Uploaded by valentinafellegara

riassunti

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CAPITOLO 1 1.1 L’ambito della teoria microeconomica
La microeconomia si contrappone alla “macroeconomia”, l’altro ramo della teoria economica.
Mentre la macroeconomia studia i fattori economici aggregati, come l’ammontare totale dei beni e dei
servizi prodotti dalla società e il livello assoluto dei prezzi, la MICROECONOMIA (dal greco “mikros”, che
significa “piccolo”) analizza il comportamento di unità più piccole, ovvero dei consumatori, dei lavoratori,
dei risparmiatori, dei manager, dei singoli settori, dei mercati e così via.
Molte tematiche economiche possono essere meglio comprese riconoscendo che sono formate da unità
più piccole  molta della nostra conoscenza dell’economia si basa sullo studio del comportamento
individuale.
Gli individui sono i decisori FONDAMENTALI di qualsiasi società e le loro decisioni definiscono nel
complesso l’ambiente economico della società. La microeconomia si occupa dei fattori che influenzano tali
scelte e di come innumerevoli piccole decisioni si fondono per determinare il funzionamento dell’intera
economia. Anche i prezzi svolgono un ruolo fondamentale nelle singole decisioni individuali, difatti la
microeconomia è anche chiamata “teoria dei prezzi”.
1.2 Natura e ruolo della teoria
In economia, come in altre scienze, la teoria si fonda su ipotesi.
La teoria economica può essere adottata tanto per predire quanto per descrivere gli eventi del mondo
reale. (per es: in economia i fatti possono descrivere un episodio storico, ma non possono spiegare perché
quell’episodio sia avvenuto o come sarebbero andate le cose se lo Stato avesse perseguito un’altra
politica).
1.3 Il metodo dell’economia
L’economia si occupa della costruzione di modelli del comportamento di agenti (individui, famiglie, imprese
ecc…). Un MODELLO è una descrizione semplificata ed astratta di un fenomeno che si desidera studiare,
volta ad evidenziare i nessi tra variabili ritenuti cruciali, spesso formulato tramite equazioni e/o disegni.
Lo scopo del modello è quello di spiegare le variabili endogene tramite variabili esogene.
Le variabili ENDOGENE sono variabili spiegate all’interno di un modello, il cui valore viene determinato da
variabili prese come date, ovvero come variabili esogene.
Le variabili ESOGENE sono variabili spiegate all’interno di un modello, il cui valore viene considerato come
dato (le variabili che in un modello sono esogene, in un altro possono diventare endogene e viceversa)
Questi modelli ipotizzano che il comportamento sia finalizzato (diretto verso un obiettivo) e solitamente
studiano come comportamenti diversi che possiedono obiettivi contrastanti vengano portati ad una
situazione di equilibrio da istituzioni di mercato.
Situazione di equilibrio  è uno stato del modello tale che, una volta raggiunto, non cambia se non varia
almeno una variabili esogena.
Il metodo preferito dagli analisti è quello della “statistica comparata”  è un metodo di analisi di un
modello che consiste nel confrontare le configurazioni di equilibrio delle variabili endogene al variare delle
variabili esogene (ovvero confronta le situazioni di equilibrio al variare delle variabili esogene).
Ci sono anche modelli che studiano i processi di mutamento, ma sono casi più rari.
1.4 Analisi positiva e normativa a confronto
La teoria economica ci aiuta a comprendere le relazioni economiche, non può però stabilire quali politiche
pubbliche sono auspicabili e quali no. L’economia aiuta a valutare i risultati delle politiche pubbliche, ma
non può stabilire se i risultati sono cattivi o buoni.
Per es per stabilire se una politica è auspicabile o meno sono necessari tre passaggi:
-identificare la natura qualitativa delle conseguenze di una politica  viene definita “analisi positiva”, che
valuta i risultati oggettivi attesi.
L’analisi positiva si occupa di ciò che è, o che potrebbe essere, senza decidere se qualcosa è buono o
cattivo. L’analisi positiva è un’analisi scientifica, attinge alle regole della logica e dell’evidenza, di natura sia
quantitativa che qualitativa, utilizzati per determinare se un’affermazione è vera o falsa.
-identificare gli effetti (le conseguenze) in termini quantitativi  questo passaggio implica sempre
un’analisi positiva
- “analisi normativa” o giudizio di valore, ovvero esprimere un giudizio di valore non scientifico  è l’ultimo
passaggio per esprimere se le conseguenze di una determinata politica sono o meno accettabili  quest’
analisi deriva dal sistema di valori della persona che giudica ; i giudizi possono essere diversi fra le persone.
La teoria microeconomica non è in grado di esprimere se una politica è auspicabile o meno : in seguito ad
un’analisi scientifica, occorre un giudizio non scientifico di ciò che costituisce l’auspicabilità.
Possiamo dire che la teoria microeconomica ci aiuta a pervenire tali giudizi normativi, permettendoci di
determinare i probabili risultati (la microeconomia ci aiuta a compiere i primi 2 dei 3 passaggi per valutare i
fenomeni del mondo reale).
1.5 Analisi di mercato, prezzi reali e prezzi nominali
Mercato  interazione di tutti i potenziali compratori e venditori di una particolare merce o servizio.
Per analizzare i mercati, ci dobbiamo concentrare sui fattori che hanno la maggiore influenza sulle decisioni
dei compratori e dei venditori. Uno dei fattori maggiori è il PREZZO.
I prezzi derivano dalle transazioni di mercato e a loro volta influenzano fortemente il comportamento di
compratori e di venditori in ogni mercato.
In microeconomia, con il termine “prezzo” ci si riferisce al prezzo relativo o reale di un bene.
Il prezzo nominale (o assoluto) non ci dice quanto un bene costa realmente  il problema è difatti che le
unità di misura monetaria (euro, dollaro, sterlina) sono misure elastiche.
Il prezzo reale invece riflette il suo prezzo nominale adattato in modo da tener conto della variazione del
valore della moneta.
[nei diagrammi ci si riferisce sempre ai prezzi reali, salvo diversamente specificato]
1.6 Ipotesi basilari sui partecipanti al mercato
Gli economisti formulano 3 ipotesi essenziali per quanto riguarda il comportamento di compratori e di
venditori :
-comportamento orientato all’obiettivo  i partecipanti al mercato sono orientati e interessati a
raggiungere i propri obiettivi personali (questo non implica un comportamento egoistico o che i
partecipanti siano interessati sono al proprio portafoglio, ANZI l’assunzione di un comportamento orientato
all’obiettivo non esclude obiettivi che possono essere altruistici)
-comportamento razionale  comportamento dei partecipanti al mercato basato su un processo
deliberativo scrupoloso, che soppesa costi e benefici
-risorse scarse  i desideri dell’uomo sono relativamente illimitati e le risorse non saranno mai abbastanza
da assicurare che tutti i loro desideri possano realizzarsi
QUINDI se gli individui si pongono razionalmente degli obiettivi, ma le loro risorse sono limitate, sono
costretti a compiere delle scelte.
1.7 Il costo-opportunità
COSTI ESPLICITI : risorse finanziarie investiti nel perseguimento di un obiettivo, ma che altrimenti avrebbero
potuto essere spese per un obiettivo alternativo
COSTI IMPLICITI: costi associati all’uso da parte di un individuo del proprio tempo e di altre risorse per
perseguire una particolare attività, invece di attività alternative.
esempio fare l’università/lavorare
Le imprese che prendono decisioni produttive, solitamente considerano solamente i costi espliciti (materie
prime, elettricità, costo del lavoro ecc..), mentre tralasciano i costi impliciti (x es le risorse dell’impresa
potevano essere allocate in altri impieghi).
La somma dei costi espliciti e impliciti associati all’uso di determinati risorse è definito come il COSTO
ECONOMICO o COSTO-OPPORTUNITA’ della risorsa.
Il concetto di costo-opportunità ci costringe a riconoscere che i costi non riguardano solo soldi spesi, ma
anche occasioni mancate.
Costi economici e costi contabili a confronto
I costi-opportunità non sono immediatamente evidenti e spesso non si riflettono con precisione nei conti
economici delle imprese.
Dal punto di vista contabile, emergono più significativamente i COSTI CONTABILI  i costi riportati nel
conto economico delle imprese, redatto dai contabili aziendali.
Nei costi contabili vengono considerati il costo del lavoro, l’energia elettrica, l’assicurazione ecc..
Costi sommersi
I costi sommersi (o sunk cost) sono costi che sono già stati sostenuti e che sono irrecuperabili.
Anche se i sunk cost sono solitamente abbastanza evidenti, devono essere ignorati quando si tratta di
prendere decisioni economiche.
1.8 La frontiera delle possibilità produttive
La FPP descrive tutte le differenti combinazioni di beni che un attore razionale con propri obiettivi personali
può ottenere con un ammontare fisso di risorse (esempio del rettore  usando efficacemente le risorse del
campus, un docente può decidere se sviluppare e potenziare l’insegnamento o la ricerca; la figura mostra la
FPP (è necessaria un’analisi positiva, per posizionare le teorie economiche sulla frontiera, ma per
determinare quale sarà poi “il punto migliore” è necessaria un’analisi normativa, ovvero un giudizio di
valore).
Costi-opportunità unitari costanti e crescenti
Si hanno costi-opportunità unitari costanti solo se la FPP è una linea retta.
La FPP più tipica ha la forma di una curva concava verso l’origine.
x es con una FPP concava, il costo-opportunità unitario di un’unità addizionale di insegnamento aumenta
quanto più insegnamento si produce  la pendenza della curva AZ diventa più ripida, quando ci si muove
dal punto A, dove l’università produce solo ricerca e non insegnamento, al punto Z dove avviene l’opposto.
CAPITOLO 2 “Domanda e offerta”
2.1 Curve di domanda e di offerta
I mercati sono composti da compratori e da venditori. L’analisi del comportamento dei compratori si basa
sulla curva di domanda, mentre la curva di offerta descrive il comportamento dei venditori.
La curva di domanda
Analizza il comportamento dei compratori.
La quantità di un bene che un consumatore desidera acquistare dipende da molti fattori, come l’età,
l’occupazione, il reddito, ma soprattutto dal prezzo del bene.
La “legge di domanda” è un principio economico secondo il quale, più basso è il prezzo di un bene,
maggiore è la quantità di quel bene che i consumatori desiderano acquistare.
Questo principio è valido SOLO SE tutti gli altri fattori che influenzano l’acquisto (reddito, preferenze..)
restano invariati.
Figura rappresenta una possibile curva di domanda  la quantità domandata è più alta, al diminuire del
prezzo.
La pendenza negativa della curva di domanda, ovvero prezzi più alti associati a quantità più basse, è la
rappresentazione grafica della legge di domanda (gli economisti sostengono che tutte le curve di domanda
sono inclinate negativamente).
E’ importante che la curva di domanda per un prodotto si riferisce ad un particolare periodo di tempo.
SI PUO’ ANCHE SOSTENERE che
-la curva di domanda identifica il prezzo che i consumatori pagheranno per le varie quantità
-una quantità maggiore può essere venduta solo ad un prezzo unitario inferiore
OSSERVAZIONE FINALE: la pendenza negativa non è dovuta solo alla presenza di un maggior numero di
consumatori in corrispondenza di prezzi più bassi; per alcuni beni, il numero di consumatori resta invariati,
solo che questi acquistano quantità maggiori (x es acqua)
Determinanti della domanda diversi dal prezzo
La curva di domanda si concentra sugli effetti di variazioni di prezzo unitario di un prodotto, considerando
gli altri fattori INVARIATI.
Uno dei fattori più importanti da tenere in considerazione, è il REDDITO del consumatore.
E’ ovvio che il reddito influenzi la quantità di un bene che i consumatori acquisteranno; difatti quando il
reddito si alza i consumatori desiderano acquistare di più.
“BENI NORMALI”  beni il cui consumo aumenta all’aumentare del reddito
“BENI INFERIORI”  beni il cui consumo crolla all’aumentare del reddito (x es se divento ricco non uso più i
trasporti pubblici).
Un altro fattore da tenere in considerazione è il PREZZO DEI BENI CORRELATI.
I beni correlati si possono innanzitutto distinguere fra “beni complementari o complementi” e “beni
sostituti”.
Si dicono “beni complementari” quei beni che tendono ad essere consumati insieme , quindi il consumo di
entrambi i beni aumenta o diminuisce simultaneamente (un incremento del prezzo dell’uno, riduce la
domanda dell’altro, e viceversa)
Si dicono “beni sostituti” quei beni che possono sostituirne altri nel consumo.
Il loro consumo è spesso una scelta. Soddisfando entrambi scopi simili, è possibile sceglierne o uno o l’altro.
Un aumento di prezzo dell’uno, incrementerà la domanda dell’altro, e viceversa.
L’ultimo fattore da tenere in considerazione sono i GUSTI e le PREFERENZE.
Per gusti o preferenze si intende l’atteggiamento dei consumatori per quanto riguarda la desiderabilità di
beni differenti.
I gusti e le preferenze sono più difficili da quantificare nel reddito, quindi spesso si ha la tentazione di
ometterli : ciò porterebbe però ad un’analisi incompleta.
Spostamenti della o lungo la curva di domanda
Quando tracciamo una curva di domanda, è importante che i redditi, i prezzi dei beni correlati e le
preferenze rimangano invariate. Questo è importante per identificare l’influenza indipendente del prezzo
del bene sugli acquisti dei consumatori.
Se redditi, prezzi di beni correlati e gusti cambiano, si sposta l’intera curva di domanda.
Figura illustra questo spostamento.
E’ necessario distinguere fra due situazioni:
-MOVIMENTO LUNGO UNA CURVA DI DOMANDA DATA : variazione della quantità domandata in risposta a
una variazione di prezzo, mentre gli altri fattori rimangono costanti
-SPOSTAMENTO DELLA CURVA DI DOMANDA: variazione della curva di domanda associata al cambiamento
di fattori diversi dal prezzo di quel bene, come il reddito, il prezzo dei beni correlati e le preferenze;
influisce sulla quantità domandata di un bene a ogni suo possibile prezzo
La curva di offerta
Analizza e studia il comportamento dei venditori.
“Legge dell’offerta” è un principio economico secondo il quale più alto è il prezzo di un bene, maggiore è la
quantità di bene che le imprese vogliono produrre.
Questa relazione è necessariamente vera solo se gli altri fattori che influenzano le decisioni dell’impresa
restano costanti quando il prezzo del bene cambia.
La quantità offerta dalle imprese dipende da molti fattori, come il “know how” tecnologico relativo alla
produzione del bene, le aspettative, le relazioni tra manager e dipendenti, gli obiettivi del proprietari…
Il prezzo del bene può essere visto come il “compenso che i produttori ricevono per il loro lavoro”.
La figura raffigura la “curva di offerta dell’industria o del mercato”  la quantità offerta è maggiore quanto
maggiore è il prezzo
La maggior parte delle curve di offerta sono inclinate positivamente  quando vengono prodotte più unità
i costi-opportunità unitari salgono, quindi per generare un output maggiore sono necessari prezzi più alti
Anche in questo caso, la curva di offerta si riferisce ad un intervallo di tempo specifico.
Inoltre il numero di imprese che producono il bene può variare (alcune possono interrompere la
produzione, altre possono entrare nel settore).
Spostamenti della curva di offerta e movimenti lungo la curva
I fattori che influenzano la curva di offerta devono restare costanti.
Quando uno dei fattori cambia, l’intera curva si sposta.
Gli altri fattori da tenere in considerazione sono:
-tecnologia
-costi e produttività degli input (x es lavoro ed energia che servono per produrlo, ma anche i costi da
sostenere)
-aspettative
-relazioni manager-occupati
-obiettivi della proprietà dell’impresa
-tasse o sussidi
Nella figura è raffigurato uno spostamento della curva di offerta dovuto ad un miglioramento tecnologico
(passaggio da S a S’).
E’ necessario compiere una distinzione:
-MOVIMENTO LUNGO LA CURVA DI OFFERTA: variazione della quantità offerta che avviene in risposta a una
variazione del prezzo del bene, mantenendo costanti gli altri fattori
-SPOSTAMENTO DELLA CURVA DI OFFERTA: variazione della curva di offerta di un bene che avviene quando
variano fattori diversi dal prezzo del bene, che influenzano l’offerta dell’output
2.2 Determinazione di prezzo e quantità di equilibrio
La curva di domanda mostra ciò che i consumatori desiderano acquistare e la curva di offerta ciò che i
consumatori desiderano vendere. Nel caso di un mercato (perfettamente concorrenziale) in cui prezzo e
quantità della domanda eguagliano l’offerta, allora sia i compratori che i venditori otterranno ciò che
desiderano. Quando le due curve vengono messe insieme, vediamo che esiste solo un prezzo al quale la
quantità dei consumatori desiderano acquistare eguaglia esattamente la quantità che le imprese
desiderano vendere. Figura mostra graficamente che l’equilibrio si colloca all’intersezione tra la curva di
domanda e la curva di offerta.
EQUILIBRIO  situazione in cui la quantità domandata eguaglia la quantità offerta al prezzo prevalente.
Se la curva di domanda o di offerta si spostano, anche il punto di equilibrio cambierà, altrimenti non varia.
DISEQUILIBRIO  situazione in cui la quantità domandata e la quantità offerta non sono in equilibrio
Quando si verifica un eccesso della quantità che i consumatori desiderano rispetto a ciò che imprese
venderanno, si parla di “SCARSITA’”
Ogni volta che si verifica una scarsità a un dato prezzo, le forze di mercato tenderanno a generare un
prezzo più alto.
Quando si verifica un eccesso di offerta, detto anche “SURPLUS” (la quantità che imprese desiderano
vendere è maggiore della quantità che i consumatori sono disposti ad acquistare).
In questo caso i beni invenduti si accumulano, le forze di mercato esercitano un’azione verso il basso : le
imprese, piuttosto che accumulare scorte indesiderate, tagliano i prezzi e i consumatori quindi possono
pagare di meno per quel bene.
AD OGNI PREZZO DIVERSO DA QUELLO DI EQUILIBRIO, LE FORZE DI MERCATO TENDONO A PROVOCARE
VARIAZIONI DEL PREZZO E DELLA QUANTITA’ NELLA DIREZIONE DEI VALORI DI EQUILIBRIO.
2.3 L’aggiustamento a variazioni della domanda e dell’offerta
L’applicazione più comune del modello di domanda e di offerta consiste nella spiegazione o nella predizione
del modo in cui il cambiamento delle condizioni di mercato influisce sul prezzo e sulla quantità di equilibrio.
2.6a c’è un incremento della domanda, ma nessun cambiamento dell’offerta
2.6b incremento dell’offerta, senza variazioni della domanda
Usare il modello domanda-offerta per spiegare gli esiti di mercato
Il modello della domanda-offerta è stato finora spiegato per predire i risultati di mercato, ma può anche
essere utilizzato per spiegare gli esiti di mercato.
E’ necessario compiere alcuni passaggi:
-determinare com’è cambiato l’equilibrio di mercato
-individuare se è stata la domanda o l’offerta a produrre il nuovo esito di mercato
-cercare di isolare il fattore che ha prodotto la variazione osservata nell’esito di mercato
2.4 l’intervento dello Stato nei mercati: il controllo dei prezzi
I mercati possono esser concepiti come meccanismi che si autoregolano, in quanto capaci di aggiustarsi
automaticamente a ogni variazione del comportamento di compratori e venditori nel mercato.
Il prezzo deve essere però libero di muoversi in risposta all’interazione di domanda e di offerta. Quando lo
Stato interviene per regolare i prezzi, il mercato non funziona più allo stesso modo.
I decisori pubblici possono ritener che i prezzi determinati dal mercato siano troppo alti o troppo bassi.
Nel primo caso possono imporre un prezzo massimo stabilito per legge, detto anche “tetto” ai prezzi o
calmieramento. Applicare prezzi più alti di quelli previsti per legge, è quindi illegale.
Nel secondo caso, può essere stabilito per legge un prezzo minimo.
Spesso queste leggi hanno effetti economici opposti rispetto a quelli dichiarati dai policy maker che li
impongono. Teniamo presente che gli effetti dell’intervento dello Stato possono essere generalizzati ad
altri mercati nei quali dei “tetti” impediscono alle forze di mercato concorrenziali di pervenire all’equilibrio.
