Uploaded by andrea.pelamatti3

Microbiologia Generale

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Francesca Nasatti
Tutte le cellule viventi hanno bisogno dei prodotti codificati dalle sequenze genetiche per
poter vivere. I regni in realtà sono 3: batteri, archea, eucarioti.
Le cellule dei batteri e archea non hanno nucleo, ma i cromosomi sono dispersi nel
citoplasma (procarioti). Gli eucarioti hanno cellule compartimentate (compartimenti
separati da membrane), che non c'è nei procarioti.
La formazione delle cellule più semplici è avvenuta prima: i procarioti sono più antichi dal
punto di vista evolutivo. Poi si sono evoluti gli eucarioti originati dalla
fusione/cooperazione di 2 cellule più semplici(organismi unicellulari): è più facile
sopravvivere in un ambiente se collaboro. Riescono a usufruire di più sostanze nutritive,
risorse energetiche. Fusione : all'interno di uno si è introdotta un'altra, quella in grado di
gestire meglio il ricavo di energia dall'ambiente-->la cellula eucariota contiene i rimasugli
delle cellule procariote entrate, ovvero i mitocondri, organelli deputati al metabolismo
energetico. Ciò è stato possibile dimostrarlo grazie all'evoluzione tecnologica: si è capito
che le sequenze di DNA possono essere confrontate tra i diversi organismi, si sapeva che
nel mitocondrio c'è DNA, che somiglia a quello di una cellula procariota. La cooperazione è
I procarioti hanno origine molto antica, sono le prime forme di vita che non sono
in grado di usare l'ossigeno perchè era scarso: organismi anaerobi e semplici,
non compartimentati
Organismi fotosintetici: contengono cloroplasti, nata dalla simbiosi di un'alga
con una cellula eucariota, cooperazione sulle fonti energetiche: è in base al
recupero di energia che vengo selezionato per i processi evolutivi, è grazie a ciò
che si può vivere e riprodursi
L'ossigeno inizia a svilupparsi, organismi di tipo aerobio
MORFOLOGIE CELLULARI DEI BATTERI(procarioti)
Non aiutano molto a classificare i microrganismi, a dare informazioni di tipo tassonomico:
all'interno di quelle tipologie ci sono migliaia di specie. L'identificazione di un batterio è
molto più complessa di quella dei procarioti perché passa attraverso più analisi o analisi di
specifiche sequenze del DNA.
Sono sempre organismi unicellulari ma durante la divisione le cellule rimangono semiunite
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Francesca Nasatti
IL MICROSCOPIO
Indispensabile per poter osservare i microrganismi. Composto da diverse componenti che
servono a visualizzare in maniera adeguata ciò che viene posto su un vetrino.
Oculari dotati di un set di lenti
Struttura che grazie a specchi convoglia energia luminosa che illumina l'obiettivo
(formato da lenti) che ingrandisce l'immagine che viene trasmessa agli oculari e
ulteriormente ingrandita
Diaframma può consentire il passaggio di poca o molta luce a seconda che sia
chiuso o aperto
Condensatore viene convogliata la luce che viene concentrata in un punto di
area molto piccola, la luce attraversa il vetrino e viene raccolta dall'obiettivo
La moltiplicazione dell'ingrandimento dell'obiettivo e dell'oculare genera l'ingrandimento
del microscopio.
LENTI DELL'OBIETTIVO
Vetrino, sopra
vetrino più sottile: tra i due viene schiacciata la goccia d'acqua con le
cellule da osservare. La lente dell'obiettivo è sopra e molto vicina. I raggi vengono deviati
in base a quello che incontrano(acqua o cellule). Maggiore è l'angolo ,maggiore è la
capacità cella lente di raccogliere raggi, migliore è il potere di risoluzione dell'obiettivo,
ovvero la capacità di distinguere due oggetti vicini. Posso migliorare il potere di risoluzione
con apertura numerica maggiore. Olio minerale stesso indice di rifrazione del vetro, il
raggio invece viene deviato dall'aria, con l'olio tra il vetro del vetrino e quello della lente
non ho cambiamento di indice di rifrazione, consente alla lente di recuperare più raggi,
raccogliere più info luminose e quindi avere maggiore risoluzione
Obiettivi a immersione si immergono nell'olio
DIAFRAMMA
Regola il diametro del fascio di luce che arriva al condensatore., quindi l'intensità della luce
che arriva sul vetrino. Più devo ingrandire più luce ho bisogno che si concentri nel punto di
osservazione, e bisogna anche avvicinarsi di più all'oggetto da osservare
Batterio: 1 micrometro, deve essere ingrandito 1000 volte per essere visibile
Virus: 10 nm, ci vuole il microscopio elettronico.
Man mano che gli ingrandimenti diminuiscono il diaframma si chiude per far convogliare
meno luce.
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I microrganismi sono trasparenti se attraversati da un fascio luminoso. Essi vengono
definiti oggetti di fase. Se l'onda luminosa che colpisce la cellula l'onda non subisce
variazioni perché l'oggetto è di fase, ovvero trasparente. Se l'oggetto è di ampiezza, l'onda
subisce una variazione nella sua ampiezza, che di dimostra come variazione della intensità
della luce. Quindi come facciamo a visualizzare i microrganismi? Trasformando oggetti di
fase (le cellule trasparenti) in oggetti di ampiezza, colorando le cellule e quindi
aumentando il loro contrasto nel mezzo acquoso in cui si trovano-->in questo modo
riusciamo a visualizzare i microrganismi utilizzando il microscopio ottico.
Ma quando coloro i microrganismi c'è un limite: le cellule muoiono, non si muovono (se
sono cellule mobili). Per ovviare a questa difficoltà si ha un passaggio tecnologico al
microscopio ottico a contrasto di fase perché rende i microrganismi non trasparenti,
aumentando il contrasto tra le cellule e il mezzo acquoso in cui si trovano. Per fare ciò il
microscopio deve agire sulla fase dell'onda luminosa. Quando un raggio passa attraverso
un oggetto trasparente esce un raggio diretto più una serie di raggi diffratti. Questa
caratteristica più il principio descritto nel paragrafo 4 sono alla base del funzionamento di
questo microscopio.
MICROSCOPIO OTTICO A CONTRASTO DI FASE
DIAFRAMMA
È un diaframma anulare: costituito da anello (bianco) che può assumere uno spessore > o
<. La luce passa attraverso questo anello, raggiunge le lenti del condensatore che
convogliano i raggi verso la zona di osservazione (vetrino), dove incontrano un oggetto
trasparente (vetro, acqua) e la sospensione di microrganismi: quando incontrano i batteri, i
raggi luminosi subiscono una diffrazione che li ritarda di 1/4 di lunghezza d'onda. Questi
raggi non sono raccolti nella stessa regione della lente che raccoglie quelli non diffratti ma
in una regione centrale. I raggi non diffratti passano attraverso un anelli trasparente in una
posizione diversa, regione con uno spessore doppio di quella attraversata dai raggi
diffratti(regione centrale), in questo modo vengono ritardati di 1/4 di lunghezza d'onda.
Viene raggiunta una differenza di fase sufficiente cosi che quando i raggi si uniscono
vadano ad annullarsi per avere assenza di luce. Introduzioni tecnologiche: diaframma
anulare, condensatore adeguato, anello di fase che sfasa in maniera sufficiente i raggi
diffratti e diretti in modo che al loro incontro si annullino le lunghezze d'onda.
L'allineamento di queste componenti di fase è indispensabile, il disallineamento è deleterio
per la visualizzazione delle cellule.
Si usano obiettivi ad immersione per poter ingrandire di più avvicinandosi molto al
vetrino. Questi obiettivi sono sfruttati anche da questo tipo di microscopio.
MEMBRANE CELLULARI
Nella cellula procariota la membrana cellulare è l'unica membrana che esiste, divide
l'interno dall'esterno. In quelle eucarioti ci sono anche le membrane che dividono gli
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organelli dal citoplasma. La chimica delle membrane conferisce loro delle caratteristiche
chimico-fisiche che impattano sulle loro funzioni. Essa è fatta da un doppio strato
fosfolipidico. I fosfolipidi hanno una base di glicerolo. Testa polare, code idrofobiche: i
fosfolipidi sono molecole anfifiliche; questa caratteristica fa si che essi formino un doppio
strato che divida l'ambiente acquoso esterno e quello interno.
La membrana cellulare non è rigida per la natura delle molecole di cui è sostituita, quindi
non è selettiva dal punto di vista fisico. È una barriera selettiva di tipo chimico per ciò che
può entrare e uscire dalla cellula. La membrana può essere attraversata da molecole
anfifiliche, non da molecole cariche, idrofobiche o idrofiliche.
STRUTTURA DELLA MEMBRANA DEGLI ARCHEA
Spesso le strutture della membrana sono costituite da dieteri del glicerolo, più rigide.
Questi batteri vivono solitamente in ambienti estremi per l'uomo ma non per loro: fondali
marini, emissioni di zolfo allo stato gassoso, temperature o concentrazioni saline molto
alte. Per forza la struttura della membrana cellulare si deve adattare per poter vivere in
quegli ambienti, essa deve essere un po' più rigida della nostra cosicchè sia fluida alla
temperatura dove vivono quei microrganismi, poiché la sua fluidità è fondamentale. La
fluidità fa sì che possano essere ospitate altre molecole, come le proteine, che però
devono avere caratteristiche specifiche per poter interagire sia con la parte idrofilica che
idrofobica: la membrana diventa un supporto, un sito di ancoraggio oltre che una barriera.
La composizione degli acidi grassi varia in base alla temperatura in cui vengono coltivati.
È necessario internare i nutrienti-->passaggio attraverso le proteine. Ma la funzione più
importante della membrana cellulare è la conservazione dell'energia: è talmente selettiva
che persino molecole piccole ma cariche non passino liberamente--> ciò ha garantito che la
cellula diventi una "pila ricaricabile", il che è alla base del metabolismo energetico della
cellula, pila che si autoricarica con la sua attività di metabolismo energetico. Quando la
separazione di cariche non c'è più la cellula muore.
SISTEMI DI TRASPORTO
Sono specifici per molecole o categorie di molecole. Tutti i sistemi di trasporto consumano
energia e c'è una proteina che dà la specificità al trasportatore.
Il passaggio delle molecole attraverso la membrana e gestito da sistemi di trasporto per le
molecole che non hanno le caratteristiche per passare liberamente.
TRASPORTO SEMPLICE
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Sistemi a simporto/antiporto/uniporto
Sistemi a simporto: sfruttare la elevata concentrazione di una molecola(x) (si sfrutta il
passaggio secondo gradiente) all'esterno per trascinare anche la molecola di interesse(s),
che può essere uno zucchero, all'interno della cellula.
Batteri yogurt: Lactobacillus delbrueckii subsp. Bulgaricus, Streptococcus termophilus.
Queste due specie fermentano, usano il lattosio del latte e producono acido lattico
(idrolisi). Sistema di trasporto per l'utilizzo del lattosio(zucchero, idrofilico) attraverso la
membrana: permeasi, funziona come simporto in una fase iniziale--> gli H trascinano il
lattosio. Il glucosio finisce nel catabolismo, il galattosio viene espulso, la permeasi inizia a
funzionare da antiporto (esterna galattosio e internalizza altro lattosio). Nello yogurt
restano il galattosio e il lattosio come zucchero (1 mole di lattosio entra, 1 mole di
galattosio esce, 2 moli di acido lattico si forma).
I microrganismi fanno processo di fermentazione, che è il loro metabolismo, che forma
acido lattico, che interferisce sul pH del prodotto--> le proteine del latte coagulano.
L'abbassamento del pH sia all'esterno che all'interno della cellula blocca il metabolismo,
interferisce con il processo di trasformazione del glucosio in acido lattico, che esce dalla
cellula ma ci rientra anche. C'è una permanenza di zuccheri.
Il latte non ha conservazione elevata, veniva lasciato fermentare cosi da restare
stabile(perché acido) per diversi giorni. Acido impedisce sviluppo di altri batteri patogeni
ecc
Questi microrganismi sono usati anche nella produzione di formaggio. Lo Streptococcus
termophilus è usato nella produzione di mozzarella. Più galattosio c'è, più la mozzarella
imbrunisce durante la cottura. Nei formaggi stagionati (es Grana Padano, Parmigiano
Reggiano) lo zucchero residuo usato da microrganismi anaerobi, producono gas che
produce bolle, occhiature (problema di tipo qualitativo). Per evitare ciò prima della
caseificazione del Grana Padano introduco nel latte l'enzima lisozima che idrolizza la
parete cellulare, controllando lo sviluppo di microrganismi (GRAM positivi anaerobi).
Questo non viene aggiunto nel Parmigiano Reggiano, perché per il Grana Padano, che
viene prodotto tutto l'anno, le vacche mangiano cibo non fresco in cui sono presenti questi
microrganismi che quindi fluiscono più frequentemente nel latte destinato alla produzione
di Grana Padano.
TRASLOCAZIONE DI GRUPPO (PEP-PTS)
Le proteine coinvolte sono più di una. Una proteina a livello della membrana, una serie di
proteine all'interno del citoplasma. Il glucosio (o altro zucchero) interagisce con la prima
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proteine e riceve un fosfato, quindi non entra come zucchero semplice ma fosforilato
(aumenta il suo livello energetico). Il fosfato arriva dal PEP (fosfoenolpiruvato), intermedio
della glicolisi (parte del metabolismo energetico della cellula) piruvato (ultimo elemento
della glicolisi). Le proteine nel citoplasma sono delle fosfotransferasi (PTS), trasportano e
cedono il fosfato allo zucchero che entra nella cellula. Lo zucchero entra cosi pronto per
entrare nel metabolismo energetico, si è già fatto il passaggio necessario della
fosforilazione. Di solito quando uno zucchero entra nella cellula inizia a far parte di un
metabolismo. Energia consumata indirettamente: tolgo un fosfato (fosfoenolpiruvato) alla
glicolisi, quindi non gli permetto di produrre energia.
ATP-BYNDING CASSETTE
Componente transmembrana (dà la specificità), componente intracellulare che usufruisce
della idrolisi della ATP. Una proteina riconosce la molecola da trasportare. C'è un costo
energetico (ATP) ma la molecola entra liberamente, senza fosforilazioni.
La membrana per mantenere la vita della cellula deve mantenere la differenza di carica.
Butta fuori i protoni per ricavare energia. I protoni sono più concentrati all'esterno della
cellula, quindi il pH extracellulare è inferiore di quello intracellulare.
C'è necessità di avere dei sistemi di trasporto specifici. Di solito quando uno zucchero
entra nella cellula inizia a far parte di un metabolismo. Se entra glucosio deve essere
fosforilato da un enzima specifico; il lattosio deve essere idrolizzato in glucosio e galattosio
da un altro enzima. Tutte le informazioni della cellula sono contenute nel DNA. Il fatto di
avere trasportatori specifici fa in modo che ci siano segnali che arrivino fino al DNA e che
Gli acidi organici interferiscono con il pH intracellulare abbassandolo a livelli che non
consentono le attività enzimatiche della cellula, costringe a usare energia per buttare fuori
dalla cellula i protoni che si formano fino a che l'energia non esaurisce. Gli acidi deboli ,la
loro forma indissociata attraversa facilmente la membrana, ma una volta all'interno
tornano in equilibrio con la loro forma dissociata e interferiscono con il pH poiché liberano
ioni H+. Il pH si abbassa e la cellula reagisce portano fuori i protoni, ma a discapito di
energia (ATP). Se si consuma eccessiva energia si ha una crisi energetica, che se prolungata
porta alla morte cellulare. Essi hanno quindi una attività antimicrobica.
LA PARETE CELLULARE (batteri)
Ci sono organismi unicellulari eucarioti (lievito) che hanno una sorta di parete cellulare,
anche se diversa da quella dei batteri.
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La parete conferisce rigidità, struttura e forma alla cellula. È costituita da materia organica
(polisaccaridi e amminoacidi), è insolubile in acqua.
Batteri GRAM positivi: rispondono positivamente a una colorazione. Un gruppo di questi
batteri è dotato di parete molto spessa.
Batteri GRAM negativi: rispondono negativamente a una colorazione. La parete è più
sottile e c'è un'ulteriore membrana esterna (separate da spazio periplasmatico).
In ogni caso la parete è fatta di peptidoglicano (2 amminozuccheri che formano polimeri, le
cui catene sono tenute insieme dai peptidi). La membrana era tenuta insieme da legami
deboli (interazioni idrofobiche, idrofiliche-->la membrana è fluida), mentre nella parete ci
sono legami covalenti (peptidici e glicosidici). Specie diverse di batteri possono avere
sequenze diverse di quegli amminoacidi.
Per distruggere la parete cellulare servono enzimi che rompano i legami. (es. lisozima, che
non ha origini microbiche ma è associato ai mammiferi ed è presente nella saliva, lacrime,
latte, albume). Tutto il nostro corpo, sia all'esterno che all'interno, è colonizzato da
microrganismi che prendono il nome di microbiota umano (esiste anche quello delle
piante, degli animali, ecc..): la componente microbica si è evoluta insieme agli organismi
superiori creando una simbiosi tale per cui questi microrganismi traggono vantaggio
dall'uomo dal pdv nutrizionale, e quest'ultimo trae vantaggio dai microrganismi per i loro
sviluppo eccessivo di questi microrganismi c'è l'enzima lisozima che interviene
destrutturando la parete dei batteri.
Esistono delle specie batteriche nel tratto gastro-intestinale che sono in grado di utilizzare
delle componenti oligosaccaridiche presenti nel latte materno (quando la donna allatta il
bambino, questo trare nutrimento dal latte, ma ci sono anche gli oligosaccaridi usati dalle
specie batteriche--> il legame tra microrganismi e fisiologia dell'ospite è importante dal
pdv evolutivo.
La funzione della parete è meccanica, controllo degli stress osmotici, di interazione con
l'ambiente esterno.
Usiamo gli antibiotici per contrastare i microrganismi patogeni. È diverso dal biocida
(alcol), che agisce su qualsiasi cosa. L'antibiotico si lega ad una molecola tra le tante
presenti nella cellula, impedendo che questa possa svolgere altre funzioni, ad esempio
enzimi che costruiscono parete cellulare. È quindi specifico. L'antibiotico funziona su
qualcosa che è metabolicamente attivo, quindi non sui virus (che non sono dotati di parete
cellulare)
Enzima proteasi idrolizza le proteine per usare gli amminoacidi.
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Nei GRAM positivi e negativi ci sono differenze strutturali: nella dimensione della parete
cellulare e la presenza di una eventuale membrana esterna nei batteri GRAM negativi.
Nei batteri GRAM positivi c'è un legame diretto tra i ponti peptidici delle catene di
polisaccaridi (alternanza di NAM e NAD. Al NAM sono attaccati i peptidi, uniti tra di loro da
legami covalenti a formare legami crociati con altre catene polisaccaridiche.
Nei GRAM negativi il legame tra i peptidi mediato da un ponte di pentaglicina.
Bacillus (genere) subtilis (nome): batterio GRAM positivo.
Vengono costruiti dei precursori all'interno della cellula e poi trasportati fuori per costruire
la parete. Questi componenti sono il glicanpentapeptide (dimero NAM-NAG a cui c'è già
legato il peptide che serve ad agganciare le catene di polisaccaridi) e il bactoprenolo.
Quest'ultimo serve a trasportare il glicanpentapeptide. Il bactoprenolo interagisce con la
parte idrofobica della membrana e sporge dall'altra parte con i fosfati, poi il lipide si
ribalta, uscendo dalla cellula, dove intervengono degli enzimi (transglicosidasi) che
formano i legami glicosidici tra i diversi glicanpentapetidi e formano una catena-->sistema
con cui vengono costruite le parete cellulari o capsule di polisaccaridi, presenti certe volte
al di fuori della parete.
Alcuni di questi precursori possono essere il bersaglio di alcune molecole antibiotiche, che
si legano con legami deboli(ponti H). Il blocco della sintesi della parete cellulare inibisce la
crescita del microrganismo. Gli antibiotici funzionano quando i microrganismi sono vivi, in
divisione, c'è attività metabolica, se no non possono agire. È poi il sistema immunitario
che, con questo aiuto, termina il processo, intervenendo e contrastando definitivamente
l'infezione.
LA COLORAZIONE DI GRAM
Si usa il microscopio ottico. Per poter vedere i microrganismi bisogna colorarli. Passare con
la fiamma fa aderire meglio le cellule al vetrino. Ma le cellule muoiono con la colorazione.
Liquido di Lugol (iodio e ioduro di potassio) che fissa la struttura esterna al cristalvioletto.
Passaggio differenziale: l'etanolo lava via il colorante in eccesso, il resto rimane trattenuto
nella parete (insolubile in acqua né alcol) per quanto riguarda i GRAM positivi. Nei GRAM
negativi, che hanno membrana esterna (fosfolipidica), quando viene aggiunto alcol, questa
viene aperta, si scioglie e la parete non trattiene colore perché la parete è troppo sottile e
il colorante non si fissa-->le cellule non si colorano. Quindi Gram aggiunge un secondo
colorante, la safranina: ciò non ha effetto sui positivi perché sono già viola scuro/blu,
mentre i negativi acquisiscono il colore rosa tenue.
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La parete cellulare può contenere molecole immerse nella sua struttura: acidi teicoici o
lipoteicoici. Gli acidi teicoici sono molecole con una carica, esposte fuori dalla cellula e
ancorate alla parete. I lipoteicoici hanno profondità maggiore possono essere collegati alla
membrana cellulare attraverso la loro componente lipidica che si scioglie della parte
idrofobica della membrana. Gli acidi teicoici sono costituiti da monomeri ripetuti tenuti
insieme da legami fosfodiestere, hanno componenti amminoacidiche, hanno struttura
differente in base alla specie in cui si trovano, hanno legami fosfodiestere e per questo
conferiscono carica negativa sulla superficie della parete. Posso essere sintetizzati come
acidi teicuronici (la componente fosfato è molto bassa o assente) se il microrganismo è in
carenza di fosforo. La funzione degli acidi teicoici e teicuronici sulla superficie esterna della
cellula non è nota.
Saccharomyces cerevisiae: fungo non patogeno, lievito la cui parete cellulare è diversa da
quella dei batteri. È un organismo unicellulare eucariota. Struttura più disordinata. Ci sono
polimeri di chitina, polisaccaridi (glucani con diversi legami glicosidici), mannoproteine
(proteine glicosidate a cui sono attaccate tramite legami covalenti dei polisaccaridi di
mannosio) che si trovano sulla parte più esterna. Spazio periplasmatico in cui ci sono
enzimi. In funzione delle componenti e tipologie di mannoproteine, i lieviti, quando
crescono in un mosto, danno origine a fermentazione alcolica. Flottazione e floculazione.
??
Il microscopio a scansione dà origine a fotografia tridimensionale. Si originano cellule
madre e cellule figlie lasciando cicatrici, che sono le porzioni più ricche in chitina, la quale
conferisce una rigidità maggiore e si trova dove c'è il setto di separazione tra la cellula
madre e la cellula figlia.
Antifungini: bloccano infezioni fungine. Ne esistono pochissimi, a differenza degli
antibiotici.
MEMBRANA ESTERNA GRAM NEGATIVI
Non è analoga strutturalmente alla membrana interna, è asimmetrica: abbiamo un doppio
strato di fosfolipidi, ma lo strato esterno è misto (fosfolipidi e lipopolisaccaridi). La
componente polisaccaridica sporge fuori dalla cellula. I lipopolisaccaridi (LPS) sono
molecole anfifiliche e hanno funzione immunogenica. Hanno una struttura che
rappresenta un antigene (blocco di polisaccaridi ripetuto n volte), riconosciuto dal sistema
immunitario dell'ospite. Anche la parte del core è in grado di stimolare il sistema
immunitario.
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Pericolosa per l'uomo è la salmonella ad esempio.
NUTRIZIONE E CRESCITA BATTERICA
I microrganismi hanno un metabolismo energetico che classifichiamo in base a come
ottengono energia o di quale fonte di carbonio necessitano:
Fotoautotrofi: ricavano l'energia dalla fonte luminosa, potere riducente ottenuto
da molecole inorganiche che usano per ridurre la fonte di carbonio (co2
dell'atmosfera) per ottenere una molecola organica--> hanno bisogno di poco.
Sono alla base di una ctaen trofica perché le loro biomasse sono usate da altri
organismi che non hanno questa capacità.
Fotoeterotrofi: ricavano energia usando la fonte luminosa ma necessitano di una
sostanza organica (generata ad esempio da organismi fotoautotrofi) e vitamine
oltre alla co2 per avere molecole organiche.
Chemioautotrofi: non necessitano della luce del sole, ricavano energia e potere
riducente sotto forma di elettroni da sostanza inorganica. Poi co2(disciolta nel
mare) per produrre materia organica. Importanti perché ad esempio sui fondali
marini non c'è fonte luminosa.
Chemioeterotrofi: i più esigente dal pdv nutrizionale ed energetico--> bisogno di
sostanza organica sia per ottenere energia che per produrre altra sostanza
organica (noi siamo chemioeterotrofi, es costruiamo proteine con la materia
organica di cui ci nutriamo).
Non esiste un mezzo di coltura che garantisce la crescita di tutti i microrganismi. La
composizione del terreno definisce quali microrganismi possono crescere su quel terreno.
Peso secco: scaldo a temperature elevate (non da fare combustione) fino a che il peso
diventa stabile, prima diminuisce per la perdita di acqua. È il modo più corretto di
esprimerlo perché l'acqua non dà stabilità nella misurazione.
La composizione della cellula microbica ci da indicazioni su come alimentarla.
Ciò che viene considerato di più nella composizione di un terreno è la fonte di carbonio,
azoto e fosforo, perché la sostanza organica (es zuccheri) somministrata è fatta di
carbonio, ossigeno e idrogeno, invece bisogna specificare la fonte di azoto.
La fonte di fosforo è importante perché finisce nella membrana cellulare (fosfolipidi),
parete cellulare (acidi teicoici), ATP (adenosintrifosfato), DNA e RNA (legami fosfo..). Il
fosforo viene dato sotto forma di sali.
Carbonio: nella forma di glucosio (monosaccaride) di solito, perché quasi tttti i
microrganismi sono in grado di usarlo come fonte di carbonio, hanno sistema di trasporto
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e enzimi che li idrolizzano. Oppure co2 nell'aria per fotoautotrofi. Se uso disaccaride
(lattosio) o trisaccaride o polisaccaridi selezioni i microrganismi che sono in grado di usarli
come fonte di carbonio. La scelta della fonte di carbonio determina quali microrganismi
posso coltivare nel terreno. Anche il metano è una fonte di carbonio (metanotrofi).
Lo stesso vale per l'azoto: azoto atmosferico è abbondante. Ci sono enzimi azoto fissatori.
Altre fonti di azoto sono l'ammoniaca e amminoacidi (sotto forma di idrolizzati di
proteine). Se voglio selezionare microrganismi che hanno proteasi devo fornire proteine
intere.
La scelta dei nutrienti determina quali microrganismi possono svilupparsi in quelle
condizioni.
Tutto ciò (energia e materia organica) serve ai microrganismi per poter crescere.
-La crescita microbica è l'aumento del numero delle cellule in un determinato ambiente.
-La crescita batterica è caratteristica, anche definita divisione binaria perchè si ottengono 2
cellule identiche da una cellula e così via. Anche il DNA si divide e si ripartisce. NON si parla
di cellula madre e figlia.
-Nel caso dei lieviti (Saccharomyces cerevisiae): è un eucariota, lievito usato nell'industria
alimentare. Questo lievito può andare incontro a una divisione che prevede la mitosi, detta
di tipo vegetativo. Consente di aumentare il numero di cellule nell'ambiente, ma il corredo
cromosomico delle due cellule che si ottengono rimane uguale e si parla di una
riproduzione asessuata. Ci sono momenti di preparazione alla divisione cellulare, divisi in
fasi. Nella fase sintetica c'è l'inizio duplicazione dei cromosomi e formazione di una gemma
(riproduzione per gemmazione) che diventa più grande e ospita metà del materiale
genetico, che nel frattempo si è duplicato. Si parla di cellula madre e cellula figlia. La cellula
figlia ha bisogno di tempo prima di raggiungere la fase G1, poi procede fino a gemmare,
mentre la cellula madre riprende subito nella creazione di un'altra gemma: sfasamento
temporale, che non c'è nei batteri, dove le cellule si dividono alla stessa velocità. Queste
sono le condizioni in cui cresce questo microrganismo la maggior parte delle volte.
