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APPUNTI TRIADE

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Istologia
Appunti
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LE COLORAZIONI
Nelle colorazioni con Ematossilina (viola)-Eosina (rosa), le sezioni devono essere
tagliate al microtomo con uno spessore di circa 3-5 µm in modo da poter colorare
singoli strati cellulari e non avere piani sovrapposti e permettendo alla luce di
passare.
E’ una colorazione bicromica, legata al fatto che ci sono cariche:
- negative a livello del nucleo, che si colora tramite ematossilina che è un colorante
basico. Normalmente il nucleo ha un pH tendente all’acido.
- positive, a livello delle proteine, che si colorano tramite eosina che è un colorante
acido. Normalmente le proteine hanno un pH tendente al basico.
Il nucleo e i vari componenti acidi del citoplasma (ribosomi, secreti acidi) dunque
vengono colorati in viola dall’ematossilina, che è un colorante basico, mentre il
citoplasma e i vari tessuti basici (muscolare, connettivo, osseo) vengono colorati in
rosa, più o meno intenso, da una miscela acida di eosina.
I TESSUTI DI SOSTEGNO o TESSUTI CONNETTIVI
Si chiamano tessuti connettivi poiché connettono altri tessuti.
Sappiamo che l’organismo è rivestito da tessuto epiteliale, al di sotto del quale
abbiamo tessuto connettivale. L’epitelio riveste anche il limite estremo della massa
corporea permeato da cavità all’interno ovvero all’interno dell’organismo abbiamo
delle cavità che sono quelle dell’apparato gastroenterico, dell’apparato respiratorio,
di quello urogenitale e questi quindi sono rivestiti da epitelio che forma il limite
estremo della massa corporea sia internamente che esternamente e al di sotto degli
epiteli noi abbiamo tessuto connettivo.
Il tessuto connettivo dunque connette e si divide in diversi tipi.
I tessuti connettivi hanno una funzione di sostegno sia strutturale, come ad esempio
il tessuto osseo e quello cartilagineo, che metabolico ovvero la diffusione di materiali
all’interno dell’organismo come metaboliti, materiale che è stato introdotto con
l’alimentazione e dunque questo è a carico soprattuto del sangue che tramite il
corrente circolatorio distribuisce il materiale e i metaboliti che sono stati prodotti in
organi diversi come fegato. Abbiamo quindi la possibilità, grazie al sangue, di
connettere anche distretti diversi dell’organismo. Qui abbiamo quindi il concetto della
comunicazione. Nel sangue sono presenti anche cellule fondamentali per la difesa
immunitaria e per la riparazione e rigenerazione del tessuto danneggiato.
Le funzioni del tessuto connettivo sono dunque:
1. Sostegno strutturale e metabolico
2. Comunicazione
3. Difesa
4. Riparazione e rigenerazione
ESEMPIO:
- Derma: vediamo il derma appena sotto l’epitelio di rivestimento, costituito da
un’alta cellularità che si riconosce grazie ai nuclei e sottostante a questa vi è
invece una zona colorata maggiormente di rosa. Questo è costituito per la
maggior parte da fibre ma sono presenti anche pochi nuclei. Il derma è infatti
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costituito da poche cellule e dunque pochi nuclei ma molta matrice
extracellulare.
- Cartilagine: La matrice cellulare è molto evidente anche nella cartilagine dove si
vedono cellule con nuclei molto evidenti e una matrice molto uniforme costituita
da molecole diverse.
- Connettivo lasso: ci permette di focalizzarci su altre particolarità ovvero abbiamo
zone molto poco colorate che sono zone in cui vi sono elementi non colorabili
che costituiscono la sostanza fondamentale amorfa della matrice. Vediamo poi
delle strutture fibrose più o meno sottili. Quelle sottili, grigie scure sono le fibre
elastiche mentre quelle più spesse, colorate di marrone sono le fibre collagene e
vi sono poi i nuclei delle cellule. In alcune si vede la membrana cellulare e il
citoplasma (molto ben colorato in rosso). Questo ci dice che questo tessuto,
lasso poiché vi è molto materiale non colorabile e dunque non è molto compatto,
è costituito da molti elementi cellulari diversi.
Le caratteristiche del tessuto di sostegno sono la presenza dunque di cellule sparse e
di abbondante matrice extracellulare.
I tessuti di sostegno originano dal
mesenchima, che è un tessuto che
si trova durante lo sviluppo
dell’embrione.
Ci sono cellule con nuclei
globulosi e citoplasma poco
colorato poiché evidentemente
non ha ancora prodotto un grande
quantitativo di proteine e rispetto
al tessuto connettivo visto fino ad
ora non vi è praticamente matrice.
Queste perché inizialmente
abbiamo un insieme di cellule che poi produrranno la matrice e mano a mano dunque
si distanzieranno depositandola. Questa matrice sarà o la sostanza fondamentale
amorfa oppure la matrice fibrosa. La matrice extracellulare ha le stesse caratteristiche
dei tessuti e serve:
1. Come sostegno meccanico strutturale.
2. È un ambiente in cui avvengono reazioni chimiche ed è una barriera
biochimica poiché attraverso questo ambiente passano molecole per
diffusione, fondamentale per il nutrimento del tessuto.
3. Regola lo sviluppo e il differenziamento
Si tratta dunque di un sistema dinamico e interattivo tra ambiente cellulare e
extracellulare e tra essi vi è una vera e propria interconnessione strutturale.
La matrice extracellulare è composta da :
1. Fibre collagene e fibre elastiche
2. Glicoproteine strutturali
3. Sostanza fondamentale amorfa
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La sostanza fondamentale amorfa non viene riconosciuta tramite le normali
colorazioni ed è formata da ioni (come sodio e calcio), acqua (fondamentale per la
diffusione di ossigeno o sostane nutritive) e GAGs.
I GAGs sono glicosaminoglicani e sono composti da zuccheri e gruppi amminici. Si
formano delle catene lineari di zuccheri esosi che contengono gruppi carbossilici che
danno carica negativi e che contengono gruppi amminici. Ci sono delle unità
disaccaridiche ripetute ripetute costantemente che formano lunghe catene (abbiamo
quindi uno zucchero A e uno zucchero B, che vengono ripetuti costantemente
formando lunghe catene). Queste catene avendo cariche negative (principalmente
carbossilici ma possiamo avere anche solfati o altro) non possono impacchettarsi
strettamente e occupano spazi grossi avvolgendosi in modo molto lasso e di
conseguenza alle cariche negative richiamano gli ioni sodio che hanno carica
opposta. In presenza di sodio per questioni di equilibrio e osmolarità arrivano anche
le molecole di acqua. Questo spiega come queste strutture occupano uno spazio
notevole che viene occupato anche acqua che forma un legame elettrostatico con il
sodio. Esistono diversi tipi di GAGs:
1. Condroitinsolfati
2. Cheratansolfati
3. Eparansolfati
4. Dermatansolfati
5. Acido ialuronico
L’acido ialuronico è fondamentale poiché è l’unico che non si associa ad una porzione
proteica, mentre gli altri GAGs si legano invece a proteine formando i proteoglicani.
Questi componenti sono presenti in tutti i tessuti (anche se il condroitinsolfato è
caratteristico della cartilagine.
La struttura superiore al
proteoglicano è l’aggrecano, il
quale ha un “cuore” di acido
ialuronico (in viola) che è
complessato con proteoglicani. Nei
proteoglicani vediamo come ci sia
una struttura centrale che è la
proteina, alla quale sono legati i
GAGs. Dunque i GAGs si legano alla
struttura proteica formando il
proteoglicano, che si legano
tramite la proteina linker all’acido ialuronico che di per sé non ha una componente
proteica. Questa struttura dell’aggrecano è tipica della cartilagine.
LE FIBRE COLLAGENE
Abbiamo già visto che ci sono le fibre collagene (più spesse ed eosinofile) e le fibre
elastiche (più sottili e colorate in marrone). In mezzo alle fibre c’è la sostanza
fondamentale amorfa e le cellule delle quali è visibile sono il nucleo.
Le fibre presenti nel tessuto connettivo possono essere evidenziate anche con
coloranti diversi:
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Qui vediamo fibre collagene
di tipo III che è più sottile e
vengono colorate con metalli
pesanti (sono argentofile)
mentre a sinistra vediamo le
fibre elastiche, con un altro
tipo di colorazione. Le fibre
elastiche risultano sempre
molto più sottili di quelle
collagene.
Le fibre collagene nella prima figura sono
orientate tutte nella stessa direzione e all’interno
dei fasci si possono trovare i pizzicati ovvero i
nuclei delle cellule che li hanno prodotti (colorati
in viola). Sotto vi sono invece le fibre argentofile
reticolari, che sono fibre collagene più sottili
delle altre e che si intrecciano e fanno da
supporto per organi ricchi di cellule (in questo
caso per i linfonodi).
Le fibre collagene sono dotate di grande resistenza alla trazione mantenendo sempre
la loro lunghezza. Le fibre collagene si trovano nel caso di prima dove sono tutte
orientate nella stessa direzione, nei tendini. Queste fibre sono parallele perché il
tendine connette osso e muscolo. Il muscolo si contrae e termina con il tendine che si
connette all’osso e sposta il segmento osseo essendo resistente alla trazione.
Il collagene è codificato da una famiglia molto ampia di geni (per ora ne sono stati
scoperti 42) e questi danno origine a 27 tipi diversi di collagene.
Il collagene di tipo I è il più importante in quanto è quello maggiormente presente nel
nostro organismo ed è composto dall’avvolgimento di tre catene peptidiche:
- due catene alfa1
- Una catena alfa2
Il collagene di tipo I è bandeggiato ovvero ci sono zone più ampie e altre meno. Molto
importante è anche il collagene di tipo II, tipico della cartilagine. A questi tipi di
collagene si uniscono diversi collageni minori (come il V e il III per il tipo I o il IX per il
tipo II). Questi tipi di collagene servono per indirizzare la saturazione che avviene per
polimerizzazione da dei composti più piccoli che vengono uniti tra di loro a formare la
fibra.
Guardando il collagene di tipo I al microscopio elettronico a trasmissione si vedono
bandeggiature (bande chiare e scure) che hanno un periodismo ovvero una
lunghezza da parte scusa a parte chiara di circa 64-68 nm. Se andiamo a vedere la
molecola di base della struttura ovvero il tropocollagene vediamo che è lunga circa
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300 nm. La struttura che si propone quindi fa vedere come abbiamo una
organizzazione nella quale le molecole di collagene si uniscono testa-coda con
filamenti sottili lasciando un minimo spazio e poi lateralmente si formano filamenti
dello stesso tipo ma sfasati di circa un quarto della lunghezza. Ad un certo punto si
troveranno tutte in fase ed è per questo che vediamo delle bandeggiature.
La fibra di collagene è abbastanza spessa dunque e sono costituiti da fibrille che si
uniscono e che sono formate da unione di filamenti che sono costituiti dall’unione
testa coda di molecole di collagene. Quindi:
Molecola di collagene —> filamenti —> fibrille —> fibra di collagene
I collageni sono tutti tendenzialmente bandeggiati.
Le singole molecole di collagene sono costituite da tre catene strettamente
impaccate e questo deriva dal fatto che la loro struttura richiede la presenza di
glicina a livelli elevati (circa un amminoacido su tre). Oltre alla glicina molto
importante è la prolina che fa si che si possa avere l’angolatura della catena
peptidica. La prolina viene spesso idrossilata diventando idrossiprolina e la stessa
cosa succede anche per la lisina.
La molecola progenitrice è il pro-collagene, più grande del tropocollagene e presenta
al C-terminale e all’N-terminale presenta delle sequenze peptidiche che non sono
andante in contro ad avvolgimento e sono quelle sequenze che impediscono
l’avvolgimento della molecola all’interno della cellula, avvenimento che sarebbe
catastrofico per la cellula poiché avremmo un ingolfamento della cellula che
andrebbe incontro a morte.
La sintesi del collagene inizia nel nucleo dove vengono trascritti i geni in mRNA e poi
tradotti per essere modificati nel RER e nel Golgi e poi viene secreto e qui grazie a
delle peptidasi specifiche per il collageno vengono tagliati i peptidi terminali
permettendo così l’assemblaggio e la polimerizzazione definitiva della molecola.
LE FIBRE ELASTICHE
Hanno la caratteristica opposta di quelle collagene cioè sono deformabili e quindi
possono essere allungate e una volta che la trazione è stata eliminata si riavvolgono
in maniera casuale. Sono stati identificati anche in questo caso marcatori ovvero
amminoacidi specifici che sono prevalentemente lisine modificate.
Le fibre elastiche sono quindi deformabili e si trovano nella cute, sotto l’epitelio di
rivestimento, nel derma. Nel derma si trova quindi collagene I e fibre elastiche.
Le fibre elastiche sono presenti anche nell’aorta è in grado di assorbire l’andamento
pulsato del cuore e lo regolarizza per averlo continuo. Si trovano queste fibre
elastiche perché queste strutture hanno bisogno di cambiare forma in maniera
ripetuta e costante (sono infatti presenti anche nella pleura).
La fibra elastica e formata principalmente da due proteine:
1. Elastina, che forma la parte interna e si presenta come proteina amorfa ovvero
al microscopio elettronico appare sfocata perché non è precisa come
struttura.
2. Microfibrille che formano la parte esterna e danno strutturazione fibrosa e si
dividono in microfibrilla I e microfibrilla II
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Anche in questo caso la cellula che le produce produce molecole non mature (proelastina) che vengono rilasciate all’esterno dove vengono tagliate le strutture estreme
che impedivano di raggiungere la forma finale e attiva.
Le fibre elastiche vengono colorate con una colorazione particolare che è la
colorazione von Gieson che le fa apparire di colore nero. Senza questa colorazione
non si riuscirebbero a vedere bene.
LE MOLECOLE ADESIVE della MATRICE EXTRACELLULARE
La più importante è la fibronectina, proteina fibrosa che presenta diversi domini e che
unisce strutture diverse. Si tratta di una glicoproteina omodimero ovvero due
molecole uguali che si uniscono tramite ponti disolfuro. I domini diversi prendono
contatto con componenti diverse della matrice extracellulare. Vi è infatti un dominio
per il collagene, per la fibrina, per eparansolfato (proteoglicano) o per integrine.
L’integrina è un eterodimero presente come glicoproteina inserita nel doppio strato
fosfolipidico della membrana cellulare e dunque è una proteina intrinseca della
cellula. Il suo dominio extracellulare interagisce con fibronectina e con laminina, altra
proteina. La cosa caratteristica è RGD ovvero arginina-glicina-acido aspartico e sono
tre amminoacidi che in sequenza vengono riconosciuti dal sito di legame
dell’integrina e quindi abbiamo una certa affinità della superficie della cellula con un
molecola che si trova nella matrice extracellulare.
Essendo l’integrina una proteina transmembrana avremo anche un versante
intracellulare che si connette con l’actina ovvero una componente citoscheletrica e
questa interazione è sempre mediata da varie molecole tra cui ad esempio alfaactinina. L’integrina dunque integra l’ambiente intracellulare con quelle extracellulare.
IL MANTENIMENTO DELLA MATRICE EXTRACELLULARE
Fondamentale per la membrana cellulare è l’omeostasi. Per mantenere la matrice
extracellulare vi sono delle metalloproteasi della matrice MMP e sono prodotte dalle
cellule della matrice. Il termine indica che per funzionare necessito di metalli che
operano come cofattori e lisano e distruggono proteine e sono in grado di degradare
la matrice extracellulare a pH neutro. Vengono prodotte in maniera latente e vengono
attivate dalla plasmina, che viene attivata da un suo precursore e una volta attiva per
taglio proteolitico è in grado di andare ad attivare le metalloproteasi latenti.
Le MMP-2 e MMP-9 sono attive contro il collagene.
Esistono a valle altri sistemi di controllo ovvero i TIMPs che sono gli inibitosi tissutali
della metalloproteasi e sono in grado di bloccare l’attività delle MMP già attive.
E’ un sistema molto ben modulabile ovvero risente dell’ambiente e se questo viene
modificato a causa ad esempio di un’infiammazione le MMP vengono attivate.
Vengono attivate anche da cellule tumorali che le attivano per farsi aprire una via per
poter entrare nel torrente circolatorio dando vita alle metastasi.
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LE CELLULE DEL TESSUTO CONNETTIVO
Tutte le cellule del tessuto connettivo esprimono vimentina, particolare proteina che
si organizza in filamenti intermedi (10nm di diametro) che costituiscono il
citoscheletro della cellula. Questi filamenti servono per mantenere il nucleo al centro
della cellula e il fatto che questa proteina venga espressa solo dalle cellule del
connettivo fa si che venga usata come marcatore delle cellule connettivali.
Le cellule del tessuto connettivo propriamente detto sono:
- Macrofago tissutale
- Pericito
- Mastocito
- Adipocito
- Fibroblasto
Queste sono le cellule fisse del tessuto connettivo, alle quali si posso aggiungere
anche i miofibroblasti che sono fibroblasti con un numero molto elevato di
miofilamenti che ne permettono il movimento e questo è dovuto al fatto che queste
cellule possono accorrere nelle zone in cui vi sono ferite per ricostruire il tessuto
perso. Alle cellule fisse si aggiungono le cellule migranti che non si trovano di base
sempre nel connettivo ma spesso migrano dal sangue, e sono i leucociti. Oltre a
queste cellula base, a seconda del tipo di tessuto vi saranno poi le cellule
specializzate.
I FIBROBLASTI:
Il fibroblasto, indicato con la lettera F (fibroblasto
maturo attivo nella prima immagine e fibroblasto
maturo nella seconda), si differenzia per un nucleo
abbastanza grade, un evidente nucleolo e un forma
fusata. È la cellula principe del connettivo poiché da
sola produce tutta la componente della matrice
extracellulare. Deriva, come tutte le cellule connettivali, dal mesenchima embrionale.
Dal mesenchima embrionale deriva anche emocitoblasto HSC, cellula staminale
emopoietica.
Il fibroblasto maturo è una cellula quiescente che controlla il turnover del tessuto. In
questo caso si tratta di fibroblasto maturo del tendine e dunque il turnover è molto
scarso e si vedono i fasci di collagene tipo I in mezzo ai quali si riescono a vedere
pochi fibroblasti.
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Sulla sinistra invece si vedono i fibroblasti maturi attivi e sono coinvolti attivamente
nella produzione di proteine della matrice, di glicoproteine, GAGs e proteoglicani che
vengono poi secreti a livello della matrice.
IL MACROFAGO TISSUTALE
Fagocita grandi particelle (0.5 micrometri, grandezza di un batterio o microbo)
tramite le membrane ondulanti. Normalmente non si riescono a evidenziare in una
sezione istologica e dunque in questa sono stati aggiunti alla preparazione dei granuli
di zimosan di 0.5micrometri di diametro colorati in blu. Il macrofago gli ha fagocitati
e questo li ha resi visibili.
Queste cellule una volta venivano chiamati istiociti ovvero cellule del tessuto. Queste
cellule ora hanno nomi diversi e sono presenti in tutti i tessuti nell’organismo:
- nel polmone: macrofago alveolare
- Fegato: cellula di Kupffer
- Osso: osteoclasto
- Sistema nervoso: microglia
- Sistema linfatico: cellule dendritiche in milza e linfonodi
Queste cellule hanno la stessa capacità di fagocitare cellule di grosse dimensioni e
possono essere considerati gli spazzini dell’organismo.
Il macrofago può fare endocitosi ovvero fagocitosi e pinocitosi. Dopo averli fagocitati
il macrofago li può distruggere grazie alla sua attività antibatterica e antimicotica
possibile grazie ad enzimi come:
1. Lisozima
2. Mieloperossidasi che sviluppa sostanze altamente ossidanti che distruggono i
batteri
3. Enzimi che inducono acidificazione nel citoplasma della cellula facendola
morire o per lo meno bloccando la loro azione.
Qualunque struttura che presenta motivi di riconoscimento in quanto estranea
all’ambiente (i cosiddetti motivi molecolari associati ai patogeni o PAMP) viene
riconosciuto grazie a specifici recettori dei macrofagi.
Oltre alla fagocitosi abbiamo detto che possono fare pinocitosi ossia incanalano
fluido che si trova all’esterno della cellula con le molecole disciolte.
Importante è anche l’esocitosi poiché possono rilasciare enzimi, citochine e
interleuchine, che sono molecole segnale che possono riconoscere recettori su altre
cellule e dunque attivarle.
Il macrofago è anche in grado di fare chemiotassi ossia migrare verso una sostanza
chimica che agisce come richiamo riconoscendo il gradiente. Il macrofago, grazie
alle sue caratteristiche, è coinvolto nella risposta immunitaria.
LE DIVERSE TAPPE DELLA FAGOCITOSI
La cellula che deve essere fagocitata viene riconosciuta grazie a motivi che esprime
sulla sua superficie e che vengono riconosciuti dai recettori del macrofago. A questo
punto produce pseudopodi ovvero espansioni di membrane grazie a microfilmanti di
actina che avvolgono la particella estranea. Questa viene quindi internalizzata (e
prende il nome di fagosoma) e si fonde con dei lisosomi formando fagolisosomi. I
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lisosomi sono colmi di enzimi in grado di degradare tutte le macromolecole
biologiche e in questo modo la particella estranea viene digerita (se non viene
digerita completamente permette un corpo residuo).
IL MASTOCITO
Questa cellula non si riesce ad identificate tramite una colorazione normale di
ematossilina-eosina. Tramite il colorante blu di toluidina (colorante basico) la cellula si
colora invece di rosso tramite fenomeno della metacromasia che descrive il fatto che
un colorante cambi colore e questo è dovuto alla presenza di molecole polianioniche
ossia di molecole che hanno un’alta concentrazione di cariche negative.
E’ una cellula ricca di granuli ed è responsabile dei fenomeni allergici. Quando vi sono
degli allergeni questi inducono la degranulazione del mastocito che dunque rilascia
all’esterno il materiale contenuto nei granuli, ovvero:
- eparina
- Istamina, che è in grado di indurre vasodilatazione e bronco-costrizione, che
impedisce la respirazione e dunque l’individuo può andare in contro a shock
anafilattico
- Proteasi neutre come triptasi e chimasi
IL PERICITO
Si trova vicino ai vasi e ha una forma semplice, fusata come la cellula
mesenchimale da cui deriva e della quale si pensa sia un residuo che
permane anche in età adulta. Come questa ha infatti una notevole
capacità proliferativa e trattandola con particolari molecole la si può
indurre a diventare un adipocito, una cellula muscolare liscia, una
cellula dell’osso o della cartilagine.
LA SUDDIVISIONE DEI TESSUTI CONNETTIVI
I tessuti connettivi possono essere classificati in maniera diversa a seconda del
parametro che si prende in considerazione. Prendendo in considerazione la matrice
extracellulare possono essere divisi in:
1. Propriamente detti, che si dividono in:
- connettivo lasso, rete fibrosa lassa e tanta matrice amorfa
- Connettivo denso, fibre densamente impacchettate e poca matrice amorfa e
che a sua volta si divide in:
a. Regolare, con fibre collagene regolate nella
stessa direzione (tendine)
b. Irregolare, con fibre disposte in maniera
diversa nello spazio (derma)
2. Fluidi/liquidi, poiché sangue linfa hanno come materiale nella matrice
extracellulare fluido che permette lo scorrimento del sangue o della linfa in un
sistema circolatorio chiuso (il primo) o aperto (il secondo) e i due sistemi poi
comunicano tra loro. Si divide appunto in:
- sangue, nel sistema circolatorio
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- linfa, nel sistema linfatico
3.
Di sostegno, con matrice solida, incomprimibile e si divide in
- cartilagine, con matrice gelatinosa solida
- osso, con matrice cristallina mineralizzata
4.
specializzato, particolare poiché è quasi privo di matrice extracellulare poiché
è nettamente predominante la parte cellulare e si tratta del tessuto adiposo.
La funzione dei tessuti connettivi propriamente detti:
Il tessuto lasso, essendo poco denso è:
1. facilmente permeabile permettendo così gli scambi metabolici tramite
diffusione semplice delle molecole
2. Separa i tessuti
3. Luogo della reazione infiammatoria per la difesa dell’organismo
Il tessuto denso è:
1. Resistente alle sollecitazioni meccaniche
2. Robusto
I tessuti connettivi sono così chiamati poiché capaci di:
- una connessione meccanica, poiché sono tessuti più robusti che uniscono diversi
tessuti tra loro. Un esempio è dato dal tendine o dai legamenti che uniscono
muscoli e osso. Inoltre sostengono e proteggono organi.
- Una connessione funzionale, poiché mettono in comunicazione tessuti facendo
passare nutrienti e cellule della difesa immunitaria
Questi due tipi di connessione sono tra loro in antitesi poiché la connessione
meccanica richiede fibre e dunque sono tessuti che richiedono stabilità e robustezza.
Dall’altro lato però, la connessione funzionale richiede una maggiore sostanza
fondamentale amorfa e dunque idratata per consentire la diffusione.
Esempi di tessuti connettivi:
• Il tessuto connettivo lasso
Nell’immagine a lato siamo a livello dell’apparato
gastroenterico e vediamo sotto l’epitelio una zona SoM
ovvero sottomucosa che contiene connettivo lasso
particolarmente povero di fibre.
Vediamo qui invece una vescica, nella
quale distinguiamo l’epitelio dove vi è
una grossa concentrazione cellulare
oltre il quale vi è il connettivo lasso (TC)
al di sotto del quale vi è poi di nuovo
uno strato con maggiore cellularità che il tessuto muscolare.
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• il tessuto connettivo denso
figura 1: derma colorato con ematossilina-eosina che colora le fibre in rossa.
figura 2: derma
figura 3: capsula di un organo parenchimatoso ovvero pieno. La capsula è data da
tessuto connettivo denso che supporta e protegge l’organo
• Tessuto di sostegno lasso vs tessuto di sostegno denso
Vediamo qui la sezione di una
ghiandola mammaria e vediamo delle
strutture con dei lumi (cavità)
contornate da un epitelio ben
colorato. Dopo di questo abbiamo del
tessuto poco colorato che è il lasso
(TCL) all’esterno del quale il denso
(TCD) nel quale si vedono molto bene
le fibre collagene.
Vediamo qui anche la sigla TA che
indica tessuto adiposo (molto grandi e
non colorate con questo tipo di colorazione. Sono poche e ogni tanto si trovano
sparse nei vari tessuti connettivi raggruppate in piccoli gruppi di 4 o 5.
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I TESSUTI CONNETTIVI DI SOSTEGNO
I tessuti connettivi di sostegno sono:
- Cartilagine
- Osso
- Tessuto cordoide che nell’adulto è presente in quantità minime essendo un
residuo della notocorda, struttura di sostegno durante il periodo di vita
embrionale.
LA CARTILAGINE
Nell’adulto si trova a livello di:
1. Superfici articolari delle ossa
2. Cartilagini costali
3. Orecchio esterno
4. Naso
5. Laringe
6. Trachea e bronchi
La cartilagine è un tessuto solido ma rispetto all’osso è più flessibile, meno resistere e
duro. Ha un’ottima resistenza alla compressione può cambiare leggermente forma ma
non volume. La cartilagine è l’unico tessuto connettivo a non essere vascolarizzato.
Le funzioni della cartilagine sono diverse:
1. Dona sostegno poiché mantiene ad esempio la pervietà delle vie aeree. L’aria
deve entrare nell’albero respiratorio e dunque i canali deve essere aperti.
2. Assorbe elasticamente le sollecitazioni meccaniche a livello delle articolazioni
riducendo gli attriti
3. Guida lo sviluppo dello scheletro osseo nei mammiferi, infatti il primo abbozzo
dello scheletro è solitamente fatto per la maggior parte di cartilagine la quale
poi viene sostituita da tessuto osseo
4. Permette l’accrescimento in lunghezza delle ossa lunghe con la cartilagine
metafisaria.
Essendo un tessuto connettivo troviamo una matrice extracellulare che presenta fibre
di collagene, in particolare tipo II e questo in particolare nella cartilagine ialina che è
la più frequente. Contiene poi anche fibre di collagene di tipo I e fibre elastiche. La
sostanza fondamentale amorfa presenta come al solito proteoglicani, GAGs, delle
glicoproteine di adesione come laminina e fibronectina. Una caratteristica è l’elevata
di acqua, intorno al 70-80% del peso netto del tessuto e questo spiega la non
comprimibilità e allo stesso tempo l’elasticità.
Per quanto riguarda invece le cellule abbiamo:
- Condrociti e condroblasti, che sono lo stesso tipo di cellula vista in due momenti
diversi. I condroblasti sono infatti le cellule attive e hanno una altra attività
sintetica mentre i condrociti sono le cellule quiescenti e controllano l’ambiente
rimpiazzato quello che va in turnover.
- Condroclasti, che non sono stati ancora chiaramente dimostrati ma sarebbero le
cellule che erodo la cartilagine quando viene sostituita dall’osso durante il
processo di ossificazione.
Esistono diversi tipi di cartilagine:
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1.
La ialina, più diffusa. Il suo nome indica il suo aspetto vetroso ovvero traslucido
e ha un aspetto bianco- bluastro. Questo tipo di cartilagine è relativamente
elastico
2. L’elastica, decisamente più elastica e presenta un aspetto giallastro come tutti i
tessuti con una forte componente elastica. È più opaca ed è maggiormente
flessibile ed elastica.
3. La fibrosa ha caratteristiche del tessuto connettivo fibroso ed è infatti una via
di mezzo tra connettivo fibroso e cartilagine.
Nella cartilagine ialina si osservano cellule immerse in una matrice
omogenea poiché l’indice di rifrazione delle fibre collagene di tipo
II che non sono bandeggiate e quello dei GAGs nella sostanza
fondamentale amorfa sono molto simili e quindi non si notano
particolari differenze.
La cartilagine ialina è presente nella
trachea (figura a lato) nella quale
forma un anello incompleto con
una matrice con intensità di colore
diverse e anche le cellule appaiono
diverse tra poiché. Si vede infatti che sulla sinistra
sono presenti cellule più grandi mentre sulla destra
sono più piccole. Questo perché abbiamo un
gradiente di cellule nel quale quelle meno matura
vanno sulla sinistra mentre quelle giù mature si
trovano sulla destra.
CONDROBLASTI e CONDROCITI
Sono cellule sferiche od ovoidali
immerse in lacune all’interno della
matrice solida e quindi non ne permette
una equa distribuzione nel tessuto. Ogni
lacuna contiene una o più cellule e le
cellule più grandi contengono anche
delle gocce lipidiche.
Quello nell’immagine è un condroblasto
visto al microscopio elettronico a
trasmissione. Il suo nucleo è abbastanza grande e il citoplasma presenta vari organuli
mentre esternamente vi sono diverse fibrille di collagene che circondano la cellula. I
condroblasti producono fibre collagene fibre elastiche in quantità variabile a seconda
del tipo di cartilagine nella quale sono immersi.
La sostanza fondamentale amorfa è costituita da acido ialuronico a cui si legano i
proteoglicani e queste molecole sono in grado di legare una buona quantità di acqua
conferendo alla cartilagine lo stato di gel solido molto importante per le sue
caratteristiche. Grazie al fatto di avere molta acqua la cartilagine è in grado di essere
nutrita nonostante non sia vascolarizzata.
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LA CARTILAGINE IALINA
Le cellule nella matrice sono disposte a gruppetti che prendono il nome di gruppi
isogeni e sono la conseguenza del fatto che la matrice è solida e non permette
l’equidistribuzione delle cellule dopo quella che era l’unica cellula nella lacuna si è
divisa una o più volte.
La matrice extracellulare presenta delle colorazioni diverse e questo dovuto al fatto
che, in un gruppo isogeno ogni cellula è rivestita da una matrice capsulare
intensamente colorata e costituita da fibre di collagene. Esternamente a questa vi è la
matrice territoriale che comprende tutto l’ambiente delle cellule del gruppo isogeno
e ha una colorabilità inferiore e tra un gruppo isogeno e l’altro vi è la matrice
interterritoriale che presenta una colorabilità ancora inferiore. In questo caso vi è una
diminuzione del numero di fibre e viceversa una produzione di GAGs.
La cartilagine è poi rivestita da tessuto connettivo denso e fa parte del pericondrio
che è la parte fibrosa di rivestimento e protezione mentre andando verso l’interno
avremo il pericondrio con lo strato attivo per quanto riguarda la capacità proliferativa.
Sono cellule di riserva della cartilagine non ancora differenziate e che somigliano
molto ai fibroblasti. Queste cellule andranno poi incontro a differenziamento per
diventare cellule cartilaginee attive.
La cartilagine ialina la troviamo anche a livello dell’articolazione sinoviale, in
particolare a livello dell’estremità delle ossa dell’articolazione.
Nell’immagine della cartilagine ialina articolare vediamo come la cartilagine riveste
l’osso lungo e si può notare che manca completamente il rivestimento del
pericondrio.
La cartilagine articolare è spessa dai 2 ai 5 mm e presenta diversi strati che si
riconoscono in baso all’orientamento delle cellule. Questo è importante perché
favorisce una migliore prestazione funzionale e così andando dalla superficie libera
verso la parte ossea vediamo che c’è:
- Una zona superficiale in cui le cellule sono poste tangenzialmente
- Una zona intermedia o di transizione in cui l’orientamento non è ben preciso
- Una zona profonda, radiale in cui l’orientamento delle cellule è perpendicolare a
quello della zona superficiale
- Una linea di demarcazione al di sotto della quale troviamo una zona di cartilagine
calcificata che va in continuità poi con l’osso sottocondrale.
Non vi è dunque il pericondrio e quindi c’è una scarsa capacità proliferativa della
cartilagine e dunque in caso di danneggiamento o usura il livello della cartilagine
diminuisce e possiamo avere problemi a livello dell’articolazione con degenerazione
della cartilagine e deformazione dell’articolazione e questo provoca dolore poiché si
arriva a toccare l’osso che, al contrario della cartilagine, è innervato.
LA CARTILAGINE ELASTICA
La cartilagine elastica si trova in:
- Padiglione auricolare
- Meato uditivo esterno e Tubauditiva
- epiglottide
- Laringe
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Presenta diverse differenze con la cartilagine ialina che sono il suo colore giallastro
dovuto alla grande presenza di fibre elastiche e ha invece decisamente molta meno
sostanza fondamentale amorfa e dunque un basso contenuto di proteoglicani e
acqua.
Le fibre elastiche nel vetrino sono colorate in nero e si vede come quasi tutta la
sezione è colorata in nero. Ai due strati si vede invece il pericondrio con le cellule
proliferative.
LA CARTILAGINE FIBROSA
Si trova in:
- dischi intervertebrali
- Diversi menischi e labbri
articolari
- Sinfisi pubica
- Legamento rotondo del
femore
- Zona di inserzione all’osso di
alcuni tendini
Dal punto di vista strutturale è costituita da strati di connettivo denso e strati di
cartilagine e dunque la sua caratteristica funzionale è quella di essere molto
resistente. Guardare il vetrino per alcuni appunti.
La cartilagine fibrosa costituisce l’anello fibroso dei
dischi intervertebrali che si trovano tra una vertebra e
l’altra e servono come ammortizzatori. All’interno
dell’anello fibroso è presente il nucleo fibroso. L’anello
fibroso può a volte rompersi facendo fuoriuscire il nucleo
polposo, che altro non è che tessuto cordoide, e causando quella che prende il nome
di ernia del disco. Nell’immagine si vede la fibrocartilagine nei dischi intervertebrali
circondata dal tessuto osseo.
IL PERICONDRIO e LA CONDROGENESI
La cartilagine è circondata dal pericondrio che è formato da due strati:
1. Strato esterno che contiene collagene di tipo I ed elastina e sembra quindi
tessuto connettivo classico con fibroblasti
2. Strato interno anche detto strato condrogenico che presenta cellule
progenitrici dei condroblasti che sono cellule piatte e immature allineate
tangenzialmente al margine della cartilagine.
Il pericondrio manca a livello delle superfici articolari e a livello della cartilagine
fibrosa.
La condrogenesi prende n considerazione le modalità attraverso cui si forma la
cartilagine e questo avviene secondo due diversi meccanismi:
1. La crescita per apposizione, che utilizza le cellule proliferative presenti nel
pericondrio. È quindi coinvolto lo strato condrogenico nel quale le cellule, di
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2.
derivazione mesenchimale, si dividono e differenziano venendo reclutate nella
cartilagine matura.
La crescita interstiziale, che avviene a carico delle cellule intrappolate nella
matrice. Questa avviene quando le cellule si dividono mentre sono già
intrappolate nell matrice e non potendosi separare più di tanto rimangono a
formare i gruppi isogeni.
IL TESSUTO OSSEO
Il tessuto osseo è un tessuto di sostegno che a differenza della cartilagine ha una
matrice extracellulare mineralizzata che conferisce all’osso resistenza e durezza,
anche se è al contempo leggero. È inoltre estremamente dinamico poiché è soggetto
a rimodellamento per tutta la durata della vita in quanto è continuamente riassorbito
e deposto.
Le funzioni dell’osso sono diverse:
- costituisce l’impalcatura del corpo fornendo lo scheletro
- protegge gli organi più importanti (gabbia toracica, teca cranica
- da inserzione ai tendini permettendo il movimento
- Accoglie il midollo emopoietico all’interno delle cavità
- Sede principale di deposito del calcio
Come tutti i tessuti connettivali possiede:
1. Cellule specializzate, che provengono da linee cellulari diverse ovvero ci sono
le cellule osteoprogenitrici (di forma molto simile ai fibroblasti) che portano a
osteoblasti (di forma un po’ più cubica) e osteociti, e ci sono gli osteoclasti.
2. Fibre extracellulari che sono fibre collagene (in particolare di tipo I) e fibre
elastiche
3. Sostanza fondamentale amorfa, mineralizzata e costituita da una parte
organica e una minerale costituita da sali di calcio. In questa sostanza manca
quasi completamente l’acqua.
Dalla cellula osteoprogenitrice deriva l’osteoblasto che sintetizza la matrice
extracellulare dell’osso e che una volta che rimane intrappolata nella matrice
mineralizzata diventa osteocita, che è in grado di controllare il microambiente e di
mantenere una buona funzionalità del tessuto osseo. L’osteoclasto invece è una
cellula plurinucleata che è in grado di riassorbire la matrice ossea.
Le ossa in base alla loro forma si classificano in ossa lunghe, piatte
o forme più complesse. Nel caso dell’osso lungo possiamo
distinguere una porzione centrale che si chiama diafisi mentre le
due porzioni laterali prendono il nome di epifisi.
Abbiamo già visto come le epifisi sono rivestite da cartilagine
articolare. Facendo una sezione possiamo distinguere:
1. una porzione interna midollare, costituita da osso spugnoso. Al
centro troviamo la cavità midollare.
2. una porzione esterna corticale, che presenta osso compatto
Nell’epifisi dell’osso lungo, se eliminiamo tutta la porzione
organica tramite un trattamento a base di soda caustica ovvero
idrossido di sodio e lasciando dunque solo la matrice inorganica
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mineralizzata, si vede bene la caratteristica dell’osso compatto corticale e dell’osso
spugno ricco di lacune definite da spicole di osso.
Se guardiamo invece solo la parte organica ed eliminiamo la parte inorganica con un
trattamento a base di un chelante vediamo la matrice, che è il costituente maggiore,
colorata con eosina e all’interno si vedono piccole lacune che contengono i nuclei
degli osteociti e si vede anche come ci sono dei motivi ripetuti di forma circolare e
all’interno presentano un canale. Questi sono gli osteoni.
Eliminando di nuovo la arte organica e tenendo solo quella inorganica vediamo
queste strutture che in sezione trasversale appaiono tonde e sono gli osteoni, che
sono l’unità strutturale di base dell’osso compatto.
L’osteone si sviluppa a partire dal canale di Havers ed è circondato che è circondato
da una serie di lamelle concentriche che contengono all’interno delle piccole lacune
nere. Oltre ai canali di Havers abbiamo anche i canali di Volkmann che mettono in
comunicazione i canali di Havers e dunque corrono trasversalmente rispetto ad essi.
Dalle lacune di cui abbiamo parlato si dipartono piccoli canali e ospitano gli osteociti
e i loro prolungamenti e si evince quindi che abbiamo una sottile rete di
comunicazione per cui gli osteociti sono tutti comunicanti tra di loro e con il canale
centrale di Havers.
L’osteocita è una cellula ovale con un
nucleo molto grosso e scarso citoplasma
essendo una cellula quiescente controlla il
microambiente ma non ha nulla da
produrre. Esternamente alla cellula vediamo
la matrice non mineralizzata piuttosto
chiara e ancora più esternamente la matrice
mineralizzata (più scura). In basso al centro
si vede anche il canalicolo.
Gli osteoni sono strutture cilindriche
disposte parallelamente alla lunghezza
dell’osso intorno ad un canale di Havers.
Tra un osteone e l’altro ci saranno le
lamelle interstiziali ovvero osteoni
incompleti per riempire gli spazi.
Il tessuto osseo compatto corticale è
costituito da:
- lamelle che circondano il canale di
Havers centrale nel caso di sistemi ostenici
- lamelle interstiziali che riempiono gli spazi vuoti
- lamelle circonferenziali esterne che sono la porzione più esterna dell’osso
mineralizzato e internamente avremo dei sistemi circonferenziali interni.
Nel canale di Havers e in quello di Volkmann si trovano canali sanguigni e nervi.
Esternamente e internamente avremo poi un ulteriore rivestimento:
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- internamente c’è l’ endostio, che è un sottile strato cellulare contenente cellule
-
progenitrici, osteoblasti e osteoclasti e riveste tutte le superfici interne dell’osso
e quindi trabecole, cavità midollari, canali di Havers e di Volkmann
Esternamente il periostio, lamina di tessuto connettivale altamente vascolarizzata
e che riveste le ossa. È assente sulle superfici articolari e sulle zone in cui si
inseriscono tendini e legamenti. Durante lo sviluppo e nel corso della riparazione
di fratture è fondamentale poiché esistono cellule progenitrici che diventeranno
osteoblasti e quindi possono riformare l’osso. Nell’adulto in assenza di lesioni gli
osteoblasti possono diventare quiescenti.
Le trabecole o spicole sono l’unità strutturale dell’osso spugno e sono
quelle indicate dalle due frecce in alto.
Anche il tessuto osseo spugnoso è organizzato in lamelle e la loro
direzione segue delle linee precise dettate dalla pressione a cui le ossa
sono sottoposte.
Nell’osso compatto, ogni lamella è caratterizzata da fibre collagene tutte nella stessa
direzione e lamelle vicine hanno fibre collagene contengo fibre orientate più o meno
perpendicolari le une alle altre. Le proprietà del collagene e l’organizzazione delle
fibre all’interno di ogni lamella fa si che questo osso sia particolarmente robusto.
Le fibre di collagene che sono la maggior parte della matrice extracellulare sono poi
soggette a calcificazione, in particolare a livello del gap che si trova tra le singole
molecole di collagene a formare la fibrilla. In questo gap si dispongono i cristalli di
idrossiapatite e questa mineralizzazione fa si che l’osso sia particolarmente duro.
La matrice extracellulare è costituita da:
1. Sostanza organica, che prende il nome di osteoide e costituisce il 35% del
peso secco. Le fibre di collane I sono circa il 90% delle proteine dell’osso, ma
sono anche presenti fibre elastiche. Per quanto riguarda la sostanza
fondamentale amorfa in essa sono presenti proteoglicani, proteine adesive
come osteonectina e osteopontina, proteine acide che lo ione positivo calcio,
l’osteocalcina e diversi fattori di crescita e citochine che sono importanti per la
crescita dell’osso e per regolare il differenziamento degli osteoclasti.
2. Sostanza inorganica, contribuisce per il restante 65% del peso secco ed è
costituita da cristalli di idrossiapatite che sono fosfati di calcio e carbonati di
calcio. Il carbonato normalmente è il primo ad essere depositato e viene poi
sostituito dal fosfato. Non è quasi per niente presente l’acqua.
La componente organica e quella inorganica hanno compiti diversi nell’osso. Se si
toglie la componente organica l’osso conserva la sua forma e le sue dimensioni ma
diventa molto fragile. Se invece togliamo la componente inorganica l’osso perde la
sua durezza e rigidità diventando flessibile, ma conserva comunque la resistenza alla
trazione.
Nelle caratteristiche finali dell’osso, vediamo come l’osso spugno si trova dove
vengono applicate forze in varie dimensioni e dunque alle estremità mentre l’osso
compatto è molto resistente alla complessione in senso longitudinale e questo è il
motivo per il quale si trova nella diafisi, ma una pressione in senso orizzontale può
provocarne la frattura.
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L’osteoblasto è responsabile della sintesi di tutti i componenti della matrice
extracellulare quali fibre di collagene principalmente di tipo I e proteine non
collageniche, di segnalazione e proteoglicani. Esprime inoltre la fosfatasi alcalina che
è un suo marcatore.
L’osteoblasto è sensibile alla vitamina D che assieme alla osteocalcina è responsabile
della mineralizzazione della matrice extracellulare. Sulla superficie presenta poi altri
due recettori, che sono:
- uno per l’ormone della crescita, che agisce tramite IGF-1 ovvero tramite Insulinlike grow factor-1 che induce la proliferazione di questa cellula.
- Uno sensibile all’ormone paratiroideo, che quando si lega alla cellula attiva
l’osteoclasto
L’osteoclasto è una cellula plurinucleata a stretto contatto con la matrice
extracellulare mineralizzata. E’ ben polarizzato e infatti abbiamo una parte apicale
libera in alto e una parte basale in basso a diretto contatto con la matrice. Tra la
matrice e questa porzione della cellula vi è un piccolo spazio che prende il nome di
lacuna di Howship. Questa è un microambiente con pH acido che si aggira introno al
4.5 e questo è dovuto alla grande presenza di protoni che vengono pompati dalla
cellula all’esterno grazie ad una pompa ad ATP e seguono anche ioni cloruro che
passano attraverso un canale dedicato per mantenere l’elettronegatività. Questo
microambiente è separato dal resto in quanto ci sono molecole di osteopontina che
sigillano l’ambiente basale del macrofago e il pH acido permette di sciogliere i cristalli
di idrossiapatite e inoltre è in grado di lasciare enzimi proteolitici lisosomiali e non
che degradano tutte le macromolecole.
Gli osteoblasti e gli osteoclasti lavorano quindi in senso opposto per quanto riguarda
l’osso e dunque devono essere in rapporto tra loro e vi è infatti una interazione tra le
due grazie ad una complementarietà di due recettori. Sulla superficie dell’osteoclasto
c’è RANK mentre sull’osteoblasto c’è RANKL che è il suo ligando e inoltre l’osteoblasto
invia anche dei segnali solubili come M-CSF all’osteoclasto.
