ANNO LIII 2013 BOLLETTINO DEL CENTRO ROSSINIANO DI STUDI A CURA DELLA FONDAZIONE ROSSINI PESARO SOMMARIO In ricordo di Giorgio De Sabbata pag. 5 Will Crutchfield G. B. Velluti e lo sviluppo della melodia romantica pag. 9 Alice Tavilla «Trovare nuove forme» al tempo di Rossini. Per un’analisi della prima produzione di Giovanni Pacini pag. 85 Reto Müller Bibliografia rossiniana 1991-1995 pag. 109 Maurizio Modugno Discografia rossiniana Parte seconda. Le opere da Tancredi a Elisabetta, regina d’Inghilterra pag. 181 Will Crutchfield G. B. Velluti e lo sviluppo della melodia romantica INTRODUZIONE La Storia non è stata gentile con Giovanni Battista Velluti, peraltro già abituato in vita a sopportare atti di scortesia. Viene ricordato principalmente sia per il fatto che fu l’ultimo castrato sulla scena operistica, sia per due aneddoti poco lusinghieri, entrambi affibbiatigli nel corso della carriera da critici a lui ostili e da allora tramandatisi innumerevoli volte fino ai nostri giorni. Nel primo si narra che l’inclinazione di Velluti per l’improvvisazione virtuosistica abbia impedito a Rossini di riconoscere la propria musica, tanto da destare nel giovane maestro la volontà di definire per iscritto tutte le fioriture nelle opere a venire. Nell’altro frangente Velluti è dipinto come bizzoso, avido, scortese e ridicolo per aver negato alle coriste del King’s Theatre di Londra la dovuta ricompensa per le loro fatiche. Si dà il caso che entrambi gli incidenti siano legati ad allestimenti di Aureliano in Palmira, e la preparazione dell’edizione critica di questo titolo fornisce motivi per una loro diversa valutazione; in tutti e due i casi ci sono nuove testimonianze da esaminare. Molto più significativo è però poter ricostruire il ruolo avuto da Velluti – riconosciuto da alcuni suoi contemporanei ma trascurato completamente dagli storici – nello sviluppo dei tratti caratteristici dell’ornamentazione melodica del XIX secolo, e tramite questi, della stessa melodia romantica. Un’ampia documentazione testimonia quel ruolo e sancisce anzi la riabilitazione di un fondamentale artefice di una delle più importanti innovazioni nella musica ottocentesca. La carriera del cantante è tutto sommato ben documentata, tanto che non sarà necessario dilungarsi troppo per tracciare una cronologia a supporto della trattazione 1. Velluti nacque il 27 gennaio 1780 a Mon1 La sintesi più affidabile è quella riportata in PAOLO DA COL, Catalogo dei fondi musicali Antonio Miari e Giovanni Battista Velluti della Biblioteca Civica di Belluno, Venezia, Fondazione Levi, 2008, pp. XIX-XXIV. Una grande quantità di dettagliate informazioni è contenuta in ERMANNO ILLUMINATI, Giovan Battista Velluti, cantante lirico, Corridonia, Comune di Corridonia, 1980, per quanto 9 CRUTCHFIELD tolmo (l’attuale Corridonia) e morì poco prima del suo ottantunesimo compleanno nella sua villa di Sambruson, nei pressi di Dolo 2. Sono scarse le testimonianze circa i suoi anni di formazione; tuttavia si pensa che Velluti per un breve periodo sia stato allievo di padre Mattei a Bologna e, in seguito, di un tale abate Calpi a Ravenna. Debuttò a Forlì nel 1799 o 1800, e nel corso dei successivi due decenni tutti i principali teatri italiani lo annoverano nelle stagioni operistiche come primo uomo. Stipulò importanti contratti per i teatri di Roma (1803-1805, 1807), Milano (1808-1810; 1813-1814), Firenze (1823-1824, con altre apparizioni fra il debutto del 1800 e un’ultima recita nel 1833), Venezia (in particolar modo dal 1821 al 1824) e Napoli, città in cui dal 1803 al 1808 si esibì al San Carlo in diciotto opere, sia di repertorio che inedite. Negli anni Dieci, fino ai primi Venti dell’Ottocento, ampliò il proprio raggio d’azione fino a Vienna, Monaco di Baviera e San Pietroburgo. Nel corso del primo quarto di secolo il cantante marchigiano lavorò a fianco di tutti i più acclamati compositori d’opera italiana e, verso il 1815 fino al termine della propria parabola artistica, si cimentò esclusivamente in lavori scritti espressamente per lui. A giudicare dalla fitta corrispondenza fra Giacomo Meyerbeer e il librettista Gaetano Rossi, il cantante rivestì all’interno del processo compositivo un ruolo di prim’ordine 3. Velluti visse gli ultimi anni della sua carriera a Londra (dal 1825 al 1829); in seguito si esibì raramente in Italia, prima di ritirarsi (1833) e dedicarsi alla sua azienda agricola. Il soggiorno britannico non fu certo l’esperienza più significativa del suo percorso artistico (non aggiunse nuovi ruoli al proprio repertorio; fu spesso angustiato da problemi di salute e da una voce che sembrava precocemente invecchiata), ma risulta di gran lunga il periodo meglio documentato della sua carriera, per due ragioni che restano di fondamentale importanza. La critica giornalistica – come all’epoca in nessun altro paese – produsse recensioni lunghe e musicalmente dettagliate, mentre il fiorente mercato dell’editoria musicale inglese sollecitò il cantante a scrivere e pubblicare le improvvisazioni per le quali era stato a lungo osannato. 10 la veridicità dei fatti sia compromessa da aneddoti non sempre attendibili e da refusi di varia natura. In particolare la cronologia delle esibizioni del cantante include un numero di opere che – qualora fossero state eseguite durante gli anni in cui Velluti fu sotto contratto nei teatri interessati – non videro la presenza del castrato. L’articolo di CORNELIO PAROLARI, Giambattista Velluti, in «Rivista musicale italiana», 39 (1932), è costituito quasi interamente da aneddoti per lo più umoristici e mai documentati, sebbene conservi comunque un certo valore: vari cenni nel testo suggeriscono che Parolari rimase in contatto con i discendenti della famiglia del cantante, trasferendo nella sua narrazione i loro racconti. 2 I nomi indicati nella registrazione battesimale di Velluti sono “Johannes, Baptista, Alexander, Secundus” (cfr. ILLUMINATI cit., p. 1), e tutte le forme familiari italiane di “Johannes Baptista” sono state stampate varie volte nel corso della carriera del castrato. Negli esempi che ho avuto modo di vedere si firmava semplicemente “Velluti” o, in alternativa, “G. B. Velluti”. 3 Meyerbeer: Briefwechsel und Tagebücher, herausgegeben von HEINZ BECKER, I, Berlin, de Gruyter, 1960. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA I. RICEZIONE TIPOLOGICA E INDIVIDUALE Velluti apparve agli occhi di alcuni suoi contemporanei come un nostalgico depositario dell’opera seria settecentesca, e da allora è stato sempre considerato tale. Sulla scena interpretò esclusivamente lo stereotipato ruolo del musico: l’eroe militare, l’amante virtuoso o il coniuge fedele della prima donna, il valoroso protagonista senza macchia temprato attraverso prove e sventure. Questa caratteristica – unita al fatto che la crociata contro la pratica della castrazione era ancora argomento di recente memoria – scatenò vibranti reazioni che, soprattutto in alcuni critici non italiani, annullarono quasi completamente qualsiasi tendenza a prendere in esame le particolari qualità dell’artista. Si aveva a disposizione un’ampia letteratura contro il fenomeno dei castrati e contro il genere operistico al cui interno prosperò tale pratica, ed essa potrebbe essere stata utilizzata nel primo ventennio del XIX secolo per colpire l’anacronistico esponente di quel ruolo. Note sono le principali argomentazioni: da un lato il divo castrato avrebbe imposto un irritante droit du seigneur sulla concezione dell’opera, tenendo sotto scacco sia il poeta che il compositore, grazie alle sue narcisistiche pretese di egemonia sullo spettacolo; dall’altro, la sua tecnica vocale ipersviluppata – frutto di uno studio più rigoroso rispetto a quello seguito dai cantanti normali – avrebbe trovato massima espressione in un autoreferenziale virtuosismo ornamentativo, tale da offuscare le idee del compositore. Tali motivazioni, corroborate da obiezioni etiche alla pratica dell’evirazione, fecero sì che la presenza del castrato nell’opera fosse percepita come un affronto alla natura. Così si espresse il «New Monthly Magazine» nel 1826, recensendo Velluti impegnato nel Crociato in Egitto di Meyerbeer: To hear the gallant Knight of the Cross, or the valiant Tancredi, proclaim their heroic deeds in treble pipes, or even express manly sentiments of love and attachment in the acute sounds of the additional keys, is preposterous and ridiculous, whether such sounds proceed from eunuchs, or from females in male disguise. Let us have Nature; let us have all that Nature will afford for our enjoyment – mental or physical. What is beyond, is evil 4. [È assurdo e ridicolo ascoltare il prode Cavaliere della Croce o il valoroso Tancredi che declamano le loro gesta eroiche nei registri acuti, così come sentir esprimere manifestazioni virili d’amore e affetto attraverso i suoni argentini delle chiavi aggiuntive, sia che tali suoni provengano da eunuchi oppure da donne en travesti. Assecondiamo la Natura; godiamo di tutto ciò che la Natura offrirà per il nostro piacere, mentale o fisico che esso sia. Ciò che ne esula è il Male.] 4 Music. King’s Theatre (recensione anonima), in «New Monthly Magazine», [1° Feb.] 1826, p. 57. “The additional keys” era l’espressione convenzionale britannica utilizzata per definire le note acute grazie alle quali i produttori di pianoforti a quel tempo stavano ampliando l’estensione dello strumento. Queste note si collocano in un registro ben al di là dell’estensione della voce umana; il chiamarle in causa dà un tocco di colore alla descrizione. 11 CRUTCHFIELD Il giornalista stava combattendo ancora una volta una battaglia già vinta, ma atteggiamenti come il suo influenzarono in modo decisivo il dibattito su Velluti negli anni a venire. In verità, non c’è stato alcun importante dibattito su Velluti; egli è stato piuttosto adoperato – in senso per lo più caricaturale – come una sorta di modello di riferimento nel contesto di argomentazioni altrui 5. Sui due aneddoti già citati torneremo in seguito, mentre un terzo, tratto dalle memorie di Maria Malibran pubblicate nel 1838 dalla contessa Merlin 6, ce ne fornisce un esempio. L’episodio narra come la Malibran – all’epoca ancora una sedicenne o diciassettenne mademoiselle García – avesse cantato in una delle sue prime apparizioni londinesi un duetto dal Romeo e Giulietta di Zingarelli, scatenando gli entusiasmi del pubblico per la sua bravura nel riprodurre fedelmente dopo un solo ascolto le pirotecniche variazioni di Velluti, surclassando infine con la propria improvvisazione la cadenza finale eseguita dal castrato. La contessa impreziosisce il racconto con dettagli folcloristici: Velluti avrebbe evitato di cantare le variazioni durante le prove «dans la crainte que Maria ne s’avisât de les imiter» [temendo che Maria le volesse imitare], e, dopo averle svelate al pubblico durante il suo assolo, nel momento in cui la Malibran si apprestava a cominciare il proprio, il castrato avrebbe rivolto alla ragazza «un regard de triomphe et de pitié» [uno sguardo di trionfo e di compassione]. Mentre il pubblico applaudiva la giovane cantante [...] elle sentit...Quoi?...Une pince de fer qui lui torturait le bras au-dessus du coude...Immédiatement le mot briccona, prononcé par son compagnon à voix basse et avec l’accent de la colère vint l’avertir d’où partait le coup et lui apprendre de bonne heure qu’il n’y a pas de gloire sans amertume. [sentì… Che cosa ?... Una pinza di ferro che le torturava l’avambraccio…. Immediatamente la parola briccona, pronunciata a voce bassa e con tono astioso dal collega, venne ad avvisarla da dove fosse partito il colpo e a insegnarle sin da subito che non c’è gloria senza amarezza.] 12 Il siparietto risulta senz’altro curioso, ma da quel che possiamo verificare poco rispecchia il rapporto che Velluti intrattenne con la Malibran. Nel 1825 infatti concesse al soprano una delle sue prime importanti chance quando le fece interpretare al suo fianco il ruolo di Felicia nel Crociato: si narra che la Malibran sia stata «surrendered wholly to his 5 JAMES Q. DAVIES, Velluti in Speculum, in «Cambridge Opera Journal», 2005, rappresenta senza dubbio un essenziale contributo, fornendo un affascinante quanto arguto resoconto dell’accoglienza che venne riservata a Velluti dall’ambiente teatrale londinese. Tuttavia in questo saggio il focus rimane concentrato sul cantante italiano come rappresentante di una tipologia vocale – il castrato al crepuscolo della propria epoca – e la sua attività viene osservata esclusivamente attraverso quel prisma. 6 MARÍA DE LAS MERCEDES SANTA CRUZ Y MONTALVO MERLIN, Madame Malibran, I, Bruxelles, Société typographique belge, 1838, p. 42. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA tuition» 7 [completamente affidata alla sua tutela] per l’occasione, ricevendo da lui «a complete course of instructions» 8 [una serie completa di istruzioni]. I due eseguirono regolarmente duetti in concerto, sia nel 1825 che nel 1829 quando Mlle. García tornò a Londra nelle vesti della celebre Mme. Malibran. In almeno due occasioni Velluti si esibì nella scena della lezione del Barbiere di Siviglia, cantando «Mille sospiri e lagrime» da Aureliano in Palmira con la giovane diva 9. Il castrato sembra infatti sia rimasto in ottimi rapporti con tutto il clan García per molto tempo: Manuel jr lo cercò anni dopo il suo ritiro dalle scene per trascrivere la sua interpretazione della Romanza dal Tebaldo ed Isolina di Morlacchi 10, e – secondo una tradizione che sembra tramandata nella famiglia Velluti – conservò un ritratto del cantante sul leggio del pianoforte nel suo studio 11. La contessa Merlin non assistette allo spettacolo andato in scena a Londra; in ogni caso il racconto di quella serata non potrebbe che esserle stato riferito dalla Malibran stessa (chi altri potrebbe aver captato ciò che era stato pronunciato “à voix basse” durante l’applauso?). Ci si potrebbe chiedere se la versione riportata dalla contessa non abbia subito qualche stravolgimento: non sembra corrispondere alla realtà dei fatti l’ipotesi che Velluti vedesse in Maria una rivale da sbaragliare – e se le dava della “briccona”, Bellini a suo turno la chiamava “diavoletta” in segno di affettuosa ammirazione 12. Niente di tutto questo si accorderebbe però con la letteratura che si è via via stratificata intorno alla figura dell’ultimo castrato. Negli anni Venti del Novecento, periodo in cui Radiciotti scrisse la sua monumentale biografia di Rossini, sembrò del tutto naturale associare il nome di Velluti alla decadenza del canto. Lo studioso asserì che al tempo del giovane Rossini le opere erano 7 [RICHARD MACKENZIE BACON,] Il Crociato in Egitto, Opera seria, in due atti; composta da G. Meyerbeer, in «Quarterly Musical Magazine and Review (QMMR)», VII (1825), London, Baldwin, Cradock, and Joy, 1825. p. 309. 8 JOHN EBERS, Seven Years of the King’s Theatre, London, Ainsworth, 1828, p. 266. 9 King’s Theatre (recensione anonima), in «The Morning Post», [London], 11 luglio 1825: «in the scene where the Count [played by García Sr.] is disguised as a music master, he introduced Velluti as a pupil, and Rossini’s charming duet ‘Mille sospiri’, was admirably sung by him and Rosina. It was loudly encored; and, in the second performance, Velluti exceeded anything which we had previously heard from him. He descended the chromatic scale in one of his ornaments with a perfect distinctness and precision rarely to be equalled. Mademoiselle García also executed her part in the most finished manner.» [nella scena in cui il Conte (interpretato da García sr.) si traveste da maestro di musica, egli presentò Velluti come un allievo e l’affascinante duetto rossiniano «Mille sospiri» venne ottimamente interpretato da quest’ultimo assieme a Rosina. Fu bissato con entusiasmo e nel corso della seconda esecuzione, Velluti superò tutto ciò che avevamo già ascoltato da lui. In una delle sue fioriture eseguì una scala cromatica discendente con un nitore e una precisione che raramente capita di ascoltare. Anche Mademoiselle García interpretò in modo molto raffinato la sua parte]. Il manifesto pubblicitario per la successiva recita («The Morning Post», 19 luglio) precisò che Velluti sarebbe nuovamente apparso nella scena della lezione. 10 MANUEL GARCÍA JR., Traité complet de l’art du chant, deuxième partie, Paris, chez l’auteur 1847, pp.100-103. 11 PAROLARI cit. p. 298 12 Bellini a Florimo, lettera del 5 gennaio 1835, in Vincenzo Bellini: Epistolario, a cura di LUISA CAMBI, Verona, Mondadori, 1943, p. 497. 13 CRUTCHFIELD [...] deturpate dai più ricercati e grotteschi abbellimenti, e l’arte del canto finì per divenire un vero acrobatismo vocale col Velluti e con la Catalani 13. Trent’anni più tardi Andrea della Corte citava Velluti come l’equivalente antonomastico per definire [...] i castrati, ai quali la più decadente mentalità e sensibilità del Settecento aveva affidato il compito, tanto faticoso quanto stupido, di trasmutar la voce umana da mezzo eminentemente espressivo a strumento soprattutto meraviglioso. Rossini ebbe da fare una sola volta con un sopranista, il famosissimo Giambattista Velluti, e ne rimase scandalizzato 14. Dello stesso tono sono le lodi che, alla fine del XIX secolo, George T. Ferris elargì, a spese di Velluti, alle originali interpretazioni di cui Giuditta Pasta diede saggio a Londra nel 1828, quando si esibì nel ruolo che il castrato aveva presentato allo stesso pubblico nel 1825 (nel già ricordato Crociato): Velluti had disfigured his performance by introducing a perfect cascade of roulades and fiorituri [sic], but Pasta’s delivery of the music, while inspired by her great tragic sensibility, was marked by such breadth and fidelity that many thought they heard the music for the first time 15. [Velluti aveva snaturato la sua interpretazione con profusione di roulades e fioriture, ma la musicalità della Pasta, oltre ad essere ispirata dalla sua spiccata sensibilità tragica, si è caratterizzata per così ampio respiro e fedeltà alla partitura da suscitare nel pubblico l’impressione di ascoltare questa musica per la prima volta.] Risulta interessante il confronto fra questo punto di vista e i resoconti di sei spettatori presenti alla première del Crociato: 14 What a style of singing! how simple, how pure, how impassioned! We at once recognized the model upon which Pasta formed her style. Here is no interlarding of meretricious ornaments to cloak imperfections, no feverish feats of bravura, no connecting one sound with another by whooping hectic slides, no mouthfuls of indistinct divisions, quick passages, and misplaced graces. Every thing Signor Velluti utters is chaste, tranquil, and distinctly articulated 16. [Che stile di canto! Com’è semplice, cristallino, appassionato! Abbiamo immediatamente riconosciuto il modello sul quale la Pasta ha fondato il proprio. Non vi è ridondanza di stucchevoli melismi per camuffare sbavature, né esaspe13 GIUSEPPE RADICIOTTI, Gioacchino Rossini. Vita documentata, opere, ed influenza su l’arte, III, Tivoli, Arti grafiche Majella di Aldo Chicca, 1927-1929, p. 55. Angelica Catalani (1780–1849) ebbe altri pregi oltre all’“acrobatismo”, tuttavia molti critici ritennero che fosse la sua cifra stilistica e le sue variazioni stampate tendono a rafforzare questa tesi. 14 ANDREA DELLA CORTE, L’interpretazione musicale e gli interpreti, Torino, UTET, 1952, p. 517 15 GEORGE T. FERRIS, Great Singers Faustina Bordoni to Henrietta Sontag, First Series, New York, Appleton, 1893, p. 190. 16 Music. King’s Theatre (recensione anonima), in «The New Monthly Magazine», 1° agosto 1825, p. 345. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA rate esibizioni di bravura; nel passare da un suono all’altro non fa ricorso a pacchiani glissandi, così come rifugge dalle articolazioni vocali indistinte, dai rapidi passaggi e dagli abbellimenti inopportuni. Ogni aspetto nel canto di Velluti risulta puro, disteso e di nitida definizione.] [...] his school, or manner, is one of the best that has ever been heard in this country. It is not generally florid; but when he uses ornament, it is luxuriant and highly expressive 17. [la sua scuola, o la sua maniera, è una delle migliori che sia mai stata ascoltata in questo paese. Non si tratta, in genere, di una maniera molto fiorita, ma quando Velluti ricorre agli ornamenti questi sono lussureggianti ed estremamente espressivi.] His manner is florid without extravagance, his embellishments (many of which were new to me) tasteful and neatly executed. His general style is the grazioso, with infinite delicacy and a great deal of expression [...] 18. [Il suo stile è ricco di fioriture, tuttavia senza eccessi; i suoi abbellimenti (molti dei quali per me nuovi) di buon gusto ed eseguiti con precisione. Il suo stile è per lo più grazioso, di infinita delicatezza ed espressività] His style of singing is of the best school; expression is its characteristic; roulades, and such vulgar finery, such “Brummagem ware”, he appears to despise, and though he decorates much, yet his ornaments are new, and in fine taste 19. [La sua vocalità è di gran scuola; l’espressività è la sua cifra. Velluti sembra rifuggire da roulades e volgari leziosità – come Brummagem ware – e sebbene egli sia spesso incline agli abbellimenti, questi tuttavia risultano originali e di un gusto raffinato.] To make up for other disadvantages, however, Signor Velluti is a musician of the first order: his style is pure and elegant, his ornaments beautiful and appropriate, and his manner full of tender expression 20. [Velluti, nonostante tutto, per supplire ad altre lacune è un musicista di prim’ordine: il suo stile è puro ed elegante, splendida e mai fine a se stessa l’ornamentazione, così come il suo stile pieno di tenera espressivita.] Fraught by nature with excessive sensibility, his features speak every subtle shade of emotion by which the performer is supposed to be, and in Velluti’s performances really is, actuated. With these expressive powers, there reigns, throughout all he does, a chaste and simple style, both in singing and acting, undestroyed by needless ornaments and misplaced efforts at display 21. «The Morning Post», 1° luglio 1825 (privo di numero di pagina). RICHARD EDGCUMBE, EARL OF MOUNT-EDGCUMBE, in «Musical Reminiscences», 4th edn., London, Andrews, 1834, p. 164. 19 The Drama. King’s Theatre (recensione anonima), in «The Harmonicon», n. 32 (agosto 1825), p. 164. “Brummagem”, una corruzione dialettale di “Birmingham”, indicava nello slang britannico dell’epoca i prodotti di massa scadenti e a basso prezzo. 20 Drama. The King’s Theatre (recensione anonima), in «The Literary Gazette and Journal of the Belles Lettres», n. 441 (2 luglio 1825), p. 430. 21 EBERS cit. pp. 266-67. 