Uploaded by Martina Vigni

Appunti dca

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Lezione 1
FISIOLOGIA DELL'ALIMENTAZIONE
In questa parte di lezione affronteremo la fisiologia del comportamento alimentare e le varie
applicazioni di riabilitazione nutrizionale sia per anoressia nervosa che per bulimia nervosa
e per i DAI, quindi disturbo dell'alimentazione incontrollata e approfondiremo anche i disturbi
dell'alimentazione in età evolutiva,
Per persone che soffrono di disturbi alimentari di qualsiasi tipologia è importante avere un
approccio empatico, un approccio propenso a stimolare la persona senza denigrarla.
Integrazione di segnali biologici con fattori di altra natura
Perché affrontiamo questo tema? Perché è necessario prima di affrontare i DCA? Perché
alla base del nostro comportamento alimentare ci sono tanti fattori.
Il primo che viene coscenti del
fatto che esistano dei fattori
fisiologici di mantenimento di
determinati
DCA
che
influenzano
il
nostro
comportamento sia in breve che
nel lungo termine. Qui ci sono
quelli che sono tutti fattori che
portano all'accettazione o al
rifiuto di un alimento, di un pasto
o di alimentarsi in generale.
In primis, ovviamente, i fattori
fisiologici di cui vi parlavo, i fattori
metabolici, attività digestive, processi metabolici, processi di assorbimento e i fattori
neuroendocrini, quindi il sistema della qfame-sazietà.
Oltre ai fattori fisiologici che affrontiamo ora immediatamente vanno associati anche i fattori
strettamente psicologici, strettamente connessi alla sfera emozionale. Oltre poi a tenere
conto di fattori esterni come l'ambiente in cui si vive, quindi la società in cui si vive, credenze
etiche o religiose comprese. Basta pensare che si sceglie di mangiare alcuni alimenti o di
non mangiarne altri banalmente in base alla cultura che ci viene trasmessa. Pensiamo a
persone dell'India che non mangiano vitello, non mangiano nulla di derivato del vitello o
persone musulmane, quindi di credenza musulmana, che escludono totalmente il maiale.
Un altro fattore determinante nella scelta o nell'esclusione degli alimenti sono i fattori
sensoriali, le caratteristiche organolettiche degli alimenti, il gusto personale.
Il sistema fame sazietà
Se abbiamo ben presente che cosa sia il concetto
di fame, quindi bisogno urgente di alimentarsi,
bisogno urgente di portare alla bocca qualcosa,
non abbiamo invece un'idea così definita del
concetto di sazietà. Per quale motivo? Perché ad
esempio la British Nutrition Foundation fa una
distinzione tra satiety e satiation.
Questa Fondazione inglese definisce la satitiation
come quelle caratteristiche, quegli impulsi, quelle
sensazioni che intervengono nel momento in cui
si sta mangiando e che determinano quel
concetto, quella sensazione di sazietà che ci
impone di terminare il pasto. Quindi è un concetto di sazietà che si esplica nel breve termine.
Il concetto invece di satiety lo fa ricondurre a un concetto più esteso che quindi inibisce
l'assunzione di cibo nel lungo termine, inibisce la ricerca di cibo nelle ore successive
all'introduzione del pasto.
Quello che dobbiamo ora tener ben presente è che nei processi di satitiation e satiety
intervengono molti meccanismi fisiologici che coinvolgono il sistema nervoso centrale. Il
sistema nervoso centrale recepisce determinate informazioni provenienti dalla periferia, le
elabora e a sua volta fa partire delle altre informazioni di inibizione o di stimolazione della
ricerca di cibo e dell’assunzione di cibo.
Regolazione centrale
La zona cerebrale primariamente coinvolta in questo meccanismo di adattamento e
condizionamento del comportamento alimentare è l'ipotalamo. (Non verrà chiesto di
ricordare tante cose che sono molto specifiche, è importante avere un concetto anche
semplice ma ben chiaro). L'ipotalamo riceve a livello centrale delle informazioni da parte di
ormoni gastrointestinali, che nello specifico vanno a intervenire sul sistema di fame-sazietà.
Riceve anche le informazioni da ormoni prodotti dagli adipociti, come la leptina, che in
questo caso regolano lo stato nutrizionale e quindi regolano il comportamento alimentare
nel lungo termine.
Quando dico regolano, intendo in
condizioni fisiologiche, perché come
vedremo più avanti tutti questi meccanismi,
tutti questi sistemi in tanti casi vengono
meno, quindi ci sono delle interruzioni di
segnale e questo determina delle anomalie
che possono essere caratteristiche del
paziente con cachessia neoplastica o che
possono
essere
caratteristiche del
soggetto obeso.
In maniera molto più schematica, quello
che dovete ricordare è che l'ipotalamo
riceve dei segnali dall'apparato digerente
che danno le informazioni attraverso dei recettori, quindi danno le informazioni riguardanti il
riempimento della parete gastrica. Riceve poi dei segnali chimici legati strettamente al
metabolismo e all'assorbimento di macronutrienti, quindi all'assorbimento di glucosio,
aminoacidi e acidi grassi che condizionano la produzione o l'nibizione alla produzione di
determinati ormoni.
Riceve, dei segnali ormonali gastrointestinali e da ormoni rilasciati dal tessuto adiposo. A
sua volta, in maniera quasi ridondante, riceve dei segnali dalla corteccia cerebrale, quindi
non più dalla periferia ma sempre dal sistema nervoso centrale. In questo caso si parla di
segnali visivi, olfattivi o gustativi. Per questo è molto complesso il comportamento alimentare
perché è determinato da tantissimi fattori che si intersecano tra loro.
Quello che dovete ricordare è che all'interno dell'ipotalamo abbiamo tanti nuclei, ognuno dei
quali interviene nel modulare il comportamento alimentare e modulare anche il bilancio
energetico. Tenere conto che esistono un paio di nuclei, che si chiamano nuclei laterali, che
sono considerati il cosiddetto centro della nutrizione o centro della fame. In quanto il
laboratorio si è accurato che stimolando questi nuclei a livello ipotalamico l'effetto che si ha
è quello di un iperfagia. In caso contrario, in caso di lesione di questi nuclei, determina
un'assenza completa del desiderio di alimentarsi.
I nuclei invece ventromediali, sono quelli chiamati centro della sazietà. La sua stimolazione
causa sazietà, al contrario la lesione stimola iperfagia, stimola la ricerca continua di cibo e
quindi la volontà di mangiare in maniera impulsiva.
Questa è la slide che vi deve rimanere di questa prima parte. Allora, questi che vedete sono
i vari nuclei ipotamici. L'ipotalamo riceve dalla periferia delle informazioni a partire da
ormoni, quindi ad esempio insulina e leptina. Riceve questa informazione. Nel caso in cui vi
è un elevato livello di insulina a livello ematico, che cosa succede? Questa insulina
interagisce sia sia con i nuclei della fame, che con quelli della sazietà, ovviamente in modo
diverso. All'interno del nucleo del primo ordine, il nucleo arcuato, esistono due popolazioni
di neuroni. I neuroni anoressigeni, quindi quelli che bloccano l'assunzione di cibo, quindi
che danno la sazietà, e i neuroni oressigeni. I neuroni anoressigeni sono i POMC e i CART.
Quelli oressigeni sono il neuropeptide Y e AGRP.
Ovviamente in base alla nomenclatura potete immaginare che i neuroni il POMC e il CART,
inibiscono l'assunzione di cibo quando sono stimolati da segnali di sazietà.
Quindi ricapitolando, in caso di elevati livelli di insulina o elevati livelli di leptina, questi due
neuroni interagiscono, portano questo segnale al livello ipotalamico, al livello del nucleo
arcuato, e vanno a stimolare questi neuroni anoressigeni, bloccando l'assunzione di cibo in
caso di assenza di anomalie di transmissione.
Viceversa, i neuroni oressigeni, quando vengono in contatto con alti livelli di leptina o di
insulina, sono inibiti. Il motivo per cui, come vedete sull'immagine, l'insulina inibisce l'NPY,
quindi il neuropeptide Y, e la GRP.
In questo caso, non hanno inserito sull'immagine la grelina, la grelina ha un effetto contrario
alla leptina. In questo caso, la grelina stimola i neuroni oressizzanti, quindi stimola la ricerca
di cibo.
Abbiamo visto quello che succede a livello del nucleo arcuato. A sua volta, il nucleo arcuato
è come se inviasse l'informazione agli altri nuclei. In questa immagine, vi fa avere un'idea di
cosa succede nel momento in cui ci sono altri livelli di leptina e insulina.
Vedete che sulla parte sinistra, si ha una
stimolazione della ricerca di cibo. Nella
zona a destra, si ha un'inibizione.
Per darvi modo di capire quanto queste
vie di segnalazione possono influenzare il
risparmio energetico, la spesa energetica
e il metabolismo. Queste immagini sono
diverse, ma danno un'idea dei neuroni di
primo ordine, che sono questi in
azzurrino, e quelli di secondo ordine.
Come abbiamo detto, l'insulina, la leptina
e anche la colecistochinina stimolano i
processi anoressizzanti, a loro volta
questi neuroni di primo ordine, inoltrano
quest'informazione
ai
neuroni
paraventricolari, che sono i neuroni di secondo ordine.
Se, ad esempio, questo segnale non avviene in
maniera corretta, o non avviene per niente
perché c'è un difetto recettoriale di questo
segnale, si ha un mancato blocco della ricerca
del cibo, un mancato effetto anoressizzante.
Ad esempio, questo recettore è coinvolto nella
maggior parte dei casi di obesità monogeniche,
che sono una parte molto limitata dei casi di
obesità in generale.
Al contrario, un'eccessiva attivazione di questo
sistema, di questa trasmissione di segnale,
potrebbe portare all'anoressia, a mancanza
totale di appetito. E questo è il caso in cui si
manifesta questo tipo di anoressia, dovuto a un
blocco di segnalazione a livello centrale, si
manifesta in tumori, in caso di neoplasia, in caso di gravi infezioni ecc. E infatti vedremo poi
alla fine come il caso dell'anoressia neuplastica è abbastanza lampante come dimostrazione
della manifestazione di questa anoressia, che non è soltanto dovuta a un fattore emotivopsicologico, ma nella maggior parte dei casi, è dovuta a questo processo infiammatorio
costante.
Regolazione a breve termine
La regolazione sul breve termine evita che continuiamo ad assumere
il cibo, quindi all'interno di un pasto è ciò che ci blocca da prendere
qualcos'altro, ma la regolazione a lungo termine è ciò che ha lo
scopo di mantenere un equilibrio tra le riserve energetiche e il
disperio energetico, quindi è strettamente correlato allo stato
nutrizionale.
La regolazione a breve termine tramite segnali provenienti dalla
periferia si esplica attraverso questa attività recettoriale. I recettori
coinvolti sono quelli della parete gastrica, recettori da stiramento, o
del duodeno, che distendendosi portano un segnale di inibizione a
livello centrale.
Da quello che abbiamo letto in letteratura è accurato che oltre a questi fattori, a questi
recettori da stiramento, quindi a livello gastrico o duodenale, ciò che interviene nel breve
termine è anche la presenza di fattori orali, quindi la stessa masticazione, il motivo per cui
in maniera molto semplice e banale, quando si consegna un piano dietetico, una delle prime
cose che si consiglia a un soggetto in sovrappeso o obeso è quando ti viene fame, mangia
i mangia le carote, mangia qualcosa di duro, così mastichi tanto e ti passa la fameIl motivo non è emotivo, è perché esistono questi recettori orali che influenzano l'assunzione
di cibo, quindi influenzano il sistema della fame e della sazietà.
Quali sono i recettori ormonali?
- La colecistochinina, che è liberata in seguito a un pasto molto lipidico e molto
proteico, ad alto contenuto di lipidi e di proteine. Va a stimolare la compressione della
cistifellea e di conseguenza stimola lo svuotamento gastrico, sono tutti processi
fisiologici, metabolici, che vanno a condizionare il comportamento alimentare e
condizionare il sistema di fame e della sazietà. Oltre a agire a livello periferico,
agiscono anche a livello centrale, perché vanno a inviare al sistema nervoso centrale
delle informazioni. Infatti vanno a interagire con il nucleo arcuato, quindi con la
famiglia dei neuroni anoressizanti e oressizanti e vanno ad inibire o stimolare a
seconda della loro concentrazione.
- Peptide Y: anche questo è segreto all'interno del tratto gastrointestinale e anche
questo influenza il sistema di fame e della sazietà.
- Il GLP, l'ormone simile al glucacone. Fa aumentare la produzione e la secrezione di
insulina che a sua volta, come abbiamo visto prima, va ad interagire a livello
ipotalamico, a livello centrale.
- La () è prodotto dalle cellule ossintiche della parete gastrica e in contrapposizione
con la leptina influenza positivamente la ricerca di cibo.
In questo grafico avete un'idea di quanto i
livelli di leptina e di grebina siano stimolati dai
livelli ematici di glucosio. Più il glucosio è
basso, quindi più i livelli di glucosio sono bassi
a livello ematico più sono stimolati gli ormoni
che sono coinvolti nel sistema di fame e
sazietà. Questa cosiddetta teoria glucostatica
è stata condivisa anche per altri nutrienti,
quindi anche per aminoacidi e lipidi. Dalla
letteratura si evince che anche alti livelli
ematici di aminoacidi o di lipidi portano a una
disregolazione degli ormoni coinvolti nel
processo di fame e sazietà.
Regolazione a lungo termine
La leptina è l'ormone cardine che funge da centralina di controllo delle riserve energetiche.
Quanto più sessuto adiposo c'è tanta più la leptina viene prodotta. Di conseguenza, altri
livelli di leptina dovrebbero, in condizioni fisiologiche, bloccare la ricerca di leptina.
Questo non accade in alcune situazioni. Ad esempio, in caso di obesità, si è appurato che
nonostante ci siano altri livelli di leptina, non ci è inibizione. Quindi, o c'è un difetto
recettoriale, o c'è un difetto di trasmissione di questo segnale, o questa sensazione viene
occultata da qualcos'altro.
Nella maggior parte dei soggetti obesi si descrive dei livelli di leptina molto alta, e nonostante
questo, il soggetto continua ad avere una ricerca costante di cibi. Per questo si parla di
resistenza alla leptina.
In questa slide vi ho racchiuso i segnali periferici di simulazione a livello centrale.
- Cortisolo
- leptina
- Grelina
- insulina
- Colecistochinina
- GLP
- Glucosio, ecc.
E come a livello centrale l'ipotalamo traduce questi segnali sul comportamento alimentare.
Anche in questo caso tenete conto che oltre ai segnali periferici intervengono anche fattori
esterni, che possono essere fattori psicologico, emozionali, emotivi, caratteristiche
peculiari degli alimenti, fattori ambientali ecc.
Cachessia neoplastica e regolazione fame-sazietà
Qui vengono riportati alcuni lavori che riguardano invece la cachessia neoplastica. Che cosa
osserviamo? In questa slide c'è descritto il meccanismo mediante il quale i processi
infiammatori e le citochine infiammatorie vanno a determinare l’anoressia nei soggetti
oncologici con cachessia neoplastica. Vanno direttamente a diminuire i peptidi oressigeni e
una delle terapie utilizzate in ambito oncologico per tamponare l'anoressia è l'utilizzo di
inibitori della COX-2, quindi del processo infiammatorio.
Un altro meccanismo utilizzato è la somministrazione di grelina, essendo un ormone
oressizante. Il problema è che nonostante si sono vissuti dei buoni risultati dopo aver
utilizzato la grelina, si è visto che aumenta la proliferazione cellulare e di conseguenza ha
un effetto assolutamente controproducente per il problema che stiamo affrontando e
addirittura stimola la migrazione cellulare.
Non siamo noi a decidere il tipo di terapia, ma è meglio tenere in mente gli effetti collaterali
e i processi metabolici di base di alcune terapie.
Riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione
L'attenzione che c'è oggi per i DCA, non c'è mai stata. Fortunatamente, dal 2017 in poi, si
sta propendendo molto di più a vari livelli, sia a livello scientifico che a livello territoriale si
sta prendendo visione del reale problema, che purtroppo sembrerebbe stia aumentando di
incidenza e di prevalenza, ma sicuramente stanno aumentando le diagnosi, ciò che prima
non veniva diagnosticato o che non poteva essere diagnosticato in base ai criteri diagnostici
definiti dal DSM, dal manuale diagnostico delle malattie psichiatriche.
Quindi i dati che vedremo anche dopo sono da prendere con le pinze, tenendo conto del
cambiamento radicale che si è avuto, anche dal punto di vista medico, di gestione e di
approccio alla malattia.
Anche dal punto di vista culturale, ora forse fa un po' meno paura e i familiari o le persone
stesse sono anche un po' più predisposte a ammettere che sia una patologia, che non sia
un fattore denigrante per la propria persona, per la propria famiglia, quindi che sia qualcosa
da nascondere. Ma viene considerata come una patologia, così come diabete, così come
una neoplasia.
Le ultime linee guida a cui facciamo riferimento sono quelle del 2017. Di lì a poco nasce il
codice Lilla, che ora penso sia un qualcosa di scontato, considerare che nasce soltanto nel
2018, prima non esisteva nemmeno. Il codice Lilla è il codice mediante il quale possono
aderire al triange e direttamente identificare quello che è il problema. E questo è un
meccanismo salva vita per le persone affette da disturbo alimentare, perché tenete conto
che nel momento in cui arriva il pronto soccorso vuol dire che si trova in una situazione
molto difficile.
Soltanto nel 2018, è stata riconosciuta ufficialmente dal mondo politico la giornata nazionale
dei DCA, quindi la giornata di sensibilizzazione nei confronti dei disturbi dell'alimentazione.
Come vi dicevo, stiamo assistendo a un aumento esponenziale di diagnosi. Teniamo conto
anche che è in atto un processo di inserimento dell'obesità all'interno dei disturbi alimentari.
Con l'ultimo aggiornamento del DSM non è stato possibile arrivare a questo obiettivo, ma ci
stanno lavorando a vari livelli.
Sempre da un punto di vista organizzativo di sensibilizzazione politica, sensibilizzazione del
panorama culturale, sociale e nazionale, teniamo conto che oltre alla creazione di un codice
lilla, stanno aumentando anche i posti letto in terapia intensiva, in reanimazione. Stanno
aumentando con molta lentezza anche i centri di riabilitazione.
Purtroppo, come per tanti altri servizi, il sud Italia e anche parte del centro Italia è
praticamente sprovvisto. Molte spesso, ragazze e ragazze affetti da disturbi alimentari che
abitano in Sicilia devono attendere mesi per essere presi in cura da centri dell'Umbria,
Torino, Milano, Firenze ecc. Per questo è necessaria un'attenzione sempre più alta.
Tasso di mortalità
Il rischio di morte è molto alto, soprattutto più aumenta il numero di anni in cui il soggetto è
affetto alla patologia, più aumenta il rischio di morte.
Un altro punto cardine è che sono patologie di lunga durata, perché la causa scatenante
nella maggior parte dei casi o non può essere risolta o non viene nemmeno individuata. Ad
esempio è il disturbo da evitamento di un bambino, di un soggetto in età evolutiva, a cui
applichiamo forzatamente una reintroduzione degli alimenti. In quel caso stiamo soltanto
fortificando la causa scatenante, non stiamo risolvendo ciò che ha causato il disturbo, ma
stiamo soltanto forzando e risolvendo ciò che clinicamente si è manifestato.
Se si è manifestato un sottopeso, una mancata crescita in un bambino, noi attraverso il
supplemento nutrizionale orale e una reintroduzione degli alimenti possiamo superare il
rischio morte, riportando il bambino all'interno di un range sicuro dal punto di vista
ponderale. Ma questo non vuol dire che abbiamo risolto la causa del disturbo.
Quello che è necessario valutare per determinare la prognosi è:
- la tempestività della diagnosi. Quanto più precocemente si riesce a intercettare, a
intervenire sul disturbo, quanto prima riusciamo a risolverlo o far si che la situazione
non si aggravi.
- la continuità delle cure, che siano di tipo clinico, psicologico, realizzativo, quindi
comunque delle cure multidisciplinari.
Qual è il rischio della patologia dell'anoressia? Perché è così difficile da gestire, da trattare,
da risolvere come problematica? Perché se ci pensate è l'unica patologia egosintonica. Il
malato è perfettamente soddisfatto dalla sua patologia o comunque gli dà modo di essere
soddisfatto. Il problema avviene principalmente perché il soggetto non ha consapevolezza
di ciò che sta subendo o che sta affrontando.
Uno dei primi obiettivi di un team, di un gruppo che prende in cura un soggetto con questa
tipologia di patologia è cercare di trasmettere consapevolezza, quindi cercare di fare in
modo che il soggetto si renda conto che quello che sta affrontando, che il suo
comportamento non è la normalità, ma è dovuto da una malattia.
LEA (livelli essenziali di cura)
Un altro problema della mancata risoluzione dei casi di disturbi alimentari è che non c'è
un'equità di cura su tutto il livello nazionale. Se non viene preso in carico velocemente e se
la patologia inizia ad aumentare le manifestazioni cliniche, diventando molto più
profondamente radicata nel singolo soggetto, sarà molto più difficile riuscire a allontanare la
persona dal disturbo che sta vivendo.
Un altro traguardo che si spera di raggiungere, è un aumento dei servizi sanitari per soggetti
affetti dai disturbi alimentari. Questo perché i livelli di cura ambulatoriali, residenziali e
semiresidenziali ad oggi son stati inseriti nei LEA.
Ci sono però alcune tipologie di terapie che purtroppo non sono state incluse e sono terapie
a loro volta importanti per la riabilitazione. Ad esempio, gli alimenti a fini medici speciali sono
necessari sia da un punto di vista oncologico che per pazienti neurologici, molto spesso
vengono utilizzati anche per soggetti con disturbi alimentari. Gli alimenti a fini medici speciali
fortunatamente sono inseriti in DEA. anche per soggetti con disturbi alimentari.
Questa è la tabellina che riassume il numero di servizi
presenti sulle varie regioni italiane. Ovviamente è palese
che il numero di servizi che riesce ad offrire la Lombardia
non è assolutamente paragonabile alla Puglia o anche a
Valle d'Aosta.
Qui vedete già una ripartizione tra tipologia di livelli
assistenziali, suddivisa in ambulatori, day hospital,
ricovero giornaliero e residenza.
-
L'ambulatoriale è quello comune, che può essere presente sia a livello ospedaliero
che a livello delle aziende sanitarie locali.
Il day hospital è prettamente ospedaliero, con posti letto riservati per questa
patologia.
Il regime semiresidenziale o residenziale prevede una struttura. Sono strutture che
permettono a un tot di numero di pazienti di poter vivere all'interno della struttura.
Quindi di affrontare le cure in maniera continuativa, da mattina a sera.
Alcune di queste persone vivono costantemente in struttura, quindi per un tot di
tempo deciso. Altri hanno un regime semiresidenziale, che cosa vuol dire? Che si
recano in queste strutture nel periodo diurno, nel momento della giornata in cui
devono affrontare le terapie e tornano a dormire a casa.
La scelta della tipologia di regime dipende da vari fattori, dipende ad esempio dalla
residenza della persona. Se risiede a 10 minuti, è ovvio che può fare anche avanti il giorno,
se risiede in Sicilia sicuramente ha bisogno del residenziale.
Dipende dal tipo di disturbo, dipende ad esempio dal rischio vita, quindi deve essere tenuto
sotto stressa osservazione. È un tipo di decisione che viene affrontata all'interno del team
multidisciplinare, in cui c’è un medico psichiatra, un medico endocrinologo, specialista in
scienze di alimentazione, psicologi, fisioterapisti ecc.
Il rischio morte è molto alto, una
persona con diagnosi di anoressia
nervosa dè di circa 5-10 volte più
esposto al rischio di morire rispetto a
soggetti sani della stessa età e del
stesso sesso. Uno dei rischi maggiori
è il suicidio soprattutto per il disturbo
da anoressia nervosa.
Qui vi fa vedere come si è evoluto la
percentuale di decessi per il DCA.
Nell'ultimo anno sembrerebbe essersi
abbassato il disturbo dell'anoressia
nervosa e aumentato quello del
disturbo alimentare non specificato. Questo non è dovuto purtroppo al fatto che sono calati
il numero di soggetti con tratti tipici dell'anoressia nervosa, semplicemente sono aumentate
le diagnosi di disturbo alimentare non specificato.
La prevenzione dei DAN
Come si fa a prevenire i disturbi di alimentazione e della nutrizione?
Fortunatamente stanno aumentando anche le campagne di sensibilizzazione e gli interventi
all'interno delle scuole. Un programma di prevenzione alimentare ha senso nel momento in
cui si ha come obiettivo di trasmettere la necessità di dover avere bisogno di alcuni nutrienti.
Dobbiamo far passare il messaggio, che molto spesso non è ben chiaro, che noi non
mangiamo soltanto nutrienti per fare in modo che si riesca a trarre delle scorte energetiche.
Mangiamo anche per piacere. Tutto ciò che è legato alla sfera emozionale e che non è
meramente un assemblaggio di nutrienti.
Questo è un po' in controtendenza rispetto a quello che avete studiato. Si deve fare calcoli
precisi per rientrare nei range definiti dalle linee guida, etc. Questo è necessario nel
momento in cui c'è una patologia accettata.
Ma teniamo conto anche tutto di ciò che gira attorno all'alimentazione. I fattori psicologici
che ci sono. Quindi uno degli obiettivi potrebbe essere consolidare i fattori proiettivi.
Consolidare la percezione che abbiamo di noi stessi come persone quindi stimolare
l'aumento di autostima.
Sono disturbi insidiosi, in costante aumento, ma anche mutamento, colpiscono ragazze
sempre più giovani e quindi cambiano forma e modalità di espressione.