Per avere un osteoclasto attivo e maturo si parte dal monocita che riceve segnalazioni
da un ligando M-CSF ovvero il fattore che stimola le colonie macrofagiche
permettendo la crescita del macrofago che esprime RANK sulla sua superficie e se
viene a contatto con l’osteoblasto che esprime RANKL procede nella sua maturazione
e diventa una cellula plurinucleata che è il precursore dell’osteoclasto e che può
essere attivato o rimanere quiescente.
Altra molecola importante è l’osteoprotegerina che è prodotta dall’osteoblasto e si
lega a RANKL così da impedire il legame con l’osteoclasto e quindi non ci sarà più
erosione del tessuto e in questo modo si protegge l’osso dalle degradazione.
Due ormoni fondamentali sono il paratormone e la calcitonina che controllano il
livello dell’osso e del calcio:
1. Il paratormone stimola l’espressione di RANKL attivando il riassorbimento
osseo ed aumenta quindi la calcemia in quanto il calcio rilasciato dall’osso
passa nel sangue. La calcemia è aumentata anche poiché si riduce la perdita di
calcio renale e aumenta il riassorbimento di calcio a livello intestinale.
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2.
Quando la calcemia aumenta questa è controllata dalla calcitonina che agisce
in senso opposto inibendo gli osteoclasti e diminuendo anche la perdita di
calcio renale.
L’OESTEOGENESI
Ci sono due modalità di ossificazione:
1. La membranosa o intramembranosa, che prevede che l’osso sviluppi
direttamente dalle cellule mesenchimali o direttamente dal tessuto connettivo
primario, tipico delle ossa piatte e dunque della volta del cranio
2. La condrale, endocondrale o pericondrale nella quale l’osso si sostituisce ad un
modello cartilagineo preesistente. Questo è tipico delle ossa della base del
cranio, della colonna vertebrale, del bacino e degli arti.
Nell’ossificazione membranosa a livello del mesenchima ci sono delle cellule che
sono determinate a diventare cellule dell’osso e dunque diventeranno preosteoblasti
prima e poi osteoblasti maturi che cominceranno a depositare la matrice.
Questa viene poi mineralizzata grazie ai cristalli di idrossiapatite che si depositano e
quindi l’osso si calcifica e imprigiona all’interno delle lacune gli osteoblasti che
diventano osteociti.
Nell’osso immaturo che prende i nome di osso a fibre intrecciate le fibre di collagene
sono disposte casualmente e non ha dunque grande resistenza. Diventerà poi maturo
grazie al rimodellamento, che avviene grazie agli osteoclasti che erodo il tessuto
neoformato così che gli osteoblasti possano intervenire per formare un l’osso maturo.
L’ossificazione endocondrale inizia da un modello cartilagineo ed è tipico delle ossa
lunghe. Inizialmente abbiamo un mesenchima primitivo all’interno del quale ci sono
cellule che diventano condroblasti e che depositano dunque tessuto cartilagine.
Questo verrà poi rivestito nella parte epifisiaria da un manicotto di tessuto osseo per
apposizione e successivamente questo verrà perforato da vasi sanguigni che
porteranno all’interno delle cellule emopoietiche e progenitrici dell’osso e queste
andranno a proliferare e a sostituire le cellule cartilaginee e questo causerà la crescita
dell’osso caratterizzato anche dall’allontanamento delle due epifisi. Il modello di
cartilagine è molto importante perché fino a che questa permane permette
l’allungamento dell’osso. Guardare vetrino sulla cartilagine di accrescimento.
Qui possiamo vedere uno dei due centri
di ossificazione a livello delle due epifisi
e dunque siamo a questo punto arrivati
al momento della nascita. Le zone già
ossificate sono in giallo e sono partite
dal centro di ossificazione primario della
diafisi e sono quasi arrivate all’epifisi.
Vediamo poi il secondo centro
ossificazione dell’epifisi che è molto più
recente. Tra questi due centri di
ossificazione vi è la cartilagine detta di
coniugazione e mostra le stesse
caratteristiche della cartilagine di
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accrescimento con le varie zone prima identificate. La zona quiescente è a contatto
con la zona di ossificazione epifisiaria e qui non vi è proliferazione, che è invece a
carico delle cellule che si trovano sul lato della diafisi. Vedere il vetrino su
ossificazione secondaria con relativi appunti.
Anche nel caso dev’ossificazione endocondrale il primo osso sarà immaturo e dunque
a fibre intrecciate con strutturazione disordinata che verrà sostituito da osso
lamellare in seguito a rimodellamento. L’osso a fibre intrecciate non si trova
nell’adulto a meno che non ci siano fratture.
L’osso si accresce nelle tre dimensioni:
- nella lunghezza, come abbiamo visto, utilizza cellule cartilaginee che lo fanno
allungare e che vengono poi sostituite da cellule dell’osso
- Per quanto riguarda il diametro questo aumenta per apposizione di nuovo osso a
partire dal periostio che contiene cellule con capacità osteogenica che
proliferano e depongono matrice ossea che servirà ad inglobare nuovi vasi
formando osteoni.
L’osteogenesi procede seguendo diverse tappe e ci sono diversi fattori implicati che
la inducono e controllano. I più importanti sono:
1. Il Bone Morphogenetic Protein BMP-7 appartiene ad una famiglia di proteine
morfogenetiche ed è coinvolta nella formazione dell’osso
2. Il Core binding factor Cbfalfa1 che è un TF che induce il differenziamento ad
osteoblasto e quindi l’espressione di osteocalcina e osteopontina. Questo
fattore è anche fondamentale per indurre la mineralizzazione dell’osso
L’osteoblasto è l’unica cellula di origine mesenchimale in grado di esprimere Cbfalfa1
e osteocalcina e dunque queste molecole sono marcatori di osteoblasto ed oltre ad
essere marcatore sono anche fondamentali per la sua funzionalità e infatti è
dimostrato che la presenza di Cbfalfa1 è fondamentale per indurre la mineralizzazione
dell’osso. Come già detto quindi l’osteoblasto è responsabile della mineralizzazione
dell’osso che avviene tramite il rilascio di vescicole di circa 50-250nm nell’ambiente
extracellulare e contengono:
- molecole con cariche acide che legano ioni calcio carichi positivamente
- fosfatasi alcalina che libera gruppi fosfato
quindi con l’interazione di queste due molecole possiamo avere la precipitazione di
sali di calcio. Agiscono quindi come nuclei per la mineralizzazione dell’osso che si
ingrandiscono per la presenza di una buona concentrazione di calcio all’esterno.
Nell’immagine qui a lato vediamo un osteoide a microscopia
elettronica e vediamo fibre di collagene e vediamo che quelle
in sezione trasversale cominciano ad essere mineralizzate e si
nota dalle macchie scure che indicano i sali di calcio
precipitati.
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Gli osteoni sono formati da lamelle concentriche attorno al canale di Havers. Su
questa struttura agiscono gli osteoclasti che erodono e formano cavità al cui interno
si trovano cellule di origine mesenchimale con potenzialità osteogenica che quindi si
differenzieranno in osteoblasti e cominceranno a deporre lamelle partendo
dall’esterno fino all’interno dove permane il vaso sanguigno (nel canale di Havers) e
questo processo permane per tutta la vita e si è calcolato come ci sia un rinnovo
totale della componente ossea ogni circa 10 anni.
Gli osteoclasti scavano una cavità con un diametro di circa 200 micrometri che è la
dimensione di un osteone maturo e una volta raggiunta questa dimensione si inizia a
depositare tessuto osseo tramite gli osteoblasti che formano le lamelle concentriche.
Il rimodellamento dell’osso permette di far cambiare la forma e questo è importante
per variare la curvatura delle ossa della teca cranica per permettere la crescita del
cervello oppure a livello dell’osso lungo varia la cavità interna dove si trova il midollo
osseo e che mano a mano che l’osso cresce aumenta anch’essa.
I TESSUTI EPITELIALI
Segnano il confine interno ed esterno della massa corporea rivestendo tutte le cavità
che comunicano con l’esterno.
Il tessuto epiteliale svolge diverse funzioni a seconda di dove è situato. Questo sono:
- protezione, fornita dagli epiteli che rivestono esternamente e dunque la cute (o
epidermide)
- Assorbimento per le superfici degli apparati interni che comunicano con l’interno
(stessa cosa per secrezione e ricezioni di stimoli)
- Secrezione
- Ricezione di stimoli dall’ambiente esterno
Gli epiteli sono classificati in base alla funzione in tre grandi gruppi:
1. Epiteli di rivestimento: assumono aspetti diversi in relazione a dove si trovano e
sono ad esempio cute, vescica, stomaco e così via e funzionano
principalmente come barriera che piò essere più o meno permeabile a diverse
sostanze.
2. Epiteli ghiandolari, con funzione secretoria sia endocrina che esocrina
3. Epiteli sensoriali, che controllano i rapporti con l’ambiente esterno
I tessuti epiteliali sono caratterizzati da:
- alta cellularità
- Alta polarizzazione. Si vede chiaramente che la superficie libera è diversa da
quella che confina con altro tessuto. Possiamo quindi distinguere una
promozione apicale libera e una porzione basale costituita da molte più cellule, a
contatto con il tessuto connettivo.
- Non è vascolarizzato e riceve nutrienti tramite diffusione dai vasi nel connettivo
sottostante
- È molto soggetto ad usura e quindi va in contro a frequente ricambio cellulare
Possono anche essere classificati in base a:
1. forma delle cellule, possono essere squamose, piatte, cubiche, colonnari,
cilindriche o batiprismatiche
2. Numero degli strati, poiché possono essere monostratificati o pluristratificati
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3.
Presenza di specializzazioni
ESEMPI DI EPITELIO
a. Epitelio pavimentoso (piatto o squamoso) semplice (monostratificato): sono
cellule con scarsa attività metabolica. Si tratta di cellule a stretto contatto che
formano una lamina sottile di cellule che separa ambiente esterno e tessuto
sottostante. Questo tipo di tessuto lo troviamo a ricoprire gli alveoli polmonari
oppure a costituire l’endotelio (parete dei vasi sanguigni). Questi sono due
ambienti in cui c’è scambio di gas e dunque il fatto di essere sottili rende lo
scambio più efficace. Presentano un nucleo piatto
b. Epitelio cubico semplice: cellule leggermente più alte poiché hanno una
maggiore attività metabolica e rivestono dotti e tubuli. Lo troviamo dunque nei
dotti renali e nelle ghiandole salivari. Presentano un nucleo tondo
c. Epitelio cilindrico (o colonnare o batiprismatico) semplice: cellule con nucleo
ovale orientato nella direzione maggiore. Hanno superficie maggiore a causa
dell’intensa attività. Si trovano infatti nello stomaco (secrezione) o nell’intestino
tenue (assorbimento)
d. Epitelio cilindrico pseudostratificato (semplice): sembra pluristratificato ma in
realtà tutte le cellule sono a contatto con la membrana basale. Presenta anche
la particolarità di esprimere sulla superficie delle ciglia.
e. Epitelio pavimentoso stratificato: pavimentoso perché lo strato superficiale è
costituito da cellule piatte. Riveste le cavità interne vicino allo sbocco di canali
e dunque lo troviamo a rivestire la cavità orale, la faringe, l’esofago, la cervice
uterina, la vagina. Essendo pluristratificato è resistente allo stress meccanico e
dunque all’abrasione ma non all’essiccazione e infatti questi tessuti sono
ricoperti da uno strato fluido
f. Epitelio pavimentoso stratificato
cheratinizzato o corneificato (in foto): si
distingue una zona più scura con cellule con
nuclei evidenti e una zona superiore molto più
omogenea. Questo è derivato dalle cellule per
disgregazione, si tratta di squame delle
membrane cellulari che contengono al loro
interno la proteina tipica di questo tessuto ovvero la cheratina e non
contengono più il nucleo. Particolarmente resistente e offre protezione
meccanica e per essiccazione. A livello dello strato vitale ci sono infatti
particolari strutture che impediscono la disidratazione.
g. Epitelio di transizione (stratificato) o urotelio: riveste vescica e vie urinarie che
devono sopportare forti stiramenti e inoltre le cellule dispute nel primo strato
interno devono anche sopportare la tossicità dell’urina. Si tratta in questo caso
delle cellule a ombrello o paracadute, che sono cellule più grandi e globulose
e possono aumentare ulteriormente le loro dimensioni
Questi appena visti sono i cosiddetti tipi reali, ovvero quelli maggiormente
rappresentati e dunque più utili funzionalmente.
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In base alla stratificazione possiamo quindi classificare gli epiteli in due grandi gruppi
in base alla stratificazione:
- monostratificati, che includono anche gli pseudostratificati
- pluristratificati, che includono anche l’epitelio di transizione.
Generalmente all’interno di un tessuto in un particolare organo gli epiteli se sono
monostratificati hanno sempre lo stesso tipo di cellule e dunque saranno tutte o
pavimentose, o cubiche o cilindriche.
Quando ci sono invece gli epiteli pluristratificati banche si chiamano piatti poiché
l’ultimo strato è pavimentoso, andando verso la membrana basale vi sono solitamente
cellule cubiche o cilindriche.
LA POLARITÀ DEGLI EPITELI
1. La polarità degli epiteli pluristratificati: è facilmente rilevabile andando ad
analizzare la stratificazione delle cellule. Si vedono le cellule sullo strato basale
che hanno caratteristiche diverse da quelle sugli strati centrali e ancora di più
da quelli sulle strati apicali. Le differenze sono sia a livello di forma cellulare
che a livello di caratteristiche tintoriali.
2. La polarità degli epiteli monostratificati: si evince dal fatto che si vede un
dominio livero e un basale poggiato sul tessuto sottostante. Non si vedono
altre differenze importanti ma dalla citologia sappiamo che ci sono delle
variazioni per quanto riguarda le posizioni per i vari organuli cellulari. Infatti
questi non sono equidistribuiti ed facile vedere il nucleo spostato verso il
dominio basale, organuli come il Golgi e o reticolo endoplasmatico sono
condensati su un versante e le vescicole di secrezione, se presenti, sono verso
la parte apicale. La membrana plasmatica viene distinta anch’essa in un
dominio apicale, uno laterale e uno basale e questo è importante per capire
l’interazione delle cellule visto che si parla di un monostrato con cellule ben
adese tra di loro e sulla superficie della membrana basale.
LE SPECIALIZZAZIONI DEL DOMINIO APICALE
Le specializzazioni sono uno dei criteri che vengono utilizzate per distinguere gli
epiteli. In particolare parleremo di:
- orletto a spazzola, formato dai microvilli. È
presente in distretti particolari dell’organismo
come nei villi intestinali e si vedono cellule
cilindriche l’una vicino all’altra e dove c’è il bordo
libero vediamo che c’è uno strato omogeneo
(indicato dalla freccia in figura). Questo è
l’orletto a spazzola e tramite una colorazione
particolare si vede che questo è formato da materiale glicidico. Questa
componente viene messa in evidenza tramite la colorazione PAS, che da una
colorazione rosso magenta alla componente glicidica delle glicoproteine dei
glicolipidi presenti a questo livello. Per questo motivo si parla di glicocalice.
L’orletto a spazzola è ben visibile al microscopio elettronico con il quale si vede
che sono espansioni digitiformi dalla superficie apicale della cellula e sono
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contornate da membrana plasmatica e all’interno hanno un citoscheletro di
microfilamenti di actina uniti da molecole che li bloccano. Il microvillo ha una
dimensione di 1micrometro e contengono actina ma sono fissi. La loro funzione è
quella di aumentare la superficie della cellula per rendere più efficienti gli scambi
tra cellula e ambiente esterno. Si è visto come la presenza dell’orletto a spazzola
aumenta di circa 30 volte la superficie apicale della cellula.
- Ciglia, che sono più lunghe dei microvilli (circa 10 micrometri di lunghezza). La
struttura è data un supporto di citoscheletro formato da 9 copie periferiche + 1
centrale di microtubuli. La coppia centrale è l’unica completa mentre le altre 9
sono incomplete. Oltre a queste proteine spicca una proteina che ha attività
ATPasica, fondamentale poiché le ciglia sono dotate di movimento. Il movimento
è infatti possibile grazie alla liberazione di un fossato da ATP ed è utilizzato per
spostare il muco tangenzialmente sulla superficie libera delle vie respiratorie alte.
Il citoscheletro for a filamenti che servono da impalcatura per le strutture interne
della cellula. Questi filamenti sono:
1. Microfilamenti: formati da actina e sono implicati solitamente nella mobilità
cellulare ma nel caso visto da noi sono bloccati da altre proteine che ne
impediscono il movimento. Hanno un diametro di 5nm
2. Filamenti intermedi, diverse proteine e servono per rinforzare la struttura della
cellula. Hanno un diametro di 10nm
3. Microtubuli, costituiti da tubulina alfa e beta e danno origine a filamenti che si
intrecciano tra di loro. Si occupano del trasporto intracellulare e del sostegno
per i compartimenti cellulari limitati da membrana (dunque le vescicole) e
delle formazione del fuso cellulare. Hanno un diametro di 25nm
LE SPECIALIZZAZIONI DEL DOMINIO BASO-LATERALE (le giunzioni)
Le giunzioni cellulari sono raggruppatili in tre gruppi:
1. Le giunzioni occludenti (tight junctions, giunzione impermeabilizzante e
polarizzante)
2. Le giunzioni meccaniche o aderenti. Permettono adesione tra le cellule e
dunque ci saranno dei siti di attacco nella cellula o per microfilamenti di actina
o per filamenti intermedi
3. Le giunzioni comunicanti (gap junctions)
La cellula che contiene tutti questi tipi di giunzioni è l’enterocita, cellula che riveste la
cavità dell’intestino tenue.
La giunzione occludente: La giunzione occludente è localizzata nella zona subapicale della cellula. Lo cellule epiteliali sono a stretto contatto tra loro ma esiste però
un piccolo spazio di circa 20nm che le divide. Questo spazio viene annullato a livello
delle giunzioni occludenti grazie a delle proteine transmembrana che si riconoscono
tra di loro. Queste giunzioni quindi sigillano lo spazio tra una cellula e l’altra
impedendo il passaggio di molecole da una parte all’altra e dunque le molecole sono
obbligate a passare dalla cellula che farà però una selezione. Inoltre servono a
mantenere la polarità a livello molecolare della membrana della cellula. Infatti le
glicoproteine transmembrana non possono diffondere liberamente e sono segregate
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in due diversi domini. Si vede quindi una differenza tra le proteine che si trovano a
livello della parte apicale e quelle che si trovano nel livello baso-laterale.
L’espressione differenziale ovvero la segregazione di proteine di membrana nei due
domini di una cellula epiteliale garantisce la polarità della cellula e della sua
membrane ed è responsabile del traporto vettoriale. Questo è esemplificato dal
trasporto del glucosio, molecola principe della nutrizione.
Se prendiamo ad esempio gli enterociti che tappezzano il lume intestinale dove arriva
il glucosio, vediamo che questo può essere incanalizzato nella cellula grazie alla
molecola simporto del sodio-glucosio. Il sodio entra per gradiente e trasposta
all’interno il glucosio contro gradiente. Una volta internalizzato è in grado di uscire
dall’altro versante grazie a GLUT-2. Sul dominio baso-laterale è invece presente
un’altra molecola che è la sodio-potassio-ATPasi che trasporta attivamente il sodio
all’esterno della cellula e il potassio all’interno della cellula.
La giunzione ancorante: sono giunzioni collegate all’interno della cellula tramite
filamenti e permettono quindi di scaricare le forze che agiscono su una cellula su
quelle vicine. Ci sono due tipi di giunzioni ancoranti che si dividono in base al tipo di
filamenti che possiedono:
1. Fascia di adesione, formata da filamenti di actina che decorrono al di sotto
della membrana della cella e sotto le giunzioni occludenti. I filamenti di actina
entrano in contatto poi indirettamente con le proteine transmembrana che
riconoscono delle proteine identiche sulla superficie delle cellule vicine. In
questo modo abbiamo interazioni omofiliche che mediano un’adesione
ottimale tra le cellule vicine.
2. Filamenti intermedi di cheratina, che formano una struttura più complessa. Tra
le proteine transmembrana che mediano le interazioni con le cellule vicine e i
filamenti di cheratina è frapposta una placca fatta da proteine diverse. Questa
placca prende il nome di desmosoma e si vede che questi sono disposti a
macchia lungo la superficie laterale della cellula e sono unite tra di loro da
filamenti intermedi di cheratina.
Le cellule epiteliali aderiscono anche alla membrana basale e questo è permesso
dagli emidesmosomi, nei quali vediamo anche qui l’interazioni con le proteine del
citoscheletro e quindi con le citocheratine. Non varia molto la struttura quanto
piuttosto per la composizione delle proteine che interagiscono con l’ambiente
esterno poiché appunto questo è diverso.
Lo stesso discorso si più applicare anche alle adesioni con i filamenti di actina. La
proteina transmembrana che interviene è la integrina.
Le giunzioni comunicanti: permettono a due cellule contigue di comunicare e si
trovano verso la parte basale della cellula. Sono dei pori transmembrana che
accoppiano dal punto di vista sia funzionale che metabolico che elettrico due cellule
vicine. In questo caso lo spazio intercellulare è di 2-4 nm e a livello della superficie
della cellula sono inseriti degli emiconnessoni ossia strutture costituite da sei
subunità identiche (le connessine) che formano un poro costituito della dimensione
di 1.5 nm quindi permette il passaggio di piccole molecole anche cariche e dunque
posso passare molecole come ioni calcio o anche l’ATP. A livello delle singole cellule
ci sono delle zone in cui sono condensati questi pori formando dei clusters.
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Le giunzioni comunicanti sono strutture dinamiche che sono regolate dal
microambiente in cui si trovano. Se l’ambiente in cui si trovano presenta pH acido o
un livello di calcio estremamente alto (sintomi di una cellula in sofferenza) questi pori
si chiudono così che la cellula in sofferenza venga isolata dalle altre.
Il concetto dell’accoppiamento funzionale consiste nel fatto che questa è una
comunità di cellule preposta alla secrezione. Quando arriva la segnalazione a una sola
cellula, la secrezione, che dipende dal calcio citosolico, aumenta in tempi brevi grazie
alle gap junctions tramite le quali tutta la comunità di cellule è in grado di fare
secrezione in tempi molto veloci.
GLI EPITELI GHIANDOLARI
Epiteli con un’attività di secrezione particolarmente esaltata. Quando abbiamo parlato
dei fibroblasti abbiamo visto come questi secernono tutte le varie molecole che
compongono la matrice extracellulare ma in questo caso la secrezione è costitutiva
mentre negli epiteli ghiandolari la secrezione è regolata, ovvero c’è un segnale che la
induce ed è regolata anche nel senso che la secrezione avviene sempre nella parte
apicale della cellula, mentre nel fibroblasto non c’è un orientamento.
Sia la secrezione costitutiva che quella regolata iniziano nella trascrizione del gene,
dove avviene la sua trasformazione in proteina a livello del reticolo endoplasmico
rugoso e la sua successiva modificazione nel Golgi. Da qui si distaccano vescicole
che:
- nel caso della via regolata c’è una molecola segnale (ormone,
neurotrasmettitore ecc.) che innesca la fusione la fusione della vescicola di
secrezione con la membrana cellulare e il rilascio del materiale prodotto.
- Nella secrezione costitutiva non c’è nessun passaggio regolatorio quindi
continua nel tempo ed è la via utilizzata per trasportare nella membrana le
proteine transmembrana.
Gli epiteli ghiandolari sono simili a quelli di rivestimento, infatti alcuni epiteli di
rivestimento hanno anche capacità secretoria come ad esempio l’epitelio che riveste
lo stomaco. Trattandosi di epiteli, i ghiandolari avranno tutte le caratteristiche del
tessuto epiteliale e quindi:
1. Polarità, con secrezione altamente polarizzata poiché
avviene nel dominio apicale
2. Alta cellularità e giunzioni cellulari.
3. Assenza di vascolarizzazione
4. Specializzazioni alle superfici per favorire la esocitosi
5. Tutte le cellule secernenti poggiano sulla membrana
basale
Le ghiandole si sviluppano a partire da epitelio di rivestimento che si invagina
all’interno del tessuto connettivo sottostante e a questo punto possiamo avere due
destini diversi:
1. Se la superficie che si invagina mantiene rapporto con la superficie libera da
cui si è originata, tramite un dotto, si parla di ghiandola esocrina
2. Se il dotto viene perso si parla invece di ghiandola endocrina
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La diversa strutturazione delle ghiandole ha conseguenze sul destino del secreto
perché nelle ghiandole esocrine il secreto viene riversato sull’epitelio di rivestimento
da cui originano mentre nel caso di ghiandole endocrine il secreto viene riversato
nello spazio intercellulare e da lì confluisce poi nel sangue. In questo caso il secreto,
che è composto da ormoni, circola e può raggiungere organi bersaglio e dunque
agiscono le molecole segnale che mettono in comunicazione distretti diversi
dell’organismo.
Ci sono diversi parametri per classificare le ghiandole:
- numero delle cellule
- Distribuzione topografica
- Localizzazione
- Struttura
- Natura chimica del secreto
- Meccanismi di secrezione
Analizziamo ora questi aspetti singolarmente.
Le cellule epiteliali secernenti possono:
1. Alternarsi con le cellule epiteliali di rivestimento, come ad esempio
nell’intestino
2. Costituire tutto il rivestimento, come nello stomaco
3. Possono formare strutture sovracellulari specializzate che sono organi cioè
costituiscono le grandi ghiandole dell’organismo come pancreas e fegato
La ghiandola più semplice è la ghiandola unicellulare in cui la cellula ghiandolare si
trova in mezzo all’epitelio di rivestimento. Quando invece l’epitelio di rivestimento si
infossa nel connettivo avremo una struttura tubulare che può anche piegarsi su se
stessa formando le ghiandole glomerulari. Ci sono poi ghiandole in cui parte
secernente e dotto hanno subito ulteriori modificazioni.
Quando parliamo di ghiandola unicellulare si fa riferimento alle cellule caliciformi
mucipare che formano l’epitelio di rivestimento dell’intestino tenue. Prendendo i villi
intestinali, struttura che si aggetta verso il lume di questa cavità, vediamo la sua
superficie rivestita da epitelio monostratificato nel quale si identificano due tipi
cellulari:
1. Le cellule normali che hanno citoplasma rosa ovvero gli enterociti che hanno
molti microvilli a livello della superficie apicale per facilitare l’assorbimento
2. Cellule con citoplasma non colorato, di forma caliciforme e ricche di vacuoli
non colorati. Il nucleo è invece schiacciato verso la parte basale. Queste
cellule secernono mucina che è costituita da una piccola parte proteina ma
soprattuto carboidrati neutri e dunque non colorabili con ematossilina-eosina
(ma colorabili con colorazione PAS che rende rosso magenta la mucina). La
mucina viene rilasciata all’esterno della superficie dove viene idratata con H2O
diventando muco con il compito di proteggere e lubrificare la superficie
Lo stomaco presenta invece una parete costituita tutta da cellule che producono
muco. Lo stomaco è una grande cavità in cui avviene la digestione dei nutrienti e la
sua superficie è data da epitelio cilindrico semplice con cellule a secrezione mucosa
con muco che viene rilasciato all’esterno con funzione di proteggere la superficie
dall’auto-digestione e dall’acidità presente. La superficie presenta fori che si
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approfondano verso l’interno e che sono le fossette gastriche. Ogni fossetta gastrica
è formata è costituita da un lume centrale contornato da cellule cilindriche molto ben
polarizzate con nucleo nella parte più basale. Queste cellule poggiano sulla
membrana basale che le separa dal tessuto connettivo. Le cellule epiteliali secernenti
muco delle fossette gastriche sono anche cellule che costituiscono la superficie
libera dello stomaco. Le fossette gastriche si continuano poi nella parte più profonda
con delle ghiandole tubulari.
Per quanto riguarda la localizzazione vediamo che le ghiandole possono essere divise
in tre gruppi:
1. Le ghiandole intraepiteliali, che sono quelle viste finora
2. Le ghiandole intraparietali, come la ghiandola del Brunner nel duodeno. La
ghiandola intraparietale si trova al di sotto dello strato epiteliale di rivestimento
del lume dell’organo.
3. Le ghiandole extraparietali, che sono quelle che formano le grandi ghiandole
come le salivari, il fegato e il pancreas. La ghiandola extraparietale è dotata
invece di sua individualità.
Per quanto riguarda la struttura è necessario distinguere due strutture che
costituiscono la ghiandola che sono:
a. L’adenomero, parte che elabora e rilascia il secreto
b. Il dotto, raccoglie il secreto e lo convoglia poi sulla superficie libera
Le ghiandole possono avere un unico dotto o un dotto ramificato. Le ghiandole difatti
possono essere divise in semplici e ramificate. Possono poi essere identificate in
acinose, alveolari, tubulari e glomerulari in base alla forma dell’adenomero
Il secreto può invece essere diviso in:
- Sieroso, che può essere colorato con ematossilinaeosina in quanto è di natura proteica
- Mucoso, che non viene colorato con ematossilinaeosina in quanto è neutro.
Le ghiandole del Brunner: sono ghiandole intraparietali che si trovano nella
sottomucosa del duodeno. Hanno una forma tubulare con tubuli che sboccano nelle
cripte duodenali del Lieberkhum e sono poco colorate, indice di secrezione mucosa.
Anche lo stomaco presenta ghiandole intraparietali. Infatti, oltre alle ghiandole
secernenti muco presenta le ghiandole gastriche che sono ghiandole cilindriche
gastriche tutte parallele che sboccano in un breve dotto che si chiama zona del
colletto, situato al fondo delle fossette gastriche. Le ghiandole tubulari dello stomaco
contengono diversi tipi cellulari:
- le cellule parietali, nella zona intermedia della ghiandola sono grandi e poco
colorate con un nucleo centrale che si occupano delle secrezione di acido
cloridrico che contribuisce a mantenere il pH acido all’interno della cavità.
- In fondo alla ghiandola ci sono le cellule principali, molto piccole e colorate e si
occupano di una produzione di tipo proteico, in particola pepsinogeno che è un
proenzima che diventa attivo nel lume dello stomaco a pH acido e andrà a
digerire le proteine.
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- Le cellule endocrine, nella parte distale della ghiandola. Sono poco numerose
producono ormoni per far comunicare lo stomaco con altri organi del tratto
gastroenterico.
- Le cellule mucose del colletto che sono cellule in transito che vanno a
localizzarsi a livello della parete di rivestimento dello stomaco in quanto sono
particolarmente soggette ad usura sia per l’ambiente acido che per lo stress
meccanico.
- Cellule staminali, non facilmente evidenziabili e localizzate in una nicchia nella
parte più profonda di queste ghiandole e da origine ai quattro tipi di cellule di cui
abbiamo parlato.
La ghiandola sudoripara è anch’essa intraparietale ed una ghiandola tubulare
glomerulare. L’adenomero si trova nella zona più profonda del derma e da questo si
diparte la parte duttale che attraversa l’altra parte del derma e dopo aver superato
l’epidermide arriva alla superficie della cute. I canali sono contornati da epitelio
cubico bistratificato che si trova solo in questa parte dell’organismo. A livello
dell’adenomero ci sono cellule diverse che sono:
- Due strati cubici globulari che hanno attività secernente che producono proteine
e glicoproteine mentre altre producono elettroliti e acqua
- nella parte basale si trova la cellula mioepiteliale che è una cellula epiteliale che
ha sviluppato un sistema contrattile molto efficace e che è in grado di favorire il
rilascio delle sostanze dalle cellule che le producono all’interno del lume di
questa struttura ghiandolare.
Il dotto delle ghiandole non è solo un canale per l passaggio del secreto ma può agire
in modo attivo modificando il secreto. Nelle ghiandole sudoripare esiste infatti un
canale che importa il cloro cioè assorbe cloro a partire dal secreto e a questo segue il
sodio per il motivo che bisogna mantenere l’elettroneutralità. Nella fibrosi cistica
questo canale per il cloro non funziona e si ha quello che viene chiamato “sudore
salato”.
Per quanto riguarda le ghiandole extraparietali, in queste abbiamo una componente
epiteliale con una parte secernente (adenomero) e una duttale, come nelle altre
ghiandole. Questo nel loro insieme forma il parenchima epiteliale supportato dallo
stroma connettivale che fa da supporto sia strutturale che metabolico. Infatti
costituisce la capsula esterna e da questa dipartono dei setti che dividono la
ghiandola in lobi, lobuli e infine acini. L’acino è la parte secernente e all’interno c’è il
lume dove viene rilasciato il secreto. Nella zona connettivale sono presenti i vasi.
Tra le grandi ghiandole extraparietali ci sono le salivari principali, che sono:
1. Le parotidi, con secrezione sierosa
2. Le sottomandibolari con secrezione mista a prevalenza sierosa
3. Le sottolinguali, con secrezione mista a prevalenza mucosa
Nelle ghiandole salivari a secrezione mista si vede come le cellule ad attività mucosa
(poco colorate) si trovano centralmente mentre quelle ad attività sierosa si trovano
sul borso dell’adenomero. Questo è dovuto ad un artefatto di fissazione a causa del
quale le cellule con attività mucosa si sono espanse schiacciando all’estremità quelle
ad attività sierosa.
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Nell’acino della ghiandola salivare viene riversato vario materiale. Ci sarà infatti una
batteria di enzimi, ad esempio:
- Amilasi che serve per digerire l’amido
- Proteine che servono per la protezione contro batteri come ad esempio la
lisozima, la perossidasi e la lattoferrina.
- IgA prodotte dalle plasmacellule
- Ci sono cellule che secernono ione sodio e a questo segue la produzione di ione
cloruro per mantenere l’elettroneutralità e quindi ci sarà un passaggio passi di
acqua per mantenere l’osmolarità.
Tutto questo va a formare la saliva che all’inizio nel dotto intercalare è isosmotica
mentre nel passaggio successivo a livello del dotto striato diventa iposmotica e ci
sarà un passaggio di ione sodio e cloruro per trasporto attivo (possibile grazie alla
presenza di numerosi mitocondri nei ripiegamenti della membrana tipici del dotto
striato) dal dotto al vaso sanguigno e per contro verranno secreti ione bicarbonato e
ione potassio.
Un’altra ghiandola extraparietale è il pancreas, che è collegata all’intestino grazie al
dotto pancreatico e vi riversa all’interno una serie di enzimi in grado di demolire tutte
le macromolecole e dunque DNAasi, proteasi, glicosidasi, lipasi.
Il pancreas è sia esocrino che endocrino. La parte esocrina è a secrezione sierosa
La ghiandola sebacea presenta un adenomero con cellule epiteliali molto vicine e che
si continua con un dotto. E’ associata al pelo, struttura cutanea associata alla pelle (o
cute).
IL MECCANISMO DI SECREZIONE
La secrezione delle ghiandole esocrine può essere di tre tipi diversi:
1. Merocrina, la più comune e prevede che i granuli delle vesciche secrezione si
fondano con la membrana plasmatica nella zona apicale per rilasciare il
contenuto come secreto. E’ una tipica esocitosi che si vede sia nelle ghiandole
mucipare che sierose.
2. Apocrina, i granuli e le vesciche di secrezione vengono inglobati all’interno di
tratti della membrana plasmatica della cellula stessa. Queste strutture sono più
globulari e contengono più materiale lipidico dovuto alla membrana
plasmatica incorporata. Presenta adenomeri molto dilatati ed è tipica della
ghiandola mammaria in allattamento e delle ghiandole sudoripare ascellari e
pubiche.
3. Olocrina, tipico delle ghiandole sebacee. In questo caso l’intera cellula dopo
aver accumulato il prodotto di sintesi viene eliminata perché costituisce essa
stessa il secreto. È quindi necessario avere una riserva di cellule staminali nella
ghiandola per poterla mantenere.
Questi meccanismi sono tutti rivolti vero la porzione apicale della cellula.
LA CORRELAZIONE TRA NATURA CHIMICA E QUANTITÀ DI SECRETO CON FUNZIONE
Per quanto riguarda le ghiandole esocrine abbiamo tre tipi differenti di secreto:
1. Sieroso, di natura proteica. Possiamo ricordare gli enzimi che sono prodotti
dalle ghiandole associate al tratto gastroenterico che permettono la digestione
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dei nutrienti. Presentano un RER molto sviluppato e vengono colorati con
ematossilina-eosina
2. Mucoso, di natura carboidrata. Viene rilasciato sulla superficie con la funzione
di proteggere e lubrificare. Presentano delle grosse vescicole di secrezione e e
un apparato di Golgi molto sviluppato. La colorazione è la PAS.
3. sebaceo, che è di tipo lipidico e ha la stessa funzione di quello mucoso.
Presente un REL molto sviluppato.
In questi casi la secrezione è abbondante e il secreto viene riversato sulle superfici
libere. La funzione viene considerata aspecifica anche se non è proprio così,
soprattuto per quanto riguarda gli enzimi.
Per quanto riguarda le ghiandole endocrine abbiamo due tipi di secreto che sono:
1. Di natura proteica
2. Di natura lipidica.
Presenta delle differenze rispetto all’esocrino:
- il secreto viene prodotto in maniera nettamente ridotta
- viene rilasciato nel sangue e non su una superficie libera
- È altamente specifico in quanto gli ormoni lavorano sempre su cellule che
esprimono il recettore specifico.
IL SANGUE
Tessuto connettivo fluido che circola nel sistema cardiovascolare pompato da cuore.
La sua funzione principale è quella di trasporto. E’ fondamentale per:
1. respirazione, tramite il trasporto di O2 e CO2
2. Nel metabolismo, tramite il trasporto di nutrimenti e sostanze di scarto
3. Nella correlazione chimica, tramite il trasporto di ormoni fondamentali per la
comunicazione
4. difesa, perché fa circolare cellule e molecole solubili che mantengono
l’organismo in equilibrio con l’ambiente esterno e lo difende dalle aggressioni
esterne
5. Mantiene l’equilibrio idrico-salino
6. Regola la pressione colloido-osmotica che regola il passaggio di materiale tra
l’ambiente intra ed extra vaso a livello del tessuto connettivo circostante
7. Regola la temperatura corporea e il pH
Il sangue è composto da:
a. Elementi corpuscolati quali eritrociti, leucociti e piastrine (quest’ultime non
sono cellule vere e proprie ma frammenti)
b. Matrice extracellulare liquida che può essere sotto forma di siero o plasma a
seconda di come è stato ottenuto il sangue
Il sangue può essere prelevato in presenza o assenza di anticoagulanti. Se utilizziamo
anticoagulanti come ad esempio il citrato avremo cellule vive.
Se sottoponiamo il campione a sedimentazione o centrifugazione troviamo che gli
eritrociti sono le cellule più pesanti e quindi vanno sul fondo della provetta, sopra ci
sarà uno strato di leucociti (buffy coat) e sopra avremo il plasma. Il volume degli
eritrociti prende il nome di ematocrito e deve essere il 45% del volume totale del
sangue.
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Se il prelievo invece avviene senza anticoagulanti avremo un coagulo, massa
gelatinosa che contiene tutti gli elementi particolati e si forma un reticolato grazie ad
una proteina che si attiva diventando fibrina (a partire dal fibrinogeno) e quindi si
forma un reticolato che intrappola tutti gli elementi particolati. Si troverà quindi una
fase tipo gel che è il coagulo e una parte fluida che è il siero ovvero il plasma privo
però di fibrinogeno (che è diventato fibrina e fa parte del coagulo).
Il plasma è costituito dal 90% di acqua, poi ci saranno le proteine (8%) e poi gli
zuccheri, che contribuiscono alla glicemia, i lipidi, alcuni ioni e sali.
Le proteine del plasma vengono studiate tramite elettroforesi sfruttando il fatto che le
proteine possiedono una carica e dunque se sono sottoposte ad un campo elettrico
migrano in questo caso verso il polo positivo fino a che la loro carica non si esaurisce
e dunque si fermano. Il pH a cui si fermano è il punto isoelettrico della proteina. Le
proteine più importanti dal punto di vista quantitativo sono:
1. L’albumina, importante perché mantiene la pressione osmotica e aiuta a
trasportare le sostanze idrofobe . L’ambiente idrofilico del plasma fa si che le
proteine o molecole idrofobiche non possano circolare facilmente nel sangue
e per questo motivo vengono veicolate in associazione ad altre molecole,
come l’albumina
2. Le globuline alfa, beta e gamma, nominate così a seconda della distanza della
migrazione. Spicca l’alfa-macroglobulina che inibisce le proteasi.
3. Lipoproteine, che servono per trasportare lipidi
4. La transferrina, che trasporta ferro
5. Il fibrinogeno che è coinvolto nella coagulazione attivandosi per taglio
proteolitico
6. Le gamma globuline, che fanno parte degli anticorpi
Il sodio cloruro è una molecola molto più piccole delle proteine ma a livello di
pressione osmotica una molecola di sodio vale tanto quanto una albumina, in quanto
conta il numero e non la dimensione.
Dal punto di vista colloido-osmotico i globuli rossi sono perfettamente in equilibrio
con l’ambiente esterno. Se mettiamo in sospensione il globulo rosso in una soluzione
isotonica ovvero in una soluzione 150 millimolare di sodio cloruro questa bilancia
perfettamente la pressione osmotica che è esercitata dalle proteine all’interno del
globulo rosso. Se andiamo in una soluzione ipertonica aumentando la concentrazione
di sodio cloruro all’esterno della cellula vedremo una fuoriuscita di acqua per per
cercare di pareggiare le pressione esterna e questo causa un raggrinzimento del
globulo rosso. In una soluzione ipotonica invece si avrà il risultato opposto con il
globulo rosso che richiama acqua al suo interno per cercare di raggiungere
l’equilibrio. Se mettiamo a questo punto il globulo rosso in acqua il globulo rosso
arriva ad esplodere.
La pressione colloide-osmotica o pressione oncotica ha un ruolo anche a livello
periferico. Se prendiamo un vaso capillare che è immerso in una matrice
extracellulare di tessuto connettivo circostante vediamo che a questo livello avviene
lo scambio di materiale fluido dall’interno all’esterno del vaso e viceversa. Il capillare
si può distinguere in due porzioni:
1. Il braccio arterioso
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2. Il braccio venoso
A livello di entrambi sono importanti la pressione idrostatica e la pressione osmotica.
La pressione idrostatica in particolare fa muovere il materiale dall’interno del vaso
all’esterno mentre la pressione osmotica ha la funzione opposta, possibile grazie al
fatto che sono presenti molecole disciolte nel plasma come sali minerali, ioni o
albumina. La pressione idrostatica è molto diversa a seconda del distretto in cui la
osserviamo, infatti è molto più forte nel braccio arterioso e quindi predomina
sull’osmotica e avremo dunque extra-evasione di materiale. Nel braccio venoso
invece prevale la pressione osmotica e quindi ci sarà un riassorbimento del materiale
e questo garantisce il ricircolo del materiale interstiziale per rimuovere il materiale di
scarto nel fluido che viene riassorbito e quindi convogliato nella circolazione
sanguigna.
Per studiare le cellule del sangue bisogna utilizzare lo striscio di sangue, particolare
preparato che consiste nel depositare una goccia di sangue su un vetrino porta
oggetti e poi con un altro vetrino strisciarlo ovvero spanderlo per ottenere un
monostrato cellulare su tutto il vetrino. Questo poi viene fatto essiccare all’aria,
fissato e poi colorato con colorazioni policromatiche ovvero miscele di colorazioni
diverse che impartiscono sfumature a diverse strutture all’interno di cellule e quindi
permettono di differenziare le varie tipologie di cellule che caratterizzano la vasta
gamma di leucociti, tutti molto diversi da loro.
Tutte le cellule del sangue originano dalla stessa cellula comune che si trova nel
midollo osseo.
L’ERITROCITA
Al microscopio elettronico a scansione si vede che è un disco biconcavo schiacciato
centralmente e privo di nucleo. Ha una larghezza di circa 7-8 micrometri e un’altezza
di circa 1.5-3.5 micrometri a seconda di dove viene misurata. Questa sua forma fa si
che si abbia un’alto rapporto superficie volume e la maggiore espansione di
membrana rispetto al volume fa si che vengano facilitati i trasporti attraverso la
membrana, fondamentale visto che la funzione dell’eritrocita è quella di trasporta O”
e CO2 che prende dalla parte esterna e porta all’interno e viceversa.
Presenta uno scheletro di membrana appena sotto la membrana che permette alla
cellula di avere questa forma e di modificarla rendendola molto flessibile. La
membrana della cellula si trova sopra al citoscheletro formato da una proteina fibrosa
divisa in subunità alfa e beta che forma un reticolato che aderisce alle proteine
transmembrana grazie alla proteina ancherina e alla banda 4.2.
La spectrina è fondamentale per mantenere la struttura a disco biconcavo. In
presenza di mutazioni del gene che produce spectrina gli eritrociti prendono il nome
di echinociti, globuli rossi a forma di riccio di mare.
Ritornando sulla membrana dell’eritrocita troviamo due proteine transmembrana
fondamentali:
- la proteina della banda 3, dimero che forma un antiporto ovvero un canale che
viene attraversato nelle due direzioni opposte da ioni cloruro e ioni bicarbonato,
entrambi con cariche negative. Questo canale è presente anche su altri tipi
cellulari come l’osteoclasta.
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- La gliforina, che sulla sua superficie esprime dei carboidrati che sono
responsabili del gruppo sanguigno AB0
I residui glicidici portati dalla gliforina rimangono uguali nel caso del gruppo 0,
mentre si aggiunge un residuo saccaridico diverso grazie a glicosiltransferasi nel
caso di antigene A o B.
L’emoglobina è la proteina più importante dell’eritrocita ed è costituita da 4 peptidi (2
catene alfa e 2 beta nell’adulto e 2 alfa e 2 gamma nel feto, dovuto al fatto che è
necessario nel periodo fetale avere un emoglobina che riesca a legare con maggior
affinità e minor tensione l’ossigeno che passa dalla circolazione materna). Al centro di
ogni catena c’è un gruppo eme al quale è legato un atomo di ferro che deve sempre
essere in forma ridotta ed è responsabile del legame con l’ossigeno.
Sono note diverse mutazioni a carico dell’emoglobina che possono creare o no
problemi.
