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Maggi Seddio 2019

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STRATEGIE E POLITICHE D’IMPRESA
Prof. Davide Maggi davide.maggi@uniupo.it
Prof. Pasquale Seddio pasquale.seddio@uniupo.it
6 cfu, 45 ore // opzionale // lezioni no al 31/10 (no lezioni il 25/10)
Esame in itinere: 8/11 ore 14.30 (settimana di interruzione delle lezioni)
Lezioni: slide e appunti ➞ NESSUN LIBRO
Altrimenti:
- “Le strategie competitive” - Invernizzi
- “Ciò che è bene per la società è bene per l’impresa” - Pier Carlo Maggiolini
SOSTENIBILITÀ = RELAZIONE
La strategia dell’impresa deve consentire all’impresa di durare nel tempo, di avere un successo
duraturo nel tempo ➞ non deve intaccarne la durabilità.
La strategia è il disegno che de nisce il disegno delle attività, orientandole verso nalità e obiettivi
comuni, rispetto a tutte le attese verso i soggetti che dovranno trarne due bene ci.
[Harry Mintzberg] Le 4P della STRATEGIA:
• PATTERN (=modello): tipo di strategia di qualità. È il disegno che de nisce il sistema delle
attività aziendali; si punta ad avere un modello vincente (➞ di qualità migliore) per poter stabilire
un prezzo più alto ➞ Price-Premium.
• POSIZIONE: fa riferimento principalmente alla collocazione dell’azienda nel territorio. È rilevante
nel momento in cui si vuole mettere in relazione l’azienda e l’ambiente in cui opera. Questa
strategia è molto importante perché, quando si creano delle identità all’interno di un territorio,
signi ca che quel territorio diventa importante per l’azienda. Per alcune aziende delocalizzarsi
può non essere in uente sul prodotto/servizio prodotto, mentre per altre sviluppare una
relazione col proprio territorio diventa molto importante.
Parallelismo tra imprese simili ad animali e imprese simili a vegetali. Bisogna concentrarsi sul
modo in cui animali e vegetali sopravvivono agli attacchi. La di erenza chiave sta nel fatto che il
regno animale può muoversi, quello vegetale no. Se un animale viene attaccato da un nemico,
può scappare, mentre un albero no. Per distruggere un albero devo distruggere il suo 98%, per
un animale basta il 5% (es. sparo al cuore), quindi la natura si è adattata per sopperire al fatto
che l’albero non si può spostare, distribuendo l’intelligenza dell’albero uniformemente in tutto il
suo volume. Non solo, gli alberi si aiutano a vicenda, tramite le radici.
Quindi, un’azienda che non può delocalizzarsi, deve difendersi dagli attacchi delle concorrenti
di ondendo l’intelligenza uniformemente in tutta la struttura, dai collaboratori ai fornitori.
Un’azienda che invece può cambiare contesto senza snaturalizzarsi, può, in seguito ad un
attacco da parte di una concorrente, spostarsi.
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• PIANO: colui che de nisce la strategia aziendale deve redigere un piano contente gli obiettivi
aziendali e i passi da compiere per raggiungerli. Ci sono vari riferimenti all’arte della guerra, in
quanto ci si trova in un’arena competitiva e si deve scon ggere un nemico (come all’interno di
una battaglia);
Un mercato funziona se è plurale, ovvero se ci sono più soggetti che competono, se ci sono
varie preferenze da parte dei consumatori. L’esistenza di concorrenti tiene alto l’impegno di tutti.
L’obiettivo è fare meglio dei competitori, senza “ucciderli”, in quanto l’assenza di competizione
danneggerebbe anche il leader ➞ COMPETIZIONE COLLABORATIVA [foto Coppi-Bartali]: si
compete, ma non ci si ammazza, in quanto la morte di uno porterebbe la morte dell’altro ≠
GUERRA, in cui invece l’obiettivo è scon ggere, neutralizzare, uccidere il nemico.
Porter: “Gli ambiti nel quale le aziende competono si chiama arena competitiva”
Le imprese cambiano spesso strategie nel corso del tempo, per questo la strategia come piano
è un modello ormai superato, in quanto ora i cambiamenti per mantenere vantaggio competitivo
devono essere repentini.
• PROSPETTIVA: se la strategia di posizione pone la l’attenzione dell’azienda sulla dominanza
verso l’esterno, la prospettiva si concentra verso l’interno. La prospettiva prende le mosse da
quello che viene de nito “orientamento strategico di fondo”, ossia OSF. Esso è la parte
invisibile dell’azienda: rappresenta l’identità nascosta, il dna che l’azienda sviluppa nel pensarsi
in prospettiva; possiamo apprezzarla solo dopo attenti studi.
In questo caso si può dire che: strategia : azienda = personalità : individuo.
Quando si parla di Vision e Mission aziendali, l’impresa delle interrogherei sull’OSF, capire cioè
quali sono le determinanti culturali che la caratterizzano. Ci sono delle imprese alle quali non è
possibile fare determinate richieste di cambiamenti, proprio perché bloccate dal loro OSF. Fare
richieste che vanno contro all’OSF, sarebbe come far fare ad una persona cose che vanno
contro la sua natura (es. studente di medicina che ha paura del sangue).
Ci sono stati molti cambiamenti quando si è passati dal modello Product-Oriented al MarketOriented. (es. Modello Ford: inizialmente l’unica automobile sul mercato era marca Ford modello T
colore nero; era il cliente ad adottarsi al prodotto; ora è il prodotto che si adatta alle esigenze del
cliente).
Quando si parla di strategia si parla sia di attività correnti (cioè ciò che l’impresa sta attualmente
facendo), sia di rinnovamento strategico.
Tramite le attività di set-up aziendali, si passa dal posizionamento strategico attuale ad un
posizionamento strategico futuro. Può darsi che il posizionamento futuro sia di erente dalle
previsioni, in quanto ci possono essere degli eventi che allontanano l’azienda dall’obiettivo che si
era posto.
Principio di resistenza al cambiamento: è presente nelle aziende così come nel persone, è una
tendenza per la quale si è restii al cambiamento, soprattutto se ci si trova in una strategia che
crea pro tto. Il cambiamento deve essere dato in seguito ad uno stimolo, ad un motivo.
Questo principio non rappresenta una minaccia in un mercato stabile, ma lo è al giorno d’oggi, in
un mondo globalizzato ed in continuo movimento, dove le aziende devono poter cambiare. Il
cambiamento è però un principio molto complesso, ma indispensabile.
Quando si svolge un’attività attuale, non bisogna impiegare tutte le risorse, ma provare sempre
nuove s de e portare la strategia ad un livello superiore.
Bisogna inoltre saper cogliere i segnali deboli, ossia notare i particolari che la maggior parte delle
persone non riesce a cogliere. Ad esempio, guardare i mega-trend (es. cambiamenti climatici,
variazioni nella distribuzione della popolazione…), in quanto hanno moltissime ripercussioni sulle
necessità e le preferenze delle persone, che in uenzeranno il mercato. Non focalizzarsi n da
subito su questi fattori può avere ricadute economico- nanziarie nel lungo periodo.
L’attività di impresa è quindi un’attività attuale, ma anche prospettica: non ci si può mai
so ermare sull’attualità, bisogna sempre essere in guardia nei confronti del cambiamento.
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Ciò avviene in maniera più semplice se l’impresa è di tipo mono-business; sarà più complessa per
un’impresa multi-business. Si parla quindi di LIVELLI DI STRATEGIA.
Ne esistono di due tipi:
1. Strategia complessiva dell’azienda (Corporate Strategy): considerazioni dell’azienda nel suo
insieme;
2. Strategia competitiva dell’azienda (Business Strategy): si osserva nello speci co ciò che
l’azienda fa.
Si possono avere aziende mono-business e multi-business
Nelle mono, le due strategie coincidono, in quanto l’azienda sviluppa una sola Area Strategica di
A ari (= ASA, detta anche SBU = Stratetig Business Unit).
L’ASA è una matrice Prodotto-Mercato.
Mercato
MONO: c’è un’unica area strategica
Prodotto
BUSINESS STRATEGY
CORPORATE STRATEGY
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Nell’ambito della Corporate Strategy, non bisogna soddisfare solo le richieste dei clienti (sx), ma
anche quelle degli stakeholders (collaboratori, azionisti…).
Per soddisfare questi bisogni si deve mettere in atto un sistema di prodotto per soddisfare i
clienti.
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L’ARTICOLAZIONE DI UNA FORMULA IMPRENDITORIALE
Vengono proposti modelli per avere dei punti di riferimento per ragione su una realtà composta da
fattori complessi.
Quali elementi non possono mai mancare in un business plan? Il modello deve essere semplice,
di facile e intuitiva interpretazione.
Formula competitiva: bisogna ricordarsi come realizzare il prodotto, a quali clienti si intende
rivolgersi, con quale struttura organizzativa si vuole produrre un sistema di prodotto per
raggiungere i clienti target. ➞ BUSINESS STRATEGY
Formula aziendale: l’impresa deve anche essere in grado di attendere a tutto un sistema di
stakeholders, i quali attendono una serie di risposte da parte dell’azienda,
Attendendo a tutti questi elementi, si ha una struttura di successo, per un’impresa MONO
business.
In un’impresa MULTI business (con più di una asa) c’è una sola formula aziendale, ma più di una
formula competitiva:
Tutte le formule hanno in comune la struttura, in quanto essa è quella che salda assieme tutte le
forme imprenditoriali che sono destinate a svolgersi tramite queste articolazioni.
I clienti target in questo caso possono essere classi cati in base ai caratteri tangibili dei clienti (es.
numerosità, localizzazione geogra ca, capacità di spesa…) e a quelli intangibili (es. bisogni tipici di
una certa area, grado di soddisfazione di quei bisogni, motivazioni che possono portare
all’acquisto…).
