UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MACERATA Master di I livello in FORMAZIONE, GESTIONE E CONSERVAZIONE DI ARCHIVI DIGITALI IN AMBITO PUBBLICO E PRIVATO (FGCAD) VIII EDIZIONE, ANNO ACCADEMICO 2014/2015 PIANIFICARE LA DIGITALIZZAZIONE. IL FONDO MONSIGNOR VALENTINO LIVA Relatore: Candidata: Chiar.mo Prof. Stefano Allegrezza Dr.ssa Maura Monti Cavaler ANNO ACCADEMICO 2014/15 2 INDICE INTRODUZIONE ............................................................................................................. 5 1. PIANIFICARE LA DIGITALIZZAZIONE ................................................................... 7 1.1 Il Manuale di buone pratiche per la digitalizzazione del patrimonio culturale del Progetto Minerva ........................................................................................................... 8 2. IL FONDO MONSIGNOR VALENTINO LIVA CONSERVATO PRESSO L'ARCHIVIO DEL CAPITOLO DI CIVIDALE DEL FRIULI .............................................................. 11 2.1 Tipologia documentaria e tipologia materiale ......................................................... 12 2.2 La scelta degli strumenti di acquisizione ................................................................ 18 2.3 Il formato delle immagini ....................................................................................... 21 2.4 I supporti di memorizzazione ................................................................................. 24 3. RESTITUIRE L'ORGANICITÀ AL FONDO ARCHIVISTICO GRAZIE ALL'USO DEI METADATI ............................................................................................................ 31 3.1 Lo standard NISO MIX .......................................................................................... 32 3.2 Gli standard METS e MAG .................................................................................... 36 3.2.1 MAG - Metadati Amministrativi e Gestionali .................................................. 36 3.2.2 METS - Metadata Encoding and Transmission Standard................................. 41 4. LA CONSERVAZIONE A LUNGO TERMINE DEL MATERIALE DIGITALIZZATO: UN PROBLEMA APERTO ............................................................. 44 4.1 La tipologia documentaria conservata presso i Poli archivistici e gli Archivi di Stato .................................................................................................................................... 45 4.2 Da archivio storico ad archivio corrente improprio: il carteggio di Monsignor Valentino Liva nel sistema di gestione informatico ...................................................... 47 3 5. LA MOLTEPLICITÀ DEI PUNTI DI ACCESSO........................................................50 5.1 L'accesso al complesso archivistico. La Convenzione tra l'Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l'Istituto Centrale per gli Archivi: l'interoperabilità dei sistemi BEWEB e SAN ................................................................................................51 5.2 Oltre l'archivio in sé e per sé. L'accesso per materia: il progetto Europeana 19141918 .............................................................................................................................53 5.3 L'accesso completo alla collezione: Internet Culturale ............................................55 5.4 L'accesso al testo: il portale Biblioteca italiana .......................................................57 CONCLUSIONI ..............................................................................................................60 BIBLIOGRAFIA .............................................................................................................62 SITOGRAFIA..................................................................................................................69 4 INTRODUZIONE Lo scopo del presente lavoro è quello di dimostrare che è possibile intraprendere un progetto di digitalizzazione anche in realtà di piccole dimensioni come l'Archivio Capitolare di Cividale del Friuli, oggetto dello studio, il quale conserva un patrimonio documentale storico importante. La mancanza di finanziamenti ingenti può rivelarsi una risorsa poiché obbliga a svolgere ricerche dettagliate prima di affrontare qualsiasi tipologia di acquisto e impone di confrontare diverse soluzioni elencando e valutando i pro e i contro sia a breve sia a lungo termine. Evitare dispersioni di tempo e di denaro implica la programmazione dettagliata di ogni fase del lavoro. La ricerca è stata strutturata in base alle fasi lavorative che implicano istanze decisionali. Si prevede una prima pianificazione del progetto con riferimento a linee guida e progetti esistenti. Segue la presentazione del fondo oggetto della digitalizzazione e la descrizione della tipologia documentaria di cui è composto. Un'analisi tecnica viene fornita quando si affronta la scelta sia dello strumento di acquisizione sia dei supporti di memorizzazione. Il passaggio dal cartaceo al digitale è uno spartiacque dal quale nasce un nuovo archivio che deve essere ricomposto, tramite l'uso di metadati specifici, per rispecchiare il fondo di origine ma che ha proprie peculiarità che lo instradano in un'altra direzione. Da questo nuovo statuto ontologico nascono problemi, come la conservazione, ai quali il panorama nazionale ancora non offre una soluzione certa. Un'aberrazione concettuale, la creazione di un archivio corrente che possiamo definire improprio, vuole essere una soluzione singolare il cui scopo, più che una reale concretizzazione, vuole essere lo spunto per una riflessione. Infine, come cambia l'accesso ai documenti, fino ad ora possibile grazie al dialogo con l'archivista e all'interrogazione dei mezzi di corredo. Questi ultimi ormai lasciano il posto a strumenti di ricerca 1 sempre più dettagliati ma trovano nuova vitalità divenendo i metadati che accompagnano e contestualizzano l'oggetto digitale. I portali esistenti che vengono illustrati nell'ultima parte sono stati scelti perché 1 Si adotta la distinzione fra mezzi di corredo e strumenti di ricerca presente in ANTONIO ROMITI, Archivistica generale. Primi elementi. Modulo base, Lucca, Civita Editoriale, 2003, pp. 102-108. I mezzi di corredo hanno il compito di illustrare la struttura e la consistenza degli archivi; comprendono inventari, guide ed elenchi. Gli strumenti di ricerca integrano i mezzi di corredo e sono costruiti per agevolare la ricerca storica. 5 hanno il pregio di valorizzare, di volta in volta, le diverse peculiarità dell'intero fondo, o di un insieme di documenti o, addirittura, di un singolo documento. 6 1. PIANIFICARE LA DIGITALIZZAZIONE La sfida maggiore che ci si trova a dover affrontare quando si tratta di materiale digitale è la conservazione a lungo termine. I risultati ottenuti dal progetto InterPARES e riportati nell'Authenticity Task Force Report 2, mettono in evidenza come si debba documentare ogni attività correlata sia al processo di produzione sia a quello di conservazione in modo certo, completo, accurato. Lo scopo di delineare la catena di custodia è quello di provare l'autenticità dei documenti nativi digitali anche attraverso la descrizione delle modifiche subite dagli stessi. I risultati di questa ricerca vengono raccolti e ulteriormente sviluppati dai progetti europei CASPAR e APARSEN. Il primo delinea un modello concettuale, l'Authenticity Protocol, formato da diverse istanze, gli Authenticity Step, eseguite da un Actor Type3. Il secondo definisce una serie di azioni chiave a cui l'oggetto digitale viene sottoposto; tali eventi, prodotti da agenti, determinano le trasformazioni che un documento subisce durante il proprio ciclo vitale4. I lavori sopra citati ci fanno comprendere che è necessario creare un archivio dell'archivio; è necessario tener traccia di ogni fase dei molteplici processi a cui i documenti vengono sottoposti. A tale filosofia non deve certo sfuggire la pianificazione del processo di digitalizzazione. Determinare in modo concreto e puntuale le fasi del lavoro che vede coinvolto il personale addetto al progetto, risulterà utile un domani per sapere come le diverse fasi si sono interrelate, come l'oggetto digitale che si consulta sia stato creato a partire da un documento cartaceo e, soprattutto, quali modifiche abbia subito e chi sia stato l'artefice di tali interventi. Proviamo ad applicare al nostro caso la struttura del documento redatto da APARSEN5 e descrivere uno degli eventi previsti: 2 Evento: SCANSIONE. Descrizione: scansionare un documento cartaceo significa dematerializzare l'oggetto in questione e creare un'immagine digitale di esso. Agenti: Disponibile alla pagina < http://www.interpares.org/book/interpares_book_d_part1.pdf>. MICHAEL FACTOR - EALAN HENIS - DALIT NAOR, Authenticity and Provenance in Long Term Digital Preservation: Modeling and Implementation in Preservation Aware Storage. Disponibile alla pagina < http://static.usenix.org/event/tapp09/tech/full_papers/factor/factor.pdf>. 4 APARSEN, D24.1 Report on Authenticity and Plan for Interoperable Authenticity Evaluation System, 2012. Disponibile alla pagina <http://www.alliancepermanentaccess.org/wpcontent/uploads/downloads/2014/06/APARSEN-REP-D24_1-01-2_5_incURN.pdf>. 5 Ivi, pp. 28-40. 7 3 o proprietario: la persona fisica o giuridica che ha autorizzato il progetto. o archivista: la persona responsabile del processo di scansione. Input: documento cartaceo. Output: documento digitale. Authenticity evidence record: o Evento: scansione. o Data della scansione. o Identificazione del proprietario. o Identificazione dell'archivista. o Identificazione dello scanner utilizzato. o Tipo di immagine prodotta (formato, pesantezza del file in Mb). A questo punto il problema è quello di delineare un core set di azioni omogenee ai diversi progetti e adottabili da diversi istituti. 1.1 Il Manuale di buone pratiche per la digitalizzazione del patrimonio culturale del Progetto Minerva Il Manuale di buone pratiche per la digitalizzazione del patrimonio culturale del Progetto MINERVA (2002-2005), rappresenta un punto di riferimento per delineare il flusso di lavoro necessario. Rivolto soprattutto ai gruppi coinvolti in progetti di digitalizzazione e istituiti all'interno di archivi, biblioteche e musei, il manuale si propone come «una guida pratica per l'elaborazione, l'esecuzione e la gestione di progetti di digitalizzazione»6. Alla base viene posto il conseguimento dell'interoperabilità di sistemi differenti da realizzare grazie all'adozione di standard tecnici e descrittivi7. Il manuale prevede le seguenti aree dalle quali si può estrapolare una serie definita di azioni: 1. Pianificazione del progetto di digitalizzazione: motivazioni, risorse umane, rischi connessi; 6 MINERVA, Manuale di buone pratiche per la digitalizzazione del patrimonio culturale. Versione 1.3, a cura del Gruppo di lavoro 6 del Progetto MINERVA. Identificazione delle buone pratiche e dei centri di competenze, 3 marzo 2004, p. 9. Disponibile alla pagina <http://www.minervaeurope.org/structure/workinggroups/goodpract/document/buonepratiche1_3.pdf>. 7 GIULIANA DE FRANCESCO, La seconda edizione delle Technical Guidelines for Digital Cultural Content Creation Programmes del progetto MINERVA, «DigItalia», 4 (2009), n. 1, pp. 133-134. 8 2. Selezione del materiale originale da digitalizzare: criteri di selezione e scelta del materiale; 3. Preparativi per la digitalizzazione: scelta dell'hardware, del software, preparazione dell'ambiente; 4. Manipolare gli originali: precauzioni e accorgimenti; 5. Processo di digitalizzazione: utilizzo di scanner o di macchine fotografiche digitali, tecnica OCR; 6. Conservazione del file master: formato dei file, scelta dei supporti, migrazione; 7. Metadati: utilizzo dei metadati descrittivi, standard di riferimento; 8. Pubblicazione: accesso online alle immagini; 9. Diritti di proprietà intellettuale e copyright: individuazione dei diritti e loro tutela; 10. Gestione dei progetti di digitalizzazione: organizzazione del gruppo di lavoro, formazione del personale, coinvolgimento di parti terze, condivisione di esperienze e risultati. La visione d'insieme, vista come somma di istanze, rappresenta un processo dal quale stilare un eventuale workflow come base da seguire nei progetti di digitalizzazione che permetta di razionalizzare il flusso di lavoro tra i diversi attori coinvolti. Ogni area rappresenta una fase del ciclo di vita del progetto di digitalizzazione; all'interno delle aree stesse vengono descritte le linee guida per gestire le situazioni da affrontare e vengono forniti consigli pratici senza entrare negli aspetti tecnici più complessi. Un modello concettuale deve essere generale e non deve entrare nel dettaglio ma, per poter essere applicato alle diverse situazioni, deve essere arricchito e implementato. A livello nazionale, il gruppo di lavoro italiano MINERVA WP4 "Interoperabilità e servizi digitali", ha prodotto le Linee guida tecniche per i programmi di creazione di contenuti culturali digitali, basandosi sulla prima versione delle Technical Guidelines for Digital Cultural Content Creation Programmes, elaborato da UKOLN, centro di eccellenza istituito presso l'Università di Bath, in collaborazione con l'agenzia britannica MLA, Museums, Libraries and Archives Council, per il progetto MINERVA. Le Linee guida vengono arricchite grazie allo studio condotto in ambito nazionale che ha portato all'introduzione di standard e procedure derivate da diversi progetti italiani8. Il documento risulta così più corposo e, per ogni sezione, vengono forniti ragguagli tecnici puntuali, completati da una serie di esempi e di riferimenti a standard e a raccomandazioni e linee 8 Per un elenco completo della bibliografia e della sitografia alla quale il progetto si ispira, si veda la sezione Riferimenti in GIULIANA DE FRANCESCO (a cura di), Linee guida tecniche per i programmi di creazione di contenuti culturali digitali. Edizione italiana 2.0, pp. 7-8. Disponibile alla pagina <http://www.minervaeurope.org/publications/Linee_%20guida_%20tecniche.pdf>. 9 guida nazionali e internazionali. I punti introdotti formano i nodi concettuali e pratici che andrebbero esplosi fino a raggiungere il livello di istanze atomiche in parte da disegnare usufruendo di standard e linee guida, in parte, però, ogni progetto concretizzato dovrebbe completare la struttura inserendo ciò che è stato realizzato così da delineare sia la progettazione sia la sua messa in opera. Oltre alle motivazioni che inducono alla digitalizzazione, come previsto dal Manuale, andrebbero introdotte anche le motivazioni che portano a scartare eventuali alternative. Nella stesura del presente lavoro sono stati presi in esame e approfonditi solo alcuni degli argomenti presentati nella versione 1.3 del Manuale di buone pratiche per la digitalizzazione del patrimonio culturale del Progetto Minerva; sono stati fondamentali i consigli tecnici del gruppo italiano MINERVA. Inoltre sono stati consultati i risultati ottenuti dall'ICCU, Istituto Centrale per il Catalogo Unico, il quale ha redatto una serie di linee guida suddivise in base alla tipologia documentale9. È stato utile seguire una linea già tracciata, innanzitutto per non indirizzare il lavoro in innumerevoli direzioni e, soprattutto, per garantire l'interoperabilità con i progetti che seguono le stesse linee di indirizzo. Una serie certa di azioni offre la possibilità di creare una serie di dati e di metadati che certifichino ogni fase della digitalizzazione. Si tratta di un processo che investe il materiale cartaceo e che, da questo, produce documenti digitali. Riflettere a priori sulle motivazioni che spingono alla digitalizzazione e pianificare i dettagli di ogni azione, è fondamentale per comprendere la realizzabilità o meno del progetto, la presenza delle competenze necessarie, i costi complessivi e i problemi che possono insorgere durante le fasi del lavoro. 9 Si vedano le Linee di indirizzo per i progetti di digitalizzazione del materiale fotografico, le Linee guida per la digitalizzazione del materiale cartografico e le Linee guida per la digitalizzazione di bandi, manifesti e fogli volanti curate dall'ICCU e reperibili alla pagina <http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/it/main/standard/>. 10 2. IL FONDO MONSIGNOR VALENTINO LIVA CONSERVATO PRESSO L'ARCHIVIO DEL CAPITOLO DI CIVIDALE DEL FRIULI L'Archivio del Capitolo di Cividale10 è costituito da 1600 buste, corrispondenti a circa 80 metri lineari, e conserva, oltre ai documenti prodotti dall'ente, anche i fondi delle parrocchie soggette, urbane ed extra-urbane, e parte del fondo diplomatico. In linea generale il patrimonio è formato da documenti inerenti l'attività amministrativa, statuti e verbali del consiglio, memorie, atti di proprietà, libri civili, locazioni, documenti contabili (affitti, livelli, decime, quartesi), documentazione relativa all'esercizio della giurisdizione temporale e al contenzioso, documenti prodotti dalla fabbriceria. Il patrimonio documentale oggetto del progetto di digitalizzazione è stato inventariato alla voce Sezione III - Epoca italiana; Serie: Decano Mons. Liva. Guerra 1915-1918, bb. 954-965. L'autore dei documenti, Valentino Giulio Liva (1867-1947), diviene decano dell'Insigne Collegiata di Cividale il 4 febbraio 1913 e viene accolto dalla popolazione il 27 aprile11. L'arco cronologico della documentazione copre l'intero anno di occupazione straniera di Cividale, avvenuta dal 27 ottobre 1917 al 4 novembre 1918 ad opera dell'esercito tedesco e austro-ungarico. Durante la prima guerra mondiale, Cividale diventa retrovia dell’esercito italiano che aveva occupato Caporetto, Cormons e il basso Friuli fino alla destra del fiume Isonzo12. Il 26 ottobre 1917 vengono sfondate le linee italiane a Caporetto e Cividale viene occupata il giorno seguente. In seguito alla fuga di gran parte della popolazione, monsignor Liva viene designato sindaco provvisorio e viene costituito un comitato per lo svolgimento delle funzioni amministrative del Comune. 10 Per la storia del Capitolo di Cividale si veda: BRUNO BACCINO, L'Insigne Collegiata di Cividale, [s. e.], Udine, Arti Grafiche Friulane, 2011. Per la storia di Cividale del Friuli si vedano BRUNO FIGLIUOLO (a cura di), Storia di Cividale nel Medioevo. Economia, società, istituzioni, Cividale del Friuli, Assessorato alla Cultura, 2012; GIUSTO GRION, Guida storica di Cividale e del suo distretto, Cividale, Tipografia Feliciano Strazzolini, 1899, copia anastatica, Premariacco, Juliagraf, 1990. 11 BRUNO BACCINO, Un apostolo friulano del '900. Mons. Valentino Liva, [s. e.], Udine, Arti Grafiche Friulane, 2007, p. 81. 