Alimentazione e Nutrizione Umana: Alimentazione: Da 'alimentazione': 1. Atto di alimentare o di alimentarsi, scelta e somministrazione di alimenti, è una nostra scelta abbiamo fame scegliamo cosa mangiare, ed è un atto volontario. Nutrizione: Da nutrizione: 2. (biol.) Il complesso dei processi biologici che consentono o condizionano la conservazione, l'accrescimento, lo sviluppo dell'organismo vivente e la reintegrazione delle perdite materiali ed energetiche che accompagnano le diverse attività funzionali. La nutrizione è un processo involontario di processi biochimici, dopo che ho introdotto il cibo in bocca, quindi dopo che mi sono alimentata con un processo volontario inizia la nutrizione. Classificazione dei viventi in base al tipo di energia utilizzata autotrofi-> (capaci di nutrirsi da soli), (le piante) tramite la fotosintesi convertono l’energia della luce del sole in Energia Chimica. Questa foto di Autore sconosciuto è concesso in Eterotrofi-> (incapaci di nutrirsi da soli), (animali e umani) ricavano Energia dalla degradazione delle molecole sintetizzate dagli autotrofi o direttamente dagli animali. Siamo eterotrofi anche se ci sono delle molecole che siamo capaci di sintetizzare senza introdurre con la dieta come il colesterolo (biosintesi di colesterolo nel fegato) e vitamina D (80%), il colesterolo ha due fonti una esogena cioè l’introduzione con la dieta e una endogena cioè la biosintesi all’interno del fegato. L’uomo necessita di un continuo flusso di energia, anche quando siamo a riposo consumiamo energia perché il cuore batte, respiriamo, ci sono quindi una serie di processi involontari che fanno si che anche se dormiamo continuiamo a far funzionare il cuore, i polmoni e tutta questa energia spesa per questi processi si chiama metabolismo basale proprio quell’energia che serve per mantenerci in vita in condizioni di riposo assoluto. Perché ci alimentiamo? Perché abbiamo uno stimoli di Fame: Da 'fame': f. [lat. fames]. ‐ 1. a. (fisiol.) Sensazione viscerale stimolata dal bisogno del cibo. Lo stimolo della fame, della sazietà sono regolati da ormoni prodotti principalmente dall’ipotalamo. Appetito: Da 'appetito': 2. Desiderio di mangiare. La nutrizione è un fattore molto importante per la nostra salute, perché attraverso di essa il nostro organismo cresce e si sviluppa, serve a mantenere le funzioni corporee, favorisce il benessere fisico, aumenta la resistenza alle infezioni, quindi nutrirsi bene con il giusto equilibrio permette di stare in salute. L’obesità: è la quinta causa di morte nel mondo, spesso si associa ad una serie di malattie come ischemia, diabete, ipertensione, arteriosclerosi, patologie tumorali, patologie neurodegenerative, l’obesità non viene in realtà considerata come una malattia, si pensa solo al lato estetico, però invece l’obesità è la base di una serie di malattie che possono portare a cause gravi sino alla morte. Più cellule adipose noi abbiamo durante l’infanzia, dovute dalla presenza di grasso, quando si diventa adulti queste cellule adipose non produciamo più, ma manteniamo il numero della nostra infanzia, quindi avremo delle cellule che si possono riempire di grasso (lipidi) ed è per questo che bisogna contrastare l’obesità infantile. L’obesità si combatte sempre con due livelli-> esercizio fisico e alimentazione. In tutto il mondo il 50% degli adulti e il 30% degli adolescenti sono obesi o in sovrappeso e negli ultimi 40 anni sono aumentati di 10 volte, da 11 milioni sono passati sono passati a 124 milioni, se non si inverte questa tendenza dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità che arriveremo al 2030 con un 70% della popolazione mondiale sarà in sovrappeso o obesa. Le persone obese che hanno contratto il covid-19 hanno avuto il 113% in più di probabilità di andare in ospedale, 74% in più di andare in terapia intensiva, 48% di morire rispetto ai pazienti normopeso. Con il covid-19 è aumentato il consumo di dolci, alcol, sale; mangiando in modo scorretto andiamo a impoverire la nostra flora batterica intestinale e quindi a diminuire il nostro livello di salute. Il sale è nascosto in moltissimi alimenti, dovremmo eliminare completamente il sale che noi aggiungiamo, perché affatica i reni, ci fa venire più calcoli, indurisce le arterie, ci fa venire l’ipertensione, ritenzione idrica. Abbiamo quelle che sono le malattie del benessere come l’obesità e tutte le malattie correlate ad essa come il diabete di tipo 2, l’ipertensione, l’arteriosclerosi, fino a forme di cancro, vengono definite così perché ci si nutre troppo e ci si muove poco. Sono malattie non trasmissibili, quindi non sono dovute ad una trasmissibilità genetica. C’è stato un aumento delle malattie legate al benessere, perché lo stile di vita a partire dai nostri progenitori (scimmie) è cambiato molto perché prima bisognava cacciare per il cibo e si aveva un determinato costo metabolico per mangiare, oggi non abbiamo nessun costo metabolico, siamo diventati più sedentari, il nostro metabolismo non ha subito grandi modifiche, prima ci si muoveva a piedi adesso con la macchina, adesso non si lavora la campagna a mano ma abbiamo il motore, prima si cacciava per procurarsi il cibo, adesso è ovunque, siamo diventati uomini da divano invece siamo nati per muoverci e non per essere sedentari. Questa aumentata disponibilità di alimenti non proprio sani, ha portato alla patologia dell’abbondanza, c’è stato un mutamento nello stile di vita muovendosi sempre di meno per fare qualsiasi cosa e questo ha portato alle patologie dell’abbondanza (obesità, malattie metaboliche, ipertensione…). In questa immagine possiamo vedere che o si muore di obesità o perché c’è un difetto di alimentazione con un nutrimento insufficiente: Mangiando solo 1% in più dello Kcal che mi servono giornalmente, del mio fabbisogno energetico giornaliero, io aumento 1kg all’anno, quindi per 30 anni dai 20 ai 50 arrivo con 30kg in più. Il rischio dell’obesità è proporzionale alla durata, chi è rimasto obeso per 5‐15 anni ha un rischio di morte doppio rispetto a un soggetto normopeso. Ad alta temperatura cambiano la loro struttura gli oli che hanno gli acidi grassi non solo insaturi, ma polinsaturi che ad alte temperature formano gli acidi grassi trans che fanno molto male all’organismo, è molto meglio il grasso di maiale (lo strutto) perché ci sono degli acidi grassi saturi che non vengono trasformati con la frittura, tra gli oli meglio quello di oliva o di arachidi perché sono formati da acidi grassi monoinsaturi e non polinsaturi. Le 4 P-> Pane, Pasta, Pizza, Patate. BMI: rapporto fra il peso in chilogrammi e l’altezza al quadrato espressa in metri e serve per vedere il nostro stato nutrizionale cioè se siamo sottopeso, normopeso, sovrappeso o obeso. Il BMI o IMC (indice di massa corporea) non tiene conto della composizione corporea, cioè un body builder che ha un peso elevato perché ha tantissimi muscoli e ha un BMI di 26 non è in sovrappeso. Alimentazione ed esercizio fisico vanno a braccetto: Man mano che si va in alto le dosi diminuiscono e anche la frequenza settimanale. Processi dell’alimentazione e della nutrizione: Quindi come detto precedentemente l’alimentazione è un processo volontario in cui noi andiamo a scegliere l’alimento, prepararlo e mangiarlo (introduzione in bocca). Mentre la nutrizione è un processo involontario che inizia quando introduciamo il cibo nella bocca e permette di trasformare il cibo all’interno del nostro organismo, viene trasformato attraverso la digestione degli alimenti introdotti con la dieta, l’assorbiemento di tutti i principi nutritivi che avviene a livello dell’intestino tenue e da qui tutti i nutrienti vengono trasportati ai tessuti attraverso il sangue e solo nel caso dei lipidi prima nel circolo linfatico e poi nel circolo ematico, il centro poi di smistamento ad esempio dei lipidi l’organo è il fegato. Nel momento in cui è avvenuta la digestione, i nutrienti sono stati assorbiti e trasportarti alle cellule, ed entrano nelle cellule, all’interno delle cellule inizia il metabolismo cellulare che orevede una fase di costruzione di molecole che si chiama anabolismo e una fase di degradazione delle molecole che si chiama catabolismo, nel momento in cui però i nostri nutrienti digeriti, assorbiti e trasportati alle cellule entrano dentro le cellule e inizia il metabolismo cellulare non si parla più di nutrizione ma di Biochimica. Alimenti: Gli alimenti o cibi hanno valore perché l’organismo può ottenere da loro i nutrienti, all’interno di ogni alimento abbiamo diverso nutrienti, l’alimentazione è necessaria affinchè avvenga la nutrizione. Nutrienti: Molecole presenti negli alimenti che il corpo umano può utilizzare direttamente, senza bisogno della digestione. Un esempio di una molecola che il corpo può utilizzare direttamente senza la digestione è il glucosio. Dalla digestione otteniamo i nutrienti cioè molecole che siano in grado di assorbire, trasportare le cellule e che le cellule possono poi utilizzare a scopo anabolico o catabolico. Ad esempio l’uovo è un alimento, all’interno di esso ci sono diversi principi alimentari, l’uovo è un alimento ad alto contenuto e qualità proteica, all’interno del nostro uomo troviamo una proteina che è il principio alimentare, le nostre cellule non sono capaci di utilizzare la proteina quindi questa proteina dovrà essere scissa in mattoncini più piccoli per essere utilizzata che sono i nutrienti e quest’ultimi che si producono per scissione dei legami nelle proteine sono gli amminoacidi. Quindi la digestione delle proteine non è altro che quel processo che porta alla scissione dei legami chimici fra gli amminoacidi e libera gli amminoacidi che poi verranno utilizzati dai nostri tessuti e dalle nostre cellule. Il principio alimentare è il macronutriente. Digerire vuol dire proprio andare a scindere i legami, in genere per idrolisi enzimatica. NUTRIENTI ESSENZIALI O INDISPENSABILI-> Criteri per stabilire l’essenzialità di un nutriente: La sostanza è richiesta nell’alimentazione per la crescita, la salute e la sopravvivenza. La sua assenza dà origine a segni caratteristici di malattia imputabili alla deficienza. L’incapacità di crescere e i segni di deficienza caratteristici sono prevenuti e curati soltanto dal nutriente in esame o dai suoi precursori, ma non da altre sostanze. In alimentazione un nutriente è essenziale quando noi siamo incapaci di sintetizzarlo e quindi lo dobbiamo per forza introdurre con la dieta. (es. omega 3 (acidi essenziali), e omega 6 (amminoacidi essenziali). Sotto un certo livello di consumo, la gravità dei segni di deficienza è inversamente proporzionale alla quantità consumata. La sostanza non può essere sintetizzata nel corpo umano in quantità qu adeguate, ma è richiesta per alcune importanti funzioni. Da un punto di vista Biochimico l’essenzialità-> Implica l’incapacità, assoluta o relativa di sintetizzare il Nutriente considerato da altre molecole e presenti nel corpo umano. L’essenzialità è specifica di una specie e non è una caratteristica assoluta del nutriente, ad esempio per noi la vitamina C è essenziale perché non siamo in grado di produrla perché abbiamo perso i geni che la producevano, invece lo scimpanzè se la produce da sola, quindi l’essenzialità di un nutriente è specie-specifica. Tre funzioni: Energetica – Plastica - Regolatrice Energetica vuol dire che serve per fornire energia e noi principalmente estraiamo energia dagli zuccheri (glucidi) e dai grassi (lipidi), in verde abbiamo le molecole da cui noi ricaviamo maggiore energia, i protidi sono in rosso perché possiamo anche ricavare energia dalle proteine ma vengono utilizzate come ultime; Plastica cioè strutturale, costituiscono le cellule, i tessuti, i Sali minerali, invece i glucidi e i lipidi hanno principalmente funzione energetica, dei lipidi con funzione plastica un esempio sono i fosfolipidi di membrana, colesterolo, mentre i glucidi con funzione plastica perché alcuni vanno a costituire il DNA e l’RNA, quindi la funzione plastica principalmente è delle proteine e dei Sali minerali; la funzione Regolatrice appartiene principalmente alle vitamine e ai Sali minerali, per regolatrice si intende che hanno la funzione di regolare il metabolismo, i principali regolatori del metabolismo insieme agli enzimi abbiamo i coenzimi. Dagli alimenti abbiamo i principi alimentari e dalla digestione abbiamo i nutrienti. Biodisponibilità dei nutrienti: La biodisponibilità è quanto (la frazione) di quel nutriente contenuto negli alimenti viene realmente assorbita dal nostro organismo e utilizzata. Cioè ad esempio quanti amminoacidi contenuti nell’alimento uovo io riesco realmente ad assorbire ed utilizzare. La biodisponibilità può essere influenzata da altre molecole presenti negli alimenti o dalla lavorazione o preparazione dei cibi. Fattori intrinseci alla dieta-> cioè quello che mangiamo, quindi l’interazione tra gli alimenti. Forma chimica del nutriente-> ad esempio il ferro se noi lo assumiamo in forma2 più lo assumiamo, se invece lo introduciamo in forma3 più questa deve essere ridotta nel nostro stomaco o intestino in forma 2 più e poi essere assorbita. Interazioni chimico-fisiche-> tra molecole diverse. Fattori intrinseci all’organismo-> cioè se il nostro svuotamento gastrico funziona bene, se abbiamo un trasporto a livello degli enterociti quindi a livello del nostro intestino tenue ottimale. La biodisponibilità viene influenzata se parliamo di dieta dal contenuto degli alimenti, perché negli alimenti troviamo i nostri alimenti, i principi alimentari e i nutrienti, troviamo anche altre molecole perché l’alimento è complesso non contiene solo determinati nutrienti ma contiene tantissime altre molecole e quindi all’interno di un alimento possiamo trovare: I non nutrienti ad esempio la fibra alimentare o fitocomposti, non nutreienti vuol dire che non li forniscono. Antinutrienti, che legandosi ai nutrienti impediscono l’assorbimento o lo rallentano, quindi vanno ad influire sulla biodisponibilità di un nutriente. Prodotti tossici, che assunti in eccesso possono essere tossici per il nostro organismo e vengono divisi in assoluti (cioè tossici per tutti) e relativi (relative solo a determinate categorie di persone). I cavoli, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, verze contengono molecole ricche di zolfo che sono i tiocianati, che si legano allo iodio e quindi ne impediscono o ne diminuiscono l’assorbimento e quindi quei soggetti che hanno un ridotto funzionamento della tiroide dovrebbero consumare i cavoli, cavolfiori ecc raramente o per niente, proprio perché accentuano una patologia che già hanno. Un altro esempio sono i fitati o gli ossalati, che sono presenti nella farina integrale, nella crusca per quanto riguarda i primi, mentre i secondi li troviamo nei vegetali, molti negli spinaci, questi fitati e ossalati legano il ferro e il calcio e quindi ne diminuiscono l’assorbimento. Un altro esempio è l’avidina che è presente nel tuorlo dell’uovo, che è una proteina che si complessa con la biotina, che è una proteina del gruppo B, impedendone l’assorbimento, l’avidina fa questo solo nell’uovo crudo. Queste sono sostanza tossiche per tutti: Ad esempio l’amigdalina che troviamo nella buccia delle mandorle, produce acido cianidrico che può dare problemi a livello del sistema nervoso centrale, però per essere tossiche si dovrebbero mangiare chili di mandorle al giorno. La solanina, presente nella famiglia delle solanacee a cui appartengono le patate, peperoni, pomodori, melanzane, questo alcaloide (la solanina) può causare disturbi gastro-intestinali e neurologici, la solanina è maggiormente presente nel frutto immaturo. I nitrati e i nitriti, sono presenti moltissimo negli alimenti sia di origine animale che vegetale, proprio per il fatto che si danno un sanno di diserbanti a base di nitrati e nitriti, sono presenti anche in alimenti di origine animale come gli insaccati, i nitrati e i nitriti sono pericolosi perché nel nostro intestino crasso si combinano con le ammine formando le nitrosammine che sono delle molecole cancerogene. Le micotossine, sono prodotte dai funghi e spesso sono al di fuori dei cereali, e possono essere genotossiche cioè possono essere tossiche perché vanno proprio a modificare il DNA e cancerogene. Le micotossine sono resistenti sia al calore che a tutti i trattamenti a cui normalmente vengono sottoposte le derrate alimentari, ad esempio questi cereali con le micotossine vengono mangiate dalla mucca e queste micotossine poi possono passare sia nella carne, sia nel latte e tutti i prodotti derivati dal latte come il burro, il formaggio, la panna. Ci sono invece delle sostanza tossiche solo per alcuni soggetti, come ad esempio gli allergeni, che sono delle molecole in grado di scatenare una risposta immunitaria, cioè la produzione di immunoglobuline di tipo E, tra gli allergeni più comuni abbiamo quelli contenuti nelle fragole, nei crostacei, nelle uova, negli arachidi sono in genere quelli più comuni. L’allergia si manifesta generalmente con delle eruzioni cutanee o attraverso dei sintomi gastrointestinali (diarrea, dolori addominali), o sintomi a carico delle vie aree (con starnuti, problemi a livello della gola, ma si può avere anche l’asma) e nei casi più gravi allo shock anafilattico. Un'altra sostanza tossica è quella che da origine alla celiachia, cioè un problema con il glutine, è una patologia di tipo autoimmune ed ha una componente genetica che da una predisposizione e ha anche una componente ambientale. Il nostro organismo produce degli anticorpi verso i peptidi del glutine, questi anticorpi attaccano anche i villi intestinali del nostro intestino tenue, quindi attaccano la mucosa dell’intestino tenue. A destra abbiamo un appiattimento della mucosa e i villi sono spariti perché questi anticorpi vanno ad attaccare il nostro intestino, andando ad attaccare la mucosa dell’intestino ci saranno dei problemi nell’assorbimento, problemi digestivi, perché l’enterocita cioè la cellula dell’intestino tenue produce anche gli enzimi necessari alla digestione. C’è stata una modificazione del grande, perché il cerale più glutine ha più ci dà dei prodotti da forno ottimi. Gli alimenti possono essere divisi in tre gruppi alimentari: Principali classi di macromolecole presenti negli alimenti per una dieta bilanciata abbiamo il 65% di glucidi che però andrebbero un po’ ridotti, 25% di lipidi e 10% di proteine. La digestione avviene nella bocca dello stomaco dell’intestino tenue. L’assorbimento dei principi nutritivi avviene nell’intestino tenue, mentre vengono eliminate le scorie indigeribili attraverso le feci e quindi arrivano nell’intestino crasso, mentre quelli che si trovano nell’intestino tenue vengono trasportati attraverso il sangue e la linfa a tutti i tessuti. L’utilizzazione dei nutrienti all’interno della cellula avviene attraverso il metabolismo, e tutte le scorie che non sono state digerite vengono eliminate attraverso le feci, attraverso l’intestino crasso, attraverso i reni che eliminano le urine, attraverso i polmoni e con la pelle che con il sudore e la respirazione eliminano le scorie prodotte dal nostro metabolismo e l’anidride carbonica. Alimenti e Nutrienti: Dagli alimenti l’organismo umano deve ricavare i NUTRIENTI, i nutrienti all’interno del cibo sono spesso in forma complessa, I PRINCIPI NUTRITIVI, che devono essere scissi per ricavare i NUTRIENTI, i Nutrienti si dividono, in base ai loro livelli di assunzione in: • Macronutrienti, assunti giornalmente in quantità dell’ordine dei grammi e forniscono energia (CALORICI). Alcuni esempi di macronutrienti sono i protidi, glucidi e lipidi. • Micronutrienti, quantità necessaria nell’ordine dei milli o micro-grammi e non forniscono energia (ACALORICI). In un grammo ci sono 1000 milli grammi, mentre in 1 milli-grammo ci sono 1000 micro-grammi mentre nel grammo 100.000 A differenza dei macronutrienti, non ci danno energia perché sono acalorici. Alcuni esempi di micronutrienti sono le vitamine e i Sali minerali. Valore Calorico: Il valore calorico è l’energia liberata dalla completa combustione o ossidazione della sostanza che prendiamo in esame. Il metodo più accurato per misurare l'energia contenuta nei vari alimenti è quello di bruciarli all'interno di uno strumento chiamato bomba calorimetrica, che misura l’energia liberata dalla combustione della sostanza. PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DELLA BOMBA CALORIMETRICA: La bomba calorimetrica misura direttamente il valore energetico dell’alimento. Si mette l’alimento all’interno dove abbiamo il contenitore giallo, e si misura direttamente quanto calore viene rilasciato da quell’alimento quando viene