Uploaded by Andrea Pasquarelli

Alimentazione e Nutrizione Umanapdf

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Alimentazione e Nutrizione Umana:
Alimentazione: Da 'alimentazione':
1. Atto di alimentare o di alimentarsi, scelta e somministrazione di alimenti, è una nostra scelta
abbiamo fame scegliamo cosa mangiare, ed è un atto volontario.
Nutrizione: Da nutrizione:
2. (biol.) Il complesso dei processi biologici che consentono o condizionano la conservazione,
l'accrescimento, lo sviluppo dell'organismo vivente e la reintegrazione delle perdite materiali ed
energetiche che accompagnano le diverse attività funzionali. La nutrizione è un processo
involontario di processi biochimici, dopo che ho introdotto il cibo in bocca, quindi dopo che mi
sono alimentata con un processo volontario inizia la nutrizione.
Classificazione dei viventi in base al tipo di energia utilizzata autotrofi-> (capaci di nutrirsi da soli),
(le piante) tramite la fotosintesi convertono l’energia della luce del sole in Energia Chimica.
Questa foto di Autore sconosciuto è concesso in
Eterotrofi-> (incapaci di nutrirsi da soli), (animali e umani) ricavano Energia dalla degradazione
delle molecole sintetizzate dagli autotrofi o direttamente dagli animali. Siamo eterotrofi anche se
ci sono delle molecole che siamo capaci di sintetizzare senza introdurre con la dieta come il
colesterolo (biosintesi di colesterolo nel fegato) e vitamina D (80%), il colesterolo ha due fonti una
esogena cioè l’introduzione con la dieta e una endogena cioè la biosintesi all’interno del fegato.
L’uomo necessita di un continuo flusso di energia, anche quando siamo a riposo consumiamo
energia perché il cuore batte, respiriamo, ci sono quindi una serie di processi involontari che fanno
si che anche se dormiamo continuiamo a far funzionare il cuore, i polmoni e tutta questa energia
spesa per questi processi si chiama metabolismo basale proprio quell’energia che serve per
mantenerci in vita in condizioni di riposo assoluto.
Perché ci alimentiamo? Perché abbiamo uno stimoli di Fame: Da 'fame': f. [lat. fames]. ‐ 1. a.
(fisiol.) Sensazione viscerale stimolata dal bisogno del cibo. Lo stimolo della fame, della sazietà
sono regolati da ormoni prodotti principalmente dall’ipotalamo.
Appetito: Da 'appetito': 2. Desiderio di mangiare.
La nutrizione è un fattore molto importante per la nostra salute, perché attraverso di essa il nostro
organismo cresce e si sviluppa, serve a mantenere le funzioni corporee, favorisce il benessere
fisico, aumenta la resistenza alle infezioni, quindi nutrirsi bene con il giusto equilibrio permette di
stare in salute.
L’obesità: è la quinta causa di morte nel mondo, spesso si associa ad una serie di malattie come
ischemia, diabete, ipertensione, arteriosclerosi, patologie tumorali, patologie neurodegenerative,
l’obesità non viene in realtà considerata come una malattia, si pensa solo al lato estetico, però
invece l’obesità è la base di una serie di malattie che possono portare a cause gravi sino alla
morte. Più cellule adipose noi abbiamo durante l’infanzia, dovute dalla presenza di grasso, quando
si diventa adulti queste cellule adipose non produciamo più, ma manteniamo il numero della
nostra infanzia, quindi avremo delle cellule che si possono riempire di grasso (lipidi) ed è per
questo che bisogna contrastare l’obesità infantile.
L’obesità si combatte sempre con due livelli-> esercizio fisico e alimentazione.
In tutto il mondo il 50% degli adulti e il 30% degli adolescenti sono obesi o in sovrappeso e negli
ultimi 40 anni sono aumentati di 10 volte, da 11 milioni sono passati sono passati a 124 milioni, se
non si inverte questa tendenza dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità che arriveremo al 2030
con un 70% della popolazione mondiale sarà in sovrappeso o obesa.
Le persone obese che hanno contratto il covid-19 hanno avuto il 113% in più di probabilità di
andare in ospedale, 74% in più di andare in terapia intensiva, 48% di morire rispetto ai pazienti
normopeso.
Con il covid-19 è aumentato il consumo di dolci, alcol, sale; mangiando in modo scorretto andiamo
a impoverire la nostra flora batterica intestinale e quindi a diminuire il nostro livello di salute.
Il sale è nascosto in moltissimi alimenti, dovremmo eliminare completamente il sale che noi
aggiungiamo, perché affatica i reni, ci fa venire più calcoli, indurisce le arterie, ci fa venire
l’ipertensione, ritenzione idrica.
Abbiamo quelle che sono le malattie del benessere come l’obesità e tutte le malattie correlate ad
essa come il diabete di tipo 2, l’ipertensione, l’arteriosclerosi, fino a forme di cancro, vengono
definite così perché ci si nutre troppo e ci si muove poco. Sono malattie non trasmissibili, quindi
non sono dovute ad una trasmissibilità genetica.
C’è stato un aumento delle malattie legate al benessere, perché lo stile di vita a partire dai nostri
progenitori (scimmie) è cambiato molto perché prima bisognava cacciare per il cibo e si aveva un
determinato costo metabolico per mangiare, oggi non abbiamo nessun costo metabolico, siamo
diventati più sedentari, il nostro metabolismo non ha subito grandi modifiche, prima ci si muoveva
a piedi adesso con la macchina, adesso non si lavora la campagna a mano ma abbiamo il motore,
prima si cacciava per procurarsi il cibo, adesso è ovunque, siamo diventati uomini da divano invece
siamo nati per muoverci e non per essere sedentari.
Questa aumentata disponibilità di alimenti non proprio sani, ha portato alla patologia
dell’abbondanza, c’è stato un mutamento nello stile di vita muovendosi sempre di meno per fare
qualsiasi cosa e questo ha portato alle patologie dell’abbondanza (obesità, malattie metaboliche,
ipertensione…).
In questa immagine possiamo vedere che o si muore di obesità o perché c’è un difetto di
alimentazione con un nutrimento insufficiente:
Mangiando solo 1% in più dello Kcal che mi servono giornalmente, del mio fabbisogno energetico
giornaliero, io aumento 1kg all’anno, quindi per 30 anni dai 20 ai 50 arrivo con 30kg in più.
Il rischio dell’obesità è proporzionale alla durata, chi è rimasto obeso per 5‐15 anni ha un rischio di
morte doppio rispetto a un soggetto normopeso. Ad alta temperatura cambiano la loro struttura
gli oli che hanno gli acidi grassi non solo insaturi, ma polinsaturi che ad alte temperature formano
gli acidi grassi trans che fanno molto male all’organismo, è molto meglio il grasso di maiale (lo
strutto) perché ci sono degli acidi grassi saturi che non vengono trasformati con la frittura, tra gli
oli meglio quello di oliva o di arachidi perché sono formati da acidi grassi monoinsaturi e non
polinsaturi.
Le 4 P-> Pane, Pasta, Pizza, Patate.
BMI: rapporto fra il peso in chilogrammi e l’altezza al quadrato espressa in metri e serve per
vedere il nostro stato nutrizionale cioè se siamo sottopeso, normopeso, sovrappeso o obeso.
Il BMI o IMC (indice di massa corporea) non tiene conto della composizione corporea, cioè un
body builder che ha un peso elevato perché ha tantissimi muscoli e ha un BMI di 26 non è in
sovrappeso.
Alimentazione ed esercizio fisico vanno a braccetto:
Man mano che si va in alto le dosi diminuiscono e anche la frequenza settimanale.
Processi dell’alimentazione e della nutrizione:
Quindi come detto precedentemente l’alimentazione è un processo volontario in cui noi andiamo
a scegliere l’alimento, prepararlo e mangiarlo (introduzione in bocca). Mentre la nutrizione è un
processo involontario che inizia quando introduciamo il cibo nella bocca e permette di trasformare
il cibo all’interno del nostro organismo, viene trasformato attraverso la digestione degli alimenti
introdotti con la dieta, l’assorbiemento di tutti i principi nutritivi che avviene a livello dell’intestino
tenue e da qui tutti i nutrienti vengono trasportati ai tessuti attraverso il sangue e solo nel caso dei
lipidi prima nel circolo linfatico e poi nel circolo ematico, il centro poi di smistamento ad esempio
dei lipidi l’organo è il fegato.
Nel momento in cui è avvenuta la digestione, i nutrienti sono stati assorbiti e trasportarti alle
cellule, ed entrano nelle cellule, all’interno delle cellule inizia il metabolismo cellulare che orevede
una fase di costruzione di molecole che si chiama anabolismo e una fase di degradazione delle
molecole che si chiama catabolismo, nel momento in cui però i nostri nutrienti digeriti, assorbiti e
trasportati alle cellule entrano dentro le cellule e inizia il metabolismo cellulare non si parla più di
nutrizione ma di Biochimica.
Alimenti:
Gli alimenti o cibi hanno valore perché l’organismo può ottenere da loro i nutrienti, all’interno di
ogni alimento abbiamo diverso nutrienti, l’alimentazione è necessaria affinchè avvenga la
nutrizione.
Nutrienti:
Molecole presenti negli alimenti che il corpo umano può utilizzare direttamente, senza bisogno
della digestione. Un esempio di una molecola che il corpo può utilizzare direttamente senza la
digestione è il glucosio.
Dalla digestione otteniamo i nutrienti cioè molecole che siano in grado di assorbire, trasportare le
cellule e che le cellule possono poi utilizzare a scopo anabolico o catabolico.
Ad esempio l’uovo è un alimento, all’interno di esso ci sono diversi principi alimentari, l’uovo è un
alimento ad alto contenuto e qualità proteica, all’interno del nostro uomo troviamo una proteina
che è il principio alimentare, le nostre cellule non sono capaci di utilizzare la proteina quindi
questa proteina dovrà essere scissa in mattoncini più piccoli per essere utilizzata che sono i
nutrienti e quest’ultimi che si producono per scissione dei legami nelle proteine sono gli
amminoacidi. Quindi la digestione delle proteine non è altro che quel processo che porta alla
scissione dei legami chimici fra gli amminoacidi e libera gli amminoacidi che poi verranno utilizzati
dai nostri tessuti e dalle nostre cellule. Il principio alimentare è il macronutriente.
Digerire vuol dire proprio andare a scindere i legami, in genere per idrolisi enzimatica.
NUTRIENTI ESSENZIALI O INDISPENSABILI-> Criteri per stabilire l’essenzialità di un nutriente:
La sostanza è richiesta nell’alimentazione per la crescita, la salute e la sopravvivenza.
La sua assenza dà origine a segni caratteristici di malattia imputabili alla deficienza.
L’incapacità di crescere e i segni di deficienza caratteristici sono prevenuti e curati soltanto dal
nutriente in esame o dai suoi precursori, ma non da altre sostanze.
In alimentazione un nutriente è essenziale quando noi siamo incapaci di sintetizzarlo e quindi lo
dobbiamo per forza introdurre con la dieta. (es. omega 3 (acidi essenziali), e omega 6
(amminoacidi essenziali).
Sotto un certo livello di consumo, la gravità dei segni di deficienza è inversamente proporzionale
alla quantità consumata. La sostanza non può essere sintetizzata nel corpo umano in quantità qu
adeguate, ma è richiesta per alcune importanti funzioni.
Da un punto di vista Biochimico l’essenzialità-> Implica l’incapacità, assoluta o relativa di
sintetizzare il Nutriente considerato da altre molecole e presenti nel corpo umano.
L’essenzialità è specifica di una specie e non è una caratteristica assoluta del nutriente, ad
esempio per noi la vitamina C è essenziale perché non siamo in grado di produrla perché abbiamo
perso i geni che la producevano, invece lo scimpanzè se la produce da sola, quindi l’essenzialità di
un nutriente è specie-specifica.
Tre funzioni: Energetica – Plastica - Regolatrice
Energetica vuol dire che serve per fornire energia e noi principalmente estraiamo energia dagli
zuccheri (glucidi) e dai grassi (lipidi), in verde abbiamo le molecole da cui noi ricaviamo maggiore
energia, i protidi sono in rosso perché possiamo anche ricavare energia dalle proteine ma vengono
utilizzate come ultime; Plastica cioè strutturale, costituiscono le cellule, i tessuti, i Sali minerali,
invece i glucidi e i lipidi hanno principalmente funzione energetica, dei lipidi con funzione plastica
un esempio sono i fosfolipidi di membrana, colesterolo, mentre i glucidi con funzione plastica
perché alcuni vanno a costituire il DNA e l’RNA, quindi la funzione plastica principalmente è delle
proteine e dei Sali minerali; la funzione Regolatrice appartiene principalmente alle vitamine e ai
Sali minerali, per regolatrice si intende che hanno la funzione di regolare il metabolismo, i
principali regolatori del metabolismo insieme agli enzimi abbiamo i coenzimi.
Dagli alimenti abbiamo i principi alimentari e dalla digestione abbiamo i nutrienti.
Biodisponibilità dei nutrienti:
La biodisponibilità è quanto (la frazione) di quel nutriente contenuto negli alimenti viene
realmente assorbita dal nostro organismo e utilizzata. Cioè ad esempio quanti amminoacidi
contenuti nell’alimento uovo io riesco realmente ad assorbire ed utilizzare.
La biodisponibilità può essere influenzata da altre molecole presenti negli alimenti o dalla
lavorazione o preparazione dei cibi.
Fattori intrinseci alla dieta-> cioè quello che mangiamo, quindi l’interazione tra gli alimenti.
Forma chimica del nutriente-> ad esempio il ferro se noi lo assumiamo in forma2 più lo
assumiamo, se invece lo introduciamo in forma3 più questa deve essere ridotta nel nostro
stomaco o intestino in forma 2 più e poi essere assorbita.
Interazioni chimico-fisiche-> tra molecole diverse.
Fattori intrinseci all’organismo-> cioè se il nostro svuotamento gastrico funziona bene, se
abbiamo un trasporto a livello degli enterociti quindi a livello del nostro intestino tenue ottimale.
La biodisponibilità viene influenzata se parliamo di dieta dal contenuto degli alimenti, perché negli
alimenti troviamo i nostri alimenti, i principi alimentari e i nutrienti, troviamo anche altre molecole
perché l’alimento è complesso non contiene solo determinati nutrienti ma contiene tantissime
altre molecole e quindi all’interno di un alimento possiamo trovare:
I non nutrienti ad esempio la fibra alimentare o fitocomposti, non nutreienti vuol dire che non li
forniscono.
Antinutrienti, che legandosi ai nutrienti impediscono l’assorbimento o lo rallentano, quindi vanno
ad influire sulla biodisponibilità di un nutriente.
Prodotti tossici, che assunti in eccesso possono essere tossici per il nostro organismo e vengono
divisi in assoluti (cioè tossici per tutti) e relativi (relative solo a determinate categorie di persone).
I cavoli, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, verze contengono molecole ricche di zolfo che sono i
tiocianati, che si legano allo iodio e quindi ne impediscono o ne diminuiscono l’assorbimento e
quindi quei soggetti che hanno un ridotto funzionamento della tiroide dovrebbero consumare i
cavoli, cavolfiori ecc raramente o per niente, proprio perché accentuano una patologia che già
hanno.
Un altro esempio sono i fitati o gli ossalati, che sono presenti nella farina integrale, nella crusca per
quanto riguarda i primi, mentre i secondi li troviamo nei vegetali, molti negli spinaci, questi fitati e
ossalati legano il ferro e il calcio e quindi ne diminuiscono l’assorbimento.
Un altro esempio è l’avidina che è presente nel tuorlo dell’uovo, che è una proteina che si
complessa con la biotina, che è una proteina del gruppo B, impedendone l’assorbimento, l’avidina
fa questo solo nell’uovo crudo.
Queste sono sostanza tossiche per tutti:
Ad esempio l’amigdalina che troviamo nella buccia delle mandorle, produce acido cianidrico che
può dare problemi a livello del sistema nervoso centrale, però per essere tossiche si dovrebbero
mangiare chili di mandorle al giorno.
La solanina, presente nella famiglia delle solanacee a cui appartengono le patate, peperoni,
pomodori, melanzane, questo alcaloide (la solanina) può causare disturbi gastro-intestinali e
neurologici, la solanina è maggiormente presente nel frutto immaturo.
I nitrati e i nitriti, sono presenti moltissimo negli alimenti sia di origine animale che vegetale,
proprio per il fatto che si danno un sanno di diserbanti a base di nitrati e nitriti, sono presenti
anche in alimenti di origine animale come gli insaccati, i nitrati e i nitriti sono pericolosi perché nel
nostro intestino crasso si combinano con le ammine formando le nitrosammine che sono delle
molecole cancerogene.
Le micotossine, sono prodotte dai funghi e spesso sono al di fuori dei cereali, e possono essere
genotossiche cioè possono essere tossiche perché vanno proprio a modificare il DNA e
cancerogene.
Le micotossine sono resistenti sia al calore che a tutti i trattamenti a cui normalmente vengono
sottoposte le derrate alimentari, ad esempio questi cereali con le micotossine vengono mangiate
dalla mucca e queste micotossine poi possono passare sia nella carne, sia nel latte e tutti i prodotti
derivati dal latte come il burro, il formaggio, la panna.
Ci sono invece delle sostanza tossiche solo per alcuni soggetti, come ad esempio gli allergeni, che
sono delle molecole in grado di scatenare una risposta immunitaria, cioè la produzione di
immunoglobuline di tipo E, tra gli allergeni più comuni abbiamo quelli contenuti nelle fragole, nei
crostacei, nelle uova, negli arachidi sono in genere quelli più comuni.
L’allergia si manifesta generalmente con delle eruzioni cutanee o attraverso dei sintomi
gastrointestinali (diarrea, dolori addominali), o sintomi a carico delle vie aree (con starnuti,
problemi a livello della gola, ma si può avere anche l’asma) e nei casi più gravi allo shock
anafilattico.
Un'altra sostanza tossica è quella che da origine alla celiachia, cioè un problema con il glutine, è
una patologia di tipo autoimmune ed ha una componente genetica che da una predisposizione e
ha anche una componente ambientale. Il nostro organismo produce degli anticorpi verso i peptidi
del glutine, questi anticorpi attaccano anche i villi intestinali del nostro intestino tenue, quindi
attaccano la mucosa dell’intestino tenue. A destra abbiamo un appiattimento della mucosa e i villi
sono spariti perché questi anticorpi vanno ad attaccare il nostro intestino, andando ad attaccare la
mucosa dell’intestino ci saranno dei problemi nell’assorbimento, problemi digestivi, perché
l’enterocita cioè la cellula dell’intestino tenue produce anche gli enzimi necessari alla digestione.
C’è stata una modificazione del grande, perché il cerale più glutine ha più ci dà dei prodotti da
forno ottimi.
Gli alimenti possono essere divisi in tre gruppi alimentari:
Principali classi di macromolecole presenti negli alimenti per una dieta bilanciata abbiamo il 65% di
glucidi che però andrebbero un po’ ridotti, 25% di lipidi e 10% di proteine.
La digestione avviene nella bocca dello stomaco dell’intestino tenue.
L’assorbimento dei principi nutritivi avviene nell’intestino tenue, mentre vengono eliminate le
scorie indigeribili attraverso le feci e quindi arrivano nell’intestino crasso, mentre quelli che si
trovano nell’intestino tenue vengono trasportati attraverso il sangue e la linfa a tutti i tessuti.
L’utilizzazione dei nutrienti all’interno della cellula avviene attraverso il metabolismo, e tutte le
scorie che non sono state digerite vengono eliminate attraverso le feci, attraverso l’intestino
crasso, attraverso i reni che eliminano le urine, attraverso i polmoni e con la pelle che con il sudore
e la respirazione eliminano le scorie prodotte dal nostro metabolismo e l’anidride carbonica.
Alimenti e Nutrienti:
Dagli alimenti l’organismo umano deve ricavare i NUTRIENTI, i nutrienti all’interno del cibo sono
spesso in forma complessa, I PRINCIPI NUTRITIVI, che devono essere scissi per ricavare i
NUTRIENTI, i Nutrienti si dividono, in base ai loro livelli di assunzione in:
• Macronutrienti, assunti giornalmente in quantità dell’ordine dei grammi e forniscono energia
(CALORICI).
Alcuni esempi di macronutrienti sono i protidi, glucidi e lipidi.
• Micronutrienti, quantità necessaria nell’ordine dei milli o micro-grammi e non forniscono
energia (ACALORICI). In un grammo ci sono 1000 milli grammi, mentre in 1 milli-grammo ci sono
1000 micro-grammi mentre nel grammo 100.000
A differenza dei macronutrienti, non ci danno energia perché sono acalorici.
Alcuni esempi di micronutrienti sono le vitamine e i Sali minerali.
Valore Calorico:
Il valore calorico è l’energia liberata dalla completa combustione o ossidazione della sostanza che
prendiamo in esame. Il metodo più accurato per misurare l'energia contenuta nei vari alimenti è
quello di bruciarli all'interno di uno strumento chiamato bomba calorimetrica, che misura l’energia
liberata dalla combustione della sostanza.
PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DELLA BOMBA CALORIMETRICA:
La bomba calorimetrica misura direttamente il valore energetico dell’alimento.
Si mette l’alimento all’interno dove abbiamo il contenitore giallo, e si misura direttamente quanto
calore viene rilasciato da quell’alimento quando viene completamente bruciato, e viene rilasciato
in un recipiente di acqua che sta intorno e che si scalderà in base a quanto calore viene rilasciato
dall’ossidazione completa dell’alimento.
