Le aziende hanno affrontato una pressione crescente per riportare maggiori informazioni sui loro impatti ambientali. Un numero crescente di stakeholders tra cui investitori, consumatori, fornitori e governi ritiene che una valutazione olistica dell’azienda necessiti anche di informazioni riguardanti le prestazioni ambientali e sociali. Di conseguenza, il numero di aziende che hanno emesso volontariamente dei resoconti riguardanti la sostenibilità è aumentato notevolmente. Tuttavia, è necessario domandarsi se la crescente tendenza di divulgazione di informazioni è un segnale dell’aumento effettivo di trasparenza o responsabilità aziendale o se si tratta di un’azione meramente simbolica. Questo capitolo si concentra sulle pratiche di facciata adottate dalle aziende che sfruttano il tema della sostenibilità come espediente di marketing e in particolare sul greenwashing. Nella prima parte si espone la reazione in termini di marketing delle aziende per giovarsi della crescente sensibilità ai temi ambientale e si espone una teoria che spiega le circostanze che inducono le aziende a diversi comportamenti ingannevoli, tra cui il greenwashing. Nella seconda parte si illustra questo crescente fenomeno e una classificazione delle pratiche ascrivibili ad esso. Successivamente vengono presentati i driver che incentivano questo fenomeno e gli effetti negativi che esso provoca alle aziende e ai consumatori in termini generali e in termini finanziari. 3.1 LA DIFFUSIONE DEI RIFERIMENTI AL CONCETTO DI SOSTENIBILITÀ Come visto precedentemente, i consumatori richiedono sempre più prodotti che siano sostenibili e attenti agli aspetti ambientali. In risposta, le imprese sviluppano marchi ecologici, si impegnano nell’ottenere certificazioni che garantiscono l’offerta di prodotti o servizi ecocompatibili per attirare un segmento crescente di consumatori sensibili ai temi ambientali. Inoltre, in risposta a questa elevata sensibilità da parte dei consumatori, le imprese sono entrate nella cosiddetta Eco-mark Era o era del marchio ecologico. Infatti, a partire dalla metà degli anni Sessanta, diverse imprese hanno intuito i potenziali vantaggi del legare il proprio marchio ai temi dell’ambientalismo, al punto che viene coniato il termine ecopornografia, per descrivere il costante tentativo di sfruttamento dei temi ambientali per finalità esclusivamente commerciali. Attualmente, avere nel proprio marchio un richiamo o un collegamento al concetto di ecologico o sostenibilità è maggiormente redditizio e profittevole rispetto al caso in cui si questa connessione non sia presente. Ogni anno negli USA, lo studio legale Dechert, conduce una ricerca riguardante il deposito dei marchi americani ed esamina i dati cercando di individuare le tendenze nascenti. Lo studio condotto nel 2008 ha rivelato che il numero di domande di marchio depositate nell’apposito ufficio che contengono il termine “green” è più che raddoppiato in un solo anno: da 1.100 nel 2006 a oltre 2.400 nel 2007. Anche i marchi contenenti i termini “clean”, “eco” ed “environment” sono cresciuti notevolmente in questo periodo. L’aumento del numero di marchi che presentano un collegamento al concetto di ecologico in un breve lasso di tempo, indica che è profittevole avere un marchio green in quanto attira un maggior numero di consumatori e ciò è intuibile anche osservando l’espansione del mercato verde1. Il mercato dei prodotti sostenibili è in rapida espansione durante gli ultimi dieci anni. Nel 2009 il suo valore era stimato pari a 230 milioni di dollari e nel 2015 a 845 milioni di dollari. Data questa crescita, molte società hanno iniziato a investire maggiori risorse nella comunicazione delle loro pratiche e dei loro prodotti sostenibili al fine di raccogliere i benefici di questi mercato in espansione. Per esempio, a partire dal 2009, più del 75% delle aziende S&P 500 aveva sezioni nel proprio sito web dedicate alla divulgazione delle loro politiche e prestazioni ambientali e sociali. Negli ultimi 20 anni la pubblicità “verde” è aumentata di quasi dieci volte ed è quasi triplicata rispetto al 20062. 