Il prodotto non va mai pensato unicamente come l’oggetto che è, ma bisogna pensare a tutto ciò
che vi sta attorno, che non si vede, ma esiste. Le componenti che fanno leva sul prodotto sono
quelle materiali (tangibili) e quelli intangibili, cioè quelle che danno status symbol (es. mondo della
moda), legati per esempio alla reperibilità del prodotto, al luogo di consegna, all’esistenza che
viene dedicata al momento dell’acquisto ➞ fa tutto parte del SISTEMA DI PRODOTTO.
In uiscono anche gli assetti organizzativi, che si distinguono in struttura operativa e stili di
direzione e leadership.
COSA CARATTERIZZA UNA FORMULA IMPRENDITORIALE DI SUCCESSO
A) Sul versante di BUSINESS:
Quando si valuta un business bisogna tenere conto di: elementi di unicità, fattori critici di
successo, competenze distintive.
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B) Sul versante dei RAPPORTI:
Si parla delle persone di cui si ha bisogno per poter attuare la strategia. Queste persone possono
aiutare in cambio di vantaggi di erenziali, che devono soddisfare le aspettative di fondo dei
collaboratori.
Bisogna quindi conoscere tutte le aspettative di fondo degli stakeholders, per poterle soddisfare,
il tutto in rispetto della struttura: la cultura aziendale deve essere condivisa da tutti i membri, deve
essere forte.
Se tutti i fattori A e B sono coerenti, si giunge al SUCCESSO ECONOMICO-FINANZIARIO.
Esso è l’e etto di un business. Non va inteso come la causa, altrimenti, nel lungo periodo, si
manifesterebbero i vizi delle sue componenti. Questa manifestazione potrebbe avere e etti
disastrosi sull’immagine dell’azienda (es. scandalo Nike che, per massimizzare l’output, faceva
clandestinamente lavorare minori del sud-est asiatico, falsi cando quindi la qualità e la moralità del
prodotto). La rottura di un rapporto duciario richiede moltissimo tempo e spesso molti costi per
essere sanata.
Uomo d’a ari ≠ imprenditore
Non ha scrupoli e vuole solamente massimizzare i propri guadagni.
VALUTAZIONE DI UNA STRATEGIA
- Modello di benchmarking ( = modello del confronto): si studia l’impresa che è leader nel
proprio settore, per capirne le strategie e prendere spunto.
- Analisi delle performance aziendali e poi diagnosi a livello competitivo aziendale e
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complessivo.
30/9
Caso Thomas Cook
[fonte: Sole24ore]
Gigante nato 180 anni fa, fatturato di 9 miliardi all’anno, con un buco di 1,5 miliardi nell’ultima
semestrale, la causa non va ricercata nella Brexit: dietro a milioni di turisti lasciati a piedi c’è la
mancanza di visione.
Saper leggere il mercato e la contemporaneità per orientare il business è fondamentale. Anche un
marchio super conosciuto, con una grande storia, può subire fattori come questi.
Nonostante tutti gli studi e le abilità predittive, ci sono possono essere serie di fatti che si
inanellano secondo una sequenza imprevedibile, provocando disastri ➞ nessun sistema è
a dabile al 100%, ci sarà sempre uno 0,1% di possibilità di un cigno nero.
Per capire se una formula imprenditoriale è di successo o presenta dei rischi tali da renderla di
insuccesso è necessario fare delle veri che: SISTEMARE I PUNTI
1. Misurazione delle performance attuali (di business e aziendali): viene svolta tramite le analisi di
bilancio e altri dati provenienti da statistiche e altri studi. Non solo i clienti, anche gli
stakeholders devono avere un grado di soddisfazione elevato, per continuare il rapporto con
l’azienda. E’ un’analisi statistico-quantitativa, in quanto fa riferimento a dati numerici.
2. Valutazione della performance: si valuta la performance aziendale sulla base dei dati raccolti e
dell’ambiente competitivo. Per comprendere la posizione del business e le maggiori aree di
rischio, ci si aiuta con dei modelli: le matrici diagnostiche.
3. Per valutare una formula imprenditoriale gli elementi da confrontare sono i RISULTATI
COMPETITIVI con i RISULTATI REDDITUALI (riferiti al singolo ramo d’a ari).
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Interessa vedere come i diversi business partecipano alla redditività complessiva.
Sulla destra è presente il livello d’azienda: i risultati sociali esprimeranno la capacità
dell’azienda di soddisfare gli stakeholders ( = tutti gli interlocutori ≠ clienti); per questo motivo
i risultati vanno misurati tramite un grado di soddisfazione. Questa grandezza viene rapportata
ai risultati economico- nanziari (non solo la gestione caratteristica, ma anche tutte le altre
macro-aree);
4. Si vanno a creare 4 quadranti, in cui verranno inseriti i diversi business. In base alla posizione
assunta, sarà possibile analizzare e confrontare i business.
5. Veri ca delle ipotesi esplicative delle performance rappresentate nelle matrici di valutazione
delle strategie competitive e della strategia aziendale. La situazione descritta è quella attuale,
perciò non è detto che nel breve periodo non ci possano essere variazioni.
• Quadrante
(risultati reddituali alti, risultati competitivi alti) ➞ strategia di successo;
• Quadrante
(risultati reddituali alti, senza essere leader) ➞ signi ca che ci sono condizioni
esterne favorevoli, che infastidiscono aziende che potenzialmente sono leader nel settore (es.
dazi doganali). Queste condizioni possono però essere temporanee, ci saranno quindi grandi
variazioni nel breve e lungo periodo;
• Quadrante
(risultati reddituali bassi/negativi; ottima posizione competitiva)
➞
clienti e
stakeholder soddisfatti, ottima strategia di marketing, ma non c’è pro tto. Ciò signi ca che
l’incoerenza è interna, nella struttura organizzativa, si parla di sovrastruttura (“ho un carro
armato per uccidere una mosca”).
Bisogna analizzare gli aspetti interni per capire quali sono i costi super ui oppure modi care il
mercato a cui faccio riferimento.
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(basso, basso) ➞ situazione di crisi, bisogna ristrutturare tutto.
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• Quadrante
Percorsi di successo ➞ si individua un percorso di mercato non assistito da nessun competitor,
come ad esempio ideare un prodotto innovativo. Si arriva all’area1 partendo da una situazione in
cui non si era a ermati nel mercato (area2);
Percorsi di crisi ➞ se non si difendono le proprie quote di mercato attraverso aggiornamenti e
forme di aumento di essere, si entra in un percorso di crisi. Ad esempio, costi troppo elevati per
campagne di marketing hanno e etti negativi sul pro tto, perché non consentono di far
aumentare le quote di mercato, passando dal q1 al q3.
ANALISI DI VULNERABILITA’ ➞ andare a studiare
su quali pilastri si regge il mio business )che al
momento è buono), per prevenire momenti di
crisi;
RIPOSIZIONAMENTO ➞ bisogna riposizionarsi
dal punto di vista strategico perché si stanno
sfruttando elementi che sono fuori dal proprio
controllo;
RISTRUTTURAZIONE ➞ dato che la struttura è
troppo elevata, bisogna individuare quali costi
sono super ui e possono essere tagliati;
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DIVERSIFICAZIONE ➞ è necessario cambiare
campo e strategia, per uscire dalla spirale di crisi.
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LE PRINCIPALI TEORIE SULL’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI STRATEGIA
LA SCUOLA DI HARVARD
Essa rappresenta il primo tentativo di una teoria della gestione strategica d’impresa. Riprende lo
studio di Chandler (1962) e si concentra sulla messa a punto di processi, metodologie e strumenti
in grado di guidare la decisione circa la strategia da seguire.
Secondo Chandler le organizzazioni devono adattare la struttura alla strategia perseguita,
progettando quindi opportuni modelli organizzativi.
Un’organizzazione che funziona come un cervello umano ➞ signi ca che l’organizzazione
osserva, apprende, immagazzina, elabora, cerca sempre di migliorarsi.
Tanto più il cambiamento è alto, tanto più il modello organizzativo deve avere capacità di
adattamento.
Per realizzare un cambiamento sono necessari (contemporaneamente): volontà, capacità, potere
di modi care l’oggetto del cambiamento.
La strategia che mira al cambiamento deve avere degli obiettivi ragionevoli.
VOLERE
POSSEDERE
insu cientemente
frequente
NON POSSEDERE
scarsità di esperienza
o expertise
NON VOLERE
rigido uso delle conoscenza:
apprendimento manageriale bloccato
dinamica conservazione
Il paradigma di Chandler viene ripreso da Andrews (1971). Egli ricomprende nella strategia
aziendale i ni dell’impresa, collegando così, in un unico concetto strategico, i ni dell’impresa
con i mezzi o le politiche da attuare per raggiungere tali ni.
Questa visione allargata del concetto di strategia da origine alla scuola Harvardiana, fornendo
indicazioni, oltre che sul contenuto della strategia, anche sul suo percorso di elaborazione.
Emerge quindi che l’elaborazione della strategia riguarda il combinarsi delle dinamiche esterne,
delle capacità interne e delle risorse.
Integrando i contributi di Chandler e Andrews, il concetto di strategia comprende:
- Scopi, obiettivi e ni dell’azienda;
- Le politiche e i piani indispensabili al perseguimento degli obiettivi;
- Il sistema organizzativo, il campo di attività e il contributo che l’impresa intende dare agli
azionisti, ai lavoratori e alla comunità nella quale l’impresa è inserita.
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Il processo di elaborazione della strategia, nell’impostazione harvardiana, è nettamente separato
da quella di realizzazione. La prima richiede un’approfondita analisi dell’ambiente e dei fattori
interni ed è prerogativa esclusiva del vertice aziendale.
Il modello harvardiano segna il passaggio dal long range planning verso la piani cazione
strategica come sistema operativo nalizzato a supportare l’elaborazione della strategia.
Strategia e piani cazione rappresentano due concetti distinti: quest’ultima è strumentale alla
de nizione di piani cazione.
