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ilfatto20220628 220628 082917

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L’acqua scarseggia sempre di più e potrebbe essere razionata anche di giorno
Lo dice Curcio, capo della Protezione civile. Chissà se il governo se n’è accorto
Martedì 28 giugno 2022 – Anno 14 – n° 176
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Redazione: via di Sant’Erasmo n° 2 – 00184 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
5STELLE Il Garante mette in difficoltà Conte
Grillo aiuta Di Maio:
sì Draghi e 2 mandati
UCRAINA Il nuovo dispiegamento Nato
Bombe a Kiev e a Est
Il G7: “Ancora armi”
p Il fondatore del Movimento delude le attese di chi spera
nella terza rielezione: “È uno dei nostri valori, non possiamo
mandarlo a puttane”. E anche sul governo è netto: “Abbiamo
preso un impegno, non si esce soltanto per un inceneritore”
p Dai Sette Grandi la dichiarazione di pieno sostegno a
Zelensky e l’impegno ad armarlo. I russi bombardano
un centro commerciale e l’Alleanza atlantica prepara il
nuovo concetto strategico: cioè il conflitto permanente
q DE CAROLIS A PAG. 7
q CANNAVÒ, CARIDI E CURZI A PAG. 2 - 3
BALLOTTAGGI IL PD CANTA VITTORIA, MA LA GENTE PREMIA SOLO GLI INDIPENDENTI
Vincono i sindaci
lontani dai partiti
COSA DICONO I NUMERI
CATTANEO: “CAMPO LARGO
SOVRADIMENSIONATO”.
7 CAPOLUOGHI A SINISTRA,
4 A DESTRA, 2 AI “CIVICI”
q GIARELLI A PAG. 4 - 5
GUERRA INTESTINA PER LA LEADERSHIP
La Meloni contro Salvini e B.
Nuova rissa sulla Lombardia
q SALVINI A PAG. 6
LE NOSTRE FIRME.
• Padellaro Cappuccetto nero e i lupi a pag. 6
• Monaco Il M5S e i 3 Pierini di Casta a pag. 11
• Orsini I Draghessori proni alla Nato a pag. 11
» Saul Caia
e Gianluca Roselli
C
on un taglio netto, la
Rai ha cancellato 4 minuti di fischi e mugugni del pubblico del Teatro
Antico di Taormina contro il
presidente Nello Musumeci.
A PAG. 12
y(7HC0D7*KSTKKQ( +$!"!.!?!{
• Scanzi Di Battista ora serve a Conte a pag. 11
• Righi Gramsci, tre temi da studiare a pag. 17
• Gismondo Mascherine ancora utili a pag. 20
RAFFAELE LA CAPRIA ADDIO
La cattiveria
Dudù “fingitore”
della Bellezza
Di Maio è in Arabia
Saudita. Prossimi passi:
indire un referendum,
perderlo e non lasciare
la politica
q CAPORALE A PAG. 18
WWW.FORUM.SPINOZA.IT
È MORTO MR. LUXOTTICA
IL SITO KILLING KITTENS
Del Vecchio: i soldi
alle sue famiglie,
i poteri ai manager
Tutto sesso, sono
inglesi: le orge
di Stato per legge
q PALOMBI A PAG. 15
q PROVENZANI A PAG. 16
Separati in casa
» Marco Travaglio
I
ballottaggi, buoni per il centrosinistra e pessimi per le destre, saranno pericolosissimi
per l’Italia se Letta – da tutti dipinto come il trionfatore – si cullerà sugli allori, dimenticando le
lezioni del passato.
1. Chi vince le Amministrative
di solito perde le Politiche.
2. Il Centro non esiste se non
sui giornaloni e nei talk show.
3. Alle Comunali si vota con un
sistema – doppio turno ed elezione diretta del sindaco – diverso da
quello delle Politiche.
4. Alle Comunali gli elettori
guardano i candidati e scelgono il
più nuovo, o più credibile, o più
rassicurante, o più forte, o più lontano dal predecessore: dipende
dallo stato di salute della città e ultimamente anche dal “civismo”,
cioè dall’estraneità ai partiti
(Bucci a Genova, Tommasi a Verona, Guerra a Parma, Fiorita a
Catanzaro). Equilibri nazionali,
campi larghi, destra, centro, sinistra, populismi, sovranismi, riformismi, draghismi e altre menate
appassionano solo i media.
5. Le destre si dividono durante la legislatura e si ricompattano
alle Politiche.
E le lezioni del presente.
1. Ai ballottaggi ha votato il
41,3% degli elettori: quasi 2 su 3 si
sono astenuti. Sono in gran parte
poveri ed esclusi: indifferenti, o
stufi, o incazzati neri (quelli che i
cretini chiamano populisti e sovranisti). Il Pd e gli altri partiti di
élite preferiscono che stiano a casa, perché se vanno alle urne votano “contro”: il che spiega il successo del Pd. Ma alle Politiche la
temperatura si scalderà e trascinerà al voto un terzo degli astenuti di ieri (il 20% degli elettori).
2. Chi è in grado di intercettare
una parte degli astenuti? Meloni,
Conte e in parte Salvini. Ma Meloni e Salvini sono vasi comunicanti: più lui cala, più lei sale, ma
invertendo l’ordine dei fattori il
prodotto non cambia (35-40%).
Conte e quel che resta del M5S
hanno milioni di elettori del 2018
nel freezer: una parte non li voterà
più, chi per l’alleanza con la Lega,
chi per quella col Pd, chi per la resa
a Draghi, chi per i casini interni;
ma un’altra parte può rivotarli se
Conte li porta fuori dal governo,
recupera Di Battista e la sua area,
convince Grillo a un compromesso sui 2 mandati (servirà un gruppo di chiocce che guidi i parlamentari di prima nomina). E soprattutto smette di parlare di questioni
interne, rivendica le cose buone
fatte dai suoi due governi e indica
agli elettori pochi punti concreti
per riprendere il percorso brutalmente interrotto dal golpe bianco
del 2021 sui temi del radicalismo
civico: salari, lavoro, pacifismo,
ambientalismo, legalità, beni comuni. Se Letta vuole farsi e farci un
favore, si comporti coi 5Stelle come i separati in casa: li lasci liberi
di fare ciò che nel centrosinistra
solo loro e pochi altri possono fare.
Meno parla o si fa vedere con Conte, meglio è per tutti.
2 l ESTERI
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
GUERRA IN UCRAINA • BOMBE E DIPLOMAZIA
“Soldi, armi, sostegno politico”
Il G7 fa quadrato su Zelensky
PREZZI E SANZIONI
t
Tetto al petrolio,
oggi la decisione
Restano i dubbi
della Germania
L
e negoziazioni sul tetto al
prezzo di gas naturale e petrolio sono state il filo rosso
tra tutti i tavoli di lavoro e i bilaterali al G7 che si chiude oggi sulle
Alpi bavaresi. L’accordo sembra
vicino, ma nonostante la forte
spinta statunitense e italiana, il
cancelliere tedesco Olaf Scholz, fino a ieri sera, non aveva ancora
sciolto le proprie riserve. La proposta è di fissare un prezzo massimo da pagare per il MWh, forse 80
dollari anche se al momento il
prezzo di mercato è superiore ai
110. Così facendo verrebbero ridotti, significativamente, i versamenti a Mosca. La risposta temuta
da Berlino, che tra i sette è quella
che più dipende da Mosca, sareb-
RISERVE
BERLINO
TEME LA
RIDUZIONE DAL
NORD STREAM 1
be una riduzione del flusso sul gasdotto Nord Stream 1. A oggi la
Germania ha i depositi di gas pieni
al 60%. Il ministro dell’Economia
Robert Habeck ha ripetuto più
volte che il paese non potrebbe affrontare l’inverno senza i depositi
pieni almeno al 90%, pena il razionamento con conseguente immediata recessione.
Nel documento a sostegno
dell’Ucraina adottato ieri dal G7
c’è un paragrafo, il più lungo, sulle
sanzioni. “Ci impegniamo a sostenere e intensificare la pressione economica e politica internazionale sul regime del presidente Putin”.
I sette menzionano la possibilità di
bloccare l’esportazione dell’oro
russo, secondo bene più importante per l’export di Mosca. Mentre sulla questione energetica si
reitera la formula “esplorare possibili percorsi”. Tra gli obiettivi delle future sanzioni i capi leader del
G7 dicono voler individuare “i responsabili di crimini di guerra che
esercitano un’autorità illegittima
in Ucraina e coloro che sostengono
l’impegno della Russia negli sforzi
per aumentare l’insicurezza alimentare globale rubando ed esportando grano ucraino”.
CC
» Cosimo Caridi
I
GARMISCH-PARTENKIRCHEN
l primo documento adottato
dal G7 di Elmau è una lunga
(sei pagine fitte) dichiarazione
di sostegno all’Ucraina. “Riaffermiamo il nostro impegno incrollabile a sostenere il governo e il
popolo ucraino nella loro coraggiosa difesa della sovranità e
dell’integrità territoriale del loro
Pa e s e ”. Nel documento ci sono
condanne, plausi e promesse. Da
una parte “l’ingiustificabile e illegale guerra di aggressione contro
l’Ucraina della Russia”, dall’altra il
compiacimento per la decisione
dell’Ue di concedere a Kiev lo status di candidato. I sette hanno
confermato che continueranno a
finanziare l’Ucraina e che inaspriranno le sanzioni contro Mosca. E
il cancelliere Scholz dichiara: le
relazioni con la Russia “non potranno tornare a essere come prima della guerra in Ucraina”. Per
Scholz, quanto è accaduto in Ucraina rappresenta un “punto di
rottura nelle relazioni internazionali”, e ha accusato il governo russo di aver infranto tutti gli accordi
di cooperazione internazionale.
SE I LAVORI del primo giorno si so-
no concentrati contro la minaccia
economica cinese, quelli di ieri sono stati contro quella militare russa. Oggi alle 10, il presidente Biden vedrà il cancelliere Scholz, il
presidente francese Macron e il
primo ministro britannico Boris
Johnson, prima dell’ultima sessione del vertice. Almeno ufficialmente, la casa Bianca non nomina
nel gruppo il premier italiano
Draghi. Ieri ad aprire la mattinata
c’è stata una videochiamata con il
presidente ucraino Zelensky. Al
tavolo, oltre ai sette capi di Stato e
di governo, c’erano anche Ursula
von der Leyen e Charles Michel,
rispettivamente presidente della
Commissione europea e del Consiglio europeo. Ed è Michel a scrivere su twitter: “Il Cremlino va
sconfitto in Ucraina. Incrollabile
coesione del G7 in solidarietà con
il popolo ucraino. Soldi, armi e sostegno politico”. Zelensky, in collegamento da Kiev, chiede che la
guerra termini entro la fine
dell’anno. Per questo auspica sanzioni più dure contro la Russia, e
aiuti militari per Kiev. Il presidente ucraino ha domandato nuovi sistemi antiaerei di difesa. Dopo i
vari interventi dei leader, Zelensky ha parlato dello stallo nell’esportazione del grano, circa 20
milioni di tonnellate ancora bloccate, e ricordato la centralità degli
aiuti per la ricostruzione. I sette
hanno suddiviso la loro dichiarazione in punti. Il primo condanna
la Russia, il secondo è la conferma
che continueranno “a coordinare
gli sforzi per soddisfare i requisiti
urgenti dell’Ucraina per le attrezzature militari e di difesa”. Questa
settimana dovrebbero arrivare
all’esercito ucraino i 450 milioni
di dollari di aiuti militari annunciati da Washington. Tra questi armamenti c’è anche il sistema mis-
Tavola
rotonda
I sette al summit
di Elmau, a destra
soldati ucraini nella
zona di Kiev
FOTO ANSA
silistico Himars. Oltre alle armi, il
G7 assicura a Kiev sostegno umanitario, sia per i rifugiati in altri
Paesi sia per gli sfollati interni. Nel
documento adottato al vertice si
legge: “Abbiamo promesso e fornito fino a 29,5 miliardi di dollari
nel 2022 per aiutare l’Ucraina a
colmare il suo deficit di finanziamento e continuare a garantire la
OGGI IL VERTICE
t
» Salvatore Cannavò
I
l vertice Nato di Madrid del
29 giugno metterà a punto
“la più grande revisione
della nostra deterrenza e difesa collettiva dalla Guerra
fredda in poi”. La determinazione con cui il norvegese
Jean Stoltenberg, Segretario
generale dell’Alleanza atlantica, ha illustrato il nuovo
“concetto strategico” che la
Nato approverà in Spagna, fa
capire che si apre una fase dei
rapporti internazionali in cui
la “guerra” potrebbe diventare un concetto stabile. E non
solo riferita alla Russia, oggi
“la minaccia più significativa
e diretta alla nostra sicurezza”, ma anche verso la Cina,
che per la prima volta sarà indicata in un documento Nato
come una minaccia alla sicurezza “e ai nostri valori”. Un
progetto frutto della strategia
fornitura di servizi di base al popolo ucraino”. Sottolineando inoltre
che nel complesso, il sostegno economico fornito a Kiev dal 2014 al
2021 è stato di oltre 60 miliardi di
dollari. “Riconosciamo la devastante distruzione delle infrastrutture” e per questo ci sono 3,5
miliardi di euro pronti da essere usati attraverso la Banca europea
A MADRID IL PROGETTO: 300 MILA UNITÀ DI INTERVENTO
Ecco il nuovo concetto
strategico Nato: cioè
il conflitto permanente
Usa che in Pechino vede il suo
principale competitor internazionale ed è finalizzata a costringere l’Unione europea a
fare una scelta di campo.
Al vertice di Madrid prenderanno parte anche l’A ustralia, il Giappone, la Nuova
Zelanda, la Repubblica di Corea, Paesi che non fanno parte
della Nato e parteciperanno
anche Georgia e Unione europea oltre a Svezia e Finlandia
interessate invece all’allargamento, ma su cui pesa il veto
della Turchia. I colloqui con il
IN SOSPESO
CI SARANNO
ANCHE
SVEZIA
E FINLANDIA
presidente turco Erdogan, finalizzati a piegarne l’ostilità,
saranno molteplici.
Questa determinazione si
traduce sul campo nell’intento di portare a 300 mila unità
le forze d’intervento rapido,
un aumento di sette volte. Più
che di uomini schierati alle
frontiere si tratterà di rinforzi
in termini di equipaggiamenti e di brigate forniti dai Paesi
membri sempre all’erta e disponibili. Con un aumento evidente dei costi.
Il 2022, ha spiegato Stol-
ESTERI l 3
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
REPORTAGE • Dieci morti, 40 feriti
A Kremenchuk
missile sul discount
Kiev, ancora paura
» Pierfrancesco Curzi
M
per la ricostruzione e lo sviluppo.
Sul post-conflitto si concentra
l’attenzione delle ultime righe del
documento nelle quali si promette
di esplorare metodi per reperire
fondi “incluso l’utilizzo di risorse
russe congelate”. Nonostante sulle
montagne bavaresi si pensi già al
dopo, in Ucraina lo scontro sembra lontano dal finire. A Mariupol,
tenberg, è stato “l’ottavo anno
consecutivo di aumenti tra gli
alleati europei e in Canada”
che entro la fine dell’anno “avranno investito ben oltre
350 miliardi di dollari in più
dal 2014”. Sono nove gli alleati
che già raggiungono o superano l’obiettivo del 2% di spese militari in rapporto al Pil e
“19 alleati hanno dei piani espliciti per raggiungerlo entro il 2024”. Soprattutto, dice
Stoltenberg, il 2% va considerato “come un pavimento,
non come un tetto”, è cioè un
punto di avvio per un innalzamento costante delle spese
militari.
L’approccio del nuovo
concetto strategico significa
una cosa molto chiara e molto preoccupante allo stesso
tempo, ben sottolineata da
Stoltenberg: gli spazi di dialogo con la Russia si ridurranno quasi definitivamente. “La Russia si è allontanata
dal partenariato e dal dialogo
che la Nato ha cercato di instaurare per molti anni”, ha
detto il Segretario generale,
“quindi il dialogo non è sul tavolo, non funziona, sempli-
nei bunker dell’acciaieria Azovstal, i filorussi dichiarano di aver
trovato sotto le macerie 172 cadaveri di soldati ucraini. Mentre agli
abitanti di Lysychansk, sempre
nell’est del Paese, è stato chiesto di
lasciare le proprie case e fuggire. A
farlo è stato Sergey Haidai, governatore dedi Lugansk, a causa
dell’avanzata delle truppe russe.
KIEV
issili su un centro commerciale
a Kremenchuk, grosso centro
della regione di Poltava lungo il
fiume Dnepr, alla vigilia del
Constitution Day in Ucraina. Secondo
fonti governative e locali dentro il mall al
momento dell’esplosione c’erano
circa mille persone. Il raid missilistico orchestrato da Mosca è avvenuto ieri pomeriggio poco dopo
le 17. Il primo a dare la notizia, ieri,
è stato il governatore della regione
di Poltava, Dmytro Lunin, attraverso Telegram, che ha aggiornato il bilancio: dieci morti e 40 feriti. Il vice capo ufficio del presidente Zelensky, Kyrylo Timoschenko, aveva tracciato un primo, parziale bollettino mezz’ora
dopo l’attacco russo. Tymoschenko aveva parlato di due vittime e
una ventina di feriti, ma vista la
scena sul posto, con fiamme nere e
alte ad avvolgere ciò che resta del
centro commerciale, era da immaginarsi una netta recrudescenza del bilancio: “Abbiamo attivato
il servizio di soccorso e di emergenza con l’invio di tutte le ambulanze possibili, mezzi e personale
dei vigili del fuoco e allestito degli
ospedali d’urgenza sul territorio.
Come per l’attacco missilistico
all’alba di domenica nella capitale
che ha provocato una vittima e feriti, anche ieri a Kremenchuk si è
trattato di un colpo di mano che
nulla ha a che vedere con obiettivi
militari. Quel centro commerciale – ha scritto ieri sempre su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky poco dopo la videoconferenza al summit del G7 –
non aveva alcun valore strategico
e non rappresentava un pericolo
per l’esercito russo. È inutile ormai sperare nell’umanità russa”.
secondo e il terzo missile sono arrivati nel
giro di pochi secondi e uno ha colpito il
condominio attiguo al mio: vetri in frantumi, la macchina danneggiata e un nuovo
incubo. Il quarto razzo è arrivato alcuni
minuti più tardi”. Yarik, trent’anni, è uno
dei residenti del complesso residenziale
colpito domenica all’alba dai russi nel
nord-ovest della periferia di Kiev. Distret-
to di Shevchenskaya, a due
passi dalla stazione della metro di Lukianivska e dell’ambasciata britannica. La zona è
sempre la stessa, scelta da Mosca come obiettivo strategico il
13 marzo, quando la città era
ancora blindata. Il 28 aprile,
un mese dopo la liberazione
dei territori dell’oblast di Kiev,
martoriati dalle forze armate
russe, due missili lanciati dalla
Bielorussia hanno colpito un
enorme edificio seminuovo
provocando una vittima (una
nota giornalista ucraina) e 8
feriti; quel giorno in città c’era il Segretario
generale dell’Onu, Antonio Guterres, e il
benvenuto arrivò all’ora di cena. Domenica, quasi due mesi più tardi, il saluto forse
ai leader del G7 nel giorno dell’apertura dei
lavori. Il motivo strategico scelto dal Cremlino per giustificare il lancio di razzi su
quel quartiere, a mezz’ora da piazza Maydan, è la sede della fabbrica Artiom che si
trova in quel distretto. Il problema, tuttavia, è che a ogni raid missilistico a rimetterci sono civili. Anche stavolta una vittima e diversi feriti. A morire è stato il padre
della bambina di 7 anni estratta viva dalle
macerie. Ferita anche la madre, cittadina
russa, e una donna scappata dall’assedio di
Severodonetsk e ospitata a Kiev da alcuni
familiari.
