse acquistate dall’impresa sono tramutate in prodotti finiti da collocare nel mercato. Il ciclo
produttivo si pone al centro del processo di gestione, dovendo essere preceduto dalla fase degli
approvvigionamenti e seguito dalle vendite.
La funzione produzione è collegata ad altre funzioni. Il rapporto con la funzione di approvvigionamento è
necessario per la corretta e tempestiva alimentazione delle linee di lavorazione; quello con la funzione
commerciale sia per la necessità d’indirizzare la produzione secondo le tendenze di mercato sia per porre in fase
il ciclo di produzione con quello di vendita.
L’EFFICIENZA è data dal coordinamento tra i processi d’approvvigionamento, di produzione e di vendita.
FILIERA DI PRODUZIONE : complesso delle imprese che partecipano alla trasformazione di una serie di materiali
in prodotti finiti, contribuendo così alla realizzazione di un bene da destinare al mercato di consumo o ad
utilizzatori industriali.
L’organizzazione del processo produttivo dipende dalla complessità della domanda: più questa esige prodotti
differenziati, più è suscettibile di ulteriori variazioni nel tempo; meno ampio è il lead time concesso dal cliente,
più variabile è il modello produttivo.
L’impresa rete è una risposta all’esigenza di massimizzare l’efficienza della produzione senza rinunciare alla
flessibilità.
61
Le scelte di produzione possono essere distinte in 3 gruppi:
o Scelte strategiche, per creare il vantaggio competitivo;
o Scelte strutturali, per costituire il sistema operativo;
o Scelte di gestione operativa, per razionalizzare l’operatività del processo produttivo.
2. I rapporti tra strategia di produzione e strategia competitiva: le scelte di lungo periodo;
La funzione produzione è direttamente correlata con la strategia competitiva perché consente di perseguire
l’obiettivo dei bassi costi necessari per una strategia di price-competition, e perché concorre a garantire la
qualità essenziale per una strategia di differenziazione.
La strategia di produzione deve essere orientata sugli aspetti prioritari della strategia competitiva, ovvero deve
assicurare il miglior contributo alla creazione del vantaggio competitivo. Le priorità strategiche possono essere
rappresentate dalla qualità delle operazioni di lavorazione, della flessibilità del ciclo produttivo, dal basso costo
di produzione e dal servizio da rendere alla clientela.
Produzione RUOLO DI NEUTRALITA’ → La tecnologia produttiva va vista in modo dinamico, ovvero come
attitudine e capacità ad organizzare secondo modalità innovative il processo operativo. La tecnologia è intesa
come l’abilità a RINNOVARE le caratteristiche quali e quanti della fz di produzione, in funzione dei mutamenti del
contesto.
Sul piano strategico, le principali scelte riguardano:
 La determinazione del mix e delle quantità di produzione in funzione delle tendenze di mercato;
 La progettazione dell’impianto (dimensione, tecnologia e servizi di supporto);
 La logistica (integrazione verticale o decentramento produttivo).
3. La tipologia dei sistemi produttivi;
Il processo produttivo può essere organizzato secondo differenti modelli:
• Produzione di beni per unità distinte;
• Produzione di massa differenziata;
• Produzione di massa standardizzata;
• Produzione omogenea continua.
Sotto l’aspetto dell’organizzazione dei cicli di lavorazione, sono prioritarie le decisioni circa la produzione in
proprio o l’acquisto all’esterno di componenti, parti ed accessori del prodotto. Nelle strategie di decentramento
si può riconoscere una distinzione fondamentale tra: OUTSOURCING e DEINTEGRAZIONE.
DECENTRAMENTO:
OUTSOURCING: carattere di opzione revocabile di ricorso al mercato per certe forniture → Modalità di
approvvigionamento.
DEINTEGRAZIONE: carattere di opzione strategica di rinuncia a certe fasi di lavorazione, prima svolte all’interno
dell’organizzazione. Scelta organizzativa che rappresenta una tendenza diffusa nell’attuale economia globale.
Sotto questo profilo si può osservare che ogni impresa trova opportuno specializzarsi in una attività che copre solo
parte dell’intero ciclo di fabbricazione dei vari beni.
62
Le imprese possono suddividere la loro produzione tra più stabilimenti. Modello di rete di impianti articolato in
diversi modi
NELLE IMPRESE
MULTI-PLANT
Le soluzioni adottabili sono le seguenti:
o Un modello di ripetizione degli impianti, STESSI PRODOTTI;
o Un modello di parcellizzazione del ciclo di produzione, ciascun impianto svolge una certa parte del
processo di fabbricazione;
o Un modello di specializzazione, quando un impianto produce un particolare tipo o modello di prodotto
inserito nella gamma aziendale.
4. L’esigenza di flessibilità nella progettazione dell’impianto;
LAYOUT: DISPOSIZIONE FISICA delle strutture tecnico-produttive, delle strutture edilizie, delle macchine, delle
attrezzature e dei posti di lavoro all’interno della fabbrica. La progettazione del lay-out è elemento
fondamentale dell’allestimento dell’impianto.