LO STRATEGIC MANAGEMENT
La strategia si focalizza sulle modalità di interazione tra le risorse e le condizioni interne
dell’impresa e l’ambiente esterno, prescindendo dai ni.
Nel pensiero di Anso (1965), il concetto di strategia non deve ricomprendere i ni dell’impresa,
ma semplicemente l’individuazione dei mezzi e delle politiche per raggiungere tali ni.
Attingendo della Teoria dei Giochi di Von Neumann e di Mongenstern, Anso de uisce la strategia
come una regola di elaborazione delle decisioni.
Coda (1988) sottolinea che includere o meno i ni dell’impresa nel concetto di strategia sottende
due diversi modi di concepire il processo formulativo della strategia e, conseguentemente,
l’impresa e l’attività di governo della stessa.
L’utilizzo del concetto di strategia in senso restrittivo (non inclusivo dei
processo:
ni) presuppone un
( ni) /// scelte strategiche > mezzi
Scelte strategiche = campo di attività in cui operare, il vantaggio concorrenziale su cui puntare, le
sinergie e le competenze distintive da sviluppare.
L’utilizzo del concetto di strategia in senso ampio (inclusivo dei ni) sottende il convincimento che
i ni e le politiche volte a perseguirli non possono formularsi in modo separato, ma si determinano
congiuntamente in un processo unitario:
ni dell’attività aziendale > scelte strategiche > direttive gestionali e organizzative
Lo Strategic Management si caratterizza per una forte enfasi attribuita al processo di
piani cazione strategica ➞ Posizionamento strategico:
prodotto/mercato >>>>>>> diversi cazione/concentrazione
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PORTER
(1985, 1996, 2001, 2008)
• La strategia l’acquisizione di una posizione unica e capace di creare valore, attraverso lo
svolgimento di un insieme di attivit .
Il valore di un bene deriva da una serie di attività e operazioni sequenziali, ciascuna delle quali
in uisce in maniera più o meno determinante, alla creazione del valore.
Porter sostiene che le strategie aziendali non possono limitarsi a de nire prezzi, tecnologie…
Ma, in una catena del valore, determinano la trasferibilità di questo valore, che giunge no al
cliente;
• L’essenza del posizionamento strategico la scelta di attivit svolte in modo diverso rispetto ai
concorrenti;
• Le core competences consentono di perseguire la scelta della diversit .
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Novità nell’elaborazione porteriana:
• Il ricorso ad alcune categorie concettuali tipiche dell’economia industriale (es: la struttura del
settore);
• La ricerca di un equilibrio fra due determinanti del successo competitivo:
- la speci cit della singola impresa (le catene del valore nelle singole Aree Strategiche di
A ari - ASA);
- lo spazio competitivo entro cui la stessa opera (settore industriale e raggruppamenti
strategici).
I principali presupposti nell’elaborazione porteriana:
• La creazione del valore l’obiettivo di fondo che guida i processi decisionali in genere e quelli
strategici in particolare;
• Il vantaggio competitivo rappresentato dall’acquisizione e dal mantenimento di un successo
superiore a quello dei concorrenti;
• Il conseguimento delle diverse tipologie di vantaggio competitivo correlato all’attivazione di
una determinata catena del valore, sia interna sia esterna all’impresa, tipica di ogni ASA;
• L’analisi delle determinanti dei legami tra lo spazio competitivo e la catena del valore;
• Un’ulteriore fonte di vantaggio e di valore costituita dalle scelte di corporate strategy, ossia le
strategie interne che l’azienda intende adottare, sulla base dell’ambiente competitivo, dei propri
punti di forza e delle proprie debolezze.
L’azienda può scegliere quelle fasi che considera più convenienti, tralasciando gli aspetti meno
redditizi. È comunque facoltà dell’azienda scegliere di correre dei rischi in alcune fasi.
L’AMBIENTE ECONOMICO
Mercati: insiemi omogenei di negoziazioni di beni privati, di rischi speci ci, di credito e di prestito
che si muovono all’interno dell’ambiente economico.
Settori: insiemi di aziende con combinazioni economiche simili ed operanti negli stessi mercati e
nelle stesse strutture di domanda e di o erta. Quando si parla di vantaggio competitivo in
generale, ci si riferisce al fatto che l’azienda opera all’interno dell’ambiente economico, non nel
vuoto.
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Processo: sequenza di operazioni correlate e nalizzate ad uno speci co risultato nale, tramite
attivit ripetitive e non, attivit con valore aggiunto e attivit che utilizzano risorse.
IL VALORE AGGIUNTO NEI PROCESSI
La qualità è un fattore che contribuisce positivamente al valore di un bene: banalmente, il
consumatore preferisce un buon prodotto ad uno scadente.
Anche il servizio in uisce in maniera positiva: i servizi abbinati alla vendita sono fondamentali. Se
l’assistenza di un marchio aiuta il cliente in caso di problemi, ne segue che il cliente sarà più
propenso ad acquistare altri prodotti da quella stessa azienda in futuro.
I costi abbassano il valore aggiungo di un bene: tanto più essi sono contenuti, tanto più il cliente
sarà soddisfatto (in quanto dovrà pagare un prezzo minore).
Il tempo è una variabile molto importante: il tempo con cui si fornisce il bene/servizio richiesto, la
prontezza nel rispondere alle esigenze del cliente, contribuiscono alla creazione di valore. In
particolare, più essi sono prolungati, più il valore creato sarà minore.
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A
X
Y
X
-10
-10
+12
-5
Y
-5
+12
+7
+7
B
XX è l’unica combinazione a somma negativa: ∑ < 0 ➞ -20 (entrambi i gruppi perdono).
Le altre sono combinazioni a somma positive:
YY: ∑ > 0 ➞ +14
XY: ∑ > 0 ➞ +7
YX: ∑ > 0 ➞ +7
YY è la scelta che genera maggior pro tto, ma essa è possibile solo se in presenza di ducia
reciproca e collaborazione.
➞ SISTEMA DELLE 5 FORZE
Ci sono una pluralità di variabili che
in uenzano la posizione di un’azienda.
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fl
fl
Ci potranno essere strategie
c o l l a b o r a t i v e , i n c u i s i c re a n o
partnership ed accordi, oppure
competizioni con ittuali, in cui si cerca
d i m i n i m i z z a re i l p ro t t o d e l l e
concorrenti, oltre che a massimizzare il
proprio.
Le risorse nanziarie sono strumenti adibiti ad un ne, ma dal momento che con il denaro si può
fare tutto, essi non sono più considerati risorse, ma il ne stesso.
Tutto ruota attorno alla tecnologia: essa consente di assumere posizioni dominanti, ma è una
variabile asettica: non guarda in faccia nessuno, chi non si adegua e non lo fa in fretta, resta
distante dalle posizioni strategiche nel mercato concorrenziale.
Il modello di Porter funziona come una lente di ingrandimento: aiuta ad analizzare a fondo, nello
speci co, le varie fasi, variabili e criteri della catena del valore.
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La catena del valore può essere letta dentro l’azienda, ma anche dentro al settore, dove il valore
aggiunto generato sarà quindi oltre i con ni d’impresa, ma all’interno di quelli del settore. Le
aziende appartenenti allo stesso settore non temono le esternalità positive, perché quei valori
aggiunti consentono al settore di competere contro altri settori.
IL MODELLO RESOURCE BASED
Hamel e Prahalad (1994)
Il modello individua nelle risorse interne all’impresa la vera ed unica determinante dei vantaggi
competitivi e quindi della capacità di generare valore.
Questo modello porta due critiche principali:
• Sul tema del posizionamento strategico viene sottolineato il fatto che tali contributi pongono
attenzione unicamente ai mercati attuali e alle condizioni competitive presenti, trascurando
l’analisi delle condizioni competitive future;
• Al modello di Porter per il ricorso al concetto di determinanti strutturali dei vantaggi
competitivi. I vantaggi competitivi conseguibili risiedono nel settore e non nelle sole capacità
imprenditoriali e strategiche delle imprese. Bisogna tenere conto delle dinamiche di settore
dei propri prodotti/servizi.
Secondo i teorici della resource based view, è la speci ca combinazione delle risorse aziendali a
determinare il vantaggio competitivo; sono le capacità e le competenze distintive dell’impresa la
vera fonte del vantaggio competitivo.
➞ risorse >> competenze
L’INNOVAZIONE STRATEGICA
Quando si parla di innovazione strategica dei contenuti bisogna porsi delle domande:
Il posizionamento strategico di un’azienda è dato dalla somma delle risposte alle seguenti
domande:
- Quale segmento di mercato servire? (who) ➞ CLIENTE TARGET
- Che prodotto/servizio o rire? (what) ➞ SISTEMA DI PRODOTTO
- Come o rirlo? (how) ➞ STRUTTURA
L’innovazione strategica consiste nella ride nizione del posizionamento strategico che può
riguardare uno, due o tutti e tre gli elementi.
Nel caso in cui l’innovazione riguardasse tutti e 3 gli elementi (e fosse nei confronti della formula
imprenditoriale dominante nell’ambiente competitivo) essa può generare una dinamica di
cambiamento permanente delle regole del gioco competitivo nel settore ➞ INNOVAZIONE
RADICALE
Come si introducono le innovazioni radicali:
A. Si identi cano i fattori competitivi (ponendo grande attenzione a quelli critici di
successo) nel business;
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B. Si interviene su quelli individuati mediante quattro azioni:
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L’innovazione radicale, in un’azienda consolidata, deve a rontare e superare quattro resistenze:
1. Non si vede la necessità di cambiare ➞ carenza di visione;
2. Si vede la necessità, ma non si vuole cambiare ➞ mancanza di volontà;
3. Si vede, si vuole, ma non si sa come cambiare ➞ carenza di conoscenza;
4. Si vede, si vuole, si sa come, ma non si riesce a cambiare ➞ fattori esterni.
Come si possono superare le resistenze al cambiamento?