3.2 LA TEORIA DEL TRIANGOLO DELLE FRODI COME SPIEGAZIONE AL GREENWASHING La sostenibilità ambientale viene considerata un nuovo imperativo strategico e un’opportunità per ottenere un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti da parte di molte imprese. Nonostante ciò, è necessario considerare anche le tendenze opportunistiche riguardanti la comunicazione ambientale ingannevole e falsa che permette alle imprese di ottenere consensi e legittimazione del proprio operato attraverso l’inganno. Alcune imprese scelgono infatti di adottare dei comportamenti fraudolenti e fuorvianti che possono essere spiegati attraverso la cosiddetta teoria del triangolo delle frodi. Questa teoria viene solitamente applicata per analizzare i comportamenti fraudolenti di individui o organizzazioni che possono derivare da tre fattori: pressione, opportunità e razionalizzazione. Per quanto riguarda la pressione, ci si 1 Lane E., 2010, consumer protection in the eco-mark era: a preliminary survey and assessment of anti-greenwashing activity and eco-mark Enforcement, the John Marshall Review of intellectual property law, Disponible a: https://repository.law.uic.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1217&context=ripl (ultimo accesso: 13/8/2022) 2 Delmas M.A., Burbano V.C., 2011, The drivers of greenwashing, California Management Review vol 54 n.1, Disponibile a: https://www0.gsb.columbia.edu/mygsb/faculty/research/pubfiles/14016/cmr5401_04_printversion_delmasbu rbano.pdf (ultimo accesso: 22/8/2022) riferisce a quella presente per raggiungere gli obiettivi finanziari, competere con i concorrenti, compensare le scarse prestazioni passate o soddisfare le aspettative degli stakeholders. Una situazione economica come una crisi finanziaria o l’aumento di domanda per un determinato tipo di prodotti può rendere la pressione particolarmente acuta, aumentando la tentazione di comportamenti fraudolenti. Per opportunità si intende la possibilità di perseguire comportamenti fraudolenti data l’assenza di controlli interni o normativi o la capacità di superarli. Infine, il triangolo delle frodi suggerisce che quando la pressione e l’opportunità sono entrambi presenti, è necessaria la razionalizzazione cioè la capacità di giustificare comportamenti non etici affinché vengano messi in atto comportamenti fraudolenti. Il triangolo delle frodi è quindi un importante strumento concettuale per evidenziare le circostanze che favoriscono determinati comportamenti ingannevoli da parte delle imprese, tra cui anche il greenwashing che generalmente viene tradotto come ecologismo di facciata o ambientalismo di facciata3. 3.3 LA DEFINIZIONE DI GREENWASHING Dalla metà degli anni Sessanta, con l'affermazione del movimento ambientalista, il fenomeno della comunicazione ambientale fuorviante ha cominciato ad essere identificato sia a livello di azioni che di strategie aziendali. Questo fenomeno è stato inizialmente definito come "ecopornografia" nel 1972 dall'ex dirigente pubblicitario Jerry Mander. Il termine greenwashing invece è stato coniato nel 1986 dal biologo e attivista ambientale Jay Westerveld. Nell'ultimo decennio, il greenwashing è diventato un argomento sempre più significativo nella letteratura accademica a causa della sua crescente importanza operativa. Nonostante il crescente interesse da parte di accademici e professionisti, non esiste una definizione generalmente accettata di greenwashing nella letteratura attuale. A causa della sua natura interdisciplinare, diverse definizioni e prospettive sono state adottate dagli studiosi nell'analisi delle pratiche di greenwashing. Nel 1999 il termine è stato aggiunto al Concise Oxford English Dictionary che definisce esso come "Disinformazione diffusa da un'organizzazione in modo da presentare un'immagine pubblica responsabile per l'ambiente; un'immagine pubblica di responsabilità ambientale promulgata da o per un'organizzazione, ma percepita come infondata o intenzionalmente fuorviante". La società americana di marketing ambientale