Si manifestano sempre più frequentemente anche nei maschi, ma con modalità di
espressione diversa: al centro delle proprie ossessioni c’è sempre il corpo, che però
ambisce ad una perfezione forte e muscolosa e non magra ed emaciata come nelle
ragazze.
Fare prevenzione non vuol dire solamente eliminare o ridurre il più possibile i fattori di
rischio, ma soprattutto consolidare i fattori protettivi, cioè quei fattori che fanno si che le
persone riescano a non ammalarsi, nonostante il rischio.
È necessario informare e formare chi è a contatto con persone potenzialmente a rischio,
affinché sappia riconoscere tempestivamente i segnali di un disturbo e si possa quindi
intervenire precocemente sull’insorgenza, contrastare il suo evolversi od osteggiare
eventuali ricadute.
- Che ci siano rischi anche di tipo genetico è accurato. Ci sono determinate predisposizioni
genetiche che purtroppo ci espongono. Ma sappiamo bene, come ad esempio nel diabete
in cui conosciamo le predisposizioni genetiche per il diabete di tipo 2, che anche in quel
caso i fattori ambientali sono determinanti, in misura molto più rilevante rispetto alla
predisposizione genetica.
Un altro obiettivo fondamentale è riuscire a riconoscere tempestivamente il disturbo. Questo
è qualcosa che voi è molto probabile che starete chiamati a dover mettere in pratica. Perché
soprattutto se vi ritroverete a gestire una libera professione, è molto probabile che avrete
tra pazienti e utenti alcune persone che hanno un disturbo alimentare latente, silente, che
si sono rivolte a voi per un determinato motivo, ma è probabile che voi vi accorgiate che
quel problema, quella patologia, quel disturbo debba essere affrontato con l'aiuto di altri
professionisti. Questo è importante, quindi è importante anche identificarlo. E molto spesso
il soggetto non rispecchia totalmente al 100% quelli che sono i criteri diagnostici. Quindi
bisogna essere un pochettino più empatici, cercare di capire dietro se c'è qualcos'altro.
Quali sono i fattori su cui potremo agire in maniera preventiva? Sicuramente sappiamo che
c'è un'incidenza maggiore in determinate fasce d'età, in un determinato genere, seppur
anche nel genere maschile sta prendendo strada, sta aumentando sempre di più.
Il tipo di temperamento, di personalità, di carattere.
Chi è stato culturalmente cresciuto, in un ambiente in cui quello che conta è la perfezione,
quello che conta sono gli obiettivi da raggiungere, è ovvio che abbia delle aspettative molto
elevate e di conseguenza è molto più probabilmente suscettibile al fallimento.
Fattori familiari, ad esempio dipendenze da alcool, da sostanze o dei disturbi psichiatrici già
presenti in famiglia, l'eccessiva attenzione al giudizio altrui, l'eccessiva criticità, abusi. Se
approfondirete l'argomento con il Master, capirete che venendo a contatto con tanti soggetti,
tante persone che hanno disturbi alimentari, vedrete che il 90% dei casi hanno avuto delle
situazioni molto particolari all'interno del proprio nucleo famigliare. Questo vuol dire che c'è
un fattore ambientale molto determinante. Sicuramente, a parità di carattere e di personalità,
è ovvio che la persona un po' meno forte, un po' più sensibile, la persona meno affine ad
avere autostima di sé, della propria persona, di quello che sono i suoi studi, il suo lavoro, le
sue amicizie, i suoi rapporti sociali, è uan persona che può sviluppare molto più
probabilmente un DCA. Perchè? Perché può rivestire la sua mancata soddisfazione su
quello o sulla propria persona, direttamente con una violenza fisica, o contro qualcosa che
indirettamente può arrecarle danno.
I fattori socioculturali, come le mode fisiche. Abbiamo visto che come seguiamo una moda
estetica per l'abbigliamento, purtroppo o per fortuna, seguiamo ogni decade, acnhe dei
riferimenti fisic, quindi anche questi fattori socioculturali possono incentivare lo sviluppo di
questi disturbi.
È un dato di fatto che i disturbi alimentari sono molto più diffusi nei paesi più industrializzati,
è pur vero che giustamente l'occidentalizzazione espone a fattori ambientali molto più
predisponenti. Abbiamo visto ora i fattori socioculturali, è ovvio che una persona che vive in
Congo, non avrà costantemente come riferimento la modella di Victoria Secret.
Quello che culuralmente è stato sempre trasmesso per le donne è che una donna di
successo, una donna di carriera, cozza con l'idea di una donna sovrappesa, una donna
obesa.
Abbiamo la necessità di riconsiderare il cibo nel momento del pasto non soltanto come un
agglomerato di nutrienti, ma come un insieme di esperienze che possono essere condivise
o meno anche con altre persone.
Anche la tendenza a considerare ciò che è cibo pulito o ciò che è cibo sporco. Immaginiamo
un ragazzo o una ragazza di 12-13 anni a cui viene trasmessa questa nomenclatura, questo
tipo di ripartizione, questa tipologia di categorizzazione degli alimenti sulla base di eventuale
qualità. Quella ragazza come fa a gestire il senso di colpa? Come fa a gestire un'eventuale
compensazione? Purtroppo, molto spesso siamo noi stessi come società, che agevoliamo
e categorizzare gli alimenti non è sempre positivo. Per noi nel settore è utile. Possiamo
categorizzare semmai l'alimento iperproteico, l'alimento aproteico, utilizzato per le
insufficienze renali, però lo possiamo categorizzare perché sappiamo quando e come
utilizzarlo.
Categorizzare tutto non ha molto senso, anche perché probabilmente dovrebbero essere
contestualizzati gli apporti nutrizionali o determinati cibi dovrebbero essere contestualizzati.
Lo sappiamo bene che dal punto di vista nutrizionale, dal punto di vista qualitativo, il
McDonald's non è il massimo, ma questo non vuol dire che non può essere mangiato, o non
vuol dire che mangiarlo quella determinata volta ti condiziona fisicamente.
Qui ci si riaggancia alla questione della predisposizione di tipo caratteriale. Quindi, possiamo
affermare che soggetti che hanno un basso livello di autostima, che sono in linea a sbalzi
rumore, non sono emotivamente fermi, che sono avvezzi ad avere episodi di ansia, sono
molto più propensi ad andare in panico, è molto più probabile che siano inclini a sviluppare
un tipo di disturbo che invece sia molto molto controllante.
Quindi la persona riesce a trovare e a manifestare quel controllo che gli manca da un punto
di vista emotivo, controllando il proprio fisico. È come se affermasse in questo modo la
propria autostima.
Invece, l'altro caso è quello in cui trovano consolazione, quindi non hanno molta capacità di
ipercontrollare il proprio aspetto emotivo o le proprie azioni, e quindi è come se si punissero
autonomamente ma non hanno mezzi di misura e si punissero allo stesso modo
provocandosi il vomito o, ad esempio, provocandosi dei tagli.
Novità nella diagnosi
Ora iniziamo a parlare del nuovo DSM-5, la cui ultima pubblicazione è del 2013.
Gli stravolgimenti tra i precedenti criteri diagnostici e quelli attuali sono basati
essenzialmente su consentire una maggiore continuità diagnostica o consentire, ad
esempio, una diagnosi anche in età precoce. Ad esempio, nel DSM-4, quindi quello
precedente del 2013, per poter diagnosi di anoressia nervosa era necessario che ci fosse
criterio dell'amenorrea. Ora, tenete conto che i casi di anoressia nervosa in ragazzine molto
piccole, quindi che ancora non avevano avuto il primo ciclo o in donne in menopausa
comunque ci sono. Questo vuol dire che non possiamo rischiare di non diagnosticare questa
tipologia di disturbo unicamente perché non c'è il ciclo mestruale.
La classificazione degli disturbi dell'alimentazione e della nutrizione è questa:
- Anoressia nervosa
- Bulimia nervosa
- Disturbo da binge eating
- Disturbo evitante o restrittivo
- Disturbo della ruminazione,
- Picacismo
- Altri disturbi specifici
- Disturbi di della nutrizione e dell'alimentazione non specificati.
Anoressia nervosa
La differenza tra il DSM-4 e il DSM-5 è fondamentalmente l'introduzione del criterio della
amenorrea.
È stata introdotta anche una categorizzazione del grado di severità della malattia in base al
BMI calcolato. Tenete conto anche di un'altra cosa, che in base al BMI viene scelto il tipo di
struttura riabilitativa, il tipo di livello assistenziale. Al di sotto di 16 ad esempio non può
essere messo in un centro residenziale ma deve essere per forza ospedalizzato. Questo
perché il rischio di morte è molto più alto e quindi bisogna assistere il paziente in un
ambiente controllato.
Bulimia nervosa
Per la bulimia nevosa i criteri diagnostici sono rimasti abbastanza uguali. Comunque, per
diagnosticare la bulimia nervosa è necessario che siano presenti in maniera ricorrente
episodi di abbuffata dove per abbuffata si intende l'ingestione di una quantità di cibo che è
inverosimile per la maggior parte delle persone e a questo ha associato una sensazione di
perdita di controllo, di completa dimenticanza di quello che si è assunto.
Anche in questo caso ci sono vari livelli di gravità in base al numero di abbuffate settimanali
quindi, lievi, moderate, severe e estreme a seconda che siano presenti a tutti i pasti della
giornata o meno.
Per porre diagnosi di bulimia nervosa è stata ridotta la frequenza da due auna volta a
settimana, cosa vuol dire? Che è molto più facilmente diagnosticabile la bulimia nervosa.
Binge eating disorder
Il binge eating disorder o disturbo dell'alimentazione incontrollata rispecchia l'idea della
bulimia nervosa fatta eccezione per le condotte compensatorie. Ci possono esserema quello
che fa la differenza è il BMI.
Disturbo evitante
Per il disturbo evitante o il
disturbo
restrittivo,
bisogna
tenere presente che per poter
porre diagnosi è necessario che
non ci sia un'attenzione al peso
corporeo o alla fisicità. Quindi il
disturbo è strettamente correlato
ad altre dinamiche, ad esempio
l'intensa paura di soffocare o
l'intensa paura di assumere un
determinato alimento perché il
paziente pensa di poter morire.
Oppure evitamento unicamente
basato su alcune determinate
caratteristiche sensoriali, quindi
cibo di un determinato colore o di
una determinata consistenza.
Ad esempio il disturbo dello spettro autistico ha come caratteristica una caratterizzazione
degli alimenti e un evitamento di determinati alimenti sulla base di personali preferenze o
negazioni. Molto spesso bambini con disturbo dello spettro autistico tendono a preferire
alimenti di una determinata consistenza, di un determinato colore ecc. Questo ovviamente
può portare a una perdita di peso, un mancato raggiungimento del peso in base ai centini.
Picacismo
Il picacismo è la tendenza a mangiare sostanze che non possono essere considerate
alimenti. Anche in questo caso nella maggior parte delle volte si associa questo disturbo
alimentare con delle disabilità o dei disturbi dello sviluppo dal punto di vista intelletivo.
Quindi si tende a considerare il disturbo in sé in base all'eventuale compresenta di altre
patologie.
Disturbo da ruminazione
Il disturbo da ruminazione è quello che prevede la masticazione, l'ingestione e il ricurgito del
cibo. Si può manifestare nel corso di varie tipologie di disturbi, sia in caso di anoressia, che
bulimia, che binge eating. Le conseguenze di questo atteggiamento possono essere molto
invalidanti e si può arrivare addirittura a una metaplasia.
Disturbi con altra specificazione
I disturbi con altra specificazione sono quelli che abbiamo anticipato ossia il disturbo di
anoressia nervosa tipica quindi che non rispetta i criteri diagnostici tipici di un DCA. Esempio
la bulimia nervosa con altra specificazione perché non rispetta le frequenze dei criteri propri
della bulimia, o il disturbo da binge eating qualora non avesse questa frequenza determinata
dall'DSM.
La sindrome da alimentazione notturna, anche questa rientra tra i disturbi con altra
specificazione quindi sono tipologie di disturbi che prevedono abbuffate unicamente
settorializzate alle ore notturne.
Disturbo senza altra specificazione
Quando è che un clinico pone diagnosi di un disturbo senza altra specificazione? In casi
molto particolari, come ad esempio al pronto soccorso quando non ha tempo per definire
bene il tipo di disturbo e quindi si riserva una definizione successiva.
Questi sono i casi clinici per i quali non sono state ancora definite le condizioni o i criteri
diagnostici:
- Masticare e sputare (chewing and spitting): si assapora il gusto del cibo ma si tenta
di prevenire l’introito calorico
- L'ortoressia nervosa: nè diventata motlo famosa ma non è definita dal punto di vista
clinico all'interno dell'DSM
- I disturbi nell'alimentazione post-bariatica: pazienti bariatici che in seguito
all'intervento di chirurgia bariatica assumono un comportamento o un atteggiamento
particolare con il cibo. Prima di affrontare un'operazione chirurgica di questo tipo c'è
l'equipe composta dal medico, lo psichiatra, la dietista ecc, per definire o meno se si
può procedere con un'operazione di questo tipo. Un qualsiasi tipo di disturbo
dell'alimentazione preclude l'accesso a questa tipologia di intervento, seppur in
alcuni casi è fattibile qualora il paziente abbia iniziato il percorso di terapia
psichiatrica. condotte alimentari abnormi che si manifestano dopo interventi di
chirurgia dell’obesità in forma di alimentazione eccessivamente restrittiva, vomito
autoindotto, piluccamento compulsivo, alimentazione incontrollata successiva a
chirurgia bariatrica (post-bariatric binge eating disorder)
- Binge drinking: abuffata di alcol compulsiva
- DRUNKOREXIA è il termine inglese, talora tradotto in italiano con drinkoressia o
potoressia che descrive un quadro spesso collegato al Binge drinking. È l’abitudine
di saltare dei pasti o provocarsi il vomito dopo aver mangiato, prima o dopo
un’abbuffata di alcol, allo scopo di contrastare l’eccesso di calorie e il conseguente
aumento di peso. Capita sia a uomini che a donne. Chi si è chiesto se la drunkorexia
debba essere considerata un disturbo dell’alimentazione o un disturbo di uso di
sostanze ha concluso, ovviamente, che in questa condotta coesistono entrambi gli
aspetti e chi la pratica e più probabile che presenti già, o sviluppi in seguito, sia
patologie dell’alimentazione che abuso di sostanze (Cuzzolaro, 2020).
Lezione 2
Riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione pt. 2
Il modello di riferimento per tutte le Linee guida di indirizzo, sia nazionali che non, si basano
su un lavoro di squadra, un lavoro di gruppo che sia multidisciplinare ma anche multi
professionale.
Multidisciplinare vuol dire che è necessaria la presenza e la compresenza di varie
professionalità, di varie figure che non ruotano soltanto all'interno del settore medicoscientifico ma anche figure che puntano al ritrovare il benessere psicologico. Un esempio è
che, oltre allo psicologo che è scontato è necessaria e molto importante la presenza
all'interno del gruppo di chi è che si occupa di far ricreare una condizione con il proprio
corpo, le proprie sensazioni fisiche. Quindi ad esempio ci sarà un psicoterapeuta, degli
insegnanti di danza e ci saranno delle attività previste all'interno del programma settimanale
elaborato per ciascuna persona, per ciascun gruppo in base al proprio disturbo alimentare.
Che cosa vuol dire? Con gli istruttori di danza che cosa verranno fatte? Le lezioni, le attività
avranno come obiettivo quello di ritrovare la sensibilità nei confronti di un fattore esterno,
quale può essere la musica, ma anche di riuscire a determinare il proprio spazio, lo spazio
fisico, che noi stessi occupiamo all'interno di una stanza.
Approccio multi professionale sta a indicare che non sempre è soltanto un dietista o un solo
medico, un solo psicologo a gestire e trattare quel disturbo per quella persona. Molto spesso
è necessario che ci siano più professionisti della stessa area, della stessa specialità.
Nel nel momento in cui si conosce per la prima volta il paziente o la paziente, è necessario
integrare varie informazioni raccolte da tutti i professionisti. È necessario avere reciproco
rispetto nei confronti dell'altro professionista e degli altri colleghi, perché è necessario
condividere con altri medici nel corso del trattamento tutto ciò che viene detto con il paziente.
Bisogna tenere conto che la maggior parte dei disturbi alimentari sono egosintonici, che vuol
dire che il paziente non vuole guarire. E se non vuole guarir molto spesso non accetta il
nostro avvicinamento.
Molte volte accade che cerchino di creare un contrasto tra i vari professionisti. Questo è il
motivo per cui è necessario essere completamente sinceri, tenere bene a mente che è una
squadra che sta lavorando per sconfiggere un disturbo molto ancorato, a volte molto
persuasivo.
Assesment
Cosa si valuta durante l'assesment? Si valuta il rischio biologico, quindi quelle che sono le
complicatezze già manifestate, ma soprattutto il livello di motivazione. Avere di fronte un
paziente che ha piena consapevolezza in quello che è il suo disturbo vuol dire essere
arrivare a una buona parte di obbiettivo.
Bisogna avere il cosiddetto atteggiamento ingaggiante. Il consuling si basa sul saper
condividere, interpretare e stimolare il paziente a ritrovare il proprio benessere ma
soprattutto a ritrovare le strategie da mettere in pratica per raggiungere autonomamente
l'obbiettivo.
Ingaggiare un paziente significa fare in modo che si fidi di noi, non vuol dire giudicare, non
vuol dire imporre qualcosa. Anche perché qualora ci mostrassimo in questo modo, il
paziente scapperebbe, sicuramente non sarebbe disposto a fare squadra con noi.
Un altro punto critico sono i fattori di mantenimento, quindi individuare quelli che sono i
fattori di mantenimento. Ad esempio abbiamo parlato di una famiglia disfunzionale, di una
famiglia in cui ci sono dei problemi e questi sono la causa e il mantenimento della patologia.
Gli aspetti caratteristici della persona, l'emotività, la sensibilità della persona vanno
analizzati, vanno individuati e di conseguenza vanno tenuti in considerazione in base
all'approccio che decidiamo di avere.
Eventuali anche patologie associate vanno presi in considerazione, mi viene in mente la
celiachia. C'è un alto tasso di incidenza di anoressia o comunque di disturbi alimentari in
caso di diagnosi di celiachia o anche di diabete di tipo 1, quindi giovanile.
Definizione degli obbiettivi
Una volta individuata una panoramica generale di quello che è il disturbo di cui è affetta
questa persona, si determina quello che deve essere la base della terapia, quindi quali
devono essere gli obiettivi, quali devono essere gli strumenti, quali sono le risorse a cui
possiamo aggiungere. Quindi ad esempio se all'interno della famiglia una sorella, un fratello,
una madre, un padre, una nonna, un nonno possono aiutare, possono sostenere, possono
agevolare il percorso è necessario assolutamente coinvolgerlo.
Comunque la famiglia dovrebbe essere sempre coinvolta, i genitori devono essere sempre
coinvolti, devono partecipare anche loro a determinate attività, a determinati colloqui, anche
perché devono essere istruiti, nel senso che bisogna far capire anche ai genitori, famigliari,
marito, moglie, figli, che comportarsi in un certo modo può agevolare o bloccare il
miglioramento e raggiungimento del nostro obiettivo.
Vengono valutati anche quelli che possono essere i tempi e le fasi della terapia. Quella che
la scelta ad esempio della tipologia e livello di cura, quindi abbiamo la via di una tipologia
residenziale, semiresidenziale o ambulatoriale.
Vengono definiti gli indicatori di esito del processo. Un indicatore di esito del processo può
essere considerato il peso o il numero di abbuffate, la reintegrazione di determinato alimento
all'interno della quotidianità, possono essere vari, ovviamente dipende dal tipo di disturbo.
Quindi il team deve essere Multidimensionale, interdisciplinario e multiprofessionale.
Area nutrizionale
Per ciò che concerne l'area nutrizionale dobbiamo avere ben presente anche questa
distinzione:
- il medico nutrizionista e l'internista si occupano di parlare agli amici, si occupano di
decidere il trattamento, pianificare cure,
- Il dietista ha una propria individualità nel pianificare, determinare, decidere assieme
al paziente quelli che devono essere i pasti, come devono essere strutturati. Si
occupa di valutare lo stato nutrizionale, sia nel momento dell'assessment che la
rivalutazione costante dello stato nutrizionale attraverso la plicometria, attraverso
peso e altezza, attraverso la BIA, attraverso l'utilizzo di circoferenze ecc.
Tutte queste tecniche non vengono usate sempre in tutti i pazienti ma vengono utilizzate in
base al grado di gravità della patologia, in base al tipo di rinforzo che vogliamo dare al
paziente.
Se un ragazzo o una ragazza con disturbo da anoressia nervosa si ritrova nelle varie
settimane ad aumentare l'apporto calorico, va da sé che è molto probabile che il suo peso
vari. L'aumento di peso per un soggetto con disturbo da anoressia nervosa rappresenta un
fattore sicuramente molto problematico. In questo caso, la valutazione della composizione
corporea tramite BIA o altri metodi grafici possono sostenerci e far capire al ragazzo o alla
ragazza che quell'aumento di peso non è riconducibile ad un aumento della massa grassa.
Per questo motivo, possiamo attenuare l'ansia.
I livelli di intervento
I livelli di intervento sono 5. Quando si parla di primo livello, si fa riferimento al medico di
famiglia o il pediatra, qualora si parli di ragazzi o bambini.
1. Il primo livello è il livello più importante, perché è quello che molto spesso deve
indirizzare per rendersi conto della presenza di un disturbo.
2. Il secondo livello è rappresentato dalla terapia ambulatoriale.
3. Il terzo è la terapia ambulatoriale intensiva, ossia il centro diurno e il centro semiresidenziale.
4. Il quarto è rappresentato dalla terapia intensiva residenziale, quindi 24h su 24.
5. Il quinto livello è quello emergenziale.
Già i medici o i pediatri potrebbero valutare e intervenire dal punto di vista pratico, quindi
oltre a segnalare la necessità di recarsi in un centro specializzato, assumo un ruolo
essenziale, perché nel caso in cui si sceglie di intraprendere un trattamento di tipo
ambulatoriale, questo vuol dire che una volta a settimana, due volte a settimana, tre volte a
settimana, il paziente dovrà recarsi in ambulatorio per seguire delle attività.
Il monitoraggio del paziente è comunque affidato anche al medico curante o al pediatra,
quindi si deve occupare di essere coinvolto anche lui nel trattamento. Si occuperà anche a
maggior ragione del follow up. Una volta che si è terminato il trattamento ambulatoriale
all'interno dell’equipe, si decide che il paziente può usare le misure ambulatoriali o no
A quel punto sarà il medico e il pediatra a occuparsi del colloquio.
La terapia ambulatoriale è praticamente quella che viene scelta primariamente, innanzitutto
perché è quella che è presente ovunque, quindi anche nelle regioni un po' più carenti di
questi servizi. Attraverso la terapia ambulatoriale è possibile mettere in atto degli interventi
motivazionali, interventi psico-educazionali, si può attuare la terapia con la
riabilitazione nutrizionale, a volte si può attivare anche il posto assistito o delle attività in cui
si coinvolgono anche i familiari.
Nella terapia diurna, le attività sono molto più frequenti, quindi il tipo di rapporto è molto più
stretto. Viene preso in considerazione nel momento in cui il disturbo sta diventando molto
più invasivo.
Per quale motivo la terapia ambulatoriale viene preferita a quella residenziale? Perché è
meno costosa ed è molto più sostenibile anche per i pazienti stessi.
Il pasto assitito
Che cos'è il pasto assistito? È un pasto vero e proprio, un momento in cui si decide di porre
un accordo con il paziente e di consumare il pasto insieme. Questo avviene principalmente
per cercare di placare l'ansia e la fobia che si presenta in determinati momenti della giornata,
ma soprattutto l'ansia che si presenta alla vista di determinato alimento.
Quindi l'obiettivo dei dietisti è quello di accompagnare e riuscire a gestire, a tamponare le
emozioni molto forti, quindi sostenere nel vero senso della parola il paziente. Va da sé che
il professionista stesso deve essere formato, deve essere ben conscio di quello che sta
facendo.
A livello residenziale, oltre all'intervento di riabilitazione nutrizionale, che quindi è
strettamente correlato all'identificazione, la scelta, il concordare i pasti, gli alimenti che
devono essere assunti, le quantità che devono essere assunte, (questo vale soltanto per i
disturbi di anoressia o bulimia nervosa) , si associano anche delle attività di riabilitazione
fisica o delle attività che coinvolgono altri sensi.
Per la scelta del tipo di trattamento si valuta lo stato nutrizionale, lo stato clinico, le condizioni
psicologiche di base e eventuali compresenze di condizioni psichiatriche.
La scelta del luogo dell’intervento si fa in base alla gravità delle condizioni cliniche,
all'eventuale comorbidità, grado di disabilità di questa condizione e la qualità della vita. È
probabile che lo stesso paziente possa avere bisogno di vari livelli di cura, quindi passare
dall'ambulatoriale al residenziale al semiresidenziale.
Ci sono dei criteri di inclusione e di esclusione, quindi livelli ad alta complessità includono
fino ad un BMI superiore a 13. Livelli di bassa complessità, come per esempio
l'ambulatoriale, non può prendere in carico pazienti che hanno un BMI inferiore a 12.5
perchè il rischio è così alto che non potrebbe essere gestito in maniera corretta.
Qual è l'obiettivo del trattamento e della riabilitazione nutrizionale? È quello di normalizzare
il comportamento alimentare, il peso qualora questo possa essere un fattore di rischio delle
condizioni cliniche delle pazienti.
Molte delle complicanze che subentrano nel momento in cui il disturbo si manifesta,
purtroppo, portano o porteranno sicuramente delle competenze a lungo termine. Per
esempio, in una ragazza che soffre di anoressia nervosa, l'amenorrea porta a osteoporosi.
L'osteoporosi manifestata nella fase di età in cui si dovrebbe raggiungere il picco di massa
ossea pregiudica la salute dell'osso nell'ultima fase della vita.