Essa si basa sul principio della calorimetria diretta, che misura il calore rilasciato da un alimento
quando brucia completamente.
In pratica, si mette il cibo in una camera a tenuta stagna nella quale è presente ossigeno ad alta
pressione.
La combustione viene attivata per mezzo di una scarica di corrente elettrica. Man mano che la
combustione dell’alimento procede, l’acqua che circonda la cella di combustione assorbe l’energia
rilasciata.
Il calorimetro è completamente isolato dall’ambiente esterno, l’aumento della temperatura
dell’acqua sarà pari al calore rilasciato dall’ossidazione del cibo, ciò sarà pari al valore energetico
totale dell’alimento. Registrando la variazione di temperatura dell’acqua è possibile calcolare il
valore calorico dell’alimento.
Per quantificare il potere calorico, in Italia si utilizzata prevalentemente la Kilocaloria (Kcal) che
viene comunemente chiamata caloria (si commette in realtà un errore di valutazione poiché una
chilocaloria corrisponde a 1000 calorie).
Kilocaloria: rappresenta la quantità di calore necessaria per innalzare la temperatura di 1 Kg di
acqua distillata da 14,5°C a 15,5°C.
Secondo il sistema di misura internazionale il potere calorico di un alimento si esprime in Kilojoule
(Kj).
Una caloria equivale a 4,186 joule quindi per convertire le Kilocalorie in kilojoule basta
moltiplicarle per 4,186, invece per convertire i kilojoule in kilocalorie basta dividere per 4,186.
Quindi la bomba calorimetrica ci fornisce il VALORE CALORICO FISICO degli alimenti:
L’ossidazione completa produce->
- Un grammo di carboidrati darà circa 4,2 kilocalorie
- Un grammo di lipidi darà circa 9,4 kilocalorie
- Un grammo di proteine darà circa 5,65 kilocalorie
Ad esempio se nella bomba calorica introducono 10gr di carboidrati questi vengono totalmente
ossidati, se io li mangio invece bisogna considerare il coefficiente di digeribilità degli zuccheri,
come bisogna considerare il coefficiente di digeribilità dei grassi o delle proteine, cioè realmente
l’efficienza della digestione e dell’assorbimento.
Valore Calorico dei Carboidrati: Bruciando un grammo di carboidrati si sviluppa un calore medio
di 4,2 Kcal per grammo. Normalmente viene assorbito il 97% dei carboidrati introdotti con la dieta.
Ne consegue che i carboidrati forniscono al nostro corpo in media 4 Kcal per grammo.
Quindi è diminuito il valore calorico per grammo, perché dei 100 gr che io mangio riesco ad
assorbirne solo 97, ed è per questo che tenendo conto del coefficiente di digeribilità il valore
calorico dei carboidrati passa da 4,2 a 4.
Valore Calorico dei Grassi: Bruciando un grammo di grassi si sviluppa un calore medio di 9,45 Kcal
per grammo.
Normalmente viene assorbito il 95% dei grassi introdotti con la dieta.
Ne consegue che i grassi forniscono al nostro corpo in media 9 Kcal per grammo.
Valore Calorico delle Proteine: Bruciando un grammo di proteine si sviluppa un calore medio di
5,65 Kcal per grammo. Tuttavia poiché il nostro organismo non è in grado di utilizzare l'azoto in
esse contenuto il loro potere energetico si riduce a 4,35 Kcal per grammo, questa diminuzione
dipende dal suo coefficiente di digeribilità, di assorbimento, ma anche dovuto dal gruppo
amminico, perché nella bomba calorica la proteina viene degradata completamente cioè tutti i
legami vengono rotti compresi quelli del gruppo amminico (NH2), l’essere umano invece non è
capace di ricavare energia dall’idrolisi del gruppo amminico, lo lasciamo identico e lo eliminiamo
nel ciclo dell’urea, dove poi viene eliminato attraverso l’urina. Quindi noi non ossidiamo
completamente l’amminoacido come nella bomba calorica, quindi estraiamo meno energia ed è
per questo che da 5,65 Kcal per grammo, ne ottengo solo 4 Kcal.
Normalmente viene assorbito il 92% delle proteine introdotte con la dieta (il 97% p. animali ed il
78% p. vegetali). Ne consegue le proteine forniscono al nostro corpo in media 4 Kcal per grammo.
La differenza dal valore calorico fisico dato dalla bomba calorimetrica e quello reale e’ dovuto ai
coefficienti di digeribilità.
Le animali sono più digeribili rispetto alle vegetali che invece hanno una struttura più complessa e
più ricca di fibre.
Nutriente+ossigeno= anidride carbonica+energia liberata
Questa formula serve per calcolare l’energia liberata dall’ossidazione di un nutriente.
Meccanismo di azione dei nutrienti: I nutrienti complessi o principi nutritivi (amido, proteine,
trigliceridi, ecc.) vengono scissi mediante il processo di digestione in Nutrienti Semplici, glucosio,
aminoacidi, acidi grassi che l’organismo utilizza per compiere funzioni biochimiche e fisiologiche.
I nutrienti possono anche andare a regolare l’omeostasi metabolica attraverso lo stimolo della
produzione di ormoni (es. Glucosio-Insulina).
Negli ultimi anni è stato dimostrato che i nutrienti possono anche agire (in maniera simile) agli
ormoni. Regolano l’espressione di specifici geni e l’attività di alcuni enzimi attraverso il legame con
fattori di trascrizione, denominati SENSORI NUTRIZIONALI, presenti in specifici tessuti e cellule.
I principali nutrienti REGOLATORI sono: ACIDI GRASSI, GLUCIDI, AMINOACIDI, COLESTEROLO,
ACIDO RETINOICO (vitamina A), CALCITRIOLO (vitamina D), FERRO. Ciò vuol dire che riescono a
regolare l’espressione di alcuni geni e alcuni enzimi specifici della cellula, attraverso il legame con
alcuni fattori di trascrizione (sono quelle molecole che regolano la trasmissione di un gene). I
nutrienti possono fungere da regolazione dell’espressione della produzione di proteine.
Lo studio del meccanismo di azione dei nutrienti e del ruolo dei sensori nutrizionali (ES. AMPK) è
oggetto della NUTRIGENOMICA (scienza che studia l’influenza della nutrizione sul genoma, cioè il
nostro DNA).
Quindi attraverso l’assimilazione di nutrienti possiamo avere un’azione indiretta tramite gli ormoni
come il glucosio e l’insulina, oppure attraverso i sensori nutrizionali cioè queste molecole che
risentono della presenza dei nutrienti e innescano delle risposte.
I nutrienti possono andare a regolare direttamente l’espressione genica e il metabolismo,
regolando diverse vie metaboliche e anche l’omeostasi energetica.
Digestione dei principi nutritivi e assorbimento dei nutrienti:
La maggior parte dei principi alimentari è costituita da grosse molecole (alimenti) polimeriche che
vengono demolite in modo da liberare le unità monomeriche.
Questa azione avviene a livello del tratto digerente ad opera di specifici enzimi.
I prodotti della digestione vengono successivamente assorbiti ed attraverso il sistema circolatorio
distribuiti a tutte le cellule dell’organismo. La digestione è controllata dal sistema nervoso
autonomo, infatti è un processo involontario.
L’insieme dei processi si realizza attraverso una complessa sequenza di eventi chimici:
1. Omogeneizzazione meccanica del cibo, che avviene nella bocca.
2. Secrezione di enzimi digestivi, che sono quelli enzimi che vanno a scindere le nostre molecole,
che sono prodotti a livello della bocca (pH neutro) nello stomaco (pH acido) e nell’intestino tenue
(pH neutro) (a livello del digiuno e del duodeno).
3. Secrezione di elettroliti, acidi o basi che instaurano il pH giusto per l’ambiente chimico adatto.
4. Secrezione di acidi o Sali biliari, vengono prodotti come acidi e poi quando vengono riversati
nell’intestino tenue diventano Sali, che sono necessari per la digestione dei lipidi. Questi acidi
biliari vengono prodotti dal fegato e vengono depositati nella colecisti.
5. Trasporto dei prodotti della digestione, dal lume intestinale al sangue o alla linfa.
Organi coinvolti nel processo di digestione:
Sono la cavità orale (la bocca) che si collega allo stomaco attraverso l’esofago, dopo lo stomaco
abbiamo l’intestino tenue che è costituito da duodeno, digiuno e ileo e per ultimo l’intestino
crasso formato da colon ascendente, colon trasverso e colon discendente e in fine il retto.
Nell’intestino crasso risiede il microbiota intestinale. Nell’intestino crasso si formano le feci e
avviene il riassorbimento dell’acqua.
Le ghiandole che servono alla digestione sono le ghiandole salivari, che si capisce dal loro nome
che producono la saliva, il pancreas che è fondamentale per la digestione, perché nel secreto
pancreatico sono contenuti tutti gli enzimi necessari alla digestione di tutte le macromolecole
(cioè i lipidi, glucidi, protidi e gli acidi nucleici), e il secreto pancreatico contenente gli enzimi
digestivi pancreatici viene riversato proprio nell’intestino tenue, e il fegato che produce gli acidi
biliari (a partire dal colesterolo) che vengono conservati nella cistifellea, che riversa la bile
nell’intestino tenue.
Per digestione si intende scindere, degradare, idrolizzare le molecole presenti all’interno
dell’alimento o principi nutritivi e per scissione/idrolisi di queste molecole si liberano i nutrienti.
La digestione quindi è un insieme di processi meccanici e chimici:
I processi meccanici della digestione sono la masticazione e la peristalsi, mentre i processi chimici
sono quelli di idrolisi di scissione dei legami che vengono fatti dagli enzimi digestivi.
Che dai principi alimentari porta alla liberazione dei nutrienti, monosaccaridi dai glucidi (ad
esempio il glucosio), acidi grassi ad esempio dai trigliceridi, amminoacidi dalle proteine.
La cellula deputata all’assorbimento dei nutrienti è l’enterocita, una volta entrati nell’enterocita
poi questi nutrienti raggiungono i vari organi attraverso il sistema linfatico o sanguigno.
Cavità orale:
Noi introduciamo il cibo nella bocca attraverso un processo di alimentazione, una volta che
introduciamo il cibo inizia la nutrizione, quindi andremo a masticare il cibo e nello stesso tempo
produciamo la saliva che serve ad impastare il cibo che si chiamerà bolo, e serve ad idratare il
cibo, essa viene prodotta dalla ghiandola sottolinguale, la sottomascellare e la parotide, la saliva
contiene molecole con azione lubrificante che sono necessarie per far scivolare il cibo per la
deglutizione, poi abbiamo molecole con azione battericida, quindi abbiamo una prima
sterilizzazione del cibo che introduciamo proprio attraverso la saliva e abbiamo anche degli enzimi
idrolitici, cioè la rottura dei legami utilizzando l’acqua, ad esempio abbiamo l’alfa amilasi salivare
che digerisce l’amido.
TRATTO GASTROINTESTINALE: Cavità orale ed esofago:
Fase cefalica: anticipazione del cervello sui meccanismi che portano al processo digestivo,
attraverso la vista, odorato pensiero del cibo che si rafforza quando il cibo entra nella bocca.
(Acquolina in bocca) In cui il cervello inizia a produrre saliva prima di introdurre il cibo in bocca.
Stimolazione cefalica: Rilascio di saliva attraverso l’attivazione del sistema nervoso parasimpatico
delle ghiandole salivari. La presenza di cibo nella bocca stimolano ulteriormente la secrezione di
saliva. La saliva è prodotta dalle ghiandole parotidi, sottomandibolari e sottolinguali.
Abbiamo quindi la presenza di questa sostanza lubrificante, che serve per far progredire il bolo
dalla bocca all’esofago e poi allo stomaco, questa sostanza è proprio il muco.
Ha anche un’azione battericida, cioè che sono sostanza antibatteriche e protettive, come il
lisozima che ha un’azione battericida e di sterilizzazione dei cibo. Poi abbiamo gli enzimi idrolitici
cioè digestivi, il più importante è l’alfa amilasi salivare che serve a idrolizzare (a scindere) i legami
glicosidici alfa 1-4 che ritroviamo nella molecola dell’amido e abbiamo anche la lipasi linguale che
serve a scindere i lipidi, e abbiamo il bicarbonato di sodio e altri elettroliti acqua, il bicarbonato di
sodio serve per mantenere il pH neutro. L’amido si trova in alimenti di origine vegetale, ed è un
polisaccaride cioè un carboidrato complesso.
Un soggetto sano produce circa 1,5L di saliva al giorno, il processo più importante che avviene in
bocca è la rottura meccanica del cibo e la sua idratazione attraverso la saliva “LA DIGESTIONE
INIZIA IN BOCCA”. Bisogna tenere il cibo in bocca almeno 20-25 secondi sia per la masticazione, sia
perché la digestione degli zuccheri, dell’amido inizia nella bocca.
Quindi si forma il bolo alimentare che dalla bocca scende nell’esofago e non va nella trachea solo
in alcuni casi quando il cibo ci va di traverso, sennò normalmente abbiamo l’epiglottide che si
chiude quando passa il bolo in modo tale di farlo proseguire nell’esofago e no nella trachea.
Esofago:
L'esofago è un organo a forma cilindrica dell'apparato digerente della lunghezza di circa 25-30 cm
e una larghezza di 2-3 cm. E’ importante che ci sia l’esofago, perché se la bocca e lo stomaco
fossero state vicine ci sarebbe stato il reflusso gastro-esofageo e bisogna evitare che i succhi
gastrici arrivino alla bocca perché ci possono provocare delle ustioni, perché il pH nello stomaco
arriva fino a 2 quindi molto acido.
Collega la faringe allo stomaco e presenta una duplice funzione: consentire il passaggio del cibo
(bolo alimentare) fino allo stomaco dove avverrà la digestione ed impedirne il reflusso dallo
stomaco insieme ad acido e succhi gastrici.
E’ costituito da cellule che si rinnovano continuamente e ricoperte da muco per facilitare lo
scorrimento del cibo. Funziona anche da termoregolatore del cibo, cioè se il cibo è troppo caldo o
troppo freddo, durante il passaggio nell’esofago questo viene raffreddato o riscaldato e così il cibo
quando arriva nello stomaco ha raggiunto una temperatura accettabile.
Stomaco:
Lo stomaco funziona come una impastatrice nello stomaco si riconoscono quattro porzioni
principali: fondo (la parte iniziale più vicina all’esofago), corpo, antro (si collega all’intestino tenue)
e due orifizi (cardias, piloro).
Il cardias, rappresenta l'orifizio che collega stomaco ed esofago. Il cardias permette il passaggio
del cibo imbevuto di saliva (bolo alimentare) in una sola direzione, dall'alto verso il basso, e ne
impedisce il reflusso nell'esofago grazie ad una serie di meccanismi quali il mantenimento di un
certo tono muscolare.
Il piloro, è uno sfintere muscolare che collega lo stomaco al duodeno, la cui posizione è
determinabile in base al restringimento del canale pilorico. È formato da fibrocellule muscolari
circolari lisce ispessite intrecciate con alcune fibre muscolari oblique.
I gas generati dalla digestione del bolo tendono a risalire e concentrarsi nel fondo (parte più
apicale) dello stomaco, che rappresenta l'area più craniale dell'organo. Nell'uomo lo stomaco ha
una capacità di 0,5 L se vuoto, ed ha una capienza media, se completamente pieno, di circa 1-1,5 L.
Dopo un pasto normale, generalmente si espande per contenere circa 1 L di bolo, ma può anche
arrivare a dilatarsi per contenerne fino a 4 L ed oltre, comprimendo però gli altri organi della cavità
addominale, e spesso anche del torace.
Nella mucosa dello stomaco noi distinguiamo diversi tipi di cellule:
Abbiamo le cellule parietali (o ossintiche), servono alla produzione di acido cloridrico e alla
produzione del fattore intrinseco per l’assorbimento della vitamina B12.
Il fattore intrinseco è una molecola necessaria affinché nell’intestino tenue avvenga
l’assorbimento della vitamina B12, spesso chi è carente di questa vitamina può avere o una
carenza dell’assorbimento perché non mangia alimenti di origine animale o perché non produce
bene il fattore intrinseco, quindi senza la produzione del fattore intrinseco da parte delle cellule
parietali dello stomaco, la vitamina B12 non può essere assorbita.
Le cellule principali, vengono chiamate così perché producono gli enzimi idrolitici (anche lo
stomaco li produce).
Abbiamo anche le cellule mucose, che servono a produrre il muco, ed è importante produrlo per
proteggere le cellule dall’acido cloridrico, infatti se abbiamo acidità di stomaco possiamo andare
incontro all’ulcera, cioè una lesione o un danno a livello delle cellule che si trovano nello stomaco.
In fine abbiamo una serie di cellule chiamate enteroendocrine, perché producono degli ormoni,
entero perché si trovano all’interno dell’apparato gastro-intestinale e endocrine perché
producono delle molecole ormonali, e sono diverse a seconda del tipo di molecola che producono.
In genere quella che ricordiamo spesso è la produzione della gastrina.
Lo stomaco non presenta una superficie liscia, ma è costituito dai pozzi gastrici o fossette
gastriche.
La mucosa dello stomaco è formata da un epitelio superficiale che è a contatto con il lume (con
l’interno dello stomaco) dell'organo, da una lamina propria di tessuto connettivo e dalla
muscolaris mucosae.
La mucosa si solleva in pliche di forma differente a seconda della zona dello stomaco considerata,
alcune di queste sono temporanee (fondo, antro pilorico), in questo caso sono rughe della
sottomucosa che compaiono durante la contrazione, altre sono permanenti (corpo), in tal caso
sono veri e propri ripiegamenti della mucosa.
L’acido cloridrico serve per sterilizzare il cibo, e ha a che fare con la digestione delle proteine,
perché l’acido cloridrico è capace di denaturare le proteine, le proteine sono formate da una
sequenza di amminoacidi tenuti insieme da un legame peptidico (gruppo amminico e gruppo
carbossilico) questa sequenza di amminoacidi viene chiamata struttura primaria della proteina, ad
esempio una collana di perle, le perle sono gli amminoacidi le leghiamo insieme la collana di perle
diventa la struttura primaria.
Se questo filamento lo ripiego un po’ ottengo la struttura tridimensionale, quindi una struttura
secondaria, man mano che ripiego questa proteina ottengo una struttura terziaria, e nel caso in
cui io abbiamo più sub unità proteiche ho una struttura quaternaria (es. emoglobina formata da 4
sub unità tenute insieme con un gruppo prostetico che lega l’ossigeno). E’ fondamentale
denaturare la proteina, cioè eliminare quei legami deboli (legame idrogeno, alfa elica, beta) che
formavano la struttura quaternaria, terziaria, secondaria per mantenere solo una struttura
primaria. Poi blocca l’azione dell’amilasi, con il bolo alimentare arriva anche la saliva in cui c’era
l’alfa amilasi salivare e l’acidità dello stomaco (cioè l’acido cloridrico) blocca la sua azione e va ad
attivare la pepsina, è un enzima che serve a digerire le proteine. Quando il pH all’interno dello
stomaco si abbassa molto e avvertiamo il senso di pienezza dello stomaco viene inibita la
secrezione di acido cloridrico, e si dice azione a feedback negativo, andando a bloccare l’azione
della gastrina.
La produzione di acido cloridrico viene stimolata da: (noi prendiamo in esame la gastrina)
L’ACETILCOLINA è il neurotrasmettitore del sistema nervoso simpatico.
L’ISTAMINA è rilasciata dalle cellule dello stomaco in risposta al cibo, agisce localmente nelle
cellule vicine legandosi a specifici recettori sulle cellule ossintiche (stimolandone il rilascio di HCl).
La GASTRINA secreta dalle cellule G, localizzate nell’antro provoca il rilascio del secreto dalle
cellule ossintiche (HCl) e stimola il rilascio di secretina. La secrezione di gastrina è inibita quando
l’acidità è elevata (pH=2).
Sterilizzazione del cibo e denaturazione delle proteine da parte dell’acido cloridrico, avviene una
prima iniziale parziale digestione delle proteine ad opera della pepsina, parziale digestione dei
trigliceridi ad opera dell’enzima lipasi gastrica (viene prodotta dalle cellule principali), avviene una
digestione meccanica cioè lo stomaco funziona come se fosse un’impastatrice ad opera della
muscolatura, e il bolo che arrivava dalla bocca, nello stomaco cambia noma e prende il nome di
chimo.
La denaturazione delle proteine (attraverso la cottura, e HCl), è un meccanismo attraverso il quale
le proteine perdono la loro struttura secondaria/terziaria e quaternaria, rende le catene
aminoacidiche più accessibili agli enzimi proteolitici che devono rompere i legami peptidici.
La pepsina, (insieme alla lipasi gastrica) è prodotta dalle cellule principali in forma di zimogeno è la
forma inattiva di un enzima, il pepsinogeno, che viene attivato dall’HCl. La pepsina ha un pH
ottimale a 2 e scinde i legami interni delle proteine trasformandole in peptidi.
Il pepsinogeno è una proteina (come tutti gli enzimi), tutti gli enzimi per agire bene hanno un sito
attivo che lega il substrato su cui agisce l’enzima. Il pepsinogeno viene prodotto in forma inattiva,
perché il sito attivo viene coperto da un peptide (quello rosso) ed è chiuso, non è accessibile e
quindi il pepsinogeno non funziona, l’acido cloridrico taglia questo peptide (rosso) e rende così il
sito attivo del pepsinogeno utilizzabile, andando ad attivare l’enzima e trasformandolo in pepsina.
