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Microorganismi 2021 Calegari

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SEZIONE 1 LEZIONE 1: INTRODUZIONE
Microbiologia →studio dei microrganismi
Microrganismi →organismi microscopici così piccoli da non poter essere visualizzati ad occhio nudo ma con
microscopio: ottico per i batteri, elettronico per i virus. Le muffe si possono vedere ad occhio nudo.
- Il primo ad osservare e a descrivere i microrganismi fu A. Van Leeuwenhock alla fine del 1600
- G. Fracastoro nel 1400 ipotizzo che le malattie potessero essere provocate da organismi invisibili
- A. Bassi alla fine del 1700 dimostrò che una malattia del baco da seta era causata da un fungo
- L. Pasteur nel 1822 dimostrò che una malattia del baco da seta era dovuta da un protozoo
- R. Koch e i suoi postulati:
1. Il microrganismo deve essere presente in tutti gli individui malati ed assente in quelli sani
2. Il microrganismo deve essere isolato e cresciuto in coltura pura
3. La stessa malattia deve essere provocata dall’infezione sperimentale con il microrganismo isolato
inoculato in un ospite sano
4. Lo stesso microrganismo deve essere re-isolato dall’ospite infettato sperimentalmente
Il microrganismo è l’agente eziologico della malattia
- E. Jenner nel 1749 gli venne attribuita l’inizio della pratica della vaccinazione per proteggere le persone
dal vaiolo (prima dei postulati di Koch).
Osservò che le persone, in particolare donne, che lavoravano con le mucche e che contraevano il vaiolo
delle mucche (vaccino), si ammalavo e guarivano spesso dalla malattia, così non contraevano la malattia
umana (resistenza).
Esperimento: inoculò nel braccio di un bambino materiale purulento proveniente da una pustola di una
donna malata di vaiolo vaccino e in seguito inoculò una pustola di vaiolo umano e vide che il bambino non
sviluppò la malattia umana.
- Pasteur mentre effettuava studi sul colera dei polli prese dei batteri che erano rimasti in un brodo vecchio
e li inoculò nei polli e vide che i polli non sviluppavano la malattia.
I brodi vecchi vennero chiamati da Pasteur VACCINI ATTENUATI.
Pasteur trattando delle colture con reagenti chimici e calore sviluppò un vaccino attenuato nei confronti
dell’antrace.
Qualche anno dopo coltivando il virus della rabbia nel sistema nervoso di coniglio ed estraendo del
materiale dal sistema nervoso del coniglio lo iniettò in un bambino morso da cane infetto da rabbia e il
bambino non sviluppò la malattia.
- A. Fleming 1928 stava effettuando studi sulle varianti del genere degli staphylococcus. Aveva lasciato
delle piastre di staphylococcus esposte all’aria e dopo alcuni giorni le piastre erano contaminante da funghi
e gli staphylococchi morti. I funghi avevano ucciso i batteri. Il fungo responsabile era il penicillum e da
questo la sostanza che era stato in grado di inibire ed uccidere cioè la penicillina.
Penicillina primo antibiotico.
METODO SCIENTIFICO si fonda su un problema difronte al quale viene sviluppata un’ipotesi, viene fatta
una scelta su come saggiare l’ipotesi, vengono raccolte delle info mediante osservazione e
sperimentazione (due punti fondamentali). Viene fatta un’analisi delle info raccolte e si può dire se l’ipotesi
si è rivelata falsa così bisogna ricominciare oppure se è stata confermata si procede con ulteriori verifiche
per validare l’ipotesi.
IL METODO IPOTETICO-DEDUTTIVO è l’approccio della ricerca scientifica.
LEZIONE 2: PROCARIOTI VS EUCARIOTI
C. Linnaeus fu il padre della classificazione scientifica moderna degli organismi viventi. Ha stabilito il
sistema di NOMENCLATURA BINOMIALE.
Ogni organismo ha due nomi: genere + epiteto specifico (indica la specie)
es Staphylococcus aureus (le colonie appaiono colorate in oro)
es Candida albicans (le colonie appaiono bianche)
es Escherichia coli (scopritore + colon)
Gli organismi sono classificati in tre grandi domini:
- bacteria
- archea
- eucaria
Procariote: prima del nucleo, sono organismi unicellulari nei quali non è presente il nucleo. Il DNA è
disperso nel citoplasma. Hanno dimensioni ridotte. La divisione cellulare avviene per scissione binaria.
Assente la ricombinazione sessuale.
Eucariote: nucleo buono, sono organismi uni e pluricellulari. Il materiale genetico è protetto da una
membrana nucleare. Avviene la mitosi e la meiosi.
CELLULA BATTERICA: cellula procariotica.
- il materiale genetico non ha un nucleo ma disperso nel nucleoide
- il materiale genetico è una molecola di DNA detto cromosoma a struttura circolare
- nel citoplasma ci sono i plasmidi: molecole di DNA circolare di piccole dimensioni, con autonomia
replicativa, non sono essenziali ma importanti per la virulenza e la patogenicità dei batteri.
- nel citoplasma ci sono i ribosomi formati da RNA e proteine. I ribosomi batterici hanno un coef di
sedimentazione di 70s. Sono un bersaglio per i farmaci antibatterici
- nel citoplasma ci sono inclusioni formate da granuli contenenti nutrienti
- acqua
- la membrana cellulare è formata da doppio strato fosfolipidico. Non contiene colesterolo ma opani. Sono
inserite proteine e carboidrati. Ha funzione di protezione e barriera, permette scambi di diffusione e
trasporto attivo. E’ sede di processi biosintetici e della catena respiratoria. Disinfettanti, detergenti e
antibiotico polimixina danneggiano la membrana
COLORAZIONE DI GRAM
permette di distinguere i batteri gram + e gram è differenziale, utilizza in sequenza due coloranti: il cristal violetto e la safranina.
1. I preparati sono prima colorati con cristal violetto
2. Viene mordensato con iodio e ioduro di potassio che forma un composto più stabile con il primo
colorante
3. Vengono decolorati con alcol e acetone
4. Ricolorati con safranina
Alla fine si osserva:
i batteri sono colorati in viola oppure in rosso.
I batteri che hanno resistito al decolorante vengono classificati come gram + mentre i batteri decolorati
sono gram -.
La resistenza al decolorante è data dalla quantità di peptidoglicano presente nella parete batterica.
- La parete cellulare è rigida, da forma e protezione alla cellula.
E’ costituita da peptidoglicano (mureina) polimero di due carboidrati azotati: N-acetilglucosamina (NAG) e
N-acetilmuramico (NAM).
Al NAM è attaccato un tetrapeptide laterale. I polimeri lineari di peptidoglicano sono collegati
trasversalmente, a livello del tetrapeptide, attraverso un ulteriore corto peptide (gram +) o direttamente
(gram-).
La parete dei Gram + ci sono molti strati di peptidoglicano (200-800 A) e rende la parete molto spessa. Tra
gli strati di peptidoglicano ci sono gli acidi teicoici o lipoteicoici che sono una competente importante della
parete perché sono altamente antigenici.
ANTIGENICO: riconosciuto come NO SELF dal SI dell’ospite e stimola una risposta immunitaria.
La parete dei Gram – hanno un parete molto sottile (20°). La membrana esterna ha una struttura peculiare
perché si dice anche asimmetrica formata da uno strato di fosfolipidi e da LPS. LPS è formato dal lipide A,
porzione tossica e una parte polisaccaridica dove si distingue un core centrale polisaccaridico e una
porzione terminale O (antigene).
Esistono batteri senza parete cellulare: MICOPLASMI
sono avvolti da una membrana cellulare (simile a quella degli eucarioti) con colesterolo.
- Le strutture esterne hanno materiale saccaridico o polipeptidico molto adesivo.
Lo strato mucoso è uno strato non organizzato e lasso
La capsula è organizzata e attaccata alla parete cellulare, previene la fagocitosi e porta la cellula ad
attaccarsi formando il biofilm.
I flagelli ovvero appendici deputate al movimento grazie alla flagellina (antigene H). Formati dall’uncino,
corpo basale e il filamento vero e proprio che permette la rotazione e il movimento.
Le fimbrie sono appendici più corte e sono responsabili dell’attacco del batterio alle mucose.
I pili F sono usati per il trasferimento del DNA da una cellula all’altra.
COCCHI: forma rotondeggiante, si possono disporre a due a due (diplococchi), a corte catenelle
(streptococchi), a grappolo (staphilococchi).
BACILLO: forma allungata
ENDOSPORE: forma che il batterio assume in condizioni avverse. E’ una forma di resistenza alla mancanza
di nutrienti, all’essicazione, a disinfettanti chimici. Quando le condizioni tornano favorevoli l’endospora
torna alla forma vegetativa.
Tra questi: bacillus, clostridium
I batteri prendono energia da: prodotti chimici organici, inorganici e dalla fotosintesi.
Gli archea sono procarioti, unicellulari, non hanno peptidoglicano, vivono in ambienti estremi. Sono tre
gruppi metanogeni, alofili estremi, termofili estremi.
I funghi (miceti) hanno una parete cellulare costituita da chitina, usano prodotti organici, i lieviti sono
unicellulari. I funghi pluricellulari hanno filamenti chiamati ife che vanno a formare una massa detto
micelio.
I protozoi sono eucarioti unicellulari, sono mobili grazie a flagelli e ciglia. Formano cisti o spore come forme
di resistenza. Alcuni sono parassiti per l’uomo.
I parassiti animali sono eucarioti multicellulari, sono ad es. gli elminti. Sono microscopici solo in alcune fasi.
Virus sono acellulari, il core è costituito da DNA o RNA. Il core è circondato da un rivestimento proteico.
Possono essere rivestiti da un envelope lipidico. I virus replicano solo all’interno della cellula ospite.
LEZIONE 3: MECCANISMI DI PATOGENICITA’
PATOGENICITA’: capacità di un microrganismo patogeno nel causare la malattia superando le difese
dell’ospite
VIRULENZA: entità della patogenicità
PATOGENESI: meccanismi con cui si istaura la malattia
SITI DI ENTRATA:
- tratto respiratorio
- tratto gastrointestinale
- tratto genitourinario
- pelle (lesionata o ferita o punture)
- via parenterale (iniettato nel circolo ematico)
Una volta che il microrganismo è entrato, avviene L’ADESIONE E COLONIZZAZIONE. Attraverso molecole
come adesine o ligandi si lega a recettori complementari che si trovano sulla superficie delle cellule
(mucose del tratto respiratorio o gastrointestinale).
Le adesine o i ligandi possono essere rappresentate da alcune strutture di superficie del batterio, possono
trovarsi sul glicocalice, sulle fimbrie, sui flagelli. Trovano come recettori dei residui glicidici di glicoproteine
o lipoproteine superficiali come il mannosio.
Una volta che il batterio è entrato, è adeso e ha iniziato a colonizzare la mucosa, come può superare le
difese dell’ospite?
I batteri superano le difese grazie a:
- capsula: impedisce alla cellula fagocitica di aderire al batterio
- biofilm: strato mucoso al cui interno ci sono molti batteri
- componenti della parete cellulare: proteine M dello streptococcus
pyogenes che insieme agli acidi teicoici formano delle fibrille con azione antifagocitaria. Le proteine opa
variando aiutano ad elludere il SI.
- enzimi: catalasi (contrastano il killing intracellulare), IgA proteasi (distruggono gli anticorpi IgA)
VARIAZIONE ANTIGENICA: alcuni patogeni possono alterare i propri antigeni di superficie nel momento in
cui l’ospite ha montato la risposta anticorpale, il patogeno ha già alterato il suo antigene che non viene più
riconosciuto dall’anticorpo.
MIMETISMO MOLECOLARE E ANTIGENICO: alcuni patogeni hanno strutture di superficie che possono avere
analogie di composizione con le strutture dell’ospite. Essendo simili alle nostre, il nostro SI fatica a
riconoscerle come non-self e non immediatamente attiva una risposta immunitaria.
Se il SI riconosce le strutture come non-self e quindi si attiva, siccome sono molto simili alle nostre
strutture il SI si confonde e attacca sia le strutture non self che self.
Ad es. l’infezione dello streptococcus pyogenes causa una faringite, che può peggiorare dopo diverse
settimane e si sviluppa febbre reumatica acuta accompagnata da cardiomiopatia reumatica o
glomerulonefrite post-streptococcica. Questa patologia deriva da una stimolazione non corretta del SI che
non distingue più da self e non self. Si parla di complicanze autoimmuni.
PENETRAZIONE NELL’OSPITE: la colonizzazione batterica di una mucosa può provocare la distruzione
dell’epitelio e consentire l’apertura di un varco attraverso il quale i batteri possono raggiungere l’area
vascolarizzata della sottomucosa. Possono rimanere localizzati o diffondere per via ematica arrivando a
colonizzare anche organi molto distanti dal sito d’entrata.
PENETRAZIONE NELLA CELLULA (membrane ruffling): i microbi possono produrre le invasine che
consentono un ri-arrangiamento della membrana plasmatica stessa che ingloba il batterio così da ritrovarsi
all’interno della cellula. Nella cellula può usare i filamenti di actina per muoversi nel citoplasma.
COME I PATOGENI DANNEGGIANO LA CELLULA OSPITE:
1. Usano i nutrienti dell’ospite: alcuni batteri secernono i siderofori (proteine) che sequestrano il ferro
2. Causano un danno diretto alle cellule come la rottura delle cellule moltiplicandosi in esse, altri possono
indure la cellula ad autofagocitarsi (la cellula è indotta ad auto mangiarsi)
3. Produzione di tossine
4. Indurre reazione di ipersensibilità
SITI DI USCITA:
- tratto respiratorio: tosse e starnuto
- tratto gastrointestinale: feci
- tratto genitourinario: urina e secrezioni
- pelle: lesioni e punture
- sangue: trasfusioni
PROPRIETA’ PATOGENETICHE DEI FUNGHI
I funghi sono per lo più saprofiti ambientali o commensali di organismi. Ma alcuni causano malattie dette
micosi.
Le malattie opportunistiche si verificano quando l’ospite ha un sistema compromesso.
Alcuni funghi producono tossine che possono contaminare le derrate alimentari che causano micotossicosi.
Ingestione di funghi tossici causano il micetismo.
PROPRIETA’ PATOGENETICHE DEI PROTOZOI
Sono saprofiti, commensali o parassiti.
Sono parassiti a livello di diversi distretti come la superficie di epiteli mucosi, a livello del sangue, parassiti
endocellulari (plasmodi).
Plasmodi sono l’agente eziologico che causa più morti al mondo.
LEZIONE 4: ESOTOSSINE ENDOTOSSINE
TOSSINE: sostanze che contribuiscono alla patogenicità in particolare dei batteri.
TOSSIGENICITA’: capacità di produrre una tossina
TOSSIEMIA: presenza di tossina nel sangue dell’ospite
TOSSOIDE: tossina inattiva usata come vaccino
ANTITOSSINA: anticorpi contro specifiche tossine
ID50: dose effettiva per il 50% della popolazione testata. Più è basso più il microrganismo patogeno è
infettivo (altamente infettivo). Dipende molto dal sito d’entrata. La pelle richiede un ID50 di 10-50
endospore, l’inalazione richiede 10,000-20,000 endospore, l’ingestione 250,000.
DL50: dose letale di una tossina per il 50% della popolazione testata. Più è bassa, più la tossina è potente.
La più potente è la tossina botulinica, poi shigella e staphylococcus.
ESOTOSSINE
Sono prodotte durante le reazioni metaboliche dei gram + e -. Sono di natura proteica e vengono secrete
all’esterno. Ci sono tossine che possono avere un diverso bersaglio
es. neurotossine, enterotossine
TOSSINE CHE DISTRUGGONO LE MEMBRANE/STRUTTURE SUPERFICIALI
- agiscono formando proteine canale nella membrana plasmatica, portano a morte la cellula a causa delle
alterazioni. Es Leucocidine, Emolisine
- distruggendo il doppio strato fosfolipidico della membrana citoplasmatica
- distruggendo i legami intercellulari. Tossina esfoliativa
MECCANISMO D’AZIONE ESOTOSSINE A-B
Costituita da due porzioni: B binding si lega al recettore della cellula bersaglio, A active è la porzione
effettrice del danno.
La tossina tramite B si lega al recettore, viene internalizzata nell’endosoma, le due porzioni si separano,
vengono rilasciate nel citoplasma. B fuoriesce. A provoca il danno inibendo la sintesi proteica della cellula
bersaglio (meccanismo esercitato dalla tossina difterica o di Shiga), alterando il conteuto intracellulare di
AMP ciclico (meccanismo con il quale agisce la tossina colerica), possono essere citotossiche per azione sul
citoscheletro, possono interferire con la trasmissione degli impulsi nervosi.
NEUROTOSSINE: interferiscono con la trasmissione degli impulsi nervosi. Tossine prodotte dal clostridium
tetani e botulinum.
La tossina tetano spasmina agisce a livello del SNC e inibisce la liberazione dei neurotrasmettitori di tipo
inibitorio in particolare del GABA (neurotrasmettitore inibitorio). Vi è una stimolazione continua dei
neurotrasmettitori eccitatori e porta ad una contrazione muscolare continua e causa paralisi spastica.
La tossina botulinica agisce a livello del SNP e in particolar modo sulla giunzione placca motrice. La tossina
impedisce il rilascio del neurotrasmettitore acetilcolina, la conseguenza è un blocco della stimolazione
muscolare. Porta ad una parali flaccida. Il blocco della contrazione dei muscoli in particolare respiratori può
portare a morte.
SUPERANTIGENI
L’ultimo meccanismo d’azione delle esotossine. Provocano il danno causando un anomala risposta
immunitaria dovuta al rilascio di citochine dalla cellula. Il superantigene si lega in maniere differente tra
APC e il linfocita T e porta ad una trasduzione del segnale alterata. Le citochine provocano sintomi gravi
come febbre, nausea, shock e morte.
Non tutti agiscono in questo modo ma in generale provocano il danno causando anomala e intensa
risposta immunitaria.
Es. enterotossine stafilococciche
ENDOTOSSINE: prodotte solo dai gram -. Sono rappresentate soprattutto dal lipide A rilasciato dalla morte
cellulare. I sintomi sono causati dalla risposta infiammatoria dell’ospite.
Le endotossine causano febbre, inducendo il rilascio di interleuchina 1, e shock per la produzione di TN alfa
che induce vasodilatazione e diminuzione della pressione sanguigna.
Il rilascio di TNF permette al batterio di superare la barriera ematoencefalica.
Il saggio LAL è usato per determinare la presenza di endotossine, il lisato di amebociti di limulus reagisce
con l’endotossina formando un coagulo facilmente visibile. Usato per eventuali contaminazioni da gramnei farmaci.
RISPOSTA PIROGENICA DELLE ENDOTOSSINE (febbre)
Quando il batterio gram – viene fagocitato dal macrofago, viene digerito al suo interno, porta alla
liberazione dell’endotossina e essa a sua volta viene riconosciuta da altri macrofagi tramite i recettori toll
like (LPS si lega ai toll like receptors) e questo induce i macrofagi a rilasciare citochine infiammatorie come
TNF e interleuchina 1. Le citochine viaggiano nel sangue, in particolare l’interleuchina 1 raggiunge
l’ipotalamo e indurlo a produrre prostaglandine che a loro volta resettano il nostro termostato a una
temperatura più alta del normale e in questo modo si ha la febbre.
LEZIONE 5: FARMACI ANTIBATTERICI
ANTIBIOTICI: sostanze naturali prodotte da batteri o funghi in grado di inibire altri microrganismi
CHEMIOTERAPICI: prodotti di sintesi, analoghi strutturali degli antibiotici
BATTERIOSTATICI: bloccano la sintesi batterica
BATTERICIDI: uccidono i batteri
CARATTERISTICHE DI UN FARMACO ANTIBATTERICO:
- tossicità selettiva: deve agire su un bersaglio specifico
- spettro d’azione più o meno ampio
- lunga emivita plasmatica
- adeguate concentrazioni al sito d’infezione
- non deve interagire con altri farmaci
- somministrato facilmente attraverso diverse vie
MECCANISMI D’AZIONE:
1. Inibitori della sintesi della parete cellulare
2. Inibitori della sintesi degli acidi nucleici
3. Inibitori della sintesi proteica
4. Inibitori di enzimi/vie metaboliche (acido folico)
5. Inibitori di funzioni/danno alla membrana cellulare (polimixine). Hanno notevoli effetti tossici e per
questo sono poco utilizzati
1. CLASSE
Classe più numerosa e di utilizzo più comune. Sono usati per tutti i tipi di infezioni batteriche (endocarditi,
faringiti etc). Fanno parte i BETALATTAMICI caratterizzati dall’anello beta-lattamico. Le betalattamasi sono
enzimi che rompono l’anello e sono responsabili alla resistenza a questi farmaci. Tra i beta-lattamici:
- penicilline naturali con spettro ristretto ai gram + e quelle semisintetiche con uno spettro esteso ai gram - cefalosporine naturali e semisintetiche ad ampio spettro
- altri beta-lattamici come monobattamici
Altri inibitori tra i quali la vancomicina.
Tutti inibiscono la sintesi del peptidoglicano. Si forma una parete cellulare meno rigida che porta a lisi.
2. CLASSE
- CHINOLONI e FLUOROCHINOLONI sono chemioterapici (farmaci di sintesi) utilizzati per infezioni urinarie e
in seguito anche in altre infezione sistemiche perché ad ampio spettro. Legano la DNA girasi o
topoisomerasi II e la IV (enzimi coinvolti nella despiralizzazione del cromosoma batterico, essenziali per la
replicazione del DNA)
- RIFAMICINE: inibiscono la sintesi dell’RNA batterico.
3. CLASSE
- INIBITORI DEI RIBOSOMI (i ribosomi mostrano profonde differenze tra la cellula procariotica ed
eucariotica)
-- inibitori SUBUNITA’ 50S: MACROLIDI e CLORAMFENICOLO (ottenuto per sintesi) entrambi con ampio
spettro
-- inibitori SUBUNITA’ 30s: AMINOGLICOSIDI e TETRACICLINE,entrambi naturali e semisintetiche ad ampio
spettro
SCELTA DEL FARMACO va fatta in base all’esame batteriologico per identificare il batterio e determinare la
sua sensibilità ai farmaci antibatterici.
Attraverso una tecnica di laboratorio detta ANTIBIOGRAMMA: relazione lineare tra la MIC (minima
concentrazione inibente) e l’alone di inibizione della crescita batterica intorno ad un dischetto di carta
imbevuto di farmaco, in piastre agar. Si lascia crescere per ore o giorni e si vede il risultato. Intorno ad
alcuni dischetti si è formato un alone di inibizione e questo vuol dire che il batterio è sensibile al farmaco.
Una volta scelto l’antibiotico bisogna considerare che per quanto possa essere efficace, l’utilizzo degli
antibiotici non è privo di problemi.
Gli antibiotici sono efficaci anche verso i microrganismi utili presenti nel nostro corpo, causando disbiosi,
ossia alterati rapporti quali e quantitativi della comunità microbica del nostro organismo. Questo porterà
ad effetti collaterali: diarrea, riduzione nella produzione di alcune vitamine, disturbi nella digestione, sovra
infezione funginea sostenuta da candida albicans.
Oltre a questi effetti, possono esserci effetti tossici diretti per azione dell’antibiotico su strutture
dell’organismo ospite e causano ototossicità, nefrotossicità, allergia.
Possono causare anche resistenza.
ANTIBIOTICO-RESISTENZA
MICRORGANISMO ANTIBIOTICO-RESISTENTE: non può essere inibito nella crescita od ucciso alle
concentrazioni farmacologiche della molecola raggiungibili al sito d’infezione a seguito di somministrazione
di una dose terapeutica
-- RESISTENZA NATURALE: intrinseca, dipendente dalla mancanza del bersaglio biologico o dalla presenza di
particolari strutture cellulari che interferiscono con il meccanismo d’azione dell’antibiotico. ES gram –
resistenti alle penicilline perché queste non sono in grado di attraversare la membrana esterna
-- RESISTENZA ACQUISITA: comparsa di ceppi resistenti in una specie sensibile ad un dato farmaco
antibatterico: cromosomica (mutazione spontanea del DNA), extra-cromosomica (acquisizione della cellula
batterica di geni R a localizzazione plasmidica)
MECCANISMI CON IL QUALE SI ISTAURA FARMACO-RESISTENZA:
- produzione di enzimi che inattivano il farmaco: B- lattamasi rompono l’anello beta lattamico producendo
metaboliti oppure trasferasi
- modificazione del bersaglio cellulare avviene a livello della subunità DNA-girasi oppure RNA ribosomiale
- alterata permeabilità cellulare al farmaco: la cellula mostra una ridotta permeabilità cellulare al farmaco o
un aumento dell’efflusso
Il trasferimento di materiale genetico è un processo naturale è noto come trasferimento orizzontale. Però
il materiale può essere trasferito ad un batterio patogeno e gli conferisce un vantaggio selettivo e questo si
replica attraverso la selezione clonale.
TRASFERIMENTO ORIZZONTALE
- coniugazione: passaggio diretto di DNA per contatto attraverso un pilo
- trasduzione: trasferimento di DNA tra cellule batteriche attraverso fagi
- trasformazione: assunzione di DNA extracellulare
Nel 1948 lo staphylococco resistente alla penicillina divenne una pandemia globale.
Nel 1960 solo 1 anno dopo all’introduzione della meticillina per combattere gli staphylococchi resistenti
comparvero i primi ceppi di staphylococchi meticillino resistenti.
ANTIBIOTICO-RESISTENZA IN AUMENTO, PERCHE?
Lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza è correlato al livello di impiego degli antibiotici.
L’abuso (uso scorretto) ha aumentato l’incidenza e la selezione delle mutazioni associate a resistenza.
- uso inappropriato
- profilassi in chirurgia
- uso empirico (agente eziologico ignoto)
- utilizzo degli antibiotici negli animali
BATTERI RESISTENTI AGLI ANTIBIOTICI: DAGLI ANIMALI ALL’UOMO
Es. carni non ben trattate o poco cotte, utilizzo di fertilizzanti di feci animali
CONTROMISURE
- ridurre il consumo di antibiotici
- limitare l’uso di mangimi animali
- programmi di educazione sanitaria
LEZIONE 6: I VIRUS
Virus dal latino veleno, sono microrganismi di 20-400 nm, visibili al microscopio elettronico ad eccezione
del virus del vaiolo. Hanno organizzazione subcellulare. Devono necessariamente infettare una cellula per
replicarsi.
Sono strutture metabolicamente inerti al di fuori delle cellule. Si riproducono nell’ospite (animale,
vegetale, batterica). Possono evolvere grazie a mutazioni.
Non sono formati da cellule ma solo da genoma costituito da DNA o RNA e il rivestimento del genoma si
chiama capside. Il nucleo-capside è l’insieme di genoma e capside. Il pericapside (envelope) è composto da
fosfolipidi e glicoproteine. In base alla presenza o meno del pericapside distinguiamo i virus nudi dai virus
rivestiti.
GENOMA DNA sono deossiribovirus
GENOMA RNA sono ribovirus
ss DNA/ss RNA: singolo filamento
ds DNA/ds RNA: doppio filamento
Polarità positiva: RNA funge direttamente da RNA messaggero ed essere tradotto per la sintesi delle
proteine virale
Polarità negativa: prima trascritto in RNA messaggero e poi tradotto
Una sola molecola di RNA o RNA frammentato (virus dell’influenza)
Virus a RNA < -- > DNA durante il loro ciclo replicativo si scambiano
CAPSIDE ha diversa simmetria:
- elicoidale
- icosaedrica
I virus che infettano i batteri detti batteriofagi o fagi la struttura è diversa, hanno una testa icosaedrica che
racchiude il genoma, una coda e le fibre attaccate alla coda.
PERICAPSIDE: membrana fosfolipidica che può essere o meno presente. Sono inserite delle glicoproteine
virus-specifiche che si proiettano all’esterno dette spike o spicole.
FASI CICLO REPLICATIVO DI UN VIRUS:
1. Adsorbimento tramite il legame anti recettore virale- recettore cellulare
2. Penetrazione o entrata
3. Esposizione del genoma tramite scapsidazione
4. Replicazione: sintesi di proteine e del genoma
5. Assemblaggio o maturazione
6. Uscita dei virioni neoformati che andranno ad infettare una nuova cellula
L’entrata avviene per:
- endocitosi: il virus adsorbito sulla membrana cellulare, si forma un’invaginazione della membrana
cellulare che si chiude con formazione di una vescicola endocitica
- fusione diretta dell’envelope con la membrana cellulare
L’uscita per:
- lisi
- processo inverso all’endocitosi: esocitosi o gemmazione
CICLO REPLICATIVO DEL VIRUS HERPES SIMPLEX (agente eziologico herpes labbiale)
Virus a DNA dotato di pericapside che una volta adsorbito, entra per fusione e viene rilasciato
direttamente il nucleocapside, il DNA entra nel nucleo e viene trascritto RNA messaggeri che porteranno
alla sintesi di proteine. Il DNA viene duplicato e si assembla con le proteine neo sintetizzate per maturare e
fuoriuscire tramite budding.
