Francesca Nasatti Tutte le cellule viventi hanno bisogno dei prodotti codificati dalle sequenze genetiche per poter vivere. I regni in realtà sono 3: batteri, archea, eucarioti. Le cellule dei batteri e archea non hanno nucleo, ma i cromosomi sono dispersi nel citoplasma (procarioti). Gli eucarioti hanno cellule compartimentate (compartimenti separati da membrane), che non c'è nei procarioti. La formazione delle cellule più semplici è avvenuta prima: i procarioti sono più antichi dal punto di vista evolutivo. Poi si sono evoluti gli eucarioti originati dalla fusione/cooperazione di 2 cellule più semplici(organismi unicellulari): è più facile sopravvivere in un ambiente se collaboro. Riescono a usufruire di più sostanze nutritive, risorse energetiche. Fusione : all'interno di uno si è introdotta un'altra, quella in grado di gestire meglio il ricavo di energia dall'ambiente-->la cellula eucariota contiene i rimasugli delle cellule procariote entrate, ovvero i mitocondri, organelli deputati al metabolismo energetico. Ciò è stato possibile dimostrarlo grazie all'evoluzione tecnologica: si è capito che le sequenze di DNA possono essere confrontate tra i diversi organismi, si sapeva che nel mitocondrio c'è DNA, che somiglia a quello di una cellula procariota. La cooperazione è I procarioti hanno origine molto antica, sono le prime forme di vita che non sono in grado di usare l'ossigeno perchè era scarso: organismi anaerobi e semplici, non compartimentati Organismi fotosintetici: contengono cloroplasti, nata dalla simbiosi di un'alga con una cellula eucariota, cooperazione sulle fonti energetiche: è in base al recupero di energia che vengo selezionato per i processi evolutivi, è grazie a ciò che si può vivere e riprodursi L'ossigeno inizia a svilupparsi, organismi di tipo aerobio MORFOLOGIE CELLULARI DEI BATTERI(procarioti) Non aiutano molto a classificare i microrganismi, a dare informazioni di tipo tassonomico: all'interno di quelle tipologie ci sono migliaia di specie. L'identificazione di un batterio è molto più complessa di quella dei procarioti perché passa attraverso più analisi o analisi di specifiche sequenze del DNA. Sono sempre organismi unicellulari ma durante la divisione le cellule rimangono semiunite 1 Francesca Nasatti IL MICROSCOPIO Indispensabile per poter osservare i microrganismi. Composto da diverse componenti che servono a visualizzare in maniera adeguata ciò che viene posto su un vetrino. Oculari dotati di un set di lenti Struttura che grazie a specchi convoglia energia luminosa che illumina l'obiettivo (formato da lenti) che ingrandisce l'immagine che viene trasmessa agli oculari e ulteriormente ingrandita Diaframma può consentire il passaggio di poca o molta luce a seconda che sia chiuso o aperto Condensatore viene convogliata la luce che viene concentrata in un punto di area molto piccola, la luce attraversa il vetrino e viene raccolta dall'obiettivo La moltiplicazione dell'ingrandimento dell'obiettivo e dell'oculare genera l'ingrandimento del microscopio. LENTI DELL'OBIETTIVO Vetrino, sopra vetrino più sottile: tra i due viene schiacciata la goccia d'acqua con le cellule da osservare. La lente dell'obiettivo è sopra e molto vicina. I raggi vengono deviati in base a quello che incontrano(acqua o cellule). Maggiore è l'angolo ,maggiore è la capacità cella lente di raccogliere raggi, migliore è il potere di risoluzione dell'obiettivo, ovvero la capacità di distinguere due oggetti vicini. Posso migliorare il potere di risoluzione con apertura numerica maggiore. Olio minerale stesso indice di rifrazione del vetro, il raggio invece viene deviato dall'aria, con l'olio tra il vetro del vetrino e quello della lente non ho cambiamento di indice di rifrazione, consente alla lente di recuperare più raggi, raccogliere più info luminose e quindi avere maggiore risoluzione Obiettivi a immersione si immergono nell'olio DIAFRAMMA Regola il diametro del fascio di luce che arriva al condensatore., quindi l'intensità della luce che arriva sul vetrino. Più devo ingrandire più luce ho bisogno che si concentri nel punto di osservazione, e bisogna anche avvicinarsi di più all'oggetto da osservare Batterio: 1 micrometro, deve essere ingrandito 1000 volte per essere visibile Virus: 10 nm, ci vuole il microscopio elettronico. Man mano che gli ingrandimenti diminuiscono il diaframma si chiude per far convogliare meno luce. 2 Francesca Nasatti I microrganismi sono trasparenti se attraversati da un fascio luminoso. Essi vengono definiti oggetti di fase. Se l'onda luminosa che colpisce la cellula l'onda non subisce variazioni perché l'oggetto è di fase, ovvero trasparente. Se l'oggetto è di ampiezza, l'onda subisce una variazione nella sua ampiezza, che di dimostra come variazione della intensità della luce. Quindi come facciamo a visualizzare i microrganismi? Trasformando oggetti di fase (le cellule trasparenti) in oggetti di ampiezza, colorando le cellule e quindi aumentando il loro contrasto nel mezzo acquoso in cui si trovano-->in questo modo riusciamo a visualizzare i microrganismi utilizzando il microscopio ottico. Ma quando coloro i microrganismi c'è un limite: le cellule muoiono, non si muovono (se sono cellule mobili). Per ovviare a questa difficoltà si ha un passaggio tecnologico al microscopio ottico a contrasto di fase perché rende i microrganismi non trasparenti, aumentando il contrasto tra le cellule e il mezzo acquoso in cui si trovano. Per fare ciò il microscopio deve agire sulla fase dell'onda luminosa. Quando un raggio passa attraverso un oggetto trasparente esce un raggio diretto più una serie di raggi diffratti. Questa caratteristica più il principio descritto nel paragrafo 4 sono alla base del funzionamento di questo microscopio. MICROSCOPIO OTTICO A CONTRASTO DI FASE DIAFRAMMA È un diaframma anulare: costituito da anello (bianco) che può assumere uno spessore > o <. La luce passa attraverso questo anello, raggiunge le lenti del condensatore che convogliano i raggi verso la zona di osservazione (vetrino), dove incontrano un oggetto trasparente (vetro, acqua) e la sospensione di microrganismi: quando incontrano i batteri, i raggi luminosi subiscono una diffrazione che li ritarda di 1/4 di lunghezza d'onda. Questi raggi non sono raccolti nella stessa regione della lente che raccoglie quelli non diffratti ma in una regione centrale. I raggi non diffratti passano attraverso un anelli trasparente in una posizione diversa, regione con uno spessore doppio di quella attraversata dai raggi diffratti(regione centrale), in questo modo vengono ritardati di 1/4 di lunghezza d'onda. Viene raggiunta una differenza di fase sufficiente cosi che quando i raggi si uniscono vadano ad annullarsi per avere assenza di luce. Introduzioni tecnologiche: diaframma anulare, condensatore adeguato, anello di fase che sfasa in maniera sufficiente i raggi diffratti e diretti in modo che al loro incontro si annullino le lunghezze d'onda. L'allineamento di queste componenti di fase è indispensabile, il disallineamento è deleterio per la visualizzazione delle cellule. Si usano obiettivi ad immersione per poter ingrandire di più avvicinandosi molto al vetrino. Questi obiettivi sono sfruttati anche da questo tipo di microscopio. MEMBRANE CELLULARI Nella cellula procariota la membrana cellulare è l'unica membrana che esiste, divide l'interno dall'esterno. In quelle eucarioti ci sono anche le membrane che dividono gli 3 Francesca Nasatti organelli dal citoplasma. La chimica delle membrane conferisce loro delle caratteristiche chimico-fisiche che impattano sulle loro funzioni. Essa è fatta da un doppio strato fosfolipidico. I fosfolipidi hanno una base di glicerolo. Testa polare, code idrofobiche: i fosfolipidi sono molecole anfifiliche; questa caratteristica fa si che essi formino un doppio strato che divida l'ambiente acquoso esterno e quello interno. La membrana cellulare non è rigida per la natura delle molecole di cui è sostituita, quindi non è selettiva dal punto di vista fisico. È una barriera selettiva di tipo chimico per ciò che può entrare e uscire dalla cellula. La membrana può essere attraversata da molecole anfifiliche, non da molecole cariche, idrofobiche o idrofiliche. STRUTTURA DELLA MEMBRANA DEGLI ARCHEA Spesso le strutture della membrana sono costituite da dieteri del glicerolo, più rigide. Questi batteri vivono solitamente in ambienti estremi per l'uomo ma non per loro: fondali marini, emissioni di zolfo allo stato gassoso, temperature o concentrazioni saline molto alte. Per forza la struttura della membrana cellulare si deve adattare per poter vivere in quegli ambienti, essa deve essere un po' più rigida della nostra cosicchè sia fluida alla temperatura dove vivono quei microrganismi, poiché la sua fluidità è fondamentale. La fluidità fa sì che possano essere ospitate altre molecole, come le proteine, che però devono avere caratteristiche specifiche per poter interagire sia con la parte idrofilica che idrofobica: la membrana diventa un supporto, un sito di ancoraggio oltre che una barriera. La composizione degli acidi grassi varia in base alla temperatura in cui vengono coltivati. È necessario internare i nutrienti-->passaggio attraverso le proteine. Ma la funzione più importante della membrana cellulare è la conservazione dell'energia: è talmente selettiva che persino molecole piccole ma cariche non passino liberamente--> ciò ha garantito che la cellula diventi una "pila ricaricabile", il che è alla base del metabolismo energetico della cellula, pila che si autoricarica con la sua attività di metabolismo energetico. Quando la separazione di cariche non c'è più la cellula muore. SISTEMI DI TRASPORTO Sono specifici per molecole o categorie di molecole. Tutti i sistemi di trasporto consumano energia e c'è una proteina che dà la specificità al trasportatore. Il passaggio delle molecole attraverso la membrana e gestito da sistemi di trasporto per le molecole che non hanno le caratteristiche per passare liberamente. TRASPORTO SEMPLICE 4 Francesca Nasatti Sistemi a simporto/antiporto/uniporto Sistemi a simporto: sfruttare la elevata concentrazione di una molecola(x) (si sfrutta il passaggio secondo gradiente) all'esterno per trascinare anche la molecola di interesse(s), che può essere uno zucchero, all'interno della cellula. Batteri yogurt: Lactobacillus delbrueckii subsp. Bulgaricus, Streptococcus termophilus. Queste due specie fermentano, usano il lattosio del latte e producono acido lattico (idrolisi). Sistema di trasporto per l'utilizzo del lattosio(zucchero, idrofilico) attraverso la membrana: permeasi, funziona come simporto in una fase iniziale--> gli H trascinano il lattosio. Il glucosio finisce nel catabolismo, il galattosio viene espulso, la permeasi inizia a funzionare da antiporto (esterna galattosio e internalizza altro lattosio). Nello yogurt restano il galattosio e il lattosio come zucchero (1 mole di lattosio entra, 1 mole di galattosio esce, 2 moli di acido lattico si forma). I microrganismi fanno processo di fermentazione, che è il loro metabolismo, che forma acido lattico, che interferisce sul pH del prodotto--> le proteine del latte coagulano. L'abbassamento del pH sia all'esterno che all'interno della cellula blocca il metabolismo, interferisce con il processo di trasformazione del glucosio in acido lattico, che esce dalla cellula ma ci rientra anche. C'è una permanenza di zuccheri. Il latte non ha conservazione elevata, veniva lasciato fermentare cosi da restare stabile(perché acido) per diversi giorni. Acido impedisce sviluppo di altri batteri patogeni ecc Questi microrganismi sono usati anche nella produzione di formaggio. Lo Streptococcus termophilus è usato nella produzione di mozzarella. Più galattosio c'è, più la mozzarella imbrunisce durante la cottura. Nei formaggi stagionati (es Grana Padano, Parmigiano Reggiano) lo zucchero residuo usato da microrganismi anaerobi, producono gas che produce bolle, occhiature (problema di tipo qualitativo). Per evitare ciò prima della caseificazione del Grana Padano introduco nel latte l'enzima lisozima che idrolizza la parete cellulare, controllando lo sviluppo di microrganismi (GRAM positivi anaerobi). Questo non viene aggiunto nel Parmigiano Reggiano, perché per il Grana Padano, che viene prodotto tutto l'anno, le vacche mangiano cibo non fresco in cui sono presenti questi microrganismi che quindi fluiscono più frequentemente nel latte destinato alla produzione di Grana Padano. TRASLOCAZIONE DI GRUPPO (PEP-PTS) Le proteine coinvolte sono più di una. Una proteina a livello della membrana, una serie di proteine all'interno del citoplasma. Il glucosio (o altro zucchero) interagisce con la prima 5 Francesca Nasatti proteine e riceve un fosfato, quindi non entra come zucchero semplice ma fosforilato (aumenta il suo livello energetico). Il fosfato arriva dal PEP (fosfoenolpiruvato), intermedio della glicolisi (parte del metabolismo energetico della cellula) piruvato (ultimo elemento della glicolisi). Le proteine nel citoplasma sono delle fosfotransferasi (PTS), trasportano e cedono il fosfato allo zucchero che entra nella cellula. Lo zucchero entra cosi pronto per entrare nel metabolismo energetico, si è già fatto il passaggio necessario della fosforilazione. Di solito quando uno zucchero entra nella cellula inizia a far parte di un metabolismo. Energia consumata indirettamente: tolgo un fosfato (fosfoenolpiruvato) alla glicolisi, quindi non gli permetto di produrre energia. ATP-BYNDING CASSETTE Componente transmembrana (dà la specificità), componente intracellulare che usufruisce della idrolisi della ATP. Una proteina riconosce la molecola da trasportare. C'è un costo energetico (ATP) ma la molecola entra liberamente, senza fosforilazioni. La membrana per mantenere la vita della cellula deve mantenere la differenza di carica. Butta fuori i protoni per ricavare energia. I protoni sono più concentrati all'esterno della cellula, quindi il pH extracellulare è inferiore di quello intracellulare. C'è necessità di avere dei sistemi di trasporto specifici. Di solito quando uno zucchero entra nella cellula inizia a far parte di un metabolismo. Se entra glucosio deve essere fosforilato da un enzima specifico; il lattosio deve essere idrolizzato in glucosio e galattosio da un altro enzima. Tutte le informazioni della cellula sono contenute nel DNA. Il fatto di avere trasportatori specifici fa in modo che ci siano segnali che arrivino fino al DNA e che Gli acidi organici interferiscono con il pH intracellulare abbassandolo a livelli che non consentono le attività enzimatiche della cellula, costringe a usare energia per buttare fuori dalla cellula i protoni che si formano fino a che l'energia non esaurisce. Gli acidi deboli ,la loro forma indissociata attraversa facilmente la membrana, ma una volta all'interno tornano in equilibrio con la loro forma dissociata e interferiscono con il pH poiché liberano ioni H+. Il pH si abbassa e la cellula reagisce portano fuori i protoni, ma a discapito di energia (ATP). Se si consuma eccessiva energia si ha una crisi energetica, che se prolungata porta alla morte cellulare. Essi hanno quindi una attività antimicrobica. LA PARETE CELLULARE (batteri) Ci sono organismi unicellulari eucarioti (lievito) che hanno una sorta di parete cellulare, anche se diversa da quella dei batteri. 6 Francesca Nasatti La parete conferisce rigidità, struttura e forma alla cellula. È costituita da materia organica (polisaccaridi e amminoacidi), è insolubile in acqua. Batteri GRAM positivi: rispondono positivamente a una colorazione. Un gruppo di questi batteri è dotato di parete molto spessa. Batteri GRAM negativi: rispondono negativamente a una colorazione. La parete è più sottile e c'è un'ulteriore membrana esterna (separate da spazio periplasmatico). In ogni caso la parete è fatta di peptidoglicano (2 amminozuccheri che formano polimeri, le cui catene sono tenute insieme dai peptidi). La membrana era tenuta insieme da legami deboli (interazioni idrofobiche, idrofiliche-->la membrana è fluida), mentre nella parete ci sono legami covalenti (peptidici e glicosidici). Specie diverse di batteri possono avere sequenze diverse di quegli amminoacidi. Per distruggere la parete cellulare servono enzimi che rompano i legami. (es. lisozima, che non ha origini microbiche ma è associato ai mammiferi ed è presente nella saliva, lacrime, latte, albume). Tutto il nostro corpo, sia all'esterno che all'interno, è colonizzato da microrganismi che prendono il nome di microbiota umano (esiste anche quello delle piante, degli animali, ecc..): la componente microbica si è evoluta insieme agli organismi superiori creando una simbiosi tale per cui questi microrganismi traggono vantaggio dall'uomo dal pdv nutrizionale, e quest'ultimo trae vantaggio dai microrganismi per i loro sviluppo eccessivo di questi microrganismi c'è l'enzima lisozima che interviene destrutturando la parete dei batteri. Esistono delle specie batteriche nel tratto gastro-intestinale che sono in grado di utilizzare delle componenti oligosaccaridiche presenti nel latte materno (quando la donna allatta il bambino, questo trare nutrimento dal latte, ma ci sono anche gli oligosaccaridi usati dalle specie batteriche--> il legame tra microrganismi e fisiologia dell'ospite è importante dal pdv evolutivo. La funzione della parete è meccanica, controllo degli stress osmotici, di interazione con l'ambiente esterno. Usiamo gli antibiotici per contrastare i microrganismi patogeni. È diverso dal biocida (alcol), che agisce su qualsiasi cosa. L'antibiotico si lega ad una molecola tra le tante presenti nella cellula, impedendo che questa possa svolgere altre funzioni, ad esempio enzimi che costruiscono parete cellulare. È quindi specifico. L'antibiotico funziona su qualcosa che è metabolicamente attivo, quindi non sui virus (che non sono dotati di parete cellulare) Enzima proteasi idrolizza le proteine per usare gli amminoacidi. 7 Francesca Nasatti Nei GRAM positivi e negativi ci sono differenze strutturali: nella dimensione della parete cellulare e la presenza di una eventuale membrana esterna nei batteri GRAM negativi. Nei batteri GRAM positivi c'è un legame diretto tra i ponti peptidici delle catene di polisaccaridi (alternanza di NAM e NAD. Al NAM sono attaccati i peptidi, uniti tra di loro da legami covalenti a formare legami crociati con altre catene polisaccaridiche. Nei GRAM negativi il legame tra i peptidi mediato da un ponte di pentaglicina. Bacillus (genere) subtilis (nome): batterio GRAM positivo. Vengono costruiti dei precursori all'interno della cellula e poi trasportati fuori per costruire la parete. Questi componenti sono il glicanpentapeptide (dimero NAM-NAG a cui c'è già legato il peptide che serve ad agganciare le catene di polisaccaridi) e il bactoprenolo. Quest'ultimo serve a trasportare il glicanpentapeptide. Il bactoprenolo interagisce con la parte idrofobica della membrana e sporge dall'altra parte con i fosfati, poi il lipide si ribalta, uscendo dalla cellula, dove intervengono degli enzimi (transglicosidasi) che formano i legami glicosidici tra i diversi glicanpentapetidi e formano una catena-->sistema con cui vengono costruite le parete cellulari o capsule di polisaccaridi, presenti certe volte al di fuori della parete. Alcuni di questi precursori possono essere il bersaglio di alcune molecole antibiotiche, che si legano con legami deboli(ponti H). Il blocco della sintesi della parete cellulare inibisce la crescita del microrganismo. Gli antibiotici funzionano quando i microrganismi sono vivi, in divisione, c'è attività metabolica, se no non possono agire. È poi il sistema immunitario che, con questo aiuto, termina il processo, intervenendo e contrastando definitivamente l'infezione. LA COLORAZIONE DI GRAM Si usa il microscopio ottico. Per poter vedere i microrganismi bisogna colorarli. Passare con la fiamma fa aderire meglio le cellule al vetrino. Ma le cellule muoiono con la colorazione. Liquido di Lugol (iodio e ioduro di potassio) che fissa la struttura esterna al cristalvioletto. Passaggio differenziale: l'etanolo lava via il colorante in eccesso, il resto rimane trattenuto nella parete (insolubile in acqua né alcol) per quanto riguarda i GRAM positivi. Nei GRAM negativi, che hanno membrana esterna (fosfolipidica), quando viene aggiunto alcol, questa viene aperta, si scioglie e la parete non trattiene colore perché la parete è troppo sottile e il colorante non si fissa-->le cellule non si colorano. Quindi Gram aggiunge un secondo colorante, la safranina: ciò non ha effetto sui positivi perché sono già viola scuro/blu, mentre i negativi acquisiscono il colore rosa tenue. 8 Francesca Nasatti La parete cellulare può contenere molecole immerse nella sua struttura: acidi teicoici o lipoteicoici. Gli acidi teicoici sono molecole con una carica, esposte fuori dalla cellula e ancorate alla parete. I lipoteicoici hanno profondità maggiore possono essere collegati alla membrana cellulare attraverso la loro componente lipidica che si scioglie della parte idrofobica della membrana. Gli acidi teicoici sono costituiti da monomeri ripetuti tenuti insieme da legami fosfodiestere, hanno componenti amminoacidiche, hanno struttura differente in base alla specie in cui si trovano, hanno legami fosfodiestere e per questo conferiscono carica negativa sulla superficie della parete. Posso essere sintetizzati come acidi teicuronici (la componente fosfato è molto bassa o assente) se il microrganismo è in carenza di fosforo. La funzione degli acidi teicoici e teicuronici sulla superficie esterna della cellula non è nota. Saccharomyces cerevisiae: fungo non patogeno, lievito la cui parete cellulare è diversa da quella dei batteri. È un organismo unicellulare eucariota. Struttura più disordinata. Ci sono polimeri di chitina, polisaccaridi (glucani con diversi legami glicosidici), mannoproteine (proteine glicosidate a cui sono attaccate tramite legami covalenti dei polisaccaridi di mannosio) che si trovano sulla parte più esterna. Spazio periplasmatico in cui ci sono enzimi. In funzione delle componenti e tipologie di mannoproteine, i lieviti, quando crescono in un mosto, danno origine a fermentazione alcolica. Flottazione e floculazione. ?? Il microscopio a scansione dà origine a fotografia tridimensionale. Si originano cellule madre e cellule figlie lasciando cicatrici, che sono le porzioni più ricche in chitina, la quale conferisce una rigidità maggiore e si trova dove c'è il setto di separazione tra la cellula madre e la cellula figlia. Antifungini: bloccano infezioni fungine. Ne esistono pochissimi, a differenza degli antibiotici. MEMBRANA ESTERNA GRAM NEGATIVI Non è analoga strutturalmente alla membrana interna, è asimmetrica: abbiamo un doppio strato di fosfolipidi, ma lo strato esterno è misto (fosfolipidi e lipopolisaccaridi). La componente polisaccaridica sporge fuori dalla cellula. I lipopolisaccaridi (LPS) sono molecole anfifiliche e hanno funzione immunogenica. Hanno una struttura che rappresenta un antigene (blocco di polisaccaridi ripetuto n volte), riconosciuto dal sistema immunitario dell'ospite. Anche la parte del core è in grado di stimolare il sistema immunitario. 9 Francesca Nasatti Pericolosa per l'uomo è la salmonella ad esempio. NUTRIZIONE E CRESCITA BATTERICA I microrganismi hanno un metabolismo energetico che classifichiamo in base a come ottengono energia o di quale fonte di carbonio necessitano: Fotoautotrofi: ricavano l'energia dalla fonte luminosa, potere riducente ottenuto da molecole inorganiche che usano per ridurre la fonte di carbonio (co2 dell'atmosfera) per ottenere una molecola organica--> hanno bisogno di poco. Sono alla base di una ctaen trofica perché le loro biomasse sono usate da altri organismi che non hanno questa capacità. Fotoeterotrofi: ricavano energia usando la fonte luminosa ma necessitano di una sostanza organica (generata ad esempio da organismi fotoautotrofi) e vitamine oltre alla co2 per avere molecole organiche. Chemioautotrofi: non necessitano della luce del sole, ricavano energia e potere riducente sotto forma di elettroni da sostanza inorganica. Poi co2(disciolta nel mare) per produrre materia organica. Importanti perché ad esempio sui fondali marini non c'è fonte luminosa. Chemioeterotrofi: i più esigente dal pdv nutrizionale ed energetico--> bisogno di sostanza organica sia per ottenere energia che per produrre altra sostanza organica (noi siamo chemioeterotrofi, es costruiamo proteine con la materia organica di cui ci nutriamo). Non esiste un mezzo di coltura che garantisce la crescita di tutti i microrganismi. La composizione del terreno definisce quali microrganismi possono crescere su quel terreno. Peso secco: scaldo a temperature elevate (non da fare combustione) fino a che il peso diventa stabile, prima diminuisce per la perdita di acqua. È il modo più corretto di esprimerlo perché l'acqua non dà stabilità nella misurazione. La composizione della cellula microbica ci da indicazioni su come alimentarla. Ciò che viene considerato di più nella composizione di un terreno è la fonte di carbonio, azoto e fosforo, perché la sostanza organica (es zuccheri) somministrata è fatta di carbonio, ossigeno e idrogeno, invece bisogna specificare la fonte di azoto. La fonte di fosforo è importante perché finisce nella membrana cellulare (fosfolipidi), parete cellulare (acidi teicoici), ATP (adenosintrifosfato), DNA e RNA (legami fosfo..). Il fosforo viene dato sotto forma di sali. Carbonio: nella forma di glucosio (monosaccaride) di solito, perché quasi tttti i microrganismi sono in grado di usarlo come fonte di carbonio, hanno sistema di trasporto 10 Francesca Nasatti e enzimi che li idrolizzano. Oppure co2 nell'aria per fotoautotrofi. Se uso disaccaride (lattosio) o trisaccaride o polisaccaridi selezioni i microrganismi che sono in grado di usarli come fonte di carbonio. La scelta della fonte di carbonio determina quali microrganismi posso coltivare nel terreno. Anche il metano è una fonte di carbonio (metanotrofi). Lo stesso vale per l'azoto: azoto atmosferico è abbondante. Ci sono enzimi azoto fissatori. Altre fonti di azoto sono l'ammoniaca e amminoacidi (sotto forma di idrolizzati di proteine). Se voglio selezionare microrganismi che hanno proteasi devo fornire proteine intere. La scelta dei nutrienti determina quali microrganismi possono svilupparsi in quelle condizioni. Tutto ciò (energia e materia organica) serve ai microrganismi per poter crescere. -La crescita microbica è l'aumento del numero delle cellule in un determinato ambiente. -La crescita batterica è caratteristica, anche definita divisione binaria perchè si ottengono 2 cellule identiche da una cellula e così via. Anche il DNA si divide e si ripartisce. NON si parla di cellula madre e figlia. -Nel caso dei lieviti (Saccharomyces cerevisiae): è un eucariota, lievito usato nell'industria alimentare. Questo lievito può andare incontro a una divisione che prevede la mitosi, detta di tipo vegetativo. Consente di aumentare il numero di cellule nell'ambiente, ma il corredo cromosomico delle due cellule che si ottengono rimane uguale e si parla di una riproduzione asessuata. Ci sono momenti di preparazione alla divisione cellulare, divisi in fasi. Nella fase sintetica c'è l'inizio duplicazione dei cromosomi e formazione di una gemma (riproduzione per gemmazione) che diventa più grande e ospita metà del materiale genetico, che nel frattempo si è duplicato. Si parla di cellula madre e cellula figlia. La cellula figlia ha bisogno di tempo prima di raggiungere la fase G1, poi procede fino a gemmare, mentre la cellula madre riprende subito nella creazione di un'altra gemma: sfasamento temporale, che non c'è nei batteri, dove le cellule si dividono alla stessa velocità. Queste sono le condizioni in cui cresce questo microrganismo la maggior parte delle volte. In certe condizioni, essendo un eucariota, dà origine a un processo meiotico in cui si producono a 4 spore (ascospore) che rappresentano uno step della riproduzione sessuata del microrganismo. Cerevisiae si riproduce per gemmazione finchè non si trova in carenza di nutrienti o in presenza di nutrienti non utilizzabili, o elevate concentrazioni di etanolo o