Bisogna tener conto di una distinzione molto netta che molto spesso non viene considerata,
ossia che abbiamo da un lato una restrizione calorica strettamente nutrizionale e dall'altra
la restrizione dietetica cognitica. Che cosa vuol dire? Che da un lato l'obiettivo è banalmente
solo quello di perdere peso o di non aumentare il peso. A questo si associa, nella maggior
parte dei casi una volontà di controllare il proprio peso, controllare il proprio corpo per avere
un'idea di autocontrollo, di potere nei confronti della propria persona.
Probabilmente vi capiteranno diversi casi di pazienti non con disturbi acclamati, però con
delle analogie di disturbi del comportamento alimentare. Molto spesso vi ritroverete a dover
scontrarvi contro un muro nel momento in cui proporrete la necessità di essere seguiti anche
da un terapeuta dell'area psicologica. È necessario trasmettere anche in quel caso che
un'alterazione del comportamento alimentare e una sua risoluzione non può prescindere dal
tuo coinvolgimento anche nella sfera psico-educazionale.
Quali sono gli obiettivi della rieducazione nutrizionale in maniera schematica?
- Correggere le complicanze fisiche che siiano esse per difetto o per eccesso
- correggere anche le complicanze psico-sociali
- normalizzare il comportamento alimentare. Come? Rendere più spontaneo il momento del
pasto. Non racchiuderlo, in una gabbia.
- Promuovere il comportamento alimentare quanto più sostenibile, assicurare che dal punto
di vista qualitativo-quantitativo sia soddisfacente, assicurare e soddisfare i segnali di fame
e sazietà. La maggior parte delle persone che siano esse obese o sottopeso o normopeso
ma con DCA, non riescono a capire quando hanno fame o quando sono sazi.
Quand'è che è possibile attuare un trattamento ambulatoriale? Quando la perdita di peso
corporeo non è estrema, quando Il BMI non è estremamente basso, quando la durata della
malattia è breve, quando non ci sono complicanze e se ci sono sono di piccola entità.
Durante la prima valutazione nutrizionale si fa un esame obiettivo, quindi si fa un'intervista.
Si devono valutare tante cose. Si devono valutare per esempio quelli che sono le sue
abitudini giornaliere. Si valuta lo stato nutrizionale con riferimento al BMI. Si tiene in conto
gli esami ematochimici e si valuta anche la presenza di eventuali complicanze, per esempio
stipsi, perdita del ciclo, reflusso di gastroesofageo. Si valuta anche il l'intake idrico o quello
calorico e si valuta la motivazione al cambiamento. Ovviamente non è che si chiede
direttamente se è motivato a cambiare, si cerca prima di capire se è cosciente della
situazione in cui si trovi, se è cosciente del fatto che ad esempio il disturbo lo vincola nella
partecipazione agli eventi sociali. Molto spesso persone con disturbo alimentare, tendono a
isolarsi quando devono partecipare a degli eventi sociali in cui è necessario o comunque
sarà presente il pasto.
E' necessario affrontare i pensieri disfunzionali, quindi la repressione, le abbuffate, le attività
compensatori (quindi o il vomito, o i diuretici o l'iperattività).
Bisogna far presente quando un obbiettivo di peso è irrealistico e motivarlo, perché se una
ragazza ad esempio ha un'altezza di 1,78 m, gioca a pallavolo per 4 giorni a settimana e ha
come obiettivo di peso i 50 kg, bisogna motivare il perché probabilmente quel peso non è
riconducibile a un buono stato di salute o a un buono stato nutrizionale. E lo possiamo fare
attraverso tanti strumenti, grazie alla BIA o attraverso tante altre cose.
Questa
è
una
rappresentazione della
personalità tipica di
alcuni distrutti. In caso di
una anoressia nervosa
avremo
di
fronte
tendenzialmente
una
persona
che
ha
un'alimentazione molto
rigida, molto controllata,
si arriva addirittura a
mangiare soltanto 3
cose. Tendono a evitare
di
mangiare
in
compagnia, evitare di
avere un evento che
sconvolga l'organizzazione quotidiana. È impensabile per loro che un amico, un parente,
mamma, padre, fidanzato venga a chiedere all'ultimo momento di fare un aperitivo o di
andare a mangiare fuori. Per fare qualcosa di questo tipo probabilmente dovrà attuare delle
metodologie di compensazione precedenti.
La maggior parte quando raggiungono consapevolezza del proprio problem iniziano a
seguirci, quindi a avere fiducia in noi, quindi iniziano anche ad integrare l'alimentazione. Il
problema è che le sensazioni di fame e di saziedà sono completamente disregolate e
riusciranno ad avere una sensazione di fame soltanto dopo un bel po' di tempo. Quindi è
importante accompagnarli anche in questa fase attraverso ad esempio una scheda o un
diario di auto monitoraggio.
In caso di bulimia i comportamenti tipici sono quelli un po' più altalenanti perché passano
da un sentimento a un altro.
Quindi molto spesso sono annovellate dal senso di colpa, perché passano dalla restrizione
completa ad abbuffarsi e di conseguenza cercano di riparare l'abbuffata con dei
comportamenti compensativi.
I pazienti con anoressia nervosa sono quelli che sono super informati, sanno alla perfezione
quali sono le ultime mode o conoscono probabilmente meglio di noi la bromatologia di un
alimento. Ad esempio vi dico perfettamente qualì è la quantità di grassi, di proteine, di un
alimento ma non hanno assolutamente idea di che cosa vuol dire avere un pasto e una
giornata equilibrata.
I pazienti con anoressia nervosa cercano sempre di ridurre, quindi di mangiare il meno
possibile di tutto e stigmatizzano molti alimenti. Per alcune persone esistono degli alimenti
fobici, per altre ce ne sono degli altri.
Un altro strumento che può essere utilizzato da dietista è chiedere di disegnare la piramide
dei cibi fobici. In questa piramide gli chiediamo di scrivere in ordine di pericolosità secondo
lor di una serie di alimenti. Nella maggior parte dei casi ritroverete che all'apice ci sono
grassi, carboidrati e via via, verso la base, frutta e verdura o probabilmente solo verdura,
che sono gli alimenti che consumano senza entrare nel parico.
Un altro strumento importante è cercare di valorizzare sempre il passetto in avanti che si è
compiuto, anche se è una banalità, perchè da forza.
Obbiettivi del dietista
Questa è la strutturazione degli obiettivi in base alla durata del percorso. Per un soggetto
con anoressia nervosa, nel breve termine, l'obiettivo che dobbiamo portare noi come dietisti
è quello di arrestare la perdita di peso, quindi non di recuperarla, ma di cercare di evitare
un'ulteriore perdita di peso.
Cercare di raggiungere l'interruzione del digiuno, quindi inserire pasti se pur piccoli e non
eccessivamente bilanciati da un punto di vista nutrizionale, ma evitiamo che la paziente e il
paziente digiuni.
Interruzione dell'uso di diuretici e lassativi.
Nel breve termine si raggiungerà un passetto in più, fino ad arrivare a lungo termine in cui
l'obiettivo fondamentale è quello di normalizzare la composizione corporea e il
comportamento alimentare. Quindi aumentare il ventaglio di alimenti consumati in
tranquillità, quindi senza ansie o fobie, e il recupero ovviamente delle attività metaboliche o
la risoluzione delle complicanze.
Per l'amenorrea è molto più difficile da raggiungere nel breve tempo. Comunque ci sono
varie linee di pensiero, molti medici e ginecologi tendono a dare immediatamente la pillola
estrogenica, per forzare immediatamente la ripresa del ciclo menstruale, altri in altri casi
invece si cerca di evitare l'inizio della pillola per vedere spontaneamente quando ritorna il
ciclo, perché al momento in cui ritorna il ciclo sappiamo bene che il peso è rientrato nei
parametri di normalità per quella persona.
Come vedete ci sono tanti pezzetti che devono essere incastrati singolarmente, quindi caso
per caso.
Per la bulimia nervosa gli obiettivi a breve termine sono innanzitutto l'identificazione e la
normalità della quotidianità, quindi inserire 5 pasti giornalieri. Questo per evitare che
subentri la voglia eccessiva di alimentarsi, quindi di fare un'abbuffata, fino ad arrivare anche
in questo caso alla normalizzazione del peso e della composizione corporea.
Sia per gli disturbi dell'anoressia che della bulimia nervosa e il binge eating, è necessario
fare la storia del peso, cosa vuol dire? Che mettiamo su un piano con ascisse e ordinate,
cerchiamo di capire come è variato nel tempo il peso e ad ogni variazione appuntarsi un
evento particolare. Successivamente ci saranno delle foto. Possiamo notrae ad esempio
che già soltanto guardando la storia del peso possiamo capire se una persona soffre di
disturbo di alimentazione incontrollata o è semplicemente obesità.
Nell'obesità vedremo un aumentare lento ma costante del peso corporeo del BMi, in caso
di DAI invece avremo continue fluttuazioni.
Le cose che è necessario chiedere durante un'anamnesi:
- Valutare se ci sono delle abitudini alimentari particolari, come lospicluccamento, il
mangiare per nervosismo, se fa paura mangiare in presenza di altre persone.
- Valutare se c'è una preoccupazione per il cambiamento della forma del corpo e del peso,
- Valutare se attuano dei check giornalieri o mattinieri della propria forma del proprio corpo,
ad esempio misurazione del peso, dell'avanbraccio, della caviglia, del polso ecc.
Un obiettivo fondamentale e uno strumento fondamentale per il dietista è lo stile ingaggiante.
E' molto importante essere empatici, dare speranza, tenere conto che il paziente stesso è
molto probabile che non sia costante nelle proprie emozioni. Quindi ci sarà un giorno che
sia molto più positivo, molto più motivato e il giorno dopo sia completamente sfiduciato. In
più è fatto dare forza, sostenere, puntuare sulle cose positive che abbiamo raggiunto.
Bisogna evitare sicuramente un atteggiamento giudicante, moralistico o addirittura
minaccioso.
L'educazione alimentare è un'altra delle attività previste in caso di disturbi alimentari, è
necessario sicuramente trasmettere le informazioni basilari, ovvio che non si va a discutere
nei minimi dettagli di quello che è la strutturazione di una dieta, ma è ovvio che è necessario
trasmettere le basi alimentari e soprattutto sdoganare l'idea di peso ideale.
Sapere interpretare già noi e sapere trasmettere questa interpretazione del peso a una
paziente o a un paziente. Bisogna far presente che il peso della bilancia non è così affidabile.
In caso di sottopeso l'obiettivo da tenere presente è quello dei 500 grammi/un chilo a
settimana, questo come linea guida. Quindi gli obiettivi schematici per raggiungere un
aumento di peso è quello di aumentare circa 500 grammi/un chilo a settimana e anche
questo è necessario che venga trasmesso, che venga fatto presente al paziente stesso, in
modo tale che sia preparato anche a vedere queste variazioni.
Il diario di automonitoraggio
La scheda di automonitoraggio, il diario di automonitoraggio è molto importante, che cos'è
questo diario? Praticamente è molto simile al diario alimentare che sicuramente conoscete.
L'aggiunta è che oltre a scrivere volta per volta quello che mangia, quello che sta
mangiando, quello che ha mangiato, si chiede di specificare quelle che sono le emozioni
sovraggiunte nel prepasto, nel prespunti, durante e nel post. Questo a che cosa serve?
Serve sia a noi come terapeuti che al paziente stesso. Al paziente stesso, serve perché si
rende conto in quel momento che ha più attenzione alla sensazione che porta il paziente a
mangiare. Ad esempio fate riferimento a un paziente bulimico che poco prima dell'abuffata
ha uno scatto di rabbia o ha ricevuto una notizia molto spiacevole.
Piano piano, volta per volta, il paziente si rende racconto molto più spesso che associa una
determinata emozione, un determinato evento all'episodio dell'abuffata.
Può servire anche per avere un'idea di quello che mangia durante l'abuffata. Bisogna tenere
conto che molti pazienti arrivano anche a mangiare degli alimenti o delle cose non
commestibili e non se ne rendono conto.
Per noi la scheda di autoconitoraggio serve per avere un'idea ancora più chiara di quello
che è il disturbo. Molte volte durante un colloquio purtroppo non si può arrivare così nello
specifico e non riusciamo ad avere informazioni così accurate.
Il vantaggio per il paziente è l'aumento della conoscenza del proprio disturbo, sentirsi anche
protagonista della propria terapia.
SI può inserire anche il grado di fame e sazietà che precede e che è presente dopo lo
spuntino.
Se ci sono state delle metodologie di compensazione ecc.
Quindi l'automonitoraggio può essere modificato a nostro piacimento, anche in base a chi
abbimao di fronte.
La valutazione della composizione corporea come strumento ci serve per valutare se lo
stato nutrizionale si sta modificando in meglio, ma ci deve servire come stimolo e come
strumento per motivare ancora di più il paziente a guarire.
Questo vuol dire che qualsiasi cosa venga fuori da quella valutazione dobbiamo rigirarla in
modo tale da non creare un danno alla persona. Per questo c'è bisogno di molta pratica
nella rielaborazione della BIA, perché è necessario andare ad individuale subito gli spunti
che ci possono fornire degli strumenti validi.
Per regolare il comportamento alimentare, cosa ci dicono anche le linee guina?
Per quello che riguarda ad esempio il disturbo bulimico, è necessario strutturare la giornata
alimentare su 5 pasti, 3 pasti principali e 5 pasti minimi.
I pasti devono essere bilanciati da un punto di vista nutrizionale, quindi bisogna tenere conto
dei range di riferimeto dei LARN.
Quello che viene fatto costantemente tra un controllo e l'altro non è un'imposizione ma si
decide insieme, noi e il paziente, gli orari dei pasti, dove avverranno i pasti o dove possono
avvenire i pasti. Quanto e cosa si mangerà, quanto tempo dedicare al pasto.
I soggetti con disturbo di anoressia nervosa passeranno le ore a mangiare perché ci
metteranno tanto tempo.
La divisione dei pasti per la bulimia nervosa ci consente di limitare gli episodi di abbuffate.
Non deve esserci un intervallo maggiore di 4 ore tra un passo e un altro. Nel caso in cui i
sistemi di fame e sazietà non sono più affidabili, è necessario far presente al paziente e alla
paziente che non può basarsi su questo. Ovvio che un soggetto con anoressia nervosa vi
dirà costantemente che non ha fame. Questo non vuol dire che non deve mangiare, in
questo caso si attua una sorta di alimentazione forzata.
In questo caso, per esempio, dobbiamo trasmettere al paziente che aumentando il peso
corporeo riusciremo a ripristina le sensazioni di fame e sazietà.
La piramide dei cibi fobici. Si invita a disegnare una piramide e ad inserire determinati
alimenti in base al grado di ansia che gli provocano. L'obiettivo è quello di reintegrare piano
piano tutte le categorie di alimenti all'interno della quotidianità. Questo è un esempio.
Un'altra cosa che bisogna valutare e concordare insieme sono i pasti fuori casa. Molto
probabilmente sarà il paziente stesso a chiederti ma se io devo andare a mangiare una
cosa, che cosa mando, come mi comporto? Anche perché gli eventi o comunque i pasti che
non avvengono in un ambiente controllato spiazzano, mettono sicuramente in crisi.
Quindi bisogna cercare di fargli vivere quell'esperienza nel miglior modo possibile, perché
se si focalizza su, "oh Dio, quel cibo, non riesco a mangiarlo", "quel cibo mi mette ansia",
cerchiamo in quel caso a cedere noi. Quindi se abbiamo deciso all'inizio che doveva
mangiare la pizza, ma la scompensa tantissimo bisogna fare in modo che una seconda volta
non ci sarà un'uscita ma scendiamo noi a compromesso. Quindi facciamo in modo che
mangi, che scelga lei cosa pensa che sia sicuro per lei mangiare, ma le facciamo vivere
un'esperienza più tranquilla.
Quando si diceva che è necessario coinvolgere i familiare è perchè devono essere anche
loro parte integrante del trattamento, quindi devono essere anche loro stimolanti,
assolutamente non screditanti, non giudicanti, che non devono forzare in nessun modo il
cambiamento ma devono sostenerlo.
Gli obiettivi da concordare con un paziente nel lungo termine devono tenere conto
dell'intervallo di peso che si è definito all'inizio. Quindi all'inizio possiamo darci come
obbiettivo quello di raggiungere un determinato intervallo di peso e quindi di mantenere il
tempo, evitando che ad esempio diminuisca.
Focalizzare l'attenzione su altri interessi, quindi cercare di far rendere conto al paziente che
perde tante ore nella propria giornata pensando a tutto ciò che gira intorno ai pasti e al cibo,
quindi far rendere conto al paziente che probabilmente sta togliendo del tempo prezioso allo
studio, al lavoro, a conoscenze o relazioni sociali con amici, parenti, etc.
In caso di alta o media intensità di complessità, un altro strumento utile per noi dietisti è il
cosiddetto training di familiarizzazione con il cibo. Praticamente è una tecnica mediante la
quale all'interno di un pasto assistito o all'interno di un colloquio, di un controllo nutrizionale,
assistiamo il paziente nel momento in cui si ritrova faccia a faccia e deve consumare un
alimento fobico.
Quindi esponiamo la persona a un alimento altamente fobico e dobbiamo sostenerla, quindi
dobbiamo essere in grado di rassicurarla, di gestire le emozioni che subentreranno
sicuramente. Ovviamente questa si attua nel momento in cui la fase di realizzazione è già
abbastanza avanzata.
Vengono attuati a livello residenziale o semiresidenziale anche dei lavoratori sensoriali. Che
cosa vuol dire? Che si cerca di ristabilire un rapporto con il cibo anche di natura sensoriale.
Perché? Perché la maggior parte delle persone con un disturbo alimentare non avranno più
un'idea del gusto, del dolore, del sapore del cibo o della percezione al tatto del cibo. Lo
valutano esclusivamente come qualcosa che devono ingerire per soddisfare una carezza,
soddisfare una condizione negativa o nel caso dell'anoressia, devono mangiare perché quel
cibo mi fa bene e quell'altro no.
Quindi, molto spesso, se si chiede a un paziente con disturbo dell'anoressia nervosa che
cosa preferisce mangiare, che cosa vuole mangiare, partirà ad elencare gli alimenti che
fanno bene e quelli che fanno male. Quindi vuole mangiare tsolo quelli che fanno bene. Se
ad esempio chiediamo "ma qual è un alimento che ti piace assaporare?", oppure "la pizza
ti piace?", molti vi diranno "non ricordo nemmeno più che sapore ha".
Nel momento in cui si ritroveranno a riassaggiata, quello non sarà un momento rivelatore,
che li manderà in estasi e anche dopo, quando andrete a chiedergli "ma ti è piaciuto
mangiare quel pezzo di pizza?", non sapranno nemmeno loro cosa rispondervi. Molto
probabilmente perché hanno represso volutamente la volontà di provare soddisfazione al
cibo. Quindi è molto complicato come rapporto e dobbiamo tenerne conto.
È come se stessimo rapportandoci con dei bambini che per la prima volta assaggiano degli
alimenti.
La graduale esposizione dovrà, nella maggior parte dei casi, aumentare il grado di
complicità con il cibo quindi dovrà attenuare l'ansia. Più viene a contatto con quel cibo
fobico, più si renderà conto che non gli ha causato un danno.
Oltre ai laboratori sensoriali, si possono mettere in atto anche dei laboratori nutrizionali.
Questo viene fatto soprattutto a livello semiresidenziale o resilienziale. Il gruppo di pazienti
viene invitato a comprare da soli, a fare la spesa al supermercato, a preparare un pasto, a
cucinarlo insieme e a mangiarlo. Questa che può sembrare una banalità è un'attività molto
prestante. Al supermercato, così come durante la preparazione, come durante la
consumazione del pasto, è previsto l'aiuto di un dietista che dovrà accompagnare il gruppo
durante la scelta degli alimenti. Molto spesso, ad esempio persone con disturbi da
alimentazione incontrollata, nel momento in cui si ritroveranno al supermercato, noterete
che iniziano ad andare di palo in frasca. Quindi vengono catturati da alimenti che non
c'entrano assolutamente nulla con il menù che avevano già pensato di elaborare. Perdono
completamente concezione di quello che devono fare. Quindi bisogna ritirarli e fargli
presente che un determinato ingrediente non serve. Questo tipo di training aiuta anche a
ritrovarsi in situazioni sociali in cui ovviamente insieme si ritrova sempre a mangiare alimenti
potenzialmente più fobici rispetto ad altri.
Lezione 3
IL TRATTAMENTO NUTRIZIONALE DEL BINGE EATING DISORDER
Anche nel caso di disturbo all'alimentazione incontrollato, è necessario che l'equip sia molti
professionale e multidisciplinare.
Una delle terapie maggiormente utilizzate è la terapia cognitivo comportamentale. Che cosa
vuol dire? Utilizzare questo tipo di terapia vuol dire cercare di creare, quindi di stimolare nel
paziente stesso innanzitutto consapevolezza di quello che è il suo disturbo e di
conseguenza di cercare nel paziente stesso, di stimolare la ricerca di soluzioni direttamente
al paziente. Quindi che cosa vuol dire? Che non siamo noi ad imporre la soluzione, quindi
non siamo noi ad esempio ad imporre in maniera meccanica quello che deve mangiare o
quello che deve fare durante l'arco della giornata, ma è una reciproca collaborazione.
Quindi cerchiamo con la nostra figura di far sviluppare ovviamente delle decisioni o delle
azioni proficue per arrivare al nostro obiettivo fondamentale che è quello di rinormalizzare il
comportamento alimentare di base scombussolato.
Come vi dicevo anche in questo caso si può ipotizzare un passaggio di setting, quindi vari
livelli di cura e come anticipavo il nostro obiettivo è quello di dare un razionale, fornire mezzi,
non le soluzioni.
Quali sono i criteri diagnostici per il disturbo di alimentazione incontrollato o binge
eating disorder?
Il criterio fondamentale è rappresentato dalla presenza di ricorrenti episodi di abbuffata,
dove per episodio di abbuffata si intende il momento in cui il soggetto e il paziente si ritrova
a mangiare una quantità tale di alimenti che è impensabile per un soggetto privo di un
disturbo alimentare.
Il criterio fondamentale è rappresentato dall'asso di tempo molto breve, altrimenti in questa
categoria potrebbero rientrare tutti coloro che ad esempio partecipano ad eventi, cerimonie
particolari in cui la quantità di cibo consumato all'interno della giornata potrebbe essere
sicuramente categorizzabile come impensabile per la maggior parte delle altre persone che
non sono state presenti ad una cerimonia.
Altro criterio presente in concomitanza durante questa abbuffata è la sensazione di perdita
di controllo. Come vi dicevo l'altra volta, pazienti che si ritrovano a fare delle abbuffate
innanzitutto non ricordano che cosa hanno fatto, che cosa hanno mangiato e quanto tempo
hanno perso nel mangiare, come se si distaccassero completamente dal qui ed ora.
Gli episodi di abbuffata possono essere associati a tre o più dei seguenti aspetti:
- Mangiare molto più rapidamente del normale, quindi in maniera vorace
- mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni. Molte persone arrivano a definire il
senso di sazietà nel momento in cui si sentono pieni fisicamente. In questo caso
-
-
viene definita direttamente dal paziente, dalla persona, la sensazione spiacevole di
pienezza.
Un altro aspetto è mangiare grandi quantità di cibo anche se non si ha fame. In questo
caso è palesemente adottata come metodica per placare un'emozione che può
essere una emozione positiva o negativa. Non sempre, ma molto spesso si, si
associa l'abbuffata o questi episodi di abbuffate di persone con questa tipologia di
disturbi con un'emozione negativa, quindi un trauma, un dispiacere forte, o rabbia o
noia. In realtà molto spesso può essere associata anche un'emozione positiva.
Mangiare da soli perché imbarazzati per quanto si sta mangiando, quindi la vergogna,
ma anche il senso di colpa, quindi sentirsi disgustato verso se stessi, depressi o in
colpa dopo l'episodio. Motivo per cui poi porta questi pazienti ad avere
un'alimentazione molto molto ristretta nei giorni successivi o negli ore successive,
proprio per compensare l'abbuffata.
Il disturbo della nutrizione con altra specificazione
Il cosiddetto OSFED, ossia disturbo della nutrizione con alta specificazione, è rappresentato
da tutti quei casi in cui non è possibile applicare i criteri diagnostici degli altri disturbi perché
ad esempio hanno una bassa frequenza o una durata limitata. Quindi che cosa vuol dire?
Che si presentano in media meno di una volta a settimana e per meno di tre mesi
consecutivi. Questi sono dei criteri fondamentali per porre diagnosi di binge eating disorder.
Un disturbo rientrante in questa categoria è il night eating syndrome, quindi si fa ricondurre
questi episodi di abbuffate unicamente al pasto serale o al pasto notturno. La professoressa
fa un esempio di una paziente che seguiva qualche anno fa che si ritrovava a effettuare
queste abbuffate unicamente durante la notte e paradossalmente quello per lei era l'unico
momento in cui riusciva a dedicare tempo a se stessa, perché durante tutta la giornata era
impegnata con i figli, la famiglia e il lavoro. I suoi figli erano abituati a dormire ancora con lei
nonostante avessero un'età ormai abbastanza avanzata, quindi già anche a dieci anni
comunque i bambini continuavano a dormire con lei e fino a che loro non si fossero
addormentati non poteva staccarsi da loro, quindi si ritrovava alle tre di notte a sentirsi libera,
andava in cucina e mangiava tutto ciò che si ritrovava di fronte.
Quindi come potete notare al disturbo alimentare ovviamente si associa sempre una
disfunzione di natura familiare o di natura comportamentale tipica di alcuni rapporti che
siano familiari o non familiari.