Le attività di setup che consentono di superare questi ostacoli sono:
A.
Costruzione di un sistema di monitoraggio ambientale ➞ percezione;
B.
Rimozione di atteggiamenti e comportamenti inerziali ➞ motivazione;
C.
Sviluppo di processi di innovazione imprenditoriale ➞ direzione;
D.
Comunicazione strategia intenzionale e cambiamento organizzativo per facilitare
l’implementazione ➞ coordinamento.
LE STRATEGIE REALI
Secondo Normann, le strategie reali si formano sul campo attraverso una continua interazione
con l’ambiente. Sono il risultato di un processo di apprendimento continuo (learning by doing),
sorretto da un’idea guida, ossia la business idea, che è il risultato di un processo originale di
apprendimento, che la rende inconfondibile e di cile da imitare.
es. Bill Gates e la Microsoft.
L’apprendimento strategico si collega ad una visione imprenditoriale, ad una potenziale business
idea intorno alla quale e per la quale l’apprendimento si sviluppa.
Analizzare le strategie empiriche basate su fattori di successo, ricercandone le radici nell’idea
imprenditoriale e nell’orientamento di fondo dell’impresa (Normann e Coda).
Anche Mintzberg si interessa al processo di formazione delle strategie reali, sostenendo che sia
basato sul continuo apprendimento dell’impresa (learning by doing).
Egli sostiene che la strategia aziendale possa nascere come processo emergente attraverso
scelte gestionali speci che dei singoli manager. Essa quindi non è esclusivamente il risultato di
un’impostazione intenzionale, ma è il combinarsi di quest’ultima con un dato emergente, che
scaturisce dal basso, dall’evoluzione reale ed operativa dell’organizzazione: partendo da una
strategia intenzionale, alla luce della realtà operativa, viene formulata una strategia “deliberata”,
dopo aver eliminato la parte di strategie previste nelle intenzioni, ma non realizzabili.
La strategia emergente si forma e non si formula, non richiede necessariamente un consapevole
processo di formulazione ➞ grandi strategie possono svilupparsi da piccole idee.
es. Olivetti che per prima crea delle macchine da scrivere con martelletti che “picchiano” in su e
non in giù.
Una strategia può essere interpretata in diversi modi:
- Strategia come piano (plan): la strategia viene delineata in anticipo rispetto alle azioni cui si
riferisce e viene sviluppata con un obiettivo determinato;
- Strategia come schema (pattern): la strategia è un modello da seguire tra una serie di azioni.
- Strategia come posizione (position): la strategia è intesa come modo di collocare una
organizzazione nell’ambiente, cioè tra il contesto interno ed esterno;
- Strategia come prospettiva (prospective): pone attenzione all’interno dell’organizzazione, alla
vision formulata dai manager e dall’imprenditore, alla possibile evoluzione futura dell’azienda.
Il concetto di “strategia” va inteso come l’insieme delle quattro interpretazioni.
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Il pensiero di Mintzberg si colloca nell’ambito dell’approccio comportamentista, cui fanno
riferimento anche Lindblom, Quinn, Normann.
“L’impresa non viene più concepita come un centro decisionale unico, ma come una coalizione di
soggetti, portatori di interessi, che agisce tramite razionalità limitata e pone l’incertezza al centro
dell’indagine”.
Secondo i comportamentisti la vera essenza della formulazione della strategia è il suo processo di
apprendimento che stimola l’intuizione e la creatività.
Il contributo di Normann evidenzia alcuni caratteri distintivi fondamentali della business idea:
- È un sistema, un aggregato di elementi che forma uno schema complesso. La business idea
rappresenta il concetto unificatore;
- È espressione di condizioni concrete, esistenti nell’impresa. La business idea non esiste fin
quando non è stata realizzata;
- Rappresenta “conoscenza superiore”. Questa abilità dovrebbe essere profusa o incorporata
nella struttura organizzativa dell’impresa e dei suoi attori chiave;
- È un prodotto storico che sarebbe imitare per la sua complessità.
La business idea costituisce un importante strumento di pianificazione, in quanto ogni azione
intrapresa dovrebbe essere coerente con essa e tendere a sostenerla e a svilupparla
ulteriormente.
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MANCA
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LA STRATEGIA DI BUSINESS E LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA NELLE IMPRESE
CSR = Responsabilità Sociale d’Impresa
Ordine di responsabilità:
Responsabilità etiche > Responsabilità sociali > Responsabilità legali > Responsabilità
economiche
L’Orientamento Strategico di Fondo dell’impresa affonda tre livelli:
- Dove: campo di attività per il quale l’impresa sociale si sente vocata ➞ vision;
- Perché: fini ed obiettivi di fondo aziendali (strategie di portafoglio) ➞ mission;
- Come: filosofia gestionale/organizzativa dell’azienda/impresa ➞ management;
Le imprese coinvolgono i portatori d’interesse attraverso le pubblicità, internet, radio… Ma anche
in modo “fisico”, tramite riviste e il faccia a faccia.
PROFITTO e (è) RESPONSABILITÀ
Ciò che dice Friedman riguardo all’impresa è molto importante, ma è solo un pezzo del puzzle, ma
non è il suo fine ultimo.
EVOLUZIONE DELLA CITTADINANZA
Dalla lantropia caritativa (paternalismo)…
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Motivazioni etico-religiose dell’imprenditore;
Disegno illuminista;
Concessione dall’alto;
Spesso investimenti in infrastrutture (condizioni di
vita dei dipendenti).
…alla lantropia organizzata
• Resta la centralità dei valori etici, ma come
patrimonio comune aziendale;
• Cultura e competenze di impresa assumono
grande rilievo;
• Processo partecipato all’interno;
• Partnership con altri soggetti e organizzazioni
società civile.
L’azienda in uisce sull’ambiente. Contribuisce al cambiamento climatico e al riscaldamento
globale, attraverso le emissioni di CO2 e di gas e etto serra derivanti dall’uso energetico, trasporti
e processi industriali; consuma le risorse naturali e produce ri uti e materiali pericolosi per
l’ambiente.
Per avere un impatto positivo sull’ambiente, un’azienda deve:
• Ridurre l’uso di energia e di materie prime, riducendo quindi la dipendenza da combustibili
fossili e assicurando una continua disponibilità di risorse naturali;
• Aumentare il riciclo, reindirizzare prodotti e scarichi per aumentare l’ampiezza della loro vita,
dato che il pianeta ha una sempre più limitata capacità di gestire gli sprechi;
• Proteggere la diversità delle specie animali e vegetali riducendo gli impatti negativi sui loro
habitat naturali.
Per quanto riguarda l’ambiente di lavoro invece è fondamentale evitare ogni tipo di
discriminazione di genere e di razza, assicurare delle buone condizioni di salute e di sicurezza sul
posto di lavoro e fornire un equo trattamento.
Quali istanze possono sorgere in un ambiente di lavoro?
• Assunzioni: abilità di assumere e ritenere personale motivato con le capacità adatte ad un
mercato sempre più competitivo;
• Mantenimento della forza lavoro: soddisfazione del personale sta , training e sviluppo,
bilanciamento lavoro-tempo libero;
• Benessere del dipendente: salute e sicurezza nel posto di lavoro, assenteismo;
• Pari opportunità e diversità: opportunità di innovazione del mercato del lavoro e nelle
assunzioni.
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Dove sbagliano le aziende?
• Comunità: comunicazione e dialogo, sviluppo delle relazioni, assunzioni di personale locale
• Ambiente: emissioni di CO2 includendo emissioni d’energia di trasporto e processi, e cienza
nell’utilizzo di risorse naturali, sprechi e riciclo.
• Ambiente di lavoro: equa retribuzione del lavoro (assicurare uno stipendio minimo equo), analisi
per genere/razza/età/disabilità, lamentele del personale
• Mercato: Istanze sui diritti umani, corruzione e concussione, soddisfazione del cliente.
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CASO IKEA
Si possono fare buoni a ari in maniera corretta? In IKEA pensano di sì.
Per raggiungere questo obiettivo si sono dati cinque aree prioritarie:
1. I fornitori, il loro impegno ambientale e le condizioni sociali e lavorative presso gli impianti
produttivi loro e dei loro sub-fornitori ➞ Iway, modello a scala:
2. L’adattamento ambientale dei prodotti che sviluppano e dei materiali che usano: i prodotti
sono progettati, realizzati, usati e, al termine del loro ciclo d’uso, trattati o riciclati mirando a
generare un impatto minimo sull’ambiente;
3. La selvicoltura: il legno rappresenta il 75% della materia prima utilizzata nei prodotti IKEA. Il
legno è un materiale eccellente sia dal punto di vista qualitativo che ambientale: è rinnovabile,
riciclabile, e biodegradabile. A nché il legno rappresenti una scelta responsabile, deve
provenire da foreste gestite in modo corretto;
4. La logistica (trasporti e depositi):
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5. L’impegno ambientale dei negozi: oggi quasi tutti i 181 negozi del Gruppo IKEA hanno un
coordinatore ambientale. Tutti i negozi devono assicurare la conformità di una serie di
standard che riguardano l’organizzazione, la formazione, il consumo energetico… Tra le
priorità dei negozi ci sono: trattamento ri uti, risparmio energetico, trasporto clienti e
collaboratori, costruzione e manutenzione degli edi ci.
La segmentazione del mercato è uno degli aspetti più importanti dell’attività strategica
aziendale, perché consente all’azienda di capire le scelte dei consumatori e i fattori che
in uenzano tali scelte.
Tale di erenziazione se ben supportata da scelte e azioni di marketing rappresenta una
opportunità vantaggiosa per l’azienda.