completamente bruciato, e viene rilasciato in un recipiente di acqua che sta intorno e che si scalderà in base a quanto calore viene rilasciato dall’ossidazione completa dell’alimento. Essa si basa sul principio della calorimetria diretta, che misura il calore rilasciato da un alimento quando brucia completamente. In pratica, si mette il cibo in una camera a tenuta stagna nella quale è presente ossigeno ad alta pressione. La combustione viene attivata per mezzo di una scarica di corrente elettrica. Man mano che la combustione dell’alimento procede, l’acqua che circonda la cella di combustione assorbe l’energia rilasciata. Il calorimetro è completamente isolato dall’ambiente esterno, l’aumento della temperatura dell’acqua sarà pari al calore rilasciato dall’ossidazione del cibo, ciò sarà pari al valore energetico totale dell’alimento. Registrando la variazione di temperatura dell’acqua è possibile calcolare il valore calorico dell’alimento. Per quantificare il potere calorico, in Italia si utilizzata prevalentemente la Kilocaloria (Kcal) che viene comunemente chiamata caloria (si commette in realtà un errore di valutazione poiché una chilocaloria corrisponde a 1000 calorie). Kilocaloria: rappresenta la quantità di calore necessaria per innalzare la temperatura di 1 Kg di acqua distillata da 14,5°C a 15,5°C. Secondo il sistema di misura internazionale il potere calorico di un alimento si esprime in Kilojoule (Kj). Una caloria equivale a 4,186 joule quindi per convertire le Kilocalorie in kilojoule basta moltiplicarle per 4,186, invece per convertire i kilojoule in kilocalorie basta dividere per 4,186. Quindi la bomba calorimetrica ci fornisce il VALORE CALORICO FISICO degli alimenti: L’ossidazione completa produce-> - Un grammo di carboidrati darà circa 4,2 kilocalorie - Un grammo di lipidi darà circa 9,4 kilocalorie - Un grammo di proteine darà circa 5,65 kilocalorie Ad esempio se nella bomba calorica introducono 10gr di carboidrati questi vengono totalmente ossidati, se io li mangio invece bisogna considerare il coefficiente di digeribilità degli zuccheri, come bisogna considerare il coefficiente di digeribilità dei grassi o delle proteine, cioè realmente l’efficienza della digestione e dell’assorbimento. Valore Calorico dei Carboidrati: Bruciando un grammo di carboidrati si sviluppa un calore medio di 4,2 Kcal per grammo. Normalmente viene assorbito il 97% dei carboidrati introdotti con la dieta. Ne consegue che i carboidrati forniscono al nostro corpo in media 4 Kcal per grammo. Quindi è diminuito il valore calorico per grammo, perché dei 100 gr che io mangio riesco ad assorbirne solo 97, ed è per questo che tenendo conto del coefficiente di digeribilità il valore calorico dei carboidrati passa da 4,2 a 4. Valore Calorico dei Grassi: Bruciando un grammo di grassi si sviluppa un calore medio di 9,45 Kcal per grammo. Normalmente viene assorbito il 95% dei grassi introdotti con la dieta. Ne consegue che i grassi forniscono al nostro corpo in media 9 Kcal per grammo. Valore Calorico delle Proteine: Bruciando un grammo di proteine si sviluppa un calore medio di 5,65 Kcal per grammo. Tuttavia poiché il nostro organismo non è in grado di utilizzare l'azoto in esse contenuto il loro potere energetico si riduce a 4,35 Kcal per grammo, questa diminuzione dipende dal suo coefficiente di digeribilità, di assorbimento, ma anche dovuto dal gruppo amminico, perché nella bomba calorica la proteina viene degradata completamente cioè tutti i legami vengono rotti compresi quelli del gruppo amminico (NH2), l’essere umano invece non è capace di ricavare energia dall’idrolisi del gruppo amminico, lo lasciamo identico e lo eliminiamo nel ciclo dell’urea, dove poi viene eliminato attraverso l’urina. Quindi noi non ossidiamo completamente l’amminoacido come nella bomba calorica, quindi estraiamo meno energia ed è per questo che da 5,65 Kcal per grammo, ne ottengo solo 4 Kcal. Normalmente viene assorbito il 92% delle proteine introdotte con la dieta (il 97% p. animali ed il 78% p. vegetali). Ne consegue le proteine forniscono al nostro corpo in media 4 Kcal per grammo. La differenza dal valore calorico fisico dato dalla bomba calorimetrica e quello reale e’ dovuto ai coefficienti di digeribilità. Le animali sono più digeribili rispetto alle vegetali che invece hanno una struttura più complessa e più ricca di fibre. Nutriente+ossigeno= anidride carbonica+energia liberata Questa formula serve per calcolare l’energia liberata dall’ossidazione di un nutriente. Meccanismo di azione dei nutrienti: I nutrienti complessi o principi nutritivi (amido, proteine, trigliceridi, ecc.) vengono scissi mediante il processo di digestione in Nutrienti Semplici, glucosio, aminoacidi, acidi grassi che l’organismo utilizza per compiere funzioni biochimiche e fisiologiche. I nutrienti possono anche andare a regolare l’omeostasi metabolica attraverso lo stimolo della produzione di ormoni (es. Glucosio-Insulina). Negli ultimi anni è stato dimostrato che i nutrienti possono anche agire (in maniera simile) agli ormoni. Regolano l’espressione di specifici geni e l’attività di alcuni enzimi attraverso il legame con fattori di trascrizione, denominati SENSORI NUTRIZIONALI, presenti in specifici tessuti e cellule. I principali nutrienti REGOLATORI sono: ACIDI GRASSI, GLUCIDI, AMINOACIDI, COLESTEROLO, ACIDO RETINOICO (vitamina A), CALCITRIOLO (vitamina D), FERRO. Ciò vuol dire che riescono a regolare l’espressione di alcuni geni e alcuni enzimi specifici della cellula, attraverso il legame con alcuni fattori di trascrizione (sono quelle molecole che regolano la trasmissione di un gene). I nutrienti possono fungere da regolazione dell’espressione della produzione di proteine. Lo studio del meccanismo di azione dei nutrienti e del ruolo dei sensori nutrizionali (ES. AMPK) è oggetto della NUTRIGENOMICA (scienza che studia l’influenza della nutrizione sul genoma, cioè il nostro DNA). Quindi attraverso l’assimilazione di nutrienti possiamo avere un’azione indiretta tramite gli ormoni come il glucosio e l’insulina, oppure attraverso i sensori nutrizionali cioè queste molecole che risentono della presenza dei nutrienti e innescano delle risposte. I nutrienti possono andare a regolare direttamente l’espressione genica e il metabolismo, regolando diverse vie metaboliche e anche l’omeostasi energetica. Digestione dei principi nutritivi e assorbimento dei nutrienti: La maggior parte dei principi alimentari è costituita da grosse molecole (alimenti) polimeriche che vengono demolite in modo da liberare le unità monomeriche. Questa azione avviene a livello del tratto digerente ad opera di specifici enzimi. I prodotti della digestione vengono successivamente assorbiti ed attraverso il sistema circolatorio distribuiti a tutte le cellule dell’organismo. La digestione è controllata dal sistema nervoso autonomo, infatti è un processo involontario. L’insieme dei processi si realizza attraverso una complessa sequenza di eventi chimici: 1. Omogeneizzazione meccanica del cibo, che avviene nella bocca. 2. Secrezione di enzimi digestivi, che sono quelli enzimi che vanno a scindere le nostre molecole, che sono prodotti a livello della bocca (pH neutro) nello stomaco (pH acido) e nell’intestino tenue (pH neutro) (a livello del digiuno e del duodeno). 3. Secrezione di elettroliti, acidi o basi che instaurano il pH giusto per l’ambiente chimico adatto. 4. Secrezione di acidi o Sali biliari, vengono prodotti come acidi e poi quando vengono riversati nell’intestino tenue diventano Sali, che sono necessari per la digestione dei lipidi. Questi acidi biliari vengono prodotti dal fegato e vengono depositati nella colecisti. 5. Trasporto dei prodotti della digestione, dal lume intestinale al sangue o alla linfa. Organi coinvolti nel processo di digestione: Sono la cavità orale (la bocca) che si collega allo stomaco attraverso l’esofago, dopo lo stomaco abbiamo l’intestino tenue che è costituito da duodeno, digiuno e ileo e per ultimo l’intestino crasso formato da colon ascendente, colon trasverso e colon discendente e in fine il retto. Nell’intestino crasso risiede il microbiota intestinale. Nell’intestino crasso si formano le feci e avviene il riassorbimento dell’acqua. Le ghiandole che servono alla digestione sono le ghiandole salivari, che si capisce dal loro nome che producono la saliva, il pancreas che è fondamentale per la digestione, perché nel secreto pancreatico sono contenuti tutti gli enzimi necessari alla digestione di tutte le macromolecole (cioè i lipidi, glucidi, protidi e gli acidi nucleici), e il secreto pancreatico contenente gli enzimi digestivi pancreatici viene riversato proprio nell’intestino tenue, e il fegato che produce gli acidi biliari (a partire dal colesterolo) che vengono conservati nella cistifellea, che riversa la bile nell’intestino tenue. Per digestione si intende scindere, degradare, idrolizzare le molecole presenti all’interno dell’alimento o principi nutritivi e per scissione/idrolisi di queste molecole si liberano i nutrienti. La digestione quindi è un insieme di processi meccanici e chimici: I processi meccanici della digestione sono la masticazione e la peristalsi, mentre i processi chimici sono quelli di idrolisi di scissione dei legami che vengono fatti dagli enzimi digestivi. Che dai principi alimentari porta alla liberazione dei nutrienti, monosaccaridi dai glucidi (ad esempio il glucosio), acidi grassi ad esempio dai trigliceridi, amminoacidi dalle proteine. La cellula deputata all’assorbimento dei nutrienti è l’enterocita, una volta entrati nell’enterocita poi questi nutrienti raggiungono i vari organi attraverso il sistema linfatico o sanguigno. Cavità orale: Noi introduciamo il cibo nella bocca attraverso un processo di alimentazione, una volta che introduciamo il cibo inizia la nutrizione, quindi andremo a masticare il cibo e nello stesso tempo produciamo la saliva che serve ad impastare il cibo che si chiamerà bolo, e serve ad idratare il cibo, essa viene prodotta dalla ghiandola sottolinguale, la sottomascellare e la parotide, la saliva contiene molecole con azione lubrificante che sono necessarie per far scivolare il cibo per la deglutizione, poi abbiamo molecole con azione battericida, quindi abbiamo una prima sterilizzazione del cibo che introduciamo proprio attraverso la saliva e abbiamo anche degli enzimi idrolitici, cioè la rottura dei legami utilizzando l’acqua, ad esempio abbiamo l’alfa amilasi salivare che digerisce l’amido. TRATTO GASTROINTESTINALE: Cavità orale ed esofago: Fase cefalica: anticipazione del cervello sui meccanismi che portano al processo digestivo, attraverso la vista, odorato pensiero del cibo che si rafforza quando il cibo entra nella bocca. (Acquolina in bocca) In cui il cervello inizia a produrre saliva prima di introdurre il cibo in bocca. Stimolazione cefalica: Rilascio di saliva attraverso l’attivazione del sistema nervoso parasimpatico delle ghiandole salivari. La presenza di cibo nella bocca stimolano ulteriormente la secrezione di saliva. La saliva è prodotta dalle ghiandole parotidi, sottomandibolari e sottolinguali. Abbiamo quindi la presenza di questa sostanza lubrificante, che serve per far progredire il bolo dalla bocca all’esofago e poi allo stomaco, questa sostanza è proprio il muco. Ha anche un’azione battericida, cioè che sono sostanza antibatteriche e protettive, come il lisozima che ha un’azione battericida e di sterilizzazione dei cibo. Poi abbiamo gli enzimi idrolitici cioè digestivi, il più importante è l’alfa amilasi salivare che serve a idrolizzare (a scindere) i legami glicosidici alfa 1-4 che ritroviamo nella molecola dell’amido e abbiamo anche la lipasi linguale che serve a scindere i lipidi, e abbiamo il bicarbonato di sodio e altri elettroliti acqua, il bicarbonato di sodio serve per mantenere il pH neutro. L’amido si trova in alimenti di origine vegetale, ed è un polisaccaride cioè un carboidrato complesso. Un soggetto sano produce circa 1,5L di saliva al giorno, il processo più importante che avviene in bocca è la rottura meccanica del cibo e la sua idratazione attraverso la saliva “LA DIGESTIONE INIZIA IN BOCCA”. Bisogna tenere il cibo in bocca almeno 20-25 secondi sia per la masticazione, sia perché la digestione degli zuccheri, dell’amido inizia nella bocca. Quindi si forma il bolo alimentare che dalla bocca scende nell’esofago e non va nella trachea solo in alcuni casi quando il cibo ci va di traverso, sennò normalmente abbiamo l’epiglottide che si chiude quando passa il bolo in modo tale di farlo proseguire nell’esofago e no nella trachea. Esofago: L'esofago è un organo a forma cilindrica dell'apparato digerente della lunghezza di circa 25-30 cm e una larghezza di 2-3 cm. E’ importante che ci sia l’esofago, perché se la bocca e lo stomaco fossero state vicine ci sarebbe stato il reflusso gastro-esofageo e bisogna evitare che i succhi gastrici arrivino alla bocca perché ci possono provocare delle ustioni, perché il pH nello stomaco arriva fino a 2 quindi molto acido. Collega la faringe allo stomaco e presenta una duplice funzione: consentire il passaggio del cibo (bolo alimentare) fino allo stomaco dove avverrà la digestione ed impedirne il reflusso dallo stomaco insieme ad acido e succhi gastrici. E’ costituito da cellule che si rinnovano continuamente e ricoperte da muco per facilitare lo scorrimento del cibo. Funziona anche da termoregolatore del cibo, cioè se il cibo è troppo caldo o troppo freddo, durante il passaggio nell’esofago questo viene raffreddato o riscaldato e così il cibo quando arriva nello stomaco ha raggiunto una temperatura accettabile. Stomaco: Lo stomaco funziona come una impastatrice nello stomaco si riconoscono quattro porzioni principali: fondo (la parte iniziale più vicina all’esofago), corpo, antro (si collega all’intestino tenue) e due orifizi (cardias, piloro). Il cardias, rappresenta l'orifizio che collega stomaco ed esofago. Il cardias permette il passaggio del cibo imbevuto di saliva (bolo alimentare) in una sola direzione, dall'alto verso il basso, e ne impedisce il reflusso nell'esofago grazie ad una serie di meccanismi quali il mantenimento di un certo tono muscolare. Il piloro, è uno sfintere muscolare che collega lo stomaco al duodeno, la cui posizione è determinabile in base al restringimento del canale pilorico. È formato da fibrocellule muscolari circolari lisce ispessite intrecciate con alcune fibre muscolari oblique. I gas generati dalla digestione del bolo tendono a risalire e concentrarsi nel fondo (parte più apicale) dello stomaco, che rappresenta l'area più craniale dell'organo. Nell'uomo lo stomaco ha una capacità di 0,5 L se vuoto, ed ha una capienza media, se completamente pieno, di circa 1-1,5 L. Dopo un pasto normale, generalmente si espande per contenere circa 1 L di bolo, ma può anche arrivare a dilatarsi per contenerne fino a 4 L ed oltre, comprimendo però gli altri organi della cavità addominale, e spesso anche del torace. Nella mucosa dello stomaco noi distinguiamo diversi tipi di cellule: Abbiamo le cellule parietali (o ossintiche), servono alla produzione di acido cloridrico e alla produzione del fattore intrinseco per l’assorbimento della vitamina B12. Il fattore intrinseco è una molecola necessaria affinché nell’intestino tenue avvenga l’assorbimento della vitamina B12, spesso chi è carente di questa vitamina può avere o una carenza dell’assorbimento perché non mangia alimenti di origine animale o perché non produce bene il fattore intrinseco, quindi senza la produzione del fattore intrinseco da parte delle cellule parietali dello stomaco, la vitamina B12 non può essere assorbita. Le cellule principali, vengono chiamate così perché producono gli enzimi idrolitici (anche lo stomaco li produce). Abbiamo anche le cellule mucose, che servono a produrre il muco, ed è importante produrlo per proteggere le cellule dall’acido cloridrico, infatti se abbiamo acidità di stomaco possiamo andare incontro all’ulcera, cioè una lesione o un danno a livello delle cellule che si trovano nello stomaco. In fine abbiamo una serie di cellule chiamate enteroendocrine, perché producono degli ormoni, entero perché si trovano all’interno dell’apparato gastro-intestinale e endocrine perché producono delle molecole ormonali, e sono diverse a seconda del tipo di molecola che producono. In genere quella che ricordiamo spesso è la produzione della gastrina. Lo stomaco non presenta una superficie liscia, ma è costituito dai pozzi gastrici o fossette gastriche. La mucosa dello stomaco è formata da un epitelio superficiale che è a contatto con il lume (con l’interno dello stomaco) dell'organo, da una lamina propria di tessuto connettivo e dalla muscolaris mucosae. La mucosa si solleva in pliche di forma differente a seconda della zona dello stomaco considerata, alcune di queste sono temporanee (fondo, antro pilorico), in questo caso sono rughe della sottomucosa che compaiono durante la contrazione, altre sono permanenti (corpo), in tal caso sono veri e propri ripiegamenti della mucosa. L’acido cloridrico serve per sterilizzare il cibo, e ha a che fare con la digestione delle proteine, perché l’acido cloridrico è capace di denaturare le proteine, le proteine sono formate da una sequenza di amminoacidi tenuti insieme da un legame peptidico (gruppo amminico e gruppo carbossilico) questa sequenza di amminoacidi viene chiamata struttura primaria della proteina, ad esempio una collana di perle, le perle sono gli amminoacidi le leghiamo insieme la collana di perle diventa la struttura primaria. Se questo filamento lo ripiego un po’ ottengo la struttura tridimensionale, quindi una struttura secondaria, man mano che ripiego questa proteina ottengo una struttura terziaria, e nel caso in cui io abbiamo più sub unità proteiche ho una struttura quaternaria (es. emoglobina formata da 4 sub unità tenute insieme con un gruppo prostetico che lega l’ossigeno). E’ fondamentale denaturare la proteina, cioè eliminare quei legami deboli (legame idrogeno, alfa elica, beta) che formavano la struttura quaternaria, terziaria, secondaria per mantenere solo una struttura primaria. Poi blocca l’azione dell’amilasi, con il bolo alimentare arriva anche la saliva in cui c’era l’alfa amilasi salivare e l’acidità dello stomaco (cioè l’acido cloridrico) blocca la sua azione e va ad attivare la pepsina, è un enzima che serve a digerire le proteine. Quando il pH all’interno dello stomaco si abbassa molto e avvertiamo il senso di pienezza dello stomaco viene inibita la secrezione di acido cloridrico, e si dice azione a feedback negativo, andando a bloccare l’azione della gastrina. La produzione di acido cloridrico viene stimolata da: (noi prendiamo in esame la gastrina) L’ACETILCOLINA è il neurotrasmettitore del sistema nervoso simpatico. L’ISTAMINA è rilasciata dalle cellule dello stomaco in risposta al cibo, agisce localmente nelle cellule vicine legandosi a specifici recettori sulle cellule ossintiche (stimolandone il rilascio di HCl). La GASTRINA secreta dalle cellule G, localizzate nell’antro provoca il rilascio del secreto dalle cellule ossintiche (HCl) e stimola il rilascio di secretina. La secrezione di gastrina è inibita quando l’acidità è elevata (pH=2). Sterilizzazione del cibo e denaturazione delle proteine da parte dell’acido cloridrico, avviene una prima iniziale parziale digestione delle proteine ad opera della pepsina, parziale digestione dei trigliceridi ad opera dell’enzima lipasi gastrica (viene prodotta dalle cellule principali), avviene una digestione meccanica cioè lo stomaco funziona come se fosse un’impastatrice ad opera della muscolatura, e il bolo che arrivava dalla bocca, nello stomaco cambia noma e prende il nome di chimo. La denaturazione delle proteine (attraverso la cottura, e HCl), è un meccanismo attraverso il quale le proteine perdono la loro struttura secondaria/terziaria e quaternaria, rende le catene aminoacidiche più accessibili agli enzimi proteolitici che devono rompere i legami peptidici. La pepsina, (insieme alla lipasi gastrica) è prodotta dalle cellule principali in forma di zimogeno è la forma inattiva di un enzima, il pepsinogeno, che viene attivato dall’HCl. La pepsina ha un pH ottimale a 2 e scinde i legami interni delle proteine trasformandole in peptidi. Il pepsinogeno è una proteina (come tutti gli enzimi), tutti gli enzimi per agire bene hanno un sito attivo che lega il substrato su cui agisce l’enzima. Il pepsinogeno viene prodotto in forma inattiva, perché il sito attivo viene coperto da un peptide (quello rosso) ed è chiuso, non è accessibile e quindi il pepsinogeno non funziona, l’acido cloridrico taglia questo peptide (rosso) e rende così