CICLO REPLICATIVO DEL VIRUS DELL’INFLUENZA
Genoma costituito da RNA segmentato a polarità negativa. Ha pericapside. Entra per endocitosi. Solo una
volta all’interno della vescica, l’envelope si fonde con l’endosoma e rilascia il nucleocapise. Questo entra
nel nucleo della cellula ospite dove viene trascritto in RNA positivo che funge da messaggero e per
risintetizzare l’RNA negativo. Uscirà tramite budding.
CICLO REPLICATIVO DEL VIRUS HIV (virus immunodeficienza) agente eziologico AIDS (sindrome
immunodeficienza acquisita)
Virus a RNA, dotato di pericapside. Entra per fusione e rilascia l’RNA. La fase di trascrizione inversa è
peculiare di questo virus, l’RNA viene trascritto in DNA. Grazie alla trascrittasi inversa (target specifico per
la terapia antiretrovirale).
Il DNA circolarizza entra nel nucleo della cellula ospite e si integra con il DNA della cellula e viene trascritto
negli mrna e nell’rna subgenomico che assemblato con le proteine formerà i virioni maturi.
La sintesi delle proteine è una fase specifica, inizialmente viene sintetizzata un’unica poliproteina (target
specifico per la terapia antiretrovirale)
AZIONE PATOGENA DEI VIRUS
PATOGENICITA’: capacità di un virus di provocare la malattia, dipende sia dalle caratteristiche del virus sia
da quelle dell’ospite
PATOGENESI VIRALE: meccanismi con cui il virus provoca la malattia, risultante della replicazione virale e
della risposta immune dell’ospite
ALLA BASE DELLA PATOGENESI c’è la REALIZZAZIONE DELL’INFEZIONE (penetrazione nell’ospite, superare le
difese e raggiungere le cellule bersaglio specifiche). Si possono creare lesioni anatomo-funzionali negli
organi bersaglio.
Meccanismi:
- modificazione della membrana cellulare a seguito di adsorbimento
- blocco della sintesi di mRNA ad opera di proteine virali
- formazione di inclusioni cellulari, derivanti dai componenti virali in fase di assemblaggio
- morte per necrosi o apoptosi
INFEZIONI
- ACUTA: i virioni neoformati vengono rilasciati con un danno
cellulare irreversibile. Breve periodo di incubazione, breve durata
(infezione auto-limitante) es influenza
- CRONICHE: continua produzione di antigeni virali e spesso di
progenie virale. La continua esposizione alle azioni alla risposta
immunitaria dell’ospite a provocare lesioni cellulari. Queste
infezioni portano a malattie cronicamente evolutive.
- PERSISTENTI LATENTI: rimane silente, senza produzione di
antigeni e progenie virale e non causa sintomatologia. In seguito
ci può essere una riattivazione e la ricomparsa dei sintomi. Es.
herpes simplex labbiale il virus migra attraverso il nervos trigemino fino al ganglio sensoriale dove istaura
una latenza, qui rimane senza produrre progenie e sintomatologia, in seguito a stress o raggi UV il virus
migra dal ganglio fino all’epitelio labbiale e rinizia il ciclo e recidiva labbiale.
AZIONE ONCOGENA
esistono virus oncogeni implicati nella patogenesi dei tumori. Alterano l’omeostati cellulare sovvertendo il
controllo della replicazione cellulare attraverso l’inibizione di geni oncosoppressori o l’attivazione
incontrollata di oncogeni.
Es. papillomavirus: HPV16 HPV18 (DNA)
FARMACI ANTIVIRALI
- Farmaci che agiscono sulle fasi precoci (es. inibitori del canale ionico M2 come l’amantadina)
- farmaci che agiscono sulle fasi di replicazione vera e propria degli acidi nucleici virali/su enzimi virus
specifici (aciclovir per herpes, inibitori proteasi di HIV)
- farmaci che agiscono sull’assemblaggio e/o rilascio della progenie virale
LEZIONE 7: STRATEGIE ANTIVIRALI
SVILUPPO
Negli anni 60’-70’, l’individuazione di molecole antivirali si basava sull’osservazione dell’effetto del
composto su colture cellulari infettate. La prima molecola selezionata fu l’amantadina (1960), ad attività
anti-influenzale; per 25 anni non se n’è conosciuto il meccanismo di azione. Negli anni ’80, questo
approccio venne sostituito dal rational drug design basato sulla conoscenza del ciclo virale. Questa
strategia individua come «targets» le proteine virali necessarie alla realizzazione del ciclo, targets che
dovrebbero essere:
- precoci: per intervenire nelle prime fasi del ciclo biologico; selettivi: presenti solo nel virus, per ridurre la
comparsa di effetti collaterali;
- condivisi: dalla maggior parte di ceppi di un virus, o specie della stessa famiglia Identificato il target, le
molecole candidate possono derivare da modificazioni di molecole note o essere sintetizzate ex-novo a
livello molecolare con l’ausilio di un software dedicato (in silico). Screening rapido delle molecole più
promettenti per selezionare le più efficaci.
RATIONAL DRUG DESIGN: targets terapeutici
Le strategie per lo sviluppo razionale di farmaci antivirali mirano ad una specifica fase del ciclo vitale del
virus. E’ importante interferire sul ciclo biologico nella fase più precoce possibile.
FARMACI ANTI-INFLUENZALI
Entra per endocitosi. Solo una volta all’interno della vescica, l’envelope si fonde con l’endosoma e rilascia il
nucleocapise. Su questa fase intervengono gli inibitori del canale ionico M2, amantadina rimantadina che
inibiscono la proteina canale del virus influenzale ne inibiscono la fusione tra envelop e endosoma.
Baloxivir inibisce la sintesi dell’RNA virale
Gli inibitori della neuraminidasi i farmaci ne inibiscono il rilascio della progenie virale.
LIMITI
Nonostante 50 anni di ricerca abbiano fatto luce su struttura e ciclo replicativo di gran parte dei virus
patogeni, l’arsenale antivirale rimane ancora limitato. Alcuni virus non possono essere propagati o sono
altamente pericolosi (HBV, Ebola)
Gran parte delle infezioni acute è di breve durata; somministrazione del farmaco nella fase precoce della
malattia oppure a scopo profilattico
La maggior parte degli antivirali attualmente in commercio è impiegata nella terapia di infezioni persistenti
/latenti (HIV, HCV, Herpesvirus).
- Scarsa tossicità selettiva per parassitismo endocellulare obbligato dei virus → Tossicità /Effetti collaterali
- Resistenze
NUOVI APPROCCI ANTIVIRALI: studi mirati all’identificazioni di target e vie anche intracellulari sfruttati dal
virus durante il ciclo replicativo.
Molecole virucide: degradano la particella virale, come l’estratto idroalcolico di luppolo esercita questa
azione ma ha anche azione sul glutatione intracellulare (i livelli subiscono drastici cali durante l’infezione
virale) da ripristinare i livelli e sfavorire la replicazione virale.
Derivati del glutatione somministrati esogenamente sono in grado di interferire con la maturazione
dell’emaglutinina del virus influenzale.
Derivati del glutatione insieme a vitamine hanno effetto benefico sulla risposta immunitaria così
favoriscono l’autorisoluzione dell’infezione virale.
DIFESE ANTIVIRALI NON DIPENDENTI DALLA RISPOSTA IMMUNE
- barriere anatomiche: pelle, mucose,
- risposta infiammatoria: febbre, fagocitosi, xenofagia (capacità di una cellula di mangiare corpi estranei),
interferon
INTERFERON
Molecole proteiche prodotte non solo in risposta ad un infezione virale.
Scoperta risale ad esperimenti effettuati con virus in particolare quando nel 1957 Isaacs e Lindenmann
stavano infettando frammenti di membrana corion-allantoidea di pollo con virus influenzale A
termoinattivato. I frammenti non solo diventano resistenti a superinfezioni con lo stesso virus ma
rilasciavano in soluzione una proteina capace di trasferire lo stato di resistenza antivirale ad altri
frammenti, a questa proteina venne dato il nome di interferon.
Interferenza virale: cellule infettate con un virus risultano resistenti ad una infezione successiva o
concomitante.
IFNs- CARATTERISTICHE:
Molecole proteiche glicosilate e accomunate dalle seguenti caratteristiche:
- proteine la cui sintesi è indotta da vari stimoli
- l’attività virale non è diretta ma mediata da proteine effettrici
- l’azione non è specifica per il virus inducente, essendo capaci di inibire la replicazione di altri virus
- sono dotate di specie-specificità, essendo attive su cellule della stessa specie, o specie tassonomicamente
vicine a quelle in cui sono state prodotte
- persistenza limitata
TIPOLOGIE
- IFN alfa: proteine poco o non glicosilate, prodotte da cellule dendritiche, monociti e linfociti B stimolati da
cellule estranee
- IFN beta: proteine glicosilate prodotte da diversi tipi di cellule infettate da virus. Inducono le cellule a
produrre proteine antivirali che inibiscono la replicazione virale
- IFN gamma: glicoproteina prodotta dai linfociti T stimolata da antigeni
MECCANISMO D’AZIONE DEGLI INTERFERON: una volta che il virus infetta una cellula induce la trascrizione
dei messaggeri che vengono tradotti nelle proteine degli interferon , queste rilasciate vanno a legare i
recettori di cellule vicine innescando una via di segnale che porta alla sintesi di nuove proteine effettrici
dell’azione antivirale (oligoadenilato sintetasi, proteine MX). Agiscono degradando gli RNA mess del virus e
quindi interferiscono con il ciclo replicativo virale.
APPLICAZIONE TERAPEUTICHE DEGLI INTERFERON:
Hanno un emivita di 6 ore che può essere aumentata a 6-7 gg ma ne limita l’impiego.
- IFN alfa per epatiti croniche, infezioni genitali
- IFN gamma utilizzato per malattia granulomatosa cronica, lebbra
LEZIONE 8: IMMUNITA’ INNATA
- IMMUNITA’ CONGENITA O REFRATTARIETA’: resistenza ad un patogeno o ai suoi prodotti tossici per un
assetto genetico di specie o di individuo (ES. mancanza di un recettore al quale si dovrebbe attaccare il
patogeno)
- IMMUNITA’: stato di resistenza che un organismo ha o mette in atto contro un patogeno
- IMMUNITA’ INNATA O COSTITUTIVA: difese sempre presenti e attive contro ogni patogeno
IMMUNITA’ INNATA:
- barriere meccaniche: pelle e mucose
- a livello delle mucose si trovano fattori fisici e chimici: muso, saliva, apparato lacrimale, peli e ciglia, acidi
grassi, pH basso
- fattori solubili (si trovano nelle secrezioni o sangue: lisozima attacca il peptidoglicano, defensine (peptidi
basici che si inseriscono nella membrana esterna e causano la lisi), LBP (LPS binding proteins), trasferrine
(legano e sequestrano il ferro), interferoni, sistema del complemento
- azione competitiva e antagonista del microbiota umano
- cellule del sangue: neutrofili, eosinofili, basofili, monociti/macrofagi, linfociti, cellule dendritiche
COME UNA CELLULA RICONOSCE UN PATOGENO?
Le cellule hanno recettori come i TOLL LIKE RECEPTORS in grado di legare alcune strutture dei
microrganismi detti PAPMS RECOGNOTIONS (strutture molecolari associate al patogeno) come LPS,
flagellina, sequenze nucleotidiche.
Una volta che una cellula ha riconosciuto un PAMPs si innesca una via di segnale che porta alla produzione
di particolari molecole con il compito di segnalare all’organismo la presenza del patogeno.
DAMPs: molecole associale al pericolo come la peroxiredoxina2 e CITOCHINE
Il fine è quello di distruggere ed eliminare il patogeno attraverso la FAGOCITOSI, viene esercitato dai
neutrofili, monociti e macrofagi.
Fasi della fagocitosi:
1. Chemiotassi
2. Riconoscimento e attacco
3. Ingestione e formazione del fagosoma
4. Fusione del fagosoma con il lisosoma
5. Distruzione e digestione
6. Esocitosi dei residui
EVASIONE DALLA FAGOCITOSI
- Lo staphylococcus aureus produce leucocidine che uccidono il fagocita
- Spreptococcus pyogenes attraverso la proteina M e la capsula inibiscono l’adesione
- Shigella evade dal fagosoma
- HIV e influenza prevengono la fusione del fagosoma con il lisosoma
INFIAMMAZIONE
- limita la diffusione dell’infezione
- distrugge ed elimina il patogeno
- spiana la strada alla riparazione del tessuto
TRE FASI:
1. Vasodilatazione e aumentata permeabilità del vaso sanguigno dovuto al rilascio di istamina e citochine
2. Migrazione del fagocita e fagocitosi
3. Riparazione dei tessuti
Alla risposta infiammatoria sono legati sintomi di un infezione: edema, calore, rossore, dolore, funzione
lesa
FEBBRE: temperatura più alta del normale, segue all’infezione. L’endotossina induce il rilascio di IL-1 da
parte dei macrofagi. IL-1 è pirogeno endogeno. L’ipotalamo rilascia prostaglandine che resettano il
termostato. Quando IL-1 non è più prodotto la temperatura scende.
EFFETTI BENEFICI DI UNA FEBBRE MODERATA:
- inibisce la crescita del patogeno
- aumenta il metabolismo cellulare: aumenta la produzione di transferrina, aumenta attività IL-1
SISTEMA DEL COMPLEMENTO: serie di 30 proteine circolanti nel siero e attivate a cascata, con tre effetti
principali:
1. Citolisi del microrganismo
2. Aumento della fagocitosi
3. Aumento della risposta infiammatoria
ATTIVAZIONE A CASCATA attraverso due vie
- VIA CLASSICA: il microrganismo è legato da anticorpi
- VIA ALTERNATIVA: il microrganismo è in grado di attivare direttamente la componente C3 senza un
anticorpo specifico. Effetti: citolisi, opsonizzazione e infiammazione
OPSONIZZAZIONE: le opsonine rivestono il batterio e promuovono l’attacco del microrganismo al fagocita
Alcuni batteri evadono il sistema del complemento. La capsula ne previene l’attivazione.
LEZIONE 9: IMMUNITA’ ACQUISITA
IMMUNITA’ ACQUISITA: difese inducibili verso uno specifico patogeno
- collabora con immunità innata
- è specifica, ha memoria, ha la capacità di ignorare le molecole self
- è divisa in: umorale (mediata da cellule B) e cellulare (mediata da cellule T)
Gli antigeni sono molecole riconosciute come non self, sono legati ai determinanti antigenici o epitopi agli
anticorpi.
ANTICORPI (Ab) o IMMUNOGLOBULINE: proteine presenti nel siero prodotte in risposta ad un antigene
(Ag).
Hanno struttura ad Y: hanno 4 catene polipeptidiche, due leggere e due pesanti. Entrambi hanno regioni
costanti e variabili che costituiscono il frammento che lega l’antigene.
Esistono 5 classi di anticorpi:
- IgG: sono monomeri, sono il 75% degli anticorpi del siero, si trovano nella linfa, intestino e sono in grado
di migrare negli spazi extravascolari. Riescono ad attraversare la placenta. Neutralizzano tossine e virus,
hanno funzione di opsonizzazione favorendo la fagocitosi, attivano il complemento, proteggono il feto e il
neonato.
- IgM: sono pentameri, sono il 5/19% degli anticorpi del siero, si trovano nella linfa, nel sangue e sulla
superficie delle cellule B di cui costituiscono alcuni recettori. Sono gli unici sintetizzati dal neonato e le
prime ad essere prodotte nel corso di un’infezione. Hanno proprietà agglutinanti, opsonizzanti e di
fissazione del complemento.
- IgA: sono monomeri nel siero e dimeri nelle secrezioni. Sono il 10/15% degli anticorpi del siero. Si trovano
nelle secrezioni. Proteggono le mucose e sono presenti nel latte materno.
- IgD: sono monomeri. Sono lo 0,2% degli anticorpi del siero. Si trovano prevalentemente sulle cellule B e
proprio qui iniziano la risposta immunitaria.
- IgE: sono monomeri. Sono lo 0,002% degli anticorpi del siero. Sono prevalentemente su mastcellule e
basofili. Sono importanti nelle reazioni allergiche.
I RISULTATI DEL LEGAME ANTIGENE-ANTICORPO
1. Neutralizzazione: impedimento da parte dell’anticorpo nei confronti del patogeno o delle tossine a
legarsi alle cellule bersaglio
2. Agglutinazione: un anticorpo lega più particelle microbiche
3. Opsonizzazione: favorisce il legame alla cellule fagocitica e ne favorisce la fagocitosi
4. Attivazione del complemento per via classica
5. Citotossicità cellulo mediata anticorpo-dipendente (ADCC): favorire citotossicità da parte delle cellule
natural killer
Quando un microrganismo entra e inizia un processo infettivo possiede antigeni che vengono riconosciuti
come non self. Questi antigeni sono liberi nelle secrezione e nei fluidi, possono essere strutture di
superficie, tossine, virus nel momento in cui vengono rilasciati da una cellula. Vengono riconosciuti e legati
dai recettori che si trovano sulla superficie delle cellule B e sono rappresentati da IgM e IgD. Una volta che
l’antigene libero è stato legato dai recettori, viene attivato e si trasforma in parte in cellule di memoria (nel
momento in cui rincontra quello specifico microrganismo è in grado di rispondere più velocemente al
microrganismo) e in parte in plasmacellule (cellule effettrici in grado di produrre in grande quantità gli
anticorpi).
RISPOSTA T-DIPENDENTE AGLI ANTIGENI: per la maggior parte degli antigeni le cellule B quando li hanno
legati, per maturare richiedono l’aiuto delle cellule T in particolare t-helper o CD4 positive.
Le cellule B internalizzano l’antigene, lo presentano alle cellule T-Helper in combinazione con le molecole
del maggior complesso di istocompatibilità di classe II. L’antigene può essere legato dai recettori del
linfocita T helper, si attiva il linfocita T helper con produzione di citochine le quali andranno ad attivare il
linfocita B e a farlo maturare in plasmacellule e cellule di memoria.
RISPOSTA T-INDIPENDENTE: non ha bisogno dei linfociti T helper, da una risposta più debole
I linfociti B quando processano l’antigene e lo espongono al MHCII si comportano come cellule presentanti
l’antigene (APC). Di queste fanno parte: cellule B, macrofagi e cellule dendritiche. Digeriscono l’antigene ed
espongono i frammenti al complesso MHCII.
CELLULE T E IMMUNITA’ CELLULARE
L’antigene libero viene riconosciuto e innesca una risposta immunitaria. Il nostro organismo come risponde
agli antigeni che si trovano nelle cellule? Gli antigeni sono riconosciuti dal SI ma solo in seguito che
vengono processati e riesposti su una superficie di una cellula legato al MHC I (con tutte le cellule
nucleate). L’antigene è in grado ora di essere riconosciuti dai recettori delle cellule T detti TCR. TCR
riconosce l’antigene solo in associazione con MHC I.
I TCR sono i linfociti T così detti citotossici o CD8. Questi vengono attivati e si trasformano in cellule di
memoria e linfociti T citotossici. Lisano le cellule bersaglio o inducono l’apoptosi.
MECCANISMO D’AZIONE DEI LINFOCITI T CITOTOSSICI
Distruggono le cellule che presentano il complesso antigene MHC I attraverso le perforine che creano
canali nella cellula bersaglio. Per passaggio del materiale in questi canali andrà incontro a lisi.
Granzymes sono enzimi attraverso i quali il linfocita T citotossico induce la cellula bersaglio ad andare
incontro ad apoptosi
CELLULE NK o NATURAL KILLER
Sono leucociti granulari, non sono specifici. Lisano le cellule infettate da virus e tumori. Uccidono le cellule
bersaglio in assenza di MHC I. Hanno un meccanismo simili ai CTLs. Nella citotossicità cellulare mediata da
anticorpi (ADCC) le cellule NK lisano le cellule rivestite dall’anticorpo.
IMMUNITA’ ACQUISITA SUDDISA IN:
- naturale attiva
- naturale passiva: tratta il feto e il neonato, acquisisce immunità attraverso la madre per la placenta o il
latte
- artificiale attiva: vaccini
- artificiale passiva: somministrazione dei sieri con all’interno anticorpi preformati
VACCINO: preparato biologico costituito da microrganismi attenuti o uccisi, oppure da alcuni loro antigeni,
o da sostanze prodotte da microrganismi e resi sicuri oppure da proteine ottenute con tecniche di
ingegneria genetica. Simula il primo contatto con l’agente infettivo evocando una risposta immunologica
simile a quella causata dall’infezione naturale, senza però causare la malattia e le sue complicanze.
LEZIONE 10: SARS-CoV-2
31 dicembre 2019: OMS riporta dei casi di polmonite ad eziologia sconosciuta nella città di wuhan
9 gennaio: i casi sono attribuiti al nuovo coronavirus
10 gennaio: viene pubblicata la sequenza genetica
2 febbraio: il virus viene isolato in Italia allo Spallanzani
11 febbraio: la commissione internazionale per la tassonomia dei virus annuncia il nome ufficiale come
SARS-CoV-2
11 marzo: pandemia
VIRUS SARS-CoV-2: severe acute respiratory syndrome coronavirus 2
COVID 19: malattia
I coronavirus sono virus appartenenti alla famiglia dei Coronaviridae, nei Beta coronavirus ci sono: SARS
cov1, cov2 e mers CoV.
I coronavirus circolano negli uomini e la maggior parte provocano raffreddori.
L’ospite primario per SARS-COV e MERS-COV è il pipistrello (mammifero) nel quale possono avvenire
mutazione nel genoma del virus che consentono il salto di specie (dal pipistrello va ad infettare un ospite
intermedio e poi all’uomo).
Nel caso del SARS-COV2 l’ospite primario è il pipistrello, l’ospite intermedio è il pangolino e poi l’uomo.
Nell’uomo il virus è trasmesso interspecie (uomo-uomo) attraverso particelle emesse con la tosse, con uno
starnuto o parlando.
Quando un uomo è esposto a SARS cov2 va incontro ad un periodo di incubazione da 4 a 14 giorni dopo dei
quali può sviluppare dei sintomi.
La persona è infettiva da 1 a 3 giorni prima della comparsa dei sintomi e si rimane infettivi durante tutta la
comparsa dei sintomi.
Sintomi: tosse, raffreddore, mal di gola, febbre, bronchite, polmonite. Sindrome da distress respiratorio
acuto (ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva).
Non tutte le persone sviluppano i sintomi, queste rimangono asintomatici: persona positiva al SARS cov2
ma non sviluppa i sintomi della malattia. Hanno in sé il virus e quindi potenzialmente lo possono
trasmettere.
STRUTTURA
I coronavirus sono ribovirus ovvero ad RNA a singolo filamento positivo. Sono dotati di envelope nella
quale sono inserite glicoproteine specifiche. La proteina spike (S) costituisce l’anti recettore di SARS-CoV2
ovvero va a riconoscere e a legarsi al recettore cellulare delle cellule bersaglio rappresentato da Hace2. La
proteina S deve essere attivata ovvero subire un processo di priming da parte di TMPRSS2 che la rende in
grado di legarsi al recettore e di consentire l’entrata del virus nell’ospite. Gli anticorpi sono neutralizzanti
perché impediscono l’entrata del virus.
Il sito di legame del recettore di SARS-CoV-2 ha più alta affinità per HACE2 di quello di sars-cov1. L’RBD di
sarscov2 è meno esposto di sarscov ed è pre attivato da un altro enzima che è la forina. Queste
caratteristiche rende l’entrata del virus molto efficiente e più efficiente del vecchio sars-cov. L’RBD dato
che è meno esposto lo rende più protetto e può evadere meglio la sorveglianza immunitaria.
RECETTORI ACE2
sono ampiamente distribuiti su diversi tessuti e organi, non solo del tratto respiratorio.
sono altamente espressi sulla superficie luminale dell’epitelio intestinale funzionando come co-recettori
per l’assorbimento di nutrienti.
MECCANISMI PATOGENETICI DANNO POLMONARE → il danno può essere riconducibile ad un effetto
citopatico diretto portando a necrosi, apoptosi, deposizione di fibrina. Il danno può essere riconducibile ad
un effetto citopatico immunomediato-storm citochinico con aumentati livelli circolanti di interleuchina 6 e
8, produzione ritardata di interferon, accumulo di neutrofili, monociti e macrofagi.
POSSIBILI TRATTAMENTI
1. Farmaci che agiscono sull’enzima TMPRSS2
2. CLOROCHINA, IDROSSICLOROCHINA agiscono sulla fase precoce ovvero della penetrazine
3. LOPINAVR, RETONAVIR per la terapia antivirale (HIV) agiscono tagliando la poliproteina di HIV ma
sembrano funzionare per sars-cov2 perché inibiscono la proteasi
4. REMDESIVIR agisce sulle fasi di replicazione del genoma viale
5. TOCILIZUMAB ANTI-IL6 (usato per artrite reumatoide)
6. EPARINA
7. SIERO DEI CONVALESCENTI: pazienti che hanno avuto la malattia, sono guariti e hanno sviluppato dei
virus neutralizzanti nei confronti della proteina S. somministrati al paziente COVID possono aiutarlo a
guarire
VACCINI: lo sviluppo di un vaccino vede diverse fasi:
- individuare il target (in questo caso proteina S)
- trial clinici divisi in fasi per testare la sicurezza e l’efficacia
- produzione e la distribuzione su larga scala
SEZIONE 2
LEZIONE 1 e 2: PATOGENI, SIMBIONTI E PATOBIONTI
PATOGENI: provocano danno all’ospite
SIMBIONTI: convivono con l’uomo, con il quale hanno istaurato un rapporto:
-- parassitismo: rapporto nel quale il microrganismo trae beneficio e arreca danno all’ospite
-- commensalismo: rapporto di simbiosi in cui il microrganismo trae beneficio dall’ospite ma senza recare
danno
-- mutualismo: il microrganismo conferisce beneficio all’ospite. Beneficio reciproco
PATOGENI OPPORTUNISTI, PATOBIONTI: causano patologia in determinate condizioni
MICROBIOTA: tutti i microrganismi presenti nel corpo umano
MICROBIOMA: patrimonio genetico relativo al microbiota
Dopo lo Human Genome Project nel 2007 ha seguito lo Human Microbione Project per sequenziare tutto il
genoma relativo al microbiota tramite il sequenziamento dell’RNA 16s.
OBIETTIVI:
- identificare e caratterizzare le comunità microbiche
- determinare quali specie sono in comune fra più individui
- comprendere quali cambiamenti nel microbiota possono essere correlati con cambiamenti dello stato di
salute
- sviluppo di nuovi metodi tecnologici e bioinformatici per il conseguimento degli obiettivi proposti
Il microbiota comprende specie che comprendono a tutti i domini: archea, batteri, funghi (micobiota), virus
(virobiota)
I microbi si trovano sul e nel corpo umano: pelle, cavità orale, naso, tratto urogenitale, tratto
gastrointestinale
1. PELLE
la pelle costituisce una barriera naturale, dotata di difese (sudore, sebo, peptidi antimicrobici) così come di
un equilibrio microbico che normalmente contribuisce a proteggerci contro i patogeni. Una lesione offre
l’opportunità ai microbi di penetrare ed iniziare un processo infettivo. Alcuni microbi preferiscono un’area
rispetto ad un'altra che può variare dalla composizione chimica. Ll microbiota della pelle è influenzato da
fattori ambientali legati all’ospite.
ESEMPI
- Staphylococcus epidermidis: colonizza normalmente la pelle.
- Staphylococcus aureus: infetta i pori intasati, è associato alla dermatite
- Propionibacterium acnes: colonizza i pori sani
2. CAVITA’ ORALE
regolarmente entrano microrganismi dall’esterno sia per via inalatoria che per ingestione. Questa cavità ha
difese come la saliva che contiene il lisozima, condizioni di pH, T, il SI immunitario attacca i microrganismi
che ingeriamo/inaliamo ma previene la sopravvivenza di alcune specie.
I microrganismi vivono sullo smalto dei denti e negli interstizi gengivali.
La placca dentale è una forma di biofilm (mucosa formata dalla capsule dei batteri che contiene più batteri
anche di generi diversi) in cui si trovano batteri di generi differenti, compresi gli anaerobi. Se la placca
dentale si accumula troppo vuol dire che ci sono tanti batteri e quindi c’è un elevata produzione di acidi
organici che attaccano i Sali di calcio che costituiscono lo smalto e inducono la carie dentale.
Se le gengive si infiammano, i batteri possono entrare nel flusso sanguigno e causare infezioni.
ESEMPI
- Streptococco mitis, mutans che hanno un ruolo fondamentale nella formazione sullo smalto dei denti del
biofilm
- Fusobacterium formano la placca dentale
- Candida albicans è un fungo che può causare un’infezione orale nota come mughetto
3. NASO E TRATTO RESPIRATORIO
Il naso è la difesa primaria contro i patogeni inalati.
Muco, peli e ciglia costituiscono una trappola.
Vi è un delicato equilibrio di microbi che mantengono l’ambiente sano
ESEMPI
- Streptococco pyogenes fa parte di individui portatori sani, ma in una condizione di immunodepressa può
causare infezioni come faringite e tonsillite streptococcica.