17 18 15 CRUTCHFIELD [Dotato naturalmente di spiccata sensibilità, le sue fattezze trasmettono ogni minima sfumatura emotiva che dovrebbe animare un attore – e nelle esibizioni di Velluti la cosa realmente accade. Assieme a queste capacità espressive, in tutto ciò che fa regna uno stile puro e semplice, sia nel canto che nella recitazione, scevro da superflui virtuosismi e inopportune forzature.] Tutti questi corrispondenti ebbero la possibilità di ascoltare sia la Catalani che la Pasta, ma a nessuno di essi sembra essere venuto in mente di assimilare la vocalità del castrato alla prima delle due (come faceva Radiciotti), mentre, al contrario, molti riscontrano affinità fra Velluti e la cantante lombarda 22. Alcuni di loro sono gli stessi che avevano criticato – e in alcuni casi continuarono a farlo – l’ingaggio di un evirato; e quasi tutti evidenziano punti deboli nella vocalità di Velluti. Nonostante ciò, coloro i quali lo descrivono sul piano delle qualità artistiche – non semplicemente come rappresentante di una tipologia – sostengono un orientamento critico che non si potrebbe mai immaginare scorrendo la storiografia ufficiale: Velluti fu considerato in primis un cantante di straordinario talento espressivo e drammatico, un artista di teatro a tutto tondo 23 – in breve, simbolo di una tenace opposizione al vacuo esibizionismo e alla facile esaltazione. Risulta emblematico che molti osservatori di lingua tedesca, poco propensi ad accettare acriticamente suggestioni estetiche provenienti dal Belpaese, confermarono il giudizio su Velluti formulato dai colleghi d’Oltremanica. L’«Allgemeine Musikalische Zeitung» – sulle cui colonne per la prima volta apparve la notizia del «jungen, talentvollen, vielversprechenden Künstler» 24 [giovane, talentuoso e promettente artista] a Napoli nel 1805 – seguì costantemente la sua parabola artistica nei teatri italiani. In rare occasioni siamo in grado di risalire ai nomi dei critici musicali dell’AMZ, i quali ebbero pareri alquanto discordanti tra loro; eppure questo resoconto da Vicenza – dove Velluti cantò all’inizio del 1819 la Celanira di Pavesi e il Carlo Magno di Nicolini – riporta reazioni ampiamente condivise. Il corrispondente riferisce che erano trascorsi sei anni dall’ultima volta in cui gli era capitato di ascoltare Velluti e che le sue grandi aspettative non erano andate deluse, ma anzi superate dall’esibizione del castrato: 16 22 L’unico confronto a me noto fra Velluti e la Catalani è contenuto in una pagina di diario di Meyerbeer del 3 gennaio 1818, nella quale il compositore commenta le variazioni dei due cantanti su «Nel cor più non mi sento». Quelle di Velluti, secondo Meyerbeer, «sind bei weitem origineller & kunstvoller, würden aber in einem Konzert wenig Effekt machen» [sono più originali e più raffinate, però farebbero poco effetto in concerto] (cfr. Meyerbeer: Briefwechsel cit., I, p. 348). 23 Nel 1832, commentando una fallimentare ripresa del Tebaldo ed Isolina, il «Censore universale dei teatri» ricordò ai suoi lettori che «[q]uest’opera è stata scritta, [...] pel gran VELLUTI, più assai che per sé interessato pel più scrupoloso andamento del complesso in ogni più minuta sua parte [...]» (Notizie italiane. Provincie Lombarde. Bergamo (recensione anonima), in «Censore universale dei teatri», 7 marzo 1832, p. 79). 24 Nachrichten. Neapel (recensione anonima), in «Allgemeine Musikalische Zeitung (AMZ)», settembre 1805, colonna 800. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA Er ist offenbar weit vorgeschritten, ist originell geworden, und hat jetzt in Italien keinen Nebenbuhler mehr [...] die Blumen, die er hie und da in seinen Gestangstücken aufspriessen lässt, scheinen aus einem Paradiese getrieben, und sind oft so kunstvoll, und doch so einfach, dass Jedermann dadurch ganz hingerissen wird. [...] Sein herrlicher Gesang, seine deutliche Aussprache, und sein Spiel voll Kraft, Gefühl und Leben, musste der Oper natürlich erhöhten Reitz verschaffen. [...] Welcher Fond von Kunstmaterial steht ihm zu Gebothe, und dabey wie einfach schön, natürlich, und eindringend in die feinsten Theile des menschlichen Herzens weiss er zu singen 25! [è chiaramente molto progredito, è diventato originale, ed ora non ha più nessun rivale in Italia (…). Le fioriture che qua e là inserisce nei suoi brani sembrano provenire da un mondo paradisiaco e spesso sono così raffinate e semplici allo stesso tempo, che tutti ne rimangono affascinati (…). Il suo canto superbo, la sua pronuncia chiara e la sua recitazione piena di forza, sentimento e vitalità accrescono ulteriormente il fascino dell’opera (…). Che straordinaria stoffa d’artista è a sua disposizione e al tempo stesso con quanta semplicità, bellezza, naturalezza sa cantare, fino a toccare le più profonde corde dell’animo umano.] Nel 1819 una serie di recensioni 26 a firma di Friedrich Rochlitz – redattore della rivista fino al 1818 e solitamente refrattario all’ornamentazione e al virtuosismo – a proposito di una compagnia italiana in tournée a Monaco di Baviera, cerca di spiegare l’equilibrio di questi elementi con l’espressività e l’efficacia drammatica, sostenendo [...] dass er nämlich, nicht durch die Roulade und künstlichen Verzierungen des Gesanges, worin er eben auch Meister genug ist, und oft etwas mehr als man wünschet, geleistet hat, sondern durch ein reines, einfaches, ohne alle Verzierungen vorgetragenes Adagio und Rezitativ uns tief ergriffen, die zartesten Saiten unsere Seele angesprochen und uns zu Thränen des Entzückens gerührt hat; und dass wir ihn in seiner Kunst vollendet achten, weil er den höhern, edlern Zweck derselben, uns zu rühren und zu hohen rein menschlichen Empfindungen zu erheben, vollkommen erreicht hat. [(…) che è riuscito a commuoverci immensamente, toccando i punti più sensibili della nostra anima e incantandoci fino alle lacrime, non attraverso le roulades e gli abbellimenti artificiali del canto – nei quali Velluti è maestro, e a volte fin troppo – ma con un adagio e un recitativo eseguiti in modo chiaro e semplice, senza ornamenti. Riteniamo che abbia raggiunto la perfezione artistica perchè ha pienamente ottenuto lo scopo di commuoverci e farci provare i più alti sentimenti umani.] L’autore descrive minuziosamente la scena della detenzione di Vitekindo, il generale germanico tenuto prigioniero da Carlo Magno, e pubblica 25 Corrispondenz, Nachrichten (recensione anonima), in «Allgemeine Musikalische Zeitung (AMZ)», gennaio 1819, colonna 22. 26 [FRIEDERICH] ROCHLITZ, Nachrichten. München, in «Allgemeine Musikalische Zeitung (AMZ)», maggio 1819, colonna 314, passim. 17 CRUTCHFIELD un passo di quarantotto battute del quale dice che, ad eccezione di qualche corona ovviamente destinata ad elaborazione, [...] wurden Rezitativ und Cavatine in höchster Einfachheit, ohne alle Verzierungen, in langer angehaltenen, oder, wo es der Wortausdruck ins Recitativ foderte, in schnell forteilenden Tönen vorgetragen – alles nur Darstellung, wirklicher Ausdruck der höchsten Empfindung, des innigsten Schmerzes; die tiefste Stelle herrschte im ganzen Hause, nur unterbrochen von einzelnen hörbarem Atemzügen der bis zu Thränen gesteigerten Rührung, die endlich mit der letzten Cadenznote in einen unwillkürlichen Ausbruch des höchsten Beyfalles übergieng. Hätten doch alle die, welche, die höhere Würde und Macht der Tonkunst verkennend, die Oper einen Mischmasch von Kunst – Künsteley nämlich – und Unsinn nennen, dieser Scene beygewohnt, gewiss, sie würden ihren Irrthum erkannt haben. Denn die noch so wundersam modifizirte Stimme an sich ist es ja nicht, sondern der mit dem Dichterwort verschmolzene Ton der Empfindungen und seine Wahrheit ist es, welche unser innerstes ergreift, und uns mit unwiderstehlicher Gewalt zur Teilnahme hinreichst. [...] sia il recitativo che la cavatina sono stati eseguiti con estrema semplicità, senza alcun ornamento, in note tenute a lungo o, a seconda di quanto richiedeva il recitativo, con sempre maggior rapidità: tutto era rappresentazione scenica, autentica espressione del più alto sentimento, del dolore più intenso. Regnava il più profondo silenzio in tutta la sala, interrotto solo da sospiri di una commozione che saliva fino alle lacrime e che sfociò dopo l’ultima nota della cadenza in un’ovazione di applausi. Se tutti coloro che misconoscono l’alta dignità e la potenza dell’arte musicale o che chiamano l’Opera un ginepraio di artificio e assurdità avessero assistito a questa scena, certamente si sarebbero resi conto del loro errore. Non è tanto la voce in se stessa, pur mirabilmente modulata, ma il suono dei sentimenti fuso con la parola poetica e la sua verità a colpirci nel profondo e a spingerci con forza irrefrenabile al coinvolgimento.] 18 Il giornalista quasi sicuramente dà voce alla propria predilezione per la sobrietà del linguaggio melodico, attribuendola all’interpretazione che lo aveva commosso; la copia dello spartito conservata nella collezione di Velluti presenta lo stesso tipo di ornamentazione adottato negli esempi che verranno presi tra poco in esame 27. Ciò che conta è che il canto di Velluti spinse Rochlitz ad accostarlo ai suoi ideali. Colpisce che l’impresario londinese John Ebers abbia narrato in modo simile un episodio avvenuto in occasione della messa in scena di Tebaldo ed Isolina: If ever the attention of an audience was enchained, enthralled, bound, as it were, by a spell, it was when Velluti sang the Notte tremenda. The stillness of the scene was communicated to the house; and not a word was spoken, not a breath heard: – was this wonderful? when not to the eye and ear only, but to the heart 27 Fondo Velluti cat. n. 837, una copia che fornisce solo la versione con gli abbellimenti della linea vocale; cfr. esempio 5a per un estratto. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA and soul, every thing conveyed but one impression; that of pathos, so deep, so touching, so true, that it wanted but one added shade to become too deep for enjoyment 28. [Se mai l’attenzione del pubblico è stata catturata, ammaliata, soggiogata, per così dire, da un incantesimo, ciò si è verificato quando Velluti cantò «Notte tremenda». La sospensione della scena fu comunicata all’intero teatro: e non una parola fu pronunciata, non un respiro percepito. Che meraviglia quando l’arte non arriva solamente all’occhio e all’orecchio, ma giunge diretta al cuore e all’anima. Che emozione quando le singole suggestioni, nel loro insieme, riescono a trasmettere una sola, sublime impressione di pathos, così intensa, toccante, autentica, che sarebbe stata sufficiente una minima sfumatura in più da farla diventare troppo intensa per essere apprezzata.] Velluti dunque fu prima di tutto un cantante che suscitava forti emozioni nel pubblico, e non un narcisista esponente della Stimme an sich. A Londra tra i suoi più fedeli ammiratori vi era Mary Wollstonecraft Shelley, autrice di Frankenstein, la quale – scrivendo a un giornale che, a suo dire, avrebbe sottovalutato il cantante – asserì che [...] his chief merit is in his expression, in his perfect gusto, in his mode of linking note to note in a manner that chains the ear and touches the heart 29. [il suo pregio principale risiede nell’espressività, nel suo impeccabile gusto, nel fraseggio fluido che cattura all’ascolto e tocca il cuore.] “Gusto”, un termine, che fu spesso espressione sintetica di “gusto negli abbellimenti”, come nella lettera in cui Mozart scrive al padre per chiedergli l’aria «mit ausgesetztem Gusto» [con abbellimenti scritti] da lui variata e che gli piaceva insegnare ai cantanti 30. Qualsiasi puntuale trattazione su un interprete contemporaneo a Velluti non può prescindere da questo argomento, che al tempo appariva come una componente essenziale dell’espressione solistica. La critica si divise sulla frequenza con cui Velluti ricorse alla fioritura: alcuni lo accomunarono alla gran parte dei più affermati cantanti italiani nell’accusa di farne eccessivo impiego; altri annoverarono Velluti tra chi considerava gli abbellimenti in posizione ancillare rispetto all’espressività. Tuttavia su due aspetti si trovarono concordi sia detrattori che sostenitori: che il suo repertorio di ornamentazioni fosse originale, e tale da esercitare una forte influenza. Fra le critiche al Crociato già citate, due di esse definiscono “new” l’ornamentazione del cantante e molti altri pareri – fra cui quelli dell’anonimo EBERS cit., p. 294 [MARY WOLLSTONCRAFT SHELLEY], lettera firmata “Anglo-Italicus”, in «The Examiner», 29 maggio 1826. 30 W.A. Mozart a Leopold Mozart 14 febbraio 1778, in Mozarts Briefe, nach den Originalen herausgegeben von LUDWIG NOHL, Salzburg, Verlag der Mayrischen Buchhandlung, 1865, p. 130. 28 29 19 CRUTCHFIELD critico del «London Magazine», che recensisce concerti tenutisi prima del debutto dell’opera – si allineano a quel giudizio: Not the least curious portion of his performance, is the nature and execution of his ornaments. They are original, singular, and pleasing, and charm at once by their novelty and science 31. [...] [Non ultimo curioso aspetto della sua performance è la natura e l’esecuzione delle sue ornamentazioni, che risultano originali, singolari, e gradevoli; piacciono tanto per sapienza quanto per novità.] È altrettanto documentabile che le ornamentazioni di Velluti abbiano influenzato altri cantanti che le adottarono, le imitarono, le assorbirono nell’ambito di un vocabolario comune. Quando Nicola Vaccai ascoltò per la prima volta la Malibran (a Parigi, nel 1830), si espresse in termini alquanto laconici per descrivere a un amico le sue variazioni: «[…] passaggi molto capricciosi, composti in più parte alla maniera di Velluti» 32. Nello stesso periodo, un critico del giornale milanese «L’eco» avvalorò ulteriormente la diffusa ipotesi secondo cui Giuditta Pasta avrebbe avuto un importante modello nel suo collega più anziano: Velluti ha un modo di canto tutto suo, e chi lo disse un riverbero, o un’ombra di Marchesi e di Crescentini, volle far mostra più di arguzia che di verità. Con più giustizia si può dire, che non pochi de’ più rinomati cantanti, non indegnarono di attingere alla fonte di quest’ultimo rappresentante della scuola antica, e noi fummo testimoni degli strepitosissimi applausi, co’ quali nei teatri di Milano, vennero accolte certe modulazioni e fioriture di canto che si chiamavano Vellutate della Pasta 33. A Richard Mackenzie Bacon, scrivendo nel 1825, fu chiaro che no singer in existence can be said to have contributed to fix the present style in Italy so much as Velluti. Of this we have had the strongest assurances from artists of the highest repute 34 [...] 20 31 Luglio 1825, p. 474. Secondo lo studio condotto da Theodore Fenner sulla critica del teatro d’opera a Londra, Richard Mackenzie Bacon (vedi nota 34) fu il corrispondente del «London Magazine» per l’opera italiana dal mese di gennaio del 1820 fino a maggio del 1824. Tutte le notizie su Velluti contenute nella rivista inglese portano una data successiva di almeno un anno rispetto al periodo in questione; tuttavia i punti di vista espressi sono così affini a quelli di Bacon che possiamo ipotizzare un suo temporaneo ritorno al giornale, o, in alternativa, che il nuovo collaboratore del «London Magazine» fosse persona a lui vicina. Cfr. THEODORE FENNER, Opera in London: Views of the Press, 17851830, Carbondale, Southern Illinois University Press, 1994. 32 Lettera inviata a Girolamo Vezzoli, 24 marzo 1830. Cfr. Il carteggio personale di Nicola Vaccai che si conserva presso la Biblioteca Comunale Filelfica di Tolentino, a cura di JEREMY COMMONS, II, Torino, Giancarlo Zedde, 2008, pp. 779-780. 33 «Gazzetta Teatrale dell’eco» (recensione anonima) in «L’eco», 3, 7 (15 gennaio 1830), p. 28. 34 [RICHARD MACKENZIE BACON], in «Quarterly Musical Magazine and Review (QMMR)», 1825, p. 269. Bacon (1775-1844), proprietario e principale collaboratore del «Quarterly Musical Magazine and Review», è il più documentato critico dell’attività di Velluti a Londra e si pensa possa aver assistito G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA [nessun cantante tuttora vivente potrebbe fregiarsi quanto Velluti di aver contribuito a codificare l’attuale stile del canto italiano. Della veridicità di questa attestazione abbiamo ricevuto le più autorevoli conferme da artisti di altissima reputazione] Oltre a stimolare l’emulazione che è sempre legata alla celebrità, sembra che Velluti avesse anche una spontanea inclinazione verso l’insegnamento. Numerosi interventi attestano il suo incarico nel ruolo di maestro concertatore nelle stesse opere in cui figurava come interprete e spesso procurò ingaggi per i cantanti che erano stati – più o meno ufficialmente – suoi allievi, fra i quali, già nel 1811, il celebre contralto Benedetta Rosmunda Pisaroni 35. Questa attività didattica è più minuziosamente documentata nel periodo in cui Velluti trasferì la propria residenza in Inghilterra, ma già otto anni prima Stendhal scrisse en passant che «nous devons deux ou trois grandes chanteuses a Veluti» 36, [noi dobbiamo a Velluti due o tre grandi cantanti] e lo stesso romanziere francese nella sua Vie de Rossini cita nientemeno che Isabella Colbran nella cerchia dei suoi discepoli. Quello della futura prima moglie di Rossini con Velluti fu probabilmente un apprendistato informale, visti gli studi documentati con altri maestri; ciò nonostante è facile ipotizzare un ruolo decisivo di Velluti nella formazione del soprano, essendo egli stato il primo uomo delle prime cinque opere interpretate dalla Colbran 37. Negli anni Trenta dell’Ottocento il tenore Adolphe Nourrit comunicò a sua moglie l’impressione che «c’est bien le maître de toutes les grandes chanteuses de l’époque» 38. [Velluti è davvero il maestro di tutte le grandi primedonne dell’epoca.] Infine, che l’ascendente esercitato dallo stile di Velluti non si sia limitato ai suoi colleghi cantanti, lo conferma una lettera indirizzata a Giovanni Battista Rossi-Scotti, biografo di Francesco Morlacchi, dal compositore Giovanni Pacini: Se le composizioni teatrali del Morlacchi non vengono di presente riprodotte sulle scene, di ciò è causa la deficenza di buoni e veri cantanti. E di fatto dove son più i Velluti che tanto entusiasmo produceva nel Tebaldo e Isolina, inventore di quelle fioriture che noi tutti poi ne facemmo cosa nostra? 39 a quasi tutte le esibizioni del cantante in quella città. Per un breve periodo successivo agli articoli qui citati, Velluti e Bacon si frequentarono quando la figlia del giornalista, Jane – in preparazione al suo felice debutto sulle scene del 1826 – divenne allieva di Velluti. 35 PAOLO-EMILIO FERRARI, Spettacoli drammatico-musicali e coreografici in Parma dall’anno 1628 all’anno 1883, Bologna, Forni, 1884, p. 101. Per una recensione del 1813, che attribusce ai precetti di Velluti il merito della padronanza acquisita dalla Pisaroni nelle proprie ornamentazioni, cfr. GIORGIO APPOLONIA, I primi interpreti delle opere di Giuseppe Nicolini, in Giuseppe Nicolini 1762-1842, a cura di PATRIZIA FLORO, GUGLIELMO PIANIGIANI, PATRIZIA RADICCHI, ANNA SORRENTO, Pisa, Edizioni ETS, 2012, p. 155 36 STENDHAL [HENRI BEYLE], Rome, Florence, Naples en 1817, in Ouvres complètes de Stendhal, Paris, Calman-Lévy, 1925, p. 257 37 SERGIO RAGNI, Isabella Colbran Rossini, I, Varese, Zecchini, 2012, con particolare riferimento alle pp. 78-114. 38 Lettera a Mme. Nourrit, 30 gennaio 1838, in LOUIS MARIE QUICHERAT, Adolphe Nourrit, sa vie, son talent, sa caractère, sa correspondance, III, Paris, Hachette, 1867, p. 112. 39 Lettera del 21 giugno 1860, in GIOVANNI BATTISTA ROSSI-SCOTTI, Della vita e delle opere del cav. Francesco Morlacchi di Perugia, Perugia, Bartelli, 1869, pp. 63-64. 21 CRUTCHFIELD Cosa erano queste fioriture? In cosa consisteva la loro originalità? Chi e come se ne appropriò, tanto da considerarle cosa loro? Grazie all’inclinazione del cantante alla scrittura e all’interesse dimostrato da editori viennesi, italiani e soprattutto inglesi nel documentare lo stile che mandava in visibilio gli spettatori di tutta Europa, possiamo azzardare una risposta a questi interrogativi. Velluti è il cantante la cui pratica musicale è stata oggetto di maggior documentazione in tutta la storia del teatro lirico prima dell’avvento del grammofono. Troviamo integralmente pubblicati quarantotto esempi di suoi abbellimenti di brani completi, oltre a variazioni frammentarie e ad almeno sedici pezzi che sopravvivono in forma manoscritta 40. Testimonianza impressionante, questa, della stima dei contemporanei per il cantante – allo stesso modo in cui la forza dei giudizi negativi da parte degli storici testimonia la poca attenzione dedicata finora a un argomento così significativo. II. IL MELODISTA INNOVATORE Ciò che ai nostri giorni più affascina in Velluti è il fatto che, sebbene abbia avuto un ruolo piuttosto antiquato nell’ambito dello spettacolo operistico, lo svolse tuttavia dal punto di vista musicale in modo non arretrato ma decisamente – e talora radicalmente – progressista. La sua pratica ornamentale anticipò alcuni degli aspetti che più distinguono la scrittura melodica del pieno Romanticismo da quella perlopiù vigente nei primi decenni della carriera di Velluti. Il nuovo linguaggio prese forma grazie a tre tendenze che si riscontrano molto di più negli abbellimenti di Velluti che non in quelli dei suoi contemporanei e predecessori o nelle composizioni da essi interpretate: – un crescente ricorso a cromatismi, alcuni fino ad allora non convenzionali, e con originali modalità di preparazione e risoluzione; – un frequente impiego della dissonanza attraverso appoggiature semplici e composte, applicate anche a gruppi di note in successione e a piccole suddivisioni di una singola pulsazione; – un ampliamento del numero di note considerate reali (facenti parte dell’accordo base) e dunque disponibili per l’ornamentazione. Ciò si ottiene trattando quasi sempre la sottodominante come un accordo di quattro note (II65) e considerando come nota reale in prospettiva melodica non solo la settima, ma anche la nona di dominante (V). 22 Come può un cantante, vissuto quando dominava l’improvvisazione, essere considerato “progressista” dato che quella pratica stava per essere così fortemente limitata – e infine censurata – nel teatro d’opera? È vero che, nel momento in cui Velluti si ritirò dalle scene, i compositori italia40 Devo i più calorosi ringraziamenti a Paolo Da Col – con il quale sto curando un catalogo e un’antologia di arie con fioriture di Velluti – per avermi messo a disposizione le copie di molti di questi brani, con particolare riferimento ai manoscritti conservati nella collezione bellunese sopra menzionata. Questi quarantotto esempi pubblicati comprendono alcuni casi di trattamento multiplo della stessa composizione, ma escludono diverse altre pubblicazioni i cui ornamenti non sono esplicitamente attribuiti a Velluti, ma che quasi certamente provengono da lui. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA ni cominciavano a scrivere i loro cantabili con una ricchezza di dettagli e di sfumature che erano stati, nei primi anni di carriera del castrato, a completo appannaggio dell’estro del solista. Il nocciolo della questione è che, in questo processo, lo stile forgiato da Velluti non cadde nell’oblio, ma, al contrario, venne assimilato: e quest’assimilazione – la variazione ed elaborazione della componente melodica – fu uno dei punti più alti del linguaggio musicale romantico. Una breve indagine non permette di tracciare tutta la storia di questa evoluzione; tuttavia un primo abbozzo del contributo che diede Velluti, può essere tratteggiato attraverso esempi relativi alle tre osservazioni formulate in precedenza. Cromatismi Il cromatismo per Velluti non fu un tocco ornamentale riservato a circostanze particolari, ma una caratteristica dello stile melodico che si sarebbe potuta introdurre in un qualsiasi momento opportuno all’interno di una melodia, persino all’inizio di un’aria, come avviene in questi tre esempi 41: Es. 1 Ornamentazione cromatica negli incipit dell’aria. A) Fane: Fedra: Amor soave. B) Mayr: Lodoviska: Parto, ti lascio. C) Nicolini: Balduino: Nere, funeste immagini. & & # # yd y y yd y y A - mor A - mor ?# & & # # y so - y so 3 x a - x - a yyyy - y x yyyy ve, spir y x ve, - spir 9y . y . y #y y h 3 y 3 y. y y h n to - n to del cie - lo. del cie - lo. yyyy yy yyyyy yy yyyyy yyy yyyyyy y y y y y y y yy yy y y y 3 3 3 y Vie y Vie - - y y ni, ti y y ni, ti y sup y. sup yd y # y y - pli - co, - yd y pli - co, 3 y #y ny y y. - vie - vie ni yy ni y. y y y y 3 con yd y . con me y x y ? # y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y yy y y y y y me y yy y 41 Per ragioni di spazio e fruibilità, gli esempi musicali sono qui presentati senza l’apparato che dovrebbe accompagnare una loro edizione critica; ho direttamente emendato quelli che ritenevo fossero refusi ed errori di scrittura, aggiungendo alterazioni mancanti e – tranne in alcuni casi troppo ambigui per giustificare un intervento sotto traccia – modernizzando la coordinazione di travature con le sillabe del testo. Dove vengono chiamati in causa aspetti del linguaggio armonico, è stata inserita una riduzione dell’accompagnamento (dove possibile su un singolo pentagramma). In ogni esempio – se non diversamente specificato – nella riga superiore sono rappresentate le variazioni di Velluti, mentre in quella inferiore viene indicata la notazione originale del compositore (come si trova nelle moderne edizioni scientifiche o, mancando esse, come nella fonte originale che riporta gli ornamenti). 23 CRUTCHFIELD b & b b y y y y yd 4 3 b & b b yd Par Par - to, ti - yd 4 yyy d y y ? bb y b h to, 3 ti la - scio, yd 4 - la scio, y y y 5 ny y y 4 yy y yy yy & y. hla y n y n yd yd ad - yd yb. yGb yd yd ?b yy yy yy Ne - re yb. yGb yd 4 y y y h fu - ne - ste im - ma - gi - ni yy y che - ad yy yy yy yy yy y y y o yyy y 4 h 3 - y y # y y y y y y # y # yd yd mar y y ybyd la - gri - mar yyy y o yd yd 6 & b yd yy 3 3 yy y y y y y y y yd 4 yyy y yyy y mi fa - te yd yd y y mi fa - te yy yyy yyy y I cromatismi vengono aggiunti come note di passaggio, note sfuggite, o appoggiature. E le aggiunte compaiono con grande frequenza: John Fane nelle 61 battute della linea vocale di «Amor soave» (il primo brano sopra menzionato) non scrive una sola nota cromatica, mentre nell’interpretazione di Velluti ne figurano addirittura trenta. Si tratta di un’abitudine consolidata, visto che nei tredici esempi presentati in questa sezione compaiono solamente due note cromatiche negli originali dei compositori, mentre nelle versioni “fiorite” si sviluppano in così rapida successione, o con tale enfasi, da conferire loro un risalto che supera quel che riterremmo normale nella prassi del primo quarto del secolo: Es. 2 Ornamentazione cromatica. A) Fane: Fedra: Deh! non soffrir che oppressa. B) Fane: L’amor timido (cantata). 3 24 6 3 3 3 & yd # y y y # y y n y y # y y y y y y y # y y y y y y y y y y y y # y y y # y yd n y n y 6 ri - tro - va & yd y y. ri - tro - va ? y ( ) la y y y y yy y cal 5 y hla yy yd y cal y - ma che in vi y y3 y y . - ta per - # yd x dè yy d yy d y #y x ma che in vi ta per - dè yy y yy y yy y yy y yy y yyy y y y y G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA # & # yd # & # yd t’in t’in ? ## 4 - # yd y - ten - yd yd do, t’in yd yd 4 ten - do, yd t’in - - # yd y ten sf yd yd - yd y y. yd y do, t’in - ten - do, yd yd 3 ten - do, yy y y y yy y y y 3 y y y y y y yyy sì, sì, mio yyyyy yd mio cor yy y y y yy y y y yy y yy y yy y yy y y y pp cor yy y Tre stilemi – fra quelli applicati da Velluti – emergono per originalità. Il primo: l’uso frequente di frammenti di scale cromatiche in tempo rapido, che si sviluppano su intervalli ampi fino a una sesta: Es. 3 Frammenti di scale cromatiche. A) Mercadante: Andronico: Soave immagine [Willis]. B) Mayr: Ginevra di Scozia: Ah! che per me non v’è. bb & b b 5 yb y y y y y y y y y bb & b b 5 yb y . tu ? bb b (y) b & tu spi spi yy y - ri y y y h - 3 3 - - yy y - y hni y ni-ma y - ma yy 6 5 y y y y y# y y y y6 # y y # y y n y y n y y y y mai, che mai 3 ? yyy 3 - y y yy y yy #y y y y y y y y yny y y y 4 al - l’a al - l’a ri y che & 5 y y y n y b y y b y y n y b yGb y n sa - rà? 3 5yy yyy y che yyy mai, che mai 4 yy y 4 yy y y sa 4 y - y rà? yy In secondo luogo: particolari note cromatiche che la pratica di epoche precedenti sembra non avesse accolto, come, ad esempio, il moto discendente di semitono fra sopratonica e tonica o, nel modo maggiore, la sopradominante bemollizzata rispetto all’accordo di dominante. 25 CRUTCHFIELD Es. 4 note cromatiche non convenzionali. A) Fane: Fedra: Deh! non soffrir che oppressa. B) Fane: Placido zeffiretto (arietta). C) Fane: L’amor timido (cantata). & b yd yd yd y y y y y # y y y 3 3 sa - rò fe - li - ce an - co & b yd yd yd y y ?b sa - rò fe - li - - ra yd y y y y y y y y # y n yd y # y y 4 y 4 se per yd y y y . yd y y y y y y y yy y yy y y ce an - co y yy yy y y y yd y - yd y ra se per tua man mor - rò, yd y y tua man y mor - rò, yy yy y yyA yyA y y yyy y b y y y y ny y by . y yny y y &bb y y y b &bb ma no, no, non d y y y y n y y y b yd y y y y y y y h ma no, ma ? bb y y y y y b y y # & # y h so # & # y h so ? # # yy f 26 no, ma y gli dir di 3 chi yd y yd y non y h gli dir di chi yy y yy h yy yy y y h yyy y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y # y yA yA yA yA b y y y d y y n n 3 3 dolce che ti vuoi b y yyy n n h che ti vuoi yy yy la - gnar, yb y y la - yd yy gnar, che a - man - te 5 yb y y y y y y Gb y y y z y. che a-man y y y y p se rall. molto y - y y y te se colla voce - yyy y yyyyy y - i. y yd - i y h Quest’ultimo uso – specialmente in assenza di qualsiasi colorito che sottintenda armonie minori, ancor più se la sopradominante bemollizzata è giustapposta a quella priva di alterazione – divenne una caratteristica costante nell’ornamentazione belcantistica. A partire dal 1835 sono più le cadenze con sopradominante bemollizzata di quelle prive, mentre è difficile trovare un esempio che sia con certezza precedente a quelli forniti da Velluti. Il terzo elemento innovativo consta di un frequente approccio per salto alle note cromatiche, senza la preparazione melodica che in passato era obbligatoria e che era ancora almeno d’uso corrente all’epoca di Velluti: G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA Es. 5 Salti verso figurazioni cromatiche prive di preparazione melodica. A) Nicolini: Carlo Magno: Ah! quando cesserà. B) Fane: L’amor timido (cantata). 4 3 b 4 . y n y y y 6n y b y y b y b & y y ny y y by by n op-pres - y b & b 4. y h n so y h op-pres - so ? b b yyy b dal - 3 3 3 lor by y y y yb by 3 3 dal 3 do 3 do - lor Largo b yy .. yy yy y h 4 ## y # y y y n y y y a y n yd & #y y sof & ## y . - sof - ? # # yyy y - - fri a - y - yd fri a 4 I salti non preparati possono formare intervalli – terze, quarte e seste diminuite – che all’epoca potevano apparire esotici ad altri interpreti. Ancora oggi risulta ardua per qualcuno la cadenza “alla Velluti” che Verdi scrisse per «Ah, forse è lui» (La traviata), dove – come nell’esempio 5 e in molti altri qui esposti – i cromatismi non risolvono immediatamente, ma proseguono con altre note di passaggio. Meyerbeer annotò questa caratteristica nello stesso diario del 1818 in cui mise a confronto le variazioni di Velluti con quelle della Catalani. A suo parere, il principale problema in quelle di Velluti era proprio l’intonazione dei «vermindeter Intervallen, welche gar zu häufig vorkommen» [intervalli diminuiti, che si presentano con eccessiva frequenza]. La diffidenza di Meyerbeer ci permette di constatare ciò che nel linguaggio del cantante veniva percepito come moderno 42. E dovette sembrare particolarmente moderno, possiamo pensare, il fatto che Velluti estendesse, per esempio, l’effetto tradizionale delle interruzioni del “sospirando”, inserendole tra una nota cromatica (raggiunta senza preparazione con un salto di quarta diminuita) e la sua risoluzione: 42 Cfr. Meyerbeer: Briefwechsel cit., I, ibidem. 27 CRUTCHFIELD Es. 6 Ornamentazione cromatica interrotta dai sospiri. Fane: Fedra: Deh! non soffrir che oppressa. sf & b y y y # y 5 yb y y y 5 n yb # yd yd 4 n da len &b y y y n ? da len b - to af-fan - 3 no io mo - ra 5 y y y 5 yb y y y y y n to af-fan no io mo ra y y y y y y y y y y y - y y y ( ) Dissonanza Benché nella scrittura omofonica qualsiasi nota non appartenente all’impianto tonale prevalente sia considerata «dissonante», questo termine è usato qui esclusivamente per descrivere le note dissonanti collocate in posizione ritmicamente più forte rispetto alla consonanza sulla quale risolve (la definizione classica di appoggiatura). Velluti innesta altre appoggiature oltre a quelle già presenti nella melodia originale servendosi di diverse strategie: applica la stessa appoggiatura ripetutamente sulla stessa nota (Es. 7a); aggiunge appoggiature parallele alle note reali vicine (aggiungendo queste ultime se non ci sono) (Es. 7b); introduce nuove appoggiature con le stesse modalità di iterazione, a volte martellante, nel caso in cui la linea melodica originale non ne preveda (Es. 7c). Es. 7 Appoggiature caratterizzate da ripetizione. A) Morlacchi: Tebaldo ed Isolina: Si, ravvisa quel guerriero. B) Manfroce: Alzira: Ah! che non serve il pianto. C) Perucchini: Lo sguardo (arietta) # y h di # & y h di y ?# y h & 28 y. y y. y y. y y. y gio - y y - gio y y y ja y. h ja y ea - yb y mor yb y y y e a - mor y yy # ## d y y yy & # 5 y y y y y #y y y y y y y y y h h 3 la mia fe - li - ci #### 5 y y y y y y y y y & h h ? #### d y la mia 4 4 fe 6 y - y h - tà y h li - ci - tà 6 4 y #3 y yd G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA & b y #y y y y y y y y y . con quel - le &b y yd yd yd yd con ? lu - ci quel - le lu - ci lan - # y y yd b yd y . gui - de, con quel yd. y yd 4 3 n y lan - gui- de, con - b y y y y y y yd n y y y le lu - ci yd yd yd yd quel-le lu - ci y y 4 yd y y y y y y by y y y y y ny nx y y y x y x y y y # yy yy x y b lan-gui - de yd. y yd n lan - gui- de y y y y y y Risulta evidente inoltre la tendenza a risolvere le appoggiature più lunghe (aggiunte o preesistenti) su una rapida successione di note basata anch’essa su appoggiature interne, con il risultato che la consonanza è ristretta in posizione marginale e in un lasso di tempo sempre più breve: Es. 8 Appoggiature risolte attraverso fioriture al cui interno sono presenti ulteriori appoggiature. A) Manfroce: Alzira: Ah! che non serve il pianto. B) Fane: Fedra: Colpita da fulmine. # ## & # 3 & #### 3 ? # # # # xx b &bb 4 b &bb 4 ? b yyy bb x y y h h y yyyyy 3 h y y y y h h h per-ché non mo ro y y y y. yyy 2 h h h y h Ah! per - ché, x y y h h Ah! per - ché, xx x x yd ri yd ri - - ny . x xx x per-ché non mo - ro y tor - xx x y na y h y la cal ces ces - - yyyyyyyyy - ma e yyyyyyyy y y y y ny . y y y yd h h tor na la cal ma y ye y y yyyy yyyyy y y n y y y y y yy yy yy y y b & b b y y y y y y ny y y y y y y b & b b y. xx x x si il y si il pe - nar yd y pe - nar y y y y y y y y y y y y yy y ? bb y y b 29 CRUTCHFIELD Altro elemento caratteristico d’epoca romantica è avvicinarsi per moto scalare (diatonico o cromatico) verso una nota che è successivamente omessa, in modo tale che prima di tutto viene udita la sua appoggiatura: Es. 9 Appoggiature precedute da salto intervallare. A) Cianchettini: Grazie agli inganni tuoi (arietta). B) Manfroce: Alzira: Ah! che non serve il pianto. ad lib. # y . y y Tempo y . y y y y y y#y y#y y y ny ny y y y y & x # & y non ?# so - gno li y y y so - gno non yy y 3 - - - li yyy 3 3 6 y 3 - ber - x - ber tà tà 3 x # ## y y. yyyyyy d & # 5 y ay y y y y y. y y y ## & ## 5 y ca ? #### y h ca - y pa y - y. hpa - - y. 4 ce di yb yd ce di y y pie yd pie - tà - yd tà y h y Infine, un espediente molto usato da Velluti consiste nel fiorire una nota con due appoggiature che condividono la stessa risoluzione oppure nel dotare un intervallo di due note reali con l’appoggiatura superiore a quella più alta e l’appoggiatura inferiore a quella più grave: Es. 10 Note e intervalli circondati da appoggiature “esterne”. A) Mercadante: Andronico: Soave immagine (stampata da Piggott). B) Mayr: Lodoviska: Parto, ti lascio. C) Pavesi: Celanira: La tua diletta immagine. D) Fane: Fedra: Amor soave. 30 b a & b bb y è b & b bb y hè ? b b yyy bb zn y y y y y ny y y yby y y b y ny y y y y y yb yd y y y yd. nH trop-po bar - ba - ro y y yd y y h h h h 12 trop - po 4 bar - ba - ro yy y 4 G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA b y 3 & b b 5 yb yd y y n y y y y yd y y y y y yd yd 3 fe - del sem - pre b & b b 5 yb y y yb 3 fe - del m’a - vra - i 3 y y yb d d y y sem - pre m’a - vra - i yy ? b b yy 5 yyyy 5 yy 5 b n n n p sf p sf # y y5y y5y y5y y5 y & yd & # sa - rà y y sa - nel y mio y4 y h nel rà mio mio mo - rir mo - rir sa - rà nel 4 yd y 4 yd y mio mo - rir y y sa - rà y nel yy y yy yy yy yy y y y yy y y y y yx y y y y 3 y 3 x # y y5 y y y 5 y y 4 yd # & y y 5 y y 5 y y 5 4 yd y y 5 y y 5 y y 5 # y y 5 y yd 4 ? # yy y yy y yy y yy y yy y y 3 y y 3 & yy 5 n sa - rà 4 yd y 4 yd y mo - rir s - rà y ? # yy y yy y yy y yy y yy x x y # & y . yb y h è an - cor, # . b & y y x h è yy y # y y y # y y y y# y y y y n y n y y y x y 3 è 3 3 an - cor yd. an - cor, y y ? # yy y yy y yy y 3 y yb è yy yd. yb x 3 y fè la fè yd. yb x x an - cor y la 3 3 y yy y y y y y#y y y y y 3 3 Nell’es. 10d la figurazione ritmica del passaggio è così sfuggente che non sempre si riesce a stabilire se le note estranee all’accordo siano appoggiature, note sfuggite oppure note di passaggio. Il secondo quarto della battuta presenta otto note distribuite su una terzina (un’ambiguità familiare a tutti gli interpreti di Rossini, il quale alterna in modo simile negli ab- 31 CRUTCHFIELD bellimenti suddivisioni binarie e ternarie su accompagnamenti di terzine) e l’ultima di queste otto note si emancipa dalla scala per divenire una nota sfuggita che in realtà è correlata al raggruppamento successivo, un disegno di undici note distribuite sulla successiva terzina nell’accompagnamento. La minima spinta propulsiva provocata da un rubato o dall’accentuazione interna data dal solista potrebbe suggerire “tempi forti” in più punti della battuta, ed infondere nell’ascoltatore una piacevole incertezza: come troverà la sua “strada di casa”? Un’aleatorietà simile nel distribuire note reali ed estranee all’accordo è un’altra caratteristica frequentemente adottata nello stile melodico romantico: Es. 10 e Possibili interpretazioni ritmiche di fioriture raggruppate in modo ambiguo. 3 3 ## y y y y y yy yy yy # y n y & y y y y y t ny # y y y y n y y y y . y t y # y y y y n y y y y y t ny # y y y y n y y y y y H H 3 3 3 3 3 3 Come è già stato sottolineato, questi accorgimenti non furono novità di per se stessi, bensì un potenziamento di procedimenti musicali preesistenti; tuttavia il potenziamento spesso si trova nel punto in cui una melodia non solo è maggiormente dissonante, ma prevede già sistematicamente su ogni o quasi ogni nota un’appoggiatura o una più complessa figurazione musicale che si sviluppa a partire dall’appoggiatura. Questo mutamento di prospettiva provocò effetti di vasta portata sulla scrittura musicale. Volendo aggiungere passaggi veloci, Velluti spesso ricorse non ai gruppetti e ai frammenti di scale che erano state in passato il perno di tale ornamentazione, bensì a una serie di rapide appoggiature e risoluzioni intorno alla fioritura. Il procedimento è illustrato nella maniera più semplice nel duetto del secondo atto di Tancredi. La figurazione originale di Rossini traccia il contorno dell’accordo (la minore) con una scaletta ascendente e un arpeggio discendente (più una nota sfuggita); ogni gruppo di due note comincia con una nota reale. Velluti conserva la forma essenziale, ma inserisce piccoli salti, con la conseguenza che due gruppi cominciano con appoggiature: Es. 11a Dissonanza interno a gruppi ornamentali. a) Rossini: Tancredi: Ah, come mai quest’anima. 32 & & # # y yyyy yyy y o de - [bole] o de - [bole] y yyyy yyy ?# y y y 3 y y. y y y y 3 G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA Un passo da «Amor soave» permette di far luce sul potenziale di queste soluzioni ornamentali in termini di colore e varietà. La regolarità ritmica delle successive sestine in questo caso occulta un ampio spettro di intervalli: Es. 11b Dissonanza interno a gruppi ornamentali. Fane: Fedra: Amor soave. & & # # y y Che y Che ?# y y già di y y già vi y. di 3 vi yyyyyyyy - - y vi - da yd y vi - da y# y y y y y y# y n y y y y y y# y yn y y y. lu lu 6 - - ce yy ce y y y y yy y y y y y y y yy y yy y y y y y yy 3 3 6 splen yd y . splen 6 - - x dè y x y y y y y dè y yy y Ognuna di queste sestine si divide in tre coppie: 1) nota reale e nota sfuggita/appoggiatura superiore/appoggiatura inferiore 2) nota reale e nota sfuggita/appoggiatura superiore/appoggiatura superiore 3) appoggiatura superiore/appoggiatura inferiore/nota reale e nota sfuggita Per rendersi conto intuitivamente della novità di questo procedimento, basta immaginare una variazione più convenzionale. Non c’è nulla di musicalmente errato in questa ipotetica alternativa; tutt’al più possiamo avvertire chiaramente la sua appartenenza ad un linguaggio meno complesso e d’epoca precedente: & # y#y y y y y y y y y y #y ny#y y y y y y 6 6 6 Armonia estesa Il fatto che nell’esempio 11b si possa considerare appoggiatura il fa diesis sulla parola splendè testimonia un’altra sostanziale innovazione nel linguaggio musicale: il mi – la nona di dominante – viene trattato come se fosse una nota reale vera e propria, e assegna al fa diesis – effettiva nota reale – la funzione di un’appoggiatura che necessita di risoluzione. Ci troviamo al cospetto di un tratto distintivo della melodia romantica, di cui Velluti sembra essere stato un precursore. Ciò si può riscontrare ancora più chiaramente nella cadenza alla prima strofa della stessa aria, dove l’arpeggio discendente non si articola sulla canonica settima di dominante dell’esempio 12a, quanto piuttosto attraverso la nona dell’esempio 12b: 33 CRUTCHFIELD Es. 12 Figurazione discendente sull’armonia dominante. Fane: Fedra: Amor soave # & 4. a y y # y y y y y y y# y y y y y # y y y n y y y y y y y y y y y # & 4. & # sen - - y ay . - - za - di sen - za A di y y y y y y B te x yb n h yd x te yy y y y y Questo modulo discendente sull’armonia di dominante era molto familiare a Velluti, così come a Donizetti, Bellini e Verdi in contesti simili, mentre Rossini lo utilizzò raramente e ai suoi predecessori appare quasi sconosciuto. L’uso melodico della nona di dominante non era ignoto; la novità era la mancata risoluzione sulla fondamentale e la possibilità di fiorire la nona così come ogni altra nota reale. I prossimi esempi mostrano come queste novità trovino effettiva realizzazione: nel primo, il si in corrispondenza del punto più alto della figurazione ornamentale non risolve sul la, ma al contrario procede in arpeggio verso il registro grave; nel secondo, l’abbellimento nella prima metà della battuta definisce il do diesis, nona di dominante, come sua nota reale, dotata di proprie appoggiature superiore e inferiore. Es. 13 Trattamento della nona di dominante come nota reale. A) Pavesi: Celanira: Dolce de’ Bardi il canto. B) Morlacchi: Tebaldo ed Isolina: Si, ravvisa quel guerriero. y. y y y y y y y y 3 - to 3 - yd y 6 & 34 ## & can yd. yb y y y y y y . yb y . y Dol - ce de’ Bar - h di il can y ? ## y y y y y y y ## & ## y h y y # y6 y y y y y n y y yb yb & #### qual y h qual ? #### 4 y ci - y y y y y y y y y yd a - mo - ro - so 3 y ci y y y y glio to - yy y yy y - y y y y yb yb b y yd 3 yy y - glio a - mo - ro y yy y yy y - yd so y y G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA L’attribuzione alla nona di dominante dello status di nota reale è la prima di due innovazioni che riguardano il sesto grado della scala. L’altra prende le mosse da un nuovo trattamento del caratteristico salto discendente dal quarto al sesto grado (nell’esempio di Morlacchi appena riportato, la discesa avviene dal la al do diesis). Questo salto era all’epoca di frequente uso sull’armonia di sottodominante, contesto nel quale si configura come un salto da una nota reale a un’altra. Velluti però lo inserisce abitualmente anche sull’armonia di dominante, sulla quale la nota d’arrivo prende il carattere di appoggiatura. Vale a dire: le ultime due note della scala, la sopradominante e la sensibile, possono presentarsi in qualsiasi ordine come appoggiatura e relativa risoluzione. La sensibile risolve per moto discendente sulla sopradominante nel punto più alto della frase, oppure nel registro più grave la sopradominante risolve sulla sensibile per moto ascendente. L’importanza di questo uso per il linguaggio melodico romantico può essere sintetizzata in una celebre frase musicale di Chopin: nel Notturno op. 9 n. 2 le suggestioni belcantistiche scaturiscono principalmente dalla presenza della sensibile come “l’acuto” della cadenza e la sopradominante come “il grave”. Il linguaggio melodico del Settecento non permetteva né l’uno né l’altro. Qualora volessimo inserire sia la cadenza di Chopin nell’aria di Morlacchi che la variazione di Velluti nel Notturno, entrambi i tentativi risulterebbero perfettamente coerenti rispetto all’ambiente musicale in cui si collocano. Es. 14 Trattamento della sensibile e della sopradominante sull’armonia dominante. Chopin: Notturno op. 9 n. 2. b &bb y. y y y. h y. y y y yyyy y y y. f cresc. Un altro inedito utilizzo dell’appoggiatura è possibile nel modo minore facendo ancora ricorso alla nona di dominante. L’appoggiatura superiore della nona minore è la decima minore, ovvero l’ottava diminuita sopra la terza dell’accordo. Ciò innesca un forte attrito fra l’ornamentazione e l’armonia prevalente (negli esempi riportati di seguito a do e sol naturali si oppongono rispettivamente do diesis e sol diesis): Es. 15 Ottava diminuita su un impianto armonico in tonalità minore. a) Perucchini: Il pianto (arietta); b) Fane: Fedra: Dell’odiata stirpe. & b yd. ny per - ché # y yd y h vuo - i far 3 y y n y y y y yd - mi in - fe - y li yy y - ce y yd y yb yb y y y y yd y & b yd. n # y . h per - ché vuo i far mi in-fe - li - ce y y # y y y yy y y y y y y y ? yy x b x x 35 CRUTCHFIELD & 3 y h sia & 3 yyyy y#y y y y y # yd y h pre - mio al mi - o yd y y h y y y # yd y h sia pre - mio al y y. ? y 4 # yyy ... yyy .. y .. mio 4 do - lor # yd 4 y do - lor yy y y L’ampliamento del concetto di sottodominante nello stile di Velluti è meno radicale, dal momento che l’accordo di quattro suoni era stato da tempo teorizzato nei manuali d’armonia – si tratta del classico double emploi descritto da Rameau, nel quale indifferentemente sia la sopratonica che la sottodominante possono essere considerate la fondamentale dell’accordo – ma ad essere percepito come originale risulta il suo impiego in chiave melodica. La sottodominante nella musica italiana dell’epoca era rappresentata senza priorità gerarchiche dal semplice IV grado (che contiene il quarto, sesto e primo grado della scala) o dalla triade di sopratonica in primo rivolto (al cui interno il secondo grado sostuisce il primo). Appare come settima talvolta in primo rivolto (II65) e occasionalmente in stato fondamentale, con la sopratonica nel basso, specie in progressione (II o II7, ancora una volta secondo la teoria di Rameau). Ex. 16 Possibili articolazioni dell’armonia di sottodominante (illustrata in sol maggiore). ?