In certe condizioni, essendo un eucariota, dà origine a un processo meiotico in cui si
producono a 4 spore (ascospore) che rappresentano uno step della riproduzione sessuata
del microrganismo. Cerevisiae si riproduce per gemmazione finchè non si trova in carenza
di nutrienti o in presenza di nutrienti non utilizzabili, o elevate concentrazioni di etanolo o
acido acetico: in queste condizioni la cellula (diploide) costruisce una forma riproduttiva
detta asco che dà origine a 4 cellule aploidi, spore con corredo cromosomico dimezzato e
sessualmente differenti. Sono di 2 tipologie: a ed alfa che appartengono ad un sesso
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diverso--> in caso di condizioni ambientali opportune (disponibilità di nutrienti, ecc),
queste spore germinano dando origine a una cellula di cerevisiae aploide che può
continuare a moltiplicarsi per gemmazione. Nel tempo può succedere che 2 tipologie
diverse, a e alfa, si trovino in contatto, e il fatto che siano di sesso opposto può consentire
di effettuare una coniugazione, che riporta alla formazione di una cellula diploide (fusione
di 2 cellule aploidi). Le cellule a e alfa possono appartenere a ceppi diversi del lievito-->si
arricchisce il patrimonio genetico delle cellule ottenute dalla coniugazione. La riproduzione
sessuata arricchisce il patrimonio genetico dei discendenti. Posso avere ceppi di cerevisiae
che hanno diverse caratteristiche tecnologiche, di fermentazione-->posso creare un
individuo che abbia le caratteristiche di 2 cellule. Miglioramento genetico dei ceppi usati
per le fermentazioni industriali e la produzione di alimenti in cui la fermentazione di
cerevisiae è importante. Come fanno a riconoscersi? Le cellule a secernono dei peptidi di
12 amminoacidi in una sequenza ben precisa e le cellule alfa secernono peptidi simili ma
più lunghi di un amminoacido (13aa). Sulla superficie delle cellule alfa ci sono recettori che
riconoscono i peptidi prodotti sulle cellule a e viceversa. Quando avviene questo
riconoscimento reciproco avviene una cascata di reazione a livello intracellulare che
scatena la coniugazione (mating) che consente la fusione delle due cellule e il ripristino
della diploidia, quindi della cellula che potrà dividersi per via vegetativa.
Il mondo dei lieviti e dei batteri ha parole comuni, ma con diverso significato
(coniugazione, parete, spora).
FISIOLOGIA MICROBICA E METABOLISMO
Separazione di cariche: evento chiave che ha determinato la possibilità di avere una cellula
in grado di poter gestire una quantità di energia per i suoi processi fisiologici. La membrana
cellulare è la responsabile di questa separazione. La separazione di cariche non avviene
spontaneamente ma ha bisogno di energia per poter essere mantenuta, fornita dai patuei
metabolici legati al metabolismo energetico. Separazione di cariche per movimento di
protoni all'esterno della cellula, gestito da macchine molecolari (insieme di proteine e
molecole complesse). La cellula è in grado di sfruttare l'elevata concentrazione di protoni
all'esterno per generare energia che può essere conservata, sintesi di ATP a partire da ADP.
Il legame fosfato aumenta sempre il livello energetico di una molecola perché siccome
costa energia formare questo legame, romperlo significa liberare energia.
La cellula crea uno sbarramento tale per cui grazie a un flusso costante c'è un aumento
della concentrazione di protoni al di fuori della cellula, che possono rientrare solo
attraverso all'ATP sintetasi, un enzima costituito da più subunità proteiche che sfrutta
flusso secondo gradiente dei protoni (dall'esterno all'interno) per creare ATP, ottenere
energia sufficiente per creare un legame tra l'ADP e il fosforo inorganico presente nel
citoplasma. (respirazione)
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Francesca Nasatti
Questo sistema garantisce la sopravvivenza della cellula: la separazione di cariche è utile
anche per alimentare i sistemi di trasporto degli zuccheri, che negli organismi
chemioautotrofi forniranno energia per pompare all'esterno i protoni.
Le molecole posizionate nella membrana sono dei citocromi (lezione 4, pagina 2), in grado
di gestire il flusso di protoni e neutroni.
COME OTTENGONO ATP I MICRORGANISMI?
Respirazione: reazione di ossidoriduzione
Fotofosforilazione
Fosforilazione a livello di substrato
TRASPORTATORI
Fissi: localizzati su una struttura della cellula, immersi nella membrana cellulare,
che svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento del livello energetico della
cellula.
Liberi: si trovano nel citoplasma e funzionano da donatori o accettori di elettroni
nelle reazioni del metabolismo energetico, reazioni di ossidoriduzione che
coinvolgono molecole organiche. Ad esempio sono molecole di NAD o NADP
(pagina 6). La nicotinammide è coinvolta nelle reazioni di ossidoriduzione, si
riduce facilmente sull'atomo di carbonio (reazione reversibile). Questa reazione
è vista nell'ambito di una reazione redox importante nel metabolismo dei batteri
usati ad esempio per la preparazione degli alimenti, ovvero la reazione dell'acido
piruvico a generare acido lattico (fermentazione omolattica-->processo
metabolico, adottato da alcuni microrganismi tra cui quelli utilizzati per
preparare lo yogurt). Grazie ad un'attività enzimatica che catalizza questa redox,
si ha un passaggio di elettroni, passaggio da acido piruvico (piruvato) a acido
lattico (lattato) (riduzione), e si ossida il NADH che diventa NAD. Le reazioni di
ossidoriduzione sulle molecole organiche non interferiscono col numero di atomi
di carbonio.
Le redox possono essere localizzate nei patuei metabolici (che portano alla produzione di
energia), oppure dedicate alla costruzione di molecole (hanno quindi un compito
anabolico). La cellula distingue l'impiego dei trasportatori liberi e destina il NAD alle
reazioni cataboliche (dove c'è generazione di energia) e il NADP alle reazioni anaboliche
(dove c'è una fase di costruzione delle molecole).
Anabolismo: biosintesi di qualcosa
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Francesca Nasatti
Catabolismo: smontaggio di qualcosa per ottenere energia
Queste reazioni sono catalizzate da enzimi per fare raggiungere l'energia di attivazione
necessaria allo spostamento di elettroni, ad esempio dal piruvato al lattato. Questi enzimi
vengono chiamati deidrogenasi--> lavorano usando come cofattore il NAD (usato dal
lattato deidrogenasi, enzima coinvolto nel catabolismo) o NADP o NADH (usati da enzimi
coinvolti nell'anabolismo).
Nella cellula ho un numero definito di molecole di NAD (in forma ossidata e non). Il NAD+
(ossidato) viene consumato e ridotto a NADH: serve qualcosa che possa ripristinare il NAD+
ossidando il NADH--> entrano in gioco i trasportatori fissi (pagina 7) che garantiscono la
riossidazione del NADH che si è formato durante il processo di ossidazione della sostanza
organica nel catabolismo energetico. Il NAD ridotto viene ossidato a livello dei
trasportatori fissi di membrana, cede protoni ed elettroni: i protoni vengono espulsi al di
fuori della cellula per garantire la separazione di carica, che porta alla sintesi di ATP; gli
elettroni passano da un livello energetico alto a uno più basso ed è trasportato da una
flavoproteina a una ferroproteina non-eme a un coenzima Q a un citocromo, saltando a
livelli energetici sempre più bassi e cedendo energia, che viene sfruttata, ad esempio, dal
citocromo bc per espellere ulteriori protoni. Il citocromo bc trasferisce l'elettrone al
citocromo c, che lo trasferisce, infine, al citocromo c ossidasi: l'elettrone perde un ulteriore
livello energetico e questa energia viene usata per espellere un altro protone e l'elettrone
finisce sull'accettore di elettroni, che viene ridotto. Questo passaggio di elettroni e protoni
è, nel suo complesso, una reazione di ossidoriduzione, in cui intervengono delle molecole
con lo scopo di recuperare più energia possibile dalla perdita di livelli energetici dagli
elettroni e consentire l'espulsione dei protoni all'esterno della membrana. Essendo una
ossidoriduzione, l'ossidazione del NADH a generare NAD+ deve essere compensata dalla
riduzione di un'altra molecola, ovvero la molecola di ossigeno, che diventa acqua.
La riossidazione del NADH attraverso la catena di trasporto degli elettroni caratterizza i
metabolismi di tipo respirativo (RESPIRAZIONE). Il fatto che l'ultimo accettore sia
l'ossigeno, identifica un meccanismo respirativo di tipo aerobio. Ci sono dei microrganismi
(chemioautotrofi, che sfruttano il potere riducente contenuto in sostanze inorganiche per
ottenere energia e che vivono ad esempio nei camini vulcanici, nei fondali oceanici, dove ci
sono emissioni di zolfo) che usano altri accettori di elettroni finali, come ad esempio lo
zolfo, che si riduce ad acido solfidrico; hanno quindi un metabolismo respirativo di tipo
anaerobio.
Nel momento in cui la cellula è in grado di generare potere riducente attraverso
l'ossidazione della sostanza organica (zuccheri), abbiamo simultaneamente l'accumulo di
molecole ridotte, che sono i trasportatori liberi di elettroni, come il NADH, che non è
infinito, ma deve essere ossidato per rigenerare il NAD+, se no quest'ultimo diventerebbe
limitante e non sarebbe più disponibile come accettore di elettroni durante il processo di
ossidazione degli zuccheri. Questa riossidazione, se avviene attraverso una catena di
trasporto degli elettroni, caratterizza un meccanismo di tipo respirativo, aerobio o
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Francesca Nasatti
anaerobio in funzione di chi è l'ultimo accettore di elettroni. Il ciclo di Krebs fa parte del
catabolismo che genera il NADH ma non è la peculiarità di un metabolismo respirativo; la
peculiarità è che il NADH deve essere riossidato (se no non c'è più NAD+ che deve essere a
sua volta ridotto) a livello della catena di trasporto di elettroni.
FOSFORILAZIONE A LIVELLO DEL SUBSTRATO (pagina 14)
Ultimi passaggi della glicolisi. Il 2-Fosfoglicerato, attraverso un enzima, subisce una
deidratazione e diventa 2-Fosfoenolpiruvato (si chiama così perché il fosfato è legato al
carbonio 2 della molecola), molecola ad alto livello energetico, che grazie a una reazione
catalizzata da un enzima (chinasi: molecole che legano il fosfato a qualcosa. Se le molecole
sono fosfatasi fanno il contrario, cioè staccano il fosfato). Il piruvato chinasi fosforila l'ADP
facendola diventare ATP, usando il fosfato che deriva da una molecola organica ad alto
livello energetico, cioè il fosfoenolpiruvato, che abbiamo già nominato nel sistema PEPPTS, in cui gioca il ruolo di donatore di fosfato.
GLICOLISI-via metabolica
Oltre al glucosio, i microrganismi possono usare anche altri zuccheri, l'importante è che
questi siano convertiti in intermedi che poi finiscono in questo pathway(?).
Il primo passaggio di un metabolismo energetico ha sempre un costo energetico: in questo
caso il primo passaggio è la fosforilazione della molecola di glucosio in glucosio-6-fosfato;
questa fosforilazione avviene a discapito dell'idrolisi di una molecola di ATP (perdita
energetica) e aumenta il livello energetico dello zucchero e lo indica come molecola pronta
ad entrare nel pathway ossidativo.
Tutte le chinasi sono enzimi che operano fosforilazioni , mentre le fosfatasi defosforilano.
Il secondo step è un ulteriore aumento del livello energetico dello zucchero, che subisce
anche una isomerizzazione: diventa fruttosio-6-fosfato, substrato della fosfofruttochinasi,
che consuma un'altra molecola di ATP per aumentare il livello energetico del fruttosio, che
diventa fruttosio-1,6-difosfato, indicatore del livello energetico cellulare (essendo uno
zucchero ad alto livello energetico).
Per ora siamo a -2 ATP.
Negli step successivi, questo fosfato diventa 2 molecole a 3 atomi di carbonio, ovvero il
diidrossiacetone fosfato e la gliceraldeide-3-fosfato. Questa idrolisi genera 2 prodotti, 2
molecole fosforilate in equilibrio tra loro (possono esserci interconversioni). Questo
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Francesca Nasatti
equilibrio, però, viene spostato verso la formazione di gliceraldeide-3-fosfato perché è
questa ad essere consumata dalle successive attività enzimatiche della glicolisi.
Nel successivo passaggio avviene una delle reazioni più importanti della glicolisi: passaggio
da gliceraldeide-3-fosfato a 1,3-bifosfoglicerato (ossidazione della molecola organica). La
molecola a 3 atomi di carbonio con un fosfato legato diventa una molecola a 3 atomi di
carbonio ma con 2 fosfati legati. Questa operazione avviene grazie alla catalisi dell'enzima
e alla presenza di fosfato inorganico presente nella cellula, non con il consumo di ATP.
Inoltre abbiamo la riduzione da NAD ossidato a NAD ridotto, quindi questa reazione è
catalizzata da una gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (enzimi che catalizzano reazioni di
ossidoriduzione).
L'1,3-bifosfoglicerato è una molecola ad alto livello energetico, e grazie ad una
fosfoglicerato chinasi è in grado di consentire la sintesi di 2 molecole di ATP--> anche il
passaggio successivo è importante perché per arrivare a 3-fosfoglicerato si ha un guadagno
di 2 ATP (ho 2 molecole di gliceraldeide-3-fosfato)--> primo guadagno di ATP: tanto ATP
abbiamo consumato all'inizio per caricare energicamente la molecola di zucchero, tanto
ATP abbiamo guadagnato ora in questo passaggio di ossidazione.
Da qui in avanti ci sono delle isomerizzazioni per poi arrivare alla molecola di
fosfoenolpiruvato--> penultimo step, importante perché il fosfoenolpiruvato è il substrato
della piruvato chinasi: ci sono 2 molecole di substrato che vengono defosforilate per
garantire la fosforilazione di 2 molecole di ADP e generare il piruvato. Da una molecola di
glucosio se ne ottengono due di acido piruvico.
Il bilancio complessivo del guadagno di ATP è positivo: +2ATP
CICLO DI KREBS (TCA)
Nei microrganismi che possiedono anche un altro tipo di attività catabolica che porta ad
un'ulteriore ossidazione dell'acido piruvico, quest'altro pathway è in molti organismi
viventi, compresi i microrganismi, il ciclo di Krebs o ciclo degli acidi tricarbossilici.
Il ciclo di Krebs è alimentato dal piruvato che deriva dalla glicolisi. Si ha una
decarbossilazione dell'acido piruvico a dare acetyl-coA e la contemporanea riduzione di
NAD ossidato (formazione di potere riducente).
L'acetyl-coA entra nel ciclo di Krebs e l'ossidazione della molecola aumenta: si liberano
diverse molecole di CO2 e di nuovo la formazione di potere riducente.
Nei passaggi successivi si ricava dell'energia sotto forma di GTP, si ottiene altro potere
riducente sotto forma di FADH (analogo al NADH).
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Francesca Nasatti
La molecola a 3 atomi di carbonio si è completamente ossidata a 3 molecole di CO2. Dato
che nel ciclo di Krebs entrano 2 molecole di acido piruvico ogni molecola di glucosio,
significa che i 6 atomi di carbonio della molecola di glucosio vengono ossidati a 6 molecole
di CO2--> con la combinazione di glicolisi e ciclo di Krebs si ha una ossidazione completa
della molecola di zucchero, che è entrata in questo processo catabolico.
Gli altri prodotti di questo catabolismo sono la formazione di potere riducente. A forza di
consumare NAD ossidato per avere potere riducente, a un certo punto si avrà bisogno di
rigenerarlo: questa rigenerazione (ossidazione del potere riducente) avviene a livello dei
trasportatori fissi sulla membrana cellulare, nella catena di trasporto degli elettroni. Per
possederne una i microrganismi devono avere metabolismo respirativo.
Nei microrganismi che non hanno un metabolismo di tipo respirativo, di solito non si ha il
ciclo di Krebs, quindi la loro unica fonte di potere riducente è l'ossidoriduzione nella
glicolisi; in un microrganismo che fermenta la riossidazione del NADH avviene su una
molecola organica, che viene ridotta. Questo processo è detto fermentazione omolattica
(da piruvato ad acido lattico)
FERMENTAZIONE (lezione 6)
Sistema di trasporto PEP-PTS. Il fosfoenolpiruvato (penultimo intermedio glicolisi) cede la
fosforilazione a una fosfotransferasi, che la cede a una successiva, che la cede a quella
dopo, che la cede allo zucchero in ingresso.
Quando si ha l'ingresso di uno zucchero con sistema PEP-PTS non si ha il primo step della
glicolisi governato dalla glucosio chinasi perché lo zucchero è già fosforilato, quindi passa
subito al secondo step diventando fruttosio-6-fosfato, ecc.
Poi abbiamo la riduzione del NAD ossidato e l'ossidazione della gliceraldeide-3-fosfato a
1,3-fosfoglicerato grazie all'introduzione di fosfato inorganico (Pi).
Rigenerazione del NAD ossidato che deve essere disponibile nella reazione tra GA-3P e 1,3PGA: in questa reazione si forma NADH che deve essere riossidato nella fermentazione per
essere di nuovo disponibile per alimentare la parte alta della glicolisi.
Lattato deidrogenasi: catalizza la fermentazione, una reazione di ossidoriduzione (come
quella tra GA-3P e 1,3-PGA--> ossidazione della molecola organica e riduzione del
cofattore, del NAD ossidato). La fermentazione è una reazione di ossidoriduzione che
determina la riduzione della molecola organica (da piruvato ad acido lattico) e
l'ossidazione di NADH a NAD+. Nel caso di ossidoriduzioni catalizzate da deidrogenasi, è il
NAD a fare da serbatoio di elettroni, ovvero trasportatore libero di elettroni nel
citoplasma.
In questo caso c'è una sola molecola di PEP, quindi la generazione di 1 ATP, perché l'altra
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Francesca Nasatti
molecola di PEP viene consumata per il trasporto. Ma in ogni caso il bilancio energetico è +
2 ATP perché all'inizio non ho il dispendio energetico per fosforilare il glucosio.
La fermentazione omolattica avviene anche negli organismi superiori, anche nell'uomo: in
carenza di ossigeno, nei muscoli si forma acido lattico. Ciò succede a seguito di sforzi
intensi e di breve durata, durante i quali nelle cellule la disponibilità di ossigeno è inferiore
alla richiesta--> continuiamo a generare potere riducente, si ha un accumulo di NADH, che
bisogna riossidare per mandare avanti il processo. Se manca ossigeno, la riossidazione del
NADH sulla catena di trasporto di elettroni si ferma, poiché gli elettroni forniti dal NADH
fluiscono fino al citocromo c per essere trasferiti sulla molecola di ossigeno, ma se
quest'ultimo non c'è questo passaggio non può avvenire. Quindi la riossidazione si
interrompe e la cellula muscolare reagisce, poiché il NADH deve essere per forza riossidato
perché se viene a mancare NAD ossidato per la reazione da GA-3P a 1,3 PGA si ferma
anche la glicolisi--> la soluzione è quella di ridurre l'acido piruvico ad acido lattico e
garantire la riossidazione del NADH.
Le cellule, infatti, hanno la duplice possibilità di respirare (e ottenere la massima resa
energetica) o fermentare (in condizioni di stress) per garantire la riossidazione del NADH a
NAD+, e in questo caso adottano un metabolismo di tipo fermentativo che genera un acido
organico da smaltire--> causa del dolore da accumulo di acido lattico.
La stessa cosa succede quando moriamo: non si ha più apporto di ossigeno ma le nostre
cellule continuano a vivere finchè c'è disponibilità di glucosio.
Il metabolismo respirativo ha resa energetica più alta di quello fermentativo: nel secondo
si formano 2 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio, mentre nel primo il bilancio è
più alto (34 o 38 ATP). Le cellule devono raggiungere un determinato numero di molecole
di ATP per poter crescere, dividersi; ci sono cellule che possono solo fermentare e altre che
respirano. Come fa una cellula a produrre la stessa quantità di ATP con un metabolismo a
resa inferiore? Consumando più zucchero più velocemente, togliendo risorse a chi vive
nello stesso ambiente e produco nell'ambiente un acido organico, che può avere attività di
inibizione dello sviluppo microbico (abbassa il pH della cellula degli altri microrganismi e ne
arresta la crescita). Un microrganismo che si è evoluto con un metabolismo fermentativo
ha quindi un vantaggio ecologico, compete in ambienti ricchi di sostanza organica
(zuccheri).
Questo metabolismo è presente, oltre che nelle cellule muscolari, anche in quelle tumorali.
I tumori solidi sono cellule in cui l'ATP si genera attraverso un meccanismo di
fermentazione lattica. Le cellule tumorali proliferano molto velocemente e consumano
tantissimo zucchero. Si fanno analisi sul pH per capire se sono presenti queste cellule: se sì,
il pH è più acido per via della formazione di acido lattico. Un antitumorale è una molecola
che interrompe la reazione da piruvato ad acido lattico, disattivando il lattato
deidrogenasi, perché in questo modo interrompo la riossidazione del NADH a NAD+ e
quindi blocco la glicolisi--> non ho più formazione di ATP e la cellula muore.
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Francesca Nasatti
Non tutti i microrganismi con un metabolismo aerobio hanno la possibilità di svolgere una
fermentazione lattica.
Devo saper associare il nome di un microrganismo al tipo di metabolismo che possiede.
Fermentazione omolattica significa che l'unico acido organico prodotto è l'acido lattico.
I microrganismi che si sono evoluti con un metabolismo di tipo fermentativo si sono
adattati a degli ambienti ricchi di fonti energetiche, che ha fatto si che il metabolismo
fermentativo diventasse più efficiente ed economicamente sostenibile di un metabolismo
di tipo respirativo, perché costa meno costruire gli enzimi necessari alla glicolisi (9) che
mantenere in piedi gli enzimi necessari alla glicolisi, al ciclo di Krebs e alla costituzione
della catena di trasporto degli elettroni.
In un ambiente ricco di fonti di carbonio molti microrganismi si sono evoluti adottando un
metabolismo di tipo fermentativo perché c'è un'abbondanza di risorsa energetica e non ha
importanza avere un'alta resa in conversione di ATP.
Il Saccharomyces cerevisiae ha a disposizione la possibilità di avere un metabolismo
respirativo perché è dotato di una catena di trasporto di elettroni e di un ciclo di Krebs;
però questo lievito è conosciuto per il suo metabolismo fermentativo (fermentazione
alcolica).--> chi è dotato di due possibilità viene indotto all'uso di una o dell'altra in base
alle condizioni ambientali.
Il lievito si è adattato ad ambienti ricchi di fonti zuccherine e, anche in presenza di
ossigeno, preferenzialmente svolge una fermentazione.
FERMENTAZIONE ALCOLICA DI S. CEREVISIAE
Deve garantire la riossidazione del NADH. È una fermentazione più complessa di quella
omolattica perché prevede due attività enzimatiche.
La piruvato decarbossilasi è un enzima tiamminatirofosfato (TTP) dipendente e necessita
della presenza di magnesio.
L'acetaldeide subisce un'ulteriore trasformazione ad opera di un'alcol deidrogenasi perché
l'acetaldeide deve essere ridotta, dato che si ha la necessità di ossidare il NADH (reazione
di ossidoriduzione).
Il risultato è la produzione di etanolo, una molecola più ridotta dell'acetaldeide e la
produzione di CO2, che garantisce la lievitazione nei prodotti da forno e la presenza di
bollicine nelle bevande alcoliche frizzanti. L'etanolo ha un ruolo fondamentale nella
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Francesca Nasatti
produzione di bevande alcoliche, mentre per quanto riguarda i prodotti da forno l'etanolo
evapora durante la cottura.
FERMENTAZIONE ETEROLATTICA (lezione 6, pagina 4)
Oltre all'acido lattico vengono prodotti altri acidi organici, in parte anche l'etanolo.
Ingresso del glucosio nella cellula attraverso il sistema del simporto (può entrare anche già
fosforilato).
Il glucosio-6P viene ossidato a 6P-gluconato: di conseguenza si ha la formazione di potere
riducente (NADH).
Dopodichè si ha una decarbossilazione a ottenere ribulosio-5P (si passa da uno zucchero a
6 atomi di carbonio a uno a 5--> si genera CO2) e un ulteriore aumento dello stato di
ossidazione della molecola con formazione di altro potere riducente.
Questa molecola viene isomerizzata a xilulosio-5P, poi interviene l'enzima chiave di questo
metabolismo, ovvero la pentosofosfochetolasi, che usa questa molecola a 5 atomi di
carbonio per generare gliceraldeide-3P e acetil-P.
Dalla GA-3P si arriva al PEP. In alcuni passaggi si ha ulteriore formazione di potere
riducente e ATP. Da PEP a PIR è un passaggio della fermentazione omolattica. Da PIR d
acido lattico abbiamo la prima generazione del NAD ossidato.
L'altra metà del pathway, quella che parte dell'acetil-P, può seguire 2 vie:
1. quella che porta alla formazione di etanolo e che garantisce la rigenerazione del
NAD in maniera equimolare (tanto NADH produco a monte, tanto NAD+ viene
rigenerato a valle)
2. Ma buona parte dell'acetil-P segue la via verso la sintesi di acido acetico, un altro
acido organico, che garantisce la produzione di una molecola di ATP. Processo
mediato da un'acetil-P chinasi.
Nei microrganismi con questo tipo di fermentazione, ovvero eterolattica, si ha la
conversione di zuccheri esosi a generare acido lattico, acido acetico e piccole quantità di
etanolo, oltre che alla CO2. Se in questi organismi la fonte di carbonio fosse uno zucchero
pentoso, non ci sarebbe la produzione di CO2.
Nel caso di una fermentazione omolattica si ha il bilancio perfetto di riossidazione del
NADH , ma molti dei microrganismi eterofermentanti vanno a produrre acido acetico
poiché, in questo passaggio, hanno anche il guadagno di una molecola di ATP--> questo fa
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Francesca Nasatti
in modo che abbiano sempre una riserva di potere riducente (nelle cellule c'è abbondanza
di NADH rispetto a NAD+)
IL PATHWAY DI LELOIR
Il glucosio è lo zucchero di riferimento, il più semplice, tutti i microrganismi hanno gli
enzimi necessari per poterlo utilizzare, ma in natura esistono diversi zuccheri e uno di
quelli più presenti nell'ambiente caseario è il lattosio che, una volta entrato nella cellula,
subisce l'azione della beta-galattosidasi che lo idrolizza a glucosio e galattosio.
Il galattosio, in alcuni casi (batteri dello yogurt) viene utilizzato in antiporto con il lattosio
che entra, quindi per alimentare il sistema di trasporto. In altri organismi, il galattosio
viene utilizzato.
Il galattosio deve essere convertito in un intermedio della glicolisi o della fermentazione
eterolattica. Esso, come tutti gli zuccheri che entrano in un processo catabolico, deve
essere attivato: la galattosio chinasi fosforila il galattosio a gal-P, che diventa substrato di
un enzima chiave del pathway di Leloir, la uridil transferasi.
Questo enzima trasferisce il gruppo fosfato presente sul galattosio alla molecola di
glucosio collegata a un attivatore di zucchero, l'uracile difosfato (UDP).
Il galattosio cede il fosfato al glucosio, che è legato all'UDP. L'UDP si lega al galattosio
diventando UDP galattosio. Il glucosio diventa glucosio-P, che entra nella glicolisi.
Per rigenerare l'UDP glucosio interviene una epimerasi, che fa cambiare la posizione di un
gruppo OH nella molecola di galattosio convertendolo in una molecola di glucosio.
Per essere metabolizzati, zuccheri diversi dal glucosio hanno la necessità, se non derivano
dal lattosio, di un trasportatore dedicato, una proteina a livello di membrana che trasporti
lo zucchero dall'esterno all'interno della cellula. Dopodichè devono esserci una serie di
attività enzimatiche che lo modificano fino ad arrivare a un intermedio del pathway
energetico principale .
Quando uno zucchero viene legato a molecole costituite da basi azotate e gruppi fosfato
(UDP), viene chiamato zucchero attivato, per dare un segnale agli enzimi presenti nella
cellula che quello zucchero è pronto come substrato per una determinata attività.
BATTERI LATTICI
Microrganismi con interesse alimentare in quanto utilizzati per produzioni di vario tipo
(casearie, prodotti da forno, fermentazioni vegetali).