L’ATTACCO
“MOSCA
CRIMINALE:
NEL CENTRO
COMMERCIALE
C’ERANO
MILLE CIVILI”
cemente a causa del comportamento della Russia”. Dobbiamo prendere atto di questa realtà, ha spiegato, ed “è
esattamente ciò che facciamo con il cambiamento fondamentale nella nostra deterrenza e difesa”. Il nuovo
concetto strategico significa
che la guerra sarà stabilmente nel futuro dell’Europa.
L’Alleanza
Il segretario
della Nato,
Jens
Stoltenberg,
sarà a Madrid
FOTO LAPRESSE
A PROPOSITO DEL CONFLITTO ‘reale’, nelle ultime ore l’ar tiglieria
russa ha coperto di bombe la seconda città del Paese, Kharkiv,
tornata prepotentemente nel mirino di Mosca. Secondo quanto riportato dal capo dell’amministrazione militare della regione, Oleg Syniehubov, i razzi hanno colpito il cortile di una scuola e un
edificio amministrativo. Scontri violentissimi sono in corso su diversi fronti del
Donbass, in particolare a Lysychansk e
Slovjansk, città diventate obiettivi dell’avanzata russa nell’oblast di Lugansk. A
Slovjansk in particolare, il fuoco caduto sul
centro della città ha prodotto due vittime
ieri mattina: “Sono state colpite case in via
Torskaya, praticamente il cuore della città”
ha detto un membro della municipalità.
Un lunedì di vigilia della festa nazionale
davvero nerissimo che segue quanto accaduto a Kiev domenica mattina: “Mi ero appena alzato quando ho sentito il primo sibilo e qualche istante dopo l’esplosione. Il
In fiamme
Il centro
commerciale
dopo il raid
missilistico
FOTO ANSA
“LA RUSSIA È
UNA DISGRAZIA
PER L’UMANITÀ”
IL MINISTRO degli
Esteri ucraino Kuleba
dopo il raid si è
scagliato contro la
Russia: "Il grande
centro commerciale
di Kremenchuk,
con centinaia di civili
all’interno, è stato
colpito da un attacco
russo. La Russia è una
disgrazia per l’umanità
e deve affrontarne le
conseguenze". Kuleba
ha aggiunto: “La risposta
dovrebbe essere più armi
pesanti per l’Ucraina, più
sanzioni alla Russia e più
imprese che lasciano la
Russia". Per il comando
ucraino sono stati
bombardieri Yu-22 M3 a
sparare i missili sui civili
4 l POLITICA
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
BALLOTTAGGI • Città: 7 a 4 per il centrosinistra
» Lorenzo Giarelli
S
ette capoluoghi
a l c e n t r o s i n istra, quattro al
centrodestra e
due a candidati civici. Più che
i numeri, però, a far brindare
il Pd nel giorno dopo il secondo turno delle Amministrative è il peso di alcune vittorie:
Comuni strappati contro pronostico a Lega e soci, con la sola macchia di aver ceduto per
un soffio l’amministrazione di
Lucca.
Per il resto, difficilmente
domenica sarebbe potuto
andare meglio a Enrico Letta: prese Verona, Catanzaro,
Piacenza, Alessandria, Monza; confermate Parma e Cuneo. Al netto dell’impresa a
Lucca, alla destra restano così solo le affermazioni a Barletta, Gorizia e Frosinone. I
civici battono i partiti a Como
e Viterbo, ma forse la loro affermazione più importante –
se di tutti i civici si può parlare come di una categoria a
sé – è l’aver indicato un
modello di candidatura
vincente a cui anche il
Pd ha saputo ispirarsi in
più di una città.
I NUMERI PRUDENZA
SU EFFETTI NAZIONALI
È dunque legittima
l’euforia dem? Gli entusiasmi di Enrico
Letta, che parla di “risultato straordinario”, hanno in realtà
bisogno di essere relativizzati. A partire
dal fatto che il ballottaggio mette una
pezza a un primo
turno in cui era stato
il centrodestra a
stravincere, conquistando 10 grandi
centri su 13, incluse
città come Genova e
Palermo.
Il dato complessivo
dunque dice che, su 26
capoluoghi al voto, 14 sono
andati a Lega, FdI e FI; 10 al
centrosinistra e 2 a candidati
civici. E non ha tutti i torti
Giorgia Meloni nel ricordare
– pure nel giorno peggiore
per la sua coalizione – che
“prima del 12 giugno il centrosinistra governava 56 Comuni” sopra i 15mila abitanti, “mentre oggi ne governa
53”, a fronte di un centrodestra passato “da 54 a 58”.
Meglio andare cauti, insomma, nel leggerci un’affermazione definitiva del centrosinistra anche in vista delle
Politiche dell’anno prossimo.
Tanto più che a predicare prudenza c’è il rapporto stilato
dall’Istituto Cattaneo, che ha
aggregato i voti di lista del famigerato campo largo (Pd+liste di centrosinistra+M5S) e
quelli del centrodestra anche
nei casi in cui alcuni partiti
delle rispettive coalizioni si
IL BOOM “CIVICO”
CHE RIMPICCIOLISCE
LA VITTORIA DEM
E LA LISTA
DEL SINDACO
SUPERA IL PD
16%
AL PRIMO TURNO
la lista civica di Damiano
Tommasi è stata la più
votata della sua coalizione
alle Amministrative
di Verona, avendo
ottenuto il 16 per cento.
Meglio pure del Pd,
che si è fermato
al 13 per cento, per non
parlare di tutti gli altri
componenti della
coalizione (tra cui
Azione di Carlo Calenda,
piantato all’1 per cento).
Segno di quanto
l’ex calciatore fosse
percepito autonomo
rispetto ai partiti
siano presentati divisi. A livello nazionale – e valutati soltanto i Comuni sopra i 15mila
abitanti – il Cattaneo rileva un
pareggio: 40,5 per cento per il
centrosinistra e 30,9 a Lega,
FdI, FI e cespugli vari. “La
performance del campo largo
– scrive l’Istituto – appare nella comunicazione pubblica
sovradimensionata a causa
della consueta maggiore attenzione dedicata ai centri urbani maggiori”. Se è indubbio
che il Pd abbia vinto il secondo turno nei capoluoghi, insomma, non si può certo dire
che a livello nazionale gli equilibri siano gli stessi.
BORSINO DEM SFUMA LUCCA,
RIBALTONE A CATANZARO
Resta allora la cronaca di ottime affermazioni locali per il
Pd. A Verona, dove Damiano
Tommasi approfitta delle liti
tra Federico Sboarina e Flavio
Tosi. A Parma, con Michele
Guerra che quasi doppia Pietro Vignali. E pure nella Catanzaro che sembrava già in
mano alla destra, perché il civico indicato da Pd e M5S, Nicola Fiorita, doveva recuperare 13 punti a Valerio Donato.
Missione compiuta e pure con
un discreto margine (58 per
cento a 42).
Ribaltate anche Piacenza,
dove la dem Katia Tarasconi
sconfigge la sindaca uscente
Patrizia Barbieri; Alessandr ia , grazie alla vittoria di
Giorgio Abonante sul leghista
Gianfranco Cuttica di Revigliasco; e Monza, con grande
beffa per il leghista Dario Allevi, che al 47 per cento del
primo turno aggiunge solo
due punti percentuali e si fa
scavalcare da Paolo Pilotto.
Nessun problema a Cuneo,
con Patrizia Manassero (63
per cento) che stacca Franco
Civallero (37), mentre l’unica vera scottatura per il Pd arriva da Lucca: Mario Pardini
(Lega, FdI, FI) ha la meglio
51 a 49 contro Francesco Raspini, nella città segnata dalla chiusura della campagna
elettorale di Letta insieme a
Carlo Calenda e dalle polemiche per l’apparentamento
del centrodestra con l’ex leader di Casapound.
Ossigeno per Matteo Salvini e alleati, anche perché nel
resto d’Italia si può esultare
soltanto grazie a due bis – Rodolfo Ziberna a G orizia e
Mimmo Cannito a Barletta –
‘‘
POLITICA l 5
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
Il nostro è un progetto affascinante, un modo nuovo di affrontare la politica
Damiano Tommasi • neosindaco di Verona
TOMMASI
La sorpresa di Verona
Il metodo nuovo
di Damiano, Grillo
capovolto che può
conquistare l’Italia
» Antonello Caporale
D
ANALISI
La crisi del M5S
spinge gli elettori
verso liste esterne
ai partiti. Il Cattaneo:
“La performance
del Campo Largo
sovradimensionata”
stegno dei partiti sì, ma alle
sue condizioni. Civico è anche
Guerra a Parma, anche se viene da 5 anni di giunta con Federico Pizzarotti. E così pure
Fiorita, capace di una rimonVOLTI NUOVI IL SUCCESSO
ta imprevista a Catanzaro.
DI CHI È FUORI DAI PARTITI
Buoni risultati che hanno
Il segnale più importante ar- ribaltato la scelta infelice di
riva dai civici. Non tanto – o Palermo, in cui forse con un
non solo – perché a Como A- candidato più conosciuto rilessandro Rapinese è in grado spetto al professor Franco Midi battere sia il Pd sia il cen- celi il capo largo avrebbe potrodestra, così come fa Chiara tuto fare di più contro RoberFrontini a Viterbo. Ma per- to Lagalla. Palermo a parte, è
ché è sulla capacità di sceglie- soprattutto sui civici che la
re profili esterni ai partiti che destra si è sciolta: già dopo le
si sono giocate molte partiti. E Amministrative del 2021 –
il centrosinistra ha saputo quelle dei disastri di Luca
muoversi meglio dei rivali. Bernardo a Milano e Enrico
Tommasi a Verona è forse il Michetti a Roma – , Salvini avolto nuovo più convincente veva promesso una maggiore
della tornata di amministra- attenzione alla scelta dei cantive: allergico ai partiti e ai didati e un impegno personaformalismi, ha sbaragliato la le per l’unità della coalizione.
destra riuscendo a non far Un anno più tardi, i due promettere a nessun altro il cap- blemi sono persino aumentapello sopra la sua vittoria. So- ti, come dimostra il fatto che
in tutti i capoluoghi dove la
destra si è presentata
divisa al primo turno
ha poi perso ai ballotNelle urne
taggi (Verona, Parma,
Il nuovo sindaco
Catanzaro). Pochi, indi Verona,
vece, i guizzi sui civici, a
Damiano Tommasi,
parte la meritoria ecceche ha sconfitto
zione dell’ex campione
Sboarina FOTO
paralimpico di tiro con
ANSA/LAPRESSE
l’arco Oscar De Pellegrin (neo-sindaco a
Belluno). Ma anche i
dati del Cattaneo suggeriscono un problema di scarsa attrattiva dei candidati, se è vero che tra primo e secondo
turno la coalizione ha sofferto
un forte calo di elettori, persone (fino al 50 per cento a Catanzaro) che avevano votato il
candidato il 12 giugno ma poi
hanno preferito stare a casa.
Appare anche chiaro che,
complice la crisi del M5S, le liste esterne ai partiti attraggono sempre più elettori anche
solo come collettori di malcontento nei confronti dei
simboli tradizionali. Una sorta di alternativa al buco nero
dell’astensione, che anche domenica ha sfiorato il 58 per
cento. Motivo per cui, in vista
delle Politiche, quella dei civici somiglia a una lezione di cui
i partiti dovranno far tesoro.
e alla riconferma della maggioranza di centrodestra a
Fro si n on e, con Riccardo
Mastrangeli che batte Domenico Marzi.
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ove vuole arrivare
Damiano Tommasi?
Superata la trequarti
di campo, potrà puntare alla porta e fare gol. “Se farà bene a Verona potrà poi proporsi all’Italia”, dice infatti di
lui Fabio Capello, il suo ex allenatore, il suo entusiasta coach. Tommasi ha una grande
qualità: sta per i fatti suoi. Non
si schiera, non si nasconde,
“non cerca questo o quello dietro cui trovare la forza”, dice
don Fabio. Non appare di destra né di sinistra, non si apparenta, non inciucia, non espelle ma include, e non fa splash
come i dirimpettai del
centrodestra che
proprio a Verona
(e poi a Catanzaro) hanno realizzato, per mano di Giorgia
Meloni, il processo inverso:
picconare, demolire, dividere e
magari – per il momento – anche perdere.
Tommasi ha vinto dove non
avrebbe potuto. Ha insidiato la
città, caposaldo prima del leghismo di radice dc e poi della
destra familistica di Federico
Sboarina, grazie alla sagacia di
questo campione del calcio, idolo dei romanisti e poi garante, grazie alle sue abilità negoziali, dei diritti dei calciatori,
lavoratori dal conto in banca
spesso favoloso.
“SONO STATO preso in simpatia
dai Cinquestelle quando denunciammo la resistenza della
burocrazia della Federcalcio a
non dare seguito alla figuraccia fatta dalla nostra Nazionale
ai Mondiali”. Non questa di
Mancini. Si è al fiasco della
squadra di Ventura. Riunione
d’urgenza, c’è Tavecchio, il presidente della Federcalcio, e c’è
Tommasi. Damiano lascia la
riunione e dà la botta finale alla
dirigenza paludata, ingobbita,
seduta: “Tavecchio non vuole
dimettersi”, rivelò ai cronisti.
Successe il finimondo.
Damiano, che sa far di conto, si presenta a Verona nel
gennaio scorso. Tiene l’o mbrello aperto per tutti ma, valutando i pro e i contro, fa in
modo che Enrico Letta, il patron del Pd, vada ai mercati di
Verona a far propaganda da
solo. E così si comporta pure
con Giuseppe Conte: colloqui
in sede, al coperto. In piazza
però solo il capo dei Cinque-
stelle. “Ma è venuto per te”, gli
dicono affannati i suoi amici.
“Fa niente”.
E così quando l’altra notte
Enrico Mentana in tv gli chiedeva di commentare la vittoria rivelando le telefonate ric e v u t e : “ Mi h a c h i a m at o
Sboarina per farmi i complimenti. Poi non ho più risposto
al telefono”.
Lui è in alto, come i Cinquestelle di una volta, per fare
quel che il suo specialissimo
coach spiega oggi: “Pensa veramente alla gente, è uno che
non conosce la parola egoismo, non si nasconde dietro ai
partiti, è rimasto uguale a
quando lo allenavo”.
È il nuovo che avanza? Popolare per via
della professione,
molto amato
per il suo carattere che ora lo
aiuta in politica a essere sobrio, a mostrarsi l’opposto della
fantasmagoria
pentastellata, l’i nverso esatto. Questi sei
mesi, con la lunga marcia degli
ultimi trenta giorni, hanno dimostrato dove l’ambizione arriva. Il suo partito al 16 per cento, il suo colore, il giallo, ha attraversato la città. “Non so parlare, ascolto però”.
È UN GRILLO capovolto, un muto ma sagace costruttore di alleanze. Mattone dopo mattone, lui ha costruito per adesso
un castelletto dando le spalle a
chi, dall’altra parte, ha invece iniziato a picconare.
Giorgia Meloni, sia a Verona che a Catanzaro, ha oggettivamente reso difficile ai due
candidati (uno dei quali del
suo partito) immaginare la
vittoria.
Eppure, ed è il vero talento
politico di cui Giorgia dispone,
nessuno la incolpa. È Salvini
nei guai.
Il cuore del centrodestra al
nord smette di battere e al sud,
dov’era la sua capitale forzista,
appunto Catanzaro, dà forfait
sempre in virtù del frazionamento del voto comunitario.
Lei, almeno in questa fase,
distrugge. E dall’altra parte il
centrosinistra trova una giovane promessa dietro cui mettere le tende se la parola d’ordine, da qui a cinque anni, fosse
un nuovo civismo e l’u omo
nuovo. Fabio Capello l’ha detto: “Se Damiano fa bene a Verona potrà proporsi all’Italia”.
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6 l POLITICA
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
BALLOTTAGGI Autodistruzione Il crollo di Verona dopo le disfatte a Milano e Roma
l
FRANCO TIRATORE
CAPPUCCETTO
NERO E I DUE LUPI
SPELACCHIATI
» Antonio Padellaro
S
Sfasciati
I tre leader
Salvini, Berlusconi
e Meloni.
Sotto, Fontana
e Moratti FOTO
ANSA/LAPRESSE
Destre da un disastro all’altro:
ora si menano sulla Lombardia
» Giacomo Salvini
D
omenica sera sono
stati tutti in silenzio,
provando a digerire la
sconfitta. Poi, ieri
mattina, i leader del centrodestra hanno ricominciato a litigare. Come se niente fosse successo, come se la débâcle nelle
principali città – Verona, Parma e Catanzaro – non fosse dovuta alle faide interne alla coalizione. Nel centrodestra è il
giorno di veleni, accuse e recriminazioni incrociate. Con una
grana in arrivo: la spaccatura
della coalizione sulle Regionali
in Sicilia e Lombardia.
Il clima che si respira, nella
coalizione, d’altronde è quello
di tutti contro tutti. Ognuno ha
la sua sconfitta: Salvini le principali città del nord (brucia soprattutto Alessandria, città del
capogruppo Riccardo Molinari) e il sorpasso di FdI dopo aver annunciato, nell’autunno
scorso, che il centrodestra non
si sarebbe più diviso sulle scelte dei candidati sindaci; su
Meloni pesa la macchia di Verona con la sconfitta del “suo”
Sboarina; Berlusconi invece
subisce le disfatte a Monza e a
Catanzaro, roccaforte di Forza
Italia. Con un’ulteriore beffa
che arriva dall’analisi dei flussi: secondo l’istituto Cattaneo,
in molte città il centrodestra
non è riuscito a mobilitare i
propri elettori perdendo voti
rispetto al primo turno per le
divisioni nazionali.
COSÌ, di buon mattino, il leader
della Lega Matteo Salvini spiega che la sconfitta elettorale
(soprattutto a Verona) è dovuta
a “divisioni e i litigi nel centro-
LITIGI MELONI CHIEDE
UN VERTICE: NEL 2023
RISCHIAMO. SALVINI
E B. CON FONTANA
CONTRO MORATTI
destra”, Giorgia Meloni
gli risponde con un video-selfie in cui va all’attacco degli alleati: “Va
fatta una riflessione sul
tempo che abbiamo
speso in polemiche interne –sostiene la leader
di Fratelli d’Italia che si
riferisce alle dichiarazioni di domenica di
Salvini contro Federico
Sboarina – È stata curiosa la polemica continua sul mancato apparentamento a Verona da
parte degli alleati, con
tanto di attacchi al sindaco di centrodestra ad
urne aperte. Se sei tu il
primo a dire che si perde, è difficile che gli elettori crederanno
nella vittoria”. Nel mezzo c’è
Silvio Berlusconi che, dopo un
vertice di Forza Italia ad Arcore, registra un video per dirsi
“preoccupato dall’astensione”
e prova a fare il collante tra i due
litiganti: “Promuoverò io un
confronto per vincere le elezioni”. Ieri sera il vertice non era
ancora stato fissato e Salvini e
Meloni non si erano sentiti.
La leader di FdI appare per
la prima volta preoccupata in
vista delle elezioni politiche del
2023. Teme che una coalizione
divisa e alleati troppo deboli
possano impedirle di arrivare a
Palazzo Chigi. Tanto più che da
qui alle elezioni ci sarà la fondamentale tappa delle regionali
in Sicilia dove FdI vorrebbe ricandidare Nello Musumeci,
ma Lega e Forza Italia si oppongono. E nel 2023 si voterà
anche in Lazio e Lombardia,
dove ieri si è consumata un’altra spaccatura: Salvini ha blindato la ricandidatura del governatore Attilio Fontana ma la
sua vicepresidente Letizia Moratti ha confermato la volontà
di correre. Meloni così chiede
subito un vertice dei leader del
centrodestra: “Basta litigi, a
partire della Sicilia, non possiamo rischiare di mettere a repentaglio il risultato delle politiche” avverte.