- Aspergillus ha spore fungine che vengono inalate attraverso il naso. Se il SI non riesce ad eliminarle ma
muffa può raggiungere e crescere nei polmoni.
4. TRATTO UROGENITALE
il sistema urinario (reni, ureteri e vescica) sono quasi sterili a causa di urea e del flusso dell’urina che
ostacola l’adesione e colonizzazione batterica.
L’uretra è colonizzata da batteri di diversi generi.
ESEMPI
E. coli e Proteus mirabilis possono passare e infettare il tratto urinario
TRATTO GENITALE FEMMINILE
- Nel tratto genitale basso c’è un alta abbondanza microbica ma con bassa diversità, dominata dai
lactobacilli acidophilus che fermenta il glicogeno e produce acido lattico che mantiene il PH intorno a 5
(acido). Se questo diminuisce prevale la candida albicans e causa un’infezione fungina detta vulvo vaginite
micotica.
La gardnerella vaginalis agente eziologico della vaginosi batterica, può essere trasmesso per via sessuale
- Nell’utero e placenta: per lungo tempo sono stati ritenuti sterili ma non è così perché presentano un
microbiota unico
5. TRATTO GASTROINTESTINALE
Nel nostro intestino ci sono 10 alla 14 batteri che lo colonizzano
ANATOMIA:
- bocca
- esofago
- stomaco: digestione di macromolecole. Ha un pH acido
- intestino: diviso in tenue e crasso. Nel tenue ci sono tre porzioni: duodeno, digiuno ileo. Nel crasso: cieco,
colon, sigma retto e ano.
Nell’intestino tenue prosegue la digestione e avviene l’assorbimento di monosaccaridi, acidi grassi e acqua.
PH acido.
A livello del crasso avviene l’assorbimento di vit, acidi biliari e acqua e si formano le feci. Il ph è neutro (7).
BATTERI: tutte le porzioni hanno batteri. Anche a livello dello stomaco con un pH ostile si trovano diverse
specie non solo helycobacter.
Il microbiota intestinale non è uguale per tutti, le specie sono gli stessi ma diversamente espressi da
persona a persona.
Come si sviluppa il microbiota?
-- Parto naturale: colonizzano il neonato specie dei lactobacillus perché sono specie che colonizzano il
canale del parto materno
-- Parto cesareo: staphylococchi, corynebacterium, propionibacterium sono batteri che costituiscono il
microbiota cutaneo
-- dopo la nascita, l’allattamento ha un ruolo fondamentale con la colonizzazione di bifidobacterium così
come l’introduzione del cibo solido con i bacteroides.
Lo svezzamento/dieta/farmaci e lo stile di vita sono fattori che contribuiranno profondamente alla
composizione del microbiota umano nell’adulto.
-- senescenza: si verificano cambiamenti in particolare aumenta la curva dei clostidi e scende quella dei
bifidobacteri.
COMPOSIZIONE DEL MICROBIOTA NELL’ADULTO
Phyla: FIRMICUTES e BACTEROIDETES costituiscono il 90%, PROTEOBACTERI, FUSOBACTERIA,
ACTINOBACTERIA (hanno i bifidobatteri anaerobi obbligati e gram positivi, sono il genere più importante di
probiotici), VERRUCOMICROBIA
FIRMICUTES: sono gram positivi, sono ad esempio clostridium (più alta %), lactobacillus (anaerobi
facoltativi), enterococcus, staphylococcus
BACTEROIDETES: sono un gruppo eterogeno di batteri gram negativi aerobi e anaerobi, sono bacteroides e
prepotella.
VIROBIOTA: componente virale del microbiota. I virus si ritrovano in tutti i distretti anatomici, pelle dove
trovo il papillomavirus, nella cavità orale e nasofaringe con il coronavirus, a livello del tratto respiratorio
con il virus di epstein-barr (virus che instaura latenza), nel tratto gastrointestinale con adenovirus,
calicivirus, picornavirus e bacteriofagi (virus che infettano i batteri, costituiscono la componente più
abbondante del virobiota).
DISTRIBUZIONE DEL MICROBIOTA
- longitudinale: dallo stomaco al colon
- latitudinale: dallo strato mucoso verso il lume intestinale
La distribuzione dipende dai fattori chimico/fisico: PH, ossigeno, distribuzione dei nutrienti. La maggior
parte dei microrganismi si trovano a livello del colon.
BIOCHIMICA DELL’INTESTINO
Le principali fonti di carbonio, azoto e energia che il microbiota si è adattato ad utilizzare sono costituiti da
carboidrati e proteine che noi non riusciamo a digerire e sfuggono all’idrolisi da parte di enzimi digestivi.
I principali gruppi microbici intestinali ricavano carbonio, azoto ed energia dal metabolismo di:
- carboidrati con il metabolismo saccarolitico
- proteine con il metabolismo proteolitico
PRINCIPALI PATHWAYS METABOLICI NEL COLON
- A causa dell’assorbimento nell’intestino tenue, il colon è un ambiente povero di zuccheri semplici quali
mono e disaccaridi ma sono presenti gli oligo e polisaccaridi che resistono all’idrolisi da parte delle idrolasi
dell’ospite e sono:
amido
galatto-oligosaccaridi (GOS) e frutto-oligosaccaridi (FOS) es inulina
oligosaccardi delle leguminose es raffinosio
polidestrosio, pectine, gomme, mucillagini, emicellulose
- Questi carboidrati non digeribili vengono depolimerizzati e metabolizzati dalla flora batterica attraverso
una grande varietà di reazioni e pathways metabolici
- i principali prodotti della fermentazione dei carboidrati sono gli acidi grassi a catena corta: acetato,
butirrato, propionato
Lungo il transito nell’intestino crasso la concentrazione dei carboidrati fermentabili si riduce fino
all’esaurimento facendo sì che il metabolismo saccarolitico ceda il passo a quello proteolitico putrefattivo.
Questo metabolismo ha proteasi prodotte dai gruppi microbici proteolitici che idrolizzano le proteine ad
aminoacidi e peptidi semplici che rappresentano un’importante fonte di azoto per l’intero microbiota. Ha
luogo principalmente a livello del colon discendente. Porta alla formazione di acidi grassi a catena corta ma
anche acidi grassi a catena ramificata ma anche di metaboliti tossici (ammoniaca, amine, fenoli).
FUNZIONI DEL MICROBIOTA
- METABOLICA: fermentazione di residui alimentari, produzione di acidi grassi a catena corta, produzione di
vitamine B e K, produzione di muco, assorbimento di ioni
- TROFICA: controllo della crescita e differenziamento cellulare e sviluppo del SI
- PROTETTIVA: costituisce una barriera nei confronti dei patogeni. Come? Competizione diretta tra i
microrganismi per i nutrienti e spazio, amensalismo ovvero produzione da parte di una specie microbica di
sostanze che sono tossiche per un’altra ad esempio produzione di batteriocine, acidi grassi a catena corta,
aumento della velocità di transito intestinale, modulazione del sistema immunitario.
LEZIONE 3: MICROBIOTA E IMMUNITA’
Il tratto GI è l’area più estesa sottoposta a costante stimolo antigenico ed è il fronte immunitario più
importante del corpo. E’ un vero e proprio ecosistema che presenta tre componenti maggiori: cellule
dell’ospite (le nostre cellule), batteri, nutrienti.
Il tratto intestinale è rivestito da una mucosa formata da cellule epiteliali (enterociti dotati o meno di villi).
Tra le cellule epiteliali ci sono le cellule caliciformi dette goblet cells specializzate nella secrezione di
mucina (glicoproteina che forma uno strato mucoso sopra l’epitelio). Le goblet cell hanno un ruolo nel
passaggio degli antigeni luminali e li veicolano agli APC che poi li presenteranno ai linfociti. Possono anche
produrre e secernere citochine e chemochine che rinforzano la risposta immunitaria adattativa.
Lo strato mucoso è diviso in due porzioni:
- interno: a diretto contatto con l’epitelio, privo di batteri
- esterno: sovrapposto a quello interno, più vischioso, si trovano i batteri. Il suo spessore è variabile.
I carboidrati dello strato mucoso costituiscono il sito di legame per le adesine batteriche. Il repertorio di
carboidrati di ciascuno di noi, geneticamente controllato, determina l’adesione o meno di specie rispetto
ad altre.
MALT: tessuto linfoide associato alle mucose in generale. E’ formato da macrofagi, cellule dendritiche,
linfociti T, B, plasmacellule, che legano gli antigeni che vengono in contatto con la mucosa. Nel MALT
intestinale sono presenti le cellule M che legano l’antigene nel lume intestinale e lo portano nel tessuto
linfoide sottostante.
Il MALT si suddivide in GALT.
GALT: tessuto linfoide associato all’intestino. E’ formato dalle placche del Peyer ovvero follicoli linfoidi che
sono il centro germinativo per i linfociti B e si ritrovano nella lamina propria e nella sottomucosa
intestinale.
La lamina propria è un sottile strato di tessuto connettivo al di sotto dell’epitelio ed insieme ad esso
costituisce la mucosa, contiene un gran numero di macrofagi, cellule dendritiche, cellule T e B,
plasmacellule e IgA.
La comunicazione tra i protagonisti del microbiota e del SI intestinale è detta bidirezionale.
Il SI intestinale vuole mantenere l’omeostasi ovvero capacità di stabilire una tolleranza immunitaria verso
una varietà enorme e in continua evoluzione di microrganismi innocui, evitando però la loro diffusione
extra intestinale e preservando le risposte immunitarie contro i patogeni. Deve anche controllare
continuamente l’esposizione dell’ospite ai batteri per evitare conseguenze patologiche.
Per farlo deve minimizzare il contatto diretto tra batteri ed epitelio intestinale attraverso la stratificazione
e confinando i batteri penetranti ai siti intestinali e limitando la loro esposizione al comparto sistemico
attraverso la compartimentalizzazione. I meccanismi impiegati per mantenere la stratificazione e la
compartimentalizzazione sono: muco, giunzioni strette, peptidi antimicrobici secreti dalle cellule epiteliali e
del SI, macrofagi, cellule dendritiche, IgA secretorie.
Il microbiota può influenzare il SI, le diverse specie batteriche possono stimolare la crescita delle diverse
sottopopolazioni linfocitarie e cellulari del SI.
Studi condotti in animali germ free (GF) nei quali è stato dimostrato che l’assenza del microbiota è
associata a profondi difetti nello sviluppo del SI intestinale ma anche nello sviluppo della mucosa
intestinale e nelle funzioni immunitarie.
Grazie alla ricolonizzazione con una o più specie batteriche è stato possibile studiare gli effetti che quelle
specie hanno sullo sviluppo e sul mantenimento del SI. Ad esempio i Linfociti T della sottopopolazione
helper17 che sono potenti immunomodulatori sono assenti nei topi germ free ma la loro produzione è
inducibile dopo ricolonizzazione da parte di batteri filamentosi segmentati.
PRRs (PATTERN RECOGNITION RECEPTORS) sono recettori che si trovano sulle cellule servono per rilevare
segnali microbici durante un’infezione, hanno ligandi non solo esclusivi dei patogeni ma hanno ligandi
anche nei microrganismi commensali.
MAMP: si indicano le molecole associate ai microrganismi riconosciuti dai recettori PRRs.
es. Il polisaccaride A di bacteroides fragilis è riconosciuto dal TLR2/1 questo legame attiva una via di
segnale che giungerà ad esprime geni anti-infiammatori.
es. Il lactobacillus acidophilus è riconosciuto da TLR2 e porta ad attivare una via di segnale che giunge
all’espressione di geni ad attività antivirale IFN-beta, MX1
Se prevalgono alcuni generi batterici più di altri c’è la stimolazione di alcune sottopopolazioni linfocitarie
piuttosto che altre. Se l’equilibrio si sposta a favore di alcune, in queste condizioni possono prevalere
effetti infiammatori e ci si ritrova in alcune condizioni patologiche.
LEZIONE 4: DISBIOSI
DISBIOSI: condizione caratterizzata da uno squilibrio nel microbiota umano in particolare quello intestinale
EUBIOSI: condizione di equilibrio nel microbiota
PATOBIONTE: possiamo noi effettivamente tracciare una linea chiara tra simbionti patogenetici e non?
I patobionti esplicano la loro patogenicità a seconda delle condizioni in cui si trovano.
DISTURBI E PATOLOGIE RICONDOTTE E ASSOCIATE A DISBIOSI
Si osservano disturbi gastrointestinali o malattie che coinvolgono organi e apparati distanti dal tratto GI.
- cattiva digestione
- gonfiore ed aria
- infiammazione dell’apparato digerente
- cistiti
- micosi a livello di cute e mucose
Quali tra queste patologie sono state associate a disbiosi e per quali è stato dimostrato effettivamente una
relazione di causa/effetto con la disbiosi? La maggior parte degli studi ha osservato una casualità, non è
stato ancora dimostrata una relazione causa/effetto
ALTERAZIONE MICROBIOTA INTESTINALE: CAUSE
- assunzione di antibiotici
- stile di vita
- dieta
- igiene: l’aumentata insorgenza di allergie è dovuta alla mancanza di un’adeguata stimolazione del SI
durante l’infanzia, a causa dell’ambiente sempre più asettico in cui vivono i bambini del mondo
occidentale. Si tratta dell’ipotesi dell’igiene. L’esposizione a microbi nei primi anni di vita costituisce un
importante fattore di protezione in età adulta da malattie allergiche e autoimmuni, come asma e patologie
infiammatorie intestinali.
Queste alterazioni si riflettono ad una alterazione del SI. Queste si possono associare ad alcune patologie.
1. DISBIOSI DEFICITARIA O CARENZIALE (DEFICIT DI BATTERI)
L’utilizzo di farmaci (antibiotici, radioterapia, cortisonici, contraccettivi orali) o di una dieta priva di fibre in
particolare di bifidobatteri e lactobacilli. Si associa di frequente ad un colon irritabile o ad un’intolleranza
alimentare da carenza di enzimi batterici, le intolleranza più frequenti sono al latte, derivati, carne,
crostacei.
2. DISBIOSI FERMENTATIVA
E’ dovuta ad un’eccessiva fermentazione batterica per lo più una sovracrescita batterica a livello del
piccolo intestino dove sono abbondanti i substrati fermentabili.
Si istaura un’intolleranza a: carboidrati, verdure a foglia verde, legumi, mais, agrumi
Sintomi: distensione addominale, flatulenza, diarrea, stipsi
I pazienti migliorano con la riduzione del consumo di carboidrati
3. DISBIOSI PUTREFATTIVA
Sovracrescita di batteri che effettuano un metabolismo proteolitico in particolare clostridium e
bacteroides. Causata da una dieta ricca in grassi e carne e basso contenuto di fibre.
4. DISBIOSI DA SENSIBILIZZAZIONE
E’ correlata ad una risposta immunitaria anomala nei confronti dei componenti del microbiota.
La causa è un deficit di IgA e barriera immunitaria insufficiente
5. DISBIOSI DA FUNGHI
E’ una variante di quella fermentativa, è dovuta da sovracrescita di funghi in particolare di miceti (candida
e lieviti), è favorita da una dieta ricca in zuccheri, alimenti raffinati e poveri di fibre.
Intolleranze: lievito, farine bianche, zucchero, birra
Sintomi: gonfiore, diarrea, prurito anale, cisti abatteriche, astenia, micosi in altre sedi
6. DISBIOSI DA ROTAVIRUS
Sono ribovirus dotati di un doppio capside icosaedrico, senza pericapside. La principale via di trasmissione
è quella oro-fecale ma è possibile anche per contatto e via aerea.
La trasmissione avviene per aver ingerito cibo o acqua o superfici contaminate. La contaminazione delle
mani è la via di trasmissione più diffusa.
Provocano la gastroenterite diffusa in tutto il mondo. In Europa si verifica nel periodo invernale. Sono la
causa più comune di gastrointeriti virali nei bambini causando diarrea grave per via di disidratazione. Non
si acquisisce un’immunità per tutto il resto della vita.
la malattia ha un periodo di incubazione breve. L’infezione si auto risolve nella maggior parte dei casi. Si
può trattare con antidiarroici, antiemetici e probiotici e soprattutto bevendo molto. Ad oggi sono
disponibili vaccini antirotavirus per i nuovi nati. La diagnosi può essere effettuata ricercando antigeni
specifici in campioni fecali.
DISBIOSI TEST
Rappresenta un presidio di laboratorio per individuare e monitorare i pazienti che evidenziano uno stato di
disbiosi intestinale.
Il test permette di dosare a livello urinario 2 markers: indicano e scatolo che sono metaboliti del triptofano.
La loro presenza in certi livelli indica una disbiosi di tipo putrefattivo
STOOL FLORA SCAN
Test sulle feci del paziente che consente di avere un quadro più dettagliato sullo stato di salute del nostro
intestino e valuta la presenza di disbiosi intestinale ma anche di alterazioni a carico della mucosa
intestinale soprattutto per quanto riguarda la sua permeabilità e la componente immunologica tramite la
valutazione di zonulina e calprotectina (viene rilasciata dai neutrofili).
LEZIONE 5: MICROBIOTA, STATO DI SALUTE E MALATTIA
1. Fase 1 PROGETTO MICROBIOMA UMANO: Caratterizza le comunità microbiche del nostro microbiota a
livello dei distretti corporei come bocca, cavità orale, nasale, tratto genitale, tratto GI. Dopodiché deve
correlarli con il genotipo dell’individuo
2. Fase 2 PROGETTO INTEGRATIVO DEL MICROBIOMA UMANO: caratterizza i cambiamenti del microbiota
nel tempo e in particolar modo in tre condizioni, in gravidanza pre termine, nel pre-diabete e in patologie
infiammatorie intestinali.
GRAVIDANZA E NASCITE PRE TERMITE (PTB): può avere conseguenze molto serie per il nascituro incluse
disabilità e morte.
Durante la gravidanza il SI materno mantiene l’equilibrio tra effettori pro e antiinfiammatori e tra i fattori
che contribuiscono al parto pre termime vi è la compromissione della tolleranza materno-fetale, disturbi
vascolari, insufficienza cervicale, rottura prematura delle membrane fetali e infezioni amniotiche. Si ritiene
che l’ascensione di microrganismi dalla vagina all’utero possa provocare la rottura prematura delle
membrane e questo può essere un fattore che possa causare un parto pre-termine.
I cambiamenti nel microbiota del lume vaginale, attraverso meccanismi che coinvolgono la risalita di
microrganismi dalla vagina all’utero, sono stati associati al PTB. Osservata: diminuzione di lactobacilli e
aumento di prepotella e sneathia. Bassi livelli di vit D. questo suggerisce un legame tra carenza di vit D e
parto pre termine.
PREDIABETE: caratterizzata di livelli superiori alla norma del lgucosio nel sanue, questa condizione evolve
in diabete. E’ associata ad insulita-resistenza. Sono stati studiati 100 individui affetti e si è osservato una
varianza dei dati però si può dire che questi individui rispondono in maniera ridotta ad infezioni virali del
tratto respiratorio
PATOLOGIE INFIAMMATORIE INTESTINALI (IBD) includono la malattia di Crohn, coline o rettocolite
ulcerosa. Colpiscono milioni di persone in tutto il mondo. Sono infiammazioni croniche che interessano
tutto il tratto GI per la malattia di Chron o l’intestino crasso per la colite. La sintomatologia è recidivante e
remittente. Aumento del genere E.Coli nelle fasi attive di malattie, i bacteroides variano nel tempo nelle
diverse fasi della patologia.
La MICROFLORA è necessaria per lo sviluppo delle IBD ma nessuna singol specie patogena è associabile alla
loro insorgenza.
Dall’identificazione di IBD si era visto un’abbondanza di E.Coli
MECCANISMI
Oltre ai cambiamenti nei livelli relativi alle varie specie batteriche.
avviene una rottura dei meccanismi di difesa della barriera intestinale: in una condizione di IBD si ha una
diminuita secrezione di molecole ad attività antimicrobica, si ha un killing defettivo dei batteri da parte dei
neutrofili, si ha in generale uno squilibrio tra le sottopopolazione dei linfociti T Helper. Queste portano ad
un alterazione della composizione del microbiota e prevalenza dei protobionti e possono raggiungere la
lamina propria e la sottomucosa.
CONDIZIONE DI DISBIOSI IN CORSO DI IBD
- disbiosi precoce: iniziano a penetrare i patobionti
- disbiosi tardiva: l’epitelio è danneggiato ed è più facile il passaggio per i patobionti nella sottomucosa
dove stimolano la risposta immunitaria
COMPONENTE VIRALE DEL MICROBIOTA IN IBD
possono penetrare anche virus
IBS IRRITABLE BOWEL SYNDROME (SINDROME INTESTINO IRRITABILE)
disturbo cronico a livello GI
ha origine multifattoriale (genetica, ambientale, psicosociale), eterogeneo, molto comune nei giovani
adulti
Ibs è associata a disbiosi e a fattori che alterano il microbiota antibiotici, dieta, stress psicologico.
DISTURBI MENTALI
prevalenza in aumento, la maggior parte dei pazienti psichiatrici soffre di disturbi GI: celiachia, IBD, IBS
ASSE CERVELLO-INTESTINO
“l’intestino è il nostro secondo cervello” per la comunicazione bidirezionale tra questi due apparati. Ma
mancano studi longitudinali sull’uomo.
ALTERAZIONI CARDIO-METABOLICHE
- DIABETE
- OBESITA’
- SINDROME METABOLICA
- MALATTIE CARDIOVASCOLARI
Quasi per tutte le patologie è stata associata una qualche condizione di disbiosi. Tra i microrganismi più
evidenziati c’è akkermansia muciniphila associata alle malattie sopra citate. E’ uno dei più promettenti
microrganismi che potrebbe entrare a far parte dei probiotici. Appartiene al phylum verrucomicrobia. E’ in
grado di degradare le mucine (componenti del muco che riveste l’epitelio e la mucosa GI) e ne ristimola la
produzione dell’epitelio intestinale. Serve per mantenere la funzione della barriera intestinale.
LEZIONE 6-7: PROBIOTICI E PREBIOTICI
PROBIOTICI: (a favore della vita) microrganismi vivi che ingeriti in adeguate quantità attraverso integratori
o alimenti sono in grado di esercitare funzioni benefiche per l’organismo. Sta sostituendo il termine di
fermenti lattici ma non tutti i probiotici sono in grado di produrre acido lattico fermentando gli zuccheri.
Possono prevenire la disbiosi oppure per riequilibrare la disbiosi.
NASCITA: all’inizio del 1900 con Metchnikoff (premio nobel per studi sulla fagocitosi) aveva intuito che i
lactobacilli dello yogurt e dei latti fermentati potevano portare benefici per la salute umana. Egli fu il primo
a suggerire l’ingestione di colture vive di batteri lattici per prevenire i fenomeni putrefattivi nell’intestino.
CARATTERISTICHE PER ESSERE UTILIZZATI IN ALIMENTI E INTEGRATORI:
- essere usati per integrare la microflora (microbiota) intestinale: devono essere microrganismi che già
normalmente fanno parte del nostro microbiota
- essere considerati sicuri per l’impiego. Non devono essere portatori di antibiotico-resistenza acquisita:
devono essere GRAS, non devono scatenare un’infezione specialmente in pazienti immunocompromessi
- essere attivi e vitali a livello intestinale in quantità tale da potersi moltiplicare: devono resistere alla
barriere che il nostro microrganismo oppone all’adesione e colonizzazione. Devono resiste al succo gastrico
e pancreatico, alle condizioni di pH, devono colonizzare e persistere almeno temporaneamente
nell’intestino.
FUNZIONI BENEFICHE DEI PROBIOTICI
METABOLICHE:
- sintetizzano vit B2, B12, K, acido folico
- sintetizzano gli acidi grassi a catena corta (SCFA)
- neutralizzano sostanze tossiche o cancerogene es nitriti e nitrati
- aumentano la digeribilità dei lipidi e delle proteine
- aumentano la digeribilità del lattosio nei soggetti intolleranti
BENEFICHE:
TROFICHE
- effetto protettivo sulla mucosa intestinale, migliorando e stabilizzando la funzione di barriera intestinale
- ostacolano l’atteccgimento di specie patogene
- sintetizzano sostanze ad azione antimicrobica (batteriocine)
- stimolano l’immunità umorale e cellulo-mediata a livello intestinale (GALT)
PROTETTIVA
- migliorano le malattie respiratorie di natura allergica e infettiva
- migliorano le allergie alimentari
INDICAZIONI D’USO “favorisce l’equilibrio della flora intestinale”
NELLA PRATICA CLINICA USATI COME COADIUVANTI NELL CURA DI: diaree, gastroenteriti infettivi,
enterocoliti infantili, infezione da heicobacter pylori, sindrome del colon irritabili, colite ulcerosa,
malassorbimento e allergie alimentari, candidosi e cistiti
CRITERI DI SCELTA E PARAMETRI
- valutazione ed efficacia: stabilire la dose giornaliera (per ottenere una colonizzazione temporanea sono
necessarie 1 miliardo di cellule vive per adulto, questo numero può diminuire e deve essere garantito con
le modalità di conservazione del prodotto fino alla data di scadenza del prodotto)
- per molti prodotti non è indicato il numero di cellule vive o unità formanti colonie alla scadenza
- se un prodotto contiene meno di 1 miliardo di cellule vive è un prodotto di scarso quindi bisogna scegliere
un prodotto che va da 1 a 3 miliardi o meglio ancora superiore a 3 miliardi
PRINCIPALI PROBIOTICI
- lattobacilli: phylum firmicutes, sono bacilli gram +, anaerobi facoltativi, producono acido lattico. Esempi L.
acidophilus più importante simbionto della prima parte dell’intestino impedisce ai batteri produttori di gas
di risalire dal colon e L. rhamnosus è un simbionto del colon, inibisce la maggior parte dei patogeni, è un
antidiarroico, riduce l’infiammazione intestinale, L casei e paracasei importanti immunostimolanti e L.
reuteri viene usato anche per le coliche nei neonati
- bifidobatteri: phylum actinobacteria, sono bacilli gram + anaerobi obbligati, sono fondamentali nella
produzione di sostanza che noi non riusciamo a produrre. Esempi B. infantis caratteristico del lattante con
latte materno, B. adolescentis caratteristico dell’età evolutiva, B brevis longum bifidum e animalis tendono
a diminuire con l’età
- enterococchi e lattococchi: phylum firmicutes, un po’ meno importanti, Esempi. E. faecium e L. lactis,
quest’ultimo diffuso nella microflora di formaggi e latte, alcuni ceppi producono batteriocine attive contro
patogeni ed agenti di deterioramento come la nisina.
- leviti: saccharomyces boulardii molto importante da utilizzare contemporaneamente agli antibiotici, è in
grado di resistere all’acidità gastrica ed alla proteolisi. La sua T ottimale per proliferare è 30° e l’ambiente
GI rappresenta un habitat ideale dove raggiunge concentrazioni elevate in breve tempo. Non viene inibito
dall’azione degli antibiotici. Favorisce il ripristino del normale ecosistema intestinale, agevola la produzione
di acido lattico e vit B. contrasta la proliferazione di ceppi di lievito dannosi.
PREBIOTICI: sostanze di origine alimentare non digeribili, se ingerite in quantità adeguata sono in grado di
favorire selettivamente la crescita e/o l’attività di uno o più microrganismi tra quelli già presenti nella flora
batterica intestinale o tra quelli contestualmente somministrati come probiotici.
Le sostanze impiegate come prebiotici devono:
- essere sicure per l’uomo sulla base di un uso tradizionale
- essere presenti sulle quantità di assunzione giornaliera in quantità plausibili per svolgere un effetto
prebiotico secondo le evidenze scientifiche disponibili
- tra quelli impiegati: inulina, frutto-oligosaccardi (FOS), galatto-oligosaccaridi (GOS)
EFFETTI
La trasformazione dei prebiotici da parte del microbiota produce acidi grassi a catena corta che
porterebbero a:
- calo di pH nell’intestino crasso con una riduzione della crescita di batteri ad azione patogena
- aumento dell’assorbimento di alcuni micronutrienti
- migliore funzionalità intestinale e altri effetti fisiologici
- stimolazione della crescita dei bifidobatteri
MECCANISMO D’AZIONE SELETTIVA risiede nel fatto che solo alcune specie batteriche possiedono gli
enzimi specifici per utilizzare i prebiotici stessi che quindi rappresentano una fonte di nutrimento selettiva.
Un altro possibile meccanismo anti-batteri patogeni è dovuto al fatto che batteri e virus si legano alla
mucosa intestinale tramite le adesine con cui si uniscono alle glicoproteine della mucina. I prebiotici
potrebbero rappresentare l’analogo strutturale del recettore mucose e quindi confondere il patogeno che
si legherebbe al prebiotico invece che alla proteine recettoriale.
FRUTTO-OLIGOSACCARIDI (FOS): sono oligosaccaridi ovvero corti polimeri costituiti da D fruttosio e D
glucosio, sono in associazione ai probiotici. Sono molecole naturali che si trovano in: pomodori, carciofi,
cipolle, banane, legumi, cicoria etc
Una volta assunti non vengono digeriti dagli enzimi dell’intestino tenute e possono raggiungere intatti il
colon. La proprietà prebiotica risiede nella stimolazione della crescita dei bifidobatteri. I batteri putrefattivi
non riescono a rompere i legami chimici dei FOS (azione prebiotica selettiva dei FOS)
GALATTO-OLIGOSACCARDI (GOS): oligosaccaridi di galattosio e glucosio, si trovano nel latte materno.