acido acetico: in queste condizioni la cellula (diploide) costruisce una forma riproduttiva detta asco che dà origine a 4 cellule aploidi, spore con corredo cromosomico dimezzato e sessualmente differenti. Sono di 2 tipologie: a ed alfa che appartengono ad un sesso 11 Francesca Nasatti diverso--> in caso di condizioni ambientali opportune (disponibilità di nutrienti, ecc), queste spore germinano dando origine a una cellula di cerevisiae aploide che può continuare a moltiplicarsi per gemmazione. Nel tempo può succedere che 2 tipologie diverse, a e alfa, si trovino in contatto, e il fatto che siano di sesso opposto può consentire di effettuare una coniugazione, che riporta alla formazione di una cellula diploide (fusione di 2 cellule aploidi). Le cellule a e alfa possono appartenere a ceppi diversi del lievito-->si arricchisce il patrimonio genetico delle cellule ottenute dalla coniugazione. La riproduzione sessuata arricchisce il patrimonio genetico dei discendenti. Posso avere ceppi di cerevisiae che hanno diverse caratteristiche tecnologiche, di fermentazione-->posso creare un individuo che abbia le caratteristiche di 2 cellule. Miglioramento genetico dei ceppi usati per le fermentazioni industriali e la produzione di alimenti in cui la fermentazione di cerevisiae è importante. Come fanno a riconoscersi? Le cellule a secernono dei peptidi di 12 amminoacidi in una sequenza ben precisa e le cellule alfa secernono peptidi simili ma più lunghi di un amminoacido (13aa). Sulla superficie delle cellule alfa ci sono recettori che riconoscono i peptidi prodotti sulle cellule a e viceversa. Quando avviene questo riconoscimento reciproco avviene una cascata di reazione a livello intracellulare che scatena la coniugazione (mating) che consente la fusione delle due cellule e il ripristino della diploidia, quindi della cellula che potrà dividersi per via vegetativa. Il mondo dei lieviti e dei batteri ha parole comuni, ma con diverso significato (coniugazione, parete, spora). FISIOLOGIA MICROBICA E METABOLISMO Separazione di cariche: evento chiave che ha determinato la possibilità di avere una cellula in grado di poter gestire una quantità di energia per i suoi processi fisiologici. La membrana cellulare è la responsabile di questa separazione. La separazione di cariche non avviene spontaneamente ma ha bisogno di energia per poter essere mantenuta, fornita dai patuei metabolici legati al metabolismo energetico. Separazione di cariche per movimento di protoni all'esterno della cellula, gestito da macchine molecolari (insieme di proteine e molecole complesse). La cellula è in grado di sfruttare l'elevata concentrazione di protoni all'esterno per generare energia che può essere conservata, sintesi di ATP a partire da ADP. Il legame fosfato aumenta sempre il livello energetico di una molecola perché siccome costa energia formare questo legame, romperlo significa liberare energia. La cellula crea uno sbarramento tale per cui grazie a un flusso costante c'è un aumento della concentrazione di protoni al di fuori della cellula, che possono rientrare solo attraverso all'ATP sintetasi, un enzima costituito da più subunità proteiche che sfrutta flusso secondo gradiente dei protoni (dall'esterno all'interno) per creare ATP, ottenere energia sufficiente per creare un legame tra l'ADP e il fosforo inorganico presente nel citoplasma. (respirazione) 12 Francesca Nasatti Questo sistema garantisce la sopravvivenza della cellula: la separazione di cariche è utile anche per alimentare i sistemi di trasporto degli zuccheri, che negli organismi chemioautotrofi forniranno energia per pompare all'esterno i protoni. Le molecole posizionate nella membrana sono dei citocromi (lezione 4, pagina 2), in grado di gestire il flusso di protoni e neutroni. COME OTTENGONO ATP I MICRORGANISMI? Respirazione: reazione di ossidoriduzione Fotofosforilazione Fosforilazione a livello di substrato TRASPORTATORI Fissi: localizzati su una struttura della cellula, immersi nella membrana cellulare, che svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento del livello energetico della cellula. Liberi: si trovano nel citoplasma e funzionano da donatori o accettori di elettroni nelle reazioni del metabolismo energetico, reazioni di ossidoriduzione che coinvolgono molecole organiche. Ad esempio sono molecole di NAD o NADP (pagina 6). La nicotinammide è coinvolta nelle reazioni di ossidoriduzione, si riduce facilmente sull'atomo di carbonio (reazione reversibile). Questa reazione è vista nell'ambito di una reazione redox importante nel metabolismo dei batteri usati ad esempio per la preparazione degli alimenti, ovvero la reazione dell'acido piruvico a generare acido lattico (fermentazione omolattica-->processo metabolico, adottato da alcuni microrganismi tra cui quelli utilizzati per preparare lo yogurt). Grazie ad un'attività enzimatica che catalizza questa redox, si ha un passaggio di elettroni, passaggio da acido piruvico (piruvato) a acido lattico (lattato) (riduzione), e si ossida il NADH che diventa NAD. Le reazioni di ossidoriduzione sulle molecole organiche non interferiscono col numero di atomi di carbonio. Le redox possono essere localizzate nei patuei metabolici (che portano alla produzione di energia), oppure dedicate alla costruzione di molecole (hanno quindi un compito anabolico). La cellula distingue l'impiego dei trasportatori liberi e destina il NAD alle reazioni cataboliche (dove c'è generazione di energia) e il NADP alle reazioni anaboliche (dove c'è una fase di costruzione delle molecole). Anabolismo: biosintesi di qualcosa 13 Francesca Nasatti Catabolismo: smontaggio di qualcosa per ottenere energia Queste reazioni sono catalizzate da enzimi per fare raggiungere l'energia di attivazione necessaria allo spostamento di elettroni, ad esempio dal piruvato al lattato. Questi enzimi vengono chiamati deidrogenasi--> lavorano usando come cofattore il NAD (usato dal lattato deidrogenasi, enzima coinvolto nel catabolismo) o NADP o NADH (usati da enzimi coinvolti nell'anabolismo). Nella cellula ho un numero definito di molecole di NAD (in forma ossidata e non). Il NAD+ (ossidato) viene consumato e ridotto a NADH: serve qualcosa che possa ripristinare il NAD+ ossidando il NADH--> entrano in gioco i trasportatori fissi (pagina 7) che garantiscono la riossidazione del NADH che si è formato durante il processo di ossidazione della sostanza organica nel catabolismo energetico. Il NAD ridotto viene ossidato a livello dei trasportatori fissi di membrana, cede protoni ed elettroni: i protoni vengono espulsi al di fuori della cellula per garantire la separazione di carica, che porta alla sintesi di ATP; gli elettroni passano da un livello energetico alto a uno più basso ed è trasportato da una flavoproteina a una ferroproteina non-eme a un coenzima Q a un citocromo, saltando a livelli energetici sempre più bassi e cedendo energia, che viene sfruttata, ad esempio, dal citocromo bc per espellere ulteriori protoni. Il citocromo bc trasferisce l'elettrone al citocromo c, che lo trasferisce, infine, al citocromo c ossidasi: l'elettrone perde un ulteriore livello energetico e questa energia viene usata per espellere un altro protone e l'elettrone finisce sull'accettore di elettroni, che viene ridotto. Questo passaggio di elettroni e protoni è, nel suo complesso, una reazione di ossidoriduzione, in cui intervengono delle molecole con lo scopo di recuperare più energia possibile dalla perdita di livelli energetici dagli elettroni e consentire l'espulsione dei protoni all'esterno della membrana. Essendo una ossidoriduzione, l'ossidazione del NADH a generare NAD+ deve essere compensata dalla riduzione di un'altra molecola, ovvero la molecola di ossigeno, che diventa acqua. La riossidazione del NADH attraverso la catena di trasporto degli elettroni caratterizza i metabolismi di tipo respirativo (RESPIRAZIONE). Il fatto che l'ultimo accettore sia l'ossigeno, identifica un meccanismo respirativo di tipo aerobio. Ci sono dei microrganismi (chemioautotrofi, che sfruttano il potere riducente contenuto in sostanze inorganiche per ottenere energia e che vivono ad esempio nei camini vulcanici, nei fondali oceanici, dove ci sono emissioni di zolfo) che usano altri accettori di elettroni finali, come ad esempio lo zolfo, che si riduce ad acido solfidrico; hanno quindi un metabolismo respirativo di tipo anaerobio. Nel momento in cui la cellula è in grado di generare potere riducente attraverso l'ossidazione della sostanza organica (zuccheri), abbiamo simultaneamente l'accumulo di molecole ridotte, che sono i trasportatori liberi di elettroni, come il NADH, che non è infinito, ma deve essere ossidato per rigenerare il NAD+, se no quest'ultimo diventerebbe limitante e non sarebbe più disponibile come accettore di elettroni durante il processo di ossidazione degli zuccheri. Questa riossidazione, se avviene attraverso una catena di trasporto degli elettroni, caratterizza un meccanismo di tipo respirativo, aerobio o 14 Francesca Nasatti anaerobio in funzione di chi è l'ultimo accettore di elettroni. Il ciclo di Krebs fa parte del catabolismo che genera il NADH ma non è la peculiarità di un metabolismo respirativo; la peculiarità è che il NADH deve essere riossidato (se no non c'è più NAD+ che deve essere a sua volta ridotto) a livello della catena di trasporto di elettroni. FOSFORILAZIONE A LIVELLO DEL SUBSTRATO (pagina 14) Ultimi passaggi della glicolisi. Il 2-Fosfoglicerato, attraverso un enzima, subisce una deidratazione e diventa 2-Fosfoenolpiruvato (si chiama così perché il fosfato è legato al carbonio 2 della molecola), molecola ad alto livello energetico, che grazie a una reazione catalizzata da un enzima (chinasi: molecole che legano il fosfato a qualcosa. Se le molecole sono fosfatasi fanno il contrario, cioè staccano il fosfato). Il piruvato chinasi fosforila l'ADP facendola diventare ATP, usando il fosfato che deriva da una molecola organica ad alto livello energetico, cioè il fosfoenolpiruvato, che abbiamo già nominato nel sistema PEPPTS, in cui gioca il ruolo di donatore di fosfato. GLICOLISI-via metabolica Oltre al glucosio, i microrganismi possono usare anche altri zuccheri, l'importante è che questi siano convertiti in intermedi che poi finiscono in questo pathway(?). Il primo passaggio di un metabolismo energetico ha sempre un costo energetico: in questo caso il primo passaggio è la fosforilazione della molecola di glucosio in glucosio-6-fosfato; questa fosforilazione avviene a discapito dell'idrolisi di una molecola di ATP (perdita energetica) e aumenta il livello energetico dello zucchero e lo indica come molecola pronta ad entrare nel pathway ossidativo. Tutte le chinasi sono enzimi che operano fosforilazioni , mentre le fosfatasi defosforilano. Il secondo step è un ulteriore aumento del livello energetico dello zucchero, che subisce anche una isomerizzazione: diventa fruttosio-6-fosfato, substrato della fosfofruttochinasi, che consuma un'altra molecola di ATP per aumentare il livello energetico del fruttosio, che diventa fruttosio-1,6-difosfato, indicatore del livello energetico cellulare (essendo uno zucchero ad alto livello energetico). Per ora siamo a -2 ATP. Negli step successivi, questo fosfato diventa 2 molecole a 3 atomi di carbonio, ovvero il diidrossiacetone fosfato e la gliceraldeide-3-fosfato. Questa idrolisi genera 2 prodotti, 2 molecole fosforilate in equilibrio tra loro (possono esserci interconversioni). Questo 15 Francesca Nasatti equilibrio, però, viene spostato verso la formazione di gliceraldeide-3-fosfato perché è questa ad essere consumata dalle successive attività enzimatiche della glicolisi. Nel successivo passaggio avviene una delle reazioni più importanti della glicolisi: passaggio da gliceraldeide-3-fosfato a 1,3-bifosfoglicerato (ossidazione della molecola organica). La molecola a 3 atomi di carbonio con un fosfato legato diventa una molecola a 3 atomi di carbonio ma con 2 fosfati legati. Questa operazione avviene grazie alla catalisi dell'enzima e alla presenza di fosfato inorganico presente nella cellula, non con il consumo di ATP. Inoltre abbiamo la riduzione da NAD ossidato a NAD ridotto, quindi questa reazione è catalizzata da una gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (enzimi che catalizzano reazioni di ossidoriduzione). L'1,3-bifosfoglicerato è una molecola ad alto livello energetico, e grazie ad una fosfoglicerato chinasi è in grado di consentire la sintesi di 2 molecole di ATP--> anche il passaggio successivo è importante perché per arrivare a 3-fosfoglicerato si ha un guadagno di 2 ATP (ho 2 molecole di gliceraldeide-3-fosfato)--> primo guadagno di ATP: tanto ATP abbiamo consumato all'inizio per caricare energicamente la molecola di zucchero, tanto ATP abbiamo guadagnato ora in questo passaggio di ossidazione. Da qui in avanti ci sono delle isomerizzazioni per poi arrivare alla molecola di fosfoenolpiruvato--> penultimo step, importante perché il fosfoenolpiruvato è il substrato della piruvato chinasi: ci sono 2 molecole di substrato che vengono defosforilate per garantire la fosforilazione di 2 molecole di ADP e generare il piruvato. Da una molecola di glucosio se ne ottengono due di acido piruvico. Il bilancio complessivo del guadagno di ATP è positivo: +2ATP CICLO DI KREBS (TCA) Nei microrganismi che possiedono anche un altro tipo di attività catabolica che porta ad un'ulteriore ossidazione dell'acido piruvico, quest'altro pathway è in molti organismi viventi, compresi i microrganismi, il ciclo di Krebs o ciclo degli acidi tricarbossilici. Il ciclo di Krebs è alimentato dal piruvato che deriva dalla glicolisi. Si ha una decarbossilazione dell'acido piruvico a dare acetyl-coA e la contemporanea riduzione di NAD ossidato (formazione di potere riducente). L'acetyl-coA entra nel ciclo di Krebs e l'ossidazione della molecola aumenta: si liberano diverse molecole di CO2 e di nuovo la formazione di potere riducente. Nei passaggi successivi si ricava dell'energia sotto forma di GTP, si ottiene altro potere riducente sotto forma di FADH (analogo al NADH). 16 Francesca Nasatti La molecola a 3 atomi di carbonio si è completamente ossidata a 3 molecole di CO2. Dato che nel ciclo di Krebs entrano 2 molecole di acido piruvico ogni molecola di glucosio, significa che i 6 atomi di carbonio della molecola di glucosio vengono ossidati a 6 molecole di CO2--> con la combinazione di glicolisi e ciclo di Krebs si ha una ossidazione completa della molecola di zucchero, che è entrata in questo processo catabolico. Gli altri prodotti di questo catabolismo sono la formazione di potere riducente. A forza di consumare NAD ossidato per avere potere riducente, a un certo punto si avrà bisogno di rigenerarlo: questa rigenerazione (ossidazione del potere riducente) avviene a livello dei trasportatori fissi sulla membrana cellulare, nella catena di trasporto degli elettroni. Per possederne una i microrganismi devono avere metabolismo respirativo. Nei microrganismi che non hanno un metabolismo di tipo respirativo, di solito non si ha il ciclo di Krebs, quindi la loro unica fonte di potere riducente è l'ossidoriduzione nella glicolisi; in un microrganismo che fermenta la riossidazione del NADH avviene su una molecola organica, che viene ridotta. Questo processo è detto fermentazione omolattica (da piruvato ad acido lattico) FERMENTAZIONE (lezione 6) Sistema di trasporto PEP-PTS. Il fosfoenolpiruvato (penultimo intermedio glicolisi) cede la fosforilazione a una fosfotransferasi, che la cede a una successiva, che la cede a quella dopo, che la cede allo zucchero in ingresso. Quando si ha l'ingresso di uno zucchero con sistema PEP-PTS non si ha il primo step della glicolisi governato dalla glucosio chinasi perché lo zucchero è già fosforilato, quindi passa subito al secondo step diventando fruttosio-6-fosfato, ecc. Poi abbiamo la riduzione del NAD ossidato e l'ossidazione della gliceraldeide-3-fosfato a 1,3-fosfoglicerato grazie all'introduzione di fosfato inorganico (Pi). Rigenerazione del NAD ossidato che deve essere disponibile nella reazione tra GA-3P e 1,3PGA: in questa reazione si forma NADH che deve essere riossidato nella fermentazione per essere di nuovo disponibile per alimentare la parte alta della glicolisi. Lattato deidrogenasi: catalizza la fermentazione, una reazione di ossidoriduzione (come quella tra GA-3P e 1,3-PGA--> ossidazione della molecola organica e riduzione del cofattore, del NAD ossidato). La fermentazione è una reazione di ossidoriduzione che determina la riduzione della molecola organica (da piruvato ad acido lattico) e l'ossidazione di NADH a NAD+. Nel caso di ossidoriduzioni catalizzate da deidrogenasi, è il NAD a fare da serbatoio di elettroni, ovvero trasportatore libero di elettroni nel citoplasma. In questo caso c'è una sola molecola di PEP, quindi la generazione di 1 ATP, perché l'altra 17 Francesca Nasatti molecola di PEP viene consumata per il trasporto. Ma in ogni caso il bilancio energetico è + 2 ATP perché all'inizio non ho il dispendio energetico per fosforilare il glucosio. La fermentazione omolattica avviene anche negli organismi superiori, anche nell'uomo: in carenza di ossigeno, nei muscoli si forma acido lattico. Ciò succede a seguito di sforzi intensi e di breve durata, durante i quali nelle cellule la disponibilità di ossigeno è inferiore alla richiesta--> continuiamo a generare potere riducente, si ha un accumulo di NADH, che bisogna riossidare per mandare avanti il processo. Se manca ossigeno, la riossidazione del NADH sulla catena di trasporto di elettroni si ferma, poiché gli elettroni forniti dal NADH fluiscono fino al citocromo c per essere trasferiti sulla molecola di ossigeno, ma se quest'ultimo non c'è questo passaggio non può avvenire. Quindi la riossidazione si interrompe e la cellula muscolare reagisce, poiché il NADH deve essere per forza riossidato perché se viene a mancare NAD ossidato per la reazione da GA-3P a 1,3 PGA si ferma anche la glicolisi--> la soluzione è quella di ridurre l'acido piruvico ad acido lattico e garantire la riossidazione del NADH. Le cellule, infatti, hanno la duplice possibilità di respirare (e ottenere la massima resa energetica) o fermentare (in condizioni di stress) per garantire la riossidazione del NADH a NAD+, e in questo caso adottano un metabolismo di tipo fermentativo che genera un acido organico da smaltire--> causa del dolore da accumulo di acido lattico. La stessa cosa succede quando moriamo: non si ha più apporto di ossigeno ma le nostre cellule continuano a vivere finchè c'è disponibilità di glucosio. Il metabolismo respirativo ha resa energetica più alta di quello fermentativo: nel secondo si formano 2 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio, mentre nel primo il bilancio è più alto (34 o 38 ATP). Le cellule devono raggiungere un determinato numero di molecole di ATP per poter crescere, dividersi; ci sono cellule che possono solo fermentare e altre che respirano. Come fa una cellula a produrre la stessa quantità di ATP con un metabolismo a resa inferiore? Consumando più zucchero più velocemente, togliendo risorse a chi vive nello stesso ambiente e produco nell'ambiente un acido organico, che può avere attività di inibizione dello sviluppo microbico (abbassa il pH della cellula degli altri microrganismi e ne arresta la crescita). Un microrganismo che si è evoluto con un metabolismo fermentativo ha quindi un vantaggio ecologico, compete in ambienti ricchi di sostanza organica (zuccheri). Questo metabolismo è presente, oltre che nelle cellule muscolari, anche in quelle tumorali. I tumori solidi sono cellule in cui l'ATP si genera attraverso un meccanismo di fermentazione lattica. Le cellule tumorali proliferano molto velocemente e consumano tantissimo zucchero. Si fanno analisi sul pH per capire se sono presenti queste cellule: se sì, il pH è più acido per via della formazione di acido lattico. Un antitumorale è una molecola che interrompe la reazione da piruvato ad acido lattico, disattivando il lattato deidrogenasi, perché in questo modo interrompo la riossidazione del NADH a NAD+ e quindi blocco la glicolisi--> non ho più formazione di ATP e la cellula muore. 18 Francesca Nasatti Non tutti i microrganismi con un metabolismo aerobio hanno la possibilità di svolgere una fermentazione lattica. Devo saper associare il nome di un microrganismo al tipo di metabolismo che possiede. Fermentazione omolattica significa che l'unico acido organico prodotto è l'acido lattico. I microrganismi che si sono evoluti con un metabolismo di tipo fermentativo si sono adattati a degli ambienti ricchi di fonti energetiche, che ha fatto si che il metabolismo fermentativo diventasse più efficiente ed economicamente sostenibile di un metabolismo di tipo respirativo, perché costa meno costruire gli enzimi necessari alla glicolisi (9) che mantenere in piedi gli enzimi necessari alla glicolisi, al ciclo di Krebs e alla costituzione della catena di trasporto degli elettroni. In un ambiente ricco di fonti di carbonio molti microrganismi si sono evoluti adottando un metabolismo di tipo fermentativo perché c'è un'abbondanza di risorsa energetica e non ha importanza avere un'alta resa in conversione di ATP. Il Saccharomyces cerevisiae ha a disposizione la possibilità di avere un metabolismo respirativo perché è dotato di una catena di trasporto di elettroni e di un ciclo di Krebs; però questo lievito è conosciuto per il suo metabolismo fermentativo (fermentazione alcolica).--> chi è dotato di due possibilità viene indotto all'uso di una o dell'altra in base alle condizioni ambientali. Il lievito si è adattato ad ambienti ricchi di fonti zuccherine e, anche in presenza di ossigeno, preferenzialmente svolge una fermentazione. FERMENTAZIONE ALCOLICA DI S. CEREVISIAE Deve garantire la riossidazione del NADH. È una fermentazione più complessa di quella omolattica perché prevede due attività enzimatiche. La piruvato decarbossilasi è un enzima tiamminatirofosfato (TTP) dipendente e necessita della presenza di magnesio. L'acetaldeide subisce un'ulteriore trasformazione ad opera di un'alcol deidrogenasi perché l'acetaldeide deve essere ridotta, dato che si ha la necessità di ossidare il NADH (reazione di ossidoriduzione). Il risultato è la produzione di etanolo, una molecola più ridotta dell'acetaldeide e la produzione di CO2, che garantisce la lievitazione nei prodotti da forno e la presenza di bollicine nelle bevande alcoliche frizzanti. L'etanolo ha un ruolo fondamentale nella 19 Francesca Nasatti produzione di bevande alcoliche, mentre per quanto riguarda i prodotti da forno l'etanolo evapora durante la cottura. FERMENTAZIONE ETEROLATTICA (lezione 6, pagina 4) Oltre all'acido lattico vengono prodotti altri acidi organici, in parte anche l'etanolo. Ingresso del glucosio nella cellula attraverso il sistema del simporto (può entrare anche già fosforilato). Il glucosio-6P viene ossidato a 6P-gluconato: di conseguenza si ha la formazione di potere riducente (NADH). Dopodichè si ha una decarbossilazione a ottenere ribulosio-5P (si passa da uno zucchero a 6 atomi di carbonio a uno a 5--> si genera CO2) e un ulteriore aumento dello stato di ossidazione della molecola con formazione di altro potere riducente. Questa molecola viene isomerizzata a xilulosio-5P, poi interviene l'enzima chiave di questo metabolismo, ovvero la pentosofosfochetolasi, che usa questa molecola a 5 atomi di carbonio per generare gliceraldeide-3P e acetil-P. Dalla GA-3P si arriva al PEP. In alcuni passaggi si ha ulteriore formazione di potere riducente e ATP. Da PEP a PIR è un passaggio della fermentazione omolattica. Da PIR d acido lattico abbiamo la prima generazione del NAD ossidato. L'altra metà del pathway, quella che parte dell'acetil-P, può seguire 2 vie: 1. quella che porta alla formazione di etanolo e che garantisce la rigenerazione del NAD in maniera equimolare (tanto NADH produco a monte, tanto NAD+ viene rigenerato a valle) 2. Ma buona parte dell'acetil-P segue la via verso la sintesi di acido acetico, un altro acido organico, che garantisce la produzione di una molecola di ATP. Processo mediato da un'acetil-P chinasi. Nei microrganismi con questo tipo di fermentazione, ovvero eterolattica, si ha la conversione di zuccheri esosi a generare acido lattico, acido acetico e piccole quantità di etanolo, oltre che alla CO2. Se in questi organismi la fonte di carbonio fosse uno zucchero pentoso, non ci sarebbe la produzione di CO2. Nel caso di una fermentazione omolattica si ha il bilancio perfetto di riossidazione del NADH , ma molti dei microrganismi eterofermentanti vanno a produrre acido acetico poiché, in questo passaggio, hanno anche il guadagno di una molecola di ATP--> questo fa 20 Francesca Nasatti in modo che abbiano sempre una riserva di potere riducente (nelle cellule c'è abbondanza di NADH rispetto a NAD+) IL PATHWAY DI LELOIR Il glucosio è lo zucchero di riferimento, il più semplice, tutti i microrganismi hanno gli enzimi necessari per poterlo utilizzare, ma in natura esistono diversi zuccheri e uno di quelli più presenti nell'ambiente caseario è il lattosio che, una volta entrato nella cellula, subisce l'azione della beta-galattosidasi che lo idrolizza a glucosio e galattosio. Il galattosio, in alcuni casi (batteri dello yogurt) viene utilizzato in antiporto con il lattosio che entra, quindi per alimentare il sistema di trasporto. In altri organismi, il galattosio viene utilizzato. Il galattosio deve essere convertito in un intermedio della glicolisi o della fermentazione eterolattica. Esso, come tutti gli zuccheri che entrano in un processo catabolico, deve essere attivato: la galattosio chinasi fosforila il galattosio a gal-P, che diventa substrato di un enzima chiave del pathway di Leloir, la uridil transferasi. Questo enzima trasferisce il gruppo fosfato presente sul galattosio alla molecola di glucosio collegata a un attivatore di zucchero, l'uracile difosfato (UDP). Il galattosio cede il fosfato al glucosio, che è legato all'UDP. L'UDP si lega al galattosio diventando UDP galattosio. Il glucosio diventa glucosio-P, che entra nella glicolisi. Per rigenerare l'UDP glucosio interviene una epimerasi, che fa cambiare la posizione di un gruppo OH nella molecola di galattosio convertendolo in una molecola di glucosio. Per essere metabolizzati, zuccheri diversi dal glucosio hanno la necessità, se non derivano dal lattosio, di un trasportatore dedicato, una proteina a livello di membrana che trasporti lo zucchero dall'esterno all'interno della cellula. Dopodichè devono esserci una serie di attività enzimatiche che lo modificano fino ad arrivare a un intermedio del pathway energetico principale . Quando uno zucchero viene legato a molecole costituite da basi azotate e gruppi fosfato (UDP), viene chiamato zucchero attivato, per dare un segnale agli enzimi presenti nella cellula che quello zucchero è pronto come substrato per una determinata attività. BATTERI LATTICI Microrganismi con interesse alimentare in quanto utilizzati per produzioni di vario tipo (casearie, prodotti da forno, fermentazioni vegetali). 