# ww w www wwww II 6 IV www II 56 II www w II 7 Nelle ornamentazioni di Velluti, la linea vocale può servirsi indifferentemente di queste quattro versioni, senza preoccuparsi di quale sia quella fornita dall’accompagnamento. A tal riguardo un’icastica dimostrazione viene offerta dalla scena del Tebaldo ed Isolina descritta in precedenza da Ebers e Pacini: Es. 17 Trattamento della sopratonica come nota cordale sull’armonia di sottodominante. Morlacchi: Tebaldo ed Isolina: Caro suono lusinghier. A) Originale di Morlacchi. B) dalla trascrizione di Holst. C) dalla trascrizione di Alary. 36 &b a rall. yd (ritorne-)rà &b ?b 4 yyy y yb yd yyyy ah! yy yy yy yy y y y y y y h yy y y f ff yy yd 4 yy y h mai più 4 4 yy yy h yyy y h G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA y y y# y y y y n y y y y yyy y yyy y & b y yyyyyyy [ah! f &b y a ah! t mai più] yd y yd y yd y yd y veloce ay n y y y y y y . yb d y # y y#y y y y y y ny mai più In questo caso l’armonia orchestrale è un’accademica triade di sottodominante (IV), e il sol nel punto più acuto della linea vocale di Morlacchi è distintamente percepito come un’appoggiatura del fa della triade; il sol successivo, a fine battuta, potrebbe avere la funzione di una semplice nota di passaggio. Ma in quasi tutti i sei arrangiamenti e trascrizioni che testimoniano le intepretazioni del brano da parte di Velluti, il sol è trattato senza dubbio come una nota facente parte dell’armonia. Si fa qui seguire l’esempio 17b da una riduzione che mostra come le appoggiature risolvano in successione sulle quattro note dell’accordo; l’esempio 17c elimina qualsiasi ambiguità già a priori: il sol di partenza non risolve su un fa, ma viene ornato dalla propria nota d’approccio inferiore, il fa diesis – uso che conferma lo status del sol come nota reale. Nel frattempo la compresenza di tonica e sopratonica nelle prime posizioni melodiche quando l’accordo di settima sul secondo grado è in primo rivolto (II65) – combinato col fatto che entrambe le note possono essere percepite come note di passaggio – apre la porta a un’ulteriore possibilità: tonica e sopratonica interagiscono con la mediante, a tutti gli effetti una nota dissonante in qualsiasi disposizione dell’armonia di sottodominante. Non a caso una delle soluzioni vocali più spumeggianti di Velluti consistette nel porre particolare enfasi sul terzo grado della scala posto sul punto più alto di una frase sull’armonia di sottodominante – e ancora una volta il risultato ricorda la scrittura di Chopin: Es. 18 Mediante enfatizzata sull’armonia di sottodominante. A) Fane: Fedra: Deh! non soffrir che oppressa. B) Chopin: Notturno op. 15 n. 2. &b yd ri &b d y ri ?b 4 y y y y y y y y y y y y - tro - va la - tro - y yy - ta & b y y y y. vi cal - yyyyy - - #y y y y - . 6 #y y y y y ma che in y#y y y y y y ny #y y y y y y ny y y y y y y y y y va y la yy y cal yy y & b ny y y y y ny y y by y y y vi y y 3 - ta per - dè yd y per - dè yyyy - - - 3 - ma a 3 che in 37 ri &b d y ri ?b 4 - tro - va la cal - - - - . ma che in y#y y y y y y ny #y y y y y y ny y y y y y y y y y - tro - y yy CRUTCHFIELD va la yy y cal - yyyy yy y - - - ma che in a 3 3 y & b ny y y y y ny y y by y y y vi - ta per & b y y y y. 3 vi - ?b y yy ta - dè yd y per - dè yy y y yyy y yd con forza ## # y y & # # # y . y y y ‹ y y y y y A yA A A A 3 ? #### # 4 # y y y ‹y y y y yyyyy yyyy y y y yJd fz # yyyy y yyy y y yd x Infine, possiamo chiudere il cerchio del double emploi di Rameau, osservando gli stessi principi applicati nel momento in cui la sottodominante è rappresentata dalla triade sul secondo grado in stato fondamentale, come è il caso di un’arietta di Vaccai variata da Velluti. Quando l’armonia cambia in un accordo di re minore, Velluti continua però ad adoperare i do – ora in effetti una settima sopra il basso – come note reali, considerandoli parte di un accordo di settima di seconda specie. Ex. 19 Fioritura su una triade di sopratonica in posizione fondamentale. Vaccai: Api erranti (canzoncina). & b yd. yb y ai 38 ? b yb y ai fio - ret 3 y yy y y y. h fio - ret & b yd. &b 6 y y yb n y y y y y y . yb y y #y yy 6 - - ti ti il y n il y y y y y y y y dol - ce u - mor y y ny h y. y ny y y y y y x 3 dol - ce u - mor Occorre segnalare un’ultima caratteristica: l’originale impiego della sensibile di cui si è detto sopra fu spinto da Velluti ben al di là di ciò che si può spiegare attraverso il tradizionale modello delle appoggiature G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA con le rispettive risoluzioni. Il castrato, infatti, decise abitualmente di risolvere la sensibile facendola scendere (e non salire) sull’armonia di tonica – anche, sorprendentemente, quando l’accordo di tonica si trova in stato fondamentale. Nella scrittura settecentesca, una tale risoluzione era ammessa solo a condizione che la sensibile procedesse come nota di passaggio preceduta dal suo approccio superiore, ovvero dalla tonica; nello stile che Velluti ha contribuito a formare, quest’ultima regola viene rifiutata. Es. 20 Sensibile che risolve scendendo sull’armonia di tonica. A e B) Fane: Fedra: Deh! non soffrir che oppressa. C) Perucchini: Il pianto (arietta). D) Morlacchi: Tebaldo ed Isolina: Caro suono lusinghier (trascrizione di Sola). 6 y. b & b yd yd 5 y y y y y y y y y y y y y y 3 se per se per ? b yy h yy y. tua & b yd y y man mor - rò man mor y. y y tua cal - & yd y ? la cal (y) yyy y ma a che in vi a 3 3 y rò yy h 4 yd y y y y y y y y yy y 4 yd y ma - yyy y h y yyy - yd yyy y yyd yyy 9 a d & y y yyyyy y la 3 che in vi - ta per - dè - y y y yd y y. 3 ta per - dè yy y yy y yy y y y y y & b 4 y y y y y y y y y y y y y y#y y y y ny 3 3 &b y e ? b xx x e y y 3 più y y più 3 mai non li y y y y y mai non li y y y y 4 y 4 yyy 4 y y h h h tur yd y tur yyy y - bar - bar y y y y 39 CRUTCHFIELD & b yd yd yy yd y y y yd yd dol - ce o - gnor mi & b yd yd - yd yd y y dol - ce o - gnor mi ?b scen yy y y scen y. y y di al cor y y - yd di al yy y yy y yy y yy y yy y cor yy y yy y y Non è da escludere l’ipotesi che qualcuno prima di Velluti abbia introdotto queste novità; difatti si trovano qua e là esempi della comparsa fugace di una sensibile che risolve per moto discendente sull’accordo di sesta o di quarta e sesta, come nell’esempio 20c. Tuttavia non sono a conoscenza di altri artisti che in passato l’abbiano adoperato con la marcata enfasi evidenziata dagli altri esempi, procedimento che però diverrà d’uso corrente da parte di Bellini, Donizetti, Verdi e Chopin (Es. 21; per Bellini vedi l’es. 33 più avanti). Es. 21 Sensibile che risolve scendendo sull’armonia della tonica. A) Verdi: La forza del destino: Urna fatale. B) Donizetti: Lucrezia Borgia: Tranquillo ei posa. C) Chopin: Notturno op. 32 n. 2. V #### & #### dolciss. y yd 3 yyy # yydy & b # n yyd ?b 4 d n yyy n yyyd yd y &b 5 y y ne mai yy 6 yd y y y y y y y y y y y . y yd y h che al - l’at - to in-de ? # # # # yd 40 3 3 yd y . gno mi con - ci - tò yy yy 4 4 3 4 4 yd 4 4 non yy y yy yy yy y yy yy yy 3 a 3 yy y y y pro - var yyd y .. y - a 4 4 yydy 3 y deb yy a 4 d yy y yd yy yyy - ba yy yy # yy yy y y y y y yy y yy yy yy y y G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA yyy bb y ny yby y y y y y & b b y y y y y ay 7 3 by y y y y by by y y y y ? bb b y y y y y y y y b y y y y ° 3 3 3 *° * ° * 3 Il risultato ottenuto è la possibilità di usare la sensibile come apice di una linea melodica su tutte le tre armonie (tonica, dominante, sottodominante), prassi alla quale Velluti diede conseguente rilievo nelle sue frasi solistiche, permeate così da un deciso slancio romantico. L’esempio 22 compendia tutte le tre risoluzioni nell’arco di poche battute: Es. 22 Sensibile che risolve scendendo su tutte le armonie. Fane: Gentil usignuolo (canzonetta). b & b b 5 yb yd yd yd ben do - po y yyyyyy l’e - sta b & b b 5 yb yd yd yd b &bb ben do - po sf te tra - man y y y y y h l’e - sta - te b & b b 5 yb yd yd yd b & b b 5 yb yd yd yd gli og - get - ti gli og - get - ti y y ? b y bb h che che y y yd yd p y y y y yny y y vi y h vi 5 - - y. di - y dor yy y yy y y y y 5 yy sf y yy yyd y y y yy y yy y y y y do - no o - dor tra - man - do - no o y. y y y - yd y y y y y y y y yy y y y y y y ? b y bb h b &bb - y. yy yyyyyyyy y y y y y yby y y y y y y y y y y y .y y y y#y y y y di y y 5 con - y y con - y y ser - vo nel cor yd yd y yd ser - vo nel y yy y y y y y y p y sf yyd 41 cor yy yy y CRUTCHFIELD Che ciò fosse percepito come una marcata novità possiamo dedurlo anche attraverso la testimonianza di un osservatore poco incline a lasciarsi sedurre. Nel recensire per l’«Harmonicon» un arrangiamento di «Ah che forse, Celebrated Air as sung by Signor Velluti» 43, l’anonimo critico elenca fra le sue rimostranze «the sharp seventh of the key falling» [il settimo grado non bemollizzato discendente], che a suo dire risulta «highly displeasing to a well-educated ear» [sommamente sgradevole a un orecchio raffinato]. Le orecchie della successiva generazione sarebbero state educate in modo alquanto diverso, e Velluti contribuì non poco a quello sviluppo. Prassi caratteristiche Gli argomenti finora trattati riassumono le innovazioni “progressiste” di Velluti; tuttavia non finisce qui la portata del suo contributo. Bisogna prendere in esame anche il trattamento che il cantante riservò alle ornamentazioni già storicamente codificate, incluse quelle tra le cui possibili forme la variante preferita da Velluti venne in seguito generalmente adottata. Gli ascoltatori dell’epoca riuscivano a percepire nei più piccoli dettagli decorativi la cifra personale di un artista; un esempio ci è fornito da un Air varié pubblicato nel 1827 da Charles de Bériot (futuro marito della Malibran) e recensito nello stesso anno da Bacon, il quale afferma che «we have more than once heard M. de Bériot distinguished as the Velluti of instrumentalists» [abbiamo sentito dire in più occasioni che M. de Bériot sia il Velluti degli strumentisti] e indica un passaggio che oggigiorno ci sorprende più che altro per non essere affatto sorprendente: Es. 23 Frammento di scala che si alterna con la dominante. De Bériot: Sixième air varié. & #### y yA A f y. yy yyyyy 3 dolce Si tratta di una breve quanto stereotipata figurazione (un frammento di scala che per moto discendente raggiunge la tonica, interrotto però dal ritorno alla dominante). Eppure, Bacon si prende la briga di stampare le due battute separatamente e di affermare: 42 They who have heard Velluti will discover the resemblance instantly, and little touches of this kind all through the piece evince who is, in a slight degree, M. de 43 Review: Piano-forte Music [recensione anonima], in «The Harmonicon», VII (1829), p 44. Non viene indicato il compositore né sulla pubblicazione, né sulla recensione; tuttavia l’aria richiamava un pastiche che accostava un cantabile di Pacini con una cabaletta di Bonfichi. Capitava di frequente di ascoltarla nei concerti e veniva interpolata dalla Pasta in Zelmira. Non sembra essere la battuta giusta quella nella quale il recensione avrebbe rintracciato la discutibile settima discendente, anche se nell’adattamento ne ricorrono altrove diversi esempi. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA Beriot’s model, and he cannot have pitched upon a finer for the minute shades of feeling, in which he (M. de B.) is so eminently successful 44. [Chi ha ascoltato Velluti si renderà immediatamente conto della somiglianza, e i leggeri tratti di questo tipo che attraversano il brano ci permettono di intuire il modello al quale M. de Bériot fa lieve allusione. Non avrebbe potuto sceglierne uno migliore per esprimere le sfumature più sottili del sentimento nelle quali M. de Bériot si distingue tanto.] Questo genere di commenti – come nel caso del giudizio espresso da Meyerbeer sugli intervalli diminuiti, così come quello sulla «sharp seventh of the key falling» del critico dell’«Harmonicon» – vale più di quanto sembri. Il disegno in questione, che probabilmente non avrebbe destato la nostra curiosità senza la segnalazione di Bacon, non si trova negli spartiti più noti di Mozart o Cimarosa, mentre compare qua e là in Verdi, ed è di frequentissimo uso come frase finale negli abbellimenti delle sorelle García (Maria Malibran e Pauline Viardot). Velluti ne fece costante ricorso, anche in retrogradazione, ovvero con il frammento di scala per moto ascendente e la dominante ribattuta nel registro inferiore. Es. 24 Frammento di scala che si alterna con la dominante. A) Mercadante: Andronico: Soave immagine (arrangiamento di Bochsa). B) Fane: L’amor timido (cantata). b & b b b 5 y yA yA yA yA y A y y y y. y. y. y y y y 6 tu b & b bb & & ## y so y so y - 5 b y. y tu ? b b (y) bb ## spi spi ti yd yd che ti y y ? ## y y y y y y ri al - l’a - ni y y ri - y yy y y y y y che 3 y. yyyy h 3 y h y y yy y y al - l’a - y yy y hni - ma - y h ma yyd 3 yb y y y y y yd 4 vuo - y. vuo y - y i y yd 4 i y y y y y y 44 [RICHARD MACKENZIE BACON,] New Flute and Violin Music, in «Quarterly Musical Magazine and Review (QMMR)», (1827), p. 261. La nostra citazione del frammento musicale segue l’edizione Litolff del sesto Air varié di de Bériot; la versione di Bacon ne omette alcune indicazioni espressive, oltre a collocare erroneamente le linee di battuta. 43 CRUTCHFIELD Non è certo necessario supporre che Velluti avesse l’esclusiva su queste soluzioni melodiche; ma è pur vero che se tale pratica fosse stata ampiamente diffusa, il critico non avrebbe potuto credere di scorgere l’influenza di Velluti su Bériot. Come si potrà a breve appurare, anche altri recensori ebbero modo di riconoscere la stessa influenza su un compositore molto più noto. Per il momento rileveremo nell’ampio ventaglio di «little touches of this kind» solamente alcuni fra quelli più comunemente adottati. Ne vediamo uno nell’es. 24b, dove, in corrispondenza della figurazione discendente sulla parola “vuoi”, la terzina comincia col ripetere la nota precedente (in assenza di una nuova sillaba). Si tratta di un elemento musicale appartenente alla tradizione. Nella sua Nouvelle méthode de chant et de la vocalisation del 1810 Alexis de Garaudé afferma, a proposito di quelle da lui definite doppie appoggiature, «on les écrit de diverses manières; mais c’est toujours une petite note, répétition du son précédent, sur laquelle on appuie la voix.» 45 [si scrivono in diversi modi; ma è sempre una notina, ripetizione del suono precedente, sulla quale si appoggia la voce]. Es. 25 Doppia appoggiatura secondo de Garaudé 1810. Andante & 24 3 y . yd y y y . yd y y Peter Lichtenthal, nel suo Dizionario del 1826, fornisce una descrizione simile di quelle che «si potrebbero chiamare Appoggiature doppie, ed anche Appoggiature aspirate» 46: Es. 26 Doppia appoggiatura secondo Lichtenthal. & 44 y. y yd y y h y. y y 5 ydy y h esecuzione Lichtenthal attribuisce l’introduzione di queste appoggiature interrotte a Gaspare Pacchierotti, il quale potrebbe aver esercitato una profonda influenza nel consolidamento della prassi della nota ripetuta all’interno del vocabolario comune; questa coloratura è una costante nella prima raccolta di arie annotate di Domenico Corri, composta al culmine della prima popolarità londinese di Pacchierotti 47. Tuttavia si tratta di consolidamento, non di “scoperta”: la figurazione è presente ALEXIS DE GARAUDÉ, Nouvelle Méthode de Chant et de Vocalisation, Paris, chez l’Auteur, 1810, p. 50. PETER [PIETRO] LICHTENTHAL, Dizionario e bibliografia della musica, I, Milano, Fontana, 1826, p. 20. 47 DOMENICO CORRI, A Select Collection of the Most Admired Songs, Duetts, &c., Edinburgh, Corri, c. 1780. Quattro antologie di Domenico Corri, collocabili cronologicamente fra il 1780 e il 1810, sono consultabili con maggior chiarezza nell’edizione facsimile Garland del 1993 ad opera di Richard Maunder, in cui le partiture annotate vengono raffrontate con le fonti probabilmente adoperate da Corri. 45 46 G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA (nella forma di Garaudé) in una «Aria di Hasse riffiorita da Bernacchi» conservata presso la British Library e trascritta probabilmente intorno agli anni Trenta del Settecento 48. In ogni caso Velluti aveva, di questo disegno, una variante preferita (o meglio uno sviluppo) nella quale la prima nota è preceduta dal grado superiore e la nota ripetuta dà il via a una terzina discendente. Dopo la terzina, secondo il contesto, la linea può ribattere la nota d’arrivo della terzina, come nell’es. 24b, o tornare al grado superiore, oppure proseguire in moto discendente come nell’es. 27 49: Es. 27 Frase finale con ribattuta interna. Rossini: Ciro in Babilonia: T’abbraccio, ti stringo. & bbb #y b & b b #y tu tu x pur x pur y y y y y y y y yd y .. spar - ge y y y y spar - ge ? bb y y y y y y y y y y b y - - ra x ra 3 - yy yy y - y y y y y i dal y y i dal x mi x mi - - yyyy se - ro yyyy se - ro y y y y y y y y yy y y y y yd . cor x cor 3 yy y y y y y y y y y y y Lo schema adottato da Velluti appare interessante per due ragioni. Innanzitutto gli appassionati di teatro d’opera non faranno fatica a percepire questa cellula come totalmente assorbita nello stile ottocentesco per l’accentuazione piana del verso italiano: «Casta diva che inargenti» (Norma), «Ah! non credea mirarti» (La sonnambula), «Vivi, ingrato, a lei d’accanto» (Roberto Devereux), «Al vegliardo la figlia ridate» (Rigoletto), ed «E di morire insieme» (Don Carlo) sono solo alcuni fra i numerosi esempi che potremmo fornire a tal riguardo (Verdi prediligeva ripetere il modello due volte, con un’acciaccatura la prima volta e una terzina la seconda, come in ambedue i casi appena citati). In secondo luogo, l’ampliamento del concetto di appoggiatura gioca un ruolo chiave nella diversificazione di una specifica sezione della frase melodica, ossia quella che segue il suo ultimo accento metrico. Nella scrittura musicale del Settecento e del primissimo Ottocento, GB-Lbl R.M.23.d.5. Antonio Bernacchi era un castrato bolognese che calcò le scene a partire dal 1700 circa fino agli anni Trenta del XVIII secolo. Alla stregua di Velluti, nell’ultima fase della sua carriera – a partire dal 1729 – fu attivo a Londra, tornando in Inghilterra – in un periodo di cui ignoriamo la precisa datazione – per insegnare l’arte del canto. L’aria è tratta dal Siroe (Bologna, 1733) e venne eseguita a Londra la prima volta nel 1736. Sebbene Bernacchi avesse collaborato con Hasse in altre opere, non abbiamo testimonianze del suo coinvolgimento nel Siroe, in cui il ruolo di protagonista principale – al quale l’aria appartiene – venne interpretato sia a Bologna che a Londra da Farinelli. Nessun documento, oltre la frase qui citata, chiarisce la provenienza del manoscritto. 49 Questo esempio è tratto da un curioso e diffuso adattamento di un’aria del Ciro in Babilonia, nel quale il testo di una sezione della Gran Scena di Ciro («T’abbraccio, ti stringo») è stato trasposto sulla musica di un’altra sezione (originariamente «E lieto, e contento»). Gli ornamenti per il passo di Velluti – sia quelli pubblicati, che quelli manoscritti – sono entrambi basati sulla versione adattata. 48 45 CRUTCHFIELD la frase termina generalmente o con una sola nota sull’accento tonico, o con un movimento semplice da una nota reale a un’altra, oppure con un’appoggiatura (o due note uguali in attesa che il cantante esegua un’appoggiatura). Queste sono le opzioni adoperate dai quattro compositori citati nell’es. 28, sulle parole “catene,” “cessate,” “accento” e “cielo.” Velluti mutuò da alcuni suoi colleghi più anziani, sviluppandola sotto l’egida della propria sensibilità artistica, la pratica di impreziosire con stilemi fortemente caratterizzati queste terminazioni piane. Potremmo imbatterci in una fioritura che svetta all’ottava superiore (Es. 28a), oppure in un breve pezzo di bravura sia per rapido moto ascendente che discendente (Es. 28c) o in una fitta trama espressiva di appoggiature e note sfuggite (Esempi 28b, 28d): Es. 28 Elaborazioni di cadenze femminili. A) Mayr: Lodoviska: Parto, ti lascio. B) Nicolini: Balduino: Nere, funeste immagini. C) Morlacchi: Tebaldo ed Isolina: Si, ravvisa quel guerriro. D) Mercadante: Andronico: Soave immagine (linea superiore: stampata da Piggott; seconda linea: stampata da Willis; terza linea: stampata da Mechetti). y yy y . y y yd & [ca-] te - ne ca - te - ne b & b b 5 yb y y yb y y yb yd 3 3 ma in mez - zo al-le ? b yy 5 bb n &b y y deh! &b y y deh! ? b yyy h 46 yy yy 5 n y. h yy yy 5 n yy 5 n y y . y y y y yb n n per yd pie- tà yb yy y y d y #y y y y ces - sa y. y y. h h n per pie- tà yy yy yy y y y yb yy y - yd yd ces - sa - y yyy te yd te y yyy yyyyyyyyy ## A A y yyyyy & # # y # yb y y y y y 4 y y ‹ yb yA d yA d y y y y 6 y y y h h h & #### Quel ci - y #y . h Quel ? #### 4 - ci glio a - mo - ro y yd glio & a yy yy yy yy y y y ## y & # # y # y y y y y yd #### yb. - cen y. - cen - - to y yd to - G yb ‹ y . mo - ro y xx - - so, quel y yd 5 so, x y n quel te - ne - xx ac - 3 y te ro - - y yyy b yy - x ne - ro ac- & #### Quel ci - y #y . h Quel ? #### 4 - ci glio a - mo - ro yb. y yd glio a yy yy yy yy y y y - G yb ‹ y . mo - ro xx y - - so, quel y yd 5 so, x y n quel te - ne - xx ac 3 y te ro - - y yyy b yy - ne - ro ac- x G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA # ## y & # y # y y y y y yd & #### - cen - y. - cen - ? # # # # xx to y x bb y . & b b y . y hy se tal bb & b b y. tal de - li se yd y y n de - li y y y. y n nH tal de - se bb &bb y h y. y n bb y . & b b y . y hy se yd to y h y h tal de ? b b b yy y yy y yy y b y - yy y h y y y y b yGb y y y y y y y. y yd 7 y y 6y y y y ny h y y y y b yGb y y y y y y y d y. yy [2] - - zia m’in - vi - di, o cie sia m’in - vi - di, o cie - - lo [6] lo [7] y y yn y y y y y 5 y . y y . y y . y y . y y y y y y y b 5 yy n nH n li zia m’in - vi - di, o cie lo y y y y y y yd h h h h li zia m’in - vi - di, o cie lo yy y yy y yy y yy y yy y yy y yy y yy y yy y y y y Ancora una volta pagine celebri ci rammentano come, nel futuro, questa parte finale della frase sarebbe diventata un punto nevralgico del linguaggio melodico: «Se ogni speme è a noi rapita» (I Capuleti e i Montecchi), «Mi guidò furtivo e in pianto» (I Puritani), «Ai verdi platani / al quieto rio» (Anna Bolena), «Tutto parlarmi intorno» (Nabucco). Un ulteriore “marchio di fabbrica” di Velluti è rappresentato da un gruppo di cellule discendenti che, sebbene si articolino in profili scalari, non sono un mero movimento per gradi congiunti. Talvolta il cantante decide di spostarsi su un registro più acuto dell’armonia solo per esibirsi in una di queste discese. La figurazione che probabilmente con più frequenza venne eseguita si sviluppa attraverso coppie di note di cui la prima nota ripete quella immediatamente precedente (Esempi 29a e 29b; cfr. anche la terza battuta dell’es. 28b sopra). Si trovano anche versioni nelle quali la nota ribattuta si presenta come acciaccatura (29c) e versioni sviluppate in terzine (29d) e quartine (29e). 