il sito attivo del pepsinogeno utilizzabile, andando ad attivare l’enzima e trasformandolo in pepsina. La pepsina a questo punto è attivata ed è una proteasi, e quindi va a scindere i legami peptidici della proteina da idrolizzare e la pepsina predilige li amminoacidi con caratteristica idrofobica, ciò vuol dire che preferisce tagliare i legami peptidici quando trova un amminoacido con caratteristica idrofobica. La lipasi gastrica, viene secreta dalle cellule principali, agisce con un pH ottimale di 4-6, se diventa troppa acida funziona ma un po’ meno, e agisce idrolizzando circa il 20% dei trigliceridi introdotti con la dieta, mentre l’80% avviene nell’intestino tenue, nello stomaco non vengono assorbite le molecole ma avviene solo la digestione, l’unico che viene assorbito l’alcool. Lo stomaco ha un’attività meccanica che porta ALLA DEMOLIZIONE dei cibi, l’attività contrattile è maggiore vicino al piloro. Passaggio dallo stomaco all’intestino: Quando il chimo lascia lo stomaco ed entra nel duodeno, la GASTRINA, prodotta dalle cellule G dell’antro dello stomaco, stimola il rilascio di secretina dalle cellule dell’intestino tenue che va a stimolare il pancreas e a sua volta provoca il rilascio del secreto pancreatico nell’intestino tenue e diminuisce anche la secrezione di gastrina e le contrazioni gastriche. I grassi e le proteine presenti nella dieta provocano il rilascio nel flusso sanguigno di COLECISTOCHININA (CCK) dalle cellule dell’intestino tenue che stimola il pancreas a rilasciare enzimi e zimogeni nell’intestino. CCK stimola anche la cistifellea a rilasciare i sali biliari. L’intestino è formato da: Tenue: DUODENO, DIGIUNO ED ILEO Crasso: COLON ASCENDENTE, TRASVERSO E DISCENDENTE Retto L’intestino tenue (duodeno, digiuno ed ileo) è caratterizzato da numerose pieghe, che prendono il nome di villi, che fanno aumentare grandemente la superficie di assorbimento. Ogni villo è rivestito da cellule epiteliali (o enterocita sono sinonimi) ed internamente è presente tessuto connettivo nel quale sono presenti capillari sanguigni, un vaso linfatico e fibre nervose. Per aumentare ancora di più la superficie assorbente, ogni enterocita ha sulla sua porzione apicale (rivolta verso il lume intestinale) altre piccole estroflessioni, che sono i microvilli. Sulla superficie luminale le cellule epiteliali presentano estroflessioni dette microvilli (chiamato anche orletto a spazzola), che fanno aumentare ulteriormente la superficie di assorbimento. Le cellule epiteliali vengono continuamente rinnovate, vita media 3-5 giorni. La mucosa dell’intestino tenue è delimitata verso il lume intestinale da un monostrato continuo di cellule epiteliali. Circa il 95% di queste cellule è costituita da enterociti, produce anche degli enzimi responsabili della digestione dei nutrienti in substrati facilmente assorbibili. L’enterocita presenta un’organizzazione funzionale polarizzata e differenziata delle cellule epiteliali, ciò vuol dire che dalla parte del lume intestinale dove deve adigerire e assorbire i nutrienti presenta i microvilli, mentre non li presenta nella porzione basale a contatto poi con la parte interna del villo intestinale. L’enterocita ha quindi un duplice ruolo, il primo è quello di assorbimento di tutti i nutrienti che poi passano all’interno del microvillo o al sistema arterioso venoso oppure al sistema linfatico, a seconda che seconda che siano proteina, carboidrati o lipidi nel dotto linfatico, la seconda funzione è quella di produzione di enzimi digestivi. Questi enterociti sono tenuti stretti una all’altra, da delle giunzioni cellulari che si chiamano giunzioni strette, che cercano di impedire il passaggio di molecole tra una cellula e l’altra. Se queste cellule si distaccano molto, se queste giunzioni che le tengono unite si allargano o si rompone, abbiamo la cosidetta sindrome dell’intestino gocciolante, ed entrano quindi molecole che non dovrebbero, anche molecole che non sono state digerite e questo porta spesso ad allergie e intolleranze. Orletto a spazzola o microvilli sono la sede dell’assorbimento di tutti i nutrienti, ma è anche la sede della produzione di alcuni enzimi digestivi prodotti dall’enterocita. Chi produce gli enzimi digestivi nell’intestino tenue sono il pancreas, attraverso il succo pancreatico e l’enterocita sull’orletto a spazzola o su i suoi microvilli. Una volta che i nutrienti vengono assorbiti dall’orletto vanno all’interno dell’enterocita, dove alcuni subiscono delle modifiche e alcuni no, poi dalla membrana basale vengono trasportati al sistema sanguigno o al sistema linfatico. Costituita dal 95% da enterociti, che hanno la funzione di assorbire i nutrienti, ma completano anche la digestione, perché producono degli enzimi digestivi e all’interno dell’enterocita avvengono anche per alcuni nutrienti delle trasformazioni metaboliche, ad esempio i grassi una volta che entrano ad esempio i triglicerdi vengono reisterificati per essere portati attraverso i chilomicroni nel sistema linfatico. Abbiamo le cellule mucipare (o globulari o secretorie), sono le cellule che producono il muco, con funzione lubrificante, poi abbiamo le cellule di Paneth, che producono dei peptidi, quindi delle molecole peptidiche con la funzione antimicrobica e trofica, abbiamo anche qui una sterilizzazione del cibo e il nutrimento delle cellule della parete intestinale, infatti le cellule di Paneth servono proprio per preservare l’integrità della parete intestinale. In fine abbiamo le cellule enteroendocrine, ci sono 10 tipi diversi, a seconda del tipo di ormone che producono, producono secretina che serve a stimolare il pancreas a rilasciare il suo secreto, producono la colecistochinina, che serve a stimolare la bile e rilasciare acidi biliari, e poi producono il peptide YY, il glucagone, somatostanina e serotonina, in maniera simile alle cellule endocrine che abbiamo nello stomaco. Invece il pancreas endocrino, che produce insulina e glucagone li riversa nel sangue. Il pancreas con funzione esocrina, con le cellule acinari, producono gli enzimi digestivi importantissimi per la digestione, nel succo pancreatico è presente anche il bicarbonato che serve a neutralizzare l’acidità che proviene dal bolo trasfomato in chimo e che provenendo dallo stomaco è estremamente acido. Gli acidi biliari, non digeriscono nulla, ma servono semplicemente ad emulsionare i grassi, cioè scindere i grassi che tendono ad agglomerarsi in grandi gocce lipidiche, in gocce più piccole. Poi abbiamo appunto gli enterociti, che producono gli enzimi digestivi sul loro orletto a spazzola e che le cellule secretorie producono il muco. Il pancreas esocrino (cellule acinari) secerne enzimi digestivi e zimogeni che riversa nel dotto pancreatico in una soluzione di bicarbonato di sodio che ha un pH neutro quasi basico leggermente di 7,2 - 7,4, questa soluzione di bicarboanto serve a neutralizzare l’acidità del chimo. Il pancreas secerne ogni giorni 1000mL (1lt) di succo pancreatico nell’intestino. Qulli in rosso scuro sono tutti gli enzimi deputati alla digestione delle proteine e sono secrete dal pancreas tutte in forma di zimogeni (forme inattiva), e vengono convertiti una volta che sono stati rilasciate nell’ intestino in quelle della colonna di destra. In verde abbiamo l’alfa amilasi pancreatica che va a idrolizzare i legami alfa 1-4 glicosidici dell’amido, però ha un effetto maggiore rispetto a quella salivare perché il chimo rimane più tempo a contatto con questo enzima rispetto alla bocca. Quelli in blu che digeriscono l’RNA il primo, mentre il secondo digerisce il DNA, e li digerisce nei suoi mattoncini costituenti nei suoi monomeri che sono i nucleotidi. In rosso chiaro, sono gli enzimi che digeriscono i lipidi, si parla di lipasi pancreatica che idrolizza i trigliceridi in maniera diversa rispetto alla lipasi gastrica e per la sua azione necessita di un altro enzima che è la procolipasi. Chi produce gli enzimi digestivi nell’intestino tenue? Enterociti e pancreas. Gli enzimi prodotti dagli enterociti è l’enteropeptidasi (o enterochinasi), questo enzima serve ad attivare il tripsinogeno (prodotto dal pancreas) in tripsina, produce delle aminopeptidasi sull’orletto a spazzola, che scinde gli ultimi peptidi proteici, a partire dall’estremità ammino terminali. Sempre per la digestione delle proteine produce degli enzimi che non vengono riversati sull’orletto a spazzola ma che vengono mantenuti nel citoplasma dell’enterocita che sono di e tri peptidasi sempre per finire la digestione delle proteine. Il di peptide è un peptide formato da due amminoacidi, il tri peptide è un peptide formato da tre amminoacidi. Questi enzimi sono nella aprte finale della digestione perché la parte principale viene fatta dagli enzimi prodotti dal pancreas, alla fin esi formano dei piccoli peptidi che vengono ulteriormente digeriti da questi enzimi prodotti dagli enterociti, a parte l’enteropeptidasi che è essenziale affinchè si attivi il primo enzima della digestione delle proteine, che si attivi il tripsogeno in tripsina. Quindi sostanzialmente l’enteropeptidasi ha la stessa funzione dell’acido cloridrico, che attivava il pepsinogeno in pepsina nello stomaco, mentre l’enteropeptidasi attiva il tripsinogeno in tripsina nell’intestino tenue. Vengono prodotte anche delle fosfatasi che sono enzimi che catalizzano il distacco di un gruppo fosfato alle molecole che sono fosforilate, ad esempio ai nucleotidi, ai nucleotidi le fosfatasi riescono a staccare il fosfato. Sui microvilli vengono prodotti degli enzimi che servono alla digestione dei carboidrati, che sono la saccarasi, che va a digerire il saccarosio, isomaltasi digerisce l’isomaltosio, maltasi, che digerisce il maltosio, lattasi digerisce il lattosio, trealasi digerisce il trealosio. Il saccarosio, il maltosio ed il lattosio sono chiamati disaccaridi, ciò vuol dire che sono carboidrati formati da due monosaccaridi e sono sempre prodotti dall’enterocita e riversati sulla mucosa intestinale, la lattasi è un’enzima che è molto attivo nella prima infanzia perché appunto assumiamo latte e un’enzima che si dice inducibile (viene attivato con la presenza di latte) cioè la presenza di latte o comunque alimenti che contengono lattosio ne stimola la produzione. Se noi per un periodo non assumiamo latte questo enzima diventa silente (intolleranza di tipo secondario), mentre ci può essere un intolleranza di tipo primario in cui c’è proprio un difetto genetico e questo quindi si manifesta sin dalla nascita. L’isomaltosio si forma dalla digestione dell’amido, il saccarosio è lo zucchero che lo ritroviamo di solito nello zucchero che mettiamo nel caffè, nella frutta, il maltosio lo troviamo nella birra, lo troviamo nei chicci, nei cereali, il trealosio si origina anch’esso principalmente con la digestione dell’amido ed è formato da 3 molecole di glucosio unite. Gli acidi biliari primari vengono prodotti dal fegato, immagazzinati nella cistifellea e rilasciati enll’intestino tenue attraverso un dotto che si chiama coledoco e gli acidi biliari vengono formati a partire dal 7-α-idrossicolesterolo e rilasciati nella cistifellea tramite i canalicoli biliari e riversati poi nell’intestino. Nell’ambiente alcalino perdono la funzione acida e diventano Sali. Acidi biliari primari: cioè quelli prodotti dal fegato sono Acido colico e chenodeossicolico a cui può essere aggiunta taurina o glicina all’acido colico: formando taurocolato e glicocolato Una parte degli acidi biliari primari arriva nell’intestino crasso, dove risiede il microbiota intestinale (o flora batterica intestinale), questi batteri non sono inerti ma agiscono sugli acidi biliari primari e li trasformano in acidi biliari secondari chiamati acido Desossicolico e litocolico. Circa il 95% dei Sali biliari presenti nell’intestino ritorna al fegato tramite il circolo sanguigno enteroepatico. Una volta che questi acidi biliari secondari ritornano al fegato vengono immagazzianti nella cistifellea insieme agli aicdi biliari primari, ed è per questa ragione nella bile si ritrovano sia acidi biliari primari sia secondari. •FUNZIONE di questi acidi: EMULSIONANO I GRASSI Meccanismi di assorbimento dell’intestino tenue: (sono quattro) Quindi l’enterocita è la sede di assorbimento di tutti i nutrienti, i lipidi (i grassi) passano all’interno dell’enterocita per via transcellulare, ciò vuol dire che attraversano la membrana cellulare, perché la membrana è fatta di fosfolipidi (quindi una membrana che ha la stessa natura dei lipidi). Poi abbiamo la via paracellulare, perché gli enterociti sono tenuti stretti da delle giunzioni che non si fanno attraversare dalle molecole però ioni come il calcio che sono estremamente piccoli possono passare in queste giunzioni (via paracellulare), mentre le molecole idrosolubili passano attraverso la membrana dell’enterocita per diffusione facilitata e trasporto attivo, la prima cioè che avviene senza bisogno di energia perché avviene attraverso una proteina di membrana dalla zono dove è più concentrato il soluto alla zona dove è meno concentrato, mentre il trasporto attivo avviene contro gradiente di concentrazione. Le proteine: sono formate da catene di α-aminoacidi legati tra loro. Gli aminoacidi sono legati fra loro da legami peptidici. Questa formula rappresenta un aminoacido, il gruppo R era la catena radicala, cioè la parte variabile. Le proteine sono formate da catene di α-aminoacidi legati tra loro. Gli aminoacidi sono legati fra loro da legami peptidici. Oligopeptidi= meno di 10 AA Polipeptidi= da 11 a 100 AA Proteina=> 10AA Le proteine sono sostanze quaternarie, cioè composte da C, H, O ed N, quest’ultimo presente solo in questo macronutriente. Le proteine non hanno organi di riserva. Turnover proteico: è la demolizione e nuova sintesi di proteine (2,5% di proteine è soggetta a turnover ogni giorno) è un meccanismo estremamente dinamico, la sua velcoità dipende dal tipo di cellula e dal tipo di proteina. Un turnover proteico estremamente veloce avviene nel fegato, ciò vuol dire che ogni giorno vengono degradate e risentitizzate le proteine nelle cellule, di crica 250-300 gr al giorno. La velocità di questo turnover dipende anche dalle proteine, molto più rapida nel fegato e negli organi interni rispetto al muscolo. Questo turnover influenza anche il metabolismo basale, cioè più il turnover proteico è veloce più il metabolismo basale è alto. Le proteine hanno un ruolo fondamentale nel costruire, riparare, formare enzimi, ormoni, anticorpi ed hanno una funzione prettamente plastica. Gli aminoacidi per formare le proteine sono 20 di cui nove essenziali nei bambini ed otto negli adulti (istidina, leucina, isoleucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano,Valina). Le proteine quindi hanno una funzione plastica (cioè di costruzione e riparazione dei tessuti, preparazione cellulare, formazione di enzimi, ormoni ed anticorpi) ed energetica a causa della loro catena alifatica che può essere metabolizzata, questa funzione avviene quando abbiamo una dieta povera di grassi (il loro organo di riserva è il tessuto adiposo) e carboidrati (il loro organo di riserva è nel glicogeno). Se nelle proteine non sono presenti grassi o carboidrati poossono essere anche convertite in glucidi o lipidi. Se all’amminoacido viene tolta la sua parte azotata (il gruppo amminico) gli amminoacidi possono essere anche convertiti in zuccheri (glucidi) o grassi (lipidi). Si stiama che un uomo adulto circa di 70 kg, contiene circa 12kg di proteine, ripartite nei muscoli che contengono il 40% di proteine, negli organi interni costituiti dal 30% di proteine e in fine pelle e sangue costituite dal 30% di proteine. L’ossidazione delle proteine a differenza degli altri macronutrienti, non è completa, perché il gruppo amminico non viene completamente idrolizzato, ma viene convertito ed eliminato sotto forma di urea. Quindi l’energia all’interno dei legami del gruppo amminico non viene presa, ma eliminata con l’urina, ed è per questo motivo che l’ossidazione di un grammo di proteine nel nostro corpo porta alla produzione di 4Kcal, invece delle 5,6Kcal che si liberano nella bomba calorimetrica. Quindi noi mangiamo le proteine attraverso gli alimenti, e digeriamo le proteine ottenendo gli amminoacidi, gli amminoacidi però vengono ottenuti anche dalla degradazione delle proteine vecchie all’interno delle nostre cellule. Gli amminoacidi che introduciamo attraverso la dieta o quelli che otteniamo per turnover proteico quindi per la degradazione delle proteine, possono fornire energia, possono andare a formare i lipidi attraverso l’Acetil-CoA e possomo formare i corpi chetonici e anche il glucosio. Ci sono alcuni amminoacidi che in particolare condizione di carenza di zuccheri possono dare glucosio e vengono chiamati amminoacidi glucogenetici, mentre gli amminoacidi chetogentici danno origine ai corpi chetonici. Le reazioni che gli amminoacidi possono subire all’interno della cellula, come la decarbossilazione con il distacco del gruppo carbossilico, la deamminazione con il distacco del gruppo amminico, e transaminazione in cui il gruppo amminico viene trasferito ad un’altra molecola. Abbiamo visto che gli amminoacidi sono tutti uguali, e differiscono dal gruppo R che dà le caratteristiche chimico-fisiche ai diversi amminoacidi. La qualità di una proteina viene definito anche valore biologico, che dipende da due paramentri-> la composizione in amminoacidi essenziali e la sua digeribilità, gli amminoacidi essenziali sono quelli che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare e che vengono introdotti attraverso la dieta, quindi le proteine ad alto valore biologico saranno quelle proteine che contengono un’inadeguata quantità tutti gli amminoacidi essenziali e sono digerbili, e le proteine ad alto valore biologico le ritroviamo nelle uova, nella carne e nel pesce. Invece, le proteine a medio valore biologico, le ritroviamo nei legumi come fagioli, ceci, lenticchie e contengono tutti gli amminoacidi a parte i solforati che contengono zolfo come la cisteina e metionina. Le proteine a basso valore biologico, sono meno digeribili ed estremamente carenti di alcuni amminoacidi essenziali, come ad esempio quelle contenute nei cereali e in tutti i suoi derivati e nelle patate. Queste proteine sono carenti di lisina e trionina se mangiamo solo cerali. Il valore biologico di una proteina, è il rapporto fra la quantità di azoto trattenuto nell’organismo e la quantità di azoto assorbito moltiplicato per 100. Il valore punteggio chimico, tiene conto solo degli amminoacidi essenziali presenti in una proteina, ma non tiene conto della sua digeribilità. Quelle animali sono più digeribili di quelle vegetali, che sono all’interno di una matrice fibrosa che è la fibra alimentare. Un’integrazione proteica perfetta è quella di legumi + frumenti perché uno compensa la mancanza degli amminoacidi dell’altro. Vediamo il limite di sicurezza nell’assunzione delle proteine, ci indica che i giovani dovrebbero assumere il 15% in Kcal del fabbisogno calorico giornaliero in proteine, la percentuale dovrebbe essere 2/3 dagli animali e 1/3 vegetali, mentre gli adulti fino ai 65 anni un 10-12% delle Kcal, 1/3 animale e 2/3 vegetali, mentre negli over 65 il fabbisogno giornaliero aumenta, perché passiamo da un 0,9 1/Kg degli adulti a 1,2-1,5 grammi per chilogrammi di peso corporeo negli anziani, metà di origine vegetale e metà di origine animale. Gli anziani hanno bisogno di più proteine rispetto agli adulti per la sarcopenia e quindi è fondamentale mantenere un giusto apporto. Aumenta per l’impoverimento muscolare per la sarcopenia. Dieta iperproteica: le proteine non devono superare il doppio del livello raccomandato. Sennò si può andare incontro ad affaticamento renale per eliminazione urea e formazione di calcoli renali, perdita di calcio, che può portare ad osteoporosi ed aumento della pressione sanguigna. Gli amminoacidi essenziali sono quelli che non siamo in grado di sintetizzare e quindi dobbiamo introdurli con la dieta, gli alimenti che ne contengono maggiormente sono le uova, la carne, il pesce, il latte, il formaggio e sono tutti alimenti ad alto valore biologico. Mentre le proteine di origine spesso hanno la caratteristica di essere spesso carenti per uno o più amminoacidi essenziali come la farina di mais che è povero di lisina e triptofano. Abbiamo 8 amminoacidi essenziali per gli adulti leucina, isoleucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano,valina) mentre per i bambini o gli adolescenti in fase di crescita sono (gli stessi degli adulti più l’istadina). Mentre gli amminoacidi ramificati (BCCA) vengono chiamati così perchè hanno nel gruppo R un gruppo ramificato con