Notes on RELATIVISTIC QUANTUM MECHANICS Roberto Bonciani1 Dipartimento di Fisica, Università di Roma “La Sapienza” e INFN Sezione di Roma, Piazzale Aldo Moro 2, 00185 Roma Anno Accademico 2020-2021 1 Email: roberto.bonciani@roma1.infn.it 0.1 Formalismo Lagrangiano Una volta esaminato il comportamento dei campi sotto trasformazioni del Gruppo di Lorentz, bisogna cominciare a costruire la teoria che abbia per costituenti fondamentali tali campi. È molto utile sviluppare tale teoria nel formalismo lagrangiano, sia perché questo permette di trattare più facilmente le simmetrie e le leggi di conservazioni, sia perché il principio di minima azione di Hamilton dà un approccio matematicamente più elegante e potente. Considereremo quindi il caso in cui il nostro sistema sia descrivibile tramite una lagrangiana, L, funzione locale dei campi, delle loro derivate e del punto X µ dello spazio-tempo. La richiesta di località della lagrangiana è determinata dalla necessità che le quantità fisiche che tramite essa definiremo siano delle osservabili (Principio di Causalità). Inoltre, altre richieste determineranno in maniera più esatta la forma funzionale di L. Prima di tutto, avendo cominciato la costruzione di una teoria quantistica dei campi per inglobare la R teoria della relatività, assente nella vecchia MQ, la lagrangiana dovrà essere tale che l’azione, S = dt L, sia invariante sotto trasformazioni di Lorentz, ovvero sia uno scalare. Vogliamo, infatti, che la fisica non dipenda dal particolare sistema di riferimento inerziale in cui è sviluppata. (n) Se la lagrangiana è L = L(φi (X), ∂µ φi (X), ..., ∂µ φi (X), Xµ ), possiamo definire una densità di lagrangiana, L, in modo tale che: Z L= L(φi (X), ∂µ φi (X), ..., ∂µ(n) φi (X)Xµ ) d3 X . (1) V L’azione, S(V ), allora sarà data da: Z t2 Z Z t2 Ldt = L(φi (X), ∂µ φi (X), ..., ∂µ(n) φi (X)Xµ ) d4 X . S(V ) = t1 t1 (2) V Quindi, siccome S deve essere uno scalare di Lorentz e l’elemento di volume d4 X effettivamente lo è, anche la densità di lagrangiana dovrà essere uno scalare. Questo vuol dire, per esempio, che se in L deve comparire la derivata prima dei campi, ∂µ φi (X), questa non potrà comparire da sola, ma sempre in espressioni contratte, del tipo ∂µ φi ∂ µ φj . La richiesta di località e di Lorentz-invarianza non sono le sole da imporre alla densità di lagrangiana per avere una teoria consistente. A seconda della necessità, ovvero dei requisiti che la teoria deve possedere, potremo richiedere altre limitazioni. Per esempio: • Per evitare problemi nell’interpretazione probabilistica della teoria, l’azione dovrà essere un funzionale reale e lo stesso la densità di lagrangiana. Inoltre, in L non potranno comparire derivate di ordine superiore al primo, così da portare ad equazioni di moto al massimo del secondo ordine: L = L(φi (X), ∂µ φi (X), Xµ ) . (3) • Se si ritiene che la teoria debba essere invariante sotto traslazioni spazio-temporali, per esempio, si può richiedere che L non dipenda esplicitamente da X µ . • Se abbiamo ragioni di credere che la teoria debba essere invariante sotto certe trasformazioni interne, ci dovremo regolare di conseguenza. Questo è il caso delle teorie di gauge, dove addirittura la forma della densità di lagrangiana viene dedotta postulando l’invarianza sotto trasformazioni di gauge; e così via. In generale lavoreremo con densità di lagrangiana del tipo: L = L(φi , ∂µ φi ) , (4) dove l’indice i dei campi φi può assumere valore di indice di Lorentz o di semplice etichetta a seconda dei casi (lo specificheremo via via). 