Un'altra tipologia di disturbo che fa parte di questa categoria non-hospit è il grazing, ossia
lo spiluccamento, il cosiddetto emotional eating, quindi la tendenza a spiluccare, a
assaggiare costantemente nell'arco della giornata e riempire di fatto la giornata attraverso il
cibo.
Poi c’è l'iperfagia che in realtà può essere correlata a tanti altri stati patologici, in questo
caso si applica una distinzione tra grazing e disturbo di alimentazione incontrollata in quanto
non è presente e non viene associato a una perdita di controllo, ma quindi nella maggior
parte dei casi è stimolata e causata, motivata da una disfunzione di natura clinica.
Cosa comporta la buffata dal punto
di vista personale?
Sicuramente
provoca
molta
agitazione, senso di colpa. è
particolareggiata, ossia ha delle
connotazioni molto personali, cambia
da persona a persona.
Ci sono alcuni criteri che riusciamo a
standardizzare
tra
paziente
a
paziente, ma molto spesso ha delle
peculiarità proprie.
Perchè vi sto dicendo questo? Perché
è importante che il dietista approfondisca queste caratteristiche, questi aspetti dell'abbuffata
in sé, soprattutto perché è importante andare a valutare che cosa stimola la buffata, questo
atteggiamento.
Sicuramente è importante riuscire attraverso il colloquio a trarne queste informazioni.
Strumento indispensabile è il diario di monitoraggio che ci dà la possibilità di appuntare le
emozioni, quello che viene consumato, quindi diventa anche una metodica di cura, perché
in quel momento il paziente ritorna ad essere cosciente su quello che sta avvenendo, ritorna
a focalizzare l'attenzione su ciò che sta mangiando, quindi ha un'idea in quel momento
stesso di quello che sta succedendo.
Un altro aspetto fondamentale da valutare e da chiarire e sui cui indagare è il fattore che
determina il termine dell'abuffata, perché sul fattore scatenante sicuramente è un qualcosa
di abbastanza intuitivo che è importante individuare, ma è importante anche valutare e
identificare se è presente un fattore, un elemento che mette fine all'abuffata.
La storia del peso
Un altro degli strumenti che il dietista ha a disposizione e che è bene che li applichi è la
valutazione della storia del peso, ossia una raccolta delle informazioni del peso, di come
questo peso sia variato, quindi di valutare qual è l'esordio dell'aumento di peso, la prima
volta che la persona o comunque che si ricorda o che gli è stato detto di essere sovrappeso
o obeso. Gli eventi che hanno contribuito all'aumento di peso, che siano essi sia di natura
psicologica o di natura clinica o organica. Qual è il peso abituale mantenuto prima
dell'aumento di peso, quello che è il peso massimo raggiunto o il peso minimo raggiunto.
Questo è un esempio di una storia del peso, come potete notare c'è una vera e propria
altalena. Sono indicate le date, gli anni di riferimento e il peso di riferimento. Su ogni peso
sono appuntate degli eventi particolari, le sensazioni, delle cause che la persona associa a
quell'aumento di peso o quella perdita di peso. Questo ci consente di avere una panoramica
generale di quello che è stato il percorso del paziente da qui a quando ha iniziato ad
aumentare di peso.
Una cosa che potete notare è che la prima è un disturbo di alimentazione incontrollata,
quindi solitamente chi ha un disturbo di alimentazione incontrollata ha questo tipo di
andamento, quindi si ha questo sbilanciamento costante del peso.
Invece nel caso di obesità non riconducibile al disturbo alimentare, quindi un'iperfagia
classica, l'andamento è in media costante, quindi tende in maniera costante ad aumentare
sempre di più il peso e non avere molte ricadute o comunque ricadute molto evidenti.
Durante il colloquio del dietista con il paziente è necessario chiarire gli aspetti clinici, quindi
identificare gli aspetti clinici ma anche motivare al cambiamento, quindi non comportarsi
come dei meri professionisti che ti rilasciano la ricetta medica, l'impegnativa e ti dicono ok
fai questo e poi ci rivediamo la prossima volta. No, è un colloquio motivazionale volto a
sostenere il percorso di cura del paziente.
Il colloquio dietetico - Qual è l'obiettivo?
Se ricordate bene per disturbo di anoressia nervosa l'obiettivo di peso è quello di aumentare
di almeno 500 grammi a settimana, in questo caso l'obiettivo di peso a cui si può concorrere
è quello del mezzo chilo o due chili a settimana, ovviamente dipende dal singolo caso, dalle
eventuali varie complicanze e dipende anche dal grado di consapevolezza e di motivazione.
Si attuano le varie metodiche per la valutazione della composizione corporea, quindi
circonferenze, plicometrie, BIA ecc.
L'obiettivo fondamentale del ciclo di riabilitazione è riassunto in questa slide, puntare alla
consapevolezza, all'autoservazione, fare in modo che il paziente stesso si renda conto di
quelli che sono i pattern alimentari che sviluppa in determinati momenti della giornata o in
determinati momenti della sua vita.
Valutare quella che è stata la
composizione dei passi,
quella che dovrebbe essere
in termini di educazione
alimentare.
Tener conto dell'emozione e
dei
pensieri
che
sopraggiungono in quei
momenti in cui si sviluppa la
buffata.
Qual è l'ambiente in cui si
sviluppa la buffata, perché
molto spesso è anche
banalmente soltanto un
ambiente, quindi soltanto
una casa o una stanza o un
luogo specifico che sviluppa,
che scatena l'abuffata.
Se ci sono delle metodiche di compenso, quindi anche in questo caso se ci sono delle
restrizioni forzate dell'alimentazione, se ci sono altre metodiche compensatorie.
A questo punto è necessario valutare insieme quella che è la situazione, quelle che sono le
ipotetiche complicanze a cui il paziente può andare incontro e proporre e fare in modo che
sia anche il paziente stesso a proporre una soluzione o a concordarla insieme.
È probabile che all'inizio non tutti i pazienti siano così motivati, anche perché molto spesso
vengono da anni e anni di percorsi terapeutici o percorsi nutrizionali e quindi sono
assolutamente sconfortati, solitamente sono sempre improntati a mangiare il meno
possibile, pensano che un approccio dietetico-nutrizionale voglia dire mangiare poco.
Quindi è giusto anche attendere o comunque non forzare il paziente a mettere in atto delle
metodiche di autovalutazione qualora non lo sentite pronto. Molto spesso non sono così
contenti o così felici di compilare un diario alimentare, a differenza del paziente con disturbo
di anoressia nervosa che è molto contento a volte di compilare un diario perché è un motivo
per lui di diventare ancora più bravo a controlalre se stesso.
In questo caso invece il primo sentimento, la prima emozione che scaturisce da dover
compilare un diario è il senso di colpa e la vergogna nei nostri confronti, nei confronti di se
stesso anche. Quindi una cosa che dovete trasmettere è la mancata volontà di giudicare,
ma far capire che è uno strumento che all'inizio può essere anche non mostrato a noi
terapeuti, ma che possono conservare e si decide volta per volta quando condividerlo.
Setting residenziale e semi residenziale
Una delle metodiche di sviluppo della terapia nutrizionale in molti centri di cura che abbiano
un setting residenziale o semiresidenziale si basa su l'assunto di evitare di consegnare un
protocollo nutrizionale, una dieta con grammature specifiche e vi spiego meglio. L'idea è
quella di fornire delle informazioni basilari, riguardo la nutrizione e l'alimentazione, quindi
fare una sorta di educazione alimentare molto basic.
Quello che viene concordato ogni volta con il singolo paziente è la tipologia di alimenti che
devono ruotare nell'arco della settimana, così come le linee guida ci insegnano.
Fissare la presenza di spuntini e di merende, questo vi ricordo anche per il disturbo da
bulimia nervosa, è molto importante, questo fa in modo di evitare quanto possibile l'episodio
di abbuffata.
Durante il pasto, se non si danno grammature come si fa a controllare la perdita di peso?
Quello che viene chiesto solitamente in questi setting terapeutici è di consumare il pasto
tutti insieme, quindi nella sala da pranzo, sala consumazione viene posto in essere un vero
e proprio buffet in cui le persone, i pazienti devono servirsi da sé, non gli viene consegnato
il pasto, quindi il piatto già con la sua porzione predefinita. Questo avviene per i disturbi da
anoressia nervosa o da bulimia nervosa.
In caso di DIE o di binge eating disorder sono le persone stesse che diventano autonome
nel servirsi, in base a quello che è stato concordato durante il colloquio con il dietista.
Solitamente, soprattuto le prime volte i pazienti si trovano a riempire il piatto con un
cucchiaino o due cucchiai scarsi di cibo, perché hanno la tendenza a restringere quanto più
possibile, perché sono fermi sull'idea di "devo perdere peso, devo mangiare poco".
Quindi anche in questo dobbiamo essere bravi a farli capire che è giusto mangiare
seguendo un'alimentazione corretta da un punto di vista qualitativo e quantitativo, ma
questo non vuole dire reprimere del tutto e restringere, quasi annullare il momento del pasto.
Durante la consumazione del pasto vigono alcune regole, ad esempio non si parla di cibo,
non si parla di peso e di forme corporee, non si esprimono giudizi su altre persone, non si
fanno battute inerenti la forma fisica o il cibo.
L'obiettivo è quello di distogliere l'attenzione da quell'elemento fortemente negativo, che è il
cibo, che è fortemente triggerante. Questo in caso contrario ovviamente avviene nel
momento in cui viene chiesto di compilare un diario alimentare quando sono da soli.
L'obiettivo di fondo è quello di stimolare autonomia in persone che molto spesso sono molto
poco autonome, hanno una considerazione molto bassa di sé, un'autostima molto bassa di
sé.
Una metodica però per concordare
insieme con i pazienti la quantità di
cibo che devono assumere c'è e
quindi è quella della dietetica per
volumi, quindi la quantità valutata in
base a dimensioni casalinghe,
quindi attraverso i cucchiai,
cucchiaini, bicchieri, palmo di
mano, dita.
Vengono indicate le frequenti
settimane di consumo degli
alimenti. Sicuramente non si ha
come obiettivo quello di basarsi
unicamente su calorie, grammature, lista di alimenti non consentiti, lista di alimenti
assolutamente da preferire e via dicendo.
Recensioni dell’approccio no diet
Queste sono alcune delle recensioni, alcune note che hanno lasciato i pazienti in base a
questo tipo di approccio non diet.
"Quando ho capito che non avrei avuto una dieta mi sono sentito perso", quindi questa è la
sensazione primaria che hanno, si sentono completamente disorientati, perché per una vita
hanno pensato, gli è stato detto di dover seguire una dieta specifica, di essere diligenti e
proprio molto spesso quest'obbligo ad essere diligenti che li ha portati per tanto tempo a
dover liberarsi delle catene attraverso la bufate.
"Non sapevo come fare senza delle indicazioni precise" Un altro paziente dice: "mi sono
sentita sollevata, ma carica di una bella responsabilità", quindi si devono per la prima volta
caricarsi di responsabilità un po' più grandi probabilmente di loro.Infatti fino a che hai un
professionista davanti, un dietista che ti dice devi mangiare questo, questo e quell'altro, caso
mai qualcosa va storto probabilmente la responsabilità non è tanto mia da paziente, ma
qualche responsabilità forse ce l'ha anche il terapeuta o il dietista.
È necessario però anche far capire che diventare responsabili e autonomi, gli aiuta tanto
innanzitutto per aumentare la propria autostima, aumentare la fiducia che hanno di se stessi,
ma soprattutto aiuta nel quotidiano, aiuta a gestire autonomamente i propri passi, le proprie
giornate alimentari e quindi anche adeguarsi costantemente ad altri aspetti non controllabili
come un imprevisto, il dover mangiare in fuori casa, in compagnia di persone che non si
conoscono e via dicendo.
Un altro paziente dice: "non dover seguire con rigidità una dieta creata da altri mi fa sentire
tranquilla e sollevata, è soprattutto una persona normale, adulta, autosufficiente, libera e in
grado di scegliere ciò che ritengo essere il meglio per me".
Un'altra persona, in questo caso stiamo parlando di chirurgia bariatrica, dice: "per gestire la
propria alimentazione ti svaluta come individuo, ti porta a credere di non essere in grado di
autogestirti e non essere capace di scegliere e forse di non avere neanche il diritto di essere
libera".
Training di familiarizzazione con il cibo
Abbiamo visto finora gli strumenti, abbiamo visto il diario che si chiama di auto monitoraggio,
abbiamo visto la metodica di scelta del pasto e ora vediamo il training di familiarizzazione
con il cibo.
Utilizzare un determinato cibo identificato come fobico, quindi un cibo altamente pericoloso
per la persona, ha l'obiettivo di gestire l'ansia latente e di abbassare volta per volta queste
sensazioni esagerate nei confronti del cibo fobico stesso.
L'obiettivo fondamentale è quello di puntare a una desensibilizzazione volta per volta.
è necessario mettere in piedi questa terapia in maniera controllata, in maniera sicura, al
momento giusto.
Un'altra metodica da poter utilizzare, da poter dare come supporto ai pazienti è dare dele
indicazioni molto basic su come come fare la spesa, come riporre il cibo, come cucinarlo,.
Un'altra attività organizzata da molti centri di riabilitazione, proprio per i pazienti con disturbo
di alimentazione incontrollata.
Un'altra metodologia che potrebbe essere utilizzata è quella di organizzare delle cene o dei
pranzi in cui saranno loro stessi a andare a comprare le materie prime, cucinarle e preparare
il pranzo o la cena e mangiarle tutte insieme. Avrete modo di verificare se vi trovaste ad
accompagnare questo gruppo a fare la spesa, noterete nonostante si sia compilata una lista
degli alimenti da acquistare, non appena entrano nel supermercato la loro attenzione
svanisce completamente.
Quindi da che dovevano comprare solo carne, pane, verdura, iniziano a girare nei vari
meandri del supermercato e vengono catturati da questo o da quello.
Quindi dare un'idea anche di continuità su qualsiasi cosa che sia riconducibile a un momento
di condivisione del cibo, ma anche di organizzazione di un pasto.
Un aiuto che possiamo dare noi come dietisti è sicuramente il momento in cui li
accompagniamo a fare la spesa è gestire, affrontare e placare l'ansia, la fobia nel momento
in cui si ritrovano a dover gestire delle situazioni per loro triggeranti, come possono essere
i supermercati, le pasticcerie, i bar, una macchinetta automatica in cui ci sono vari snack sia
salati che dolci che sono molto appetibili.
Anche in questo caso, così come il disturbo di anoressia e di bulimia, si mira molto a
risviluppare quelle percezioni sensoriali sul cibo che hanno le persone. Un'altra attività che
viene fatta all'interno dei laboratori sensoriali è quello di bendare gli occhi a tutti i pazienti, a
tutto il gruppo e di volta in volta far odorare determinati cibi o aromi o spezie.
Noterete che è come se fossimo davanti a dei bambini che per la prima volta si approcciano
con dei veri e propri giochi, quindi degli alimenti e degli odori probabilmente sconosciuti o
che avevano completamente accantonato. Si cerca di sviluppare sia le percezioni tattili,
visive, olfattive, uditive, si cerca di ristabilire un contatto con tutti questi elementi. Molto
spesso durante l'abuoffata non si tiene conto di tutti questi fattori, addirittura alcune persone
purtroppo si ritrovano anche a consumare e ne prendono atto unicamente dopo, alimenti
congelati o alimenti che non sarebbero edibili.
Un'altra attività predisposta, quindi già programmata dai centri di riabilitazione è l'attività
motoria. Ovviamente la perdita di peso non può viaggiare separatamente da una
riabilitazione motoria e una tonificazione anche dell'apparato muscolare. Va stimolata sia
motivando la cosa con il raggiungimento del peso corporeo concordato o per l'auspicabile,
ma sia per dedicare tempo a se stessi, per avere un contatto con la natura, per iniziare a
percepire nuovamente alcune sensazioni motorie o alcuni movimenti, banalmente anche
riallacciarsi le scarpe senza molta fatica è già un obiettivo su cui possiamo puntare.
Quindi quello che vi riassumo in questa slide è che il nostro lavoro di riabilitazione
nutrizionale in caso di BED si esplica in queste varie tematiche:
- nel lavoro di rieducazione nutrizionale ed emozionale
- nel rapporto corretto e nella normalizzazione del comportamento alimentare inteso come
una riappacificazione con il cibo, qualsiasi tipologia di cibo e un recupero del principio del
piacere.
Lezione 4
COMPLICANZE E INTERVENTI NUTRIZIONALI DEL DISTURBO DELLA NUTRIZIONE
E DELL'ALIMENTAZIONE NELL'INFANZIA
Quali sono innanzitutto i disturbi specifici dell'età evolutiva? Quelli che vengono racchiusi
all'interno del DSM 5 sono fondamentalmente tre:
1. I disturbi da evitamento o da restrizione: sono quei disturbi in cui il bambino e la
bambina si ritrovano a evitare, restringere in maniera molto selettiva la propria
alimentazione, non sicuramente per raggiungere un peso corporeo ideale o per
motivazioni legate alla sfera della composizione corporea o il tipo di apprezzamento
che hanno del proprio corpo, ma è semplicemente un evitamento dovuto a una paura
di morire o una fobia nei confronti di determinati cibi.
2. Picacismo: il picacismo è il consumo di alimenti che in realtà alimenti non sono, quindi
il consumo di materie prime, di sostanze non alimentari che per ovvi motivi possono
ledere alla salute del bambino stesso.
3. Disturbo da ruminazione: la tendenza a masticare molto a lungo un cibo e a volte
anche a ingerirlo e rigurgitarlo per poi continuare a masticarlo.
Tenete conto che la maggior parte delle complicanze fisiche conseguenti a questa tipologia
di disturbi sono rappresentate dalla malnutrizione in primis e da conseguenze della spera
psichica.
Molto spesso il picacismo e il disturbo da ruminazione non vengono diagnosticati se si
presentano all'interno di un quadro già da un punto di vista psicofisico compromesso,
ossia nel momento in cui è già stato diagnosticato un disturbo dello sviluppo, quindi un
disturbo associato allo sviluppo cognitivo del bambino fa in modo che non venga tenuto
conto del disturbo del comportamento alimentare. Quindi è come se diventasse una
caratteristica peculiare del disturbo dello sviluppo cognitivo.
Complicanze fisiche
Durante l'età evolutiva a prescindere, ma ancora di più in caso in cui si notano degli
atteggiamenti dei comportamenti alimentari anomali, è necessario tenere conto e tenere
sotto controllo diversi aspetti, in primis:
- eventuale presenza di squilibri elettrolitici
- bradicardia
- costipazione
- presenza di edemi
Bisogna tenere conto, che l'omeostasi metabolica di un bambino in età evolutiva, quindi di
un paziente in età evolutiva è sicuramente molto più labile rispetto a quella di un soggetto
adulto.
- L'osteopenia e l'osteoporosi sono purtroppo una delle conseguenze più frequenti
associate alla malnutrizione e ovviamente anche quella più scontata è rappresentata
alla mancata crescita e addirittura alterazioni sia della sfera gastroenterica, ma anche
della sfera riconducibile all'apparato cardiovascolare.
Il sintomo maggiore abbiamo detto è la malnutrizione, quindi la mancanza di substrati
energetici per consentire una crescita adeguata e una crescita intesa sia come crescita
dissutale muscolare, ma anche crescita tessutale dell'apparato scheletrico.
Queste caratteristiche sono tutte ricollegabili banalmente a una risposta fisiologica di
protezione messa in atto dall'organismo nel momento in cui non riesce ad ottenere il
substrato energetico o il fabbisogno energetico necessario per poter assicurare i processi
metabolici di base.
Un fattore molto negativo è rappresentato dalla riduzione della densità ossea che purtroppo
non sempre riusciamo a ristabilire. Dipende molto dalla durata del disturbo alimentare,
dall'età di esordio del disturbo alimentare e dalla gravità del disturbo stesso, quindi dalle
caratteristiche peculiari della restrizione calorica.
Quali sono gli obiettivi da un punto di vista nutrizionale per noi dietisti?
- Normalizzare il comportamento alimentare
- Ripristinare il peso: sufficientemente adeguato per l'età, il sesso e la costituzione del
bambino stesso
- Assicurare la crescita, quindi tenere ben presenti i percentili di crescita e cercare di
ristabilire i corretti livelli di crescita.
Come possiamo arrivare all'obiettivo fondamentale di ristabilire il peso corporeo
adeguato?
Innanzitutto è necessario valutare il rischio nutrizionale, quindi valutare lo stato di
accrescimento e valutare se effettivamente c'è un deficit di crescita o meno e questo lo
possiamo fare innanzitutto attraverso i percenti di crescita.
L'aspetto della riabilitazione nutrizionale strettamente correlato alla normalizzazione del
compartimento alimentare non può prescindere dal coinvolgimento con i genitori. È ovvio
che il bambino o anche il piccolo adolescente non è autonomo nella gestione dei pasti,
nell'acquisto delle materie prime e di conseguenza è necessario che vengano coinvolti per
lo meno i genitori, ma anche tutti coloro che si occupano della gestione dei pasti del
bambino.
Come si procede alla valutazione del rischio nutrizionale?
Si fa una rilevazione del peso, dell'altezza, si confronta con i percentili, si calcola l'indice di
massa corporea e si valuta anche quella che dovrebbe essere la velocità di crescita e se
viene rispettata.
A quel punto in associazione viene valutato anche la gravità della malattia ove presente o
la gravità delle complicanze.
Si può anche tenere conto della circonferenza vita e quindi adottare questo rapporto
circonferenza vita-età. (la professoressa ha riportato anche qui sulle slide dei riferimenti per
scaricare le curve di crescita) ma si possono utilizzare anche degli indici nutrizionali, quindi
dei veri e propri test di screening specifici per l'età evolutiva.
Qui ce ne sono 4, quello più utilizzato è il primo.
Quando è che è indicato un intervento nutrizionale?
Tenete conto del fatto che molti genitori sempre di più sono molto più attenti
all'alimentazione dei propri figli e soprattutto molto spesso tendono anche a sovrastimare
un eventuale problema, quindi tendono a sovrastimare e considerare una banale o
comunque comprensibile fase di rifiuto di alcuni alimenti come un ipotetico disturbo
alimentare.
Quando è che noi dobbiamo entrare in gioco? Nel momento in cui è accertata una perdita
di peso o un mancato aumento del peso, quindi una mancata crescita per un periodo
maggiore di 3 mesi.
Ovviamente questo è un aspetto che viene tenuto sotto controllo primariamente dal pediatra,
quindi dovrebbe essere il pediatra a coinvolgere, qualora non lavorasse già con un
professionista della nutrizione, a segnalare ai genitori la necessità di interfacciarsi con un
dietista, con un medico nutrizionista.
In quale altro caso è necessario intervenire da un punto di vista nutrizionale? In caso di calo
di 2 centili del peso, in base all'età, diminuzione della velocità di crescita staturale al di sotto
di 2 cm all'anno, rispetto all'anno precedente o un rallentamento della velocità di crescita.
In casi veramente eccezionali o comunque molto sporadici, si rende necessario da parte del
pediatro, del medico di famiglia di procedere con un ricovero ospedaliero urgente. In questo
caso è probabile, qualora vi provate a lavorare all'interno di un'azienda ospedaliera, che vi
ritrovate a dover gestire un bambino, un soggetto in età evolutiva, attraverso nutrizione
artificiale.
Ricovero ospedaliero
Ovviamente qualora non ci siano specifiche controindicazioni alla nutrizione artificiale di tipo
enterale, quella enterale risulta essere la prima scelta. Da ricordarsi che la nutrizione
artificiale di tipo enterale è la tipologia di nutrizione che continua a sfruttare l'apparato
gastroenterico in toto o parzialmente qualora si posizionino delle stomie a livello gastrico o
intestinale, ossia PEG e PEGI. La nutrizione artificiale parenterale invece sfrutta un tipo di
accesso venoso periferico o centrale e quindi bypassa del tutto l'apparato gastroenterico e
le miscele nutrizionali vengono somministrate al paziente attraverso l'apparato venoso, la
circolazione venosa.
Quando è che è probabile che sia necessario ricorrere alla riabilitazione nutrizionale?
In caso in cui il disturbo del comportamento alimentare sia riconducibile a un disturbo
di anoressia nervosa o bulimia nervosa in età infantile e preadolescenziale. Nel caso in cui
si presenta una forte ideazione del peso o un'intensa paura di crescere.
La maggior parte dei casi di anoressia nervosa e bulimia nervosa in età infantile è
caratterizzata più che altro da una restrizione o un evitamento totale degli alimenti per
evitare di crescere.
Ovviamente va da sé che di base vi è un alterazione della sfera morale e della sfera psichica.
Peculiarità dei pazienti AN e BN in età infantile e preadolescenziale
Come vi dicevo la prima lezione, fortunatamente con il nuovo DSM 5 è possibile fare
diagnosi di anoressia nervosa anche in ragazze in età evolutiva, in quanto è stato abolito il
criterio dell'amenorrea e motivo per cui è possibile fare anche diagnosi in un bambino.
La paura di crescere può essere definita in base alla paura di prendere peso, non
riconducibile alla paura di ingrassare, di assumere un aspetto fisico diverso da determinati
canoni, ma la paura di diventare grande.
La restrizione alimentare ha come obiettivo quello di bloccare la crescita.
Perché è importante riuscire a valutare e identificare questa tipologia di sottogruppo?
Perché in base al motivo scatenante dell'evitamento della restrizione dobbiamo
noi sapere dove approfondire o quali metodiche attuare per ristabilizzare, per normalizzare
di nuovo il comportamento alimentare. Va da sé che il lavoro svolto sulla composizione
corporea, quindi l'utilizzo della BIA, l'utilizzo della terapia allo specchio, sono del tutto
inadeguati in questo caso, poiché non è un tipo di restrizione o di evitamento riconducibile
a un'ideazione del peso.