TerraChoice 3 He Q., Wang Z., Wang G., Chen J.X., 2021, The Dark Side of Environmental Sustainability in Projects: Unraveling Greenwashing Behaviors, Project Management Journal Vol. 53 n.4, Disponibile a: https://journalssagepub-com.ezp.biblio.unitn.it/doi/full/10.1177/87569728211042705 (ultimo accesso: 22/8/2022) identifica il greenwashing come "L'atto di fuorviare i consumatori per quanto riguardo le pratiche ambientali di una società o le proprie prestazioni ambientali in compresenza di una comunicazione positiva sulle proprie prestazioni ambientali." Infine, Lione e Montgomery, affermano che "La parola greenwashing venga utilizzata per coprire qualsiasi comunicazione che induce le persone ad adottare credenze eccessivamente positive sulle prestazioni ambientali, sulle pratiche o sui prodotti di un'organizzazione"4. Tutte queste definizioni di greenwashing sono accomunate dal fatto che descrivono il fenomeno come: una strategia di comunicazione che divulga informazioni positive riguardo alle prestazioni ambientali che ha lo scopo di occultare le scarse performance ambientali dell’impresa, organizzazione o istituzione pubblica all’opinione pubblica. Si tratta quindi di un fenomeno che può essere definito come la somma di due comportamenti: scarsa performance ambientale e comunicazione positiva riguardanti le proprie prestazioni per ottenere i conseguenti benefici reputazionali5. 3.4 CLASSIFICAZIONE DELLE PRATICHE ASCRIVIBILI AL GREENWASHING Nel corso degli anni, il greenwashing è stato sempre più oggetto di studio e nel 2010 Terrachoice, una società americana di marketing ambientale, ha elaborato una lista dei cosiddetti sette peccati da greenwashing, ovvero quei comportamenti che possono essere ascrivibili alla pubblicità ingannevole e al greenwashing. Questi sono: 1. Il peccato di nascondere la verità: si tratta dell’affermare che un prodotto è sostenibile sulla base di poche caratteristiche, senza menzionare altri importanti attributi. Un esempio potrebbe essere l’utilizzo della carta nel prodotto che non è automaticamente preferibile dal punto di vista ambientale perché ciò dipende anche dal processo di fabbricazione della carta, dalle emissioni di energia, gas, e dall’effetto serra che la sua produzione provoca. 4 Torelli R., Balluchi F., Lazzini A., 2019, Greenwashing and environmental communication: Effects on stakeholders' perceptions, Business strategy and the environment Vol.29 Pg.407-421, Disponibile a: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/bse.2373?casa_token=QW4QSJDoSEAAAAA%3A561dzWJdT6NVwa-5FzNkxul_Da5blt5qStPo1gD7LDqnm1fghD8vTCLzAreYRVkMqE9_xmH_ka20vs&saml_referrer (ultimo accesso: 17/8/2022) 5 De Freitas Netto S.V., Sobral M.F.F., Ribeiro A.R.B. et al., Concepts and forms of greenwashing: a systematic review, Environmental Sciences Europe 32, Disponibile a: https://enveurope.springeropen.com/articles/10.1186/s12302-020-0300-3#Abs1 (ultimo accesso: 17/8/2022) 2. Il peccato di non dimostrare: consiste nel dare un’indicazione ambientale che non può essere comprovata da informazioni facilmente accessibili o da una certificazione rilasciata da terze parti. Un esempio comune è quello dei prodotti in tessuto per i quali è indicato che contengono una certa percentuale di tessuto riciclato, ma per i quali non è presente la prova. 3. Il peccato della vaghezza: consiste nel fare affermazioni imprecise, poco chiare, che possono essere fraintese dal consumatore. Un esempio è il termine: “100% naturale”, in quanto “naturale” non indica non dannoso per l’ambiente: arsenico, uranio, mercurio e formaldeide sono tutti presenti in natura, e velenosi. 4. Il peccato di irrilevanza: consiste nel fare un’affermazione ambientale che può essere veritiera, ma irrilevante per i consumatori che cercano prodotti sostenibili. Un esempio comune è: “senza CFC” poiché si tratta di un'affermazione frequente nonostante il fatto che i CFC siano vietati dalla legge. 