Uploaded by Noemi Saracini

MIO -The new strategic brand management (J

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The new strategic brand management (J.N. Kapferer)
Introduzione: Costruire il brand quando i clienti si sono potenziati
·
Sono pochi gli strumenti strategici per una azienda allo scopo di avere un vantaggio
competitivo di lungo periodo: il branding è uno di questi, insieme alla ricerca e sviluppo, a un
orientamento vero verso il consumatore, a una cultura dell’efficienza, al coinvolgimento dei
dipendente e alla capacità di reagire e cambiare rapidamente – questo è il mantra di brand
come WalMart, Starbucks, Apple e Zara.
· I brand hanno riscoperto che la migliore tipologia di fiducia è la brand loyalty, non la price
loyalty o il bargain loyalty. Secondo Ehrenberg, la penetrazione di un prodotto è correlata alla
frequenza di acquisto dello stesso: in altre parole, i grandi brands hanno sia una alta
penetrazione che un’alta frequenza di acquisto dei prodotti per compratore – la crescita dovrà
sicuramente prendere queste strade, e non soltato rimanere bloccata nella generale customer
loyalty.
Nelle nostre società materialistiche, le persone vogliono dare un significato al proprio consumo:
soltanto i brand che aggiungono valore al prodotto e raccontano una storia riguardo ai
consumatore, o calano in una situazione di valori immateriali quel consumo, potranno fornire
questo significato.
· Oggi, ogni organizzazione vuole essere un brand: il branding è diventato una questione
strategica in tutti i settori – high tech, low tech, commodities, utilities, components, servizi, B2B,
laboratori farmaceutiici, NGOs ecc. Tutti i tipi di organizzazioni, quindi anche le persone (Es.
David Beckam), le città (Es. Parigi) e i Paes (Es. India) vogliono concepirsi e organizzarsi come
se fossero brand a tutti gli effetti.
· Aziende e organizzazioni da tutti i settori chiedono quando un brand possa consolidare il
proprio business, che steps debbano fare per crearlo – un po’ perché sentono che mancano d
know-how, un po’ perché intuiscono che non è soltanto una questione comunicativa. Infatti,
nonostante la comunicazione sia necessaria per creare un brand, essa da sola non è
sufficiente: è necessario gestire tutti i punti di contatto (dal prodotto/servizio, al canale, alla
pubblicità, al sito internet, l’etica dell’organizzazione ecc) in maniera integrata e incentrata –
questa è la skill più importante che serve. Infatti, it takes more than branding to build a brand:
oggi i clienti sono molto più potenti di quanto non lo siano mai stati, e questo significa la fine dei
brand mediocri – soltanto quelli che massimizzano la soddisfazione sopravvivranno, sia che lo
facciano offrendo prezzi estremamente bassi, sia che propongano esperienze o servizi o
perfomance premianti. I brand
· Le aziende costruiscono i brand per avere un ritorno economico nel business: infatti, non si
fanno soldi vendendo i prodotti, quanto vendendo i brand, cioè quell’unico set di valori, tangibili
e intangibili. C’è il rischio però che il branding si stia innamorando della propria immagine,
dimenticando le fonti della brand equity: il brand non è tutto, attira la fama certamente, ma
questo è possibile grazie a un certo modello d business.
· Gli anni ’80 sono stati un turning point della concezione di brand: il management ha realizzato
che il principale asset di un’azienda fosse il nome del brand. Soltanto recentemente abbiamo
però fatto il passaggio in più di capire che il valore in realtà sta fuori, cioè nelle menti dei
consumatori. Il passaggio precedente ha avuto luogo soprattutto se guardiamo a tutte le
acquisizioni di quel periodo: in un tempo di crisi e recessione, si compravano aziende a prezzi
molto più alti del previsto – questo perché si comprava il brand in sé, e questo valore non
risultava nei bilanci delle aziende comprate. Quello che poi è cambiato è stata appunto la
consapevolezza: si capii appunti che i compratori di queste società stavano comprando di fatto
il positioning nelle menti dei consumatori. Il passaggio finale fu la scoperta del fatto che non
soltanto i consumatori guardavano al nome del brand, ma a tutta la comunicazione della
azienda: infatti, il valore dei brand viene dalla loro abilità continua di aggiungere valore e
generare profitto da una coerenza corporate.
Capitolo 1: La questione della brand equity
→ I brand sono diventati sempre più pervasivi, avendo un ruolo di spicco nella società moderna:
questo loro essere dovunque li ha resi oggetto di critica e di analisi sotto un grandissimo numero di
prospettive.
→ Questo libro si concentra sulla prospettiva manageriale: come gestire un brand per creare
profitto? I brand sono assets intangibili che producono beneficio al business - questa è proprio
l’area di dominio del brand management strategico: come creare valore attraverso una corretta
gestione del brand
Cos’è un brand
Uno dei punti più caldi di disaccordo tra gli esperti è proprio la definizione di che cosa sia un brand.
il problema diventa ancora più acuto quando si entra nell’ambito della misurazione: come dovrei
misurare la forza di un brand?
Si è generato uno scisma tra due paradigmi: un paradigma customer-based che si concentra
esclusivamente sulla relazione che i clienti hanno con il brand, e l’altro vuole invece produrre
misure in dollari ed euro → il nostro scopo sarà ricongiungere questi due approcci.
● Definizioni customer based
- In breve, secondo questo approccio, la customer equity è il preambolo della financial equity,
cioè i brand hanno un valore finanziario perché precedentemente hanno creato delle risorse
nelle menti e nei cuori dei consumatori, nei distributori, negli opinion leaders ecc.
- Le risorse sono la brand awareness, la percezione di esclusività e di superiorità, il legame
emozionale. Da qui, la definizione di brand è “un set di associazioni mentali, che vive il
consumatore, che si aggiungono al valore del prodotto o del servizio” (Keller).
- !! Questa definizione ha due problemi: in questa definizione il prodotto in sè è fuori fuoco,
perchè il brand è visto meramente come un insieme di percezioni - questo significherebbe
abbassare il brand management a una funzione solamente comunicativa, e questo è incorretto;
in secondo luogo, ci si focalizza solo sulle cognizioni, mentre questo non è abbastanza, perché i
brand forti hanno un’ intensa componente emozionale.
● I brand come una risorsa condizionata: come la prospettiva finanziaria può aiutarci a definire un
brand?
- Innanzitutto, ci ricorda che i brand sono assets intangibili, risorse immobilizzate intangibili, che
finisono nel bilancio di esercizio dell’azienda che le possiede.
- in secondo luogo, i brand sono risorse condizionate, nel senso che per produrre benefici, valore
finanziario, devono lavorare in connessione con altre risorse. Non ci sono brand senza prodotti
o servizi.
- In modo interessante, anche l’approccio legale insiste sulla natura condizionata dei brand: un
brand, per essere valido, infatti, deve essere registrato e usato in un business real per almeno 5
anni dopo la sua registrazione.
● La prospettiva legale
- Esiste una definizione legale accettata a livello internazionale, che dice che un brand è “un
segno o un insieme di segni che certificano l’origine di un prodotto o un servizio e lo
differenziano dalla concorrenza”.
- Storicamente, infatti, i brand sono nati difendere i produttori dai furti. Un altro punto focale di
questa prospettiva è che un marchio, così definito, ha una “data di nascina”, il giorno della sua
registrazione, così come si può dire morto nel momento in cui il suo nome diventa un termine
generico.
- Nonostante sia utile questo approccio, non può diventare la base del brand management,
semplicemente perchè il brand non nasce ma è creato.
→ La nostra definizione è: un brand è un nome che influenza i compratori, diventano un criterio di
acquisto.
● Un brand è un nome con il potere di influenzare: questa definizione cattura l’essenza del brand,
anche se non può essere in sè soltanto una questione di scelta del nome. Infatti, ciò che rende un
nome veramente un brand è il fatto che esso evochi fiducia, rispetto, passione, coinvolgimento.
Come è possibile questo?
- Viviamo nell’economia dell’attenzione: c’è tantissima scelta e i consumatori non hanno tempo di
comparare i prodotti prima di comprarli, tutto è opaco. In questo senso, i brand devono evocare
certezza, fiducia, emozione: devono ridurre il rischio.
- La forza del brand di influenzare i compratori si basa su rappresentazioni e relazioni. Una
rappresentazione è un sistema di associazioni mentali interconnesse. Esse coprono i seguenti
aspetti: il territorio di brand, il livello qualitativo, quali sono le sue qualità, e quelle più forti, quale
sia la tipologia di compratore che evoca, la personlalità del brand e i valori del brand.
- In breve, un brand esiste quando ha acquisito la forza di influenzare il mercato, e questo
richiede tempo. Non solo, questa forza può essere persa se il brand torna ad essere frainteso in
comparazione con i competitor.
- Ciò che rende un nome capace di acquisire la forza per diventare un brand è un prodotto o un
servizio ai quali è attaccato, e con i quali tocca il mercato, il prezzo, i luoghi, la comunicazione queste sono tutte fonti che, accumulate, creano una brand experience.
- Per questo dovremmo parlare di un sistema vivente fatto da tre poli: prodotti/servizi, nome e
concept.
-
Questo triangolo ci aiuta ad approcciare alle vastissime questioni messe in campo dal brand
management: quale concept dovrei scegliere? Con che equilibrio, verso i benefici tangibili o quelli
intangibili? Come un brand concept può incarnarsi in tutti i prodotti e servizi e nei luoghi in cui il
brand vive? Come dovrebbe essere identificato un prodotto e/o un servizio? Dovrebbe mantenere
solo il logo, come Nike, o anche il nome? Ecc.
→ In sintesi: un brand è un’idea condivisa e desiderabile che si incarna in prodotti, servizi, luoghi
e/o esperienza. Più questa idea è condivisa da un grande numero di persone, più grande è
la forza del brand.
Come le definizioni di brand sono cambiate durante il tempo
Ogni definizione riflette la visione tipica presente in un certo momento storico, per questo ogni
definizione di brand è indicativa dei cambiamenti storici che avevano bisogno sempre di nuovi
pensieri manageriali.
- Le prime definizioni erano molto influenzate dalla legge, in quanto iniziamente i marchi erano
usati appunto per “marchiare” il bestiame, in particolare le mucche, nel Wild West. Quindi,
secondo Aaker: “Un brand è un nome e/o un simbolo distintivo usato per identificare beni o
servizi di un produttore da quelli di un suo competitor”.
- Più avanti, ha preso piede la psicologia all’interno del marketing, per cui il branding ha iniziato
ad essere associato alla mente. Questo era legato soprattutto al fatto che si guardava ai
commercial televisivi di 30 secondi, caratterizzati da una USP, in cui P&G era maestro. Ogni
brand significava un solo prodotto, infatti secondo Keller “un brand è un prodotto che aggiunge
nuove dimensioni per differenziarlo da altri prodotti che soddisfano lo stesso bisogno.”
- Più avanti ancora, i brand sono stati categorizzati come un set di associazioni mentali che
aggiungono valori al prodotto stesso, per cui i brand non starebbero nel prodotto, ma nelle
menti dei consumatori.
- Il passaggio successivo, quello delle società avanzate, ha visto una proliferazione di brand della
stessa categoria e l’ascesa dei brand della distribuzione. Questo ha generato un’enfasi
esagerata sulla consumer loyalty e sull’importanza del ruolo delle comunità, come si può vedere
dal focus sui social media.
→ Tutto ciò, portato all’estremo, non sta più funzionando: i nuovi tempi richiedono una nuovo
strategic brand management. E’ per qesto che tutte le organizzazioni dovrebbero capire che il
brand è un nome che simboleggia un coinvolgimento a medio-lungo termine, un impegno, una
crociata per un unico set di valori, incarnati nei prodotti, nei servizi e nei comportamenti, i quali
rendono l’organizzazione, la persona o il prodotto capace di differenziarsi.
Allargare il concetto di brand
Il pensiero accademico è da sempre stato troppo attaccato ai prodotti di largo consumo,
dimenticando che non soltanto gli umbrella brands sono brands, ma che oggi qualsiasi cosa
sembra esserlo. Le squadre di calcio sono brand, David Beckam è un brand, i musei non sono più
solo luoghi ma brand, le persone parlano delle città come di brand, o addirittura delle nazioni.
Inoltre, in seguito al collasso del comunismo, quanodo si diceva che la politica era morta e c’era la
“fine della storia”, si è capito che il consumismo non è abbastanza: c’è bisogno di consumare con
significato, i consumatori lo cercato. Ecco perchè i brand sono diventati campioni culturali e noi ci
aspettiamo che ci diano valori validi per le nostre vite.
Un ultimo fattore che ha accelerato questo trend per cui ogni cosa è un brand è il crescente
antropomorfismo del brand - si dice che i brand hanno una personalità e sono ritratti attraverso
celebrità per accentuare questa percezione.
Attenzione però a non chiamare tutto “brand”, a caso: oggi c’è una drammatica inflazione nell’uso
della parola “brand” - si parla di corporate brand, branch brand, division brand, subsidiary brand.
Questo è un errore: c’è un solo unico brand, tutto il resto è organizzazione. Un’altra tendenza
sempre in questo ambito è utilizzare la parola brand per tutta la linea produttiva: di nuovo, bisogna
fare attenzione a distinguere il brand dal prodotto.
Differenziazione tra assets, forza e valore di brand
La definizione ufficiale di brand equity fatta dal Marketing Science è “un set di associazioni e
comportamenti da parte dei clienti, dei distributori e delle aziende parenti del brand, che
permettono a quest’ultimo di guadagnare un volume maggiore e dei margini maggiori rispetto a
quelli che avrebbe senza avere quel nome di brand” →
questa definizione è interessante, ma
serve fare chiarezza rispetto alle seguenti definizioni.
1. Brand assets: sono le risorse di influenza del brand (awareness/salienza, emozione, image,
forza della relazione con i consumatori)
2. Brand strenght: è il risultato presenta a uno specifico momento temporale di tute le risorse,
in un mercato specifico, in un certo ambiente competitivo e per un certo modello di
business. Questo è riassunto da alcuni indicatori comportamentali, come la quota di
mercato, la leadership di mercato, i livelli di loyalty e il price premium.
3. Brand value: è l’abilita dei brand di generare profitto, infatti un brand non possiede valore
finanziario finchè non è capace di produrre profitto.
Le frecce indicano una conseguenza “condizionale”, nel senso che le stesse risorse di brand
possono produrre una diversa forza, o addirittura non creare valore se non esiste un business
capace di sostenerle. Questo schema sottolinea anche una dimensione temporale, infatti: i brand
assets sono acquisiti nel tempo, la forza di brand è una misura nel presente e il brand value è una
proiezione nel futuro.
Misurare la brand equity
Le misure del brand dovrebbero puntare a misurare le risorse della forza del brand: in questo
senso, il ruolo dei manager è quello di costruire il brand così come di creare un business. → Varie
teorie/modelli
- Un interessante sondaggio fatto dall’agenzia pubblicitaria DDB ha chiesto ai direttori di
marketing quali fattori considerassero caratteristici di un brand forte. In ordine di importanza:
brand awareness, la forza del brand positioning/concept/personalità/immagine, la forza dei
segni di riconoscibilità da parte del consumatore (come il logo, il packaging ecc), l’autorità che il
brand ha verso i consumatori/la stima che il brand può vantare presso i suoi consumatori.
- Sattler nel 1994 ha analizzato 49 studi americani ed europei sulla brand equity e ha elencato
almeno 26 differenti modalità di misurazione di essa, che spesso discordavano su varie
dimensioni. Ad esempio: la misura è monetaria o no? (tendenzialmente no); la misura include il
fattore tempo, cioè il futuro del brand nel mercato?; la misura tiene conto della concorrenza?
(molti dicono di no); la misura include il marketing mix?; quando stimiamo il valore di un brand,
includiamo i valori che potrebbero generarsi dalle sinergie con altri brand nel suo portfolio? (la
maggior parte pensa di no); la misura del brand include la possibilità di brand extension, anche
a livello geografico? (tendenzialmente no).
→ Noi raccomandiamo un minimo di 4 indicatori per la brand equity
1. Aided brand awareness: una minima resonance del brand
2. Brand awareness spontanea
3. Evoked set/consideration set: se il brand appare nella liste dei due/tre brand presi in
considerazione per essere comprati
4. Se il brand è stato già effettivamente consumato o meno.
→ Gli studi di tracking non sono solo semplici strumenti per il controllo, ma essi sono fatti per
analizzare: una piena razionalizzazione di quello che vediamo ci rende poi capaci di agire.
Comparare i profili di brand equity
E’ interessante paragonare i brand di diverse categorie. Nella tabella sotto sono ordinati secondo
due macro misure di brand equity: l’awareness e la qualità percepita, e poi abbiamo due questioni
comportamentali, cioè chi ha già effettivamente provato il prodotto e chi pensa di comprarlo nel
futuro. I dati, basati su una scala nazionale, sono stati cambiati per ragioni confidenziali.
Alcuni cose interessanti che emergono
- Samsung è diventato leader in Europa in quota di mercato: questo si può desumere guardando
la colonna “trial”. Nonostante sia un brand più recente di Sony, ha raggiunto gli stessi suoi livelli
di trial e di vendita. Questo è il risultato di innovazioni sistematiche nel business dei cellulari,
delle tv ecc.
- Dall’altra parte, Sony mantiene una forza di brand, nonostante tutti concordino col fatto che non
è lo stesso brand degli anni ‘80. Al di là di questo, il brand ha mantenuto il suo capitale, e
questo si vede nella qualità percepita, che rimane maggiore di quella di Samsung.
- Il profilo di Nespresso è quello di un brand di nicchia: molto conosciuto, ma provato da pochi e
con una percentuale altrettanto bassa di chi dice che lo proverà in futuro. La sua crescita
consisterà nel vendere capsule sempre più costose agli stessi clienti.
- Il profilo di Apple è analogo, però con una percentuale di intenzione di acquisto futura
leggermente più alta degli acquisti già effettuati. In questa direzione, ancora di più, ci sono
BMW e Dior.
Valori intangibili: la convergenza tra finanza e marketing
La visione delle aziende è passata dal credere che solo i beni tangibili avessero valore, al
riconoscere che sono quelli intangibili la loro vera forza. Il valore intangibile di un’azienda è la
differenza tra il prezzo d'acquisto e il valore di mercato dell'azienda. In questo caso la differenza la
fa la predisposizione e il valore affettivo e psicologico che i consumatori attribuiscono al brand. La
reputazione del brand e i suoi valori intangibili si creano nel tempo, attraverso campagne di
comunicazione e l’impegno nel migliorare la customer satisfaction. Avere una forte reputazione e
un posizionamento alto nella mente dei consumatori comporta:
- Un atteggiamento più favorevole da parte dei distributori e grossisti, i quali sapendo
che ai loro clienti piacciono i prodotti di quel brand, li ordineranno sempre per averli nei loro
punti vendita.
- Il desiderio del consumatore finale di acquistare quel prodotto. Il valore che riconoscono
al prodotto e la lealtà al brand che ne consegue è una garanzia di vendite nel futuro. La
lealtà è un aspetto molto importante, perché non svanisce facilmente e potrebbe portare il
consumatore a scegliere ancora quel prodotto nonostante l’aumento o la differenza del
prezzo rispetto al prodotto del competitor.
E’ sul brand che si accentrano tutte le impressioni positive e/o negative dei consumatori nel tempo.
Ed è sul brand che si focalizza l’attenzione dell’area marketing, con lo scopo che al nome del
brand il cliente possa associare il concetto di qualità.
Come le aziende creano valore per il cliente
Il paradosso dei brand è che cercano di ridurre il rischio percepito, anche se essi esistono solo
quando vi è un rischio percepito. Se il consumatore non percepisse e poi accettasse il rischio di
comprare quel prodotto, il brand non avrebbe alcun beneficio, sarebbe solo un nome su un
prodotto. Ciò che un brand dovrebbe fare è rendere il più credibile possibile il proprio marchio, la
propria immagine e il proprio prodotto, allo scopo di abbattere la diffidenza e la preoccupazione del
cliente. In questo non è utile solo la fiducia, ma anche la curiosità, l’empatia e lo storytelling che si
crea attorno al brand.
La brand awareness è un fenomeno collettivo, perché quando un brand è conosciuto, tutti
sappiamo che tutti conoscono quel brand (es. Apple), il che crea delle inferenze spontanee.
Secondo una ricerca, l’awareness è legata ad aspetti come la qualità, l’affidabilità e un buon
rapporto qualità/prezzo.
Nelson, Darby e Kami hanno distinto i prodotti in base a 3 loro caratteristiche:
- Prodotti la cui qualità è visibile prima dell’acquisto.
Un esempio sono i calzini, che prima dell’acquisto già mostrano le loro caratteristiche più
importanti: colore, materiale, elasticità, prezzo.
- Prodotti la cui qualità è verificabile solo dopo l’uso, quindi dopo l’acquisto.