Approccio di Porter ➞ le strategie come fonti del vantaggio competitivo:
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Di fronte ad un mercato segmentato l’impresa può adottare tre di erenti atteggiamenti:
1. Marketing indi erenziato: l’azienda si rivolge al mercato come se fosse omogeneo;
2. Marketing di erenziato: l’azienda si indirizza ad un gran numero di segmenti di mercato
mediante la formulazione di diversi programmi di marketing;
3. Marketing concentrato: l’azienda mira ad uno solo o a pochi segmenti di mercato con la
predisposizione di un unico programma di marketing.
CASO BARILLA
Barilla è un’azienda familiare italiana leader nel mercato della pasta nel mondo, dei sughi pronti in
Europa, dei prodotti da forno in Italia e dei pani croccanti nei paesi scandinavi.
L’azienda ha focalizzato la sua attenzione sull’eccellenza per il gusto, sull’equilibrio nutrizionale ,
sul miglioramento continuo del saper fare e sulla sicurezza alimentare.
Nel 2004 nasce l’Accademia Barilla, un progetto internazionale incentrato sullo sviluppo, sulla
difesa e sulla promozione della cultura gastronomica regionale italiana.
Nel 2009 viene creato il “Barilla Center for Food and Nutrition”: una fondazione focalizzata sulla
raccolta di conoscenze a livello mondiale, sulla loro analisi e sull’elaborazione di risposte alle
problematiche alimentari.
Nel 2015 la società ha sviluppato un fatturato di 3.786 milioni di euro.
Pietro Barilla puntò sulla qualità dei prodotti e sul lavoro dei suoi dipendenti, focalizzandosi su
due concetti: semplicità ed automazione.
La speci cità e la genialità di Pietro Barilla si poteva anche osservare nel modo in cui concepiva le
macchine: fu il primo a sviluppare l’idea delle linee diritte di produzione.
Barilla ha orientato la sua attenzione verso cinque direzioni operative cardine. Coerentemente ai
suoi obiettivi l’azienda si è proposta di:
• Essere la scelta numero uno di marca e di prodotto per le persone;
• Vincere nel mercato;
• Perseguire un miglioramento continuo;
• Avere un solo modo di fare impresa, seguendo lo slogan “Buono per Te, buono per il Pianeta”;
• L’orgoglio di essere persone Barilla.
Tra le Strategie di Corporate, vanno ricordate:
- L’internazionalizzazione, in quanto negli ultimi anni la Barilla si è concentrata per lo più
all’estero. Oggi, sebbene il 57% del fatturato provenga dal mercato estero, il gruppo non
intende trascurare quello domestico, poiché sostiene che l'identità aziendale nasca sempre
dall'essere forti in Italia: se ci si trova bene in Italia, ci si muove verso l’esterno con più ducia;
- L’integrazione: Barilla persegue un’e cace integrazione con i fornitori, sulla base di un
rapporto chiaro e trasparente, per soddisfare le proprie esigenze di a dabilità e di garanzia
negli approvvigionamenti. Inoltre, le materie prime e i materiali di confezionamento devono
rispettare le normative vigenti e fare in modo che nessun rischio venga trasferito ai prodotti.
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Il processo che porta alla nascita di un nuovo prodotto a partire da un’idea comprende tutta una
serie di interazioni, anche imprevedibili, tra lo sviluppo di prototipi ed il continuo contatto con i
consumatori, per garantire la migliore qualità del prodotto nale.
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L’obiettivo di questo lungo iter è o rire prodotti competitivi ,che possano portare ogni giorno nella
vita delle persone il benessere e la gioia del mangiar bene.
Modello della Doppia Piramide
La Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition ha ideato il modello della Piramide
Alimentare-Ambientale, che attraverso un’analisi dell’impatto ambientale dei cibi, mostra come i
cibi da consumare più frequentemente sono anche quelli che hanno un impatto minore sul
territorio.
L’ORIENTAMENTO STRATEGICO DI FONDO
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L’orientamento strategico di fondo rappresenta l’identità profonda dell’impresa, la parte nascosta
e invisibile del suo disegno strategico, che sta al di sotto delle scelte concrete che si
esplicitano nel pro lo strategico visibile.
Esso è un insieme di idee radicate negli attori chiave dell’impresa e, nelle aziende a cultura forte e
coesiva, di usa a tutti i livelli della struttura e nei meccanismi operativi.
Quali di erenze ci sono tra la formula imprenditoriale di Coda e la business idea di Normann?
La più rilevante è che la formula imprenditoriale non coincide solamente con un sistema di
dominanza in un dato ambiente competitivo e con gura quindi uno schema interpretativo più
ampio e generalizzabile.
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CASO OLIVETTI
Il progetto della Olivetti nasce con la volontà di dare consapevolezza di ni al lavoro e di
intervenire non solo nelle strutture e nei processi dell’industria, ma, soprattutto, creare e
di ondere la cultura comunitaria tramite un'azione speci catamente di politica.
Adriano Olivetti:
• Credeva nelle capacit dell’uomo di riscattarsi e di crescere;
• Aveva una grande capacit di leadership e di porre alla base della convivenza organizzativa dei
forti valori condivisi;
• Considerava fondamentale la ricerca del bello intrecciata alla ricerca della funzionalit e del
benessere;
• Credeva tantissimo nelle persone, considerandole come capitale fondante di una squadra;
• Sosteneva che l’azienda assorbisse cultura dall’ambiente e generasse cultura per l’ambiente.
Egli ride nisce: degli obiettivi chiari nella contrattualistica; il rapporto tra operaio e impresa; il
ruolo della classe dirigente; il rapporto tra impresa e comunità.
Ha fatto della sua idea d’impresa una strategia vincente per l’ambiente esterno, ma soprattutto
per il suo ambiente interno, facendo leva sulle risorse (culturali, manuali, creative…) di ogni
persona all’interno della sua fabbrica
➞ “Dobbiamo far bene le cose e farlo sapere"
È possibile avvicinare economia, cultura ed industria:
Questo avvicinamento è a ascinante e
al tempo stesso pericoloso.
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LA CULTURA PUO’ ESSERE “PRESTATA” ALL’ECONOMIA E ALL’INDUSTRIA?
“La cultura nell’economia serve a tenere vive e vegete una varietà di idee, di stimoli, di visioni che
non sono immediatamente utili, altrimenti, sarebbero coltivate in serra dall’impresa.
La cultura ha il compito di coltivare e far crescere, come fattori della produzione, le cosiddette
eccedenze cognitive che risiedono nelle diverse componenti della società e nella vita.”
Enzo Rullani
Se i talenti creativi, le idee, i simboli, i signi cati e le esperienze entrano come asset fondamentali
nella catena del valore, allora la cultura per l’impresa assume un ruolo decisamente centrale.
Gli e etti bene ci di un processo che prova a ricondurre a sintesi tutto questo non devono essere
visti come limitati allo sviluppo dei mercati culturali, ma come vettori che producono signi cativi
e etti spillover nel sistema imprenditoriale locale.
La cultura può essere vista come capitale, perciò come un fattore strategico di successo. In
quest’ottica, essa si fonda sull’esperienza e su valori evocativi, capitalizza il ritorno degli
investimenti, contribuisce a creare nuovi “linguaggi” e nuovi “mondi”, anche attraverso nuovi
“simboli”, rischiando però di banalizzare e serializzare la produzione, privandola di quella qualità
che né faceva un elemento di cultura.
Olivetti ha ottenuto vantaggio competitivo tramite: l’implementazione della responsabilità
sociale, la valorizzazione del know-how interno, una maggior attenzione alla tecnologia e al
design dei suoi prodotti, diversi cazione produttiva e introduzione del concetto di ergonomia.
L’orientamento strategico di Olivetti imperniava la sua attività su due concetti fondamentali:
1. Il concetto di fabbrica come modello principe di uno sviluppo economico e sociale;
2. L’obiettivo primario della fabbrica era di crescere attraverso lo sviluppo quantitativo e
qualitativo del capitale e lavoro.
L’impresa deve quindi essere una GRANDE IMPRESA, che deve essere internazionale e deve
competere su più mercati, dando all’innovazione tecnologica un ruolo molto importante.
Ci deve essere forte legame tra la fabbrica e il territorio in cui è insediata, con la di usione di una
forte cultura di impresa.
Adriano Olivetti è riuscito a innovare e incardinare elementi di nuova estetica e di nuovo design
nelle sedi, nei processi produttivi e nei prodotti, ponendo sempre la tecnica al servizio dell’uomo.
17/10
L’INDUSTRIA essa si caratterizza per:
• Modello organizzativo a isole di lavoro;
• Libertà di movimento + 15% di produttività In 10 anni + 500% produzione + 1300% pro tti;
• Clima aziendale informale e stimolante;
• Reinvestimento di gran parte degli utili nell’azienda;
• Assunzione dei lavoratori residenti nel territorio di riferimento
Per quanto riguarda i PRODOTTI e la COMMERCIALIZZAZIONE: Olivetti crea prodotti unici, in
termine di meccanica, design e stile. Essi sono rivoluzionari.
Comunicazione, funzionalità, praticità, estetica; Il modello «Lettera 22» famoso in tutto il mondo;
Rete di vendita al dettaglio, negozi monomarca.
L’azienda ha una strategia di commercializzazione straordinaria che consentiva il contatto con il
cliente nale.
In ne sull’INTERNAZIONALIZZAZIONE & ACQUISIZIONI si può dire che:
• L’accordo con la Remington;
• Olivetti Corporation of America, un esempio di delocalizzazione;
• Un progetto ambizioso: l’acquisizione della UnderwoodM;
• L’apertura verso nuovi mercati: il progetto ELEA e successivamente il P101
Nelle grandi aziende si crea il distacco tra la proprietà e l’azienda in sé.
La strategia aziendale si caratterizza per:
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- Finalità istituzionali;
- Progetto imprenditoriale;
- Valori condivisi e visione;
- Analisi esterna. Ambiente socio-economico;
- Analisi interna. Miglioramento organizzativo e gestionale.
