See discussions, stats, and author profiles for this publication at: https://www.researchgate.net/publication/264514931 I lubriļ¬canti destinati alle macchine dell'industria alimentare Article in Rivista Italiana Delle Sostanze Grasse · January 2005 CITATIONS READS 0 3,158 2 authors, including: Paolo Bondioli Innovhub Stazioni Sperimentali per l'Industria, Div. SSOG - Milano, Italy 85 PUBLICATIONS 1,592 CITATIONS SEE PROFILE Some of the authors of this publication are also working on these related projects: New process for the generation of squalene/squalane with supercritical fluid extraction from waste of olive oil production and hydrogenation to squalene, FAIR2-CT951075, Coordinator: Peter Swidersky (Müller Exctract Company, Coburg ), Participants: Gerd Brunner (Technische Universität Hamburg Harburg), Manuel Nunes Da Ponte (Institudo de Biologia e. Ecnologica, Oeiras), Joao Alexandre Catanho Fernandes (Fabrica Torrejana de Azeites, S.A., Torres Novas), Paolo Bondioli (Stazione Sperimentale per le industrie degli oli e dei grassil, Milano) View project All content following this page was uploaded by Paolo Bondioli on 06 August 2014. The user has requested enhancement of the downloaded file. I lubrificanti destinati alle macchine dell’industria alimentare P. BONDIOLI, M. SALA STAZIONE SPERIMENTALE PER LE INDUSTRIE DEGLI OLI E DEI GRASSI - MILANO Con questo lavoro si vuole presentare una panoramica aggiornata relativa ai diversi aspetti ed alle problematiche correlati a una vasta gamma di prodotti lubrificanti formulati specificatamente per il settore alimentare. Di particolare rilievo appare la trattazione relativa alle regole vigenti, in parte derivanti da criteri di buona pratica industriale e, in misura minore, da precise prescrizioni normative. L’ambito normativo appare in questo momento in evoluzione e si può ipotizzare che questa evoluzione fornirà grande impulso alle dinamiche di settore, sia in termini di aumento della domanda di lubrificanti food grade che nella richiesta di ricerca e sviluppo di nuove formulazioni da utilizzare per le macchine dell’industria alimentare. LUBRICANTS USED FOR FOOD INDUSTRIAL MACHINERIES With this paper an up to date general view is presented of different aspects and problems correlated with the wide range of lubricant products particularly formulated for food field. It has been emphasized the subject related to regulations in force, coming partly from criteria of good industrial practice and from precise regulations. The regulation system seems to be now in progress and it can be hypothesized that its development could provide a big impulse to the sector dynamic, both in terms of an increase of food grade demand and in the request of new formulation to be used for food industrial machineries. INTRODUZIONE Nel corso della nostra attività professionale, svolta all’interno della Stazione Sperimentale Oli e Grassi di Milano, siamo venuti in contatto in numerose occasioni con applicazioni di nicchia nel settore della lubrificazione che presentavano estremo interesse per un insieme di ragioni che cercheremo di illustrare di seguito. Da non dimenticare è anche l’esperienza realizzata in ambito CTVO-net (Chemical Technical utilisation of Vegetable Oils), un’Azione Concertata CE (FAIR CT98-3884) realizzata nel periodo 1998-2000, che ci ha consentito di realizzare un approfondito monitoraggio di tutte le necessità e di tutte le applicazioni di nicchia del mercato della lubrificazione professionale. È pur vero che scopo primo di questa attività era quello di verificare tutti gli impieghi esistenti o possibili nel settore industriale per gli oli vegetali, nondimeno è stato in questo modo possibile entrare in contatto con attori responsabili di applicazioni meno note, ma non per questo meno interessanti, per i contenuti tecnici ed economici ad essi associati. Tra i tanti settori industriali interpellati, la nostra curiosità è stata in particolar modo stimolata dalla nicchia dei lubrificanti destinati alle macchine dell’industria alimentare. Anche nella letteratura