21 Francesca Nasatti I batteri lattici sono una categoria di microrganismi, una serie di generi e di specie, che sono accomunati da caratteristiche simili: sono tutti GRAM positivi, hanno un metabolismo di tipo fermentativo, crescono in assenza di ossigeno (ambiente anaerobio) ma possono tollerare modeste concentrazioni di ossigeno--> l'ossigeno, per i microrganismi anaerobi, può diventare un problema, in quanto può creare tossicità a livello metabolico. Questi microrganismi, essendo omo- o eterofermentanti non sono dotati di una catena di trasporto degli elettroni, quindi non hanno la possibilità di effettuare un metabolismo di tipo respirativo (aerobio o anaerobio). Sono microrganismi immobili, non dotati di strutture extracellulari che determinano il movimento (di solito flagelli). Sono raggruppati in generi. Da Lactococcus a Oenococcus hanno un'altra caratteristica che li accomuna, ovvero la loro cellula è a forma di cocco, sferica, odogoidale o ellittica (sono detti cocchi), mentre i Lactobacilli hanno forma a bastoncino (sono detti bastoncini). L'unica specie interessante dal pdv alimentare del genere Streptococcus è lo Streptococcus termophilus, non è un microrganismo patogeno, è strettamente adattato all'ambiente latte, fa una fermentazione omolattica e viene utilizzato in molte produzioni casearie. Le altre specie appartenenti a questo genere sono spesso patogene (S. piogenes, S. pneumoniae). Il genere Lactococcus contiene diverse specie tra cui L. lactis, L. cremoris, usate nel settore caseario per la produzione di latti fermentati, formaggi. L. lactis e S. termophilus sono le specie più prodotte a livello mondiale per le produzioni casearie. Gli streptococchi e i lactococchi formano cocchi in catenelle. Pediococcus: microrganismi a forma di cocco che si trovano spesso sotto forma di tetradi, ovvero quattro cocchi a formare un quadratino. Questo perché durante la divisione cellulare queste cellule rimangono unite a formare delle strutture dette tetradi. I pediococchi sono associati alle matrici vegetali, così come Leuconostoc. Leuconostoc, al contrario dei precedenti, ha una fermentazione eterolattica. Oenococcus oeni è importante perché è un batterio lattico fondamentale in enologia perché garantisce la conversione dell'acido malico ad acido lattico. Questo processo si chiama impropriamente fermentazione omolattica (in realtà non è una fermentazione perché non si ha una riossidazione del NADH sull'acido malico, ma una trasformazione della molecola di acido malico a lattico). Questa trasformaziona malato-lattato è importante per diminuire l'acidità dei vini e, inoltre, l'acido lattico conferisce caratteristiche sensoriali più gradevoli al vino. Questa trasformazione è uno sviluppo di un batterio (Oenococcus) successivo alla fermentazione alcolica di cerevisiae che ha prodotto il vino--> ci si trova in un ambiente molto difficile perché nel vino non ci sono quasi più 22 Francesca Nasatti zuccheri residui, il pH è estremamente acido perché il vino deriva da un mosto di matrice vegetale (acido d'uva) che è ricco di acidi organici e di conseguenza ha pH basso; inoltre il vino ha una concentrazione di etanolo che svolge un'attività antimicrobica poiché, in quanto alcol, è in grado di destrutturare le membrane cellulari. Tuttavia, la specie si è adattata in questo ambiente difficile, in cui è in grado di svilupparsi in quantità sufficienti da garantire la trasformazione dell'acido malico ad acido lattico. Il genere Lactobacillus racchiude tante specie che non contengono microrganismi patogeni. Sono adattate a tre ambienti: il latte, le piante, il tratto gastro-intestinale degli animali. Al contrario dei precedenti generi, che contenevano specie con lo stesso tipo di fermentazione, il genere Lactobacillus è eterogeneo, ovvero a seconda della specie cambia il metabolismo. -Gruppo I L. delbrueckii subsp. Bulgaricus, insieme a S. termophilus, è usato per la produzione di yogurt e altri latti fermentati, crescenza. Lactobacillus acidophilus è associato al tratto gastro-intestinale degli animali, compreso l'uomo, alcuni ceppi (individui appartenenti a questa specie) sono presenti nei latti fermentati oppure commercializzati come microrganismi probiotici, cioè, una volta assunti, in grado di garantire un buon equilibrio del microbiota intestinale. Lactobacillus helveticus è più associato all'ambiente caseario, partecipa alla produzione di formaggi come parmigiano, grana ed emmental. -Gruppo II Lactobacillus casei associato al tratto gastro-intestinale di alcuni animali. L casei rhamnosus è presente nei probiotici. L plantarum è associato alle matrici vegetali, alcuni ceppi sono usati come probiotici. -Gruppo III L sanfrancisciensis è un microrganismo che va nominato per i prodotti da forno. Associato a cerevisiae determina gli impasti acidi (impasti in cui non c'è solo la componente di lievito -impasto classico- ma c'è anche la componente di batteri lattici). Sono detti acidi perché la componente di questi batteri lattici conferisce acidità all'impasto grazie alla produzione di acido lattico e acetico. 23 Francesca Nasatti Questi impasti acidi danno origine a dei prodotti da forno molto più aromatici e stabili (si conservano di più), come il panettone e il pandoro, anche il pane può essere preparato con questo tipo di impasto. L reuteri, associato al tratto gastro-intestinale, prodotto probiotico. CRESCITA MICROBICA Per arrivare a definire la composizione del terreno di coltura bisogna avere chiara la composizione della cellula dal pdv degli elementi. È per la maggior parte carbonio, poi altri elementi in minore quantità, e altri ancora in microquantità. (esempio: glucosio) fornisco automaticamente sia idrogeno che ossigeno. Il carbonio è necessario perché tutte le molecole che costituiscono la cellula sono strutture a base di carbonio e contengono idrogeno e ossigeno. Con "fonti di azoto" ci si riferisce a tutte le molecole che contengono azoto al loro interno, quindi se sono molecole complesse o di natura organica (amminoacidi, proteine) si forniscono automaticamente anche idrogeno, ossigeno, carbonio. Quindi, nella composizione di un terreno culturale, le due fonti principali che vengono individuate, perché aggiunte in quantità maggiore rispetto alle altre e per le quali bisogna prestare attenzione alla tipologia, sono le fonti di carbonio e di azoto. Nelle cellule batteriche anche il fosforo è tra gli elementi più abbondanti. Il fosforo è indispensabile per le membrane (fosfolipidi), per l'ATP, DNA e RNA (macromolecole in cui le basi azotate sono tenute insieme da legami fosfodiestere), parete cellulare dei GRAM positivi (negli acidi teicoici). Gli altri elementi possono essere contenuti in quantità minore; ci sono microrganismi che magari richiedono concentrazioni maggiori di questi elementi, ma, tendenzialmente, al di sotto di una determinata concentrazione non si bada a quanto zinco, rame, magnesio, i negli altri costituenti del terreno, nell'acqua che si usa per solubilizzare questi ultimi sono sufficienti a garantire la disponibilità richiesta per la crescita microbica. CRITERI PER LA FORMULAZIONE DI UN TERRENO DI COLTURA 24 Francesca Nasatti Devo conoscere quali microrganismi devo coltivare/isolare. La formulazione di un terreno di coltura deve tenere conto del metabolismo energetico del microrganismo che intendo coltivare e di quali sono le sue esigenze nutrizionali. Il meccanismo per quantificare i microrganismi vivi passa attraverso la loro coltivazione (ad esempio devo saperlo perché esiste una normativa che dice quante sono le cellule vitali che devono essere presenti nello yogurt alla produzione fino alla data di scadenza, oppure se devo controllare lo stato di igiene di un bancone su cui si maneggia del cibo, o delle lame di un'affettatrice). Queste operazioni necessitano della raccolta di un campione, che può contenere o no microrganismi e, in base alla quantità, rientra o meno nei limiti stabiliti dalla legge. In ogni caso, i microrganismi devono poter crescere per poter essere contati, e quindi devono utilizzare le fonti di carbonio e azoto che sono presenti nel terreno che utilizzerò per coltivarle--> la scelta del terreno è vincolata dal tipo di microrganismo da coltivare. Se do ai microrganismi prelevati dallo yogurt il lattosio, sono sicuro che potranno crescere perché sanno utilizzare quello zucchero, ma se ne metto un altro posso avere lo stesso microrganismi vivi nel campione, che però non riescono a crescere--> la scelta della fonte di carbonio è fondamentale, così come lo è la scelta della fonte di azoto (sotto forma di amminoacidi, quindi azoto organico, di ammoniaca, azoto atmosferico, proteine). I microrganismi che devo coltivare. Se fornisco come fonte di azoto delle proteine e non degli amminoacidi devono possedere delle proteasi che idrolizzano le proteine e consentono la generazione di peptidi che sono sufficientemente piccoli per poter essere trasportati attraverso la membrana cellulare. Infatti, tutto ciò che si da in un terreno di coltura deve essere trasportato all'interno della cellula, con un trasportatore dedicato. --> la composizione di un terreno di coltura determina quali microrganismi possono crescere su questo terreno. Di conseguenza, qualsiasi terreno che si utilizza è, per sua natura, selettivo per la crescita di determinati gruppi di microrganismi; non esiste un terreno su cui possano crescere tutti i microrganismi presenti in un campione. Un campione ambientale, di suolo, è ricchissimo di biomassa microbica, ha fonti di carbonio e azoto complesse (zucchero, amminoacidi, proteine), su cui posso fare crescere ad esempio microrganismi chemioeterotrofi. Se, invece di utilizzare come fonte di azoto amminoacidi e proteine uso azoto atmosferico, isolo i microrganismi detti azoto-fissatori --> se voglio isolare quei batteri, che sono responsabili dei noduli sulle radici di leguminose ad esempio, devo utilizzare una strategia che impedisca che cresca altro, devo escludere gli altri microrganismi partendo dal fatto che so che se utilizzano solo azoto atmosferico sono azoto-fissatori. Questo è un modo per avere un terreno molto selettivo. Ai terreni di coltura si possono aggiungere anche molecole diverse che aumentano la selettività: ad esempio, se aggiungo sali biliari garantisco la crescita degli enterobatteri (batteri legati al tratto gastrointestinale, che sono resistenti a queste molecole). I Sali biliari 25 Francesca Nasatti migliorano la digestione dei grassi perché sono tensioattivi; però, proprio per le loro proprietà anfifiliche, deleterei nei confronti delle membrane cellulari --> i microrganismi che sono nel tratto gastrointestinale hanno attività enzimatiche che destrutturano i Sali biliari, quindi consentono di resistere alla loro presenza. L'uomo è in grado di coltivare meno dell1% dei microrganismi presenti sul pianeta. Si sa dell'esistenza del restante 99%, ma non si sa coltivare. La preparazione di un terreno di coltura può prevedere che questo rimanga liquido, quindi contenuto in provette o beute, oppure che finisca in piastre: in questo caso il terreno necessita di diventare solido. Il passaggio da un terreno liquido a solido, quindi da liquido a gel, viene garantito aggiungendo agar, che garantisce la gelificazione, infatti, essendo un polisaccaride, sottoposto a riscaldamento forma un gel che trattiene sia l'acqua che i nutrienti sciolti nell'acqua. Questo polisaccaride è inerte, non interferisce sulle caratteristiche chimico-fisiche del terreno, non sottrae nutrienti e li lascia disponibili per la crescita microbica. Esso non viene degradato dalla maggior parte dei microrganismi, quindi la loro crescita non va a discapito del polisaccaride usato per gelificare i terreni su cui sono presenti quei microrganismi; se così non fosse, il terreno passerebbe dallo stato di gel allo stato liquido. Con diffusione (lezione 7 pagina 2) si intende la capacità di attraversare la membrana senza sistemi di trasporto. Il glicerolo ha una buona diffusione, per tutte le altre molecole si ha un crollo della diffusibilità relativa (relativa a quella dell'acqua). Il grafico mostra la velocità di ingresso nella cellula in funzione della concentrazione esterna di queste molecole. La linea rossa dice che all'aumentare della concentrazione di glicerolo (ad esempio) aumenta anche la velocità con cui il glicerolo entra nella cellula. Si ha un andamento lineare, che dice che la molecola di cui sto studiando la diffusione dall'esterno all'interno della cellula segue appunto un processo di diffusione, che non è mediato da un sistema di trasporto. Quando una molecola entra nella cellula attraverso la mediazione di un sistema di trasporto si ha un andamento simile a quello della curva gialla. La differenza di velocità tra diffusione e molecola mediata da un sistema dedicato è completamente diversa: l'efficienza di un trasporto mediato a livello di membrana è molto più elevata di quella di una diffusione semplice. Importanza dei sistemi di trasporto. LA CRESCITA MICROBICA 26 Francesca Nasatti CELLULA BATTERICA Per crescita si intende l'aumento del numero di cellule, che si considera partendo da una singola cellula. La divisione cellulare dei batteri è di tipo binario, il che significa che da una cellula se ne ottengono due, da due quattro e così via. Prima che avvenga la divisione cellulare si ha la replicazione del DNA all'interno della cellula che poi segrega, cioè si ripartisce nelle due cellule che vengono generate. Dopodichè si ha la separazione delle membrane cellulari--> risultato: da una singola cellula ne ottengo due per scissione binaria. L'andamento di questa divisione cellulare nel tempo è di tipo esponenziale. Per trasformarlo in un andamento lineare bisogna utilizzare un grafico semilogaritmico, ovvero in cui uno degli assi esprime le grandezze come logaritmo del numero di cellule. Andamento lineare significa che a determinati intervalli di tempo (tempo di generazione) si ha il raddoppiamento del numero delle cellule batteriche che stanno crescendo su un terreno di coltura idoneo alla coltivazione di questi organismi. La linea verde, che cresce in modo esponenziale, crescerà lungo una verticale, il che significa che, in pochi minuti, il numero delle cellule aumenta in modo esponenziale. Quindi, la crescita microbica, quando i microrganismi si trovano in condizioni ottimali di sviluppo, è qualcosa di estremamente rapido: è importante che si conoscano le condizioni necessarie a controllare questa crescita, ovvero favorirla se i microrganismi che stanno crescendo sono di nostra utilità, o sfavorirla se essi sono un problema, che può essere qualitativo (es. microrganismi che crescono sull'insalata e la fanno andare a male) o di salute (microrganismi patogeni per l'uomo). I numeri aumentano in maniera esponenziale e in tempi ristretti. Ci sono fattori colturali, che vanno al di là della composizione del terreno, che possono influenzare la crescita dei microrganismi. Questi fattori possono essere la temperatura (non tutti i microrganismi crescono a temperatura ambiente), la disponibilità di ossigeno, il pH. L'ambiente non è solo la fonte nutrizionale ma comprende anche queste caratteristiche. La notazione scientifica che si utilizza per quantificare le cellule è la notazione esponenziale. (è giusto scrivere 2x10^4, non 20x10^3). 27 Francesca Nasatti Un altro fattore importante è il modo in cui si esprime la crescita: si esprime come numero di cellule riferito ad un'unità di volume o unità di massa, ovvero numero di cellule per mL (densità cellulare, perché la concentrazione è riferita alle molecole che si sciolgono nel solvente, in questo caso si ha una sospensione delle cellule in acqua) o numero di cellule per g--> questo perché gli alimenti sono o liquidi o solidi. Basandoci sulla crescita esponenziale a base due (crescita batterica), è facile, per una crescita di tipo binario, disegnare un'equazione matematica che la descrive. Questa equazione non è applicabile, ad esempio, alla crescita di un lievito, in cui si ha la formazione di una cellula figlia, che ha bisogno di un tempo di crescita prima di poter generare a sua volta due cellule, mentre la cellula madre è subito pronta a generare nuove cellule: sfasamento temporale, che non avviene nei batteri, in cui c'è una perfetta sincronia. Numero di generazioni: quante volte le cellule si dividono, numero delle volte in cui raddoppiano le cellule. Conoscere e saper calcolare questi valori è importante dal pdv alimentare per stabilire la shelf-life degli alimenti freschi, in cui non sono presenti degli antimicrobici ma hanno come unico stabilizzante della crescita microbica l'abbassamento della temperatura. Nonostante ciò si ha comunque la crescita dei microrganismi, il tempo di scaffale di questi prodotti non è infinito, anche perché non è determinato solo dallo sviluppo di microrganismi ma anche dal fatto che gli enzimi presenti nelle cellule vegetali nei punti di taglio iniziano a svolgere la loro attività e degradare la matrice alimentare. Si parte sempre da una contaminazione microbica di base che è piuttosto elevata perché gli alimenti sono di origine ambientale, gli alimenti vegetali crescono nei campi, quindi sono a contatto con il microbiota ambientale dove vengono coltivati. Non possiamo avere degli alimenti vegetali freschi totalmente privi di microrganismi, nonostante tutte le operazioni di lavaggio; inoltre, l'acqua stessa non è microbiologicamente sterile, ha una carica microbica (anche se molto bassa). Questo vale anche per le carni, sulla loro superficie c'è sempre un apporto di microrganismi ambientali o che derivano dall'uomo stesso che manipola le carni, ecc. Il problema della shelf-life di un prodotto fresco è legato in parte alla crescita microbica che va ad alterare il prodotto ma non necessariamente a renderlo pericoloso (si parla di pericolo solo se sono presenti microrganismi patogeni), e in parte dalle alterazioni che l'alimento subisce in funzione delle proprie caratteristiche intrinseche: irrancidimento dei 28 Francesca Nasatti grassi (indipendenti dalla presenza di microrganismi), che può essere, in alcuni alimenti, più veloce della crescita microbica; sviluppo di attività enzimatiche che catalizzano reazioni di imbrunimento, anch'esse indipendenti dalla presenza di microrganismi, che possono accelerare o diminuire il tempo di shelf-life di un alimento. Le crescite dei vari tipi di microrganismi variano in base alle loro esigenze nutrizionali, quindi alla disponibilità di nutrienti che c'è in quell'alimento, che diventa un terreno di coltura dei microrganismi presenti al suo interno. CICLO DI CRESCITA DI UNA POPOLAZIONE BATTERICA Se fossimo in grado di quantificare il numero di cellule vitali e potessimo seguire cosa succede nel tempo, avremmo un andamento della curva di crescita come quello rappresentato nel grafico (lezione 7 pagina 10). L'unità di misura del tempo può essere minuti, ore o giorni. Questa crescita microbica viene divisa in fasi: Fase di latenza: periodo che intercorre tra la presenza dei microrganismi nell'ambiente e l'inizio della divisione cellulare. Ad esempio se introduco delle cellule in un terreno di coltura ho bisogno di un determinato intervallo di tempo affinchè le cellule inizino a dividersi, che dipende dal tipo di terreno di coltura e dalle condizioni colturali che adotto. Questa fase serve ai microrganismi per adattarsi all'ambiente e ad essere in grado di usufruire delle risorse nutrizionali possedute da quell'ambiente. Periodo di adattamento metabolico del microrganismo prima che incominci la divisione cellulare. Posso interferire sulla fase di latenza ritardando l'ottenimento delle condizioni colturali ottimali, modificando la temperatura, modificando il pH ad un livello che non consente la crescita del microrganismo, modificando la disponibilità di ossigeno (se voglio ritardare la crescita di microrganismi con metabolismo aerobio), ma di certo non posso interferire sui nutrimenti perché non posso cambiare la composizione dell'alimento. Fase di crescita esponenziale: in questa fase, la velocità di crescita (numero di cellule che si ottiene per unità di tempo) è costante. Questa crescita esponenziale, a un certo punto, deve interrompersi perché diminuisce il nutrimento (anche se non è il motivo principale perché la fonte nutrizionale non è mai limitante); a causa del pH, che interferisce se ci sono microrganismi con un metabolismo di tipo fermentativo: se acidifica interferisce sull'attività degli enzimi e di conseguenza ho un arresto della crescita; altri metaboliti prodotti dai microrganismi diventano inibenti alla crescita stessa (esempio l'etanolo che determina l'arresto della crescita di S. cerevisiae in un mosto); se il microrganismo ha un metabolismo di tipo aerobio ma è in un ambiente 29 Francesca Nasatti chiuso (es. alimento confezionato) si ha un esaurimento dell'ossigeno disponibile---> cambiamenti delle condizioni colturali, perché se cambio la temperatura o il pH mentre un microrganismo sta crescendo ne arresto la crescita: tutto ciò che interferisce sulle condizioni colturali o a livello metabolico determina l'interruzione della fase esponenziale di crescita. Fase stazionaria: non si ha un aumento di nuove cellule, i microrganismi sono in grado di sopravvivere in questo ambiente per un periodo di tempo sufficiente, purchè ci sia un recupero di energia: il metabolismo può essere molto basso ma deve garantire un rifornimento energetico; se questo rifornimento non c'è più, le cellule consumano le risorse energetiche e poi iniziano a morire (non si mantiene la differenza di potenziale sulla membrana, si depolarizza) Fase di morte MISURAZIONE DELLA CRESCITA METODI INDIRETTI: consentono, misurando qualcosa che non è direttamente il numero delle cellule ma è legato ad esso, di misurare l'aumento di una massa microbica. -Se aumenta il numero delle cellule, aumenta il peso della biomassa: se misuro il peso raggiunto al termine della crescita, posso stabilire quanto è cresciuto il microrganismo. Nel peso umido ho una forte interferenza dell'acqua libera presente nelle cellule, non ha elevata riproducibilità (dipende dalla temperatura, dalla quantità di acqua trattenuta dalle cellule..). Per avere una quantificazione più corretta devo effettuare un peso secco, ovvero devo sottoporre al riscaldamento la biomassa microbica fino ad avere l'eliminazione dell'acqua libera disponibile e una stabilizzazione del peso. È una misurazione indiretta, perché non mi dice quante cellule ci sono, ma quanti mg. -Analisi chimica di un costituente cellulare: se aumenta il numero di cellule microbiche aumenta, ad esempio, la quantità di DNA di quelle cellule, quindi misurando questo aumento posso tracciare anche l'aumento della crescita. -Turbidimetria: metodo che misura l'aumento di torbidità in un terreno liquido trasparente. Se è trasparente, nel momento in cui aumenta il numero di microrganismi in sospensione si ha un intorbidimento del terreno di coltura. METODI DIRETTI: ci consentono di contare realmente le cellule -Conta al microscopio: Camera di Conta di Petroff-Hausser. Questa osservazione al microscopio non ci consente una quantificazione, perché quantificare i microrganismi significa avere una valutazione del numero delle cellule per unità di volume o massa; 30 Francesca Nasatti quindi, quando depongo una goccia di sospensione di volume noto su un vetrino, è impossibile contare tutte le cellule su tutta la superficie su cui la goccia si è espansa--> è stato inventato uno strumento detto camera di conta. La camera di conta è un vetrino particolare in cui si hanno dei riferimenti calibrati: ha delle scanalature a distanze precise e misurabili, che disegnano dei quadratini sia piccoli che grandi, di cui si sanno esattamente le dimensioni. La camera di conta è fatta in modo da poter identificare una superficie precisa e un volume preciso, perché lo spazio tra il vetrino coprioggetti e la griglia è calcolato, ha un volume noto--> alla fine non calcolo il numero di cellule per mm3 ma direttamente per ml (unità di volume). Il metodo di conta ha dei limiti: l'osservazione al microscopio non mi consente di distinguere le cellule vive da quelle morte (a meno che non si facciano particolari trattamenti al vetrino, che presumono l'impiego di coloranti), quindi non potrò mai identificare la fase di morte; come in tutti i sistemi di misurazione; ci sono dei limiti di sensibilità, ad esempio c'è un numero di cellule, una concentrazione al di sotto del quale non riesco a contarle al microscopio (10^5 cellule/ml), limite di rilevabilità del numero. È un sistema utile in molte situazioni, che però prevede la quantificazione di diversi campi di osservazione, un unico campione lo devo contare almeno una decina di volte per poter avere un numero che sia vicino alla reale densità di cellule per unità di volume. L'unità di misura di questo sistema sono le cellule che vedo fisicamente e quindi che posso contare. Ogni strumento di conta microbica misura la stessa grandezza ma con unità di misura differente. -Contatore Coulter -Conta vitale: sistema di conta principale su cui fanno riferimento le normative e le legislazioni quando impongono di valutare la carica microbica o la densità cellulare in un alimento, dando dei limiti. È il sistema di elezione per la quantificazione delle cellule vitali, della carica di microrganismi in un campione. Con questo metodo di conta riesco a descrivere tutte le fasi della crescita microbica, compresa la fase di morte, perché conto le cellule vive che diminuiscono progressivamente di numero. La costruzione di una curva di crescita non è banale, perché per ogni punto sulla curva devo seguire i passaggi per quantificare il numero di cellule presenti (faccio 10 diluizioni per ogni intervallo di tempo). Questo sistema di conta ci permette di quantificare in maniera piuttosto precisa il numero di cellule che consideriamo essere vive e vitali, con il presupposto che se una cellula lo è e 31 Francesca Nasatti ne conosciamo le condizioni colturali per poter garantire al microrganismo di crescere e dividersi, allora quel microrganismo sarà in grado di generare delle colonie. Nel momento in cui una singola cellula batterica o di un lievito viene posta su un terreno solido (grazie all'aggiunta di agar), se quest'ultimo è messo a incubare nelle opportune condizioni (disponibilità o meno di ossigeno, te crescere, quindi ad aumentare il numero di cellule, e da una singola cellula si formerà un aggregato che sarà ad un certo punto visibile ad occhio nudo. Una cellula batterica ha circa le dimensioni di un micron (un millesimo di millimetro), man mano che aumentano di numero diventano un aggregato con una morfologia precisa e che viene identificato con il nome di colonia (batterica, di lievito, di una muffa). Per essere visibile ad occhio nudo deve avere la dimensione di almeno 0,5/1 mm. Le colonie arrivano a 2/3 mm di diametro, di solito hanno forma circolare. La colonia è ciò che viene originato dalla crescita microbica quando una singola unità in grado di crescere si sviluppa su di un determinato terreno di coltura. La colonia diventa, in questo sistema di conta, l'unità di misura, è ciò che viene contato, conto le colonie cresciute a seguito di un trattamento sul campione: l'unità di misura prende il nome di unità formante colonia (UFC/CFU). Perché non possiamo chiamarla cellula formante colonia? Dipende dall'origine: ciò che finisce sul terreno solido può essere una cellula o, in funzione del tipo di microrganismo con cui abbiamo a che fare, una catenella o una tetrade di cocchi o di bastoncini; quindi, in realtà, non è una singola cellula che, dividendosi, dà origine alla colonia (le catenelle e le tetradi sono composte da cellule). L'unità formante colonia può essere la catenella, la tetrade, l'aggregato degli strafilococchi, la singola cellula (singolo cocco o bastoncino). Il campione deve essere risospeso in una soluzione acquosa (salina, fisiologica, tampone vitalità dei microrganismi presenti nel campione. Un campione alimentare liquido è già in sospensione acquosa, i microrganismi presenti lo sono già, quindi vengono sottoposti a una diluizione. Un campione alimentare solido (la maggior parte) necessita di una pesata di una quantità di campione noto, che viene omogeneizzata in modo da rendere più omogenea possibile la sospensione che si ottiene, costituita da alimento frammentato e microrganismi. -->il punto chiave è ottenere, da qualsiasi campione partiamo, una sospensione di cellule microbiche, che viene ottenuta con delle accortezze: se peso una determinata quantità di alimento, devo prevedere di risospendere quell'alimento in un volume in modo da ottenere una diluizione di 10 volte di quello che è presente nell'alimento, devo effettuare delle diluizioni 1 a 10 (es. se prelevo 1 ml di yogurt lo devo diluire in una soluzione acquosa opportuna per arrivare a una volume finale di 10 ml). Non conosco la quantità di microrganismi presenti nel campione, ma conosco la diluizione che sto facendo. Gli strumenti usati per pesare o per prelevare volumi devono consentire una determinata precisione: uso una bilancia analitica per la pesata del campione, pipette graduate per il prelievo dei volumi e così via. Per stabilire una quantità di organismi devo partire da un 32 Francesca Nasatti campione che ho quantificato, di cui ho prelevato una quantità precisa e l'ho diluito opportunamente con un volume altrettanto preciso di diluente (vale per tutti i sistemi di conta). La conta vitale si basa su delle diluizioni decimali di una sospensione microbica. È fondamentale operare in questo modo, se non facessi così (diluizione 1 a 10) i calcoli si complicherebbero. Vengono effettuate tante diluizioni decimali successive (di solito una decina) perché non si conosce la concentrazione iniziale di microrganismi nel campione, si assume solo che la loro concentrazione sia abbastanza importante, il che prevede che si proceda effettuando delle diluizioni. Le varie provette hanno in comune che, a partire dall'ultima e andando a risalire, sono man mano 10 volte più concentrate di microrganismi l'una rispetto all'altra. Questa operazione deve essere condotta in condizioni sterili: gli strumenti che utilizzo per prelevare i volumi o porzioni di campione, i contenitori dove si trasferiscono i volumi delle sospensioni microbiche e il diluente stesso devono essere sterili, altrimenti conterei anche i contaminanti. Operare in sterilità è fondamentale per garantire l'integrità dell'analisi e la sicurezza dell'operatore. Dopo aver effettuato le diluizioni, prelevo da ciascuna provetta un volume preciso e lo aggiungo ad un terreno di coltura solido, distribuendolo nel modo più omogeneo possibile sulla superficie di queste piastre delle dimensioni di circa 10 cm di diametro; dopodiché queste piastre vengono messe nelle opportune condizioni ambientali (disponibilità di ossigeno, temperatura) per garantire la crescita dei microrganismi che si vogliono contare, e si aspetta il tempo di incubazione necessario. Faccio questa operazione per tutte le diluizioni che ho creato e rilevo la crescita di colonie. Il numero di colonie che proviene dalle sospensioni più concentrate è decisamente elevato, in alcuni casi è così elevato da riuscire a vedere una patina superficiale che è cresciuta su tutta la superficie della piastra, del terreno e che non consente di distinguere una colonia da un'altra: crescita di tipo confluente, in cui ho le colonie talmente vicine l'una all'altra da non riuscirle a distinguere. Il numero di colonie tende a diminuire man mano che le soluzioni sono meno concentrate, diminuisce di 10 volte, perché la concentrazione da una provetta alla successiva da sx a dx è 10 volte meno. È possibile anche avere delle piastre in cui non c'è nessuna crescita, se la diluizione è eccessiva. Faccio una serie di diluizioni per determinare qual è la diluizione che consente di avere un numero di colonie che siano contabili (non troppe) e che siano comprese tra 80-300 o 30300 per piastra. Questi numeri consentono di ottenere risultati che siano statisticamente significativi. 