Collegato alla programmazione del ciclo di produzione, che stabilisce dove, in quale quantità e quando le singole
operazioni dovranno essere realizzate. In generale, la sistemazione dei macchinari all’interno dello stabilimento
può seguire due criteri principali:
• I macchinari possono essere posizionati in sequenza secondo le lavorazioni successive necessarie per
giungere alla realizzazione di un certo prodotto finito (LAY-OUT PER PRODOTTO);
•
I macchinari possono essere accorpati per tipo di operazione/attività svolta (LAY-OUT FUNZIONALE).
In relazione alla modalità di svolgimento dei cicli di lavorazione, bisogna osservare che l’impresa è libera di
scegliere tra più alternative, altre invece è costretta ad adottare una particolare forma di organizzazione.
Quest’ultima è legata alla tecnologia utilizzata, che può imporre o rendere più conveniente processi di
lavorazione a ciclo continuo, intermittente o misto.
63
CICLO CONTINUO: la lavorazione si svolge in interrottamente dall’ingresso in città di materiale fino all’uscita del
prodotto finito, possono essere imposti dalle modalità tecniche di produzione o da ragioni di economicità.
CICLO INTERMITTENTE: suddividendo il processo in fasi ed assegnando ciascuna di queste ad un particolare
reparto o centro operativo (es. Confezionamento abiti, produzione mobili). -AUTOMATIZZABILI
CICLO MISTO: dato in parte in modo continuo e in parte in modo intermittente. Esso è adottabile allorché certe
frasi di lavorazione si prestano ad essere totalmente automatizzate, mentre altre richiedono delle operazioni più
complesse da capitare ad appositi reparti.
Le scelte qualitative nella progettazione dell’impianto riguardano: la determinazione del layout, il bene della
tecnologia e l’organizzazione del lavoro in fabbrica. Gli obiettivi di queste scelte sono: disporre di strutture
tecnicamente efficienti e in grado di minimizzare i costi di produzione e rischi di mercato.
ESIGENZA DI FONDO: assicurare FLESSIBILITÀ al sistema di produzione senza rinunciare ai principi essenziali
della produttività e dell’economicità di funzionamento del sistema stesso.
DISTINGUERE:
 Grado di elasticità o flessibilità economica, ovvero la capacità dell’impianto di rimanere competitivo
anche in condizioni di parziale utilizzazione;
 Grado di flessibilità tecnica, ossia l’idoneità dell’impianto ad adattarsi a produrre beni differenti senza
incorrere in sovra costi non facilmente sopportabili.
FLESSIBILITA’ IMPIANTO:
→ SOTTO PROFILO TECNICO (opportunità di variare il mix produttivo);
→ SOTTO PROFILO ECONOMICO (capacità di assorbire le riduzioni del volume di produzione).
5. Il dimensionamento della produzione e dell’impianto;
Il problema del dimensionamento dell’impianto si lega ai concetti di ECONOMICITA’ e di RISCHIOSITA’
dell’investimento. L’obiettivo è quello di individuare la dimensione ottimale, definibile teoricamente come
quella idonea a minimizzare il costo unitario di prodotto.
Sotto il profilo dimensionale è opportuno tenere distinte in due scelte:
o La determinazione della capacità produttiva massima dell’impresa;
o La potenzialità ottimale degli impianti.
Il dimensionamento dell’impianto deve rispondere anche alla minimizzazione del rischio e non solo a quella del
costo unitario di produzione. Ai fini del rischio assume un’importanza fondamentale il concetto del margine di
sicurezza.
64
Ogni azienda opera con una certa struttura dei costi e
ricavi e con una differente leva operativa. La scelta del
livello di leva operativa si inquadra all’interno della
strategia aziendale, poiché l’imprenditore deve stabilire
fino a che punto sfruttare questo vantaggio potenziale e,
quale grado di rigidità accettare sul piano dei
comportamenti di gestione.
6. La programmazione delle operazioni di produzione;
BISOGNA DISTINGUERE LUNGO TERMINE DAL BREVE TERMINE
La programmazione di breve riguarda le decisioni circa l’assortimento e i volumi di prodotti da realizzare durante
l’anno o in tempi ancora più ristretti. La programmazione a lungo termine = programmazione della capacità
produttiva dell’impianto.
La programmazione della produzione per essere efficace deve articolarsi:
a) Nel medio-lungo termine, per precostituire la capacità produttiva necessaria in rapporto agli obiettivi di
sviluppo dell’impresa;
b) Nel breve termine, per allocare razionalmente le risorse disponibili;
c) Nel brevissimo termine, per organizzare periodicamente il lavoro dei centri di produzione in funzione
delle quattro settimanali, quindicinali e mensili da realizzare.
7. Il controllo di efficienza della produzione: fattori statici e dinamici;
Il controllo di produzione riguarda sia il regolare svolgimento dell’operazioni produttive sia la qualità dei prodotti
finiti da destinare al mercato. Il suo obiettivo è quello di prevenire anomalie nel ciclo operativo nei prodotti, al
duplice scopo di evitare di sopportare costi a vuoto e di garantire la qualità al consumatore.
In particolare, nell’area della produzione il controllo dovrebbe articolarsi nel:
▪ Controllo dei risultati di produzione, (prestazioni fisiche in termini di assortimenti);
▪ Controllo di qualità dei prodotti, (rispondenza dei prodotti alle specifiche tecniche di progettazione e alle
caratteristiche di rendimento garantite all’utilizzatore);
▪ Controllo economico o di valore, (value analysis).