La prima mossa però la fa
Salvini che a metà mattina telefona a Berlusconi per ribadire l’importanza “dell’unità del
centrodestra” ma per parlare
anche della ricandidatura di
Fontana in Lombardia. L’ostacolo principale si chiama Letizia Moratti, in quota FI, che ieri
ha confermato la sua volontà di
correre. Durante la telefonata
anche Berlusconi si dice d’accordo alla ricandidatura di
Fontana. Dopo pranzo, poi, il
leader della Lega arriva a Palazzo Lombardia e, dopo aver
incrociato Moratti, incontra il
governatore insieme a Giancarlo Giorgetti: “È lui il candidato naturale” dice Salvini.
L’ALTRO intralcio però è rappre-
sentato dalla Meloni. La partita della Lombardia è legata a
quella della Sicilia dove FdI ha
chiesto a più riprese la ricandidatura di Musumeci che pochi
giorni fa ha annunciato il suo
passo di lato per i troppi attacchi subìti. “La regola da rispettare è quella della riconferma
degli uscenti – avverte Ignazio
La Russa – il caso Verona, dove
la destra si è spaccata, ci insegna che prima di cambiare un
uscente bisogna pensarci molto bene”. Come dire: se non arriva il disco verde da Lega e Forza Italia su Musumeci, Fratelli
d’Italia potrebbe bloccare Fontana in Lombardia. Con il sospetto che dietro a Moratti ci sia
proprio Meloni (anche se i suoi
fedelissimi negano): “È una
persona autorevole che può ricoprire qualunque ruolo” la elogia La Russa. Da FdI però
non sopportano di essere messi
all’indice dagli alleati, ormai visti come un’unica forza. Il capogruppo Francesco Lollobrigida
va al contrattacco: “Serve un
chiarimento sulla linea perché
gli elettori non capiscono perché Lega e FI stanno al governo
con la sinistra”. Ergo: serve subito un patto anti-inciucio. Inoltre viene messo nel mirino
Berlusconi che ha “spaccato il
centrodestra a Verona”e ha fatto il comizio finale da solo a
Monza “disorientando gli elettori”. La sentenza finale però
spetta a La Russa: “Pesano ancora le scorie del Quirinale,
purtroppo ovunque diamo
l’impressione di essere divisi”.
e fosse una favola, la débâcledel
centrodestra nei ballottaggi di
domenica si potrebbe intitolare
cappuccetto nero e i due lupi spelacchiati. Un passo indietro. Quando
Arianna Meloni dice che “faranno di
tutto” per impedire alla sorella di diventare presidente del Consiglio (Il
Foglio) si è portati a pensare che alluda alla solita sinistra che agita
l’antifascismo per esorcizzare la nipotina di Almirante. O ai soliti pregiudizi dei cosiddetti poteri forti sulla scarsa affidabilità in chiave europea della leader di FdI. Eppure il feeling instaurato con Enrico Letta, e
gli applausi al convegno dei giovani
di Confindustria (per non parlare
del turbo-atlantismo sfoderato contro la guerra di Putin) sembrano
rendere tale narrazione abbastanza
superata dai fatti. Dal primato elettorale che i sondaggi assegnano costantemente agli eredi della fiamma
tricolore. E, insieme, dall’exploit,
anche internazionale (vedi Vox) di io
FAIDA IL PRIMATO
DI GIORGIA
E L’INVIDIA
DEI MASCHI
MATTEO E SILVIO
sono Giorgia, sono una donna, sono
una mamma, sono cristiana che la
collocano, quasi, sull’uscio di Palazzo Chigi.
Diciamo, quasi, perché un simile
straordinario evento (la prima volta
di troppe cose tutte insieme) per realizzarsi necessiterebbe della vittoria
del centrodestra unito alle Politiche
della primavera 2023. Se, appunto,
unito, risultato altamente probabile. E della contemporanea, solenne
accettazione da parte di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini che anche in
quel caso il candidato premier della
coalizione sarebbe chi prende più voti. Eventualità piuttosto complicata
se toccasse a cappuccetto nero. E qui
torniamo ai due lupi spelacchiati
che ne farebbero volentieri un solo
boccone, figuriamoci incoronarla
premier. Per Salvini, infatti, essere
costretto a cedere il passo alla Meloni
significherebbe una sottomissione
umiliante, e nel suo stesso campo.
Per l’uomo che voleva farsi re (la
sbornia del Papeete) addio sicuro alla leadership della Lega. Quanto a
Berlusconi, difficile immaginare che
possa digerire una seconda retrocessione dopo quella subita nel 2018 da
Salvini. E per mano di colei che accolse la sua candidatura al Quirinale come una boutade. Ci sarebbe poi
il disegno di conservare calda, in ogni caso, la poltrona di Mario Draghi, a cui Forza Italia e una parte influente del Carroccio non sarebbero
insensibili, ma soprassediamo. Certo, a Verona, a Parma, a Catanzaro il
centrodestra ha perso soprattutto
per beghe locali. Basterà, tuttavia,
l’ennesimo vertice a tre per dare piena legittimità a Giorgia? E Arianna
che ne pensa?
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POLITICA l 7
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
CINQUE STELLE
t
» Luca De Carolis
I
l Movimento di Giuseppe
Conte, svuotato dalla scissione, si dimena per restare
a galla. Ma Beppe Grillo, in
teoria l’ultima boa a cui aggrapparsi, rischia di averlo affondato. Potrebbe essere ferale, il colpo del Garante che in un
lunedì romano di afa intollerabile e aria densa dal fumo di incendi spiega ai deputati dentro
la Camera, che no, la regola dei
due mandati non si tocca: “È uno dei nostri valori, un principio fondante, non possiamo
mandarlo a puttane”. Quanto al
governo, non si lascia, per carità, “perché abbiamo preso un
impegno con Mario Draghi e va
mantenuto, non si esce per un
cazzo di inceneritore a Roma”.
Così parlò il padre dei 5Stelle, ai
suoi grillini riuniti in cerchio
nella sala Tatarella. “Abbracciatemi”li esorta, e loro eseguono. Ma pochi attimi prima aveva ordinato di lasciare tutti i
cellulari dentro un’ur na
prima delle
riunioni, perché meglio
non fidarsi.
TANTO la so-
Governo e due mandati
Grillo inchioda Conte
L’INCONTRO Il fondatore scende a Roma e chiude all’ipotesi
di deroghe. E su Draghi: “Non si esce per un inceneritore”
Ripartenza
a ostacoli
L’ex premier
Giuseppe
Conte e Beppe
Grillo FOTO
ANSA/LAPRESSE
COLLOQUI
OGGI NUOVO
VERTICE,
C’È ANCHE LA
GRANA SOLDI
stanza resta
quella, che il
Garante ha
detto il contrario rispetto a quanto
auspicava
l’avvocato, quel Conte che sperava di convincerlo a concedere la deroga a 5 o 6 veterani di
nome. E che a breve potrebbe
trovarsi di fronte a una nuova
emorragia di parlamentari
verso i dimaiani di Insieme per
il futuro. La creatura dell’ex
capo politico che in serata
sparge sale sulle ferite dell’ex
premier: “Agli italiani del dibattito sui due mandati non
interessa nulla”.
Tanto ha potuto l’irremovibile Grillo. Anche se dal giro
contiano precisano che “una
decisione sui due mandati non
è stata ancora presa” e che Conte e l’Elevato si rivedranno per
parlarne, “con ogni probabilità
già oggi”. Sperano ancora in un
miracolo, ossia di convincerlo.
Puntano sulla trattativa, con il
fondatore che esattamente un
anno fa era sempre a Montecitorio, con i parlamentari, per
sfogarsi contro Conte, di cui
fece perfino l’imitazione. “Sono un Garante, non un coglione” scandì il fondatore, in piena guerra con l’ex premier. Più
o meno 365 giorni dopo, agli eletti ha giurato che “io e Conte
siamo diversi, ma il nostro
rapporto è ottimo”. Però la mano tesa in cui l’ex premier sperava non si è vista, almeno ieri.
Ci si riproverà oggi, con il Grillo che in giornata incontrerà
anche gli altri parlamentari e i
ministri.
Ma pare difficilissimo che in
una notte possa cambiare qualcosa sulla regola. E che magari
Grillo possa ragionare su una
possibile uscita dall’esecutivo,
invocata da tutta la base e da
molti eletti. Su cui, va detto, anche Conte pare avere perplessità. La certezza è che il Garante
fa muro. Non apre alla possibi-
A SINISTRA Obiettivo 2023 Il tormentone-bluff dei “riformisti”
Letta & Calenda: la “foto di Lucca”
porta male al Campo coi centristi
» Lorenzo Giarelli
È
la giornata del “campo largo”
come modello “per le Politiche del 2023”, del Pd “perno
della coalizione” e della immancabile litania riformista per cui “si
vince al centro”. Quanto ci sia di vero è relativo, giacché – a maggior
ragione dopo ogni turno di Amministrative – vale la formula di Saramago per la quale “se i voti non sono
tuoi, fai in modo che lo sembrino”.
Perciò il Pd festeggia e siccome il
M5S, concentrato in tutt’altro, poco ha contribuito ai successi comunali, ecco affacciarsi la componente più centrista dell’alleanza, quella
che vorrebbero trainare l’asse della
coalizione il più lontano possibile
dai grillini, fino magari anche a escluderli in favore di renziani, calendiani e moderati vari.
E se Enrico Letta parla di “risultato straordinario”, Simona Malpezzi sviolina l’idea di campo largo
come “proposta di governo con tutte le forze che si riconoscono in una
serie di principi alternativi al centrodestra”. Nicola Zingaretti, che
sull’alleanza coi 5 Stelle s’è giocato
parecchio ai tempi della segreteria,
festeggia un metodo in grado di “tirare fuori il Pd dall’isolamento”. E
pazienza se l’abbraccio, più che col
M5S, è con l’altro lato della coali-
zione, sempre in grado di pavoneggiarsi qualunque siano i risultati
ottenuti: “Ragazzi, poche chiacchiere, si vince al centro”, esulta
Matteo Renzi.
IN REALTÀ IL CENTRO ha qualcosa da
farsi perdonare. Perché l’u ni c a
macchia della domenica elettorale
del Pd è Lucca, dove l’amministrazione di centrosinistra dovrà la-
sciare il posto al centrodestra di
Mario Pardini.
Qui Carlo Calenda – che anche
ieri ha escluso un’alleanza col Pd in
caso di presenza del M5S – ha combinato un pasticcio: prima ha sostenuto in autonomia il civico Alberto Veronesi, che poi però al ballottaggio s’è apparentato con la destra e con l’ex leader di Casapound.
A quel punto Calenda ha litigato col
suo candidato e ha fatto campagna
per Francesco Raspini insieme a
Letta, con cui ha condiviso l’ultimo
palco prima del silenzio elettorale.
La loro foto insieme avrebbe dovuto sancire il nuovo corso del campo
largo, che però a Lucca è finito
sconfitto.
Sempre a proposito di centro, una manciata di chilometri più a
Nord Cosimo Ferri, uno dei pretoriani di Renzi, ha sostenuto il centrodestra a Carrara, non riuscendo
però a impedire l’affermazione della dem Serena Arrighi. Certo, con
un po’ di fantasia si può dire di tutto: ieri Iv ha festeggiato la vittoria
di Damiano Tommasi a Verona dopo che al primo turno aveva appoggiato l’ex leghista Flavio Tosi insieme a Forza Italia. Un occhiolino a
Letta, ben sapendo che Verona è il
risultato che rende più orgoglioso il
segretario dem (candidato civico,
Comune strappato alla destra, convergenza anche coi 5S pur senza
simbolo, eccetera): “L’unità è una
lezione che ci portiamo dietro - dice
Letta - Tommasi è stato appoggiato
da tutti coloro che potrebbero far
parte di una colazione larga”. Un
po’ di memoria sulle coalizioni del
primo turno, però, suggerirebbe di
ricalibrare gli entusiasmi. O almeno di sincronizzare le concezioni di
“campo largo”, appena i brindisi saranno esauriti.
lità di salvare almeno qualche
veterano di nome, sempre passando per lo scivolosissimo voto sul web degli iscritti. “Questa
strada non mi convince” dirà
poi ai deputati. Lo stesso concetto espresso a Conte nel lungo incontro in mattinata al Forum, l’albergo che è da sempre
la sua dimora romana. L’unica
via, per lui, sarebbe concedere a
chi è al secondo mandato di
candidarsi altrove, in Europa o
a livello locale. Mentre non avrebbe nulla da ridire su ruoli
nel partito, anche retribuiti.
Eppure alla vigilia della sua discesa nella Capitale, Grillo era
parso aprire alle deroghe. Vitali
anche per permettere al siciliano Giancarlo Cancelleri di candidarsi alle primarie di centrosinistra di luglio, entro il termine del 30 giugno. Ma nel vertice
romano il Garante semina
dubbi, scuote la testa. “Si è arrabbiato proprio per le indiscrezioni su un suo possibile sì”
assicura un big. Ma ha influito,
eccome, anche l’ondata di messaggi di protesta di altri parlamentari, che non vogliono trattamenti di favore per i big.
COSÌ IL TOTEM dei due mandati
torna nel cassetto, almeno per
ora. L’avvocato non riesce a fare
breccia, neanche nel pranzo
sulla terrazza panoramica.
Tanto che dal giro contiano già
nel primo pomeriggio ammettono: “Non si è trovata una soluzione, se ne dovrà riparlare”.
Di sicuro Grillo non concede
nulla neppure sul tema dell’uscita alla maggioranza. R a ccontano che domenica sera il
suo saluto lampo al Consiglio
nazionale del M5S avesse una
funzione precisa: “Beppe voleva impedire che parlassimo di
un’eventuale uscita dal governo ”. Giurano che fosse stato
messo in pre-allarme da qualche grillino governista. Di certo non vuole rompere con il
Draghi con cui si sentiva e si
sente al telefono. “Io non voglio essere preso in giro, ma si
esce dal governo con una motivazione valida” sostiene di
fronte ai parlamentari.
E non può esserlo, teorizza,
la norma sull’inceneritore racchiusa nel decreto Aiuti, ora in
discussione alla Camera. “Però
ci vogliono buttare fuori dall’esecutivo Beppe, attaccano tutti
i nostri provvedimenti” gli obiettano. E lui: “Verificherò”.
Però nella lunga mattinata
al Forum Grillo discute anche
di soldi, con il tesoriere Claudio
Cominardi. Con tutte queste uscite il M5S non sa come potergli garantire i 300mila euro
dell’accordo con Conte. Le risorse latitano. Tanto che se ne è
parlato anche nel Consiglio nazionale di domenica notte, a
lungo. “Nell ’incertezza io ho
bloccato i bonifici” conferma
un veterano, di quelli che meditano di abbracciare lo scissionista Di Maio: dieci, almeno a
Montecitorio. Sullo strappo interno, il Garante la mette così:
“Non dobbiamo provare rancore: non mi piace parlare di
tradimento ma non hanno prospettive”. Piuttosto promette:
“Chi vuole restare deve crederci
fino in fondo, io non abbandono nessuno”. E chissà se potrà
mantenere il giuramento.
8 l ECONOMIA
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
LA GUERRA IDRICA
t
ARSURA Anche con nuove precipitazioni, sarà difficile compensare
intere stagioni ‘asciutte’. Gli incendi sono già più del doppio del 2021
Siccità, un’emergenza infinita:
stop all’acqua anche di giorno
LO SBERLEFFO
FUBINI LEGGE
FUBINI:
GRANDE EGO
SU RADIO 3
,
FUBINI legge
Fubini. Momenti altissimi di egolatria e giornalismo durante Prima
pagina, la rassegna
stampa del mattino
su Radio 3, ieri affidata proprio a Federico Fubini, vicedirettore ad personam del
Corriere della Sera. La
firma economica del
giornale (che fu) di
via Solferino non ha
potuto fare a meno di
citare se stesso tra
gli articoli degni di
menzione e ha fatto
tesoro dello spazio
concesso da Radio
Rai per fare pubblicità alla sua difficilmente perdibile newsletter (dal titolo evocativo: Whatever it
takes). Fubini fa il timido: “Vorrei leggervi un articolo, è brutto citarsi, che però ho
scritto io”. Ma prego.
Poi sente la necessità
di un cappello introduttivo: “Come sapete i giornali stanno
diventando qualcosa
di diverso da quello
che erano 10 o 20
anni fa: abbiamo
piattaforme digitali, il
sito Internet, ovviamente la carta e le
newsletter”. Grazie.
“Da qualche settimana io sto scrivendo una newsletter, se si è
abbonati basta iscriversi e riceverla gratuitamente nell’email
alle 7 del mattino di
lunedì”. Eccellente:
automarchetta esaudita. “Quello che ho
scritto stamattina si
intitola: ‘Le conseguenze economiche
della denatalità’”. Ne
sentivamo il bisogno.
Whatever it takes, per
un po’ di attenzione.
» Virginia Della Sala
RINNOVABILI OFF SHORE
“N
on è escluso che in
alcune zone il razionamento porti
a una chiusura
dell’acqua anche nelle ore diurne”: lo scenario peggiore possibile è stato formulato a parole
in diretta tv. Secondo il capo del
dipartimento della Protezione
civile, Fabrizio Curcio, bisognerà ora capire quali segnali
darà il meteo nelle prossime
settimane. Ma non c’è davvero
alcuno spiraglio per l’ottimismo, anzi. Recuperare l’acqua
scomparsa nelle riserve per via
di mesi e stagioni senza pioggia
e neve è impossibile, anche se
dovessero arrivare nuove precipitazioni.
La preoccupazione è un passo avanti ormai, si pensa agli incendi e per un’equazione molto
semplice: più e per più tempo si
inaridiscono terreni e vegetazione, più aumenta il rischio
che prendano fuoco (oltre a
quello degli smottamenti alle
prime tempeste). A dirla tutta,
è già più di un rischio: gli incendi sono raddoppiati rispetto
all’anno scorso, sei volte in più
rispetto al 2020. Dal 15 di giugno a domenica, dicono gli ultimi numeri, ci sono stati 199
interventi contro gli 80 del
2021 e i 30 dell’anno prima. In
mezzo, l’attesa dello stato d’emergenza. “La dichiarazione
dello stato di emergenza è un
atto formale del governo, non è
che di per sé risolva il problema
soprattutto in un’emergenza
così particolare di mancanza
d’acqua”, ha spiegato il capo
della Protezione civile: “Bisogna distinguere tra stato di calamità e stato di emergenza: la
calamità riguarda principalmente la produzione agricola e
prevede un indennizzo, mentre
lo stato d’emergenza è un qualcosa di più complesso perché
prevede misure differenziate,
requisiti da avere, una sorta di
asticella tecnica”.
IL PIANO D’EMERGENZA dovreb-
be arrivare in due settimane,
bisognerà coordinare le Regioni, le loro necessità e le loro richieste. Soprattutto la volontà
di collaborare. Partiamo da una chiave di lettura formale: il
piano che viene deciso dal Consiglio dei ministri fornisce una
cornice normativa in cui inserire interventi specifici e tendenzialmente non strutturali
(o per lo meno non di grosse dimensioni come dighe etc.).