La pepsina a questo punto è attivata ed è una proteasi, e quindi va a scindere i legami peptidici
della proteina da idrolizzare e la pepsina predilige li amminoacidi con caratteristica idrofobica, ciò
vuol dire che preferisce tagliare i legami peptidici quando trova un amminoacido con caratteristica
idrofobica.
La lipasi gastrica, viene secreta dalle cellule principali, agisce con un pH ottimale di 4-6, se diventa
troppa acida funziona ma un po’ meno, e agisce idrolizzando circa il 20% dei trigliceridi introdotti
con la dieta, mentre l’80% avviene nell’intestino tenue, nello stomaco non vengono assorbite le
molecole ma avviene solo la digestione, l’unico che viene assorbito l’alcool.
Lo stomaco ha un’attività meccanica che porta ALLA DEMOLIZIONE dei cibi, l’attività contrattile è
maggiore vicino al piloro.
Passaggio dallo stomaco all’intestino:
Quando il chimo lascia lo stomaco ed entra nel duodeno, la GASTRINA, prodotta dalle cellule G
dell’antro dello stomaco, stimola il rilascio di secretina dalle cellule dell’intestino tenue che va a
stimolare il pancreas e a sua volta provoca il rilascio del secreto pancreatico nell’intestino tenue e
diminuisce anche la secrezione di gastrina e le contrazioni gastriche.
I grassi e le proteine presenti nella dieta provocano il rilascio nel flusso sanguigno di
COLECISTOCHININA (CCK) dalle cellule dell’intestino tenue che stimola il pancreas a rilasciare
enzimi e zimogeni nell’intestino. CCK stimola anche la cistifellea a rilasciare i sali biliari.
L’intestino è formato da:
Tenue: DUODENO, DIGIUNO ED ILEO
Crasso: COLON ASCENDENTE, TRASVERSO E DISCENDENTE
Retto
L’intestino tenue (duodeno, digiuno ed ileo) è caratterizzato da numerose pieghe, che prendono il
nome di villi, che fanno aumentare grandemente la superficie di assorbimento.
Ogni villo è rivestito da cellule epiteliali (o enterocita sono sinonimi) ed internamente è presente
tessuto connettivo nel quale sono presenti capillari sanguigni, un vaso linfatico e fibre nervose.
Per aumentare ancora di più la superficie assorbente, ogni enterocita ha sulla sua porzione apicale
(rivolta verso il lume intestinale) altre piccole estroflessioni, che sono i microvilli.
Sulla superficie luminale le cellule epiteliali presentano estroflessioni dette microvilli (chiamato
anche orletto a spazzola), che fanno aumentare ulteriormente la superficie di assorbimento.
Le cellule epiteliali vengono continuamente rinnovate, vita media 3-5 giorni.
La mucosa dell’intestino tenue è delimitata verso il lume intestinale da un monostrato continuo di
cellule epiteliali. Circa il 95% di queste cellule è costituita da enterociti, produce anche degli enzimi
responsabili della digestione dei nutrienti in substrati facilmente assorbibili.
L’enterocita presenta un’organizzazione funzionale polarizzata e differenziata delle cellule
epiteliali, ciò vuol dire che dalla parte del lume intestinale dove deve adigerire e assorbire i
nutrienti presenta i microvilli, mentre non li presenta nella porzione basale a contatto poi con la
parte interna del villo intestinale.
L’enterocita ha quindi un duplice ruolo, il primo è quello di assorbimento di tutti i nutrienti che poi
passano all’interno del microvillo o al sistema arterioso venoso oppure al sistema linfatico, a
seconda che seconda che siano proteina, carboidrati o lipidi nel dotto linfatico, la seconda
funzione è quella di produzione di enzimi digestivi.
Questi enterociti sono tenuti stretti una all’altra, da delle giunzioni cellulari che si chiamano
giunzioni strette, che cercano di impedire il passaggio di molecole tra una cellula e l’altra.
Se queste cellule si distaccano molto, se queste giunzioni che le tengono unite si allargano o si
rompone, abbiamo la cosidetta sindrome dell’intestino gocciolante, ed entrano quindi molecole
che non dovrebbero, anche molecole che non sono state digerite e questo porta spesso ad allergie
e intolleranze.
Orletto a spazzola o microvilli sono la sede dell’assorbimento di tutti i nutrienti, ma è anche la
sede della produzione di alcuni enzimi digestivi prodotti dall’enterocita.
Chi produce gli enzimi digestivi nell’intestino tenue sono il pancreas, attraverso il succo
pancreatico e l’enterocita sull’orletto a spazzola o su i suoi microvilli.
Una volta che i nutrienti vengono assorbiti dall’orletto vanno all’interno dell’enterocita, dove
alcuni subiscono delle modifiche e alcuni no, poi dalla membrana basale vengono trasportati al
sistema sanguigno o al sistema linfatico.
Costituita dal 95% da enterociti, che hanno la funzione di assorbire i nutrienti, ma completano
anche la digestione, perché producono degli enzimi digestivi e all’interno dell’enterocita
avvengono anche per alcuni nutrienti delle trasformazioni metaboliche, ad esempio i grassi una
volta che entrano ad esempio i triglicerdi vengono reisterificati per essere portati attraverso i
chilomicroni nel sistema linfatico.
Abbiamo le cellule mucipare (o globulari o secretorie), sono le cellule che producono il muco, con
funzione lubrificante, poi abbiamo le cellule di Paneth, che producono dei peptidi, quindi delle
molecole peptidiche con la funzione antimicrobica e trofica, abbiamo anche qui una sterilizzazione
del cibo e il nutrimento delle cellule della parete intestinale, infatti le cellule di Paneth servono
proprio per preservare l’integrità della parete intestinale.
In fine abbiamo le cellule enteroendocrine, ci sono 10 tipi diversi, a seconda del tipo di ormone
che producono, producono secretina che serve a stimolare il pancreas a rilasciare il suo secreto,
producono la colecistochinina, che serve a stimolare la bile e rilasciare acidi biliari, e poi
producono il peptide YY, il glucagone, somatostanina e serotonina, in maniera simile alle cellule
endocrine che abbiamo nello stomaco.
Invece il pancreas endocrino, che produce insulina e glucagone li riversa nel sangue.
Il pancreas con funzione esocrina, con le cellule acinari, producono gli enzimi digestivi
importantissimi per la digestione, nel succo pancreatico è presente anche il bicarbonato che serve
a neutralizzare l’acidità che proviene dal bolo trasfomato in chimo e che provenendo dallo
stomaco è estremamente acido.
Gli acidi biliari, non digeriscono nulla, ma servono semplicemente ad emulsionare i grassi, cioè
scindere i grassi che tendono ad agglomerarsi in grandi gocce lipidiche, in gocce più piccole.
Poi abbiamo appunto gli enterociti, che producono gli enzimi digestivi sul loro orletto a spazzola e
che le cellule secretorie producono il muco.
Il pancreas esocrino (cellule acinari) secerne enzimi digestivi e zimogeni che riversa nel dotto
pancreatico in una soluzione di bicarbonato di sodio che ha un pH neutro quasi basico
leggermente di 7,2 - 7,4, questa soluzione di bicarboanto serve a neutralizzare l’acidità del chimo.
Il pancreas secerne ogni giorni 1000mL (1lt) di succo pancreatico nell’intestino.
Qulli in rosso scuro sono tutti gli enzimi deputati alla digestione delle proteine e sono secrete dal
pancreas tutte in forma di zimogeni (forme inattiva), e vengono convertiti una volta che sono stati
rilasciate nell’ intestino in quelle della colonna di destra.
In verde abbiamo l’alfa amilasi pancreatica che va a idrolizzare i legami alfa 1-4 glicosidici
dell’amido, però ha un effetto maggiore rispetto a quella salivare perché il chimo rimane più
tempo a contatto con questo enzima rispetto alla bocca.
Quelli in blu che digeriscono l’RNA il primo, mentre il secondo digerisce il DNA, e li digerisce nei
suoi mattoncini costituenti nei suoi monomeri che sono i nucleotidi.
In rosso chiaro, sono gli enzimi che digeriscono i lipidi, si parla di lipasi pancreatica che idrolizza i
trigliceridi in maniera diversa rispetto alla lipasi gastrica e per la sua azione necessita di un altro
enzima che è la procolipasi.
Chi produce gli enzimi digestivi nell’intestino tenue? Enterociti e pancreas.
Gli enzimi prodotti dagli enterociti è l’enteropeptidasi (o enterochinasi), questo enzima serve ad
attivare il tripsinogeno (prodotto dal pancreas) in tripsina, produce delle aminopeptidasi
sull’orletto a spazzola, che scinde gli ultimi peptidi proteici, a partire dall’estremità ammino
terminali.
Sempre per la digestione delle proteine produce degli enzimi che non vengono riversati sull’orletto
a spazzola ma che vengono mantenuti nel citoplasma dell’enterocita che sono di e tri peptidasi
sempre per finire la digestione delle proteine. Il di peptide è un peptide formato da due
amminoacidi, il tri peptide è un peptide formato da tre amminoacidi.
Questi enzimi sono nella aprte finale della digestione perché la parte principale viene fatta dagli
enzimi prodotti dal pancreas, alla fin esi formano dei piccoli peptidi che vengono ulteriormente
digeriti da questi enzimi prodotti dagli enterociti, a parte l’enteropeptidasi che è essenziale
affinchè si attivi il primo enzima della digestione delle proteine, che si attivi il tripsogeno in
tripsina.
Quindi sostanzialmente l’enteropeptidasi ha la stessa funzione dell’acido cloridrico, che attivava il
pepsinogeno in pepsina nello stomaco, mentre l’enteropeptidasi attiva il tripsinogeno in tripsina
nell’intestino tenue.
Vengono prodotte anche delle fosfatasi che sono enzimi che catalizzano il distacco di un gruppo
fosfato alle molecole che sono fosforilate, ad esempio ai nucleotidi, ai nucleotidi le fosfatasi
riescono a staccare il fosfato.
Sui microvilli vengono prodotti degli enzimi che servono alla digestione dei carboidrati, che sono la
saccarasi, che va a digerire il saccarosio, isomaltasi digerisce l’isomaltosio, maltasi, che digerisce il
maltosio, lattasi digerisce il lattosio, trealasi digerisce il trealosio.
Il saccarosio, il maltosio ed il lattosio sono chiamati disaccaridi, ciò vuol dire che sono carboidrati
formati da due monosaccaridi e sono sempre prodotti dall’enterocita e riversati sulla mucosa
intestinale, la lattasi è un’enzima che è molto attivo nella prima infanzia perché appunto
assumiamo latte e un’enzima che si dice inducibile (viene attivato con la presenza di latte) cioè la
presenza di latte o comunque alimenti che contengono lattosio ne stimola la produzione. Se noi
per un periodo non assumiamo latte questo enzima diventa silente (intolleranza di tipo
secondario), mentre ci può essere un intolleranza di tipo primario in cui c’è proprio un difetto
genetico e questo quindi si manifesta sin dalla nascita. L’isomaltosio si forma dalla digestione
dell’amido, il saccarosio è lo zucchero che lo ritroviamo di solito nello zucchero che mettiamo nel
caffè, nella frutta, il maltosio lo troviamo nella birra, lo troviamo nei chicci, nei cereali, il trealosio
si origina anch’esso principalmente con la digestione dell’amido ed è formato da 3 molecole di
glucosio unite.
Gli acidi biliari primari vengono prodotti dal fegato, immagazzinati nella cistifellea e rilasciati
enll’intestino tenue attraverso un dotto che si chiama coledoco e gli acidi biliari vengono formati a
partire dal 7-α-idrossicolesterolo e rilasciati nella cistifellea tramite i canalicoli biliari e riversati poi
nell’intestino. Nell’ambiente alcalino perdono la funzione acida e diventano Sali.
Acidi biliari primari: cioè quelli prodotti dal fegato sono Acido colico e chenodeossicolico
a cui può essere aggiunta taurina o glicina all’acido colico: formando taurocolato e glicocolato
Una parte degli acidi biliari primari arriva nell’intestino crasso, dove risiede il microbiota
intestinale (o flora batterica intestinale), questi batteri non sono inerti ma agiscono sugli acidi
biliari primari e li trasformano in acidi biliari secondari chiamati acido Desossicolico e litocolico.
Circa il 95% dei Sali biliari presenti nell’intestino ritorna al fegato tramite il circolo sanguigno
enteroepatico. Una volta che questi acidi biliari secondari ritornano al fegato vengono
immagazzianti nella cistifellea insieme agli aicdi biliari primari, ed è per questa ragione nella bile si
ritrovano sia acidi biliari primari sia secondari.
•FUNZIONE di questi acidi: EMULSIONANO I GRASSI
Meccanismi di assorbimento dell’intestino tenue: (sono quattro)
Quindi l’enterocita è la sede di assorbimento di tutti i nutrienti, i lipidi (i grassi) passano all’interno
dell’enterocita per via transcellulare, ciò vuol dire che attraversano la membrana cellulare, perché
la membrana è fatta di fosfolipidi (quindi una membrana che ha la stessa natura dei lipidi).
Poi abbiamo la via paracellulare, perché gli enterociti sono tenuti stretti da delle giunzioni che non
si fanno attraversare dalle molecole però ioni come il calcio che sono estremamente piccoli
possono passare in queste giunzioni (via paracellulare), mentre le molecole idrosolubili passano
attraverso la membrana dell’enterocita per diffusione facilitata e trasporto attivo, la prima cioè
che avviene senza bisogno di energia perché avviene attraverso una proteina di membrana dalla
zono dove è più concentrato il soluto alla zona dove è meno concentrato, mentre il trasporto
attivo avviene contro gradiente di concentrazione.
Le proteine:
sono formate da catene di α-aminoacidi legati tra loro. Gli aminoacidi sono legati fra loro da
legami peptidici.
Questa formula rappresenta un aminoacido, il gruppo R era la catena radicala, cioè la parte
variabile.
Le proteine sono formate da catene di α-aminoacidi legati tra loro. Gli aminoacidi sono legati fra
loro da legami peptidici.
Oligopeptidi= meno di 10 AA
Polipeptidi= da 11 a 100 AA
Proteina=> 10AA
Le proteine sono sostanze quaternarie, cioè composte da C, H, O ed N, quest’ultimo presente solo
in questo macronutriente. Le proteine non hanno organi di riserva.
Turnover proteico: è la demolizione e nuova sintesi di proteine (2,5% di proteine è soggetta a
turnover ogni giorno) è un meccanismo estremamente dinamico, la sua velcoità dipende dal tipo
di cellula e dal tipo di proteina.
Un turnover proteico estremamente veloce avviene nel fegato, ciò vuol dire che ogni giorno
vengono degradate e risentitizzate le proteine nelle cellule, di crica 250-300 gr al giorno.
La velocità di questo turnover dipende anche dalle proteine, molto più rapida nel fegato e negli
organi interni rispetto al muscolo.
Questo turnover influenza anche il metabolismo basale, cioè più il turnover proteico è veloce più il
metabolismo basale è alto.
Le proteine hanno un ruolo fondamentale nel costruire, riparare, formare enzimi, ormoni,
anticorpi ed hanno una funzione prettamente plastica.
Gli aminoacidi per formare le proteine sono 20 di cui nove essenziali nei bambini ed otto negli
adulti (istidina, leucina, isoleucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano,Valina).
Le proteine quindi hanno una funzione plastica (cioè di costruzione e riparazione dei tessuti,
preparazione cellulare, formazione di enzimi, ormoni ed anticorpi) ed energetica a causa della loro
catena alifatica che può essere metabolizzata, questa funzione avviene quando abbiamo una dieta
povera di grassi (il loro organo di riserva è il tessuto adiposo) e carboidrati (il loro organo di riserva
è nel glicogeno). Se nelle proteine non sono presenti grassi o carboidrati poossono essere anche
convertite in glucidi o lipidi.
Se all’amminoacido viene tolta la sua parte azotata (il gruppo amminico) gli amminoacidi possono
essere anche convertiti in zuccheri (glucidi) o grassi (lipidi).
Si stiama che un uomo adulto circa di 70 kg, contiene circa 12kg di proteine, ripartite nei muscoli
che contengono il 40% di proteine, negli organi interni costituiti dal 30% di proteine e in fine pelle
e sangue costituite dal 30% di proteine.
L’ossidazione delle proteine a differenza degli altri macronutrienti, non è completa, perché il
gruppo amminico non viene completamente idrolizzato, ma viene convertito ed eliminato sotto
forma di urea. Quindi l’energia all’interno dei legami del gruppo amminico non viene presa, ma
eliminata con l’urina, ed è per questo motivo che l’ossidazione di un grammo di proteine nel
nostro corpo porta alla produzione di 4Kcal, invece delle 5,6Kcal che si liberano nella bomba
calorimetrica.
Quindi noi mangiamo le proteine attraverso gli alimenti, e digeriamo le proteine ottenendo gli
amminoacidi, gli amminoacidi però vengono ottenuti anche dalla degradazione delle proteine
vecchie all’interno delle nostre cellule. Gli amminoacidi che introduciamo attraverso la dieta o
quelli che otteniamo per turnover proteico quindi per la degradazione delle proteine, possono
fornire energia, possono andare a formare i lipidi attraverso l’Acetil-CoA e possomo formare i
corpi chetonici e anche il glucosio.
Ci sono alcuni amminoacidi che in particolare condizione di carenza di zuccheri possono dare
glucosio e vengono chiamati amminoacidi glucogenetici, mentre gli amminoacidi chetogentici
danno origine ai corpi chetonici. Le reazioni che gli amminoacidi possono subire all’interno della
cellula, come la decarbossilazione con il distacco del gruppo carbossilico, la deamminazione con il
distacco del gruppo amminico, e transaminazione in cui il gruppo amminico viene trasferito ad
un’altra molecola.
Abbiamo visto che gli amminoacidi sono tutti uguali, e differiscono dal gruppo R che dà le
caratteristiche chimico-fisiche ai diversi amminoacidi.
La qualità di una proteina viene definito anche valore biologico, che dipende da due paramentri->
la composizione in amminoacidi essenziali e la sua digeribilità, gli amminoacidi essenziali sono
quelli che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare e che vengono introdotti attraverso la
dieta, quindi le proteine ad alto valore biologico saranno quelle proteine che contengono
un’inadeguata quantità tutti gli amminoacidi essenziali e sono digerbili, e le proteine ad alto valore
biologico le ritroviamo nelle uova, nella carne e nel pesce. Invece, le proteine a medio valore
biologico, le ritroviamo nei legumi come fagioli, ceci, lenticchie e contengono tutti gli amminoacidi
a parte i solforati che contengono zolfo come la cisteina e metionina.
Le proteine a basso valore biologico, sono meno digeribili ed estremamente carenti di alcuni
amminoacidi essenziali, come ad esempio quelle contenute nei cereali e in tutti i suoi derivati e
nelle patate. Queste proteine sono carenti di lisina e trionina se mangiamo solo cerali.
Il valore biologico di una proteina, è il rapporto fra la quantità di azoto trattenuto nell’organismo e
la quantità di azoto assorbito moltiplicato per 100.
Il valore punteggio chimico, tiene conto solo degli amminoacidi essenziali presenti in una proteina,
ma non tiene conto della sua digeribilità. Quelle animali sono più digeribili di quelle vegetali, che
sono all’interno di una matrice fibrosa che è la fibra alimentare.
Un’integrazione proteica perfetta è quella di legumi + frumenti perché uno compensa la mancanza
degli amminoacidi dell’altro.
Vediamo il limite di sicurezza nell’assunzione delle proteine, ci indica che i giovani dovrebbero
assumere il 15% in Kcal del fabbisogno calorico giornaliero in proteine, la percentuale dovrebbe
essere 2/3 dagli animali e 1/3 vegetali, mentre gli adulti fino ai 65 anni un 10-12% delle Kcal, 1/3
animale e 2/3 vegetali, mentre negli over 65 il fabbisogno giornaliero aumenta, perché passiamo
da un 0,9 1/Kg degli adulti a 1,2-1,5 grammi per chilogrammi di peso corporeo negli anziani, metà
di origine vegetale e metà di origine animale. Gli anziani hanno bisogno di più proteine rispetto
agli adulti per la sarcopenia e quindi è fondamentale mantenere un giusto apporto. Aumenta per
l’impoverimento muscolare per la sarcopenia.
Dieta iperproteica: le proteine non devono superare il doppio del livello raccomandato. Sennò si
può andare incontro ad affaticamento renale per eliminazione urea e formazione di calcoli renali,
perdita di calcio, che può portare ad osteoporosi ed aumento della pressione sanguigna.
Gli amminoacidi essenziali sono quelli che non siamo in grado di sintetizzare e quindi dobbiamo
introdurli con la dieta, gli alimenti che ne contengono maggiormente sono le uova, la carne, il
pesce, il latte, il formaggio e sono tutti alimenti ad alto valore biologico. Mentre le proteine di
origine spesso hanno la caratteristica di essere spesso carenti per uno o più amminoacidi essenziali
come la farina di mais che è povero di lisina e triptofano.
Abbiamo 8 amminoacidi essenziali per gli adulti leucina, isoleucina, lisina, metionina, fenilalanina,
treonina, triptofano,valina) mentre per i bambini o gli adolescenti in fase di crescita sono (gli stessi
degli adulti più l’istadina).