più legami da cui si può ricavare energia, questi amminoacidi ramificati sono tre la leucina, la isoleucina e la valina, queste le ritroviamo anche in quelli essenziali. Presentano una catena linfatica, quindi una lunga catena carbonosia che può essere utilizzata dal muscolo per ricavare energia. Infatti la prima caratteristica è che gli amminoacidi ramificati sono anche essenziali, e il fabbisogno giornaliero per tale amminoacido è sempre un rapporto 2-1-1 (2 valina, 1 leucina, 1 isoleucina), abbiamo questo rapporto perché è il rapporto che noi normalmente ritroviamo negli alimenti ad alto valore biologico (uova, carne, pesce che hanno a loro interno sempre questo rapporto di amminoacidi ramificati). Quindi il fabbisogno giornaliero è di 40 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo per la valina, mentre scende a 23 milligrammi per la lisoleucina e 20 milligrammi per la leucina al giorno. Il 20% degli amminoacidi che formano il tessuto muscolare sono costituiti da amminoacidi ramificati, che sono molto importanti per la fisiologia del muscolo. Oltre ad una funzione ernergetica, hanno anche una funzione plastica andando a rallentare i processi di catabolismo, di distruzione muscolare e favorendo i processi anabolici, cioè di costruzione e ricostruzione del muscolo. Nei soggetti che si allenano è importante perché mantengono i livelli di testosterone e cortisolo e quindi facilitano l’adattamento muscolare e sempre per gli sportivi sono molto importanti perché ritardano l’insorgenza della fatica (teoria della fatica centrale). La prima caratteristica di questi amminoacidi è che vengono utilizzati non dal fegato, ma direttamente dal muscolo e vengono utilizzati anche dal sistema nervoso come fonte energetica, soprattutto fra i pasti. E sono importanti anche per difendere l’atleta da quelle che sono le infezioni, perché sono fondamentali per la sintesi di un altro amminoacido che è la glutammina che serve per alzare le difese immunitarie. Gli amminoacidi ramificati ritardano il senso di fatica, infatti quando dobbiamo fare una gara, bisogna assumerli 60 minuti prima dello sforzo (si basa sul triptofano), prima e dopo l’attività fisica, perché aiutano per il recupero muscolare. Questi amminoacidi hanno a che fare con il triptofano, che è un altro amminoacido essenziale presente in alcuni alimenti come il cioccolato, avena, banane, arachidi, latte e latticini, questo amminoacido è il precursore del neurotrasmettitore serotinina chiamato anche il neurotrasmettitore della felicità, perché la serotonina regola l’uomore, quindi ci protegge dalla depressione, dall’ansia, regola il sonno, la temperatura corporea, aumenta la motilità intestinale. Questa sintesi avviene nel cervello. Quindi il triptofano deve essere trasportato attraverso la barriera emato-encefalica e arrivare nel cervello per sintetizzare la serotinina, questo trasportatore però del triptofano può legare anche gli amminoacidi a catena ramificata, quindi se noi assumiamo amminoacidi a catena ramificata esiste una competizione tra questi amminoacidi per il trasporto attraverso la barriera emato-encefalica, quindi gli amminoacidi ramificati diciamo “rubano” il trasportatore al triptofano e quindi riescono a raggiungere di meno la barriera ematoencefalica dove viene poi trasformato in serotonina. Quindi assumendo amminoacidi ramificati limitiamo l’entrata del triptofano attraverso la barriera emato-encefalica e quindi limitiamo la sintesi di serotonina a livello cerebrale. Questo è importante per un sportivo (andare a limitare la sintesi della serotonina) perché la serotonina è legata a quel sensasazione di fatica che è estremamente controproducente per la performance agonistica, quindi la serotonina non è molto gradita dagli sportivi. Quindi per limitare la sintesi di serotonina (che aumenta durante l’esercizio fisico), cioè avvertire meno la fatica si ha l’assunzione di amminoacidi ramificati. Rallentano i processi di distruzione muscolare, favorendo i processi di costruzione e ricostruzione del muscolo (anabolismo). Vengono utilizzati dal sistema nervoso centrale per il proprio nutrimento negli intervalli tra i pasti. Abbiamo una proteina complessa (globulare), in cui il filamento è ripiegato tante volte e quando viene denaturata, questo filamento è come se venisse sciolto. La denaturazione delle proteine (è importante perché la rende più digeribile) si può ottenere con pH estremamente acido o estremamente basico o le elevate temperature, molte volte basta cuocere un alimento per avere una maggiore digeribilità legata ad una denaturazione delle proteine. La denaturazione, cioè la perdita della struttura quaternaria, terziaria e secondaria della proteina che li danno la struttura tridimensionale, avviene se noi sottoponiamo la nostra proteina a delle elevate temperature (cottura dei cibi), quindi alte temperature o pH acido vanno a scindere tutti i legami deboli all’interno delle strutture quaternarie, terzarie e secondarei della proteina e liberano solo la struttura primaria, in cui rimangono solo gli amminoacidi legati tra di loroda legami peptidici. Questo è importante, perchè la denaturazione rende più accessibili gli amminoacidi da digerire da parte degli enzimi digestivi. Se si ha un eccessiva assunzione di amminoacidi nella loro demolizione producono urea che viene eliminata attraverso le urine e quindi abbiamo un affaticamento renale, con formazione di calcoli, perdita eccessiva di calcio che porta ad osteoporosi e a problematiche ipertensive. Gli enzimi che digeriscono le proteine vengono chiamate proteasi, che vanno ad idrolizzare (a rompere) i loro legami peptidici, all’interno delle proteasi ci sono due gruppi gli endopeptidasi che rompono legami peptidici di amminoacidi all’interno della proteina e l’esopeptidasi che rompono i legami peptidici che si trovano all’estremità della proteina, mentre le peptidasi si riferiscono ai peptidi (di lunghezza più breve), cioè proteine che sono state già parzialmente digerite. Le estremità di una proteina o di un peptide, si chiamano estremità ammino terminale (inizierà a scindere un amminoacido alla volta a partire dall’estremità ammino terminale) e carbossi terminale (inizierà a staccare un amminoacido alla volta, a partire dall’estremità carbossi terminale). 1 FASE DIGESTIVA: Nel cavo orale non avviene nessun processo digestivo a carico delle proteine, ma solo una omogeneizzazione ottenuta con la masticazione la 1° fase digestiva avviene nello stomaco ad opera dell’HCl che denatura le proteine ed attiva il pepsinogeno in Pepsina. La pepsina si tratta di un enzima idrolitico che attacca i legami peptidici delle proteine alimentari, formati da aminoacidi aromatici (tirosina, fenilalanina e triptofano), formando delle strutture che divide la proteina in grosse molecole chiamate peptoni e alcuni peptidi e amminoacidi liberi. La pepsina viene prodotta in una forma inattiva (detta generalmente zimogeno), il: pepsinogeno. Viene prodotta dalle cellule principali della mucosa gastrica, chi attiva il pepsinogeno in pepsina è l’acido cloridrico (prodotto dalle cellule parietali), l’attiva staccandogli un peptide che copriva il sito attivo dell’enzima. Il rilascio di HCl avviene attraverso la gastrina, attraverso la stimolazione delle cellule parietali, la gastrina è un ormone peptidico (formato da 17 Aa) viene prodotta dalle cellule G della mucosa dell’antro gastrico (dello stomaco) e la sua liberazione nel lume gastrico avviene quando arriva il cibo, tramite riflessi nervosi, che si generano in seguito alla distensione dello stomaco. Provoca il rilascio del secreto gastrico da parte delle cellule parietali (HCl). La secrezione di gastrina è inibita quando il pH scende al di sotto di 2. Il bolo alimentare, passa attraverso l’esofago e arriva allo stomaco, questo provoca la distensione dello stomaco, e la distensione provoca il rilascio di gastrina dalle cellule G, la gastrina va ad agire sulle cellule parietali e sulle principali promuovendo la sintesi e la liberazione di HCl e pepsinogeno, successivamente l’HCl in un processo auto-catalitico va ad attivare il pepsinogeno in pepsina. Il pH gastrico ha un valore di circa 2, quindi molto basso, ed è a questo valore di pH che agisce la pepsina. Il pH acido ha una duplice funzione: uccidere la maggior parte dei microorganismi introdotti con il cibo e provocare la denaturazione delle proteine della dieta, che diventano più suscettibili all’azione della pepsina. I prodotti principali originatisi dall’azione della pepsina sono: produce grossi frammenti peptidici (peptoni) e alcuni piccoli peptidi e Aa liberi. La digestione delle proteine continua nel duodeno: Dove avviene nell’intestino tenue la digestione principale di tutti e tre i macronutrienti ad opera del pancreas e gli enterociti. Quando il bolo alimentare nello stomaco che era acido passa nell’intestino tenue prende il nome di chimo, il chimo è acido (contenente i peptoni, gli oligopeptidi e Aa liberi) e questa acidità viene neutralizzata dal bicarbonato di sodio, prodotto dal pancreas all’interno del succo pancreatico. Il chimo viene riversato nel duodeno e stimola alcune cellule epiteliali (95% enterociti) ad attività endocrina presenti in questo tratto. Queste cellule producono due ormoni enterici: colecistochinina (viene prodotta quando il mio pasto è particolarmente ricco di grassi e proteine e va a stimolare il rilascio del succo pancreatico e stimola la contrazione della cistifellea e il rilascio della bile nell’intestino tenue attraverso il dotto biliare) e secretina (stimola la funzionalità del pancreas esocrino, stimolando la liberazione del succo pancreatico e tutti gli enzimi digestivi che si trovano all’interno del succo pancreatico). Secretina: stimola il pancreas a rilasciare enzimi e zimogeni in una soluzione di bicarbonato nell’intestino che neutralizza l’acidità che deriva dallo stomaco Colecistochinina (CCK) ormone di natura proteica (formato da 33 Aa: i grassi e le proteine della dieta stimolano il rilascio nel flusso sanguigno di CCK che stimola il pancreas a rilasciare enzimi e zimogeni in una soluzione di bicarbonato nell’intestino. CCK agisce anche sulla muscolatura liscia della cistifellea, stimolando la contrazione e la secrezione della bile. Questi attraverso il dotto biliare (coledoco) si riversano nel duodeno. Proteasi pancreatiche-> il pancreas produce proteasi inattive che sono il Tripsinogeno (idrolizza principalmente il legame peptidico quando trova degli Aa di natura basica: come lisina-arginina), il Chimotripsinogeno (AA aromatici, come la pepsina, metionina e leucina), il Procarbossipettidasi A (Leucina, Isoleucina e Valina, quindi stacca gli amminoacidi ramificati), il Procarbossipettidasi B (Aa basici: lisina-arginina) e la Proelastasi (Aa alifatici: glicina, alanina, valina leucina e isoleucina). Il Tripsinogeno, chimotripsinogeno ed elastasi sono delle endopeptidasi (agiscono all’interno della catena degli amminoacidi, mentre il procarbossipeptidasi A e B sono esopeptidasi (idrolizzano, cioè staccano gli amminoacidi dalla proteina a partire dall’estremità carbossi-terminale. Tutti e tre vengono trasformati in forma attiva nel duodeno. Vengono secreti all’interno di una soluzione di bicarbonato. Ogni giorno viene secreto 1000ml di succo pancreatico. Il fattore chiave per l’attivazione di questi enzimi è l’enzima: enterocinasi prodotto dagli enterociti (cellula della mucosa intestinale) all’arrivo del chimo. Si tratta di un enzima proteolitico che va ad attivare il: • Tripsinogeno-> in Tripsina; la tripsina a sua volta attiva il: Chimotripsinogeno-> Chimotripsina Procarbossipeptidasi A e B-> Carbossipeptidasi A e B Proelastasi-> Elastasi 2° FASE: Quando il chimo arriva dallo stomaco contenente i peptoni (che erano stati digeriti dalla pepsina) viene aggredito da queste proteasi (succo pancreatico): la tripsina rompe i legami peptidici in cui sono coinvolti Aa basici (lisina e arginina), la chimotripsina rompe i legami peptidici in cui sono coinvolti Aa aromatici e a catena ramificata (metionina e leucina) e l’elastasi. Ognuno di questi tre enzimi proteolitici ha degli amminoacidi bersaglio specifici, quindi i peptoni vengono digeriti da queste tre endopeptidasi che sono prodotte dal pancreas, in frammenti sempre più piccoli. Quando si formano dei peptidi sempre più piccoli, quindi peptidi che si formano dopo che hanno agito tripsina, chimotripsina e l’elastasi, vengono aggrediti alla fine dalle due carbossipeptidasi A e B, che staccano uno alla volta gli amminoacidi a partire dell’estremità carbossi-terminale. E il mio peptide si accorcerà sempre di più. Questi due carbossipeptidasi agiscono idrolizzando amminoacidi diversi, la A con amminoacidi ramificati e la B con amminoacidi basici. L’azione combinata di questi enzimi a livello duodenale porta alla liberazione di moltissimi Aa e alla formazione di piccoli peptidi (2-8 residui) che vengono ulteriormente digeriti da altri enzimi prodotti dagli enterociti e riversati sull’orletto a spazzola (o microvilli) degli enterociti. Quindi gli enterociti sulla loro porzione apicale, cioè rivolta verso il lume intestinale dove c’è l’orletto a spazzalo producono l’amminopeptidasi, che staccherà un amminoacido alla volta a partire dall’estremità amminica(ammino-terminale), e produce le dipeptidasi, vanno a rompere il legame peptidico fra due amminoacidi, una volta che si sono liberati gli amminoacidi questi possono essere assorbiti a livello della membrana dell’enterocita attraverso diversi sistemi di trasporto specifici. Nel citosol degli enterociti sono presenti delle peptidasi citosoliche che idrolizzano i piccoli peptidi generando aminoacidi liberi. Alla fine della digestione abbiamo Aa liberi che vengono trasportati dal lume intestinale all’interno della cellula, con un meccanismo di co-trasporto, in cui assieme all’Aa viene assorbito anche il Na+ (sodio) (trasporto attivo secondario). Quindi gli amminoacidi entrano dal lume intestinale all’enterocita, attraverso un meccanismo di trasporto attivo secondario. Esistono comunque diversi trasportatori per gli Aa, che riconoscono e sono specifici per determinati Aa, i trasportatori sulla membrana apicale degli enterociti utilizzano comunque quasi tutti il sodio. Esistono anche meccanismo di antiporto (in cui uno entra ed uno esce) scambiano un Aa essenziale con uno non essenziale. Alla fine della digestione abbiamo anche di e tripeptidi che vengono trasportati con un carrier (PEPT1 sempre sulla membrana dell’enterocita) dipendenti da ioni H+ (idrogeno). Entrati nell’enterocita ci sono peptidasi citosoliche che li scindono in Aa liberi, scissi in amminoacidi singoli che poi vengono trasportati al sangue, però nel sangue sono stati ritrovati anche dei peptidi e si ipotizza che questi peptidi ritrovati nel sangue non vengano idrolizzati perché hanno una funzione, cioè sono peptidi biologicamente attivi, si ipotizza che questi peptidi possano passare anche per via paracellulare, cioè fra le giunzioni strette tra gli enterociti arrivando nel sangue, e si ipotizza anche che sulla membrana basale dell’enterocita si trovi un altro trasportatore di peptide (PEPT1), che li trasporta dalla cellula al sangue. Gli amminoacidi assorbiti dalle cellule enteriche vengono immessi nel sangue e in tal modo distribuite a tutte le cellule, attraverso la membrana basale dell’enterocita che è a contatto con il capillare sanguigno. Destino degli amminoacidi: Gli Aa non possono venir immagazzinati, ma vengono utilizzati per riformare proteine tissutali. Pertanto dopo essere stati assorbiti dalle cellule enteriche, vengono immessi nel sangue (vena porta) e in tal modo distribuiti a tutte le cellule. Il metabolismo degli amminoacidi: Gli amminoacidi vengono utilizzati fondamentalmente per la sintesi di proteine. Gli AA possono essere: – glucogenetici → possono dare glucosio – chetogenetici → possono dare corpi chetonici Nelle cellule gli amminoacidi subiscono varie trasformazioni: – decarbossilazione (distacco del –COOH) – deamminazione (distacco del –NH2) – transamminazione (un –NH2 viene trasferito a una molecola con un –COOH per dare un nuovo AA). Digestione dei glucidi: A differenze delle proteine in cui ci sono degli amminoacidi essenziali, nessun glucide è essenziale, ciò vuol dire che siamo in grado di sintetizzarli da soli, perché esiste la gluconeogenesi, esiste la glicogenolisi che ci portano a produrre glucosio, quindi si parla di necessarietà e non di essenzialità. La funzione principale dei glucidi è quella energetica, soprattutto rappresenta la fonte energetica per eccellenza per il cervello, per i globuli rossi e per il muscolo durante l’intensa attività. Se noi assumiamo glucidi, alla fine non andiamo a consumare le proteine. Il loro metabolismo non genera delle molecole cioè dei metaboliti intermedi potenzialmente tossici, come invece possono essere formati nel metabolismo delle proteine (ammoniaca) e possono essere causate anche dal metabolismo lipidico per la formazione dei corpi chetonici. Il valore calorico degli zuccheri è uguale a quello delle proteine ed è di 4kcal per grammi, i LARN, che sono i livelli raccomandati di assunzione giornaliera, ci dicono che dal 45 al 60% delle chilocalorie totali giornaliere, devono essere introdotte con gli zuccheri per quantificarli, si parla di 180gr, principalmente gli zuccheri a basso indice glicemico. Mentre invece gli zuccheri semplici devono costituire il 10% massimo il 15% delle chilocalorie totali. Successivamente vedremo che ci sono dei glucidi non disponibili, cioè che non possono essere digeriti ed andranno a costituire la fibra alimentare. L’indice glicemico, è la velocità e di quanto un alimento fa salire la glicemia nel sangue, cioè la concentrazione di zuccheri nel sangue e questo viene espresso sempre secondo un riferimento, uno standard, che erano 50gr di pane bianco, adesso invece lo standard a cui si riferiscono gli indici glicemici dei vari alimenti sono 50 gr del glucosio. Il glucosio ha un indice glicemico elevato, rispetto all’amico, questo dipende dal fatto che il glucosio è un monosaccaride e le fibre rallentano l’assorbimento degli zuccheri. Tra glucosio e amico, quello che innalza più velocemente la glicemia nel sangue e ha un più alto indice glicemico è il GLUCOSIO, perché è più semplice rispetto all’amido, cioè che l’amido alla fine della sua digestione deve dare origine ad un monosaccaride, cioè il glucosio, invece se assumo glucosio questo non deve essere digerito, quindi può essere direttamente assorbito e si avrà un picco glicemico rispetto all’amido, che prima di essere assorbito deve essere digerito. Se noi innalziamo molto la glicemia nel sangue, il nostro pancreas produce l’insulina che la riporta all’interno delle cellule del fegato, del muscolo e quindi si ha una rapida ricaduta della glicemia e quindi si come una dipendenza dagli zuccheri semplici. Quindi i carboidrati prendono questo nome, perché idrati del carbonio. I carboidrati sono costituiti da carbonio, idrogeno ed ossigeno e manca l’azoto che è presente solo nelle proteine, e quindi sono composti ternari (costituiti da carbonio, idrogeno e ossigeno), la formula generale è (CH2O)n e possono anche complessarsi con l’azoto, il fosforo e lo zolfo. I gruppi funzionali dei carboidrati sono il gruppo carbonilico (C=O) quindi C doppio legame O e i gruppi ossidrilici, che li rendono solubili in acqua. Hanno diverse funzioni, principalmente quella energetica, ma anche plastica-strutturale come ad esempio gli zuccheri che possiamo ritrovarli a formare il DNA e l’RNA sotto forma di ribosio e desossiribosio (come chitina, cellulosa, acidi nucleici) formano glicoconiugati, questi zuccheri possono unirsi formando glicolipidi o glicoproteine. Possono essere classificati in ALDOSI se il gruppo carbonilico formi un gruppo aldeidico e CHETOSI se il gruppo carbonilico e forma gruppo chetonico. In soluzione acquosa i carboidrati sono presenti in forma ciclica e non lineare. I carboidrati si distinguono in semplici e complessi, i semplici sono i monosaccaridi quelli introdotti con la dieta sono il glucosio e il fruttosio, mentre il saccarosio è un disaccaride introdotti con la dieta come il lattosio e il maltosio, gli oligosaccaridi sono più di due come triosio. Mentre i complessi sono i polisaccaridi quelli introdotti con la dieta come l’amido, che è contenuto nelle piante e funge da riserva del glucosio per le piante, che è il parallelo del glicogeno negli animali (il glicogeno è la forma di riserva di glucosio negli animali). Successivamente possiamo parlare di carboidrati disponibili, sono quei carboidrati che possono essere digeriti, cioè che abbiamo gli enzimi