Serve insomma a mitigare
gli effetti dell’emergenza contingente e a identificare le difficoltà dei vari settori, nello
specifico l’idropotabile (acqua
potabile), il settore idrico (l’agricoltura) e quello idroelettrico e termoelettrico (energia). I
bacini d’acqua e le dighe sono
infatti utilizzate per la produzione di energia elettrica e per
raffreddare gli impianti nelle
centrali che producono elettricità col gas. La riduzione della
t
I Comuni sardi
contro l’eolico:
“È senza regole”
» Andrea Sparaciari
C
A portata
ridotta
Uno scorcio
del fiume
Tevere
in secca
FOTO ANSA
IL PIANO
DECRETO
PRONTO
IN DUE
SETTIMANE
AL MASSIMO
disponibilità d’acqua –
su cui vigono comunque
contratti particolari –
sta già colpendo la produzione.
L’emergenza serve
però anche a coordinare
i diversi territori e a supportarli nei costi degli
interventi come, ad esempio, nel ricorso alle
autobotti o nel caso dei
collegamenti tra acquedotti inizialmente non comunicanti.
Sempre lettura formale: serve
ad aiutare a gestire al meglio i
bacini idrici che, per conformazione, non rispecchiano i confini regionali e che coinvolgono
decine di attori.
A questo punto, passiamo
alla chiave di lettura informale:
lo stato d’emergenza è tanto più
importante perché serve a evitare una guerra di tutti contro
tutti per l’acqua e ad affidare a
un soggetto super partes (il capo dipartimento della Protezione civile, un suo commissario delegato o un tavolo di coordinamento) le decisioni sugli
interventi di riequilibrio della
disponibilità di acqua. Basti
pensare che nei giorni scorsi la
Valle d’Aosta ha fatto sapere
che non potrà venire in soccor-
so del Piemonte e la Basilicata che darà la precedenza alle imprese lucane. Anche le autorità
di bacino stanno litigando: è il caso di quella del
lago di Garda e di quella
del bacino del Po.
AL MOMENTO pare si e-
scluda la possibilità di una gestione commissariale. Piuttosto, ha spiegato il
ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, ci sarà un
tavolo di coordinamento anche
per evitare questa nuova “guerra dell’acqua”. “Bisogna razionalizzare individuando quali
sono le priorità” ha detto ieri e
ha sottolineato che per legge
l’uso civile e l’abbeveraggio degli animali hanno la precedenza. Dopo, arriva il turno dell’agricoltura e infine la parte industriale.
Sul medio-lungo periodo invece, dice il ministro, bisognerà
aumentare la capacità di captazione dell’acqua con un piano
di invasi di piccole dimensioni
che consentano anche produzione di energia. Ma, avverte
Patuanelli, “siamo in gravissimo in ritardo”. Da almeno un
decennio.
on l’emergenza energetica è iniziata la corsa ai mari sardi. Sono sette le richiese depositate nelle capitanerie di
porto per avere concessioni demaniali per costruire parchi eolici. Centinaia di pale alte 268 metri che dovrebbero sorgere davanti di alcune delle aree più belle dell’isola, a distanze
comprese tra le 4 e le 32 miglia dalla costa. Tutti progetti che per
ora sono sulla carta, senza Via e autorizzazioni, ma necessari
per ottenere dal Demanio concessioni 40ennali su interi tratti
di mare. Aree dove saranno vietate navigazione e pesca.
Le concessioni sono un vero tesoretto: pagate poco allo Stato, potranno essere utilizzate dalle società o rivendute a terzi,
con guadagni enormi. Manca un piano nazionale che indichi le
zone idonee per ospitare le pale e così molti ora chiedono la loro
fetta di mare. La stessa
Capitaneria di Porto di
Cagliari sottolinea “la
necessità di una pianificazione preliminare
delle aree da destinare
all’ubicazione degli impianti eolici”. Inoltre, la
normativa prevede oggi
solo 30 giorni di tempo
dal deposito dei piani
per presentare opposizione. Un tempo spesso
insufficiente per i piccoli comuni.
Le richieste finora
depositate prevedono la costruzione di 65
pale davanti ai comuni di Olbia, Loiri Por- LE AZIENDE
to San Paolo, San Teodoro, Budoni, Posada, Siniscola. Altre 120 dovrebbero sorge- PER LE PALE,
re davanti a Maddalena e Caprera.Nel sud INGEGNERI
va peggio: Repower vuole costruire 33
E MANAGER
torri al largo di Capo Teulada. Nora Ventu
40 a sud di Cagliari e 53 a Capo Teulada.I- RUSSI
chnusa Wind Power ha chiesto l’ok per 42
torri nella costa sulcitana. Seawind Italia
progetta 48 pale davanti all’Isola di S. Pietro e altrettante davanti a S. Antioco.
Rita Deretta, sindaco di San Teodoro, spiega: “Siamo per la
riconversione energetica, ma vogliamo essere sicuri che i progetti e le società che li propongono, siano credibili. Inoltre, l’energia non andrà ai sardi, i quali non saranno neanche indennizzati per il loro sacrificio”. A costruire davanti a San Teodoro,
ad esempio, dovrebbe essere “Tibula”, società costituita il 25
marzo 2021, con 10 mila euro di capitale sociale, due dipendenti e nessun progetto di eolico attivo. Tibula è per il 50% di
Falck Renewables (cioèJPMorgan) e 50% è della spagnola
Bluefloat Energy International. Ospita nel cda ingegneri e manager russi. Uno di questi, Ksenia Balanda, per mesi ha girato
l’isola, assicurando che prima di avviare i progetti, ne avrebbero discusso con gli stakeholder. Invece: “Tibula aveva garantito, con una lettera di intenti, l’impegno di confrontarsi con le
istituzioni territoriali – dice il consigliere comunale di Posada,
Giorgio Fresu -, pochi giorni dopo abbiamo appreso che aveva
presentato in segreto la richiesta alla Capitaneria”.
Regione e Ministero dell’Ambiente non sono pervenuti. Ed
è al ministro Cingolani che si rivolgono sindaci e ambientalisti,
come spiega Carlo Deliperi, presidente del Gruppo intervento
giuridico (Gric): “Qui siamo in assenza di qualsiasi pianificazione e quantificazione dell’energia utilizzabile. Il Ministero
dovrebbe bloccare tutte le richieste, pianificare le aree per la
produzione eolica a mare a livello nazionale e, solo dopo, mettere i siti a bando. Così da far guadagnare la collettività, non gli
speculatori”.
CRONACA l 9
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
L’INTERVISTA • Arnaldo Caruso Il presidente dei virologi
» Alessandro Mantovani
I
l professor Arnaldo Caruso,
docente a Brescia e presidente della Società italiana
di virologia, guarda con ottimismo all’evoluzione della
pandemia e ritiene che l’ondata
in corso, dovuta alla sottovariante Omicron Ba.5, si esaurirà presto senza fare troppi danni: “Abbiamo visto la stessa tendenza qualche settimana prima, in altri Paesi, dove si è avuto
un picco e il virus sta regredendo, come una piccola fiammata. Inattesa, per un virus respiratorio, in questo periodo molto caldo. Arriviamo con un paio
di settimane di ritardo rispetto
a Paesi come il Portogallo,
quindi verosimilmente avremo
un picco nella prima decade di
luglio, poi ci aspettiamo una discesa per fare un agosto più
tranquillo e speriamo anche
qualcosa di più di agosto”.
C’è chi vede in questa ondata estiva una conferma
della possibile origine artificiale del virus, altri scienziati invece sottolineano
che il Covid ha già colpito,
in questi due anni, dove faceva molto caldo.
Si afferma spesso che un virus
respiratorio d’estate non si manifesta, resta sottotraccia e non
dà segni, non dà sintomi, dà infezioni banali. Però un virus che
si presenta sintomatico e reinfetta le persone ha una carica
importante: dobbiamo imparare a conoscerlo, rappresenta
una sorpresa anche per noi virologi. Si sta differenziando anche dalle varianti precedenti,
sta prendendo una via evolutiva particolare. Anche quelle del
passato avevano conosciuto una remissione estiva.
Però anche l’estate scorsa,
con altre varianti e milioni
di vaccinazioni più recenti,
i contagi erano aumentati.
Non in maniera così importante, oggi assistiamo a un nuovo
picco mentre in passato era una
IL CASO
“L’ondata non preoccupa,
picco Omicron 5 già a luglio”
ANCHE PER SILERI
PANDEMIA ORMAI
AGLI SGOCCIOLI
“PURE lo scorso anno
abbiamo vissuto
un’ondata in questo
periodo – afferma il
viceministro della Salute
Pierpaolo Sileri –. Questa
è un’ondata che sarà
autolimitante, nel senso
durerà qualche settimana,
poi si spegnerà, non darà
grossi problemi, e poi vi
sarà un’altra ondata tra
qualche mese, ma nel
tempo saranno sempre
di meno: passaggio da
pandemia a endemia".
‘‘
Andrà meglio
che in Portogallo
Il governo
rassicuri i medici
per curare a casa
con gli antivirali
coda lunga, lo scorso anno l’avevamo avuto alla fine dell’estate, ai primi di settembre. In
piena stagione calda è una novità ma magari è solo un episodio transitorio e attendiamo un
eventuale ritorno dell’infezione a settembre-ottobre.
In Portogallo c’è stato un
aumento fino a quasi il
raddoppio dei pazienti in
terapia intensiva, in 20
giorni, a maggio, e poi sono tornati a scendere: dobbiamo aspettarci lo stesso
anche da noi?
La frode da 9 milioni sui kit sierologici
» Vincenzo Bisbiglia
PECHINO potrebbe
insistere sul Covid
zero “per i prossimi
5 anni”. Così un
comunicato delle
autorità cinesi, che
per il “Guardian” ha
scatenato allarme,
rabbia e confusione.
Ed è presto sparito
il riferimento
alla strategia che tra
l’altro prevede test
di massa obbligatori
e restrizioni
agli spostamenti.
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INDAGINE L’APPALTO DEL 2020 PER I TEST DESTINATI AL PERSONALE SCOLASTICO PER LA RIPARTENZA
t
CINA: “ZERO
CONTAGI”
PER 5 ANNI
Noi abbiamo tenuto
pleta libertà da
Coronavirus
un’attenzione più alta,
estivo
parte delle perLa spiaggia
specie per i fragili. Tansone e una sorta
di Ostia presa
di autoresponsatissimi colleghi e molti
d’assalto.
che sono al governo hanbilità. Chi vuole
Sopra, a destra,
t e n e r e l a m ano premuto perché non
ci fosse una completa ascherina può faril prof. Caruso
pertura per tutti. C’è la
FOTO ANSA
lo, non sono per
quarta dose per i fragili
disporre che tutti
la tengano. In un
ed essi stessi sono attenti
locale sì e allo staa evitare contatti: credo
dio no? Mi sembra esagerata la
sia nell’indole dell’italiano.
maniacalità. La mascherina reLei avrebbe mantenuto
sta fortemente consigliata, va
l’obbligo delle mascherine
utilizzata da chi ritiene di proal chiuso?
teggere così se stesso o gli altri,
A mio avviso ci vuole una com-
ma senza imporla a tutti specie
con il caldo dell’estate.
Il governo dovrebbe fare
qualcosa di più e di diverso?
Dovrebbe fare molto di più sul
territorio. Noi non possiamo
rischiare di avere un ritorno
della pandemia con numeri elevatissimi nei Pronto soccorso e nelle corsie. I medici di
medicina generale devono avere meno compiti burocratici
onerosi, dai tamponi ai certificati, e dedicarsi di più ai pazienti. C’è una sorta di medicina difensiva perché poi sono
tutti pronti a dare la colpa al
medico se va male: non usano i
farmaci antivirali contro il Covid perché hanno controindicazioni e nessuno vuole rischiare, così mandano i pazienti in ospedale e i Pronto
soccorso, in particolare, sono
in gravi difficoltà. Servirebbe
un decreto che dia più libertà
ai medici nella prescrizione di
antivirali e monoclonali. E una formazione specifica.
In Italia gli antivirali, molto efficaci contro il Covid se
somministrati subito, sono stati usati molto meno
rispetto agli Usa.
Non è un caso se sono invenduti. Chiunque avrebbe voluto utilizzarli ma c’è il terrore che capiti qualcosa.
Il problema è nelle troppe
interazioni messe in luce
dall’Aifa?
L’elenco intimorisce. Era giusto farlo ma se guardiamo sul
bugiardino cosa potrebbe succedere non prendiamo neanche un’aspirina. E questo è un
farmaco innovativo, più difficile da prescrivere.
e Vincenzo Iurillo
N
el luglio 2020 i vaccini erano
ancora un sogno, il commissariato per l’emergenza covid era retto da Domenico Arcuri, i
test sierologici per rilevare gli anticorpi prodotti in seguito all’infezione erano il principale strumento di contrasto alla diffusione del
virus, e l’appaltone da due milioni
di questi kit, da distribuire a insegnanti e personale scolastico per
far riaprire le scuole in sicurezza,
fu vinto dalla Abbott Rapid Diagnostic. Il ramo della multinazionale americana sbaragliò il campo
tra 59 offerte e li fornì a 4,5 euro a
test. Ma non fu il prezzo (peraltro
buono) a incidere: fu l’offerta tecnica, che valeva 90 punti su 100.
Due anni dopo una inchiesta
della Procura di Roma e un decreto di sequestro firmato dal gip
Angelo Giannetti rivelano che
FOTO LAPRESSE
quell’appalto fu vinto grazie a dati forse truccati e certificazioni
forse fasulle. Ed in particolare dichiarando in sede di gara “l’infallibilità” dei test. Ovvero, il 100%
di sensibilità (la possibilità che il
risultato positivo corrisponda alla presenza degli anticorpi) ed il
100% di specificità (la possibilità
che il risultato negativo corrisponda all’assenza degli anticorpi). Grazie a questi valori, Abbott
ottenne il massimo punteggio
tecnico possibile.
Probabilmente l’infall ibilità
non esiste. Oppure, se esiste, bisognerebbe spiegare perché i test
forniti da Abbott erano accompagnati da un libretto informativo
che indicava valori inferiori a quelli comunicati per partecipare
all’appalto: per il plasma “sensibilità al 97,8% e specificità al 92,%”,
per la digitopuntura “100% e
96,2%”, per “95,8% e 97,8%”.
Se ne sono accorti i finanzieri
del Nucleo di polizia economica
della Gdf di Roma, quando nel novembre successivo hanno sequestrato 50 kit a campione e hanno
comparato quanto dichiarato al
commissariato per l’emergenza e
quanto riportato sui bugiardini.
Ieri la notifica del decreto di sequestro preventivo di 9 milioni di
euro nei confronti di Abbott Rapid
Diagnostic e dell’amministratore
delegato Gabriella Di Marzio, indagata di turbata libertà degli incanti e frode in pubbliche forniture. È la somma che il commissariato di Arcuri bonificò all’azienda il 9
ottobre 2020, onorando gli impegni assunti da contratto e dopo che
Abbott aveva completato le forniture nei primi giorni di agosto.
La commissione di gara, secondo quanto si legge nel decreto, il 23
luglio avanzò delle osservazioni e
chiese al Rup del procedimento di
attivarsi presso Abbott “al fine di
verificare l’attendibilità di quanto
dichiarato”. Il 27 luglio Di Marzio
rispose con la conferma dei precedenti valori, allegando “un breve
stralcio dello studio di validazione
del kit risalente al mese di giugno
2020 ed estratto dalla società dal
fascicolo tecnico usato per l’ottenimento della marcatura CE”.
Il giorno dopo Abbott si aggiudicava la gara. In maniera fraudolenta e con dolo, secondo il gip:
“Anche a seguito delle osservazioni del commissario straordinario… ha volontariamente indicato
caratteristiche tecniche dei kit in
esame non corrispondenti al vero…”. E inoltre “(Abbott) ha materialmente fornito kit che – seppur
apparentemente coincidenti con
quelli promessi – non erano con
essi coincidenti da un punto di vista tecnico”. La presidenza del
consiglio dei ministri-commissiariato straordinario per l’emergenza covid è parte offesa dell’inchiesta.
10 l PIAZZA GRANDE
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
Inviate le vostre lettere (max 1.200 battute) a: il Fatto Quotidiano
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NONC’ÈDICHE
DANIELE LUTTAZZI
IL BARBONE (BEATO) DI COMO,
CARLO CONTI IN KENYA
E IL CAMERIERE A VENEZIA
Si finisce sempre per odiare chi assomiglia a noi.
Per questo viaggio molto. Ecco alcuni appunti dalle
mie cartoline di viaggio. La trama: a Roma gli
autisti Atac guidano l’autobus come se lo stessero
rubando.
N
ew York. Nel 2002, per la prima volta, la
McDonald’s ebbe i conti in rosso. Gli affari
andavano così male che al party aziendale
di Natale servirono hamburger McDonald’s. Nel 2015 invece l’azienda finì sotto accusa
perché la carne dei loro hamburger conteneva antibiotici. La McDonald’s rassicurò i clienti: “Tranquilli, non c’è carne nei nostri hamburger”.
Niente più antibiotici negli hamburger. Peccato.
Erano la parte più saporita. E quella più nutriente.
Inoltre cambieranno l’olio per friggere. Lo fanno
sempre, dopo 10 mila km.
Un inverno, a Coney Island, un centinaio di
membri del club “Orsi Polari” ha celebrato l’anno
nuovo con un tuffo nelle acque ghiacciate dell’oceano. Poi sono usciti e si sono iscritti al club “Non trovo
più i miei testicoli”.
Como. In riva al lago vedo un barbone ubriaco
disteso sul prato. Dormiva beato, una trota come
cuscino. Il suo cane lo guardava come per dire:
“Quand’è che si va a casa? Siamo sempre in giro! Va
bene una passeggiatina per pisciare, ma questo è
ridicolo!”.
Kenya . Safari fotografico. Equipaggiamento-base: elmetto mimetizzato, due paia di scarponi
da giungla e un cambio di serpenti.
Eravamo un gruppo di vip tv. C’era Carlo Conti.
Se non era per i suoi denti, di notte non avremmo
avuto luce per niente.
Un vulcano in eruzione ci costrinse a lasciare in
fretta e furia il campo-base. Abbiamo lasciato laggiù un portantino a sorvegliare tutto. Spero che la
sua gamba in gangrena sia guarita.
Frastuono, lava, lapilli. Per un attimo ho temuto
che se fossi morto la mia ragazza si sarebbe potuta
mettere con un comico meno bravo (è pieno).
Nemi è un pittoresco comune su uno sperone di
roccia a picco sul lago omonimo. È solo a due ore e
mezza da Roma, se cammini spedito.
Jesolo. Non sopporto di scottarmi la pelle al sole.
Per cui mi spalmo di protezione solare 50 e me ne
vado in giro con un ombrello come una Mary Poppins bisessuale.
Firenze. Una volta un tizio ha cercato di vendermi un originale di Michelangelo con attaccato un
calendario. Non sono fesso. Così me lo sono aggiudicato per soli 200 euro.
Venezia. In hotel, il cameriere continua a illustrarti la stanza finché non capisci che devi dargli la
mancia. “Questa è la finestra. Questo è il letto. Questa è la tv”. Accende la tv, altrimenti tu non sapresti
come fare, visto che una macchina del tempo ti ha
appena portato lì dal medioevo). “Questo è il cesso”
(tira lo sciacquone. E scende uno scroscio d’acqua!