47 CRUTCHFIELD Es. 29 Cellule ornamentali attraverso scale discendenti. A) Mercadante: Andronico: Soave immagine (stampata da Mechetti). B) Morlacchi: Tebaldo ed Isolina: Caro suono lusinghier (trascrizione di García). C: Fane: Fedra: Amor soave. D e E) Nicolini: Balduino: Nere, funeste immagini. b & b b b 5 yb y tu dolce y yyyy d 4 y y y spi - bb & b b 5 yb y . ? b b (y) bb & b yd tu - & b yd y y# y y yd i pia &b y y y y y y ?b y y & & # # ?# 48 ri y yy y pia - yb bel tà - x cer ny y y cer y y y ( ) ca y y yyyyy d’un ca - - l’a - y hni yy y y ydy per - y y - - y y y yd. & b 5 y y y y ny hy ? b yy y di tor - men - tar - yy y yy y - per - dè y sf sf sf 3 3 3 y y y sf y y yyyyyyyyyyyy d y n n 3 3 y yb y n n y yb yb n mi, di tor - men - tar - mi il yyy yy yyy y y y ma yy y y y yd y y y yb x di tor - men - tar - mi, di tor - men - tar - mi il 3 y sto a - dè 3 3 ma sto a y ydy y ydy y y 3 y y #y y y y & b 5 y y y y y y hy - y y y 3 y ni - y y y y y y y y y y y y - y yyyy y yd y . y y y y . y y y y . y y y y . d’un tà 3 l’a - al yy yyyyy yyyy y y y y. y y - - y yy y 3 bel al y y y h - spi yd i ri yb y y y y y y y y y cor yd cor yy - - mor yd mor y y y G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA & b yb al & b yb &b ? b al yb y# y cru y cru y n y n y y y y yby y y yyyyy - 3 do mio ny yb - do y n yy y y do 3 y mio y - y n do - yd y lor y h lor yy y y y yy yy Anche questi disegni giunsero, come lascito, ai compositori – in particolare le semplici coppie dell’esempio 29a (forniscono esempi a noi familiari: «Vien diletto» nei Puritani e «Sempre libera» nella Traviata), ma anche le forme più elaborate (cfr. es. 29d con «Ah! colà dimentico» in Anna Bolena). Un’altra abituale prassi, forse sorprendente in un cantante del periodo aureo della fioritura, ma di grande importanza in prospettiva, fu l’introduzione di abbellimenti non sui melismi bensì nelle ripetizioni di porzioni di testo in stile declamato. Nel bagaglio decorativo di Velluti, fra i numerosi esempi di questo gusto ornamentale si segnala il caso emblematico tratto dal Tebaldo ed Isolina, ripreso fedelmente da Donizetti nel verso «non lasciarti, non lasciarti lusingar», nel primo atto di Anna Bolena: Es. 30 Ornamentazione declamatoria. Morlacchi: Tebaldo ed Isolina: Sì, ravvisa quel guerriero. # ## & # yd. yb & #### yb y d yd yd y yd yd yd x mai scor - dar, mai scor-dar po - trò tal yd. yb yb y . mai scor - dar yd yb y . po - trò dì yd x tal dì Due ultimi esempi testimoniano l’adesione di Velluti ad alcune “maniere” settecentesche. Il primo viene fornito da una decorazione scritta sotto forma di notina, che attraverso un intervallo ascendente di terza o ancora più ampio sale verso la nota principale. Si tratta di un altro mezzo di radicata tradizione di cui ignoriamo le origini, visto che verosimilmente venne adottato a lungo prima che fosse avvertita l’esigenza di fissarlo in notazione. La peculiarità che emerge dall’impiego che ne fece Velluti risulta coerente rispetto a ciò che è stato documentato finora: Domenico Corri e gli altri precursori collocarono questa notina sempre sulla nota reale, mentre Velluti spesso la colloca su qualsiasi nota sia stata appena cantata, anche se quest’ultima dovesse risultare dissonante rispetto alla nuova tonalità 49 CRUTCHFIELD d’impianto, creando a tutti gli effetti una sospensione (vedi con particolare riferimento gli esempi 10b, 27, 28b, 28d, 29b). L’altra soluzione, una nota ribattua reiterata, si profila come evoluzione di una prassi virtuosistica risalente all’epoca barocca, che viene declinata attraverso un ampio ventaglio di varianti: Es. 31 Ribattute. A, B, C) Morlacchi: Tebaldo ed Isolina: Caro suono lusinghier (trascrizioine di García). D) Rossini: Aureliano in Palmira: Mille sospiri e lagrime (linea superiore, stampata da Boosey; seconda linea, partitura manoscritta di Belluno). mf arpège porté & b yd. a & b yd. a di sua di yy &b &b ?b ny n sua &b 3 ?b ny n y y y doux y yA yA yA yA yA yA y y y y y y y n y y y Gb y yd n n pu - ra vo - n n h pu - ra yyd y vo - 4 y y y & b 4 .. & b yy .... lut - tà - - lut - tà yyd 4 y b yy y G yb yb y y n n lo sen - to nel mio y yy y y y y y co a y y. y n h n or tri - ste e - - - re y y yd 3 a 3 - re 4 pianiss. x yd so y y y y y y yd 4 y y#y a 50 - Timbre ouvert éclat. lent piano ces notes lentes et égales 6 Gb yb. yGb y . y yd y n nH lo sen - to nel mio co y yy y yy y y yy h & b 4. - y y y y y3 n y y 3 n yA yA y yyy - a- y y .. y y # y n y n y b y y yd nH h nH h or tri - ste e so lo ayy ? yy yy yy .... yy yy h h y yn yb y y y - y y y yd - lo G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA & & # yy yy .. h or # yy che or che yy yy yy yy6yy yy yy n ti strin - go al yy yyb yy yy yy6yy yy yy n yy .. h # yy yy .. h 3 cor yy ti strin - go al cor yy yy yy yy h n or che ti strin - go al y y y y y y y y y y ? # yy & yy yy yy yy yy yy yy yy yy y y 3 3 3 xx cor se yy yy h yy yy h yyd yy 3 yy se se y y y y yy y yy y yy y yy y Il modello di ribattuto più frequente nella fase aurea del belcanto si sviluppò in forma sincopata (come nei momenti culminanti di «Casta diva», nel concertato di Lucia di Lammermoor e in «Sempre libera»); nasce spontanea la tentazione di chiedersi se nel secondo rigo dell’esempio qui sopra riportato (quello tratto da Aureliano in Palmira, frettolosamente scritto su una partitura del brano) l’esecuzione delle crome non potesse prevedere una loro legatura alle successive semiminime. Il contesto Quello finora esposto è un sintetico excursus storico sulle evoluzioni della melodia belcantistica attraverso la prassi di Velluti. Quali contributi giunsero invece da parte di altri musicisti? Ovviamente, non possiamo stabilire con certezza gli artifici di qualsiasi innovazione musicale, tantomeno quando tali cambiamenti sbocciano nell’alveo dell’improvvisazione; non possiamo porre in relazione i pochi ornamenti scritti su pentagramma con i molti tramandati oralmente. Nonostante tutto, il corredo epistemologico in nostro possesso ci permette di inserire Velluti in un preciso contesto. Con sufficiente credibilità si può affermare che le innovazioni finora descritte risultano o assenti o poco sviluppate nell’ornamentazione dei contemporanei e predecessori di Velluti, tra i quali Luigi Marchesi, Giuseppe Viganoni, Girolamo Crescentini, Elizabeth Billington, Andrea Nozzari, García senior e Angelica Catalani (tutti nati fra il 1754 e il 1780). Una variazione di Nozzari, probabilmente da datare verso il 1811, funge da caso paradigmatico: si tratta di una melodia puramente diatonica di Cimarosa, variata in maniera elegante e con equilibrato virtuosismo 50. Sebbene non manchino in Nozzari cromatismi o dissonanze, tuttavia la linea50 Questa è una delle tre arie con ornamentazioni che Antonin (Antoine) Reicha trascrisse per il suo Traité de la mélodie (Paris, 1814). Reicha racconta come l’habile chanteur gli abbia cantato più volte le arie, in modo da facilitarne un’accurata trascrizione, ma non specifica l’identità dell’autore. Le variazioni corrispondono però a quelle qui riprodotte, che vengono attribuite a Nozzari da Henri Gilles, allievo di Reicha, nel suo Complete Vocal Instructor (Baltimore, c. 1814). Nozzari lasciò Parigi 51 CRUTCHFIELD rità del suo linguaggio emerge con ogni evidenza nel confronto con le ardite soluzioni di Velluti; gli insoliti profili melodici finora osservati sembrano estranei allo stile del tenore. Figurazione 1 Aria di Cimarosa con fioriture di Andrea Nozzari. 52 In due ambiti si riscontrano maggiori affinità con il linguaggio di Velluti: nella musica per strumenti a tastiera – con particolare riferimento ai notturni e ai movimenti lenti scritti a partire dalla metà degli anni Dieci dell’Ottocento da John Field – e nei metodi di canto nei quali, soprattutto tra i solfeggi, vengono presentate per esigenze didattiche soluzioni ornamentali paradigmatiche, come ad esempio l’appoggiatura inferiore. Fra gli autori di questi compendi spicca il già menzionato Alexis de Garaudé, che pubblicò due versioni principali della sua Méthode – una nel 1810, l’altra nel 1825 – spiegando nella seconda i motivi della necessità di una revisione del testo precedente 51: Il est difficile de nier que le style du chant n’ait éprouvé, depuis 15 ou 20 ans, une de ces espèces de révolutions musicales qu’il a déja subi plusieurs fois, depuis nel 1811 per trasferirsi a Napoli; è dunque probabile che le variazioni fossero state trascritte qualche anno prima della pubblicazione dei due volumi. 51 ALEXIS DE GARAUDÉ, Méthode complète de chant, Paris, chez l’auteur, 1825, avantesto. Questo commento non è presente nella pubblicazione indicata come “seconde édition”, un’elaborazione di quella che a tutti gli effetti risultava già la seconda edizione del volume. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA un siècle, et qui en ont changé ou modifié la nature, à beaucoup d’égards. Rossini et les Compositeurs de son École, les chanteurs célèbres pour qui leurs Opéras ont été écrits, furent les moteurs de cette révolution, dont les innovations ont acquis une nouvelle force par le suffrage éclatant et unanime du public de toutes les Capitales de l’Europe. [È difficile negare che lo stile vocale non abbia subito, da quindici o vent’anni, una di quelle rivoluzioni musicali dalle quali è stato interessato parecchie volte da un secolo a questa a parte e che, sotto molti punti di vista, ne hanno cambiato la natura. Rossini e i compositori della sua scuola, i cantanti famosi per i quali quelle opere vennero scritte, furono i motori di questa rivoluzione, le cui innovazioni hanno acquisito una nuova forza dall’approvazione dirompente e unanime da parte del pubblico di tutte le capitali europee.] Il compositore francese, sebbene guardi con favore al nuovo stile vocale, continua a sostenere opinioni ampiamente condivise sulla necessità di conservare antiche virtù e spiega che [...] les longs séjours que j’ai fait en Italie, les conseils des grands Maîtres et des célèbres chanteurs que j’y ai recherchés avec empressement, m’ont déterminé à essayer de composer, sous l’influence du beau climat de ce pays, un nouvel ouvrage sur l’art du Chant, beaucoup plus complet dans ses divers rapports que ceux publiés jusqu’à présent. C’est à Naples, à Florence, à Venise et à Milan, c’est sur ces terres classiques de la Mélodie que j’ai écrit les Vocalises de cette Méthode, dont le but est d’essayer de donner un exemple du style usité en Italie, à la fin de 1825, et d’exercer les jeunes Artistes à la parfaite exécution des tournures de chant nouvelles, et des difficultés introduites dans les Opéras modernes. [i lunghi soggiorni che ho fatto in Italia, i consigli dei grandi maestri e dei celebri cantanti che ricercavo avidamente, mi hanno convinto a cercare di comporre – sotto l’influenza del bel clima di questo paese – una nuova opera sull’arte del canto, molto più completa nelle sue diverse parti rispetto alle precedenti pubblicazioni. Napoli, Firenze, Venezia, Milano: è in queste terre classiche della melodia che ho scritto i vocalizzi di questo metodo, il cui scopo è di tentare di fornire un esempio di stile in voga in Italia alla fine del 1825 e di esercitare i giovani artisti alla perfetta esecuzione sia delle colorature della nuova maniera di canto, sia delle difficoltà tecniche introdotte nelle opere moderne.] Garaudé conclude il suo intervento con l’auspicio che gli studenti possano aspirare – come lui stesso ha cercato di fare – [...] à réunir les avantages de la Méthode large et expressive des Gabrielli, des Mara, des Morichelli, des Pacchierotti, des Marchesi, des Crescentini, à l’élégance et au brillant de la manière de chanter des Velluti, des Fodor, des Pasta, des David, des Rubini, et des Lablache. [a coniugare i benefici del metodo ampio ed espressivo di Gabrielli, Mara, Morichelli, Pacchierotti, Marchesi e Crescentini con l’eleganza e la brillantezza dello stile vocale di Velluti, Fodor, Pasta, David, Rubini e Lablache.] 53 CRUTCHFIELD Come si evince dalle variazioni conservate da Luigi Marchesi, l’idealizzazione nostalgica svolse un ruolo non trascurabile nella costruzione del luogo comune che definiva sempre il vecchio stile come “ampio ed espressivo”. Comunque ciò che colpisce maggiormente nelle parole di Garaudé è aver collocato Velluti a capo del secondo gruppo – composto da colleghi più giovani di almeno dieci anni – e non nel primo, in cui figuravano tre castrati. Poche delle usanze innovative di Velluti si trovano nella prima edizione della Méthode, e quelle poche in forma limitata. In quella del 1825 invece ci sono quasi tutte, e si ritrovano largamente nelle variazioni dei cantanti elencati da Garaudé nel secondo gruppo (ai quali potremmo aggiungere i nomi di Marco Bordogni e Laure Cinti-Damoreau). Si può dunque affermare con sicurezza che Velluti fu magna pars in una serie di evoluzioni che trasformarono radicalmente la natura stessa della melodia italiana. Se volessimo prendere per oro colato le più forti asserzioni di Bacon, Pacini e altri, avremmo qualche cosa di più: un carismatico e dotato melodista che favorì fortemente il nuovo corso del mondo musicale italiano, lasciandovi la propria personale impronta. Un compositore, a tutti gli effetti – benché attivo solo nel circoscritto ambito dell’invenzione melodica – il quale introdusse mezzi espressivi che in breve tempo permearono tutta la musica vocale e non solo. Sebbene non sia possibile definire in modo decisivo la responsabilità personale di Velluti rispetto a queste innovazioni, non ci sono dubbi sull’impatto delle innovazioni stesse: divennero l’essenza della melodia belcantistica. Presentiamo uno degli esempi più semplici, tratto dal Pirata di Bellini. Il motivo iniziale di «Col sorriso d’innocenza» – ornamentazione a parte – è nient’altro che una scala diatonica discendente dalla dominante alla tonica, all’interno della quale Bellini, nel comporre le sue variazioni, si concentra sui soli gradi di mediante, sopratonica e tonica. “Ornamentazione a parte” – ma l’ornamentazione è tutto. Ecco lo scheletro, al quale seguiranno – corredate da una breve analisi – le quattro variazioni (quelle suonate dal flauto solista sono qui trascritte un’ottava più bassa). Es. 32 Scheletro melodico con le quattro variazioni ornamentali. Bellini: Il pirata: Col sorriso d’innocenza. 54 & b y. y y I y y V 7 y y I y Per Bellini, così come tanto spesso per Velluti, il primo procedimento da attuare consiste nell’aggiungere quelle che un critico pedante avrebbe immediatamente bollato come “troppe appoggiature” – ciascuna nota riceve la propria: & b y. y y. y y. y y. y y. y y y G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA Così è stabilito come base, come norma, il ciclo perpetuo di dissonanza-risoluzione. Nella seconda variazione, lo stesso disegno riappare affiancato da un secondo che colma la frase d’intensità attraverso la ripetizione interna: un’appoggiatura cromatica inferiore è introdotta, subito ripetuta, poi seguita da una ripetizione compressa della frase d’approccio: 6 y & b y . y y . y #y y y y y . y y . ny #y y y y y . y y . ny 6 L’inizio della terza variazione si aggrappa quasi ossessivamente al si bemolle, come se fosse pericoloso abbandonarlo, come se quest’ultimo e non la nota reale (il la) fosse diventato il centro di gravità. La tensione accumulata viene risolta nella seconda metà della frase per mezzo di intervalli più ampi e note sfuggite. Come Velluti nell’es. 11, Bellini propone tre volte la stessa figurazione ritmica con intervalli sempre diversi. & b y . y y . y y y y . y y . y y y y . y y y y . y y y yd 4 6 6 6 6 L’ultima variazione sfrutta ancora altre possibilità dentro lo stesso ritmo, e si apre all’uso ancora piu libero delle note sfuggite: sul terzo tempo la filigrana ornamentale lievita fino alla sensibile (mi) come apice della frase: y & b y. y y. y y y y y. y y y. y y y 6 3 6 yyy y Il mi risolve sul re, ma il re, a sua volta, non trova sviluppo: ci troviamo nuovamente al cospetto di una «sharp seventh of the key falling» e di una sopradominante considerata alla stregua di una nota reale a sé stante. In tutte e quattro le variazioni le note “principali” – le altezze strutturali dello scheletro – occupano la parte più piccola dello spazio ritmico. Solo in un unico frangente, ovvero nella terzina della quarta variazione, un quarto comincia su una nota consonante, e in questo caso – tanto siamo abituati all’appoggiatura si bemolle – il do consonante viene percepito non come la nota reale che è, bensì come un’intensificazione del dissonante si bemolle verso la propria risoluzione. L’estrema frequenza con cui Velluti applica la dissonanza è ormai diventato il cardine della sintassi melodica. L’intero cantabile, infatti, si può leggere come un compendio della personale interpretazione del linguaggio vellutiano da parte di Bellini, che, secondo l’espressione di Pacini, ne ha fatto “cosa sua”. È possibile riconoscere a colpo d’occhio lo squisito ricamo della sezione centrale nel suo rapporto con gli esempi sopra analizzati: le lunghe appoggiature che risolvono in veloci figurazioni che a malapena sfiorano le note principali, a loro 55 CRUTCHFIELD volta basate su ulteriori appoggiature; la cadenza femminile che si libra fino all’ottava superiore; la discesa per coppie con ribattute che arrivano a un’appoggiatura cromatica non preparata. Es. 33 Bellini: Il pirata: Col sorriso d’innocenza (due estratti). y. & b y yd h stent. y y y y y y3 y y n y y y y y y b3y y y a tempo y y y y y y y y y yyy nH Di - gli, ah! di & b yyd 4 3 - gli 3 che re-spi col canto a tempo ?b y y y y y y y y yy y y y. & b y yd h h 3 yyA yA yyA yA A y A yy yA yy yy # y y yy A A yy y yd 4 3 A 3 y yy 3 3 ri, 3 2 2 3 3 y y y y y yy yy y y y y y3 yy yy y n di - gli che sei li - & b yyd y y y A y y y y y ? b yd 4 3 yA d 4 A be - ro y y per y 3 #y yd 4 y me, yyyy yy yA 4 3 h In prossimità della climax sentiamo ancora la mediante sospesa sull’armonia di sottodominante e, ancora una volta, una «sharp seventh of the key falling», in questo caso sull’accordo di quarta e sesta: & b y5y n sì, a &b 56 yy y h x chi tan yyy ? b yA 4 3 h a piacere y y - yyy yA 4 3 h 3 a piacere a y y y y y y ay y y y . y y ay y y y y y y d y5 y y y yy y y y n n h - - to o - prò, col canto a 4 3 y y yyA d a yA d 4 3 o-prò col canto a y y y y xx yy ax yd 4 3 x per te. a tempo 3 yy y 4 h y È in gran parte merito di questa aria se Maria Callas nel 1958 poté dimostrare come il linguaggio di Bellini riuscisse a esprimersi con sensibilità moderna, pur senza il sostegno della popolarità e della tradizione che vantavano Norma, La sonnambula e I Puritani. Ciò che Bellini aveva dimostrato centotrent’anni prima con la sua opera rivoluzionaria, era che l’approccio melodico espresso da Velluti poteva alimentare non il vacuo acrobatismo, così facilmente vituperato dai non esperti, ma rappresentare G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA le fondamenta che nelle mani di un genio potevano servire a costruire un linguaggio melodico fortemente personale e di straordinaria potenza espressiva. III. RAPPORTI CON ROSSINI Sia Velluti che Rossini raggiunsero l’apice della loro carriera italiana nello stesso periodo. Il castrato nacque dodici anni prima del Pesarese e debuttò come cantante quando Rossini era ancora fanciullo, ma quest’ultimo fece progressi così rapidi che le due traiettorie trovarono ben presto un moto parallelo. Entrambi condivisero, all’incirca tra il 1812 e il 1824, la fase di massima celebrità in Italia; entrambi poi seguirono strade all’estero: Rossini a Parigi, Velluti a Londra; la fine degli anni Venti vide il loro concomitante ritiro dalle scene. Alla luce di tanto parallelismo risulta ancora più strano che abbiano avuto una sola collaborazione significativa: quella immortalata nell’aneddoto di Stendhal, con Aureliano in Palmira andato in scena alla Scala nella stagione 1813-1814. L’episodio riportato dallo scrittore francese è stato così di frequente raccontato che sarà sufficiente ripercorrerlo in modo sintetico. Rossini, che collabora per la prima volta con Velluti, da lui mai visto sulla scena, ammira la sua interpretazione dell’aria principale nella prima prova; si trova d’accordo con gli abbellimenti che il castrato comincia ad aggiungere nella seconda; ma durante la terza sembra al compositore che la sua musica sia quasi svanita sotto le nuove fioriture; e nella recita non è più in grado di comprendere cosa stia effettivamente cantando il solista. Ciononostante il musico è accolto trionfalmente da un pubblico che recepisce freddamente il resto dell’opera, la quale cade subito e del tutto in oblio. L’amour propre del compositore è profondamente ferito, e – in un lungo monologo interiore brillantemente inventato da Stendhal – Rossini decide di scrivere d’ora in avanti nelle proprie partiture ogni minimo ornamento, fino all’ultima appoggiatura, in modo da evitare pretesti per improvvisazioni da parte dei cantanti. Oltre al tono esagerato (presumibilmente voluto), Stendhal aggiunse diverse inesattezze. Rossini non entrava in contatto con il suo interprete per la prima volta: Velluti condivise la stagione 1809 al Comunale di Bologna con la Colbran e il tenore Nicola Tacchinardi (al quale Rossini, in una lettera scritta qualche anno più tardi, ricordò la circostanza) 52. Se, com’è probabile, il diciassettenne Rossini assistette a più di una recita, poteva forse essere in grado di riconoscere non solo la vocalità di Velluti, ma anche la sua «somma perizia nel frequente variare di modulazione, ed in quei gruppi di note o fioriture con le quali riveste sempre di nuove bellezze 52 Rossini a Tacchinardi, lettera del 20 gennaio 1818, in Gioachino Rossini. Lettere e Documenti, a cura di BRUNO CAGLI e SERGIO RAGNI, I, Pesaro, Fondazione Rossini, 1992, p. 238. 