Uploaded by Claudio Sansone

Pasolini Teatro OCR

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I MERIDIANI
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www,scribd.ccn1/Culmm_iu_Ila$
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PIER PAOLO PASOLINI
TUTTE LE OPERE
cdizicnc diretta da Walter Siti
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Le opere di Pier Paolo Pasolini
nei Meridiani
ROMANZI E RACCONTI
a cura di Walter Siti e Silvia De Laude
con due saggi di Walter Siti
Cronologia a cura di Nico Naldini
2 volumi
SAGGI SULLA LETTERATURA E SULIJARTE
a cura di Walter Siti e Silvia De Laude
con un saggio di Cesare Segre
Cronologia a cura di Nico Naldini
2 tomi mdivisibzli
SAGGI SULLA POLITICA E SULLA SOCIETA
a cura di Walter Siti e Silvia De Laude
con un saggio di Piergiorgio Bellocchio
Cronologia a cura di Nico Naldini
PER IL CINEMA
a cura di Walter Siti e Franco Zabagli
con due scritti di Bemardo Bertolucci e Mario Martone
e un saggio introduttivo di Vincenzo Cerami
Cronologia a cura di Nico Naldini
2 tomi indzmkibili
TEATRO
a cura di Walter Siti e Silvia De Laude
con due interviste a Luca Ronconi e Stanislas Nordey
Cronologia a cura di Nico Naldini
In prepurazianes
Le poesie
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PIER PAOLC) PAS OLIN I
TEATRO
a cum di Walter Siti c Silvia De Laude
con due intcrviste a Luca Ronconi e Stanislas Nordey
Cronolcgia a cura di Nico Naldini
¥’
(I
MA
Amcldo Mondadcri
Editcre
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ISBN 8804748942-1
© 2001 Amoldo Mondadori Editors S.p.A., Milano
per l'0pcra in raccolta
I cdizione I Meridiani aprile 2001
http1/www.m0ndad0ri.cum/libri
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SOMMARIO
Un teatro borghcsc
Intervista a Luca Ronconi
Il corpo del test0
Imervista a Stanislas Nordey
Cronologia
a cura di Nico Naldini
Nota all’edizi0ne
TEATRO
da <<La sua gl0ria»
da <<Edip0 all’alba»
I Turcs tal Friul
Appendice 21 <<I Turcs tal Friul»
da <<I fanciulli e gli elfi»
La poesia 0 la gioia
Un pcsciolino
Vivo e Coscienza
Italic magique
Nel '46!
Progettc di uno spettacolo su]10 spcttacolo
Orgia
Appendice a <<Orgia»
Piladc
Appcndicc a <<Pilade»
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Affabulazionc
Appcndicc ad <<Affabu1azi0nc»
Porcilc
Appcndicc a <<P0rcilc»
Caldcrén
Bcstia da sti.Ic
Appcndicc a <<Bcstia da sti1c»
Traduzioni
Orcstiadc (Agasnennonc, Cocforc, Eumenidi)
Appendice a <<Orcstiadc»
Antigone
I1 vamone
Appcndicc a <<I] vant0ne»
Note c notizie sui [esti
a cum di Walter Siti e Silvia De Laude
Bibliogtafia
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UN TEATRO BORGHESE
Intcrvista 2 Luca Ronconi
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[Le domandc a Luca Rnnccni sono dj Walter Siti]
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Cominczo riportumlo una tuu ujyermuzionex wmetto zh sce-
nu delle opere e non degli uutori»; vorrei mpere se questo é
stuto vero ancbe nel euro di Paxolz'nzQ 0 se buf avuto Hm-
pressione cbe per luicontipzki l’autore che lu singolu opera.
Ribadisco che in genere metto in scena delle opere: la
rappresentazione per me comincia con la prima parola
del testo e finisce con l'ultima. Ma é vero che il teatro di
Pasolini é abbastanza anomalo sotto questo aspetto, nei
suoi testi e presente una forte componente autobiografi-
ca anche se non diretta, molto piu forte di quel che succe-
de di solito con gli altri drammaturghi; quindi nel caso
del teatro di Pasolini é difficile prescindere totalmente
dalla figura, o dal personaggio, dell'autore. Dico “dal
personaggio" perché credo che si debba distinguere; per
esempio quando, nel primo episodic di Pzlude, Oreste di-
ce di Atena che <<r10n ha conosciuto l'attesa dentro le vi-
scere», io ci sento una forte componente autobiografica,
ma non necessariameme di Pasolini come uomo, piutto-
sto di quel “Pasolini come personaggio" che lui stesso
mette dentro la sua opera, e che quindi fa parte del testo.
D’a]tro lato, l'autore puo travasarsi nella sua opera in due
modi: 0 attraverso urfautobiografia sia pure indiretta, 0
attraverso cio che pretende che l’0pera rappresenti al suo
posto; io, se ho sempre cercato cli immettere l`uom0, 0
meglio il personaggio Pasolini nella lettura che faccio dei
suoi testi, ritengo pero di avere quasi sempre disatteso 0
tradito quel che l’autore Pasolini richiedeva 0 pretendeva
dal suo teatro.