Mentre gli amminoacidi ramificati (BCCA) vengono chiamati così perchè hanno nel gruppo R un
gruppo ramificato con più legami da cui si può ricavare energia, questi amminoacidi ramificati
sono tre la leucina, la isoleucina e la valina, queste le ritroviamo anche in quelli essenziali.
Presentano una catena linfatica, quindi una lunga catena carbonosia che può essere utilizzata dal
muscolo per ricavare energia.
Infatti la prima caratteristica è che gli amminoacidi ramificati sono anche essenziali, e il fabbisogno
giornaliero per tale amminoacido è sempre un rapporto 2-1-1 (2 valina, 1 leucina, 1 isoleucina),
abbiamo questo rapporto perché è il rapporto che noi normalmente ritroviamo negli alimenti ad
alto valore biologico (uova, carne, pesce che hanno a loro interno sempre questo rapporto di
amminoacidi ramificati).
Quindi il fabbisogno giornaliero è di 40 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo per la
valina, mentre scende a 23 milligrammi per la lisoleucina e 20 milligrammi per la leucina al giorno.
Il 20% degli amminoacidi che formano il tessuto muscolare sono costituiti da amminoacidi
ramificati, che sono molto importanti per la fisiologia del muscolo. Oltre ad una funzione
ernergetica, hanno anche una funzione plastica andando a rallentare i processi di catabolismo, di
distruzione muscolare e favorendo i processi anabolici, cioè di costruzione e ricostruzione del
muscolo. Nei soggetti che si allenano è importante perché mantengono i livelli di testosterone e
cortisolo e quindi facilitano l’adattamento muscolare e sempre per gli sportivi sono molto
importanti perché ritardano l’insorgenza della fatica (teoria della fatica centrale).
La prima caratteristica di questi amminoacidi è che vengono utilizzati non dal fegato, ma
direttamente dal muscolo e vengono utilizzati anche dal sistema nervoso come fonte energetica,
soprattutto fra i pasti. E sono importanti anche per difendere l’atleta da quelle che sono le
infezioni, perché sono fondamentali per la sintesi di un altro amminoacido che è la glutammina
che serve per alzare le difese immunitarie.
Gli amminoacidi ramificati ritardano il senso di fatica, infatti quando dobbiamo fare una gara,
bisogna assumerli 60 minuti prima dello sforzo (si basa sul triptofano), prima e dopo l’attività
fisica, perché aiutano per il recupero muscolare.
Questi amminoacidi hanno a che fare con il triptofano, che è un altro amminoacido essenziale
presente in alcuni alimenti come il cioccolato, avena, banane, arachidi, latte e latticini, questo
amminoacido è il precursore del neurotrasmettitore serotinina chiamato anche il
neurotrasmettitore della felicità, perché la serotonina regola l’uomore, quindi ci protegge dalla
depressione, dall’ansia, regola il sonno, la temperatura corporea, aumenta la motilità intestinale.
Questa sintesi avviene nel cervello. Quindi il triptofano deve essere trasportato attraverso la
barriera emato-encefalica e arrivare nel cervello per sintetizzare la serotinina, questo
trasportatore però del triptofano può legare anche gli amminoacidi a catena ramificata, quindi se
noi assumiamo amminoacidi a catena ramificata esiste una competizione tra questi amminoacidi
per il trasporto attraverso la barriera emato-encefalica, quindi gli amminoacidi ramificati diciamo
“rubano” il trasportatore al triptofano e quindi riescono a raggiungere di meno la barriera ematoencefalica dove viene poi trasformato in serotonina. Quindi assumendo amminoacidi ramificati
limitiamo l’entrata del triptofano attraverso la barriera emato-encefalica e quindi limitiamo la
sintesi di serotonina a livello cerebrale. Questo è importante per un sportivo (andare a limitare la
sintesi della serotonina) perché la serotonina è legata a quel sensasazione di fatica che è
estremamente controproducente per la performance agonistica, quindi la serotonina non è molto
gradita dagli sportivi.
Quindi per limitare la sintesi di serotonina (che aumenta durante l’esercizio fisico), cioè avvertire
meno la fatica si ha l’assunzione di amminoacidi ramificati.
Rallentano i processi di distruzione muscolare, favorendo i processi di costruzione e ricostruzione
del muscolo (anabolismo).
Vengono utilizzati dal sistema nervoso centrale per il proprio nutrimento negli intervalli tra i pasti.
Abbiamo una proteina complessa (globulare), in cui il filamento è ripiegato tante volte e quando
viene denaturata, questo filamento è come se venisse sciolto.
La denaturazione delle proteine (è importante perché la rende più digeribile) si può ottenere con
pH estremamente acido o estremamente basico o le elevate temperature, molte volte basta
cuocere un alimento per avere una maggiore digeribilità legata ad una denaturazione delle
proteine.
La denaturazione, cioè la perdita della struttura quaternaria, terziaria e secondaria della proteina
che li danno la struttura tridimensionale, avviene se noi sottoponiamo la nostra proteina a delle
elevate temperature (cottura dei cibi), quindi alte temperature o pH acido vanno a scindere tutti i
legami deboli all’interno delle strutture quaternarie, terzarie e secondarei della proteina e liberano
solo la struttura primaria, in cui rimangono solo gli amminoacidi legati tra di loroda legami
peptidici. Questo è importante, perchè la denaturazione rende più accessibili gli amminoacidi da
digerire da parte degli enzimi digestivi.
Se si ha un eccessiva assunzione di amminoacidi nella loro demolizione producono urea che viene
eliminata attraverso le urine e quindi abbiamo un affaticamento renale, con formazione di calcoli,
perdita eccessiva di calcio che porta ad osteoporosi e a problematiche ipertensive.
Gli enzimi che digeriscono le proteine vengono chiamate proteasi, che vanno ad idrolizzare (a
rompere) i loro legami peptidici, all’interno delle proteasi ci sono due gruppi gli endopeptidasi che
rompono legami peptidici di amminoacidi all’interno della proteina e l’esopeptidasi che rompono i
legami peptidici che si trovano all’estremità della proteina, mentre le peptidasi si riferiscono ai
peptidi (di lunghezza più breve), cioè proteine che sono state già parzialmente digerite.
Le estremità di una proteina o di un peptide, si chiamano estremità ammino terminale (inizierà a
scindere un amminoacido alla volta a partire dall’estremità ammino terminale) e carbossi
terminale (inizierà a staccare un amminoacido alla volta, a partire dall’estremità carbossi
terminale).
1 FASE DIGESTIVA: Nel cavo orale non avviene nessun processo digestivo a carico delle proteine,
ma solo una omogeneizzazione ottenuta con la masticazione la 1° fase digestiva avviene nello
stomaco ad opera dell’HCl che denatura le proteine ed attiva il pepsinogeno in Pepsina.
La pepsina si tratta di un enzima idrolitico che attacca i legami peptidici delle proteine alimentari,
formati da aminoacidi aromatici (tirosina, fenilalanina e triptofano), formando delle strutture che
divide la proteina in grosse molecole chiamate peptoni e alcuni peptidi e amminoacidi liberi.
La pepsina viene prodotta in una forma inattiva (detta generalmente zimogeno), il: pepsinogeno.
Viene prodotta dalle cellule principali della mucosa gastrica, chi attiva il pepsinogeno in pepsina è
l’acido cloridrico (prodotto dalle cellule parietali), l’attiva staccandogli un peptide che copriva il
sito attivo dell’enzima.
Il rilascio di HCl avviene attraverso la gastrina, attraverso la stimolazione delle cellule parietali, la
gastrina è un ormone peptidico (formato da 17 Aa) viene prodotta dalle cellule G della mucosa
dell’antro gastrico (dello stomaco) e la sua liberazione nel lume gastrico avviene quando arriva il
cibo, tramite riflessi nervosi, che si generano in seguito alla distensione dello stomaco. Provoca il
rilascio del secreto gastrico da parte delle cellule parietali (HCl). La secrezione di gastrina è inibita
quando il pH scende al di sotto di 2.
Il bolo alimentare, passa attraverso l’esofago e arriva allo stomaco, questo provoca la distensione
dello stomaco, e la distensione provoca il rilascio di gastrina dalle cellule G, la gastrina va ad agire
sulle cellule parietali e sulle principali promuovendo la sintesi e la liberazione di HCl e
pepsinogeno, successivamente l’HCl in un processo auto-catalitico va ad attivare il pepsinogeno in
pepsina.
Il pH gastrico ha un valore di circa 2, quindi molto basso, ed è a questo valore di pH che agisce la
pepsina. Il pH acido ha una duplice funzione: uccidere la maggior parte dei microorganismi
introdotti con il cibo e provocare la denaturazione delle proteine della dieta, che diventano più
suscettibili all’azione della pepsina.
I prodotti principali originatisi dall’azione della pepsina sono: produce grossi frammenti peptidici
(peptoni) e alcuni piccoli peptidi e Aa liberi.
La digestione delle proteine continua nel duodeno:
Dove avviene nell’intestino tenue la digestione principale di tutti e tre i macronutrienti ad opera
del pancreas e gli enterociti.
Quando il bolo alimentare nello stomaco che era acido passa nell’intestino tenue prende il nome
di chimo, il chimo è acido (contenente i peptoni, gli oligopeptidi e Aa liberi) e questa acidità viene
neutralizzata dal bicarbonato di sodio, prodotto dal pancreas all’interno del succo pancreatico.
Il chimo viene riversato nel duodeno e stimola alcune cellule epiteliali (95% enterociti) ad attività
endocrina presenti in questo tratto.
Queste cellule producono due ormoni enterici: colecistochinina (viene prodotta quando il mio
pasto è particolarmente ricco di grassi e proteine e va a stimolare il rilascio del succo pancreatico e
stimola la contrazione della cistifellea e il rilascio della bile nell’intestino tenue attraverso il dotto
biliare) e secretina (stimola la funzionalità del pancreas esocrino, stimolando la liberazione del
succo pancreatico e tutti gli enzimi digestivi che si trovano all’interno del succo pancreatico).
Secretina: stimola il pancreas a rilasciare enzimi e zimogeni in una soluzione di bicarbonato
nell’intestino che neutralizza l’acidità che deriva dallo stomaco
Colecistochinina (CCK) ormone di natura proteica (formato da 33 Aa: i grassi e le proteine della
dieta stimolano il rilascio nel flusso sanguigno di CCK che stimola il pancreas a rilasciare enzimi e
zimogeni in una soluzione di bicarbonato nell’intestino.
CCK agisce anche sulla muscolatura liscia della cistifellea, stimolando la contrazione e la secrezione
della bile. Questi attraverso il dotto biliare (coledoco) si riversano nel duodeno.
Proteasi pancreatiche-> il pancreas produce proteasi inattive che sono il Tripsinogeno (idrolizza
principalmente il legame peptidico quando trova degli Aa di natura basica: come lisina-arginina), il
Chimotripsinogeno (AA aromatici, come la pepsina, metionina e leucina), il Procarbossipettidasi A
(Leucina, Isoleucina e Valina, quindi stacca gli amminoacidi ramificati), il Procarbossipettidasi B (Aa
basici: lisina-arginina) e la Proelastasi (Aa alifatici: glicina, alanina, valina leucina e isoleucina).
Il Tripsinogeno, chimotripsinogeno ed elastasi sono delle endopeptidasi (agiscono all’interno della
catena degli amminoacidi, mentre il procarbossipeptidasi A e B sono esopeptidasi (idrolizzano,
cioè staccano gli amminoacidi dalla proteina a partire dall’estremità carbossi-terminale.
Tutti e tre vengono trasformati in forma attiva nel duodeno.
Vengono secreti all’interno di una soluzione di bicarbonato. Ogni giorno viene secreto 1000ml di
succo pancreatico.
Il fattore chiave per l’attivazione di questi enzimi è l’enzima: enterocinasi prodotto dagli enterociti
(cellula della mucosa intestinale) all’arrivo del chimo. Si tratta di un enzima proteolitico che va ad
attivare il:
• Tripsinogeno-> in Tripsina; la tripsina a sua volta attiva il:
Chimotripsinogeno-> Chimotripsina
Procarbossipeptidasi A e B-> Carbossipeptidasi A e B
Proelastasi-> Elastasi
2° FASE:
Quando il chimo arriva dallo stomaco contenente i peptoni (che erano stati digeriti dalla pepsina)
viene aggredito da queste proteasi (succo pancreatico): la tripsina rompe i legami peptidici in cui
sono coinvolti Aa basici (lisina e arginina), la chimotripsina rompe i legami peptidici in cui sono
coinvolti Aa aromatici e a catena ramificata (metionina e leucina) e l’elastasi.
Ognuno di questi tre enzimi proteolitici ha degli amminoacidi bersaglio specifici, quindi i peptoni
vengono digeriti da queste tre endopeptidasi che sono prodotte dal pancreas, in frammenti
sempre più piccoli.
Quando si formano dei peptidi sempre più piccoli, quindi peptidi che si formano dopo che hanno
agito tripsina, chimotripsina e l’elastasi, vengono aggrediti alla fine dalle due carbossipeptidasi A e
B, che staccano uno alla volta gli amminoacidi a partire dell’estremità carbossi-terminale.
E il mio peptide si accorcerà sempre di più.
Questi due carbossipeptidasi agiscono idrolizzando amminoacidi diversi, la A con amminoacidi
ramificati e la B con amminoacidi basici.
L’azione combinata di questi enzimi a livello duodenale porta alla liberazione di moltissimi Aa e
alla formazione di piccoli peptidi (2-8 residui) che vengono ulteriormente digeriti da altri enzimi
prodotti dagli enterociti e riversati sull’orletto a spazzola (o microvilli) degli enterociti.
Quindi gli enterociti sulla loro porzione apicale, cioè rivolta verso il lume intestinale dove c’è
l’orletto a spazzalo producono l’amminopeptidasi, che staccherà un amminoacido alla volta a
partire dall’estremità amminica(ammino-terminale), e produce le dipeptidasi, vanno a rompere il
legame peptidico fra due amminoacidi, una volta che si sono liberati gli amminoacidi questi
possono essere assorbiti a livello della membrana dell’enterocita attraverso diversi sistemi di
trasporto specifici.
Nel citosol degli enterociti sono presenti delle peptidasi citosoliche che idrolizzano i piccoli peptidi
generando aminoacidi liberi.
Alla fine della digestione abbiamo Aa liberi che vengono trasportati dal lume intestinale all’interno
della cellula, con un meccanismo di co-trasporto, in cui assieme all’Aa viene assorbito anche il Na+
(sodio) (trasporto attivo secondario). Quindi gli amminoacidi entrano dal lume intestinale
all’enterocita, attraverso un meccanismo di trasporto attivo secondario.
Esistono comunque diversi trasportatori per gli Aa, che riconoscono e sono specifici per
determinati Aa, i trasportatori sulla membrana apicale degli enterociti utilizzano comunque quasi
tutti il sodio. Esistono anche meccanismo di antiporto (in cui uno entra ed uno esce) scambiano un
Aa essenziale con uno non essenziale.
Alla fine della digestione abbiamo anche di e tripeptidi che vengono trasportati con un carrier
(PEPT1 sempre sulla membrana dell’enterocita) dipendenti da ioni H+ (idrogeno).
Entrati nell’enterocita ci sono peptidasi citosoliche che li scindono in Aa liberi, scissi in
amminoacidi singoli che poi vengono trasportati al sangue, però nel sangue sono stati ritrovati
anche dei peptidi e si ipotizza che questi peptidi ritrovati nel sangue non vengano idrolizzati
perché hanno una funzione, cioè sono peptidi biologicamente attivi, si ipotizza che questi peptidi
possano passare anche per via paracellulare, cioè fra le giunzioni strette tra gli enterociti arrivando
nel sangue, e si ipotizza anche che sulla membrana basale dell’enterocita si trovi un altro
trasportatore di peptide (PEPT1), che li trasporta dalla cellula al sangue.
Gli amminoacidi assorbiti dalle cellule enteriche vengono immessi nel sangue e in tal modo
distribuite a tutte le cellule, attraverso la membrana basale dell’enterocita che è a contatto con il
capillare sanguigno.
Destino degli amminoacidi: Gli Aa non possono venir immagazzinati, ma vengono utilizzati per
riformare proteine tissutali.
Pertanto dopo essere stati assorbiti dalle cellule enteriche, vengono immessi nel sangue (vena
porta) e in tal modo distribuiti a tutte le cellule.
Il metabolismo degli amminoacidi: Gli amminoacidi vengono utilizzati fondamentalmente per la
sintesi di proteine. Gli AA possono essere:
– glucogenetici → possono dare glucosio
– chetogenetici → possono dare corpi chetonici
Nelle cellule gli amminoacidi subiscono varie trasformazioni:
– decarbossilazione (distacco del –COOH)
– deamminazione (distacco del –NH2)
– transamminazione (un –NH2 viene trasferito a una molecola con un –COOH per dare un nuovo
AA).
Digestione dei glucidi:
A differenze delle proteine in cui ci sono degli amminoacidi essenziali, nessun glucide è essenziale,
ciò vuol dire che siamo in grado di sintetizzarli da soli, perché esiste la gluconeogenesi, esiste la
glicogenolisi che ci portano a produrre glucosio, quindi si parla di necessarietà e non di
essenzialità.
La funzione principale dei glucidi è quella energetica, soprattutto rappresenta la fonte energetica
per eccellenza per il cervello, per i globuli rossi e per il muscolo durante l’intensa attività.
Se noi assumiamo glucidi, alla fine non andiamo a consumare le proteine.
Il loro metabolismo non genera delle molecole cioè dei metaboliti intermedi potenzialmente
tossici, come invece possono essere formati nel metabolismo delle proteine (ammoniaca) e
possono essere causate anche dal metabolismo lipidico per la formazione dei corpi chetonici.
Il valore calorico degli zuccheri è uguale a quello delle proteine ed è di 4kcal per grammi, i LARN,
che sono i livelli raccomandati di assunzione giornaliera, ci dicono che dal 45 al 60% delle
chilocalorie totali giornaliere, devono essere introdotte con gli zuccheri per quantificarli, si parla di
180gr, principalmente gli zuccheri a basso indice glicemico.
Mentre invece gli zuccheri semplici devono costituire il 10% massimo il 15% delle chilocalorie
totali.
Successivamente vedremo che ci sono dei glucidi non disponibili, cioè che non possono essere
digeriti ed andranno a costituire la fibra alimentare.
L’indice glicemico, è la velocità e di quanto un alimento fa salire la glicemia nel sangue, cioè la
concentrazione di zuccheri nel sangue e questo viene espresso sempre secondo un riferimento,
uno standard, che erano 50gr di pane bianco, adesso invece lo standard a cui si riferiscono gli
indici glicemici dei vari alimenti sono 50 gr del glucosio.
Il glucosio ha un indice glicemico elevato, rispetto all’amico, questo dipende dal fatto che il
glucosio è un monosaccaride e le fibre rallentano l’assorbimento degli zuccheri.
Tra glucosio e amico, quello che innalza più velocemente la glicemia nel sangue e ha un più alto
indice glicemico è il GLUCOSIO, perché è più semplice rispetto all’amido, cioè che l’amido alla fine
della sua digestione deve dare origine ad un monosaccaride, cioè il glucosio, invece se assumo
glucosio questo non deve essere digerito, quindi può essere direttamente assorbito e si avrà un
picco glicemico rispetto all’amido, che prima di essere assorbito deve essere digerito.
Se noi innalziamo molto la glicemia nel sangue, il nostro pancreas produce l’insulina che la riporta
all’interno delle cellule del fegato, del muscolo e quindi si ha una rapida ricaduta della glicemia e
quindi si come una dipendenza dagli zuccheri semplici.
Quindi i carboidrati prendono questo nome, perché idrati del carbonio.
I carboidrati sono costituiti da carbonio, idrogeno ed ossigeno e manca l’azoto che è presente solo
nelle proteine, e quindi sono composti ternari (costituiti da carbonio, idrogeno e ossigeno), la
formula generale è (CH2O)n e possono anche complessarsi con l’azoto, il fosforo e lo zolfo.
I gruppi funzionali dei carboidrati sono il gruppo carbonilico (C=O) quindi C doppio legame O e i
gruppi ossidrilici, che li rendono solubili in acqua.
Hanno diverse funzioni, principalmente quella energetica, ma anche plastica-strutturale come ad
esempio gli zuccheri che possiamo ritrovarli a formare il DNA e l’RNA sotto forma di ribosio e
desossiribosio (come chitina, cellulosa, acidi nucleici) formano glicoconiugati, questi zuccheri
possono unirsi formando glicolipidi o glicoproteine.
Possono essere classificati in ALDOSI se il gruppo carbonilico formi un gruppo aldeidico e CHETOSI
se il gruppo carbonilico e forma gruppo chetonico. In soluzione acquosa i carboidrati sono presenti
in forma ciclica e non lineare.
I carboidrati si distinguono in semplici e complessi, i semplici sono i monosaccaridi quelli introdotti
con la dieta sono il glucosio e il fruttosio, mentre il saccarosio è un disaccaride introdotti con la
dieta come il lattosio e il maltosio, gli oligosaccaridi sono più di due come triosio. Mentre i
complessi sono i polisaccaridi quelli introdotti con la dieta come l’amido, che è contenuto nelle
piante e funge da riserva del glucosio per le piante, che è il parallelo del glicogeno negli animali (il
glicogeno è la forma di riserva di glucosio negli animali).