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Francesca Nasatti
I batteri lattici sono una categoria di microrganismi, una serie di generi e di specie, che
sono accomunati da caratteristiche simili: sono tutti GRAM positivi, hanno un metabolismo
di tipo fermentativo, crescono in assenza di ossigeno (ambiente anaerobio) ma possono
tollerare modeste concentrazioni di ossigeno--> l'ossigeno, per i microrganismi anaerobi,
può diventare un problema, in quanto può creare tossicità a livello metabolico.
Questi microrganismi, essendo omo- o eterofermentanti non sono dotati di una catena di
trasporto degli elettroni, quindi non hanno la possibilità di effettuare un metabolismo di
tipo respirativo (aerobio o anaerobio).
Sono microrganismi immobili, non dotati di strutture extracellulari che determinano il
movimento (di solito flagelli).
Sono raggruppati in generi. Da Lactococcus a Oenococcus hanno un'altra caratteristica che
li accomuna, ovvero la loro cellula è a forma di cocco, sferica, odogoidale o ellittica (sono
detti cocchi), mentre i Lactobacilli hanno forma a bastoncino (sono detti bastoncini).
L'unica specie interessante dal pdv alimentare del genere Streptococcus è lo
Streptococcus termophilus, non è un microrganismo patogeno, è strettamente
adattato all'ambiente latte, fa una fermentazione omolattica e viene utilizzato in
molte produzioni casearie. Le altre specie appartenenti a questo genere sono
spesso patogene (S. piogenes, S. pneumoniae).
Il genere Lactococcus contiene diverse specie tra cui L. lactis, L. cremoris, usate
nel settore caseario per la produzione di latti fermentati, formaggi. L. lactis e S.
termophilus sono le specie più prodotte a livello mondiale per le produzioni
casearie.
Gli streptococchi e i lactococchi formano cocchi in catenelle.
Pediococcus: microrganismi a forma di cocco che si trovano spesso sotto forma
di tetradi, ovvero quattro cocchi a formare un quadratino. Questo perché
durante la divisione cellulare queste cellule rimangono unite a formare delle
strutture dette tetradi. I pediococchi sono associati alle matrici vegetali, così
come Leuconostoc.
Leuconostoc, al contrario dei precedenti, ha una fermentazione eterolattica.
Oenococcus oeni è importante perché è un batterio lattico fondamentale in
enologia perché garantisce la conversione dell'acido malico ad acido lattico.
Questo processo si chiama impropriamente fermentazione omolattica (in realtà
non è una fermentazione perché non si ha una riossidazione del NADH sull'acido
malico, ma una trasformazione della molecola di acido malico a lattico). Questa
trasformaziona malato-lattato è importante per diminuire l'acidità dei vini e,
inoltre, l'acido lattico conferisce caratteristiche sensoriali più gradevoli al
vino. Questa trasformazione è uno sviluppo di un batterio (Oenococcus)
successivo alla fermentazione alcolica di cerevisiae che ha prodotto il vino--> ci si
trova in un ambiente molto difficile perché nel vino non ci sono quasi più
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Francesca Nasatti
zuccheri residui, il pH è estremamente acido perché il vino deriva da un mosto di
matrice vegetale (acido d'uva) che è ricco di acidi organici e di conseguenza ha
pH basso; inoltre il vino ha una concentrazione di etanolo che svolge un'attività
antimicrobica poiché, in quanto alcol, è in grado di destrutturare le membrane
cellulari. Tuttavia, la specie si è adattata in questo ambiente difficile, in cui è in
grado di svilupparsi in quantità sufficienti da garantire la trasformazione
dell'acido malico ad acido lattico.
Il genere Lactobacillus racchiude tante specie che non contengono
microrganismi patogeni. Sono adattate a tre ambienti: il latte, le piante, il tratto
gastro-intestinale degli animali. Al contrario dei precedenti generi, che
contenevano specie con lo stesso tipo di fermentazione, il genere Lactobacillus è
eterogeneo, ovvero a seconda della specie cambia il metabolismo.
-Gruppo I
L. delbrueckii subsp. Bulgaricus, insieme a S. termophilus, è usato per la produzione di
yogurt e altri latti fermentati, crescenza.
Lactobacillus acidophilus è associato al tratto gastro-intestinale degli animali, compreso
l'uomo, alcuni ceppi (individui appartenenti a questa specie) sono presenti nei latti
fermentati oppure commercializzati come microrganismi probiotici, cioè, una volta assunti,
in grado di garantire un buon equilibrio del microbiota intestinale.
Lactobacillus helveticus è più associato all'ambiente caseario, partecipa alla produzione di
formaggi come parmigiano, grana ed emmental.
-Gruppo II
Lactobacillus casei associato al tratto gastro-intestinale di alcuni animali.
L casei rhamnosus è presente nei probiotici.
L plantarum è associato alle matrici vegetali, alcuni ceppi sono usati come probiotici.
-Gruppo III
L sanfrancisciensis è un microrganismo che va nominato per i prodotti da forno. Associato
a cerevisiae determina gli impasti acidi (impasti in cui non c'è solo la componente di lievito
-impasto classico- ma c'è anche la componente di batteri lattici). Sono detti acidi perché la
componente di questi batteri lattici conferisce acidità all'impasto grazie alla produzione di
acido lattico e acetico.
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Francesca Nasatti
Questi impasti acidi danno origine a dei prodotti da forno molto più aromatici e stabili (si
conservano di più), come il panettone e il pandoro, anche il pane può essere preparato con
questo tipo di impasto.
L reuteri, associato al tratto gastro-intestinale, prodotto probiotico.
CRESCITA MICROBICA
Per arrivare a definire la composizione del terreno di coltura bisogna avere chiara la
composizione della cellula dal pdv degli elementi.
È per la maggior parte carbonio, poi altri elementi in minore quantità, e altri ancora in
microquantità.
(esempio: glucosio) fornisco automaticamente sia idrogeno che ossigeno. Il carbonio è
necessario perché tutte le molecole che costituiscono la cellula sono strutture a base di
carbonio e contengono idrogeno e ossigeno.
Con "fonti di azoto" ci si riferisce a tutte le molecole che contengono azoto al loro interno,
quindi se sono molecole complesse o di natura organica (amminoacidi, proteine) si
forniscono automaticamente anche idrogeno, ossigeno, carbonio.
Quindi, nella composizione di un terreno culturale, le due fonti principali che vengono
individuate, perché aggiunte in quantità maggiore rispetto alle altre e per le quali bisogna
prestare attenzione alla tipologia, sono le fonti di carbonio e di azoto.
Nelle cellule batteriche anche il fosforo è tra gli elementi più abbondanti. Il fosforo è
indispensabile per le membrane (fosfolipidi), per l'ATP, DNA e RNA (macromolecole in cui
le basi azotate sono tenute insieme da legami fosfodiestere), parete cellulare dei GRAM
positivi (negli acidi teicoici).
Gli altri elementi possono essere contenuti in quantità minore; ci sono microrganismi che
magari richiedono concentrazioni maggiori di questi elementi, ma, tendenzialmente, al di
sotto di una determinata concentrazione non si bada a quanto zinco, rame, magnesio,
i negli altri costituenti del
terreno, nell'acqua che si usa per solubilizzare questi ultimi sono sufficienti a garantire la
disponibilità richiesta per la crescita microbica.
CRITERI PER LA FORMULAZIONE DI UN TERRENO DI COLTURA
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Francesca Nasatti
Devo conoscere quali microrganismi devo coltivare/isolare. La formulazione di un terreno
di coltura deve tenere conto del metabolismo energetico del microrganismo che intendo
coltivare e di quali sono le sue esigenze nutrizionali.
Il meccanismo per quantificare i microrganismi vivi passa attraverso la loro coltivazione (ad
esempio devo saperlo perché esiste una normativa che dice quante sono le cellule vitali
che devono essere presenti nello yogurt alla produzione fino alla data di scadenza, oppure
se devo controllare lo stato di igiene di un bancone su cui si maneggia del cibo, o delle
lame di un'affettatrice). Queste operazioni necessitano della raccolta di un campione, che
può contenere o no microrganismi e, in base alla quantità, rientra o meno nei limiti stabiliti
dalla legge.
In ogni caso, i microrganismi devono poter crescere per poter essere contati, e quindi
devono utilizzare le fonti di carbonio e azoto che sono presenti nel terreno che utilizzerò
per coltivarle--> la scelta del terreno è vincolata dal tipo di microrganismo da coltivare.
Se do ai microrganismi prelevati dallo yogurt il lattosio, sono sicuro che potranno crescere
perché sanno utilizzare quello zucchero, ma se ne metto un altro posso avere lo stesso
microrganismi vivi nel campione, che però non riescono a crescere--> la scelta della fonte
di carbonio è fondamentale, così come lo è la scelta della fonte di azoto (sotto forma di
amminoacidi, quindi azoto organico, di ammoniaca, azoto atmosferico, proteine). I
microrganismi che devo coltivare. Se fornisco come fonte di azoto delle proteine e non
degli amminoacidi devono possedere delle proteasi che idrolizzano le proteine e
consentono la generazione di peptidi che sono sufficientemente piccoli per poter essere
trasportati attraverso la membrana cellulare. Infatti, tutto ciò che si da in un terreno di
coltura deve essere trasportato all'interno della cellula, con un trasportatore dedicato.
--> la composizione di un terreno di coltura determina quali microrganismi possono
crescere su questo terreno. Di conseguenza, qualsiasi terreno che si utilizza è, per sua
natura, selettivo per la crescita di determinati gruppi di microrganismi; non esiste un
terreno su cui possano crescere tutti i microrganismi presenti in un campione.
Un campione ambientale, di suolo, è ricchissimo di biomassa microbica, ha fonti di
carbonio e azoto complesse (zucchero, amminoacidi, proteine), su cui posso fare crescere
ad esempio microrganismi chemioeterotrofi. Se, invece di utilizzare come fonte di azoto
amminoacidi e proteine uso azoto atmosferico, isolo i microrganismi detti azoto-fissatori
--> se voglio isolare quei batteri, che sono responsabili dei noduli sulle radici di leguminose
ad esempio, devo utilizzare una strategia che impedisca che cresca altro, devo escludere gli
altri microrganismi partendo dal fatto che so che se utilizzano solo azoto atmosferico sono
azoto-fissatori. Questo è un modo per avere un terreno molto selettivo.
Ai terreni di coltura si possono aggiungere anche molecole diverse che aumentano la
selettività: ad esempio, se aggiungo sali biliari garantisco la crescita degli enterobatteri
(batteri legati al tratto gastrointestinale, che sono resistenti a queste molecole). I Sali biliari
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Francesca Nasatti
migliorano la digestione dei grassi perché sono tensioattivi; però, proprio per le loro
proprietà anfifiliche, deleterei nei confronti delle membrane cellulari --> i microrganismi
che sono nel tratto gastrointestinale hanno attività enzimatiche che destrutturano i Sali
biliari, quindi consentono di resistere alla loro presenza.
L'uomo è in grado di coltivare meno dell1% dei microrganismi presenti sul pianeta. Si sa
dell'esistenza del restante 99%, ma non si sa coltivare.
La preparazione di un terreno di coltura può prevedere che questo rimanga liquido, quindi
contenuto in provette o beute, oppure che finisca in piastre: in questo caso il terreno
necessita di diventare solido. Il passaggio da un terreno liquido a solido, quindi da liquido a
gel, viene garantito aggiungendo agar, che garantisce la gelificazione, infatti, essendo un
polisaccaride, sottoposto a riscaldamento forma un gel che trattiene sia l'acqua che i
nutrienti sciolti nell'acqua. Questo polisaccaride è inerte, non interferisce sulle
caratteristiche chimico-fisiche del terreno, non sottrae nutrienti e li lascia disponibili per la
crescita microbica. Esso non viene degradato dalla maggior parte dei microrganismi, quindi
la loro crescita non va a discapito del polisaccaride usato per gelificare i terreni su cui sono
presenti quei microrganismi; se così non fosse, il terreno passerebbe dallo stato di gel allo
stato liquido.
Con diffusione (lezione 7 pagina 2) si intende la capacità di attraversare la membrana
senza sistemi di trasporto. Il glicerolo ha una buona diffusione, per tutte le altre molecole
si ha un crollo della diffusibilità relativa (relativa a quella dell'acqua).
Il grafico mostra la velocità di ingresso nella cellula in funzione della concentrazione
esterna di queste molecole.
La linea rossa dice che all'aumentare della concentrazione di glicerolo (ad esempio)
aumenta anche la velocità con cui il glicerolo entra nella cellula. Si ha un andamento
lineare, che dice che la molecola di cui sto studiando la diffusione dall'esterno all'interno
della cellula segue appunto un processo di diffusione, che non è mediato da un sistema di
trasporto.
Quando una molecola entra nella cellula attraverso la mediazione di un sistema di
trasporto si ha un andamento simile a quello della curva gialla. La differenza di velocità tra
diffusione e molecola mediata da un sistema dedicato è completamente diversa:
l'efficienza di un trasporto mediato a livello di membrana è molto più elevata di quella di
una diffusione semplice. Importanza dei sistemi di trasporto.
LA CRESCITA MICROBICA
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Francesca Nasatti
CELLULA BATTERICA
Per crescita si intende l'aumento del numero di cellule, che si considera partendo da una
singola cellula.
La divisione cellulare dei batteri è di tipo binario, il che significa che da una cellula se ne
ottengono due, da due quattro e così via.
Prima che avvenga la divisione cellulare si ha la replicazione del DNA all'interno della
cellula che poi segrega, cioè si ripartisce nelle due cellule che vengono generate.
Dopodichè si ha la separazione delle membrane cellulari--> risultato: da una singola cellula
ne ottengo due per scissione binaria.
L'andamento di questa divisione cellulare nel tempo è di tipo esponenziale. Per
trasformarlo in un andamento lineare bisogna utilizzare un grafico semilogaritmico, ovvero
in cui uno degli assi esprime le grandezze come logaritmo del numero di cellule.
Andamento lineare significa che a determinati intervalli di tempo (tempo di generazione) si
ha il raddoppiamento del numero delle cellule batteriche che stanno crescendo su un
terreno di coltura idoneo alla coltivazione di questi organismi.
La linea verde, che cresce in modo esponenziale, crescerà lungo una verticale, il che
significa che, in pochi minuti, il numero delle cellule aumenta in modo esponenziale.
Quindi, la crescita microbica, quando i microrganismi si trovano in condizioni ottimali di
sviluppo, è qualcosa di estremamente rapido: è importante che si conoscano le condizioni
necessarie a controllare questa crescita, ovvero favorirla se i microrganismi che stanno
crescendo sono di nostra utilità, o sfavorirla se essi sono un problema, che può essere
qualitativo (es. microrganismi che crescono sull'insalata e la fanno andare a male) o di
salute (microrganismi patogeni per l'uomo). I numeri aumentano in maniera esponenziale
e in tempi ristretti.
Ci sono fattori colturali, che vanno al di là della composizione del terreno, che possono
influenzare la crescita dei microrganismi. Questi fattori possono essere la temperatura
(non tutti i microrganismi crescono a temperatura ambiente), la disponibilità di ossigeno, il
pH. L'ambiente non è solo la fonte nutrizionale ma comprende anche queste
caratteristiche.
La notazione scientifica che si utilizza per quantificare le cellule è la notazione
esponenziale. (è giusto scrivere 2x10^4, non 20x10^3).
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Francesca Nasatti
Un altro fattore importante è il modo in cui si esprime la crescita: si esprime come numero
di cellule riferito ad un'unità di volume o unità di massa, ovvero numero di cellule per mL
(densità cellulare, perché la concentrazione è riferita alle molecole che si sciolgono nel
solvente, in questo caso si ha una sospensione delle cellule in acqua) o numero di cellule
per g--> questo perché gli alimenti sono o liquidi o solidi.
Basandoci sulla crescita esponenziale a base due (crescita batterica), è facile, per una
crescita di tipo binario, disegnare un'equazione matematica che la descrive. Questa
equazione non è applicabile, ad esempio, alla crescita di un lievito, in cui si ha la
formazione di una cellula figlia, che ha bisogno di un tempo di crescita prima di poter
generare a sua volta due cellule, mentre la cellula madre è subito pronta a generare nuove
cellule: sfasamento temporale, che non avviene nei batteri, in cui c'è una perfetta
sincronia.
Numero di generazioni: quante volte le cellule si dividono, numero delle volte in cui
raddoppiano le cellule.
Conoscere e saper calcolare questi valori è importante dal pdv alimentare per stabilire la
shelf-life degli alimenti freschi, in cui non sono presenti degli antimicrobici ma hanno come
unico stabilizzante della crescita microbica l'abbassamento della temperatura. Nonostante
ciò si ha comunque la crescita dei microrganismi, il tempo di scaffale di questi prodotti non
è infinito, anche perché non è determinato solo dallo sviluppo di microrganismi ma anche
dal fatto che gli enzimi presenti nelle cellule vegetali nei punti di taglio iniziano a svolgere
la loro attività e degradare la matrice alimentare.
Si parte sempre da una contaminazione microbica di base che è piuttosto elevata perché
gli alimenti sono di origine ambientale, gli alimenti vegetali crescono nei campi, quindi
sono a contatto con il microbiota ambientale dove vengono coltivati. Non possiamo avere
degli alimenti vegetali freschi totalmente privi di microrganismi, nonostante tutte le
operazioni di lavaggio; inoltre, l'acqua stessa non è microbiologicamente sterile, ha una
carica microbica (anche se molto bassa).
Questo vale anche per le carni, sulla loro superficie c'è sempre un apporto di
microrganismi ambientali o che derivano dall'uomo stesso che manipola le carni, ecc.
Il problema della shelf-life di un prodotto fresco è legato in parte alla crescita microbica
che va ad alterare il prodotto ma non necessariamente a renderlo pericoloso (si parla di
pericolo solo se sono presenti microrganismi patogeni), e in parte dalle alterazioni che
l'alimento subisce in funzione delle proprie caratteristiche intrinseche: irrancidimento dei
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Francesca Nasatti
grassi (indipendenti dalla presenza di microrganismi), che può essere, in alcuni alimenti,
più veloce della crescita microbica; sviluppo di attività enzimatiche che catalizzano reazioni
di imbrunimento, anch'esse indipendenti dalla presenza di microrganismi, che possono
accelerare o diminuire il tempo di shelf-life di un alimento.
Le crescite dei vari tipi di microrganismi variano in base alle loro esigenze nutrizionali,
quindi alla disponibilità di nutrienti che c'è in quell'alimento, che diventa un terreno di
coltura dei microrganismi presenti al suo interno.
CICLO DI CRESCITA DI UNA POPOLAZIONE BATTERICA
Se fossimo in grado di quantificare il numero di cellule vitali e potessimo seguire cosa
succede nel tempo, avremmo un andamento della curva di crescita come quello
rappresentato nel grafico (lezione 7 pagina 10).
L'unità di misura del tempo può essere minuti, ore o giorni.
Questa crescita microbica viene divisa in fasi:
Fase di latenza: periodo che intercorre tra la presenza dei microrganismi
nell'ambiente e l'inizio della divisione cellulare. Ad esempio se introduco delle
cellule in un terreno di coltura ho bisogno di un determinato intervallo di tempo
affinchè le cellule inizino a dividersi, che dipende dal tipo di terreno di coltura e
dalle condizioni colturali che adotto.
Questa fase serve ai microrganismi per adattarsi all'ambiente e ad essere in grado di
usufruire delle risorse nutrizionali possedute da quell'ambiente. Periodo di adattamento
metabolico del microrganismo prima che incominci la divisione cellulare.
Posso interferire sulla fase di latenza ritardando l'ottenimento delle condizioni colturali
ottimali, modificando la temperatura, modificando il pH ad un livello che non consente la
crescita del microrganismo, modificando la disponibilità di ossigeno (se voglio ritardare la
crescita di microrganismi con metabolismo aerobio), ma di certo non posso interferire sui
nutrimenti perché non posso cambiare la composizione dell'alimento.
Fase di crescita esponenziale: in questa fase, la velocità di crescita (numero di
cellule che si ottiene per unità di tempo) è costante.
Questa crescita esponenziale, a un certo punto, deve interrompersi perché diminuisce il
nutrimento (anche se non è il motivo principale perché la fonte nutrizionale non è mai
limitante); a causa del pH, che interferisce se ci sono microrganismi con un metabolismo di
tipo fermentativo: se acidifica interferisce sull'attività degli enzimi e di conseguenza ho un
arresto della crescita; altri metaboliti prodotti dai microrganismi diventano inibenti alla
crescita stessa (esempio l'etanolo che determina l'arresto della crescita di S. cerevisiae in
un mosto); se il microrganismo ha un metabolismo di tipo aerobio ma è in un ambiente
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Francesca Nasatti
chiuso (es. alimento confezionato) si ha un esaurimento dell'ossigeno disponibile--->
cambiamenti delle condizioni colturali, perché se cambio la temperatura o il pH mentre un
microrganismo sta crescendo ne arresto la crescita: tutto ciò che interferisce sulle
condizioni colturali o a livello metabolico determina l'interruzione della fase esponenziale
di crescita.
Fase stazionaria: non si ha un aumento di nuove cellule, i microrganismi sono in
grado di sopravvivere in questo ambiente per un periodo di tempo sufficiente,
purchè ci sia un recupero di energia: il metabolismo può essere molto basso ma
deve garantire un rifornimento energetico; se questo rifornimento non c'è più,
le cellule consumano le risorse energetiche e poi iniziano a morire (non si
mantiene la differenza di potenziale sulla membrana, si depolarizza)
Fase di morte
MISURAZIONE DELLA CRESCITA
METODI INDIRETTI: consentono, misurando qualcosa che non è direttamente il
numero delle cellule ma è legato ad esso, di misurare l'aumento di una massa
microbica.
-Se aumenta il numero delle cellule, aumenta il peso della biomassa: se misuro il peso
raggiunto al termine della crescita, posso stabilire quanto è cresciuto il microrganismo. Nel
peso umido ho una forte interferenza dell'acqua libera presente nelle cellule, non ha
elevata riproducibilità (dipende dalla temperatura, dalla quantità di acqua trattenuta dalle
cellule..). Per avere una quantificazione più corretta devo effettuare un peso secco, ovvero
devo sottoporre al riscaldamento la biomassa microbica fino ad avere l'eliminazione
dell'acqua libera disponibile e una stabilizzazione del peso.
È una misurazione indiretta, perché non mi dice quante cellule ci sono, ma quanti mg.
-Analisi chimica di un costituente cellulare: se aumenta il numero di cellule microbiche
aumenta, ad esempio, la quantità di DNA di quelle cellule, quindi misurando questo
aumento posso tracciare anche l'aumento della crescita.
-Turbidimetria: metodo che misura l'aumento di torbidità in un terreno liquido
trasparente. Se è trasparente, nel momento in cui aumenta il numero di microrganismi in
sospensione si ha un intorbidimento del terreno di coltura.
METODI DIRETTI: ci consentono di contare realmente le cellule
-Conta al microscopio: Camera di Conta di Petroff-Hausser. Questa osservazione al
microscopio non ci consente una quantificazione, perché quantificare i microrganismi
significa avere una valutazione del numero delle cellule per unità di volume o massa;
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Francesca Nasatti
quindi, quando depongo una goccia di sospensione di volume noto su un vetrino, è
impossibile contare tutte le cellule su tutta la superficie su cui la goccia si è espansa--> è
stato inventato uno strumento detto camera di conta.
La camera di conta è un vetrino particolare in cui si hanno dei riferimenti calibrati: ha delle
scanalature a distanze precise e misurabili, che disegnano dei quadratini sia piccoli che
grandi, di cui si sanno esattamente le dimensioni.
La camera di conta è fatta in modo da poter identificare una superficie precisa e un volume
preciso, perché lo spazio tra il vetrino coprioggetti e la griglia è calcolato, ha un volume
noto--> alla fine non calcolo il numero di cellule per mm3 ma direttamente per ml (unità di
volume).
Il metodo di conta ha dei limiti: l'osservazione al microscopio non mi consente di
distinguere le cellule vive da quelle morte (a meno che non si facciano particolari
trattamenti al vetrino, che presumono l'impiego di coloranti), quindi non potrò mai
identificare la fase di morte; come in tutti i sistemi di misurazione; ci sono dei limiti di
sensibilità, ad esempio c'è un numero di cellule, una concentrazione al di sotto del quale
non riesco a contarle al microscopio (10^5 cellule/ml), limite di rilevabilità del numero.
È un sistema utile in molte situazioni, che però prevede la quantificazione di diversi campi
di osservazione, un unico campione lo devo contare almeno una decina di volte per poter
avere un numero che sia vicino alla reale densità di cellule per unità di volume.
L'unità di misura di questo sistema sono le cellule che vedo fisicamente e quindi che posso
contare.
Ogni strumento di conta microbica misura la stessa grandezza ma con unità di misura
differente.
-Contatore Coulter
-Conta vitale: sistema di conta principale su cui fanno riferimento le normative e le
legislazioni quando impongono di valutare la carica microbica o la densità cellulare in un
alimento, dando dei limiti. È il sistema di elezione per la quantificazione delle cellule vitali,
della carica di microrganismi in un campione.
Con questo metodo di conta riesco a descrivere tutte le fasi della crescita microbica,
compresa la fase di morte, perché conto le cellule vive che diminuiscono progressivamente
di numero. La costruzione di una curva di crescita non è banale, perché per ogni punto
sulla curva devo seguire i passaggi per quantificare il numero di cellule presenti (faccio 10
diluizioni per ogni intervallo di tempo).
Questo sistema di conta ci permette di quantificare in maniera piuttosto precisa il numero
di cellule che consideriamo essere vive e vitali, con il presupposto che se una cellula lo è e
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Francesca Nasatti
ne conosciamo le condizioni colturali per poter garantire al microrganismo di crescere e
dividersi, allora quel microrganismo sarà in grado di generare delle colonie. Nel momento
in cui una singola cellula batterica o di un lievito viene posta su un terreno solido (grazie
all'aggiunta di agar), se quest'ultimo è messo a incubare nelle opportune condizioni
(disponibilità o meno di ossigeno, te
crescere, quindi ad aumentare il numero di cellule, e da una singola cellula si formerà un
aggregato che sarà ad un certo punto visibile ad occhio nudo. Una cellula batterica ha circa
le dimensioni di un micron (un millesimo di millimetro), man mano che aumentano di
numero diventano un aggregato con una morfologia precisa e che viene identificato con il
nome di colonia (batterica, di lievito, di una muffa). Per essere visibile ad occhio nudo deve
avere la dimensione di almeno 0,5/1 mm. Le colonie arrivano a 2/3 mm di diametro, di
solito hanno forma circolare.
La colonia è ciò che viene originato dalla crescita microbica quando una singola unità in
grado di crescere si sviluppa su di un determinato terreno di coltura. La colonia diventa, in
questo sistema di conta, l'unità di misura, è ciò che viene contato, conto le colonie
cresciute a seguito di un trattamento sul campione: l'unità di misura prende il nome di
unità formante colonia (UFC/CFU).
Perché non possiamo chiamarla cellula formante colonia? Dipende dall'origine: ciò che
finisce sul terreno solido può essere una cellula o, in funzione del tipo di microrganismo
con cui abbiamo a che fare, una catenella o una tetrade di cocchi o di bastoncini; quindi, in
realtà, non è una singola cellula che, dividendosi, dà origine alla colonia (le catenelle e le
tetradi sono composte da cellule). L'unità formante colonia può essere la catenella, la
tetrade, l'aggregato degli strafilococchi, la singola cellula (singolo cocco o bastoncino).
Il campione deve essere risospeso in una soluzione acquosa (salina, fisiologica, tampone
vitalità dei microrganismi presenti nel campione. Un campione
alimentare liquido è già in sospensione acquosa, i microrganismi presenti lo sono già,
quindi vengono sottoposti a una diluizione. Un campione alimentare solido (la maggior
parte) necessita di una pesata di una quantità di campione noto, che viene omogeneizzata
in modo da rendere più omogenea possibile la sospensione che si ottiene, costituita da
alimento frammentato e microrganismi.
-->il punto chiave è ottenere, da qualsiasi campione partiamo, una sospensione di cellule
microbiche, che viene ottenuta con delle accortezze: se peso una determinata quantità di
alimento, devo prevedere di risospendere quell'alimento in un volume in modo da
ottenere una diluizione di 10 volte di quello che è presente nell'alimento, devo effettuare
delle diluizioni 1 a 10 (es. se prelevo 1 ml di yogurt lo devo diluire in una soluzione acquosa
opportuna per arrivare a una volume finale di 10 ml). Non conosco la quantità di
microrganismi presenti nel campione, ma conosco la diluizione che sto facendo.