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XIV Imerwkla a Luca Ranconi
Puoi chiarire Ia distinzione Ira persona empirica e crea-
zione di un "personaggio" autohiografco?
Posso provare a ripattire da Pzlade, che dal punto di
vista politico mi pare la piu autenticamente pasoliniana,
anche se da un punto di vista drammaturgico rappresen—
ta una riuscita meno completa di Calderon; in Pilade e
come se lui stesso, Pasolini, si scindesse in due perso-
naggi, Pilade e Oreste. D'altra parte questa figura dram-
maturgica della scissione in due e presente in altre opere
di Pasolini, anche nella natrativa, in Petrolzb per esem-
pio. Si ha l’impressione che non possa stare da una parte
se contemporaneamente non si proietta nel suo oppo-
sto; quindi Vautobiografia diventa quasi uno schema al-
legorico, che prescinde da lui come persona... Ma l'ef-
fetto autobiografico é dato dal fatto che molto spesso
Pasolini mette in bocca ai suoi personaggi delle cose che
in tealta i personaggi non potrebbero dire, o perché non
dovrebbero saperle, 0 perché sono cose troppo superio-
ri al loro livello culturale; ma se ne frega e gliele mette in
bocca lo stesso, e fa bene perché quelle parole sono por-
tatrici di emozioni e di significati. Per esempio in Cal-
derén, le scene tra Pablo e Rosaura; Pablo e una figuta
difficilissima da portare in scena perché cambia fisiono-
mia a ogni voltar di pagina; sicché insomma non c’é nes-
suna coerenza psicologica dei personaggi e pet questo é
piu facile pensate che siano una specie di proiezione, o
di controfigura, dell`unico personaggio Pasolini; é come
se si vedesse sempre, dietro al testo, lui che scrive, come
un etemo controcampo mai m0ntato...
Came dietra Ragazzi di vita ri zhtravede lui che guar-
dan. Ma veniamo a un’altra tuu a/Yermazione, che 1} teatro
di Parclini ria pir} adatto az` gicuani 0 addirittara agli ado-
Iescenti perché ha una scrittura perenloria, netta; la sua,
diceva é wuna drammaturgia del dire tutt0», Ilfattc che
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Un teatro b0}`g/JFS? xv
non ci sia m0It0 du rcoprire mm Z0 rende p0c0 interesmm
te, percbé tr0pp0 explicito?
No, probabilmente sarebbe poco interessante, e po-
trebbe apparire verboso, se obbedisse a una struttura
drammaturgica canonica, invece ha una struttura basata
proprio sul dire tutto; e un teatro di confessioni, un tea-
tro che ha un carattere esibitorio, anche esasperato; i
personaggi sono come ossessionati dal bisogno di “spif-
ferare tutto", di non nascondere niente. Semmai resta il
segreto di questo impulso a confessare: la cosa veramen-
te misteriosa non é tanto il segreto che ogni personaggio
nasconde in sé, quanto proprio ci si chiede che cos`é che
li spinge a parlare tanto... i personaggi di Orgrkz, per
esempio, ci si chiede che necessita abbiano di parlare,
parlare, parlare... non sono neanche dei personaggi che
si spiegano, come in tama drammaturgia anglosassone,
sono dei personaggi che hanno bisogno di svuotarsi in
qualche modo; e semplicemente una caratteristica del
suo teatro. Non ci sono motivazioni psicologiche dei
personaggi per tutto questo parlare; ripeto, spesso i per-
sonaggi si dicono cio che non e necessario dire, che non
é necessario dire all’interlocutore ma che evidentemente
l’autore vuole far arrivare al pubblico, e quindi lo mette
in bocca ai personaggi al di la di qualunque convenzione
drammaturgica 0 convenienza di situazione: per questo
anche ci sono tanti speakers, e ombre che parlano. I per-
sonaggi diventano dei tramiti della sua volonta d’autore
di arrivare direttamente al pubblico, senza la mediazio—
ne del palcoscenico. Non risulta verboso perché la proli-
ferazione di parole corrisponde al farsi del dramma nel
momento stesso in cui l’autore lo pensa; se lo confronti
con Cechov, mettiamo, apparentemente cosi svagato, la
sotto ci trovi pero una “scaletta" ferrea, un calcolo pre-
cisissirno; in Pasolini no, non c'e nessun codice preesi-
stente; da proprio Yimpressione, che poi é anche la
realta documentaria, di opere in progresr.
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XVI lnierwltta a Luca Ranconi
A proposito dell 'u.t0 della parcla, m'intere.rsa un acco-
stamento cbc bai/atto una volta tra zl ieatm di Parolini e
quello di D'Anmmz1`0.
Mah, specialmente con il D'Anr1unzi0 non in versi, il
D`Annunzio in prosa di Pic? che l'am0re, mettiamo, 0
della Glarza; Ll teatro di tutt’e due e un teatro in cui il
parlato non e fatto per stabilire uri rapporto inters0gget—
tivo tra i personaggi, ma e fatto per arrivare diretramen-
te all’0recchi0 dello spettatore in platea. E veto che
D`Annunzio ha una tesi prefissata e Pasolini no, sono
molto diversi nellbrganizzazione drammaturgica del
materiale, ma c’é qualcosa di simile nell`uso retorico del
linguaggio. Il teatro di Pasolini e sempre un po' dimo-
strativo, e la parola e lo strurriento di questa dimostra-
zione, anche se non credo che si possa parlare di teatro
didattico, 0 didascalico, nel senso per esempio in cui se
ne parla per Brecht; la sua dialettica e piuttosto lacera-
zione intima, in fondo é piii paranoica che dialettica.