Quali elementi hanno caratterizzato la strategia della Olivetti dal secondo dopo guerra al 1960?
Quali decisioni strategiche hanno consentito di conseguire le nalità istituzionali, posizionando
così la Olivetti rispetto al proprio ambiente economico di riferimento?Quali fattori strategici che
hanno determinato le condizioni di sviluppo della Olivetti, in particolare, dopo il 1950?Quali delle
strategie emergenti sono diventate in Olivetti strategie intenzionali?
Quali sono I tratti caratterizzanti delle strategie competitive della Olivetti?
Com’è possibile valutare la quantità/qualità e il grado di coerenza delle strategie perseguite dalla
Olivetti nel periodo considerato?
STRATEGIA E GOVERNO DELLE AZIENDE NON PROFIT E DELLE IMPRESE SOCIALI
Le imprese operavano in un sistema di Economia di Mercato, attraverso lo scambio degli
equivalenti. L’utilitarismo è importante in questo approccio.
L’Economia di Mercato è ai margini, perché si pensa che l’economia può sopravvivere a sé stessa
indipendentemente dal contesto, ma non è così.
Nell’Economia Sociale di mercato deve mitigare questa situazione perché ci deve essere un
interesse comune di salvaguardare la salute delle persone.
L’Economia Civile deve pensare a nutrire l’uomo economico con relazioni, motivazioni, ducia,
virtù civili e tendere al bene comune (quel prodotto diventa utile solo se si relaziona al cliente) più
che alla ricerca di soddisfazioni individuali. Esso è stato creato dai francescani.
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IL RUOLO DEL TERZO SETTORE
Premessa:
Primo settore = Mercato
Secondo settore = Stato
Terzo settore = No Pro t
Con il termine di Terzo Settore si indica il variegato insieme di tutte quelle organizzazioni che:
• operano al ne di raggiungere obiettivi di rilevanza sociale;
• fanno ricorso a quote di lavoro volontario;
• non hanno come obiettivo istituzionale la massimizzazione dei pro tti d’impresa, ma il
raggiungimento di un “utile” da reinvestire.
Mission:
Organizzative
Occupazionali
Risorse:
Umane
Finanziarie
Economiche
L’intero (eventuale) pro tto deve essere reinvestito per intero nell’attività.
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Gli enti no pro t sono considerati il più grande “trasformatore”, in quanto si tratta di circuiti che,
se e caci, si autoalimentano.
Ruoli delle No Pro t:
1. di tutela (advocacy) di gruppi o comunità di cittadini, di promozione dei diritti civili e di stimolo
alla partecipazione e alla democrazia. Esso contribuisce ad accrescere la capacità del settore
pubblico e delle imprese For Pro t di entrare in contatto e di dare risposte ai bisogni;
2. di riallocazione di risorse tra comunità e, soprattutto, tra gruppi di persone, individui, attività
diverse;
3. di produzione diretta di servizi alla persona o di interesse collettivo.
Dal punto di vista del settore pubblico e dell’economia sociale e civile:
Le aziende Non Pro t sono quindi sistemi che possono “trasformare” valori individuali (solidarietà
umana, altruismo, dedizione e persino delusione e sconforto) in:
1. Altri valori individuali (riconoscenza, a etto, stima), come accade nelle forme tradizionali del
non pro t;
2. Valori economici (vere e proprie attività autosu cienti sul piano economico);
3. Valori sociali (risposta a bisogni giudicati rilevanti dalla comunità di riferimento), come accade
nelle forme cosiddette “evolute” e “professionali” del non pro t.
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Solamente coniugando tutte
queste caratteristiche è
possibile ottenere una Azienda
Non Pro t eccellente.
SCELTA DELL’ASSETTO ISTITUZIONALE
Nelle No Pro t i portatori d’interesse ( = stakeholders)
primari sono: donatori, fondatori, volontari,
dipendenti, bene ciari. Quelli secondari sono: lo
Stato, altri enti pubblici, altre NP.
Questi soggetti contribuiscono all’attività d’impresa,
ottenendo, in cambio, delle ricompense.
Ogni soggetto avrà un mix contributi/ricompense ben distinto da quello altrui ➞ un fondatore e un
bene ciario contribuiscono all’attività aziendale in forme diverse, così come le ricompense che
riceve un volontario non saranno le stesse che riceve un dipendente.
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ETICA D’IMPRESA: SOSTENERE LA SOSTENIBILITÀ
Le strategie adottate devono essere in grado di raggiungere un equilibrio che non sia solamente
economico, ma anche legato a due dimensioni: sociale e ambientale. Le azioni della aziende non
possono concentrarsi solo su una di queste dimensioni, trascurando le altre due.
I valori sociali devono essere sostenuti: ecco perché la sostenibilità sta alla base della strategia
d’impresa. Ogni attività deve avere dei valori di fondo per funzionare bene.
LO SCENARIO ETICO DELL’IMPRESA
“RoundTable”: un accordo che è stato sottoscritto da più di 200 imprese/aziende di livello
mondiale. Tantissimi grandi imprenditori si sono riuniti per creare un documento che integrasse
l’etica all’interno delle scelte aziendali.
Questi imprenditori si sono resi conto che, se determinate cose non cambiano, le loro imprese
andranno incontro a grandi periodi di crisi. Le tre dimensioni iniziali vanno riequilibrate.
“Etica d’impresa” non signi ca “buonismo”
Black Rock disinvestirà in tutte le imprese che utilizzano risorse inquinanti, per favorire ed
investire in quelle green.
Dal ‘900 si sta vivendo un momento storico che si chiama “post-modernità”. Marc Augè introduce
il concetto di “non-luogo”, ossia un ambiente in cui le persone sono assieme, senza conoscersi,
senza alcuna relazione umana.
Le caratteristiche della post-modernità possono essere riassunte in tre punti:
• DIMENSIONE SEMPLICE ➞ DIMENSIONE COMPLESSA. Per comprendere come agire in un
ambiente complesso bisogna avere l’umiltà di andare alle radici per capire quali sono i motori
primi che muovono il tutto.
Esempio: gli ultimi premi Nobel hanno a rontato l’enorme problema della povertà,
considerandolo come un insieme di problemi semplici.
La povertà è la scelta di distacco dai beni materiali, di non farsi in uenzare da essi, di non
ricercarli per la felicità, accontentandosi dell’essenziale per vivere. È un concetto diverso dalla
miseria, che è invece imposta: se una persona si ritrova in uno stato di miseria, è perché gli è
stato imposto da fattori esterni.
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• MONDO NAZIONALE ➞ MONDO GLOBALE. Ciò grazie al fenomeno della globalizzazione, per
la quale l’economia passa al di sopra degli stati.
Ci troviamo in un’economia intangibile, dove il valore delle cose non si tocca con mano. Quello
che conta veramente è il usso economico che le cose generano.
L’etica d’impresa non è una moda manageriale. Negli ultimi 10 anni c’è stata una crescente
elaborazione teorica, sempre più numerosi programmi di intervento delle aziende e le istituzioni
hanno assunto un ruolo promozionale (soprattutto per stimolo del Libro verde della CE e di UN
Global Compact).
CSR = Corporate Social Responsibility ➞ RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA
Anche quando si parla di “Corporate Citizenship”, “Social License to Operate”, “Corporate
Sustainability”, “Triple Bottom Line Governance”, “3P” (Pro t, People, Planet), “Corporate
Responsibility” in connessione a termini quali stakeholder o sostenibilità, si sta parlando di CSR.
22/10
LE FONDAZIONI
Le principali tipologie di fondazioni sono:
1. Grant making (erogative). Il loro principale strumento operativo è l’erogazione di contributi a
fondo perduto attraverso diversi strumenti.
2. Operating (operative), il cui principale strumento operativo è lo svolgimento diretto di una
attività di pubblica utilità.
Tra le fondazioni di erogazione, vanno ricordate:
- Le fondazioni di origine bancaria;
- Le fondazioni di comunità;
- Le fondazioni d’impresa.
LE FONDAZIONI DI ORIGINE BANCARIA
Le fondazioni di origine bancaria nascono dalla trasformazione delle Casse di Risparmio stabilita
dalla legge Amato-Carli (30 luglio 1990, n° 218). Queste fondazioni sono soggetti privati, senza
ne di lucro, dotati di piena capacità ed autonomia statutaria e gestionale, che perseguono nalità
di interesse collettivo.
In origine la loro funzione principale era quella di risparmio: dare ai clienti la possibilità di mettere
al sicuro del denaro, in modo da conservarlo per momenti di di coltà. Una caratteristica
fondamentale di queste Casse di Risparmio era legata al loro utile: il 50% di esso doveva essere
reinvestito nel territorio.
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Nel 1990 è stato imposto alle banche private di dismettere le partecipazioni nel marcato privato
entro 10 anni, facendo nascere dei soggetti giuridici che dovevano svolgere delle attività
lantropiche con i proventi derivanti dalla vendita delle partecipazioni. In quegli anni le banche più
importanti erano di proprietà pubbliche (cioè controllate dallo Stato), perché, sin dagli anni ’70, si
riteneva anche la funzione del credito potesse essere gestita dal privato, ma solo previa guida
fornita dal pubblico.
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• MONDO VERTICALE ➞ MONDO ORIZZONTALE. In passato la modernità era caratterizzata da
un sistema gerarchico, oggi il mondo si sta “orizzontalizzando”.
Inizialmente il sistema economico era un sistema monolitico, aggrappato al colosso degli Stati
Uniti. Oggi non è più così, il potere si è frantumato e ci sono più potenze, come Cina, Russia e
paesi arabi, i quali stanno lavorando la di usione delle criptovalute, che sarà quindi una moneta
unica democratica.
Per gli storici la globalizzazione ha avuto inizio nel 1975, quando c’è stato il primo G8, nel quale
si sono riuniti i paesi che hanno deciso di aprire al mondo le proprie attività economiche e
nanziarie.