Gi eritrociti sono circa 5 milioni per millimetro cubo di sangue e il loro metabolismo è
basato sulla glicolisi anaerobia. L’energia sviluppata dalla glicolisi viene utilizzata per
la pompa sodio-potassio-ATPasi che è una pompa che trasporta attivamente sodio
all’esterno e potassio all’interno e serve a contrastare la pressione oncotica dovuta
all’alta concentrazione di emoglobina all’interno della cellula. L’energia viene utilizzata
anche per mantenere l’ambiente all’interno della cellula ridotto grazie all’attività della
meta-emoglobina-riduttasi e della glutatione-riduttasi. Questo è importante perché lo
ione ferro deve sempre essere sotto forma di ione ferroso e mai ferrico. L’origine è nel
midollo osseo come per tute le altre cellule del sangue e la sua vita media è di circa
120 giorni, poiché non avendo nucleo non è in grado di rimpiazzare le proteine che
vengono danneggiate. La milza si occupa di un monitoraggio costante dei globuli
rossi agendo con la emocateresi ovvero seleziona negativamente le cellule non sono
sufficientemente deformabili per superare il filtro e vengono eliminate per fagocitosi
da parte dei macrofagi presenti in loco. Se la milza manca, questo compito viene
svolto dal fegato.
I LEUCOCITI
In uno striscio di sangue si riconoscono dagli eritrociti per la presenza di nucleo.
Vengono poi suddivisi in classi in base alle caratteristiche in:
1. Granulociti, che presentano granuli colorabili. Questi in base alle caratteristiche
dei granuli vengono poi divisi in:
- neutrofili (50-70%)
- Eosinofili (1-5%)
- Basofili (meno dell’1%)
2. agranulociti, non presentano granuli e sono divisi in:
- monociti (8-10%)
- Linfociti (30-50%)
Tutte queste cellule hanno un ruolo nella difesa dell’organismo e la loro attività si
svolge al di fuori dei vasi e dunque utilizzano il torrente circolatorio per raggiungere il
tessuto connettivo, chiamati da molecole chemiotattiche che potrebbero essere
presenti ad esempio sulla parete di un batterio e fanno migrare il leucocita. A questo
punto il leucocita per attraversare il vaso utilizza la selectina presente sulla sua
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superficie che riconosce sull’endotelio un recettore che rallenta la corsa del linfocita.
Questa interazione attiva una risposta da parte delle cellule dell’endotelio che
rilasciano chemochine che sono molecole solubili che agiscono sull’integrina
presente sulla superficie del leucocita. L’integrina trova un contro-recettore sulla
cellula dell’endotelio che rende molto più forte l’adesione che permette l’extravasione
tramite un meccanismo di diapedesi che permette al leucocita di uscire dal vaso e
raggiungere il luogo dell’infezione.
I neutrofili (guardare vetrino) hanno un diametro di circa 12-14micrometri e
presentano un nucleo polimorfonucleato da 2 a 5 zolle). All’interno presenza 4 tipi di
granuli difficilmente colorabili e questo permette di differenziarli facilmente dagli altri
granulociti. Presentano il recettore per il frammento cristallizzabile delle IgG e delle
IgM e questa caratteristica è condivisa con i macrofagi ed è importante perché
facilità la fagocitosi e fa fare quella che prende il nome di opsonizzazione.
I granuli sono:
1. Granuli primari, più grandi. Sono dei lisosomi e contengono idrolasi acide, la
mieloperossidasi che produce molecole di ipoclorito, difensine contro i batteri.
2. Granuli secondari, più frequenti. Sono i cosiddetti granuli specifici e hanno
sostanze dirette contro i batteri come lisozima, lattoferrina, istaminasi e
collagenasi IV.
3. Granuli terziari, molto piccoli. Contengono principalmente metalloproteasi
4. Granuli secretori, che contengono molecole di adesione fondamentali all’inizio
della fagocitosi e fosfatasi
I neutrofili svolgono diverse attività biologiche finalizzate alla difesa dell’organismo
contro batteri. Si occupano dunque di:
- chemiotassi
- fagocitosi
- Opsonizzazione ovvero fagocitosi mediata
- Uccido o bloccano a questo punto la proliferazione del batterio con enzimi
antibatterici
- Degradano la matrice extracellulare ma non essendo in grado di controllare
questo meccanismo essi stessi muoiono. Rimangono in fatti in circolo per circa
6-7 ore
Gli eosinofili (guardare vetrini) hanno dimensione di 12-17 micrometri di diametro con
nucleo bilobato e granuli evidenti di due tipi. Presenta inoltre i recettori per il fattore
cristallizzabile dell’immunoglobuline E, che riguardano i fenomeni allergici. I due
granuli sono:
1. I granuli specifici degli eosinofili quindi granuli secondari. Presentano delle
proteine che danno la colorabilità e dunque la proteina basica maggiore (MBP)
e le proteine cationiche dell’eosinofilo che sono altre proteine basiche e
presentano anche altre proteine specifiche come la perossidasi dell’eosinofilo.
Sono presenti inoltre molecole con attività antinfiammatoria come istaminasi
che degrada istamina coinvolta nell’infiammazione in quanto provoca
vasodilatazione facilitando la fuoriuscita del materiale dal vaso sanguigno al
connettivo. Importanti anche tra le molecole anti-infiammatorie la fosfolipasi B
e l’arilsulfatasi che degradano le molecole coinvolte nell’infiammazione.
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2. Granuli primari e dunque lisosomi
Le funzioni degli eosinofili sono:
- chemiotassi, sono attratte da un fattore specifico che è l’ECF-A che è il fattore
chemiotattico specifico degli eosinofili
- fagocitosi, anche se limitata ai complessi antigene-anticorpo
- Fanno secrezione, in particolare producono e rilasciano molecole antiinfiammatorie. È importante perché l’infiammazione deve essere di durata breve.
- antiparassitaria, perché aumentano fino a 100 volte nel circolo sanguigno in
presenza di parassiti per ucciderli lavorando con le proteine cationiche.
- Importanti anche per le reazioni allergiche
- Rimangono in circolo per poche ore e poi extra-vasano
I basofili (guardare vetrini) sono le cellule meno numerose nel circolo sanguigno.
Hanno una dimensione di 14-16 micrometri di diametro. I granuli come si vede nel
vetrino impediscono la visione del nucleo poiché hanno la stessa colorabilità dovuta
al fatto che contengono anch’essi materiale acido che quindi presentano il fenomeno
della basofilia. I granuli contengono proteoglicani solfati come eparansolfato e
eparina, oltre che sostanze attive nell’infiammazione come istamina, leucotrieni e
interleuchine IL-4 e IL-13. Il fatto di contenere proteoglicani solfati ovvero gruppi
polianionici fa si che la cellula vada incontro al fenomeno della metacromasia ossia se
viene colorata con il blu di toluidina il colore diventa rosso-violaceo.
Le funzioni sono:
- Chemiotassi
- Non fa fagocitosi ma è specializzato nell’esocitosi, o degranulazione nelle quali
rilascia sostanze vasoattive e dunque è responsabile dei fenomeni allergici
- Partecipa attivamente all’infiammazione
Il monocita (guardare vetrini) è la cellula più grande del sangue e può raggiungere i
20 micrometri. Tramite granuli presenti nel suo citoplasma, che sono lisosomi, è in
grado di fare fagocitosi. È anche lui in grado di fare chemiotassi, fondamentale
perché dopo aver circolato nel torrente sanguigno per circa 3 giorni extravasa e va a
finire nei diversi tessuti dove si differenzia in macrofago. Questo vuol dire che
diventa una cellula matura che però può continuare a dividersi e assume nomi diversi
a seconda del distretto in cui si troveranno, come cellule di Kupffer nel fegato,
osteoclasta nell’osso e così via.
I linfociti (guardare vetrino) presentano un diametro di circa 7-8 micrometri nel
circolo e molto raramente sono presenti all’interno del circolo sanguigno linfociti che
arrivano a misurare anche 15 micrometri di diametro, che sono blasti ovvero linfociti
attivati. Sono responsabili della difesa specifica e sono attivi quindi nella sorveglianza
immunitaria ad esempio attraverso i virus. Dal punto di vista morfologico ci sono
cellule molto simili e dal punto di vista funzionale vengono divisi in:
- linfociti B
- Linfociti T
- Linfociti NK, che sono gli unici che possono essere riconosciuti al microscopio in
quanto presentano dei granuli citoplasmatici.
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Le piastrine hanno una dimensione di circa 2-4 micrometri e non presentano nucleo
ma presentano nel citoplasma mitocondri e diversi tipi di granuli. Derivano dal
megacariocita (guardare vetrino).
La piastrina viene suddivisa in quattro zone:
1. Zona periferica, dove troviamo membrana plasmatica e glicocalice. Qui
abbiamo alta densità di materiale glicidico dovuto al fatto che ci sono proteine
transmembrana che servono per l’adesione, fondamentali quando la piastrina
verrà attivata per formare il coagulo.
2. Zona strutturata, composta da microtubuli che aiutano a tenere la forma di
disco biconvesso. oltre ai microtubuli ci sono altre importanti proteine del
citoscheletro quali actina e miosina che permettono la capacità di contrazione
della cellula.
3. Zona degli organelli, con mitocondri importanti per la respirazione, granuli di
glicogeno che danno energia e tre tipi di granuli:
- alfa, che contengono molecole coinvolte nella coagulazione e il suo
controllo come trombospondina, il PDGF (fattore di crescita derivato dalle
piastrine), l’FP4 (fattore piastrinico 4), fibrinogeno e fibronectina, VWF
(fattore di von Willebrand).
- delta, che sono più densi e contengono ATP, ADP, serotonina e ioni calcio
- lamba che sono i lisosomi
4. Sistemi membranosi, in particolare un sistema canicolare aperto che perfora la
piastrina aumentando la superficie a contatto con l’ambiente esterno. Questo è
molto importante per la velocità di reazione che si deve avere quando la
piastrina viene attivata. Importante è anche il sistema tubulare denso che è un
sistema chiuso che contiene materiale denso tipo ATP o vari enzimi e calcio e
si articola a partire dal RER e può essere messo in comunicazione con
l’ambiente esterno tramite pori di comunicazione.
Sono importanti per la difesa dell’organismo arrestando emorragie in seguito a ferite.
Sono responsabili della coagulazione e hanno una vita media di circa 10 giorni. Sono
circa 300mila per mm cubico.
Durante la coagulazione le piastrine cambiano forma aderendo al collagene in seguito
alla lesione dell’endotelio. Questa adesione è permessa da proteine da adesione e
fondamentale in questo caso risulta il fattore di von Willebrand (VWF) contenuto nel
granuli alfa. Subito dopo l’adesione la piastrina inizia la degranulazione permettendo
l’inizio della coagulazione.
Il contatto con il collagene in seguito al danneggiamento del vaso fa si che venga
innnescata un’adesione più forte con l’attivazione delle glicoproteine sulla superficie
della cellula e rilascio di ADP. Si forma un aggregato che si chiama tappo primario e
nel frattempo avremo anche una vasocostrizione per evitare di perdere troppo
sangue. Successivamente si attivano a cascata trombina e fibrina che formano il
tappo secondario. Il coagulo visto al microscopio elettronico a scansione mostra un
reticolato nel quale sono intrappolati i globuli rossi. In seguito il coagulo va incontro a
retazione per l’attività dei microfilamenti di actina e miosina e quindi verrà lisato da
plasmina e enzimi litici lisosomiali che lo rimuovo.
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IL SISTEMA IMMUNITARIO
Nell’organismo ci sono diversi livelli di difesa:
1. La protezione superficiale, che avviene sugli epiteli di rivestimento che
possono presentare delle specializzazioni come ad esempio ciglia o possono
produrre materiale difensivo come muco o molecole particolari come le
difensine
Se l’agente patogeno supera la difesa superficiale si passa all’immunità innata o a
quella adattativa
2. L’immunità innata o naturale o aspecifica ed è basata sull’attività di leucociti,
macrofagi, cellule NK e portano all’infiammazione con l’esisto che è la
distruzione delle cellule che hanno partecipato alla risposta infiammatoria e
degenerazione del tessuto
3. L’immunità adattativa o acquisita o specifica è molto più efficace ma richiede
tempo. Inoltre non reca quasi nessun danno tissutale.
I due tipi di immunità cooperano tra loro.
Il sistema immunitario quindi ha la funzione di difesa specifica. Già con il sistema
innato c’è un meccanismo di riconoscimento tramite recettori ma in questo caso c’è
un meccanismo molto più specifico e tutto il materiale esogeno viene chiamato
antigene e viene riconosciuto in maniera specifica. Il sistema immunitario prevede
l’attivazione dei linfociti più le varie cellule accessorie ed è diviso in due branche.
È costituito da organi linfoidi popolati dai linfociti che qui si differenziano, maturano e
esplicano le loro funzioni. Tra i vari organi ne riconosciamo due come organi primaria
che sono il timo e il midollo osseo in quanto a questi livelli le cellule acquisiscono le
competenze. Molto importanti sono poi:
- milza
- linfonodi
- Il MALT ovvero il tessuto linfatico associato alle mucose che poi viene a sua volta
diviso in BALT associato ai bronchi e GALT associato all’intestino.
Tutti gli organi sono in comunicazione tramite i vasi linfatici che sono in
comunicazione con il sistema ematico in quanto sboccano a livello della succlavia.
Linfociti B e linfociti T agiscono meccanismi diversi:
1. I linfociti B attuano una immunità umorale mediata da anticorpi
2. I linfociti T sono preposti invece all’immunità cellulare in cui sono direttamente
coinvolti
Come già detto linfociti B e T non sono distinguibili al microscopio ma sono
identificabili tramite dei marcatori di superficie ovvero esprimono rispettivamente il B
cell receptor BCR (immunoglobulina di membrana) e il T cell receptor TCR. I recettori
sono recettori per l’antigene ed esiste una grande variabilità generata sia su base
genetica perché il DNA va incontro a riarrangiamento sia su base somatica perché
questi geni sono sottoposti frequentemente a mutazione.
Tutti gli BCR, così come gli TCR hanno però una struttura di base comune e la
porzione variabile è invece quella che si presenta sulle catene peptidiche.
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LA RISPOSTA IMMUNITARIA DA PARTE DEI LINFOCITI B
L’antigene va a scegliere il linfocita B2 ad esempio perché il recettore di questo
linfocita è quello maggiormente compatibile con la sua struttura. L’antigene stimola
quindi la proliferazione dei linfociti B2 e dopo qualche ciclo di proliferazione questi si
differenzieranno in plasmacellule che producono anticorpi mentre alcune rimangono
invece linfociti B piccoli della memoria. Le plasmacellule esprimono un citoplasma
più grande con un RER molto abbondante per la sintesi e secrezione degli anticorpi.
La presenza di anticorpi nel plasma a seguito di un primo contatto con l’antigene
corrisponde alla risposta primaria che sarà rilevabile non prima di 7-10 giorni e
aumenta nel tempo. Dopo un certo periodo di tempo la risposta scende e nel caso di
un secondo contatto con l’antigene si attiva una risposta secondaria più rapida e
specifica per questo antigene. La risposta secondaria è possibile grazie ai linfociti B
della memoria che si sono formati dopo il primo contatto con l’antigene.
L’anticorpo è una glicoproteine di circa 150 kdalton ed è costituita da 4 catene
peptidiche:
- due catene pesanti (costituite da 4 domini ripetuti ciascuna)
- due catene leggere (costituite da due domini ripetuti ciascuna).
Questo dominio è quello della immunoglobulina, peptide costituito da circa 110
amminoacidi.
Le quattro catene peptidiche sono peptidiche degli anticorpi sono tenute insieme da
ponti disolfuro che si trovano anche all’interno di ogni dominio per stabilizzarne la
struttura terziaria. I domini che si trovano alle estremità ammino-terminali delle
quattro catene presentano una sequenza variabile. Queste sono quelle si chiamano
regioni variabili e avremo quindi un dominio variabile per ciascuna delle catene
leggere e uno per ciascuna delle catene pesanti.
Quindi, ricapitolando:
• L’anticorpo è formato da due catene leggere e due catene pesanti
• Catena leggera= due domini ripetuti ; catena pesante = 4 domini ripetuti
• Catene leggere e catene pesanti hanno un frammento variabile, quindi:
• Catena leggera= 1 dominio variabile e 1 costante ; catena pesante = 1 dominio
variabile e 3 costanti (per ciascuna catena)
• Dominio variabile della catena leggera + dominio variabile della catena pesante =
sito di legame dell’antigene. Nella figura è presente il frammento Fab (frammento
che lega l’antigene) costituito dalla catena leggera + della porzione amminoterminale della catena pesante
• L’estremità al carbossi-terminale costituisce il frammento Fc o frammento
cristallizzabile
• A metà della regione pesante si trova la regione cerniera che consente una certa
mobilità dei due Fab
• Il fatto che ci siano due siti di legame per l’antigene fanno si che l’anticorpo sia
considerato molecola bivalente
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-
Le porzioni Fc delle catene pesanti in realtà non sono costanti, anche se rispetto alla
porzione Fab la differenza è nettamente inferiore. Si è visto che esistono cinque
diverse catene pesanti, che danno origine a cinque immunoglobuline differenti
(ovvero l’anticorpo completo con Fc e Fab) che sono:
1. IgG, che sono le uniche in grado di attraversare la placenta proteggendo
quindi in maniera passiva il feto. l’IgG media l’opsonizzazione, così come la
IgM.
2. IgM, che media come la IgG l’opsonizzazione o fagocitosi facilitata che viene
effettuata dal macrofago o dai polimorfonucleati (neutrofili) quando incontrano
un batterio. Questo viene legato dal Fab dell’anticorpo e Fc viene riconosciuto
da recettori specifici sulla superficie del macrofago o del neutrofilo e lo aiuta
nella fagocitosi.
3. IgE, riconosciute dai recettori dei mastociti. Ad un primo contatto con
l’antigene verrano prodotte delle IgE e poi al secondo contatto queste IgE che
si saranno legate a livello del recettore sulla superficie del mastocito
legheranno tramite la parte Fab l’antigene e questo sarà il segnale per attivare
la degranulazione del mastocito.
IgG, IgE e IgD sono anticorpi
monomerici, le IgM sono
4. IgD
pentameriche e le IgA sono dimeriche
5. IgA, si trovano sulle mucose a livello di
intestino, apparato respiratorio, saliva
Gli anticorpi agiscono seguendo diversi
meccanismi di azione:
possono neutralizzare una tossina
- Possono formare complessi antigene-anticorpo che
vengono poi fagocitati da macrofagi ecc
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- Possono interferire nell’adesione dei patogeni che invadono l’organismo
- Possono mediare l’opsonizzazione facendo da ponte tra il patogeno e la cellula
che si occupa della fagocitosi
Le proprietà degli anticorpi dipendono dalla loro struttura e dunque sono molecole
solubili ad alta specificità e sono alla base della risposta immunitaria umorale.
Tornando a parlare dei linfociti B: questi proliferano nel midollo osseo in modo
antigene-indipendente quindi si formeranno tante cellule B diverse (circa 10^11
recettori diversi) riconosciute potenzialmente da qualsiasi molecola estranea con cui
entrano in contatto. Successivamente tramite la circolazione sanguigna raggiungono
gli organi linfoidi secondari dove proliferano in maniera antigene-dipendente quindi
proliferano solo se incontrano l’antigene e prolifera solo il linfocita selezionato.
Gli anticorpi monoclonali ovvero anticorpi con solo una specificità e questo è stato
possibile grazie all’immortalizzazione di un anticorpo che permette una sua
produzione illimitata.
LA RISPOSTA IMMUNITARIA DA PARTE DEI LINFOCITI T
I linfociti T maturano nel timo e sono cellule che agiscono direttamente e si dividono
in:
1. Linfociti T citotossici, che hanno il compito di uccidere altre cellule
2. Linfociti T helper, che modulano positivamente la risposta immunitaria
3. Linfociti T regolatori/soppressori, che regolano negativamente la risposta
immunitaria
Ci sono poi le cellule NK che non presentano il TCR recettore dei linfociti T ma
agiscono come i citotossici, differendo da loro solo per il metodo di attivazione. Sia
per i linfociti T citotossici che per le cellule NK vediamo infatti che vengono prodotte
perforine che quindi vanno a perforare la membrana della cellula bersaglio e degli
granzimi che sono enzimi che inducono la tossicità e quindi la morte per apoptosi. La
cellula NK però è attivata da un anticorpo quindi ADCC ovvero citotossicità cellulare
dipendente da anticorpo.
Il linfocita T esprime sulla sua superficie il TCR che è un eterodimero costituito da due
catene (alfa e beta) e nella parte più esterna c’è il sito di legame dell’antigene
coadiuvato da una serie di molecole accessorie che formano il CD3 (class of
differentiation, ce ne sono circa 300 ma noi prendiamo in considerazione CD3,4 e 8).
Il linfociti T oltre a presentare il TCR esprimono anche altri marcatori. Oltre al CD3 che
è presente sia sui linfociti T citotossici che sugli helper, possiamo parlare anche di:
- CD8, espressa dai citotossici e riconosce MHCI che permette al linfocita di
distruggere la cellula cancerosa o infettata da virus.
- CD4, espressa dagli helper e riconosce MHCII, che porta all’amplificazione della
risposta immunitaria.
Questi sono corecettori che riconoscono delle molecole in modo specifico sulla
superficie delle cellule con cui devono entrare in contatto.
Il linfocita T killer riconosce la cellula infettata dal virus perché dopo essere stata
infettata la cellula bersaglio espone sulla superficie delle proteine che vengono
riconosciute dal T citotossico che uccide dunque la cellula.
Esistono diversi tipi di linfociti T helper CD4+ ma noi ci concentriamo su:
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1.
2.
T helper 1, che interagiscono con gli T citotossici CD8+
T helper 2, che interagiscono con le cellule B per aumentare la risposta
anticorpale
Fondamentale per il T helper è la APC ovvero la cellula che presenta l’antigene e che
è caratterizzata dall’espressione della molecola MHCII di superficie che serve per
l’interazione con il T helper. Gli APC sono macrofagi, cellule dentriche, cellule B e
presentano l’antigene alle cellule helper che a loro volta cooperano con la cellula T
citotossica o con la cellula B.
Nella risposta immunitaria sono molto importanti anche le interleuchine che
cooperano nella risposta immunitaria aumentandola. Quelle di nostro interesse sono:
a. Le IL-2 che fanno proliferare e attivare linfociti T, NK e monociti
b. Le IL-3 che fanno proliferare le cellule staminali
GLI ORGANI LINFATICI
Il timo: organo linfo-epiteliale ovvero costituito da cellule epiteliali che educano le
cellule linfatiche che arrivano dal midollo. È particolarmente sviluppato fino alla
pubertà ed è sede della maturazione dei linfociti T.
È un organo parenchimatoso ossia pieno
costituito da cellule linfatiche ed epiteliali.
Sono presenti poi cellule del connettivo in
quanto vi è una membrana da cui partono
delle trabecole che lo dividono in lobi e
all’interno delle quali sono contenuti vasi
sanguigni. Ci sono poi due porzioni:
1. Corticale, più colorata a causa della
presenza di un maggior numero di
cellule
2. Midollare, meno colorata
In entrambe le porzioni ci sono molti timociti ovvero le cellule del timo. Nel figura qui
a sotto si vedo i corpuscoli di Hassal che sono le cellule epitelio-reticolari al loro
ultimo stadio di vita quando sono infarcite di cheratina.
Questo è il timo di una persona giovane in quanto è ancora molto attivo. Nell’adulto
invece va incontro a involuzione infarcendosi di tessuto adiposo, poiché essendo già
stata stabilità l’immunocompetenza non è più necessario un suo sviluppo.
I precursori dei linfociti T nel midollo osseo vengono rilasciati nel circolo sanguigno e
così arrivano a livello del Timo dove iniziano la migrazione dalla parte corticale a
quella midollare e subiscono due diversi eventi:
1. La proliferazione, che li seleziona in senso positivo.
2. La delezione clonale, che li seleziona in senso negativo. In questo processo tutti
i linfociti T che sono autoreattivi e quindi riconoscono il proprio vanno incontro
a morte e fagocitati dai macrofagi. In questo modo vengono eliminate tutte le
cellule autoreattive che sono circa il 95% del totale. I linfociti T che invece
riconoscono l’estraneo vengono invece messi in circolazione e da qui
raggiungono gli organi linfatici secondari
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I linfociti che arrivano al timo sono cellule immature che non esprimono ancora il
recettore particolare:
- TCR, che viene acquisito per riarrangiamento genico
- CD4 e CD8, che viene acquisito per espressione
Queste molecole (CD4 e CD8) permettono l’interazione con le cellule epitelioreticolari che danno un segnale di proliferazione. Tutte le cellule che non presentano
il recettore e dunque non vengono riconosciute vanno invece incontro ad apoptosi.
Questa è la selezione positiva in cui le cellule che presentano questi recettori vanno
avanti. In questo momento i linfociti T sono dei doppi positivi che presentano sia il
CD4 che il CD8.
A questa segue la selezione negativa che avviene a livello della midollare. Qui
vengono selezionate negativamente le cellule che interagiscono fortemente con un
altro tipo di cellule epitelio-reticolari e vengono eliminate. In questo caso passano
dunque cellule che interagiscono blandamente. I linfociti in questo momento si
dividono anche in CD4+ o CD8+. Questa è la delezione clonale.
I linfociti T quindi attraversano tre stadi:
1. I linfociti precursori nel midollo osseo che sono doppio negativi
2. I linfociti precursori nel timo che sono doppi positivi e presentano sia CD4 che
CD8, oltre a presentare ora anche il TCR
3. I linfociti maturi che presentano il TCR e a seconda che presentino il CD8 o il
CD4 vengono divisi in citotossici o helper.
L’ambiente parenchimatoso del timo è un ambiente particolare che deve essere
preservato ed è separato dalla circolazione sanguigna grazie alla barriera ematotimica, costituita da due membrane basali:
- Su una poggiano le cellule epiteliali del vaso
- Sull’altra le cellule epiteliali reticolari di tipo 1
Tra le due membrane basali c’è del tessuto connettivo perivascolare che contiene
periciti e macrofagi che controllano ed eliminano le cellule che vanno in contro ad
apoptosi.
I linfonodi: si trovano lungo i vasi linfatici e
sono disseminati in tutto l’organismo ma
con particolare concentrazione in inguine,
ascelle, mesentere e base del collo. I
linfonodi sono la sede dell’interazione tra
antigene e linfociti, che arrivano qui grazie
ai vasi afferenti (20%) o all’arteria (80%) e
viene montata la risposta immunitaria dopo
la quale possono uscire tramite i vasi
efferenti.
Il linfonodo è rivestito da una capsula che inserisce trabecole all’interno, che può
essere diviso in:
- zona corticale, intensamente colorata per l’elevato numero di cellule rispetto al
midollare. Qui si distinguono inoltre i follicoli (cerchiati in giallo) e sono follicoli
primari (a sinistra, riconoscibile per una parte interna colorata in maniera
omogenea) e secondari (a destra).
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- Zona paracorticale che divide corticale e midollare, caratterizzata dalla presenza
di VEA ovvero venule ad endotelio alto. Questo endotelio è un’eccezione poiché
non è piatto e controlla il passaggio di cellule (non di gas) permettendo il
passaggio di linfociti dalla circolazione sanguigna a quella linfatica.
- zona midollare, con colorazione limitata ai cordoni midollari che sono zone nelle
quali sono presenti cellule. La zona poco colorata è quella in cui circola la linfa.
Nella parte sinistra si vedono follicoli vicini alla midollare ma è un artefatto di
preparazione.
Il follicolo secondario presenta un centro poco colorato che prende il nome di centro
germinativo perché le cellule stimolate dall’antigene vanno in contro a blastizzazione
ovvero crescono di dimensioni per poi dividersi. La zona periferica è invece la zona
mantellare del nodulo linfatico.
Il vaso linfatico afferente porta le cellule che attraversano completamente il sistema
per uscire a livello del vaso efferente. Le arterie portano invece il sangue dall’ilo e le
cellule vengono dismesse da vene ad alto endotelio.
Lo stroma (trama connettiva di un organo) del linfonodo è legato a fibrille di
collagene III prodotto dalla cellula reticolare assimilare al fibroblasto. Sono presenti
anche cellule dentritiche con funzione APC (cellula che presenta l’antigene) ed è a
stretto contatto con i linfociti. Oltre a presentare l’antigene è anche in grado di
trattenere i linfociti della memoria nel linfonodo.
La capsula del linfonodo è composta da:
1. Tessuto connettivo denso
2. Fibre di collagene
3. Fibroblasti
4. Vasi sanguigni
Al di sotto c’è il seno sotto-capsulare ricco di linfa, composta principalmente da
linfociti ma anche da macrofagi, che si riconosco perché sono più grandi. Sotto il
seno sotto-capsulare c’è poi la zona corticale.
Il tessuto linfatico diffuso: tonsilla e placca di Pleyer: il tessuto linfatico diffuso per
definizione non dovrebbe essere delimitato da una capsula ma in realtà prendendo la
tonsilla palatina nella parte inferiore è contornata da una capsula che la separa dal
tessuto muscolare, ma nella parte superiore la tonsilla è a contatto con epitelio di
rivestimento pluristratificato. La tonsilla presenta inoltre cripte che sono in
comunicazione con l’ambiente esterno e il materiale esogeno che arriva nella bocca
viene rallentato e eventualmente passano attraverso l’epitelio per andare nel tessuto
linfatico che si trova in forma di follicoli linfatici.
La placca di Pleyer fa parte del MALT a livello dell’intestino vediamo infatti epitelio di
rivestimento cilindrico al di sotto del quale abbiamo un aggregato di tessuto linfatico
non capsulato. A questo livello il tessuto epiteliale di rivestimento presenta le cellule
M che hanno la funzione di APC captando gli antigeni dall’esterno e con un
meccanismo di transcitosi li passano nella parte linfatica sottostante.
Altri esempi di tessuto linfatico diffuso si trova nel colon, nell’appendice, intestino
tenue.
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La milza: organo linfatico secondario più grande. È molto vascolarizzato e si
riconosce:
1. Una polpa bianca di eritrociti
2. Una polpa rossa ricca di linfociti
Presenta dei noduli splenici molto simili ai noduli linfatici nei linfonodi e sono la sede
dei linfociti. La sua componente stromale connettivale formata da una capsula interna
da cui si dipartono trabecole e ci sono fibroblasti che producono fibre di collagene
per creare un’impalcatura. A livello delle trabecole c’è un’arteria trabecolare che si
continua con l’arteria centrale che attraversa al centro il nodulo splenico ricco di
linfociti B seguito dal GLPA ovvero guscio linfatico periarteriolare costituito da
linfociti T helper. La circolazione poi si dirama nelle arteriole penicillari alle quali
segue il capillare con guscio a fondo cieco dove gli eritrociti sono obbligati a passare
attraverso questo guscio ricco di macrofagi che fanno una prima selezione delle
cellule per quanto riguarda la loro capacità di formarsi. Le cellule fuoriescono e
formano la polpa splenica e devono quindi rientrare nella circolazione passando
attraverso la parete del seno splenico. La parete dei seni splenici è formata da cellule
endoteliali con una forma a bastoncino allungato che decorrono parallelamente alla
direzione del vaso. Tra una cellula e l’altra ci sono degli spazi e manca la lamina
basale. Gli eritrociti che sono arrivati a questo livello devono superare questa parete
per poter essere immessi nella circolazione venosa e dunque c’è una seconda
selezione nella quale soltanto le cellule deformanti sapranno superarla mentre quelle
che non passano verranno eliminate dai macrofagi.
La funzione principale della milza è quindi quella di filtro, e lo vediamo applicato:
- per quanto riguarda la risposta immunitaria, le cellule che hanno funzione di APC
sono i macrofagi che catturano il materiale estraneo e lo presentano ai linfociti T
helper che collaborano con i linfociti B che maturano a plasmacellule e
producono gli anticorpi.
- Per quanto riguarda gli eritrociti e la loro distruzione (emocateresi) esistono due
livelli di filtrazione come visto che superano solo quelli che presentano una
membrana sufficientemente elastica mentre quelli che non passano la selezione
vengono distrutti ma viene recuperato il ferro che serve poi per costruire gli
anticorpi a livello del midollo osseo
La milza svolge inoltre emopoiesi durante la vita fetale.
L’EMOPOIESI
È il processo mediante cui le cellule ematiche maturano a partire da precursori e
questi a loro volta derivano da una cellula staminale unica.
Durante i primi tre mesi di gestazione l’emopoiesi avviene nel sacco vitellino per poi
passare nel fegato e, in misura minora, nella milza. Dal settimo mese predomina
invece l’emopoiesi nel midollo osseo, che dopo la nascita si divide principalmente tra
il midollo osseo delle ossa toraciche e di femore e tibia.
Il sacco vitellino: è una grande struttura vuota sulla cui superficie si trovano le isole
sanguigne. Queste si formano a partire da aggregati delle cellule mesenchimali che si
differenziano poi nel livello esterno per formare le cellule endoteliali mentre quelle del
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livello interno formeranno le cellule sanguigne primitive. Inizialmente si formeranno i
precursori dei globuli rossi che presentano nucleo.
Le isole poi si uniscono poiché si fondono le cellule endoteliali di due isole vicine e si
forma un reticolato in cui c’è una prima circolazione.
La cellula mesenchimale è quindi un progenitore staminale multipotente che da
origine a cellule endoteliali e all’emangioblasto o cellula staminale emopoietica (HSC)
e da questo a sua volta si differenziano:
1. CLP che è il precursore delle cellule linfatiche (precursore linfoide)
2. CMP che è il precursore di tutte le altre cellule sanguigne (precursore mieloide)
Guardare vetrino emopoiesi per alcuni appunti.
A livello del midollo osseo c’è:
- la cellula staminale con i diversi precursori delle linee ematiche che sono però
difficilmente riconoscibili tranne il megacarioblasto, riconoscibile grazie alle sue
grandi dimensioni e ai prolungamenti che penetrano nel vaso sanguigno.
- I vari elementi a diversi stadi di maturazione e che possono presentare diverse
caratteristiche citologiche che possono renderli identificabili
- Cellule di supporto come adipociti (che si accumulano con l’avanzare dell’età che
porta al trasformazione in midollo giallo poco maturo in età avanzata), fibroblasti,
cellule reticolari (impegnate nella formazione dello stroma per cui fibre reticolari,
collagene di tipo I e III, laminina, fibronectina, GAGs), cellule endoteliali,
macrofagi (importanti per fagocitare tutti i detriti o gli scarti come ad esempio il
nucleo dell’eritrocita maturo)
La HSC presenta dei marcatori di superficie e in particolare abbiamo CD34 che viene
utilizzata anche in clinica per isolare cellule da midollo osseo di donatore per
trapianto di midollo. Altri due marcatori importanti sono Sca e c-kit. Questa cellula è
però Lin- ovvero non presenta questo marcatore che invece è presente sulle cellule
quando differenziano.
La eritropoiesi: nel tempo diminuiscono le dimensioni di cellule e nucleo e la
cromatina mano a mano si compatta sempre di più. Partendo dalla cellula staminale
unipotente EP determinata precedentemente e che ora esprime il recettore per
eritopoietina. Grazie a questo ci sarà una crescita enorme di queste cellule e avremo
due tipi di colonie:
1. Le BFU
2. Le CFU
Entrambe sono sostenute dalla EPO così come il proeritroblasto che emerge da
queste e va ancora incontro ad una amplificazione (da un proeritroblasto originano 16
eritrociti) e ne mentre avviene la maturazione fino al differenziamento terminale. Una
delle ultime tappe della maturazione è l’esclusione del nucleo per esocitosi che viene
poi fagocitato dai macrofagi. Prima dell’eritrocita maturo abbiamo il reticolocita, che
si colora solo tramite verde di cresile e che ha questo nome per la presenza di una
specie di reticolato nel citoplasma. Sono presenti nel circolo sanguigno in meno
dell’1% e se presenti in quantità più elevate è segno di una perdita di sangue in
seguito a emorragia.
La mielopoiesi: descrive la maturazione dei granulociti. Il precursore comune è il
mieloblasto che matura a promielocita e in questa fase le cellule si moltiplicano e si
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producono granuli azzurrofili ossia primari. Questa è l’ultima fase nella quale vengono
prodotti. La tappa successiva è il mielocita nel quale si iniziano a vedere le differenze
anche dal punto di vista morfologico delle tre linee in quanto si iniziano a produrre i
granuli specifici per eosinofili, neutrofili, basofili. Queste sono le ultime cellule in
grado di dividersi, dopodiché ci sarà soltanto maturazione.
Ogni giorno vengono rilasciati in circolo circa 100 miliardi di granulociti e di questi
una parte rimane in circolo per qualche ora costituendo il pool circolante mentre
l’altra parte farà il pool marginato a livello dei piccoli vasi periferici. Esiste poi nel
midollo un pool di riserva di circa 20 volte maggiore del circolante e può essere
messo in moto facilmente se si somministra il fatto GSF, utile per recuperare da
donatori delle cellule staminali del sangue.
I FATTORI DI CRESCITA
Sono prodotti dalle cellule endoteliali, fibroblasti, monociti, linfociti T. Ci saranno però
alcuni fattori dal rene, come eritropietina e trombopoietina. I fattori di crescita
Ai fattori di crescita dell’emopoiesi sono applicati due concetti:
1. pleiotropismo: lo stesso fattore promuove effetti diversi
2. Ridondanza: alcuni fattori qualora siano deficitari possono essere sostituiti da
altri.
IL TESSUTO MUSCOLARE
Ha la funzione del movimento legato alla caratteristica fondamentale delle cellule che
lo costituiscono ovvero la contrattilità. Lo dividiamo in tre categorie:
1. Striato innervato dal sistema nervoso volontario. A sua volta si suddivide in:
- scheletrico, associato a strutture osseo e lo troviamo in arti, tronco, faccia
- Viscerale, associato a organi come lingua o diaframma.
2. Liscio innervato dal sistema nervoso involontario, in tutti gli organi che devono
contrarsi indipendentemente dalla nostra volontà e dunque lo troveremo nel
sistema digerente, nei vasi sanguigni, utero, vescica ecc.
3. Striato cardiaco innervato dal sistema nervoso involontario che controlla la
velocità di contrazione e si contrae in modo spontaneo grazie alle cellule
pacemaker.
Ci sono poi cellule sparse nell’organismo che possono avere la contrattilità tipica
delle cellule muscolari che sono:
- Cellule mioepiteliali, viste nelle ghiandole esocrine
- Periciti, cellule vicino ai vasi sanguigni
- Miofibroblasti, molto importanti quando c’è una ferita che deve essere
rimarginata.
IL TESSUTO MUSCOLARE SCHELETRICO
Presenta sempre una struttura stromale di connettivo ce serve per portare all’interno
del muscolo i vasi sanguigni e innervazione.
E’ strutturato secondo un’organizzazione gerarchica ben precisa alla base della quale
c’è la fibra muscolare, struttura cilindrica di 35 cm al massimo e un diametro di
10-100 micrometri. E’ rivestita da una membrana basale prodotta dalla cellula
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muscolare e da endomisio che è la componente connettivale. Più fibre muscolari con
le relative membrane formano il fascicolo muscolare circondato da perimisio e più
fascicoli formano il fascio muscolare circondato da epimisio.
La fibra muscolare è vascolarizzata e ci sono vasi più grandi che decorrono
nell’epimisio e via via vasi più piccoli fino ad arrivare ai capillari.
Guardare vetrino.
La fibra muscolare è una struttura plurinucleata all’origine della quale ci sono le
cellule mesenchimali determinate a diventare mioblasti che ad un certo punto si
fondono formando i miotubi che sono strutture plurinucleate che presentano il
nucleo centralmente. Questi vanno poi incontro a maturazione iniziando a produrre le
proteine contrattili che invadono tutto il citoplasma e schiacciano i nuclei alla
periferia al di sotto della membrana cellulare e a questo punto si forma la fibra
muscolare.
La base strutturale della striatura della fibra muscolare è ben evidenziabile al
microscopio elettronico. Al microscopio ottico invece vediamo delle bande chiare
che si chiamano I in quanto isotope all’osservazione a luce polarizzata e delle bande
scure A anisotope. In mezzo alla banda I troviamo la linea Z.
Al microscopio elettronico si vede come all’interno ci sono tanto miofibrille che
corrono parallele all’asse della fibra e sono tutte in registro, leggermente separate da
citoplasma. A livello delle bande scure sono presenti dei miofilamenti e nella zona I si
vedono i mitocondri. Il sarcomero è la struttura che si trova tra due linee Z
consecutive ed è l’unità strutturale ripetuta lungo tutta la miofibrilla.
Il tessuto muscolare scheletrico presenta un buon potenziale rigenerativo grazie alla
presenza di cellule staminali specifiche che sono le cellule satellite, in grado di
ricostituire il muscolo in situazioni di atrofia. Le cellule satelliti vengono infatti
incorporate nella fibra e cooperano nel riformare il muscolo.
Nel caso invece dell’ipertrofia muscolare (muscolo soggetto a molta attività)
l’aumento del muscolo è dovuto non tanto all’aumento del numero di fibre quanto
piuttosto all’aumento delle loro dimensioni.
È stato identificato il gene MyoD che è il gene che permette il differenziamento delle
cellule mesenchimali in questo senso. È un gene master in quanto dirige altri geni a
valle per poter esprimere questo fenotipo, tra i quali il gene miostatina.
CITOLOGIA E TERMINOLOGIA DELLA FIBRA MUSCOLARE:
1. Sarcolemma: membrana plasmatica della fibra muscolare a cui è è associata la
membrana basale ed è PAS positivo.
2. sarcoplasma: citoplasma
3. Reticolo sarcoplasmatico: reticolo endoplasmatico liscio che contiene grandi
quantità di calcio
4. Sarcomero: unità strutturale ripetuta
5. Mitocondri, perché serve tanta energia
6. mioglobina, proteina globina con alta affinità per ossigeno
7. Miofibrille
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IL SARCOMERO
Il sarcomero è l’unità ripetuta lungo tutte le miofibrille contenuta tra due linee Z. Al
centro del sarcomero c’è la banda A che è più scura perché è più elettrondensa e
questo perché è costituita dai miofilamenti spessi composti da miosina. Al centro c’è
la linea M in cui si aprono i filamenti spessi. A lato della linea M c’è la H.
La banda I contiene i miofilamenti sottili composti da actina e si ancorano alla linea Z
tramite la alfa-actinina.
Nella banda A abbiamo la sovrapposizione dei due tipi di filamenti. Ogni filamento
sottile è contornato da tre filamenti spessi e ogni filamento spesso è contornato da 6
filamenti sottili e questo è alla base della contrazione del muscolo.
La contrazione muscolare è infatti basata sullo scorrimento dei miofilamenti che si
compenetrano maggiormente mantenendo però sempre la stessa lunghezza. Si
accorcerà quindi solo il sarcomero e si riduce la banda I mentre invece l’ampiezza
della banda A rimane identica.
I filamenti spessi come abbiamo detto sono formati da miosina, una proteina
costituita da due molecole identiche e dunque è un omodimero in cui si riconosco
due domini diversi:
- una coda fibrosa
- Teste globulari con un sito per legare l’actina e uno per legare l’ATP. Sono
presenti inoltre delle catene leggere a due a due uguali (ce ne sono 4 in totale)
che servono per modularne l’attività.
I filamenti sottili delle miofibrille sono invece costituiti come già detto da actina in
filamento doppio a cui sono associate altre molecole formando il complesso actinatropomiosina-troponina. La tropomiosina è una struttura filamentosa che stabilizza
l’actina. La troponina è invece un complesso che comprende:
- troponina I ovvero inibitoria che inibisce il sito di legame per la miosina
- Troponina C che lega il calcio nel momento della contrazione
- Troponina T che interagisce con la tropomiosina e inibisce quindi il legame con
la miosina.
La testa come detto ha un sito di legame per actina e uno per ATP e attività ATPasica.
Quando l’ATP ha idrolizzato ad ADP + Pi la testa può legarsi all’actina se questa ha un
sito di legame disponibile. L’energia rilasciata dal legame è utilizzata per far ripiegare
la testa quindi la miosina se legata ad actina tramite il movimento della testa trascina
il filamento sottile e quindi ciclicamente si formano e distruggono ponti trasversali tra
i due filamenti.
Nella contrazione del muscolo il calcio ha un ruolo importante perché in seguito al
legame del calcio alla troponina C viene reso disponibile sull’actina il sito di legame
per la testa di miosina che nel frattempo ha cambiato conformazione cambiando
l’angolatura rispetto alla coda (ripiegamento possibile grazie ad una regione cerniera
tra i due domini) e dunque può partire lo scorrimento tra i due filamenti come visto
sopra.
Actina e miosina sono le proteine maggiori della contrazione costituendo l’80% delle
proteine totali mentre il rimanente 20% è dato da proteine accessorie che servono
per mantenere i filamenti allineati. Tra le varie ricordiamo:
1. Titina: tiene in posizione i filamenti di miosina
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2.
3.
alfa-actinina: unisce strie Z e actina
desmina: si trova a livello della linea Z ed è il marcatore del filamento
intermedio del muscolo.
4. Distrofina
La distrofina è una lunga proteina fibrosa che collega le proteine contrattili alla
membrana dove è in connessione con i complessi di glicoproteine che sono connessi
alla membrana esterna basale e dunque poi a tutta la matrice extracellulare.
La forza di contrazione della singola fibra viene trasmessa quindi così alla matrice
extracellulare producendo movimento.
IL RETICOLO SARCOPLASMATICO e IL CALCIO
Si ritrova dilatato nella regione limite tra la banda A e la banda I dove si parla due
cisterne che contornato il tubulo a T che è un’invaginazione della membrana
plasmatica. Il complesso cisterna-cisterna-tubulo prende il nome di triade. Le triadi si
trovano lungo tutte le miofibrille e il tubulo a T contiene canali transmembrana che
registrano il voltaggio e sono sensibili a depolarizzazione.
A seguito del legame di un neurotrasmettitore rilasciato dal sistema nervoso su un
recettore della membrana della fibra a livello del tubulo a T si genera un potenziale
d’azione in seguito al quale la membrana si depolarizza e questo viene recepito dalla
membrana delle cisterne che quindi apre un canale che fa uscire secondo gradiente il
calcio che va a legarsi sulla troponina C. Viene quindi rimossa l’inibizione perché il
sito di legame dell’actina viene liberato e quindi si avrà formazione dei ponti trasversi.
Il calcio è molto concentrato nell’ambiente extracellulare e nel reticolo
sarcoplasmatico mentre a livello del sarcoplasma sarà a una concentrazione più
bassa di più di mille volte. Questa differenza di concentrazione spiega quindi perché
quando le cisterne aprono i canali per il calcio questo esce velocemente dalle
cisterne per andare nel sarcoplasma. Una volta qui viene recuperato dal reticolo
sarcoplasmatico perché esiste una pompa per il calcio ATP dipendente che lo riporta
dentro. Il calcio può rimanere ad alte concentrazioni all’interno delle cisterne senza
precipitare perché c’è una proteina che lo lega ovvero la calsequestrina.
