lOMoARcPSD|524 954 4 Istologia Appunti lOMoARcPSD|524 954 4 lOMoARcPSD|524 954 4 LE COLORAZIONI Nelle colorazioni con Ematossilina (viola)-Eosina (rosa), le sezioni devono essere tagliate al microtomo con uno spessore di circa 3-5 µm in modo da poter colorare singoli strati cellulari e non avere piani sovrapposti e permettendo alla luce di passare. E’ una colorazione bicromica, legata al fatto che ci sono cariche: - negative a livello del nucleo, che si colora tramite ematossilina che è un colorante basico. Normalmente il nucleo ha un pH tendente all’acido. - positive, a livello delle proteine, che si colorano tramite eosina che è un colorante acido. Normalmente le proteine hanno un pH tendente al basico. Il nucleo e i vari componenti acidi del citoplasma (ribosomi, secreti acidi) dunque vengono colorati in viola dall’ematossilina, che è un colorante basico, mentre il citoplasma e i vari tessuti basici (muscolare, connettivo, osseo) vengono colorati in rosa, più o meno intenso, da una miscela acida di eosina. I TESSUTI DI SOSTEGNO o TESSUTI CONNETTIVI Si chiamano tessuti connettivi poiché connettono altri tessuti. Sappiamo che l’organismo è rivestito da tessuto epiteliale, al di sotto del quale abbiamo tessuto connettivale. L’epitelio riveste anche il limite estremo della massa corporea permeato da cavità all’interno ovvero all’interno dell’organismo abbiamo delle cavità che sono quelle dell’apparato gastroenterico, dell’apparato respiratorio, di quello urogenitale e questi quindi sono rivestiti da epitelio che forma il limite estremo della massa corporea sia internamente che esternamente e al di sotto degli epiteli noi abbiamo tessuto connettivo. Il tessuto connettivo dunque connette e si divide in diversi tipi. I tessuti connettivi hanno una funzione di sostegno sia strutturale, come ad esempio il tessuto osseo e quello cartilagineo, che metabolico ovvero la diffusione di materiali all’interno dell’organismo come metaboliti, materiale che è stato introdotto con l’alimentazione e dunque questo è a carico soprattuto del sangue che tramite il corrente circolatorio distribuisce il materiale e i metaboliti che sono stati prodotti in organi diversi come fegato. Abbiamo quindi la possibilità, grazie al sangue, di connettere anche distretti diversi dell’organismo. Qui abbiamo quindi il concetto della comunicazione. Nel sangue sono presenti anche cellule fondamentali per la difesa immunitaria e per la riparazione e rigenerazione del tessuto danneggiato. Le funzioni del tessuto connettivo sono dunque: 1. Sostegno strutturale e metabolico 2. Comunicazione 3. Difesa 4. Riparazione e rigenerazione ESEMPIO: - Derma: vediamo il derma appena sotto l’epitelio di rivestimento, costituito da un’alta cellularità che si riconosce grazie ai nuclei e sottostante a questa vi è invece una zona colorata maggiormente di rosa. Questo è costituito per la maggior parte da fibre ma sono presenti anche pochi nuclei. Il derma è infatti lOMoARcPSD|524 954 4 costituito da poche cellule e dunque pochi nuclei ma molta matrice extracellulare. - Cartilagine: La matrice cellulare è molto evidente anche nella cartilagine dove si vedono cellule con nuclei molto evidenti e una matrice molto uniforme costituita da molecole diverse. - Connettivo lasso: ci permette di focalizzarci su altre particolarità ovvero abbiamo zone molto poco colorate che sono zone in cui vi sono elementi non colorabili che costituiscono la sostanza fondamentale amorfa della matrice. Vediamo poi delle strutture fibrose più o meno sottili. Quelle sottili, grigie scure sono le fibre elastiche mentre quelle più spesse, colorate di marrone sono le fibre collagene e vi sono poi i nuclei delle cellule. In alcune si vede la membrana cellulare e il citoplasma (molto ben colorato in rosso). Questo ci dice che questo tessuto, lasso poiché vi è molto materiale non colorabile e dunque non è molto compatto, è costituito da molti elementi cellulari diversi. Le caratteristiche del tessuto di sostegno sono la presenza dunque di cellule sparse e di abbondante matrice extracellulare. I tessuti di sostegno originano dal mesenchima, che è un tessuto che si trova durante lo sviluppo dell’embrione. Ci sono cellule con nuclei globulosi e citoplasma poco colorato poiché evidentemente non ha ancora prodotto un grande quantitativo di proteine e rispetto al tessuto connettivo visto fino ad ora non vi è praticamente matrice. Queste perché inizialmente abbiamo un insieme di cellule che poi produrranno la matrice e mano a mano dunque si distanzieranno depositandola. Questa matrice sarà o la sostanza fondamentale amorfa oppure la matrice fibrosa. La matrice extracellulare ha le stesse caratteristiche dei tessuti e serve: 1. Come sostegno meccanico strutturale. 2. È un ambiente in cui avvengono reazioni chimiche ed è una barriera biochimica poiché attraverso questo ambiente passano molecole per diffusione, fondamentale per il nutrimento del tessuto. 3. Regola lo sviluppo e il differenziamento Si tratta dunque di un sistema dinamico e interattivo tra ambiente cellulare e extracellulare e tra essi vi è una vera e propria interconnessione strutturale. La matrice extracellulare è composta da : 1. Fibre collagene e fibre elastiche 2. Glicoproteine strutturali 3. Sostanza fondamentale amorfa lOMoARcPSD|524 954 4 La sostanza fondamentale amorfa non viene riconosciuta tramite le normali colorazioni ed è formata da ioni (come sodio e calcio), acqua (fondamentale per la diffusione di ossigeno o sostane nutritive) e GAGs. I GAGs sono glicosaminoglicani e sono composti da zuccheri e gruppi amminici. Si formano delle catene lineari di zuccheri esosi che contengono gruppi carbossilici che danno carica negativi e che contengono gruppi amminici. Ci sono delle unità disaccaridiche ripetute ripetute costantemente che formano lunghe catene (abbiamo quindi uno zucchero A e uno zucchero B, che vengono ripetuti costantemente formando lunghe catene). Queste catene avendo cariche negative (principalmente carbossilici ma possiamo avere anche solfati o altro) non possono impacchettarsi strettamente e occupano spazi grossi avvolgendosi in modo molto lasso e di conseguenza alle cariche negative richiamano gli ioni sodio che hanno carica opposta. In presenza di sodio per questioni di equilibrio e osmolarità arrivano anche le molecole di acqua. Questo spiega come queste strutture occupano uno spazio notevole che viene occupato anche acqua che forma un legame elettrostatico con il sodio. Esistono diversi tipi di GAGs: 1. Condroitinsolfati 2. Cheratansolfati 3. Eparansolfati 4. Dermatansolfati 5. Acido ialuronico L’acido ialuronico è fondamentale poiché è l’unico che non si associa ad una porzione proteica, mentre gli altri GAGs si legano invece a proteine formando i proteoglicani. Questi componenti sono presenti in tutti i tessuti (anche se il condroitinsolfato è caratteristico della cartilagine. La struttura superiore al proteoglicano è l’aggrecano, il quale ha un “cuore” di acido ialuronico (in viola) che è complessato con proteoglicani. Nei proteoglicani vediamo come ci sia una struttura centrale che è la proteina, alla quale sono legati i GAGs. Dunque i GAGs si legano alla struttura proteica formando il proteoglicano, che si legano tramite la proteina linker all’acido ialuronico che di per sé non ha una componente proteica. Questa struttura dell’aggrecano è tipica della cartilagine. LE FIBRE COLLAGENE Abbiamo già visto che ci sono le fibre collagene (più spesse ed eosinofile) e le fibre elastiche (più sottili e colorate in marrone). In mezzo alle fibre c’è la sostanza fondamentale amorfa e le cellule delle quali è visibile sono il nucleo. Le fibre presenti nel tessuto connettivo possono essere evidenziate anche con coloranti diversi: lOMoARcPSD|524 954 4 Qui vediamo fibre collagene di tipo III che è più sottile e vengono colorate con metalli pesanti (sono argentofile) mentre a sinistra vediamo le fibre elastiche, con un altro tipo di colorazione. Le fibre elastiche risultano sempre molto più sottili di quelle collagene. Le fibre collagene nella prima figura sono orientate tutte nella stessa direzione e all’interno dei fasci si possono trovare i pizzicati ovvero i nuclei delle cellule che li hanno prodotti (colorati in viola). Sotto vi sono invece le fibre argentofile reticolari, che sono fibre collagene più sottili delle altre e che si intrecciano e fanno da supporto per organi ricchi di cellule (in questo caso per i linfonodi). Le fibre collagene sono dotate di grande resistenza alla trazione mantenendo sempre la loro lunghezza. Le fibre collagene si trovano nel caso di prima dove sono tutte orientate nella stessa direzione, nei tendini. Queste fibre sono parallele perché il tendine connette osso e muscolo. Il muscolo si contrae e termina con il tendine che si connette all’osso e sposta il segmento osseo essendo resistente alla trazione. Il collagene è codificato da una famiglia molto ampia di geni (per ora ne sono stati scoperti 42) e questi danno origine a 27 tipi diversi di collagene. Il collagene di tipo I è il più importante in quanto è quello maggiormente presente nel nostro organismo ed è composto dall’avvolgimento di tre catene peptidiche: - due catene alfa1 - Una catena alfa2 Il collagene di tipo I è bandeggiato ovvero ci sono zone più ampie e altre meno. Molto importante è anche il collagene di tipo II, tipico della cartilagine. A questi tipi di collagene si uniscono diversi collageni minori (come il V e il III per il tipo I o il IX per il tipo II). Questi tipi di collagene servono per indirizzare la saturazione che avviene per polimerizzazione da dei composti più piccoli che vengono uniti tra di loro a formare la fibra. Guardando il collagene di tipo I al microscopio elettronico a trasmissione si vedono bandeggiature (bande chiare e scure) che hanno un periodismo ovvero una lunghezza da parte scusa a parte chiara di circa 64-68 nm. Se andiamo a vedere la molecola di base della struttura ovvero il tropocollagene vediamo che è lunga circa lOMoARcPSD|524 954 4 300 nm. La struttura che si propone quindi fa vedere come abbiamo una organizzazione nella quale le molecole di collagene si uniscono testa-coda con filamenti sottili lasciando un minimo spazio e poi lateralmente si formano filamenti dello stesso tipo ma sfasati di circa un quarto della lunghezza. Ad un certo punto si troveranno tutte in fase ed è per questo che vediamo delle bandeggiature. La fibra di collagene è abbastanza spessa dunque e sono costituiti da fibrille che si uniscono e che sono formate da unione di filamenti che sono costituiti dall’unione testa coda di molecole di collagene. Quindi: Molecola di collagene —> filamenti —> fibrille —> fibra di collagene I collageni sono tutti tendenzialmente bandeggiati. Le singole molecole di collagene sono costituite da tre catene strettamente impaccate e questo deriva dal fatto che la loro struttura richiede la presenza di glicina a livelli elevati (circa un amminoacido su tre). Oltre alla glicina molto importante è la prolina che fa si che si possa avere l’angolatura della catena peptidica. La prolina viene spesso idrossilata diventando idrossiprolina e la stessa cosa succede anche per la lisina. La molecola progenitrice è il pro-collagene, più grande del tropocollagene e presenta al C-terminale e all’N-terminale presenta delle sequenze peptidiche che non sono andante in contro ad avvolgimento e sono quelle sequenze che impediscono l’avvolgimento della molecola all’interno della cellula, avvenimento che sarebbe catastrofico per la cellula poiché avremmo un ingolfamento della cellula che andrebbe incontro a morte. La sintesi del collagene inizia nel nucleo dove vengono trascritti i geni in mRNA e poi tradotti per essere modificati nel RER e nel Golgi e poi viene secreto e qui grazie a delle peptidasi specifiche per il collageno vengono tagliati i peptidi terminali permettendo così l’assemblaggio e la polimerizzazione definitiva della molecola. LE FIBRE ELASTICHE Hanno la caratteristica opposta di quelle collagene cioè sono deformabili e quindi possono essere allungate e una volta che la trazione è stata eliminata si riavvolgono in maniera casuale. Sono stati identificati anche in questo caso marcatori ovvero amminoacidi specifici che sono prevalentemente lisine modificate. Le fibre elastiche sono quindi deformabili e si trovano nella cute, sotto l’epitelio di rivestimento, nel derma. Nel derma si trova quindi collagene I e fibre elastiche. Le fibre elastiche sono presenti anche nell’aorta è in grado di assorbire l’andamento pulsato del cuore e lo regolarizza per averlo continuo. Si trovano queste fibre elastiche perché queste strutture hanno bisogno di cambiare forma in maniera ripetuta e costante (sono infatti presenti anche nella pleura). La fibra elastica e formata principalmente da due proteine: 1. Elastina, che forma la parte interna e si presenta come proteina amorfa ovvero al microscopio elettronico appare sfocata perché non è precisa come struttura. 2. Microfibrille che formano la parte esterna e danno strutturazione fibrosa e si dividono in microfibrilla I e microfibrilla II lOMoARcPSD|524 954 4 Anche in questo caso la cellula che le produce produce molecole non mature (proelastina) che vengono rilasciate all’esterno dove vengono tagliate le strutture estreme che impedivano di raggiungere la forma finale e attiva. Le fibre elastiche vengono colorate con una colorazione particolare che è la colorazione von Gieson che le fa apparire di colore nero. Senza questa colorazione non si riuscirebbero a vedere bene. LE MOLECOLE ADESIVE della MATRICE EXTRACELLULARE La più importante è la fibronectina, proteina fibrosa che presenta diversi domini e che unisce strutture diverse. Si tratta di una glicoproteina omodimero ovvero due molecole uguali che si uniscono tramite ponti disolfuro. I domini diversi prendono contatto con componenti diverse della matrice extracellulare. Vi è infatti un dominio per il collagene, per la fibrina, per eparansolfato (proteoglicano) o per integrine. L’integrina è un eterodimero presente come glicoproteina inserita nel doppio strato fosfolipidico della membrana cellulare e dunque è una proteina intrinseca della cellula. Il suo dominio extracellulare interagisce con fibronectina e con laminina, altra proteina. La cosa caratteristica è RGD ovvero arginina-glicina-acido aspartico e sono tre amminoacidi che in sequenza vengono riconosciuti dal sito di legame dell’integrina e quindi abbiamo una certa affinità della superficie della cellula con un molecola che si trova nella matrice extracellulare. Essendo l’integrina una proteina transmembrana avremo anche un versante intracellulare che si connette con l’actina ovvero una componente citoscheletrica e questa interazione è sempre mediata da varie molecole tra cui ad esempio alfaactinina. L’integrina dunque integra l’ambiente intracellulare con quelle extracellulare. IL MANTENIMENTO DELLA MATRICE EXTRACELLULARE Fondamentale per la membrana cellulare è l’omeostasi. Per mantenere la matrice extracellulare vi sono delle metalloproteasi della matrice MMP e sono prodotte dalle cellule della matrice. Il termine indica che per funzionare necessito di metalli che operano come cofattori e lisano e distruggono proteine e sono in grado di degradare la matrice extracellulare a pH neutro. Vengono prodotte in maniera latente e vengono attivate dalla plasmina, che viene attivata da un suo precursore e una volta attiva per taglio proteolitico è in grado di andare ad attivare le metalloproteasi latenti. Le MMP-2 e MMP-9 sono attive contro il collagene. Esistono a valle altri sistemi di controllo ovvero i TIMPs che sono gli inibitosi tissutali della metalloproteasi e sono in grado di bloccare l’attività delle MMP già attive. E’ un sistema molto ben modulabile ovvero risente dell’ambiente e se questo viene modificato a causa ad esempio di un’infiammazione le MMP vengono attivate. Vengono attivate anche da cellule tumorali che le attivano per farsi aprire una via per poter entrare nel torrente circolatorio dando vita alle metastasi. lOMoARcPSD|524 954 4 LE CELLULE DEL TESSUTO CONNETTIVO Tutte le cellule del tessuto connettivo esprimono vimentina, particolare proteina che si organizza in filamenti intermedi (10nm di diametro) che costituiscono il citoscheletro della cellula. Questi filamenti servono per mantenere il nucleo al centro della cellula e il fatto che questa proteina venga espressa solo dalle cellule del connettivo fa si che venga usata come marcatore delle cellule connettivali. Le cellule del tessuto connettivo propriamente detto sono: - Macrofago tissutale - Pericito - Mastocito - Adipocito - Fibroblasto Queste sono le cellule fisse del tessuto connettivo, alle quali si posso aggiungere anche i miofibroblasti che sono fibroblasti con un numero molto elevato di miofilamenti che ne permettono il movimento e questo è dovuto al fatto che queste cellule possono accorrere nelle zone in cui vi sono ferite per ricostruire il tessuto perso. Alle cellule fisse si aggiungono le cellule migranti che non si trovano di base sempre nel connettivo ma spesso migrano dal sangue, e sono i leucociti. Oltre a queste cellula base, a seconda del tipo di tessuto vi saranno poi le cellule specializzate. I FIBROBLASTI: Il fibroblasto, indicato con la lettera F (fibroblasto maturo attivo nella prima immagine e fibroblasto maturo nella seconda), si differenzia per un nucleo abbastanza grade, un evidente nucleolo e un forma fusata. È la cellula principe del connettivo poiché da sola produce tutta la componente della matrice extracellulare. Deriva, come tutte le cellule connettivali, dal mesenchima embrionale. Dal mesenchima embrionale deriva anche emocitoblasto HSC, cellula staminale emopoietica. Il fibroblasto maturo è una cellula quiescente che controlla il turnover del tessuto. In questo caso si tratta di fibroblasto maturo del tendine e dunque il turnover è molto scarso e si vedono i fasci di collagene tipo I in mezzo ai quali si riescono a vedere pochi fibroblasti. lOMoARcPSD|524 954 4 Sulla sinistra invece si vedono i fibroblasti maturi attivi e sono coinvolti attivamente nella produzione di proteine della matrice, di glicoproteine, GAGs e proteoglicani che vengono poi secreti a livello della matrice. IL MACROFAGO TISSUTALE Fagocita grandi particelle (0.5 micrometri, grandezza di un batterio o microbo) tramite le membrane ondulanti. Normalmente non si riescono a evidenziare in una sezione istologica e dunque in questa sono stati aggiunti alla preparazione dei granuli di zimosan di 0.5micrometri di diametro colorati in blu. Il macrofago gli ha fagocitati e questo li ha resi visibili. Queste cellule una volta venivano chiamati istiociti ovvero cellule del tessuto. Queste cellule ora hanno nomi diversi e sono presenti in tutti i tessuti nell’organismo: - nel polmone: macrofago alveolare - Fegato: cellula di Kupffer - Osso: osteoclasto - Sistema nervoso: microglia - Sistema linfatico: cellule dendritiche in milza e linfonodi Queste cellule hanno la stessa capacità di fagocitare cellule di grosse dimensioni e possono essere considerati gli spazzini dell’organismo. Il macrofago può fare endocitosi ovvero fagocitosi e pinocitosi. Dopo averli fagocitati il macrofago li può distruggere grazie alla sua attività antibatterica e antimicotica possibile grazie ad enzimi come: 1. Lisozima 2. Mieloperossidasi che sviluppa sostanze altamente ossidanti che distruggono i batteri 3. Enzimi che inducono acidificazione nel citoplasma della cellula facendola morire o per lo meno bloccando la loro azione. Qualunque struttura che presenta motivi di riconoscimento in quanto estranea all’ambiente (i cosiddetti motivi molecolari associati ai patogeni o PAMP) viene riconosciuto grazie a specifici recettori dei macrofagi. Oltre alla fagocitosi abbiamo detto che possono fare pinocitosi ossia incanalano fluido che si trova all’esterno della cellula con le molecole disciolte. Importante è anche l’esocitosi poiché possono rilasciare enzimi, citochine e interleuchine, che sono molecole segnale che possono riconoscere recettori su altre cellule e dunque attivarle. Il macrofago è anche in grado di fare chemiotassi ossia migrare verso una sostanza chimica che agisce come richiamo riconoscendo il gradiente. Il macrofago, grazie alle sue caratteristiche, è coinvolto nella risposta immunitaria. LE DIVERSE TAPPE DELLA FAGOCITOSI La cellula che deve essere fagocitata viene riconosciuta grazie a motivi che esprime sulla sua superficie e che vengono riconosciuti dai recettori del macrofago. A questo punto produce pseudopodi ovvero espansioni di membrane grazie a microfilmanti di actina che avvolgono la particella estranea. Questa viene quindi internalizzata (e prende il nome di fagosoma) e si fonde con dei lisosomi formando fagolisosomi. I lOMoARcPSD|524 954 4 lisosomi sono colmi di enzimi in grado di degradare tutte le macromolecole biologiche e in questo modo la particella estranea viene digerita (se non viene digerita completamente permette un corpo residuo). IL MASTOCITO Questa cellula non si riesce ad identificate tramite una colorazione normale di ematossilina-eosina. Tramite il colorante blu di toluidina (colorante basico) la cellula si colora invece di rosso tramite fenomeno della metacromasia che descrive il fatto che un colorante cambi colore e questo è dovuto alla presenza di molecole polianioniche ossia di molecole che hanno un’alta concentrazione di cariche negative. E’ una cellula ricca di granuli ed è responsabile dei fenomeni allergici. Quando vi sono degli allergeni questi inducono la degranulazione del mastocito che dunque rilascia all’esterno il materiale contenuto nei granuli, ovvero: - eparina - Istamina, che è in grado di indurre vasodilatazione e bronco-costrizione, che impedisce la respirazione e dunque l’individuo può andare in contro a shock anafilattico - Proteasi neutre come triptasi e chimasi IL PERICITO Si trova vicino ai vasi e ha una forma semplice, fusata come la cellula mesenchimale da cui deriva e della quale si pensa sia un residuo che permane anche in età adulta. Come questa ha infatti una notevole capacità proliferativa e trattandola con particolari molecole la si può indurre a diventare un adipocito, una cellula muscolare liscia, una cellula dell’osso o della cartilagine. LA SUDDIVISIONE DEI TESSUTI CONNETTIVI I tessuti connettivi possono essere classificati in maniera diversa a seconda del parametro che si prende in considerazione. Prendendo in considerazione la matrice extracellulare possono essere divisi in: 1. Propriamente detti, che si dividono in: - connettivo lasso, rete fibrosa lassa e tanta matrice amorfa - Connettivo denso, fibre densamente impacchettate e poca matrice amorfa e che a sua volta si divide in: a. Regolare, con fibre collagene regolate nella stessa direzione (tendine) b. Irregolare, con fibre disposte in maniera diversa nello spazio (derma) 2. Fluidi/liquidi, poiché sangue linfa hanno come materiale nella matrice extracellulare fluido che permette lo scorrimento del sangue o della linfa in un sistema circolatorio chiuso (il primo) o aperto (il secondo) e i due sistemi poi comunicano tra loro. Si divide appunto in: - sangue, nel sistema circolatorio lOMoARcPSD|524 954 4 - linfa, nel sistema linfatico 3. Di sostegno, con matrice solida, incomprimibile e si divide in - cartilagine, con matrice gelatinosa solida - osso, con matrice cristallina mineralizzata 4. specializzato, particolare poiché è quasi privo di matrice extracellulare poiché è nettamente predominante la parte cellulare e si tratta del tessuto adiposo. La funzione dei tessuti connettivi propriamente detti: Il tessuto lasso, essendo poco denso è: 1. facilmente permeabile permettendo così gli scambi metabolici tramite diffusione semplice delle molecole 2. Separa i tessuti 3. Luogo della reazione infiammatoria per la difesa dell’organismo Il tessuto denso è: 1. Resistente alle sollecitazioni meccaniche 2. Robusto I tessuti connettivi sono così chiamati poiché capaci di: - una connessione meccanica, poiché sono tessuti più robusti che uniscono diversi tessuti tra loro. Un esempio è dato dal tendine o dai legamenti che uniscono muscoli e osso. Inoltre sostengono e proteggono organi. - Una connessione funzionale, poiché mettono in comunicazione tessuti facendo passare nutrienti e cellule della difesa immunitaria Questi due tipi di connessione sono tra loro in antitesi poiché la connessione meccanica richiede fibre e dunque sono tessuti che richiedono stabilità e robustezza. Dall’altro lato però, la connessione funzionale richiede una maggiore sostanza fondamentale amorfa e dunque idratata per consentire la diffusione. Esempi di tessuti connettivi: • Il tessuto connettivo lasso Nell’immagine a lato siamo a livello dell’apparato gastroenterico e vediamo sotto l’epitelio una zona SoM ovvero sottomucosa che contiene connettivo lasso particolarmente povero di fibre. Vediamo qui invece una vescica, nella quale distinguiamo l’epitelio dove vi è una grossa concentrazione cellulare oltre il quale vi è il connettivo lasso (TC) al di sotto del quale vi è poi di nuovo uno strato con maggiore cellularità che il tessuto muscolare. lOMoARcPSD|524 954 4 • il tessuto connettivo denso figura 1: derma colorato con ematossilina-eosina che colora le fibre in rossa. figura 2: derma figura 3: capsula di un organo parenchimatoso ovvero pieno. La capsula è data da tessuto connettivo denso che supporta e protegge l’organo • Tessuto di sostegno lasso vs tessuto di sostegno denso Vediamo qui la sezione di una ghiandola mammaria e vediamo delle strutture con dei lumi (cavità) contornate da un epitelio ben colorato. Dopo di questo abbiamo del tessuto poco colorato che è il lasso (TCL) all’esterno del quale il denso (TCD) nel quale si vedono molto bene le fibre collagene. Vediamo qui anche la sigla TA che indica tessuto adiposo (molto grandi e non colorate con questo tipo di colorazione. Sono poche e ogni tanto si trovano sparse nei vari tessuti connettivi raggruppate in piccoli gruppi di 4 o 5. lOMoARcPSD|524 954 4 I TESSUTI CONNETTIVI DI SOSTEGNO I tessuti connettivi di sostegno sono: - Cartilagine - Osso - Tessuto cordoide che nell’adulto è presente in quantità minime essendo un residuo della notocorda, struttura di sostegno durante il periodo di vita embrionale. LA CARTILAGINE Nell’adulto si trova a livello di: 1. Superfici articolari delle ossa 2. Cartilagini costali 3. Orecchio esterno 4. Naso 5. Laringe 6. Trachea e bronchi La cartilagine è un tessuto solido ma rispetto all’osso è più flessibile, meno resistere e duro. Ha un’ottima resistenza alla compressione può cambiare leggermente forma ma non volume. La cartilagine è l’unico tessuto connettivo a non essere vascolarizzato. Le funzioni della cartilagine sono diverse: 1. Dona sostegno poiché mantiene ad esempio la pervietà delle vie aeree. L’aria deve entrare nell’albero respiratorio e dunque i canali deve essere aperti. 2. Assorbe elasticamente le sollecitazioni meccaniche a livello delle articolazioni riducendo gli attriti 3. Guida lo sviluppo dello scheletro osseo nei mammiferi, infatti il primo abbozzo dello scheletro è solitamente fatto per la maggior parte di cartilagine la quale poi viene sostituita da tessuto osseo 4. Permette l’accrescimento in lunghezza delle ossa lunghe con la cartilagine metafisaria. Essendo un tessuto connettivo troviamo una matrice extracellulare che presenta fibre di collagene, in particolare tipo II e questo in particolare nella cartilagine ialina che è la più frequente. Contiene poi anche fibre di collagene di tipo I e fibre elastiche. La sostanza fondamentale amorfa presenta come al solito proteoglicani, GAGs, delle glicoproteine di adesione come laminina e fibronectina. Una caratteristica è l’elevata di acqua, intorno al 70-80% del peso netto del tessuto e questo spiega la non comprimibilità e allo stesso tempo l’elasticità. Per quanto riguarda invece le cellule abbiamo: - Condrociti e condroblasti, che sono lo stesso tipo di cellula vista in due momenti diversi. I condroblasti sono infatti le cellule attive e hanno una altra attività sintetica mentre i condrociti sono le cellule quiescenti e controllano l’ambiente rimpiazzato quello che va in turnover. - Condroclasti, che non sono stati ancora chiaramente dimostrati ma sarebbero le cellule che erodo la cartilagine quando viene sostituita dall’osso durante il processo di ossificazione. Esistono diversi tipi di cartilagine: lOMoARcPSD|524 954 4 1. La ialina, più diffusa. Il suo nome indica il suo aspetto vetroso ovvero traslucido e ha un aspetto bianco- bluastro. Questo tipo di cartilagine è relativamente elastico 2. L’elastica, decisamente più elastica e presenta un aspetto giallastro come tutti i tessuti con una forte componente elastica. È più opaca ed è maggiormente flessibile ed elastica. 3. La fibrosa ha caratteristiche del tessuto connettivo fibroso ed è infatti una via di mezzo tra connettivo fibroso e cartilagine. Nella cartilagine ialina si osservano cellule immerse in una matrice omogenea poiché l’indice di rifrazione delle fibre collagene di tipo II che non sono bandeggiate e quello dei GAGs nella sostanza fondamentale amorfa sono molto simili e quindi non si notano particolari differenze. La cartilagine ialina è presente nella trachea (figura a lato) nella quale forma un anello incompleto con una matrice con intensità di colore diverse e anche le cellule appaiono diverse tra poiché. Si vede infatti che sulla sinistra sono presenti cellule più grandi mentre sulla destra sono più piccole. Questo perché abbiamo un gradiente di cellule nel quale quelle meno matura vanno sulla sinistra mentre quelle giù mature si trovano sulla destra. CONDROBLASTI e CONDROCITI Sono cellule sferiche od ovoidali immerse in lacune all’interno della matrice solida e quindi non ne permette una equa distribuzione nel tessuto. Ogni lacuna contiene una o più cellule e le cellule più grandi contengono anche delle gocce lipidiche. Quello nell’immagine è un condroblasto visto al microscopio elettronico a trasmissione. Il suo nucleo è abbastanza grande e il citoplasma presenta vari organuli mentre esternamente vi sono diverse fibrille di collagene che circondano la cellula. I condroblasti producono fibre collagene fibre elastiche in quantità variabile a seconda del tipo di cartilagine nella quale sono immersi. La sostanza fondamentale amorfa è costituita da acido ialuronico a cui si legano i proteoglicani e queste molecole sono in grado di legare una buona quantità di acqua conferendo alla cartilagine lo stato di gel solido molto importante per le sue caratteristiche. Grazie al fatto di avere molta acqua la cartilagine è in grado di essere nutrita nonostante non sia vascolarizzata. lOMoARcPSD|524 954 4 LA CARTILAGINE IALINA Le cellule nella matrice sono disposte a gruppetti che prendono il nome di gruppi isogeni e sono la conseguenza del fatto che la matrice è solida e non permette l’equidistribuzione delle cellule dopo quella che era l’unica cellula nella lacuna si è divisa una o più volte. La matrice extracellulare presenta delle colorazioni diverse e questo dovuto al fatto che, in un gruppo isogeno ogni cellula è rivestita da una matrice capsulare intensamente colorata e costituita da fibre di collagene. Esternamente a questa vi è la matrice territoriale che comprende tutto l’ambiente delle cellule del gruppo isogeno e ha una colorabilità inferiore e tra un gruppo isogeno e l’altro vi è la matrice interterritoriale che presenta una colorabilità ancora inferiore. In questo caso vi è una diminuzione del numero di fibre e viceversa una produzione di GAGs. La cartilagine è poi rivestita da tessuto connettivo denso e fa parte del pericondrio che è la parte fibrosa di rivestimento e protezione mentre andando verso l’interno avremo il pericondrio con lo strato attivo per quanto riguarda la capacità proliferativa. Sono cellule di riserva della cartilagine non ancora differenziate e che somigliano molto ai fibroblasti. Queste cellule andranno poi incontro a differenziamento per diventare cellule cartilaginee attive. La cartilagine ialina la troviamo anche a livello dell’articolazione sinoviale, in particolare a livello dell’estremità delle ossa dell’articolazione. Nell’immagine della cartilagine ialina articolare vediamo come la cartilagine riveste l’osso lungo e si può notare che manca completamente il rivestimento del pericondrio. La cartilagine articolare è spessa dai 2 ai 5 mm e presenta diversi strati che si riconoscono in baso all’orientamento delle cellule. Questo è importante perché favorisce una migliore prestazione funzionale e così andando dalla superficie libera verso la parte ossea vediamo che c’è: - Una zona superficiale in cui le cellule sono poste tangenzialmente - Una zona intermedia o di transizione in cui l’orientamento non è ben preciso - Una zona profonda, radiale in cui l’orientamento delle cellule è perpendicolare a quello della zona superficiale - Una linea di demarcazione al di sotto della quale troviamo una zona di cartilagine calcificata che va in continuità poi con l’osso sottocondrale. Non vi è dunque il pericondrio e quindi c’è una scarsa capacità proliferativa della cartilagine e dunque in caso di danneggiamento o usura il livello della cartilagine diminuisce e possiamo avere problemi a livello dell’articolazione con degenerazione della cartilagine e deformazione dell’articolazione e questo provoca dolore poiché si arriva a toccare l’osso che, al contrario della cartilagine, è innervato. LA CARTILAGINE ELASTICA La cartilagine elastica si trova in: - Padiglione auricolare - Meato uditivo esterno e Tubauditiva - epiglottide - Laringe lOMoARcPSD|524 954 4 Presenta diverse differenze con la cartilagine ialina che sono il suo colore giallastro dovuto alla grande presenza di fibre elastiche e ha invece decisamente molta meno sostanza fondamentale amorfa e dunque un basso contenuto di proteoglicani e acqua. Le fibre elastiche nel vetrino sono colorate in nero e si vede come quasi tutta la sezione è colorata in nero. Ai due strati si vede invece il pericondrio con le cellule proliferative. LA CARTILAGINE FIBROSA Si trova in: - dischi intervertebrali - Diversi menischi e labbri articolari - Sinfisi pubica - Legamento rotondo del femore - Zona di inserzione all’osso di alcuni tendini Dal punto di vista strutturale è costituita da strati di connettivo denso e strati di cartilagine e dunque la sua caratteristica funzionale è quella di essere molto resistente. Guardare il vetrino per alcuni appunti. La cartilagine fibrosa costituisce l’anello fibroso dei dischi intervertebrali che si trovano tra una vertebra e l’altra e servono come ammortizzatori. All’interno dell’anello fibroso è presente il nucleo fibroso. L’anello fibroso può a volte rompersi facendo fuoriuscire il nucleo polposo, che altro non è che tessuto cordoide, e causando quella che prende il nome di ernia del disco. Nell’immagine si vede la fibrocartilagine nei dischi intervertebrali circondata dal tessuto osseo. IL PERICONDRIO e LA CONDROGENESI La cartilagine è circondata dal pericondrio che è formato da due strati: 1. Strato esterno che contiene collagene di tipo I ed elastina e sembra quindi tessuto connettivo classico con fibroblasti 2. Strato interno anche detto strato condrogenico che presenta cellule progenitrici dei condroblasti che sono cellule piatte e immature allineate tangenzialmente al margine della cartilagine. Il pericondrio manca a livello delle superfici articolari e a livello della cartilagine fibrosa. La condrogenesi prende n considerazione le modalità attraverso cui si forma la cartilagine e questo avviene secondo due diversi meccanismi: 1. La crescita per apposizione, che utilizza le cellule proliferative presenti nel pericondrio. È quindi coinvolto lo strato condrogenico nel quale le cellule, di lOMoARcPSD|524 954 4 2. derivazione mesenchimale, si dividono e differenziano venendo reclutate nella cartilagine matura. La crescita interstiziale, che avviene a carico delle cellule intrappolate nella matrice. Questa avviene quando le cellule si dividono mentre sono già intrappolate nell matrice e non potendosi separare più di tanto rimangono a formare i gruppi isogeni. IL TESSUTO OSSEO Il tessuto osseo è un tessuto di sostegno che a differenza della cartilagine ha una matrice extracellulare mineralizzata che conferisce all’osso resistenza e durezza, anche se è al contempo leggero. È inoltre estremamente dinamico poiché è soggetto a rimodellamento per tutta la durata della vita in quanto è continuamente riassorbito e deposto. Le funzioni dell’osso sono diverse: - costituisce l’impalcatura del corpo fornendo lo scheletro - protegge gli organi più importanti (gabbia toracica, teca cranica - da inserzione ai tendini permettendo il movimento - Accoglie il midollo emopoietico all’interno delle cavità - Sede principale di deposito del calcio Come tutti i tessuti connettivali possiede: 1. Cellule specializzate, che provengono da linee cellulari diverse ovvero ci sono le cellule osteoprogenitrici (di forma molto simile ai fibroblasti) che portano a osteoblasti (di forma un po’ più cubica) e osteociti, e ci sono gli osteoclasti. 2. Fibre extracellulari che sono fibre collagene (in particolare di tipo I) e fibre elastiche 3. Sostanza fondamentale amorfa, mineralizzata e costituita da una parte organica e una minerale costituita da sali di calcio. In questa sostanza manca quasi completamente l’acqua. Dalla cellula osteoprogenitrice deriva l’osteoblasto che sintetizza la matrice extracellulare dell’osso e che una volta che rimane intrappolata nella matrice mineralizzata diventa osteocita, che è in grado di controllare il microambiente e di mantenere una buona funzionalità del tessuto osseo. L’osteoclasto invece è una cellula plurinucleata che è in grado di riassorbire la matrice ossea. Le ossa in base alla loro forma si classificano in ossa lunghe, piatte o forme più complesse. Nel caso dell’osso lungo possiamo distinguere una porzione centrale che si chiama diafisi mentre le due porzioni laterali prendono il nome di epifisi. Abbiamo già visto come le epifisi sono rivestite da cartilagine articolare. Facendo una sezione possiamo distinguere: 1. una porzione interna midollare, costituita da osso spugnoso. Al centro troviamo la cavità midollare. 2. una porzione esterna corticale, che presenta osso compatto Nell’epifisi dell’osso lungo, se eliminiamo tutta la porzione organica tramite un trattamento a base di soda caustica ovvero idrossido di sodio e lasciando dunque solo la matrice inorganica lOMoARcPSD|524 954 4 mineralizzata, si vede bene la caratteristica dell’osso compatto corticale e dell’osso spugno ricco di lacune definite da spicole di osso. Se guardiamo invece solo la parte organica ed eliminiamo la parte inorganica con un trattamento a base di un chelante vediamo la matrice, che è il costituente maggiore, colorata con eosina e all’interno si vedono piccole lacune che contengono i nuclei degli osteociti e si vede anche come ci sono dei motivi ripetuti di forma circolare e all’interno presentano un canale. Questi sono gli osteoni. Eliminando di nuovo la arte organica e tenendo solo quella inorganica vediamo queste strutture che in sezione trasversale appaiono tonde e sono gli osteoni, che sono l’unità strutturale di base dell’osso compatto. L’osteone si sviluppa a partire dal canale di Havers ed è circondato che è circondato da una serie di lamelle concentriche che contengono all’interno delle piccole lacune nere. Oltre ai canali di Havers abbiamo anche i canali di Volkmann che mettono in comunicazione i canali di Havers e dunque corrono trasversalmente rispetto ad essi. Dalle lacune di cui abbiamo parlato si dipartono piccoli canali e ospitano gli osteociti e i loro prolungamenti e si evince quindi che abbiamo una sottile rete di comunicazione per cui gli osteociti sono tutti comunicanti tra di loro e con il canale centrale di Havers. L’osteocita è una cellula ovale con un nucleo molto grosso e scarso citoplasma essendo una cellula quiescente controlla il microambiente ma non ha nulla da produrre. Esternamente alla cellula vediamo la matrice non mineralizzata piuttosto chiara e ancora più esternamente la matrice mineralizzata (più scura). In basso al centro si vede anche il canalicolo. Gli osteoni sono strutture cilindriche disposte parallelamente alla lunghezza dell’osso intorno ad un canale di Havers. Tra un osteone e l’altro ci saranno le lamelle interstiziali ovvero osteoni incompleti per riempire gli spazi. Il tessuto osseo compatto corticale è costituito da: - lamelle che circondano il canale di Havers centrale nel caso di sistemi ostenici - lamelle interstiziali che riempiono gli spazi vuoti - lamelle circonferenziali esterne che sono la porzione più esterna dell’osso mineralizzato e internamente avremo dei sistemi circonferenziali interni. Nel canale di Havers e in quello di Volkmann si trovano canali sanguigni e nervi. Esternamente e internamente avremo poi un ulteriore rivestimento: lOMoARcPSD|524 954 4 - internamente c’è l’ endostio, che è un sottile strato cellulare contenente cellule - progenitrici, osteoblasti e osteoclasti e riveste tutte le superfici interne dell’osso e quindi trabecole, cavità midollari, canali di Havers e di Volkmann Esternamente il periostio, lamina di tessuto connettivale altamente vascolarizzata e che riveste le ossa. È assente sulle superfici articolari e sulle zone in cui si inseriscono tendini e legamenti. Durante lo sviluppo e nel corso della riparazione di fratture è fondamentale poiché esistono cellule progenitrici che diventeranno osteoblasti e quindi possono riformare l’osso. Nell’adulto in assenza di lesioni gli osteoblasti possono diventare quiescenti. Le trabecole o spicole sono l’unità strutturale dell’osso spugno e sono quelle indicate dalle due frecce in alto. Anche il tessuto osseo spugnoso è organizzato in lamelle e la loro direzione segue delle linee precise dettate dalla pressione a cui le ossa sono sottoposte. Nell’osso compatto, ogni lamella è caratterizzata da fibre collagene tutte nella stessa direzione e lamelle vicine hanno fibre collagene contengo fibre orientate più o meno perpendicolari le une alle altre. Le proprietà del collagene e l’organizzazione delle fibre all’interno di ogni lamella fa si che questo osso sia particolarmente robusto. Le fibre di collagene che sono la maggior parte della matrice extracellulare sono poi soggette a calcificazione, in particolare a livello del gap che si trova tra le singole molecole di collagene a formare la fibrilla. In questo gap si dispongono i cristalli di idrossiapatite e questa mineralizzazione fa si che l’osso sia particolarmente duro. La matrice extracellulare è costituita da: 1. Sostanza organica, che prende il nome di osteoide e costituisce il 35% del peso secco. Le fibre di collane I sono circa il 90% delle proteine dell’osso, ma sono anche presenti fibre elastiche. Per quanto riguarda la sostanza fondamentale amorfa in essa sono presenti proteoglicani, proteine adesive come osteonectina e osteopontina, proteine acide che lo ione positivo calcio, l’osteocalcina e diversi fattori di crescita e citochine che sono importanti per la crescita dell’osso e per regolare il differenziamento degli osteoclasti. 