12 Ivi, p. 143. 11 2.1 Tipologia documentaria e tipologia materiale La tipologia documentaria è costituita dal carteggio che Valentino Liva scambia con i parroci dei Comuni limitrofi, designati anch'essi a sindaci, con i Comandi di Distretto e di Tappa austriaci e stanziati a Cividale, con i profughi residenti in varie città italiane, soprattutto Firenze, Roma e Genova. Il carteggio verte principalmente su materie amministrative quali la manutenzione di strade e ponti, la raccolta di viveri e medicinali, l'organizzazione delle scuole e dell'ospedale. Sono presenti diversi manifesti affissi dall'esercito nemico e diligentemente raccolti dal decano, memorie di quest'ultimo e degli abitanti rimasti, censimenti della popolazione, elenchi dei prigionieri e dei militari dispersi, elenchi dei generi alimentari requisiti e distribuiti, avvisi e ordini ricevuti dal Comando di Tappa. Il carteggio ricevuto è costituito da lettere dattiloscritte. Il carteggio inviato è costituito da minute sia manoscritte sia dattiloscritte che, nella maggior parte dei casi, recano annotazioni, commenti e correzioni apposte da Valentino Liva. È presente un registro di protocollo compilato da quest'ultimo. Il carteggio inviato e ricevuto è stato protocollato, non è presente la segnatura né il materiale è stato classificato in base a un titolario ma ogni lettera reca un numero univoco e progressivo riportato nel registro di protocollo. Quando esistono diverse versioni, le lettere manoscritte e dalle quali sono state tratte gli originali inviati vengono distinte dai termini bis o tris apposti accanto al numero. Il fondo ha subito un ulteriore ordinamento operato dallo stesso Liva in seguito alle disposizioni ricevute il 24 aprile 1928 dal commissario prefettizio di Cividale, il quale richiede una collezione dei documenti per l'esposizione che si sarebbe tenuta a Padova sulle distruzioni e ricostruzioni di guerra13. Il titolo esterno dei fascicoli originali è Cividale. Mostra della distruzione e ricostruzione per la storia dell'occupazione nemica. 27 ottobre 1917 - 4 novembre 1918. Documenti originali estratti dall'Archivio del M. r Decano di Cividale. I titoli esterni presenti sul dorso delle buste sono state apposte dallo stesso Liva, mentre la numerazione e il condizionamento di alcuni fascicoli sono dovuti al riordinamento dell'intero archivio capitolare conclusosi nel 2004. Ci troviamo di fronte ad un fondo alquanto singolare, frutto delle vicende storiche venutesi a creare in quel determinato momento storico. Infatti è stato posto in essere dal 13 VALENTINO LIVA, Distruzione, fede e resistenza. Per la storia e per la psicologia di un popolo durante l'invasione straniera del Friuli dal 27 ottobre 1917 al 4 novembre 1918. Dai documenti inediti esistenti nell'Archivio Capitolare di Cividale, Cividale, [s. e.], Tipografia Fratelli Stagni, 1928, vol. I, p. 6. 12 decano di Cividale divenuto sindaco in seguito a una decisione improvvisa consolidata dalla pratica14, non si sono quindi svolte regolari elezioni. Il 29 ottobre 1917 l'arcivescovo di Udine nomina Valentino Liva provicario del territorio cividalese, della forania di Nimis, di San Pietro di Rosazzo e, poco dopo, anche di San Pietro al Natisone 15. I ruoli assunti da Liva possono essere divisi in ufficiali, decano e provicario, e non ufficiali, sindaco e persona privata. La figura del parroco è singolare poiché assomma in sé una carica ufficiale che, essendo totalizzante, non può essere disgiunta dalla persona privata. Il carteggio che viene posto in essere riflette questa particolarità e non è agevole tracciare un confine netto tra carteggio ufficiale e carteggio privato; sono presenti moltissime lettere che, privatamente, chiedono all'uomo Liva notizie dei propri cari e il fatto di essere considerato il punto di riferimento dei profughi, così come della popolazione rimasta, nasce proprio dall'essere decano della città. Il ruolo di sindaco viene a sommarsi a quello di parroco in seguito all'occupazione straniera; le autorità civili elette sono scappate lasciando un vuoto amministrativo. Il fondo Monsignor Valentino Liva non può essere considerato l'archivio di un ente, il Comune, nell'accezione classica e ufficiale del termine. La definizione di archivio è chiara: «complesso dei documenti prodotti o comunque acquisiti da un ente (magistrature, organi e uffici centrali e periferici dello Stato; enti pubblici, istituzioni private, famiglie o persone) durante lo svolgimento della propria attività»16. Essere sindaco non è l'attività propria di Liva; il Comune è, durante l'occupazione, un ente non ufficiale, non svolge quindi la propria attività. La documentazione, riconosciuta ufficiale da chi è rimasto ed è direttamente coinvolto, viene posta in essere in seguito ad attività improprie, momentanee e provvisorie. Dai documenti prendono comunque il via azioni che portano a conseguenze concrete. Una lettera di Liva come sindaco non ufficiale viene comunque considerata ufficiale a tutti gli effetti, le decisioni prese dal Comitato provvisorio che affianca il sindaco vengono applicate; il Comando di Tappa presente a Cividale vede in Liva il responsabile della popolazione e della gestione della città. Quando monsignor Liva opera come sindaco, più che decano è privato cittadino investito di un altro ruolo. Inoltre il registro di protocollo, oltre alla registrazione del carteggio, conserva anche le testimonianze, sia personali sia raccontate dalla popolazione, degli episodi di violenza perpetrate ai danni dei friulani. Alla definizione classica di archivio dobbiamo, quindi, sommare quella di archivio privato: «Il complesso delle scritture, legate da un vincolo naturale, prodotte da un 14 Il 29 ottobre 1917 il maggiore Von Gherlach, primo comandante tedesco, si reca dal decano, il quale si offre come rappresentante e responsabile di Cividale. In V. LIVA, Distruzione, fede e resistenza... cit., p. 31. 15 Ivi, p. 33. 16 PAOLA CARUCCI, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione, Roma, Carocci, 200719, p. 200. 13 soggetto di diritto privato nello svolgimento della propria attività per finalità contingenti e per propria memoria»17. Leggendo il carteggio e i diversi appunti, si comprende quanto Liva sia conscio del momento storico che sta vivendo, della situazione particolare di Cividale e che un giorno sarà chiamato a giustificare il proprio comportamento. Numerose le memorie private che si alternano al carteggio giuridico-amministrativo improprio prodotto per finalità contingenti e conseguenti al particolare momento storico. Non è facile classificare tale documentazione, è sia fondo aggregato, per le motivazioni sopra esposte, sia serie, come è stata inventariata. Vista nella prospettiva dell'intero archivio capitolare, la documentazione è stata posta in essere da un canonico, rappresentante del Capitolo e dovrebbe far naturalmente parte dell'archivio ed essere, quindi, considerata come serie. Al fine di ovviare a tali complicazioni, restituire un quadro omogeneo e chiaro e far comprendere le motivazioni di tale sedimentazione, dobbiamo descrivere i diversi ruoli assunti da Liva utilizzando l'International Standard for Describing Functions (ISDF), standard rilasciato nel 2008 dal Commitee of Best Practices and Standards dell'ICA. Descrivere le funzioni che si sommano in Liva durante l'invasione aiuta a inquadrare la documentazione nel contesto di produzione e di utilizzo. Come pone in evidenza lo schema riportato nell'Appendice A, gli enti, produttori di documenti, svolgono funzioni attestate nella forma e nell'utilizzo dei documenti18. In questa sede sarà quindi più agevole determinare la tipologia delle diverse funzioni, fornirne gli estremi cronologici, creare una gerarchia tra le funzioni spiegando il contesto e le motivazioni che hanno portato a tale situazione, mettere in relazione l'ente produttore con la documentazione prodotta. La configurazione del fondo è comunque tale da agevolare la scelta del materiale perché il numero delle buste contenenti il carteggio protocollato è limitato e congeniale ai mezzi messi a nostra disposizione. La tipologia materiale è costituita in maggioranza da carte sciolte di diverse dimensioni, da più carte in forma di fascicolo e da un registro legato. Purtroppo la carta usata è stata prodotta industrialmente e sono evidenti le tracce di un invecchiamento precoce a causa dell'acidità indotta dalla pasta di legno, più economica della cellulosa di straccio, e dalla collatura acida di resina 19. In alcuni casi l'inchiostro sta sbiadendo. 17 ROBERTO NAVARRINI, Gli archivi privati, Lucca, Civita Editoriale, 2005, p. 22. ICA, COMITATO PER LE BUONE PRATICHE E GLI STANDARD, ISDF. Standard internazionale per la descrizione delle funzioni. Prima edizione, «Rassegna degli Archivi di Stato», n. s., 3 (2007), n. 3, p. 630. 19 ANTONIO ZAPPALÀ, La qualità dei materiali, in MARIA GRAZIA PLOSSI - ANTONIO ZAPPALÀ (a cura di), Libri e documenti. Le scienze per la conservazione e il restauro, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2007 (Biblioteca di Studi Goriziani. 13), pp. 428-431. 14 18 In dettaglio, il materiale è il seguente: 1917-18. Occupazione straniera. Documenti ricevuti. Dal Busta 956 n.° 1 al n.° 800 1 novembre 1917 - 19 maggio 1919 Titolo esterno moderno Numero carte Fasc. 201 - 300 62 Fasc. 301 - 400 83 Fasc. 401 - 500 82 Fasc. 501 - 600 54 Fasc. 601 - 700 78 Fasc. 701 - 800 79 Fasc. Senza titolo 85 Fasc. Senza titolo 83 1917-18. Occupazione straniera. Documenti spediti. Dal Busta 957 n.° 1001 al n.° 1900 23 giugno 1918 - 5 agosto 1919 Titolo esterno moderno Numero carte Fasc. 1101 - 1200 71 Fasc. 1201 - 1300 87 Fasc. 1301 - 1400 60 Fasc. 1401 - 1500 73 Fasc. 1501 - 1600 54 Fasc. 1601 - 1700 63 Fasc. 1701 - 1799 83 Fasc. Senza titolo 2 Fasc. Senza titolo 85 15 1917-18. Occupazione straniera. Documenti spediti. Dal Busta 958 n.° 1929 al n.° 2062 1918 Titolo esterno moderno Numero carte Fasc. N. 1929 22 Fasc. N. 1930 - 1972 170 Carte sciolte 68 Protocollo ed appunti storici per l'anno 1917-18 Reg. 959 sull'occupazione straniera. Cividale. 17 ottobre 1917 - 22 agosto 1919 Numero pagine Registro di protocollo 1172 1917-18. Occupazione straniera. Documenti spediti. Dal Busta 964 n.° 1 al n.° 1000 1 novembre 1917 - 24 giugno 1918 Titolo esterno moderno Fasc. Numero carte Atti dell'ufficio di pro vicario generale durante 124 l'occupazione 1917 - 1918 Fasc. 1 - 100 45 Fasc. 101 - 200 64 Fasc. 201 - 300 89 Fasc. 301 - 400 39 Fasc. 401 - 500 83 Fasc. 501 - 600 72 16 Fasc. 601 - 700 106 Fasc. 701 - 800 129 Fasc. 801 - 900 63 Fasc. 901 - 1000 69 Fasc. 1001 - 1099 46 1917-18. Occupazione straniera. Atti spediti e atti Busta 965 d'Ufficio. Dal n.° 2063 al n.° 1918 Titolo esterno coevo Numero carte Fasc. # 2082 86 Fasc. # 2063 70 Fasc. # 2064 12 Fasc. # 2065 8 Fasc. # 2066 6 Fasc. # 2067 6 Fasc. # 2068 20 Fasc. # 2069 2 Fasc. # 2070 2 Fasc. # 2071 36 Fasc. # 2072 46 Fasc. # 2080 32 Fasc. # 2081 143 Fasc. # 2083 66 Carte sciolte 47 In totale verranno digitalizzati: un registro legato, le coperte di cinque buste, le camicie di 43 fascicoli, 4705 carte sciolte. Vengono momentaneamente escluse le buste 960 e 961 in quanto i documenti ivi contenuti sono stati redatti prettamente nella funzione di canonico, non sono stati protocollati né sono stati compresi nei fascicoli destinati all'esposizione; i Comandi di Tappa e di Distretto non appaiono mai tra i destinatari. I limiti cronologici si dilatano e i documenti compresi arrivano fino al 1920. Vengono altresì escluse le buste 962 17 e 963 poiché contengono alcuni numeri de «La Gazzetta del Veneto» e «La Domenica della Gazzetta» pubblicati nel 1918 e raccolti dallo stesso Liva. 2.2 La scelta degli strumenti di acquisizione La prima decisione da prendere riguarda il mezzo con il quale acquisire le immagini digitali dei documenti cartacei. La scelta oscilla tra l'acquisto di uno scanner o di una macchina fotografica digitale. Escludo a priori la valutazione di uno scanner piano, non professionale e a basso costo; vengono usati solitamente a casa o in ufficio, sono adatti principalmente a formati A3 ed A4, il loro utilizzo è alquanto macchinoso e il rischio di danneggiare il materiale è alto. Purtroppo gli scanner migliori hanno costi troppo alti per essere acquistati dall'Archivio di Cividale. Ad esempio, gli scanner prodotti dalla ditta tedesca Zeutschel20, e distribuiti in Italia dalla Bucap Spa21, costano dai ventiquattro ai centomila dollari22. Inoltre, è necessario uno spazio apposito dove collocarli perché sono alquanto ingombranti. La stessa ditta produce i modelli Zeta e Chrome, più piccoli e maneggevoli, facili da installare ma il materiale da scansionare deve misurare al massimo 480x360 mm, nel primo caso, e 635x460 mm, nel secondo caso. La ditta italiana Metis23 propone fra i suoi prodotti lo scanner EDS Alpha che è composto essenzialmente da uno stativo, un ripiano e una macchina fotografica digitale. Tali caratteristiche conferiscono versatilità allo scanner perché offre la possibilità di riprendere documenti di diversi formati intervenendo sulla lunghezza focale. Già in passato l'Archivio aveva predisposto la digitalizzazione di alcuni documenti antichi; è presente sul luogo uno stativo verticale e l'attrezzatura necessaria per utilizzare una fotocamera digitale. Una macchina fotografica reflex è un apparecchio più versatile, si adatta a diversi ambienti e ai diversi formati del materiale documentale poiché lo stesso corpo macchina può montare diversi obiettivi con diverse focali. Nella ghiera apposita sono presenti diversi programmi: 20 <http://www.zeutschel.de>. <http://www.bucap.it>. 22 Serie 12000 e Serie 14000 adatti alla scansione di grandi formati. 23 <http://www.metis-group.com/Italiano/Metis%20Italiano.html>. 18 21 1. Programma detto "verde"; completamente automatico poichè è la macchina che imposta tempi, diaframmi, sensibilità ISO. 2. Programmi detti "scene"; sono programmi preimpostati, il lavoro viene svolto in automatico, cambiano a seconda della marca e del modello della reflex. 3. Programma "P"; modalità che fornisce in automatico il valore dei parametri, ad esempio l'ISO o l'uso del flash, e che offre la possibilità di modificarli. 4. Programma "A" detto a Priorità di Diaframmi; possiamo impostare il diaframma e la macchina seleziona il tempo necessario per l'esposizione. 5. Programma "S" o "T" detto a Priorità di Tempi; impostiamo manualmente il tempo e la macchina seleziona il diaframma. 6. Programma "M", modalità completamente manuale. Vengono impostati sia i tempi sia il diaframma e nell'oculare si controlla l'esposimetro per vedere se si sta sottoesponendo o sovraesponendo 24. Scegliere una macchina di livello medio-alto offre la possibilità di impostare i parametri manualmente dopo aver valutato l'illuminazione della stanza e il tipo di materiale da digitalizzare (grandezza, colore della carta e dell'inchiostro). Sono tre i parametri sui quali possiamo intervenire per modificare l'esposizione: 1. Il tempo di scatto: indica il tempo in cui l'otturatore rimane aperto e fa entrare la luce. 2. L'apertura del diaframma: indica la quantità di luce che passa attraverso l'obiettivo. I valori sono misurati in STOP; ad esempio nel range f:1.4 - f:22, il numero più basso indica un'apertura maggiore rispetto al numero più alto. 3. La sensibilità ISO: variando tale parametro il segnale che arriva al sensore aumenta o diminuisce25. Per ottenere un'immagine pulita e qualitativamente superiore andrebbe impostato un valore ISO 64, 80 o 100. Come conseguenza è necessario che l'area interessata sia ben illuminata e dobbiamo sia allungare il tempo di esposizione sia aumentare l'apertura del diaframma. La macchina fotografica andrà quindi montata su uno stativo che ne garantisca il posizionamento e la stabilità e che elimini il problema delle vibrazioni. L'Archivio di Cividale è già fornito di uno stativo a colonna, modulabile, fornito di guide micrometriche; l'originale andrà posizionato in orizzontale per controllare più facilmente il parallelismo tra il piano focale e il piano di riproduzione. 24 SANDRO CHIOZZI, Usare la tua prima Reflex. Manuale Minimo, pp. 11-12. Disponibile alla pagina <http://www.phototutorial.net/2012/07/06/manuale-di-fotografia-di-base-in-pdf/>. 25 Ivi, pp. 13-17. 19 Lavorando con tempi di esposizione più lunghi rispetto a quelli necessari per la ripresa di un oggetto in movimento, l'illuminazione diventa un aspetto cruciale. Lo spazio dedicato alla ripresa deve essere oscurato da luci estranee alla ripresa e dalla luce diurna; le tre finestre presenti nella stanza dedicata andranno coperte e sul muro bianco retrostante lo stativo verrà posto un panno nero. L'opzione di dipingere la parete di nero è un intervento troppo invasivo per poter essere preso in considerazione. Lo stativo presente è predisposto anche per alloggiare due lampade a fluorescenza che andranno orientate a 45° rispetto al piano di riproduzione. Sono possibili diverse soluzioni. La luce fluorescente ad alte prestazioni produce una luce continua fredda, con temperatura di colore di 3.200 o di 5.500 K. Prodotta per uso professionale, è priva di sfarfallio, flicker free, il consumo energetico è minimo e produce poco calore. Le caratteristiche della luce led continua sono simili a quelle della luce fluorescente: la temperatura di colore varia tra i 3.200 e i 5.500 K, il consumo energetico e il calore prodotto sono minimi. Entrambe le soluzioni proposte garantiscono una luce diffusa e morbida che riduce al minimo le ombre purché siano dotate di una grande superficie illuminante rispetto agli oggetti da fotografare. Un'alternativa valida potrebbe essere l'acquisto di luci da studio fornite di treppiede poiché sono indipendenti e non vanno montate sullo stativo. Gli apparecchi a luce continua alogena vanno evitati perché scaldano molto. La ditta Manfrotto produce una lampada led la cui intensità è regolabile, il calore è minimo e il costo è di circa seicento euro. Un altro aspetto da valutare concerne gli obiettivi. In base al nostro utilizzo sarebbe consigliato acquistare due ottiche fisse, una da 50mm e una da 85mm. Da un punto di vista economico sarebbe più conveniente l'acquisto di uno zoom a focale variabile che copra le distanze desiderate ma gli obiettivi a focale fissa sono più luminosi e le immagini ottenute sono qualitativamente superiori. I costi sono elevati, infatti i prezzi possono oscillare dai cinquecento a oltre mille euro per ogni obiettivo 26. L'obiettivo da 50mm è uno dei più usati poiché versatile e, visto il costo, sarebbe auspicabile recuperarne uno da una macchina fotografica a pellicola. La Nikon permette di usare gli obiettivi prodotti per le macchine fotografiche analogiche perché ha mantenuto volutamente il classico attacco a baionetta; per quanto riguarda le altre ditte, in commercio esistono anelli adattatori specifici per tale uso ma, in questo secondo caso, bisogna valutare attentamente la scelta in quanto un anello adattatore può costare più di cento euro. Viste le risorse economiche limitate, la scelta del corpo macchina va ponderata attentamente. Fortunatamente le macchine fotografiche più sofisticate, e quindi più 26 < http://www.sigmaphoto.com/lenses/standard-lenses>. 