correntemente disponibile questo tema non trova grande attenzione da parte degli Autori: per ciò che riguarda la produzione italiana si possono citare i lavori di La Porta [1] ed il più recente di Merlo e Cassinerio [2], che consentono di realizzare un quadro abbastanza preciso della situazione, che probabilmente non ha ancora destato l’attenzione dei diversi operatori della filiera alimentare. RIFERIMENTI NORMATIVI Per ciò che riguarda la struttura normativa che dovrebbe costituire il riferimento per le scelte e gli indirizzi delle politiche di gestione dei lubrificanti, dobbiamo constatare che la situazione si presenta estremamente fluida e tutta da defini- 142 re per ciò che riguarda la realtà Europea. In numerose occasioni, nel corso dei nostri incontri con produttori o utilizzatori di lubrificanti destinati all’industria alimentare, abbiamo avuto modo di osservare che le procedure da questi messe in atto per la tutela della salute degli operatori e dei consumatori, nonché della sicurezza delle preparazioni alimentari, derivavano da dettami etici e professionali piuttosto che dall’adempimento di prescrizioni di legge. La scelta dei lubrificanti idonei e la vigilanza sugli eventuali pericoli derivanti da contaminazione accidentale o sistematica è in realtà demandata in modo indiretto all’applicazione delle regole HACCP (Hazard Analysis of Critical Control Points), l’attuazione delle quali è stata resa obbligatoria in Italia per mezzo del D. L. 26 Maggio 1997, n. 155 che rappresenta il recepimento delle Direttive 93/43/CEE e 93/3/CEE, relative all’igiene delle produzioni alimentari. Questo sistema legislativo attribuisce a chi produce, confeziona, immagazzina o trasporta, la responsabilità della sicurezza e della salubrità delle derrate alimentari, introducendo l’obbligo di analizzare criticamente la situazione, di individuare i punti critici che potrebbero generare situazioni di rischio e, di conseguenza, di intervenire attuando tutte le procedure necessarie affinché il pericolo sia azzerato o quanto meno relegato in una situazione di monitoraggio e controllo. Come si può notare l’obbligo di vigilanza sui lubrificanti impiegati e sulle eventuali situazioni a rischio non viene esplicitamente citato, ma viene ricompreso nella genericità del controllo e individuazione della presenza di punti critici, che richiedono l’implementazione di metodologie di prevenzione e monitoraggio. Al contrario la norma EN 1672-2:1997, che ricordiamo fare parte della normativa volontaria e quindi senza caratteristiche di cogenza, stabilendo i requisiti di igiene comuni alle macchine utilizzate per la preparazione ed il trattamento degli alimenti destinati al consumo umano ed animale, con lo scopo di escludere o ridurre al minimo il rischio di infezione, malattia, contagio o danno dovuto a tali alimenti, cita specificamente i lubrificanti destinati ai macchinari. In particolare la norma sta- LA RIVISTA ITALIANA DELLE SOSTANZE GRASSE - VOL. LXXXII - MAGGIO/GIUGNO 2005 bilisce che l’uso di lubrificanti tradizionali non è permesso nelle aree in cui gli apparati entrano in contatto con il prodotto alimentare e in quelle dove le superfici dei macchinari e delle apparecchiature possono essere esposte a spruzzi. La norma specifica che in questi casi si debbono utilizzare prodotti approvati in particolare per l’impiego alimentare. Al contrario gli Stati Uniti hanno sviluppato al riguardo una normativa molto precisa e dettagliata, emessa da Food and Drug Administration (FDA) e gestita da United States Department of Agriculture (USDA). Per mezzo del Regolamento FDA 21 CFR 178.3570 sono state stabilite tre diverse categorie di lubrificanti da utilizzare nell’industria alimentare: • FDA H1: lubrificanti per i quali è prevista la possibilità di un contatto accidentale con gli alimenti. Questi prodotti possono essere utilizzati sulle macchine dell’industria alimentare in forma di film protettivi o antiruggine, come agenti di distacco, per assicurare la chiusura ermetica dei serbatoi, per la lubrificazione di parti meccaniche in movimento o