(ES DEL CONTROLLO DEGLI AFFITTI: imporre dei prezzi massimi agli affitti, non sempre aveva risultati
positivi i potenziali inquilini diventavano maggiori rispetto alla quantità di appartamenti disponibili (molti
avevano abbandonato perché non era più vantaggioso) quindi si cercavano altre unità abitative o si
sviluppava il mercato nero
2.5 Elasticità
(finora abbiamo studiato le relazioni qualitative, anche se quest’ultime non sono in grado di misurare
l’impatto prodotto da un cambiamento di un particolare determinante sulla quantità domandata o offerta
 ciò che è necessario è conoscere l’impatto quantitativo di una variazione di una determinante come il
prezzo)
L’elasticità misura il grado di sensibilità di una variabile (come la quantità domandata o offerta) alle
variazioni di altre variabili (come il prezzo o il reddito)  sono definite come le variazioni percentuali di una
variabile rispetto alle variazioni percentuali di un singolo determinante.
L’uso delle variazioni percentuali permette di avere una misura che non dipende dall’unità di misura delle
variabili. [SUPPONIAMO che una variazione di X produca una variazione di Y  l’elasticità è definita come
E = variazione % di Y / variazione % di X
Elasticità della domanda rispetto al prezzo
Come già affermato, quasi tutte le curve di domanda sono negative, dobbiamo però affermare che il grado
di sensibilità varia ampiamente da una merce all’altra.
La legge della domanda ci suggerisce di aspettarci un certo aumento della quantità domandata, ma non la
misura dell’aumento.
L’elasticità della domanda rispetto al prezzo misura la sensibilità della quantità domandata a una
variazione del prezzo del prodotto  è il rapporto fra la variazione percentuale della quantità domandata e
la variazione percentuale del prezzo.
L’elasticità della domanda rispetto al prezzo fornisce una misura quantitativa della sensibilità della quantità
domandata al prezzo lungo una curva di domanda.
(più alto è il valore numerico dell’elasticità, più grande è l’effetto di una variazione di prezzo sulla quantità)
Se l’elasticità della domanda rispetto al prezzo supera 1, la domanda è detta “elastica”  l’elasticità è
maggiore di 1 ogni volta che la variazione percentuale della quantità domandata è maggiore della
variazione percentuale del prezzo.
Se l’elasticità della domanda rispetto al prezzo è inferiore a 1, la domanda è detta “inelastica o anelastica”
 è inferiore a 1 ogni volta che la variazione percentuale della quantità domandata è inferiore alla
variazione percentuale del prezzo (quindi la quantità domandata è relativamente insensibile a una
variazione di prezzo)
Se l’elasticità della domanda rispetto al prezzo è uguale a 1, la domanda è detta a “elasticità unitaria”  si
ha ogni volta che le variazioni percentuali del prezzo è della quantità domandata sono uguali.
Il fatto che la domanda sia elastica, anelastica o ad elasticità unitaria determina come la variazione del
prezzo influirà sulla spesa totale del prodotto.
spesa totale = PxQ
Un prezzo più alto influenza il fattore P, ma riduce il fattore Q.
L’effetto netto sulla spesa totale dipende dalla dimensione dei cambiamenti  dipende dalla sensibilità
della quantità alla variazione di prezzo
Se un aumento di prezzo del 10% riduce la quantità del 10%, la spesa totale resta immutata.
Se un aumento di prezzo del 10% riduce la quantità di più del 10%, la spesa totale diminuirà a causa della
forte riduzione della quantità acquistata.
a) elastica
b) anelastica
c) elasticità unitaria
Calcolare l’elasticità della domanda rispetto al prezzo
Elasticità della domanda rispetto al prezzo : è la misura della sensibilità della quantità domandata a una
variazione del prezzo del prodotto  è definita come il rapporto tra la variazione percentuale della
quantità domandata e la variazione percentuale del prezzo.
η =(ΔQd / Qd)/(ΔP / P)
ELASTICITA’ DELLA DOMANDA = Δ % QUANTITA’ DOMANDATA / Δ % PREZZO
(solitamente avremo un valore negativo)
CI SONO DUE FORMULE PER CALCOLARE L’ELASTICITA’ DELLA DOMANDA:
1.elasticità puntuale della domanda
2.formula dell’elasticità d’arco
1. η =(ΔQd / Qd)/(ΔP / P)
2. . η =(ΔQd / (1/2)(Qd1+Qd2)/(ΔP / (1/2)(P1+P2)
Le elasticità della domanda variano da un bene all’altro
Più numerosi sono i beni sostituti per un prodotto e migliore è la loro qualità, più elastica sarà la domanda
del prodotto. La disponibilità di sostituti stretti di un bene dipende in parte dal modo in cui il bene è
specificamente definito. Un bene definito in modo molto ristretto avrà spesso sostituti stretti e l’elasticità
tenderà a essere più alta. Oltre al numero e alla qualità dei sostituti, un secondo fattore che può essere
importante nel determinare l’elasticità della domanda è il periodo di tempo nel quale i consumatori si
adattano a una variazione di prezzo. Più lungo è il periodo di tempo richiesto, più completo l’aggiustamento
operato dai consumatori.
La stima dell’elasticità di domanda
Stimare l’elasticità di domanda può essere problematico, perché l’elasticità della domanda si riferisce a una
curva di domanda data, ma è probabile che la curva di domanda si sposti nel tempo.
Le stime delle elasticità di domanda differiscono ampiamento tra beni diversi, ma tutte le stime
confermano la legge di domanda : i consumatori acquistano di più a un prezzo più basso a parità di tutto il
resto.
Tre altre elasticità
L’elasticità della domanda rispetto al prezzo è il più importante concetto di elasticità nella teoria
economica, ma l’elasticità in generale può essere definita come una misura della sensibilità di una variabile
alla variazione di qualche altra variabile.
Ci sono altre due elasticità molto importanti che si riferiscono alla domanda: l’elasticità della domanda
rispetto al reddito e l’elasticità incrociata della domanda rispetto al prezzo.
Per quanto riguarda l’offerta abbiamo: l’elasticità dell’offerta rispetto al prezzo.
ELASTICITA’ RISPETTO AL REDDITO
Misura la sensibilità della quantità domandata di un certo bene a una variazione del reddito, assumendo
che il prezzo rimanga invariato  rapporto fra la variazione percentuale del consumo di un bene Qd e la
variazione percentuale del reddito :
(ΔQd / Qd) /(ΔI/I)
Quando l’elasticità rispetto al reddito è positiva, il consumo del bene aumenta con il reddito, per cui il bene
deve essere normale.
Se l’elasticità è negativa, il consumo del bene diminuisce quando il reddito aumenta, e il bene deve essere
inferiore.
ELASTICITA’ INCROCIATA DELLA DOMANDA RISPETTO AL PREZZO
Misura la sensibilità del consumo di un bene alla variazione del prezzo di un altro bene  rapporto tra la
variazione percentuale del consumo di un bene X e la variazione percentuale del prezzo del bene Y
(ΔQdx/Qdx)/(ΔPy/Py)
L’elasticità incrociata al prezzo è positiva quando i beni sono sostituti e negativa quando sono
complementari.
ELASTICITA’ DELL’OFFERTA
Misura la sensibilità della quantità offerta di una merce a una variazione del prezzo della merce stessa 
rapporto tra la variazione percentuale della quantità offerta Qs e la variazione percentuale del prezzo
(ΔQs/Qs )/(ΔP/P)
Quando la curva di offerta si inclina positivamente, ha un’elasticità di offerta positiva perché prezzo e
quantità offerta si spostano nella stessa direzione.
CAPITOLO 3 LA TEORIA DELLA SCELTA DEL CONSUMATORE
3.1 Preferenze del consumatore
I consumatori si differenziano grandemente per le loro preferenze.
Gli economisti basano la loro analisi su alcune proposizioni generali sul comportamento dei consumatori
generalmente ritenute vere.
Queste proposizioni non spiegano perché le persone hanno i gusti che hanno, ma si limitano ad identificare
alcune caratteristiche comuni nelle preferenze che, in sostanza, ognuno di noi può nutrire.
Per quanto riguarda le preferenze del consumatore tipico, gli economisti formulano tre ipotesi:
-le preferenze devono essere COMPLETE :il consumatore può preferire un’opzione o l’altra, o essere
totalmente indifferente  i panieri di mercato possono essere classificati dal consumatore  una
decisione di acquisto riflette sia l’ordine di preferenza che la capacità da parte del consumatore di
acquistare beni, capacità determinata sia dal reddito che dai prezzi
-le preferenze devono essere TRANSITIVE : se il consumatore preferisce il paniere A al paniere B, e B a C 
il consumatore preferisce A a C
-il consumatore preferisce “più” a “meno”  questa caratteristica è definita come “non sazietà” (più è
meglio che meno)
SOLITAMENTE queste 3 ipotesi valgono sempre, a meno di casi particolari.
Ci sono alcuni casi dove “meno è meglio che piu”, si tratta dei cosiddetti MALI ECONOMICI  prodotto o
servizio in relazione al quale meno è meglio che più in tutte le possibili varietà di consumo.
Essi si distinguono dai BENI ECONOMICI  bene o servizio in relazione al quale più è meglio di meno  ciò
che appare come una merce desiderabile.
Preferenze del consumatore
Le preferenze di un consumatore tra i vari “panieri di mercato” (combinazioni di beni), sono rappresentate
graficamente dalle CURVE DI INDIFFERENZA.
Una curva di indifferenza è una rappresentazione grafica di tutti i panieri di beni o servizi che il
consumatore considera ugualmente soddisfacenti.
Innanzitutto, se il consumatore considera i beni desiderabili, la curva di indifferenza deve essere inclinata
negativamente.
Caratteristiche:
1. I panieri di mercato, per essere ugualmente soddisfacenti, devono contenere più di un bene e meno
dell’altro, quindi la curva deve avere pendenza negativa
2. Il consumatore preferisce sempre un paniere di mercato che si trova al di sopra di una data curva di
indifferenza a qualsiasi paniere sulla curva di indifferenza
3. Due curve di indifferenza non possono intersecarsi
4. La curva di indifferenza è CONVESSA
PER MOSTRARE L’INTERO ORDINAMENTO DELLE PREFERENZE DI UN CONSUMATORE, ci avvaliamo della
“mappa di curve di indifferenza”  ovvero l’insieme di curve di indifferenza che mostra l’intero ordine di
preferenza del consumatore
Il consumatore preferisce sempre curve di indifferenza più alte.
Un insieme di curve di indifferenza rappresenta una classifica ordinale.
Una classifica ordinale dispone i panieri di mercato in un certo ordine, ovvero il più preferito in assoluto, il
secondo, il terzo ecc..
La caratteristica della convessità non è logicamente deducibile ma deve essere dimostrata:
è necessario introdurre il concetto di SMS (SAGGIO MARGINALE DI SOSTITUZIONE) ovvero la misura della
disponibilità del consumatore a scambiare un bene con l’altro.
Il SMS dipende dalla quantità inizialmente detenuta.
Quindi il SMS non è un numero fisso, ma varia con la quantità di ciascun bene in possesso del consumatore.
Il saggio marginale di sostituzione è collegato con la pendenza delle curve di indifferenza del consumatore.
La pendenza della curva di indifferenza è uguale al SMS.
Infatti la pendenza, moltiplicata per -1, misura l’SMS del consumatore.
Disegnare una curva di indifferenza convessa, significa che l’SMS diminuisce quando ci si muove verso la
parte inferiore della curva.
Il SMS decrescente significa che, al crescere del consumo di un bene lungo una curva di indifferenza, il
consumatore è sempre meno disposto a rinunciare a qualche altro bene, per ottenere una quantità
maggiore del primo.
L’ipotesi di un SMS decrescente incorpora l’idea che le quantità relative di beni sono sistematicamente in
relazione ai modi di vedere del consumatore a proposito della loro importanza relativa.
Più un bene è scarso relativamente all’altro, maggiore è il suo valore relativo in termini dell’altro bene.
Un soggetto con un SMS decrescente preferisce un paniere con quantità medie dei vari beni rispetto a
panieri che prevedono quantità estreme di un solo bene.
In questo caso abbiamo ipotizzato che quelli del paniere siano “beni economici”. In altri casi, come quando
si tratta di mali economici, le curve di indifferenza non sono sempre convesse.
Inoltre un SMS decrescente caratterizza solo il movimento lungo una data curva di indifferenza, non un
movimento da una curva all’altra.
Gli individui hanno preferenze differenti
Le persone hanno preferenze differenti e queste differenze sono indicate dalle forme delle loro curve di
indifferenza.
Rappresentare graficamente mali economici e neutri economici
Con un insieme di curve di indifferenza possiamo descrivere QUALSIASI tipo di preferenza.
MALE ECONOMICIO  x es unità di smog e reddito  la curva di indifferenza deve necessariamente essere
inclinata verso l’alto (lo smog è un “male”)
NEUTRO ECONOMICO  il consumatore non si preoccupa né di aumentare né di diminuire la disponibilità
di un determinato bene  LINEE ORIZZONTALI implicando che il SMS sia 0
(x es le giornate di sole in Mongolia e il reddito)
Sostituti perfetti e complementi perfetti
La forma delle curve di indifferenza indica, la disponibilità dei consumatori a sostituire un bene con un altro
mantenendo immutato il proprio livello di benessere.
Alcuni beni possono essere “sostituti perfetti” : beni che il consumatore può essere disposto a sostituire
l’uno all’altro a un certo saggio costante senza modificare il proprio benessere (x es scambiare una moneta
da 10 cent con due da 5 cent).
Le curve di indifferenza sono quindi lineari con SMS costante.
All’estremo troviamo i “complementi perfetti” : beni che devono essere consumati in una precisa
combinazione al fine di fornire un dato livello di soddisfazione al consumatore.
(x es per una molecola d’acqua, è necessaria una combinazione di due atomi di idrogeno per ogni atomo di
ossigeno)
I complementi perfetti sono associati a curve di indifferenza ad angolo retto o ad L  il brusco
cambiamento nell’angolo riflette il desiderio di consumare una precisa combinazione di beni in questione.
QUANDO I BENI SONO SOSTITUTI PERFETTI le curve di indifferenza sono linee rette
QUANDO I BENI SONO COMPLEMENTI PERFETTI  le curve di indifferenza sono a forma di L
3.2 Il vincolo di bilancio
Vincolo di bilancio: modo in cui il reddito disponibile del consumatore e i prezzi da pagare per i vari beni
limitano le scelte.
Retta di bilancio: retta che mostra la combinazione di beni e servizi che possono essere acquistati ai prezzi
specificati, ipotizzando che tutto il reddito disponibile per il consumatore venga speso
(linea che mostra tutte le combinazioni (x es di biglietti del cinema e di compact disc) che lo studente può
acquistare a prezzi specificati, assumendo che si voglia spendere tutto il reddito)
La retta di bilancio è una linea continua, non un insieme di punti discreti  è possibile fare più acquisti
frazionati  idea di divisibilità continua
Qualsiasi punto esterno alla retta (x es H) richiede una spesa più grande del reddito disponibile, quindi non
è raggiungibile  non è possibile avere quantità illimitate di qualsiasi cosa  la retta di bilancio rafforza il
concetto di SCARSITA’.
Geometria della retta di bilancio
Le intercette con gli assi mostrano la quantità massima di un bene se non se ne acquista nulla dell’altro
La pendenza indica il costo relativo di ogni bene.
PENDENZA = - rapporto fra i prezzi
ΔM/ΔC= -Pc/Pm
Spostamenti delle rette di bilancio
Il reddito e il prezzo dei beni determinano la retta di bilancio del consumatore  ogni variazione del
reddito o dei prezzi determinano un cambiamento sulla retta di bilancio
Variazioni di reddito
Una variazione del reddito quando il prezzo dei prodotti restano invariati, determina uno spostamento
parallelo della retta di bilancio (la pendenza NON cambia  la pendenza è uguale al rapporto fra i prezzi 
non sono cambiati i prezzi  non cambia nemmeno la pendenza)
Infatti con un reddito più alto è possibile acquistare una quantità più grande rispetto a prima di beni, ma il
costo di un bene in termini dell’altro non cambio
Variazioni di prezzo
Una variazione di un prezzo di un bene, mentre il reddito e il prezzo dell’altro bene rimane invariato,
determina la rotazione della retta di bilancio intorno a una delle intercette.
x es: riduzione del prezzo dei compact disc da 18$ a 9$  rotazione della retta di bilancio intorno al punto
A e ne riduce la pendenza  nuova retta di bilancio AZ’
La pendenza misura il PREZZO REALE (x es prima -2/1 indicava che il prezzo dei compact disc era il doppio di
quello dei biglietti, ma non ci diceva i prezzi nominali (assoluti)).
QUINDI se entrambi i prezzi variano nella stessa proporzione, il rapporto tra i prezzi non cambia , perché il
costo di un bene nei termini dell’altro rimane invariato.
La posizione e la pendenza della retta riflette sempre prezzi reali e non nominali.
3.3 La scelta del consumatore
Le curve di indifferenza rappresentano le preferenze del consumatore nei confronti di differenti panieri di
mercato e la retta i bilancio mostra quali panieri di mercato il consumatore può permettersi.
Il consumatore sceglierà il paniere di mercato che meglio soddisfa le sue preferenze, dato un reddito
limitato e i prezzi prevalenti.
La curva di indifferenza U2 rappresenta il più alto livello di soddisfazione che lo studente può raggiungere,
data la limitazione della retta di bilancio AZ. Lo studente preferirebbe un paniere giacente su U3, ma
nessuno di questi è accessibile, perché si trova al di sopra della retta di bilancio.
W è quindi il punto ottimale  U2 è tangente ad AZ in W.
Anche R è accessibile, ma è meno preferito perché giace sotto la retta di bilancio.
Poiché U2 e AZ sono tangenti in W, le pendenze delle curve sono uguali.
Poiché le pendenze sono uguali, rispettivamente al SMS del consumatore e al rapporto tra i prezzi, la scelta
ottima del consumatore è caratterizzata dalla seguente eguaglianza
SMS = Pc/Pm
Il saggio al quale lo studente è disposto a sostituire compact disc con biglietti del cinema, è uguale a quello
al quale il mercato consente allo studente di effettuare la sostituzione.
Il saggio marginale di sostituzione indica il BENEFICIO MARGINALE, ovvero il valore che un consumatore
ricava consumando un’unità addizionale di un bene (in R, per esempio, il beneficio marginale di compact
disc è uguale a 3 biglietti del cinema, ovvero il n di biglietti al quale lo studente dovrebbe rinunciare per un
altro compact disc).
Il rapporto tra prezzi misura invece il COSTO MARGINALE, ovvero il costo sostenuto per consumare un’unità
addizionale di un bene (x es il costo di un altro compact disc è 2 biglietti del cinema  in R il beneficio
marginale di un altro compact disc in termini di biglietti è maggiore del costo marginale, quindi lo studente
accresce il suo benessere consumando più compact disc).
Lo studente ha scelto il punto W perché ha scelto un paniere di mercato tale che il beneficio marginale dei
compact disc in termini di biglietti del cinema eguagli il costo marginale dei compact disc in termini di
biglietti del cinema.
Una soluzione d’angolo
Quando il consumatore vuole acquistare entrambi i beni, ci sarà un’eguaglianza fra SMS e rapporto tra i
prezzi.
In alcuni casi, ci sono alcuni beni che i consumatore non consumano affatto.
Nel caso in cui un consumatore non acquisti alcuna quantità di un bene, la scelta ottima si trova in una delle
intercette della retta di bilancio, perché tutto il reddito viene consumato per un solo bene.
Questa soluzione, nota come SOLUZIONE D’ANGOLO, è una situazione in cui un bene particolare non è
consumato affatto dal singolo consumatore, perché il valore della prima unità del bene è inferiore al costo.
La convenzione del bene composito
Non è possibile rappresentare molti beni in un grafico a due dimensioni, ma è possibile trattare una
moltitudine di beni in due dimensioni considerando un certo numero di beni come un tutt’uno.
BENE COMPOSITO: trattare tutti gli altri beni come se fossero un unico bene.