Successivamente possiamo parlare di carboidrati disponibili, sono quei carboidrati che possono
essere digeriti, cioè che abbiamo gli enzimi necessari a digerirli, ad esempio l’amido che è
digeribile perché possediamo gli enzimi che vanno a idrolizzare i suoi legami glicosidici invece la
cellulosa non è digeribile, perché ha dei tipi di legami fra i monosaccaridi che non siamo in grado di
digerire, in quanto non possediamo enzimi specifici e non disponibili, sono quei carboidrati che noi
non siamo capaci di digerire e che vanno a formare la fibra alimentare, quindi la fibra alimentare è
costituita da carboidrati non disponibili.
Il fruttosio (monosaccaride) generalmente si introduce con la frutta.
Il saccarosio, (disaccaride) è un componente fondamentale nella alimentazione umana ed animale
in genere, e lo si trova largamente in natura, nella frutta e nel miele (in percentuale più bassa
rispetto al fruttosio), sebbene, da sempre, esso si estragga dalle piante della barbabietola da
zucchero (soprattutto in Europa) e dalla canna da zucchero (nel resto del mondo).
Artificialmente invece, lo si trova nell'industria alimentare, specialmente dolciaria e pasticciera, e
in commercio prende il nome di comune zucchero da cucina (raffinato bianco oppure integrale
"grezzo").
Il saccarosio dervia dall’unione di una molecola di gluosio e una di fruttosio, che attraverso una
reazione di condensazione si forma il saccarosio. Attraverso una reazione di idrolizzazione dal
saccarosio si ottiene una molecola di glucosio e di fruttosio.
Il lattosio, (disaccaride) è formato da galattosio + glucosio, il lattosio rappresenta il 98% degli
zuccheri presenti nel latte. Il lattosio è contenuto oltre che nel latte (circa il 40% della massa secca
del latte vaccino, 3,5-4% sul tal quale), anche nei suoi derivati (formaggi e yogurt) e in prodotti a
base di siero di latte.
In particolare nel siero il lattosio costituisce circa il 70% della massa secca (4,2% sul tal quale) e
può essere isolato per concentrazione e successiva cristallizzazione.
L’intolleranza al lattosio si ha quando abbiamo una carenza nella produzione dell’enzima che
digerisce il lattosio che è la lattasi.
L'intolleranza al lattosio può essere primaria oppure secondaria e transitoria.
Nel primo caso l'organismo non produce le lattasi per un difetto genetico, e i sintomi
dell'intolleranza si manifestano già nella prima infanzia.
L’intolleranza secondaria, invece, si ha quando la dieta è povera di latte e latticini, e quindi non
viene stimolata la produzione della lattasi, enzima inducibile dal substrato.
La celiachia non diagnosticata, a causa del processo degenerativo che interessa la superficie
intestinale deputata all'assorbimento dei nutrienti può essere alla base di una intolleranza al
lattosio.
Il maltosio, (disaccaride) composto da due molecole di glucosio unite da un legame αlfa 1-4
glicosidico.
Il maltosio si ottiene per scissione operata dall'amilasi sull‘amido. È presente nei semi germinanti
come quelli dell‘orzo, quando scindono le loro riserve di amido da utilizzare come nutrimento.
L'aggiunta di un'altra unità di glucosio produce il maltotrioso; l'ulteriore aggiunta produrrà le
maltodestrine (che si formano dalla digestione dell’amido, che contengono il legame alfa 1-6) e
infine l'amido (polimero del glucosio).
L’amido (polisaccaride del glucosio), formato da molti monosaccaridi,utilizzato come riserva
energetica delle piante. E’ disponibile in natura sotto forma di granuli. E’ costituito da due frazioni:
una parte lienare detta Amilosio (20%): polimero idrosolubile a catena lineare → può contenere
1000 o più unità di D-glucosio, legate da legami α-1,4-glicosidici che fanno assumere alla molecola
una struttura ad elica e una parta ramificata chiamata Amilopectina (80%): polimero non
idrosolubile a catena ramificata: può contenere fino a 5000 unità di D- glucosio, legate da legami
α-1,4-glicosidici ramificazioni ogni 20-30 residui abbiamo anche legami α-1,6-glicosidici, che si
trova nel punto di ramificazione, ha una struttura globulare finemente spugnosa, responsabile di
rendere l’amido di forma piuttosto granulare e del rigonfiamento dei granuli di amido durante la
gelatinizzazione.
In genere l’amilopectina è il 70-80% rispetto all’amilosio. Gli amidi con più alto contenuto di
amilopectina sono più digeribili.
Dalla digestione completa dell’amido si origina glucosio e le’nzima che digerisce l’amido è l’alfa
amilasi e ne abbiamo due: l’alfa amilasi salivare (nella cavità orale) e l’alfa amilasi pancratica
(prodotta dal succo pancratico). Questo tipo di enzima idrolitico (salivare e pancratico) è capace di
idrolizzare solo legami glicosidi alfa 1-4.
L’essere umano non ha enzimi idrolitici che digeriscono i legami di tipo beta fra il glucosio.
Nelle cellule vegetali, l’amido è sotto forma di granuli, da questo deriva un problema per la
digestione che è più complesso, perché finchè l’amido rimana dentro il granulo protetto c’è un
problema di accessibilità da parte degli enzimi idrolitici e quindi per essere digeribili l’amido deve
subire un PROCESSO DI GELATINIZZAZIONE a partire dai granuli d’amido è resa possibile grazie al
riscaldamento in ambiente acquoso. In queste condizioni i granuli di amido, idratandosi
progressivamente, si gonfiano, si rompno i granuli (temperatura maggiore di 60-75°), l’amido
perde la sua struttura cristallina; l’amilopectina e l’amilosio fanno si che questi due siano più
disponibili agli enzimi idrolitici, entrano in soluzione formando legami con le molecole di acqua.
Il risultato si traduce in una diminuzione dell’acqua libera e con una viscosità più o meno
consistente della sospensione.
Tale fenomeno si può osservare quando si cuoce in acqua pasta, riso o farine e semole (ad
esempio nella preparazione di semolini e polenta) oppure in forno durante la cottura di impasti a
base di farina ad alto contenuto d’umidità (es preparazione del pane o dolci).
A seguito della gelatinizzazione le catene dell’amilosio e dell’ amilopectina sono molto più esposte
all’azione idrolitica degli enzimi digestivi rispetto che in un amido non gelatinizzato.
Quindi questo processo è fondamentale per favorire e l’utilizzazione metabolica dell’amido
contenuto negli alimenti.
Il raffreddamento favorisce il ripristino della struttura ordinata con conseguente “ricristallizzazione
o retrogradazione” dell’amido.
Quindi la digestione dell’amido inizia dalla bocca ad opera dell’alfa amilasi salivare, solo che
questa ha poco tempo perché comunque tratteniamo il bolo all’interno della bocca per massimo
25 secondi, quindi inizia parzialmente l’idrolisi dei suoi legami alfa 1-4, sostanzialmente l’amido
non viene digerito nello stomaco, quindi i carboidrati non vengono digeriti nello stomaco, ma la
sua digestione prosegue nell’intestino tenue ad opera degli enzimi prodotti dal succo pancreatico
e per quello che riguarda l’amido si parla di alfa amilasi pancreatica che continua a scindere legami
glicosidici alfa 1-4 fino a formare le molecole di maltosio, maltotrioso, molecole di glucosio libero e
destrine alfa limite o isomaltosio (contiene al suo interno il legame glicosidico alfa 1-6 che le alfa
amilasi non riescono a scindere) queste 4 devono essere ancora digerite, perché dobbiamo
arrivare ad avere molecole di glucosio semplici.
Il maltosio viene digerito dalla maltasi prodotta dall’enteorcita sul suo orletto a spazzola, il
maltotrioso viene scisso prima in una molecola di glucosio, per le destrine afla limite abbiamo un
altro enzima prodotta sempre dagli enterociti e riversato sul loro orletto a spazzole che si chiama
destrinasi o enzima deramificante o isomaltasi.
L’amido non digerbile e o resistente viene diviso in 4 categorie chiamate: AMIDO fisicamente
inaccessibile (RS-1), cereali e legumi, AMIDO non gelatinizzato (RS-2), presente engli alimenti
crudi come le banane non mature, pasta poco cotta, AMIDO retrogradato (RS-3), in seguito a
raffreddamento di cibi cotti (patate) in cui andiamo a riformare la struttura cristallina dell’amido
che diventa inaccessbile alla digestione e AMIDO modificato dall’uomo (RS-4) utilizzati come
additivi alimentari.
Alla fine della digestione dell’amido abbiamo ottenuto glucosio, che dal lume intestinale
all’interno dell’enterocita entra attarverso un trasporto attivo secondario attraverso un
trasportatore chiamato SGLT (sodium gloucos transporter), in cui il glucosio entra insieme al sodio
all’interno dell’enterocita, quindi il glucosio per entrare nell’enterocita utilizza il gradiente di
concentrazione del sodio che viene mantenuto costantemente dalla pompa Sodio Potassio, che
porta il Sodio dall’interno all’esterno della cellula contro gradiente di concentrazione mantenendo
così il flusso in entrata del soldio utilizzata dal glucosio.
Questo tipo di trasporto attivo viene utilizzato anche dal galattosio, mentre invece il fruttosio
entra principalmente attraverso il trasportatore glut-5.
Una volta che questi monosaccaridi sono entrati all’interno dell’enteorcita poi vengono trasportati
nel circolo ematico, attraverso la membrana basale dell’enterocita, attraverso il trasportatore
glut-2, si parla sempre di un trasporto passivo.
Il saccarosio viene digerito dalla saccarasi, mentre il lattosio dalla latatsi e sono sempre enzimi
disacarridasi prodotti sull’orletti a spazzola degli enterociti.
Quali sono i tessuti che hanno più bisogno di zuccheri? Il cervello (120gr di zucchero), i globuli rossi
(36 gr di zucchero al giorno), mentre il trasportatore modulato dall’insulina è il glut-4, che è
espresso nel muscolo e nel tessuto adiposo.
Funzioni del glucosio-> la prima funzione è energetica, perché fornisce energia, di riserva perché
fa formare il glicogeno, ha un’azione antichetogenica perché se presente il glucosio non si formano
i corpi chetonici, ha un’azione disintossicante perché dal glucosio si forma il glucuronato,
quest’ultimo si complessa alla bilirubina eliminandola attraverso le feci perché la bilirubina può
diventare tossica, e funzione plastica perché nel nucleotide ritroviamo gli zuccheri, si formano le
glicoproteine di membrana.
Sarebbe meglio un po’ di meno, i carboidrati complessi come l’amido e gli zuccheri semplici come i
monosaccaridi o disaccaridi.
Un eccessivo consumo di zuccheri è correlato a patologie come l'obesità , la carie dentale ed il
diabete. Si consiglia pertanto di limitare l'utlizzo di carboidrati ad alto indice glicemico preferendo
quelli a basso indice glicemico. Un’alimentazione ricca di zuccheri ci rende dipendenti dagli
zuccheri stessi.
L'indice glicemico (IG) rappresenta la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all'assunzione
di un alimento contenente carboidrati.
L'indice glicemico (IG) è il rapporto fra la risposta glicemica di un singolo alimento e la risposta
glicemica di un alimento standard di riferimento consumato in quantità isoglucidica moltiplicato
per 100. Come alimento di riferimento prima si utilizzavano 50g di pane bianco oggi si utilizza il
glucosio, perché più standardizzabile. Più è alto l'indice glicemico e più veloce è l'assorbimento dei
carboidrati, gli zuccheri con elevato indice glicemico sono gli zuccheri semplici che vengono
assorbiti più velocemente.
L'indice glicemico (abbreviato: IG) misura la capacità di un determinato alimento di alzare la
glicemia dopo il pasto rispeIo a uno standard di riferimento che è il glucosio puro.
L’indice glicemico viene indicato con un numero da 0 a 100. Il glucosio puro ha un IG massimo pari
a 100:
Gli alimenti ricchi di carboidrati però non vengono consumati da soli in un pasto, per cui
l’utilizzazione dietetica dell’IG ha i suoi limiti….. Bisogna considerare l’IG di un intero pasto, cioè il
CARICO GlICEMICO.
ll carico glicemico ( GL ) è un indice che oltre a rappresentare la qualità dei carboidrati (IG)
considera anche la loro quantità. Si ottiene moltiplicando la quantità di carboidrati espressa in
grammi per l'indice glicemico. Il carico glicemico è la somma di tutti gli indici glicemici x i grammi
assunti di quei glucidi da ciascun alimento.
FATTORI RESPONSABILI DELL’INNALZAMENTO DELL’IG:
1.Maggiore maturazione del frutto o della verdura
2.Rapporto tra diversi carboidrati presenti nello stesso alimento: per esempio, il rapporto di
glucosio e fruttosio nel miele – più alto è il contenuto di glucosio più alto saràl’IG.
3. Maggiore raffinazione di un certo cibo (per esempio le farine, i cereali che hanno un IG basso
una volta raffinati hanno un IG piùalto in media di 5 punti: IG di quinoa è 35 mentre l’IG della
farina di quinoa è 40 )
FATTORI RESPONSABILI DELL’ABBASSAMENTO DELL’IG
1.Minore maturazione (p.e. la frutta meno matura)
2.Consumate cibi meno raffinati (p.e. invece delle farine, mangiate i cereali in chicchi integrali )
3.Consumate alimenti piùpossibilmente crudi (soprattutto nel caso della frutta e verdura)
4.Privilegiare alimenti con la maggiore presenza di grassi e proteine (si riferisce soprattutto nel
caso in cui scegliamo un alimento con maggior IG)
5.Maggior presenza di fibre, soprattutto fibre solubili nell’alimento
6.Riduzione del tempo di cottura (pasta e riso)
7.Congelamento (il cibo prima coIo, poi congelato e successivamente riscaldato ha un IG più basso)
8.Cucinare i legumi in questo modo: lasciarli prima in ammollo per c.8-12h, buttare via l’acqua
d’ammollo e poi cuocerli in pentola (non a pressione) a fuoco bassissimo per il tempo necessario.
Consumare molti alimenti ad alto carico glicemico aumenta il rischio di sviluppare il diabete di tipo
2 e altre patologie.
Al contrario, i cibi a basso carico glicemico possono prevenire l'obesita', il diabete, la resistenza
all'insulina, e la comparsa di ipoglicemia. L'assunzione di alimenti ad elevato indice e carico
glicemico causa un brusco aumento della concentrazione di glucosio nel sangue.
Poiché la glicemia deve rimanere entro un range di valori costante (fra 70 e 120 mg/dl), al PICCO
GLICEMICO segue un rapido rilascio di INSULINA. Quest'ormone prodotto dal pancreas facilita il
passaggio del glucosio dal circolo sanguigno alle cellule dei tessuti, influenzandone il metabolismo.
Tuttavia, le cellule non sono in grado di metabolizzare grossi quantitativi di glucosio in tempi
rapidi; il nostro cervello (ipotalamo), segnale che siamo in una condizione di ipoglicemia e quindi
che dobbiamo mangiare per questo motivo gli zuccheri in eccesso vengono depositati sotto forma
di riserve glucidiche (glicogeno) o lipidiche (aumento del tessuto adiposo)…TRIGLICERIDI.
Gli effetti dannosi di un'alimentazione ricca di carboidrati ad elevato indice glicemico non
finiscono qui. Un eccesso di insulina causa infatti un brusco calo della glicemia (ipoglicemia
reattiva).
Siccome tale parametro DEVE rimanere costante per soddisfare i fabbisogni energetici dei vari
organi (in particolare del cervello), questa repentina diminuzione viene interpretata come un
segnale di stress. I centri ipotalamici captano la necessita di zucchero ed elaborano una serie di
segnali che sAmolano il senso della fame.
Se l'individuo, preso dall'appetito, assume nuovamente alimenti ad alto indice e carico glicemico il
processo riprende dall'inizio, entrando in un circolo vizioso molto dannoso per salute e controllo
del peso.
Il consumo di alimenti ricchi di carboidrati è sempre stato una costante dell’alimentazione umana.
Se si pensa all’uomo cacciatore-raccoglitore, che aveva una dieta a base di carne ma si nutriva
anche di bacche frutta, verdure, radici.
Con l’avvento dell’agricoltura l’AMIDO è diventato la fonte di energia nella dieta.
La morfologia e la fisiologia del nostro apparato gastrointestinale si è adattata al consumo e
digestione dei carboidrati, e testimoniano l’importanza che gli alimenti vegetali ricchi di
carboidrati hanno avuto.
1. Elevata attività amilolitica
2. Elevata lunghezza e capacità assorbente dell’intestino tenue rispetto alla dieta attuale
3. Struttura e attività fermentativa dell’intestino crasso
Ancora oggi i carboidrati costituiscono una percentuale importante nella nostra dieta (40- 70%
dell’energia consumata).
Fibra alimentare:
molti componenti della fibra alimentare sono i carboidrati che non possono essere digeriti e che
quindi non sono disponibili e quindi in maniera più precisa che non sono glicemici, con questo si
intende che non hanno nessun effetto sulla glicemia appunto perché non vengono digertiti e
quindi non assorbiti.
Dal punto di vista nutrizionale ha sicuramente degli effetti benefici sull’organismo come
modulazione del transito intestinale (aiutano una regolare evacuazione), aumento della massa
fecale, riduzione della colesterolemia totale e LDL, riduzione della glicemia e l’insulinemia postprandiale, attività prebiotica (il microbiota intestinale si nutre della fibra alimentare),
prevenzione delle patologie intestinali.
Direttiva europea 2008/100/CE: polimeri di carboidrati composti da più di 3 unità monomeriche
che non sono ne digeriti e ne assorbiti a livello dell’intestino tenue umano sono inclusi anche
composti di origine vegetale non polisaccaridici lignina, frazioni proteiche, composti fenolici, cere,
fitosteroli, che sono strettamente associati alla componente polisaccaridica.
La fibra alimentare è composta da polimeri di carboidrati commestibili presenti naturalmente negli
alimenti (cerali integrali), polimeri di carboidrati commestibili derivati da materie prime alimentari
con effetti benefici documentati scientificamente, polimeri di carboidrati sintetici commestibili con
effetti benefici documentati scientificamente.
Caratteristiche funzionali della fibra alimentare-> viscosità cioè la resistenza allo scorrimento,
idratabilità cioè la capacità di assorbire acqua, capacità di scambio è la capacità della fibra
alimentare di legare delle molecole a se, può legare gli zuccheri, il glucosio, il colesterole ma può
legare anche vitamine e Sali minerali, può legare anche ioni come calcio, ferro e fermentescibilità
è la capacità che queste fibre hanno di essere fermentate, questo processo di fermentazione viene
svolte dalla flora batterica intestinale o il microbiota intestinale. Quindi il microbiota intestinale
utilizza la fibra alimentare ricavandone energia attraverso la fermentazione, e dalla fermentazione
vengono prodotti gli acidi grassi a catena corta.
Questi acidi grassi a catena corta, vengono riutilizzati dal nostro organismo, ed è per questo che la
fibra alimentare che prima veniva definita come acalorica (che non fornisse energia) è stato rivisto
e si è visto che la fibra alimentare fornisce energia, ha un valore calorico è di 2Kcal per ogni
grammo.
Queste caratteristiche possono essere diverse se parliamo di fibra solubile o insolubile, le fibre
insolubili sono formate principalmente da cellulosa, emicellulosa e lignina presente
principalmente nella crusca dei cereali e sono importnati perché portano all’aumento della massa
fecale, accellera il transito intestinale, riduce il tempo di contatto delle feci con la mucosa
intesinale e nelle feci ci possono essere molecole tossiche. Migliora la STIPSI, previene le
DIVERTICOLITI, riduce l’incidenza del CANCRO INTESTINALE dovuto ad eventuali metaboliti tossici.
Le fibre solubili sono rappresentate da altre molecole come galattomannani, pectine, gomme e
mucillagini, sono presenti principalmente in frutta, verdura, legumi e avena, hanno la funzione di
formare un gel e danno senso di sazietà , rallentano lo svuotamento gastrico e il senso di sazietà,
rallentano il transito intestinale, c’è un aumento dell’eliminazione di acidi biliari attraverso le feci e
una riduzione della produzione di colesterolo. Sono utili nei soggetti che hanno disturbi metabolici
serve ad abbassare il colesterolo e rallenta l’assorbimento di zuccheri utili per i diabetici e per chi
vuole perdere peso.
A livello del colon: la fibra è scissa in modo differenziato dagli enzimi microbici in ACIDI A CORTA
CATENA (acetico, propionico, butirrico), questi tre acidi hanno delle funzioni specifiche.
Viene maggiormente fermentata la fibra solubile che produce acidi grassi a catena corta.
In base alle evidenze sempre più attendibili di un’azione benefica per l’organismo, sia per le
funzioni intestinali che per gli effetti metabolici, da parte della fibra alimentare, viene
raccomandato dalle autorità sanitarie e dagli esperti della nutrizione di accrescere l’apporto di
questo componente vegetale nella dieta.
Le linee guida nazionali, LARN, in allineamento con le raccomandazioni degli altri paesi europei ed
extraeuropei, indicano in 30 g al giorno gli adulti e bambino 0,5 g/kg/questo è il quantitativo
ottimale di fibra da assumere nella forma naturale (cioè di alimenti vegetali grezzi) e che circa ¼ di
essa (7,5 g) sia nella forma solubile. Si raccomanda anche di evitare gli eccessi per possibili
ripercussioni negative sull’assorbimento di minerali (chelazione) e di altri nutrienti, specie in
individui con diete speciali o affette da malassorbimento intestinale. A questo scopo viene
raccomandato dai nutrizionisti di:
1) preferire pane e pasta integrali
2) consumare cereali alla prima colazione
3) mangiare spesso legumi e minestroni
4) consumare più frutta e possibilmente con la buccia
5) consumare tutti i giorni le verdure e in particolare:
per la fibra solubile: carciofi, broccoli, cavoli e cicoria
per la fibra insolubile: fagioli, ceci, lenticchie, piselli e insalate crude
Si mangia poca fibra alimentare-> Il fabbisogno quotidiano di fibra alimentare è di 30 grammi, pari
a 3 porzioni (150g) di frutta e 2 di verdura (250g) al giorno (DIETA MEDITERRANEA).