INULINA: appartiene alla famiglia dei fruttani, è imparentata ai FOS. Può essere estratta dalla radice della
cicoria e dal tubero tobinambur, presente in quantità modeste in vegetali di consumo comune. Comporta
uno spiccato aumento dei bifidobatteri e dei lactobacilli.
SIMBIONTI: alimenti o integratori che contengono contemporaneamente sia probiotici che prebiotici.
Combinazioni:
- bifidobatteri + fos
- bifidobatteri + gos
- lactobacilli + inulina
FMT (TRAPIANTO DI MICROBIOTA FECALE): processo attraverso il quale le feci prelevate da un individuo
sano vengono trasferite nell’intestino di una persona malata attraverso colonscopia, clistere.
Indicazione: infezioni ricorrenti causate da clostridium difficile refrattarie all’antibioticorerapia standard
CRITICITA’ NELLE APPLICAZIONI CLINICHE BASATE SUL MICROBIOTA A FINI DIASGNOSTICI O TERAPEUTICI
- definizione clinica condivisa di eubiosi/disbiosi: un patobionte è potenzialmente patogeno solo in
determinate condizioni, non è facile definirlo.
- correlazione disbiosi-malattia: in diverse condizioni patologiche intestinali e sistemiche, il microbiota si
può presentare con variazioni nell’abbondanza di alcuni gruppi tassonomici, rispetto alla popolazione sana
di controllo.
- definizione di indicazioni terapeutiche certe per l’uso dei probiotici: nelle linee uida del ministero viene
indicata un’unica frase: favorisce il riequilibrio della flora intestinale. Ci sono deficit regolatori dei
regolamenti europei nell’inquadramento.
- definizione di indicazioni terapeutiche certe e degli aspetti tecnici e regolatori del trapianto fecale: al
momento l’unica indicazione è rappresentata da clostridium difficile refrattarie all’antibioticorerapia
standard. Per questo è nato un programma nazionale che si propone di definire le caratteristiche delle
strutture sanitarie e le indicazioni.
SEZIONE 3
LEZIONE 1: INFEZIONI E TOSSINFEZIONI ALIMENTARI
VIE DI TRASMISSIONI:
- ORIZZONTALE: da individuo ad individuo. E’ distinta in diretta e indiretta. Diretta tramite alimenti e
bevande. Quella indiretta tramite vettori (insetti) e veicoli (oggetti, superfici).
- VERTICALE: da madre e feto/nascituro
TOSSINFEZIONI ALIMENTARI possono derivare dall’infezione con microrganismi patogeni che colonizzano
le mucose intestinali oppure dall’ingestione di alimenti contaminati o dalla presenza nei cibi di tossine di
origine microbica.
Oggi al mondo ci sono 250 tossinfezioni alimentari causate per lo più da batteri, virus, parassiti e funghi.
Sono stati identificati i patogeni emergenti tra cui Listeria monocytogenes.
La CONTAMINAZIONE DEI CIBI può avvenire a vari livelli, alcuni microrganismi sono già presenti
nell’intestino di animali sani ma possono venire in conttto con le loro carni durante la macellazione e
possono essere patogeni per l’uomo. I natteri del genere vibrio possono essere filtrati e concentrti dai
frutti di mare e quindi causare l’infezione soprattutto se ingeriti crudi. Frutta e verdura possono
contaminare se lavate o irrigate con acqua da feci animali o umane.
Le infezioni possono essere trasmesse al cibo da parte degli operatori durante la fase di preparazione, caso
di Shigella, sia per contatto con le mani che con strumenti da cucina. Importantissima è la catena del
freddo pechè inibisce lo sviluppo e moltiplicazione dei micrrorganismi. Un cibo cotto e quindi sicuro può
contaminarsi per contatto con cibi crudi.
Nella maggior parte dei casi i sintomi sono collegati al sistema GI come nausea, vomito, crampi, diarrea.
Alcune possono interessare distretti e apparati distanti dall’apparato GI, questo dipende dalla capacità del
microrganismo di circolare.
DIAGNOSI: solo attraverso test di lab che identificano il patogeno. Un problema è chiarire l’origine della
malattia soprattutto quando si trasforma in epidemia. Per le autorità non è mai facile identificare la fonte
dell’infezione e intervenire.
Le infezioni più note sono quelle causate da: salmonella, shigella, E.Coli, Campulobacter, virus dell’epatite
A, Staphylococcus aureus, clostridium botulinum.
STAFILOCOCCHI
Gram +, cocchi, disposti a grappolo, immobili, asporigeni, aerobi-anaerobi facoltativi, alofili (crescono a
concentrazioni di NaCl elevate), sono catalasi positivi. Sono batteri ubiquitari sia nell’ambiente che nel
microbiota. Sono resistenti a calore ed essicamento. Le malattie variano da lievi a fatali.
La specie più virulenta è STAPHYLOCOCCUS AUREUS, resiste alla meticillina ed altri agenti-beta-lattamici.
La patologi associata è la conseguenza di:
- infezione: vera e propria infezione invasiva
- intossicazione: azione delle tossine in assenza di infezione invasiva
- tossinfezione: combinazione di invasione e intossicazione
Diffuso in molte specie animali come l’uomo. Nella popolazione sana è presente su cute e mucose. Lo stato
di portatore può essere persistenze. Ci si infetta per contatto diretto con il malato o il portatore sano, per
contatto con superfici o ingestione di cibo contaminato.
Quadri patologici: tutti gli organi possono essere infettati. Le manifestazioni patologiche vanno a livello
della cute come foruncoli a gravi come orzaiolo, ascessi celebrali, endocardite, intossicazione alimentare.
Fattori di virulenza/meccanismi attraverso i quali si istaura la patologia: ci sono tre tipi di fattori di
virulenza:
- legati alla parete cellulare (capsula, proteina A)
- enzimi (catalasi, SOD, chinasi)
- tossine (esotossine citolitiche e superantigeni)
TOSSINE DELLO S. AUREUS
- ESOTOSSINE CITOLITICHE:
-- le citolisine o emolisine sono denominate alfa, beta, gamma, delta e leucocidina P-V sono codificate da
geni a livello cromosomico, possono uccidere diversi tipi cellulari, rilasciano enzimi lisosomiali che
contribuiscono al danno tissutale, si inseriscono nella membrana citoplasmatica e formano pori.
-- tossina esfoliativa rompe i legami intercellulari a livello dell’epidermide e provoca delle ampie zone di
necrosi.
- ESOTOSSINE SUPERANTIGENI: provocano un’anomala ed eccessiva risposta immunitaria ed
infiammatoria:
-- tossina 1 della sindrome da shock tossico
-- enterotossine: si conoscono 7 tipi antigenici, resistono a succhi ed enzimi gastrici e a riscaldamento, sono
la causa ad infezioni alimentari da S. Aureus
MALATTIE ASSOCIATE A TOSSINE
- sindrome della cute ustionata da stafilococco o necrosi epidermica acuta: causata dalla tossina esfoliativa,
rompe i legami intercellulari dell’epidermide, causa bolle e desquamazione
- sindrome da shock tossico: sindrome causata da TSST-1 caratterizzata da febbre, vomito, diarrea
- gastroenterite stafilococcica: intossicazione vera e propria causata dall’ingestione della tossine. Stimolano
citochine proinfiammatorie e causano febbre e vomito stimolano recettori della mucosa GI che generano
impulsi che raggiungono il SNC.
- enterocolite: alcuni ceppi di S. Aureus causano infezioni del tratto enterico soprattutto in pazienti trattati
con antibiotici a largo spettro.
DIAGNOSI: identificazione di laboratorio, prevede la colorazione di Gram, osservazione al microscopio,
esame colturale e test biochimici. Lo S. aureus produce colonie di color giallo/oro per la produzione di
pigmenti carotenoidi. In seguito di aggiunta di acqua ossigenata si formano bolle per la presenza di catalasi.
Il test della coagulasi permette di identificarlo.
TERAPIA
- le infezioni gravi richiedono antibiotici sistemici la cui scelta è complicata dal frequente sviluppo di ceppi
resistenti. Il problema più serio è rappresentato dagli S. aureus resistente alla meticilina.
la scelta dell’antibiotico deve essere preceduta dalla scelta dell’antibiogramma.
LEZIONE 2/3: CLOSTRIDI
Sono gram +, bacilli, hanno flagelli peritrichi, sono raramente capsulati, anaerobi obbligati, sporigeni,
tossinogenici.
Sono ubiquitari (terreno, acqua, scarichi fognari, materiale organico, saprofiti nell’intestino di animali e
uomo).
Hanno un met saccarolitico o proteolitico quindi in grando di usare sia zuccheri che proteine.
Identificazione tramite profili di fermentazione dei carboidrati, rilevazione di acidi grassi a catena corta
prodotti, ricerca di tossine specifiche e test biochimici.
causano infezioni sia esogene (invasive e dei tessuti molli, intossicazioni alimentari) che endogene.
C. BOTULINUM
Descritto alla fine del 800 come microrganismo responsabile del botulismo in seguito a un focolaio di
botulismo alimentare. La malattia prende il nome da botulus (salsiccia). In Italia il botulismo è correlato da
prodotti di origine vegetale soprattutto domestiche (sottovuoto= non presenza di ossigeno, elevate
quantità d’acqua e proteine, poca acidità)
Le spore (forme di resistenza) gli consentono di rimanere quiescente per molti anni e di trasformarsi poi in
cellule vegetativa non appena le condizioni diventano favorevoli. Le condizioni favorevoli sono: assenza di
ossigeno, substrati non troppo acidi (ph 4,6) e che contengono elevate quantità di acqua libera (il valore
limite al di sotto il quale il botulino non si sviluppa è 0,935), substrati contenenti fonti di proteine
consistenti (perché non in grado di sintetizzare tutti gli AA).
La malattia può essere classificata in 6 forme:
- alimentare: presenza della tossina botulinica negli alimenti
- da ferita: causata dallo sviluppo e produzione di tossine in ferite infette
- infantile: temporanea colonizzazione dell’intestino di neonati e lattanti
- colonizzazione intestinale dell’adulto: in adulti con gravi forme di disbiosi intestinali
- iatrogeno: per errata somministrazione di tossine botuliniche
- da inalazione con tossine botuliniche
Tutte le forme di botulismo sono associate alla tossina.
BOTULISMO ALIMENTARE: dovuta al consumo di alimenti contaminati da tossina botulinica, colpisce tutte
le fasi d’età. Non è trasmissibile perché dovuta dalla tossina. I sintomi si manifestano dopo 6 ore fino a 15
gg dall’ingestione.
Sintomi: annebbiamento e sdoppiamento della vista, secchezza della bocca debolezza muscolare passante
dalla parte superiore del corpo alla parte inferiore con paralisi flaccida.
Diagnosi: clinica, si basa sull’osservazione di segni e sintomi non che dalle info che fornisce sull’anamnesi
alimentare.
La diagnosi in lab consiste nella ricerca delle tossine botuliniche nel sangue, feci, residui alimentari
consumati dal paziente nonché nella determinazione dei clostridi produttori di tossine botuliniche nelle
feci.
Se diagnosticata in tempo, si risolve in tempi che variano da settimane a mesi.
Trattamento:
- terapia di supporto alla ventilazione, ventilazione assistita, nutrizione parenterale, decontaminazione con
carbone attivo
- terapia specifica consiste nella somministrazione di un siero iperimmune. Il siero di antitossine
botuliniche viene somministrato in ambiente controllato.
TOSSINE BOTULINICHE: sono gli agenti che causano il botulismo a prescindere dalla forma di malattia. Sono
proteine globulari che si disattivano al calore e che vengono considerate il veleno naturale più potente per
l’uomo. Al momento ci sono 7 varianti dalla A alla G ma le più rilevanti sono A, B, E.
Sono neurotossine (spiccato trofismo per i neuroni), eterodimeri formati da una catena leggera e da una
catena pesante unite da un ponte di solfuro. Sono tossine AB.
1. La catena pesante si lega al recettore presente sulle cellule pre-sinaptiche della sinapsi colinergica delle
giunzioni neuromuscolari.
2. La tossina entra nel neurone per endocitosi
3. Il legame disolfuro tra la catena pesante e quella leggera viene scisso e la catena leggera viene rilasciata
nel citoplasma
4. La catena leggera si lega al complesso proteico SNARE, impedendo il completo assemblaggio del
complesso di esocitosi e bloccando il rilascio del neurotrasmettitore, l’acetilcolina.
Usi terapeutici: il tipo A e B delle tossine sono utilizzate ai fini terapeutici (botox)
- oftalmologia
- neurologia
- dermatologia
TOSSINA TETANICA: prodotta dal C. tetani che nella forma vegetativa produce una tossina detta
tetanospasmina che causa i sintomi clinici del tetano, malattia infettiva acuta non contagiosa. Si trova
nell’intestino degli animali e le spore possono sopravvivere nell’ambiente per diversi decenni e può
penetrare nelle ferite, dove in condizioni opportune, possono germinare e produrre la tossine. (Spora
trasformata in cellula vegetativa che produce la tossina.
Non invade i tessuti ma la tossina con spiccato neurotropismo e tossicità, entra nel sangue e raggiunge il
SNC, interferendo con il rilascio di neurotrasmettitori che regolano la muscolatura. Il blocco del rilascio del
neurotrasmettitore inibitorio fa si che la muscolatura rimanga sempre contratta. Provoca una paralisi
spastica.
Una forma particolare di tetano è quella che colpisce i neonati osservata soprattutto in paesi in via di
sviluppo. Colpisce i bambini nati da madri non vaccinate che non hanno la protezione conferita nei primi
mesi di vita dagli anticorpi materni. L’infezione viene contratta quando il cordone ombelicale viene reciso
con strumenti non sterili. Il tempo di incubazione è di 7-14 giorni. I sintomi sono quelli del tetano
generalizzato ma con elevata letalità.
Diagnosi: clinica. Un sintomo iniziale caratteristico è il trisma: contrattura del muscolo massetere del volto
(riso sardonico) seguita dalla contrazione di collo e torace. La malattia non è contagiosa.
Trattamento: somministrazione di immunoglobuline anti-tetaniche, pulizia della ferita infetta con
disinfettanti e antibiotici per prevenire il passaggio della tossina in circolo. Tuttavia se la tossina si è già
legata ai neuroni le Ig non riescono più a legarla e quindi la terapia è essenzialmente sintomatica.
Prevenzione: vaccinazione anti-tetanica, resa obbligatoria per i militari nel 1938 e poi estesa per agricoltori
ed allevatori di bestiame e per i bambini al 2 anno di vita e poi anticipata al 1 anno di via. Si somministrano
3 dosi tutte entro il primo anno di vita e poi richiami al 6 e 14esimo anno.
Vaccino: costituito dall’anatossina cioè tossina tetanica trattata in modo da perdere la sua tossicità,
mantenendo la capacità di stimolare il SI con anticorpi specifici e protettivi. E’ un vaccino che conferisce
una protezione molto elevata con efficacia del 95%.
CLOSTRIDIUM DIFFICILE
E’ un bacillo, gram positivo, ha flagelli peritrichi, è un anaerobio obbligato, sporigeno, tossinogenici
produce tossine, si ritrova ubiquitariamente in ambiente e animali, fa parte dei firmicutes, è presente
nell’intestino dell’uomo.
Identificato nel 1935 come componente del microbiota intestinale, solo nel 1978 è stato riconosciuto
come patogeno umano agente eziologico di manifestazioni intestinali mediate da tossine che vanno da
diarree lievi, a colite, e colite pseudomembranosa. Le manifestazioni extra intestinali sono rare. I fattori di
rischio sono: età, presenza di comorbidità, ospedalizzazione, assunzione di antibiotici.
Esiti clinici: colonizzazione asintomatica, diarrea lieve, colite pseudomembranosa le cui complicazioni
possono essere perforazione, megacolon tossico, sepsi. Si presenta con diarrea, dolore addominale,
leucocitosi e febbre.
Si manifesta in degenti o ex degenti che abbiano o che stiano assumendo antibiotici.
Come si acquisisce l’infezione? Il soggetto C. difficile negativo entra in ospedale e può entrare in contatto
con ceppi di C. difficile non tossinogenici e può manifestarsi in una colonizzazione asintomatica. Oppure
può entrare in contatto con ceppi di C. difficile tossinogenico ma rispondere prontamente con produzione
di IgG nei confronti della tossina e essere colonizzato asintomaticamente. Oppure il paziente non risponde
con produzione di IgG e quindi si ammala.
Perché l’ultimo paziente non risponde? Perché è anziano, è in uno stato di immunodepressione oppure sta
assumendo antibiotici.
Esiti clinici dell’infezione:
- effetti infiammatori locali dell’infezione da C. difficile con formazione di lesioni a vulcano
- effetti tardivi con formazione di pseudomembrane, costituite da cellule intestinali istrutte e leucociti
Patogenesi dell’infezione, come dall’infezione si arriva alla patologia?
il C. difficile produce le tossine A e B ed entrambe sono monoglucosiltransferasi: catalizzano
l’incorporazione di glucosio in proteine della famiglia Ras/Rho bloccandone le funzione. Le proteine
bersaglio intervengono nella trasduzione di segnali coinvolti nella regolazione del citoscheletro, nella
progressione della cellula nel ciclo cellulare e nell’apoptosi. Attraverso questi meccanismi hanno azione
citotossica. Non tutti producono tossine e questo da differenze nella virulenza e patogenicità tra i vari
stipiti.
Patogenesi:
- la tossina A: ha azione citotossica andando a rompere le giunzioni intercellulari
- la tossina B: ha azione citotossica su altri tipi cellulari del sistema immunitario
Diagnosi: esame delle feci per ricercare il batterio e tossine
Trattamento: vengono somministrati antibiotici ai quali il batterio risulta sensibile, come metronidazolo e
vancomicina.
Prevenzione: età, ospedalizzazione (guanti, camici, isolamento, disinfezione), terapie antibiotiche
Nuovi trattamenti: trapianto di feci, terapia con immunoglobuline, farmaci leganti tossine, probiotici,
vaccini, ceppi di C. difficile non tossinogenici.
CLOSTRIDI ISTOTOSSICI: C. perfringens, C. septicum, C. novyi, C. hystolyticum
Sono agenti di gangrena gassosa, infezione di una lesione traumatica a partire dalla quale provocano zone
più o meno estese di necrosi tissutale e condizioni tossiche generali più o meno gravi, mediante esoenzimi
ed esotossine citotossiche per lo più per azione sul citoscheletro e/o interferenza con il signalling di
membrana. Se le lesioni necrotiche arrivano a coinvolgere il tessuto muscolare può rendersi necessaria
l’asportazione del segmento interessato dalla gangrena.
C. PERFRINGENS
agente di gangrena gassosa, di enterocolite necrotizzante e di tossinfezione alimentare (tossina
superantigene)
C. SEPTICUM
può dare enterocolite
ENTEROCOLITE NECROTIZZANTE NEONATALE: si verifica nei neonati prematuri, ha un esito spesso fatale,
può essere causata da C. difficile, C. perfringens, C. buryricum.
LEZIONE 4/5: ENTEROBATTERI
Enterobatteri: grande numero di batteri a prevalente habitat intestinale negli animali e uomo, correlati
biochimicamente e antigenicamente.
Caratteristiche:
- habitat intestinale
- bacilli gram negativi
- sono mobili grazie a flagelli o immobili
- provvisti di pili
- asporigeni
- aerobi/anaerobi facoltativi
- in anaerobiosi utilizzano il glucosio per via fermentativa
- sono negativi al test dell’ossidasi perché non hanno il citocromo C
- tutti producono catalasi tranne shigella dysenteriae
Caratteristiche biochimiche:
- capacità di usare particolari substrati come unica fonte di carbonio
- presenza di enzimi particolari
- produzione di specifici prodotti metabolici
- capacità di fermentare particolari zuccheri
Caratteri antigeni
Sono tutti gram negativi e quindi possiedono a livello della membrana esterna l’LPS. L’LPS ha due porzioni:
una lipidica rappresentata dal lipide A (tossica) e una polisaccaridica con un core polisaccaridico al quale è
attaccato il polisaccaride O, è questa porzione che costituisce l’antigene O degli enterobatteri. Molti hanno
una capsula con proprietà antigeniche, detti antigeni K. Alcuni possiedono flagelli e anche la flagellina ha
proprietà antigeniche che costituiscono l’antigene K.
Azione patogena
- infezioni sistemiche in particolare febbri enteriche
- infezioni intestinali: enterobatteri invasivi (shigella, salmonella) non invasivi (alcuni E.Coli)
- infezioni a localizzazione extraintestinale (vie urinarie da parte di E.Coli)
SALMONELLA SPP
Patogeni più frequentemente responsabili di epidemie di origine alimentare
Gli alimenti: uova, carne di pollo e i loro derivati soprattutto se contaminati all’origine
Caratteristiche: famiglia enterobatteri, habitat intestinale di volatili, mammiferi, uomo. Sono bacilli gram
negativi, hanno flagelli, pili, capsula. Hanno una struttura antigenica complessa con 2000 sierotipi.
Caratteristiche chimico/fisiche: hanno un intervallo di T tra 10-48°. Il freddo ne rallenta lo sviluppo.
Intervallo di pH 4-9,5. Uccise da ebollizione, pastorizzazione. Producono tossine termolabili. Sensibili ai più
comuni disinfettanti.
Caratteristiche antigeniche: l’antigene O somatico è di natura polisaccaridica, l’antigene K o Vi (virulenza)
ha natura polisaccaridica e l’antigene H (flagelli) di natura proteica.
Le salmonelle possono determinare nell’uomo malattie infettive che si manifestano con diverse forme
cliniche:
- sistemiche: forme tifoidee (S. typhi, S. paratyphi)
- gastroenteriche: forme non tifoidee ( salmonelle minori come S. typhimurium e S. enteritidis)
Epidemiologia e vie di trasmissione
- la FORMA SISTEMICA più grave è il tifo cui a.e. è S. typhi. Si trasmette da uomo a uomo senza ospiti
intermedi, attraverso il circuito oro-fecale.
- le FORME GASTROENTERICHE si identificano con le tossinfezioni alimentari, il 50% dei focolai epidemici di
tossinfezione alimentare è sostenuto da Salmonella, i sierotipi isolati più frequentemente nell’uomo sono
S. enteridis e S. thyphimurium.
Le infezioni possono verificarsi nell’uomo e negli animali domestici, da cortile e selvatici. I principali
serbatoi dell’infezione sono rappresentati dagli animali, i cui derivati (carne, uova, latte consumati crudi o
non pastorizzati) e l’ambiente (acque non potabili) rappresentano i veicoli di infezione.
Vie di trasmissione/veicoli: l’infezione si trasmette per via oro-fecale, attraverso l’ingestione di cibi o
bevande contaminate, attraverso la manipolazione di oggetti o piccoli animali in cui siano presenti le
salmonelle.
I principali veicoli sono: alimenti, acqua contaminata, superfici e utensili, piccoli animali domestici.
Per poter causare la malattia è necessaria la colonizzazione massiva dell’agente patogeno nell’alimento
prima dell’ingestione. All’apparenza il cibo contaminato non presenta alterazioni delle caratteristiche
organolettiche (non è facilmente riconoscibile).
Alimenti rischiosi: uova e derivati soprattutto se consumate crude, latte e derivati, carne e derivati, salse e
condimenti, preparati per dolci, creme, gelati, frutta e verdura contaminate durante il taglio.
Manifestazioni cliniche: disturbi del tratto Gi lievi ma anche forme cliniche più gravi in particolare in
soggetti sensibili. I sintomi possono comparire tra le 6 e 72 ore dall’ingestione di alimenti contaminati e si
protraggono per 4/7 giorni. La malattia ha un decorso benigno e non richiede ospedalizzazione ma se si
aggrava può essere necessario il ricovero.
La salmonellosi nell’uomo possono causare anche lo stato di portatore asintomatico, il periodo di
contagiosità può andare da qualche giorno fino a mesi in un asintomatico. Per definire la guarigione si
effettuano tre esami a giorni alterni delle feci.
Patogenesi: hanno diversi fattori di virulenza che permettono di sopravvivere a pH acido, di aderire e
colonizzare efficacemente la mucosa intestinale e di attraversare la mucosa intestinale e di sopravvivere
nei macrofagi.
Il principale fattore di virulenza e si patogenecità è legato al fatto che sono batteri gram negativi e legato
all’LPS che funge da endotossina e stimola un’intensa risposta infiammatoria e poi al danno della mucosa
intestinale
Terapia:
- infezione lieve: si autorisolve, si consiglia di non contrastare la diarrea e di effettuare una terapia di
supporto per reidratare il paziente
- antibiotici sconsigliati perché potrebbe allungare i tempi di persistenza dei batteri nelle feci o indurre
resistenza.
- infezione grave: uso di antibiotici e ospedalizzazione in neonati e soggetti con malattie cronicodegenerative
Prevenzione: rispetto di norme igieniche. Il 50% di epidemie mondiali è dovuto da uova contaminate,
5/10% dei casi da carne poco cotta e derivati del latte.
SHIGELLA SPP
Famiglia delle enterobacteriacea, gram negativo, non mobili, metabolismo sia respiratorio sia
fermentativo, aerobi e anaerobi facoltativi.
Nel genere sono comprese 4 specie o sottogruppi all’interno dei quali sno distinguibili uno o più sierotipi
- sottogruppo A: shigella dysenteriae
- sottogruppo B: shigella flexneri
- sottogruppo C: shigella boydii
- sottogruppo D: shigella sonnei
Le shigelle sono a.e. della dissenteria bacillare. Sono patogeni per l’uomo e per gli altri primati. La
trasmissione avviene per contatto diretto o ingestione di alimenti e acqua contaminata. I sintomi sono
evidenti dopo 12-96 ore. Possono esserci portatori asintomatici. La malattia dura dai 4-7 giorni, si
manifesta principalmente con diarrea, più grave in anziani, bambini e immunocompromessi.
Patogenesi
Una volta introdotte con gli alimenti possono superare la barriera acida dello stomaco e arrivare al colon.
Aderiscono e colonizzano la mucosa del colon. Penetrano nelle cellule epiteliali, passano nella lamina
propria, possono moltiplicarsi con accumulo di prodotti metabolici e liberazione di endotossina in seguito a
lisi dei corpi bacillari. Non diffondono in altre sedi anatomiche e non si riscontano in circolo.
SHIGELLA DYSENTERIAE DI TIPO 1 produce una potente tossica citotossica: TOSSINA DI SHIGA, diffonde
attraverso la mucosa e passa in circolo e raggiunge i tessuti bersaglio costituiti dalle cellule endoteliali
vasali del distretto intestinale, renale, del SNC. Esplica la sua azione citotossica attraverso un blocco della
sintesi proteica della cellula. Porta a: colite emorragica, sindrome uremico emolitica, complicanze nervose.
ESCHERICHIA COLI
Famiglia enterobacteriaceae, genere escherichia, bacillo gram -, ha pili e flagelli, fa normalmente parte del
nostro microbiota intestinale in uomini e animali sani. Gli stipiti possono essere classificati
sierologicamente sulla base dei tre principali antigeni:
- somatico (antigene O)
- capsulare (antigene k)
- flagellare (antigene h)
I diversi stipiti responsabili delle forme enteriche possono seguire strategie diverse per sviluppare il proprio
potere patogeno:
- adesione agli enterociti seguita dall’invio attraverso la membrana di segnali biochimici capaci di sovvertire
l’organizzazione citoscheletrica e cellulare
- invasione della mucosa intestinale
- produzione di enterotossine e/o citotossine
E. coli è il più versatile patogeno umano, nell’ambito della cui specie sono presenti stipiti dotati di fattori di
virulenza associati a definite patologie sia intestinali che extraintestinali.
E. coli enteropatogeno EPEC
E. coli enteroinvasivo EIEC
E. coli enterotossigeno ETEC
E. coli produttore di verotossine VTEC
E. coli entoroemorragico EHEC (sottgruppo di VTEC)
E. COLI ENTEROPATOGENO (EPEC)
Il primo ad essere stato identificato come patogeno intestinale. L’infezione si manifesta in paesi in via di
sviluppo (soprattutto nei neonati). La trasmissione è oro-fecale. La malattia è caratterizzata da diarrea e
vomito. La principale causa della diarrea consiste nell’adesione dei batterie e nel danno alla mucosa
intestinale. Non producono tossine.
E. COLI ENTEROINVASIVI (EIEC)
L’infezione è caratterizzata da sintomi GI. Il principale meccanismo di patogenicità è l’invasione della
mucosa del colon e induzione di un’intensa risposta infiammatoria. Non producono tossine.
E. COLI ENTEROTOSSIGENI (ETEC)
Le infezioni sono endemiche soprattutto in paesi in via di sviluppo, soprattutto bambini. Causano diarree
del viaggiatore. Gli stipiti sono provvisti di adesine fimbriali che consentono loro di aderire all’epitelio
intestinale e producono due tipi di enterotossine:
- tossine termolabili (LT)
- tossine termostabili (ST)
sono sempre tossine A-B ed interferiscono con i segnali di membrana. Alcuni ceppi sono in grado di
produrle entrambe.