Per trattare graficamente, raggruppiamo insieme tutti i beni salvo uno e misuriamo le spese totali per
questo bene composito sull’asse verticale. La pendenza della retta di bilancio è allora il prezzo in dollari del
bene sull’asse orizzontale.
W : punto di tangenza fra curva di indifferenza e retta di bilancio.
Innanzitutto le curve di indifferenza sono convesse perché entrambi si presumano essere desiderabili per il
consumatore.
Dobbiamo ipotizzare che i prezzi di tutti gli altri beni siano costanti, possiamo così trattarli come un singolo
bene. La spesa per altri beni serve come un indice delle quantità consumate di altri beni, se i prezzi variano
l’indice diventa elastico.
Se i prezzi sono costanti, le preferenze del consumatore sono rappresentate come curve di indifferenza che
identificano un unico livello di benessere per ciascuna combinazione di compact disc e altri beni.
DIFFERENZA FRA IL REDDITO TOTALE E LA SOMMA SPESA PER QUALSIASI COSA ECCETTO I COMPACT DISC
 reddito speso per i compact disc.
Il punto ottimale (W) indica un bilanciamento della desiderabilità relativa dei beni con i loro relativi costi.
3.4 Variazioni di reddito e scelte di consumo
Una variazione di reddito influenza le scelte di consumo modificando l’insieme dei panieri di mercato che
un consumatore può permettersi, ovvero spostando la retta di bilancio.
Per studiare questo comportamento, assumiamo che le preferenze e i prezzi rimangano fissi, ma che cambi
solo il reddito.
x es: retta di bilancio si sposta da AZ a A’Z’ (il rapporto tra prezzi è sempre invariato).
Spostando la retta di bilancio, il punto ottimale diventa W’, tangente con U2.
Se la retta di bilancio si sposta ancora A’’Z’’, la scelta ottimale diventa il punto W’’.
La linea che congiunge tutti i punti di consumo ottimo è detta “curva di reddito-consumo”, passa per i punti
W, W’ e W”.
Beni normali
In figura è mostrato il comportamento che accade al consumo di un bene quando il reddito aumenta.
+ reddito  + quantità consumata
- reddito  - quantità
In questo caso si tratta di BENI NORMALI.
La maggior parte dei beni possiede queste caratteristiche.
Quando si verifica un incremento del reddito con assenza di variazione dei prezzi, questo viene
rappresentato da uno spostamento della curva di domanda.
“d” è una curva di domanda che presume costante il reddito (associato alla retta AZ); “d’ “ presume il
reddito costante ad un livello però differente (associato alla retta A’Z’).
Beni inferiori
Il consumo di alcuni beni, detti inferiori, è inversamente correlato al reddito.
Un bene inferiore è quindi un bene che il consumatore acquista in quantità minori quando il reddito cresce
ma il prezzo rimane invariato, ed è caratterizzato da una curva di reddito-consumo inclinata
negativamente.
In corrispondenza di un reddito più alto, la domanda per un bene inferiore si sposta verso l’interno.
Per es il punto ottimale W’ sulla nuova retta di bilancio indica che la domanda è scesa a H2.
La curva reddito-consumo che connette i punti ottimali, è inclinata negativamente (consumi più bassi a
reddito più alto).
La curva di domanda di sposta verso l’interno  meno domanda.
I beni in sé non sono intrinsecamente normali o inferiori, ma la definizione si riferisce alla risposta degli
individui a variazioni del loro reddito, le risposte dipendono in definitiva dalle forme delle curve di
indifferenza degli individui.
Un bene può infatti essere normale per un individuo ad un certo livello di reddito, ma inferiore ad un altro
livello di reddito.
Un bene inferiore inoltre non è un MALE.
I beni inferiori sono beni in senso stretto appartenenti ad una categoria generale che comprende diversi
altri beni di qualità superiore.
Programma di buoni spesa
Secondo il programma federale, le famiglie a basso reddito che soddisfano i requisiti previsti dalla legge,
ricevono buoni spesa utilizzati solo per acquistare prodotti alimentari.
Con un sussidio di buoni spesa  il beneficiario compra più cibo
Se il beneficiario ottenesse un sussidio sotto forma di denaro  il consumo di cibo aumenta (perché è un
bene normale) ma anche l’acquisto di altri beni, non alimentari, aumenta  potrebbero essere acquistati
anche altri beni “non necessari”
3.5 Gli individui sono egoisti?
L’analisi economica non contiene pregiudizi sulle merci, i servizi o le attività da considerare “beni”
economici o “mali” economici.
Molte cose sono “beni” per alcuni e “mali” per altri, qualsiasi tentativo di specificare in anticipo ciò che gli
individui considerano desiderabile indurrebbe a commettere errori.
Le persone rivelano che alcune merci sono desiderabili con il modo in cui allocano la loro spesa.
Quando i consumatori rinunciano a determinate somme di denaro x es per dei servizi internet, capiamo che
i servizi internet sono dei beni desiderabili per gli individui.
ANCHE LE PREFERENZE ALTRUISTICHE possono essere analizzate dalla teoria economica.
Nella sezione a Sam da 5 000 $ del suo reddito ad Oscar. Nella sezione b, Sam non darà più nulla ad Oscar.
La figura mostra ancora preferenze secondo le quali Sam vede il reddito di Oscar come un reddito
economico, ma l’intensità delle preferenze è differente ed è mostrata dalle differenti pendenze delle curve
di indifferenza (diversi SMS)  nella figura a Sam è disposto a donare/ nella figura b no (donare ad Oscar,
significa togliere soldi dal proprio reddito).
Un ruolo critico in questo caso è svolto dall’intensità delle sue preferenze e dal costo del donare.
3.6 L’approccio utilitaristico alla scelta del consumatore
Assumiamo di poter misurare la quantità di soddisfazione che un consumatore ottiene da un paniere di
mercato in base alla sua utilità. Le unità in cui si misura l’utilità sono arbitrarie, ma solitamente si fa
riferimento con il termine “util”  un util è un’unità di utilità.
Per i consumatori, il consumo di beni fornisce loro un’utilità.
Champagne
(coppe)
1
2
3
4
UTc
UMac (once)
20
38
53
65
20
18
15
12
Profumo
(once)
1
2
3
4
UTf
UMf
50
85
110
130
50
35
25
20
UTILITA’ TOTALE  funzione che attribuisce un numero (util) a ogni possibile paniere di beni (o più in
generale a ogni possibile situazione) e che rappresenta la preferenza degli agenti, associando numeri
maggiori a panieri più desiderabili.
UTc  totale degli util che il soggetto ottiene da un dato numero di coppe di champagne (se consuma 2
bicchieri, l’utilità totale è 38).
UTILITA’ MARGINALE  incremento dell’unità totale che si ottiene quando il consumo aumenta di un’unità.
UMac  quantità di cui aumenta l’utilità totale quando il consumo aumenta di un’unità
consumo aumenta da 3 a 4 coppe, è 12.
UTILITA’ MARGINALE DECRESCENTE  ipotesi secondo la quale, a parità di tutte le altre condizioni,
all’aumentare del consumo di un bene, l’utilità marginale associata con il consumo di unità addizionali di
quel bene tende a diminuire.
Si noti che UMac, ogni bicchiere successivo è sempre più piccola.
La tabella contiene anche l’utilità totale e marginale di un altro bene (il profumo).
L’utilità totale di un paniere di mercato è quindi la somma di UTc e UTf.
(naturalmente il consumatore sceglierà il paniere di mercato che produce la più grande utilità totale, nei
limiti rappresentati dal reddito del consumatore e dai prezzi dei due beni.
La scelta ottima del consumatore
Il paniere di mercato che massimizza l’utilità è quello nel quale l’allocazione di reddito da parte del
consumatore avviene in modo tale che il rapporto tra l’utilità marginale e il prezzo de bene sia uguale per
ogni bene acquistato :
UMac / Pc = Umaf/Pf
Uma/P = è il saggio marginale di rendimento.
Relazione con le curve di indifferenza
La pendenza di una curva di indifferenza è correlata alle unità marginali di due beni.
Nel punto R la pendenza è ΔC/ ΔF = UMf / UMc.
La pendenza della curva di indifferenza misura l’importanza relativa dei due beni per il consumatore, a sua
volta uguale alle loro utilità marginali relative.
QUINDI
ΔC x UMac = ΔF x UMaf
Poiché ΔC/ΔF= SMSfc
Possiamo dire che
SMSfc = UMaf/UMac
QUINDI
SMSfc= Pf/Pc
QUINDI
UMaf/Umac= Pf/Pc
QUINDI
UMaf/Pf=UMac/Pc
CAPITOLO 4
DOMANDA INDIVIDUALE E DI MERCATO
4.1 Variazioni di prezzo e scelte di consumo
Esaminiamo il modo in cui la variazione del prezzo di un bene influenza il paniere di mercato scelto da un
consumatore, tenendo costanti il reddito, le preferenze e i prezzi degli altri beni.
La figura mostra un consumatore che deve decidere come allocare il proprio reddito fra educazione
universitaria e altri beni.
Sulla retta di bilancio AZ il punto preferito è W, se la retta si sposta il punto preferito è W’, se si sposta
nuovamente la nuova retta di bilancio è AZ’’ e il punto ottimale è W’’.
(se diminuisce il prezzo dei crediti universitari, mentre gli altri fattori rimangono costanti, il consumatore
acquista più crediti universitari)
A ogni possibile prezzo corrisponde una differente retta di bilancio e il consumatore sceglie il paniere di
mercato che permette di raggiungere la curva di indifferenza più alta possibile.
I punti W, W’ e W’’ rappresentano tre panieri di mercato associati ai prezzi.
Se uniamo questi punti, otteniamo la CURVA PREZZO-CONSUMO, ovvero la curva che identifica il paniere di
mercato ottimo associato a ogni possibile prezzo di un bene, mantenendo costanti tutti gli altri
determinanti della domanda.
La curva di domanda del consumatore
La curva di domanda mette in relazione il consumo per i crediti con il loro prezzo, mantenendo costanti
fattori come il reddito, i prezzi di beni collegati e le preferenze.
La curva prezzo-consumo ha lo stesso significato, benché non sia in sé la curva di domanda.
Per convertire la curva prezzo-consumo di una curva di domanda non dobbiamo fare altro che
rappresentare graficamente la relazione prezzo-qualità identificata dalla curva prezzo consumo nel grafico
appropriato.
La figura (b) mostra la curva di domanda del consumatore e mostra la quantità di crediti universitari che il
consumatore comprerà a prezzi alternativi, a parità degli altri fattori. La curva di domanda è determinata
trasferendo in un grafico le combinazioni prezzo-quantità identificate dalla curva prezzo-consumo nella
figura (a).
Alcune osservazioni sulla curva di domanda
Abbiamo appena delineato una curva di domanda di un consumatore a partire dalle preferenze individuali
soggiacenti (con un reddito fisso e prezzi fissi degli altri beni), questo approccio chiarisce diversi punti:
-il livello di benessere del consumatore varia lungo la curva di domanda (il consumatore raggiunge una
curva di indifferenza più alta quando il prezzo dei crediti universitari diminuisce)
-Il prezzo degli altri beni è ipotizzato costante allo spostarsi lungo una curva di domanda, ma la domanda di
altri beni può variare
-In ogni punto della curva di domanda la condizione di scelta ottima del consumatore è soddisfatta
SMSca = Pc/Pa dove «A» si riferisce ad «altri beni» (bene composito) quando il prezzo del credito
universitario scende, il valore di Pc/Pa diventa più piccolo e il consumatore sceglie un paniere di mercato
per il quale anche SMSca è più piccola
-la curva di domanda identifica il benefico marginale associato ai vari livelli di consumo
(poiché l’SMS è una misura di ciò che il consumatore è disposto a sacrificare per un credito universitario
addizionale, esso è una misura del beneficio marginale l’ordinata della curva di domanda è uguale
all’SMS, indicando in tal modo il beneficio marginale del bene per il consumatore=
Le curve di domanda sono sempre inclinate negativamente ?
Figura 4.2 suggerisce tale possibilità  quando la retta di bilancio è AZ, il consumo del bene X è X1 unità 
se il prezzo di X diminuisce, per cui la retta diventa AZ’, il consumo di X scende a X2, un’evidente violazione
della legge di domanda.
Il fatto che si possa costruire un grafico nel quale la riduzione del prezzo è legata ad un riduzione del
consumo, non è detto che possa verificarsi nella realtà.
4.2 Effetto reddito ed effetto sostituzione di una variazione di prezzo
La variazione di prezzo influenza il consumo in due modi:
1. EFFETTO REDDITO: effetto sulla domanda individuale dovuto alla variazione del potere d’acquisto reale
di un consumatore, causata dalla variazione del prezzo di un bene. Se il prezzo del bene scende  il potere
d’acquisto del consumatore aumenta  influenza il consumo del bene.
Una riduzione di prezzo aumenta il reddito REALE, consente al consumatore di raggiungere una curva di
indifferenza più alta.
2. EFFETTO SOSTITUZIONE: effetto sulla domanda individuale dovuto alla variazione dei prezzi relativi dei
beni, causata da una variazione del prezzo di uno specifico bene. Quando il prezzo di un bene cala  il
consumatore è spinto a consumare di meno altri beni sostituti, relativamente più cari.
Il consumatore sostituirà il bene meno caro ad altri beni, tramite una sostituzione.
Sia un aumento del reddito che una riduzione di prezzo consente al consumatore di raggiungere una curva
di indifferenza più alta.
In entrambi i casi la retta si sposta verso l’esterno e permette il consumo di panieri prima irraggiungibili.
Fra questi due fattori vi è comunque una differenza: nel caso di una riduzione di prezzo, il consumatore si
sposta lungo una curva di indifferenza più alta in un punto dove la pendenza è minore che nel punto di
consumo ottimo originario, il consumatore è sceso lungo la curva di indifferenza per consumare una
maggiore quantità del bene; quando il reddito aumenta invece, il consumatore si muove lungo un punto
giacente su una curva di indifferenza più alta dove la pendenza SMS è uguale a prima dell’incremento del
reddito (questo avviene perché cambia solo il reddito, ovvero la pendenza della retta di bilancio, ma non il
costo dei due beni)
Effetto reddito ed effetto sostituzione: il caso dei beni normali
L’incremento del consumo di ore di crediti universitari (da C1 a C2) in risposta al prezzo più basso, è
l’effetto totale della riduzione di prezzo sugli acquisti dei crediti universitari.
La curva di domanda descrive l’effetto totale (effetto sostituzione + effetto reddito)
L’effetto sostituzione illustra come la variazione dei prezzi relativi influenza da sola il consumo,
indipendentemente da qualsiasi variazione del reddito reale o del benessere.
Per isolare l’effetto sostituzione dobbiamo mantenere il consumatore sulla curva di indifferenza originaria
U1 e tracciare così una nuova ipotetica retta di bilancio HH’.
La nuova retta di bilancio mostra che se, dopo la diminuzione del prezzo, il reddito del consumatore si
riduce di AH, il paniere di mercato preferito sarà il punto J su U1, la curva di indifferenza raggiunta dal
consumatore prima della diminuzione del prezzo.
L’effetto sostituzione è indicato dalla differenza tra i panieri di mercato nei punti W e J.
Il prezzo più basso di un credito universitario, porta a un maggior consumo di ore universitarie da C1 a Cj,
riducendo così il consumo di altri beni.
L’effetto reddito è indicato dalla variazione del consumo quando il consumatore si muove dal punto J su U1
al punto W’ su U2.
Questo cambiamento implica un movimento parallelo di HH’ verso la retta di bilancio AZ’.
(spostamento parallelo della retta di bilancio = variazione del reddito, nessun cambiamento del prezzo del
credito universitario).
L’effetto reddito provoca un aumento del consumo di ore di credito universitario da Cj a C2.
SOMMA dell’effetto sostituzione (da C1 a Cj) e dell’effetto reddito (da Cj a C2), misura l’effetto totale (da C1
a C2), del prezzo più basso da pagare per il consumo di istruzione universitaria.
Come ultima analisi, possiamo affermare che: quando i prezzi sono più bassi, le persone consumano di più,
quindi la legge della domanda è valida.
Notiamo anche che l’effetto sostituzione di qualsiasi variazione di prezzo implica sempre più consumo di un
bene al prezzo più basso e meno consumo a un prezzo più alto.
Con curve di indifferenza convesse, quindi con SMS decrescente, un prezzo più basso implica un vincolo di
bilancio meno inclinato e quindi una discesa lungo la curva di indifferenza originaria fino a un punto in cui la
nuova inclinazione della retta di bilancio è uguale al SMS e il consumo del bene è più grande.
L’effetto sostituzione è conforme alla legge di domanda.
L’effetto reddito di una variazione di prezzo, implica un maggior consumo al prezzo più basso solo se il bene
è un bene normale.
La curva di domanda deve essere quindi inclinata negativamente.
Sia l’effetto reddito che l’effetto sostituzione di una variazione di prezzo implicano un maggior consumo del
bene quando il suo prezzo è più basso.
Dato che l’effetto totale è la somma degli effetti di reddito e di sostituzione, gli individui consumeranno una
quantità maggiore di un bene normale quando il suo prezzo è più basso.
(ESEMPI: effetti di reddito e di sostituzione associati a misure di tassazione della benzina e un’analisi grafica
del programma imposta-più-rimborso)
4.3 Effetti di reddito e di sostituzione: beni inferiori
Meccanicamente, per separare l’effetto reddito dall’effetto sostituzione causati dalla variazione di prezzo di
un bene inferiore, la procedura è sostanzialmente simile a quella adottata nel caso di un bene normale.
I risultati però si differenziano: con una riduzione di prezzo, l’effetto sostituzione incoraggia un maggior
consumo, ma l’effetto reddito opera nella direzione opposta.
A un prezzo più basso, il reddito reale del consumatore aumenta e questo implica meno consumo del bene
inferiore. La riduzione del prezzo di un bene inferiore implica un effetto sostituzione che incoraggia a
consumare di più ma anche un effetto reddito che incoraggia a consumare di meno.
L’effetto totale potrebbe andare in ENTRAMBE le direzioni.
x es:a) la retta di bilancio è AZ con un prezzo degli hamburger di 2$ e H1 libbre acquistate.
Quando il prezzo scende a 1$, la linea di bilancio ruota ad AZ’ e il consumo sale ad H2.
Si traccia l’ipotetica retta di bilancio HH’, che mantiene il consumatore sulla curva di indifferenza U1.
L’effetto sostituzione è il movimento da W a J su U1, che implica che il consumo passi da H1 a Hj,
Ma poiché per il consumatore gli hamburger sono un bene inferiore, l’effetto reddito passa da Hj a H2.
Complessivamente, l’effetto totale della riduzione del prezzo è comunque un maggior consumo, poiché
l’effetto sostituzione è maggiore dell’effetto reddito.
In questo situazione quindi la curva è inclinata negativamente.
b) in questo caso, l’effetto totale della diminuzione di prezzo è una riduzione del consumo di X, da X1 a X2.
Effetto sostituzione: da W a J, ossia il maggior consumo di X.
Effetto reddito: da X1 a X2
Effetto reddito prevale sull’effetto sostituzione.
PER I BENI INFERIORI CI SONO QUINDI 2 POSSIBILITA’:
1. Se l’effetto sostituzione è più grande dell’effetto reddito quando il prezzo del bene varia, la curva di
domanda ha la solita pendenza negativa
2. Se l’effetto reddito è più grande dell’effetto sostituzione, la curva di domanda ha pendenza positiva.
Questo secondo caso rappresenta un’eccezione teoricamente possibile alla legge di domanda (raramente
osservata).
Può avere luogo solo con un bene inferiore o per un sottoinsieme di beni inferiori in cui l’effetto reddito è
più grande dell’effetto sostituzione.
Chiamiamo questi beni, BENI DI GIFFEN.
(es: esempio ipotetico di un bene di Giffen e il caso dei beni di Giffen: esistono davvero?)
4.4 Dalla domanda individuale a quella di mercato
Le curve di domanda individuali di tutti i consumatori del mercato, sommate insieme, costituiscono la curva
di domanda del mercato.
Se la tipica curva di domanda del consumatore ha pendenza negativa, allora la curva di domanda del
mercato deve avere pendenza negativa.