Gli strumenti usati per pesare o per prelevare volumi devono consentire una determinata
precisione: uso una bilancia analitica per la pesata del campione, pipette graduate per il
prelievo dei volumi e così via. Per stabilire una quantità di organismi devo partire da un
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Francesca Nasatti
campione che ho quantificato, di cui ho prelevato una quantità precisa e l'ho diluito
opportunamente con un volume altrettanto preciso di diluente (vale per tutti i sistemi di
conta).
La conta vitale si basa su delle diluizioni decimali di una sospensione microbica. È
fondamentale operare in questo modo, se non facessi così (diluizione 1 a 10) i calcoli si
complicherebbero. Vengono effettuate tante diluizioni decimali successive (di solito una
decina) perché non si conosce la concentrazione iniziale di microrganismi nel campione, si
assume solo che la loro concentrazione sia abbastanza importante, il che prevede che si
proceda effettuando delle diluizioni.
Le varie provette hanno in comune che, a partire dall'ultima e andando a risalire, sono man
mano 10 volte più concentrate di microrganismi l'una rispetto all'altra.
Questa operazione deve essere condotta in condizioni sterili: gli strumenti che utilizzo per
prelevare i volumi o porzioni di campione, i contenitori dove si trasferiscono i volumi delle
sospensioni microbiche e il diluente stesso devono essere sterili, altrimenti conterei anche
i contaminanti. Operare in sterilità è fondamentale per garantire l'integrità dell'analisi e la
sicurezza dell'operatore.
Dopo aver effettuato le diluizioni, prelevo da ciascuna provetta un volume preciso e lo
aggiungo ad un terreno di coltura solido, distribuendolo nel modo più omogeneo possibile
sulla superficie di queste piastre delle dimensioni di circa 10 cm di diametro; dopodiché
queste piastre vengono messe nelle opportune condizioni ambientali (disponibilità di
ossigeno, temperatura) per garantire la crescita dei microrganismi che si vogliono contare,
e si aspetta il tempo di incubazione necessario. Faccio questa operazione per tutte le
diluizioni che ho creato e rilevo la crescita di colonie.
Il numero di colonie che proviene dalle sospensioni più concentrate è decisamente
elevato, in alcuni casi è così elevato da riuscire a vedere una patina superficiale che è
cresciuta su tutta la superficie della piastra, del terreno e che non consente di distinguere
una colonia da un'altra: crescita di tipo confluente, in cui ho le colonie talmente vicine
l'una all'altra da non riuscirle a distinguere.
Il numero di colonie tende a diminuire man mano che le soluzioni sono meno concentrate,
diminuisce di 10 volte, perché la concentrazione da una provetta alla successiva da sx a dx
è 10 volte meno. È possibile anche avere delle piastre in cui non c'è nessuna crescita, se la
diluizione è eccessiva.
Faccio una serie di diluizioni per determinare qual è la diluizione che consente di avere un
numero di colonie che siano contabili (non troppe) e che siano comprese tra 80-300 o 30300 per piastra. Questi numeri consentono di ottenere risultati che siano statisticamente
significativi.
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Francesca Nasatti
Se io mettessi in piastra il millilitro che viene usato per fare la prima diluizione (1/10) e
osservassi un numero di colonie inferiore a 80/ml, significa che quella sospensione
microbica ha una densità cellulare che non può essere contata con questo sistema di
conta: per determinare il numero di microrganismi in quel campione non devo diluire ma
tutt'al più concentrare. Ogni sistema di misurazione ha un limite di sensibilità, che in
questo caso è dato dall'intervallo di colonie che posso contare: al di sotto delle 80/30
UFC/ml non si ha una significatività dal pdv statistico.
Come risalire, da questi numeri, al numero di UFC presenti nel campione iniziale? Se
prendo in considerazione il campione diluito 1/10^4, in cui si osserva la formazione di 159
colonie, significa che in 1 ml ci sono 159 UFC, o meglio unità vitali , in grado di poter
crescere e generare colonie in quel terreno. Le cellule morte e quelle che appartengono a
specie che in quelle condizioni colturali non crescono non vengono contate con questo
metodo, dato che è basato sulla crescita. Facendo il conto a ritroso, basta moltiplicare il
numero di colonie presenti sulla piastra per 10 elevato all'esponente che corrisponde alla
diluizione messa in piastra per sapere quante UFC/ml si trovano nel campione iniziale.
La conta vitale si basa su due presupposti: che io conti i microrganismi vivi e vitali (si basa
sulla coltivabilità) e che il campione iniziale sia sufficientemente ricco di microrganismi tale
da prevedere delle diluizioni. È uno dei sistemi di conta più sensibili, infatti 80 UFC/ml è
una quantità molto bassa.
Se valuto la carica microbica in un alimento liquido il risultato si esprime in UFC/ml, ma,
nella maggior parte dei casi (alimenti solidi), si esprime in UFC/g.
Non necessariamente il volume che viene seminato in piastra è di 1ml. Il presupposto
chiave durante la semina è che le cellule vengano distribuite in maniera omogenea sulla
superficie in modo che ogni cellula sia sufficientemente distanziata dalle altre. La distanza
minima è di 0,5/1 mm (il potere di risoluzione dell'occhio), è la distanza minima che
l'occhio riesce a vedere. Se due cellule sono molto vicine non si riesce a capire se le colonie
sono una e derivano da due cellule o no: è anche il motivo per cui si fanno diverse
diluizioni, per vedere se ho fatto i calcoli giusti, dato che in linea teorica se ho un numero
di colonie su una piastra, su quella dopo dovrei averne circa 10 volte meno.
1 ml è un volume troppo grande per la superficie della piastra: nel momento in cui
distribuisco il volume sulla piastra, l'acqua si deve assorbire nel terreno e le cellule devono
rimanere in superficie, tuttavia, se distribuisco 1 ml l'acqua non viene totalmente assorbita
dal terreno ma fa un film sulla superficie della piastra. Se questo succede non ottengo delle
colonie, ma delle cellule che si dividono e rimangono in sospensione.
Quindi, quando si utilizzano terreni solidi non si semina 1 ml ma 10 volte meno, 0,1 ml
ossia 100 microlitri--> in questo caso si devono fare le opportune considerazioni quando si
fa il conto finale, si deve aggiungere un x 10 perché devo rapportare il risultato a 1 ml.
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Francesca Nasatti
Si utilizza 1 ml quando il terreno di coltura viene aggiunto dopo: metto 1 ml nella scatola
vuota, sulla piastra, dopodichè verso il terreno pronto a solidificarsi, in questo caso il ml
viene inglobato nel gel. Se semino sulla superficie di un terreno già pronto devo utilizzare
un volume più piccolo.
La semina può essere per spatolamento o per inglobamento.
La solidificazione di un terreno avviene aggiungendo agar, che si scioglie scaldando il
terreno a più di 100 gradi. L'agar si solidifica a temperature sotto i 40 gradi, importante per
il fatto che quando verso il terreno su una sospensione di microrganismi in soluzione
acquosa non vengono uccisi col calore, perché la temperatura non è tanto elevata da
creare problemi alle cellule. Tra i 100 e i 40 gradi il terreno è denso ma liquido e ciò
consente di versarlo.
Il coperchio della piastra Petri seminata è verso il basso, quindi la piastra viene incubata al
contrario: il terreno è aderente al fondo, ma è in alto perché è a testa in giù. Non c'è
nessuna chiusura ermetica perché l'aria deve passare, eventualmente anche quella
modificata, ovvero senza ossigeno. Se metto questa piastra in un ambiente caldo, più caldo
della temperatura ambiente, essendo il gel costituito dal 90% di acqua, questa evapora e si
condensa sul coperchio in goccioline che cadono sul terreno: non ottengo delle colonie
separate su una superficie solida ma microrganismi in sospensione--> ecco perché le
piastre si mettono a incubare capovolte, in modo che la condensa esca dallo spazio tra il
coperchio e il fondo.
Esistono degli alimenti che richiedono, piuttosto che una diluizione, una concentrazione
per contare le colonie: questi alimenti possono essere l'acqua (ha carica microbica molto
bassa), che viene filtrata su dei filtri che abbiano dei pori che siano più piccoli della
dimensione di una cellula, inferiori al diametro del batterio più piccolo (che abbiano quindi
diametro di 0,2 micron)--> in questo modo le cellule microbiche rimangono sui filtri, che
vengono deposti sul terreno di coltura (piastra con opportuno terreno solito), che alimenta
il filtro e le colonie crescono direttamente sul filtro: ciò permette di fare una valutazione
della carica microbica anche quando la densità cellulare è molto bassa. Nel caso dell'acqua
si filtrano volumi elevati per concentrare la carica microbica presente, quindi si dice che ci
sono tot. UFC/L. Anche per l'aria (ad esempio l'aria degli ambienti di preparazione degli
alimenti), per calcolare la carica microbica, bisogna raccogliere volumi elevati (m3).
Ogni misurazione ha un margine di errore, quindi vanno ripetute in modo da poter stabilire
qual è l'errore associato alla misurazione (misurare la media e la deviazione standard). La
misurazione, per avere validità scientifica, deve essere ripetuta più volte, che porta alla
determinazione di tanti numeri che danno una media e una deviazione standard ad essa
associata. Questo è fondamentale per poter confrontare misurazioni differenti.
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Francesca Nasatti
INTERPRETAZIONE CURVE DI CRESCITA
Le curve A e B hanno velocità di crescita uguale (è rappresentata dall'angolo segnato in
blu). La velocità di crescita è il raddoppio della popolazione nell'unità di tempo.
È identica anche la densità cellulare finale (UFC/g).
Ciò che cambia tra le due curve è la fase di latenza, più breve per la curva A.
Nella conta vitale si ha un margine di errore che è più o meno 20%, quindi il risultato che si
ottiene può essere più o meno il 20% dal suo valore. Questo perchè la conta vitale richiede
molti passaggi manuali. La minima differenza che si nota sulla densità cellulare (cerchiata)
rientra nel margine di errore.
Nelle curve C e D cambia la crescita esponenziale. Nell'intervallo di tempo segnato in verde
ho il raddoppio della popolazione nella curva C. Per avere lo stesso aumento nella curva D
devo avere l'intervallo di tempo segnato in rosso --> cambia la velocità di crescita: quella di
C è maggiore di quella di D.
Cambia anche la densità cellulare (D) finale: il valore massimo di UFC/g raggiunto dalla
curva C è maggiore di quello raggiunto dalla curva D.
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Francesca Nasatti
Queste due curve possono rappresentare la crescita della popolazione microbica, ad
esempio, di un prodotto confezionato, con temperature di incubazione differenti: gli stessi
microrganismi presenti nello stesso campione crescono a velocità diverse in funzione della
temperatura diversa a cui sono state sottoposte le valutazioni della shelf-life
dell'alimento.
Nel caso delle curve E ed F l'unica differenza che si riscontra riguarda la densità finale
raggiunta: la curva E cresce meno della curva F.
Immagino di stare coltivando la crescita di microrganismi aerobi e che la curva F sia stata
costruita incubando le cellule in una concentrazione di ossigeno che è quella dell'aria. Per
la curva E la concentrazione di ossigeno è ridotta del 60%. Nel caso della curva G la
concentrazione di ossigeno è <0,1%. Immagino di voler inibire la crescita di questi
microrganismi in un alimento confezionato, modificando l'atmosfera.
--> raggiungo l'obiettivo nella condizione G, sottraendo ossigeno. Nella curva G la crescita
dei microrganismi aerobi è inibita ma non sono morti, continuo a vederli campionando
l'alimento ed effettuando una conta vitale. Se fossero morti avrei un andamento come
quello della curva gialla, con una diminuzione del numero iniziale vino ad arrivare a non
rilevare più cellule vitali.
Turbidimetria - metodo indiretto
In un terreno liquido l'aumento della carica microbica comporta un intorbidimento del
terreno; se i microrganismi crescono su un terreno solido ma poi vengono spostati in una
sospensione liquida, la rendono torbida.
Esiste un intervallo di densità cellulare (numero di cellule per ml) all'interno del quale c'è
una proporzione diretta tra la grandezza che misuro (in questo caso si chiama unità di
assorbanza o densità ottica) e il numero delle cellule.
All'aumentare della massa cellulare si ha un aumento lineare dell'assorbanza. Al di sotto e
al di sopra di un determinato valore di densità cellulare si perde questa linearità.
Nel grafico c'è un errore perché non è vero che a zero unità di massa cellulare si ha zero
assorbanza.
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Francesca Nasatti
Lo strumento usato per misurare la torbidità si chiama spettrofotometro, strumento che
ha una lampada e una serie di filtri che consentono di selezionare delle lunghezze d'onda
precise e dirigere il raggio luminoso contro un contenitore trasparente (cuvetta) in cui
verrà messa la sospensione microbica. Questo raggio, nell'attraversare la sospensione
trasparente, incontra la sospensione microbica, e di conseguenza parte di questa luce
viene assorbita dalla torbidità della sospensione. Dall'altra parte del contenitore c'è un
detector che rileva la quantità di luce che passa attraverso il contenitore, quindi attraverso
la sospensione microbica, viene analizzata da delle componenti elettroniche che generano
il valore di densità ottica.
Man mano che la densità cellulare nella sospensione aumenta, quindi aumenta la
torbidità, diminuisce la luce raccolta dal detector dello strumento. A parità di una
diminuzione di luce si ha un aumento della densità ottica o assorbanza (si misura la luce
assorbita da ciò che c'è nella cuvetta. Di conseguenza l'unità di assorbanza è definita come
il logaritmo del rapporto tra l'intensità della luce incidente e l'intensità della luce trasmessa
(all'aumentare della torbidità aumenta il valore di assorbanza).
La luce, in funzione della tipologia di filtri utilizzata, viene emessa a una determinata
lunghezza d'onda. Quando si misura la densità cellulare dei microrganismi si usano
lunghezze d'onda prossime ai 600 nm (sono nel visibile).
Il cammino ottico (percorso che la luce fa dal punto di ingresso al punto di uscita) della
cuvetta è di 1 cm; è importante definirlo perché se si usano cuvette di dimensioni
differenti, si ottengono valori di densità ottica che non sono confrontabili tra strumenti
diversi.
Maggiore è la densità cellulare, maggiore è il valore di densità ottica generato dallo
strumento. Quando si indica il valore di densità ottica bisogna mettere a pedice il valore
della lunghezza d'onda che si utilizza.
Per agire in modo corretto, la densità ottica di una sospensione cellulare non dovrebbe
essere misurata quando è superiore al valore di 0,6: in tal caso si dovrebbe procedere
diluendo la sospensione cellulare e sottoponendo la misurazione allo strumento,
dopodichè il valore di D.O. ottenuto di deve correggere in funzione della diluizione
effettuata. Va diluito perché se si supera quel valore l'aumento del numero delle cellule
(valore che voglio misurare) non è più lineare con l'aumento della densità ottica misurata
(valore che ottengo dallo strumento).
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Francesca Nasatti
Se io faccio una diluizione 1 a 2 dovrei ottenere un valore che è circa la metà di quello
iniziale (1,2), invece il numero ottenuto è un po' più grande. Si moltiplica il valore ottenuto
per il fattore di diluizione. Il valore ottenuto (1,8) è quello corretto. Questo perché
l'intervallo di linearità di uno spettrofotometro non è molto ampio, si muove tra gli 0,2 e
0,6 punti di densità ottica.
All'inizio, anche se si ha un aumento della densità cellulare, lo strumento non registra
cambiamenti di densità ottica perché si ha un limite di sensibilità, ovvero la concentrazione
più piccola al di sotto della quale lo strumento non rileva nulla è un valore di 10^7 cellule
per ml.
Lo spettrofotometro misura una densità cellulare e la sua unità di misura è la densità
ottica, dove va sempre specificata la lunghezza d'onda alla quale la densità ottica viene
misurata.
Seguire una curva di crescita con uno spettrofotometro.
Coltivo le cellule in una beuta.
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Francesca Nasatti
Sull'asse delle ascisse ho il tempo di incubazione. A intervalli di tempo definiti prelevo un
determinato volume (In sterilità), ad esempio di 1 ml. In questo caso, non è necessario che
il volume prelevato sia esatto, perché quel ml viene inserito nella cuvetta dello
spettrofotometro, in cui non ho bisogno che sia inserito un volume esatto ma un volume
per cui il raggio di luce che incide la cuvetta incontri la sospensione, deve solo essere
riempita, ciò che conta è la densità di cellule presente all'interno della cuvetta.
Se il microrganismo sta crescendo adeguatamente, i punti seguono una curva di crescita
microbica. Si inizia a vedere crescita quando la concentrazione nel terreno di coltura è
superiore a 10^7.
Effettuando una misurazione spettrofotometrica della crescita cellulare non si vede la fase
di morte perché, per poterla vedere con un sistema di conta di questo tipo, le cellule che
sono in sospensione devono sia morire che disgregarsi, le loro strutture si devono rompere
e devono rendere di nuovo trasparente il terreno di coltura--> deve avvenire una lisi
cellulare, una serie di attività enzimatiche che disgregano la parete e rompono la
membrana cellulare; il contenuto della cellula va in soluzione o in sospensioni molto fini,
che rendono più limpido il terreno di coltura.
Il fatto che si mantenga una densità ottica alta non significa che le cellule siano vive.
In alcuni casi, quando si ha la lisi cellulare, in una curva spettrofotometrica si può registrare
una diminuzione della densità ottica (fase di morte).
Nel caso della conta vitale, proprio perché conta le cellule vive, quelle in grado di generare
colonie, si vede sempre la fase di morte.
Per mettere in correlazione due sistemi di conta devo effettuare una misurazione con
entrambi i sistemi di conta della stessa sospensione microbica o crescita microbica.
Se, simultaneamente al prelievo del circa 1 ml per fare una misura spettrofotometrica, si fa
anche un prelievo di una misura esatta di 1 ml per effettuare la conta vitale, seguo la
crescita del microrganismo con due sistemi di conta.
Metto sull'asse delle y i valori ottenuti di UFC/ml e sull'asse delle x metto il valore di
densità cellulare misurata come densità ottica a 600 nm.
All'aumentare della densità ottica si osserva un aumento del valore di UFC/ml.
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Francesca Nasatti
Ciò consente di ottenere una retta di correlazione, con calcolo del fattore r^2, che deve
essere prossimo al valore di 1 (significa che c'è una correlazione lineare tra le due
grandezze misurate).
Questa correlazione serve quando devo coltivare routinariamente il microrganismo, fino al
raggiungimento di un determinato valore di UFC/ml.
La misurazione con spettrofotometro è un'operazione rapida perché la lettura strumentale
dura pochi secondi, quindi riesco a seguire in tempo reale la crescita dei microrganismi.
Adottando una conta vitale si ha un procedimento lungo.
--> è per questo che si ricava una retta di correlazione, per seguire la crescita del
microrganismo solo attraverso la densità ottica, perché a un determinato valore di densità
ottica che misuro corrisponde un determinato valore di UFC/ml. Si usa lo strumento di
conta più rapido, ovvero la misurazione della turbidimetria, precedentemente messo in
relazione con la conta vitale.
Questo si può fare solo se si continua a coltivare il microrganismo nelle stesse condizioni
Un altro sistema di conta diretta è un sistema strumentale che si basa sulla tecnica della
citometria a flusso (CFM).
È una tecnica strumentale, quindi richiede un minore intervento dell'operatore sulla conta
dei microrganismi.
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Francesca Nasatti
Il presupposto è quello di avere delle cellule sospese in una soluzione acquosa,
analogamente alla conta vitale.
Questa tecnica consente di ottenere tante misurazioni di diversi parametri per ogni singola
cellula: analisi multiparametrica.
La citometria a flusso viene sviluppata per le misurazioni mediche delle cellule del sangue.
Il principio su cui si basa la tecnica è detto focalizzazione idrodinamica.
Si ha, dal basso verso l'alto, un sistema di fluidica (cioè di tubi) che trasporta liquidi. Il tubo
più grande, quello dove ci sono le linee azzurre (indicano il movimento del fluido), è un
tubo in cui viene pompato a velocità costante del liquido (normalmente una soluzione
tampone acquosa).
Il tubicino interno, quello dove ci sono le palline rosse (cellule in sospensione) è un tubo
dentro un altro tubo. Anch'esso è alimentato da un flusso ad una velocità costante.
Il tubo interno, ad un certo punto, si apre all'interno del tubo più grande e i due fluidi si
incontrano.
La loro differenza di velocità è fatta in modo da ottenere la focalizzazione idrodinamica. Il
fluido esterno, detto liquido di trascinamento, ha velocità maggiore rispetto al liquido con
cui viene caricato il campione da analizzare --> ciò fa in modo che si crei un allineamento
delle particelle in sospensione, condizione necessaria affinchè le particelle possano essere
contate (nel fluido del campione si ha una sospensione disordinata). Il fluido centrale
rimane sempre separato dall'altro e ciò determina la creazione di un diametro abbastanza
grande da contenere una particella in sospensione ma non più di una affiancata.
Una volta che le particelle sono allineate, interviene un sistema di detection, ovvero un
raggio laser, che attraversa la camera di conta (zona fluidica resa trasparente) e intercetta
o meno una particella: se sì, il raggio subisce una serie di diffrazioni e rifrazioni. Dall'altra
parte ci sono sensori che raccolgono i raggi riflessi e rifratti se questi hanno colpito la
particella in sospensione e rilevano i raggi che passano senza essere deviati.
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Francesca Nasatti
Questo sistema richiede una digitalizzazione del segnale e una sua elaborazione.
La CFM ci da due misurazioni per ogni cellula colpita: light scattering e fluorescenza
Light scattering: il forward scatter, detector che viene posizionato di fronte al
laser, da indicazioni sulle dimensioni delle cellule colpite (la luce incidente può
passare liberamente dall'altro lato se sfiora le dimensioni della particella); side
scatter da informazioni sulla struttura della cellula, complessità cellulare (es.
primi 2 parametri che vengono letti dallo strumento e sono parametri fisici. Ogni
puntino del grafico forward scatter (asse x) e side scatter (asse y) rappresenta un
evento che è passato nella camera di conta. Ottengo tanti eventi, tra cui devo
distinguere le cellule.
Fluorescenza: se si aggiungono alla sospensione delle molecole particolari, si
possono rendere fluorescenti le cellule, migliorando la capacità dello strumento
di contare le cellule nella sospensione.
È un po' più complicato quando si analizzano sospensioni microbiche perché quando si
hanno in sospensione i microrganismi ci sono anche delle particelle che non sono cellule,
possono essere precipitati, proteine, polisaccaridi, quindi strutture non biologicamente
attive (es. Sali in sospensione).
Per distinguere, in una sospensione, ciò che è biologico da ciò che non lo è devo trattare il
campione usando delle sonde fluorescenti che hanno la capacità di fare questa
distinzione.
Ciò che può distinguere in modo inequivocabile le cellule integre in sospensione è il DNA.
Non dice se la cellula è viva o morta.
Le molecole fluorescenti possono passare liberamente attraverso la membrana (molecola
permeabile) e si inseriscono nella doppia elica del DNA.
Quando la cellula viene colpita dal raggio laser del citofluorimetro, la lunghezza d'onda
utilizzata fa eccitare la molecola, ad esempio la SYTO24, e fare emettere una fluorescenza
nel verde.
Lo ioduro di propidio genera una fluorescenza in una lunghezza d'onda diversa, nel rosso.
Anch'esso si lega al DNA.
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Francesca Nasatti
La differenza tra le due molecole è che il SYTO24 entra nelle cellule sia integre, che hanno
una membrana integra, sia che abbiano una membrana danneggiata, mentre lo ioduro di
propidio entra nelle cellule con membrana danneggiata o parzialmente danneggiata. Una
membrana non integra è indice che la cellula è morta o è in fase di morte. Queste cellule
assumono entrambe le molecole, quindi saranno sia verdi che rosse.
Se sottopongo la sospensione di cellule a queste due molecole, le cellule sono diverse
perché sono state permeate da queste due molecole, quindi le hanno intercalate nel loro
DNA (con legami deboli, non covalenti).
Si costruisce un grafico che ha sull'asse x i valori della fluorescenza nel verde (SYTO24) e
sull'asse y quelli della fluorescenza nel rosso (ioduro di propidio, PI). Si misura la
fluorescenza naturale della sospensione, prima di aggiungere le due molecole.
Adesso, a ciascun evento che passa nella camera di conta ho associato 4 numeri (tengo
conto del forward e side scatter). Ecco perché è un'analisi multiparametrica.
Una volta aggiunte le molecole fluorescenti, i parametri di forward e side scatter non
cambiano molto perché i marcatori non interferiscono sui parametri fisici.
Per quanto riguarda la fluorescenza, si ha uno spostamento in alto a destra degli eventi che
sono cellule, si evidenziano le componenti cellulari. Tutto ciò che è rimasto non marcato o
che ha subito uno spostamento modesto della marcatura è particolato, cioè non si tratta di
cellule.
Si identificano tre popolazioni citometriche:
Le cellule che aumentano la loro fluorescenza nel verde (si spostano a destra)
sono le cellule attive, che hanno una membrana integra.
Si notano le cellule che hanno acquisito sia una fluorescenza verde sia una
fluorescenza rossa. Tutto ciò che si sposta sia a destra che in alto lo considero
con la membrana danneggiata, ha acquisito una doppia fluorescenza (cellule
danneggiate)
Cellule morte: la fluorescenza sul verde è inferiore a quella delle altre
popolazioni. In queste cellule è entrato molto ioduro di propidio e la
fluorescenza rossa copre quella verde.
Il vantaggio di avere una analisi in citometria di questo tipo è quella di avere una conta di
numeri molto alti di cellule in sospensione, quindi un'alta accuratezza della misurazione
delle cellule. L'errore sperimentale della conta in citometria è del 5%, perché c'è di mezzo
una conta strumentale.
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Francesca Nasatti
È un sistema che consente la quantificazione immediata della crescita di microrganismi e,
mediante dei trattamenti particolari sul campione, è possibile distinguere tra cellule
morte, danneggiate o vive e vitali.
Si misura la densità cellulare microbica: l'unità di misura prende il nome di evento per
unità di volume, perché ciò che si misura è l'evento citometrico (particella intercettata dal
raggio laser, che, come nel caso della conta in piastra, può essere una singola cellula, un
so quanti microrganismi conto nell'unità di tempo e nell'unità di volume di sospensione
microbica; è per questo che ottengo una conta per concentrazione cellulare.
Nel momento in cui si utilizzano dei marcatori fluorescenti, si hanno diverse unità di
misura, che rappresentano l'unità di fluorescenza per ml (Fc, Dc, nAFc).
Il limite di questo sistema di conta è che non da informazioni tassonomiche su ciò che si sta
contando, non si riescono a diversificare le cellule in funzione delle specie diverse, a meno
che non si abbiano in sospensione contemporaneamente lieviti e batteri: le differenze di
dimensioni permettono di distinguere le due popolazioni, ma non si può andare oltre,
determinare a quali specie appartengono.
Ciò non è permesso nemmeno dalla conta vitale, anche se quest'ultima da un'idea
dell'eventuale livello di diversità guardando le colonie.
Inoltre, questo metodo è indipendente dalla coltivabilità, non c'è interesse sulle condizioni
nutrizionali per fare crescere i microrganismi affinchè possa contarli --> grosso vantaggio,
consente di stabilire la carica microbica in un ambiente qualsiasi, indipendentemente dalle
conoscenze sulle esigenze nutrizionali dei microrganismi contenuti nel campione.
Un altro limite riguarda la quantità minima di cellule da contare. Questo sistema di conta
permette di contare diverse decine di migliaia di eventi per ogni campione, possiamo
stabilire noi il limite massimo. Ma, con una concentrazione cellulare tra 100 e 1000
cellule/ml, la conta in citometria diventa non affidabile.
Questo metodo di conta non è stato ancora validato a livello normativo per sostituire la
conta vitale, ma è un metodo sempre più utilizzato, accurato e veloce.
ANABOLISMO
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Francesca Nasatti
L'ATP generata dal catabolismo viene utilizzata per le fasi di biosintesi, le fasi anaboliche, in
cui si ha, quindi, un consumo di energia.