2 Una volta definita la densità di lagrangiana, potremo definire gli impulsi coniugati dei campi φi (X), Πi (X), che entreranno nelle regole di quantizzazione canonica, come: Πi (X) = ∂L ∂ φ̇i e tramite questi, la densità di hamiltoniana, H, tramite una trasformata di Legendre: X Πi φ̇i − L , H = (5) (6) i che coincide con la densità di energia del sistema. 0.2 Principio di Hamilton ed Equazioni di moto per i campi Una volta individuata la densità di lagrangiana e, tramite questa, l’azione S(V ), potremo trovare le equazioni di moto per i campi φi imponendo il Principio di Hamilton. Richiederemo dunque che: δS = 0 , (7) cioè che l’azione sia stazionaria sulle variazioni δφi (X), che dovranno essere le analoghe delle variazioni ad estremi fissi, incontrate in meccanica analitica del punto materiale. Nel nostro caso, abbiamo a che fare con una integrazione sul volume spaziale V ed una sul tempo, fra i due estremi t1 e t2 (che possono essere anche ±∞). Quindi, se Σ è la superficie che delimita il volume di integrazione, le nostre variazioni saranno tali che: δφ(x, t) = 0 se x ∈ Σ δφ(x, t1 ) = δφ(x, t2 ) = 0 per ogni x ∈ V . (8) (9) Avremo: 0 = = = Z ∂L ∂L δS = d4 X δφi + δφi,µ = ∂φi ∂φi,µ Z Z ∂L ∂L ∂L 4 4 d X δφi + d X ∂µ − ∂µ δφi = ∂φi ∂φi,µ ∂φi Z ∂L ∂L δφi , − ∂µ d4 X ∂φi ∂φi,µ (10) (11) (12) dove per passare dalla (10) alla (11) abbiamo integrato per parti e per passare dalla (11) alla (12) abbiamo sfruttato l’annullarsi delle variazioni dei campi agli estremi del dominio d’integrazione. Per l’arbitrarietà del δφi , l’Eq. (12) porta alle equazioni di Eulero-Lagrange, espresse in termini di campi: ∂L ∂L = 0. (13) − ∂µ ∂φi ∂φi,µ È da notare che L è determinata a meno di una quadridivergenza. Infatti, se L porta alle equazioni del moto (13), anche L′ = L + ∂µ Λµ (X) porta alle stesse equazioni, poiché l’azione risulterà invariata dall’aggiunta del termine ∂µ Λ(X), con Λ(X) che si annulli sul contorno del dominio d’integrazione. 0.3 Simmetrie globali e Teorema di Nöether Abbiamo visto come, nel formalismo lagrangiano, si facciano derivare le equazioni del moto dal Principio variazionale di Hamilton. Supporremo quindi che il nostro sistema fisico sia descritto da una densità di lagrangiana, funzione locale dei campi e al massimo delle loro derivate prime. Aggiungeremo l’ipotesi che L dipenda anche esplicitamente dal punto dello spazio-tempo X µ , anche se in realtà poi avremo a 3 che fare con lagrangiane indipendenti da X µ . Questo per necessità di formulare in maniera generale il teorema di Nöether. Supponiamo di operare sul sistema una generica trasformazione. A livello matematico ciò si tradurrà in una trasformazione sull’azione, S(V ), che