MOSTRA come le curve di domanda individuali sono aggregate per ottenere la curva di domanda di
mercato.
Il processo di addizionare le curve di domanda individuali per ottenere la curva di domanda di mercato è
chiamato “somma orizzontale”, perché le quantità (misurate sull’asse orizzontale) acquistate a ogni prezzo
sono sommate.
Quando la curva di domanda ha pendenza negativa la curva di domanda ha pendenza negativa.
Se tutti i consumatori comprano di più a un prezzo più basso, gli acquisti totali aumenteranno quando il
prezzo diminuisce. Una curva di domanda è inclinata negativamente anche se alcuni consumatori hanno
curve di domanda individuali inclinate positivamente.
4.5 Surplus del consumatore
I consumatori acquistano beni perché dopo l’acquisto il loro benessere aumenta (ovvero si trovano su una
curva di indifferenza più alta).
“surplus del consumatore” : misura monetaria del guadagno netto ottenuto dal consumatore o dal gruppo
di consumatori con l’acquisto di un bene, sorge quando il suo costo è inferiore al massimo che i
consumatori sono disposti a pagare.
E’ quindi il guadagno netto fornito all’individuo dal consumo di un paniere di mercato piuttosto che da un
altro.
x es: durante gli esami spendo 18$ al giorno per tazze di caffè (6 tazze per 3$ a tazza).
Alternativamente, potrei scegliere di risparmiare 18$ al giorno. Visto che io voglio bere caffè, stabilisco che
se riesco ad acquistare 6 tazze pagandole 3$ a tazza, mi garantisco un surplus del consumatore.
Per capire in termini monetari quanto vale il surplus del consumatore, devo chiedermi:
quanto sono disposto a pagare per sei tazze di caffe al giorno? La risposta è il BENEFICIO TOTALE
BENEFICIO TOTALE: valore totale che un consumatore ricava da una particolare quantità di bene e dunque
il massimo ammontare che il consumatore sarebbe disposto a pagare per quella quantità di bene.
Differenza fra costo totale e beneficio totale: beneficio netto ricevuto, o surplus del consumatore.
La curva di domanda fornisce un modo ulteriore di misurare il surplus del consumatore.
Per comprendere il collegamento tra la curva di domanda e il surplus del consumatore, si consideri (nel
nostro esempio) la curva di domanda dei caffè espressi.
x es: se inizialmente il costo di una tazza di caffè è 8$.
Vuol dire che il mio beneficio marginale della prima tazza di caffè è 8$, ovvero il prezzo che pagheremmo
per la prima tazza di caffè.
BENEFICIO MARGINALE: valore incrementale che un consumatore ricava consumando un’unità addizionale
di un bene e, quindi, l’ammontare massimo che il consumatore sarebbe a disposto a pagare per quell’unità
addizionale.
Visto che siamo disposti a pagare 8$ alla prima tazza, 8$ sono il beneficio che otteniamo dalla prima tazza
di caffè. Abbassando ulteriormente il prezzo a 7$, il beneficio per la seconda tazza sarà di 7$.
Quindi la curva di domanda è la curva a gradini “d” e l’area di ogni rettangolo misura il beneficio marginale
di una specifica tazza.
BENEFICIO TOTALE : somma dei benefici marginali.
x es: consideriamo la prima e la seconda tazza, il beneficio marginale è 15$.
Se determiniamo la somma massima che siamo disposti a pagare, è possibile calcolare il beneficio totale
che le tazze di caffè mi apportano, ovvero l’area sotto la curva di domanda fino a raggiungere la quantità
acquistata.
[BENEFICIO TOTALE= somma dei benefici marginali
COSTO TOTALE= somma del costo X ogni unità
BENEFICIO NETTO= beneficio totale – costo totale ]
GEOMETRICAMENTE  sommiamo le aree dei 6 rettangoli che riflettono i benefici marginali e sottraiamo il
costo totale  l’area che resta è il surplus del consumatore.
Nella figura: il caffè espresso è divisibile in piccole unità in modo tale che si possa tracciare una curva di
domanda D continua.
Ammettiamo anche più di un consumatore di caffè, quindi la domanda si indica con la lettera maiuscola D.
In questo caso il surplus del consumatore è rappresentato dall’area TEP.
Gli usi del surplus del consumatore
Per i manager delle imprese commerciali, il surplus del consumatore indica i benefici ottenuti dai
compratori in più rispetto al prezzo pagato.
Il concetto di surplus del consumatore può anche essere usato per identificare il beneficio netto di una
variazione di prezzo di una merce o di un suo livello di consumo.
(es domanda di zucchero negli stati uniti  x es se il prezzo dello zucchero diminuisce, la curva di domanda
può variare e così anche il surplus e il beneficio del consumatore  se il prezzo diminuisce, ci può essere sia
un aumento nell’acquisto di zucchero ma anche un aumento nell’acquisto di altri beni)
Surplus del consumatore e curve di indifferenza
Il surplus del consumatore associato alla capacità di acquistare tazze di caffè a 6$ l’una è indicato dalla
posizione del consumatore su U2 al posto di U1.
La distanza WR simboleggia il surplus del consumatore.
Se il consumatore non acquista tazze di caffè, il punto ottimale è A che si trova su U1 e non avrà alcun
beneficio netto.
Possiamo quindi affermare che il consumatore otterrà beneficio acquistando 6 tazze di caffè, mentre non
otterrà beneficio se non ne acquisterà alcuna.
la distanza AA2 è il massimo ammontare che il consumatore sarebbe disposto a pagare per un caffè, misura
il beneficio totale.
in realtà in consumatore acquista 6 unità al costo di 18$, quindi al costo di AA1.
il beneficio totale AA2 supera il costo totale AA1, della distanza A1A2 (uguale alla distanza WR).
la differenza fra il costo totale e il beneficio totale (in questo caso 15$) è il surplus del consumatore
acquistando 6 tazze di caffè a 3$ l’una.
PRESUPPOSTO FONDAMENTALE:
l’effetto reddito delle variazioni di prezzo sul consumo del bene in questione DEVE essere zero.
questo presupposto si traduce in curve di indifferenza verticalmente parallele, che hanno la stessa
pendenza quando ci si muove lungo una linea verticale.
(pendenza di U1 = pendenza di U2).
4.6 Elasticità rispetto al prezzo e curva prezzo-consumo
L’elasticità rispetto al prezzo può essere calcolata per qualsiasi curva di domanda, sia essa la curva di
domanda di mercato o la curva di un singolo consumatore.
L’elasticità rispetto al prezzo di mercato dipende dalle sottostanti elasticità delle curve di domanda dei vari
consumatori. La trattazione individuale, difatti, fornisce importanti informazioni sull’elasticità della
domanda.
FIGURA MOSTRA 4 IPOTETICHE CURVE PREZZO-CONSUMO:
a) curva inclinata negativamente/ elasticità rispetto al prezzo supera l’unità  curva di domanda ELASTICA
(se la domanda è elastica, la variazione percentuale della quantità associata a una variazione di prezzo è più
grande, in termini di valore assoluto, della variazione percentuale del prezzo  la spesa totale si muove
nella stessa direzione della quantità e nella direzione opposta rispetto al prezzo ogni volta che il prezzo
subisce un cambiamento
b) domanda con elasticità unitaria  la linea prezzo-consumo è una linea orizzontale, indicando che la
spesa totale in educazione universitaria rimane invariata quando il prezzo muta
c) curva prezzo consumo inclinata positivamente  domanda di domanda anelastica  una riduzione del
prezzo riduce la spesa totale dell’istruzione universitaria
[CURVA NEGATIVA: domanda elastica
CURVA ORIZZONTALE: domanda ad elasticità unitaria
CURVA POSITIVA: domanda anelastica]
d) curva prezzo-consumo a forma di U  vuole dire che l’elasticità della domanda varia lungo la curva : è
elastica lungo la parte inclinata negativamente AJ, diventa ad elasticità unitaria nel punto J dove la
pendenza è 0 e diventa anelastica alla destra del punto J.
Questo tipo di curva è tipica.
Una curva di domanda del consumatore tende ad essere elastica a prezzi elevati ed anelastica a prezzi
bassi.
4.7 Effetti rete
EFFETTO RETE: la misura in cui la domanda di un bene da parte di un singolo consumatore è influenzata
dagli acquisti di altri individui.
Effetti rete possono essere POSITIVI o NEGATIVI.
POSITIVI  EFFETTO GREGGE: effetto rete positivo, descrive una situazione nella quale alcuni agenti
economici scelgono di imitare il comportamento di altri agenti economici  ha luogo quando la quantità
domandata di un bene è tanto maggiore quanto è più grande il numero degli altri consumatori di quel bene
NEGATIVI  EFFETTO SNOB: effetto rete negativo  la quantità domandata di un bene diminuisce quanto
più grande è il numero del altri consumatori che acquistano quel bene.
Effetto gregge
Nella commercializzazione dei prodotti, è fondamentale APPROFITTARE dell’effetto gregge.
I venditori sanno che la capacità di vendere certi prodotti a un particolare consumatore è tanto più grande
quanto è maggiore il numero dei consumatori che acquistano gli stessi prodotti.
Effetti rete positivi nascono dal desiderio dei consumatori di essere alla moda e dall’utilità che deriva dal
possesso di prodotti popolari.
In altri casi, l’effetto gregge deriva dal valore intrinseco che un bene possiede, che si è sviluppato dall’uso
diffuso di quest ultimo tra i consumatori.
La figura descrive un esempio di effetto gregge  diminuzione di prezzo comporterebbe un aumento della
quantità (da 1000 a 1250) il resto dell’aumento è la prova dell’effetto gregge.
La risposta totale della quantità domandata a una variazione di prezzo è la somma del puro effetto prezzo e
dell’effetto gregge. Quindi la sua dimensione supera il puro effetto prezzo.
Effetto snob
La valutazione di alcuni beni da parte del consumatore può essere più grande quanto più esclusivi sono i
beni, a causa del prestigio e dell’ammirazione che possono derivare dal possesso di beni che sono elementi
di distinzione (x es oggetti d’antiquariato o Jaguar d’epoca).
La quantità di bene domandata da un particolare individuo diminuisce quanto più è ritenuta diffusa la
proprietà del bene da parte di altri consumatori. Per questi beni la curva di domanda è anelastica.
Poiché l’effetto snob contrasta il puro effetto prezzo, la curva di domanda è MENO elastica rispetto al
prezzo l’impatto cumulativo dei puri effetti prezzo e snob sulla quantità domandata è inferiore a quello
del puro effetto prezzo
CAPITOLO 5
Applicazioni della teoria della scelta del consumatore
5.1 Sussidi, assistenza sanitaria e benessere del consumatore
Un’accisa negativa è una forma di sussidio in cui lo Stato paga parte del prezzo unitario di un bene e
consente al consumatore di acquistare tutte le unità che desidera al prezzo sussidiato.
x es: lo stato paga metà del costo dell’abitazione del consumatore  abbassa del 50% il prezzo unitario dei
servizi abitativi.
Esempi:
-assistenza sanitaria : per decenni negli Stati Uniti le aziende pagavano parte dei costi dell’assistenza
sanitaria perché erano esenti da imposta e sovvenzionati dallo stato
5.1
La relativa efficacia di un trasferimento a somma fissa
Quando un’accisa negativa abbassa il prezzo di un bene per il consumatore, il consumo del bene
aumenterà.
SUPPONIAMO che invece di un’accisa negativa, lo Stato dia al consumatore lo stesso ammontare di
assistenza (x es 30$ a settimana) nella forma di denaro da spendere.
TRASFERIMENTO O TASSA A SOMMA FISSA : forma di sussidio o di imposta in cui lo Stato riconosce o
preleva ai soggetti un certo ammontare di risorse che non dipende dalle scelte dei soggetti stessi.
erogazione di una somma fissa di denaro  incremento del reddito del beneficiario  spostamento
parallelo della retta di bilancio da AZ a A’Z’’.
AZ’’ passa per W’, il paniere in presenza dell’accisa negativa  questo accade perché entrambi i sussidi
comportano lo stesso costo per lo stato.
In presenza dell’erogazione a somma fissa di denaro il consumatore HA L’OPZIONE di acquistare lo stesso
paniere di mercato che avrebbe scelto in presenza dell’accisa negativa.
Con la nuova retta A’Z’’ il paniere preferito dal consumatore è W’’.
Di fronte al trasferimento in denaro, il consumatore acquista una quantità minore di prestazioni di
assistenza sanitaria, ma una quantità maggiore di altri beni , quindi il suo benessere AUMENTA (raggiunge
una curva di indifferenza più alta).
Possiamo affermare che solo l’accisa negativa ha un effetto sostituzione che stimola ovvero il consumo di
prestazioni di assistenza sanitaria.
I trasferimenti in denaro possono invece: possono essere acquistate le stesse prestazioni di assistenza
sanitaria, prodotti alimentari o abitativi e possono comunque acquistare altri beni in base alle proprie
preferenze (si presume che preferiscano un’alternativa al bene sussidiato che stavano consumando).
L’ANALISI NON DIMOSTRA che sia meglio un trasferimento in denaro  i beneficiari riescono ad aumentare
il proprio benessere secondo le PROPRIE PREFERENZE.
Applicare l’approccio del surplus del consumatore
La stessa analisi può essere condotta usando il concetto di “surplus del consumatore”.
5.2
Inizialmente si acquistano H1 unità di assistenza sanitaria  con l’accisa negativa o l’introduzione del
sussidio al consumo, le unità passano a H2.
Il beneficio per il consumatore è ora PEBP’.
Il costo per lo stato è invece rappresentato dall’area PCBP’. E’ chiaro che il costo per lo stato SUPERA il
beneficio per il consumatore del triangolo ECB. Quest’area corrisponde ad una “perdita secca” dell’accisa
negativa  PERDITA SECCA: misura della perdita aggregata in termini di benessere dei partecipanti di un
mercato, conseguente a un livello di produzione a un livello efficiente.
Definire ECB come una perdita secca, non vuole affermare che il consumatore sta peggio in presenza
dell’accisa, significa che il consumatore potrebbe migliorare il proprio benessere dell’area ECB in presenza
di un sussidio alternativo a parità di costo per lo stato.
POSSIAMO ANCHE COMPRENDERE COME L’AREA ECB SIA UNA PERDITA IN UN ALTRO MODO:
il valore delle unità addizionali di assistenza sanitaria sono rappresentate da EBH2H1.
Queste unità addizionali presentano anche un COSTO, ovvero ECH2H1, che supera il beneficio per il
consumatore. Offrendo al consumatore un prezzo artificialmente basso, esso viene spinto ad acquistare
unità di assistenza sanitaria ad un prezzo inferiore al loro vero costo.
L’aumento del surplus del consumatore può essere replicato con un sussidio a somma fissa uguale a PEBP’.
L’accisa negativa produce lo stesso miglioramento del benessere del consumatore, ma il suo costo per lo
stato è maggiore di un ammontare uguale all’area ECB.
FIGURA 5.1  un’accisa negativa chiede 30$ per passare da U1 a U2, mentre per spostare il consumatore
da U1 a U2, un sussidio a forma fissa richiederebbe uno spostamento parallelo verso l’esterno della retta di
bilancio originaria AZ di meno di 30$.
5.4 Pagare i costi della gestione dei rifiuti
ESEMPIO: città della Pennsylvania x risolvere i problema dei rifiuti :
i cittadini pagavano una tassa annua fissa e difatti il prezzo effettivo sostenuto dalle famiglie per la raccolta
dei rifiuti era praticamente zero.
Anche se la famiglia avesse raddoppiato i suoi rifiuti, non avrebbe sostenuto costi aggiuntivi.
VIENE INTRODOTTO UN NUOVO SISTEMA: il sistema dei sacchi.
Con questo sistema, ogni famiglia più produce rifiuti, più sacchi deve comprare e maggiore è la spesa.
QUINDI possiamo dire che i cittadini erano incentivati a produrre meno rifiuti.
SITUAZIONE INIZIALE: retta di bilancio AZ, curva di indifferenza U1 e punto ottimale W.
SISTEMA DEI SACCHI: retta di bilancio A’Z’, curva di indifferenza U2 e punto W’.
Il beneficio riguarda tutti?
Una famiglia media ottiene un beneficio.
es: le famiglie hanno lo stesso reddito (stessa retta di bilancio)
famiglia M deve smaltire 2500 libbre di rifiuti, N 1500.
La linea di bilancio comune diventa A’Z’, ma mentre la famiglia N è avvantaggiata, la famiglia M sarà
svantaggiata da questa situazione.
5.5 La scelta del consumatore tra risparmio e indebitamento
RISPARMIARE= consumare meno del proprio reddito corrente, per poterne consumare di più
successivamente
CONTRARRE UN PRESTITO= consumare di più del reddito corrente, ma il consumo futuro dovrà essere
inferiore al consumo futuro per poter restituire il prestito
Decidere fra una di queste due ipotesi riguarda la distribuzione del consumo tra vari periodi di tempo.
Ci sono dei fattori che influenzano questa scelta.
ANNO 1: I1 = 10 000$
ANNO 2= I2= 2 200$
Tasso d’interesse (r) è il 10% all’anno [totale assenza di inflazione]
La retta di bilancio indica quali combinazioni sono disponibili per il consumatore.
N = PUNTO DI DOTAZIONE INIZIALE: paniere di beni e servizi che gli agenti detengono prima di iniziare a
scambiare, in questo caso in assenza di risparmio o indebitamento.
X ES: Z= intercetta orizzontale della retta di bilancio  consumo anno 1 è 0, consumo anno 2 13 200$
A= massima spesa possibile anno 1  anno 1 spesa di 12 000 $, anno 2 0
(nell’anno 2 dovranno essere restituiti i 2 000 $ e 200$ di tasso di interesse).
A,N,Z sono tre punti sulla retta di bilancio del consumatore.
Se il consumatore compie una scelta entro il segmento NZ: risparmierà nell’anno 1 e consumerà più di
quanto ha guadagnato nell’anno 2; entro il segmento AZ: contrarrà debiti nell’anno 1 e li restituirà
nell’anno 2.
PENDENZA : 1/(1+r)
(con un r del 10%, la pendenza è uguale a 1/1+0,10, arrotondato 0,91)
IN ENTRAMBI GLI ANNI IL CONSUMO E’ DESIDERABILE le curve di indifferenza hanno una forma normale.
La pendenza di una curva di indifferenza in ogni suo punto è il saggio marginale di sostituzione tra il
consumo dell’anno 1 e il consumo dell’anno 2.
SCELTA MIGLIORE: punto W.
Consumo anno 1 è di 7000$, consumo dell’anno 2 è 5500$.
Nell’anno 2 , il consumatore consuma 3 300$ in più rispetto al proprio reddito (3000$ + 300$ di r).
PUNTO OTTIMALE tangenza fra retta di bilancio e curva di indifferenza.
Variazioni della dotazione iniziale
RETTA DI BILANCIO DIPENDE DA: reddito attuale, reddito futuro, tasso d’interessa.
In assenza di uno di questi elementi, la retta di bilancio varia.
In figura: nell’anno 2,al posto di guadagnare 2200$ il consumatore ne guadagna 0.
I1Z’ è la nuova retta di bilancio, parallela ad AZ (entrambe hanno la stessa pendenza perché hanno uguale
tasso d’interesse).
Una riduzione del reddito futuro, altera il comportamento attraverso il suo effetto reddito.
Il consumo viene ridotto in entrambi gli anni. Nuovo punto ottimale: W’.
Il risparmio sarà I1C’1( 10.000-6.000)  aumenta il risparmio  il risparmio non dipende solo dal reddito
corrente, ma anche dal livello atteso del reddito futuro.
QUEST’ANALISI MOSTRA: l’andamento dei guadagni nel tempo influisce sulle decisioni di risparmiare o
prendere a prestito.
-reddito attuale alto e reddito futuro ridotto (punto N) tipico di chi si avvicina alla pensione
-reddito basso e reddito futuro maggiore (punto Y), tipica di studenti e giovani lavoratori.
Variazioni del tasso di interesse
Un tasso di interesse più alto modifica il costo relativo del consumo presente verso quello futuro e si riflette
in una variazione della pendenza della retta di bilancio.
se r passa da 10 a 20%  pendenza sarà di 0.83 (1/(1+0,2))
5.12
Con questo tasso d’interesse, ridurre il consumo di 1$ all’anno, significa consumare 1,20$ nell’anno 2.