Oggi, poiché spesso è vero che cose si fanno sui prezzi, di viene dunque elemento essenziale l’efficienza
organizzativa, che si traduce nel miglioramento dell’economicità dei processi aziendali.
65
A tale riguardo, gli obiettivi da perseguire sono rappresentati:
 Dallo sfruttamento ottimale dell’impianto
 Dalla razionalizzazione dei consumi di materie prime e ausiliarie mediante riduzione di perdite e cali di
lavorazione;
 Dalla produttività dei gruppi di lavoro;
 Dall’idoneità dei servizi di supporto alla produzione.
CAPITOLO 15: LA GESTIONE DELLA FINANZA: INVESTIMENTI E FINANZIAMENTI
1. La gestione finanziaria;
Nell’impresa industriale la gestione finanziaria deve assumere un ruolo strumentale nei confronti della gestione
caratteristica; nella funzione finanziaria si comprende il complesso di decisioni e di operazioni volte a reperire e
ad impiegare i fondi aziendali. Essa occupa una posizione centrale nella programmazione di lungo periodo
poiché la definizione del piano degli investimenti si pone quale aspetto prioritario della strategia d’impresa.
La gestione finanziaria deve essere inquadrata anche sotto il profilo tattico ed operativo.
La gestione deve rispettare 3 equilibri fondamentali:
• Equilibrio economico;
• Equilibrio finanziario;
• Equilibrio monetario.
LA GESTIONE FINANZIARIA
HA UN DIRETTO IMPATTO SU TUTTI E 3
GLI EQUILIBRI!
Le interrelazioni tra i tre equilibri dipendono dal fatto che il ciclo di formazione dei costi e ricavi incide sull’altezza del
fabbisogno di capitale e sul ciclo dei movimenti monetari.
Nella gestione finanziaria sussiste una distinzione molto netta tra il momento della pianificazione finanziaria, di
competenza dell’alta direzione, e quello dell’attuazione delle scelte di piano, che può essere delegato a livelli
inferiori della struttura direzionale.
La finanza si caratterizza per un maggiore accentramento al vertice dell’organizzazione e per la delega di
responsabilità di carattere meramente operativo a piani più bassi della struttura organizzativa.
I COMPITI FONDAMENTALI DELLA FZ FINANZIARIA:
 Programmazione finanziaria a lungo, a breve, a brevissimo termine;
 La gestione del piano finanziario;
 Il governo della liquidità.
→ La finanza è responsabile di sviluppare analisi previsionali sul fabbisogno finanziario in funzione del piano di
immobilizzazione e delle esigenze di capitale circolante (a breve termine) definite a livello alto-direzionale; e
individuare la struttura finanziaria ottimale per pervenire alla scelta della fonti di finanziamento.
66
2. Le opzioni strategiche e i progetti di investimento;
PROBLEMA DI FONDO DELLA GESTIONE FINANZIARIA: PROGRAMMAZIONE DEGLI INVESTIMENTI E DELLE FONTI
DI COPERTURA.
Nell’assunzione delle scelte d’investimento, la risorsa finanziaria → VINCOLO ASSOLUTO o RELATIVO.
Il primo si determina quando è impossibile reperire ulteriori mezzi necessari per dare attuazione
all’investimento; mentre il secondo si configura allorché sussiste un divario sfavorevole tra redditività
dell’investimento e costosità del capitale.
CI SONO 2 DIVERSI TIPI DI INVESTIMENTO:
o
o
Investimenti di natura strategica, per i quali l’impresa è chiamata a decidere sul “se” intraprendere
determinati progetti che modificano la sua posizione competitiva; → valutazioni complesse che devono
tener conto di tante variabili.
Investimenti di tipo operativo, per i quali l’impresa valuta soluzioni alternative per decisioni che non
modifichino le proprie scelte strategiche; → decisioni di minor rilevanza.
In presenza di un sistema di programmazione, la determinazione del piano d’investimenti rientra nella
formulazione delle strategie aziendali e richiede un’apposita procedura (capital budgeting), fondata su tecniche
decisionali avanzate. La scelta degli investimenti è guidata dai parametri fondamentali di qualsiasi
comportamento imprenditoriale.
Per condurre queste valutazioni si possono utilizzare delle apposite TECNICHE di carattere economico-finanziario
atte a:
-stabilire l’accettabilità di un progetto rispetto a valori standard prefissati;
-comparare progetti alternativi, cioè determinare una lista di priorità tra più proposte d’investimento.
3. La previsione del fabbisogno finanziario;
L’analisi economico-finanziaria dei progetti di investimento dovrebbe essere condotta prescindendo dalle
modalità di finanziamento dei progetti stessi.
L’impresa ha bisogno di capitali per finanziare sia processi di investimento sia la gestione corrente. Il fabbisogno
finanziario aziendale è uguale alla somma del capitale fisso, necessario per acquisire le immobilizzazioni
materiali e immateriali, e del capitale circolante, occorrente per alimentare il ciclo acquisti-produzione-vendite.
