Enea Arrigoni 2ALC Teodolinda spinge Agilulfo a far pace col papa a. Nel testo si menzionano spesso i Bizantini con il termine di romani: perché questo appellativo? Per rispondere a questa domanda occorre fare una premessa: ciò che noi oggi intendiamo con Impero Bizantino ai tempi non corrispondeva a tale nome, e anzi si consideravano Bizantini soltanto gli abitanti di Bisanzio. Dunque, sebbene l’Impero Romano d’Occidente e quello d’Oriente fossero differenti sotto diversi aspetti (basti pensare a quello linguistico e quello religioso), entrambi si identificavano sotto l’appellativo di Romani. In particolare in Oriente, dove la lingua greca era più diffusa, si riconoscevano come Rhomáioi e l’Impero Romano era detto Basiléia Rhomáion. Inoltre uno dei nomi della città di Bisanzio era “Nuova Roma”, come per sottolineare la continuità della sua importanza politica anche in Oriente, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. b. Agilulfo si muove da Pavia, antica capitale longobarda. Ricordi, però, dove questo re trasferì la sua corte? Agilulfo, uno dei più importanti re longobardi, durante il suo regno scelse come capitale l’antica metropoli di Milano, dal 604 d. C. al 625 d. C. Durante gli ultimi anni fu capitale insieme con Pavia, città simbolo della dominazione longobarda del nord Italia. Le cause della scelta del posizionamento della corte a Milano potrebbero essere ricondotte alla sua importanza religiosa al tempo: infatti è possibile che Agilulfo, cercando il favore del papato, abbia scelto come capitale proprio uno dei centri cristiani più attivi del nord Italia. Inoltre, nella vicina città di Monza situò la residenza estiva. c. Chi è il “beato papa Gregorio” di cui si parla? Gregorio Magno, nel testo chiamato “beato papa Gregorio” - fu, infatti, fatto santo dalla Chiesa, grazie alle opere compiute durante il suo papato 590 d.C. - 604 d.C. - fu una figura di spiccata importanza politica e religiosa per l’Europa del sesto secolo. Appartenente a una nobile famiglia romana, venne elevato al pontificato nel 590 d.C., dopo aver dimostrato grande prestigio come delegato di papa Pelagio II alla corte dell’imperatore bizantino dal 579 d.C. al 586 d.C. Durante il pontificato si mostrò assai interessato alla politica militare e religiosa. Intraprese, infatti, un’azione di contenimento dell’espansione dei Longobardi - a volte soccombendo al popolo straniero e altre volte riuscendo a raggiungere accordi proficui con esso -, e un’opera di evangelizzazione di questi, attraverso l’intermediazione della regina Teodolinda. Si impegnò inoltre nella modernizzazione di Roma, facendo costruire chiese, monumenti e migliorando il sistema di aquedotti; oltre a ciò, fondò numerosi monasteri e inviò missionari a predicare la parola del Signore. d. In che modo Teodolinda condizionò la politica - religiosa e non - del marito? Teodolinda, figura già molto importante prima di sposare Agilulfo - era, infatti, moglie del re longobardo Autari - ebbe un ruolo fondamentale per la politica militare e religiosa del marito, ma anche per il delicato rapporto tra Longobardi, papato e Bizantini. Come è certamente noto ai più, essa intraprese un durevole rapporto di amicizia con papa Gregorio Magno, con il quale si scambiò sovente lettere. Nelle epistole ritroviamo certamente il desiderio da parte di Teodolinda di informarsi riguardo alla grande cultura religiosa del pontefice, ma soprattutto interessanti dibattiti intorno alle complicate questioni delle costanti invasioni dei Longobardi e della stessa religione di questi. Dunque è inevitabile pensare che Teodolinda abbia molto influenzato la decisione del marito di convertirsi, insieme con il proprio popolo, al Cristianesimo, abbracciando il favore del papa. e. Che immagine complessiva emerge della condizione politica dell’Italia di quel tempo? Premettendo necessariamente che nessuna metafora è mai perfetta e che, dunque, esse vanno sempre intese nel significato più giovevole alla spiegazione, senza analizzarne i dettagli più tecnici, - io credo che possiamo immaginare la situazione politica dell’Italia di quel tempo come una partita di calcio: i due schieramenti sono i Longobardi ed i Bizantini. Due popoli molto differenti tra di