GLI EFFETTI DELLA PANDEMIA A causa della globalizzazione, la pandemia di Covid-19, scoppiata in Cina nel gennaio 2020, si è estesa a tutti i paesi del mondo. Il virus ha rappresentato un momento di profonda crisi, una situazione drammatica, che ha visto anche i paesi più industrializzati completamente impreparati per la mitigazione degli effetti immediati, ovvero la crisi del sistema sanitario dovuto sia al sovraffollamento degli ospedali che alla mancanza di personale sanitario. Oltre agli effetti più immediati del virus, gli Stati hanno dovuto anche confrontarsi con i suoi effetti indiretti, come ad esempio quelli economico-sociali dovuti al lockdown forzato, a causa del quale miliardi di persone in tutto il mondo sono state relegate in casa per mesi, nel tentativo di arginare il contagio. Il Covid ha colpito indistintamente tutti i paesi e tutte le classi sociali, ma in maniera ben diversa in base a diversi fattori (occupazione, età, condizioni di vita, livello di istruzione, origine ed etnia). La pandemia ha aumentato la diseguaglianza in ambito economico, evidenziando criticità nell’accesso alla sanità e all’educazione, e esacerbando le condizioni lavorative e di vita delle minoranze. Infine, la pandemia ha testato in maniera considerevole la tenuta dei sistemi di welfare di molti paesi, evidenziando la loro scarsa reattività in contesti di estrema crisi. Inizierò con l’analizzare gli effetti della pandemia sulla popolazione, per poi continuare con un’analisi dei suoi effetti sulle disuguaglianze (economiche, razziali, istruzione) per poi passare agli effetti sul welfare state. EFFETTI SULLA DEMOGRAFIA: Il Covid-19, ha avuto degli effetti significativi sulla popolazione mondiale. Infatti, il virus ha causato un aumento del tasso di mortalità, soprattutto tra la popolazione più anziana e quella con malattie pregresse; una diminuzione dei tassi di natalità; una diminuzione delle migrazioni interstatali e internazionali, anche se si è assistito ad un aumento degli spostamenti dalle grandi città verso le campagne. MORTALITA’: Europa e America sono state le regioni più colpite a livello globale dal punto di vista dei decessi da covid. Per capire, seppure in parte, il motivo per cui in alcuni paesi si è registrato un tasso di mortalità più alto che in altri bisogna innanzitutto osservare la struttura per età dei paesi. Se infatti si confrontano le popolazioni di Italia e Corea del Sud, si vede che a parità di popolosità in Corea del Sud ci sono stati meno morti che in Italia. Ciò è dovuto al fatto che la popolazione italiana è più anziana rispetto a quella Coreana. Un altro aspetto da prende in considerazione è il fatto che in Corea del Sud sono stati attuati un migliore tracciamento e un miglior contenimento dei positivi, cosa che non è avvenuta in Italia e che ha portato ad un lockdown severo nel nostro paese, necessario per tutelare le persone più fragili. Un altro motivo per cui alcuni paesi hanno registrato un tasso di mortalità più alto di altri è dovuto alle difficoltà nell’accesso al sistema sanitario, come è successo negli Stati Uniti, per cui gli strati più poveri della popolazione non potevano permettersi le cure per il covid e quindi non venivano ricoverate in ospedale. In molti paesi si è anche assistito ad un sovraffollamento degli ospedali in particolare delle terapie intensive dovuti agli eccessivi contagi. Ciò ha messo in crisi il sistema sanitario perché non vi erano a disposizione abbastanza posti letto, operatori sanitati e respiratori necessari per far respirare i malati di covid più gravi. Per questo motivo, durante il picco della pandemia si è dovuto addirittura decidere chi ricoverare. NATALITA’: I dati di molti Paesi europei per quanto riguarda il numero di nascite durante il primo anno di pandemia mostrano un calo significativo e si stima che ciò sia accaduto e accadrà anche negli USA. Nel frattempo, il Canada ha registrato il più basso tasso di natalità di tutta la sua storia. Anche in Cina il tasso di natalità ha subito un calo di circa il 15%. Per esempio, in Italia gli effetti negativi dell’epidemia di Covid hanno