Al contrario, per avere 1$ da spendere nell’anno 2, il consumatore deve risparmiare 0,83$.
Quando il tasso d’interesse sale nuova retta è A’Z’, ma il punto iniziale resta sempre N (aumenta il costo
del consumo presente rispetto a quello futuro).
PUNTO OTTIMALE CON r 20% : W’, implica un consumo di C’1 nell’anno 1 e di C’2 nell’anno 2.
Consumo più basso dell’anno 1  incremento del risparmio I1C1 a I1C’1.
Con un tasso d’interesse più alto, il consumatore RISPARMIA DI PIU’ (FIGURA 5.12a).
Il caso di un tasso d’interesse più alto che induce a minor risparmio
Passare da un tasso d’interesse del 20%, implica lo spostamento e la nuova retta di bilancio A’Z’ e il nuovo
punto ottimale W’.
Se nell’anno 1 il consumo aumenta, il risparmio diminuisce.
QUALI FATTORI DETERMINANO SE IL RISPARMIO SALE O SCENDE? Effetto reddito/effetto sostituzione!!
EFFETTO SOSTITUZIONE associato con un più elevato tasso d’interesse deriva dalla variazione del costo
relativo del consumo presente rispetto a quello futuro.
Tasso d’interesse maggiore  costo del consumo futuro è minore  effetto sostituzione favorisce il
consumo futuro.
Effetto sostituzione incoraggia il consumo futuro rispetto a quello presente.
EFFETTO REDDITO associato con un più alto tasso d’interesse  arricchisce il risparmiatore  raggiunge
una curva di indifferenza più alta  un reddito maggiore consente di consumare di più in entrambi i
periodi.
SIA EFFETTO REDDITO ED EFFETTO SOSTITUZIONE, incentivano il consumo dell’anno 2, esso aumenterà
sicuramente.
Gli effetti sostituzione e reddito dell’anno 1 vanno in direzioni opposte, quindi l’esito dipende dalle
dimensioni relative.
Se l’effetto reddito è maggiore, il consumo dell’anno 1 AUMENTA  il risparmio diminuisce.
FIGURA: a. effetto sostituzione supera l’effetto reddito, il risparmio aumenta con il tasso d’interesse
b. effetto reddito supera effetto sostituzione, il risparmio diminuisce con il crescere del tasso d’interesse.
CAPITOLO 6
SCAMBIO, EFFICIENZA, PREZZI
Il modello presentato nel capitolo ci permette di dimostrare uno dei principi più importanti dell’economia:
lo scambio e il commercio volontario è vantaggioso per entrambe le parti coinvolte nella transazione 
genera benessere a tutti i partecipanti dello scambio.
Inoltre introduce il concetto di EFFICIENZA PARETIANA: situazione per cui non esiste altra configurazione
economica fattibile che migliori il benessere di almeno un agente senza peggiorare il benessere di qualcun
altro.
L’ “efficienza nello scambio” significa che i beni sono distribuiti tra i consumatori in modo tale che nessun
consumatore potrebbe migliorare il proprio benessere senza peggiorare quello degli altri.
6.1 Scambio tra due persone
Se uno scambio è VOLONTARIO esiste la presunzione che sia vantaggioso per entrambi i coinvolti.
LO SCAMBIO VOLONTARIO E’ RECIPROCAMENTE VANTAGGIOSO! Possono generare risultati win-win.
Questa proposizione fondamentale può essere messa in dubbio.
Limitazioni: 1. Non devono esserci frodi
2. Il beneficio si riferisce alle aspettative delle parti al momento della transazione
(se dopo aver visto un film che non ci piace, consideriamo i soldi come “spesi male”, non può essere
considerata come una “perdita”).
ESEMPIO:
Consumatore
Signor Edge
Signora Worth
Paniere di mercato
iniziale
35B 5F
5B 45F
SMSfb
Scambio
5B/1F
1B/1F
3B in cambio di 1F
1F in cambio di 3B
Nuovo paniere di
mercato
32B 6F
8B 44F
IL VERIFICARSI DELLO SCAMBIO, dipende dalla relativa importanza dei due beni per ciascun consumatore.
Edge sarebbe disposto a sacrificare 5 biglietti del balletto per 1 biglietto di football.
Worth considera di eguale importanza football e balletto.
differenti SMS  diversa importanza.
Edge da al football importanza maggiore rispetto a Worth.
Per Worth i biglietti hanno lo stesso valore.
NEL CASO, Edge offrisse 3 biglietti del balletto per 1 di football e lei accetti.
Edge è soddisfatto perché da 3 biglietti, ma sarebbe stato disposto a scambiarne fino a 5.
Anche Worth è soddisfatta, avrebbe scambiato 1F anche solo con 1B, ma riesce a scambiare 1F con 3B.
La scatola dello scambio di Edgeworth
L’allocazione tra due agenti di una quantità data di due beni può essere esaminata usando un diagramma
chiamato “scatola dello scambio di Edgeworth”.
Dimensioni orizzontali e verticali indicano le quantità totali dei due beni. La lunghezza della scatola indica i
biglietti totali per la partita di football dei due consumatori (50), mentre l’altezza rappresenta quelli del
balletto (40).
0e è l’origine del diagramma per quanto riguarda i biglietti posseduti da Edge.
A = paniere iniziale di Edge, con 35B e 5F.
A indica anche il paniere iniziale adottato da Worth, a partire da 0w.
C= è un paniere diverso per entrami.
Edge possiede 6F e 32B.
Worth possiede 44F 8B.
Il movimento dal punto A al punto C, rappresenta lo scambio fra Edge e Worth.
La scatola dello scambio di Edgeworth con curve di indifferenza
Possiamo usare la mappa delle curve di indifferenza per rappresentare le preferenze di ciascuno rispetto a
tali alternative.
Le curve di indifferenza di Edge vengono misurate a partire da 0e, quindi hanno la forma consueta.
Le curve di indifferenza di Worth hanno invece origine a partire da 0w, quindi le curve di indifferenza sono
ruotate a 180°.
A: panieri di mercato iniziale dei due consumatori.
Curve di indifferenza iniziali che si intersecano sono Ue3 e Uw3.
Ue3 nel punto A ha una pendenza di 5B/1F.
La pendenza di Uw3 nel punto A è 1B/1F.
Ogni punto all’interno dell’area ombreggiata rappresenta un paniere di mercato preferito al punto A.
Quest’area è una sorta della misura dei possibili guadagni che possono derivare dallo scambio fra i due
agenti. L’area ombreggiata a forma di lente illustra il beneficio potenziale dello scambio, ovvero dove
entrambi ricavano vantaggio.
Nel punto C per esempio entrambi i consumatori hanno sviluppato il proprio benessere e si trovano su una
curva di indifferenza più alta.
Se gli scambi avvenissero al di fuori dell’area, una o entrambe le parti vedrebbero peggiorata la propria
situazione (si troverebbero su una curva di indifferenza più bassa).
Proposizione economica fondamentale: gli scambi continuano fino a che entrambe le parti continuano a
trarne vantaggio.
Successivamente, Ue4 e Uw4 che si intersecano nel punto C, ritagliano una piccola area a forma di lente di
altri scambi reciprocamente vantaggiosi. Tuttavia, una volta che raggiungiamo un punto come il punto E,
ovvero dove le due curve di indifferenza sono TANGENTI, si è arrivati ad un punto in cui non è più possibile
fare scambi vantaggiosi. Qualsiasi movimento dal punto E danneggerebbe uno dei due consumatori.
 In un punto di tangenza delle curve di indifferenza, i SMS dei due consumatori sono uguali.
Nel punto A i SMS erano difatti diversi e hanno intrapreso un’operazione fino a raggiungere l’uguaglianza
dei SMS.
Quando Edge acquista più biglietti per il football e cede biglietti per il balletto, il SMS diventa più basso: la
sua curva di indifferenza nel punto E è più piatta che nel punto A.
Quando Worth cede biglietti per il football e ottiene biglietti per il balletto, il SMS diventa maggiore e la sua
curva di indifferenza più ripida.
QUINDI: se i SMS sono diversi, può avere luogo uno scambio vantaggioso fra le parti.
La tendenza a scambiare dovrebbe poi continuare fino a che non finisce di essere reciprocamente
vantaggiosa. Questa non è una condizione UNICA e NECESSARIA.
x es: Edge potrebbe convincere Worth a spostarsi verso il punto H, anche se in H la signora non
migliorerebbe la propria situazione.
Oppure Worth potrebbe portare Edge al punto G.
INDETERMINAZIONE l’ambiente non è concorrenziale, ci sono semplicemente un compratore e un
venditore.
Se SOLO due persone partecipano allo scambio, compaiono elementi di contrattazione strategica.
Quindi non possiamo predire esattamente i termini dello scambio.
6.2 Efficienza nell’allocazione dei beni
L’ottimo paretiano (sinonimo di efficienza paretiana) è una proprietà che gode di particolare
considerazione presso gli economisti. L’efficienza paretiana è definita dagli economisti in termini di
preferenze delle persone. In poche parole si dice efficiente (nel senso di Pareto) un esito che garantisca che
non sia possibile aumentare il benessere di un agente, senza peggiorare quello di qualcun altro. Nel
capitolo l’efficienza paretiana viene considerata in relazione all’allocazione tra consumatori di quantità
totali fisse di beni. Il concetto di efficienza paretiana può essere applicato anche ad altri contesti.
L’efficienza complessiva nell’allocazione delle risorse comporta qualcosa di più della semplice distribuzione
efficiente di beni, ma una distribuzione efficiente è una parte importante del concetto generale.
x es: abbiamo 50 biglietti per il football e 40 per il balletto, che devono esser suddivisi fra il signor Edge e la
signora Worth.
Il diagramma a scatola non solo identifica tutte le possibili combinazioni, ma mostra come queste
combinazioni influiscano sul benessere dei protagonisti. Il diagramma a scatola mostrerà tutti i punti
possibili e possiamo affermare che alcuni punti sono efficienti ed altri no.
Nella figura sono state tracciate diverse curve di indifferenza per entrambe le persone, in modo da
identificare le loro preferenze in correlazione alle possibilità.
UNA DISTRIBUZIONE EFFICIENTE DI QUANTITA’ TOTALI FISSE DI BENI E’ QUELLA IN CUI NON E’ POSSIBILE,
ATTRAVERSO UNA VARIAZIONE DELLA DISTRIBUZIONE, MIGLIORARE IL BENESSERE DI UNA PERSONA SENZA
PEGGIORARE IL BENESSERE DI QUALCUN ALTRO. UN’ALLOCAZIONE DELLE RISORSE E’ EFFICIENTE SECONDO
PARETO SE NON ESISTE ALCUN ALTRA ALLOCAZIONE FATTIBILE CHE SIA PREFERITA DA TUTTI GLI AGENTI.
Il punto E, per esempio, soddisfa la definizione di efficienza. Se cambiamo il punto E verso qualsiasi altro
punto, o Edge o Worth peggioreranno il loro benessere. (verso L peggiora il benessere di Worth, verso M di
Edge). Il punto E è quindi una distribuzione efficiente. Ci sono anche altri punti di tangenza fra curve di
indifferenza. Anche il punto J è una distribuzione efficiente, così come il punto K.
La curva tracciata attraverso tutte le allocazioni che eguagliano i saggi marginali di sostituzione degli agenti,
è chiamata CURVA DEI CONTRATTI (la curva CC in figura).
Distribuzione efficiente  garantisce il massimo benessere possibile da una parte, dato il livello di
benessere dall’altra parte.
x es consideriamo la curva di indifferenza Uw2, il benessere non muta nei punti L o K, o qualsiasi altro
punto su Uw2. Edge raggiunge il livello massimo di benessere, rimanendo su Ue2, in K.
Poiché per Edge K rappresenta la miglior posizione possibile, dato un livello di benessere Uw2 per Worth, K
è una distribuzione efficiente. Allo stesso modo se manteniamo Uw5, il punto E è il migliore per Edge.
TUTTI I PUNTI al di fuori della curva dei contratti, sono detti “inefficienti”.
INEFFICIENZA PARETIANA  allocazione di beni, in cui è possibile, attraverso un cambiamento della
posizione, beneficiare una parte senza danneggiare l’altra.
x es: L è un punto inefficiente.
Se passiamo da L a K, Edge migliora il suo benessere senza danneggiare quello di Worth.
Se da L passiamo a E, miglioriamo il benessere di Worth senza danneggiare quello di Edge.
Un’allocazione INEFFICIENTE come L, permette un cambiamento che va a vantaggio di entrambe le parti
(uno spostamento dal punto L a qualsiasi altro punto sulla curva dei contratti, permette a Worth e a Edge di
raggiungere curve di indifferenza più alte. Se scegliamo un punto al di fuori della curva dei contratti e
tracciamo le curve di indifferenza attraverso quel punto, le curve si intersecheranno. Le curve che si
intersecano formano un’area a forma di lente in cui tutte le parti saranno su curve di indifferenza più alte.
Tutti questi punti sono quindi inefficienti  punti in cui le curve di indifferenza si INTERSECANO, ovvero
dove i SMS sono diversi.
Efficienza ed equità
Per ogni allocazione inefficiente, ci sono sulla curva dei contratti panieri che verranno preferiti da entrambi.
I panieri E e K infatti sono i migliori sia per Edge che per Worth.
SE DOBBIAMO CONFRONTARE DUE ALLOCAZIONI EFFICIENTI?
Il concetto di efficienza non fornisce alcun aiuto nella scelta fra i due, anche se esiste una differenza fra il
punto E ed il punto K.
Per Worth il punto E è migliore del punto K, per Edge l’incontrario. Uno spostamento da K a E avvantaggia
Worth a spese di Edge, uno spostamento da E a K avvantaggia Edge a spese di Worth.
Per decidere, dobbiamo compiere una scelta in base a chi vogliamo avvantaggiare in termini di benessere.
E’ difficile trovare una base oggettiva per questa decisione. Il CONFRONTO INTERPERSONALE DELL’UTILITA’
non può essere effettuato scientificamente, non esiste un metodo obiettivo. La decisione dovrebbe basarsi
su qualcosa di diverso. Le basi per le decisioni potrebbero essere fornite da un criterio di EQUITA’ o
giustizia. Tutti abbiamo un’idea su cos’è equo o giusto, ma le idee sono personali e spesso potrebbero
essere divergenti. Non esiste una definizione universale di cos’è “giusto” o “equo”.
Dobbiamo anche compiere un giudizio critico iniziale per determinare quali sono i panieri efficienti e quali
no.
X ES: partendo da L, sia E che K sono raggiungibili con lo scambio volontario, altri punti non sono invece
raggiungibili. Edge non dovrebbe mai accettare volontariamente di spostarsi verso J se parte da L. J è su una
curva di indifferenza più bassa. Edge può finire in J se parte da M.
Visto che lo scambio volontario serve a promuovere l’efficienza a partire da qualsiasi dotazione iniziale di
beni, l’equità dipende dalla dotazione iniziale. Come non ci sono criteri oggettivi per decidere sul valore
relativo di tutti i differenti esiti efficienti che giacciono sulla curva dei contratti, non ci sono nemmeno
criteri oggettivi per valutare la desiderabilità di differenti dotazioni come il paniere L e il paniere M. Il
giudizio DEVE basarsi su considerazioni normative e di equità.
IN CONCLUSIONE la teoria economica offre uno strumento oggettivo per capire perché da un’allocazione
iniziale inefficiente è possibile passare ad allocazioni efficienti preferite da tutti gli interessati. Tuttavia la
scelta tra dotazioni iniziali o tra differenti esiti distributivi efficienti, richiede che entrino in gioco
considerazioni normative, ovvero chi è più meritevole di altri.
I criteri oggettivi dell’efficienza paretiana non possono aiutarsi nella formulazione di quest’ipotesi.
6.3 Equilibrio concorrenziale e distribuzione efficiente
Nel modello di scambio a due persone, la contrattazione non è quindi prevedibile. (il risultato può
dipendere molto dalle capacità di contrattazione delle persone).
Nel mondo reale, spesso non si contrattano i prezzi, soprattutto quando i compratori e i venditori non
organizzano contrattazioni bilaterali personalizzate. In questi casi nessuno è vincolato a dei partner
specifici, esistono alternative. L’esistenza di compratori e venditori alternativi limita grandemente
l’influenza che uno di loro può avere sul prezzo. Se qualcuno offre un affare, non particolarmente buono, è
possibile ottenere qualcosa di meglio da qualcun altro e ci si rivolgerà a questi ultimi.
Ogni agente si comporta da PRICE TAKER  imprese o consumatori che non possono influire sul prezzo
prevalente attraverso le loro decisioni, rispettivamente di produzione e di consumo.
Non esiste mercanteggiamento, è necessario prendere il prezzo come dato e comprano o vendono le
quantità che desiderano a quel prezzo.
IN QUESTI CONTESTI, il prezzo è determinato dall’interazione della domanda e dell’offerta, perché ora
siamo in un mercato concorrenziale. A determinare il prezzo di mercato contribuiscono la domanda e
l’offerta complessive di un bene da parte di tutti i singoli partecipanti al mercato, con le loro rispettive
dotazioni iniziali e preferenze. Una volta determinato il prezzo, i singoli partecipanti devono decidere la
quantità del bene che vogliono acquistare/vendere.
IN FIGURA: Edge e Worth usano il diagramma a scatola. Cominciano con le dotazioni iniziali nel punto A.
Se il prezzo per un biglietto per la partita di football equivale a 3 biglietti per il balletto, la retta di bilancio
ZZ’ avrà una pendenza 3B/1F. A quel prezzo, Edge preferisce spostarsi nel punto E, acquistando 4 biglietti
per il football in cambio di 12 biglietti per il balletto. Se sia Edge che Worth sono gli unici due partecipanti al
mercato, la quantità di biglietti per il football domandati da Edge (4) è esattamente uguale alla quantità che
Worth vuole vendere a quel prezzo. Il prezzo 3 biglietti-balletto per 1 biglietto-football è un prezzo di
equilibrio, ovvero eguaglia la domanda e l’offerta.
Il prezzo di equilibrio è quello al quale la quantità totale di biglietti per le partite di football domandati da
acquirenti come Edge, eguaglia la quantità che i venditori come Worth sono disposti a fornire.
Se il prezzo fosse stato più basso, ci sarebbe stato una scarsità di biglietti per il football e il prezzo salirebbe.
Se il prezzo fosse stato più alto, ci sarebbe stato un eccesso di biglietti, e il prezzo calerebbe.
La tangenza delle curve di indifferenza nel punto E illusa l’equilibrio tra quantità domandate e offerte al
prezzo di equilibrio concorrenziale in un contesto con due persone.
Inoltre, l’allocazione di equilibrio è efficiente (il punto E è un punto di tangenza tra curve di indifferenza e
giace sulla curva dei contratti). In un modello di puro scambio, questa conclusione illustra il famoso
teorema della “mano invisibile” di Adam Smith.
PRIMO TEOREMA FONDAMENTALE DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE  se per ogni bene e servizio esiste
un mercato in concorrenza perfetta, allora l’equilibrio di concorrenza perfetta è Pareto-efficiente
(ogni operatore, se interessato a promuovere il proprio interesse, è condotto allo scambio verso un
risultato efficiente).
C’è un altro modo di dimostrare che un equilibrio concorrenziale produce un’allocazione efficiente.
Una distribuzione efficiente richiede che
SMSe=SMSw
In un ambiente di mercato competitivo, potrebbe sembrare improbabile questa condizione.
Si considerino tuttavia:
SMSe = Pf/Pb
SMSw= Pf/Pb
Poiché i prezzi sono gli stessi per entrambi i consumatori, i SMS dei consumatori sono uguali allo stesso
rapporto tra i prezzi e di conseguenza i SMS sono uguali fra di loro.
a) il punto di consumo ottimo per Edge è E
b) anche il punto di consumo ottimo per Worth è E
Consumano quantità differenti, ma la pendenza delle loro rette di bilancio sono uguali.
Dunque, la pendenza della curva di indifferenza di Edge nel punto 3B/1F, è uguale alla pendenza della curva
di indifferenza di Worth nel suo punto ottimo.