Un esempio è il mercato automobilistico: è vero che durante il test drive ci vengono
mostrate alcune caratteristiche, ma le più importanti non sono immediatamente verificabili.
La decisione viene presa in base alle esperienze proprie e altrui, alla reputazione del
brand, alla pubblicità, etc.
- Prodotti che vantano di avere delle qualità, che però non sono verificabili, neanche
mediante il loro uso. Quindi richiedono la sola fiducia del consumatore. Quando un brand
è molto noto riesce a creare un’aura di finzione, di mito e fascino attorno a sè, che valica i
confini della razionalità e delle caratteristiche tangibili del prodotto.
Il brand non ha solo una funzione informativa volta a comunicare le proprie caratteristiche, ma ne
ha altre che giustificano l’attrattività e il ritorno economico. Le 8 funzioni sono:
-
Identificazione: essere immediatamente riconoscibile tra altri prodotti
Praticità: i clienti fedeli al marchio risparmiano tempo ed energie perché sanno già quale
prodotto scegliere
Garanzia: il cliente è certo di trovare sempre la stessa qualità nel prodotto, a prescindere
da dove e quando lo compri
Ottimizzazione: il cliente è certo di comparare il prodotto migliore in circolazione, il più
adeguato ai suoi bisogni
Distintività: il prodotto è utile al cliente per riconfermare l’immagine di sé che mostra agli
altri
Continuità: l’acquisto ripetuto del prodotto porta il cliente ad instaurare un rapporto di
familiarità
-
Eccitazione edonistica: il fascino creato dal nome del brand, dalla sua comunicazione e
dai prodotti
Etica: il cliente desidera che il brand adotti un comportamento responsabile nei confronti
degli stakeholder e della società.
Come i brand creano valore per l’azienda
Le aziende con un brand forte sono meno rischiose. Un brand forte gode di maggiore fiducia e
quindi di una quasi certa stabilità di vendita nel futuro. Questa maggiore sicurezza viene inclusa
nel prezzo di vendita. Infatti se in un settore è presente un brand leader, questo funge da barriera
d’ingresso per potenziali nuovi competitors, scoraggiati da questa presenza. Inoltre, un brand
leader e dominante in un settore può più facilmente entrare in altri, perché porta con sé la forte
reputazione di qualità e fiducia. Infatti, nel determinare il valore finanziario di un brand, gli esperti
devono tenere in considerazione le fonti di eventuali ricavi extra, generati dalla presenza di un
marchio forte.
Per calcolare questo valore, è necessario sottrarre i costi legati alla gestione del marchio: i costi
legati al controllo della qualità, l'investimento in R&S, i costi pubblicitari, il costo del capitale
investito, ecc. Il valore finanziario del marchio è la differenza tra i ricavi extra generati dal marchio
e i costi associati per i prossimi anni, che sono scontati fino ad oggi. Il numero di anni è
determinato dal piano aziendale del potenziale acquirente; mentre il tasso di sconto utilizzato per
pesare questi flussi di cassa futuri è determinato dalla fiducia o dalla mancanza di fiducia che
l'investitore ha nelle sue previsioni. Ad ogni modo, vale sempre la regola: più forte è il brand, più
basso è il rischio.
Vediamo i 3 generatori di profitto di un brand:
- I prezzi alti
- Attrattività e lealtà che possiede
- Più alta marginalità
Un brand può differenziare i propri prodotti mediante 3 tipi di investimenti:
- In produzione, produttività, ricerca e sviluppo: grazie a questi investimenti l’azienda può
guadagnare un know-how che non può essere imitato e che rientra tra i beni intangibili. Un
esempio sono i brevetti, che sono beni intangibili di cui l’impresa gode per un tempo
illimitato e che generano profitti economici.
- In ricerche e studi marketing: lo scopo è scoprire in anticipo i cambiamenti e i bisogni dei
consumatori e dei distributori
- Investimento nella quotazione delle azioni, nella forza vendita, nella commercializzazione e
nel comunicare ai consumatori la propria unicità e qualità intrinseche.
Come la reputazione del brand incide sull’impatto dell’advertising
I brand sono una forma di capitale che può essere costruito lentamente, ma non è con il numero di
vendite che si crea la reputazione. Oggigiorno ai manager è richiesto di creare sia un buon
business che una reputazione aziendale di valore. Non devono essere viste come due cose
separate, perché l’advertising e il marketing sono due leve per le vendite. Ciononostante, il loro
effetto sull’attrattività e sulla possibilità di alzare il prezzo di vendita (2 dei 3 generatori di profitto
per un brand) non è diretto, ma mediato dalla reputazione del brand. Quest’ultima si crea quando
il prodotto risulta familiare e unico agli occhi del cliente. A questo punto, possiamo affermare anche
che più un brand è conosciuto e più le campagne pubblicitarie sono viste e ricordate.
Reputazione aziendale e del brand
La reputazione aziendale è il profilo che l’azienda vuole promuovere di sé stessa al mondo.
L’azienda dà profondità e umanità al marchio commerciale. Oramai competere con il prodotto non
è più sufficiente, perché quest’ultimo può essere imitato. E’ necessario mettere in risalto il brand
che esiste dietro il brand e quindi costruire un brand aziendale. Tutto questo è utile anche per
difendere la reputazione, aspetto a cui oggi le aziende prestano molta attenzione. Prima era
importante “l’immagine” del brand, ma poi è diventato un concetto superato, perché era una
costruzione artificiale. La reputazione è qualcosa di più profondo, perché è un pensiero degli
stakeholders che deve essere preservato e alimentato. Fombrun ha elencato i sei pilastri su cui si
basa una reputazione globale:
- Richiamo emotivo: come la fiducia, ammirazione e rispetto
- Prodotti e servizi: che devono essere di qualità, innovativi
- Visione e Leadership
- Qualità del posto di lavoro: ben gestito, attraente, pieno di persone talentuose
- Risultati finanziari
- Responsabilità sociale
Le aziende hanno compreso che non possono rimanere mute, invisibili e opache. Devono gestire
la loro visibilità e quella delle loro azioni allo scopo di massimizzare la loro reputazione. Oggigiorno
le aziende accrescono la loro reputazione affiancandosi a fondazioni, enti di beneficenza e
pubblicità.
I consumatori non vedono più le aziende sotto forma dei loro stabilimenti, ma le trovano sui
quotidiani, nelle pubblicità e ovviamente nei loro prodotti e servizi. Nei mercati maturi di oggi i
consumatori non sono (messi) in grado di fare una chiara distinzione tra la reputazione del brand e
dell’azienda. Nike, per esempio, è il brand o l’azienda? Dal momento che entrambe condividono lo
stesso nome è difficile da dire. La risposta è che Nike è entrambe le cose, dipende dal contesto,
dagli obiettivi e dal target a cui comunica.
Focus sulla reputazione vs. Focus sul brand
A livello aziendale, la parola reputazione era preferita a quella di marchio, perché quest’ultimo
sembrava meno nobile. Oggi invece i manager sembrano spingere per promuovere l'azienda come
marchio. La reputazione è un concetto difensivo, mentre il marchio è offensivo. La reputazione è il
risultato della somma di tutte le opinioni degli stakeholder dell’azienda. Nessuna decisione viene
presa senza domandarsi quali impatti potrebbe avere sulla reputazione. L’obiettivo di qualunque
azienda è quella di diventare il leader del suo settore, di essere quella che tutti vogliono imitare
perché fissa continuamente nuovi standard. La reputazione è introversa e focalizzata sull’azienda;
mentre il brand è focalizzato sul mercato e sui valori. Le aziende dovrebbero diventare dei brand,
ovvero dei vincenti con una visione.
Dalla gestione del marchio al gestire con il marchio
Oggigiorno le compagnie devono affrontare 2 problemi:
- Mobilizzare il personale: quando molte aziende hanno iniziato a licenziare i loro dipendenti
nelle imprese è cresciuto il cinismo. Le persone si sono rese conto di essere solo
manodopera e poco coinvolte nelle imprese.
- Sostenere la domanda ricreando il desiderio: la continua competizione ha fatto sì che si
abbassassero i costi e con loro anche la percezione di un prodotto di valore.
Il brand ha il potere di risolvere il primo problema, perché appare come una delle poche cose di
valore che portano orgoglio sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Fino a quando il brand
mantiene la sua attrattività, fornisce ai lavoratori un motivo per continuare a lavorare per esso.
Questo è il motivo per il quale il focus delle aziende si è spostato dalla reputazione al brand. Il
brand è sinonimo di leadership, lo scopo è competere per essere il numero 1 di quel settore. In
questo processo le aziende devono necessariamente coinvolgere i dipendenti, perché il brand non
appartiene al marketing, ma alle persone.
Capitolo 2: Implicazioni strategiche del branding
Oggigiorno, le aziende dedicano così tanta attenzione alle attività di marketing, come la scelta di
designer, agenzie di pubblicità, grafici etc. da dimenticare che si tratta di attività intese come
mezzo e non fini a se stesse.
Il branding viene visto come prerogativa esclusiva del personale addetto al marketing e alla
comunicazione. In questo modo si sottovaluta il ruolo svolto dalle altre parti dell'azienda nel
garantire il successo della politica di branding e la crescita del business. Solo mobilitando tutte le
fonti interne di valore aggiunto un'azienda può distinguersi dalla concorrenza.
Cosa significa veramente fare branding?
Significa molto di più che dare un nome ad un marchio, bensì richiede un coinvolgimento aziendale
di lungo termine oltre che un alto livello di risorse e competenze.
Il branding consiste nel trasformare la categoria di prodotto:
I brand sono una conseguenza diretta della strategia di segmentazione del mercato e di
differenziazione dei prodotti: le aziende vogliono soddisfare i loro clienti specifici e fornire loro la
combinazione ideale di attributi - tangibili e intangibili, funzionali ed edonistici, visibili e invisibili - a
condizioni economiche sostenibili per le loro imprese. Le aziende vogliono imprimere il proprio
marchio nei diversi settori e dare la propria impronta ai loro prodotti. Vogliono, in maniera
metaforica, “marchiare” il cliente. Per farlo, il primo compito è quello di definire con precisione tutto
ciò che il marchio inietta nel prodotto (o nel servizio) e come il marchio lo trasforma:
● Quali attributi si materializzano?
● Quali vantaggi si creano?
● Quali benefici emergono?
● Quali ideali rappresenta?
Questo significato profondo del concetto di marchio viene spesso dimenticato o volutamente
omesso. Ma se pensiamo alle contraffazioni (es. Adidase, Lacoste etc. ) si capisce che il marchio
ha un importante ruolo perchè pur essendo presente sui prodotti contraffatti, ma falso, è come se
non ci fosse affatto. Ecco perché le contraffazioni sono vendute a prezzi così bassi.
Alcuni marchi sono riusciti a dimostrare con i loro slogan che sanno e qual è il loro compito
fondamentale: trasformare la categoria di prodotto. Un marchio non solo agisce sul mercato,
ma organizza il mercato, guidato da una visione, una vocazione e un'idea chiara dii ciò che la
categoria dovrebbe diventare. Troppi marchi desiderano solo identificarsi completamente con la
categoria di prodotto, pretendendo così di controllarla. In realtà, spesso finiscono per scomparire al
suo interno: Polaroid, Xerox, Caddy, Scotch, Kleenex sono così diventati termini generici.
Trasformare la categoria significa dotare il prodotto di una propria identità separata. In
concreto, ciò significa che la marca è debole quando il prodotto è "trasparente". Parlare di "olio
d'oliva greco di prima spremitura a freddo", ad esempio, rende il prodotto trasparente, eppure
esistono decine di marchi in grado di commercializzare quel tipo di olio. Anche il passaggio dallo
sfuso al confezionato è sintomatico di questo fenomeno. La debolezza dei marchi di alimenti
freschi sottovuoto è in parte dovuta al fatto che le loro confezioni, pur essendo pensate per
rassicurare l'acquirente - come nel caso dei crauti in contenitori avvolti in pellicola - non fanno altro
che ricreare trasparenza (poichè non riescono a vedere oltre il contenuto)). Questa è la causa
strutturale della debolezza del marchio Essilor, così come viene percepita dai clienti. I clienti non
percepiscono come Essilor, leader mondiale del vetro ottico, trasformi il prodotto, né il suo input, il
suo valore aggiunto. Per loro il vetro è solo un vetro a cui si possono aggiungere varie opzioni
(antiriflesso, infrangibile, ecc.). Il valore aggiunto sembra essere creato unicamente dallo stile dei
cerchi (da cui il boom delle licenze) o dal servizio, entrambi palpabili e presenti nel negozio. Ciò
che è invisibile non viene percepito e quindi non esiste ai loro occhi. Tuttavia, l'esempio di Evian ci
ricorda che è sempre possibile far diventare opaco un prodotto trasparente. I grandi marchi di
acque minerali hanno potuto esistere, crescere e prosperare solo perché hanno reso visibile
l'invisibile. Non possiamo più scegliere la nostra acqua a caso: la salute e la purezza sono
associate a Evian, il fitness a Contrex, la vitalità a Vittel. Questi diversi posizionamenti erano
giustificati dalle differenze invisibili del contenuto d'acqua. In generale, tutto ciò che aumenta la
complessità degli ingredienti contribuisce a creare distanza nei confronti del prodotto. In questo
senso, Coca-Cola sta facendo la cosa giusta mantenendo segreta la sua ricetta. Antoine Riboud,
ex CEO di Danone nel mondo, ha espresso una preoccupazione simile dichiarando: "Non sono gli
yogurt che faccio, ma i Danone".
Un marchio è una visione a lungo termine
Il marchio deve avere un proprio punto di vista specifico sulla categoria di prodotto. Le grandi
marche hanno hanno una posizione specifica o dominante sul mercato e determinanti posizioni
all'interno della categoria di prodotto. Questa posizione da energia alla marca e alimenta le
trasformazioni che vengono attuate per far coincidere i prodotti della marca con i suoi ideali. Quanti
marchi sono oggi in grado di rispondere alla seguente domanda cruciale: "Cosa mancherebbe al
mercato se noi non esistessimo?". L'obiettivo finale dell'azienda è senza dubbio quello di
generare profitti e posti di lavoro. Ma lo scopo del marchio è un altro. La strategia del
marchio viene troppo spesso confusa con la strategia aziendale. STRATEGIA AZIENDALE:
"aumentare la soddisfazione dei clienti".
STRATEGIA DEL MARCHIO: l (ri)definire la sua ragion d'essere, la sua assoluta necessità. La
nozione di scopo del marchio manca nella maggior parte dei libri di testo di marketing. È un'idea
recente e trasmette la concezione della marca, vista come capace di esercitare un'influenza
creativa e potente su un determinato mercato. Naturalmente, un marchio trae la sua forza dai
mezzi finanziari e umani dell'azienda, ma trae la sua energia dalla sua nicchia specifica, dalla sua
visione e dai suoi ideali. Se non si sente guidato da un'intensa necessità interna, non avrà un
potenziale di leadership.
Così, molte banche propongono la seguente immagine di sé: vicine ai clienti, moderne, in grado di
offrire prodotti e servizi alla clientela di alto livello.
Alcune banche hanno specificato il loro scopo: per alcune è "cambiare il rapporto delle persone
con il denaro", mentre per altre è ricordare che il denaro è solo un "mezzo per lo sviluppo
personale". La visione del denaro di Amex non è quella di Visa.
Più di altri, i marchi multi-segmento hanno bisogno di rideterminare il proprio scopo. Le automobili
sono un esempio tipico. Un marchio multisegmento (detto anche marchio generalista) vuole
coprire tutti i segmenti di mercato. Ogni casa automobilistica genera più modelli massimizzando
così il numero di potenziali acquirenti: diesel, benzina, tre o cinque porte, station wagon, coupé,
cabrio, ecc. Il problema è che, dovendo soddisfare costantemente i criteri chiave di ogni segmento
(gamma bassa, gamma media inferiore, gamma media superiore e gamma alta), cioè sfornare
molte versioni diverse ed evitare di tipizzare eccessivamente un modello per accontentare tutti, le
aziende tendono a creare marchi “camaleontici”, ovvero che a parte il simbolo sul cofano o le
somiglianze nel design delle auto, non si percepisce più un piano generale che guida le
forze creative e produttive dell'azienda nella concezione di queste auto. Infatti, ciò che unifica
i prodotti di un marchio non è il loro marchio o i segni esterni comuni, ma la loro "religione": quale
spirito, visione e ideali comuni sono incarnati in essi.
I grandi marchi possono essere paragonati a una piramide (vedi Figura 2.1). La parte superiore
indica la visione e lo scopo del marchio - la sua concezione dell'automobile, per esempio, l 'idea
dei tipi di auto che vuole creare e i suoi valori, che possono o non possono essere espressi da uno
slogan. Questo livello conduce a quello successivo, che mostra lo stile generale di comunicazione
del marchio. Infatti, la personalità e lo stile del marchio vengono trasmessi non tanto dalle parole
quanto da un modo d'essere e di comunicare. Il livello successivo presenta le caratteristiche
strategiche dell'immagine della marca: derivano dalla visione complessiva e si concretizzano nei
prodotti, nella comunicazione e nelle azioni della marca. Ci si riferisce, ad esempio, al
posizionamento di Volvo come marchio sicuro, affidabile e robusto, o di BMW come marchio
dinamico e di prestigio. Infine, il livello di prodotto, alla base della piramide, consiste nel
posizionamento di ciascun modello nel rispettivo segmento.
Il problema è che i consumatori guardano la piramide dal basso verso l'alto. Partono da ciò
che è reale e tangibile. Quindi, quanto più ampia è la base della piramide (ovvero la varietà di
modelli per un singolo marchio autoobilistico), tanto più i clienti dubitano che tutte queste auto
provengano effettivamente dallo stesso concetto di automobile, che portino con sé la stessa
essenza del marchio e che rechino l'impronta dello stesso progetto automobilistico. La gestione del
marchio consiste, da parte sua, nel partire dall'alto e nel definire il modo in cui l'auto è concepita.
Coltivare in modo permanente la differenza
La nostra è un'epoca di vantaggi temporanei. Spesso si sostiene che alcuni prodotti di marche
diverse sono identici. Alcuni osservatori ne deducono che, in queste circostanze, un marchio non è
altro che un "bluff", un espediente utilizzato per cercare di distinguersi in un mercato inondato di
prodotti poco differenziati.
Questa visione non tiene conto del fattore tempo e delle regole della concorrenza dinamica. I
brand attirano l’attenzione attraverso i nuovi prodotti che loro creano e che portano sul mercato.
Ogni nuova invenzione, inevitabilmente, genera il plagio. Ogni progresso diventa rapidamente uno
standard a cui gli acquirenti si abituano: i marchi concorrenti devono quindi adottarlo se non
vogliono essere inferiori alle aspettative del mercato.
Per un breve periodo, quindi, il marchio sarà first mover ma poi sarà messo in discussione dai
concorrenti, a meno che l’innovazione non venga brevettata. il ruolo del marchio è quello di
proteggere l’innovazione, agire come un brevetto mentale. I marchi proteggono gli
innovatori, garantendo loro un’esclusività momentanea.
I marchi non possono quindi essere ridotti ad un semplice segno su un prodotto: guidano un
processo creativo che conduce al nuovo prodotto
Come illustrato nella Figura 2.2, la
gestione del marchio si alterna tra
fasi di differenziazione del prodotto
e differenziazione dell'immagine del
marchio. L'esempio tipico è quello
di Sony, la cui pubblicità si
concentra sulle innovazioni, quando
esistono, e sull'immagine nel
mezzo.
I Marchi agiscono come un
programma genetico:
Cosa significa? ciò che viene fatto alla nascita esercita un’influenza duratura sulle percezioni del
mercato. La tabella 2.1 mostra come i marchi vengano costruiti ed esercitano un’influenza a lungo
termine sulla memoria del cliente che, a sua volta, influenza le sue aspettative, atteggiamento,
grado di soddisfazione, proprio come un DNA. La prima azione e il primo significato di un brand
sono molto importanti perchè vengono immagazzinati nella memoria a lungo termine. Poi, una
serie di processi selettivi rafforzano il significato: attenzione selettiva, percezione selettiva,
memoria selettiva.
Ecco perché le immagini dei marchi sono difficili da cambiare: agiscono come cemento a presa
rapida.
Questo ha delle conseguenze manageriali perchè è di primaria importanza definire i prodotti da
lanciare in relazione all’immagine che si vuole dare nel lungo termine. Il brand management
introduce gli effetti a lungo termine come criteri per valutare la rilevanza delle decisioni a
breve termine
Le nuove generazioni scoprono il marchio in momenti diversi. Alcuni hanno scoperto Ford con il
Modello T, altri con la Mustang, altri con la Mondeo, altri ancora con la Focus. Non c'è da stupirsi
che le immagini del marchio differiscono da una generazione all'altra.