di installazioni per le quali esiste la possibilità di esposizione delle parti lubrificate con gli alimenti. In questo caso la quantità da utilizzare deve essere la minima possibile per conseguire l’effetto tecnico desiderato. Se utilizzati come film antiruggine, i prodotti devono potere essere completamente rimossi dalla superficie del macchinario mediante uno straccio o per semplice lavaggio, al fine di lasciare la superficie trattata completamente libera da ogni sostanza che potrebbe essere trasferita all’alimento. • FDA H2: lubrificanti per i quali non è prevista la possibilità di contatto con gli alimenti. Questi prodotti possono essere utilizzati per la lubrificazione, come agenti di rilascio o film antiruggine su macchinari o parti di macchinario che operano in sistema chiuso (es. sistemi idraulici), in strutture per le quali è esclusa la possibilità che il lubrificante o le parti da esso lubrificate possano entrare in contatto con i prodotti alimentari. • FDA H3: oli solubili. Questi prodotti devono essere chimicamente accettabili per la lubrificazione di ganci e carrelli e apparecchiature simili. Le parti delle apparecchiature che possono venire in contatto con gli alimenti devono potere essere perfettamente pulite prima del contatto con l’alimento. In sintesi, mentre FDA si prendeva in carico la pubblicazione di liste positive contenenti tutte le sostanze che potevano essere utilizzate per la formulazione di lubrificanti food grade, a USDA era demandata l’omologazione dei prodotti che venivano sottoposti per l’esame e l’eventuale registrazione. La registrazione doveva poi essere periodicamente confermata. Il sistema, pur nella sua estrema complicazione, si è dimostrato efficiente ed è rimasto in uso sino al 1998, quando l’attività di omologazione e registrazione è stata sospesa a causa degli elevati costi. Come si diceva, nel settembre 1998 USDA ha sospeso l’attività di revisione ed approvazione di numerosi prodotti, lubrificanti per l’industria alimentare inclusi. Poiché tutti i prodotti classificati USDA H1 dovevano essere nuovamente autorizzati ogni due anni, le autorizzazioni a suo tempo emesse dall’Ente Americano non sono ora più valide. Inoltre USDA ha ufficialmente comunicato che non avrebbe più riconosciuto o supportato le autorizzazioni a suo tempo rilasciate. Per questo motivo i produttori di lubrificanti destinati all’impiego nell’industria alimentare debbono ora fare ricorso a Enti di terza parte (ad esempio NSF statunitense) al fine di registrare i loro prodotti, in modo da potere dimostrare ai clienti che i lubrificanti proposti sono stati valutati ed approvati da un organismo super partes indipendente e competente. NSF (National Sanitation Foundation/www.nsf.org) è una public company statunitense che non ha collegamenti formali con la pubblica amministrazione. In questo settore NSF ha deciso di utilizzare procedure e sistemi in precedenza in uso presso USDA e di continuare l’attività sotto egida propria. NSF ha mantenuto anche le classificazioni H1 e H2. I prodotti registrati come NSF H1 (seguito dal numero corrispondente alla registrazione) sono quindi lubrificanti che sono stati registrati presso NSF e approvati per il contatto accidentale con gli alimenti. La conferma della registrazione deve essere realizzata ogni anno al fine di rimanere nell’elenco dei prodotti autorizzati. L’elenco aggiornato dei lubrificanti autorizzati è disponibile all’indirizzo internet www.nsf.org/usda. In Canada esiste una agenzia, riconosciuta come CFIA (Canadian Food Inspection Agency) che dal 1997 ha accorpato diversi organismi pubblici di ispezione e servizi correlati, divenendo un organismo unico di controllo federale. Il CFIA ha istituito un apposito programma noto come FSEP (Food Safety Enhancement Program) che punta ad incentivare e rafforzare il sistema già riconosciuto dell’HACCP. Per alcuni processi alimentari è già richiesta la dichiarazione di conformità in accordo al programma FSEP (i processi di lavorazione di prodotti ittici e le carni esportate in USA devono essere certificate