2. Sostanza inorganica, contribuisce per il restante 65% del peso secco ed è costituita da cristalli di idrossiapatite che sono fosfati di calcio e carbonati di calcio. Il carbonato normalmente è il primo ad essere depositato e viene poi sostituito dal fosfato. Non è quasi per niente presente l’acqua. La componente organica e quella inorganica hanno compiti diversi nell’osso. Se si toglie la componente organica l’osso conserva la sua forma e le sue dimensioni ma diventa molto fragile. Se invece togliamo la componente inorganica l’osso perde la sua durezza e rigidità diventando flessibile, ma conserva comunque la resistenza alla trazione. Nelle caratteristiche finali dell’osso, vediamo come l’osso spugno si trova dove vengono applicate forze in varie dimensioni e dunque alle estremità mentre l’osso compatto è molto resistente alla complessione in senso longitudinale e questo è il motivo per il quale si trova nella diafisi, ma una pressione in senso orizzontale può provocarne la frattura. lOMoARcPSD|524 954 4 L’osteoblasto è responsabile della sintesi di tutti i componenti della matrice extracellulare quali fibre di collagene principalmente di tipo I e proteine non collageniche, di segnalazione e proteoglicani. Esprime inoltre la fosfatasi alcalina che è un suo marcatore. L’osteoblasto è sensibile alla vitamina D che assieme alla osteocalcina è responsabile della mineralizzazione della matrice extracellulare. Sulla superficie presenta poi altri due recettori, che sono: - uno per l’ormone della crescita, che agisce tramite IGF-1 ovvero tramite Insulinlike grow factor-1 che induce la proliferazione di questa cellula. - Uno sensibile all’ormone paratiroideo, che quando si lega alla cellula attiva l’osteoclasto L’osteoclasto è una cellula plurinucleata a stretto contatto con la matrice extracellulare mineralizzata. E’ ben polarizzato e infatti abbiamo una parte apicale libera in alto e una parte basale in basso a diretto contatto con la matrice. Tra la matrice e questa porzione della cellula vi è un piccolo spazio che prende il nome di lacuna di Howship. Questa è un microambiente con pH acido che si aggira introno al 4.5 e questo è dovuto alla grande presenza di protoni che vengono pompati dalla cellula all’esterno grazie ad una pompa ad ATP e seguono anche ioni cloruro che passano attraverso un canale dedicato per mantenere l’elettronegatività. Questo microambiente è separato dal resto in quanto ci sono molecole di osteopontina che sigillano l’ambiente basale del macrofago e il pH acido permette di sciogliere i cristalli di idrossiapatite e inoltre è in grado di lasciare enzimi proteolitici lisosomiali e non che degradano tutte le macromolecole. Gli osteoblasti e gli osteoclasti lavorano quindi in senso opposto per quanto riguarda l’osso e dunque devono essere in rapporto tra loro e vi è infatti una interazione tra le due grazie ad una complementarietà di due recettori. Sulla superficie dell’osteoclasto c’è RANK mentre sull’osteoblasto c’è RANKL che è il suo ligando e inoltre l’osteoblasto invia anche dei segnali solubili come M-CSF all’osteoclasto. Per avere un osteoclasto attivo e maturo si parte dal monocita che riceve segnalazioni da un ligando M-CSF ovvero il fattore che stimola le colonie macrofagiche permettendo la crescita del macrofago che esprime RANK sulla sua superficie e se viene a contatto con l’osteoblasto che esprime RANKL procede nella sua maturazione e diventa una cellula plurinucleata che è il precursore dell’osteoclasto e che può essere attivato o rimanere quiescente. Altra molecola importante è l’osteoprotegerina che è prodotta dall’osteoblasto e si lega a RANKL così da impedire il legame con l’osteoclasto e quindi non ci sarà più erosione del tessuto e in questo modo si protegge l’osso dalle degradazione. Due ormoni fondamentali sono il paratormone e la calcitonina che controllano il livello dell’osso e del calcio: 1. Il paratormone stimola l’espressione di RANKL attivando il riassorbimento osseo ed aumenta quindi la calcemia in quanto il calcio rilasciato dall’osso passa nel sangue. La calcemia è aumentata anche poiché si riduce la perdita di calcio renale e aumenta il riassorbimento di calcio a livello intestinale. lOMoARcPSD|524 954 4 2. Quando la calcemia aumenta questa è controllata dalla calcitonina che agisce in senso opposto inibendo gli osteoclasti e diminuendo anche la perdita di calcio renale. L’OESTEOGENESI Ci sono due modalità di ossificazione: 1. La membranosa o intramembranosa, che prevede che l’osso sviluppi direttamente dalle cellule mesenchimali o direttamente dal tessuto connettivo primario, tipico delle ossa piatte e dunque della volta del cranio 2. La condrale, endocondrale o pericondrale nella quale l’osso si sostituisce ad un modello cartilagineo preesistente. Questo è tipico delle ossa della base del cranio, della colonna vertebrale, del bacino e degli arti. Nell’ossificazione membranosa a livello del mesenchima ci sono delle cellule che sono determinate a diventare cellule dell’osso e dunque diventeranno preosteoblasti prima e poi osteoblasti maturi che cominceranno a depositare la matrice. Questa viene poi mineralizzata grazie ai cristalli di idrossiapatite che si depositano e quindi l’osso si calcifica e imprigiona all’interno delle lacune gli osteoblasti che diventano osteociti. Nell’osso immaturo che prende i nome di osso a fibre intrecciate le fibre di collagene sono disposte casualmente e non ha dunque grande resistenza. Diventerà poi maturo grazie al rimodellamento, che avviene grazie agli osteoclasti che erodo il tessuto neoformato così che gli osteoblasti possano intervenire per formare un l’osso maturo. L’ossificazione endocondrale inizia da un modello cartilagineo ed è tipico delle ossa lunghe. Inizialmente abbiamo un mesenchima primitivo all’interno del quale ci sono cellule che diventano condroblasti e che depositano dunque tessuto cartilagine. Questo verrà poi rivestito nella parte epifisiaria da un manicotto di tessuto osseo per apposizione e successivamente questo verrà perforato da vasi sanguigni che porteranno all’interno delle cellule emopoietiche e progenitrici dell’osso e queste andranno a proliferare e a sostituire le cellule cartilaginee e questo causerà la crescita dell’osso caratterizzato anche dall’allontanamento delle due epifisi. Il modello di cartilagine è molto importante perché fino a che questa permane permette l’allungamento dell’osso. Guardare vetrino sulla cartilagine di accrescimento. Qui possiamo vedere uno dei due centri di ossificazione a livello delle due epifisi e dunque siamo a questo punto arrivati al momento della nascita. Le zone già ossificate sono in giallo e sono partite dal centro di ossificazione primario della diafisi e sono quasi arrivate all’epifisi. Vediamo poi il secondo centro ossificazione dell’epifisi che è molto più recente. Tra questi due centri di ossificazione vi è la cartilagine detta di coniugazione e mostra le stesse caratteristiche della cartilagine di lOMoARcPSD|524 954 4 accrescimento con le varie zone prima identificate. La zona quiescente è a contatto con la zona di ossificazione epifisiaria e qui non vi è proliferazione, che è invece a carico delle cellule che si trovano sul lato della diafisi. Vedere il vetrino su ossificazione secondaria con relativi appunti. Anche nel caso dev’ossificazione endocondrale il primo osso sarà immaturo e dunque a fibre intrecciate con strutturazione disordinata che verrà sostituito da osso lamellare in seguito a rimodellamento. L’osso a fibre intrecciate non si trova nell’adulto a meno che non ci siano fratture. L’osso si accresce nelle tre dimensioni: - nella lunghezza, come abbiamo visto, utilizza cellule cartilaginee che lo fanno allungare e che vengono poi sostituite da cellule dell’osso - Per quanto riguarda il diametro questo aumenta per apposizione di nuovo osso a partire dal periostio che contiene cellule con capacità osteogenica che proliferano e depongono matrice ossea che servirà ad inglobare nuovi vasi formando osteoni. L’osteogenesi procede seguendo diverse tappe e ci sono diversi fattori implicati che la inducono e controllano. I più importanti sono: 1. Il Bone Morphogenetic Protein BMP-7 appartiene ad una famiglia di proteine morfogenetiche ed è coinvolta nella formazione dell’osso 2. Il Core binding factor Cbfalfa1 che è un TF che induce il differenziamento ad osteoblasto e quindi l’espressione di osteocalcina e osteopontina. Questo fattore è anche fondamentale per indurre la mineralizzazione dell’osso L’osteoblasto è l’unica cellula di origine mesenchimale in grado di esprimere Cbfalfa1 e osteocalcina e dunque queste molecole sono marcatori di osteoblasto ed oltre ad essere marcatore sono anche fondamentali per la sua funzionalità e infatti è dimostrato che la presenza di Cbfalfa1 è fondamentale per indurre la mineralizzazione dell’osso. Come già detto quindi l’osteoblasto è responsabile della mineralizzazione dell’osso che avviene tramite il rilascio di vescicole di circa 50-250nm nell’ambiente extracellulare e contengono: - molecole con cariche acide che legano ioni calcio carichi positivamente - fosfatasi alcalina che libera gruppi fosfato quindi con l’interazione di queste due molecole possiamo avere la precipitazione di sali di calcio. Agiscono quindi come nuclei per la mineralizzazione dell’osso che si ingrandiscono per la presenza di una buona concentrazione di calcio all’esterno. Nell’immagine qui a lato vediamo un osteoide a microscopia elettronica e vediamo fibre di collagene e vediamo che quelle in sezione trasversale cominciano ad essere mineralizzate e si nota dalle macchie scure che indicano i sali di calcio precipitati. lOMoARcPSD|524 954 4 Gli osteoni sono formati da lamelle concentriche attorno al canale di Havers. Su questa struttura agiscono gli osteoclasti che erodono e formano cavità al cui interno si trovano cellule di origine mesenchimale con potenzialità osteogenica che quindi si differenzieranno in osteoblasti e cominceranno a deporre lamelle partendo dall’esterno fino all’interno dove permane il vaso sanguigno (nel canale di Havers) e questo processo permane per tutta la vita e si è calcolato come ci sia un rinnovo totale della componente ossea ogni circa 10 anni. Gli osteoclasti scavano una cavità con un diametro di circa 200 micrometri che è la dimensione di un osteone maturo e una volta raggiunta questa dimensione si inizia a depositare tessuto osseo tramite gli osteoblasti che formano le lamelle concentriche. Il rimodellamento dell’osso permette di far cambiare la forma e questo è importante per variare la curvatura delle ossa della teca cranica per permettere la crescita del cervello oppure a livello dell’osso lungo varia la cavità interna dove si trova il midollo osseo e che mano a mano che l’osso cresce aumenta anch’essa. I TESSUTI EPITELIALI Segnano il confine interno ed esterno della massa corporea rivestendo tutte le cavità che comunicano con l’esterno. Il tessuto epiteliale svolge diverse funzioni a seconda di dove è situato. Questo sono: - protezione, fornita dagli epiteli che rivestono esternamente e dunque la cute (o epidermide) - Assorbimento per le superfici degli apparati interni che comunicano con l’interno (stessa cosa per secrezione e ricezioni di stimoli) - Secrezione - Ricezione di stimoli dall’ambiente esterno Gli epiteli sono classificati in base alla funzione in tre grandi gruppi: 1. Epiteli di rivestimento: assumono aspetti diversi in relazione a dove si trovano e sono ad esempio cute, vescica, stomaco e così via e funzionano principalmente come barriera che piò essere più o meno permeabile a diverse sostanze. 2. Epiteli ghiandolari, con funzione secretoria sia endocrina che esocrina 3. Epiteli sensoriali, che controllano i rapporti con l’ambiente esterno I tessuti epiteliali sono caratterizzati da: - alta cellularità - Alta polarizzazione. Si vede chiaramente che la superficie libera è diversa da quella che confina con altro tessuto. Possiamo quindi distinguere una promozione apicale libera e una porzione basale costituita da molte più cellule, a contatto con il tessuto connettivo. - Non è vascolarizzato e riceve nutrienti tramite diffusione dai vasi nel connettivo sottostante - È molto soggetto ad usura e quindi va in contro a frequente ricambio cellulare Possono anche essere classificati in base a: 1. forma delle cellule, possono essere squamose, piatte, cubiche, colonnari, cilindriche o batiprismatiche 2. Numero degli strati, poiché possono essere monostratificati o pluristratificati lOMoARcPSD|524 954 4 3. Presenza di specializzazioni ESEMPI DI EPITELIO a. Epitelio pavimentoso (piatto o squamoso) semplice (monostratificato): sono cellule con scarsa attività metabolica. Si tratta di cellule a stretto contatto che formano una lamina sottile di cellule che separa ambiente esterno e tessuto sottostante. Questo tipo di tessuto lo troviamo a ricoprire gli alveoli polmonari oppure a costituire l’endotelio (parete dei vasi sanguigni). Questi sono due ambienti in cui c’è scambio di gas e dunque il fatto di essere sottili rende lo scambio più efficace. Presentano un nucleo piatto b. Epitelio cubico semplice: cellule leggermente più alte poiché hanno una maggiore attività metabolica e rivestono dotti e tubuli. Lo troviamo dunque nei dotti renali e nelle ghiandole salivari. Presentano un nucleo tondo c. Epitelio cilindrico (o colonnare o batiprismatico) semplice: cellule con nucleo ovale orientato nella direzione maggiore. Hanno superficie maggiore a causa dell’intensa attività. Si trovano infatti nello stomaco (secrezione) o nell’intestino tenue (assorbimento) d. Epitelio cilindrico pseudostratificato (semplice): sembra pluristratificato ma in realtà tutte le cellule sono a contatto con la membrana basale. Presenta anche la particolarità di esprimere sulla superficie delle ciglia. e. Epitelio pavimentoso stratificato: pavimentoso perché lo strato superficiale è costituito da cellule piatte. Riveste le cavità interne vicino allo sbocco di canali e dunque lo troviamo a rivestire la cavità orale, la faringe, l’esofago, la cervice uterina, la vagina. Essendo pluristratificato è resistente allo stress meccanico e dunque all’abrasione ma non all’essiccazione e infatti questi tessuti sono ricoperti da uno strato fluido f. Epitelio pavimentoso stratificato cheratinizzato o corneificato (in foto): si distingue una zona più scura con cellule con nuclei evidenti e una zona superiore molto più omogenea. Questo è derivato dalle cellule per disgregazione, si tratta di squame delle membrane cellulari che contengono al loro interno la proteina tipica di questo tessuto ovvero la cheratina e non contengono più il nucleo. Particolarmente resistente e offre protezione meccanica e per essiccazione. A livello dello strato vitale ci sono infatti particolari strutture che impediscono la disidratazione. g. Epitelio di transizione (stratificato) o urotelio: riveste vescica e vie urinarie che devono sopportare forti stiramenti e inoltre le cellule dispute nel primo strato interno devono anche sopportare la tossicità dell’urina. Si tratta in questo caso delle cellule a ombrello o paracadute, che sono cellule più grandi e globulose e possono aumentare ulteriormente le loro dimensioni Questi appena visti sono i cosiddetti tipi reali, ovvero quelli maggiormente rappresentati e dunque più utili funzionalmente. lOMoARcPSD|524 954 4 In base alla stratificazione possiamo quindi classificare gli epiteli in due grandi gruppi in base alla stratificazione: - monostratificati, che includono anche gli pseudostratificati - pluristratificati, che includono anche l’epitelio di transizione. Generalmente all’interno di un tessuto in un particolare organo gli epiteli se sono monostratificati hanno sempre lo stesso tipo di cellule e dunque saranno tutte o pavimentose, o cubiche o cilindriche. Quando ci sono invece gli epiteli pluristratificati banche si chiamano piatti poiché l’ultimo strato è pavimentoso, andando verso la membrana basale vi sono solitamente cellule cubiche o cilindriche. LA POLARITÀ DEGLI EPITELI 1. La polarità degli epiteli pluristratificati: è facilmente rilevabile andando ad analizzare la stratificazione delle cellule. Si vedono le cellule sullo strato basale che hanno caratteristiche diverse da quelle sugli strati centrali e ancora di più da quelli sulle strati apicali. Le differenze sono sia a livello di forma cellulare che a livello di caratteristiche tintoriali. 2. La polarità degli epiteli monostratificati: si evince dal fatto che si vede un dominio livero e un basale poggiato sul tessuto sottostante. Non si vedono altre differenze importanti ma dalla citologia sappiamo che ci sono delle variazioni per quanto riguarda le posizioni per i vari organuli cellulari. Infatti questi non sono equidistribuiti ed facile vedere il nucleo spostato verso il dominio basale, organuli come il Golgi e o reticolo endoplasmatico sono condensati su un versante e le vescicole di secrezione, se presenti, sono verso la parte apicale. La membrana plasmatica viene distinta anch’essa in un dominio apicale, uno laterale e uno basale e questo è importante per capire l’interazione delle cellule visto che si parla di un monostrato con cellule ben adese tra di loro e sulla superficie della membrana basale. LE SPECIALIZZAZIONI DEL DOMINIO APICALE Le specializzazioni sono uno dei criteri che vengono utilizzate per distinguere gli epiteli. In particolare parleremo di: - orletto a spazzola, formato dai microvilli. È presente in distretti particolari dell’organismo come nei villi intestinali e si vedono cellule cilindriche l’una vicino all’altra e dove c’è il bordo libero vediamo che c’è uno strato omogeneo (indicato dalla freccia in figura). Questo è l’orletto a spazzola e tramite una colorazione particolare si vede che questo è formato da materiale glicidico. Questa componente viene messa in evidenza tramite la colorazione PAS, che da una colorazione rosso magenta alla componente glicidica delle glicoproteine dei glicolipidi presenti a questo livello. Per questo motivo si parla di glicocalice. L’orletto a spazzola è ben visibile al microscopio elettronico con il quale si vede che sono espansioni digitiformi dalla superficie apicale della cellula e sono lOMoARcPSD|524 954 4 contornate da membrana plasmatica e all’interno hanno un citoscheletro di microfilamenti di actina uniti da molecole che li bloccano. Il microvillo ha una dimensione di 1micrometro e contengono actina ma sono fissi. La loro funzione è quella di aumentare la superficie della cellula per rendere più efficienti gli scambi tra cellula e ambiente esterno. Si è visto come la presenza dell’orletto a spazzola aumenta di circa 30 volte la superficie apicale della cellula. - Ciglia, che sono più lunghe dei microvilli (circa 10 micrometri di lunghezza). La struttura è data un supporto di citoscheletro formato da 9 copie periferiche + 1 centrale di microtubuli. La coppia centrale è l’unica completa mentre le altre 9 sono incomplete. Oltre a queste proteine spicca una proteina che ha attività ATPasica, fondamentale poiché le ciglia sono dotate di movimento. Il movimento è infatti possibile grazie alla liberazione di un fossato da ATP ed è utilizzato per spostare il muco tangenzialmente sulla superficie libera delle vie respiratorie alte. Il citoscheletro for a filamenti che servono da impalcatura per le strutture interne della cellula. Questi filamenti sono: 1. Microfilamenti: formati da actina e sono implicati solitamente nella mobilità cellulare ma nel caso visto da noi sono bloccati da altre proteine che ne impediscono il movimento. Hanno un diametro di 5nm 2. Filamenti intermedi, diverse proteine e servono per rinforzare la struttura della cellula. Hanno un diametro di 10nm 3. Microtubuli, costituiti da tubulina alfa e beta e danno origine a filamenti che si intrecciano tra di loro. Si occupano del trasporto intracellulare e del sostegno per i compartimenti cellulari limitati da membrana (dunque le vescicole) e delle formazione del fuso cellulare. Hanno un diametro di 25nm LE SPECIALIZZAZIONI DEL DOMINIO BASO-LATERALE (le giunzioni) Le giunzioni cellulari sono raggruppatili in tre gruppi: 1. Le giunzioni occludenti (tight junctions, giunzione impermeabilizzante e polarizzante) 2. Le giunzioni meccaniche o aderenti. Permettono adesione tra le cellule e dunque ci saranno dei siti di attacco nella cellula o per microfilamenti di actina o per filamenti intermedi 3. Le giunzioni comunicanti (gap junctions) La cellula che contiene tutti questi tipi di giunzioni è l’enterocita, cellula che riveste la cavità dell’intestino tenue. La giunzione occludente: La giunzione occludente è localizzata nella zona subapicale della cellula. Lo cellule epiteliali sono a stretto contatto tra loro ma esiste però un piccolo spazio di circa 20nm che le divide. Questo spazio viene annullato a livello delle giunzioni occludenti grazie a delle proteine transmembrana che si riconoscono tra di loro. Queste giunzioni quindi sigillano lo spazio tra una cellula e l’altra impedendo il passaggio di molecole da una parte all’altra e dunque le molecole sono obbligate a passare dalla cellula che farà però una selezione. Inoltre servono a mantenere la polarità a livello molecolare della membrana della cellula. Infatti le glicoproteine transmembrana non possono diffondere liberamente e sono segregate lOMoARcPSD|524 954 4 in due diversi domini. Si vede quindi una differenza tra le proteine che si trovano a livello della parte apicale e quelle che si trovano nel livello baso-laterale. L’espressione differenziale ovvero la segregazione di proteine di membrana nei due domini di una cellula epiteliale garantisce la polarità della cellula e della sua membrane ed è responsabile del traporto vettoriale. Questo è esemplificato dal trasporto del glucosio, molecola principe della nutrizione. Se prendiamo ad esempio gli enterociti che tappezzano il lume intestinale dove arriva il glucosio, vediamo che questo può essere incanalizzato nella cellula grazie alla molecola simporto del sodio-glucosio. Il sodio entra per gradiente e trasposta all’interno il glucosio contro gradiente. Una volta internalizzato è in grado di uscire dall’altro versante grazie a GLUT-2. Sul dominio baso-laterale è invece presente un’altra molecola che è la sodio-potassio-ATPasi che trasporta attivamente il sodio all’esterno della cellula e il potassio all’interno della cellula. La giunzione ancorante: sono giunzioni collegate all’interno della cellula tramite filamenti e permettono quindi di scaricare le forze che agiscono su una cellula su quelle vicine. Ci sono due tipi di giunzioni ancoranti che si dividono in base al tipo di filamenti che possiedono: 1. Fascia di adesione, formata da filamenti di actina che decorrono al di sotto della membrana della cella e sotto le giunzioni occludenti. I filamenti di actina entrano in contatto poi indirettamente con le proteine transmembrana che riconoscono delle proteine identiche sulla superficie delle cellule vicine. In questo modo abbiamo interazioni omofiliche che mediano un’adesione ottimale tra le cellule vicine. 2. Filamenti intermedi di cheratina, che formano una struttura più complessa. Tra le proteine transmembrana che mediano le interazioni con le cellule vicine e i filamenti di cheratina è frapposta una placca fatta da proteine diverse. Questa placca prende il nome di desmosoma e si vede che questi sono disposti a macchia lungo la superficie laterale della cellula e sono unite tra di loro da filamenti intermedi di cheratina. Le cellule epiteliali aderiscono anche alla membrana basale e questo è permesso dagli emidesmosomi, nei quali vediamo anche qui l’interazioni con le proteine del citoscheletro e quindi con le citocheratine. Non varia molto la struttura quanto piuttosto per la composizione delle proteine che interagiscono con l’ambiente esterno poiché appunto questo è diverso. Lo stesso discorso si più applicare anche alle adesioni con i filamenti di actina. La proteina transmembrana che interviene è la integrina. Le giunzioni comunicanti: permettono a due cellule contigue di comunicare e si trovano verso la parte basale della cellula. Sono dei pori transmembrana che accoppiano dal punto di vista sia funzionale che metabolico che elettrico due cellule vicine. In questo caso lo spazio intercellulare è di 2-4 nm e a livello della superficie della cellula sono inseriti degli emiconnessoni ossia strutture costituite da sei subunità identiche (le connessine) che formano un poro costituito della dimensione di 1.5 nm quindi permette il passaggio di piccole molecole anche cariche e dunque posso passare molecole come ioni calcio o anche l’ATP. A livello delle singole cellule ci sono delle zone in cui sono condensati questi pori formando dei clusters. lOMoARcPSD|524 954 4 Le giunzioni comunicanti sono strutture dinamiche che sono regolate dal microambiente in cui si trovano. Se l’ambiente in cui si trovano presenta pH acido o un livello di calcio estremamente alto (sintomi di una cellula in sofferenza) questi pori si chiudono così che la cellula in sofferenza venga isolata dalle altre. Il concetto dell’accoppiamento funzionale consiste nel fatto che questa è una comunità di cellule preposta alla secrezione. Quando arriva la segnalazione a una sola cellula, la secrezione, che dipende dal calcio citosolico, aumenta in tempi brevi grazie alle gap junctions tramite le quali tutta la comunità di cellule è in grado di fare secrezione in tempi molto veloci. GLI EPITELI GHIANDOLARI Epiteli con un’attività di secrezione particolarmente esaltata. Quando abbiamo parlato dei fibroblasti abbiamo visto come questi secernono tutte le varie molecole che compongono la matrice extracellulare ma in questo caso la secrezione è costitutiva mentre negli epiteli ghiandolari la secrezione è regolata, ovvero c’è un segnale che la induce ed è regolata anche nel senso che la secrezione avviene sempre nella parte apicale della cellula, mentre nel fibroblasto non c’è un orientamento. Sia la secrezione costitutiva che quella regolata iniziano nella trascrizione del gene, dove avviene la sua trasformazione in proteina a livello del reticolo endoplasmico rugoso e la sua successiva modificazione nel Golgi. Da qui si distaccano vescicole che: - nel caso della via regolata c’è una molecola segnale (ormone, neurotrasmettitore ecc.) che innesca la fusione la fusione della vescicola di secrezione con la membrana cellulare e il rilascio del materiale prodotto. - Nella secrezione costitutiva non c’è nessun passaggio regolatorio quindi continua nel tempo ed è la via utilizzata per trasportare nella membrana le proteine transmembrana. Gli epiteli ghiandolari sono simili a quelli di rivestimento, infatti alcuni epiteli di rivestimento hanno anche capacità secretoria come ad esempio l’epitelio che riveste lo stomaco. Trattandosi di epiteli, i ghiandolari avranno tutte le caratteristiche del tessuto epiteliale e quindi: 1. Polarità, con secrezione altamente polarizzata poiché avviene nel dominio apicale 2. Alta cellularità e giunzioni cellulari. 3. Assenza di vascolarizzazione 4. Specializzazioni alle superfici per favorire la esocitosi 5. Tutte le cellule secernenti poggiano sulla membrana basale Le ghiandole si sviluppano a partire da epitelio di rivestimento che si invagina all’interno del tessuto connettivo sottostante e a questo punto possiamo avere due destini diversi: 1. Se la superficie che si invagina mantiene rapporto con la superficie libera da cui si è originata, tramite un dotto, si parla di ghiandola esocrina 2. Se il dotto viene perso si parla invece di ghiandola endocrina lOMoARcPSD|524 954 4 La diversa strutturazione delle ghiandole ha conseguenze sul destino del secreto perché nelle ghiandole esocrine il secreto viene riversato sull’epitelio di rivestimento da cui originano mentre nel caso di ghiandole endocrine il secreto viene riversato nello spazio intercellulare e da lì confluisce poi nel sangue. In questo caso il secreto, che è composto da ormoni, circola e può raggiungere organi bersaglio e dunque agiscono le molecole segnale che mettono in comunicazione distretti diversi dell’organismo. Ci sono diversi parametri per classificare le ghiandole: - numero delle cellule - Distribuzione topografica - Localizzazione - Struttura - Natura chimica del secreto - Meccanismi di secrezione Analizziamo ora questi aspetti singolarmente. Le cellule epiteliali secernenti possono: 1. Alternarsi con le cellule epiteliali di rivestimento, come ad esempio nell’intestino 2. Costituire tutto il rivestimento, come nello stomaco 3. Possono formare strutture sovracellulari specializzate che sono organi cioè costituiscono le grandi ghiandole dell’organismo come pancreas e fegato La ghiandola più semplice è la ghiandola unicellulare in cui la cellula ghiandolare si trova in mezzo all’epitelio di rivestimento. Quando invece l’epitelio di rivestimento si infossa nel connettivo avremo una struttura tubulare che può anche piegarsi su se stessa formando le ghiandole glomerulari. Ci sono poi ghiandole in cui parte secernente e dotto hanno subito ulteriori modificazioni. Quando parliamo di ghiandola unicellulare si fa riferimento alle cellule caliciformi mucipare che formano l’epitelio di rivestimento dell’intestino tenue. Prendendo i villi intestinali, struttura che si aggetta verso il lume di questa cavità, vediamo la sua superficie rivestita da epitelio monostratificato nel quale si identificano due tipi cellulari: 1. Le cellule normali che hanno citoplasma rosa ovvero gli enterociti che hanno molti microvilli a livello della superficie apicale per facilitare l’assorbimento 2. Cellule con citoplasma non colorato, di forma caliciforme e ricche di vacuoli non colorati. Il nucleo è invece schiacciato verso la parte basale. Queste cellule secernono mucina che è costituita da una piccola parte proteina ma soprattuto carboidrati neutri e dunque non colorabili con ematossilina-eosina (ma colorabili con colorazione PAS che rende rosso magenta la mucina). La mucina viene rilasciata all’esterno della superficie dove viene idratata con H2O diventando muco con il compito di proteggere e lubrificare la superficie Lo stomaco presenta invece una parete costituita tutta da cellule che producono muco. Lo stomaco è una grande cavità in cui avviene la digestione dei nutrienti e la sua superficie è data da epitelio cilindrico semplice con cellule a secrezione mucosa con muco che viene rilasciato all’esterno con funzione di proteggere la superficie dall’auto-digestione e dall’acidità presente. La superficie presenta fori che si lOMoARcPSD|524 954 4 approfondano verso l’interno e che sono le fossette gastriche. Ogni fossetta gastrica è formata è costituita da un lume centrale contornato da cellule cilindriche molto ben polarizzate con nucleo nella parte più basale. Queste cellule poggiano sulla membrana basale che le separa dal tessuto connettivo. Le cellule epiteliali secernenti muco delle fossette gastriche sono anche cellule che costituiscono la superficie libera dello stomaco. Le fossette gastriche si continuano poi nella parte più profonda con delle ghiandole tubulari. Per quanto riguarda la localizzazione vediamo che le ghiandole possono essere divise in tre gruppi: 1. Le ghiandole intraepiteliali, che sono quelle viste finora 2. Le ghiandole intraparietali, come la ghiandola del Brunner nel duodeno. La ghiandola intraparietale si trova al di sotto dello strato epiteliale di rivestimento del lume dell’organo. 3. Le ghiandole extraparietali, che sono quelle che formano le grandi ghiandole come le salivari, il fegato e il pancreas. La ghiandola extraparietale è dotata invece di sua individualità. Per quanto riguarda la struttura è necessario distinguere due strutture che costituiscono la ghiandola che sono: a. L’adenomero, parte che elabora e rilascia il secreto b. Il dotto, raccoglie il secreto e lo convoglia poi sulla superficie libera Le ghiandole possono avere un unico dotto o un dotto ramificato. Le ghiandole difatti possono essere divise in semplici e ramificate. Possono poi essere identificate in acinose, alveolari, tubulari e glomerulari in base alla forma dell’adenomero Il secreto può invece essere diviso in: - Sieroso, che può essere colorato con ematossilinaeosina in quanto è di natura proteica - Mucoso, che non viene colorato con ematossilinaeosina in quanto è neutro. Le ghiandole del Brunner: sono ghiandole intraparietali che si trovano nella sottomucosa del duodeno. Hanno una forma tubulare con tubuli che sboccano nelle cripte duodenali del Lieberkhum e sono poco colorate, indice di secrezione mucosa. Anche lo stomaco presenta ghiandole intraparietali. Infatti, oltre alle ghiandole secernenti muco presenta le ghiandole gastriche che sono ghiandole cilindriche gastriche tutte parallele che sboccano in un breve dotto che si chiama zona del colletto, situato al fondo delle fossette gastriche. Le ghiandole tubulari dello stomaco contengono diversi tipi cellulari: - le cellule parietali, nella zona intermedia della ghiandola sono grandi e poco colorate con un nucleo centrale che si occupano delle secrezione di acido cloridrico che contribuisce a mantenere il pH acido all’interno della cavità. - In fondo alla ghiandola ci sono le cellule principali, molto piccole e colorate e si occupano di una produzione di tipo proteico, in particola pepsinogeno che è un proenzima che diventa attivo nel lume dello stomaco a pH acido e andrà a digerire le proteine. lOMoARcPSD|524 954 4 - Le cellule endocrine, nella parte distale della ghiandola. Sono poco numerose producono ormoni per far comunicare lo stomaco con altri organi del tratto gastroenterico. - Le cellule mucose del colletto che sono cellule in transito che vanno a localizzarsi a livello della parete di rivestimento dello stomaco in quanto sono particolarmente soggette ad usura sia per l’ambiente acido che per lo stress meccanico. - Cellule staminali, non facilmente evidenziabili e localizzate in una nicchia nella parte più profonda di queste ghiandole e da origine ai quattro tipi di cellule di cui abbiamo parlato. La ghiandola sudoripara è anch’essa intraparietale ed una ghiandola tubulare glomerulare. L’adenomero si trova nella zona più profonda del derma e da questo si diparte la parte duttale che attraversa l’altra parte del derma e dopo aver superato l’epidermide arriva alla superficie della cute. I canali sono contornati da epitelio cubico bistratificato che si trova solo in questa parte dell’organismo. A livello dell’adenomero ci sono cellule diverse che sono: - Due strati cubici globulari che hanno attività secernente che producono proteine e glicoproteine mentre altre producono elettroliti e acqua - nella parte basale si trova la cellula mioepiteliale che è una cellula epiteliale che ha sviluppato un sistema contrattile molto efficace e che è in grado di favorire il rilascio delle sostanze dalle cellule che le producono all’interno del lume di questa struttura ghiandolare. Il dotto delle ghiandole non è solo un canale per l passaggio del secreto ma può agire in modo attivo modificando il secreto. Nelle ghiandole sudoripare esiste infatti un canale che importa il cloro cioè assorbe cloro a partire dal secreto e a questo segue il sodio per il motivo che bisogna mantenere l’elettroneutralità. Nella fibrosi cistica questo canale per il cloro non funziona e si ha quello che viene chiamato “sudore salato”. Per quanto riguarda le ghiandole extraparietali, in queste abbiamo una componente epiteliale con una parte secernente (adenomero) e una duttale, come nelle altre ghiandole. Questo nel loro insieme forma il parenchima epiteliale supportato dallo stroma connettivale che fa da supporto sia strutturale che metabolico. Infatti costituisce la capsula esterna e da questa dipartono dei setti che dividono la ghiandola in lobi, lobuli e infine acini. L’acino è la parte secernente e all’interno c’è il lume dove viene rilasciato il secreto. Nella zona connettivale sono presenti i vasi. Tra le grandi ghiandole extraparietali ci sono le salivari principali, che sono: 1. Le parotidi, con secrezione sierosa 2. Le sottomandibolari con secrezione mista a prevalenza sierosa 3. Le sottolinguali, con secrezione mista a prevalenza mucosa Nelle ghiandole salivari a secrezione mista si vede come le cellule ad attività mucosa (poco colorate) si trovano centralmente mentre quelle ad attività sierosa si trovano sul borso dell’adenomero. Questo è dovuto ad un artefatto di fissazione a causa del quale le cellule con attività mucosa si sono espanse schiacciando all’estremità quelle ad attività sierosa. lOMoARcPSD|524 954 4 Nell’acino della ghiandola salivare viene riversato vario materiale. Ci sarà infatti una batteria di enzimi, ad esempio: - Amilasi che serve per digerire l’amido - Proteine che servono per la protezione contro batteri come ad esempio la lisozima, la perossidasi e la lattoferrina. - IgA prodotte dalle plasmacellule - Ci sono cellule che secernono ione sodio e a questo segue la produzione di ione cloruro per mantenere l’elettroneutralità e quindi ci sarà un passaggio passi di acqua per mantenere l’osmolarità. Tutto questo va a formare la saliva che all’inizio nel dotto intercalare è isosmotica mentre nel passaggio successivo a livello del dotto striato diventa iposmotica e ci sarà un passaggio di ione sodio e cloruro per trasporto attivo (possibile grazie alla presenza di numerosi mitocondri nei ripiegamenti della membrana tipici del dotto striato) dal dotto al vaso sanguigno e per contro verranno secreti ione bicarbonato e ione potassio. Un’altra ghiandola extraparietale è il pancreas, che è collegata all’intestino grazie al dotto pancreatico e vi riversa all’interno una serie di enzimi in grado di demolire tutte le macromolecole e dunque DNAasi, proteasi, glicosidasi, lipasi. Il pancreas è sia esocrino che endocrino. La parte esocrina è a secrezione sierosa La ghiandola sebacea presenta un adenomero con cellule epiteliali molto vicine e che si continua con un dotto. E’ associata al pelo, struttura cutanea associata alla pelle (o cute). IL MECCANISMO DI SECREZIONE La secrezione delle ghiandole esocrine può essere di tre tipi diversi: 1. Merocrina, la più comune e prevede che i granuli delle vesciche secrezione si fondano con la membrana plasmatica nella zona apicale per rilasciare il contenuto come secreto. E’ una tipica esocitosi che si vede sia nelle ghiandole mucipare che sierose. 2. Apocrina, i granuli e le vesciche di secrezione vengono inglobati all’interno di tratti della membrana plasmatica della cellula stessa. Queste strutture sono più globulari e contengono più materiale lipidico dovuto alla membrana plasmatica incorporata. Presenta adenomeri molto dilatati ed è tipica della ghiandola mammaria in allattamento e delle ghiandole sudoripare ascellari e pubiche. 3. Olocrina, tipico delle ghiandole sebacee. In questo caso l’intera cellula dopo aver accumulato il prodotto di sintesi viene eliminata perché costituisce essa stessa il secreto. È quindi necessario avere una riserva di cellule staminali nella ghiandola per poterla mantenere. Questi meccanismi sono tutti rivolti vero la porzione apicale della cellula. LA CORRELAZIONE TRA NATURA CHIMICA E QUANTITÀ DI SECRETO CON FUNZIONE Per quanto riguarda le ghiandole esocrine abbiamo tre tipi differenti di secreto: 1. Sieroso, di natura proteica. Possiamo ricordare gli enzimi che sono prodotti dalle ghiandole associate al tratto gastroenterico che permettono la digestione lOMoARcPSD|524 954 4 dei nutrienti. Presentano un RER molto sviluppato e vengono colorati con ematossilina-eosina 2. Mucoso, di natura carboidrata. Viene rilasciato sulla superficie con la funzione di proteggere e lubrificare. Presentano delle grosse vescicole di secrezione e e un apparato di Golgi molto sviluppato. La colorazione è la PAS. 3. sebaceo, che è di tipo lipidico e ha la stessa funzione di quello mucoso. Presente un REL molto sviluppato. In questi casi la secrezione è abbondante e il secreto viene riversato sulle superfici libere. La funzione viene considerata aspecifica anche se non è proprio così, soprattuto per quanto riguarda gli enzimi. Per quanto riguarda le ghiandole endocrine abbiamo due tipi di secreto che sono: 1. Di natura proteica 2. Di natura lipidica. Presenta delle differenze rispetto all’esocrino: - il secreto viene prodotto in maniera nettamente ridotta - viene rilasciato nel sangue e non su una superficie libera - È altamente specifico in quanto gli ormoni lavorano sempre su cellule che esprimono il recettore specifico. IL SANGUE Tessuto connettivo fluido che circola nel sistema cardiovascolare pompato da cuore. La sua funzione principale è quella di trasporto. E’ fondamentale per: 1. respirazione, tramite il trasporto di O2 e CO2 2. Nel metabolismo, tramite il trasporto di nutrimenti e sostanze di scarto 3. Nella correlazione chimica, tramite il trasporto di ormoni fondamentali per la comunicazione 4. difesa, perché fa circolare cellule e molecole solubili che mantengono l’organismo in equilibrio con l’ambiente esterno e lo difende dalle aggressioni esterne 5. Mantiene l’equilibrio idrico-salino 6. Regola la pressione colloido-osmotica che regola il passaggio di materiale tra l’ambiente intra ed extra vaso a livello del tessuto connettivo circostante 7. Regola la temperatura corporea e il pH Il sangue è composto da: a. Elementi corpuscolati quali eritrociti, leucociti e piastrine (quest’ultime non sono cellule vere e proprie ma frammenti) b. Matrice extracellulare liquida che può essere sotto forma di siero o plasma a seconda di come è stato ottenuto il sangue Il sangue può essere prelevato in presenza o assenza di anticoagulanti. Se utilizziamo anticoagulanti come ad esempio il citrato avremo cellule vive. Se sottoponiamo il campione a sedimentazione o centrifugazione troviamo che gli eritrociti sono le cellule più pesanti e quindi vanno sul fondo della provetta, sopra ci sarà uno strato di leucociti (buffy coat) e sopra avremo il plasma. Il volume degli eritrociti prende il nome di ematocrito e deve essere il 45% del volume totale del sangue. lOMoARcPSD|524 954 4 Se il prelievo invece avviene senza anticoagulanti avremo un coagulo, massa gelatinosa che contiene tutti gli elementi particolati e si forma un reticolato grazie ad una proteina che si attiva diventando fibrina (a partire dal fibrinogeno) e quindi si forma un reticolato che intrappola tutti gli elementi particolati. Si troverà quindi una fase tipo gel che è il coagulo e una parte fluida che è il siero ovvero il plasma privo però di fibrinogeno (che è diventato fibrina e fa parte del coagulo). Il plasma è costituito dal 90% di acqua, poi ci saranno le proteine (8%) e poi gli zuccheri, che contribuiscono alla glicemia, i lipidi, alcuni ioni e sali. Le proteine del plasma vengono studiate tramite elettroforesi sfruttando il fatto che le proteine possiedono una carica e dunque se sono sottoposte ad un campo elettrico migrano in questo caso verso il polo positivo fino a che la loro carica non si esaurisce e dunque si fermano. Il pH a cui si fermano è il punto isoelettrico della proteina. Le proteine più importanti dal punto di vista quantitativo sono: 1. L’albumina, importante perché mantiene la pressione osmotica e aiuta a trasportare le sostanze idrofobe . L’ambiente idrofilico del plasma fa si che le proteine o molecole idrofobiche non possano circolare facilmente nel sangue e per questo motivo vengono veicolate in associazione ad altre molecole, come l’albumina 2. Le globuline alfa, beta e gamma, nominate così a seconda della distanza della migrazione. Spicca l’alfa-macroglobulina che inibisce le proteasi. 3. Lipoproteine, che servono per trasportare lipidi 4. La transferrina, che trasporta ferro 5. Il fibrinogeno che è coinvolto nella coagulazione attivandosi per taglio proteolitico 6. Le gamma globuline, che fanno parte degli anticorpi Il sodio cloruro è una molecola molto più piccole delle proteine ma a livello di pressione osmotica una molecola di sodio vale tanto quanto una albumina, in quanto conta il numero e non la dimensione. Dal punto di vista colloido-osmotico i globuli rossi sono perfettamente in equilibrio con l’ambiente esterno. Se mettiamo in sospensione il globulo rosso in una soluzione isotonica ovvero in una soluzione 150 millimolare di sodio cloruro questa bilancia perfettamente la pressione osmotica che è esercitata dalle proteine all’interno del globulo rosso. Se andiamo in una soluzione ipertonica aumentando la concentrazione di sodio cloruro all’esterno della cellula vedremo una fuoriuscita di acqua per per cercare di pareggiare le pressione esterna e questo causa un raggrinzimento del globulo rosso. In una soluzione ipotonica invece si avrà il risultato opposto con il globulo rosso che richiama acqua al suo interno per cercare di raggiungere l’equilibrio. Se mettiamo a questo punto il globulo rosso in acqua il globulo rosso arriva ad esplodere. La pressione colloide-osmotica o pressione oncotica ha un ruolo anche a livello periferico. Se prendiamo un vaso capillare che è immerso in una matrice extracellulare di tessuto connettivo circostante vediamo che a questo livello avviene lo scambio di materiale fluido dall’interno all’esterno del vaso e viceversa. Il capillare si può distinguere in due porzioni: 1. Il braccio arterioso lOMoARcPSD|524 954 4 2. Il braccio venoso A livello di entrambi sono importanti la pressione idrostatica e la pressione osmotica. La pressione idrostatica in particolare fa muovere il materiale dall’interno del vaso all’esterno mentre la pressione osmotica ha la funzione opposta, possibile grazie al fatto che sono presenti molecole disciolte nel plasma come sali minerali, ioni o albumina. La pressione idrostatica è molto diversa a seconda del distretto in cui la osserviamo, infatti è molto più forte nel braccio arterioso e quindi predomina sull’osmotica e avremo dunque extra-evasione di materiale. Nel braccio venoso invece prevale la pressione osmotica e quindi ci sarà un riassorbimento del materiale e questo garantisce il ricircolo del materiale interstiziale per rimuovere il materiale di scarto nel fluido che viene riassorbito e quindi convogliato nella circolazione sanguigna. Per studiare le cellule del sangue bisogna utilizzare lo striscio di sangue, particolare preparato che consiste nel depositare una goccia di sangue su un vetrino porta oggetti e poi con un altro vetrino strisciarlo ovvero spanderlo per ottenere un monostrato cellulare su tutto il vetrino. Questo poi viene fatto essiccare all’aria, fissato e poi colorato con colorazioni policromatiche ovvero miscele di colorazioni diverse che impartiscono sfumature a diverse strutture all’interno di cellule e quindi permettono di differenziare le varie tipologie di cellule che caratterizzano la vasta gamma di leucociti, tutti molto diversi da loro. Tutte le cellule del sangue originano dalla stessa cellula comune che si trova nel midollo osseo. L’ERITROCITA Al microscopio elettronico a scansione si vede che è un disco biconcavo schiacciato centralmente e privo di nucleo. Ha una larghezza di circa 7-8 micrometri e un’altezza di circa 1.5-3.5 micrometri a seconda di dove viene misurata. Questa sua forma fa si che si abbia un’alto rapporto superficie volume e la maggiore espansione di membrana rispetto al volume fa si che vengano facilitati i trasporti attraverso la membrana, fondamentale visto che la funzione dell’eritrocita è quella di trasporta O” e CO2 che prende dalla parte esterna e porta all’interno e viceversa. Presenta uno scheletro di membrana appena sotto la membrana che permette alla cellula di avere questa forma e di modificarla rendendola molto flessibile. La membrana della cellula si trova sopra al citoscheletro formato da una proteina fibrosa divisa in subunità alfa e beta che forma un reticolato che aderisce alle proteine transmembrana grazie alla proteina ancherina e alla banda 4.2. La spectrina è fondamentale per mantenere la struttura a disco biconcavo. In presenza di mutazioni del gene che produce spectrina gli eritrociti prendono il nome di echinociti, globuli rossi a forma di riccio di mare. Ritornando sulla membrana dell’eritrocita troviamo due proteine transmembrana fondamentali: - la proteina della banda 3, dimero che forma un antiporto ovvero un canale che viene attraversato nelle due direzioni opposte da ioni cloruro e ioni bicarbonato, entrambi con cariche negative. Questo canale è presente anche su altri tipi cellulari come l’osteoclasta. lOMoARcPSD|524 954 4 - La gliforina, che sulla sua superficie esprime dei carboidrati che sono responsabili del gruppo sanguigno AB0 I residui glicidici portati dalla gliforina rimangono uguali nel caso del gruppo 0, mentre si aggiunge un residuo saccaridico diverso grazie a glicosiltransferasi nel caso di antigene A o B. L’emoglobina è la proteina più importante dell’eritrocita ed è costituita da 4 peptidi (2 catene alfa e 2 beta nell’adulto e 2 alfa e 2 gamma nel feto, dovuto al fatto che è necessario nel periodo fetale avere un emoglobina che riesca a legare con maggior affinità e minor tensione l’ossigeno che passa dalla circolazione materna). Al centro di ogni catena c’è un gruppo eme al quale è legato un atomo di ferro che deve sempre essere in forma ridotta ed è responsabile del legame con l’ossigeno. Sono note diverse mutazioni a carico dell’emoglobina che possono creare o no problemi. Gi eritrociti sono circa 5 milioni per millimetro cubo di sangue e il loro metabolismo è basato sulla glicolisi anaerobia. L’energia sviluppata dalla glicolisi viene utilizzata per la pompa sodio-potassio-ATPasi che è una pompa che trasporta attivamente sodio all’esterno e potassio all’interno e serve a contrastare la pressione oncotica dovuta all’alta concentrazione di emoglobina all’interno della cellula. L’energia viene utilizzata anche per mantenere l’ambiente all’interno della cellula ridotto grazie all’attività della meta-emoglobina-riduttasi e della glutatione-riduttasi. Questo è importante perché lo ione ferro deve sempre essere sotto forma di ione ferroso e mai ferrico. L’origine è nel midollo osseo come per tute le altre cellule del sangue e la sua vita media è di circa 120 giorni, poiché non avendo nucleo non è in grado di rimpiazzare le proteine che vengono danneggiate. La milza si occupa di un monitoraggio costante dei globuli rossi agendo con la emocateresi ovvero seleziona negativamente le cellule non sono sufficientemente deformabili per superare il filtro e vengono eliminate per fagocitosi da parte dei macrofagi presenti in loco. Se la milza manca, questo compito viene svolto dal fegato. I LEUCOCITI In uno striscio di sangue si riconoscono dagli eritrociti per la presenza di nucleo. Vengono poi suddivisi in classi in base alle caratteristiche in: 1. Granulociti, che presentano granuli colorabili. Questi in base alle caratteristiche dei granuli vengono poi divisi in: - neutrofili (50-70%) - Eosinofili (1-5%) - Basofili (meno dell’1%) 2. agranulociti, non presentano granuli e sono divisi in: - monociti (8-10%) - Linfociti (30-50%) Tutte queste cellule hanno un ruolo nella difesa dell’organismo e la loro attività si svolge al di fuori dei vasi e dunque utilizzano il torrente circolatorio per raggiungere il tessuto connettivo, chiamati da molecole chemiotattiche che potrebbero essere presenti ad esempio sulla parete di un batterio e fanno migrare il leucocita. A questo punto il leucocita per attraversare il vaso utilizza la selectina presente sulla sua lOMoARcPSD|524 954 4 superficie che riconosce sull’endotelio un recettore che rallenta la corsa del linfocita. Questa interazione attiva una risposta da parte delle cellule dell’endotelio che rilasciano chemochine che sono molecole solubili che agiscono sull’integrina presente sulla superficie del leucocita. L’integrina trova un contro-recettore sulla cellula dell’endotelio che rende molto più forte l’adesione che permette l’extravasione tramite un meccanismo di diapedesi che permette al leucocita di uscire dal vaso e raggiungere il luogo dell’infezione. I neutrofili (guardare vetrino) hanno un diametro di circa 12-14micrometri e presentano un nucleo polimorfonucleato da 2 a 5 zolle). All’interno presenza 4 tipi di granuli difficilmente colorabili e questo permette di differenziarli facilmente dagli altri granulociti. Presentano il recettore per il frammento cristallizzabile delle IgG e delle IgM e questa caratteristica è condivisa con i macrofagi ed è importante perché facilità la fagocitosi e fa fare quella che prende il nome di opsonizzazione. I granuli sono: 1. Granuli primari, più grandi. Sono dei lisosomi e contengono idrolasi acide, la mieloperossidasi che produce molecole di ipoclorito, difensine contro i batteri. 