MENO DEL 10% degli ITALIANI consuma 5 PORZIONI AL GIORNO DI FRUTTA E VERDURA.
La cellulosa fa parte della parete cellulare della cellula vegetale, la ritroviamo in molti alimenti di
origine vegetale.
Ed è formata da molecole di glucosio unite tra loro con un legame beta 1-4 glicosidico, di cui noi
non abbiamo l’enzima per digerirlo, invece i batteri intestinali hanno gli enzimi per digerire la
cellulosa ad esempio la cellulasi, la cellulosa serve per l’aumento della massa fecale.
Poi abbiamo l’emicellulosa che sono sempre associate alla cellulosa e fanno parte sempre della
fibra solubile e insolubile, e hanno la funzione dell’aumento della massa fecale e accelerazione del
transito intestinale.
Abbiamo la lignina la ritroviamo legata all’emicellulosa e ha una caratteristica che è quella di avere
proprietà antiossidanti ed è capace di legare i Sali biliari.
Abbiamo le pectine che principalmente si ritrovano nella frutta, nella buccia, negli ortaggi, nei
legumi e hanno la capacità di formare gel ed è per questo che vengono utilizzate per far addensare
le marmellate o le gelatine, e hanno la capacità di legare Sali biliari e ioni, e vengono fermentate
dalla flora batterica.
E abbiamo l’amido resistente formato da quattro categorie-> amido inaccessibile, amido non
gelatinizzato, amido retrogradato e amido modificato.
Da queste 4 categorie vengono fermentati dalla flora batterica e producono i cosiddetti acidi grassi
a catena corta.
L’inulina la troviamo nei carciofi, nell’aglio, nelle cipolle, cicoria e quindi è un componente che in
parte riesce a purificare il fegato, l’intestino, sono alimenti che servono a disintossicare, e sono
formati da unità di fruttosio in numero variabile. E appartengono all’inulina, frutto-oligosaccaridi,
oligofruttosio tutte formate da molecole di fruttosio, sono stati aggiunti ad alcuni integratori,
utilizzati come prebiotici.
I galatto-oligosaccaridi si trovano moltissimo nel latte materno e sono utilizzati come prebiotici
dai bifido batteri, insieme ai lattobacilli sono quelli più utilizzati come fermenti lattici.
Il raffinosio e lo stichioso hanno un’azione bifidogena quindi promuovono la crescita dei bifido
batteri, che sono batteri buoni insieme ai lattobacilli.
Possiamo avere delle fibre presenti nelle gomme come galattomannani, gomma di guar, hanno
capacità di scambio e di intrappollare gli zuccheri e i lipidi e quindi hanno una proprietà
ipoglicemizzante ed ipolipodemizzante.
E i beta-glucani, sono formati sempre da molecole di glucosio, costituiti da diversi legami beta, e li
ritroviamo nell’avena e nell’orzo, i beta-glucani diminuiscono l’assorbimento di zuccheri e di lipidi.
La chitina è l’unica fibra che si può ritrovare anche nel regno animale, in generale è solo in origine
vegetale ma nella chitina sono presenti anche nell’esoscheletro dei crostacei e quindi è l’unica
fibra che è presente in alimenti di origine animale.
Quindi dire che la fibra alimentare ha un’attività prebiotica significa che nutre il microbiota,
mentre i probiotici sono i batteri benefici del nostro intestino, come i fermenti lattici, formati da
lattobacilli o bifidobatteri. Il prebiotico insieme al probiotico viene chiamato simbiotico.
Una delle funzioni più importanti dei batteri simbionti e soprattutto dei Lattobacilli è quella di
tenere sotto controllo e poi eventualmente combattere la Candida Albicans.
Flora batterica o microbiota intestinale:
E’ un organo metabolico ed è l’insieme di microrganismi che compongono l’organismo, la maggior
parte costituiti da batteri, ma sono presenti anche virus e funghi.
Abbiamo anche un microbiota nella bocca, nello stomaco, nell’esofago, nell’intestino tenue, sulla
pelle.
Quindi siamo abitati da batteri con cui stabiliamo delle simbiosi, cioè un rapporto favorevole per
entrambi, quindi noi diamo al nostro microbiota (nel crasso) diamo nutrimento e ambiente in cui
vivere protetto, e ovviamente anche noi ne ricaviamo qualcosa.
Un microbiota intestinale in salute, promuove la salute, però ci possono essere anche delle
condizioni di disbiosi intestinali se c’è un’alterazione del microbiota (stipsi, diarrea, candida), e può
essere dovuta da un’alimentazione sbagliata (eccessivo consumo di alcol, zuccheri), può dipendere
anche da una vita irregolare, dovuto da abuso di farmaci, dovuto dalla mancaza di esercizio fisico e
dovuto dallo stress, parleremo invece di eubiosi se i batteri sono in equilibrio.
Un esempio classico nello stomaco può essere helycobacter pylori che causa ulcera.
Il microbiota intestinale c’è l’abbiamo dalla nascita e alcuni studi dicono addirittura che è presente
già nella vita intrauterina, parliamo di trilioni di batteri che convivono con noi, che siamo
l’organismo ospite e quindi si parla di microbiota come un organo metabolico, ciò vuol dire che
riesce a produrre delle molecole che hanno un’influenza metabolica, basta pensare alla
fermentazione della fibra alimentare che produrrà acidi grassi a catena corta che hanno un ruolo
metabolico, il microbiota intestinale produce anche vitamine, è in grado di attivare dei farmaci.
Il numero di cellule batteriche è 10 volte superiore al numero delle cellule eucariotiche umane.
Se il nostro microbiota si trova in una fase di eubiosi, abbiamo una flora batterica fermentativa
che ha effetti benefici sul nostro organismo, e i due rappresentanti principali sono Lactobacillus,
Bifidobacterium (lattobacilli ebifidobatteri), come nutrimento viene utilizzata la fibra alimentare.
Se invece ho una disbiosi è perché nel nostro intestino ha preso sopravvento una flora batterica
putrefattiva, questa flora batterica non usa la fibra alimentare ma gli amminoacidi e produce delle
sostanze che possono diventare tossiche come ammoniaca, ammina che se si complessano con i
nitrati creano le nitrossamine che sono cancerogene, è importante quindi mantenere una flora
fermentativa. Attraverso l’alimentazione bisogna mantenere in salute la nostra flora batterica.
Chi non mangia la fibra, quindi frutta, verdura, cereali integrali, legami non nutre la flora
fermentativa che ha effetti benefici, mentre chi mangia molte proteine senza fibra andrà a nutrire
di più la flora putrefattiva. Gli acidi grassi a catena corta sono importanti perché rende acido il
lume intestinale e con pH acido la flora putrefattiva non riesce a riprodursi.
I batteri dominanti (nell’uomo adulto appartengono a tre gruppi prevalenti sono i Firmicuti gram
positivi Bacteroideti gram negativi, Actinobaceri gram positivi.
La flora batterica fermentativa produce acidi grassi a catena corta, principalmente l’acido acetico
(prodotto il 60%), propionato (25%) e butirrato (15%), l’acetato entra nel circolo sanguigno e
viene utilizzato come acido grasso (come substrato energetico) soprattutto anche dal muscolo,
l’acido propionato ha una funzione importantissima perché arriva al fegato dove attraverso il
circolo entero-linfatico e va ad inibire l’enzima chiave della biosintesi del colesterolo, l’enzima
chiava è la treidrossi- tremetilglutaril coenzima A reduttasi, andando ad inibire questo enzima
chiave di biosintesi, la fibra alimentare attraverso la fermentazione batterica va a produrre acido
propionico che va ad inibire anche la produzione del colesterolo endogeno, attraverso la
produzione dell’acido propionico. L’acido propionico attraverso il circolo entero-epatico raggiunge
il fegato dove va ad inibire l’azione dell’enzima chiave della biosintesi del colesterolo endogeno
(abbassamento della colesterolemia), mentre il butirrato a differenza degli altri due ha più
un’azione locale, sulle cellule che tappezzano la mucosa intestinale che si chiamano colonociti, ha
un’azione trofica quindi di nutrimento e anche anti-infiammatoria.
La produzione di acidi grassi nel lume intestinale del colon, è molto importante, perché se io
produco tanti acidi grassi, l’ambiente dell’intestino crasso e colon diventa acido, è importante
mantenere un pH acido per non far proliferare i batteri nocivi, cioè i batteri putrefattivi che non
riescono a vivere con l’ambiente acido.
Si definisce prebiotico, ogni sostanza che, presente nel cibo, non viene assorbita dall'organismo
ma è utilizzata dalla flora intestinale.
I prebiotici favoriscono la crescita e l'attività di Bifidobacterium e di LactobaBeri, specie batteriche
importanti per la salute digestiva dell'organismo ospite. Inoltre mostrano interessanti proprietà
nutrizionali in soggetti con:
•diabete e/o sindrome metabolica
•obesità
•Allergia
Dal punto di vista etimologico, il termine “probiotico” deriva dall'unione della preposizione latina
pro (“a favore di”) e dell'aggettivo greco βιωτικός (biotico), derivante a sua volta dal sostantivo
βίος (bios, “vita”). Secondo la definizione ufficiale di FAO e OMS, i probiotici sono “organismi vivi
che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell'ospite”.
I batteri lattici (LAB, Lactic Acid Bacteria), rappresentati dai lactobacilli, e i bifidobatteri sono le più
comuni tipologie di microrganismi probiotici; ma anche alcuni lieviti e bacilli possono essere utili.
E ci sono molti alimenti che li contengono come gli yogurt o vengono addirittura somministrati,
però sono sempre integratori non medicinali.
Microbiota: insieme di batteri, funghi e virus, e che tutti insieme formano un sistema vivente,
chiamato microbiota appunto, che agisce come una singola unità, COME UN organo simbionte.
Esistono moltissimi microbioti: fuori di noi, su di noi, e dentro di noi. Un esempio può essere anche
il microbiota del terreno che è fuori di noi.
L’insieme del microrganismo è dato dall’insieme del batteriota, virota e micota.
Nell’intestino crasso avviene la colonizzazione di questi batteri, e scendendo dallo stomaco
all’intestino il numero di batteri aumenta sempre di più. Il MICROBIOTA rappresenta il numero
totale di batteri, funghi, virus, archeobatteri, amebe presenti in un dato distretto corporeo.
Il MICROBIOMA è l’insieme della loro capacità codificante, conosciuta anche come patrimonio
genetico, o DNA (la somma dei loro geni). Integra il genoma umano fornendo il 99% dei geni.
Oggi con la rivoluzione metagenomica, si può estrarre il DNA da questa comunità microbica e
andare a determinare i geni che sono contenuti. Il genoma di questi microrganismi si può
chiamare metagenoma, ed è dinamico, ciò vuol dire che può cambiare perché cambiano i
microrganismi.
Questo metagenoma arricchisce di possibilità il nostro genoma, anche di possibilità metaboliche.
Nel microbiota intestinale abbiamo 22 milioni di geni diversi, mentre nella nostra cellula eucariota
ne abbiamo 20 mila.
Olobionte: è stato così definito come il “superorganismo” formato dalle cellule del nostro corpo e
dai microrganismi presenti nel nostro organismo.
Ologenoma: l'insieme del genoma delle cellule del nostro organismo e del genoma dei
microrganismi che ospitiamo.
I fattori che possono influenzare il microbiota intestinale sono il parto, il tipo di allattamento, con
l’esercizio fisico, le malattie, la dieta, l’utilizzo di antibiotici, l’utilizzo di integratori (prebiotici e
probiotici), con l’età.
Come e quando si forma il microbiota intestinale? Il primo contatto che abbiamo con il mondo e i
batteri è proprio il momento del parto! Vari studi hanno suggerito che il neonato acquisisca i
batteri dalla madre proprio durante il passaggio nel canale del parto.
Se il parto è NATURALE il primo contatto si avrà con i batteri intestinali della madre, che
entreranno prima a contatto con le mucose interne (naso e gola) del neonato. I bifidobatteri e i
lattobacilli, sono fondamentali per un sano microbiota intestinale e sono i primi colonizzatori.
Se il parto è cesareo il neonato verrà a contatto con i batteri presenti sulla pelle e nell’aria.
Saranno presenti microbi come l’Enterococcus faecalis, lo Staphylococcus epidermis, la Klebsiella,
tutti batteri comuni nell’ambiente dell’ospedale e spesso potenziale fonte di infezione per i
neonati molto prematuri perché batteri patogeni e resistenti ai farmaci.
Non temete però, le differenze osservate spariscono in larga misura nel corso del tempo… Già a
sei-nove mesi dalla nascita il microbioma dei bambini nati con parto naturale o cesareo non
presenta differenze sostanziali.
La composizione del microbiota intestinale cambia nel tempo in 3 fasi: fase di sviluppo (3-14 mesi
di età), fase di transizione (15-30 mesi) fase stabile (31-46 mesi).
L’allattamento al seno è il principale fattore ad influenzare la composizione del microbiota nel
primo anno di vita ed è associato a livelli più elevati di Bifidobatteri, mentre lo svezzamento porta
a un aumento della diversità microbica. La nascita vaginale è associata a un aumento di
Bacteroides, mentre altri fattori, come la convivenza con fratelli o animali domestici, influenzano i
profili del microbiota intestinale.
Nei primi 4-36 mesi di vita, a seguito del contatto con i genitori, l’ambiente esterno e il cibo, il
microbiota si sviluppa cambiando rapidamente, assumendo un significato importantissimo in
quanto lascerà un segno indelebile su quello che sarà il microbiota dell’adulto (una specie di
imprinting).
Nel corso della vita il nostro microbiota cambia, è più stabile in età adulta, mentre è più instabile
nell’infanzia e nella vecchiaia anche se comunque sempre influenzato dal tipo di alimentazione
seguita. I fattori che possono influenzare il microbiota a parte il tipo di alimentazione sono diversi:
fattori ambientali, stress, fumo, alcool, assetto ormonale (come in gravidanza, in menopausa, o nel
periodo premestruale), infezioni e terapie farmacologiche.
L’effetto benefico della dieta Mediterranea potrebbe passare attraverso il microbiota. Una dieta
ricca in carboidrati non digeribili come quella mediterranea promuove lo sviluppo di microrganismi
produttori di metaboliti benefici.
Quindi per mantenere un microbiota sano dovremmo mangiare la fibra, quindi molta frutta e
verdura, cereali e legumi, pochi zuccheri raffinati.
La flora batterica intestinale svolge funzioni essenziali nella tutela della salute, avendo un ruolo
metabolico perché vanno a produrre anche vitamina, come la K, vitamina D6 vanno ad attivare i
farmaci, immunomodulante, perché nell’intestino abbiamo il nostro sistema immunitario e i primi
batteri con cui il nostro sistema immunitario quando nasciamo, sono proprio quelli a livello
intestinale, quindi vanno a modulare il sistema immunitario e protettivo perché vanno a
proteggere le mucose intestinali.
Più Akkermansia miciniphila abbiamo più siamo magri, meno ne abbiamo più siamo obesi, si è
visto anche che l’acido butirrico e l’acido propionico hanno un effetto anti-obesogeno, mentre
l’acido acetico avrebbe un effetto opposto.
Il microbiota intestinale è il secondo cervello, quindi come abbiamo già visto se il microbiota è in
eubiosi è in equilibrio, mentre in disbiosi è in disequilibrio correlata a diverse malattie come
obesità, diabete, alzheimer, morbo di parkinson, perché vi è una forte relazione tra cervello, flora
batterica e intestino detta anche asse microbiota-intestino-cervello.
Il microbiota e l’intestino, sono in grado di produrre dei neurotrasmettitori, il microbiota produce
la serotonina, che vanno ad influenzare il cervello e allo stesso modo il cervello può influenzare il
microbiota e le funzionalità dell’intestino, influenzando la motilità intestinale, avendo un influenza
sul peso. Quindi i due comunicano attraverso molecole che si influenzano reciprocamente.
Il cervello intestinale è la sede del sistema nervoso enterico, e i neuroni presenti nell’intestino
sono tantissimi circa 200 milioni e può lavorare in maniera autonoma soprattutto con le emozioni,
questi due cervelli, quello centrale e quello enterico comunicano attraverso dei metaboliti, ad
esempio attraverso la serotonina che è il neurotrasmettitore della felicità che regola il tono
dell’umore, la maggiore parte di essa viene sintetizzata nell’intestino, attraverso l’attivazione della
dopamina o dei precursori dell’adrenalina.
Digestione dei lipidi:
I lipidi sono molecole idrofobiche (non sono solubili in acqua), solubili in solventi organici, la
maggior parte dei lipidi è costituita da acidi grassi.
l lipidi principalmente introdotti con la dieta sono: i trigliceridi, triacilgliceroli, fosfolipidi (lipidi che
abbiamo nelle membrane delle cellule animali e vegetali), colesterolo, esteri del colesterolo (per
forma esterificata si intende che è legato ad un acido grasso), vitamine liposolubili (A-D-E-K).
I lipidi sono un’ottima fonte di energia da cui si ricava la più elevata quantità di energia per
grammo 9kcal per grammo, vengono depositate nel tessuto adiposo sottoforma di trigliceridi,
servono nel grasso sottocutaneo a mantenere costante la temperatura corporea, e nel tessuto
adiposo insieme ai lipidi possono essere accumulate anche le vitamine liposolubili.
Le funzioni dei lipidi: sono energetica perché si ricava energia, di riserva che si accumulano nel
tessuto adiposo, regolatrice perché appunto sono precursori di ormoni, plastica perché formano
le membrane cellullari, sono dei precursori di ormoni steroidei (colesterolo), precursori di
vitamine (sempre il colesterolo, per la vitamina D) e prostaglandine (il precursore sono gli acidi
grassi essenziali) e trasporto o accumulo di vitamine liposolubili.
Si dividono in semplici e composti:
I lipidi semplici, sono gli acidi grassi esterificati ai gliceroli, sono costituiti sostanzialmente da
trigliceridi, mentre il lipidi complessi sono trigliceridi complessati ad altre molecole e formano la
membrana cellulare come ad esempio i fosfolipidi (lipidi di membrana) e gli sfingolipidi (come
sfingomielina, cerebrosidi, gangliosidi, li ritroviamo sulle membrane delle cellule nervose, la prima
serve a formare la guaina mielinica).
E abbiamo gli steroidi a cui appartiene il colesterolo, che è presente solo negli alimenti di origine
animale, mentre invece negli alimenti di origine vegetale abbiamo i fitosteroli, che vengono
utilizzati per trattare l’ipercolesterolemia.
Quindi i lipidi sono formati principalmente da acidi grassi, ma non sono solo acidi grassi, gli acidi
grassi sono formati da una lunga catena carboniosa e un gruppo carbossilico, il legame di questi
acidi grassi con altre molecole è permesso dalla presenza del gruppo carbossilico, attraverso il
legame estere.
I lipidi introdotti con la dieta generalmente sono costituiti da trigliceridi, i trigliceridi sono costituiti
da 3 molecole di acido grasso esterificata ad una molecola di glicerolo. Gli acidi grassi nel tessuto
adiposo vengono depositati sottoforma di trigliceridi, poi abbiamo i fosfolipidi, colesterolo ed
esteri del colesterolo.
La forma esterificata (acido grasso unito ad un'altra molecola) degli acidi grassi è quella più
comune, come i trigliceridi e i triacilglicerolo rappresentano la forma di deposito e di
immagazzinamento degli acidi grassi, i fosfolipidi costituiti da un glicerolo esterificate da molecole
di acidi grassi con una testa polare fosforica, e gli esteri del colesterolo è la forma con cui il
colesterolo viene immagazzinato nelle cellule e viene trasportato, il colesterolo nella sua forma
libera lo ritroviamo solo nelle membrane biologiche. (esterificazione= unire un acido grasso ad una
molecola di colesterolo). Il colesterolo viene incorporato all’interno delle membrane cellulari,
perché ha una testa polare costituito dal gruppo idrossilico e una coda polare e funziona
sostanzialmente come i fosfolipidi che hanno le teste polari rivolte all’esterno e le code polari
rivolte verso l’interno.
In genere gli acidi grassi a catena corta nel sangue vengono trasportati da una proteina che si
chiama albumina.
La parte rossa rappresenta la parte polare idrofilica dell’acido grasso, mentre quelle bianche sono
la parte idrocarburica e idrofobica.
Gli acidi grassi sono tutti diversi e ne esistono 500, normalmente hanno un numero pari di atomi di
carbonio e possono essere classificati in base alla lunghezza della catena carboniosa in:
acidi grassi a catena corta con numero di atomi di carbonio fino a 6, quelli a catena media fino a
14 atomi di carbonio, quelli a catena lunga da 16 fino a 36 atomi di carbonio.
Possono essere anche classificati in base al numero e al tipo di legami fra carboni in: acidi grassi
saturi hanno solo legami semplici, non hanno doppi legami, acidi grassi monoinsaturi cioè
presentano un solo doppio legame nella catena carboniosa, e acidi grassi polinsaturi che
presentano almeno due doppi legami della catena carboniosa e tra questi ricordiamo i nostri acidi
essenziali che sono gli omega 3 e gli omega 6.