CFIA). Ritornando al settore dei lubrificanti food grade, il CFIA è riconosciuto come organo di registrazione di “terza parte”. Se i lubrificanti sono approvati da NSF o da CFIA ne deriva che i componenti dei lubrificanti sono approvati da FDA (organo che, come ricordato in precedenza, approva i singoli componenti che possono entrare nella formulazione di un lubrificante food grade). In Germania l’impiego dei lubrificanti nell’industria alimentare è regolato dalla Lebensmittel BedarfsgegenstandeGesetzes del 15 agosto 1974. Questa legge definisce questi lubrificanti come “cose necessarie” e proibisce l’uso di alcuni costituenti che potrebbero raggiungere l’alimento o la sua superficie, con la sola eccezione di quelli per i quali la garanzia di assenza assoluta di contatto è impossibile e che comunque non alterino il gusto o l’odore del prodotto finito. In aggiunta i lubrificanti destinati all’industria alimentare non debbono contenere alcuna sostanza pericolosa per la salute. La Farmacopea Tedesca (DAB) pubblica i requisiti di purezza per oli bianchi e vaseline, con criteri molto simili a quelli della FDA. Tuttavia per gli oli sintetici e per gli oli base non sono stabilite regole certe. Da molto tempo inoltre è in fase di elaborazione una Norma Europea che utilizza anch’essa criteri molto simili a quelli ormai consolidati da FDA/USDA. Al momento di andare in stampa un ultimo monitoraggio del progetto di norma prEN ISO 21469 Sicurezza dei macchinari - Lubrificanti a contatto accidentale del prodotto, requisiti igienici, eseguito sul sito www.cenorm.be, ci indica che il progetto possiede attualmente lo status di norma in via di approvazione, prevista per il settembre 2005. Il progetto è gestito dal CEN TC 114 Safety of machinery. Un documento di estremo interesse per il settore è stato pubblicato dal Gruppo di Lavoro Lubrificanti del European Hygienic Engeneering and Design Group (EHEDG) [3], sostenuto dalla Commissione Europea nell’ambito del 5° Programma Quadro Quality of Life mediante il progetto HYFOMA (QLK1-CT-2000-01359). Scopo della pubblicazione è quello di definire le caratteristiche generali e le racco- LA RIVISTA ITALIANA DELLE SOSTANZE GRASSE - VOL. LXXXII - MAGGIO/GIUGNO 2005 143 Tabella I – Proprietà richieste a grassi e oli lubrificanti per le industrie alimentari Eccellenti prestazioni sia alle alte che alle basse temperature Esistono delle applicazioni in cui il grasso lubrificante lavora con temperature di 230 °C in continuo, con picchi di temperatura, per brevi periodi, di 270°C (esempio l’estrusore di polietilene usato nella formatura di tappi per bottiglie) Inerte o chimicamente non reattivo al contatto con acidi, alcali o alogeni Spesso i componenti da lubrificare (es.: cuscinetti e tenute), sono esposti a reattivi chimici e gas: acido carbonico, citrico, acetico, aceto concentrato, candeggianti, idrossido di sodio e potassio, detergenti acidi o alcalini, alcool, chetoni, ecc. Inerte con materiali plastici, elastomeri e gomme La compatibilità è richiesta perchè la lubrificazione viene fatta su componenti fatti con questi materiali Buona resistenza al dilavamento La possibilità di essere trattati con vapore richiede una protezione duratura in presenza di grandi quantità di acqua e di umidità Buone proprietà di adesione Si minimizza in questo modo l’effetto di “fling off” durante l’uso, e di asportazione e perdita con acqua, evitando inutili consumi di prodotto (basi polari quali i polialchilenglicoli vengono utilizzati per le ottime proprietà adesive). La tendenza attuale è infatti la ricerca di prodotti che abbiano lunghi intervalli di utilizzo prima del successivo cambio di lubrificante Protezione contro l’usura e la corrosione Il lubrificante deve garantire la migliore lubrificazione delle parti meccaniche in movimento quali giunti, perni, catene, cuscinetti, ingranaggi, guide, snodi Resistenza all’ossidazione, alta stabilità meccanica, buone proprietà “Extreme Pressure” Soprattutto per organi di trasmissione ad alti carichi e che lavorano ad alte temperature Odore e sapore neutri