amplificato la tendenza già assunta da alcuni anni. Infatti, nel 2020 è stato registrato un nuovo minimo storico di nascite dall’unità d’Italia ed è crollato il numero dei matrimoni celebrati. Le ragioni della denatalità, come per la crisi del 2008, sono da ricercarsi sia nella progressiva riduzione della popolazione in età feconda, che nell’incertezza economica dovuta alla crisi economica conseguente la pandemia. Soprattutto nei paesi sudeuropei come Italia e Spagna si è assistito ad una diminuzione maggiore della natalità rispetto a paesi come Germania e Francia. Ciò si può ricondurre alla migliore e maggiore assistenza sociale in questi ultimi. MIGRAZIONI: Durante la pandemia, a seguito della chiusura delle frontiere, i flussi migratori internazionali, specie quelli regolari per lavoro o famiglia, sono quasi giunti al termine, mentre gli sbarchi illegali sulle coste europee sono continuati anche se in misura minore. Un fattore da sottolineare è lo spostamento delle persone dalle grandi auree urbane a quelle rurali all’interno di alcuni paesi, dovuto al verificarsi delle pandemie principalmente nelle prime e a causa del loro sovraffollamento. EFFETTI SOCIO ECONOMICI: DISEGUAGLIANZE ECONOMICHE: se da una parte le misure restrittive hanno permesso di contenere la diffusione del virus e far diminuire i casi e la pressione sul sistema sanitario, dall’altra hanno portato ad una brusca contrazione dell’economia mondiale, esacerbando le condizioni di diseguaglianza già presenti in campo economico. Non solo. Queste misure hanno portato ad un aumento della povertà assoluta, la quale ha raggiunto livelli molto al di sopra di quelli pre-pandemici in molti paesi del mondo, tra cui l’Italia. La crisi non si è però distribuita in modo uniforme tra i lavoratori. Alcuni lavoratori, come quelli precari, quelli stagionali, le donne, i giovani, gli stranieri e i lavoratori autonomi sono stati i più colpiti, anche perché molti di loro non erano tutelati ancor prima della pandemia. La pandemia ha dato origine a due fenomeni significativi per quanto riguarda l’alterazione del mercato del lavoro: la sospensione temporanea delle attività e il lavoro da casa. È stato stimato che quasi la metà degli occupati nelle famiglie italiane a reddito più basso erano impiegati in attività che nella primavera del 2020 sono state sospese, mentre la minoranza più ricca è riuscita a lavorare da casa, attraverso lo “smart-working” (Carta e De Philippis, 2020). Quest’ultimo non è stato però vissuto allo stesso modo da lavoratori e lavoratrici, le quali hanno assistito ad un aumento considerevole delle ore impiegate a dividersi tra lavoro al computer, faccende domestiche e cura dei figli a casa da scuole e asili chiusi. Ciò mostra come la cura della famiglia e della casa continua a pesare prevalentemente sulle spalle delle donne, contro le quali la violenza domestica durante la pandemia è aumentata significativamente a causa del lockdown, che ha impedito loro di denunciare e sfuggire alle violenze. Inoltre, le donne rappresentano la maggioranza degli impiegati nel settore terziario, uno dei settori più colpiti dalle chiusure forzate. DISUGUAGLIANZA RAZZIALE: Soprattutto negli Stati Uniti, a causa del così detto razzismo strutturale, le minoranze etniche sono state fortemente colpite dalla pandemia. Ciò è dovuto al fatto che già prima del virus facevano parte della popolazione a basso reddito, con un maggior tasso di disoccupazione o di occupazione precaria, condizioni di vita instabili e insicurezza abitativa e alimentare elevata. Diversi studi hanno sottolineato come vi sia stata una maggiore incidenza di contagi nella popolazione nera a causa di diversi fattori. In primo luogo, a causa del loro status socioeconomico, le famiglie nere molto numerose erano costrette a convivere in spazi ristretti e in condizioni igienico-sanitarie inadeguate, rendendo quasi impossibile il distanziamento sociale. In secondo luogo, le persone nere, ma in generale le persone appartenenti a minoranze razziali, si ritrovano occupate principalmente nei settori dei servizi e a più alto rischio di