coinvolga X µ , φi (X) e L. Hanno particolare interesse le trasformazioni che lasciano invariata la “fisica” del problema, cioè che permettano di avere le stesse ampiezze di transizione e quindi, in ultima analisi, le stesse equazioni del moto. Trasformazioni di questo genere vengono dette simmetrie del sistema e generalmente hanno struttura di gruppo. Se scriviamo una trasformazione generica come segue: µ −→ X ′µ = X µ + δX µ X φi (X) −→ φ̃i (X ′ ) (14) L −→ L̃ φ̃i (X ′ ), φ̃i,µ (X ′ ), X ′ si avrà corrispondentemente: S(V ) −→ S ′ (V ′ ) = Z V′ d4 X ′ L̃ φ̃i (X ′ ), φ̃i,µ (X ′ ), X ′ . (15) Le Eqs. (14) costituiscono una simmetria del sistema se si ha: S ′ (V ′ ) = S(V ) . (16) L’importanza del teorema di Nöether sta nel fatto che questo asserisce che ad ogni simmetria del sistema viene associata una legge di conservazione locale, ovvero una quantità conservata, che possiamo identificare quantisticamente come un’osservabile. Il numero delle quantità conservate è pari al numero di parametri indipendenti da cui dipende la trasformazione (14). Quindi lo studio delle simmetrie del sistema ci permette di fare un salto nella trattazione del problema e di individuare subito un certo numero di osservabili. È da notare che la richiesta (16) rappresenta la simmetria più generale possibile: non è detto che non esistano delle simmetrie più limitate. Per esempio un certa trasformazione può lasciare invariata la lagrangiana o la densità di lagrangiana e queste implicano a loro volta la (16). Consideriamo quindi il caso generale e poi ci limiteremo ad alcuni casi più restrittivi. Cominciamo col puntualizzare alcune cose a proposito delle (14). Le trasformazioni che considereremo in questo paragrafo sono tutte trasformazioni infinitesime, alle quali ci limitiamo perché stiamo considerando trasformazioni continue, il cui comportamento è deducibile da quello nell’intorno dell’identità. Queste trasformazioni possono agire sullo spazio-tempo, X µ → X ′µ , ed indurre quindi una corrispondente variazione sulla forma funzionale di φi , φi (X) → φ̃i (X ′ ) (simmetrie geometriche), ma possono anche agire soltanto sulla forma funzionale φi , indipendentemente dal punto in cui essa è valutata (simmetrie interne). Quindi, la variazione del campo φi (X) comprende genericamente le due possibilità. Per esempio, una trasformazione di Lorentz sullo spazio-tempo, cioè il passaggio da un sistema di riferimento inerziale ad un altro nello studio della fisica di un problema, indurrà una conseguente trasformazione sui campi dovuta alla diversa natura di questi: se si ha un campo scalare si avrà φ̃(X ′ ) = φ(X), mentre per un campo tensoriale o spinoriale la trasformazione X ′µ = Λµν X ν determinerà la trasformazione φ′ (X ′ ) = S(Λ)φ(X) nelle rispettive rappresentazioni del gruppo. Oppure, senza trasformazioni dello spazio-tempo, potremo pensare ad una simmetria sotto la ridefinizione dei campi φi . Definiamo genericamente la variazione totale di φi (X) e L come segue: ∆φi (X) = φ̃i (X ′ ) − φi (X) ≃ (17) µ ≃ φ̃i (X) + ∂µ φ̃i (X) δX − φi (X) ≃ ≃ δφi (X) + ∂µ φi (X) δX µ , 4 (18) (19) dove abbiamo posto