Sbalorditivo. TU: “Non me l’aspettavo”. LUI: “Sono
pieno di sorprese. Oh, mi raccomando. Se lo stronzo
è molto grosso, la sequenza è stronzo-acqua stronzo-acqua” (hai l’impressione che ti guardi con intenzione quando dice stronzo? Non è un’impressione). (18. Continua)
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Di Maio sia coerente
e rassegni le dimissioni
LODICOALFATTO
Gentile direttore, quello che mi
sorprende della scissione del
Movimento 5 Stelle è che non
solo Di Maio, ma anche tanti deputati e senatori di quel Movimento, non sembrano rendersi
conto della portata dell’atto intrapreso. Si attribuisce la responsabilità a una presunta autoreferenzialità di Conte. Non
voglio entrare nel merito di questa accusa (tra l’altro, io non ho
mai votato il M5S pur avendone
simpatia), ma se tale accusa fosse vera, Di Maio, per quello che
ha detto in passato e per i motivi
per cui è stato votato, doveva dimettersi e poi presentarsi alla
nuova tornata elettorale, non fare ora quello che fanno tanti politici. Al di là di Conte, chi ha votato il partito di Di Maio è perché voleva la rottura di un sistema e l’ha fatto prendendo spunto dai “vaffa” di Grillo. Di Maio
ora dice di starci bene in quel sistema. Non solo: ai “vaffa” contrappone la politica del sorriso.
Questo fa capire che non è Conte, o almeno non è lui il problema fondamentale, ma un nuovo
modo da parte sua e dei suoi di
intendere la politica. Visto che
lo stesso Di Maio era contrario
in passato ai cambi di casacca,
visto che chi l’ha votato non voleva sicuramente una politica simile a quella di Tabacci, non sarebbe giusto che lui e i suoi colleghi si dimettessero?
STEFANO DE LISIO
Burocrazia folle La natura ottusa
dell’informatizzazione all’italiana
Sì.
QUESTA È UNA STORIA di follia burocratica in
cui l’ottusità delle procedure si lega al dominio
informatico che incombe, sempre, su tutti noi. Il
dr. Who è un cittadino cinese che svolge attività
di ricerca e per questo è andato a lavorare a Parigi con una borsa di studio postdottorale. Lo
scorso anno si apre una posizione temporanea
di ricerca in Italia e il dr. Who la vince. Il centro di
ricerche dove lavora instrada la procedura per
ottenere il nullaosta, che è prodromico alla concessione del visto.
Il nullaosta, dopo vari ritardi, è concesso il primo
giugno quando il contratto del dr. Who è supposto di cominciare. Il dr. Who va al consolato
italiano di Parigi con la copia cartacea del nullaosta e scopre che questo deve essere inviato
al Consolato dalla Prefettura di Roma (sportello
unico immigrazione) attraverso un protocollo
informatico interno: purtroppo c’è un problema
informatico e la procedura è sospesa a tempo
indefinito.
Nel frattempo, il dr. Who non ha più un lavoro a
Parigi, non può cominciare il lavoro a Roma e tra
poco dovrà tornare in Cina in quanto scade anche il prolungamento del visto che ha ottenuto
a Parigi. La Prefettura è stata sollecitata come
anche il Consolato e la risposta di entrambi è
che il problema informatico non dipende da loro: è stato aperto un ticket (chi lo ha fatto?
Quando si risolve? Mistero).
La cosa incredibile è che non sia stato previsto
un piano B: l’invio del nullaosta attraverso una
Procedure insensate Caos dei visti per il lavoro
Pec, una email, una lettera ordinaria o anche un
piccione viaggiatore. Nulla di tutto ciò, deve avvenire solo attraverso la via informatica interna
che al momento è in panne. Così il dr. Who ha
fatto conoscenza con l’Italia e ne ha fatto conoscenza così bene che non ci tornerà mai più
anche se ora è prigioniero come Tom Hanks in
The Terminal.
Per noi che siamo qui e che abbiamo fatto di
tutto per risolvere questo stupido problema
dalle conseguenze drammatiche per la vita e
la carriera del Dr. Who, rimane l’umiliazione di
vivere in un Paese dove informatizzazione
della Pubblica amministrazione significa mettere in mano i cittadini a procedure insensate
la cui responsabilità è compito di qualche oscuro personaggio che difficilmente si potrà
mai individuare.
FRANCESCO SYLOS LABINI
M. TRAV.
Il presidente Mattarella
batta un colpo sull’ar t.11
Avvilito dalla “marmellata” politico-sociale in cui sguazzano i
nostri politicanti, ma ancora capace, da ex-sessantottino, di indignarmi e parlare, mi chiedo:
c’è ancora, in Italia, il garante
della Costituzione e cioè il presidente della Repubblica, il quale dovrebbe intervenire con
messaggi interrogativi sulle
scelte dubbie di costituzionalità
del governo (vedi invio delle armi in Ucraina)? Oppure si è ridotto a semplice notaio di tutto
ciò che decide il Consiglio dei
ministri? Mi ricordo quando
Sandro Pertini, più volte, usando i suoi poteri legittimi, rinviò
atti governativi che non lo convincevano (salvo poi doverli
promulgare come la Legge gli
imponeva, se ripresentati tale e
quali). Ne deduco che il presidente Sergio Mattarella è intimamente d’accordo con tutto
ciò che finora ha deciso il governo. Tutto legittimo, ma credo sia
altrettanto legittimo da parte
mia, ritenere (non legalmente,
come ben so) anche lui responsabile morale della violazione
del chiarissimo art. 11 della Costituzione, di cui dovrebbe essere l’interprete e il custode più alto. Dov’è andato il custode? Chi
l’ha visto?
MARIO ROSARIO CELOTTO
Ora il leader M5S
abbandoni il governo
Anche alla luce del “DiMaiomoto” dei giorni scorsi, reitero
la mia posizione del 30 aprile
scorso e invito Conte a far tesoro dell’ultima scornata politica per dimostrare la grinta
che gli è mancata finora e molli
questo governo incostituzionale, che compie gesta incostituzionali, che si avvale soprattutto di personaggi mediocri
come “GiudaDiMaio” e cerchi
di salvare il salvabile in vista
delle prossime Politiche, altrimenti ci arriveremo “cadaverisès”. Meglio avere il 10%, tornare sulle barricate e riprendere il cammino interrotto dalla
sbornia di potere, per meglio
risalire, purgati dalle scorie,
Direttore responsabile Marco Travaglio
Vicedirettore responsabile libri Paper First Marco Lillo
Vicedirettori Salvatore Cannavò, Maddalena Oliva
Caporedattore centrale Edoardo Novella
Caporedattore vicario Eduardo Di Blasi
Caporedattore Stefano Citati
Art director Fabio Corsi
mail: segreteria@ilfattoquotidiano.it
Società Editoriale il Fatto S.p.A.
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che scomparire e lasciare un ricordo sbiadito.
SALVATOREANTONIO AULIZIO
Lotta al caldo: l’Italia
faccia come il Giappone
Vista l’ondata di caldo torrido eccezionale in Italia e il prezzo di
gas e petrolio alle stelle, secondo
me, il governo italiano dovrebbe
seguire l’esempio del governo
giapponese, che ha esortato tutti
a utilizzare meno elettricità, spegnendo luci non necessarie, ma
utilizzando comunque l’ar i a
condizionata per evitare colpi di
calore, al fine di evitare il rischio
di black-out elettrici. La città di
lsesaki, per esempio, ha registrato un record di 40,2°C: si tratta
della temperatura più alta mai
registrata a giugno in Giappone
(normalmente le temperature di
giugno sono inferiori a 30°C).
CLAUDIO TREVISAN
DIRITTO DI REPLICA
In merito all’articolo pubblicato
in data 25.6.2022 dal titolo “Ha
il quid, nuovo Mastella. Pomigliano si sveglia senza 5S”, pre-
Cinzia Monteverdi
(Presidente e amministratore delegato)
Antonio Padellaro (Consigliere)
Luca D’Aprile (Consigliere delegato all'innovazione)
Lorenza Furgiuele (Consigliere indipendente)
Giulia Schneider (Consigliere indipendente)
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ciso di non aver mai pronunciato la frase: “Non si è capito niente, in un attimo hanno chiamato
e obbligato a cambiare simbolo”.
La mia dichiarazione in merito
a questi eventi è stata la seguente: “Dopo la decisione improvvisa di Di Maio di lasciare il
M5S, i consiglieri comunali si
sono riuniti e hanno deciso
all’unanimità di aderire al nuovo partito”.
FELICE PASSARIELLO
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IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
DI MAIO, RENZI E CALENDA:
PIERINI VOTATI AL CENTRO
I
l secondo turno del test
amministrativo non fa
che confermare tre vecchie, elementari lezioni:
vince chi dispone di buoni candidati, lo schieramento che non si divide e che si
mostra capace di catalizzare le
risorse del civismo. Tale lezione, retrospettivamente, vieppiù suggerisce un severo giudizio critico sulla scissione
consumata a freddo da Di
Maio a ridosso del voto. Un’operazione tutta interna al ceto
politico-parlamentare (al modo di Renzi) e un contributo
alla frammentazione. Cioè esattamente l’opposto di ciò di
cui c’è bisogno.
FACCIAMO FINTA che non ab-
biano pesato calcoli personali
e di gruppo. Un si salvi chi può
prima dello scoccare del fine
legislatura. Anche al netto di
tale audacissima concessione,
non si possono tacere vistosi
paradossi, patenti
contraddizioni.
Il primo è il carattere pretestuoso della
causa prossima della
rottura: la risoluzione
parlamentare sull’Ucraina che il M5S ha
votato, pur a valle di una legittima e persino
doverosa discussione.
Dunque? È troppo evidente che a ingigantire e drammatizzare
il caso sia stato lo stesso Di Maio. Studiatamente, imputando al
suo ex partito un antieuropeismo e un antiatlantismo che non
FRANCO MONACO
hanno oggettivo fondamento.
Solo perché, in sede di discussione, esso si è posto – e ci
mancherebbe – il problema di
un più intenso coinvolgimento del Parlamento nelle decisioni relative alla fornitura di
armi all’Ucraina. Suvvia, non
raccontiamola!
Qualcuno davvero sospettava che il M5S avesse intenzione, ma persino interesse a
sfiduciare il governo? Qui si rivela la manifesta contraddizione logica, prima che politica, dell’operazione. Se davvero
Di Maio, come racconta, fosse
stato mosso dalla duplice
preoccupazione di difendere il
governo Draghi e di non incrinare l’affidabilità dell’It alia
nelle sue storiche alleanze internazionali, chiunque può
comprendere come egli, con la
sua iniziativa, ottenga l’effetto
esattamente contrario. Spaccare la forza politica di maggioranza che sostiene il governo sarebbe un contributo alla
sua stabilità e al credito internazionale del Paese? Di più:
Di Maio sa bene che con la sua
rottura egli semmai attiva
spinte di segno opposto.
AL CHIARO FINE di accreditare
se stesso presso l ’e st ab lishment in opposizione agli
“irresponsabili”. C’è poi il macigno del pregresso. Nella
tormentata parabola del
M5S, nel gioco delle parti tra
Conte e Di Maio, è piuttosto
l’ex premier che più si è speso
per fare maturare al Movimento cultura di governo,
senso delle istituzioni, buone
relazioni internazionali.
Non si può, d’un tratto, cancellare i trascorsi di chi fu protagonista di episodi
imbarazzanti: Gilet
gialli, abolizione
della povertà, Bibbiano, referendum
an ti -e uro , i mp eachment di Mattarella. Alla smemoratezza e al trasformismo
c’è un limite. Le conversioni personali,
comprese quelle a
“u” come la sua, ci
possono stare.
Ma conversioni
simultanee e collettive generatrici di un
partito mi sembrano
troppo. È innegabile
che questo trauma-
tico passaggio possa avvalorare la tesi dei detrattori del M5S
che da tempo ne pronosticavano (e auspicavano) la fine. Come può pretendere Di Maio
che quel giudizio liquidatorio
e quella prognosi non lo riguardino? Semmai lui più di
ogni altro.
Così pure la rottura fa felici
le destre, le quali, al netto delle loro divisioni, comunque,
tutte, traggono vantaggio
dalla ulteriore disarticolazione del campo virtualmente
avverso. Infine merita domandarsi come ci si possa illudere circa un “futuro insieme” – sigla della pattuglia di
fuoriusciti capeggiata da Di
Maio – veleggiando verso un
centro affollato da pierini, ma
povero di voti. Pierini che si
accapigliano tra loro.
ANCORA: pierini – a cominciare da Renzi e Calenda – che notoriamente disprezzano gli “ex
grillini” e che dubito aprano le
braccia ai “moderati liberali”
dell’ultima ora. Abbiamo premesso che ci inibiamo di sospettare opportunismo. Ma
se, per caso, qualcuno dei seguaci di Di Maio avesse pensato alla propria sorte, avrebbe
sbagliato i conti. Forse tranne
uno: lui.
A proposito di partito personale: siamo all’ “uno vale
tutti”. Con tanti saluti non solo
all’ “uno vale uno”, ma anche
ad altri due mantra identitari:
il limite dei due mandati e il
solenne impegno a dimettersi
(con salatissima sanzione pecuniaria) per i transfughi.
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NUOVOATLANTE
ALESSANDRO ORSINI
Aiuto “draghessori” Quei professori
universitari al servizio di Draghi e Nato
S
coppiata la guerra, l’Italia è caduta
sotto la propaganda della Nato e
un esercito di professori universitari ha messo il proprio sapere al
servizio di Mario Draghi per creare un largo consenso intorno alle
sue politiche di guerra in Ucraina. L’università rappresenta la vetta del sapere ed è comprensibile che il governo Draghi investa soprattutto nei suoi docenti per manipolare l’opinione pubblica o “draghessori” come proponiamo di chiamarli per comodità espositiva. Per comprendere la funzione dei draghessori, occorre sapere quale sia l’obiettivo
che Draghi intende perseguire.
L’obiettivo è alimentare la guerra in Ucraina attraverso l’invio illimitato di armi facendo
credere agli italiani di volere la pace. Il compito dei draghessori non è facile giacché devono capovolgere la realtà. Devono convincere
gli italiani che il governo Draghi, che è un governo di guerra, sia un governo di pace. Tra tutti, spicca Sergio Fabbrini, draghessore di
Scienza politica alla Luiss, il quale assicura che
l’Italia deve aderire a tutte le decisioni prese
dalla Nato in Ucraina. Chiunque proponga una politica di pace –dice il draghessor Fabbrini
– è soltanto un “bambino”, un “anti-americano” e “un anti-europeo”. In base a questa tesi
assurda, se la Nato ci spingesse verso la guerra
nucleare contro la Russia, l’Italia dovrebbe e- ma poi scopri che non hanno un solo professeguire gli ordini senza fiatare. Il draghessor sore che critichi il governo Draghi per le sue
Fabbrini arriva addirittura ad affermare che politiche di morte in Ucraina. Se poi queste uormai nessun Paese dell’Unione europea ra- niversità “libere” cercano di reprimere i progiona secondo i propri interessi nazionali giac- fessori che criticano il governo Draghi, censuché, nelle sue parole testuali, “il nostro ombe- randoli o etichettandoli come “anti-europei” e
lico è collocato nella Nato e nell’Unione euro- “anti-americani”dalle colonne del Sole 24 Ore,
diventa chiaro che abusano della
pea”. Questa affermazione è talmente ideologica da non richiedere
parola “libertà”.
confutazioni. Ci limitiamo a notare INDIRIZZANO
Queste università dovrebbero
chiamarsi “università libere di diche l’Olanda ha appena respinto la
fendere il pensiero unico e di essere
richiesta di Draghi di porre un tetto SERVONO
al prezzo del gas per tutelare i propri A MANIPOLARE
sempre d’accordo con il governo in
carica”. Non è certamente questo asinteressi nazionali in barba a quelli
L’OPINIONE
dell’Italia. L’Olanda è un produttoservimento intellettuale che i prore di gas, il cui prezzo non ha inte- PUBBLICA
fessori universitari dovrebbero insegnare agli studenti nella società liresse (nazionale) a limitare. Il dra- A FAVORE
ghessor Fabbrini, un amico di Paolo
bera teorizzata da Popper.
In conclusione, la tesi del draGentiloni, a cui ha chiesto di scrive- DELLA GUERRA
re la prefazione al suo ultimo libro
ghessor Fabbrini è che chiunque si
opponga alle politiche della Nato in
per fare sfoggio dei suoi potenti amici, non sa che cosa sia accaduto in Libia. Il 4 Ucraina è automaticamente anti-americano e
aprile 2019, la Francia ha appoggiato l’assedio anti-europeo. Ma questa è pura ideologia giacdel generale Haftar contro la città di Tripoli di- ché un italiano può volere bene agli Stati Uniti
fesa dall’Italia. L’Italia e la Francia fanno parte e criticare le politiche di Biden in Ucraina, così
dell’Unione europea e della Nato, eppure si so- come può volere bene agli americani e opporsi
no contrapposte in Libia per difendere i propri alle politiche di Trump verso i palestinesi, ininteressi nazionali e contemplarsi l’ombelico clusa l’uccisione del generale Soleimani. Un’Inazionale. Il problema di certe università pri- talia di draghessori è un’Italia povera di idee e
vate è proprio questo: si dichiarano “libere”, ricca di disinformazione.
IDENTIKIT
ANDREA SCANZI
Di Battista: il duro,
puro e cocciuto
che serve a Conte
D
i Maio è politicamente indifendibile. Se però questa scissione caricaturale e patetica ha
attratto anche figure non certo prive di doti
e qualità come Sileri e Azzolina, vuol dire
che qualcosa nel nuovo corso di Giuseppe Conte non
sta funzionando. L’ex presidente del Consiglio si è ancora affidato al brand Movimento 5 Stelle, sempre
più privo di attrattiva. Avrebbe dovuto fare un partito
tutto suo, e invece si è infognato in una selva di gruppi
e gruppetti, finendo crivellato dal fuoco amico. Il
nuovo corso contiano è come la primavera di Povera
patria: “tarda ad arrivare”.
È opinione di molti che, senza Di Maio e frattaglie
annesse, Conte sarà più libero. Probabile: Di Maio ha
molto potere nel Palazzo ma meno voti di Renzi nel
mondo reale, dunque la sua uscita –a livello elettorale
– inciderà meno di niente. È opinione di altrettanti
che, adesso, a Conte farebbe comodo Di Battista. Parliamone. Conosco bene Di Battista. Alessandro è un
talebano coi paraocchi, elastico
come la ghisa e duttile come
il piombo. Noce sorda come nessuno, ha un pregio
rarissimo: la coerenza
(pure quella talebana).
Ha rinunciato a fare il
ministro nel Conte-1, dicendo poi no a un altro dicastero nel Conte-2 (gli sarebbe bastato accettare la
presenza della Boschi). Non si è
candidato nel 2018, all’apice del
successo, preferendo famiglia e IN MOVIMENTO
libertà. È un idealista vero, nobile
e al tempo stesso ingenuamente ALESSANDRO
retorico come tutti gli idealisti INCARNA
veri. Di Battista credeva davvero
IL GRILLISMO UN
che gli italiani si potessero cambiare, addirittura in meglio, e già PO’ VELLEITARIO
solo questo lo rende un utopista PERÒ “VERO”
iper-oltranzista. Oggi Di Battista
è un padre felice di 44 anni. Viag- E COERENTE
gia per lavoro (ora è in Russia),
Floris lo usa con sapienza in tivù,
i suoi social sono tornati a girare ed economicamente
sta bene. È tutto da dimostrare che, anche nella migliore condizione politica possibile, tornerebbe in
Parlamento.