L’UNITÀ MOTORIA
È costituita da un motoneurone e dalle fibre muscolari da esso innervate. Le fibre
possono variare di numero (da meno di dieci a 300). Il numero di fibre è
inversamente proporzionato al grado di precisione sostenuto dall’unità motoria. Nel
caso ad esempio delle innervazione delle fibre muscolari che controlla i movimenti
delle dita c’è un rapporto molto basso tra motoneurone e numero di fibre.
Il punto di contatto tra motoneurone e fibra muscolare è la placca motrice.
La fibra muscolare è innervata singolarmente su più punti.
LE FIBRE DEL TESSUTO MUSCOLARE SCHELETRICO
Vengono distinte in:
1. Fibre rosse di tipo I, che mantengono uno stato di contrazione costante e
dunque sono chiamate isometriche e sono quelle posturali. Sono aerobiche a
contrazione lenta e molto resistenti alla fatica
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2.
Fibre bianche di tipo IIA, sia aerobiche che anaerobiche (maggior
concentrazione di glicogeno), contrazione rapida e resistenti all’affaticamento
3. Fibre bianche di tipo IIB, anaerobiche a contrazione rapida e sensibili
all’affaticamento.
Le fibre bianche sono di tipo isotonico ovvero mantengono la tensione muscolare
costante e cambiano lunghezza della fibra accorciandosi.
Nell’uomo queste fibre si trovano negli stessi muscoli in concentrazione diversa a
seconda della muscolatura e del tipo di allenamento.
Le fibre muscolari anaerobiche sono più piccole e presentano più mitocondri delle
aerobiche. Presentano inoltre gocce lipidiche che servono per la beta ossidazione e
della mioglobina che lega con alta affinità l’ossigeno.
LE CELLULE SATELLITE
Si trovano a stretto contatto con la fibra muscolare al di sotto della membrana
esterna che ricopre entrambe. Queste sono difficilmente identificabili se non tramite
marcatori istochimici come il Pax7 che fa si che i nuclei appaiano colorati in verde
mentre i bianchi sono quelli della fibra muscolare.
IL TESSUTO MUSCOLARE LISCIO
Guardare vetrino per appunti sulla morfologici.
Il tessuto muscolare liscio costituisce la parete muscolare degli organi cavi. Se
prendiamo il tratto gastroenterico a livello dell’intestino si possono vedere
dall’esterno verso l’interno diversi strati:
- strato muscolare longitudinale
- Strato muscolare circolare
- Muscolaris mucosae, molto più sottile e posto sotto alla mucosa che è costituita
da epitelio di rivestimento e dalla sottostante lamina propria di tessuto
connettivo lasso
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Le cellule di tessuto muscolare liscio sono rivestite da una lamine esterna o
membrana basale. Esternamente sono supportate da un reticolato di fibre collagene
III che sono evidenziabili con impregnazione argentica.
Il tessuto muscolare liscio è costituito da cellule mononucleate e presentano sulla
loro superficie delle caveole*. Inoltre presentano anche giunzioni comunicanti per cui
le cellule sono accoppiate elettricamente mentre al di sotto della membrana
plasmatica e dentro il citoplasma presentano delle placche dense.
Presentano poi dei marcatori di tessuto come il caldesmon e la calponina (la
troponina è invece il marcatore del tessuto muscolare striato).
Sulla membrana sono presenti dei canali per il calcio che sono attivati sia da ligando
che da voltaggio.
La contrazione del tessuto muscolare liscia è regolata dal sistema nervoso autonomo
involontario, da ormoni e da metaboliti che permettono una contrazione ritmica.
La cellula muscolare liscia presenta inoltre vescicole pinocitotiche e molto importanti
sono i corpi densi che si trovano sia sulla membrana che nel citoplasma e sono zone
di attracco per i microfilamenti di actina e sono equivalenti quindi alle strie Z del
muscolare.
*le caveole si formano in particolari zone della membrana della cellula che
prendono il nome di zattere lipidiche particolarmente dense perché contengono
colesterolo. La proteina caveolina aiuta a formare l’invaginazione e:
- possono rimanere così formando gli equivalenti dei tubuli a T
- Possono creare vescicole separate
In entrambi i casi sono comunque contengono una buona quantità di calcio per
cui sono da considerarsi alla pari del reticolo sarcoplasmatico.
La cellula muscolare liscia contraendosi si accorcia e si allarga e avviene seguendo lo
scivolamento dei filamenti di actina che sono attaccati ai corpi densi e i filamenti di
miosina che si polimerizzano in seguito allo stimolo che induce la polimerizzazione.
I filamenti di miosina del muscolo liscio sono
però diversi da quelli del muscolo striato. Nel
muscolo striato si tratta invece di filamenti
bipolari incentrati sulla linea M e sono dunque
filamenti stabili. Nel muscolo liscio invece la
polarità è uguale su un lato e opposta sull’altro.
Non c’è quindi una zona nuda dove non
sporgono le teste globulari e in questo modo si
massimizzano le interazioni con i filamenti di
actina.
LA REGOLAZIONE DELLA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO LISCIO
Gli stimoli possono essere:
- di tipo meccanico
- di natura chimica, ad esempio per l’ossido di azoto che può diffondere all’interno
- Di natura ormonale, come l’ossitocina fondamentale a livello della cellula
muscolare della parete dell’utero
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- Di tipo nervoso, con il sistema nervoso autonomo che utilizza principalmente
canali per il calcio sensibili al voltaggio.
Una volta che è arrivato il segnalo c’è un aumento della concentrazione di calcio nel
citoplasma rilasciato dal REL, dalle vescicole formate dalla caveolina oppure può
entrare direttamente tramite dei canali. Una volta volta che il calcio è entrato si lega
alla calmodulina e si formano dei complessi calcio-calmodulina che a loro volta si
legano alla chinasi della catena leggera della miosina MLCK. A questo punto
quest’ultima si attiva e fosforila la catena leggera della miosina che a questo punto si
attiva e dispiega la coda che prima era ripiegata per formare dei filamenti. Una volta
che si è formato il filamento di miosina c’è la contrazione che termina quando
interviene una fosfatasi che defosforila la catena leggera della miosina che a questo
punto si ripiega e abbiamo di nuovo una disattivazione del sistema. La ATPasi che è
collegata alla MLCK è molto più lenta rispetto a quella del muscolo scheletrico ma
consuma anche molto di meno e dunque avremo delle contrazioni che possono
durare per più tempo consumando meno energia.
L’INNERVAZIONE DEL MUSCOLO LISCIO
Ci sono due modalità:
- muscolo liscio unitario, più frequente. In questo caso abbiamo cellule che si
trovano in un fascicolo e sono tutte accoppiate elettricamente in quanto unite da
gap junctions. Solo alcune di queste cellule vengono attivate direttamente da un
neurotrasmettitore rilasciato dal sistema nervoso e poi avremo la diffusione
dell’onda eccitatoria che si propaga su tutte le altre. Questo è il tipico muscolo
liscio tonico che ha una contrazione lenta e sostenuta
- Il muscolo liscio multiunitario. In questo caso tutte le cellule sono innervate con
terminazioni nervose in quanto presentano un recettore. Qui si sviluppa un
potenziale d’azione su ogni singola cellula quindi ci sarà una contrazione più
rapida e qui è infatti presente una particolare miosina detta rapida. Questo è il
muscolo liscio fasico.
IL TESSUTO MUSCOLARE CARDIACO
Questo tipo di tessuto presenta caratteristiche intermedie tra i due tipi di tessuto
precedentemente visti:
- è striato e sviluppa contrazioni forti con grande dispendio di energia ma queste
sono continue e involontarie
- Presenta cellule mononucleate cilindriche con nucleo centrale e grazie a dei
dischi intercalari sono unite testa-coda per formare fibre ramificate.
- Le fibre sono ramificate e tra una fibra e l’altra c’è dello spazio occupato da
tessuto connettivo di supporto nel quale c’è una fitta rete di capillari
Il muscolo del cuore si chiama miocardio e ha anche una funzione endocrina in
quanto produce ANF che è il fattore netriuretico atriale che agisce su surrene, rene,
muscolatura del tessuto adiposo e muscolatura della parete vasi con la funzione di
ridurre la pressione sanguigna.
Le cellule (cardiomiociti) hanno un diametro di 15micrometri e una lunghezza di 100
micrometri e all’interno presentano miofibrille disordinate. Non ci sono inoltre cellule
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satelliti e all’interno del miocardio c’è un tessuto che costituisce il sistema di
conduzione del cuore ce da origine all’impulso nervoso autonomo.
I cardiomiociti possono presentare anche due nuclei.
I DISCHI INTERCALARI
i dischi intercalari servono per dare adesione a due cellule contigue e
permetterne la comunicazione in quanto sono presenti le gap junctions. Servono per
trasmettere il potenziale d’azione tra una cellula e l’altra. Il disco intercalare ha un
andamento con corti segmenti disposti a scalino con una componente trasversale e
una laterale. Presenta fasce aderenti con alta densità di proteine che si legano ai
microfilamenti di actina nella banda I. Si vedono inoltre desmosomi a cui si legano
filamenti intermedi, ci sono mitocondri crestati poiché è necessario un grande
dispendio di energia e ci sono anche riserve di glicogeno.
La zona di contatto a livello del disco presenta interdigitazioni per aumentare al
massimo la superficie di contatto e facilitare l’adesione.
IL MIOCARDIO
Il reticolo sarcoplasmatico è meno complesso rispetto a quello dello scheletrico e
non presenta cisterne terminali ed è inoltre a contatto con il tubulo a T soltanto da
uno dei due lati, per cui si parla di diade e non di triade.
La contrazione del cardiomiocita segue modalità simili a quelle della cellula del
muscolo scheletrico e anche in questo caso un ruolo importante viene svolto dallo
ione calcio. Il calcio si trova all’interno del reticolo endoplasmico e viene rilasciato
per aumentare la sua concentrazione nel citoplasma. A livello della membrana
plasmatica però ci sono dei canali per il calcio e questi permettono un’entrata
costante dello ione dall’esterno e questo causa una depolarizzazione ritmica della
membrana e alla fine genera una contrazione automatica indipendente dalla
contrazione. Il sistema nervoso autonomo serve solo per cambiare la frequenza del
battito cardiaco autonomo e quindi avremo il simpatico che accelera e il
parasimpatico che diminuisce il battito cardiaco.
Nel miocardio adulto non sono presenti cellule satellite ma sono presenti cellule
staminali identificate tramite marcatori di staminalità (c-kit e Sca1, che sono anche
marcatori di staminalità della cellula emopoietica). Queste cellule staminali non
hanno una grande capacità proliferativa e in ogni caso sono insufficienti per riparare
eventuali danni. Sono però molto importanti per il mantenimento dell’omeostasi in
quanto si è visto che l’organismo mantiene circa il 50% delle cellule miocardiche che
ha avuto dalla nascita e solo il rimanente 50% viene invece sostituito nel corso della
vita.
Se il miocardio è andato incontro ad un danno le cellule staminali lo percepiscono e
cercano di reagire iniziando a proliferare ma questo non è sufficiente per rigenerare il
tessuto che si è danneggiato.
Nel caso dell’infarto abbiamo i cardiomiociti che vanno incontro a mentre in quanto
non sono sufficientemente ossigenati e questo perché le arterie coronariche sono
otturate. La rigenerazione dell’organo avverrà ma sarà basata sulla proliferazione di
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fibroblasti, che non sono cellule con la capacità contrattile e quindi verrà rovinata la
capacità contrattile di tutto l’organo che ne risentirà.
I SISTEMI CIRCOLATORI
I sistemi circolatori sono due e sono:
1. Il sistema chiuso, ovvero la circolazione ematica
2. Il sistema aperto, ovvero la circolazione linfatica
In entrambi i casi si tratta di tubi che trasportano il sangue o la linfa con la funzione di
mantenere l’omeostasi dei fluidi e quindi servirà per il trasporto di ossigeno e nutrienti
e rimozione delle sostanze di scarto, per il trasporto di ormone e cellule del sistema
immunitario e serve inoltre per la termoregolazione.
IL SISTEMA CARDIOVASCOLARE
È costituito dal cuore che ha la funzione di una pompa he pressa il cuore nelle arterie.
Ad eccezione dei capillari gli altri vasi presentano una struttura parietale comune,
data da:
1. Tonaca intima interna costituita da endotelio e tessuto connettivale lasso
2. Tonaca media, costituita da tessuto muscolare o elastica
3. Tonaca avventizia, di tessuto connettivo di supporto. Qui se il diametro del
vaso è molto grande si possono trovare i vasa vasorum che irrorano di sangue
la parete del vaso.
Il cuore è costituito da tre tonache:
1. quella più esterna è il pericardio, che si divide in:
- pericardio parietale esterno, costituito da tessuto connettivo denso fibroso
- Pericardio viscerale o epicardio, associato al miocardio. Tessuto connettivo
infiltrato da tessuto adiposo. La superficie dell’epicardio è rivestita da
mesotelio monostratificato che produce fluido che viene riversato nella cavità
che si trova nei due strati del pericardio e serve per poter adattare la
dimensione del cuore che varia continuamente a seconda che sia contratto o
dilatato.
2. miocardio
3. Endocardio, che ha come superficie un monostrato di cellule endoteliali, al di
sotto del quale c’è una membrana basale e poi del tessuto connettivo lasso
costituita da fibre di collagene. Al di sotto del tessuto connettivo lasso inizia il
miocardio
IL SISTEMA DI CONDUZIONE DEL CUORE
Controlla l’attività contrattile e serve per innescare e controllare la contrazione
muscolare in maniera che questa avvenga prima negli atri e poi nei ventricoli. Il
sistema di conduzione è costituito da cellule muscolari modificate unite da gap
junctions e dunque accoppiato elettricamente. Queste cellule prendono il nome di
cellule pacemaker e si trovano nel nodo senoatriale e sono in grado di contrarsi
indipendentemente dalla volontà. Il sistema nervoso autonomo come già detto si
occupa solo di controllare la frequenza del battito cardiaco accelerandolo o
diminuendolo. Una volta che l’impulso è partito da questo aggregato di cellule
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pacemaker e si diffonde nella parete muscolare degli atri arriva a livello
atrioventricolare e continua come fascio di His, poi come branca destra e sinistra e
infine come fibre del Purkinje. Il fascio di His e le due branche si trovano all’interno
del setto interventricolare che le isola elettricamente mentre le fibre del Purkinje
invece sono a contatto con le fibre muscolari vere e proprie.
Le fibre del purkinje decorrono nella zona sub-endoteliale e si dividono dal miocardio
in quanto sono fibre molto più grandi e meno colorate perché non presentano molte
miofibrille.
LE CARATTERISTICHE DEI VASI
- Aorta: diametro di 2.5 cm
- Vena cava inferiore diametro di circa 3 cm
Le vene hanno sempre un diametro maggiore rispetto a quello delle arterie, le quali
hanno però una parete più spessa.
Le arterie con diametro maggiore al centimetro hanno una tonaca media costituita da
fibra elastica, quelle che invece hanno diametro minore avranno tonaca media di
fibre muscolari. Il processo è però graduale dunque mano a mano che l’arteria
diminuisce di diametro diminuisce anche la componente elastica mentre aumenta
quella muscolare.
LA MICROCIRCOLAZIONE
Il microcircolo è la parte più periferica della circolazione ematica formata da capillari,
i quali si occupano dello scambio di gas e nutrienti. Questi sono formati
sostanzialmente da endotelio monostratificato che poggia sulla membrana basale
che lo divide dal tessuto connettivo circostante. Oltre ai capillari ci sono le metaarteriole, che presentano all’esterno dell’endotelio monostratificato uno strato
discontinuo di tessuto muscolare liscio.
Molto importante è lo shunt che è un passaggio diretto che avviene tra arteriola e
venula.
All’inizio di ogni capillare è presente lo sfintere pre-capillare ovvero un anello di
tessuto muscolare liscio che controlla il passaggio del sangue. A questo livello è
possibile quindi controllare la circolazione sanguigna e nel caso in cui gli sfinteri precapillari sono chiusi la circolazione avverrà direttamente tramite lo shunt arterovenoso o anastomosi e questo permette quindi di escludere il letto capillare e avviene
principalmente a livello della punta delle dita. Se invece c’è la necessità di innalzare la
temperatura si prediligerà la circolazione capillare.
Esistono tre tipi di capillari:
1. Continuo, è il più comune e presenta un monostrato di cellule endoteliali
strettamente unite le une alle altre tramite giunzioni occludenti sigillanti. Lo
scambio di materiale avviene:
- per diffusione passiva nel caso di gas
- tramite un meccanismo di transcitosi che vede accoppiate endocitosi e
esocitosi sui due versanti delle cellule endoteliali. L’endotelio poggia su una
membrana basale continua
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Fenestrato, con l’endotelio che presenta delle finestre che posso essere chiuse
da dei diaframmi. Le cellule poggiano anche in questo caso su una membrana
basale continua. Questo tipo di capillare è presente nei tessuti in cui è
necessario un grande scambio di soluti tra sangue e ambiente esterno come
ad esempio a livello di intestino tenue e rene
3. Discontinuo, si applica alla membrana basale che è inesistente o interrotta in
più punti. La cellula endoteliale presenta anche in questo caso fenestrature
che permettono il passaggio di materiale più grande e dunque si trova a livello
di fegato, milza e midollo osseo dove possono passare anche cellule
Il sangue poi rientra nel cuore grazie al sistema venoso che inizia a livello dei capillari
che si continuano con le venule post-capillari e via via con vasi sempre più grandi.
Questo sistema è a bassa pressione e quindi il sangue procede a bassa velocità e
contro gravità, cosa possibile grazie all’attività delle cellule muscolari lisce nella
tonaca muscolare dei vasi e grazie anche alla contrazione dei muscoli scheletrici
all’interno dei quali decorrono queste vene. Esistono poi anche valvole per evitare il
reflusso, importanti sopratutto a livello degli arti. Le valvole sono espansioni che si
originano dalla parete e quindi avranno una struttura fibro-elastica all’interno e sono
rivestite da endotelio.
A livello delle venule post-capillari il sangue è molto lento e infatti a questo livello
abbiamo la extravasione delle cellule bianche del sangue in caso di infiammazione. La
struttura del sistema venoso è come quello arterioso ma con qualche variazione,
infatti a parità di diametro la parete è minore come spessore. Ci sono sempre le tre
tonache con l’intima molto ridotta. La tonaca media è principalmente muscolare e
non elastica e la tonaca avventizia può essere più spessa delle altre e a questo livello,
con nel sistema arterioso, possiamo avere i vasa vasorum e le innervazioni.
2.
IL SISTEMA LINFATICO
Tre compiti fondamentali:
1. Recupera l’eccesso di fluido che si accumula a livello periferico in seguito alla
filtrazione che avviene nel distretto capillare ematico e quindi nella matrice
cellulare del tessuto connettivo. È in grado di riassorbire dai due ai quattro litri
al giorno.
2. Trasporta la linfa ai linfonodi
3. Assorbe i trigliceridi dall’intestino
La propulsione del fluido avviene a bassissima pressione quindi piuttosto lenta e si
avvale di un meccanismo intrinseco in quanto è presente tessuto muscolare liscio
della parete aiutate anche da muscoli scheletrici e sono inoltre presenti delle valvole
che evitano il reflusso. La circolazione linfatica converge poi in quella ematica in
quanto il dotto linfatico destro e il dotto toracico si riversano a livello della vena
giugulare e della succlavia.
I vasi linfatici iniziano ai capillari linfatici che si trovano vicino a quelli ematici. Ci sono
differenze poiché in questo caso si tratta di strutture a fondo cieco che presentano
una maggiore permeabilità e questo permette di riassorbire macromolecole. Non
presentano nella maggior parte dei casi una membrana basale e, quando presente,
questa è una membrana molto rudimentale costituita solo da qualche struttura
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fibrillare. I capillari linfatici convergono in vasi via via sempre più grandi fino ad
arrivare al dotto toracico e al dotto linfatico destro. I vasi linfatici maggiori presentano
poi una tonaca muscolare abbastanza spessa permettendo così alla linfa di avanzare.
Anche nel sistema linfatico ci sono valvole con il compito di evitare il reflusso e sono
costituite da tessuto fibro-elastico rivestito da endotelio.
Nell’immagine qui a lato
sono visibili le differenze
che permettono di
identificare le diverse
tipologie di vasi.
- l’arteriola si riconosce
per la sua parete
muscolare più spessa che
presenta diversi strati di
cellule muscolari lisce.
- La venula ha una parete più sottile e assume forme particolari in sezioni
- Vaso linfatico ha una parete ancora meno riconoscibile e presenta anche lui
forme strane in sezione.
L’ENDOTELIO
L’endotelio non ha solo la funzione di rivestimento ma anche diverse funzioni:
1. Barriera con permeabilità selettiva poiché lascia passare solo alcuni tipi
cellulari
2. È una barriera non trombogenica poiché finché l’endotelio non è interrotto non
si può avere coagulazione, che viene innescata quando le piastrine entrano in
contatto con le fibre collagene presenti nel connettivo circostante
3. Modula il flusso sanguigno e dona la resistenza vascolare, soprattuto a livello
delle arteriole che hanno una tonaca media muscolare molto spessa e quindi
regolano con vasocostrizione o vasodilatazione la pressione arteriosa
4. Regola la proliferazione cellulare, perché le cellule endoteliali pur essendo
molto specializzate e dunque terminalmente differenziate sono in grado di
dividersi e dare vita al processo di angiogenesi ovvero la creazione di nuovi
vasi sanguigni quando questi sono necessari
5. Regola le risposte immunitarie in quanto permette il passaggio delle cellule
immunitarie
6. Mantiene la matrice extracellulare in quanto è in grado di recuperare il
materiale fluido che si trova a livello di questo e quindi rimuove tutto il
materiale catabolico che non serve
7. Ha un ruolo importante nel metabolismo delle LDL
8. È in grado di sintetizzare vari tipi di molecole che sono in grado di modulare in
senso positivo o negativo varie funzioni, come ad esempio rilascia fattori antiaggreganti ma anche fattori pro-aggreganti e quindi questo dipende dalle
segnalazioni che la cellula endoteliale riceve. Vedere anche punto 10
9. Produce citochine infiammatorie che servono per avere una risposta
infiammatoria e fattori di crescita che danno segnali per angiogenesi
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10. Modula l’attività delle cellule muscolari lisce nel senso che produce monossido
di azoto che induce vasodilatazione perché rilassa le cellule muscolari lisce
della tonaca media muscolare delle arteriole, e produce anche endotelina 1
che ha la funzione opposta
IL SISTEMA NERVOSO
Svolge diverse funzioni:
1. Organizza, coordina e integra funzioni fisiologiche fondamentali per la vita
2. Percepisce gli stimoli provenienti dall’esterno, gli elabora e risponde ad essi ad
esempio attivando il movimento
3. È capace di pensiero e memorizzazione
In base alla sua localizzazione si divide in:
- sistema nervoso centrale SNC che comprende encefalo e midollo spinale
localizzati nella scatola cranica e all’interno del canale vertebrale
- Sistema nervoso periferico che comprende gangli e nervi e sistema nervoso
enterico.
Un’altra importante distinzione è quella tra:
- vie afferenti, che portano dalla periferia le sensazioni
- Vie efferenti, che dalla sede centrale portano le risposte alla periferia
- Tra i due sistemi sono presenti in posizione centrale degli interneuroni
Il sistema nervoso può inoltre essere suddiviso in:
1. Sistema nervoso somatico, volontario e che controlla il movimento dei muscoli
scheletrici
2. Sistema nervoso autonomo, che controlla l’attività involontariamente e si
divide in:
- simpatico
- Parasimpatico
- Viscerale
Il sistema nervoso è composto da due tipi di cellule:
- le cellule nervose ovvero i neuroni che sono circa 100 miliardi. È una cellula
eccitabile da punto di vista elettrico e dunque dopo aver ricevuto lo stimolo ci
sarà una conduzione dello stimolo nervoso che sarà trasmesso ad unorgano
bersaglio.
- Cellule di supporto ovvero le glia, che sono circa dieci volte più numerose
rispetto ai neuroni
I NEURONI
I neuroni variano molto per quanto riguarda la loro dimensione e forma ma
presentano una struttura base per tutti composta da:
1. Corpo centrale con un nucleo grande con cromatina sparsa e un nucleolo ben
evidenziato. Questo indica che la cellula è impegnata attivamente in sintesi
proteica. C’è un RER presente in notevole quantità che forma la zona di Nissl.
2. Prolungamenti, che sono:
- dendriti, che possono essere uno o più
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- assone, che è sempre e solo uno e parte dal corpo cellulare con una
struttura che si chiama cono di emergenza
In base al numero dei prolungamenti citoplasmatici i neuroni sono divisi in:
1. multipolari, presentano un assone e tanti dendriti. L’assone può poi dividersi in
più rami terminali. Un esempio di questo tipo è dato
dal motoneurone.
2. bipolari, con un assone e un dendrite che si diparte dal polo opposto rispetto a
quello da cui parte l’assone. Un esempio è dato dai
3.
neuroni sentivi a livello della retina e quelli olfattivi
Unipolari o pseudopolari, con solo un assone che poi di biforca in due. Questi
sono i neuroni che si trovano durante lo sviluppo
embrionale e che poi diventano neuroni bipolari.
Qui sotto sono mostrate due sezioni di tessuto nervoso centrale con due colorazioni
differenti:
- la prima, colorata con
ematossilina-eosina. Qui
riconosciamo cellule con
abbondante citoplasma e
grande nucleo in cui si vede
anche il nucleolo ovvero i
neuroni. Le altre cellule
presenti sono piccole, con
citoplasma poco colorato e
nucleo centrale e sono le
cellule della glia. Tutte le
cellule sono immerse in un reticolato di filamenti che sono i corrispettivi i
dendriti e assoni.
- La seconda, colorata con metalli pesanti. Con questa tecnica è possibile
evidenziare il corpo cellulare e le diramazioni che da esso prendono vita e quindi
si hanno informazioni più precise sul sistema nervoso.
Il citoscheletro dei neuroni è fondamentale sia per il trasporto di materiale che per
quanto riguarda la struttura poiché per i prolungamenti è necessaria una struttura
portante in grado di mantenere questa forma. Il citoscheletro dei neuroni comprende:
- microtubuli, che hanno importanza notevole in quanto funzionano come binari
per trasportare vescicole in periferia.
- Neurofilamenti, composti da tre proteine diverse e sono dei marcatori del
tessuto.
I microtubuli sono fondamentali per il trasporto assonico in quanto permettono il
trasporto di materiale sia dal corpo cellulare alla periferia (trasporto anterogrado) e
dunque al terminale dell’assone che in senso opposto (trasporto retrogrado). Questi
due trasporti avvengono tramite vescicole che contengono proteine motrici
(chinesina nel trasporto anterogrado e dineina in quello retrogrado). Il trasporto
tramite questi due meccanismi è molto veloce in quanto si raggiunge una velocità di
20-400 mm al giorno mentre invece se si utilizza il flusso assonico lento, che è quello
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che trasporta semplici proteine, il flusso è molto più lento con una velocità di 0.2-3
mm al giorno.
Il trasporto assonico retrogrado è stato molto utilizzato per capire l’andamento
dell’assone e infatti è possibile introdurre nella cellula dei traccianti e quindi si poteva
vedere come questi venivano spostati verso il corpo cellulare. Questa via è quella che
è seguita anche in certi casi per infezione di virus e tossine che entrano nel sistema
nervoso centrale.
Il neurone ha come origine lo stesso tipo di tessuto embrionale che da origine
all’epitelio ovvero l’ectoderma e ha delle caratteristiche di polarità:
- la zona costituita dai dendriti è quella che riceve la segnalazione che può essere
ricevuta anche a livello del corpo o dell’assone ma è generalmente funzione dei
dendriti.
- Il copro cellulare o soma è ha invece il compito di elaborare i segnali ricevuti che
porta poi ad un impulso che viene elaborato a livello del cono di emergenza
dell’assone
- Il cono di emergenza si occupa dell’inizio dell’impulso e qui o verrà esplosa la
segnalazione e quindi questa può progredire e propagarsi lungo l’assone oppure
non se ne fa nulla.
- L’assone si occupa invece della propagazione dal cono di emergenza fino al
terminale che termina con il bottone sinaptico dove avviene il passaggio della
segnalazione al bersaglio.
Quando non c’è propagazione dell’impulso ovvero abbiamo un potenziale di riposo
che si misura elettricamente con due elettrodi posti uno all’interno e uno all’esterno
della cellula e quindi si misura il potenziale di membrana vediamo come c’è una
distribuzione asimmetrica delle cariche ioniche con cariche positive all’esterno e
negative all’interno e questo da un valore di circa -70mV all’interno ed è dovuto a
pompa sodio-potassio-ATPasi che porta all’esterno il sodio e all’interno gli ioni
potassio. Una caratteristica della membrana cellulare della cellula nervosa in
particolare a livello dell’assone sono presenti molti canali specifici per ioni tipo sodio,
potassio e cloro che permettono la propagazione dell’impulso nervoso in quanto i
canali possono aprirsi e in questo caso in base al gradiente di questi ioni che sono
distribuiti in modo disuguale ai due lati della membrana questi possono entrare. In
condizione d riposo i canali per i sodio sono chiusi e vengono aperti in seguito ad una
variazione di voltaggio e quindi ioni sodio entrano nella cellula perché rispondono ad
un gradiente elettrochimico e infatti sono maggiormente concentrati all’esterno e
internamente abbiamo una carica negativa ed ecco che sono attirati ad entrare e così
si passa al potenziale di azione, che è della durata di millisecondi ed è il fenomeno
della depolarizzazione della membrana in quanto si passa da un voltaggio che è da
-70 mV interno a circa 30-40 mV esterno. Al breve periodo in cui i canali sono attivi
segue un periodo in cui questi vengono inattivati e sono refrattari a qualsiasi
stimolazione e questo è importante perché da la direzionalità dell’impulso.
La propagazione del potenziale d’azione lungo l’assone consiste in una
depolarizzazione locale che genera una corrente all’interno e l’onda di
depolarizzazione si sposta e induce una perturbazione che porta all’apertura di canali
e quindi ecco che abbiamo la propagazione dell’onda.
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Dopo che i canali per il sodio si sono chiuso si aprono quelli per il potassio e questo
esce seguendo gradiente esce. Questi canali poi si chiudono e si ritorna alla
situazione di partenza.
L’impulso nervoso si propaga lungo la membrana dell’assone fino alla sua porzione
terminale al bottone terminale che si trova a stretto contatto con la cellula bersaglio e
questo contatto si chiama sinapsi. Riconosciamo quindi un elemento pre-sinaptico e
uno post-sinaptico e le sinapsi posso essere di due tipi:
1. Elettriche, tramite giunzioni gap che permettono il passaggio di stimoli elettrici
2. Chimiche, con l’informazione che viene trasformata da elettrica in chimica.
La sinapsi non è altro quindi che una giunzione intercellulare che avviene tra un
neurone e una cellula effettrice oppure tra due neuroni.
Avremo quindi l’elemento pre-sinaptico ovvero la fibra nervosa che si apre formando
il bottone sinaptico e a questo livello si vedono molto mitocondri in quanto è sede di
ampia attività e quindi serve tanta energia. A questo livello ci saranno poi delle
vescicole che hanno la dimensione di circa 30-100 nanometri di diametro e che
contengono il neurotrasmettitore. Le due membrane affacciate e cioè quella
presinaptica e quella postsinaptica sono ispessite in quanto contengono delle
proteine particolari. Tra le due c’è lo
spazio sinaptico. Le sinapsi elettriche si
trovano principalmente negli
invertebrati e funzionano
essenzialmente come delle gap
junctions.
Nella trasmissione chimica invece arriva
un segnale elettrico ovvero l’impulso
nervoso che viene convertito in un
segnale chimico ovvero il
neurotrasmettitore che (come ad
esempio acetilcolina) e una volta che c’è
stata la segnalazione chimica
nell’elemento postsinaptico questo verrà
nuovamente trasformato in segnale
elettrico.
Lo stesso meccanismo si vede nella giunzione neuro-muscolare o placca motrice, che
è la sinapsi del motoneurone con la fibra muscolare scheletrica. Il primo passaggio è
il rilascio dal neurotrasmettitore indotto dal fatto che il calcio a livello del bottone
sinaptico è aumentato e in questo caso è la acetilcolina che trova un recettore sulla
superficie della fibra muscolare scheletrica che viene attivato e apre un canale per il
sodio che quindi entra nella cellula e inizia un’onda di deporalizzazione. Vengono
reclutati anche altri canali per il sodio voltaggio dipendenti e quindi aumenta ancora
la depolarizzazione che si ripercuote su un altro canale per il calcio voltaggio
dipendente che si trova a livello della membrana del reticolo sarcoplasmatico e
quindi viene rilasciato calcio.
Il recettore per l’acetilcolina consiste in un canale per il sodio all’interno di cinque
subunità proteiche indipendenti, due delle quali sono uguali e sono quelle che legano
l’acetilcolina. L’acetilcolina dopo che si è legata al suo recettore sulla membrana
postsinaptica viene velocemente rimossa in quanto viene degradata da
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acetilcolinesterasi che la scinde nelle componenti principati ovvero l’acetil e la
colina che vengono riassorbiti con meccanismo di endocitosi dal bottone terminale
e queste serve per avere del materiale pronto da ri-sintetizzare e anche per
riciclare della membrana cellulare. Lo spazio sinaptico nel caso del legame tra
motoneurone e la fibra muscolare scheletrica presenta delle camere sinaptiche
secondarie o delle pliche giunzionali. Importante è che a questo livello abbiamo i
recettori per acetilcolina così da non disperdere queste molecole.
A livello del sistema nervoso centrale abbiamo tante sinapsi descritte in base a
quali sono le componenti che prendono contatto e quindi possiamo avere:
- sinapsi asso-dendritiche in cui un assone ha una sinapsi con un dendrite
- sinapsi asso-somatica in cui assone contatta il corpo cellulare
- sinapsi asso-assonica in cui due assone solo collegati da una
sinapsi Per ora abbiamo parlato solo di sinapsi eccitatorie che agiscono
inducendo
depolarizzazione della cellula bersaglio post-sinaptica. Oltre alla acetilcolina
abbiamo anche altre molecole che funzionano da neurotrasmettitori come:
- amminoacidi, soprattuto a livello del sistema nervoso centrale e questo è il caso
di glutammato, aspartato, serotonina (amminoacido modificato)
- catecolamine come epinefrina, norepinefrina (ovvero
adrenalina e noradrenalina) o dopamina
- Endorfine
- Ossido di azoto NO
Oltre alle sinapsi eccitatorie esistono anche le sinapsi inibitorie che agiscono al
contrario ovvero iperpolarizzano (al posto di depolarizzare) della cellula
postsinaptica e in questo caso il neurotrasmettitore sarà il GABA o la glicina che
sono canali che permettono il passaggio di ioni carichi negativamente come ad
esempio il cloruro che passa dall’esterno all’interno della cellula.
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Embriologia
Appunti
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EMBRIOLOGIA
L’embriologia studia lo sviluppo degli animali, ovvero il passaggio da una struttura monocellulare (lo
zigote, formatosi dopo l’unione dei gameti); ad una struttura pluricellulare.
Lo sviluppo embrionale ha 2 funzioni principali:
. generare la diversità delle cellule
. assicurare la continuità della vita
La prima di queste di queste funzioni, prende il nome di differenziazione; una volta che le cellule si sono
differenziate, si organizzano in tessuti e organi dando vita al processo di morfogenesi.
Le diverse fasi dell’embriogenesi sono:
-
SEGMENTAZIONE: Dall’uovo fecondato alla blastula
GASTRULAZIONE: Formazione di una gastrula
NEURULAZIONE: Formazione di una neurula, avviene contemporaneamente all’organogenesi
ORGANOGENESI: Formazione di tutti i tessuti dell’organismo adulto
Lo sviluppo successivo può avvenire:
. per via diretta:
. per via indiretta
LA FECONDAZIONE
Quando lo spermatozoo entra all’interno della cellula uovo, si ha la fecondazione. I gameti
aploidi si uniscono a formare una cellula diploide; lo zigote.
. fecondazione esterna: avviene a di fuori del tratto riproduttivo femminile
. fecondazione interna: ha luogo nel tratto riproduttivo femminile
Gli eventi che precedono la fecondazione, fanno parte della gametogenesi, che comprende i processi di
spermatogenesi e di oogenesi.
Durante la gametogenesi avvengono 2 processi fondamentali:
. la divisione riduzionale, ovvero la meiosi
. l’acquisizione delle specializzazioni cellulari necessarie per la fecondazione e l’embriogenesi.
-
-
SPERMATOGENESI: I precursori degli spermatozoi, sono detti spermatogoni che entrano
in meiosi I diventando spermatociti primari.
Il completamento della meiosi, dà origine a 2 spermatociti secondari, i quali
suddividendosi ulteriormente con il processo di meiosi II, formano 4 spermatidi
aploidi.
Questi spermatidi diventeranno poi spermatozoi con il processo della spermiogenesi.
OOGENESI: I precursori dei gameti femminili, sono detti oogoni.
Quelli che entrano in meiosi I sono gli oociti primari; al termine di questa, si avranno
1 oocita secondario (a questo stadio può avvenire la fecondazione) + 1 corpuscolo
polare.
Al termine della meiosi II, avvenuta grazie all’ingresso dello spermatozoo, si avrà 1
cellula uovo matura + un altro corpuscolo polare.
Quando il nucleo dello spermatozoo è penetrato nella cellula uovo, al su interno si hanno un
pronucleo maschile e uno femminile, entrambi aploidi. Quando essi si fondono, si ha la formazione
del nucleo diploide dello zigote.
DIVERSE TIPOLOGIE DI UOVA
Le uova vengono classificate in base al loro contenuto di tuorlo.
Il tuorlo è una sostanza di nutrimento proteica presente nel citoplasma della cellula uovo.
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. Uova ALECITICHE: Sono prive di tuorlo poiché lo sviluppo embrionale, avviene all’interno del
corpo materno e da esso riceve nutrimento.
. Uova OLIGOLECITICHE: Hanno poco tuorlo
. Uova MESOLECITICHE: Hanno quantità di tuorlo intermedia
. Uova TELOLECITICHE: Hanno quantità di tuorlo elevata
In una cellula uovo fecondata, si distinguono verso l’alto il polo animale (zona in cui si sviluppa
l’embrione) e il polo vegetale.
Nell’uovo di gallina, l’albume serve a proteggere il tuorlo dell’uovo. La camera d’aria e le calaze
servono a mantenere l’uovo all’interno del guscio in modo che il tuorlo rimanga al suo posto. Il
guscio è permeabile per permettere gli scambi gassosi.
LA SEGMENTAZIONE
Processo tramite cui la cellula uovo fecondata, subisce diverse divisioni cellulari.
La prima divisione mitotica porta alla formazione di 2 cellule figlie delle BLASTOMERI.
Le prime divisioni degli embrioni sono riduttive: ovvero dividono il contenuto dell’oocita. I primi
stadi di sviluppo avvengono all’interno della membrana di fecondazione, che viene poi distrutta da
un enzima prodotto dalle cellule, avviene quindi una schiusa dell’uovo con a fuoriuscita
dell’embrione.
Inizialmente si ha la MORULA, successivamente lo zigote segmentato, prende il nome di
BLASTULA, che contiene una cavità detta BLASTOCELE, che racchiude un liquido prodotto dai
blastomeri; e si trasformerà poi in BLASTOCISTI.
Per i mammiferi la formazione della blastocisti, indica il momento in cui l’embrione si può
impiantare nella mucosa uterina.
La blastocisti, presenta una massa cellulare interna, circondata da cellule su un unico strato detto
trofoblasto che formerà il tessuto del corion, ovvero la porzione esterna della placenta.
La massa cellulare interna, si trova in prossimità del polo animale, ed è lì che si formerà l’embrione.
LEGGI DELLA SEGMENTAZIONE
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LEGGE DI BALFOUR: La velocità di segmentazione è inversamente proporzionale alla
quantità di tuorlo.
Meno tuorlo è presente nella cellula uovo, più veloce sarà il processo.
Maggiore è il tuorlo, più si ha difficoltà a progredire
LEGGE DI HERTWIG: il piano di segmentazione è perpendicolare all’asse del fuso
di divisione mitotica, ovvero secondo la minore estensione citoplasmatica.
IL TIPO DI UOVO DETERMINA IL TIPO DI SEGMENTAZIONE
. SEGMENTAZIONE OLOBLASTICA: Per uova con poco vitello, oligolecitiche e
mesolecitiche; la segmentazione è totale, cioè interessa tutto l’uovo. Può essere radiale o
rotazionale.
. SEGMENTAZIONE MEROBLASTICA: Uova fecondate con molto vitello, telolecitiche; la
segmentazione interessa solo una piccola area della cellula uovo. Avviene nel polo animale.
. SEGMENTAZIONE OLOBLASTICA RADIALE: è la segmentazione dei deuterostomi; una
segmentazione di tipo riduttivo
1. Il primo solco di segmentazione è detto meridiano, va dal polo animale al polo vegetale.
Quando il solco raggiunge il polo vegetativo si hanno 2 blastomeri.
2. Il secondo solco di segmentazione è meridiano ortogonale al primo. Si hanno 4 blastomeri.
3. Il quarto solco di segmentazione dà origine a cellule di dimensioni diverse:
. al polo animale si hanno 8 cellule delle stesse dimensioni dette mesomeri, derivate da
una divisione meridiana;
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. al polo vegetale, dopo una divisione equatoriale ineguale delle 4 cellule, si hanno 4 macromeri e
4
micromeri.
4. Le segmentazioni successive seguono assi diversi a seconda delle aree
dell’uovo. L’ anfiosso ha uovo oligolecitico e presenta una segmentazione totale
radiale
. SEGMENTAZIONE OLOBLASTICA SPIRALE (O ROTAZIONALE): Segmentazione tipica dei
mammiferi; è totale. I piani di segmentazione sono trasversali; tutti gli organismi a segmentazione
a spirale, sono detti spiralia. Ogni blastomero ha un ruolo importante nello sviluppo embrionale,
una particolarità fondamentale è l’orientamento di questi ultimi in rapporto l’uno con l’altro.
La prima divisione è una divisione meridiana, mentre nella seconda divisione, uno dei due si divide in
senso meridiano e l’altro in senso equatoriale.
Allo stadio di 8 blastomeri per gli embrioni con questo tipo di segmentazione, si ha il fenomeno
della compattazione: cioè lo spazio tra i blastomeri diminuisce e si creano giunzioni cellulari
sigillando le cellule tra di loro.
Le cellule della morula e della blastula daranno origine a cellule con specializzazioni diverse;
sono già preparate ad essere un determinato tessuto.
SEGMENTAZIONE E FECONDAZIONE LUNGO L’APPARATO RIPRODUTTIVO FEMMINILE DEI
MAMMIFERI
La cellula uovo subisce una serie di processi per arrivare alla maturazione.
Quando l’uovo si libera dall’ovario, cade e viene raccolto dalle fimbrie delle tube (ultima parte delle tube
di Falloppio).
Durante il percorso nelle tube, l’uovo continua a maturare, se fecondate avvengono le
diverse segmentazioni.
Se l’uovo non cadesse nelle fimbrie, si avrebbe una gravidanza extrauterina. I processi fino allo
stadio della morula avvengono all’interno della tuba.
Da questo punto il processo di segmentazione, continua per la formazione della blastocisti, che
avviene nel passaggio tra le tube e l’utero. Anche la mucosa uterina subisce un cambiamento per
la preparazione alla gravidanza, diventa più spessa e vascolarizzata, in modo da poter accogliere
lo zigote ingrandendo e complessando le ghiandole che vi si trovano.
La blastocisti, si fissa sulla parete uterina dalla parte della massa cellulare interna. Il trofoblasto
rimane verso la parte centrale dell’utero.
Negli umani, dopo poco tempo dalla fecondazione, si forma il primo fuso mitotico; il sesto giorno
avviene la schiusa e la liberazione dell’embrione dalla membrana pellucida e l’impianto nell’utero.
SEGMENTAZIONE DELL’UOVO MESOLECITICO: SVILUPPO DELLO ZIGOTE DI ANFIBIO
Tuorlo intermedio.
In queste uova esiste una zona detta semiluna grigia, che si forma dalla parte opposta dell’ingresso dello
spermatozoo nel polo animale.
Il solco di segmentazione, parte dalla regione animale e va verso quello vegetale.
La morula è caratterizzata da possedere cellule più piccole al polo animale (micromeri) e più
grandi al polo vegetale (macromeri).
SEGMENTAZIONE DELL’UOVO TELOLECITICO: SVILUPPO DELLO ZIGOTE DI PESCI, RETTILI,
UCCELLI
Tuorlo abbondante.
La segmentazione è di tipo discoidale: avviene nel blastodisco, una regione del citoplasma che si
trova nel polo animale.
La segmentazione è meroblastica, le mitosi non coinvolgono tutto l’uovo, ma solo la parte del
blastodisco. Le cellule sono sincizi (fusione tra 2 o più cellule, con la formazione di una sola cellula
multinucleata), fino a quando non c’è un solco parallelo al piano equatoriale che divide i
blastomeri.
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. UCCELLI: Inizialmente i blastomeri non sono completamente divisi, ma sono sincizi e stanno sulla superficie
del tuorlo. Quando le cellule vengono separate da un solco trasversale, si ha un sollevamento della linea
cellulare rispetto al tuorlo. Da questo movimento, ha origine l’epiblasto un monostrato di cellule che sta al di
fuori del tuorlo, al di sotto del quale c’è una cavità detta spazio subgerminale.
Le cavità del corpo sono dette
CELOMA. Si può formare in 2 modi
diversi:
. per SCHIZOCELIA: il celoma si forma per scissione interna del mesoderma, che va a formare una
cavità; caratteristica dei protostomi.
. per ENTEROCELIA: il celoma si origina da 2 tasche dell’archenteron (il canale alimentare
primitivo) che in seguito migrano nel mesoderma a costituire la cavità; caratteristica dei
deuterostomi.
Più l’animale è evoluto e minore è la quantità di celoma contenuta nell’organismo.
. EUCELOMATI: posseggono il celoma.
Il celoma è una cavità piena di liquido, detto liquido celomatico; le sue funzioni principali sono
quelle di dare sostegno idrostatico al corpo e di trasportare i nutrienti.
La cavità celomatica è delimitata da un tessuto di origine mesodermica che prende il nome di
peritoneo. In questo modo gli organi interni non sono a diretto contatto con il liquido celomatico.
. PSEUDOCELOMATI: non posseggono celoma vero e proprio.