5. Il peccato del minore dei due mali: si tratta di affermazioni veritiere che hanno lo scopo di distrarre il consumatore dal maggiore impatto ambientale della categoria nel suo complesso, vantando una caratteristica del prodotto che non risolve l’impatto ambientale. Un esempio è quello dei veicoli sport-utility a basso consumo di carburante, ma comunque inquinanti. 6. Il peccato di mentire: questo peccato include affermazioni ambientali che sono semplicemente false. 7. Il peccato delle false etichette: si tratta di una pubblicità del prodotto che attraverso parole o immagini dà l’impressione di essere certificata da un terzo ente quando in realtà non esiste tale attestazione6. Nel contesto in cui opera l’impresa, sono presenti diversi fattori che agevolano e favoriscono la decisione da parte delle imprese di compiere greenwashing. I diversi driver del greenwashing, che possono influenzare il comportamento aziendale e individuale in varie circostanze, sono in questo caso suddivisi in tre tipologie. Sono presenti fattori esogeni o esterni che incoraggiano il greenwashing, fattori organizzativi e infine fattori individuali. 6 Terrachoice, 2010, The Sins of Greenwashing Home and Family Edition, Underwriters laboratories, Disponibile a: http://faculty.wwu.edu/dunnc3/rprnts.TheSinsofGreenwashing2010.pdf (ultimo accesso: 23/8/2022) 3.5 I DRIVER ESOGENI DEL GREENWASHING Tra i fattori esogeni è necessario considerare: la pressione sulle aziende proveniente dagli attori non di mercato (autorità di regolamentazione e ONG) e da quelli di mercato (consumatori, investitori e concorrenti). La dimensione normativa del contesto internazionale in cui opera l’impresa, costituisce la forma più esplicita e diretta di pressione orientando il comportamento delle organizzazioni attraverso la coercizione e la minaccia formale di sanzioni. Inoltre, la regolamentazione può anche influenzare il comportamento delle aziende che non sono soggette ad esse dal momento che la legislazione di un Paese genera aspettative sulla legislazione anche di altri Paesi. La maggioranza della letteratura scientifica considera che elevati livelli di regolamentazione o anche solamente la minaccia di un inasprimento della normativa possa ridurre la pratica del greenwashing. Inoltre, in contesti in cui le aziende possono competere liberamente e dove c’è quindi una minore regolazione, la probabilità di greenwashing è maggiore in quanto le aziende puntano a massimizzare il profitto nel breve termine, sfruttando i benefici immediati in termini reputazionali del greenwashing. Le aziende, infatti, riducono i costi preferendo il greenwashing ad una gestione ambientale efficace che richiede maggiori uscite nel breve periodo. Oltre al numero di leggi presenti, anche il loro meccanismo di applicazione e il monitoraggio sono essenziali nella lotta a questo fenomeno7. Una mancanza di rigore nella loro applicazione può portare le organizzazioni a non rispettarle e quindi ad un insuccesso legislativo. Se il monitoraggio del comportamento dell’organizzazione è debole, la probabilità di un’adozione simbolica della regolamentazione sarà più elevato. Quindi per assicurarsi la reale attuazione della normativa, è consigliata anche la verifica da parte di un ente terzo indipendente, oltre al normale controllo messo in atto dagli enti regolatori. In conclusione, un ambiente normativo più lassista e incerto è considerato un fattore chiave della divulgazione del greenwashing. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la regolamentazione del greenwashing è estremamente limitata e la sua applicazione è altamente incerta. Inoltre, nei Paesi in cui operano molte multinazionali, tra cui la maggior parte degli Stati in via di sviluppo, non esiste alcuno standard normativo da dover rispettare8. 