Sia in caso di contatto accidentale sia utilizzando particolari apparecchiature (es. quella impiegata per la produzione di aria compressa) Proprietà antibatteriche Già la scelta delle basi utilizzate nella formulazione di specifici prodotti costituisce una garanzia di impossibilità di crescita di organismi quali lieviti, muffe e batteri mandazioni per la produzione e la fornitura di lubrificanti idonei all’impiego nell’industria alimentare. Le linee guida considerano anche i rischi potenziali che possono verificarsi nell’impiego dei lubrificanti e le azioni e le attività richieste per l’eliminazione del rischio o per la sua riduzione ad un livello accettabile. Il documento è disponibile a pagamento e può essere ordinato in rete all’indirizzo www.ehedg.org. Sempre più importanti infine sono le influenze della crescente richiesta di mercato per alimenti in possesso di certificazione Halal (conforme ai dettami della religione musulmana) o Kosher (conforme ai dettami della religione ebraica). In un recente editoriale pubblicato sulla rivista statunitense INFORM [4] si sottolinea come le prescrizioni dettate da queste regole religiose debbano essere rispettate non solo dagli ingredienti delle preparazioni alimentari, ma anche dalle apparecchiature e da tutti gli agenti ausiliari impiegati (lubrificanti compresi) che possono venire a contatto, anche accidentalmente, con l’alimento. Come si diceva poc’anzi, al di là delle motivazioni di ordine etico o religioso, il mercato degli alimenti Halal o Kosher è uno dei settori per i quali è possibile prevedere una sviluppo di estremo rilievo, sia per la crescente capacità di acquisto delle popolazioni di religione musulmana, sia per la richiesta di questo tipo di alimenti da parte di consumatori, che pur non essendo interessati a motivazioni di tipo religioso, individuano nei prodotti certificati Halal o Kosher superiori garanzie di salubrità. CARATTERISTICHE DEI LUBRIFICANTI DESTINATI ALL’INDUSTRIA ALIMENTARE I prodotti lubrificanti usati in questo settore sono applicati in differenti condizioni operative e, in taluni casi, sono richieste agli stessi prestazioni molto elevate. Infatti in particolari linee di produzione il lubrificante deve avere la capacità di tollerare escursioni termiche molto ampie. Tra gli esempi più noti si possono citare le linee di trasporto di alcuni prodotti 144 alimentari che vengono trasferiti dal congelatore ai forni, dove le temperature possono variare da – 60 a + 250 °C. Per formulare questi prodotti vengono usate basi sintetiche, quali le polialfaolefine, dotate di un buon comportamento sia alle basse che alle alte temperature. Esistono d’altro canto realtà in cui i macchinari sono continuamente esposti al trattamento di pulizia, di detergenza e, in alcuni casi, di sterilizzazione. Il trattamento con vapore e con specifici detergenti sono operazioni che in impianti “critici” vengono realizzati giornalmente. Per questo motivo i lubrificanti devono essere formulati in modo tale che gli additivi e le molecole impiegate non abbiano affinità con l’acqua, proteggendo la macchina da problemi di corrosione e da eventuali danni per la formazione di emulsioni. Un caso diverso è rappresentato dalle industrie che producono prodotti da forno, i cui macchinari lavorano spesso in ambienti ricchi di polvere. Spesso le farine si impastano con il lubrificante lasciando residui che compromettono il buon funzionamento della macchina. Come si può immaginare, già da questi pochi esempi esiste una ampia gamma di processi che coinvolgono i lubrificanti usati in campo alimentare e, di conseguenza, le problematiche ad essi collegate sono molteplici. Per semplificarne la trattazione sono stati riassunti in Tabella I gli aspetti più critici legati alle caratteristiche principali richieste a prestazioni tra le più comuni riscontrabili nel settore alimentare. Da ultimo occorre ricordare che la scelta della base lubrificante, a parità di composizione del pacchetto di additivi utilizzato, influenza in modo significativo la performance del lubrificante. In