Nell organismo ’organismo umano esistono più di 500 tipi diversi di acidi grassi. L’enzima che
catalizza l’allungamento della catena è L’ELONGASI. Invece quello che inserisce i doppi legami è la
DESATURASI ed è in grado di introdurre il doppio legame solo nelle posizioni delta 9-6-5. Quindi
tutti gli acidi grassi con doppi legami in posizione Δ12 (omega 6), Δ15 (omega 3) devono essere
inseriti con la dieta.
Acidi grassi saturi(hanno una struttura più lineare) più comuni a catena corta sono: l’acido
butirrico che ha 4 carboni e l’acido esanoico che ha 6 carboni e li ritroviamo nel latte e nei suoi
derivati.
Acidi grassi saturi più comuni a catena media: sono l’acido laurico con 12 carboni e l’acido
miristico con 14 carboni e si trovano nell’olio di palma e olio di cocco.
Acidi grassi saturi più comuni a catena lunga: sono l’acido palmitico con 16 atomi di carboni e
l’acido stearico con 18 carboni e si trovano nei grassi animali e vegetali e nel burro di cacao.
C16:0 zero sta ad indicare che sono saturi e non ci sono doppi legami, C 16 indica che ci sono sedici
atomi di carbonio.
Questi acidi grassi saturi perché fanno male rispetto agli insaturi? Lo stearico (C18:0), invece, pur
essendo saturo è poco aterogeno, poiché l'organismo lo desatura rapidamente formando acido
oleico (un acido grasso monoinsaturo presente prevalentemente nell’olio extra vergine di oliva).
Per aterogeno si intende che alzano il colesterolo e che favoriscono la formazione di placche
ateromatose.
Quindi gli acidi grassi saturi sono più aterogeni degli insaturi, perché i saturi introdotti con la dieta
innalzano la colesterolemia, quindi l’eccesivo consumo di acidi grassi saturi è caratterizzato
dall’innalzamento del colesterolo nel sangue.
Acidi grassi monoinsaturi: (non sono lineari) sono quelli che presentano un doppio legame, e
l’acido grasso monoinsaturo presente principalmente in natura e negli alimenti è l’acido oleico (18
atomi di carboni) che è tipico dell’olio di oliva, dove può costituire l’80% degli acidi grassi.
L’acido oleico viene chiamato anche omega 9, perché il suo doppio legame è presente sul carbonio
9, C18:1c 9 in cui c18 indica i 18 atomi di carboni, 1 indica un doppio legame, c indica cis, e il
doppio legame si trova tra il carbonio 9 e 10, mentre se c’era un t significava trans.
Quando è presente un doppio legame di un acido grasso possono essere di tipo cis (in natura e
non fanno male) vuol dire che i due idrogeni attaccati ai due carboni che formano il doppio legame
sono sullo stesso piano, mentre trans hanno gli idrogeni legati ai carboni che formano il doppio
legame su piani opposti. L’unica fonte naturale di acidi grassi trans è rappresentata dall’acido
vaccenico che si forma nello stomaco dei ruminanti (mucche), li ritroviamo nella carne e nel latte,
sennò normalmente gli acidi grassi insaturi che si trovano in natura sono solo quelli cis.
Però questo acido vaccenico non è pericoloso perché viene trasformato all’interno del nostro
organismo in CLA, cioè acido linoleico coniugato, che non fa male.
Acido grasso insaturo con doppio legame trans-> lieve ripiegamento
Acido grasso insaturo con un doppio legame di tipo cis. Ripiegamento
Acido grasso insaturo con due doppi legami di tipo cis. Massimo del ripiegamento
Quindi più acidi grassi insaturi abbiamo in un alimento più è basso il punto di fusione, perché
queste strutture ripiegate impediscono che si aggregano in forme più solide e quindi rimangono
liquide a temperatura ambiente.
Gli acidi grassi insaturi trans sono solidi a temperatura ambiente e sono in grado di formare delle
creme, come quella di nocciola. Possono fare male perché all’interno dei nostri vasi possono
formare dei complessi solidi.
Gli acidi grassi saturi e insaturi hanno una diversa struttura, entrambi con 18 atomi di carbonio,
l’acido stearico presente solo singoli legami, mentre quelli insaturi presentano un doppio legame,
questo doppio legame fa si che si forma una specie di gomito (ripiegamento) che determina una
maggiore fluidità, perché formano delle strutture più disordinate.
Gli acidi grassi sono presenti sia in alimenti di origine vegetale che animale, però c’è una differenza
con gli oli, perché i grassi sono solidi a temperatura ambiente, questo dipende dall’insaturazione,
più sono insaturi, più tendono ad avere un punto di fusione basso, più la catena degli acidi grassi
ha un punto di fusione basso più tendono ad essere più liquidi, mentre se la catena è più lunga
tendono ad essere più solidi.
Poi abbiamo l’isomerizzazione cis e trans, in cui gli acidi trans tendono ad essere più solidi a
temperatura ambiente, hanno un più alto punto di fusione.
Quindi i fattori che influenzano la solubilità degli acidi grassi, sono la lunghezza della catena, il
grado di insaturazione e il tipo di isomerizzazione.
PERCHE’ GLI ACIDI GRASSI TRANS FANNO MALE??
•I grassi trans fanno male perché sostanzialmente hanno una geometria lineare rispetto a quelli
cis.
•consente una maggiore densità anche a 37 °C, facilitando la formazione di complessi solidi che
possono alterare il lume dei vasi.
•aumentano le LDL e diminuiscono le HDL.
Gli acidi grassi polinsaturi sono quelli che sono costituiti principalmente da acidi grassi essenziali.
Acidi grassi essenziali: sono degli oli che ritroviamo principalmente in alimenti di origina vegetale,
mentre l’omega 3 lo ritroviamo anche nel pesce azzurro sono acidi grassi polinsaturi e sono due,
l’omega 3 il cui capostipide è l’acido alfa linolenico mentre negli omega 6 è l’acido linoleico.
La loro funzione è quella di essere componenti di struttura dei fosfolipidi di membrana, hanno la
capacità di ridurre la colesterolemia e sono le molecole precursori di eicosanoidi, molecole a 20
atomi di carbonio.
Gli eicosanoidi sono degli ormoni tissutali, i cui precursori sono gli omega 3 e omega 6.
L’acido linoleico (omega 6)è presente principalmente negli oli di semi, di girasole, di mais, mentre
l’acido linolenico (omega 3) si trova nel pesce, nell’olio di soia.
Perché sono importanti? A parte fornire energia e costituire le membrane cellulari sono i
precursori degli EICOSANOIDI, capaci di modulare numerose reazioni cellulari (per questo sono
conosciuti anche come bioregolatori o "superormoni").
•Eicosanoidi (20 atomi di carbonio) sono prodotti a partire dagli acidi grassi essenziali ossidati da
lipoossigenasi e ciclossigenasi: creando prostaglandine (regolano la pressione sanguigna),
trombossani (regolano la coagulazione sanguigna) , prostacicline (processi infiammatori) e
leucotrieni (processi immunitari).
Gli eicosanoidi che derivano dagli acidi grassi omega 6 sono proinfiammatori, mentre quelli degli
omega 3 sono antifiammatori, assunti in eccesso possono provocare tumori.
•L’acido linolenico o W3 agiscono abbassando i livelli di trigliceridi nel sangue.
•L’acido linoleico o W6 è in grado di far abbassare la colesterolemia (rimozione LDL e riduzione
delle HDL).
Gli omega 6 se presenti in eccesso rispetto a omega 3 sono responsabili di una serie di effetti
negati, come aumento delle reazioni allergiche e infiammatorie.
Le funzioni positive sono:
•abbassano i livelli plasmatici di trigliceridi, interferendo con la loro incorporazione nelle VLDL a
livello epatico (omega 6).
•aumentano leggermente la concentrazione di HDL (omega 3)
•Abbassano il rischio di malattie cardiovascolari
•FUNZIONE ANTIATEROGENE (impediscono la formazione di placche), ANTITROMBOTICHE e
ANTINFIAMMATORIE, perché sono precursori degli eicosanoidi antinfiammatori.
Sviluppo delle attività cognitive e dell’attività visiva, regolando l’espressione genica di
neurotrasmettitori (serotonina, noradrenalina, dopamina e acetilcolina) e proteggendo i neuroni
dalla morte cellulare.
In generale degli omega 6 dovremmo assumerne 8 gr al giorno, mentre gli omega 3 dai 2-4 gr al
giorno, il rapporto diventa quasi 2:1.
L’indice di aterogenicità è il rapporto tra gli acidi grassi saturi (laurico, miristico, palmitico) diviso
gli acidi grassi essenziali N3, N6 e acidi grassi monoinsaturi.
INIZIO DELLA DIGESTIONE-> inizia nello stomaco, abbiamo anche una lipasi salivare prodotta dalle
ghiandole salivari ma questa agisce solo sui trigliceridi contenuti nel latte materno, quindi è attiva
sostanzialmente nei bambini.
Quindi inizia nello stomaco ad opera della lipasi gastrica, queste lipasi digeriscono i trigliceridi cioè
quelli introdotti principalmente con la dieta e producono diacilglicerolo e una molecola di acido
grasso.
Si stima che questa lipasi gastrica inizi a digerire solo il 20-30% dei trigliceridi introdotti con la
dieta, perché la vera digestione avviene nel duodeno.
Quando il bolo alimentare che prende il nome di chimo arriva nell’intestino tenue, l’acidità
gastrica provoca il rilascio della secretina che insieme alla colecistichenina stimolano il rilascio del
succo pancreatico e degli acidi biliari, all’interno del succo pancreatico ritroviamo gli enzimi
deputati alla digestione dei lipidi abbiamo la lipasi pancreatica che per agire ha bisogno della
colipasi (secreta dal pancreas in forma inattiva che è la procolipasi, viene attivata attraverso la
tripsina), la pancreatica produce un monogliceride e due molecole di acidi grassi, abbiamo anche
la colesteroloesterasi che scinde gli esteri del colesterolo.
Abbiamo la fosfolipasi A2 che andrà ad idrolizzare i fosfolipidi.
Attraverso la peristalsi intestinale i grassi vengono sbattuti all’interno del nostro ambiente
acquoso, però nel momento in cui la peristalsi funziona meno, questi acidi grassi tendono ad
agglomerarsi, però prima che si riaggregano intervengono gli acidi biliari che impediscono, che
queste goccioline di lipidi si riaggreghino tra loto.
Quindi i Sali biliari rilasciati dalla cistifellea emulsionano i grassi, cioè scindono i lipidi in molecole
più piccole impedendoli di aggregarsi, sono anfipatici (una parte polare e una apolare), da una
parte saranno in grado di legare i grassi, dall’altra parte interagiscono con l’ambiente acquoso
dell’intestino, sulla parte a contatto con l’acqua i Sali biliari portano tutte cariche negative, quindi
si formano delle micelle (goccioline lipidiche), circondate dai Sali biliari che portano all’esterno una
carica negativa, particelle delle stessa carica si respingono, quindi ricoprendo i lipidi con Sali biliari
impedisce che queste goccioline si riaggregano, proprio per la presenza di cariche negative
all’esterno. E’ importante che restano separati i lipidi per essere digeriti.
I prodotti della digestione dei lipidi saranno acidi grassi liberi, colesterolo libero (perché l’estere
del colesterolo è stato idrolizzato).
Il 95% dei lipidi formato viene digerito, quindi all’interno quando si emulsionano i lipidi vengono
formate le goccioline lipidiche che vengono chiamate micelle, e all’interno di queste micelle
possono essere incorporate anche le vitamine liposolubili, lipidi digeriti, Sali biliari.
In generale i lipidi passano per diffusione semplice all’interno della membrana dell’enterocita,
perché sono della stessa natura della membrana.
E all’interno dell’enterocita tutti gli acidi grassi vengono riesterificati e si vanno a formare i
chilomicroni formati da esteri del colesterolo, triacilglicerolo e proteine, che passano per esocitosi
dall’enterocita al circolo linfatico attraverso il dotto linfatico e si riuniscono al circolo ematico a
livello del dotto toracico.
Quindi si riformano trigliceridi ed esteri del colesterolo, vengono uniti ad alcune proteine
formando delle strutture lipoproteiche.
Mentre gli acidi grassi a catena corta non vengono complessati in queste lipoproteine ma vengono
trasportati e legati all’albumina.
I chilomicroni possono essere attaccati dalle lipasi a livello delle cellule endoteliali, quindi quelle
che rivestono i vasi, ma generalmente giungono direttamente al fegato i chilomicroni.
Le LDL e le HDL sono le principali lipoproteine che trasportano il colesterolo.
Le vitamine:
il termine vitamina vuol dire ammine della vita (dovuta alla vitamina B1 che presenta il gruppo
amminico), la prima vitamina risale al (1911): ed era la B1 conteneva una funzione amminica,
scoperta dal medico Funk, che estrasse per la prima volta dalla crusca una sostanza in grado di
curare il beri beri.
E’ una sostanza essenziale, ciò vuol dire che non siamo capaci di sintetizzarla e quindi dobbiamo
introdurla con la dieta, anche se ci sono alcune vitamine che siamo in grado di sintetizzare.
Sono acaloriche quindi non forniscono calorie, a differenza dei macronutrienti agiscono in dosi più
basse, perché per i macronutrienti si parla di grammi, invece qui si parla di micro-milli grammi,
possono essere stabili e risentire delle temperature, possono essere stabili a determinati valori di
pH, stabili se esposti alla luce solare.
Bisogna stare attenti a non avere uno scarso apporto di vitamine, ma nemmeno avere un eccesso
di vitamine che possono portare a diversi problemi.
Tutte le vitamine hanno funzione protettive, sono degli antiossidanti come la vitamina A, C, E, e
regolatrici hanno un’attività di coenzima e hanno una protezione per il sistema immunitario.
Ogni vitamina ha un organo bersaglio.
Si può andare incontro ad avitaminosi cioè la mancanza totale di una o più vitamine, oppure ad
ipovitaminosi cioè la mancanza parziale di una o più vitamine, oppure ipervitaminosi l’eccesso di
vitamine.
Anche con una dieta complessa ed equilibrata si può andare incontro ad ipovitaminosi se abbiamo
un assorbimento intestinale alterato (ad esempio se si soffre di celiachia), alimentazione sbagliata,
alcool, fumo, dipende anche dalla preparazione degli alimenti.
-> Antivitamine, composti con azione antagonista su una specifica vitamina, Es. l’avidina, proteina
del bianco dell’uovo è l’antivitamina della biotina (vitamina B7).
-> Provitamine, precursori delle vitamine che vengono attivate da fattori esterni (vitamina D) o da
fattori interni (Vitamina A).
-> Farmaci, possono influenzare la biodisponibilità delle vitamine riducendone l’assorbimento,
biosintesi, funzione biologica.
CONDIZIONI FISIOLOGICHE CHE NECESSITANO DI UNA INTEGRAZIONE VITAMINICA:
• Fasi iniziali della gravidanza (prevenzione dei difetti del tubo neurale con acido folico)
• Allattamento (è importante supplementare l’acido folico)
• Bambini e adulti dei paesi nordici nel periodo invernale (è importante supplementare la vitamina
D)
• Anziani
• Vegetariani stretti, specie in età pediatrica che possono portare dei ritardi (vitamina B 12)
Le vitamine vengono divise in liposolubili (solubili in solvente organico) e idrosolubili (solubili in
acqua):
Liposolubili
Non sono eliminate facilmente dal nostro
corpo ed è per questo che si può andare
incontro a ipervitaminosi
Sono immagazzinate nel
corpo
Hanno una funzione di riserva
Non necessario introdurle
quotidianamente con la
dieta (perché hanno funzione di riserva)
Ipervitaminosi
Idrosolubili
Diffondono liberamente nei
liquidi intra ed extracellulari
Non sono immagazzinate nel corpo, e vengono
eliminate con le urine
Hanno una funzione regolatrice: sono coenzimi
Non hanno effetti tossici
Labili, perché sono più facilmente inattivate
dalla luce, struttura meno stabile
Le vitamine liposolubili: (A-D-E-K), Il loro assorbimento è favorito dalla presenza di grassi
nell’alimento che lo contiene o nella dieta globalmente consumata, viene assorbita nell’intestino
tenue come le altre molecole di natura lipidica: incorporazione in micelle miste.
Trasportate nei chilomicroni attraverso i vasi linfatici mesenterici fino al fegato.
La vitamina D-> la carenza di vitamina D, può portare al rachitismo è una malattia a carico
dell’apparato osseo e tendineo, viene definita una malattia nutrizionale.
Ci sono due tipi di vitamina D, abbiamo la vitamina D3 (o colecalcisterolo) (endogena) che è
contenuta negli alimenti di origine animale ed è quella che noi siamo capaci di produrre da soli.
La molecola da cui si origina la vitamina D3 nel nostro corpo è il 7-deidrocolesterolo che per
effetto della luce solare sulla pelle alla fine di tanti passaggi, si trasforma in vitamina D3 attiva.
invece la vitamina D2 (ergosterolo) (esogena) è presente negli alimenti di origine vegetale,
soprattutto nei funghi.
La vitamina D viene considerata anche un ormone, perché agisce come gli ormoni steroidei, quindi
ha un’azione sull’espressione dei geni.
La vitamina D, all’80-90% la otteniamo per via endogena, esponendoci al sole, e un 10-20% la
otteniamo con la dieta. Nel caso di grandi carenze si può ricorrere agli integratori.
Sulla cute abbiamo il precursore della vitamina D che è il 7-deidrocolesterolo, quando ci
esponiamo al sole, i raggi UVB attivano la conversione del 7-deidrocolesterolo in vitamina D3, però
la forma D3 non è la forma attiva della vitamina, ma deve essere attivato attraverso due reazione
di idrossilazione, la prima avviene a livello del fegato dove troviamo l’enzima 25 idrossilasi epatica
che unisce in posizione 25 1 H, formando il 25 idrossi D3 (o 25 idrossicolecalcisterolo) ,
successivamente c’è la seconda reazione nel rene ad opera di una alfa 1 idrossilasi renale che
catalizza l’idrossilazione in posizione 1 formando l’1-25 calcitriolo.
La funzione principale della vitamina D è quella di mantenere l’omeostasi del fosforo e del calcio, e
può agire sulla cellula dell’enterocita dove va a regolare l’espressione di un gene che codifica una
proteina che lega il calcio che si chiama Calcium Binding-Protein, attraverso la sintesi di questa
proteina, l’enterocita riesce ad assorbire maggiore quantità di calcio dall’intestino.
Il recettore UTR (FATTORE DI TRASCRIZIONE=promuove la trascrizione di alcuni geni), permette
alla vitamina D di entrare all’interno del nucleo e regolare l’espressione dei geni, tali recettori non
sono presenti solo su organi bersaglio, ma anche nel sistema immunitario, negli organi riproduttivi,
pancreas, ipofisi, tiroide…
E’ essenziale l’assorbimento intestinale per mantenere costante l’omeostasi.
Agisce insieme al paratormone che aumenta la formazione della vitamina D e viene sintetizzato
dalle paratiroidi quando c’è un basso livello di calcio nel sangue e la calcitonina (secreta dalla
tiroide), quando siamo in una situazione di ipercalcemia, promuove il deposito di calcio dal sangue
proprio nelle ossa (attività degli osteoblasti), per diminuire la concentrazione ematica di calcio.
Un altro organo che regola la formazione di calcio epatico è il rene in cui i n una fase di
ipercalcemia verrà favorita l’eliminazione renale di calcio, invece in una situazione di ipocalcemia
verrà stimolato il riassorbimento di calcio a livello dei tubuli renali.
La vitamina D regola anche il sistema immunitario.
Il recettore della vitamina D si chiama VDR, ed è il recettore attraverso il quale la vitamina riesce
ad entrare nella cellula e regolare l’espressione dei geni, regola circa il 3% di tutto il genoma
umano.
I recettori VDR non sono presenti solo nei tessuti bersaglio classici, cioè intestino, reni ed ossa, ma
questi recettori sono presenti anche nel sistema immunitari, nei nostri organi riproduttivi, nel
pancreas, nell’ipofisi, nella tiroide, nei muscoli scheletrici, nel cuore, nel cervello, nel fegato.
I recettori della vitamina D sono stati individuati anche nelle diverse cellule del sistema
immunitario, come i linfociti T e B, macrofagi. La vitamina D interviene in tantissimi processi.
Si è visto che la vitamina D è in grado di diminuire le reazioni allergiche, perché è in grado di
diminuire la formazione delle Immunoglobuline E da parte dei linfociti B che sono coinvolti nelle
forme allergiche.
Quindi la vitamina D esercita un effetto genomico, cioè che interagisce con il DNA promuovendo
l’espressione di alcuni geni, legandosi al VDR.
Può avere una reazione calcemica quando agisce sugli organi classici, cioè ossa, intestino e reni,
ma quando i tessuti bersaglio sono altri viene detta non calcemica.
Il recettore della vitamina D (VDR) è un fattore di trascrizione che si trova nel nucleo delle nostre
cellule e che ha la capacità, una volta attivato, di legarsi al DNA e di accendere (o spegnere) i geni
vicini. La vitamina D sembrerebbe interagire anche con tratti di DNA collegati ad alcuni tumori,
come la leucemia e il cancro del colon-retto.