Il fattore memoria spiega anche in parte perché le preferenze individuali perdurano:
all'interno di una stessa generazione, le persone continuano, anche a distanza di 20 anni, a
preferire le marche che apprezzavano tra i 7 e i 18 anni. A differenza della pubblicità, in cui
l'ultimo messaggio visto è spesso l'unico che si registra veramente e viene meglio ricordato, le
prime azioni di una marca sono quelli destinati a lasciare l'impressione più profonda, strutturando
così la percezione a lungo termine.
In questo senso, i marchi creano un filtro cognitivo: gli aspetti dissonanti vengono dichiarati non
rappresentativi, quindi scontati e dimenticati. Per questo motivo, i fallimenti nelle estensioni di
marca su prodotti non rappresentativi non danneggiano il marchio in fin dei conti, anche se
incrinano la fiducia degli investitori nell'azienda (Loken e Roedder John, 1993).ES: Il fallimento di
Bic nel settore dei profumi è un buon esempio. La produzione di profumi non è tipica del
know-how di Bic percepito dai consumatori: le vendite di penne a sfera, accendini e rasoi hanno
continuato ad aumentare.
Liberandosi di elementi atipici e dissonanti, una marca agisce come una memoria selettiva,
conferendo alle percezioni delle persone un'illusione di permanenza e coerenza. Per questo
motivo un marchio è meno elastico dei suoi prodotti. Una volta creato, è difficile da cambiare. Da
qui l'importanza cruciale di definire la piattaforma del marchio. Quale significato del marchio si
vuole creare?
Un marchio è sia la memoria che il futuro dei suoi prodotti. Comprendendo il programma
genetico di una marca, possiamo non solo tracciare il suo territorio legittimo, ma anche l'area in cui
potrà crescere al di là dei prodotti che l'hanno fatta nascere. Il programma di fondo della marca
indica lo scopo e il significato dei prodotti precedenti e futuri. Come si può quindi identificare
questo programma, il DNA del marchio?
Se esiste, questo programma può essere scoperto analizzando gli atti fondanti della marca: i
prodotti, la comunicazione e le azioni più significative dalla sua nascita. Se esiste una linea guida o
una permanenza implicita, allora deve manifestarsi. La ricerca sull'identità di marca ha un duplice
scopo: da un lato analizzare la produzione più tipica della marca, dall'altro analizzare la ricezione,
cioè l'immagine restituita dal mercato. L'immagine è infatti una memoria in sé, talmente stabile
che è difficile modificarla nel breve periodo. Questa stabilità deriva dalla percezione selettiva
descritta in precedenza. Ha anche una funzione: creare riferimenti duraturi che orientino i
consumatori tra l'abbondante offerta di beni di consumo. Per questo motivo un'azienda non
dovrebbe mai allontanarsi dalla propria identità. La fedeltà del cliente si crea rispettando le
caratteristiche del marchio che hanno inizialmente sedotto gli acquirenti. Se i prodotti non
soddisfano più le aspettative dei clienti, meglio cercare di soddisfarle di nuovo che cambiare le
aspettative. Per fidelizzare i clienti e capitalizzarli, i marchi devono rimanere fedeli a se stessi.
Questo si chiama ritorno al futuro. Ritorno al DNA.
Interrogarsi sul passato, cercando di individuare il programma di fondo del marchio, non significa
ignorare il futuro: al contrario, è un modo per prepararlo meglio, dandogli radici, legittimità e
continuità. L'errore è quello di imbalsamare il marchio e di limitarsi a ripetere nel presente
ciò che ha prodotto nel passato, come il nuovo Maggiolino VW e altre retro- innovazioni. Per
combattere la concorrenza, i prodotti di un marchio devono sempre appartenere intrinsecamente al
loro tempo, ma a modo loro. Ringiovanire Burberry o Helena Rubinstein significa collegarli alla
modernità, non mummificarli in ossequio a uno splendore passato che si vorrebbe far rivivere.
Rispettare il “contratto” di marca: il potere di dire di no:
I marchi diventano credibili solo grazie alla persistenza e alla ripetizione della loro proposta di
valore. BMW ha la stessa promessa dal 1959. Con il tempo diventano quasi un contratto, non
scritto ma molto efficace. Questo contratto vincola entrambe le parti. Il marchio deve mantenere la
propria identità, ma aumentare costantemente la propria rilevanza. Deve essere fedele a se
stesso, alla sua missione e ai suoi clienti. Una volta scelti i propri valori e pubblicizzati, questi
diventano il punto di riferimento per la soddisfazione dei clienti. È noto che il primo determinante
della soddisfazione del cliente è il divario tra le sue esperienze e le sue aspettative. Il
posizionamento del marchio crea queste aspettative. Di conseguenza, i clienti sono fedeli a
tale marchio.
Questo impegno reciproco spiega perché i marchi, i cui prodotti sono temporaneamente diminuiti
in popolarità, non necessariamente scompaiono. Un marchio viene giudicato a lungo termine: una
carenza può sempre verificarsi. La fiducia nel marchio dà ai prodotti la possibilità di riprendersi. Se
così non fosse, Jaguar sarebbe già scomparsa da tempo: nessun altro marchio avrebbe potuto
resistere alla deleteria diminuzione della qualità delle sue auto negli anni Settanta.
Il contratto di marchio è economico, non giuridico. I marchi si differenziano così da altri segni
di qualità come i marchi di qualità e le certificazioni.
Marchi di qualità = testimoniano ufficialmente e legalmente che un determinato prodotto soddisfa
una serie di caratteristiche specifiche, definite in precedenza (in collaborazione con le autorità
pubbliche, i produttori e i consumatori) in modo da garantire un livello di qualità superiore e
distinguerlo da prodotti simili. è un marchio collettivo controllato da un'agenzia di certificazione che
certifica un determinato prodotto solo se è conforme a determinate specifiche. Tale certificazione
non è mai definitiva e può essere ritirata (come la ISO).
I marchi non testimoniano legalmente che un prodotto soddisfa un insieme di caratteristiche.
Tuttavia, grazie all'esperienza costante e ripetuta di queste caratteristiche, un marchio diventa
sinonimo di quest'ultimo.
Un contratto implica dei vincoli: presuppone:
1. che ci sia coerenza nelle varie funzioni dell'organizzazione: R&S, produzione, metodi,
logistica, marketing, finanza. Lo stesso vale per i marchi di servizi: poiché gli aspetti di R&S
e produzione sono ovviamente irrilevanti in questo caso, la responsabilità di garantire la
continuità e la coesione del marchio passa al management e al personale, che svolge un
ruolo essenziale nelle relazioni con la clientela. Il contratto di marca richiede un marketing
interno ed esterno.
2. A differenza dei marchi di qualità, i marchi stabiliscono i propri standard sempre più elevati.
Pertanto, non solo devono rispettare questi ultimi, ma devono anche cercare di migliorare
costantemente tutti i loro prodotti, anche quelli più elementari, soprattutto se rappresentano
la maggior parte delle vendite e quindi sono il principale veicolo dell'immagine di marca;
così facendo, saranno in grado di soddisfare le aspettative dei clienti che chiederanno che i
prodotti siano al passo con i cambiamenti tecnologici.
3. Devono inoltre comunicare e farsi conoscere dal mondo esterno per diventare il prototipo di
un segmento, di un valore o di un beneficio.I marchi devono farlo per ottenere l'unicità e
la mancanza di sostituibilità di cui hanno bisogno. La marca dovrà sostenere da sola i
propri costi interni ed esterni. Questi sono generati in base ai requisiti del marchio, che
devono essere:
● Prevedere da vicino le esigenze e le aspettative dei potenziali acquirenti. Questo è lo
scopo delle ricerche di mercato: sia per ottimizzare l'esistente
prodotto che per scoprire bisogni e aspettative che non sono ancora stati soddisfatti.
● Reagire al progresso tecnico e tecnologico per creare un vantaggio competitivo sia in
termini di costi che di prestazioni.
● Fornire contemporaneamente volume e qualità del prodotto (o del servizio)
● Controllare la quantità e la qualità delle forniture.
● Consegnare prodotti o servizi in modo coerente nel tempo e in conformità alle loro
esigenze in termini di consegna, imballaggio e condizioni generali.
● Dare un significato al marchio e comunicarlo al mercato di riferimento per marcare
l'identità e l'esclusività del prodotto (o del servizio). A questo servono i budget pubblicitari.
● Aumentare le ricompense esperienziali del consumo o dell'interazione.
● Rimanere etici e attenti all'ecologia.
I marchi forti creano il fascino e lo slancio dell'azienda. Ecco perché alcune aziende cambiano il
proprio nome con quello di uno dei loro marchi principali: BSN è diventata Danone, CGE è
diventata Alcatel. In questo senso, l'impatto dei marchi forti va ben oltre la maggior parte delle
strategie aziendali. Queste durano solo finché sono in fase di realizzazione, dopodiché
scompaiono o si riducono a slogan dimenticati. In ogni caso, il marchio aziendale è la voce
esterna dell'organizzazione e, come tale, rimane esigente e determinato a superarsi
costantemente, a puntare sempre più in alto.
In teoria, sia lo slogan che la firma del marchio sono destinati a incarnare il contratto di marca. Un
buon slogan viene quindi spesso rifiutato dai dirigenti perché comporta un impegno eccessivo per
l'azienda e può ritorcersi contro se i prodotti/servizi non corrispondono alle aspettative che il
marchio ha creato fino a quel momento.
Prendere sul serio il marchio, così com'è (cioè come contratto) è molto più impegnativo. Offre
rendimenti più elevati. Richiede anche l'autorità di dire no.
Il prodotto e il marchio
Da un lato, molti CEO ripetono ai propri collaboratori che non esiste un marchio senza un grande
prodotto (o servizio); dall’altro, è ampiamente dimostrato che i leader di mercato non sono il miglior
prodotto del loro mercato. Essere il "miglior prodotto" di una categoria significa competere nella
fascia premium, che raramente è un segmento ampio. Sicuramente nella categoria dei detersivi
per bucato, i leader di mercato come Tide, Ariel e Skip sono quelli che offrono le migliori
prestazioni per il bucato pesante, ma in altri casi è il marchio con il miglior rapporto
qualità/prezzo a essere leader di mercato.
EX. DELL: I computer Dell sono i migliori? Sicuramente no. Ma chi ha davvero bisogno di un
"computer migliore"? In effetti il mercato è segmentato: la maggior parte del pubblico, e anche la
maggior parte del segmento B2B, vuole un computer moderno, affidabile ed economico. Grazie al
suo modello commerciale "build-to-order", Dell è stata in grado di innovare e diventare leader di
questo segmento. Con il marchio "Intel inside", Dell rassicura gli acquirenti e li sorprende per il
prezzo sorprendente e per la personalizzazione one-to-one: ogni persona realizza il proprio
computer. Swatch è il miglior orologio? Sicuramente no. Ma in ogni caso non è questo che
chiedono gli acquirenti di Swatch: comprano convenienza e stile, non prestazioni superiori e
durature, qualunque cosa significhi.
La maggior parte dei marchi è nata da un'innovazione di prodotto o di servizio che ha superato la
concorrenza. In seguito, quando il nome del prodotto si evolve in un marchio, le ragioni di acquisto
dei clienti possono essere ancora l'"immagine di prestazioni superiori" del marchio, anche se in
realtà tali prestazioni sono state eguagliate dai nuovi concorrenti. La Figura 2.3 riassume la
relazione prodotto-marca.
Supponiamo che un consumatore voglia acquistare una nuova auto a causa della nascita del
quarto figlio. Questo evento importante crea una nuova serie di aspettative, alcune tangibili,
altre intangibili. Consultando siti Internet, riviste e visitando i concessionari, è possibile
individuare i modelli con gli attributi visibili richiesti (dimensioni, flessibilità, porte scorrevoli etc.). E
che dire degli attributi invisibili, come quelli esperienziali (piacere di guida) o quelli a cui bisogna
credere per fede, come l'affidabilità? Ovviamente, questi attributi non possono essere osservati ed
è qui che rientra il ruolo chiave del marchio: garantire, rassicurare i clienti sui benefici
desiderati che costituiscono la forza esclusiva della marca, chiamata anche
posizionamento.
Gli psicologi hanno anche identificato l'effetto alone come una delle principali fonti di valore creato
dalla marca: il fatto che la conoscenza del nome della marca influenzi la percezione dei vantaggi
del prodotto da parte del consumatore al di là di quanto indicato dagli stessi indizi visibili.
Effetto Alone: Kernel e valori periferici:
Un marchio è un nome con un potere, il potere di influenzare. Come può un nome influenzare?
Attraverso le evocazioni.I nuovi marchi possono contare solo sulle evocazioni spontanee del nome
stesso. è quindi importante sceglierlo adeguato così come il simbolo.
Tuttavia, la fonte principale di queste evocazioni sarà l’apprendimento del consumatore: nel tempo,
il marchio fornirà dei messaggi che costruiranno un’immagine e un posizionamento coerenti (ciò
che il marchio rappresenta).
Questa immagine deriva dal “prototipo del marchio”. In psicologia cognitiva, il prototipo è l’istanza
che riassume e porta con sè tutto il significato di un concetto. Quindi, il marchio e il prodotto
devono rappresentare sempre lo stesso concetto.
Le evocazioni suscitate dal nome di un marchio non sono le uniche fonti di influenza sui clienti nel
B2B o B2C ma:
1. c’è l’esperienza diretta del prodotto che può essere vissuta con le percezioni sensoriali del
tatto, dell’olfetto etc.
2. il passaparola peer to peer
Inoltre, i prodotti inviano dei messaggi ai consumatori (spunti) per fargli capire cosa aspettarsi
dopo l’acquisto.
Questi spunti sono di tre tipi:
1. Indizi di ricerca:
ci vengono dati anche solo semplicemente guardando il prodotto (le etichette su una
bottiglia di vino, il prezzo, l’aspetto di una mela)
2. gli spunti esperienziali:
bisognerebbe provare il prodotto prima di comprarlo: es. è possibile provare una crema
prima di comprarla.
3. Gli indizi di fiducia:
il primo asset di un marchio è la fiducia che si guadagna nel lungo periodo facendo ciò che
si promette. es. potrebbe essere l’affidabilità di un’auto → questi indizi sono anche
chiamati “belief cues”, basati sulla fede.
Le evocazioni del marchio influenzano gli acquirenti se sono:
- accessibili nella mente degli acquirenti
- fermamente convinti
- molto apprezzati
- altamente differenziati: non sono paragonabili alla concorrenza
Come si misura la capacità del brand di influenzare?
due metodi:
1. Brand equity monitor: utilizza le seguenti domande: 1. conoscete il marchio? . lo
prendereste in considerazione per la vostra prossima scelta? 3. l’ha già provato o
acquistato?
2. Studi sull’immagine del marchio in cui si chiede ai consumatori di valutare quanto una
promossa, ovvero un attributo fisico o sensoriale, sia fortemente attribuita a un marchio e di
quanto lo è rispetto ai suoi concorrenti.
Un marchio ha successo quando appare incomparabile, ovvero che ha la capacità di distinguersi
dalla massa. Es. Apple.
Tuttavia, occorre anche considerare che il marchio è prima di tutto un costrutto sociale → teoria
delle rappresentazioni sociali: il padre di tale teoria fu Solomon Asch nel 1946 che individuò
che alcuni tratti di una persona avevano un peso fondamentale nella formazione dell'impressione,
mentre altri erano secondari.
Sulla scia dei lavori di Asch, la teoria di kernel fa alcune affermazioni radicali per quanto riguarda
il marchio:
● Un marchio è un sistema composto da tratti di base e tratti periferici.
● I tratti di base sono incondizionati; la loro assenza indica che questo non è il vero marchio.
● I tratti periferici sono condizionati; possono essere presenti o assenti a seconda del tipo di
prodotto → ES. Samsung avrà quindi attributi di base e periferici, a seconda che si tratti di una tv,
smartphone etc.
● a lungo termine, i tratti periferici possono diventare tratti di base. → es. il design
● per identificare i tratti del kernel non si dovrebbero usare domande dirette ma si dovrebbe
chiedere se il marchio, non avendo X o Y possa ancora essere considerato un marchio.
La
Tabella
2.2
presenta
i
risultati di tale studio per Toyota nel 2009.
La colonna di sinistra identifica la percentuale di intervistati che affermano che la Toyota non è più
Toyota se non è sicura (88%), solida (87%), ecc. Come si collega questa teoria al modo in cui i
marchi influenzano le scelte?
● Le caratteristiche del kernel (di base) esercitano un "effetto alone" su tutta la gamma,
dalla fascia bassa a quella alta. L'effetto alone è la capacità del nome del marchio di
influenzare ciò che le persone percepiscono, in questo caso i prodotti (le auto stesse) e le
qualità che sembrano avere. Per le qualità del kernel, tutte le differenze di percezione sono
significative e positive. Quando viene identificato, il marchio Toyota fa sì che le persone
valutino il prodotto che vedono in modo più elevato sui tre elementi identificati come kernel.
● I tratti periferici esercitano un effetto alone, ma in modo condizionato: dipende dal
segmento di estensione di questa linea verticale (se si tratta di un auto di fascia bassa,
media o alta).
● Alcuni tratti periferici della Toyota non esercitano alcun effetto significativo sulla percezione,
ad esempio l'estetica. Questo è normale: l'estetica è uno spunto di ricerca. Si giudica
semplicemente vedendola. Un'auto il cui design non piace rimane tale, indipendentemente
dal fatto che il suo marchio venga esplicitato o meno.
Quindi, i brand manager devono decidere quali dovrebbero essere i pochissimi valori fondamentali
del loro marchio (chiamati anche valori di base) ed esercitare tutto il loro talento e le loro energie
per costruirli in modo coerente attraverso il tempo, i prodotti, le relazioni e l'assistenza ai
consumatori, l'esperienza nei negozi e sul web e i prezzi. Si inizia scrivendo questi pochi valori
fondamentali e facendoli conoscere all'interno e all'esterno dell'azienda: si tratta della cosiddetta
piattaforma di marca (cfr. Capitolo 8).
Possiamo riassumere le implicazioni di questi risultati nella figura 2.4: come i marchi influenzano le
scelte:
1. i valori di base sono di due tipi: tangibili e intangibili. se non c’è quello intangibile, il marchio
è solo un nome e non creerà un’identificazione del consumatore e, quindi, una fedeltà
emotiva e un coinvolgimento
2. i valori tangibili del kernel esercitano un effetto alone incondizionato sulla percezione dei
prodotti di tutta la gamma, dalla fascia bassa a quella alta
3. i valori intangibili del kernel, come la moda, la classe, l'eleganza etc. aggiungono la loro
utilità specifica alla percezione dell’utilità dei prodotti in tutta la gamma
4. anche i valori periferici possono essere tangibili o intangibili: sono condizionati. dipendono
dal consumatore o dal segmento di prodotto
5. i valori periferici possono aggiungere la loro utilità ma in modo condizionato: alcuni lo fanno
e altri no, a seconda della gamma di prodotto (bassa, media o alta). l’utilità può essere
anche negativa.
6. le preferenze rispetto alla concorrenza sono il risultato della somma di utilità tangibili e
intangibili. I marchi prosperano aggiungendo utilità intangibili a quelle tangibili.
Quando si valuta il valore di un marchio (financial brand equity), i metodi di valutazione cercano
di misurare il “valore aggiunto del marchio”, ovvero il modo in cui la conoscenza del marchio
aumenta la percezione dei prodotti stessi (effetto alone) e vi aggiunge il potere di attrazione del
simbolismo del marchio.
Il valore del brand è un concetto differenziale.
Ogni marchio ha bisogno di un prodotto di punta:
Ogni gamma di prodotti deve contenere almeno un prodotto che sia il “prototipo” del marchio,
ovvero che dimostri il valore guida del marchio e il suo scopo.
ES. RENAULT: è meglio rappresentata dai suoi minivan di punta. ES. CHANEL: è rappresentata
dal numero 5; ES. APPLE: è rappresentata dall’Iphone.
Questo è difficile da realizzare quando si applica una strategia di costo: ES. SETTORE
TELEVISORI: nella fascia bassa è difficile produrre un prodotto del tutto rappresentativo del
marchio dato che il vincolo di costo costringe i produttori a realizzare televisori molto simili tra di
loro.
Tutti questi prodotti simili, tuttavia, dovrebbero rappresentare solo un aspetto limitato dell’offerta di
ciascun marchio (vd. figura 2.5) poichè, nel complesso, ogni marchio rimane concentrato e
progredisce nella propria direzione per realizzare prodotti originali. Ecco perchè la comunicazione
di questi prodotti è così importante: essa rivela il significato e lo scopo del marchio.
Il problema nasce quando i marchi dello stesso gruppo si sovrappongono troppo e uno impedisce
all'altro di affermare la propria identità. ES. PEUGEOT: utilizzare gli stessi motori nelle Peugeot e
nelle Citroën danneggerebbe la Peugeot, costruita sull'immagine di "auto dinamica". È quando più
marchi vendono lo stesso prodotto che un marchio può diventare la caricatura di se stesso.