FABB FIN AZIENDALE= CAPITALE FISSO + CAPITALE CIRCOLANTE
67
Ogni azienda esige un DIFFERENTE rapporto di composizione tra capitale fisso e circolante, in relazione sia alle
caratteristiche del settore sia alle peculiarità gestionale.
Il fabbisogno di capitale fisso è legato al grado di capitalizzazione dei processi operativi, cioè all’esigenza di
disporre di maggiori immobilizzazioni per lo svolgimento delle funzioni di produzione, di commercializzazione, di
amministrazione etc. Il fabbisogno di capitale circolante (ossia di mezzi finanziari) è correlato al ciclo di reintegro
dei ricavi, detto anche ciclo di reintegro del circolante.
 Relativamente alle interrelazioni esistenti tra i tre cicli (economico, produttivo e monetario) è possibile
osservare che, mentre il ciclo di produzione è di durata inferiore a quello economico, meno
generalizzabile è la relazione tra il ciclo monetario ed economico (e quindi produttivo).
Lo sfasamento tra i differenti cicli di gestione
comporta l’esigenza di capitale circolante, i cui
principali componenti sono:
•
•
•
•
•
Le scorte necessarie per
l’alimentazione dei processi di
produzione e di vendita;
I crediti commerciali verso i clienti;
I debiti commerciali verso i fornitori;
Le attività finanziarie occorrenti per
assicurare la liquidità aziendale;
Le altre attività e passività correnti.
→ CAPITALE CIRCOLANTE NETTO E’ PARI ALLA DIFFERENZA TRA ATTIVITA’ E PASSIVITA’ CORRENTI
68
Nell’impresa, dunque, bisogna stimare il fabbisogno finanziario netto, in modo da prevedere tempestivamente
l’esigenza di reperire nuove fonti di copertura o individuare le migliori opportunità di impiego di fondi
esuberanti. La previsione di questo fabbisogno deve discendere dall’analisi della dinamica finanziaria, all’interno
della quale si legano gli aspetti economici e finanziari della gestione.
La gestione finanziaria deve preservare la SOLVIBILITA’ (equilibrio finanziario) dell’impresa e la sua LIQUIDITA’
(equilibrio monetario): da ciò l’esigenza di compiere la duplice analisi dei flussi di circolante e dei flussi monetari
(o di cassa).
4. Le scelte di struttura finanziaria: minimizzazione degli oneri e del rischio finanziario;
La struttura finanziaria è rappresentata dal complesso delle fonti di copertura del fabbisogno aziendale.
La scelta della struttura finanziaria si collega all’assetto proprietario dell’impresa.
[Il finanziamento mediante capitale proprio, indebitamento, leasing è correlato al grado di controllo che
l’imprenditore vuole mantenere sull’impresa.
L’aumento del capitale proprio potrebbe collegarsi ad un ampliamento della base societaria.
L’indebitamento bancario non influisce sull’assetto proprietario, ma potrebbe far crescere l’influenza delle
banche sulle strategie aziendali.
Il ricorso ad altre vie di indebitamento è legato alle condizioni del mercato dei capitali e alle possibilità di
contrattazione sui termini di pagamento con i clienti e fornitori.]
LE VARIABILI INCIDENTI SUL FABBISOGNO FINANZIARIO SONO:
a. Le operazioni di investimento e di alienazione dei beni impiegati nella gestione corrente e patrimoniale;
→INCIDE SUL FABBISOGNO DI CAPITALE FISSO
b.
c.
d.
e.
Il livello delle scorte di magazzino;
Le condizioni di pagamento applicate ai clienti;
Le condizioni di pagamento stabilite con i fornitori;
Il livello di liquidità.
→ INCIDONO SUL
FABBISOGNO DI CAPITALE
CIRCOLANTE
Il fabbisogno finanziario globale può essere coperto:
 Dalla dotazione di mezzi propri, legati all’impresa con vincolo capitale;
 Dal risultato economico della gestione (autofinanziamento);
 Dal finanziamento interno dei soci;
 Dal finanziamento esterno attinto presso i risparmiatori, le banche e i dipendenti.
La gestione finanziaria si concreta nell’assunzione e nell’attuazione di scelte che incidono sul fabbisogno e sulle
vie di copertura. Essa è orientata ad assicurare l’omogeneità, la flessibilità, l’elasticità e l’economicità.
69
Una struttura finanziaria è tanto più flessibile quanto è più in grado di modellarsi in rapporto alle esigenze
della gestione ed è tanto più elastica quanto più facilmente può essere espansa.
La gestione finanziaria dovrebbe essere orientata → alla minimizzazione degli oneri e del RISCHIO.
Il rischio è rappresentato dall’incapacità
di alimentare, sotto il profilo finanziario, i
processi di gestione caratteristica. Esso
può assumere un carattere strutturale o
congiunturale: il primo = squilibrio delle
fonti rispetto agli impieghi; il secondo si
collega ad occasionali carenze di cassa.
5. La leva finanziaria;
Il processo di scelta delle fonti di finanziamento deve poggiare sull’analisi del fabbisogno di capitali e sulla
conoscenza del mercato dell’offerta dei capitali stessi. Il passo di maggiore importanza è rappresentato dalla
previsione del fabbisogno e dall’individuazione delle sue caratteristiche.