δφi (X) = φ̃i (X) − φi (X), variazione in forma di φi e dove abbiamo sostituito φ̃i con φi all’interno della derivazione fra (18) e (19), a meno di termini di ordine superiore al primo; inoltre: ∆L = L̃(φ̃i (X ′ )...) − L(φi (X), ...) = ∂L ∂L = δL(φi (X)...) + δφi + δφi,µ + ∂µ LδX µ , ∂φi ∂φi,µ (20) (21) dove δL è la variazione in forma della densità di lagrangiana ed il resto deriva dall’aver considerato φi (X), φi,µ (X) e X µ come variabili indipendenti in L (in modo tale che ∆φi = δφi ). Considerando le trasformazioni infinitesime, imporre la (16) equivale ad imporre: Z Z 4 ′ 0 = δS = d X L̃ − d4 X L . (22) V′ V Quindi, per poter procedere nel calcolo, dovremo riportare i due integrali allo stesso dominio d’inteR R grazione. Trasformando V ′ d4 X ′ in V d4 X dovremo tener conto dello jacobiano della trasformazione X µ → X ′µ = X µ + δX µ , (23) ovvero di: ∂X ′µ = 1 + ∂µ δX µ . ∂X µ Sostituendo nell’Eq. (22) e sviluppando al primo ordine, si ottiene: Z n o 0 = d4 X (1 + ∂µ δX µ ) L̃ − L = ZV ∂L ∂L 4 µ µ = d X δL + δφi + δφi,µ + ∂µ LδX + ∂µ δX L̃ = ∂φi ∂φi,µ V ( Z h ∂L i h ∂L i ∂L δφi + δφi + ∂µ δφi − ∂µ d4 X δL + ≃ ∂φi ∂φi,µ ∂φi,µ V ) J = +∂µ LδX µ + ∂µ δX µ L̃ = Z V = h ∂L i µ d X δL + ∂µ , δφi + L δX ∂φi,µ 4 (24) (25) (26) (27) (28) dove per passare da (26) a (27) abbiamo integrato per parti e sostituito, a meno di infinitesimi superiori al primo, L con L̃, e per passare da (27) a (28) abbiamo sfruttato le equazioni del moto. Per l’arbitrarietà del d4 X, la (28) dà la seguente equazione: h ∂L i ∂µ (29) δφi + L δX µ = −δL . ∂φi,µ Consideriamo il termine δL. Se la trasformazione è una simmetria, come abbiamo imposto, la variazione in forma della densità di lagrangiana non può essere qualunque. Infatti, dovendo rimanere invariate le equazioni di moto, δL potrà al massimo essere la quadridivergenza di una certa funzione δΩµ : δL = ∂µ δΩµ , (30) con δΩµ che si annulla sulla frontiera del dominio d’integrazione. L’Eq. (29) diventa, allora, semplicemente un’equazione di continuità: ∂µ J µ = 0 , dove abbiamo definito la seguente quadricorrente: ∂L δφi + L δX µ + δΩµ . Jµ = ∂φi,µ 5 (31) (32) Se i campi φi e la funzione arbitraria δΩµ si annullano sulla frontiera del dominio d’integrazione, la conservazione della corrente J µ , espressa dall’Eq. (31), porta alla conservazione della carica: Z d3 X J 0 . (33) Q = V Infatti, si ha: dQ = ∂0 dt che implica: Z d3 X J 0 = Z dΣ J · n = 0 , (34) ∂V V Q = cost . (35) È chiaro che, a seconda della trasformazione (o meglio a seconda di quanti parametri indipendenti contiene la trasformazione) (14), avremo più correnti conservate e quindi più cariche conservate. Il numero di queste dipende proprio dal numero di parametri indipendenti della trasformazione. È da notare, inoltre, che se le simmetrie “di Nöether” formano un gruppo, l’algebra di questo gruppo induce sulle cariche conservate la stessa algebra. In altre parole le cariche sono i generatori del gruppo di trasformazioni considerato. Andiamo, adesso, a vedere alcuni esempi. 