Una grande differenza rispetto a D’Annunzio, certo, sta
nel fatto che in D’Annunzio c`e una specie di idolatria
del palcoscenico, il palcoscenico é un luogo che deve es-
sere abitato, clecorato, e c’é anche urfidolatria del per-
sonaggio, mentre Pasolini professava, e concretamente
realizzava, una sorta di insofferenza verso la teatralita,
verso la spettacolarita. Nel teatro di Pasolini hai una me-
moria abbastanza precisa delle strutture clrammaturgi-
che ma non ti ricordi la fisionomia dei personaggi; i per-
sonaggi esistono solo in maniera relazionale, cioe uno in
rapporto all'a1tro e in rapporto alle tesi che sostengono;
quindi le differenze con D’Annunzio sono grandi, ma lo
stesso c`é, secondo me, qualcosa in comune, e sta so-
prattutto nell`incapacita, o nel disinteresse, di stabilire
nel luogo del palcoscenico un rapporto intersoggettivo
significante, che di per sé parli agli spettatori. Ptendi il
teatro di Cechov, li cio che si offre all`attenzione del
pubblico non é il discorso dell’autore, ma quello che di
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Un leatrc bcrgbese XVII
detto e di non detto c’é nella relazione tra i personaggi, e
il parlato non é che un frammento parziale di questa re-
lazione; le parole derivano dal carattere dei personaggi,
mentre nel teatro di Pasolini 0 di D’Annunzio sono i
personaggi che permettono alla Parola di esprimersi...
in un casa, uuoi dire, la parola eszste percbé esislono
i personaggl mentre nell'altr0 i personaggi esistcno per-
cbé esiste la Par0la..i
Esattamente, molto spesso e come se Pilade non par-
lasse a Oreste, ma avesse bisogno di Oreste per far
ascoltare delle cose che lui dice in realta al pubblico.
In un incontro a Bruxelles, dove facevi leggere a un glo-
vane attore un brunc di Pilade, sattolineavi la prauuisc-
rieta della scrittura teatrale di Pasolim} clue com intendi
per "prcuvisorietf?
In teatro, quando un attore ha troppo chiaro in testa
quel che vuol dire, certe volte non si preoccupa di farlo
arrivare allo spettatore; penso che qualcosa di simile
succeda a Pasolini come autore teatrale. Si, spesso nella
sua scrittura ci sono delle imprecisioni, c’e un margine
di aleatorieta, si sente che as una scrittura non completa-
mente c0nt1·0llata... C’é un verso in Pilade, per esempio,
in cui si dice di Arena che <<e l’ultima degli Dei»; l'ultima
pub voler dire la meno considerata, l’ultima in ordine di
grado, oppure l’ultima in ordine di tempo, l`ultima arri-
vata ma in senso positivo, nel senso della novita e della
sorpresa, ed E: solo la voce dell’attore che puo chiarire
questa ambiguitan.
Mi lm sempre c0lpit0 ilfatto che, d0p0 l'esperienza del-
le sue tragedie in versl ancbe la poesza lzrica di Pasolini
cambia prafondamentes in Trasumanar e organizzar c'é
una critica esplicita della ”pe2fezi0ne stilistica", c'é un de-
siderzb quasi di "butture via" il proprio talento, si sottoli-
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Xvul In/erwrta a Luca Runwni
neu l'appr0ssimazi0ne, il nonfnito. Mi domando re per il
leatro mm sia succexxo come per zl cinema, cioé se xul pia-
no della xcriitura non sia xtato un allenamento alla scrive-
re pravvzkorio, xapendo che il completamento sarehhe toc-
caio a un'execuzi0ne succesxiva, l'immagine per il cinema
e la recitazione per il ieatro. Lui stexw d0p0 aver scritto le
tragedie dice di preuedere per l0r0 ima realizzazione
all’ester0, reciiate in un'alzra lmgua; nell'exempi0 di Pila-
de che hai fat!0 tu, per esempib, in francese la traduzioiie
chiarikce: “la route derniére" non da pi:) luogo a equivaci.
Pero é strano, perché questa provvisorieta del testo
dovrebbe essere rimediata dalla compctenza dell'att0re;
é lui che, con la sua voce, dovrebbe chiarirc lc ambiguita
guidando la comprensione del pubblico; si ha un bel ri-
fiutare la voce dell`att0re, ma alla fine e quella che pilota
l'imerpretazi011e del testo. Irivecc Pasolini rifiuta l'att0re
come interprete che ha una sua autonomia, prctcnde
che l'attore sia un semplice portaparola dell`aut0rc, e al-
lora le imprecisioni restano imprecisioniu. anche la cosa
che dici, che aveva intenzione di farlc recitare all'ester0,
non crcdo che fosse tanto per Ll bisogno di affermare il
non·finit0, quanto per il fastidio di sentir rccitare gli at-
tori italiani,
Arriviama a uno dei nodi la famosa corporalzia del tea-
lro di Pamlini; esiste? e se esiste, che c0x'é?