Esso si origina dalla blastocele, la cavità primitiva dell’embrione. I vari organi si trovano a diretto
contatto con il liquido pseudocelomatico per mancanza di peritoneo.
. ACELOMATI: organismi privi di cavità celomatica.
LA GASTRULAZIONE
Processo di migrazione durante il quale le cellule della blastula vengono completamente
riordinate ed assumono nuove localizzazioni e nuovi rapporti con le cellule vicine.
Vengono a formarsi 3 strati di cellule:
ECTODERMA: il foglietto più esterno;
MESODERMA: il foglietto intermedio;
ENDODERMA: il foglietto più
interno. Gli animali possono essere:
DIBLASTICI: se presentano solo 2 foglietti embrionali; ectoderma ed endoderma
TRIBLASTICI: se presentano tutti e 3 i foglietti embrionali
I blastomeri sono spostati attraverso diversi movimenti, grazie ai quali si formano l’intestino primitivo
(archenteron), i 3 foglietti embrionali e il blastoporo:

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


EPIBOLIA: è uno spostamento delle cellule della blastula che si portano ad avvolgere gli
strati più profondi dell’embrione.
INVAGINAZIONE: ripiegamento all’interno di una regione della blastula.
Perché possa avvenire l’invaginazione, le cellule devono essere connesse con delle giunzioni
gap.
INVOLUZIONE: un gruppo di cellule che normalmente si trova all’esterno, si infossa per
diventare interno.
INGRESSIONE: migrazione verso l’interno della blastula di singole cellule.
DELAMINAZIONE: dividersi di un ammasso di cellule in 2 lamine più o meno parallele.
Archenteron: intestino primitivo.
L’ectoderma rimane esterno e l’endoderma costituisce tutta la superficie interna; il punto in cui
questi sono in contatto, è la zona del blastoporo.
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GASTRULAZIONE DEL RICCIO DI MARE
Nel riccio di mare, il blastoporo dà origine all’apertura anale, mentre l’apertura orale si
forma al polo opposto.
Dopo l’ingressione di alcune cellule che diventeranno i precursori del mesoderma,
l’endoderma inizia a formare l’archenteron per invaginazione.
-
GASTRULAZIONE DELL’ANFIOSSO
La gastrulazione avviene per invaginazione: tutta la massa dei macromeri del polo
vegetativo, penetra dentro il blastocele schiacciandosi contro e sotto i micromeri del polo
opposto.
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GASTRULAZIONE DEGLI ANFIBI
Durante la gastrulazione vengono portate all’interno della blastula, le cellule destinate a
formare gli organi endodermici. Altre cellule avvolgono esternamente tutta la blastocele e
formano l’ectoderma; ancora altre cellule, si collocano tra endoderma ed ectoderma per
formare il mesoderma, da cui avranno origine gli organi mesodermici.
La gastrulazione degli anfibi ha inizio in prossimità della semiluna grigia.
1. Nella semiluna grigia, avviene l’inizio della seconda cavità, con l’individuazione della
zona del blastoporo le cellule si allungano assumendo una forma a bottiglia;
2. Le cellule della zona marginale, scivolano verso il futuro blastoporo, per epibolia;
3. Le prime cellule ad entrare saranno le cellule endodermiche dell’archenteron
4. Le cellule successive che formano il labbro del blastoporo e si involvono,
costituiranno il mesoderma del capo.
5. Le restanti cellule che involvono, costituiranno il tessuto cordo-mesodermico che darà
origine alla notocorda.
6. Allargamento del blastoporo con formazione delle labbra laterali e ventrali.
7. Unione delle labbra con formazione di un anello intorno alle cellule
endodermiche, che rimangono esposte all’esterno.
8. La parete dell’archenteron è rivestita dall’endoderma.
La notocorda è il primo sistema assile dell’embrione, una struttura flessibile dalla quale si formeranno poi
le vertebre; deriva dal mesoderma ed è già presente al termine della gastrulazione.
GASTRULAZIONE DEGLI UCCELLI
La situazione iniziale, comprende epiblasto, blastocele, ipoblasto il tutto appoggiato sulla massa
del tuorlo. La segmentazione avviene solo nel disco germinativo.
Inizia con la formazione della stria primitiva, che definisce l’asse antero-posteriore dell’embrione.
1. Le cellule iniziano a migrare dalla periferia dell’epiblasto verso il centro per
ingressione, creando un inspessimento, ovvero l’inizio della stria primitiva; il processo
avanza dalla regione caudale verso la regione cefalica;
. Le prime cellule che migrano all’interno andranno a formare l’endoderma;
. le cellule che migrano lateralmente formeranno il mesoderma;
. le cellule epiblastiche che rimangono in superficie formeranno l’ectoderma.
2. Le ultime cellule che entrano, si fermano al centro in modo da far ricostruire
l’ectoderma, creando una depressione all’interno della stria, detta solco primitivo;
Nodo di Hensen: inspessimento che darà origine al blastoporo.
la porzione di cellule che resta sotto il nodo, darà origine alla notocorda.
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Mentre la stria primitiva regredisce, nella regione anteriore inizia la neurulazione, seguita dalla
formazione delle vescicole cerebrali.
Le cellule che migrano attraverso il nodo di Hensen, danno origine a intestino anteriore,
mesoderma della testa e notocorda.
Ai lati della corda, il mesoderma dorso-laterale si organizza a formare strutture metameriche, i somiti.
MEMBRANE OVULARI SECONDARIE E STRUTTURE EXTRAEMBRIONALI
Le membrane ovulari secondarie sono prodotte dal tratto riproduttivo femminile dopo che l’uovo si
è liberato dall’ovario, con la funzione di proteggere uova ed embrione.
Nell’uovo di galline, la fecondazione avviene subito dopo l’ovulazione; una volta fecondato l’uovo
percorre gli ovidotti arricchendosi di albume.
Inizialmente l’uovo viene rotato e i suoi poli vengono ricoperti da strati di albume avvolti a spirale, le
calaze, sulle quali si dispongono altri strati di albume.
L’uovo con l’albume, viene chiuso dalla membrana testacea interna formata da cheratina, tra
questa e la membrana testacea esterna, rimane intrappolata una camera d’aria. Al di sopra di tutte
queste membrane, viene aggiunto il guscio calcareo.
La prima tra le strutture embrionali a formarsi, è il sacco del tuorlo, che si sviluppa dall’estensione
attorno al tuorlo dell’endoderma e del mesoderma.
Le pieghe amniotiche, si inarcano sopra l’embrione si incontrano sopra di esso; si viene a formare un
sottile
cordone ombelicale che collega l’embrione e il tuorlo.
I vasi sanguigni e le cellule del sangue iniziano a svilupparsi dal mesoderma del sacco del tuorlo
e si diffondono nell’embrione, in modo che avvenga la comunicazione tra questo e le risorse
nutritive presenti nel tuorlo.
Quando le pieghe amniotiche si formano al di sopra dell’embrione, hanno origine anche altre 2
membrane extraembrionali:



AMNIOS: detto anche membrana amniotica che racchiude l’embrione.
Cavita amniotica: contiene il liquido amniotico, si trova tra l’amnios e l’embrione
CORION: detto anche membrana corioidea, è formato dal lato esterno delle
pieghe amniotiche e racchiude l’amnios e il sacco del tuorlo.
Un’altra membrana extraembrionale è l’allantoide, si forma per evaginazione della parte posteriore
dell’archenteron, quindi formata da mesoderma vascolarizzato ed endoderma.
L’allantoide cresce e prende contatto con il corion, le membrane si fondono a formare la membrana
corioallantoidea.
GASTRULAZIONE DELL’UOMO
Quando la forma del corpo dell’embrione diviene evidente, viene definito feto.
La blastocisti dei mammiferi, è formata da massa cellulare interna, che sarà poi quella che darà origine
all’embrione, e da un trofoblasto, che è il precursore della parte fetale della placenta.
La parte materna della placenta è data dall’endometrio.
Nell’uomo si dice che è il trofoblasto è invasivo, in quanto la parte fetale della placenta cresce
inserendosi in modo aggressivo nella mucosa uterina. Questo, funge da barriera immunitaria,
impedendo che la madre rigetti il feto in quanto esso è formato per metà da DNA non suo, il che
potrebbe farlo confondere con un tessuto estraneo.
1. Nel nodo embrionale, compare una cavità, la cavita amniotica; per delaminazione
(rottura dei laminati in materiali composti) di 2 strati di blastomeri.
. uno strato formato da cellule di grandi dimensioni l’ectoblasto o ectoderma
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. l’altro è costituito da piccole cellule che delimitano la cavità amniotica, l’epitelio amniotico
o amnios.
2. L’ectoblasto e l’entoblasto costituiscono insieme il disco embrionale didermico.
3. Dal settimo giorno le cellule del trofoblasto che hanno attraversato l’epitelio uterino
formano uno strato germinale di cellule poliedriche, il citotrofoblasto.
Le cellule prodotte si fondono per formare il sinciziotrofoblasto che invade l’endometrio
portandosi dietro la blastocisti.
4. Il resto del trofoblasto dà origine a piccole cellule stellate che formano il mesenchima, il
quale progressivamente riempie la cavità blastocelica riducendola ad una cavità più
piccola, il lecitocele o sacco vitellino primitivo.
5. L’entoblasto rimpiazza progressivamente le cellule della membrana di Heuser.
6. Le lacune del celoma extraembrionale confluiscono per formare un’unica cavità, il celoma
esterno.
7. Il mesenchima extraembrionale riveste le pareti del celoma esterno per costituire:
. la lamina coriale sulla faccia interna del citotrofoblasto;
. lamina amniotica, sulla faccia esterna dell’amnios;
. lamina ombelicale intorno all’entoblasto del lecitocele
8. L’insieme costituito dal sinciziotrofoblasto, citotrofoblasto e mesenchima della lamina
coriale, si chiama corion; è il primo abbozzo della placenta.
Il disco embrionale è connesso al corion tramite il peduncolo embrionale (cordone ombelicale).
9. Alla superficie del disco embrionale, appare un solco longitudinale, la linea
primitiva, che si prolunga in direzione cefalica con un canale visibile per
trasparenza, il canale cordale.
10. In corrispondenza della linea primitiva, le cellule ectodermiche in attiva
proliferazione, si approfondano e si dispongono tra entoblasto o endoderma ed
ectoblasto o ectoderma.
LA PLACENTA
Negli amnioti le membrane e le strutture extraembrionali, si formano al termine della gastrulazione.
La placenta è una struttura extraembrionale, che permette il contatto tra embrione in via di
sviluppo e corpo materno; è presente solo negli animali vivipari, cioè con lo sviluppo embrionale
all’interno del corpo della madre.
Esistono diverse tipologie di placenta:
. Onfaloplacenta: tipica dei condroitti
. Allantoplacenta: si ha più contatto con l’embrione rispetto all’onfaloplacenta
. Placenta semplice: presenta una parziale degenerazione dell’epitelio uterino e del corion dell’embrione
. Placenta specializzata: il tessuto embrionale e la mucosa uterina entrano in contatto, formando
delle protrusioni l’uno verso l’altro.
LA NEURULAZIONE
Alla fine della gastrulazione, l’embrione è formato dai 3 foglietti embrionali: ectoderma, mesoderma ed
endoderma.
Un cordone di cellule mesodermiche dette notocorda, dopo la migrazione viene a trovarsi subito al
di sotto dell’ectoderma. Questa immediata vicinanza, è fondamentale poiché la notocorda induce
l’ectoderma a formare il tubo neurale cavo; che darà origine al cervello e a midollo spinale.
Questo processo è detto neurulazione e l’embrione si chiama neurula.
Da questo punto si parla di organogenesi, cioè la formazione dei tessuti degli organi.
La notocorda è in grado di indurre l’ectoderma sovrastante a differenziarsi in tubo neurale;
attuando un processo chiamato induzione primaria. Questa consiste nella capacità del tubo
neurale, di provocare uno
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specifico cambiamento nelle cellule del sovrastante ectoderma che sono destinate a diventare
cellule nervose, escludendo le cellule vicine.
PESCI CARTILAGINEI E TETRAPODI
1. Le cellule che rispondono al messaggio induttivo della notocorda, diventano cilindriche,
si forma così la placca neurale con conseguente inspessimento di quella zona;
2. La placca neurale si solleva in 2 pieghe neurali, che racchiudono la doccia neurale,
un’invaginazione;
3. Col procedere dello sviluppo, la doccia si chiude a formare un tubo, il tubo neurale
circondato da un unico strato di cellule che al suo interno racchiude il canale ependimale;
4. Durante il processo di formazione del tubo neurale, si posizionano lateralmente altre
cellule che faranno parte del SNC, le cellule delle creste neurali.
CICLOSTOMI E TELEOSTEI
Il tubo neurale si forma per cavitazione, in quanto in precedenza esso è un cordone solido. Esistono 3 tipi
di
tessuti neurogeni, ovvero quei tessuti che durante lo sviluppo, danno origine a cellule nervose, i neuroni.
1. Tubo neurale: i neuroni che derivano dal tubo neurale hanno 2 destini generali:
. alcuni fanno crescere i loro prolungamenti al di fuori del tubo neurale per raggiungere
tessuti bersaglio
. alcuni stabiliscono le connessioni con altri neuroni all’interno del SNC
2. Cresta neurale: le cellule della cresta neurale, migrano e possono dare origine a neuroni
sia motori che sensitivi.
3. Placodi neurali: generalmente qualsiasi inspessimento ectodermico prodotto, o da un
aumento del numero di cellule di una determinata regione, o da un aumento dell’altezza
basale delle cellule.
I placodi neurali sono quelli che danno origine a neuroni, soprattutto sensitivi, o a
recettori sensoriali.
ANFIBI
Durante la neurulazione degli anfibi, le pieghe neurali presentano una parete laterale e una parete
mediale. La parete mediale darà origine al tubo neurale; mentre la parete laterale formerà la cresta
neurale da cui si sviluppano diverse strutture.
MAMMIFERI
La chiusura del tubo neurale, parte dalla zona mediale si creano quindi un neuroporo anteriore e
uno posteriore.
Nell’embrione umano, la mancata chiusura del neuroporo anteriore, porta all’anencefalia; la
mancata chiusura del neuroporo posteriore, porta alla spina bifida.
CELLULE DELLA CRESTA NEURALE
Le cellule della cresta neurale sono cellule particolari che danno origine a strutture collegate con il
SNC. Alcune di queste cellule daranno origine ai gangli del SN autonomo, oppure ai gangli
spinali.
Altre cellule migrano per dare origine alla zona midollare del surrene. Ciò che hanno in comune
tutte le cellule delle creste neurali è che andranno a formare strutture che producono adrenalina e
noradrenalina, sottoforma di ormoni per quanto riguarda la ghiandola adrenale; e sottoforma di
neurotrasmettitori per quanto riguarda i gangli spinali.
La matrice extracellulare degli embrioni, allo stato della neurula è gelatinosa e consiste essenzialmente di
h2o e acido ialuronico, è presente la fibronectina.
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Legandosi e staccandosi dalla fibronectina, le cellule si muovono attraverso la matrice. Internamente
alla cellula, i filamenti di actina permettono la modificazione del citoscheletro subcorticale, il che
rende possibile il cambiamento di forma aiutando il movimento della stessa.
I neuroni si muovono seguendo le molecole guida grazie al cono assonale, che permette lo
spostamento della cellula. In questo modo è possibile la formazione del contatto sinaptico anche in
regioni distanti tra loro.
DERIVAZIONE DEL MESODERMA – SOMITI
I somiti sono strutture ordinate e metameriche (suddivisione seriale del corpo o delle sue parti) che si
trovano in posizione laterale rispetto al tubo neurale, sono derivati del mesoderma.
Sono suddivisi in 3 zone:
. Sclerotomo: regione più interna, dà origine ai corpi vertebrali;
. Miotomo: regione intermedia, dà origine alla muscolatura metamerica paravertebrale;
. Dermatomo: regione periferica, dà origine al derma della regione del tronco dorsale.
I somiti posti in regione craniale, danno origine a qualche struttura del neurocranio, ad alcuni muscoli
facciali e al derma del viso.
I somiti sono uniti al mesoderma laterale tramite zone dette peduncoli.
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Anatomia umana
Appunti
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ANATOMIA
Per iniziare a parlare di questa materia bisogna definire una posizione anatomica di riferimento:
gambe leggermente divaricate, faccia dritta e palmi delle mani rivolti in avanti.
Da qui possiamo poi definire i piani di divisione anatomica che sono essenzialmente tre:
-SAGGITALE o MEDIANO: divide il corpo in una porzione di destra e una di sinistra.
-CORONALE o FRONTALE: divide il corpo in una porzione anteriore e una posteriore
-ORIZZONTALE o TRASVERSO: divide il corpo in una porzione superiore e una inferiore
-PIANO OBLIQUO: qualsiasi piano non parallelo altri altri sopra descritti
Detto ciò il nostro corpo può essere suddiviso in due parti, una ASSIALE che comprende
TESTA,COLLO e TRONCO e una appendicolare che comprende gli arti superiori e gli arti inferiori.
Il tronco è ulteriormente suddivisibile in una regione toracica e una regione addominale.
La regione addominale, con una visione frontale è divisibile in 4 settori grazie a due linee che
intersecano a livello dell’ombelico: regione superiore destra, inferiore destra, superiore sinistra,
inferiore sinistra.
Questa suddivisione può essere ampliata attraverso l’uso di due linee emiclaveari che
intersecano perpendicolarmente due linee orizzontali, quella intertubercolare e quella
sottocostale.
Con queste 4 linee si divide l’addome in 9 parti: regione ipocondriaca destra, regione lombare
destra, regione inguinale destra (simmetriche per la sinistra) e poi una regione epigastrica
superiore, una regione ombelicale e una regione ipogastrica inferiore.
A partire dalla testa possiamo inoltre definire delle cavità:
cavità cranica che prosegue nella cavità vertebrale e in più una cavità toracica e una
addominale.
Nella cavità toracica troviamo altre due sottocavità, quella pericardica e quella pleurica.
La cavità pleurica è ricoperta dalla pleura (viscerale e parietale) mentre quella pericardica dal
pericardio.
Il mediastino è una spessa parete che si estende dal collo al diaframma e divide la cavità toracica
in due parti (destra e sinistra).
La cavità addominale in realtà è detta addominopelvica e contiene la maggior parte dei nostri
organi.Tale cavità è delineata dal peritoneo viscerale e parietale.
SCHELETRO e OSSA
L’osso e lo scheletro nel nostro corpo svolgono diverse funzioni:
-Sostegno: le ossa delle gambe, della pelvi e della colonna mantengono il corpo eretto e quasi
tutte forniscono sostegno per i muscoli.
-Movimento:i muscoli scheletrici servirebbero a poso se non fossero attaccati alle ossa e non
fossero capaci di muoverle
-Protezione:le ossa racchiudono e proteggono organi e tessuti delicati come il cervello, il midollo
spinale, il cuore, i polmoni, i visceri pelvici e il midollo osseo.
-Produzione di sangue:il midollo osseo è il principale produttore di cellule del sangue, comprese
quelle del sistema immunitario
-Equilibrio elettrolitico:serbatoio principale di calcio e fosfato che vengono rilasciati al momento
del bisogno.
-Equilibrio acido-base:il tessuto osseo tampona il sangue contro le eccessive modificazioni del
PH.
-Disintossicazione: il tessuto osseo assorbe i metalli pesanti ed altri elementi estranei dal sangue
per mitigare i loro effetti tossici su altri tessuti
-1.Caratteristiche generali delle ossa:
Le ossa sono formate da tessuto osseo che è un tessuto connettivo con la matrice extracellulare
mineralizzata (principalmente depositi di fosfato di calcio ma anche altri minerali).
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Le ossa hanno un guscio esterno che prende il nome di osso compatto (denso) che di solito
racchiude una forma di tessuto osseo meno densamente organizzato chiamato osso spugnoso.
L’osso spugnoso è detto anche trabecolare in quanto è costituito da trabecole in grado di
posizionarsi nelle zone in cui l’osso è assoggettato ad una notevole sollecitazione.
La parte interna dell’osso è caratterizzata da una cavità midollare che contiene per l’appunto il
midollo osseo, fonte essenziale di produzione delle cellule del sangue.
La durezza dell’osso è data dalla parte di osso compatto esterna che permette di resistere a
notevoli forze mentre l’elasticità è data dall’osso spugnoso che grazie alle trabecole sostiene
eventuali sollecitazioni esterne.Se l’osso fosse troppo duro si romperebbe più facilmente.
Le ossa vengono suddivise in base alla loro dimensione in:
-ossa lunghe: in cui la lunghezza supera la larghezza e vedono principalmente le ossa degli arti
come il femore o l’omero.
-ossa brevi:hanno lunghezza e larghezza simili e comprendono principalmente le ossa del tarso e
del carpo che sono in grado di scivolare l’una sull’altra.
-ossa piatte: hanno la principale funzione di racchiudere organi e forniscono un ampia superficie
di attacco per i muscoli.Di queste ossa fanno parte quelle del cranio, le coste, lo sterno e altre.
-ossa irregolari: hanno forma irregolare e non rientrano in nessuna di queste categorie(sfenoide,
etmoide ecc )
Le ossa lunghe hanno come caratteristica principale due parte estreme, una prossimale e una
distale che prendono il nome di epifisi e una parte centrale più lunga che prende il nome di diafisi.
Esternamente un osso è ricoperto da una guaina detta periostio ovvero uno strato esterno fibroso
e resistente di collagene.Il periostio fornisce un solido attacco per muscoli e tendini alle ossa.Il
tessuto osseo è irrorato internamente da vasi sanguigni che penetrano all’interno dell’osso
attraverso i forami nutritizi. La superficie interna dell’osso invece prende il nome di endostio.
Le estremità delle ossa spesso non presentano uno periostio ma un sottile strato di cartilagine
ialina, detta cartilagine articolare che rende il movimento delle articolazioni molto più facile.
-2.Scheletro assiale e appendicolare:
Lo scheletro è suddivisibile in uno assiale che comprende testa, colonna vertebrale, coste (con lo
sterno),osso ioide e ossicini dell’udito (circa 80 ossa) mentre quello appendicolare comprende il
cingolo scapolare, gli arti superiori, il cingolo pelvico e gli arti inferiori(circa 126 ossa).
Le ossa quindi nel nostro copro sono circa 206; alla nascita in realtà sono circa 270 ma molte di
esse poi si fondono durante la crescita.
-TESTA: la testa è composta da 22 ossa ben cucite e saldate tra di loro tramite delle suture. Nella
testa sono presenti diverse cavità tra cui
-la cavità cranica
-la cavità nasale, la cavità orale, cavità orbitaliche
-le cavità dell’orecchio medio e interno e i seni paranasali (seno frontale, seno etmoidale, seno
sfenoidale, seni mascellari)
Tali seni hanno il compito di alleggerire la parte frontale della testa e fungono da cassa di
risonanza per la nostra voce.
Le ossa del cranio sono quelle che racchiudono l’encefalo il quale però non è direttamente in
contatto con esse in quanto è separato dalle meningi e in particolare dalla dura madre che è
quella più esterna che si ancora direttamente alle ossa.
Il cranio consta di due parti principali:
-calotta cranica: forma il tetto e le pareti laterali del cranio
-base cranica: forma il pavimento ed è visibile con un taglio trasversale del cranio.E’ costituita da
una parte anteriore che prende il nome di fossa cranica anteriore dove poggiano i lobi frontali
dell’encefalo, una parte centrale più profonda che prende il nome di fossa cranica media dove
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poggiano i lobi temporali e termina posteriormente con la fossa cranica posteriore dove poggia il
cervelletto.
Il cranio è costituito da 8 ossa principali: un osso frontale, due ossa parietali, due ossa temporali,
un osso occipitale, uno sfenoide e un etmoide.
osso frontale
L’osso frontale si estende dalle cavità sopraorbitaliche e forma praticamente tutta la fossa cranica
anteriore. In corrispondenza del sopracciglio presenta una cresta detta margine sopraorbitario e il
centro di ciascun margine è perforato da un singolo foro sopraorbitario che da il passaggio a un
nervo, una arteria e una vena.La parte liscia di questo osso appena al di sopra del tetto del naso è
detta glabella. L’osso frontale contiene anche il seno frontale.
Con un taglio trasversale del cranio è possibile vedere la diploe ovvero il tessuto osseo spugnoso
all’interno delle ossa craniche.
osso parietale
Le due ossa parietali costituiscono la maggior parte della calotta cranica e parte delle pareti
laterali del cranio. Anteriormente confina con l’osso frontale attraverso la sutura coronale,
posteriormente confina con l’osso occipitale attraverso la sutura lambdoidea, lateralmente confina
con le due ossa temporali attraverso la sutura squamosa.
Le due fosse sono invece unite tra di loro attraverso una sutura che prende il nome di sutura
sagittale. Queste due ossa non hanno particolari caratteristiche di rilievo se non un piccolo forame
parietale che a volte si trova a livello della sutura lambdoidea e sagittale. Possiamo concludere
con due ispessimenti dette linee temporali(superiore e inferiore) che attraversano con una
struttura ad arco l’osso parietale ma anche l’osso frontale.Queste sono il sito di attacco del
muscolo temporale.
osso temporale
Le ossa temporali definiscono principalmente le pareti laterali del cranio e parte del pavimento
della cavità cranica.Confina posteriormente con l’osso occipitale, superiormente con l’osso
parietale e anteriormente con lo sfenoide e l’osso zigomatico.
Le ossa temporali si suddividono in diverse zone,
precisamente in 4:
-parte squamosa: è relativamente piatta ed è circondata
dalla sutura squamosa.Le caratteristiche principale sono il
processo zigomatico che si allunga anteriormente fino
all’osso zigomatico e la fossa mandibolare inferiormente che
serve per l’attacco dell’articolazione della mandibola.
-parte timpanica: è un piccolo anello osseo che delimita il
meato acustico esterno e possiede sulla sua superficie
inferiore un piccolo processo appuntito molto importante che
prende il nome di processo stiloideo importante per l’attacco
di diversi muscoli della lingua e dell’osso ioide.
-parte mastoidea: si trova posteriormente alla parte
timpanica ed è caratterizzata un grosso processo detto
processo mastoideo il quale è riempito con piccoli seni d’aria
che comunicano con la cavità dell’orecchio medio.
Inferiormente troviamo un solco detta insicura mastoidea,
sito di attacco del muscolo digastrico.
Anteriormente è articolata da un foro stilomastoideo e
posteriormente da uno mastoideo.
-parte petrosa: può essere individuata sul pavimento del
cranio e separa la fossa cranica media da quella
posteriore.Essa ospita le cavità dell’orecchio medio e
interno. Essa ospita il meato acustico interno per il
passaggio dei nervi acustici e dell’equilibrio verso il cervello.
Inferiormente troviamo inoltre il canale carotideo per il
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passaggio della carotide interna(principale rifornimento di sangue per il cervello) e il foro giugulare
per la vena giugulare interna che si apre tra l’osso temporale e l’osso occipitale.
osso occipitale
L’osso occipitale conclude il cranio
posteriormente confinando con le ossa
temporali, parietali e lo sfenoide inferiormente.
La caratteristica principale dell’osso occipitale
è data dal forame magno che si trova
inferiormente ed è il foro che permette la
comunicazione con la colonna vertebrale e il
relativo canale vertebrale.
Anteriormente al forame magno troviamo due
condili detti condili occipitali che articolano
con la vertebra Atlante della colonna e una
parte basilare che sembra una spessa piastra.
All’estremità anterolaterale di ogni condilo è
presente un canale detto canale dell’ipoglosso
dove passa il nervo ipoglosso che rifornisce i
muscoli della lingua.Posteriormente
quest’osso presenta una protuberanza detta
protuberanza occipitale che è sito di attacco
del legamento nucale.
Dalla protuberanza si diparte orizzontalemente
la linea nucale superiore e inferiormente quella
inferiore. Entrambi funzionano da sito di
attacco per diversi muscoli del collo.
sfenoide
Lo sfenoide fa parte delle ossa irregolari in
quanto risulta essere molto complesso.
Esso si può dividere in un corpo centrale compatto e in due zone laterali formate da ali (grandi e
piccole) che determinano una composizione simile a una falena.
Le piccole ali definiscono il margine posteriore della fossa cranica anteriore e sfociano nelle grandi
ali che determinano la maggior parte della fossa cranica media e parte delle pareti laterali del
cranio.La piccola ala forma la
parete posteriore dell’orbita e
contiene il foro ottico che
permette il passaggio del nervo
ottico e dell’arteria
oftalmica.Il nervo ottico è
protetto da prolungamenti delle
piccole ali detti processi
clinoidei anteriori.Uno
squarcio nella parete posteriore
dell’orbita , la fessura orbitale
superiore si trova lateralmente
al foto ottico.Tale squarcio
serve per il passaggio dei nervi
che riforniscono i muscoli che
muovono gli occhi.
Il corpo dello sfenoide invece è
caratterizzato da una sporgenza
detta sella turcica la quale si divide in tre parti:
-fossa ipofisaria: si posiziona centralmente e accoglie l’ipofisi
-tubercolo della sella: si posiziona anteriormente
-dorso della sella: si posizione posteriormente
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Lateralmente alla sella turcica sono presenti diversi fori come il foro rotondo e il foro ovale che
sono i passaggi per i due rami del nervo trigemino.Troviamo inoltre il foro spinoso dove passa
un’arteria delle meningi e un foro lacero che si trova tra l’osso occipitale, il temporale e lo
sfenoide; quest’ultimo è riempito da cartilagine e non è attraversato da nervi.
Inferiormente lo sfenoide definisce le coane o aperture nasali posteriori. Lateralmente a queste
aperture lo sfenoide mostra un paio di lamine parallele dette lamina pterigoidea mediale e laterale
che terminano ciascuna in una estensione detta processo pterigoideo.Tali lamine e processi
forniscono attacco a diversi muscoli mascellari.
Il seno sfenoidale si presenta all’interno del corpo dello sfenoide.
osso etmoide
L’etmoide invece è presente nella parte anteriore del cranio, localizzato tra gli occhi.Contribuisce
a costituire la parete mediale dell’orbita, tetto e pareti della cavità nasale e e il setto nasale.
Tale osso è suddivisibile in tre parti principali:
-lamina perpendicolare: lamina sottile verticale che forma i due terzi superiori del setto
nasale(parte inferiore data dal vomere).Tale lamina divide le cavità nasali generando le fosse nasali
(destra e sinistra); spesso il setto è curvo verso una fossa o l’altra.
-lamina cribrosa: si erge
perpendicolarmente alla
lamina perpendicolare e
forma il tetto della cavità
nasale.Tale lamina presenta
una cresta mediana detta
cristo galli, punto di
ancoraggio per la dura
madre.Ad ogni lato della
cresta è presente un’area
depressa con parecchi fori
detti fori cribrosi(olfattivi).In
queste depressioni poggiano
i bulbi olfattivi e nei fori ci
passano i relativi nervi.
-labirinto: il labirinto è
un’ampia massa presente a
destra e a sinistra della
lamina perpendicolare.
Contiene numerose cellule
etmoidali (spazi d’aria) che
contribuiscono al seno etmoidale.La superficie laterale del labirinto è detta lamina orbitale e
determina parte della parete mediale dell’orbita.
Medialmente il labirinto crea delle lamine intrecciate dette turbinati superiori e medi.
I turbinati servono occupano gran parte della cavità nasale e sono fondamentali per fare entrare
l’aria in un moto vorticoso che procede a riscaldarla e pulirla prima che entri nei polmoni.
Oltre alle ossa viste in precedenza che sono le ossa appartenenti al cranio esistono anche le ossa
della faccia che comprendono tutte quelle ossa non direttamente a contatto con il l’encefalo o
con le meningi.Di queste abbiamo:
-2 ossa mascellari
-2 ossa palatine
-2 ossa zigomatiche
-2 ossa nasali
-2 turbinati nasali inferiori
-1 vomere
-1 mandibola
osso mascellare
Le ossa mascellari sono le più grandi della faccia, formano la mandibola superiore e si incontrano
sulla sutura intermascellare mediana.
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La parte inferiore è caratterizzata dall’arcata mandibolare superiore in cui sono presenti alveoli
(dove i denti si inseriscono) e processi alveolari che crescono tra gli alveoli.Ogni mascella si
estende dai denti fino al margine infero-mediale dell’orbita.
Appena al di sotto di quest’ultima troviamo il foro infraorbitario per il passaggio di un vaso
sanguigno e un nervo.
La mascella forma parte del pavimento dell’orbita dove mostra la fessura orbitale inferiore che
serve per passaggio di nervi e vasi sanguigni per la faccia.
ossa palatine
Si trovano nella cavità nasale posteriore.E’ un osso a forma di L costituito da una piastra
orizzontale che conclude la parte posteriore del palato e una piastra perpendicolare che delimita
la cavità nasale dalla cavità orbitalica.
L’unica caratteristica è un grande foro palatino per il passaggio di un nervo.
ossa zigomatiche
Le ossa zigomatiche invece sono le ossa che determinano gli zigomi e hanno la forma di T
rovesciata.Si lega al processo zigomatico dell’osso temporale, alla mascella e all’osso frontale.
ossa lacrimali
Sono piccole ossa che si trovano a livello della parete mediale dell’orbita e ospitano i sacchi
lacrimali all’interno delle fosse lacrimali
ossa nasali
Sono due piccole ossa rettangolari che formano il ponte del naso e sorreggono le cartilagini che
danno forma alla sua porzione inferiore.
turbinato nasale inferiore
Determina assieme ai turbinati dell’etmoide il riscaldamento e la purificazione dell’aria.
vomere
Piccola lamina che assieme all’etmoide determinata il setto nasale.Questo determina l’ultimo
terzo del setto nasale.
Sorregge, assieme alla lamina perpendicolare una parete della cartilagine del setto.
mandibola
La mandibola è l’osso più forte della testa e quello che ha anche maggiore mobilità.
Essa è formata da un corpo
mandibolare e da due
prolungamenti che da verticali a
obliqui determinano i due rami
della mandibola.
Il corpo e i rispettivi rami si
incontrano nell’angolo
mandibolare.
Il corpo della mandibola vede
esternamente una protuberanza
detta protuberanza mentoniera,
internamente invece sono
presenti due spine dette spine
mentoniere che servono per
l’attacco di diversi muscoli del
mento.
Sulla superficie anterolaterale
della mandibola è presente il
foro mentoniera per il passaggio
di nervi e vasi sanguigni del
mento.L’angolo della mandibola ha una superficie ruvida detta tuberosi masseterina per
l’inserzione del muscolo massetere(muscolo masticatorio).
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Ciascun ramo della mandibola assume una forma a Y in cui il prolungamento posteriore è detto
processo condiloideo con i rispettivi condili che vanno ad articolarsi con la fossa mandibolare
dell’osso temporale (articolazione temporomandibolare) mentre il prolungamento anteriore è detto
processo coronoideo ed è punto d’inserzione del muscolo temporale che tira la mandibola verso
l’alto nella masticazione.
L’arco a forma di U tra i due processi prende il nome di insicura mandibolare.
Appena sotto tale incisura è presente il foro mandibolare nel quale
passano vasi sanguigni e nervi per i denti inferiori.
Altre 7 ossa sono strettamente associate al cranio ma non fanno
parte di esso e sono gli ossicini dell’udito (incudine, martello e
staffa) per ogni orecchio e un osso particolare che non articola con
altre ossa detto osso ioide.
L’osso ioide si trova legato alla laringe ed è a forma di U.Esso è
sospeso superiormente legato con muscoli e lagementi stiloidei ai
processi stiloidei dell’osso temporale.
Il corpo dell’osso ioide è fiancheggiato su entrambi i lati da
proiezioni simili a corni chiamate corno maggiore e corno minore.
L’osso ioide serve come punto di ancoraggio di diversi muscoli
della mandibola, della lingua e della laringe.
-COLONNA VERTEBRALE
La colonna vertebrale ha come compito fondamentale
quello di sorreggere il nostro tronco e la nostra testa.
Essa è composta da vertebre che andremo a studiare
a breve.
La colonna presenta una tipica curvatura a S:
-lordosi cervicale (si porta anteriormente)
-cifosi toracica (si porta posteriormente)
-lordosi lombare (si porta anteriormente)
-cifosi pelvica (si porta posteriormente)
In realtà alla nascita la colonna presenta solo la cifosi
toracica e quella pelvica, dette cosi curvature primarie.
La colonna è divisa essenzialmente in 7 vertebre
cervicali, 12 vertebre toraciche, 5 vertebre lombari,5
sacrali e 4 coccigee per un totale i 33 vertebre.
struttura generale della vertebra
La vertebra generica è formata essenzialmente da una struttura che si crea attorno a un corpo
centrale detto soma o corpo della vertebra che è formato da tessuto osseo spugnoso.
Attorno al soma è presente una
struttura di tessuto osseo compatto
che forma diverse sporgenze.
Posteriormente al corpo di ciascuna
vertebra è presente il foro vertebrale
che complessivamente con le altre
vertebre generano il canale vertebrale
che da passaggio al midollo spinale.
Ogni foro è delineato da un peduncolo
e da una lamina ossea. Dall’apice
dell’arco si estende una proiezione
chiamata processo spinoso, diretto
posteriormente e verso il basso.
Nel punto in cui il peduncolo e la
lamina si incontrano si genera il
processo trasverso.I due processi
forniscono l’inserzione per diversi
muscoli spinali.
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Un paio di processi articolari superiori si proiettano verso l’alto da una vertebra per incontrare un
paio di processi articolari inferiori della vertebra superiore e articolarle così assieme.
Quando due vertebre sono articolate mostrano una apertura tra i loro peduncoli chiamata foro
intervertebrale il quale è formato da un’incisura vertebrale inferiore sotto al peduncolo superiore e
una incisura vertebrale superiore sopra il peduncolo inferiore.
Tra una vertebra e l’altra per limitare l’attrito sono presenti i dischi intervertebrali che sono formati
da una zona lamellare esterna di tessuto cartilagineo detta anello fibroso e da una zona polposa
interna che serve per nutrire il tessuto cartilagineo.Sono presenti in media 23 dischi che partono
tra la 2° e 3° vertebrale cervicale fino tra la 5°vertebra lombare e l’inizio della zona sacrococcigea.
La stabilità della colonna è garantita anche
dalla presenza di legamenti come:
-legamento longitudinale anteriore: decorre
anteriormente ai corpi vertebrali
-legamento longitudinale posteriore:
decorre posteriormente ai corpi vertebrali
-legamento sopraspinoso: si lega ai
processi spinosi e decorre lungo di essi
-legamenti interspinosi: vanno a riempire gli
spazi tra un processo spinoso e l’altro
-legamenti gialli: brevi legamenti che
collegano due vertebre adiacenti
vertebre cervicali
Le vertebre cervicali sono 7.Le prime due si
chiamano Atlante ed Epistrofeo.
Sono le vertebre più leggere in quanto non
devono sopportare il peso du tutto il
tronco.La vertebra C1 Atlante è completamente diversa
dalla morfologia della vertebra generica. Il corpo della
vertebra è solamente un delicato anello che circonda un
ampio foro vertebrale.Ad ogni lato è presente un’ampia
faccetta articolare per articolarsi con i condili occipitali
dell’osso occipitale.Le masse laterali sono unite da un
arco anteriore e da uno posteriore che contengono
protuberanze chiamate tubercoli anteriori e posteriori.
La seconda vertebra, l’Epistrofeo ha come caratteristica
principale il processo odontoideo che si inserisce nella
vertebra atlante ed è tenuto fermo da un legamento
trasverso.L’articolazione che si va a creare prende il nome di
articolazione atlanto-epistrofea.
Già a partire da questa vertebra il processo spinoso diventa
bifido che è una caratteristica distintiva di tutte le vertebre
cervicali fino alla C6 in quanto serve come punto di attacco
del legamento nucale che parte dall’occipitale.
Altra caratteristica di queste vertebre sono i fori trasversari
presenti sui processi trasversi che servono per il passaggio
di arterie e vene vertebrali.
Le vertebre dalla C3 alla C6 sono simili a quella generica
ovviamente con l’aggiunta del processo spinoso bifido e dei
fori trasversari.
La vertebra C7 invece è leggermente differente in quanto il
processo spinoso non è bifido ma è notevolmente
pronunciato creando un rigonfiamento alla parte bassa del
collo.Grazie a questo rigonfiamento è facilmente riconoscibile e quindi da qui si possono iniziare a
contare le vertebre toraciche sottostanti e le altre vertebre cervicali soprastanti.
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vertebre toraciche
Le vertebre toraciche sono 12 e presentano caratteristiche diverse anche in base alla loro
funzione, quella di sostenere le coste che compongono la gabbia toracica.
-i processi spinosi sono singoli e appuntini con un angolo che procede bruscamente verso il
basso
-il corpo è a forma di cuore ed è più
massiccio rispetto alle cervicali ma
meno rispetto alle lombari e
contiene faccette costali superiori e
inferiori
-le vertebre dalla T1 alla T10
presenta inoltre una faccetta costale
trasversa presente sul processo
trasverso e serve come secondo
punto di ancoraggio per le coste
Ciascuna vertebra toracica presenta
quindi: 2 faccette articolari superiori,
2 faccette articolari inferiori, 2
faccette costali a destra e 2 a
sinistra per l’articolazione con le
rispettive coste, 2 faccette trasverse che fungono da secondo punto di ancoraggio per le coste.
Andremo più nello specifico successivamente quando ci soffermeremo sulle coste.
vertebre lombari
le vertebre lombari invece hanno ancora caratteristiche
differenti.
Innanzitutto devono sostenere un peso maggiore e quindi
saranno più robuste.
Il processo spinoso è squadrato e smussato mentre la
caratteristica distintiva la troviamo sulle faccette articolare
in quanto si posizionano in maniera opposta: quelle
superiori sono rivolti medialmente mentre quelle inferiori
sono rivolti lateralmente verso i processi superiori della
vertebra successiva.
Questa struttura permette una maggior resistenza alla
torsione.
vertebre sacrali
Le vertebre sacrali in realtà sono addensate tra di loro in quanto si iniziano a fondere all’età di 16
anni fino a circa ai 26 anni creano una sorta di osso fuso detto per l’appunto sacro.
Il sacro è costituito anteriormente da una struttura abbastanza liscia con 4 paia di fori sacrali
anteriori per passaggio di nervi e vasi
sanguigni per gli organi pelvici.
Posteriormente invece ci sono 4 paia
di fori sacrali posteriori.
La parte posteriore è più ruvida e
presenta diverse prominenze.
Medialmente si trova la cresta mediale
derivante dall’unione dei processi
spinosi mentre lateralmente si trovano
due creste laterali derivanti dalla
fusione dei processi traversi.
vertebre coccigee
Tali vertebre si fondo entro circa i 20
anni di età e sono 4 di solito.
Sembrano apparentemente inutili
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inquinato probabilmente sono il ricorso di una coda ma in realtà forniscono attacco per muscoli
del pavimento pelvico.
Inoltre la prima vertebra coccigea presenta due corna che servono come punti di ancoraggio per i
legamenti che uniscono il coccige al sacro.
-GABBIA TORACICA
La gabbia toracica è costituita essenzialmente dalle coste, dallo sterno e dalle vertebre toraciche.
La gabbia fornisce una protezione per i polmoni, cuore e altri organi contenuti al suo interno ed
aiuta anche nel processo respiratorio.
Il margine inferiore con le ultime coste è detto semplicemente margine costale.
coste
Le coste sono 12 paia e si legano posteriormente alle vertebre toraciche e anteriormente allo
sterno(ad eccezione delle ultime due).
Dalla prima alla settimana costa la loro dimensione aumenta per poi diminuire fino alla
dodicesima.
La prima costa è particolare: è molto piccola e presenta una testa, un collo, un tubercolo costale
e un piccolo corpo.
Dalla seconda in poi le coste sono
leggermente diverse.
A partire dalla testa, proseguendo poi
per il collo si arriva sempre al tubercolo
per l’articolazione con la faccetta
trasversa della vertebra con lo stesso
numero.
Proseguendo lungo la costa troveremo
un grosso angolo che porterà così la
costa distalmente al nostro corpo per
sfociare in una struttura più sottile a
forma di lamina detto corpo della costa.
A livello del margine inferiore del corpo
della costa è presente un solco costale
che permette il percorso dei vasi
sanguigni e del nervo.
Dalla prima alla 7 costa ci sono solo
coste “vere” ovvero coste che terminano
con cartilagine direttamente collegata
allo sterno.
La costa 8, 9 e 10 invece presentano
una cartilagine che si lega indirettamente
allo sterno passando per la cartilagine
costale numero 7.La 11 e la 12 invece
sono fluttuanti.
Ma come si articolano le coste?
La costa numero 1 articola direttamente con il corpo della vertebra T1.Successivamente quello
che accade è un’articolazione intervertebrale; le coste articolano con le loro faccette articolari
superiori sulle faccette costali inferiori della vertebra superiore e con le loro faccette articolari
inferiori con le faccette costali superiori della vertebra sottostante.
Le vertebre toraciche T10, T11 e T12 si comportano allo stesso modo della prima ovvero
articolano la costa direttamente sul loro corpo e non tra una vertebra e l’altra.
La costa 11 e la costa 12 dette coste fluttuanti mancano anche dei tubercoli in quanto non si
legano alle faccette trasverse delle relative vertebre che tra l’altro ne sono prive.
sterno
Lo sterno invece è un osso piatto posizionato distalmente al corpo e che lega le coste.
E’ costituito principalmente da tre parti:
-manubrio:parte alta dello sterno che è caratterizzato da un’incisura sovrasternale superiore e da
due incisure laterali che prendono il nome di incisure clavicolari perché qui si articola con le due
clavicole.
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-corpo:è la parte più lunga e si articolo con il manubrio a
livello dell’angolo sternale. Ha bordi ondulati dove le
cartilagini costali sono attaccate, così come il manubrio.
-processo xifoideo: il processo xifoideo è una piccola
estremità inferiore dello sterno che serve come attacco ad
alcuni muscoli addominali.
-CINGOLO SCAPOLARE
Il cingolo scapolare è caratterizzato dalla scapola e dalla
clavicola.
E’ essenziale per sostenere gli arti superiori e unirli allo
scheletro assiale.
La clavicola lega medialmente all’incisura clavicolare dello sterno creando l’articolazione
sternoclavicolare mentre quella laterale si lega alla scapola creando l’articolazione
acromioclavicolare.
La scapola si articola anche con l’omero nell’articolazione
gleno-omerale.
clavicola
La clavicola è un’osso abbastanza semplice la cui superficie
superiori è abbastanza liscia mentre quella inferiore è
segnata da scanalature e creste per le inserzioni muscolari.