Tabella II si mettono a confronto le proprietà di prodotti NSF H1, con basi sintetiche e minerali, con prodotti NSF H2, in differenti applicazioni [5]. LA STRUTTURA E LE DIMENSIONI DEL MERCATO DEI LUBRIFICANTI FOOD GRADE La fetta di mercato destinata ai lubrificanti per il food grade, essendo questo un mercato di nicchia, è difficilmente LA RIVISTA ITALIANA DELLE SOSTANZE GRASSE - VOL. LXXXII - MAGGIO/GIUGNO 2005 Tabella II - Opportunità applicative di diversi lubrificanti Elementi meccanici Dispositivi di tenuta Cuscinetti portanti Catene Bulloni / Viti Cuscinetti a rullo Apparecchiature / Attrezzature Ingranaggi Sistemi idraulici Sistemi pneumatici Assi / Alberi / Mozzi Idoneità funzionale di tipi diversi di lubrificanti Lubrificanti: NSF H1 (base minerale) Lubrificanti: NSF H1 (base sintetica) scarsa buona scarsa buona sufficiente buona sufficiente buona favorevole buona favorevole buona sufficiente / scarsa buona sufficiente / scarsa buona scarsa buona favorevole buona quantificabile nel contesto generale di tutti i prodotti lubrificanti disponibili, sia per le quantità prodotte sia per i livelli di vendita. I produttori sono pochi e gli investimenti per questa categoria di prodotti sono veramente limitati. Fra le varie società intervistate che lavorano nel settore, solo una possiede in Europa un impianto completamente dedicato alla produzione di questa tipologia di lubrificanti. Molti dei marchi commerciali più noti commissionano le loro produzioni a terzi, commercializzando poi i prodotti con il loro marchio. Occorre ricordare che potere disporre di prodotti catalogati come NSF implica costi e disponibilità di strutture non indifferenti, in particolare se rapportati a volumi di vendita limitati e necessità di sviluppo tecnicamente importanti. La stessa società intervistata, leader in questo settore per le scelte aziendali e gli investimenti fatti, dichiarava infatti che, da una indagine di mercato condotta nel 2001, le vendite di lubrificanti utilizzati nell’industria alimentare, per il nostro Paese, si aggiravano intorno alle 2300 tonnellate, di cui solo 460 tonnellate registrati come classe H1; le restanti 1840 tonnellate erano costituite da lubrificante tradizionale. Dai dati di vendita 2004, la quota di mercato della stessa Società all’interno delle aziende alimentari, con una linea dedicata di prodotti NSF H1, costituiva circa il 10% sul totale delle vendite. Il trend comunque di questi prodotti sembra essere in continua crescita anche perché i prezzi di mercato dei lubrificanti food grade sono piuttosto elevati e consentono buoni margini di guadagno. LA QUESTIONE SOSTITUZIONE Interessanti aspetti riveste anche la questione relativa all’adeguamento dei fluidi di servizio alle richieste dell’industria alimentare, che normalmente si realizza negli impianti mediante sostituzione dei fluidi in uso con altri che rispondono alle necessità dei fluidi food grade. I tecnici del settore definiscono change over questa operazione, che può presentare alcune situazioni di criticità realizzativa, unitamente ad alcune opportunità per economie e razionalizzazione del magazzino fluidi di servizio aziendale. La sostituzione dei fluidi deve essere realizzata con estrema cognizione di causa, accoppiata alla profonda conoscenza delle realtà tecnologiche esistenti. Sostanzialmente gli obbiettivi da perseguire, al fine di introdurre con successo un fluido con caratteristiche food grade, sono la completa rimozione del fluido preesistente che, se utilizzato in miscela con il fluido prescelto, ne può pregiudicare non solo le caratteristiche funzionali ma soprat- Lubrificanti: NSF H2 scarsa buona buona buona buona scarsa buona buona buona buona tutto quelle di salubrità. Infatti, un altro aspetto che merita di essere considerato con una certa attenzione è il problema della compatibilità del vecchio fluido con il nuovo: si possono talvolta verificare reazioni o interazioni non prevedibili tra i costituenti dei due prodotti, che possono portare all’inattivazione di alcuni additivi o alla formazione di prodotti insolubili