Il catabolismo usa dei substrati che vengono convertiti in prodotti: in un metabolismo di
tipo respirativo aerobio, il substrato per i microrganismi chemioeterotrofi sono gli zuccheri
e i prodotti sono ..stato massimo di ossidazione della materia organica e acqua, cioè la
forma ridotta dell'ossigeno (nel caso di respirazione aerobia) o acidi organici e/o etanolo
(processo catabolico che si basa su una fermentazione).
Nella fase anabolica, le molecole di partenza sono dette monomeri, sopra alle quali
vengono costruite molecole più complesse, a seguito di reazioni di tipo biosintetico.
A partire dai monomeri si susseguono modifiche di questi ad opera di diverse attività
enzimatiche, fino alla formazione di macromolecole.
ASSIMILAZIONE DELLA CO2 (REAZIONI ANAPLEROTICHE)
Alcune vie sintetiche utilizzano la CO2 come precursore di alcuni amminoacidi (arginina e
asparagina) e basi azotate (pirimidine e purine).
Sono reazioni in cui la CO2 viene utilizzata, insieme ad altre molecole, per costruire
intermedi che portano alla produzione di amminoacidi e basi azotate.
Una delle vie biosintetiche presente in molti microrganismi che hanno applicazioni
alimentari (es. batteri lattici) è quella che porta alla formazione di pirimidine e arginina.
Essa parte utilizzando la CO2, che può essere sciolta nella matrice alimentare, che viene
utilizzata insieme ad un amminoacido, la glutammina, dalla carbamoil fosfato sintasi.
Questo enzima catalizza la reazione che forma carbamoil fosfato, importante intermedio
metabolico, che da un lato porta alla formazione di pirimidine e dall'altro fa da intermedio
per la biosintesi di citrullina, che porta alla formazione di arginina.
La glutammina, consumata insieme alla molecola di CO2 per ottenere il precursore, nella
reazione (che ha un costo energetico), viene convertita in acido glutammico. La
glutammina sintasi lega il gruppo amminico dell'acido glutammico per poter ottenere altra
glutammina disponibile ad alimentare questa reazione.
L'equilibrio tra glutammina e glutammato ci da informazioni sulle esigenze nutrizionali, dal
pdv dell'azoto, del microrganismo o, più in generale, di una cellula vivente.
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Francesca Nasatti
Invece, ad esempio, un intermedio della glicolisi ci da indicazioni sul livello energetico
cellulare.
Ci sono una serie di reazioni, nel metabolismo dei microrganismi, che servono a rigenerare
molecole con una funzione importante nell'alimentare dei pathway metabolici rilevanti per
la cellula.
Spesso, nelle vie biosintetiche, si hanno intermedi (come la carbamoil fosfato) che servono
da precursori per la costruzione di molecole diverse.
Un'altra importante via anaplerotica utilizza sempre la CO2, ma insieme alla
fosfoenolpiruvato (intermedio della glicolisi). Questa via biosintetica dominata dalla
fosfoenolpiruvato carbossilasi, in cui ci sono una serie di reazioni in cui è coinvolto anche
l'acido glutammico, determina la produzione dell'amminoacido L-Aspartico, precursore di
altri amminoacidi e delle basi azotate.
La terza via anaplerotica che utilizza CO2 porta alla biosintesi delle purine.
Reazioni anaboliche coinvolte nella biosintesi di molecole importanti, come le basi azotate
(andranno a costituire il DNA e RNA) e alcuni amminoacidi come arginina e acido
aspartico.
La CO2 utilizzata in queste vie è quella disciolta nelle matrici o nei liquidi e spesso
intervengono altri amminoacidi o intermedi della glicolisi.
Ciascun pathway catabolico può essere usato come fonte di precursori per la sintesi di
molecole --> il catabolismo (glicolisi, ciclo di Krebs, fermentazione) e l'anabolismo
(biosintesi) sono collegati, perché alcuni intermedi delle reazioni cataboliche diventano
precursori per la sintesi di molecole o macromolecole, che vengono assemblate in
strutture per ottenere la cellula.
Ad esempio, nel ciclo dei pentoso fosfati si arriva al ribulosio 5-P, precursore dello
zucchero che costituisce i ribonucleotidi, quindi l'RNA o i desossiribonucleotidi, quindi il
DNA.
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Francesca Nasatti
I microrganismi possono non avere tutte le vie biosintetiche necessarie a costruire ciò che
a loro serve: allo stesso modo in cui per noi esistono gli amminoacidi essenziali (come lisina
e triptofano, che devono essere introdotti con la dieta perché le nostre cellule non sono in
grado di costruirli), oppure vitamine, ferro.., esistono anche per i microrganismi.
Per i microrganismi si usa una terminologia precisa che individua due tipi di condizioni:
Prototrofia
Auxotrofia: conoscere l'auxotrofia dei micorganismi significa conoscere le loro
esigenze nutrizionali
Quando un microrganismo si adatta a vivere in un ambiente ricco di nutrienti, con
l'evoluzione, tende a mantenere la capacità iniziale di costruire tutto il necessario o a
perderla, riducendo le informazioni genetiche contenute nel suo cromosoma necessarie
alla sintesi di amminoacidi, basi azotate, ecc.? La risposta è che se un microrganismo si è
evoluto in un certo ambiente non ha più tutte le informazioni necessarie per stare in altri
ambienti. --> si generano specie che non hanno più la capacità di sintetizzare tutte le
molecole necessarie, perché le recuperano direttamente dalla matrice.
Quindi, il non utilizzare una via biosintetica porta alla perdita graduale della funzionalità di
quella via biosintetica lungo il percorso evolutivo.
Ad esempio, i batteri lattici si sono evoluti adattandosi a matrici alimentari più o meno
complesse, sono definiti molto esigenti dal pdv nutrizionale, ovvero sono auxotrofi per
molte molecole, hanno perso la capacità di sintetizzare ciò che trovano nella matrice.
L'estremizzazione di questo adattamento si ha con i microrganismi endosimbionti, ovvero
che vivono all'interno di altre cellule. Questi batteri hanno pochissime informazioni legate
alla biosintesi di molecole, perché ricavano quello che gli serve dalla cellula in cui vivono.
Un microrganismo che non ha un ambiente definito in cui vivere ma è un microrganismo
ubiquitario, ha la necessità di adattarsi a diversi ambienti (acqua, suolo, superficie delle
foglie di una pianta..), quindi ha un genoma di dimensioni maggiori rispetto a un
microrganismo che si vive in una nicchia ecologica molto circoscritta.
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Francesca Nasatti
BATTERI SPORIGENI
Fino ad ora abbiamo descritto il gruppo dei batteri lattici perché hanno una grande
rilevanza nell'ambiente alimentare, commerciale elevata.
Sempre in ambito alimentare, ma con la necessità di controllarli più che farli crescere, si ha
un gruppo di microrganismi che prende il nome di batteri sporigeni.
Sono batteri in gradi di produrre una spora, che non va confusa con la spora descritta nella
riproduzione sessuata di S. cerevisiae (lievito eucariota).
In quel casi era il risultato della meiosi, mentre nei batteri sporigeni le spore vengono
visualizzate al microscopio a contrasto di fase come delle parti molto definite e circoscritte,
bianche. Nel caso della fotografia sulla slide sono all'interno di bastoncini (pre-spora)
oppure libere dalla cellula stessa.
Quando non si utilizza il microscopio a contrasto di fase si fa una colorazione delle spore,
che prevede l'utilizzo di un colorante particolare, il verde malachite, che entra nelle spore
ad alte temperature. (spore verdi e cellule vegetative rosa).
I batteri sporigeni sono ubiquitari perché grazie alle loro spore sono diffusi su tutto il
pianeta, in tutti gli ambienti.
I batteri sporigeni sono GRAM positivi, hanno sempre forma a bastoncino e si dividono in
due categorie di genere:
Bacillus spp. Il genere Bacillus è stato suddiviso in altri generi (Geobacillus): ne
fanno parte specie con metabolismo aerobio o anaerobio facoltativo.
Clostridium spp. (spp. Significa specie appartenente a quel genere). A questo
genere afferiscono delle specie caratterizzate da un metabolismo di tipo
anaerobio stretto (non tollerano la presenza di ossigeno).
La spora dei batteri sporigeni si origina, inizialmente, come pre-spora, contenuta
all'interno del bastoncino stesso. Dopodichè, la cellula che contiene la pre-spora si lisa e
l'endospora matura viene liberata nel mezzo. Quindi, è il batterio che si trasforma in spora,
che, a sua volta, può andare incontro a germinazione dando origine alla cellula detta
vegetativa (è la cellula come l'abbiamo studiata finora, di un GRAM positivo).
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Francesca Nasatti
L'endospora matura è metabolicamente inerte, ovvero non ha attività metabolica
misurabile. Però, in condizioni opportune (idratazione del core) può germinare, il che
significa diventare di nuovo cellula vegetativa.
La fase intermedia è quella di sporulazione, fase in cui la cellula vegetativa inizia a costruire
la pre-spora al suo interno, pur mantenendo la struttura di una cellula vegetativa.
Nel ciclo di un batterio sporigeno viene evidenziata da una parte la divisione simmetrica,
ovvero del bastoncino che, per divisione binaria, da origine a due cellule, che a loro volta
daranno origine a due cellule e così via. (classica crescita microbica)
In alcune circostanze queste cellule vegetative vanno incontro a una divisione asimmetrica,
in cui in una parte della cellula si costituisce una pre-spora, che diventa sempre più
evidente, si riveste di una membrana, di una parete, di una corteccia e di un ulteriore
strato detto tunica sporale. Quando la spora è matura avviene il fenomeno di lisi cellulare:
la membrana si destruttura, i contenuti cellulari vengono rilasciati e si ha la spora libera.
Nella spora matura c'è il materiale informazionale, cioè il cromosoma del microrganismo
(una coppia nella spora e una coppia nella cellula vegetativa).
La spora è quiescente, metabolicamente inattiva, quindi non ha necessita di recuperare
nutrienti dall'ambiente per rimanere vitale. Nel momento in cui trova le condizioni
ambientali e colturali ottimali, germina, dando origine nuovamente a una cellula
vegetativa.
Un'altra caratteristica della spora è la particolare resistenza termica: un batterio che
sporifica in un alimento, lascia al suo interno delle spore e i trattamenti termici a cui si
sottopone l'alimento, in particolare quelli d pastorizzazione, sono inefficaci nell'inattivare
le spore ma efficaci nell'inattivare le forme vegetative. --> rilevanza dei batteri sporigeni
nel settore alimentare, sono comuni contaminanti da controllare e di cui limitare lo
sviluppo negli alimenti trattati termicamente. Negli alimenti che non subiscono un
trattamento termico, i batteri sporigeni non sono così rilevanti.
Nella formazione della corteccia intervengono gli amminozuccheri NAM e NAG, che vanno
incontro a un processo di deacetilazione e formazione di un anello lattamico, quindi la
struttura della spora è ancora più robusta della parete cellulare dei batteri.
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Francesca Nasatti
All'interno delle spore avviene la biosintesi dell'acido dipicolinico. Conferisce alla spora la
resistenza ai trattamenti termici e alla disidratazione.
Le spore sono bianche con un contorno ben definito perché riflettono la luce che
attraversa il vetrino dove sono posizionate le cellule. Lo spessore della corteccia della
spora è talmente pronunciato e le molecole sono talmente dense che la luce non viene
assorbita ma riflessa. Ciò consente di visualizzarle immediatamente.
La rilevanza dei batteri sporigeni nel settore alimentare è legata alle caratteristiche della
spora, che è quiescente e termostabile, quindi bisogna concentrare l'interesse nei
confronti di questi microrganismi quando ho a che fare con alimenti trattati
termicamente.
Esempi di alimenti che hanno subito trattamenti termici
il latte pastorizzato (anche se non è soggetto a contaminazione da sporigeni,
perché ha vita breve e questi microrganismi necessitano di tempi lunghi per
potersi sviluppare)
Le conserve sia di carne che vegetali : la rilevanza di batteri sporigeni è
maggiore, perché soprattutto quelle vegetali derivano da ortaggi a contatto con
il suolo, dove è comune la presenza di batteri sporigeni.
I batteri sporigeni si possono trovare all'interno sono i Clostridium perché sono in
ambiente anaerobio.
I clostridi li abbiamo incontrati anche quando abbiamo parlato di occhiature nei formaggi.
Il microrganismo Clostridium botulinum è particolarmente pericoloso, è un patogeno
legato agli alimenti anaerobi (per il loro tipo di packaging), produce delle tossine: la tossina
botulinica viene prodotta durante la germinazione delle spore --> il microrganismo diventa
patogeno quando si ha la produzione della tossina botulinica, che ha effetto simile a quello
del Clostridium tetani : se un taglio si contamina con spore di questo microrganismo si ha
un'infezione con produzione di tossine, che danno delle contrazioni rigide sui muscoli
involontari (ora c'è il vaccino), mentre quelle del botulino agiscono sempre sui muscoli
involontari (o volontari) ma dando un altro tipo di contrazione.
Un'intossicazione da botulino, se non bloccata subito, porta alla morte perché provoca il
blocco della respirazione. (intossicazione alimentare).
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Francesca Nasatti
Però l'uomo sopravvive perché ha imparato a fare le conserve: si aggiunge sempre l'aceto
(acidi organici), che serve a portare il pH della matrice vegetale a un livello inferiore a 5.5,
sotto il quale le spore del botulino non germinano più.
Nelle conserve anaerobie il rischio patogeno è nei confronti del botulino.
Nel genere Bacillus le specie interessanti nell'ambito alimentare sono Bacillus cereus,
patogeno aerobio che si può trovare nel riso bollito: cereale, basso contenuto di acqua
libera, lo cuocio ma questo trattamento termico non uccide le spore. Il riso viene scolato e
tenuto ad una temperatura di 50 gradi, inferiore a quella richiesta per mantenere
l'alimento in maniera corretta --> se sono presenti, le spore di B. cereus germinano, e
vengono prodotte tossine. Questo microrganismo è in grado di provocare sia
un'intossicazione sia un'infezione (tossi-infezione alimentare).
Bacillus anthracis: patogeno minacciato di essere usato come arma biologica, patogeno
per i mammiferi. Le spore, essendo volatili, basta respirarne un po' per essere infettati a
livello polmonare.
Bacilllus thuringensis: è un entomopatogeno, microrganismo che si usa per la lotta
biologica contro le infestazioni da larve di lepidotteri per le coltivazioni di cereali.
Le spore di questa specie vengono utilizzate in ambiente agricolo, perché se ingerite dalle
larve di alcuni lepidotteri, germinano e bucano l'intestino di queste larve, provocandone la
morte. Quindi, queste spore vengono usate per il controllo di infestazioni da piralide (un
lepidottero), che infestano le piantagioni di mais ad esempio.
Mais BT (transgenico): nel genoma della pianta di mais viene messa l'informazione per la
proteina prodotta da B. thuringensis --> non bisogna più spargere il microrganismo e le
spore sulla foglia della pianta per proteggerla, ma faccio produrre dalla pianta stessa la
proteina che veniva prodotta da B. thuringensis, che, se ingerita dai lepidotteri, ne provoca
la morte.
Bacillus clausii: sporigeno che si trova nell'enterogermina, prodotto probiotico, riequilibra
la flora intestinale.
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Francesca Nasatti
Quando, a livello industriale, si fanno i trattamenti di sterilizzazione delle conserve
alimentari, i parametri seguiti coinvolgono la temperatura di esercizio dell'autoclave
(pentola a pressione enorme) per il tempo a cui queste conserve alimentari vengono
esposte.
Per essere sicuri che l'impianto di sterilizzazione funzioni correttamente, si ha come
riferimenti la temperatura (termometro) e la sovrapressione (barometro) e il tempo
(timer) --> si deve fare una verifica periodica degli strumenti: vengono vendute delle
sospensioni di spore, di cui si valuta la vitalità. Poi vengono introdotte nell'impianto di
sterilizzazione e si verifica di nuovo la vitalità. Se le spore non crescono più, l'impianto
funziona.
EFFETTI DELLE CONDIZIONI AMBIENTALI SULLA CRESCITA MICROBICA
Ci si concentra su questi parametri, che modulano o influenzano la crescita microbica:
pH: i microrganismi si possono suddividere in funzione del loro optimo di
crescita a un determinato pH. Se provassi a coltivare una determinata specie
microbica nello stesso terreno ma a pH differenti, s i individua il valorie di pH
ottimale: sulla base di questo valore posso suddividere i microrganismi in
neutrofili, alcalofili e acidofili, in funzione del fatto che crescano alla massima
velocità di crescita a pH neutro, alcalino o acido. Questa è un'importante
condizione ambientale che modula la crescita microbica. La modulazione del pH
in un alimento è un elemento fondamentale per controllare la crescita
batterica. Portando a pH acido si limita la crescita di una grossa categoria di
microrganismi (neutrofili e alcalofili). La maggior parte dei batteri patogeni non
sono acidofili, quindi sono inibiti da un pH acido.
Disponibilità di ossigeno: O2 e CO2. i microrganismi si suddividono in funzione
delle loro esigenze per l'ossigeno.
-Aerobi obbligati
-Anaerobi facoltativi: hanno metabolismo respirativo che passa a un metabolismo
fermentativo in assenza di ossigeno. Es. appartenenti al genere Bacillus, S. cerevisiae
(passa da metabolismo respirativo a una fermentazione alcolica).
-Microaerofili: necessitano di una modesta disponibilità di ossigeno per poter crescere. Es.
muffe (possono svilupparsi anche all'interno di contenitori ermetici)
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-Anaerobi obbligati: non tollerano la presenza di ossigeno, che diventa una molecola
tossica. Non possono crescere neanche in presenza di piccole quantità di ossigeno. Es.
appartenenti al genere Clostridium, o generi batterici comuni al tratto gastro-intestinale,
dove c'è una totale assenza di ossigeno; alcuni ceppi di alcune specie di bifidobatteri sono
usati come probiotici (Lactobacillus acidofilus).
Anche nei rapporti con l'ossigeno, la tecnologia alimentare interviene per creare
confezionamenti che limitino lo sviluppo microbico: confezionamenti in aria modificata,
che non ha la composizione dell'aria che si respira ma la concentrazione di O2 è ridotta e
quella di CO2 è aumentata (per sfavorire la crescita di microrganismi aerobi). Se conservo
l'alimento a 4 gradi, introduco un ulteriore fattore di controllo sulla crescita microbica.
Temperatura: fondamentale per il controllo della crescita microbica. In funzione
dell'optimum di temperatura a cui possono crescere i microrganismi, possono
essere suddivisi in psicrofili, mesofili, termofili, ipertermofili (colonizzano
ambienti estremi, non si trovano sui prodotti alimentari freschi).
Si usa lo stesso terreno di coltura, cambiando solo la temperatura di crescita; si osserva
una crescita maggiore a determinate temperature e una crescita che diminuisce
all'allontanarsi da queste temperature.
Fuori dai range di temperatura indicati, i microrganismi non crescono, il metabolismo si è
adattato, le membrane cellulari sono strutturate in un certo modo per essere fluide in
quell'intervallo di temperature.
Parametro importante per la conservazione degli alimenti, su cui è comune trovare
mesofili. La normativa prevede la valutazione della carica batterica mesofila come
parametro che indica il livello di qualità microbiologica dell'alimento.
Non si trovano molti psicrofili a livello alimentare, ma ci sono dei batteri che possono
essere psicrotolleranti: ad esempio hanno un optimum di temperatura intorno ai 37 gradi,
ma possono crescere anche a temperatura di frigorifero; quando questi microrganismi
sono patogeni alimentari, sussiste un problema.
Es. Hysteria monocytogenes: patogeno alimentare, agente di infezione alimentare --> non
produce tossine, ma crea un problema perché la conservazione di alimenti potenzialmente
a rischio di contaminazione di questo patogeno a 4 gradi non limita il suo sviluppo.
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È un batterio ambientale, cresce bene a temperature da frigorifero, a concentrazioni saline
abbastanza alte, a pH non eccessivamente acido.
Questo microrganismo si può trovare sulle croste di alcuni formaggi (taleggio, gorgonzola),
conserve vegetali fresche (pesto).
Come si può fare per gestire questo batterio: una catena di produzione dell'alimento che
rispetta rigorosamente gli alti standard igienici. Questo microrganismi deve essere, per la
normativa, assente negli alimenti; per i patogeni non c'è una tolleranza di UFC minime, la
tolleranza è l'assenza.
Il modo in cui gli alimenti, soprattutto quelli freschi, vengono conservati, segue in modo
rigoroso le condizioni ambientali che regolano la crescita microbica. Molti tipi di
confezionamento, conservazione sono tarati sulle esigenze nutrizionali, ambientali e
colturali dei microrganismi che si possono trovare sugli alimenti.
Disponibilità dell'acqua: i primi alimenti venivano conservati sotto sale, che
disidrata l'alimento --> l'acqua viene assorbita dai cristalli di sale e non è più
disponibile come acqua libera per la crescita microbica. Altri alimenti che
vengono conservato mediante sottrazione dell'acqua sono gli alimenti essiccati,
che subiscono un trattamento di essiccazione o liofilizzazione, oppure le
marmellate (trasformazione di una matrice vegetale tramite processo di cottura
che non elimina del tutto i batteri sporigeni, quindi si aggiunge zucchero per
sottrarre acqua libera e controllare lo sviluppo microbico); un altro esempio
sono i prodotti sott'olio (anidro, non ha acqua all'interno, a differenza del burro
che ne ha il 5%).
Quando si parla di condizioni ambientali, bisogna considerare che c'è un optimum, che
significa costruire dei grafici come quello a pagina 9 della lezione 7: si ha l'andamento della
velocità di crescita di microrganismi a diverse temperature, si disegna una curva di crescita
per ogni temperatura e su quella curva di crescita si misura la velocità, ossia ogni quanto,
in fase esponenziale di crescita, si ha il raddoppio della popolazione cellulare (quel numero
costituisce uno dei punti della curva)
--> si osserva che la velocità tende ad aumentare man mano che ci si avvicina alla
temperatura di crescita ottimale, raggiunge un massimo, e man mano che ci si allontana la
velocità diminuisce.
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Queste variazioni della velocità di crescita in funzione del parametro colturale dicono che
qualsiasi scarto a dx e sx del valore ottimale implica una diminuzione della velocità di
crescita del microrganismo.
Attività dell'acqua: è uguale a 1 se la misuro su un volume di acqua distillata.
-Microrganismi non alofili significa che hanno bisogno di una disponibilità di acqua.
-Moderatamente alofili: batteri sporigeni del genere Clostridium (può svilupparsi
all'interno di una forma di grana, formaggio in cui la disponibilità di acqua libera non è
eccessiva) e Bacillus (alcuni sono in grado di svilupparsi sul pane, che ha una disponibilità
di acqua libera più bassa di quella del grana).
-Alofili estremi: muffe, possono crescere su una marmellata aperta, su pane secco, su una
buccia di limone --> in molte condizioni, soprattutto sulle derrate alimentari come le
granaglie (cereali, foraggio dato agli animali) o frutta secca: in quel caso la contaminazione
da muffe è piuttosto pericolosa perché alcune possono produrre aflatossine, che sono
cancerogene e si accumulano nei tessuti adiposi, è qualcosa che avviene lentamente e può
provocare la formazione di cellule tumorali, quindi è necessario che ci siano controlli della
presenza di aflatossine sugli alimenti che sono soggetti allo sviluppo di muffe.
GLI ENTEROBATTERI
Microrganismi che abitano il tratto gastro-intestinale degli animali (resistono agli acidi
biliari, tensioattivi riversati dalla cistifellea nell'intestino per rendere i grassi disponibili alle
lipasi), ma hanno anche la possibilità di crescere in condizioni aerobie (anaerobi
facoltativi); si possono trovare anche nelle acque in cui ci sono rilasci di scarichi fognari,
dove si ha il monitoraggio di batteri che sono indice di contaminazione fecale, quindi di
questi microrganismi --> sono fuoriusciti dall'ambiente primario (tratto gastro-intestinale).
Se trovo questi batteri sulla superficie di lavoro della preparazione di un alimento, essi
sono indice del mancato rispetto delle norme igieniche e sanitarie.
--> alcuni microrganismi vengono utilizzati come indicatori del non corretto adempimento
delle norme igieniche.
Sono GRAM negativi.
Sono evolutivamente distanti dai batteri lattici e sporigeni, hanno due strutture cellulari
diverse.
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Francesca Nasatti
I batteri enterici hanno la membrana esterna asimmetrica e la parte più esterna è ricca di
lipopolisaccaridi con funzione antigenica.
Escherichia coli è uno dei batteri più famosi e più studiati al mondo, usato come modello
Come specie non è patogena, è un normale abitante del nostro tratto gastro-intestinale. Si
può suddividere in ceppi (individui che appartengono alla stessa specie) non patogeni e in
ceppi patogeni. Il fatto di poter creare infezioni non è legato alla specie ma ad alcuni
individui all'interno della specie.
Esiste anche un ceppo usato come probiotico (ceppo probiotico Nisle 1917) che, se
somministrato, conferisce un benessere al microbiota intestinale.
Alcuni ceppi sono presenti nel latte crudo come ceppi caseari. È presente nel Pannerone,
formaggio in cui si usa latte crudo e la fermentazione che ne esce è data da E. coli.
Salmonella è un batterio che può dare delle infezioni alimentari, ossia c'è la possibilità che
infetti il nostro organismo creando una crescita all'interno del nostro corpo e l'instaurarsi
di una condizione patologica.
L'intossicazione è, invece, l'ingestione di molecole che hanno un effetto tossico, come le
tossine.
Salmonella, Shigella e Yersinia contengono specie pericolose, patogene, spesso associate a
contaminazioni dovute agli alimenti.
Gli enterobatteri sono distinti in due gruppi fisiologici che conducono due tipi di
fermentazione anaerobica:
Fermentazione acido-mista: partendo dal glucosio e arrivando ad acido piruvico
(glicolisi) si ha poi la produzione di acido lattico (c'è coinvolta una lattato
deidrogenasi) e di acido succinico attraverso altre vie metaboliche. Dall'acido
piruvico si ottengono anche l'acido formico e l'acetil-coA che va a dare l'acido
acetico e in alcuni casi etanolo. È quindi una fermentazione che produce vari tipi
di acidi organici e avviene nell'intestino ad opera di questi enterobatteri
(Escherichia, Salmonella, Shigella e Yersinia).
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Francesca Nasatti
Fermentazione 2,3 butandiolo: Da piruvato si arriva, grazie all'intervento della
tiammina pirofosfato, all'acido acetolattico, importante perché produce
acetoino, forma parzialmente ossidata del 2,3 butandiolo. Acetoino è simile a
diacetile, l'aroma di burro, che è l'acetoino con un altro carbonile al posto
dell'ossidrile, quindi la sua forma più ossidata, che arriva dall'acido alfa
acetolattico in una reazione non enzimatica ma chimica, in presenza di ossigeno
(avviene in alcuni microrganismi, ovviamente non gli enterobatteri ma batteri
lattici del genere Lactococcus, usati per insemensare? Le panne da cui si ottiene
il burro).
Si ha una piccola produzione di etanolo e acido formico.
In questo tipo di fermentazione si ha una notevole produzione di CO2 e si forma il 2,3
butandiolo.
interessa gli Enterobacter e Klebsiaella, che contengono anche specie patogene, come K.
Aerogenes, associato a impianti di raffreddamento dove è presente acqua a basse
temperature; l'infezione avviene per via aerea a causa della non pulizia dei filtri degli
impianti di condizionamento. Il ristagno di acqua nei sistemi idraulici di distribuzione
dell'acqua potabile può determinare la formazione di biofilm, quindi crescite sulla
superficie di questi tubi, e l'ingestione di questa acqua crea un'infezione polmonare.
BATTERI ACETICI
Il metabolismo dei batteri acetici viene spesso confuso con la fermentazione omoacetica.
Nella fermentazione, al contrario che nella respirazione, la riossidazione del NADH avviene
sulla molecola organica, mentre nel metabolismo respirativo avviene nella catena di
trasporto degli elettroni, che sta nella membrana cellulare.
La fermentazione omoacetica è legata al metabolismo di C. thermoaceticum, GRAM
positivo, sporigeno, anaerobio stretto.
I batteri acetici sono coinvolti nella produzione dell'aceto e hanno un metabolismo
respirativo aerobio (aerobi obbligati). Sono GRAM negativi.
I batteri acetici sono microrganismi ambientali spesso associati a matrici vegetali.