Secondo me é srata anche un po` esagerata: é vero che
nei suoi drammi si parla molto del corpo, ma appunto se
ne parla, si mette in parole; si potrebbe quasi dire che il
c0rp0 c'é per la sua assenza, per i gesti che vengono evo-
cati ma non compiuti. Semmai la corporeita la vedrei in
un altrc senso: un teatro di Parola, nel momento in cui
lo rapprcsenti, non puo che divemare un tcatro di vocc,
in quel senso é corporeo; quello che per lo scrittore é
parola, al momento della rapprescntazione diventa un
fatto fisico, legato alle funzioni corporee dell’attore, al
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Un teatro barghere XIX
suo respiro ecc.; ma Pasolini voleva, o diceva di volere,
che la parola restasse significato, e questo é utopistico
quando deve passare attraverso una specifica voce.
Quando Pasolini parla della “rieducazione linguistica”
dell’attore, dice che un attore dovrebbe far capire al
pubblico di aver capito il significato del testo; ma qui é
l’errore: l’attore non deve far capire che ha capito, deve
solo far capire quello che sta dicendo. Pasolini vuole un
attore-intellettuale perché e un sistema per assimilarlo a
sé; la sua drammaturgia ha un`enorme fiducia nella “tra-
smissione diretta" per via culturale, e la tecnica teatrale
la vede come un ingombro. Ricordo benissimo, era il
1968 quando feci il Candelazb di Giordano Bruno, e per
interpretare i marioli e i ragazzi di strada previsti dal te-
sto avevo preso N inetto Davoli con altri suoi amici. Il ri·
sultato fu abbastanza sensazionale, e per noi piuttosto
convincente; per Pasolini fu terrificante, si indigno mol-
to, trovava che avevamo violentato la naturalita di quei
ragazzi, mentre secondo me non era stata violentata af-
fatto, ce n’era uno per esempio che non sapeva nemme-
no leggere e che aveva imparato la parte a memoria fa-
cendosela ripetere dai suoi compagni. Credo che in
realta Pasolini avesse per la teatralita una sorta di di-
sprezzo, che d’altra parte lo accomuna a buona parte dei
letterati italiani... e come se lui non capisse che il filtro di
formalizzazione che nel cinema si puo ottenere col mon-
taggio, e con le tecniche di ripresa, in teatro lo devi ave-
re gia con il corpo dell’attore. In teatro, se non con pic-
coli escumotagex, non puoi organizzare il punto di vista
dello spettatore, e allora il corpo dell’attore, che é li,
presente, deve essere lui gid forma. Non puoi usare del
"materiale brut0” a teatro, come poteva fare lui con gli
attori “presi dalla strada” nel cinema: il corpo dell’att0re
e gia una mediazione e se la togli distruggi il teatro. An-
che se tu paradossalmente andassi con una cornice enor-
me in un angolo della Magliana e tu la mettessi li, la vita
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xx Inlervisla a Luca Ronmni
capitata li dentro non sarebbc gia pin] “vita pura", sareb-
be una mediazione formalizzata".
Quzindi si potrebbe dire cbe il teatro non conxente u Pa-
solini di mettere ilxottoproleturzhto xulla scenu, proprzo per
ragiorri lecniclzwe, pers/Je gl! xtrumenti di medzkzzione del
teatro sono divert! du quelli della letteruturu e del czhema, ..
E per questo che il teatro, nella sua opera, e il luogo
che lo costringe a fare i conti con la borghesia, a mettersi
di faccia alla borghesia e a prenderne atto; nel suo teatro
l`elemento sottoproletario non figura, non c`e; nel Cal-
deron la Rosaura sottoproletaria E: solo il sogno di un'altra
Rosaura, é una Rosaura borghesc che si vuole, che si so-
gna proletaria. Qui ritorna quel tema del doppio di cui
abbiamo gia parlato... come in quel famoso testo che fece
mettere in scena nel 1965 dalla compagnia di Sergio Gra-
ziani e Nando Gazzolo, come si irititolava, Storirz zrzterio-
re, dove il cappellano nel sogno si sdoppia; lo sdoppia-
memo e anche un frutto del suo senso di colpa.
Il teatro di Pasolirm allora, é un teatro borghexe?