33 Francesca Nasatti Se io mettessi in piastra il millilitro che viene usato per fare la prima diluizione (1/10) e osservassi un numero di colonie inferiore a 80/ml, significa che quella sospensione microbica ha una densità cellulare che non può essere contata con questo sistema di conta: per determinare il numero di microrganismi in quel campione non devo diluire ma tutt'al più concentrare. Ogni sistema di misurazione ha un limite di sensibilità, che in questo caso è dato dall'intervallo di colonie che posso contare: al di sotto delle 80/30 UFC/ml non si ha una significatività dal pdv statistico. Come risalire, da questi numeri, al numero di UFC presenti nel campione iniziale? Se prendo in considerazione il campione diluito 1/10^4, in cui si osserva la formazione di 159 colonie, significa che in 1 ml ci sono 159 UFC, o meglio unità vitali , in grado di poter crescere e generare colonie in quel terreno. Le cellule morte e quelle che appartengono a specie che in quelle condizioni colturali non crescono non vengono contate con questo metodo, dato che è basato sulla crescita. Facendo il conto a ritroso, basta moltiplicare il numero di colonie presenti sulla piastra per 10 elevato all'esponente che corrisponde alla diluizione messa in piastra per sapere quante UFC/ml si trovano nel campione iniziale. La conta vitale si basa su due presupposti: che io conti i microrganismi vivi e vitali (si basa sulla coltivabilità) e che il campione iniziale sia sufficientemente ricco di microrganismi tale da prevedere delle diluizioni. È uno dei sistemi di conta più sensibili, infatti 80 UFC/ml è una quantità molto bassa. Se valuto la carica microbica in un alimento liquido il risultato si esprime in UFC/ml, ma, nella maggior parte dei casi (alimenti solidi), si esprime in UFC/g. Non necessariamente il volume che viene seminato in piastra è di 1ml. Il presupposto chiave durante la semina è che le cellule vengano distribuite in maniera omogenea sulla superficie in modo che ogni cellula sia sufficientemente distanziata dalle altre. La distanza minima è di 0,5/1 mm (il potere di risoluzione dell'occhio), è la distanza minima che l'occhio riesce a vedere. Se due cellule sono molto vicine non si riesce a capire se le colonie sono una e derivano da due cellule o no: è anche il motivo per cui si fanno diverse diluizioni, per vedere se ho fatto i calcoli giusti, dato che in linea teorica se ho un numero di colonie su una piastra, su quella dopo dovrei averne circa 10 volte meno. 1 ml è un volume troppo grande per la superficie della piastra: nel momento in cui distribuisco il volume sulla piastra, l'acqua si deve assorbire nel terreno e le cellule devono rimanere in superficie, tuttavia, se distribuisco 1 ml l'acqua non viene totalmente assorbita dal terreno ma fa un film sulla superficie della piastra. Se questo succede non ottengo delle colonie, ma delle cellule che si dividono e rimangono in sospensione. Quindi, quando si utilizzano terreni solidi non si semina 1 ml ma 10 volte meno, 0,1 ml ossia 100 microlitri--> in questo caso si devono fare le opportune considerazioni quando si fa il conto finale, si deve aggiungere un x 10 perché devo rapportare il risultato a 1 ml. 34 Francesca Nasatti Si utilizza 1 ml quando il terreno di coltura viene aggiunto dopo: metto 1 ml nella scatola vuota, sulla piastra, dopodichè verso il terreno pronto a solidificarsi, in questo caso il ml viene inglobato nel gel. Se semino sulla superficie di un terreno già pronto devo utilizzare un volume più piccolo. La semina può essere per spatolamento o per inglobamento. La solidificazione di un terreno avviene aggiungendo agar, che si scioglie scaldando il terreno a più di 100 gradi. L'agar si solidifica a temperature sotto i 40 gradi, importante per il fatto che quando verso il terreno su una sospensione di microrganismi in soluzione acquosa non vengono uccisi col calore, perché la temperatura non è tanto elevata da creare problemi alle cellule. Tra i 100 e i 40 gradi il terreno è denso ma liquido e ciò consente di versarlo. Il coperchio della piastra Petri seminata è verso il basso, quindi la piastra viene incubata al contrario: il terreno è aderente al fondo, ma è in alto perché è a testa in giù. Non c'è nessuna chiusura ermetica perché l'aria deve passare, eventualmente anche quella modificata, ovvero senza ossigeno. Se metto questa piastra in un ambiente caldo, più caldo della temperatura ambiente, essendo il gel costituito dal 90% di acqua, questa evapora e si condensa sul coperchio in goccioline che cadono sul terreno: non ottengo delle colonie separate su una superficie solida ma microrganismi in sospensione--> ecco perché le piastre si mettono a incubare capovolte, in modo che la condensa esca dallo spazio tra il coperchio e il fondo. Esistono degli alimenti che richiedono, piuttosto che una diluizione, una concentrazione per contare le colonie: questi alimenti possono essere l'acqua (ha carica microbica molto bassa), che viene filtrata su dei filtri che abbiano dei pori che siano più piccoli della dimensione di una cellula, inferiori al diametro del batterio più piccolo (che abbiano quindi diametro di 0,2 micron)--> in questo modo le cellule microbiche rimangono sui filtri, che vengono deposti sul terreno di coltura (piastra con opportuno terreno solito), che alimenta il filtro e le colonie crescono direttamente sul filtro: ciò permette di fare una valutazione della carica microbica anche quando la densità cellulare è molto bassa. Nel caso dell'acqua si filtrano volumi elevati per concentrare la carica microbica presente, quindi si dice che ci sono tot. UFC/L. Anche per l'aria (ad esempio l'aria degli ambienti di preparazione degli alimenti), per calcolare la carica microbica, bisogna raccogliere volumi elevati (m3). Ogni misurazione ha un margine di errore, quindi vanno ripetute in modo da poter stabilire qual è l'errore associato alla misurazione (misurare la media e la deviazione standard). La misurazione, per avere validità scientifica, deve essere ripetuta più volte, che porta alla determinazione di tanti numeri che danno una media e una deviazione standard ad essa associata. Questo è fondamentale per poter confrontare misurazioni differenti. 35 Francesca Nasatti INTERPRETAZIONE CURVE DI CRESCITA Le curve A e B hanno velocità di crescita uguale (è rappresentata dall'angolo segnato in blu). La velocità di crescita è il raddoppio della popolazione nell'unità di tempo. È identica anche la densità cellulare finale (UFC/g). Ciò che cambia tra le due curve è la fase di latenza, più breve per la curva A. Nella conta vitale si ha un margine di errore che è più o meno 20%, quindi il risultato che si ottiene può essere più o meno il 20% dal suo valore. Questo perchè la conta vitale richiede molti passaggi manuali. La minima differenza che si nota sulla densità cellulare (cerchiata) rientra nel margine di errore. Nelle curve C e D cambia la crescita esponenziale. Nell'intervallo di tempo segnato in verde ho il raddoppio della popolazione nella curva C. Per avere lo stesso aumento nella curva D devo avere l'intervallo di tempo segnato in rosso --> cambia la velocità di crescita: quella di C è maggiore di quella di D. Cambia anche la densità cellulare (D) finale: il valore massimo di UFC/g raggiunto dalla curva C è maggiore di quello raggiunto dalla curva D. 36 Francesca Nasatti Queste due curve possono rappresentare la crescita della popolazione microbica, ad esempio, di un prodotto confezionato, con temperature di incubazione differenti: gli stessi microrganismi presenti nello stesso campione crescono a velocità diverse in funzione della temperatura diversa a cui sono state sottoposte le valutazioni della shelf-life dell'alimento. Nel caso delle curve E ed F l'unica differenza che si riscontra riguarda la densità finale raggiunta: la curva E cresce meno della curva F. Immagino di stare coltivando la crescita di microrganismi aerobi e che la curva F sia stata costruita incubando le cellule in una concentrazione di ossigeno che è quella dell'aria. Per la curva E la concentrazione di ossigeno è ridotta del 60%. Nel caso della curva G la concentrazione di ossigeno è <0,1%. Immagino di voler inibire la crescita di questi microrganismi in un alimento confezionato, modificando l'atmosfera. --> raggiungo l'obiettivo nella condizione G, sottraendo ossigeno. Nella curva G la crescita dei microrganismi aerobi è inibita ma non sono morti, continuo a vederli campionando l'alimento ed effettuando una conta vitale. Se fossero morti avrei un andamento come quello della curva gialla, con una diminuzione del numero iniziale vino ad arrivare a non rilevare più cellule vitali. Turbidimetria - metodo indiretto In un terreno liquido l'aumento della carica microbica comporta un intorbidimento del terreno; se i microrganismi crescono su un terreno solido ma poi vengono spostati in una sospensione liquida, la rendono torbida. Esiste un intervallo di densità cellulare (numero di cellule per ml) all'interno del quale c'è una proporzione diretta tra la grandezza che misuro (in questo caso si chiama unità di assorbanza o densità ottica) e il numero delle cellule. All'aumentare della massa cellulare si ha un aumento lineare dell'assorbanza. Al di sotto e al di sopra di un determinato valore di densità cellulare si perde questa linearità. Nel grafico c'è un errore perché non è vero che a zero unità di massa cellulare si ha zero assorbanza. 37 Francesca Nasatti Lo strumento usato per misurare la torbidità si chiama spettrofotometro, strumento che ha una lampada e una serie di filtri che consentono di selezionare delle lunghezze d'onda precise e dirigere il raggio luminoso contro un contenitore trasparente (cuvetta) in cui verrà messa la sospensione microbica. Questo raggio, nell'attraversare la sospensione trasparente, incontra la sospensione microbica, e di conseguenza parte di questa luce viene assorbita dalla torbidità della sospensione. Dall'altra parte del contenitore c'è un detector che rileva la quantità di luce che passa attraverso il contenitore, quindi attraverso la sospensione microbica, viene analizzata da delle componenti elettroniche che generano il valore di densità ottica. Man mano che la densità cellulare nella sospensione aumenta, quindi aumenta la torbidità, diminuisce la luce raccolta dal detector dello strumento. A parità di una diminuzione di luce si ha un aumento della densità ottica o assorbanza (si misura la luce assorbita da ciò che c'è nella cuvetta. Di conseguenza l'unità di assorbanza è definita come il logaritmo del rapporto tra l'intensità della luce incidente e l'intensità della luce trasmessa (all'aumentare della torbidità aumenta il valore di assorbanza). La luce, in funzione della tipologia di filtri utilizzata, viene emessa a una determinata lunghezza d'onda. Quando si misura la densità cellulare dei microrganismi si usano lunghezze d'onda prossime ai 600 nm (sono nel visibile). Il cammino ottico (percorso che la luce fa dal punto di ingresso al punto di uscita) della cuvetta è di 1 cm; è importante definirlo perché se si usano cuvette di dimensioni differenti, si ottengono valori di densità ottica che non sono confrontabili tra strumenti diversi. Maggiore è la densità cellulare, maggiore è il valore di densità ottica generato dallo strumento. Quando si indica il valore di densità ottica bisogna mettere a pedice il valore della lunghezza d'onda che si utilizza. Per agire in modo corretto, la densità ottica di una sospensione cellulare non dovrebbe essere misurata quando è superiore al valore di 0,6: in tal caso si dovrebbe procedere diluendo la sospensione cellulare e sottoponendo la misurazione allo strumento, dopodichè il valore di D.O. ottenuto di deve correggere in funzione della diluizione effettuata. Va diluito perché se si supera quel valore l'aumento del numero delle cellule (valore che voglio misurare) non è più lineare con l'aumento della densità ottica misurata (valore che ottengo dallo strumento). 38 Francesca Nasatti Se io faccio una diluizione 1 a 2 dovrei ottenere un valore che è circa la metà di quello iniziale (1,2), invece il numero ottenuto è un po' più grande. Si moltiplica il valore ottenuto per il fattore di diluizione. Il valore ottenuto (1,8) è quello corretto. Questo perché l'intervallo di linearità di uno spettrofotometro non è molto ampio, si muove tra gli 0,2 e 0,6 punti di densità ottica. All'inizio, anche se si ha un aumento della densità cellulare, lo strumento non registra cambiamenti di densità ottica perché si ha un limite di sensibilità, ovvero la concentrazione più piccola al di sotto della quale lo strumento non rileva nulla è un valore di 10^7 cellule per ml. Lo spettrofotometro misura una densità cellulare e la sua unità di misura è la densità ottica, dove va sempre specificata la lunghezza d'onda alla quale la densità ottica viene misurata. Seguire una curva di crescita con uno spettrofotometro. Coltivo le cellule in una beuta. 39 Francesca Nasatti Sull'asse delle ascisse ho il tempo di incubazione. A intervalli di tempo definiti prelevo un determinato volume (In sterilità), ad esempio di 1 ml. In questo caso, non è necessario che il volume prelevato sia esatto, perché quel ml viene inserito nella cuvetta dello spettrofotometro, in cui non ho bisogno che sia inserito un volume esatto ma un volume per cui il raggio di luce che incide la cuvetta incontri la sospensione, deve solo essere riempita, ciò che conta è la densità di cellule presente all'interno della cuvetta. Se il microrganismo sta crescendo adeguatamente, i punti seguono una curva di crescita microbica. Si inizia a vedere crescita quando la concentrazione nel terreno di coltura è superiore a 10^7. Effettuando una misurazione spettrofotometrica della crescita cellulare non si vede la fase di morte perché, per poterla vedere con un sistema di conta di questo tipo, le cellule che sono in sospensione devono sia morire che disgregarsi, le loro strutture si devono rompere e devono rendere di nuovo trasparente il terreno di coltura--> deve avvenire una lisi cellulare, una serie di attività enzimatiche che disgregano la parete e rompono la membrana cellulare; il contenuto della cellula va in soluzione o in sospensioni molto fini, che rendono più limpido il terreno di coltura. Il fatto che si mantenga una densità ottica alta non significa che le cellule siano vive. In alcuni casi, quando si ha la lisi cellulare, in una curva spettrofotometrica si può registrare una diminuzione della densità ottica (fase di morte). Nel caso della conta vitale, proprio perché conta le cellule vive, quelle in grado di generare colonie, si vede sempre la fase di morte. Per mettere in correlazione due sistemi di conta devo effettuare una misurazione con entrambi i sistemi di conta della stessa sospensione microbica o crescita microbica. Se, simultaneamente al prelievo del circa 1 ml per fare una misura spettrofotometrica, si fa anche un prelievo di una misura esatta di 1 ml per effettuare la conta vitale, seguo la crescita del microrganismo con due sistemi di conta. Metto sull'asse delle y i valori ottenuti di UFC/ml e sull'asse delle x metto il valore di densità cellulare misurata come densità ottica a 600 nm. All'aumentare della densità ottica si osserva un aumento del valore di UFC/ml. 40 Francesca Nasatti Ciò consente di ottenere una retta di correlazione, con calcolo del fattore r^2, che deve essere prossimo al valore di 1 (significa che c'è una correlazione lineare tra le due grandezze misurate). Questa correlazione serve quando devo coltivare routinariamente il microrganismo, fino al raggiungimento di un determinato valore di UFC/ml. La misurazione con spettrofotometro è un'operazione rapida perché la lettura strumentale dura pochi secondi, quindi riesco a seguire in tempo reale la crescita dei microrganismi. Adottando una conta vitale si ha un procedimento lungo. --> è per questo che si ricava una retta di correlazione, per seguire la crescita del microrganismo solo attraverso la densità ottica, perché a un determinato valore di densità ottica che misuro corrisponde un determinato valore di UFC/ml. Si usa lo strumento di conta più rapido, ovvero la misurazione della turbidimetria, precedentemente messo in relazione con la conta vitale. Questo si può fare solo se si continua a coltivare il microrganismo nelle stesse condizioni Un altro sistema di conta diretta è un sistema strumentale che si basa sulla tecnica della citometria a flusso (CFM). È una tecnica strumentale, quindi richiede un minore intervento dell'operatore sulla conta dei microrganismi. 41 Francesca Nasatti Il presupposto è quello di avere delle cellule sospese in una soluzione acquosa, analogamente alla conta vitale. Questa tecnica consente di ottenere tante misurazioni di diversi parametri per ogni singola cellula: analisi multiparametrica. La citometria a flusso viene sviluppata per le misurazioni mediche delle cellule del sangue. Il principio su cui si basa la tecnica è detto focalizzazione idrodinamica. Si ha, dal basso verso l'alto, un sistema di fluidica (cioè di tubi) che trasporta liquidi. Il tubo più grande, quello dove ci sono le linee azzurre (indicano il movimento del fluido), è un tubo in cui viene pompato a velocità costante del liquido (normalmente una soluzione tampone acquosa). Il tubicino interno, quello dove ci sono le palline rosse (cellule in sospensione) è un tubo dentro un altro tubo. Anch'esso è alimentato da un flusso ad una velocità costante. Il tubo interno, ad un certo punto, si apre all'interno del tubo più grande e i due fluidi si incontrano. La loro differenza di velocità è fatta in modo da ottenere la focalizzazione idrodinamica. Il fluido esterno, detto liquido di trascinamento, ha velocità maggiore rispetto al liquido con cui viene caricato il campione da analizzare --> ciò fa in modo che si crei un allineamento delle particelle in sospensione, condizione necessaria affinchè le particelle possano essere contate (nel fluido del campione si ha una sospensione disordinata). Il fluido centrale rimane sempre separato dall'altro e ciò determina la creazione di un diametro abbastanza grande da contenere una particella in sospensione ma non più di una affiancata. Una volta che le particelle sono allineate, interviene un sistema di detection, ovvero un raggio laser, che attraversa la camera di conta (zona fluidica resa trasparente) e intercetta o meno una particella: se sì, il raggio subisce una serie di diffrazioni e rifrazioni. Dall'altra parte ci sono sensori che raccolgono i raggi riflessi e rifratti se questi hanno colpito la particella in sospensione e rilevano i raggi che passano senza essere deviati. 42 Francesca Nasatti Questo sistema richiede una digitalizzazione del segnale e una sua elaborazione. La CFM ci da due misurazioni per ogni cellula colpita: light scattering e fluorescenza Light scattering: il forward scatter, detector che viene posizionato di fronte al laser, da indicazioni sulle dimensioni delle cellule colpite (la luce incidente può passare liberamente dall'altro lato se sfiora le dimensioni della particella); side scatter da informazioni sulla struttura della cellula, complessità cellulare (es. primi 2 parametri che vengono letti dallo strumento e sono parametri fisici. Ogni puntino del grafico forward scatter (asse x) e side scatter (asse y) rappresenta un evento che è passato nella camera di conta. Ottengo tanti eventi, tra cui devo distinguere le cellule. Fluorescenza: se si aggiungono alla sospensione delle molecole particolari, si possono rendere fluorescenti le cellule, migliorando la capacità dello strumento di contare le cellule nella sospensione. È un po' più complicato quando si analizzano sospensioni microbiche perché quando si hanno in sospensione i microrganismi ci sono anche delle particelle che non sono cellule, possono essere precipitati, proteine, polisaccaridi, quindi strutture non biologicamente attive (es. Sali in sospensione). Per distinguere, in una sospensione, ciò che è biologico da ciò che non lo è devo trattare il campione usando delle sonde fluorescenti che hanno la capacità di fare questa distinzione. Ciò che può distinguere in modo inequivocabile le cellule integre in sospensione è il DNA. Non dice se la cellula è viva o morta. Le molecole fluorescenti possono passare liberamente attraverso la membrana (molecola permeabile) e si inseriscono nella doppia elica del DNA. Quando la cellula viene colpita dal raggio laser del citofluorimetro, la lunghezza d'onda utilizzata fa eccitare la molecola, ad esempio la SYTO24, e fare emettere una fluorescenza nel verde. Lo ioduro di propidio genera una fluorescenza in una lunghezza d'onda diversa, nel rosso. Anch'esso si lega al DNA. 43 Francesca Nasatti La differenza tra le due molecole è che il SYTO24 entra nelle cellule sia integre, che hanno una membrana integra, sia che abbiano una membrana danneggiata, mentre lo ioduro di propidio entra nelle cellule con membrana danneggiata o parzialmente danneggiata. Una membrana non integra è indice che la cellula è morta o è in fase di morte. Queste cellule assumono entrambe le molecole, quindi saranno sia verdi che rosse. Se sottopongo la sospensione di cellule a queste due molecole, le cellule sono diverse perché sono state permeate da queste due molecole, quindi le hanno intercalate nel loro DNA (con legami deboli, non covalenti). Si costruisce un grafico che ha sull'asse x i valori della fluorescenza nel verde (SYTO24) e sull'asse y quelli della fluorescenza nel rosso (ioduro di propidio, PI). Si misura la fluorescenza naturale della sospensione, prima di aggiungere le due molecole. Adesso, a ciascun evento che passa nella camera di conta ho associato 4 numeri (tengo conto del forward e side scatter). Ecco perché è un'analisi multiparametrica. Una volta aggiunte le molecole fluorescenti, i parametri di forward e side scatter non cambiano molto perché i marcatori non interferiscono sui parametri fisici. Per quanto riguarda la fluorescenza, si ha uno spostamento in alto a destra degli eventi che sono cellule, si evidenziano le componenti cellulari. Tutto ciò che è rimasto non marcato o che ha subito uno spostamento modesto della marcatura è particolato, cioè non si tratta di cellule. Si identificano tre popolazioni citometriche: Le cellule che aumentano la loro fluorescenza nel verde (si spostano a destra) sono le cellule attive, che hanno una membrana integra. Si notano le cellule che hanno acquisito sia una fluorescenza verde sia una fluorescenza rossa. Tutto ciò che si sposta sia a destra che in alto lo considero con la membrana danneggiata, ha acquisito una doppia fluorescenza (cellule danneggiate) Cellule morte: la fluorescenza sul verde è inferiore a quella delle altre popolazioni. In queste cellule è entrato molto ioduro di propidio e la fluorescenza rossa copre quella verde. Il vantaggio di avere una analisi in citometria di questo tipo è quella di avere una conta di numeri molto alti di cellule in sospensione, quindi un'alta accuratezza della misurazione delle cellule. L'errore sperimentale della conta in citometria è del 5%, perché c'è di mezzo una conta strumentale. 