LA POLITICA gli è però sempre piaciuta: ha questa
strana perversione, da cui è guarito solo in parte. Sono amico di Alessandro e gli voglio bene, il che non
vuol dire che lo condivida sempre. Alcune sue fisse da
“M5S puro” non le sopporto: reputo l’ “uno vale uno”
la più grande cazzata degli ultimi 15 anni (Giarrusso
vale Conte? Cunial vale Appendino? Sibilia vale
Gramsci?). Ridare parte dello stipendio è ai miei occhi demagogico e pure scemo (il lavoro si paga e si
paga bene, anzi benissimo). Il limite del doppio mandato (ma anche uno solo) deve valere solo per gli scappati di casa (nei 5 Stelle ce n’erano e ce ne sono tanti),
altrimenti chi è bravo deve andare avanti. Conosce la
politica estera, ma – se lo trovo meritorio su Palestina
e Assange –mi pare spesso “bastian contrario per partito preso” sulla Russia. La sua fissa sulla candidata
iper-grillina pugliese alle Regionali resta irricevibile, i suoi toni colpevolmente benevoli nei confronti
di Paragone (Paragoneee!) mi suonano inaccettabili. Eccetera. C’è però un dato incontrovertibile: su
governo Draghi e M5S, Di Battista aveva (ha) ragione totale. E sarebbe ora di riconoscerglielo. Alessandro incarna il grillismo un po’ velleitario, sì, però
coerente e “vero”. A me il genere piace fino a un certo
punto, ma Conte di uno come Di Battista ha bisogno
come il pane. Perché Alessandro porta voti. Perché
sa parlare. E perché uno così, nel “nuovo M5S”, manca totalmente. Magari Conte potrebbe edulcorare
Di Battista e Di Battista potrebbe spettinare Conte:
magari potrebbero migliorarsi a vicenda. Se i 5 Stelle hanno un futuro, ed è un “se” grosso come la bruttezza dei programmi di Giletti, non potrà fare a meno di Di Battista.
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12 l ZOOM
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
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LO SHOW A TAORMINA
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L’UDIENZA L’8 LUGLIO
Stati Uniti, giudice
in Louisiana ferma
il divieto di aborto
DECINE DI SFOLLATI
Roma ovest brucia
ancora: l’incendio
e la nube tossica
È
Rai 1 censura Ficarra e Picone e taglia i fischi
a Musumeci: “C’era il silenzio elettorale”
C
on un taglio netto, la Rai ha cancellato in un solo
colpo quattro minuti tra fischi e mugugni del pubblico del Teatro Antico di Taormina rivolti al governatore Nello Musumeci, incalzato dalle battute irriverenti dei comici Salvo Ficarra e Valentino Picone. Non
si sono accorti di nulla gli ignari telespettatori che sabato
in seconda serata, hanno guardato su Rai1 il gala del festival internazionale del libro di Taormina. Dopo 20 minuti, il presentatore Massimiliano Ossini ha chiamato
sul palco Ficarra e Picone, Toni Servillo e il registra Roberto Andò. Un tripudio di applausi. Quello che i telespettatori non hanno visto è stata invece la premiazione
agli attori e l’intervento sul palco dello stesso Musumeci.
Perché quando il presidente ha tentato di esaltare l’operato del suo governo, parlando di una Sicilia in ripresa, è
stato stoppato dalle battute dei due comici palermitani.
Gli applausi per Ficarra e Picone hanno fatto da contraltare ai fischi diretti a Musumeci. Ma dagli ambienti Rai
fanno sapere che il taglio è stato deciso “per ragioni di par
condicio”, visto che domenica si è votato per il ballottaggio a Sciacca e in diversi comuni dell’Agrigentino. Così,
per non incorrere in possibili sanzioni previste dalla leg-
ge che regola gli spazi tv ai politici sotto elezioni, qualche
funzionario ha valutato che fosse meglio tagliare la parte
con gli sfottò a Musumeci e i fischi del pubblico nei suoi
confronti. In tal caso, forse, l’errore è stato quello di invitare il governatore in un programma che sarebbe andato in onda alla vigilia dei ballottaggi. “Non ci vengano a
dire che c’era il silenzio elettorale del voto a Sciacca, perché sarebbe ridicolo, forse utilizzando questo pretesto c’è
stato un robusto intervento politico da Roma per graziare Musumeci e la sua giunta, evitando di mostrare i fischi
e le pernacchie che lo hanno accolto, e soprattutto il suo
tentativo di trasformare la serata del Taobuk in un comizietto in suo favore”, ha detto Claudio Fava, presidente
commissione antimafia siciliana. Fava ha chiesto l’intervento della Vigilanza Rai, che non era a conoscenza della
vicenda, ma fa sapere che sarà oggetto di valutazione,
magari prendendo visione del filmato, senza escludere
anche una possibile convocazione dei vertici Rai o del direttore di Rai1, Stefano Coletta. Ficarra e Picone hanno
preferito non commentare, mentre Musumeci ha sminuito lo sketch chiamando “la claque di Taormina”.
SAUL CAIA E GIANLUCA ROSELLI
partito da qualche sterpaglia, come accade spesso. Poi il fuoco si è divorato decine di ettari a Roma ovest,
fuori dal Gra in zona Casalotti,
sollevando una nube nera che
per qualche ora ha inghiottito
perfino San Pietro, come nella
scena di un film catastrofico.
Brucia di nuovo Roma, a 12
giorni dall’incendio dell’impianto rifiuti di Malagrotta.
Stavolta le fiamme hanno distrutto un’autorimessa, un centro sportivo – anche la scuola
calcio dell’ex calciatore della
Roma, Aldair –e un centro estivo con 45 bambini scappati prima che la struttura venisse inghiottita dalle fiamme. Ad alimentare il rogo un deposito con
50 bombole gpl. Evacuato anche un convento vicino. Per il
momento ci sono 35 intossicati, tra cui quattro poliziotti e una madre con bambino ricoverati al Gemelli. Decine gli sfollati. L’incendio ancora ieri sera
minacciava abitazioni, villini e
diverse attività commerciali.
C’è anche un campo rom, in via
Monachina, formato da ciò che
resta dello sgombero effettuato
nel 2021. Il bilancio insomma è
ancora parziale.
V.B.
U
n tribunale della Louisiana ha sospeso provvisoriamente il divieto di
aborto entrato in vigore nello
Stato dopo la sentenza della
Corte Suprema di venerdì. La
decisione è giunta in seguito alla denuncia presentata dal
Center for Reproductive Rigths, l’associazione che ha difeso
l’unica clinica abortista in Mississippi, la Hope Medical
Group for Women, nel caso
“Dobbs v. Jackson Women’s
Health Organization”. Una
nuova udienza è stata fissata
per l’8 Luglio, ma le interruzioni di gravidanza potranno ripartire subito. La Louisiana è
uno dei 13 Stati che approvarono le “trigger laws”, leggi che,
dopo la sentenza della Corte, a-
vrebbero vietato o fortemente
limitato gli aborti. Uno scenario speculare a quello di San
Marino, dove, sette mesi dopo
il referendum che ha legalizzato l’aborto con il 77% dei sì, ancora non è stata promulgata una legge a riguardo. A tal fine,
l’Unione donne sammarinesi,
associazione che quel referendum l’ha promosso, richiede la
convocazione della Commissione consiliare permanente.
STEFANO BAUDINO
ZOOM l 13
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
Shoah, Segre e Ferragni visitano
Binario 21: “No all’indifferenza”
MILANO
SI DEFINISCONO “nonna e nipote”. Sono
entrate insieme, sussurrando, nel corridoio
del Binario 21, sotto la stazione Centrale,
emblema a Milano delle atrocità commesse
dai nazifascisti contro gli ebrei. Liliana Segre
\/
AVVOCATI A POTENZA
e Chiara Ferragni hanno ripercorso insieme
i luoghi da dove, il 30 gennaio 1944, iniziò la
deportazione della senatrice a vita. È seguito l’appello dell’influencer ai suoi milioni di
follower sparsi in tutto il mondo: “Diciamo
no all’indifferenza. Non conoscevo quasi
nulla di questo luogo. Vi consiglio di visitare
il Memoriale della Shoah a Milano”.
INDAGA L’ANTITERRORISMO
“CASA DEL SOLE”
t
“Falsi certificati
per rinvio udienze”,
a giudizio tre legali
Reggio Calabria,
inferno nell’Rsa:
I Nas: “Personale
senza scrupoli”
S
ono finiti a processo tre
avvocati e un medico, tutti
del Potentino, accusati di
aver prodotto falsi certificati
medici per ottenere il rinvio
delle udienze di un processo.
La Procura di Potenza, guidata
da Francesco Curcio, ha ottenuto il giudizio immediato per i
professionisti: gli avvocati Antonio, Pasquale e Donato Murano, e del medico, Donato Labella. Sono 16 i capi di imputazione mossi dopo gli accertamenti svolti sui documenti che
Labella aveva rilasciato negli
ultimi 2 anni a uno dei tre avvocati e poi al maresciallo Donato Paolino, militare assistito
dallo studio Murano dopo l’accusa di concussione che nel
2020 lo portò ai domiciliari.
Nei giorni precedenti all’udienza del 24 marzo, l’avvocato
Murano aveva dapprima chiesto al Tribunale il rinvio per impegni concomitanti, poi informalmente al pm di dare parere
favorevole al rinvio, e infine al
presidente del collegio e aveva
riferito che il pm era favorevole
allo slittamento dell'udienza. Il
giorno dell’udienza, però, era
giunto solo un altro certificato
medico. La diagnosi era la stessa che in passato aveva già colpito non solo lo stesso difensore, ma anche il suo cliente. La
procura aveva così inviato un
medico per accertare il suo stato di salute e la vicenda era finita sui giornali. Gli avvocati
potentini avevano anche indetto una settimana di sciopero ad
aprile e attaccato la procura che
oggi, però, contesta la falsità di
quei documenti attraverso tabulati e celle telefoniche, una
consulenza grafologica, e l’assenza di farmaci per la malattia
diagnosticata.
FRANCESCO CASULA
“S
Pacco esplosivo nella sede di Leonardo Spa
Era indirizzato a Profumo: “Pista anarchica”
U
na busta con dentro polvere da sparo e una spoletta a fare da innesco. Formalmente un “pacco
bomba”, in pratica un ordigno rudimentale che sarebbe potuto esplodere mettendo in pericolo la vita di chi
lo avrebbe aperto. Sono dovuti intervenire gli artificieri
ieri mattina alla sede di Leonardo, l’ex Finmeccanica, di
piazza Montegrappa a Roma, nel quartiere Prati della
Capitale. La busta, intercettata dall’ufficio corrispondenza della società del ministero dell’Economia, era diretta all’amministratore delegato Alessandro Profumo.
Indicato come mittente, invece, uno studio legale, anche
se secondo chi indaga il pacco potrebbe essere stato manomesso dopo la spedizione, rendendo l’ufficio di avvocati estraneo all’iniziativa. Sulla vicenda indagherà il
pool antiterrorismo della Procura di Roma, che sta attendendo un’informativa dalla Digos.
Per il momento non si esclude alcuna pista, anche se
gli investigatori sembrano propendere per quella anarchica. Leonardo è al centro di molte polemiche, sollevate
soprattutto dai gruppi antagonisti, per il suo ruolo di
principale produttore di armi in Italia, in un momento in
cui il governo ha varato il progressivo aumento della spe-
sa militare, ha aderito al programma di riarmo europeo
e ha deciso di inviare materiale militare all’Ucraina. Due
giorni fa a Torino le sedi di Leonardo e di Alenia e quella
del Politecnico sono state imbrattate all'esterno e all'ingresso con vernice e olio. Azioni riconducibili appunto
all’area anarchica e antagonista che da venerdì ha lanciato una “mobilitazione internazionale contro tutte le
guerre e tutte le frontiere”. Per gli investigatori i due eventi potrebbero essere collegati, anche se di solito questi
gruppi rivendicano iniziative di questo tipo, mentre ieri
non c’è stato alcun segnale in merito. Sembra essere esclusa invece la pista “sindacale” relativa alle manovre di
Leonardo per spostare la sede di Pomezia – vicino Roma
– a Cisterna di Latina, distante 30 km dall’attuale stabilimento: nessuno dei dipendenti dell’ex Finmeccanica, infatti, perderà il posto di lavoro e il dialogo con le
sigle sindacali sta andando avanti regolarmente.
L’ad Profumo e la società Leonardo ieri non hanno
commentato la vicenda. “Piena solidarietà” è giunta dal
presidente della commissione Difesa della Camera, Gianluca Rizzo, e dal deputato del M5S, Angelo Tofalo.
VINCENZO BISBIGLIA
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DOPO IL SERVIZIO DI REPORT
LA NUOVA SVUOTA-CARCERI
IL PRECEDENTE DI STORNARA
“GIÀ QUALCHE ANNO FA la
Procura di Roma aveva ipotizzato
collegamenti di Manlio Cerroni con la criminalità organizzata. L’inchiesta è finita,
come era ovvio, con una richiesta di archiviazione”. Dunque, “chiunque abbia
messo in giro notizie del genere di quelle
che sono state fatte circolare può sin da
ora sapere che sarà denunciato per calunnia”. Alessandro Diddi, avvocato
dell’imprenditore Manlio Cerroni, ex patron della discarica di Malagrotta a Roma,
risponde così al contenuto dell’informativa ai pm del commissario per la bonifica
del sito, il generale Giuseppe Vadalà che –
come riportato ieri da Report – ha parlato
di “cointeressenze e collegamenti tra
Cerroni e la criminalità organizzata”.
“BENEFICI” per le carceri italiane
“potranno arrivare dall’applicazione delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, una volta che saranno approvati i decreti delegati della riforma del processo penale, di cui tanto abbiamo discusso con le forze politiche”. La ministra della
Giustizia, Marta Cartabia, torna sull’intenzione di applicare “sanzioni sostitutive
delle pene brevi”, grazie alle quali saranno
scarcerati un detenuto su tre. Lo ha fatto
intervenendo ai 205 anni della fondazione
della polizia penitenziaria. “Non mi stancherò di ripetere – ha detto – che la Costituzione parla di pene, non di carcere. E per
le condanne inferiori ai quattro anni, sarà il
giudice, direttamente al momento della
sentenza, a stabilire la pena opportuna”.
LA MORTE di due fratellini bruciati in una baracca a dicembre
scorso nel campo nomadi di Stornara, nel
Foggiano, doveva essere l’ultima tragedia. E invece a distanza di soli sei mesi, un
altro incendio ha ucciso un bracciante di
35 anni nel ghetto di Rignano Garganico,
un’altra baraccopoli a 70 chilometri da
quella in cui hanno perso la vita i due
bambini. La vittima, originario del Gambia, è stata ritrovata riversa a terra e con il
corpo completamente carbonizzato. Secondo le prime ricostruzioni, Yusupha
Joof non è riuscito a scappare dalla costruzione andata in fiamme a causa del
corto circuito o del malfunzionamento di
una cucina di fortuna.
Rifiuti, i legali Cerroni:
“Nessun legame mafia”
q
Cartabia: “Celle vivibili
con pene alternative”
q
Foggia, rogo in baracca
Bracciante resta ucciso
q
FRA. CAS.
ta succedendo un bordello lì dentro… dice che stanotte ha trovato, ha sentito gridare, uno scatafascio… dice
che c’era… sopra la sedia a rotelle
nudo… quest’altro… tutto cacato”.
Sono agghiaccianti le intercettazioni registrate dai carabinieri del
Nas nell’ambito dell’inchiesta “La
signora”. Su richiesta del procuratore di Reggio Calabria, Giovanni
Bombardieri, il gip Valerio Trovato
ha arrestato cinque persone e sequestrato la “Casa del Sole”, una casa di riposo abusiva nel centro della città dello Stretto. Anziani con
gravi patologie, non autosufficienti e tenuti chiusi in stanze senza riscaldamento e acqua calda. Non
venivano lavati e gli venivano somministrati cibi scaduti e mal conservati, e medicinali senza consulto medico. “Le ho dovuto fare la
spasmex, una spasmex urgente…
in più la flebo le sto facendo”. “Forse quello gli ha fatto male...”. Le intercettazioni non lasciano adito a
dubbi. Bentelan, Lasix, Spasmex,
ma anche psicofarmaci, come
l’Entumin, così da rendere gli anziani più facilmente gestibili.
Ai domiciliari sono finiti le titolari della “Casa del Sole”, Giovanna
Scarfò e Cecilia Prestipino, e tre dipendenti Margherita Battaglia, Emanuele Maria Candido e Florentina Lencautan. L’inchiesta del
Nas è partita nel gennaio 2021 in
seguito alla denuncia di una signora il cui marito, affetto da malattia
neurodegenerativa, era deceduto
in ospedale dopo un periodo di degenza nella casa di riposo. Per i pm,
l’uomo sarebbe stato vittima di
maltrattamenti e abbandono, che
avrebbero causato un peggioramento irreversibile della sua condizione fino a giungere al decesso.
Come lui, sono stati maltrattati gli
altri 15 pazienti trovati malnutriti.
Il gip ha sottolineato la “straordinaria crudeltà” degli indagati “privi di ogni scrupolo”. Avrebbero agevolato, infatti, pure il propagarsi
di un focolaio Covid tra gli ospiti,
cercando in tutti i modi di nascondere i contagi agli altri dipendenti,
ai familiari delle vittime, alla Prefettura e all’Asp reggina.
LUCIO MUSOLINO
ECONOMIA l 15
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
I “GESTORI” • A Bardin la cassaforte, a Milleri l’industria
Colosso
internazionale
180mila
dipendenti,
21,5 miliardi di
fatturato. Sotto,
il fondatore
FOTO ANSA
Addio Del Vecchio: i suoi soldi
alla famiglia, i poteri ai manager
PROTAGONISTI
ROMOLO BARDIN
• Vicino a Del Vecchio, è
già ad di Delfin, guiderà
la cassaforte di famiglia
FRANCESCO MILLERI
• Ad di EssilorLuxottica,
sarà lui a guidare
il colosso industriale
ALBERTO NAGEL
• Ad di Mediobanca,
Del Vecchio voleva
cacciarlo, ora chissà
» Marco Palombi
L
eonardo Del Vecchio se
n’è andato ieri all’età di
87 anni e ha lasciato dietro di sé un impero industriale e finanziario, una moglie (la quarta, che in realtà era
anche la seconda), sei figli da
tre donne diverse e materiale a
bizzeffe per quei capolavori di
patetismo ed esagerazioni che
sono le laudationes funebres
dei grandi imprenditori sui
media italiani.
RIDICOLI ECCESSI a
parte, che non mancano mai, come d’altronde i difetti e i
chiaroscuri, probabilmente Del Vecchio è tra i pochi imprenditori italiani a
essersi meritato un
“coccodrillo” in cui
non sfigura qualche
tratto apologetico:
classe 1935, milanese di modesta famiglia pugliese, presto orfano di padre, finisce affidato al collegio dei Martinitt e, a 15 anni, in fabbrica.
Poi i corsi serali in Design e Incisione all’Accademia di Brera,
l’arrivo ad Agordo, Belluno, e
gli inizi della futura Luxottica
in un laboratorio che in soli tre
anni ha già 14 dipendenti e davanti la strada che la porterà a
diventare il leader mondiale
dell’occhialeria e poi alla fusione con la francese Essilor, che
ha dato vita a un colosso da
180mila dipendenti, 21,5 miliardi di euro di fatturato nel
2021 e, a ieri, circa 65 miliardi
di capitalizzazione di Borsa.
Una scelta, la creazione di
EssilorLuxottica, portata a
termine al costo di non garan-
tirsi in prospettiva il controllo
del suo gruppo: una rarità nel
piccolo mondo antico del capitalismo dinastico italiano, ma
che probabilmente non eviterà
una guerra di successione dai
contorni ancora ignoti.