La distribuzione descritta dai punti E è EFFICIENTE: non esiste modo migliore per divider 50F e 40B che non
peggiori il benessere di almeno uno dei due consumatori.
CONDIZIONI NECESSARIE:
1. I prezzi dei beni devono essere gli stessi per tutti i consumatori
2. I consumatori devono essere in grado di acquistare qualsiasi quantità desiderata a quei prezzi
Quando i consumatori devono pagare i prodotti che consumano, l’interesse personale l’induce a utilizzare
la conoscenza delle proprie preferenze, che si riflettono sui panieri di mercato scelti.
Il risultato mostra il ruolo di coordinamento efficiente svolto dai prezzi in un contesto di concorrenza
perfetta.
6.4 Razionamento di prezzo, razionamento non di prezzo ed efficienza
b) ci stiamo occupando della curva di domanda e di offerta della benzina.
La curva di offerta è tracciata come una linea verticale (ci si riferisce al razionamento di quantità fisse di
offerta, che rispecchia un periodo probabilmente breve). La curva di offerta S mostra che il prezzo per
gallone è 3$ e la quantità è di 150 galloni. Se la curva di offerta si sposta a 100 galloni, la curva di offerta
diventa S’ e la risposta del mercato è un aumento del prezzo a 4$.
a) consideriamo due consumatori, Worth e Edge e le loro curve di domanda de e dw.
Quando il prezzo raggiunge 4$, ogni consumatore si sposta verso l’alto lungo la propria curva di domanda.
I punti di consumo finali sono A e B, Worth acquista 70 galloni e Edge 30.
I loro saggi marginali sono uguali. Le curve di indifferenza di Edge e di Worth hanno la stessa pendenza nei
loro punti di consumo ottimale e quindi, nel diagramma a scatola, sarebbero tangenti.
Consentire al mercato di razionare le quantità disponibili tra i consumatori, conduce a una distribuzione
efficiente di beni.
SUPPONIAMO che, quando l’offerta di benzina diminuisce, il governo non consente al prezzo di salire, ma
imponga il tetto della benzina a 3$.
La quantità totale domandata SUPERA la quantità.
SUPPONIAMO che il governo usi un sistema di coupon.
Per acquistare un gallone di benzina un consumatore deve pagare 3$ e consegnare un coupon.
Ci sono solo 100 coupon e la rivendita è vietata.
Gli acquisti di benzina non supera l’offerta disponibile. Se i coupon vengono divisi 50 per Edge e 50 per
Worth, nel diagramma 6.a i due consumatori si ritrovano nel punto R.
Entrambi attribuiscono alla benzina un valore maggiore di 3$. Quando Worth acquista 50 galloni, il suo
valore marginale è 5$ (è la spesa addizionale alla quale la signora Worth è disposta a rinunciare tra la spesa
per gli altri beni per un gallone in più di benzina). Il valore marginale per Edge è invece di 3.20$ a 50 galloni,
come rispecchia la curva di domanda in B’. VISTO CHE Worth attribuisce un valore marginale più alto di
quello di Edge, la condizione è inefficiente.
IN UNA SCATOLA DI EDGEWORTH: l’equilibrio di razionamento sarebbe indicato nel punto in cui le curve di
indifferenza di Edge e di Worth si intersecano.
RIFLESSIONE: è molto difficile raggiungere un risultato efficiente se non si consente allo scambio volontario
e ai prezzi determinati dal mercato di svolgere la propria funzione di razionamento. L’essenza di un
razionamento efficiente sta nel distribuire un bene in modo tale che il suo valore marginale sia lo stesso fra
i consumatori (questo compito è praticamente impossibile). E’ quasi certo che qualsiasi tipo di sistema di
razionamento non di prezzo comporti qualche inefficienza nel modo in cui i beni sono distribuiti tra i
consumatori.
Sottolineare l’inefficienza dei piani di razionamento non di prezzo, non equivale a dire che le forme di
razionamento non sono auspicabili.
E’ possibile l’esistenza di un trade-off tra efficienza e obiettivi normativi perseguiti da politiche di
razionamento non basate sui prezzi. Lo scopo dei tetti di prezzo è beneficiare i consumatori a spese dei
produttori. I produttori sono danneggiati, ma il significato dell’inefficienza è che diminuisce anche il
beneficio per i consumatori. L’effetto di lungo periodo del tetto dei prezzi sulla quantità offerta è trascurato
allo scopo di concentrare l’attenzione sul problema di razionamento.
6.5 Equilibrio concorrenziale, distribuzione efficiente e obiettivi normativi
L’equilibrio di concorrenza perfetta è Pareto-efficiente. L’insieme delle allocazioni Pareto-efficienti sono
descritte dalla curva dei contratti. Se il sistema dei prezzi consente il raggiungimento di un’allocazione
efficiente in equilibrio, è naturale chiedersi se la politica può indurre una specifica allocazione efficiente
considerata normativamente desiderabile.
SECONDO TEOREMA FONDAMENTALE DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE  afferma che, sotto specifiche
condizioni tecniche di convessità, per ogni allocazione Pareto-efficiente esistono un vettore di prezzi e una
distribuzione delle dotazioni iniziali che consentono di raggiungere tale allocazione come equilibrio di
concorrenza perfetta.
(l’allocazione raggiunta tramite lo scambio volontario, dipende dalle dotazioni iniziali degli agenti).
Il sistema dei prezzi ci porta all’efficienza e la redistribuzione delle risorse disponibili all’allocazione
efficiente desiderata.
Questo teorema mostra i due obiettivi diversi: efficienza ed equità, che possono essere perseguiti dal
sistema dei prezzi in concorrenza perfetta effettuata dal mercato e la redistribuzione delle dotazioni iniziali
operata dal sistema. E’ importante capire la possibilità per gli operatori politici di calcolare l’allocazione
efficiente desiderata e di effettuare una redistribuzione a somma fissa. Vuol dire conoscere il saggio
marginale di sostituzione degli agenti, le loro dotazioni iniziali e la possibilità di operare redistribuzioni sulla
base dell’identità degli agenti. In contesti più realistici, i due strumenti forniti dal sistema dei prezzi e dai
meccanismi di redistribuzione autoritativi operati dai politici, non siano indipendenti fra di loro.
CAPITOLO 7
PRODUZIONE
7.1 Porre in relazione output e input
INPUT (o fattori di produzione)  ingredienti che l’impresa combina insieme mediante la sua tecnologia
per ottenere la produzione o output.
Gli input possono essere definiti per categorie ampie o ristrette. X ES:
-ampie: raggruppano gli input in lavoro, capitale, materie prime ec..
-ristrette: gli input di lavoro impiegati in un’impresa includono ingegneri, contabili, programmatori; le
materie prime includono elettricità, carburante; il capitale include edifici, macchinari…
La funzione di produzione
La tecnologia esistente determina la quantità massima di output che l’impresa può produrre con una
quantità specifica di input. (tecnologia esistente: ricette tecniche o organizzative che riguardano i modi in
cui un progetto viene realizzato).
La funzione di produzione è la relazione fra input e output e identifica il massimo output che può essere
prodotto in uno specifico periodo di tempo da una combinazione di input.
Consideriamo due input: lavoro(L) e capitale (K) e Q rappresenta l’output finale.
Q= f(L,K)
La funzione è tecnologicamente efficiente  condizione in cui l’impresa produce il massimo output da una
data combinazione di lavoro e di capitale.
L’ipotesi di efficienza tecnologica può non essere sempre valida, ma generalmente si crede che sia VERA.
Un’azienda infatti che non opera in un modo tecnologicamente efficiente, non sta ricavando dalla sua
azienda il massimo profitto possibile. INFATTI il ricavo dalla vendita del prodotto è più grande quando
l’impresa produce il massimo output dato dagli input.
7.2 La produzione quando un solo input è variabile: il breve periodo
INPUT FISSI: risorse che un’impresa non può variare nel corso del periodo di tempo in questione (breve
periodo)  non è impossibile cambiarli, ma la variazione nel breve periodo è relativamente costosa.
x es: l’azienda è bloccata con un certo ammontare di capitale e può variare solo il numero di lavoratori
(ovvero la quantità di lavoro che impiega).
Il capitale è mantenuto costante a 3 unità ed esaminiamo l’output come PRODOTTO TOTALE.
Quantità di
capitale
Quantità di lavoro
Prodotto totale
3
3
0
1
0
5
Prodotto medio
del lavoro
Prodotto
marginale del
lavoro
5
5
3
3
3
3
2
3
4
5
18
30
40
45
9
10
10
9
13
12
10
5
PRIMA COLONNA: input capitale è costante.
SECONDA E TERZA COLONNA: mostra quanto output totale può essere prodotto con quantità di lavoro
alternative.
0 lavoratori  prodotto 0
1 lavoratore + 3 unità di capitale  prodotto 5
2 lavoratori + 3 unità di capitale  prodotto 18
ESISTE UN LIMITE, raggiunto quando i lavoratori impiegati sono 8 e le unità prodotte sono 49.
Dopo questo limite, ci sarà una diminuzione del prodotto totale.
PRODOTTO MEDIO DI UN INPUT  il prodotto totale (o output totale) diviso per la quantità di input usato
per produrre quell’output.
3 lavoratori producono 30 unità di prodotto totale: prodotto medio del lavoro è 10 unità.
Il prodotto totale, quindi anche il prodotto medio del lavoro, dipendono dall’ammontare di input usati.
PRODOTTO MARGINALE è la variazione del prodotto totale risultante da una variazione unitaria
dell’ammontare di un input, mantenendo costante la quantità di altri input.
x es: quando il lavoratore passa da 4 a 5 unità, il prodotto totale sale da 40 a 45  il prodotto marginale del
lavoro è di 5 unità di output.
Le curve del prodotto totale, medio e marginale
PT (curva del prodotto totale) mostra come l’output varia con la quantità di lavoro impiegata.
+ lavoro  + output
Raggiunge il massimo con 8 lavoratori.
b) mostra le curve del prodotto medio (PMel) e del prodotto marginale (PMAl) del lavoro.
Quando l’impiego di lavoro aumenta, PMAl in un primo tempo aumenta, raggiunge il massimo a due
lavoratori e diminuisce. Il prodotto medio del lavoro aumenta a bassi livello di occupazione, raggiunge
l’altezza massima di 10 unità per lavoratore, e diminuisce.
SE il prodotto marginale è positivo, il PT aumenta  se un’unità extra di lavoro produce un prodotto extra,
la quantità totale del prodotto aumenta.
SE il prodotto marginale è negativo, il PT diminuisce  oltre 8 unità di lavoro
SE il prodotto marginale è nullo, il PT è al suo massimo  a 8 unità di lavoro
La relazione tra le curve di prodotto medio e marginale
Quando il prodotto marginale è maggiore del prodotto medio, questo deve essere crescente.
QUESTO PERCHE’: aggiunta al prodotto totale è più grande della media  la media aumenta.
Il prodotto marginale è minore del prodotto medio quando la media è decrescente.
I prodotti marginale e medio sono uguali nel punto di massimo.
La geometria delle curve di prodotto
Possiamo usare relazioni geometriche per derivare curve di prodotto medio e marginale dalla curva di
prodotto totale.
Dalla curva PT, si deriva geometricamente il prodotto medio. Il prodotto medio è l’output totale diviso per
la quantità totale di lavoro. Nel punto B sulla curva del prodotto totale, il prodotto medio è uguale a Q2/L2.
Q2/L2 è uguale alla pendenza del segmento di retta 0B. Il prodotto medio in un punto particolare è indicato
geometricamente dalla pendenza di una linea retta dall’origine a quel punto sulla curva del prodotto totale.
Quando l’output si espande da B a C e a D, i segmenti 0B,0C,0D diventano sempre più ripidi. Il prodotto
medio in questa regione AUMENTA. In D raggiunge il punto massimo perché il segmento è il più ripido.
Il segmento 0H è invece meno ripido.
IL PRODOTTO MARGINALE del lavoro in ogni punto della curva del prodotto totale è indicato dalla
pendenza della curva del prodotto totale in quel punto.
La pendenza della curva di prodotto totale è uguale alla pendenza di una linea tangente alla curva.
Nel punto A, abbiamo tracciato una linea tangente alla curva del prodotto totale, con una pendenza 5/1.
Più ripida è la curva del prodotto totale, più veloce è l’aumento dell’output quando cresce la quantità di
input usato, quindi un maggiore prodotto marginale.
Il prodotto marginale aumenta quando ci muoviamo sulla curva dall’origine al punto B, ma diminuisce
quando andiamo oltre il punto B. Oltre il punto B, il prodotto aumenta sempre meno, all’aumentare all’uso
dell’input.
Nel punto D, il prodotto marginale e medio sono uguali, perché la pendenza della curva del prodotto totale
(prodotto marginale) è uguale alla pendenza del segmento di retta che parte dall’origine (prodotto medio).
La legge dei rendimenti marginali decrescenti
Questa legge afferma che la relazione tra output e input in base alla quale quando l’ammontare di un certo
input è aumentato con incrementi uguali, mentre la tecnologia e gli altri input sono mantenuti costanti, gli
incrementi di prodotto risultanti diminuiranno.
La legge in pratica afferma che oltre un certo punto, il prodotto marginale dell’input variabile diminuirà.
X ES: è difficile per 1 lavoratore spostare da solo un pianoforte  2 lavoratori compiono meglio il lavoro.
PERO’ ad un certo punto, il prodotto marginale dell’unità addizionale di lavoro diminuisce, perché i compiti
dei lavoratori diventano ridondanti (x es se 20 lavoratori cercano di spostare un piano).
I rendimenti marginali decrescenti si manifestano quando la quantità di lavoro aumenta oltre due
lavoratori. Ogni lavoratore addizionale dopo il secondo aggiunge meno del precedente al prodotto totale e
la curva del prodotto marginale ha pendenza negativa. (la legge NON dipende dalle capacità dei lavoratori).
I rendimenti marginali aumentano a livelli molto bassi di prodotto e poi diminuiscono piano piano.
Non è comunque necessario che l’ordinata della curva sia negativa perché l’affermazione sia valida.
Nell’applicazione della legge sono necessarie 2 condizioni:
1. Uno o più input devono restare fissi mentre viene variata la quantità del fattore di produzione in
questione  la legge non si applica se per esempio viene incrementato sia lavoro che capitale.
Si applica se la quantità di capitale è mantenuta costante mentre, per es, lavoro e materie prime sono
variati. UN INPUT DEVE RIMANERE COSTANTE.
2. Deve restare immutata la tecnologia
7.3 La produzione quando tutti gli input sono variabili: il lungo periodo
LUNGO PERIODO  arco temporale in cui l’impresa può variare tutti i suoi input
Nel lungo periodo non esistono input fissi, ma INPUT VARIABILI.
(la distinzione fra breve e lungo periodo è arbitraria e personale).
Isoquanti di produzione
Quando consideriamo un output realizzato usando due input, le opzioni di produzione quando entrambi gli
input sono variabili possono essere mostrate attraverso un ISOQUANTO.
ISOQUANTO  è una curva che mostra tutte le combinazioni di input che, se usati in modo
tecnologicamente efficiente, producono uno stesso livello di output.
La figura mostra diversi isoquanti per impresa che usa due input, capitale e lavoro.
IQ18 mostra le diverse combinazioni di input che produrranno 18 unità di output. Gli isoquanti più lontani
dall’origine indicano maggiore produzione. La mappa della figura rappresenta un’importante ipotesi
economica: un’impresa può produrre un particolare livello di output in molti modi differenti, ovvero
usando diverse combinazioni di input, come mostrano i punti A,C,D,B su IQ18.
L’impresa può produrre 18 unità di prodotto con una grande quantità di unità di lavoro (punto A) oppure
con più capitale combinato con meno lavoro (punto B).
OGNI combinazione è EFFICIENTE  ogni combinazione mostra il massimo output ottenibile da input dati.
Per determinare il modo meno costoso di produrre un dato livello di output, occorre conoscere i costi degli
input.
Le caratteristiche degli isoquanti sono MOLTO SIMILI a quelle delle curve di indifferenza. Mentre le curve di
indifferenza ordinano livelli di soddisfazione di un consumatore dal basso verso l’alto, gli isoquanti ordinano
i livelli di output di un produttore.
Quattro caratteristiche degli isoquanti
1. INCLINAZIONE NEGATIVA
Se entrambi gli input sono produttivi, ovvero hanno prodotti marginali positivi, gli isoquanti devono essere
inclinati negativamente. Se incrementiamo la quantità di lavoro impiegato, si riduce il capitale  relazione
negativa.
2. LIVELLI DI OUTPUT PIU’ ALTI PER GLI ISOQUANTI PIU’ A NORD-EST
Gli isoquanti che si trovano a nord-est identificano livelli più alti di output..
maggiori quantità di input  maggiore quantità di output
3. NON INTERSEZIONE
Due isoquanti non possono mai intersecarsi, perché l’intersezione implicherebbe che nel punto di
intersezione, la stessa combinazione di input sia suscettibile di produrre due differenti livelli massimi di
output, una impossibilità logica
4. Convessità verso l’origine
La pendenza di un isoquanto diventa più piccola quando scendiamo lungo la curva da sinistra a destra.
Nel punto B x es, 5 unità di capitale e 1 unità di lavoro si traducono in 18 unità di prodotto. Anche il punto D
può produrre lo stesso output. La pendenza tra B e D è -2unità di capitale/+1 unità di lavoro
L’idea è che aumentando la quantità dell’input 1 e diminuendo quella dell’input 2, la produttività del primo
diminuisca e quella del secondo aumenti.
Saggio marginale di sostituzione tecnica (SMST)
E’ la quantità di cui si può ridurre l’uso di un input senza variare l’output, quando ha luogo un piccolo
incremento della quantità di un altro input.
(SMST di capitale con lavoro è la quantità di cui si può ridurre il capitale senza variare il prodotto quando ha
luogo un piccolo incremento della quantità di lavoro).
Tra B e D, SMST è due unità di capitale per 1 unità di lavoro, che è uguale alla pendenza quando
trascuriamo il segno meno.
SMST diminuisce a mano a mano che scendiamo lungo un isoquanto.
Si può intuire facilmente la convessità degli isoquanti. Nel punto B il capitale è abbondante e il lavoro
scarso, rispetto al punto C. Tra B e D, un’unità dell’input scarso può sostituire due unità dell’input
abbondante. Scendendo lungo l’isoquanto, il lavoro diventa più abbondante e il capitale scarso.
Incrementare il lavoro da 2 a 3 unità, si traduce nella crescita dell’output da 18 a 30 unità di prodotto (dal
punto D su IQ18 al punto E su IQ30 lungo la linea KfS.
Aggiungere un quarto lavoratore, ci sposta dal punto E al punto F, su IQ40. Il quarto lavoratore contribuisce
al prodotto meno del terzo lavoratore (in questo intervallo si registrano incrementi decrescenti).
L’impresa affronta anche rendimenti decrescenti del capitale. Tenere costante l’impiego di lavoro a 4 unità
e incrementare l’uso del capitale da una a due unità, fa aumentare l’output da 18 a 30 unità (dal punto A al
punto H). Ciò indica che il prodotto marginale della seconda unità di capitale 12 unità di output.
Aumentare il capitale da 2 a 3 unità, aumenta l’output da 30 a 40, ovvero si passa dal punto H al punto F. La
terza unità ha un prodotto marginale inferiore rispetto alla seconda unità di capitale, quindi la legge dei
rendimenti decrescenti si applica anche in questo intervallo di uso di capitale.
SMST e prodotti marginali degli input
Il grado con cui gli input possono essere sostituiti gli uni con gli altri, è direttamente collegato con la
produttività marginale degli input.
X ES: SMST fra B e D, un’unità di lavoro può essere sostituita con due unità di capitale mantenendo la
produzione costante, quindi il prodotto marginale del lavoro deve essere due volte più grande del prodotto
marginale del capitale quando la pendenza dell’isoquanto SMST sia due unità di capitale per un’unità di
lavoro. INVECE tra i punti C e A, la pendenza è unitaria  i prodotti marginali qui devono essere uguali.