Ogni impresa ha bisogno di un fondo di capitale, che le consenta di coprire le esigenze di costruzione della
struttura e di alimentazione della gestione corrente. Questo fondo è destinato a crescere di livello in funzione
dell’aumento delle dimensioni aziendali ed è soggetto a variazioni.
Il fabbisogno può essere:
a) Fabbisogno STRUTTURALE, legato alle caratteristiche di struttura dell’impresa;
b) Fabbisogno CORRENTE, correlato al volume di attività della gestione;
c) Fabbisogno STRAORDINARIO, legato ad esigenze di lungo periodo;
d) Fabbisogno OCCASIONALE, collegato a fenomeni imprevedibili, i cui effetti si dispiegano nel bv periodo.
70
Questa classificazione suddivide i fabbisogni in rapporto alla natura e alla permanenza nel tempo. A seconda
delle caratteristiche dei fabbisogni l’azienda deve reperire capitali a diverse scadenze con differenti modalità di
vincolo.
Il processo di scelta può essere inquadrato in modo diverso a seconda se la copertura finanziaria è considerata
una variabile dipendente e subordinata alle scelte di programma compiute nell’impresa, oppure come una
variabile interdipendente, non definita in maniera immodificabile all’atto della fissazione del piano aziendale di
gestione.
Il processo di scelta può partire dal fabbisogno come un dato di fatto e tradursi nella ricerca delle forme più
idonee di copertura, oppure può estendersi alla valutazione dell’ampiamento (o della riduzione) del fabbisogno
stesso con la considerazione di nuovi progetti di investimento e di una variazione del livello di indebitamento.
LIVELLO DI INDEBITAMENTO → questa opzione deve essere orientata dal presumibile effetto del fattore leva
finanziaria. La redditività del capitale proprio può essere migliorata o peggiorata dal fattore leva. Si parla di leva
finanziaria per sottolineare la capacità dell’indebitamento di ampliare l’attività aziendale.
L’EFFETTO DEL FATTORE LEVA DIPENDE DAL DIVARIO TRA IL RENDIMENTO NETTO DEL CAPITALE INVESTITO
(RISULTATO ECONOMICO MENO IMPOSTE) E IL COSTO REALE DEL CAPITALE PRESO A PRESTITO.
(vd tab pag. 295)
6. Le principali fonti di finanziamento;
LEASING: può essere finanziario e operativo, l’impresa non è costretta a sopportare immediatamente il peso
dell’investimento perché ottiene il bene di cui abbisogno mediante un contratto di locazione con diritto di
riscatto del bene dopo un certo numero di anni e ad un prezzo prefissato. Un tipo di leasing: LEASE-BACK,
vendere ad una società di leasing un bene posseduto con l’impegno di richiederlo contestualmente in locazione
alla stessa società acquirente.
71
Il leasing appare la forma idonea di finanziamento per l’acquisizione di beni fungibili, l’indebitamento è adatto per beni
semi-fungibili, il finanziamento con mezzi propri è invece necessario per l’acquisizione di beni scarsamente fungibili.
FACTORING: consente di rendere liquidi crediti verso la clientela non suffragati da documenti scontabili
commercialmente. Ha luogo su fatture o titoli di credito imperfetti, solitamente con la cessione del credito al
factor.
FORFAITING: vendita pro-soluto di effetti cambiari che vengono ceduti in base al loro valore facciale decurtato
in ragione di un tasso di sconto a forfait (da qui il nome).
VOCE IMPO PER BILANCIO FINANZIARIO→ CREDITO MERCANTILE: credito diretto collegato a operazioni di
scambio ( es. Anticipo dei fornitori, anticipi dai clienti etc.)
CAPITOLO 16: IL PROCESSO LOGISTICO E GLI APPROVVIGIONAMENTI
1. La logistica quale processo;
La logistica è sempre più centrale per l’organizzazione a rete della produzione e per l’ampliamento geografico
dei mercati di acquisto e di vendita.
Il processo logistico si attua mediante due flussi: un flusso fisico dei materiali e un flusso di informazioni che
attraversa in senso bidirezionale l’intero processo.
OBIETTIVO LOGISTICA:
→ MINIMIZZARE I LIVELLI
DI SCORTE
→ MASSIMIZZARE IL
LIVELLO DI SERVIZIO ALLA
CLIENTELA
L’ OB. da raggiungere è rappresentato dal migliore equilibrio tra costo della logistica e standard di servizio reso ai
clienti interni (organi di produzione) ed esterni (consumatori). → minimizzare i livelli di scorte e massimizzare il
livello di servizio alla clientela. → ricercare e mantenere un trade-off positivo tra aspetti in naturale
contrapposizione.
L’efficienza della logistica si pone, così, quale elemento non secondario della strategia competitiva sia perché
riesce a contenere i costi sia perché contribuisce ad elevare la qualità del servizio.
72
2. La funzione di approvvigionamento: aspetti strategici e tattici;
La funzione di approvvigionamento ha l’obiettivo di assicurare il rifornimento delle materie prime, ausiliarie,
servizi, componenti ed accessori da utilizzare nell’attività di gestione.
Cosa si intende per funzione di approvvigionamento? Fa riferimento al processo di acquisto e di gestione delle
scorte dei materiali diretti all’alimentazione dei cicli di lavorazione.