57 CRUTCHFIELD gli stessi pezzi» 53. Come ha correttamente osservato Rodolfo Celletti già a partire dal 1968 54, non si avverte alcun cambiamento di stile nella scrittura vocale di Rossini dopo l’Aureliano, così come va smentito che nelle sue opere successive non abbia lasciato più spazio all’improvvisazione dei cantanti 55. Non è neppure vero, come vedremo in seguito, che l’Aureliano sia stato dimenticato dopo l’esordio scaligero. Ma Stendhal, pur spesso inesatto, non è mai completamente falso. Ebbe una conoscenza profonda del teatro d’opera, e se ha romanzato i fatti per sostenere le proprie argomentazioni, ciò non inficia le argomentazioni stesse. Quella che concerne l’atteggiamento di Rossini riguardo alle libertà dei cantanti è stato da decenni e continuerà ad essere oggetto di discussione. Più rilevante per le nostre finalità è l’incontro con Velluti, e a questo punto si può affermare che, per quanto ci possa essere di inventato in Stendhal, la collaborazione alla Scala non andò affatto bene. Indizi di scarsa simpatia vengono da ambedue le parti. Durante il suo periodo di dominio incontrastato a Napoli, Rossini non si mostrò ostile alla tradizione del musico eroe, e alla luce dei suoi ben noti encomi nei confronti dei castrati, non sembra probabile che fosse disposto a rifiutare in linea di principio la loro presenza 56. Ma l’unico castrato di chiara fama al momento era Velluti, e Velluti – malgrado i suoi travolgenti successi napoletani nel decennio precedente – non tornò al San Carlo durante il periodo rossinano, né pare che venisse più richiesto. Per quel che concerne il cantante, la sua celebrità gli concedeva il diritto di definire il repertorio ovunque si esibisse. Anche Andronico di Mercadante – accolto tiepidamente al suo debutto veneziano e presto dimenticato – venne replicato in altre quattro città per ordine del castrato; Traiano in Dacia di Nicolini, che riscosse maggior successo, addirittura in tredici. Ma Velluti respinse Aureliano; benché l’opera stessa abbia avuto un apprezzabile riscontro da parte del pubblico (sono documentabili con certezza tra settanta e ottanta produzioni fra la “prima” scaligera e il ritiro dalle scene del cantante 57), Velluti non tornò ad interpretarla 58 53 «Giornale del Dipartimento dell’Arno», n. 142 (26 novembre 1812) p. 4, citato in PAOLO MECHELLI, Alcuni aspetti della produzione operistica di Giuseppe Nicolini in Toscana, in FLORIO et al. cit. 54 RODOLFO CELLETTI, Origine e sviluppi della coloratura rossiniana, in «Nuova rivista musicale italiana», II (1968), pp. 872-919 55 La sua ultima opera scritta per un teatro italiano, Semiramide, presenta ancora alcune cadenze finali indicate solamente attraverso la corona, così come ripetizioni invariate della cabaletta e simili opportunità per l’elaborazione solistica. La nostra comprensione della radicale semplificazione della scrittura vocale nelle successive partiture francesi di Rossini è una questione ancora aperta; la preziosissima ricerca condotta da Damien Colas su documenti musicali e sulla rassegna stampa di questi lavori ha rivelato che gran parte dello stile ornamentale italiano del compositore fu reinserito nel corso delle prove e risultò evidente ai critici nelle esecuzioni. È possibile che Rossini fosse più attento a come un’opera francese dovesse apparire sulla pagina scritta piuttosto che al risultato delle esecuzioni. Cfr. DAMIEN COLAS, Rossini: L’opéra de lumière, Paris, Gallimard, 1992 e Melody and Ornamentation, in «The Cambridge Companion to Rossini», Cambridge, Cambridge University Press, 2004. 56 Cfr. EDMOND MICHOTTE, Una serata da Rossini, in «Bollettino del Centro rossiniano di studi», XLIV (2004), p.125. 57 TOM KAUFMAN, A performance history of Aureliano in Palmira, in «The Opera Quarterly», 15-1 (inverno 1999), pp. 33-37, con i miei più sentiti ringraziamenti ai miei colleghi della Fondazione G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA che dopo ben dodici anni, quando a Londra fu sottoposto a pressioni per soddisfare la smania del pubblico per le opere rossiniane 58. Ancor più eloquente in questa prospettiva è il fatto che durante il decennio e mezzo in cui rimase attivo sulle scene, Velluti non interpretò alcun ruolo in altre opere rossinane, sicuramente un caso unico tra i cantanti celebri dell’epoca 59. I due artisti non furono però nemmeno nemici giurati. Rossini e Velluti collaborarono in apparenza senza particolari attriti all’allestimento della cantata Il vero omaggio, eseguita in occasione del Congresso di Verona nel dicembre del 1822. Per l’occasione gli interpreti furono selezionati all’interno della compagnia scritturata al Teatro Filarmonico, dove Velluti stava esibendosi in Tebaldo ed Isolina; Rossini adattò un’aria estratta dalla precedente cantata La riconoscenza alla tessitura un po’ più bassa preferita da Velluti, inserendo nella partitura alcuni tratti tipici dello stile del cantante. Da parte sua, Velluti mantenne nel proprio repertorio da concerto due duetti dall’Aureliano, uno dei quali, nel 1815, fu da lui interpolato nell’Adolfo di Nicolini 60; oltretutto è risaputo che Velluti interpretò in concerto almeno altre cinque pagine rossiniane, di cui tre figurano nell’elenco di arie stampate con le sue variazioni. Come unica testimonianza diretta di un giudizio reciproco, si segnala la conversazione sui castrati intrattenuta da Rossini con Edmond Michotte nel 1858: il compositore ricorda di aver scritto un ruolo per «un des derniers et non des moindres.» 61 [uno degli ultimi, e non dei meno importanti]. Sebbene ciò suggerisca perlomeno una circospetta stima reciproca, tuttavia non è da liquidare come casuale l’esclusione dal repertorio di un cantante di rango delle opere del compositore più acclamato dell’epoca. La grande popolarità riscossa dal racconto di Stendhal rende complicato stabilire con esattezza come si siano svolti realmente i fatti. Chi ha citato il presunto litigio dopo il 1824 (e molti lo fecero) potrebbe Rossini, i quali hanno ampliato in modo sostanziale la cronologia di Kaufman per l’imminente pubblicazione dell’edizione critica dell’opera. 58 Cfr. per esempio The Opera-Signor Velluti (contributo anonimo fornito da “un corrispondente”) in «The Examiner», [London], 26 febbraio 1826, p. 125. Il giornalista chiede come mai il King’s Theatre sotto la direzione di Velluti non avesse allestito «some of the operas of Rossini which have never been represented in England [...]? Simply because Velluti has had a tiff with Rossini, and has taken a vow never to sing again in any opera of his composition – Fee, fa fum!» [alcune tra le opere di Rossini non ancora rappresentate in Inghilterra. Semplicemente perché Velluti aveva battibeccato con Rossini, facendo voto di non esibirsi più nelle sue opere: Fee, fa fum!] 59 Numerosi interventi di sapore aneddotico indicano che Velluti avesse in seguito interpretato altri ruoli rossiniani, ma non siamo in possesso di materiale documentario a supporto di tale notizia. L’unico riferimento a noi noto che ci offre una versione particolareggiata dei fatti – l’articolo pubblicato in «The Examiner» appena citato, che asserisce la partecipazione del cantante nella Donna del lago a Verona e in Semiramide a Venezia – può essere definitivamente accantonato. Velluti, comunque, tornò ad interpretare un’ultima volta l’Aureliano a Brescia nel febbraio del 1830 (cfr. «Notizie italiane», (recensione anonima), in «Il censore universale dei teatri», 10 febbraio 1830, pp. 47-48). 60 Teatri (recensione anonima), in «Giornale di Venezia», 28 giugno 1815, p. 4. 61 MICHOTTE cit. 59 CRUTCHFIELD aver riportato l’opinione corrente sulla vicenda. Un interessante resoconto precedente a Stendhal arriva dal consigliere privato Alexander von Miltitz, di cui è ben noto il giudizio negativo sulla Messa di Gloria che Rossini presentò a Napoli nel 1820 62. Un commento di Miltitz suggerisce che egli fosse personalmente a conoscenza dell’atteggiamento di Velluti nei confronti dell’operista: nel corso della Messa, secondo Miltitz, si ascoltava [...] die ganze Reihe der Favoritgänge diese Komponisten durch 32 [sic] von ihm geschriebene Opern entfaltet, theils erfunden, theils deutschen Meistern gestohlen, theils dem berühmten Velluti abgelernt, der sie, wie bekannt, öffentlich als sein reklamirt. [...la serie completa dei passi favoriti che si dispiegano nelle 32 [sic] opere firmate dal compositore, alcuni di sua creazione, altri rubati a maestri tedeschi, altri ancora appresi dal famoso Velluti, che, come noto, li rivendica apertamente come propri.] L’insinuazione che Rossini potesse aver imitato Velluti spinse Radiciotti ad inserire due punti esclamativi di indignazione nella sua traduzione del passo 63. All’epoca, però, l’opinione di Miltitz era condivisa da altri, che ritenevano anzi che Stendhal la pensasse come loro. Così Bacon: [...] that the first composers of the time have adopted his example in their works we learn from that passage in the Biography of Rossini, which accounts for the rise and formation of his “second manner” 64. [che i principali compositori dei nostri giorni abbiano adottato il suo stile (di Velluti) lo sappiamo da quel passo della Vie de Rossini in cui vengono descritti la nascita e la formazione della “seconda maniera” del compositore.] Ancor più esplicito in tal senso fu G. L. Engelbach (come Miltitz militare e melomane), il cui interesse per il teatro d’opera era rivolto non solo all’epoca di Velluti e Rossini, ma alla fase precedente. In calce a una dissertazione sull’influenza che lo stile di Pietro Generali esercitò sulle opere di Rossini, Engelbach asserì: 60 From Velluti, also, he has borrowed largely, as regards style and manner; and he has made good use of these loans; principally, of course, in vocal compositions, but not in these alone: many of Velluti’s modes of embellishment and diction have 62 A quanto pare pubblicato per la prima volta nello «Stuttgarter Morgenblatt für gebildete Stände» il 20 settembre 1820, è stato inserito in appendice alla traduzione di Amadeus Wendt dello scritto di Stendhal e da allora è stato riprodotto su larga scala. 63 GIUSEPPE RADICIOTTI cit., p. 402. Un solo punto esclamativo sarebbe bastato per l’accusa di aver derubato i maestri tedeschi. 64 [RICHARD MACKENZIE BACON,] Signor Velluti, in «Quarterly Musical Magazine and Review (QMMR)», VII (1825), p. 269. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA been engrafted upon the instrumental scores of Rossini. [...] In fact, the styles of both are strikingly similar; and if the report is as true as it is credible, Rossini formed his style of embellishment upon that of Velluti 65. [...] [Egli ha preso in prestito a piene mani da Velluti quanto a stile e maniera, e ha fatto buon uso di questi prestiti; principalmente, è ovvio, nelle composizioni vocali, ma non solo in queste. Molte modalità di abbellimento e di fraseggio di Velluti si ritrovano nelle partiture strumentali di Rossini. Di fatto gli stili di entrambi sono straordinariamente simili; e se ciò che si racconta è vero, oltre che credibile, Rossini formò il suo stile di ornamentazione su quello di Velluti.] È ovvio che un artista così universale e affermato come Rossini non può aver «formato il suo stile» su quello di un solo modello; eppure queste testimonianze risultano di indubbio interesse. Non ci è concessa la possibilità di ascoltare tutti i cantanti da cui il giovane compositore trasse il suo modello di ornamentazione. Ma se i testimoni dell’epoca che li ascoltarono dal vivo avessero ragione nel postulare una ascendenza da Velluti, quali prove potremmo rintracciare nella musica di Rossini? Di certo non quelle trovate nel Pirata di Bellini. Se Rossini fa un uso a volte impressionante di un’appoggiatura cromatica (come non ricordare l’attacco della grande preghiera del Mosè, «Dal tuo stellato soglio»?), questo rimane tuttavia un effetto isolato, non un modo espressivo abituale. E in effetti Rossini sembra non aver mai condiviso il gusto per il cromatismo e la dissonanza che animò Velluti: anche nella musica degli ultimi anni parigini, piena di arditi tentativi armonici, Rossini rimase ancorato ai solidi pilastri forniti dalle note reali sui tempi forti – a differenza di quel che fecero Verdi e Bellini – e fedele all’ammirazione per Haydn e Cimarosa. Ciononostante, in altre situazioni Rossini optò per soluzioni “straordinariamente simili” (Engelbach) a quelle di Velluti. Il pressoché sincronico articolarsi dei loro percorsi artistici rende inutile qualsiasi tentativo di attribuire paternità all’uno o all’altro. Che si voglia credere o meno al punto di vista di Miltitz, in ogni caso ci troviamo di fronte a prassi compositive di indubbia affinità. Citiamo solo quattro esempi tra i molti che si potrebbero fare: – Rossini talvolta arricchisce un intervallo con le sue appoggiature “limitrofe,” come nella ripetizione dell’accorato appello di Ninetta a Pippo nella Gazza ladra: 65 G. L. ENGELBACH, The Characteristics of Rossini’s Compositions, in «The New Monthly Magazine», XXVII (1° gennaio 1830), p. 56. Engelbach, dallo stile della sua scrittura, sembra risultare con probabilità lo scrittore identificato da Theodore Fenner come “Critic Z”, un collaboratore di «The New Monthly Magazine» dal 1824 al 1830, di grande competenza musicale, che altrove fa riferimento a «25 years of experience with opera» [un’esperienza di venticinque anni nel teatro d’opera]. Cfr. FENNER cit., pp. 40-41 e 683. 61 CRUTCHFIELD Es. 34 Intervalli circondati da appoggiature. Rossini: La gazza ladra: Ebben, per mia memoria. & # y y y. y y. y y y. y y. y y. y b .y y yb y yb yb y y yb y # y yb n n n non hai & # d y. #y h più scu - se a - des - so di ri - fiu - tar - la an - ny y y y y y y yny y y 5 5 y y y y y y y y n y# y y y y y # y y n n n - cor, non hai più scu - se a - des - so di ri - fiu - tar -la – Le coppie discendenti con acciaccature e note ribattute non necessitano di illustrazione a chiunque ricordi – tra i molti esempi – la frase «Sì, Lindoro mio sarà» di Rosina nel Barbiere di Siviglia. – Un’altra impronta di stile vellutiano (non ancora menzionata) è la ripetizione di un movimento intervallare di terza ascendente e discendente da parte di due voci, le quali, tra loro, cantano per terze: Es. 35 Terze parallele a due nell’ornamentazione di Velluti. A) Rossini: Aureliano in Palmira: Mille sospiri e lagrime (stampata da Boosey). B) Rossini: Tancredi: Ah, come mai quest’anima. C) Nicolini: Se possono tanto (notturno). & & # yy or or te de & 62 # y. y. te de yy yy yy yy 6 yy yy yy yy n yy .. h yy yy yy yy h n che # yy # & yy yy .. h ti strin - go al cor 3 xx ti strin - go al che cor 6 - - 6 yy yy yy yy yy yy yy yy # y yy yy yy n xx #y - - - ne - ro bo - le yyd ne bo - mio mio yy h ro yyd mio mio le cor cor xx cor cor ## y. & # # 4 yyd yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy y . & #### d’un al - 4 yyd yyd yy d’un al - ma ma fe yyd fe - li - - yyd yy li - ce - ve - ro cor yyd yyd yy yyd cor ce d’un po d’un po - ve - ro y. y. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA Se questa prassi non si cristallizzò nel vocabolario comune a un’intera generazione di musicisti, Rossini è stato però chiaramente pronto ad accoglierla: Es. 36 Terze parallele nel duetto. Rossini: Semiramide: Giorno d’orrore. 3 & # y ( ) y y h yy [tro - var] tro yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy yy .. - 6 var pie - yy yd y tà – Altra originale soluzione melodica esplorata da Velluti è l’uso di una cellula arpeggiata che di solito scende verso il registro grave per poi risalire: Es. 37 Arpeggio nell’ornamentazione di Velluti. A) Mercadante: Andronico: Soave immagine (arrangiamento di Bochsa) 66. B) Rossini: Tancredi: Ah, come mai quest’anima. C) Fane: Fedra: Amor soave. D) Pacini: La sposa fedele: I fieri palpiti 67. & & & & & # # y. So y. So # # y y y y y y y y y y y yb yd y - a - ve im - ma y y yd a - ve im - ma - y yyyy yyy y o yyyyyyyy o # d y yy y y6 y. de y s’o - scu # & yd delicatiss. de yy - - - - gi - ne - gi - ne 6 y y y y y y yyy - - - - 3 bo - le mio 5 yb y . h bo - le 3 y y y y yyyyy h x s’o - scu - y y y y y y yb yd ra y. h ra il y cor yb y mio cor y cie - lo y y n il yd y y cie - lo 66 Anche se la tonalità originale dell’aria è la bemolle maggiore – come illustrato negli altri esempi – l’arrangiamento di Bochsa è in sol, tonalità nella quale Velluti ha trasportato l’aria per le sue tardive esibizioni a Londra. 67 Non risulta chiaro in questo arrangiamento quale parte della linea vocale appartenga a Pacini e quale a Velluti; finora non sono state individuate copie della partitura originale che permettano di stabilire un confronto. 63 CRUTCHFIELD & # pp y I .y .y .y .y yy yyyyy y y y y y y fie - ri pal - .y .y .y .y yy yyyyy y y y y y y y pi - ti di que - sto co - re Colpisce il fatto che Rossini abbia adoperato una versione estesa di questo disegno quasi esclusivamente durante le stagioni immediatamente successive alla sua collaborazione con Velluti, e quasi sempre in sol maggiore: Es. 38 Arpeggio ornamentale nelle opere di Rossini, 1815-1817. A) Elisabetta, regina d’Inghilterra: Finale secondo. B) Il barbiere di Siviglia: Dunque io son. C) La Cenerentola: Finale primo. D) La Cenerentola: Sestetto. & & & # # # y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y yd y y y sia - te V V Ah yd tu so 64 - li - ci - lo, a - mor tu sei che mi y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y # y y y y y y y # y y n yb y y pen - sar vor - re - - la - 3 3 cri - 3 me - i 3 3 y y y yyyy y y y y d 4 yd. yb y y y y y y y y y y y y y 3 Quel - le # - yyyy y y y y#y y y y y y y y#y y y ny y y y y y y d b y. y yyy yyy par - lar, # fe mi - ra - te: yd. qual yb can- 3 y yyy y y y y yyy y y y y y y y y y #y y y - do - re! qual bon - tà La cosa più utile per valutare sia la possibile influenza che l’aneddoto stendhaliano, sarebbe ovviamente disporre di una trascrizione degli ornamenti eseguiti in quella occasione. Di Aureliano possediamo una versione completa e alcuni frammenti del duetto del secondo atto, ma non è il duetto il problema: fu apprezzato all’epoca e Velluti lo mantenne nel proprio repertorio fino alla fine della sua carriera. La questione stava nella grande aria di Arsace. Proprio di questa pagina si è occupato nel 1983 Rodolfo Celletti 68, il quale ha individuato sulla linea melodica scritta da Rossini i possibili passaggi in cui potrebbero essere stati inseriti abbellimenti e cadenze, affermando tuttavia che «come si disimpegnasse il Velluti non ci è dato sapere». «Quanto lo vorremmo, però!» – verrebbe da chiosare – e non è escluso che ora ce ne sia concessa la possibilità. 68 RODOLFO CELLETTI, Storia del belcanto, Fiesole, Discanto, 1983, p. 146. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA Fra le fonti di Aureliano in Palmira si segnalano due manoscritti di grandissimo interesse della Gran scena di Arsace, corredati da fioriture. Uno è vergato su pentagrammi vuoti posti sopra la linea originale in una partitura completa conservata a Parma 69; l’altro è un pezzo staccato che contiene una versione abbreviata della scena, e riporta la parte vocale solamente nella forma fiorita, la cui paternità, sul frontespizio, è attribuita al contralto Carolina Bassi, che fu Arsace in almeno tredici produzioni di Aureliano durante il primo decennio di vita dell’opera 70. Per quanto divergano fra loro in dettagli, le due versioni hanno molto in comune – compresi i tratti più marcatamente personali – tanto da non poter essere considerate altro che due stesure della stessa interpretazione. E mentre gli interrogativi continuano ad avere la meglio sulle risposte, possiamo affermare con certezza che questa interpretazione ha qualcosa a che fare con Velluti. La partitura di Parma proviene all’archivio di Maria Luigia di Borbone, duchessa di Parma, e, analogamente alla maggior parte della sua collezione, è stata copiata in Toscana, in questo caso nella copisteria fiorentina Manzuoli e Meucci 71. Oltre alle variazioni nella Gran Scena, le uniche annotazioni sono alcuni tagli in altri pezzi. Le fioriture sono state scritte da una mano non identificata, e sembrano essere state copiate nella partitura, non composte al suo interno. Due pezzi sono stati estratti dal manoscritto, presumibilmente per un utilizzo in concerti. Maria Luigia era stretta amica di John Fane, Lord Burghersh, ed è attestato che assistette a diversi concerti privati nella residenza Burghersh a Firenze, tra cui ad alcuni nei quali cantava Velluti 72. I due pezzi in questione sono precisamente quelli che Velluti eseguì altrove in concerti pubblici, e uno dei soprani con cui li cantò (Emilia Bonini, sua allieva e Zenobia della produzione londinese di Aureliano) prese anch’essa parte ai concerti di Fane. È quindi possibile ipotizzare un tempo, un luogo e un motivo plausibile per cui il manoscritto parmigiano potrebbe essere venuto in contatto con Velluti. Si tratta di una mera suggestione: quel che abbiamo esposto può ragionevolmente aver portato a una presenza nella partitura conservata a Parma di variazioni ricollegabili a Velluti, ma non abbiamo alcuna testimonianza diretta al riguardo. Molto più forte è il collegamento del castrato con l’altra copia, quella che attribuisce le variazioni a Carolina Bassi. Questa copia era in possesso di Velluti, e non solo: il cantante la inserì nella partitura che approntò per l’allestimento di Aureliano a Londra nel 1826, preferendola a un altro manoscritto che recava la scrittura originale di Rossini. I-Pac Borb.3093/I-II. I-BEc 69427. 71 Ringrazio Daniele Carnini per la delucidazione della provenienza del manoscritto parmigiano. 72 AUBREY S. GARLINGTON, Society, Culture and Opera in Florence, 1814: Dilettantes in an “Earthly Paradise”, Burlington, Ashgate 2005, passim. 69 70 65 CRUTCHFIELD Il pezzo staccato riporta la scena nella forma abbreviata che la Bassi (secondo i libretti a stampa) aveva sempre adottato nelle sue numerose recite dell’opera. Velluti, per Londra, accolse i tagli effettuati nel cantabile e nella cabaletta, ma reinserì – usando pagine tratte dalla copia senza fioriture – il dialogo con i pastori, che la Bassi non aveva mai interpretato. Ai frammenti così ricomposti – ovvero le due metà della copia della Bassi e il segmento inserito tra loro – sono stati poi assegnati tre numeri consecutivi, inseriti da un’altra mano sulla prima pagina della copia della Bassi, conformandoli alla sequenza di fascicoli che compongono il secondo atto della partitura Londra/Belluno. Non c’è alcun dubbio, quindi, che fosse intenzione di Velluti che il direttore musicale utilizzasse per la Gran Scena il manoscritto ornato della Bassi e non la versione originale. Per quale motivo il cantante creatore del ruolo – celebre per le sue colorature, abituato ad annotarle sul pentagramma – avrebbe scelto di integrare questa versione nella sua partitura? La spiegazione più intuitiva e convincente è che le variazioni fossero state create non dalla Bassi ma da Velluti, poi da lei adottate o forse (vista la lunga esperienza didattica di Velluti nella formazione dei colleghi professionisti) a lei insegnate dal castrato. Si conoscono peraltro altri casi di attribuzioni di variazioni prese “in prestito”: un esempio parallelo viene fornito da un pezzo già citato, «Soave immagine» da Andronico di Mercadante. Negli anni Venti la casa editrice L. Willis & Co. pubblicò l’aria con «The Graces & embellishments by Signor Crivelli» [gli ornamenti e abbellimenti del signor Crivelli]; tuttavia confrontando questa versione con le altre tre certamente attribuite a Velluti, emerge come Crivelli abbia fornito ai suoi editori un’ulteriore stesura dell’interpretazione del cantante marchigiano. 