Quindi da un punto di vista molto pratico non dobbiamo focalizzarci come nel caso
dell'anoressia nervosa, bulimia nervosa in età adulta o nel bed, nello scardinare
delle false credenze che girano intorno all'alimentazione e nemmeno motivare il reintegro
di alimenti fobici sulla base delle calorie.
In questo caso dobbiamo lavorare molto più spesso sull'approccio sensoriale e in analogia
su un approccio di riabilitazione psicologica. In molti casi vi ritroverete di fronte dei bambini
che scelgono di mangiare soltanto alcune consistenze alimentari per paura di affogarsi, per
paura di non riuscire a masticare bene, per paura di ingurgitare qualcosa di non sicuro e in
questo caso si parla di vera e propria regressione alimentare, quindi è come se il ventaglio
degli alimenti consumati si riferisse sempre di più a un'età quasi neonatale.
In questo caso di che cosa ci serviamo? Poniamo un vero e proprio svezzamento, quindi si
coinvolge i genitori o chi è che si occupa della gestione dei pasti e si programma un vero e
proprio approccio simile a uno spezzamento, quindi un passaggio, una programmazione,
una calendarizzazione dell'inserimento di nuovi alimenti, così come si fa durante uno
svezzamento in età neonatale.
Così come gli altri disturbi dell'alimentazione, per raggiungere l'obiettivo della riabilitazione
è necessario mettere sullo stesso piatto della bilancia sia la riabilitazione nutrizionale, che
ha come obiettivo fondamentale la gestione della manutrizione, che una riabilitazione di tipo
psicologica.
In questo caso ovviamente dovranno essere coinvolti anche i familiari.
Il primo lavoro che dovrete fare nel momento dell'anamnesi è quello di andare a valutare in
modo critico se effettivamente possiamo parlare di disturbo del comportamento alimentare
o se sono soltanto delle supposizioni soggettive dei genitori o dei familiari in generale.
Quindi bisogna analizzare bene quello che è il resoconto dei genitori, il racconto dei genitori,
andare proprio a spulciare nello specifico anche dei singoli pasti, cercare quando possibile,
quindi dipende molto dall'età del bambino, cercare anche di capire o di coinvolgere il
bambino con domande molto semplici e cercare di avere un'idea del tipo di alimentazione,
che riesce a consumare senza stress, senza trauma.
Sebbene non siamo noi tecnici dell'area psicologica, comunque avere anche noi un'idea
critica di quella che è la relazione tra i genitori e il bambino con ipotetico disturbo alimentare.
In molti casi vi ritroverete di fronte a delle caratteristiche peculiari, delle particolarità che
sono comuni a tante famiglie, ossia un rapporto genitori bambino abbastanza tipico, che ha
delle sfumature ipercontrollanti. Si osserva anche un’elevata ansia genitoriale che porta a
non rendere il bambino autonomo, quindi tende a programmare nei minimi dettagli quella
che deve essere l'alimentazione del bambino e molto spesso tende anche a bloccare
l'autoregolazione del bambino stesso.
Che cosa vuol dire? Che banalmente l'alimentazione meccanica che molto spesso viene
fatta, che viene posta in essere per neonati o bambini molto piccoli, in molti casi diventa
controproducente, o sviluppare, in soggetti predisposti sia dal punto di vista
comportamentale che psicologico, un disturbo alimentare.
A cosa mi riferisco con l'alimentazione meccanica? Banalmente l'atteggiamento di
imboccare, quindi di evitare che il bambino diventi lui stesso la persona che guida, che porta
alla bocca l'alimento, ma è semplicemente un mero strumento che deve accettare di buon
grado quello che gli viene proposto.
Le macro categorie degli approfondimenti che dovrete mettere in atto nel moment o
dell'anamnesi sono queste:
- Un'indagine da un punto di vista strettamente nutrizionale, quindi la valutazione dello
stato nutrizionale di tutte le caratteristiche correlate al comportamento alimentare
- Quelli che sono i fattori ipoteticamente scatenanti del disturbo
- I fattori di mantenimento.
Quando
fate
l'anamnesi
alimentare
dovete
partire
innanzitutto
a
prescindere
dall'età
del
bambino,
dell'adolescente che vi ritrovate
di fronte, dall'allattamento, quindi
dalla relazione instaurata tra la
madre e il bambino.
Anche il tipo di allattamento,
qualora sia avvenuto o qualora
no,
le
problematiche
sopraggiunte durante l'allattamento esempio la mancanza di tempo, il dover aver
programmato i momenti dell'allattamento in maniera molto rigida per varie motivazioni,
l'eventuale approccio emotivo con cui la madre si relazionava al bambino durante
l'allattamento ecc. Sono tutte caratteristiche che sommate l'una all'altra ci possono dare
un'informazione in più.
Tenete conto che sicuramente da un punto di vista nutrizionale il latte materno, ce lo dicono
le linee guida sia a livello nazionale che internazionale, è da preferire fin quando c'è. Un
altro fattore positivo dell'allattamento al seno è determinato dalla possibilità dei bambini di
autoregolarsi nel momento in cui sono attaccati al seno.
Paradossalmente è il genitore stesso ad essere meno partecipe al momento
dell'allattamento nel caso in cui invece si utilizza del latte artificiale.
Il latte artificiale oltretutto da un punto di vista strettamente nutrizionale sappiamo bene che
purtroppo influenza maggiormente la crescita di adipociti e di conseguenza può predisporre
il bambino a aumentare ad un accrescimento ponderale che non segue i percenti di crescita
di riferimento.
Durante lo svezzamento che cosa succede?
Bisogna approfondire anche quest'altra fase. Nel caso di passaggio da alimentazione
liquida,
semisolida,
solida,
come
è
avvenuto?
Ora fortunatamente si sta sviluppando l'autosvezzamento, fino a qualche anno fa
di default lo svezzamento prevedeva dei periodi molto rigidi e quindi anche un'introduzione
alimentare molto rigida.
Perché è così importante la fase dello svezzamento? Perché è proprio in questa fase che il
bambino inizia ad assaporare gusti completamente mai assaggiati, inizia a sviluppare delle
abilità anche da un punto di vista cognitivo, quindi la masticazione, coordinare la mano per
portare alla bocca un alimento e quindi essere lui stesso autonomo nella fase di
consumazione del proprio pasto.
Durante la fase di svezzamento, così anche come durante la fase di allattamento, il bambino
può e deve comunicare, o meglio, dovrebbe, perché in molti casi purtroppo questo non è
possibile. Comunque deve avere la possibilità di comunicare il proprio senso di fame e
stanzietà, quindi deve comunicare il rifiuto e deve anche comunicare anche la voglia di
mangiare.
Via via che la fase evolutiva procede, è ovvio che l'ampliamento, il ventaglio di alimenti,
quindi di scelte alimentari, aumentano. Aumenta anche la tipologia di processi cognitivi
associati all'atto di consumazione del pasto, come banalmente l'utilizzo delle posate.
A questo si integra anche, oltre all'approccio gustativo, anche un'integrazione sensoriale di
tipo olfattivo, visiva, tattile e ambientale, anche l'ambiente in cui i pasti vengono consumati
iniziano ad essere dei fattori importanti, dei fattori predisponenti o facilitanti durante il
momento del pasto.
L'aspetto sociale interviene via via durante la crescita e anche la regolazione dei
meccanismi di fame e stanzietà dovrebbero, volta per volta, mese per mese, anno per anno,
essere sempre più chiari, sia al bambino che ai genitori, gli accuditori.
Altro fattore importantissimo è quello di saper interpretare, quindi che gli accuditori sappiano
interpretare in maniera efficace quelli che sono i bisogni dei bambini. Nel momento in cui il
bisogno non viene interpretato, non viene capito, il bambino può provare un senso di
inadeguatezza, di abbandono, di separazione e questo può portare anche rifiuto nei
confronti del cibo.
Quindi uno dei fattori scatenanti più probabili che vi ritroverete ad affrontare è riconducibile
a un eccessivo controllo genitoriale che può seguire poi un vero e proprio atteggiamento
oppositivo da parte del bambino.
D'altro canto è probabile che in alcune situazioni i bambini si ritrovino ad avere un eccesso
di autonomia, quindi il bambino deve imparare, deve sviluppare delle capacità in maniera
troppo precoce rispetto a quelle che sono le fasi evolutive canoniche. Questo può mettere
il bambino in una condizione di stress, di ansia.
Il cosiddetto rifiuto alimentare nella maggior parte dei casi purtroppo viene visto dai genitori
come un vero e proprio meccanismo di sfida, come se fosse una sfida. I genitori, accolgono
molto male il rifiuto alimentare perché lo vedono come una loro sconfitta, perché non
riescono a gestire quello che è un bisogno inespresso.
Molto spesso il rapporto con il cibo, il momento del pasto diventa un momento di guerra vera
e propria, è come se riversassero tutti i contrasti, i conflitti sulla tematica cibo. Questo può
comportare? Semplicemente un allontanarsi totalmente da quella che è l'idea del cibo e
dell'alimentazione e utilizzarlo unicamente come un capo espiratorio.
Non si considera più il mangiare, il sedersi a tavola o condividere del cibo insieme come un
atto fisiologico necessario, ma come un modo per sottolineare il proprio potere, che sia da
parte del bambino o che sia da parte degli accuditori.
Durante l'età scolare sarebbe bene indagare riguardo le scelte alimentari fatte anche da
genitori. è ovvio che la maggior parte degli abitudini alimentari che noi assorbiamo in
maniera automatica e che ci portiamo dietro poi nel corso degli anni, ci vengono tramandate
dai nostri familiari. Quindi un'eventuale presenza di rigidità alimentare anche all'interno del
nucleo familiare. La gestione delle porzioni in alcune famiglie da sempre e sempre vengono
pesate le quantità o le porzioni di alimenti prima di essere cucinate. In altre famiglie invece
è abitudine cucinare in maniera non controllata da un punto di vista strettamente
matematico, ma si tende a dividere quello che è stato consumato, a conservare se non si
riesce a consumarlo durante lo stesso pasto.
Quindi indagare quelle che sono le abitudini alimentari, cercare di indagare riguardo tutto
ciò che gira attorno al comportamento alimentare familiare.
Quanto influenzano i vari attori all'interno della famiglia? Quant'è forte l'influenza dei social
media, della tv, quindi quanto effettivamente viene condiviso durante il pasto? Se è una
famiglia abituata a stare in silenzio durante il pranzo o la cena, se è invece una famiglia
caciarona, una famiglia in cui tutti parlano e nessuno ascolta, se è una famiglia in cui due
persone parlano e tutti ascoltano e via dicendo.
Ma soprattutto che tipologia di disponibilità, non economica, ma disponibilità di accesso al
cibo si ha in casa? Il bambino o l'adolescente ha la possibilità di accedere in qualsiasi
momento della giornata a qualsiasi tipo di alimento? Ci sono alcuni alimenti che non
vengono proprio acquistati? O che vengono del tutto banditi? Questo banalmente potrebbe
portare il bambino o l'adolescente a consumare di nascosto alcuni alimenti perché gli
vengono sempre vietati.
Abbiamo visto quello che deve essere l'anamnesi da un punto di vista nutrizionale, sia per
ciò che riguarda le caratteristiche prettamente comportamentali, ma anche ciò che ruota
attorno il momento del pasto e che ruota attorno all'interno della famiglia.
L'obiettivo primario che abbiamo già preso in considerazione prima è quello di evitare
un'ulteriore perdita di peso e puntare a un peso adeguato per il sesso, la statura e la
costituzione del bambino o dell'adolescente.
In primo luogo ci poniamo come obiettivo quello di risolvere lo stato di malnutrizione,
sfruttando gli alimenti che il bambino accetta, dopodiché in maniera graduale si cerca di
inserire anche nuovi alimenti, quindi di ampliare l'alimentazione del bambino.
In maniera analoga si deve lavorare (ovviamente in primis lo psicologo) sul miglioramento
del rapporto tra genitori e bambini. Quello che possiamo fare noi da un punto di vista
nutrizionale è quello di cercare di mettere in luce e di condividere con i genitori quelli che
possono essere degli atteggiamenti stimolanti per il bambino, quindi per ritrovare serenità
durante il momento del pasto.
L'obiettivo secondario è quello di diminuire l'ansia da esposizione a determinati cibi qualora
fossero fobici, reintrodurre una gamma molto più ampia di alimenti che erano stati prima
messi da parte e quindi cercare di normalizzare quanto più possibile il comportamento
alimentare.
In caso di disturbo evitante o restrittivo, le caratteristiche peculiari dei bambini aventi
questo disturbo con diagnosi di disturbo evitante o restrittivo è che solitamente sono molto
irritabili e sono molto introversi, quindi sono chiusi in se stessi, evitano di avere rapporti o di
essere espansivi.
L'apporto calorico insufficiente grava ancora di più su questo aspetto umorale e va da sé
che in maniera graduale è necessario cercare di arrivare per lo meno a bilanciare l'introito
calorico con il dispendio energetico.
Sempre bene cercare di approfondire, ovviamente non in maniera così esplicita ma in
maniera molto sottile anche se vi sono traumi, abusi o stress d'abbandono.
La selettività alimentare
La selettività alimentare è un tipo di comportamento tipico del disturbo dello spettro autistico,
ma può manifestarsi anche in bambini che non hanno disturbi dello sviluppo cognitivo.
Anche in questo caso è necessario valutare l'età d'esordio del disturbo, come si è modificato
nel tempo il comportamento alimentare, sempre partendo dall'allattamento, svezzamento e
fase dell'età evolutiva in generale.
Indagare sulle abitudini alimentari dei bambini e dei familiari, sulla gestione dei pasti e
valutare anche se questa alterazione del comportamento alimentare sia avvenuta in
maniera drastica, quindi probabilmente dovuta ad un trauma o se è avvenuta in maniera
graduale.
Solitamente per porre diagnosi di selettività alimentare è necessario che il repertorio
alimentare, quindi la gamma di alimenti consumati, sia inferiore a 10 e in analogia sia
accompagnata da un estremo rifiuto ad assaggiare alimenti nuovi.
A queste caratteristiche fondamentali si associano poi altri comportamenti come la
predilizione per determinate consistenze, difficoltà nella masticazione e difficoltà a gestire il
momento del pasto in base all'età anagrafica raggiunta.
L'alimentazione selettiva si riscontra in oltre il 20% dei bambini, molto spesso viene
sovrastimata dai genitori, quindi appena un bambino non segue i dettami o gli ideali degli
accuditori viene tirata in ballo un'eventuale selettività alimentare.
Dovete essere bravi a valutare se effettivamente si parla o meno di selettività alimentare.
Nella maggior parte dei casi la selettività alimentare tende a svanire o risolversi nell'arco
della crescita, molto spesso anche perché l'ambiente in cui il bambino si ritrova a dover
confrontarsi cambia, si passa da un ambiente chiuso, l'ambiente familiare, a un ambiente
un po' più aperto (l'ambiente scolastico o un ambiente riconducibile a squadre sport in cui
si ritrovano i bambini a dover consumare merende o a fare festicciole o a cena insieme).
L'età prescolare è il momento più critico dello sviluppo. Questo mi è capitato ad esempio in
reparti di neuropsiciatria infantile in cui è vero che i bambini che mostravano selettività
alimentare avevano anche dei disturbi della sfera intellettiva, ma nel momento in cui chiedevi
ad esempiose le verdure venissero consumate in famiglia durante il momento del passo da
parte dei genitori o degli altri fratelli, puntualmente le risposte che ricevevo erano che no, in
realtà le verdure venivano mangiate da tutta la famiglia soltanto frullate, nessuno si
azzardava mai a consumarle a fette o crude o intere. Quindi va da sé che paradossalmente
forse la disabilità intellettiva o comunque il disturbo di natura cognitivo probabilmente non
era così determinante nella scelta del proprio comportamento alimentare.
Come fate in questi casi nel momento in cui è palese che probabilmente molti dei
comportamenti del bambino sono riconducibili a delle abitudini alimentari dei genitori? Che
cosa potete fare?
Innanzitutto attuare il coinvolgimento degli accuditori, anche di eventuali altri familiari,
quindi fratelli, sorelle, nonni, zii, etc., dipende da chi è presente nel momento dei
pasti. Anche in questo caso bisogna puntare:
- sdradicamento di eventuali credenze o di aspettative erronee riguardo
l'alimentazione o riguardo la crescita
- valutare quelli che sono i fattori scatenati di mantenimento
- educare in qualche modo anche la famiglia, quelle che sono i riferimenti di una
corretta alimentazione o comunque di una alimentazione varia
- tener conto anche di alcuni motivi etici, religiosi che determinano l'esclusione di
determinati alimenti
- Supportare e stimolare un rapporto genitoriale con i bambini, stimolare un rapporto
più funzionale, quindi un rapporto focalizzato sull'ascolto. Ascolto sia inteso come
ascolto dei bisogni del bambino, ma anche come ascolto dell'eventuale rifiuto del
bambino.
Invece con i bambini stessi dobbiamo agire più che altro sulla diminuzione, quindi cercare
di placare l'ansia rispetto alla gamma di alimenti che non vengono visti come sicuri e
aumentare invece il rapporto di familiarità con questi alimenti, quindi cercare anche ad
esempio tramite dei giochi di ritrovare una familiarità con il cibo. All'inizio partire anche con
dei giocattoli a forma di frutta o di verdura e piano piano poi passare agli alimenti veri e
propri.
È possibile anche utilizzare o comunque chiedere di compilare un vero e proprio diario
alimentare familiare in cui vengono inseriti alcuni aspetti, alcune informazioni come ad
esempio quello che è stato mangiato, gli orari, il luogo, che cosa stavano facendo, i
comportamenti che si sono sviluppati a tavola, se è stato un pranzo tranquillo, gioioso o se
invece c'è stato uno scontro e valutare un'eventuale correlazione tra il subentrarsi di alcuni
eventi e l'opposizione o l'accettazione del bambino nei confronti del pasto.
RIASSUMENDO:
I nostri comportamenti al momento del pasto sono riconducibili a degli atteggiamenti
ereditati, dei comportamenti a noi tramandati dai familiari, dai genitori.
Quali sono le regole che dobbiamo trasmettere?
- Innanzitutto definire gli orari e gli spazi del pasto.
- Cercare di condividere il momento quanto più possibile e coinvolgere il bambino nella
preparazione del pasto. Ovviamente nel momento in cui il bambino riesce a toccare
- gli alimenti, quindi ha raggiunto un grado di familiarizzazione abbastanza elevato.
- Cercare anche di condividere con lui l'elenco delle pietanze che verranno preparate
e che verranno servite.
- Cercare di alternare nel momento in cui ci troviamo negli step successivi all'obiettivo
principale di riacquisto del peso, alimenti accettati e alimenti fobici.
- Cercare di reintegrare in maniera costante senza forzare il bambino. Quindi si
presenta a tavola, potenzialmente si può anche dire di accettare che il bambino non
mangi quell'alimento, ma quello stesso alimento dovrà essere mantenuto a tavola
perché verrà consumato da altri componenti della famiglia. Vi faccio un esempio. In
una famiglia un bambino non riusciva ad accettare né la vista né l'odore, quindi tanto
-
-
-
meno di assumere verdure di colore verde e questa decisione, questo rifiuto,
coinvolgeva tutti i familiari. Quindi i familiari non potevano consumare verdure di
colore verde, altrimenti il fratellino si sarebbe messo a piangere, a urlare e a
strepitare. Una delle indicazioni che dovreste trasmettere ai genitori e ai familiari è
che il bambino deve raggiungere l'accettazione che quell'alimento non verrà
mangiato da lui per ora, quindi può essere che poi tra i vari alimenti reintrodotti
riuscirete anche a reintegrare gli alimenti inizialmente, ma che quello stesso alimento
deve essere tollerato, quindi deve essere presente sulla tavola. Non verrà mangiato
da lui ma saranno soltanto gli altri componenti della famiglia a mangiarlo.
È necessario che si sviluppi un ambiente rilassato, quindi che non si entri in guerra
nel momento in cui ci si siede a tavola.
Comprendere, questa è una parola fondamentale. Cercare di trasmettere ai genitori
la necessità di comprendere gli atteggiamenti dei bambini, i rifiuti eventuali di un
bambino, comunque le difficoltà del bambino e non attaccarlo. Quindi cercare di
comprendere e di trasmettere tranquillità al bambino, non prendere il rifiuto come un
rifiuto personale. Quindi evitare di avere anche un atteggiamento impositivo, non
funziona il "ma lo devi mangiare
per forza", diventa soltanto un rapporto ancora più disfunzionale.
Cercare di consumare il pasto senza avere una tv accesa, quindi cercare di
confrontarsi tra di sé o comunque cercare di accrescere il rapporto che c'è tra genitori
e figli.
Se da una parte è importante che i genitori iniziano ad avere un comportamento molto
più aperto nei confronti dei propri figli con selettività o con disturbo alimentare, è bene
anche comunque ricordare al genitore che deve essere fermo e questo non vuol dire
essere impositivo.
Evitare di dare delle ricompense, quindi evitare di correlare l'ingestione di un alimento
con un premio, altrimenti saranno genitori stessi a diventare i succubi del bambino.
Ricordare sempre che più si insiste, più dall'altra parte si genera resistenza.
I FABBISOGNI NUTRIZIONALI NEI BAMBINI CON DANNO CEREBRALE
Paralisi cerebrale infantile e malnutrizione
La paralisi cerebrale (PCI) è un disordine relativamente comune, colpisce
approssimativamente da 2 a 3 bambini ogni 1000 nati e la sua prevalenza non è
significativamente cambiata dal 1950 nonostante le migliorate terapie pre e perinatali.
Questo perché le nuove tecnologie hanno permesso la sopravvivenza di un maggior numero
di prematuri e pazienti sottopeso .
La spasticità dipende da un aumento abnorme della sensibilità del muscolo scheletrico
all’allungamento attivo e passivo.
Questa può condurre:
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a un’alterata postura,
a contrazioni,
a spasmi dolorosi,
a ulcere cutanee,
disordini del movimento che determina incapacità di svolgere le normali attività della
vita di tutti giorni (trasferimenti, motilità, difficoltà a stare nella posizione seduta,
alimentarsi ecc.)
Si stima che il 35% dei bambini con CP siano malnutriti.
I Pazienti in CP hanno spesso difficoltà a coordinare i muscoli coinvolti nella masticazione
e nella deglutizione del cibo e liquidi → DISFAGIA
Il bambino cerebrospastico e la sua famiglia trovano nell’alimentazione uno dei principali
problemi della gestione quotidiana, tanto che quasi la metà del tempo trascorso da svegli
viene impiegato per l’alimentazione.
Il momento del pasto rappresenta spesso un evento molto delicato, caratterizzato da
accessi di tosse, pianto, vomito, fino a determinare talvolta una vera avversione al cibo da
parte del bambino.
Le cause di queste difficoltà sono molteplici e spesso coesistenti:
-
dipendono dai disturbi della deglutizione,
dalla dismotilità esofagea,
dalla gastroparesi,
dall’atonia duodenale,
dal sovvertimento delle strutture anatomiche (scoliosi).
Reflusso gastroesofageo patologico
Tutte queste condizioni, poi, possono essere concausa di un reflusso gastroesofageo
patologico che si può manifestare con:
-
disfagia,
calo ponderale,
pirosi,
- polmonite ab ingestis
- episodi di apnea
Per capire quanto stretta sia la correlazione tra malattia da reflusso e paralisi cerebrale
infantile, basti ricordare che:
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quasi il 75% dei bambini cerebropatici soffre di RGE
il 90% dei pazienti che necessitano di un intervento medico-chirurgico per RGE dopo
il primo anno di età sono bambini con danno neurologico o malformazioni esofagogastriche
La valutazione di disidratazione e deficit di macronutrienti
Nei bambini con danno cerebrale è frequente osservare stati di disidratazione e carenza di
micronutrienti (p.e. ferro).
Di conseguenza:
ï‚· Bisogna valutare periodicamente lo stato di idratazione (rischio di disidratazione per
incapacità a comunicare, scialorrea, disfagia).
ï‚· Per stabilire l'apporto adeguato di micronutrienti (Vit. D, ferro, calcio, fosforo) nei
bambini con PC, le linee guida ESPGHAN raccomandano di utilizzare gli apporti
dietetici di riferimento per i micronutrienti dei bambini con sviluppo normale
Disfunzione orofaringea e disfagia
La presenza di disfunzione orofaringea comporta disturbi in una o più delle fasi della
deglutizione, con conseguente manifestazione di disfagia, di vario grado, che va valutata
periodicamente e può comportare la necessità di alimentare il bambino tramite sondino,
PEG o digiunostomia.
Il paziente neurologico può avere problemi di suzione e/o deglutizione:
ï‚· Non ha forza per mangiare (suzione inefficace)
ï‚· Non riesce a deglutire
ï‚· Deglutizione alterata (aspirazione delle vie aeree)
Obiettivi della valutazione clinica e strumentale
VALUTAZIONE CLINICA:
ï‚· Raccomandazioni dietetiche
ï‚· Determinare l'obiettività della funzione deglutitoria
ï‚· Possibile eziologia della disfagia
VALUTAZIONE STRUMENTALE:
ï‚· Valutare l'efficienza della funzione oro-faringea
ï‚· Determinare la sicurezza della deglutizione
ï‚· Valutare l'efficacia delle strategie di intervento
ï‚· Stabilire una dieta sicura
1. Valutazione clinica della disfagia:
1. Raccolta anamnestica generale e di alimentazione
2. Valutazione fisica generale e delle strutture oro-facciali
3. Testing alimentare
2. Valutazione fisica generale e delle strutture oro-facciali
ï‚· Osservazione della mimica facciale ed eventuali dismorfismi
ï‚· Osservazione stato di allerta del bambino
ï‚· Valutazione della morfologia e motricità orale (labbra, lingua, velo, mandibola,
guance)
ï‚· Riflessi neonatali (ORALI e di SICUREZZA)
ï‚· Dentizione
ï‚· Osservazione gestione salivare
ï‚· Sensibilità peri ed intra-orale
ï‚· Osservazione della modalità respiratoria
ï‚· Qualità della voce (gorgogliante)
ï‚· Postura
3.Testing Alimentare
Osservazione delle varie consistenze di alimento:
ï‚· Semi-solido
ï‚· Solido morbido
ï‚· Semi-liquido
ï‚· Liquido
SATURIMETRIA
AUSCULTAZIONE CERVICALE
Testing alimentare: differenze di fasce di età
NEONATO:
ï‚· Alimentazione al seno/biberon
ï‚· Stabilita respiratoria/cardiaca
ï‚· Suzione nutritiva e non nutritiva
ï‚· Almeno 15-20 minuti
BAMBINO PIU’ GRANDE
ï‚· Relazione bambino/care-giver
ï‚· Consistenze somministrate
ï‚· Postura bambino/care-giver
ï‚· Ausili di somministrazione per alimentazione
ï‚· Reazioni avverse alla proposta degli alimenti
Quali segni?