L’estremità sternale presenta una testa tondeggiante a forma
di martello mentre l’estremità laterale(acromiale) è alquanto
piatta.A livello acromiale troviamo il tubercolo conoide.
scapola
La scapola è caratterizzata da una tipica struttura
triangolare.I tre lati sono: il margine superiore, il margine mediale e laterale.Ai tre vertici abbiamo
l’angolo superiore, inferiore e laterale.
Al margine superiore troviamo l’incisura sovrascapolare per il passaggio di un nervo.
La superficie anteriore della scapola(fossa sottoscapolare) è abbastanza liscia e priva di
caratteristiche.
La superficie posteriore invece è caratterizzata da una spina
scapolare che divide la scapola in una zona superiore detta fossa
sovraspinata e una inferiore detta fossa infraspinata.
La regione più complessa è quella dell’angolo laterale della
scapola in quanto qui ci sono tre strutture principali:
-Acromion: estensione della spina che articola con la clavicola
-processo coracoideo: ha forma di dito piegato e fornisce attacco
per il bicipite brachiale e per altri muscoli del braccio.
-cavità glenoidea: cavità poco profonda che permette
l’articolazione gleno-omerale con l’omero dell’arto superiore.
L’articolazione della spalla permette movimenti molto ampi e per
evitare che si dislochi ci son muscoli e tendini che lo impediscono
ma anche il processo coracoideo che portandosi anteriormente
contiene la testa dell’omero.
Una dislocazione posteriore invece viene prevenuta dall’acromion,
l’estensione della spina scapolare.
-ARTO SUPERIORE
L’arto superiore è caratterizzato dall’omero che articola direttamente con la scapola,
dall’avambraccio costituito dal radio e dall’ulna e poi dal carpo che articola con la mano.
omero
L’omero è caratterizzato a partire dalla parte prossimale da una testa che articola con la scapola.
La testa è circondata dal collo anatomico.
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Di questa estremità prossimale troviamo inoltre il tubercolo maggiore e il tubercolo
minore(inserzione di muscoli) e in più un solco tra i due detto solco intertubercolare.
Proseguendo l’ungo la dialisi troviamo sulla superficie laterale una tuberosi deltoidea per
l’inserzione del deltoide.L’epifisi distale dell’omero presenta invece due condili: quello laterale è
detto capitello mentre quello mediale è detto troclea.
Due processi ossei a livello dei due condili si chiamano epicondili (laterale e mediale).
L’epicondolo mediale protegge il nervo ulnare, più comunemente conosciuto come “funny bone”.
Immediatamente sopra agli epicondili troviamo due creste: una cresta sovracondiloidea laterale e
una mediale dove si inseriscono muscoli dell’avambraccio.
L’estreità distale dell’omero mostra tre profonde fosse:
la fossa posteriore è detta olecranica e articola con l’olecrano dell’una.
Sulla parte anteriore abbiamo invece una fossa coronoidea che accoglie il processo coronoideo
dell’ulna quando l’avambraccio è flesso.
A livello laterale troviamo invece la fossa radiale, così chiamata per la vicinanza alla testa del
radio.
radio
Il radio è un osso caratterizzato nella parte prossimale dalla testa del radio.
Quando l’avambraccio effettua un movimento di pronosupinazione quello che succede è che la
testa del radio ruota scivolando sul capitello dell’omero.
Immediatamente sotto la testa troviamo un collo e una tuberosità radiale a livello mediale dove
termina il bicipide.
La diafisi non ha particolari caratteristiche e bisogna arrivare alla parte distale per trovare un
processo stiloideo con due faccette articolari che articolano con lo scafoide e il semilunare del
carpo.
Qui è presente inoltre l’incisura ulnare del radio che si articola con l’estremità dell’ulna.
ulna
L’ulna invece a partire dalla zona prossimale è caratterizzata da una grande incisura trocleare che
divide una zona posteriore detta olecrano che articola con la fossa olecranica quando il braccio è
teso e una zona anteriore detto processo coronoideo che articola con la fossa coronoidea quando
il braccio è flesso.
Un’incisura segna il confine ulna-radio prossimale e viene detta incisura radiale dell’ulna.
La parte distale dell’ulna consta di un processo stiloideo ulnare che si associa a quello radiale.
Il radio e l’ulna sono uniti assieme attraverso una membrana interossea che si lega a una cresta
presente al margine di ogni osso, il margine interosseo.
Questa membrana serve per equilibrare gli sforzi di radio e ulna.
ossa del carpo e della mano
Il carpo si articola con l’articolazione radio-carpica.
Le ossa sono disposte in due file, une prossimale e una distale.
Scafoide, semilunare, piramidale e pisiforme sono i quattro elementi della fila prossimale mentre
trapezio, trapezoide, capitato o grande osso (navicolare) e uncinato sono invece quelli della fila
distale. Questa disposizione si intende di una mano con i palmi rivolti superiormente e
procedendo medialmente.La fila distale di articola con il metacarpo. Il metacarpo sono cinque
ossa brevi che si articolano con le falangi attraverso l’articolazione metacarpo falangea (si
indicano con i numeri romani a partire dal pollice).
Abbiamo tre falangi: prossimale, media, e distale. Questo non vale per il pollice che ne presenta
solo due, prossimale e distale.
-ARTO INFERIORE E CINGOLO PELVICO
cingolo pelvico
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Il cingolo pelvico è caratterizzato dalle due ossa dell’anca (ulteriormente suddivisibile in Ileo,
Ischio e pube), e dal sacro a cui sono legate attraverso l’articolazione sacroiliaca dove la
superficie auricolare si combina con la superficie auricolare del sacro.La parte anteriore della pelvi
è detta sinfisi pubica, caratterizzata da una zona cartilaginea che unisci le due ossa pubiche.
Il cingolo pelvico crea attraverso questa struttura una porzione superiore più ampia detta stretto
pelvico superiore delineata dalla sinfisi pubica, dalle creste pettine, dalle linee arcuate e dal
margine sacrale mentre più inferiormente troviamo lo stretto pelvico inferiore delineato dal
coccige, dalla tuberosità ischiatica e dalla sinfisi pubica.
Tre sono le caratteristiche principali dell’osso dell’anca:
-una parte superiore detta cresta iliaca
-un acetabolo, una cavità che serve per l’articolazione con la testa del femore
-un foro otturatorio: un ampio buco tondo che viene chiuso da una membrana otturatoria.
L’osso più grande che compone l’anca è l’ileo che si estende dalla cresta iliaca all’acetabolo.
La cresta iliaca si estende dalla spina antero-superiore alla spina postero-superiore.
Inferiormente troviamo anche la spina antera-inferiore e la spina postero-inferiore.
Sotto quest’ultima ha origine la grande incisura ischiatica.
La superficie postero-laterale dell’ileo è abbastanza ruvida per l’inserzione di diversi muscoli dei
glutei e della coscia.La superficie antera-mediale invece è la liscia e leggermente concava fossailiaca ricoperta dall’ampio muscolo iliaco.
L’ischio è la porzione infero-posteriore dell’osso dell’anca ed è caratterizzato da una prominente
spina ischiatica che termina la grande incisura ischiatica e origina la piccola incisura ischiatica.
Alla fine della piccola incisura ischiatica troviamo la tuberosità ischiatica che sfocia poi nel ramo
dell’ischio che lega anteriormente l’osso pubico.
L’osso pubico quindi lega l’ischio attraverso il proprio ramo inferiore.
Esso è anche caratterizzato da un ramo superiore e un corpo che lega attraverso cartilagine l’altro
osso pubico generando la sinfisi pubica.
Il bacino maschile presenta differenze rispetto al bacino femminili come:
-L’angolo sottopubico nelle donne è più ampio (di solito supera i 100°) mentre nell’uomo è più
piccolo(sotto i 90°)
-Di conseguenza lo spazio dello stretto pelvico inferiore risulterà minore nell’uomo che nella
donna.
-L’acetabolo è rivolto lateralmente nell’uomo ed è più largo di quello della donna che è rivolto
antero-lateralmente.
-Genericamente più massiccio e rugoso nell’uomo.Nella donna è più leggero e liscio.
femore
Il femore è l’osso più lungo del nostro
corpo e si articola con l’acetabolo
creando una tipica articolazione
sferoidale.
Per contenere il femore in tale cavità
interviene il legamento rotondo che si
estende dall’acetabolo fino alla fovea
capitis della testa del femore.
Successivamente, proseguendo
distalmente, troviamo il collo del
femore(punto comune di frattura), e due
processi ossei detti piccolo e grande
trocantere che sono i punti di inserzione
per i muscoli dell’anca.
Posteriormente i trocanteri sono uniti
dalla cresta trocanterica e anteriormente
dalla linea trocanterica più lieve e
delicata.
A livello della diafisi anteriormente non
abbiamo particolari caratteristiche ma
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posteriormente trovino una linea detta linea aspra che si biforca prossimalmente in una linea
spirale mediale e una tuberosità glutea laterale.
Distalmente la linea aspra genera posteriormente la linea sopracondiloidea laterale e la linea
sopracondiloidea mediale che continuano in basso nei rispettivi condili ed epicondili.
Anteriormente a livello della epifisi distale è presente una grande superficie articolare detta
superficie patellare o troclea femorale che permette di articolare con la patella.
rotula-patella
La patella è un piccolo osso sesamoide che si forma tra i 3 e i 6 anni di età con la trasformazione
del tessuto cartilagineo.
La superficie anteriore è liscia e termina inferiormente in un apice della patella.
Posteriormente abbiamo due faccette articolari, una laterale più ampia e una mediale più stretta
che articolano con il femore.
tibia e fibula
Sono le ultime ossa lunghe che vediamo.
La tibia in realtà è la più importante ed ha il compito di sorreggere il peso del corpo mentre la
fibula serve solamente a stabilizzare la caviglia.
La tibia si trova medialmente e nell’epifisi prossimale consta di una superficie articolare che
articola con i condili del femore.
La superficie articolare è formata una un condilo laterale e una mediale che sono divisi da una
eminenza intercondiloidea.
Anteriormente la tibia possiede una tuberosità tibiale e successivamente una lunga cresta
anteriore.A livello distale troviamo il malleolo mediale che comunica con il malleolo laterale che
però fa parte della fibula.
La fibula è più larga nell’estremità prossimale chiamata testa (la punta della testa è detta apice)
rispetto a quella distale troviamo il malleolo laterale.
Così come radio e ulna queste due ossa sono unite tramite una membrana interossea.
piede
Il piede è caratterizzato dalle ossa tarsali, da quelle metatarsi e dalle falangi.
Le ossa tarsali sono suddivise in una fila prossimale e una distale così come avviene nella mano.
Per la fila prossimale troviamo: il calcagno che forma il tallone ed è l’attacco del tendine d’achille,
il talo (o astragalo) si trova superiormente e oltre a confinare con il calcagno possiede i condili per
articolare con la tibia e confina con il piccolo osso navicolare.
Le ossa tarsali distali invece, procedendo lateralmente (visione superiore del piede) sono: il
cuneiforme mediale, intermedio e laterale insieme al cuboide che è il più grande.
Queste ossa del piede confinano con il metatarso che vede 5 ossa metatarsali. I metatarsali
articolano con le falangi. Anche qui le falangi sono suddivise in prossimali, mediali e distali.
-SISTEMA MUSCOLARE
Il sistema muscolare così come il sistema scheletrico presenta delle funzionalità importanti.
E’ indispensabile per il movimento, per la stabilità del corpo(mantengono la postura), per la
produzione di calore (producono l’85% del calore corporeo, vitale per il funzionamento degli
enzimi), per il controllo delle aperture dei passaggi del corpo(sfintere anale, muscoli che
circondano la bocca ecc.) e per il controllo glicemico nel sangue.
Un generico muscolo scheletrico è composto da tessuto muscolare ovviamente ma anche da
tessuto connettivo, nervoso e da vasi sanguigni.
Per quanto riguarda gli elementi del tessuto connettivo troviamo:
- Endomisio: è una guaina che circonda ogni fibra muscolare.
- Perimisio: le fibre muscolari sono unite tra di loro tramite il permisio che trasporta anche nervi e
vasi sanguigni più grandi rispetto a quelli dell’endomisio.
- Epimisio: è una guaina che circonda l’intero muscolo. Sulla sua superficie esterna esso termina
nella fascia mentre sulla superficie interna crea proiezioni tra i fascicoli per formare il perimisio.
I muscoli vengono classificati in base alla loro forma:
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-
Fusiformi: spessi al centro e sottili alle due estremità (bicipide brachiale)
Paralleli: larghezza uniforme e fasci paralleli (retto dell’addome)
Triangolari: a forma di ventaglio, ampi da una parte convergono poi sul tendine dall’altra.
Pennati: si dividono in monopennati dove i fascicoli si dirigono verso l’unico tendine laterale; i
bipennati hanno un tendine centrale con i fascicoli che si direzionano verso di esso; i
multipennati hanno la forma di un mazzo di penne e i fascicoli convergono in un unico punto
ma provengono da diverse direzioni.Ne è un esempio il deltoide.
-Circolari: formano anelli attorno ad alcune aperture del corpo.
I muscoli si legano all’osso tramite i tendini.Il tendine si allarga a livello del muscolo originando
l’epimisio esterno appena visto in precedenza.
L’unità funzionale del muscolo è la fibra muscolare che però a sua volta può essere analizzata
nelle suo componenti più piccole.
Ogni miofibrilla è costituita da un insieme ripetuto di unità funzionali più piccole dette sarcomeri.
Ogni sarcomero è formato da un insieme strutturato di proteine in particolare l’actina e la miosina.
Più nello specifico troviamo un alternarsi di filamenti sottili di actina a filamenti spessi di miosina.
La miosina (più molecola associate) idrolizza ATP a livello delle loro teste ATPasiche per legarsi ai
filamenti di actina ed effettuare una sorta di tiraggio che accorcia il sarcomero.
Questa operazione avviene su tutti i sarcomeri che compongono la miofibrilla accorciando così
l’intera fibra muscolare.
Questa attività è controllata da un impulso nervoso e da neurotrasmettitori come l’acetilcolina.
Importantissimo è il ruolo del calcio che attiva la contrazione muscolare liberando i siti di legame
della miosina sui filamenti actinici.
tipi di contrazione
Isometrica: per contrazione isometrica di intende essenzialmente la fase iniziale della contrazione
muscolare in cui il muscolo non si accorcia(non varia di volume)ma sviluppa una potenza atta a
sollevare un peso o comunque ad attuare un movimento.
Quando si è raggiunta la tensione esatta accade che il muscolo avvia la contrazione isotonica in
cui la potenza sviluppata rimane pressoché costante e varia il volume del muscolo che si contrare
notevolmente.
tipi di muscolatura
Muscolatura liscia: il muscolo liscio si contrae come visto precedentemente ma istologicamente
non ha una ripetizione ordinata dei sarcomeri. È involontaria, sotto il controllo nervoso ed
ormonale.
Muscolatura striata: ripetitività precisa dei sarcomeri che crea striature. È volontaria.
Muscolatura cardiaca: ibrido tra i due precedenti. È assimilabile alla muscolatura scheletrica
istologicamente ma è involontario dal punto di vista funzionale.
muscoli della testa e del collo
Nella parte superiore della testa troviamo essenzialmente due muscoli abbastanza semplici, il
frontale e l’occipitale. Il frontale origina a livello della galea aponeurotica e si inserziona a livello
del tessuto sottocutaneo delle sopracciglia.L’occipitale invece si trova posteriormente e origina a
livello della linea nucale superiore e dell’osso temporale per arrivare anche lei alla galea
aponeurotica anche detta galea capitis(tessuto connettivale).
Posti a raggiera attorno al meato acustico ci sono il muscolo auricolare anteriore, superiore e
posteriore.
Scendendo a livello del massiccio facciale la muscolatura diventa più complessa in quanto queste
sono maggiormente responsabili della mimica facciale e di altri movimenti.
Zona oculare: qui abbiamo i muscoli orbicolari dell’occhio che sono degli sfinteri delle
palpebre.L’orbicolare ha la funzione principale di chiudere l’occhio.
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Superiormente e medialmente abbiamo il corrugatore del sopracciglio che serve appunto a
corrugare le sopracciglia.Il corrugatore origina a livello mediale del margine sopraorbitario e
inserziona alla cute del sopracciglio.
Spostandoci ancora medialmente troviamo il procero che assieme al muscolo nasale modifica la
mimica della zona nasale.
Il nasale origina a livello della mascella laterale al naso e inserzione a livello delle cartilagini alari
del naso.
Zona peri-boccale: in questa zona troviamo principalmente l’orbicolare della bocca che origina a
livello del modiolo della bocca e inserziona a livello delle labbra. La funzione dell’orbicolare è
quella di chiudere le labbra.
Troviamo anche i muscoli zigomatici ovvero lo zigomatico maggiore e lo zigomatico minore che
originano a livello dello zigomo e inserzionano sulla porzione superiore laterale della bocca.Più
internamente, a fianco dello zigomatico minore è presente l’elevatore del labbro superiore che ha
il compito di innalzare il labbro superiore.
A livello laterale rispetto all’orbicolare della bocca è presente il risorio che permette di ridere
stendendo lateralmente gli angoli della bocca.Proseguendo a livello laterale dell’orbicolare della
bocca troviamo anche il buccinatore che serve principalmente a comprimere le guance.
Inferiormente invece troviamo il depressore dell’angolo della bocca, il depressore del labbro
inferiore e il mentale.Gli ultimi due normalmente cooperano tra di loro.
Zona oculare-muscoli estrinseci dell’occhio: i muscoli estrinseci dell’occhio permettono il
movimento del bulbo oculare a differenza di quelli intrinseci invece che si occupano
principalmente di dilatare o contrarre la pupilla e che appartengono direttamente al bulbo
oculare.Di questi muscoli fanno parte 4 muscoli retti: uno superiore, uno inferiore, uno laterale e
uno mediale.
Ad aggiustare i movimenti che questi muscoli possono far fare all’occhio intervengono i muscoli
obliqui: il muscolo obliquo superiore e il muscolo obliquo inferiore.
Nella zona superiore è presente anche l’elevatore della palpebra superiore che ha per l’appunto il
compito di elevare la palpebra.
Muscolatura masticatoria:
I muscoli masticatori sono essenzialmente 4:
-Temporale: muscolo che origina a livello delle linee temporali dell’osso occipitale e inserziona a
livello del processo coronoideo della mandibola.Permette l’elevazione mandibolare ma anche la
retroazione e movimenti laterali.
-Massetere: si inserziona a livello della tuberosità dell’angolo della mandibola e ha più o meno la
stessa funzione del temporale.
-Muscolo pterigoideo mediale e laterale che inserzionano a livello mediale della mandibola e
l’azione è sinergica rispetto ai precedenti.Hanno un ruolo importante nell’apertura della bocca.
Muscoli della lingua:
I muscoli della lingua sono essenzialmente:
- Genioglosso: origina a livello della spina mentoniera e inserziona la superficie inferiore della
lingua.Serve per l’abbassamento e la protrusione della lingua.
- Ioglosso: origina a livello dell’osso ioide e si inserziona a livello delle superfici laterali e inferiore
della lingua. Serve per abbassare e retrarre la lingua.
- Stiloglosso: origina a livello del processo stiloideo dell’osso temporale e inserzione la parte
superolaterale della lingua. Serve per lo più a retrarre e innalzare le pareti laterali della lingua.
- Palatoglosso: origina livello del palato molle e inserzione a livello della superficie laterale della
lingua.Serve per innalzare la lingua e abbassare il palato molle.
Muscoli del tratto faringeo:
A livello della faringe abbiamo tre muscoli che si contraggano nel processo della deglutizione e
sono il costrittore superiore, mediano e inferiore.
Servono per direzionare il cibo all’esofago.
Muscoli del collo:
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-Sternocleidomastoideo: origina a livello del manubrio sternale e a un terzo mediale della
clavicola.Inserziona a livello del processo mastoideo della parte mastoidea dell’osso temporale.
Il movimento unilaterale permette di innalzare la testa verso l’alto e ruotare leggermente verso il
lato opposto.
Un movimento bilaterale muove la testa in avanti e in basso come quando mangiamo.
-Platisma: è un muscolo sottile e ampio che origina dall’angolo della bocca, prosegue sul profilo
mandibolare, lateralmente al collo e si inserisce sulla clavicola. Ha funzione protettiva e mimica.
Quando l’uomo si rade tende questo muscolo per rendere meno profonda la concavità tra
mandibola e collo.
Muscolatura del tronco:
-posteriore superficiale: il primo che vediamo è il trapezio che occupa circa i 2/3 della superficie
dorsale.Esso si porta lateralmente superiormente dalla colonna per inserzionarsi a livello della
spina scapolare.Il secondo che vediamo è il deltoide che è il muscolo che da profilo alla spalla,
anche questo si inserisce nella spina scapolare.
Spostandoci inferiormente intravediamo parte del muscolo infraspinato o sottospinato.
La rimanente parte dorsale è occupata principalmente dal gran dorsale.
-posteriore profondo: togliendo il trapezio notiamo due muscoli che prendono il nome di di
piccolo e grande romboide. Sezionando questi due individuiamo il dentato posterioresuperiore.Esiste più inferiormente anche il dentato-posteriore-inferiore.
Sempre togliendo il trapezio si nota anche il muscolo sopraspinato e l’elevatore della scapola.
Lateralmente-posteriormente si trova anche il dentato anteriore chiamato così perché si inserisce
sulle coste.
La parte più profonda del dorso vede i muscoli erettori della colonna che corrono lungo tutta la
colonna vertebrale e la raddrizzano. Gli erettori della colonna si suddividono dalla parte laterale a
quella mediale in: ileocostale (lombi, dorso e collo), lunghissimo(dorso, collo, testa), spinale(dorso,
collo, testa).
-anteriore più superficiale: oltre al platisma già trattato nei muscoli del collo(inserziona sulla
clavicola) inferiormente troviamo il grande pettorale e l’obliquo esterno dell’addome nella zona
addominale.
-anteriore più profondo: sotto al grande pettorale notiamo subito il piccolo pettorale e le
inserzioni del dentato anteriore sulle coste.
Nella regione addominale troviamo invece l’obliquo interno dell’addome e più profondamente il
trasverso dell’addome.Questi due vengono bloccati anteriormente dal retto dell’addome il quale è
ricoperto da uno strato connettivale di contenimento.
Muscoli del braccio:
Posteriormente notiamo immediatamente il tricipide il quale è formato da
tre corpi muscolari: il capo lungo, il capo laterale e il capo mediale.
Anteriormente invece troviamo il bicipite brachiale con un capo lungo e
un capo breve.
Sollevando il bicipite troviamo il coracobrachiale nella parte prossimale
e il brachiale in quella distale.
Il muscolo coracobrachiale e il brachiale sono sinergici e per questo
danno una potenza maggiore rispetto al normale bicipite.
Muscoli dell’avambraccio:
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Muscoli respiratori:
Il principale muscolo respiratorio è il diaframma. Esso è a forma di cupola e si trova tra la cavità
toracica e la cavità addominale.E’ aperto per il passaggio dell’esofago, dei vasi sanguigni(tra cui
la vena cava e aorta) e linfatici e i nervi tra le due cavità.
Le sue fibre convergono dai margini verso un tendine centrale fibroso.
Quando si ha l’inspirazione il diaframma si contrae e si appiattisce permettendo ai polmoni di
espandersi.
Grazie alla zona connettivale centrale impediamo che i vasi sanguigni vengano strozzati ad ogni
contrazione in quanto è una zona che non può contrarsi.
Durante l’espirazione il diaframma si rialza.
Aiutano nella respirazione (inspirazione) anche lo sternocleidomastoideo già visto in precedenza e
gli scaleni (anteriore, medio e posteriore) che sono muscoli profondi del collo che si inseriscono
sulla clavicola e sulla prima costa.I muscoli intercostali esterni ed interni svolgono rispettivamente
un ruolo inspiratorio ed espiratorio.
L’espirazione è un’azione passiva e non richiede lavoro muscolare.
Ci sono però muscoli che aiutano in questo o che vengono usati nell’espirazione forzata e sono
principalmente quelli addominali già visti in precedenza come:
obliquo interno, obliquo esterno, trasverso dell’addome e trasverso del torace.
Muscoli dell’arto inferiore:
A partire dalla zona posteriore notiamo immediatamente il grande gluteo.Sopra il grande il gluteo
è presente il medio gluteo mentre in profondità troviamo il piccolo gluteo.
Anteriormente notiamo il tensore della fascia lata che è un piccolo muscolo che sfocia in un lungo
tendine che prosegue per tutta la lunghezza della coscia.
A livello della zona intorno all’articolazione con il femore originano una serie di muscoli disposti a
raggiera che sono: piriforme, gemello superiore, otturatorio interno, otturatorio esterno, gemello
inferiore e quadrato del femore.
Nella zona anteriore troviamo il quadricipite femorale che si suddivide in 4 corpi: retto del femore,
vasto laterale, vasto mediale e vasto intermedio.Il quadricipite si ancora con i suoi 4 corpi
attraverso un unico legamento detto legamento rotuleo o patellare.Tale legamento passa
superiormente rispetto alla rotula e va ad inserirsi nella tuberosità tibiale anteriore.
Il sartorio è un muscolo particolare in quanto origina lateralmente, passa superiormente al
quadricipite femorale fino ad arrivare alla tibia.
A livello mediale/interno coscia troviamo il gracile e più in profondità e posteriormente la famiglia
degli adduttori (avvicinano la gamba all’asse mediale).
Posteriormente a livello della coscia troviamo invece il bicipide femorale, il semitendinoso e il
semimebranoso (da laterale a mediale).
Muscoli della gamba:
Prima di tutto troviamo il tibiale anteriore (anteriormente alla tibia) seguito lateralmente dal
peroniero lungo e dal peroniero breve.Posteriormente abbiamo il tricipide surale che è formato dal
gastrocnemio nelle sue due parti laterale e mediale, e dal soleo che è più in
profondità.L’inserzione del soleo e dei due gastrocnemi è il tendile calcaneale o anche detto
tendine d’achille.
-ARTICOLAZIONI
I movimenti sono possibili solo grazie alla presenza delle articolazioni delle ossa.
Si possono suddividere in 4 grandi classi:
-Articolazioni ossee
-Fibrose
-Cartilaginee
-Sinoviali
-Una articolazione ossea o sinostosi è un’articolazione immobile formata quando lo spazio tra due
ossa ossifica ed esse diventano, in effetti, un singolo osso.
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Queste articolazioni si possono formare per ossificazione di articolazioni fibrose e cartilaginee.
Ad esempio, un neonato nasce con l’osso frontale e la mandibola divise in due parti che poi però
fondono formando l’osso frontale e la mandibola.
In età avanzata per esempio alcune suture craniche si obliterano tramite ossificazione e le ossa
craniche adiacenti si fondono (come le parietali).Un altro esempio è l’attacco della prima costa
allo sterno diventa una sinostosi con il passare degli anni.
-Le articolazioni fibrose invece sono anche dette sinartrosi.
Queste rappresentano un punto in cui due ossa si uniscono per mezzo di fibre collagene che
emergono da un osso e si inserzionano nell’osso adiacente.
Si suddividono in: suture, gonfosi e sindesmosi. Nelle prime due le fibre sono molto corte e i
movimenti sono praticamente nulli.Nelle sindesmosi invece le ossa che vi partecipano sono
mobili.
suture:
Le suture sono tipiche delle ossa del cranio.
Le ossa sono tenute unite da fibre collagene molto corte e non permettono particolari movimenti.
gonfosi:
Una concavità si inserisce in una convessità e sono fissate tra loro da un legamento fibroso o da
una fascia.L’esempio è il dente nelle sue cavità alveolari; il dente è mantenuto nella cavità
attraverso il legamento periodontale che permette leggeri movimenti.
sindesmosi:
La sindesmosi invece è caratterizzata da fibre collagene leggermente più lunghe che donano
maggiore mobilità alle ossa che la compongono.
Ne è un esempio la membrana interossea del radio e dell’ulna che permette il movimento di
pronosupinazione dell’avambraccio.
I movimenti sono comunque limitati.
-Le articolazioni cartilaginee sono dette anche anfiartrosi.
Le ossa sono tenute assieme attraverso tessuto cartilagineo.
Una prima classificazione è la sincondrosi in cui due ossa sono legate tramite cartilagine ialina.
Un esempio di sincondrosi è la piastra cartilaginea che divide epifisi e diafisi nelle ossa lunghe dei
bambini.Di solito non permettono nessun movimento se non la prima articolazione sterno-costale.
Una seconda classificazione è la sinfisi in cui le due ossa sono unite da cartilagine fibrosa e sono
un esempio la sinfisi pubica e i dischi intervertebrali tra le vertebre.Queste permettono movimenti
piccoli e controllati.
-Le articolazioni sinoviali invece sono le più comuni e sono anche dette diartrosi.Queste sono
quelle che permettono i movimenti più ampi.
Sono però anche le più complesse in quanto hanno una struttura veramente particolare.
Le superfici delle due ossa che si fronteggiano sono rivestite da cartilagine articolare, uno stratto
di 2-3 millimetri di cartilagine ialina.
Tali superfici sono separate da uno stretto spazio detta cavità articolare che contiene un
lubrificante chiamato liquido sinoviale.
Questo fluido è ricco di albumina e acido ialuronico che lo rende scivoloso simile all’albume
dell’uovo crudo.
Questo liquido nutre le cartilagini, elimina i prodotti di scarto e rende i movimenti quasi privi di
attrito.
Esternamente abbiamo una capsula articolare di tessuto connettivo che racchiude la cavità e
trattiene il fluido.Esternamente la capsula articolare è una capsula fibrosa al periostio delle ossa
adiacenti e viene rafforzata da legamenti mentre internamente crea la membrana sinoviale che
secerne il liquido sinoviale.
Le articolazioni sinoviali vengono classificate in:
-Enartrosi: è l’articolazione tipica del femore con l’acetabolo o dell’omero con la cavità glenoidea
della scapola.
Una testa semisferica si inserisce all’interno di una coppa articolare.
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-Articolazione a perno: in questa articolazione il movimento è lungo l’asse longitudinale.Ne è un
esempio l’articolazione atlanto - epistrofea in cui il movimento avviene mantenendo come perno il
dente dell’epistrofeo.
-Articolazione trocleare: articolazione in cui il movimento favorito è solo lungo un determinato
piano.E’ tipico del gomito.In questa articolazione di solito troviamo una zona convessa(ma non
semisferica) come la troclea dell’omero che articola con una zona leggermente concava come
l’incisura trocleare del radio.
-Articolazione a sella: le due superfici sono concave-convesse entrambe e il movimento avviene
su due assi perpendicolari.
Ne è un esempio l’articolazione carpo - metacarpale del pollice.
-Artrodie o articolazioni piane : sono articolazioni in cui le superfici articolari sono piane e
scivolano tra di loro.I movimenti però hanno limiti abbastanza ristretti.
Ne sono un esempio le articolazioni delle ossa del carpo che scivolano e ruotano tra di loro.
-LEVE
Per leva di solito si intende una qualsiasi asta rigida.
Una leva ruota attorno ad un fulcro. La parte della leva che si trova tra il fulcro e il punto di
applicazione della potenza è detto braccio della potenza; la parte di leva che si trova tra il fulcro e
il punto di applicazione della resistenza è detto braccio della resistenza.
Le leve possono essere classificate in:
-Primo genere: quando il fulcro si trova tra potenza e resistenza
R
P
-Secondo genere: quando il fulcro e la potenza si trovano a estremità opposte e in mezzo c’è la
resistenza
R
P
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-Terzo genere: quando il fulcro e la resistenza si trovano a estremità opposte e in centro c’è la
potenza.
P
R
Applicando tale concetto in anatomia notiamo come il fulcro diventa l’articolazione, la potenza è il
lavoro muscolare e la resistenza è il peso del corpo.
Come leva di primo genere troviamo ad esempio il movimento della testa quando diciamo “si”.
In questo caso il fulcro è l’articolazione atlanto-occipitale, la potenza è la potenza dei muscoli che
permettono questo movimento e la resistenza è il peso della testa.Disegnando vettorialmente le
due forze notiamo che è appunto una leva di primo genere, anche se svantaggiosa.
R
P
Una tipica leva di secondo genere la troviamo quando ci mettiamo sulla punta dei piedi.
In questo caso la punta dei piedi è il fulcro.Dalla parte opposta troviamo la potenza muscolare dei
muscoli posteriori che permettono di innalzarci e in mezzo troviamo la forza peso che ci trascina
verso il basso.Questa è una leva vantaggiosa in quanto il rapporto tra braccio della forza motrice
e della forza resistente è maggiore di 1.
P
R
Una leva di terzo genere la troviamo quando flettiamo l’avambraccio per sollevare qualcosa.
In questo modo accade che il fulcro è l’articolazione del gomito, la forza resistente si trova sulla
mano dal lato opposto mentre la forza motrice muscolare si trova in mezzo.
P
R
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APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO
In questa parte ci concentriamo principalmente sullo studio del
cuore.
Esso è posizionato all’interno della cavità toracica, a livello del
mediastino che è la regione compresa tra lo sterno, la colonna
vertebrale e la faccia mediastinica delle pleure polmonari.
Il cuore è leggermente piegato verso sinistra in modo tale che
circa i due terzi si localizzano alla sinistra del piano mediano.La
parte superiore del cuore viene chiamata base mentre la
l’estremità inferiore restringe in una punta smussata detta apice
del cuore che è situata immediatamente sopra il diaframma.
La cavità pericardica o pericardio contiene il cuore.
Tale cavità è costituita da un foglietto fibroso esterno detto
sacco pericardico o pericardio parietale il quale è costituito da
tessuto connettivo denso e irregolare e da uno strato sieroso più
interno che si riflette a livello della base del cuore e costituisce
l’epicardio anche detto pericardio viscerale che riveste la
superficie del cuore.
Tra i due foglietti è presente una cavità detta cavità pericardica
che contiene da 5 a 30 ml di un liquido detto liquido pericardico
prodotto dal pericardio sieroso.
Il liquido permette al cuore di battere con attriti minimi.Oltre a
ridurre l’attrito il pericardio isola il cuore dagli altri organi toracici
e permette alle sue camere di espandersi, opponendosi tuttavia a una espansione eccessiva.
La parete cardiaca è suddivisa in tre stati principali:
-Epicardio o pericardio viscerale: questo strato è una membrana sierosa disposta sulla superficie
del cuore.E’ costituito da un epitelio squamoso semplice al di sopra di un sottile strato areolare
(tessuto connettivo lasso).In alcuni punti comprende anche uno spesso strato di tessuto
adiposo.Le ramificazioni maggiori dei vasi sanguigni coronarici(sangue ossigenato) decorrono al
di sotto dell’epicardio.
-L’endocardio è lo strato più interno ed è caratterizzato da una morfologia simile
all’epicardio.L’endocardio riveste l’interno delle camere cardiache e permette al sangue di
rimanere scoagulato mentre passa nelle diverse cavità.
-Il miocardio invece è lo strato compreso tra l’epicardio e l’endocardio. Questo è molto più
spesso in quanto esegue il lavoro del cuore (pompare sangue).Il miocardio è formato
principalmente dal muscolo cardiaco disposto in una spirale chiamata vortice miocardico. Questa
disposizione ottimizza la contrazione e la contorsione del cuore che aumenta l’iniezione di
sangue.
Il cuore in realtà a livello delle valvole cardiache e quindi delle pareti che dividono le diverse cavità
è ricco di un tessuto ricco di collagene e fibre elastiche detto scheletro fibroso, principale
costituente anche degli anelli fibrosi che circondano le valvole.
MIOCARDIO
EPICARDIO
ENDOCARDIO
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cavità cardiache
Il cuore è suddiviso in 4 cavità.
La parte superiore vede i due atri, atrio destro e sinistro, mentre quella inferiore vede il ventricolo
destro e il ventricolo sinistro.
I due atri quindi si trovano a livello della base del cuore e sono formati da pareti sottili che
ricevono il sangue che ritorna al cuore attraverso le grandi vene.La maggior parte del volume
dell’atrio è localizzato nella faccia posteriore; ogni atrio è previsto di una estensione a forma di
orecchio detta auricola che aumenta lievemente il suo volume.
I due ventricoli invece servono per pompare il sangue all’interno delle arterie che lo faranno fluire
per tutto l’organismo; il più grande è quello destro mentre il sinistro forma l’apice e la faccia
inferoposteriore.
A livello superficiale i confini delle 4 camere sono delimitati da tre solchi in gran parte ricoperti da
tessuto adiposo all’interno del quale passano i vasi coronarici.
Il solco coronario ( atrioventricolare ) separa gli atri soprastanti dai ventricoli sottostanti.Da questo
si dipartono due solchi obliqui, uno anteriore denominato solco interventricolare anteriore che
prosegue fino all’apice del cuore e uno posteriore denominato solco interventricolare posteriore.
Questi solchi sottendono una parete interna, il setto interventricolare che divide il ventricolo
destro e quello sinistro.
Gli atri sono formati da pareti abbastanza sottili in quanto non devono svolgere un lavoro
particolarmente pesante e sono separati dal setto interatriale.
Internamente gli atri mostrano delle creste di miocardio chiamate muscoli pettinati.
Il ventricolo destro pompa il sangue solo nei polmoni e per questo la sua parete non è
particolarmente muscolare.La parete del ventricolo sinistro invece è più spessa di due o 4 volte a
causa del fatto che esegue la maggior parte del carico di lavoro rispetto a tutte le altre cavità
pompando il sangue nell’interno organismo.Entrambi i ventricoli presentano creste interne
chiamate trabecole carnee.
valvole
Tra gli atri e i ventricoli sono presenti delle valvole che prendono il nome di valvole AV o
atricoventricolari e regolano le aperture esistenti tra atri e ventricoli.
La valvola di destra è chiamata tricuspide mentre quella di sinistra bicuspide a causa della loro
composizione: la prima è costituita da tre lamine fibrose (cuspidi) e la seconda solo da due.
Queste valvole sono legate con delle corde tendine filiformi a esteroflessioni muscolari dei
ventricoli detti muscoli papillari.
La valvola bicuspide di sinistra è detta
anche mitrale.
Le valvole invece che controllano le
aperture tra ventricoli e arterie sono dette
valvole semilunari.
La valvola del ventricolo destro è detta
polmonare in quanto controlla il
passaggio del sangue verso i polmoni
mentre quella del ventricolo sinistro è
detta aortica.
Entrambi sono provviste di tre cuspidi.
Le aperture delle valvole dipendono
semplicemente dalla pressione.Questo
significa che quando i ventricoli sono
rilassati le valvole AV vedono i loro
cuspidi aperti verso il basso: il sangue
fluisce così nei ventricoli.
Quando il sangue entra nei ventricoli essi cominciano a contrarsi aumentando la pressione verso
l’alto chiudendo tali valvole impedendo così il reflusso del sangue.
Nello stesso tempo l’aumento della pressione del sangue nei ventricoli fa si che le valvole
semilunari si aprano permettendo il passaggio del sangue fuori dal cuore.
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Le corde tendine legate ai muscoli papillari dei ventricoli servono per far si che le cuspidi non si
rovescino al contrario verso l’apertura atriale sfociando in un prolasso valvolare.
Ma come passa il sangue? verso che direzione?
Una volta completata la circolazione sistemica, il sangue ricco di anidride carbonica attraverso la
vena cava inferiore e superiore entra nell’atrio destro.
Dall’atrio desto prosegue nel ventricolo destro passato la valvola AV tricuspide atrioventricolare.
Dal ventricolo destro il sangue viene pompato verso i polmoni attraverso la valvola polmonare e il
tronco polmonare.
Quando si è ossigenato il sangue ritorna attraverso le vene polmonari destre e sinistre (2+2)
nell’atrio sinistro.
Dall’atrio sinistro il sangue scende nel ventricolo sinistro attraverso la valvola bicuspide o mitrale e
procede poi a essere pompato dal ventricolo nell’aorta attraverso la valvola aortica.
sistema di conduzione del cuore
Il cuore è un muscolo involontario nonostante sia striato.La funziona contrattile del cuore deriva
dalla presenza di un sistema nervoso elettrico
proprio.
Il nodo senoatriale (SA) è una porzione di
cardiociti modificati posizionati a livello dell’atrio
destro, appena sotto all’epicardio, in prossimità
della vena cava.
Questa porzione ha la capacità di iniziare la
depolarizzazione della membrana legata alla
contrazione del cuore: viene detto anche
pacemaker in quanto inizia autonomamente ogni
battito cardiaco e determina il ritmo cardiaco.
Segnali dell’SA si propagano verso i due atri e
successivamente raggiungono il nodo
antrioventricolare (AV) che funziona da
comunicatore dell’impulso elettrico ai ventricoli
in quanto lo scheletro fibroso delle valvole
impedisce che arrivino impulsi elettrici da qualsiasi altra via.
Questo è localizzato a livello della valvola atrioventricolare destra(tricuspide).
L’eccitazione prosegue dal nodo atrioventricolare lungo il fascio di HIS o anche detto fascio
atrioventricolare.Questo è un insieme di miociti modificati che permettono di trasmettere il
segnale dal nodo AV. Questo si prolunga nel setto intraventricolare e scendono fino all’apice del
cuore.Infine si notano anche le fibre di Purkinje che dal fascio di HIS salgono lungo i ventricoli
innervando il sinistro maggiormente rispetto al destro.
osservazione: anche se il cuore presenta i pacemaker è anche innervato dal sistema simpatico e
parasimpatico che possono modificare il ritmo cardiaco e la forza della contrazione.
Il sistema simpatico può aumentare la frequenza cardiaca mentre quello parasimpatico la può
diminuire anche notevolmente.
ciclo cardiaco
Il ciclo cardiaco si basa su movimenti di sistole ovvero eccitazione elettrica di una cavità
pompando il sangue e di diastole che invece è un rilassamento e permette alla cavità di riempirsi.
All’inizio tutte e 4 le cavità sono distese e rilassate(diastole): le valvole AV sono aperte e quando il
sangue entra nel cuore dalle vene cave e dalle vene polmonari passa attraverso queste valvole e
riempie parzialmente i ventricoli.
A questo punto si attiva il nodo senoatriale e eccita il miocardio atriale producendo la sistole
atriale.Gli atri quindi si contraggono e riempiono i ventricoli.
Questa contrazione si diffonde lungo il nodo atrioventricolare, il fascio di HIS e le fibre di Purkinje
contraendo i ventricoli e dando origine alla sistole ventricolare che porta alla chiusura delle valvole
AV e all’apertura delle valvole semilunari (polmonare e aortica) dei due ventricoli.
A questo punto, una volta che il sangue è entrato nel tronco polmonare dal ventricolo di destra e
nell’aorta dal ventricolo di sinistra si verifica la depolarizzazione ed il rilassamento dei ventricoli
portando tutte e quattro le cavità in una nuova fase di diastole.
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manifestazione esterne del ciclo cardiaco
Itto cardiaco: leggera torsione del cuore in senso orario e secondo l’asse verticale dei ventricoli
durante la sistole.
Questo fa urtare leggermente il cuore contro la gabbia toracica.
Toni o rumori cardiaci:
Questi possono essere dovuti a diversi fattori come:
-Chiusura delle valvole
-Riempimento ventricolare
-Contrazione atriale
Se è presente insufficienza aortica questa si può sentire in fase di diastole in quanto la valvola
aortica non è chiusa bene.
Stenosi aortica invece è udibile in sistole.
vascolarizzazione del cuore
Il cuore deve la sua vascolarizzazione grazie alle arterie coronarie, una destra e una sinistra che
emergono dal primo tratto ascendente aortico.
L’arteria coronaria sinistra (ACS) percorre il solco coronario sinistro al di sotto dell’auricola sinistra
e si divide in due rami:
-il ramo interventricolare anteriore dell’arteria coronaria sinistra che prosegue anteriormente
raggiungendo l’apice e piegando leggermente verso la parte posteriore
-il ramo circonflesso continua attorno al margine sinistro del cuore nel solco coronario e prosegue
posteriormente a creare il ramo marginale sinistro che discende lungo il ventricolo sinistro
L’arteria coronaria destra(ACD) invece continua lungo il solco coronario passando al di sotto
dell’auricola destra e da origine a due rami:
-il ramo marginale destro che passa sopra il margine destro di atrio e ventricolo e si avvicina
all’apice
-l’arteria procede verso la parte posteriore destra del cuore inviando un piccolo ramo al nodo
atrioventricolare e poi origina il ramo interventricolare posteriore
In caso di coagulo ematico o eccessivo deposito di grasso a livello delle arterie coronarie ci
sarebbero conseguenze devastanti per il cuore che può andare incontro a infarto del miocardio o
IMA (infarto del miocardio acuto) ovvero la morte improvvisa di un’aerea di tessuto privata del suo
flusso sanguigno.
RAMO INTERVENTRICOLARE ANTERIORE
ACS
RAMO CIRCONFLESSO CHE SFOCIA
POSTERIORMENTE NEL RAMO MARGINALE
SINISTRO
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RAMO MARGINALE DI DESTRA
ACD
POSTERIORMENTE INNERVA IL NODO
ATRIOVENTRICOLARE E SFOCIA NELLA
CREAZIONE DEL RAMO
INTERVENTRICOLARE POSTERIORE
Da un punto di vista venoso invece il sangue viene captato
da apposite vene che riversano il contenuto attraverso il
seno coronario nell’atrio destro.
Il seno coronario è una grande vena che decorre lungo il
solco coronario lungo la faccia posteriore del cuore e
svuota il suo contenuto come già detto nell’atrio destro.
La vena cardiaca magna raccoglie il sangue venoso dalla
faccia anteriore del cuore e decorre in prossimità dell’arteria
intraventricolare anteriore.La vena risale fino al solco
coronario dove piega posteriormente per riversare nel seno
coronario.
La vena cardiaca media invece raccoglie il sangue dalla
faccia posteriore del cuore e decorre lungo l’arteria
intraventricolare posteriore.Anch’essa sfocia nel seno
coronario.
La vena marginale sinistra decorre lungo l’arteria marginale
sinistra (formata dall’arteria coronarica sinistra) e sfocia
anch’essa a livello del seno coronario.
pareti dei vasi sanguigni
Le pareti delle arterie e delle vene presentano tre strati chiamati tonache.
La tonaca interna riveste l’interno dei vasi sanguigni ed è direttamente esposta al sangue.
Si tratta di epitelio squamoso semplice detto endotelio che sovrasta una membrana basale e uno
strato di tessuto connettivo lasso.