Ci torneremo, non prima di
aver ricordato, com’è ovvio per
uno degli uomini più ricchi d’Italia e del mondo, che Leonardo Del Vecchio lascia dietro di
sé parecchia terra al sole, custodita quasi tutta nella sua holding lussemburghese, la Delfin: il
32,2% di E ss il orLu xotti ca, il 26%
dell ’ i mm ob i li ar e
Covivio, il 2% di Unicredit e infine il
19% di Mediobanca e il 10% di Generali, le due aziende
su cui stava giocando – in coppia con
Francesco Gaetano Caltagirone –
l’ultima battaglia
della sua vita, che si conclude
dunque, dopo aver speso qualche miliardo, senza riuscire a
far fuori Alberto Nagel dalla
tolda di comando di Piazzetta
Cuccia (questo a dire che anche
il dolore che accompagna una
morte contiene moltitudini).
Molti sostengono, ma siamo
alle supposizioni, che l’inimicizia di Del Vecchio per l’ad di
Mediobanca si fece granitica
nel 2018, quando il nostro, tramite la sua Fondazione, voleva
prendere il controllo dell’Istituto europeo di oncologia
(Ieo) e del Centro cardiologico
Monzino: aveva in mente un
piano miliardario di sviluppo,
ma Nagel e Piazzetta Cuccia
(che, di fatto, controlla lo Ieo) lo
mandarono a stendere.
cendo che i suoi sei figli (che
hanno il 12,5% ciascuno) non
sarebbero stati i suoi eredi alla
guida del gruppo. Azionisti sì,
ricchissimi pure – visto che ora
potranno spartirsi fino a 2 miliardi di utili accantonati – ma
senza poteri esecutivi né sull’azienda, né sulla holding. L’ultima modifica societaria risale al
2021 e disegna la successione
vera e propria: il 25% del patron andrà a sua moglie Nicoletta Zampillo, i suoi poteri a
un manager indicato da lui.
E QUI VENIAMO ALLA GUERRA
LA BEFFA
LA GUERRA DI
SUCCESSIONE
NON È
ESCLUSA
Come che sia, il duello si è interrotto e, semmai riprenderà,
saranno altri protagonisti a
portarlo avanti. Già, ma quali?
La successione di Del Vecchio è
un passaggio complesso, anche
se l’interessato ha passato l’ultimo decennio a strutturarla in
modo che fosse il più indolore
possibile. Fino a ieri era lui il
dominus: il suo 25% di Delfin
comportava il 75% dei diritti di
voto, operazione che aveva realizzato a partire dal 2014 san-
per la successione prossima
ventura: Del Vecchio, dicono
fonti qualificate, avrebbe indicato per iscritto in R o mo l o
Bardin, suo uomo di fiducia e
attuale amministratore delegato di Delfin, l’uomo che dovrà comandare sulla holding,
affidando i poteri su EssilorLuxottica all’attuale ad Francesco Milleri, che ha l’appoggio
di Zampillo ed era considerato
il candidato naturale a succedere al patron anche in Delfin.
Bardin, insomma, guiderà le
danze su Generali e Mediobanca e sarà “l’azionista di maggioranza” del manager Milleri: al
primo il potere finanziario, che
nello stagno italiano è in gran
parte anche potere politico; al
secondo la guida del colosso industriale. Una situazione che il
numero 1 di EssilorLuxottica,
scommettono molti, potrebbe
non gradire, tanto più che ha a
lungo accarezzato la possibilità
di essere – se non patrimonialmente, di fatto – l’unico erede
di Del Vecchio. È anche una
questione di sopravvivenza o
almeno di quieto vivere. Tolta
l’ultima moglie, Milleri ha contro (quasi) tutti gli eredi di Del
Vecchio: vale a dire i tre figli
della prima moglie Luciana
Nervo (C laudio, Ma ri s a e
Paola) e i due della terza Sabina Grossi (Luca e Clemente).
Leonardo Maria invece è figlio della seconda moglie, che
poi è anche la quarta (l’ha risposata nel 2010), ovvero proprio Nicoletta Zampillo, che da
anni anela a un ruolo in azienda
che non le è mai stato riconosciuto e ora ha da far pesare il
suo 25% in Delfin (e magari pure il 12,5 del figlio).
Sarebbe una beffa se i conflitti tra familiari e manager facessero vacillare una barca che
Del Vecchio, con determinazione vicina alla rudezza, aveva
provato in ogni modo a sottrarre all’ennesima lotta dinastica
del capitalismo italiano, all’ennesima tempesta in un bicchiere di champagne.
16 l ESTERI
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
KILLING KITTENS Il sito ha 180mila sottoscrittori
Gattine
assassine
Il sito permette
di organizzare
festini sessuali
di alto livello: a
guidare è la donna
» Sabrina Provenzani
KK, CREATO
DA UN’AMICA DI
KATE MIDDLETON
LA DONNA al comando.
È questo il motto
fondativo del sito
di festini d’alto bordo
a cui nel 2005 ha dato
vita Emma Sayle, ragazza
della Londra bene
e compagna di classe
della moglie di William
d’Inghilterra, Kate
Middleton. Nel 2020
l’azienda, in crisi per
il Covid, si fa finanziare
dal Future Fund il fondo
del governo “salva start
up” in base al quale
il Tesoro diventa azionista
dell’1,5% del capitale
al secondo giro
di investimenti.
Emma detiene i segreti
di ministri e personaggi
di spicco di Londra.
“I
LONDRA
l contribuente britannico è diventato azionista di Killing Kittens, società organizzatrice di festini sessuali nota
per i suoi eventi esclusivi ed edonistici, grazie a uno schema
di supporto all’i nn o va z i on e
creato durante la pandemia”.
La notizia, per un pubblico adulto, è meravigliosa anche
nella versione asettica del
compassato Financial Times.
La storia inizia nel 2005,
quando una ragazza della buona società inglese, Emma Sayle, decide cosa fare nella vita:
unire l’utile al dilettevole e fare
un sacco di soldi nel processo.
Emma è già nata bene, tanto
che va a scuola (privata) con
Kate Middleton, la duchessa
di Cambridge, di cui è rimasta
amica anche dopo il matrimonio con il principe William.
Ma Emma non vuole fare la Pr
tutta la vita: lei vuole contribuire alla liberazione sessuale
delle donne.
LA FOLGORAZIONE ARRIVA durante un party di scambisti a Ibiza: si inventa Killing Kittens,
che possiamo tradurre come
“Gattine assassine”, sex party
company di alto livello. Organizza feste private per pochi
selezionati, e soprattutto, questo il valore aggiunto, a comandare sono le donne. Nel
2014 lo Standard la chiama
“Orgynizer”, organizzatrice di
orge: lei si fa ritrarre trionfante
in tubino giallo e maschera veneziana su divano di pelle nera, e dichiara: “Nulla riesce più
a scioccarmi”. Lavora duro eh:
una volta è un cliente che cerca
una sosia di una famosa soubrette da cui farsi salvare dopo
una finta rapina; un’altra il deputato laburista che arriva al
festino in mutande e guinzaglio, con cui una signorina lo
trascina per la sala. Ah, c’è l’au-
Tutto sesso, siamo
inglesi: orge di Stato
per la Salva start-up
stero giudice che vuole essere
chiamato ‘ge ne ral e’ m ent re
sculaccia le compagne di giochi. Emma conosce segreti e
preferenze sessuali di chi conta, e non tradisce la fiducia dei
clienti. I suoi eventi, esportati
in diverse capitali, sono leggendari, ambitissimi ed esclusivi. Si espande ai social, apre
account Instagram e Twitter, si
butta nel trend dell’empowerment femminista.
Lei un po’ gigioneggia: la
homepage del sito KK si apre
con una foto di gruppo di donne in lingerie – non modelle,
ma un misto di bellezze imperfette – e il claim: “KK è il marchio che ha creato un movi-
mento. Dai suoi notoriamente
decadenti festini con le donne
protagoniste, al suo social network inclusivo e sex-positive,
Killing Kittens ha liberato sessualmente coppie e single fin
dal 2005”.
Fino al 2020 il core business
Post-Covid Il governo
ha aiutato l’azienda
di incontri di lusso
diventandone azionista
Vale 18 milioni di dollari
è nei suddetti festini. Poi arriva
la pandemia, e la paura del Covid raffredda anche i bollori
più eccentrici e gli appetiti più
decadenti. Per un po’le orge diventano ZoomOrge, virtuali,
ma si capisce, non c’è la stessa
intensità. Il business ne risente. Urge sviluppare il canale digitale e le connesse opportunità di merchandising. E quindi
l’intraprendente Emma si rivolge al Future Fund, un fondo da 1,1 miliardi di sterline
lanciato trionfalmente dal
ministro dell’Economia, Rishi Sunak, nel maggio 2020,
per ‘sostenere start-up... che
aprano nuovi orizzonti in tecnologia e innovazione” d urante la pandemia. Però ha una clausola inusuale: il prestito governativo si trasforma in
quota societaria al secondo
giro di investimenti.
QUANDO VIENE FUORI che fra i
beneficiari ci sono anche le
gattine assassine, qualcuno si
fa due domande: quella guastafeste della deputata laburista Sarah Champion chiede
che Sunak interrompa le sovvenzioni pubbliche ai festini
sessuali. La “Orgynizer”, scrive
il Financial Times, replica dicendosi ‘sorpresa che questa
critica arrivi da una politica
che dice di difendere i diritti
delle donne: la mia società si
basa proprio sulla liberazione
sessuale della donna, visto che
solo alle donne è consentito il
primo approccio durante le
feste”. E poi gli affari sono affari: le gattine sono sopravvissute grazie ai soldi pubblici,
ma poi hanno raccolto un altro milione e duecentomila
dollari di capitale privato e la
quotazione oggi è di 18 milioni di dollari, di cui il contribuente detiene l’1,5%. La sintesi di Emma è “Il governo ci
ha già guadagnato”. Pare che
la community, fra feste in presenza e app, abbia superato i
180 mila sottoscrittori.
ITALIA l 17
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
I TRE INEDITI SUL FATTO Il suo occhio sulla storia
Così adesso studieremo i temi
di Gramsci, giovane ‘connesso’
» Maria Luisa Righi*
LE TRACCE
SU POTERE
E “MAGAGNE”
I TRE DOCUMENTI
inediti pubblicati dal
Fatto venerdì, sabato
e domenica sono stati
ritrovati tra le carte
del capo partigiano
e poi dirigente comunista
milanese Francesco
Scotti. Sono i temi che
Gramsci – allora ventenne
– scrisse mentre
frequentava il liceo
Dettori di Cagliari. Le tre
tracce sono state svolte
a partire da frasi di Della
Casa, Leopardi e Ibsen.
Gramsci ha sviluppato
i temi dell’“Americanarsi”
dell’Europa, delle
“magagne” del potere
e del “viscidume che
avvolge ogni cosa”
LELETTERE
I
temi scolastici ritrovati tra
le carte di Francesco Scotti
sono coevi ad altri quattro
temi conservati nell’Archivio Antonio Gramsci e pubblicati nel 2019 nel volume Scritti 1910-1916 dell’Edizione nazionale degli scritti di Gramsci. Anche questi tre componimenti saranno accolti nell’Edizione nazionale ed editati
secondo i criteri stabiliti per
tutti i manoscritti, segnalando
i ripensamenti, le cancellazioni, le aggiunte in interlinea, gli
interventi del professore e, per
quanto possibile, le fonti esplicite e implicite. Se la firma e il
giudizio del professore, Vittorio Amedeo Arullani, consentono di collocarli con certezza
all ’ultimo anno di liceo, nel
1910-1911; servirà uno studio
attento delle carte per ipotizzare un ordine cronologico interno, ripartendo dall’unico
testo datato 21 novembre 1910. La decisione degli eredi
del dirigente comunista milanese,
Francesco Scotti – il
figlio Giuseppe e la
nipote Alice Barrese
– di affidare i temi
a l l a Fo n d a z i o n e
Gramsci, consentirà più agevolmente l’analisi e il
raffronto.
Il giusto rilievo dato all’inatteso ritrovamento e la lettura proposta da Gad Lerner,
che ha sottolineato gli echi tra
queste prove giovanili e i testi
più maturi, potrà favorire una
maggiore attenzione su tutti
gli elaborati scolastici.
Gramsci ha vent’anni quando frequenta l’ultimo anno di
liceo. Nino (come lo chiamano
a casa) ha iniziato tardi ad andare a scuola: per motivi di salute è stato iscritto alle scuole
elementari a sette anni; nel
giugno 1903, è costretto a in-
terrompere gli studi e
andare a lavorare. “Da
bambino ero contro i
ricchi perché non potevo andare a studiare, io
che avevo preso 10 in
tutte le materie nelle
scuole elementari,
mentre andavano il figlio del macellaio, del
farmacista, del negoziante di tessuti” (lettera alla moglie Giulia del
6 marzo 1924). Lavora
10 ore al giorno “compresa la
mattina della domenica e me
la passavo a smuovere registri
che pesavano più di me e molte
A 20 anni Coglieva già
i rapporti tra “generale”
e fenomeni minori (le
“orribili litografie” delle
case popolari) legandoli
in un’unica teoria
notti piangevo di nascosto
perché mi doleva tutto il corpo” (lettera alla cognata Tatiana del 3 ottobre 1932). Solo
nell’ottobre 1905 può riprendere gli studi, in un “molto
scalcinato” ginnasio a Santu
Lussurgiu. Nell’ottobre 1908
si iscrive al Liceo Dettori di Cagliari. Vive in camere ammobiliate col fratello Gennaro,
contabile in una fabbrica e
cassiere della Camera del lavoro. Salta i pasti e va a scuola con
abiti lisi di cui si vergogna, ma
non rinuncia ad abbonarsi a
varie riviste, tra cui Il Marzocco, La Voce, L’Unità di Gaetano Salvemini (molte sono state ritrovate dal nipote Luca
Paulesu e sono state oggetto di
diverse mostre); si appassiona
al teatro. Come confesserà alla
madre, era solo “apparentemente calmo e tranquillo”, in
realtà era “intimamente appassionato e pieno di grandi aspirazioni; disinteressate del
resto, perché non [è] mai stato
a m bi z i o so ” (9 se ttembre
1929).
In questi componimenti
scolastici, come nel 1949 sottolineò Togliatti, che aveva potuto leggere i quattro che Tatiana aveva mandato alla sorella Giulia dopo la morte di
Gramsci – si coglie “un singolare senso attuale della storia,
una capacità non comune in
un giovane di quella età di avvicinare fatti e uomini distanti
nel tempo e nello spazio. Si
sente che al giovane che scrive
quelle pagine non sono ignoti i
problemi più ardenti della cultura e di tutta la vita italiana di
quel tempo. Si sente qua e là la
mossa d’ali dell’aquila”. Anche
il giovane socialista Angelo Tasca, quando iniziò a frequentare Gramsci all’università, riconobbe nel nuovo amico, “agilità spirituale, sodezza di logica, attitudine a cogliere nelle
cose i rapporti col generale”
(lettera di Tasca a Gramsci del
settembre-ottobre 1913).
L’ “attitudine” a cogliere i
rapporti tra “generale” e fenomeni minori (come le “orribili
litografie” che si trovano nelle
case popolari, citate nel tema
su Giovanni Della Casa, pubblicato il 24 giugno), la ricerca
di un lessico proprio, la capacità di ricordare e citare alla
lettera numerosi testi, sono
caratteristiche che traspaiono
già in questi scritti. Gramsci
diverrà giornalista cinque anni dopo e i suoi articoli, per lo
più non firmati, spiccheranno
dalle pagine dell’Avanti! e del
Grido del popolo, grazie al suo
stile peculiare e a questo modo
di stabilire nessi tra fatti apparentemente lontani.
*Fondazione Gramsci
“Grazie per averci fatto ritrovare il suo pensiero critico”
Ecco alcune delle tante lettere
arrivate al Fatto Quotidiano dopo
la pubblicazione dei tre inediti
scritti giovanili di Antonio Gramsci
Ecco perché la borghesia, gli squadristi
di Mussolini, i giudici fascisti di quel
cervello avevano terribilmente paura.
Precocemente lo fermarono. Ma
Gramsci faceva paura anche a una parte del suo Partito comunista, senza una
vera prospettiva rivoluzionaria in Italia.
Secondo me, i grandi burocrati del Pci a
cominciare da Togliatti, in combutta
con Stalin, per salvare e proteggere
Gramsci nulla fecero. Chissà se avesse
vissuto altri vent’anni cosa ancora ci avrebbe regalato di cultura. Anche grazie a lui mi sento e sarò comunista senza
cambio di casacca oggi così di moda.
SISSINIO BITTI
Caro Travaglio, il giovane Gramsci
definiva “rammolliti ed imbecilli” coloro che si opponevano al rinnovamento.
Ecco chissà se in queste lettere si riconoscono Letta il giovane e il suo “campo
largo” progressista (sic!) e gli “pseudo
comunisti”eredi del Pci, ho i miei dubbi
mentre sono certo che ci si riconoscono
perfettamente Di Maio e soci!
RAFFAELE FABBROCINO
C’è un’idea che ti persegue e da cui sei
perseguitato tutta la vita. Per me è stato
Pier Paolo Pasolini: un mistero. E conseguentemente Gramsci, ma solo dopo,
solo dopo. E oggi, nello sgomento estatico ed estetico di poter leggere grazie al
FQ il primo tema di Antonio, così pulito, così corretto per un ragazzo, così
assoluto, così pregno del progetto di un
uomo che avrebbe realizzato se stesso
dopo. (...) Se penso alla sua giovane età,
alla sua condizione di stenti, ma già così
coriaceo, ma già così deciso a sapere, a
conoscere. E poi mi sono immaginato
gli occhi meravigliati, meravigliosi di
PierPaolo, se oggi, vivente, grazie al FQ
avesse letto ciò che abbiamo letto noi,
grazie a voi. Sono commosso.
DOMENICO MICHELE CIFÙ
Non solo è bellissimo leggere la sua
prosa chiara e densa di concetti (...) ma
pensare che questi concetti fossero presenti nella sua testa di diciottenne fa venire i brividi per la sua genialità e il rammarico a pensare a cosa avrebbe potuto
produrre quel cervello prodigioso se
Mussolini e Togliatti non si fossero prodigati per fermarlo per sempre. Cosa avrebbe potuto donare Gramsci al mondo se non fosse stato imprigionato e/o
se fosse uscito vivo dalla prigione fascista? Spero che questi bellissimi temi
scolastici facciano venire voglia di conoscere meglio Gramsci a tante altre
persone che magari non lo conoscono.
Mi piacerebbe che questa opera divulgativa continui. Perché non scrivere un
articolo in cui utilizziamo il metodo
gramsciano per analizzare l’involuzione di Di Maio e di tutti i suoi accoliti?
ALESSANDRO TIRI
Un grazie a Gad Lerner per aver accompagnato la pubblicazione dei tre temi liceali di Antonio Gramsci. Accanto
alla bellezza della scrittura e al contenuto dei testi risaltano senza dubbio i giudizi e i voti del professor Arullani che non
vanno oltre un 8+! E il pensiero va alla
qualità della scuola dei giorni nostri...
CARLO GALLO
18 l SECONDO TEMPO
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
Paltrinieri, nuovo argento
Glastonbury, Paul e Bruce
Ancora una medaglia ai Mondiali di
nuoto per Gregorio Paltrinieri, secondo
nella 5 km di fondo. Vince il tedesco
Wellbrock, quarto l’azzurro Acerenza
Sorpresa al Festival rock di Glastonbury
dove McCartney ha invitato sul palco,
durante il suo live, Bruce Springsteen
e il redivivo Dave Grohl dei Foo Fighters
E
» Antonello Caporale
PREMI,
ROMANZI
E FILM
NEL 1961 ha
ottenuto lo Strega
con il suo capolavoro
“Ferito a morte”;
nel 2001 ha ricevuto
il Premio Campiello
alla carriera e l’anno
dopo il Premio
Chiara, sempre
alla carriera.