necessari a digerirli, ad esempio l’amido che è digeribile perché possediamo gli enzimi che vanno a idrolizzare i suoi legami glicosidici invece la cellulosa non è digeribile, perché ha dei tipi di legami fra i monosaccaridi che non siamo in grado di digerire, in quanto non possediamo enzimi specifici e non disponibili, sono quei carboidrati che noi non siamo capaci di digerire e che vanno a formare la fibra alimentare, quindi la fibra alimentare è costituita da carboidrati non disponibili. Il fruttosio (monosaccaride) generalmente si introduce con la frutta. Il saccarosio, (disaccaride) è un componente fondamentale nella alimentazione umana ed animale in genere, e lo si trova largamente in natura, nella frutta e nel miele (in percentuale più bassa rispetto al fruttosio), sebbene, da sempre, esso si estragga dalle piante della barbabietola da zucchero (soprattutto in Europa) e dalla canna da zucchero (nel resto del mondo). Artificialmente invece, lo si trova nell'industria alimentare, specialmente dolciaria e pasticciera, e in commercio prende il nome di comune zucchero da cucina (raffinato bianco oppure integrale "grezzo"). Il saccarosio dervia dall’unione di una molecola di gluosio e una di fruttosio, che attraverso una reazione di condensazione si forma il saccarosio. Attraverso una reazione di idrolizzazione dal saccarosio si ottiene una molecola di glucosio e di fruttosio. Il lattosio, (disaccaride) è formato da galattosio + glucosio, il lattosio rappresenta il 98% degli zuccheri presenti nel latte. Il lattosio è contenuto oltre che nel latte (circa il 40% della massa secca del latte vaccino, 3,5-4% sul tal quale), anche nei suoi derivati (formaggi e yogurt) e in prodotti a base di siero di latte. In particolare nel siero il lattosio costituisce circa il 70% della massa secca (4,2% sul tal quale) e può essere isolato per concentrazione e successiva cristallizzazione. L’intolleranza al lattosio si ha quando abbiamo una carenza nella produzione dell’enzima che digerisce il lattosio che è la lattasi. L'intolleranza al lattosio può essere primaria oppure secondaria e transitoria. Nel primo caso l'organismo non produce le lattasi per un difetto genetico, e i sintomi dell'intolleranza si manifestano già nella prima infanzia. L’intolleranza secondaria, invece, si ha quando la dieta è povera di latte e latticini, e quindi non viene stimolata la produzione della lattasi, enzima inducibile dal substrato. La celiachia non diagnosticata, a causa del processo degenerativo che interessa la superficie intestinale deputata all'assorbimento dei nutrienti può essere alla base di una intolleranza al lattosio. Il maltosio, (disaccaride) composto da due molecole di glucosio unite da un legame αlfa 1-4 glicosidico. Il maltosio si ottiene per scissione operata dall'amilasi sull‘amido. È presente nei semi germinanti come quelli dell‘orzo, quando scindono le loro riserve di amido da utilizzare come nutrimento. L'aggiunta di un'altra unità di glucosio produce il maltotrioso; l'ulteriore aggiunta produrrà le maltodestrine (che si formano dalla digestione dell’amido, che contengono il legame alfa 1-6) e infine l'amido (polimero del glucosio). L’amido (polisaccaride del glucosio), formato da molti monosaccaridi,utilizzato come riserva energetica delle piante. E’ disponibile in natura sotto forma di granuli. E’ costituito da due frazioni: una parte lienare detta Amilosio (20%): polimero idrosolubile a catena lineare → può contenere 1000 o più unità di D-glucosio, legate da legami α-1,4-glicosidici che fanno assumere alla molecola una struttura ad elica e una parta ramificata chiamata Amilopectina (80%): polimero non idrosolubile a catena ramificata: può contenere fino a 5000 unità di D- glucosio, legate da legami α-1,4-glicosidici ramificazioni ogni 20-30 residui abbiamo anche legami α-1,6-glicosidici, che si trova nel punto di ramificazione, ha una struttura globulare finemente spugnosa, responsabile di rendere l’amido di forma piuttosto granulare e del rigonfiamento dei granuli di amido durante la gelatinizzazione. In genere l’amilopectina è il 70-80% rispetto all’amilosio. Gli amidi con più alto contenuto di amilopectina sono più digeribili. Dalla digestione completa dell’amido si origina glucosio e le’nzima che digerisce l’amido è l’alfa amilasi e ne abbiamo due: l’alfa amilasi salivare (nella cavità orale) e l’alfa amilasi pancratica (prodotta dal succo pancratico). Questo tipo di enzima idrolitico (salivare e pancratico) è capace di idrolizzare solo legami glicosidi alfa 1-4. L’essere umano non ha enzimi idrolitici che digeriscono i legami di tipo beta fra il glucosio. Nelle cellule vegetali, l’amido è sotto forma di granuli, da questo deriva un problema per la digestione che è più complesso, perché finchè l’amido rimana dentro il granulo protetto c’è un problema di accessibilità da parte degli enzimi idrolitici e quindi per essere digeribili l’amido deve subire un PROCESSO DI GELATINIZZAZIONE a partire dai granuli d’amido è resa possibile grazie al riscaldamento in ambiente acquoso. In queste condizioni i granuli di amido, idratandosi progressivamente, si gonfiano, si rompno i granuli (temperatura maggiore di 60-75°), l’amido perde la sua struttura cristallina; l’amilopectina e l’amilosio fanno si che questi due siano più disponibili agli enzimi idrolitici, entrano in soluzione formando legami con le molecole di acqua. Il risultato si traduce in una diminuzione dell’acqua libera e con una viscosità più o meno consistente della sospensione. Tale fenomeno si può osservare quando si cuoce in acqua pasta, riso o farine e semole (ad esempio nella preparazione di semolini e polenta) oppure in forno durante la cottura di impasti a base di farina ad alto contenuto d’umidità (es preparazione del pane o dolci). A seguito della gelatinizzazione le catene dell’amilosio e dell’ amilopectina sono molto più esposte all’azione idrolitica degli enzimi digestivi rispetto che in un amido non gelatinizzato. Quindi questo processo è fondamentale per favorire e l’utilizzazione metabolica dell’amido contenuto negli alimenti. Il raffreddamento favorisce il ripristino della struttura ordinata con conseguente “ricristallizzazione o retrogradazione” dell’amido. Quindi la digestione dell’amido inizia dalla bocca ad opera dell’alfa amilasi salivare, solo che questa ha poco tempo perché comunque tratteniamo il bolo all’interno della bocca per massimo 25 secondi, quindi inizia parzialmente l’idrolisi dei suoi legami alfa 1-4, sostanzialmente l’amido non viene digerito nello stomaco, quindi i carboidrati non vengono digeriti nello stomaco, ma la sua digestione prosegue nell’intestino tenue ad opera degli enzimi prodotti dal succo pancreatico e per quello che riguarda l’amido si parla di alfa amilasi pancreatica che continua a scindere legami glicosidici alfa 1-4 fino a formare le molecole di maltosio, maltotrioso, molecole di glucosio libero e destrine alfa limite o isomaltosio (contiene al suo interno il legame glicosidico alfa 1-6 che le alfa amilasi non riescono a scindere) queste 4 devono essere ancora digerite, perché dobbiamo arrivare ad avere molecole di glucosio semplici. Il maltosio viene digerito dalla maltasi prodotta dall’enteorcita sul suo orletto a spazzola, il maltotrioso viene scisso prima in una molecola di glucosio, per le destrine afla limite abbiamo un altro enzima prodotta sempre dagli enterociti e riversato sul loro orletto a spazzole che si chiama destrinasi o enzima deramificante o isomaltasi. L’amido non digerbile e o resistente viene diviso in 4 categorie chiamate: AMIDO fisicamente inaccessibile (RS-1), cereali e legumi, AMIDO non gelatinizzato (RS-2), presente engli alimenti crudi come le banane non mature, pasta poco cotta, AMIDO retrogradato (RS-3), in seguito a raffreddamento di cibi cotti (patate) in cui andiamo a riformare la struttura cristallina dell’amido che diventa inaccessbile alla digestione e AMIDO modificato dall’uomo (RS-4) utilizzati come additivi alimentari. Alla fine della digestione dell’amido abbiamo ottenuto glucosio, che dal lume intestinale all’interno dell’enterocita entra attarverso un trasporto attivo secondario attraverso un trasportatore chiamato SGLT (sodium gloucos transporter), in cui il glucosio entra insieme al sodio all’interno dell’enterocita, quindi il glucosio per entrare nell’enterocita utilizza il gradiente di concentrazione del sodio che viene mantenuto costantemente dalla pompa Sodio Potassio, che porta il Sodio dall’interno all’esterno della cellula contro gradiente di concentrazione mantenendo così il flusso in entrata del soldio utilizzata dal glucosio. Questo tipo di trasporto attivo viene utilizzato anche dal galattosio, mentre invece il fruttosio entra principalmente attraverso il trasportatore glut-5. Una volta che questi monosaccaridi sono entrati all’interno dell’enteorcita poi vengono trasportati nel circolo ematico, attraverso la membrana basale dell’enterocita, attraverso il trasportatore glut-2, si parla sempre di un trasporto passivo. Il saccarosio viene digerito dalla saccarasi, mentre il lattosio dalla latatsi e sono sempre enzimi disacarridasi prodotti sull’orletti a spazzola degli enterociti. Quali sono i tessuti che hanno più bisogno di zuccheri? Il cervello (120gr di zucchero), i globuli rossi (36 gr di zucchero al giorno), mentre il trasportatore modulato dall’insulina è il glut-4, che è espresso nel muscolo e nel tessuto adiposo. Funzioni del glucosio-> la prima funzione è energetica, perché fornisce energia, di riserva perché fa formare il glicogeno, ha un’azione antichetogenica perché se presente il glucosio non si formano i corpi chetonici, ha un’azione disintossicante perché dal glucosio si forma il glucuronato, quest’ultimo si complessa alla bilirubina eliminandola attraverso le feci perché la bilirubina può diventare tossica, e funzione plastica perché nel nucleotide ritroviamo gli zuccheri, si formano le glicoproteine di membrana. Sarebbe meglio un po’ di meno, i carboidrati complessi come l’amido e gli zuccheri semplici come i monosaccaridi o disaccaridi. Un eccessivo consumo di zuccheri è correlato a patologie come l'obesità , la carie dentale ed il diabete. Si consiglia pertanto di limitare l'utlizzo di carboidrati ad alto indice glicemico preferendo quelli a basso indice glicemico. Un’alimentazione ricca di zuccheri ci rende dipendenti dagli zuccheri stessi. L'indice glicemico (IG) rappresenta la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all'assunzione di un alimento contenente carboidrati. L'indice glicemico (IG) è il rapporto fra la risposta glicemica di un singolo alimento e la risposta glicemica di un alimento standard di riferimento consumato in quantità isoglucidica moltiplicato per 100. Come alimento di riferimento prima si utilizzavano 50g di pane bianco oggi si utilizza il glucosio, perché più standardizzabile. Più è alto l'indice glicemico e più veloce è l'assorbimento dei carboidrati, gli zuccheri con elevato indice glicemico sono gli zuccheri semplici che vengono assorbiti più velocemente. L'indice glicemico (abbreviato: IG) misura la capacità di un determinato alimento di alzare la glicemia dopo il pasto rispeIo a uno standard di riferimento che è il glucosio puro. L’indice glicemico viene indicato con un numero da 0 a 100. Il glucosio puro ha un IG massimo pari a 100: Gli alimenti ricchi di carboidrati però non vengono consumati da soli in un pasto, per cui l’utilizzazione dietetica dell’IG ha i suoi limiti….. Bisogna considerare l’IG di un intero pasto, cioè il CARICO GlICEMICO. ll carico glicemico ( GL ) è un indice che oltre a rappresentare la qualità dei carboidrati (IG) considera anche la loro quantità. Si ottiene moltiplicando la quantità di carboidrati espressa in grammi per l'indice glicemico. Il carico glicemico è la somma di tutti gli indici glicemici x i grammi assunti di quei glucidi da ciascun alimento. FATTORI RESPONSABILI DELL’INNALZAMENTO DELL’IG: 1.Maggiore maturazione del frutto o della verdura 2.Rapporto tra diversi carboidrati presenti nello stesso alimento: per esempio, il rapporto di glucosio e fruttosio nel miele – più alto è il contenuto di glucosio più alto saràl’IG. 3. Maggiore raffinazione di un certo cibo (per esempio le farine, i cereali che hanno un IG basso una volta raffinati hanno un IG piùalto in media di 5 punti: IG di quinoa è 35 mentre l’IG della farina di quinoa è 40 ) FATTORI RESPONSABILI DELL’ABBASSAMENTO DELL’IG 1.Minore maturazione (p.e. la frutta meno matura) 2.Consumate cibi meno raffinati (p.e. invece delle farine, mangiate i cereali in chicchi integrali ) 3.Consumate alimenti piùpossibilmente crudi (soprattutto nel caso della frutta e verdura) 4.Privilegiare alimenti con la maggiore presenza di grassi e proteine (si riferisce soprattutto nel caso in cui scegliamo un alimento con maggior IG) 5.Maggior presenza di fibre, soprattutto fibre solubili nell’alimento 6.Riduzione del tempo di cottura (pasta e riso) 7.Congelamento (il cibo prima coIo, poi congelato e successivamente riscaldato ha un IG più basso) 8.Cucinare i legumi in questo modo: lasciarli prima in ammollo per c.8-12h, buttare via l’acqua d’ammollo e poi cuocerli in pentola (non a pressione) a fuoco bassissimo per il tempo necessario. Consumare molti alimenti ad alto carico glicemico aumenta il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 e altre patologie. Al contrario, i cibi a basso carico glicemico possono prevenire l'obesita', il diabete, la resistenza all'insulina, e la comparsa di ipoglicemia. L'assunzione di alimenti ad elevato indice e carico glicemico causa un brusco aumento della concentrazione di glucosio nel sangue. Poiché la glicemia deve rimanere entro un range di valori costante (fra 70 e 120 mg/dl), al PICCO GLICEMICO segue un rapido rilascio di INSULINA. Quest'ormone prodotto dal pancreas facilita il passaggio del glucosio dal circolo sanguigno alle cellule dei tessuti, influenzandone il metabolismo. Tuttavia, le cellule non sono in grado di metabolizzare grossi quantitativi di glucosio in tempi rapidi; il nostro cervello (ipotalamo), segnale che siamo in una condizione di ipoglicemia e quindi che dobbiamo mangiare per questo motivo gli zuccheri in eccesso vengono depositati sotto forma di riserve glucidiche (glicogeno) o lipidiche (aumento del tessuto adiposo)…TRIGLICERIDI. Gli effetti dannosi di un'alimentazione ricca di carboidrati ad elevato indice glicemico non finiscono qui. Un eccesso di insulina causa infatti un brusco calo della glicemia (ipoglicemia reattiva). Siccome tale parametro DEVE rimanere costante per soddisfare i fabbisogni energetici dei vari organi (in particolare del cervello), questa repentina diminuzione viene interpretata come un segnale di stress. I centri ipotalamici captano la necessita di zucchero ed elaborano una serie di segnali che sAmolano il senso della fame. Se l'individuo, preso dall'appetito, assume nuovamente alimenti ad alto indice e carico glicemico il processo riprende dall'inizio, entrando in un circolo vizioso molto dannoso per salute e controllo del peso. Il consumo di alimenti ricchi di carboidrati è sempre stato una costante dell’alimentazione umana. Se si pensa all’uomo cacciatore-raccoglitore, che aveva una dieta a base di carne ma si nutriva anche di bacche frutta, verdure, radici. Con l’avvento dell’agricoltura l’AMIDO è diventato la fonte di energia nella dieta. La morfologia e la fisiologia del nostro apparato gastrointestinale si è adattata al consumo e digestione dei carboidrati, e testimoniano l’importanza che gli alimenti vegetali ricchi di carboidrati hanno avuto. 1. Elevata attività amilolitica 2. Elevata lunghezza e capacità assorbente dell’intestino tenue rispetto alla dieta attuale 3. Struttura e attività fermentativa dell’intestino crasso Ancora oggi i carboidrati costituiscono una percentuale importante nella nostra dieta (40- 70% dell’energia consumata). Fibra alimentare: molti componenti della fibra alimentare sono i carboidrati che non possono essere digeriti e che quindi non sono disponibili e quindi in maniera più precisa che non sono glicemici, con questo si intende che non hanno nessun effetto sulla glicemia appunto perché non vengono digertiti e quindi non assorbiti. Dal punto di vista nutrizionale ha sicuramente degli effetti benefici sull’organismo come modulazione del transito intestinale (aiutano una regolare evacuazione), aumento della massa fecale, riduzione della colesterolemia totale e LDL, riduzione della glicemia e l’insulinemia postprandiale, attività prebiotica (il microbiota intestinale si nutre della fibra alimentare), prevenzione delle patologie intestinali. Direttiva europea 2008/100/CE: polimeri di carboidrati composti da più di 3 unità monomeriche che non sono ne digeriti e ne assorbiti a livello dell’intestino tenue umano sono inclusi anche composti di origine vegetale non polisaccaridici lignina, frazioni proteiche, composti fenolici, cere, fitosteroli, che sono strettamente associati alla componente polisaccaridica. La fibra alimentare è composta da polimeri di carboidrati commestibili presenti naturalmente negli alimenti (cerali integrali), polimeri di carboidrati commestibili derivati da materie prime alimentari con effetti benefici documentati scientificamente, polimeri di carboidrati sintetici commestibili con effetti benefici documentati scientificamente. Caratteristiche funzionali della fibra alimentare-> viscosità cioè la resistenza allo scorrimento, idratabilità cioè la capacità di assorbire acqua, capacità di scambio è la capacità della fibra alimentare di legare delle molecole a se, può legare gli zuccheri, il glucosio, il colesterole ma può legare anche vitamine e Sali minerali, può legare anche ioni come calcio, ferro e fermentescibilità è la capacità che queste fibre hanno di essere fermentate, questo processo di fermentazione viene svolte dalla flora batterica intestinale o il microbiota intestinale. Quindi il microbiota intestinale utilizza la fibra alimentare ricavandone energia attraverso la fermentazione, e dalla fermentazione vengono prodotti gli acidi grassi a catena corta. Questi acidi grassi a catena corta, vengono riutilizzati dal nostro organismo, ed è per questo che la fibra alimentare che prima veniva definita come acalorica (che non fornisse energia) è stato rivisto e si è visto che la fibra alimentare fornisce energia, ha un valore calorico è di 2Kcal per ogni grammo. Queste caratteristiche possono essere diverse se parliamo di fibra solubile o insolubile, le fibre insolubili sono formate principalmente da cellulosa, emicellulosa e lignina presente principalmente nella crusca dei cereali e sono importnati perché portano all’aumento della massa fecale, accellera il transito intestinale, riduce il tempo di contatto delle feci con la mucosa intesinale e nelle feci ci possono essere molecole tossiche. Migliora la STIPSI, previene le DIVERTICOLITI, riduce l’incidenza del CANCRO INTESTINALE dovuto ad eventuali metaboliti tossici. Le fibre solubili sono rappresentate da altre molecole come galattomannani, pectine, gomme e mucillagini, sono presenti principalmente in frutta, verdura, legumi e avena, hanno la funzione di formare un gel e danno senso di sazietà , rallentano lo svuotamento gastrico e il senso di sazietà, rallentano il transito intestinale, c’è un aumento dell’eliminazione di acidi biliari attraverso le feci e una riduzione della produzione di colesterolo. Sono utili nei soggetti che hanno disturbi metabolici serve ad abbassare il colesterolo e rallenta l’assorbimento di zuccheri utili per i diabetici e per chi vuole perdere peso. A livello del colon: la fibra è scissa in modo differenziato dagli enzimi microbici in ACIDI A CORTA CATENA (acetico, propionico, butirrico), questi tre acidi hanno delle funzioni specifiche. Viene maggiormente fermentata la fibra solubile che produce acidi grassi a catena corta. In base alle evidenze sempre più attendibili di un’azione benefica per l’organismo, sia per le funzioni intestinali che per gli effetti metabolici, da parte della fibra alimentare, viene raccomandato dalle autorità sanitarie e dagli esperti della nutrizione di accrescere l’apporto di questo componente vegetale nella dieta. Le linee guida nazionali, LARN, in allineamento con le raccomandazioni degli altri paesi europei ed extraeuropei, indicano in 30 g al giorno gli adulti e bambino 0,5 g/kg/questo è il quantitativo ottimale di fibra da assumere nella forma naturale (cioè di alimenti vegetali grezzi) e che circa ¼ di essa (7,5 g) sia nella forma solubile. Si raccomanda anche di evitare gli eccessi per possibili ripercussioni negative sull’assorbimento di minerali (chelazione) e di