Amato e Carli hanno voluto separare la lantropia dall’attività bancaria, perché, in precedenza, le
perdite del settore bancario erano compensate dagli utili delle attività lantropiche, con
ripercussioni negative sulle attività di reinvestimento sul territorio.
In Italia ci sono 88
fondazioni di origine
bancaria.
L'ACRI (Associazione delle Casse di Risparmio (47) e delle Fondazioni Bancarie (88) italiane) ha lo
scopo di:
• Rappresentare e tutelare gli interessi generali degli Associati per favorirne il conseguimento
delle nalità istituzionali, la salvaguardia del patrimonio e lo sviluppo tecnico ed economico;
• Coordinare la loro azione, nei settori di rispettivo interesse, per renderla più e cace nonché
promuovere iniziative consortili e attività di interesse comune;
• Ricercare e promuovere rapporti di collaborazione operativa fra gli Associati ed enti, società ed
organismi di rilievo italiani e stranieri, concordando ipotesi di convenzioni o accordi.
24/10
FONDAZIONE DI COMUNITÀ LOCALE
È un ente non commerciale di diritto privato, avente eventualmente le caratteristiche delle ONLUS
che persegue il miglioramento della qualità della vita di una determinata comunità e il
ra orzamento dei legami solidaristici fra coloro che vivono ed operano nel suo territorio agendo
principalmente come una fondazione di erogazione.
Nel Consiglio di Amministrazione presiedono le persone che hanno autorità decisionale.
All’interno di questo consiglio sono presenti: il Presidente, la Segreteria Generale e il Comitato
Esecutivo. Ci sono diversi comitati, ognuno con una precisa funzione: marketing, risorse, di
gestione, erogazione, investimenti…
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Quando una società vuole applicare una strategia a livello territoriale/nazionale, può decidere di
creare una Fondazione d’Impresa, che sarà necessariamente caratterizzata un “raggio” di
distribuzione più ampio.
L’impresa può utilizzare strumentalmente la fondazione per legittimarsi e accreditarsi anche in
territori distanti dal luogo geogra co di riferimento. Dagli utili delle imprese possono essere
detratte le tasse.
- Possono avere come fondatore unico una o più imprese, o una famiglia imprenditoriale;
- Sono dotate di personalità giuridica distinta da quella dell’impresa, pur rimanendo legate ad
essa;
- Ricevono dall’impresa o dalla famiglia imprenditoriale il principale supporto nanziario e di
risorse;
- Hanno un’origine imprenditoriale, ovvero sono fondate da una o più imprese e o da famiglie
imprenditoriali. Impresa (o famiglia imprenditoriale) e fondazione costituiscono un binomio
inscindibile;
- Nascono per migliorare l’e cacia e l’impatto delle iniziative lantropiche legate all’impresa, al
ne di valorizzarle e renderle stabili e continuative nel tempo;
- Possono essere fondazioni di erogazione, operative o miste.
Si parla di risorse dormienti quando ci sono beni, fondi, conti, attività, che pur essendo attivi e
pronti all’utilizzo, non vengono utilizzati per diversi motivi.
In presenza di fondazione d’impresa dormiente, ci si occupa di gestire questi elementi dormienti,
attivando un cosiddetto “fondo patrimoniale”, in cui vengono raccolte le varie risorse.
Ipotizzando che ci siano 200 000 € investiti in un’attività ormai ferma, dalla fondazione d’impresa
dormiente si fa spostare questo patrimonio in un altro conto, in modo che esso riprenda a fruttare.
Le Fondazioni d’Impresa vengono costituite principalmente per: impegno di pubblica utilità come
naturale espressione della cultura aziendale, forte motivazione personale dell’imprenditore o del
capo azienda, opportunità di migliorare la reputazione e le relazioni con la comunità.
Con gurazione delle Corporate Foundations:
ATTIVITÀ OPERATIVE
ATTIVITÀ EROGATIVE
Promuovere ricerche, studi, conferenze in campo Erogare contributi e sussidi lantropici ad altri
economico, sociale, ambientale, culturale, soggetti, persone, ONG (selezionando richieste
scienti co.
ricevute).
Realizzare direttamente servizi di pubblica utilità, Stimolare/ nanziare, anche con bandi, progetti di
gestendo strutture sanitarie, assistenziali, culturali.
ONG su temi d’interesse.
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Fornire a dipendenti/soci servizi assistenziali, Progettare direttamente iniziative che sono
sanitari, previdenziali.
realizzate in partnership con altri soggetti non pro t.
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CORPORATE FOUNDATION
LA TRADIZIONE ITALIANA SULL’ETICA D’IMPRESA
- Le virtù civiche territoriali (Umanesimo Civile);
- La Dottrina Sociale della Chiesa (DSC);
- La concezione istituzionale dell’impresa.
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ETICA D’IMPRESA E AMBITI DELLA RESPONSABILITÀ
Il losofo Georg Hegel o re uno schema per comprendere il tema dell’etica.
Bisogna distinguere tre livelli:
1° ambito: la Moralità. Spesso si fa confusione tra “morale” ed “etica”: non sono concetti
sovrapposti, infatti la moralità nasce dalla coscienza individuale, ha come contenuti i propri valori
personali ed è introspettiva. La moralità è qualcosa che riguarda più la coscienza individuale.
Questo concetto si può ri ettere positivamente sull’azienda: lantropia tradizionale, contingente,
emotiva, soggettiva. Un’azienda con grandi disponibilità, che dona parte dei suoi utili a terzi,
facendo “opere di bene”.
La logica della lantropia nasce in America (in Italia nascerà successivamente il “mecenatismo”,
movimento in cui si cerca di includere i terzi nelle proprie attività, senza donazioni), dal movimento
protestante, in quanto uno dei concetti cardini di questo movimento religioso è la restituzione.
Vi è anche la possibilità che la moralità abbia esiti negativi in ottica di azienda: si può sfociare nel
paternalismo, o peggio, nel “padronalismo”. Il denaro diventa strumento di ricatto del soggetto
donatore, che pretende di avere controllo sulle azioni del bene ciato.
2° ambito: il Diritto. La fonte del diritto è lo Stato, il quale gode di un principio di sovranità, può
quindi stabilire le norme giuridiche, che avranno validità erga omnes. I cittadini non possono fare
le leggi, dovranno delegare i parlamentari e quindi la comunicazione è subita.
Se un’impresa rispetta la legge, è responsabile.
Se però gli ambiti della responsabilità sociale sono solo la morale e il diritto non c’è spazio per la
moderna CSR. Essa necessità di un ulteriore passo:
3° ambito: l’Etica. Essa è l’inter-soggettività dello stare-con in maniera relativamente stabile.
Presuppone quindi una relazione, a di erenza della morale, che è solo introspettiva. E’ basata sui
valori praticati con l’altro, che consentono la stabilità dello stare-con: non ci si limita più ad un
solo individuo, ma ai rapporti dell’individuo con gli altri. Saranno quindi fondamentali la
comunicazione e il dialogo, per evitare con itti.
In sintesi, la Responsabilità Sociale:
Non è una responsabilità giuridica, perché è imputata.
Non è una responsabilità morale, perché deriva da una scelta.
È una responsabilità etica e quindi è condivisa.
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L’impresa può essere intesa come una “federazione di interessi”, in quanto è fortemente
interconnessa con l’ambiente in cui opera. Tutti gli stakeholder, pur avendo interessi diversi
devono avere in comune l’aspetto dell’etica.
RS come modalità di esercitare il ruolo di ente intermedio in una prospettiva di sussidiarietà per
contribuire a realizzare il bene comune ➞ inseparabilità dell’etica dal fare dell’impresa.
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Non si costruisce l’eticità senza comunicazione costante e bi-direzionale.
Ciò è possibile se si sviluppano i beni relazionali. L’economia infatti non si limita ai beni “merce”
(al di là che essi siano merci siche o servizi come oggetti, prestazioni…) per i quali vale la legge
do ut des, dare per ricevere: si paga un prezzo per ottenere qualcosa in cambio, la visione è
allargata anche alle risorse umane.
“Chi pensa di risolvere problemi economici con strumenti economici è sulla falsa strada che porta
se non al precipizio. I problemi economici nascondono sempre più profondi problemi di natura
morale e sociale”.
Luigi Einaudi, 1942
Se non si riconosce che la dimensione etica è fondamentale, si rischia di avere una società allo
sbando, il cui unico stimolo è la paura, la quale genera voglia di sicurezza.
A tenere assieme tutto il sistema economico sono le relazioni umane. A questo proposito, un
ramo dell’economia ha iniziato a concentrarsi proprio su questi aspetti.
Come i beni materiali, anche le relazioni umane devono essere create. Esse vanno coltivate
perché spesso sono il motivo principale che può funzionare un’organizzazione bene o male.
Esempio: la ducia è un bene relazionale, ed è fondamentale. Quando essa si esaurisce, non
avvengono più scambi. A nché gli scambi avvengano, ci deve essere un rapporto fair tra le parti.
In ogni contratto ci sono dei costi di transazione, ossia costi che si devono supportare per
e ettuare uno scambio. Essi sono inversamente proporzionali alla ducia che c’è tra le parti.
I beni relazionali sono beni fragili, che vanno quindi trattati con estrema cura, perché si possono
rompere, ma la loro riparazione richiede grande tempo e grandi costi. Diversamente dai beni sici,
essi non sono sul mercato, non possono essere acquistati/venduti. Sebbene essi consentano al
mercato di funzionare bene, non ne sono in uenzati: si dice infatti che non toccano moneta.
Le organizzazioni resistono se riescono a sviluppare bene i propri rapporti relazionali.
ETICA COME LEGAME SOCIALE E IDENTITÀ PERSONALE
Come si costruisce la responsabilità sociale?
Ci sono almeno due logiche:
• Logica della compliance. Si esprime tipicamente con forme codicistiche: vengono codi cati dei
principi, che vengono comunicati all’organizzazione, alla quale si chiede di aderirvi.