20 costose, puntano a migliorare la velocità dello scatto continuo e dell'autofocus, ad aumentare la sensibilità ISO oppure a includere la modalità video, caratteristiche, queste, superflue al nostro scopo. Lo stesso dicasi per gli obiettivi, il Nikon AF 50mm, privo di motore autofocus, costa poco più di cento euro. Un altro punto a favore di un corpo macchina "datato" è che possiede un sensore CCD, Charge-Coupled Device, il quale offre meno rumore e una maggiore gamma dinamica e sensibilità rispetto al sensore CMOS, Complementary Metal Oxide Semiconductor, che genera pixel irregolari con più facilità 27. Il sensore presente nelle macchine digitali ha lo scopo di convertire le informazioni analogiche, la luce, in dati digitali rappresentati in un'immagine costituita da milioni di pixel28. Il termine risoluzione indica infatti il numero di pixel di cui è costituita l'immagine; quando aumenta la risoluzione, aumenta anche il numero dei pixel e maggiori saranno i dettagli presenti nella fotografia. Le camere di livello medio hanno dai 8 a 12 milioni di pixel, mentre gli apparecchi professionali arrivano a 24 milioni di pixel. Non è detto che il costo dell'apparecchio cambi sensibilmente con l'aumentare dei megapixel: la Nikon D3200, ad esempio, costruita nel 2012, costa circa cinquecento euro e ha una risoluzione di 24,2 Mpixel. 2.3 Il formato delle immagini Quando impostiamo i parametri della macchina fotografica digitale, dobbiamo decidere in quale formato salvare l'immagine. Alcune fotocamere più evolute prevedono il formato TIFF ma nella maggior parte dei casi i formati tra cui scegliere sono RAW e JPEG. Il termine RAW non è un acronimo ma è un termine in inglese che indica qualcosa di non lavorato, grezzo. Ogni azienda produttrice indica tale formato con una propria sigla: NEF per la Nikon, PEF per la Pentax, CR2 per la Canon. Al fine di salvaguardare la qualità dell'immagine, il formato RAW conserva in memoria tutte le informazioni e ciò sarà utile soprattutto nella fase di post-produzione durante la quale sarà possibile correggere il 27 <http://www.nadir.it/tecnica/SENSORI/sensore.htm>. RON WHITE, Il computer. Come è fatto e come funziona. 7 a edizione, illustrato da Timothy Edward Downs, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2004, p. 231. 21 28 colore, applicare la demosaicizzazione29, applicare la curva di gamma 30 o correggere l'esposizione grazie a programmi quali Lightroom o Photoshop. Formati quali NEF, PEF o CR2 sono formati proprietari e, una volta applicate le modifiche e corretti gli errori, è necessario salvare il file in un formato non proprietario adatto all'interoperabilità dei sistemi. Se scegliamo di acquistare una macchina fotografica Nikon, è possibile scaricare gratuitamente dal sito ufficiale il software Capture NX-D. Tale programma non salva la foto direttamente, l'immagine rimane in formato RAW anche dopo aver applicato le modifiche e, queste ultime, vengono salvate come istruzioni di elaborazione. Otteniamo quindi una visualizzazione dell'immagine finale ma il file in sé rimane inalterato, solo salvando l'immagine in TIFF o JPEG otteniamo un nuovo file con le modifiche applicate. Tale particolarità risulta utile poiché fin dal momento della creazione avremo una serie di metadati attestanti le modifiche apportate all'immagine e salvati in una cartella apposita. Inoltre, il programma, grazie alla funzione Batch Process, offre la possibilità di applicare le modifiche eseguite sull'immagine in uso ad ogni immagine scelta in precedenza. In rete esistono diversi siti ai quali collegarsi per convertire gratuitamente e online anche i formati PEF, CR2 e lo stesso NEF in TIFF, BMP o JPG31. Nel 2004 la ditta Adobe Systems ha introdotto il formato DNG che si propone come alternativa al formato RAW prodotto dai diversi marchi; il DNG potrebbe diventare lo standard per i dati grezzi, è di pubblico dominio, ampiamente documentato ma protetto da brevetto. Supportato da diversi produttori come Leica e Pentax, è stato sottoposto all'International Organization for Standardization perché diventi standard ISO32. Una volta prodotto il file e apportate le modifiche lavorando l'immagine al computer, è necessario salvare l'immagine in due formati: TIFF, Tagged Image File Format, non compresso, più pesante e quindi indicato come file master e atto alla conservazione a lungo termine, e JPEG, Joint Photographic Experts Group, più leggero perché sottoposto a compressione. I metodi di compressione si ottengono tramite algoritmi grazie ai quali il numero di byte di un file viene ridotto. Esistono due metodi di compressione: lossless, senza perdita 29 Il termine demosaicizzazione indica la procedura con la quale l'immagine viene processata per riprodurre le tinte originali. Il sensore della fotocamera registra i colori grazie a dei filtri colorati della dimensione di un pixel ma l'immagine così ottenuta risulta una tavolozza di colori rosso, blu o verde che vanno miscelati. 30 Il sensore registra la luce in proporzione all'esposizione ma l'immagine così ottenuta risulta troppo scura all'occhio umano. Affinché l'immagine appaia quella percepita, il software applica una curva di regolazione nota come curva di gamma. 31 Il programma della Nikon non permette di salvare il file RAW in formato BMP. Si segnala il sito <http ://www.zamzar.com>. 32 <http://www.lightroomcafe.it/lightroom/tutto-quello-che-dovete-sapere-sui-file-dng-che-cosa-sono-qualipro-e-contro-ci-sono-conviene-utilizzarli/>. 22 di informazione, e lossy, con perdita, in quanto alcune informazioni vengono eliminate. Da un file al quale si applica una compressione di tipo lossless possiamo ricostruire il file originario mentre ciò non è possibile nella compressione di tipo lossy, in quanto le informazioni vengono perse definitivamente33. Il formato JPEG appartiene al tipo lossy, è quindi controindicato per l'archiviazione a lungo termine ma utile per la consultazione in linea del file. Il formato di un file dovrebbe essere: non proprietario, le specifiche che forniscono le spiegazioni su come interpretare un file sono accessibili e non ci sono restrizioni legali al suo utilizzo; aperto, le specifiche sono pubbliche e quindi il file è indipendente da uno specifico produttore; standard de facto, il formato ha un'ampia diffusione; standard de jure, le specifiche sono approvate da un organismo di standardizzazione; non binario, cioè leggibile da qualsiasi editor di testo; non modificabile; portabile, utilizzabile, quindi, con facilità da diversi hardware e software; accessibile da qualsiasi categoria di utenti; stabile, le variazioni delle caratteristiche del formato non devono avvenire troppo spesso 34. A volte, però, è necessario un compromesso. Infatti il formato TIFF è proprietario, i diritti di proprietà intellettuale sono quindi detenuti dalla ditta produttrice ma è ormai un formato diffuso. Dal 2004 è standard ISO 12639; le specifiche35 sono state rese pubbliche già nel 1986 e la versione 6.0 è disponibile e stabile dal 1992. Impiegato per lo scambio e l'archiviazione di immagini bitmap, era prodotto dalla Aldus Corporation, ora appartenente alla Adobe Systems36. Un altro aspetto favorevole è la sua robustezza. Un formato si dice robusto quando la corruzione, cioè la modifica, o l'eliminazione, di alcuni bit che compongono il file non impediscono la sua visualizzazione 37. Nel nostro caso la corruzione del file immagine non impedirebbe la lettura, a video, dei documenti digitalizzati. I formati compressi, al contrario, sono i più corruttibili. In base ai risultati ottenuti dal Laboratorio di Informatica Documentale, istituito nel 2004 presso l'Università degli Studi di Macerata e ora confluito nel CEIDIM, il grado di corruzione che, applicato ad un'immagine in formato TIFF, non causa danni evidenti, provoca, al contrario, la perdita di buona parte di un file in formato JPEG38. Quest'ultimo è standard de iure, ISO 10918, e gode di una vasta 33 STEFANO PIGLIAPOCO - STEFANO ALLEGREZZA, Produzione e conservazione del documento digitale. Requisiti e standard per i formati elettronici. Volume I, a cura di Stefano Pigliapoco, Macerata, EUM, 2008, vol. I, pp. 60-61. 34 Ivi, pp. 155-172. 35 Disponibili alla pagina <https://www.partners.adobe.com/public/developer/en/tiff/TIFF6.pdf>. 36 Long-term preservation of digital documents. Principles and practices, with 67 figures and 32 tables, Berlin-Heidelberg, Springer, 2005, p. 100. 37 STEFANO ALLEGREZZA, Requisiti e standard dei formati elettronici per la produzione di documenti informatici, p. 18. Disponibile alla pagina <http://docplayer.it/741663-Requisiti-e-standard-dei-formatielettronici-per-la-produzione-di-documenti-informatici-di-stefano-allegrezza-febbraio-2010.html>. 38 Ivi, p. 19. 23 diffusione: qualsiasi macchina fotografica compatta salva le fotografie in formato JPEG. Per quanto concerne il nostro progetto, è da escludere la conservazione a lungo termine basata esclusivamente su tale formato. Bisogna considerare anche il formato JPEG2000 e valutarne la diffusione nel corso dei prossimi anni. Standard de jure, ISO 15444, è un formato aperto, raggiunge una compressione più elevata rispetto al JPEG, gestisce sia la compressione lossy sia quella lossless e offre la possibilità di inglobare diversi tipi di metadati in XML 39. Tale formato offre la possibilità di decomprimere il file immagine scegliendo diversi parametri quali la risoluzione, la qualità, la scala cromatica. In base ai privilegi e alle necessità dell'utenza, è quindi possibile applicare livelli diversi di decompressione partendo da un'unica versione del file40. Inoltre è auto-documentato, offre cioè la possibilità di includere i metadati che ne descrivono la produzione e che forniscono informazioni per la riproduzione 41. 2.4 I supporti di memorizzazione Prima di decidere quali e quanti supporti utilizzare per memorizzare le immagini digitali del fondo Monsignor Valentino Liva, dobbiamo calcolare il peso che avrà ogni singolo file. Come visto in precedenza, la dimensione dell'immagine va misurata moltiplicando il numero dei pixel disposti in orizzontale per quello dei pixel in verticale. Il risultato così ottenuto va moltiplicato per il numero di bit usato per rappresentare il colore di ogni pixel. La qualità delle immagini, e il loro peso, è determinata anche dal colore; il numero di sfumature presenti vengono indicate con l'espressione profondità di colore. Le immagini bitmap a colori richiedono più di un bit di informazione per ogni pixel: 8 bit sono sufficienti per rappresentare 256 colori, 24 bit definiscono più di 16 milioni di colori diversi. Un colore a 24 bit viene definito true color perché rende le sfumature colte dall'occhio umano 42. Calcoliamo qui di seguito la dimensione delle immagini in base al numero di pixel dichiarati dai produttori di fotocamere e usando una profondità di colore pari a 24 bpp (bit per pixel): 39 FRANCO LOTTI, La qualità delle immagini nei progetti di digitalizzazione, «DigItalia», 2006, vol. 2, p. 32. Ivi, p. 34. 41 S. ALLEGREZZA, Requisiti e standard dei formati elettronici per la produzione di documenti informatici... cit., pp. 24-25. 42 R. WHITE, Il computer. Come è fatto e come funziona... cit., pp. 112-113. 24 40 Macchine fotografiche compatte43 Kodak Easyshare C182 Megapixel 12 4000 x 2666 x 24 bit = 4000 x 2666 x 3 byte = 31.992.000 / 10242 = 30,50 MiB Canon IXUS 145 16 4608 x 3456 x 24 bit = 4608 x 3456 x 3 byte = 47.775.744 / 10242 = 45,56 MiB Macchine fotografiche reflex Canon EOS 300D44 Megapixel 6 3072 x 2048 x 24 bit = 3072 x 2048 x 3 byte = 18.874.368 / 10242 = 18 MiB Nikon DF45 16 4928 x 3280 x 24 bit = 4928 x 3280 x 3 byte = 48.491.520 / 10242 = 46,24 MiB Nikon D75046 24 6016 x 4016 x 24 bit = 6016 x 4016 x 3 byte = 72.480.768 / 10242 = 69,12 MiB 43 I dati che si riferiscono alle macchine fotografiche compatte sono ricavati dalla voce Proprietà di alcuni file immagine personali. 44 I dati sono ripresi dalle specifiche riportate nel manuale di istruzioni. 45 I dati sono ripresi dalle specifiche tecniche disponibili all'indirizzo: <http://www.nikon.it/it_IT/product/digital-cameras/slr/professional/df#tech_specs>. 46 I dati sono ripresi dalle specifiche tecniche disponibili all'indirizzo: <http://www.nikon.it/it_IT/product/digital-cameras/slr/professional/d750#tech_specs>. 25 La quantità dei pixel varia anche in base alla grandezza del sensore. Gli apparecchi full frame della Nikon montano un sensore la cui dimensione corrisponde alla classica pellicola (36 x 24 mm), una reflex come la Canon EOS 300D usa un sensore di 15,6 x 23,7 mm e nelle compatte misura 5,35 x 7,20 mm47. Il materiale da scansionare è composto da un registro di 1172 pagine, cinque buste recto-verso, 43 camicie recto-verso, 4705 carte sciolte recto-verso; è necessario digitalizzare la coperta del registro, così come le buste e le camicie dei fascicoli, per ogni busta e per ogni camicia si calcolano in totale quattro foto, si prevede una foto del fondo nel suo complesso per rispettare l'idea del complesso archivistico. Tipologia Registro di protocollo Numero delle fotografie 1176 Buste 10 Fascicoli 172 Carte sciolte 9410 Fondo nel suo complesso Totale 1 10769 La cifra va intesa per difetto, possiamo quindi arrotondarla a 11.000 fotografie. Se usiamo una macchina da 16 Mpixel abbiamo un peso totale di 496,71 GiB (11.000 x 46,24 = 508.640 MiB / 1024). Se usiamo un apparecchio da 24 Mpixel il peso finale è di 742,50 GiB (11.000 x 69,12 = 760.320 MiB / 1024). Se dovesse verificarsi una perdita dei dati salvati, dobbiamo averne a disposizione una copia ed è quindi necessario creare una o più copie di sicurezza valutando le caratteristiche dei supporti utilizzati. I supporti di memorizzazione sono classificati in base alla gerarchia, al tipo di accesso, alla persistenza dei dati, alla possibilità di scrittura da parte dell'utente e alla tecnologia impiegata48. Al momento ci interessa questo ultimo 47 Tale parametro influisce anche sulla scelta dell'obiettivo: per calcolare la lunghezza focale reale, tranne nel caso degli apparecchi full frame, il formato, indicato in millimetri sull'obiettivo, va moltiplicato per 1,5. 48 STEFANO ALLEGREZZA, Informatica documentale. Supporti di memorizzazione. Disponibile alla seguente pagina: 26 parametro di classificazione perché ogni supporto può subire danni diversi proprio in base alla tecnologia impiegata nella sua realizzazione. Gli hard disk drive esterni, memorie non volatili e scrivibili più volte, sono supporti magnetici, memorizzano i dati magnetizzando le particelle ferromagnetiche dello strato superficiale 49, sono soggetti a rottura, sensibili ai campi elettromagnetici e la carica elettromagnetica si affievolisce con il tempo. I compact disc (CD), i digital versatile disc (DVD) e i blu-ray disc (BD) sono memorie ottiche scritte e lette tramite un raggio laser. Sono sensibili ai raggi UV, all'umidità, ai graffi e alla polvere. Le memorie elettroniche, costituite da pendrive, memory card e unità a stato solido, i solid state disk, registrano i dati grazie ai transistor Mosfet. Il tempo di ritenzione dei dati si riduce a causa della temperatura ambientale; le memorie flash perdono con il tempo la capacità di essere scritte e lette. Ognuno delle tre tipologie di supporti descritte può subire danni meccanici50. Viste le caratteristiche diverse di ogni supporto, sarebbe necessario predisporre una copia per tipologia di supporto. Innanzitutto dobbiamo calcolare la reale capacità di memorizzazione: un hard disk esterno da 1 TB nominale ha una capacità effettiva di 0,90 TiB pari a 927,6 GiB. Se consideriamo le fotografie scattate a 24 Mpixel sarebbe sufficiente l'acquisto di un hard disk di tale capacità ma se valutiamo la scelta partendo dal prezzo, poco meno di cento euro, possiamo tranquillamente acquistare un hard disk da 2 TB nominali, cioè 1,8 TiB effettivi e pari a 1843,2 GiB. Ho controllato le confezioni di diversi prodotti, purtroppo, tranne che in pochi casi, non viene segnalato se si tratta di una memoria magnetica, la cui sigla è HDD, o elettronica, la cui sigla è SSD. Prima dell'acquisto è necessario cercare in rete le specifiche dei prodotti poiché, come visto in precedenza, si tratta di due supporti completamente differenti. Il problema della conservazione si pone con le memorie ottiche: per memorizzare 742,50 GiB di dati, calcolando che la capacità effettiva di un DVD-R da 4,7 GB è di 4,37 GiB, occorrono centosettanta DVD. Oltre al costo non indifferente, circa trecentocinquanta euro nel caso dei Verbatim Archival Grade51, il posto fisico occupato non è certo un problema secondario. Possiamo optare per i DVD-18, la cui capacità è di 15,90 GiB perché sono scrivibili su entrambi i lati e su più livelli; sono denominati perciò double-side (DS), <https://formazione.unimc.it/olat/auth/1%3A2%3A1002143805%3A2%3A0%3Aserv%3Ax/Dispensa20Sup porti%20di%20memorizzazione.pdf>. 49 GILBERTO MARZANO, Conservare il digitale. Metodi, norme, tecnologie, Milano, Editrice Bibliografica, 2011 (Bibliografia e biblioteconomia. 96), p. 308. 50 S. ALLEGREZZA, Informatica documentale... cit. 51 I CD-R e i DVD-R Verbatim Gold Archival garantiscono una ritenzione dei dati di cento anni grazie al doppio strato in oro e argento, ovviamente solo se «stored properly»,. I dati sono disponibili alla pagina <http://www.verbatim.com/prod/optical-media/dvd/archival-grade-gold-dvd-r/ultralife/>. Sulla durabilità dei BD-R double-layer si veda lo studio pubblicato alla pagina <http://www.mcmedia.co.jp/enterprise/pdf/LifeTestSummaryVer1.pdf> . 