2. Granuli secondari, più frequenti. Sono i cosiddetti granuli specifici e hanno sostanze dirette contro i batteri come lisozima, lattoferrina, istaminasi e collagenasi IV. 3. Granuli terziari, molto piccoli. Contengono principalmente metalloproteasi 4. Granuli secretori, che contengono molecole di adesione fondamentali all’inizio della fagocitosi e fosfatasi I neutrofili svolgono diverse attività biologiche finalizzate alla difesa dell’organismo contro batteri. Si occupano dunque di: - chemiotassi - fagocitosi - Opsonizzazione ovvero fagocitosi mediata - Uccido o bloccano a questo punto la proliferazione del batterio con enzimi antibatterici - Degradano la matrice extracellulare ma non essendo in grado di controllare questo meccanismo essi stessi muoiono. Rimangono in fatti in circolo per circa 6-7 ore Gli eosinofili (guardare vetrini) hanno dimensione di 12-17 micrometri di diametro con nucleo bilobato e granuli evidenti di due tipi. Presenta inoltre i recettori per il fattore cristallizzabile dell’immunoglobuline E, che riguardano i fenomeni allergici. I due granuli sono: 1. I granuli specifici degli eosinofili quindi granuli secondari. Presentano delle proteine che danno la colorabilità e dunque la proteina basica maggiore (MBP) e le proteine cationiche dell’eosinofilo che sono altre proteine basiche e presentano anche altre proteine specifiche come la perossidasi dell’eosinofilo. Sono presenti inoltre molecole con attività antinfiammatoria come istaminasi che degrada istamina coinvolta nell’infiammazione in quanto provoca vasodilatazione facilitando la fuoriuscita del materiale dal vaso sanguigno al connettivo. Importanti anche tra le molecole anti-infiammatorie la fosfolipasi B e l’arilsulfatasi che degradano le molecole coinvolte nell’infiammazione. lOMoARcPSD|524 954 4 2. Granuli primari e dunque lisosomi Le funzioni degli eosinofili sono: - chemiotassi, sono attratte da un fattore specifico che è l’ECF-A che è il fattore chemiotattico specifico degli eosinofili - fagocitosi, anche se limitata ai complessi antigene-anticorpo - Fanno secrezione, in particolare producono e rilasciano molecole antiinfiammatorie. È importante perché l’infiammazione deve essere di durata breve. - antiparassitaria, perché aumentano fino a 100 volte nel circolo sanguigno in presenza di parassiti per ucciderli lavorando con le proteine cationiche. - Importanti anche per le reazioni allergiche - Rimangono in circolo per poche ore e poi extra-vasano I basofili (guardare vetrini) sono le cellule meno numerose nel circolo sanguigno. Hanno una dimensione di 14-16 micrometri di diametro. I granuli come si vede nel vetrino impediscono la visione del nucleo poiché hanno la stessa colorabilità dovuta al fatto che contengono anch’essi materiale acido che quindi presentano il fenomeno della basofilia. I granuli contengono proteoglicani solfati come eparansolfato e eparina, oltre che sostanze attive nell’infiammazione come istamina, leucotrieni e interleuchine IL-4 e IL-13. Il fatto di contenere proteoglicani solfati ovvero gruppi polianionici fa si che la cellula vada incontro al fenomeno della metacromasia ossia se viene colorata con il blu di toluidina il colore diventa rosso-violaceo. Le funzioni sono: - Chemiotassi - Non fa fagocitosi ma è specializzato nell’esocitosi, o degranulazione nelle quali rilascia sostanze vasoattive e dunque è responsabile dei fenomeni allergici - Partecipa attivamente all’infiammazione Il monocita (guardare vetrini) è la cellula più grande del sangue e può raggiungere i 20 micrometri. Tramite granuli presenti nel suo citoplasma, che sono lisosomi, è in grado di fare fagocitosi. È anche lui in grado di fare chemiotassi, fondamentale perché dopo aver circolato nel torrente sanguigno per circa 3 giorni extravasa e va a finire nei diversi tessuti dove si differenzia in macrofago. Questo vuol dire che diventa una cellula matura che però può continuare a dividersi e assume nomi diversi a seconda del distretto in cui si troveranno, come cellule di Kupffer nel fegato, osteoclasta nell’osso e così via. I linfociti (guardare vetrino) presentano un diametro di circa 7-8 micrometri nel circolo e molto raramente sono presenti all’interno del circolo sanguigno linfociti che arrivano a misurare anche 15 micrometri di diametro, che sono blasti ovvero linfociti attivati. Sono responsabili della difesa specifica e sono attivi quindi nella sorveglianza immunitaria ad esempio attraverso i virus. Dal punto di vista morfologico ci sono cellule molto simili e dal punto di vista funzionale vengono divisi in: - linfociti B - Linfociti T - Linfociti NK, che sono gli unici che possono essere riconosciuti al microscopio in quanto presentano dei granuli citoplasmatici. lOMoARcPSD|524 954 4 Le piastrine hanno una dimensione di circa 2-4 micrometri e non presentano nucleo ma presentano nel citoplasma mitocondri e diversi tipi di granuli. Derivano dal megacariocita (guardare vetrino). La piastrina viene suddivisa in quattro zone: 1. Zona periferica, dove troviamo membrana plasmatica e glicocalice. Qui abbiamo alta densità di materiale glicidico dovuto al fatto che ci sono proteine transmembrana che servono per l’adesione, fondamentali quando la piastrina verrà attivata per formare il coagulo. 2. Zona strutturata, composta da microtubuli che aiutano a tenere la forma di disco biconvesso. oltre ai microtubuli ci sono altre importanti proteine del citoscheletro quali actina e miosina che permettono la capacità di contrazione della cellula. 3. Zona degli organelli, con mitocondri importanti per la respirazione, granuli di glicogeno che danno energia e tre tipi di granuli: - alfa, che contengono molecole coinvolte nella coagulazione e il suo controllo come trombospondina, il PDGF (fattore di crescita derivato dalle piastrine), l’FP4 (fattore piastrinico 4), fibrinogeno e fibronectina, VWF (fattore di von Willebrand). - delta, che sono più densi e contengono ATP, ADP, serotonina e ioni calcio - lamba che sono i lisosomi 4. Sistemi membranosi, in particolare un sistema canicolare aperto che perfora la piastrina aumentando la superficie a contatto con l’ambiente esterno. Questo è molto importante per la velocità di reazione che si deve avere quando la piastrina viene attivata. Importante è anche il sistema tubulare denso che è un sistema chiuso che contiene materiale denso tipo ATP o vari enzimi e calcio e si articola a partire dal RER e può essere messo in comunicazione con l’ambiente esterno tramite pori di comunicazione. Sono importanti per la difesa dell’organismo arrestando emorragie in seguito a ferite. Sono responsabili della coagulazione e hanno una vita media di circa 10 giorni. Sono circa 300mila per mm cubico. Durante la coagulazione le piastrine cambiano forma aderendo al collagene in seguito alla lesione dell’endotelio. Questa adesione è permessa da proteine da adesione e fondamentale in questo caso risulta il fattore di von Willebrand (VWF) contenuto nel granuli alfa. Subito dopo l’adesione la piastrina inizia la degranulazione permettendo l’inizio della coagulazione. Il contatto con il collagene in seguito al danneggiamento del vaso fa si che venga innnescata un’adesione più forte con l’attivazione delle glicoproteine sulla superficie della cellula e rilascio di ADP. Si forma un aggregato che si chiama tappo primario e nel frattempo avremo anche una vasocostrizione per evitare di perdere troppo sangue. Successivamente si attivano a cascata trombina e fibrina che formano il tappo secondario. Il coagulo visto al microscopio elettronico a scansione mostra un reticolato nel quale sono intrappolati i globuli rossi. In seguito il coagulo va incontro a retazione per l’attività dei microfilamenti di actina e miosina e quindi verrà lisato da plasmina e enzimi litici lisosomiali che lo rimuovo. lOMoARcPSD|524 954 4 IL SISTEMA IMMUNITARIO Nell’organismo ci sono diversi livelli di difesa: 1. La protezione superficiale, che avviene sugli epiteli di rivestimento che possono presentare delle specializzazioni come ad esempio ciglia o possono produrre materiale difensivo come muco o molecole particolari come le difensine Se l’agente patogeno supera la difesa superficiale si passa all’immunità innata o a quella adattativa 2. L’immunità innata o naturale o aspecifica ed è basata sull’attività di leucociti, macrofagi, cellule NK e portano all’infiammazione con l’esisto che è la distruzione delle cellule che hanno partecipato alla risposta infiammatoria e degenerazione del tessuto 3. L’immunità adattativa o acquisita o specifica è molto più efficace ma richiede tempo. Inoltre non reca quasi nessun danno tissutale. I due tipi di immunità cooperano tra loro. Il sistema immunitario quindi ha la funzione di difesa specifica. Già con il sistema innato c’è un meccanismo di riconoscimento tramite recettori ma in questo caso c’è un meccanismo molto più specifico e tutto il materiale esogeno viene chiamato antigene e viene riconosciuto in maniera specifica. Il sistema immunitario prevede l’attivazione dei linfociti più le varie cellule accessorie ed è diviso in due branche. È costituito da organi linfoidi popolati dai linfociti che qui si differenziano, maturano e esplicano le loro funzioni. Tra i vari organi ne riconosciamo due come organi primaria che sono il timo e il midollo osseo in quanto a questi livelli le cellule acquisiscono le competenze. Molto importanti sono poi: - milza - linfonodi - Il MALT ovvero il tessuto linfatico associato alle mucose che poi viene a sua volta diviso in BALT associato ai bronchi e GALT associato all’intestino. Tutti gli organi sono in comunicazione tramite i vasi linfatici che sono in comunicazione con il sistema ematico in quanto sboccano a livello della succlavia. Linfociti B e linfociti T agiscono meccanismi diversi: 1. I linfociti B attuano una immunità umorale mediata da anticorpi 2. I linfociti T sono preposti invece all’immunità cellulare in cui sono direttamente coinvolti Come già detto linfociti B e T non sono distinguibili al microscopio ma sono identificabili tramite dei marcatori di superficie ovvero esprimono rispettivamente il B cell receptor BCR (immunoglobulina di membrana) e il T cell receptor TCR. I recettori sono recettori per l’antigene ed esiste una grande variabilità generata sia su base genetica perché il DNA va incontro a riarrangiamento sia su base somatica perché questi geni sono sottoposti frequentemente a mutazione. Tutti gli BCR, così come gli TCR hanno però una struttura di base comune e la porzione variabile è invece quella che si presenta sulle catene peptidiche. lOMoARcPSD|524 954 4 LA RISPOSTA IMMUNITARIA DA PARTE DEI LINFOCITI B L’antigene va a scegliere il linfocita B2 ad esempio perché il recettore di questo linfocita è quello maggiormente compatibile con la sua struttura. L’antigene stimola quindi la proliferazione dei linfociti B2 e dopo qualche ciclo di proliferazione questi si differenzieranno in plasmacellule che producono anticorpi mentre alcune rimangono invece linfociti B piccoli della memoria. Le plasmacellule esprimono un citoplasma più grande con un RER molto abbondante per la sintesi e secrezione degli anticorpi. La presenza di anticorpi nel plasma a seguito di un primo contatto con l’antigene corrisponde alla risposta primaria che sarà rilevabile non prima di 7-10 giorni e aumenta nel tempo. Dopo un certo periodo di tempo la risposta scende e nel caso di un secondo contatto con l’antigene si attiva una risposta secondaria più rapida e specifica per questo antigene. La risposta secondaria è possibile grazie ai linfociti B della memoria che si sono formati dopo il primo contatto con l’antigene. L’anticorpo è una glicoproteine di circa 150 kdalton ed è costituita da 4 catene peptidiche: - due catene pesanti (costituite da 4 domini ripetuti ciascuna) - due catene leggere (costituite da due domini ripetuti ciascuna). Questo dominio è quello della immunoglobulina, peptide costituito da circa 110 amminoacidi. Le quattro catene peptidiche sono peptidiche degli anticorpi sono tenute insieme da ponti disolfuro che si trovano anche all’interno di ogni dominio per stabilizzarne la struttura terziaria. I domini che si trovano alle estremità ammino-terminali delle quattro catene presentano una sequenza variabile. Queste sono quelle si chiamano regioni variabili e avremo quindi un dominio variabile per ciascuna delle catene leggere e uno per ciascuna delle catene pesanti. Quindi, ricapitolando: • L’anticorpo è formato da due catene leggere e due catene pesanti • Catena leggera= due domini ripetuti ; catena pesante = 4 domini ripetuti • Catene leggere e catene pesanti hanno un frammento variabile, quindi: • Catena leggera= 1 dominio variabile e 1 costante ; catena pesante = 1 dominio variabile e 3 costanti (per ciascuna catena) • Dominio variabile della catena leggera + dominio variabile della catena pesante = sito di legame dell’antigene. Nella figura è presente il frammento Fab (frammento che lega l’antigene) costituito dalla catena leggera + della porzione amminoterminale della catena pesante • L’estremità al carbossi-terminale costituisce il frammento Fc o frammento cristallizzabile • A metà della regione pesante si trova la regione cerniera che consente una certa mobilità dei due Fab • Il fatto che ci siano due siti di legame per l’antigene fanno si che l’anticorpo sia considerato molecola bivalente lOMoARcPSD|524 954 4 - Le porzioni Fc delle catene pesanti in realtà non sono costanti, anche se rispetto alla porzione Fab la differenza è nettamente inferiore. Si è visto che esistono cinque diverse catene pesanti, che danno origine a cinque immunoglobuline differenti (ovvero l’anticorpo completo con Fc e Fab) che sono: 1. IgG, che sono le uniche in grado di attraversare la placenta proteggendo quindi in maniera passiva il feto. l’IgG media l’opsonizzazione, così come la IgM. 2. IgM, che media come la IgG l’opsonizzazione o fagocitosi facilitata che viene effettuata dal macrofago o dai polimorfonucleati (neutrofili) quando incontrano un batterio. Questo viene legato dal Fab dell’anticorpo e Fc viene riconosciuto da recettori specifici sulla superficie del macrofago o del neutrofilo e lo aiuta nella fagocitosi. 3. IgE, riconosciute dai recettori dei mastociti. Ad un primo contatto con l’antigene verrano prodotte delle IgE e poi al secondo contatto queste IgE che si saranno legate a livello del recettore sulla superficie del mastocito legheranno tramite la parte Fab l’antigene e questo sarà il segnale per attivare la degranulazione del mastocito. IgG, IgE e IgD sono anticorpi monomerici, le IgM sono 4. IgD pentameriche e le IgA sono dimeriche 5. IgA, si trovano sulle mucose a livello di intestino, apparato respiratorio, saliva Gli anticorpi agiscono seguendo diversi meccanismi di azione: possono neutralizzare una tossina - Possono formare complessi antigene-anticorpo che vengono poi fagocitati da macrofagi ecc lOMoARcPSD|524 954 4 - Possono interferire nell’adesione dei patogeni che invadono l’organismo - Possono mediare l’opsonizzazione facendo da ponte tra il patogeno e la cellula che si occupa della fagocitosi Le proprietà degli anticorpi dipendono dalla loro struttura e dunque sono molecole solubili ad alta specificità e sono alla base della risposta immunitaria umorale. Tornando a parlare dei linfociti B: questi proliferano nel midollo osseo in modo antigene-indipendente quindi si formeranno tante cellule B diverse (circa 10^11 recettori diversi) riconosciute potenzialmente da qualsiasi molecola estranea con cui entrano in contatto. Successivamente tramite la circolazione sanguigna raggiungono gli organi linfoidi secondari dove proliferano in maniera antigene-dipendente quindi proliferano solo se incontrano l’antigene e prolifera solo il linfocita selezionato. Gli anticorpi monoclonali ovvero anticorpi con solo una specificità e questo è stato possibile grazie all’immortalizzazione di un anticorpo che permette una sua produzione illimitata. LA RISPOSTA IMMUNITARIA DA PARTE DEI LINFOCITI T I linfociti T maturano nel timo e sono cellule che agiscono direttamente e si dividono in: 1. Linfociti T citotossici, che hanno il compito di uccidere altre cellule 2. Linfociti T helper, che modulano positivamente la risposta immunitaria 3. Linfociti T regolatori/soppressori, che regolano negativamente la risposta immunitaria Ci sono poi le cellule NK che non presentano il TCR recettore dei linfociti T ma agiscono come i citotossici, differendo da loro solo per il metodo di attivazione. Sia per i linfociti T citotossici che per le cellule NK vediamo infatti che vengono prodotte perforine che quindi vanno a perforare la membrana della cellula bersaglio e degli granzimi che sono enzimi che inducono la tossicità e quindi la morte per apoptosi. La cellula NK però è attivata da un anticorpo quindi ADCC ovvero citotossicità cellulare dipendente da anticorpo. Il linfocita T esprime sulla sua superficie il TCR che è un eterodimero costituito da due catene (alfa e beta) e nella parte più esterna c’è il sito di legame dell’antigene coadiuvato da una serie di molecole accessorie che formano il CD3 (class of differentiation, ce ne sono circa 300 ma noi prendiamo in considerazione CD3,4 e 8). Il linfociti T oltre a presentare il TCR esprimono anche altri marcatori. Oltre al CD3 che è presente sia sui linfociti T citotossici che sugli helper, possiamo parlare anche di: - CD8, espressa dai citotossici e riconosce MHCI che permette al linfocita di distruggere la cellula cancerosa o infettata da virus. - CD4, espressa dagli helper e riconosce MHCII, che porta all’amplificazione della risposta immunitaria. Questi sono corecettori che riconoscono delle molecole in modo specifico sulla superficie delle cellule con cui devono entrare in contatto. Il linfocita T killer riconosce la cellula infettata dal virus perché dopo essere stata infettata la cellula bersaglio espone sulla superficie delle proteine che vengono riconosciute dal T citotossico che uccide dunque la cellula. Esistono diversi tipi di linfociti T helper CD4+ ma noi ci concentriamo su: lOMoARcPSD|524 954 4 1. 2. T helper 1, che interagiscono con gli T citotossici CD8+ T helper 2, che interagiscono con le cellule B per aumentare la risposta anticorpale Fondamentale per il T helper è la APC ovvero la cellula che presenta l’antigene e che è caratterizzata dall’espressione della molecola MHCII di superficie che serve per l’interazione con il T helper. Gli APC sono macrofagi, cellule dentriche, cellule B e presentano l’antigene alle cellule helper che a loro volta cooperano con la cellula T citotossica o con la cellula B. Nella risposta immunitaria sono molto importanti anche le interleuchine che cooperano nella risposta immunitaria aumentandola. Quelle di nostro interesse sono: a. Le IL-2 che fanno proliferare e attivare linfociti T, NK e monociti b. Le IL-3 che fanno proliferare le cellule staminali GLI ORGANI LINFATICI Il timo: organo linfo-epiteliale ovvero costituito da cellule epiteliali che educano le cellule linfatiche che arrivano dal midollo. È particolarmente sviluppato fino alla pubertà ed è sede della maturazione dei linfociti T. È un organo parenchimatoso ossia pieno costituito da cellule linfatiche ed epiteliali. Sono presenti poi cellule del connettivo in quanto vi è una membrana da cui partono delle trabecole che lo dividono in lobi e all’interno delle quali sono contenuti vasi sanguigni. Ci sono poi due porzioni: 1. Corticale, più colorata a causa della presenza di un maggior numero di cellule 2. Midollare, meno colorata In entrambe le porzioni ci sono molti timociti ovvero le cellule del timo. Nel figura qui a sotto si vedo i corpuscoli di Hassal che sono le cellule epitelio-reticolari al loro ultimo stadio di vita quando sono infarcite di cheratina. Questo è il timo di una persona giovane in quanto è ancora molto attivo. Nell’adulto invece va incontro a involuzione infarcendosi di tessuto adiposo, poiché essendo già stata stabilità l’immunocompetenza non è più necessario un suo sviluppo. I precursori dei linfociti T nel midollo osseo vengono rilasciati nel circolo sanguigno e così arrivano a livello del Timo dove iniziano la migrazione dalla parte corticale a quella midollare e subiscono due diversi eventi: 1. La proliferazione, che li seleziona in senso positivo. 2. La delezione clonale, che li seleziona in senso negativo. In questo processo tutti i linfociti T che sono autoreattivi e quindi riconoscono il proprio vanno incontro a morte e fagocitati dai macrofagi. In questo modo vengono eliminate tutte le cellule autoreattive che sono circa il 95% del totale. I linfociti T che invece riconoscono l’estraneo vengono invece messi in circolazione e da qui raggiungono gli organi linfatici secondari lOMoARcPSD|524 954 4 I linfociti che arrivano al timo sono cellule immature che non esprimono ancora il recettore particolare: - TCR, che viene acquisito per riarrangiamento genico - CD4 e CD8, che viene acquisito per espressione Queste molecole (CD4 e CD8) permettono l’interazione con le cellule epitelioreticolari che danno un segnale di proliferazione. Tutte le cellule che non presentano il recettore e dunque non vengono riconosciute vanno invece incontro ad apoptosi. Questa è la selezione positiva in cui le cellule che presentano questi recettori vanno avanti. In questo momento i linfociti T sono dei doppi positivi che presentano sia il CD4 che il CD8. A questa segue la selezione negativa che avviene a livello della midollare. Qui vengono selezionate negativamente le cellule che interagiscono fortemente con un altro tipo di cellule epitelio-reticolari e vengono eliminate. In questo caso passano dunque cellule che interagiscono blandamente. I linfociti in questo momento si dividono anche in CD4+ o CD8+. Questa è la delezione clonale. I linfociti T quindi attraversano tre stadi: 1. I linfociti precursori nel midollo osseo che sono doppio negativi 2. I linfociti precursori nel timo che sono doppi positivi e presentano sia CD4 che CD8, oltre a presentare ora anche il TCR 3. I linfociti maturi che presentano il TCR e a seconda che presentino il CD8 o il CD4 vengono divisi in citotossici o helper. L’ambiente parenchimatoso del timo è un ambiente particolare che deve essere preservato ed è separato dalla circolazione sanguigna grazie alla barriera ematotimica, costituita da due membrane basali: - Su una poggiano le cellule epiteliali del vaso - Sull’altra le cellule epiteliali reticolari di tipo 1 Tra le due membrane basali c’è del tessuto connettivo perivascolare che contiene periciti e macrofagi che controllano ed eliminano le cellule che vanno in contro ad apoptosi. I linfonodi: si trovano lungo i vasi linfatici e sono disseminati in tutto l’organismo ma con particolare concentrazione in inguine, ascelle, mesentere e base del collo. I linfonodi sono la sede dell’interazione tra antigene e linfociti, che arrivano qui grazie ai vasi afferenti (20%) o all’arteria (80%) e viene montata la risposta immunitaria dopo la quale possono uscire tramite i vasi efferenti. Il linfonodo è rivestito da una capsula che inserisce trabecole all’interno, che può essere diviso in: - zona corticale, intensamente colorata per l’elevato numero di cellule rispetto al midollare. Qui si distinguono inoltre i follicoli (cerchiati in giallo) e sono follicoli primari (a sinistra, riconoscibile per una parte interna colorata in maniera omogenea) e secondari (a destra). lOMoARcPSD|524 954 4 - Zona paracorticale che divide corticale e midollare, caratterizzata dalla presenza di VEA ovvero venule ad endotelio alto. Questo endotelio è un’eccezione poiché non è piatto e controlla il passaggio di cellule (non di gas) permettendo il passaggio di linfociti dalla circolazione sanguigna a quella linfatica. - zona midollare, con colorazione limitata ai cordoni midollari che sono zone nelle quali sono presenti cellule. La zona poco colorata è quella in cui circola la linfa. Nella parte sinistra si vedono follicoli vicini alla midollare ma è un artefatto di preparazione. Il follicolo secondario presenta un centro poco colorato che prende il nome di centro germinativo perché le cellule stimolate dall’antigene vanno in contro a blastizzazione ovvero crescono di dimensioni per poi dividersi. La zona periferica è invece la zona mantellare del nodulo linfatico. Il vaso linfatico afferente porta le cellule che attraversano completamente il sistema per uscire a livello del vaso efferente. Le arterie portano invece il sangue dall’ilo e le cellule vengono dismesse da vene ad alto endotelio. Lo stroma (trama connettiva di un organo) del linfonodo è legato a fibrille di collagene III prodotto dalla cellula reticolare assimilare al fibroblasto. Sono presenti anche cellule dentritiche con funzione APC (cellula che presenta l’antigene) ed è a stretto contatto con i linfociti. Oltre a presentare l’antigene è anche in grado di trattenere i linfociti della memoria nel linfonodo. La capsula del linfonodo è composta da: 1. Tessuto connettivo denso 2. Fibre di collagene 3. Fibroblasti 4. Vasi sanguigni Al di sotto c’è il seno sotto-capsulare ricco di linfa, composta principalmente da linfociti ma anche da macrofagi, che si riconosco perché sono più grandi. Sotto il seno sotto-capsulare c’è poi la zona corticale. Il tessuto linfatico diffuso: tonsilla e placca di Pleyer: il tessuto linfatico diffuso per definizione non dovrebbe essere delimitato da una capsula ma in realtà prendendo la tonsilla palatina nella parte inferiore è contornata da una capsula che la separa dal tessuto muscolare, ma nella parte superiore la tonsilla è a contatto con epitelio di rivestimento pluristratificato. La tonsilla presenta inoltre cripte che sono in comunicazione con l’ambiente esterno e il materiale esogeno che arriva nella bocca viene rallentato e eventualmente passano attraverso l’epitelio per andare nel tessuto linfatico che si trova in forma di follicoli linfatici. La placca di Pleyer fa parte del MALT a livello dell’intestino vediamo infatti epitelio di rivestimento cilindrico al di sotto del quale abbiamo un aggregato di tessuto linfatico non capsulato. A questo livello il tessuto epiteliale di rivestimento presenta le cellule M che hanno la funzione di APC captando gli antigeni dall’esterno e con un meccanismo di transcitosi li passano nella parte linfatica sottostante. Altri esempi di tessuto linfatico diffuso si trova nel colon, nell’appendice, intestino tenue. lOMoARcPSD|524 954 4 La milza: organo linfatico secondario più grande. È molto vascolarizzato e si riconosce: 1. Una polpa bianca di eritrociti 2. Una polpa rossa ricca di linfociti Presenta dei noduli splenici molto simili ai noduli linfatici nei linfonodi e sono la sede dei linfociti. La sua componente stromale connettivale formata da una capsula interna da cui si dipartono trabecole e ci sono fibroblasti che producono fibre di collagene per creare un’impalcatura. A livello delle trabecole c’è un’arteria trabecolare che si continua con l’arteria centrale che attraversa al centro il nodulo splenico ricco di linfociti B seguito dal GLPA ovvero guscio linfatico periarteriolare costituito da linfociti T helper. La circolazione poi si dirama nelle arteriole penicillari alle quali segue il capillare con guscio a fondo cieco dove gli eritrociti sono obbligati a passare attraverso questo guscio ricco di macrofagi che fanno una prima selezione delle cellule per quanto riguarda la loro capacità di formarsi. Le cellule fuoriescono e formano la polpa splenica e devono quindi rientrare nella circolazione passando attraverso la parete del seno splenico. La parete dei seni splenici è formata da cellule endoteliali con una forma a bastoncino allungato che decorrono parallelamente alla direzione del vaso. Tra una cellula e l’altra ci sono degli spazi e manca la lamina basale. Gli eritrociti che sono arrivati a questo livello devono superare questa parete per poter essere immessi nella circolazione venosa e dunque c’è una seconda selezione nella quale soltanto le cellule deformanti sapranno superarla mentre quelle che non passano verranno eliminate dai macrofagi. La funzione principale della milza è quindi quella di filtro, e lo vediamo applicato: - per quanto riguarda la risposta immunitaria, le cellule che hanno funzione di APC sono i macrofagi che catturano il materiale estraneo e lo presentano ai linfociti T helper che collaborano con i linfociti B che maturano a plasmacellule e producono gli anticorpi. - Per quanto riguarda gli eritrociti e la loro distruzione (emocateresi) esistono due livelli di filtrazione come visto che superano solo quelli che presentano una membrana sufficientemente elastica mentre quelli che non passano la selezione vengono distrutti ma viene recuperato il ferro che serve poi per costruire gli anticorpi a livello del midollo osseo La milza svolge inoltre emopoiesi durante la vita fetale. L’EMOPOIESI È il processo mediante cui le cellule ematiche maturano a partire da precursori e questi a loro volta derivano da una cellula staminale unica. Durante i primi tre mesi di gestazione l’emopoiesi avviene nel sacco vitellino per poi passare nel fegato e, in misura minora, nella milza. Dal settimo mese predomina invece l’emopoiesi nel midollo osseo, che dopo la nascita si divide principalmente tra il midollo osseo delle ossa toraciche e di femore e tibia. Il sacco vitellino: è una grande struttura vuota sulla cui superficie si trovano le isole sanguigne. Queste si formano a partire da aggregati delle cellule mesenchimali che si differenziano poi nel livello esterno per formare le cellule endoteliali mentre quelle del lOMoARcPSD|524 954 4 livello interno formeranno le cellule sanguigne primitive. Inizialmente si formeranno i precursori dei globuli rossi che presentano nucleo. Le isole poi si uniscono poiché si fondono le cellule endoteliali di due isole vicine e si forma un reticolato in cui c’è una prima circolazione. La cellula mesenchimale è quindi un progenitore staminale multipotente che da origine a cellule endoteliali e all’emangioblasto o cellula staminale emopoietica (HSC) e da questo a sua volta si differenziano: 1. CLP che è il precursore delle cellule linfatiche (precursore linfoide) 2. CMP che è il precursore di tutte le altre cellule sanguigne (precursore mieloide) Guardare vetrino emopoiesi per alcuni appunti. A livello del midollo osseo c’è: - la cellula staminale con i diversi precursori delle linee ematiche che sono però difficilmente riconoscibili tranne il megacarioblasto, riconoscibile grazie alle sue grandi dimensioni e ai prolungamenti che penetrano nel vaso sanguigno. - I vari elementi a diversi stadi di maturazione e che possono presentare diverse caratteristiche citologiche che possono renderli identificabili - Cellule di supporto come adipociti (che si accumulano con l’avanzare dell’età che porta al trasformazione in midollo giallo poco maturo in età avanzata), fibroblasti, cellule reticolari (impegnate nella formazione dello stroma per cui fibre reticolari, collagene di tipo I e III, laminina, fibronectina, GAGs), cellule endoteliali, macrofagi (importanti per fagocitare tutti i detriti o gli scarti come ad esempio il nucleo dell’eritrocita maturo) La HSC presenta dei marcatori di superficie e in particolare abbiamo CD34 che viene utilizzata anche in clinica per isolare cellule da midollo osseo di donatore per trapianto di midollo. Altri due marcatori importanti sono Sca e c-kit. Questa cellula è però Lin- ovvero non presenta questo marcatore che invece è presente sulle cellule quando differenziano. La eritropoiesi: nel tempo diminuiscono le dimensioni di cellule e nucleo e la cromatina mano a mano si compatta sempre di più. Partendo dalla cellula staminale unipotente EP determinata precedentemente e che ora esprime il recettore per eritopoietina. Grazie a questo ci sarà una crescita enorme di queste cellule e avremo due tipi di colonie: 1. Le BFU 2. Le CFU Entrambe sono sostenute dalla EPO così come il proeritroblasto che emerge da queste e va ancora incontro ad una amplificazione (da un proeritroblasto originano 16 eritrociti) e ne mentre avviene la maturazione fino al differenziamento terminale. Una delle ultime tappe della maturazione è l’esclusione del nucleo per esocitosi che viene poi fagocitato dai macrofagi. Prima dell’eritrocita maturo abbiamo il reticolocita, che si colora solo tramite verde di cresile e che ha questo nome per la presenza di una specie di reticolato nel citoplasma. Sono presenti nel circolo sanguigno in meno dell’1% e se presenti in quantità più elevate è segno di una perdita di sangue in seguito a emorragia. La mielopoiesi: descrive la maturazione dei granulociti. Il precursore comune è il mieloblasto che matura a promielocita e in questa fase le cellule si moltiplicano e si lOMoARcPSD|524 954 4 producono granuli azzurrofili ossia primari. Questa è l’ultima fase nella quale vengono prodotti. La tappa successiva è il mielocita nel quale si iniziano a vedere le differenze anche dal punto di vista morfologico delle tre linee in quanto si iniziano a produrre i granuli specifici per eosinofili, neutrofili, basofili. Queste sono le ultime cellule in grado di dividersi, dopodiché ci sarà soltanto maturazione. Ogni giorno vengono rilasciati in circolo circa 100 miliardi di granulociti e di questi una parte rimane in circolo per qualche ora costituendo il pool circolante mentre l’altra parte farà il pool marginato a livello dei piccoli vasi periferici. Esiste poi nel midollo un pool di riserva di circa 20 volte maggiore del circolante e può essere messo in moto facilmente se si somministra il fatto GSF, utile per recuperare da donatori delle cellule staminali del sangue. I FATTORI DI CRESCITA Sono prodotti dalle cellule endoteliali, fibroblasti, monociti, linfociti T. Ci saranno però alcuni fattori dal rene, come eritropietina e trombopoietina. I fattori di crescita Ai fattori di crescita dell’emopoiesi sono applicati due concetti: 1. pleiotropismo: lo stesso fattore promuove effetti diversi 2. Ridondanza: alcuni fattori qualora siano deficitari possono essere sostituiti da altri. IL TESSUTO MUSCOLARE Ha la funzione del movimento legato alla caratteristica fondamentale delle cellule che lo costituiscono ovvero la contrattilità. Lo dividiamo in tre categorie: 1. Striato innervato dal sistema nervoso volontario. A sua volta si suddivide in: - scheletrico, associato a strutture osseo e lo troviamo in arti, tronco, faccia - Viscerale, associato a organi come lingua o diaframma. 2. Liscio innervato dal sistema nervoso involontario, in tutti gli organi che devono contrarsi indipendentemente dalla nostra volontà e dunque lo troveremo nel sistema digerente, nei vasi sanguigni, utero, vescica ecc. 3. Striato cardiaco innervato dal sistema nervoso involontario che controlla la velocità di contrazione e si contrae in modo spontaneo grazie alle cellule pacemaker. Ci sono poi cellule sparse nell’organismo che possono avere la contrattilità tipica delle cellule muscolari che sono: - Cellule mioepiteliali, viste nelle ghiandole esocrine - Periciti, cellule vicino ai vasi sanguigni - Miofibroblasti, molto importanti quando c’è una ferita che deve essere rimarginata. IL TESSUTO MUSCOLARE SCHELETRICO Presenta sempre una struttura stromale di connettivo ce serve per portare all’interno del muscolo i vasi sanguigni e innervazione. E’ strutturato secondo un’organizzazione gerarchica ben precisa alla base della quale c’è la fibra muscolare, struttura cilindrica di 35 cm al massimo e un diametro di 10-100 micrometri. E’ rivestita da una membrana basale prodotta dalla cellula lOMoARcPSD|524 954 4 muscolare e da endomisio che è la componente connettivale. Più fibre muscolari con le relative membrane formano il fascicolo muscolare circondato da perimisio e più fascicoli formano il fascio muscolare circondato da epimisio. La fibra muscolare è vascolarizzata e ci sono vasi più grandi che decorrono nell’epimisio e via via vasi più piccoli fino ad arrivare ai capillari. Guardare vetrino. La fibra muscolare è una struttura plurinucleata all’origine della quale ci sono le cellule mesenchimali determinate a diventare mioblasti che ad un certo punto si fondono formando i miotubi che sono strutture plurinucleate che presentano il nucleo centralmente. Questi vanno poi incontro a maturazione iniziando a produrre le proteine contrattili che invadono tutto il citoplasma e schiacciano i nuclei alla periferia al di sotto della membrana cellulare e a questo punto si forma la fibra muscolare. La base strutturale della striatura della fibra muscolare è ben evidenziabile al microscopio elettronico. Al microscopio ottico invece vediamo delle bande chiare che si chiamano I in quanto isotope all’osservazione a luce polarizzata e delle bande scure A anisotope. In mezzo alla banda I troviamo la linea Z. Al microscopio elettronico si vede come all’interno ci sono tanto miofibrille che corrono parallele all’asse della fibra e sono tutte in registro, leggermente separate da citoplasma. A livello delle bande scure sono presenti dei miofilamenti e nella zona I si vedono i mitocondri. Il sarcomero è la struttura che si trova tra due linee Z consecutive ed è l’unità strutturale ripetuta lungo tutta la miofibrilla. Il tessuto muscolare scheletrico presenta un buon potenziale rigenerativo grazie alla presenza di cellule staminali specifiche che sono le cellule satellite, in grado di ricostituire il muscolo in situazioni di atrofia. Le cellule satelliti vengono infatti incorporate nella fibra e cooperano nel riformare il muscolo. Nel caso invece dell’ipertrofia muscolare (muscolo soggetto a molta attività) l’aumento del muscolo è dovuto non tanto all’aumento del numero di fibre quanto piuttosto all’aumento delle loro dimensioni. È stato identificato il gene MyoD che è il gene che permette il differenziamento delle cellule mesenchimali in questo senso. È un gene master in quanto dirige altri geni a valle per poter esprimere questo fenotipo, tra i quali il gene miostatina. CITOLOGIA E TERMINOLOGIA DELLA FIBRA MUSCOLARE: 1. Sarcolemma: membrana plasmatica della fibra muscolare a cui è è associata la membrana basale ed è PAS positivo. 2. sarcoplasma: citoplasma 3. Reticolo sarcoplasmatico: reticolo endoplasmatico liscio che contiene grandi quantità di calcio 4. Sarcomero: unità strutturale ripetuta 5. Mitocondri, perché serve tanta energia 6. mioglobina, proteina globina con alta affinità per ossigeno 7. Miofibrille lOMoARcPSD|524 954 4 IL SARCOMERO Il sarcomero è l’unità ripetuta lungo tutte le miofibrille contenuta tra due linee Z. Al centro del sarcomero c’è la banda A che è più scura perché è più elettrondensa e questo perché è costituita dai miofilamenti spessi composti da miosina. Al centro c’è la linea M in cui si aprono i filamenti spessi. A lato della linea M c’è la H. La banda I contiene i miofilamenti sottili composti da actina e si ancorano alla linea Z tramite la alfa-actinina. Nella banda A abbiamo la sovrapposizione dei due tipi di filamenti. Ogni filamento sottile è contornato da tre filamenti spessi e ogni filamento spesso è contornato da 6 filamenti sottili e questo è alla base della contrazione del muscolo. La contrazione muscolare è infatti basata sullo scorrimento dei miofilamenti che si compenetrano maggiormente mantenendo però sempre la stessa lunghezza. Si accorcerà quindi solo il sarcomero e si riduce la banda I mentre invece l’ampiezza della banda A rimane identica. I filamenti spessi come abbiamo detto sono formati da miosina, una proteina costituita da due molecole identiche e dunque è un omodimero in cui si riconosco due domini diversi: - una coda fibrosa - Teste globulari con un sito per legare l’actina e uno per legare l’ATP. Sono presenti inoltre delle catene leggere a due a due uguali (ce ne sono 4 in totale) che servono per modularne l’attività. I filamenti sottili delle miofibrille sono invece costituiti come già detto da actina in filamento doppio a cui sono associate altre molecole formando il complesso actinatropomiosina-troponina. La tropomiosina è una struttura filamentosa che stabilizza l’actina. La troponina è invece un complesso che comprende: - troponina I ovvero inibitoria che inibisce il sito di legame per la miosina - Troponina C che lega il calcio nel momento della contrazione - Troponina T che interagisce con la tropomiosina e inibisce quindi il legame con la miosina. La testa come detto ha un sito di legame per actina e uno per ATP e attività ATPasica. Quando l’ATP ha idrolizzato ad ADP + Pi la testa può legarsi all’actina se questa ha un sito di legame disponibile. L’energia rilasciata dal legame è utilizzata per far ripiegare la testa quindi la miosina se legata ad actina tramite il movimento della testa trascina il filamento sottile e quindi ciclicamente si formano e distruggono ponti trasversali tra i due filamenti. Nella contrazione del muscolo il calcio ha un ruolo importante perché in seguito al legame del calcio alla troponina C viene reso disponibile sull’actina il sito di legame per la testa di miosina che nel frattempo ha cambiato conformazione cambiando l’angolatura rispetto alla coda (ripiegamento possibile grazie ad una regione cerniera tra i due domini) e dunque può partire lo scorrimento tra i due filamenti come visto sopra. Actina e miosina sono le proteine maggiori della contrazione costituendo l’80% delle proteine totali mentre il rimanente 20% è dato da proteine accessorie che servono per mantenere i filamenti allineati. Tra le varie ricordiamo: 1. Titina: tiene in posizione i filamenti di miosina lOMoARcPSD|524 954 4 2. 3. alfa-actinina: unisce strie Z e actina desmina: si trova a livello della linea Z ed è il marcatore del filamento intermedio del muscolo. 