Producendo un veicolo comune, il marchio si riduce a un mero gadget esterno. Il messaggio
identitario è stato semplicemente relegato all'involucro. Così ogni marchio ha dovuto esagerare il
proprio aspetto esteriore per essere facilmente riconoscibile.
Pubblicizzare i prodotti attraverso il prisma del marchio:
I prodotti sono muti: è la marca che dà loro un significato. Un marchio è sia un prisma che una
lente di ingrandimento attraverso cui decodificare i prodotti. Sono i marchi a guidare la nostra
percezione dei prodotti. Inoltre, i prodotti inviano un segnale che i marchi usano per sottoscrivere e
costruire la propria identità.
ES. INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA: il sistema ABS è offerta sia da Volvo che da BMW ma non
si può dire che condividano la stessa identità. ABS è semplicemente un must per tutti.
I marchi possono svilupparsi solo attraverso una coerenza a lungo termine: ABS non avrà lo
stesso significato per due case automobilistiche diverse: per Volvo, che incarna la sicurezza totale,
l’ABS è una necessità assoluta per rappresentare il marchio; per BMW, che simboleggia la forza e
il dinamismo, l’ABS è uno strumento per andare più veloce.
Es. Minivan Puegeot, Citroen, Fiat e Lancia sono costruiti su una piattaforma comune ma sono poi
declinati in base al ruolo del proprio marchio: fantasia ed estro per Citroen; qualità di guida e
affidabilità per Peugeot; classe ed estro per Lancia; praticità per Fiat (vd. Figura 2.6)
L'identità del marchio non deriva mai da un dettaglio, ma un dettaglio può, una volta interpretato,
servire a esprimere una strategia più ampia. I dettagli possono avere un impatto sull'identità di
una marca solo se sono in sinergia con essa,
Un marchio è quindi un prisma che ci aiuta a decifrare i prodotti. Definisce cosa e quanto
aspettarsi dai prodotti che portano il suo nome. Un'innovazione che sarebbe considerata molto
originale per una Fiat, ad esempio, sarà considerata banale per una Ford.
Infatti, raramente i consumatori valutano le innovazioni in modo isolato, ma in relazione a una
specifica marca. Una volta che un marchio ha scelto un posizionamento o un significato
specifico, deve assumerne tutte le implicazioni e mantenere le sue promesse. I marchi
devono rispettare il contratto che li ha portati al successo attirando i clienti.
Marchi e altri segni di qualità:
In molti settori, i marchi coesistono con altri segni di qualità: ES. INDUSTRIA ALIMENTARE: è
piena di marchi di qualità e certificati. L’obiettivo di questi segni è duplice: promuovere e
proteggere.
Le Certificazioni d’origine, es. Whisky scozzese, hanno lo scopo di proteggere i prodotti la cui
qualità è radicata in un luogo e in un know-how specifico. La garanzia d’origine segmenta il
mercato rifiutando tutti quei prodotti che non sono stati realizzati in una determinata area.
I sigilli di qualità sono anche strumenti promozionali: trasmettono un concetto diverso di qualità,
più industriale e scientifico.
La garanzia legale di tipicità che viene fornita dal marchio di origine certificata non è solo
un’etichetta che indica la provenienza di un prodotto.
In conclusione, i marchi non si riducono a un mero atto pubblicitario: contengono raccomandazioni
relative alle specificità a lungo termine dei prodotti che portano il loro nome. Per una piccola
azienda è più facile ottenere un marchio di qualità per uno dei suoi prodotti attraverso un impegno
rigoroso sulla qualità, piuttosto che intraprendere l'estenuante compito di creare un marchio, che
richiede molte risorse finanziarie, umane, tecniche e commerciali. Anche senza un marchio, il
prodotto di una piccola azienda può quindi uscire dall'ordinario, grazie anche agli indicatori legali di
qualità.
Ostacoli all’implementazione del branding:
All’interno della stessa azienda, la politica del marchio è spesso in conflitto con altre politiche.
L’attuale contabilità aziendale, non è favorevole ai marchi: poichè è regolata dal principio di
prudenza (ogni spesa per la quale il ritorno dell'investimento è incerto viene conteggiata come un
costo piuttosto che valutata come un'attività), gli investimenti in comunicazione per informare il
pubblico sull’identità del marchio sono considerati un costo piuttosto che un’opportunità.
La contabilità crea un pregiudizio che penalizza le aziende quindi.
Prendiamo l’impresa A, che usa la pubblicità e deve ammortizzarla come costo, ottenendo poi
profitti bassi e l’impresa B, che invece investe in macchinari ma non in pubblicità, ottenendo profitti
alti. Apparentemente B apparirà migliore di A.
Anche il principio della contabilità annuale ostacola la politica del marchio: ogni product
manager viene giudicato in base ai risultati annuali. Questo porta al fatto che le decisioni che
producono risultati rapidi nel breve termine sono favorite a quelle che portano risultati nel lungo
termine, anche se migliori (la politica di marca, ad esempio, si sviluppa su un lungo periodo).
Inoltre, la contabilità basata sul prodotto scoraggia i manager di prodotto dal compiere ulteriori
sforzi pubblicitari che servirebbero essenzialmente a rafforzare il marchio nel suo complesso,
quando quest’ultimo funge da ombrello e da insegna anche per altri prodotti. Ad esempio,
Palmolive è un marchio che comprende diversi prodotti: detersivo liquido, shampoo, crema da
barba, ecc. Il marchio potrebbe decidere di comunicare solo uno di questi prodotti, individuato
come leader di immagine, capitalizzando gli effetti di ricaduta dell'immagine, ma l'investimento
effettuato sarebbe certamente superiore a quello che potrebbe essere giustificato dalle sole
previsioni di vendita di quel prodotto. Questa nuova spesa, infatti, sarà sempre destinata al
prodotto in questione, anche se il suo scopo ultimo è quello di beneficiare collettivamente tutti i
prodotti del marchio ombrello.
Per reagire alla distorsione a breve termine causata dalle pratiche contabili e alla sottovalutazione
del valore (aziendale) riportato nei bilanci, alcune società britanniche hanno iniziato a inserire i
propri marchi tra le attività di bilancio. Prima il capitale era rappresentato dai beni materiali; oggi, al
contrario, sono i beni immateriali (know how, brevetti, reputazione) a fare la differenza nel
lungo periodo.
è bene, quindi, che i marchi che hanno mantenuto un’immagine continua e omogenea per lunghi
tempi, appartengano ad aziende con decisori stabili e, dal momento che, il turnover del personale
può interrompere tale stabilità, è stata istituita una nuova professione: la consulenza strategica
dei marchi.
Un altro problema riguarda il rapporto tra produzione e vendite. ES. ELECTROLUX: le unità di
produzione sono specializzate per prodotto. Queste divisioni di vendita autonome, che hanno
ciascuna il proprio marchio, vogliono tutte beneficiare dell'ultima innovazione di prodotto per
massimizzare il fatturato della propria divisione. Ma:
1. manca una struttura per gestire e allocare le innovazioni in base a una visione coerente e
globale del portafoglio di marchi.
2. inoltre, ciò mina la base stessa del concetto di marca: la differenziazione.
3. Infine, non si possono utilizzare pubblicità simili per marchi diversi: ES. Philips non è mai
riuscita a sfruttare appieno la sua vecchia linea di base del marchio: "Philips, il domani è
già qui". Per farlo, avrebbe dovuto vietare tutte le pubblicità sulle batterie o sulle lampadine
elettriche che banalizzavano l'affermazione, la contraddicevano o la riducevano a mera
pubblicità. Inoltre, sarebbe stato possibile comunicare solo i futuri tipi di lampadine piuttosto
che le migliori vendite attuali.
La mancata gestione delle innovazioni ha un impatto molto negativo sulla brand equity: è un errore
assegnare le innovazioni a un marchio debole, soprattutto nei gruppi multimarca. Quando si ha a
che fare con un marchio debole, Il prezzo interessante deve infatti essere offerto ai distributori
come incentivo per includere quest'ultimo nell'elenco delle referenze. Ma poiché i consumatori del
marchio non si aspettano questa innovazione (ogni marchio definisce il tipo e il livello di aspettative
dei consumatori), il fatturato del prodotto è insufficiente. Per quanto riguarda i non acquirenti, un
marchio del genere non è rassicurante. Se l'innovazione viene lanciata poche settimane dopo con
un marchio leader, i distributori si rifiuteranno di pagare il sovrapprezzo dovuto a un leader perché
l'hanno acquistato a un prezzo inferiore poco tempo prima dalla stessa azienda. Pertanto, anche in
presenza di un marchio forte, il prezzo di vendita dovrà essere ridotto.
Avendo creato molti marchi forti, l'Oréal assegna le sue invenzioni alle varie attività in base alla
potenza del marchio. L'innovazione viene quindi affidata prima a marchi prestigiosi venduti in
canali selettivi, in quanto i prezzi elevati dei prodotti contribuiscono ad annullare gli elevati costi di
ricerca sostenuti. Così, i liposomi sono stati commercializzati per primi da Lancôme, il nuovo filtro
solare Mexoryl SX da Vichy. L'innovazione viene poi diffusa agli altri canali e infine alla grande
distribuzione. A quel punto, è probabile che i marchi del canale selettivo abbiano già lanciato
un'altra novità differenziante.
Tuttavia, questo processo è influenzato dal fatto che l'innovazione non è di proprietà esclusiva di
una sola azienda; si diffonde rapidamente ai concorrenti, il che richiede una reazione immediata.
La cultura del branding in Asia:
Esiste un paradosso asiatico riguardo ai marchi. L'Asia è diventata la fabbrica del mondo e ora i
marchi asiatici lo invadono. Nonostante il loro successo, questi marchi mancano ancora di potere
di sogno e di desiderabilità intrinseca. I consumatori sognano di avere un Samsung Galaxy S tanto
quanto altri sognano un iPhone di Apple?
È possibile raggruppare paesi come Cina, Corea, Giappone e India in un unico concetto globale
chiamato Asia? Almeno per quanto riguarda il Giappone e la Corea, i loro punti di forza sono ben
noti:
● una fantastica fiducia nel futuro, che è un riflesso della giovane demografia;
● attraverso l'istruzione e una notevole capacità di copiare, raggiungono altissimi livelli;
● una velocità di azione una volta prese le decisioni;
● processi decisionali collettivi, garantendo l'adesione.
Un aspetto tipico dei marchi asiatici, tuttavia, è che tendono a essere marchi aziendali o almeno
marchi ombrello. In Asia, la dimensione aziendale è legata alla natura oligopolistica dell'economia
e, di conseguenza, le aziende tendono a utilizzare il loro nome nei numerosi settori a cui si
rivolgono, come conglomerati diversificati. Inoltre, essendo troppo spesso utilizzate dai marchi
occidentali come fabbriche a basso costo per ridurre i costi, le aziende cinesi non hanno ancora
sviluppato un'attenzione per l'alta qualità, ad eccezione dell'artigianato per l'industria del lusso e
dell'arte. Infine, i punti di forza possono anche essere dei punti di debolezza. Copiare il maestro,
non incoraggia la creatività manageriale e la differenziazione. Tuttavia, ha portato alla creazione di
un marchio locale, Bean Pole, il principale concorrente di Ralph Lauren.
Infine, abbiamo riscontrato che le piattaforme di marca dei marchi asiatici spesso non sono
abbastanza nitide, ma sono avvolte in termini consensuali globali. La piattaforma di marca è la
pietra portante della gestione del marchio (vedi pagina 173): una dichiarazione di una sola
pagina di ciò che il marchio vuole rappresentare. Il più delle volte questo documento è scritto con
grande cura e attenzione alla coerenza formale interna, ma nulla è veramente ispiratore. Vengono
proposte "essenze del marchio" magniloquenti che sicuramente aumentano l'autostima all'interno
delle aziende, ma che dall'esterno sembrano solo parole abusate (come la "passione incessante
per ispirare la vita" o la "massima qualità per la vita").
Per evitare un'eccessiva semplificazione, dobbiamo ricordare che, nonostante queste cosiddette
carenze, le aziende asiatiche hanno prodotto molti marchi potenti: Nikon, Canon, Ricoh, Sony,
Yamaha, Lexus, Toyota, Toshiba, Samsung, LG, Shiseido, Sue Uemura, Sulwhasoo, La Neige,
SK2, Wills, Mittal, ecc. Stanno emergendo nuovi marchi automobilistici, come Kia e Hyundai, che
sfruttano il loro principale punto di forza: la qualità e il rapporto qualità-prezzo.
Un buon caso da analizzare è quello di Samsung. Questo marchio, che circa 20 anni fa pochi
volevano acquistare, nel 2010 era diventato il numero uno o due nella maggior parte delle
categorie di prodotti di elettronica di consumo in Europa: ha guadagnato il suo ampio appeal grazie
al rapporto qualità-prezzo e alle innovazioni tecnologiche. Ma ancora non si sogna di avere
Samsung. Perché?
● Il successo commerciale è avvenuto in fretta: la costruzione del marchio ha bisogno di più
tempo. Samsung ha puntato a un successo in termini di quote di mercato, con il desiderio di fare il
salto di qualità.
● Samsung, come la maggior parte delle aziende asiatiche, è altamente centralizzata e ha una
gestione esclusivamente coreana, nonostante si rivolga al mondo intero. Non ci sono occidentali
nel suo consiglio di amministrazione o in posizioni strategiche importanti, il che la differenzia da
Sony. Questo crea distanza: i suoi prodotti sono percepiti come provenienti da lontano, esportati
da un'azienda senza volto.
● Le filiali locali sono società di distribuzione. Il loro compito è ricevere le innovazioni dell'anno e
promuoverle nei canali di distribuzione e attraverso la pubblicità sui media. Tuttavia, poiché
l'innovazione di quest'anno sostituisce quella dell'anno precedente, non c'è capitalizzazione.
● L'attenzione non è rivolta al marchio ma ai prodotti, che cambiano da un anno all'altro. È molto
significativo che, nella campagna per promuovere il Samsung Galaxy contro l'iPhone di Apple,
"Galaxy" sia stato scritto in caratteri grandi e "Samsung" in caratteri piccoli. È esattamente il
contrario di quanto fatto da Apple.
● Le innovazioni di Samsung non sono dirompenti. Il Galaxy assomiglia molto ad un iPhone.
E il futuro? Sappiamo che alcune aziende asiatiche avanzate sono già molto consapevoli dei
problemi sopra citati. Alcune di esse hanno persino deciso di sviluppare sessioni di creatività - alla
maniera occidentale. Poiché gli organismi possono sopravvivere solo adattandosi all'ambiente, si
può prevedere che, una volta raggiunti i limiti di un modello, alcune aziende asiatiche cambieranno
più velocemente di altre. La Cina, ad esempio, ha una fantastica risorsa: la sua dimensione
demografica e il suo sistema educativo. Alcune aziende hanno un numero di dottori di ricerca dieci
volte superiore a quello di L'Oréal.
La domanda finale è: i marchi asiatici devono assomigliare a quelli occidentali? Si dice
spesso che i marchi ad alto valore patrimoniale devono essere globali, ma la maggior parte dei
cosiddetti marchi ad alto valore patrimoniale statunitensi sono stati locali per decenni. McDonald's
è stato inventato da e per gli americani. Questo marchio non aveva negozi al di fuori degli Stati
Uniti eppure, grazie alle dimensioni del mercato interno statunitense, era già il numero uno al
mondo. Solo in un secondo momento ha lanciato il suo marketing mix statunitense a livello
internazionale.
Lo stesso accade per i marchi asiatici, abbastanza sconosciuti agli occidentali, ma considerati eroi
o icone locali.
Una seconda questione è quella dell'espansione: i marchi asiatici devono cercare di vendere in
Occidente o devono puntare prima ai loro vicini con stretti legami culturali? Il marchio
coreano Sulwhasoo, che promuove la medicina coreana, è più vicino alla Cina che agli Stati Uniti.
Infine, gran parte della teorizzazione tradizionale della marca è stata plasmata da esempi di
prodotti-brand, come i marchi di detersivi Tide, Ariel, Persil e Dash (un marchio per un prodotto).
Questa prima teorizzazione ha reso il marchio sinonimo di una proposta, una promessa o un
beneficio unico. In linea con la loro cultura, i marchi asiatici sembrano promuovere più valori che
associazioni mentali con la classe di prodotto. Questo vale anche per i marchi occidentali di ampio
respiro, come Nestlé, Heinz o Nivea
Capitolo 4: Brand diversity - quanto sono specifici diversi settori?
Cosa ne sarà di questi principi di brand in mercati specifici? Vale la pena di porsi la domanda, viste
le disparità tra mercati diversi come quello dell'industria, del business-to-business (B2B) e della
prescrizione medica da un lato e il mondo dei servizi e del lusso, I brand internet, le nuove
estensioni del dominio del brand: paesi, città, istituti scolastici, ma anche programmi televisivi ed
eroi sportivi.manager del settore stesso. Questo capitolo è dedicato a queste differenze.
Come un brand può salvare vite umane: il caso della croce rossa
la parola stessa "brand" è vietata all'interno dell'organizzazione, tutti i membri della Croce Rossa
sono tutti consapevoli del valore del proprio nome e del proprio simbolo. Se non potessero
ottenere il sostegno della popolazione locale, gli autisti delle ambulanze non sarebbero in grado di
raggiungere le zone di guerra per portare aiuto. Diventa una questione di vita o di morte. Quando il
simbolo viene apposto su un ospedale significa che l'ospedale è protetto. Non importa se le
organizzazioni usano la parola "brand". Si tratta di corporate culture. Tutte le organizzazioni
definiscono ciò che considerano normale o meno.(Es: Anelli olimpiadi -Dal Comitato Olimpico
Internazionale (IOC), non è stata utilizzata nemmeno la parola "brand". In realtà gli anelli olimpici
non sono un brand: hanno lo status di bandiera internazionale e come tali sono protetti
dall'Accordo di Nairobi, non dai diritti di proprietà intellettuale.)
La Croce Rossa ha la morfologia e i contenuti di un brand:
● Ha un simbolo, notevole per la sua semplicità, visibilità e significatività.
● Si basa su una grande idea, una convinzione o un credo fondante: anche il tuo nemico
deve essere o convinzione: anche il tuo nemico ha bisogno di essere aiutato!
● È attuata, o trasformata in azioni (a livello locale, nazionale e globale): tutti gli operatori
della croce rossa vivono i valori della i valori della Croce Rossa e li mettono in azione
● Queste azioni sono guidate da valori fondamentali valori fondamentali: neutralità,
imparzialità e umanità.
● L'organizzazione è gestita secondo principi di lavoro specifici.
● La brand equity della Croce Rossa è elevata: il simbolo è riconosciuto al 98%. C'è
● forte sostegno all'idea che sta alla base della Croce Rossa, anche se non sempre per i
servizi, a seconda del Paese. Gli attributi del brand Croce Rossa sono: il fatto che
appartienga all’ambito medico, emergenza, affidabilità.
-
è un brand molto particolare per cui lavorare: il direttore della comunicazione non è il
proprietario del brand. È di proprietà delle migliaia di agenzie locali della Croce
Rossa.Costruiscono la sua reputazione a livello locale e possono anche distruggerla a
lungo termine. Il simbolo è protetto da leggi internazionali.
- A differenza del IOC, o delle Nazioni Unite,il cui leader è visibile, la Croce Rossa è
un'organizzazione senza volto,che non ritrae i suoi leader. Quando c’è un problema, è
sempre il leader locale a comparire.
-Come per tutti i brand, la sfida della Croce Rossa è quella di è quella di differenziarsi dalla
concorrenza. La Croce Rossa compete per gli stessi stakeholder. Chi è la concorrenza? Non solo
altre ONG, ma anche Stati e eserciti che contestano il diritto della Croce Rossa di intervenire nelle
zone di guerra. La Croce Rossa ha bisogno di finanziamenti e di sostegno o di accettazione.
-È inoltre necessario differenziare la Croce Rossa dal settore umanitario, la cui immagine sta
diventando negativa a causa della mancanza di chiarezza degli obiettivi di alcuni esempi noti.
obiettivi di alcuni dei suoi esempi più noti.
I Luxury brand sono specifici
Qui, l'azienda ha piena libertà di fissare i propri prezzi - tendendo ad aumentarli esponenzialmente.
Per questo motivo sono stati creati gruppi finanziari per rilanciare i brand del lusso - il numero uno
al mondo, LVMH, è nato dal talento del suo fondatore B. Arnault, che ha acquisito a basso prezzo
un Dior, una stella in declino, a basso prezzo. Poi ha messo le mani su Vuitton, oggi il primo brand
di lusso al mondo in termini di valore finanziario.