27 double layer (DL)52. I pezzi necessari sono quarantasette. La quantità dei dischi utilizzati deve essere intesa per difetto poiché i dati, scritti a spirale partendo dall'interno del supporto, sono soggetti a perdita quando ci si avvicina al bordo esterno. Non bisogna quindi masterizzare completamente il supporto. Vista la spesa non indifferente da affrontare, bisogna valutare se acquistare un masterizzatore apposito affinché il supporto venga masterizzato con meno errori possibili e i dati siano riproducibili a lungo. Infatti un DVD prodotto dalla stessa azienda offre prestazioni diverse in base al tipo di masterizzatore usato. I supporti della Sony presentano un basso tasso di errori di bassa rilevanza e l'assenza di errori di alta rilevanza, i quali, in alta percentuale, rendono il supporto illeggibile. I DVD della Verbatim hanno dato gli stessi risultati tranne nel caso in cui è stato usato il masterizzatore Liteon SOHW-1693S53. Un supporto ottico da considerare è sicuramente il Blue-Ray Disc. Un singolo disco BD single layer ha la capacità di 25GB nominali pari a 23,27 GiB effettvi; ci occorrono quindi trentadue BD. In commercio si trovano i dischi con sigla Verbatim Lifetime Archival, il costo totale ammonterebbe a centosessanta euro. Nel caso di un BD double layer , la cui capacità effettiva è di 46,55 GiB, sarebbero sufficienti sedici BD. Le memorie elettroniche presentano gli stessi problemi di quelle ottiche. Abbiamo bisogno di tredici pendrive da 64 GB nominali, pari a 59,58 GiB effettivi, per un totale di 312 euro nel caso della pendrive Kingston DT-100. La stessa ditta produce una pendrive della capacità di 1 TB, sarebbe la soluzione al nostro problema di spazio e praticità ma il costo è di 949 euro. In commercio si sta diffondendo il solid state disk, o SSD, supporto elettronico più veloce in fase di scrittura e di lettura rispetto a un HDD. Un disco da 1 TB costa circa cinquecento euro54. Essendo dei supporti elettronici, ho controllato anche le memory card usate nelle macchine fotografiche. Ormai la capienza arriva a 256 GB per memoria, pari a 233,72 GiB, ma il costo totale dei pezzi necessari arriva a circa cinquecento euro e le case produttrici ne sconsigliano l'uso per l'archiviazione a lungo termine55. Visti i costi, la creazione di copie su supporti elettronici è, al momento, da escludere. Bisogna valutare l'acquisto di supporti ottici ma gli unici consigliabili, vista la capacità di memorizzazione, sono i blu-ray disc, al cui costo complessivo va aggiunto quello di un 52 STEFANO ALLEGREZZA, Informatica documentale. Supporti di memorizzazione. Disponibile alla seguente pagina: <https://formazione.unimc.it/olat/auth/1%3A2%3A1002143805%3A2%3A0%3Aserv%3Ax/Dispensa20Sup porti%20di%20memorizzazione.pdf>. 53 GABRIELE BURGAZZI - UGO SPEZZA (a cura di), Copia perfetta: trucchi e consigli, «PC Open», (novembre 2005), n. 111, pp. 78-83. 54 <http://www.samsung.com/it/consumer/memory-storage/ssd/portable-ssd/MU-PS500B/EU>. 55 <http://www.lexar.com/pdf/flashmemoryguide.pdf>. 28 buon masterizzatore. La soluzione offerta dai DVD-R sarebbe adottabile solo nel caso in cui si scegliesse una macchina fotografica da 6 Mpixel, sarebbero infatti necessari quarantatre dischi. È utile calcolare anche il costo unitario per GiB: Tipologia e marca del supporto WD Elements HDD Verbatim DVD-R Archival Grade Verbatim BD-R Kingstom DT100G3 pendrive Samsung MU-PS1TOB/EU SSD Prezzo dichiarato dalla casa produttrice 56 Prezzo Amazon 57 0,05 € / GiB 0,05 € / GiB 1,28 € / GiB 1,05 € / GiB 0,07 € / GiB 0,02 € / GiB 0,59 € / GiB 0,31 € / GiB 0,54 € / GiB 0,40 € / GiB Come si può ora notare più facilmente, i DVD-R risultano essere il supporto più costoso in assoluto. In base ad uno studio realizzato dalla EMC, un'azienda che sviluppa 56 Si fa riferimento ai siti ufficiali: <http://www.verbatimstore.com>, <http://www.samsung.com> e <http://www.wdc.com>. Nel caso della Verbatim, i prezzi, espressi in dollari, sono stati convertiti in euro con il cambio pari a euro 0,9446 del 25 novembre 2015. Non sono state calcolate le spese di spedizione né l'IVA. 57 Le offerte reperite alla pagina <http://www.amazon.it> si riferiscono al giorno 25 novembre 2015 e sono soggette a variazione continua. Prima di procedere all'acquisto si consiglia di verificare il numero e il codice del prodotto sia sul sito ufficiale sia nei forum di discussione. Infatti, durante la ricerca di informazioni, mi sono imbattuta in diversi avvisi di prodotti contraffatti e, quindi, di scarsa qualità. Purtroppo i negozi al dettaglio offrono una scelta piuttosto scarsa. 29 soluzioni per la conservazione a lungo termine, la durata di tale supporto è di circa venti anni58. Personalmente mi è capitato che i DVD stampati, di norma i più resistenti, si rovinino dopo due o tre letture. Probabilmente la causa è da imputare alla bassa qualità del lettore ma, qualora si considerasse tale supporto, proporrei il controllo del supporto una volta all'anno. 58 G. MARZANO, Conservare il digitale... cit., p. 312. 30 3. RESTITUIRE L'ORGANICITÀ AL FONDO ARCHIVISTICO GRAZIE ALL'USO DEI METADATI Concluso il processo di digitalizzazione ci ritroviamo con una mera raccolta di immagini, semplice copie di documenti cartacei. Affinché un archivio così formatosi diventi autonomo e possa riappropriarsi dello status di universitas rerum59, dobbiamo comprendere le implicazioni delle attività connesse e susseguenti al lavoro compiuto: l'accessibilità e la fruizione del documento tramite la rete, e la conservazione permanente dei file. Una risorsa digitale come quella creata trova una collocazione naturale in un sistema informativo archivistico, si auspica costruito da archivisti, ma interrogato senza una loro mediazione60. Ogni volta che ci rechiamo presso un Archivio di Stato, l'archivista presente in sala ci fornisce una serie di informazioni sia sui mezzi di corredo presenti, sia sulla documentazione che stiamo cercando. Ci illustra il contenuto, ciò che cerchiamo, e il relativo contesto di produzione e di conservazione e le eventuali dispersioni di materiale. In ambito digitale tali informazioni prendono il nome di metadati e sono normalmente ripartiti in tre categorie: 1. Descrittivi, usati per identificare e recuperare gli oggetti digitali; grazie ad essi è possibile normalizzare le descrizioni dei documenti. 2. Amministrativi, gestionali e di conservazione. Grazie ad essi possiamo tener traccia delle operazioni a cui i file vengono sottoposti durante il loro ciclo di vita, dalla creazione alla conservazione. 3. Strutturali, per collegare le componenti degli oggetti digitali 61. La divisione non è comunque vincolante, METS e MAG sono sia amministrativi e gestionali sia strutturali ed essendo profili applicativi possono includere metadati descrittivi come Dublin Core. «Getting what you want, knowing what you have and keeping what you need», questo il titolo della relazione finale del progetto europeo Erpanet redatto in seguito al seminario tenutosi a Marburg nel settembre del 2003. Dicitura concisa che inquadra perfettamente il 59 GIORGIO CENCETTI, Sull'archivio come universitas rerum, «Archivi», 4 (1937). Disponibile alla pagina <http://www.icar.beniculturali.it/biblio/pdf/articoli/univarc.PDF>. 60 PIERLUIGI FELICIATI, Dalla descrizione archivistica al documento digitale: l'adozione del profilo MAG per la gestione della digitalizzazione negli archivi storici, «DigItalia», 2007, n. 1, p. 35. 61 ICCU, COMITATO MAG, Metadati amministrativi e gestionali. Manuale utente. Versione 2.0.1, a cura di Elena Pierazzo, ultimo aggiornamento: 8 marzo 2006, p. 8. Disponibile alla pagina < http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/documenti/manuale.html>. 31 ruolo poliedrico svolto dai metadati. Se preservare i giusti metadati è la chiave per conservare gli oggetti digitali62, nell'ambito del presente lavoro sono stati scelti gli standard NISO MIX per la descrizione dettagliata delle immagini e degli strumenti di acquisizione, e le sezioni di METS e MAG utili per ricostruire la struttura del fondo archivistico. La ricchezza di informazioni previste durante la compilazione deve essere posta come base sulla quale costruire nuclei di dati e metadati in relazione tra loro e necessari alla conservazione a lungo termine. Lo standard OAIS, Open archival information system, introduce due concetti fondamentali per inquadrare la funzione svolta dai metadati: la «comprensibilità in maniera autonoma»63 e la «comunità di riferimento»64. I dati devono essere accompagnati da meta-informazioni che ne consentano la comprensione e l'uso da parte degli utenti senza dover ricorrere a risorse esterne difficilmente o non più disponibili. Gli utenti vengono identificati nella comunità di riferimento, persone in grado di comprendere un insieme di informazioni conservate grazie ad una comune base di conoscenza65. Individuare una base di conoscenza permette di fornire linee guida per la raccolta dei giusti metadati. Lo stesso procedimento avviene in qualsiasi ambito di studio. Ad esempio, per la trascrizione e l'edizione critica di un manoscritto cartaceo dovrò essere in grado di decifrare la grafia dell'autore, sciogliere eventuali abbreviazioni e comprendere i termini ormai desueti. Gli strumenti usati, un corso di paleografia e diplomatica, un dizionario come il Grande dizionario della lingua italiana, fondato da Salvatore Battaglia, e l'esperienza pregressa, sono i metadati di cui necessito per ‘tradurre’ i dati, in questo caso il manoscritto, renderli comprensibili e comunicarli. 3.1 Lo standard NISO MIX Il primo passo da compiere è la descrizione delle immagini ottenute in seguito alla digitalizzazione del fondo tramite l'uso dei metadati. Un set esauriente di elementi atti allo scopo è fornito dallo standard NISO MIX che definisce i metadati per la descrizione di immagini digitali raster. Lo standard è stato sviluppato dal National Information Standards 62 ERPANET, Final report. Getting what you want, knowing what you have and keeping what you need. Metadata in digital preservation. Marburg, 3-5 September 2003, p. 4. Disponibile alla pagina < http://www.erpanet.org/events/2003/marburg/finalMarburg%20report.pdf>. 63 GIOVANNI MICHETTI (a cura di), OAIS. Sistema informativo aperto per l'archiviazione, Roma, ICCU, 2007, p. 12. 64 Ibidem. 65 Ibidem. 32 Organization, NISO, organizzazione statunitense non-profit, ed è mantenuto dal Network Development and MARC Standards Office della Library of Congress grazie anche al contributo degli istituti che lo applicano66. La versione attuale, la seconda, è stata approvata nel 2006 dall'American National Standards Institute. L'iniziativa in seguito alla quale si vede la nascita dello standard, è l'incontro voluto dal Research Libraries Group (RLG), il Council on Library and Information Resources (CLIR) e l'organizzazione NISO e tenutosi a Washington il 18 e il 19 aprile 199967. Lo standard è tecnico e dettagliato ed è utile per la rappresentazione dell'immagine in sé e per sé, per la descrizione degli strumenti tecnologici di acquisizione e per indicare quali modifiche ha subito il file. Sono previsti due tipi di elementi: i data container, i quali prevedono al loro interno il raggruppamento di due o più elementi correlati, e i data element, i quali rappresentano i valori di uno specifico dato68. Al nome dell'elemento segue una sua definizione, la tipologia, se è obbligatorio, raccomandato o opzionale e se è ripetibile o meno. Gli ultimi campi contengono una serie di esempi e le note, brevi commenti che forniscono indicazioni aggiuntive. Si raccomanda di rappresentare gli elementi usando il linguaggio di marcatura XML. I data container previsti a livello più generale sono cinque. 1) 6. Basic digital object information. Contiene una serie di elementi generali che possono essere considerati metadati utili alla conservazione, una parte di essi è stata importata da PREMIS. In questa sezione viene registrato l'identificativo dell'oggetto, il peso del file in byte, informazioni inerenti il formato, il tipo di compressione usata, la fissità69. 2) 7. Basic image information. Tale sezione elenca una serie di elementi necessari affinché l'oggetto digitale venga riprodotto correttamente: altezza e larghezza dell'immagine, colore, altri formati utilizzati70. Nella versione 2.0 dello standard sono inclusi JPEG2000, MrSID e DjVu e vengono fornite informazioni addizionali poiché tali formati sono più recenti. 66 <http://www.loc.gov/standards/mix/>. <http://www.niso.org/news/events/niso/past/image/>. 68 ANSI-NISO, Data Dictionary - Technical Metadata for Digital Still Images, 2006, p. 6. Disponibile alla pagina<http://www.niso.org/kst/reports/standards?step=2&gid=None&project_key=b897b0cf3e2ee526252d9 f830207b3cc9f3b6c2c>. 69 La fissità è un elemento contenitore usato per verificare se il file ha subito modifiche non documentate o non autorizzate. 70 La prima versione dello standard si riferiva principalmente ai formati TIFF e TIFF/EP. Visto l'introduzione e lo sviluppo di nuovi formati per le immagini, la versione attuale del data dictionary è stata resa più flessibile per contenere i formati più recenti. Nuovi formati potranno essere aggiunti in questa sezione. 33 67 3) 8. Image capture metadata. Vengono fornite informazioni inerenti al processo di digitalizzazione: tipologia, identificativo e dimensioni dell'oggetto analogico, data di creazione, istituzione responsabile del progetto, dispositivo di acquisizione, rotazione dell'immagine. 4) 9. Image assessment metadata. Al fine di preservare la qualità dell'immagine, gli elementi qui riportati attestano i valori usati dagli strumenti di output e che hanno influito sul risultato finale dell'immagine: frequenza di campionamento, codifica del colore, standard di riferimento, marca e modello dei dispositivi utilizzati. 5) 10. Change history. A causa dell'obsolescenza tecnologica, è inevitabile che un file subisca diversi processi di migrazione che è necessario descrivere in questa sezione. Vanno riportati: riferimento all'oggetto digitale originale, responsabile e data della modifica, motivazioni che hanno portato a tale decisione, software e sistema operativo impiegati, metadati delle versioni precedenti dell'immagine. Lo standard andrebbe letto durante la fase di progettazione poiché offre un elenco preciso delle specifiche tecniche da ricercare sia nelle immagini sia negli strumenti di acquisizione. Inoltre potrebbe essere usato per l'ulteriore sviluppo e la modellazione dell'area Il processo di digitalizzazione del Manuale MINERVA presentato nel primo capitolo del presente lavoro. Le caratteristiche tecniche che abbiamo preso in considerazione per l'acquisto di una fotocamera digitale vengono riprese e strutturate nel data container Digital Camera Capture. Viene richiesto il nome del produttore, il modello e il numero della fotocamera, il tipo di sensore presente. Inoltre possiamo descrivere tutti i valori decisi per la ripresa: l'apertura del diaframma, il tempo di esposizione, il programma scelto, l'ISO, la lunghezza focale dell'obiettivo, il tipo di illuminazione, le condizioni di illuminazione della stanza. Sarà utile registrare tali parametri ogni volta che decidiamo di modificare un valore. L'operazione richiederà tempo poiché nello stesso fascicolo sono presenti documenti di diverse misure e sarà necessario aggiustare la lunghezza focale dell'obiettivo di volta in volta; possiamo comunque ricorrere alla voce Proprietà del file per recuperare tale parametro senza dover segnarlo di volta in volta. Il software annesso ad ogni fotocamera sarà utile per facilitare la compilazione dei molteplici campi. Nella sezione Change history-Image processing dobbiamo registrare le operazioni attraverso le quali abbiamo convertito l'immagine dal formato RAW al formato TIFF e i cambiamenti introdotti nella fase di post produzione, quali l'aggiustamento dei toni o il bilanciamento del bianco. 34 Se si decide di mantenere il solo file RAW come file master, l'unica sezione da compilare è la Image capture metadata. Se convertiamo il file TIFF in JPEG dobbiamo compilare sia un'ulteriore sezione Image processing, poiché abbiamo creato una nuova immagine, sia importare i metadati di quella che possiamo definire l'immagine fonte compilando l'elemento Previous image metadata. Per un lavoro accurato dobbiamo delineare un workflow dei formati: da RAW a TIFF, da TIFF a JPEG. Da qui si comprende che RAW è la fonte, TIFF deriva da esso e avrà quindi i metadati relativi all'Image processing e al Previous image metadata. Viste le difficoltà riscontrate nel mantenimento di un numero ingente di copie, potremmo valutare l'ipotesi di mantenere tutti i metadati, compresi quelli generati dai file RAW, conservare il contenuto digitale dei file TIFF ma eliminare il contenuto dei file RAW. Lo standard MIX viene richiamato anche dalle classi di metadati MAG e METS. Il Comitato MAG ha realizzato uno schema basandosi sul Data Dictionary NISO distribuito con la dicitura Working Draft 1.0 e risalente al 200071. Gli elementi ripresi sono inseriti nella sezione, non obbligatoria, IMG che introduce lo standard tramite il namespace niso. Per comodità, le caratteristiche omogenee condivise da un gruppo di immagini possono essere riportate all'interno dell'elemento <img_group> della sezione obbligatoria GEN. Nella versione MAG qui citata non vengono ripresi tutti gli elementi presenti in MIX; in base a quanto si legge, nel momento della stesura del documento, il Comitato MAG «ha tuttavia ritenuto di non aggiornare per il momento lo schema nisomag.xsd, poiché anche la nuova versione si presenta come working draft e quindi in versione non stabile»72. Qualora ci fosse una versione stabile dello standard MIX, il Comitato MAG valuta l'opportunità di adeguare lo schema. Lo standard MAG si occupa di metadati amministrativi e gestionali, è completo, ed è un'ottima soluzione per corredare gli oggetti digitali però negli esempi presenti sul sito dell'ICCU73 sembra che molti elementi tecnici dello standard MIX non siano riportati. Preferisco quindi la filosofia adottata da METS. La sezione <amdSec> contiene i metadati amministrativi e l'elemento <techMD>, una delle quattro aree in cui è ripartita, definita technical metadata element, offre la possibilità di importare lo standard NISO MIX nella sua completezza74. 71 ICCU, COMITATO MAG, Metadati amministrativi e gestionali... cit., p. 89 Ibidem. 73 < http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/it/main/standard/>. 74 DIGITAL LIBRARY FEDERATION, <METS>. Metadata encoding and transmission standard: primer and reference manual. Version 1.6 revised, 2010, p. 41. Disponibile alla pagina <http://www.loc.gov/standards/mets/METSPrimerRevised.pdf>. 