L’endotelio agisce come barriera permeabile ai materiali che entrano e escono dal flusso
sanguigno.Questo secerne sostanze per la vasocostrizione o vasodilatazione e respinge cellule
del sangue e piastrine in modo tale che possano
fluire liberamente. In caso di danneggiamento
ovviamente le piastrine possono svolgere il loro
ruolo e creare il coagulo.
La tonaca media invece è più spessa e
solitamente si compone di muscolatura liscia
(involontaria),collagene e tessuto elastico.La
quantità di muscolatura e di tessuto elastico
dipende dal vaso in questione e questo
permette una classificazione.
La tonaca media rinforza i vasi sanguigni ed
impedisce che pressioni eccessive li rompano.
La tonaca esterna o avventizia è costituita da
tessuto connettivo lasso che si fonde spesso
con quello dei vasi sanguigni, nervi o organi limitrofi.
classificazione delle arterie
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Le arterie sono detti anche vasi di resistenza del sistema cardiovascolare perchè hanno una
struttura tissutale in grado di resistere alla pressione alta. Ogni battito del cuore crea un aumento
di pressione nelle arterie quando il sangue vi viene immesso e devono resistere a questi picchi.
Genericamente sono più muscolari delle vene e questo permette loro di mantenere la loro forma
circolare anche quando sono vuote.
Le arterie vengono classificate in tre classi:
-Arterie di conduzione (elastiche o grandi): sono le più grandi arterie.
Ne sono un esempio l’aorta, le carotidi comuni o il tronco polmonare.Sono quelle che devono
resistere a una maggiore pressione in quanto sono, come ad esempio l’aorta, molto vicino al
cuore e quindi alla pressione di uscita del sangue dal ventricolo sinistro.
Per questo scopo hanno una predominanza di tonaca avventizia e di elastina indispensabile come
ritorno elastico alla spinta cardiaca.
-Arterie di distribuzione o muscolari: alla periferie le arterie hanno bisogno di una maggior
percentuale di tonaca media in quanto manca la spinta pressoria. Il tessuto muscolare liscio
“spreme” l’arteria e permette al sangue di confluire.
-Arterie di resistenza o piccole: all’estrema periferia il sangue comunica con l’esterno del
sistema circolatorio e questi vasi per assolvere a questo scopo hanno una minor percentuale di
tonaca esterna per aumentare quella media e quella interna.
Nei capillari addirittura rimane sono quella interna.
Le vene invece sono detti vasi di capacità del sistema cardiovascolare in quanto sono
relativamente sottili e flaccide e possono contenere un maggior volume di sangue.
Le vene presentano pareti sottili in quanto lavorano a bassa pressione essendo lontano dai
ventricoli del cuore.
Le vene presentano all’interno delle valvole che impediscono al sangue che direziona verso l’atrio
destro del cuore di refluire indietro (verso il basso).
Attraverso il sistema di muscolatura liscia il sangue nelle vene viene pompato verso l’alto in
quanto la bassa pressione non gli permettere di arrivare al cuore in autonomia.
Quando il muscolo si rilassa la valvola precedente si chiude e il sangue non refluisce.
principali patologie vascolari
- aterosclerosi: consiste nell’irrigidimento dei vasi sanguigni arteriosi derivato dall’accumulo di
sostanze come il colesterolo.Questo materiale forma delle vere e proprie placche all’interno del
vaso sanguigno impedendo il passaggio del normale flusso ematico.
- aneurisma: consiste della dilatazione della parete di un’arteria che può giungere a rottura con
conseguenze emorragiche a volte fatali.
aorta e i suoi rami principali
L’aorta origina dal ventricolo sinistro e presenta tre strutture principali: un tratto ascendente, un
arco aortico e un tratto discendente.
A livello del tratto ascendente si dipartono le due arterie coronarie (ACD e ACS) già viste in
precedenza.
L’arco aortico invece crea una struttura a forma di U capovolta al di sopra del cuore e da origine a
un tronco brachioencefalico il quale origina a sua volta l’arteria succlavia destra e l’arteria carotide
comune destra. Dall’arco aortico poi si originano separatamente l’arteria carotide comune sinistra e
l’arteria succlavia sinistra.
Il tratto discendente dell’aorta passa posteriormente al cuore, a sinistra della colonna e poi
anteriormente attraversando cavità toracica prima e cavità addominale poi.
Al di sopra del diaframma prende il nome di aorta toracica e al di sotto diventa aorta addominale.
Il passaggio tra una parte e l’altra del diaframma avviene attraverso il centro frenico, nel punto in
cui si crea un orifizio tra la cupola diaframmatica e la colonna vertebrale.
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Superato il diaframma la nuova aorta addominale di biforca a formare l’arteria iliaca comune
destra e sinistra.
Dall’aorta addominale però si dipartono diverse emergenze tra cui quelle anteriori che sono il
tronco celiaco che vascolarizza i visceri dell’addome superiore, l’arteria mesenterica superiore e
l’arteria mesenterica inferiore.
Le due arterie più grosse che si dipartono dall’aorta addominale sono le arterie renali (una per
lato) e poi anche altre ma dal calibro minore.
Tornando a livello dell’arco aortico seguiamo adesso le due carotidi comuni che proseguono
lungo il collo e si biforcano generando ciascuna una arteria carotide interna e una esterna.
Quella esterna vascolarizza le porzioni più superficiali del cranio mentre quella interna l’encefalo e
le strutture più interne.
Le due arterie succlavie invece danno origine a due arterie
vertebrali che arrivano alla base del cranio passando
attraverso i fori dei processi trasversi delle vertebre
cervicali.
Dalla carotide esterna a questo punto si diparte l’arteria
tiroidea superiore diretta alla tiroide e alla laringe, l’arteria
linguale volta alla vascolarizzazione della lingua, l’arteria
facciale che si porta anteriormente al volto vascolarizzato
la parte anteriore del massiccio facciale arrivando al
margine mediale della cavità orbitaria e proseguendo
successivamente sull’osso frontale.
Proseguendo posteriormente la carotide esterna da
origine all’arteria occipitale ma anche all’arteria
mascellare che prosegue interiormente e poi riemerge.
La carotide esterna si porta anche superiormente
superando la regione temporale diventando arteria
temporale superficiale.
La carotide interna si porta invece in profondità assieme
all’arteria vertebrale ed entrambe contribuiscono a
formare la struttura vascolare che prende il nome di
poligono del Willis. (p. 578)
Le due arterie vertebrali convergono a formare il tronco
basilare del poligono del Willis. Dal tronco basilare si
diparte l’arteria cerebrale posteriore che è in comunicazione con l’arteria cerebrale media
attraverso l’arteria comunicare posteriore.L’arteria cerebrale media è in continuità con la carotide
interna.
Anteriormente il poligono è chiuso dalle due arterie cerebrali anteriori che comunicano tra loro
attraverso l’arteria comunicante anteriore.
Il poligono del Willis serve a far si che il sangue encefalico sia mantenuto a pressione costante.
L’arteria succlavia originatasi dall’arco aortico o dal tronco brachioencefalico decorre
posteriormente alla clavicola passando per la zona ascellare dove diventa arteria ascellare e poi si
porta verso il braccio diventando arteria omerale o brachiale.
A livello della testa dell’omero tale arteria origina due arterie circonflesse omerali che circondano
l’omero e vascolarizzano l’articolazione gleno-omerale.
L’arteria brachiale prosegue poi in due parti in cui la prima è la continuazione dell’arteria stessa e
prosegue anteriormente all’omero mentre la seconda si diparte posteriormente all’osso
diventando arteria brachiale o omerale profonda.
Dalla succlavia oltre all’arteria omerale si diparte inferiormente l’arteria toracica interna anche
detta arteria mammaria.
A livello dell’avambraccio l’arteria omerale si divide in arteria radiale e ulnare che raggiungono il
polso creando l’arco palmare profondo e superficiale.
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Da questi due archi nascono le arterie che vanno a vascolarizzate la parte periferica digitale.(p.
591)
tratto addominale
Dal tronco celiaco che deriva dall’aorta addominale originano diversi vasi diretti alla
vascolarizzazione dello stomaco, del fegato, della milza,
della cistifellea e del duodeno(prima parte dell’intestino
tenue).
L’arteria mesenterica superiore che deriva anch’essa
dall’aorta addominale vascolarizza l’intestino tenue e
crasso.
L’arteria mesenterica inferiore invece vascolarizza il
colon trasverso, il tratto discendente e il retto
dell’intestino crasso.
Le arterie renali invece vascolarizzano i reni e danno
origine a delle arterie surrenali per le relative ghiandole
surrenali.
Inferiormente l’aorta addominale si biforca originando come già detto le arterie iliache comuni (p,
595) dirette alla vascolarizzazione degli arti inferiori.
arti inferiori
L’arteria iliaca comune si biforca subito per formare l’arteria iliaca interna volta alla
vascolarizzazione della zona glutea profonda e l’arteria iliaca esterna.
Quest’ultima decorre anteriormente al femore diventando arteria femorale che prima del ginocchio
si sposta posteriormente all’articolazione diventando arteria poplitea.
Quest’ultima prosegue posteriormente creando l’arteria tibiale posteriore che decorre fino al
calcaneo ma nello stesso tempo un ramo si sposta anteriormente generando l’arteria tibiale
anteriore.
Dalla tibiale posteriore origina l’arteria fibulare che decorre lungo la fibula(perone).
decorso delle principali vene
Giugulare interna: corre nel collo profondamente al
muscolo sternocleidomastoideo e riceve il sangue
dall’encefalo.
Giugulare esterna: corre nel collo superficialmente al
muscolo sternocleidomastoideo e si svuota nella
succlavia.Drena principalmente il sangue dalle
strutture superficiali come i muscoli facciali e il cuoio
capelluto.
Vena basilica(mediale) e cefalica(laterale): decorrano lungo il braccio e portano il sangue alla
succlavia.
Vena azygos ed emiazygos: vene che decorrono lungo la colonna vertebrale e drenano il sangue
dagli organi toracici.
Grande safena: vena che decorre medialmente lungo la gamba. Questa assieme all’arteria
mammaria vengono usate per i bypass aorto-coronarici.
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circolazione fetale
la circolazione del feto è diversa da quella di un individuo normale in quanto il feto non svolge
respirazione polmonare.Caratteristica importante non c’è distinzione tra sangue ossigenato e
sangue refluo.
Il sangue ossigenato dalla mamma viene direzionato verso la vena ombelicale.
Da questa il sangue si dirige verso il fegato dove un dotto detto “dotto venoso di Aranzio” lo porta
alla vena cava inferiore.
Il sangue fluisce nell’atrio destro e da qui la maggior parte si direziona all’atrio sinistro attraverso
un foro detto foro di Botallo che si chiude dopo qualche settimana dalla nascita.
Esiste anche un punto di comunicazione tra il tronco polmonare e l’arco aortico detto dotto di
Botallo che come il foro di Botallo si chiude dopo la nascita.
APPARATO RESPIRATORIO
L’apparato respiratorio si può dividere in vie aeree e
organi parenchimatosi.
Le vie aeree sono quelle che permettono il passaggio
dell’aria ma non effettuano scambi gassosi: naso,
faringe, laringe, trachea e bronchi fanno parte delle vie
aeree.
I polmoni sono invece gli organi parenchimatosi.
Un’altra suddivisione vede l’apparato diviso in alte e
basse vie respiratorie con il punto di divisione a livello
della laringe.
Le funzioni principali dell’apparato respiratorio sono:
-Scambi gassosi tra aria e sangue
-Funzione fonatoria
-Provvede al senso dell’olfatto
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-Elimina l’anidride carbonica prodotta dal sangue per evitare una sua acidosi (innalzamento del
PH)
-Regolazione del volume e della pressione sanguigna
L’apparato respiratorio è rivestito internamente da un epitelio colonnare (cilindrico)
pseudostratificato rivestito da ciglia. All’interno di tale epitelio sono presenti cellule mucipare
caliciformi volte alla produzione di muco.
Il muco scorre sopra le ciglia dell’epitelio e permette di intrappolare materiale dannoso che può
entrare nelle nostre vie aeree; tale muco viene mandato verso l’alto ed espulso.
Questo sistema è presente nelle alte vie respiratorie e permette di intercettare materiale al
massimo di 10 micron di diametro.
Particelle più piccole vengono invece bloccate a livello delle basse vie respiratorie.
Un’altra funzione del muco è quella di riscaldare l’aria in entrata.La mucosa è riccamente
vascolarizzata e questo permette il riscaldamento dell’aria.
A questo epitelio si associano ovviamente cellule staminali in grado di riparare il tessuto
danneggiato.
La parte più esterna dell’apparato respiratorio è il naso ed è formato da una parte ossea e una
cartilaginea.
La parte ossea è formata a sua volta dall’etmoide,
dalle due ossa nasali e dal vomere; quella
cartilaginea è caratterizzata da cartilagini triangolari
e alari.
Le triangolari supportano il dorso e le pareti laterali
del naso mentre quelle alari creano la morfologia
delle narici.
La parte interna correlata al naso presenta tre
conche nasali o turbinati: superiore, media e
inferiore.
Il fondo della cavità nasale è definito dalle coane
nasali.
L’aria entra nelle narici e poi prosegue lungo i meati
nasali (superiore, medio e inferiore) che si creano tra le conche nasali: qui l’aria passa in
inspirazione con un moto turbolento grazie ai turbinati nasali e viene riscaldata grazie alla mucosa
vascolarizzata che li riveste.
faringe
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proseguendo lungo l’apparato respiratorio
troviamo la faringe formata dalla rinofaringe che
interessa solo l’apparato respiratorio, seguita poi
dalla orofaringe che è la porzione interessata al
passaggio degli alimenti dalla cavità boccale verso
l’esofago.All’orofaringe poi segue l’ipofaringe
direttamente in contatto con l’esofago.
Nella prima parte si ha un rivestimento
pseudostratificato colonnare in quanto passa solo
aria mentre negli altri due siccome passa anche
cibo il rivestimento è squamoso stratificato.
Anteriormente la faringe comunica con la laringe
attraverso il tratto laringe-faringeo mentre
posteriormente la faringe comunica con l’esofago.
laringe
la laringe è una cavità cartilaginea lunga circa 4 cm. La sua prima funzione è quella di impedire al
cibo e alle bevande di entrare all’interno delle vie aeree e lo fa attraverso una piccola struttura
cartilaginea elastica chiamata epiglottide che durante la
deglutizione si abbassa e chiude la laringe obbligando
il bolo a passare solo nell’esofago.
La laringe è composta da 9 cartilagini dove le prime 3
sono le più grandi e le più separate.
La cartilagine posta più in alto è quella epiglottica e
forma per l’appunto l’epiglottide.
La più grande invece è la cartilagine tiroide chiamata
così per la sua forma a scudo che copre ampiamente
la parte anteriore e laterale della laringe. Il pomo
d’Adamo corrisponde all’angolo anteriore di questa
cartilagine.
Inferiormente troviamo la cartilagine cricoide che
collega la laringe alla trachea.
La cricoide e la tiroide formano la “cassa” della cavità
da cui origina la voce.
Importanti sono anche le ultime cartilagini:
-2 cartilagine aritenoidi poste posteriormente alla
cartilagine tiroide.
-2 cartilagine corniculate poste alle estremità superiori delle aritenoidi
-2 cartilagine cuneiformi sostengono i tessuti molli tra le aritenoidi e l’epiglottide
Tra la cartilagine tiroide e l’aritenoide si trovano le corde vocali.
Esse con la loro apertura intermedia formano la glottide.
Muscoli intrinseci modulano le corde vocali tirando le cartilagini
corniculate ed aritenoidi e facendole agire come da perno.
A seconda della direzione
della loro rotazione possono
abdurre o addurre le corde
vocali modificando il suono
emesso quando passa
l’aria.
Ovviamente poi la voce
viene modulata in base ai
seni paranasali, alle labbra e
alla bocca.
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trachea
la trachea è costituita da un tubo rigido di circa 12 cm di lunghezza e 2,5 cm di diametro.
Tale tubo è formato da 20 anelli di cartilagine ialina a forma di C, aperti posteriormente.
Interiormente la trachea è formata da un epitelio
pseudostratificato con cellule caliciformi
mucosecernenti.
Tra la trachea e l’esofago è presente un muscolo
detto muscolo tracheale che restringe o allarga la
trachea a seconda delle esigenze.
L’apertura a C degli anelli cartilaginei permette
all’esofago di dilatarsi quando passa il cibo al suo
interno.
La cartilagine posteriore che normalmente non è
presente risulta invece esserci a livello della
biforcazione della trachea a formare i bronchi
principali(primari).
Il bronco principale di destra è più ampio rispetto a
quello sinistro.
Poco prima di entrare nel polmone il bronco di destra emette un bronco lobare superiore.
Questo con il bronco principale entrano assieme nell’ilo del polmone.
Inferiormente il bronco principale si dive in bronco lobare medio e bronco lobare inferiore.
Il bronco principale(primario) di sinistra invece è più orizzontale e stretto. Esso entra direttamente
nell’ilo del polmone ancor prima di ramificarsi in bronco lobare superiore ed inferiore(secondari).
Ogni bronco lobare si suddivide in bronchi segmentali(terziari). I bronchi principali sono sostenuti
da anelli a forma di C di cartilagine ialina mentre i bronchi lobari e segmentali sono supportati da
placche cartilaginee disposte a semiluna.
Tutti i bronchi sono rivestiti internamente da epitelio colonnare pseudostratificato cigliato ma
diventa sempre più sottile mano a mano che si procede distalmente.
Continuando lungo i bronchi si vede la formazione dei bronchioli che hanno un diametro molto
piccolo, attorno al millimetro.La parte dei polmoni ventilata dai bronchioli è detta lobulo
polmonare.
Ogni bronchiolo si divide in 50-80 bronchioli terminali con diametro di 0,5 mm.
Da ogni bronchiolo terminale successivamente notiamo due o più bronchioli respiratori più piccoli
che hanno alveoli che si sviluppano dalle loro pareti.
Intono ai lobuli polmonari (parte polmonare ventilata dai bronchioli) si ha una rete capillare
anastomotica cioè mescolata, in quanto non è
distinguibile la parte ossigenata da quella non
ossigenata.
Ogni polmone umano è una massa spugnosa
con circa 150 milioni di piccole sacche, gli alveoli,
che permettono lo scambio tra GAS e sangue.
Ogni alveolo è una sacca di circa 0,2-0,5 mm di
diametro ed è ricoperto da sottili ed ampie cellule
chiamate pneumociti (tipo I) e coprono circa il
95% della superficie alveolare.Sono cellule molto
sottili che permettono un rapido scambio
gassoso e hanno una funzione strutturale.
Il rimanente 5% della superficie è coperto da
pneumociti(tipo II) che sono molto importanti in
quanto secernono il surfatante polmonare, una
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miscela di fosfolipidi e proteine che ricopre gli alveoli e i bronchioli più piccoli e impedisce loro di
collassare quando si espira.Senza questo tensioattivo le pareti degli alveoli in sgonfiamento
aderirebbero tra di loro e sarebbe difficili riaprirli di nuovo.
Le cellule più numerose però sono i macrofagi alveolari (cellule spazzine) che hanno il compito di
mantenere gli alveoli liberi da detriti fagocitando le particelle di polvere che sono sfuggite.
pleure
La superficie del polmone è rivestita da una membrana detta pleura viscerale. Esternamente
invece troviamo una pleura parietale che aderisce alla gabbia toracica.
Tra le due pleure è presente una cavità detta cavità pleurica ripiena di liquido pleurico viscido.
Le due membrane però non sono distinguibili e per questo si dice che la cavità è virtuale.
-Grazie a questo liquido però i polmoni riescono ad espandersi e contrarsi con il minimo attrito.
-Durante l’atto di inspirazione, i muscoli (diaframma, intercostali esterni ecc) tirano la cavità
toracica per aumentarne il volume.
La cavità toracica però è strettamente legata alla pleura parietale la quale a sua volta è legata alla
pleura viscerale.
Questo comporta un allargamento dei polmoni con conseguente caduta della pressione interna
ad essi (rispetto all’esterno).
La differenza di pressione tra atmosfera e cavità polmonare porta all’aria a confluire nel corpo.
-Infine grazie alle pleure si crea una comparmentalizzazione degli organi evitando la diffusione di
eventuali infezioni.
APPARATO DIGERENTE
Tutta la porzione dell’apparato digerente è in stretta connessione con i tessuti della membrana
peritoneale.Tale membrana crea il sacco peritoneale che va a prendere la quasi totalità degli
organi contenuti nella regione addominale e pelvica ad esclusione dei reni e dell’ultima parte
dell’intestino.
Diversi mesenteri fanno parte della famiglia dei tessuti di tale membrana e sorreggono e legano i
diversi organi dell’apparato.
Il grande omento inoltre è una membrana che pende dal margine inferiore sinistro dello stomaco
coprendo senza aderire l’intestino tenue. A livello del suo margine inferiore il grande omento piega
su se stesso e va verso l’alto, dietro allo strato superficiale, in modo da formare una tasca
profonda tra i suoi strati profondo e superficiale.
Il piccolo omento invece collega la breve distanza dal fegato al margine superiore dello stomaco.
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L’apparato digerente ha inizio dalla cavità boccale ed è indicato come una unica struttura che
finisce a livello anale.
funzioni
Le funzioni principali di tale apparato sono:
-ingestione
-digestione (frammentazione meccanica e chimica del cibo in una forma utilizzabile
dall’organismo)
-assorbimento (dei nutrienti)
-compattazione (formazione feci)
-defecazione
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La prima parte dell’apparato ha un’azione di tipo meccanico a differenza della seconda che ha
carattere prevalentemente chimico-enzimatico.
cavità boccale
lingua
è formata da un palato che indica il limite
superiore e da un pavimento della cavità
formato prevalentemente dalla lingua.
Il palato è composto da una parte ossea
(palato duro) e da una parte molle (palato molle
formato da muscoli e connettivo).
La lingua viene descritta dividendola in 3 parti:
la parte anteriore è l’apice seguito dal corpo ed
infine la radice della lingua.
Le tre parti si differenziano principalmente per
la presenza della papille linguali diverse
(gustative).
Queste possono essere:
- fungiformi (anteriormente)
- foliate(ai lati)
- vallate(posteriormente)
- filiformi
Le filiformi non servono per il gusto ma hanno
principalmente il compito di aumentare l’attrito
con il cibo ed ottimizzare il rimescolamento
(sono cheratinizzate).A contribuire a ciò c’è il
palato con le pieghe palatine.Gli erbivori
presentano una grande quantità di tali papille
in quanto masticano cibo molto duro.
movimenti
la lingua si muove grazie alla presenza di
muscoli intrinseci ed estrinseci.
I muscoli intrinseci producono movimenti fini e sono i maggiori responsabili della parola.
Quelli estrinseci invece originano altrove e permettono i movimenti più grossolani della lingua e
sono prevalentemente:
-Genioglosso
-Ioglosso
-Stiloglosso
-Palatoglosso
denti
i denti articolano superiormente con l’osso mascellare all’interno dei
relativi alveoli e inferiormente con la mandibola. L’articolazione tipica
del dente è una sinartrosi (articolazione fibrosa) detta gonfosi che
vede una parte concava confluire in una convessa mantenuta ferma
da un legamento che in questo caso prende il nome di legamento
periodontale.
La parte superiore del dente che esce dalla gengiva è detta corona
mentre quella all’interno prende il nome di radice dentale.
La corona dentale si dive in:
-anatomica: parte del dente rivestita dallo smalto
-clinica:parte del dente visibile dalla cavità orale
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Il dente normalmente è composto esternamente dallo smalto a livello della corona e dal cemento
a livello della radice. Lo smalto non è un tessuto ma è una secrezione priva di cellule prodotta
prima dell’eruzione del dente.
Il cemento invece assieme alla dentina che si trova in profondità al dente è un tessuto connettivo
calcificato.
La porzione più profonda del dente è costituita dalla polpa che è tessuto connettivo lasso
riempito di nervi e vasi sanguigni.
La dentatura di un individuo parte con la dentatura decidua o anche detta da latte e consta di 20
denti che vengono cambiati con la crescita dai denti permanenti che crescono al di sotto di quelli
da latte facendoli cadere. La dentatura adulta è maggiore in quanto la bocca aumenta le sue
dimensioni.
Troviamo in questi 32 denti elementi che permettono di tagliare e strappare ed altri che
permettono di triturare (molari) presenti in fondo alla bocca.
I terzi molari anche detti denti del giudizio non crescono sempre.
ghiandole salivari
Le ghiandole salivari hanno il compito di produrre la saliva che ha diverse funzioni come:
-Inumidire la bocca (funzione utile anche per la fonazione)
-Digestione dei carboidrati a partire dall’amilasi salivare
-Inibizione della crescita batterica per mezzo di anticorpi
Più nello specifico la saliva è composta per il 99% circa di acqua e dai seguenti soluti:
-Amilasi salivare (digerisce l’amido)
-Lipasi linguale (Enzima che viene attivato dall’acido dello stomaco e digerisco il grasso)
-Muco: lega e lubrifica la massa di cibo e favorisce la deglutizione
-Lisozima: enzima battericida
-Immunoglobulina A: anticorpo che inibisce la crescita batterica
-Elettroliti: sodio, potassio ecc.
Le ghiandole salivari possono essere suddivise in intrinseche ed
estrinseche.
Le prime si trovano direttamente nei tessuti orali e producono piccole
quantità di saliva mentre le seconde comunicano con la cavità orale
attraverso dotti.
La prima che vediamo è la parotide che si trova anteriormente al lobo
dell’orecchio appena sotto la pelle e raggiunge la bocca attraverso
dotto di Stenone a livello del secondo dente molare superiore.
La ghiandola sottomandibolare si trova al di sotto della mandibola.Il suo
dotto è chiamato dotto di Wharton che termina a livello del frenulo
della lingua(unisce la lingua al pavimento boccale).
Infine troviamo la ghiandola sottolinguale che è situata sul pavimento
della bocca. Tale ghiandola secerne saliva attraverso molteplici dotti
che sboccano posteriormente rispetto al dotto di Wharton della
ghiandola sottomandibolare.
Ci sono ovviamente anche ghiandole minori.
OSS: In fondo alla bocca sono presenti le tonsille che hanno funzione
di difesa contro organismi patogeni
Il cibo a livello della bocca viene quindi triturato e attaccato dalla saliva trasformandolo in bolo
che prosegue verso la faringe (orofaringe e ipofaringe) e successivamente verso l’esofago.
tubo digerente
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Per tubo digerente si intende il canale alimentare che parte dalla bocca e si estende fino all’ano.
La maggior parte di questo tubo (bocca, faringe, esofago, stomaco, intestino tenue e crasso) è
composta da:
-Tonaca esterna: è formata da tessuto connettivo lasso che dà la forma e permette agli elementi
del tubo digerente di creare delle strutture sospese nella cavità addominale (il piccolo omento è
una continuazione della tonaca esterna sierosa ad esempio).
-Tonaca media: è formata prevalentemente da tessuto muscolare liscio sotto il controllo della
stimolazione nervosa e ormonale.Questo tessuto è disposto circolarmente nella parte più
profonda e longitudinalmente nella parte più esterna. Grazie a questa muscolatura è garantita ad
esempio la peristalsi.
-Sottomucosa: composta prevalentemente da tessuto connettivo lasso contente vasi sanguigni,
linfatici e strutture nervose.
-Tonaca interna mucosa: è la parte più interna
ed è costituita da un sottile strato di
muscolatura liscia detto muscolaris mucosae
che aumenta la superficie di contatto con gli
alimenti tendendo la mucosa.
Procedendo verso l’interno si ha una lamina
propria di tessuto connettivo lasso seguire
infine da uno strato epiteliale.
Quest’ultimo normalmente è cilindrico
semplice ma diventa squamoso stratificato
dalla cavità orale fino all’esofago e nel canale
anale inferiore dove l’apparato digerente è
soggetto a maggiore abrasione.
esofago
Proseguendo lungo il tubo digerente troviamo l’esofago, un lungo tubo di transito dove non
avviene attività digestiva che presenta tutte e tre le tonache appena studiate.
Esso è lungo circa 30 cm e si trova posteriormente alla trachea in comunicazione con la faringe.
Nella parte distale attraversa il diaframma a livello di un’apertura detta iato esofageo.
Dall’esofago allo stomaco si passa attraverso una valvola detta Cardias che si apre e si chiude
per il passaggio del bolo.
Il bolo in realtà prima di entrare nello stomaco ristagna momentaneamente a livello del Cardias in
una costrizione della sfintere esofageo inferiore o LES che impedisce al contenuto dello stomaco
di rigurgitare nell’esofago proteggendo così la mucosa esofagea dall’effetto erosivo dell’acido
gastrico.
stomaco
lo stomaco ha una parte superiore chiamata fondo seguita
poi dal corpo dello stomaco fino ad arrivare al canale
pilorico il quale ci porta verso il piloro che è uno stretto
passaggio controllato da uno sfintere pilorico che permette il
passaggio del bolo lavorato verso il duodeno(intestino
tenue).
Il tessuto dello stomaco presenta a livello della tonaca
media muscolare non più solo due strati muscolari ma ne
presenta 3 in cui il muscolo è disposto prima
longitudinalmente, poi circolarmente e poi
obliquamente(dall’esterno all’interno).
Questa diversa orientazione dei muscoli permette la contrazione dello stomaco per rimescolarne
al meglio il contenuto.
La parete interna dello stomaco è la mucosa gastrica e presenta delle pieghe dette pliche in grado
di stirarsi quando l’organo è pieno.
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La parete esterna sierosa è ricca di vasi sanguigni.
La mucosa dello stomaco è abbastanza irregolare per la presenza di depressioni chiamate cripte
gastriche ricoperte dall’epitelio colonnare semplice.
In queste cripte nascono ghiandole tubulari in grado di secernere diverse sostanze.
Nella zona prossima al Cardias le ghiandole si dicono ghiandole cardiali e secernono muco di tipo
neutro (formate da cellule mucose che diventano cellule del colletto a livello delle ghiandole
gastriche). A livello del fondo dello stomaco sono presenti le ghiandole gastriche che sono
formate principalmente da diversi tipi di cellule come:
-cellule del colletto che secernono muco
-cellule di rivestimento o parietali che secernono HCL e una glicoproteina necessaria
all’assorbimento della vitamina B12
-cellule principali che secernono pepsinogeno (forma inattiva della pepsina che degrada le
proteine)
-enterocromaffini che secernono ormoni e sostanze che regolano la digestione.Ci sono almeno 8
tipi diversi di cellule come le cellule G che secernono gastrina in grado di stimolare le cellule
esocrine delle ghiandole gastriche a produrre le relative sostanze.
Infine vediamo le ghiandole piloriche che producono come le cardiali mucosa neutra grazie alle
cellule mucose ma anche gastrina grazie alla presenza di cellule G e serotonina grazie a cellule
enterocromaffini (serve a stimolare le contrazioni muscolari dello stomaco).
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Come fa lo stomaco a non degradarsi con l’ambiente così acido?
L’ambiente gastrico quando attivo si presenta con un PH circa uguale a 3.Questo permette
l’attivazione degli enzimi come il pepsinogeno che si trasforma in pepsina.
Lo stomaco riesce a non danneggiarsi grazie allo strato di muco neutro prodotto dalle cellule
mucose, dal rinnovamento continuo ogni 3-6 giorni delle cellule epiteliali e dalle giunzioni
occludenti che impediscono all’acido di penetrare nel tessuto connettivo sottostante il tessuto
epiteliale.
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digestione
La digestione si dive in: cefalica, gastrica ed intestinale.
La cefalica si può considerare una digestione “virtuale” in quanto è legata all’incremento di
produzione della saliva e dei succhi gastrici ancor prima del pasto vero e proprio.
Si inizia a produrre pepsinogeno e gastrina.Il nervo vago è il responsabile dell’inizio della
contrazione dello stomaco.
La fase gastrica ha inizio quando il bolo raggiunge lo stomaco.Meccanicamente esso stimola le
pareti dello stomaco e aumenta esponenzialmente la produzione dei succhi gastrici.
Vengono attivati anche i chemocettori che sono recettori sensibili a diverse sostanze che
ingeriamo.
La fase intestinale (duodenale) vede la terminazione della fase digestiva del chimo che era stato
prodotto nello stomaco(formazione del chilo).
intestino
si trova immediatamente dopo lo stomaco ed è suddiviso in intestino tenue e crasso.
L’intestino tenue a sua volta è suddivisibile in duodeno e intestino mesenteriale (digiuno e ileo).
Il duodeno è la prima parte dell’intestino tenue e qui si ultima il processo digestivo che trasforma il
chimo in chilo.Qui ci sono i dotti provenienti da pancreas e fegato.
Da un punto di vista strutturale l’intestino differisce leggermente dagli strati generali del tubo
digerente.
La tonaca muscolare ritorna ad essere formata da due strati, uno circolare e uno longitudinale
così com’era nell’esofago mentre la tonaca interna
(mucosa) vede sulla sua superficie un epitelio
colonnare semplice (a differenza dell’esofago che era
costituito da epitelio squamoso stratificato).
A livello della mucosa sono presenti però delle
strutture particolari volte ad aumentare la superficie
di assorbimento dell’intestino:
-pieghe circolari: sono presenti dal duodeno fino alla
metà dell’ileo e aumentano la superficie di un fattore
2-3.Interessano la mucosa e la sottomucosa
lasciando liscia la superficie esterna.
-villi: i villi sono proiezioni a forma di lingua o di dito
che si alzano di circa 1 mm sulla superficie
dell’intestino creando l’effetto di una peluria.
-microvilli: sono alti circa 1 micron e aumentano la
superficie di un fattore 20.Creano la tipica struttura
definita “orletto a spazzola”.
intestino tenue
L’intestino tenue si divide in duodeno, digiuno e
ileo.
Il duodeno inizia subito dopo la valvola pilorica e
presenta una porzione superiore, una
discendente e una ascendente per un totale di
25 cm di lunghezza.
Il duodeno abbraccia la testa del pancreas il
quale svuota qui gran parte della sua produzione
di succhi pancreatici.
I primi 2 cm del duodeno si trovano interiormente
al peritoneo mentre il resto è retroperitoneale
come il pancreas stesso. All’interno del duodeno
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sono presenti delle pliche circolari che fanno fluire il chimo lungo un percorso spirale sulla mucosa
rallentandone il passaggio.
Questo rallentamento permette la digestione completa e l’inizio dell’assorbimento dei nutrienti.
Oltre al liquido pancreatico qui viene rilasciata la bile prodotta dal fegato.
Dopo il duodeno inizia il digiuno così chiamato perché i primi anatomisti lo descrivevano vuoto.
Per definizione costituisce circa il 40% dell’intestino tenue dopo il duodeno e ha una lunghezza
che si aggira attorno al metro e mezzo.
Il digiuno occupa principalmente la regione ombelicale e presenta una parete spessa, muscolosa
e riccamente vascolarizzata. L’assorbimento dei nutrienti avviene principalmente in questa zona.
Al digiuno segue l’ileo che si trova nella regione ipogastrica e pelvica. Esso costituisce il restante
60% dell’intestino tenue e presenta una parete leggermente meno muscolosa e vascolarizzata.
Digiuno e ileo presentano esternamente un aspetto liscio e creano anse intestinali collegate da
appositi mesenteri (quindi si trovano internamente al peritoneo) che svolgono anche la funzione di
trasporto dei vasi sanguigni.
Una porzione che regola il transito del chilo è la valvola sfinterica ileocecale che si trova dove
l’ileo si unisce all’intestino crasso.
L’intestino crasso è l’ultima parte dell’intestino e riceve circa 500 ml di residui di cibo non digeriti e
lo riduce a circa 150 ml di feci assorbendone acqua e sali, ed
elimina le feci con la defecazione.
Esso è lungo circa 1,5 m ed è formato da 4 regioni: il cieco, il
colon, il retto ed il canale anale.
Il cieco è una sacca nel quadrante inferiore destro posta sotto la
valvola ileocecale.Attaccata alla sua estremità inferiore è
presente l’appendice vermiforme che presenta una mucosa ricca
di cellule immunitarie.
Dopo il cieco inizia il colon che è la parte dell’intestino crasso
che termine con l’inizio del retto.
Il primo tratto è chiamato colon ascendente che inizia a livello
ileocecale e passa nel lato destro della cavità addominale. Dopo
fa una curva di 90 gradi a livello della flessura colica destra
(vicino al fegato) e diventa colon trasverso.
Questo passa orizzontalmente nella cavità addominale superiore per poi ricordare di 90 gradi e
scendere verso il basso a livello della flessura colica sinistra nei pressi della milza.
Qui diventa colon discendente localizzato nel lato sinistro della cavità addominale.
Questa parte crea quindi una sorta di riquadro attorno a tutto l’intestino tenue.
A livello della parte terminale del colon discendente il tubo si porta medialmente e verso il basso
diventando colon sigmoideo.
L’ultima parte invece è chiamata retto, è lunga circa 15 cm e termina a livello dello sfintere anale.
Una delle particolarità dell’intestino crasso è la tonaca muscolare media che vede degli
ispessimenti lineari chiamati tenie del colon.
Le tenie del colon lo contraggono e creano delle sacche chiamate austre.
Tali sacche sono assenti a livello rettale.
La vascolarizzazione dell’apparato digerente è dettata dal tronco celiaco (emergenza anteriore
dell’aorta addominale) che raggiunge lo stomaco e il duodeno.
L’intestino tenue e crasso sono vascolarizzati dall’arteria mesenterica superiore e inferiore
(sempre emergenze dell’aorta addominale).
La differenze dei due intestini è legata alle funzionalità in quanto il tenue serve principalmente per
assorbire nutrienti mentre il crasso serve per assorbire acqua e produrre correttamente le feci.
osservazione:
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Importante è il controllo dello sfintere anale.
Meccanocettori presenti all’interno capiscono quando è ora di svuotare il retto e mandano un
segnale per indurre alla defecazione.
Lo stesso stimolo però segue anche un percorso che permette a noi di decidere se bloccare o
aprire tale sfintere.
ghiandole annesse al tubo digerente
Annesso al tubo digerente troviamo tre ghiandole di straordinaria importanza che sono il fegato, la
cistifellea e il pancreas.
fegato
Il fegato è il produttore della bile che viene riversata nel duodeno per la digestione.
Esso è un liquido verde che contiene minerali,
colesterolo, grassi, fosfolipidi, pigmenti e acidi
biliari.Tra i pigmenti abbiamo la bilirubina che deriva
dalla decomposizione dell’emoglobina.
La faccia anteriore del fegato è costituita da due
lobi, uno destro più ampio e uno sinistro più piccolo
che si estende medialmente andando a coprire
superiormente lo stomaco.
I due lobi si distinguono per la presenza di un
legamento detto legamento falciforme che origina
dal legamento rotondo che è un residuo fetale della
vena ombelicale che trasportava il sangue dal
cordone ombelicale al fegato del feto.
Superiormente il legamento falciforme si continua nel
legamento coronario che ancora il fegato al
diaframma.
Una visione inferiore del fegato ci permette di vedere
un lobo quadrato posto anteriormente e vicino alla
cistifellea, un lobo caudato posto posteriormente al
quadrato. Tra questi lobi è presente un’apertura
irregolare detta porta epatica o ilo epatico dove
passano la vena porta, l’arteria epatica e un dotto
epatico comune per le vie biliari.
L’interno del fegato è costituito da tantissimi lobuli
epatici.
Ogni lobulo epatico è costituito da una vena
centrolobulare che attraversa il suo centro
e intorno sono presenti numerose cellule
cubiche chiamate epatociti.
Tra le cellule cubiche si formano dei canali
colmi di sangue chiamati sinusoidi epatici.
Gli epatociti secernono la bile in sottili
canali detti canalicoli biliari. Da qui la bile
passa nei piccoli duttili biliferi che portano
la bile al dotto epatico destro e sinistro che
escono nella superficie inferiore del fegato.
Seguendo la produzione della bile e le vie
che essa percorre dobbiamo
immediatamente ricondurci alla cistifellea
che come già detto è disposta nella parte
inferiore anteriore del fegato.
La cistifellea serve come accumulatore della bile ed è composta dal fondo, dal corpo e dal collo.
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Il collo di questo piccolo organo porta nel dotto cistico
attraverso il quale la bile esce dalla cistifellea.
Il dotto cistico a sua volta si lega al dotto epatico
comune al quale convergono il dotto epatico di destra e
sinistra provenienti dai duttili biliferi del fegato.
Il dotto epatico comune dopo che si è legato al dotto
cistico diventa il coledoco che scende attraverso il
piccolo omento fino al duodeno.
A livello del duodeno la bile viene rilasciata attraverso la
papilla duodenale maggiore.
Infine bisogna parlare del pancreas in quanto è lui con i
succhi pancreatici ad avere un ruolo ancora più
rilevante nella digestione a livello duodenale.
Il pancreas è una ghiandola esocrina ed endocrina. La
parte endocrina è formata dalle isole pancreatiche e
secerne insulina e glucagone. Il 99% però di quest’organo è tessuto esocrino che secerne enzimi
e bicarbonato di sodio.
I succhi del pancreas sfociano nel duodeno attraverso la papilla duodenale maggiore così come i
sali biliari.
Oltre alla papilla duodenale maggiore nel duodeno ne è presente una minore nel quale arriva un
secondo dotto pancreatico che bypassa lo sfintere epatopancreatico.
altri ormoni importanti……
Quando il chimo entra nel duodeno lo stomaco deve terminare i suoi movimenti e i succhi gastrici
devono diminuire.
Per far ciò nel duodeno si rilascia il peptide gastrico inibitore che inibisce la produzione di
gastrina.
Transitando nel duodeno vengono attivati altri ormoni tra cui la secretina e la colecistochinina che
stimolano la produzione di succhi pancreatici e bile.
Per stimolare l’intestino mesenteriale interviene il peptide intestinale vasoattivo che ha il compito
di stimolare la produzione di acqua ed elettroliti ma anche di dilatare la muscolatura intestinale.
SISTEMA NERVOSO
Il sistema nervoso è costituito essenzialmente da due parti:
-SNC o Sistema nervoso centrale: è costituito da encefalo e midollo spinale
-SNP o Sistema nervoso periferico: è costituito da tutti le parti che escono dal midollo e
dall’encefalo e si estendono in periferia.
L’SNP a sua volta è funzionalmente suddiviso in un compartimento sensitivo e in uno motorio e
ciascuno di essi si divide ulteriormente in una suddivisione somatica e viscerale.
-compartimento sensitivo(afferente): trasporta al SNC segnali sensitivi dai vari recettori(organi di
senso e terminazione nervose sensitive semplici).Questa è la via che informa l’SNC degli stimoli
interni ed esterni all’organismo.
• la sensibilità somatica raccoglie informazioni da recettori situati su cute, muscoli, ossa e
articolazioni
• la sensibilità viscerale raccoglie informazioni da recettori situati all’interno degli organi toracici e
addominali, come il cuore, i polmoni, lo stomaco e la vescica urinaria
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-compartimento motorio(efferente): trasporta dal sistema nervoso centrali attraverso il periferico
segnali a ghiandole o cellule muscolari che mettono in atto le risposte dell’organismo.
Le cellule e gli organi che rispondono ai comandi proveniente dal sistema nervoso sono chiamati
effettori.
• efferenza motoria somatica: trasporta il segnale alla muscolatura scheletrica volontaria
• efferenza motoria viscerale (sistema nervoso autonomo): trasporta il segnale alla muscolatura
liscia (involontaria), cardiaca e alle ghiandole
Il sistema nervoso autonomo si suddivide a sua volta in:
• sistema simpatico: provvede a prepara l’organismo all’azione accelerando ad esempio il battito
cardiaco e la respirazione ma inibendo la digestione
• sistema parasimpatico: provvede ad avere un effetto inverso, calmante, rallentando il battito
cardiaco e incitando la digestione
SISTEMA NERVOSO
SNC
ENCEFALO
SNP
MIDOLLO
SENSITIVO
MOTORIO
SOMATICO
VISCERALE
SIMPATICO
PARASIMP.
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encefalo
Il cervello funziona associando diversi funzioni in diversi luoghi.
La parte più esterna è detta corteccia cerebrale e qui avvengono le funzioni più nobili e
complesse come l’immagazzinamento dei ricordi e molte altre funzioni specifiche a seconda delle
diverse zone.
Se togliamo la corteccia cerebrale
ritroviamo nella parte superiore una
porzione alla quale diamo il nome di
diencefalo, mentre quella inferiore
prende il nome di tronco encefalico.
Il diencefalo a sua volta è suddiviso
nel talamo e nell’ipotalamo.
Il primo è considerato un centro di
smistamento delle informazioni che
arrivano al sistema nervoso centrale;
qui ad esempio arrivano le
informazioni degli organi di senso e
vengono filtrata prima di mandarle
alla corteccia cerebrale.
Il secondo invece tra le diverse
funzioni contiene un centro di
controllo per le emozioni.Importante
però anche il controllo della
frequenza cardiaca e della pressione
sanguigna.
Il tronco encefalico è costituito essenzialmente da: mesencefalo
(superiormente),ponte(inferiormente), midollo allungato nell’ultimo tratto.
Il primo è importante per il mantenimento dello stato di coscienza.
Il secondo invece è un altro punto di smistamento di informazioni sensitive verso il talamo e il
cervelletto.
Il cervelletto posa a livello della fossa cranica posteriore inferiormente rispetto al lobo occipitale
della corteccia.
Esso ha un ruolo fondamentale nel coordinamento e correzione dei comandi motori.Prima di
ultimare un’informazione motoria questa passa dal cervelletto che la “pulisce”.
Il midollo allungato che costituisce l’ultima parte del tronco encefalico è importantissimo per il
controllo cardiaco (regolazione della frequenza e della forza del battito),controllo vascolare (dilata/
costringe i vasi regolando così la pressione ed il flusso arterioso), controllo respiratorio
(regolazione frequenza e profondità del respiro) e controllo digerente.
L’encefalo presenta quattro cavità interne chiamate ventricoli.
Le cavità di maggiori dimensioni sono i ventricoli laterali che formano un arco in ciascun emisfero.
I due ventricoli laterali convergono medialmente verso un terzo ventricolo, una ristretta cavità
posta inferiormente al corpo calloso.Da qui un canale detto acquedotto mesencefalico scende
attraverso la parte centrale del mesencefalo e si dirige al quarto ventricolo, una cavità che si trova
all’altezza del cervelletto.
Questa struttura ventricolare è in comunicazione con il canale centrale del midollo spinale.
All’interno dei ventricoli è presente un liquido chiamato liquido cefalorachidiano che nutre il
cervello. L’encefalo produce circa 500 ml di liquido al giorno ma è in continuo riassorbimento e
quindi in un dato momento non ce ne sono presenti più di 100-160 ml.
L’encefalo è avvolto dalle meningi che sono localizzate tra il tessuto nervoso e l’osso.