In cosa si differenzia dai brand di qualità superiore(PREMIUM), come Coach, Victoria's Secret, le
mazze da golf Callaway, la vodka Belvedere o il caffè Nespresso? Questi brand sono tipici del
trading up, ovvero quando i consumatori salgono di categoria (a livello sociale). È vero che in
questi brand ci sono un po' degli ingredienti del lusso (migliore qualità, distribuzione selettiva,
valore emotivo), ma il lusso è altrove. Torniamo alla sua etimologia. La parola "lusso" deriva dal
latino luxatio, che significa distanza: il lusso è una distanza enorme. Esiste una discontinuità tra
premium e luxury.
Un brand luxury non è molto di più di un brand premium
Molti autori usano la parola "luxury" per descrivere una situazione in cui il prezzo è al di sopra
dell’effettiva utilità e composizione fisica dell’oggetto. Purtroppo questa definizione è valida anche
per i prodotti di moda e per i premium goods. Un paio di jeans Levi's viene venduto a un prezzo
che supera di 10 volte il costo di
produzione. Un'Audi è venduta a un
prezzo più alto del suo prodotto
gemello firmato Volkswagen, a sua
volta venduto a un prezzo più alto
del suo prodotto gemello Skoda,
ecc. La maggior parte delle persone
usa le parole "premium" e "lusso" in
modo intercambiabile. A causa di
questa confusione si dice che
Swarovski sia di lusso, così come i
brand di pelletteria premium Coach e
Longchamp. È un errore: il lusso è speciale. È questo il suo ruolo. Non è chiedendo ai consumatori
che si identifica la differenza tra questi concetti, ma comprendendo la funzione del lusso nella
società. I Luxory brand sono una ricompensa personale, un piacere profondo e un messaggio sulla
posizione della persona nella gerarchia sociale.
Anche le società senza classi creano gerarchie e usano segnali per posizionare le persone (nomi
di università prestigiose, per esempio, o club di golf, o aree di residenza). Oggi nessuno vuole
essere percepito come appartenente alla parte inferiore del triangolo. Acquistare una borsa di
lusso fa sentire le persone elevate. Il lusso è l'elevazione (Kapferer e Bastien, 2009). Dal triangolo
della Figura 4.1 si evince che una strategia del lusso mira a produrre il massimo livello di valore
aggiunto immateriale, basato su prodotti di qualità eccezionale. Anche i prodotti premium sono di
qualità molto elevata, ma mancano della magia del lusso. Questa magia viene creata:
● attraverso creatori dotati di autorità carismatica;
● attraverso la creazione di reti con artisti trasgressivi;
● attraverso i rituali (defilé annuali);
● attraverso la teatralizzazione del commercio al dettaglio, visto come punto di trasmissione
dell'aura dal creatore al consumatore.
● attraverso il culto del patrimonio e della storia;
● attraverso la produzione di eccessi;
● attraverso una comunicazione sontuosa che costruisce un mondo straordinario
Il lusso è guidato dai creatori, non dai consumatori. Non è non è gestito come i normali brand. Il
marketing classico lo ucciderebbe. I prodotti premium sono più tradizionali e seguono i principi del
marketing classico.
Il sistema della moda è molto diverso da quello del lusso. La moda è ossessionata dall'essere fuori
moda. Non appena ciò accade, i prezzi devono essere ridotti del 50% e la redditività scompare. Di
conseguenza, la moda non produce prodotti di alta qualità: non ne vale la pena. La moda è
effimera, il lusso è duraturo. Infine, per ridurre i costi tutti i prodotti sono realizzati in Cina, mentre
una vera strategia di lusso non delocalizza mai (Kapferer e Bastien, 2009). Una strategia di lusso è
guidata da un'ossessione: non essere mai comparabili. Ecco perché i brand di lusso non si
confrontano mai autonomamente con altro brand. Un'auto premium deve dimostrare perché il suo
prezzo è normale. Il lusso pone il prezzo al di sopra della normalità: Il prezzo deve sottolineare le
distanze.
Perché il lusso? Status ed edonismo
il cuore del lusso: dare a uomini e donne di potere i privilegi che lo accompagnano. Gli oligarchi
russi, i miliardari cinesi e i ragazzi d'oro di Wall Street non comprano borse di Coach o Ralph
Lauren per i loro partner. Vogliono Dior, Louis Vuitton o Cartier. Il modello di business del lusso
mira a superare questa nicchia per sfruttare il meccanismo fondamentale descritto da R. Girard: il
desiderio che nasce dall'imitazione di un modello, ma come mezzo per ottenere un risultato. un
modello, ma come mezzo di auto-elevazione.
I 4 tipi di luxury
Il lusso è relativo. Esistono profonde differenze tra le persone interrogate sul loro concetto di lusso.
1- Il campione internazionale di giovani dirigenti benestanti e con un elevato potere d'acquisto, è il
più vicino al lusso generale. Danno risalto alla bellezza dell'oggetto, all'eccellenza e all'unicità del
prodotto, più di tutte le altre tipologie. Il brand
più rappresentativo di questo tipo di lusso è
Rolls-Royce, ma anche Cartier ed Hermès
mostrano queste caratteristiche.
2- Il secondo concetto di lusso al mondo esalta
la creatività, la sensualità dei prodotti. I suoi
"prototipi" di lusso sono Gucci, Boss e J-P
Gaultier.
3-La terza visione del lusso valorizza
l'atemporalità e la reputazione internazionale
più di ogni altra sfaccettatura. I suoi simboli
sono Porsche, con il suo design immutabile,
Vuitton e Dunhill.
4-Il quarto tipo apprezza la sensazione di
essere tra i pochi a possedere il brand. Ai loro
occhi, il prototipo del brand acquistato da pochi
eletti è Chivas Royal Salute.
Luxury business models
Un esame dei "nuovi luxury brand", come Ralph Lauren, Calvin Klein e Coach, dimostra che è
possibile conseguire un successo immediato nel mercato della classe media senza il lungo
pedigree di Christian Dior. Dobbiamo distinguere tra due diversi modelli di business per i brand.
-Il primo comprende i brand con una "storia" alle spalle (brand europei hanno una tradizione
artigianale basata su lavori rari e unici).
-il secondo riguarda i brand che, non avendo una, hanno inventato una "storia" per se stessi
(brand statunitensi che si concentrano maggiormente sul merchandising e l'atmosfera e l'immagine
creata dai punti vendita dedicati al loro brand).
Compariamo questi due modelli di business nel dettaglio:
Il primo brand e modello di business può essere rappresentato dalla piramide del lusso (vedi
Figura 4.2). Al vertice della piramide si trova la griffe, ovvero la firma del creatore incisa su
un'opera unica. Questo spiega ciò che teme di più: le copie. I brand, invece, temono soprattutto i
falsi o le contraffazioni.
Il secondo livello è quello dei brand di lusso prodotti in piccole serie all'interno di un laboratorio:
una "manifattura nel suo senso etimologico, che viene vista come l'unico prodotto con una "buona
manifattura". Ne sono un esempio Hermès, Rolls-Royce e Cartier.
Il terzo livello è quello della produzione di massa razionalizzata: qui troviamo i cosmetici Dior e
Yves Saint Laurent e gli abiti YSL Diffusion. A questo livello di industrializzazione, la fama del
brand genera un'aura di valori aggiunti immateriali per prodotti costosi e di prima qualità, che
tuttavia tendono progressivamente ad assomigliare sempre più al resto del mercato.
In questo modello, il luxury management si basa sulle interazioni tra i tre livelli. La perpetuazione
delle griffes dipende dalla loro integrazione in gruppi finanziari in grado di fornire le risorse
necessarie al primo livello, e dalla loro concessione in licenza a gruppi industriali in grado di
creare, lanciare e distribuire prodotti a livello mondiale al terzo livello. distribuire prodotti a livello
mondiale al terzo livello (come P&G, Unilever e l'Oréal).
La realtà consuma i sogni: più acquistiamo un brand di lusso, meno lo sogniamo. Quindi, un po'
paradossalmente, più un brand di lusso viene acquistato, più la sua aura deve essere ricreata in
modo permanente: è esattamente così che opera il gruppo LVMH. Arnault il suo CEO dice che i 5
fattori del suo successo sono nel seguente ordine:
● qualità del prodotto
● creatività
● immagine
● spirito dell’azienda
● la capacità di saper rinnovarsi e essere il miglior brand
Come vediamo da questa piramide è fondamentale che ci sia una costante rigenerazione di valore
all’apice.Come dice Arnault, "non si invitano mille ospiti a guardare una sfilata di abiti che
potrebbero essere visti su un appendiabiti o in uno show room" (p. 70); La creatività della griffe,
che è la punta della piramide, è il cuore del modello di business:in pochi anni dall’arrivo del
carismatico John Galliano a Dior, le vendite sono aumentate di quattro volte.
Gli svantaggi di questo modello: è che le linee secondarie più accessibili sono affidate ad altri
designer, e quanto più ci si allontana dalla punta della piramide, minore è la creatività.Se creano
troppe estensioni accessibili, riducono la redditività dei punti vendita. In una boutique Chanel, ha
più senso dedicare 10 minuti alla vendita a un cliente una borsa Chanel - dato il margine che offre
- piuttosto che un profumo.
Il secondo brand e modello di
business è nato negli Stati Uniti,
(ma anche brand Armani e
Boss), è rappresentato da Ralph
Lauren. L'estensione del tessile
per
la casa di Ralph Lauren
(lenzuola, coperte, tovaglie,
asciugamani da bagno e così
via) è una completa espressione
dell'ideale patrizio della East
Coast e dei suoi valori: In effetti, la tattica di commercializzare l'assortimento nei corner dei grandi
magazzini mira a creare una ricostruzione idealizzata di una stanza di una casa. Anche i
superstore della Casa di Ralph Lauren sono stati progettati appositamente per dare un'impronta,
una struttura e un'immagine. La sua politica di estensione del brand rende le cose più facili per i
distributori, che hanno compreso che il tasso di rendimento dell'investimento aumenta con
l'espandersi dell'area di vendita del punto vendita. Ogni negozio può ora offrire un ricco
assortimento di prodotti che non sono più semplici accessori, ma estensioni a sé stanti. e, così
facendo, può aumentare il valore della spesa media.
Service brands
Non c'è alcuna differenza legale tra brand di prodotto, di commercio o di servizio. Si tratta di
distinzioni economiche, non giuridiche. i Service brand esistono: Europcar, Hertz, Ecco, Manpower,
Visa, Club Med, Marriott’s, Méridien, HEC, Harvard, BT, etc.Tuttavia, alcuni settori dei servizi
sembrano essere appena entrati nell'era del brand. O non si considerano ancora parte di essa o
hanno appena iniziato a prendere coscienza di esserlo.
Questa evoluzione è affascinante da osservare, perché mette in luce tutto ciò che l'approccio al
brand comporta e rivela le specificità del branding di un servizio intangibile. Il settore bancario ne è
un ottimo esempio. Se si chiedesse ai clienti delle banche quali brand bancari conoscono,
probabilmente non saprebbero o non capirebbero cosa rispondere. Conoscono i nomi delle
banche, ma non i brand bancari.Questo è significativo: per il pubblico, questi nomi non sono brand,
che identificano un servizio specifico, ma nomi di aziende o insegne commerciali legate a un luogo
specifico.
La contrazione del nome spesso segnala che il concetto di brand è in formazione. Ad esempio, la
Banque Nationale de Paris è diventata BNP. Alcuni osservatori considerano questo come un
semplice desiderio di semplificare il nome, secondo il principio pubblicitario "ciò che è facile da dire
è facile da ricordare", in quanto le firme brevi rendono più facile identificare il firmatario.Quando si
contraggono, queste denominazioni bancarie diventano
rappresentano un qualche tipo di contratto invece di una semplice persona o luogo. Per diventare
visibile, questo contratto può assumere la forma di uno specifico "prodotto bancario", ma
comunque no è funzionale nell’esprimere il brand. per questo un aspetto dei brand di servizio che
contrasta con i brand di prodotto è che il servizio è invisibile (Levitt 1981; Eiglier e Langeard,
1990). Che cosa deve mostrare una banca, a parte i clienti o i consulenti? Strutturalmente, i brand
di servizi non possono essere facilmente illustrati. Per questo motivo utilizzano gli slogan.
Affermare di essere la banca con un sorriso o la banca che si preoccupa non è sufficiente. Questi
attributi devono essere pienamente interiorizzati dalle persone che offrono e forniscono il servizio.
Ecco perché il brand alignment è diventato così importante se l'intera organizzazione deve "vivere
il brand" (Ind, 2001). Il brand alignment è il processo attraverso il quale le organizzazioni pensano
a se stesse come brand. L'esperienza del brand nel settore dei servizi è totalmente guidata da ciò
che accade nei punti di contatto, dove i clienti incontrano il personale dell'azienda, i venditori e così
via. e così via
Come i service brand creano valore
Un brand di servizi, come tutti i brand, deve essere in grado di fornire un servizio coerente nel
tempo e nello spazio. Poiché ogni luogo (ristorante, ufficio, aereo, ecc.) è un centro di servizio
decentralizzato (questa parola mescola volutamente "servizio" e "produzione"). parola che mescola
volutamente "servizio" e "produzione") (Eiglier e Langeard, 1990), sono necessari processi comuni
per garantire questa coerenza e quindi processi comuni per garantire la coerenza e quindi la
soddisfazione dei clienti. soddisfazione dei clienti. Questi processi sono a volte basati su
macchine (come quelli di un ristorante McDonald's) o possono essere puramente immateriali
(come le procedure che differenziano le agenzie di consulenza o di revisione contabile). Quando
gli stessi processi non possono essere applicati o non dovrebbero essere applicati (per mancanza
di rilevanza per il segmento di clientela), dovrebbe esserci un altro brand. Ecco perché Deloitte ha
creato il sottobrand In Extenso per fornire servizi di contabilità al mercato "Soho" (piccoli uffici,
uffici domestici). In realtà i processi di trattamento dei clienti sono diversi.
La gestione del brand nel settore dei servizi significa non solo offrire un'esperienza differenziata,
ma anche garantire che la soddisfazione che ne deriva sia attribuita al giusto brand. Luoghi di
lavoro, call center, siti web e simili devono tutti trasmettere il brand. Affiggere semplicemente il
proprio logo sulla porta d'ingresso non è sufficiente.
La componente umana del brand di servizio
In altre parole, è ciò che sta dietro al brand a fare il brand. Questo riguarda tutti i punti di contatto
con il cliente, in negozio, dal call center o su Internet. La seconda conseguenza è che non ci si può
aspettare che i dipendenti trattino bene i clienti se loro stessi non sono soddisfatti. Starbucks, il suo
fondatore Howard Schultz ha innovato rispondendo alle preoccupazioni di molti personale
part-time: con una buona copertura assicurativa, per esempio.Un'altra distinzione essenziale tra
servizi e prodotti è che la "fabbrica" si trova nel negozio. Il luogo di produzione del servizio è anche
il luogo del suo consumo: ufficio postale, ospedale o ristorante. Ecco perché è così importante
curare i piccoli dettagli, poiché essi generano aspettative e sentimenti.
Service, process
e
recruitment
brands
Nel settore dei servizi, per svolgere la funzione primaria di ogni grande brand (garantire la stessa
qualità del servizio), il brand deve necessariamente essere necessariamente legato
all'impostazione dei processi interni e di quelli rivolti al cliente. Nei servizi, è importante rendere
tangibile l'intangibile, da cui l'importanza di processi comuni (Figura 4.4). Per il brand del datore di
lavoro, il è quello di sviluppare la propria reputazione tra i dirigenti o gli studenti delle migliori o tra
gli studenti delle migliori università, basata non su stipendi migliori, ma su valori condivisi.
Il brandind della natura
Molti brand di prodotti alimentari per il consumo di massa sono nati con la scomparsa dei prodotti
freschi all'ingrosso. Findus è stato il primo brand a congelare le verdure.
Sarebbe sbagliato pensare che questi brand siano prodotti della comunicazione: come
sempre, tutto è iniziato attraverso l'innovazione innovazione legata al prodotto. Si basano sul
sapore e sulla forma che rendono un alimento più pratico o più interessante. Es: ostriche
Gillardeau, con gusto e polpa garantiti tutto l'anno, ovunque nel mondo. Gillardeau ha costruito il
suo brand attraverso il settore della ristorazione, che si è poi trasformato in una reputazione presso
il grande pubblico delle ostriche.Inoltre, Gillardeau è stata in grado di implementare una politica di
distribuzione selettiva e controllata, garantendo esclusive a livello di grossisti, in modo da sapere
esattamente dove viene venduto e dove no. Il controllo sulla propria distribuzione è la prima
condizione del brand premium.
Building a wine brand
La maggior parte dei nuovi consumatori di vino in Francia, e soprattutto in altri paesi, si aspetta
giustamente di non avere sorprese dal vino: si aspettano di trovare sempre lo stesso gusto
piacevole come con la Coca-Cola. I maggiori successi americani di Yellow Tail, ma anche di Two
Bucks Chuck (vino al prezzo di 2 dollari, come suggerisce il nome) e dell’ australiano Jacob's
Creek, sono una risposta specifica a questa aspettativa.
Ecco i motivi del loro successo:
● la capacità di fornire la distribuzione di massa in quantità
● un gusto fruttato e facile da bere, pensato per soddisfare i consumatori che generalmente
bevono birra o bevande analcoliche
● mantenere il gusto del vino di anno in anno
● i costi di produzione più bassi, grazie alle legittime innovazioni nella produttività, che
consentono di ottenere margini più elevati, in grado di finanziare ampiamente i propri
distributori;
● la qualità dei vini e la loro qualità.
● investire nel brand, piuttosto che nella regione, per non essere limitati nella quantità e
soprattutto per generare fedeltà a un unico nome: quello del brand stesso;
● varietà d'uva logica (logical grape variety): ricordate che i clienti moderni non sono cresciuti
con il vino;
● la capacità di creare una forza vendita nazionale per visitare tutti i punti vendita ed
effettuare promozioni presso i punti vendita (la visibilità del brand significa che il prodotto
verrà ritirato);
● investire nella comunicazione per far emergere il brand nella consapevolezza spontanea e
quindi distinguersi dalle migliaia di piccoli brand di vino;
● la capacità di innovare regolarmente, per fare scalpore sulla stampa e ottenere buoni
punteggi dalle giurie o nelle categorie delle riviste di vino;
● etichette scritte in inglese, poiché i vini provengono dalla California, dall'Australia o dalla
Nuova Zelanda, o anche dal Sudafrica.
Brand farmaceutici
i medici non prescrivono prodotti, ma brand, quando il prodotto generico non è disponibile.
L'ambiente medico è caratterizzato da diversi fattori che delineano come e perché la "brand
di brand" è specifico per esso:
● Tutti i prescrittori sono conosciuti, schedati e memorizzati in un database, alcuni vengono
anche visitati direttamente più volte all'anno. In ogni Paese c’è un numero limitato di medici,
specialisti e così via, Si tratta quindi di un ambiente chiuso. Ogni laboratorio ha una o più o
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●
più forze di vendita, dette rappresentanti medici, che incontrano personalmente tutti i
medici per informarli sui progressi dei farmaci che hanno il compito di promuovere.
Attraverso i panel di medici e farmacisti è possibile sapere quale medico prescrive cosa, e
in quali quantità, per quali condizioni, insieme a quali altri farmaci, e così via..
In questo mercato è possibile modellare la domanda in modo econometrico, grazie alla
completezza delle informazioni.
è possibile stabilire una funzione matematica che collega gli input con gli output, le cause
con gli effetti
il cliente finale ha ha poca voce in capitolo nella decisione finale sulla prescrizione,
anche se ciò non significa che non abbia voce in capitolo. In effetti, è cresciuta la cultura
medica generale delle persone , grazie a internet e i mass media. Al giorno d'oggi, anche
se le persone rispettano il proprio medico, hanno anche
la propria opinione.
Consapevoli dell'enorme e crescente buco nero della spesa sanitaria, le autorità hanno
esercitato pressioni per la vendita dei farmaci generici, laddove possibile. Al farmacista è
stato concesso il diritto di sostituzione: se esiste un generico, il farmacista ha la facoltà di
sostituirlo per il farmaco di brand indicato dal medico.
è un mercato in cui, data la breve durata dei brevetti - 20 anni - è possibile prevedere il
giorno e l'anno del lancio del farmaco generico.I farmaci di brand cercano di ritardare
questa data.
○ o attraverso il brevetto di forme medicinali originali;
○ o attraverso continue modifiche al prodotto, al fine di estendere la durata di
protezione del brevetto.
o attraverso l'ipersegmentazione della gamma e dei dei dosaggi, al fine di rendere il
farmaco generico meno redditizio;
○ o attraverso un abbassamento dei prezzi alla fine del ciclo di vita del prodotto
Come la personalità del brand influisce prescrizione medic
Pochi settori dimostrano il valore del branding quanto il settore farmaceutico. Questo settore è
dominato dall'ideologia del progresso attraverso la scienza. la scienza.I farmaci hanno una
personalità, come tutti i brand. Per ‘personalità" intendiamo dire che sia i medici generalisti che gli
specialisti trovano possibile attribuire tratti della personalità umana ai farmaci.