QUINDI, il SMST è uguale a (meno) la pendenza dell’isoquanto ed è anche uguale al prodotto marginale
relativo agli input
SMSTlk= (-)ΔK/ΔL = PMal/ PMak
Se ΔK= -1 unità e il prodotto marginale dell’unità incrementale del capitale è 12 unità di output, riducendo
la quantità di capitale di un’unità si riduce l’output di 12 unità.
Esprimendo la variazione dell’output abbiamo:
ΔQ= ΔK X PMak
Allo stesso modo, quando il lavoro aumenta e passa da C a H, ovvero ΔL, abbiamo:
ΔQ= ΔL X PMal
Il movimento lungo un isoquanto richiede che il decremento dell’output derivante dalla riduzione di
capitale sia uguale all’incremento dell’output che deriva dall’impiego di una maggiore quantità di lavoro,
quindi i termini ΔQ sono uguali.
Abbiamo:
ΔK X PMak = ΔL X PMal
ΔK/ΔL = PMal / PMak
Usi dell’SMST: limiti di velocità e consumo di benzina
Se una persona percorre 6000 miglia all’anno per andare e venire dal lavoro.
La velocità dell’auto influenza sia la quantità di benzina consumata che il tempo impiegato.
BENZINA e TEMPO sono gli input.
andare piano  consumo meno benzina  perdo più tempo
andare veloce  consumo più benzina  perdo meno tempo
Se l’auto percorre 25 miglia con un gallone, se guidata a 60 miglia all’ora.
Gli spostamenti del pendolare a 60 miglia all’ora richiedono 240 galloni di benzina e 100 ore (punto A).
A 55 miglia all’ora, vengono consumati 231 galloni di benzina e 109 ore (punto B).
Guidare alla velocità più bassa comporta un risparmio di 9 galloni di benzina, ma una perdita di tempo di 9
ore.
SMST= 9 galloni/9 ore  1 gallone per ora.
Sia A che B rappresentano punti tecnologicamente efficienti e non si può stabilire solo attraverso il SMST
quale limite di velocità sia preferibile.
Se la benzina costa 4$, il limite di velocità di 55 miglia all’ora risparmia la pendolare 36$.
Se il pendolare valuta il proprio tempo più di 4$ all’ora, il limite di 55 miglia all’ora costa al pendolare di più
in termini di tempo speso rispetto ai soldi risparmiati da un consumo minore di benzina.
PERO’  limiti più bassi  maggiore sicurezza.
SMST fra sicurezza e tempo, è molto importante, ma è difficile da calcolare.
7.4 Rendimenti di scala
RELAZIONE INPUT-OUTPUT NEL LUNGO PERIODO:
1. RENDIMENTI DI SCALA COSTANTI  situazione in cui un aumento proporzionale di tutti gli input
incrementa la produzione nella stessa proporzione
2. RENDIMENTI DI SCALA CRESCENTI  situazione in cui la produzione aumenta proporzionalmente più di
quanto aumenta la scala di impiego degli input
3. RENDIMENTI DI SCALA DECRESCENTI  situazione in cui la produzione cresce meno che
proporzionalmente rispetto alla scala di impiego degli input
Alcuni fattori portano a rendimenti crescenti, alcuni decrescenti.
Fattori che danno luogo a rendimenti crescenti
1. DIVISIONE DEL LAVORO E SPECIALIZZAZIONE
In un’attività produttiva che si svolge su larga scala, i lavoratori possono specializzarsi in specifici compiti e
svolgerli con maggiore competenza rispetto a se fossero responsabili di molte mansioni.
Adam Smith nella sua opera “La ricchezza delle nazioni”, osserva i rendimenti crescenti che la divisone del
lavoro può generare in un’attività commerciale apparentemente semplice come produrre spilli 
l’attività di produzione di uno spillo è diviso in un certo numero di specialità, la maggior parte delle quali
sono anch’esse mestieri particolari  un uomo trafila il metallo, l’altro raddrizza il filo, un terzo lo taglia, un
quarto gli fa la punta ecc..
L’attività di fabbricare uno spillo è quindi divisa in tante attività, in circa 18 distinte operazioni, tutte
compiute da mani diverse. In alcuni casi sono impiegati 10 uomini, che devono svolgere quindi due o tre
operazioni distinte. Tutti insieme riuscivano a fabbricare circa dodici libbre di spilli al giorno. In una libbra ci
sono circa 4000 spilli di formato medio. Le 10 persone riuscivano a fabbricare circa 48 000 spilli al giorno.
Se gli operai avessero lavorato in modo distinto, non avrebbero neanche fabbricato 20 spilli al giorno.
AUMENTO DELLA SCALA DI PRODUZIONE  INCREMENTO DELLA PRODUZIONE PROPORZIONALE
ALL’INCREMENTO DELLA SCALA D’USO DEGLI INPUT
2. RELAZIONI ARITMETICHE
Alla base dei rendimenti crescenti di scala, troviamo alcune relazioni aritmetiche.
X ES: un edificio quadrato di 100 piedi per lato richiede 400 piedi di muro, ma un edificio che misuri
100x200 piedi, con un ingombro del suolo DOPPIO, richiede 600 m di muro, ovvero solo il 50% di materiale
aggiuntivo.
ALTRO ES: la circonferenza di un oleodotto è uguale al prodotto della costante r (3,14) per due volte il
raggio dell’oleodotto. Per contro, il volume dei beni che l’oleodotto trasporta dipende dall’area unitaria
della sezione dell’oleodotto, che è uguale al prodotto di r per il quadrato del raggio. Se il raggio
dell’oleodotto si espande da 1 piede a 10 piedi, la sua circonferenza aumenterà di un fattore 10, mentre la
portata dell’oleodotto sarà incrementata di un fattore 100.
3. TECNOLOGIE PER LA PRODUZIONE SU LARGA SCALA
Alcune tecniche NON POSSONO essere utilizzate su piccola scala (x es catene di montaggio, dorsale di
Internet, attrezzature complesse e costose…)
I fattori sopra indicati (1,2,3) devono essere intesi come “vantaggi della produzione di massa su larga scala”.
Questi vantaggi sono essenzialmente limitati: una volta raggiunta una certa soglia di operatività, cogliere
vantaggi aggiuntivi da un’ulteriore espansione diventa impossibile.
Anche i fattori aritmetici possono essere limitati  quando la circonferenza di un oleodotto è allargata, può
essere necessario impiegare materiali più resistenti così come occorre sostenere spese essenzialmente
maggiori per pompare il greggio attraverso l’oleodotto.
Fattori che danno luogo a rendimenti decrescenti
FATTORE: inefficienza nella gestione di grandi unità produttive.
Nelle unità produttive, il coordinamento e il controllo diventano sempre più difficili  le informazioni
possono smarrirsi, arrivare distorte, i canali di comunicazione sono più complessi e difficili da monitorare,
prendere decisioni richiede più tempo.
La funzione manageriale può essere fonte di rendimenti di scala decrescenti.
La relativa importanza dei fattori varia da settore a settore.
IN GENERALE i rendimenti di scala crescenti si verificano quando la scala delle operazioni è piccola, mentre
quelli decrescenti diventano importanti per le grandi unità produttive.
Una funzione di produzione può incorporare rendimenti di scala crescenti, costanti e decrescenti a diversi
livelli di output.
Nella figura, lungo 0R la proporzione tra capitale e lavoro è costante. A bassi livelli di produzione,
prevalgono rendimenti di scala crescenti: da A a D, quando capitale e lavoro sono entrambi raddoppiati, la
produzione è più che raddoppiata.
Tra D e F si presentano intervalli costanti.
Nel punto F si presentano rendimenti decrescenti.
RENDIMENTI CRESCENTI  isoquanti molto vicini
RENDIMENTI COSTANTI  isoquanti sono equidistanti
RENDIEMENTI DECRESCENTI  isoquanti distanti
Un fattore molto importante è conoscere l’esatto intervallo di produzione nel quale queste relazioni sono
valide.
CAPITOLO 8- IL COSTO DI PRODUZIONE
8.1 La natura del costo
Nel costo è necessario introdurre diversi fattori, oltre alle spese monetarie dirette.
Il costo rilevante per l’uso delle risorse è il costo-opportunità di quelle risorse: il valore che le risorse
generebbero nel loro miglior uso alternativo. Il costo opportunità riflette sia costi espliciti che costi impliciti.
Per quanto concerne le grandi società moderne, i costi impliciti possono essere associati all’uso dei mezzi di
produzione dell’impresa  il capitale. Queste risorse sono possedute dagli azionisti, che forniscono alla
società investimenti perché sia aspettano di ricevere rendimento. Un costo implicito dell’impresa è
associato all’uso da parte dell’impresa e degli azionisti del capitale proprio. Anche considerare il tasso di
rendimento che potrebbe essere ottenuto investendo altrove come un costo implicito, significa che il
rendimento medio di mercato sull’investimento è considerato parte del normale costo di produzione
dell’impresa. Il costo di produzione dell’impresa è uguale al costo opportunità delle risorse dell’impresa e
questo evidenzia che quelle risorse possono essere usate x produrre molte cose: x es se una risorsa è usata
per produrre un bene, non può essere usata per produrre qualcos’altro; OPPURE; se il salario dell’impresa è
inferiore al costo opportunità del lavoratore, il lavoratore se ne andrà scegliendo un’azienda migliore.
8.2 Costo di produzione di breve periodo
Il costo di produzione varia al variare del suo livello di produzione.
Misure del costo di breve periodo: costi totali fissi e variabili
Nel breve periodo l’impresa NON è in grado di cambiare tutti i suoi input. Alcuni sono fissi, altri variabili.
Esistono costi associati all’uso di input fissi e di input variabili.
TABELLA: mostra come varia il costo di produzione a livelli di output differenti.
OUTPUT
0
1
2
CFT
60
60
60
CVT
0
30
49
CT
60
90
109
CMa
30
19
CFMe
60
30
CVMe
30
24,5
CTMe
90
54,5
COSTO FISSO TOTALE (CFT): costo sostenuto dall’impresa indipendentemente dalla quantità di output
prodotto (x es impianti, attrezzature). INFATTI, anche se non produce nulla, l’impresa sostiene costi fissi
totali.
COSTO VARIABILE TOTALE (CVT): costo che l’impresa sostiene in relazione alla quantità di output che
produce (CVT aumenta insieme all’output).
Costi fissi e costi sommersi
Un costo fisso è invariante rispetto al livello di output scelto dall’impresa.
Un costo fisso non è necessariamente un costo sommerso  spese per l’impianto, attrezzature ecc..
possono essere recuperate attraverso la vendita di tali attivi a qualcun altro.
Cinque altre misure del costo nel breve periodo
COSTO TOTALE (CT): somma del CFT e CVT per tutti i livelli di output
COSTO MARGINALE(CMa): variazione del costo totale risultante da una variazione del prodotto di un’unità.
COSTO FISSO MEDIO (CFMe): costo fisso totale diviso per il livello di output
COSTO VARIABILE MEDIO (CVMe): costo variabile totale diviso per il livello di output
COSTO TOTALE MEDIO (CTMe): costo totale diviso per il livello di output
Dietro le relazioni di costo
I costi di un’impresa sono determinati dalla sua funzione di produzione (combinazioni di input e prezzi che
l’impresa paga per questi input). Nel breve periodo, la funzione di produzione pone l’output in relazione
alla quantità di input variabili, gli input fissi non variano. E’ rilevante la LEGGE DEI RENDIMENTI MARGINALI
DECRESCENTI: incrementando l’input variabile, oltre un certo punto si otterranno incrementi sempre più
piccoli dell’output totale.
La funzione di produzione indica la quantità dell’input variabile di cui l’impresa necessita per produrre livelli
alternativi di output. Il prezzo per unità dell’input variabile è molto importante.
FIGURA: siamo in un mercato in concorrenza perfetta. La legge dei rendimenti marginali decrescenti e il
prezzo fisso per unità di input variabile senza possibilità di razionamento si combinano per determinare il
modo in cui il CVT varia con l’output.
INPUT VARIABILE: ore di lavoro
PT: la curva di prodotto totale mette in relazione l’input variabile con l’output totale.
Nel punto A la curva raggiunge il massimo  dopo cala
La curva del PT mostra la quantità di lavoro impiegato per produrre un dato output.
CVT può essere misurato sull’asse orizzontale moltiplicando ogni quantità di lavoro per il suo costo unitario
(qui 10$ l’ora).
La legge dei rendimenti marginali decrescenti determina il modo in cui il costo variabile è in relazione con
l’output e determina anche il comportamento del costo marginale e del costo variabile medio, perché
derivano dalla relazione CVT.
8.3 Curve di costo di breve periodo
RELAZIONE tra costo e output usando le curve di costo dell’impresa.
8.2a presenta le curve di costo totale dell’impresa  costo fisso totale è una linea orizzontale che si trova a
60$; la curva CT mostra il costo totale, ovvero costi fissi + costi variabili; la curva CT è 60$ più alta della
curva CVT a ciascun livello di produzione; la distanza fra CVT e CT è il costo fisso totale: sempre 60$.
8.2b mostra le curve di costo unitario
Costo marginale
8.2b : curva del costo marginale è ipotizzata a forma di U, ovvero indica che il costo delle unità addizionali
di output in un primo tempo diminuisce, raggiunge un minimo e poi sale.
Inizialmente diminuisce perché gli impianti e le attrezzature non sono concepiti per produrre livelli bassi di
output e se l’output è basso i costi sono maggiori.
La diminuzione del costo marginale si esaurisce ad un certo punto (4 unità) e inizia ad aumentare.
Il CMa si espande fino a che non raggiunge una situazione di sovra-utilizzazione (un impianto viene
utilizzato DI PIU’ di quanto era stato progettato).
RICORDIAMO CHE
CMa= ΔCVT/ Δq
INCREMENTO UNITARIO incremento dell’input variabile ΔL  accresce il costo variabile totale di ΔL per
il saggio salariale w
CMa= ΔCVT/ Δq = w(ΔL)/ Δq= w(ΔL)/ Δq= w/PMal
(Il prodotto marginale del lavoro è uguale a q/L, quindi il reciproco, L/q è uguale a 1/PMal
QUINDI il costo marginale di breve periodo è uguale al prezzo dell’input variabile (in questo caso il saggio
salariale) diviso per il suo prodotto marginale.
X ES: livello di output 4 unità; w=10$ e PMal= 2/3 di unità di output.
Se un’unità addizionale di lavoro accresce l’output di 2/3 unità, un’unità addizionale di output richiede 3/2
unità di lavoro al costo di 10$ per unità di lavoro. Il costo marginale a un livello di output i 4 unità è 15$,
ovvero w/Pmal.
Il costo marginale varia con il variare della quantità di prodotto.
A bassi livelli di output PMal è crescente e il costo marginale tende a diminuire.
PMal raggiunge un massimo, quindi CMa deve essere a un minimo. Nel diagramma il minimo viene
raggiunto a 4 unità di output.
Quando PMal diminuisce, il costo marginale deve aumentare.
Se il prodotto marginale dell’input variabile aumenta e poi diminuisce, la curva di costo marginale di un
primo tempo scenderà e poi salirà.
Dietro la curva CMa troviamo la legge dei rendimenti marginali decrescenti.
Nella regione dei rendimenti marginali decrescenti, ogni unità addizionale di input variabile aggiunge meno
all’output totale. Ogni unità addizionale di output richiede quantità maggiori di input variabile. Più input
variabile per unità di output significa costo più alto, per cui il costo marginale salirà nella regione nella
quale il prodotto marginale diminuisce.
Costo medio
Distinguiamo diverse curve di costo medio.
1. CVMe = CVT/q
Per la primissima unità, il costo variabile totale, il costo variabile medio e il costo marginale sono tutti
uguali. Poi, il costo marginale diminuisce, causando anche la diminuzione del costo medio.
Il costo di produzione unitario tende a scendere a bassi livelli di output, ma oltre un certo punto (il B in
figura), il CVMe tenderà a salire.
2. CVMe = CVT/q = wL/q = w/PMel
Il costo variabile totale non è altro che l’input variabile (L) per il costo unitario (w).
Il prodotto medio del lavoro (Pmel) è uguale a q/L  L/q è uguale a 1/PMel.
La curva CVMe deve essere a forma di U. Nella regione i cui PMel è crescente, CVMe diminuisce.
Quando PMel aumenta, CVMe deve aumenare. PUNTO B: CVMe è minima e PMel è massimo.
La legge dei rendimenti marginali decrescenti detta la forma sia della curva di CMa che della curva CVMe.
Quando occorrono quantità minori di input variabili per unità di output, i costi unitari diminuiscono.
3. CFMe diminuisce sull’intero intervallo di produzione.
La curva ha una curiosa proprietà: se la sua ordinata in corrispondenza di qualsiasi output è moltiplicata per
quell’output, l’area del rettangolo risultante è la stessa indipendentemente dal livello di output selezionato.
PERCHE’?
La curva CTMe indica il costo totale medio : è la somma di CFMe e di CVMe e misura il costo unitario medio
di tutti gli input, sia fissi che variabili.
La curva CTMe deve essere a forma di U, benchè il suo punto di minimo sia posizionato a un livello di
output più alto del punto di minimo di CVMe.
CTMe= CVMe + CFMe.
In corrispondenza dell’output dove CVMe è a un minimo, CFme continua a diminuire, quindi la somma di
CVMe e CFMe continuerà a diminuire.
L’aumento di CVMe compensa la diminuzione di CFMe, quindi CTMe aumenta.
INFINE poiché CVMe + CFMe = CTMe, il costo medio fisso è la distanza verticale tra CTMe e CVMe.
Questa distanza diventa sempre più piccola quanto è maggiore l’output prodotto.
Relazioni marginale-medio
Quando il costo marginale è inferiore al costo medio (totale o variabile), il costo medio diminuirà.
Quando il costo marginale è superiore al costo medio, il costo medio aumenterà.
Quando il costo medio è a un minimo, il costo marginale è uguale al costo medio.
Quando il costo medio è a un minimo, la curva è essenzialmente piatta su un piccolo intervallo di output.
Quando la curva non è né crescente né decrescente, una piccola variazione nell’output non varia il costo
medio. Se un’unità addizionale dell’output lascia invariato il costo medio, il costo marginale DEVE essere
uguale al costo medio.
La geometria delle curve di costo
FIGURA 8.3 a mostra una curva di costo variabile totale; 8.3b mostra le curve di costo variabile medio e di
costo marginale che ne derivano.
Per derivare CVMe dalla curva di CVT, tracciamo un raggio dall’origine a ogni punto della curva CVT. La
pendenza del raggio misura CVMe a quel livello di output. La pendenza del raggio nella figura 8.3 a è
rappresentata dall’ordinata della curva CVMe nella figura 8.3b. Più alto è il raggio dell’origine, più basso è il
CVM. Dunque, CVMe diminuisce quando l’output aumenta da zero a q2, poi cresce a livelli maggiori di
output.
Il costo marginale è indicato dalla pendenza della curva di costo variabile totale a ogni livello di output.
A q3 per esempio, produrre un’altra unità di output aggiunge 24$ al costo, come indicato dalla pendenza di
CVT nel punto D della prima figura.
L’ordinata della curva del costo marginale nella figura 8.3b è quindi 24$. Partendo dall’origine, la curva CVT
diventa sempre più piatta man mano che ci muoviamo verso il punto B, implicando che CMa è decrescente,
oltre il punto B diventa sempre più ripida indicando che è crescente.
Nel punto C, dove il CVMe è un minimo, CMa è uguale a CVMe.
8.4 Costo di produzione di lungo periodo
Tutti gli input sono variabili, perché possono essere modificati tutti per produrre un output meno costoso.
Rette di isocosto
Consideriamo due input: capitale e lavoro.
I costi di produzione possono essere rappresentati dalle rette di isocosto.
RETTA DI ISOCOSTO  linea che identifica tutte le combinazioni di input che possono essere acquistate a
un dato costo totale
FIGURA mostra tre rette di isocosto corrispondenti a tre livelli differenti di costo totale.
Osserviamo la retta centrale: un’impresa dispone di fondi totali CT2 per pagare i suoi input, i prezzi che
l’impresa deve pagare per gli input sono w per lavoro (saggio salariale) e r per capitale.
Se l’impresa usa la totalità dei fondi in capitale, può impiegare CT2/r unità di capitale.