E. COLI PRODUTTORI DI VEROCITOSSINE (VTEC)
Negli anni 70’ alcuni studi evidenziano che alcuni ceppi di EPEC producono una sostanza tossica per le Vero
Cells ed HELA in coltura, questi ceppi furono chiamata E. coli verocitotossici. I ceppi VTEC producono due
tossine dette VT1, VT2 o SLT1 e SLT2, diversi per proprietà antigeniche e biologiche. E. coli 0157:H7
rappresenta il prototipo del gruppo dei VTEC. Fu descritto per la prima volta negli USA in un’indagine su
due focolai di diarrea emorragica associati al consumo di hamburger, venne identificato un ceppo di E. coli
che esprimeva l’antigene somatico O157 e quello flagellare H7.
Il primo caso in Italia, fine anni 80, l’ISS coordina un sistema di sorveglianza per questo ceppo. Esiste una
reta di sorveglianza EU.
E. COLI 0157:H7 è uno dei temibili patogeni zoonotici (serbatoio in animali) a trasmissione alimentare.
Non sono stipiti invasivi. In seguito all’ingestione con alimenti del microranismo;
- adesione
- colonizzazione
- rilascio di VT
- passaggio della tossina nel sangue
- VT raggiunge il bersaglio costituito dagli endoteli vasali del distretto intestinale, renale (sindrome uremico
emolitica), del SNC
E. COLI UROPATOGENI
A.E. più importanti e frequenti di infezioni-endogene delle vie urinarie. Gli stipiti sono provvisti di fimbrie
(fimbrie P) che ne garantiscono adesività alle cellule del tratto urinario
LEZIONE 6: HELICOBACTER
All’inizio degli anni ‘80 prende forma l’ipotesi secondo cui l’origine dell’ulcera sarebbe prevalentemente
infettiva. Nel 1982 i due medici australiani Warren e Marshall isolano per la prima volta un batterio,
Helicobacter pylori, che sembra essere il miglior candidato per spiegare lo sviluppo dell’ulcera gastrica e
duodenale. La comunità scientifica accoglie con freddezza questa scoperta e sarà soltanto nel 1994 che il
National Institute of Health (NIH) americano dichiarerà l’esistenza di una stretta associazione tra l’ulcera
gastroduodenale e l’infezione da Helicobacter. Ü
Nel 1996 la FDA approva negli Stati Uniti il primo trattamento antibiotico specifico.
Nel 2005, Marshall e Warren ricevono il premio Nobel per la medicina proprio grazie alla scoperta
dell’Helicobacter: oggi si stima che circa il 90% delle ulcere duodenali e l’80% di quelle gastriche siano di
origine infettiva.
Helicobacter pylori è un batterio che può colonizzare la mucosa gastrica, il rivestimento dello stomaco
umano. La scoperta di un batterio stanziale nello stomaco (un distretto considerato “impossibile” da
colonizzare) ha suscitato un notevole interesse verso i meccanismi che permettono questa particolare
infezione. Inizialmente classificato nel genere Campylobacter, nel 1989 è stata creato un genere autonomo
per varie peculiarità di tipo ultrastrutturale, genomico e biochimico di questo patogeno umano.
Caratteristiche
Bacillo spiraliforme, gram -, ha 2/7 flagelli unipolari che conferiscono elevata mobilità, ha uno strato di
glicocalice intorno a soma e flagelli, è microaerofilo, è positivo catalisi/ossidasi/ureasi. Il suo habitat
naturale è la mucosa gastrica umana.
Specie identificate
Stomaco umano: H. pylori e H. heilmannii
Retto: H. cinaedi, H. fenneliade
Il più importante per la patologia umana è H. pylori, infetta circa 2/3 della popolazione mondiale, infezione
diffusa in tutta il mondo ma prevalentemente negli stati socioeconomici più bassi.
Vie di trasmissione
Le modalità con cui l’Helicobacter si trasmette sono ancora sconosciute e attualmente l’uomo è l’unico
serbatoio noto di questo batterio. La modalità di trasmissione più probabile è quella orale, o oro-fecale.
Altre possibili vie di contagio sono il contatto con acque o con strumenti endoscopici contaminati, ma non
esistono ancora dati definitivi al riguardo.
Trasmissione oro- orale
A partire dal succo gastrico, H. pylori può contaminare cavità orale (reflusso gastroesofageo, rigurgito)
Dimostrata la presenza nella placca dentaria e nella saliva
Trasmissione oro-fecale
preferenziale per i batteri gastroenterici (H. pylori viene eliminato attraverso le feci) - scarsa igiene
ambientale
- contaminazione di acqua e alimenti
Patologie associate all’infezione
- gastrite cronica antrale: infiammazione dello stomaco
- ulcera gastrica e duodenale
- rischio di carcinoma gastrico
- rischio di linfoma del MALT (tessuto linfoide associato alla mucosa gastrica)
Sintomi
Il sintomo più comune dell’ulcera gastroduodenale è un bruciore o dolore nella parte superiore
dell’addome (epigastrio), soprattutto lontano dai pasti e di primo mattino (a stomaco vuoto). Tuttavia può
insorgere anche in qualsiasi momento, con durata variabile. Più raramente possono insorgere sintomi
come nausea, vomito e perdita di appetito. Talvolta l’ulcera può sanguinare e, sul lungo periodo, indurre
anemia.
A lungo termine, l’infezione è associata a un aumento di 2-6 volte del rischio di linfoma MALT e soprattutto
di carcinoma gastrico, il secondo cancro più comune nel mondo, soprattutto in Paesi come la Cina o la
Colombia dove più di metà della popolazione infantile è infetta da H. pylori.
Patogenesi
H. pylori riesce a colonizzare l’ambiente gastrico:
- per la produzione di ureasi, enzima che gli permette di tamponare il pH acido dello stomaco attraverso la
trasformazione dell’urea in ammonio e bicarbonato
- per la motilità, garantita dai flagelli polari rivestiti da una guaina protettiva, grazie alla quale penetra lo
strato mucoso
- per la presenza di adesine, con le quali si lega a recettori cellulari specifici dell’epitelio
Perché l’infezione è nella maggioranza dei casi asintomatica?
Cosa succede nei sintomatici?
LPS relativamente «poco tossico» con composizione in acidi grassi del lipide A che non ha proprietà
pirogeniche.
La frazione polisaccaridica (Antigene O) ha una forte somiglianza con l’antigene di Lewis presente sulle
cellule umane e in particolare della mucosa gastrica.
H.pylori “mima” le cellule umane e quindi non evoca una risposta infiammatoria importante, ma può dare
reazioni di autoimmunità che possono contribuire al danno della mucosa.
Diverse ipotesi per spiegare l’esito, legate alla rottura dell’equilibrio ospite-batterio che può essere
causata, in modo sinergico, da più fattori, legati all’ospite e/o al batterio.
Predisposizione dell’ospite (fattori genetici e non):
- fattori ambientali: Basso livello di condizioni socio economiche. Dieta ad elevato contenuto di sale, in
composti nitrosilati e povera in frutta e verdura e ricca
- fattori batterici: Alcuni stipiti possiedono il gene vacA che codifica la Tossina vacuolante A o VacA
(vacuolating toxin A): forma dei canali nelle membrane delle cellule dell’epitelio gastrico portando a
sbilanciamento osmotico alla base della vacuolizzazione del citoplasma.
Altri possiedono anche il gene cagA (cytotoxic associated gene A) (isola di patogenicità) e il relativo
prodotto proteico CagA che consente l’eliminizione di VacA e stimola la produzione di IL-8 da parte delle
cellule della mucosa gastrica.
Batteri di tipo I: cagA+ e vacA+ , dotati di maggiore patogenicità;
Batteri di tipo II: associati ad un’evoluzione benigna o asintomatica della colonizzazione gastrica
Diagnosi
- Endoscopia: durante l’esame vengono prelevati campioni (biopsie) della mucosa dello stomaco e del
duodeno, analizzati poi al microscopio alla ricerca del batterio. Questo esame è considerato lo standard
ottimale per la diagnosi dell’ulcera (Test invasivo)
- test del respiro, o breath test: dopo aver somministrato al paziente dell’urea marcata radioattivamente, si
misura la quantità di anidride carbonica emessa con l’espirazione; questo gas costituisce infatti il prodotto
metabolico del batterio in presenza di urea (sensibilità e specificità 94-98%) (Test non invasivo)
- test sierologici: consistono nella ricerca nel sangue di anticorpi IgG specificamente diretti contro H. pylori
(sensibilità e specificità 80%-95%)
Trattamento e prevenzione
- Il trattamento consiste in una terapia a base di uno o due antibiotici, scelti tra amoxicillina,
metronidazolo, tetraciclina o claritromicina, per 1-2 settimane. Per alleviare i sintomi, inoltre, vengono
solitamente associati farmaci antiacidi, come gli inibitori di pompa. Se viene condotta in modo regolare, la
terapia risulta risolutiva nel 90% dei casi.
- Poiché si sa ancora molto poco sulle modalità di trasmissione di H. pylori, anche le misure preventive
disponibili sono scarse. In generale, si raccomanda comunque di lavarsi bene le mani, mangiare cibo
adeguatamente cucinato e bere acqua sicura.
LEZIONE 7: CAMPYLOBACTER, VIBRIO E LISTERIA
CAMPYLOBACTER: bacilli ricurvi, gram -, 1-2 flagelli unipolari, microaerofili, le specie che interessano la
patologia umana sono C. jejuni e C. coli.
Campilobatteriosi
Descritta negli anni Cinquanta come rara batteriemia nelle persone immunocompromesse, nel 1972 è stata
individuata come causa di malattie diarroiche. La maggior parte delle infezioni (circa il 90%) è provocata
dalle specie C. jejuni e C. coli, mentre meno frequenti sono quelle causate dalle specie C. lari, C. fetus e C.
upsaliensis.
La campylobatteriosi è una delle malattie batteriche gastrointestinali più diffuse al mondo e il suo tasso di
incidenza ha superato in alcuni Paesi europei quello relativo alle salmonellosi non tifoidee, rappresentando
un problema di salute pubblica di impatto socio-economico considerevole.
Trasmissione
Episodi epidemici di infezione da Campylobacter sono state associate prevalentemente al consumo di
acqua o latte contaminai, alimenti a rischio consumati crudi e, occasionalmente, a carne di pollo. La
trasmissione attraverso il latte può essere facilmente controllata tramite la pastorizzazione e quella
attraverso l’acqua con un sicuro sistema di potabilizzazione. Anche i prodotti freschi, se consumati crudi,
sono a rischio e quindi è indispensabile incrementare l’applicazione di misure di prevenzione, come le
Good Agriculture PracKces.
Nei casi sporadici, la principale via di trasmissione è la carne di pollame. A questo proposito è utile
promuovere le norme igieniche di base sia durante le fasi di preparazione, che durante la conservazione
del cibo. Anche gli animali domestici possono essere “serbatoi” del Campylobacter e favorirne la
trasmissione, mentre il contagio diretto da uomo a uomo è piuttosto raro.
Manifestazioni
- solitamente i sintomi sono leggeri: diarrea, dolori addominali, febbre, male alla testa , nausea, vomito
- manifestazioni più gravi si verificano in meno dell’1% dei pazienti
- tasso di mortalità basso
- alcune sequele croniche includono artrite, infiammazioni a carico di fegato e reni e sindrome di guillainbarrè
a causa della mancanza di caratteristiche cliniche specifiche è difficile fare un’analisi
Prevenzione
Il pollame rappresenta uno dei principali serbatoi.
I fattori maggiormente correlati alla diffusione del batterio sono il livello di biosicurezza, la stagione, l’età
del pollame, le modalità di somministrazione dei mangimi, le condizioni di trasporto del pollame, l’acqua e
i medicinali somministrati agli animali. La contaminazione della carne avviene durante la macellazione.
Misure di controllo in tutti settori della catena alimentare, dalla produzione alla preparazione domestica
del cibo, contribuiscono a ridurre il rischio di infezione. L’unico metodo efficace per eliminare il
Campylobacter dai cibi contaminati è quello di introdurre un tra7amento ba7ericida, come il riscaldamento
(co7ura o pastorizzazione).
Terapia e farmaco-resistenza
- reidratazione
- trattamento antibiotico non consigliato tranne in manifestazioni gravi
- ceppi farmaco-resistenti in particolare relativa ai fluorochinoloni
VIBRIO: bacilli ricurvi con forma a C, sono gram -, hanno un unico flagello, sono aerobi-anaerobi facoltativi,
sono saprofiti nel suolo e acque, interessano la patologia umana il vibrio colere a.e. del colera e vibrio
parahaemolyticus.
Vibrio cholerae
- a.e del colera, causa grave enterite caratterizzata dall’emissione di grandi quantità di feci acquose e alto
contenuto di K, porta a shock e morte, è causata dalla produzione dell’enterotossina.
- l’infezione è causata dall’ingestione di cibo o acqua contaminate da materiale fecale di malati o
convalescenti. La trasmissione è oro-fecale.
Vibrio parahaemolyticus
Il veicolo sono molluschi e crostacei crudi. E’ ubiquitario nelle acque. Produce emolisine e enterotossina.
LISTERIA
Sono corti bacilli, gram +, mobili dotati di fagelli, aerobi, anaerobi facoltativi, ubiquitari nell’ambiente. Sono
psicotrofi cioè crescono in un intervallo di T da 0 a 45 gradi.
Listeria monocytogenes causa un’infezione detta listeriosi, dovuta all’ingestione di cibo contaminato
(malattia trasmessa attraverso alimenti)
Il primo caso umano riportato nel 1929 e perinatale nel 1936. E’ una malattia rara, ha un quadro clinico
severo e con un tasso di mortalità elevato in soggetti fragili. Negli ultimi anni si sono verificate frequenti
epidemie.
Manifestazioni: la malattia si ha anche con bassi livelli di carica batterica, anche se la maggior parte degli
adulti in buona salute presenta pochi o nulli sintomi. Può portare a forme cliniche gravi:
- forma non invasiva: gastroenterite febbrile
- se entra in circolo tramite linfa e sangue da origine a una forma invasiva grave a livello del cervello dove
causa meningite.
In gravidanza le donne manifestano sintomi influenzali generici ma il batterio può raggiungere la placenta
ed infetta il feto causando aborto, parto prematuro e L. congetina. E’ importante trattare le donne in
gravidanza con antibiotici.
LEZIONE 8: I VIRUS CAUSA DI EPATITE
Le epatiti virali sono processi infettivi a carico del
fegato.
Rappresentano uno dei principali problemi di sanità
pubblica.
Ad oggi, 5 tipi di epatiti virali determinai dai cosiddetti
virus epatici maggiori: A,B,C, delta, E.
VIRUS EPATITE A (HAV)
Famiglia picornaviridae, genere hepatovirus. Ha una forma sferica, sprovvisto di pericapside, il
nucleocapside è icosaedrico e racchiude un genoma con un ssRNA positivo.
Viene trasmetto per via oro-fecale. Un ruolo importante lo rivestono i molluschi che filtrando l’acqua ne
rimangono contaminati.
La scarsa igiene e il sovraffollamento agevolano la trasmissione del virus.
Maggior incidenza nei bambini sotto i 10 anni, spesso asintomatici che vivono in paesi in via i sviluppo.
L’infezione è frequentemente contratta da viaggiatori che si recano in paesi in via di sviluppo.
Il periodo di incubazione è di 1 mese, si possono o meno manifestare i sintomi. In molti l’infezione è
asintomatica. Quando i sintomi si manifestano comprendono epatite acuta (infiammazione fegato) con
ittero e febbre moderata. Generalmente la malattia evolve verso una guarigione completa con produzione
di anticorpi protettivi per tutta la vita. Fatale nello 0,01%.
Terapia: sintomatica
Controllo: il capside è molto resistente, sopravvive in acqua dolce o salata, resiste ai detergenti, sopporta T
fino a 60°. Esiste un vaccino da somministrare ai viaggiatori verso paesi in via di sviluppo
Diagnosi: sierologica, ricerca anticorpi specifici di tipo IgM
VIRUS EPATITE E (HEV)
Famiglia caliciviridae (comprende il virus di Norwalk responsabile di manifestazioni gaestro-enteriche)
Ha un diametro di 35-40 nm, è nudo, il nucleocapside è icosaedrico che racchiude un ssRNA a polarità
positiva.
La malattia acuta è spesso anitterica e autolimitante, simile all’epatite A. e’ rara la malattia letale. La
trasmissione è per via oro-fecale
VIRUS EPATITE B (HBV)
Famiglia hepadnaviridae, ha una forma sferica, è dotato di pericapside, ha un nucleo icosaedrico con
genoma rappresentato da DNA circolare parzialmente bicatenario con 4 porzioni che codificano per 4
prodotti:
- C → codifica per la proteina del core (HBcAg), codifica per una proteina dalla cui proteolisi deriva HBeAg
- P → codifica per un enzima ad attività polimerasica
- S → codifica per le glicoproteine di superficie (HBsAg)
- X → codifica per proteina associata allo sviluppo del cancro al fegato
Si trasmette per via interumana, in particolare attraverso il sangue, per via sessuale, per via verticale
(madre-feto). E’ un virus molto resistente, resiste sulle superfici anche per diversi giorni. Il contagio può
avvernire anche per contatto con spazzolini, forbici, rasoi.
Esiste lo stato di portatore cronico.
Il periodo di incubazione è di 45-180 giorni. Il virus replica in epatociti e induce il danno, gli epatociti
vengono uccisi dai linfociti T citotossici. Insorge l’epatite acuta accompagnata anche da ittero e febbre. Nel
90% dei casi si autorisolve con 8-12 settimane per guarire. 10% cronicizza e diventa portatore cronico e
può evolve il cirrosi epatica. Alcuni portatori cronici si sviluppa il cancro al fegato.
Terapia: l’infezione acuta viene supportata da farmacia, mentre quella cronica ha farmaci antivirali come
interferon, analoghi nucleosidici
Controllo: la vaccinazione rappresenta la più efficace misura preventiva. La vaccinazione è obbligatoria.
Diagnosi: si ricercano i prodotti virali e gli anticorpi. HBsAg resta il marcatore di infezione per eccellenza.
VIRUS EPATITE D
E’ un virus defettivo, richiede la presenza di HBV per replicare.
E’ formato da envelope derivante da HBsAg (HBV), dalla proteina HDAg e un genoma costituito da RNA a
polarità negativa.
Si trasmette per via parenterale, sessuale o verticale. La coinfezione da virus delta e HBV o la
sovrainfezione da virus delta in soggetto infetto da HBV porta di norma ad un aggravamento della
sintomatologia e un maggior rischio di cronicizzazione.
VIRUS EPATITE C (HCV)
Famiglia flaviviridae, è il più grande tra i virus epatici, è dotato di envelope con nucleocapside icosaedrico e
questo ha un genoma rappresentato da ssRNA a polarità positiva altamente variabile con diversi genotipi.
Le vie di trasmissione: parentela, sessuale, perinatale (poco frequente)
Virus trasmesso in tutto il mondo e con un numero elevato di portatori cronici. Ha mortalità elevata.
Frequente la coinfezione con HIV.
La patogenesi è sovrapponibile da quella di HBV, sebbene HCV causi una infezione cronica in oltre 80% dei
casi.
Terapia: comprende diversi farmaci inibitori di polimerasi e di
nucleasi, interferon.
Controllo: non esiste un vaccino anti-HCV
Diagnosi: ricerca molecolare tramite PCR
MODULO 2: FERMENTAZIONI
FERMENTAZIONE: La fermentazione è un insieme di processi chimici di demolizione degli zuccheri operata
da “fermenti” che comprendono muffe, lieviti e batteri.
Gli alimenti hanno caratteristiche tali da permettere la colonizzazione e lo sviluppo di un gran numero di
microrganismi, alcuni dei quali utili, altri indesiderati, sia patogeni che alterativi.
Ogni alimento possiede una microflora che è strettamente dipendente dalla natura delle materie prime e
dall’ambiente in cui esse vengono prodotte (coltivazione, allevamento) e dalle condizioni in cui esse
vengono trasformate, conservate e consumate
LEZIONE 1/2/3: MICRORGANISMI VIRTUOSI
Gli eventi microbiologici che potenzialmente possono alterare la sicurezza e la qualità di un alimento sono
principalmente legati al numero di cellule microbiche presenti.
- alimento colonizzato > 104 UFC/g
- alimento contaminato > 106 UFC/g
I microrganismi che si sviluppano in un alimento determinano trasformazione dei componenti presenti con
formazione di:
-sostanze positive sia da un punto di vista nutrizionale che organolettico
-sostanze tossiche che determinano la perdita di salubrità e rischio per la salute del consumatore
Effetti dei microrganismi
Gradevoli → microrganismi benefici
Sgradevoli → microrganismi contaminanti o deterioranti
Dannosi per la salute → microrganismi patogeni
La trasformazione degli alimenti per via fermentativa è il più antico processo biotecnologico utilizzato per
la conservazione di alimenti e bevande nel quale l’attività microbica svolge il ruolo chiave e decisamente
virtuoso.
Fermentazione comporta (attività virtuose):
•Prolungamento della shelf-life
•Trasformazione dell’alimento modificandone il valore nutrizionale, le caratteristiche aromatiche e gli
aspetti salutistici
•Consumo quasi totale degli zuccheri = sicurezza microbiologica del prodotto •Generazione di composti ad
azione antimicrobica (genera il perossido di idrogeno, il biossido di carbonio, etanolo)
•Incrementa il valore nutrizionale degli alimenti mediante la: Biosintesi di vitamine, aminoacidi essenziali,
proteine, attraverso l’aumento della digeribilità di fibre e proteine e mediante la degradazione di fattori
antinutrizionali
Sono chiamati “virtuosi” o utili” quei microrganismi il cui sviluppo nei prodotti alimentari provoca effetti
positivi
• batteri lattici (Rappresentano il microbiota dominante nei prodotti lattiero-caseari e sono coinvolti nei
processi fermentativi della carne) e lieviti (Intervengono prevalentemente nella produzione di bevande
fermentate quali vino, birra, superalcolici) a volte accompagnati da altri gruppi come batteri propionici,
micrococcacee e muffe. Batteri lattici e Lieviti costituiscono gli impasti acidi
• Bifidobatteri (probiotici) e batteri acetici agenti della produzione dell’aceto per via ossidativa
BATTERI LATTICI
Sono quei batteri che per fermentazione dei carboidrati formano acido lattico
• Forma sferica o bastoncellare
• Gram +, immobili, asporigeni
• Anaerobi facoltativi o microaerofili
• Catalasi negativi con accumulo di acqua ossigenata
• Omofermentativi o eterofermentativi
• Non patogeni e non tossinogeni
• Acido tolleranti, a volte acidofili
Omofermentanti Obbligati → Fermentano i carboidrati esosi producendo esclusivamente acido lattico.
Non sono in grado di fermentare i pentosi e non producono gas
Eterofermentanti Facoltativi → Fermentano i pentosi ad acido lattico e acido acetico, inoltre fermentano
gli esosi producendo acido lattico, ma alcune specie producono anche acido acetico, acido formico e/o
etanolo.
Eterofermentanti Obbligati → Fermentano gli esosi producendo acido lattico, CO2 e acido acetico e/o alcol
etilico in quantità equimolare (da 1 mole di zucchero fermentato si ottiene 1 mole di CO2 e acido acetico).
Sono capaci di fermentare anche i pentosi con produzione di acido lattico e acetico.
CLASSIFICAZIONE: • Lactobacillus • Streptococcus • Lactococcus • Enterococcus • Leuconostoc •
Pediococcus • Carnobacterium
LACTOBACILLUS
STREPTOCOCCUS
• Il suo habitat è rappresentato da cute, mucose e saliva degli animali da latte
• Omofermentante obbligato
• Produce acido lattico
• Optimum di T 42-43°C
• È protecnologico per eccellenza, da solo o con altri batteri lattici, per molti formaggi molli, semiduri a
breve e media maturazione.
• Fermenta solo lattosio, saccarosio, fruttosio e glucosio, produce NH3 da urea.
LACTOCOCCUS
• Omofermentante obbligato
• Produce acido lattico
• Comprende tre specie: L.Lactis, L.Cremoris, L.var. diacetylactis
ENTEROCOCCUS
• Omofermentante
• Produce acido lattico
• Fermenta il lattosio
• Indice di contaminazione fecale di acqua e prodotti carnei e vegetali se di origine umana.
• Svolge un ruolo positivo nella stagionatura del formaggio
• Fa parte della microflora termodurica del latte
LEUCONOSTOC
Eterofermentante obbligati
• Produce acido lattico
• Fermenta il citrato
• Habitat vegetale
• Vengonono considerat protecnologici:
-per la produzione di burro e alcuni formaggi freschi -per la fermentazione malolattica del vino
PEDIOCOCCUS
Omofermentante
• Produce acido lattico
• Habitat animale e vegetale
• Può causare alterazioni quali difetti nella birra, vino e nei prodotti salati. E’ importante per la
stagionatura dei formaggi dove si sviluppano tardivamente e negli impasti acidi per la produzione di alcuni
prodotti da forno (cracker)
CARNOBACTERIUM
Eterofermentanti obbligati
• Produce sostanze antimicrobiche “carnocine” attive contro microrganismi alterativi e patogeni.
• Si sviluppano negli alimenti carnei refrigerati e confezionati in atmosfera protettiva in cui è presente
ossigeno
BATTERI ACETICI
• Cellule ellittiche o corti bastoncini (spesso forme involutive sferiche, allungate, rigonfie, curve o
filamentose)
• Gram-negativi (o Gram-variabili)
• Ossidasi negativi
• Catalasi positivi
• Non sporigeni
• Mesofili (optimum 25-30°C)
• Mobili per flagelli peritrichi o polari o immobili
• Aerobi con metabolismo respiratorio
• Ossidano l’etanolo ad acido acetico o a CO2 e H2O
Non c’è una vera classificazione.
I batteri di interesse enologico sono due generi:
- acetobacter
- gluconobacter
Entrambi trasformano l’etanolo in acido acetico
BATTERI PROPIONICI
• Gram positivi bastoncini irregolari
• Catalasi positivi
• Non sporigeni
• Mesofili (25-40°C)
• Anaerobi
• Immobili
• Producono acido propionico
• Habitat Saprofiti di uomini, animali e prodotti lattiero-caseari
Producono acido propionico (più acetato e CO2) dalla fermentazione degli zuccheri e del lattato.
PROPIONIBACTER
• Specie impiegate o ritrovate in prodotti lattiero-caseari. P. shermani, P. freudenreichii, P. thoenii, P.
jensenii, P. acidi-propionici
• Alcune specie, come P. shermani, sono impiegate come colture starter nella fabbricazione di formaggi
con classiche occhiature (tipo Emmenthal), dovute proprio alla produzione di CO2 dalla fermentazione del
lattato.
• Altre, in formaggi a media e lunga stagionatura (grana, provolone, parmigiano), quando il loro numero è
molto alto, possono essere responsabili di gonfiore tardivo.
MICROCOCCACEAE
Genere Micrococcus
• E’ classificato nella famiglia delle Micrococcaceae.
• Batteri di forma coccica, per lo più aggregate (coppie, tetradi, grappoli).
• Gram positivi, catalasi positivi , aerobi, mesofili .
• Utilizzano i carboidrati per via ossidativa.
• Sono largamente distribuiti nell’ambiente: terreno, acque, prodotti lattierocaseari, pelle di umani e
animali.
• Sono saprofiti e solo in alcuni casi possono comportarsi da patogeni opportunisti.
• Si moltiplicano in ambienti con bassa attività dell’acqua. • Si ritrovano come contaminanti nelle salamoie
per formaggi.
• Grazie alla loro attività proteolitica e lipolitica partecipano alla stagionatura di alcuni formaggi come il
Taleggio o il Provolone.
• Alcune specie possono essere utilizzate come colture starter nella produzione di insaccati carnei
fermentati.
Genere Staphylococcus
• E’ classificato nella famiglia delle Staphylococcaceae.
• Cocchi aggregati in forme irregolari (grappoli)
• Gram-positivi
• Catalasi positivi (ad eccezione di S. aureus subsp. anaerobius e S. saccharolyticus);
• Aerobi facoltativi
• Generalmente immobili
• Alcune specie producono coagulasi
• Oltre 50 specie
• Ambiente: acqua, aria, attrezzature e superfici atte alla manipolazione di alimenti
• Vie nasali del 30-50% delle persone sane
• Mani del 20% delle persone
• Gola, feci, capelli, ferite infette di umani e animali
• Abrasioni della pelle
EUMICETI
•Unicellulari o pluricellulari •organismi dotati di cellula eucariotica •eterotrofi •privi di clorofilla •parete di
chitina •immobili •riproduzione per via sessuata e asessuata •saprofiti o più raramente parassiti
La struttura del fungo si organizza in un tallo (o micelio), che può essere pluri-cellulare (muffe ) o unicellulare (lieviti).