SINTOMI DIRETTI:
ï‚· Tosse
ï‚· Gorgoglio
ï‚· Conatl di vomito
ï‚· Soffocamento
ï‚· Congestione
ï‚· Episodi di cianosi durante il pasto
ï‚· Respirazione rumorosa
ï‚· Stridore respiratorio
ï‚· Respingere il cibo dalla bocca
SINTOMI NON DIRETTI
ï‚· Polmonite ricorrente
ï‚· Tachipnea
ï‚· Bradicardia
ï‚· Apnea
ï‚· Desaturazione
ï‚· Poco interesse per gli alimenti
ï‚· Tempi del pasto prolungati
ï‚· Ritardo di crescita
Testing alimentare 1/2
OSSERVAZIONE AL PASTO
Proposto ALIMENTO SEMI-SOLIDO CREMOSO (omogeneizzato di frutta) con cucchiaino
in plastica dura: riesce ad assumere per os metà quota del vasetto in tempi molto dilungati,
necessità di diverse pause, sostegno mandibolare e accompagnamento nella detersione
del cucchiaino, posizione frontale del genitore.
Assenza di tosse intra e post-deglutitoria.
Proposto LIQUIDO (latte) al biberon: attivazione del pattern suzionale, scolo predeglutitorio, incoordinazione deglutitoria, comparsa di tosse intra e post-deglutitoria, insorge
affaticamento durante l'assunzione e comparsa di pianto inconsolabile.
Testing alimentare 2/2
OSSERVAZIONE AL PASTO
Proposto LIQUIDO (acqua) con cucchiaino in plastica dura: attivazione del pattern
suzionale, incoordinazione deglutitoria, comparsa di tosse intra e post-deglutitoria,
comparsa di pianto inconsolabile
A completamento diagnostico CONSIGLIATA FEES
Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica
Dieta consistenza, modificata: prevede cibi di consistenza morbida ed omogenea, che
devono essere facilmente masticabili e deglutibili. Devono essere previste modalità di
preparazione che evitino che i cibi rilascino piccoli pezzi che potrebbero determinare rischio
di aspirazione nelle vie aeree. Sarà una dieta normocalorica, ecquilibrata con modificazione
della sola consistenza. Si articolerà su tre livelli: dieta disfagica 1, disfagica 2, disfagica 3.
Indicazioni: è indicata nei pazienti con deficit della masticazione (es. anziani, anoressici) e
in pazienti che presentino problemi meccanici o funzionali di deglutizione (es. pazienti
neurologici).
Dieta disfagica1 - alimenti a consistenza liquida: (tutte le preparazioni alimentari indicate
dovranno essere diluite utilizzando latte, brodo, acqua fino a ottenere una consistenza simile
a quella del latte)
Questa tipologia di dieta risulta non sufficiente a soddisfare le caratteristiche nutrizionali del
vitto comune (calorie 1800-2000) e pertanto, nel caso in cui dovesse essere utilizzata per
periodi prolungati, deve essere valutata un'opportuna integrazione con Supplementi
Nutrizionali Orali (ONS).
Dieta disfagica 2 - alimenti semisolidi, omogenei e coesi- (frullati e omogeneizzati privi
di particelle) come ad esempio semolino dolce e salato, passati di verdura addensati,
omogeneizzati di carne, mousse dolci e salate, creme dolci e salate, frullati di frutta. L'acqua
dovrà essere sostituta ACQUA GEL, salvo differente prescrizione, nel quantitativo di almeno
4 vasetti da 125 g per pasto (pranzo e cena).
Dieta disfagica 3 - semisolida priva di alimenti difficili: (alimenti solidi morbidi e
semisolidi omogenei coesi privi di filamenti, di doppie consistenze e filacciosi) come ad
esempio pasta molto cotta e ben condita, gnocchi, polenta, passati di verdura, semolini,
polpette, frittate, flan di came e verdura, purè di verdure, formaggi morbidi, frutta cotta.
Escludere minestrina o riso in brodo. minestrone con pezzi, legumi non frullati, riso in bianco,
prosciutto crudo, carni asciutte, verdure filacciose (spinaci, biete, finocchi, costine, coste,
insalata), prodotti da forno. Salvo differente prescrizione è consentita la somministrazione
di acqua.
Documento quadro IDDSI – METODI DI MISURAZIONE
Metodi di valutazione per l'utilizzo del Quadro IDDSI
La revisione sistematica di IDDSI suggerisce che i liquidi e gli alimenti devono essere
classificati nell'ambito del processi fisiologici, dalla masticazione del cibo alla deglutizione
del bolo. A tal fine, sono necessari diversi strumenti per descrivere meglio il comportamento
del bolo (Steele et al., 2015).
Bevande e altri liquidi
La misurazione accurata delle proprietà del flusso di un fluido è un compito complesso. Ad
oggi, sia la ricerca che le terminologie nazionali esistenti, raccomandano che la
classificazione delle bevande sia basata sui gradi di viscosità.
Tuttavia, la misura della viscosità non è accessibile alla maggior parte dei medici o dei
caregivers.
Inoltre, la viscosità non è l'unico parametro rilevante: il flusso di una bevanda, in quanto
viene assunto per via orale, è influenzato da molte altre variabili tra cui densità, stress di
resa, temperatura, pressione di propulsione contenuto di grassi (O'Leary et al., 2010; Al.;
Sopade et al., 2007, Sopade et al., 2008a, b; Hadde et al. 2015a, b).0
La revisione sistematica ha dimostrato una grande variabilità nelle tecniche di prova
utilizzate e ha scoperto che altri parametri fondamentali quali la velocità di taglio, la
temperatura del campione, la densità e lo stress di resa sono stati raramente considerati
(Steele et al., 2015; Cichero et al., 2013).
Le bevande addensate, con diverse sostanza addensanti, possono avere la stessa viscosità
apparente ma presentare, nella pratica, caratteristiche di flusso molto diverse (Steele et al.,
2015; O'Leary et al., 2010; Funami et al. Ashida et al., 2007; Garcia et al., 2005).
Oltre alle variazioni di flusso associate alle caratteristiche della bevanda, la velocità di flusso
varia in relazione all'età e al livello di disabilità deglutitoria (O'Leary et al., 2010).
Per questi motivi, nelle descrizioni di IDDSI, non è prevista la misura della viscosità; bensi
è raccomandata, per la classificazione dei liquidi, una prova di flusso gravitazionale usando
una siringa da 10 ml valutandone il residuo dopo 10 secondi di scorrimento. I parametri
controllati sono generalmente rappresentativi del bere attraverso una
cannuccia o una tazza.
Test di Flusso di IDDSI
Il test di Flusso di IDDSI viene effettuato utilizzando una siringa ipodermica "Luer slip" da
10 ml, come indicato nell'immagine seguente:
Anche se inizialmente si pensava che le siringhe da 10 ml fossero uguali in tutto il mondo
perché corrispondenti ai requisiti standard ISO ( ISO 7886-1), successivamente, si è visto
che il documento ISO si riferiva solo alla punta della siringa e che esistono variazioni di
lunghezza e dimensione della stessa secondo le ditte produttrici.
Nello specifico, il test di Flusso IDDSI prevede l'utilizzo di una siringa con lunghezza,
compresa tra la linea corrispondente a 0 e la linea corrispondente a 10, pari a 61,5 mm
(siringhe test BDTM - codice produttore 301604). IDDSI evidenzia, inoltre, che alcuni
siringhe da 10 ml in realtà hanno una capacità di 12 ml ottenendo di conseguenza risultati
diversi.
A tal fine è importante controllare la lunghezza del corpo siringa, come illustrato nello
schema seguente. Nella scheda successiva sono raffigurati i dettagli dello svolgimento del
test.
I video dimostrativi sono visionabili al seguente indirizzo: http://iddsi.org/framework/drink--testing-. methods/
Il test di Flusso IDDSI è indicato soprattutto per la valutazione di consistenza di bevande e
altre sostanze liquide/sciroppose come sughi, salse e integratori alimentari (livelli 0-3). Per
quanto riguarda le sostanze consistenza più spessa (livello 4), per le quali il test di Flusso
IDDSI non risulterebbe idoneo, sono raccomandati, Test della Forchetta o il Test del
Cucchiaio inclinato (IDDSI Fork Test; Spoon Tilt Test)
Alimenti
La valutazione della consistenza di un cibo richiede l'utilizzo di strumentazioni complesse e
costose quale l'analizzatore di consistenza (Food Texture Analysers). Data la difficoltà di
accesso a tali apparecchiature, l'esperienza necessaria per l'esecuzione dei test e
l'interpretazione dei dati, si è dato l'avvio all'individuazione di terminologie nazionali con
descrizioni dettagliate inerenti la consistenza dei diversi alimenti.
La revisione della letteratura ha mostrato che la durezza, l'adesione e la coesione sono
fattori importanti da considerare. Inoltre, la dimensione e la forma dei campioni di prodotti
alimentari sono stati identificati come fattori di rischio di aspirazione (Kennedy et al, 2014
Chapin et al, 2013 Japanèse Food Safety Commission, 2010; Morley et
al. 2004; Mu et al, 1991;. Berzlanovich et al 1999. Wolach et al, 1994;. Center for Disease
Control and Prevention, 2002; Rimmell et al, 1995;. Seidel et al, 2002).
In seguito a queste considerazioni, la valutazione del cibi, deve prevedere sia le proprietà
meccaniche (ad esempio durezza, coesistenza, adesività, ecc.) che le caratteristiche
geometriche -forma- dell'alimento stesso.
IDDSI ha generato, da terminologie nazionali esistenti e dalla letteratura dedicata,
descrizioni di "texture" delle caratteristiche e delle restrizioni degli alimenti, sulla base anche
del rischio di aspirazione.
La revisione della letteratura ha suggerito che il cibo e le bevande dovrebbero essere
classificati nel contesto del processi fisiologici coinvolti dalla preparazione orale all' intero
processo deglutitorio. Per questo motivo, sono necessari diversi strumenti per descrivere al
meglio il comportamento del bolo.
Quindi al fine di classificare un alimento con precisione può essere necessario utilizzare una
combinazione di test, metodi di valutazione per puree, alimenti teneri e cibi solidi
comprendono:
- il test di gocciolamento (The Fork Drip Test)
- il test del cucchiaio inclinato (Spoon Tilt test)
- il test di pressione con una forchetta o con un cucchiaio (Fork or Spoon Pressure
Test)
- il test delle bacchette (Chopstick Test)
- il test delle dita (Finger test).
I video che illustrano questi metodi di misurazione sono disponibili al seguente indirizzo:
http://iddsi.org/framework/food-testing-methods/
Il Test di Gocciolamento dalla Forchetta
Le bevande spesse e gli alimenti fluidi (Livelli 3 e 4) possono essere analizzati verificando
il loro fluire attraverso i rebbi di una forchetta e confrontando le descrizioni dettagliate di ogni
livello.
Il test di gocciolamento è riportato nelle terminologie nazionali, già esistenti, dei seguenti
paesi: Australia, Irlanda, Nuova Zelanda e Regno Unito (Atherton et al., 2007: ASLT and
Irish Nutrition & Dietetic Institute 2009; National Patient Saféty Agency, Royal College
Speech & Language Therapists, British Dietetic Association, National Nurses
Nutrition Group, Hospital Caterers Association 2011).
Test del Cucchiaio Inclinato
Il test del cucchiaio inclinato è utilizzato per determinare l'adesione e la coesione del
campione di cibo. Questo test è descritto nelle terminologie nazionali già esistenti In
Australla, Irlanda, Nuova Zelanda e Regno Unito (Atherton et al., 2007; IASLT and Irish
Nutrition & Dietetic Institute 2009; National Patlent Safety Agency, Royal College speech &
Language Therapists, British Dietetic Association, National Nurses Nutrition Group, Hospital
Caterers Association 2011).
Il test è utilizzato principalmente per le valutazioni dei livelli 4 e 5.
Il campione di cibo deve soddisfare le seguenti condizioni:
- Essere sufficientemente coeso per mantenere la forma nel cucciaio
- L’intero blocco deve scivolare dal cucchiaio inclinato p se leggermente agitato
lasciando poc residuo nel cucchiaio stesso
- Se versato su una superficie piana, tende a spargersi
Valutazione della consistenza dei cibi teneri, solidi o duri
Per testare sia gli alimenti teneri che quelli duri è stato scelto di utilizzare come strumento
la forchetta. Tale strumento risulta utile per valutazione delle caratteristiche meccaniche,
della durezza, della forma e della dimensione delle particelle di cibo.
Valutare la conformità di particelle con dimensione pari a 4 mm
Per gli adulti, la dimensione media di alimenti solidi masticati prima della deglutizione misura
da 2 a 4 mm (Peyron et al.,2004; Woda et al., 2010). Lo spazio tra i rebbi di una forchetta di
metallo standard misura 4 millimetri, di conseguenza risulta una misura utile per il rispetto
delle dimensioni delle particelle di alimenti inclusi nel livello 5 (Tritato fine e Umido).
Nei bambini, invece, la dimensione di sicurezza, per evitare rischi di aspirazione, deve
essere inferiore alla larghezza massima del loro dito mignolo, misura sovrapponibile al
diametro interno del tubo endotracheale nella popolazione pediatrica (Turkistani et al.,
2009).
Valutare la conformità di particelle con dimensione pari a 15 mm (1,5 cm)
La dimensione raccomandata dei cibi sia duri che teneri è pari a 1.5 cm x 1.5 cm, misura
corrispondente approssimativamente alla grandezza dell'unghia del dito pollice di una
persona adulta (Murdan,2011).
La larghezza di una forchetta standard, come raffigurata nell'immagine seguente, misura
1.5 cm. La dimensione dell' alimento cm 1.5x1.5 riguarda il livello 6 (Tenero/Spezzettato),
dimensione ritenuta di sicurezza per ridurre episodi di soffocamento da Inalazione di cibo (
Berzianovich et al., 2005; Bordsky et al., 1996,Litman et al, 2003).
Test della pressione della forchetta e del cucchiaio
Al fine di osservare eventuali modifiche di struttura su un campione di cibo in seguito
all'applicazione di una pressione, può essere utilizzata una forchetta.
La pressione applicata al campione alimentare è stata quantificata mediante la valutazione
della pressione necessaria per far apparire il colore bianco nell'unghia del pollice premuto,
come dimostrato dalle frecce nell'immagine sottostante.
La pressione necessaria per far apparire il "biancore" sull'unghia del pollice equivale a ~17
kPa, paragonabile alla forza della lingua usata durante la deglutizione (Steele et al,2014).
Nell'immagine a destra, la pressione è espressa in kilopascals utilizzando lowa Oral
Performance Instrument, uno degli strumenti che possono essere utilizzati per misurare la
pressione linguale.
La forchetta, utilizzata per il test di pressione deve essere premuta sul campione alimentare
posizionando il pollice all'altezza della base della stessa (appena sotto i rebbi) fino a
comparsa del biancore come mostra la foto a sinistra.
La forchetta, non reperibile in alcune parti del mondo può essere sostituita dal cucchiaino
da tè.
Lezione 5
LA RISTORAZIONE COLLETTIVA
Le ultime Linee Guida per la ristorazione Scolastica sono del 2010.
è molto probabile, qualora vogliate continuare in questo ambito, che vi rivolgiate a dover
affrontare o dei interventi di educazione amministrale o di elaborare menù per la ristorazione
scolastica, ristorazione aziendale, ospedaliera e di conseguenza è necessario e auspicabile
che voi abbiate ben chiaro quali sono i riferimenti a cui dovete collegarvi.
Quindi innanzitutto le linee di indirizzo nazionali, le ultime sono state aggiornate da qualche
anno, sia le linee di indirizzo per ristorazione scolastica, aziendale o ospedaliera e sono del
2017/2018.
Oltre poi alle linee di indirizzo nazionali dovete far fronte, qualora esistano, alle linee di
indirizzo regionali. Solitamente si rispettano e si sovrappongono, ma molte volte in quelle
regionali viene posta l'attenzione soprattutto sui piatti tipici e quindi vanno lette anche quelle
regionali.
Nel momento in cui dovete andare ad elaborare tecnicamente un menu e quindi a calcolare
gli introiti calorici e gli introiti di micronutrienti dovete fare riferimento ai LARN.
Quali sono gli obiettivi peculiari della ristorazione scolastica?
Questo è bene che voi l'abbiate ben presente ma soprattutto che riusciste a comunicarlo, a
trasmetterlo anche a genitori, familiari e insegnanti. Anche loro infatti possono dare man
forte oppure possono ostacolare purtroppo molto spesso l'applicazione di un determinato
menu. Quindi è bene che siano informati, educati e formati riguardo i principi basilari di una
dieta in un corretto stile.
Tenere conto del fatto che il pasto a scuola è un momento fondamentale non soltanto dal
punto di vista nutrizionale ma anche dal punto di vista culturale, educativo, sociale, etico.
Ormai è la norma avere classi interculturali ed è bene che si riesca a rintegrare anche
l'aspetto culinario interculturale. Molto spesso perché se andiamo ad analizzarlo dal punto
di vista nutrizionale e dietetico, molti dei piatti tipici di culture diverse dalla nostra sono in
realtà molto più vicine alla dieta mediterranea rispetto a un humburger o un piatto di lasagna.
Un altro obiettivo fondamentale che si è posto dal Ministero della Salute e dell'Istituzione è
quello di combattere le eccedenze alimentarim e lo spreco alimentare. E in questo è bene
sicuramente sensibilizzare i genitori, gli insegnanti ma soprattutto chi lavora nell'ambito della
ristorazione, quindi chi è che elabora il menù, chi è che lo applica.
La maggior parte delle volte le ditte si ritrovano a assumere il comando della mensa, ossia
la stazione appartante che può essere il comune, l'ospedale, il DSU Toscana, prendono in
appalto la mensa ospedaliera, la mensa del comune, della scuola elementare, scuola media
e è la ditta che con i propri dietisti, con i propri dipendenti applica il menù.
Quindi dovreste, nel caso in cui vi ritrovate dalla parte della ditta, dovreste essere in grado
di applicare il menù ma soprattutto applicarlo dal punto di vista quantitativo, coerente con i
fabbisogni nutrizionali dei bambini, dei ragazzi e coerente per rispettare il principio di
gestione delle eccedenze.
In base agli ultimi risultati delle indagini epidemiologiche condotte sulla fascia d'età
evolutiva, quindi dai 8 ai 15-17 anni ancora, è palese che c'è uno stato di malnutrizione,
principalmente di malnutrizione per eccesso abbastanza frequente soprattutto nelle regioni
centro-meridionali.
Cos'è uno studio epidemiologico di questo tipo? Okkio alla salute, HBSC, lo studio di salute?
HBSC è un progetto molto
simile,
però
coinvolge
unicamente ragazzi in età
adolescenziale, quindi oltre alle
indagini
di
natura
nutrizionale, si sono focalizzati
anche sull'abuso di sostanze.
Poi ci sono studi sui consumi
alimentari condotti dal Crea. Il
Crea è il centro di ricerca
nazionale sulla viticoltura e si
occupa anche di fare indagini di
consumi alimentari. L'ultima indagine è iniziata nel 2016 la professoressa ha partecipato,
per rilevare lo stato nutrizionale attraverso metodiche antropometriche, quindi peso, altezza,
circonferenze, plicometria e valutare anche quelli che sono i confumi alimentari con dei
recall delle 24 ore o con dei diari alimentari.
In base a questi studi di popolazione che vengono condotti ogni 5-6 anni in maniera
sistematica, il Ministero della Salute propone quelle che dovrebbero essere le linee di
indirizzo o comunque gli obiettivi fondamentali che il Paese, che la nazione, che gli
specialisti debbano mettere in campo sul territorio per prevenire un rischio per la salute.
In questo caso questi studi condotti su una popolazione di età evolutiva vengono elaborati
per valutare qual è il rischio di obesità, il rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari, il
rischio di insorgenza di tutta una serie di patologie estremamente correlate con
l'alimentazione e la nutrizione, quindi stati di malnutrizione sia per eccesso che per difetto.
Questi sono i dati raccolti per il
2014, come potete notare c'è una
diversa distribuzione dal nord e
sud. Quello che è interessante
però è che nella maggior parte
delle situazioni in cui si osservava
un sovrappeso o un obesità
abbastanza
acclamata
dei
bambini, non si associava anche
una consapevolezza da parte dei
genitori. Quindi è questo il lavoro
che
sicuramente
è
bene
approfondire.
Cercare di non terrorizzare i genitori, anche perché ormai l'attenzione è aumentata
abbastanza anche da parte dei familiari sulla corretta alimentazione, sul peso dei loro figli,
è bene però far capire che non sempre alcune scelte alimentari sono nutrizionalmente
valide. Né che siano estremamente restrittive né che siano del tutto lascive.
Un altro dato che poi è stato confermato anche nelle indagini più recenti è che purtroppo la
maggior parte dei ragazzini e dei bambini non fa colazione la mattina o fa una colazione non
adeguata, si ritrova quindi a fare una merenda molto abbondante che di solito porta da casa
e consuma abbastanza saltuariamente frutta e verdure.
Lo stato ponderale degli adolescenti sembra essere bene o male tendenzialmente stabile
sul loro peso, ci sono ovviamente degli outside. Questo perché gli adolescenti sono la fascia
di età in cui si osserva maggiormente una volitività nell'attività fisica, anche se ultimamente
purtroppo questa cosa è andata scemando.
Queste sono delle tabelle inserite direttamente nelle linee di indirizzo regionali della
ristorazione scolastica e tenete conto che queste linee di indirizzo sono indirizzate a
specialisti, quindi a dietisti o a medici, nutrizionisti, scuole di specializzazione ecc. Quindi
professionisti che si occupano delle lavorazioni dei canali alimentari per ristorazione
scolastica.
Quindi, nel momento in cui voi fate il pranzo, il lunedì, il mattino, il giovedì, il venerdì, dovete
decidere le quantità, dovete decidere quelli che devono essere gli apporti calorici per fascia
d'età, perché nella ristorazione scolastica vuol dire che dovrete occuparvi sia delle quantità,
che è molto probabilmente anche nella scelta di alcuni alimenti sia per bambini molto piccoli,
quindi che del nido, sia per bambini che si fanno la scuola dell'infanzia, scuola elementare,
scuola media, scuola secondaria.
Che cosa vuol dire questo?
Che in base alla fascia d'età voi dovete avere come riferimento queste calorie per il pranzo.
Per bambini del nido l'apporto calorico medio di un pranzo deve essere questo, 380-400kcal.
Per un ragazzo che va alle superiori deve essere divers, quindi vuol dire che il programma
cambia.
Le calorie in media, queste sono stimate in base all'apporto calorico totale dei LARNper
fascia d'età. È stata fatta una media tra l'apporto maschile e quello femminile. In base a
questo apporto totale giornaliero vengono definiti i vari apporti su singoli pasti.
I menù devono essere preparati su un’organizzazione di almeno 4 settimane su due
stagioni, autunno-inverno e primavera-estate. Di solito l'autunno inverno parte dal 1
Novembre fino al 15-31 marzo, primaverile ed estivo dal primo di Aprile al 31 Ottobre.
Possono cambiare a volte in base a varie esigenze anche climatiche, però bene o male
sono questi.
La stagionalità è voluta per seguire il calendario della stagionalità di frutta e verdura.
Per singola fascia d'età, sapete che per i bambini di infanzia la quantità di pasta o di riso da
consumarsi asciutta, quindi con condimento di pomodoro, condimento semplice, è di 50-60
grammi, per la scuola primaria 70-80, scuola secondaria e inferiore, quindi scuola media 8090, scuola secondaria e superiore 90-100.
I condimenti hanno le loro grammature, i secondi altre grammature, verdura altre
grammature.
Per ogni menu settimanale dovete andare a calcolare per singola fascia d'età la somma
bromatologica di quel pasto e avere un'idea dell'apporto calorico totale e dovete rispettare
anche le proporzioni definite dai LARN. Quindi le percentuali di proteine devono essere tra
il 10 e il massimo del 20%, e quindi dovremmo avere un calore di 45-60% e lipidi di 25-30%.
Oltre a macronutrienti vi verrà chiesto, dipende anche dalla regione del riferimento, anche
di calcolare e di presentare nel momento in cui si presenta un menu per essere validato,
alcuni dei micronutrienti, come per esempio il ferro, il calcio o le fibre, sono alcuni dei
micronutrienti che possono mettere a rischio la salute del bambino e dell'adolescente.
Per i bambini della scuola di infanzia o del nido si prepara, si calcola e si valuta, quelle cje
sono le varie scelte anche per la merenda di metà mattina e di metà pomeriggio.
L'ideale in un mondo fantastico sarebbe che i genitori avessero una copia del menu che
viene servito a scuola per adeguare l'alimentazione e variare quando possibile i pasti. Una
cosa che bisogna sottolineare ai genitori è che quel menu che è stato validato, che è stato
approvato dall'ULS, è un menù sicuro sia da un punto di vista nutrizionale che di sicurezza
alimentare. Quindi, sarebbe ideale effettivamente seguire quel menù, soprattutto per la
varietà di alimenti che viene preparata e per la frequenza alimentare.