E un teatro contro la borghesia, ovviamente, ma fare
a pezzi la borghesia e uno degli sport preferiti dal teatro
borghese; se c’é un teatro destinato a un pubblico bor-
ghese e il suo, a parte l’utopia di pensare a un’élite pro-
letaria che pero non e mai esistita... Orgzo e un testo di
teatro borghese, i problemi sono quelli, e lo é anche il
Calderon, l’eroe del dramma e Basilio, non Rosaura, co-
si come in Porcile l'eroe é il padre, non julian; i1 nucleo
e quello dei modi in cui la borghesia si perpetua passan—
do di padre in figlio, e in Ajiubuluzione tanto di piu,
l’eroe e il padre borghese. Afyabuluzione poi ha proprio
gli schemi formali del tanto detestato teatro borghese, i
dialoghi moglie-marito, le entrate, le uscite.,. quando
l`ho rappresentato ho accentuato questo, Sofocle com-
pare in quello scenario borghese come una figura solo
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Un zeuzra burghere XXI
sognata, non come un interlocutore attendibile. Non e
un teatro realistico, questo no. E un teatro estrema»
mente ingenuo, e questo ti permette di superare ogni
dato realistico. Una vecchia serva, non hai nessun biso-
gno di farla interpretare da una vecchia attrice di set·
tant'anni,.. e un po’ quello che ho {atto con Pzlude, ma
anche Ia seconda volta che ho montato Ca/derénz non
puoi esigere un’aderenza naturalistica dell’attore col
personaggio, i personaggi sono dei portavoce, pongono
problemi che spesso hanno tutta l'ansia di problemi
adolescenziali; per questo te li immagini come dei gio-
vani che, se e il caso, recitano la parte dei vecchi, maga-
ri con una barba finta, e perfino in un sospetto di teatro
amatoriale, che poi é un elemento della sua forza... d’al»
tra parte Pasolini non sa raccontare i vecchi.
Beb, zzz Trasumanar c'é una rzflesszbne Julia vecc}yiuzkz;
mu tomando u quello cbe dicevi, came mai, qmmdo bmi
meno zh scena Affabulazione con Umberto Orszzzz e Pao-
la QuattrznL hai cercutv unc/ae uzfaderenza realzktzku?
In Pasolini ogni testo si inventa una sua drammatur-
gia; mentre Czzlderén e Pzlade sono strutture pin com-
plesse, Ajrabu/uzzarze e un caso un po` speciale, perché
c’e un solo personaggio vero, il padre, gli altri sono po-
co piu che degli attaccapanni delle sue parole. In realta
Afabuluzzone e un lunghissimo monologo, o una lunga
masturbazione 0 una lunga confessione... questo fa si
che l’unico personaggio vero acquisti uno spessore non
dico naturalistico, per carita, ma un poco meno simbo-
lico, per cui ho sentito l`esigenza di circostanziarlo an-
che come eta". poi in quella messa in scena volevo sot-
tolineare la valenza di teatro borghese, ho scelto la
Quattrini che e quasi un’attrice di boulevard, e ho chie-
sto a Orsini di ricordarsi del Tognazzi cinematografico,
recitando...
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XXII lnzervirtu a Luca Ranami
Nella tua mexxa in scena del Calderén a Prato, colpiva
il czmtraxto tra le Hgure geometricbe dixegnate sul pavi-
mento da Gae Aulenti e la carnalita degli atl0rzQ per exem-
p1`0 della Ald1`ni...
Li il percorso era dato soprattutto dalla definizionc di
quello spazic, del Metastasio; la scena era in platea, e le
figure geometriche avevano il compito di rendere in una
maniera non descrittiva quell`incub0 concentrazionario
che é al centre del dramma, come dice l'ultima battutai
La borghesia é un luogo da cui non si pub uscire, con-
dannati da un'eterna coazione a riperere; la chiusura é
una metafora della chiusura di classe, come nell`/lngela
xterminatcre di Bunuel. Poi mi inreressava anche che il
segno del movimenro fosse indipendente dalla necessita
realisrica, gli atrori si muovevano per raccontare un mo-
vimento, non perché avevano necessita di muoversi; era-
no mcvimenti tutri ingiustificari, ranr’e verc che la piu
carnale di rurte era Rosaura, perché era la piu ferma, la
piu incatenata.
Non c'é qualcosa di troppo intellettualzrticc in un tea-
tm del genere?
N0, mi sembra piurtosto, l0 dico con tutta la conside-
razione seria che ho per il teatro di Pasolini, piu che in-
tellertualistico mi sembra molro semplicisticoz é come se
fosse un modo di aggirare Ia caratteristica principale del
teatro, che é la costruzione drammaturgica. In lui l'ur—
genza di dire é tale che probabilmeme non gli fa tener
d’0cchi0 quello che sta facendo, da un punto di vista
strutnirale; ogni tanto si dimentica dello spesscre dram-
maturgico dei personaggi e fa lui, come autore, un’espe—
rienza imprevista, sicché non sai mai, di momento in
momento, dove ti sta portando. Questo in realta io lo
trovo molto stimolame, Pilade é una cosa che rimetterei
in scena domani, mi piace molro proprio per questa spe-
cie di proliferazicne di parole, di situazioni, ti da l’im-
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Un leatm borghese XXIII
pressione di essere come una cosa dipinta ad affresco,
veloce, di getto... Una concezione della teatralità come
studio deIl'effetto e del risultato Pasolini la rifiuta, e cre-
do che faccia bene a rifiutarla.
Ti dà Fzìnprerrione di non errere un uomo di teatro?