OB. DA RAGGIUNGERE→
 Assicurare l’economicità della gestione degli acquisti;
 Preservare la continuità dei cicli di lavorazione.
Nell’organizzazione della funzione di approvvigionamento deve essere operata una netta distinzione tra aspetti
strategici od operativi.
Il ruolo della fz approvvigionamenti assume contenuti che potremmo definire strategici sia per l’incidenza sul
conto economico aziendale sia per i riflessi generati sulla qualità e sul volume dei prodotti venduti.
L’impostazione del processo di approvvigionamento è legata soprattutto a 2 elementi:
 La criticità dei materiali da acquistare;
 L’impatto economico dei vari materiali sul costo totale del prodotto.
Incrociando CRITICITA’ E IMPATTO ECONOMICO si costruisce una matrice, che consente di distinguere i vari
tipi di acquisti e suggerisce quindi i modelli organizzativi per gestire il processo di approvvigionamento.
I comportamenti e le decisioni d’acquisto devono essere congrui con la complessità di tale processo, la
criticità dei materiali da acquistare e l’impatto economico del relativo acquisto.
I materiali si possono suddividere in:
A. Materiali leva o chiave, il cui peso economico incide significativamente sul profitto finale dell’impresa,
ma che presentano un basso rischio di reperimento nel mercato;
B. Materiali strategici, il cui ruolo è critico perché sono sia di difficile reperimento sia di elevato impatto
sulla redditività;
C. Materiali colli di bottiglia, caratterizzati dalla difficile reperibilità ma da un peso economico modesto;
73
D. Materiali non critici o di routine, facilmente reperibili nel mercato e di incidenza modesta in rapporto al
valore del bene da produrre.
LA CLASSIFICAZIONE UTILE PER COMPRENDERE LA DIFFERENTE GESTIONE DELLE VARIE TIPOLOGIE DI
MATERIALI
3. L’organizzazione della funzione acquisti;
La gestione della funzione di acquisto comporta la definizione di politiche commerciali nei confronti di fornitori e
di piazze diverse, di quantità e tempi di rifornimento, di condizioni di pagamento e di ricevimento dei beni
acquistati.
Al vertice della fz ci sono uno o più approvvigionatori (buyer) che conoscono bene i mercati di acquisto e che
sono in grado di prendere decisioni più convenienti e nel momento più opportuno.
Ciascun approvvigionatore deve essere in grado di:
▪ Crearsi una rete ampia e differenziata di fornitori;
▪ Prevedere l’andamento congiunturale del mercato ;
▪ Ricorrere a formule contrattuali che riducano i rischi di acquisto;
▪ Sapere applicare l’analisi del valore per tutti i materiali da acquistare;
▪ Partecipare alla gestione attiva degli stock.
Inoltre il responsabile della fz di approvvigionamento deve agire con:
-il direttore di produzione per garantire la continuità dei processi di rifornimento e per concordare le caratteristiche di
affidabilità tecnica dei materiali;
-il direttore del marketing per valutare i riflessi dell’approvvigionamento sulla politica di prodotto e sulla politica del
prezzo;
-il direttore finanziario per determinare il fabbisogno di capitale circolante;
-il direttore della ricerca e sviluppo per valutare le possibilità d’impiego di nuovi materiali utilizzabili in luogo di
materiali difficilmente approvvigionabili, soggetti a forti rischi.
CAPITOLO 17: IL PROCESSO DI INNOVAZIONE NELLA GESTIONE AZIENDALE
1. L’innovazione nella gestione industriale;
La produzione di innovazioni è la BASE per conquistare e conservare il vantaggio competitivo.
Nella vita dell’impresa, il cambiamento, è una costante di diversa importanza a seguito di fenomeni evolutivi
sistematici. Molto spesso tutte le innovazioni riguardano cambiamenti marginali e non radicali perché
concernano soprattutto l’aspetto estetico dei prodotti, il confezionamento, le condizioni di vendita.
Nel caso invece della finanza e dell’organizzazione si parla di cambiamenti radicali come lancio di nuovi prodotti,
mutamento della tecnologia, ristrutturazione dell’impiantistica.
SE si parla di innovazione si fa riferimento prevalentemente alla TECNOLOGIA, la quale comprende l’insieme dei
processi di marketing, investimenti e sistemi direzionali: l’innovazione va intesa come comportamento sistemico
che riguarda tutti gli aspetti della gestione e non solo la tecnologia produttiva.
74
INNOVAZIONE: risultante di un processo continuo che può sfociare anche nel cambiamento del business model,
inteso come nuovo modo di combinare le risorse (interne ed esterne) per creare maggior valore.
2. Le fasi del processo innovativo;
A. COMMERCIALE: misurazione della vendibilità del nuovo prodotto, ovvero nella stima della quantità e dei
prezzi del possibile assorbimento da parte del mercato;
B. PRODUTTIVA: nella verifica tecnologica ovvero nella capacità tecnica di realizzare il nuovo prodotto con
costi compatibili con i prezzi spuntabili nel mercato;
C. FINANZIARIA: nell’accertamento della possibilità di reperimento delle risorse finanziarie necessarie per
la realizzazione e il lancio del nuovo prodotto;
D. ECONOMICA: nella convenienza finale dell’operazione, ovvero nella positività del risultato ottenibile con
il lancio del nuovo prodotto.