Come i brand creano preferenze?
Lo status è una dimensione intangibile creata da impressioni di leadership, di presenza, di
vicinanza ai medici, di intensità di comunicazione. Viene creato dal marketing una volta che il
farmaco è stato sviluppato. Una volta creato, serve come vantaggio competitivo nei confronti dei
prodotti "me-too", almeno prima che un nuovo farmaco sostituisca quello esistente come leader di
mercato. La scelta è sempre un rischio: i prodotti aumentano la gamma di scelta e quindi il rischio
percepito. I brand facilitano la scelta riducendo il numero di alternative. La prescrizione medica
segue quindi tipicamente un modello di "flusso di influenza in due fasi". La comunicazione con i
leader crea status e reputazione, il che rende necessario che le persone siano informate di questo
brand di cui tutti parlano:
la familiarità con il prodotto segue il desiderio creato dalla sua reputazione (Figura 4.5).
ù
Becoming aware of the intangible
La ricerca sopra descritta mostra che il fattore intangibile è presente anche nei brand medici, che
in questo senso sono brand a tutti gli effetti. in questo sono brand nel senso più completo del
termine.Tuttavia, i grandi brand possiedono talvolta una dimensione immateriale che sfugge al
laboratorio, in entrambi i sensi: a causa della sua cultura razionalista, non ne è consapevole e non
la controlla.
Es: Il Prozac è un brand importante. La sua reputazione ha per molti versi trasceso il contesto
dell'ambiente medico. Infatti, più che di un semplice farmaco, si tratta di una una rivoluzione
culturale. Con il lancio del Prozac, Lilly, più che lanciare un nuovo antidepressivo, ha ribaltato
senza saperlo l'ideologia giudaico-cristiana. Forse l'uomo non era più nato per soffrire? Il Prozac
deve la sua diffusione al fatto che è ormai possibile, anche al di fuori di una vera e propria
depressione, di traumi emotivi (divorzi, rotture di relazioni e così via). Ora sembra che le forze al
servizio di questa ideologia lo abbiano scelto come bersaglio.
The laboratory brand influence
L'immagine del laboratorio appaiono al quinto posto, in particolare la competenza percepita del
laboratorio sul campo e la sua capacità di ascoltare e rispondere alle informazioni dei medici.
Difendersi dai generici
Oggi il potere dei medical brand è minacciato. Non appena il brevetto che protegge il brand scade,
viene lanciato un generico, e le forze forti accelerano radicalmente il declino delle vendite del
brand. Nei Paesi in cui la popolazione sta invecchiando, i costi della
salute stanno salendo alle stelle. Per tenerli sotto controllo, le politiche proattive che favoriscono i
generici sono ovunque.La conseguenza è che i brand devono essere difesi durante la loro vita,
non quando i brevetti sono scaduti.
La Figura 4.6 mostra che esistono tre strategie per farlo, che ruotano tutte intorno al ciclo di vita
del prodotto:
● la prima strategia consiste nell'accelerare il tasso di penetrazione al momento del lancio,
con personale di vendita supplementare e maggiore promozione.
● La seconda strategia mira ad aumentare il picco delle vendite. Questo può avvenire
attraverso estensioni della linea, nuove applicazioni del principio attivo o anche il passaggio
a prodotti senza prescrizione medica (e quindi l'aumento del prezzo).
● La terza è una classica strategia difensiva in gran parte utilizzando la legge per estendere
la durata dei brevetti o rendere più difficile la copia del brand nel breve termine. più difficile
la copiatura del brand nel breve termine
BUSINESS-TO-BUSINESS BRANDS
I manager che lavorano nel settore B2B lamentano la mancanza di teorizzazione sui brand B2B.
L'azienda dietro il brand
Una dimensione chiave del B2B è che gli acquirenti si impegnano in relazioni, non semplici
transazioni. Questo è il motivo per cui nel B2B il brand aziendale gioca un ruolo molto più
importante rispetto ai beni di consumo. L'agente di acquisto deve essere sicuro che l'azienda che
vende questi ingredienti o parti sarà ancora in attività tra cinque anni. Nel B2B non si acquistano
prodotti, ma fiducia.In primo luogo, il mondo B2B ha i suoi brand di prodotto: ad esempio, l'edilizia
acquista Giproc o Pregipan. ad esempio, il settore dell'edilizia acquista Giproc o Pregipan
cartongesso, le vernici Sikkens o Levi's. Gli studi sul B2B mostrano anche l'influenza della
reputazione aziendale. Questa è composta dalla consapevolezza e dall'immagine di potere,
dinamismo commerciale, innovazione ed etica. Influenza la scelta di un'azienda nelle decisioni di
peso. Esiste un alto grado di correlazione tra la riconoscibilità e l'immagine di un'azienda e la
disponibilità a "prendere in forte considerazione questa azienda per qualsiasi riconoscimento e
l'immagine per eventuali future gare d'appalto".Tuttavia, dimostra che il nome di queste aziende ha
acquisito il potere di un brand grazie alla reputazione specifica che si sono costruite attraverso la
loro competenza e a loro abilità nel comunicarla.
C'è dunque una differenza essenziale tra i brand B2B e i brand B to B to C. la pressione sui costi.
Gli acquisti B2B fanno generalmente parte del prezzo di costo di un altro prodotto. Un autocarro o
un set di pneumatici per un autoarticolato fanno parte del prezzo di un camion o un set di
pneumatici per un autoarticolato fanno parte del prezzo del trasporto, che di conseguenza influisce
sul prezzo di vendita dei prodotti trasportati.
Funzione degli industrial brand
Nel B2B, molto spesso i prodotti e i servizi sono parte integrante della composizione dei prodotti
venduti, rendendoli componenti della soddisfazione del cliente e quindi della reputazione.Nel B2B,
ogni ingrediente è parte integrante dell'offerta che l'azienda acquirente fa ai propri clienti. La sua
reputazione dipende da loro. È per questo che le case automobilistiche, con il loro background
meccanico, acquistano Bosch, lo specialista in apparecchiature elettriche. Sanno che l'anello
debole delle auto di oggi non è la meccanica, ma l'elettronica. L'azienda si "copre" acquistando dal
nome più importante del settore per i suoi clienti a valle. Inoltre, oggi sono i produttori di
apparecchiature a fornire le innovazioni. I brand automobilistici sono progettisti e costruttori. Ecco
perché nel B2B è così importante che un brand si preoccupi dei clienti dei suoi clienti. È qui che
entra in gioco la funzione del grande brand come garante della qualità.Questa differenziazione
permette di capitalizzare sulla convinzione di ciascuna professione di essere differente. Uno dei
problemi che ha causato il calo delle vendite di Black & Decker - un brand ombrello multi-mercato è che vende sia al pubblico in generale, attraverso grandi magazzini, ma anche ai professionisti,
dimenticando la funzione intangibile del brand come strumento di espressione personale per i
professionisti. Ha reagito, ma troppo tardi, lanciando un nuovo brand dedicato solo ai
professionisti, De Walt.
Il peso reale del brand industriale
Durante uno studio sui fattori coinvolti nella scelta di un trasportatore marittimo per i principali di un
trasportatore marittimo per grandi spedizionieri (come gli industriali Saint Gobain per il vetro e
Michelin per i pneumatici), i cinque criteri principali indicati dai direttori della logistica sono stati il
prezzo, le date e gli orari, l'affidabilità, la capacità di effettuare consegne all'ultimo minuto e la
disponibilità di informazioni durante tutto il viaggio. Il brand è l'ultimo criterio nominato. Un brand
noto non è noto per caso. Ha in sé la quasi certezza - soggettiva ma basata sull'esperienza - che
tutto andrà bene, o meglio di come andrebbe altrimenti. Sarebbe sbagliato suggerire che la
reputazione (e quindi il potere del brand) sia il criterio numero uno in tutte le vendite B2B. Un brand
forte è un brand con prodotti indispensabili o con un forte valore aggiunto immateriale
(rassicurazione o orgoglio).
Corporate e brand equilibrium
Uno dei tratti caratteristici del brand B2B è la sua doppia natura. Può trattarsi dell'azienda stessa,
dei prodotti e delle gamme, o di una combinazione dei due. Tuttavia, il livello di rischio è tale che il
più delle volte viene chiamata in causa la reputazione della fonte e dell'azienda. Le aziende
industriali B2B spesso credono di poter fare a meno della reputazione del brand aziendale e che
conti solo la reputazione del prodotto. È un errore che passa inosservato fino al giorno in cui gli
analisti finanziari segnalano una sottovalutazione in borsa derivante proprio dall'assenza di un
brand.
Es: “Sage” grande multinazionale nella gestione di software per aziende che però non gode di un
grande riconoscimento. Ha acquisito nel tempo molte companies importanti ma: Divisa per
mercati, Sage permette alle sue divisioni di gestire le proprie comunicazioni in modo autonomo: le
divisioni più grandi sono quindi quelle che comunicano di più. Sono quelle che operano sui mercati
principali storicamente più conosciuti (contabilità, paghe e risorse umane). La mancata
considerazione delle esigenze di reputazione del brand madre, Sage, rende il brand debole. Si
tratta di un portafoglio di prodotti e clienti, ma non un brand. Sembra che, avendo trascurato di
organizzarsi e di investire per creare un brand crossover reputato e riconosciuto, le aziende ne
subiscono le conseguenze a un certo punto della loro crescita. L'organizzazione per prodotto e per
mercato crea vendite: preoccupati delle cifre nelle valutazioni annuali, nessuno lavora sulla
reputazione collettiva, che costa senza portare benefici a breve termine.
Gli activation points dei B2B brand sono diversi
Il brand B2B è un brand relazionale. A parte i mercati delle materie prime, le persone non
acquistano un prodotto, ma piuttosto un fornitore, in vista di uno sviluppo congiunto duraturo. I
grossisti stessi non si limitano a immagazzinare un brand, ma lo rappresentano e quindi si
impegnano nei suoi confronti. Si aspettano quindi che si comporti come un brand, con una
garanzia, innovazione, servizi con valore aggiunto, sviluppo dei mercati attraverso comunicazione
e l'attivazione di reti.
I brand B2B come una prescription
Infine, il brand B2B si concentra sui professionisti della prescrizione. La decisione di acquisto
all'interno di un'azienda coinvolge sempre non una, ma più persone.
Tutto il successo di Lycra, il brand che ha modificato la generica fibra di elastan, è consistito nel
lavorare innanzitutto con coloro che fungevano da guide e opinion leader dell'intero settore tessile:
i brand del brand di lusso e di alta gamma. I gruppi multibrand specializzano i loro brand in base al
loro modello di business, che è legato alla domanda
L'allontanamento da un mercato mercificato
Il rischio della commoditizzazione è la spada di Damocle per il B2B. Un mercato viene mercificato
quando gli attori non ci hanno lavorato abbastanza. Il brand non è una risposta miracolosa, ma il
nome che adotta un approccio di marketing genuino per creare valore per un target dedicato.
Bisogna quindi studiare i clienti e categorizzare. In realtà, come in molti altri mercati industriali,
esistono quattro segmenti:
● i clienti che vogliono l'innovazione per poter innovare loro stessi per i loro clienti;
● i clienti che vogliono migliorare la propria efficienza e produttività;
● a quei clienti che vogliono ridurre il costo totale di produzione;
● i clienti che vogliono il prezzo più basso possibile.
I tre segmenti in questione sono sensibili al prezzo e probabilmente metterebbero questo criterio al
primo posto in un sondaggio d'opinione con domande dirette. Tuttavia, un'indagine
un'indagine più approfondita potrebbe far emergere il problema del cliente con il suo stesso cliente,
a valle: è qui che si trova il terreno fertile per il valore aggiunto che deve essere creato.
The internet brand
Come funzionano i brand di internet, i brand puramente online come Facebook, Google, eBay e
Amazon? Quali sono i meccanismi specifici della loro crescita, apparentemente così rapida mentre
avviene? Ora abbiamo il vantaggio della distanza per guidare la nostra analisi. In breve, i brand di
Internet presentano le seguenti caratteristiche principali:
● Non hanno clienti, ma utenti, conosciuti uno per uno.
● Promettono un vantaggio di prezzo.
● Dimostrano con l'esperienza.
● Si adattano e si aggiornano continuamente.
● Sono facilmente globalizzabili.
●
Come ogni brand, gli internet brand devono creare continuamente valore per ogni frammento della
loro clientela, quasi uno a uno.
Virtual closeness and psychological closeness
Che cos'è un brand? Fondamentalmente è un nome (e i simboli ad esso associati) che ha
un'influenza duratura sul comportamento d'acquisto. Che cos'è un grande brand? Un nome che è
anche collegato a un'emozione da un numero molto elevato di potenziali acquirenti. Un grande
brand non ha effetto senza un rapporto emotivo. È questo attaccamento, o impegno, che genera il
desiderio di proseguire la relazione, dal punto di vista dell'acquirente, che si traduce in fedeltà al
brand. Il valore di una brand si misura dalla sua capacità di creare un legame personale di fedeltà
con il consumatore, a un determinato livello di prezzo.
Country brands
Libri come Rebuilding Brand America (Martin, 2007) o The Marketing of Nations (Kotler, 1997)
evidenziano come i Paesi siano diventati simboli, parole cariche di emozioni e fonti di influenza
sulle azioni di persone che, per la maggior parte, non li hanno mai visitati. In effetti, i Paesi sono
associati a frammenti di storia, recente o più lontana, a elementi immaginari, a tratti della
personalità dei loro abitanti, a competenze e risultati chiave. La reputazione di alcuni Paesi si basa
più sulla loro storia; per altri si basa più sulle altri si basa maggiormente sui risultati ottenuti.
Il potere evocativo dei paesi
I Paesi sono quindi nomi con potere di brand: hanno il potere di influenzare attraverso le
associazioni spontanee che evocano, nel bene e nel male, e attraverso le emozioni che suscitano.
come tutti i brand globali forti, il brand Paese racchiude un mito, uno stereotipo che aumenta la
propria attrattiva attraverso una risonanza emotiva. Il country brand combina informazioni a tutti i
livelli: da quello politico a quello sociale, da quello culturale a quello economico e turistico, dal
passato al presente, reale e immaginario, in un sincretismo completo.
The ‘Made in...’ stereotype
Questa ricerca ci insegna che l'"effetto Paese d'origine" non è uniforme. Varia:
● a seconda del settore (Francia per i profumi, Germania per le macchine utensili);
● a seconda del consumatore (gli stereotipi nazionali nazionali hanno maggiore influenza per
i neofiti e i profani. e i non addetti ai lavori: gli acquirenti professionali e gli esperti li
superano giustamente per cercare partner e nuovi fornitori per la propria azienda) per la
propria azienda);
●
a seconda del livello di rischio percepito rischio percepito, la natura individuale o collettiva
della decisione (la necessità di dimostrare ad altri natura collettiva (la necessità di
dimostrare agli altri che la scelta è ragionata).
Il valore aggiunto apportato dal nome di un paese in un settore economico si riferisce in primo
luogo alle esportazioni: qual è il potere di attrazione del brand "Made in..." (paese di origine, COO)
o del brand "Designed in..." (paese di progettazione, COD) sui consumatori stranieri? I Paesi
creano valore anche attirando, solo grazie al loro nome, un flusso di lavoratori migranti, turisti, sedi
aziendali, conferenze o simposi di lavoro, studenti, ricercatori, investimenti finanziari, fabbriche ed
espatriati che chiedono asilo politico.
Per quale altro motivo è molto utile considerare paesi come brand?
il nome del Paese gioca un ruolo nell'influenzare le scelte di prodotti o servizi da parte del pubblico
straniero? I politici sono orgogliosi di elogiare l'industria locale per per motivi occupazionali, ma
non è affatto certo che i mercati mercati esteri lo percepiscono.
È interessante notare che il brand Francia utilizza diverse architetture, a seconda del settore di
attività:
● agisce come un brand unico, che attrae le persone nel Paese per la qualità della vita, le
infrastrutture, l'istruzione qualità della vita, le infrastrutture, il sistema sistema educativo e la
sicurezza sociale. Questo brand ha un impatto diretto sul turismo, fiere commerciali, sedi
aziendali, localizzazione, immigrazione della forza lavoro e investimenti esteri. Il prototipo
della Francia, il suo "prodotto di punta", è Parigi. Air France è un tipico ambasciatore della
promessa di uno stile di vita promessa di uno stile di vita edonistico globale.
● agisce come brand endorser per l'industria del lusso attraverso le etichette COO sui brand
Vuitton o Chanel, sul foie gras o sulle bottiglie di champagne e cognac.
● Funge da testimonial ombra per molti brand che non utilizzano chiaramente il loro Paese
d'origine. Tutti i brand automobilistici tedeschi giocano sulla loro nazionalità. Lo slogan
mondiale di Volkswagen è "das Auto" e non viene tradotto dal tedesco.
● Agisce come brand aziendale dietro importanti esportazioni come i treni veloci TGV, centrali
nucleari e servizi di pubblica utilità (ad es. trattamento dell'acqua, gestione dei rifiuti per
città). Sottolineiamo il concetto di "impresa", perché è lo Stato che di fatto vende ad altri
Stati. La scelta è guidata non da preferenze di mercato, ma da controparti politiche. In
quanto tali, queste esportazioni non non costruiscono un'immagine pubblica (il brand), ma
solo un'immagine un'immagine privata (B2B) tra una ristretta cerchia di addetti ai lavori. di
addetti ai lavori.
●
agisce infine come non-endorser di molte aziende che nascondono la loro nazionalità o
almeno non la comunicano.
Pensare alle città come brand
I sindaci sanno di essere in concorrenza con altre città su vari mercati: devono quindi sapersi
vendere. Creando una buona reputazione per la propria città, si danno voce. Come i brand, le città
hanno bisogno di crescere: devono quindi attrarre nuove risorse (persone, lavoratori, aziende,
finanze e così via). Come ogni brand, anche le città devono essere in grado di definire l'attrattiva
unica che esercitano, ovvero il cosiddetto posizionamento.
Le università e le business school sono brand
Come Oxford, la Sorbona è un vero e proprio brand, la cui reputazione è stata costruita nel corso
dei secoli e diffusa in tutto il mondo. diffusa in tutto il mondo. Che cos'è un brand, se non un nome
con forte influenza e potere di attrazione - visto che il loro mercato è perlomeno globale? La
reputazione è è l'inevitabile vettore di attrazione: un'aura legata a un nome in grado di un nome in
grado di portare in Europa gli studenti e i dirigenti più importanti del mondo per dirigenti di tutto il
mondo in Europa per completare la loro formazione a a completare la loro formazione a caro
prezzo. Questa sarà la grande sfida per il brand Europa: dare alle sue università le risorse
finanziarie per brillare a livello internazionale. Se non può farlo lo Stato, devono farlo le aziende e
quindi è necessario cambiare le relazioni tra aziende e università. Ecco perché le grandi scuole di
economia di tutto il mondo hanno già acquisito lo status di brand globali. Il brand dell'università o
della scuola si costruisce attraverso i suoi prodotti: non si inondano i media con grandi campagne
promozionali. Al contrario, i suoi ambasciatori, sono la qualità e il successo dei suoi studenti.
qualità e il successo dei suoi studenti, da cui l'importanza della selezione e la massa critica del
numero di ex studenti, e le pubblicazioni dei professori i
Pensare alle città come a brand
Creiamo relazioni con le persone, non con i prodotti: da qui il concetto di personalità del brand,
come se stessimo descrivendo il profilo di un amico. Pensiamo ad esempio a James Bond o a
Harry Potter, celebrità virtuali i cui spin-off prodotti che creano un business autentico, redditizio e
duraturo.
Es: Picasso non è solo il nome di un famoso pittore, ma anche un brand. La società creata dagli
eredi, con sede in Place Vendôme a Parigi, lavora costantemente per evitare che il nome diventi di
dominio pubblico. Per evitare ciò, il nome deve
per evitare che ciò accada, il nome deve essere utilizzato in modo comprovato e significativo a
livello commerciale. Per questo motivo, 10 anni fa, l'azienda si è rivolta alle case automobilistiche
offrendo loro la licenza del nome Picasso. del nome Picasso. Citroën accettò: il nome aumentava
la percezione di novità e creatività del suo nuovo modello. L'ultimo sviluppo è che le star dello
sport, ad esempio, stanno diventando dei brand. Non tutti - tutt'altro - ma alcuni.
Per esempio, Gillette assume Thierry Henry, Roger Federer e Tiger Woods, o Rolex assume anche
Federer. Questi cobranding sono attesi: i brand di prestigio amano assumere la fama degli idoli del
momento quando c'è una buona corrispondenza tra i loro valori (Rolex è un esempio di regolarità e
precisione, proprio come Federer, ed entrambi sono svizzeri). Poiché Gillette vuole essere
sinonimo di "the best a man can get" (il meglio che un uomo possa avere), si avvale dei migliori
uomini per dirlo in tutto il mondo. Transformare una persona in un profumo è il di una celebrità di
diventare un prodotto. un prodotto.