4. Distrofina La distrofina è una lunga proteina fibrosa che collega le proteine contrattili alla membrana dove è in connessione con i complessi di glicoproteine che sono connessi alla membrana esterna basale e dunque poi a tutta la matrice extracellulare. La forza di contrazione della singola fibra viene trasmessa quindi così alla matrice extracellulare producendo movimento. IL RETICOLO SARCOPLASMATICO e IL CALCIO Si ritrova dilatato nella regione limite tra la banda A e la banda I dove si parla due cisterne che contornato il tubulo a T che è un’invaginazione della membrana plasmatica. Il complesso cisterna-cisterna-tubulo prende il nome di triade. Le triadi si trovano lungo tutte le miofibrille e il tubulo a T contiene canali transmembrana che registrano il voltaggio e sono sensibili a depolarizzazione. A seguito del legame di un neurotrasmettitore rilasciato dal sistema nervoso su un recettore della membrana della fibra a livello del tubulo a T si genera un potenziale d’azione in seguito al quale la membrana si depolarizza e questo viene recepito dalla membrana delle cisterne che quindi apre un canale che fa uscire secondo gradiente il calcio che va a legarsi sulla troponina C. Viene quindi rimossa l’inibizione perché il sito di legame dell’actina viene liberato e quindi si avrà formazione dei ponti trasversi. Il calcio è molto concentrato nell’ambiente extracellulare e nel reticolo sarcoplasmatico mentre a livello del sarcoplasma sarà a una concentrazione più bassa di più di mille volte. Questa differenza di concentrazione spiega quindi perché quando le cisterne aprono i canali per il calcio questo esce velocemente dalle cisterne per andare nel sarcoplasma. Una volta qui viene recuperato dal reticolo sarcoplasmatico perché esiste una pompa per il calcio ATP dipendente che lo riporta dentro. Il calcio può rimanere ad alte concentrazioni all’interno delle cisterne senza precipitare perché c’è una proteina che lo lega ovvero la calsequestrina. L’UNITÀ MOTORIA È costituita da un motoneurone e dalle fibre muscolari da esso innervate. Le fibre possono variare di numero (da meno di dieci a 300). Il numero di fibre è inversamente proporzionato al grado di precisione sostenuto dall’unità motoria. Nel caso ad esempio delle innervazione delle fibre muscolari che controlla i movimenti delle dita c’è un rapporto molto basso tra motoneurone e numero di fibre. Il punto di contatto tra motoneurone e fibra muscolare è la placca motrice. La fibra muscolare è innervata singolarmente su più punti. LE FIBRE DEL TESSUTO MUSCOLARE SCHELETRICO Vengono distinte in: 1. Fibre rosse di tipo I, che mantengono uno stato di contrazione costante e dunque sono chiamate isometriche e sono quelle posturali. Sono aerobiche a contrazione lenta e molto resistenti alla fatica lOMoARcPSD|524 954 4 2. Fibre bianche di tipo IIA, sia aerobiche che anaerobiche (maggior concentrazione di glicogeno), contrazione rapida e resistenti all’affaticamento 3. Fibre bianche di tipo IIB, anaerobiche a contrazione rapida e sensibili all’affaticamento. Le fibre bianche sono di tipo isotonico ovvero mantengono la tensione muscolare costante e cambiano lunghezza della fibra accorciandosi. Nell’uomo queste fibre si trovano negli stessi muscoli in concentrazione diversa a seconda della muscolatura e del tipo di allenamento. Le fibre muscolari anaerobiche sono più piccole e presentano più mitocondri delle aerobiche. Presentano inoltre gocce lipidiche che servono per la beta ossidazione e della mioglobina che lega con alta affinità l’ossigeno. LE CELLULE SATELLITE Si trovano a stretto contatto con la fibra muscolare al di sotto della membrana esterna che ricopre entrambe. Queste sono difficilmente identificabili se non tramite marcatori istochimici come il Pax7 che fa si che i nuclei appaiano colorati in verde mentre i bianchi sono quelli della fibra muscolare. IL TESSUTO MUSCOLARE LISCIO Guardare vetrino per appunti sulla morfologici. Il tessuto muscolare liscio costituisce la parete muscolare degli organi cavi. Se prendiamo il tratto gastroenterico a livello dell’intestino si possono vedere dall’esterno verso l’interno diversi strati: - strato muscolare longitudinale - Strato muscolare circolare - Muscolaris mucosae, molto più sottile e posto sotto alla mucosa che è costituita da epitelio di rivestimento e dalla sottostante lamina propria di tessuto connettivo lasso lOMoARcPSD|524 954 4 Le cellule di tessuto muscolare liscio sono rivestite da una lamine esterna o membrana basale. Esternamente sono supportate da un reticolato di fibre collagene III che sono evidenziabili con impregnazione argentica. Il tessuto muscolare liscio è costituito da cellule mononucleate e presentano sulla loro superficie delle caveole*. Inoltre presentano anche giunzioni comunicanti per cui le cellule sono accoppiate elettricamente mentre al di sotto della membrana plasmatica e dentro il citoplasma presentano delle placche dense. Presentano poi dei marcatori di tessuto come il caldesmon e la calponina (la troponina è invece il marcatore del tessuto muscolare striato). Sulla membrana sono presenti dei canali per il calcio che sono attivati sia da ligando che da voltaggio. La contrazione del tessuto muscolare liscia è regolata dal sistema nervoso autonomo involontario, da ormoni e da metaboliti che permettono una contrazione ritmica. La cellula muscolare liscia presenta inoltre vescicole pinocitotiche e molto importanti sono i corpi densi che si trovano sia sulla membrana che nel citoplasma e sono zone di attracco per i microfilamenti di actina e sono equivalenti quindi alle strie Z del muscolare. *le caveole si formano in particolari zone della membrana della cellula che prendono il nome di zattere lipidiche particolarmente dense perché contengono colesterolo. La proteina caveolina aiuta a formare l’invaginazione e: - possono rimanere così formando gli equivalenti dei tubuli a T - Possono creare vescicole separate In entrambi i casi sono comunque contengono una buona quantità di calcio per cui sono da considerarsi alla pari del reticolo sarcoplasmatico. La cellula muscolare liscia contraendosi si accorcia e si allarga e avviene seguendo lo scivolamento dei filamenti di actina che sono attaccati ai corpi densi e i filamenti di miosina che si polimerizzano in seguito allo stimolo che induce la polimerizzazione. I filamenti di miosina del muscolo liscio sono però diversi da quelli del muscolo striato. Nel muscolo striato si tratta invece di filamenti bipolari incentrati sulla linea M e sono dunque filamenti stabili. Nel muscolo liscio invece la polarità è uguale su un lato e opposta sull’altro. Non c’è quindi una zona nuda dove non sporgono le teste globulari e in questo modo si massimizzano le interazioni con i filamenti di actina. LA REGOLAZIONE DELLA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO LISCIO Gli stimoli possono essere: - di tipo meccanico - di natura chimica, ad esempio per l’ossido di azoto che può diffondere all’interno - Di natura ormonale, come l’ossitocina fondamentale a livello della cellula muscolare della parete dell’utero lOMoARcPSD|524 954 4 - Di tipo nervoso, con il sistema nervoso autonomo che utilizza principalmente canali per il calcio sensibili al voltaggio. Una volta che è arrivato il segnalo c’è un aumento della concentrazione di calcio nel citoplasma rilasciato dal REL, dalle vescicole formate dalla caveolina oppure può entrare direttamente tramite dei canali. Una volta volta che il calcio è entrato si lega alla calmodulina e si formano dei complessi calcio-calmodulina che a loro volta si legano alla chinasi della catena leggera della miosina MLCK. A questo punto quest’ultima si attiva e fosforila la catena leggera della miosina che a questo punto si attiva e dispiega la coda che prima era ripiegata per formare dei filamenti. Una volta che si è formato il filamento di miosina c’è la contrazione che termina quando interviene una fosfatasi che defosforila la catena leggera della miosina che a questo punto si ripiega e abbiamo di nuovo una disattivazione del sistema. La ATPasi che è collegata alla MLCK è molto più lenta rispetto a quella del muscolo scheletrico ma consuma anche molto di meno e dunque avremo delle contrazioni che possono durare per più tempo consumando meno energia. L’INNERVAZIONE DEL MUSCOLO LISCIO Ci sono due modalità: - muscolo liscio unitario, più frequente. In questo caso abbiamo cellule che si trovano in un fascicolo e sono tutte accoppiate elettricamente in quanto unite da gap junctions. Solo alcune di queste cellule vengono attivate direttamente da un neurotrasmettitore rilasciato dal sistema nervoso e poi avremo la diffusione dell’onda eccitatoria che si propaga su tutte le altre. Questo è il tipico muscolo liscio tonico che ha una contrazione lenta e sostenuta - Il muscolo liscio multiunitario. In questo caso tutte le cellule sono innervate con terminazioni nervose in quanto presentano un recettore. Qui si sviluppa un potenziale d’azione su ogni singola cellula quindi ci sarà una contrazione più rapida e qui è infatti presente una particolare miosina detta rapida. Questo è il muscolo liscio fasico. IL TESSUTO MUSCOLARE CARDIACO Questo tipo di tessuto presenta caratteristiche intermedie tra i due tipi di tessuto precedentemente visti: - è striato e sviluppa contrazioni forti con grande dispendio di energia ma queste sono continue e involontarie - Presenta cellule mononucleate cilindriche con nucleo centrale e grazie a dei dischi intercalari sono unite testa-coda per formare fibre ramificate. - Le fibre sono ramificate e tra una fibra e l’altra c’è dello spazio occupato da tessuto connettivo di supporto nel quale c’è una fitta rete di capillari Il muscolo del cuore si chiama miocardio e ha anche una funzione endocrina in quanto produce ANF che è il fattore netriuretico atriale che agisce su surrene, rene, muscolatura del tessuto adiposo e muscolatura della parete vasi con la funzione di ridurre la pressione sanguigna. Le cellule (cardiomiociti) hanno un diametro di 15micrometri e una lunghezza di 100 micrometri e all’interno presentano miofibrille disordinate. Non ci sono inoltre cellule lOMoARcPSD|524 954 4 satelliti e all’interno del miocardio c’è un tessuto che costituisce il sistema di conduzione del cuore ce da origine all’impulso nervoso autonomo. I cardiomiociti possono presentare anche due nuclei. I DISCHI INTERCALARI i dischi intercalari servono per dare adesione a due cellule contigue e permetterne la comunicazione in quanto sono presenti le gap junctions. Servono per trasmettere il potenziale d’azione tra una cellula e l’altra. Il disco intercalare ha un andamento con corti segmenti disposti a scalino con una componente trasversale e una laterale. Presenta fasce aderenti con alta densità di proteine che si legano ai microfilamenti di actina nella banda I. Si vedono inoltre desmosomi a cui si legano filamenti intermedi, ci sono mitocondri crestati poiché è necessario un grande dispendio di energia e ci sono anche riserve di glicogeno. La zona di contatto a livello del disco presenta interdigitazioni per aumentare al massimo la superficie di contatto e facilitare l’adesione. IL MIOCARDIO Il reticolo sarcoplasmatico è meno complesso rispetto a quello dello scheletrico e non presenta cisterne terminali ed è inoltre a contatto con il tubulo a T soltanto da uno dei due lati, per cui si parla di diade e non di triade. La contrazione del cardiomiocita segue modalità simili a quelle della cellula del muscolo scheletrico e anche in questo caso un ruolo importante viene svolto dallo ione calcio. Il calcio si trova all’interno del reticolo endoplasmico e viene rilasciato per aumentare la sua concentrazione nel citoplasma. A livello della membrana plasmatica però ci sono dei canali per il calcio e questi permettono un’entrata costante dello ione dall’esterno e questo causa una depolarizzazione ritmica della membrana e alla fine genera una contrazione automatica indipendente dalla contrazione. Il sistema nervoso autonomo serve solo per cambiare la frequenza del battito cardiaco autonomo e quindi avremo il simpatico che accelera e il parasimpatico che diminuisce il battito cardiaco. Nel miocardio adulto non sono presenti cellule satellite ma sono presenti cellule staminali identificate tramite marcatori di staminalità (c-kit e Sca1, che sono anche marcatori di staminalità della cellula emopoietica). Queste cellule staminali non hanno una grande capacità proliferativa e in ogni caso sono insufficienti per riparare eventuali danni. Sono però molto importanti per il mantenimento dell’omeostasi in quanto si è visto che l’organismo mantiene circa il 50% delle cellule miocardiche che ha avuto dalla nascita e solo il rimanente 50% viene invece sostituito nel corso della vita. Se il miocardio è andato incontro ad un danno le cellule staminali lo percepiscono e cercano di reagire iniziando a proliferare ma questo non è sufficiente per rigenerare il tessuto che si è danneggiato. Nel caso dell’infarto abbiamo i cardiomiociti che vanno incontro a mentre in quanto non sono sufficientemente ossigenati e questo perché le arterie coronariche sono otturate. La rigenerazione dell’organo avverrà ma sarà basata sulla proliferazione di lOMoARcPSD|524 954 4 fibroblasti, che non sono cellule con la capacità contrattile e quindi verrà rovinata la capacità contrattile di tutto l’organo che ne risentirà. I SISTEMI CIRCOLATORI I sistemi circolatori sono due e sono: 1. Il sistema chiuso, ovvero la circolazione ematica 2. Il sistema aperto, ovvero la circolazione linfatica In entrambi i casi si tratta di tubi che trasportano il sangue o la linfa con la funzione di mantenere l’omeostasi dei fluidi e quindi servirà per il trasporto di ossigeno e nutrienti e rimozione delle sostanze di scarto, per il trasporto di ormone e cellule del sistema immunitario e serve inoltre per la termoregolazione. IL SISTEMA CARDIOVASCOLARE È costituito dal cuore che ha la funzione di una pompa he pressa il cuore nelle arterie. Ad eccezione dei capillari gli altri vasi presentano una struttura parietale comune, data da: 1. Tonaca intima interna costituita da endotelio e tessuto connettivale lasso 2. Tonaca media, costituita da tessuto muscolare o elastica 3. Tonaca avventizia, di tessuto connettivo di supporto. Qui se il diametro del vaso è molto grande si possono trovare i vasa vasorum che irrorano di sangue la parete del vaso. Il cuore è costituito da tre tonache: 1. quella più esterna è il pericardio, che si divide in: - pericardio parietale esterno, costituito da tessuto connettivo denso fibroso - Pericardio viscerale o epicardio, associato al miocardio. Tessuto connettivo infiltrato da tessuto adiposo. La superficie dell’epicardio è rivestita da mesotelio monostratificato che produce fluido che viene riversato nella cavità che si trova nei due strati del pericardio e serve per poter adattare la dimensione del cuore che varia continuamente a seconda che sia contratto o dilatato. 2. miocardio 3. Endocardio, che ha come superficie un monostrato di cellule endoteliali, al di sotto del quale c’è una membrana basale e poi del tessuto connettivo lasso costituita da fibre di collagene. Al di sotto del tessuto connettivo lasso inizia il miocardio IL SISTEMA DI CONDUZIONE DEL CUORE Controlla l’attività contrattile e serve per innescare e controllare la contrazione muscolare in maniera che questa avvenga prima negli atri e poi nei ventricoli. Il sistema di conduzione è costituito da cellule muscolari modificate unite da gap junctions e dunque accoppiato elettricamente. Queste cellule prendono il nome di cellule pacemaker e si trovano nel nodo senoatriale e sono in grado di contrarsi indipendentemente dalla volontà. Il sistema nervoso autonomo come già detto si occupa solo di controllare la frequenza del battito cardiaco accelerandolo o diminuendolo. Una volta che l’impulso è partito da questo aggregato di cellule lOMoARcPSD|524 954 4 pacemaker e si diffonde nella parete muscolare degli atri arriva a livello atrioventricolare e continua come fascio di His, poi come branca destra e sinistra e infine come fibre del Purkinje. Il fascio di His e le due branche si trovano all’interno del setto interventricolare che le isola elettricamente mentre le fibre del Purkinje invece sono a contatto con le fibre muscolari vere e proprie. Le fibre del purkinje decorrono nella zona sub-endoteliale e si dividono dal miocardio in quanto sono fibre molto più grandi e meno colorate perché non presentano molte miofibrille. LE CARATTERISTICHE DEI VASI - Aorta: diametro di 2.5 cm - Vena cava inferiore diametro di circa 3 cm Le vene hanno sempre un diametro maggiore rispetto a quello delle arterie, le quali hanno però una parete più spessa. Le arterie con diametro maggiore al centimetro hanno una tonaca media costituita da fibra elastica, quelle che invece hanno diametro minore avranno tonaca media di fibre muscolari. Il processo è però graduale dunque mano a mano che l’arteria diminuisce di diametro diminuisce anche la componente elastica mentre aumenta quella muscolare. LA MICROCIRCOLAZIONE Il microcircolo è la parte più periferica della circolazione ematica formata da capillari, i quali si occupano dello scambio di gas e nutrienti. Questi sono formati sostanzialmente da endotelio monostratificato che poggia sulla membrana basale che lo divide dal tessuto connettivo circostante. Oltre ai capillari ci sono le metaarteriole, che presentano all’esterno dell’endotelio monostratificato uno strato discontinuo di tessuto muscolare liscio. Molto importante è lo shunt che è un passaggio diretto che avviene tra arteriola e venula. All’inizio di ogni capillare è presente lo sfintere pre-capillare ovvero un anello di tessuto muscolare liscio che controlla il passaggio del sangue. A questo livello è possibile quindi controllare la circolazione sanguigna e nel caso in cui gli sfinteri precapillari sono chiusi la circolazione avverrà direttamente tramite lo shunt arterovenoso o anastomosi e questo permette quindi di escludere il letto capillare e avviene principalmente a livello della punta delle dita. Se invece c’è la necessità di innalzare la temperatura si prediligerà la circolazione capillare. Esistono tre tipi di capillari: 1. Continuo, è il più comune e presenta un monostrato di cellule endoteliali strettamente unite le une alle altre tramite giunzioni occludenti sigillanti. Lo scambio di materiale avviene: - per diffusione passiva nel caso di gas - tramite un meccanismo di transcitosi che vede accoppiate endocitosi e esocitosi sui due versanti delle cellule endoteliali. L’endotelio poggia su una membrana basale continua lOMoARcPSD|524 954 4 Fenestrato, con l’endotelio che presenta delle finestre che posso essere chiuse da dei diaframmi. Le cellule poggiano anche in questo caso su una membrana basale continua. Questo tipo di capillare è presente nei tessuti in cui è necessario un grande scambio di soluti tra sangue e ambiente esterno come ad esempio a livello di intestino tenue e rene 3. Discontinuo, si applica alla membrana basale che è inesistente o interrotta in più punti. La cellula endoteliale presenta anche in questo caso fenestrature che permettono il passaggio di materiale più grande e dunque si trova a livello di fegato, milza e midollo osseo dove possono passare anche cellule Il sangue poi rientra nel cuore grazie al sistema venoso che inizia a livello dei capillari che si continuano con le venule post-capillari e via via con vasi sempre più grandi. Questo sistema è a bassa pressione e quindi il sangue procede a bassa velocità e contro gravità, cosa possibile grazie all’attività delle cellule muscolari lisce nella tonaca muscolare dei vasi e grazie anche alla contrazione dei muscoli scheletrici all’interno dei quali decorrono queste vene. Esistono poi anche valvole per evitare il reflusso, importanti sopratutto a livello degli arti. Le valvole sono espansioni che si originano dalla parete e quindi avranno una struttura fibro-elastica all’interno e sono rivestite da endotelio. A livello delle venule post-capillari il sangue è molto lento e infatti a questo livello abbiamo la extravasione delle cellule bianche del sangue in caso di infiammazione. La struttura del sistema venoso è come quello arterioso ma con qualche variazione, infatti a parità di diametro la parete è minore come spessore. Ci sono sempre le tre tonache con l’intima molto ridotta. La tonaca media è principalmente muscolare e non elastica e la tonaca avventizia può essere più spessa delle altre e a questo livello, con nel sistema arterioso, possiamo avere i vasa vasorum e le innervazioni. 2. IL SISTEMA LINFATICO Tre compiti fondamentali: 1. Recupera l’eccesso di fluido che si accumula a livello periferico in seguito alla filtrazione che avviene nel distretto capillare ematico e quindi nella matrice cellulare del tessuto connettivo. È in grado di riassorbire dai due ai quattro litri al giorno. 2. Trasporta la linfa ai linfonodi 3. Assorbe i trigliceridi dall’intestino La propulsione del fluido avviene a bassissima pressione quindi piuttosto lenta e si avvale di un meccanismo intrinseco in quanto è presente tessuto muscolare liscio della parete aiutate anche da muscoli scheletrici e sono inoltre presenti delle valvole che evitano il reflusso. La circolazione linfatica converge poi in quella ematica in quanto il dotto linfatico destro e il dotto toracico si riversano a livello della vena giugulare e della succlavia. I vasi linfatici iniziano ai capillari linfatici che si trovano vicino a quelli ematici. Ci sono differenze poiché in questo caso si tratta di strutture a fondo cieco che presentano una maggiore permeabilità e questo permette di riassorbire macromolecole. Non presentano nella maggior parte dei casi una membrana basale e, quando presente, questa è una membrana molto rudimentale costituita solo da qualche struttura lOMoARcPSD|524 954 4 fibrillare. I capillari linfatici convergono in vasi via via sempre più grandi fino ad arrivare al dotto toracico e al dotto linfatico destro. I vasi linfatici maggiori presentano poi una tonaca muscolare abbastanza spessa permettendo così alla linfa di avanzare. Anche nel sistema linfatico ci sono valvole con il compito di evitare il reflusso e sono costituite da tessuto fibro-elastico rivestito da endotelio. Nell’immagine qui a lato sono visibili le differenze che permettono di identificare le diverse tipologie di vasi. - l’arteriola si riconosce per la sua parete muscolare più spessa che presenta diversi strati di cellule muscolari lisce. - La venula ha una parete più sottile e assume forme particolari in sezioni - Vaso linfatico ha una parete ancora meno riconoscibile e presenta anche lui forme strane in sezione. L’ENDOTELIO L’endotelio non ha solo la funzione di rivestimento ma anche diverse funzioni: 1. Barriera con permeabilità selettiva poiché lascia passare solo alcuni tipi cellulari 2. È una barriera non trombogenica poiché finché l’endotelio non è interrotto non si può avere coagulazione, che viene innescata quando le piastrine entrano in contatto con le fibre collagene presenti nel connettivo circostante 3. Modula il flusso sanguigno e dona la resistenza vascolare, soprattuto a livello delle arteriole che hanno una tonaca media muscolare molto spessa e quindi regolano con vasocostrizione o vasodilatazione la pressione arteriosa 4. Regola la proliferazione cellulare, perché le cellule endoteliali pur essendo molto specializzate e dunque terminalmente differenziate sono in grado di dividersi e dare vita al processo di angiogenesi ovvero la creazione di nuovi vasi sanguigni quando questi sono necessari 5. Regola le risposte immunitarie in quanto permette il passaggio delle cellule immunitarie 6. Mantiene la matrice extracellulare in quanto è in grado di recuperare il materiale fluido che si trova a livello di questo e quindi rimuove tutto il materiale catabolico che non serve 7. Ha un ruolo importante nel metabolismo delle LDL 8. È in grado di sintetizzare vari tipi di molecole che sono in grado di modulare in senso positivo o negativo varie funzioni, come ad esempio rilascia fattori antiaggreganti ma anche fattori pro-aggreganti e quindi questo dipende dalle segnalazioni che la cellula endoteliale riceve. Vedere anche punto 10 9. Produce citochine infiammatorie che servono per avere una risposta infiammatoria e fattori di crescita che danno segnali per angiogenesi lOMoARcPSD|524 954 4 10. Modula l’attività delle cellule muscolari lisce nel senso che produce monossido di azoto che induce vasodilatazione perché rilassa le cellule muscolari lisce della tonaca media muscolare delle arteriole, e produce anche endotelina 1 che ha la funzione opposta IL SISTEMA NERVOSO Svolge diverse funzioni: 1. Organizza, coordina e integra funzioni fisiologiche fondamentali per la vita 2. Percepisce gli stimoli provenienti dall’esterno, gli elabora e risponde ad essi ad esempio attivando il movimento 3. È capace di pensiero e memorizzazione In base alla sua localizzazione si divide in: - sistema nervoso centrale SNC che comprende encefalo e midollo spinale localizzati nella scatola cranica e all’interno del canale vertebrale - Sistema nervoso periferico che comprende gangli e nervi e sistema nervoso enterico. Un’altra importante distinzione è quella tra: - vie afferenti, che portano dalla periferia le sensazioni - Vie efferenti, che dalla sede centrale portano le risposte alla periferia - Tra i due sistemi sono presenti in posizione centrale degli interneuroni Il sistema nervoso può inoltre essere suddiviso in: 1. Sistema nervoso somatico, volontario e che controlla il movimento dei muscoli scheletrici 2. Sistema nervoso autonomo, che controlla l’attività involontariamente e si divide in: - simpatico - Parasimpatico - Viscerale Il sistema nervoso è composto da due tipi di cellule: - le cellule nervose ovvero i neuroni che sono circa 100 miliardi. È una cellula eccitabile da punto di vista elettrico e dunque dopo aver ricevuto lo stimolo ci sarà una conduzione dello stimolo nervoso che sarà trasmesso ad unorgano bersaglio. - Cellule di supporto ovvero le glia, che sono circa dieci volte più numerose rispetto ai neuroni I NEURONI I neuroni variano molto per quanto riguarda la loro dimensione e forma ma presentano una struttura base per tutti composta da: 1. Corpo centrale con un nucleo grande con cromatina sparsa e un nucleolo ben evidenziato. Questo indica che la cellula è impegnata attivamente in sintesi proteica. C’è un RER presente in notevole quantità che forma la zona di Nissl. 2. Prolungamenti, che sono: - dendriti, che possono essere uno o più lOMoARcPSD|524 954 4 - assone, che è sempre e solo uno e parte dal corpo cellulare con una struttura che si chiama cono di emergenza In base al numero dei prolungamenti citoplasmatici i neuroni sono divisi in: 1. multipolari, presentano un assone e tanti dendriti. L’assone può poi dividersi in più rami terminali. Un esempio di questo tipo è dato dal motoneurone. 2. bipolari, con un assone e un dendrite che si diparte dal polo opposto rispetto a quello da cui parte l’assone. Un esempio è dato dai 3. neuroni sentivi a livello della retina e quelli olfattivi Unipolari o pseudopolari, con solo un assone che poi di biforca in due. Questi sono i neuroni che si trovano durante lo sviluppo embrionale e che poi diventano neuroni bipolari. Qui sotto sono mostrate due sezioni di tessuto nervoso centrale con due colorazioni differenti: - la prima, colorata con ematossilina-eosina. Qui riconosciamo cellule con abbondante citoplasma e grande nucleo in cui si vede anche il nucleolo ovvero i neuroni. Le altre cellule presenti sono piccole, con citoplasma poco colorato e nucleo centrale e sono le cellule della glia. Tutte le cellule sono immerse in un reticolato di filamenti che sono i corrispettivi i dendriti e assoni. - La seconda, colorata con metalli pesanti. Con questa tecnica è possibile evidenziare il corpo cellulare e le diramazioni che da esso prendono vita e quindi si hanno informazioni più precise sul sistema nervoso. Il citoscheletro dei neuroni è fondamentale sia per il trasporto di materiale che per quanto riguarda la struttura poiché per i prolungamenti è necessaria una struttura portante in grado di mantenere questa forma. Il citoscheletro dei neuroni comprende: - microtubuli, che hanno importanza notevole in quanto funzionano come binari per trasportare vescicole in periferia. - Neurofilamenti, composti da tre proteine diverse e sono dei marcatori del tessuto. I microtubuli sono fondamentali per il trasporto assonico in quanto permettono il trasporto di materiale sia dal corpo cellulare alla periferia (trasporto anterogrado) e dunque al terminale dell’assone che in senso opposto (trasporto retrogrado). Questi due trasporti avvengono tramite vescicole che contengono proteine motrici (chinesina nel trasporto anterogrado e dineina in quello retrogrado). Il trasporto tramite questi due meccanismi è molto veloce in quanto si raggiunge una velocità di 20-400 mm al giorno mentre invece se si utilizza il flusso assonico lento, che è quello lOMoARcPSD|524 954 4 che trasporta semplici proteine, il flusso è molto più lento con una velocità di 0.2-3 mm al giorno. Il trasporto assonico retrogrado è stato molto utilizzato per capire l’andamento dell’assone e infatti è possibile introdurre nella cellula dei traccianti e quindi si poteva vedere come questi venivano spostati verso il corpo cellulare. Questa via è quella che è seguita anche in certi casi per infezione di virus e tossine che entrano nel sistema nervoso centrale. Il neurone ha come origine lo stesso tipo di tessuto embrionale che da origine all’epitelio ovvero l’ectoderma e ha delle caratteristiche di polarità: - la zona costituita dai dendriti è quella che riceve la segnalazione che può essere ricevuta anche a livello del corpo o dell’assone ma è generalmente funzione dei dendriti. - Il copro cellulare o soma è ha invece il compito di elaborare i segnali ricevuti che porta poi ad un impulso che viene elaborato a livello del cono di emergenza dell’assone - Il cono di emergenza si occupa dell’inizio dell’impulso e qui o verrà esplosa la segnalazione e quindi questa può progredire e propagarsi lungo l’assone oppure non se ne fa nulla. - L’assone si occupa invece della propagazione dal cono di emergenza fino al terminale che termina con il bottone sinaptico dove avviene il passaggio della segnalazione al bersaglio. Quando non c’è propagazione dell’impulso ovvero abbiamo un potenziale di riposo che si misura elettricamente con due elettrodi posti uno all’interno e uno all’esterno della cellula e quindi si misura il potenziale di membrana vediamo come c’è una distribuzione asimmetrica delle cariche ioniche con cariche positive all’esterno e negative all’interno e questo da un valore di circa -70mV all’interno ed è dovuto a pompa sodio-potassio-ATPasi che porta all’esterno il sodio e all’interno gli ioni potassio. Una caratteristica della membrana cellulare della cellula nervosa in particolare a livello dell’assone sono presenti molti canali specifici per ioni tipo sodio, potassio e cloro che permettono la propagazione dell’impulso nervoso in quanto i canali possono aprirsi e in questo caso in base al gradiente di questi ioni che sono distribuiti in modo disuguale ai due lati della membrana questi possono entrare. In condizione d riposo i canali per i sodio sono chiusi e vengono aperti in seguito ad una variazione di voltaggio e quindi ioni sodio entrano nella cellula perché rispondono ad un gradiente elettrochimico e infatti sono maggiormente concentrati all’esterno e internamente abbiamo una carica negativa ed ecco che sono attirati ad entrare e così si passa al potenziale di azione, che è della durata di millisecondi ed è il fenomeno della depolarizzazione della membrana in quanto si passa da un voltaggio che è da -70 mV interno a circa 30-40 mV esterno. Al breve periodo in cui i canali sono attivi segue un periodo in cui questi vengono inattivati e sono refrattari a qualsiasi stimolazione e questo è importante perché da la direzionalità dell’impulso. La propagazione del potenziale d’azione lungo l’assone consiste in una depolarizzazione locale che genera una corrente all’interno e l’onda di depolarizzazione si sposta e induce una perturbazione che porta all’apertura di canali e quindi ecco che abbiamo la propagazione dell’onda. lOMoARcPSD|524 954 4 Dopo che i canali per il sodio si sono chiuso si aprono quelli per il potassio e questo esce seguendo gradiente esce. Questi canali poi si chiudono e si ritorna alla situazione di partenza. L’impulso nervoso si propaga lungo la membrana dell’assone fino alla sua porzione terminale al bottone terminale che si trova a stretto contatto con la cellula bersaglio e questo contatto si chiama sinapsi. Riconosciamo quindi un elemento pre-sinaptico e uno post-sinaptico e le sinapsi posso essere di due tipi: 1. Elettriche, tramite giunzioni gap che permettono il passaggio di stimoli elettrici 2. Chimiche, con l’informazione che viene trasformata da elettrica in chimica. La sinapsi non è altro quindi che una giunzione intercellulare che avviene tra un neurone e una cellula effettrice oppure tra due neuroni. Avremo quindi l’elemento pre-sinaptico ovvero la fibra nervosa che si apre formando il bottone sinaptico e a questo livello si vedono molto mitocondri in quanto è sede di ampia attività e quindi serve tanta energia. A questo livello ci saranno poi delle vescicole che hanno la dimensione di circa 30-100 nanometri di diametro e che contengono il neurotrasmettitore. Le due membrane affacciate e cioè quella presinaptica e quella postsinaptica sono ispessite in quanto contengono delle proteine particolari. Tra le due c’è lo spazio sinaptico. Le sinapsi elettriche si trovano principalmente negli invertebrati e funzionano essenzialmente come delle gap junctions. Nella trasmissione chimica invece arriva un segnale elettrico ovvero l’impulso nervoso che viene convertito in un segnale chimico ovvero il neurotrasmettitore che (come ad esempio acetilcolina) e una volta che c’è stata la segnalazione chimica nell’elemento postsinaptico questo verrà nuovamente trasformato in segnale elettrico. Lo stesso meccanismo si vede nella giunzione neuro-muscolare o placca motrice, che è la sinapsi del motoneurone con la fibra muscolare scheletrica. Il primo passaggio è il rilascio dal neurotrasmettitore indotto dal fatto che il calcio a livello del bottone sinaptico è aumentato e in questo caso è la acetilcolina che trova un recettore sulla superficie della fibra muscolare scheletrica che viene attivato e apre un canale per il sodio che quindi entra nella cellula e inizia un’onda di deporalizzazione. Vengono reclutati anche altri canali per il sodio voltaggio dipendenti e quindi aumenta ancora la depolarizzazione che si ripercuote su un altro canale per il calcio voltaggio dipendente che si trova a livello della membrana del reticolo sarcoplasmatico e quindi viene rilasciato calcio. Il recettore per l’acetilcolina consiste in un canale per il sodio all’interno di cinque subunità proteiche indipendenti, due delle quali sono uguali e sono quelle che legano l’acetilcolina. L’acetilcolina dopo che si è legata al suo recettore sulla membrana postsinaptica viene velocemente rimossa in quanto viene degradata da lOMoARcPSD|524 954 4 acetilcolinesterasi che la scinde nelle componenti principati ovvero l’acetil e la colina che vengono riassorbiti con meccanismo di endocitosi dal bottone terminale e queste serve per avere del materiale pronto da ri-sintetizzare e anche per riciclare della membrana cellulare. Lo spazio sinaptico nel caso del legame tra motoneurone e la fibra muscolare scheletrica presenta delle camere sinaptiche secondarie o delle pliche giunzionali. Importante è che a questo livello abbiamo i recettori per acetilcolina così da non disperdere queste molecole. A livello del sistema nervoso centrale abbiamo tante sinapsi descritte in base a quali sono le componenti che prendono contatto e quindi possiamo avere: - sinapsi asso-dendritiche in cui un assone ha una sinapsi con un dendrite - sinapsi asso-somatica in cui assone contatta il corpo cellulare - sinapsi asso-assonica in cui due assone solo collegati da una sinapsi Per ora abbiamo parlato solo di sinapsi eccitatorie che agiscono inducendo depolarizzazione della cellula bersaglio post-sinaptica. Oltre alla acetilcolina abbiamo anche altre molecole che funzionano da neurotrasmettitori come: - amminoacidi, soprattuto a livello del sistema nervoso centrale e questo è il caso di glutammato, aspartato, serotonina (amminoacido modificato) - catecolamine come epinefrina, norepinefrina (ovvero adrenalina e noradrenalina) o dopamina - Endorfine - Ossido di azoto NO Oltre alle sinapsi eccitatorie esistono anche le sinapsi inibitorie che agiscono al contrario ovvero iperpolarizzano (al posto di depolarizzare) della cellula postsinaptica e in questo caso il neurotrasmettitore sarà il GABA o la glicina che sono canali che permettono il passaggio di ioni carichi negativamente come ad esempio il cloruro che passa dall’esterno all’interno della cellula. lOMoARcPSD|524 954 4 Embriologia Appunti lOMoARcPSD|524 954 4 EMBRIOLOGIA L’embriologia studia lo sviluppo degli animali, ovvero il passaggio da una struttura monocellulare (lo zigote, formatosi dopo l’unione dei gameti); ad una struttura pluricellulare. Lo sviluppo embrionale ha 2 funzioni principali: . generare la diversità delle cellule . assicurare la continuità della vita La prima di queste di queste funzioni, prende il nome di differenziazione; una volta che le cellule si sono differenziate, si organizzano in tessuti e organi dando vita al processo di morfogenesi. Le diverse fasi dell’embriogenesi sono: - SEGMENTAZIONE: Dall’uovo fecondato alla blastula GASTRULAZIONE: Formazione di una gastrula NEURULAZIONE: Formazione di una neurula, avviene contemporaneamente all’organogenesi ORGANOGENESI: Formazione di tutti i tessuti dell’organismo adulto Lo sviluppo successivo può avvenire: . per via diretta: . per via indiretta LA FECONDAZIONE Quando lo spermatozoo entra all’interno della cellula uovo, si ha la fecondazione. I gameti aploidi si uniscono a formare una cellula diploide; lo zigote. . fecondazione esterna: avviene a di fuori del tratto riproduttivo femminile . fecondazione interna: ha luogo nel tratto riproduttivo femminile Gli eventi che precedono la fecondazione, fanno parte della gametogenesi, che comprende i processi di spermatogenesi e di oogenesi. Durante la gametogenesi avvengono 2 processi fondamentali: . la divisione riduzionale, ovvero la meiosi . l’acquisizione delle specializzazioni cellulari necessarie per la fecondazione e l’embriogenesi. - - SPERMATOGENESI: I precursori degli spermatozoi, sono detti spermatogoni che entrano in meiosi I diventando spermatociti primari. Il completamento della meiosi, dà origine a 2 spermatociti secondari, i quali suddividendosi ulteriormente con il processo di meiosi II, formano 4 spermatidi aploidi. Questi spermatidi diventeranno poi spermatozoi con il processo della spermiogenesi. OOGENESI: I precursori dei gameti femminili, sono detti oogoni. Quelli che entrano in meiosi I sono gli oociti primari; al termine di questa, si avranno 1 oocita secondario (a questo stadio può avvenire la fecondazione) + 1 corpuscolo polare. Al termine della meiosi II, avvenuta grazie all’ingresso dello spermatozoo, si avrà 1 cellula uovo matura + un altro corpuscolo polare. Quando il nucleo dello spermatozoo è penetrato nella cellula uovo, al su interno si hanno un pronucleo maschile e uno femminile, entrambi aploidi. Quando essi si fondono, si ha la formazione del nucleo diploide dello zigote. DIVERSE TIPOLOGIE DI UOVA Le uova vengono classificate in base al loro contenuto di tuorlo. Il tuorlo è una sostanza di nutrimento proteica presente nel citoplasma della cellula uovo. lOMoARcPSD|524 954 4 . Uova ALECITICHE: Sono prive di tuorlo poiché lo sviluppo embrionale, avviene all’interno del corpo materno e da esso riceve nutrimento. . Uova OLIGOLECITICHE: Hanno poco tuorlo . Uova MESOLECITICHE: Hanno quantità di tuorlo intermedia . Uova TELOLECITICHE: Hanno quantità di tuorlo elevata In una cellula uovo fecondata, si distinguono verso l’alto il polo animale (zona in cui si sviluppa l’embrione) e il polo vegetale. Nell’uovo di gallina, l’albume serve a proteggere il tuorlo dell’uovo. La camera d’aria e le calaze servono a mantenere l’uovo all’interno del guscio in modo che il tuorlo rimanga al suo posto. Il guscio è permeabile per permettere gli scambi gassosi. LA SEGMENTAZIONE Processo tramite cui la cellula uovo fecondata, subisce diverse divisioni cellulari. La prima divisione mitotica porta alla formazione di 2 cellule figlie delle BLASTOMERI. Le prime divisioni degli embrioni sono riduttive: ovvero dividono il contenuto dell’oocita. I primi stadi di sviluppo avvengono all’interno della membrana di fecondazione, che viene poi distrutta da un enzima prodotto dalle cellule, avviene quindi una schiusa dell’uovo con a fuoriuscita dell’embrione. Inizialmente si ha la MORULA, successivamente lo zigote segmentato, prende il nome di BLASTULA, che contiene una cavità detta BLASTOCELE, che racchiude un liquido prodotto dai blastomeri; e si trasformerà poi in BLASTOCISTI. Per i mammiferi la formazione della blastocisti, indica il momento in cui l’embrione si può impiantare nella mucosa uterina. La blastocisti, presenta una massa cellulare interna, circondata da cellule su un unico strato detto trofoblasto che formerà il tessuto del corion, ovvero la porzione esterna della placenta. La massa cellulare interna, si trova in prossimità del polo animale, ed è lì che si formerà l’embrione. LEGGI DELLA SEGMENTAZIONE - - LEGGE DI BALFOUR: La velocità di segmentazione è inversamente proporzionale alla quantità di tuorlo. Meno tuorlo è presente nella cellula uovo, più veloce sarà il processo. Maggiore è il tuorlo, più si ha difficoltà a progredire LEGGE DI HERTWIG: il piano di segmentazione è perpendicolare all’asse del fuso di divisione mitotica, ovvero secondo la minore estensione citoplasmatica. IL TIPO DI UOVO DETERMINA IL TIPO DI SEGMENTAZIONE . SEGMENTAZIONE OLOBLASTICA: Per uova con poco vitello, oligolecitiche e mesolecitiche; la segmentazione è totale, cioè interessa tutto l’uovo. Può essere radiale o rotazionale. . SEGMENTAZIONE MEROBLASTICA: Uova fecondate con molto vitello, telolecitiche; la segmentazione interessa solo una piccola area della cellula uovo. Avviene nel polo animale. . SEGMENTAZIONE OLOBLASTICA RADIALE: è la segmentazione dei deuterostomi; una segmentazione di tipo riduttivo 1. Il primo solco di segmentazione è detto meridiano, va dal polo animale al polo vegetale. Quando il solco raggiunge il polo vegetativo si hanno 2 blastomeri. 2. Il secondo solco di segmentazione è meridiano ortogonale al primo. Si hanno 4 blastomeri. 3. Il quarto solco di segmentazione dà origine a cellule di dimensioni diverse: . al polo animale si hanno 8 cellule delle stesse dimensioni dette mesomeri, derivate da una divisione meridiana; lOMoARcPSD|524 954 4 . al polo vegetale, dopo una divisione equatoriale ineguale delle 4 cellule, si hanno 4 macromeri e 4 micromeri. 4. Le segmentazioni successive seguono assi diversi a seconda delle aree dell’uovo. L’ anfiosso ha uovo oligolecitico e presenta una segmentazione totale radiale . SEGMENTAZIONE OLOBLASTICA SPIRALE (O ROTAZIONALE): Segmentazione tipica dei mammiferi; è totale. I piani di segmentazione sono trasversali; tutti gli organismi a segmentazione a spirale, sono detti spiralia. Ogni blastomero ha un ruolo importante nello sviluppo embrionale, una particolarità fondamentale è l’orientamento di questi ultimi in rapporto l’uno con l’altro. La prima divisione è una divisione meridiana, mentre nella seconda divisione, uno dei due si divide in senso meridiano e l’altro in senso equatoriale. Allo stadio di 8 blastomeri per gli embrioni con questo tipo di segmentazione, si ha il fenomeno della compattazione: cioè lo spazio tra i blastomeri diminuisce e si creano giunzioni cellulari sigillando le cellule tra di loro. Le cellule della morula e della blastula daranno origine a cellule con specializzazioni diverse; sono già preparate ad essere un determinato tessuto. SEGMENTAZIONE E FECONDAZIONE LUNGO L’APPARATO RIPRODUTTIVO FEMMINILE DEI MAMMIFERI La cellula uovo subisce una serie di processi per arrivare alla maturazione. Quando l’uovo si libera dall’ovario, cade e viene raccolto dalle fimbrie delle tube (ultima parte delle tube di Falloppio). Durante il percorso nelle tube, l’uovo continua a maturare, se fecondate avvengono le diverse segmentazioni. Se l’uovo non cadesse nelle fimbrie, si avrebbe una gravidanza extrauterina. I processi fino allo stadio della morula avvengono all’interno della tuba. Da questo punto il processo di segmentazione, continua per la formazione della blastocisti, che avviene nel passaggio tra le tube e l’utero. Anche la mucosa uterina subisce un cambiamento per la preparazione alla gravidanza, diventa più spessa e vascolarizzata, in modo da poter accogliere lo zigote ingrandendo e complessando le ghiandole che vi si trovano. La blastocisti, si fissa sulla parete uterina dalla parte della massa cellulare interna. Il trofoblasto rimane verso la parte centrale dell’utero. Negli umani, dopo poco tempo dalla fecondazione, si forma il primo fuso mitotico; il sesto giorno avviene la schiusa e la liberazione dell’embrione dalla membrana pellucida e l’impianto nell’utero. SEGMENTAZIONE DELL’UOVO MESOLECITICO: SVILUPPO DELLO ZIGOTE DI ANFIBIO Tuorlo intermedio. In queste uova esiste una zona detta semiluna grigia, che si forma dalla parte opposta dell’ingresso dello spermatozoo nel polo animale. Il solco di segmentazione, parte dalla regione animale e va verso quello vegetale. La morula è caratterizzata da possedere cellule più piccole al polo animale (micromeri) e più grandi al polo vegetale (macromeri). SEGMENTAZIONE DELL’UOVO TELOLECITICO: SVILUPPO DELLO ZIGOTE DI PESCI, RETTILI, UCCELLI Tuorlo abbondante. La segmentazione è di tipo discoidale: avviene nel blastodisco, una regione del citoplasma che si trova nel polo animale. La segmentazione è meroblastica, le mitosi non coinvolgono tutto l’uovo, ma solo la parte del blastodisco. Le cellule sono sincizi (fusione tra 2 o più cellule, con la formazione di una sola cellula multinucleata), fino a quando non c’è un solco parallelo al piano equatoriale che divide i blastomeri. lOMoARcPSD|524 954 4 lOMoARcPSD|524 954 4 . UCCELLI: Inizialmente i blastomeri non sono completamente divisi, ma sono sincizi e stanno sulla superficie del tuorlo. Quando le cellule vengono separate da un solco trasversale, si ha un sollevamento della linea cellulare rispetto al tuorlo. Da questo movimento, ha origine l’epiblasto un monostrato di cellule che sta al di fuori del tuorlo, al di sotto del quale c’è una cavità detta spazio subgerminale. Le cavità del corpo sono dette CELOMA. Si può formare in 2 modi diversi: . per SCHIZOCELIA: il celoma si forma per scissione interna del mesoderma, che va a formare una cavità; caratteristica dei protostomi. . per ENTEROCELIA: il celoma si origina da 2 tasche dell’archenteron (il canale alimentare primitivo) che in seguito migrano nel mesoderma a costituire la cavità; caratteristica dei deuterostomi. Più l’animale è evoluto e minore è la quantità di celoma contenuta nell’organismo. . EUCELOMATI: posseggono il celoma. Il celoma è una cavità piena di liquido, detto liquido celomatico; le sue funzioni principali sono quelle di dare sostegno idrostatico al corpo e di trasportare i nutrienti. La cavità celomatica è delimitata da un tessuto di origine mesodermica che prende il nome di peritoneo. In questo modo gli organi interni non sono a diretto contatto con il liquido celomatico. . PSEUDOCELOMATI: non posseggono celoma vero e proprio. Esso si origina dalla blastocele, la cavità primitiva dell’embrione. I vari organi si trovano a diretto contatto con il liquido pseudocelomatico per mancanza di peritoneo. . ACELOMATI: organismi privi di cavità celomatica. LA GASTRULAZIONE Processo di migrazione durante il quale le cellule della blastula vengono completamente riordinate ed assumono nuove localizzazioni e nuovi rapporti con le cellule vicine. Vengono a formarsi 3 strati di cellule: ECTODERMA: il foglietto più esterno; MESODERMA: il foglietto intermedio; ENDODERMA: il foglietto più interno. Gli animali possono essere: DIBLASTICI: se presentano solo 2 foglietti embrionali; ectoderma ed endoderma TRIBLASTICI: se presentano tutti e 3 i foglietti embrionali I blastomeri sono spostati attraverso diversi movimenti, grazie ai quali si formano l’intestino primitivo (archenteron), i 3 foglietti embrionali e il blastoporo: EPIBOLIA: è uno spostamento delle cellule della blastula che si portano ad avvolgere gli strati più profondi dell’embrione. INVAGINAZIONE: ripiegamento all’interno di una regione della blastula. Perché possa avvenire l’invaginazione, le cellule devono essere connesse con delle giunzioni gap. INVOLUZIONE: un gruppo di cellule che normalmente si trova all’esterno, si infossa per diventare interno. INGRESSIONE: migrazione verso l’interno della blastula di singole cellule. DELAMINAZIONE: dividersi di un ammasso di cellule in 2 lamine più o meno parallele. Archenteron: intestino primitivo. L’ectoderma rimane esterno e l’endoderma costituisce tutta la superficie interna; il punto in cui questi sono in contatto, è la zona del blastoporo. lOMoARcPSD|524 954 4 - GASTRULAZIONE DEL RICCIO DI MARE Nel riccio di mare, il blastoporo dà origine all’apertura anale, mentre l’apertura orale si forma al polo opposto. Dopo l’ingressione di alcune cellule che diventeranno i precursori del mesoderma, l’endoderma inizia a formare l’archenteron per invaginazione. - GASTRULAZIONE DELL’ANFIOSSO La gastrulazione avviene per invaginazione: tutta la massa dei macromeri del polo vegetativo, penetra dentro il blastocele schiacciandosi contro e sotto i micromeri del polo opposto. - GASTRULAZIONE DEGLI ANFIBI Durante la gastrulazione vengono portate all’interno della blastula, le cellule destinate a formare gli organi endodermici. Altre cellule avvolgono esternamente tutta la blastocele e formano l’ectoderma; ancora altre cellule, si collocano tra endoderma ed ectoderma per formare il mesoderma, da cui avranno origine gli organi mesodermici. La gastrulazione degli anfibi ha inizio in prossimità della semiluna grigia. 