44 Francesca Nasatti È un sistema che consente la quantificazione immediata della crescita di microrganismi e, mediante dei trattamenti particolari sul campione, è possibile distinguere tra cellule morte, danneggiate o vive e vitali. Si misura la densità cellulare microbica: l'unità di misura prende il nome di evento per unità di volume, perché ciò che si misura è l'evento citometrico (particella intercettata dal raggio laser, che, come nel caso della conta in piastra, può essere una singola cellula, un so quanti microrganismi conto nell'unità di tempo e nell'unità di volume di sospensione microbica; è per questo che ottengo una conta per concentrazione cellulare. Nel momento in cui si utilizzano dei marcatori fluorescenti, si hanno diverse unità di misura, che rappresentano l'unità di fluorescenza per ml (Fc, Dc, nAFc). Il limite di questo sistema di conta è che non da informazioni tassonomiche su ciò che si sta contando, non si riescono a diversificare le cellule in funzione delle specie diverse, a meno che non si abbiano in sospensione contemporaneamente lieviti e batteri: le differenze di dimensioni permettono di distinguere le due popolazioni, ma non si può andare oltre, determinare a quali specie appartengono. Ciò non è permesso nemmeno dalla conta vitale, anche se quest'ultima da un'idea dell'eventuale livello di diversità guardando le colonie. Inoltre, questo metodo è indipendente dalla coltivabilità, non c'è interesse sulle condizioni nutrizionali per fare crescere i microrganismi affinchè possa contarli --> grosso vantaggio, consente di stabilire la carica microbica in un ambiente qualsiasi, indipendentemente dalle conoscenze sulle esigenze nutrizionali dei microrganismi contenuti nel campione. Un altro limite riguarda la quantità minima di cellule da contare. Questo sistema di conta permette di contare diverse decine di migliaia di eventi per ogni campione, possiamo stabilire noi il limite massimo. Ma, con una concentrazione cellulare tra 100 e 1000 cellule/ml, la conta in citometria diventa non affidabile. Questo metodo di conta non è stato ancora validato a livello normativo per sostituire la conta vitale, ma è un metodo sempre più utilizzato, accurato e veloce. ANABOLISMO 45 Francesca Nasatti L'ATP generata dal catabolismo viene utilizzata per le fasi di biosintesi, le fasi anaboliche, in cui si ha, quindi, un consumo di energia. Il catabolismo usa dei substrati che vengono convertiti in prodotti: in un metabolismo di tipo respirativo aerobio, il substrato per i microrganismi chemioeterotrofi sono gli zuccheri e i prodotti sono ..stato massimo di ossidazione della materia organica e acqua, cioè la forma ridotta dell'ossigeno (nel caso di respirazione aerobia) o acidi organici e/o etanolo (processo catabolico che si basa su una fermentazione). Nella fase anabolica, le molecole di partenza sono dette monomeri, sopra alle quali vengono costruite molecole più complesse, a seguito di reazioni di tipo biosintetico. A partire dai monomeri si susseguono modifiche di questi ad opera di diverse attività enzimatiche, fino alla formazione di macromolecole. ASSIMILAZIONE DELLA CO2 (REAZIONI ANAPLEROTICHE) Alcune vie sintetiche utilizzano la CO2 come precursore di alcuni amminoacidi (arginina e asparagina) e basi azotate (pirimidine e purine). Sono reazioni in cui la CO2 viene utilizzata, insieme ad altre molecole, per costruire intermedi che portano alla produzione di amminoacidi e basi azotate. Una delle vie biosintetiche presente in molti microrganismi che hanno applicazioni alimentari (es. batteri lattici) è quella che porta alla formazione di pirimidine e arginina. Essa parte utilizzando la CO2, che può essere sciolta nella matrice alimentare, che viene utilizzata insieme ad un amminoacido, la glutammina, dalla carbamoil fosfato sintasi. Questo enzima catalizza la reazione che forma carbamoil fosfato, importante intermedio metabolico, che da un lato porta alla formazione di pirimidine e dall'altro fa da intermedio per la biosintesi di citrullina, che porta alla formazione di arginina. La glutammina, consumata insieme alla molecola di CO2 per ottenere il precursore, nella reazione (che ha un costo energetico), viene convertita in acido glutammico. La glutammina sintasi lega il gruppo amminico dell'acido glutammico per poter ottenere altra glutammina disponibile ad alimentare questa reazione. L'equilibrio tra glutammina e glutammato ci da informazioni sulle esigenze nutrizionali, dal pdv dell'azoto, del microrganismo o, più in generale, di una cellula vivente. 46 Francesca Nasatti Invece, ad esempio, un intermedio della glicolisi ci da indicazioni sul livello energetico cellulare. Ci sono una serie di reazioni, nel metabolismo dei microrganismi, che servono a rigenerare molecole con una funzione importante nell'alimentare dei pathway metabolici rilevanti per la cellula. Spesso, nelle vie biosintetiche, si hanno intermedi (come la carbamoil fosfato) che servono da precursori per la costruzione di molecole diverse. Un'altra importante via anaplerotica utilizza sempre la CO2, ma insieme alla fosfoenolpiruvato (intermedio della glicolisi). Questa via biosintetica dominata dalla fosfoenolpiruvato carbossilasi, in cui ci sono una serie di reazioni in cui è coinvolto anche l'acido glutammico, determina la produzione dell'amminoacido L-Aspartico, precursore di altri amminoacidi e delle basi azotate. La terza via anaplerotica che utilizza CO2 porta alla biosintesi delle purine. Reazioni anaboliche coinvolte nella biosintesi di molecole importanti, come le basi azotate (andranno a costituire il DNA e RNA) e alcuni amminoacidi come arginina e acido aspartico. La CO2 utilizzata in queste vie è quella disciolta nelle matrici o nei liquidi e spesso intervengono altri amminoacidi o intermedi della glicolisi. Ciascun pathway catabolico può essere usato come fonte di precursori per la sintesi di molecole --> il catabolismo (glicolisi, ciclo di Krebs, fermentazione) e l'anabolismo (biosintesi) sono collegati, perché alcuni intermedi delle reazioni cataboliche diventano precursori per la sintesi di molecole o macromolecole, che vengono assemblate in strutture per ottenere la cellula. Ad esempio, nel ciclo dei pentoso fosfati si arriva al ribulosio 5-P, precursore dello zucchero che costituisce i ribonucleotidi, quindi l'RNA o i desossiribonucleotidi, quindi il DNA. 47 Francesca Nasatti I microrganismi possono non avere tutte le vie biosintetiche necessarie a costruire ciò che a loro serve: allo stesso modo in cui per noi esistono gli amminoacidi essenziali (come lisina e triptofano, che devono essere introdotti con la dieta perché le nostre cellule non sono in grado di costruirli), oppure vitamine, ferro.., esistono anche per i microrganismi. Per i microrganismi si usa una terminologia precisa che individua due tipi di condizioni: Prototrofia Auxotrofia: conoscere l'auxotrofia dei micorganismi significa conoscere le loro esigenze nutrizionali Quando un microrganismo si adatta a vivere in un ambiente ricco di nutrienti, con l'evoluzione, tende a mantenere la capacità iniziale di costruire tutto il necessario o a perderla, riducendo le informazioni genetiche contenute nel suo cromosoma necessarie alla sintesi di amminoacidi, basi azotate, ecc.? La risposta è che se un microrganismo si è evoluto in un certo ambiente non ha più tutte le informazioni necessarie per stare in altri ambienti. --> si generano specie che non hanno più la capacità di sintetizzare tutte le molecole necessarie, perché le recuperano direttamente dalla matrice. Quindi, il non utilizzare una via biosintetica porta alla perdita graduale della funzionalità di quella via biosintetica lungo il percorso evolutivo. Ad esempio, i batteri lattici si sono evoluti adattandosi a matrici alimentari più o meno complesse, sono definiti molto esigenti dal pdv nutrizionale, ovvero sono auxotrofi per molte molecole, hanno perso la capacità di sintetizzare ciò che trovano nella matrice. L'estremizzazione di questo adattamento si ha con i microrganismi endosimbionti, ovvero che vivono all'interno di altre cellule. Questi batteri hanno pochissime informazioni legate alla biosintesi di molecole, perché ricavano quello che gli serve dalla cellula in cui vivono. Un microrganismo che non ha un ambiente definito in cui vivere ma è un microrganismo ubiquitario, ha la necessità di adattarsi a diversi ambienti (acqua, suolo, superficie delle foglie di una pianta..), quindi ha un genoma di dimensioni maggiori rispetto a un microrganismo che si vive in una nicchia ecologica molto circoscritta. 48 Francesca Nasatti BATTERI SPORIGENI Fino ad ora abbiamo descritto il gruppo dei batteri lattici perché hanno una grande rilevanza nell'ambiente alimentare, commerciale elevata. Sempre in ambito alimentare, ma con la necessità di controllarli più che farli crescere, si ha un gruppo di microrganismi che prende il nome di batteri sporigeni. Sono batteri in gradi di produrre una spora, che non va confusa con la spora descritta nella riproduzione sessuata di S. cerevisiae (lievito eucariota). In quel casi era il risultato della meiosi, mentre nei batteri sporigeni le spore vengono visualizzate al microscopio a contrasto di fase come delle parti molto definite e circoscritte, bianche. Nel caso della fotografia sulla slide sono all'interno di bastoncini (pre-spora) oppure libere dalla cellula stessa. Quando non si utilizza il microscopio a contrasto di fase si fa una colorazione delle spore, che prevede l'utilizzo di un colorante particolare, il verde malachite, che entra nelle spore ad alte temperature. (spore verdi e cellule vegetative rosa). I batteri sporigeni sono ubiquitari perché grazie alle loro spore sono diffusi su tutto il pianeta, in tutti gli ambienti. I batteri sporigeni sono GRAM positivi, hanno sempre forma a bastoncino e si dividono in due categorie di genere: Bacillus spp. Il genere Bacillus è stato suddiviso in altri generi (Geobacillus): ne fanno parte specie con metabolismo aerobio o anaerobio facoltativo. Clostridium spp. (spp. Significa specie appartenente a quel genere). A questo genere afferiscono delle specie caratterizzate da un metabolismo di tipo anaerobio stretto (non tollerano la presenza di ossigeno). La spora dei batteri sporigeni si origina, inizialmente, come pre-spora, contenuta all'interno del bastoncino stesso. Dopodichè, la cellula che contiene la pre-spora si lisa e l'endospora matura viene liberata nel mezzo. Quindi, è il batterio che si trasforma in spora, che, a sua volta, può andare incontro a germinazione dando origine alla cellula detta vegetativa (è la cellula come l'abbiamo studiata finora, di un GRAM positivo). 49 Francesca Nasatti L'endospora matura è metabolicamente inerte, ovvero non ha attività metabolica misurabile. Però, in condizioni opportune (idratazione del core) può germinare, il che significa diventare di nuovo cellula vegetativa. La fase intermedia è quella di sporulazione, fase in cui la cellula vegetativa inizia a costruire la pre-spora al suo interno, pur mantenendo la struttura di una cellula vegetativa. Nel ciclo di un batterio sporigeno viene evidenziata da una parte la divisione simmetrica, ovvero del bastoncino che, per divisione binaria, da origine a due cellule, che a loro volta daranno origine a due cellule e così via. (classica crescita microbica) In alcune circostanze queste cellule vegetative vanno incontro a una divisione asimmetrica, in cui in una parte della cellula si costituisce una pre-spora, che diventa sempre più evidente, si riveste di una membrana, di una parete, di una corteccia e di un ulteriore strato detto tunica sporale. Quando la spora è matura avviene il fenomeno di lisi cellulare: la membrana si destruttura, i contenuti cellulari vengono rilasciati e si ha la spora libera. Nella spora matura c'è il materiale informazionale, cioè il cromosoma del microrganismo (una coppia nella spora e una coppia nella cellula vegetativa). La spora è quiescente, metabolicamente inattiva, quindi non ha necessita di recuperare nutrienti dall'ambiente per rimanere vitale. Nel momento in cui trova le condizioni ambientali e colturali ottimali, germina, dando origine nuovamente a una cellula vegetativa. Un'altra caratteristica della spora è la particolare resistenza termica: un batterio che sporifica in un alimento, lascia al suo interno delle spore e i trattamenti termici a cui si sottopone l'alimento, in particolare quelli d pastorizzazione, sono inefficaci nell'inattivare le spore ma efficaci nell'inattivare le forme vegetative. --> rilevanza dei batteri sporigeni nel settore alimentare, sono comuni contaminanti da controllare e di cui limitare lo sviluppo negli alimenti trattati termicamente. Negli alimenti che non subiscono un trattamento termico, i batteri sporigeni non sono così rilevanti. Nella formazione della corteccia intervengono gli amminozuccheri NAM e NAG, che vanno incontro a un processo di deacetilazione e formazione di un anello lattamico, quindi la struttura della spora è ancora più robusta della parete cellulare dei batteri. 50 Francesca Nasatti All'interno delle spore avviene la biosintesi dell'acido dipicolinico. Conferisce alla spora la resistenza ai trattamenti termici e alla disidratazione. Le spore sono bianche con un contorno ben definito perché riflettono la luce che attraversa il vetrino dove sono posizionate le cellule. Lo spessore della corteccia della spora è talmente pronunciato e le molecole sono talmente dense che la luce non viene assorbita ma riflessa. Ciò consente di visualizzarle immediatamente. La rilevanza dei batteri sporigeni nel settore alimentare è legata alle caratteristiche della spora, che è quiescente e termostabile, quindi bisogna concentrare l'interesse nei confronti di questi microrganismi quando ho a che fare con alimenti trattati termicamente. Esempi di alimenti che hanno subito trattamenti termici il latte pastorizzato (anche se non è soggetto a contaminazione da sporigeni, perché ha vita breve e questi microrganismi necessitano di tempi lunghi per potersi sviluppare) Le conserve sia di carne che vegetali : la rilevanza di batteri sporigeni è maggiore, perché soprattutto quelle vegetali derivano da ortaggi a contatto con il suolo, dove è comune la presenza di batteri sporigeni. I batteri sporigeni si possono trovare all'interno sono i Clostridium perché sono in ambiente anaerobio. I clostridi li abbiamo incontrati anche quando abbiamo parlato di occhiature nei formaggi. Il microrganismo Clostridium botulinum è particolarmente pericoloso, è un patogeno legato agli alimenti anaerobi (per il loro tipo di packaging), produce delle tossine: la tossina botulinica viene prodotta durante la germinazione delle spore --> il microrganismo diventa patogeno quando si ha la produzione della tossina botulinica, che ha effetto simile a quello del Clostridium tetani : se un taglio si contamina con spore di questo microrganismo si ha un'infezione con produzione di tossine, che danno delle contrazioni rigide sui muscoli involontari (ora c'è il vaccino), mentre quelle del botulino agiscono sempre sui muscoli involontari (o volontari) ma dando un altro tipo di contrazione. Un'intossicazione da botulino, se non bloccata subito, porta alla morte perché provoca il blocco della respirazione. (intossicazione alimentare). 51 Francesca Nasatti Però l'uomo sopravvive perché ha imparato a fare le conserve: si aggiunge sempre l'aceto (acidi organici), che serve a portare il pH della matrice vegetale a un livello inferiore a 5.5, sotto il quale le spore del botulino non germinano più. Nelle conserve anaerobie il rischio patogeno è nei confronti del botulino. Nel genere Bacillus le specie interessanti nell'ambito alimentare sono Bacillus cereus, patogeno aerobio che si può trovare nel riso bollito: cereale, basso contenuto di acqua libera, lo cuocio ma questo trattamento termico non uccide le spore. Il riso viene scolato e tenuto ad una temperatura di 50 gradi, inferiore a quella richiesta per mantenere l'alimento in maniera corretta --> se sono presenti, le spore di B. cereus germinano, e vengono prodotte tossine. Questo microrganismo è in grado di provocare sia un'intossicazione sia un'infezione (tossi-infezione alimentare). Bacillus anthracis: patogeno minacciato di essere usato come arma biologica, patogeno per i mammiferi. Le spore, essendo volatili, basta respirarne un po' per essere infettati a livello polmonare. Bacilllus thuringensis: è un entomopatogeno, microrganismo che si usa per la lotta biologica contro le infestazioni da larve di lepidotteri per le coltivazioni di cereali. Le spore di questa specie vengono utilizzate in ambiente agricolo, perché se ingerite dalle larve di alcuni lepidotteri, germinano e bucano l'intestino di queste larve, provocandone la morte. Quindi, queste spore vengono usate per il controllo di infestazioni da piralide (un lepidottero), che infestano le piantagioni di mais ad esempio. Mais BT (transgenico): nel genoma della pianta di mais viene messa l'informazione per la proteina prodotta da B. thuringensis --> non bisogna più spargere il microrganismo e le spore sulla foglia della pianta per proteggerla, ma faccio produrre dalla pianta stessa la proteina che veniva prodotta da B. thuringensis, che, se ingerita dai lepidotteri, ne provoca la morte. Bacillus clausii: sporigeno che si trova nell'enterogermina, prodotto probiotico, riequilibra la flora intestinale. 52 Francesca Nasatti Quando, a livello industriale, si fanno i trattamenti di sterilizzazione delle conserve alimentari, i parametri seguiti coinvolgono la temperatura di esercizio dell'autoclave (pentola a pressione enorme) per il tempo a cui queste conserve alimentari vengono esposte. Per essere sicuri che l'impianto di sterilizzazione funzioni correttamente, si ha come riferimenti la temperatura (termometro) e la sovrapressione (barometro) e il tempo (timer) --> si deve fare una verifica periodica degli strumenti: vengono vendute delle sospensioni di spore, di cui si valuta la vitalità. Poi vengono introdotte nell'impianto di sterilizzazione e si verifica di nuovo la vitalità. Se le spore non crescono più, l'impianto funziona. EFFETTI DELLE CONDIZIONI AMBIENTALI SULLA CRESCITA MICROBICA Ci si concentra su questi parametri, che modulano o influenzano la crescita microbica: pH: i microrganismi si possono suddividere in funzione del loro optimo di crescita a un determinato pH. Se provassi a coltivare una determinata specie microbica nello stesso terreno ma a pH differenti, s i individua il valorie di pH ottimale: sulla base di questo valore posso suddividere i microrganismi in neutrofili, alcalofili e acidofili, in funzione del fatto che crescano alla massima velocità di crescita a pH neutro, alcalino o acido. Questa è un'importante condizione ambientale che modula la crescita microbica. La modulazione del pH in un alimento è un elemento fondamentale per controllare la crescita batterica. Portando a pH acido si limita la crescita di una grossa categoria di microrganismi (neutrofili e alcalofili). La maggior parte dei batteri patogeni non sono acidofili, quindi sono inibiti da un pH acido. Disponibilità di ossigeno: O2 e CO2. i microrganismi si suddividono in funzione delle loro esigenze per l'ossigeno. -Aerobi obbligati -Anaerobi facoltativi: hanno metabolismo respirativo che passa a un metabolismo fermentativo in assenza di ossigeno. Es. appartenenti al genere Bacillus, S. cerevisiae (passa da metabolismo respirativo a una fermentazione alcolica). -Microaerofili: necessitano di una modesta disponibilità di ossigeno per poter crescere. Es. muffe (possono svilupparsi anche all'interno di contenitori ermetici) 53 Francesca Nasatti -Anaerobi obbligati: non tollerano la presenza di ossigeno, che diventa una molecola tossica. Non possono crescere neanche in presenza di piccole quantità di ossigeno. Es. appartenenti al genere Clostridium, o generi batterici comuni al tratto gastro-intestinale, dove c'è una totale assenza di ossigeno; alcuni ceppi di alcune specie di bifidobatteri sono usati come probiotici (Lactobacillus acidofilus). Anche nei rapporti con l'ossigeno, la tecnologia alimentare interviene per creare confezionamenti che limitino lo sviluppo microbico: confezionamenti in aria modificata, che non ha la composizione dell'aria che si respira ma la concentrazione di O2 è ridotta e quella di CO2 è aumentata (per sfavorire la crescita di microrganismi aerobi). Se conservo l'alimento a 4 gradi, introduco un ulteriore fattore di controllo sulla crescita microbica. Temperatura: fondamentale per il controllo della crescita microbica. In funzione dell'optimum di temperatura a cui possono crescere i microrganismi, possono essere suddivisi in psicrofili, mesofili, termofili, ipertermofili (colonizzano ambienti estremi, non si trovano sui prodotti alimentari freschi). Si usa lo stesso terreno di coltura, cambiando solo la temperatura di crescita; si osserva una crescita maggiore a determinate temperature e una crescita che diminuisce all'allontanarsi da queste temperature. Fuori dai range di temperatura indicati, i microrganismi non crescono, il metabolismo si è adattato, le membrane cellulari sono strutturate in un certo modo per essere fluide in quell'intervallo di temperature. Parametro importante per la conservazione degli alimenti, su cui è comune trovare mesofili. La normativa prevede la valutazione della carica batterica mesofila come parametro che indica il livello di qualità microbiologica dell'alimento. Non si trovano molti psicrofili a livello alimentare, ma ci sono dei batteri che possono essere psicrotolleranti: ad esempio hanno un optimum di temperatura intorno ai 37 gradi, ma possono crescere anche a temperatura di frigorifero; quando questi microrganismi sono patogeni alimentari, sussiste un problema. Es. Hysteria monocytogenes: patogeno alimentare, agente di infezione alimentare --> non produce tossine, ma crea un problema perché la conservazione di alimenti potenzialmente a rischio di contaminazione di questo patogeno a 4 gradi non limita il suo sviluppo. 54 Francesca Nasatti È un batterio ambientale, cresce bene a temperature da frigorifero, a concentrazioni saline abbastanza alte, a pH non eccessivamente acido. Questo microrganismo si può trovare sulle croste di alcuni formaggi (taleggio, gorgonzola), conserve vegetali fresche (pesto). Come si può fare per gestire questo batterio: una catena di produzione dell'alimento che rispetta rigorosamente gli alti standard igienici. Questo microrganismi deve essere, per la normativa, assente negli alimenti; per i patogeni non c'è una tolleranza di UFC minime, la tolleranza è l'assenza. Il modo in cui gli alimenti, soprattutto quelli freschi, vengono conservati, segue in modo rigoroso le condizioni ambientali che regolano la crescita microbica. Molti tipi di confezionamento, conservazione sono tarati sulle esigenze nutrizionali, ambientali e colturali dei microrganismi che si possono trovare sugli alimenti. Disponibilità dell'acqua: i primi alimenti venivano conservati sotto sale, che disidrata l'alimento --> l'acqua viene assorbita dai cristalli di sale e non è più disponibile come acqua libera per la crescita microbica. Altri alimenti che vengono conservato mediante sottrazione dell'acqua sono gli alimenti essiccati, che subiscono un trattamento di essiccazione o liofilizzazione, oppure le marmellate (trasformazione di una matrice vegetale tramite processo di cottura che non elimina del tutto i batteri sporigeni, quindi si aggiunge zucchero per sottrarre acqua libera e controllare lo sviluppo microbico); un altro esempio sono i prodotti sott'olio (anidro, non ha acqua all'interno, a differenza del burro che ne ha il 5%). Quando si parla di condizioni ambientali, bisogna considerare che c'è un optimum, che significa costruire dei grafici come quello a pagina 9 della lezione 7: si ha l'andamento della velocità di crescita di microrganismi a diverse temperature, si disegna una curva di crescita per ogni temperatura e su quella curva di crescita si misura la velocità, ossia ogni quanto, in fase esponenziale di crescita, si ha il raddoppio della popolazione cellulare (quel numero costituisce uno dei punti della curva) --> si osserva che la velocità tende ad aumentare man mano che ci si avvicina alla temperatura di crescita ottimale, raggiunge un massimo, e man mano che ci si allontana la velocità diminuisce. 55 Francesca Nasatti Queste variazioni della velocità di crescita in funzione del parametro colturale dicono che qualsiasi scarto a dx e sx del valore ottimale implica una diminuzione della velocità di crescita del microrganismo. Attività dell'acqua: è uguale a 1 se la misuro su un volume di acqua distillata. -Microrganismi non alofili significa che hanno bisogno di una disponibilità di acqua. -Moderatamente alofili: batteri sporigeni del genere Clostridium (può svilupparsi all'interno di una forma di grana, formaggio in cui la disponibilità di acqua libera non è eccessiva) e Bacillus (alcuni sono in grado di svilupparsi sul pane, che ha una disponibilità di acqua libera più bassa di quella del grana). -Alofili estremi: muffe, possono crescere su una marmellata aperta, su pane secco, su una buccia di limone --> in molte condizioni, soprattutto sulle derrate alimentari come le granaglie (cereali, foraggio dato agli animali) o frutta secca: in quel caso la contaminazione da muffe è piuttosto pericolosa perché alcune possono produrre aflatossine, che sono cancerogene e si accumulano nei tessuti adiposi, è qualcosa che avviene lentamente e può provocare la formazione di cellule tumorali, quindi è necessario che ci siano controlli della presenza di aflatossine sugli alimenti che sono soggetti allo sviluppo di muffe. GLI ENTEROBATTERI Microrganismi che abitano il tratto gastro-intestinale degli animali (resistono agli acidi biliari, tensioattivi riversati dalla cistifellea nell'intestino per rendere i grassi disponibili alle lipasi), ma hanno anche la possibilità di crescere in condizioni aerobie (anaerobi facoltativi); si possono trovare anche nelle acque in cui ci sono rilasci di scarichi fognari, dove si ha il monitoraggio di batteri che sono indice di contaminazione fecale, quindi di questi microrganismi --> sono fuoriusciti dall'ambiente primario (tratto gastro-intestinale). Se trovo questi batteri sulla superficie di lavoro della preparazione di un alimento, essi sono indice del mancato rispetto delle norme igieniche e sanitarie. --> alcuni microrganismi vengono utilizzati come indicatori del non corretto adempimento delle norme igieniche. Sono GRAM negativi. Sono evolutivamente distanti dai batteri lattici e sporigeni, hanno due strutture cellulari diverse. 56 Francesca Nasatti I batteri enterici hanno la membrana esterna asimmetrica e la parte più esterna è ricca di lipopolisaccaridi con funzione antigenica. Escherichia coli è uno dei batteri più famosi e più studiati al mondo, usato come modello Come specie non è patogena, è un normale abitante del nostro tratto gastro-intestinale. Si può suddividere in ceppi (individui che appartengono alla stessa specie) non patogeni e in ceppi patogeni. Il fatto di poter creare infezioni non è legato alla specie ma ad alcuni individui all'interno della specie. Esiste anche un ceppo usato come probiotico (ceppo probiotico Nisle 1917) che, se somministrato, conferisce un benessere al microbiota intestinale. Alcuni ceppi sono presenti nel latte crudo come ceppi caseari. È presente nel Pannerone, formaggio in cui si usa latte crudo e la fermentazione che ne esce è data da E. coli. Salmonella è un batterio che può dare delle infezioni alimentari, ossia c'è la possibilità che infetti il nostro organismo creando una crescita all'interno del nostro corpo e l'instaurarsi di una condizione patologica. L'intossicazione è, invece, l'ingestione di molecole che hanno un effetto tossico, come le tossine. Salmonella, Shigella e Yersinia contengono specie pericolose, patogene, spesso associate a contaminazioni dovute agli alimenti. Gli enterobatteri sono distinti in due gruppi fisiologici che conducono due tipi di fermentazione anaerobica: Fermentazione acido-mista: partendo dal glucosio e arrivando ad acido piruvico (glicolisi) si ha poi la produzione di acido lattico (c'è coinvolta una lattato deidrogenasi) e di acido succinico attraverso altre vie metaboliche. Dall'acido piruvico si ottengono anche l'acido formico e l'acetil-coA che va a dare l'acido acetico e in alcuni casi etanolo. È quindi una fermentazione che produce vari tipi di acidi organici e avviene nell'intestino ad opera di questi enterobatteri (Escherichia, Salmonella, Shigella e Yersinia). 57 Francesca Nasatti Fermentazione 2,3 butandiolo: Da piruvato si arriva, grazie all'intervento della tiammina pirofosfato, all'acido acetolattico, importante perché produce acetoino, forma parzialmente ossidata del 2,3 butandiolo. Acetoino è simile a diacetile, l'aroma di burro, che è l'acetoino con un altro carbonile al posto dell'ossidrile, quindi la sua forma più ossidata, che arriva dall'acido alfa acetolattico in una reazione non enzimatica ma chimica, in presenza di ossigeno (avviene in alcuni microrganismi, ovviamente non gli enterobatteri ma batteri lattici del genere Lactococcus, usati per insemensare? Le panne da cui si ottiene il burro). Si ha una piccola produzione di etanolo e acido formico. In questo tipo di fermentazione si ha una notevole produzione di CO2 e si forma il 2,3 butandiolo. interessa gli Enterobacter e Klebsiaella, che contengono anche specie patogene, come K. Aerogenes, associato a impianti di raffreddamento dove è presente acqua a basse temperature; l'infezione avviene per via aerea a causa della non pulizia dei filtri degli impianti di condizionamento. Il ristagno di acqua nei sistemi idraulici di distribuzione dell'acqua potabile può determinare la formazione di biofilm, quindi crescite sulla superficie di questi tubi, e l'ingestione di questa acqua crea un'infezione polmonare. BATTERI ACETICI Il metabolismo dei batteri acetici viene spesso confuso con la fermentazione omoacetica. Nella fermentazione, al contrario che nella respirazione, la riossidazione del NADH avviene sulla molecola organica, mentre nel metabolismo respirativo avviene nella catena di trasporto degli elettroni, che sta nella membrana cellulare. La fermentazione omoacetica è legata al metabolismo di C. thermoaceticum, GRAM positivo, sporigeno, anaerobio stretto. I batteri acetici sono coinvolti nella produzione dell'aceto e hanno un metabolismo respirativo aerobio (aerobi obbligati). Sono GRAM negativi. I batteri acetici sono microrganismi ambientali spesso associati a matrici vegetali. 