altri nutrienti, specie in individui con diete speciali o affette da malassorbimento intestinale. A questo scopo viene raccomandato dai nutrizionisti di: 1) preferire pane e pasta integrali 2) consumare cereali alla prima colazione 3) mangiare spesso legumi e minestroni 4) consumare più frutta e possibilmente con la buccia 5) consumare tutti i giorni le verdure e in particolare: per la fibra solubile: carciofi, broccoli, cavoli e cicoria per la fibra insolubile: fagioli, ceci, lenticchie, piselli e insalate crude Si mangia poca fibra alimentare-> Il fabbisogno quotidiano di fibra alimentare è di 30 grammi, pari a 3 porzioni (150g) di frutta e 2 di verdura (250g) al giorno (DIETA MEDITERRANEA). MENO DEL 10% degli ITALIANI consuma 5 PORZIONI AL GIORNO DI FRUTTA E VERDURA. La cellulosa fa parte della parete cellulare della cellula vegetale, la ritroviamo in molti alimenti di origine vegetale. Ed è formata da molecole di glucosio unite tra loro con un legame beta 1-4 glicosidico, di cui noi non abbiamo l’enzima per digerirlo, invece i batteri intestinali hanno gli enzimi per digerire la cellulosa ad esempio la cellulasi, la cellulosa serve per l’aumento della massa fecale. Poi abbiamo l’emicellulosa che sono sempre associate alla cellulosa e fanno parte sempre della fibra solubile e insolubile, e hanno la funzione dell’aumento della massa fecale e accelerazione del transito intestinale. Abbiamo la lignina la ritroviamo legata all’emicellulosa e ha una caratteristica che è quella di avere proprietà antiossidanti ed è capace di legare i Sali biliari. Abbiamo le pectine che principalmente si ritrovano nella frutta, nella buccia, negli ortaggi, nei legumi e hanno la capacità di formare gel ed è per questo che vengono utilizzate per far addensare le marmellate o le gelatine, e hanno la capacità di legare Sali biliari e ioni, e vengono fermentate dalla flora batterica. E abbiamo l’amido resistente formato da quattro categorie-> amido inaccessibile, amido non gelatinizzato, amido retrogradato e amido modificato. Da queste 4 categorie vengono fermentati dalla flora batterica e producono i cosiddetti acidi grassi a catena corta. L’inulina la troviamo nei carciofi, nell’aglio, nelle cipolle, cicoria e quindi è un componente che in parte riesce a purificare il fegato, l’intestino, sono alimenti che servono a disintossicare, e sono formati da unità di fruttosio in numero variabile. E appartengono all’inulina, frutto-oligosaccaridi, oligofruttosio tutte formate da molecole di fruttosio, sono stati aggiunti ad alcuni integratori, utilizzati come prebiotici. I galatto-oligosaccaridi si trovano moltissimo nel latte materno e sono utilizzati come prebiotici dai bifido batteri, insieme ai lattobacilli sono quelli più utilizzati come fermenti lattici. Il raffinosio e lo stichioso hanno un’azione bifidogena quindi promuovono la crescita dei bifido batteri, che sono batteri buoni insieme ai lattobacilli. Possiamo avere delle fibre presenti nelle gomme come galattomannani, gomma di guar, hanno capacità di scambio e di intrappollare gli zuccheri e i lipidi e quindi hanno una proprietà ipoglicemizzante ed ipolipodemizzante. E i beta-glucani, sono formati sempre da molecole di glucosio, costituiti da diversi legami beta, e li ritroviamo nell’avena e nell’orzo, i beta-glucani diminuiscono l’assorbimento di zuccheri e di lipidi. La chitina è l’unica fibra che si può ritrovare anche nel regno animale, in generale è solo in origine vegetale ma nella chitina sono presenti anche nell’esoscheletro dei crostacei e quindi è l’unica fibra che è presente in alimenti di origine animale. Quindi dire che la fibra alimentare ha un’attività prebiotica significa che nutre il microbiota, mentre i probiotici sono i batteri benefici del nostro intestino, come i fermenti lattici, formati da lattobacilli o bifidobatteri. Il prebiotico insieme al probiotico viene chiamato simbiotico. Una delle funzioni più importanti dei batteri simbionti e soprattutto dei Lattobacilli è quella di tenere sotto controllo e poi eventualmente combattere la Candida Albicans. Flora batterica o microbiota intestinale: E’ un organo metabolico ed è l’insieme di microrganismi che compongono l’organismo, la maggior parte costituiti da batteri, ma sono presenti anche virus e funghi. Abbiamo anche un microbiota nella bocca, nello stomaco, nell’esofago, nell’intestino tenue, sulla pelle. Quindi siamo abitati da batteri con cui stabiliamo delle simbiosi, cioè un rapporto favorevole per entrambi, quindi noi diamo al nostro microbiota (nel crasso) diamo nutrimento e ambiente in cui vivere protetto, e ovviamente anche noi ne ricaviamo qualcosa. Un microbiota intestinale in salute, promuove la salute, però ci possono essere anche delle condizioni di disbiosi intestinali se c’è un’alterazione del microbiota (stipsi, diarrea, candida), e può essere dovuta da un’alimentazione sbagliata (eccessivo consumo di alcol, zuccheri), può dipendere anche da una vita irregolare, dovuto da abuso di farmaci, dovuto dalla mancaza di esercizio fisico e dovuto dallo stress, parleremo invece di eubiosi se i batteri sono in equilibrio. Un esempio classico nello stomaco può essere helycobacter pylori che causa ulcera. Il microbiota intestinale c’è l’abbiamo dalla nascita e alcuni studi dicono addirittura che è presente già nella vita intrauterina, parliamo di trilioni di batteri che convivono con noi, che siamo l’organismo ospite e quindi si parla di microbiota come un organo metabolico, ciò vuol dire che riesce a produrre delle molecole che hanno un’influenza metabolica, basta pensare alla fermentazione della fibra alimentare che produrrà acidi grassi a catena corta che hanno un ruolo metabolico, il microbiota intestinale produce anche vitamine, è in grado di attivare dei farmaci. Il numero di cellule batteriche è 10 volte superiore al numero delle cellule eucariotiche umane. Se il nostro microbiota si trova in una fase di eubiosi, abbiamo una flora batterica fermentativa che ha effetti benefici sul nostro organismo, e i due rappresentanti principali sono Lactobacillus, Bifidobacterium (lattobacilli ebifidobatteri), come nutrimento viene utilizzata la fibra alimentare. Se invece ho una disbiosi è perché nel nostro intestino ha preso sopravvento una flora batterica putrefattiva, questa flora batterica non usa la fibra alimentare ma gli amminoacidi e produce delle sostanze che possono diventare tossiche come ammoniaca, ammina che se si complessano con i nitrati creano le nitrossamine che sono cancerogene, è importante quindi mantenere una flora fermentativa. Attraverso l’alimentazione bisogna mantenere in salute la nostra flora batterica. Chi non mangia la fibra, quindi frutta, verdura, cereali integrali, legami non nutre la flora fermentativa che ha effetti benefici, mentre chi mangia molte proteine senza fibra andrà a nutrire di più la flora putrefattiva. Gli acidi grassi a catena corta sono importanti perché rende acido il lume intestinale e con pH acido la flora putrefattiva non riesce a riprodursi. I batteri dominanti (nell’uomo adulto appartengono a tre gruppi prevalenti sono i Firmicuti gram positivi Bacteroideti gram negativi, Actinobaceri gram positivi. La flora batterica fermentativa produce acidi grassi a catena corta, principalmente l’acido acetico (prodotto il 60%), propionato (25%) e butirrato (15%), l’acetato entra nel circolo sanguigno e viene utilizzato come acido grasso (come substrato energetico) soprattutto anche dal muscolo, l’acido propionato ha una funzione importantissima perché arriva al fegato dove attraverso il circolo entero-linfatico e va ad inibire l’enzima chiave della biosintesi del colesterolo, l’enzima chiava è la treidrossi- tremetilglutaril coenzima A reduttasi, andando ad inibire questo enzima chiave di biosintesi, la fibra alimentare attraverso la fermentazione batterica va a produrre acido propionico che va ad inibire anche la produzione del colesterolo endogeno, attraverso la produzione dell’acido propionico. L’acido propionico attraverso il circolo entero-epatico raggiunge il fegato dove va ad inibire l’azione dell’enzima chiave della biosintesi del colesterolo endogeno (abbassamento della colesterolemia), mentre il butirrato a differenza degli altri due ha più un’azione locale, sulle cellule che tappezzano la mucosa intestinale che si chiamano colonociti, ha un’azione trofica quindi di nutrimento e anche anti-infiammatoria. La produzione di acidi grassi nel lume intestinale del colon, è molto importante, perché se io produco tanti acidi grassi, l’ambiente dell’intestino crasso e colon diventa acido, è importante mantenere un pH acido per non far proliferare i batteri nocivi, cioè i batteri putrefattivi che non riescono a vivere con l’ambiente acido. Si definisce prebiotico, ogni sostanza che, presente nel cibo, non viene assorbita dall'organismo ma è utilizzata dalla flora intestinale. I prebiotici favoriscono la crescita e l'attività di Bifidobacterium e di LactobaBeri, specie batteriche importanti per la salute digestiva dell'organismo ospite. Inoltre mostrano interessanti proprietà nutrizionali in soggetti con: •diabete e/o sindrome metabolica •obesità •Allergia Dal punto di vista etimologico, il termine “probiotico” deriva dall'unione della preposizione latina pro (“a favore di”) e dell'aggettivo greco βιωτικός (biotico), derivante a sua volta dal sostantivo βίος (bios, “vita”). Secondo la definizione ufficiale di FAO e OMS, i probiotici sono “organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell'ospite”. I batteri lattici (LAB, Lactic Acid Bacteria), rappresentati dai lactobacilli, e i bifidobatteri sono le più comuni tipologie di microrganismi probiotici; ma anche alcuni lieviti e bacilli possono essere utili. E ci sono molti alimenti che li contengono come gli yogurt o vengono addirittura somministrati, però sono sempre integratori non medicinali. Microbiota: insieme di batteri, funghi e virus, e che tutti insieme formano un sistema vivente, chiamato microbiota appunto, che agisce come una singola unità, COME UN organo simbionte. Esistono moltissimi microbioti: fuori di noi, su di noi, e dentro di noi. Un esempio può essere anche il microbiota del terreno che è fuori di noi. L’insieme del microrganismo è dato dall’insieme del batteriota, virota e micota. Nell’intestino crasso avviene la colonizzazione di questi batteri, e scendendo dallo stomaco all’intestino il numero di batteri aumenta sempre di più. Il MICROBIOTA rappresenta il numero totale di batteri, funghi, virus, archeobatteri, amebe presenti in un dato distretto corporeo. Il MICROBIOMA è l’insieme della loro capacità codificante, conosciuta anche come patrimonio genetico, o DNA (la somma dei loro geni). Integra il genoma umano fornendo il 99% dei geni. Oggi con la rivoluzione metagenomica, si può estrarre il DNA da questa comunità microbica e andare a determinare i geni che sono contenuti. Il genoma di questi microrganismi si può chiamare metagenoma, ed è dinamico, ciò vuol dire che può cambiare perché cambiano i microrganismi. Questo metagenoma arricchisce di possibilità il nostro genoma, anche di possibilità metaboliche. Nel microbiota intestinale abbiamo 22 milioni di geni diversi, mentre nella nostra cellula eucariota ne abbiamo 20 mila. Olobionte: è stato così definito come il “superorganismo” formato dalle cellule del nostro corpo e dai microrganismi presenti nel nostro organismo. Ologenoma: l'insieme del genoma delle cellule del nostro organismo e del genoma dei microrganismi che ospitiamo. I fattori che possono influenzare il microbiota intestinale sono il parto, il tipo di allattamento, con l’esercizio fisico, le malattie, la dieta, l’utilizzo di antibiotici, l’utilizzo di integratori (prebiotici e probiotici), con l’età. Come e quando si forma il microbiota intestinale? Il primo contatto che abbiamo con il mondo e i batteri è proprio il momento del parto! Vari studi hanno suggerito che il neonato acquisisca i batteri dalla madre proprio durante il passaggio nel canale del parto. Se il parto è NATURALE il primo contatto si avrà con i batteri intestinali della madre, che entreranno prima a contatto con le mucose interne (naso e gola) del neonato. I bifidobatteri e i lattobacilli, sono fondamentali per un sano microbiota intestinale e sono i primi colonizzatori. Se il parto è cesareo il neonato verrà a contatto con i batteri presenti sulla pelle e nell’aria. Saranno presenti microbi come l’Enterococcus faecalis, lo Staphylococcus epidermis, la Klebsiella, tutti batteri comuni nell’ambiente dell’ospedale e spesso potenziale fonte di infezione per i neonati molto prematuri perché batteri patogeni e resistenti ai farmaci. Non temete però, le differenze osservate spariscono in larga misura nel corso del tempo… Già a sei-nove mesi dalla nascita il microbioma dei bambini nati con parto naturale o cesareo non presenta differenze sostanziali. La composizione del microbiota intestinale cambia nel tempo in 3 fasi: fase di sviluppo (3-14 mesi di età), fase di transizione (15-30 mesi) fase stabile (31-46 mesi). L’allattamento al seno è il principale fattore ad influenzare la composizione del microbiota nel primo anno di vita ed è associato a livelli più elevati di Bifidobatteri, mentre lo svezzamento porta a un aumento della diversità microbica. La nascita vaginale è associata a un aumento di Bacteroides, mentre altri fattori, come la convivenza con fratelli o animali domestici, influenzano i profili del microbiota intestinale. Nei primi 4-36 mesi di vita, a seguito del contatto con i genitori, l’ambiente esterno e il cibo, il microbiota si sviluppa cambiando rapidamente, assumendo un significato importantissimo in quanto lascerà un segno indelebile su quello che sarà il microbiota dell’adulto (una specie di imprinting). Nel corso della vita il nostro microbiota cambia, è più stabile in età adulta, mentre è più instabile nell’infanzia e nella vecchiaia anche se comunque sempre influenzato dal tipo di alimentazione seguita. I fattori che possono influenzare il microbiota a parte il tipo di alimentazione sono diversi: fattori ambientali, stress, fumo, alcool, assetto ormonale (come in gravidanza, in menopausa, o nel periodo premestruale), infezioni e terapie farmacologiche. L’effetto benefico della dieta Mediterranea potrebbe passare attraverso il microbiota. Una dieta ricca in carboidrati non digeribili come quella mediterranea promuove lo sviluppo di microrganismi produttori di metaboliti benefici. Quindi per mantenere un microbiota sano dovremmo mangiare la fibra, quindi molta frutta e verdura, cereali e legumi, pochi zuccheri raffinati. La flora batterica intestinale svolge funzioni essenziali nella tutela della salute, avendo un ruolo metabolico perché vanno a produrre anche vitamina, come la K, vitamina D6 vanno ad attivare i farmaci, immunomodulante, perché nell’intestino abbiamo il nostro sistema immunitario e i primi batteri con cui il nostro sistema immunitario quando nasciamo, sono proprio quelli a livello intestinale, quindi vanno a modulare il sistema immunitario e protettivo perché vanno a proteggere le mucose intestinali. Più Akkermansia miciniphila abbiamo più siamo magri, meno ne abbiamo più siamo obesi, si è visto anche che l’acido butirrico e l’acido propionico hanno un effetto anti-obesogeno, mentre l’acido acetico avrebbe un effetto opposto. Il microbiota intestinale è il secondo cervello, quindi come abbiamo già visto se il microbiota è in eubiosi è in equilibrio, mentre in disbiosi è in disequilibrio correlata a diverse malattie come obesità, diabete, alzheimer, morbo di parkinson, perché vi è una forte relazione tra cervello, flora batterica e intestino detta anche asse microbiota-intestino-cervello. Il microbiota e l’intestino, sono in grado di produrre dei neurotrasmettitori, il microbiota produce la serotonina, che vanno ad influenzare il cervello e allo stesso modo il cervello può influenzare il microbiota e le funzionalità dell’intestino, influenzando la motilità intestinale, avendo un influenza sul peso. Quindi i due comunicano attraverso molecole che si influenzano reciprocamente. Il cervello intestinale è la sede del sistema nervoso enterico, e i neuroni presenti nell’intestino sono tantissimi circa 200 milioni e può lavorare in maniera autonoma soprattutto con le emozioni, questi due cervelli, quello centrale e quello enterico comunicano attraverso dei metaboliti, ad esempio attraverso la serotonina che è il neurotrasmettitore della felicità che regola il tono dell’umore, la maggiore parte di essa viene sintetizzata nell’intestino, attraverso l’attivazione della dopamina o dei precursori dell’adrenalina. Digestione dei lipidi: I lipidi sono molecole idrofobiche (non sono solubili in acqua), solubili in solventi organici, la maggior parte dei lipidi è costituita da acidi grassi. l lipidi principalmente introdotti con la dieta sono: i trigliceridi, triacilgliceroli, fosfolipidi (lipidi che abbiamo nelle membrane delle cellule animali e vegetali), colesterolo, esteri del colesterolo (per forma esterificata si intende che è legato ad un acido grasso), vitamine liposolubili (A-D-E-K). I lipidi sono un’ottima fonte di energia da cui si ricava la più elevata quantità di energia per grammo 9kcal per grammo, vengono depositate nel tessuto adiposo sottoforma di trigliceridi, servono nel grasso sottocutaneo a mantenere costante la temperatura corporea, e nel tessuto adiposo insieme ai lipidi possono essere accumulate anche le vitamine liposolubili. Le funzioni dei lipidi: sono energetica perché si ricava energia, di riserva che si accumulano nel tessuto adiposo, regolatrice perché appunto sono precursori di ormoni, plastica perché formano le membrane cellullari, sono dei precursori di ormoni steroidei (colesterolo), precursori di vitamine (sempre il colesterolo, per la vitamina D) e prostaglandine (il precursore sono gli acidi grassi essenziali) e trasporto o accumulo di vitamine liposolubili. Si dividono in semplici e composti: I lipidi semplici, sono gli acidi grassi esterificati ai gliceroli, sono costituiti sostanzialmente da trigliceridi, mentre il lipidi complessi sono trigliceridi complessati ad altre molecole e formano la membrana cellulare come ad esempio i fosfolipidi (lipidi di membrana) e gli sfingolipidi (come sfingomielina, cerebrosidi, gangliosidi, li ritroviamo sulle membrane delle cellule nervose, la prima serve a formare la guaina mielinica). E abbiamo gli steroidi a cui appartiene il colesterolo, che è presente solo negli alimenti di origine animale, mentre invece negli alimenti di origine vegetale abbiamo i fitosteroli, che vengono utilizzati per trattare l’ipercolesterolemia. Quindi i lipidi sono formati principalmente da acidi grassi, ma non sono solo acidi grassi, gli acidi grassi sono formati da una lunga catena carboniosa e un gruppo carbossilico, il legame di questi acidi grassi con altre molecole è permesso dalla presenza del gruppo carbossilico, attraverso il legame estere. I lipidi introdotti con la dieta generalmente sono costituiti da trigliceridi, i trigliceridi sono costituiti da 3 molecole di acido grasso esterificata ad una molecola di glicerolo. Gli acidi grassi nel tessuto adiposo vengono depositati sottoforma di trigliceridi, poi abbiamo i fosfolipidi, colesterolo ed esteri del colesterolo. La forma esterificata (acido grasso unito ad un'altra molecola) degli acidi grassi è quella più comune, come i trigliceridi e i triacilglicerolo rappresentano la forma di deposito e di immagazzinamento degli acidi grassi, i fosfolipidi costituiti da un glicerolo esterificate da molecole di acidi grassi con una testa polare fosforica, e gli esteri del colesterolo è la forma con cui il colesterolo viene immagazzinato nelle cellule e viene trasportato, il colesterolo nella sua forma libera lo ritroviamo solo nelle membrane biologiche. (esterificazione= unire un acido grasso ad una molecola di colesterolo). Il colesterolo viene incorporato all’interno delle membrane cellulari, perché ha una testa polare costituito dal gruppo idrossilico e una coda polare e funziona sostanzialmente come i fosfolipidi che hanno le teste polari rivolte all’esterno e le code polari rivolte verso l’interno. In genere gli acidi grassi a catena corta nel sangue vengono trasportati da una proteina che si chiama albumina. La parte rossa rappresenta la parte polare idrofilica dell’acido grasso, mentre quelle bianche sono la parte idrocarburica e idrofobica. Gli acidi grassi sono tutti diversi e ne esistono 500, normalmente hanno un numero pari di atomi di carbonio e possono essere classificati in base alla lunghezza della catena carboniosa in: acidi grassi a catena corta con numero di atomi