Certo non è un uomo di teatro, tuttavia se dovessi di-
re (e l'ho detto facendolo) che cosa c'è nella letteratura
drammatica italiana dal dopoguerra in poi, direi soprat-
tutto il teatro di Pasolini. E una specie di strano teatro
fatto però non da un teatrante. Ma poi nella seconda
metà del nostro Novecento i commediografi non ci sono
più, ci sono autori, narratori e poeti che hanno scritto
per il teatro. Quel patto fra autore, pubblico e commit-
tenti in cui consiste la drammaturgia si è rotto da un
pezzo, e quello di non tener conto delle regole è ormai
l'unico modo. Pasolini rifiuta le tecniche teatrali, sia per
ideologia, sia per poca conoscenza; in realtà il suo rifiuto
è facilitato dal fatto che la “sapienza" delle regole cano-
niche della drammaturgia, quando lui la nega, nel teatro
italiano è già saltata da un pezzo, sicché aggredisce una
cosa che è già debolissima. Non E: come, ad esempio, in
Inghilterra dove esiste ancora un codice preciso, e un
accordo col pubblico su ciò che si chiede al teatro e su
come lo si recita; in Italia c'era una terra bruciata su cui
si poteva impiantare benissimo il suo ricominciare da
zero, volutamente ingenuo e selvaggio...
S0 che hai vis!0 Orgia a Torino, ne[Z'edizi0ne del 1969
diretta da iu:} puoi ricostruire ]'e)Yett0 che ti fece?
La mia prima impressione fu che i suoi precetti tea-
trali fossero del tutto controproducenti, almeno quando
era lui ad applicarli; non posso dare, a distanza di tanto
tempo, un giudizio preciso sulla qualità dello spettacolo,
ma ricordo che la comunicazione diretta di un messag-
gio agli spettatori (che era la cosa a cui lui diceva di te-
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XXIV Irrlervti/a a Lumi Rwictmi
nere di più) era praticamente nulla; il messaggio non ar-
rivava, le parole ritornavano addosso agli attori come
dei boomerang. Proprio il contrario di quello che lui si
proponeva; era come se avesse sospeso qualunque scelta
interpretativa a favore di una pretesa oggettività della
parola, che ovviamente era irrealizzabile. Cera come un
tentativo di riprodurre la lettura attraverso la voce, una
lettura che lui pensava "oggettiva" del testo, come se ne-
gasse agli attori qualunque libertà rispetto al testo, senza
riflettere che la lettura è già un atto di estrema libertà.
La scena era un parallelepipedo di Ceroli, gli attori era-
no frontali al pubblico, non si guardavano, e facevano
una specie di declamazione senza nessuna ampollosità,
anzi cercando la maggiore asciuttezza, ma senza nessu-
na partecipazione emotiva. ln Pasolini anche l'aspetto
ideologico è estremamente passionale, la sua scrittura è
molto emotiva nel momento in cui lui scrive, quindi se al
momento della restituzione non fai appello agli stessi
impulsi (che certo non possono più essere quelli dell'au-
tore, ma devono essere quelli de]l'attore) le parole non
ritrovano quella propulsione che le spingeva verso la
penna. Ho l`impressione che lui disprezzasse gli attori e
questo lo costringeva, teorizzando, a rinunciare a qua-
lunque emotività del.la sua scrittura teatrale; le sue pièce:
sono molto più ricche della sua trattatistica,
Che ne pensi dei giudizi xul teatro che stamw nel
Manifesto?
Penso che per lui, nei rapporti culturali col teatro
rappresentato, l'esecrazione precede la conoscenza. I1
fatto di non conoscere il teatro lo porta talvolta a una
negazione un poco aprioristica. Anche come autore, cer-
te volte adotta come scoperte e novità dei procedimenti
che invece sono ovvi; in Afyahulazione sicuramente, ha
preso delle strutture del teatro tradizionale, ma quasi
senza saperlo 0 senza volerlo.
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Un teatro borghese XXV
Trovi che ci siarzo dei tipi di teatro a cui somiglia?
Il parallelo con Maeterlink mi pare abbastanza inso-
stenibile, come pure quello con O'Neill; la sua ambizio-
ne semmai è stata quella di scrivere delle tragedie, in
emulazione col teatro greco, anche se poi il suo teatro è
una dichiarazione sull`impossibilità della tragedia oggi.
Nessuno dei suoi drammi arriva ad essere veramente
una tragedia; sai, lui ha scritto dei testi "contro", ed è
difficile che la tragedia sia “contro”, la tragedia è sem-
pre celebrativa, è sempre fondante, celebra la sicurezza
della città. Viceversa il teatro di Pasolini vuole essere un
teatro critico, critica e tragedia sono due dimensioni che
teatralmente non vanno d'accordo. E poi, direi che mol-
to spesso il teatro di Pasolini è elegiaco, fatto di memo-
rie del passato, di descrizioni di natura eccetera; per
esempio in Piiade c`è un fortissimo senso di quello che si
è perduto, e anche questo, la nostalgia, non ha niente a
che fare con lo spirito tragico. In lui c'è il rimpianto di
una condizione edenica perduta che gli rende impossi-
bile accedere all'essenza della tragedia.
Potresti individuare le caratteristiche di ciascuno dei te-
sti di Pasolini che hai diretto?