35 72 3.2 Gli standard METS e MAG L'incipit di ogni definizione del termine archivio è che l'archivio è il «complesso di documenti»75; il termine complesso richiama subito un tutto risultante dall'unione di molteplici parti collegate tra loro da quello che la prassi archivistica ha introdotto e definito come il vincolo archivistico. Nella definizione fornita da Paola Carucci, il vincolo archivistico «è il nesso che collega in maniera logica e necessaria la documentazione che compone l'archivio prodotto da un ente»76. Tali caratteristiche, presenti nel fondo cartaceo oggetto del nostro progetto, vengono meno una volta portata a termine la digitalizzazione. È sufficiente aprire qualsiasi cartella contenente immagini per comprendere come ogni singolo documento risulti in relazione con quello precedente e quello conseguente unicamente in base alla posizione occupata e in base all'ora in cui è stato ripreso. Entrambi i dati sono estremamente facili da alterare con conseguenze disastrose: viene meno il vincolo tra una busta e l'altra, tra la busta ed i fascicoli riposti in essa, tra i fascicoli e i documenti contenuti. Non solo rischiamo di perdere il vincolo logico tra un documento e l'altro ma anche il nesso fisico intrinseco in esso, cioè di disperdere il recto e il verso di un semplice foglio. La descrizione dell'immagine utilizzando NISO MIX non è sufficiente al nostro scopo ed è quindi di primaria importanza restituire al fondo la struttura originaria, renderla disponibile a lungo e far sì che tale descrizione, informazione necessaria, segua il ciclo vitale dell'oggetto digitale. 3.2.1 MAG - Metadati Amministrativi e Gestionali Il profilo applicativo MAG, basato sul linguaggio XML, è stato proposto dal Gruppo di studio sugli standard e le applicazioni di metadati nei beni culturali dell'ICCU e tratta le informazioni utili in «fase di raccolta, di trasferimento e disseminazione dei metadati e dei dati digitali»77. Le aree che compongono MAG sono le seguenti: 75 P. CARUCCI, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione... cit., p. 200. Ivi, p. 230. 77 ICCU, COMITATO MAG, Metadati amministrativi e gestionali... cit., p. 6. 36 76 1. GEN: contiene informazioni generali sul progetto; 2. BIB: contiene metadati descrittivi inerenti all'oggetto analogico; 3. STRU: metadati strutturali; 4. IMG: metadati specifici per immagini fisse; 5. OCR: per il riconoscimento ottico del testo; 6. DOC: per oggetti digitali in formato testo; 7. AUDIO: per file audio; 8. VIDEO: per file video; 9. DIS: per la distribuzione di oggetti digitali 78. L'area che ci interessa è la terza. L'elemento <stru> riporta le informazioni inerenti alla struttura logica del documento digitalizzato, è opzionale, ripetibile e nidificabile. Il Manuale Utente riporta i casi in cui può essere utilizzato: evidenziare le partizioni interne di un oggetto digitale; riunire gli spogli; correlare oggetti di diverse tipologie. Nel nostro caso permette di ricostruire la sequenza originale di documenti, fascicoli e buste poiché all'interno dell'elemento <element> possiamo collegare struttura e contenuto della sezione IMG. Al fine di descrivere la struttura del fascicolo dobbiamo innanzitutto segnalare nella sezione BIB il livello della descrizione bibliografica, nel nostro caso usiamo l'attributo f per file, unità archivistica. Nel caso in cui dovessimo descrivere il singolo documento è stato introdotto l'attributo d per document, unità documentaria79. Considerato che lo stesso procedimento è applicabile anche alla ricostruzione della struttura di una busta, o faldone, bisognerebbe introdurre l'attributo apposito ora non previsto. Possiamo immaginare il fondo archivistico come la somma di più livelli disposti dal generale al particolare nel caso del complesso cartaceo80 ma dal particolare al generale come risultato della digitalizzazione: 1. Documento: recto-verso; 2. Fascicolo: insieme di documenti; 3. Busta: insieme di fascicoli. 78 Ivi, p. 9. ICCU, GRUPPO DI STUDIO SUGLI STANDARD E LE APPLICAZIONI DEI METADATI NEI BENI CULTURALI, Reference schema. MAG 2.0.1, aggiornamento per gli archivi a cura di Pierluigi Feliciati. Disponibile alla pagina <http://www.iccu.sbn.it/opencms/export/sites/iccu/documenti/MAG_Reference201.pdf>. 80 INTERNATIONAL COUNCIL ON ARCHIVES, ISAD (G). General International Standard Archival Description. Seconda edizione. Adottata dal Comitato per gli standard descrittivi. Stoccolma, Svezia, 19-22 settembre 1999, «Rassegna degli Archivi di Stato», 63 (2003), 1, p. 87. Si veda anche la metodologia da seguire per la stesura dell'inventario in ANTONIO ROMITI, Archivistica tecnica. Primi elementi. Gli elenchi, le Guide e gli inventari archivistici, Lucca, Civita Editoriale, 2004, pp. 51-164. 37 79 Documento, fascicolo, busta sono nuclei che possiedono un proprio statuto ontologico ma che allo stesso tempo vanno visti in relazione uno con l'altro; entrambe le particolarità devono essere espresse. Di seguito forniamo un esempio di una possibile applicazione inerente ai fascicoli contenuti nella busta 956 del fondo Monsignor Valentino Liva: <stru> <sequence_number>001</sequence_number> <nomenclature>201-300</nomenclature> <element> <resource>img</resource> <start sequence_number="001"/> <stop sequence_number="062"/> </element> </stru> <stru> <sequence_number>002</sequence_number> <nomenclature>301-400</nomenclature> <element> <resource>img</resource> <start sequence_number="063"/> <stop sequence_number="145"/> </element> </stru> Il numero di sequenza <sequence_number> rende univoco il fascicolo; il titolo del fascicolo viene riportato grazie all'elemento <nomenclature>; tramite <resource> posso richiamare la sezione IMG contenente le immagini e il numero di quelle che costituiscono il fascicolo, compresi i documenti, grazie agli elementi <start> e <stop>81. Proviamo a utilizzare lo stesso schema per ricomporre un singolo documento: <stru> <sequence_number>001</sequence_number> <nomenclature>documento</nomenclature> <element> <resource>img</resource> <start sequence_number="001"/> 81 I valori riportati nell'esempio sono a puro titolo esemplificativo; andrà aggiunto il numero delle immagini che si riferiscono alla camicia. La struttura delle foto sarà quindi costituita da: recto-verso della camicia anteriore / documenti / recto-verso della camicia posteriore. 38 <stop sequence_number="002"/> </element> </stru> In questo caso i numeri di sequenza 001 e 002 segnalano rispettivamente il recto e il verso della stessa carta. In molti fascicoli, posti fra un documento singolo e un altro, sono presenti documenti aventi forma di fascicolo la cui struttura va assolutamente ricomposta. Immaginiamo un documento costituito da sei carte posto dopo il documento 001: <stru> <sequence_number>002</sequence_number> <nomenclature>documento</nomenclature> <element> <resource>img</resource> <start sequence_number="003"/> <stop sequence_number="014"/> </element> </stru> Nella prassi archivistica la busta viene considerata un'unità meramente fisica utile per indicare la consistenza dell'archivio 82 in quanto l'unità di base è il fascicolo 83. La divisione logica interna al fondo è costituita da serie, sotto-serie, fascicolo, sotto-fascicolo, inserto, documento. Se applichiamo tale struttura alla versione digitale rischiamo di non restituire all'utente l'ordinamento originale voluto da monsignor Liva. Le indicazioni presenti sul dorso dei faldoni vanno fotografate e va ricreata l'unità con i fascicoli contenuti in essi così da comunicare l'esatta sequenzialità. Sarebbe auspicabile che la sezione BIB contenesse un attributo atto allo scopo. Grazie al fatto che l'elemento <stru> è nidificabile possiamo agevolmente ricreare l'intera struttura del fondo indicando la numerazione delle buste data dall'istituto di conservazione: <stru> <sequence_number>956</sequence_number> <nomenclature> 1917-18. Occupazione straniera. Documenti ricevuti. </stru> Dal n.° 1 al n.° 800</nomenclature> <stru> 82 Oltre al numero delle buste, per indicare la consistenza, è necessario riportare anche i metri lineari occupati. 83 P. CARUCCI, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione... cit., p. 209. 39 <sequence_number>957</sequence_number> <nomenclature> 1917-18. Occupazione straniera. Documenti spediti. Dal n.° 1001 al n.° 1900 </nomenclature> </stru> <stru> <sequence_number>958</sequence_number> <nomenclature> 1917-18. Occupazione straniera. Documenti spediti. Dal n.° 1929 al n.° 2062 </nomenclature> </stru> All'interno di ogni sezione possiamo riportare il range delle immagini presenti nella sezione IMG come visto in precedenza e che comprenderà la busta, i fascicoli contenuti in essa e i documenti contenuti nei fascicoli. Grazie alla versatilità della struttura, possiamo collegare logicamente i documenti alla registrazione corrispondente riportata nel registro di protocollo. Ogni documento reca infatti il numero di protocollo e, anche negli esempi precedenti, alla voce documento potremmo aggiungere tale numero per maggior precisione e univocità. MAG offre diverse soluzioni ma la più congeniale al nostro caso prevede l'inserimento dei dati in un unico record84: <stru> <sequence_number>001</sequence_number> <nomenclature>documento 52</nomenclature> <element> <resource>img</resource> <start sequence_number="052"/> <stop sequence_number="053"/> </element> </stru> <stru> <sequence_number>002</sequence_number> <nomenclature>registro di protocollo - documento 52</nomenclature> <element> <resource>img</resource> <start sequence_number="152"/> <stop sequence_number="152"/> </element> </stru> 84 I valori immessi, come il numero del documento e delle immagini corrispondenti, sono a titolo di esempio. 40 3.2.2 METS - Metadata Encoding and Transmission Standard Oltre all'uso di MAG possiamo avvalerci anche del set di metadati METS. Il Metadata Encoding and Transmission Standard, espresso in XML, è utile per l'amministrazione degli oggetti digitali e per il loro trasferimento e trattamento all'interno degli istituti di conservazione 85. Viene creato nel 2001 con la collaborazione della Digital Library Federation, è supportato dalla Library of Congress e mantenuto dal METS Editorial Board; nel 2005 ottiene la NISO Registration86. METS è un profilo applicativo in quanto prevede l'integrazione di elementi esterni e il richiamo ad altri standard, ad esempio Dublin Core87. Si compone delle sezioni seguenti: 1. Mets header, memorizza i metadati che descrivono il file METS; 2. Descriptive metadata section, contiene i metadati descrittivi dell'oggetto digitale o punta a metadati descrittivi esterni a METS; 3. Administrative metadata section, è composta da metadati tecnici, di proprietà intellettuale, sull'origine analogica e sulla provenienza digitale (migrazione del file); 4. File section, il contenuto vero e proprio; 5. Structural Map section, definisce la struttura gerarchica e la collega al contenuto; 6. Structural Link section, memorizza gli hyperlink tra gli elementi di una mappa strutturale; 7. Behavior section, associa comportamenti eseguibili al contenuto dell'oggetto. La sezione che ci interessa è la Structural Map poiché offre la possibilità di collegare i file JPEG derivati da quelli in formato TIFF e di specificarne l'uso grazie all'attributo USE. Gli esempi proposti nel manuale si riferiscono alla digitalizzazione di un libro ma METS è alquanto versatile e si presta anche al nostro caso. Il primo passo è la creazione della sezione file <fileSec> per registrare il contenuto dei file. All'interno di quest'ultima si trovano uno o più elementi <fileGrp> usati per organizzare singoli elementi. Tramite l'elemento <FLocat> indico il contenuto del file che può trovarsi o all'interno del record METS che sto creando oppure all'esterno. In questo caso è stato scelto un puntatore esterno che rimanda al sito del Museo Diocesano-Tesoro del Duomo di Cividale del Friuli che ospita una sezione dedicata all'archivio storico. L'indirizzo andrebbe completato una volta 85 DIGITAL LIBRARY FEDERATION, <METS>... cit., p. 15. Ivi, p. 16. 87 RACHEL HEERY - MANJULA PATEL, Application profiles: mixing and matching metadata schemas. Disponibile alla pagina <http://ww.ariadne.ac.uk/issue25/app-profiles>. 41 86 caricate le immagini digitalizzate specificando il gruppo in formato TIFF e quello in formato JPEG. <mets:fileSec> <mets:fileGrp USE="archive image"> <mets:file ID="201mr" MIMETYPE="image/tiff"> <mets:FLocat xlink:href="http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/ cci_new/s2magazine/index1.jsp?idPagina=23536 LOCTYPE="URL"/> </mets:file> <mets:file ID="201mv" MIMETYPE="image/tiff"> <mets:FLocat xlink:href="http:// www.webdiocesi.chiesacattolica.it/ cci_new/s2magazine/index1.jsp?idPagina=23536 LOCTYPE="URL"/> </mets:file> </mets:fileGrp> <mets:fileGrp USE="reference image"></mets:fileGrp> <mets:file ID="201rr" MIMETYPE="image/jpeg"> <mets:FLocat xlink:href="http:// www.webdiocesi.chiesacattolica.it/ cci_new/s2magazine/index1.jsp?idPagina=23536 LOCTYPE="URL"/> </mets:file> <mets:file ID="201rv" MIMETYPE="image/jpeg"> <mets:FLocat xlink:href="http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/ cci_new/s2magazi LOCTYPE="URL"/> ne/index1.jsp?idPagina=23536 </mets:file> </mets:fileGrp> </mets:fileSec> Una volta completata la sezione <fileSec>, possiamo ricreare l'elenco dei documenti tramite la mappa strutturale ricostruendo l'andamento della risorsa fisica e aggiungendo le immagini di cui è costituita e i loro diversi formati. <mets:structMap TYPE="phisical"> <mets:div TYPE="fascicolo" LABEL="201-300"> <:div TYPE="documento" LABEL="documento 201:recto"> 42 <mets:fptr FILEID="201mr"> <mets:fptr FILEID="201rr"> <:div TYPE="documento" LABEL="documento 201:verso"> <mets:fptr FILEID="201mv"> </mets:div> <mets:fptr FILEID="201rv"> </mets:structMap> L'attributo TYPE specifica la tipologia o la classe dell'oggetto digitalizzato e LABEL identifica l'oggetto. Grazie all'elemento <fptr> collego la mappa strutturale ai file immagini contenuti nella sezione <fileSec>. Possiamo così collegare correttamente il recto al verso del documento ed elencare nella stessa struttura i due formati creati per ogni immagine. L'attributo FILEID identifica in modo univoco e persistente ogni immagine creata. 43 4. LA CONSERVAZIONE A LUNGO TERMINE DEL MATERIALE DIGITALIZZATO: UN PROBLEMA APERTO Una volta creato l'archivio digitale si pone il problema della conservazione sia dei supporti usati per la memorizzazione sia dei file contenuti. Le caratteristiche fisiche dell'ambiente nel quale viene conservato l'archivio cartaceo, temperatura fra i 18° e i 23° e umidità relativa tra 50% e 65%88, rispettano i valori per la conservazione del digitale. A differenza della carta, però, i supporti magnetici, ottici ed elettronici sono destinati a un deperimento più veloce, i formati dei file, è esperienza comune a tutti, sono soggetti a rapida obsolescenza; il bit stream può essere corrotto ed impedire l'apertura del file stesso. È necessaria una verifica periodica e, soprattutto, di lungo periodo, che una piccola realtà come quella di Cividale non può garantire. Inoltre è inevitabile la migrazione dei file creati. Il formato TIFF, come già accennato, è un formato stabile ma non è detto che la situazione non cambi; il formato JPEG2000 sta soppiantando il JPEG. Sarà presto necessario migrare almeno questi ultimi. Il JPEG2000 offre vari livelli di compressione, si consiglia quindi di creare nuovamente le copie partendo dalle immagini TIFF. Siamo quindi di fronte a diverse azioni frutto di decisioni prese di volta in volta: contemporaneamente al progetto di digitalizzazione abbiamo scelto di copiare i file JPEG da quelli nel formato TIFF. In seguito dovremo migrare da TIFF verso un nuovo file TIFF, o verso un formato che soppianterà TIFF, e nuovamente da TIFF a JPEG2000 escludendo la migrazione da JPEG a JPEG2000. I diversi processi elencati vanno completati con i metadati e anche questi ultimi vanno conservati. Senza una conservazione a lungo termine, l'autenticità dei file rischia di andare persa. Si potrebbe obiettare che l'autenticità non è un problema perché possediamo l'archivio cartaceo ma, considerato che lo scopo della digitalizzazione è concedere e garantire l'accesso tramite il web, l'utente che accede al documento lo considera autentico e deve poter verificare tale caratteristica. 88 MARIA GRAZIA PLOSSI ZAPPALÀ, Influenza dell'ambiente di conservazione sui materiali librari e d'archivio, in M. PLOSSI - A. ZAPPALÀ (a cura di), Libri e documenti. Le scienze per la conservazione e il restauro... cit., p. 474. 44 4.1 La tipologia documentaria conservata presso i Poli archivistici e gli Archivi di Stato Il testo che descrive il modello OAIS e sul quale si basano i più validi progetti di pianificazione della conservazione a lungo termine prevede una realtà alquanto complessa e sempre dinamica. Si potrebbe pensare che la conservazione si limiti a mantenere costanti i parametri ambientali dell'archivio in cui vengono archiviati i supporti fisici e sia sufficiente controllare periodicamente i file. Purtroppo non è così e uno degli attori introdotti dal modello OAIS, il responsabile, è figura alquanto complessa, che, purtroppo, l'Archivio Capitolare non può garantire per un lungo periodo. Sul tema della conservazione si sta delineando, a livello nazionale, una duplice realtà: da un lato persistono gli Archivi di Stato e dall'altro si stanno perfezionando i Poli archivistici. In linea generale, gli Archivi di Stato conservano gli archivi degli Stati italiani preunitari, degli organi centrali e periferici italiani, gli archivi notarili 89; ogni archivio, inoltre, conserva archivi di diversa tipologia, ad esempio fondi privati, a volte anche comunali, di cui è proprietario a vario titolo. Di norma conservano archivi storici, pertanto i documenti hanno concluso la fase giuridico-amministrativa. Il patrimonio presente è prettamente cartaceo. I Poli archivistici nascono dall'esigenza di conservare documenti amministrativi nativi digitali e dovranno sopperire all'impossibilità di conservare il digitale negli Archivi di Stato. Fra i Poli archivistici attivi possiamo ricordare il ParER e il Marche DigiP. Nel 2009 viene istituito il ParER, il Polo archivistico dell'Emilia-Romagna, servizio dell'Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione, e nel 2014 diviene conservatore accreditato. È una struttura pubblica che gestisce e conserva i documenti informatici della Regione, delle Aziende sanitarie del territorio, delle Province e dei Comuni90. Nel 2010 la Regione Marche costituisce il Polo Marche DigiP per gestire gli archivi digitali della Regione, degli enti regionali, di enti pubblici e privati. La struttura creata viene impostata sul modello ripreso dal ParER91. I Poli archivistici forniscono una soluzione tecnologica, organizzativa, giuridica e archivistica per la gestione e la conservazione sostitutiva della documentazione nel rispetto 89 P. CARUCCI, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione... cit., p. 68. < http://www.parer.ibc.regione.emilia-romagna.it/chi-siamo/chi-siamo>. 91 <http://www.ecommunity.marche.it/AltriProgetti/PolodiconservazioneMarcheDigiP/tabid/163/Default.aspx >. 