1. Nella semiluna grigia, avviene l’inizio della seconda cavità, con l’individuazione della zona del blastoporo le cellule si allungano assumendo una forma a bottiglia; 2. Le cellule della zona marginale, scivolano verso il futuro blastoporo, per epibolia; 3. Le prime cellule ad entrare saranno le cellule endodermiche dell’archenteron 4. Le cellule successive che formano il labbro del blastoporo e si involvono, costituiranno il mesoderma del capo. 5. Le restanti cellule che involvono, costituiranno il tessuto cordo-mesodermico che darà origine alla notocorda. 6. Allargamento del blastoporo con formazione delle labbra laterali e ventrali. 7. Unione delle labbra con formazione di un anello intorno alle cellule endodermiche, che rimangono esposte all’esterno. 8. La parete dell’archenteron è rivestita dall’endoderma. La notocorda è il primo sistema assile dell’embrione, una struttura flessibile dalla quale si formeranno poi le vertebre; deriva dal mesoderma ed è già presente al termine della gastrulazione. GASTRULAZIONE DEGLI UCCELLI La situazione iniziale, comprende epiblasto, blastocele, ipoblasto il tutto appoggiato sulla massa del tuorlo. La segmentazione avviene solo nel disco germinativo. Inizia con la formazione della stria primitiva, che definisce l’asse antero-posteriore dell’embrione. 1. Le cellule iniziano a migrare dalla periferia dell’epiblasto verso il centro per ingressione, creando un inspessimento, ovvero l’inizio della stria primitiva; il processo avanza dalla regione caudale verso la regione cefalica; . Le prime cellule che migrano all’interno andranno a formare l’endoderma; . le cellule che migrano lateralmente formeranno il mesoderma; . le cellule epiblastiche che rimangono in superficie formeranno l’ectoderma. 2. Le ultime cellule che entrano, si fermano al centro in modo da far ricostruire l’ectoderma, creando una depressione all’interno della stria, detta solco primitivo; Nodo di Hensen: inspessimento che darà origine al blastoporo. la porzione di cellule che resta sotto il nodo, darà origine alla notocorda. lOMoARcPSD|524 954 4 Mentre la stria primitiva regredisce, nella regione anteriore inizia la neurulazione, seguita dalla formazione delle vescicole cerebrali. Le cellule che migrano attraverso il nodo di Hensen, danno origine a intestino anteriore, mesoderma della testa e notocorda. Ai lati della corda, il mesoderma dorso-laterale si organizza a formare strutture metameriche, i somiti. MEMBRANE OVULARI SECONDARIE E STRUTTURE EXTRAEMBRIONALI Le membrane ovulari secondarie sono prodotte dal tratto riproduttivo femminile dopo che l’uovo si è liberato dall’ovario, con la funzione di proteggere uova ed embrione. Nell’uovo di galline, la fecondazione avviene subito dopo l’ovulazione; una volta fecondato l’uovo percorre gli ovidotti arricchendosi di albume. Inizialmente l’uovo viene rotato e i suoi poli vengono ricoperti da strati di albume avvolti a spirale, le calaze, sulle quali si dispongono altri strati di albume. L’uovo con l’albume, viene chiuso dalla membrana testacea interna formata da cheratina, tra questa e la membrana testacea esterna, rimane intrappolata una camera d’aria. Al di sopra di tutte queste membrane, viene aggiunto il guscio calcareo. La prima tra le strutture embrionali a formarsi, è il sacco del tuorlo, che si sviluppa dall’estensione attorno al tuorlo dell’endoderma e del mesoderma. Le pieghe amniotiche, si inarcano sopra l’embrione si incontrano sopra di esso; si viene a formare un sottile cordone ombelicale che collega l’embrione e il tuorlo. I vasi sanguigni e le cellule del sangue iniziano a svilupparsi dal mesoderma del sacco del tuorlo e si diffondono nell’embrione, in modo che avvenga la comunicazione tra questo e le risorse nutritive presenti nel tuorlo. Quando le pieghe amniotiche si formano al di sopra dell’embrione, hanno origine anche altre 2 membrane extraembrionali: AMNIOS: detto anche membrana amniotica che racchiude l’embrione. Cavita amniotica: contiene il liquido amniotico, si trova tra l’amnios e l’embrione CORION: detto anche membrana corioidea, è formato dal lato esterno delle pieghe amniotiche e racchiude l’amnios e il sacco del tuorlo. Un’altra membrana extraembrionale è l’allantoide, si forma per evaginazione della parte posteriore dell’archenteron, quindi formata da mesoderma vascolarizzato ed endoderma. L’allantoide cresce e prende contatto con il corion, le membrane si fondono a formare la membrana corioallantoidea. GASTRULAZIONE DELL’UOMO Quando la forma del corpo dell’embrione diviene evidente, viene definito feto. La blastocisti dei mammiferi, è formata da massa cellulare interna, che sarà poi quella che darà origine all’embrione, e da un trofoblasto, che è il precursore della parte fetale della placenta. La parte materna della placenta è data dall’endometrio. Nell’uomo si dice che è il trofoblasto è invasivo, in quanto la parte fetale della placenta cresce inserendosi in modo aggressivo nella mucosa uterina. Questo, funge da barriera immunitaria, impedendo che la madre rigetti il feto in quanto esso è formato per metà da DNA non suo, il che potrebbe farlo confondere con un tessuto estraneo. 1. Nel nodo embrionale, compare una cavità, la cavita amniotica; per delaminazione (rottura dei laminati in materiali composti) di 2 strati di blastomeri. . uno strato formato da cellule di grandi dimensioni l’ectoblasto o ectoderma lOMoARcPSD|524 954 4 . l’altro è costituito da piccole cellule che delimitano la cavità amniotica, l’epitelio amniotico o amnios. 2. L’ectoblasto e l’entoblasto costituiscono insieme il disco embrionale didermico. 3. Dal settimo giorno le cellule del trofoblasto che hanno attraversato l’epitelio uterino formano uno strato germinale di cellule poliedriche, il citotrofoblasto. Le cellule prodotte si fondono per formare il sinciziotrofoblasto che invade l’endometrio portandosi dietro la blastocisti. 4. Il resto del trofoblasto dà origine a piccole cellule stellate che formano il mesenchima, il quale progressivamente riempie la cavità blastocelica riducendola ad una cavità più piccola, il lecitocele o sacco vitellino primitivo. 5. L’entoblasto rimpiazza progressivamente le cellule della membrana di Heuser. 6. Le lacune del celoma extraembrionale confluiscono per formare un’unica cavità, il celoma esterno. 7. Il mesenchima extraembrionale riveste le pareti del celoma esterno per costituire: . la lamina coriale sulla faccia interna del citotrofoblasto; . lamina amniotica, sulla faccia esterna dell’amnios; . lamina ombelicale intorno all’entoblasto del lecitocele 8. L’insieme costituito dal sinciziotrofoblasto, citotrofoblasto e mesenchima della lamina coriale, si chiama corion; è il primo abbozzo della placenta. Il disco embrionale è connesso al corion tramite il peduncolo embrionale (cordone ombelicale). 9. Alla superficie del disco embrionale, appare un solco longitudinale, la linea primitiva, che si prolunga in direzione cefalica con un canale visibile per trasparenza, il canale cordale. 10. In corrispondenza della linea primitiva, le cellule ectodermiche in attiva proliferazione, si approfondano e si dispongono tra entoblasto o endoderma ed ectoblasto o ectoderma. LA PLACENTA Negli amnioti le membrane e le strutture extraembrionali, si formano al termine della gastrulazione. La placenta è una struttura extraembrionale, che permette il contatto tra embrione in via di sviluppo e corpo materno; è presente solo negli animali vivipari, cioè con lo sviluppo embrionale all’interno del corpo della madre. Esistono diverse tipologie di placenta: . Onfaloplacenta: tipica dei condroitti . Allantoplacenta: si ha più contatto con l’embrione rispetto all’onfaloplacenta . Placenta semplice: presenta una parziale degenerazione dell’epitelio uterino e del corion dell’embrione . Placenta specializzata: il tessuto embrionale e la mucosa uterina entrano in contatto, formando delle protrusioni l’uno verso l’altro. LA NEURULAZIONE Alla fine della gastrulazione, l’embrione è formato dai 3 foglietti embrionali: ectoderma, mesoderma ed endoderma. Un cordone di cellule mesodermiche dette notocorda, dopo la migrazione viene a trovarsi subito al di sotto dell’ectoderma. Questa immediata vicinanza, è fondamentale poiché la notocorda induce l’ectoderma a formare il tubo neurale cavo; che darà origine al cervello e a midollo spinale. Questo processo è detto neurulazione e l’embrione si chiama neurula. Da questo punto si parla di organogenesi, cioè la formazione dei tessuti degli organi. La notocorda è in grado di indurre l’ectoderma sovrastante a differenziarsi in tubo neurale; attuando un processo chiamato induzione primaria. Questa consiste nella capacità del tubo neurale, di provocare uno lOMoARcPSD|524 954 4 specifico cambiamento nelle cellule del sovrastante ectoderma che sono destinate a diventare cellule nervose, escludendo le cellule vicine. PESCI CARTILAGINEI E TETRAPODI 1. Le cellule che rispondono al messaggio induttivo della notocorda, diventano cilindriche, si forma così la placca neurale con conseguente inspessimento di quella zona; 2. La placca neurale si solleva in 2 pieghe neurali, che racchiudono la doccia neurale, un’invaginazione; 3. Col procedere dello sviluppo, la doccia si chiude a formare un tubo, il tubo neurale circondato da un unico strato di cellule che al suo interno racchiude il canale ependimale; 4. Durante il processo di formazione del tubo neurale, si posizionano lateralmente altre cellule che faranno parte del SNC, le cellule delle creste neurali. CICLOSTOMI E TELEOSTEI Il tubo neurale si forma per cavitazione, in quanto in precedenza esso è un cordone solido. Esistono 3 tipi di tessuti neurogeni, ovvero quei tessuti che durante lo sviluppo, danno origine a cellule nervose, i neuroni. 1. Tubo neurale: i neuroni che derivano dal tubo neurale hanno 2 destini generali: . alcuni fanno crescere i loro prolungamenti al di fuori del tubo neurale per raggiungere tessuti bersaglio . alcuni stabiliscono le connessioni con altri neuroni all’interno del SNC 2. Cresta neurale: le cellule della cresta neurale, migrano e possono dare origine a neuroni sia motori che sensitivi. 3. Placodi neurali: generalmente qualsiasi inspessimento ectodermico prodotto, o da un aumento del numero di cellule di una determinata regione, o da un aumento dell’altezza basale delle cellule. I placodi neurali sono quelli che danno origine a neuroni, soprattutto sensitivi, o a recettori sensoriali. ANFIBI Durante la neurulazione degli anfibi, le pieghe neurali presentano una parete laterale e una parete mediale. La parete mediale darà origine al tubo neurale; mentre la parete laterale formerà la cresta neurale da cui si sviluppano diverse strutture. MAMMIFERI La chiusura del tubo neurale, parte dalla zona mediale si creano quindi un neuroporo anteriore e uno posteriore. Nell’embrione umano, la mancata chiusura del neuroporo anteriore, porta all’anencefalia; la mancata chiusura del neuroporo posteriore, porta alla spina bifida. CELLULE DELLA CRESTA NEURALE Le cellule della cresta neurale sono cellule particolari che danno origine a strutture collegate con il SNC. Alcune di queste cellule daranno origine ai gangli del SN autonomo, oppure ai gangli spinali. Altre cellule migrano per dare origine alla zona midollare del surrene. Ciò che hanno in comune tutte le cellule delle creste neurali è che andranno a formare strutture che producono adrenalina e noradrenalina, sottoforma di ormoni per quanto riguarda la ghiandola adrenale; e sottoforma di neurotrasmettitori per quanto riguarda i gangli spinali. La matrice extracellulare degli embrioni, allo stato della neurula è gelatinosa e consiste essenzialmente di h2o e acido ialuronico, è presente la fibronectina. lOMoARcPSD|524 954 4 Legandosi e staccandosi dalla fibronectina, le cellule si muovono attraverso la matrice. Internamente alla cellula, i filamenti di actina permettono la modificazione del citoscheletro subcorticale, il che rende possibile il cambiamento di forma aiutando il movimento della stessa. I neuroni si muovono seguendo le molecole guida grazie al cono assonale, che permette lo spostamento della cellula. In questo modo è possibile la formazione del contatto sinaptico anche in regioni distanti tra loro. DERIVAZIONE DEL MESODERMA – SOMITI I somiti sono strutture ordinate e metameriche (suddivisione seriale del corpo o delle sue parti) che si trovano in posizione laterale rispetto al tubo neurale, sono derivati del mesoderma. Sono suddivisi in 3 zone: . Sclerotomo: regione più interna, dà origine ai corpi vertebrali; . Miotomo: regione intermedia, dà origine alla muscolatura metamerica paravertebrale; . Dermatomo: regione periferica, dà origine al derma della regione del tronco dorsale. I somiti posti in regione craniale, danno origine a qualche struttura del neurocranio, ad alcuni muscoli facciali e al derma del viso. I somiti sono uniti al mesoderma laterale tramite zone dette peduncoli. lOMoARcPSD|524 954 4 Anatomia umana Appunti lOMoARcPSD|524 954 4 ANATOMIA Per iniziare a parlare di questa materia bisogna definire una posizione anatomica di riferimento: gambe leggermente divaricate, faccia dritta e palmi delle mani rivolti in avanti. Da qui possiamo poi definire i piani di divisione anatomica che sono essenzialmente tre: -SAGGITALE o MEDIANO: divide il corpo in una porzione di destra e una di sinistra. -CORONALE o FRONTALE: divide il corpo in una porzione anteriore e una posteriore -ORIZZONTALE o TRASVERSO: divide il corpo in una porzione superiore e una inferiore -PIANO OBLIQUO: qualsiasi piano non parallelo altri altri sopra descritti Detto ciò il nostro corpo può essere suddiviso in due parti, una ASSIALE che comprende TESTA,COLLO e TRONCO e una appendicolare che comprende gli arti superiori e gli arti inferiori. Il tronco è ulteriormente suddivisibile in una regione toracica e una regione addominale. La regione addominale, con una visione frontale è divisibile in 4 settori grazie a due linee che intersecano a livello dell’ombelico: regione superiore destra, inferiore destra, superiore sinistra, inferiore sinistra. Questa suddivisione può essere ampliata attraverso l’uso di due linee emiclaveari che intersecano perpendicolarmente due linee orizzontali, quella intertubercolare e quella sottocostale. Con queste 4 linee si divide l’addome in 9 parti: regione ipocondriaca destra, regione lombare destra, regione inguinale destra (simmetriche per la sinistra) e poi una regione epigastrica superiore, una regione ombelicale e una regione ipogastrica inferiore. A partire dalla testa possiamo inoltre definire delle cavità: cavità cranica che prosegue nella cavità vertebrale e in più una cavità toracica e una addominale. Nella cavità toracica troviamo altre due sottocavità, quella pericardica e quella pleurica. La cavità pleurica è ricoperta dalla pleura (viscerale e parietale) mentre quella pericardica dal pericardio. Il mediastino è una spessa parete che si estende dal collo al diaframma e divide la cavità toracica in due parti (destra e sinistra). La cavità addominale in realtà è detta addominopelvica e contiene la maggior parte dei nostri organi.Tale cavità è delineata dal peritoneo viscerale e parietale. SCHELETRO e OSSA L’osso e lo scheletro nel nostro corpo svolgono diverse funzioni: -Sostegno: le ossa delle gambe, della pelvi e della colonna mantengono il corpo eretto e quasi tutte forniscono sostegno per i muscoli. -Movimento:i muscoli scheletrici servirebbero a poso se non fossero attaccati alle ossa e non fossero capaci di muoverle -Protezione:le ossa racchiudono e proteggono organi e tessuti delicati come il cervello, il midollo spinale, il cuore, i polmoni, i visceri pelvici e il midollo osseo. -Produzione di sangue:il midollo osseo è il principale produttore di cellule del sangue, comprese quelle del sistema immunitario -Equilibrio elettrolitico:serbatoio principale di calcio e fosfato che vengono rilasciati al momento del bisogno. -Equilibrio acido-base:il tessuto osseo tampona il sangue contro le eccessive modificazioni del PH. -Disintossicazione: il tessuto osseo assorbe i metalli pesanti ed altri elementi estranei dal sangue per mitigare i loro effetti tossici su altri tessuti -1.Caratteristiche generali delle ossa: Le ossa sono formate da tessuto osseo che è un tessuto connettivo con la matrice extracellulare mineralizzata (principalmente depositi di fosfato di calcio ma anche altri minerali). lOMoARcPSD|524 954 4 Le ossa hanno un guscio esterno che prende il nome di osso compatto (denso) che di solito racchiude una forma di tessuto osseo meno densamente organizzato chiamato osso spugnoso. L’osso spugnoso è detto anche trabecolare in quanto è costituito da trabecole in grado di posizionarsi nelle zone in cui l’osso è assoggettato ad una notevole sollecitazione. La parte interna dell’osso è caratterizzata da una cavità midollare che contiene per l’appunto il midollo osseo, fonte essenziale di produzione delle cellule del sangue. La durezza dell’osso è data dalla parte di osso compatto esterna che permette di resistere a notevoli forze mentre l’elasticità è data dall’osso spugnoso che grazie alle trabecole sostiene eventuali sollecitazioni esterne.Se l’osso fosse troppo duro si romperebbe più facilmente. Le ossa vengono suddivise in base alla loro dimensione in: -ossa lunghe: in cui la lunghezza supera la larghezza e vedono principalmente le ossa degli arti come il femore o l’omero. -ossa brevi:hanno lunghezza e larghezza simili e comprendono principalmente le ossa del tarso e del carpo che sono in grado di scivolare l’una sull’altra. -ossa piatte: hanno la principale funzione di racchiudere organi e forniscono un ampia superficie di attacco per i muscoli.Di queste ossa fanno parte quelle del cranio, le coste, lo sterno e altre. -ossa irregolari: hanno forma irregolare e non rientrano in nessuna di queste categorie(sfenoide, etmoide ecc ) Le ossa lunghe hanno come caratteristica principale due parte estreme, una prossimale e una distale che prendono il nome di epifisi e una parte centrale più lunga che prende il nome di diafisi. Esternamente un osso è ricoperto da una guaina detta periostio ovvero uno strato esterno fibroso e resistente di collagene.Il periostio fornisce un solido attacco per muscoli e tendini alle ossa.Il tessuto osseo è irrorato internamente da vasi sanguigni che penetrano all’interno dell’osso attraverso i forami nutritizi. La superficie interna dell’osso invece prende il nome di endostio. Le estremità delle ossa spesso non presentano uno periostio ma un sottile strato di cartilagine ialina, detta cartilagine articolare che rende il movimento delle articolazioni molto più facile. -2.Scheletro assiale e appendicolare: Lo scheletro è suddivisibile in uno assiale che comprende testa, colonna vertebrale, coste (con lo sterno),osso ioide e ossicini dell’udito (circa 80 ossa) mentre quello appendicolare comprende il cingolo scapolare, gli arti superiori, il cingolo pelvico e gli arti inferiori(circa 126 ossa). Le ossa quindi nel nostro copro sono circa 206; alla nascita in realtà sono circa 270 ma molte di esse poi si fondono durante la crescita. -TESTA: la testa è composta da 22 ossa ben cucite e saldate tra di loro tramite delle suture. Nella testa sono presenti diverse cavità tra cui -la cavità cranica -la cavità nasale, la cavità orale, cavità orbitaliche -le cavità dell’orecchio medio e interno e i seni paranasali (seno frontale, seno etmoidale, seno sfenoidale, seni mascellari) Tali seni hanno il compito di alleggerire la parte frontale della testa e fungono da cassa di risonanza per la nostra voce. Le ossa del cranio sono quelle che racchiudono l’encefalo il quale però non è direttamente in contatto con esse in quanto è separato dalle meningi e in particolare dalla dura madre che è quella più esterna che si ancora direttamente alle ossa. Il cranio consta di due parti principali: -calotta cranica: forma il tetto e le pareti laterali del cranio -base cranica: forma il pavimento ed è visibile con un taglio trasversale del cranio.E’ costituita da una parte anteriore che prende il nome di fossa cranica anteriore dove poggiano i lobi frontali dell’encefalo, una parte centrale più profonda che prende il nome di fossa cranica media dove lOMoARcPSD|524 954 4 poggiano i lobi temporali e termina posteriormente con la fossa cranica posteriore dove poggia il cervelletto. Il cranio è costituito da 8 ossa principali: un osso frontale, due ossa parietali, due ossa temporali, un osso occipitale, uno sfenoide e un etmoide. osso frontale L’osso frontale si estende dalle cavità sopraorbitaliche e forma praticamente tutta la fossa cranica anteriore. In corrispondenza del sopracciglio presenta una cresta detta margine sopraorbitario e il centro di ciascun margine è perforato da un singolo foro sopraorbitario che da il passaggio a un nervo, una arteria e una vena.La parte liscia di questo osso appena al di sopra del tetto del naso è detta glabella. L’osso frontale contiene anche il seno frontale. Con un taglio trasversale del cranio è possibile vedere la diploe ovvero il tessuto osseo spugnoso all’interno delle ossa craniche. osso parietale Le due ossa parietali costituiscono la maggior parte della calotta cranica e parte delle pareti laterali del cranio. Anteriormente confina con l’osso frontale attraverso la sutura coronale, posteriormente confina con l’osso occipitale attraverso la sutura lambdoidea, lateralmente confina con le due ossa temporali attraverso la sutura squamosa. Le due fosse sono invece unite tra di loro attraverso una sutura che prende il nome di sutura sagittale. Queste due ossa non hanno particolari caratteristiche di rilievo se non un piccolo forame parietale che a volte si trova a livello della sutura lambdoidea e sagittale. Possiamo concludere con due ispessimenti dette linee temporali(superiore e inferiore) che attraversano con una struttura ad arco l’osso parietale ma anche l’osso frontale.Queste sono il sito di attacco del muscolo temporale. osso temporale Le ossa temporali definiscono principalmente le pareti laterali del cranio e parte del pavimento della cavità cranica.Confina posteriormente con l’osso occipitale, superiormente con l’osso parietale e anteriormente con lo sfenoide e l’osso zigomatico. Le ossa temporali si suddividono in diverse zone, precisamente in 4: -parte squamosa: è relativamente piatta ed è circondata dalla sutura squamosa.Le caratteristiche principale sono il processo zigomatico che si allunga anteriormente fino all’osso zigomatico e la fossa mandibolare inferiormente che serve per l’attacco dell’articolazione della mandibola. -parte timpanica: è un piccolo anello osseo che delimita il meato acustico esterno e possiede sulla sua superficie inferiore un piccolo processo appuntito molto importante che prende il nome di processo stiloideo importante per l’attacco di diversi muscoli della lingua e dell’osso ioide. -parte mastoidea: si trova posteriormente alla parte timpanica ed è caratterizzata un grosso processo detto processo mastoideo il quale è riempito con piccoli seni d’aria che comunicano con la cavità dell’orecchio medio. Inferiormente troviamo un solco detta insicura mastoidea, sito di attacco del muscolo digastrico. Anteriormente è articolata da un foro stilomastoideo e posteriormente da uno mastoideo. -parte petrosa: può essere individuata sul pavimento del cranio e separa la fossa cranica media da quella posteriore.Essa ospita le cavità dell’orecchio medio e interno. Essa ospita il meato acustico interno per il passaggio dei nervi acustici e dell’equilibrio verso il cervello. Inferiormente troviamo inoltre il canale carotideo per il lOMoARcPSD|524 954 4 passaggio della carotide interna(principale rifornimento di sangue per il cervello) e il foro giugulare per la vena giugulare interna che si apre tra l’osso temporale e l’osso occipitale. osso occipitale L’osso occipitale conclude il cranio posteriormente confinando con le ossa temporali, parietali e lo sfenoide inferiormente. La caratteristica principale dell’osso occipitale è data dal forame magno che si trova inferiormente ed è il foro che permette la comunicazione con la colonna vertebrale e il relativo canale vertebrale. Anteriormente al forame magno troviamo due condili detti condili occipitali che articolano con la vertebra Atlante della colonna e una parte basilare che sembra una spessa piastra. All’estremità anterolaterale di ogni condilo è presente un canale detto canale dell’ipoglosso dove passa il nervo ipoglosso che rifornisce i muscoli della lingua.Posteriormente quest’osso presenta una protuberanza detta protuberanza occipitale che è sito di attacco del legamento nucale. Dalla protuberanza si diparte orizzontalemente la linea nucale superiore e inferiormente quella inferiore. Entrambi funzionano da sito di attacco per diversi muscoli del collo. sfenoide Lo sfenoide fa parte delle ossa irregolari in quanto risulta essere molto complesso. Esso si può dividere in un corpo centrale compatto e in due zone laterali formate da ali (grandi e piccole) che determinano una composizione simile a una falena. Le piccole ali definiscono il margine posteriore della fossa cranica anteriore e sfociano nelle grandi ali che determinano la maggior parte della fossa cranica media e parte delle pareti laterali del cranio.La piccola ala forma la parete posteriore dell’orbita e contiene il foro ottico che permette il passaggio del nervo ottico e dell’arteria oftalmica.Il nervo ottico è protetto da prolungamenti delle piccole ali detti processi clinoidei anteriori.Uno squarcio nella parete posteriore dell’orbita , la fessura orbitale superiore si trova lateralmente al foto ottico.Tale squarcio serve per il passaggio dei nervi che riforniscono i muscoli che muovono gli occhi. Il corpo dello sfenoide invece è caratterizzato da una sporgenza detta sella turcica la quale si divide in tre parti: -fossa ipofisaria: si posiziona centralmente e accoglie l’ipofisi -tubercolo della sella: si posiziona anteriormente -dorso della sella: si posizione posteriormente lOMoARcPSD|524 954 4 Lateralmente alla sella turcica sono presenti diversi fori come il foro rotondo e il foro ovale che sono i passaggi per i due rami del nervo trigemino.Troviamo inoltre il foro spinoso dove passa un’arteria delle meningi e un foro lacero che si trova tra l’osso occipitale, il temporale e lo sfenoide; quest’ultimo è riempito da cartilagine e non è attraversato da nervi. Inferiormente lo sfenoide definisce le coane o aperture nasali posteriori. Lateralmente a queste aperture lo sfenoide mostra un paio di lamine parallele dette lamina pterigoidea mediale e laterale che terminano ciascuna in una estensione detta processo pterigoideo.Tali lamine e processi forniscono attacco a diversi muscoli mascellari. Il seno sfenoidale si presenta all’interno del corpo dello sfenoide. osso etmoide L’etmoide invece è presente nella parte anteriore del cranio, localizzato tra gli occhi.Contribuisce a costituire la parete mediale dell’orbita, tetto e pareti della cavità nasale e e il setto nasale. Tale osso è suddivisibile in tre parti principali: -lamina perpendicolare: lamina sottile verticale che forma i due terzi superiori del setto nasale(parte inferiore data dal vomere).Tale lamina divide le cavità nasali generando le fosse nasali (destra e sinistra); spesso il setto è curvo verso una fossa o l’altra. -lamina cribrosa: si erge perpendicolarmente alla lamina perpendicolare e forma il tetto della cavità nasale.Tale lamina presenta una cresta mediana detta cristo galli, punto di ancoraggio per la dura madre.Ad ogni lato della cresta è presente un’area depressa con parecchi fori detti fori cribrosi(olfattivi).In queste depressioni poggiano i bulbi olfattivi e nei fori ci passano i relativi nervi. -labirinto: il labirinto è un’ampia massa presente a destra e a sinistra della lamina perpendicolare. Contiene numerose cellule etmoidali (spazi d’aria) che contribuiscono al seno etmoidale.La superficie laterale del labirinto è detta lamina orbitale e determina parte della parete mediale dell’orbita. Medialmente il labirinto crea delle lamine intrecciate dette turbinati superiori e medi. I turbinati servono occupano gran parte della cavità nasale e sono fondamentali per fare entrare l’aria in un moto vorticoso che procede a riscaldarla e pulirla prima che entri nei polmoni. Oltre alle ossa viste in precedenza che sono le ossa appartenenti al cranio esistono anche le ossa della faccia che comprendono tutte quelle ossa non direttamente a contatto con il l’encefalo o con le meningi.Di queste abbiamo: -2 ossa mascellari -2 ossa palatine -2 ossa zigomatiche -2 ossa nasali -2 turbinati nasali inferiori -1 vomere -1 mandibola osso mascellare Le ossa mascellari sono le più grandi della faccia, formano la mandibola superiore e si incontrano sulla sutura intermascellare mediana. lOMoARcPSD|524 954 4 La parte inferiore è caratterizzata dall’arcata mandibolare superiore in cui sono presenti alveoli (dove i denti si inseriscono) e processi alveolari che crescono tra gli alveoli.Ogni mascella si estende dai denti fino al margine infero-mediale dell’orbita. Appena al di sotto di quest’ultima troviamo il foro infraorbitario per il passaggio di un vaso sanguigno e un nervo. La mascella forma parte del pavimento dell’orbita dove mostra la fessura orbitale inferiore che serve per passaggio di nervi e vasi sanguigni per la faccia. ossa palatine Si trovano nella cavità nasale posteriore.E’ un osso a forma di L costituito da una piastra orizzontale che conclude la parte posteriore del palato e una piastra perpendicolare che delimita la cavità nasale dalla cavità orbitalica. L’unica caratteristica è un grande foro palatino per il passaggio di un nervo. ossa zigomatiche Le ossa zigomatiche invece sono le ossa che determinano gli zigomi e hanno la forma di T rovesciata.Si lega al processo zigomatico dell’osso temporale, alla mascella e all’osso frontale. ossa lacrimali Sono piccole ossa che si trovano a livello della parete mediale dell’orbita e ospitano i sacchi lacrimali all’interno delle fosse lacrimali ossa nasali Sono due piccole ossa rettangolari che formano il ponte del naso e sorreggono le cartilagini che danno forma alla sua porzione inferiore. turbinato nasale inferiore Determina assieme ai turbinati dell’etmoide il riscaldamento e la purificazione dell’aria. vomere Piccola lamina che assieme all’etmoide determinata il setto nasale.Questo determina l’ultimo terzo del setto nasale. Sorregge, assieme alla lamina perpendicolare una parete della cartilagine del setto. mandibola La mandibola è l’osso più forte della testa e quello che ha anche maggiore mobilità. Essa è formata da un corpo mandibolare e da due prolungamenti che da verticali a obliqui determinano i due rami della mandibola. Il corpo e i rispettivi rami si incontrano nell’angolo mandibolare. Il corpo della mandibola vede esternamente una protuberanza detta protuberanza mentoniera, internamente invece sono presenti due spine dette spine mentoniere che servono per l’attacco di diversi muscoli del mento. Sulla superficie anterolaterale della mandibola è presente il foro mentoniera per il passaggio di nervi e vasi sanguigni del mento.L’angolo della mandibola ha una superficie ruvida detta tuberosi masseterina per l’inserzione del muscolo massetere(muscolo masticatorio). lOMoARcPSD|524 954 4 Ciascun ramo della mandibola assume una forma a Y in cui il prolungamento posteriore è detto processo condiloideo con i rispettivi condili che vanno ad articolarsi con la fossa mandibolare dell’osso temporale (articolazione temporomandibolare) mentre il prolungamento anteriore è detto processo coronoideo ed è punto d’inserzione del muscolo temporale che tira la mandibola verso l’alto nella masticazione. L’arco a forma di U tra i due processi prende il nome di insicura mandibolare. Appena sotto tale incisura è presente il foro mandibolare nel quale passano vasi sanguigni e nervi per i denti inferiori. Altre 7 ossa sono strettamente associate al cranio ma non fanno parte di esso e sono gli ossicini dell’udito (incudine, martello e staffa) per ogni orecchio e un osso particolare che non articola con altre ossa detto osso ioide. L’osso ioide si trova legato alla laringe ed è a forma di U.Esso è sospeso superiormente legato con muscoli e lagementi stiloidei ai processi stiloidei dell’osso temporale. Il corpo dell’osso ioide è fiancheggiato su entrambi i lati da proiezioni simili a corni chiamate corno maggiore e corno minore. L’osso ioide serve come punto di ancoraggio di diversi muscoli della mandibola, della lingua e della laringe. -COLONNA VERTEBRALE La colonna vertebrale ha come compito fondamentale quello di sorreggere il nostro tronco e la nostra testa. Essa è composta da vertebre che andremo a studiare a breve. La colonna presenta una tipica curvatura a S: -lordosi cervicale (si porta anteriormente) -cifosi toracica (si porta posteriormente) -lordosi lombare (si porta anteriormente) -cifosi pelvica (si porta posteriormente) In realtà alla nascita la colonna presenta solo la cifosi toracica e quella pelvica, dette cosi curvature primarie. La colonna è divisa essenzialmente in 7 vertebre cervicali, 12 vertebre toraciche, 5 vertebre lombari,5 sacrali e 4 coccigee per un totale i 33 vertebre. struttura generale della vertebra La vertebra generica è formata essenzialmente da una struttura che si crea attorno a un corpo centrale detto soma o corpo della vertebra che è formato da tessuto osseo spugnoso. Attorno al soma è presente una struttura di tessuto osseo compatto che forma diverse sporgenze. Posteriormente al corpo di ciascuna vertebra è presente il foro vertebrale che complessivamente con le altre vertebre generano il canale vertebrale che da passaggio al midollo spinale. Ogni foro è delineato da un peduncolo e da una lamina ossea. Dall’apice dell’arco si estende una proiezione chiamata processo spinoso, diretto posteriormente e verso il basso. Nel punto in cui il peduncolo e la lamina si incontrano si genera il processo trasverso.I due processi forniscono l’inserzione per diversi muscoli spinali. lOMoARcPSD|524 954 4 Un paio di processi articolari superiori si proiettano verso l’alto da una vertebra per incontrare un paio di processi articolari inferiori della vertebra superiore e articolarle così assieme. Quando due vertebre sono articolate mostrano una apertura tra i loro peduncoli chiamata foro intervertebrale il quale è formato da un’incisura vertebrale inferiore sotto al peduncolo superiore e una incisura vertebrale superiore sopra il peduncolo inferiore. Tra una vertebra e l’altra per limitare l’attrito sono presenti i dischi intervertebrali che sono formati da una zona lamellare esterna di tessuto cartilagineo detta anello fibroso e da una zona polposa interna che serve per nutrire il tessuto cartilagineo.Sono presenti in media 23 dischi che partono tra la 2° e 3° vertebrale cervicale fino tra la 5°vertebra lombare e l’inizio della zona sacrococcigea. La stabilità della colonna è garantita anche dalla presenza di legamenti come: -legamento longitudinale anteriore: decorre anteriormente ai corpi vertebrali -legamento longitudinale posteriore: decorre posteriormente ai corpi vertebrali -legamento sopraspinoso: si lega ai processi spinosi e decorre lungo di essi -legamenti interspinosi: vanno a riempire gli spazi tra un processo spinoso e l’altro -legamenti gialli: brevi legamenti che collegano due vertebre adiacenti vertebre cervicali Le vertebre cervicali sono 7.Le prime due si chiamano Atlante ed Epistrofeo. Sono le vertebre più leggere in quanto non devono sopportare il peso du tutto il tronco.La vertebra C1 Atlante è completamente diversa dalla morfologia della vertebra generica. Il corpo della vertebra è solamente un delicato anello che circonda un ampio foro vertebrale.Ad ogni lato è presente un’ampia faccetta articolare per articolarsi con i condili occipitali dell’osso occipitale.Le masse laterali sono unite da un arco anteriore e da uno posteriore che contengono protuberanze chiamate tubercoli anteriori e posteriori. La seconda vertebra, l’Epistrofeo ha come caratteristica principale il processo odontoideo che si inserisce nella vertebra atlante ed è tenuto fermo da un legamento trasverso.L’articolazione che si va a creare prende il nome di articolazione atlanto-epistrofea. Già a partire da questa vertebra il processo spinoso diventa bifido che è una caratteristica distintiva di tutte le vertebre cervicali fino alla C6 in quanto serve come punto di attacco del legamento nucale che parte dall’occipitale. Altra caratteristica di queste vertebre sono i fori trasversari presenti sui processi trasversi che servono per il passaggio di arterie e vene vertebrali. Le vertebre dalla C3 alla C6 sono simili a quella generica ovviamente con l’aggiunta del processo spinoso bifido e dei fori trasversari. La vertebra C7 invece è leggermente differente in quanto il processo spinoso non è bifido ma è notevolmente pronunciato creando un rigonfiamento alla parte bassa del collo.Grazie a questo rigonfiamento è facilmente riconoscibile e quindi da qui si possono iniziare a contare le vertebre toraciche sottostanti e le altre vertebre cervicali soprastanti. lOMoARcPSD|524 954 4 vertebre toraciche Le vertebre toraciche sono 12 e presentano caratteristiche diverse anche in base alla loro funzione, quella di sostenere le coste che compongono la gabbia toracica. -i processi spinosi sono singoli e appuntini con un angolo che procede bruscamente verso il basso -il corpo è a forma di cuore ed è più massiccio rispetto alle cervicali ma meno rispetto alle lombari e contiene faccette costali superiori e inferiori -le vertebre dalla T1 alla T10 presenta inoltre una faccetta costale trasversa presente sul processo trasverso e serve come secondo punto di ancoraggio per le coste Ciascuna vertebra toracica presenta quindi: 2 faccette articolari superiori, 2 faccette articolari inferiori, 2 faccette costali a destra e 2 a sinistra per l’articolazione con le rispettive coste, 2 faccette trasverse che fungono da secondo punto di ancoraggio per le coste. Andremo più nello specifico successivamente quando ci soffermeremo sulle coste. vertebre lombari le vertebre lombari invece hanno ancora caratteristiche differenti. Innanzitutto devono sostenere un peso maggiore e quindi saranno più robuste. Il processo spinoso è squadrato e smussato mentre la caratteristica distintiva la troviamo sulle faccette articolare in quanto si posizionano in maniera opposta: quelle superiori sono rivolti medialmente mentre quelle inferiori sono rivolti lateralmente verso i processi superiori della vertebra successiva. Questa struttura permette una maggior resistenza alla torsione. vertebre sacrali Le vertebre sacrali in realtà sono addensate tra di loro in quanto si iniziano a fondere all’età di 16 anni fino a circa ai 26 anni creano una sorta di osso fuso detto per l’appunto sacro. Il sacro è costituito anteriormente da una struttura abbastanza liscia con 4 paia di fori sacrali anteriori per passaggio di nervi e vasi sanguigni per gli organi pelvici. Posteriormente invece ci sono 4 paia di fori sacrali posteriori. La parte posteriore è più ruvida e presenta diverse prominenze. Medialmente si trova la cresta mediale derivante dall’unione dei processi spinosi mentre lateralmente si trovano due creste laterali derivanti dalla fusione dei processi traversi. vertebre coccigee Tali vertebre si fondo entro circa i 20 anni di età e sono 4 di solito. Sembrano apparentemente inutili lOMoARcPSD|524 954 4 inquinato probabilmente sono il ricorso di una coda ma in realtà forniscono attacco per muscoli del pavimento pelvico. Inoltre la prima vertebra coccigea presenta due corna che servono come punti di ancoraggio per i legamenti che uniscono il coccige al sacro. -GABBIA TORACICA La gabbia toracica è costituita essenzialmente dalle coste, dallo sterno e dalle vertebre toraciche. La gabbia fornisce una protezione per i polmoni, cuore e altri organi contenuti al suo interno ed aiuta anche nel processo respiratorio. Il margine inferiore con le ultime coste è detto semplicemente margine costale. coste Le coste sono 12 paia e si legano posteriormente alle vertebre toraciche e anteriormente allo sterno(ad eccezione delle ultime due). Dalla prima alla settimana costa la loro dimensione aumenta per poi diminuire fino alla dodicesima. La prima costa è particolare: è molto piccola e presenta una testa, un collo, un tubercolo costale e un piccolo corpo. Dalla seconda in poi le coste sono leggermente diverse. A partire dalla testa, proseguendo poi per il collo si arriva sempre al tubercolo per l’articolazione con la faccetta trasversa della vertebra con lo stesso numero. Proseguendo lungo la costa troveremo un grosso angolo che porterà così la costa distalmente al nostro corpo per sfociare in una struttura più sottile a forma di lamina detto corpo della costa. A livello del margine inferiore del corpo della costa è presente un solco costale che permette il percorso dei vasi sanguigni e del nervo. Dalla prima alla 7 costa ci sono solo coste “vere” ovvero coste che terminano con cartilagine direttamente collegata allo sterno. La costa 8, 9 e 10 invece presentano una cartilagine che si lega indirettamente allo sterno passando per la cartilagine costale numero 7.La 11 e la 12 invece sono fluttuanti. Ma come si articolano le coste? La costa numero 1 articola direttamente con il corpo della vertebra T1.Successivamente quello che accade è un’articolazione intervertebrale; le coste articolano con le loro faccette articolari superiori sulle faccette costali inferiori della vertebra superiore e con le loro faccette articolari inferiori con le faccette costali superiori della vertebra sottostante. Le vertebre toraciche T10, T11 e T12 si comportano allo stesso modo della prima ovvero articolano la costa direttamente sul loro corpo e non tra una vertebra e l’altra. La costa 11 e la costa 12 dette coste fluttuanti mancano anche dei tubercoli in quanto non si legano alle faccette trasverse delle relative vertebre che tra l’altro ne sono prive. sterno Lo sterno invece è un osso piatto posizionato distalmente al corpo e che lega le coste. E’ costituito principalmente da tre parti: -manubrio:parte alta dello sterno che è caratterizzato da un’incisura sovrasternale superiore e da due incisure laterali che prendono il nome di incisure clavicolari perché qui si articola con le due clavicole. lOMoARcPSD|524 954 4 -corpo:è la parte più lunga e si articolo con il manubrio a livello dell’angolo sternale. Ha bordi ondulati dove le cartilagini costali sono attaccate, così come il manubrio. -processo xifoideo: il processo xifoideo è una piccola estremità inferiore dello sterno che serve come attacco ad alcuni muscoli addominali. -CINGOLO SCAPOLARE Il cingolo scapolare è caratterizzato dalla scapola e dalla clavicola. E’ essenziale per sostenere gli arti superiori e unirli allo scheletro assiale. La clavicola lega medialmente all’incisura clavicolare dello sterno creando l’articolazione sternoclavicolare mentre quella laterale si lega alla scapola creando l’articolazione acromioclavicolare. La scapola si articola anche con l’omero nell’articolazione gleno-omerale. clavicola La clavicola è un’osso abbastanza semplice la cui superficie superiori è abbastanza liscia mentre quella inferiore è segnata da scanalature e creste per le inserzioni muscolari. L’estremità sternale presenta una testa tondeggiante a forma di martello mentre l’estremità laterale(acromiale) è alquanto piatta.A livello acromiale troviamo