che possono incrostare o addirittura occludere ugelli e tubazioni, con effetti deleteri facilmente prevedibili. La questione riveste una importanza tale che tutte le Aziende di dimensioni ragguardevoli presenti sul mercato degli oli lubrificanti per l’industria alimentare non si limitano alla semplice fornitura dei formulati, ma assistono il cliente nella realizzazione pratica del change over, utilizzando metodologie messe a punto con l’esperienza e procedurizzate. Il già citato documento EHEDG [3] dedica addirittura 6 diversi schemi alle tecniche di change over, dettagliando le procedure di intervento per la sostituzione nel caso di fluidi idraulici, oli per compressori, grassi lubrificanti, fluidi per trasmissione calore e raffreddamento, gruppi di ingranaggi. L’opportunità per la razionalizzazione ed il risparmio nella gestione dei fluidi lubrificanti aziendali si realizza mediante la valutazione critica di tutti i prodotti presenti in azienda prima del change over. Per molte delle industrie alimentari italiane, soprattutto di medie o piccole dimensioni, la gestione del parco fluidi lubrificanti non è certo al culmine delle priorità aziendali. Se analizziamo la composizione del magazzino lubrificanti di aziende con alcune decine di anni di tradizione, con buona probabilità possiamo verificare che all’installazione di una nuova macchina si è accompagnata per molti casi la comparsa di un fusto di olio lubrificante di marca e di caratteristiche apparentemente diverse da quelle degli altri prodotti stoccati. Il momento del change over rappresenta quindi l’occasione per un esame critico della situazione magazzino, che dovrebbe consentire l’eliminazione di tutti i doppioni esistenti. È radicata opinione degli operatori del settore che la presenza in azienda di cinque diverse tipologie di oli / grassi lubrificanti sia più che sufficiente per coprire tutte le necessità di lubrificazione di una normale industria alimentare. Ovviamente la riduzione delle scorte e la razionalizzazione delle stesse ha positive ricadute sulla riduzione dei capitali immobilizzati, in considerazione anche dei prezzi relativamente elevati di questi prodotti specialistici. Un altro aspetto da non trascurare è rappresentato da società che producono impianti e macchine per il settore alimentare che vengono poi esportate in tutto il mondo. Non è così banale il poter reperire delle specifiche tipologie di prodotti per i quali è garantita e accertata la disponibi- LA RIVISTA ITALIANA DELLE SOSTANZE GRASSE - VOL. LXXXII - MAGGIO/GIUGNO 2005 145 lità e la funzionalità anche all’estero (esempio tipico alcuni grassi che sono utilizzati sugli estrusori di materie plastiche per i quali è richiesto l’uso di grassi food grade che tollerino elevati picchi di temperature). LA QUESTIONE BIOLUBRIFICANTI La recentissima emissione di un Regolamento Comunitario concernente la definizione di “biolubrificante” e delle regole per la concessione del marchio Ecolabel [6] ha aperto una miriade di interessanti prospettive per l’impiego dei biolubrificanti nel settore alimentare. A frenare un eccessivo ottimismo su questa questione dobbiamo ricordare che nella lista positiva di FDA tuttora valida, anche se su base volontaria, non è presente alcuna sostanza che possa in qualche modo essere ricondotta al campo dei biolubrificanti e dei materiali rinnovabili. Purtuttavia chi scrive crede che in un prossimo futuro, anche per l’evoluzione vorticosa che in questi anni sta spingendo la normativa comunitaria, potremo assistere all’ingresso di materiali ottenuti da fonti rinnovabili anche in questo settore. Proprio sotto questo punto di vista è stata salutata con entusiasmo la pubblicazione della norma ISO 15380:2002, la prima che riporti i parametri e le caratteristiche da garantire nel caso di fluidi idraulici formulati a base di prodotti rinnovabili [7]. Ovviamente il termine “biolubrificante” non deve essere confuso o utilizzato come sinonimo di “atossico”, tuttavia l’utilizzo di derivati degli oli naturali per soddisfare le esigenze di lubrificazione deve essere