Uploaded by tehawih433

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miglioramento” (272) — since any in-depth textual analysis cannot help but expose
various imperfections that show how much can be lost during the course of a translation.
All in all, this volume touches on various aspects of an important writer, with
much food for thought about his life and work, about the political climate of his
day, about language, and about changing times.
ANNE MILANO APPEL, PH.D.
Italian-English Literary Translator
______________________
Pantaleone Sergi. Stampa migrante. Giornali della diaspora italiana e dell’immigrazione in Italia. Soveria Mannelli (Catanzaro): Rubbettino, 2010. Pp.
214.
Sebbene siano stati generalmente connotati da periodicità irregolare e durata
effimera, caratteristiche derivanti entrambe a loro volta da un pubblico di lettori
fluttuante e dalla scarsa disponibilità di risorse finanziarie, i giornali in lingua italiana pubblicati all’estero rappresentano una significativa testimonianza della
presenza e della diffusione dell’emigrazione italiana nel mondo. La prima di queste
testate della cui esistenza si abbia oggi un riscontro fu la Gazzetta di Embs, uscita
nell’omonima località del cantone svizzero dei Grigioni nel 1656, e periodici in
lingua italiana sono comparsi, in tempi diversi, nei luoghi piú disparati, dal Transvaal alla Cina e dall’Australia alle Americhe, senza escludere ovviamente l’Europa
e il bacino del Mediterraneo.
Gli storici si sono interessati alla stampa in lingua italiana all’estero prevalentemente come fonte di informazione sulle comunità di emigranti a cui le singole pubblicazioni si rivolgevano. Non mancano monografie su testate specifiche
come, per esempio, la recente raccolta di saggi dedicata al quotidiano australiano
Il Globo (Il Globo: Fifty Years of an Italian Newspaper in Australia, a cura di
Bruno Mascitelli e Simone Battiston [Ballan, Connor Court, 2009]) oppure ricerche
su paesi particolari, come lo studio di Federica Bertagna sull’Argentina (La stampa
italiana in Argentina [Roma, Donzelli, 2009]). Tuttavia le ricognizioni sistematiche
e complessive sui periodici in lingua italiana nel mondo sono state sporadiche.
Ancora oggi, continuano a fare testo un volume datato quale il libro di Giuseppe
Fumagalli (La stampa periodica italiana all’estero [Milano, Capriolo e Massimino,
1909]) e una rassegna che a quest’ultimo si ispirò in gran parte — pur senza spiccare né per completezza né per spessore accademico — come il contributo di Vittorio Briani (La stampa italiana all’estero dalle origini ai nostri giorni [Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1977]). A questi due titoli si sono in tempi più recenti
aggiunte una panoramica di Niccolò D’Aquino (I media della diaspora. Giornali,
radio e televisioni dell’Italia fuori d’Italia [Roma, Presidenza del Consiglio dei
Ministri, 1995]) e una breve sintesi interpretativa di Bénédicte Deschamps (“Echi
d’Italia. La stampa d’emigrazione,” in Storia dell’emigrazione italiana. Arrivi, a
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cura di Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio Franzina [Roma, Donzelli, 2002: 313-34]).
Alla luce di questi limiti e carenze, Stampa migrante costituisce un tentativo
di aggiornare e integrare le nostre conoscenze in materia. Pantaleone Sergi — ex
inviato speciale del quotidiano la Repubblica, divenuto in seguito docente di Storia
del giornalismo all’Università della Calabria — ha cercato di ricostruire le vicende
del giornalismo in lingua italiana all’estero in una prospettiva globale dalle origini
seicentesche ai giorni nostri. Nonostante il fatto che la propria conoscenza diretta
dei giornali presi in considerazione sia basata quasi esclusivamente sulla stampa
pubblicata in Argentina, l’autore attinge in maniera copiosa alla letteratura esistente
su singole testate uscite negli altri paesi ed è, quindi, in grado di tracciare un quadro
generale dei periodici in lingua italiana apparsi in epoche diverse nei cinque
continenti. Di tutte queste esperienze di per sé molteplici ed eterogenee, Sergi prova
a indicare alcuni tratti comuni, che ritiene riconducibili alla funzione della stampa
quale elemento di collegamento tra la terra d’origine e la società di adozione, al suo
ruolo nel favorire l’integrazione degli emigranti senza che andasse perduta la loro
cultura d’origine e al contributo dei giornali alla maturazione di un’identità etnica
degli italiani nonché alla difesa di questi ultimi da forme di sfruttamento e da
manifestazioni di xenofobia, ostilità e pregiudizio.