Il corpo o struttura vegetativa del fungo è detto: tallo
Nelle muffe il tallo è pluricellulare e nel suo insieme può raggiungere dimensioni visibili ad occhio nudo Nei
lieviti il tallo è unicellulare ed ha dimensioni microscopiche (poche decine di mm)
LIEVITI
sono singoli elementi cellulari (unicellulari) microscopici
(micromiceti) che, analogamente ai batteri, solo nei terreni
di coltura formano aggregati macroscopicamente evidenti
(colonie). Può riprodursi sia asessualmente per
gemmazione e divisione trasversale, sia sessualmente
tramite la formazione di spore.
MUFFE
Sono costituite da un agglomerato di singoli elementi
filamentosi dette ife che formano il micelio (pluricellulari),
che per la loro abbondanza formano aggregati
macroscopicamente evidenti.
Le ife si distinguono in: cenocitiche e settate, mono- o
pluri-nucleate. Nelle muffe l’insieme delle ife costituisce il
micelio.
I funghi, ma specialmente i lieviti, sono essenziali per molti
processi industriali che implicano la fermentazione. Sono importanti nella produzione di:
•Pane •Vino •Birra •Formaggi •Salsa di soia •Acidi organici (citrico, gallico)
Riproduzione asessuata
Può realizzarsi in diversi modi:
1. Una cellula parentale può andare incontro a mitosi e dividersi in 2 cellule figlie.
2. La mitosi nelle cellule vegetative può essere simultanea alla gemmazione per la produzione di una cellula
figlia.
3. Produzione di spore che avviene per mitosi e successiva divisione cellulare
Tipi di spore asessuali
• Artrospore: Un’ifa può frammentare, dando vita a cellule che si comportano da spore.
• Clamidospore: cellule delimitate dalla stessa parete prima della separazione
•Sporangiospore: spore che si sviluppano all’interno di un sacco (sporangio) all’apice dell’ifa.
•Conidiospore: sono le spore prodotte libere all’apice di un’ifa.
•Blastospore: spore prodotte da una cellula vegetativa per gemmazione
Riproduzione sessuata
• Trascorrono la maggior parte del ciclo vitale nello stadio aploide.
• La riproduzione sessuale coinvolge l’unione di 2 ife di ceppi compatibili diversi (plasmogamia), con
successiva fusione dei nuclei aploidi (cariogamia)
• La fusione di nuclei aploidi non avviene subito dopo il mescolamento del contenuto delle ife. I nuclei si
dividono ripetutamente nell’ifa dando origine al dicarion, un’ifa in cui ciascuna cellula contiene 2 nuclei di
ceppi opposti
• A un certo punto i 2 nuclei si fondono, formando uno zigote diploide che subisce subito la meiosi dando
origine a 4 spore aploidi. Quando germinano, queste spore producono una nuova generazione di ife aploidi
Phylum
• Chytridiomycota: presentano micelio con ife non settate (senza divisione trasversale della parete
cellulare); la riproduzione asessuata avviene mediante zoospore mobili, mentre la riproduzione sessuata
mediante oospore.
• Zygomycota: micelio non settato, cenocitico (nuclei multipli in un citoplasma continuo); sessualmente si
riproducono mediante zigospore, mentre la riproduzione asessuata è affidata a sporangiospore prodotte
all’interno di sporangi (corpi fruttiferi) aerei. Es: Rhizopus stolonifer
• Ascomycota: hanno micelio con ife settate che producono conidiospore per la riproduzione asessuata e
ascospore in strutture specializzate dette aschi, per la riproduzione sessuata.
• Basidiomycota: micelio settato che produce grossi corpi fruttiferi (basidiocarpi) che supportano i basidi
che a loro volta producono le basidiospore adibite alla riproduzione sessuata. La produzione di spore
asessuate è rara. Questo phylum comprende, tra gli altri, anche i funghi eduli.
LievitI
Genere Saccharomyces:
– Saccharomyces cerevisiae: pane, vino, birra
– Saccharomyces bayanus
– Saccharomyces pastorianus
– Saccharomyces carlsbergensis
– Saccharomyces unisporus
Muffe
Genere Penicillium:
- Penicillium camemberti (Camembert)
- Penicillium nalgiovense (salumi)
- Penicillium chrysogenum
- Penicillium verrucosum var cyclopium
- Penicillium gladioli (salami)
- Penicillium roqueforti (Gorgonzola e Roquefort)
LEZIONE 4/5: COLTURE STARTER E BEVANDE FERMENTATE (VINO)
COLTURE STARTER: sono preparazioni che contengono microrganismi vivi e vitali che sono impiegate con
l’obiettivo di utilizzare il metabolismo microbico per avviare il processo di trasformazione e il
raggiungimento di specifici obiettivi tecnologici
Complessità della composizione:
• Colture starter con ceppi misti: sono note anche come colture a composizione indefinita. Sono costituite
da substrati fermentati risultanti da lavorazioni precedenti.
• Colture starter a singolo ceppo (una specie)
• Colture starter a ceppi multipli (più ceppi di una o più specie)
Classificazione
• Substrato utilizzato per la riproduzione
• Funzioni
• Temperatura ottimale di crescita
• Presenza di ceppi aromatizzanti
• Modo in cui vengono conservate
Funzioni
• Starter principali
• Colture protettive
• Colture aromatizzanti
• Colture addensanti
• Colture probiotiche
Vantaggi e Svantaggi delle colture miste naturali
Esempi: Sieroinnesto, Lattoinnesto, Madre acida, Impasti carnei fermentati
• Sempicità di preparazione
• Economicità
• Rispetto della tipicità del prodotto
• Resistenza alla pressione tecnologica
• Resistenza fagica
MA Scarsa riproducibilità delle proprietà tecnologiche con conseguente difformità di produzione
OBIETTIVI → Sicurezza igienica, elevata qualità, riproducibilità
Un’enorme varietà di alimenti sono prodotti per fermentazione, cioè mediante un processo per cui un
materiale grezzo subisce un cambiamento ad opera delle attività enzimatiche dei microrganismi ed
acquista caratteristiche fisiche od organolettiche nuove e/o desiderabili.
• 6000 a.c. produzione di formaggi
• 4000 a.c produzione di vino e pane
• 1750 a.c. in Mesopotamia produzione di birra
RUOLO DEI MICRORGANISMI
produrre cambiamenti desiderabili in termini di corpo, tessitura, sapore, aroma, colore;
• rendere più facilmente utilizzabili sostanze che non lo sono;
• migliorare il valore biologico di alimenti poveri da un punto di vista nutrizionale;
• rendere alimenti deperibili più conservabili
• inibire lo sviluppo di germi patogeni
VINO: “ Il prodotto ottenuto esclusivamente dalla
fermentazione alcolica totale o parziale di uve
fresche, pigiate o no di mosti di uve ” , con un titolo
alcolimetro minimo fissato in funzione delle diverse
zone viticole riconosciute nella Comunità Europea
MOSTO: Ha una composizione tale da soddisfare le
esigenze di diversi microrganismi.
Zuccheri semplici, glucosio fruttosio, NH3,
aminoacidi liberi e polipeptidi, fosfati, solfati, Sali di
potassio, magnesio, calcio, vitamine idrosolubili e
lipidi insaturi
pH 2,8-3,8 e anaerobiosi sono due fattori limitanti per lo sviluppo di molti microrganismi
La Microflora dell’ uva Lieviti, muffe, batteri acetici e batteri lattici, che trovano la loro origine nel terreno.
•Lieviti: sull ’ uva integra a livelli di 103-105 UFC/g. Hanseniaspora uvarum (Kloeckera apiculata),
Hanseniaspora guilliermondii (Kloeckera apis), Candida stellata, Metschnikowia pulcherrima, Cryptococcus,
Pichia, Kluyveromyces, Saccharomyces cerevisiae. Quest’ultima specie è presente con <50 ufc/g. Sull’uva
danneggiata i microrganismi giungono a livello di 106 – 108 UFC/g registrandosi un aumento di muffe e
batteri acetici.
• Batteri acetici: Gluconobacter oxydans, Acetobacter aceti e Acetobacter pasteurianus.
• Batteri lattici: soprattutto specie di Lactobacillus, Leuconostoc e Pediococcus.
• Muffe: Botrytis cinerea, specie di Penicillium, Aspergillus, Mucor, Rhizopus, Alternaria e Cladosporium
LA MICROFLORA INIZIALE È DETERMINATA DA NUMEROSI FATTORI:
• Condizioni climatiche
• Stato salutare delle uve
• Composizione chimica del mosto
• Presenza di fitofarmaci e di antimicrobici quali l’anidride solforosa
• Concentrazione dell’ossigeno disciolto
• Quantità di etanolo
- FERMENTAZIONE ALCOLICA SPONTANEA
Coinvolge sia Specie di lievito non Saccharomyces e Saccharomyces ma anche lo sviluppo sequenziale di
ceppi diversi della stessa specie.
- FERMENTAZIONE ALCOLICA GUIDATA
La trasformazione del mosto in vino viene affidata normalmente, a un solo ceppo di lievito starter,
selezionato per caratteristiche note, ripetibili e programmate al fine del conseguimento di un determinato
risultato
L’impiego di colture selezionate elimina l’incostanza qualitativa e le incertezze tecnologiche tipiche delle
fermentazioni naturali. In particolare si ottiene una fermentazione più rapida e completa e un elevato
livello di riproducibilità delle caratteristiche sensoriali del vino.
L’impiego dei lieviti selezionati nella comune pratica enologica ha rivoluzionato il modo di concepire il vino:
non più qualcosa di aleatorio, ma un prodotto entro certi limiti programmabile
CARATTERI DI SELEZIONE DEI LIEVITI STATER
- Caratteri tecnologici: consentono di gestire in modo ottimale il processo fermentativo, interagendo,
anche, con le tecnologie di fermentazione; • Resistenza all’essiccazione • Potere fermentativo • Purezza
fermentativa • Velocità di fermentazione • Resistenza all’anidride solforosa • Tipo di sviluppo • Produzione
di schiuma • Velocità di sedimentazione
Queste proprietà tecnologiche dovrebbero essere espresse sia a basse temperature(15-20°C) per la
produzione di vini bianchi, sia a temperature più elevate (25-28°C) per la produzione di vini rossi.
- Caratteri qualitativi: influenzano direttamente la qualità dei vini attraverso, soprattutto, la produzione di
composti di neoformazione. Produzione di: • Glicerolo • Acido succinico • Acido acetico • Aldeide acetica •
Alcoli superiori • Composti solfati.
È essenziale che i lieviti producono un insieme ben bilanciato di metaboliti ad azione sensoriale, senza un
eccesso di elementi, volatili indesiderabili, quali l’acido acetico, l’idrogeno solforato e l’anidride solforosa.
IDROLISI ENZIMATICA DEI COMPONENTI DELLE UVE
Reazioni enzimatiche che permettono l’incremento nel vino dei tioli volatili, i quali conferiscono caratteri
aromatici particolari. Idrolisi enzimatica dei componenti delle Uve.
I lieviti producono numerosi enzimi (esterasi, decarbossilasi, solfito reduttasi, proteasi,pectinasi,ecc.) che in
vari modi, possono modificare la composizione e l’aroma del vino.
AUTOLISI: contribuisce a dare carattere e valore ai vini champagne e spumanti per questo motivo la
capacità autolitica è utilizzata come criterio di selezione di lieviti S.cerevisiae adatti per la rifermentazione
dei vini spumanti. Le cellule morte lisate, infatti, liberano enzimi che degradano proteine, acidi nucleici e
lipidi, ottenendo aminoacidi, peptidi e acidi organici: questi prodotti hanno un positivo impatto sensoriale
nei vini soggetti sia a rifermentazione sia a invecchiamento sulle fecce.
BIOADSORBIMENTO: è una prerogativa delle mannoproteine, molecole situate nella parete cellulare dei
lieviti, che possono con la lora capacità adsorbente, modulare l ’ aroma del vino e contribuire alla riduzione
di componenti indesiderati quali, per esempio le micotossine.
MALATTIE DEL VINO
• Acescenza: causata dai batteri acetici che trasformano l’alcol in acido acetico, formando veli più o meno
spessi sulla superficie.
• Fioretta: provocata dai lieviti a metabolismo ossidativo che trasformano l’alcol in acetaldeide.
• Vino Girato: è causata da batteri lattici che in condizioni di bassa acidità (pH>3,5) attaccano l ’ acido
tartarico (anziché il malico) trasformando in acido lattico, acetico e CO2 .
• Amarore: causata dai batteri lattici. Fermentazione della glicerina , si ha la produzione di acido lattico,
acetico e acroleina responsabile del sapore amaro.
• Spunto lattico: provocata dai batteri lattici che fermentano gli zuccheri residui (che dovrebbero essere
assenti) ad acido lattico, acetico e CO2 . Il vino diviene agrodolce.
• Filante: è causata dai Leuconostoc, che in presenza di zuccheri residui producono capsule
polisaccaridiche di consistenza mucosa.
METABOLISMO DEGLI ZUCCHERI
La glicolisi è una sequenza di 10 reazioni che convertono il glucosio in piruvato con la concomitante
produzione di ATP e di NADH. Le reazioni della glicolisi hanno luogo nel citosol
L’etanolo rappresenta quindi un “prodotto di scarto” del
metabolismo cellulare, che viene prodotto e rilasciato
nel mosto proprio per permettere la riossidazione del
NADH da utilizzare nella conversione della gliceraldeide3- fosfato in 1,3-difosfoglicerato.
Altri composti determinanti nel modificare il profilo organolettico del vino derivano dal metabolismo degli
aminoacidi.
Gli effetti della Fermentazione Malolattica
• Riduzione dell ’ acidità è diretta conseguenza
della decarbossilazione di un acido
diprotonico(ac.malico) in un acido
monoprotonico(ac. Lattico)
• Stabilità Microbiologica il consumo dell’acido
malico in seguito alla fermentazione
malolattica e la degradazione di vari substrati
presenti in vino da parte dei batteri lattici, è ritenuto favorire la stabilità microbiologica del prodotto finito,
in quanto la carenza di nutrienti rende meno probabile uno sviluppo microbiologico indesiderato.
Questa fermentazione influenza: colore, gusto, aroma
LEZIONE 6: LA BIRRA
E’ una bevanda IDROALCOLICA perché il 95% circa è costituito da acqua. Si genera grazie alla
fermentazione alcolica che usa gli zuccheri proveniente dai cereali e si produce la birra. I micrrorganismi
responsabili sono il Saccharomyces cerevisiae e il Saccharomyces pastorianus.
La scoperta della birra fu casuale, gli storici decretano come patria d'origine della birra la Mesopotamia.
Furono i Sumeri, oltre 7000 anni fa, a scoprire il sistema per la produzione della birra. Nel medioevo la
produzione della birra si concentrò nei monasteri benedettini.
MATERIE PRIME
Il cereale d’eccellenza è l’orzo perché quando germina produce un’elevata quantità di enzimi rispetto ad
altri. Questi enzimi sono necessari per la fermentazione.È una pianta erbacea annua coltivata nelle sue
diverse varietà che si distinguono in distiche e polistiche.
Infiorescenza → rappresentata da una spiga La spiga è costituita da un rachide sul quale sono inserite, in
posizione alterna ed opposta le spighette sessili. Se le tre spighette presenti su ogni nodo del rachide sono
tutte e tre fertili si hanno orzi polistici.
L’orzo viene detto invernale, autunnale, primaverile in base al periodo di semina o nudo e rivestito in base
a come le glumette si staccano.
Oltre all’orzo si usa → avena (si predilige la specie con pochi betaglucani), frumento (usato per produrre
birre torbide, in quando è molto ricco a livello proteico), mais (usato come aggiunga per aumentare le
proprietà organolettiche), miglio (ha origine in cina, prima della patata era molto diffuso anche in Europa
occidentale. Conferisce alla birra un sapore dolce), riso (molto ricco in amido, usato per produrre delle
birre molto corpose, se usato il riso nero contribuisce a dare un aspetto rosso intenso)
LA MALTIFICAZIONE
Il malto è il prodotto della modificazione enzimatica dell’ orzo.
Si può avere un malto primaverile, invernale, colorante (viene utilizzato per cercare di decolorare il mosto
durante la processazione della birra, in quanto l’orzo subisce un colpo di calore e gli zuccheri vengono
caramellati)
MACERAZIONE E GERMINAZIONE
Le cariossidi sono immerse in vasche contenenti acqua alla T di 10- 16°C fino a che l’umidità interna delle
cariossidi raggiunga valori tra i 42-46%. Solitamente sono richiesti dai 6 ai 9 giorni, durante i quali avviene
la germinazione e la liberazione degli enzimi amilacei.
TORREFAZIONE
Consiste nell’asciugatura che dura 2-4 ore. La torrefazione riduce il tenore di umidità, interrompe la
germinazione e orienta il calore, l’aroma e il gusto del prodotto finito.
PREPARAZIONE DEL MOSTO
Il malto viene macinato in mulini a 4 o 6 cilindri
L’acqua influenza la qualità e le proprietà organolettiche
È necessario disporre di un’acqua di processo che presenti adeguati valori di durezza e di pH.
BOLLITURA DEL MOSTO FAVORISCE:
• L’evaporazione dell’acqua in eccesso
• L’estrazione dei componenti del luppolo
• La precipitazione delle sostanze proteiche indesiderate
• La disattivazione degli enzimi endogeni del malto
• La sterilizzazione del mosto
FERMENTAZIONE PRIMARIA
- ALTA: utilizzata in maniera esclusiva fino alla fine del XIX secolo. I lieviti tendono a risalire in superfici T
15-24°C così da estrarre facilmente dal prodotto finale.
- BASSA:
•Fermentazione fredda e maturazione fredda (T 3-8°C)
•Fermentazione calda e maturazione calda (T 10-14 °C), produce un’alta quantità di diacetile e poi
facilmente eliminato grazie all’evaporazione
•Fermentazione fredda e maturazione calda 12°, i lieviti formano una massa densa e sono facilmente
eliminabili
- SECONDARIA: terminata la fermentazione primaria, la birra giovane viene trasferita in grossi tini di
maturazione a un T 0-2°C per almeno 4-6 settimane. Durante la fase di maturazione la birra deve essere
chiarificata con un trattamento di pre-filtrazione o con l’aggiunta di coadiuvanti tipo colla di pesce.
IMBOTTIGLIAMENTO
Birra alla spina → Fusti
Birra torbida → Imbottigliamento
Altre Birre → Condizione iperbariche (così non si perde CO2)
ALTERAZIONI MICROBICHE DELLA BIRRA MALATTIE DI ORIGINE BATTERICHE:
• Filamentosità: è un ’alterazione per cui il liquido diventa viscoso, causata da batteri dei generi
Acetobacter, Lactobacillus, Pediococcus e Gluconobacter.
• Mal della sarcina: produzione di un odore di miele derivante dalla reazione del diacetil prodotto da
Pediococcus cerevisiae e alcuni aromi della birra.
• Inacidimento: aumento della concentrazione di acido acetico causata da batteri del genere Acetobacter.
• Intorbidamento: è causata Zymomonas anaerobia, che è anche responsabile della produzione di cattivi
odori.
LEZIONE 7/8: PANE ALTRI PRODOTTI LIEVITATI DA FORNO
I prodotti da forno sono migliaia di diverso tipo. Hanno origine antichissime:
II millennio a.C. nell’epoca Egizia erano presenti i prodotti da forno lievitato e ve ne erano 50 tipi diversi, il
pane veniva usato come moneta di scambio per pagare i braccianti agricoli e i funzionari pubblici.
Il pane toscano e di terni sono privi di sale, hanno un’origine antichissima. Il pane toscano è privo di sale in
quanto all’epoca dei conflitti tra Pisa e Firenze, i pisani avevano imposto delle tasse per l’utilizzo di sale, il
popolo per non pagare la tassa, decise di non usare il sale e di produrre il pane senza sale.
A Terni nel 1531 paolo III impose una tassa per la commercializzazione del sale.
LEGISLAZIONE ITALIANA
È denominato pane il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente
lievitata, preparata con farina di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale.
CLASSIFICAZIONE
Dei prodotti da forno sulla base delle caratteristiche
strutturali (volume specifico, VS e % di acqua) o in
base alla presenza di zucchero rispetto al peso della
farina.
TIPI DI LIEVITAZIONE
- BIOLOGICO: utilizzo del lievito compresso e di tipo naturale
- CHIMICO: bicarbonato d’ammonio
- FISICO: manipolazione dell’impasto nella fase di produzione cercando di inglobare una quantità di aria
così da formare bolle
- CON VAPORE: si ultima nella fase di cottura, si fa evaporare l’acqua
- CON SISTEMI MISTI: più tipi di lievitazione nello stesso prodotto
MATERIE PRIME (farina, acqua, agenti lievitanti, sale)
1) FARINA: prodotto ottenuto dalla macinazione del frumento, si macina il cariosside formato da:
•Endosperma (87-89%, ricco di amido)
•Crusca, parte più esterna (7,8-8,6%,fibre alimentari, proteine, Sali minerali e vitamine)
•Germe (2,8-3,5% in base al tipo di frumento, ricco di grassi, vitamine e a Sali minerali
In base alla parte di cariosside macinata si hanno i diversi tipi di farina. Se viene macinata la parte più
interna si ha la farina 00 bianca, se viene macinata sia l’endosperma che crusca si ha la farina integrale.
L’ATTITUDINE PANIFICATORIA DELLA FARINA SI DEVE:
- alla frazione proteica (10/15% della cariosside di frumento)
- al rapporto tra gliadine (rendono l’impasto molto estensibile) e glutenine (contribuiscono all’elasticità e
maggior forza), interagiscono con l’acqua e formano il glutine.
GLUTINE = gliadine e glutenine +acqua
AMIDO= rappresenta il 65/70% del peso secco della cariosside di frumento, è formato da amilosio e
amilopectina (rapporto 1:3).
LE PROPRIETÀ DELL’IMPASTO POSSONO ESSERE INFLUENZATE ANCHE:
• Polisaccaridi non amidacei (cellulosa, β-glucani e arabinoxilani)= Fibra
• Lipidi: interagiscono con i granuli dell’amido
2) ACQUA
È importante:
•per la formazione del glutine durante l’impastamento. Acqua troppo dolci o troppo dure determinano,
rispettivamente, la formazione di impasti molli o troppo rigidi;
•A livello dei granuli di amido che rigonfiano e gelatinizzano durante la cottura;
•Per l’attività enzimatiche della farina e dei microrganismi agenti della levitazione.
3) SALE: NaCl
Il suo ruolo è relativo al rafforzamento della struttura dell’impasto mediante interazione, analogamente ad
altri Sali, con la frazione proteica, al controllo delle attività microbiologiche durante la fermentazione e all’
impatto positivo sul volume del pane e, non ultimo, all’effetto positivo sull’ aroma del prodotto.
4) AGENTI LIEVITANTI
a) VIA BIOLOGICA:
-- lievito di birra: deriva da biotipi di Saccharomyces cerevisiae ottenuti, in coltura pura in laboratorio e
coltivati in fermentatori in batteria.
-- naturale (miscela di lieviti e batteri lattici): Impasto costituito da farina, acqua ed eventualmente sale,
fermentato senza l’intervento di microrganismi aggiunti e ottenuto tramite una serie successiva di
rinfreschi che hanno lo scopo di ottimizzare la capacità acidificante e lievitante.
PARAMETRI PER DESCRIVERE L’ATTIVITÀ DI UN LIEVITO NATURALE:
• Dough Yield [ (peso della farina + peso dell’acqua)x100/peso della farina]
• pH e acidità di titolazione (lievito maturo che ha acquisito capacità di acidificazione e lievitazione costanti
con pH compresi tra 3,5-4,5 e per valori massimi di acidità di titolazione variabili da 30 150 mL NaOH 0,1
N/10g)
• Quoziente di fermentazione (rapporto molare tra acido acetico e acido lattico ha valori compresi tra 1,5 e
4,0. Assume valori variabili in base all ’ attività metabolica più o meno bilanciata dei batteri lattici.)
b) VIA CHIMICA (solo dolci): bicarbonato di sodio
LIEVITO MADRE o LIEVITO NATURALE o LIEVITO ACIDO o MADRE ACIDA
Impasto costituito da farina, acqua e fermentato dai microrganismi naturalmente presenti nell’aria, nella
farina e nell’acqua. L’impasto prodotto subisce aggiunte successive di acqua e farina «rinfreschi» per
ottimizzare la capacità di acidificazione e lievitazione.
La pratica della preparazione e dell’uso del lievito naturale sembrerebbe risalire all’antico Egitto nel 2500
a.C.
Si tramanda che, in conseguenza di una inondazione del Nilo, la farina conservata sulle rive di questo fiume
diventò un impasto che, per con le condizioni di temperatura, di umidità dell’ambiente, furono favorevoli
allo sviluppo dei microrganismi che moltiplicandosi alterarono l’aspetto rigonfiandolo.
Al fine di non mandare persa questa farina “andata a male” pensarono di recuperarla mescolandola con
altra farina; nacque così casualmente la lievitazione. Il pane così ottenuto risultò più gustoso, digeribile e
conservabile del pane non lievitato (pane azzimo) fino a quel momento unico pane consumato.
LIEVITO DI BIRRA
La legge italiana parla solo del lievito impiegabile nella panificazione che deve essere costituito da cellule in
massima parte viventi, con adeguato potere fermentativo (da non confondere con il lievito chimico).
COMPOSIZIONE DELLA FARINA DI FRUMENTO
72.5 % zuccheri: ~ 68.3 % Amido ~ 2.4 % Zucchero solubile ~ 0.1 % glucosio ~ 1.5 % pentosani
12.5 % proteine: ~ 11.5 % glutine ~ 1.0 % Acqua disponibile
13.5 % Acqua
0.5 % minerali
1.0 % grassi
Gli amidi e zuccheri vengono scissi e il lievito come prodotto secondario permette la produzione di etanolo
e anidride carbonica. Il glutine rappresenta la colonna portante dell’impasto. La CO2 determina il
rigonfiamento dell’impasto.
“Il Saccaromyces cerevisiae del lievito di birra agisce attraverso la fermentazione alcolica, con produzione
di alcool e anidride carbonica (CO2)”
LIEVITO MADRE
Complesso ecosistema biologico
- Più di 50 specie di batteri lattici (prevalentemente appartenenti al genere Lactobacillus)
- Più di 20 specie di lieviti selvaggi (prevalentemente appartenenti ai generi Saccharomyces, Candida)
ASSOCIAZIONE DI BATTERI E LIEVITI IN SOURDOUGH
LAB maltosio (positivo) con lieviti maltosio (negativo)
(Lb sanfranciscensis con S. exiguus)
dove
Lb sanfranciscensis utilizza il maltosio accumulando glucosio nel mezzo di crescita
S. exiguus utilizzazione del glucosio e liberazione di AA nel mezzo di crescita
IL GENERE LACTOBACILLUS
Bastoncini
Anaerobi o microaerofili
Acido tolleranti
Attività metaboliche:
- Fermentano il glucosio: con produzione di acido lattico e acetico
- Proteolisi delle proteine
- Produzione di sostanze aromatiche e antimicrobiche
FERMENTAZIONE DEL GLUCOSIO
- Gruppo I: lattobacilli omofermentanti.
• Specie che fermentano glucosio presente nell’impasto quasi esclusivamente ad acido lattico.
- Gruppo II: lattobacilli eterofermentanti facoltativi.
• Le specie fermentano il glucosio e producono quasi esclusivamente acido lattico ma che in presenza
limitata di glucosio, producono anche acido acetico, etanolo.
- Gruppo III: lattobacilli eterofermentanti obbligati. Fermentano il glucosio ad acido lattico, acido acetico (o
etanolo) e CO2.
I prodotti italiani che utilizzano lievito madre sono caratterizzati da diverse specie batteriche che ne
determinano l’unicità.
A differenza del lievito di birra, la lievitazione con Lievito madre è effettuata sia dai lieviti che dai batteri
lattici, avendo nell’impasto oltre ad una fermentazione alcolica anche una fermentazione lattica con
conseguente produzione di acido lattico e/o di acido acetico.
LA PROTEOLISI DELLE PROTEINE effettuata dai batteri lattici comporta una maggiore digeribilità delle
proteine del glutine e una quantità superiore di aminoacidi.
L’attività proteolitica che viene liberata dagli enzimi presenti nel chicco ma anche enzimi legati all’attività
batterica. L’attività proteolitica primaria e secondaria riduce il peso delle molecole peptidiche e determina
una parziale degradazione del glutine, fondamentale.
Le componenti gliadiniche stimolano la risposta immunitaria in caso di celiachia (sensibilità al glutine). La
possibilità di degradare questi peptidi e ridurre in termini di % permette di avere maggiore digeribilità del
prodotto. Il lievito madre non riesce ad essere adatto per un soggetto celiaco perché non c’è una completa
degradazione delle componenti.
Nella normale popolazione bisogna favorire il consumo di lievito madre.
ALTRE CARATTERISTICHE POSITIVE DEL LIEVITO NATURALE
- Aroma più intenso, sapore e fragranza particolari, che dipendono soprattutto dal tipo di fermentazione,
dalla presenza di acido lattico/acetico e quindi dai ceppi di microorganismi presenti che caratterizzano il
complesso di acidi organici aromatici prodotti;
Gli aminoacidi liberi reagiscono con gli zuccheri, durante la cottura, producendo i composti responsabili
della colorazione e del sapore della crosta;
- Biodisponibilità maggiore dei minerali (le fitasi, enzimi batterici che liberano i sali chelati all’acido fitico).