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Francesca Nasatti
Questi batteri possono sfruttare diverse fonti di carbonio, compreso l'alcol etilico, per
procedere nel loro metabolismo ossidativo fino alla produzione di acido acetico
(CH3COOH).
Uno dei difetti del vino può essere lo spunto acetico, ovvero lo sviluppo di batteri acetici.
Ciò può accadere nelle fasi finali della fermentazione, in cui c'è disponibilità di ossigeno
nelle botti, ad esempio.
L'etanolo non deve essere superiore a determinati valori perché ha un effetto di inibizione
della crescita.
PECULIARITA' METABOLICHE
A Gluconobacter mancano una serie di informazioni genetiche che codificano per gli enzimi
del ciclo di Krebs, quindi, questo microrganismo può usare le fonti di carbonio solo per
arrivare ad acetaldeide e terminare la sua ossidazione ad acido acetico.
Acetobacter ha una caratteristica metabolica differente perché è simile a Gluconobacter
fino all'ottenimento di acido acetico, tranne per il fatto che ha tutta l'informazione
genetica necessaria per codificare gli enzimi coinvolti nel ciclo dei TCA, ma questi enzimi
sono inibiti se le concentrazioni di etanolo sono troppo elevate.
Ciò significa che, se coltivo G. e A. utilizzando etanolo come unica fonte di carbonio, il
primo produrrà acido acetico, il secondo riuscirà a convertire l'etanolo in acido acetico ma
non andrà oltre, perché la concentrazione di etanolo inibisce gli step successivi del
metabolismo.
Man mano che l'etanolo si consuma, la sua concentrazione diminuisce, supera la soglia che
inibisce il ciclo, e, di conseguenza, l'acido acetico, che si è nel frattempo accumulato, viene
introdotto nel ciclo di Krebs e quindi ossidato completamente a CO2.
La differenza metabolica tra G. e A. è che entrambi possono accumulare acido acetico, ma
G. non ha altra via, deve fermarsi lì, ha un'ossidazione incompleta, quindi a partire da
qualsiasi fonte di carbonio arriva ad acido acetico.
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Francesca Nasatti
Questa caratteristica metabolica può essere svelata coltivando questi due generi di
microrganismi su un terreno di coltura che mette in evidenza queste differenze.
Coltivo i microrganismi su due piastre Petri utilizzando un terreno che ha come unica fonte
di carbonio l'etanolo. Inoculo da una parte un ceppo di A. e dall'altra un ceppo di G. Ho la
formazione di una colonia.
Oltre all'etanolo e all'eventuale fonte di azoto ( può essere un sale di ammonio), si
aggiunge anche carbonato di calcio come indicatore dell'acidità del terreno, che farà
apparire il terreno opaco, di colore grigiastro.
La colonia di A. utilizza l'etanolo e produce l'acido acetico: l'effetto della produzione di
acido organico su un terreno si ha una reazione acido-base, il carbonato di calcio viene
solubilizzato, che si evidenzia con la formazione di un cerchio trasparente attorno alla
crescita di A.
Quando coltivo G., ho, in partenza, un terreno opaco come quello di prima. Il
microrganismo cresce e la formazione di acido acetico forma, anche in questo caso, un
alone di illimpidimento attorno alla crescita.
Però, G. ha il ciclo di Krebs inattivo, mentre nel caso di A. si ha una inibizione del ciclo di
Krebs dovuto alla concentrazione di etanolo presente nel terreno.
Nel momento in cui si prolunga l'incubazione, in G. l'alone di illipmidimento dovuto alla
solubilizzazione di carbonato di calcio si espande perché si ha ulteriore produzione di acido
acetico; nella piastra in cui ho incubato A., man mano che l'etanolo viene consumato,
l'acido acetico entra nel ciclo di Krebs e viene completamente ossidato a CO2 --> si assiste
ad un aumento del pH del terreno, quindi si ha una insolubilizzazione attorno alla colonia
di A., il carbonato di calcio torna ad essere insolubile, precipita e da l'aspetto opaco e non
trasparente attorno alla crescita di A.
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Francesca Nasatti
Questo gruppo microbico (batteri acetici) è rilevante nel contesto alimentare: è coinvolto
nella produzione di aceto (in cui l'intervento dell'aria è fondamentale perché i
microrganismi coinvolti sono aerobi) o possono essere microrganismi che alterano
l'alimento in cui si trovano, perché l'utilità è sempre dipendente dal contesto.
I batteri acetici sono utili ma possono essere anche indesiderati: se si sviluppano all'interno
di un succo o di un vino aperto si ha la creazione di un difetto, perché si ha un sentore di
aceto che non dovrebbe esserci in quel prodotto.
Ci sono diversi microrganismi che possono avere effetti positivi o negativi in funzione del
contesto: le muffe (come Penicilium rocheforti?) sono desiderate su formaggi come il
gorgonzola, ma, se lo stesso microrganismo cresce sulla frutta, sul pane o sulla superficie di
uno yogurt diventa alterativo del prodotto. In questo caso non si parla di alterazione di un
prodotto alimentare che non comporta un pericolo per la salute ma è un'alterazione della
qualità del prodotto.
Molte specie microbiche che hanno utilizzi in campo alimentare possono diventare
alterativi se si trovano in un contesto che non è di loro impiego.
Ad esempio, S. cerevisiae è indispensabile nei prodotti da forno o per avere una
fermentazione alcolica, ma, se questo lievito si sviluppa sulla superficie di un formaggio, di
uno yogurt, in un succo di frutta, provoca un'alterazione.
I patogeni hanno solo effetto negativo.
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Francesca Nasatti
I LIEVITI
Si intende un gruppo di microrganismi con caratteristiche simili, non si intende una
classificazione tassonomica precisa (come per i batteri lattici).
Sono microrganismi eucarioti, che hanno una caratteristica comune simile a quella dei
batteri: sono unicellulari.
Possono creare strutture più o meno complesse date dall'unione di cellule, ma rimangono
organismi unicellulari, la cui divisione avviene a livello di singola cellula. Hanno un
metabolismo prevalentemente di tipo fermentativo.
La crescita di un lievito in un terreno di coltura è paragonabile a quella di un batterio.
I lieviti sono microrganismi ambientali, associati soprattutto a matrici vegetali; ci sono
anche lieviti associati al microbiota intestinale dell'uomo.
I lieviti vengono catalogati, dal pdv tassonomico, nella famiglia degli ascomiceti, che danno
informazioni legate al proprio sistema riproduttivo.
Si identificano diversi generi, dove il lievito di riferimento è S. cerevisiae.
L'asco è l'organo di riproduzione sessuata, ospita le spore, cioè il prodotto della
riproduzione sessuale di questi lieviti. Siccome ha morfologia diversa a seconda del genere,
può essere utilizzata per identificare i vari generi.
Dekkera e Pichia possono dare problemi come contaminanti nelle fermentazioni alcoliche,
alterano le caratteristiche sensoriali del vino.
Con "yeast" (lievito) si sottointende S. cerevisiae.
Proteine eterologhe: se a un microrganismo viene modificato il suo patrimonio genetico,
introducendo geni che derivano da altri, può costruire proteine che non sono sue, dette
proteine eterologhe.
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Francesca Nasatti
Facendo produrre a S. cerevisiae una proteina di uso umano, lo faccio in tutta sicurezza,
senza il rischio di avere contaminazioni.
Alcuni lieviti possono essere patogeni, ad esempio Candida albicans, che può generare
infezioni nel nostro microrganismo a livello delle mucose genitali o orali. Questo lievito ha
cellule molto allungate che possono creare strutture filiformi molto lunghe, dette
pseudoife, che servono al lievito ad aderire alle superfici (delle mucose)formando un
biofilm, struttura cellulare aderente alle superfici capace di infettare le mucose.
Le infezioni da funghi (il lievito è un fungo) sono più difficili da sradicare perché sono poche
le molecole note come antifungini. Si ha invece una buona quantità di molecole
antibiotiche che si possono utilizzare per contrastare le infezioni batteriche.
Alcuni lieviti, come Kluyveromyces lactis, producono un enzima utilizzato per ottenere il
latte delattosato, ovvero la beta-galattosidasi, che scinde il lattosio in glucosio e
galattosio.
Saccaromyces cerevisiae ha anche un'applicazione in ambito lattiero-caseario, in
un'importante formaggio italiano, ovvero il gorgonzola, ottenuto grazie alla fermentazione
lattica dei batteri dello yogurt. In questo formaggio si ha la necessità di fare crescere anche
un microrganismo aerobio, la muffa: si fa creando degli spazi di aria forando le forme;
durante la caseificazione si aggiungono, oltre ai batteri e alla muffa, dei lieviti, ovvero S.
cerevisiae.
I batteri crescono, usano il lattosio e producono acido lattico, ma, siccome metabolizzano
solo il glucosio, rimane all'esterno il galattosio, che viene consumato da cerevisiae -->
siccome non c'è ossigeno fermenta producendo CO2 ed etanolo, usato come fonte di
carbonio dalla muffa.
Il lievito, sviluppandosi, forma delle occhiature riempite di CO2 che, una volta forate,
mettono in contatto degli spazi all'interno della forma con l'aria che arriva dall'esterno -->
cerevisiae ha creato degli spazi all'interno della forma nei quali crescerà la muffa, che
cresce sull'acido lattico prodotto dai batteri, sui loro residui di galattosio, sull'etanolo
prodotto da cerevisiae e svolge la sua funzione aromatizzando il prodotto.
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Francesca Nasatti
Ci sono dei lieviti che, pur avendo a disposizione un metabolismo fermentativo, effettuano
preferenzialmente una respirazione.
Dal pdv metabolico si identificano due effetti metabolici:
Uno di quesi è l'effetto Pasteur. Se un microrganismo respira ha una resa
energetica più alta, quindi, a parità di molecole di glucosio metabolizzate
ottengo più ATP di quando fermento --> se un microrganismo fermenta deve
consumare più zucchero per ottenere la stessa quantità di ATP: ciò si traduce
nell'effetto Pasteur.
L'altro effetto importante, che in questo caso caratterizza S. cerevisiae, è
l'effetto Crabtree, caratteristica tipica dei lieviti fermentativi. Se S. cerevisiae è
in presenza di ossigeno e di elevate concentrazioni di zucchero, non respira
anche se è presente ossigeno, ma predilige la fermentazione. Questo
spostamento del metabolismo da respirativo a fermentativo, indipendente dalla
disponibilità di ossigeno, si chiama effetto Crabtree. Ciò spiega perché questo
lievito è diventato così utile e associato alle trasformazioni alimentari, perché è il
più prono a svolgere fermentazioni. Ad esempio, nell'impasto da pane,
nonostante sia aerobio, il lievito fermenta consentendo di ottenere una
lievitazione, perché la concentrazione zuccherina è superiore ad un certo
valore. Elevate concentrazioni di glucosio inibiscono la biosintesi del citocromo
A, uno dei componenti della catena di trasporto degli elettroni, e cerevisiae non
può fare altro che la fermentazione alcolica.
L'inibizione dell'alcol deidrogenasi provoca l'impossibilità di avere la riossidazione del
NADH sulla catena di trasporto degli elettroni dell'acetaldeide.
Quindi, il destino dell'acido piruvico è rivolto verso destra, verso il ciclo di Krebs. Questa
svolta in realtà non avviene perché siamo in un metabolismo di tipo fermentativo dovuto
all'effetto Crabtree --> la gliceraldeide si accumula, non viene più consumata
efficientemente per produrre etanolo, quindi l'equilibrio si sposta verso il diidrossiacetone
P. Interviene a questo punto un'altra redox NAD dipendente. La riossidazione del NADH si
ha a discapito del diidrossiacetone P, che diventa glicerolo 3-P e poi glicerolo.
Quindi, superando una determinata concentrazione di etanolo, cerevisiae produce
glicerolo, importante perché la concentrazione di glicerolo in un vino partecipa alle
caratteristiche sensoriali e gustative del vino.
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Francesca Nasatti
Produzione del gorgonzola
Gli attori: S. termophilus, L. delbrucki (utilizzati anche per la produzione di yogurt) non
hanno bisogno di ossigeno per potersi svilppare.
Ruolo importante di Penicillium roqueforti (muffa) necessita di ossigeno per svilupparsi.
La tecnologia di produzione ha introdotto cerevisiae.
Anticamente il gorgonzola veniva preparato usando questa tipologia di produzione: sulla
cagliata del giorno prima veniva posta quella della mattina (caldo su freddo generava
dilatazione in alcuni punti della pasta, sacche d'aria piene di ossigeno.
Questa tecnologia non può più essere utilizzata perché non garantirebbe produzioni
elevate di prodotto e neanche una qualità dei prodotti mantenuta nel tempo.
L'innovazione prevede l'utilizzo di S. cerevisiae, che utilizza i nutrienti e produce CO2.
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Il lattosio viene scisso e solo il glucosio viene usato dai batteri per produrre acido lattico.
A fronte della produzione di acido lattico che parte da glucosio, si ha una secrezione nel
mezzo, cioè nella pasta di formaggio, di galattosio, usato da cerevisiae per fare una
fermentazione (siamo in assenza di ossigeno) e produrre etanolo e CO2. l'etanolo si
scioglie nella pasta.
Acido lattico, galattosio ed etanolo vengono comunque utilizzati come fonte di carbonio
per la crescita di P. roqueforti, che però richiede ossigeno: la CO2 forma nella pasta del
gorgonzola delle occhiature, poi viene fatta una foratura delle forme del gorgonzola, che
mette in comunicazione questi spazi interni con l'aria esterna e ciò garantisce lo sviluppo
della muffa all'interno del formaggio, che svolgerà azione proteolitica e lipolitica.
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Francesca Nasatti
POSSIBILI DOMANDE D'ESAME
Descrivi le strutture che rivestono la cellula di un batterio GRAM negativo/ la
cellula di Escherichia coli/ di Streptococcus thermphilus. (5 min)
-S. thermophilus: GRAM positivo. Le strutture sono una membrana cellulare e una parete
cellulare.
La parete è fatta di peptidoglicani, ci possono essere acidi teicoici e teicuronici.
La membrana è un doppio strato fosfolipidico.
-E. coli: GRAM negativo. Membrana cellulare, parete (sempre peptidoglicani, ma più
sottile), membrana esterna (differisce da quella cellulare per il fatto di non essere
simmetrica: all'interno ha uno strato di fosfolipidi, all'esterno LPS, lipopolisaccaridi).
Cosa si intende per colonia batterica? Che cosa si intende per isolamento in
coltura pura? (5 min)
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Francesca Nasatti
La colonia batterica (diventa unità di misura di un sistema di conta microbica, UFC) è
originata dalla divisione cellulare di una singola cellula, catenella, bastoncino, coppia di
a occhio nudo.
La colonia batterica è la forma visibile data dalla divisione cellulare su un terreno solido di
una singola unità microbica. Anche un lievito da origine a colonie.
Per isolamento in coltura pura si intende la propagazione di una singola colonia in un
terreno nuovo rispetto a quello da dove è stata prelevata. Si ripete questo procedimento
più volte.
Elenca e descrivi brevemente i diversi sistemi di conta dei microrganismi. Quale
metodo useresti per descrivere tutte le fasi della crescita microbica? (5 min)
Tra tutte le fasi, ce n'è una che alcuni sistemi di conta non riescono a vedere, ovvero la fase
di morte
La conta vitale permette di vedere tutte le fasi: si contano solo le cellule vive, quindi si
riescono a misurare anche quelle morte perché si ha una diminuzione del numero di cellule
vive che riesco a quantificare.
Anche la citometria a flusso distingue simultaneamente cellule vive e morte.
La turbidometria e il peso secco, ad esempio, non evidenziano la fase di morte a meno che
ci siano fenomeni di lisi cellulare.
Quindi, i metodi usati per descrivere tutte le fasi della crescita microbica sono la conta
vitale e la citometria.
Su quale molecola avviene la riossidazione del NADH prodotto durante la glicolisi
in Lactobacillus helveticus mentre sta crescendo in latte? (5 min)
Presuppone di sapere che L. helveticus sia un batterio lattico, quindi un GRAM positivo,
quindi è un microrganismo omofermentante, che utilizza una fonte di carbonio come il
lattosio e produce acido lattico. (si tratta di fermentazione omolattica)
La riossidazione avviene sull'acido piruvico, nella riduzione da piruvato a lattato, dove
interviene la lattato deidrogenasi. Il NADH si ossida e il piruvato si riduce.
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Francesca Nasatti
Streptococcus thermophilus è auxotrofo per la metionina e prototofo per l'acido
aspartico. Quale dei due amminoacidi dovrò obbligatoriamente aggiungere in un
terreno di coltura per garantire la crescita di S. thermophilus? (5 min)
Questo microrganismo è un batterio lattico omofermentante.
La risposta è la metionina perché auxotrofo significa che non è in grado di sintetizzarlo da
solo.
9,5 x 10^7 UFC/ml --> concentrazione della sospensione iniziale, densità cellulare nei 10 g
portati nei 100 ml.
-- > moltiplico per 100 e ottengo 9,5 x 10^9 UFC
--> divido per 10 g e ottengo 9,5 x 10^8 UFC/g
Descrivi i batteri acetici e il loro metabolismo. (5 min)
Sono GRAM negativi e aerobi obbligati. Eccetera
Descrivi la spora batterica e le caratteristiche dei batteri sporigeni. (5 min)
Rispondo in ordine con le richieste.
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Francesca Nasatti
Collegamento tra il genere, il fatto che siano sporigeni e aerobi o anaerobi perché ciò
consente di individuarli nelle varie categorie di alimenti.
Una caratteristica comune delle spore è la resistenza termica, motivo per cui le cerco nei
prodotti trattati termicamente. Per eliminarle non è sufficiente la pastorizzazione ma è
necessaria la sterilizzazione.
La descrizione della storia deve contenere anche l'informazione dell'accumulo di Sali di
dipicolinato di calcio perché sono quelli che conferiscono la resistenza termica.
GENETICA MICROBICA
Fenotipo: l'insieme dei caratteri che l'individuo manifesta: dipende dal suo genotipo, dalle
interazioni fra geni e anche da fattori esterni; dunque può variare. Ciò che il microrganismo
mostra all'esterno, cosa fa, la sua attività metabolica, la sua morfologia, ciò che viene
espresso, codificato a livello genetico, ma che si vede come risultato di un processo che
prevede che l'informazione genetica venga prima trascritta e poi tradotta.
Genotipo genotipo di un individuo è dato dal suo corredo genetico, è ciò che è "scritto"
nel DNA contenuto nel nucleo di tutte le sue cellule ed è quindi immutabile. Tutto ciò che è
informazione utilizzata e già espressa, manifestata.
Le informazioni sono localizzate sui cromosomi. Il cromosoma può essere un filamento
lineare o uno circolare.
Nella maggior parte dei batteri è presente il cromosoma circolare (polimero chiuso). In
alcune specie batteriche si hanno cromosomi lineari.
Nella maggior parte dei batteri il cromosoma è singolo, non è presente in coppia. Quando
si parla di eucarioti, invece, i cromosomi sono più di uno, normalmente si trovano in
coppia.
Nei cromosomi/ nel cromosoma (se si parla di specie batteriche) si trova tutta
l'informazione genetica che serve alla vita e alla sopravvivenza di una determinata specie
microbica (effettuare le attività metaboliche, duplicarsi, svolgere le funzioni vitali
principali). Nel cromosoma si identifica il polimero (DNA) che contiene tutte le
informazioni per la sopravvivenza della cellula.
70
Francesca Nasatti
Nella cellula si può avere altro materiale genetico, che prende il nome di elementi
plasmidici.
I plasmidi sono del materiale genetico di dimensioni sempre più piccole del cromosoma.
Possono essere anch'essi in forma circolare o lineare.
Su queste molecole si trova l'informazione che non è necessaria alla sopravvivenza della
cellula (DNA accessorio) (nella slide nel riquadro azzurro-si riferisce solo a plasmide, non
anche a cromosoma).
Un'informazione accessoria che può essere presente su molecole plasmidiche può essere
la capacità di utilizzare zuccheri non comuni (non glucosio o fruttosio ma saccarosio,
maltosio, raffinosio), di trasportarli all'interno, avere delle glicosidasi (enzimi che rompono
i legami glicosidici tra disaccaridi, trisaccaridi presenti nell'ambiente) --> vantaggio per la
cellula che possiede questa attività enzimatica (ma non essenziale per la vita della cellula).
I plasmidi possono trovarsi in più copie nella stessa cellula.
Durante la divisione cellulare, mentre il cromosoma deve duplicarsi, deve essere presente
in entrambe le cellule che derivano dalla divisione binaria, i plasmidi possono ripartirsi fra
le due cellule in modo casuale: il cromosoma segue una segregazione, viene ripartito nelle
due cellule durante la mitosi; il materiale genetico accessorio non segrega (non avviene
una ripartizione uguale).
Il cromosoma è una molecola polimerica di DNA e l'informazione all'interno di questa
molecola viene organizzato sotto forma di strutture che prendono il nome di geni.
I ribosomi si occupano di costruire le proteine.
Escherichia coli è un enterobatterio, bastoncino GRAM negativo, fermentazione acidomista. Ha un cromosoma circolare (filamento molto complesso e superavvolto): è una
macromolecola che contiene moltissime informazioni, che può stare dentro la cellula
grazie a superavvolgimenti che compattano la molecola di DNA.
71
Francesca Nasatti
Il DNA si misura utilizzando come unità di misura non una grandezza lineare ma con una
sigla: pb (paia di basi).
Ci sono tante differenze di dimensioni dei genomi batterici perché dipende dalla
specializzazione di una determinata specie nell'essersi adattata ad un particolare ambiente
piuttosto che a tanti ambienti diversi o ricchi di sostanze diverse: se un microrganismo si è
adattato a vivere in un unico ambiente, le info che possiede sul suo cromosoma si
riferiscono alla capacità di vivere in quell'unico ambiente, quindi sono di meno di quelle
presenti nel DNA di un batterio ubiquitario.
Tutto ciò che c'è sul cromosoma di un essere vivente è identificato come geni, unità che
codificano per qualcosa di necessario.
Con l'evoluzione delle specie, si sono trovate, nel DNA, sempre più regioni non codificanti,
porzioni di DNA che apparentemente non contengono nessuna informazione.
Nell'uomo, il 90% dell'informazione genetica non ha una funzione nota.
La lettura del DNA ha consentito di classificare microrganismi e forme viventi in un modo
più preciso.
La struttura del DNA è stata scoperta nel 1953 da W. E C.
Il polimero di DNA è un'alternanza di nucleotidi tenuti insieme da legami fosfodiestere (nel
cerchio beige). Allo zucchero è legata la base azotata, che sporge all'interno nel filamento,
affacciandosi alla base azotata presente sul filamento antiparallelo. Le basi azotate
interagiscono tra di loro formando legami H in modo selettivo (tra basi azotate
complementari).
La denaturazione di una proteina, cioè la perdita della struttura terziaria e quaternaria,
fino ad arrivare allo svolgimento del filamento è, generalmente, un processo irreversibile.
Con denaturazione del DNA si intende la rottura dei legami H, che può avvenire tramite un
processo che passa attraverso una parziale denaturazione (melting), fino ad arrivare alla
separazione dei singoli filamenti. A differenza delle proteine, è un processo
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Francesca Nasatti
completamente reversibile: tornando nelle condizioni originali, i filamenti si riappaiano
sfruttando la complementarietà delle basi.
Il DNA è una molecola solubile in acqua, nonostante le dimensioni. Ciò avviene essendo
una molecola molto ricca di legami fosfodiesterici (due per ogni coppia di paia di basi) e di
zuccheri che espongono degli ossidrili.
Il modo più semplice per rompere i legami H in una soluzione acquosa è aumentare la
temperatura. In questo processo non si rompono mai i legami covalenti fosfodiesterici tra i
nucleotidi (così come, denaturando una proteina, non si rompono i legami peptidici).
I primi legami H che si rompono sono quelli tra A e T, perché ce ne sono solo due (bisogna
fornire meno energia).
La curva disegnata è detta curva di melting e rappresenta l'andamento della densità ottica
della soluzione acquosa di DNA, man mano che aumenta la temperatura, misurata alla
lunghezza d'onda di 260 nm - spettrofotometro.
Parallelo con le proteine: si quantificano, con lo spettrofotometro, alla lunghezza d'onda di
280 nm. Ciò significa che la proteina assorbe quella lunghezza d'onda più di altre, in
soluzione acquosa.
Per il DNA, significa che la densità ottica a 260 nm sarà tanto più elevata tanto maggiore è
la quantità di DNA sciolta in soluzione acquosa.
La curva di melting è un'asigmoide: una delle proprietà della molecola di DNA è che man
mano che aumenta la capacità di assorbire a una lunghezza d'onda di 260 nm, i due
filamenti si separano (i due filamenti singoli assorbono di più dei filamenti uniti da legame
H).
Quando l'asigmoide si appiattisce, i due filamenti sono completamente separati.
La Tm è la temperatura alla quale la molecola di DNA è per metà denaturata e per metà
appaiata.
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Francesca Nasatti
Dopo aver scaldato a temperature che assicurano la completa denaturazione (prossime ai
100 gradi), se abbasso la temperatura ad una T che consente una rinaturazione (es. 25
gradi), la densità ottica segue una curva di riassociazione, ad indicare che la denaturazione
è un processo reversibile. L'asigmoide descrive la denaturazione.
Da quale microrganismo posso avere due asigmoidi? Dagli eucarioti: la cellula eucariota è
compartimentata, e questa compartimentalizzazione deriva da un'evoluzione di natura
simbiotica (una cellula dentro l'altra). Gli organelli che sono l'evidenza dell'avvenimento di
questa evoluzione sono i mitocondri: il DNA mitocondriale, anche se sta nella cellula
eucariota, ha caratteristiche comuni al DNA dei batteri, quindi non ha lo stesso contenuto
di G e C del DNA cromosomale.
Il microrganismo in questione è un lievito, eucariota, che possiede DNA mitocondriale,
diverso da quello dei cromosomi. Quando si ha un andamento di questo tipo (due
asigmoidi) significa che sono presenti due DNA diversi nella cellula.
Più è elevata la concentrazione salina della soluzione in cui è sciolto il DNA, più si stabilizza
la molecola di DNA e i legami H tra i due filamenti.
La replicazione del DNA, quindi la duplicazione del cromosoma microbico (ma questo
meccanismo avviene anche nelle nostre cellule) nella divisione cellulare.
Parlando di batteri si ha la scissione binaria.
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Francesca Nasatti
La divisione avviene in condizioni ottimali con tempi di generazione intorno ai 20/30 minuti
per i microrganismi di interesse alimentare, tempi più lunghi per microrganismi
ambientali.
Se il cromosoma è circolare (rappresentato nella slide con linee intere che rappresentano i
due filamenti del cromosoma, e linee tratteggiate che rappresentano le copie che si stanno
formando).
Ciò che è necessario, ogni volta che avviene una duplicazione del DNA, è una
denaturazione dei filamenti in un punto preciso, una rottura dei legami H che li tenevano
uniti, che garantisce l'inizio della fase di sintesi della nuova molecola di DNA.
Il punto in cui origina e parte la replicazione del DNA prende il nome di origine di
replicazione (Ori), punto in cui il cromosoma è facilmente denaturabile. In quella regione si
avrà, quindi, una prevalenza di adenina e timina.
Ovviamente, la denaturazione durante la replicazione del DNA non ha origine termica ma è
gestita da enzimi: alcune proteine specifiche si legano al filamento di DNA e esercitano,
attraverso il loro legame, una forza tale da rompere i legami H. l'enzima elicasi svolge la
doppia elica del DNA.
La denaturazione è necessaria per consentire all'enzima che si occupa di costruire il nuovo
filamento di poterlo fare.
Altissima fedeltà nel modo con cui il cromosoma viene duplicato. È molto importante che
la duplicazione dell'informazione genetica contenuta nel microrganismo sia mantenuta,
ma contempla un errore ogni 10^10 nucleotidi per permettere l'evoluzione. Nessuna
specie, infatti, è fissa nel tempo dal pdv dell'informazione genetica, esiste un livello di
variabilità che garantisce l'evoluzione.
Un errore nella duplicazione del DNA può non avere nessuna ricaduta sul fenotipo; può
avere un effetto negativo, ovvero annulla una delle caratteristiche, attività che aveva quel
microrganismo--> la nuova cellula che porta quell'errore può non essere più in grado di
svolgere qualche funzione; può portare un vantaggio, ad esempio, può migliorare l'abilità
catalitica di un enzima e quindi aumentarne l'efficienza.