di carbonio fino a 6, quelli a catena media fino a 14 atomi di carbonio, quelli a catena lunga da 16 fino a 36 atomi di carbonio. Possono essere anche classificati in base al numero e al tipo di legami fra carboni in: acidi grassi saturi hanno solo legami semplici, non hanno doppi legami, acidi grassi monoinsaturi cioè presentano un solo doppio legame nella catena carboniosa, e acidi grassi polinsaturi che presentano almeno due doppi legami della catena carboniosa e tra questi ricordiamo i nostri acidi essenziali che sono gli omega 3 e gli omega 6. Nell organismo ’organismo umano esistono più di 500 tipi diversi di acidi grassi. L’enzima che catalizza l’allungamento della catena è L’ELONGASI. Invece quello che inserisce i doppi legami è la DESATURASI ed è in grado di introdurre il doppio legame solo nelle posizioni delta 9-6-5. Quindi tutti gli acidi grassi con doppi legami in posizione Δ12 (omega 6), Δ15 (omega 3) devono essere inseriti con la dieta. Acidi grassi saturi(hanno una struttura più lineare) più comuni a catena corta sono: l’acido butirrico che ha 4 carboni e l’acido esanoico che ha 6 carboni e li ritroviamo nel latte e nei suoi derivati. Acidi grassi saturi più comuni a catena media: sono l’acido laurico con 12 carboni e l’acido miristico con 14 carboni e si trovano nell’olio di palma e olio di cocco. Acidi grassi saturi più comuni a catena lunga: sono l’acido palmitico con 16 atomi di carboni e l’acido stearico con 18 carboni e si trovano nei grassi animali e vegetali e nel burro di cacao. C16:0 zero sta ad indicare che sono saturi e non ci sono doppi legami, C 16 indica che ci sono sedici atomi di carbonio. Questi acidi grassi saturi perché fanno male rispetto agli insaturi? Lo stearico (C18:0), invece, pur essendo saturo è poco aterogeno, poiché l'organismo lo desatura rapidamente formando acido oleico (un acido grasso monoinsaturo presente prevalentemente nell’olio extra vergine di oliva). Per aterogeno si intende che alzano il colesterolo e che favoriscono la formazione di placche ateromatose. Quindi gli acidi grassi saturi sono più aterogeni degli insaturi, perché i saturi introdotti con la dieta innalzano la colesterolemia, quindi l’eccesivo consumo di acidi grassi saturi è caratterizzato dall’innalzamento del colesterolo nel sangue. Acidi grassi monoinsaturi: (non sono lineari) sono quelli che presentano un doppio legame, e l’acido grasso monoinsaturo presente principalmente in natura e negli alimenti è l’acido oleico (18 atomi di carboni) che è tipico dell’olio di oliva, dove può costituire l’80% degli acidi grassi. L’acido oleico viene chiamato anche omega 9, perché il suo doppio legame è presente sul carbonio 9, C18:1c 9 in cui c18 indica i 18 atomi di carboni, 1 indica un doppio legame, c indica cis, e il doppio legame si trova tra il carbonio 9 e 10, mentre se c’era un t significava trans. Quando è presente un doppio legame di un acido grasso possono essere di tipo cis (in natura e non fanno male) vuol dire che i due idrogeni attaccati ai due carboni che formano il doppio legame sono sullo stesso piano, mentre trans hanno gli idrogeni legati ai carboni che formano il doppio legame su piani opposti. L’unica fonte naturale di acidi grassi trans è rappresentata dall’acido vaccenico che si forma nello stomaco dei ruminanti (mucche), li ritroviamo nella carne e nel latte, sennò normalmente gli acidi grassi insaturi che si trovano in natura sono solo quelli cis. Però questo acido vaccenico non è pericoloso perché viene trasformato all’interno del nostro organismo in CLA, cioè acido linoleico coniugato, che non fa male. Acido grasso insaturo con doppio legame trans-> lieve ripiegamento Acido grasso insaturo con un doppio legame di tipo cis. Ripiegamento Acido grasso insaturo con due doppi legami di tipo cis. Massimo del ripiegamento Quindi più acidi grassi insaturi abbiamo in un alimento più è basso il punto di fusione, perché queste strutture ripiegate impediscono che si aggregano in forme più solide e quindi rimangono liquide a temperatura ambiente. Gli acidi grassi insaturi trans sono solidi a temperatura ambiente e sono in grado di formare delle creme, come quella di nocciola. Possono fare male perché all’interno dei nostri vasi possono formare dei complessi solidi. Gli acidi grassi saturi e insaturi hanno una diversa struttura, entrambi con 18 atomi di carbonio, l’acido stearico presente solo singoli legami, mentre quelli insaturi presentano un doppio legame, questo doppio legame fa si che si forma una specie di gomito (ripiegamento) che determina una maggiore fluidità, perché formano delle strutture più disordinate. Gli acidi grassi sono presenti sia in alimenti di origine vegetale che animale, però c’è una differenza con gli oli, perché i grassi sono solidi a temperatura ambiente, questo dipende dall’insaturazione, più sono insaturi, più tendono ad avere un punto di fusione basso, più la catena degli acidi grassi ha un punto di fusione basso più tendono ad essere più liquidi, mentre se la catena è più lunga tendono ad essere più solidi. Poi abbiamo l’isomerizzazione cis e trans, in cui gli acidi trans tendono ad essere più solidi a temperatura ambiente, hanno un più alto punto di fusione. Quindi i fattori che influenzano la solubilità degli acidi grassi, sono la lunghezza della catena, il grado di insaturazione e il tipo di isomerizzazione. PERCHE’ GLI ACIDI GRASSI TRANS FANNO MALE?? •I grassi trans fanno male perché sostanzialmente hanno una geometria lineare rispetto a quelli cis. •consente una maggiore densità anche a 37 °C, facilitando la formazione di complessi solidi che possono alterare il lume dei vasi. •aumentano le LDL e diminuiscono le HDL. Gli acidi grassi polinsaturi sono quelli che sono costituiti principalmente da acidi grassi essenziali. Acidi grassi essenziali: sono degli oli che ritroviamo principalmente in alimenti di origina vegetale, mentre l’omega 3 lo ritroviamo anche nel pesce azzurro sono acidi grassi polinsaturi e sono due, l’omega 3 il cui capostipide è l’acido alfa linolenico mentre negli omega 6 è l’acido linoleico. La loro funzione è quella di essere componenti di struttura dei fosfolipidi di membrana, hanno la capacità di ridurre la colesterolemia e sono le molecole precursori di eicosanoidi, molecole a 20 atomi di carbonio. Gli eicosanoidi sono degli ormoni tissutali, i cui precursori sono gli omega 3 e omega 6. L’acido linoleico (omega 6)è presente principalmente negli oli di semi, di girasole, di mais, mentre l’acido linolenico (omega 3) si trova nel pesce, nell’olio di soia. Perché sono importanti? A parte fornire energia e costituire le membrane cellulari sono i precursori degli EICOSANOIDI, capaci di modulare numerose reazioni cellulari (per questo sono conosciuti anche come bioregolatori o "superormoni"). •Eicosanoidi (20 atomi di carbonio) sono prodotti a partire dagli acidi grassi essenziali ossidati da lipoossigenasi e ciclossigenasi: creando prostaglandine (regolano la pressione sanguigna), trombossani (regolano la coagulazione sanguigna) , prostacicline (processi infiammatori) e leucotrieni (processi immunitari). Gli eicosanoidi che derivano dagli acidi grassi omega 6 sono proinfiammatori, mentre quelli degli omega 3 sono antifiammatori, assunti in eccesso possono provocare tumori. •L’acido linolenico o W3 agiscono abbassando i livelli di trigliceridi nel sangue. •L’acido linoleico o W6 è in grado di far abbassare la colesterolemia (rimozione LDL e riduzione delle HDL). Gli omega 6 se presenti in eccesso rispetto a omega 3 sono responsabili di una serie di effetti negati, come aumento delle reazioni allergiche e infiammatorie. Le funzioni positive sono: •abbassano i livelli plasmatici di trigliceridi, interferendo con la loro incorporazione nelle VLDL a livello epatico (omega 6). •aumentano leggermente la concentrazione di HDL (omega 3) •Abbassano il rischio di malattie cardiovascolari •FUNZIONE ANTIATEROGENE (impediscono la formazione di placche), ANTITROMBOTICHE e ANTINFIAMMATORIE, perché sono precursori degli eicosanoidi antinfiammatori. Sviluppo delle attività cognitive e dell’attività visiva, regolando l’espressione genica di neurotrasmettitori (serotonina, noradrenalina, dopamina e acetilcolina) e proteggendo i neuroni dalla morte cellulare. In generale degli omega 6 dovremmo assumerne 8 gr al giorno, mentre gli omega 3 dai 2-4 gr al giorno, il rapporto diventa quasi 2:1. L’indice di aterogenicità è il rapporto tra gli acidi grassi saturi (laurico, miristico, palmitico) diviso gli acidi grassi essenziali N3, N6 e acidi grassi monoinsaturi. INIZIO DELLA DIGESTIONE-> inizia nello stomaco, abbiamo anche una lipasi salivare prodotta dalle ghiandole salivari ma questa agisce solo sui trigliceridi contenuti nel latte materno, quindi è attiva sostanzialmente nei bambini. Quindi inizia nello stomaco ad opera della lipasi gastrica, queste lipasi digeriscono i trigliceridi cioè quelli introdotti principalmente con la dieta e producono diacilglicerolo e una molecola di acido grasso. Si stima che questa lipasi gastrica inizi a digerire solo il 20-30% dei trigliceridi introdotti con la dieta, perché la vera digestione avviene nel duodeno. Quando il bolo alimentare che prende il nome di chimo arriva nell’intestino tenue, l’acidità gastrica provoca il rilascio della secretina che insieme alla colecistichenina stimolano il rilascio del succo pancreatico e degli acidi biliari, all’interno del succo pancreatico ritroviamo gli enzimi deputati alla digestione dei lipidi abbiamo la lipasi pancreatica che per agire ha bisogno della colipasi (secreta dal pancreas in forma inattiva che è la procolipasi, viene attivata attraverso la tripsina), la pancreatica produce un monogliceride e due molecole di acidi grassi, abbiamo anche la colesteroloesterasi che scinde gli esteri del colesterolo. Abbiamo la fosfolipasi A2 che andrà ad idrolizzare i fosfolipidi. Attraverso la peristalsi intestinale i grassi vengono sbattuti all’interno del nostro ambiente acquoso, però nel momento in cui la peristalsi funziona meno, questi acidi grassi tendono ad agglomerarsi, però prima che si riaggregano intervengono gli acidi biliari che impediscono, che queste goccioline di lipidi si riaggreghino tra loto. Quindi i Sali biliari rilasciati dalla cistifellea emulsionano i grassi, cioè scindono i lipidi in molecole più piccole impedendoli di aggregarsi, sono anfipatici (una parte polare e una apolare), da una parte saranno in grado di legare i grassi, dall’altra parte interagiscono con l’ambiente acquoso dell’intestino, sulla parte a contatto con l’acqua i Sali biliari portano tutte cariche negative, quindi si formano delle micelle (goccioline lipidiche), circondate dai Sali biliari che portano all’esterno una carica negativa, particelle delle stessa carica si respingono, quindi ricoprendo i lipidi con Sali biliari impedisce che queste goccioline si riaggregano, proprio per la presenza di cariche negative all’esterno. E’ importante che restano separati i lipidi per essere digeriti. I prodotti della digestione dei lipidi saranno acidi grassi liberi, colesterolo libero (perché l’estere del colesterolo è stato idrolizzato). Il 95% dei lipidi formato viene digerito, quindi all’interno quando si emulsionano i lipidi vengono formate le goccioline lipidiche che vengono chiamate micelle, e all’interno di queste micelle possono essere incorporate anche le vitamine liposolubili, lipidi digeriti, Sali biliari. In generale i lipidi passano per diffusione semplice all’interno della membrana dell’enterocita, perché sono della stessa natura della membrana. E all’interno dell’enterocita tutti gli acidi grassi vengono riesterificati e si vanno a formare i chilomicroni formati da esteri del colesterolo, triacilglicerolo e proteine, che passano per esocitosi dall’enterocita al circolo linfatico attraverso il dotto linfatico e si riuniscono al circolo ematico a livello del dotto toracico. Quindi si riformano trigliceridi ed esteri del colesterolo, vengono uniti ad alcune proteine formando delle strutture lipoproteiche. Mentre gli acidi grassi a catena corta non vengono complessati in queste lipoproteine ma vengono trasportati e legati all’albumina. I chilomicroni possono essere attaccati dalle lipasi a livello delle cellule endoteliali, quindi quelle che rivestono i vasi, ma generalmente giungono direttamente al fegato i chilomicroni. Le LDL e le HDL sono le principali lipoproteine che trasportano il colesterolo. Le vitamine: il termine vitamina vuol dire ammine della vita (dovuta alla vitamina B1 che presenta il gruppo amminico), la prima vitamina risale al (1911): ed era la B1 conteneva una funzione amminica, scoperta dal medico Funk, che estrasse per la prima volta dalla crusca una sostanza in grado di curare il beri beri. E’ una sostanza essenziale, ciò vuol dire che non siamo capaci di sintetizzarla e quindi dobbiamo introdurla con la dieta, anche se ci sono alcune vitamine che siamo in grado di sintetizzare. Sono acaloriche quindi non forniscono calorie, a differenza dei macronutrienti agiscono in dosi più basse, perché per i macronutrienti si parla di grammi, invece qui si parla di micro-milli grammi, possono essere stabili e risentire delle temperature, possono essere stabili a determinati valori di pH, stabili se esposti alla luce solare. Bisogna stare attenti a non avere uno scarso apporto di vitamine, ma nemmeno avere un eccesso di vitamine che possono portare a diversi problemi. Tutte le vitamine hanno funzione protettive, sono degli antiossidanti come la vitamina A, C, E, e regolatrici hanno un’attività di coenzima e hanno una protezione per il sistema immunitario. Ogni vitamina ha un organo bersaglio. Si può andare incontro ad avitaminosi cioè la mancanza totale di una o più vitamine, oppure ad ipovitaminosi cioè la mancanza parziale di una o più vitamine, oppure ipervitaminosi l’eccesso di vitamine. Anche con una dieta complessa ed equilibrata si può andare incontro ad ipovitaminosi se abbiamo un assorbimento intestinale alterato (ad esempio se si soffre di celiachia), alimentazione sbagliata, alcool, fumo, dipende anche dalla preparazione degli alimenti. -> Antivitamine, composti con azione antagonista su una specifica vitamina, Es. l’avidina, proteina del bianco dell’uovo è l’antivitamina della biotina (vitamina B7). -> Provitamine, precursori delle vitamine che vengono attivate da fattori esterni (vitamina D) o da fattori interni (Vitamina A). -> Farmaci, possono influenzare la biodisponibilità delle vitamine riducendone l’assorbimento, biosintesi, funzione biologica. CONDIZIONI FISIOLOGICHE CHE NECESSITANO DI UNA INTEGRAZIONE VITAMINICA: • Fasi iniziali della gravidanza (prevenzione dei difetti del tubo neurale con acido folico) • Allattamento (è importante supplementare l’acido folico) • Bambini e adulti dei paesi nordici nel periodo invernale (è importante supplementare la vitamina D) • Anziani • Vegetariani stretti, specie in età pediatrica che possono portare dei ritardi (vitamina B 12) Le vitamine vengono divise in liposolubili (solubili in solvente organico) e idrosolubili (solubili in acqua): Liposolubili Non sono eliminate facilmente dal nostro corpo ed è per questo che si può andare incontro a ipervitaminosi Sono immagazzinate nel corpo Hanno una funzione di riserva Non necessario introdurle quotidianamente con la dieta (perché hanno funzione di riserva) Ipervitaminosi Idrosolubili Diffondono liberamente nei liquidi intra ed extracellulari Non sono immagazzinate nel corpo, e vengono eliminate con le urine Hanno una funzione regolatrice: sono coenzimi Non hanno effetti tossici Labili, perché sono più facilmente inattivate dalla luce, struttura meno stabile Le vitamine liposolubili: (A-D-E-K), Il loro assorbimento è favorito dalla presenza di grassi nell’alimento che lo contiene o nella dieta globalmente consumata, viene assorbita nell’intestino tenue come le altre molecole di natura lipidica: incorporazione in micelle miste. Trasportate nei chilomicroni attraverso i vasi linfatici mesenterici fino al fegato. La vitamina D-> la carenza di vitamina D, può portare al rachitismo è una malattia a carico dell’apparato osseo e tendineo, viene definita una malattia nutrizionale. Ci sono due tipi di vitamina D, abbiamo la vitamina D3 (o colecalcisterolo) (endogena) che è contenuta negli alimenti di origine animale ed è quella che noi siamo capaci di produrre da soli. La molecola da cui si origina la vitamina D3 nel nostro corpo è il 7-deidrocolesterolo che per effetto della luce solare sulla pelle alla fine di tanti passaggi, si trasforma in vitamina D3 attiva. invece la vitamina D2 (ergosterolo) (esogena) è presente negli alimenti di origine vegetale, soprattutto nei funghi. La vitamina D viene considerata anche un ormone, perché agisce come gli ormoni steroidei, quindi ha un’azione sull’espressione dei geni. La vitamina D, all’80-90% la otteniamo per via endogena, esponendoci al sole, e un 10-20% la otteniamo con la dieta. Nel caso di grandi carenze si può ricorrere agli integratori. Sulla cute abbiamo il precursore della vitamina D che è il 7-deidrocolesterolo, quando ci esponiamo al sole, i raggi UVB attivano la conversione del 7-deidrocolesterolo in vitamina D3, però la forma D3 non è la forma attiva della vitamina, ma deve essere attivato attraverso due reazione di idrossilazione, la prima avviene a livello del fegato dove troviamo l’enzima 25 idrossilasi epatica che unisce in posizione 25 1 H, formando il 25 idrossi D3 (o 25 idrossicolecalcisterolo) , successivamente c’è la seconda reazione nel rene ad opera di una alfa 1 idrossilasi renale che catalizza l’idrossilazione in posizione 1 formando l’1-25 calcitriolo. La funzione principale della vitamina D è quella di mantenere l’omeostasi del fosforo e del calcio, e può agire sulla cellula dell’enterocita dove va a regolare l’espressione di un gene che codifica una proteina che lega il calcio che si chiama Calcium Binding-Protein, attraverso la sintesi di questa proteina, l’enterocita riesce ad assorbire maggiore quantità di calcio dall’intestino. Il recettore UTR (FATTORE DI TRASCRIZIONE=promuove la trascrizione di alcuni geni), permette alla vitamina D di entrare all’interno del nucleo e regolare l’espressione dei geni, tali recettori non sono presenti solo su organi bersaglio, ma anche nel sistema immunitario, negli organi riproduttivi, pancreas, ipofisi, tiroide… E’ essenziale l’assorbimento intestinale per mantenere costante l’omeostasi. Agisce insieme al paratormone che aumenta la formazione della vitamina D e viene sintetizzato dalle paratiroidi quando c’è un basso livello di calcio nel sangue e la calcitonina (secreta dalla tiroide), quando siamo in una situazione di ipercalcemia, promuove il deposito di calcio dal sangue proprio nelle ossa (attività degli osteoblasti), per diminuire la concentrazione ematica di calcio. Un altro organo che regola la formazione di calcio epatico è il rene in cui i n una fase di ipercalcemia verrà favorita l’eliminazione renale di calcio, invece in una situazione di ipocalcemia verrà stimolato il riassorbimento di calcio a livello dei tubuli renali. La vitamina D regola anche il sistema immunitario. Il recettore della vitamina D si chiama VDR, ed è il recettore attraverso il quale la vitamina riesce ad entrare nella cellula e regolare l’espressione dei geni, regola circa il 3% di tutto il genoma umano. I recettori VDR non sono presenti solo nei tessuti bersaglio classici, cioè intestino, reni ed ossa, ma questi recettori sono presenti anche nel sistema immunitari, nei nostri organi riproduttivi, nel pancreas, nell’ipofisi, nella tiroide, nei muscoli scheletrici, nel cuore, nel cervello, nel fegato. I recettori della vitamina D sono stati individuati anche nelle diverse cellule del sistema immunitario, come i linfociti T e B, macrofagi. La vitamina D interviene in tantissimi processi. Si è visto che la vitamina D è in grado di diminuire le reazioni allergiche, perché è in grado di diminuire la formazione delle Immunoglobuline E da parte dei linfociti B che sono coinvolti nelle forme allergiche. Quindi la vitamina D esercita un effetto genomico, cioè che interagisce con il DNA promuovendo l’espressione di alcuni geni, legandosi al VDR. Può avere una reazione calcemica quando agisce sugli organi classici, cioè ossa, intestino e reni, ma quando i tessuti bersaglio sono altri viene detta non calcemica. Il recettore della vitamina D (VDR) è un fattore di trascrizione che si trova nel nucleo delle nostre cellule e che ha la capacità, una volta attivato, di legarsi al DNA e di accendere (o spegnere) i geni vicini. La vitamina D sembrerebbe interagire anche con tratti di DNA collegati ad alcuni