58 Francesca Nasatti Questi batteri possono sfruttare diverse fonti di carbonio, compreso l'alcol etilico, per procedere nel loro metabolismo ossidativo fino alla produzione di acido acetico (CH3COOH). Uno dei difetti del vino può essere lo spunto acetico, ovvero lo sviluppo di batteri acetici. Ciò può accadere nelle fasi finali della fermentazione, in cui c'è disponibilità di ossigeno nelle botti, ad esempio. L'etanolo non deve essere superiore a determinati valori perché ha un effetto di inibizione della crescita. PECULIARITA' METABOLICHE A Gluconobacter mancano una serie di informazioni genetiche che codificano per gli enzimi del ciclo di Krebs, quindi, questo microrganismo può usare le fonti di carbonio solo per arrivare ad acetaldeide e terminare la sua ossidazione ad acido acetico. Acetobacter ha una caratteristica metabolica differente perché è simile a Gluconobacter fino all'ottenimento di acido acetico, tranne per il fatto che ha tutta l'informazione genetica necessaria per codificare gli enzimi coinvolti nel ciclo dei TCA, ma questi enzimi sono inibiti se le concentrazioni di etanolo sono troppo elevate. Ciò significa che, se coltivo G. e A. utilizzando etanolo come unica fonte di carbonio, il primo produrrà acido acetico, il secondo riuscirà a convertire l'etanolo in acido acetico ma non andrà oltre, perché la concentrazione di etanolo inibisce gli step successivi del metabolismo. Man mano che l'etanolo si consuma, la sua concentrazione diminuisce, supera la soglia che inibisce il ciclo, e, di conseguenza, l'acido acetico, che si è nel frattempo accumulato, viene introdotto nel ciclo di Krebs e quindi ossidato completamente a CO2. La differenza metabolica tra G. e A. è che entrambi possono accumulare acido acetico, ma G. non ha altra via, deve fermarsi lì, ha un'ossidazione incompleta, quindi a partire da qualsiasi fonte di carbonio arriva ad acido acetico. 59 Francesca Nasatti Questa caratteristica metabolica può essere svelata coltivando questi due generi di microrganismi su un terreno di coltura che mette in evidenza queste differenze. Coltivo i microrganismi su due piastre Petri utilizzando un terreno che ha come unica fonte di carbonio l'etanolo. Inoculo da una parte un ceppo di A. e dall'altra un ceppo di G. Ho la formazione di una colonia. Oltre all'etanolo e all'eventuale fonte di azoto ( può essere un sale di ammonio), si aggiunge anche carbonato di calcio come indicatore dell'acidità del terreno, che farà apparire il terreno opaco, di colore grigiastro. La colonia di A. utilizza l'etanolo e produce l'acido acetico: l'effetto della produzione di acido organico su un terreno si ha una reazione acido-base, il carbonato di calcio viene solubilizzato, che si evidenzia con la formazione di un cerchio trasparente attorno alla crescita di A. Quando coltivo G., ho, in partenza, un terreno opaco come quello di prima. Il microrganismo cresce e la formazione di acido acetico forma, anche in questo caso, un alone di illimpidimento attorno alla crescita. Però, G. ha il ciclo di Krebs inattivo, mentre nel caso di A. si ha una inibizione del ciclo di Krebs dovuto alla concentrazione di etanolo presente nel terreno. Nel momento in cui si prolunga l'incubazione, in G. l'alone di illipmidimento dovuto alla solubilizzazione di carbonato di calcio si espande perché si ha ulteriore produzione di acido acetico; nella piastra in cui ho incubato A., man mano che l'etanolo viene consumato, l'acido acetico entra nel ciclo di Krebs e viene completamente ossidato a CO2 --> si assiste ad un aumento del pH del terreno, quindi si ha una insolubilizzazione attorno alla colonia di A., il carbonato di calcio torna ad essere insolubile, precipita e da l'aspetto opaco e non trasparente attorno alla crescita di A. 60 Francesca Nasatti Questo gruppo microbico (batteri acetici) è rilevante nel contesto alimentare: è coinvolto nella produzione di aceto (in cui l'intervento dell'aria è fondamentale perché i microrganismi coinvolti sono aerobi) o possono essere microrganismi che alterano l'alimento in cui si trovano, perché l'utilità è sempre dipendente dal contesto. I batteri acetici sono utili ma possono essere anche indesiderati: se si sviluppano all'interno di un succo o di un vino aperto si ha la creazione di un difetto, perché si ha un sentore di aceto che non dovrebbe esserci in quel prodotto. Ci sono diversi microrganismi che possono avere effetti positivi o negativi in funzione del contesto: le muffe (come Penicilium rocheforti?) sono desiderate su formaggi come il gorgonzola, ma, se lo stesso microrganismo cresce sulla frutta, sul pane o sulla superficie di uno yogurt diventa alterativo del prodotto. In questo caso non si parla di alterazione di un prodotto alimentare che non comporta un pericolo per la salute ma è un'alterazione della qualità del prodotto. Molte specie microbiche che hanno utilizzi in campo alimentare possono diventare alterativi se si trovano in un contesto che non è di loro impiego. Ad esempio, S. cerevisiae è indispensabile nei prodotti da forno o per avere una fermentazione alcolica, ma, se questo lievito si sviluppa sulla superficie di un formaggio, di uno yogurt, in un succo di frutta, provoca un'alterazione. I patogeni hanno solo effetto negativo. 61 Francesca Nasatti I LIEVITI Si intende un gruppo di microrganismi con caratteristiche simili, non si intende una classificazione tassonomica precisa (come per i batteri lattici). Sono microrganismi eucarioti, che hanno una caratteristica comune simile a quella dei batteri: sono unicellulari. Possono creare strutture più o meno complesse date dall'unione di cellule, ma rimangono organismi unicellulari, la cui divisione avviene a livello di singola cellula. Hanno un metabolismo prevalentemente di tipo fermentativo. La crescita di un lievito in un terreno di coltura è paragonabile a quella di un batterio. I lieviti sono microrganismi ambientali, associati soprattutto a matrici vegetali; ci sono anche lieviti associati al microbiota intestinale dell'uomo. I lieviti vengono catalogati, dal pdv tassonomico, nella famiglia degli ascomiceti, che danno informazioni legate al proprio sistema riproduttivo. Si identificano diversi generi, dove il lievito di riferimento è S. cerevisiae. L'asco è l'organo di riproduzione sessuata, ospita le spore, cioè il prodotto della riproduzione sessuale di questi lieviti. Siccome ha morfologia diversa a seconda del genere, può essere utilizzata per identificare i vari generi. Dekkera e Pichia possono dare problemi come contaminanti nelle fermentazioni alcoliche, alterano le caratteristiche sensoriali del vino. Con "yeast" (lievito) si sottointende S. cerevisiae. Proteine eterologhe: se a un microrganismo viene modificato il suo patrimonio genetico, introducendo geni che derivano da altri, può costruire proteine che non sono sue, dette proteine eterologhe. 62 Francesca Nasatti Facendo produrre a S. cerevisiae una proteina di uso umano, lo faccio in tutta sicurezza, senza il rischio di avere contaminazioni. Alcuni lieviti possono essere patogeni, ad esempio Candida albicans, che può generare infezioni nel nostro microrganismo a livello delle mucose genitali o orali. Questo lievito ha cellule molto allungate che possono creare strutture filiformi molto lunghe, dette pseudoife, che servono al lievito ad aderire alle superfici (delle mucose)formando un biofilm, struttura cellulare aderente alle superfici capace di infettare le mucose. Le infezioni da funghi (il lievito è un fungo) sono più difficili da sradicare perché sono poche le molecole note come antifungini. Si ha invece una buona quantità di molecole antibiotiche che si possono utilizzare per contrastare le infezioni batteriche. Alcuni lieviti, come Kluyveromyces lactis, producono un enzima utilizzato per ottenere il latte delattosato, ovvero la beta-galattosidasi, che scinde il lattosio in glucosio e galattosio. Saccaromyces cerevisiae ha anche un'applicazione in ambito lattiero-caseario, in un'importante formaggio italiano, ovvero il gorgonzola, ottenuto grazie alla fermentazione lattica dei batteri dello yogurt. In questo formaggio si ha la necessità di fare crescere anche un microrganismo aerobio, la muffa: si fa creando degli spazi di aria forando le forme; durante la caseificazione si aggiungono, oltre ai batteri e alla muffa, dei lieviti, ovvero S. cerevisiae. I batteri crescono, usano il lattosio e producono acido lattico, ma, siccome metabolizzano solo il glucosio, rimane all'esterno il galattosio, che viene consumato da cerevisiae --> siccome non c'è ossigeno fermenta producendo CO2 ed etanolo, usato come fonte di carbonio dalla muffa. Il lievito, sviluppandosi, forma delle occhiature riempite di CO2 che, una volta forate, mettono in contatto degli spazi all'interno della forma con l'aria che arriva dall'esterno --> cerevisiae ha creato degli spazi all'interno della forma nei quali crescerà la muffa, che cresce sull'acido lattico prodotto dai batteri, sui loro residui di galattosio, sull'etanolo prodotto da cerevisiae e svolge la sua funzione aromatizzando il prodotto. 63 Francesca Nasatti Ci sono dei lieviti che, pur avendo a disposizione un metabolismo fermentativo, effettuano preferenzialmente una respirazione. Dal pdv metabolico si identificano due effetti metabolici: Uno di quesi è l'effetto Pasteur. Se un microrganismo respira ha una resa energetica più alta, quindi, a parità di molecole di glucosio metabolizzate ottengo più ATP di quando fermento --> se un microrganismo fermenta deve consumare più zucchero per ottenere la stessa quantità di ATP: ciò si traduce nell'effetto Pasteur. L'altro effetto importante, che in questo caso caratterizza S. cerevisiae, è l'effetto Crabtree, caratteristica tipica dei lieviti fermentativi. Se S. cerevisiae è in presenza di ossigeno e di elevate concentrazioni di zucchero, non respira anche se è presente ossigeno, ma predilige la fermentazione. Questo spostamento del metabolismo da respirativo a fermentativo, indipendente dalla disponibilità di ossigeno, si chiama effetto Crabtree. Ciò spiega perché questo lievito è diventato così utile e associato alle trasformazioni alimentari, perché è il più prono a svolgere fermentazioni. Ad esempio, nell'impasto da pane, nonostante sia aerobio, il lievito fermenta consentendo di ottenere una lievitazione, perché la concentrazione zuccherina è superiore ad un certo valore. Elevate concentrazioni di glucosio inibiscono la biosintesi del citocromo A, uno dei componenti della catena di trasporto degli elettroni, e cerevisiae non può fare altro che la fermentazione alcolica. L'inibizione dell'alcol deidrogenasi provoca l'impossibilità di avere la riossidazione del NADH sulla catena di trasporto degli elettroni dell'acetaldeide. Quindi, il destino dell'acido piruvico è rivolto verso destra, verso il ciclo di Krebs. Questa svolta in realtà non avviene perché siamo in un metabolismo di tipo fermentativo dovuto all'effetto Crabtree --> la gliceraldeide si accumula, non viene più consumata efficientemente per produrre etanolo, quindi l'equilibrio si sposta verso il diidrossiacetone P. Interviene a questo punto un'altra redox NAD dipendente. La riossidazione del NADH si ha a discapito del diidrossiacetone P, che diventa glicerolo 3-P e poi glicerolo. Quindi, superando una determinata concentrazione di etanolo, cerevisiae produce glicerolo, importante perché la concentrazione di glicerolo in un vino partecipa alle caratteristiche sensoriali e gustative del vino. 64 Francesca Nasatti Produzione del gorgonzola Gli attori: S. termophilus, L. delbrucki (utilizzati anche per la produzione di yogurt) non hanno bisogno di ossigeno per potersi svilppare. Ruolo importante di Penicillium roqueforti (muffa) necessita di ossigeno per svilupparsi. La tecnologia di produzione ha introdotto cerevisiae. Anticamente il gorgonzola veniva preparato usando questa tipologia di produzione: sulla cagliata del giorno prima veniva posta quella della mattina (caldo su freddo generava dilatazione in alcuni punti della pasta, sacche d'aria piene di ossigeno. Questa tecnologia non può più essere utilizzata perché non garantirebbe produzioni elevate di prodotto e neanche una qualità dei prodotti mantenuta nel tempo. L'innovazione prevede l'utilizzo di S. cerevisiae, che utilizza i nutrienti e produce CO2. 65 Francesca Nasatti Il lattosio viene scisso e solo il glucosio viene usato dai batteri per produrre acido lattico. A fronte della produzione di acido lattico che parte da glucosio, si ha una secrezione nel mezzo, cioè nella pasta di formaggio, di galattosio, usato da cerevisiae per fare una fermentazione (siamo in assenza di ossigeno) e produrre etanolo e CO2. l'etanolo si scioglie nella pasta. Acido lattico, galattosio ed etanolo vengono comunque utilizzati come fonte di carbonio per la crescita di P. roqueforti, che però richiede ossigeno: la CO2 forma nella pasta del gorgonzola delle occhiature, poi viene fatta una foratura delle forme del gorgonzola, che mette in comunicazione questi spazi interni con l'aria esterna e ciò garantisce lo sviluppo della muffa all'interno del formaggio, che svolgerà azione proteolitica e lipolitica. 66 Francesca Nasatti POSSIBILI DOMANDE D'ESAME Descrivi le strutture che rivestono la cellula di un batterio GRAM negativo/ la cellula di Escherichia coli/ di Streptococcus thermphilus. (5 min) -S. thermophilus: GRAM positivo. Le strutture sono una membrana cellulare e una parete cellulare. La parete è fatta di peptidoglicani, ci possono essere acidi teicoici e teicuronici. La membrana è un doppio strato fosfolipidico. -E. coli: GRAM negativo. Membrana cellulare, parete (sempre peptidoglicani, ma più sottile), membrana esterna (differisce da quella cellulare per il fatto di non essere simmetrica: all'interno ha uno strato di fosfolipidi, all'esterno LPS, lipopolisaccaridi). Cosa si intende per colonia batterica? Che cosa si intende per isolamento in coltura pura? (5 min) 67 Francesca Nasatti La colonia batterica (diventa unità di misura di un sistema di conta microbica, UFC) è originata dalla divisione cellulare di una singola cellula, catenella, bastoncino, coppia di a occhio nudo. La colonia batterica è la forma visibile data dalla divisione cellulare su un terreno solido di una singola unità microbica. Anche un lievito da origine a colonie. Per isolamento in coltura pura si intende la propagazione di una singola colonia in un terreno nuovo rispetto a quello da dove è stata prelevata. Si ripete questo procedimento più volte. Elenca e descrivi brevemente i diversi sistemi di conta dei microrganismi. Quale metodo useresti per descrivere tutte le fasi della crescita microbica? (5 min) Tra tutte le fasi, ce n'è una che alcuni sistemi di conta non riescono a vedere, ovvero la fase di morte La conta vitale permette di vedere tutte le fasi: si contano solo le cellule vive, quindi si riescono a misurare anche quelle morte perché si ha una diminuzione del numero di cellule vive che riesco a quantificare. Anche la citometria a flusso distingue simultaneamente cellule vive e morte. La turbidometria e il peso secco, ad esempio, non evidenziano la fase di morte a meno che ci siano fenomeni di lisi cellulare. Quindi, i metodi usati per descrivere tutte le fasi della crescita microbica sono la conta vitale e la citometria. Su quale molecola avviene la riossidazione del NADH prodotto durante la glicolisi in Lactobacillus helveticus mentre sta crescendo in latte? (5 min) Presuppone di sapere che L. helveticus sia un batterio lattico, quindi un GRAM positivo, quindi è un microrganismo omofermentante, che utilizza una fonte di carbonio come il lattosio e produce acido lattico. (si tratta di fermentazione omolattica) La riossidazione avviene sull'acido piruvico, nella riduzione da piruvato a lattato, dove interviene la lattato deidrogenasi. Il NADH si ossida e il piruvato si riduce. 68 Francesca Nasatti Streptococcus thermophilus è auxotrofo per la metionina e prototofo per l'acido aspartico. Quale dei due amminoacidi dovrò obbligatoriamente aggiungere in un terreno di coltura per garantire la crescita di S. thermophilus? (5 min) Questo microrganismo è un batterio lattico omofermentante. La risposta è la metionina perché auxotrofo significa che non è in grado di sintetizzarlo da solo. 9,5 x 10^7 UFC/ml --> concentrazione della sospensione iniziale, densità cellulare nei 10 g portati nei 100 ml. -- > moltiplico per 100 e ottengo 9,5 x 10^9 UFC --> divido per 10 g e ottengo 9,5 x 10^8 UFC/g Descrivi i batteri acetici e il loro metabolismo. (5 min) Sono GRAM negativi e aerobi obbligati. Eccetera Descrivi la spora batterica e le caratteristiche dei batteri sporigeni. (5 min) Rispondo in ordine con le richieste. 69 Francesca Nasatti Collegamento tra il genere, il fatto che siano sporigeni e aerobi o anaerobi perché ciò consente di individuarli nelle varie categorie di alimenti. Una caratteristica comune delle spore è la resistenza termica, motivo per cui le cerco nei prodotti trattati termicamente. Per eliminarle non è sufficiente la pastorizzazione ma è necessaria la sterilizzazione. La descrizione della storia deve contenere anche l'informazione dell'accumulo di Sali di dipicolinato di calcio perché sono quelli che conferiscono la resistenza termica. GENETICA MICROBICA Fenotipo: l'insieme dei caratteri che l'individuo manifesta: dipende dal suo genotipo, dalle interazioni fra geni e anche da fattori esterni; dunque può variare. Ciò che il microrganismo mostra all'esterno, cosa fa, la sua attività metabolica, la sua morfologia, ciò che viene espresso, codificato a livello genetico, ma che si vede come risultato di un processo che prevede che l'informazione genetica venga prima trascritta e poi tradotta. Genotipo genotipo di un individuo è dato dal suo corredo genetico, è ciò che è "scritto" nel DNA contenuto nel nucleo di tutte le sue cellule ed è quindi immutabile. Tutto ciò che è informazione utilizzata e già espressa, manifestata. Le informazioni sono localizzate sui cromosomi. Il cromosoma può essere un filamento lineare o uno circolare. Nella maggior parte dei batteri è presente il cromosoma circolare (polimero chiuso). In alcune specie batteriche si hanno cromosomi lineari. Nella maggior parte dei batteri il cromosoma è singolo, non è presente in coppia. Quando si parla di eucarioti, invece, i cromosomi sono più di uno, normalmente si trovano in coppia. Nei cromosomi/ nel cromosoma (se si parla di specie batteriche) si trova tutta l'informazione genetica che serve alla vita e alla sopravvivenza di una determinata specie microbica (effettuare le attività metaboliche, duplicarsi, svolgere le funzioni vitali principali). Nel cromosoma si identifica il polimero (DNA) che contiene tutte le informazioni per la sopravvivenza della cellula. 70 Francesca Nasatti Nella cellula si può avere altro materiale genetico, che prende il nome di elementi plasmidici. I plasmidi sono del materiale genetico di dimensioni sempre più piccole del cromosoma. Possono essere anch'essi in forma circolare o lineare. Su queste molecole si trova l'informazione che non è necessaria alla sopravvivenza della cellula (DNA accessorio) (nella slide nel riquadro azzurro-si riferisce solo a plasmide, non anche a cromosoma). Un'informazione accessoria che può essere presente su molecole plasmidiche può essere la capacità di utilizzare zuccheri non comuni (non glucosio o fruttosio ma saccarosio, maltosio, raffinosio), di trasportarli all'interno, avere delle glicosidasi (enzimi che rompono i legami glicosidici tra disaccaridi, trisaccaridi presenti nell'ambiente) --> vantaggio per la cellula che possiede questa attività enzimatica (ma non essenziale per la vita della cellula). I plasmidi possono trovarsi in più copie nella stessa cellula. Durante la divisione cellulare, mentre il cromosoma deve duplicarsi, deve essere presente in entrambe le cellule che derivano dalla divisione binaria, i plasmidi possono ripartirsi fra le due cellule in modo casuale: il cromosoma segue una segregazione, viene ripartito nelle due cellule durante la mitosi; il materiale genetico accessorio non segrega (non avviene una ripartizione uguale). Il cromosoma è una molecola polimerica di DNA e l'informazione all'interno di questa molecola viene organizzato sotto forma di strutture che prendono il nome di geni. I ribosomi si occupano di costruire le proteine. Escherichia coli è un enterobatterio, bastoncino GRAM negativo, fermentazione acidomista. Ha un cromosoma circolare (filamento molto complesso e superavvolto): è una macromolecola che contiene moltissime informazioni, che può stare dentro la cellula grazie a superavvolgimenti che compattano la molecola di DNA. 71 Francesca Nasatti Il DNA si misura utilizzando come unità di misura non una grandezza lineare ma con una sigla: pb (paia di basi). Ci sono tante differenze di dimensioni dei genomi batterici perché dipende dalla specializzazione di una determinata specie nell'essersi adattata ad un particolare ambiente piuttosto che a tanti ambienti diversi o ricchi di sostanze diverse: se un microrganismo si è adattato a vivere in un unico ambiente, le info che possiede sul suo cromosoma si riferiscono alla capacità di vivere in quell'unico ambiente, quindi sono di meno di quelle presenti nel DNA di un batterio ubiquitario. Tutto ciò che c'è sul cromosoma di un essere vivente è identificato come geni, unità che codificano per qualcosa di necessario. Con l'evoluzione delle specie, si sono trovate, nel DNA, sempre più regioni non codificanti, porzioni di DNA che apparentemente non contengono nessuna informazione. Nell'uomo, il 90% dell'informazione genetica non ha una funzione nota. La lettura del DNA ha consentito di classificare microrganismi e forme viventi in un modo più preciso. La struttura del DNA è stata scoperta nel 1953 da W. E C. Il polimero di DNA è un'alternanza di nucleotidi tenuti insieme da legami fosfodiestere (nel cerchio beige). Allo zucchero è legata la base azotata, che sporge all'interno nel filamento, affacciandosi alla base azotata presente sul filamento antiparallelo. Le basi azotate interagiscono tra di loro formando legami H in modo selettivo (tra basi azotate complementari). La denaturazione di una proteina, cioè la perdita della struttura terziaria e quaternaria, fino ad arrivare allo svolgimento del filamento è, generalmente, un processo irreversibile. Con denaturazione del DNA si intende la rottura dei legami H, che può avvenire tramite un processo che passa attraverso una parziale denaturazione (melting), fino ad arrivare alla separazione dei singoli filamenti. A differenza delle proteine, è un processo 72 Francesca Nasatti completamente reversibile: tornando nelle condizioni originali, i filamenti si riappaiano sfruttando la complementarietà delle basi. Il DNA è una molecola solubile in acqua, nonostante le dimensioni. Ciò avviene essendo una molecola molto ricca di legami fosfodiesterici (due per ogni coppia di paia di basi) e di zuccheri che espongono degli ossidrili. Il modo più semplice per rompere i legami H in una soluzione acquosa è aumentare la temperatura. In questo processo non si rompono mai i legami covalenti fosfodiesterici tra i nucleotidi (così come, denaturando una proteina, non si rompono i legami peptidici). I primi legami H che si rompono sono quelli tra A e T, perché ce ne sono solo due (bisogna fornire meno energia). La curva disegnata è detta curva di melting e rappresenta l'andamento della densità ottica della soluzione acquosa di DNA, man mano che aumenta la temperatura, misurata alla lunghezza d'onda di 260 nm - spettrofotometro. Parallelo con le proteine: si quantificano, con lo spettrofotometro, alla lunghezza d'onda di 280 nm. Ciò significa che la proteina assorbe quella lunghezza d'onda più di altre, in soluzione acquosa. Per il DNA, significa che la densità ottica a 260 nm sarà tanto più elevata tanto maggiore è la quantità di DNA sciolta in soluzione acquosa. La curva di melting è un'asigmoide: una delle proprietà della molecola di DNA è che man mano che aumenta la capacità di assorbire a una lunghezza d'onda di 260 nm, i due filamenti si separano (i due filamenti singoli assorbono di più dei filamenti uniti da legame H). Quando l'asigmoide si appiattisce, i due filamenti sono completamente separati. La Tm è la temperatura alla quale la molecola di DNA è per metà denaturata e per metà appaiata. 73 Francesca Nasatti Dopo aver scaldato a temperature che assicurano la completa denaturazione (prossime ai 100 gradi), se abbasso la temperatura ad una T che consente una rinaturazione (es. 25 gradi), la densità ottica segue una curva di riassociazione, ad indicare che la denaturazione è un processo reversibile. L'asigmoide descrive la denaturazione. Da quale microrganismo posso avere due asigmoidi? Dagli eucarioti: la cellula eucariota è compartimentata, e questa compartimentalizzazione deriva da un'evoluzione di natura simbiotica (una cellula dentro l'altra). Gli organelli che sono l'evidenza dell'avvenimento di questa evoluzione sono i mitocondri: il DNA mitocondriale, anche se sta nella cellula eucariota, ha caratteristiche comuni al DNA dei batteri, quindi non ha lo stesso contenuto di G e C del DNA cromosomale. Il microrganismo in questione è un lievito, eucariota, che possiede DNA mitocondriale, diverso da quello dei cromosomi. Quando si ha un andamento di questo tipo (due asigmoidi) significa che sono presenti due DNA diversi nella cellula. Più è elevata la concentrazione salina della soluzione in cui è sciolto il DNA, più si stabilizza la molecola di DNA e i legami H tra i due filamenti. La replicazione del DNA, quindi la duplicazione del cromosoma microbico (ma questo meccanismo avviene anche nelle nostre cellule) nella divisione cellulare. Parlando di batteri si ha la scissione binaria. 74 Francesca Nasatti La divisione avviene in condizioni ottimali con tempi di generazione intorno ai 20/30 minuti per i microrganismi di interesse alimentare, tempi più lunghi per microrganismi ambientali. Se il cromosoma è circolare (rappresentato nella slide con linee intere che rappresentano i due filamenti del cromosoma, e linee tratteggiate che rappresentano le copie che si stanno formando). Ciò che è necessario, ogni volta che avviene una duplicazione del DNA, è una denaturazione dei filamenti in un punto preciso, una rottura dei legami H che li tenevano uniti, che garantisce l'inizio della fase di sintesi della nuova molecola di DNA. Il punto in cui origina e parte la replicazione del DNA prende il nome di origine di replicazione (Ori), punto in cui il cromosoma è facilmente denaturabile. In quella regione si avrà, quindi, una prevalenza di adenina e timina. Ovviamente, la denaturazione durante la replicazione del DNA non ha origine termica ma è gestita da enzimi: alcune proteine specifiche si legano al filamento di DNA e esercitano, attraverso il loro legame, una forza tale da rompere i legami H. l'enzima elicasi svolge la doppia elica del DNA. La denaturazione è necessaria per consentire all'enzima che si occupa di costruire il nuovo filamento di poterlo fare. Altissima fedeltà nel modo con cui il cromosoma viene duplicato. È molto importante che la duplicazione dell'informazione genetica contenuta nel microrganismo sia mantenuta, ma contempla un errore ogni 10^10 nucleotidi per permettere l'evoluzione. Nessuna specie, infatti, è fissa nel tempo dal pdv dell'informazione genetica, esiste un livello di variabilità che garantisce l'evoluzione. Un errore nella duplicazione del DNA può non avere nessuna ricaduta sul fenotipo; può avere un effetto negativo, ovvero annulla una delle caratteristiche, attività che aveva quel microrganismo--> la nuova cellula che porta quell'errore può non essere più in grado di svolgere qualche funzione; può portare un vantaggio, ad esempio, può migliorare l'abilità catalitica di un enzima e quindi aumentarne l'efficienza. 