La crisi araba e l’ascesa dei turchi e il declino di Bisanzio Una crisi araba, non islamica Gli stati cristiani approfittarono immediatamente della crisi araba attaccando su vari fronti: ● In Sicilia, per iniziativa dei Normanni, che conquistarono l’isola nel 1091. ● In Spagna, dove avviarono la Reconquista. ● In Siria e in Palestina, dove condussero otto crociate Fu proprio nell’epoca abbaside che l’islam conobbe un’ulteriore diffusione che ne fece una religione mondiale. Continuava a mantenere una sostanziale unità. La Reconquista Nel X secolo tre quarti della penisola iberica erano controllati dall’Emirato di Cordova, nella parte settentrionale era divisa in piccoli stati cristiani: i Regni di Castiglia, di Léon, di Navarrra, di Aragona e la Contea di Barcellona. Nel 1085 il Regno di Castiglia cominciò a espandersi verso l’interno della penisola. Toledo venne espugnata e ne divenne la capitale. Eroe della Reconquista fu Rodrigo Diaz de Bivar(1043-1099), un condottiero passato alla leggenda con il nome di El Cid Campeador. I musulmani di Spagna chiesero l’intervento degli Almoravidi, la dinastia berbera particolarmente aggressiva che governava il Marocco e l’Algeria. La loro cultura era caratterizzata da un'interpretazione molto rigida della “guerra santa”, in un governo decisamente intollerante verso i cristiani ed ebrei. Nel 1146 gli almoravidi furono sconfitti dai Almohadi. Il continuo succedersi di sovrani inetti e le rivalità tribali, però, indebolirono il regno che subì una serie di sconfitte e perse tutto il territorio spagnolo. Nel 1137 Il Regno di Aragona aveva annesso anche la Catalogna, strategica per il commercio, grazie al porto di Barcellona, Castiglia si era potenziato militarmente. Nel 1212 le truppe Almohadi furono sconfitte a Las Navas de Tolosa. Sul finire del Duecento, dunque, la Reconquista era di fatto terminata: il piccolo regno di Granada, che rimase una roccaforte musulmana per altri due secoli. L’intolleranza dei Turchi e l’appello di Urbano II I turchi invece, appena conquistata gerusalemme, distrussero le chiese e impedirono i pellegrinaggi dei cristiani. Il pellegrinaggio aveva una notevole importanza, modo per manifestare la propria fede, fare penitenza e implorare perdono a Dio per i propri peccati. La Terrasanta: ospitava infatti i luoghi santi. Notizie in molti casi esagerate dai cronisti dell’epoca, ma molto efficaci per creare l’idea che ci fosse un vero nemico da combattere. Nel 1095 il papà Urbano II convocò un concilio nella città di Clermont-Ferrand, chiese ai cristiani di non combattere più tra loro ma di dedicare alla liberazione di Gerusalemme tutte le energie prima impiegate nelle guerre feudali. Promise come ricompensa, a coloro che avessero accolto la sua richiesta, l’immediato perdono di tutti i peccati e vantaggi di carattere economico. Il termine “crociate” deriva dall’espressione latina crude signati, cioè “segnati con la croce”, portavano sulla veste o sulla bisaccia una croce rossa. Pellegrinaggi come spedizioni militari. La Crociata popolare Nel 1096 molti decisero di partire, così all’improvviso, senza che i necessari preparativi fossero portati al termine. Guidata da Pietro l’Eremita, fu detta crociata popolare. Seguì Pietro un vero e proprio esercito di persone sbandate, nobili rovinati e contadini. Seminarono violenze e commisero stragi ovunque, in particolare nei confronti delle comunità ebraiche. Gli ebrei erano considerati doppiamente colpevoli: innanzitutto perché responsabili della passione e della morte di Gesù, rifiutato la conversione alla religione cattolica. O il battesimo o la morte. A bisanzio, i crociati si rifiutarono di accogliere i consigli dell’imperatore Alessio I che li invitò a non proseguire.I turchi considerarono questo gesto una sfida e attaccarono militarmente il suo seguito: fu una carneficina; solo Pietro e pochi altri riuscirono a salvarsi. La Conquista di Gerusalemme e gli stati crociati La prima crociata