La sua attuazione è frutto di un vero e proprio BUSINESS PLAN, nel quale si riesce a programmare la strategia
produttiva e commerciale per l’introduzione del nuovo prodotto.
MOM. CRITICO DI QUESTO PROCESSO → insieme di attività poste in essere dal management per la valutazione
e la selezione dei progetti di innovazione, fase nella quale si ha il massimo coinvolgimento inter funzionale
dovuto al contemporaneo impiego delle competenze tecnico-scientifiche, commerciali e finanziarie di cui
l’impresa dispone… → “CANCELLO INVISIBILE”
3. Il rapporto tra innovazione e tecnologia;
Da queste si possono verificare 2 fenomeni:
L’innovazione può essere:







Cambiamento di una procedura o routine organizzativa;
Nuove macchine o impianti;
Nuovo processo produttivo (know how);
Modifiche nel processo direttivo;
Modifica di prodotti esistenti;
Ideazione di un nuovo prodotto per lo stesso mercato;
Realizzazione di prodotti per nuovi mercati.
•
Investimento di risorse finanziarie e
umane tenda ad accrescersi;
•
Probabilità di insuccesso e rischio più
elevato.
L’innovazione può essere spinta dall’organizzazione ovvero dal management aziendale, dall’avanzare del
progresso tecnologico e da stimoli provenienti dal mercato. Le fonti del processo innovativo possono essere:
dipendenti, clienti, media, altri produttori, fornitori, distributori. La genesi può essere INTERNA o ESTERNO
(mercato e ambiente).
75
4. La classificazione delle innovazioni;
LE INNOVAZIONI POSSONO ESSERE
OFFENSIVE: quelle dirette ad acquisire nuovo vantaggio competitivo;
NEUTRALI: rivolte ad annullare ritardi sotto il profilo dell’efficienza funzionale;
DIFENSIVE: orientate a ridurre il gap tecnologico.
L’EFFETTO DELL’INNOVAZIONE PUO’ ESSERE
INNOVAZIONE RADICALE: novità assoluta;
INNOVAZIONE INCREMENTALE: modifica innovazioni già sperimentate;
INNOVAZIONE MARGINALE: cambiamenti non essenziali di innovazioni già in essere.
GRADO DI PROTEZIONE DELL’INNOVAZIONE
PROTETTE: es. brevetto;
PROTEGGIBILI: quando la protezione si lega al sostenimento di investimenti promozionali e/o tecnici in grado di
scoraggiare il processo imitativo (ruolo della marca);
NON PROTETTE: nei casi in cui l’imitazione appare semplice e attuabile da parte dei competitori.
INNOVAZIONI SI SUDDIVIDONO IN:
INN. DI PRODOTTO, rivolte ad apportare variazioni nella gamma di vendita;
INN. DI PROCESSO, intese a migliorare l’efficienza dei cicli di lavorazione;
INN. DI IMPIANTO, messa a punto di mezzi tecnici con più elevati coefficienti di rendimento.
5. I modelli organizzativi per la produzione dell’innovazioni;
L’idea di un cambiamento nei processi e nelle pratiche aziendali può essere frutto della mente di un solo
individuo, mentre l’innovazione è sempre il risultato di un lavoro di un gruppo di persone all’interno e anche
all’esterno dell’impresa.
PER REALIZZARE INNOVAZIONE SERVE UN → TEAM, perché il suo sviluppo esige competenze molteplici e
differenziate!
76
MODELLO ORGANIZZATIVO PER PRODURRE INNOVAZIONE:





Osservatorio per seguire le innovazioni di mercato e di processo prodotte all’esterno;
Creazione team occasionale interno di ricerca;
Istituzione gruppo permanente di ricerca;
Organizzazione laboratori e più team di ricerca, sempre interni;
Costruzione rete di ricerca interaziendale.
TEAM INTERFUNZIONALI
6. Il finanziamento del processo innovativo;
Lo sviluppo di una innovazione comporta quasi sempre rilevanti investimenti e grandi rischi. Il ruolo del
finanziatore (venture capitalist e business angel) è quello di accollarsi il rischio del progetto innovativo.
Il problema finanziario appare più difficilmente risolvibile nell’ipotesi di progetti di ricerca di base, cioè di
avanzamenti teorici senza immediate prospettive di concreta applicazione industriale.
BISOGNA QUINDI ANALIZZARE →


RISCHIO INTRINSECO, funzione dell’incertezza circa i ritorni economici previsti dai programmi di
investimento innovativi;
TEMPO DI RECUPERO, perché gli investimenti in innovazione richiedono grandi impieghi di risorse.