La nostra ricerca più recente (Denier e Kapferer, 2012) ha identificato cinque fattori che predicono
la capacità di una celebrità sportiva di diventare un brand redditizio: il potenziale del prodotto, la
consapevolezza e l'immagine del brand, la profondità del brand, la resistenza del brand e le
dimensioni dell'azienda (cfr. Tabella 4.5).
●
●
●
David Beckham è un brand commerciale, che potrebbe legittimamente vendere articoli per
l'aspetto fisico (profumi, abiti da uomo, accessori di moda, ecc.). Il suo gusto è originale e
definisce la nuova virilità, con un po' di ambiguità.
Michel Platini è un brand aziendale, un brand B2B: la sua impronta è molto forte entro i
limiti della professione calcistica. Conosciuto per la sua serietà e integrità, ora è a capo
della FIFA.
Zinedine Zidane è un brand istituzionale: è sinonimo di valori. Vende reputazione. È per
questo che Danone Corporation lo ha assunto come ambasciatore internazionale della
società e del brand ambasciatore e sponsor della Danone Nations Cup per i giovani.
cap. 7 IDENTITA’ E POSIZIONAMENTO DEL MARCHIO
Il marchio non è il nome, ma la visione che guida la creazione di prodotti e servizi con quel nome.
BRAND IDENTITY La vision, il credo alla base del marchio e i valori formano l’identità. la brand
identity specifica le unicità e il valore del marchio, e il "brand positioning", la differenza principale
che crea la preferenza in un mercato specifico in un momento specifico per i suoi prodotti. Per i
marchi esistenti, l'identità è la fonte del posizionamento della marca. Il posizionamento del marchio
specifica l'angolazione tramite quali i prodotti del Brand riescono a attaccare il mercato al fine di
aumentare la Market Share.
Brand identity: a necessary concept
Il concetto di brand identity è recente e ha inizio in Europa.
cos’è la brand identity
la brand identity è l'elemento comune che invia un messaggio singolo in mezzo alla grande varietà
di prodotti, azioni e comunicazioni. Questo è importante perché più il marchio si espande e si
diversifica, più i clienti sono portati a pensare di avere a che fare con diversi marchi piuttosto che
con uno solo. L'identità aziendale è ciò che aiuta un'organizzazione a sentire che esiste davvero e
che si tratta di un essere coerente e unico, con una storia e un proprio posto, diverso dagli altri. Da
questi diversi significati, possiamo dedurre che avere un'identità significa essere il proprio vero io,
spinto da un obiettivo personale diverso dagli altri e resistente al cambiamento. Pertanto, l'identità
del marchio sarà sarà chiaramente definita una volta che si sarà risposto alle seguenti domande:
-
Qual è la visione e l'obiettivo specifici del marchio?
Cosa lo rende diverso?
Quale esigenza soddisfa il marchio?
Qual è la sua crociata permanente?
Quali sono i suoi valori?
Qual è il suo campo di competenza? Di legittimità?
Quali sono i segni che rendono il marchio riconoscibile?
Brand identity and graphic identity charters
Ciò che conta davvero è il messaggio chiave che vogliamo comunicare. Gli aspetti formali,
l'aspetto esteriore e il look complessivo sono il risultato della sostanza e dell'identità intrinseca del
marchio. La scelta dei simboli richiede una chiara definizione del significato del marchio. I valori
valori profondi del marchio devono riflettersi nei segni esterni di di riconoscimento, che devono
essere evidenti a prima a prima vista.
Identity: a contemporary concept
Attualmente viviamo in una società satura di comunicazione.
Il secondo problema è la centralità del consumatore. Nel marketing tradizionale tutto dovrebbe
partire dal dal consumatore. Utilizzando gli stessi studi di marketing
sugli stessi consumatori, i marchi finiscono per assomigliarsi l'uno all'altro, perché mancano di
identità. Trascurano il loro DNA o le loro radici.
Il terzo fattore che spiega l'urgente necessità di comprendere l'identità del marchio è la pressione
esercitata sui marchi. Quando un marchio innova, crea un nuovo standard. Gli altri marchi devono
stare al passo se vogliono -> da qui il moltiplicarsi di prodotti simili
Anche le normative fanno sì che le somiglianze si diffondono. Poiché tutte le aziende si basano
sugli stessi studi sullo stile di vita, le conclusioni a cui giungono sono
sono simili, così come lo sono i prodotti e le campagne pubblicitarie.
Infine, la tecnologia è responsabile della crescente somiglianza.
perchè parlare di identità e non di immagine
L'immagine del marchio è creata dal destinatario nel senso che si concentra sul modo in cui
determinati gruppi percepiscono un prodotto, un'azienda.
L'immagine si riferisce al modo in cui questi gruppi decodificano tutti i segnali che i brand veicolano
tramite prodotti, servizi e dalla comunicazione.
L'identità è dal lato del mittente. Lo scopo, in questo caso è quello di specificare il significato,
l'obiettivo e l'immagine del marchio.
L'immagine è l'interpretazione che il desitinatario ha della brand identity.
L'immagine è una sintesi fatta dal pubblico di tutti i messaggi del marchio, ad esempio il nome del
marchio, i simboli visivi, i prodotti, la pubblicità, le sponsorizzazione, i patrocinio, gli articoli.
Un'immagine risulta dalla decodifica di un messaggio, estraendo il significato, interpretando i segni.
i segni deruvano dall'identità del marchio e da fattori estranei. Fattori estranei:
- ci sono aziende che scelgono di imitare i concorrenti, in quanto non hanno un'idea chiara di
quale sia la della propria identità di marca. Si concentrano sui loro concorrenti e imitano la
loro comunicazione comunicazione e prodotti.
- ci sono aziende che sono ossessionate dalla volontà di costruire un'immagine accattivante
che sarà percepita favorevolmente da tutti. Perciò si concentrano sulla soddisfazione di
tutte le aspettative del pubblico.
- La terza fonte è l'identità fantasticata: il marchio come idealmente si vorrebbe vederlo, ma
non come come è in realtà. le pubblicità non aiutano a ricordare la marca perché sono
troppo lontanamente collegati ad esso
Il concetto di identità serve quindi a sottolineare il fatto che, con il tempo, i marchi finiscono per
acquisire una propria indipendenza e un proprio significato, anche se all'inizio erano semplici nomi
di prodotti. Come memoria vivente di prodotti e pubblicità del passato, l'identità non svanisce:
agisce come un agente del DNA.
Identity and positioning
POSIZIONARE: enfatizzare le caratteristiche distintive che rendono la marca diversa dalla
concorrenza e attraente per il pubblico. Il processo di posizionamento si basa su 4 domande:
1. Un marchio per quale beneficio? Si riferisce alla promessa del marchio e all'aspetto dei
benefici per il consumatore:
2. Un marchio per chi? Questo si riferisce all'aspetto del target
3.
Motivo? Si riferisce agli elementi, fattuali o soggettivi, che supportano il beneficio
dichiarato.
4. Un marchio contro chi? Nel contesto competitivo odierno, questa domanda definisce i
principali concorrenti, ossia coloro la cui clientela pensiamo di poter in parte catturare
Processo di definizione del posizionamento:
-
in primo luogo, indicare a quale "set competitivo" il marchio deve essere associato e
confrontato.
In secondo luogo, indicare qual è la differenza essenziale e la ragion d'essere del marchio
rispetto agli altri prodotti e marchi di quel set.
Cosa aggiunge il concetto di identità a quello di posizionamento?
-
il posizionamento si concentra di più sul prodotto stesso.
il posizionamento non rivela tutta la ricchezza di significato della marca né riflette tutto il
suo potenziale. Il marchio è limitato una volta ridotto a quattro domande. Il posizionamento
controlla solo le parole, lasciando il resto all'imprevedibile risultato di intuizioni creative e
test preliminari. Tuttavia, il linguaggio del marchio non dovrebbe mai essere il risultato della
sola creatività. Esso esprime la personalità e i valori del marchio. Il messaggio di un
marchio è l'espressione esteriore della sua sostanza, quindi non possiamo più dissociare la
sostanza del marchio dallo stile del marchio, cioè dai suoi attributi verbali, visivi e musicali.
L'identità del marchio fornisce il quadro di riferimento per la coerenza complessiva del
marchio.
Why brands need identity and positioning
Il posizionamento di un marchio è un concetto chiave nella sua gestione. Si basa su un principio
fondamentale: tutte le scelte sono comparative. l'identità esprime le caratteristiche tangibili e
intangibili della marca. L'identità attinge alle radici e al patrimonio del marchio - tutto ciò che gli
conferisce un'autorità e una legittimità all'interno di un ambito di valori e benefici precisi.
Il posizionamento è competitivo: quando si tratta di marchi, i clienti fanno una scelta, ma con i
prodotti fanno un confronto. è necessario chiedersi con cosa confrontano, considerare il campo
della concorrenza e in quale settore vogliamo essere considerati. In secondo luogo, devo
chiedermi se offro al cliente un fattore decisionale importante. comunicare queste informazioni è
responsabilità del marchio -> i prodotti aumentano la possibilità di scelta, i brand la semplificano.
L'obiettivo del posizionamento è quello di identificare, e appropriarsi, di una forte motivazione di
acquisto che dia un vantaggio reale o percepito. ciò implica la volontà di assumere una posizione a
lungo termine e di difenderla.
Il posizionamento è orientato alla concorrenza: specifica il modo migliore per attaccare la quota di
mercato dei concorrenti. Può può cambiare nel corso del tempo: si cresce ampliando il campo di
competizione. L'identità è più stabile e duratura, perché è legata alle radici del marchio e a
parametri fissi.
Come si ottiene il posizionamento?
-
Per ... (definizione dei consumatori target)
Il marchio X è ... (definizione del set competitivo e della categoria soggettiva).
Quale offre il maggior ... (promessa o vantaggio per il consumatore)?
perchè (reason to belive)
Il target specifica la natura e il profilo psicologico o sociologico degli individui da influenzare cioè gli
acquirenti o i potenziali consumatori. Il quadro di riferimento è la definizione soggettiva della
categoria, che specificherà la natura della concorrenza. Quali altri marchi o prodotti servono
efficacemente allo stesso scopo? Si tratta di una decisione strategica: delimita il "campo di
battaglia". Non deve in nessun caso essere confusa con la descrizione oggettiva del prodotto o
della categoria.
Il terzo punto specifica l'aspetto della differenza che crea la preferenza e la scelta di un vantaggio
competitivo decisivo: può essere espresso in termini di promessa o di beneficio. Il quarto punto
rafforza la promessa o il vantaggio e si chiama "reason to belive".
Il posizionamento è un concetto necessario perché:
tutte le scelte sono comparative, per cui ha senso iniziare dichiarando l'area in cui siamo
più forti;
- nel marketing la percezione è la realtà. Il posizionamento è un concetto che parte dai
clienti,
La formula di posizionamento è pensata per le aziende che basano il vantaggio competitivo
sui loro prodotti, lanciano sempre nuovi prodotti solo se sono di prestazioni dimostrabilmente
superiori. Questo questo fatto viene poi promosso attraverso la pubblicità.
Ci sono casi in cui il marchio non fa alcuna promessa o in cui il beneficio apportato può sembrare
banale.
ci sono tre approcci al posizionamento:
●
Brand Key: Il posizionamento si può vedere come somma dei punti che differenziano la
marca.
a. L'ambiente competitivo.
b. L'obiettivo.
c. L'intuizione del consumatore su cui si basa il marchio.
d. I benefici apportati dal marchio.
e. Valori e personalità del marchio.
f. I motivi per credere.
g. La discriminante (il motivo più convincente per scegliere).
h. L'essenza del marchio.
Tuttavia, il concetto che che più si avvicina al
posizionamento in senso stretto è la "discriminante".
Larry Light difende l'idea che il posizionamento è
definito quando questa catena di mezzi-fini è completata.
●
brand platform: comprenderà, in primo luogo, la "brand identity", cioè l'unicità e la
singolarità della marca in tutto il mondo e qualunque sia il prodotto. L'identità di marca ha
sei sfaccettature ed è quindi più ampia del semplice posizionamento. È rappresentata dal
prisma dell'identità. Al suo centro si trova l'essenza del marchio, il valore centrale che
simboleggia.
In secondo luogo, la piattaforma del marchio comprende il "posizionamento del marchio". Il
posizionamento del marchio deve basarsi su una customer insight pertinente a questo
mercato. Il posizionamento del marchio sfrutta una delle sfaccettature dell'identità del
marchio. Il posizionamento può essere riassunto in quattro domande chiave: per chi,
perché, quando e contro chi? Si riassume in una piattaforma di marca. La value preposition
può essere supportata da una "reason to belive", ma non è non è essenziale. es. Marlboro
presenta il fumatore come un vero uomo, simboleggiato dal cowboy del selvaggio West.
Non viene offerto alcun supporto per questa proposizione.
la proposizione della marca, che costituisce la base del posizionamento scelto in un
determinato momento in un determinato mercato, può essere alimentato da vari "edges"
contenuti nell'identità della marca:
-
un attributo differenziante
benefit oggettivo
benefit soggettivo
aspetto della brand personality
immaginario, immagini e significato
il riflesso del consumatore
valori profondi e mission
il legame tra identità e posizionamento è il grado di libertà tra identità e e posizionamento che
permette a un marchio di cambiare nel tempo pur rimanendo se stesso. il posizionamento del
prodotto promuova un attributo o un beneficio per il consumatore, mentre la marca specifica la
proposta di valore che questo attributo e questo beneficio consentono al consumatore di
raggiungere. Quando un marchio è composto da più prodotti, è necessario assicurarsi che i
rispettivi posizionamenti convergano verso il raggiungimento dello stesso valore di base. es. dove
bellezza autentica
The six facets of brand identity
la moderna teoria della comunicazione di marca ci ricorda che, quando si comunica, si
costruiscono rappresentazioni di chi parla (ripresentazione della fonte), di chi è il destinatario
(ripresentazione del destinatario), e di quale relazione specifica la comunicazione instaura tra loro.
Questa è la scuola costruttivista di teorizzazione della comunicazione. Poiché i marchi parlano del
prodotto e sono percepiti come fonti di prodotti, servizi e soddisfazioni, la comunicazione è
rilevante. In quanto tale, ci ricorda che l'identità del marchio ha sei sfaccettature. Lo chiamiamo
prisma dell'identità di marca.
The identity prism
1. Un marchio, innanzitutto, ha specificità e qualità fisiche - il suo "fisico". È fatto di una
combinazione di caratteristiche oggettive salienti (che vengono immediatamente in mente quando
il marchio viene citato in un sondaggio) o emergenti. La fisionomia è sia la spina dorsale del
marchio che il suo valore aggiunto tangibile. Questo è il modo in cui branding funziona
tradizionalmente: concentrandosi sul know-how e sul posizionamento classico, basandosi su
alcuni attributi e benefici chiave del prodotto e del marchio.
L'aspetto fisico comprende anche il "prototipo" del marchio: il prodotto di punta che rappresenta la
qualità del marchio, il suo migliore esemplare.
2. Un marchio ha una personalità. Comunicando, si costruisce gradualmente un carattere. Per
creare una personalità al brand in maniera istantanea e veloce è possibile associarvi un
testimonial reale o simbolico. Dal 1996, la ricerca accademica si è concentrata sulla personalità del
marchio, dopo la creazione da parte di J. Aaker (1995) della cosiddetta "scala della personalità di
marca". Tuttavia, nonostante la sua ampia diffusione tra gli studiosi, questa scala non misura la
personalità della marca, ma varie dimensioni che sono più o meno correlate ad essa, e che
corrispondono di fatto ad altre sfaccettature dell'identità di una marca. La personalità del marchio
svolge una funzione psicologica. Permette ai consumatori di identificarsi con esso o di proiettarsi in
esso. La personalità del marchio è anche la fonte principale di tono e stile della pubblicità.
3. Un marchio è una cultura. I marchi forti sono una visione del mondo. Sono molto più dei
vantaggi di un prodotto o di una personalità; sono anche un'ideologia. L'aspetto culturale del
marchio lo rende esplicito. È l'aspetto più importante dell'identità di marca. I grandi marchi non
sono solo guidati da una cultura, ma trasmettono la loro cultura. i marchi devono essere campioni
culturali: devono promuovere un ideale. I marchi devono rispondere a questa nuova domanda di
significato. L'aspetto culturale dell'identità dei marchi sottolinea che i marchi sono impegnati in una
competizione ideologica. Per avere una componente ideologica prima devo definire chi sono e
comunicarlo agli altri.
La teoria tradizionale del branding parla ancora di "brand relevance" (Aaker, 2011).
La nuova gestione strategica del marchio riconosce il bisogno di significatività.
Nella piramide dei bisogni di Maslow, i paesi avanzati si trovano ora in cima ma l'iperconsumo crea
un vuoto: ecco perché i marchi devono essere campioni culturali, devono promuovere un ideale.
La crociata culturale del marchio porta a un nuovo approccio agli obiettivi. Le solite segmentazioni
isolano gli heavy user, gli utenti e utenti non utenti, ecc. Ora dovremo identificare il gruppo di
persone che consividono l'ideologia del marchio.
4. Un marchio è una relazione. In effetti, i marchi sono spesso al centro delle transazioni e degli
scambi tra le persone. Questa sfaccettatura definisce la modalità di comportamento che identifica
maggiormente il marchio. Questo aspetto ha una serie di implicazioni per il modo in cui il marchio
agisce, fornisce servizi, si relaziona con i propri clienti.
5. Un marchio è il riflesso di un cliente. un marchio tenderà sempre a costruire un riflesso o
un'immagine dell'acquirente o dell'utente a cui sembra rivolgersi. Riflettere il cliente non significa
descrivere il target; piuttosto, il cliente dovrebbe essere riflesso come desidera essere visto in
seguito all'utilizzo di un marchio. Fornisce un modello con cui identificarsi, i consumatori usano il
brand per costruire la propria identità.
6. Infine, un marchio parla alla nostra immagine di sé. Se il riflesso è lo specchio esteriore del
target (sono...), l'immagine di sé è l'immagine del target stesso. Attraverso il nostro atteggiamento
verso certi marchi, sviluppiamo un certo tipo di rapporto interiore con noi stessi.
Queste sono le sei sfaccettature che definiscono l'identità di un marchio e i confini entro i quali è
libero di cambiare o svilupparsi. Il prisma dell'identità di marca dimostra che queste sfaccettature
sono tutte correlate tra loro e formano un'entità ben strutturata. Il contenuto di una sfaccettatura fa
eco a quello di un'altra. I marchi esistono se comunicano. Il prisma dell'identità del marchio
comprende anche una dimensione verticale. Le sfaccettature a sinistra sono le sfaccettature
sociali che danno al marchio la sua espressione esteriore.
Tutte e tre sono sfaccettature visibili. Le sfaccettature a destra sono quelle incorporate nel marchio
stesso, nel suo spirito.
Clues for strong identity prisms
un buon prisma di identità è riconoscibile dalle seguenti caratteristiche formali:
● Ci sono poche parole per ogni aspetto.
● Le parole non sono le stesse su diverse sfaccettature.
● Tutte le parole hanno forza e non sono tiepide: l'identità è ciò che distingue un marchio.
Sources of identity: brand DNA
Ai consumatori e ai potenziali clienti viene spesso chiesto quale sarebbe il marchio ideale e quali
attributi dovrebbe avere per ottenere un'approvazione universale. Questo approccio non riesce a
segmentare correttamente le aspettative e quindi produrre una definizione diversa da quella ideale
di marca media. L'identità deve essere desunta dai segni lasciati dalla dalla marca, cioè dai
prodotti che ha scelto di promuovere e dai simboli con cui viene rappresentata nel tempo.
Per questo motivo la ricerca sull'identità deve partire dai prodotti (o servizi) tipici sostenuti dal
marchio, oltre che dal nome stesso del marchio, il logo, il paese di origine, le pubblicità e le
confezioni. Lo scopo di tutto questo è quello di analizzare semiologicamente il sending process
cercando di scoprire il piano originale che sta alla base obiettivi, prodotti e simboli del marchio. In
generale, questo piano è semplicemente inconscio, non è scritto da nessuna parte, né descritto
esplicitamente. È semplicemente messo in atto nelle decisioni quotidiane. La storia di un marchio
riflette infatti una certa discontinuità nelle decisioni prese dai diversi brand manager della marca
nel corso del tempo.
Piuttosto che tentare il compito impossibile di dare un senso a tutti i suoi prodotti, i brand manager
devono scegliere il senso che servirà al meglio il marchio nel suo mercato di riferimento e
concentrarsi solo su quello.