75
Francesca Nasatti
Questi errori prendono il nome di mutazione. Il fatto che una mutazione sia favorevole o
venga mantenuta, cioè diventi parte del cromosoma di un organismo diverso da quello da
cui deriva, cioè il successo di un errore, dipende esclusivamente dall'ambiente in cui si
trova il microrganismo che ha quell'errore.
L'ambiente esercita una pressione selettiva. Gli errori creano dei cambiamenti, ed è
l'ambiente che decide quali errori possono avere un vantaggio o meno.
I meccanismi di duplicazione possono essere utilizzati in provetta, hanno dei risvolti
applicati.
Il substrato della DNA polimerasi è un filamento di DNA a cui si è appaiato un filamento di
RNA (primer).
La molecola di DNA è idrofila, ma diventa insolubile in acqua quando le cariche negative
del fosfato vengono protonate.
Ciò è possibile abbassando il pH: a pH acido è possibile protonare l'ossigeno carico
negativamente del fosfato.
L'acidificazione, però, non è il metodo più opportuno per precipitare queste
macromolecole perchè si rischierebbe di rompere la molecola di DNA --> si fa ciò che si fa
per fare precipitare le proteine in una soluzione acquosa, ovvero si rende insolubile il
soluto sottraendo acqua di solvatazione (si altera la forza ionica), ad esempio aumentando
la concentrazione salina: le proteine non sono più in soluzione e precipitano.
Si ha lo stesso effetto disidratante aggiungendo etanolo, ed è ciò che si fa nel caso del
DNA.
L'informazione presente nel DNA diventa un fenotipo attraverso due passaggi
fondamentali: la trascrizione e la traduzione.
76
Francesca Nasatti
Il gene è un'unità codificante per un'informazione precisa.
I passaggi di flusso dell'informazione (trascrizione e traduzione) possono influenzare
l'entità con la quale l'informazione contenuta nel DNA viene espressa e rappresentata
fenotipicamente.
Per il gene A, ci sono diverse molecole di RNA che derivano da questo gene, e ciascun RNA
viene tradotto nella proteina che codifica.
Nel gene B c'è un unico RNA e un'unica molecola proteica di tipo B.
--> ci sono dei meccanismi che regolano l'entità con la quale avvengono la trascrizione e la
traduzione. Di conseguenza, le due informazioni codificate a livello genico possono
diventare un'espressione fenotipica in quantità differente.
Questo meccanismo di regolazione del flusso dell'informazione è utilizzato dalle cellule per
rispondere in maniera appropriata agli stimoli ambientali.
Ad esempio, se un microrganismo ha a disposizione nell'ambiente un determinato
zucchero, è necessario che possa usufruire di quella fonte di carbonio nel modo più rapido
possibile, quindi che possa internalizzarla con molta efficienza--> significa avere molte
copie delle proteine coinvolte nel sistema di trasporto di quello zucchero localizzate nella
membrana cellulare.
Analogamente, c'è bisogno di molte copie degli enzimi glicolitici affinchè il catabolismo di
quella fonte di carbonio avvenga in maniera efficiente.
Questo zucchero può essere il lattosio nel caso dei batteri lattici. Necessario avere tante
copie del gene codificante per la lattato deidrogenasi, l'enzima che catalizza la reazione di
ossidoriduzione dell'acido piruvico a dare acido lattico o la contemporanea riossidazione
del NADH nella fermentazione omolattica.
Ci sono altre situazioni in cui non si ha la necessità di avere grosse quantità della proteina
codificata da un determinato gene.
77
Francesca Nasatti
Anche in questo caso si può fare riferimento al lattosio, zucchero del latte, il
microrganismo si trova nel latte, ma il latte non è il suo ambiente esclusivo, è un ambiente
transiente (magari si trova lì perché deriva dall'epidermide della mammella della bovina da
latte).
Il microrganismo del latte deve usufruire al meglio del lattosio, ma deve anche riservarsi la
capacità di poter utilizzare un altro zucchero, come il saccarosio (il più comune presente
nei vegetali) --> produce una minima quantità del corredo enzimatico necessario per
utilizzare il saccarosio nell'eventualità che cambi l'ambiente in cui si trova.
--> l'informazione genetica contenuta nei geni non viene trascritta e tradotta per tutti i
geni nello stesso modo, ma esiste un sistema di regolazione che deve essere veloce ed
efficiente al fine di garantire la sopravvivenza dei microrganismi ai cambiamenti
dell'ambiente in cui si trovano.
Non tutta l'informazione viene trascritta simultaneamente, ma vengono trascritti solo quei
blocchi di informazione che servono in quel momento alla cellula.
Struttura secondaria dell'RNA
La molecola di RNA ha la caratteristica di poter formare una struttura secondaria (lezione
1, pagina 7), sempre tenuta insieme da legami H, sempre conseguente all'appaiamento di
basi azotate complementari.
È una struttura secondaria di tipo intramolecolare (nel caso del DNA sono due filamenti,
quindi due molecole), stabile (una volta sintetizzato, l'RNA assume un'unica struttura
secondaria).
La struttura secondaria è stabilizzata dai legami H tra le basi complementari. Un unico
filamento può formare con sé stesso delle zone a doppio filamento.
TRASCRIZIONE
La regione promotore non è all'interno del gene. Ci sono delle sequenze nucleotidiche che
garantiscono l'interazione perfetta tra la RNA polimerasi e queste sequenze.
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Francesca Nasatti
Fattore sigma: proteina che si lega, insieme alla RNA polimerasi, alla regione promotore e
garantisce che quel gene venga trascritto (e non altri)
Lezione 10 pagina 11:
Le sequenze -10 e -35 sono delle sequenze corte di nucleotidi posizionate 10 e 35
nucleotidi prima del primo nucleotide che verrà trascritto in RNA.
Le regioni evidenziate in verde hanno delle sequenze più o meno uguali in tutti i geni e
vengono riconosciute in maniera specifica dall'RNA polimerasi.
Le sequenza in rosa sono complementari se leggo la prima da dx a sx e la seconda sa sx a
dx: se quel filamento si separasse dall'altro e venisse ripiegato, quelle due regioni si
appaierebbero per complementarietà formando una struttura secondaria intramolecolare
analoga a quella che può formare l'RNA, che crea un ostacolo per l'RNA polimerasi (che sta
denaturando il DNA), che deve staccarsi.
La dimensione media di un gene è 1000-1500/3000 pb.
Le dimensioni di un genoma sono, nei batteri più piccoli, 1,5/2 milioni pb e nei batteri più
grandi 4/5 milioni pb.
Negli eucarioti, la trascrizione avviene nel nucleo. L'mRNA esce dal nucleo attraverso i pori
nucleari per raggiungere il citoplasma.
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Francesca Nasatti
Tra procarioti ed eucarioti, oltre alla compartimentazione cellulare, cambia anche il modo
in cui viene compattata l'informazione nei due genomi:
-Nei procarioti si può avere la sintesi di un unico mRNA in cui sono contenute le
informazioni di più geni diversi, che codificano ognuno per una proteina diversa. Questi
geni sono disposti uno di fianco all'altro per poter avere un unico mRNA.
Questo succede, ad esempio, quando le informazioni contenute in quei geni servono a
costruire proteine che svolgono attività in maniera consequenziale.
Questa organizzazione trascrizionale prende il nome di operone, un unico RNA per diversi
geni.
Nel genoma procariota, l'informazione codificante si trova in un unico gene, sequenza
continua di nucleotidi senza interruzioni che, trascritta in RNA e poi tradotta, dà origine
alla proteina codificata da quel gene.
-Negli eucarioti non c'è questa organizzazione trascrizionale in operoni.
L'RNA eucariota è diverso: il pirofosfato 5' è legato a una guanina metilata (cappuccio di
metilguanosina); inoltre, l'estremità 3' è costituita da poliadenina, presente negli eucarioti
perché l'mRNA deve superare la membrana nucleare: la poliadenina interagisce con una
proteina che lega la regione dei pori nucleari e aiuta il trasporto al di fuori della membrana
nucleare.55
Negli eucarioti, il gene è caratterizzato da esoni ed introni, quindi regioni codificanti e non.
L'RNA deve subire un'eliminazione delle regioni corrispondenti agli introni in un
meccanismo detto splicing.
Non tutti gli RNA vengono tradotti in proteina (tRNA, rRNA) --> esistono dei geni che
codificano per degli RNA e che, quindi, non codificano per nessuna proteina, non c'è
traduzione in proteina, perché è l'RNA che svolge la funzione catalitica, cioè di sintesi della
proteina (questi geni sono fondamentali per la vita della cellula - al contrario, non tutti i
geni che codificano per le proteine sono fondamentali).
80
Francesca Nasatti
Il DNA è una molecola molto stabile, cioè sopravvive a lungo fuori dalla cellula prima di
subire processi di idrolisi e degradazione di natura chimica e enzimatica. È una molecola
molto robusta.
L'RNA è una molecola più fragile, dentro la cellula ha emivita breve perché viene
trascritto, utilizzato nel caso serva per la sintesi delle proteine: se è mRNA viene tradotto
in proteina, dopodiché viene immediatamente degradato perché non ha più utilità.
-->in termini pratici, se si vogliono studiare i livelli di produzione di RNA di un
microrganismo, bisogna utilizzare tecnologie che preservino il più possibile l'RNA dai
processi di degradazione. L'RNA si degrada facilmente per opera di enzimi, le RNAsi, che si
trovano anche sulla superficie della nostra epidermide a seguito del microbiota che si trova
sull'epidermide --> si lavora con guanti, acqua purificata.
La degradazione dell'RNA nella cellula è conseguente al fatto che serve esprimere
l'informazione che si trova nel genoma (DNA) per rispondere a uno stimolo ambientale.
Serve un'opportuna traduzione per passare da un linguaggio a 4 basi a un linguaggio a 20
amminoacidi.
È molto più semplice estrarre DNA dalla cellula, è più stabile, quindi le tecniche di
estrazione del DNA dalle matrici biologiche sono più facili da impiegare e hanno meno
problematiche.
Codice genetico
Generalmente, ciò che cambia nella sequenza delle basi azotate è la terza posizione. Ciò è
vero per molti amminoacidi, tranne alcuni come l'arginina, la serina, la leucina, dove si
hanno triplette che non mantengono le prime basi azotate.
Metionina e triptofano sono codificati da una sola tripletta. Per individuare l'inizio di un
gene sul DNA basta individuare la sequenza ATG, perché il primo amminoacido di ogni
proteina è una metionina, quindi i geni che codificano per una proteina iniziano tutti con la
tripletta ATG.
Gene: sequenza non interrotta di triplette codificanti amminoacidi. Un gene ha un inizio e
una fine: deve terminare con una tripletta che non codifica per nessun amminoacido.
81
Francesca Nasatti
Considero due generi e due specie diverse di microrganismi, come L. delbrucki e S.
thermophilus. Sono più simili i geni che codificano per gli rRNA o i geni codificanti la
proteina lattato deidrogenasi?
Sono più simili i geni codificanti gli rRNA, perché una proteina può essere espressa da
triplette diverse di basi azotate (il codice genetico è degenerato, quindi la sequenza del
gene in specie diverse può essere diversa).
Sostituendo un amminoacido con un altro della stessa classe, non cambia l'attività
dell'enzima --> i gradi di libertà a livello di sequenza di DNA sono ancora maggiori, perché
non solo ho più triplette che codificano per un amminoacido, ma posso anche sostituire un
amminoacido con un altro.
Tutto ciò non succede con l'RNA, c'è meno possibilità di variazione. L'RNA può formare una
struttura secondaria, tenuta insieme da un appaiamento di basi azotate in funzione della
loro complementarietà --> la struttura che assume è fondamentale perché, se cambiata, si
perde la funzionalità dell'RNA.
Il gene che codifica per rRNA e tRNA non sono identificati con la sequenza ATG nella prima
posizione, perché l'ATG codifica per l'amminoacido metionina.
L'rRNA ottenuto deve necessariamente assumere una struttura secondaria intramolecolare
in cui ci sono regioni dove si formano legami H (arancione) e regioni dove non si formano
(verde). I legami H stabilizzano la struttura secondaria della molecola.
Il ribosoma è costituito da rRNA. Gli rRNA si assemblano in questa macchina molecolare
solo se mantengono la loro struttura. Perché ciò accada è fondamentale che la sequenza di
nucleotidi sia tale da garantire la struttura secondaria --> se avviene un cambiamento nella
sequenza di un gene che codifica per rRNA, alcuni nucleotidi più avanti sullo stesso
filamento devo avere una sostituzione che compensa la prima, se no si perde la struttura
secondaria, ma la probabilità che ciò avvenga è molto bassa; questo fa sì che tutti i geni
ribosomiali si definiscano altamente conservati (hanno quasi la stessa sequenza) in tutti
gli organismi viventi. Questi geni devono sostenere la sintesi delle proteine, perché sono i
responsabili della costruzione del ribosoma, e il fatto che funzionino grazie ad una
struttura secondaria di un certo tipo, che deve essere mantenuta per fare funzionare il
ribosoma. Se il ribosoma non funziona non avviene la sintesi proteica e la cellula non può
vivere: le variazioni di sequenza di questi geni che interferiscono su una struttura
secondaria funzionale sono letali.
82
Francesca Nasatti
Questi cambiamenti sono detti mutazioni, cioè gli errori della DNA polimerasi.
È più frequente che la RNA polimerasi compia un errore nella sequenza delle basi tra le
quali non si formano legami H, in questa regione le basi possono essere sostituite senza
grossi problemi.
Albero filogenetico: più è diverso il gene ribosomale tra due specie, più queste specie sono
evolutivamente lontane, perché solo l'evoluzione può garantire in termini di tempo che un
evento molto raro possa verificarsi, cioè che la sostituzione di una base azotata venga
compensata esattamente da una mutazione complementare nella stessa molecola poche
posizioni più avanti.
Se le differenze osservate tra due specie più vicine sull'albero filogenetico (A e C), significa
che le differenza sono localizzate sulle regioni dove è più facile che avvenga una variazione
di sequenza senza che ci siano effetti sulla struttura della molecola.
I geni ribosomali vengono anche detti orologi molecolari: più sono diversi tra due
organismi, più questi ultimi sono lontani in termini evolutivi.
Carl Woese intuendo questo concetto, ha trovato un modo per confrontare tra loro tutti gli
esseri viventi attraverso una cosa comune, cioè la sequenza dei geni ribosomali (sono 3).
Quando si deve procedere all'identificazione di un microrganismo, si estrae il DNA e si
ottiene il gene ribosomale per sapere di quale organismo si tratta.
83
Francesca Nasatti
Grado di similarità delle sequenze nucleotidiche di geni c he codificano per un
determinato amminoacido in diverse specie
--> a fronte dello stesso enzima codificato in un GRAM negativo e in un GRAM positivo (ad
esempio), nonostante la proteina sia molto simile e abbia siti catalitici quasi identici, quindi
la sequenza amminoacidica possa essere molto simile, grazie alla degenerazione del codice
genetico le sequenze nucleotidiche dei geni che codificano per questa proteina nelle due
specie diverse sono potenzialmente molto diverse.
I geni che codificano per gli rRNA: in questo caso, i geni che codificano lo stesso rRNA ma di
specie diverse hanno sequenza molto simile perché non c'è un passaggio da un linguaggio
a 4 a uno a 20.
TRADUZIONE
Lezione 10 pagina 24. in funzione del punto di inizio della lettura delle triplette e la loro
traduzione, si possono avere tipologie di letture diverse.
Ho un'unica sequenza nucleotidica ma sono indicate tre diverse ipotesi di traduzione
(frame di lettura).
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Francesca Nasatti
Il gene, una volta identificato, ha un unico ordine di lettura, quindi ordine di successione
delle triplette che codificano per gli amminoacidi. Però, quando si ricerca il gene bisogna
cercare tutte le possibili varianti codificanti: esse sono 3 per ciascun filamento di DNA.
L'RNA ha emivita molto breve.
Nei lieviti (eucarioti) sono pochissimi (forse assenti) i geni organizzati in introni ed esoni.
Hanno un'organizzazione come quella dei procarioti.
MODIFICAZIONI POST-TRADUZIONALI
La proteina neosintetizzata può essere, ad esempio, tagliata da delle proteasi per essere
attivata. Modificazione post-traduzionale è tutto ciò che la proteina subisce dopo la sintesi
ribosomiale.
Fosforilazione: processo che avviene su alcune proteine deputate ad un sistema di
trasporto degli zuccheri, ovvero il sistema fosfoenolpiruvato fosfotransferasico. Costituito
da componenti proteiche intracellulari che sono fosfotransferasi (si fosforilano e
trasferiscono fosforilazione tra loro).
MUTAZIONI
Possono avvenire a seguito di una divisione cellulare e possono essere mantenute o meno
dalla generazione successiva, cioè dalla cellula che la ospita.
Le mutazioni hanno diverso peso.
Quelle che vanno a cadere negli organismi aploidi (un cromosoma in singola copia, ogni
gene è in singola copia ad esclusione di quelli ribosomiali, che si trovano in tante copie dei
geni che codificano per gli RNA che costituiscono i ribosomi).
Se si cambia anche un solo nucleotide, cambia l'amminoacido che viene codificato
(rimando ai 3 frame di lettura).
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Francesca Nasatti
Nel caso di inserzione o delezione si ha sempre un'alterazione del frame di lettura.
Nel caso di trasversioni e transizioni, nella migliore delle ipotesi, si può avere, siccome il
codice genetico è degenerato, un cambiamento di tripletta ma non di amminoacido
codificato.
Oppure si ha un cambio di amminoacido: si ottengono proteine che possono o meno
mantenere (o migliorare o peggiorare l'attività) la propria funzione nonostante il cambio di
amminoacido. È l'ambiente a selezionare i mutanti che hanno le migliori capacità di stare
in quel determinato ambiente.
È anche possibile avere l'inserimento di una tripletta che inizialmente codificava per un
amminoacido, che grazie alla mutazione diventa una tripletta di stop.
Le mutazioni possono non avere effetti oppure avere anche effetti deleteri.
Se una mutazione ha un effetto negativo, ad esempio interferisce sulla sequenza del gene
ribosomiale rendendo il ribosoma non funzionale, non è possibile verificare la mutazione
letale, perché il microrganismo che contiene quella mutazione non è in grado di
moltiplicarsi, non ha una sintesi proteica, quindi non c'è la possibilità di avere dei mutanti
da cui estrarre il DNA e verificare il tipo di mutazione avvenuta. Se la mutazione è letale
non può essere osservata.
Le mutazioni visibili sono quelle che garantiscono la sopravvivenza del microrganismo che
le ha ricevute.
La mutazione nel DNA si ripercuote come sequenza nell'RNA, che non sarà più letto
correttamente dall'amminoacil-tRNA adeguato (cambia la tripletta codificante).
Le mutazioni sono fondamentali nei processi evolutivi, senza mutazioni non ci sarebbero
meccanismi evolutivi.
Le mutazioni avvengono regolarmente in tutti gli organismi viventi.
Le mutazioni che garantiscono una maggiore efficienza vengono selezionate, quindi
l'organismo che le ospita viene selezionato dall'ambiente e dalle condizioni ambientali.
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Francesca Nasatti
Grazie a questi meccanismi si può favorire l'insorgere di mutazioni per cercare di
migliorare le caratteristiche tecnologiche di alcuni batteri utilizzati per le produzioni
casearie.
Queste mutazioni indotte naturalmente (accelerando un processo naturale) non sono
considerate sistemi per creare microrganismi ricombinati, ma sono considerate
un'evolversi naturale della popolazione, di conseguenza sono strumenti del tutto leciti.
Sono strategie di miglioramento genetico che non utilizzano mezzi molecolari sofisticati,
ma sfruttano il normale evolversi di mutazioni casuali nel genoma dei microrganismi.
I VIRUS
Non possono essere definiti organismi viventi, sono entità biologiche, necessitano di un
ospite per potersi replicare. Sono entità biologiche dotate di un genoma virale, che può
essere di diversa natura (a DNA o RNA).
I virus hanno dimensioni molto più piccole (si scende di 3 ordini di grandezza, nanometri,
10^-9 metri) di quelle dei batteri (unità di misura micron, 10^-6 metri). È quindi
impossibile visualizzarli a occhio nudo. Per i batteri è possibile utilizzare un microscopio
ottico, mentre per poter fotografare i virus è necessario un microscopio elettronico, cioè
che raggiunga fino a 100/150 mila ingrandimenti.
L'envelope non è una membrana cellulare codificata dal genoma virale ma deriva dalla
membrana cellulare delle cellule che il virus infetta. Uscendo dalla cellula, le particelle
virali vengono avvolte dalla membrana.
Il virus agisce infettando delle cellule ospiti con il proprio materiale genetico, che viene
liberato all'interno della cellula ospite a svolgere una serie di azioni.
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Francesca Nasatti
I virus sono in grado di replicare se stessi, e quindi determinare un'infezione, solo quando
riescono ad utilizzare gli strumenti molecolari della cellula --> il virus non possiede un
citoplasma, non ha una membrana di rivestimento.
Anche nel caso di batteri rivestiti da envelope, all'interno non si crea un ambiente in cui
avvengono attività enzimatiche o altro, è solo un rivestimento.
Perché ci siano attività metaboliche codificate dal genoma virale bisogna entrare dentro
una cellula.
CICLO DI MOLTIPLICAZIONE VIRALE
Ciclo litico
Affinchè si possa svolgere un'infezione virale nei confronti di una cellula (sia eucariote che
procariote). Anche i batteri possono essere infettati dai virus (questi virus vengono
chiamati batteriofagi, significa che mangiano i batteri, si ha la lisi della coltura microbica).
1. La prima fase richiede che la particella virale, nell'ambiente extracellulare
(quindi nella sua struttura con capside, eventualmente complessa con la coda)
interagisca e venga assorbita sulla superficie esterna della cellula bersaglio.
Questa è la prima fase di interazione tra il virus e il suo ospite.
Se qualcosa interferisce in questo primo step è un meccanismo utile alla
ospite per difendersi da un'infezione virale.
cellula
2. Il materiale genetico del batteriofago viene iniettato all'interno della cellula
ospite. Il DNA contiene le informazioni necessarie a replicare se stesso e
costruire nuove particelle virali.
Le dimensioni del genoma di un batteriofago vanno dalle 30mila alle 50mila paia di basi.
Molto lontane dalle dimensioni di un genoma batterico. (2-3 milioni pb).
La prima informazione codificata a livello del DNA virale è quella per le attività enzimatiche
che sono in grado di degradare, o meglio idrolizzare, il DNA microbico.
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Francesca Nasatti
Sono gli enzimi della cellula (RNA polimerasi, ribosomi) a leggere il DNA virale e sintetizzare
le proteine che sintetizzano il DNA batterico.
3. Il DNA dell'ospite viene digerito, e, di conseguenza, si ha l'inattivazione di tutte
le capacità che la cellula può manifestare dal pdv fenotipico (ho annullato ciò
che è contenuto come informazione nel genoma).
4. Il DNA virale si replica.
5. Vengono sintetizzate anche le proteine del rivestimento (capside) e della
struttura completa di rivestimento del virus, che si autoassemblano attorno al
genoma virale e che costituiranno nuove particelle virali.
6. Lisi della cellula: morte
La fase di uscita dalla cellula richiede la produzione di due attività enzimatiche codificate
dal genoma virale:
-una destinata a destrutturare la membrana cellulare della cellula ospite (enzima: olina, da
"hole", forma pori sulla membrana cellulare)
-la seconda serve a rompere la parete batterica (lisina, una peptidoglicano idrolasi)
--> grazie a queste due attività, le particelle virali riescono a fuoriuscire dalla cellula ospite
e sono disponibili per iniziare un nuovo ciclo litico (litico perché determina la lisi della
cellula infettata).
I virus che infettano i batteri utilizzando questo processo (ciclo litico) vengono chiamati
virus litici.
Essi sono un problema in tutti i processi di fermentazione (guidati da microrganismi),
perché non si ha il completamento del processo fermentativo: perdita economica, non si
ha nessun prodotto alla fine del processo.
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Francesca Nasatti
Ciclo lisogeno
Esistono dei virus che hanno un ciclo di tipo lisogeno.
Nel terzo step, dopo l'iniezione del materiale genetico virale, invece di avere la
degradazione del DNA dell'ospite, si ha l'integrazione del DNA virale nel cromosoma
batterico. Questo processo viene detto processo di integrazione .
Il batteriofago in questa forma prende il nome di profago.
Il microrganismo, quando ne ha la possibilità, cresce, divide le sue cellule e si moltiplica.
Durante questa fase avviene anche la moltiplicazione del DNA, quindi viene replicato
anche il DNA virale integrato nel cromosoma del microrganismo.
--> il virus ottiene il moltiplicarsi del proprio DNA virale senza avere effetti negativi sulla
sopravvivenza della cellula ospite.
In determinate condizioni può succedere che il profago vada ad excidersi (processo inverso
all'integrazione): fuoriesce dal cromosoma e si passa al ciclo litico.
Il fago lisogeno infetta la cellula, che non mostra sintomi dell'infezione. Il batteriofago
rimane quiescente finchè le condizioni ambientali fanno scatenare il meccanismo
dell'excisione e l'instaurarsi del ciclo litico. Questo succede quando il microrganismo si
trova di fronte a delle condizioni di stress nutrizionale o ambientale, quindi condizioni in
cui non riesce a moltiplicarsi in maniera adeguata.
--> è come se la particella virale sentisse che il suo ospite non è più in grado di gestirla e di
mantenerla durante le divisioni cellulari e decidesse di instaurare un ciclo litico per avere la
possibilità di infettare altri ospiti, che sono più proni a mantenere il suo genoma nel
tempo.
A livello industriale, quando si devono selezionare ceppi batterici per applicazioni di tipo
alimentare (o di qualsiasi altro tipo) è necessario effettuare degli screening genetici al fine
di capire se il ceppo batterico usato per la produzione è un ceppo che ospita un profago. Se
è cosi, può succedere che esso excida e instauri un ciclo litico.
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Francesca Nasatti
Ci sono una serie di applicazioni dei batteriofagi che sono considerate positive (di solito
negative perché determina la morte della cellula ospite).
Ad esempio quando l'ospite non è un batterio che ha interesse positivo dal pdv delle
applicazioni tecnologiche, ma è, ad esempio, un microrganismo patogeno. È uno
strumento che può essere utilizzato per controllare la sua diffusione (i virus che infettano i
batteri non infettano l'uomo, sono specifici).
I batteriofagi hanno un altro risvolto positivo: sono utilizzati per favorire il processo di lisi,
ad esempio, durante il processo di maturazione dei formaggi , al quale partecipano enzimi
del caglio ed enzimi contenuti nelle cellule batteriche utilizzate durante la fermentazione.
Questi enzimi devono fuoriuscire per poter lavorare sulla matrice del formaggio, quindi è
necessario un processo di lisi. Che può essere spontanea o indotta da infezioni di tipo
fagico.
Come si fa a contare i virus?
Metodo analogo a uno dei modi con cui si contano i microrganismi (conta vitale).
I virus sono molto piccoli, non crescono da soli (non formano colonie) se non quando
infettano delle cellule.
Per garantire la moltiplicazione della cellula virale devo avere le cellule ospiti, colture
microbiche sensibili a quel determinato batteriofago.
Agar soffice: terreno di laboratorio a cui non viene aggiunta la classica quantità di agar, che
tende a solidificare, ma ne viene aggiunta la metà. Si aggiungono all'agar la sospensione
virale e i batteri sensibili.
Il terreno deve consentire la crescita del microrganismo. Se non ci sono cellule virali in
grado di infettare le cellule batteriche, si ha solo la crescita del microrganismo,
uniformemente distribuito sulla superficie della piastra, che rende opaco il terreno
originariamente trasparente.
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Francesca Nasatti
Se ci sono delle particelle fagiche, esse trovano le cellule batteriche, le infettano, e, nei
punti in cui sono presenti, il terreno torbido ritorna trasparente. (placche fagiche/di lisi,
derivano da una singola cellula virale che, in quella zona, ha iniziato a infettare le cellule
microbiche). Ogni cellula batterica che si lisa libera ulteriori virioni che infettano le cellule
vicine.
Questo processo consente di contare le cellule virali contenute ipoteticamente nella
sospensione virale, contando le placche di lisi e svolgendo le stesse operazioni della conta
vitale. Diluizioni.