Fattori che influenzano la sintesi solare di vitamina D3-> sono la longitudine, perché ovviamente
c’è una differenza tra chi è al polo nord e chi all’equatore, la stagione, cioè estate-inverno, e
l’orario di esposizione, l’età (a parità di esposizione solare il soggetto anziano produce circa il 30%
in meno di vitamina D), il Bmi (nelle persone obese la vitamina D tende ad essere “sequestrata”
nel tessuto adiposo), l’uso di creme protettive (un fattore di protezione 15 potrebbe ridurre del
99% la produzione di vitamina), il fototipo cutaneo, l’indossare indumenti protettivi, i vetri (il vetro
assorbe tutte le radiazioni UVB: chi passa le giornate dietro ad una finestra non avrà alcun effetto
sulla sintesi di vitamina D), l’inquinamento atmosferico, l’inquinamento particolato fine sospeso
nell'atmosfera può sia assorbire che riflettere gli UVB così come le nuvole, in montagna
l'atmosfera filtra meno raggi UVB rispetto alla spiaggia, quindi la produzione è più efficiente.
Circa il 10-20% di fabbisogno di Vitamina D viene in genere introdotto con la dieta. Le migliori
fonti di vitamina D3 sono i pesci come salmone tonno e sgombro e gli oli di fegato di merluzzo. La
vitamina D3 è presente anche nel fegato di manzo, formaggi e tuorlo d’uovo. I funghi forniscono la
vitamina D2.
Assorbimento e trasporto della vitamina D: La vitamina D è fortemente liposolubile viene
rapidamente assorbita sotto forma di micelle a livello duodenale e digiunale e quindi distribuita
sotto forma di chilomicroni attraverso la circolazione linfatica.
La proteina di trasporto della vitamina D, (Vitamin D Binding protein; DBP), è un’alfa globulina
prodotta dal fegato, la cui produzione può diminuire in caso di insufficienza epatica o sindrome
nefrosica.
La Vitamina D viene portata quasi totalmente al tessuto adiposo, da cui viene liberata in piccole
quantità rispetto alla quota immagazzinata.
Maggiore massa adiposa “sequestro e/o diluizione volumetrica di vitamina D” rischio di carenza di
vitamina D è più elevato nei soggetti obesi.
Il fabbisogno quotidiano di vitamina D varia a seconda dell’età:
• 400 Unità dalla nascita fino al primo anno di età
• 600 UI dal primo anno di vita in poi. Questo apporto può aumentare se i bambini non vengono
esposti al sole
• 1000-1500 UI per gli adulti sani
• 2300 UI per gli anziani
Funzione extrascheletriche:
Vitamina A: (liposolubile) (nel regno animale principalmente nel fegato, nei vegetali si trova nei
pomodori, nelle carote) si intende una classe di molecole che si chiamano retinoidi che
possiedono l’attività biologica del retinolo, ciò vuol dire che in natura la vitamina A è presente in
tre forme diverse nella stessa molecola, è presente sottoforma di retinolo (forma alcolica)
presente in forma libera o esterificata (aggiunta di acido grasso in questo caso il retinil esteri), si
può avere una forma aldeica che deriva dall’ossidazione del retinolo che è il retinale (forma
aldeica) e l’acido retinoico (forma acida). I retinoidi li troviamo in alimenti di origine animale,
mentre i carotenoidi in quelli vegetali.
In generale questa vitamina è instabile pur essendo liposolubile.
Abbiamo anche i carotenoidi che sono delle provitamine A, ciò vuol dire che possono essere
convertiti in vitamina A attraverso dei processi di idrolisi all’interno dell’enterocita, il più diffuso è
il beta carotene.
La forma aldeidica detta RETINALE fa parte del meccanismo della visione, in cui l ’ 11-CIS
RETINALDEIDE si unisce ad una proteina retinica, la OPSINA formando il pigmento visivo
RODOPSINA.
Quando un fotone di luce colpisce la retina, incontra la rodopsina e il retinale che era in forma cis
si trasforma in forma trans, determinando un cambiamento conformazionale della rodopsina,
questo innesca una cascata di segnali molecolari, fino ad arrivare ad una proteina G che determina
la generazione di impulsi elettrici che arrivano al cervello e ci permettono la visione, soprattutto la
visione crepuscolare (luce del tramonto).
La forma acida detta acido retinico ha diverse funzioni come regolare l’espressione di alcuni geni
legandosi ad un recettore chiamato RXR, la vitamina A legata al recettore interagisce anche con il
recettore della vitamina D, i geni coinvolti in processi di crescita, proliferazione, sviluppo
embrionale. Quindi questi recettori a cui si lega l’acido retinoico agiscono direttamente da soli
sull’espressione dei geni, oppure agiscono con la vitamina D, formando un solo complesso.
E’ la prima vitamina che incontriamo che ha un’attività antiossidante, in particolare sono i proprio
carotenoidi ad avere azione antiossidante, cioè contrasta la formazione dei radicali liberi (si
formano a contatto con determinati farmaci, sostanza tossiche, pesticidi).
Assorbimento e trasporto della vitamina A-> il retinil esteri della dieta vengono trasformati in
retinolo dalla retinil estere idrolasi, prodotto dagli enterociti sull’orletto a spazzola, ed assorbiti.
Il retinolo viene poi riesterificato negli enterociti stessi e trasportato nel circolo linfatico nei
chilomicroni che raggiungono il fegato dove viene depositato nelle cellule stellate all’interno delle
goccioline lipidiche.
Nel fegato il retinolo viene legato alla RBP (retinol binding protein) e trasportato ai tessuti dove
entra nelle cellule che possiedono il recettore per l’RBP.
Una volta entrato nei tessuti bersaglio il retinolo arriva al nucleo dove va a regolare
dell’espressione genica della cromatina.
La dose giornaliera consigliata è di 700 microgrammi al giorno per l’uomo e di 600 microgrammi
nella donna. La carenza di questa vitamina è presente nei paesi con povertà e malnutrizione, si
avranno problemi nella vista e in alcuni tessuti.
Vitamina E: La forma più attiva e potente è l’α-tocoferolo. Il cuore centrale e comune della
vitamina E è un cromanolo con un ossidrile (testa polare) ed una coda idrofobica insatura
(tocotrienolo) o satura (tocoferolo). Struttura che permette alla vitamina E di inserirsi nel doppio
strato lipidico (nella membrana cellulare). Il gruppo ossidrilico le permette di svolgere la sua
azione antiossidante.
Come i lipidi viene assorbita a livello intestinale, quindi dagli enterociti che sono incorporati nei
chilomicroni, portati dalla via linfatica e rilasciati in quella sistemica , quando arriva al fegato la
vitamina E viene incorporata alle lipoproteine che trasportano il colesterolo cioè LDL, HDL, VHDL, e
attraverso queste lipoproteine di trasporto viene trasportata agli altri tessuti. E si è visto che c’è
una relazione tra colesterolemia e la concentrazione di vitamina E, avviene perché la vitamina E
viene trasportata con lo stesso trasporto del colesterolo.
La forma più attiva è l’alfa-tocoferolo, nell’ organismo si trova nelle membrane cellulari e agisce
da antiossidante proteggendo gli acidi grassi da parte dei radicali liberi che provocano
l’ossidazione del lipidi, gli acidi grassi che vengono maggiormente dai radicali liberi sono quelli
insaturi, i radicali sono sostanze tossiche, possono essere farmaci, alcol, fumo
La vitamina E agisce è in grado di interrompere la catena di ossidazione innescata dai radicali liberi.
La vitamina E dona un elettrone al radicale libero trasformandosi in radicale alfa- tocoferossilico
stabilizzato per risonanza. Tale radicale può reagire con la vitamina C e glutatione ridotto
rigenerando alfa-tocoferolo.
Le migliori fonti alimentari vegetali sono: oli vegetali polinsaturi, semi, nocciole, noci, cereali
integrali, ecc. La cottura e i trattamenti tecnologici a cui vengono sottoposti gli alimenti ne
riducono notevolmente il contenuto.
È presente anche in alcune fonti alimentari di origine animale, come fegato, uova e latticini.
La sua carenza è difficile in quanto si trova in moltissimi alimenti.
L’assunzione giornaliera è di 3 milligrammi al giorno per le donne e di 4 milligrammi per gli uomini.
Vitamina K: ha a che fare con la coagulazione del sangue, questa vitamina fu scoperta a seguito di
esperimenti su animali dove furono identificate le sue proprietà antiemorragiche.
Esistono 3 forme diverse: K1 presente nelle piante (fillochinone), è quella introdotta
principalmente con la dieta, poi abbiamo la K2 prodotta dai batteri intestinali (menachinone) e la
K3 (o menadione), di origine sintetica, che può essere sintetizzato in laboratorio per fare gli
integratori.
Abbiamo la formazione di micelle, dove la vitamina K1 viene assorbita al livello degli enterociti,
mentre la K2 assorbita dai colonociti, inglobata sempre nei chilomicroni e trasportata al fegato e
ritorna in circolo all’interno delle VDL, HDL, VHDL.
La vitamina K è scarsamente immagazzinata ed ha una emivita breve che ne rende necessario un
apporto continuo con la dieta/ batteri intestinali. In eccesso vengono eliminate con le urina.
La vitamina K agisce come coenzima di una carbossilasi, attraverso delle reazioni di
carbossilazione, questa carbossilasi fa la carbossilazione su tutte proteine che hanno a che fare
con la coagulazione, e sono la protrombina, il fattore 7-9-10 della coagulazione.
Va anche ad attivare sempre attraverso il processo di carbossilazione delle proteine che sono la
osteocalcina e proteina GLA della matrice si trovano a livello dell’osso e regolano la
mineralizzazione dell’osso. Quindi hanno un ruolo di coagulazione del sangue e di calcificazione
dell’osso sempre attraverso il meccanismo di coenzima della carbossilasi.
La vitamina K si trova sia negli alimenti vegetali che in quelli animali ed in più viene sintetizzata dai
batteri intestinali. Tra i vegetali, i più ricchi sono quelli a foglia verde (broccoli, cavolo, cavolini di
Bruxelles, cime di rapa, spinaci, verza, ecc...). Contengono vitamina K pure i ceci, i piselli, la soia, il
the verde, le uova, il fegato di maiale e di manzo, i latticini, la carne, la frutta.
Vitamine idrosolubili (C-B1-B2-B3-B5-B6-B7-B9-B12)
La loro caratteristica è che sono tutti dei coenzimi, hanno la caratteristiche di essere difficilmente
immagazzinate e quindi devono essere introdotto giornalmente, e sono labili cioè più facilmente
degradabili, non hanno effetti tossici perché non possiedono organi di riserva e vengono eliminate
con le urine.
La vitamina C:
è l’unica che può essere in parte immagazzinata, ha una funzione antiossidante insieme alla A-E,
perché è un buon agente riducente ed il radicale ascorbile che si forma non è dannoso perché si
stabilizza per risonanza magnetica. La vitamina C dona il suo elettrone al radicale della vitamina E
ritornando nella sua forma di alfa tocoferolo, e la vitamina C si trasforma in radicala ascorbile.
Venne scoperta anch’essa all’inizio del 1900, la possiamo ritrovare o come acido L-ascorbico o
deidroascorbato (forma ossidata), quindi in due forme.
La forma più presente è quella dell’acido ascorbico (forma ridotta).
Essendo una vitamina idrosolubile è molto labile, quindi può essere degradata dal calore, risente
della luce infatti è fotosensibile, ed è stabile se la troviamo in ambienti acidi come agrumi, fragole,
kiwi, limoni, uva, peperoni.
Può essere inattivata dalla luce, che può degradarla.
Essendo idrosolubile quindi vuol dire che è solubile in acqua, quando andiamo a mettere ad
esempio le foglie di lattuga ricche di vitamina C in acqua per molto tempo, molta vitamina viene
persa nell’acqua e la sua stabilità dipende anche dalla conservazione e dalla cottura della verdura.
Le sue funzioni sono: antiossidante insieme alla A e alla E, è importantissima nell’assorbimento del
ferro, riduce il ferro dalla forma 3 + e aumenta l’assorbimento intestinale, abbiamo detto che tutte
le vitamine idrosolubili sono coenzimi, la vitamina C è un coenzima di alcune ossigenasi e che
catalizzano delle reazioni di idrossilazione.
Il primo processo metabolico in cui sono coinvolti queste ossigenasi è la biosintesi del collagene,
che si trova nei tessuti connettivi, interviene nella conversione di due amminoacidi che sono la
prolina in idrossiprolina e della lisina in idrossilisina ad opera della prolina idrossilasi e della lisina
idrossilasi, attraverso queste due reazioni di idrossilazione il collagene diventa la forma matura.
Avviene anche la sintesi della noradrenalina, anche della serotonina, sintesi della carnitina
importantissima per l’ossidazione dei mitocondri per gli acidi grassi. Ed è importante per la
biosintesi di acidi biliari, importante per l’attivazione dell’acido folico (o vitamina B9).
Importante per la sintesi di ormoni steroidei, aumenta l’assorbimento del ferro, e regola i livelli
di istamina è coinvolta nei processi di allergia, lo shock anafilattico si ha quando produciamo un
eccesso di istamina.
Deposito ed eliminazione: A differenza delle altre vitamine idrosolubili la vitamina C viene
accumulata nell'organismo umano soprattutto nel fegato e nelle ghiandole surrenali, ciò spiega
perché i sintomi da carenza compaiano solo dopo 4 mesi.
Assorbimento e metabolismo: trasporto attivo e diffusione passiva, assorbito nell’intestino tenue:
viene immagazzinata nel fegato e nel surrene e la quota in eccesso viene eliminata con le urine.
La captazione da parte della cellula avviene per - Trasporto attivo della vitamina C mediante
specifici trasportatori Na-dipendenti (SVCT1 e 2) - Trasporto facilitato per il deidroascorbato
tramite GLUT (trasportatori del glucosio) Il deidroascorbato è trasformato nella forma attiva
ridotta vitamina C tramite reduttasi, enzimi che utilizzano GSH-, NAD(P)H-, acido lipoico quali
agenti riducenti Tale riciclaggio è importante il mantenimento delle riserve.
La carenza può portare allo scorbuto che coinvolge tutti gli apparati dell’organismo.
E la carenza accentua i danni da stress ossidativo perché è il principale ANTIOSSIDANTE
extracellulare.
Vitamine del gruppo B:
sono 8 e sono tutte dei coenzimi quindi liberano energia dagli alimenti, hanno tutte un ruolo
fondamentale nel metabolismo energetico e nella proliferazione e differenziazione cellulare.
Non sono chimicamente simile sono diverse l’una dall’altra, si ritrovano negli stessi alimenti come
il lievito di birra, latte, cereali.
Sintomi da carenza: secchezza o ruvidità della pelle e salute dei capelli.
Ridotto assorbimento in presenza di stress, o dall'eccessivo consumo di caffè.
Vitamina B1 (tiamina):
La tiamina è una vitamina la cui carenza porta allo sviluppo di una patologia chiamata BERIBERI (si
manifesta con stanchezza, paralisi, atrofie muscolari, accompagnate da disturbi cardiaci gravi). Il
beriberi è (era) una malattia diffusa in Asia, in seguito ad una alimentazione quasi esclusivamente
basata sul consumo di riso raffinato (brillato). Si trova nell’esterno del riso.
Questa vitamina B1 va a formare la tiamina pirofosfato che è un coenzima di un enzima che è la
decarbossilasi che intervengono nel ciclo di Krebs, produzione di ATP, è importante per produrre
energia e carboidrati. E’ importante per mantenere la funzionalità del sistema nervoso e per
mantenere l’integrità delle mucose.
Considerata anche "la vitamina dell'umore e dell'energia", è presente in piccole quantità in quasi
tutti gli alimenti, ma in maggior concentrazione si trova in alimenti come la carne di maiale, uova,
nella crusca e nel germe del grano, nella PULA (la pelle) del riso, nei legumi e nel lievito di birra.
Quindi la carenza di vitamina B1 è il beri beri, che interessa il sistema nervoso e cardiovascolare,
questi sintomi compaiono dopo pochi giorni perché le riserve di questa vitamina sono poche,
perché non hanno organi di riserva.
L’alcol blocca l’assorbimento di questa vitamina.
Vitamina B2 o riboflavina:
La riboflavina è il componente centrale dei cofattori FMN (flavina mononucleotide) e FAD (flavina
adenina nucleotide), che intervengono in diverse reazioni di ossidoriduzione come donatori ed
accettori di elettroni.
Essi intervengono in varie reazioni di ossidoriduzione del metabolismo dei carboidrati, proteine e
lipidi e nella respirazione cellulare.
Le più importanti fonti alimentari di riboflavina sono il latte e i suoi derivati, infatti all’inizio fu
chiamata proprio LATTOFLAVINA, l’albume d’uovo, fegato, rene ed cuore, ma anche nel lievito di
birra e nelle verdure (soia, cereali, mandorle). Una quantità ridotta può essere fornita dal
microbiota intestinale.
La sua carenza è molto rara ma si può riscontrare negli alcolisti e può portare ad una sindrome
pellegra-simile in cui ci sono delle lesioni a livello delle mucose.
Vitamina B3 o PP o Niacina:
è presente in più forme-> acido nicotinico presente nei vegetali (cereali integrali, lievito di birra,
arachidi, caffè macinato) e la nicotinammide presente negli animali (fegato, rene, cuore, pesce,
uova, latte).
La molecola precursore della vitamina B3 è il triptofano e i batteri intestinali possono sintetizzare
la vitamina B3 a partire dal triptofano, però occorrono 60 milligrammi per ottenere un
milligrammo di acido nicotinico.
Sono componenti dei coenzimi NAD e NADS, accettano o donano elettroni ed intervengono nei
processi ossidoriduttivi che intervengono nel metabolismo dei grassi tra cui il colesterolo, e dei
carboidrati, intervengono nella sintesi di ormoni sessuali e surrenali.
La carenza può portare a dermatite (la pelle si screpola e si desquama), a diarrea (alterazioni del
rivestimento mucoso del tratto gastrointestinale), e anche a casi di demenza (compromissione
delle funzioni intellettive.
Vitamina B5 o acido pantotenico:
è un costituente del coenzima A (coA) (trasportatore dei gruppi acili e acetili) entra nelle vie
metaboliche dei carboidrati, degli aminoacidi, degli acidi grassi, dei composti steroidei e dei corpi
chetonici e partecipa anche ad altre REAZIONI DI ACETILAZIONE delle proteine determinando, così,
la regolazione di vari sistemi cellulare della fosfopanteteina. E’ instabile al calore in ambienti acidi
e basici. Stabile a pH neutro.
Ricordiamo l'acetilazione degli istoni (sono proteine a cui è avvolto il DNA per compattarsi),
coinvolta nella regolazione dell'espressione genetica.
La 4’-FOSFOPANTETEINA serve a trasportare i gruppi acili.
La sua carenza è difficile e si manifesta con affaticamento e stanchezza.
Vitamina B6:
si intendono una serie di molecole: piridossina, piridossale e piridossamina e piridossalfosfato.
Sono stabili al calore soprattutto in ambiente acido, ma risentono della luce e di sostanze
ossidanti. Queste due molecole sono coinvolte nel:
Metabolismo degli aminoacidi
Metabolismo lipidico e glucidico
Importante per la produzione delle guaine mieliniche (rivestimento dei neuroni)
Sintesi di vari neurotrasmettitori
Trasforma l’omocisteina in cisteina, abbassandone i livelli nel sangue che possono portare ad ictus
La sua carenza è rara e in caso può portare problemi a livello del sistema nervoso, la ritroviamo nel
grano, nei fiocchi di mais, fegato bovino.
Vitamina B7:
La biotina è resistente al calore ambiente acido e basico, si decompone invece per azione della
luce ultravioletta e di forti ossidanti. Il termine biotina deriva da bios e indica un fattore che aiuta il
lievito a lievitare.
E’ un coenzima delle carbossilasi che hanno un ruolo fondamentale per gli acidi grassi che ne
regolano l’omeostasi, per la degradazione dell’amminoacido leucina, la gluconeogenesi, e regola
l’espressione di circa 2000 geni.
La carenza è rara e i sintomi sono desquamazione della pelle e perdita dei capelli.
Vitamina B9: (o acido folico)
La forma attiva è il tetraidrofolato, per formare la forma attiva della vitamina B9 è necessaria che
ci sia la vitamina C.
Questa vitamina è importante nella gravidanza per prevenire la spina bifida.
E’ essenziale nella sintesi delle basi azotate del DNA.
Come la B7 converte l’omocisteina in cisteina.
Insieme alla vitamina B12 forma una molecola il SAM che è capace di donare i gruppi metilici.
La carenza è oggi la forma di ipovitaminosi più diffusa, si può andare incontro ad anemia,
mancanza di globuli bianchi e mancanza di piastrine.
Vitamina B12: (cobalamina)
possiede un atomo di cobalto che si lega a diverse strutture come la CN, OH e CH3.
Per essere assorbita abbiamo bisogno del fattore intrinseco prodotto dallo stomaco, questo
complesso di vitamina B12 e fattore intrinseco viene riconosciuto da un fattore specifico
dell’enterocita presente sulla membrana degli enterociti.
Può essere prodotta anch’essa dal nostro microbiota e viene prodotta anche da alcune alghe.
C’è una relazione tra vitamina B12 e acido folico, perché insieme donano i gruppi metilici.
E’ essenziale nella sintesi del DNA e del neurotrasmettitore cerebrale, e converte insieme all’acido
folico la omocisteina in metionina.
Si trova esclusivamente in fonti alimentari animali, interiora, pesci, latte e derivati, uova, è
importante per i vegani integrarla.
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