Ca/derárt è il più strutturato, anche perché c'è dietro
un altro testo, e quindi resterà nella storia del teatro co-
me uno degli echi, degli aloni di La vita è sogno; Piiade è
il più felice, il più libero, perché l'Orestea è alle spalle,
non condiziona il testo di Pasolini; in Ajůfahuiaziorte c'è
il clima di Sofocle, ma non c'è Sofocle... una delle carat-
teristiche di Piiade e di Calderort è che la loro politicità
va ben oltre le circostanze storiche in cui sono nati:
quando ho messo in scena il Pilade e il Calderori con dei
giovani, che certo avevano sentito parlare di Pasolini ma
che nel 1968 non erano ancora nati, ebbene in qualche
modo sentivano di essere tuttavia implicati in quel tipo
di cultura che Pasolini aveva previsto disperatamente.
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XXVI lntervirta a Luca Ronwrii
Si, una generazione di attori molto giovani può ritrovar-
si perfettamente nei temi di Pasolini.
Come xz`c0nc1`[za quexta qualitá con la mancanza di [uu?
J1/á di cui parlavamo a[['imzz'0?
Un verso di Calderòn de la Barca dice «quasi mai le
profezie di sventura non si avverano», quindi è molto
più difficile azzeccare una profezia felice che una di
sventure... beh scherzo, la verità è che un certo dono
profetico non gli derivava dalla lucidità ma dalla soffe-
renza. Però la sofferenza non basterebbe: il fatto è che
esiste una specie di 0m0]0gza tra il modo in cui lui “orga—
nizza" la propria sofferenza e qualcosa di politico, di
profondamente sociale che gli sta accadendo intorno.
Credo che sia questo che attrae i giovani, sempre più
stufi della politica come mestiere.
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IL CORPO DEL TESTO
Intervista a Stanislas Nordcy
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[L: domande a Smnislas Ncrdcy sono di Walter Siti]
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C0rn'è avvenuto, e che cosa ha stgnzfcato per lei, Vincon-
tro con il teatro di Pasoltnt?
Quando per caso in una libreria ho aperto un suo testo
teatrale, non conoscevo di Pasolini né il cinema né la poe-
sia: sono proprio entrato in Pasolini attraverso il teatro.
Sto lì nella libreria e capito sul monologo della madre in
Bestia da stile — leggo e m'accorgo che c'è una scrittura
straordinaria, piena di poesia e nello stesso tempo politi-
ca, violenta e magari anche grossolana ma molto, molto
ricca, davvero sorprendente. Il nome sul frontespizio,
Pasolini, non mi diceva un granché, i genitori in casa non
mi avevano parlato di lui, alle spalle non avevo nessuna
mitologia deIl'uomo, dello scandalo eccetera, nessuna
idea preconcetta; mi trovavo in una specie di innocenza,
godevo semplicemente di quella scrittura così spessa, co-
sì emozionante. Ho visto che era scritto in versi.
È curioso che sta capitato proprio su quel hrano: tl rno-
nologo della madre in Bestia da stile è ut/eccezione nel
teatro pasolinzano, è forse il luogo in cui si avvzdna di più
alla scrittura di Testoriu.
Detto così, per l`aneddot0, io all'epoca facevo l`atto-
re: alla fine del secondo anno di conservatorio potevamo
proporre degli ateliers di messa in scena. Ho comprato
il libro, l'ho letto in fretta e la sera stessa ho buttato giù
un progetto che ho presentato al conservatorio. M`han
proposto di realizzarlo. Il mio è stato un incontro pas-
sionale con una scrittura: solo in seguito ho saputo che
dietro tl poeta c'era un uomo la cui vita era stata discus-
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XXX lrm·r·r.u.tI«1 a X/umxlux Nordey
sa e scandalosa. Per me è stato prezioso che la porta
d`ingresso sia stata la scrittura.
L 'ba percepztajin da/l'z`n121'0 eome una serzttura teatrale?
Non mi sono nemmeno posto la questione se fosse
teatrale 0 no. Allora il mio professore al conservatorio
era Bernard Dott, che subito m'ha detto «sì, Pasolini ha
scritto delle cose, ma non sono veramente teatro, non si
possono mettere in scena»,,.
in I talza, in ejyem, era conxiderato 1`rrapprexentabilem
Anche quelli che mi stavano intorno dicevano che
non era fattibile; ma a me quello che interessava nel tea-
tro, prima di tutto, era di far sentire la poesia. Il primo
testo su cui ho lavorato un po` come regista è stato La
principersa bzanca di Rilke, che non è un testo teatrale
ma un poema drammatico. Questo mi piace, è un ritor-
no al teatro greco, in cui la poesia aveva una grande for-
za; tutti i testi che ho montato, Pasolini o no, hanno a
che fare con la poesia. I versi mi piacciono, perché mi
pare che costruiscano il pensiero.
Non vede una contraddzìzkme tra la "corporalità" del
teatro par0lz`nian0 e la tua natura didattzŕa, cioe intellet-
tuale?
Da quel che ho potuto intuire, l'uomo Pasolini era
uno che metteva in gioco corpo e pensiero nello stesso
tempo, impossibile distinguerli nel suo modo di essere.