CT2/r è l’intercetta verticale della retta di isocosto.
Se l’azienda INVECE dedica tutto il capitale per l’assunzione di lavoro, può assumere CT2/w, ovvero
l’intercetta orizzontale. Tutte le posizioni intermedie sulla retta mostrano le possibili combinazioni fra
lavoro e capitale che l’impresa può pagare al costo di CT2.
PENDENZA DI UNA RETTA DI ISOCOSTO: (meno) il rapporto dei prezzi degli input, w/r.
A differenza dei consumatori che sono vincolati all’interno di un dato bilancio, le imprese possono
espandere i loro input aumentando il loro output. Il costo totale delle operazioni non è costante, varia con
l’output  ecco perché in figura ci sono TRE rette di isocosto e non una.
Le combinazioni di input meno costose
Se l’impresa programma di spendere CT2 per acquisire gli input. Tra le combinazioni di input che può usare,
l’impresa sceglierà chiaramente la combinazione di lavoro-capitale che genere l’output maggiore.
L’impresa potrebbe impiegare la combinazione di input indicata nel punto D, ma sarebbero prodotte solo 3
unità di output (si trova su IQ3).
Usando meno capitale e più lavoro, l’impresa può produrre 6 unità di output allo stesso costo totale (punto
B). Sei unità di output sono il massimo per l’azienda, perché per esempio isoquanti più alti come IQ9
giacciono sopra la retta intermedia.
Al costo CT2, il punto B è la soluzione migliore.
Nove unità sono invece il massimo output possibile per chi opera ad un costo totale CT3 (punto C).
ESSI INDICANO IL MODO MENO COSTOSO DI PRODURRE OGNI DATO LIVELLO DI OUTPUT.
Il punto B, per esempio, identifica la combinazione di input meno costosa che l’impresa può usare per
produrre sei unità di output. I punti di tangenza mostrano il massimo output raggiungibile a un dato costo
come pure il minimo costo necessario per produrre quell’output.
Come si interpretano i punti di tangenza
Nei punti di tangenza, isoquanti e rette di isocosto hanno la stessa pendenza.
La pendenza di un isoquanto è il saggio marginale di sostituzione tecnica; la pendenza della linea di isocosto
è il rapporto tra i prezzi degli input.
SMST= w/r
Quando l’impresa produce output nel modo meno costoso possibile, soddisfa questa condizione.
Ricordiamo che SMST= Pmal/Pmak (rapporto tra i prodotti marginali degli input).
QUINDI
PMal/PMak= w/r
PMal/w= PMak/r
Quest’ultima uguaglianza è anche chiamata REGOLA AUREA DELLA MINIMIZZAZIONE DEI COSTI  regola
secondo la quale l’impresa, per minimizzare i costi, deve impiegare gli input in modo tale che il prodotto
marginale per unità monetaria spesa sia uguale per tutti gli input.
PER ESEMPIO:
PMal= 50 (unità di output) e PMak= 60
Il saggio salariale è 10$ e il costo d’uso del capitale è 60$.
In questo caso PMal/w= 5/1, implicando che un dollaro addizionale speso in lavoro produca cinque unità in
più di output. Invece PMak/r, 1/1$, implica che un dollaro addizionale speso in capitale produrrà solo
un’unità in più di output.
PMal/w> PMak/r
Se l’impesa spende un dollaro in meno in capitale, perde un’unità di output, ma spendendo quel dollaro in
lavoro accresce l’output di 5 unità.
Quindi l’output aumenterà di 4 unità SENZA VARIAZIONI DI COSTO.
In situazioni come queste, l’azienda può accrescere l’output senza accrescere il costo di produzione,
sposando le sue risorse di capitale al lavoro. Questo spostamento dovrebbe continuare finché i termini non
diventano uguali. La legge dei rendimenti decrescenti implica che questo processo porta ad eguagliare
questi termini, quando la combinazione di input è aggiustata. OVVERO, più lavoro implica la diminuzione di
PMal, mentre meno capitale implica l’aumento di PMak.
IL RAPPORTO PMal/w rappresenta l’incremento di output per dollaro speso in lavoro  anche detto come
il TASSO DI RENDIMENTO per un dollaro investito in lavoro.
Dato che un produttore è interessato a massimizzare il profitto, i tassi di rendimento di tutti gli input usati
dovrebbero essere identici a ogni livello di output selezionato.
Il sentiero di espansione
I punti di tangenza della figura 8.4b indicano il modo meno costoso di produrre ciascuno degli output
indicati. La produzione di 6 unità di output nel modo meno costoso possibile, comporta assumere L2 unità
di lavoro e K2 unità di capitale. La linea che si forma connettendo questi punti forma il SENTIERO DI
ESPANSIONE dell’impresa  curva formata connettendo i punti di tangenza tra le rette di isocosto e i più
alti tra gli isoquanti raggiungibili.
Identifica la combinazione di input meno costosi per ogni livello di output e generalmente sarà inclinato
positivamente, indicando che l’impresa quando incrementa l’output, incrementa anche gli input. Si noti
però che i prezzi degli input rimangono costanti mentre l’impresa varia il suo output lungo il sentieri di
espansione.
Il costo di produzione è minimizzato?
L’ipotesi è che le imprese minimizzino i costi per massimizzare il profitto, ovvero produrre il suo output al
costo minimo. Le imprese non riescono SEMPRE a minimizzare i costi. E’ difficile farlo quando i prezzi degli
input e la tecnologia cambiano simultaneamente nel tempo. Si deve notare però che la minimizzazione dei
costi, benché sia necessaria per la massimizzazione del profitto, non corrisponde esattamente con quest’
ultima. La minimizzazione dei costi avviene in tutti i punti del sentiero di espansione, ma la massimizzazione
del profitto implica la selezione dell’output più favorevole fra quelli presenti sul sentiero.
IL PROFITTO E’ IMPORTANTE NELLO SPRONARE ORGANIZZAZIONI A MINIMIZZARE I COSTI suggerito dal
confronto fra costi di produzione delle imprese private e degli enti pubblici: l’incentivo del profitto è
assente nelle organizzazioni pubbliche, perché i manager pubblici non ottengono profitti dalla riduzione dei
costi di produzione, a differenza dei manager privati.
8.5 Variazioni dei prezzi degli input e curve di costo
Quando si costruiscono le curve di costo di un’impresa, si assume che i prezzi degli input siano costanti.
DIFATTI l’output di un’impresa di per sé non influenza i prezzi degli input, in un mercato di concorrenza
perfetta. Raramente una singola impresa usa gran parte della quantità totale di un input. Per esempio se
un’impresa incrementa il suo impiego di terreno, questa espansione non causerà un incremento percepibile
della domanda di mercato per questi input e il loro prezzo non ne sarà influenzato.
PERO’, variazioni occasionali possono avere luogo per effetto di sottostanti forza di mercato.
PER ESEMPIO: una società immobiliare CB offre spazi per parcheggio, usando come input cemento e
terreno (questi due input possono essere sostituiti gli uni con gli altri, x es usando più cemento e
costruendo parcheggi su più piani).
La figura 8.5 a illustra le scelte compiute dall’impresa.
CB inizialmente produce un output di 1000 impiegando gli input nel punto E, sull’isoquanto IQ1000 e sulla
retta di isocosto MN.
Supponiamo che il prezzo del terreno aumenti. Questo influisce sul modo in cui gli input sono combinati in
maniera meno costosa per produrre lo stesso output,1000. Un prezzo più alto del terreno fa diventare più
ripide le pendenze delle rette di isocosto, perché la pendenza è Pt/Pc.
Se la CB continua a sostenere lo stesso costo totale, la linea di isocosto rilevante è MN’. Ma se CB operasse
su MN’, produrrebbe meno output. Per produrre sempre 1000 output, CB dovrebbe operare su E’, dove
IQ1000 è tangente alla retta di isocosto M1N1, più lontana dall’origine, rappresenta un costo totale più
alto. Il movimento tra E e E’ indica l’EFFETTO SOSTITUZIONE TRA INPUT, che risulta dalla variazione del
costo relativo degli input. L’impresa non è comunque costretta ad operare a un livello invariato di costo
totale, ma può scegliere qualsiasi nuovo punto sul sentiero di espansione.
Il punto di tangenza individua la DOMANDA CONDIZIONATA DEI FATTORI DELLA PRODUZIONE, dove la
qualificazione individua il fatto che la domanda dipende da un dato livello di output, oltre che dai prezzi dei
fattori della produzione nonché dalla tecnologia, come nel caso della domanda non condizionata.
Tale domanda condizionata è fondamentale per individuare la funzione di costo totale a partire dalle
variabili esogene per l’impresa, ovvero i prezzi dei fattori produttivi e la tecnologia.
La funzione di costo totale non è altro che il costo dei fattori produttivi usati dall’impresa in funzione di un
dato livello di output, dove l’ammontare di input è dato proprio dalla domanda condizionata.
8.6 Curve di costo di lungo periodo
Nel lungo periodo tutti gli input sono variabili, quindi c’è solo un’unica curva di costo totale di lungo
periodo e c’è anche un’unica curva di costo medio di lungo periodo (non tre).
8.6 a rappresenta una curva di costo totale di lungo periodo, 8.6b rappresenta una curva di costo
marginale di lungo periodo (CMal) e di costo medio di lungo periodo (CMel). La curva CTL è stata tracciata
in modo tale che comporti una curva di costo medio di lungo periodo a forma di U.
E se la relazione tra input e output sta alla base delle curve di breve periodo, non sta alla base di quelle di
lungo. Nel lungo periodo però i fattori che determinano come varia l’output quando tutti gli input sono
variati in proporzione sono i rendimenti di scala.
A bassi livelli di output ci sono rendimenti di scala crescenti, mentre a livelli più alti prevalgono rendimenti
di scala decrescenti. In presenza di tali condizioni è plausibile la forma a U.
X ES: un’unità di capitale (1K) e sei unità di lavoro (6L) producono 3. In presenza di rendimenti di scala
crescenti, un incremento proporzionale dell’input fa aumentare proporzionalmente anche l’output.
Quando l’output è 3, l’ammontare medio di capitale per unità di output è 0,33K e l’ammontare medio di
lavoro è 2L.
DIFATTI a livelli più alti di output, ogni unità di output richiede una quantità più piccola di input. Ma visto
che gli input sono disponibili a prezzi fissi, un fabbisogno minore di input implica costi unitari medi minori.
RENDIMENTI DI SCALA CRESCENTI  tendenza alla diminuzione del costo unitario medio
RENDIMENTI COSTANTI  costo medio costante
RENDIMENTI DECRESCENTI  costo medio crescente
ECONOMIE DI SCALA: situazione in cui un’impresa può incrementare la sua produzione più che
proporzionalmente rispetto al corso totale degli input
DISECONOMIE DI SCALA: situazione in cui la produzione dell’impresa aumenta meno che
proporzionalmente rispetto al costo totale degli input
Rendimenti di scala crescenti  economie di scala (non è necessario l’inverso)
NEL CASO GENERALE: la curva di costo medio di lungo periodo di un’impresa avrà la forma di U se, a bassi
livelli di output, sono presenti economie di scala mentre , ad altri livelli di output, prevalgono le
diseconomie di scala.
Lungo periodo e breve periodo rivisitati
Il lungo periodo deve essere concepito come un orizzonte di pianificazione e di investimento.
Prendendo le decisioni per il lungo periodo, l’impresa pianifica il futuro, ovvero sceglie la situazione di
breve periodo che si instaurerà successivamente. X ES: una volta che l’impianto è stato costruito, l’impresa
deve operare quell’input fisso per un certo periodo di tempo, finchè non è passato il tempo sufficiente per
procedere ad un aggiustamento di lungo periodo.
FIGURA mostra le cinque curve di costo medio di breve periodo: CMeB1, CMeB2..
La dimensione di impianto dipende dall’output che l’impresa prevede sia appropriato.
Vediamo se l’impresa considera appropriata la dimensione dell’output q1. L’impresa potrebbe costruire un
impianto più piccolo (CMeB1) e produrre q1 al costo unitario di 50.000$, oppure produrre un impianto più
grande (CMeB2) al costo di 55.000$. Naturalmente l’impresa costruirà l’impianto della dimensione che le
permette di produrre q1 al costo medio più basso: in questo esempio l’impianto CMeB1.
La curva di costo medio di lungo periodo è definita come il costo medio più basso raggiungibile quando tutti
gli input sono variabili.
In questo caso, con sole 5 opzioni, il punto A sulla CMeB1 è un punto sulla curva di costo medio di lungo
periodo, mostra il costo unitario più basso per q1. Il punto C sulla CmeB2 è un secondo punto sulla CmeL.
L’intera curva è rappresentata “a festoni” perché ognuno dei segmenti indica il costo unitario più basso
possibile per il corrispondente livello di output. Appena costruito l’impianto, le sue opzioni nell’immediato
futuro sono dettate dalla curva CMeB selezionata quando è stata implementata la decisione di lungo
periodo. QUANDO ESISTE UN GRAN NUMERO DI OPZIONI, la curva di costo medio di lungo periodo diventa
effettivamente una curva continua, come la curva CMeL.
CAPITOLO 17 – SALARIO, RENDITA, INTERESSE, PROFITTO
17.1 La scelta del lavoratore fra reddito e tempo libero
Nella maggior parte dei casi, il reddito dei consumatori NON è fisso e , tra le altre cose, dipende dal tempo
che le persone dedicano al lavoro. IPOTIZZIAMO che il lavoratore riceva un salario orario fisso e possa
lavorare le ore che desidera a quel salario (il mercato è in concorrenza perfetta).
Asse verticale misura il reddito totale settimanale del lavoratore e l’asso orizzontale misura il tempo a
disposizione del lavoratore.
TEMPO LIBERO: porzione di tempo del lavoratore nella quale non lavora.
Z è il tempo totale disponibile e il punto L1 indica che il consumatore consuma L1 ore di tempo libero e
offre il tempo rimanente, Z-L1 come tempo lavorativo.
Con il reddito e il tempo libero riportati sugli assi, la retta di bilancio di un lavoratore riflette il saggio di
salario ricevuto per ora di lavoro erogata. Il vincolo di bilancio è AZ.
Più ore l’individuo lavora, più alto è il suo reddito. Se vengono lavorate ZL1 ore il reddito è Y; se l’impegno
lavorativo aumenta a ZL2 ore il reddito sale a Y2.
Se non viene effettuata alcuna ora di lavoro, il reddito è 0.
La pendenza della retta di bilancio è uguale al saggio di salario del lavoratore.
Un movimento dal punto F al punto G, indica che il lavoratore sta offrendo un’ora in più di lavoro e in
cambio riceve 20$ in più. SAGGIO DEL SALARIO ORARIO= 20$.
Per il lavoratore sia reddito che tempo liberi sono beni economicamente desiderabili, quindi le curve di
indifferenza hanno forma negativa.
Il punto ottimale per il lavoratore è E : sforzo di lavoro è ZL1 e il reddito settimanale è Y1.
La valutazione marginale soggettiva del proprio tempo libero da parte del lavoratore è uguale al costo
opportunità del tempo libero. Il lavoratore potrebbe lavorare di più nel punto B. Ma il reddito extra Y1Y2
vale di meno delle ore L1L2 perse. Nel punto B il valore marginale del tempo libero eccede il costo
opportunità del tempo libero.
Il modello è plausibile?
L’analisi si basa sull’ipotesi che il mercato sia in concorrenza perfetta.
Un’obiezione plausibile consiste nel fatto che in realtà i lavoratori non possono decidere esattamente
quante ore lavorare. La settimana lavorativa è definita dal datore di lavoro. I lavoratori possono incidere
scegliendo di fare straordinari, ferie, permessi, doppi lavori…
INOLTRE benchè il datore di lavoro scelga l’orario, egli va sempre incontro alle richieste dei suoi dipendenti.
La concorrenza per i lavoratori induce le aziende a stabilire settimane lavorative che corrispondono alle
preferenze dei lavoratori.
PRECISAZIONE: il datore di lavoro ha vantaggio ad assecondare le richieste MEDIE, non quelle INDIVIDUALI
di ogni singola persona. Anche perché la maggior parte delle imprese adotta lo stesso orario per tutti i
dipendenti.
17.2 L’offerta di ore di lavoro
Il saggio di salario orario è 20$, il vincolo di bilancio AZ e il punto preferito dal lavoratore è E con ZL1 ore di
lavoro offerte. Se il saggio di salario orario sale a 25$, la retta di bilancio ruota intorno al punto Z ed ha
pendenza più ripida. La nuova retta A’Z ha la pendenza di 25$ l’ora. Il nuovo punto ottimale sarà E’ e
comporta un aumento nelle ore di lavoro a ZL2.
Un salario più alto spinge a lavorare di più? NO
L’effetto sostituzione di un salario più alto incoraggia il lavoratore a offrire più ore di lavoro.
Dato che il tempo libero è più costoso in termini di reddito perduto, sarà incoraggiato a sostituire il tempo
libero con il reddito, ovvero a lavorare di più. L’effetto reddito però ha un risultato opposto.
Un reddito più alto si traduce nell’aumento del consumo dei beni normali e il tempo libero per la maggior
parte delle persone è un bene normale. L’effetto reddito incoraggia quindi il consumo del tempo libero.
In ragione del salario più alto, il lavoratore si può permettere di lavorare di meno  si può lavorare meno e
ottenere un reddito maggiore rispetto a prima.
La retta di bilancio ipotetica HH’ è disegnata tangente alla curva di indifferenza originaria U1.
L’effetto sostituzione è mostrato come il movimento lungo U1 da E a E1. Poiché il tempo libero è diventato
più costoso, il lavoratore ne consuma meno e lo sforzo lavorativo aumenta da E1 a E’ quando consentiamo
all’individuo di muoversi dalla retta di bilancio HH’ alla retta parallela Z’Z.
Ma visto che il tempo è un bene normale, l’effetto reddito implica più tempo libero, da L3 a L, che equivale
ad un incoraggiamento a lavorare meno, ossia ZL2 al posto di ZL3.
EFFETTO TOTALE: somma algebrica fra effetto reddito ed effetto sostituzione.
Effetto sostituzione è più grande, quindi l’effetto totale corrisponde ad un incremento delle ore di lavoro da
ZL1 a ZL2.
E’ possibile una curva di offerta di lavoro piegata all’indietro?
La curva di offerta di ore di lavoro ha inclinazione positiva, almeno all’interno dell’intervallo di salario
compreso fra 20 e 25$. Oltre a un certo punto, gli individui possono preferire di lavorare di meno per
prendersi un po’ di riposo. Nella figura (a) il lavoratore preferisce lavorare di più se il reddito passa da 20 a
25, ma se il salario aumentasse ancora preferirebbe lavorare di meno.
La curva di offerta ha pendenza positiva, ma poi si piega all’indietro (pendenza negativa) in risposta ad un
ulteriore aumento.
In questo caso l’effetto reddito è più grande dell’effetto sostituzione.
La curva di offerta di mercato
Per passare dalla curva individuale dell’offerta di lavoro alla curva di offerta di mercato, dobbiamo
sommare orizzontalmente le funzioni di offerta di tutti i lavoratori che competono in un dato mercato del
lavoro. L’osservazione suggerisce che la durata lavorativa per gran parte delle persone rimane la stessa per
periodi di tempo discretamente lunghi malgrado i cambiamenti che intervengono nei salari. Il numero di
ore lavorate sembra piuttosto stabile nel tempo difatti l’effetto di cambiamenti nel saggio di salario non è
molto marcato. Guardando l’offerta di lavoro in un settore o in un’occupazione, la quantità dei servizi può
aumentare bruscamente in seguito a un aumento del salario per quel posto di lavoro, ma l’incremento
risulta dall’afflusso di lavoratori provenienti da altri settori, piuttosto che da un cambiamento delle ore dei
lavoratori esistenti.
La curva di offerta di lavoro aggregata si usa nei casi in cui il movimento di lavoratori fra posti di lavoro non
è significativo, mentre lo è un possibile cambiamento nelle ore offerte da quei lavoratori.
Se i salari aumentano del 10%? I dipendenti avranno scarsi incentivi a cambiare lavoro.
L’offerta totale di lavoro aumenterà solo se gli individui decidono di lavorare più ore.
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