0.3.1 Simmetrie geometriche. Trasformazioni di Lorentz Consideriamo il caso in cui δΩµ = 0, cioè in cui la densità di lagrangiana viene lasciata invariata dalla trasformazione, e operiamo una trasformazione di Lorentz infinitesima: X ′µ = X µ + ǫµν Xν , (36) dove il tensore del secondo ordine ǫµν è antisimmetrico. Infatti, siccome X 2 è un’invariante di Lorentz, si ha: X 2 = X ′2 (37) e siccome per la trasformazione infinitesima X ′ = X + δX, elevando al quadrato si trova X ′2 = (X + δX)2 ≃ X 2 + X · δX (38) X · δX = 0 . (39) che, per la (37), dà: Ma siccome, ancora, δX µ = ǫµν Xν , si ha infine: Xµ Xν ǫµν = 0 , (40) che è vera solo se ǫµν è antisimmetrico, essendo Xµ Xν simmetrico. parametri indipendenti: 3 rotazioni e 3 boosts di Lorentz, Questo vuol dire che ǫµν ha 6 = n(n−1) 2 lungo i tre assi coordinati. Consideriamo l’indice “i” del campo φi come un indice di Lorentz, ovvero consideriamo il caso di un unico campo che si trasformi sotto la (36) secondo una certa rappresentazione del Gruppo di Lorentz. Allora si avrà: h ii 1 φi (X) → S(Λ)ij φj (X) ≃ 1 − Σνρ ǫνρ φj (X) = 2 j 1 i (41) = φi (X) − (Σνρ ǫνρ )j φj (X) . 2 Le Σνρ sono i generatori del Gruppo di Lorentz, o meglio una loro rappresentazione nella base dei campi (rappresentazione tensoriale o spinoriale), mentre ǫµν rappresenta gli “angoli” di rotazione. In totale, quindi: ( δX µ = ǫµν Xν . (42) i ∆φi (X) = − 21 (Σνρ ǫνρ )j φj (X) 6 Siccome Jµ = ∂L i ∂L δφi + LδX µ = ∆φ − ∂µ φi δX µ + LδX µ , ∂φi,µ ∂φi,µ (43) la quadricorrente conservata è data dalla seguente relazione: Jµ i i ∂L h 1 νρ j i ρ + LδX µ = Σ ǫ − φ − ∂ φ δX νρ ρ ∂φi,µ 2 j 1 ∂L ∂L = − (Σνρ ǫνρ )ij φj i − ∂ν φi ǫνρ Xρ + gνµ ǫνρ Xρ L = 2 ∂φ,µ ∂φi,µ 1 ∂L i νρ i j ∂L νρ µ = − (Σνρ ǫ )j φ − ǫ Xρ φ − gν L = 2 ∂φi,µ ∂φi,µ ,ν 1 ∂L = − (Σνρ ǫνρ )ij φj i − ǫνρ Xρ Tνµ , 2 ∂φ,µ = (44) (45) (46) (47) dove abbiamo posto: Tνµ = ∂L i φ − gνµ L . ∂φi,µ ,ν (48) Siccome, inoltre, ǫµν è antisimmetrico nello scambio dei due indici, l’unico contributo non nullo di ǫ Xρ Tνµ deriva dalla parte antisimmetrica di Xρ Tνµ (in ν e ρ): νρ 1 Xρ Tνµ − Xν Tρµ . 2 Percui, infine, si ha: Jµ i ∂L 1 νρ − Σνρ φj i + Xρ Tνµ − Xν Tρµ ǫ = 2 ∂φ,µ j 1 ρν µ ǫ Mρν , 2 = = (49) (50) (51) dove abbiamo definito il tensore: ∂L i Mµρν = Xρ Tνµ − Xν Tρµ − (Σρν )j φj , ∂φi,µ (52) che ha 24 componenti indipendenti ( 4 in µ e 6 = n(n−1) in ρν). 2 Il tensore Mµρν è una generalizzazione del momento angolare. È formato da un momento “orbitale” Xρ Tνµ −Xν Tρµ , che infatti ha la struttura di un prodotto vettoriale i j ∂L e da un momento “intrinseco” (momento di spin) − ∂φ i (Σρν )j φ . Il primo momento angolare deriva ,µ dall’azione del Gruppo di Lorentz sulle coordinate spazio-temporali; lo spin dall’azione dello stesso sulle coordinate spinoriali del campo. La conservazione della quadricorrente, ∂µ J µ = 0, essendo ǫρν una costante (sono gli angoli di rotazione e non dipendono da X), porta alla seguente equazione per il tensore M: ∂µ Mµρν = 0 . (53) La (53) costituisce in realtà 6 correnti conservate, che sono le 6 componenti indipendenti in ρ e ν di Mµρν . Posto Z Mρν = d3 X Moρν , (54) se i campi vanno a zero all’infinito, si ha la conservazione delle 6 cariche: Ṁρν = 0 . 