The brand’s most typical products
PRODOTTO – prima fonte di identità del marchio. Permette di rivelare unicità. Il marchio in realtà
inietta i suoi valori nel processo di produzione e distribuzione, nonché nei servizi collaterali offerti
nel punto vendita. mostrare i tratti tipici e incarnare i valori è più semplice che descrivere le
caratteristiche
I consumatori raggruppano i prodotti in base alla loro capacità di rappresentare tipicamente e di
esemplificare perfettamente un marchio a largo spettro.
Il prodotto più rappresentativo è chiamato "prototipo della marca", perché è esemplare.
I valori del marchio devono quindi essere incarnati nei prodotti più simbolici del marchio. La
psicologia cognitiva ci ha insegnato che è più facile definire certe categorie mostrando
semplicemente i loro membri più tipici, piuttosto che specificare quali caratteristiche di prodotto
sono necessarie per essere considerato un membro di quelle categorie. Il prodotto più
rappresentativo è chiamato "prototipo della marca", il miglior esemplare del significato della
marca. Gli psicologi cognitivi che fanno capo a Rosch (1978) sostengono che i prototipi
trasferiscono effettivamente alcune delle loro caratteristiche alla categoria di prodotto (Kleiber,
1990). In altre parole, se non esistesse una definizione di Danone, il pubblico sarebbe
probabilmente in grado di trovarne una una definizione, osservando attentamente le caratteristiche
dei prodotti Danone più rappresentativi.
Questi prodotti prototipo sono rappresentativi delle varie sfaccettature dell'identità del marchio.
Secondo alcuni psicologi cognitivi, tali prodotti possono trasmettere l'identità del marchio, ma
soprattutto la generano. Per questo motivo, per cambiare l'immagine di un marchio, è necessario
creare un nuovo prototipo. I valori di un marchio trasmettono un significato solo se sono al centro
del prodotto. Le realtà intangibili e tangibili del marchio vanno di pari passo: i valori guidano la
realtà, e la realtà manifesta questi valori. un principio chiave per la credibilità e la durata del
marchio: tutte le sfaccettature della
dell'identità del marchio devono essere strettamente collegate. Inoltre, le sfaccettature intangibili
del marchio devono necessariamente essere riflesse nella fisionomia dei suoi prodotti.
Es. 1 Danone – yogurt magro esprime identità salute, e piacere data da crema danette, più
edonistica
Es. 2 Benetton – tolleranza e amicizia sono i valori. La tecnologia di dipingere all’ultimo sui
maglioni fatto si che può rispondere alle tendenza dell’ultimo minuto andando incontro ai suoi
consumatori… il colore è la base simbolica.. non solo tema pubblicitario.. Tuttavia, pur essendo un
aspetto fisico essenziale dell'identità di marca di Benetton, il colore non è solo una questione di
fisico (nel prisma dell'identità): l'elemento cromatico ha un impatto anche sulle altre sfaccettature
del prisma, in particolare su quella culturale (che a volte ha fatto assomigliare i marchi a delle
religioni), un aspetto fondamentale quando un marchio si rivolge ai giovani.Il colore non serve solo
a posizionare il marchio (il marchio colorato), ma è il segno esteriore di un'ideologia, di un insieme
di valori e di una cultura di marca. Il colore si fa bandiera, segno di fedeltà…
Es. 3 NIVEA
Qual è dunque il significato di questo colore blu e di questa crema idratante di punta, pietre miliari
dell'intero edificio? Ricordiamo che il blu è il colore preferito da più della metà della popolazione del
mondo occidentale, compresi gli Stati Uniti e il Canada. È il colore dei sogni (il cielo), della calma
(la notte), dell'amore fedele e puro (la Vergine Maria è stata raffigurata in blu fin dal XII secolo),
della pace (le forze di pace dell'ONU) e del fascino semplice e universale dei blue jeans
(Pastoureau, 1992). Il bianco della crema è il bianco della purezza, della salute, della discrezione,
della semplicità e della pace (una bandiera bianca). Per quanto riguarda la crema idratante in sé,
essa aggiunge acqua alla pelle, un'iniezione essenziale di un aspetto umano al proprio ambiente
naturale. Nivea penetra fino al suo cuore: una visione della vita fondata sulla convivenza umana e
contenente forti valori morali come fiducia, generosità, responsabilità, onestà, armonia e amore. In
termini di competenza, è sinonimo di sicurezza, natura, morbidezza e innovazione. Infine, si vende
come senza tempo, semplice e accessibile, a un prezzo equo.
The power of brand names
Il nome di un marchio è spesso rivelatore delle sue intenzioni.
Il nome del marchio è quindi una delle più potenti fonti di identità. Quando un marchio si interroga
sulla sua identità, la risposta migliore è quindi quella di esaminare a fondo il suo nome e cercare di
capire le ragioni che stanno alla base della sua creazione. Così facendo, possiamo scoprire le
intenzioni e il programma del marchio
I marchi forti forzano le proprie definizioni lessicali nei glossari: danno alle parole un altro
significato.
Un nome, come un'identità, deve essere gestito. Alcuni nomi possono avere un doppio significato.
Lo scopo della comunicazione è allora quello di selezionarne uno e abbandonare l'altro.
Brand characters
il logo ha molte funzioni, come ad esempio:
● aiutare a identificare e riconoscere il marchio. i loghi devono identificare qualcosa prima di
significare qualcosa. Sono particolarmente utili quando si fa marketing ai bambini, che preferiscono
le immagini al testo, o quando si fa marketing a livello mondiale (ogni whisky ha il suo emblema).
● garantire il marchio.
● dare al marchio una durata nel tempo - poiché i loghi sono segni permanenti - consentendo così
all'azienda di capitalizzare su di esso.
● contribuire alla differenziazione e alla personalizzazione: un logo trasferisce la propria
personalità al marchio. In questo modo, aumenta il valore del marchio. Ma facilita anche il
processo di identificazione in cui sono coinvolti i consumatori.
Es. L'animale non è solo allegorico della personalità del marchio, ma anche delle caratteristiche
psico-logiche del pubblico a cui si rivolge.
Molti Brand hanno scelto di essere rappresentati da un personaggio che può essere sia il creatore
del Brand sia un endoser. Può anche essere un personaggio fittizio che rappresenta le qualità del
Brand. alcuni personaggi creati dei Brand servono a creare relazioni emotive ed emozioni nel
pubblico.
Visual symbols and logotypes
Questi simboli ci aiutano a capire la cultura e la personalità del marchio. Vengono effettivamente
scelti come tali: le specifiche aziendali consegnate alle agenzie di identità grafica e di design si
riferiscono principalmente alla personalità e ai valori del marchio.
L'importanza di questi simboli e loghi non è tanto che aiutino a identificare il marchio, ma che il
marchio si identifichi con essi.
Quando le aziende cambiano logo, di solito significa o che i loro marchi stanno per essere
trasformati perchè non si identificano più con il loro stile passato o che vogliono rivitalizzare i il
marchio recuperando la propria identità.
origini geografiche e storiche
Alcuni marchi trasmettono naturalmente l'identità del loro Paese d'origine. Altri sono totalmente
internazionali. Alcuni marchi traggono la loro identità e unicità dalle loro radici geografiche. È una
scelta deliberata da parte loro. i brand possono beneficiare dai valori della loro nazione di origine.
Es. Quale vantaggio si aspettava Finlandia, ad esempio, lanciando una vodka premium? Come
suggerisce il nome, la Finlandia è il Paese dove la terra finisce: una terra fredda, austera,
incontaminata e remota, dove il sole raschia il suolo. Questa visione spontanea alimenta e
sostiene la creazione di un'acqua e di una vodka estremamente pure.
brand’s creator
L'identità del marchio non può essere dissociata dall'identità del suo creatore. Il rapporto tra un
marchio e il suo creatore può durare ben oltre la morte del creatore. Chanel ne è un buon
esempio: il carismatico Karl Lagerfeld non cerca di imitare lo stile Chanel, ma di interpretarlo in
chiave moderna.I valori del marchio devono essere rispettati, ma adattati ai tempi moderni. Il
marchio è il nome del creatore intrecciato a un insieme di valori e a un modello di ispirazione.
advertising: content and form
è la pubblicità a scrivere la storia di un marchio, di un rivenditore o di un'azienda. Quando
comunichiamo, finiamo sempre per dire molto più di quanto pensiamo. Qualsiasi tipo di
comunicazione dice implicitamente qualcosa sul mittente, sulla fonte (chi sta parlando?), sul
destinatario a cui apparentemente ci rivolgiamo e sulla relazione che stiamo cercando di costruire
tra i due. Il prisma dell'identità di marca si basa su questo dato di fatto. Come si fa a far passare
questo messaggio implicito tra le righe e a trasmetterlo a noi? Semplicemente attraverso lo stile.
ES. Volkswagen - Il paradosso della Volkswagen è che è sempre riuscita a parlare di un prodotto
piuttosto prosaico con uno stile quasi elitario, ma allo stesso tempo amichevole e spiritoso. Questo
ha permesso a Volkswagen di introdurre piccole modifiche come grandi sviluppi. I punti di forza
delle pubblicità si basano su fatti e su alcuni valori che il marchio ha sempre sostenuto, come la
qualità del prodotto, la durata, la resistenza alle intemperie, l'affidabilità, i prezzi ragionevoli e il
buon valore di permuta.
Che siano gestiti o meno, pianificati o voluti, tutti i marchi acquisiscono una storia, una cultura, una
personalità e un riflesso attraverso la loro comunicazione cumulativa. Gestire un marchio significa
incanalare in modo proattivo questa graduale accumulazione di attributi verso un determinato
obiettivo.
Building an inspiring brand platform
Le piattaforme della marca sono la pietra miliare della gestione del marchio. Ogni marchio
dovrebbe avere una sua piattaforma esplicita e concisa
La brand platform è il progetto normativo del marchio che l'azienda vuole costruire, e riassume i
due pilastri fondamentali della gestione del marchio: la brand identity e il brand positioning. La
strategia specificherà il percorso da seguire per colmare il divario tra l'immagine attuale del
marchio e l'immagine desiderata delineata nella piattaforma del marchio. Più ampio è il divario, più
lungo e difficile può essere il percorso.
condividere lo stesso strumento di pianificazione del marchio in tutto il mondo è un primo passo
necessario per il branding globale. Definiscono le sfaccettature di un marchio,
dai valori intangibili più elevati e dalla personalità del marchio agli attributi di differenziazione dei
prodotti e alle ragioni delle presunte promesse.
Questi formati sono molto diversi tra loro nella forma, ma hanno lo stesso contenuto, con piccole
varianti.
Le tipiche piattaforme di marca contengono elementi come "essenza della marca", "pilastri della
marca o valori distintivi" (chiamati anche "equità della marca"), "personalità della marca", ecc.
Le piattaforme di marca più note sono:
●
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●
●
●
La semplice "dichiarazione di posizionamento", una breve frase che specifica quale singolo
beneficio deve essere associato a lungo termine al nome della marca, in quale categoria o
sottocategoria di prodotto, per quale target e con quale ragione di credere (Trout e Ries,
1978). È ereditata dalla USP classica.
L'"impronta" (utilizzata da Johnson & Johnson), che pone domande su essenza, valori,
personalità, capsula e posizionamento.
L'"occhio di bue" (partendo dall'essenza del marchio al centro e passando poi alla
personalità del marchio, ai valori del marchio, ai benefici del marchio e agli attributi del
prodotto).
La chiave del marchio (Unilever), con molte informazioni concepite come un buco della
serratura (valori del marchio, benefici, personalità, motivo per credere, discriminante e
radici del marchio). In Unilever c'è una chiave di marca scritta non solo per la marca
principale, ma anche per ciascuna delle sottomarche.
La piramide del marchio, promossa dal ricercatore accademico K L Keller e da molte
società di consulenza, chiede ai manager della marca di specificare in modo dettagliato
informazioni come la risonanza del marchio, giudizi e sentimenti dei consumatori, le
prestazioni del marchio, l'immagine del marchio e così via, fino alla salienza del marchio.
La chiave di Mars, la scala di McDonald's, ecc.
What is wrong with current brand platforms?
la maggior parte delle aziende non è soddisfatta delle proprie piattaforme di marca perchè si
rendono conto di dedicare molto tempo a rispondere a tutte le domande delle piattaforme di marca,
ma alla fine dell'anno le quote di mercato sono spesso di nuovo in calo ad esempio di fronte ai
marchi privati o alla concorrenza a basso costo.
Brand platforms have become a merely formal exercise
motivi:
●
I loro autori si innamorano della propria raffinatezza. La sofisticazione è un valore nel
mondo accademico o della ricerca. Diventa un limite all'azione nel mondo reale
●
La maggior parte delle aziende è ormai globale: la sofisticazione dei concetti comporta un
maggior livello di incomprensione da parte dei manager di tutto il mondo la cui cultura non
è occidentale e la cui prima lingua non è l'inglese.
●
La creazione di una nuova piattaforma di marchio richiede molto tempo e richiede
l'intervento di consulenti di costose società di consulenza strategica che aiutino i brand
manager a rispondere alle numerose domande o a comprendere i concetti stessi.
●
Più sono sofisticati, più danno una falsa sensazione di solidità alla gestione. La loro
struttura interna sembra logica, senza lacune e buchi nel ragionamento. Questo è spesso
dovuto al fatto che le piattaforme di marca vengono completate una volta trovato il claim
pubblicitario. È facile allora riempire retroattivamente ogni singolo
compartimento della piattaforma. Certamente, il quadro globale risultante appare molto
coerente, ma si tratta di un artefatto. Questi modelli hanno come qualità principale la
coerenza interna. Una piattaforma di marca eccellente è quella in cui da cima a fondo la
catena mezzi-fini scorre in modo naturale.
●
Più le domande sono numerose, più c'è ridondanza tra le domande.
●
esse Inducono il marchio a rimanere impigliato in una rete di complessità. I modelli di
piattaforma del marchio mancano il loro obiettivo primario: essere un trampolino di lancio
per l'azione. Scoraggiano l'azione. Il marketing usa molte agenzie esterne per attivare il
marchio: quando viene presentata loro la piattaforma del marchio, la prima domanda che
pongono è la semplificazione.
●
Le piattaforme di marca sono spesso statiche nei loro concetti e formulazioni. Non sono
strumenti di mobilitazione.
●
molti marchi della stessa categoria perseguono gli stessi obiettivi e cercano di fornire gli
stessi vantaggi fondamentali per la categoria. La differenza sta nel percorso per
raggiungere la stessa promessa.
●
Soprattutto, questi modelli di piattaforme di marca si basano su modelli concettuali incapaci
di soddisfare le nuove esigenze dei mercati e della nuova situazione competitiva. I marchi
ora devono creare comunità.
●
I modelli di piattaforma di marca sono implicitamente guidati da nozioni microteoriche
derivanti da dalla psicologia del consumo e ora dalle neuroscienze, Dobbiamo orientarci
molto di più verso la comprensione non dei consumatori ma della società nel suo
complesso
What should one expect from a brand platform?
Le aziende sono ora alla ricerca di migliori forme di marchio, in grado di dare energia all'intera
catena del valore e di mobilitare l'interno e l'esterno. Raccomandiamo di non utilizzare piattaforme
già pronte, noleggiate da un'altra azienda. Ogni marchio dovrebbe costruire il proprio purché
soddisfi sei condizioni e obiettivi principali:
●
●
●
●
●
●
Energizzare: stabilire un alto livello di ambizione per il marchio.
Ispirare: quale profonda intuizione del consumatore o quale tensione sociale affronta?
Passione: qual è il grande ideale o crociata per il marchio?
Coerenza: abbiamo bisogno di un'attivazione creativa comune a tutta la gamma.
delivery: formire prodotti che rispondono a esigenze reali, con passione e con un taglio
deciso.
Facilitare: per la comprensione e l'adesione globale, sono sufficienti poche parole.
Forget brand essence: be inspirational
Le piattaforme del marchio sono spesso chiamate "piattaforme di brand equity. all'interno delle
aziende vengono utilizzate per descrivere nel dettaglio ciò che il marchio vuole rappresentare in
tutti i suoi prodotti o linee di prodotti e per dimostrare la coerenza interna tra mezzi e fini, dai valori
di alto livello ai valori di fascia alta ai fattori di differenziazione del prodotto.
Tali piattaforme ricordano alle persone quali dovrebbero essere i punti di forza del marchio
Poi le società di ricerca di mercato misurano annualmente la progressione di queste associazioni
nella mente del target.
Questo è il motivo per cui le brand equity, chiamate anche pilastri dell'equity o POD, assomigliano
alle tipiche voci che si trovano in un questionario di accordo/disaccordo.
Il problema è che le "essenze di marca" sono troppo statiche. Come riassunti sintetici di ciò che il
marchio rappresenta, vanno bene ma sono insoddisfacenti per quanto l'impegno dei consumatori è
basso.
I marchi devono portare a un grande beneficio collettivo.
Le piattaforme dei marchi devono essere trampolini di lancio per lo sviluppo del prodotto e della
creatività, uno strumento per ispirare grandi campagne capaci di avere un impatto sui consumatori.
L'essenza del marchio è un concetto statico, non coinvolgente. bisogna chiederi: Qual è il
coinvolgimento del marchio? In che modo questo marchio vuole cambiare il mondo?
Internet è diventato il principale mezzo di comunicazione tra il marchio e il suo pubblico e
tra i consumatori stessi. Ecco perché i marchi hanno bisogno di contenuti di marca.
Sul web le persone cercano direttamente i contenuti, il più delle volte spesso peer to peer. Se i
marchi vogliono raggiungere i consumatori l'unico modo è quello di fornire contenuti interessanti.
Es. Poiché sono ossessionati dal conformismo, i marchi asiatici hanno piattaforme di marca
piuttosto blande (vedi anche pagina 49). Di conseguenza, le loro comunicazioni sono incentrate
solo sul prodotto e non vengono ricordate, a meno che non possano permettersi budget enormi. La
tipica comunicazione di LG, Samsung o Haier si concentra su un'innovazione dopo l'altra, anno
dopo anno, ma non lascia alcun segno. Tutti i marchi hi-tech possono dire di perseguire
incessantemente l'eccellenza o di cercare con passione di offrire grandi esperienze ai loro
consumatori, ma sono solo parole.
Why the brand exists’ is the most important item
Le persone cercano l'autenticità. In base ad essa, danno la loro simpatia. La Tabella 7.5 riassume
le 10 domande da porre per per costruire la piattaforma.
What should the brand platform be if the brand covers multiple categories?
Con il tempo e per crescere, i marchi arrivano a coprire un'ampia gamma di mercati e categorie di
prodotti. Se il Brand riesce a estendersi a un numero ampio di categorie è perché la sua identità e i
suoi valori hanno significato in tutte queste categorie. È meglio creare una piattaforma per il
marchio generale o molte piattaforme, una per ogni categoria? In realtà entrambe le cose.
La piattaforma masterbrand deve specificare il livello di ambizione del marchio e il suo ruolo nel
portafoglio del gruppo, in modo che tutti i manager siano consapevoli della posta in gioco. Anche
l'attivazione esecutiva comune a tutte le categorie deve essere chiaramente indicata. Poiché i
marchi esistono solo attraverso le linee di prodotto, è necessario costruire una piattaforma per ogni
linea. Naturalmente ogni linea ripeterà i valori del masterbrand, ma la piattaforma della linea di
prodotto conterrà anche elementi specifici:
● Perché è un'opportunità di business?
● Qual è l'insight di prodotto o di categoria (molto utile per spiegare come uno dei valori del
marchio si sia incarnato in una specifica caratteristica del prodotto)?
● In che modo questa linea di prodotti contribuisce alla costruzione dell'equity del
masterbrand (quale dimensione in particolare)?
From brand platform to product lines
I numeri chiave della brand experience sono: 360° e 24/24. le relazioni tra il marchio e le sue linee
di prodotto sono lacosiddetta "architettura del marchio". la costruzione di marchi dovrebbe evitare i
sottobrand finché il marchio non ha un significato chiaro nella mente delle persone. I marchi hanno
bisogno di varianti: Apple ha solo varianti. iPhone è la variante nel mercato degli smartphone; iPod
è la variante nel mercato degli MP3.
Il brand engagement deve essere attivato attraverso la stessa idea creativa su tutta la linea. La
piattaforma del marchio deve specificare per ciascuna linea di prodotto
1 Perché esiste un'opportunità di business?
2 Qual è il suo obiettivo specifico?
3 Quale intuizione guida la creazione del prodotto stesso? Come possono i valori del
masterbrand tradursi in caratteristiche specifiche?
4 Come contribuisce la linea di prodotti alla costruzione del masterbrand stesso? Quali
sono i valori fondamentali enfatizzati da questa linea di prodotti?
5 Quali valori periferici vengono aggiunti da questa linea di prodotti? Quali valori specifici
devono essere aggiunti? Per esempio, se il masterbrand Hero è sinonimo di naturalità,
Hero Baby potrebbe aver bisogno di una spinta scientifica per aumentare la sua credibilità
tra le madri ansiose.
6 Quale attivazione specifica potrebbe essere necessaria in termini di comunicazione al
target?
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