loro: differenti culture - l’una, quella longobarda, dai modi più “rozzi” e barbarici e l’altra, quella bizantina, ispirata dalla cultura romana ereditata e da quella medio-orientale -, differenti origini - l’una germanica e l’altra, appunto, medio-orientale -, differenti religioni - si intede, chiaramente, prima della conversione dei Longobardi al Cristianesimo con Agilulfo -. Non dobbiamo, però, scordarci di una figura fondamentale per la partita: l’arbitro, che possiamo paragonare al ruolo del papato; certo, l’arbitro in quanto tale deve essere imparziale e noi sappiamo che il papa aveva, o avrebbe dovuto avere, un rapporto privilegiato con Bisanzio. Tuttavia, dopo la conversione di Agilulfo iniziano a mischiarsi le carte in tavola, fino ad arrivare, nei secoli successivi, ad una posizione ambigua del papato nei confronti dei due popoli rivali. Corano: Abramo, Mosè, Gesù a. Che cosa hanno in comune le tre religioni (ebraismo, cristianesimo e islam) richiamate dal testo? Cristianesimo, Ebraismo e Islam sono tra le religioni più praticate nel mondo al giorno d’oggi - nel 2022, infatti, sono stati 2,3 miliardi i fedeli cristiani, 1,9 miliardi quelli islamici e 14 milioni quelli ebraici -, ma studiando la loro storia ci possiamo facilmente accorgere della loro diffusione già migliaia di anni fa (sebbene, certo, tra la nascita dell’Ebraismo e quella dell’Islam passano più di duemila anni). Oltre a ciò, con una sufficiente conoscenza delle tre differenti religioni, a livello cultuale e culturale, ci è possibile notare degli aspetti in comune. Il primo e più evidente è sicuramente il monoteismo (dal greco mónos, unico e theós, dio), i fedeli, infatti, adorano un'unica divinità; il secondo aspetto è tanto noto quanto il primo: la presenza di un testo sacro, cui fanno riferimento i credenti nel momento della preghiera (per gli ebrei la Bibbia, per i musulmani il Corano e per i cristiani i Vangeli). Dunque, a questi due importanti aspetti se ne aggiunge un altro, egualmente rilevante: la rivelazione della parola di Dio attraverso i profeti, cioè coloro che, appunto, fungono da tramite tra la divinità ed i fedeli (ricordiamo Mosè, Maometto, Gesù e Abramo). Infine, è da sottolineare la ricorrenza di celebrazioni e festività adibite per l’adorazione - tipiche, in realtà, di tutte le religioni. b. Il Corano assegna a Mosè, Abramo, Gesù e Maometto lo stesso ruolo: quale? Il Corano assegna a Mosè, Abramo, Gesù e Maometto il compito di trasmettere, come messaggeri, la parola di Allah ai fedeli. Essi sono infatti riconosciuti come profeti - la parola ‘profeta’ deriva dal verbo greco próphÄ“mi, predicare: questa era, dunque la missione di tali figure -, e in quanto tali hanno il dovere di informare il popolo riguardo agli insegnamenti e agli ordini del Signore. c. Perché Gesù è chiamato semplicemente “figlio di Maria”? Nel testo coranico Gesù è chiamato «figlio di Maria», mentre nei Vangeli è spesso ricordato come «figlio di Dio». Tale discordanza si risolve facilmente nei dogmi delle religioni stesse: nel Corano Gesù è certamente riconosciuto come profeta di Allah (insieme con Maometto, Abramo, Mosè), ma non è mai citato come figlio di Dio. Au contraire, nel Cristianesimo Gesù si proclama e viene riconosciuto come figlio di Dio, e quindi parte della Trinità: padre, figlio e spirito santo. Ciò non toglie che la figura di Maria sia ben considerata anche nell’Islam; essa è infatti chiamata con l’appellativo Siddiqah, ovvero colei che è onesta. d. In sura II, 124, ricorre il termine imam, sai spiegarne il significato? Con il termine ‘Imam’ si indica quella figura che ha il compito di guidare la preghiera dei fedeli musulmani, tenuta nei luoghi di culto. Letteralmente il lemma significa “colui che sta avanti” e dunque, oltre a presiedere la preghiera, rappresenta una guida spirituale, un maestro, un pastore per la comunità religiosa cui fa parte. Formalmente dobbiamo considerarlo come primus inter pares, tuttavia oggi rimane una delle poche figure rappresentative presenti nell’Islam. A differenza del Cristianesimo, i cui preti sono mantenuti dal Vaticano e si occupano a tempo pieno alla preghiera e alla comunità, nell’Islam qualsiasi fedele maschio può assumere il ruolo di Imam.