il tubercolo conoide. scapola La scapola è caratterizzata da una tipica struttura triangolare.I tre lati sono: il margine superiore, il margine mediale e laterale.Ai tre vertici abbiamo l’angolo superiore, inferiore e laterale. Al margine superiore troviamo l’incisura sovrascapolare per il passaggio di un nervo. La superficie anteriore della scapola(fossa sottoscapolare) è abbastanza liscia e priva di caratteristiche. La superficie posteriore invece è caratterizzata da una spina scapolare che divide la scapola in una zona superiore detta fossa sovraspinata e una inferiore detta fossa infraspinata. La regione più complessa è quella dell’angolo laterale della scapola in quanto qui ci sono tre strutture principali: -Acromion: estensione della spina che articola con la clavicola -processo coracoideo: ha forma di dito piegato e fornisce attacco per il bicipite brachiale e per altri muscoli del braccio. -cavità glenoidea: cavità poco profonda che permette l’articolazione gleno-omerale con l’omero dell’arto superiore. L’articolazione della spalla permette movimenti molto ampi e per evitare che si dislochi ci son muscoli e tendini che lo impediscono ma anche il processo coracoideo che portandosi anteriormente contiene la testa dell’omero. Una dislocazione posteriore invece viene prevenuta dall’acromion, l’estensione della spina scapolare. -ARTO SUPERIORE L’arto superiore è caratterizzato dall’omero che articola direttamente con la scapola, dall’avambraccio costituito dal radio e dall’ulna e poi dal carpo che articola con la mano. omero L’omero è caratterizzato a partire dalla parte prossimale da una testa che articola con la scapola. La testa è circondata dal collo anatomico. lOMoARcPSD|524 954 4 Di questa estremità prossimale troviamo inoltre il tubercolo maggiore e il tubercolo minore(inserzione di muscoli) e in più un solco tra i due detto solco intertubercolare. Proseguendo l’ungo la dialisi troviamo sulla superficie laterale una tuberosi deltoidea per l’inserzione del deltoide.L’epifisi distale dell’omero presenta invece due condili: quello laterale è detto capitello mentre quello mediale è detto troclea. Due processi ossei a livello dei due condili si chiamano epicondili (laterale e mediale). L’epicondolo mediale protegge il nervo ulnare, più comunemente conosciuto come “funny bone”. Immediatamente sopra agli epicondili troviamo due creste: una cresta sovracondiloidea laterale e una mediale dove si inseriscono muscoli dell’avambraccio. L’estreità distale dell’omero mostra tre profonde fosse: la fossa posteriore è detta olecranica e articola con l’olecrano dell’una. Sulla parte anteriore abbiamo invece una fossa coronoidea che accoglie il processo coronoideo dell’ulna quando l’avambraccio è flesso. A livello laterale troviamo invece la fossa radiale, così chiamata per la vicinanza alla testa del radio. radio Il radio è un osso caratterizzato nella parte prossimale dalla testa del radio. Quando l’avambraccio effettua un movimento di pronosupinazione quello che succede è che la testa del radio ruota scivolando sul capitello dell’omero. Immediatamente sotto la testa troviamo un collo e una tuberosità radiale a livello mediale dove termina il bicipide. La diafisi non ha particolari caratteristiche e bisogna arrivare alla parte distale per trovare un processo stiloideo con due faccette articolari che articolano con lo scafoide e il semilunare del carpo. Qui è presente inoltre l’incisura ulnare del radio che si articola con l’estremità dell’ulna. ulna L’ulna invece a partire dalla zona prossimale è caratterizzata da una grande incisura trocleare che divide una zona posteriore detta olecrano che articola con la fossa olecranica quando il braccio è teso e una zona anteriore detto processo coronoideo che articola con la fossa coronoidea quando il braccio è flesso. Un’incisura segna il confine ulna-radio prossimale e viene detta incisura radiale dell’ulna. La parte distale dell’ulna consta di un processo stiloideo ulnare che si associa a quello radiale. Il radio e l’ulna sono uniti assieme attraverso una membrana interossea che si lega a una cresta presente al margine di ogni osso, il margine interosseo. Questa membrana serve per equilibrare gli sforzi di radio e ulna. ossa del carpo e della mano Il carpo si articola con l’articolazione radio-carpica. Le ossa sono disposte in due file, une prossimale e una distale. Scafoide, semilunare, piramidale e pisiforme sono i quattro elementi della fila prossimale mentre trapezio, trapezoide, capitato o grande osso (navicolare) e uncinato sono invece quelli della fila distale. Questa disposizione si intende di una mano con i palmi rivolti superiormente e procedendo medialmente.La fila distale di articola con il metacarpo. Il metacarpo sono cinque ossa brevi che si articolano con le falangi attraverso l’articolazione metacarpo falangea (si indicano con i numeri romani a partire dal pollice). Abbiamo tre falangi: prossimale, media, e distale. Questo non vale per il pollice che ne presenta solo due, prossimale e distale. -ARTO INFERIORE E CINGOLO PELVICO cingolo pelvico lOMoARcPSD|524 954 4 Il cingolo pelvico è caratterizzato dalle due ossa dell’anca (ulteriormente suddivisibile in Ileo, Ischio e pube), e dal sacro a cui sono legate attraverso l’articolazione sacroiliaca dove la superficie auricolare si combina con la superficie auricolare del sacro.La parte anteriore della pelvi è detta sinfisi pubica, caratterizzata da una zona cartilaginea che unisci le due ossa pubiche. Il cingolo pelvico crea attraverso questa struttura una porzione superiore più ampia detta stretto pelvico superiore delineata dalla sinfisi pubica, dalle creste pettine, dalle linee arcuate e dal margine sacrale mentre più inferiormente troviamo lo stretto pelvico inferiore delineato dal coccige, dalla tuberosità ischiatica e dalla sinfisi pubica. Tre sono le caratteristiche principali dell’osso dell’anca: -una parte superiore detta cresta iliaca -un acetabolo, una cavità che serve per l’articolazione con la testa del femore -un foro otturatorio: un ampio buco tondo che viene chiuso da una membrana otturatoria. L’osso più grande che compone l’anca è l’ileo che si estende dalla cresta iliaca all’acetabolo. La cresta iliaca si estende dalla spina antero-superiore alla spina postero-superiore. Inferiormente troviamo anche la spina antera-inferiore e la spina postero-inferiore. Sotto quest’ultima ha origine la grande incisura ischiatica. La superficie postero-laterale dell’ileo è abbastanza ruvida per l’inserzione di diversi muscoli dei glutei e della coscia.La superficie antera-mediale invece è la liscia e leggermente concava fossailiaca ricoperta dall’ampio muscolo iliaco. L’ischio è la porzione infero-posteriore dell’osso dell’anca ed è caratterizzato da una prominente spina ischiatica che termina la grande incisura ischiatica e origina la piccola incisura ischiatica. Alla fine della piccola incisura ischiatica troviamo la tuberosità ischiatica che sfocia poi nel ramo dell’ischio che lega anteriormente l’osso pubico. L’osso pubico quindi lega l’ischio attraverso il proprio ramo inferiore. Esso è anche caratterizzato da un ramo superiore e un corpo che lega attraverso cartilagine l’altro osso pubico generando la sinfisi pubica. Il bacino maschile presenta differenze rispetto al bacino femminili come: -L’angolo sottopubico nelle donne è più ampio (di solito supera i 100°) mentre nell’uomo è più piccolo(sotto i 90°) -Di conseguenza lo spazio dello stretto pelvico inferiore risulterà minore nell’uomo che nella donna. -L’acetabolo è rivolto lateralmente nell’uomo ed è più largo di quello della donna che è rivolto antero-lateralmente. -Genericamente più massiccio e rugoso nell’uomo.Nella donna è più leggero e liscio. femore Il femore è l’osso più lungo del nostro corpo e si articola con l’acetabolo creando una tipica articolazione sferoidale. Per contenere il femore in tale cavità interviene il legamento rotondo che si estende dall’acetabolo fino alla fovea capitis della testa del femore. Successivamente, proseguendo distalmente, troviamo il collo del femore(punto comune di frattura), e due processi ossei detti piccolo e grande trocantere che sono i punti di inserzione per i muscoli dell’anca. Posteriormente i trocanteri sono uniti dalla cresta trocanterica e anteriormente dalla linea trocanterica più lieve e delicata. A livello della diafisi anteriormente non abbiamo particolari caratteristiche ma 13 di 66 lOMoARcPSD|524 954 4 posteriormente trovino una linea detta linea aspra che si biforca prossimalmente in una linea spirale mediale e una tuberosità glutea laterale. Distalmente la linea aspra genera posteriormente la linea sopracondiloidea laterale e la linea sopracondiloidea mediale che continuano in basso nei rispettivi condili ed epicondili. Anteriormente a livello della epifisi distale è presente una grande superficie articolare detta superficie patellare o troclea femorale che permette di articolare con la patella. rotula-patella La patella è un piccolo osso sesamoide che si forma tra i 3 e i 6 anni di età con la trasformazione del tessuto cartilagineo. La superficie anteriore è liscia e termina inferiormente in un apice della patella. Posteriormente abbiamo due faccette articolari, una laterale più ampia e una mediale più stretta che articolano con il femore. tibia e fibula Sono le ultime ossa lunghe che vediamo. La tibia in realtà è la più importante ed ha il compito di sorreggere il peso del corpo mentre la fibula serve solamente a stabilizzare la caviglia. La tibia si trova medialmente e nell’epifisi prossimale consta di una superficie articolare che articola con i condili del femore. La superficie articolare è formata una un condilo laterale e una mediale che sono divisi da una eminenza intercondiloidea. Anteriormente la tibia possiede una tuberosità tibiale e successivamente una lunga cresta anteriore.A livello distale troviamo il malleolo mediale che comunica con il malleolo laterale che però fa parte della fibula. La fibula è più larga nell’estremità prossimale chiamata testa (la punta della testa è detta apice) rispetto a quella distale troviamo il malleolo laterale. Così come radio e ulna queste due ossa sono unite tramite una membrana interossea. piede Il piede è caratterizzato dalle ossa tarsali, da quelle metatarsi e dalle falangi. Le ossa tarsali sono suddivise in una fila prossimale e una distale così come avviene nella mano. Per la fila prossimale troviamo: il calcagno che forma il tallone ed è l’attacco del tendine d’achille, il talo (o astragalo) si trova superiormente e oltre a confinare con il calcagno possiede i condili per articolare con la tibia e confina con il piccolo osso navicolare. Le ossa tarsali distali invece, procedendo lateralmente (visione superiore del piede) sono: il cuneiforme mediale, intermedio e laterale insieme al cuboide che è il più grande. Queste ossa del piede confinano con il metatarso che vede 5 ossa metatarsali. I metatarsali articolano con le falangi. Anche qui le falangi sono suddivise in prossimali, mediali e distali. -SISTEMA MUSCOLARE Il sistema muscolare così come il sistema scheletrico presenta delle funzionalità importanti. E’ indispensabile per il movimento, per la stabilità del corpo(mantengono la postura), per la produzione di calore (producono l’85% del calore corporeo, vitale per il funzionamento degli enzimi), per il controllo delle aperture dei passaggi del corpo(sfintere anale, muscoli che circondano la bocca ecc.) e per il controllo glicemico nel sangue. Un generico muscolo scheletrico è composto da tessuto muscolare ovviamente ma anche da tessuto connettivo, nervoso e da vasi sanguigni. Per quanto riguarda gli elementi del tessuto connettivo troviamo: - Endomisio: è una guaina che circonda ogni fibra muscolare. - Perimisio: le fibre muscolari sono unite tra di loro tramite il permisio che trasporta anche nervi e vasi sanguigni più grandi rispetto a quelli dell’endomisio. - Epimisio: è una guaina che circonda l’intero muscolo. Sulla sua superficie esterna esso termina nella fascia mentre sulla superficie interna crea proiezioni tra i fascicoli per formare il perimisio. I muscoli vengono classificati in base alla loro forma: lOMoARcPSD|524 954 4 - Fusiformi: spessi al centro e sottili alle due estremità (bicipide brachiale) Paralleli: larghezza uniforme e fasci paralleli (retto dell’addome) Triangolari: a forma di ventaglio, ampi da una parte convergono poi sul tendine dall’altra. Pennati: si dividono in monopennati dove i fascicoli si dirigono verso l’unico tendine laterale; i bipennati hanno un tendine centrale con i fascicoli che si direzionano verso di esso; i multipennati hanno la forma di un mazzo di penne e i fascicoli convergono in un unico punto ma provengono da diverse direzioni.Ne è un esempio il deltoide. -Circolari: formano anelli attorno ad alcune aperture del corpo. I muscoli si legano all’osso tramite i tendini.Il tendine si allarga a livello del muscolo originando l’epimisio esterno appena visto in precedenza. L’unità funzionale del muscolo è la fibra muscolare che però a sua volta può essere analizzata nelle suo componenti più piccole. Ogni miofibrilla è costituita da un insieme ripetuto di unità funzionali più piccole dette sarcomeri. Ogni sarcomero è formato da un insieme strutturato di proteine in particolare l’actina e la miosina. Più nello specifico troviamo un alternarsi di filamenti sottili di actina a filamenti spessi di miosina. La miosina (più molecola associate) idrolizza ATP a livello delle loro teste ATPasiche per legarsi ai filamenti di actina ed effettuare una sorta di tiraggio che accorcia il sarcomero. Questa operazione avviene su tutti i sarcomeri che compongono la miofibrilla accorciando così l’intera fibra muscolare. Questa attività è controllata da un impulso nervoso e da neurotrasmettitori come l’acetilcolina. Importantissimo è il ruolo del calcio che attiva la contrazione muscolare liberando i siti di legame della miosina sui filamenti actinici. tipi di contrazione Isometrica: per contrazione isometrica di intende essenzialmente la fase iniziale della contrazione muscolare in cui il muscolo non si accorcia(non varia di volume)ma sviluppa una potenza atta a sollevare un peso o comunque ad attuare un movimento. Quando si è raggiunta la tensione esatta accade che il muscolo avvia la contrazione isotonica in cui la potenza sviluppata rimane pressoché costante e varia il volume del muscolo che si contrare notevolmente. tipi di muscolatura Muscolatura liscia: il muscolo liscio si contrae come visto precedentemente ma istologicamente non ha una ripetizione ordinata dei sarcomeri. È involontaria, sotto il controllo nervoso ed ormonale. Muscolatura striata: ripetitività precisa dei sarcomeri che crea striature. È volontaria. Muscolatura cardiaca: ibrido tra i due precedenti. È assimilabile alla muscolatura scheletrica istologicamente ma è involontario dal punto di vista funzionale. muscoli della testa e del collo Nella parte superiore della testa troviamo essenzialmente due muscoli abbastanza semplici, il frontale e l’occipitale. Il frontale origina a livello della galea aponeurotica e si inserziona a livello del tessuto sottocutaneo delle sopracciglia.L’occipitale invece si trova posteriormente e origina a livello della linea nucale superiore e dell’osso temporale per arrivare anche lei alla galea aponeurotica anche detta galea capitis(tessuto connettivale). Posti a raggiera attorno al meato acustico ci sono il muscolo auricolare anteriore, superiore e posteriore. Scendendo a livello del massiccio facciale la muscolatura diventa più complessa in quanto queste sono maggiormente responsabili della mimica facciale e di altri movimenti. Zona oculare: qui abbiamo i muscoli orbicolari dell’occhio che sono degli sfinteri delle palpebre.L’orbicolare ha la funzione principale di chiudere l’occhio. lOMoARcPSD|524 954 4 Superiormente e medialmente abbiamo il corrugatore del sopracciglio che serve appunto a corrugare le sopracciglia.Il corrugatore origina a livello mediale del margine sopraorbitario e inserziona alla cute del sopracciglio. Spostandoci ancora medialmente troviamo il procero che assieme al muscolo nasale modifica la mimica della zona nasale. Il nasale origina a livello della mascella laterale al naso e inserzione a livello delle cartilagini alari del naso. Zona peri-boccale: in questa zona troviamo principalmente l’orbicolare della bocca che origina a livello del modiolo della bocca e inserziona a livello delle labbra. La funzione dell’orbicolare è quella di chiudere le labbra. Troviamo anche i muscoli zigomatici ovvero lo zigomatico maggiore e lo zigomatico minore che originano a livello dello zigomo e inserzionano sulla porzione superiore laterale della bocca.Più internamente, a fianco dello zigomatico minore è presente l’elevatore del labbro superiore che ha il compito di innalzare il labbro superiore. A livello laterale rispetto all’orbicolare della bocca è presente il risorio che permette di ridere stendendo lateralmente gli angoli della bocca.Proseguendo a livello laterale dell’orbicolare della bocca troviamo anche il buccinatore che serve principalmente a comprimere le guance. Inferiormente invece troviamo il depressore dell’angolo della bocca, il depressore del labbro inferiore e il mentale.Gli ultimi due normalmente cooperano tra di loro. Zona oculare-muscoli estrinseci dell’occhio: i muscoli estrinseci dell’occhio permettono il movimento del bulbo oculare a differenza di quelli intrinseci invece che si occupano principalmente di dilatare o contrarre la pupilla e che appartengono direttamente al bulbo oculare.Di questi muscoli fanno parte 4 muscoli retti: uno superiore, uno inferiore, uno laterale e uno mediale. Ad aggiustare i movimenti che questi muscoli possono far fare all’occhio intervengono i muscoli obliqui: il muscolo obliquo superiore e il muscolo obliquo inferiore. Nella zona superiore è presente anche l’elevatore della palpebra superiore che ha per l’appunto il compito di elevare la palpebra. Muscolatura masticatoria: I muscoli masticatori sono essenzialmente 4: -Temporale: muscolo che origina a livello delle linee temporali dell’osso occipitale e inserziona a livello del processo coronoideo della mandibola.Permette l’elevazione mandibolare ma anche la retroazione e movimenti laterali. -Massetere: si inserziona a livello della tuberosità dell’angolo della mandibola e ha più o meno la stessa funzione del temporale. -Muscolo pterigoideo mediale e laterale che inserzionano a livello mediale della mandibola e l’azione è sinergica rispetto ai precedenti.Hanno un ruolo importante nell’apertura della bocca. Muscoli della lingua: I muscoli della lingua sono essenzialmente: - Genioglosso: origina a livello della spina mentoniera e inserziona la superficie inferiore della lingua.Serve per l’abbassamento e la protrusione della lingua. - Ioglosso: origina a livello dell’osso ioide e si inserziona a livello delle superfici laterali e inferiore della lingua. Serve per abbassare e retrarre la lingua. - Stiloglosso: origina a livello del processo stiloideo dell’osso temporale e inserzione la parte superolaterale della lingua. Serve per lo più a retrarre e innalzare le pareti laterali della lingua. - Palatoglosso: origina livello del palato molle e inserzione a livello della superficie laterale della lingua.Serve per innalzare la lingua e abbassare il palato molle. Muscoli del tratto faringeo: A livello della faringe abbiamo tre muscoli che si contraggano nel processo della deglutizione e sono il costrittore superiore, mediano e inferiore. Servono per direzionare il cibo all’esofago. Muscoli del collo: lOMoARcPSD|524 954 4 -Sternocleidomastoideo: origina a livello del manubrio sternale e a un terzo mediale della clavicola.Inserziona a livello del processo mastoideo della parte mastoidea dell’osso temporale. Il movimento unilaterale permette di innalzare la testa verso l’alto e ruotare leggermente verso il lato opposto. Un movimento bilaterale muove la testa in avanti e in basso come quando mangiamo. -Platisma: è un muscolo sottile e ampio che origina dall’angolo della bocca, prosegue sul profilo mandibolare, lateralmente al collo e si inserisce sulla clavicola. Ha funzione protettiva e mimica. Quando l’uomo si rade tende questo muscolo per rendere meno profonda la concavità tra mandibola e collo. Muscolatura del tronco: -posteriore superficiale: il primo che vediamo è il trapezio che occupa circa i 2/3 della superficie dorsale.Esso si porta lateralmente superiormente dalla colonna per inserzionarsi a livello della spina scapolare.Il secondo che vediamo è il deltoide che è il muscolo che da profilo alla spalla, anche questo si inserisce nella spina scapolare. Spostandoci inferiormente intravediamo parte del muscolo infraspinato o sottospinato. La rimanente parte dorsale è occupata principalmente dal gran dorsale. -posteriore profondo: togliendo il trapezio notiamo due muscoli che prendono il nome di di piccolo e grande romboide. Sezionando questi due individuiamo il dentato posterioresuperiore.Esiste più inferiormente anche il dentato-posteriore-inferiore. Sempre togliendo il trapezio si nota anche il muscolo sopraspinato e l’elevatore della scapola. Lateralmente-posteriormente si trova anche il dentato anteriore chiamato così perché si inserisce sulle coste. La parte più profonda del dorso vede i muscoli erettori della colonna che corrono lungo tutta la colonna vertebrale e la raddrizzano. Gli erettori della colonna si suddividono dalla parte laterale a quella mediale in: ileocostale (lombi, dorso e collo), lunghissimo(dorso, collo, testa), spinale(dorso, collo, testa). -anteriore più superficiale: oltre al platisma già trattato nei muscoli del collo(inserziona sulla clavicola) inferiormente troviamo il grande pettorale e l’obliquo esterno dell’addome nella zona addominale. -anteriore più profondo: sotto al grande pettorale notiamo subito il piccolo pettorale e le inserzioni del dentato anteriore sulle coste. Nella regione addominale troviamo invece l’obliquo interno dell’addome e più profondamente il trasverso dell’addome.Questi due vengono bloccati anteriormente dal retto dell’addome il quale è ricoperto da uno strato connettivale di contenimento. Muscoli del braccio: Posteriormente notiamo immediatamente il tricipide il quale è formato da tre corpi muscolari: il capo lungo, il capo laterale e il capo mediale. Anteriormente invece troviamo il bicipite brachiale con un capo lungo e un capo breve. Sollevando il bicipite troviamo il coracobrachiale nella parte prossimale e il brachiale in quella distale. Il muscolo coracobrachiale e il brachiale sono sinergici e per questo danno una potenza maggiore rispetto al normale bicipite. Muscoli dell’avambraccio: lOMoARcPSD|524 954 4 Muscoli respiratori: Il principale muscolo respiratorio è il diaframma. Esso è a forma di cupola e si trova tra la cavità toracica e la cavità addominale.E’ aperto per il passaggio dell’esofago, dei vasi sanguigni(tra cui la vena cava e aorta) e linfatici e i nervi tra le due cavità. Le sue fibre convergono dai margini verso un tendine centrale fibroso. Quando si ha l’inspirazione il diaframma si contrae e si appiattisce permettendo ai polmoni di espandersi. Grazie alla zona connettivale centrale impediamo che i vasi sanguigni vengano strozzati ad ogni contrazione in quanto è una zona che non può contrarsi. Durante l’espirazione il diaframma si rialza. Aiutano nella respirazione (inspirazione) anche lo sternocleidomastoideo già visto in precedenza e gli scaleni (anteriore, medio e posteriore) che sono muscoli profondi del collo che si inseriscono sulla clavicola e sulla prima costa.I muscoli intercostali esterni ed interni svolgono rispettivamente un ruolo inspiratorio ed espiratorio. L’espirazione è un’azione passiva e non richiede lavoro muscolare. Ci sono però muscoli che aiutano in questo o che vengono usati nell’espirazione forzata e sono principalmente quelli addominali già visti in precedenza come: obliquo interno, obliquo esterno, trasverso dell’addome e trasverso del torace. Muscoli dell’arto inferiore: A partire dalla zona posteriore notiamo immediatamente il grande gluteo.Sopra il grande il gluteo è presente il medio gluteo mentre in profondità troviamo il piccolo gluteo. Anteriormente notiamo il tensore della fascia lata che è un piccolo muscolo che sfocia in un lungo tendine che prosegue per tutta la lunghezza della coscia. A livello della zona intorno all’articolazione con il femore originano una serie di muscoli disposti a raggiera che sono: piriforme, gemello superiore, otturatorio interno, otturatorio esterno, gemello inferiore e quadrato del femore. Nella zona anteriore troviamo il quadricipite femorale che si suddivide in 4 corpi: retto del femore, vasto laterale, vasto mediale e vasto intermedio.Il quadricipite si ancora con i suoi 4 corpi attraverso un unico legamento detto legamento rotuleo o patellare.Tale legamento passa superiormente rispetto alla rotula e va ad inserirsi nella tuberosità tibiale anteriore. Il sartorio è un muscolo particolare in quanto origina lateralmente, passa superiormente al quadricipite femorale fino ad arrivare alla tibia. A livello mediale/interno coscia troviamo il gracile e più in profondità e posteriormente la famiglia degli adduttori (avvicinano la gamba all’asse mediale). Posteriormente a livello della coscia troviamo invece il bicipide femorale, il semitendinoso e il semimebranoso (da laterale a mediale). Muscoli della gamba: Prima di tutto troviamo il tibiale anteriore (anteriormente alla tibia) seguito lateralmente dal peroniero lungo e dal peroniero breve.Posteriormente abbiamo il tricipide surale che è formato dal gastrocnemio nelle sue due parti laterale e mediale, e dal soleo che è più in profondità.L’inserzione del soleo e dei due gastrocnemi è il tendile calcaneale o anche detto tendine d’achille. -ARTICOLAZIONI I movimenti sono possibili solo grazie alla presenza delle articolazioni delle ossa. Si possono suddividere in 4 grandi classi: -Articolazioni ossee -Fibrose -Cartilaginee -Sinoviali -Una articolazione ossea o sinostosi è un’articolazione immobile formata quando lo spazio tra due ossa ossifica ed esse diventano, in effetti, un singolo osso. lOMoARcPSD|524 954 4 Queste articolazioni si possono formare per ossificazione di articolazioni fibrose e cartilaginee. Ad esempio, un neonato nasce con l’osso frontale e la mandibola divise in due parti che poi però fondono formando l’osso frontale e la mandibola. In età avanzata per esempio alcune suture craniche si obliterano tramite ossificazione e le ossa craniche adiacenti si fondono (come le parietali).Un altro esempio è l’attacco della prima costa allo sterno diventa una sinostosi con il passare degli anni. -Le articolazioni fibrose invece sono anche dette sinartrosi. Queste rappresentano un punto in cui due ossa si uniscono per mezzo di fibre collagene che emergono da un osso e si inserzionano nell’osso adiacente. Si suddividono in: suture, gonfosi e sindesmosi. Nelle prime due le fibre sono molto corte e i movimenti sono praticamente nulli.Nelle sindesmosi invece le ossa che vi partecipano sono mobili. suture: Le suture sono tipiche delle ossa del cranio. Le ossa sono tenute unite da fibre collagene molto corte e non permettono particolari movimenti. gonfosi: Una concavità si inserisce in una convessità e sono fissate tra loro da un legamento fibroso o da una fascia.L’esempio è il dente nelle sue cavità alveolari; il dente è mantenuto nella cavità attraverso il legamento periodontale che permette leggeri movimenti. sindesmosi: La sindesmosi invece è caratterizzata da fibre collagene leggermente più lunghe che donano maggiore mobilità alle ossa che la compongono. Ne è un esempio la membrana interossea del radio e dell’ulna che permette il movimento di pronosupinazione dell’avambraccio. I movimenti sono comunque limitati. -Le articolazioni cartilaginee sono dette anche anfiartrosi. Le ossa sono tenute assieme attraverso tessuto cartilagineo. Una prima classificazione è la sincondrosi in cui due ossa sono legate tramite cartilagine ialina. Un esempio di sincondrosi è la piastra cartilaginea che divide epifisi e diafisi nelle ossa lunghe dei bambini.Di solito non permettono nessun movimento se non la prima articolazione sterno-costale. Una seconda classificazione è la sinfisi in cui le due ossa sono unite da cartilagine fibrosa e sono un esempio la sinfisi pubica e i dischi intervertebrali tra le vertebre.Queste permettono movimenti piccoli e controllati. -Le articolazioni sinoviali invece sono le più comuni e sono anche dette diartrosi.Queste sono quelle che permettono i movimenti più ampi. Sono però anche le più complesse in quanto hanno una struttura veramente particolare. Le superfici delle due ossa che si fronteggiano sono rivestite da cartilagine articolare, uno stratto di 2-3 millimetri di cartilagine ialina. Tali superfici sono separate da uno stretto spazio detta cavità articolare che contiene un lubrificante chiamato liquido sinoviale. Questo fluido è ricco di albumina e acido ialuronico che lo rende scivoloso simile all’albume dell’uovo crudo. Questo liquido nutre le cartilagini, elimina i prodotti di scarto e rende i movimenti quasi privi di attrito. Esternamente abbiamo una capsula articolare di tessuto connettivo che racchiude la cavità e trattiene il fluido.Esternamente la capsula articolare è una capsula fibrosa al periostio delle ossa adiacenti e viene rafforzata da legamenti mentre internamente crea la membrana sinoviale che secerne il liquido sinoviale. Le articolazioni sinoviali vengono classificate in: -Enartrosi: è l’articolazione tipica del femore con l’acetabolo o dell’omero con la cavità glenoidea della scapola. Una testa semisferica si inserisce all’interno di una coppa articolare. lOMoARcPSD|524 954 4 -Articolazione a perno: in questa articolazione il movimento è lungo l’asse longitudinale.Ne è un esempio l’articolazione atlanto - epistrofea in cui il movimento avviene mantenendo come perno il dente dell’epistrofeo. -Articolazione trocleare: articolazione in cui il movimento favorito è solo lungo un determinato piano.E’ tipico del gomito.In questa articolazione di solito troviamo una zona convessa(ma non semisferica) come la troclea dell’omero che articola con una zona leggermente concava come l’incisura trocleare del radio. -Articolazione a sella: le due superfici sono concave-convesse entrambe e il movimento avviene su due assi perpendicolari. Ne è un esempio l’articolazione carpo - metacarpale del pollice. -Artrodie o articolazioni piane : sono articolazioni in cui le superfici articolari sono piane e scivolano tra di loro.I movimenti però hanno limiti abbastanza ristretti. Ne sono un esempio le articolazioni delle ossa del carpo che scivolano e ruotano tra di loro. -LEVE Per leva di solito si intende una qualsiasi asta rigida. Una leva ruota attorno ad un fulcro. La parte della leva che si trova tra il fulcro e il punto di applicazione della potenza è detto braccio della potenza; la parte di leva che si trova tra il fulcro e il punto di applicazione della resistenza è detto braccio della resistenza. Le leve possono essere classificate in: -Primo genere: quando il fulcro si trova tra potenza e resistenza R P -Secondo genere: quando il fulcro e la potenza si trovano a estremità opposte e in mezzo c’è la resistenza R P lOMoARcPSD|524 954 4 -Terzo genere: quando il fulcro e la resistenza si trovano a estremità opposte e in centro c’è la potenza. P R Applicando tale concetto in anatomia notiamo come il fulcro diventa l’articolazione, la potenza è il lavoro muscolare e la resistenza è il peso del corpo. Come leva di primo genere troviamo ad esempio il movimento della testa quando diciamo “si”. In questo caso il fulcro è l’articolazione atlanto-occipitale, la potenza è la potenza dei muscoli che permettono questo movimento e la resistenza è il peso della testa.Disegnando vettorialmente le due forze notiamo che è appunto una leva di primo genere, anche se svantaggiosa. R P Una tipica leva di secondo genere la troviamo quando ci mettiamo sulla punta dei piedi. In questo caso la punta dei piedi è il fulcro.Dalla parte opposta troviamo la potenza muscolare dei muscoli posteriori che permettono di innalzarci e in mezzo troviamo la forza peso che ci trascina verso il basso.Questa è una leva vantaggiosa in quanto il rapporto tra braccio della forza motrice e della forza resistente è maggiore di 1. P R Una leva di terzo genere la troviamo quando flettiamo l’avambraccio per sollevare qualcosa. In questo modo accade che il fulcro è l’articolazione del gomito, la forza resistente si trova sulla mano dal lato opposto mentre la forza motrice muscolare si trova in mezzo. P R lOMoARcPSD|524 954 4 APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO In questa parte ci concentriamo principalmente sullo studio del cuore. Esso è posizionato all’interno della cavità toracica, a livello del mediastino che è la regione compresa tra lo sterno, la colonna vertebrale e la faccia mediastinica delle pleure polmonari. Il cuore è leggermente piegato verso sinistra in modo tale che circa i due terzi si localizzano alla sinistra del piano mediano.La parte superiore del cuore viene chiamata base mentre la l’estremità inferiore restringe in una punta smussata detta apice del cuore che è situata immediatamente sopra il diaframma. La cavità pericardica o pericardio contiene il cuore. Tale cavità è costituita da un foglietto fibroso esterno detto sacco pericardico o pericardio parietale il quale è costituito da tessuto connettivo denso e irregolare e da uno strato sieroso più interno che si riflette a livello della base del cuore e costituisce l’epicardio anche detto pericardio viscerale che riveste la superficie del cuore. Tra i due foglietti è presente una cavità detta cavità pericardica che contiene da 5 a 30 ml di un liquido detto liquido pericardico prodotto dal pericardio sieroso. Il liquido permette al cuore di battere con attriti minimi.Oltre a ridurre l’attrito il pericardio isola il cuore dagli altri organi toracici e permette alle sue camere di espandersi, opponendosi tuttavia a una espansione eccessiva. La parete cardiaca è suddivisa in tre stati principali: -Epicardio o pericardio viscerale: questo strato è una membrana sierosa disposta sulla superficie del cuore.E’ costituito da un epitelio squamoso semplice al di sopra di un sottile strato areolare (tessuto connettivo lasso).In alcuni punti comprende anche uno spesso strato di tessuto adiposo.Le ramificazioni maggiori dei vasi sanguigni coronarici(sangue ossigenato) decorrono al di sotto dell’epicardio. -L’endocardio è lo strato più interno ed è caratterizzato da una morfologia simile all’epicardio.L’endocardio riveste l’interno delle camere cardiache e permette al sangue di rimanere scoagulato mentre passa nelle diverse cavità. -Il miocardio invece è lo strato compreso tra l’epicardio e l’endocardio. Questo è molto più spesso in quanto esegue il lavoro del cuore (pompare sangue).Il miocardio è formato principalmente dal muscolo cardiaco disposto in una spirale chiamata vortice miocardico. Questa disposizione ottimizza la contrazione e la contorsione del cuore che aumenta l’iniezione di sangue. Il cuore in realtà a livello delle valvole cardiache e quindi delle pareti che dividono le diverse cavità è ricco di un tessuto ricco di collagene e fibre elastiche detto scheletro fibroso, principale costituente anche degli anelli fibrosi che circondano le valvole. MIOCARDIO EPICARDIO ENDOCARDIO lOMoARcPSD|524 954 4 cavità cardiache Il cuore è suddiviso in 4 cavità. La parte superiore vede i due atri, atrio destro e sinistro, mentre quella inferiore vede il ventricolo destro e il ventricolo sinistro. I due atri quindi si trovano a livello della base del cuore e sono formati da pareti sottili che ricevono il sangue che ritorna al cuore attraverso le grandi vene.La maggior parte del volume dell’atrio è localizzato nella faccia posteriore; ogni atrio è previsto di una estensione a forma di orecchio detta auricola che aumenta lievemente il suo volume. I due ventricoli invece servono per pompare il sangue all’interno delle arterie che lo faranno fluire per tutto l’organismo; il più grande è quello destro mentre il sinistro forma l’apice e la faccia inferoposteriore. A livello superficiale i confini delle 4 camere sono delimitati da tre solchi in gran parte ricoperti da tessuto adiposo all’interno del quale passano i vasi coronarici. Il solco coronario ( atrioventricolare ) separa gli atri soprastanti dai ventricoli sottostanti.Da questo si dipartono due solchi obliqui, uno anteriore denominato solco interventricolare anteriore che prosegue fino all’apice del cuore e uno posteriore denominato solco interventricolare posteriore. Questi solchi sottendono una parete interna, il setto interventricolare che divide il ventricolo destro e quello sinistro. Gli atri sono formati da pareti abbastanza sottili in quanto non devono svolgere un lavoro particolarmente pesante e sono separati dal setto interatriale. Internamente gli atri mostrano delle creste di miocardio chiamate muscoli pettinati. Il ventricolo destro pompa il sangue solo nei polmoni e per questo la sua parete non è particolarmente muscolare.La parete del ventricolo sinistro invece è più spessa di due o 4 volte a causa del fatto che esegue la maggior parte del carico di lavoro rispetto a tutte le altre cavità pompando il sangue nell’interno organismo.Entrambi i ventricoli presentano creste interne chiamate trabecole carnee. valvole Tra gli atri e i ventricoli sono presenti delle valvole che prendono il nome di valvole AV o atricoventricolari e regolano le aperture esistenti tra atri e ventricoli. La valvola di destra è chiamata tricuspide mentre quella di sinistra bicuspide a causa della loro composizione: la prima è costituita da tre lamine fibrose (cuspidi) e la seconda solo da due. Queste valvole sono legate con delle corde tendine filiformi a esteroflessioni muscolari dei ventricoli detti muscoli papillari. La valvola bicuspide di sinistra è detta anche mitrale. Le valvole invece che controllano le aperture tra ventricoli e arterie sono dette valvole semilunari. La valvola del ventricolo destro è detta polmonare in quanto controlla il passaggio del sangue verso i polmoni mentre quella del ventricolo sinistro è detta aortica. Entrambi sono provviste di tre cuspidi. Le aperture delle valvole dipendono semplicemente dalla pressione.Questo significa che quando i ventricoli sono rilassati le valvole AV vedono i loro cuspidi aperti verso il basso: il sangue fluisce così nei ventricoli. Quando il sangue entra nei ventricoli essi cominciano a contrarsi aumentando la pressione verso l’alto chiudendo tali valvole impedendo così il reflusso del sangue. Nello stesso tempo l’aumento della pressione del sangue nei ventricoli fa si che le valvole semilunari si aprano permettendo il passaggio del sangue fuori dal cuore. lOMoARcPSD|524 954 4 Le corde tendine legate ai muscoli papillari dei ventricoli servono per far si che le cuspidi non si rovescino al contrario verso l’apertura atriale sfociando in un prolasso valvolare. Ma come passa il sangue? verso che direzione? Una volta completata la circolazione sistemica, il sangue ricco di anidride carbonica attraverso la vena cava inferiore e superiore entra nell’atrio destro. Dall’atrio desto prosegue nel ventricolo destro passato la valvola AV tricuspide atrioventricolare. Dal ventricolo destro il sangue viene pompato verso i polmoni attraverso la valvola polmonare e il tronco polmonare. Quando si è ossigenato il sangue ritorna attraverso le vene polmonari destre e sinistre (2+2) nell’atrio sinistro. Dall’atrio sinistro il sangue scende nel ventricolo sinistro attraverso la valvola bicuspide o mitrale e procede poi a essere pompato dal ventricolo nell’aorta attraverso la valvola aortica. sistema di conduzione del cuore Il cuore è un muscolo involontario nonostante sia striato.La funziona contrattile del cuore deriva dalla presenza di un sistema nervoso elettrico proprio. Il nodo senoatriale (SA) è una porzione di cardiociti modificati posizionati a livello dell’atrio destro, appena sotto all’epicardio, in prossimità della vena cava. Questa porzione ha la capacità di iniziare la depolarizzazione della membrana legata alla contrazione del cuore: viene detto anche pacemaker in quanto inizia autonomamente ogni battito cardiaco e determina il ritmo cardiaco. Segnali dell’SA si propagano verso i due atri e successivamente raggiungono il nodo antrioventricolare (AV) che funziona da comunicatore dell’impulso elettrico ai ventricoli in quanto lo scheletro fibroso delle valvole impedisce che arrivino impulsi elettrici da qualsiasi altra via. Questo è localizzato a livello della valvola atrioventricolare destra(tricuspide). L’eccitazione prosegue dal nodo atrioventricolare lungo il fascio di HIS o anche detto fascio atrioventricolare.Questo è un insieme di miociti modificati che permettono di trasmettere il segnale dal nodo AV. Questo si prolunga nel setto intraventricolare e scendono fino all’apice del cuore.Infine si notano anche le fibre di Purkinje che dal fascio di HIS salgono lungo i ventricoli innervando il sinistro maggiormente rispetto al destro. osservazione: anche se il cuore presenta i pacemaker è anche innervato dal sistema simpatico e parasimpatico che possono modificare il ritmo cardiaco e la forza della contrazione. Il sistema simpatico può aumentare la frequenza cardiaca mentre quello parasimpatico la può diminuire anche notevolmente. ciclo cardiaco Il ciclo cardiaco si basa su movimenti di sistole ovvero eccitazione elettrica di una cavità pompando il sangue e di diastole che invece è un rilassamento e permette alla cavità di riempirsi. All’inizio tutte e 4 le cavità sono distese e rilassate(diastole): le valvole AV sono aperte e quando il sangue entra nel cuore dalle vene cave e dalle vene polmonari passa attraverso queste valvole e riempie parzialmente i ventricoli. A questo punto si attiva il nodo senoatriale e eccita il miocardio atriale producendo la sistole atriale.Gli atri quindi si contraggono e riempiono i ventricoli. Questa contrazione si diffonde lungo il nodo atrioventricolare, il fascio di HIS e le fibre di Purkinje contraendo i ventricoli e dando origine alla sistole ventricolare che porta alla chiusura delle valvole AV e all’apertura delle valvole semilunari (polmonare e aortica) dei due ventricoli. A questo punto, una volta che il sangue è entrato nel tronco polmonare dal ventricolo di destra e nell’aorta dal ventricolo di sinistra si verifica la depolarizzazione ed il rilassamento dei ventricoli portando tutte e quattro le cavità in una nuova fase di diastole. lOMoARcPSD|524 954 4 manifestazione esterne del ciclo cardiaco Itto cardiaco: leggera torsione del cuore in senso orario e secondo l’asse verticale dei ventricoli durante la sistole. Questo fa urtare leggermente il cuore contro la gabbia toracica. Toni o rumori cardiaci: Questi possono essere dovuti a diversi fattori come: -Chiusura delle valvole -Riempimento ventricolare -Contrazione atriale Se è presente insufficienza aortica questa si può sentire in fase di diastole in quanto la valvola aortica non è chiusa bene. Stenosi aortica invece è udibile in sistole. vascolarizzazione del cuore Il cuore deve la sua vascolarizzazione grazie alle arterie coronarie, una destra e una sinistra che emergono dal primo tratto ascendente aortico. L’arteria coronaria sinistra (ACS) percorre il solco coronario sinistro al di sotto dell’auricola sinistra e si divide in due rami: -il ramo interventricolare anteriore dell’arteria coronaria sinistra che prosegue anteriormente raggiungendo l’apice e piegando leggermente verso la parte posteriore -il ramo circonflesso continua attorno al margine sinistro del cuore nel solco coronario e prosegue posteriormente a creare il ramo marginale sinistro che discende lungo il ventricolo sinistro L’arteria coronaria destra(ACD) invece continua lungo il solco coronario passando al di sotto dell’auricola destra e da origine a due rami: -il ramo marginale destro che passa sopra il margine destro di atrio e ventricolo e si avvicina all’apice -l’arteria procede verso la parte posteriore destra del cuore inviando un piccolo ramo al nodo atrioventricolare e poi origina il ramo interventricolare posteriore In caso di coagulo ematico o eccessivo deposito di grasso a livello delle arterie coronarie ci sarebbero conseguenze devastanti per il cuore che può andare incontro a infarto del miocardio o IMA (infarto del miocardio acuto) ovvero la morte improvvisa di un’aerea di tessuto privata del suo flusso sanguigno. RAMO INTERVENTRICOLARE ANTERIORE ACS RAMO CIRCONFLESSO CHE SFOCIA POSTERIORMENTE NEL RAMO MARGINALE SINISTRO lOMoARcPSD|524 954 4 RAMO MARGINALE DI DESTRA ACD POSTERIORMENTE INNERVA IL NODO ATRIOVENTRICOLARE E SFOCIA NELLA CREAZIONE DEL RAMO INTERVENTRICOLARE POSTERIORE Da un punto di vista venoso invece il sangue viene captato da apposite vene che riversano il contenuto attraverso il seno coronario nell’atrio destro. Il seno coronario è una grande vena che decorre lungo il solco coronario lungo la faccia posteriore del cuore e svuota il suo contenuto come già detto nell’atrio destro. La vena cardiaca magna raccoglie il sangue venoso dalla faccia anteriore del cuore e decorre in prossimità dell’arteria intraventricolare anteriore.La vena risale fino al solco coronario dove piega posteriormente per riversare nel seno coronario. La vena cardiaca media invece raccoglie il sangue dalla faccia posteriore del cuore e decorre lungo l’arteria intraventricolare posteriore.Anch’essa sfocia nel seno coronario. La vena marginale sinistra decorre lungo l’arteria marginale sinistra (formata dall’arteria coronarica sinistra) e sfocia anch’essa a livello del seno coronario. pareti dei vasi sanguigni Le pareti delle arterie e delle vene presentano tre strati chiamati tonache. La tonaca interna riveste l’interno dei vasi sanguigni ed è direttamente esposta al sangue. Si tratta di epitelio squamoso semplice detto endotelio che sovrasta una membrana basale e uno strato di tessuto connettivo lasso. L’endotelio agisce come barriera permeabile ai materiali che entrano e escono dal flusso sanguigno.Questo secerne sostanze per la vasocostrizione o