Il pane prodotto con il lievito madre si conserva più a lungo:
dovuto alla presenza dal punto di vista microbiologico per la presenza di batteriocine, abbassamento di pH
che determina una maggior conservazione
- la freschezza è legata dalla produzione dei batteri lattici di esopolisaccaridi
ESOPOLISACCARIDI (EPS)
I batteri sono in grado di produrre esopolisaccaridi a lunga catena costituiti da unità ripetute di zuccheri,
secreti al di fuori della parete cellulare. Hanno la funzione di migliorare la texture, la reologia, trattenere
acqua e ridurre indice glicemico dei prodotti. Sono in grado di produrre una sorta di biofilm. Riescono ad
aumentare il contenuto di umidità nel lievitato ma hanno un’attività prebiotica che causa un aumento di
fibre legato alla presenza di EPS e non andare ad incidere sull’indice glicemico perché sono zuccheri non
disponibile.
Diversi studi hanno dimostrato come sia importante ingerire un elevato numero di microrganismi in grado
di produrre EPS che determinano una produzione di biofilm all’interno dell’intestino. La presenza di biofilm
determina un allungamento della vita media. Gli studi sono fatti su CAENORHABDITIS ELEGANS: un
modello robusto per lo studio dell'interazione ospite-microbiota:
• facilmente manipolabile in laboratorio,
• ha una vita breve,
• è modificabile geneticamente
• la sua colonizzazione da parte dei batteri può essere controllata
Nel suo habitat naturale, si nutre di materiale vegetale in decomposizione, il C. elegans prolifera su batteri
viventi che metabolizzano attivamente, tra cui il Bacillus subtilis, che non servono solo come fonte di cibo,
ma contribuiscono anche alla salute del verme e durata della vita.
L’utilizzo di questo microrganismo è stato usato per identificare batteri che producono biofilm che
sopravvivono a T di stress.
I ricercatori hanno preso ceppi di B. subtilis in grado di produrre biofilm, modificando geneticamente il
microrganismo e eliminando geni che producono biofilm, hanno visto come facendo crescere il nematode
su un terreno in cui sono presenti m. che producono biofilm e non. La crescita del nematode alimentato
con microrganismo che producono biofilm permette al nematode di essere resistente a stress termici, sono
resistenti a stress ossidativi e alle infezioni da patogeni. Hanno osservato come la nutrizione con batteri in
grado di produrre biofilm aumenta la vita media.
In un altro esperimento hanno selezione microrganismi in grado di produrre maggior quantità di biofilm si
osserva maggior aderenza nell’intestino.
PROCESSO DI PREPARAZIONE DEL LIEVITO MADRE (TIPO I)
• INGREDIENTI e PREPARAZIONE:
1) Prima fase: mescolare 100 gr di farina con 100 ml di acqua. Lasciare riposare per 24 ore.
2) Seconda fase: Aggiungere 50 gr di farina e 1 cucchiaino di zucchero. Lasciare riposare per 24 ore.
• 3) Terza fase: All'impasto precedente aggiungere 100 gr di farina e 25-30 ml di acqua. Impastare e
lasciare riposare per 48 ore
• La temperatura indicata per il lievito madre è di 26°C
- Rifare questa operazione per altre 5 volte nell'arco di 10 giorni, fino a quando il lievito madre impiegherà
solo 4 ore a triplicare di volume.
• Se la si utilizza ogni 1-2 giorni lasciarla in un barattolo a temperatura ambiente.
• Se la si utilizza meno spesso, conservarla in un barattolo chiuso ermeticamente in frigorifero. Per
mantenere invece una più alta carica batterica si effettua la Legatura del lievito.
• Ogni giorno e/o una volta a settimana si nutre il lievito madre con una porzione pari di farina e metà
quantità di acqua.
• Ogni volta che si prepara un impasto si utilizza una porzione del lievito madre rinfrescato.
• Le dosi indicative sono di circa 200 gr di lievito madre/1 kg di farina.
LEZIONE 9/10: CARNI FERMENTATE
La carne è un sistema alimentare complesso e altamente deperibile dovuto dall’alta % di acqua (75%) e
proteica (19%), scarsa presenza di carboidrati e lipidi.
L’alta deperibilità porta ad avere nella carne proprietà chimico-fisiche che possono influenzare lo sviluppo
e la colonizzazione di microrganismi (es agenti fermentativi, specie patogene, specie legate a
microrganismi che causano deterioramento)
Fattori che influenzano la presenza di microrganismi:
- allevamento
- macellazione
- conservazione delle carcasse
La contaminazione microbica può essere
- endogena (animali malati)
- esogena (superficie della carne) che deriva sia dal tratto GI, della pelle e all’ambiente.
La contaminazione legata al tratto GI e alla pelle è legata alla macellazione, nel caso di quella legata
all’ambiente è legata allo stoccaggio e trasporto.
La contaminazione batterica delle carcasse può essere causata da:
- pelle, feci, intestini animali ha un livello di 10 alla 2 / 10 alla 4 CFU/cm2
- aria, acqua, suolo, personale, attrezzature
I microrganismi della carne:
- gram negativi: es enterobacteriaceae.
- gram positivi: batteri lattici, sporigeni
- lieviti
- muffe
Livelli di 10 alla 3/10 alla 4 UFC/g nei vari compartimenti.
Questo determina alterazioni: fisiche, chimiche, biologiche.
Principali microrganismi responsabili di alterazione della carne:
Ø Pseudomonas spp
Ø Enterobacteriaceae
Ø Batteri lattici
Ø Brochotrix thermosphacta
La fase di conservazione è importante perché…
Nelle fasi di conservazione si ha un incremento della crescita batterica.
Alcuni batteri psicrofili crescono a 5 gradi, alterano gli alimenti nel frigo.
18 giorni → fase di contaminazione elevata
Gli insaccati sono distinti in crudi e cotti.
Negli alimenti cotti non sono fermentati.
Negli alimenti crudi si ritrovano alimenti fermentati (rosso).
SALAME: prodotto di salumeria costituito da carni ottenute da muscolatura striata appartenente alla
carcassa del suino con aggiunta di sale ed eventualmente di carni di altre specie animali, macinate e
miscelate con grasso suino in proporzioni variabili, ed insaccato in budello naturale o artificiale. Non
possono essere chiamati “salami” gli insaccati fabbricati senza carni suine, prodotti di natura diversa, né
quelli contenenti carni separate meccanicamente (cioè sfibrate).
La composizione dei diversi salumi differisce sia per la % di suino, di bovino, dal grado di triturazione della
carne, nella % di grasso, di sale, pepe e vino.
L’effetto della fermentazione e della stagionatura porta a:
- abbassare l’umidità
- abbassare l’attività dell’acqua
- abbassare il pH
Microrganismi in grado di svilupparsi in condizioni di anaerobiosi, di tollerare bassi pH e di dare origine a
fermentazioni gradevoli sono:
– i lieviti (fermentazione alcolica)
– i batteri
Nel caso dei salumi, i microbi che intervengono sono quelli lattici, e i lieviti hanno un ruolo secondario.
effetti negativi:
– Batteri alteranti
– Batteri patogeni
Le fermentazioni spontanee o con colture microbiche selezionate
Quando la materia prima viene messa in condizioni adeguate, i processi fermentativi partono
spontaneamente ad opera di microrganismi che naturalmente la contaminano.
In certi casi, affidare i processi fermentativi ai batteri che naturalmente contaminano le carni può essere
pericoloso, perché non tutti sono in grado di dare risultati ottimali.
Per questo si può intervenire con l’aggiunta di colture microbiche selezionate di ceppi idonei.
S. aureus non deve superare 10 alla 5 per evitare il rilascio di tossine.
Tra gli staphilococchi isolati si trovano spesso: carnosus, saprophyticus, xylosus ma anche lactobacillus e
pediococcus.
LA STAGIONATURA: EVOLUZIONE DEI PARAMETRI MICROBIOLOGICI
Il processo di maturazione di un salume consiste in una fermentazione lattica ad opera di diverse specie di
lattobacilli con produzione di ac. lattico ed alcuni antibiotici (ad es. nisina), cosa che comporta
- durante la maturazione:
diminuzione dei batteri saprofiti
scomparsa dei patogeni
aumento degli acido-produttori
liberazione di enzimi proteolitici e lipotici sia dalla carne che e dai batteri implicati, con produzione dell’
aroma tipico
- a maturazione conclusa:
scomparsa dei batteri saprofiti
sviluppo di lieviti sulla superficie del budello; questi utilizzano come fonte di C l’ac. Lattico prodotto dai
lattobacilli (con innalzamento del pH) e come fonte di N gli aminoacidi e le proteine liberate dalla lisi dei
corpi batterici
PRATICHE TECNOLOGICHE CHE INFLUENZANO LA MICROFLORA
- livello di sale
- aggiunta di nitrati/nitriti
- aggiunta di zuccheri
- insacco
- condizioni termo-igrometriche
QUALITA’ DEGLI INSACCATI
PH: da un valore lievemente acido del prodotto fresco il pH scende a 5,3 – 5,5 in seguito alla produzione di
ac. lattico; successivamente sale a ca 6,0 in seguito al suo utilizzo da parte dei lieviti superficiali
UMIDITA’: perdita di acqua per migrazione verso l’esterno e successiva evaporazione facilitata anche dallo
sviluppo di lieviti sulla superficie
SALE: aumento della concentrazione relativa, rispetto all’ iniziale, sino a ca. il 6%
CONDIZIONI PER UNA CORRETTA STAGIONATURA
- starters → L’ inoculo con starters da un lato assicura la corretta fermentazione e dall’ altra la costanza dei
parametri organolettici dopo tempi definiti. I germi comunemente utilizzati (ca 106 cellule/g) sono i
seguenti: Lactobacillus plantarum, Pediococus acidilactici, Pediococcus pentosaceus
- ventilazione → La ventilazione naturale viene preferita per i prodotti di qualità; di norma si ricorre alla
stagionatura con ventilazione controllata in celle climatiche allo scopo di evitare una disidratazione troppo
rapida del budello
- umidità → Vanno mantenute condizioni di umidità relativa pressochè costanti e tali da evitare che il
budello si essicchi e si fessuri
- T → La temperatura non deve scendere (nelle fermentazioni non in ambiente controllato) al di sotto dei
12 °C per evitare il blocco dell’attività dei lattobacilli, ne superare i 20-25°C per prevenire fermentazioni
anomale
- zuccheri → Gli zuccheri vengono addizionati dallo 0,2 all’ 1% di zuccheri semplici o lattosio (come siero di
latte) o latte in polvere (0,5 – 2%) o anche polisaccaridi a lento utilizzo (destrine) per favorire la produzione
di ac. lattico essendo le fonti di C naturali (glicogeno, glucosio ed ac. lattico) complessivamente intorno all’
1,2 %
- sale → effetti tecnologici : favorisce la precipitazione delle proteine; contribuisce a mantenere la
struttura e la consistenza del prodotto effetti microbiologici: ha un’azione selettiva contro i germi
putrefattivi a favore dei lattici (un eccesso può selezionare St. aureus tossinogeno) effetti conservanti:
effetto disidratante; azione battericida degli ioni Cl- ; riduzione della presenza di O2; inibizione delle attività
enzimatiche
- nitrati → - in quantità di 80 – 160 mg/kg, tali sostanze, convertite in nitriti soprattutto ad opera degli
anaerobi, esibiscono diversi effetti: - inibiscono lo sviluppo dei germi in generale - prevengono il proliferare
di germi putrefattivi - mostrano scarsa efficacia contro i batteri lattici - stabilizzano il colore - migliorano,
assieme al sale, il gusto del prodotto finito - si comportano da antiossidanti
- spezie: contribuiscono alla formazione dell’ aroma caratteristico del prodotto - alcune, come il pepe nero,
forniscono microelementi essenziali per lo sviluppo dei lattobacilli
- tempo →una stagionatura eccessivamente prolungata disidrata il prodotto rendendolo non facilmente
affettabile, eccessivamente duro e scarsamente aromatico
FASI DI STAGIONATURA
1. STUFATURA 1-4 gg, 18-26°C, 84-90% UR (umidità relativa)
2. ASCIUGATURA 5-10 gg, 16-22°C, 80-90% UR
3. STAGIONATURA 25-50 gg, 10-15°C, 65-75%UR
PRINCIPALI EVENTI DELLA MATURAZIONE
• CONSISTENTE RIDUZIONE DELL’UMIDITA’
• CONCENTRAZIONE DEL NaCl
• DIMINUZIONE DELL’aw (acqua libera)
• ABBASSAMENTO DEL pH
• DENATURAZIONE DELLEPROTEINE
• IDROLISI DELLE PROTEINE
• IDROLISI DEI LIPIDI
Nella prima settimana di attività si ha una riduzione drastica dell’acidità che tende a risalire con lo sviluppo
del lievito.
L’umidità è costante nella riduzione
L’attività dell’acqua ha una continua riduzione nella fase di produzione del salume.
Salami a lenta acidificazione o a lunga stagionatura
- La definizione non si riferisce solo al tempo di stagionatura, ma anche al tempo durante il quale si
sviluppano e arrivano a termine le fermentazioni.
- La variazione di pH è limitata e dopo aver raggiunto il minimo a 5,0-5,3 attorno alla 2°-3°settimana, risale
durante la stagionatura.
- Micrococchi e lattobacilli sono i generi microbici principali. I micrococchi divengono la popolazione
dominante già dai primi giorni. I lattobacilli si moltiplicano più lentamente e il loro numero resta più o
meno costante fino a fine stagionatura.
- L’inattivazione dei patogeni e degli alteranti è legata all’abbassamento dell’aw (stagionatura e sale).
Salami a rapida acidificazione
- In questi salami si ha una prima fase di fermentazione, nella quale i lattobacilli divengono rapidamente la
flora dominante e acidificano l’impasto, inibendo i patogeni e gli alteranti.
- La velocità di diminuzione del pH e il valore a fine stagionatura sono le caratteristiche principali di questi
prodotti.
Tali microrganismi appartengono alle seguenti famiglie
- Micrococcacee: micrococchi e stafilococchi – (Staphylococcus e Kocuria)
- Batteri lattici – a cellule sferiche (Streptococcus, Pediococcus, Enterococcus), – a con cellule bastoncellari
(Lactobacillus)
- Enterobatteriacee (coliformi, E. coli, Salmonella e altri).
- Batteri anaerobi quali Clostridium botulinum
- Altri batteri Gram + quali Listeria monocytogenes
- Lieviti
- Muffe (Penicillium e Aspergillus)
Sviluppo microbico
- Le condizioni che si vengono a creare nell’impasto dopo l’insacco, dovute alla presenza di sale, nitrati,
nitriti, zuccheri, alla temperatura di esposizione e allo stato di anaerobiosi, sono tali da inibire lo sviluppo
della maggior parte dei microrganismi prima elencati. – In particolare il sale inibisce le Enterobatteriacee. –
I nitriti agiscono sui clostridi (es. C. botulinum).
- In definitiva i batteri che riescono a moltiplicarsi nell’impasto sono i micrococchi (aerobi), gli stafilococchi,
i lattobacilli e i pediococchi, gli enterococchi
I micrococchi e gli stafilococchi
- Ai rappresentanti della fam. Micrococcacee viene attribuita una partecipazione importante alle
fermentazioni.
- Sono aerobi obbligati e quindi hanno scarsa possibilità di sviluppo prolungato.
- All’inizio, dopo l’insacco, nell’impasto rimane una certa quantità di aria che ne consente uno sviluppo
immediato.
– Si tratta infatti, di batteri vigorosi, presenti in buon numero nelle carni e favoriti dalle condizioni
ambientali.
Funzioni 1
consumano l’ossigeno presente nell’impasto, e creano le condizioni di anaerobiosi;
riducono i nitrati a nitriti e quindi rendono attivi questi composti nei confronti dei batteri nocivi (clostridi);
eliminano l’acqua ossigenata eventualmente prodotta dai lattobacilli;
Funzioni 2
posseggono attività proteolitica, anche se non molto elevata.
sono coinvolti nell’attività lipolitica, cioè nella liberazione degli acidi grassi;
gli aa. grassi liberi possono essere ossidati per formare composti che impartiscono gusti gradevoli
(importante controllo dei processi di ossidazione)
I batteri lattici
- I batteri lattici, e in particolare i lattobacilli, costituiscono la flora microbica principale.
- Le loro caratteristiche di tolleranza al sale, ai nitriti, il comportamento verso l’O2, la capacità di svilupparsi
a bassi valori di pH, la presenza iniziale in buon numero nelle carni, consentono rapidi sviluppi negli
impasti.
- Si moltiplicano dopo i micrococchi e si moltiplicano più intensamente.
- Sono più esigenti in fatto nutrizionale, ma nell’impasto trovano tutto ciò di cui necessitano.
Specie
Tutti i batteri lattici possono svilupparsi nei salami: – i lattobacilli omo ed eterofermentanti, – gli
streptococchi e i pediococchi
Predominano i lattobacilli mesofili omofermentanti, (Lactobacillus plantarum, L. casei subsp.
pseudoplantarum, L. curvatus, L. sake).
Buone possibilità di moltiplicarsi hanno anche gli eterofermentanti, quali L. brevis e L. fermentum. Ÿ
Occasionali sono i pediococchi Pediococcus acidilactici e P. pentosaceus.
Funzioni
Svolgono le funzioni più importanti.
Riducono il nitrito a ossido d’azoto (colore).
Sono gli agenti delle fermentazioni lattiche degli zuccheri e sono fortemente acidogeni a causa della
formazione di ac. lattico (omof.) o di ac. lattico e ac. acetico (eterof.).
Il loro sviluppo è molto rapido: già dopo 3-4 gg dall’insacco sono presenti in numero elevato e tutti gli altri
gruppi risultano sopraffatti.
La conseguenza di questo sviluppo è l’esaurimento degli zuccheri e l’abbassamento del pH.
L’abbassamento del pH determina la coagulazione proteica, il contributo positivo alla formazione del
colore e la stabilità microbiologica del prodotto.
L’azione acidificante
Il pH dei salami a fine fermentazione, dovrebbe essere pari o inferiore a 5,3.
Questi valori di pH permettono alla carne di rilasciare rapidamente l’umidità.
Una fermentazione inadeguata porta a un’insufficiente asciugamento, a prodotti molli, a collasso del
prodotto e ad altri inconvenienti e rende possibile lo sviluppo di batteri alteranti o tossigeni.
L’inibizione di altri batteri
- L’azione dei nitriti è più intensa quanto più è basso il pH.
- L’ac. lattico inibisce la crescita di microbi sensibili ai nitriti o al pH basso anche per azione diretta sulle
cellule.
- I lattici e i pediococchi producono batteriocine – attive soprattutto verso S. aureus.
Formazione di amine tossiche
- Gli alimenti fermentati contengono una certa quantità di amine tossiche, soprattutto istamina e tiramina.
- La quantità dipende dalla durata della stagionatura.
- Sono prodotte da batteri che degradano gli aminoacidi.
RIEPILOGO DELLE FERMENTAZIONI
Le fermentazioni naturali
Se i batteri lattici sono scarsi – si può sviluppare S. aureus, – possono prendere il sopravvento i lattici
eterofermentanti che producono anidride carbonica (gonfiore, presenza di piccole cavità) e acido acetico
(gusto non gradevole).
La mancanza del rispetto delle norme igieniche porta a sviluppo eccessivo di coliformi o di streptococchi
fecali (alterazioni del gusto e del profumo).
Le fermentazioni guidate
- Prevengono alcuni inconvenienti che si possono verificare con le fermentazioni naturali.
- Le colture più usate comprendono i batteri lattici che devono avere alcune caratteristiche: – Tolleranza
verso il sale, – Resistenza ai nitriti, – Temperatura di sviluppo intorno a 15-18°C, – Produzione di solo ac.
lattico, – Azione proteolitica e lipolitica, – Inibizione dei batteri nocivi.
LE COLTURE STARTER NEGLI INSACCATI CARNEI FERMENTATI
Decreto Ministeriale 28 dicembre 1994
Art.1 Nella preparazione degli insaccati carnei, la cui tecnologia produttiva non comporti trattamenti con il
calore, è consentito l’impiego, alle condizioni e secondo le modalità prescritte all’art. 2, di colture di
avviamento – cosiddetti "starter microbici" appartenenti al genere Lactobacillus; Pediococcus;
Micrococcus; Debaryomyces; Staphylococcus, specie S. xylosus,S. simulanseS. carnosus. Nella produzione
degli insaccati carnei è consentito il trattamento di superficie con colture di ifomiceti della specie
Penicillum chrysogenume Penicillum nalgiovense.
Le fermentazioni guidate
Il più idoneo è Lactobacillus plantarum (altri: L. sake, L. alimentarius): – Alotollerante, resiste ai nitriti,
sviluppa anche a meno di 20°, è omofermentante, inibisce S. aureus. – Presente nelle fermentazioni
naturali.
All’inizio si sono affermati i pediococchi (P. acidilactici e P. pentosaceus) facilmente liofilizzabili.
Spesso associate le tre specie
Preparazione e uso degli starter
Gli starter devono essere aggiunti all’impasto in modo da partire da 106 (1.000.000) batteri/g di impasto.
Le colture possono essere liofilizzate o congelate
Le muffe
Nelle celle di maturazione, le spore fungine vengono a contatto con il budello e iniziano a moltiplicarsi.
All’inizio il micelio si localizza nelle parti sotto le quali si trova la parte magra dell’impasto.
Dapprima rado, il micelio si infittisce e copre tutta la superficie.
Il colore preferito è il bianco o il bianco grigio
Il genere più frequente è Penicillium
Funzioni delle muffe
Permettono un asciugamento più uniforme del prodotto,
Riducono il calo in peso di circa il 7%,
Facilitano la “sbucciatura” della pelle del salame,
Disacidificano il salame consumando l’ac. lattico e portano il pH a 6 (fine stagionatura) (dall’esterno
all’interno)
Impediscono l’ossidazione dei grassi,
Hanno azione lipolitica e proteolitica
Migliorano le caratteristiche organolettiche
L’idrolisi delle proteine è imputabile sia ad enzimi costitutivi della carne sia ad enzimi di origine microbica
prodotti da batteri lattici, Micrococcaceae, muffe e lieviti.
MODIFICAZIONI MICROBICHE A CARICO DELLA FRAZIONE LIPIDICA
Costituita per il 99% da trigliceridi, gli acidi grassi esterificati più rappresentati sono: acido oleico, acido
palmitico e acido stearico. Lipasi batteriche: sono specifiche idrolizzando il legame estere in posizione 3 dei
trigliceridi, occupato principalmente da acidi grassi insaturi. Lipasi fungine: idrolizzano soprattutto
trigliceridi contenenti acidi grassi a corta catena.
LEZIONE 11: LATTE FERMENTATO
I prodotti lattiero caseari sono alimenti fermentati → prodotti derivati da latte con l’ausilio del
metabolismo microbico.
Sono:
> Yogurt e Latti fermentati
Preparati in ambiente asettico (fermentatore)
–da latte trattato termicamente + innesto
> Formaggi
Prodotti in contatto con ambiente
–da latte (crudo o trattato) +/- innesto
> Burro e creme
Prodotto in contatto con ambiente
–da creme pastorizzate + innesto
Ha tre fasi:
- soluzione
- sospensione (caseina tenuta in sospensione
grazie alla parte idrofobica)
- emulsione
Il latte è ricco dal punto di vista nutrizionale
perché ricco di: Zuccheri fermentescibili Componenti azotate a basso MW (peptidi, aa liberi) Vitamine Sali
minerali.
Il latte crudo appena munto presenta condizioni di T°C, pH, Aw favorevoli alla contaminazione e
colonizzazione.
Frazione glucidica.
– Lo zucchero presente nel latte, in modo quasi esclusivo, è il disaccaride lattosio.
– A fianco del lattosio in quantità molto inferiori, dell’ordine di qualche decina di mg/l, sono presenti altri
zuccheri quali glucosio, galattosio, N- acetilglucosammina e N-acetilgalattosammina, per gran parte legati
alle proteine ed in particolare alla kcaseina.
Frazione azotata.
– La componente azotata del latte è costituita da proteine diverse per natura e proprietà e da sostanze
azotate non proteiche. Il latte delle differenti specie presenta un contenuto medio in proteine totali di
norma decrescente secondo l’ordine pecora, bufala, vacca e capra.
– Le caseine rappresentano indicativamente circa il 75-78% delle sostanze azotate del latte. Sono un
gruppo di proteine con caratteristiche diverse ed una struttura complessa, organizzate sotto forma di
micelle
• Le micelle di caseina sono a loro volta il risultato dell’associazione di sub micelle composte a loro volta
da diverse “frazioni” : αS1, αS2, β e k caseina.
• Le submicelle sono unite da legami covalenti dei gruppi fosforici dell’amminoacido serina con il calcio
che a sua volta interagisce con altro fosforo e calcio colloidale.
• Le submicelle sono organizzate in modo tale da esporre la frazione k, l’unica glicosilata e quindi idrofila,
all’esterno. Questo fenomeno favorisce, al valore naturale di pH del latte, il mantenimento della caseina in
sospensione colloidale
– Le sieroproteine
• si trovano in soluzione nel latte e sono molto più sensibili al calore rispetto alla caseina. Rappresentano in
media il 18-20% delle sostanze azotate totali e la sieroproteina maggiormente presente è la β
lattoglobulina, seguita dalla α lattoalbumina
– Le sostanze azotate non proteiche
• sono rappresentate da una molteplicità di molecole di cui la più importante quantitativamente è l’urea.
Le sostanze azotate non proteiche sono la fonte azotata fondamentale per la crescita iniziale dei
microrganismi, in particolare i batteri lattici, nel latte.
Frazione lipidica.
– Il grasso del latte è costituito principalmente da trigliceridi, e può essere quantitativamente e
qualitativamente diverso.
• Il grasso del latte è organizzato in una struttura globulare definita dalla presenza di una membrana,
composta principalmente da proteine e fosfolipidi, che consente di mantenere bassa la tensione
superficiale all’interfaccia tra i globuli di grasso e la fase sierosa (acquosa) prevenendo in tal modo la
separazione delle fasi quando il latte è nella mammella. Quando il latte dopo la mungitura è lasciato a
riposo, la diversa densità del grasso rispetto alla fase magra e l’aggregazione dei globuli, dovuta
all’interazione tra le lipoproteine della membrana e le immunoglobuline, causano la separazione della
crema, fenomeno che può essere descritto dalla legge di Stokes.
• Acidi organici. – L’acido citrico, presente in quantità comprese tra 0,9 e 2,3 g/l, costituisce
approssimativamente il 90% degli acidi organici del latte. Il citrato fa parte del sistema tampone del latte e
influisce sulla solubilizzazione dello ione Ca2+ contribuendo alla stabilità del complesso caseinato di calcio
e, conseguentemente alla stabilizzazione delle caseine. La sua utilizzazione da parte di alcuni batteri lattici
porta alla formazione di composti ad impatto aromatico, fra i quali il diacetile. Questo metabolismo
fermentativo risulta centrale nella maturazione delle creme per burrificazione.
• Sali minerali ed oligoelementi. – I sali presenti nel latte sono rappresentati principalmente da cloruri,
fosfati e citrati di potassio, sodio, calcio e magnesio ed in misura minore da solfati e bicarbonato. Sodio,
potassio e cloro sono in forma di ioni liberi. Calcio, magnesio, fosforo e citrati sono presenti nel latte in
forme diverse (associati alla caseina) o allo stato libero ed il loro equilibrio dipende dall’insieme degli
equilibri acido-base del latte e dalla temperatura.
• Le vitamine. – Nel latte crudo sono presenti le principali vitamine, sia liposolubili che idrosolubili. Alcuni
trattamenti di trasformazione del latte possono indurre denaturazione modificando la composizione
vitaminica .
Differenti tipologie di latte razze lattifere di
interesse produttivo: vacca, bufala, pecora, capra e
altri minori (cavalla – asina …) latte a differenti
tenori in materia grassa
LATTI FERMENTATI
Diversa tipologia di microflora e di latte utilizzato.
Es lo yogurt: le specie utilizzate per la produzione
di yogurt sono S. thermophilus e L. d. bulgaricus.
Nei diversi paesi sono diversi i prodotti artigianali
e industriali.
Nel contesto industriale bisogna tenere presente
il latte fermentato con aggiunta di probiotici.
CLASSIFICAZIONE DEI LATTI FERMENTATI
• Latti acidi termofili (fermentazione a 37-45 °C con produzione di acido lattico) – Yogurt
• Latti acidi mesofili (fermentazione a 20-30 °C con produzione di acido lattico) – Latte acido – Crema acida
– Latticello acido – Viili (Finlandia), Ymer (Svezia), Skier (Islanda) ecc.