contagio. Infine, un altro elemento determinante per la maggiore incidenza della malattia in questa minoranza è sicuramente la dieta e l’alimentazione. Infatti, molti studi hanno evidenziato come vi siano disparità di accesso al consumo di frutta e verdura da parte delle persone nere, ma in generale da parte di tutta la fascia più povera della società. Secondo questi studi, una scorretta alimentazione porta ad una possibilità maggiore di sviluppare diabete, malattie cardiovascolari o respiratorie che, nel caso di contagio da covid, possono causare una malattia grave o addirittura la morte. È importante sottolineare, inoltre, che per molte famiglie povere statunitensi, in modo specifico per quelle nere, è stato quasi impossibile accedere al sistema sanitario, perché impossibilitate a pagare le cure necessarie. Il mancato accesso all’assistenza sanitaria è dovuto al fatto che il sistema sanitario statunitense è composto da strutture private, nelle quali si viene curati solo se si possiede un’assicurazione sanitaria. Quest’ultima viene elargita a coloro che lavorano soprattutto nelle aziende. Ciò significa che non tutti, soprattutto non coloro che sono disoccupati, hanno potuto essere curati in caso di contagio da Covid. Per questo motivo, i ricercatori hanno registrato una disparità di mortalità per età tra gli individui bianchi e gli individui appartenenti ad altri gruppi razziali ed etnici (neri, asiatici, ispanici, indigeni) negli USA. Questi studi hanno evidenziato come i più colpiti siano stati gli individui neri e gli ispanici e che, nel 2020, la mortalità per i bianchi sia aumentata di meno rispetto a quella degli altri gruppi razziali. Un altro importante fattore da sottolineare per dimostrare come esista un evidente razzismo strutturale negli USA è il fatto che i vaccini anti Covid sono stati distribuiti in quantità diseguale in base alla razza. Infatti, in alcuni Stati neri e ispanici hanno ricevuto meno dosi, nonostante avessero tassi di infezione più alti. Non solo. È stato evidenziato come a parità di indecisione per vaccinarsi tra neri e bianchi, una percentuale molto ridotta dei primi abbia ricevuto il vaccino. Ciò è dovuto in parte al fatto che la vaccinazione è partita dai soggetti over 65, categoria di cui fa parte circa l’80% degli statunitensi bianchi); e in parte al fatto che molte persone nere non fossero in grado di prenotare il vaccino online a causa della mancanza della tecnologia adeguata. ISTRUZIONE: Durante la pandemia gli studenti di tutti gli ordini e gradi del mondo sono stati costretti a restare a casa. Per questo motivo si è implementata la Didattica a distanza (DAD), ovvero l’insegnamento e l’apprendimento che non avvengono in presenza, ma con l’ausilio di tecnologie e piattaforme digitali. Questa modalità di apprendimento ha fatto emergere delle diseguaglianze tra gli studenti, relative alla possibilità di accesso ad internet e ai dispostivi tecnologici necessari per seguire le lezioni. Queste diseguaglianze sono collegate al contesto socioeconomico, al contesto territoriale e al capitale culturale della famiglia. Se si considera il caso dell’Italia, è facile notare come i figli delle famiglie meno abbienti fossero impossibilitati ad accedere alla rete internet e raramente possedessero dispositivi adeguati a seguire le lezioni. Inoltre, famiglie con più figli non avevano a disposizione un computer o un tablet per ogni membro della famiglia. In secondo luogo, con la didattica a distanza si è evidenziato come non tutte le zone della penisola siano ugualmente coperte da connessione internet, puntando un faro sul problema del ritardo tecnologico del nostro paese rispetto ad altri paesi europei. Infine, si è evidenziato come si siano acutizzate le disparità a livello di capitale culturale famigliare, ovvero si è visto come vi sia un divario educativo tra figli i cui genitori sono in grado di aiutarli nei compiti e ad accedere ad internet e figli di genitori insufficientemente preparati. Inoltre, nella didattica a distanza vengono meno due elementi che nella scuola primaria e secondaria di primo grado sono necessari alla