75 Francesca Nasatti Questi errori prendono il nome di mutazione. Il fatto che una mutazione sia favorevole o venga mantenuta, cioè diventi parte del cromosoma di un organismo diverso da quello da cui deriva, cioè il successo di un errore, dipende esclusivamente dall'ambiente in cui si trova il microrganismo che ha quell'errore. L'ambiente esercita una pressione selettiva. Gli errori creano dei cambiamenti, ed è l'ambiente che decide quali errori possono avere un vantaggio o meno. I meccanismi di duplicazione possono essere utilizzati in provetta, hanno dei risvolti applicati. Il substrato della DNA polimerasi è un filamento di DNA a cui si è appaiato un filamento di RNA (primer). La molecola di DNA è idrofila, ma diventa insolubile in acqua quando le cariche negative del fosfato vengono protonate. Ciò è possibile abbassando il pH: a pH acido è possibile protonare l'ossigeno carico negativamente del fosfato. L'acidificazione, però, non è il metodo più opportuno per precipitare queste macromolecole perchè si rischierebbe di rompere la molecola di DNA --> si fa ciò che si fa per fare precipitare le proteine in una soluzione acquosa, ovvero si rende insolubile il soluto sottraendo acqua di solvatazione (si altera la forza ionica), ad esempio aumentando la concentrazione salina: le proteine non sono più in soluzione e precipitano. Si ha lo stesso effetto disidratante aggiungendo etanolo, ed è ciò che si fa nel caso del DNA. L'informazione presente nel DNA diventa un fenotipo attraverso due passaggi fondamentali: la trascrizione e la traduzione. 76 Francesca Nasatti Il gene è un'unità codificante per un'informazione precisa. I passaggi di flusso dell'informazione (trascrizione e traduzione) possono influenzare l'entità con la quale l'informazione contenuta nel DNA viene espressa e rappresentata fenotipicamente. Per il gene A, ci sono diverse molecole di RNA che derivano da questo gene, e ciascun RNA viene tradotto nella proteina che codifica. Nel gene B c'è un unico RNA e un'unica molecola proteica di tipo B. --> ci sono dei meccanismi che regolano l'entità con la quale avvengono la trascrizione e la traduzione. Di conseguenza, le due informazioni codificate a livello genico possono diventare un'espressione fenotipica in quantità differente. Questo meccanismo di regolazione del flusso dell'informazione è utilizzato dalle cellule per rispondere in maniera appropriata agli stimoli ambientali. Ad esempio, se un microrganismo ha a disposizione nell'ambiente un determinato zucchero, è necessario che possa usufruire di quella fonte di carbonio nel modo più rapido possibile, quindi che possa internalizzarla con molta efficienza--> significa avere molte copie delle proteine coinvolte nel sistema di trasporto di quello zucchero localizzate nella membrana cellulare. Analogamente, c'è bisogno di molte copie degli enzimi glicolitici affinchè il catabolismo di quella fonte di carbonio avvenga in maniera efficiente. Questo zucchero può essere il lattosio nel caso dei batteri lattici. Necessario avere tante copie del gene codificante per la lattato deidrogenasi, l'enzima che catalizza la reazione di ossidoriduzione dell'acido piruvico a dare acido lattico o la contemporanea riossidazione del NADH nella fermentazione omolattica. Ci sono altre situazioni in cui non si ha la necessità di avere grosse quantità della proteina codificata da un determinato gene. 77 Francesca Nasatti Anche in questo caso si può fare riferimento al lattosio, zucchero del latte, il microrganismo si trova nel latte, ma il latte non è il suo ambiente esclusivo, è un ambiente transiente (magari si trova lì perché deriva dall'epidermide della mammella della bovina da latte). Il microrganismo del latte deve usufruire al meglio del lattosio, ma deve anche riservarsi la capacità di poter utilizzare un altro zucchero, come il saccarosio (il più comune presente nei vegetali) --> produce una minima quantità del corredo enzimatico necessario per utilizzare il saccarosio nell'eventualità che cambi l'ambiente in cui si trova. --> l'informazione genetica contenuta nei geni non viene trascritta e tradotta per tutti i geni nello stesso modo, ma esiste un sistema di regolazione che deve essere veloce ed efficiente al fine di garantire la sopravvivenza dei microrganismi ai cambiamenti dell'ambiente in cui si trovano. Non tutta l'informazione viene trascritta simultaneamente, ma vengono trascritti solo quei blocchi di informazione che servono in quel momento alla cellula. Struttura secondaria dell'RNA La molecola di RNA ha la caratteristica di poter formare una struttura secondaria (lezione 1, pagina 7), sempre tenuta insieme da legami H, sempre conseguente all'appaiamento di basi azotate complementari. È una struttura secondaria di tipo intramolecolare (nel caso del DNA sono due filamenti, quindi due molecole), stabile (una volta sintetizzato, l'RNA assume un'unica struttura secondaria). La struttura secondaria è stabilizzata dai legami H tra le basi complementari. Un unico filamento può formare con sé stesso delle zone a doppio filamento. TRASCRIZIONE La regione promotore non è all'interno del gene. Ci sono delle sequenze nucleotidiche che garantiscono l'interazione perfetta tra la RNA polimerasi e queste sequenze. 78 Francesca Nasatti Fattore sigma: proteina che si lega, insieme alla RNA polimerasi, alla regione promotore e garantisce che quel gene venga trascritto (e non altri) Lezione 10 pagina 11: Le sequenze -10 e -35 sono delle sequenze corte di nucleotidi posizionate 10 e 35 nucleotidi prima del primo nucleotide che verrà trascritto in RNA. Le regioni evidenziate in verde hanno delle sequenze più o meno uguali in tutti i geni e vengono riconosciute in maniera specifica dall'RNA polimerasi. Le sequenza in rosa sono complementari se leggo la prima da dx a sx e la seconda sa sx a dx: se quel filamento si separasse dall'altro e venisse ripiegato, quelle due regioni si appaierebbero per complementarietà formando una struttura secondaria intramolecolare analoga a quella che può formare l'RNA, che crea un ostacolo per l'RNA polimerasi (che sta denaturando il DNA), che deve staccarsi. La dimensione media di un gene è 1000-1500/3000 pb. Le dimensioni di un genoma sono, nei batteri più piccoli, 1,5/2 milioni pb e nei batteri più grandi 4/5 milioni pb. Negli eucarioti, la trascrizione avviene nel nucleo. L'mRNA esce dal nucleo attraverso i pori nucleari per raggiungere il citoplasma. 79 Francesca Nasatti Tra procarioti ed eucarioti, oltre alla compartimentazione cellulare, cambia anche il modo in cui viene compattata l'informazione nei due genomi: -Nei procarioti si può avere la sintesi di un unico mRNA in cui sono contenute le informazioni di più geni diversi, che codificano ognuno per una proteina diversa. Questi geni sono disposti uno di fianco all'altro per poter avere un unico mRNA. Questo succede, ad esempio, quando le informazioni contenute in quei geni servono a costruire proteine che svolgono attività in maniera consequenziale. Questa organizzazione trascrizionale prende il nome di operone, un unico RNA per diversi geni. Nel genoma procariota, l'informazione codificante si trova in un unico gene, sequenza continua di nucleotidi senza interruzioni che, trascritta in RNA e poi tradotta, dà origine alla proteina codificata da quel gene. -Negli eucarioti non c'è questa organizzazione trascrizionale in operoni. L'RNA eucariota è diverso: il pirofosfato 5' è legato a una guanina metilata (cappuccio di metilguanosina); inoltre, l'estremità 3' è costituita da poliadenina, presente negli eucarioti perché l'mRNA deve superare la membrana nucleare: la poliadenina interagisce con una proteina che lega la regione dei pori nucleari e aiuta il trasporto al di fuori della membrana nucleare.55 Negli eucarioti, il gene è caratterizzato da esoni ed introni, quindi regioni codificanti e non. L'RNA deve subire un'eliminazione delle regioni corrispondenti agli introni in un meccanismo detto splicing. Non tutti gli RNA vengono tradotti in proteina (tRNA, rRNA) --> esistono dei geni che codificano per degli RNA e che, quindi, non codificano per nessuna proteina, non c'è traduzione in proteina, perché è l'RNA che svolge la funzione catalitica, cioè di sintesi della proteina (questi geni sono fondamentali per la vita della cellula - al contrario, non tutti i geni che codificano per le proteine sono fondamentali). 80 Francesca Nasatti Il DNA è una molecola molto stabile, cioè sopravvive a lungo fuori dalla cellula prima di subire processi di idrolisi e degradazione di natura chimica e enzimatica. È una molecola molto robusta. L'RNA è una molecola più fragile, dentro la cellula ha emivita breve perché viene trascritto, utilizzato nel caso serva per la sintesi delle proteine: se è mRNA viene tradotto in proteina, dopodiché viene immediatamente degradato perché non ha più utilità. -->in termini pratici, se si vogliono studiare i livelli di produzione di RNA di un microrganismo, bisogna utilizzare tecnologie che preservino il più possibile l'RNA dai processi di degradazione. L'RNA si degrada facilmente per opera di enzimi, le RNAsi, che si trovano anche sulla superficie della nostra epidermide a seguito del microbiota che si trova sull'epidermide --> si lavora con guanti, acqua purificata. La degradazione dell'RNA nella cellula è conseguente al fatto che serve esprimere l'informazione che si trova nel genoma (DNA) per rispondere a uno stimolo ambientale. Serve un'opportuna traduzione per passare da un linguaggio a 4 basi a un linguaggio a 20 amminoacidi. È molto più semplice estrarre DNA dalla cellula, è più stabile, quindi le tecniche di estrazione del DNA dalle matrici biologiche sono più facili da impiegare e hanno meno problematiche. Codice genetico Generalmente, ciò che cambia nella sequenza delle basi azotate è la terza posizione. Ciò è vero per molti amminoacidi, tranne alcuni come l'arginina, la serina, la leucina, dove si hanno triplette che non mantengono le prime basi azotate. Metionina e triptofano sono codificati da una sola tripletta. Per individuare l'inizio di un gene sul DNA basta individuare la sequenza ATG, perché il primo amminoacido di ogni proteina è una metionina, quindi i geni che codificano per una proteina iniziano tutti con la tripletta ATG. Gene: sequenza non interrotta di triplette codificanti amminoacidi. Un gene ha un inizio e una fine: deve terminare con una tripletta che non codifica per nessun amminoacido. 81 Francesca Nasatti Considero due generi e due specie diverse di microrganismi, come L. delbrucki e S. thermophilus. Sono più simili i geni che codificano per gli rRNA o i geni codificanti la proteina lattato deidrogenasi? Sono più simili i geni codificanti gli rRNA, perché una proteina può essere espressa da triplette diverse di basi azotate (il codice genetico è degenerato, quindi la sequenza del gene in specie diverse può essere diversa). Sostituendo un amminoacido con un altro della stessa classe, non cambia l'attività dell'enzima --> i gradi di libertà a livello di sequenza di DNA sono ancora maggiori, perché non solo ho più triplette che codificano per un amminoacido, ma posso anche sostituire un amminoacido con un altro. Tutto ciò non succede con l'RNA, c'è meno possibilità di variazione. L'RNA può formare una struttura secondaria, tenuta insieme da un appaiamento di basi azotate in funzione della loro complementarietà --> la struttura che assume è fondamentale perché, se cambiata, si perde la funzionalità dell'RNA. Il gene che codifica per rRNA e tRNA non sono identificati con la sequenza ATG nella prima posizione, perché l'ATG codifica per l'amminoacido metionina. L'rRNA ottenuto deve necessariamente assumere una struttura secondaria intramolecolare in cui ci sono regioni dove si formano legami H (arancione) e regioni dove non si formano (verde). I legami H stabilizzano la struttura secondaria della molecola. Il ribosoma è costituito da rRNA. Gli rRNA si assemblano in questa macchina molecolare solo se mantengono la loro struttura. Perché ciò accada è fondamentale che la sequenza di nucleotidi sia tale da garantire la struttura secondaria --> se avviene un cambiamento nella sequenza di un gene che codifica per rRNA, alcuni nucleotidi più avanti sullo stesso filamento devo avere una sostituzione che compensa la prima, se no si perde la struttura secondaria, ma la probabilità che ciò avvenga è molto bassa; questo fa sì che tutti i geni ribosomiali si definiscano altamente conservati (hanno quasi la stessa sequenza) in tutti gli organismi viventi. Questi geni devono sostenere la sintesi delle proteine, perché sono i responsabili della costruzione del ribosoma, e il fatto che funzionino grazie ad una struttura secondaria di un certo tipo, che deve essere mantenuta per fare funzionare il ribosoma. Se il ribosoma non funziona non avviene la sintesi proteica e la cellula non può vivere: le variazioni di sequenza di questi geni che interferiscono su una struttura secondaria funzionale sono letali. 82 Francesca Nasatti Questi cambiamenti sono detti mutazioni, cioè gli errori della DNA polimerasi. È più frequente che la RNA polimerasi compia un errore nella sequenza delle basi tra le quali non si formano legami H, in questa regione le basi possono essere sostituite senza grossi problemi. Albero filogenetico: più è diverso il gene ribosomale tra due specie, più queste specie sono evolutivamente lontane, perché solo l'evoluzione può garantire in termini di tempo che un evento molto raro possa verificarsi, cioè che la sostituzione di una base azotata venga compensata esattamente da una mutazione complementare nella stessa molecola poche posizioni più avanti. Se le differenze osservate tra due specie più vicine sull'albero filogenetico (A e C), significa che le differenza sono localizzate sulle regioni dove è più facile che avvenga una variazione di sequenza senza che ci siano effetti sulla struttura della molecola. I geni ribosomali vengono anche detti orologi molecolari: più sono diversi tra due organismi, più questi ultimi sono lontani in termini evolutivi. Carl Woese intuendo questo concetto, ha trovato un modo per confrontare tra loro tutti gli esseri viventi attraverso una cosa comune, cioè la sequenza dei geni ribosomali (sono 3). Quando si deve procedere all'identificazione di un microrganismo, si estrae il DNA e si ottiene il gene ribosomale per sapere di quale organismo si tratta. 83 Francesca Nasatti Grado di similarità delle sequenze nucleotidiche di geni c he codificano per un determinato amminoacido in diverse specie --> a fronte dello stesso enzima codificato in un GRAM negativo e in un GRAM positivo (ad esempio), nonostante la proteina sia molto simile e abbia siti catalitici quasi identici, quindi la sequenza amminoacidica possa essere molto simile, grazie alla degenerazione del codice genetico le sequenze nucleotidiche dei geni che codificano per questa proteina nelle due specie diverse sono potenzialmente molto diverse. I geni che codificano per gli rRNA: in questo caso, i geni che codificano lo stesso rRNA ma di specie diverse hanno sequenza molto simile perché non c'è un passaggio da un linguaggio a 4 a uno a 20. TRADUZIONE Lezione 10 pagina 24. in funzione del punto di inizio della lettura delle triplette e la loro traduzione, si possono avere tipologie di letture diverse. Ho un'unica sequenza nucleotidica ma sono indicate tre diverse ipotesi di traduzione (frame di lettura). 84 Francesca Nasatti Il gene, una volta identificato, ha un unico ordine di lettura, quindi ordine di successione delle triplette che codificano per gli amminoacidi. Però, quando si ricerca il gene bisogna cercare tutte le possibili varianti codificanti: esse sono 3 per ciascun filamento di DNA. L'RNA ha emivita molto breve. Nei lieviti (eucarioti) sono pochissimi (forse assenti) i geni organizzati in introni ed esoni. Hanno un'organizzazione come quella dei procarioti. MODIFICAZIONI POST-TRADUZIONALI La proteina neosintetizzata può essere, ad esempio, tagliata da delle proteasi per essere attivata. Modificazione post-traduzionale è tutto ciò che la proteina subisce dopo la sintesi ribosomiale. Fosforilazione: processo che avviene su alcune proteine deputate ad un sistema di trasporto degli zuccheri, ovvero il sistema fosfoenolpiruvato fosfotransferasico. Costituito da componenti proteiche intracellulari che sono fosfotransferasi (si fosforilano e trasferiscono fosforilazione tra loro). MUTAZIONI Possono avvenire a seguito di una divisione cellulare e possono essere mantenute o meno dalla generazione successiva, cioè dalla cellula che la ospita. Le mutazioni hanno diverso peso. Quelle che vanno a cadere negli organismi aploidi (un cromosoma in singola copia, ogni gene è in singola copia ad esclusione di quelli ribosomiali, che si trovano in tante copie dei geni che codificano per gli RNA che costituiscono i ribosomi). Se si cambia anche un solo nucleotide, cambia l'amminoacido che viene codificato (rimando ai 3 frame di lettura). 85 Francesca Nasatti Nel caso di inserzione o delezione si ha sempre un'alterazione del frame di lettura. Nel caso di trasversioni e transizioni, nella migliore delle ipotesi, si può avere, siccome il codice genetico è degenerato, un cambiamento di tripletta ma non di amminoacido codificato. Oppure si ha un cambio di amminoacido: si ottengono proteine che possono o meno mantenere (o migliorare o peggiorare l'attività) la propria funzione nonostante il cambio di amminoacido. È l'ambiente a selezionare i mutanti che hanno le migliori capacità di stare in quel determinato ambiente. È anche possibile avere l'inserimento di una tripletta che inizialmente codificava per un amminoacido, che grazie alla mutazione diventa una tripletta di stop. Le mutazioni possono non avere effetti oppure avere anche effetti deleteri. Se una mutazione ha un effetto negativo, ad esempio interferisce sulla sequenza del gene ribosomiale rendendo il ribosoma non funzionale, non è possibile verificare la mutazione letale, perché il microrganismo che contiene quella mutazione non è in grado di moltiplicarsi, non ha una sintesi proteica, quindi non c'è la possibilità di avere dei mutanti da cui estrarre il DNA e verificare il tipo di mutazione avvenuta. Se la mutazione è letale non può essere osservata. Le mutazioni visibili sono quelle che garantiscono la sopravvivenza del microrganismo che le ha ricevute. La mutazione nel DNA si ripercuote come sequenza nell'RNA, che non sarà più letto correttamente dall'amminoacil-tRNA adeguato (cambia la tripletta codificante). Le mutazioni sono fondamentali nei processi evolutivi, senza mutazioni non ci sarebbero meccanismi evolutivi. Le mutazioni avvengono regolarmente in tutti gli organismi viventi. Le mutazioni che garantiscono una maggiore efficienza vengono selezionate, quindi l'organismo che le ospita viene selezionato dall'ambiente e dalle condizioni ambientali. 86 Francesca Nasatti Grazie a questi meccanismi si può favorire l'insorgere di mutazioni per cercare di migliorare le caratteristiche tecnologiche di alcuni batteri utilizzati per le produzioni casearie. Queste mutazioni indotte naturalmente (accelerando un processo naturale) non sono considerate sistemi per creare microrganismi ricombinati, ma sono considerate un'evolversi naturale della popolazione, di conseguenza sono strumenti del tutto leciti. Sono strategie di miglioramento genetico che non utilizzano mezzi molecolari sofisticati, ma sfruttano il normale evolversi di mutazioni casuali nel genoma dei microrganismi. I VIRUS Non possono essere definiti organismi viventi, sono entità biologiche, necessitano di un ospite per potersi replicare. Sono entità biologiche dotate di un genoma virale, che può essere di diversa natura (a DNA o RNA). I virus hanno dimensioni molto più piccole (si scende di 3 ordini di grandezza, nanometri, 10^-9 metri) di quelle dei batteri (unità di misura micron, 10^-6 metri). È quindi impossibile visualizzarli a occhio nudo. Per i batteri è possibile utilizzare un microscopio ottico, mentre per poter fotografare i virus è necessario un microscopio elettronico, cioè che raggiunga fino a 100/150 mila ingrandimenti. L'envelope non è una membrana cellulare codificata dal genoma virale ma deriva dalla membrana cellulare delle cellule che il virus infetta. Uscendo dalla cellula, le particelle virali vengono avvolte dalla membrana. Il virus agisce infettando delle cellule ospiti con il proprio materiale genetico, che viene liberato all'interno della cellula ospite a svolgere una serie di azioni. 87 Francesca Nasatti I virus sono in grado di replicare se stessi, e quindi determinare un'infezione, solo quando riescono ad utilizzare gli strumenti molecolari della cellula --> il virus non possiede un citoplasma, non ha una membrana di rivestimento. Anche nel caso di batteri rivestiti da envelope, all'interno non si crea un ambiente in cui avvengono attività enzimatiche o altro, è solo un rivestimento. Perché ci siano attività metaboliche codificate dal genoma virale bisogna entrare dentro una cellula. CICLO DI MOLTIPLICAZIONE VIRALE Ciclo litico Affinchè si possa svolgere un'infezione virale nei confronti di una cellula (sia eucariote che procariote). Anche i batteri possono essere infettati dai virus (questi virus vengono chiamati batteriofagi, significa che mangiano i batteri, si ha la lisi della coltura microbica). 1. La prima fase richiede che la particella virale, nell'ambiente extracellulare (quindi nella sua struttura con capside, eventualmente complessa con la coda) interagisca e venga assorbita sulla superficie esterna della cellula bersaglio. Questa è la prima fase di interazione tra il virus e il suo ospite. Se qualcosa interferisce in questo primo step è un meccanismo utile alla ospite per difendersi da un'infezione virale. cellula 2. Il materiale genetico del batteriofago viene iniettato all'interno della cellula ospite. Il DNA contiene le informazioni necessarie a replicare se stesso e costruire nuove particelle virali. Le dimensioni del genoma di un batteriofago vanno dalle 30mila alle 50mila paia di basi. Molto lontane dalle dimensioni di un genoma batterico. (2-3 milioni pb). La prima informazione codificata a livello del DNA virale è quella per le attività enzimatiche che sono in grado di degradare, o meglio idrolizzare, il DNA microbico. 88 Francesca Nasatti Sono gli enzimi della cellula (RNA polimerasi, ribosomi) a leggere il DNA virale e sintetizzare le proteine che sintetizzano il DNA batterico. 3. Il DNA dell'ospite viene digerito, e, di conseguenza, si ha l'inattivazione di tutte le capacità che la cellula può manifestare dal pdv fenotipico (ho annullato ciò che è contenuto come informazione nel genoma). 4. Il DNA virale si replica. 5. Vengono sintetizzate anche le proteine del rivestimento (capside) e della struttura completa di rivestimento del virus, che si autoassemblano attorno al genoma virale e che costituiranno nuove particelle virali. 6. Lisi della cellula: morte La fase di uscita dalla cellula richiede la produzione di due attività enzimatiche codificate dal genoma virale: -una destinata a destrutturare la membrana cellulare della cellula ospite (enzima: olina, da "hole", forma pori sulla membrana cellulare) -la seconda serve a rompere la parete batterica (lisina, una peptidoglicano idrolasi) --> grazie a queste due attività, le particelle virali riescono a fuoriuscire dalla cellula ospite e sono disponibili per iniziare un nuovo ciclo litico (litico perché determina la lisi della cellula infettata). I virus che infettano i batteri utilizzando questo processo (ciclo litico) vengono chiamati virus litici. Essi sono un problema in tutti i processi di fermentazione (guidati da microrganismi), perché non si ha il completamento del processo fermentativo: perdita economica, non si ha nessun prodotto alla fine del processo. 89 Francesca Nasatti Ciclo lisogeno Esistono dei virus che hanno un ciclo di tipo lisogeno. Nel terzo step, dopo l'iniezione del materiale genetico virale, invece di avere la degradazione del DNA dell'ospite, si ha l'integrazione del DNA virale nel cromosoma batterico. Questo processo viene detto processo di integrazione . Il batteriofago in questa forma prende il nome di profago. Il microrganismo, quando ne ha la possibilità, cresce, divide le sue cellule e si moltiplica. Durante questa fase avviene anche la moltiplicazione del DNA, quindi viene replicato anche il DNA virale integrato nel cromosoma del microrganismo. --> il virus ottiene il moltiplicarsi del proprio DNA virale senza avere effetti negativi sulla sopravvivenza della cellula ospite. In determinate condizioni può succedere che il profago vada ad excidersi (processo inverso all'integrazione): fuoriesce dal cromosoma e si passa al ciclo litico. Il fago lisogeno infetta la cellula, che non mostra sintomi dell'infezione. Il batteriofago rimane quiescente finchè le condizioni ambientali fanno scatenare il meccanismo dell'excisione e l'instaurarsi del ciclo litico. Questo succede quando il microrganismo si trova di fronte a delle condizioni di stress nutrizionale o ambientale, quindi condizioni in cui non riesce a moltiplicarsi in maniera adeguata. --> è come se la particella virale sentisse che il suo ospite non è più in grado di gestirla e di mantenerla durante le divisioni cellulari e decidesse di instaurare un ciclo litico per avere la possibilità di infettare altri ospiti, che sono più proni a mantenere il suo genoma nel tempo. A livello industriale, quando si devono selezionare ceppi batterici per applicazioni di tipo alimentare (o di qualsiasi altro tipo) è necessario effettuare degli screening genetici al fine di capire se il ceppo batterico usato per la produzione è un ceppo che ospita un profago. Se è cosi, può succedere che esso excida e instauri un ciclo litico. 90 Francesca Nasatti Ci sono una serie di applicazioni dei batteriofagi che sono considerate positive (di solito negative perché determina la morte della cellula ospite). Ad esempio quando l'ospite non è un batterio che ha interesse positivo dal pdv delle applicazioni tecnologiche, ma è, ad esempio, un microrganismo patogeno. È uno strumento che può essere utilizzato per controllare la sua diffusione (i virus che infettano i batteri non infettano l'uomo, sono specifici). I batteriofagi hanno un altro risvolto positivo: sono utilizzati per favorire il processo di lisi, ad esempio, durante il processo di maturazione dei formaggi , al quale partecipano enzimi del caglio ed enzimi contenuti nelle cellule batteriche utilizzate durante la fermentazione. Questi enzimi devono fuoriuscire per poter lavorare sulla matrice del formaggio, quindi è necessario un processo di lisi. Che può essere spontanea o indotta da infezioni di tipo fagico. Come si fa a contare i virus? Metodo analogo a uno dei modi con cui si contano i microrganismi (conta vitale). I virus sono molto piccoli, non crescono da soli (non formano colonie) se non quando infettano delle cellule. Per garantire la moltiplicazione della cellula virale devo avere le cellule ospiti, colture microbiche sensibili a quel determinato batteriofago. Agar soffice: terreno di laboratorio a cui non viene aggiunta la classica quantità di agar, che tende a solidificare, ma ne viene aggiunta la metà. Si aggiungono all'agar la sospensione virale e i batteri sensibili. Il terreno deve consentire la crescita del microrganismo. Se non ci sono cellule virali in grado di infettare le cellule batteriche, si ha solo la crescita del microrganismo, uniformemente distribuito sulla superficie della piastra, che rende opaco il terreno originariamente trasparente. 