tumori, come la leucemia e il cancro del colon-retto. Fattori che influenzano la sintesi solare di vitamina D3-> sono la longitudine, perché ovviamente c’è una differenza tra chi è al polo nord e chi all’equatore, la stagione, cioè estate-inverno, e l’orario di esposizione, l’età (a parità di esposizione solare il soggetto anziano produce circa il 30% in meno di vitamina D), il Bmi (nelle persone obese la vitamina D tende ad essere “sequestrata” nel tessuto adiposo), l’uso di creme protettive (un fattore di protezione 15 potrebbe ridurre del 99% la produzione di vitamina), il fototipo cutaneo, l’indossare indumenti protettivi, i vetri (il vetro assorbe tutte le radiazioni UVB: chi passa le giornate dietro ad una finestra non avrà alcun effetto sulla sintesi di vitamina D), l’inquinamento atmosferico, l’inquinamento particolato fine sospeso nell'atmosfera può sia assorbire che riflettere gli UVB così come le nuvole, in montagna l'atmosfera filtra meno raggi UVB rispetto alla spiaggia, quindi la produzione è più efficiente. Circa il 10-20% di fabbisogno di Vitamina D viene in genere introdotto con la dieta. Le migliori fonti di vitamina D3 sono i pesci come salmone tonno e sgombro e gli oli di fegato di merluzzo. La vitamina D3 è presente anche nel fegato di manzo, formaggi e tuorlo d’uovo. I funghi forniscono la vitamina D2. Assorbimento e trasporto della vitamina D: La vitamina D è fortemente liposolubile viene rapidamente assorbita sotto forma di micelle a livello duodenale e digiunale e quindi distribuita sotto forma di chilomicroni attraverso la circolazione linfatica. La proteina di trasporto della vitamina D, (Vitamin D Binding protein; DBP), è un’alfa globulina prodotta dal fegato, la cui produzione può diminuire in caso di insufficienza epatica o sindrome nefrosica. La Vitamina D viene portata quasi totalmente al tessuto adiposo, da cui viene liberata in piccole quantità rispetto alla quota immagazzinata. Maggiore massa adiposa “sequestro e/o diluizione volumetrica di vitamina D” rischio di carenza di vitamina D è più elevato nei soggetti obesi. Il fabbisogno quotidiano di vitamina D varia a seconda dell’età: • 400 Unità dalla nascita fino al primo anno di età • 600 UI dal primo anno di vita in poi. Questo apporto può aumentare se i bambini non vengono esposti al sole • 1000-1500 UI per gli adulti sani • 2300 UI per gli anziani Funzione extrascheletriche: Vitamina A: (liposolubile) (nel regno animale principalmente nel fegato, nei vegetali si trova nei pomodori, nelle carote) si intende una classe di molecole che si chiamano retinoidi che possiedono l’attività biologica del retinolo, ciò vuol dire che in natura la vitamina A è presente in tre forme diverse nella stessa molecola, è presente sottoforma di retinolo (forma alcolica) presente in forma libera o esterificata (aggiunta di acido grasso in questo caso il retinil esteri), si può avere una forma aldeica che deriva dall’ossidazione del retinolo che è il retinale (forma aldeica) e l’acido retinoico (forma acida). I retinoidi li troviamo in alimenti di origine animale, mentre i carotenoidi in quelli vegetali. In generale questa vitamina è instabile pur essendo liposolubile. Abbiamo anche i carotenoidi che sono delle provitamine A, ciò vuol dire che possono essere convertiti in vitamina A attraverso dei processi di idrolisi all’interno dell’enterocita, il più diffuso è il beta carotene. La forma aldeidica detta RETINALE fa parte del meccanismo della visione, in cui l ’ 11-CIS RETINALDEIDE si unisce ad una proteina retinica, la OPSINA formando il pigmento visivo RODOPSINA. Quando un fotone di luce colpisce la retina, incontra la rodopsina e il retinale che era in forma cis si trasforma in forma trans, determinando un cambiamento conformazionale della rodopsina, questo innesca una cascata di segnali molecolari, fino ad arrivare ad una proteina G che determina la generazione di impulsi elettrici che arrivano al cervello e ci permettono la visione, soprattutto la visione crepuscolare (luce del tramonto). La forma acida detta acido retinico ha diverse funzioni come regolare l’espressione di alcuni geni legandosi ad un recettore chiamato RXR, la vitamina A legata al recettore interagisce anche con il recettore della vitamina D, i geni coinvolti in processi di crescita, proliferazione, sviluppo embrionale. Quindi questi recettori a cui si lega l’acido retinoico agiscono direttamente da soli sull’espressione dei geni, oppure agiscono con la vitamina D, formando un solo complesso. E’ la prima vitamina che incontriamo che ha un’attività antiossidante, in particolare sono i proprio carotenoidi ad avere azione antiossidante, cioè contrasta la formazione dei radicali liberi (si formano a contatto con determinati farmaci, sostanza tossiche, pesticidi). Assorbimento e trasporto della vitamina A-> il retinil esteri della dieta vengono trasformati in retinolo dalla retinil estere idrolasi, prodotto dagli enterociti sull’orletto a spazzola, ed assorbiti. Il retinolo viene poi riesterificato negli enterociti stessi e trasportato nel circolo linfatico nei chilomicroni che raggiungono il fegato dove viene depositato nelle cellule stellate all’interno delle goccioline lipidiche. Nel fegato il retinolo viene legato alla RBP (retinol binding protein) e trasportato ai tessuti dove entra nelle cellule che possiedono il recettore per l’RBP. Una volta entrato nei tessuti bersaglio il retinolo arriva al nucleo dove va a regolare dell’espressione genica della cromatina. La dose giornaliera consigliata è di 700 microgrammi al giorno per l’uomo e di 600 microgrammi nella donna. La carenza di questa vitamina è presente nei paesi con povertà e malnutrizione, si avranno problemi nella vista e in alcuni tessuti. Vitamina E: La forma più attiva e potente è l’α-tocoferolo. Il cuore centrale e comune della vitamina E è un cromanolo con un ossidrile (testa polare) ed una coda idrofobica insatura (tocotrienolo) o satura (tocoferolo). Struttura che permette alla vitamina E di inserirsi nel doppio strato lipidico (nella membrana cellulare). Il gruppo ossidrilico le permette di svolgere la sua azione antiossidante. Come i lipidi viene assorbita a livello intestinale, quindi dagli enterociti che sono incorporati nei chilomicroni, portati dalla via linfatica e rilasciati in quella sistemica , quando arriva al fegato la vitamina E viene incorporata alle lipoproteine che trasportano il colesterolo cioè LDL, HDL, VHDL, e attraverso queste lipoproteine di trasporto viene trasportata agli altri tessuti. E si è visto che c’è una relazione tra colesterolemia e la concentrazione di vitamina E, avviene perché la vitamina E viene trasportata con lo stesso trasporto del colesterolo. La forma più attiva è l’alfa-tocoferolo, nell’ organismo si trova nelle membrane cellulari e agisce da antiossidante proteggendo gli acidi grassi da parte dei radicali liberi che provocano l’ossidazione del lipidi, gli acidi grassi che vengono maggiormente dai radicali liberi sono quelli insaturi, i radicali sono sostanze tossiche, possono essere farmaci, alcol, fumo La vitamina E agisce è in grado di interrompere la catena di ossidazione innescata dai radicali liberi. La vitamina E dona un elettrone al radicale libero trasformandosi in radicale alfa- tocoferossilico stabilizzato per risonanza. Tale radicale può reagire con la vitamina C e glutatione ridotto rigenerando alfa-tocoferolo. Le migliori fonti alimentari vegetali sono: oli vegetali polinsaturi, semi, nocciole, noci, cereali integrali, ecc. La cottura e i trattamenti tecnologici a cui vengono sottoposti gli alimenti ne riducono notevolmente il contenuto. È presente anche in alcune fonti alimentari di origine animale, come fegato, uova e latticini. La sua carenza è difficile in quanto si trova in moltissimi alimenti. L’assunzione giornaliera è di 3 milligrammi al giorno per le donne e di 4 milligrammi per gli uomini. Vitamina K: ha a che fare con la coagulazione del sangue, questa vitamina fu scoperta a seguito di esperimenti su animali dove furono identificate le sue proprietà antiemorragiche. Esistono 3 forme diverse: K1 presente nelle piante (fillochinone), è quella introdotta principalmente con la dieta, poi abbiamo la K2 prodotta dai batteri intestinali (menachinone) e la K3 (o menadione), di origine sintetica, che può essere sintetizzato in laboratorio per fare gli integratori. Abbiamo la formazione di micelle, dove la vitamina K1 viene assorbita al livello degli enterociti, mentre la K2 assorbita dai colonociti, inglobata sempre nei chilomicroni e trasportata al fegato e ritorna in circolo all’interno delle VDL, HDL, VHDL. La vitamina K è scarsamente immagazzinata ed ha una emivita breve che ne rende necessario un apporto continuo con la dieta/ batteri intestinali. In eccesso vengono eliminate con le urina. La vitamina K agisce come coenzima di una carbossilasi, attraverso delle reazioni di carbossilazione, questa carbossilasi fa la carbossilazione su tutte proteine che hanno a che fare con la coagulazione, e sono la protrombina, il fattore 7-9-10 della coagulazione. Va anche ad attivare sempre attraverso il processo di carbossilazione delle proteine che sono la osteocalcina e proteina GLA della matrice si trovano a livello dell’osso e regolano la mineralizzazione dell’osso. Quindi hanno un ruolo di coagulazione del sangue e di calcificazione dell’osso sempre attraverso il meccanismo di coenzima della carbossilasi. La vitamina K si trova sia negli alimenti vegetali che in quelli animali ed in più viene sintetizzata dai batteri intestinali. Tra i vegetali, i più ricchi sono quelli a foglia verde (broccoli, cavolo, cavolini di Bruxelles, cime di rapa, spinaci, verza, ecc...). Contengono vitamina K pure i ceci, i piselli, la soia, il the verde, le uova, il fegato di maiale e di manzo, i latticini, la carne, la frutta. Vitamine idrosolubili (C-B1-B2-B3-B5-B6-B7-B9-B12) La loro caratteristica è che sono tutti dei coenzimi, hanno la caratteristiche di essere difficilmente immagazzinate e quindi devono essere introdotto giornalmente, e sono labili cioè più facilmente degradabili, non hanno effetti tossici perché non possiedono organi di riserva e vengono eliminate con le urine. La vitamina C: è l’unica che può essere in parte immagazzinata, ha una funzione antiossidante insieme alla A-E, perché è un buon agente riducente ed il radicale ascorbile che si forma non è dannoso perché si stabilizza per risonanza magnetica. La vitamina C dona il suo elettrone al radicale della vitamina E ritornando nella sua forma di alfa tocoferolo, e la vitamina C si trasforma in radicala ascorbile. Venne scoperta anch’essa all’inizio del 1900, la possiamo ritrovare o come acido L-ascorbico o deidroascorbato (forma ossidata), quindi in due forme. La forma più presente è quella dell’acido ascorbico (forma ridotta). Essendo una vitamina idrosolubile è molto labile, quindi può essere degradata dal calore, risente della luce infatti è fotosensibile, ed è stabile se la troviamo in ambienti acidi come agrumi, fragole, kiwi, limoni, uva, peperoni. Può essere inattivata dalla luce, che può degradarla. Essendo idrosolubile quindi vuol dire che è solubile in acqua, quando andiamo a mettere ad esempio le foglie di lattuga ricche di vitamina C in acqua per molto tempo, molta vitamina viene persa nell’acqua e la sua stabilità dipende anche dalla conservazione e dalla cottura della verdura. Le sue funzioni sono: antiossidante insieme alla A e alla E, è importantissima nell’assorbimento del ferro, riduce il ferro dalla forma 3 + e aumenta l’assorbimento intestinale, abbiamo detto che tutte le vitamine idrosolubili sono coenzimi, la vitamina C è un coenzima di alcune ossigenasi e che catalizzano delle reazioni di idrossilazione. Il primo processo metabolico in cui sono coinvolti queste ossigenasi è la biosintesi del collagene, che si trova nei tessuti connettivi, interviene nella conversione di due amminoacidi che sono la prolina in idrossiprolina e della lisina in idrossilisina ad opera della prolina idrossilasi e della lisina idrossilasi, attraverso queste due reazioni di idrossilazione il collagene diventa la forma matura. Avviene anche la sintesi della noradrenalina, anche della serotonina, sintesi della carnitina importantissima per l’ossidazione dei mitocondri per gli acidi grassi. Ed è importante per la biosintesi di acidi biliari, importante per l’attivazione dell’acido folico (o vitamina B9). Importante per la sintesi di ormoni steroidei, aumenta l’assorbimento del ferro, e regola i livelli di istamina è coinvolta nei processi di allergia, lo shock anafilattico si ha quando produciamo un eccesso di istamina. Deposito ed eliminazione: A differenza delle altre vitamine idrosolubili la vitamina C viene accumulata nell'organismo umano soprattutto nel fegato e nelle ghiandole surrenali, ciò spiega perché i sintomi da carenza compaiano solo dopo 4 mesi. Assorbimento e metabolismo: trasporto attivo e diffusione passiva, assorbito nell’intestino tenue: viene immagazzinata nel fegato e nel surrene e la quota in eccesso viene eliminata con le urine. La captazione da parte della cellula avviene per - Trasporto attivo della vitamina C mediante specifici trasportatori Na-dipendenti (SVCT1 e 2) - Trasporto facilitato per il deidroascorbato tramite GLUT (trasportatori del glucosio) Il deidroascorbato è trasformato nella forma attiva ridotta vitamina C tramite reduttasi, enzimi che utilizzano GSH-, NAD(P)H-, acido lipoico quali agenti riducenti Tale riciclaggio è importante il mantenimento delle riserve. La carenza può portare allo scorbuto che coinvolge tutti gli apparati dell’organismo. E la carenza accentua i danni da stress ossidativo perché è il principale ANTIOSSIDANTE extracellulare. Vitamine del gruppo B: sono 8 e sono tutte dei coenzimi quindi liberano energia dagli alimenti, hanno tutte un ruolo fondamentale nel metabolismo energetico e nella proliferazione e differenziazione cellulare. Non sono chimicamente simile sono diverse l’una dall’altra, si ritrovano negli stessi alimenti come il lievito di birra, latte, cereali. Sintomi da carenza: secchezza o ruvidità della pelle e salute dei capelli. Ridotto assorbimento in presenza di stress, o dall'eccessivo consumo di caffè. Vitamina B1 (tiamina): La tiamina è una vitamina la cui carenza porta allo sviluppo di una patologia chiamata BERIBERI (si manifesta con stanchezza, paralisi, atrofie muscolari, accompagnate da disturbi cardiaci gravi). Il beriberi è (era) una malattia diffusa in Asia, in seguito ad una alimentazione quasi esclusivamente basata sul consumo di riso raffinato (brillato). Si trova nell’esterno del riso. Questa vitamina B1 va a formare la tiamina pirofosfato che è un coenzima di un enzima che è la decarbossilasi che intervengono nel ciclo di Krebs, produzione di ATP, è importante per produrre energia e carboidrati. E’ importante per mantenere la funzionalità del sistema nervoso e per mantenere l’integrità delle mucose. Considerata anche "la vitamina dell'umore e dell'energia", è presente in piccole quantità in quasi tutti gli alimenti, ma in maggior concentrazione si trova in alimenti come la carne di maiale, uova, nella crusca e nel germe del grano, nella PULA (la pelle) del riso, nei legumi e nel lievito di birra. Quindi la carenza di vitamina B1 è il beri beri, che interessa il sistema nervoso e cardiovascolare, questi sintomi compaiono dopo pochi giorni perché le riserve di questa vitamina sono poche, perché non hanno organi di riserva. L’alcol blocca l’assorbimento di questa vitamina. Vitamina B2 o riboflavina: La riboflavina è il componente centrale dei cofattori FMN (flavina mononucleotide) e FAD (flavina adenina nucleotide), che intervengono in diverse reazioni di ossidoriduzione come donatori ed accettori di elettroni. Essi intervengono in varie reazioni di ossidoriduzione del metabolismo dei carboidrati, proteine e lipidi e nella respirazione cellulare. Le più importanti fonti alimentari di riboflavina sono il latte e i suoi derivati, infatti all’inizio fu chiamata proprio LATTOFLAVINA, l’albume d’uovo, fegato, rene ed cuore, ma anche nel lievito di birra e nelle verdure (soia, cereali, mandorle). Una quantità ridotta può essere fornita dal microbiota intestinale. La sua carenza è molto rara ma si può riscontrare negli alcolisti e può portare ad una sindrome pellegra-simile in cui ci sono delle lesioni a livello delle mucose. Vitamina B3 o PP o Niacina: è presente in più forme-> acido nicotinico presente nei vegetali (cereali integrali, lievito di birra, arachidi, caffè macinato) e la nicotinammide presente negli animali (fegato, rene, cuore, pesce, uova, latte). La molecola precursore della vitamina B3 è il triptofano e i batteri intestinali possono sintetizzare la vitamina B3 a partire dal triptofano, però occorrono 60 milligrammi per ottenere un milligrammo di acido nicotinico. Sono componenti dei coenzimi NAD e NADS, accettano o donano elettroni ed intervengono nei processi ossidoriduttivi che intervengono nel metabolismo dei grassi tra cui il colesterolo, e dei carboidrati, intervengono nella sintesi di ormoni sessuali e surrenali. La carenza può portare a dermatite (la pelle si screpola e si desquama), a diarrea (alterazioni del rivestimento mucoso del tratto gastrointestinale), e anche a casi di demenza (compromissione delle funzioni intellettive. Vitamina B5 o acido pantotenico: è un costituente del coenzima A (coA) (trasportatore dei gruppi acili e acetili) entra nelle vie metaboliche dei carboidrati, degli aminoacidi, degli acidi grassi, dei composti steroidei e dei corpi chetonici e partecipa anche ad altre REAZIONI DI ACETILAZIONE delle proteine determinando, così, la regolazione di vari sistemi cellulare della fosfopanteteina. E’ instabile al calore in ambienti acidi e basici. Stabile a pH neutro. Ricordiamo l'acetilazione degli istoni (sono proteine a cui è avvolto il DNA per compattarsi), coinvolta nella regolazione dell'espressione genetica. La 4’-FOSFOPANTETEINA serve a trasportare i gruppi acili. La sua carenza è difficile e si manifesta con affaticamento e stanchezza. Vitamina B6: si intendono una serie di molecole: piridossina, piridossale e piridossamina e piridossalfosfato. Sono stabili al calore soprattutto in ambiente acido, ma risentono della luce e di sostanze ossidanti. Queste due molecole sono coinvolte nel: Metabolismo degli aminoacidi Metabolismo lipidico e glucidico Importante per la produzione delle guaine mieliniche (rivestimento dei neuroni) Sintesi di vari neurotrasmettitori Trasforma l’omocisteina in cisteina, abbassandone i livelli nel sangue che possono portare ad ictus La sua carenza è rara e in caso può portare problemi a livello del sistema nervoso, la ritroviamo nel grano, nei fiocchi di mais, fegato bovino. Vitamina B7: La biotina è resistente al calore ambiente acido e basico, si decompone invece per azione della luce ultravioletta e di forti ossidanti. Il termine biotina deriva da bios e indica un fattore che aiuta il lievito a lievitare. E’ un coenzima delle carbossilasi che hanno un ruolo fondamentale per gli acidi grassi che ne regolano l’omeostasi, per la degradazione dell’amminoacido leucina, la gluconeogenesi, e regola l’espressione di circa 2000 geni. La carenza è rara e i sintomi sono desquamazione della pelle e perdita dei capelli. Vitamina B9: (o acido folico) La forma attiva è il tetraidrofolato, per formare la forma attiva della vitamina B9 è necessaria che ci sia la vitamina C. Questa vitamina è importante nella gravidanza per prevenire la spina bifida. E’ essenziale nella sintesi delle basi azotate del DNA. Come la B7 converte l’omocisteina in cisteina. Insieme alla vitamina B12 forma una molecola il SAM che è capace di donare i gruppi metilici. La carenza è oggi la forma di ipovitaminosi più diffusa, si può andare incontro ad anemia, mancanza di globuli bianchi e mancanza di piastrine. Vitamina B12: (cobalamina) possiede un atomo di cobalto che si lega a diverse strutture come la CN, OH e CH3. Per essere assorbita abbiamo bisogno del fattore intrinseco prodotto dallo stomaco, questo complesso di vitamina B12 e fattore intrinseco viene riconosciuto da un fattore specifico dell’enterocita presente sulla membrana degli enterociti. Può essere prodotta anch’essa dal nostro microbiota e viene prodotta anche da alcune alghe. C’è una relazione tra vitamina B12 e acido folico, perché insieme donano i gruppi metilici. E’ essenziale nella sintesi del DNA e del neurotrasmettitore cerebrale, e converte insieme all’acido folico la omocisteina in metionina. Si trova esclusivamente in fonti alimentari animali, interiora, pesci, latte e derivati, uova, è importante per i vegani integrarla.