Unità di misura: ufp (unità formante placca).
dsDNA: a doppio filamento (double strand)
DIFESA DEI BATTERI DALL'ATTACCO DEI BATTERIOFAGI
Ostacolando l'adsorbimento dei fagi, ad esempio con la produzione di
polisaccaridi o proteine che rivestono la superficie della cellula, creando quindi
un ostacolo fisico, un'interazione sterica tra la particella virale e la parete
cellulare.
L'ospite degrada il materiale genetico del fago.
Come fa un'attività enzimatica in grado di idrolizzare il legame fosfodiestere tra i
nucleotidi che costituiscono il DNA a distinguere il DNA batterico da quello virale?
La sequenza di DNA in un virus non è la stessa in un cromosoma. Quando un enzima
interviene nella degradazione di molecole di DNA (idrolasi), quell'enzima è in grado di
tagliare qualsiasi DNA indipendentemente dalla sua sequenza, lavora in maniera
aspecifica.
Le differenze di DNA non si basano sulla sequenza, ma su ulteriori modifiche che vengono
fatte sulla molecola di DNA (sistemi di modificazione): i microrganismi modificano il
proprio DNA metilando alcune basi azotate. Questo fa si che un enzima prodotto dal
microrganismo stesso sia in grado di degradare del DNA non metilato.
Gli enzimi di restrizione tagliano il DNA ma in maniera specifica, solo quando vengono
riconosciute determinate sequenze accomunate dal fatto che nel filamento
complementare la sequenza è identica ma la leggo da destra a sinistra (sequenze
palindrome, complementari speculari) .
Es. TTGCAA (TTG e CAA complementari)
TAGCTA filamento complementare ATCGAT
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Francesca Nasatti
Anche gli enzimi di restrizione sono sensibili alle metilazioni (non tagliano il DNA metilato).
IL TRASFERIMENTO GENICO
Quando si parla di microrganismi, questi hanno un sistema di riproduzione di tipo
asessuato (procarioti), oppure, se si tratta di eucarioti, possono avere sia una crescita di
tipo vegetativo (asessuata) che una riproduzione di tipo sessuato (quando si formano
gameti).
Questo meccanismo di riproduzione sessuata porta ad avere una ricombinazione del
patrimonio genetico, la progenie ha un corredo cromosomico arricchito dal pdv
dell'informazione genetica.
Questo arricchimento, nei microrganismi che non hanno la riproduzione sessuata, non può
esserci. In che modo possono acquisire informazione genetica questi microrganismi?
-Un modo è legato all'accumulo di mutazioni.
-Esistono anche altri meccanismi che consentono ai batteri, ma anche agli eucarioti, di
acquisire e scambiarsi materiale genetico, indicati sotto il nome di trasferimento genico.
Si parla di trasferimento genico orizzontale (HGT, horizontal gene transfer) per distinguerlo
dal passaggio dell'informazione genetica di tipo verticale.
Quello orizzontale consente il trasferimento tra due cellule (stessa specie o specie diverse,
stesso genere o generi diversi).
Quello verticale è quello che avviene dalla cellula iniziale alle due cellule figlie durante la
divisione binaria.
In un processo di trasferimento genico orizzontale esiste un'acquisizione, uno scambio di
DNA eterologo (non proprio, dall'esterno).
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Francesca Nasatti
Trasformazione
La cellula recupera il DNA dall'ambiente e diventa parte integrante del suo genoma.
Il DNA presente nell'ambiente da dove può derivare?
È una molecola resistente che può essere disponibile a interagire con delle cellule
microbiche che si trovano in un preciso stato fisiologico, ovvero lo stato di competenza (la
cellula è competente quando è pronta a ricevere informazioni sotto forma di sequenze
nucleotidiche di DNA).
Lo stato di competenza comporta che la cellula debba avere, sulla sua superficie esterna,
delle proteine leganti il DNA, che lo intercettano e consentono di internalizzare la molecola
di DNA (solo uno dei due filamenti, intervengono delle nucleasi che degradano uno dei due
filamenti).
Una volta che il filamento viene trasportato all'interno della cellula, questo può subire una
degradazione per opera dei microrganismi di restrizione e modificazione (lo degradano
perché lo considerano come DNA non proprio), oppure può andare incontro ad un
fenomeno di integrazione, in cui intervengono le RecA proteine, che garantiscono che il
DNA internalizzato venga integrato nel cromosoma batterico, che si arricchisce, la porzione
di DNA diventa parte del genoma di quel microrganismo.
È un processo che avviene in natura con frequenze piuttosto basse, ma è alla base dei
meccanismi di evoluzione delle specie microbiche.
È possibile indurre questo stato di competenza in laboratorio nei microrganismi e fare
acquisire a essi del DNA esterno. Ottimo sistema di modifica genetica dei microrganismi
utilizzati in laboratorio per studiarne la fisiologia o per migliorarne le loro performance dal
pdv delle applicazioni industriali.
Coniugazione
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Francesca Nasatti
È comune a diverse specie batteriche, diffuso sia per GRAM + che -.
Affinchè avvenga questo processo è necessario che ci sia una vicinanza fisica tra due cellule
e che una di esse contenga un plasmide coniugativo, ossia una molecola extra
cromosomale, che però possiede, oltre a diverse informazioni genetiche utili per la cellula,
anche le informazioni necessarie al suo trasferimento dalla cellula in cui si trova alla cellula
ricevente.
Nel caso di E. coli questi plasmidi sono stati definiti plasmide F.
Alla fine si ottiene il trasferimento del plasmide coniugativo da una cellula a un'altra,
insieme a tutte le informazioni che il plasmide può ospitare, che possono migliorare le
condizioni di crescita e sviluppo delle cellule in un determinato ambiente.
È sempre l'ambiente a determinare il successo dello sviluppo e la diffusione di cellule che
hanno acquisito questi plasmidi.
In una cellula possono essere presenti plasmidi di dimensioni diverse (sono sempre
presenti in multicopie) e possono essere presenti anche plasmidi coniugativi.
La coesistenza di un plasmide coniugativo insieme ad altre tipologie di plasmidi può far sì
che le informazioni che il plasmide coniugativo ha per trasferire sé stesso vengano
utilizzate anche per trasferire gli altri plasmidi (in questo caso il plasmide coniugativo
prende il nome di plasmide helper).
Esistono anche casi in cui il plasmide coniugativo è integrato nel cromosoma. Questa
integrazione determina l'acquisizione del plasmide coniugativo e dei geni che sono
presenti sul plasmide (es. e e d).
La cellula ricevente, oltre a ricevere la porzione di DNA che corrisponde al plasmide
coniugativo, che si excide dal cromosoma della cellula donatrice per trasferirsi alla cellula
ricevente, può ricevere le regioni fiancheggianti la sua regione di integrazione (pezzi di
DNA del cromosoma della cellula donatrice).
In questo caso, la coniugazione è più efficiente.
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Francesca Nasatti
Trasduzione
La cellula di E. coli subisce l'infezione di un fago, che instaura un ciclo litico, moltiplica il
proprio genoma.
Nell'assemblaggio delle particelle virali complete è possibile che venga trattenuto
all'interno del DNA batterico al posto di quello virale.
Se il batteriofago contenente il DNA batterico infetta un'altra cellula di E. coli ( cellula lac-,
non possiede i geni che codificano per l'utilizzo del lattosio), trasferisce il suo DNA nella
cellula e può integrarsi nel cromosoma.
Operone lac: insieme dei geni organizzati in un'unica unità trascrizionale che codificano per
l'utilizzo del lattosio.
Si chiama trasduzione generalizzata perché è casuale quale porzione di DNA può finire nel
capside di un batteriofago durante un ciclo litico.
Come si fa a sapere se un microrganismo ha acquisito del DNA attraverso uno di questi
sistemi di trasferimento genico orizzontale?
Questa informazione si ricava attraverso un'analisi della sequenza del genoma dei
microrganismi. Da qui si fa un'analisi della percentuale di guanina e citosina, che ha una
rilevanza di tipo tassonomico, ovvero specie diverse possono avere un'uguale % di G e C
nel DNA, ma se questa % tra due organismi è superiore al 7% si parla sicuramente di due
organismi che appartengono a due specie diverse.
Di conseguenza, se vedo che in certi blocchi questa % è più alta o più bassa della % media,
si presuppone che in quelle regioni siano state acquisite per trasferimento genico
orizzontale.
--> si possono tracciare, attraverso un'analisi del genoma e una comparazione tra genomi, i
vari passaggi di informazione che ci sono stati tra specie diverse nel corso dell'evoluzione.
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Francesca Nasatti
Questi meccanismi di scambio genico sono fondamentali affinchè avvenga un processo
evolutivo, sono importanti perché aiutano a migliorare gli organismi dal pdv delle
performance tecnologiche e nell'ambito alimentare, ma sono anche responsabili del
trasferimento di geni potenzialmente pericolosi, cioè geni che codificano per antibioticoresistenze.
REGOLAZIONE DELLA TRASCRIZIONE
Guardare biochimica.
La regolazione negativa avviene quando la cellula cresce in un ambiente privo dello
zucchero lattosio. Sintesi di enzimi coinvolti nel catabolismo.
Tra i geni non trascritti ci sono anche i geni trasportatori di membrana dello zucchero. In
assenza di trasportatore, come ha fatto il lattosio ad entrare nella cellula e inattivare il
repressore?
Nell'esempio successivo si ha la regolazione di un meccanismo di biosintesi.
Geni coinvolti nella sintesi di enzimi che sintetizzano il triptofano.
In presenza di una certa concentrazione di triptofano, questo interagisce con il repressore
che diventa attivo.
TASSONOMIA O SISTEMATICA
È importante, in un alimento che contiene microrganismi (giunti, ad esempio, come
microrganismi probiotici), che questi siano riportati in etichetta con nomenclatura
tassonomica corretta, che seguono le regole tassonomiche (genere e specie).
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Francesca Nasatti
Ad esempio, GRAM positivo e negativo non compare nella nomenclatura tassonomica
perché ha a che fare con la descrizione delle caratteristiche della cellula, ma non rientra
nella classificazione dei microrganismi.
Domini: batteri eucarioti e archaea
L'unità tassonomica definita, che prende il nome di taxon, è la specie, è l'insieme di
organismi accomunati da determinate caratteristiche fenotipiche e genotipiche, ma distinti
da altre unità tassonomiche.
Nella tassonomia, quindi, l'unità di riferimento è rappresentata dalla specie.
È una scala gerarchica: nel dominio dei batteri ci sono diversi phylum. Al di sotto di questo
gruppo (phylum), sempre all'interno del dominio dei batteri, c'è la classe e così via. Tante
specie diverse tra loro sono accomunate da caratteristiche più o meno univoche che fanno
sì che possano rientrare all'interno di un unico genere. Allo stesso modo, tanti generi sono
accomunati da qualcosa che li fa rientrare in un gruppo più ampio, la famiglia.
Firmicutes: GRAM positivi
Proteobacteria: GRAM negativi
SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE
La specie è l'unità fondamentale.
Negli eucarioti e negli organismi superiori, la definizione di specie è legata alla
riproduzione sessuata.
Questo decade nel mondo dei microrganismi, o in generale per molti organismi unicellulari
(lieviti). Bisogna utilizzare dei mezzi diversi per classificarli.
--> sistemi artificiali, si basano su osservazioni fenotipiche, cioè su come appare
l'organismi, che forma ha, ma soprattutto su cosa può fare dal pdv metabolico.
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Francesca Nasatti
Il fenotipo è l'espressione di ciò che è contenuto come informazione nel materiale
genetico (forma della cellula, l'aggregazione delle cellule visibile a occhio nudo sul terreno
solido agarizzato).
Oltre a queste descrizioni morfologiche, che sono limitanti per i batteri nell'identificare la
specie (ci sono tante specie che hanno la stessa forma cellulare, la stessa tipologia di
colonia..), è più importante vedere il tipo di metabolismo che hanno, che tipo di zuccheri
utilizzano, che rapporti hanno con l'ossigeno e col pH.
--> attraverso questa lista di informazioni si creano dei gruppi omogenei chiamati specie.
Tuttavia, seguire questo tipo di classificazione è un'operazione complessa (dover
classificare i microrganismi sulla base delle caratteristiche morfologiche e metaboliche).
Karl Woese ha introdotto un approccio alla classificazioni dei microrganismi basato sulla
lettura delle sequenze di alcune regioni definite del genoma microbico (sistemi naturali o
filogenetici).
Queste regioni sono i geni che codificano per gli RNA ribosomali, cioè quelli che
costruiscono la macchina dedicata alla sintesi delle proteine.
Si prendono questi geni perché non codificano per proteine. Fermandosi a RNA e dovendo
avere quell'RNA una struttura particolare per funzionare nel ribosoma, questi geni non
possono essere troppo differenti da specie a specie, da genere a genere, da phylum a
phylum, perché tutti gli organismi viventi posseggono ribosomi per la sintesi proteica: i
ribosomi devono essere fatti allo stesso modo perché DNA e RNA sono molecole
universalmente costituite dalle stesse componenti, il codice genetico è universale.
--> il fatto di studiare dei geni presenti in tutti gli organismi e la cui sequenza è simile in
tutte le specie rende possibile confrontare tra di loro i microrganismi e vedere dove si
somigliano di più analizzando queste sequenze.
Questi geni (di cui il referente principale è il gene che codifica per la subunità più piccola
del ribosoma, che nei batteri prende il nome di 16S-RNA e negli eucarioti è il 18S-RNA)
vengono chiamati anche orologi molecolari, su cui si basa la tassonomia molecolare
moderna, che ha preso piede dagli anni 90.
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Francesca Nasatti
Avendo a disposizione una sequenza che posso confrontare perché è simile tra tutti gli
organismi viventi, posso costruire delle relazioni filogenetiche tra questi organismi.
16S rRNA
L'rRNA codificato dal gene 16S è un singolo filamento di RNA che assume una struttura
secondaria molto precisa, che è la stessa in tutti gli organismi viventi.
Ecco perché la sequenza di questo gene non può essere troppo diversa da una specie e
un'altra, deve garantire una struttura secondaria all'RNA che deriva da quel gene.
Avere una mutazione su una porzione di questo filamento potrebbe significare perdere
questa struttura o parte di essa. Se si perde, si perde la funzionalità del ribosoma -->
mutazioni letali, non garantiscono la sopravvivenza della cellula.
Affinchè una mutazione sia sostenibile, deve avvenire anche sul nucleotide di fronte, in
grado di ricreare la complementarietà tra le basi. La probabilità che queste due mutazioni
avvengano simultaneamente non è zero, ma è molto bassa.
Le mutazioni che avvengono nelle regioni loop (dove non ci sono legami H) possono essere
più tollerate perché non esiste la necessità di creare un doppio filamento.
Queste mutazioni sono quelle che differenziano tra loro le specie, i generi. Quando
avvengono mutazioni compensate nelle regioni a doppio filamento ci sono le distinzioni tra
le famiglie, phylum e così via.
Se confronto due organismi allineando le sequenze nucleotidiche di questi RNA ribosomali
e le differenze sono principalmente localizzate nelle regioni loop, significa che i due
microrganismi non sono molto distanti dal pdv filogenetico ed evolutivo. Possono essere,
ad esempio, specie appartenenti allo stesso genere.
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Francesca Nasatti
Viceversa se riscontro le mutazioni nelle regioni più importanti, che devono mantenere il
doppio filamento.
Il confronto tra le sequenze di questi geni non dice solo se due organismi sono molto o
poco diversi, ma dice anche quanto sono distanti in termini temporali.
Nt: nucleotidi
L'origine comune dell'albero filogenetico viene indicato con il termine "luca" (last universal
common ancestor), progenitrice originaria di tutti gli esseri viventi.
COME SI IDENTIFICA UN BATTERIO
Isolamento su piastra: diversità di tipologie di colonie, come dimensione, colore..
Batterio in coltura pura: qualcosa di uniforme
Estrazione del DNA: per farlo si devono rompere le cellule per azione meccanica, ad
esempio agitandole violentemente o, più comunemente in laboratorio, utilizzando il
lisozima (enzima che idrolizza la parete dei batteri), poi si utilizzano tensioattivi per
disgregare le membrane, ottenendo così la lisi cellulare
--> il DNA è in soluzione acquosa.
Tramite estrazione con solventi si eliminano le proteine.
Il DNA rimane in soluzione acquosa.
Si fa in modo che passi a precipitato togliendo acqua di solvatazione (es. aggiungendo
etanolo).
Il DNA precipita sul fondo della provetta.
Centrifugazione.
Si ottiene il DNA purificato.
101
Francesca Nasatti
Il passaggio fondamentale che ha rivoluzionato tutta la biologia molecolare, tutta la
microbiologia è la reazione a catena della polimerasi, cioè una reazione enzimatica che
consente, in modo selettivo, di ottenere grosse quantità non del DNA estratto, ma solo del
gene che mi interessa.
Grazie a questa reazione si ottiene una quantità sufficiente, che potrà essere sequenziata,
del gene 16S rRNA (in questo caso). (amplificazione del gene 16S rRNA)
GenBank: banche dati, pubbliche. Restituiscono un nome e un punteggio: dice la
percentuale di uguaglianza tra la sequenza fornita e la sequenza di un altro microrganismo
(es. Sphingomonas mali).
Se si tratta del 98% (percentuale alta) si è praticamente sicuri di aver identificato il
microrganismo, perché per appartenere alla stessa specie viene tollerato il 2-3% : se due
sequenze di 16S sono uguali tra loro tra il 97 e il 100% si può essere sicuri, con un buon
grado di approssimazione, di star parlando di microrganismi appartenenti alla stessa
specie. All'interno della stessa specie c'è quindi una piccola % di variabilità di questo gene.
Nella maggior parte dei casi, la sequenza è uguale al 100% tra ceppi della stessa specie.
Questo modo per l'identificazione del microrganismo impiega circa 24 ore, modo molto
rapido, efficiente e poco costoso.
Inoltre, è molto meno soggetto ad errori, perché viene effettuata un'unica tipologia di
analisi (la sequenza di un gene).
L'unica accortezza è che bisogna avere delle conoscenze in microbiologia: ci possono
essere microrganismi diversi che hanno la stessa sequenza del geen 16S perché sono molto
vicini evolutivamente parlando.
Quindi, questo metodo non è esclusivo.
Facendo le osservazioni di tipo morfologico e metabolico (impiegavano molto più tempo)
si è costretti a fare tante tipologie di esperimenti diversi per poter raggiungere una
descrizione del microrganismo. Ciò comporta margini di errore molto più elevati.
102
Francesca Nasatti
Ciò ha creato una grossa rivoluzione ed è il modo in cui, al giorno d'oggi, qualsiasi
laboratorio di microbiologia dà una identificazione dei microrganismi con cui lavora.
REAZIONE A CATENA DELLA POLIMERASI (PCR)
Il passaggio dalle cellule a una quantità sufficientemente grande per poter essere
sequenziata di un solo gene (tra migliaia di geni presenti nel cromosoma) è un passaggio
molto importante.
La reazione a catena della polimerasi è la traslazione in vitro di quello che avviene nella
cellula.
Il processo di replicazione del DNA viene fatto avvenire in vitro.
In vitro, il primer è un frammento di DNA a singolo filamento (nella cellula è RNA) a
sequenza nota che si appaia in una posizione precisa. Viene aggiunto alla provetta come
reagente. Esso viene ottenuto attraverso una sintesi chimica.
--> il DNA viene estratto dalle cellule, l'innesco viene costruito, la polimerasi è l'unico
enzima necessario per copiare in maniera specifica una porzione di DNA.
La primasi non serve perché il primer viene inserito in provetta; l'elicasi non serve perché
la denaturazione avviene in un altro modo.
Un'altra informazione fondamentale è la direzione di sintesi (5'-3'): il substrato della DNA
polimerasi è il singolo filamento con un primer appaiato, il quale espone l'estremità 3', a
partire dalla quale avviene la sintesi del nuovo filamento.
Reagenti/strumenti necessari:
Strumento che serve a generare delle variazioni di temperatura, termostato che
si sposta velocemente da temperature alte a temperature medie.
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DNA di riferimento estratto da una cellula, insieme di cellule (coltura), tessuto
(si rompono le strutture della cellula in una soluzione acquosa). Il DNA è pieno di
fosfodiesteri (uno ogni base azotata) che hanno cariche negative a pH neutroalcalino, quindi a questo pH il DNA è solubile in acqua. (vedi estrazione del DNA)
Primer. Sono due, costruiti da un'azienda e non dalla DNA primasi. Vengono
messi in eccesso.
Desossiribonucleotidi trifosfato (DNTP), che man mano vengono aggiunti
durante la sintesi e sono parte del substrato che utilizza la DNA polimerasi.
DNA polimerasi, estratta da colture, lo si trova in commercio.
Target DNA: bersaglio nel cromosoma
La reazione enzimatica della polimerasi consente di pescare in modo specifico la parte
interessata all'interno del DNA.
Come si fa a scegliere, all'interno di migliaia di geni, proprio il gene che serve e copiarlo
tante volte in modo da avere una quantità tale da poter sottoporre ad un'analisi di
sequenza? Ce lo consentono gli inneschi.
Il primo step è la denaturazione di tipo termico (no elicasi). La denaturazione del
DNA è reversibile (a differenza di quella delle proteine). Il termostato porta a
una temperatura tale da rompere i legami H su tutta la molecola (95°C)
Gli inneschi sono costruiti in modo da riconoscere sul cromosoma la regione
complementare alla loro sequenza. Essi devono posizionarsi uno a monte e uno
a valle, alle due estremità del DNA da copiare. Definito il target, sono gli inneschi
a riconoscerlo. La condizione che consente di attuare una reazione di questo tipo
in vitro è la conoscenza della regione a monte e di quella a valle --> ciò consente
di costruire un innesco con una sequenza esattamente complementare. Il
posizionamento degli inneschi avviene spostando la temperatura a 55-65°C.
questa temperatura fa richiudere la doppia elica ma, siccome ci sono gli
inneschi, questi si appaiano a loro volta nella regione complementare formando
legami H.
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La polimerasi inizia la duplicazione. Per fare ciò ci si sposta ad una temperatura
maggiore (72°C), alla temperatura ottimale di lavoro di quell'enzima.
La polimerasi continua a sintetizzare il nuovo filamento anche dopo il target, non si può
controllare dove l'enzima finisce di copiare.
Viene prodotta una "brutta copia" della regione target (un po' più lunga). Si ha bisogno di
milioni di copie.
--> questo processo può essere reiterato: tornando alla temperatura di denaturazione, il
DNA si denatura, quindi si denaturano anche i due filamenti neosintetizzati.
Portandosi alla temperatura di rinaturazione (55-56°C), che consente ai filamenti di
richiudersi.
Siccome gli inneschi sono in eccesso, trovano le regioni complementari nei filamenti che si
sono separati.
Ma, a differenza di prima, ci sono altre due copie di DNA che sono appena state costruite e
hanno, a loro volta, una sequenza riconosciuta dagli inneschi. Avendo duplicato il DNA ho
duplicato anche le regioni dove si inseriscono gli inneschi.
Questa volta, l'enzima ha 4 punti di innesco: sul filamento più in alto e su quello più in
basso si continua a sintetizzare un filamento più lungo, mentre nella zona centrale
vengono sintetizzati due filamenti di DNA della lunghezza giusta, perché dopo non c'è più
niente da copiare.
Mettendosi di nuovo in una condizione di denaturazione termica succede la stessa cosa.
Questa volta, però, le copie che devono essere copiate sono 8.
Gli inneschi trovano più bersagli a cui appaiarsi.
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Il guadagno è che ogni volta che viene fatta una copia di DNA, questa diventa a sua volta
stampo per il ciclo successivo.
Alla fine di ogni ciclo deve essere aggiunta la polimerasi in provetta, perché quella
presente si denatura (a causa della temperatura). Si può evitare aggiungendo la polimerasi
di un microrganismo termofilo.
L'introduzione di questa metodica ha accorciato il lavoro da mesi a qualche ora: è stata
molto rivoluzionaria.
GLI EUMICETI
Sono eucarioti.
Dal pdv alimentare, sono utili in alcune situazioni, mentre in altre sono considerati
alterativi, dannosi (non patogeni).
Funghi
Organismi unicellulari, hanno velocità di crescita elevata.
Possono produrre ife (prolungamenti cellulari) solo in alcune occasioni.
Muffe
Si vedono bene (le colonie) anche senza l'utilizzo di un microscopio. Per vedere i corpi
fruttiferi c'è comunque bisogno di un ingrandimento ottenibile con un microscopio ottico.
Hanno parete cellulare diversa da quella dei batteri, è più irregolare. La componente
principale è la chitina (nei lieviti era localizzata solo in alcune regioni, ad es dove si
formano le gemme, la forma di riproduzione vegetativa).
Ubiquitarie: si trovano in qualsiasi ambiente.
Sono organismi fitopatogeni, creano patologie nelle piante.
Ambiguità tra ruolo positivo e ruolo negativo: se B. cinerea si sviluppa su un grappolo d'uva
si ha il suo marciume, mentre se lo stesso microrganismi si sviluppa in modo più
controllato a seguito di una areazione dello stoccaggio dei grappoli d'uva e l'umidità non è
eccessiva, si ha il cosiddetto marciume nobile: condizione necessaria affinchè nell'acino si
accumulino alte concentrazioni di sostanze zuccherine che possano dare origine, a seguito
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di processi di vinificazione, a vini "tocai" (che hanno subito questa infezione), che
conferisce ad essi un aroma particolare.
Le muffe si possono sviluppare anche dove l'attività dell'acqua è molto bassa (es. pane,
derrate alimentari), non hanno bisogno di un'alta disponibilità di acqua come i batteri.
Funghi fruttiferi (carpofori)
Si possono avere anche eumiceti macroscopici. Questi funghi formano corpi fruttiferi
macroscopici e ben visibili.
Essendo gli eumiceti dei microrganismi eucarioti, essi possiedono entrambe le vie di
riproduzione.
RIPRODUZIONE ASESSUALE
Lieviti (eumiceti unicellulari)
Riproduzione di tipo vegetativo (già descritta per cerevisiae). Si parla di gemmazione
(prende il nome di blastogonia), cioè la formazione di una cellula figlia a partire di una
cellula madre --> riproduzione vegetativa asessuata del lievito (S. cerevisiae).
Quelle che si formano sono dette blastospore.
In alcuni lieviti si ha la divisione per schizogonia: divisione analoga a quella dei batter, ossia
la cellula si divide in due.
Muffe
Conidiospore
Penicillium rocqueforti: si utilizza per la produzione di formaggi erborinati (es. gorgonzola).
La struttura di riproduzione vegetativa ha una morfologia chiara, che si può descrivere
(differenza rispetto al mondo dei batteri, in cui catenelle bastoncini, ecc non hanno molta
morfologia da descrivere). È importante per arrivare all'identificazione.
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Conidioforo: struttura al termine di un'ifa, su cui si prolungano le conidiospore.
Le conidiospore sono volatili, si diffondono velocemente
--> questo fa sì che gli stabilimenti che producono formaggi erborinati non possono
produrne altre tipologie, se no si avrebbe la contaminazione inevitabile di Penicillium su
formaggi che non devono contenerlo. La diffusione di queste spore è incontrollabile.
Quando la muffa assume una colorazione (verde nel caso di rocqueforti) significa che si
sono sviluppate le conidiospore.
Aspergillus
Le aflatossine sono liposolubili: si accumulano nel tessuto adiposo e quando superano una
determinata soglia possono provocare lo sviluppo di forme tumorali.
Sono presenti anche nella frutta secca.
Per limitare il loro sviluppo si aggiungono delle sostanze che limitano la crescita delle
muffe che le producono. Però, molte di queste sostanze sono anch'esse dannose.
Sporangiospore
Lo sporangio è sostenuto da uno sporangioforo, una terminazione dell'ifa. All'interno dello
sporangio si ha la proliferazione di queste spore.
Artrospore
Sono delle frammentazioni dell'ifa.
Clamidospore
Si hanno dei rigonfiamenti delle ife all'interno dei quali si proliferano queste spore.
RIPRODUZIONE SESSUALE
Per quanto riguarda i deuteromiceti, siccome non manifestano una riproduzione sessuata
mantengono più stabile il loro corredo cromosomico durante i processi di fermentazione,
produzione delle biomasse e così via.
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Tuttavia, ogni volta che si instaura una riproduzione sessuata si ha un rimescolamento del
materiale genetico dato dall'unione di due patrimoni genetici diversi --> dal punto di vista
industriale è meglio avere una stabilità genetica, garantita dai deuteromiceti.
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