crescita del bambino, ovvero la socializzazione tra coetanei e l’interazione con altri ruoli adulti al di fuori dei propri genitori. Tutti questi fattori avranno delle serie conseguenze future sull’apprendimento e la preparazione degli studenti, creando un divario tra alunni provenienti da diverse classi sociali e da paesi diversi. Non solo. Si verrà anche a creare un divario generazionale significativo sia per quanto riguarda le competenze sia per la qualità di vita da adulti e sulla loro capacità di generare reddito. Un altro problema derivante dalla chiusura delle scuole, ma non strettamente connesso con l’istruzione, è la questione dell’accesso ai pasti. Infatti, anche prima della pandemia vi erano famiglie in condizioni di povertà estrema che facevano fatica a reperire cibo per i loro figli, i quali però potevano usufruire dei pasti caldi forniti dalle mense scolastiche. Queste ultime, a causa della chiusura forzata delle scuole e degli asili sono venute a mancare, lasciando la spesa per l’approvvigionamento di cibo a carico delle famiglie. EFFETTI SUL WELFARE STATE: Il welfare state, o stato sociale, è un sistema socio-politicoeconomico in cui lo Stato interviene in alcuni settori pubblici, quali la previdenza e assistenza sociale, l’assistenza sanitaria, l’istruzione per tutelare la sicurezza e il benessere sociale ed economico dei cittadini. Si tratta di un principio universale e un meccanismo necessario per la coesione sociale. La crisi di Coronavirus ha messo in luce i limiti degli stati sociali attuali, caratterizzati da reti di sicurezza sociale logore e mercati del lavoro precari, portano alla formazione di una sempre maggiore sacca di povertà e di una sempre minore tutela. Queste condizioni pregresse hanno quindi reso poco reattivi i istemi di welfare, che non sono stati in grado di arginare gli effetti indiretti del virus. Infatti, le modalità di intervento già esistenti a sostegno dei lavoratori non coprivano tutte le categorie e sono risultate inadeguate, tanto da necessitare lo sviluppo di misure assistenziali estemporanee. La maggior parte di questi interventi sono stati concentrati nei confronti dei settori oggetto di chiusure o dei lavoratori precari o autonomi. Nonostante ciò, alcune categorie di lvoratori, come ad esempio i lavoratori in nero oppure i collaboratori domestici, sono comunque rimasti privi di assistenza. Inoltre, questo impontante ed essenziale intervento pubblico per contrastare gli effetti del virus è stato realizzato in disavanzo. Ciò significa è che lo Stato ha dovuto mettere mano ai fondi pubblici, facendo aumentare il debito pubblico. Questo ha spostato l’onere del pagamento di questo disavanzo sulle nuove generazioni, accentuando una già acuta diseguaglianza intergenerazionale. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, è noto come in tutti i paesi i sistemi sanitari hanno sofferto delle politiche di austerità degli ultimi anni, a causa dei quali già prima della pandemia l’operatività di molti sistemi sanitari pubblici, come quello italiano, si era contratta, comportando meno strutture, meno posti letto, meno finanziamenti di nuove tecnologie, meno personale sanitario. Un esempio di questo fenomeno è sicuramente il sistema sanitario italiano, che durante la pandemia ha assistito ad un picco di contagi che le nostre strutture non erano state in grado di gestire, soprattutto per la carenza di personale. È importante sottolineare che allo stesso tempo, la pandemia ha messo anche in evidenza i limiti dei sistemi sanitari privati, primi fra tutti quello statunitense. Infatti negli USA, nel corso del 2020 la caduta dell’occupazione ha coinciso con la cessazione della copertura sanitaria necessaria per accedere all’assistenza sanitaria. Infine, il sistema pensionistico di alcuni paesi è fondato sul calcolo della pensione in base alla retribuzione e alla durata dell’attività lavorativa. Di conseguenza, dal momento che durante la pandemia si è registrata una caduta dell’occupazione e del reddito, in furuto si riscontrerà un problema dell’ammonatare della pensione per una fascia ampia della popolazione.