Nel 2005 ha vinto
il Premio Viareggio
per la raccolta
“L'estro quotidiano”.
Oltre che scrittore,
La Capria è stato
anche sceneggiatore
di molti film
di Francesco Rosi, tra
i quali “Le mani
sulla città” (1963)
e “Uomini contro”
(1970). È stato sposato
con l'attrice
Ilaria Occhini
rano già sulla spider in vista
di Positano. Al mattino erano
stati a Fregene e a Ostia, poi
erano partiti per la Costiera.
Lui disse a lei: “Speriamo che
gli dei non si accorgano della
nostra felicità. Altrimenti ci
puniranno”.
Quando Raffaele La Capria incontrò Ilaria Occhini,
musa, compagna e curatrice
di vita, aveva appena vinto il
premio Strega con Ferito a
morte, il suo capolavoro. Incontrò gli occhi di questa attrice ventottenne, già famosa, di una bellezza austera e
verticale: “Mi colpì la sua bellezza spirituale, il suo dono, il
suo tatto, la figura e l’armonia dei suoi pensieri”. Raffaele, che gli amici chiamavano
Dudù e anche noi lettori abbiamo imparato a conoscerlo
col nomignolo, è riuscito a viverle lontano solo per tre anni. Tre anni fa, Ilaria chiuse la
pratica con la vita e ora è toccato al suo Dudù farla finita.
Se avesse aspettato un altro
po’, giusto il 3 ottobre prossimo, avrebbe guadagnato le
tre cifre del centenario. “Io
sono come un frutto maturo.
La mia esperienza di vita è
completa, ho conosciuto tutte le età e quando verrà la
morte ogni cosa si potrà dire
completata. Sono maturo al
punto giusto”.
LA CAPRIA non aveva paura
della morte, invece lo scoraggiava l’idea che ci potesse essere l’eternità: “Un mondo
perpetuo e immutabile, un
fermo immagine. No, preferisco il limite sacro alla vita,
anche se la morte mi fa paura. Perché lo confesso, sono
sempre sulla linea di confine
della perplessità”.
La Capria sta a Napoli più
di ogni altro scrittore del Novecento, ma con la città, anzi
con la napoletanità rinuncia
a issare la bandiera, rifiuta ogni fanatismo partenopeo.
“Il problema di Napoli è
l’Italia”, disse una volta chiamando al sorriso per quel paradosso così lontano dal suo
stile ricercato, minuzioso,
dettagliato. “Ogni volta che
mi riesce di comporre una
frase mi sembra di aver fatto
l’unità d’Italia”, spiegò per dire quanta cura e fatica lo
scrittore dovesse mettere per
emozionare, connettere,
coinvolgere. Lo scrittore deve adottare lo stile dell’anatra, spiegò ancora. Sull’acqua
l’anatra scorre via, e sembra
una danza che la scuote, una
mano invisibile che la muove. Invece il suo cammino lo
deve a due zampette che
sott’acqua faticano eccome.
“Ecco, lo scrittore non deve
mostrare la fatica che ha
compiuto per aver trovato il
modo di essere comprensibile a una moltitudine e di aver
fatto emozionare. Questo è il
nostro compito, questo è il
mio compito”.
La Capria ha usato le parole come un generale dispone le proprie armate sul terreno. Le sceglie, le seleziona,
le unisce o le distanzia, ordi-
1922-2022 Addio a La Capria, anima di Napoli
na di anticipare il tiro o attendere. Le parole sono state le
pallottole di La Capria.
Dudù, rivendicando questa sua dedizione assoluta e la venerazione per le ombre e
Cantore
le luci che ciascuna
Raffaele
parola rivela e poi
La Capria
muove nell ’a ni mo ,
amava dire:
rievocava spesso quel
“Il problema
che gli accadde da radella mia
gazzo nella villa coNapoli è l’Italia”
m u n a l e d i Na p o l i :
“D’un tratto un canarino si posò sulla mia spalla.
Ne fui così sorpreso che il
mio cuore battè forte. E il canarino, sentito il mio battito
accelerato, volò via dallo
spavento. Tornai a casa e subito dissi a mia madre: sai
che un canarino si è poggiato sulla mia spalla? Ripensai
a ciò che avevo detto. Quella
frase mi sembrò vuota,
smunta, senza personalità.
Le parole che avevo usato
non davano conto dell’emozione mia, della quantità di
sensazioni che avevamo
provato io e il canarino. Capii che esisteva la necessità
di scrivere tanto di più, di usare le parole giuste per descrivere l’intensità di
quell’incontro”.
La Capria misurava dalla
qualità delle parole che si usano la densità civile di una
società, il livello culturale,
anche l’ampiezza del degrado. Più degenera il linguaggio più la società si imbarbarisce, disse.
BELLEZZA
SVANITA
ECCO PERCHÉ Dudù, dalla casa sui tetti di Roma che l’ha
ospitato per più di quarant’anni ha sempre voluto la
sua poltrona vicino ai grandi
che l’hanno aiutato a crescere. Tolstoj, Cechov, Dostoevskij, Proust.
Formidabili narratori e
padri fondatori della propria arte.
Un premio Strega, un
Campiello alla carriera, ma
anche un Leone d’oro per la
sceneggiatura di Le mani sulla città di Francesco Rosi.
“Sono un adolescente invecchiato”, un frutto “maturo”. Ha vissuto due volte. Prima delle guerra (“vedevo il
cielo limpido, l’acqua trasparente, l’aria pulita”) e dopo la
guerra, gli anni in cui le ombre fanno capolino e le gioie
come i dolori costituiscono
fogliame che danno ombre, a
volte cupezza alla vita.
Ma Dudù La Capria è stato
lo scrittore della bellezza,
“più facile scrivere del bello
che del brutto”, il sensore del
nostro flusso magnetico, il
gestore del monologo interiore. “Il linguaggio dev’essere resistente. E lo scrittore,
come insegna Tolstoj, dev’essere un fingitore”.
Raccontare la gioia o il dolore, il bello e magari il brutto, solo dopo averle provate.
Avere la mente fredda e lucida per realizzare il grande set
della finzione che non è parente della bugia ma amica
vera della verità della vita,
della sua enorme, inarrivabile intrepida avventura.
CON DUDÙ
“Chi scrive è un fingitore”
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SECONDO TEMPO l 19
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
Elisa, crollo sul palco: 2 feriti
LIBROINGOCCE
La tettoia del palco in allestimento per
il concerto odierno di Elisa a Bassano
è crollata ferendo due tecnici non
gravemente: show per ora annullato
GIORGIO DELL’ARTI
ANNIVERSARI Quarant’anni fa moriva il narratore amico di Pound e Gatto
Un fasciocomunista controverso, autore di grandi inchieste contro la mafia
La rospa doppia
il rospo e lo gnu
sfama un po’ tutti
Chilanti, l’italiano scomodo A
dimenticato dagli editori
» Massimo Novelli
mo a pubblicarlo fu Vanni quell’articolo razzista di ChiScheiwiller. Eppure di Chilan- lanti”, quando era ancora fati, proprio in questo quaran- scista, "pubblicato nel 1938,
tennale della morte, si conti- già diffuso dal missino Nino
nua a parlare. Intanto è uno Tripodi negli anni 60 e 70, e ridei protagonisti del romanzo preso da Mirella Serri in I reStoria aperta (Bompiani) di denti (2005). Credo sia un aDavide Orecchio, recente fi- spetto da non sottovalutare”.
nalista al Premio
Meno ricordato è
Bergamo. Ed ancoche Chilanti, assiera è protagonista,
me a Corrado Alvasebbene non col suo
ro, se ne andò per
vero nome, della fic- MACCHIA
“incompatibilità ition su L’Ora di Cadeologica” dal CorA ostacolare
nale 5. Ciò che manriere della Sera dopo la vittoria Dc nelca è la possibilità di il suo lavoro
leggere o rileggere i fu un infelice
le elezioni del ’48.
Vanni Scheiwilsuoi libri. Dice Orecchio: “Io sono articolo
ler scrisse che Chilanti “se paradisi eanni che rimetto in razzista
circolazione i suoi
sistono raggiunse il
testi autobiografici, del 1938
nostro Pound, il nolegati soprattutto al
stro Giacomo Nolungo viaggio tra faventa, il nostro Anscismo e comunitonio Delfini. Tre
smo, quindi quelli raccolti in grandi scrittori, che ci hanno
La paura entusiasmante. A unito per sempre, nel bene e
Chilanti ho dedicato molte pa- nel male, in questa povera Itagine del mio ultimo romanzo, lia che lui poeta contadino del
Storia aperta. Probabilmente Polesine ha saputo così bene
quella generazione non inte- cantare”. Possibile che in queressa più a nessuno, ed è pas- sta sempre povera Italia non ci
sato anche il tempo di rievo- sia un solo editore desideroso
carla. E poi c’è il problema di di far riscoprire Chilanti?
Q
uarant’anni fa moriva
Felice Chilanti (Ceneselli Alto Polesine,
1914-Roma, 1982),
giornalista e narratore di indubbio valore. Fascista di sinistra in gioventù, quindi partigiano e comunista del gruppo
trotzkista di Bandiera Rossa,
poi nel Pci (ma assai critico
verso il partito), era stato amico di Alfonso Gatto, di Vittorio
Sereni e di Ezra Pound, che infatti lo rammenta nei Cantos.
Fu autore di celeberrime inchieste sulla mafia per L’Ora
di Palermo, e di opere di narrativa come Lettera a Pechino,
Ricordi? In piazza a dare armi al popolo c’era solo Leo
Longanesi; il suo La paura entusiasmante venne tradotto
da Gallimard in Francia.
Scrisse inoltre biografie e saggi su Giuseppe Di Vittorio, Gastone Sozzi, Ezra Pound, Trotzkij, e sul mafioso Nick Gentile, sul bandito Salvatore Giuliano.
I suoi libri, però, sono
scomparsi da tempo dai cataloghi delle case editrici, l’ulti-
Copertine Alcuni dei libri di Felice Chilanti
3MASTERIZZATI3
L’esordio di Basteiro-Bertolí
La grazia folk di Eva
rivelata da Anderson,
tra il mito Jethro Tull
e gli incanti romani
» Pasquale Rinaldis
N
on ha mai avuto fretta di rivelare la sua grazia al mondo, la spagnola Eva Basteiro-Bertolí, da sempre affascinata
dalla musica folk e dalle ballate tradizionali, passione che emerge
limpidamente nel suo bel disco
d’esordio intitolato Boh. La sua voce baritonale, fatto piuttosto raro
per una donna, è ciò che ha spinto
uno come Ian Anderson, fondatore dei leggendari Jethro Tull, a incoraggiarla nel mondo della musica, “ma in verità, non c’è voluto
molto per convincermi – confessa
Eva –. Gli avevo inviato un paio di
brani, quando iniziai a pensare alla
musica come a qualcosa da pren-
dere più seriamente. Lui mi telefonò, sorprendendomi, mi disse che
aveva ascoltato le mie canzoni, che
avevo talento, e in particolare lodò
la mia voce, ‘così intensa e profonda’, infine mi incoraggiò a provarci
seriamente, visto che ero un po’ titubante. Da quel momento tra noi
si è instaurato un rapporto speciale
di cui mi sento privilegiata. La prima volta che mi sono esibita davanti al grande pubblico – ricorda
la cantautrice – è stata insieme con
i Jethro Tull, ed essendo loro musicalmente dei mostri, mi sono
sentita in una botte di ferro. In più
suonavo nella mia Barcellona…
Ian a quel punto è diventato il mio
mentore, ed è così che è finito a collaborare al mio disco, in tre canzo-
ni, (A) God’s Lover, Cofing e Jabberwocky (Midnight in Wonderland), che abbiamo scritto insieme”. Brani che lasciano intravvedere i germi di un talento – anche
da chitarrista – non ancora del tutto espresso, ma a garantirle il marchio di qualità è uno come Ian Anderson, che “come tutti i grandi –
racconta – è estremamente generoso e in sede di registrazione ha
sempre lasciato a me l’ultima parola, anche sui suoi contributi. In un
brano ho eliminato una sua parte
col flauto per sostituirla con una
celesta, che è la stessa usata dai Goblin in Profondo Rossodi Dario Argento”. Da qualche anno, Eva ha eletto l’Italia come sua seconda patria, ed è a Roma che ha scritto la
gran parte del suo album d’esordio
Boh – “una parola che vuol dire
tanto e non vuol dire nulla, lascio
decidere all’ascoltatore le implicazioni di quel boh” –. Otto brani che
sono le tessere di un mosaico, che
Eva porta alla luce come souvenir
ritrovati frugando tra i frammenti
della sua storia: inquadrature da
un viaggio in Bolivia, o da un film a
cui ha preso parte, o immagini di
celebri dipinti, come la Dama con
l’ermellino, cui si è ispirata per la
copertina del disco, o romanzi come Il ritratto di Dorian Gray che
ritroviamo nel brano, forse il più
bello, Mirror. Ricerca dello spirito
o espedienti d’artista, il risultato
comunque non cambia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
bitanti. Abitanti dell’Isola di Natale in
Australia. Esseri umani: 1.400. Granchi: 40 milioni.
Aristotele. Aristotele, sparendo le
rondini a fine estate, si persuase che si posassero
sui canneti e si mutassero in rane, in primavera
emergendo poi dall’acqua e tornando rondini.
Rospi. La rospa, grande il doppio del rospo. Il
rospo, al cospetto della rospa, un rospino. Il rospino ha però tre calli sulle dita e con quelli s’appiccica alla schiena della rospa, e in questo modo
la monta. Ciò, già mentre migrano. E però gli altri
rospini, attratti dalla medesima rospa, s’appiccicano pure loro alla schiena della poverina, e questa moltitudine è talmente intenta a fecondare
da non accorgersi che la rospa, sopraffatta dal peso dei rospini, troppe volte annega.
Perché. Gli animali che migrano migrano
perché il posto dove c’è da mangiare non è il più
adatto per riprodursi. Questi animali vogliono
far l’amore e riprodursi là dove sono nati. Si tratta
di ritrovare perciò, con la massima esattezza possibile, quei pochi metri di spiaggia o quella pozza
d’acqua dove hanno visto la luce la prima volta.
Migliaia e migliaia di chilometri, mesi e mesi di
viaggio per ritrovare quella certa striscia di terra.
Si orientano: col magnetismo terrestre, con l’olfatto, con le stelle, con i cosiddetti landmarks,
cioè riconoscono il profilo di un monte o la linea
di un fiume. Quelli che attraversano l’Italia si regolano pure con l’Autostrada del Sole.
Sole. L’uccello che si orienta col sole sa anche
l’ora, perché ogni ora il Sole si sposta all’apparenza di 15°.
Spostamenti. La sterna artica si muove tra
Polo Nord e Polo Sud, 80 mila chilometri. Campa
trent’anni, quindi in tutto
fa 2 milioni e mezzo di
chilometri, tre andate e ritorno Terra-Luna.
Autostrade. Le
antilocapre e i cervi mulo attraversano la Highway 191,
che collega da nord a
sud gli Stati Uniti occidentali. Ottanta incidenti
l’anno. Sulla Highway 191 passano 2.500 veicoli
al giorno. Si costruirono allora sei sottopassaggi e
due cavalcavia, e da quel momento la gran parte
delle antilocapre passa per il cavalcavia e la gran
parte dei cervi mulo preferisce i sottopassaggi.
Massa. Gli animali migrano in massa perché
in questo modo ciascun individuo ha minori probabilità di essere predato. Se migriamo in dieci,
avrò una probabilità su 10 di essere mangiato, se
in 1000, una su 1000, ecc.
Gnu. All’inizio di luglio un milione e 600 mila
gnu arrivano al fiume Mara. I coccodrilli, acquattati, li aspettano e se ne mangiano al massimo
6.200. Poca roba rispetto alla massa galoppante,
ma molta per nutrire chi vive sul fiume. Si tratta
infatti di 1.100 tonnellate di cibo ottimo, non solo
per i coccodrili, ma anche per le iene maculate e
striate, per gli sciacalli striati e per gli sciacalli
dalla gualdrappa, per gli avvoltoi Rueppell e per
gli avvoltoi orecchiuti, per i capovaccai pileati,
per i grifoni dorsobianco, per i marabù. Le ossa,
poiché si sfanno in sette anni, sono cibo per i pesci, e per i crostacei, e per gli insetti. Si alimenta
anche il ciclo del fosforo e quello dell’azoto, ecc.
Tartarughe. La carretta carretta scava una
buca di mezzo metro e vi depone un centinaio di
uova. Quelle che si trovano sopra ricevono più calore e generano delle femmine. Quelle che si trovano sotto, più fredde, fanno uscire dei maschi. Il
riscaldamento globale adesso ha fatto sì che il
99,1% delle tartarughe nasca femmina.
Cambi. Le tartarughe: carnivore per i primi 3
anni di vita, poi erbivore. I salmoni: blu quando
stanno in mare, rossi quando risalgono i fiumi.
Notizie tratte da: Francesca Buoninconti “Senza
confini. Le straordinarie storie degli animali
migratori” Codice, pagine 204, 18 e
20 l ULTIMA PAGINA
IL FATTO QUOTIDIANO Martedì 28 Giugno 2022
ANTIVIRUS
È ANCORA TEMPO
DI MASCHERINE
,
IN QUESTI GIORNI è
stata pubblicata l’intervista fatta al commissario per la
lotta al Covid di Palermo, Renato
Costa. “Covid: a Palermo esplode
il caso di positivi non denunciati”.
“Il dato reale dei positivi potrebbe essere tre volte superiore a
quello ufficiale, ancor più che a
circolare sia la variante Omicron
5”. “Qualche brutto segnale ci
viene dagli ospedali, dove cominciamo ad avere, non dico una sofferenza, nella maniera più assoluta, però una certa pressione sui
reparti non intensivi. Si ha la sensazione che, complice la mancanza delle restrizioni, il virus abbia ripreso a circolare in un modo
importante”. Il fenomeno ha diversi aspetti. Innanzitutto, la presenza del virus è molto diffusa.
Ormai, tra positivi dichiarati e
quelli sommersi si arriva a numeri molto alti. I veri ricoveri per Covid sono limitati. Frequentemente si trovano pazienti con altre
patologie che, al controllo, risultano positivi. Il problema dei positivi non denunciati non credo
debba destare preoccupazione,
né è una sorpresa. Saranno sempre di più. Se il rischio, da infettati, è quello di avere uno o due
giorni di mal di gola e in qualche
caso, qualche linea di febbre, certamente non si ha voglia di restare isolati dieci giorni, rinunciando
persino a una programmata vacanza. È comprensibile. Come lo
è, comparando i positivi ufficiali
tra i dipendenti e quelli tra i liberi
professionisti. Questi ultimi sembrano risparmiati dal virus, ma in
realtà è la loro voglia di non perdere giornate lavorative e relativi
incassi. I dipendenti godono di
periodi di malattia retribuita e
certamente decidono diversamente. È tempo di cambiare. Più
che sull’isolamento e sugli obblighi, oggi si dovrebbe puntare sulla consapevolezza. Se il timore è
contagiare i fragili, come qualcuno ci ricorda, peraltro è ciò che
accade anche durante il periodo
influenzale, consigliamo di indossare la mascherina quando siamo
loro vicini, quando siamo in locali
affollati. Niente panico, né oppressioni. Oggi non c’è più motivo. Crediamo anche che, vista la
stanchezza che accusiamo tutti,
dopo più di due anni di restrizioni,
non siamo più disponibili a continuare con rigide obbedienze.
MARIA RITA GISMONDO
direttore microbiologia clinica
e virologia del “Sacco” di Milano
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