45 90 del decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005 e delle regole tecniche previste dall'articolo 71 del suddetto decreto. Si basano sul modello OAIS e prevedono che i documenti vengano versati tramite la creazione di un pacchetto di versamento, denominato SIP, Submission Information Package, il quale, una volta effettuati i dovuti controlli, viene preso in carico dal conservatore e archiviato come pacchetto di archiviazione, denominato AIP, Archival Information Package. La situazione presentata traccia due vie parallele: da un lato gli Archivi di Stato conservatori di archivi storici e cartacei, dall'altra i Poli che trattano archivi nativi digitali correnti e di deposito; in una sorta di limbo vengono relegati gli archivi ibridi e gli archivi cartacei digitalizzati. Solitamente l'archivio ibrido integra l'archivio cartaceo all'archivio digitale. Nel nostro caso il problema verte su un ‘ibridismo temporale’ cagionato dalla convergenza del contenuto, derivante dalla documentazione cartacea e afferente all'archivio storico, del meta-contenuto informativo, i metadati, in continuo aggiornamento e accrescimento affine all'archivio corrente destinato ad un eterno ritorno circolare, e del contenitore, il supporto di memorizzazione, che richiede una valutazione costante e continua trasversale ad ogni fase dell'archivio. Il contenuto andrebbe scorporato ulteriormente, da una parte l'immagine in quanto oggetto digitale e dall'altra, o meglio, all'interno dell'oggetto digitale, il contenuto vero e proprio inteso come «elemento concettuale del segno linguistico»92. Tra contenuto e oggetto digitale è presente una sfasatura, una differenza che delimita i due termini e li rende concettualmente indipendenti ma formalmente dipendenti uno dall'altro. In base al contenuto dovremmo versare all'Archivio di Stato il fondo digitalizzato storico ma, in base al contenitore e ai metadati, il Polo archivistico sarebbe la scelta ottimale. Il dato in base al quale si versa la documentazione agli Archivi di Stato è la data in cui i documenti sono stati posti in essere, qualitativamente ha un peso determinante ma quantitativamente rimane pur sempre un unico dato che, alla luce dei problemi di obsolescenza e autenticità connessi al digitale, rimane ormai sullo sfondo. Il Polo archivistico, grazie ai servizi offerti, garantisce l'integrità dei file e dei metadati. Preserva e conserva a lungo l'autenticità dei file e le relazioni che intercorrono fra i documenti e i fascicoli riproponendo la struttura gerarchica del fondo archivistico e garantendone la fruibilità nel tempo. Il disciplinare tecnico93 richiede informazioni inerenti al contesto tecnologico del produttore e al personale addetto alla conservazione sia del 92 La definizione è tratta dal Dizionario della lingua italiana. Edizione 2004-2005, a cura di L. Serianni e M. Trifone, Firenze, Le Monnier, 2004. 93 ParER, Schema di disciplinare tecnico. Disponibile alla pagina: <http://www.parer.ibc.regione.emiliaromagna.it/conservazione/modalita-tecniche-per-avviare-conservazione>. 46 soggetto produttore sia del soggetto conservatore. Inoltre prevede la compilazione di schede descrittive delle tipologie documentarie versate e dei relativi metadati e controlla il formato dei file nel rispetto del DPCM 3 dicembre 2013. L'allegato 2 delle Regole tecniche in materia di sistema di conservazione accetta il formato TIFF tra i formati per la conservazione di immagini raster. Il Codice dell'amministrazione digitale è rivolto principalmente alle amministrazioni pubbliche e ai privati che comunicano con esse. L'articolo 43, comma 4, del Cad rimanda comunque al decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, il quale pone gli archivi storici sotto il controllo del Ministero per i beni e le attività culturali e che regolamenta, all'articolo 9, i beni culturali di interesse religioso. L'Intesa del 18 aprile 2000 intercorsa tra il Ministero per i beni e le attività culturali e il presidente della Conferenza episcopale italiana attua l'Accordo del 1984 e considera come beni culturali tutti gli archivi di enti e istituzioni ecclesiastiche nei quali sono conservati documenti di data anteriore agli ultimi settant'anni94. Abbiamo sì digitalizzato un fondo storico ma il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, è insufficiente per affrontare il problema legato alla conservazione. Non è doveroso per legge ma è necessario attenerci alle regole tecniche in quanto forniscono alcune indicazioni pratiche e indicano, nell'allegato 3, standard e specifiche tecniche di riferimento per la trattazione di documenti informatici. L'unico ostacolo è fare in modo che archivio storico e archivio corrente digitale coesistano. 4.2 Da archivio storico ad archivio corrente improprio: il carteggio di Monsignor Valentino Liva nel sistema di gestione informatico Come visto in precedenza, il materiale scelto per la digitalizzazione è costituito prevalentemente dal carteggio in entrata e in uscita posto in essere da Valentino Liva nella sua funzione di sindaco provvisorio del Comune di Cividale. Nonostante una evidente forzatura, non si tratta infatti di documenti nativi digitali, tale documentazione ben si presta ad essere importata in un sistema di gestione documentale. Il DPR 28 dicembre 2000, n. 445, definisce il sistema di gestione informatica dei documenti come «l'insieme delle risorse di calcolo, degli apparati, delle reti di comunicazione e delle procedure informatiche utilizzati dalle amministrazioni per la gestione dei documenti». Presso le 94 RAFFAELE TAMIOZZO, La legislazione dei beni culturali e paesaggistici. Guida ragionata, Milano, Giuffrè, 20094, pp. 109-110. 47 pubbliche amministrazioni, il punto di avvio per ricevere e inviare, quindi gestire, i documenti, è il protocollo informatico. Portiamo l'esempio del sistema presente a Padova, di cui conosciamo la struttura e nel quale potremmo importare il carteggio digitalizzato. Il sistema di protocollo operativo presso il Comune di Padova diviene, nel 2008, un vero e proprio sistema di protocollo informatico per l’organizzazione e la gestione dei documenti, grazie a nuove funzionalità introdotte da un gruppo di lavoro interno costituito da informatici, archivisti e addetti al protocollo. Il progetto integra gli strumenti archivistici quali il titolario di classificazione, il prontuario per la classificazione, le linee guida per la creazione dei fascicoli e delle serie, il piano di conservazione 95. L'accesso al protocollo informatico avviene tramite autenticazione grazie alla quale possiamo creare diversi profili di accesso e tracciare, o bloccare, la possibilità di modificare i documenti immessi. Tramite la scrivania virtuale possiamo registrare i documenti in entrata e in uscita. Nella maschera apposita, alla voce Protocollo, è possibile scegliere fra documenti in entrata, in uscita o interni. Nei documenti in entrata sono obbligatori i campi Mittente e Oggetto. Al mittente viene associato un identificativo che richiama in automatico l'indirizzo completo per le successive compilazioni. Si inserisce la data del documento, l'oggetto, già presente nel registro di protocollo cartaceo compilato da Liva, e possiamo inserire il progressivo di protocollo presente sui documenti cartacei alla voce Classificazione. Sarebbe errato classificare i documenti in base al titolario poiché l'ordinamento conferito a suo tempo dal decano non verrebbe rispettato. Inoltre il progressivo di protocollo presente sui documenti cartacei diviene un dato riutilizzabile in un altro contesto poiché il sistema P@doc compila in automatico i campi Anno, Numero di protocollo, Data e Ora. Il documento così generato è nuovo; l'anno, la data e l'ora sono contestuali alla compilazione del protocollo e non del documento e il numero di protocollo si riferisce al sistema P@doc. Abbiamo associato un documento storico ad una registrazione che appartiene all'archivio corrente e potremo avvalerci dei servizi offerti da un Polo archivistico. Lo stesso procedimento può essere applicato ai documenti in uscita e a quelli interni96. La creazione di un ‘archivio corrente improprio’ appartiene ad una visione storica, oltre che archivistica. L'immissione dei nomi del mittente e dei destinatari dovrà essere normalizzata per creare dei punti di accesso validi e uniformi. Gli indirizzi dei Comandi di Tappa e di Distretto presenti a Cividale sono presenti su pochissimi documenti. Tali dati 95 96 <https://formazione.unimc.it/olat/auth/1%3A2%3A1386737502%3A2%3A0/>. <https://formazione.unimc.it/olat/auth/1%3A6%3A1386796092%3A2%3A0%3Aserv%3Ax/02_04%20Sc elte%20realizzative_Le%20funzioni%20del%20sistema_protocollazione.pdf>. 48 sono difficili da reperire e, inseriti nel sistema, potranno essere verificati e resi disponibili ad altri ricercatori per un confronto ed una conferma. Virtualmente possiamo dare un diverso ordine a parte del carteggio. La busta 956 contiene i documenti ricevuti e si tratta soprattutto degli ordini inviati dal Comando di Tappa. Le buste 957, 958, 964 e 965 contengono, tra gli altri documenti, le risposte di monsignor Liva a tali ordini. Grazie alla funzione Fascicolazione abbiamo la possibilità di ricostruire l'ordinamento logico che intercorre tra documento in arrivo e documento in partenza. Avremmo la pratica completa inerente ad uno stesso affare. Inoltre, la maschera Ricerca moltiplica i punti di accesso e permetterebbe il recupero agevole dei documenti in base alla tipologia, se in entrata, in uscita o interno, per data, per codice identificativo, per mittente, per oggetto e per fascicolo. Tramite la voce Allegati possiamo inserire l'immagine digitalizzata del documento corrispondente. Solitamente gli allegati vengono relegati in secondo piano, dimenticando che spesso costituiscono il documento vero e proprio da conservare mentre l'e-mail funge da semplice veicolo di presentazione. Nel nostro caso l'allegato rappresenta l'oggetto digitale e deve essere corredato dai metadati previsti per il documento 97. Una volta inseriti i documenti nel sistema di gestione documentale possiamo usufruire del manuale di gestione e del manuale di conservazione: il primo è previsto dalle Regole tecniche per il protocollo informatico, il secondo dalle Regole tecniche in materia di sistema di conservazione. I manuali sono complementari e certificano il modello organizzativo del produttore e del conservatore, i sistemi di sicurezza adottati, le modalità di gestione, acquisizione e archiviazione degli oggetti digitali, le caratteristiche di questi ultimi, quali, ad esempio, i formati, i metadati, le aggregazioni. Immesso in un sistema informatico il carteggio può usufruire del livello tecnologico offerto da strutture pubbliche preparate ad affrontare il problema della conservazione. Senza una soluzione in tale direzione, e vista la mancanza di alternative, i file creati rischiano di venire semplicemente ‘posteggiati’ in un magazzino. 97 Si veda lo Studio di fattibilità per la conservazione dei documenti informatici del SUAP nel polo Marche DIGIP, stilato dall'Università degli Studi di Macerata, nel quale i metadati prevedono la descrizione dell'allegato, il file contenente la rappresentazione digitale dell'allegato, l'impronta e il formato elettronico. Andrebbero completati con i metadati previsti per il documento. Disponibile alla pagina < http://www.ecommunity.marche.it/LinkClick.aspx?fileticket=0BnBm2gdux0%3D&tabid=223>. 49 5. LA MOLTEPLICITÀ DEI PUNTI DI ACCESSO Solitamente un archivio ecclesiastico viene associato allo studio della demografia e della genealogia e la consultazione viene relegata ai soli registri canonici. L'Archivio Capitolare di Cividale non sfugge a tale regola e solo un'utenza più specialistica indirizza le proprie ricerche verso altre tipologie documentarie qui conservate. I Principles of Access to Archives dell'ICA, l'International Council on Archives, sottolineano che gli «archivists have a professional responsibility to promote access to archives»98 e tale accesso al patrimonio documentale deve essere «the widest possible»99. È lo stesso archivista che, come professionista, deve rendere i documenti «available for use»100. La rivoluzione introdotta dall'uso di internet ha portato, in generale, a un'accelerazione nel voler ottenere risultati e, in campo archivistico, ha sottratto la possibilità del dialogo tra l'archivista e l'utente. Il risultato della somma tra questi due fattori, velocità della ricerca e mancanza dell'archivista, è stato quello di pretendere che l'inventario, mezzo di corredo, divenisse strumento di ricerca. La sua pedissequa pubblicazione online non giova a nessuno, né all'archivio, né al ricercatore. L'inventario è il punto di arrivo di un lungo lavoro di riordino, e un buon inventario 101 è la chiave di accesso per comprendere l'ente in sé e per sé e nelle sue relazioni con interlocutori esterni posti in uno spazio conosciuto e in un tempo determinato. Purtroppo viene usato come l'orribile testo intitolato Il libro delle risposte102, invece pretende tempo per essere analizzato e compreso. L'archivista cerca di far comprendere che la ricerca esige serietà, riflessione e tempo. L'utente, al contrario, pretende che il documento rechi nero su bianco una risposta semplice e oggettiva a domande complesse e soggettive. Pochi storici cambiano le proprie domande in base ai documenti che hanno di fronte, molti, se non ottengono subito un risultato, colpevolizzano l'inventario e l'archivista. Inutile far loro comprendere che i documenti sono stati redatti a fini amministrativi e gestionali, non certo per rispondere a domande poste dopo secoli. L'unico escamotage è quello di far consultare 98 ICA, Principles of Access to Archives, p. 8. Disponibile alla pagina <http://www.ica.org/13619/toolkitsguides-manuals-and-guidelines/principles-of-access-to-archives.html>. 99 ID., Code of Ethics. Disponibile alla pagina < http://www.ica.org/5555/reference-documents/ica-code-ofethics.html>. 100 ID., Universal Declaration on Archives. Disponibile alla pagina < http://www.ica.org/13343/universaldeclaration-on-archives/universal-declaration-on-archives.html>. 101 Ci si riferisce in particolar modo agli inventari redatti da Antonio Romiti, il quale può essere definito lo standard di sé stesso grazie all'individuazione e all'applicazione di uno schema strutturale completo e uguale nel tempo. Tali inventari possono essere considerati dei veri e propri testi di storia poiché restituiscono l'ente e il contesto storico e culturale nel quale questi opera. 102 CAROL BOLT, Il libro delle risposte, Milano, Sperling & Kupfer, 20103. 50 inizialmente solo alcuni documenti e sottoporre l'inventario solo dopo che l'utente ha familiarizzato con l'ambiente. I portali descritti di seguito non pubblicano inventari e la scelta è stata dettata dalle considerazioni appena esposte. Lo scopo principale dei portali è, appunto, la divulgazione103 e diversificare virtualmente i punti di accesso significa raggiungere più utenti e rendere maggiormente visibile e condivisibile l'archivio di monsignor Liva. L'inventario non può e non deve essere divulgativo proprio perché è il punto di arrivo del lavoro dell'archivista e non può certo essere anche il punto di partenza dell'utente. Tranne che nel SAN, dove è presente la voce, dal sapore alquanto amaro, Chiedi all'archivista, rimane assente, nel mondo virtuale, la figura dell'archivista che, tramite il dialogo, diventava, a volte, la levatrice di socratica memoria 104. 5.1 L'accesso al complesso archivistico. La Convenzione tra l'Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l'Istituto Centrale per gli Archivi: l'interoperabilità dei sistemi BEWEB e SAN Il sito del Museo Diocesano-Tesoro del Duomo di Cividale, a cui afferisce l'Archivio Capitolare, prevede una sezione dedicata, Archivio Storico, che potrebbe essere popolata grazie al progetto qui presentato105. Come già accennato, il fondo Monsignor Valentino Liva ha una propria particolarità e potrebbe trovare diverse collocazioni virtuali per essere fruito a distanza. Una soluzione per presentare la descrizione del fondo Monsignor Valentino Liva nel suo complesso e avere più visibilità è il portale BeWeb. Il BeWeB, Beni ecclesiastici in Web, convoglia in un unico portale i risultati di diversi progetti di inventariazione avviati nel 1997 e promossi dalla Conferenza Episcopale Italiana in collaborazione con l'Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici106. Il progetto vede coinvolte oltre duecento diocesi, impegnate nella catalogazione del patrimonio storico e artistico, architettonico, archivistico e librario. 103 MAURO TOSTI CROCE, I portali tematici come strumenti di divulgazione del patrimonio archivistico, «DigItalia», 7 (2012), n. 2, p. 45. 104 PLATONE, Teeteto, 149a-151d. 105 <http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/s2magazine/index1.jsp?idPagina=23521>. 106 GIAMMATTEO CAPUTO, Il portale dei beni culturali ecclesiastici BeWeB, «DigItalia», 8 (2013), n. 2, p. 108. 51 Sono state siglate intese con diverse istituzioni, quali, ad esempio, l'Istituto Centrale per il catalogo Unico, ed il Consortium of European Research Libraries, il CERL, al fine di far dialogare fra loro i diversi sistemi informativi. Sulla base di tale filosofia, il 10 marzo 2015, viene stipulata la convenzione tra l’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza episcopale italiana e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo - Istituto Centrale per gli Archivi, per la condivisione delle procedure tra il BeWeB e il portale SAN, Sistema Archivistico Nazionale. L’articolo 2 della convenzione prevede uno “scambio e aggiornamento periodico condiviso dei dati presenti sulle schede descrittive dell’anagrafe delle strutture archivistiche (soggetti conservatori) [e uno] scambio e aggiornamento periodico condiviso dei dati provenienti dalle descrizioni archivistiche di più alto livello (complesso di fondi/fondo; soggetti produttori/profili istituzionali) e degli oggetti pubblicati in BeWeB per la valorizzazione coordinata del patrimonio archivistico” 107. I dati da condividere sono disponibili grazie al progetto AICE, Anagrafe degli Istituti culturali ecclesiastici, avviato nel 2000, e al progetto CEI-AR, che mette a disposizione, dal 2004, una serie di strumenti informatici per il riordino e la descrizione degli archivi storici ecclesiastici. Le categorie interrogabili presenti sul sito BeWeB108, riflettono la divisione adottata a monte del progetto e, quindi, sono divise in base alla tipologia del bene inventariato: 1. Beni storici e artistici, le cui chiavi di accesso sono ordinate per autore, per cronologia, per territorio; 2. Edifici di culto, che presenta i medesimi punti di accesso dei Beni storici e artistici, 3. Beni librari, la ricerca avviene per nome dell'autore, del curatore, del traduttore, per soggetto, per territorio; 4. Beni archivistici, per soggetto produttore, soggetto conservatore, territorio; 5. Istituti culturali, elenco degli ultimi istituti censiti e ricerca per territorio. La descrizione del fondo avviene a livello più generale. Le informazioni sul bene fornite sono nell'ordine: denominazione, estremi cronologici, consistenza, soggetto produttore, strumenti di corredo presenti, livello di descrizione, soggetto conservatore e breve descrizione. È evidente che, purtroppo, non è stato utilizzato lo standard ISAD(G), previsto per la descrizione dei complessi archivistici, e sarebbe auspicabile uniformare le descrizioni in tal senso. 