Questi sono gli ingredienti a cui voi dovete tenere nel momento in cui fate la scelta del tipo
di pasto. Quindi: cereali, legumi, patate, carne, pesce, uova. E tra i primi piatti ovviamente
vi potete sbizzarrire.
è prevista anche come piatto unico la pizza, a cui solitamente si associa un contorno di
verdure. Quindi, se in un pranzo c'è la pizza viene accompagnata da un contorno di verdura.
Per i legumi, vi dice almeno una o due volte a settimana, che possono essere utilizzati per
preparare i piatti unici, accompagnati da una quota di cereali.
È necessario riguardare soprattutto ai genitori che non è indispensabile che in ogni pasto ci
siano proteine di origine animale bene supportare e alimentare anche le proteine da alimenti
vegetali. Questo, ad esempio, non vuol dire preferire hamburger vegetali già pronti, ma
sarebbe auspicabile far preparare dalla cucina degli hamburger vegetali a base di legumi o
legumi e pasta.
Lo spuntino in alcune fasce d'età deve essere compreso al menù e deve rappresentare il 510% dell'apporto calorico giornaliero e questi sono dei tipi di spuntini che vi suggeriscono le
Linee Guida. Non vuol dire che devono essere esclusivamente questi, ma potete crearne di
nuovi.
Il capitolato d’appalto
Un tema molto delicato è il capitolato d'appalto. Il capitolato d'appalto è un documento in
cui un altro ente pubblico dirige tutte quelli che sono i requisì fondamentali in questo caso
ad esempio di una ristorazione scolastica. Vi dice che dovrà essere ad esempio elaborato
un menù per varie fasce d'età o dovrà essere preparato un dietetico-ospedaliero con varie
speciali e il capitolato stesso definisce anche alcune delle caratteristiche merceologiche
degli alimenti. Che cosa vuol dire? Che la stazione appaltante vi dice il 100% dei cereali
utilizzati e della pasta utilizzata deve essere biologico, il 70% della frutta utilizzata deve
essere biologica, il 50% della carne utilizzata deve essere chianina ecc.
Molto spesso purtroppo i genitori stessi non hanno idea che esistano queste restrizioni
quindi non hanno nemmeno idea di quella che è la qualità nutrizionale delle materie prime
che vengono utilizzate in cucina quindi anche questo dovrebbe essere un compito del
dietista. Innanzitutto aver bene chiaro le caratteristiche merceologiche per quel capitolato e
far presente che probabilmente è meglio che un bambino consumi la pizza o l’hamburger di
chianina anziché mangiare l'hamburger vegetale già pronto preso al supermercato. Questo
perché molto spesso alcuni dei genitori si impuntano o chiedono un'alimentazione
particolare per motivi etici, che è anche giustificabile, quindi evitare il consumo di prodotti di
origine animale, ma perché non si fidano della qualità della carne che viene utilizzata. Quindi
cercare quanto più possibile di valutare voi in prima persona se le materie prime utilizzate e
siano effettivamente di una qualità accettabile o no.
Lezione 6
LA SICUREZZA ALIMENTARE E L’HACCP
Quando parliamo di sicurezza alimentare ci si riferisce alla necessità di assicurare
all'individuo che qualsiasi cosa che venga messa in commercio come alimento sia sicura
della sua salute.
Per arrivare a questo obiettivo finale devono essere coinvolti vari ambiti, che sia l'ambito
strettamente riguardante la produzione sia di alimenti di origine animale che
dell'allevamento degli animali stessi che poi diventeranno un alimento per l'uomo, ma anche
per l'uso di pesticidi nell'ortofrutticolo ad esempio.
Coinvolge la medicina sia quella umana che veterinaria, perché stiamo parlando comunque
di assicurare la salute dell'uomo, ma è necessario anche assicurare la salute dell'animale
allevato.
Nel momento in cui non vengono utilizzati per niente antibiotici durante un'infezione o ne
vengono utilizzati troppi, il primo danno lo subisce direttamente l'animale. Se l'animale poi
in quello stato viene macellato, viene distribuito e viene consumato dall'uomo a sua volta si
impone anche un rischio per la salute dell'uomo stesso.
Per standardizzare le produzioni, i controlli che devono essere fatti sulle singole fasi
dell'allevamento, di produzione, di trasformazione e di distribuzione e per standardizzare a
livello europeo è ovvio che abbiamo necessità di avere dei regolamenti normativi e legislativi
e in questo spiraglio si insinua l'ESFA che è l'autorità europea della sicurezza alimentare,
che ha sede a Parma.
L'obiettivo fondamentale della sicurezza alimentare è quello di assicurare il profilo igienico
sanitario, la food safety. Quindi assicurare dei prodotti alimentari e dei mangimi sicuri per lo
stesso animale.
Bisogna informare anche il consumatore, cioè il consumatore deve diventare parte attiva,
deve essere ben informato e deve essere messo nella condizione di poter scegliere cosa
acquistare. Questo è il motivo per cui da 11-12 anni a questa parte abbiamo tantissime
informazioni in più sull'etichetta degli alimenti. Bisogna tenere conto che fino a 12-13 anni
fa non c'era molto sull'etichetta alimentare. Ora abbiamo ad esempio da un punto di vista
nutrizionale la tabella di composizione degli ingredienti, gli ingredienti stessi, sappiamo la
percentuale di grassi saturi o di grassi poliustaturi ecc e tutte queste informazioni prima non
erano presenti.
Pacchetto igiene
Quando si parla di pacchetto igiene si fa riferimento a un insieme di regolamenti comunitari
della comunità europea che hanno segnato la nascita della legislazione alimentare.
Tra i più famosi c'è il regolamento 178 del 2002 o il regolamento 852 del 2004 (non lo dovete
conoscere, dovete sapere a che cosa si sta facendo il riferimento).
Il primo, ossia il 178, va a fissare quelli che sono i principi basilari e quesiti generali della
legislazione alimentare.
I vari altri regolamenti normano l'igiene degli alimenti e dei mangimi, i controlli ufficiali ecc.
Quindi una delle attività che fa l'agenzia è quello di eseguire dei controlli e delle ispezioni
sia negli esercizi commerciali ma anche nelle mense scolastiche, negli stabilimenti che si
occupano della produzione degli alimenti. Il SIAM ha come riferimento questi regolamenti
qui, dove vengono definiti quelli che sono le campionature da effettuare, quali sono i limiti
idrogeologici a cui fare riferimento nel momento in cui si va a campionare un alimento o si
va a eseguire un tampone di superficie.
Regolamento 178 del 2002
Il Regolamento 178 ha dato il via alla legislazione alimentare, quindi alla gestione, all'analisi
del rischio e alla valutazione del rischio di tutto ciò che viene messo in commercio e che può
potenzialmente creare un danno alla salute del consumatore. Fissa come principio cardine
la volontà di consentire ai consumatori di fare delle scelte in autonomia, delle scelte
consapevoli nel momento in cui si trovano nel mercato.
Quali sono le informazioni che trovate in etichetta?
- La tipologia di ingredienti
- Se ci sono gli additivi che devono essere indicati
- La data di scadenza. La data di scadenza è una informazione molto importante. Qual
è la differenza tra data di scadenza definita con un giorno preciso e dove invece
troviamo la dicitura "consumare preferibilmente entro"? Possiamo dire che il prodotto
che ha come dicitura "consumare preferibilmente entro" non ci arreca danno anche
se consumato oltre il termine definito sull'etichetta. Da un punto di vista igienicosanitario è sicuro, invece le qualità organolettiche non sono conservate, quindi
probabilmente la palatabilità non è la stessa del prodotto consumato prima di quel
periodo di riferimento, ma possiamo affermare che il prodotto è sicuro da un punto di
vista igienico-sanitario.
- La provenienza è un'altra informazione molto importante che fino a poco tempo fa
per molti alimenti non era necessario aggiungere
- Un altro principio cardine del Regolamento 178 è la rintracciabilità. La rintracciabilità
è il processo in cui noi riusciamo a risalire a tutte le fasi di produzione di quegli
alimenti, dalla produzione, dal confezionamento, dalla distribuzione, fino a arrivare al
consumatore. Il concetto di rintracciabilità e poi la messa in atto della rintracciabilità
stessa, ci permette di andare al ritroso lungo la filiera produttiva, ma soprattutto
intervenire immediatamente qualora ci siano degli allerte alimentari.
Ad esempio, se noi ci troviamo in un'azienda che produce marmellata in vasetto di
vetro. Durante la filiera di produzione si rompe il vasetto e rilascia 10.000 pezzi di
vetro. In base al lotto di produzione utilizzato quel giorno, l'azienda produttrice della
marmellata avvisa il ministero e dice che il lotto 178 debba essere ritirato perché c'è
un rischio che ci siano all'interno degli altri barattolini pezzetti di vetro e quindi un
rischio per il consumatore. Il ministero a quel punto mette in atto la procedura, l'allerta
e il ritiro del prodotto e lo comunica ad esempio alle USL territoriali, ai SIAM, per fare
in modo di bloccare direttamente la messa in commercializzazione di quel lotto di
marmellata. In questo caso si parla di ritiro del prodotto.
Se quel barattolo di marmellata è arrivato già sul banco della COOP, è probabile che
ce l'abbia già in casa qualche cittadino. In quel caso si parla di richiamo. I richiami
vengono condivisi direttamente con il consumatore. Si fa in modo che al consumatore
arrivi l'informazione che in questo caso, questo alimento non deve essere mangiato
perché è a rischio.
Per arrivare a mettere in atto una procedura di ritiro e di richiamo, è necessario però
che l'azienda produttrice di marmellata, in questo caso, adotti un sistema interno, un
cosiddetto sistema di rintracciabilità, in cui venga registrato giornalmente e
costantemente tutto ciò che vi è fatto in azienda per produrre un barattolo di
marmellata. Quindi è necessario registrare il tipo di vasetto che viene utilizzato, il tipo
di pesche che vengono acquistate, come vengono lavorate, come vengono
conservate. Ed è necessario che faccia anche a campione delle analisi sul prodotto,
per assicurarsi che all'interno non c'è botolino, che non c'è salmonella, che non ci
sono residui di pesticidi o comunque che si rispettino i limiti microbiologici definiti da
EFSA.
Quindi la rintracciabilità la possiamo definire come la descrizione in tutte le fasi di una
produzione, quindi che parte dall'allevamento alla produzione, dalla trasformazione
fino alla distribuzione. E può essere applicata sia agli alimenti che ai mangimi. Vi
Regolamento 852
Il Regolamento 852, si applica direttamente alle attività di produzione. Quindi se il
Regolamento 178 ci dà uno scheletro, le parti su cui si poggia la legislazione alimentare,
quindi quelli che sono i principi di base, il Regolamento 852 mette in atto direttamente alcuni
di questi principi e li rende applicabili, quindi li rende molto più espliciti.
HACCP
Il sistema HACCP entra in gioco nel momento in cui un'azienda, un produttore, una ditta di
ristorazione deve assicurare il rispetto dei requisiti igienico-sanitari.
Quando si parla di sistema HACCP? In realtà non si potrebbe nemmeno chiamare sistema
HACCP, ma si parla di corrette prassi igenico-sanitarie da adottare durante il proprio lavoro.
Il sistema HACCP è un manuale di autocontrollo. Infatti viene chiamato anche manuale di
autocontrollo HACCP. Che cosa vuol dire manuale di autocontrollo? Che l'azienda stessa
individua i propri punti di criticità, quelli che possono essere dei momenti rischiosi nella filiera
produttiva e in base a quei punti critici definisce quelle che sono le azioni di controllo, le
azioni di prevenzione. Definisce anche quelle che sono le azioni di correzione di quel punto
critico. Definisce quelli che sono i punti critici, li previene o adotta quelle che possono essere
le metodiche di prevenzione e anche le metodiche di correzione di quei punti critici.
Oltre alle basi di produzione, di trasformazione e di distribuzione degli alimenti, è necessario
che anche gli ambienti in cui viene prodotto un alimento siano sicuri, è necessario che anche
le persone che ci lavorano siano formate, che abbiano fatto un corso di formazione, e che
adottino delle metodiche per assicurare gli standard di igiene sanitaria.
Che cosa vuol dire? Quando è che un ambiente è sicuro da un punto di vista
igienico? Tenete conto ad esempio, che qualsiasi esercizio commerciale che si occupa di
produrre alimenti è necessario che adotti anche delle metodiche di contenzione di roditori o
di animali potenzialmente pericolosi.
Per mantenere pulito un ambiente è necessario che venga creato una programmazione
delle pulizie. Anche nella mensa all'ospedale, gli operatori devono sapere che ogni giorno il
piano di cottura deve essere pulito, anche due volte al giorno.
Devono sapere che, ad esempio, una volta a settimana devono pulire le finestre. Si
calendarizza, si organizza, si pianifica quelle che sono le attività di pulizie che devono
essere osservate giornalmente, quotidianamente, anche due volte al giorno e quelle che
devono essere effettuate in un periodo più ampio.
Per quanto riguarda gli operatori, quali sono le restrizioni che dovrebbero attuare gli
operatori che lavorano in una grande distribuzione o che lavorano per una pizzeria o un
ristorante?
- Indossare la cuffia per contenere i capelli.
- I guanti
-
I monili, ovvero collane, anelli, i bracciali, non dovrebbero essere indossati perché
possono direttamente essere un rischio per il consumatore in quanto c'è rischio di
ingestione, ma anche perché veicolano sporco.
Per la produzione di pasti senza glutine si utilizza ancora più accortezza. Vengono
attuate delle restrizioni ancora maggiori per evitare, oltre alla contaminazione di
agenti esterni, così come tutti gli altri alimenti, anche una contaminazione da glutine.
Regolamento 252
Il regolamento 252, norma il numero e le dimensioni dei locali, le dimensioni dei servizi
igienici, il numero di servizi igienici che deve essere presente all'interno di una pizzeria o
all'interno di una un'azienda di ristorazione in base ai propri dipendenti. Vi dice anche che i
servizi igienici devono essere differenziati tra il personale che ci lavora e l'utenza per evitare
il più possibile contaminazioni esterne.
FIFO
In che modo devono essere immagazzinati i prodotti alimentari? Bisogna parlare del metodo
FIFO, ovvero First In First Out, ossia quando in magazzino arriva lo scarico del corriere, I
prodotti acquistati devono essere disposti in moco che quelli che devono essere consumati
per prima sono i prodotti più vecchi, quindi First In, First Out. Il primo deve essere quello
acquistato da più tempo, e dopodiché man mano si consuma il prodotto più nuovo, più
giovane.
Anche al supermercato come vengono disposti i prodotti senza glutine? Nella migliore delle
ipotesi hanno uno scaffale a sé. Tante volte invece si trovano insieme ad altri alimenti. In
questo caso devono essere messi nello scaffale più in alto perché se cade qualcosa si
minimizza la contaminazione con il glutine.
Regolamento 882
Il regolamento 882 che è quello di norma i controlli ufficiali, è stato abrogato ed è stato
sostituito dal regolamento 625 del 2017. Qual è la differenza tra il regolamento 882 e il
regolamento 625 del 2017? È che fino al 2017 non venivano presi in considerazione alcune
tipologie di controlli.
Quindi ora i controlli sono diventati molto più stringenti sia in materia dell'utilizzo dei pesticidi,
che controlli sugli OGM, sulle produzioni biologiche, sul benessere degli animali che prima
non era minimamente coinvolto. Nel regolamento del 2004 i controlli ufficiali comprendevano
la produzione di alimenti, la produzione di mangimi, la sanità animale e il benessere degli
animali. Dal 2017 in poi, i controlli si devono occupare di tantissime altre cose, devono
controllare se effettivamente la produzione è biologica o se quel prodotto che viene rivenuto
come biologico rispetta effettivamente i requisiti di produzione biologica, i requisiti dei
prodotti fitosanitari (i prodotti fitosanitari sono i pesticid) ecc.
Tenete conto che deve essere normato e assicurato l'utilizzo di posaterie, di piatti, di
contenitori, di pentolame, di qualsiasi oggetto che viene a contatto con gli alimenti. Molto
spesso sui piatti e i bicchieri c'è un simbolino con un bicchiere e una forchetta. Questo
simbolo ci dice che quel materiale può venire a contatto con gli alimenti.
Che cosa vuol dire? Mettiamo il caso di utilizzare una pentola in alluminio. La pentola in
alluminio da molti anni non viene più consentita perché a contatto con alimenti
particolarmente acidi, come ad esempio il pomodoro, o particolarmente salati, rilascia
metalli. Quindi vuol dire che se noi mettiamo a cuocere del sugo di pomodoro all'interno di
una pentola di alluminio, abbiamo un elevato rischio di osservare un trasferimento di
particelle di alluminio all'interno del sugo. Quel sugo ovviamente poi verrà ingerito all'uomo.
Questi elementi si accumulano nel tessuto di molli, predisponendo poi a delle patologie.
Quindi, nel momento in cui noi troviamo questo simbolo su qualsiasi contenitore posata,
borraccia, carta forno, ci assicuriamo che quel materiale può venire a contatto con gli
alimenti.
Quando viene fatto un controllo ufficiale da parte di un operatore predisposto, che deve
compilare un report e visionare vari aspetti. Si prende visione sia delle attrezzature che degli
ambienti, di come vengono stoccati gli alimenti, l'igiene del personale, se il personale segue
i criteri e i requisiti minimi della sicurezza alimentare.
Può andare a visionare anche le procedure, i modelli utilizzati per la tracciabilità, per
l'etichettatura, può andare ad aprire un frigorifero e guardare come sono stoccati all'interno
del frigorifero gli alimenti già aperti.
Regolamento 1169 del 2011
Il regolamento 1169 del 2011 è quello che ha reso obbligatorio alcune indicazioni
sull'etichetta alimentare. Quindi è quello che ha reso ad esempio obbligatorio l'elenco degli
ingredienti, la quantità netta dell'alimento presente, la denominazione dell'alimento, il
termine minimo di conservazione o la data di scadenza, le condizioni particolari di
conservazione, il paese d'origine, le istruzioni per l'uso quando non fossero esplicite, e la
dichiarazione nutrizionale (diventata effettiva da dicembre 2016).
Come vengono indicati gli ingredienti sull'etichetta alimentare? In ordine decrescente. Inoltre
gli alimenti scritti in grassetto sono allergeni.
Dovete sapere che non è richiesto l'elenco degli ingredienti per alcuni alimenti. Tipo prodotti
ortofrutticoli, le acque gassificate, che non prevedono l'aggiunta di gas, gli aceti di
fermentazione che provengono esclusivamente dal prodotto e tutti gli alimenti che
prevedono un solo ingredienti come come condizione principale.
Quali sono gli allergeni i identificati dal Ministero?. Sono:
- I cereali contenenti glutine
- I crostacei
- Le uova
- Il pesce
- Le arachidi
- La soia
- Il latte e i prodotti a base di latte
- La frutta a guscio
- Il sedano
- La senape
- I semi di sesamo
- L'anidride sulforosa e i solfiti
- I lupini
- I molluschi.
Questi sono i 14 allergeni che devono essere segnalati in un'etichetta alimentare ma che
devono essere segnalati anche ad esempio quando andiamo a prendere in gelateria.
Poi per quanto riguarda l'indicazione nutrizionale è obbligatoria inserire il valore energetico
e la quantità di grassi totali, di grassi saturi, carboidrati, proteine e sale. Tutto il resto è
accessorio. Molte aziende decidono di inserire anche altre informazioni ad esempio di acidi
grassi monoinsaturi o polinsaturi, di fibre, di sali minerali, di vitamine. Non sono informazioni
obbligatorie e anche questo è il motivo per cui su alcuni prodotti li troviamo e in altri no.
LE INFEZIONI ALIMENTARI
Quando parliamo di infezioni alimentari o di malattie trasmesse con gli alimenti, stiamo
parlando di tutto quell'insieme di infezioni, intossicazioni e tossinfezioni che sono veicolate
da un alimento, quindi sono successive all'ingestione di un alimento contaminato. Esse si
manifestano con dei sintomi a carico dell'apparato gastrointestinale e nella maggior parte
delle volte compaiono con sintomi quali dolore, nausea, vomito e diarrea.
Da un punto di vista epidemiologico ad oggi la maggior parte dei casi di malattie trasmesse
con gli alimenti è stata registrata a causa di salmonellosi. La salmonella è un batterio che
di solito si associa alle uova. In realtà non sono solo le uova che la trasmettono.
Soprattutto in Inghilterra si registra costantemente un alto tasso di salmonellosi, perché da
un punto di vista culturale hanno l'abitudine di lavare la carne, soprattutto di pollo, prima di
cuocerla. La salmonella è presente anche sulla superficie delle carni. Nel momento in cui si
sciacqua la carne, la salmonella in superficie viene cotta, quindi con il calore non è più
patogeno, ma il lavandino rimarrà sporco. Quindi mettiamo caso che poi nello stesso
lavandino ci laviamo l'insalata, essa può subire una contaminazione.
Alcune pratiche consolidate possono mettere a rischio la salute anche in ambiente
domestico.
Quali sono i fattori che possono determinare un'infezione?
La presenza di un microorganismo patogeno, che può essere un virus, un batterio, un fungo
etc.
Un fattore necessario per fare sì che questa crescita microbica sia assicurata è
rappresentato dall'alimento. Tanto più l'alimento è ricco d'acqua e di substrati energetici,
maggiore sarà la proliferazione, motivo per cui ad esempio tra uno stracchino e una polenta
di farina di mais, Quello che va a male prima è lo stracchino, perché ha una percentuale di
acqua molto maggiore.
Due fattori molto importanti sono il tempo e la temperatura. Il tempo e la temperatura
permettono a un organismo, qualora sia presente, di crescere, oltre al substrato energetico.
Nel momento in cui un batterio trova un ambiente favorevole, una temperatura favorevole,
alla classica temperatura di 35°C o 40°C, è ovvio che prolifera in maniera costante e
progressiva. Il mantenimento della catena del freddo è utilizzato per questo, per bloccare
l'eventuale crescita microbica.
La surgelazione è utilizzata per bloccare la crescita microbica, non per sterilizzare l'alimento.
Molte persone che lavorano anche nell'ambito della ristorazione pensano che una volta che
un alimento è stato portato a meno di 18°C, diventa sterile.
È ovvio che anche lo stato di salute del consumatore può mettere maggiormente a rischio
l'individuo. Ad esempio una donna in gravidanza viene assolutamente bloccata nel
momento in cui vuole consumare insaccati, gli alimenti crudi, le uova crude, la maionese
cruda, per quale motivo? Perché il suo stato clinico aumenta notevolmente il rischio di avere
le conseguenze, anche a volte letali per il feto.
Fattori di rischio
Nella maggior parte dei casi la causa più frequente è dettata dalla temperatura di
conservazione. Se metto a cuocere il riso, una volta scolato lo lascio a temperatura
ambiente a raffreddare per tanto tempo è molto probabile che inizia a proliferare qualcosa.
Solitamente il batterio classico del riso cotto e lasciato a temperatura d'ambiente è il
clostidium.
Possono esserci dei propri errori durante la cottura, per esempio quando cuociamo un po'
di arrosto come facciamo ad essere sicuri che nella parte interna è cotto? Noi a casa
tagliamo, invece nelle grandi cucine, nella grande ristorazione si utilizzano i termometri a
sonda perché è necessario visualizzare una temperatura superiore a più di 70°C. Questo ci
assicura che anche il cuore del prodotto ha raggiunto quella temperatura e ci dà la sicurezza
che non vi siano rischi nel consumare quell'alimento.
Una delle cause più frequenti è anche rappresentata dalla cattiva igiene del personale,
quindi il personale che non ha abitudine di lavarsi le mani una volta arrivato a lavoro oppure
che continua a tenere addosso anelli, bracciali, orecchini etc o che non utilizza grembiuli di
ricambio nel momento in cui deve passare dalla preparazione di un alimento classico a un
alimento per soggetto allergico alle proteine del latte, ad esempio.
Le contaminazioni crociate
Tra le altre cause ci sono anche le contaminazioni crociate. La contaminazione crociata è
quando utilizzo lo stesso coltello per tagliare un hamburger e l'anguria. Va da sé che se
taglio con lo stesso coltello l'anguria e l'hamburger è normale che i batteri presenti sulla
carne andranno a trasferirsi anche sull'anguria. La carne fortunatamente verrà cotta nella
maggior parte dei casi, quindi si abbatterà la carica microbica, sull'anguria invece no.
Stesso discorso si può fare sia per le attrezzature che per le contaminazioni tra cotti e crudi,
quindi quando si conserva all'interno del frigorifero sia alimenti cotti che alimenti crudi, è
bene prestare attenzione a mettere nella parte più alta l'alimento che non subirà più un
trattamento termico. Per quanto riguarda le attrezzature, le affettatrici molto spesso sono
veicolo di contaminazione microbica ma anche coltelli, le posate, le mani, possono essere
fonte di contaminazione.
Il motivo per cui vengono utilizzati taglieri di colori diversi separati per zone di trasformazione
all'interno delle cucine è perché si vuole evitare la contaminazione crociata. Deve essere
segnalato e dedicato ad esempio un tagliere per le verdure, un tagliere per la carne fresca,
un tagliere per la carne cotta, un tagliere per i formaggi ecc. Questo è fatto per evitare che
si osservi una contaminazione crociata, quindi che sullo stesso tagliere vengano tagliati a
distanza di due minuti la carne cruda e l'insalata.