ufficiale, detta “dei baroni” o “feudale”, partì invece un anno dopo, nel gennaio del 1097. Al comando di signori come Goffredo di Buglione, Raimondo di Tolosa e Boemondo d’Altavilla. Non partecipò invece alla crociata l’imperatore Enrico IV, in urto con papato. La maggioranza di loro morì prima di raggiungere Gerusalemme, ma anche per il caldo, la sete e le malattie. L’imperatore d’oriente Alessio I, che si fece nominare capo della spedizione, nel 1097 i crociati conquistarono Nicea, poi attaccarono Antiochia(1097) e infine Gerusalemme, nel 1099 dopo un difficile assedio. Dai successi militari crociati nacquero gli Stati crociati d’Oriente. Il regno di gerusalemme, venne affidato a Goffredo di Buglione che assunse la carica di advocates, ossia di protettore del santo sepolcro. Il dominio del nuovo regno spettava alla chiesa: advocates designava comunemente il laico che si occupava di curare gli interessi temporali della chiesa. La prima crociata Dopo neanche un secolo, però, l’emiro dell’Egitto, noto in Occidente come il Saladino, riconquistò la Terrasanta, la stessa Gerusalemme nel 1187, l’Egitto, la Siria, la Mesopotamia e l’Arabia meridionale. Fallimento delle crociate Un bilancio delle crociate L’intolleranza cristiana Nell’Occidente cristiano, dunque, il Medioevo fu un’epoca di forte intolleranza: verso le altre fedi, come quella ebraica o islamica, e anche al proprio interno, verso il dissenso e le eresie. Nonostante questa chiusura verso “l’altro”, non mancarono voci più tolleranti. Agostino secondo il quale non si può stringere a credere chi non vuole. Che la fede sia una questione di coscienza e di volontà del singolo era anche sostenuto da san Tommaso, credere è questione di volontà. Però che essi non ostacolassero la vera fede e non opprimessero i cristiani. Più che di intolleranza, di una legittima difesa della propria identità. Diverso fu invece l’atteggiamento nei confronti degli eretici o dei dissidenti. La chiesa di Roma fu davvero flessibile. La storia della mentalità religiosa, tutte le grandi religioni, nel loro percorso storico, finirono per diventare anche bandiere di interessi territoriali, culturali ed economici. Il pluralismo precristiano La religione era in funzione della comunità di appartenenza, potremmo dire “nazionale”. Era inconcepibile sia una dimensione individuale e soggettiva della religione, sia una dimensione universale che implicava un proselitismo. Istituzione pubblica riservata ai cittadini. In particolare gli imperi multinazionali e multietnici erano formati da vaste unità territoriali in cui vari gruppi costituivano comunità culturali e religiose autonome. L’impero romano riuscì ad assorbire le differenze e a imporre la coesistenza con una politica che lasciava generalmente liberi di conservare la propria identità culturale, ma nella comune sottomissione all’impero. Dal punto di vista del rispetto e riconoscimento della libertà di culto, i Romani non erano affatto intolleranti. Romani e cristiani I martiri cristiani dell’impero non vennero messi a morte per odio religioso, ma per ragioni politiche, si potrebbe dire di “ordine pubblico”. Atto di sottomissione all’autorità pubblica, non fu concessa l’esenzione dal culto dell’imperatore, come invece fu per gli Ebrei, ma proclamavano una vocazione universale. La chiesa cristiana si presentò anche come associazione assistenziale, le autorità si chiesero se tollerate queste associazioni che risultavano sprovviste dell’autorizzazione che ogni forma associativa doveva richiedere al senato di Roma. L’intolleranza dei Cristiani L’affermazione del cristianesimo come religione di stato, tra l’egitto di Milano del 313 voluto da Costantino e l’editto di Teodosio del 380 d.c. aprì nuovi problemi. Dopo il Concilio di Nicea(325) si affermò una professione di fede che obbligava tutti i cristiani e dava un fondamento dogmatico all’ortodossia. I privilegi concessi ai cristiani seguirono crescenti restrizioni per i pagani: furono ridotte le sovvenzioni dello Stato per i culti e limitate le immunità degli operatori della religione, per poi imporre la chiusura dei templi e la proibizione delle cerimonie. Con l’imperatore Teodosio(378-385) si aprì una sistematica lotta al paganesimo. La cristianizzazione dell’impero diventò politica dello Stato e lo Stato divenne ufficialmente cristiano. “peccati” da perseguire con mezzi spirituali a “crimini” Cristiani ed Ebrei Inizialmente la politica di rispetto, primitiva tolleranza venne meno quando si verificarono casi di conversione all’ebraismo. Essa fu giudicata un sacrilegio e venne punita, il matrimonio con i cristiani fu represso con le stesse pene dell’adulterio. La persecuzione contro gli ebrei divenne più sistematica e violenta nel corso del Medioevo. Dall’XI secolo i cristiani cominciarono ad accusare gli Ebrei di deicidio. Assurde dicerie che si aggiunsero alla tradizionale accusa di usura, riti terribili. Non fu diverso l’atteggiamento nei confronti dei musulmani. In Spagna, tutti i sovrani cristiani procedettero a conversioni forzate. I moriscos, come venivano chiamati, restarono sostanzialmente legati all’islam e subirono provvedimenti sempre più severi, definitiva espulsione dei moriscos dalla spagna(1610). L’intolleranza degli Arabi La mentalità islamica divideva lo spazio in due categoria: ● Il territorio musulmano, chiamato “casa dell’islam” ● Il territorio non islamizzato la “casa della guerra” dopo il X secolo i musulmani ridimensionarono molto la loro spinta aggressiva. Regole al rapporto con i sudditi “infedeli”. Gli uomini fedeli a un testo sacro, definiti “gente del libro”, fossero legittimati a conservare la propria legge, “gente del libro” ebrei e cristiani, qualche eccezione a questa prassi, come per gli indù, durante la dominazione islamica in India. Potevano mantenere il proprio credo sotto l’autorita dell’islam ponendosi sotto la sua protezione con un atto di sottomissione formale, la dhimma. Essa era il dispositivo giuridico per consentire ai non musulmani di convivere pacificamente con i musulmani. Diritto all’esistenza, alcune restrizioni e un implicito riconoscimento alla superiorità dell’islam e il pagamento di una tassa di protezione. I dhimmi non potevano subire violenze o coercizioni di alcun genere da parte dei musulmani. Non poche discriminazioni, diversità era riconosciuta, legittimata e socialmente accettata. Il popolo dei Mongoli Ma sia l’espansione europea sia quella islamica risultano marginali se confrontate con la vastità del fenomeno mongolo e delle conseguenze che generò. Nessun altro popolo nella storia riuscì a eguagliare una tale conquista, cancellando confini e mescolando popolazioni e culture diverse. I mongoli abitavano la regione nei pressi del fiume Kerulen nella Mongolia nord-orientale, nomadi organizzati in tribù, allevamento delle greggi e delle mandrie di cavalli, alla caccia e alla guerra. Alla fine del XII secolo con Temugin un capo tribù che in seguito prese il nome di Gengis Khan. Nel 1197 Temugin venne riconosciuto khan della confederazione mongola. Nel 1206, la grande assemblea dei nobili riconobbe la sua autorità affidandogli il controllo dell’immensa distesa delle steppe dal lago Baikal al deserto dei Gobi e dai monti Tarbagatai al Grande Khingan, divenne Gengis Khan, indicare che il suo dominio era universale. Le conquiste La divisione dell’Impero Commerci e scambi transcontinentali La rete delle comunicazioni via terra venne potenziata e resa sicura dall'unità mongolica: la via della seta, collegava la Mongolia al bacino del Volga. Rapporti interculturali di grande importanza per la stessa Europa. Anche il papato cercò di cogliere questa opportunità per diffondere in quelle terre lontane il messaggio cristiano. Tra i mercanti italiani che raggiunsero l’Oriente, resta esemplare il caso di Marco Polo che da Venezia raggiunse la Cina con il padre e lo zio. Descrisse la sua esperienza nell’opera il Milione.