107 108 <http://www.chiesacattolica.it/beniculturali/attivita/00003827_Beni_archivistici.html>. <http://www.beweb.chiesacattolica.it/it/>. 52 La convenzione stipulata con il SAN prevede che l'interoperabilità tra i due sistemi venga garantita dallo scambio in formato CAT-SAN e METS-SAN. Al momento non sono presenti nel SAN le schede previste ma la convenzione stipulata è utile perché avremmo maggior visibilità. Il SAN viene infatti definito un aggregatore di risorse, uno strumento di accesso comune al patrimonio archivistico italiano posseduto da istituti pubblici e privati, statali e non statali. L'Accordo per la promozione e l'attuazione del SAN del 25 marzo 2010 si prefigge l'intento di favorire «l'omogeneità dei servizi offerti ai cittadini per la fruizione del patrimonio culturale in rete», «la cooperazione tra i sistemi informativi sugli archivi» e il «miglioramento dei servizi per l'accesso»109. Un unico punto di accesso indirizza l'utente verso i sistemi aderenti all'iniziativa, tra i quali il SIAS, Sistema Informativo degli Archivi di Stato, e il SIUSA, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Nel portale BeWeb non è comunque prevista la fruizione integrale del fondo digitalizzato ma solo la descrizione del fondo nel suo complesso. Sarebbe quindi necessario inserire il link verso il sito che ospiterà l'intero complesso. 5.2 Oltre l'archivio in sé e per sé. L'accesso per materia: il progetto Europeana 1914-1918 Al polo opposto di una consultazione complessiva possiamo porre la fruizione del singolo documento. Un archivista non dovrebbe mai affermare che alcuni documenti sono più importanti di altri ma è inevitabile che alcune memorie, sia per il contenuto, sia per la forma, colpiscano più di altre. Creare il contesto di provenienza e di conservazione grazie all'uso dei metadati, poter rimandare alla descrizione completa del fondo tramite un semplice link permette di scegliere e rendere fruibile un singolo documento senza temere di rompere il vincolo che lo lega naturalmente agli altri documenti. Nella busta 956 del fondo è conservato il primo manifesto affisso a Cividale dal Comando tedesco. Reca la data 4 novembre 1917 e prevede la fucilazione di chi viene sorpreso a rubare nelle case abbandonate, donne e bambini compresi; il testo è scritto sia in tedesco, sia in italiano. Sul retro è ancora presente un leggero strato di intonaco della casa dalla quale è stato asportato. Il portale tematico Europeana, grazie al progetto Europeana 109 >. <http://www.conferenzanazionalearchivi.it/documenti/CNA2009_AccordoPromozioneAttuazioneSAN.pdf 53 Collections 1914-1918, offre una vetrina per la comunicazione sia del documento sia del periodo storico nel quale è stato posto in essere. Finanziato nell'ambito del programma promosso dalla Commissione Europea, ICT Policy Support Programme, il progetto è stato presentato a Roma il 27 marzo 2014 durante la conferenza internazionale "La Grande Guerra nelle raccolte nazionali ed europee: materiali immagini e testimonianze", organizzata dall'ICCU e dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma 110. Le iniziative e i finanziamenti rivolti alla commemorazione per il centenario dell'inizio della Grande Guerra sono ormai numerose e il progetto di digitalizzazione presentato potrebbe usufruire di tali finanziamenti. Il sito Europeana, inaugurato il 20 novembre 2008, può essere definito un raccoglitore digitale europeo nel quale vengono pubblicati migliaia di record in forma di immagini, testo, audio e video grazie sia alle istituzioni europee sia ai privati cittadini. In Italia, da marzo a maggio 2013, si sono svolte tre giornate dedicate alla raccolta del materiale da pubblicare in Europeana 1914-1918. Grazie al contributo dei cittadini sono state registrate oltre trecento testimonianze e digitalizzati quasi cinquemila oggetti111. Il portale prevede diverse categorie per l'accesso: 1. Tipologia documentale: lettere, diari, fotografie, video, documenti, cartoline; 2. Argomenti: ricordi, propaganda, prigionieri di guerra, vita in trincea, guerra aerea, guerra navale, donne; 3. Fronti: italiano, Est, Ovest, casa112. Una volta selezionato l'accesso, viene presentato un elenco con il materiale disponibile. Ogni file reca un titolo generale, la storia dell'oggetto o della persona ritratta, il nome di chi ha pubblicato il contributo, la lingua, la parola chiave per la ricerca, i diritti d'autore113. I dati forniti cambiano in base alla tipologia dell'oggetto pubblicato, ad esempio, nel caso venga pubblicata l'immagine di una persona, vengono forniti la data e il luogo di nascita e di morte. La ricerca può essere filtrata in base alle storie del pubblico o limitata alle collezioni di biblioteche e musei. L'aspetto positivo è l'immediatezza con la quale il messaggio di un singolo documento o cimelio arriva all'utente. Siamo di fronte a una mostra virtuale condivisa a 110 PATRIZIA MARTINI, La Grande Guerra nelle raccolte nazionali ed europee: materiali immagini e testimonianze, «DigItalia», 9 (2014), n. 1, p. 129. 111 SARA DI GIORGIO, Europeana 1914-1918: la Grande Guerra raccontata dalla gente comune, «DigItalia», 8 (2013), n. 1, p. 159. 112 < http://www.europeana1914-1918.eu/it/explore>. 113 Europeana adotta la licenza Creative Commons CCO Public Domain Dedication. Chi fornisce il materiale deve aderire all'Accordo di scambio dati, il Data Exchange Agreement: l'utente consente il riutilizzo libero dei dati messi a disposizione purché l'autore venga citato. In SARA DI GIORGIO, Cultural Commons, la sfida dei beni comuni nell'era del digitale per musei, biblioteche e archivi, «DigItalia», 7 (2012), n. 2, p. 153. 54 livello europeo, la quale fornisce un contenitore di frammenti di vita difficili da intrecciare in uno studio scientifico che, di norma, presuppone la contestualizzazione comune di più testimonianze. Il filo rosso, oltre al portale, che funge da contenitore, la Grande Guerra, che delimita un arco temporale ben preciso. Un collettore di memorie derivanti da fotografie, testi, audio e video, è, sostanzialmente, un archivio. In questo caso si tratta di un archivio dinamico, in continua crescita grazie al materiale proveniente da archivi, di enti e di privati, un archivio inventato114. Eugenio Casanova così esordisce nel paragrafo Archivi della guerra: Invece, assistiamo di frequente da noi e altrove al tentativo di creare gli archivi dell'ultima guerra. Non crediamo che possa mai attecchire nel vero senso della parola. [...] Se si tratti di far collezione di specialità, di frantumi incompleti, avremo musei, raccolte, gallerie, non mai archivi nel vero senso della parola115. Il portale Europeana 1914-1918 non può essere ritenuto, infatti, un archivio in sé e per sé; i punti di accesso consentiti suggeriscono una divisione, quella per materia, che la prassi archivistica biasima e condanna 116. Il sito è un semplice contenitore che però ha la possibilità di raggiungere un numero maggiore di utenti rispetto all'archivio fisico. Può essere ritenuto un archivio virtuale e si ricorda pertanto l'importanza di contestualizzare il documento condiviso e accompagnare l'utente di Europeana verso l'archivio di origine. 5.3 L'accesso completo alla collezione: Internet Culturale Il portale Internet Culturale nasce nel 2005 come frutto del progetto Biblioteca Digitale Italiana e Network Turistico Culturale finanziato dal Comitato dei Ministri per la Società dell'Informazione e proposto dalla Direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali. Nel 2009 viene pubblicata una nuova edizione del portale in seguito allo Studio sul riassetto, la riorganizzazione e la nuova prospettazione dei contenuti del portale Internet Culturale commissionato al Dipartimento di italianistica e spettacolo dell'Università di Roma "La Sapienza"117. Lo scopo ultimo del portale è stato ridefinito per poter promuovere la divulgazione del patrimonio librario italiano attraverso l'accesso ai 114 ROY ROSENZWEIG, The road to Xanadu: public and private pathways on the history web. Disponibile alla pagina < https://chnm.gmu.edu/digitalhistory/links/cached/introduction/link0.27a.pathwaysonhistweb.html>. 115 EUGENIO CASANOVA, Archivistica. 2a edizione, Siena, [s. e.], Arti Grafiche Lazzeri, 1928, p. 248. 116 Si veda la sezione dedicata all'ordinamento per materie, in E. CASANOVA, Archivistica... cit., pp. 209-211. Sul metodo peroniano, si veda anche ELIO LODOLINI, Archivistica. Principi e problemi. 12a edizione, Milano, Franco Angeli, 2005, pp. 152-159. 117 LAURA CIANCIO, "Internet Culturale. Cataloghi e Collezioni digitali delle biblioteche italiane". La nuova versione del portale, «DigItalia», 5 (2010), n. 2, pp. 123-124. 55 cataloghi bibliografici e al patrimonio digitale. Il sottotitolo, aggiunto nella nuova versione, è, infatti, esemplificativo: Cataloghi e Collezioni digitali delle biblioteche digitali. In ambiente digitale, il confine tra biblioteca, museo e archivio svanisce nel momento della costruzione dell'acceso alla collezione. Se il riordino e la conservazione di una collezione riflette l'istituzione che l'ha posta in essere e la conserva, e vede coinvolto personale specializzato, la ricerca del materiale avviene, nella maggior parte dei casi, senza aver bene in mente la diversità delle metodologie e degli strumenti a disposizione di musei, archivi e biblioteche. La scelta di pubblicare un fondo archivistico in tale portale è dettato prevalentemente dalla chiarezza del sito e dal supporto messo a disposizione dall'ICCU, coordinatore del progetto. Nel tempo sono stati inseriti anche fondi archivistici come l'Archivio Lodovico Antonio Muratori e l'Archivio dei periodici musicali italiani. La voce Collezioni digitali ospiterebbe l'intero fondo Monsignor Valentino Liva digitalizzato. L'accesso alla risorsa digitale sarebbe completa e corredata da una Scheda di dettaglio, che contiene i dati identificativi della risorsa, e dal documento Magxml, nel quale vengono inseriti i metadati dell'oggetto digitale usando il profilo applicativo MAG e richiamando gli standard NISO e Dublin Core. Grazie al visualizzatore presente possiamo risolvere il problema della corretta ricomposizione delle unità archivistiche e dei singoli documenti. Infatti potremmo sfogliare il fascicolo e i relativi documenti come se fossimo in archivio. In base alle regole inserite nel sito118, viene prevista la scansione del recto e del verso di ciascuna carta, comprese le carte di guardia, le carte bianche e tutte le componenti della legatura. Nel nostro caso dobbiamo prevedere la camicia di ogni fascicolo e la coperta delle buste. Le indicazioni fornite prevedono che su una carta non significativa vengano poste, al momento della ripresa, la scala cromatica e la scala millimetrica. Sono previsti tre formati: TIFF per la copia master destinata alla conservazione, JPEG per la consultazione online e, per ogni immagine, un file in PDF. Andrebbero comunque introdotti i termini prettamente archivistici. Nella scheda descrittiva, il dato relativo a Tipo documento è Manoscritto anche nel caso di documenti archivistici. Nella stesura di un inventario, o di un regesto, è necessario essere più precisi e definire la tipologia documentale, quali, ad esempio, lettera, testamento, minuta. In alcuni casi i documenti piegati a metà sono stati scansionati aperti, l'ordine delle carte risulta erroneo poiché la carta posta a sinistra, la prima che si presenta alla lettura a schermo, è, 118 <http://www.internetculturale.it/opencms/export/sites/ntc/documenti/pagine/vademecum_x_digitalizzazion e.pdf>. 56 nella realtà, l'ultima119. Bisogna quindi fare attenzione, riprendere i documenti nella giusta sequenza e riproporli nell'ordine presenti nel fascicolo e nella busta. Tramite la voce Istituti collegati possiamo collegare la scheda del soggetto conservatore, di cui vengono forniti indirizzo, contatti, orari e link al sito. Un servizio utile offerto dall'ICCU è la conservazione, gratuita, del digitale, sia delle immagini, sia dei metadati. La scheda per l'adesione è disponibile sul sito ma prima di prendere una decisione in merito è necessario richiedere un disciplinare tecnico e maggiori dettagli. Sul sito sono già presenti collegamenti al SAN e al progetto Europeana, il che contribuisce a collegare le varie viste del nostro fondo evitando, per quanto possibile, la decontestualizzazione dei documenti. 5.4 L'accesso al testo: il portale Biblioteca italiana Il colpo di grazia che possiamo infliggere alla prassi archivistica classica, che in realtà si è occupata ben poco del problema dell'accesso, è costituito dall'accesso diretto al testo, un testo svincolato completamente dalla forma del documento, un testo ricercato puramente per motivi storici, un testo che è puro contenuto. Il carteggio appartenente al fondo è dattiloscritto e può essere trascritto tramite la tecnologia OCR, il riconoscimento ottico dei caratteri. In rete sono disponibili diversi software gratuiti ma una soluzione a pagamento sembra offrire maggiore professionalità. Il programma Abby Fine Reader può essere applicato direttamente alle foto digitalizzate per estrarre il testo e riconosce anche le lingue straniere, tra cui tedesco e sloveno, utilizzate in alcune lettere presenti nel fondo. Il portale Biblioteca Italiana è promosso dal Centro interuniversitario Biblioteca italiana telematica, CiBit, in collaborazione con l'Università di Roma "La Sapienza" e ha lo scopo di pubblicare i «testi rappresentativi della tradizione culturale e letteraria italiana dal Medioevo al Novecento»120. La versione precedente del sito 121 prevedeva la sezione Focus, dedicata alle carte autografe dei protagonisti della cultura italiana dal Duecento al Cinquecento. La determinazione aprioristica di una categoria diventa alquanto labile durante lo svolgimento pratico del percorso di scelta e acquisizione dei testi. Determinare 119 Biblioteca Estense Universitaria di Modena, Archivio Lodovico Antonio Muratori, A.M-02.06.a2. <http://www2.bibliotecaitaliana.it/presenta.php>. 121 <http://www.bibliotecaitaliana.it/>. Ultima consultazione 18 dicembre 2015. 57 120 le caratteristiche in base alle quali decidere chi è stato protagonista della cultura è operazione alquanto soggettiva. Prevedere in questa sezione un arco temporale che arriva fino al Cinquecento, non è coerente con la scelta di inserire, nella sezione generale, testi digitali fino al Novecento. Se, come avviene in questo caso, è facile determinare chi sceglie le fonti rimane difficile determinare chi ne sarà il fruitore finale122. Lo scopo che ci prefiggiamo digitalizzando un archivio cartaceo è la diversificazione dei punti di accesso, non vogliamo moltiplicare la quantità dello stesso punto ma variarne la qualità, scegliere il sito che sia anche servizio, che abbia quindi un fondamento tecnologico tale da offrire garanzie di interoperabilità. Valentino Liva non ha prodotto un testo letterario edito e la scelta di pubblicarlo in questa collocazione può sembrare fuori tema. Nel sito sono comunque presenti testi che rappresentano una pura edizione di documenti come l'opera Relazioni di ambasciatori veneti al Senato: tratte dalle migliori edizioni disponibili e ordinate cronologicamente, curata da Luigi Firpo123. Puntiamo alla restituzione del semplice testo per agevolare la lettura e le ricerche testuali e, inoltre, dobbiamo valutare la rete di servizi che gravitano attorno all'oggetto digitale e in questo caso sono vantaggiosi. La Biblioteca Italiana si basa sul modello OAIS, prevede un sistema per la diffusione dei documenti e uno per la gestione dei metadati entrambi basati su standard internazionali e su tecnologie open source. I testi sono stati codificati in XML secondo lo schema TEI; per i metadati viene utilizzato lo standard METS integrato da MODS, quest'ultimo usato per la descrizione delle fonti originali dei testi. Dal formato METS vengono generati in automatico i metadati in formato MAG con lo scopo di promuovere l'interoperabilità con altri progetti promossi dalla Biblioteca Digitale Italiana. Lo schema MAG prevede la sezione DOC, non obbligatoria, dedicata ai file di testo nativi digitali e a quelli prodotti con tecnologia OCR che abbiano subito una revisione di tipo editoriale 124. Si accede ai testi tramite i campi Autore, Genere, Periodo o Ricerca testuale. Alla voce Genere è prevista la sezione Documenti che potrebbe quindi ospitare adeguatamente la nostra documentazione. Ogni opera prevede una Scheda con i dati identificativi, la descrizione della fonte cartacea e le versioni digitali disponibili. I dati previsti per la descrizione della fonte cartacea, tra cui titolo e autore, potrebbero essere implementati aggiungendo il soggetto conservatore; tra i dati digitali viene inserito l'URI del testo, nel nostro caso potremmo aggiungere il link alla descrizione archivista del fondo e alle 122 R. ROSENZWEIG, The road to Xanadu: public and private pathways on the history web... cit. <http://ww2.bibliotecaitaliana.it/exist/bibit/browse/autore.xq?autore=Tiepolo,%20Paolo&genere=Docume nti> 124 ICCU, COMITATO MAG, Metadati amministrativi e gestionali... cit., p. 136. 