7 Mateo Marquez A.J., Gonzales Gonzales J.M. Zamora Ramirez C., 2022, An international empirical study of greenwashing and voluntary carbon disclosure, Journal of cleaner production Vol 363, Disponibile a: https://www-sciencedirect-com.ezp.biblio.unitn.it/science/article/pii/S0959652622021679?via%3Dihub (ultimo accesso: 17/8/2022) 8 Delmas M.A., Burbano V.C, The Drivers of greenwashing, citato in nota bibliografica numero 2 Data la limitata regolamentazione formale del greenwashing e l’incertezza riguardante l’applicazione di tale regolazione, agenti non di mercato come ONG e gruppi di attivisti, svolgono un ruolo fondamentale nel monitoraggio informale del greenwashing. Oltre al monitoraggio, le ONG e gli attivisti possono svolgere azioni di boicottaggio che sono adottate da un pubblico molto vasto grazie alla diffusione dei messaggi attraverso Twitter, Instagram, Facebook e Youtube. Queste piattaforme hanno notevolmente ridotto i costi e il tempo necessario per condividere le informazioni. Gli attivisti e le ONG hanno quindi un mezzo facile e poco costoso per diffondere informazioni e campagne contro il greenwashing svolto dalle imprese. La minaccia di esposizione pubblica per greenwashing operata da questi attori non di mercato dissuade le aziende a questo comportamento anche perché più i consumatori e gli investitori sono interessati alle questioni ambientali, più potenti diventano le ONG e gli attivisti che possono esercitare maggiore influenza e pressione sulle aziende. Da ciò consegue che le aziende più visibili, maggiormente soggette a controlli da parte di ONG e attivisti, limitano questi comportamenti fraudolenti in quanto sono soggette a un maggior rischio9. Le aziende sostengono la pressione da parte di consumatori e investitori ad apparire rispettose dell’ambiente e sono incentivate a comunicare anche in maniera fraudolenta e ingannevole le proprie prestazioni ambientali. In un contesto altamente competitivo, le imprese sostengono anche la pressione da parte dei competitors e ciò induce le aziende a comunicare le loro presunte pratiche sostenibili anche solamente per paura di essere sorpassate nella competizione dai loro rivali del mercato10. 3.6 I DRIVER ORGANIZZATIVI DEL GREENWASHING Sono poi presenti anche diversi fattori organizzativi che influenzano il greenwashing come caratteristiche dell’azienda, struttura degli incentivi e clima etico. Questi fattori organizzativi determinano il modo in cui le imprese rispondono agli stimoli esterni. Le caratteristiche dell’azienda, come dimensione, redditività, risorse e competenze e fase del ciclo di vita, condizionano le strategie a disposizione dell’impresa in quanto determinano benefici, costi e il grado in cui un’azienda sperimenta la pressione proveniente dall’esterno. I 9 Marquis C., Toffel M.W., Zhou Y., 2016, Scrutiny, Norms, and Selective Disclosure: A Global Study of Greenwashing, Organization Science Vol. 27 n.2 pg. 483-504, Disponibile a: https://ecommons.cornell.edu/bitstream/handle/1813/44711/Marquis_Toffel_Zhou_2016_Organization_Scien ce.pdf?sequence=3&isAllowed=y (ultimo accesso: 20//2022) 10 Delmas M.A., Burbano V.C, The Drivers of greenwashing, citato in nota bibliografica numero 2 benefici attesi per le aziende che comunicano le prestazioni ambientali includono un maggiore accesso ai consumatori più sensibili ai temi ambientali e agli investitori. Tali benefici potenziali variano a seconda delle caratteristiche aziendali di base. I costi previsti per le aziende che comunicano le prestazioni ambientali, cioè la probabilità e i costi associati all’accusa per greenwashing, variano anche essi con le caratteristiche aziendali di base. Infine, le imprese che vendono prodotti finali subiscono maggiori pressioni dai consumatori per apparire rispettose del l'ambiente rispetto alle imprese di servizi o alle imprese di prodotti non destinate direttamente ai consumatori11. Anche la struttura degli incentivi e il clima etico aziendale sono determinanti del comportamento aziendale considerato non etico, il quale è definito come quella condotta che ha un effetto dannoso su soggetti terzi ed è o illegale o moralmente considerato inaccettabile dalla maggioranza della comunità. Gli incentivi che premiano il manager per il raggiungimento di obiettivi finanziari arbitrari oppure che premiano la prestazione di breve termine e puniscono le prestazioni raggiunte in termini più lunghi di tempo, contribuiscono ad aumentare la probabilità che