• Latti acido-alcolici (fermentazione a 15-25 °C con produzione di acido lattico, alcol e anidride carbonica) –
Gioddu (Sardegna) – Kephir (Caucaso) – Kourmis (Mongolia) – Kos – I latti fermentati
KEFYR: prodotto delle regioni caucasiche. Rientra nella fermentazione lattico-alcolica in quanto all’interno
si trovano batteri lattici e lieviti che lavorano in sinergia. La sua tipicità è legata al fatto che all’interno dei
batteri lattici ci sono numerose specie che interagiscono insieme (fondamentale per considerarlo
probiotico ovvero avere una microflora molto ampia). Lactococcus, Lactobacillus e Leuconostoc sono
fondamentali sia perché nel loro metabolismo di fermentazione del lattosio danno acido lattico, ma
permettono di produrre esopolisaccaridi che danno cremosità, il complesso di esopolisaccaridi dal punto di
vista della salute umana da un’attività probiotica elevata.
PREPARAZIONE
• latte fresco (di pecora, capra o mucca) e i fermenti o granuli di kefir (il cosiddetto kefiran, formato da
polisaccaridi, proteine e lipidi). Tradizionalmente si metteva in otri di pelle e, in relazione a quanto ne
veniva prelevato lo si rimpiazzava con latte fresco per cui la fermentazione avveniva continuamente.
• lasciare il tutto a temperatura ambiente per 24 o 48 ore a fermentare (nel caso si lasci fermentare oltre
le 72 ore diventa troppo acido e prende un gusto agro). Successivamente il latte fermentato viene filtrato
per separare la parte liquida dai granuli di kefir.
• Ai granuli di kefir si aggiunge altro latte il procedimento può essere ripetuto
RIUTILIZZO GRANULI
• Man mano che i granuli vengono utilizzati per la produzione di Kefir crescono di volume. Per evitare che i
granuli siano troppo abbondanti occorre periodicamente rimuoverne una parte (oppure aumentare il
quantitativo di latte da fermentare).
• A parte lo scopo di evitare che i granuli siano troppi rispetto al latte, la rimozione di parte dei granuli ha
lo scopo di mantenere costante il sapore del kefir così ottenuto. I granuli in eccesso possono essere
mangiati, conservati disidratandoli o congelandoli (tradizione regalarli)
DURANTE LA FERMENTAZIONE DEL LATTE LA SEQUENZA CHE CARATTERIZZA LO SVILUPPO BATTERICO E’:
LATTOCOCCHI → LATTOBACILLI → LEUCONOSTOC (grandi produttori di esopolisaccaridi) → LIEVITI →
ACETOBATTERI
YOGURT
Origini • Molto antiche, antichi popoli orientali, pastori nomadi, conservavano il latte di vacca, pecora,
capra, cavalla e cammella in otri ricavati dalla pelle o dagli stomachi degli stessi animali.
• Le continue migrazioni di popolazioni dalle steppe dell'Europa orientale hanno portato alla diffusione
dello Yogurt nel bacino del Mediterraneo.
• In seguito le spedizioni belliche di Fenici, Egizi, Greci e Romani ne hanno completato l'opera di diffusione
in Occidente.
• L'etimologia del suo nome più recente deriva sicuramente dal turco yogur (impastare o miscelare con un
utensile).
• Il prodotto, come lo conosciamo oggi noi occidentali, ha origini armeno-caucasiche.
• La specie microbica più diffusa nell'Europa centrale è però quella di origine bulgara… (Lactobacillus
delbrueckii subsp. bulgaricus)
• Solo all'inizio del secolo si comincia a studiare lo Yogurt con un approccio scientifico
• soprattutto grazie agli studi rivolti alla flora batterica e ai disturbi intestinali del biologo russo Prof. Ilya
Ilyich Metchnikov o Elias Mechnikov o Elie Metchnikoff, ricercatore dell'Istituto Pasteur di Parigi (The Nobel
Prize in Physiology or Medicine 1908 )
YOGURT
Principale latte fermentato acido prodotto con batteri lattici termofili.
Colture microbiche costituite dall’associazione di L. bulgaricus e S. thermophilus.
Batteri lattici devono mantenersi vivi e vitali per tutto il periodo di conservazione ed in numero minimo di
10alla 7 UFC/ml.
Generalmente shelf-life di 30-40 gg e deve essere mantenuto a +4°C
Tipologie più diffuse: - Coagulo intero - Coagulo rotto - Da bere
Gli ingredienti alimentari aggiunti devono essere adeguatamente preparati, pastorizzati, dosati ed
opportunamente controllati prima di essere miscelati allo yogurt
1. COAGULO INTERO (compatto): Aggiunta di aromi prima
della fermentazione, si procede poi direttamente al
confezionamento. Fermentazione all’interno dei vasetti (3h
a 42°C)
2. COAGULO ROTTO (omogeneo): Fermentazione avviene
nel fermentatore ed il prodotto viene confezionato dopo il
raffreddamento e la rottura del coagulo. Segue il
confezionamento e la maturazione 48h a 4°C
3.YOGURT DA BERE: ottenuto da yogurt a coagulo rotto
generalmente a ridotto tenore in grasso. Iniziale
raffreddamento a 18-20°C, aggiunta di zucchero, succo di
frutta, aromi. Miscela omogeneizzata e raffreddata a 4°C.
Quantità di batteri aggiunta inferiore alle altre due
tipologie di yogurt.
ATTIVITÀ METABOLICHE DEI BATTERI SPECIFICI DELLO YOGURT
Catabolismo del lattosio: trasportato all’interno della cellula mediante specifiche permeasi e scisso in
glucosio e galattosio dalla β-galattosidasi. Glucosio trasformato in acido lattico e galattosio rilasciato nel
mezzo.
Acidificazione determina destabilizzazione del complesso calcio-fosfato-caseinato con formazione del
coagulo e liberazione di calcio-fosfato colloidale a pH 4.6.
La diminuzione del pH influenza anche lo stato di sospensione del calcio con liberazione dello ione calcio
dal calcio-fosfato colloidale e passaggio alla forma solubile.
Produzione di polisaccaridi: S. thermophilus sintetizza in particolare eteropolisaccaridi costituiti
prevalentemente da galattosio, glucosio e ramnosio. In alcuni casi anche polimeri contenenti
Nacetilgalattosamina fucosio e galattosio acetilato. L. bulgaricus sintetizza eteropolisaccaridi composti da
galattosio, glucosio, ramnosio e Nacetilglucosamina nel rapporto 3:1:1:1.
NELL’UOMO ATTIVITÀ PREBIOTICA: • Adesione al tratto intestinale • Facilitazione alla colonizzazione di
batteri probiotici • Riduzione dell’intolleranza al lattosio • Miglioramento della risposta immunitaria •
Azione antiulcera ed antitumorale • Potenziale diminuzione del colesterolo
ATTIVITÀ PROTEOLITICA: interessa sia la nutrizione azotata dei microrganismi stessi sia le proprietà
nutrizionali dello yogurt. Attività proteolitica è ridotta ma con accumulo di aminoacidi e peptidi liberi in
quanto l’attività del sistema proteolitico è superiore ai bisogni plastici cellulari e continua con l’autolisi
delle cellule. Valina, istidina, isoleucina, ed in minor quantità alanina, prolina, lisina, acido glutammico,
metionina, arginina.
PRODUZIONE DI COMPOSTI ORGANOLETTICAMENTE ATTIVI: acetaldeide prodotta da catabolismo degli
aminoacidi, degli acidi nucleici e del lattosio. Acetoino Diacetile
YOGURT ADDIZIONATI DI BATTERI PROBIOTICI
Yogurt a coagulo omogeneo con microrganismi probiotici appartenenti ai generi Lactobacillus e
Bifidobacterium.
Trend attuale: esplorare gli effetti sinergici e combinare probiotici con Prebiotici.
Bifidobatteri: problema di crescita e sopravvivenza in quanto sono -anaerobi stretti -normalmente presenti
nell’ambiente intestinale -non particolarmente adatti alla crescita in latte
Solo pochi ceppi sono in grado di sopravvivere in yogurt a: -pH 4 -temperatura di 5-7°C
TECNOLOGIA DELLO YOGURT (CONCETTI BASE)
• Latte pastorizzato + innesto
• Fermentazione in vasetto (coagulo intero) o in fermentatore (coagulo rotto)
• Produzione di biomassa e metaboliti primari (acido lattico)
• Fermentazione: batteri lattici termofili omofermentanti in rapporto simbiotico (St+Lb)
• Confezionamento asettico
• Differenti tipologie per: – Struttura (Tecnologia coagulo intero o rotto) – % di grasso – Grado di acidità –
Aggiunta aromi o frutta
ACIDIFICAZIONE DEL LATTE
• l’acidificazione del latte è il fattore più importante per la corretta riuscita del prodotto. In questo caso,
poiché le specie di batteri lattici coinvolte (Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e Streptococcus
thermophilus) sono termofile, il processo di fermentazione è condotto a temperature di 37-42 °C.
• Il processo di fermentazione a queste temperature comporta costi non trascurabili (riscaldamento di
centinaia di litri di latte) e di conseguenza la velocità di acidificazione è un importante parametro
tecnologico per la selezione dei ceppi batterici.
• tutti quei fattori che influenzano la velocità di acidificazione in latte sono estremamente importanti ai fini
tecnologici. Tra di essi i più importanti sono – la capacità di fermentare il lattosio – l’attività ureasica –
l’attività proteasica
UREA NEL LATTE
• L’urea è il principale composto azotato non proteico presente nel latte: l’urea è in equilibrio con l’urea
ematica e la sua concentrazione si aggira normalmente intorno ai 25-30 mg/100 ml di latte (0,2-0,3 g/l).
• Valori anomali di urea del latte sono generalmente conseguenza di errori di razionamento.
– In particolare un elevato contenuto di urea nel latte (superiore a 35 mg/dl) è indice di ridotta captazione
dell’azoto ammoniacale da parte della microflora ruminale a causa di eccesso di proteine degradabili e/o
carenza di energia fermentescibile nella razione. Concentrazioni elevate di urea nel latte hanno un effetto
negativo sulle caratteristiche di caseificabilità del latte e si accompagnano generalmente a patologie
tipiche dell’iperammoniemia (alcalosi metabolica, riduzione della fertilità, zoppie, etc.).
– Per contro bassi livelli di urea nel latte (inferiori a 20 mg/100ml) sono generalmente il risultato di
insufficiente apporto proteico della dieta.
ATTIVITÀ UREASICA
• Ureasi batteriche (urea amide-idrolasi; E.C. 3.5.1.5.) Famiglia di metallo-enzimi che catalizzano l’idrolisi
dell’urea con produzione di 2 molecole di ammoniaca e ad una di acido carbonico.
L’ureasi è un metallo- enzima che contiene Nichel nel sito attivo.
RUOLO FISIOLOGICO delle ureasi batteriche è duplice la degradazione dell’urea ha un ruolo “nutrizionale”
poiché libera ioni ammonio che rappresentano una fonte di azoto assimilabile ma anche un sistema
efficace per il controllo del pH dell’ambiente (ecosistema) in cui vive il microrganismo.
S.THERMOPHILUS E UREASI
• In S. thermophilus la velocità del processo di acidificazione può essere modulata da diverse attività
metaboliche che riguardano il metabolismo del lattosio, il sistema proteolitico e l’attività ureasica.
• Spesso è proprio quest’ultima attività metabolica ad interferire in modo preponderante sul processo di
acidificazione a causa della liberazione di ammoniaca dovuta all’azione idrolitica sulla molecola di urea
(presente nel latte in concentrazioni variabili tra 0.2 e 0.4 g/l). In questo caso, il rallentamento della
diminuzione di pH sarà più o meno intenso a seconda del contenuto di urea del latte
LEZIONE 12: IL FORMAGGIO
LA STORIA
• I formaggi, sono da sempre componenti essenziali della dieta quotidiana di una grande parte della
popolazione mondiale.
• Le prime documentazioni storiche di utilizzo di prodotti fermentati a base di latte, e perciò anche i
formaggi, sono probabilmente riconducibili a quanto rinvenuto in testi antichi recuperati in Iraq e databili a
circa al 3200 a.C.
• Sembra che l’arte della caseificazione, originata in Asia Minore, sia giunta in Europa e abbia trovato il suo
primo sviluppo attraverso gli antichi Romani che la diffusero nell’Impero fino a giungere al nord Europa.
• Come per molti altri alimenti fermentati fu, in seguito, nei monasteri del Medio Evo che la caseificazione
migliorò e si diversificò.
ASPETTI BIOCHIMICI CHE HANNO FAVORITO LA PRODUZIONE DEL FORMAGGIO
• il primo è legato alla possibilità di ottenere dallo stesso latte, tramite destabilizzazione e trasformazione
delle sue componenti principali, prodotti anche molto differenti per struttura e sapore
• il secondo è conseguente alla possibilità di preservare più a lungo le qualità nutrizionali intrinseche al
latte stesso sottraendolo a processi degradativi conseguenti allo sviluppo di microrganismi alterativi
IL FORMAGGIO
il formaggio è il prodotto ottenuto dal latte intero o scremato in seguito a coagulazione acida (utilizzo di
fermenti lattici, la variazione di pH) o presamica (utilizzo di caglio), con aggiunta di sale da cucina e di
fermenti lattici.
Latte + caglio (miscela di proteasi, ha origine animale o vegetale, destabilizza la miscela caseina, rompendo
il legame della K caseina, determina la rottura della cagliata e la cagliata stessa. Così si perde la parte
idrofila) + fermentazione
CLASSIFICAZIONE
• Le classificazioni più ricorrenti si basano su:
– temperatura di processo (formaggi a pasta cruda, semicotta o cotta),
– durata della maturazione (formaggi freschi, a media o lunga stagionatura)
– caratteristiche reologiche (formaggi molli, semiduri, duri)
– il contenuto di grasso (magri, semigrassi, grassi)
– il tipo di coagulazione (acida o presamica),
– la tipologia di latte (di vacca, di pecora, di bufala, di capra)
– l’origine di produzione (il Parmigiano Reggiano, il Montasio, il Gloucester, il Roquefort, il Bra etc…)
CLASSIFICAZIONE MICROBIOLOGICA
1. Formaggi a latte crudo senza innesto
2. Formaggi a latte crudo + innesto naturale
3. Formaggi a latte crudo + innesto selezionato
4. Formaggi a latte pastorizzato + innesto naturale
5. Formaggi a latte pastorizzato + innesto selezionato
1 - I FORMAGGI A LATTE CRUDO SENZA INNESTO (es- Pannerone tipico della bassa Lombardia)
• sono produzioni marginali dal punto di vista quantitativo, anche se a volte importanti nell’ambito
dell’economia agrozootecnica della zona di produzione.
• La tecnologia utilizzata per la loro produzione, riproduce processi di caseificazione antichi basati
esclusivamente sulla selezione indotta dai parametri di trasformazione sulla flora lattica del latte crudo. Si
tratta in generale di alcuni formaggi cotti stagionati in monte, alcune paste filate fresche o stagionate,
oppure particolari tipologie di formaggi di pecora e capra.
• I formaggi appartenenti a questa categoria possono presentare qualità organolettica eccelsa ma anche
grande variabilità e presenza di difetti di origine microbiologica e tecnologica. La qualità igienico sanitaria
di questa nicchia di prodotti è garantita dalla lunga stagionatura la cui assenza, o riduzione, può
comportare gravi rischi per i consumatori.
• non esiste purtroppo una ricetta che garantisca a priori la sicurezza di questi prodotti, se non la
consapevolezza che la comprensione del rapporto che esiste tra ogni fase della trasformazione del latte, la
qualità e la sicurezza può aiutare a ridurre il rischio associato al consumo di questi formaggi.
2 - I FORMAGGI A LATTE CRUDO E CON INNESTO NATURALE (es- parmigiano)
• sono formaggi molto tradizionali tra i quali alcuni Italiani sono molto importanti, sia per l’economia del
comparto caseario nazionale che per il loro pregio riconosciuto.
• Appartengono a questa categoria il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano e la Mozzarella di Bufala
Campana.
• Si tratta in genere di prodotti tipici per i quali la differenza della popolazione microbica caratteristica è da
ricondurre ad una complessa sommatoria di elementi di carattere ambientale e tecnologico.
• Per questa categoria di formaggi, riveste un ruolo dominante la microflora dell’innesto ma, soprattutto
per quelli che prevedono una lunga stagionatura, può diventare rilevante lo sviluppo di parte della
microflora lattica originaria del latte crudo.
3 - I FORMAGGI A LATTE CRUDO CON INNESTO SELEZIONATO
• sono generalmente formaggi prodotti in strutture aziendali piccole non ancora in grado di affrontare in
proprio il problema della produzione e del controllo dell’innesto naturale.
• La microflora dell’innesto selezionato indirizza la fermentazione promuovendo l’inibizione di
microrganismi indesiderati, in seguito nel corso della stagionatura è la microflora endogena del latte crudo
che generalmente prende il sopravvento.
• In questi casi la popolazione microbica del prodotto risulta caratterizzata da un’elevata varietà di specie e
biotipi correlabili alla qualità del latte crudo ed all’ecosistema caratteristico degli ambienti di produzione
4 - I FORMAGGI A LATTE PASTORIZZATO O TERMIZZATO CON INNESTI NATURALI
• sono caratterizzati da una popolazione microbica dominante dovuta all’aggiunta di innesto naturale che
può rappresentare un notevole serbatoio di biodiversità.
• Di norma questi formaggi sono prodotti non solo in strutture industriali piccole o artigianali ma, in alcuni
casi, anche in caseifici di notevole importanza industriale che attraverso l’utilizzo dell’innesto naturale si
pongono lo scopo di ottenere prodotti riconoscibili e quindi una sorta di marchio di qualità aziendale
5 - I FORMAGGI A LATTE PASTORIZZATO E CON INNESTO SELEZIONATO
• Nei formaggi a latte pastorizzato e con innesto selezionato la diversità microbiologica trova ragione nel
differente tipo di innesto selezionato utilizzato e nella selezione imputabile ai parametri di processo
diversi. • La microflora endogena del latte crudo fortemente ridotta dai trattamenti di pastorizzazione. Si
tratta quindi di prodotti molto standardizzati che presentano in genere una limitata biodiversità microbica.
• Le differenze di popolazione microbica riscontrabili in prodotti similari di differenti aziende può
comunque risultare molto importante e legata alla specificità dei singoli processi aziendali.
I microrganismi di interesse lattiero casearie: I batteri lattici, batteri propionici, brevibacterium
BATTERI PROPIONICI
• Le specie di maggiore interesse caseario sono Propionibacterium freudenreichii, con le due subspecie
freudenreichii e shermanii, P. acidipropionici e P. jensenii.
• Vengono inclusi negli starter per la produzione di formaggi di tipo svizzero in quanto responsabili della
formazione dell’occhiatura e delle caratteristiche strutturali e organolettiche apprezzate di questi tipi di
formaggi.
• I batteri propionici crescono bene in ambienti anaerobici come la pasta del formaggio e hanno come
caratteristica la capacità di formare per via fermentativa acido propionico, acido acetico ed anidride
carbonica. Sono in grado di utilizzare sia gli zuccheri che l’acido lattico prodotto dai batteri lattici.
• I rendimenti teorici, la quantità ed i rapporti qualitativi tra i metaboliti finali variano in funzione del ceppo
e delle condizioni chimico-fisiche ambientali con particolare attenzione all’acidità dell’ambiente non deve
essere troppo elevata visto la non elevata resistenza di questo genere agli stress acidi.
BREVIBACTERIUM
• Brevibacterium linens, appartenente al gruppo dei corinebatteri, è il batterio tipico della superficie di
alcuni formaggi detti a "crosta lavata", come Munster, St. Paulin e Limburger.
• Lo sviluppo B. linens favorisce la comparsa della caratteristica colorazione della crosta di tali formaggi. Si
tratta infatti di microrganismi che producono pigmentazioni di colore variabile, secondo il ceppo utilizzato,
dal giallo all’arancione intenso.
• B. linens instaura delle relazioni metaboliche molto complesse con gli altri microrganismi naturalmente
presenti sulla crosta che, oltre a definire la colorazione superficiale, possono contribuire in modo
determinante alla maturazione del formaggio producendo differenti molecole ad impatto aromatico e
modificando la struttura della zona sottostante la crosta
LIEVITI
• Differenti specie sono solitamente rinvenute come microflora residuale nei formaggi a lunga
stagionatura. Il loro ruolo nei processi biochimici associati alla maturazione dei prodotti rimane ancora da
approfondire, anche se la presenza nella cellula di differenti attività enzimatiche, spesso complementari a
quelle evidenziate in alcuni batteri lattici, ne lascia supporre un ruolo nella degradazione della frazione
proteica.
• I lieviti sono comunque microflora contaminante e quando presenti in numero elevato, in particolare in
relazione alla loro capacità di produrre CO2, possono essere responsabili di difetti di gonfiore precoce.
• Vengono impiegati come starter secondari nella produzione di formaggio Gorgonzola. La CO2 prodotta,
in questo caso, vista la particolare struttura lassa della cagliata, non viene trattenuta ma induce piuttosto
“l’apertura della pasta”, cioè una rete di vie preferenziali per la penetrazione di ossigeno che facilita lo
sviluppo del micelio fungino aerobio
MUFFE • Nelle produzioni di formaggi a crosta fiorita ed erborinati sono addizionate al latte, in
combinazione con gli starter primari, preparati a base di spore di muffe. • Nel corso della stagionatura lo
sviluppo del micelio, che può limitarsi alla superficie del formaggio o diffondere nella pasta, è
accompagnato da un’intensa produzione di enzimi, sia proteolitici che lipolitici, che contribuiscono in modo
determinante alla stagionatura del prodotto
• NEI FORMAGGI A CROSTA FIORITA, come il Camembert o il Brie, la contaminazione delle croste e degli
ambienti di stagionatura con spore di Penicillium camemberti e di Geothricum candidum permette la
formazione del caratteristico feltro bianco superficiale.
• LO SVILUPPO FUNGINO è accompagnato da un’importante attività biochimica della zona del sottocrosta,
che si traduce nella tipica cremosità di questa parte del formaggio
Il metodo di produzione del Brie è molto simile a quello del Camembert, anche se la stagionatura risulta
essere più lunga. Il tempo totale di produzione è pari a 8 settimane, il doppio rispetto al Camembert
NEI FORMAGGI ERBORINATI come Gorgonzola, Danablue, Roquefort e Stilton vengono aggiunte al latte
spore di Penicillium roqueforti.
• In questo caso, nel corso della stagionatura, si assiste allo sviluppo di venature di micelio fungino di
colore blu-verde che caratterizzano la pasta del formaggio.
• Anche se P. roqueforti è in grado di crescere in presenza di bassi livelli di ossigeno, lo sviluppo del micelio
nella pasta del formaggio è comunque condizionato dalla disponibilità di O2 e l’aerobiosi può essere
favorita da processi di foratura meccanica con aghi del formaggio nel corso della stagionatura.
MICRORGANISMI E CASEIFICAZIONE
1. Arrivo del latte al caseificio
2. Lavorazione in caldaia • Aggiunta starter • aggiunta eventuali additivi • Aggiunta caglio • Rottura •
Eventuale cottura
3. Operazioni fuori caldaia • Formatura • Stufatura • Salatura • Eventuale stagionatura
1- L’ARRIVO DEL LATTE AL CASEIFICIO
• All’origine (quando è nella mammella) è sterile
• Il latte crudo conferito al caseificio è caratterizzato da una microflora che dipende da – l’ambiente di
produzione
• gli animali veicolano i microrganismi dell’ambiente della stalla e/o del pascolo – le modalità di mungitura
e raccolta – considerata un’impronta dell’ambiente di produzione
• La microflora del latte crudo può modificare in seguito ai trattamenti ai quali il latte può essere
sottoposto
TRATTAMENTI DEL LATTE AL CASEIFICIO
• La refrigerazione del latte alla stalla: per mantenere la qualità microbiologica del latte (impedire o
ritardare la crescita microbica della microflora dannosa o alterativa). La refrigerazione induce lo sviluppo di
batteri psicrofili (es: Pseudomonadaceae) e inibisce la moltiplicazione della microflora lattica mesofila del
latte
• La termizzazione
• La pastorizzazione: • trattamento termico di almeno di 71,7°C per 15 secondi o qualsiasi altra
combinazione equivalente. • La funzione primaria del trattamento di pastorizzazione è quella di eliminare
la microflora patogena non sporigena. particolarmente importante per alcuni microrganismi patogeni, fra i
quali Mycobacterium paratubercolosis è sicuramente il più pericoloso perché in grado di trasmettere il
morbo di Chron all’uomo
• La scrematura: separazione del grasso che viene applicato per definire una desiderata concentrazione di
grasso nel latte da trasformare. – per affioramento comporta sia la riduzione dei batteri sporigeni che
vengono trascinati nella crema dai globuli di grasso, che il parziale incremento della microflora mesofila
presente nel latte crudo. – per azione centrifuga non influisce in modo rilevante sulla microbiologia del
latte scremato
• La prematurazione
2 - LAVORAZIONE IN CALDAIA
2a) Aggiunta starter:
• Come dice il termine, l’innesto, o starter, è un elemento che ha il compito di avviare, attivare, innescare
una reazione: la reazione di acidificazione.
• Aggiungere un innesto in caldaia comporta un aumento della microflora lattica vitale nel latte e l’indirizzo
dei successivi processi fermentativi in relazione alla tecnologia impiegata ed al tipo di formaggio da
produrre.
• La caseificazione senza innesto e a latte crudo è ormai limitata a poche caseificazioni artigianali.
• Senza l’aggiunta di uno starter, l’acidificazione è dovuta unicamente alla popolazione microbica
naturalmente presente nel latte la cui variabilità in composizione, quantitativa e qualitativa, si manifesta
con una differente velocità di fermentazione che condiziona la qualità microbiologica ed organolettica del
formaggio
2b) Aggiunta caglio
2c) Rottura
2d) Eventuale cottura
2e) Estrazione
L’INNESTO CONDIZIONA
• l’acidificazione del latte in caldaia per favorire la coagulazione presamica;
• l’apporto di abbondante microflora lattica destinata a condizionare la microflora presente nel latte, e nel
formaggio
• l’acidificazione della cagliata, la sua capacità di spurgo e la regolazione degli andamenti fermentativi,
soprattutto nelle prime ore dalla produzione delle forme di grana;
• la riduzione della comparsa di difetti causati da fermentazioni anomale o incomplete;
• le caratteristiche organolettiche (aroma e sapore) del formaggio stagionato.
TIPOLOGIE DI INNESTO IN CASEIFICIO
– Naturali - sviluppati artigianalmente e prodotti tutti i giorni in caseificio
– Selezionati – sviluppati in relazione a desiderate note caratteristiche metaboliche - prodotti da
un’industria specializzata
– Il concetto di “naturalità” dell’innesto è quindi legato a quello di “artigianalità” della sua produzione, e
non implica ovviamente un giudizio opposto di non naturale nei riguardi della microflora degli innesti
selezionati, microflora normalmente isolata e selezionata per lo più da innesti naturali
INNESTI NATURALI
• caposaldo della tecnologia casearia italiana, in particolare delle produzioni tipiche e/o a carattere
artigianale
• Tradizionalmente i formaggi erano prodotti con l’impiego di tecnologie artigianali che favorivano una
selezione naturale della microflora lattica presente nel latte crudo.
• La necessità di abbreviare i tempi di processo, di ridurre l’incidenza dei difetti di origine microbiologica e
di standardizzare la qualità dei prodotti ha favorito l’impiego, in un primo tempo empirico e quindi
razionale, degli innesti naturali
• La microflora presente negli innesti naturali si sviluppa per selezione da quella del latte crudo, in
relazione sia ai trattamenti termici che al tipo di substrato utilizzato per la preparazione
PREPARAZIONE DEL SIEROINNESTO NATURALE
1. Il siero "cotto", dopo 10-15 min di giacenza della cagliata sul fondo della caldaia, è estratto dalla caldaia
e messo in serbatoi in acciaio,
2. La temperatura del siero all'estrazione è quindi la medesima di quella utilizzata per la cottura della
cagliata
3. Il siero viene quindi lasciato a se stesso e la temperatura decresce spontaneamente per effetto della
dispersione del calore
4. La cinetica di raffreddamento influenza numero e specie dei batteri lattici che costituiranno il
sieroinnesto, ovvero la sua biodiversità..
PREPARAZIONE DEL LATTOINNESTO NATURALE
1. Latte fresco di buona qualità microbiologica è pastorizzato a 65°C per 15-20 min
2. Prontamente raffreddato alla temperatura di incubazione (generalmente 40 - 45°C) L'azione del calore
seleziona una flora lattica termofila, di solito ascrivibile a Streptococcus thermophilus, che sviluppandosi
determina la coagulazione acida del latte.
3. Subito dopo la coagulazione, l’innesto viene quindi raffreddato per bloccarne la acidificazione eccessiva.
STARTER NATURALI
Principali inconvenienti: variabilità performance variabilità nelle caratteristiche fenotipiche fluttuazione
performance tecnologiche
Principali vantaggi: facilità di preparazione composizione complessa-elasticità tecnologica bassi costi
resistenza fago
STARTER NATURALI
• Sieroinnesti termofili (55-35°C)
• Sieroinnesti “mesofili” (38-25°C)
• Lattoinnesti termofili (40-45°C)
• Lattoinnesti mesofili (20-30°C)
• Scottainnesto (70-25°C)
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