All’interno di un’organizzazione sono svolte tre funzioni fondamentali: controllo interno, risk
management, compliance. La compliance deve assicurarsi che l’organizzazione sia rispettosa
delle norme giuridiche presenti nell’ambiente in cui opera. Questa funzione è svolta da appositi
esperti del settore, soprattutto nelle imprese medio-grandi fortemente internazionalizzate.
Tutto ciò si traduce in un codice etico. Si tratta di un documento che esplicita le modalità con
cui l’organizzazione intende rapportarsi con i clienti, con l’ambiente, con i concorrenti… Questo
codice deve essere conosciuto da tutti i membri dell’organizzazione e si deve veri care che i
comportamenti e ettivi di ognuno siano in linea con quanto stabilito nel codice etico.
• Logica della integrity. Si basa sulla formazione continua da parte dell’organizzazione nei
confronti dei propri membri. La formazione continua è una dinamica interattiva dei membri
dell’organizzazione che vogliono crescere nello svolgimento delle proprie azioni, dando un
contributo etico oltre che tecnico.
Non ci si deve dimenticare di sviluppare anche una cultura umanistica nella formazione
manageriale.
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“Sedotti dall’imperativo della crescita economica e dalle logiche contabili a breve termine, molti
paesi in iggono pesanti tagli agli studi umanistici ed artistici a favore delle abilità tecniche e
conoscenze pratico-scienti che. E così, mentre il mondo si fa più grande e complesso, gli
strumenti per capirlo si fanno più poveri e rudimentali… Non si tratta di difendere una presunta
superiorità della cultura classica su quella scienti ca, bensì di mantenere l’accesso a quella
conoscenza che nutre la libertà di pensiero e di parola, l’autonomia del giudizio, la forza
dell’immaginazione come altrettante precondizioni per una umanità matura e responsabile”.
Martha Nussbaum
Non sono in gioco solo prodotti o immagini, ma la capacità di contribuire al legame sociale e
all’emancipazione.
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IL CONTESTO TEORICO DI RIFERIMENTO: UN MODELLO A TRE LIVELLI
Esistono tre loni di studio:
Filoni “core”:
Responsabilità sociale d’impresa
Stakeholder theory
Business Ethics
“Eccellenza imprenditoriale”
Filoni di contesto:
Teorie dell’impresa (o dei ni dell’impresa)
Strategic management
Corporate governance
Teorie dell’organizzazione
Teorie di marketing
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Filoni di contorno:
Etica e loso a morale
Psicologia cognitiva
Sociologia e istituzionalismo
1. FILONE “CORE”
• Responsabilità Sociale d’Impresa: non esiste una de nizione unica e condivisa da tutti di
Responsabilità Sociale d’Impresa: ce ne sono tante, in base agli autori. È un lone che
caratterizza la volontarietà.
Il bilancio integrato (Integrate Report) è l’integrazione tra il bilancio economico (formato da SP,
CE…) e tutte le informazioni di natura non- nanziaria che devono essere obbligatoriamente
fornite agli stakeholder.
Gli analisti nanziari tengono sempre più conto di aspetti di natura sociale e ambientali, per la
loro analisi, la quale non sarà più strettamente nanziaria.
Questo lone ha due sotto loni particolari:
- Corporate Social Performance, che si chiede che cos’è la performance sociale, come
misurarla e quali sono i rapporti che ha con la performance economica e nanziaria. Si apre
l’ambito delle Valutazioni d’Impatto, ossia la ricerca dei modelli aziendali che meglio
impattano su ambiente/società. Nasce una nuova gura lavorativa: oltre ai revisori contabili,
nascono revisori il cui compito è revisionare i dati sociali/ambientali ( = non- nanziari) che
vengono comunicati al mercato tramite il bilancio.
- Strategie sociali: scuola aziendalistica italiana espressa dalla Formula Imprenditoriale
Allargata:
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• Stakeholder Theory: è stato proposto da Freeman nel 1984. Si contrappone alla Shareholder
Theory, secondo la quale il ne dell’impresa è la massimizzazione del pro tto (o del valore per
gli azionisti).
Secondo questa teoria è importante sì fare pro tto, ma è importante come lo si fa. Fare pro tto
a scapito di una serie di altri fattori extra-economici (ambiente, gestione del personale…),
genera diseconomie.
C’è anche una visione italiana del tema: la governance allargata, la quale risponde alla domanda
“a chi spetta il governo dell’impresa?”.
• Business Ethics: indaga la relazione tra etica e business. Essa pone diversi interrogativi:
Il rispetto delle norme è su ciente?
Quale morale, media o personale?
Esistono principi etici universali? Se sì, quali?
La Business Ethics a ronta i cosiddetti “dilemmi etici”. Esempio: essere incaricati di licenziare il
30% dei dipendenti di un’azienda (tra cui dipendenti con famiglie) per prevenire eventuali crisi,
ottenendo un compenso di 400 000 € l’anno.
Thomas Hobbes, nel suo libro “Il Leviatano”, vedeva le persone come lupi: homo homini lupus,
ogni uomo vede ogni altro come un lupo. È un modo per dire che la natura dell’uomo è essere
cattivo, malvagio e spietato. Il Leviatano un personaggio biblico che si eleva e, cercando di
accontentare un po’ tutti, tiene sotto controllo le “ ere”, regolandole ed evitando che si sbranino
tra loro.
• Eccellenza imprenditoriale: è un lone minoritario che cerca di legare politiche di marketing e
responsabilità sociale. Questo connubio può essere pericoloso, perché alcune volte le politiche
di responsabilità sociale possono essere camu ate ed essere in realtà delle politiche volte
esclusivamente a vendere di più.
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“Servitization” è una loso a secondo la quale un’impresa non si limita alla vendita del prodotto,
ma comprende anche una serie di servizi che contribuiscono al valore generato da esso, che
non si deve quindi limitare all’utilizzo “ sico”. Questo dovrebbe essere il buon marketing,
capace di trasmettere la cultura collegata ai beni presenti sul mercato. Intendere il marketing
come il modo migliore per vendere e fare pro tti, è invece la visione più sbagliata e scellerata.
4P di MINTZBERG: PATTERN, POSIZIONE, PIANO, PROSPETTIVA
FORMULA IMPRENDITORIALE = F. COMPETITIVA
+
CLIENTI TARGET
PRODOTTO
STRUTTURA
VALUTAZIONE DI UNA STRATEGIA:
FORMULA
COMPETITIVA DI
SUCCESSO
analisi di vulnerabilità
F. AZIENDALE
ATTORI TARGET
PROPOSTE PER COLLAB
STRUTTURA
modello di BENCHMARKING
ANALISI DELLE PERFORMANCE AZIENDALI
misurazione
analisi
SOVRASTRUTTURA
ristrutturazione
+
ris
competitivo
CONDIZIONI ESTERNE
-
CRISI
diversi cazione
FAVOREVOLI
riposizionamento
+ ris. reddituale SCUOLA DI HARVARD ➞ STRATEGIA:
scopi, obiettivi, ni dell’azienda
politiche e piani per raggiungere i propri ni
sist org.vo, attività, contributi
STRATEGIC MANAGEMENT: strategia = intersezione tra risorse, condizioni int e ambiente est
in senso restrittivo
in senso ampio
PORTER: strategia = acquisizione di una posizione unica e capace di creare valore
Ambiente economico: mercati, settori, processo
MODELLO RESOURCE BASED:
posizionamento strategico
determinanti strutturali dei vantaggi competitivi
INNOVAZIONE STRATEGICA ➞ ride niz del posizionamento strategico (clienti tg, strutt, prod)
➞ INNOVAZIONE RADICALE: riduzione/aumento o creazione/eliminazione di fatt competitivi
4 resistenze: carenza di visione, mancanza di volontà, carenza di conoscenza, fattori est
attività di setup: percezione, motivazione, direzione, coordinamento
STRATEGIE REALI =
BUSINESS IDEA
+
LEARNING-BY-DOING (mintzberg)
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Fogli 9, 10: LEGGERE
CASO BARILLA:
INTERNAZIONALIZZAZIONE ed INTEGRAZIONE
modello della Doppia Piramide
ORIENTAMENTO STRATEGICO DI FONDO = identità profonda dell’impresa
OLIVETTI: credeva nelle persone // “dobbiamo fare bene le cose e farlo sapere”
economia + industria + cultura
FABBRICA ➞ modello principe dello sviluppo economico-sociale
ha l’obiettivo di crescere attraverso lo sviluppo quanti-qualitativo di capitale e lavoro
INDUSTRIE all’avanguardia, PRODOTTI unici, INTERNAZIONALIZZAZIONE
NO-PROFIT:
ruoli:
1. tutela, promozione stimolo
2. ri-allocazione
3. produzione
FONDAZIONI OPERATING (operative)
GRANT MAKING (erogative)
fondazioni bancarie: risparmio
f. di comunità: miglioramento qualità di vita di una comunità (onlus)
corporate foundations: miglioramento dell’e cacia e dell’impatto delle
iniziative lantropiche legate all’impresa
tre tipi: erogative, operative, miste.
ETICA
POST-MODERNITÀ:
dimensione complessa
mondo globale e orizzontale
Hegel: Tre livelli = moralità, diritto, etica
è l’inter-soggettività dello stare-con in maniera stabile
Responsabilità sociale: COMPLIANCE ➞ si assicura che l’impresa rispetti le norme giuridiche
INTEGRITY ➞ formazione continua per i membri dell’organizzazione
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CSR: aspetti sociali e ambientali
STAKEHOLDER THEORY // shareholder theory ➞ non è importante solo il pro tto, ma anche
come lo si fa
BUSINESS ETHICS: indaga la relazione tra etica e business.
ECCELLENZA IMPRENDITORIALE: lone che cerca di legare politiche di marketing e resp sociale
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