l’azienda adotti comportamenti non etici come il greenwashing. Il clima etico inteso come insieme di principi e convinzioni condivise dai membri aziendali va a incidere sulla probabilità di greenwashing. Il clima etico aziendale può essere classificato in tre tipologie: clima egoistico in cui le norme aziendali sostengono la soddisfazione dell’interesse personale; clima benevolo in cui le norme aziendale supportano la massimizzazione del benessere sociale; clima di sani principi in cui le norme aziendali si basano su principi astratti indipendenti sai risultati ottenuti, come se si trattasse di codici etici interni. A riguardo, comportamenti considerati non etici come il greenwashing, sono più probabili che vengano adottati in un contesto dove domina un clima egoistico piuttosto che un clima benevolo o di sani principi. Pertanto, in contesti in cui è presente un maggior livello personale di responsabilità ed etica, è possibile che la probabilità di greenwashing sia inferiore grazie ai principi che guidano i singoli soggetti nell’azienda12. 3.7 I DRIVER PSICOLOGICI DEL GREENWASHING In conclusione, sono presenti anche dei driver psicologici che possono incentivare il greenwashing e che sono influenzati dal contesto dinamico e di incertezza in cui opera 11 12 Ibidem Ibidem l’azienda. Questi fattori psicologici sono: il quadro decisionale ristretto, sconto intertemporale iperbolico e bias ottimista. Per quadro decisionale ristretto, si intende la tendenza di prendere decisioni focalizzandosi in questo caso sui benefici a breve termine garantiti dal greenwashing senza adeguatamente ponderare i potenziali effetti negativi in termini reputazionali. Con sconto intertemporale iperbolico ci si riferisce al fatto che le persone tendono ad avere un tasso di sconto relativamente elevato, cioè sono impazienti e preferiscono la gratificazione istantanea ad un beneficio che seppure maggiore, si trova nel lungo termine. In questo caso, il manager o dirigente aziendale sarà incentivato a operare il greenwashing ottenendo immediatamente i benefici consapevole che ne sosterrà i costi solamente nel futuro. Infine, per bias ottimista si intende la tendenza degli individui a sopravvalutare la probabilità di eventi positivi e sottovalutare la probabilità di eventi negativi. In questo caso il manager valuterà come meno probabile la possibilità di veder accusata la propria azienda di greenwashing13. 3.8 EFFETTI NEGATIVI DEL GREENWASHING L’abuso delle attività ascrivibili al greenwashing provoca diverse tipologie di effetti negativi sia verso le imprese che non lo esercitano, sia verso i consumatori. Per quanto riguarda le imprese, la comunicazione ingannevole delle proprie performance ambientali, crea un paradosso in quanto i benefici della comunicazione sostenibile si riducono dato che agli occhi dei consumatori diventano sempre meno credibili. Di conseguenza, i legittimi tentativi delle aziende di diventare meno dannose per l'ambiente non garantiscono più un vantaggio competitivo e quindi sono meno motivate a impegnarsi in pratiche sostenibili. Si genera il cosiddetto dilemma del prigioniero, in cui alle imprese realmente sostenibili potrebbe addirittura convenire sospendere le proprie pratiche responsabili e provare in maniera opportunistica a beneficiare degli effetti positivi di breve termine del greenwashing evitando di sostenere i costi delle pratiche ambientali responsabili dato che la comunicazione del loro reale impegno diventa sempre meno profittevole14. Con riferimento ai consumatori, anche a causa della loro crescente sensibilità ai problemi ambientali, il fenomeno del greenwashing si è ampiamente diffuso. Come conseguenza il 13 Ibidem Vollero A.,2013, Il rischio di greenwashing nella comunicazione per la sostenibilità: implicazioni manageriali, Sinergie italian journal of management, disponibile a: https://www.researchgate.net/publication/345715438_Il_rischio_di_greenwashing_nella_comunicazione_per_ la_sostenibilita_implicazioni_manageriali (ultimo accesso: 20/8/2022) 14 consumatore si sente confuso, è scettico