Queste sono le azioni da mettere in pratica per evitare la contaminazione crociata:
- Corretto stoccaggio delle materie prime
- utilizzare spazi dedicati, soprattutto ad esempio se bisogna preparare delle diete
speciali
- corrette igiene di personale e degli ambienti
- Separare soprattutto le lavorazioni tra crudo e cotto
Questa è una schematizzazione di tutte quelle che possono essere le fonti di
contaminazione degli alimenti. Essa può pervenire direttamente da:
- insetti
-
dagli odori
dalle mani dell'operatore
dal suolo
dall'acqua che viene utilizzata per lavare, che quindi esce dai lavandini contaminata,
o l'acqua che viene utilizzata per irrigare è contaminata.
Dagli starnuti e dalla tosse
In base a tutte queste fonti di contaminazione identifichiamo tre tipologie di pericoli:
1. biologici
2. fisici
3. chimici.
I pericoli biologici sono essenzialmente virus, batteri, parassiti, muffe e lieviti. Bisogna partire
anche dal presupposto che nessun alimento è sterile, quindi molto probabilmente
costantemente mangiamo alimenti che sono contaminati, per esempio l'insalata, i pomodori
o i finocchi, che al massimo li sciacquiamo e basta. Quello che ci mette effettivamente al
rischio di incontrare delle tossinfezioni è la gestione di questi alimenti.
Se non conserviamo l'insalata di riso all'interno del frigorifero a temperatura controllata,
quindi a 4°C, è probabile che dopo averla fatta raffreddare a temperatura ambiente per 3
ore, dopo aver aggiunto la maionese o qualsiasi altro alimento che a sua volta si porta dietro
altri rischi, è probabile che ci possa avvenire qualche infezione alimentare.
Tra i virus quali sono quelle che più sono correlati a tossinfezioni e a infezioni? I virus
gastroenterici, quindi a trasmissione gastroenterica e i virus dell'epatite A. Tra i batteri, più
famosi ci sono la salmonella, il clostridium, la listeria e l'escherichia coli.
La loro crescita dipende dalla presenza di nutrienti, dal pH, dall'acqua, la capacità di vivere
o meno in presenza o in assenza di ossigeno.
La presenza di substrati di energetici sicuramente favorisce la crescita. Quindi alimenti come
le uova, il latte e la carne sono molto più facilmente interessate alla contaminazione, alla
crescita microbiologica. In particolare, ad esempio, i polpettoni, le polpette, gli alimenti che
sono trasformati e sono manipolati più e più volte, sono ancora più rischiosi perché aumenta
la superficie di contaminazione.
Tra i lieviti e le muffe non ci danno grossi probliemi, perché ci sono alcuni lieviti e alcune
muffe che in realtà noi li mangiamo costantemente e non ci provocano danno e anzi vengono
utilizzate per anche in ambito alimentare.
I pericoli fisici
Quali possono essere dei pericoli fisici che creano contaminazione e possono regalare un
portare un danno alla salute del consumatore? La presenza di orecchini e anelli che
vengono veicolati dal personale, oppure frammenti di metallo, vetro, acciaio, puntine,
graffette, sono dei corpi estranei che sicuramente una volta ingeriti non fanno bene.
Oppure ad esempio gli escrementi degli animali o anche sostanze chimiche come lo iodio,
il cesio e il piombo.
Per quanto riguarda invece la contaminazione chimica possiamo fare riferimento a prodotti
della pulizia, per cui è necessario stoccare e immagazzinare i prodotti utilizzati per sanificare
separatamente dagli alimenti. È vietato travasare il prodotto, cioè è vietato travasare dal
barattolo di disinfettante in una bottiglia anonima.
.
Etichettatura
La necessità di dover etichettare un alimento dopo che è stato parzialmente consumato,
deriva dal fatto di assicurarsi che quell'alimento non vada oltre il termine di scadenza. Quindi
nel momento in cui abbiamo una confezione di latticini e ne consumiamo la metà, è
necessario qualora cambiamo direttamente il contenitore, quindi lo trasferiamo dalla
confezione originale a un contenitore personale è bene andare a porre un'indicazione
dell'otto di produzione e della data di scadenza.
I guanti
Per quel che riguarda i guanti dai regolamenti della sicurezza alimentare leggiamo che non
c'è l'obbligo d'utilizzo. L'obbligo dell'utilizzo dei guanti c'è soltanto nel caso in cui l'operatore
non può lavare le mani spesso. Molto spesso ritroviamo, soprattutto nei piccoli locali, un
solo operatore che si occupa sia di stare alla cassa che di andare a imbustare la pizzetta o
il panino. In quel caso ovviamente se deve toccare il panino con le proprie mani e poi andare
direttamente alla cassa e gli viene obbligato o suggerito di apporre dei guanti. Ma se sono
due operatori separati, c'è sempre l'operatore che è dietro il banco di lavoro o il banco della
pizza, non è necessario che indossi i guanti.
Altro caso in cui è necessario che lo faccia, se presenta dei danni, delle ferite, ha dello
smalto o ha degli anelli e non può toglierli, per praticità può inserire il guanto. Ovvio che se
indossa il guanto, con lo stesso guanto non dovrebbe andare a toccare delle banconote ad
esempio.
Queste sono le indicazioni per osservare l'igiene personale:
- le unghie devono essere corte e pulite, tutti gli operatori del settore alimentare non
devono avere smalto sulle unghie.
- Non devono portare anelli, piercing o moniglie di alcun tipo
- Non devono fumare durante l'orario lavorativo
- Devono avere i capelli in ordine, quindi mantenuti dalla cuffietta e dal cappellino,
LA DIETA KETOGENICA
La dieta chetogenica viene utilizzata attualmente principalmente per raggiungere una
condizione di ketosi in cui vengono utilizzati i corpi ketonici come substrato energetico.
Questo ha come effetto positivo l'assenza della sensazione della fame. Quindi è una
metodica molto utilizzata ad oggi per il raggiungimento di una perdita di peso nel breve
termine.
In realtà la dieta chetogenica nasce per gestire crisi epilettiche, soprattutto in bambini, quindi
soggetti di età pediatrica o di età evolutiva, che non rispondevano ad altre terapie
farmacologiche. Ad oggi il meccanismo d'azione con cui i corpi ketonici riescono a
abbassare questa soglia convulsiva non è ancora ben chiarito.
Quello che vi interessa sapere è che in base alle linee guida delle società medicoscientifiche possiamo distinguere quattro gruppi di epilessie. Un gruppo di questi quattro
viene ricondotto alle cosiddette epilessie farmaco resistenti.
Questo gruppo rappresenta una popolazione di circa il 20% dei soggetti affetti da epilessia,
quindi è comunque una porzione abbastanza risicata. Non è sicuramente poco, però non è
la maggior parte dei soggetti affetti da epilessia.
Le linee guida ci dicono che utilizzare una dieta ketogenica in caso di epilessia farmaco
resistente è raccomandato nel caso in cui non si riesce a raggiungere una diminuzione delle
crisi epilettiche con le terapie farmacologiche ad oggi in uso.
La dieta ketogenica di riferimento da considerare in prima istanza è quella classica con
rapporto 4-1, quindi 4 grammi di lipidi, 1 di protidi e 1 di glucidi.
La storia
Come nasce la dieta ketogenica? Quello che è stato tramandato da un osteopata è che la
prima dieta ketogenica è stata applicata nel primo ventennio del 900 e più che dieta
ketogenica può essere definita un digiuno vero e proprio. Questo osteopata ci ha detto che
ha iniziato ad utilizzare la dieta dell'acqua, quindi una sorta di digiuno, in pazienti che non
riusciva a trattare in altro modo e che avevano frequenti crisi epilettiche.
In seguito questa dieta dell'acqua è stata modificata in una dieta ricca in grassi e povera in
protidi e in glucidi. È stata poi ovviamente abbandonata, in quanto all'epoca non era così
influente nel comitato scientifico, le indagini epidemiologiche e gli studi clinici avevano
comunque molte criticità. Quindi da metà del 900 fino ai primi anni 90 è stata completamente
abbandonata come tipologia di terapia per le crisi epilettiche.
È stata ripresa poi negli anni 90, quindi nel 94-95, in quanto un bambino si è sottoposto
nuovamente a questo approccio terapeutico e si è osservato un netto calo delle crisi, un
miglioramento del comportamento cognitivo, un miglioramento della qualità del sonno,
quindi un miglioramento generale della qualità della vita.
Nel momento in cui il bambino e quindi la sua famiglia hanno trovato il giovamento
nell'applicazione di questa dieta è nata una vera e propria fondazione per permettere
ulteriori studi, per estendere l'applicazione di questa terapia anche ad altri bambini che non
riuscissero ad essere gestiti con farmaci.
Campi di applicazione
Ad oggi la dieta ketogenica viene applicata in tutti questi campi, quindi viene applicata oltre
che nel epilessia anche per la perdita di peso che è l’uso più frequente soprattutto nella
pratica clinica, nel diabete, in soggetti ad alto rischio cardiovascolare ecc. Addirittura
ultimamente si osservano degli studi anche nel campo oncologico o per la gestione della
sindrome dell'ovario policistico, per alcune patologie neurodegenerative quindi anche su
Alzheimer e Parkinson, e addirittura per il combattere l'acne.
Il fattore comune che lega tutte queste patologie è l'utilizzo di alimenti a basso indice
glicemico, quindi alimenti che limitano fortemente i picchi di insulina.
Ad oggi purtroppo non è ancora ben chiaro il meccanismo d'azione, quindi non si è sicuri
che l'effetto anti convulsione sia esclusivamente correlato alla presenza di corpi ketonici a
livello ematico, quindi alla chetosi, o se i corpi ketonici determinano una ridotta eccitabilità
neuronale.
Linee di indirizzo
Nel 2009 nasce la prima linea di indirizzo per la gestione strettamente nutrizionale della
dieta ketogenica in bambini. Ultimamente nel 2018 è stata aggiornata e vengono indicate le
varie tipologie di diete ketogeniche, quindi i vari rapporti e come devono essere applicati in
questa età pediatrica.
I diversi modelli di dieta ketogenica sono questi:
- Dieta chetogenica classica, con un rapporto 4:1
- La MAD, ossia la Atkins modificata,
- la LGIT
- MCT
- VFCKD.
Di base hanno tutti in comune una forte restrizione della quota glucidica e quindi l'obiettivo
è di promuovere la chetosi, quindi la produzione di corpi ketonici, e promuovere il loro utilizzo
come substrato energetico.
Queste sono le ripartizioni. Questi sono i diversi protocolli di ketogenica, sul primo rigo ci
sono le percentuali di nutrienti di una dieta normale, la cosiddetta dieta mediterranea, e via
via le varie ketogeniche.
- Dieta chetogenica classica: la quota 4:1 in cui la maggior parte delle calorie è
collegata alla quota lipidica (90%), 7% di proteine e 3% di carboidrati.
- La Atkins modificata ha un livello un po' più basso di lipidi e un po' più alto di proteine.
- La dieta supplementata che usa trigliceridi a catena media, ha come indicazione
quella di sostituire parte della quota totale di lipidi principalmente saturi da una quota
di lipidi a media catena.
Gli oli a media catena si trovano ad esempio nell'olio di cocco e sono molto indicati
per le diete ketogeniche in quanto hanno un potere ketogenico maggiore, quindi
riescono a produrre maggiori corpi ketonici a parità di quantità. Inoltre sono
direttamente assumibili, non devono essere trasportati, quindi non devono sottostare
a tutti i passaggi di metabolizzazione dei lipidi.
-
Poi abbiamo una dieta a basso indice glicemico, che è praticamente quasi una dieta
mediterranea, però con una quota più alta di lipidi e con una quota più bassa di
glucidi.
-
La very low calorit ketogenic diet è praticamente una dieta iperproteica. Le proteine
sono in blu, l'arancio sono i carboidrati e i lipidi sono in grigio. Quindi la very low
calorie diet, che è una dieta a bassissimo contenuto calorico, con circa 600-800 kcal,
è già un'iperproteica classica. La very low calorie ketogenic diet praticamente si
differenzia perché ha una quota ancora inferiore di carboidrati.
Le unità caloriche
Per costruire una dieta ketogenica è
necessario partire dai blocchi, le
cosiddette unità caloriche.
-
Nella ketogenica con rapporto 4:1, il rapporto è 4 g di lipidi più 1 da glucidi e proteine.
Un'unità calorica quindi, in questo caso, ci fornisce circa 40 kcal.
Rapporto 3:1, 3 g di lipidi più 1 da glucidi e protidi.
Rapporto 2:1, 2 g da glucidi e protidi.
Rapporto 1-1, 1 g da lipidi e 1 g da glucidi e protidi.
La dieta chetogenica classica
La dieta ketogenica classica, quindi quella con rapporto 3:1 o 4:1, è esclusivamente a base
di lipidi, quindi esclusivamente adottata con prodotti ad alto contenuto lipidico e a bassissimo
contenuto di carboidrati.
Solitamente si parte, soprattutto per i bambini, da un rapporto un po' più basso e in maniera
graduale si sale fino ad arrivare al 4:1. Quindi si parte dal rapporto 1-1, si passa al 2-1, poi
al 3-1 fino ad arrivare al 4-1.
Gli alimenti alla base della dieta ketogenica sono quelli grassi (olio di cocco, formaggio
spalmabile, burro, creme), proteine che hanno a loro volta una quantità di lipidi abbastanza
elevata, e invece gli unici carboidrati concessi sono quelli derivanti dalle verdure o dalla
frutta.
Tenete conto che una dieta ketogenica mette a rischio di carenze di vitamine e di sali
minerali. Quindi di default i soggetti che seguono le diete ketogeniche devono ingerire anche
supplementi di vitamine e sali minerali, in primis di vitamine.
Quali sono i vantaggi
della dieta ketogenica
classica? Ci sono molti
studi, quindi abbiamo
delle fonti scientifiche
abbastanza valide. È un
prodotto ormai diffuso, è
abbastanza
accettato
anche dal punto di vista
sociale, e c'è una vasta scelta tra i prodotti già bilanciati. Quindi riusciamo a trovare in
commercio dei prodotti che sono già bilanciati, quindi già sono formulati con rapporto 4:1 o
3:1. Esistono dei supplementi nutrizionali in polvere, a maggior ragione per gestire bambini
in età evolutiva con epilessia farmaco che sono già bilanciati con un rapporto di 4:1 e 3:1.
Tra gi svantaggi c'è la scarsa palatabilità, il fatto che comunque bisogna seguire un
protocollo abbastanza rigido, e sono persone che vanno frequentemente in carenza di
micronutrienti, oltre ad avere anche altri effetti collaterali come ad esempio la stitichezza.
La dieta MAD o Atkins modificata
La Atkins modificata, ha un apporto lipidico un po' più basso, si
scende al 64%, e un apporto proteico un po' più alto.
Di base quanto si fa un Atkins, non si adotta una restrizione
sull'apporto calorico, ma soltanto sulla quota di carboidrati.
Quindi in questo caso, dato che c'è una quota lipidica più bassa,
si può dire che si sta applicando un rapporto ketogenico di 2:1,
o addirittura tante volte 1:1.
Sicuramente è molto più tollerabile dai pazienti ma ha
un'efficacia sicuramente inferiore rispetto alle altre. Un controllo sulle crisi epilettiche è
sicuramente inferiore, però può essere mantenuto per più tempo. Dipende giustamente dal
tipo di epilessia, da quanti episodi si osservano nel bambino, e dipende anche
dall'accettabilità della parte del bambino stesso a una dieta comunque più restrittiva.
LA DIETA MCT (Trigliceridi a catena media C6:0-C12:0)
La dieta invece che si basa sulla supplementazione di MCT, si basa sulla possibilità di
limitare un pochettino la quota di lipidi in quanto si utilizzano questi oli MCT che hanno un
potere ketogenico maggiore. Purtroppo però l'effetto di questi oli non è sempre piacevole,
perché molto spesso danno nausea, vomito e in generale danno degli effetti collaterali.
In proporzione ha un rapporto forse un pochettino più alto di glucidi e di proteine. Ha un po'
meno grassi.
Come si fa a calcolare la dieta in sé, per esempio per un bambino con crisi epilettiche? Si
definisce quello che è il fabbisogno energetico individuale, si calcolano le percentuali di tutti
i macronutrienti e quindi le quantità giornaliere di lipidi. Si parte dai lipidi e si associano, in
base al rapporto che abbiamo scelto, le restanti quote di carboidrati e di protidi.
Il vantaggio quindi è un'efficacia sull'aumento della soglia convulsiva, quindi un'efficacia nel
bloccare la frequenza di queste crisi epilettiche. Ha una maggiore palatabilità perché ci sono
un po' più di carboidrati, un po' meno grassi. È un po' più gustosa però può subentrare la
diarrea.
Abbiamo una quota lipidica sempre alta, inizialmente del 40% fino al massimo del 60% per
gli MCT, la restante parte, proteine e carboidrati.
Dieta LGIT (low glicemic index tratment)
È una dieta che ha basso contenuto di carboidrati, sicuramente non basso come una dieta
ketogenica classica. Gli unici carboidrati che vengono utilizzati sono a basso indice
glicemico e ha un'efficacia più limitata rispetto a una classica ketogenica.
La quantità giornaliera di carboidrati addirittura sale fino al 40-60 grammi contro una dieta
ketogenica classica che siamo a 10-20 grammi per i bambini e 10 grammi per gli adulti.
Questa tipologia viene applicata come potete immaginare anche in caso di obesità e di
diabete.
Proteine 30%, carboidrati 10%, e lipidi 60%.
Purtroppo per il trattamento dell'epilessia farmacoresistente non è molto efficace, perché
comunque anche questa quantità di carboidrati sebbene sia abbastanza bassa non riesce
a mantenere la ketosi.
Interruzione del trattamento
Nel momento in cui bisogna stoppare il protocollo ketogenico sempre in bambini con
l'epilessia farmacoresistente, si segue questa procedura: si limita gradualmente l'apporto
lipidico, aumentando gradualmente l'apporto glucidico. Si prende come riferimento come
tappa di transizione la dieta a basso indice glicemico.
Si inizia gradualmente ad esempio passare da 4 a 1 a 3 a 1 a 2 a 1 fino ad arrivare all'apporto
dell'LCD.
Dieta Very Low Calorie Ketogenic Diet
Per quanto riguarda invece la very low calorie ketogenic
diet si attiva intorno a 600-800 calorie e quindi con una
quota proteica di 1.5 pro-kilo di peso ideale e si calcola
all'incirca 15-30 grammi di lipidi, con una quota di
carboidrati al di sotto di 30 grammi.
Può essere utilizzata anche per l'obesità, per la sindrome
metabolica e per preparazione a interventi di chirurgia
bariatrica. In questo caso si ha una maggiore tollerabilità
alla fame, che non si avverte.
Inizio delle terapie dietetiche
Per applicare una terapia ketogenica a un bambino è necessario chiaramente che debba
essere seguito. Innanzitutto deve essere valutato da un neurologo, poi si valuta il tipo di
dieta ketogenica da applicare, il tipo di rapporto in base alla frequenza delle crisi epilettiche.
È necessario che una volta che viene iniziata a livello ospedaliero la dieta sia portata avanti
a casa e che seguiamo la famiglia intera che si occupa dei pasti e del bambino anche a
livello ambulatoriale.
Dovrebbe essere osservato un periodo di digiuno di circa 12-24 ore per valutare i livelli di
glicemia. Nel momento in cui si attesta una costante e che quindi non si scende al di sotto
dei 30 mg/dl, si può partire con la dieta ketogenica.
Si parte in maniera graduale, quindi si aumenta volta per volta il rapporto ketogenico.
La durata della terapia viene decisa dall'equipe. Viene decisa in base alla tolleranza, in base
all'efficacia della terapia dietetica, se effettivamente è efficace, se non si osservano grosse
complicanze, grossi effetti collaterali, se effettivamente il bambino riesce a tollerare questo
tipo di alimentazione. In caso in cui non ci siano grossi effetti collaterali, si può protrarre la
dieta fino anche a più di due anni.
Il dietista dovrà stare attento alla fase di crescita perché comunque una dieta così
sbilanciata mette a rischio, sia dal punto di vista dei micronutrienti ma anche dei
macronutrienti, quindi è molto probabile che il bambino stesso non riesca più a seguire
quelle tappe della fase di crescita di un bambino senza epilessia farmacoresistente.
Quali sono le raccomandazioni nello specifico a noi nell'ambito dietetico?
Ovviamente valutare dal punto di vista anamnestico se ci sono ipotetiche contro indicazioni
familiari all'applicazione di una terapia così restrittiva, se ci sono le delle vere e proprie
barriere.
Va valutato lo stato nutrizionale a monte e va monitorato durante la terapia per accendere
eventualmente qualche lampadina.
Decidere la tipologia di dieta insieme al neurologo, al neuropsichiatra, per calcolare il
fabbisogno calorico e una volta calcolato il fabbisogno calorico, si decide anche la
ripartizione di macronutrienti.
Prevedere la supplementazione di minerali e di vitamine e valutare anche da un punto di
vista laboratoristico se ci sono delle carenze nutrizionali, quindi se ci sono ad esempio livelli
di albumina bassa o livelli di calcio bassi. Molto spesso sono bambini che vanno incontro a
problematiche di osteoporosi per calcemia molto bassa e livelli di vitamina B bassa. Quindi
in default si integra direttamente con vitamine del gruppo B. Qualora si attesti una carenza
anche di vitamina D e di calcio, ovviamente si deve supplementare anche loro.
Ad oggi non ci sono delle raccomandazioni per integrare anche altre vitamine o integrare ad
esempio acidi grassi e omega 3.
Durante il follow-up va valutato lo stato nutrizionale, la velocità di crescita in base ai percentili
di riferimento. Dopo bisogna eventualmente valutare un rapporto diverso di chetosi.
Bisogna tenere conto della compliance, di quelli che sono gli effetti collaterali, come la stipsi,
nonostante un apporto sufficiente di acqua.
Per il primo anno il follow-up deve essere fatto ogni 3 mesi. Dopo il primo anno, se si decide
di continuare, una volta ogni sei mesi.
Effetti collaterali
Questi sono gli effetti collaterali della terapia ketogenica:
- Stipsi
- Vomito
- Dolore addominale.
- Un altro effetto collaterale, soprattutto nei primi mesi, è l'iperlipidemia, quindi
l'aumento di trigliceridi e colesterolo totale. Dopo i primi mesi questi livelli tendono a
normalizzarsi. È necessario comunque tenerli sotto controllo, quindi in caso di followup verranno fatte delle analisi ematiche.
Per prevenire, quindi per tamponare comunque questo picco di trigliceridi, si può
adottare un aumento del consumo di MCT e di olio di oliva, integrare gli acidi grassi
dellaserie omega 3 e diminuire il rapporto della ketogenica. Ovvio che è un
bilanciamento che è da valutare volta per volta, perché togliendo questi alimenti che
sono quelli più paladabili costringiamo il bambino a mangiare gli alimenti che
sicuramente non sono molto tollerabili o comunque molto apprezzati.
Alterazioni della crescita
Cosa ci dice la letteratura riguardo l'alterazione della velocità di crescita? La maggior parte
degli studi effettuati su bambini che hanno osservato una dieta ketogenica per più di 6 mesi
attestano che c'è un ritardo di crescita. Si è visto anche che aumentando il rapporto proteico
in questi bambini, comunque non migliora la velocità di crescita, quindi non è una miglioria
aumentare il rapporto proteico.
Un ulteriore effetto collaterale che si è osservato nei bambini che osservano una dieta
ketogenica per più di due anni è un aumento dell'osteoporosi e dei calcoli renali, oltre poi
ovviamente alla diminuzione di crescita.
Quindi di base quello che dovete capire è che sicuramente è una terapia che induce molti
miglioramenti dal punto di vista clinico sull'aumento della soglia delle convulsioni, quindi una
diminuzione delle crisi epilettiche, ma sicuramente si porta dietro tanti altri effetti collaterali.
Nell'immediato già migliorare la qualità della vita di un paziente risulta essere una grande
vittoria.
Solitamente quello che si può programmare è un primo periodo di sei mesi in cui il rapporto
ketogenico è abbastanza alto, si riesce a migliorare la qualità della vita e volta per volta si
cerca di abbassare il rapporto per valutare se anche in questo caso si mantiene comunque
lo stesso numero di crisi o lo stesso standard qualitativo.
È comunque una valutazione da fare insieme ai medici, una valutazione da fare insieme ai
familiari e soppesare varie cose.
In media prima dei tre mesi è abbastanza difficile vedere dei risultati abbastanza rilevanti,
quindi in caso in cui nei primi mesi nonostante una restrizione abbastanza elevata,
nonostante i familiari stiano osservando la dieta, dovete far capire e trasmettere alla famiglia
stessa che i primi risultati prima dei tre mesi sono molto difficili da rilevare, quindi evitare
che ci sia un abbandono della terapia prima dei tre mesi.
Si è visto che circa il 75% risponde in qualche modo già entro 14 giorni, ma non è un
miglioramento in più larga scala.
Non si è posto ad oggi nessun limite nella durata massima ma quando si superano l'anno o
due anni è necessario comunque iniziare a diminuire il rapporto per rendere meno distruttiva
la dieta.
Queste sono le nuove ipotesi che stanno valutando nell'ambito scientifico, quindi l'eventuale
coinvolgimento dei sistemi neurotrasmettoriali, quindi del GABA, del glutammato, eventuali
effetti di inibitori degli acidi grassi o un miglioramento della funzione mitocondriale dovuta
alla presenza di corpi chetonici a livello ematico, quindi ci sono varie ipotesi.
Ad oggi non si è ancora ben chiarito qual è il meccanismo d'azione della dieta ketogenica
su l'epilessia.
Sicuramente non viene utilizzata così spesso in quanto i farmaci nuovi stanno dimostrando
un'efficacia maggiore anche in quel 20% della casistica totale delle epilessie infantili, quindi
si tende anche per praticità, a evitare l'applicazione di una terapia di questo tipo ma a dare
la preferenza ai farmaci. In caso eccezionale in cui nessun tipo di farmaco funziona, si usa
anche una terapia di questo tipo.
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