vasodilatazione e respinge cellule del sangue e piastrine in modo tale che possano fluire liberamente. In caso di danneggiamento ovviamente le piastrine possono svolgere il loro ruolo e creare il coagulo. La tonaca media invece è più spessa e solitamente si compone di muscolatura liscia (involontaria),collagene e tessuto elastico.La quantità di muscolatura e di tessuto elastico dipende dal vaso in questione e questo permette una classificazione. La tonaca media rinforza i vasi sanguigni ed impedisce che pressioni eccessive li rompano. La tonaca esterna o avventizia è costituita da tessuto connettivo lasso che si fonde spesso con quello dei vasi sanguigni, nervi o organi limitrofi. classificazione delle arterie lOMoARcPSD|524 954 4 Le arterie sono detti anche vasi di resistenza del sistema cardiovascolare perchè hanno una struttura tissutale in grado di resistere alla pressione alta. Ogni battito del cuore crea un aumento di pressione nelle arterie quando il sangue vi viene immesso e devono resistere a questi picchi. Genericamente sono più muscolari delle vene e questo permette loro di mantenere la loro forma circolare anche quando sono vuote. Le arterie vengono classificate in tre classi: -Arterie di conduzione (elastiche o grandi): sono le più grandi arterie. Ne sono un esempio l’aorta, le carotidi comuni o il tronco polmonare.Sono quelle che devono resistere a una maggiore pressione in quanto sono, come ad esempio l’aorta, molto vicino al cuore e quindi alla pressione di uscita del sangue dal ventricolo sinistro. Per questo scopo hanno una predominanza di tonaca avventizia e di elastina indispensabile come ritorno elastico alla spinta cardiaca. -Arterie di distribuzione o muscolari: alla periferie le arterie hanno bisogno di una maggior percentuale di tonaca media in quanto manca la spinta pressoria. Il tessuto muscolare liscio “spreme” l’arteria e permette al sangue di confluire. -Arterie di resistenza o piccole: all’estrema periferia il sangue comunica con l’esterno del sistema circolatorio e questi vasi per assolvere a questo scopo hanno una minor percentuale di tonaca esterna per aumentare quella media e quella interna. Nei capillari addirittura rimane sono quella interna. Le vene invece sono detti vasi di capacità del sistema cardiovascolare in quanto sono relativamente sottili e flaccide e possono contenere un maggior volume di sangue. Le vene presentano pareti sottili in quanto lavorano a bassa pressione essendo lontano dai ventricoli del cuore. Le vene presentano all’interno delle valvole che impediscono al sangue che direziona verso l’atrio destro del cuore di refluire indietro (verso il basso). Attraverso il sistema di muscolatura liscia il sangue nelle vene viene pompato verso l’alto in quanto la bassa pressione non gli permettere di arrivare al cuore in autonomia. Quando il muscolo si rilassa la valvola precedente si chiude e il sangue non refluisce. principali patologie vascolari - aterosclerosi: consiste nell’irrigidimento dei vasi sanguigni arteriosi derivato dall’accumulo di sostanze come il colesterolo.Questo materiale forma delle vere e proprie placche all’interno del vaso sanguigno impedendo il passaggio del normale flusso ematico. - aneurisma: consiste della dilatazione della parete di un’arteria che può giungere a rottura con conseguenze emorragiche a volte fatali. aorta e i suoi rami principali L’aorta origina dal ventricolo sinistro e presenta tre strutture principali: un tratto ascendente, un arco aortico e un tratto discendente. A livello del tratto ascendente si dipartono le due arterie coronarie (ACD e ACS) già viste in precedenza. L’arco aortico invece crea una struttura a forma di U capovolta al di sopra del cuore e da origine a un tronco brachioencefalico il quale origina a sua volta l’arteria succlavia destra e l’arteria carotide comune destra. Dall’arco aortico poi si originano separatamente l’arteria carotide comune sinistra e l’arteria succlavia sinistra. Il tratto discendente dell’aorta passa posteriormente al cuore, a sinistra della colonna e poi anteriormente attraversando cavità toracica prima e cavità addominale poi. Al di sopra del diaframma prende il nome di aorta toracica e al di sotto diventa aorta addominale. Il passaggio tra una parte e l’altra del diaframma avviene attraverso il centro frenico, nel punto in cui si crea un orifizio tra la cupola diaframmatica e la colonna vertebrale. lOMoARcPSD|524 954 4 Superato il diaframma la nuova aorta addominale di biforca a formare l’arteria iliaca comune destra e sinistra. Dall’aorta addominale però si dipartono diverse emergenze tra cui quelle anteriori che sono il tronco celiaco che vascolarizza i visceri dell’addome superiore, l’arteria mesenterica superiore e l’arteria mesenterica inferiore. Le due arterie più grosse che si dipartono dall’aorta addominale sono le arterie renali (una per lato) e poi anche altre ma dal calibro minore. Tornando a livello dell’arco aortico seguiamo adesso le due carotidi comuni che proseguono lungo il collo e si biforcano generando ciascuna una arteria carotide interna e una esterna. Quella esterna vascolarizza le porzioni più superficiali del cranio mentre quella interna l’encefalo e le strutture più interne. Le due arterie succlavie invece danno origine a due arterie vertebrali che arrivano alla base del cranio passando attraverso i fori dei processi trasversi delle vertebre cervicali. Dalla carotide esterna a questo punto si diparte l’arteria tiroidea superiore diretta alla tiroide e alla laringe, l’arteria linguale volta alla vascolarizzazione della lingua, l’arteria facciale che si porta anteriormente al volto vascolarizzato la parte anteriore del massiccio facciale arrivando al margine mediale della cavità orbitaria e proseguendo successivamente sull’osso frontale. Proseguendo posteriormente la carotide esterna da origine all’arteria occipitale ma anche all’arteria mascellare che prosegue interiormente e poi riemerge. La carotide esterna si porta anche superiormente superando la regione temporale diventando arteria temporale superficiale. La carotide interna si porta invece in profondità assieme all’arteria vertebrale ed entrambe contribuiscono a formare la struttura vascolare che prende il nome di poligono del Willis. (p. 578) Le due arterie vertebrali convergono a formare il tronco basilare del poligono del Willis. Dal tronco basilare si diparte l’arteria cerebrale posteriore che è in comunicazione con l’arteria cerebrale media attraverso l’arteria comunicare posteriore.L’arteria cerebrale media è in continuità con la carotide interna. Anteriormente il poligono è chiuso dalle due arterie cerebrali anteriori che comunicano tra loro attraverso l’arteria comunicante anteriore. Il poligono del Willis serve a far si che il sangue encefalico sia mantenuto a pressione costante. L’arteria succlavia originatasi dall’arco aortico o dal tronco brachioencefalico decorre posteriormente alla clavicola passando per la zona ascellare dove diventa arteria ascellare e poi si porta verso il braccio diventando arteria omerale o brachiale. A livello della testa dell’omero tale arteria origina due arterie circonflesse omerali che circondano l’omero e vascolarizzano l’articolazione gleno-omerale. L’arteria brachiale prosegue poi in due parti in cui la prima è la continuazione dell’arteria stessa e prosegue anteriormente all’omero mentre la seconda si diparte posteriormente all’osso diventando arteria brachiale o omerale profonda. Dalla succlavia oltre all’arteria omerale si diparte inferiormente l’arteria toracica interna anche detta arteria mammaria. A livello dell’avambraccio l’arteria omerale si divide in arteria radiale e ulnare che raggiungono il polso creando l’arco palmare profondo e superficiale. lOMoARcPSD|524 954 4 Da questi due archi nascono le arterie che vanno a vascolarizzate la parte periferica digitale.(p. 591) tratto addominale Dal tronco celiaco che deriva dall’aorta addominale originano diversi vasi diretti alla vascolarizzazione dello stomaco, del fegato, della milza, della cistifellea e del duodeno(prima parte dell’intestino tenue). L’arteria mesenterica superiore che deriva anch’essa dall’aorta addominale vascolarizza l’intestino tenue e crasso. L’arteria mesenterica inferiore invece vascolarizza il colon trasverso, il tratto discendente e il retto dell’intestino crasso. Le arterie renali invece vascolarizzano i reni e danno origine a delle arterie surrenali per le relative ghiandole surrenali. Inferiormente l’aorta addominale si biforca originando come già detto le arterie iliache comuni (p, 595) dirette alla vascolarizzazione degli arti inferiori. arti inferiori L’arteria iliaca comune si biforca subito per formare l’arteria iliaca interna volta alla vascolarizzazione della zona glutea profonda e l’arteria iliaca esterna. Quest’ultima decorre anteriormente al femore diventando arteria femorale che prima del ginocchio si sposta posteriormente all’articolazione diventando arteria poplitea. Quest’ultima prosegue posteriormente creando l’arteria tibiale posteriore che decorre fino al calcaneo ma nello stesso tempo un ramo si sposta anteriormente generando l’arteria tibiale anteriore. Dalla tibiale posteriore origina l’arteria fibulare che decorre lungo la fibula(perone). decorso delle principali vene Giugulare interna: corre nel collo profondamente al muscolo sternocleidomastoideo e riceve il sangue dall’encefalo. Giugulare esterna: corre nel collo superficialmente al muscolo sternocleidomastoideo e si svuota nella succlavia.Drena principalmente il sangue dalle strutture superficiali come i muscoli facciali e il cuoio capelluto. Vena basilica(mediale) e cefalica(laterale): decorrano lungo il braccio e portano il sangue alla succlavia. Vena azygos ed emiazygos: vene che decorrono lungo la colonna vertebrale e drenano il sangue dagli organi toracici. Grande safena: vena che decorre medialmente lungo la gamba. Questa assieme all’arteria mammaria vengono usate per i bypass aorto-coronarici. lOMoARcPSD|524 954 4 circolazione fetale la circolazione del feto è diversa da quella di un individuo normale in quanto il feto non svolge respirazione polmonare.Caratteristica importante non c’è distinzione tra sangue ossigenato e sangue refluo. Il sangue ossigenato dalla mamma viene direzionato verso la vena ombelicale. Da questa il sangue si dirige verso il fegato dove un dotto detto “dotto venoso di Aranzio” lo porta alla vena cava inferiore. Il sangue fluisce nell’atrio destro e da qui la maggior parte si direziona all’atrio sinistro attraverso un foro detto foro di Botallo che si chiude dopo qualche settimana dalla nascita. Esiste anche un punto di comunicazione tra il tronco polmonare e l’arco aortico detto dotto di Botallo che come il foro di Botallo si chiude dopo la nascita. APPARATO RESPIRATORIO L’apparato respiratorio si può dividere in vie aeree e organi parenchimatosi. Le vie aeree sono quelle che permettono il passaggio dell’aria ma non effettuano scambi gassosi: naso, faringe, laringe, trachea e bronchi fanno parte delle vie aeree. I polmoni sono invece gli organi parenchimatosi. Un’altra suddivisione vede l’apparato diviso in alte e basse vie respiratorie con il punto di divisione a livello della laringe. Le funzioni principali dell’apparato respiratorio sono: -Scambi gassosi tra aria e sangue -Funzione fonatoria -Provvede al senso dell’olfatto lOMoARcPSD|524 954 4 -Elimina l’anidride carbonica prodotta dal sangue per evitare una sua acidosi (innalzamento del PH) -Regolazione del volume e della pressione sanguigna L’apparato respiratorio è rivestito internamente da un epitelio colonnare (cilindrico) pseudostratificato rivestito da ciglia. All’interno di tale epitelio sono presenti cellule mucipare caliciformi volte alla produzione di muco. Il muco scorre sopra le ciglia dell’epitelio e permette di intrappolare materiale dannoso che può entrare nelle nostre vie aeree; tale muco viene mandato verso l’alto ed espulso. Questo sistema è presente nelle alte vie respiratorie e permette di intercettare materiale al massimo di 10 micron di diametro. Particelle più piccole vengono invece bloccate a livello delle basse vie respiratorie. Un’altra funzione del muco è quella di riscaldare l’aria in entrata.La mucosa è riccamente vascolarizzata e questo permette il riscaldamento dell’aria. A questo epitelio si associano ovviamente cellule staminali in grado di riparare il tessuto danneggiato. La parte più esterna dell’apparato respiratorio è il naso ed è formato da una parte ossea e una cartilaginea. La parte ossea è formata a sua volta dall’etmoide, dalle due ossa nasali e dal vomere; quella cartilaginea è caratterizzata da cartilagini triangolari e alari. Le triangolari supportano il dorso e le pareti laterali del naso mentre quelle alari creano la morfologia delle narici. La parte interna correlata al naso presenta tre conche nasali o turbinati: superiore, media e inferiore. Il fondo della cavità nasale è definito dalle coane nasali. L’aria entra nelle narici e poi prosegue lungo i meati nasali (superiore, medio e inferiore) che si creano tra le conche nasali: qui l’aria passa in inspirazione con un moto turbolento grazie ai turbinati nasali e viene riscaldata grazie alla mucosa vascolarizzata che li riveste. faringe lOMoARcPSD|524 954 4 proseguendo lungo l’apparato respiratorio troviamo la faringe formata dalla rinofaringe che interessa solo l’apparato respiratorio, seguita poi dalla orofaringe che è la porzione interessata al passaggio degli alimenti dalla cavità boccale verso l’esofago.All’orofaringe poi segue l’ipofaringe direttamente in contatto con l’esofago. Nella prima parte si ha un rivestimento pseudostratificato colonnare in quanto passa solo aria mentre negli altri due siccome passa anche cibo il rivestimento è squamoso stratificato. Anteriormente la faringe comunica con la laringe attraverso il tratto laringe-faringeo mentre posteriormente la faringe comunica con l’esofago. laringe la laringe è una cavità cartilaginea lunga circa 4 cm. La sua prima funzione è quella di impedire al cibo e alle bevande di entrare all’interno delle vie aeree e lo fa attraverso una piccola struttura cartilaginea elastica chiamata epiglottide che durante la deglutizione si abbassa e chiude la laringe obbligando il bolo a passare solo nell’esofago. La laringe è composta da 9 cartilagini dove le prime 3 sono le più grandi e le più separate. La cartilagine posta più in alto è quella epiglottica e forma per l’appunto l’epiglottide. La più grande invece è la cartilagine tiroide chiamata così per la sua forma a scudo che copre ampiamente la parte anteriore e laterale della laringe. Il pomo d’Adamo corrisponde all’angolo anteriore di questa cartilagine. Inferiormente troviamo la cartilagine cricoide che collega la laringe alla trachea. La cricoide e la tiroide formano la “cassa” della cavità da cui origina la voce. Importanti sono anche le ultime cartilagini: -2 cartilagine aritenoidi poste posteriormente alla cartilagine tiroide. -2 cartilagine corniculate poste alle estremità superiori delle aritenoidi -2 cartilagine cuneiformi sostengono i tessuti molli tra le aritenoidi e l’epiglottide Tra la cartilagine tiroide e l’aritenoide si trovano le corde vocali. Esse con la loro apertura intermedia formano la glottide. Muscoli intrinseci modulano le corde vocali tirando le cartilagini corniculate ed aritenoidi e facendole agire come da perno. A seconda della direzione della loro rotazione possono abdurre o addurre le corde vocali modificando il suono emesso quando passa l’aria. Ovviamente poi la voce viene modulata in base ai seni paranasali, alle labbra e alla bocca. lOMoARcPSD|524 954 4 trachea la trachea è costituita da un tubo rigido di circa 12 cm di lunghezza e 2,5 cm di diametro. Tale tubo è formato da 20 anelli di cartilagine ialina a forma di C, aperti posteriormente. Interiormente la trachea è formata da un epitelio pseudostratificato con cellule caliciformi mucosecernenti. Tra la trachea e l’esofago è presente un muscolo detto muscolo tracheale che restringe o allarga la trachea a seconda delle esigenze. L’apertura a C degli anelli cartilaginei permette all’esofago di dilatarsi quando passa il cibo al suo interno. La cartilagine posteriore che normalmente non è presente risulta invece esserci a livello della biforcazione della trachea a formare i bronchi principali(primari). Il bronco principale di destra è più ampio rispetto a quello sinistro. Poco prima di entrare nel polmone il bronco di destra emette un bronco lobare superiore. Questo con il bronco principale entrano assieme nell’ilo del polmone. Inferiormente il bronco principale si dive in bronco lobare medio e bronco lobare inferiore. Il bronco principale(primario) di sinistra invece è più orizzontale e stretto. Esso entra direttamente nell’ilo del polmone ancor prima di ramificarsi in bronco lobare superiore ed inferiore(secondari). Ogni bronco lobare si suddivide in bronchi segmentali(terziari). I bronchi principali sono sostenuti da anelli a forma di C di cartilagine ialina mentre i bronchi lobari e segmentali sono supportati da placche cartilaginee disposte a semiluna. Tutti i bronchi sono rivestiti internamente da epitelio colonnare pseudostratificato cigliato ma diventa sempre più sottile mano a mano che si procede distalmente. Continuando lungo i bronchi si vede la formazione dei bronchioli che hanno un diametro molto piccolo, attorno al millimetro.La parte dei polmoni ventilata dai bronchioli è detta lobulo polmonare. Ogni bronchiolo si divide in 50-80 bronchioli terminali con diametro di 0,5 mm. Da ogni bronchiolo terminale successivamente notiamo due o più bronchioli respiratori più piccoli che hanno alveoli che si sviluppano dalle loro pareti. Intono ai lobuli polmonari (parte polmonare ventilata dai bronchioli) si ha una rete capillare anastomotica cioè mescolata, in quanto non è distinguibile la parte ossigenata da quella non ossigenata. Ogni polmone umano è una massa spugnosa con circa 150 milioni di piccole sacche, gli alveoli, che permettono lo scambio tra GAS e sangue. Ogni alveolo è una sacca di circa 0,2-0,5 mm di diametro ed è ricoperto da sottili ed ampie cellule chiamate pneumociti (tipo I) e coprono circa il 95% della superficie alveolare.Sono cellule molto sottili che permettono un rapido scambio gassoso e hanno una funzione strutturale. Il rimanente 5% della superficie è coperto da pneumociti(tipo II) che sono molto importanti in quanto secernono il surfatante polmonare, una lOMoARcPSD|524 954 4 miscela di fosfolipidi e proteine che ricopre gli alveoli e i bronchioli più piccoli e impedisce loro di collassare quando si espira.Senza questo tensioattivo le pareti degli alveoli in sgonfiamento aderirebbero tra di loro e sarebbe difficili riaprirli di nuovo. Le cellule più numerose però sono i macrofagi alveolari (cellule spazzine) che hanno il compito di mantenere gli alveoli liberi da detriti fagocitando le particelle di polvere che sono sfuggite. pleure La superficie del polmone è rivestita da una membrana detta pleura viscerale. Esternamente invece troviamo una pleura parietale che aderisce alla gabbia toracica. Tra le due pleure è presente una cavità detta cavità pleurica ripiena di liquido pleurico viscido. Le due membrane però non sono distinguibili e per questo si dice che la cavità è virtuale. -Grazie a questo liquido però i polmoni riescono ad espandersi e contrarsi con il minimo attrito. -Durante l’atto di inspirazione, i muscoli (diaframma, intercostali esterni ecc) tirano la cavità toracica per aumentarne il volume. La cavità toracica però è strettamente legata alla pleura parietale la quale a sua volta è legata alla pleura viscerale. Questo comporta un allargamento dei polmoni con conseguente caduta della pressione interna ad essi (rispetto all’esterno). La differenza di pressione tra atmosfera e cavità polmonare porta all’aria a confluire nel corpo. -Infine grazie alle pleure si crea una comparmentalizzazione degli organi evitando la diffusione di eventuali infezioni. APPARATO DIGERENTE Tutta la porzione dell’apparato digerente è in stretta connessione con i tessuti della membrana peritoneale.Tale membrana crea il sacco peritoneale che va a prendere la quasi totalità degli organi contenuti nella regione addominale e pelvica ad esclusione dei reni e dell’ultima parte dell’intestino. Diversi mesenteri fanno parte della famiglia dei tessuti di tale membrana e sorreggono e legano i diversi organi dell’apparato. Il grande omento inoltre è una membrana che pende dal margine inferiore sinistro dello stomaco coprendo senza aderire l’intestino tenue. A livello del suo margine inferiore il grande omento piega su se stesso e va verso l’alto, dietro allo strato superficiale, in modo da formare una tasca profonda tra i suoi strati profondo e superficiale. Il piccolo omento invece collega la breve distanza dal fegato al margine superiore dello stomaco. ——————————————————————————————————————————— L’apparato digerente ha inizio dalla cavità boccale ed è indicato come una unica struttura che finisce a livello anale. funzioni Le funzioni principali di tale apparato sono: -ingestione -digestione (frammentazione meccanica e chimica del cibo in una forma utilizzabile dall’organismo) -assorbimento (dei nutrienti) -compattazione (formazione feci) -defecazione lOMoARcPSD|524 954 4 La prima parte dell’apparato ha un’azione di tipo meccanico a differenza della seconda che ha carattere prevalentemente chimico-enzimatico. cavità boccale lingua è formata da un palato che indica il limite superiore e da un pavimento della cavità formato prevalentemente dalla lingua. Il palato è composto da una parte ossea (palato duro) e da una parte molle (palato molle formato da muscoli e connettivo). La lingua viene descritta dividendola in 3 parti: la parte anteriore è l’apice seguito dal corpo ed infine la radice della lingua. Le tre parti si differenziano principalmente per la presenza della papille linguali diverse (gustative). Queste possono essere: - fungiformi (anteriormente) - foliate(ai lati) - vallate(posteriormente) - filiformi Le filiformi non servono per il gusto ma hanno principalmente il compito di aumentare l’attrito con il cibo ed ottimizzare il rimescolamento (sono cheratinizzate).A contribuire a ciò c’è il palato con le pieghe palatine.Gli erbivori presentano una grande quantità di tali papille in quanto masticano cibo molto duro. movimenti la lingua si muove grazie alla presenza di muscoli intrinseci ed estrinseci. I muscoli intrinseci producono movimenti fini e sono i maggiori responsabili della parola. Quelli estrinseci invece originano altrove e permettono i movimenti più grossolani della lingua e sono prevalentemente: -Genioglosso -Ioglosso -Stiloglosso -Palatoglosso denti i denti articolano superiormente con l’osso mascellare all’interno dei relativi alveoli e inferiormente con la mandibola. L’articolazione tipica del dente è una sinartrosi (articolazione fibrosa) detta gonfosi che vede una parte concava confluire in una convessa mantenuta ferma da un legamento che in questo caso prende il nome di legamento periodontale. La parte superiore del dente che esce dalla gengiva è detta corona mentre quella all’interno prende il nome di radice dentale. La corona dentale si dive in: -anatomica: parte del dente rivestita dallo smalto -clinica:parte del dente visibile dalla cavità orale lOMoARcPSD|524 954 4 Il dente normalmente è composto esternamente dallo smalto a livello della corona e dal cemento a livello della radice. Lo smalto non è un tessuto ma è una secrezione priva di cellule prodotta prima dell’eruzione del dente. Il cemento invece assieme alla dentina che si trova in profondità al dente è un tessuto connettivo calcificato. La porzione più profonda del dente è costituita dalla polpa che è tessuto connettivo lasso riempito di nervi e vasi sanguigni. La dentatura di un individuo parte con la dentatura decidua o anche detta da latte e consta di 20 denti che vengono cambiati con la crescita dai denti permanenti che crescono al di sotto di quelli da latte facendoli cadere. La dentatura adulta è maggiore in quanto la bocca aumenta le sue dimensioni. Troviamo in questi 32 denti elementi che permettono di tagliare e strappare ed altri che permettono di triturare (molari) presenti in fondo alla bocca. I terzi molari anche detti denti del giudizio non crescono sempre. ghiandole salivari Le ghiandole salivari hanno il compito di produrre la saliva che ha diverse funzioni come: -Inumidire la bocca (funzione utile anche per la fonazione) -Digestione dei carboidrati a partire dall’amilasi salivare -Inibizione della crescita batterica per mezzo di anticorpi Più nello specifico la saliva è composta per il 99% circa di acqua e dai seguenti soluti: -Amilasi salivare (digerisce l’amido) -Lipasi linguale (Enzima che viene attivato dall’acido dello stomaco e digerisco il grasso) -Muco: lega e lubrifica la massa di cibo e favorisce la deglutizione -Lisozima: enzima battericida -Immunoglobulina A: anticorpo che inibisce la crescita batterica -Elettroliti: sodio, potassio ecc. Le ghiandole salivari possono essere suddivise in intrinseche ed estrinseche. Le prime si trovano direttamente nei tessuti orali e producono piccole quantità di saliva mentre le seconde comunicano con la cavità orale attraverso dotti. La prima che vediamo è la parotide che si trova anteriormente al lobo dell’orecchio appena sotto la pelle e raggiunge la bocca attraverso dotto di Stenone a livello del secondo dente molare superiore. La ghiandola sottomandibolare si trova al di sotto della mandibola.Il suo dotto è chiamato dotto di Wharton che termina a livello del frenulo della lingua(unisce la lingua al pavimento boccale). Infine troviamo la ghiandola sottolinguale che è situata sul pavimento della bocca. Tale ghiandola secerne saliva attraverso molteplici dotti che sboccano posteriormente rispetto al dotto di Wharton della ghiandola sottomandibolare. Ci sono ovviamente anche ghiandole minori. OSS: In fondo alla bocca sono presenti le tonsille che hanno funzione di difesa contro organismi patogeni Il cibo a livello della bocca viene quindi triturato e attaccato dalla saliva trasformandolo in bolo che prosegue verso la faringe (orofaringe e ipofaringe) e successivamente verso l’esofago. tubo digerente lOMoARcPSD|524 954 4 Per tubo digerente si intende il canale alimentare che parte dalla bocca e si estende fino all’ano. La maggior parte di questo tubo (bocca, faringe, esofago, stomaco, intestino tenue e crasso) è composta da: -Tonaca esterna: è formata da tessuto connettivo lasso che dà la forma e permette agli elementi del tubo digerente di creare delle strutture sospese nella cavità addominale (il piccolo omento è una continuazione della tonaca esterna sierosa ad esempio). -Tonaca media: è formata prevalentemente da tessuto muscolare liscio sotto il controllo della stimolazione nervosa e ormonale.Questo tessuto è disposto circolarmente nella parte più profonda e longitudinalmente nella parte più esterna. Grazie a questa muscolatura è garantita ad esempio la peristalsi. -Sottomucosa: composta prevalentemente da tessuto connettivo lasso contente vasi sanguigni, linfatici e strutture nervose. -Tonaca interna mucosa: è la parte più interna ed è costituita da un sottile strato di muscolatura liscia detto muscolaris mucosae che aumenta la superficie di contatto con gli alimenti tendendo la mucosa. Procedendo verso l’interno si ha una lamina propria di tessuto connettivo lasso seguire infine da uno strato epiteliale. Quest’ultimo normalmente è cilindrico semplice ma diventa squamoso stratificato dalla cavità orale fino all’esofago e nel canale anale inferiore dove l’apparato digerente è soggetto a maggiore abrasione. esofago Proseguendo lungo il tubo digerente troviamo l’esofago, un lungo tubo di transito dove non avviene attività digestiva che presenta tutte e tre le tonache appena studiate. Esso è lungo circa 30 cm e si trova posteriormente alla trachea in comunicazione con la faringe. Nella parte distale attraversa il diaframma a livello di un’apertura detta iato esofageo. Dall’esofago allo stomaco si passa attraverso una valvola detta Cardias che si apre e si chiude per il passaggio del bolo. Il bolo in realtà prima di entrare nello stomaco ristagna momentaneamente a livello del Cardias in una costrizione della sfintere esofageo inferiore o LES che impedisce al contenuto dello stomaco di rigurgitare nell’esofago proteggendo così la mucosa esofagea dall’effetto erosivo dell’acido gastrico. stomaco lo stomaco ha una parte superiore chiamata fondo seguita poi dal corpo dello stomaco fino ad arrivare al canale pilorico il quale ci porta verso il piloro che è uno stretto passaggio controllato da uno sfintere pilorico che permette il passaggio del bolo lavorato verso il duodeno(intestino tenue). Il tessuto dello stomaco presenta a livello della tonaca media muscolare non più solo due strati muscolari ma ne presenta 3 in cui il muscolo è disposto prima longitudinalmente, poi circolarmente e poi obliquamente(dall’esterno all’interno). Questa diversa orientazione dei muscoli permette la contrazione dello stomaco per rimescolarne al meglio il contenuto. La parete interna dello stomaco è la mucosa gastrica e presenta delle pieghe dette pliche in grado di stirarsi quando l’organo è pieno. lOMoARcPSD|524 954 4 La parete esterna sierosa è ricca di vasi sanguigni. La mucosa dello stomaco è abbastanza irregolare per la presenza di depressioni chiamate cripte gastriche ricoperte dall’epitelio colonnare semplice. In queste cripte nascono ghiandole tubulari in grado di secernere diverse sostanze. Nella zona prossima al Cardias le ghiandole si dicono ghiandole cardiali e secernono muco di tipo neutro (formate da cellule mucose che diventano cellule del colletto a livello delle ghiandole gastriche). A livello del fondo dello stomaco sono presenti le ghiandole gastriche che sono formate principalmente da diversi tipi di cellule come: -cellule del colletto che secernono muco -cellule di rivestimento o parietali che secernono HCL e una glicoproteina necessaria all’assorbimento della vitamina B12 -cellule principali che secernono pepsinogeno (forma inattiva della pepsina che degrada le proteine) -enterocromaffini che secernono ormoni e sostanze che regolano la digestione.Ci sono almeno 8 tipi diversi di cellule come le cellule G che secernono gastrina in grado di stimolare le cellule esocrine delle ghiandole gastriche a produrre le relative sostanze. Infine vediamo le ghiandole piloriche che producono come le cardiali mucosa neutra grazie alle cellule mucose ma anche gastrina grazie alla presenza di cellule G e serotonina grazie a cellule enterocromaffini (serve a stimolare le contrazioni muscolari dello stomaco). ——————————————————————————————————————————— Come fa lo stomaco a non degradarsi con l’ambiente così acido? L’ambiente gastrico quando attivo si presenta con un PH circa uguale a 3.Questo permette l’attivazione degli enzimi come il pepsinogeno che si trasforma in pepsina. Lo stomaco riesce a non danneggiarsi grazie allo strato di muco neutro prodotto dalle cellule mucose, dal rinnovamento continuo ogni 3-6 giorni delle cellule epiteliali e dalle giunzioni occludenti che impediscono all’acido di penetrare nel tessuto connettivo sottostante il tessuto epiteliale. lOMoARcPSD|524 954 4 digestione La digestione si dive in: cefalica, gastrica ed intestinale. La cefalica si può considerare una digestione “virtuale” in quanto è legata all’incremento di produzione della saliva e dei succhi gastrici ancor prima del pasto vero e proprio. Si inizia a produrre pepsinogeno e gastrina.Il nervo vago è il responsabile dell’inizio della contrazione dello stomaco. La fase gastrica ha inizio quando il bolo raggiunge lo stomaco.Meccanicamente esso stimola le pareti dello stomaco e aumenta esponenzialmente la produzione dei succhi gastrici. Vengono attivati anche i chemocettori che sono recettori sensibili a diverse sostanze che ingeriamo. La fase intestinale (duodenale) vede la terminazione della fase digestiva del chimo che era stato prodotto nello stomaco(formazione del chilo). intestino si trova immediatamente dopo lo stomaco ed è suddiviso in intestino tenue e crasso. L’intestino tenue a sua volta è suddivisibile in duodeno e intestino mesenteriale (digiuno e ileo). Il duodeno è la prima parte dell’intestino tenue e qui si ultima il processo digestivo che trasforma il chimo in chilo.Qui ci sono i dotti provenienti da pancreas e fegato. Da un punto di vista strutturale l’intestino differisce leggermente dagli strati generali del tubo digerente. La tonaca muscolare ritorna ad essere formata da due strati, uno circolare e uno longitudinale così com’era nell’esofago mentre la tonaca interna (mucosa) vede sulla sua superficie un epitelio colonnare semplice (a differenza dell’esofago che era costituito da epitelio squamoso stratificato). A livello della mucosa sono presenti però delle strutture particolari volte ad aumentare la superficie di assorbimento dell’intestino: -pieghe circolari: sono presenti dal duodeno fino alla metà dell’ileo e aumentano la superficie di un fattore 2-3.Interessano la mucosa e la sottomucosa lasciando liscia la superficie esterna. -villi: i villi sono proiezioni a forma di lingua o di dito che si alzano di circa 1 mm sulla superficie dell’intestino creando l’effetto di una peluria. -microvilli: sono alti circa 1 micron e aumentano la superficie di un fattore 20.Creano la tipica struttura definita “orletto a spazzola”. intestino tenue L’intestino tenue si divide in duodeno, digiuno e ileo. Il duodeno inizia subito dopo la valvola pilorica e presenta una porzione superiore, una discendente e una ascendente per un totale di 25 cm di lunghezza. Il duodeno abbraccia la testa del pancreas il quale svuota qui gran parte della sua produzione di succhi pancreatici. I primi 2 cm del duodeno si trovano interiormente al peritoneo mentre il resto è retroperitoneale come il pancreas stesso. All’interno del duodeno lOMoARcPSD|524 954 4 sono presenti delle pliche circolari che fanno fluire il chimo lungo un percorso spirale sulla mucosa rallentandone il passaggio. Questo rallentamento permette la digestione completa e l’inizio dell’assorbimento dei nutrienti. Oltre al liquido pancreatico qui viene rilasciata la bile prodotta dal fegato. Dopo il duodeno inizia il digiuno così chiamato perché i primi anatomisti lo descrivevano vuoto. Per definizione costituisce circa il 40% dell’intestino tenue dopo il duodeno e ha una lunghezza che si aggira attorno al metro e mezzo. Il digiuno occupa principalmente la regione ombelicale e presenta una parete spessa, muscolosa e riccamente vascolarizzata. L’assorbimento dei nutrienti avviene principalmente in questa zona. Al digiuno segue l’ileo che si trova nella regione ipogastrica e pelvica. Esso costituisce il restante 60% dell’intestino tenue e presenta una parete leggermente meno muscolosa e vascolarizzata. Digiuno e ileo presentano esternamente un aspetto liscio e creano anse intestinali collegate da appositi mesenteri (quindi si trovano internamente al peritoneo) che svolgono anche la funzione di trasporto dei vasi sanguigni. Una porzione che regola il transito del chilo è la valvola sfinterica ileocecale che si trova dove l’ileo si unisce all’intestino crasso. L’intestino crasso è l’ultima parte dell’intestino e riceve circa 500 ml di residui di cibo non digeriti e lo riduce a circa 150 ml di feci assorbendone acqua e sali, ed elimina le feci con la defecazione. Esso è lungo circa 1,5 m ed è formato da 4 regioni: il cieco, il colon, il retto ed il canale anale. Il cieco è una sacca nel quadrante inferiore destro posta sotto la valvola ileocecale.Attaccata alla sua estremità inferiore è presente l’appendice vermiforme che presenta una mucosa ricca di cellule immunitarie. Dopo il cieco inizia il colon che è la parte dell’intestino crasso che termine con l’inizio del retto. Il primo tratto è chiamato colon ascendente che inizia a livello ileocecale e passa nel lato destro della cavità addominale. Dopo fa una curva di 90 gradi a livello della flessura colica destra (vicino al fegato) e diventa colon trasverso. Questo passa orizzontalmente nella cavità addominale superiore per poi ricordare di 90 gradi e scendere verso il basso a livello della flessura colica sinistra nei pressi della milza. Qui diventa colon discendente localizzato nel lato sinistro della cavità addominale. Questa parte crea quindi una sorta di riquadro attorno a tutto l’intestino tenue. A livello della parte terminale del colon discendente il tubo si porta medialmente e verso il basso diventando colon sigmoideo. L’ultima parte invece è chiamata retto, è lunga circa 15 cm e termina a livello dello sfintere anale. Una delle particolarità dell’intestino crasso è la tonaca muscolare media che vede degli ispessimenti lineari chiamati tenie del colon. Le tenie del colon lo contraggono e creano delle sacche chiamate austre. Tali sacche sono assenti a livello rettale. La vascolarizzazione dell’apparato digerente è dettata dal tronco celiaco (emergenza anteriore dell’aorta addominale) che raggiunge lo stomaco e il duodeno. L’intestino tenue e crasso sono vascolarizzati dall’arteria mesenterica superiore e inferiore (sempre emergenze dell’aorta addominale). La differenze dei due intestini è legata alle funzionalità in quanto il tenue serve principalmente per assorbire nutrienti mentre il crasso serve per assorbire acqua e produrre correttamente le feci. osservazione: lOMoARcPSD|524 954 4 Importante è il controllo dello sfintere anale. Meccanocettori presenti all’interno capiscono quando è ora di svuotare il retto e mandano un segnale per indurre alla defecazione. Lo stesso stimolo però segue anche un percorso che permette a noi di decidere se bloccare o aprire tale sfintere. ghiandole annesse al tubo digerente Annesso al tubo digerente troviamo tre ghiandole di straordinaria importanza che sono il fegato, la cistifellea e il pancreas. fegato Il fegato è il produttore della bile che viene riversata nel duodeno per la digestione. Esso è un liquido verde che contiene minerali, colesterolo, grassi, fosfolipidi, pigmenti e acidi biliari.Tra i pigmenti abbiamo la bilirubina che deriva dalla decomposizione dell’emoglobina. La faccia anteriore del fegato è costituita da due lobi, uno destro più ampio e uno sinistro più piccolo che si estende medialmente andando a coprire superiormente lo stomaco. I due lobi si distinguono per la presenza di un legamento detto legamento falciforme che origina dal legamento rotondo che è un residuo fetale della vena ombelicale che trasportava il sangue dal cordone ombelicale al fegato del feto. Superiormente il legamento falciforme si continua nel legamento coronario che ancora il fegato al diaframma. Una visione inferiore del fegato ci permette di vedere un lobo quadrato posto anteriormente e vicino alla cistifellea, un lobo caudato posto posteriormente al quadrato. Tra questi lobi è presente un’apertura irregolare detta porta epatica o ilo epatico dove passano la vena porta, l’arteria epatica e un dotto epatico comune per le vie biliari. L’interno del fegato è costituito da tantissimi lobuli epatici. Ogni lobulo epatico è costituito da una vena centrolobulare che attraversa il suo centro e intorno sono presenti numerose cellule cubiche chiamate epatociti. Tra le cellule cubiche si formano dei canali colmi di sangue chiamati sinusoidi epatici. Gli epatociti secernono la bile in sottili canali detti canalicoli biliari. Da qui la bile passa nei piccoli duttili biliferi che portano la bile al dotto epatico destro e sinistro che escono nella superficie inferiore del fegato. Seguendo la produzione della bile e le vie che essa percorre dobbiamo immediatamente ricondurci alla cistifellea che come già detto è disposta nella parte inferiore anteriore del fegato. La cistifellea serve come accumulatore della bile ed è composta dal fondo, dal corpo e dal collo. lOMoARcPSD|524 954 4 Il collo di questo piccolo organo porta nel dotto cistico attraverso il quale la bile esce dalla cistifellea. Il dotto cistico a sua volta si lega al dotto epatico comune al quale convergono il dotto epatico di destra e sinistra provenienti dai duttili biliferi del fegato. Il dotto epatico comune dopo che si è legato al dotto cistico diventa il coledoco che scende attraverso il piccolo omento fino al duodeno. A livello del duodeno la bile viene rilasciata attraverso la papilla duodenale maggiore. Infine bisogna parlare del pancreas in quanto è lui con i succhi pancreatici ad avere un ruolo ancora più rilevante nella digestione a livello duodenale. Il pancreas è una ghiandola esocrina ed endocrina. La parte endocrina è formata dalle isole pancreatiche e secerne insulina e glucagone. Il 99% però di quest’organo è tessuto esocrino che secerne enzimi e bicarbonato di sodio. I succhi del pancreas sfociano nel duodeno attraverso la papilla duodenale maggiore così come i sali biliari. Oltre alla papilla duodenale maggiore nel duodeno ne è presente una minore nel quale arriva un secondo dotto pancreatico che bypassa lo sfintere epatopancreatico. altri ormoni importanti…… Quando il chimo entra nel duodeno lo stomaco deve terminare i suoi movimenti e i succhi gastrici devono diminuire. Per far ciò nel duodeno si rilascia il peptide gastrico inibitore che inibisce la produzione di gastrina. Transitando nel duodeno vengono attivati altri ormoni tra cui la secretina e la colecistochinina che stimolano la produzione di succhi pancreatici e bile. Per stimolare l’intestino mesenteriale interviene il peptide intestinale vasoattivo che ha il compito di stimolare la produzione di acqua ed elettroliti ma anche di dilatare la muscolatura intestinale. SISTEMA NERVOSO Il sistema nervoso è costituito essenzialmente da due parti: -SNC o Sistema nervoso centrale: è costituito da encefalo e midollo spinale -SNP o Sistema nervoso periferico: è costituito da tutti le parti che escono dal midollo e dall’encefalo e si estendono in periferia. L’SNP a sua volta è funzionalmente suddiviso in un compartimento sensitivo e in uno motorio e ciascuno di essi si divide ulteriormente in una suddivisione somatica e viscerale. -compartimento sensitivo(afferente): trasporta al SNC segnali sensitivi dai vari recettori(organi di senso e terminazione nervose sensitive semplici).Questa è la via che informa l’SNC degli stimoli interni ed esterni all’organismo. • la sensibilità somatica raccoglie informazioni da recettori situati su cute, muscoli, ossa e articolazioni • la sensibilità viscerale raccoglie informazioni da recettori situati all’interno degli organi toracici e addominali, come il cuore, i polmoni, lo stomaco e la vescica urinaria lOMoARcPSD|524 954 4 -compartimento motorio(efferente): trasporta dal sistema nervoso centrali attraverso il periferico segnali a ghiandole o cellule muscolari che mettono in atto le risposte dell’organismo. Le cellule e gli organi che rispondono ai comandi proveniente dal sistema nervoso sono chiamati effettori. • efferenza motoria somatica: trasporta il segnale alla muscolatura scheletrica volontaria • efferenza motoria viscerale (sistema nervoso autonomo): trasporta il segnale alla muscolatura liscia (involontaria), cardiaca e alle ghiandole Il sistema nervoso autonomo si suddivide a sua volta in: • sistema simpatico: provvede a prepara l’organismo all’azione accelerando ad esempio il battito cardiaco e la respirazione ma inibendo la digestione • sistema parasimpatico: provvede ad avere un effetto inverso, calmante, rallentando il battito cardiaco e incitando la digestione SISTEMA NERVOSO SNC ENCEFALO SNP MIDOLLO SENSITIVO MOTORIO SOMATICO VISCERALE SIMPATICO PARASIMP. lOMoARcPSD|524 954 4 encefalo Il cervello funziona associando diversi funzioni in diversi luoghi. La parte più esterna è detta corteccia cerebrale e qui avvengono le funzioni più nobili e complesse come l’immagazzinamento dei ricordi e molte altre funzioni specifiche a seconda delle diverse zone. Se togliamo la corteccia cerebrale ritroviamo nella parte superiore una porzione alla quale diamo il nome di diencefalo, mentre quella inferiore prende il nome di tronco encefalico. Il diencefalo a sua volta è suddiviso nel talamo e nell’ipotalamo. Il primo è considerato un centro di smistamento delle informazioni che arrivano al sistema nervoso centrale; qui ad esempio arrivano le informazioni degli organi di senso e vengono filtrata prima di mandarle alla corteccia cerebrale. Il secondo invece tra le diverse funzioni contiene un centro di controllo per le emozioni.Importante però anche il controllo della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. Il tronco encefalico è costituito essenzialmente da: mesencefalo (superiormente),ponte(inferiormente), midollo allungato nell’ultimo tratto. Il primo è importante per il mantenimento dello stato di coscienza. Il secondo invece è un altro punto di smistamento di informazioni sensitive verso il talamo e il cervelletto. Il cervelletto posa a livello della fossa cranica posteriore inferiormente rispetto al lobo occipitale della corteccia. Esso ha un ruolo fondamentale nel coordinamento e correzione dei comandi motori.Prima di ultimare un’informazione motoria questa passa dal cervelletto che la “pulisce”. Il midollo allungato che costituisce l’ultima parte del tronco encefalico è importantissimo per il controllo cardiaco (regolazione della frequenza e della forza del battito),controllo vascolare (dilata/ costringe i vasi regolando così la pressione ed il flusso arterioso), controllo respiratorio (regolazione frequenza e profondità del respiro) e controllo digerente. L’encefalo presenta quattro cavità interne chiamate ventricoli. Le cavità di maggiori dimensioni sono i ventricoli laterali che formano un arco in ciascun emisfero. I due ventricoli laterali convergono medialmente verso un terzo ventricolo, una ristretta cavità posta inferiormente al corpo calloso.Da qui un canale detto acquedotto mesencefalico scende attraverso la parte centrale del mesencefalo e si dirige al quarto ventricolo, una cavità che si trova all’altezza del cervelletto. Questa struttura ventricolare è in comunicazione con il canale centrale del midollo spinale. All’interno dei ventricoli è presente un liquido chiamato liquido cefalorachidiano che nutre il cervello. L’encefalo produce circa 500 ml di liquido al giorno ma è in continuo riassorbimento e quindi in un dato momento non ce ne sono presenti più di 100-160 ml. L’encefalo è avvolto dalle meningi che sono localizzate tra il tessuto nervoso e l’osso. Come nel midollo spinale queste sono costituite dalla dura madre, dall’aracnoide e dalla pia madre(più interna). lOMoARcPSD|524 954 4 La funzione delle meningi è di proteggere l’encefalo e di fornire un sostegno strutturale per le sue arterie e vene. La porzione più esterna è legata alle ossa craniche, l’aracnoide fa da spessore mentre la pia madre è adesa al tessuto nervoso. Questa struttura fa si che la massa encefalica rimanga ferma ma nello stesso tempo le permette un leggero movimento in modo che vengano evitati i danni che potrebbero insorgere se fosse eccessivamente schiacciata. Il cervello o corteccia cerebrale è diviso in due emisferi che si riconoscono per la presenza di una scissura longitudinale. Un solco centrale invece divide l’emisfero in una parte anteriore e in una posteriore. Ciascun emisfero è caratterizzato dalla presenza di circonvoluzioni separate da invaginazioni chiamate solchi. La corteccia di ciascun emisfero è divisa a sua volta in diversi lobi: • lobo frontale • lobo parietale • lobo occipitale • lobo temporale Il frontale è dedicato all’elaborazione del pensiero. In quello temporale troviamo le aree adibite all’udito e all’olfatto. L’occipitale è dedicato all’elaborazione visiva. Il solco centrale divide l’emisfero in una parte anteriore dedicata alla funzione motoria e in una posteriore dedicata dedicata alla funzione sensitiva. Queste due zone possono venire rappresentate con la rappresentazione di un homonculus (motorio e sensoriale). Più è grande la zona del cervello che si adopera a una determinata funziona ad esempio motoria tanto più complesso sarà il movimento che quella parte del corpo potrà fare. Ne consegue dunque che siccome la mano ad esempio è piena di movimenti e funzionalità questa anche se piccola sarà controllata da una zona più grande della corteccia inversamente a quello che accade per il braccio ad esempio. Si crea così la rappresentazione di un uomo sproporzionato, appunto un “homunculus”. lOMoARcPSD|524 954 4 mesencefalo Si presenta con specifiche aree funzionali. Troviamo ad esempio i tubercoli quadrigemini superiori che sono legati alle funzioni visive mentre quelli inferiori sono legati alle funzioni uditive. Internamente al mesencefalo, tagliandolo con un piano trasversale, si vedono immediatamente il nucleo rosso e la sostanza nera. Il primo è collegato con il cervelletto con il quale collabora per il controllo motorio fine. La seconda invece sopprime le contrazioni muscolari inesiderate.La sua degenerazione porta alla malattia di Parkinson e ai classici tremori. cervelletto Il cervelletto ha come funzione principale come già visto il controllo sul coordinamento dei comandi motori che vengono qui ripuliti da eventuali “disturbi”. E’ costituito da 2 parti chiamate emisferi cerebellari.Questi due emisferi sono uniti dal verme. Una sezione mediana del cervelletto mostra la sostanza bianca più interna (anche detta arbor vitae) e la sostanza grigia più esterna. lOMoARcPSD|524 954 4 nervi cranici I nervi cranici sono tradizionalmente classificati come sensitivi (1,2 e 8),motori (3,4,6,11,12) o misti(5,7,9,10).In realtà però solo i primi due ovvero l’ottico e l’olfattivo sono esclusivamente sensitivi in quanto tutti gli altri contengono fibre si afferenti che efferenti e sono perciò misti. Ad esempio quelli considerati come motori oltre a stimolare la contrazione contengono anche fibre afferenti per la propriocezione. L’ottavo nervo cranico(vestibolo cocleare), connesso con l’udito e il senso dell’equilibrio è considerato come sensitivo ma in realtà contiene anche fibre motorie che riportano segnali all’orecchio interno che viene così regolato per affinare il senso dell’udito. Quelli tradizionalmente classificati come misti contengono di solito funzioni sensitive ma spesso non troppo correlate con le relative funzioni motorie. Per esempio il nervo facciale (numero 7) sviluppa un controllo sensitivo per il gusto ma è responsabile del controllo nelle espressioni facciali. 