Come nel midollo spinale queste sono costituite dalla dura madre, dall’aracnoide e dalla pia
madre(più interna).
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La funzione delle meningi è di proteggere l’encefalo e di fornire un sostegno strutturale per le sue
arterie e vene.
La porzione più esterna è legata alle ossa craniche, l’aracnoide fa da spessore mentre la pia
madre è adesa al tessuto nervoso.
Questa struttura fa si che la massa encefalica rimanga ferma ma nello stesso tempo le permette
un leggero movimento in modo che vengano evitati i danni che potrebbero insorgere se fosse
eccessivamente schiacciata.
Il cervello o corteccia cerebrale è diviso in due
emisferi che si riconoscono per la presenza di
una scissura longitudinale.
Un solco centrale invece divide l’emisfero in una
parte anteriore e in una posteriore.
Ciascun emisfero è caratterizzato dalla presenza
di circonvoluzioni separate da invaginazioni
chiamate solchi.
La corteccia di ciascun emisfero è divisa a sua
volta in diversi lobi:
• lobo frontale
• lobo parietale
• lobo occipitale
• lobo temporale
Il frontale è dedicato all’elaborazione del
pensiero.
In quello temporale troviamo le aree adibite
all’udito e all’olfatto.
L’occipitale è dedicato all’elaborazione visiva.
Il solco centrale divide l’emisfero in una parte anteriore
dedicata alla funzione motoria e in una posteriore
dedicata dedicata alla funzione sensitiva.
Queste due zone possono venire rappresentate con la
rappresentazione di un homonculus (motorio e
sensoriale).
Più è grande la zona del cervello che si adopera a una
determinata funziona ad esempio motoria tanto più
complesso sarà il movimento che quella parte del corpo potrà
fare.
Ne consegue dunque che siccome la
mano ad esempio è piena di movimenti e
funzionalità questa anche se piccola sarà
controllata da una zona più grande della
corteccia inversamente a quello che
accade per il braccio ad esempio.
Si crea così la rappresentazione di un
uomo sproporzionato, appunto un
“homunculus”.
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mesencefalo
Si presenta con specifiche aree funzionali.
Troviamo ad esempio i tubercoli quadrigemini superiori che sono legati alle funzioni visive mentre
quelli inferiori sono legati alle funzioni uditive.
Internamente al mesencefalo, tagliandolo con un piano trasversale, si vedono immediatamente il
nucleo rosso e la sostanza nera.
Il primo è collegato con il cervelletto con il quale collabora per il controllo motorio fine.
La seconda invece sopprime le contrazioni muscolari inesiderate.La sua degenerazione porta alla
malattia di Parkinson e ai classici tremori.
cervelletto
Il cervelletto ha come funzione principale come già visto il controllo sul coordinamento dei
comandi motori che vengono qui ripuliti da eventuali “disturbi”.
E’ costituito da 2 parti chiamate emisferi cerebellari.Questi due emisferi sono uniti dal verme.
Una sezione mediana del cervelletto mostra la sostanza bianca più interna (anche detta arbor
vitae) e la sostanza grigia più esterna.
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nervi cranici
I nervi cranici sono tradizionalmente classificati come sensitivi (1,2 e 8),motori (3,4,6,11,12) o
misti(5,7,9,10).In realtà però solo i primi due ovvero l’ottico e l’olfattivo sono esclusivamente
sensitivi in quanto tutti gli altri contengono fibre si afferenti che efferenti e sono perciò misti.
Ad esempio quelli considerati come motori oltre a stimolare la contrazione contengono anche
fibre afferenti per la propriocezione.
L’ottavo nervo cranico(vestibolo cocleare), connesso con l’udito e il senso dell’equilibrio è
considerato come sensitivo ma in realtà contiene anche fibre motorie che riportano segnali
all’orecchio interno che viene così regolato per affinare il senso dell’udito.
Quelli tradizionalmente classificati come misti contengono di solito funzioni sensitive ma spesso
non troppo correlate con le relative funzioni motorie.
Per esempio il nervo facciale (numero 7) sviluppa un controllo sensitivo per il gusto ma è
responsabile del controllo nelle espressioni facciali.
1. Nervo olfattivo: la sua funzione è legata all’olfatto.Si sviluppa dalla mucosa olfattiva della
cavità nasale. E’ costituito da molti fascicoli separati che attraversano la lamina cribrosa
dell’etmoide e che raggiungono il bulbo olfattivo.Dal bulbo olfattivo si diparte il tratto olfattivo.
2.Nervo ottico: la sua funzione è legata alla vista. Origina anteriormente a livello della retina e
prosegue all’interno del foro ottico dello sfenoide incrociandosi con il suo compagno nella
formazione del chiasma ottico.
Sfocia a livello del talamo e del mesencefalo.
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3.Nervo oculomotore: la sua funzione è legata ai movimenti del bulbo oculare.
Origina dal mesencefalo, attraversa la fessura orbitale dello sfenoide e sfocia nei muscoli retti
(mediale, superiore e inferiore) e sull’obliquo inferiore.Innerva anche il muscolo elevatore della
palpebra superiore.
4.Nervo trocleare: funzione motoria dell’occhio.Origina dal mesencefalo e innerva il muscolo
obliquo superiore passando dalla fessura orbitaria superiore.
5.Nervo trigemino: si trova a livello facciale si divide in tre branche
con funzioni sia sensitive che motorie.
E’ costituita da una branca oftalmica, una mascellare e una
mandibolare.
La prima passa attraverso la fessura orbitaria superiore, la seconda
attraverso il foro rotondo dello sfenoide e la terza nel foro ovale
dello sfenoide.
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6.Nervo abducente: origina a livello del ponte del tronco encefalico, attraversa lo sfenoide nella
fessura orbitaria superiore e termina a livello del muscolo retto laterale dell’occhio.Ovviamente ha
una funzione motoria per l’occhio.
7.Nervo facciale: è uno dei nervi principali della faccia e svolge principalmente una funzione
motoria ma anche sensitiva.
La funzione motoria è legata principalmente alle ghiandole lacrimali, salivari e al movimento della
muscolatura mimica.
La funzione sensitiva è legata invece al gusto (lingua).
8.Nervo vestibolo cocleare: è un nervo che ha funzione sensitiva per l’udito e per l’equilibrio ma
svolge anche una funzione motoria in quanto regola cellule della coclea per raffinare l’udito.
Per la funzione sensitiva origina a livello dell’orecchio interno e raggiunge i nuclei pontini e bulbari
sul tronco encefalico.
Per la funzione motoria origina a livello del ponte e innerva le cellule della coclea dell’orecchio
interno.
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9.Nervo glossofaringeo: ha una funzione mista e innerva principalmente lingua e faringe.Ha una
funzione motoria nella deglutizione.
Innerva anche la parotide e parte del seno carotideo (a livello della divisione tra carotide interna
ed esterna).
10.Nervo vago: ha una distribuzione estesa in quanto innerva organi localizzati nella testa e nel
collo ma anche nella zona toracica e addominopelvica.
Gioca un ruolo fondamentale nel controllo della funzione cardiaca, polmonare, digerente e
urinaria.
11.Nervo accessorio:Origina in parte a livello del midollo allungato
e in parte a livello del midollo spinale.
Uscita dal midollo spinale risale, penetra nel forame magno e si
unisce alla radice che nasceva dal midollo allungato. Da qui il
nervo (unito) passa attraverso il foro giugulare del temporale e
innerva principalmente il palato, lo sternocleidomastoideo e il
trapezio. Controlla quindi la deglutizione e il movimento dei muscoli
del collo e della spalla.
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12.Nervo ipoglosso: controlla i movimenti della lingua.Origina a livello del midollo allungato,
penetra attraverso il canale dell’ipoglosso(osso occipitale) e innerva i muscoli intrinseci ed
estrinseci della lingua.
midollo spinale
L’encefalo è direttamente collegato con il midollo
spinale che è ospitato all’interno del canale
vertebrale, lo spazio vuoto che si crea grazia
all’unione dei fori vertebrali delle vertebre.
Il midollo prosegue anche con le relative meningi che
proteggevano l’encefalo(dura madre, aracnoide e pia
madre).Tra la dura madre e le ossa che compongono
il foro vertebrale è presente una zona detta spazio
epidurale che è riempita di tessuto adiposo, tessuto
connettivo lasso e vasi sanguigni.
Tra l’aracnoide e la pia madre è presente una rete di
fibre collagene ed elastiche che riempiono questo
spazio che è detto subaracnoideo.
In questa zona è presente il liquido cefalorachidiano, un liquido che era già stato discusso a livello
dei ventricoli encefalici e che appunto si collegavano
con il midollo spinale.
La pia madre procede a diretto contatto con il
midollo spinale e al di sotto del cono midollare (parte
terminale) prosegue come un legamento fibroso
formando il legamento coccigeo che ancora il
midollo al coccige.
La pia madre ad intervalli regolari crea legamenti
detti legamenti denticolati che si portano alla dura
madre fissando il midollo spinale e limitandone le
escursioni laterali.
Anteriormente e posteriormente al midollo partono
dei fasci nervosi che sono la radice anteriori e
posteriore dei nervi spinali. Queste due radici
convergono a formare il nervo spinale vero e proprio
che fuoriesce dalle vertebre attraverso i forami di
congiunzione.
Le radici posteriori a poca distanza dal midollo spinale formano il ganglio della radice posteriore
che contiene i corpi dei neuroni sensitivi.Nella radice anteriore non c’è il ganglio.
Il nervo spinale è un nervo che viene definito misto in quanto posteriormente fa emergere nervi
sensitivi e quindi afferenti al SNC mentre anteriormente emergono i nervi motori efferenti che
sfoceranno in ghiandole o in tessuto muscolare.
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Sia i nervi afferenti posteriori che efferenti anteriori si suddividono in nervi con afferenze/efferenze
somatiche o viscerali così come la classificazione che abbiamo visto all’inizio.
archi riflessi
Per riflesso si intende una risposta involontaria, rapida e stereotipata ad una stimolazione.
I riflessi si dividono in:
-Riflessi viscerali: relative a ghiandole, muscolatura liscia e cardiaca
-Riflessi somatici: relativa alla muscolatura scheletrica come il rapido ritiro della mano da una
pentola calda.
I riflessi somatici impiegano una via nervosa piuttosto semplice chiamata arco riflesso.
L’arco riflesso è costituito in genere da:
-Recettori somatici: localizzati nella cute, nei muscoli o nei tendini.
-Fibre nervose afferenti: trasportano informazioni dai recettori ai corni posteriori del midollo
spinale
-Centro di integrazione in cui si determina se inviare un segnale o meno ai nervi efferenti
attraverso interneuroni di comunicazione
-Fibre nervose efferenti: originano anteriormente al midollo e trasportano impulsi motori ai muscoli
scheletrici
-Muscoli scheletrici: effettori somatici che realizzano la risposta
L’arco riflesso più comune è detto monosinaptico e non è presente un centro di integrazione.
Il neurone afferente crea una sinapsi direttamente con il neurone efferente.
Tra i vari esempi troviamo sicuramente quello denominato riflesso del martelletto.
Il tendine rotuleo presenta dei recettori che percepiscono la distensione della fibra del quadricipite
femorale.
Il picchiettare del martelletto viene percepito come il tiraggio del muscolo che porta così i recettori
a contrarre il muscolo e come riflesso la gamba si distende.
nervi spinali
I nervi spinali si possono catalogare in: 8 cervicali, 12 toracici,5
lombari,5 sacrali,1 coccigeo.
A livello lombare i nervi spinali che fuoriescono dal midollo
generano una struttura particolare a corde che prende il nome
di cauda equina (per la somiglianza alla coda di un cavallo) che
inizia dalla seconda vertebra lombare (L2-S5) fino alla quinta
vertebra sacrale.
Ogni nervo spinale abbiamo detto che origina da una radice
anteriore da una posteriore che si dipartono dal midollo
spinale.
Il nervo spinale successivamente si divide a sua volta in un
ramo anteriore e in uno posteriore.
La maggioranza dei rami anteriori si anastomizzano tra di loro
formando delle strutture che prendono il nome di plessi
nervosi.
Non c’è perfetta linearità tra i plessi nervosi e i relativi nervi.
Si forma così:
-Plesso cervicale che racchiude i nervi da C1 a C5
-Plesso brachiale che racchiude i nervi da C5 a T1
-Da L1 a L4 si forma il plesso lombare
-Da L4 a S4 si forma il plesso sacrale (da qui si diparte il nervo ischiatico o sciatico che è
considerato il ramo terminale del plesso.E’ il più lungo dei nervi umani)
-Da S4 a Co1 si ha il plesso coccigeo
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Questa suddivisione in plessi corrisponde all’innervazione di zone specifiche:
Il plesso cervicale innerva la regione craniale, di questo plesso fa parte il nervo frenico.
Il plesso brachiale innerva gli arti superiori e da qui si dipartono principalmente il nervo radiale,
ulnare e mediano.
I nervi intercostali che si dipartono dalle vertebre toraciche e non creano plessi vanno ad innervare
la parete toracica.
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Dal plesso lombare di diparte il nervo femorale che termina nel nervo safeno(decorre a ridosso
dell’arteria femorale)
Dal plesso sacrale si diparte come già detto il nervo ischiatico.
Dal nervo ischiatico si dipartono poi il nervo tibiale e il peroneo.
Il nervo surale si genera da ramificazioni laterali del tibiale e del peroneo.
Altri nervi vanno ad innervare ovviamente anche la regione glutea.
I 5 sensi
olfatto
L’olfatto o odorato ha sede in un’area di epitelio chiamata mucosa olfattiva, sul tetto della cavità
nasale.Il resto della cavità risulta ricoperto di mucosa (con epitelio pseudostratificato ciliato)ma
non olfattiva.
Grazie a questa zona ogni individuo può recepire dai 2000 ai 4000 odori diversi con una maggiore
prevalenza delle femmine sui maschi.
La mucosa olfattiva è semplicemente composta da neuroni olfattivi concatenati a cellule di
sostegno e cellule basali.Le cellule olfattive sono dei veri e propri neuroni direttamente esposti
all’ambiente esterno.
Sono gli unici neuroni rimpiazzatili del nostro corpo in quanto hanno una durata vitale di circa 60
giorni.
Le cellule basali si dividono e generano nuove cellule olfattive.
Una cellula olfattiva è caratterizzata da una parte più larga detta soma che contiene il nucleo e da
un’apice caratterizzato da ciglia chiamate peli olfattivi.
I peli olfattivi riescono a legarsi alle molecole odorose.
L’estremità basale di ogni cellula si restringe per formare un assone. Gli assoni si raccolgono in
piccoli fascicoli e lasciano la cavità nasale attraverso fori nella lamina cribrosa dell’osso etmoide.
Dopo che le fibre olfattive hanno passato la lamina queste terminano nei bulbi olfattivi che si
prolungano nel tratto olfattivo per poi sfociare a livello del lobo temporale.
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I fascicoli nervosi comunicano
con i dendriti di due tipi di neuroni
localizzati nei bulbi, chiamati
cellule mitrali e cellule a ciuffo a
livello dei glomeruli.
I glomeruli generano appunto i
tratti olfattivi.
osservazione: le molecole
odorose prima di arrivare alle
cellule olfattive (peli) devono
sciogliersi nello strato di muco
soprastante che funge da
intermediario.
gusto
Il gusto è una sensazione che deriva dall’azione di
sostanze chimiche sulle papille gustative.
Ci sono circa 4000 calici gustativi, la maggior
parte sulla lingua ma anche sul palato, sulle
guance e sull’epiglottide.
Ci sono diversi tipi di papille gustative tra cui le
fungiformi, le foliate, le vallate e le filiformi(non
hanno funzione sensoriale).
Indipendentemente dal tipo la struttura è più o meno
la stessa.
Ogni calice gustativo è composto da 40-60 cellule
gustative, cellule di sostegno e cellule basali.
Le cellule gustative hanno una forma a banana e
concludono sulla superficie della lingua con dei
peli gustativi a livello del poro gustativo.
A differenza dell’olfatto qui le cellule gustative non
sono neuroni ma cellule epiteliali che comunicano
con fibre nervose sensitive attraverso neurotrasmettitori.
La vita di una cellula gustativa è di circa 10 giorni e poi viene rinnovata da quelle basali.
I nervi che innervano la lingua sono essenzialmente tre ovvero il nervo facciale, il glossofaringeo e
il nervo vago.
Udito
L’orecchio è costituito essenzialmente da 3 porzioni, orecchio esterno, orecchio medio e orecchio
interno. Le prime due sono connesse solo con la trasmissione del suono all’orecchio interno a
livello del quale la vibrazione è convertita in impulsi nervosi.
• orecchio esterno: è caratterizzato da un imbuto per convogliare il suono verso la membrana
timpanica.Inizia con il padiglione auricolare organizzato in spirali e recessi.Il canale uditivo è un
condotto che attraversa l’osso temporale per raggiungere la membrana timpanica.
• orecchio medio: inizia a livello della membrana timpanica che è leggermente concava verso
l’esterno.Questa è innervata da rami sensitivi dei nervi vago e trigemino ed è altamente sensibile
al dolore.Dopo la membrana è presente la tuba uditiva , un condotto collegato al naso
faringe.Normalmente questa zona è chiusa ma durante la deglutizione può aprirsi e lasciare che
l’aria fluisca o defluisca equilibrando la pressione dell’aria ai due lati del timpano.Un’eccessiva
pressione può ottundere il senso dell’udito.Le tre ossa dell’orecchio medio sono chiamate:
-martello: è formato da un manico allungato in contatto con la superficie timpanica.Una testa è
sospesa tramite un legamento alla cavità timpanica e un processo breve si articola con l’ossicino
successivo chiamato incudine.
-incudine: si articola con il martello attraverso il corpo.Un braccio lungo si articola con la staffa.
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-staffa: è formata da un arco e da una base.La base ha la forma simile al fondo del ferro da stiro
ed è mantenuta tramite il legamento anulare in un’apertura detta finestra ovale dove inizia
l’orecchio interno.
• orecchio interno: lo ritroviamo contenuto nella parte petrosa dell’osso temporale.E’ costituito da
una prima parte che prende il nome di vestibolo che contiene due organi per l’equilibrio.Dal
vestibolo originano i canali semicircolari che individuano la rotazione della testa e la coclea
(simile a una chiocciola) che contiene l’organo dell’udito chiamato condotto cocleare.
La percezione del suono parte dal padiglione auricolare che lo convoglia nel canale uditivo.
La membrana timpanica vibra sulla base delle onde sonore e questo fa vibrare i tre ossicini
dell’udito sospesi nella cavità timpanica.
E’ importante notare l’esistenza del muscolo tensore del timpano il quale interviene qualora le
vibrazioni fossero troppo elevate.
Raggiunta la staffa le vibrazioni passano attraverso la finestra ovale portando in agitazione un
liquido contenuto nella coclea.
com’è formata la coclea?
La coclea contiene l’organo dell’udito chiamato condotto cocleare contenente endolinfa che è
l’elemento che ci interessa.
All’interno del condotto cocleare è presente una membrana detta membrane basilare.
Al di sopra di tale membrana è presente l’organo spirale che è un epitelio in grado di trasformare
la vibrazione in impulso nervoso.
Tale organo è composto da cellule capellute con stereociglia (microtubuli-non si muovono da sole)
a livello apicale e al di sopra di esse è presente una membrana tectoria gelatinosa che aiuta a
stimolare le cellule capellute quando la coclea risponde alle onde sonore.
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Quando le onde raggiungono la coclea
attraverso la staffa il liquido contenuto
all’interno del condotto cocleare vibra e questo
fa vibrare la membrana basilare in alto e in
basso. Le cellule capellute vengono spinte in
alto e in basso mentre la membrana tectoria
rimane ferma. Questo fa si che le stereociglia si
schiaccino sulla membrana tectoria forzandole
ad oscillare avanti e indietro.
Questo movimento fa aprire i canali per gli ioni
potassio che eccita la cellula che è in grado
così di trasmettere le informazioni ai nervi
sottostanti attraverso i neurotrasmettitori.
Per distinguere i diversi suoni la coclea si
comporta in questo modo:
i suoni forti creano una vibrazione più rapida e
in particolare modo uno stimolo più rapido e
veloce alle fibre nervose, inversamente a quanto
accade con i suoni più deboli.
I toni alti e bassi invece vengono percepiti dal
cervello sulla base del fatto che a secondo della tonalità la vibrazione va a colpire parti diverse
dell’organo spirale.
In particolare i toni alti stimola le cellule capellute vicino alla base della coclea mentre quelli bassi
stimolano quelle a livello dell’apice.
La stimolazione a questo punto passa all’interno del talamo per poi arrivare a livello dei lobi
temporali della corteccia.
apparato vestibolare e equilibrio
L’equilibrio è compito principale dell’apparato vestibolare che consiste in tre canali semicircolari
(anteriore, laterale e posteriore) e di due cavità, il sacculo e l’utricolo.
L’equilibrio statico è compito del sacculo e dell’utricolo così come l’equilibrio dinamico lineare.
L’accelerazione angolare invece è valutata dai canali semicircolari.
I canali semicircolari sono disposti con diverse orientazioni spaziali.
In particolare, il canale anteriore e posteriore sono posti ad angolo retto tra di loro mentre quello
laterale è disposto con una inclinazione di circa 30 gradi rispetto all’orizzontale. Questo
orientamento fa si che ciascuno sia stimolato dalla rotazione della testa su un piano differente.
I canali sono riempiti da endolinfa così come lo ero il canale cocleare.
Ciascun canale si apre all’interno dell’utricolo ed è provvisto di un sacco dilatato all’estremità
chiamato ampolla.
All’interno dell’ampolla si trova un rilievo costituito da cellule capellute e cellule di sostegno
chiamato cresta ampollare.
Ogni cellule capelluta è provvista di stereociglia e un chinociglio immerse nella cupola, una
membrana gelatinosa che si estende dalla cresta fino al tetto dell’ampolla.
Quando la testa ruota accade che il liquido rimane indietro e sbatte contro l’ampolla che schiaccia
le stereociglia.
Questo crea la stimolazione nervosa.
Un comportamento simile avviene all’interno dell’utricolo e dal sacculo che riescono così a
controllare l’equilibrio statico e a percepire accelerazione lineare del corpo.
All’interno dell’utricolo e del sacculo sono presenti due piccole porzioni di cellule capellute e di
sostegno che prendono il nome di macula.
Queste presentano come nelle ampolle vestibolari delle stereociglia e un chinociglio.
Sopra di essa è presente una membrana gelatinosa detta otolitica (appesantita da granuli di
carbonato di calcio e proteine).
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Quando la testa è inclinata ad esempio accade che il liquido schiacci le stereociglia e convogli un
segnale nervoso che viene poi elaborato dal cervello anche utilizzando le informazioni degli altri
sensi.
Per equilibrare i diversi piani si noti come la macula dell’utricolo è orizzontale mentre quella del
sacculo è verticale.
Da ricordare che i segnali vengono per la maggior parte a transitare all’interno del cervelletto che
ha il compito di coordinare i movimenti sopratutto in base ai segnali dell’equilibrio che
provengono dall’apparato vestibolare.
Vista
Il bulbo oculare è una sfera di circa 24 mm di diametro.
Esso è costituito da tre tonache:
-Tonaca esterna(tonaca fibrosa-sfera): si divide in sclera (parte bianca dell’occhio) che è un
tessuto connettivo denso perforato da vasi sanguigni e nervi e nella cornea che è la porzione
anteriore trasparente della sclera che consente l’ingresso della luce all’interno dell’occhio.
-Tonaca vascolare intermedia: composta dalla coroide che è uno strato altamente vascolarizzato
posto dietro alla retina .Anteriormente la coroide si ispessisce e sfuma nel corpo ciliare che
sostiene il cristallino e forma un anello muscolare intorno ad esso.Il muscolo ciliare che lo
compone controlla la tensione del cristallino e quindi la messa a fuoco.Il corpo ciliare sostiene
anche l’iride e secerne un liquido chiamato umor acqueo.
L’iride è un diaframma regolabile che controlla il diametro della pupilla, la sua apertura centrale.
L’iride è composto da un epitelio pigmentato posteriore che arresta la luce diffusa e uno strato
marginale anteriore che contiene cellule pigmentate chiamate cromatofori (la colorazione
dell’occhio dipende dall’alta o bassa concentrazione di melanina).
L’iride è provvisto di una muscolatura intrinseca che permette di aprire e chiudere la pupilla a
seconda della luce.
-Tonaca interna: è formata dalla retina che riveste internamente i due terzi del bulbo oculare.
sistema diottrico
Il sistema diottrico dell’occhio è costituito dall’esterno all’interno : dalla cornea, dall’umor acqueo,
dal cristallino, dal corpo vitreo.
Superata la cornea la luce si trova a contatto con l’umor acqueo che è un fluido sieroso secreto
dal corpo ciliare in uno spazio compreso tra l’iride e il cristallino chiamato camera posteriore.
La camera posteriore comunica con quella anteriore che si trova tra la cornea e l’iride.
Il cristallino è invece costituito da cellule trasparenti appiattite e strettamente interconnesse dette
fibre del cristallino.
Dietro la pupilla il cristallino è sostenuto da legamenti sospensori che lo ancorano al corpo ciliare.
Il corpo vitreo o umore vitreo è invece una sostanza gelatinosa che riempie tutta la parte
dell’occhio posteriormente al cristallino.
Questo liquido permette di mantenere la forma del bulbo oculare e di distendere la retina e
renderla ben attaccata alle pareti interne.
La luce passando per il cristallino raggiunge un punto sul fondo del bulbo oculare che prende il
nome di fovea centrale. Questa è una punto della retina in cui sono altamente concentrate cellule
visive che prendono il nome di coni e bastoncelli.
I coni sono responsabili della visione diurna mentre i bastoncelli di quella notturna.
Questi ultimi producono immagini quindi solo in scala di grigio.
Dalla fovea e da tutta la retina dipartono terminazioni nervose che raggiungono il disco ottico
dove poi si forma il nervo ottico.
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Il nervo ottico forma il chiasma ottico come già visto in precedenza e poi attraversando i nuclei
genicolati del talamo raggiunge la corteccia cerebrale a livello dell’occipitale.
APPARATO ENDOCRINO
L’apparato endocrino vede come componente principale gli ormoni che possono essere definiti
come messaggeri chimici che sono secreti nel sangue circolante e che stimolano risposte
fisiologiche in organi distanti.
A differenza del sistema nervoso che si avvaleva di neurotrasmettitori qui abbiamo gli ormoni che
quindi possono stimolare anche cellule molto distanti rispetto al punto di rilascio.
Le cellule bersaglio possono essere potenzialmente di qualsiasi tipo basta che abbiano i recettori
per quell’ormone. Questo si differenzia dal sistema nervoso che poteva avere come cellule
bersaglio quelle muscolari, ghiandolari o nervose.
Un’altra differenza tra i due è da ricondurre alle tempistiche funzionali.
Il sistema endocrino può coprire intervalli di tempo prolungati affinché l’ormone inizi il suo effetto
sulla cellula bersaglio.
Nel sistema nervoso tra la durata dell’impulso e l’inizio dell’effetto invece intercorre un tempo
molto breve.
L’ormone rilasciato può essere circolante nel sangue e quindi endocrino, oppure paracrino che
viene secreto nello spazio extracellulare e ha effetto su una cellula vicina, oppure autocrino che
viene rilasciato dalla stessa cellula sulla quale poi ha effetto.
Gli ormoni inoltre sono classificabili in :
• liposolubili: steroidei e tiroidei, affini ai grassi
• idrosolubili: proteine e derivati amminici, affini all’acqua
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I liposolubili sono in grado di attraversare il bilayer fosfolipidico. Essi, ricoprendosi di proteine
carrier (vettrici) riescono a viaggiare nel circolo sanguigno e raggiungere la cellula bersaglio.
A questo punto l’ormone lipidico si spoglia del carrier e penetra all’interno della cellula.
Gli ormoni idrosolubili non possono penetrare all’interno di una cellula a causa della loro natura
polare e quindi il loro lavoro normalmente termina con l’attivazione di recettori di membrana che
attivano una cascata di secondi messaggeri intracellulari che a sua volta attivano proteine già
presenti nel citosol.
ipofisi e ipotalamo
L’ipotalamo è già stato visto in precedenza nel sistema nervoso, è un centro di controllo delle
emozioni e un importante centro di controllo cardiaco.
Molti dei suoi altri compiti però li svolge attraverso l’ipofisi.
L’ipotalamo produce diversi ormoni che regolano l’ipofisi a secernere o inibire i suoi ormoni ma
anche ormoni che vedremo tra poco che invece vengono accumulati nell’ipofisi.
L’ipofisi è attaccata all’ipotalamo da un peduncolo ed è parzialmente accolta nella sella turcica
dell’osso sfenoide (fossa ipofisaria).
Ha la grandezza di un fagiolo bianco ed è composta da due parti:
l’adenoipofisi che costituisce i tre quarti anteriori e la neuroipofisi che costituisce il quarto
posteriore.
ormoni ipotalami e ipofisari
L’ipotalamo produce diversi ormoni tra cui l’ADH e L’OT (Ossitocina).Questi vengono trasportati
nella neuroipofisi e li vengono immagazzinati fino al loro rilascio su richiesta. Analizziamoli meglio:
• ADH o ormone antidiuretico: esso è sintetizzato a livello dell’ipotalamo in un paio di gruppi di
neuroni chiamati nuclei sopraottici, localizzati sul lato destro e sinistro dell’ipotalamo, sopra il
chiasma ottico. Ha come funzione la ritenzione idrica da parte dei reni, riducendo il volume
urinario e aiutando ad impedire la disidratazione.Ha anche una funzione di neurotrasmettitore
encefalico ed è di solito chiamato vasopressina.
• L’OT o Ossitocina: ha una funzione importantissima durante il parto in quanto stimola le
contrazioni uterine e la produzione di latte.Nell’uomo stimola i dotti spermatici e la prostata.In
entrambi i sessi l’ossitocina stimola l’eccitazione sessuale e l’orgasmo stimolando anche
contrazioni uterine per il trasporto del seme verso l’alto nelle vie riproduttive femminili. Gioco un
ruolo fondamentale nei rapporti tra i partner e nel legame madre-lattante.
L’ipofisi anteriore o adenoipofisi produce diversi tipi di ormoni come:
• ACTH o adenocorticotropo: è importante per la risposta allo stress. Stimola la corticale
surrenale, lo stretto esterno del surrene posto al di sopra del
rene alla produzione di glucocorticoidi.
• TSH o tireotropina o ormone tirostimolante: questo ormone
incida la crescita della tiroide e la produzione di ormone
tiroideo.La tiroide si presenta con un aspetto follicolare. I suoi
follicoli detti follicoli tiroidei sono rivestiti da un epitelio
semplice cubico di cellule follicolari che contengono una
sostanza proteica chiamata colloide.Le cellule follicolari
secernono principalmente tiroxina anche detto T4 per i quattro
atomi di iodio contenuti nella sua struttura.La tiroide produce
in realtà anche la triodotironina o T3 con tre atomi di iodio.T3 e
T4 insieme formano l’ormone tiroideo (TH). Quando il TSH
stimola la produzione di ormone tiroideo si producono T3 e T4
che hanno diverse funzioni a livello del metabolismo basale tra
cui promuovere la secrezione ipofisaria di ormone della
crescita, accelerare i riflessi e diminuire la concentrazione di
colesterolo nel plasma.Tra i follicoli tiroidei ci sono ammassi di
cellule C o parafollicolari che secernono calcitonina quando
aumenta il livello di calcio ematico.Questo favorisce la
deposizione di calcio a livello osseo per diminuirlo nel circolo
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•
•
•
•
sanguigno.Inversamente alla calcitonina agisce il paratormone prodotto dalle paratiroidi che
aumenta la concentrazione di ioni calcio nel sangue favorendo il lavoro degli osteoclasti.
GH: è anche chiamato ormone della crescita o somatotropina ed è quello che viene prodotto in
maggior quantità a livello dell’ipofisi anteriore.Agisce diffusamente per la crescita cellulare.Il GH
stimola inoltre il fegato per la produzione di Somatomedine o IGF che svolgono una funzione
simile a quella del GH stesso. GH e IGF quindi stimolano la crescita tissutale.
PRL o Prolattina: induce l’attività della ghiandola mammaria alla produzione di latte e aumenta
indirettamente la produzione di testosterone negli uomini.
LH o Ormone luitenizzante: stimola l’ovulazione nelle donne e la produzione di progesterone
durante la gravidanza.Nell’uomo stimola la produzione di testosterone.
FSH o ormone follicolo-stimolante: I suoi organi bersaglio sono le ovaie e i testicoli e quindi la
produzione di ormoni ovarici nella donna e la produzione di sperma nell’uomo.
ghiandole surrenali
Le ghiandole surrenali si trovano posizionate superiormente ai reni e sono formate da:
-midollare surrenale: è la parte più interna che rappresenta circa il 10-20 % della ghiandola
-corticale surrenale: è la parte più esterna e rappresenta l’80-90% della ghiandola
La ghiandola complessivamente è posizionata retroperitonealmente così come i relativi reni.
La midollare surrenale produce essenzialmente tre tipi di ormoni che sono l’adrenalina, la
noradrenalina e la dopamina.
Questi vengono secreti da cellule neuroendocrine e aumentano il metabolismo basale.
La corticale surrenale circonda
completamente la midollare e produce
più di 25 ormoni steroidei conosciuti
come corticosteroidi.
E’ costituita da 3 parti fondamentali:
-zona glomerulare: parte più esterna con
produzione di diversi ormoni
mineralcorticoidi(regolano l’equilibrio
elettrolitico).Il principale è l’aldosterone
che aiuta a livello renale a trattenere il
sodio e ad espellere potassio.
-zona fascicolata: è la zona più ampia e le
cellule sono disposte come cordoni
perpendicolari alla superficie ghiandolare.
Questa zona secerne glucocorticoidi in risposta all’ACTH dell’ipofisi.Il più importanti sono il
cortisolo e il cortisone che stimolano la gluconeogenesi(produzione di glucosio a partire da
molecole non glucidiche) e il rilascio di acidi grassi e glucosio nel sangue.
-zona reticolare: è lo strato più interno a diretto contatto con la midollare del surrene.E’ chiamata
così per la sua somiglianza a un reticolo.Questa zona secerne androgeni e estrogeni.
pancreas
Il pancreas lo abbiamo già visto in precedenza a livello dell’apparato digerente in quanto aveva
una funzione esocrina importantissima, quella di produrre succo pancreatico da riversare nel
duodeno.
In realtà il pancreas contiene circa 2 milioni di cellule endocrine che costituiscono solo il 2
percento di tutto l’organo.Tali cellule prendono il nome di isole pancreatiche o isole di Langerhans.
Nonostante l’apparente inutilità visto la loro concentrazione esse producono diversi ormoni
essenziali alla vita tra cui l’insulina e il glucagone.
Le cellule endocrine si dividono in 5 classi:
• Cellule alfa o A: secernono il glucagone. Esso viene secreto nell’intervallo tra i pasti per fornire
energia all’organismo.Incita il rilascio di glucosio accumulato nel fegato e di acidi grassi
accumulati nel tessuto adiposo.
• Cellule beta o B: secernono insulina che serve a diminuire la concentrazione ematica di
glucosio.E’ un ipoglicemizzante. Viene secreto durante e immediatamente dopo i pasti.
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Questi due ormoni sono uno l’opposto
dell’altro e agiscono secondo feedback
negativo e si autoinibiscono.
• Cellule delta o cellule D: secernono
somatostatina che ha effetto inibitorio
sull’insulina e sul glucagone ma anche
sulla somatotropina (ormone della
crescita).
• Cellule F: secernono il polipeptide
pancreatico che inibisce la contrazione
della colecisti e la secrezione di enzimi
pancreatici.Spegnendo l’attività biliare
e pancreatica si inizia il processo di
assorbimento nell’intestino postduodenale.
• Cellule G: secernono gastrina che
stimola la secrezione acida e lo
svuotamento dello stomaco.
altri ormoni
-Peptide natriuretico: è prodotto dal tessuto cardiaco e inibisce la secrezione di ADH (ipofisi) e
Aldosterone (surrene)
-Ormoni ovarici: estrogeni e progesteroni controllati da LH e FSH.Altri sono la relaxina e l’inibina.
Quest’ultima inibisce la produzione di FSH.
-Ormoni testicolari: testosterone (mantenimento caratteri sessuali secondari) e inibina.
APPARATO URINARIO
E’ banalmente l’apparato che ci permette di produrre urina.
reni
I reni si trovano nella parete addominale posteriore all’altezza della dodicesima costa (fino alla
terza lombare).Quello destro è leggermente più basso rispetto al sinistro a causa del largo spazio
occupato dal lobo destro del fegato localizzato al di sopra di esso.
Entrambi sono retroperitoneali.
Non c’è una struttura scheletrica che
li protegge ma troviamo tre strati di
tessuto connettivo:
una fascia renale fibrosa che nasce
dallo sdoppiamento del peritoneo e
mantiene i reni associati alla parete
addominale, una capsula di grasso
perirenale che fa da cuscino ai reni e
li tiene in posizione, una capsula
fibrosa interna che racchiude il rene
come un cellophane ancorato all’ilo.
Insieme formano la loggia renale.
Anche la surrenale è compresa in
questa loggia.
La fascia renale si fonde
anteriormente con il peritoneo e
posteriormente con la fascia dei
muscoli lombari.
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Il parenchima renale appare a forma di C in una sezione frontale.
In particolare procedendo dall’esterno verso l’interno troviamo la capsula fibrosa (già vista in
precedenza che avvolge il rene come un cellophane, poi troviamo la corticale esterna renale di
circa 1cm di diametro.
La corticale esterna è seguita dalla midollare
interna renale che è adiacente al seno renale
che contiene vasi sanguigni, linfatici, nervi ed
è il punto di accumulazione dell’urina.
La corticale surrenale si proietta all’interno
nella zona midollare formando le colonne
renali che danno poi origine a strutture
midollari dette piramidi renali.
Ogni piramide renale presenta una struttura
conica con la base rivolta verso la corticale
esterna e la punta verso il seno renale (papilla
renale). La piramide con la relativa zona
corticale superiore danno origine a un lobo
renale.
La papilla di ciascuna piramide renale si apre
in un canale detto calice minore.
Tanti calici minori uniti originano il calice
maggiore.
Due o tre calici maggiori si uniscono a formare
la pelvi renale ovvero un imbuto che convoglia l’urina nell’uretere che la porterà alla vescica.
circolazione renale
I reni rappresentano solo lo 0,4% del peso corporeo ma ricevono il 21% della gittata cardiaca.
Questo ci mostra la loro importanza nella regolazione del volume sanguigno.
A livello dell’ilo del rene entra l’arteria renale la quale si divide in arterie segmentali le quali si
dividono a loro volta in arterie interlobari. Queste decorrono nelle colonne renali dirigendosi verso
la zona corticale esterna.Il nome inter-lobari deriva
dal fatto che la struttura compresa tra una colonna
e la successiva prende il nome di lobo renale.
Una volta raggiunta la zona di comunicazione tra
midollare e corticale queste arterie interlobari
generano le arterie arcuate che proseguono lungo
la base di ciascuna piramide.
Da qui originano piccole arterie che raggiungono
la corticale e diventano arterie interlobulari (non
interlobari).
Le arterie interlobulari mano a mano che
procedono verso la corticale creano delle
diramazioni come se fossero rami di un albero
chiamate arterie afferenti.
Tali arterie vanno ad irrorare l’unità funzionale del
rene, il nefrone.
In realtà dalle arterie arcuate si dipartono anche
emergenze verso la midollare che prendono il
nome di arterie rette che nutrono la capillarmente
le altre zone del rene.
nefrone
E’ l’unità funzionale del rene ed è composto principalmente da due parti: il corpuscolo renale che
filtra il plasma sanguigno e il lungo tubulo renale che trasforma il filtrato in urina.
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Studiamo ora a grandi linee come avviene la produzione di urina per poi studiare la struttura di
queste due componenti:
• Filtrazione glomerurale: il sangue passa all’interno del nefrone attraverso un processo di
filtrazione che porta alla formazione del filtrato glomerurale che non contiene cellule e contiene
poche proteine. Passando nel tubulo renale diventa liquido tubolare con una modificazione
rapida del filtrato iniziale.
• Riassorbimento tubolare e secrezione tubulare: il liquido tubulare viene modificato.Sostanze utili
come il glucosio, potassio, sodio e fosfati vengono riassorbite e riportate al sangue mentre
sostanze presente nei capillari peritubulari come gli ioni idrogeno ed alcuni farmaci vengono
estratte e secrete nel liquido tubulare.
• Conservazione dell’acqua: dal liquido tubulare viene riassorbita acqua per evitare di espellerla in
quantità eccessive in quanto è elemento utile per l’organismo.I reni quindi assorbono acqua
creando una sostanza ipertrofica (alta concentrazione di soluti).Il riassorbimento avviene in tutte
le parti del tubulo ma con maggiore efficienza a livello del dotto collettore.Il liquido è
considerato urina quando entra in questi dotti.
Il corpuscolo renale è costituito da due
parti:
-Una parte interna detto glomerulo che è
un groviglio di capillari che derivano
dall’arteria afferente che a sua volta deriva
dall’arteria interlobulare.
-Una parte esterna detta capsula
glomerulare (di Bowman) composta da
due strati.
Lo strato parietale esterno è composto da
un epitelio squamoso semplice mentre lo
strato interno viscerale è composto da
podociti che avvolgono i capillari del
glomerulo.
Lo spazio che si crea tra le due
membrane prende il nome di spazio
capsulare. In questo spazio si raccoglie il
filtrato glomerurale.
I poli opposti del glomerulo prendono il nome di polo vascolare e polo urinario.
Il primo è costituito da una grande arteria afferente che forma il glomerulo del corpuscolo renale e
una arteria efferente (in uscita) più piccola che trasporta il sangue esternamente.
Grazie alla differenza di grandezza delle due arterie vi è un aumento di pressione nei capillari del
glomerulo che dona la forza motrice del filtraggio ad opera dei podociti.
I podociti hanno una
forma simile ad un polipo
con un corpo cellulare
bulboso e parecchie
braccia spesse.Ogni
braccio presenta delle
piccoli estensioni dette
processi podocitici che
abbracciano i capillari del
glomerulo.
Dalla parte opposta al
polo vascolare è presente
il polo urinario dal quale
defluisce il fluido
glomerurale (preurina)
attraverso il tubulo renale.
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Tale tubulo inizia in un primo tratto chiamato tubulo contorto prossimale che si porta verso l’ansa
di Henle e poi un tratto ascendente che si porta verso il tubulo contorto distale.
Questo porta l’urina verso il dotto collettore che riceve urina da tanti nefroni e arriva al calice
minore a livello della papilla renale.
Il TCP assorbe circa il 65% del filtrato glomerurale rimettendo in circolazione come già detto
glucosio, sodio, potassio, fosfato ecc.Nello stesso tempo riassorbe dai capillari peritubulari
materiale tossico da espellere come ioni idrogeno, urea, ed alcuni farmaci come aspirina e
penicillina.
Da notare che l’urea che è il componente principale dell’urina non è espulso totalmente ma una
parte rimane sempre circolante nel sangue, ovviamente al di sotto dei livelli di sicurezza.
Dopo il TCP si forma l’ansa di Henle con il suo tratto discendente e ascendente che ha il compito
di riassorbire piccole quantità di sodio, potassio, cloro e acqua.
Il compito più importante però è quello del mantenimento di un gradiente di salinità nella midollare
nel rene.
La parte terminale del tratto ascendente dell’ansa di Henle si riavvicina al corpuscolo renale e
assieme all’arteria afferente e efferente forma l’apparato iuxtaglomerulare.
Questo serve principalmente per il controllo del liquido che entra nel tubulo contorto distale e per
modificare le prestazioni del nefrone(aumentare o diminuire il russo la pressione sanguigna al
glomerulo).
Le cellule più importanti che operano in questo apparato sono le cellule iuxtaglomerulari.
Quando queste cellule sono stimolate dalla macula(cellule che funzionano da sensori) esse
secernono renina che ha il compito di agire sull’angiostensinogeno prodotto a livello epatico.
L’angiotensinogeno si attiva e diventa angiotensina I che viene poi modificata in angiotensina II.
Quest’ultima agisce sulla parete muscolare delle arteriole riducendone il calibro (effetto
vasocostrittore).Questo porta quindi ad un aumento della pressione a livello del glomerulo
aumentando le prestazioni di filtrazione del nefrone.
C’è un altro modo di controllo delle prestazioni del nefrone e questo avviene per mezzo
dell’apparato endocrino attraverso due ormoni che abbiamo già visto in precedenza, l’ADH
ipofisario (ormone antidiuretico che aumenta l’assorbimento di acqua a livello dei tubuli distali
rendili più permeabili) e l’Aldosterone prodotto dalla zona glomerulare della corticale del surrene
che stimola il riassorbimento del sodio a livello ematico e l’espulsione del potassio a livello
urinario.
L’urina dal tubulo distale passa all’interno del dotto collettore e da qui all’interno dei calici minori,
calici maggiori, pelvi renale e uretere.
uretere
Gli ureteri sono due piccoli tubi di circa 25 cm di
lunghezza che trasportano l’urina alla vescica.
Essi passano posteriormente ad essa e vi entrano dal
basso.
Una valvola su ciascuna apertura impedire il reflusso
urinario.
L’uretere è costituito da uno strato connettivo
esterno, uno strato muscolare intermedio e uno strato
di mucosa interna costituita da epitelio di transizione.
vescica
E’ un serbatoio muscolare posto posteriormente alla
sinfisi pubica e inferiormente al peritoneo.
La sua muscolare, detta muscolo detrusore, si compone di tre strati indistintamente separati di
muscolatura liscia(longitudinale, circolare, longitudinale).
La mucosa è costituita la epitelio di transizione.
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Quando la vescica è vuota questo epitelio ha uno spessore notevole e si formano piega sulla
mucosa chiamate pliche.
Quando l’organo si riempie le
pliche si distendono con un
appiattimento delle relative cellule
epiteliali.
L’apertura uretrale anteriore e
l’apertura dei due ureteri delineano
una superficie liscia chiamata
trigono, facilmente soggetta ad
infezioni.
Così come accade per l’ano anche
qua sono presenti due sfinteri, uno
interno e uno esterno e questo
permette il controllo volontario
della minzione.
Tra i due sfinteri nei maschi c’è
la prostata che ingrossandosi
può spingere sull’uretra dando la
sensazione “urinaria”.
Nelle femmine l’uretra è molto più corta che nei maschi e soggetta ad infezioni.
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