a riguardo degli annunci ambientali e associa ad essi il rischio che siano falsi. Il consumatore risulta incapace nello sviluppare una corretta interpretazione delle caratteristiche ambientali di un prodotto o servizio. In definitiva, le percezioni generate da annunci fuorvianti e ingannevoli possono danneggiare il mercato inducendo i consumatori a sospettare dei cosiddetti prodotti verdi. Spesso, il consumatore non ha la competenza o la capacità di verificare i valori ambientali e di consumo di prodotti, e ciò si traduce in false percezioni e scetticismo. Ciò porta lo porta ad essere maggiormente critico e sospettoso della veridicità delle rivendicazioni ambientali dichiarate dalle aziende. Oltre agli effetti di confusione e scetticismo, la comunicazione fuorviante può indurre il consumatore ad associare ai prodotti un rischio collegato alle possibili conseguenze dell’acquisto e consumo di quel prodotto. In particolare, associa un rischio collegato al mancato rispetto degli standard del prodotto, alla possibilità che il prodotto non funzioni come previsto e alla possibilità di danni fisici e ambientali a causa delle prestazioni del prodotto15. Al consumatore potrebbe esser mossa la critica che un soggetto coscienzioso dovrebbe investigare le pratiche ambientali dell’azienda produttrice, ma un tale sforzo provocherebbe una vasta ricerca per ogni prodotto e costi anche in termini di tempo non indifferenti. Per la maggior parte dei soggetti tali costi vanno oltre il loro desiderio di essere socialmente responsabili e sostenibili16. Inoltre, dato che la performance ambientale e la prestazione finanziaria sono correlate positivamente, la pratica del greenwashing provoca effetti negativi per l’azienda anche in termini finanziari. Ciò accade in quanto i benefici finanziari delle performance ambientali sono ottenibili solo attraverso miglioramenti effettivi delle pratiche ambientali. Il perfezionamento delle performance ambientali può avere un impatto rilevante nel ridurre i costi di conformità alla regolamentazione, riducendo gli sprechi, migliorando l’efficienza e la produttività. Quindi le aziende che compiono solo azioni simboliche e non concrete non possono godere di questi vantaggi finanziari. Inoltre, le aziende che praticano il greenwashing sono percepite come inaffidabili, manipolatrici e opportunistiche. In questo caso, i consumatori con accesso a dati e informazioni provenienti da terze parti mettono in discussione le dichiarazioni ambientali 15 Aji H. M., Sutikno B., 2015, The Extended Consequence of Greenwashing: Perceived Consumer Skepticism, International journal of business and information Vol. 10, Disponibile a: https://www.researchgate.net/publication/296700585_The_Extended_Consequence_of_Greenwashing_Percei ved_Consumer_Skepticism (ultimo accesso: 21/8/2022) 16 Cherry M.A., 2016, The Law and Economics of Corporate Social Responsibility and Greenwashing, 14 U.C. Davis Business Law Journal 282 (2014), Saint Louis U. Legal Studies Research Paper No. 2014-22, Disponibile a: https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2737740, (ultimo accesso: 22/8/2022) aziendali e i dipendenti perdono fiducia nella loro organizzazione, così come le altre aziende perdono fiducia nell’azienda greenwashing riducendo la probabilità che decidano di fare affari con loro o scambiare risorse. Il danneggiamento delle relazioni con gli stakeholders conseguente al greenwashing contribuisce a ridurre la performance finanziaria. In conclusione, il greenwashing porta anche a una peggiore prestazione finanziaria in quanto correlato negativamente con il Return on Assets (ROA)17. 17 Walker K., Wan F., 2012, The Harm of Symbolic Actions and Green-Washing: Corporate Actions and Communications on Environmental Performance and Their Financial Implications, Journal of Business Ethics Vol. 109, No. 2, pg. 227- 242, Disponibile a: https://www-jstororg.ezp.biblio.unitn.it/stable/pdf/23259314.pdf?refreqid=excelsior%3Abe77da5ca1772d48d38950c0fcd2d1a3 &ab_segments=&origin=&acceptTC=1 (ultimo accesso: 23/8/2022)