91 Francesca Nasatti Se ci sono delle particelle fagiche, esse trovano le cellule batteriche, le infettano, e, nei punti in cui sono presenti, il terreno torbido ritorna trasparente. (placche fagiche/di lisi, derivano da una singola cellula virale che, in quella zona, ha iniziato a infettare le cellule microbiche). Ogni cellula batterica che si lisa libera ulteriori virioni che infettano le cellule vicine. Questo processo consente di contare le cellule virali contenute ipoteticamente nella sospensione virale, contando le placche di lisi e svolgendo le stesse operazioni della conta vitale. Diluizioni. Unità di misura: ufp (unità formante placca). dsDNA: a doppio filamento (double strand) DIFESA DEI BATTERI DALL'ATTACCO DEI BATTERIOFAGI Ostacolando l'adsorbimento dei fagi, ad esempio con la produzione di polisaccaridi o proteine che rivestono la superficie della cellula, creando quindi un ostacolo fisico, un'interazione sterica tra la particella virale e la parete cellulare. L'ospite degrada il materiale genetico del fago. Come fa un'attività enzimatica in grado di idrolizzare il legame fosfodiestere tra i nucleotidi che costituiscono il DNA a distinguere il DNA batterico da quello virale? La sequenza di DNA in un virus non è la stessa in un cromosoma. Quando un enzima interviene nella degradazione di molecole di DNA (idrolasi), quell'enzima è in grado di tagliare qualsiasi DNA indipendentemente dalla sua sequenza, lavora in maniera aspecifica. Le differenze di DNA non si basano sulla sequenza, ma su ulteriori modifiche che vengono fatte sulla molecola di DNA (sistemi di modificazione): i microrganismi modificano il proprio DNA metilando alcune basi azotate. Questo fa si che un enzima prodotto dal microrganismo stesso sia in grado di degradare del DNA non metilato. Gli enzimi di restrizione tagliano il DNA ma in maniera specifica, solo quando vengono riconosciute determinate sequenze accomunate dal fatto che nel filamento complementare la sequenza è identica ma la leggo da destra a sinistra (sequenze palindrome, complementari speculari) . Es. TTGCAA (TTG e CAA complementari) TAGCTA filamento complementare ATCGAT 92 Francesca Nasatti Anche gli enzimi di restrizione sono sensibili alle metilazioni (non tagliano il DNA metilato). IL TRASFERIMENTO GENICO Quando si parla di microrganismi, questi hanno un sistema di riproduzione di tipo asessuato (procarioti), oppure, se si tratta di eucarioti, possono avere sia una crescita di tipo vegetativo (asessuata) che una riproduzione di tipo sessuato (quando si formano gameti). Questo meccanismo di riproduzione sessuata porta ad avere una ricombinazione del patrimonio genetico, la progenie ha un corredo cromosomico arricchito dal pdv dell'informazione genetica. Questo arricchimento, nei microrganismi che non hanno la riproduzione sessuata, non può esserci. In che modo possono acquisire informazione genetica questi microrganismi? -Un modo è legato all'accumulo di mutazioni. -Esistono anche altri meccanismi che consentono ai batteri, ma anche agli eucarioti, di acquisire e scambiarsi materiale genetico, indicati sotto il nome di trasferimento genico. Si parla di trasferimento genico orizzontale (HGT, horizontal gene transfer) per distinguerlo dal passaggio dell'informazione genetica di tipo verticale. Quello orizzontale consente il trasferimento tra due cellule (stessa specie o specie diverse, stesso genere o generi diversi). Quello verticale è quello che avviene dalla cellula iniziale alle due cellule figlie durante la divisione binaria. In un processo di trasferimento genico orizzontale esiste un'acquisizione, uno scambio di DNA eterologo (non proprio, dall'esterno). 93 Francesca Nasatti Trasformazione La cellula recupera il DNA dall'ambiente e diventa parte integrante del suo genoma. Il DNA presente nell'ambiente da dove può derivare? È una molecola resistente che può essere disponibile a interagire con delle cellule microbiche che si trovano in un preciso stato fisiologico, ovvero lo stato di competenza (la cellula è competente quando è pronta a ricevere informazioni sotto forma di sequenze nucleotidiche di DNA). Lo stato di competenza comporta che la cellula debba avere, sulla sua superficie esterna, delle proteine leganti il DNA, che lo intercettano e consentono di internalizzare la molecola di DNA (solo uno dei due filamenti, intervengono delle nucleasi che degradano uno dei due filamenti). Una volta che il filamento viene trasportato all'interno della cellula, questo può subire una degradazione per opera dei microrganismi di restrizione e modificazione (lo degradano perché lo considerano come DNA non proprio), oppure può andare incontro ad un fenomeno di integrazione, in cui intervengono le RecA proteine, che garantiscono che il DNA internalizzato venga integrato nel cromosoma batterico, che si arricchisce, la porzione di DNA diventa parte del genoma di quel microrganismo. È un processo che avviene in natura con frequenze piuttosto basse, ma è alla base dei meccanismi di evoluzione delle specie microbiche. È possibile indurre questo stato di competenza in laboratorio nei microrganismi e fare acquisire a essi del DNA esterno. Ottimo sistema di modifica genetica dei microrganismi utilizzati in laboratorio per studiarne la fisiologia o per migliorarne le loro performance dal pdv delle applicazioni industriali. Coniugazione 94 Francesca Nasatti È comune a diverse specie batteriche, diffuso sia per GRAM + che -. Affinchè avvenga questo processo è necessario che ci sia una vicinanza fisica tra due cellule e che una di esse contenga un plasmide coniugativo, ossia una molecola extra cromosomale, che però possiede, oltre a diverse informazioni genetiche utili per la cellula, anche le informazioni necessarie al suo trasferimento dalla cellula in cui si trova alla cellula ricevente. Nel caso di E. coli questi plasmidi sono stati definiti plasmide F. Alla fine si ottiene il trasferimento del plasmide coniugativo da una cellula a un'altra, insieme a tutte le informazioni che il plasmide può ospitare, che possono migliorare le condizioni di crescita e sviluppo delle cellule in un determinato ambiente. È sempre l'ambiente a determinare il successo dello sviluppo e la diffusione di cellule che hanno acquisito questi plasmidi. In una cellula possono essere presenti plasmidi di dimensioni diverse (sono sempre presenti in multicopie) e possono essere presenti anche plasmidi coniugativi. La coesistenza di un plasmide coniugativo insieme ad altre tipologie di plasmidi può far sì che le informazioni che il plasmide coniugativo ha per trasferire sé stesso vengano utilizzate anche per trasferire gli altri plasmidi (in questo caso il plasmide coniugativo prende il nome di plasmide helper). Esistono anche casi in cui il plasmide coniugativo è integrato nel cromosoma. Questa integrazione determina l'acquisizione del plasmide coniugativo e dei geni che sono presenti sul plasmide (es. e e d). La cellula ricevente, oltre a ricevere la porzione di DNA che corrisponde al plasmide coniugativo, che si excide dal cromosoma della cellula donatrice per trasferirsi alla cellula ricevente, può ricevere le regioni fiancheggianti la sua regione di integrazione (pezzi di DNA del cromosoma della cellula donatrice). In questo caso, la coniugazione è più efficiente. 95 Francesca Nasatti Trasduzione La cellula di E. coli subisce l'infezione di un fago, che instaura un ciclo litico, moltiplica il proprio genoma. Nell'assemblaggio delle particelle virali complete è possibile che venga trattenuto all'interno del DNA batterico al posto di quello virale. Se il batteriofago contenente il DNA batterico infetta un'altra cellula di E. coli ( cellula lac-, non possiede i geni che codificano per l'utilizzo del lattosio), trasferisce il suo DNA nella cellula e può integrarsi nel cromosoma. Operone lac: insieme dei geni organizzati in un'unica unità trascrizionale che codificano per l'utilizzo del lattosio. Si chiama trasduzione generalizzata perché è casuale quale porzione di DNA può finire nel capside di un batteriofago durante un ciclo litico. Come si fa a sapere se un microrganismo ha acquisito del DNA attraverso uno di questi sistemi di trasferimento genico orizzontale? Questa informazione si ricava attraverso un'analisi della sequenza del genoma dei microrganismi. Da qui si fa un'analisi della percentuale di guanina e citosina, che ha una rilevanza di tipo tassonomico, ovvero specie diverse possono avere un'uguale % di G e C nel DNA, ma se questa % tra due organismi è superiore al 7% si parla sicuramente di due organismi che appartengono a due specie diverse. Di conseguenza, se vedo che in certi blocchi questa % è più alta o più bassa della % media, si presuppone che in quelle regioni siano state acquisite per trasferimento genico orizzontale. --> si possono tracciare, attraverso un'analisi del genoma e una comparazione tra genomi, i vari passaggi di informazione che ci sono stati tra specie diverse nel corso dell'evoluzione. 96 Francesca Nasatti Questi meccanismi di scambio genico sono fondamentali affinchè avvenga un processo evolutivo, sono importanti perché aiutano a migliorare gli organismi dal pdv delle performance tecnologiche e nell'ambito alimentare, ma sono anche responsabili del trasferimento di geni potenzialmente pericolosi, cioè geni che codificano per antibioticoresistenze. REGOLAZIONE DELLA TRASCRIZIONE Guardare biochimica. La regolazione negativa avviene quando la cellula cresce in un ambiente privo dello zucchero lattosio. Sintesi di enzimi coinvolti nel catabolismo. Tra i geni non trascritti ci sono anche i geni trasportatori di membrana dello zucchero. In assenza di trasportatore, come ha fatto il lattosio ad entrare nella cellula e inattivare il repressore? Nell'esempio successivo si ha la regolazione di un meccanismo di biosintesi. Geni coinvolti nella sintesi di enzimi che sintetizzano il triptofano. In presenza di una certa concentrazione di triptofano, questo interagisce con il repressore che diventa attivo. TASSONOMIA O SISTEMATICA È importante, in un alimento che contiene microrganismi (giunti, ad esempio, come microrganismi probiotici), che questi siano riportati in etichetta con nomenclatura tassonomica corretta, che seguono le regole tassonomiche (genere e specie). 97 Francesca Nasatti Ad esempio, GRAM positivo e negativo non compare nella nomenclatura tassonomica perché ha a che fare con la descrizione delle caratteristiche della cellula, ma non rientra nella classificazione dei microrganismi. Domini: batteri eucarioti e archaea L'unità tassonomica definita, che prende il nome di taxon, è la specie, è l'insieme di organismi accomunati da determinate caratteristiche fenotipiche e genotipiche, ma distinti da altre unità tassonomiche. Nella tassonomia, quindi, l'unità di riferimento è rappresentata dalla specie. È una scala gerarchica: nel dominio dei batteri ci sono diversi phylum. Al di sotto di questo gruppo (phylum), sempre all'interno del dominio dei batteri, c'è la classe e così via. Tante specie diverse tra loro sono accomunate da caratteristiche più o meno univoche che fanno sì che possano rientrare all'interno di un unico genere. Allo stesso modo, tanti generi sono accomunati da qualcosa che li fa rientrare in un gruppo più ampio, la famiglia. Firmicutes: GRAM positivi Proteobacteria: GRAM negativi SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE La specie è l'unità fondamentale. Negli eucarioti e negli organismi superiori, la definizione di specie è legata alla riproduzione sessuata. Questo decade nel mondo dei microrganismi, o in generale per molti organismi unicellulari (lieviti). Bisogna utilizzare dei mezzi diversi per classificarli. --> sistemi artificiali, si basano su osservazioni fenotipiche, cioè su come appare l'organismi, che forma ha, ma soprattutto su cosa può fare dal pdv metabolico. 98 Francesca Nasatti Il fenotipo è l'espressione di ciò che è contenuto come informazione nel materiale genetico (forma della cellula, l'aggregazione delle cellule visibile a occhio nudo sul terreno solido agarizzato). Oltre a queste descrizioni morfologiche, che sono limitanti per i batteri nell'identificare la specie (ci sono tante specie che hanno la stessa forma cellulare, la stessa tipologia di colonia..), è più importante vedere il tipo di metabolismo che hanno, che tipo di zuccheri utilizzano, che rapporti hanno con l'ossigeno e col pH. --> attraverso questa lista di informazioni si creano dei gruppi omogenei chiamati specie. Tuttavia, seguire questo tipo di classificazione è un'operazione complessa (dover classificare i microrganismi sulla base delle caratteristiche morfologiche e metaboliche). Karl Woese ha introdotto un approccio alla classificazioni dei microrganismi basato sulla lettura delle sequenze di alcune regioni definite del genoma microbico (sistemi naturali o filogenetici). Queste regioni sono i geni che codificano per gli RNA ribosomali, cioè quelli che costruiscono la macchina dedicata alla sintesi delle proteine. Si prendono questi geni perché non codificano per proteine. Fermandosi a RNA e dovendo avere quell'RNA una struttura particolare per funzionare nel ribosoma, questi geni non possono essere troppo differenti da specie a specie, da genere a genere, da phylum a phylum, perché tutti gli organismi viventi posseggono ribosomi per la sintesi proteica: i ribosomi devono essere fatti allo stesso modo perché DNA e RNA sono molecole universalmente costituite dalle stesse componenti, il codice genetico è universale. --> il fatto di studiare dei geni presenti in tutti gli organismi e la cui sequenza è simile in tutte le specie rende possibile confrontare tra di loro i microrganismi e vedere dove si somigliano di più analizzando queste sequenze. Questi geni (di cui il referente principale è il gene che codifica per la subunità più piccola del ribosoma, che nei batteri prende il nome di 16S-RNA e negli eucarioti è il 18S-RNA) vengono chiamati anche orologi molecolari, su cui si basa la tassonomia molecolare moderna, che ha preso piede dagli anni 90. 99 Francesca Nasatti Avendo a disposizione una sequenza che posso confrontare perché è simile tra tutti gli organismi viventi, posso costruire delle relazioni filogenetiche tra questi organismi. 16S rRNA L'rRNA codificato dal gene 16S è un singolo filamento di RNA che assume una struttura secondaria molto precisa, che è la stessa in tutti gli organismi viventi. Ecco perché la sequenza di questo gene non può essere troppo diversa da una specie e un'altra, deve garantire una struttura secondaria all'RNA che deriva da quel gene. Avere una mutazione su una porzione di questo filamento potrebbe significare perdere questa struttura o parte di essa. Se si perde, si perde la funzionalità del ribosoma --> mutazioni letali, non garantiscono la sopravvivenza della cellula. Affinchè una mutazione sia sostenibile, deve avvenire anche sul nucleotide di fronte, in grado di ricreare la complementarietà tra le basi. La probabilità che queste due mutazioni avvengano simultaneamente non è zero, ma è molto bassa. Le mutazioni che avvengono nelle regioni loop (dove non ci sono legami H) possono essere più tollerate perché non esiste la necessità di creare un doppio filamento. Queste mutazioni sono quelle che differenziano tra loro le specie, i generi. Quando avvengono mutazioni compensate nelle regioni a doppio filamento ci sono le distinzioni tra le famiglie, phylum e così via. Se confronto due organismi allineando le sequenze nucleotidiche di questi RNA ribosomali e le differenze sono principalmente localizzate nelle regioni loop, significa che i due microrganismi non sono molto distanti dal pdv filogenetico ed evolutivo. Possono essere, ad esempio, specie appartenenti allo stesso genere. 100 Francesca Nasatti Viceversa se riscontro le mutazioni nelle regioni più importanti, che devono mantenere il doppio filamento. Il confronto tra le sequenze di questi geni non dice solo se due organismi sono molto o poco diversi, ma dice anche quanto sono distanti in termini temporali. Nt: nucleotidi L'origine comune dell'albero filogenetico viene indicato con il termine "luca" (last universal common ancestor), progenitrice originaria di tutti gli esseri viventi. COME SI IDENTIFICA UN BATTERIO Isolamento su piastra: diversità di tipologie di colonie, come dimensione, colore.. Batterio in coltura pura: qualcosa di uniforme Estrazione del DNA: per farlo si devono rompere le cellule per azione meccanica, ad esempio agitandole violentemente o, più comunemente in laboratorio, utilizzando il lisozima (enzima che idrolizza la parete dei batteri), poi si utilizzano tensioattivi per disgregare le membrane, ottenendo così la lisi cellulare --> il DNA è in soluzione acquosa. Tramite estrazione con solventi si eliminano le proteine. Il DNA rimane in soluzione acquosa. Si fa in modo che passi a precipitato togliendo acqua di solvatazione (es. aggiungendo etanolo). Il DNA precipita sul fondo della provetta. Centrifugazione. Si ottiene il DNA purificato. 101 Francesca Nasatti Il passaggio fondamentale che ha rivoluzionato tutta la biologia molecolare, tutta la microbiologia è la reazione a catena della polimerasi, cioè una reazione enzimatica che consente, in modo selettivo, di ottenere grosse quantità non del DNA estratto, ma solo del gene che mi interessa. Grazie a questa reazione si ottiene una quantità sufficiente, che potrà essere sequenziata, del gene 16S rRNA (in questo caso). (amplificazione del gene 16S rRNA) GenBank: banche dati, pubbliche. Restituiscono un nome e un punteggio: dice la percentuale di uguaglianza tra la sequenza fornita e la sequenza di un altro microrganismo (es. Sphingomonas mali). Se si tratta del 98% (percentuale alta) si è praticamente sicuri di aver identificato il microrganismo, perché per appartenere alla stessa specie viene tollerato il 2-3% : se due sequenze di 16S sono uguali tra loro tra il 97 e il 100% si può essere sicuri, con un buon grado di approssimazione, di star parlando di microrganismi appartenenti alla stessa specie. All'interno della stessa specie c'è quindi una piccola % di variabilità di questo gene. Nella maggior parte dei casi, la sequenza è uguale al 100% tra ceppi della stessa specie. Questo modo per l'identificazione del microrganismo impiega circa 24 ore, modo molto rapido, efficiente e poco costoso. Inoltre, è molto meno soggetto ad errori, perché viene effettuata un'unica tipologia di analisi (la sequenza di un gene). L'unica accortezza è che bisogna avere delle conoscenze in microbiologia: ci possono essere microrganismi diversi che hanno la stessa sequenza del geen 16S perché sono molto vicini evolutivamente parlando. Quindi, questo metodo non è esclusivo. Facendo le osservazioni di tipo morfologico e metabolico (impiegavano molto più tempo) si è costretti a fare tante tipologie di esperimenti diversi per poter raggiungere una descrizione del microrganismo. Ciò comporta margini di errore molto più elevati. 102 Francesca Nasatti Ciò ha creato una grossa rivoluzione ed è il modo in cui, al giorno d'oggi, qualsiasi laboratorio di microbiologia dà una identificazione dei microrganismi con cui lavora. REAZIONE A CATENA DELLA POLIMERASI (PCR) Il passaggio dalle cellule a una quantità sufficientemente grande per poter essere sequenziata di un solo gene (tra migliaia di geni presenti nel cromosoma) è un passaggio molto importante. La reazione a catena della polimerasi è la traslazione in vitro di quello che avviene nella cellula. Il processo di replicazione del DNA viene fatto avvenire in vitro. In vitro, il primer è un frammento di DNA a singolo filamento (nella cellula è RNA) a sequenza nota che si appaia in una posizione precisa. Viene aggiunto alla provetta come reagente. Esso viene ottenuto attraverso una sintesi chimica. --> il DNA viene estratto dalle cellule, l'innesco viene costruito, la polimerasi è l'unico enzima necessario per copiare in maniera specifica una porzione di DNA. La primasi non serve perché il primer viene inserito in provetta; l'elicasi non serve perché la denaturazione avviene in un altro modo. Un'altra informazione fondamentale è la direzione di sintesi (5'-3'): il substrato della DNA polimerasi è il singolo filamento con un primer appaiato, il quale espone l'estremità 3', a partire dalla quale avviene la sintesi del nuovo filamento. Reagenti/strumenti necessari: Strumento che serve a generare delle variazioni di temperatura, termostato che si sposta velocemente da temperature alte a temperature medie. 103 Francesca Nasatti DNA di riferimento estratto da una cellula, insieme di cellule (coltura), tessuto (si rompono le strutture della cellula in una soluzione acquosa). Il DNA è pieno di fosfodiesteri (uno ogni base azotata) che hanno cariche negative a pH neutroalcalino, quindi a questo pH il DNA è solubile in acqua. (vedi estrazione del DNA) Primer. Sono due, costruiti da un'azienda e non dalla DNA primasi. Vengono messi in eccesso. Desossiribonucleotidi trifosfato (DNTP), che man mano vengono aggiunti durante la sintesi e sono parte del substrato che utilizza la DNA polimerasi. DNA polimerasi, estratta da colture, lo si trova in commercio. Target DNA: bersaglio nel cromosoma La reazione enzimatica della polimerasi consente di pescare in modo specifico la parte interessata all'interno del DNA. Come si fa a scegliere, all'interno di migliaia di geni, proprio il gene che serve e copiarlo tante volte in modo da avere una quantità tale da poter sottoporre ad un'analisi di sequenza? Ce lo consentono gli inneschi. Il primo step è la denaturazione di tipo termico (no elicasi). La denaturazione del DNA è reversibile (a differenza di quella delle proteine). Il termostato porta a una temperatura tale da rompere i legami H su tutta la molecola (95°C) Gli inneschi sono costruiti in modo da riconoscere sul cromosoma la regione complementare alla loro sequenza. Essi devono posizionarsi uno a monte e uno a valle, alle due estremità del DNA da copiare. Definito il target, sono gli inneschi a riconoscerlo. La condizione che consente di attuare una reazione di questo tipo in vitro è la conoscenza della regione a monte e di quella a valle --> ciò consente di costruire un innesco con una sequenza esattamente complementare. Il posizionamento degli inneschi avviene spostando la temperatura a 55-65°C. questa temperatura fa richiudere la doppia elica ma, siccome ci sono gli inneschi, questi si appaiano a loro volta nella regione complementare formando legami H. 104 Francesca Nasatti La polimerasi inizia la duplicazione. Per fare ciò ci si sposta ad una temperatura maggiore (72°C), alla temperatura ottimale di lavoro di quell'enzima. La polimerasi continua a sintetizzare il nuovo filamento anche dopo il target, non si può controllare dove l'enzima finisce di copiare. Viene prodotta una "brutta copia" della regione target (un po' più lunga). Si ha bisogno di milioni di copie. --> questo processo può essere reiterato: tornando alla temperatura di denaturazione, il DNA si denatura, quindi si denaturano anche i due filamenti neosintetizzati. Portandosi alla temperatura di rinaturazione (55-56°C), che consente ai filamenti di richiudersi. Siccome gli inneschi sono in eccesso, trovano le regioni complementari nei filamenti che si sono separati. Ma, a differenza di prima, ci sono altre due copie di DNA che sono appena state costruite e hanno, a loro volta, una sequenza riconosciuta dagli inneschi. Avendo duplicato il DNA ho duplicato anche le regioni dove si inseriscono gli inneschi. Questa volta, l'enzima ha 4 punti di innesco: sul filamento più in alto e su quello più in basso si continua a sintetizzare un filamento più lungo, mentre nella zona centrale vengono sintetizzati due filamenti di DNA della lunghezza giusta, perché dopo non c'è più niente da copiare. Mettendosi di nuovo in una condizione di denaturazione termica succede la stessa cosa. Questa volta, però, le copie che devono essere copiate sono 8. Gli inneschi trovano più bersagli a cui appaiarsi. 105 Francesca Nasatti Il guadagno è che ogni volta che viene fatta una copia di DNA, questa diventa a sua volta stampo per il ciclo successivo. Alla fine di ogni ciclo deve essere aggiunta la polimerasi in provetta, perché quella presente si denatura (a causa della temperatura). Si può evitare aggiungendo la polimerasi di un microrganismo termofilo. L'introduzione di questa metodica ha accorciato il lavoro da mesi a qualche ora: è stata molto rivoluzionaria. GLI EUMICETI Sono eucarioti. Dal pdv alimentare, sono utili in alcune situazioni, mentre in altre sono considerati alterativi, dannosi (non patogeni). Funghi Organismi unicellulari, hanno velocità di crescita elevata. Possono produrre ife (prolungamenti cellulari) solo in alcune occasioni. Muffe Si vedono bene (le colonie) anche senza l'utilizzo di un microscopio. Per vedere i corpi fruttiferi c'è comunque bisogno di un ingrandimento ottenibile con un microscopio ottico. Hanno parete cellulare diversa da quella dei batteri, è più irregolare. La componente principale è la chitina (nei lieviti era localizzata solo in alcune regioni, ad es dove si formano le gemme, la forma di riproduzione vegetativa). Ubiquitarie: si trovano in qualsiasi ambiente. Sono organismi fitopatogeni, creano patologie nelle piante. Ambiguità tra ruolo positivo e ruolo negativo: se B. cinerea si sviluppa su un grappolo d'uva si ha il suo marciume, mentre se lo stesso microrganismi si sviluppa in modo più controllato a seguito di una areazione dello stoccaggio dei grappoli d'uva e l'umidità non è eccessiva, si ha il cosiddetto marciume nobile: condizione necessaria affinchè nell'acino si accumulino alte concentrazioni di sostanze zuccherine che possano dare origine, a seguito 106 Francesca Nasatti di processi di vinificazione, a vini "tocai" (che hanno subito questa infezione), che conferisce ad essi un aroma particolare. Le muffe si possono sviluppare anche dove l'attività dell'acqua è molto bassa (es. pane, derrate alimentari), non hanno bisogno di un'alta disponibilità di acqua come i batteri. Funghi fruttiferi (carpofori) Si possono avere anche eumiceti macroscopici. Questi funghi formano corpi fruttiferi macroscopici e ben visibili. Essendo gli eumiceti dei microrganismi eucarioti, essi possiedono entrambe le vie di riproduzione. RIPRODUZIONE ASESSUALE Lieviti (eumiceti unicellulari) Riproduzione di tipo vegetativo (già descritta per cerevisiae). Si parla di gemmazione (prende il nome di blastogonia), cioè la formazione di una cellula figlia a partire di una cellula madre --> riproduzione vegetativa asessuata del lievito (S. cerevisiae). Quelle che si formano sono dette blastospore. In alcuni lieviti si ha la divisione per schizogonia: divisione analoga a quella dei batter, ossia la cellula si divide in due. Muffe Conidiospore Penicillium rocqueforti: si utilizza per la produzione di formaggi erborinati (es. gorgonzola). La struttura di riproduzione vegetativa ha una morfologia chiara, che si può descrivere (differenza rispetto al mondo dei batteri, in cui catenelle bastoncini, ecc non hanno molta morfologia da descrivere). È importante per arrivare all'identificazione. 107 Francesca Nasatti Conidioforo: struttura al termine di un'ifa, su cui si prolungano le conidiospore. Le conidiospore sono volatili, si diffondono velocemente --> questo fa sì che gli stabilimenti che producono formaggi erborinati non possono produrne altre tipologie, se no si avrebbe la contaminazione inevitabile di Penicillium su formaggi che non devono contenerlo. La diffusione di queste spore è incontrollabile. Quando la muffa assume una colorazione (verde nel caso di rocqueforti) significa che si sono sviluppate le conidiospore. Aspergillus Le aflatossine sono liposolubili: si accumulano nel tessuto adiposo e quando superano una determinata soglia possono provocare lo sviluppo di forme tumorali. Sono presenti anche nella frutta secca. Per limitare il loro sviluppo si aggiungono delle sostanze che limitano la crescita delle muffe che le producono. Però, molte di queste sostanze sono anch'esse dannose. Sporangiospore Lo sporangio è sostenuto da uno sporangioforo, una terminazione dell'ifa. All'interno dello sporangio si ha la proliferazione di queste spore. Artrospore Sono delle frammentazioni dell'ifa. Clamidospore Si hanno dei rigonfiamenti delle ife all'interno dei quali si proliferano queste spore. RIPRODUZIONE SESSUALE Per quanto riguarda i deuteromiceti, siccome non manifestano una riproduzione sessuata mantengono più stabile il loro corredo cromosomico durante i processi di fermentazione, produzione delle biomasse e così via. 108 Francesca Nasatti Tuttavia, ogni volta che si instaura una riproduzione sessuata si ha un rimescolamento del materiale genetico dato dall'unione di due patrimoni genetici diversi --> dal punto di vista industriale è meglio avere una stabilità genetica, garantita dai deuteromiceti. 109