presa in considerazione con molta attenzione. Da non dimenticare è anche il fatto che un moderno lubrificante viene formulato utilizzando per il 90 -95 % del suo peso le cosiddette basi lubrificanti e che il restante complemento a 100 della formulazione può essere costituito da una miriade di additivi (antiossidanti, ispessenti, viscosizzanti, agenti antischiuma, sequestranti, inibitori di corrosione, etc..) che, per struttura chimica e reattività possono rappresentare le maggior quota parte delle preoccupazioni tossicologiche legate al lubrificante stesso. Ovviamente queste considerazioni non sono valide nel caso di impiego degli oli vegetali tout court, pratica assai diffusa nelle industrie olearie, dove lo stesso olio in lavorazione è utilizzato come lubrificante o fluido di tenuta per le apparecchiature per tutte quelle situazioni che non presentano carattere di criticità. È opportuno infatti ricordare che quasi tutti gli oli vegetali godono dello status GRAS (Generally Recognised As Safe) e, di conseguenza, il loro impiego non è sottoposto a restrizione alcuna, essendo considerati alla stessa stregua di un ingrediente degli alimenti. il mercato si presenta di dimensioni estremamente ridotte e molto frazionato. Per contro la produzione e la commercializzazione di lubrificanti food grade consente margini di valore aggiunto molto interessanti per gli operatori del settore. Sicuramente la situazione dovrà subire a breve termine un radicale cambiamento, grazie all’entrata in vigore di nuove norme internazionali ed all’aumentata consapevolezza dei consumatori per la sicurezza delle preparazioni alimentari. Le industrie che commercializzano e producono questi lubrificanti appaiono preparate a raccogliere la sfida di sviluppo che si può prevedere per il prossimo futuro. Di particolare interesse appare anche il potenziale di crescita connesso con l’impiego di lubrificanti prodotti da fonti rinnovabili e dotati di favorevoli caratteristiche nei confronti della salute umana e dell’ambiente (biolubrificanti). Attualmente questa categoria di fluidi lubrificanti non è utilizzata nell’industria alimentare, ma numerosi sono i segnali che lasciano intuire un prossimo incremento della richiesta di servizi di ricerca e sviluppo di nuove formulazioni da utilizzare per le macchine dell’industria alimentare. RINGRAZIAMENTI Un sentito ringraziamento al Dr. G. Gagliardi e all’Ing. L. Fioretti (ExxonMobil) e all’Ing P. M. Piccolo e al Dr. G. Galbiati (Shell) che, nel corso di numerose discussioni e grazie alla loro competenza sull’argomento, ci hanno aiutato a meglio comprendere i problemi e le dinamiche correlate alla commercializzazione ed all’impiego dei lubrificanti destinati all’industria alimentare. BIBLIOGRAFIA [1] [2] [3] [4] [5] CONCLUSIONI [6] A conclusione di questa rassegna sulla situazione attuale relativa all’impiego dei lubrificanti specificamente disegnati per l’impiego nell’industria alimentare si può affermare che per il momento, in carenza di precise prescrizioni legislative, [7] 146 View publication stats C. LA PORTA, I lubrificanti per impianti alimentari. Food Industria p. 42 (2000) B. MERLO, M. G. CASSINERIO, La lubrificazione dei nastri di trasporto. Imbottigliamento p 52-62 (febbraio 2003) P. STEENARD, H. MAAS, J. VAN DEN BOGAARD, R. PINCHIN, M. DE BOER, Production and use of foodgrade lubricants. Doc. 23, March 2002. Published for EHEDG by Campden & Chorleywood Food Research Association Group, UK M. N. RIAZ, M. M. CHAUDRY, The value of Halal food production. INFORM 15 (11) 698-700 (2004) W. J. BARTZ, Food Grade Lubricants - A review on regulations, formulation, and properties. 12th International Colloquium Technische Akademie Esslingen, January 11-13, 2000, p 69-81 Marchio Ecolabel, criteri approvati da Europe Ecolabel Regulatory Committee, 9 dicembre 2004 ISO 15380/2002 Lubricants, industrial oils and related products (Class L) - Family H (Hydraulic systems) - Specifications for categories HETG, HEPG, HEES and HEPR LA RIVISTA ITALIANA DELLE SOSTANZE GRASSE - VOL. LXXXII - MAGGIO/GIUGNO 2005