Malgrado le buone intenzioni dell’autore, il volume risulta piú descrittivo di
quanto non sia analitico. Le notazioni sulle diverse testate si susseguono in una
carrellata che talvolta rivela una qualche difficoltà ad andare oltre un semplice elenco enciclopedico ripartito Stato per Stato. A questo proposito, non viene giustificato
il rilievo assegnato al caso della Svizzera, unico paese europeo al quale sia dedicato
un intero capitolo, a scapito di altre nazioni del Vecchio Continente — come la
Germania o la Gran Bretagna — che sono state meta di flussi di immigrati italiani
numericamente analoghi o addirittura più consistenti. Né è motivata la ragione per
cui il ruolo politico della stampa sia affrontato in una prospettiva incentrata
prevalentemente sull’Italia (attraverso tematiche come il giornalismo degli esuli
risorgimentali, la polemica tra fascisti e antifascisti, l’influenza della loggia massonica P2 sulla stampa in Argentina e Uruguay per mezzo del gruppo editoriale di
Umbro Ortolani, il voto per corrispondenza dei cittadini italiani residenti all’estero
dopo il varo della cosiddetta legge Tremaglia) e non venga conferita, invece,
sufficiente attenzione a come le testate si inserirono nelle dinamiche elettorali dei
paesi d’adozione. Colpisce, per esempio, che a proposito di Generoso Pope —
l’influente editore del quotidiano Il Progresso Italo-Americano di New York negli
anni Trenta e Quaranta del Novecento — non ci sia il benché minimo accenno alla
funzione che svolse come procacciatore di voti italo-americani a beneficio del partito democratico durante le presidenze di Franklin D. Roosevelt.
Il libro dimostra pure una scarsa tendenza alla concettualizzazione, mentre il
ricorso a espressioni come “diaspora italiana,” “stampa dell’emigrazione,” “giornali
etnici,” oppure “stampa di comunità,” non è accompagnato da un’adeguata riflessione critica sul significato di queste nozioni e sulla loro applicabilità ai differenti
contesti che vengono affrontati nell’esposizione. A parte uno stringato capitolo
conclusivo di maniera sul “futuro dell’informazione etnica,” restano anche irrisolte
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alcune questioni fondamentali per lo studio del giornalismo etnico come, ad esempio, il problema dei finanziamenti, le circostanze che determinarono il graduale
passaggio dall’italiano alla lingua del paese d’insediamento oppure le trasformazioni e i mutamenti causati dall’avvento e dalla diffusione di Internet.
La sezione piú interessante e originale di Stampa migrante finisce cosí per
essere l’ultima — redatta soprattutto dalla figlia dell’autore, Elida Sergi — dove
vengono esaminati i giornali creati negli ultimi anni dagli stranieri immigrati in
Italia. Si tratta di una parte speculare all’indagine sulle testate prodotte dagli italiani
all’estero, che ricalca in qualche misura cliché emersi dalla pubblicistica sviluppatasi recentemente a partire dalla pubblicazione del fortunato pamphlet di Gian
Antonio Stella, L’orda. Quando gli albanesi eravamo noi (Milano, Rizzoli, 2002).
Tuttavia queste ultime pagine offrono validissime informazioni su una realtà
contemporanea quasi del tutto sconosciuta.
STEFANO LUCONI
Università di Padova
______________________
Raffaele Viviani. Poesie. Opera completa, a cura di Antonia Lezza. Napoli: Guida,
2010. Pp. 493.
Pubblicato nella collana “Passaggi e percorsi,” diretta da Emma Giammattei
e Giuseppe Galasso, il volume raccoglie l’opera in versi di Raffaele Viviani, il grande e originalissimo attore-autore, capocomico, poeta e cantautore del Novecento.
Nella silloge confluisce per la prima volta tutta la produzione lirica di Viviani,
dalla sua prima raccolta (Tavolozza, 1931) fino all’ultima (Poesie, 1990), con
l’intento non solo di far conoscere la complessa e ibrida scrittura in versi di Viviani,
ma anche di attribuire a questo particolarissimo autore il posto che gli spetta tra i
poeti del Novecento italiano.
La raccolta è curata da Antonia Lezza, la maggiore studiosa dell’opera vivianea, che si è avvicinata alla produzione in versi con lo stesso rigore metodologico
utilizzato nella pregevole edizione critica del Teatro di Viviani, realizzata in
collaborazione con Pasquale Scialò (Guida editori, 6 voll., 1987-1994).
Il volume presenta una disposizione degli elementi ben strutturata: ad apertura
si legge il puntuale saggio introduttivo, segue il corpus delle poesie e in chiusura
c’è un denso apparato bio-bibliografico e filologico. Nell’introduzione, che rappresenta il primo studio sistematico e organico sulla poesia di Viviani, la studiosa
— attraverso una meticolosa collazione delle sei raccolte — in primis chiarisce la
questione delle edizioni, partendo dalle due raccolte pubblicate in vita dall’autore,
Tavolozza (1931) ed …e c’è la vita (1940), per poi passare in rassegna le edizioni
successive alla morte di Viviani: quella del ’56 a cura di Vasco Pratolini e Paolo
Ricci; la raccolta curata da Vittorio Viviani, la prima denominata Voci e canti
(1972) e la successiva Poesie (1974); infine l’edizione del 1990 curata da Luciana
Viviani e da suo figlio Giuliano Longone. Prendendo in esame le varie edizioni,
Antonia Lezza evidenzia come la disparità numerica e tematica delle liriche nelle
sei raccolte renda ancora piú difficile l’analisi della produzione poetica di Viviani,
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