= COME CICLO VITA
PRODOTTO
77
7. I tempi dell’innovazione: pioniere (first mover) o imitatore (follower);
FIRST MOVER: (pioniere), conquista per primo una posizione di mercato acquisendo vantaggio rispetto alla
concorrenza ma assumendo maggiori rischi d’insuccesso; → GRANDE IMPRESA
FOLLOWER: (imitatore), si inserisce in un mercato dimostratosi favorevole, ma deve essere capace di sottrarre
spazio a chi già lo ha occupato. → PICCOLA IMPRESA
FUNZIONE DI RICERCA → INNOVAZIONE



RICERCA PURA O DI BASE, elevato grado di incertezza derivante dall’insufficiente grado di conoscenze
disponibili sull’oggetto di indagine;
RICERCA APPLICATA, focalizzata al consolidamento delle conoscenze acquisite durante la fase della
ricerca di base per valutare le possibilità di applicazione a livello di prodotto e di processo produttivo
innovativo. + INTEGRAZIONE con altre fz + basi produttive, finanziarie e comm. x avviare innovazione;
RICERCA DI SVILUPPO, hanno come obiettivo prioritario lo sfruttamento economico dell’invenzione,
con l’impegno da parte dell’impresa del mutamento delle attività di trasformazione industriale e/o
delle politiche di lancio del prodotto nuovo.
CAPITOLO 18: I PROBLEMI AMMINISTRATIVI: GESTIONE DEL PERSONALE E CONTABILITA’
1. Il ruolo delle risorse umane;
IMPO → CORRETTA ED EFFICACE GESTIONE DELLE RISORSE UMANE.
Le persone devono essere MOTIVATE per poter partecipare con efficacia al raggiungimento degli obiettivi.
MOTIVAZIONE = CHIAVE per creare l’osmosi tra ob. Personali e aziendali.
2. I vari aspetti della gestione del personale;
COME GESTIRE IL PERSONALE?


Profilo strategico, formazione dell’organico necessario per raggiungere finalità imprenditoriali;
Profilo organizzativo, definizione delle mansioni (job description) per coordinare compiti, poteri e
responsabilità;
78


Profilo direzionale o di conduzione, collegato ai pb della motivazione dei dipendenti e dello sviluppo
delle carriere;
Profilo amministrativo-contabile, definizione del rapporto di lavoro e la gestione delle relazioni
contrattuali con il personale.
Le varie funzioni PERO’ hanno obiettivi differenti:
ORGANIZZAZIONE → DEFINIRE LE MANSIONI
PROGRAMMAZIONE → SVILUPPO DELLE CARRIERE
CONDUZIONE → MOTIVAZIONE DEL PERSONALE
CONTROLLO → AMMINISTRAZIONE DEI RAPPORTI DI LAVORO
3. I problemi di amministrazione del personale;
ITER DA SEGUIRE NELLA GESTIONE DEL PERSONALE:
 Reclutamento;
 Selezione;
 Inquadramento contrattuale;
 Addestramento;
 Formazione;
 Valutazione.
VENGONO VALUTATE:
 Qualità personali;
 Esperienze pregresse;
 Titoli di studio;
 Risultati ottenuti in ambito lavorativo;
 Disponibilità alla mobilità;
 Aspettative e bisogni.
4. I tipi di impiego del personale e la flessibilità del mercato del lavoro;






LAVORO PART-TIME
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
LAVORO INTERINALE
LAVORO INTERMITTENTE
STAFF LEASING
TEMPORARY MANAFEMENT
5. Le forme di retribuzione del personale;
MOTIVAZIONE ECONOMICA influenza la PRODUTTIVITA’ DEL PERSONALE.
La retribuzione può essere fissa o variabile. Oltre ad elementi fissi (retribuzione base) e variabili (incentivi), ci
sono i fringe benefit= servizi concessi ai dipendenti in aggiunta al salario o allo stipendio (auto aziendale, ticket
pasto, abitazione etc).
Poi c’è la FORMA MISTA (una quota fissa e un’aggiunta variabile) → X ottimizzare l’impiego delle risorse e
tecniche, migliorando la produttività interna e la prestazione individuale.
ES. DI FORMA MISTA:
→ (PROFIT SHARING), compenso fisso + una quota parte degli utili realizzati, rendendoli partecipi delle attività
decisionali (GAIN SHARING).
6. Gli altri aspetti di amministrazione del personale;
La SICUREZZA deve essere garantita sotto 2 profili: CONTESTO LAVORATIVO E POSTO DI LAVORO.
79
La sicurezza e la salubrità dei posti di lavoro = fattori soddisfattivi in grado di incidere positivamente sulla
motivazione del lavoratore a partecipare e a produrre. Nell’impresa deve esserci un responsabile della sicurezza
e un piano di valutazione dei rischi in grado di garantire la prevenzione.
CURA COSTANTE DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI → che si ripercuote sul → CLIMA AZIENDALE !
APPENDICE: UN’AREA FONDAMENTALE DI SUPPORTO NELLA GESTIONE AZIENDALE:
LA FUNZIONE AMMINISTRATIVO-CONTABILE
La funzione amministrativo-contabile comporta grande responsabilità e richiede una cura altamente
professionale da parte dei dirigenti aziendali.
A questa area sono assegnate:
 La tenuta della contabilità ed I.V.A.;
 Analisi dei costi;
 Emissione e il pagamento delle fatture;
 Paga del personale;
 Controllo delle entrate e delle uscite finanziarie;
SUPPORTO ESSENZIALE PER
IL FUNZIONAMENTO
DELL’ORGANIZZAZIONE
80
Download