1. Nervo olfattivo: la sua funzione è legata all’olfatto.Si sviluppa dalla mucosa olfattiva della cavità nasale. E’ costituito da molti fascicoli separati che attraversano la lamina cribrosa dell’etmoide e che raggiungono il bulbo olfattivo.Dal bulbo olfattivo si diparte il tratto olfattivo. 2.Nervo ottico: la sua funzione è legata alla vista. Origina anteriormente a livello della retina e prosegue all’interno del foro ottico dello sfenoide incrociandosi con il suo compagno nella formazione del chiasma ottico. Sfocia a livello del talamo e del mesencefalo. lOMoARcPSD|524 954 4 3.Nervo oculomotore: la sua funzione è legata ai movimenti del bulbo oculare. Origina dal mesencefalo, attraversa la fessura orbitale dello sfenoide e sfocia nei muscoli retti (mediale, superiore e inferiore) e sull’obliquo inferiore.Innerva anche il muscolo elevatore della palpebra superiore. 4.Nervo trocleare: funzione motoria dell’occhio.Origina dal mesencefalo e innerva il muscolo obliquo superiore passando dalla fessura orbitaria superiore. 5.Nervo trigemino: si trova a livello facciale si divide in tre branche con funzioni sia sensitive che motorie. E’ costituita da una branca oftalmica, una mascellare e una mandibolare. La prima passa attraverso la fessura orbitaria superiore, la seconda attraverso il foro rotondo dello sfenoide e la terza nel foro ovale dello sfenoide. 48 di 66 lOMoARcPSD|524 954 4 6.Nervo abducente: origina a livello del ponte del tronco encefalico, attraversa lo sfenoide nella fessura orbitaria superiore e termina a livello del muscolo retto laterale dell’occhio.Ovviamente ha una funzione motoria per l’occhio. 7.Nervo facciale: è uno dei nervi principali della faccia e svolge principalmente una funzione motoria ma anche sensitiva. La funzione motoria è legata principalmente alle ghiandole lacrimali, salivari e al movimento della muscolatura mimica. La funzione sensitiva è legata invece al gusto (lingua). 8.Nervo vestibolo cocleare: è un nervo che ha funzione sensitiva per l’udito e per l’equilibrio ma svolge anche una funzione motoria in quanto regola cellule della coclea per raffinare l’udito. Per la funzione sensitiva origina a livello dell’orecchio interno e raggiunge i nuclei pontini e bulbari sul tronco encefalico. Per la funzione motoria origina a livello del ponte e innerva le cellule della coclea dell’orecchio interno. lOMoARcPSD|524 954 4 9.Nervo glossofaringeo: ha una funzione mista e innerva principalmente lingua e faringe.Ha una funzione motoria nella deglutizione. Innerva anche la parotide e parte del seno carotideo (a livello della divisione tra carotide interna ed esterna). 10.Nervo vago: ha una distribuzione estesa in quanto innerva organi localizzati nella testa e nel collo ma anche nella zona toracica e addominopelvica. Gioca un ruolo fondamentale nel controllo della funzione cardiaca, polmonare, digerente e urinaria. 11.Nervo accessorio:Origina in parte a livello del midollo allungato e in parte a livello del midollo spinale. Uscita dal midollo spinale risale, penetra nel forame magno e si unisce alla radice che nasceva dal midollo allungato. Da qui il nervo (unito) passa attraverso il foro giugulare del temporale e innerva principalmente il palato, lo sternocleidomastoideo e il trapezio. Controlla quindi la deglutizione e il movimento dei muscoli del collo e della spalla. lOMoARcPSD|524 954 4 12.Nervo ipoglosso: controlla i movimenti della lingua.Origina a livello del midollo allungato, penetra attraverso il canale dell’ipoglosso(osso occipitale) e innerva i muscoli intrinseci ed estrinseci della lingua. midollo spinale L’encefalo è direttamente collegato con il midollo spinale che è ospitato all’interno del canale vertebrale, lo spazio vuoto che si crea grazia all’unione dei fori vertebrali delle vertebre. Il midollo prosegue anche con le relative meningi che proteggevano l’encefalo(dura madre, aracnoide e pia madre).Tra la dura madre e le ossa che compongono il foro vertebrale è presente una zona detta spazio epidurale che è riempita di tessuto adiposo, tessuto connettivo lasso e vasi sanguigni. Tra l’aracnoide e la pia madre è presente una rete di fibre collagene ed elastiche che riempiono questo spazio che è detto subaracnoideo. In questa zona è presente il liquido cefalorachidiano, un liquido che era già stato discusso a livello dei ventricoli encefalici e che appunto si collegavano con il midollo spinale. La pia madre procede a diretto contatto con il midollo spinale e al di sotto del cono midollare (parte terminale) prosegue come un legamento fibroso formando il legamento coccigeo che ancora il midollo al coccige. La pia madre ad intervalli regolari crea legamenti detti legamenti denticolati che si portano alla dura madre fissando il midollo spinale e limitandone le escursioni laterali. Anteriormente e posteriormente al midollo partono dei fasci nervosi che sono la radice anteriori e posteriore dei nervi spinali. Queste due radici convergono a formare il nervo spinale vero e proprio che fuoriesce dalle vertebre attraverso i forami di congiunzione. Le radici posteriori a poca distanza dal midollo spinale formano il ganglio della radice posteriore che contiene i corpi dei neuroni sensitivi.Nella radice anteriore non c’è il ganglio. Il nervo spinale è un nervo che viene definito misto in quanto posteriormente fa emergere nervi sensitivi e quindi afferenti al SNC mentre anteriormente emergono i nervi motori efferenti che sfoceranno in ghiandole o in tessuto muscolare. lOMoARcPSD|524 954 4 Sia i nervi afferenti posteriori che efferenti anteriori si suddividono in nervi con afferenze/efferenze somatiche o viscerali così come la classificazione che abbiamo visto all’inizio. archi riflessi Per riflesso si intende una risposta involontaria, rapida e stereotipata ad una stimolazione. I riflessi si dividono in: -Riflessi viscerali: relative a ghiandole, muscolatura liscia e cardiaca -Riflessi somatici: relativa alla muscolatura scheletrica come il rapido ritiro della mano da una pentola calda. I riflessi somatici impiegano una via nervosa piuttosto semplice chiamata arco riflesso. L’arco riflesso è costituito in genere da: -Recettori somatici: localizzati nella cute, nei muscoli o nei tendini. -Fibre nervose afferenti: trasportano informazioni dai recettori ai corni posteriori del midollo spinale -Centro di integrazione in cui si determina se inviare un segnale o meno ai nervi efferenti attraverso interneuroni di comunicazione -Fibre nervose efferenti: originano anteriormente al midollo e trasportano impulsi motori ai muscoli scheletrici -Muscoli scheletrici: effettori somatici che realizzano la risposta L’arco riflesso più comune è detto monosinaptico e non è presente un centro di integrazione. Il neurone afferente crea una sinapsi direttamente con il neurone efferente. Tra i vari esempi troviamo sicuramente quello denominato riflesso del martelletto. Il tendine rotuleo presenta dei recettori che percepiscono la distensione della fibra del quadricipite femorale. Il picchiettare del martelletto viene percepito come il tiraggio del muscolo che porta così i recettori a contrarre il muscolo e come riflesso la gamba si distende. nervi spinali I nervi spinali si possono catalogare in: 8 cervicali, 12 toracici,5 lombari,5 sacrali,1 coccigeo. A livello lombare i nervi spinali che fuoriescono dal midollo generano una struttura particolare a corde che prende il nome di cauda equina (per la somiglianza alla coda di un cavallo) che inizia dalla seconda vertebra lombare (L2-S5) fino alla quinta vertebra sacrale. Ogni nervo spinale abbiamo detto che origina da una radice anteriore da una posteriore che si dipartono dal midollo spinale. Il nervo spinale successivamente si divide a sua volta in un ramo anteriore e in uno posteriore. La maggioranza dei rami anteriori si anastomizzano tra di loro formando delle strutture che prendono il nome di plessi nervosi. Non c’è perfetta linearità tra i plessi nervosi e i relativi nervi. Si forma così: -Plesso cervicale che racchiude i nervi da C1 a C5 -Plesso brachiale che racchiude i nervi da C5 a T1 -Da L1 a L4 si forma il plesso lombare -Da L4 a S4 si forma il plesso sacrale (da qui si diparte il nervo ischiatico o sciatico che è considerato il ramo terminale del plesso.E’ il più lungo dei nervi umani) -Da S4 a Co1 si ha il plesso coccigeo lOMoARcPSD|524 954 4 Questa suddivisione in plessi corrisponde all’innervazione di zone specifiche: Il plesso cervicale innerva la regione craniale, di questo plesso fa parte il nervo frenico. Il plesso brachiale innerva gli arti superiori e da qui si dipartono principalmente il nervo radiale, ulnare e mediano. I nervi intercostali che si dipartono dalle vertebre toraciche e non creano plessi vanno ad innervare la parete toracica. lOMoARcPSD|524 954 4 Dal plesso lombare di diparte il nervo femorale che termina nel nervo safeno(decorre a ridosso dell’arteria femorale) Dal plesso sacrale si diparte come già detto il nervo ischiatico. Dal nervo ischiatico si dipartono poi il nervo tibiale e il peroneo. Il nervo surale si genera da ramificazioni laterali del tibiale e del peroneo. Altri nervi vanno ad innervare ovviamente anche la regione glutea. I 5 sensi olfatto L’olfatto o odorato ha sede in un’area di epitelio chiamata mucosa olfattiva, sul tetto della cavità nasale.Il resto della cavità risulta ricoperto di mucosa (con epitelio pseudostratificato ciliato)ma non olfattiva. Grazie a questa zona ogni individuo può recepire dai 2000 ai 4000 odori diversi con una maggiore prevalenza delle femmine sui maschi. La mucosa olfattiva è semplicemente composta da neuroni olfattivi concatenati a cellule di sostegno e cellule basali.Le cellule olfattive sono dei veri e propri neuroni direttamente esposti all’ambiente esterno. Sono gli unici neuroni rimpiazzatili del nostro corpo in quanto hanno una durata vitale di circa 60 giorni. Le cellule basali si dividono e generano nuove cellule olfattive. Una cellula olfattiva è caratterizzata da una parte più larga detta soma che contiene il nucleo e da un’apice caratterizzato da ciglia chiamate peli olfattivi. I peli olfattivi riescono a legarsi alle molecole odorose. L’estremità basale di ogni cellula si restringe per formare un assone. Gli assoni si raccolgono in piccoli fascicoli e lasciano la cavità nasale attraverso fori nella lamina cribrosa dell’osso etmoide. Dopo che le fibre olfattive hanno passato la lamina queste terminano nei bulbi olfattivi che si prolungano nel tratto olfattivo per poi sfociare a livello del lobo temporale. lOMoARcPSD|524 954 4 I fascicoli nervosi comunicano con i dendriti di due tipi di neuroni localizzati nei bulbi, chiamati cellule mitrali e cellule a ciuffo a livello dei glomeruli. I glomeruli generano appunto i tratti olfattivi. osservazione: le molecole odorose prima di arrivare alle cellule olfattive (peli) devono sciogliersi nello strato di muco soprastante che funge da intermediario. gusto Il gusto è una sensazione che deriva dall’azione di sostanze chimiche sulle papille gustative. Ci sono circa 4000 calici gustativi, la maggior parte sulla lingua ma anche sul palato, sulle guance e sull’epiglottide. Ci sono diversi tipi di papille gustative tra cui le fungiformi, le foliate, le vallate e le filiformi(non hanno funzione sensoriale). Indipendentemente dal tipo la struttura è più o meno la stessa. Ogni calice gustativo è composto da 40-60 cellule gustative, cellule di sostegno e cellule basali. Le cellule gustative hanno una forma a banana e concludono sulla superficie della lingua con dei peli gustativi a livello del poro gustativo. A differenza dell’olfatto qui le cellule gustative non sono neuroni ma cellule epiteliali che comunicano con fibre nervose sensitive attraverso neurotrasmettitori. La vita di una cellula gustativa è di circa 10 giorni e poi viene rinnovata da quelle basali. I nervi che innervano la lingua sono essenzialmente tre ovvero il nervo facciale, il glossofaringeo e il nervo vago. Udito L’orecchio è costituito essenzialmente da 3 porzioni, orecchio esterno, orecchio medio e orecchio interno. Le prime due sono connesse solo con la trasmissione del suono all’orecchio interno a livello del quale la vibrazione è convertita in impulsi nervosi. • orecchio esterno: è caratterizzato da un imbuto per convogliare il suono verso la membrana timpanica.Inizia con il padiglione auricolare organizzato in spirali e recessi.Il canale uditivo è un condotto che attraversa l’osso temporale per raggiungere la membrana timpanica. • orecchio medio: inizia a livello della membrana timpanica che è leggermente concava verso l’esterno.Questa è innervata da rami sensitivi dei nervi vago e trigemino ed è altamente sensibile al dolore.Dopo la membrana è presente la tuba uditiva , un condotto collegato al naso faringe.Normalmente questa zona è chiusa ma durante la deglutizione può aprirsi e lasciare che l’aria fluisca o defluisca equilibrando la pressione dell’aria ai due lati del timpano.Un’eccessiva pressione può ottundere il senso dell’udito.Le tre ossa dell’orecchio medio sono chiamate: -martello: è formato da un manico allungato in contatto con la superficie timpanica.Una testa è sospesa tramite un legamento alla cavità timpanica e un processo breve si articola con l’ossicino successivo chiamato incudine. -incudine: si articola con il martello attraverso il corpo.Un braccio lungo si articola con la staffa. lOMoARcPSD|524 954 4 -staffa: è formata da un arco e da una base.La base ha la forma simile al fondo del ferro da stiro ed è mantenuta tramite il legamento anulare in un’apertura detta finestra ovale dove inizia l’orecchio interno. • orecchio interno: lo ritroviamo contenuto nella parte petrosa dell’osso temporale.E’ costituito da una prima parte che prende il nome di vestibolo che contiene due organi per l’equilibrio.Dal vestibolo originano i canali semicircolari che individuano la rotazione della testa e la coclea (simile a una chiocciola) che contiene l’organo dell’udito chiamato condotto cocleare. La percezione del suono parte dal padiglione auricolare che lo convoglia nel canale uditivo. La membrana timpanica vibra sulla base delle onde sonore e questo fa vibrare i tre ossicini dell’udito sospesi nella cavità timpanica. E’ importante notare l’esistenza del muscolo tensore del timpano il quale interviene qualora le vibrazioni fossero troppo elevate. Raggiunta la staffa le vibrazioni passano attraverso la finestra ovale portando in agitazione un liquido contenuto nella coclea. com’è formata la coclea? La coclea contiene l’organo dell’udito chiamato condotto cocleare contenente endolinfa che è l’elemento che ci interessa. All’interno del condotto cocleare è presente una membrana detta membrane basilare. Al di sopra di tale membrana è presente l’organo spirale che è un epitelio in grado di trasformare la vibrazione in impulso nervoso. Tale organo è composto da cellule capellute con stereociglia (microtubuli-non si muovono da sole) a livello apicale e al di sopra di esse è presente una membrana tectoria gelatinosa che aiuta a stimolare le cellule capellute quando la coclea risponde alle onde sonore. lOMoARcPSD|524 954 4 Quando le onde raggiungono la coclea attraverso la staffa il liquido contenuto all’interno del condotto cocleare vibra e questo fa vibrare la membrana basilare in alto e in basso. Le cellule capellute vengono spinte in alto e in basso mentre la membrana tectoria rimane ferma. Questo fa si che le stereociglia si schiaccino sulla membrana tectoria forzandole ad oscillare avanti e indietro. Questo movimento fa aprire i canali per gli ioni potassio che eccita la cellula che è in grado così di trasmettere le informazioni ai nervi sottostanti attraverso i neurotrasmettitori. Per distinguere i diversi suoni la coclea si comporta in questo modo: i suoni forti creano una vibrazione più rapida e in particolare modo uno stimolo più rapido e veloce alle fibre nervose, inversamente a quanto accade con i suoni più deboli. I toni alti e bassi invece vengono percepiti dal cervello sulla base del fatto che a secondo della tonalità la vibrazione va a colpire parti diverse dell’organo spirale. In particolare i toni alti stimola le cellule capellute vicino alla base della coclea mentre quelli bassi stimolano quelle a livello dell’apice. La stimolazione a questo punto passa all’interno del talamo per poi arrivare a livello dei lobi temporali della corteccia. apparato vestibolare e equilibrio L’equilibrio è compito principale dell’apparato vestibolare che consiste in tre canali semicircolari (anteriore, laterale e posteriore) e di due cavità, il sacculo e l’utricolo. L’equilibrio statico è compito del sacculo e dell’utricolo così come l’equilibrio dinamico lineare. L’accelerazione angolare invece è valutata dai canali semicircolari. I canali semicircolari sono disposti con diverse orientazioni spaziali. In particolare, il canale anteriore e posteriore sono posti ad angolo retto tra di loro mentre quello laterale è disposto con una inclinazione di circa 30 gradi rispetto all’orizzontale. Questo orientamento fa si che ciascuno sia stimolato dalla rotazione della testa su un piano differente. I canali sono riempiti da endolinfa così come lo ero il canale cocleare. Ciascun canale si apre all’interno dell’utricolo ed è provvisto di un sacco dilatato all’estremità chiamato ampolla. All’interno dell’ampolla si trova un rilievo costituito da cellule capellute e cellule di sostegno chiamato cresta ampollare. Ogni cellule capelluta è provvista di stereociglia e un chinociglio immerse nella cupola, una membrana gelatinosa che si estende dalla cresta fino al tetto dell’ampolla. Quando la testa ruota accade che il liquido rimane indietro e sbatte contro l’ampolla che schiaccia le stereociglia. Questo crea la stimolazione nervosa. Un comportamento simile avviene all’interno dell’utricolo e dal sacculo che riescono così a controllare l’equilibrio statico e a percepire accelerazione lineare del corpo. All’interno dell’utricolo e del sacculo sono presenti due piccole porzioni di cellule capellute e di sostegno che prendono il nome di macula. Queste presentano come nelle ampolle vestibolari delle stereociglia e un chinociglio. Sopra di essa è presente una membrana gelatinosa detta otolitica (appesantita da granuli di carbonato di calcio e proteine). lOMoARcPSD|524 954 4 Quando la testa è inclinata ad esempio accade che il liquido schiacci le stereociglia e convogli un segnale nervoso che viene poi elaborato dal cervello anche utilizzando le informazioni degli altri sensi. Per equilibrare i diversi piani si noti come la macula dell’utricolo è orizzontale mentre quella del sacculo è verticale. Da ricordare che i segnali vengono per la maggior parte a transitare all’interno del cervelletto che ha il compito di coordinare i movimenti sopratutto in base ai segnali dell’equilibrio che provengono dall’apparato vestibolare. Vista Il bulbo oculare è una sfera di circa 24 mm di diametro. Esso è costituito da tre tonache: -Tonaca esterna(tonaca fibrosa-sfera): si divide in sclera (parte bianca dell’occhio) che è un tessuto connettivo denso perforato da vasi sanguigni e nervi e nella cornea che è la porzione anteriore trasparente della sclera che consente l’ingresso della luce all’interno dell’occhio. -Tonaca vascolare intermedia: composta dalla coroide che è uno strato altamente vascolarizzato posto dietro alla retina .Anteriormente la coroide si ispessisce e sfuma nel corpo ciliare che sostiene il cristallino e forma un anello muscolare intorno ad esso.Il muscolo ciliare che lo compone controlla la tensione del cristallino e quindi la messa a fuoco.Il corpo ciliare sostiene anche l’iride e secerne un liquido chiamato umor acqueo. L’iride è un diaframma regolabile che controlla il diametro della pupilla, la sua apertura centrale. L’iride è composto da un epitelio pigmentato posteriore che arresta la luce diffusa e uno strato marginale anteriore che contiene cellule pigmentate chiamate cromatofori (la colorazione dell’occhio dipende dall’alta o bassa concentrazione di melanina). L’iride è provvisto di una muscolatura intrinseca che permette di aprire e chiudere la pupilla a seconda della luce. -Tonaca interna: è formata dalla retina che riveste internamente i due terzi del bulbo oculare. sistema diottrico Il sistema diottrico dell’occhio è costituito dall’esterno all’interno : dalla cornea, dall’umor acqueo, dal cristallino, dal corpo vitreo. Superata la cornea la luce si trova a contatto con l’umor acqueo che è un fluido sieroso secreto dal corpo ciliare in uno spazio compreso tra l’iride e il cristallino chiamato camera posteriore. La camera posteriore comunica con quella anteriore che si trova tra la cornea e l’iride. Il cristallino è invece costituito da cellule trasparenti appiattite e strettamente interconnesse dette fibre del cristallino. Dietro la pupilla il cristallino è sostenuto da legamenti sospensori che lo ancorano al corpo ciliare. Il corpo vitreo o umore vitreo è invece una sostanza gelatinosa che riempie tutta la parte dell’occhio posteriormente al cristallino. Questo liquido permette di mantenere la forma del bulbo oculare e di distendere la retina e renderla ben attaccata alle pareti interne. La luce passando per il cristallino raggiunge un punto sul fondo del bulbo oculare che prende il nome di fovea centrale. Questa è una punto della retina in cui sono altamente concentrate cellule visive che prendono il nome di coni e bastoncelli. I coni sono responsabili della visione diurna mentre i bastoncelli di quella notturna. Questi ultimi producono immagini quindi solo in scala di grigio. Dalla fovea e da tutta la retina dipartono terminazioni nervose che raggiungono il disco ottico dove poi si forma il nervo ottico. lOMoARcPSD|524 954 4 Il nervo ottico forma il chiasma ottico come già visto in precedenza e poi attraversando i nuclei genicolati del talamo raggiunge la corteccia cerebrale a livello dell’occipitale. APPARATO ENDOCRINO L’apparato endocrino vede come componente principale gli ormoni che possono essere definiti come messaggeri chimici che sono secreti nel sangue circolante e che stimolano risposte fisiologiche in organi distanti. A differenza del sistema nervoso che si avvaleva di neurotrasmettitori qui abbiamo gli ormoni che quindi possono stimolare anche cellule molto distanti rispetto al punto di rilascio. Le cellule bersaglio possono essere potenzialmente di qualsiasi tipo basta che abbiano i recettori per quell’ormone. Questo si differenzia dal sistema nervoso che poteva avere come cellule bersaglio quelle muscolari, ghiandolari o nervose. Un’altra differenza tra i due è da ricondurre alle tempistiche funzionali. Il sistema endocrino può coprire intervalli di tempo prolungati affinché l’ormone inizi il suo effetto sulla cellula bersaglio. Nel sistema nervoso tra la durata dell’impulso e l’inizio dell’effetto invece intercorre un tempo molto breve. L’ormone rilasciato può essere circolante nel sangue e quindi endocrino, oppure paracrino che viene secreto nello spazio extracellulare e ha effetto su una cellula vicina, oppure autocrino che viene rilasciato dalla stessa cellula sulla quale poi ha effetto. Gli ormoni inoltre sono classificabili in : • liposolubili: steroidei e tiroidei, affini ai grassi • idrosolubili: proteine e derivati amminici, affini all’acqua lOMoARcPSD|524 954 4 I liposolubili sono in grado di attraversare il bilayer fosfolipidico. Essi, ricoprendosi di proteine carrier (vettrici) riescono a viaggiare nel circolo sanguigno e raggiungere la cellula bersaglio. A questo punto l’ormone lipidico si spoglia del carrier e penetra all’interno della cellula. Gli ormoni idrosolubili non possono penetrare all’interno di una cellula a causa della loro natura polare e quindi il loro lavoro normalmente termina con l’attivazione di recettori di membrana che attivano una cascata di secondi messaggeri intracellulari che a sua volta attivano proteine già presenti nel citosol. ipofisi e ipotalamo L’ipotalamo è già stato visto in precedenza nel sistema nervoso, è un centro di controllo delle emozioni e un importante centro di controllo cardiaco. Molti dei suoi altri compiti però li svolge attraverso l’ipofisi. L’ipotalamo produce diversi ormoni che regolano l’ipofisi a secernere o inibire i suoi ormoni ma anche ormoni che vedremo tra poco che invece vengono accumulati nell’ipofisi. L’ipofisi è attaccata all’ipotalamo da un peduncolo ed è parzialmente accolta nella sella turcica dell’osso sfenoide (fossa ipofisaria). Ha la grandezza di un fagiolo bianco ed è composta da due parti: l’adenoipofisi che costituisce i tre quarti anteriori e la neuroipofisi che costituisce il quarto posteriore. ormoni ipotalami e ipofisari L’ipotalamo produce diversi ormoni tra cui l’ADH e L’OT (Ossitocina).Questi vengono trasportati nella neuroipofisi e li vengono immagazzinati fino al loro rilascio su richiesta. Analizziamoli meglio: • ADH o ormone antidiuretico: esso è sintetizzato a livello dell’ipotalamo in un paio di gruppi di neuroni chiamati nuclei sopraottici, localizzati sul lato destro e sinistro dell’ipotalamo, sopra il chiasma ottico. Ha come funzione la ritenzione idrica da parte dei reni, riducendo il volume urinario e aiutando ad impedire la disidratazione.Ha anche una funzione di neurotrasmettitore encefalico ed è di solito chiamato vasopressina. • L’OT o Ossitocina: ha una funzione importantissima durante il parto in quanto stimola le contrazioni uterine e la produzione di latte.Nell’uomo stimola i dotti spermatici e la prostata.In entrambi i sessi l’ossitocina stimola l’eccitazione sessuale e l’orgasmo stimolando anche contrazioni uterine per il trasporto del seme verso l’alto nelle vie riproduttive femminili. Gioco un ruolo fondamentale nei rapporti tra i partner e nel legame madre-lattante. L’ipofisi anteriore o adenoipofisi produce diversi tipi di ormoni come: • ACTH o adenocorticotropo: è importante per la risposta allo stress. Stimola la corticale surrenale, lo stretto esterno del surrene posto al di sopra del rene alla produzione di glucocorticoidi. • TSH o tireotropina o ormone tirostimolante: questo ormone incida la crescita della tiroide e la produzione di ormone tiroideo.La tiroide si presenta con un aspetto follicolare. I suoi follicoli detti follicoli tiroidei sono rivestiti da un epitelio semplice cubico di cellule follicolari che contengono una sostanza proteica chiamata colloide.Le cellule follicolari secernono principalmente tiroxina anche detto T4 per i quattro atomi di iodio contenuti nella sua struttura.La tiroide produce in realtà anche la triodotironina o T3 con tre atomi di iodio.T3 e T4 insieme formano l’ormone tiroideo (TH). Quando il TSH stimola la produzione di ormone tiroideo si producono T3 e T4 che hanno diverse funzioni a livello del metabolismo basale tra cui promuovere la secrezione ipofisaria di ormone della crescita, accelerare i riflessi e diminuire la concentrazione di colesterolo nel plasma.Tra i follicoli tiroidei ci sono ammassi di cellule C o parafollicolari che secernono calcitonina quando aumenta il livello di calcio ematico.Questo favorisce la deposizione di calcio a livello osseo per diminuirlo nel circolo lOMoARcPSD|524 954 4 • • • • sanguigno.Inversamente alla calcitonina agisce il paratormone prodotto dalle paratiroidi che aumenta la concentrazione di ioni calcio nel sangue favorendo il lavoro degli osteoclasti. GH: è anche chiamato ormone della crescita o somatotropina ed è quello che viene prodotto in maggior quantità a livello dell’ipofisi anteriore.Agisce diffusamente per la crescita cellulare.Il GH stimola inoltre il fegato per la produzione di Somatomedine o IGF che svolgono una funzione simile a quella del GH stesso. GH e IGF quindi stimolano la crescita tissutale. PRL o Prolattina: induce l’attività della ghiandola mammaria alla produzione di latte e aumenta indirettamente la produzione di testosterone negli uomini. LH o Ormone luitenizzante: stimola l’ovulazione nelle donne e la produzione di progesterone durante la gravidanza.Nell’uomo stimola la produzione di testosterone. FSH o ormone follicolo-stimolante: I suoi organi bersaglio sono le ovaie e i testicoli e quindi la produzione di ormoni ovarici nella donna e la produzione di sperma nell’uomo. ghiandole surrenali Le ghiandole surrenali si trovano posizionate superiormente ai reni e sono formate da: -midollare surrenale: è la parte più interna che rappresenta circa il 10-20 % della ghiandola -corticale surrenale: è la parte più esterna e rappresenta l’80-90% della ghiandola La ghiandola complessivamente è posizionata retroperitonealmente così come i relativi reni. La midollare surrenale produce essenzialmente tre tipi di ormoni che sono l’adrenalina, la noradrenalina e la dopamina. Questi vengono secreti da cellule neuroendocrine e aumentano il metabolismo basale. La corticale surrenale circonda completamente la midollare e produce più di 25 ormoni steroidei conosciuti come corticosteroidi. E’ costituita da 3 parti fondamentali: -zona glomerulare: parte più esterna con produzione di diversi ormoni mineralcorticoidi(regolano l’equilibrio elettrolitico).Il principale è l’aldosterone che aiuta a livello renale a trattenere il sodio e ad espellere potassio. -zona fascicolata: è la zona più ampia e le cellule sono disposte come cordoni perpendicolari alla superficie ghiandolare. Questa zona secerne glucocorticoidi in risposta all’ACTH dell’ipofisi.Il più importanti sono il cortisolo e il cortisone che stimolano la gluconeogenesi(produzione di glucosio a partire da molecole non glucidiche) e il rilascio di acidi grassi e glucosio nel sangue. -zona reticolare: è lo strato più interno a diretto contatto con la midollare del surrene.E’ chiamata così per la sua somiglianza a un reticolo.Questa zona secerne androgeni e estrogeni. pancreas Il pancreas lo abbiamo già visto in precedenza a livello dell’apparato digerente in quanto aveva una funzione esocrina importantissima, quella di produrre succo pancreatico da riversare nel duodeno. In realtà il pancreas contiene circa 2 milioni di cellule endocrine che costituiscono solo il 2 percento di tutto l’organo.Tali cellule prendono il nome di isole pancreatiche o isole di Langerhans. Nonostante l’apparente inutilità visto la loro concentrazione esse producono diversi ormoni essenziali alla vita tra cui l’insulina e il glucagone. Le cellule endocrine si dividono in 5 classi: • Cellule alfa o A: secernono il glucagone. Esso viene secreto nell’intervallo tra i pasti per fornire energia all’organismo.Incita il rilascio di glucosio accumulato nel fegato e di acidi grassi accumulati nel tessuto adiposo. • Cellule beta o B: secernono insulina che serve a diminuire la concentrazione ematica di glucosio.E’ un ipoglicemizzante. Viene secreto durante e immediatamente dopo i pasti. lOMoARcPSD|524 954 4 Questi due ormoni sono uno l’opposto dell’altro e agiscono secondo feedback negativo e si autoinibiscono. • Cellule delta o cellule D: secernono somatostatina che ha effetto inibitorio sull’insulina e sul glucagone ma anche sulla somatotropina (ormone della crescita). • Cellule F: secernono il polipeptide pancreatico che inibisce la contrazione della colecisti e la secrezione di enzimi pancreatici.Spegnendo l’attività biliare e pancreatica si inizia il processo di assorbimento nell’intestino postduodenale. • Cellule G: secernono gastrina che stimola la secrezione acida e lo svuotamento dello stomaco. altri ormoni -Peptide natriuretico: è prodotto dal tessuto cardiaco e inibisce la secrezione di ADH (ipofisi) e Aldosterone (surrene) -Ormoni ovarici: estrogeni e progesteroni controllati da LH e FSH.Altri sono la relaxina e l’inibina. Quest’ultima inibisce la produzione di FSH. -Ormoni testicolari: testosterone (mantenimento caratteri sessuali secondari) e inibina. APPARATO URINARIO E’ banalmente l’apparato che ci permette di produrre urina. reni I reni si trovano nella parete addominale posteriore all’altezza della dodicesima costa (fino alla terza lombare).Quello destro è leggermente più basso rispetto al sinistro a causa del largo spazio occupato dal lobo destro del fegato localizzato al di sopra di esso. Entrambi sono retroperitoneali. Non c’è una struttura scheletrica che li protegge ma troviamo tre strati di tessuto connettivo: una fascia renale fibrosa che nasce dallo sdoppiamento del peritoneo e mantiene i reni associati alla parete addominale, una capsula di grasso perirenale che fa da cuscino ai reni e li tiene in posizione, una capsula fibrosa interna che racchiude il rene come un cellophane ancorato all’ilo. Insieme formano la loggia renale. Anche la surrenale è compresa in questa loggia. La fascia renale si fonde anteriormente con il peritoneo e posteriormente con la fascia dei muscoli lombari. lOMoARcPSD|524 954 4 Il parenchima renale appare a forma di C in una sezione frontale. In particolare procedendo dall’esterno verso l’interno troviamo la capsula fibrosa (già vista in precedenza che avvolge il rene come un cellophane, poi troviamo la corticale esterna renale di circa 1cm di diametro. La corticale esterna è seguita dalla midollare interna renale che è adiacente al seno renale che contiene vasi sanguigni, linfatici, nervi ed è il punto di accumulazione dell’urina. La corticale surrenale si proietta all’interno nella zona midollare formando le colonne renali che danno poi origine a strutture midollari dette piramidi renali. Ogni piramide renale presenta una struttura conica con la base rivolta verso la corticale esterna e la punta verso il seno renale (papilla renale). La piramide con la relativa zona corticale superiore danno origine a un lobo renale. La papilla di ciascuna piramide renale si apre in un canale detto calice minore. Tanti calici minori uniti originano il calice maggiore. Due o tre calici maggiori si uniscono a formare la pelvi renale ovvero un imbuto che convoglia l’urina nell’uretere che la porterà alla vescica. circolazione renale I reni rappresentano solo lo 0,4% del peso corporeo ma ricevono il 21% della gittata cardiaca. Questo ci mostra la loro importanza nella regolazione del volume sanguigno. A livello dell’ilo del rene entra l’arteria renale la quale si divide in arterie segmentali le quali si dividono a loro volta in arterie interlobari. Queste decorrono nelle colonne renali dirigendosi verso la zona corticale esterna.Il nome inter-lobari deriva dal fatto che la struttura compresa tra una colonna e la successiva prende il nome di lobo renale. Una volta raggiunta la zona di comunicazione tra midollare e corticale queste arterie interlobari generano le arterie arcuate che proseguono lungo la base di ciascuna piramide. Da qui originano piccole arterie che raggiungono la corticale e diventano arterie interlobulari (non interlobari). Le arterie interlobulari mano a mano che procedono verso la corticale creano delle diramazioni come se fossero rami di un albero chiamate arterie afferenti. Tali arterie vanno ad irrorare l’unità funzionale del rene, il nefrone. In realtà dalle arterie arcuate si dipartono anche emergenze verso la midollare che prendono il nome di arterie rette che nutrono la capillarmente le altre zone del rene. nefrone E’ l’unità funzionale del rene ed è composto principalmente da due parti: il corpuscolo renale che filtra il plasma sanguigno e il lungo tubulo renale che trasforma il filtrato in urina. lOMoARcPSD|524 954 4 Studiamo ora a grandi linee come avviene la produzione di urina per poi studiare la struttura di queste due componenti: • Filtrazione glomerurale: il sangue passa all’interno del nefrone attraverso un processo di filtrazione che porta alla formazione del filtrato glomerurale che non contiene cellule e contiene poche proteine. Passando nel tubulo renale diventa liquido tubolare con una modificazione rapida del filtrato iniziale. • Riassorbimento tubolare e secrezione tubulare: il liquido tubulare viene modificato.Sostanze utili come il glucosio, potassio, sodio e fosfati vengono riassorbite e riportate al sangue mentre sostanze presente nei capillari peritubulari come gli ioni idrogeno ed alcuni farmaci vengono estratte e secrete nel liquido tubulare. • Conservazione dell’acqua: dal liquido tubulare viene riassorbita acqua per evitare di espellerla in quantità eccessive in quanto è elemento utile per l’organismo.I reni quindi assorbono acqua creando una sostanza ipertrofica (alta concentrazione di soluti).Il riassorbimento avviene in tutte le parti del tubulo ma con maggiore efficienza a livello del dotto collettore.Il liquido è considerato urina quando entra in questi dotti. Il corpuscolo renale è costituito da due parti: -Una parte interna detto glomerulo che è un groviglio di capillari che derivano dall’arteria afferente che a sua volta deriva dall’arteria interlobulare. -Una parte esterna detta capsula glomerulare (di Bowman) composta da due strati. Lo strato parietale esterno è composto da un epitelio squamoso semplice mentre lo strato interno viscerale è composto da podociti che avvolgono i capillari del glomerulo. Lo spazio che si crea tra le due membrane prende il nome di spazio capsulare. In questo spazio si raccoglie il filtrato glomerurale. I poli opposti del glomerulo prendono il nome di polo vascolare e polo urinario. Il primo è costituito da una grande arteria afferente che forma il glomerulo del corpuscolo renale e una arteria efferente (in uscita) più piccola che trasporta il sangue esternamente. Grazie alla differenza di grandezza delle due arterie vi è un aumento di pressione nei capillari del glomerulo che dona la forza motrice del filtraggio ad opera dei podociti. I podociti hanno una forma simile ad un polipo con un corpo cellulare bulboso e parecchie braccia spesse.Ogni braccio presenta delle piccoli estensioni dette processi podocitici che abbracciano i capillari del glomerulo. Dalla parte opposta al polo vascolare è presente il polo urinario dal quale defluisce il fluido glomerurale (preurina) attraverso il tubulo renale. lOMoARcPSD|524 954 4 Tale tubulo inizia in un primo tratto chiamato tubulo contorto prossimale che si porta verso l’ansa di Henle e poi un tratto ascendente che si porta verso il tubulo contorto distale. Questo porta l’urina verso il dotto collettore che riceve urina da tanti nefroni e arriva al calice minore a livello della papilla renale. Il TCP assorbe circa il 65% del filtrato glomerurale rimettendo in circolazione come già detto glucosio, sodio, potassio, fosfato ecc.Nello stesso tempo riassorbe dai capillari peritubulari materiale tossico da espellere come ioni idrogeno, urea, ed alcuni farmaci come aspirina e penicillina. Da notare che l’urea che è il componente principale dell’urina non è espulso totalmente ma una parte rimane sempre circolante nel sangue, ovviamente al di sotto dei livelli di sicurezza. Dopo il TCP si forma l’ansa di Henle con il suo tratto discendente e ascendente che ha il compito di riassorbire piccole quantità di sodio, potassio, cloro e acqua. Il compito più importante però è quello del mantenimento di un gradiente di salinità nella midollare nel rene. La parte terminale del tratto ascendente dell’ansa di Henle si riavvicina al corpuscolo renale e assieme all’arteria afferente e efferente forma l’apparato iuxtaglomerulare. Questo serve principalmente per il controllo del liquido che entra nel tubulo contorto distale e per modificare le prestazioni del nefrone(aumentare o diminuire il russo la pressione sanguigna al glomerulo). Le cellule più importanti che operano in questo apparato sono le cellule iuxtaglomerulari. Quando queste cellule sono stimolate dalla macula(cellule che funzionano da sensori) esse secernono renina che ha il compito di agire sull’angiostensinogeno prodotto a livello epatico. L’angiotensinogeno si attiva e diventa angiotensina I che viene poi modificata in angiotensina II. Quest’ultima agisce sulla parete muscolare delle arteriole riducendone il calibro (effetto vasocostrittore).Questo porta quindi ad un aumento della pressione a livello del glomerulo aumentando le prestazioni di filtrazione del nefrone. C’è un altro modo di controllo delle prestazioni del nefrone e questo avviene per mezzo dell’apparato endocrino attraverso due ormoni che abbiamo già visto in precedenza, l’ADH ipofisario (ormone antidiuretico che aumenta l’assorbimento di acqua a livello dei tubuli distali rendili più permeabili) e l’Aldosterone prodotto dalla zona glomerulare della corticale del surrene che stimola il riassorbimento del sodio a livello ematico e l’espulsione del potassio a livello urinario. L’urina dal tubulo distale passa all’interno del dotto collettore e da qui all’interno dei calici minori, calici maggiori, pelvi renale e uretere. uretere Gli ureteri sono due piccoli tubi di circa 25 cm di lunghezza che trasportano l’urina alla vescica. Essi passano posteriormente ad essa e vi entrano dal basso. Una valvola su ciascuna apertura impedire il reflusso urinario. L’uretere è costituito da uno strato connettivo esterno, uno strato muscolare intermedio e uno strato di mucosa interna costituita da epitelio di transizione. vescica E’ un serbatoio muscolare posto posteriormente alla sinfisi pubica e inferiormente al peritoneo. La sua muscolare, detta muscolo detrusore, si compone di tre strati indistintamente separati di muscolatura liscia(longitudinale, circolare, longitudinale). La mucosa è costituita la epitelio di transizione. lOMoARcPSD|524 954 4 Quando la vescica è vuota questo epitelio ha uno spessore notevole e si formano piega sulla mucosa chiamate pliche. Quando l’organo si riempie le pliche si distendono con un appiattimento delle relative cellule epiteliali. L’apertura uretrale anteriore e l’apertura dei due ureteri delineano una superficie liscia chiamata trigono, facilmente soggetta ad infezioni. Così come accade per l’ano anche qua sono presenti due sfinteri, uno interno e uno esterno e questo permette il controllo volontario della minzione. Tra i due sfinteri nei maschi c’è la prostata che ingrossandosi può spingere sull’uretra dando la sensazione “urinaria”. Nelle femmine l’uretra è molto più corta che nei maschi e soggetta ad infezioni. lOMoARcPSD|524 954 4