7 (55) 0.3.2 Campo scalare e conservazione del quadriimpulso e del momento angolare orbitale Se ci riduciamo al caso particolare di un campo scalare, avremo ∆φ(X) = φ′ (X ′ ) − φ(X) = 0 . (56) Consideriamo prima di tutto una traslazione spazio-temporale di un quadrivettore aµ costante: ( δX µ = aµ (57) ∆φ = 0 cosicché si abbia: δφ(X) = −∂µ φ(X) δX µ = −∂µ φ(X) aµ . Allora, si può ricavare facilmente la conservazione del quadriimpulso. Infatti, si ha: ∂L µ µ J = Lgν − ∂ν aν = ∂φ,µ = −Tνµ aν , (58) (59) (60) dove Tνµ è il tensore energia-impulso del sistema. Siccome la traslazione aµ è costante, la legge di conservazione della corrente J µ implica: ∂µ Tνµ = 0 , (61) che sono quattro leggi di conservazione locale. Definiamo il quadriimpulso del sistema come segue: Z Pν = d3 X Tν0 . (62) Allora la (61) porta alla (63) Ṗν = 0 . Infatti, le ∂µ T0µ ∂ T µ µ 1 ∂µ T2µ ∂µ T3µ implicano ∂0 T00 ∂0 T10 ∂0 T20 ∂0 T30 e integrando in d3 X, supposto che i campi componente: ∂0 P0 . . ∂0 P3 = = = = = = = = 0 0 0 0 (64) ∂i T0i ∂i T1i ∂i T2i ∂i T3i (65) vadano a zero all’infinito, si ottiene la (63) componente per = = = = d3 X T0i . . R ∂i d3 X T3i ∂i R →0 . . →0 (66) Se invece delle traslazioni consideriamo le trasformazioni proprie di Lorentz, avremo: Jµ = 1 1 ρν ǫ Xρ Tνµ − Xν Tρµ = ǫρν Mµρν . 2 2 8 (67) La conservazione della corrente J µ implica: ∂µ Mµρν = 0 , (68) ∂0 M0ρν = ∂i Miρν . (69) ovvero: Consideriamo le componenti M0ij . M0ij Si ha: = Xi Tj0 − Xj Ti0 = [Xi Pj − Xj Pi ] , dove abbiamo introdotto Pi densità spaziale d’impulso. Allora: 0 L3 0 M0ij = ǫijk Lk = −L3 L2 −L1 −L2 L1 0 (70) (71) dove L = r ∧ P è la densità spaziale di momento angolare. Integrando la (69) in d3 X si ottiene la conservazione del momento angolare orbitale: (72) L̇ = 0 , dove Li = 0.3.3 Z d3 X Li . (73) Simmetrie interne globali Come abbiamo già accennato, l’altro esempio di trasformazione (14) da considerare è quello di una variazione che coinvolga soltanto una ridefinizione in forma dei campi, ma non un cambiamento di sistema di riferimento. Genericamente avremo: ( δX µ = 0 (74) ∆φi = δφi 6= 0 da cui scaturisce la legge di conservazione locale ∂µ J µ = 0 con: Jµ = ∂L δφi . ∂φi,µ (75) Se i campi vanno a zero all’infinito, si conserva la carica: Z Z ∂L i Q = d3 X J 0 = d3 X δφ . ∂ φ̇i (76) Campo scalare carico Il tipico esempio di simmetria interna è l’invarianza della lagrangiana del campo scalare carico, L = ∂µ φ† ∂ µ φ − m2 φ† φ , (77) sotto trasformazioni di fase globali: ( φ φ† → φ′ = eiα φ → φ′† = φ† e−iα . Quest’invarianza determina la conservazione della corrente: Jµ jµ = = i ∂µ φ† φ − ∂µ φ φ† α e della carica: Z Q = i d3 X φ̇† φ − φ̇φ† , (78) (79) (80) che può essere vista nel modello interagente come carica elettrica delle particelle e antiparticelle scalari φ. 9 Campo di Dirac Le trasformazioni di fase globali lasciano invariata anche un’altra lagrangiana: quella del campo di Dirac libero: L = ψ (i ∂6 − m) ψ . (81) Riscriviamo le (78) per il campo ψ: ( → ψ ′ = e−iα ψ ′ → ψ = ψ eiα ψ ψ . (82) Allora, avremo una corrente conservata: jµ = ed una carica conservata: Q = Z 3 Jµ = ψ γµ ψ α 0 d X ψγ ψ = 10 Z d3 X ψ † ψ . (83) (84)