66 Nel caso dell’aria di Mercadante, è facile capire cosa sia accaduto. «Soave immagine» è stata celebrata (da Mary Shelley tra gli altri) 73 come un capolavoro dello stile ornamentale di Velluti, e Domenico Crivelli (il cantante che trasmise a Willis gli ornamenti per questo e altri brani) era figlio, allievo, e compagno di viaggio di Gaetano Crivelli, un tenore che cantava spesso con Velluti in produzioni tra le quali figura la prima e tutte le successive rappresentazioni conosciute dell’Andronico 74. Non abbiamo testimonianze del genere riguardo a possibili contatti fra Carolina Bassi e il castrato, e non abbiamo esempi a se stanti della sua ornamentazione da mettere a confronto con quelli trovati nei manoscritti. Nondimeno, esaminando le due versioni della Gran Scena rispetto ai molteplici esempi dello stile di Velluti, spicca nettamente la cifra personale del cantante. Tutte le caratteristiche musicali che abbiamo analizzato in precedenza si trovano Cfr. nota 99. Nel 1825 Domenico Crivelli fu, insieme a Velluti, uno dei due insegnanti di canto dell’appena fondato London’s Royal College of Music. Il padre Gaetano, nel frattempo, tornò a Londra su sollecitazione di Velluti nel 1826 per cantare nel Tebaldo ed Isolina; cfr. EBERS cit., p. 293. 73 74 G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA in gran parte in questo adattamento della Gran Scena. Se non fossero le variazioni di Velluti, non potrebbe trattarsi che di un’abilissima imitazione del suo stile, compresi alcuni fra i suoi aspetti più peculiari. I tratti distintivi della “maniera” vellutiana sono presenti nel corso di tutto il recitativo, ma diventano quasi inconfondibili nell’incipit del cantabile 75: Es. 39 Rossini: Aureliano in Palmira: Perché mai le luci aprimmo (ornamenti tratti dai manoscritti di Parma e Belluno). & & # # [P] yd. yb # y yd. yb y. Per - ché mai Per - ché ma & # # yd y be yd y be - i - tu & # y - tu le lu - ci yyy. le lu [3] y y . yGb y b y y y y y y y d . y. n - ne, in re yb y y y . yd. ne, - in re - gia cu gia cu y y yy - - - na quan y - na to a no se na, ci se ci - y. y h n to - glie la for- la for- y. y h n y glie yy y yyyyyy [B] d y. y y. y y y y . y b y n Hn 3 i pro -mi - se a - mor? y. y y. y yd y . y n nH 3 quan - to a noi yyy y h to yy y y yy y yy y y y3 d y y. ?# y y y y y y y y y y y y ca - ro y y y y y y y y y yd. yb y yy - y y y y [B] [P] - ca - ro mo, - 3 yd y y yd y # y y y yd y y y y y y . y yd. 3 mo, yd. yb yd y yd y y y na, - y y ny y yy y y y y yyy G yb y .. - 3 y y .. nH ci a-prim 3 y y y y y yy yy yy #y . y y y y y y a - prim - 3 y y y ?# y y y y y y y # d & yy y yyy y n n yA h y h 3 ?# 3 & yA h pro - mi 4 yyy y 4 h yy y h - se a 4 y mor? y y y 3 75 Le due versioni manoscritte saranno interamente pubblicate nel commento critico dell’edizione dell’Aureliano, in via di pubblicazione presso la Fondazione Rossini. Qui di seguito verranno presentati alcuni passi in una miscellanea delle versioni di Belluno e Parma, indicate sopra la linea vocale con le iniziali B o P. 67 CRUTCHFIELD Nelle prime otto battute Rossini mette una nota consonante su tutti i battere, tranne che in uno; i manoscritti con le colorature, viceversa, presentano note dissonanti su tutti i battere meno che su uno (l’eccezione compare sempre in un punto diverso; l’assemblaggio qui presentato riporta appoggiature su ciascuno degli otto battere). Vi è anche la presenza di tre note cromatiche in posizione preminente, mentre Rossini non ne adopera neanche una. Non mancano le terminazioni piane con ribattuta interna (“toglie”, “fortuna”) e quando ricompare il tema principale – lasciato invariato da Rossini – i finali sono ancor più elaborati, e assomigliano molto da vicino ai modelli che abbiamo analizzato nelle fioriture di Velluti (con particolare riferimento agli esempi 2b, 10a, 10b, 28d): Es. 40 Rossini: Aureliano in Palmira: Perché mai le luci aprimmo. Finali in ripresa melodica, con fioriture indicate nei manoscritti di Parma e Belluno. # Py y . y y & #y y y n a - prim [3] - B y y y y y #y y y y y y t mo [re] - gia cu - na L’intero repertorio ornamentale di Velluti è citato nel corso di tutta la scena, incluse le coppie di note discendenti (Es. 41a; confronta gli esempi 28a, 29a, 29b), le sestine ascendenti che si articolano dopo la pulsazione (Es. 41b; confronta gli esempi 20a, 20c, 24a) ed anche le solite ribattute (Es. 41c; confronta gli esempi 31a-d). Es. 41 Tipici tratti stilistici dell’ornamentazione di Velluti presenti nei manoscritti dell’Aureliano conservati a Parma e Belluno. b &bb y by ny h h b &bb y y ny h h B a voi a 68 & & #### #### voi [P] m’in - vo yd y se mi se yd yd yd y se - y m’in - vo yd yd se mi ay y y y y y y b y y by y y y y y y y y y - - - - by by y y y y - - - - - 6 # y y n yd y y y yd y y y y y - gui nel ci # y y n yd y y y yd y - gui nel - yy - yd y ci #y y - y yd #y - la yd la y men - to yd x men - 6 4yyyyy y h h lie - to in sen y ny y h y h to lie - to in y h sen G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA # # # # By y y y & [an - cor] ## & ## x yd y y 3 Ro - ma a x x x x cor, a an - cor, x x a yA yA yA yA yA yA yA yA yA yA x h h 3 3 y Ro - ma an - a y Ro - ma an x - cor y Ro - ma an - cor Sia ribadito a voce spiegata: si tratta di ipotesi, non di fatti incontrovertibili. Non abbiamo prove dirette che queste variazioni fossero di marca vellutiana, ma solo che il cantante decise di integrarle nella partitura curata per la messa in scena londinese. Sia aggiunto sottovoce, però, che chiunque ne sia stato l’artefice, sembra che Rossini le abbia ascoltate – e che gli piacessero. È risaputo che l’operista nel comporre «Io sono docile» nel Barbiere recuperò l’incipit della cabaletta di Arsace, servendosi di ornamentazioni melodiche aggiuntive. Ciò che invece non si conosce è che questo supplementare corredo di ornamenti corrisponde quasi esattamente a quello trovato nei manoscritti di Parma e Belluno. Di seguito vengono raffrontate le frasi iniziali, battuta per battuta, della versione di Aureliano (a sinistra), un assemblaggio dei manoscritti di Parma/Belluno (al centro) e la versione del Barbiere (a destra): Es. 42 Incipit della cabaletta in A) Aureliano in Palmira, Gran scena Arsace; B) la stessa, come viene fiorita nei manoscritti di Parma e Belluno; C) Il barbiere di Siviglia, Cavatina Rosina. & #### Aureliano y. y y. y x Non ## & # # y. - sciar la - y y h - 3 ## & # # 3 y y yd y y yd y y yd ## & ## & Non B y. 3 yyyy - x bel P - sier ## & # # y. - mo yyyy - re. yd. yb t Se mi - y y h - to y #x - 3 - sier P x so 3 3 3 y yyyy yyy y y bel pen-sier di glo-ria e a - P - mo - re. yd. yb t Se mi ri - spet - - 69 3 sa, d ydy # y y y y y y y y - no ob - y - dien 3 3 yyyyyy #x 3 y y yd y y yd y y yd no ci - le, son to pen - 3 y y3 y y3 y yyyy y. d ydy # y y y y y y y y bel P 3 y y.y y y y y y x bel pen-sier di glo-ria e a 3 y. 3 y. y y. y 3 3 3 ## & # # 3 y y yd y y yd y y yd 3 3 3 3 3 y y yd y y yd y y yd - men 3 y so do B y y h - h Io d ydy y y y y y y y y mi to - ydy - x non la-sciar-mi in tal mo - P 3 pen ## & # # y. la - sciar non la-sciar-mi in tal mo - - men #### 3 Barbiere d ydy y y y y y y y y x y. 3 mi 3 Belluno / Parma B 3 be - 3 te 3 3 yyyyyyyy y dol - ce a - mo - - ro ydy y y y y y d d d dt y y yA yA yA - sa, mi la-scio - men & #### & #### - x bel to - men y. y y. y B pen y. y y h CRUTCHFIELD - sier - bel P P bel pen-sier di glo-ria e a - yd. yb t yyyy - mo - re. Se mi to pen y #x - 3 - sier 3 3 3 # ## & # 3 y y yd y y yd y y yd ## & # # y. to d ydy # y y y y y y y y x 3 3 - - x so 3 3 3 y y yd y y yd y y yd 3 y yyyy yyy y y - mo - no ob - re. yd. yb t Se mi - y #x 3 be - 3 te 3 3 yyyyyyyy y bel pen-sier di glo-ria e a - P d ydy # y y y y y y y y - dien 3 sa, dol - ce a - mo - ydy y - ro y y y y d d d dt y y yA yA yA - sa, mi la-scio Qualora cercassimo poi di formulare ipotesi per spiegare l’improvvisa predilezione di Rossini per l’uso della formula arpeggiale in sol maggiore, sarebbe sufficiente mettere a confronto le variazioni di Parma e Belluno con l’esempio 38 appena esposto: Es. 43 Rossini: Aureliano in Palmira: Gran scena Arsace. Ornamentazioni arpeggiali nei manoscritti di Belluno e Parma. & # By . b y y yyy y y y y y h se ci to - glie yyy y y yy y y y y y y y y y#y y y y y h yyy la for - tu - na # Py . b y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y y # y y y y y y y y y y y y y y y y y # y y y y y hy & y y h se ci to - glie la for - tu - na Ai rossiniani assuefatti all’aneddoto di Stendhal, l’idea che il compositore possa aver trasferito di sana pianta nelle sue pagine più popolari le variazioni tanto vituperate che Velluti eseguì nell’Aureliano, risulta come se a sussurrare «eppur si muove» fosse stato il Papa, piuttosto che Galileo. 70 La cronologia è assai delicata: Aureliano debuttò alla fine di dicembre 1813, e la cabaletta venne reintrodotta per la prima volta nell’Elisabetta (Napoli, ottobre 1815), incorporando la maggior parte degli stessi ornamenti sopra citati, e poi pochi mesi dopo nuovamente nel Barbiere (Roma, febbraio 1816). Carolina Bassi ha interpretato il ruolo di Arsace al più tardi nel giugno 1816 (a Faenza), periodo in cui sia Il barbiere che l’Elisabetta non erano mai stati ascoltati fuori dalle loro rispettive città d’origine. Non si può escludere però la possibilità che sia circolata una copia della partitura. Se le variazioni fossero davvero di pugno della Bassi, sarebbe forse lei a imitare Rossini e non quest’ultimo Velluti. Tuttavia se a risultare corretta dovesse essere l’altra ipotesi, verrebbero clamorosamente avvalorate le ragioni per cui Velluti potrebbe – come afferma Miltitz – rivendicare gli ornamenti come propri. Il problema non troverà mai una soluzione definitiva. Non ci sono testimonianze inequivocabili per arrivare alla certezza (come per esempio lettere dei soggetti coinvolti nelle quali si faccia riferimento ai brani cita- G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA ti) e può darsi che non siano mai esistite. Ma nel frattempo, in modo del tutto inaspettato, i manoscritti appena analizzati – assieme ad altri trovati accanti a essi – offrono una risposta plausibile ad altri interrogativi che riguardano non la prassi musicale, bensì le oscure vicende biografiche del cantante. IV. TRIONFO E DISGRAZIA A LONDRA Velluti fu l’ultimo evirato ad esibirsi alla Scala, purtuttavia quando nel 1809 debuttò sul palcoscenico milanese, l’ancor più celebrato Luigi Marchesi aveva calcato le stesse scene meno di quattro anni prima, e Girolamo Crescentini, pupillo di Napoleone, lo aveva preceduto di un anno. Fra la seconda e la terza stagione scaligera di Velluti, ancora un altro castrato, Angelo Testori (o Testore), prese parte a quella del 18121813. Quando nel 1825 raggiunse Londra, Velluti trovò un ambiente del tutto diverso, dal momento che l’ultimo castrato a salire su un palcoscenico della capitale inglese era stato, nel 1801 o 1802, un certo Signor Roselli poco ricordato negli annali. Un’intera generazione di appassionati di teatro non aveva la benché minima nozione di cosa fosse l’arte dei castrati, sebbene, al contrario, provasse una repulsione morale nei loro confronti che portò all’eclissarsi di quella tradizione. Per molti accogliere un simile cantante rappresentava un affronto alla decenza, e alcuni dovevano essere sinceramente sconcertati all’idea che l’apprezzamento per un famoso castrato potesse «afford, perhaps, temptations [...] for a revival of a barbarous practice nearly extinct.» 76 [potesse, magari, stimolare tentazioni verso la riesumazione di una pratica disumana, quasi completamente estinta]. Si può tener presente tutto questo e, al tempo stesso, rimanere stupiti di fronte agli attacchi sferrati contro Velluti. Nel giorno del suo debutto nel Crociato, così si espressero gli editori del «Times»: his shameless patrons have dared to insult, not only the British nation, but even humanity itself, by thrusting this non-creature upon the stage. [...]We speak in no anger against HIM, if we must so debase the pronoun for want of some other form of expression. [...] But women; can women, too, attend the scene? Can British matrons take their daughters to hear the portentous yells of this disfranchised of nature, and will they explain the cause to the youthful and uninformed mind? 77 [i suoi spudorati protettori, spingendo questa “non-creatura” a calcare le scene, hanno osato insultare non solo la nazione britannica, ma anche l’umanità stessa. Parliamo senza rancore contro LUI, se dobbiamo proprio svilire quel pronome per mancanza di qualche altro genere più consono a identificarlo. Ma le donne, anche le donne possono assistere a questo spettacolo? Le matrone inglesi possono 76 Music. King’s Theatre (recensione anonima), in «The New Monthly Magazine», 1° febbraio 1826, p. 57. 77 «The Times», 30 giugno 1825 (privo di numero di pagina). 71 CRUTCHFIELD portare le proprie figlie a sentire le urla portentose di questo reietto della natura? Spiegheranno alle loro menti giovani e ingenue la causa di questo fenomeno?] Alcuni giorni più tardi, fra la prima e la seconda recita, gli editorialisti aggiunsero: He should retire from public view – the sight of him is an indecency. If he could first stab those who have reduced him to his present state, we hope he should be forgiven; even though, as is most probable, his unnatural parents were the criminals. His next vengeance should be let loose against those who have forced him before the public 78. [Egli dovrebbe nascondersi alla vista del pubblico – il solo vederlo è una indecenza. Se volesse pugnalare chi lo ha ridotto in questo stato pietoso, non potrebbe che essere perdonato; anche se – com’è probabile che si tratti – il crimine sia stato perpetrato dai suoi mostruosi genitori. Subito dopo dovrebbe vendicarsi di chi lo ha spinto davanti al pubblico.] Quanto appena descritto rappresenta il lato pubblico di una campagna denigratoria che nella sfera privata si servì di «anonymous threatening letters, and [...] every species of low attack» 79 [lettere minatorie anonime e ogni sorta di colpo basso], a quanto pare ulteriormente esasperata da pressioni esercitate sia sugli impresari, affinché venisse cancellata la produzione, sia sui cantanti per incentivare il boicottaggio. Madame Vestris (Elisabetta Bartolozzi), amato soprano destinato a far parte della compagnia di canto, «offered any sum to the managers that would engage another lady to sing with him» 80 [era disposta a offrire agli impresari qualsiasi somma pur di far ingaggiare un’altra donna da far cantare al suo fianco], lasciando in tal modo campo aperto alla futura Malibran. Inoltre, era messa a dura prova la consueta supervisione di Velluti sulle “proprie” opere. Secondo Ebers 72 Velluti, on his arrival here, being accustomed to the careful and gradual getting up of the operas in his own country, could not be reconciled to the more rapid preparations of the King’s Theatre, and strained every nerve in getting up Il crociato in Egitto within the period limited for the completion of the arrangements, without being at last satisfied with the time and labour devoted to them 81. [Velluti, al suo arrivo, essendo abituato al meticoloso e graduale allestimento delle opere nel proprio paese, non ha potuto adattarsi ai preparativi rapidi del King’s Theatre. Si sforzò al massimo nel mettere in scena Il crociato in Egitto nel ristretto lasso di tempo disponibile, senza essere alla fine contento né del tempo avuto né del lavoro dedicato al progetto.] 78 79 80 81 «The Times» 2 luglio 1825 (privo di numero di pagina). [RICHARD MACKENZIE BACON], Signor Velluti cit. p. 272. The Music of the Month (recensione anonima), in «The London Magazine», luglio 1825, p. 475. EBERS cit., p. XXVII. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA Abbiamo già sottolineato come il ruolo abitualmente assunto da Velluti prevedesse anche la direzione musicale del cast. Le recensioni del «London Magazine» ci restituiscono qualche immagine dell’allestimento: On the Wednesday, the day preceding his appearance, there were two rehearsals of Il Crociato; the last was called for half-past seven o’clock, but it did not commence till nearly ten, and lasted til half-past two. No one but Velluti knew any thing about the manner in which the opera should be produced, and he had to direct every particular, from the instruction of the singers and choruses, down even to the arraying of the soldiers and slaves on the stage 82. [Il mercoledì, giorno precedente il debutto, erano previste due prove de Il Crociato, delle quali l’ultima era fissata per le 19.30, ma ebbe inizio poco prima delle 22.00, terminando alle 2.30. Nessuno, tranne Velluti, era a conoscenza del modo in cui l’opera avrebbe dovuto essere eseguita; così fu costretto a curare ogni minimo dettaglio, dall’istruzione dei cantanti e dei cori fino alla disposizione dei soldati e degli schiavi sul palco] Secondo la cronaca di Bacon 83 venne fissata un’ulteriore prova la mattina stessa della recita, al termine della quale Velluti venne messo al corrente della polemica sollevata sulle colonne del «Times», che qualcuno fu tanto spietato da tradurre in italiano per l’occasione. Ben pochi debutti avranno destato tante preoccupazioni. Secondo Mount Edgcumbe: At the moment when he was expected to appear, the most profound silence reigned in one of the most crowded audiences I ever saw, broken on his advancing by loud applauses of encouragement. The first note he uttered gave a shock of surprize, almost of disgust, to inexperienced ears, but his performance was listened to with attention and great applause throughout, with but few audible expressions of disapprobation speedily suppressed 84. [Nel momento in cui si attendeva l’entrata in scena di Velluti, in uno degli spettacoli più affollati che io abbia mai visto, regnò un religioso silenzio, interrotto al suo ingresso da calorosi applausi di incoraggiamento. La prima nota emessa dal castrato suscitò un sussulto di stupore, quasi di disgusto in quelle orecchie inesperte, ma la sua esibizione venne ascoltata con estremo interesse e intervallata da fragorosi applausi, e le poche contestazioni udibili vennero prontamente messe a tacere] Tutte le recensioni concordano sul fatto che i contestatori placarono gradualmente la propria veemenza nel corso dello spettacolo; alla fine anche il critico del «Morning Chronicle», al quale non piacque l’esibizione 82 83 84 The Opera (recensione anonima), in «The London Magazine», agosto 1825, p. 517. [RICHARD MACKENZIE BACON,] Signor Velluti cit., p. 272. MOUNT-EDGCUMBE cit., pp. 162-163. 73 CRUTCHFIELD di Velluti, ammise che il duetto del castrato con Caradori «was sung with so much grace and spirit that all attempts at opposition were silenced by a rapturous encore.» 85 [è stato eseguito con tanta delicatezza e vivacità che tutti i tentativi di dissenso furono annichiliti da un estatico bis]. Nelle parole dell’impresario le cui finanze erano in bilico, «the favourable reception of Velluti on his first night completely put an end to any effective opposition» [la calorosa accoglienza riservata a Velluti al suo debutto pone fine a qualsiasi opposizione]; i teatri erano gremiti e nessun’altra opera, escluso Il crociato, venne eseguita fino al termine della stagione, sei settimane più tardi. Velluti aveva vinto la battaglia, ma non gli fu concesso di godere a lungo della vittoria. Era acclamato; fu ingaggiato nuovamente per la stagione 1826 (con uno stipendio superiore a quello di qualsiasi altro cantante tranne la Pasta), non solo nelle vesti di primo uomo ma anche con l’incarico di “Musical Director”; fu molto richiesto per i numerosi e redditizi concerti privati della nobiltà; ebbe l’opportunità di assecondare appieno la propria vocazione all’insegnamento (alla Royal Academy of Music impartì gratuitamente le sue lezioni; presso la scuola privata che fondò per i rampolli dell’alta società, ebbe un generoso compenso). Ottenne altresì la soddisfazione di vedere ampiamente riconosciuti i progressi che il suo lavoro di direttore apportò all’esecuzione corale, orchestrale e scenica del teatro, specie in occasione del riproposto Crociato nel 1826. Tuttavia niente di tutto ciò potè difenderlo da un marcato declino della propria voce. 74 I critici che lo avevano all’inizio contrastato furono spietati («screeching like a peacock, howling like a midnight cat, or imitating the slender tones of a penny trumpet» 86 [strillando come un pavone, ululando come un gatto a mezzanotte, o imitando i toni melliflui di una trombetta], ma anche i suoi ammiratori ammisero che in alcuni punti la pasta del suono risultava talvolta debole, talvolta aspra. Bacon si trovò sorpreso che la divisione tra i registri fosse così marcata in un cantante di rango; Mary Shelley concesse che «the defects of his voice are so glaring as to be evident to the coarsest ears» [le incertezze della sua voce sono così macroscopiche da essere evidenti anche a un orecchio poco raffinato], aggiungendo che quelle lacune «are therefore the less to be insisted on by the judicious and delicate» 87 [sono perciò gli aspetti sui quali devono soprassedere le persone assennate e sensibili]. In occasione delle sue ultime esibizioni al King’s Theatre nel 1828, un’opinione quasi unanime venne così riassunta da Richard Alsager sul «Times»: «it has become his misfortune no longer to be able to sing in tune» 88 [è diventata la sua disgrazia non essere più in grado di cantare senza stonare]. 85 86 87 88 «The Morning Chronicle», 1° luglio1825 (privo di numero di pagina). Theatrical Examiner. King’s Theatre (recensione anonima), in «The Examiner», 6 gennaio 1826. SHELLEY cit. [RICHARD ALSAGER], King’s Theatre (recensione anonima), in «The Times», 23 luglio 1828. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA Nel corso di tre stagioni Velluti subì frequenti indisposizioni che gli impedirono di esibirsi; mantenne vivo l’interesse in un pubblico specializzato e a lui devotissimo, mentre tra i non specialisti la sua popolarità lasciò il passo a nuove stelle come la Sontag o la Malibran ritornata sulle scene, e poco a poco i suoi detrattori recuperarono credito presso l’opinione pubblica. Alla fin fine, gli spettatori londinesi lo videro in tre sole opere, l’ultima delle quali, Aureliano in Palmira, andò in scena solo tre volte, a dispetto di un teatro sempre esaurito: la prima venne rinviata per ben due volte, così come la seconda – ripetutamente annunciata e cancellata a causa dei malanni del protagonista – ebbe luogo un mese più tardi, quando la stagione stava ormai volgendo al termine. Fu proprio in relazione a quest’opera che il castrato incappò nella controversia che, secondo le memorie di Hogarth – «gave the final blow to his popularity» 89 [assestò il colpo di grazia alla sua popolarità]. Velluti venne citato in giudizio presso la Corte della Contea di Middlesex da undici coriste del King’s Theatre, le quali fecero richiesta al castrato di una sterlina a testa (al di là dei salari pagati dal teatro), sulla base del fatto che egli aveva promesso questo bonus per il coro in occasione della sua serata di beneficiata, pagandolo poi ai soli maschi. Il processo si tenne il 17 luglio; Velluti non comparve di persona. Stando ai resoconti dei giornali – da prendere con le molle, viste le numerose incongruenze riscontrate – Velluti fu difeso da un pagliaccesco avvocato che lese gli interessi del proprio cliente con l’assurda dichiarazione che Velluti non aveva previsto la partecipazione di un coro femminile nel suo allestimento dell’opera perché «the Signor had a decided objection to the ladies, and never allowed them to appear in any place where he was concerned» 90 [il Signore mostra una decisa avversione nei confronti delle donne e non ha mai permesso loro di esibirsi in contesti in cui fosse previsto il suo coinvolgimento], affermazione che Bacon denunciò nel successivo numero della sua rivista come «a falsehood so palpable as to defeat itself» 91 [una menzogna così palese da smentire se stessa]. La sua difesa si basava sul fatto che la lettera con cui Velluti offriva la somma in questione come mancia «under certain conditions» 92 [a determinate condizioni] era indirizzata solo “ai Signori Coristi”. GEORGE HOGARTH, Memoirs of the Musical Drama, II, London, Bentley 1838, p. 403. The Female Chorus Singers of the Opera v. Signor Velluti (articolo anonimo), in «The Times», 18 luglio 1826. 91 RICHARD MACKENZIE BACON], A Sketch of the State of Music in London, August 1826, in «Quarterly Musical Magazine and Review (QMMR)», VIII (1826) p. 138. 92 Così Bacon in «Quarterly Musical Magazine and Review (QMMR)»; secondo varie relazioni sarebbe stato corrisposto il compenso «if they performed their parts well» [qualora avessero eseguito bene le loro parti] («The Morning Chronicle», 18 luglio 1826), «on condition of their exerting themselves in the discharge of their duties» [a condizione che si sforzassero ad adempiere il loro compito] (Ebers), «on condition that they were perfect in their parts» [a condizione che fossero risultati perfetti nell’esecuzione delle parti assegnate] («The Times», 18 luglio 1826), «if they took pains to study their parts to his satisfaction» [se si fossero presi la briga di studiare le loro parti in modo a lui soddisfacente] («The New Monthly Magazine», 1° settembre 1826, p. 368). 89 90 75 CRUTCHFIELD Era troppo per il giudice che presiedeva. «The learned judge, without entering into a philological investigation of the reasonable meaning of the Italian expression, [...] came at once to the point, by asking, whether the ladies had done the work?» 93 [Il saggio giudice, senza addentrarsi in una ricerca filologica del plausibile significato dell’espressione italiana, [...] venne subito al punto, chiedendo se le signore avessero o meno svolto il lavoro.] Benché in un primo momento avesse suggerito di rinviare il caso fino a quando non fosse comparso come testimone il maestro del coro che aveva comunicato l’offerta, il giudice si pronunciò a favore delle ricorrenti, senza ascoltare altra testimonianza diretta oltre la loro. L’udienza sembra essersi svolta in un clima di frivolezza, e venne narrata con questo spirito sulle riviste di ogni angolo dell’arcipelago britannico, mentre gli storici detrattori di Velluti alzarono i toni del dibattito: «When we say Mankind» – un anonimo corrispondente lo riportò sul «Morning Chronicle» – «the women are implied, and whatever Signor Velluti may think of it, we should soon cease to talk of mankind, if the term were exclusive.» 94 [Quando definiamo il genere umano le donne rientrano implicitamente in tale categoria, e qualunque cosa possa pensare il Signor Velluti al riguardo, se il termine mankind dovesse assumere un significativo esclusivo, noi dovremmo in poco tempo smettere di parlare del “genere umano”]. L’«Harmonicon» si inalberò contro il «meanness of spirit [...], arrogance [...], peevishness [...], vanity [...], sordid views [...] and heartless ingratitude» [basezza, arroganza, irascibilità, vanità, gretta mentalità, crudele ingratitudine] del castrato, e raffrontò i suoi compensi con quelli innegabilmente pietosi ottenuti dalle coriste. Velluti tentò goffamente di raccontare la propria versione dei fatti in una lettera pubblicata su almeno due quotidiani e non sortì altro effetto che quello di compromettere ancor più la sua posizione, dichiarando che avrebbe forse elargito alle coriste lo stesso compenso promesso agli uomini se solo queste non lo avessero preteso come un diritto, bensì chiesto come un favore da parte sua («asked this sum of me as a favor» instead of «demanding it as a right.» 95). Dopo la sentenza Velluti sembrò aver chiuso i conti con la giustizia e lasciato cadere in oblio l’episodio. Tuttavia alcuni giornalisti simpatizzanti insinuarono che giustizia non fosse stata fatta, e ora possiamo dire che potrebbero aver avuto ragione. 76 «The ladies had done the work» [Le signore avevano svolto il lavoro], ma di che lavoro si trattava? La lettera di Velluti inviata ai giornali implicava che si trattasse di un’attività differente rispetto a quella degli uomini, in quanto il musico considerava che questi ultimi «would have considerable 93 Music. King’s Theatre (recensione anonima), in «The New Monthly Magazine», 1° settembre 1826, p. 368. 94 Signor Velluti and the Ladies (lettera anonima), in «The Morning Chronicle», 25 luglio 1826. 95 Lettera pubblicata in «The Times» e in «The Morning Post», 21 luglio 1826. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA trouble in learning so much music in so short a period.» 96 [avrebbero avuto difficoltà nell’apprendere tanta musica in così breve tempo]. Pare un’evidente anomalia: come può succedere che la metà del coro avesse sufficiente tempo a disposizione, mentre l’altra metà, scritturata per la stessa opera, dovesse studiare in fretta? La lettera non scende nei particolari, ma i particolari si trovano nei materiali di Belluno. Velluti, alla fine, non ha mai eseguito a Londra la tanto discussa Gran Scena di Arsace. La sostuì con quella di Andronico, nella quale figura l’aria «Soave immagine» già menzionata. Nel libretto stampato per il King’s Theatre appare la scena di Mercadante, con il suo recitativo ritoccato per adattare il dialogo fra Andronico e i monaci, che gli offrono rifugio, a quello fra Arsace e i pastori. La decisione è stata chiaramente presa in una fase tardiva. La partitura orchestrale non fornisce alcuna indicazione di una possibile sostituzione, ma rilegate nella partitura di Belluno si trovano parti strumentali per la scena di Andronico, ovviamente preparate per l’occasione (i frammenti di recitativo forniti come guida per l’orchestra riportano il testo adattato nel quale il personaggio interpretato dal solista viene chiamato Arsace e non Andronico), e redatte come inserti da aggiungere alle parti orchestrali che dovevano essere già state realizzate. C’è anche un considerevole impiego del coro: tuttavia esclusivamente di quello maschile. Occorre chiedersi perché Velluti avesse deciso di rinunziare alla scena originale, chiaramente prevista nelle sue intenzioni. Forse, riflettendo sulla popolarità che Il barbiere di Siviglia aveva raggiunto nel giro di pochi anni, il cantante ritenne inopportuno proporre una scena che avrebbe riecheggiato sia l’apertura di una sinfonia da allora associata ad argomento comico, sia la versione originale della brillante cabaletta di Rosina 97. Oppure, è possibile che nel 1826 Velluti abbia trovato la musica troppo acuta e difficile per i suoi mezzi dell’epoca. Diverse fonti confermano come Velluti nell’ultima fase della propria carriera abbia trasportato in una tonalità più bassa (mezzo tono o un tono rispetto all’originale) molti pezzi del suo repertorio d’elezione, compresa la stessa scena di Andronico nella forma riportata nelle parti bellunesi. Ma la scena dell’Aureliano, anche ipotizzandone un abbassamento, sarebbe rimasta in una tessitura notevolmente più acuta e di gran lunga più impegnativa dal punto di visto tecnico, rispetto a quella di Mercadante 98. Se fosse stata questa la motivazione che spinse Velluti a sostituire la scena, si spiegherebbe in qualche modo la mancanza di particolari nelle sue lettere ai giornali. L’inserimento di una scena di un altro autore, difatti, non fu menzionato né sul libretto a stampa, né sui manifesti pubblicitari. E nonostante un critico abbia riconosciuto e segnalato la musica di Mercadante, altri – ancora una volta la Shelley compresa – non furono in grado di identificarla e la considerarono come pagina rossiIbidem. Anche l’ouverture stessa venne eliminata dall’Aureliano londinese, sostituita da quella de Les deux journées di Cherubini; cfr. The Drama. King’s Theatre (recensione anonima), in «The Harmonicon», n. 18 (luglio 1826) p. 154. 98 Il trasporto di più di un tono avrebbe probabilmente creato problemi nel registro vocale grave, oltre a richiedere una radicale rifacimento della strumentazione. 96 97 77 CRUTCHFIELD nana 99. In ogni caso, qualunque sia la ragione, quella sostituzione offre la spiegazione più logica agli eventi che condussero a tante vicende umilianti per Velluti: fu ai coristi maschili che chiese un lavoro imprevisto, e fu a loro che ebbe motivo di promettere un compenso addizionale. Dopo Aureliano in Palmira Velluti nel 1827 prese un anno sabbatico dal teatro d’opera, declinando una proposta per il ruolo di Arsace nella Semiramide di Rossini 100 e tornando a calcare il palcoscenico del King’s Theatre solamente per una sommaria ripresa del Crociato nel 1828. Altrimenti si limitò ai concerti – nei quali, grazie ad una giudiziosa scelta di repertorio, restava ancora campione d’incassi – e all’insegnamento. Nel 1829 si ha notizia del suo ultimo soggiorno a Londra; solo allora Mendelssohn lo ascoltò per la prima volta e ne ricevette un’impressione tutt’altro che positiva 101. Tornato in Italia, Velluti si esibì sporadicamente in ambito operistico; dopo un ritorno poco fortunato sul palcoscenico dei suoi trionfi veneziani (nel Conte di Lenosse di Nicolini, ritirato dalle scene dopo tre sole recite alla fine del 1830), pare che si sia imposto un definitivo silenzio, interrotto nel 1833 a Firenze da due ultime rappresentazioni del Crociato. Fortunatamente per Velluti, sembra che – libero dal peso di finali, strette e tutti orchestrali – sia stato in grado di dilettare gli ascoltatori per molti anni a venire attraverso i cantabili espressivi che da tempo erano la sua specialità. Stendhal ascoltò il suo vecchio “preferito” – accompagnato da «le divin Peruchini» – ancora una volta a Venezia, a poche settimane dal fiasco alla Fenice, e di questa esperienza scrisse a un amico: Jamais Velutti n’a mieux chanté. Il a l’air d’un jeune homme de trente-six à trente-huit ans, qui a souffert, et il en a cinquante-deux; jamais il n’a été mieux 102. [Velluti non ha mai cantato meglio. Ha l’aspetto di un giovanotto fra i trentasei e i trentotto anni che ha sofferto, mentre lui ne ha cinquantadue; non è mai stato così in forma.] Mancavano di fatto allora pochi giorni al cinquantesimo compleanno di Velluti, ma sette anni più tardi il tenore Adolphe Nourrit venne «rapito» dal suo canto nel salotto di Perucchini 103 e addirittura nel 1847 78 99 Lettera della Shelley del 23 giugno 1826 a Charles Cowden Clarke, direttore di «The Examiner», in The Letters of Mary Wollstoncraft Shelley, edited by BETTY T. BENNETT, I, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1980, pp. 522-524. La lettera fu approntata come una seconda difesa pubblica del cantante, sebbene all’epoca sia rimasta inedita. Per l’individuazione dell’aria sostitutiva di «that very dull plagiarist, Mercadante» [quel noiosissimo imitatore], cfr. «The Harmonicon», la rivista già segnalata a proposito dell’ouverture dell’Aureliano. 100 [RICHARD AYRTON], Extracts from the Diary of a Dilettante, in «The Harmonicon», 1828, p. 79. 101 Mendelssohn a Devrient, 18 maggio 1829, in EDUARD DEVRIENT, Meine Erinnerungen an Felix Mendelssohn-Bartholdy und seine Briefe an mich, Leipzig, J.J. Weber, 1869, p. 80. 102 Lettera del 25 gennaio 1831, in STENDHAL [HENRI BEYLE], Oeuvres posthumes: Correspondance inédite, Paris, Michel Lévy Frères, 1855, p. 112. 103 In QUICHERAT cit. G. B. VELLUTI E LO SVILUPPO DELLA MELODIA ROMANTICA un certo Sternfeld, amico di Meyerbeer, scrisse al compositore dalla Serenissima: Velluti hat sich sehr wenig gealtert, giebt annoch aus blosser Freundschaft Lekzionen und singt annoch beim Fortepiano mit jenem himlischen Gefühle und dem Feuer früherer Jugendkraft [...] 104. [Velluti non sembra affatto invecchiato, impartisce lezioni gratuite per pura amicizia e canta ancora al fortepiano con la stessa espressione sublime e lo stesso ardore della prima giovinezza] Meyerbeer stesso rimase affettuosamente in contatto con il suo vecchio amico e interprete fino a pochi anni prima della morte di Velluti e non si stancò mai di celebrare la sua arte, nonostante storici e critici stessero già consolidando la caricatura che la tradizione avrebbe tramandato fino ai nostri giorni. Tuttavia se «l’espressione sublime e l’ardore della prima giovinezza» si spensero quando Velluti tacque definitivamente, forse le tracce che queste virtù lasciarono nel suo patrimonio documentario possono aiutarci – a distanza di un secolo e mezzo – a negare l’ultima parola ai caricaturisti. 79 104 Sternfeld a Meyerbeer, 3 luglio 1847; in Meyerbeer: Briefwechsel und Tagebücher, herausgegeben von SABINE HENZE-DÖHRING, V, Berlin, de Gruyter, 1999, p. 266. APPENDICE FONTI MUSICALI Se non altrimenti indicato, le edizioni a stampa non recano datazione; quelle inglesi sono quasi certamente apparse durante il soggiorno di Velluti a Londra (1825-1829). – CIANCHETTINI, PIO, Grazie agli inganni tuoi [sopra il rigo degli abbellimenti: «As sung by Sig.r Velluti»], London, S. Chappell 1 – FANE, JOHN [LORD BURGHERSH, POI 11.MO EARL OF WESTMORLAND], Fedra, Opera seria [...] Ridotta pel Cembalo, Berlin, C. H. Westphal 2 – ID., [Fedra:] Amor soave, Cavatina [...] co’ modi di Canto eseguiti dal Celebre Cantante / Velluti, Firenze, Gaspero Cipriani – ID., [Fedra] Scena e cavatina [Compagni, amici, addio...Deh, non soffrir che oppressa] [...]dedicata all’egregio Sig. Velluti, co’ modi di canto eseguiti da questo Celebre Cantante [...], Firenze, Giuseppe Lorenzi – ID., Gentil Usignolo, Canzonetta [...] with the Vocal Embellishments of Sig.r Vellutti, London, Grua, Ricordi & Co. – ID., L’Amor timido, cantata by Metastasio, composed by Lord Burghersh, and presented by him to Signor Velluti, with whose vocal embellishments it is now published, London, Grua, Ricordi & Co. – ID., Placido Zeffiretto, Arietta [...] with the Vocal Embellishments of Signor Velluti, London, Grua, Ricordi & Co. – MANFROCE, NICOLA ANTONIO, Alzira: Ah che non serve il piangere (pezzo staccato in partitura, ms.) I-BEc, FV.ms.14 3 – MAYR, JOHANN SIMON, [Ginevra:] Ah’ che per me non v’è, Cavatina [...] to which are added Ornaments & Graces, by Signor Velluti, London, Grua, Ricordi & Co. 80 1 Titolo dedotto da una copia priva di frontespizio e da una recensione nell’«Harmonicon», marzo 1829, p. 62. 2 Spartito dell’opera completa, con abbellimenti stampati sopra il rigo del canto in diversi pezzi, senza attribuzione, ma identici, nel caso della scena e cavatina «Compagni, amici, addio», con quelli attribuiti a Velluti nel pezzo staccato pubblicato da Lorenzi; da qui l’ipotesi che Velluti sia l’autore anche degli altri esempi qui riportati. Quelli per «Amor soave» invece divergono dal pezzo staccato, dal momento che l’aria appare in altra tonalità (Si bemolle maggiore nello spartito, Sol maggiore nel pezzo staccato); purtuttavia le due versioni hanno molto in comune e lo stile è sempre coerente con gli altri esempi della pratica di Velluti. 3 Secondo il frontespizio l’aria è stata «copiata di propria mano dal Celebre Sig.r Velluti per la Sig.a Enrichetta Redi», ma pare evidente che l’attribuzione dovrebbe riferirsi alle sole variazioni. APPENDICE – ID., [La vergine del sole (ossia Lodoiska):] Lovinski hai cor, Recit.vo e Parto ti lascio addio, Duetto [...] and Embellishments by Signor Velluti, London, J.B. Cramer Addison & Beale – MERCADANTE, SAVERIO, [Andronico:] Cavatina (Soave immagine) [...] con abbellimenti del Sig.r G. Battista Velluti, Wien, Mechetti («Aurora d’Italia e di Germania», n. 112) – ID., [Andronico:] Soave immagine d’amor, cavatina, in the Opera of Andronico [...], Dublin, S.J. Pigott 4 – ID., [Andronico:] [...]Soave im[m]agine d’amor, now first Published with the Embellishments of Signor Velluti [...], London, T. Boosey & Co. – ID., [Andronico:] Soave immagine d’amor [...] The Graces & Embellishments by Signor Crivelli. London, L. Willis & Co. 5 – ID., [Andronico: Soave immagine d’amor] in: BOCHSA, ROBERT NICOLAS CHARLES, “Gems a la Velluti.” [...] Arranged as Duetts, for the Harp & Piano Forte, London, S. Chappell – MORLACCHI, Francesco, [Tebaldo ed Isolina: Morir, ciel, qual concento... Caro suono lusinghier], in Manuel GARCÍA, Traité complet de l’art du chant , Paris, chez l’auteur, 1847 – ID., [Tebaldo ed Isolina:] Notte tremenda, recit.vo., Caro suono lusinghier, romanza, as sung by the celebrated Signor Velluti [...], London, Birchall & Co. – ID., [Tebaldo ed Isolina:] Notte tremenda [Caro suono lusinghier] [...] Arranged for the Harp [...] by F. Dizi, London, F. T. Latour 6 – ID., [Tebaldo ed Isolina:] Caro suono lusinghier [...] sung by Signor Velluti [...] Arranged for the Harp [...] by G. [Gustavus] Holst, London, Published for the Author – ID., [Tebaldo ed Isolina:] Caro suono lusinghier, in ALARY (ALARI), GIULIO, Oeuvres choisies des maîtres italiens; édition de concert avec points d’orgue, traits, variantes & nuances des plus célèbres chanteurs de la grande école, Paris, Heugel (c. 1860) – ID., [Tebaldo ed Isolina:] Notte tremenda [Caro suono lusinghier], in SOLÁ, C.M. (CARLO MICHELE ALESSIO): Fourth Set of Italian Cavatinas for Voice, Flute & Piano Forte [....], No. 2 “Notte tremenda,” London, R. Cocks & Co. – ID., [Tebaldo ed Isolina:] Notte tremenda, recitvo., caro suono lusinghier, romanz[a], as sung by the celebrated Signor Velluti, at Verona & Florence [...], London, Birchall – ID., [Tebaldo ed Isolina:] Si ravvisa quel Guerriero […] cò modi di Canto eseguiti dal Sig.r Professore Velluti, Firenze, Giuseppe Lorenzi – NICOLINI, GIUSEPPE, [Balduino:] Nere Funeste immagini, Cavatina, […] Abbellimenti senza attribuzione, ma simili in molti particolari alle altre versioni qui elencate. Vedi p. 66 sgg. per l’attribuzione degli abbellimenti a Crivelli. 6 François-Joseph Dizi (1780-1840), arpista belga residente in Inghilterra, accompagnò Velluti in esecuzioni concertanti del brano, tra cui una documentata nel «Morning Post», 13 giugno 1827 (recensione anonima). 4 5 81 CRUTCHFIELD – – – – – – – – – – – – – 82 – – – with Embellishments of Sig.r Velluti, London, Grua, Ricordi & C.o («Lira d’Italia» anno 2, fasc. 6) ID., Carlo Magno: Scena ed aria Vitekendo [Ecco, o Numi, compiuto... Ah quando cesserai], (pezzo staccato canto e pianoforte, ms.) I-BEc, FV.ms63 ID., Dite al mio bene. Arietta [...] to which are added ornaments & graces by Signor Velluti, London, J.B. Cramer, Addison & Beale ID., Or che la luna, Arietta, With an Accompaniment for the Piano Forte, [...] to which are added ornaments and graces by Signor Velluti, London, J.B. Cramer, Addison & Beale ID., “Or che l’indissolubile”, Arietta, With an Accompaniment for the Piano e Forte, […] To which are added ornaments & Graces by Signor Velluti, London, J.B. Cramer, Addison & Beale ID., Se possono tanto, notturno for Two Voices, [...] to which are added Embellishments by Signor Velluti, London, J.B. Cramer, Addison & Beale, [1827] PACINI, GIOVANNI, [La sposa fedele:] I fieri palpiti di questo core. Cavatina [...] to which are added ornaments and graces by Signor Velluti [La sposa fedele], London PAVESI, STEFANO [Celanira:] Cavatina, Dolce de’ bardi il canto, with Ornaments & Graces by Sig.r Velluti, London, Grua, Ricordi & Co. Id., [Celanira:] La tua diletta imm[a]gine, Cavatina [...] coi modi del Sig.r Velluti, London, Grua, Ricordi & Co., («Lira d’Italia», anno 2, fasc. 6) PERUCCHINI, G. B., Lo sguardo e Il pianto. in Le ore ad Euterpe, Almanacco Musicale del 1827. Milano e Firenze, G. Ricordi. ROSSINI, GIOACHINO, – [Aureliano in Palmira:] [Dolci silvestri orrori...] Perché mai le luci aprimmo. Scena, e Rondò [...] eseguito dalla Sig.ra Carolina Bassi nel teatro di Trieste la primavera dell’anno 1817. Con le sue variazioni. Pezzo staccato in partitura, ms.; fa parte di I-BEc FV.ms.71 (69427) ID. Aureliano in Palmira: Dolci silvestri orrori...Perché mai le luci aprimmo. Fa parte della partitura ms. dell’opera I-Pac Borb.3093/I-II ID. Aureliano in Palmira: Mille sospiri e lagrime. Fa parte della partitura ms. I-BEc FV.ms.71 (69427) ID., [Aureliano in Palmira:] Duetto, (Mille sospiri e Lagrime,) [...] con abbellimenti del Sig.r G. Battista Velluti, Wien, Pietro Mechetti q.m Carlo («Aurora d’Italia e Germania, eine Sammlung der beliebtesten Gesänge mit Begleitung des Pianoforte», n. 113) ID., [Ciro in Babilonia] T’abbraccio ti stringo, Cavatina [...], to which are added Ornaments & Graces by Signor Velluti, London, J.B. Cramer, Addison and Beale ID., [Tancredi:] Ah come mai, Duetto [...] with Embellishments by Signor Velluti, London, London, J.B. Cramer, Addison and Beale VACCAI, NICOLA, ”Api erranti”, Canzoncina, […] To wich are added Ornaments & Graces by Signor Velluti, London, J.B. Cramer, Addison & Beale APPENDICE – VELLUTI, GIOVANNI BATTISTA [O WEIGL, JOSEPH?] Come potrei mai vivere, Cavatina Composta dal Sig.r Gio Bat.a Velluti, ed eseguita dal Medesimo in Vienna Nell’Opera La Ginevra di Scozia, London, Grua, Ricordi & Co. 7 83 7 L’aria è stata stampata con attribuzione a Velluti, ma diverse altre fonti – fra cui il frontespizio della copia manoscritta in possesso di Velluti (I:BEc FV.ms24) – l’ascrivono a Weigl, concertatore dell’allestimento viennese della Ginevra di Mayr.