58 123 immagini prodotte. Potremmo così navigare tra viste diverse dello stesso oggetto digitale, una sorta di Google Maps dei documenti, che rende possibile la convivenza tra: una visualizzazione puramente grafica, la mappa, nel nostro caso il testo; una visualizzazione della realtà, grazie alla visione satellitare, e quindi le immagini dei documenti e, infine, una presentazione del contesto grazie a Street View, nel nostro caso la descrizione del fondo. L'ultima voce inserita nella scheda permette di esportare i metadati in MAG o in METS. Si accede al testo vero e proprio tramite i tag XML e HTML. Contestualmente al testo integrale, compare un grafo ad albero che riporta la struttura interna dell'opera. Possiamo effettuare la ricerca testuale, per parola o sintagmi, a tutto il testo, o limitarla a parti di esso, compresi i passi in lingua straniera presenti in alcune lettere. La ricerca potrebbe avvenire tramite la voce Autore; invece del titolo dell'opera avremmo il titolo esterno delle buste e, scegliendone una, potremmo accedere direttamente alla sezione testo. A lato del testo prevediamo la struttura gerarchica con i fascicoli come nodi da esplodere, all'interno dei quali si trovano i singoli documenti il cui numero di protocollo può fungere da titolo. Essendo una fonte primaria, Biblioteca Italiana permette una codifica di livello 4 che prevede una trascrizione diplomatica del testo. L'impegno previsto per tale operazione travalica lo scopo principale del progetto, la digitalizzazione del fondo; una lettura OCR e una codifica di livello 1 è sufficiente al nostro scopo125. Se un domani ci fosse la possibilità di migliorare il progetto in tale direzione, vale la pena ricordare il progetto di digitalizzazione dell'Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana in quanto prevede la trascrizione, oltre che del testo principale, anche delle glosse e dei commenti presenti126. Le minute inviate da monsignor Liva, dattiloscritte, presentano diverse correzioni e integrazioni manoscritte. In alcuni casi sono stati inseriti commenti anche dopo mesi, come testimoniato dalle date apposte prima o dopo le annotazioni. Uno sviluppo ulteriore potrebbe prevedere la scansione dei diari127 che Liva compone utilizzando i documenti del proprio archivio al fine di collegare il testo al documento. In molti casi è facilmente individuabile il gruppo di documenti dai quali è stato tratto un episodio descritto nel testo. 125 FABIO CIOTTI, Documento BibIt-1. Manuale di riferimento per la codifica testuale: livello 1, revisione 311 marzo 2003. Disponibile alla pagina < http://ww2.bibliotecaitaliana.it/doc/BibitManuale_codifica_L1.pdf>. 126 ANDREA BOZZI - MARTIN MARIA MORALES - MARCO RUFFINO, Imago et umbra. Programma di digitalizzazione per l'Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana: criteri, metodi e strumenti, «DigItalia», 5 (2010), n. 2, pp. 79-99. 127 V. LIVA, Distruzione, fede e resistenza... cit.; ID., Anno di prigionia. (La vita di un popolo). I documenti. Serie II, [s. n.], [1929]. 59 CONCLUSIONI L'ultimo aspetto preso in considerazione nel presente lavoro, rendere fruibile i documenti a un numero maggiore di utenti, è la motivazione principale che ci induce a intraprendere un processo di digitalizzazione. Non possiamo parlare di archivio nativo digitale ma le problematiche da affrontare non si discostano di certo; nel momento in cui ci ritroviamo con un complesso di immagini digitali, abbiamo creato un nuovo archivio il cui ciclo vitale si discosta da quello dell'archivio cartaceo per avviarsi nell'ambiente prettamente digitale. Le tematiche esposte sono per lo più di natura pratica e analizzare a priori i problemi da affrontare è determinante per valutare se possiamo o meno intraprendere tale progetto. Si è scoperto in corso d'opera come il costo per memorizzare i file su supporti di diversa tipologia sia in proporzione maggiore rispetto a quello calcolato per l'acquisto degli strumenti di acquisizione. La conservazione a lungo termine è talmente complessa che non è certo detto che progetti che dispongono di finanziamenti ingenti siano in gradi di affrontarla. Al momento l'unica soluzione è quella di affidarsi ad una rete di servizi. Le ipotesi suggerite si sono limitate al panorama nazionale ma non è da escludere la possibilità di aderire a progetti internazionali. La dematerializzazione ha il vantaggio di non avere confini impliciti al concetto di nazione. Gli attori coinvolti devono comunque condividere la stessa filosofia: l'interoperabilità e l'open source. Importanti risultati si sono ottenuti a livello nazionale e internazionale grazie all'adozione del modello OAIS e al linguaggio XML. È probabile che proprio le istituzioni che hanno a disposizione somme ingenti non facciano sistema e progettino soluzioni sottoposte a brevetto e sistemi autoreferenziali. Lo stesso dicasi per l'accesso. La realizzazione di un sito web dedicato unicamente ai progetti di un'istituzione limita le potenzialità intrinseche nella rete. Una realtà come quella di Cividale deve necessariamente affidarsi a diversi portali e ciò rende possibile moltiplicare e diversificare i punti di accesso. Ogni volta che si consulta un documento online si ha la sensazione che questi perda di affidabilità. Gli strumenti di ricerca cartacei che popolano le biblioteche e gli archivi hanno conquistato la fiducia del ricercatore anche grazie allo spessore di chi li pubblica e di chi li conserva. Affidarsi ad una rete consolidata di istituzioni che approda nel web si traduce nella creazione di un ambiente autorevole. Ciò non toglie, comunque, che l'uso delle fonti primarie presuppone non solo strumenti di ricerca e di restituzione validi ma 60 anche, e soprattutto, un ricercatore che accetti i lunghi tempi dell'indagine. Il compito dell'archivista inizia con il riordino dell'archivio e prosegue fino alla creazione di strumenti validi per l'accesso. La responsabilità dell'uso dei documenti ricade comunque sulla serietà dell'utente. 61 BIBLIOGRAFIA ALLEGREZZA, STEFANO, Requisiti e standard dei formati elettronici per la produzione di documenti informatici. <http://docplayer.it/741663-Requisiti-e-standard-dei-formati-elettronici-per-la-produzionedi-documenti-informatici-di-stefano-allegrezza-febbraio-2010.html>. - , Informatica documentale. Supporti di memorizzazione. <https://formazione.unimc.it/olat/auth/1%3A2%3A1002143805%3A2%3A0%3Aserv%3A x/Dispensa20Supporti%20di%20memorizzazione.pdf>. ANSI-NISO, Data Dictionary - Technical Metadata for Digital Still Images, 2006. <http://www.niso.org/kst/reports/standards?step=2&gid=None&project_key=b897b0cf3e2 ee526252d9f830207b3cc9f3b6c2c>. APARSEN, D24.1 Report on Authenticity and Plan for Interoperable Authenticity Evaluation System, 2012. <http://www.alliancepermanentaccess.org/wpcontent/uploads/downloads/2014/06/APARS EN-REP-D24_1-01-2_5_incURN.pdf>. BACCINO, BRUNO, Un apostolo friulano del '900. Mons. Valentino Liva, [s. e.], Udine, Arti Grafiche Friulane, 2007. - , L'Insigne Collegiata di Cividale, [s. e.], Udine, Arti Grafiche Friulane, 2011. BOZZI, ANDREA – MORALES, MARTIN MARIA – RUFFINO, MARCO, Imago et umbra. Programma di digitalizzazione per l'Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana: criteri, metodi e strumenti, «DigItalia», 5 (2010), n. 2, pp. 79-99. BURGAZZI, GABRIELE – SPEZZA, UGO (a cura di), Copia perfetta: trucchi e consigli, «PC Open», (novembre 2005), n. 111, pp. 68-84. CAPUTO, GIAMMATTEO, Il portale dei beni culturali ecclesiastici BeWeB, «DigItalia», 8 (2013), n. 2, pp. 108-116. CARUCCI, PAOLA, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione, Roma, Carocci, 200719. 62 CASANOVA, EUGENIO, Archivistica. 2a edizione, Siena, [s. e.], Arti Grafiche Lazzeri, 1928. CENCETTI, GIORGIO, Sull'archivio come universitas rerum, «Archivi», 4 (1937). <http://www.icar.beniculturali.it/biblio/pdf/articoli/univarc.PDF>. CHIOZZI, SANDRO, Usare la tua prima Reflex. Manuale Minimo. <http://www.phototutorial.net/2012/07/06/manuale-di-fotografia-di-base-in-pdf/>. CIANCIO, LAURA, "Internet Culturale. Cataloghi e Collezioni digitali delle biblioteche italiane". La nuova versione del portale, «DigItalia», 5 (2010), n. 2, pp. 123-134. CIOTTI, FABIO, Documento BibIt-1. Manuale di riferimento per la codifica testuale: livello 1, revisione 3-11 marzo 2003. < http://ww2.bibliotecaitaliana.it/doc/Bibit-Manuale_codifica_L1.pdf>. DE FRANCESCO, GIULIANA (a cura di), Linee guida tecniche per i programmi di creazione di contenuti culturali digitali. Edizione italiana 2.0., 2006. <http://www.minervaeurope.org/publications/Linee_%20guida_%20tecniche.pdf>. - , La seconda edizione delle Technical Guidelines for Digital Cultural Content Creation Programmes del progetto MINERVA, «DigItalia», 4 (2009), n. 1, pp. 133-142. DI GIORGIO, SARA, Cultural Commons, la sfida dei beni comuni nell'era del digitale per musei, biblioteche e archivi, «DigItalia», 7 (2012), n. 2, pp. 151-155. - , Europeana 1914-1918: la Grande Guerra raccontata dalla gente comune, «DigItalia», 8 (2013), n. 1, pp. 157-160. DIGITAL LIBRARY FEDERATION, <METS>. Metadata encoding and transmission standard: primer and reference manual. Version 1.6 revised, 2010. <http://www.loc.gov/standards/mets/METSPrimerRevised.pdf>. ERPANET, Final report. Getting what you want, knowing what you have and keeping what you need. Metadata in digital preservation. Marburg, 3-5 September 2003. < http://www.erpanet.org/events/2003/marburg/finalMarburg%20report.pdf>. 63 FACTOR, MICHAEL – HENIS, EALAN – NAOR, DALIT, Authenticity and Provenance in Long Term Digital Preservation: Modeling and Implementation in Preservation Aware Storage. < http://static.usenix.org/event/tapp09/tech/full_papers/factor/factor.pdf>. FELICIATI, PIERLUIGI, Dalla descrizione archivistica al documento digitale: l'adozione del profilo MAG per la gestione della digitalizzazione negli archivi storici, «DigItalia», (2007), n. 1, pp. 35-48. - , Dall'inventario alla descrizione degli archivi in ambiente digitale: si possono offrire agli utenti risorse efficaci? < http://eprints.rclis.org/11159/1/Feliciati_Montevarchi1107.pdf>. FIGLIUOLO, BRUNO (a cura di), Storia di Cividale nel Medioevo. Economia, società, istituzioni, Cividale del Friuli, Assessorato alla Cultura, 2012. GLADNEY, HENRY M., Preserving digital information, with 43 figures and 13 tables, Berlin-Heidelberg, Springer-Verlag, 2007. GRION, GIUSTO, Guida storica di Cividale e del suo distretto, Cividale, Tipografia Feliciano Strazzolini, 1899, copia anastatica, Premariacco, Juliagraf, 1990. GUERCIO, MARIA, Archivistica informatica. I documenti in ambiente digitale. Nuova edizione, Roma, Carocci, 20102. - , Conservare il digitale. Principi, metodi e procedure per la conservazione a lungo termine di documenti digitali, Roma-Bari, Laterza, 2013 (Manuali Laterza. 338). GUERCIO, MARIA – PIGLIAPOCO, STEFANO – VALACCHI, FEDERICO, Archivi e informatica, introduzione di Antonio Romiti, Lucca, Civita Editoriale, 2010. HARVEY, ROSS, Digital curation. A how-to-do-it manual, London, Facet Publishing, 2010. HEDGECOE, JOHN, Il Manuale del fotografo, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 199516. HEERY, RACHEL – PATEL, MANJULA, Application profiles: mixing and matching metadata schemas. <http://ww.ariadne.ac.uk/issue25/app-profiles>. 64 ICA, Code of Ethics, 1996. < http://www.ica.org/5555/reference-documents/ica-code-of-ethics.html>. - , ISAD (G). General International Standard archival Description. Seconda edizione. Adottata dal Comitato per gli standard descrittivi. Stoccolma, Svezia, 19-22 settembre 1999, «Rassegna degli Archivi di Stato», 63 (2003), n. 1, pp. 59-190. - , Universal Declaration on Archives, 2011. <http://www.ica.org/13343/universal-declaration-on-archives/universal-declaration-onarchives.html>. - , Principles of Access to Archives, 2012. <http://www.ica.org/13619/toolkits-guides-manuals-and-guidelines/principles-of-accessto-archives.html>. ICA, COMITATO PER LE BUONE PRATICHE E GLI STANDARD, ISDF. Standard internazionale per la descrizione delle funzioni. Prima edizione, «Rassegna degli Archivi di Stato», n. s., 3 (2007), n. 3, pp. 591-670. ICCU, Linee di indirizzo per i progetti di digitalizzazione del materiale fotografico; Linee guida per la digitalizzazione del materiale cartografico; Linee guida per la digitalizzazione di bandi, manifesti e fogli volanti. <http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/it/main/standard/>. ICCU, COMITATO MAG, Metadati amministrativi e gestionali. Manuale utente. Versione 2.0.1, a cura di Elena Pierazzo, ultimo aggiornamento: 8 marzo 2006. < http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/documenti/manuale.html>. ICCU, GRUPPO DI STUDIO SUGLI STANDARD E LE APPLICAZIONI DEI METADATI NEI BENI CULTURALI, Reference schema. MAG 2.0.1, aggiornamento per gli archivi a cura di Pierluigi Feliciati. <http://www.iccu.sbn.it/opencms/export/sites/iccu/documenti/MAG_Reference201.pdf>. LIVA, VALENTINO, Distruzione, fede e resistenza. Per la storia e per la psicologia di un popolo durante l'invasione straniera del Friuli dal 27 ottobre 1917 al 4 novembre 1918. Dai documenti inediti esistenti nell'Archivio Capitolare di Cividale, Cividale, [s. e.], Tipografia Fratelli Stagni, 1928, vol. I. 65 - , Anno di prigionia. (La vita di un popolo). I documenti. Serie II, [s. n.], [1929]. LODOLINI, ELIO, Archivistica. Principi e problemi. 12a edizione, Milano, Franco Angeli, 2005. Long-term preservation of digital documents. Principles and practices, with 67 figures and 32 tables, Berlin-Heidelberg, Springer, 2005. LOTTI, FRANCO, La qualità delle immagini nei progetti di digitalizzazione, «DigItalia», (2006), vol. 2, pp. 22-37. MARTINI, PATRIZIA, La Grande Guerra nelle raccolte nazionali ed europee: materiali immagini e testimonianze, «DigItalia», 9 (2014), n. 1, pp. 129-131. MARZANO, GILBERTO, Conservare il digitale. Metodi, norme, tecnologie, Milano, Editrice Bibliografica, 2011 (Bibliografia e biblioteconomia. 96). MICHETTI, GIOVANNI (a cura di), OAIS. Sistema informativo aperto per l'archiviazione, Roma, ICCU, 2007. MINERVA, Manuale di buone pratiche per la digitalizzazione del patrimonio culturale. Versione 1.3, a cura del Gruppo di lavoro 6 del Progetto MINERVA. Identificazione delle buone pratiche e dei centri di competenze, 3 marzo 2004. <http://www.minervaeurope.org/structure/workinggroups/goodpract/document/buonepratic he1_3.pdf>. MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI DI ARCHITETTURA ANDREA PALLADIO, Una metodologia per l'acquisizione e la restituzione dei giacimenti documentali dell'architettura. I materiali per lo studio di Andrea Palladio, a cura di Guido Beltramini, testi di Simone Baldissini, Guido Beltramini, Corrado Maria Crisciani, Marco Gaiani, Perla Innocenti, Elisabetta Michelato, Milano, Poli Design, 2003. NAVARRINI, ROBERTO, Gli archivi privati, Lucca, Civita Editoriale, 2005. 66 PIGLIAPOCO, STEFANO – ALLEGREZZA, STEFANO, Produzione e conservazione del documento digitale. Requisiti e standard per i formati elettronici. Volume I, a cura di S. Pigliapoco, Macerata, EUM, 2008, vol. I. PLATONE, Teeteto, a cura di F. Ferrari, testo greco a fronte, Milano, Bur, 2011. PLOSSI ZAPPALÀ, MARIA GRAZIA, Influenza dell'ambiente di conservazione sui materiali librari e d'archivio, in MARIA GRAZIA PLOSSI - ANTONIO ZAPPALÀ (a cura di), Libri e documenti. Le scienze per la conservazione e il restauro, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2007 (Biblioteca di Studi Goriziani. 13), pp. 469-488. ROMITI, ANTONIO, Archivistica generale. Primi elementi. Modulo base, Lucca, Civita Editoriale, 2003. - , Archivistica tecnica. Primi elementi. Gli elenchi, le Guide e gli inventari archivistici, Lucca, Civita Editoriale, 2004. ROSENZWEIG, ROY, The road to Xanadu: public and private pathways on the history web. <https://chnm.gmu.edu/digitalhistory/links/cached/introduction/link0.27a.pathwaysonhistw eb.html>. TAMIOZZO, RAFFAELE, La legislazione dei beni culturali e paesaggistici. Guida ragionata, Milano, Giuffrè, 20094. TOSTI CROCE, MAURO, I portali tematici come strumenti di divulgazione del patrimonio archivistico, «DigItalia», 7 (2012), n. 2, pp. 40-52. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA, Studio di fattibilità per la conservazione dei documenti informatici del SUAP nel polo Marche DIGIP. <http://www.ecommunity.marche.it/LinkClick.aspx?fileticket=0BnBm2gdux0%3D&tabid =223>. VALACCHI, FEDERICO, La pesca miracolosa. L'euristica delle fonti nel contesto dell'interoperabilità. < http://eprints.rclis.org/11676/1/_03-Valacchi.pdf>. 67 WALKER, LIZ (a cura di), Il manuale completo di fotografia digitale. Attrezzatura, accessori, tecniche di base, strumenti e software, progetti a cui ispirarsi, Milano, Gribaudo, 2011. WHITE, RON, Il computer. Come è fatto e come funziona. 7a edizione, illustrato da Timothy Edward Downs, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2004. ZAPPALÀ, ANTONIO, La qualità dei materiali, in MARIA GRAZIA PLOSSI - ANTONIO ZAPPALÀ (a cura di), Libri e documenti. Le scienze per la conservazione e il restauro, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2007 (Biblioteca di Studi Goriziani. 13), pp. 427-434. 68 SITOGRAFIA Tranne che nei casi specificati nelle note, i siti seguenti sono stato consultati un'ultima volta il 20 dicembre 2015. http://www.amazon.it http://www.beweb.chiesacattolica.it/it/ http://www.bibliotecaitaliana.it/ http://www2.bibliotecaitaliana.it/presenta.php http://www.bucap.it http://www.chiesacattolica.it/beniculturali/attivita/00003827_Beni_archivistici.html http://www.conferenzanazionalearchivi.it/documenti/CNA2009_AccordoPromozioneAttua zioneSAN.pdf http://www.ecommunity.marche.it/AltriProgetti/PolodiconservazioneMarcheDigiP/tabid/1 63/Default.aspx http://www.europeana1914-1918.eu/it/explore http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/it/main/standard/ http://www.internetculturale.it/opencms/export/sites/ntc/documenti/pagine/vademecum_x_ digitalizzazione.pdf http://www.interpares.org/book/interpares_book_d_part1.pdf http://www.lexar.com/pdf/flashmemoryguide.pdf http://www.lightroomcafe.it/lightroom/tutto-quello-che-dovete-sapere-sui-file-dng-checosa-sono-quali-pro-e-contro-ci-sono-conviene-utilizzarli/ http://www.loc.gov/standards/mix/ http://www.mcmedia.co.jp/enterprise/pdf/LifeTestSummaryVer1.pdf http://www.metis-group.com/Italiano/Metis%20Italiano.html http://www.nadir.it/tecnica/SENSORI/sensore.htm http://www.nikon.it/it_IT/product/digital-cameras/slr/professional/df#tech_specs http://www.nikon.it/it_IT/product/digital-cameras/slr/professional/d750#tech_specs http://www.niso.org/news/events/niso/past/image/ http://www.parer.ibc.regione.emilia-romagna.it/chi-siamo/chi-siamo http://www.parer.ibc.regione.emilia-romagna.it/conservazione/modalita-tecniche-peravviare-conservazione https://www.partners.adobe.com/public/developer/en/tiff/TIFF6.pdf 69 http://www.samsung.com http://www.samsung.com/it/consumer/memory-storage/ssd/portable-ssd/MU-PS500B/EU http://www.sigmaphoto.com/lenses/standard-lenses http://www.verbatim.com/prod/optical-media/dvd/archival-grade-gold-dvd-r/ultralife/ http://www.verbatimstore.com http://www.wdc.com http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/s2magazine/index1.jsp?idPagina=23521 http ://www.zamzar.com http://www.zeutschel.de 70