Da principio sì, ho avuto paura che fosse un teatro
chiacchierone, uno di quei teatri che contrappongono
idee e non personaggi, niente carne — ma prestissimo ho
capito che le idee che Pasolini presta ai suoi personaggi
sono talmente nutrite della sua propria carne che il tutto
prende corpo, c'è un'alchimia misteriosa che... non cre-
do affatto che si tratti di un teatro didattico, proprio
perché c'è sempre un mistero dietro. In Brecht, se vo-
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Il corpo del testo XXXI
gliamo fare un confronto, non c'è nessun mistero perché
l'ideologia deve arrivare chiara agli spettatori, e quindi
diluisce qualunque grumo; invece quello che c’è di inte-
ressante in Pasolini è che il fatto di essere poeta gli im-
pedisce di essere didattico, anche se ne avesse la tenta-
zione c’è il poeta che lo trattiene. Per esempio la prima
scena di Bestia da stile, quella di ]an nei campi, è una
specie di manifesto di quel che potrebbe essere un tea-
tro dove l'idea e il corpo occupano lo stesso spazio, per-
ché sono il risultato di una lotta interiore che è corpora-
le e politica insieme.
La scena di ]an nei campi} che lei ricordava, è una scena
di masturbazione e di esibizionismo che ha radici autobio-
grahche profonde, è quasi un Leitrnotiii nell'0pera di Pa-
solini· è una sfida al mondo, una rivendicazione di diver-
sita ma anche una gioia che ha bisogno di espandersi in
qualcosa di sovrapersonale. ..
Il suo testo non mi avrebbe affascinato tanto se non ci
avessi sentito un engagernent del corpo; quel che mi at-
traeva era l'idea di un intellettuale il cui corpo è engagé.
Quando si lavora con gli attori lo si percepisce subito,
perché è impossibile per un attore non impegnare il pro-
prio corpo.
Quando lei parla di corpo, nel teatro di Pasolini lo
pensa più come il corpo dell'attore 0 come il corpo del per-
sonaggio?
Abbiamo lavorato poco sulla nozione di personaggio,
più che altro abbiamo lavorato sul corpo dell'attore, e
sul corpo del testo, nel senso che il testo ha come un'os-
satura, una colonna vertebrale,.
Se ho capito bene, il corpo dello scrittore da una parte e
il corpo della scrittura dall'altra mettono un po' in ombra
il corpo del personaggio.
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xxxnn l· ‘·,' irl1imi1\/rit/it/'.1i.\niil«‘\
ll corpo clclllittore e il corpo del testo fanno traspari—
re, non saprei, come una specie di sudario, uno spettro di
corpo del personaggio — è come un fenomeno di ottica,
ma l`irnportante è il corpo del testo: per questo la versifi—
cazione è decisiva. Ho lavorato su quattro pièce: di Paso-
lini, e più lavoro sui versi più il testo prende corpo.
Quindi non avete lavorato rulla psicologia?
E difficile lavorare sulla psicologia dei personaggi di
Pasol.i.ni, perché non è un teatro scritto in quel modo, è
talmente poesia... quando parlo del teatro di Pasolini
con dei francesi, non c`entra molto ma parlo di Cocteau,
del cinema di Cocteau: quando vedi un film di Cocteau,
vedi bene che non è un cineasta, è un poeta che sta fa-
cendo del cinema. Nella stessa misura Pasolini non è un
uomo di teatro, e qU€S[8 è la sua grande dote come scrit-
tore per il teatro, è un poeta che scrive testi teatrali —
questo dà una specie di distanza che è bellissima. Si po-
trebbe anche dire che il suo teatro non è ben scritto, che
non segue le buone regole, certo non è uno specialista.
Laura Betti mi diceva che non gli piaceva nemmeno il
teatro, che non ci andava mai, e questo nella sua scrittu-
ra si sente. Si sente perché sfugge a tutta una serie di
trappole, alla “bu0na educazione” teatrale; è profonda-
mente inattuale rispetto a quello che si scriveva negli an-
ni Sessanta, non è á la page.
Negli anni Serranta cifu in Italia un interesre degli
rcrittori e dei poeti verro il teatro; cifu anche un po' di di-
rcurrione, per erempio rulla riozlrta «Szparzo», sul rapporto
tra rorittori e teatro. Nel 1966 Moravia, Parolini Sztzliano
e la Maraini avevano fondato il Teatro del Porcorpinon.
Comunque, l`impressi0ne è che Pasolini non cerchi di
scrivere "secondo la lingua del teatro": scrive, e quel che
gli vien fuori è dialogo. Quando Bemard Dort mi diceva
è irrecitabile, è troppo lungo, ci sono delle ridondanze,
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Il mrprr del tm/0 XXXIII
aveva ragione, è vero, ma è proprio questo che è bello.
Sono oggetti imperfetti, e la loro imperfezione li rende
molto ricchi da mettere in scena.
I dialoghi platonici sembrano estere rtatá effettivamen-
te, una delle fonti della tua rcrzttura teatrale, e querto ci
riporta al tema della pedagogia, 0 della reduzione.
Non dimentico mai che ha cominciato facendo il
maestro di scuola, lo dico sempre ai miei attori, e che
come insegnante ha inventato per i suoi alunni delle ve-
re e proprie “strategie di seduzione”, dei progetti per
fargli imparare il latino 0 la storia attraverso il teatro.
Nel suo teatro maturo, creativo, rimane qualcosa di
quell`atteggiamento: per esempio in un testo come Por-
eile, prova a “spiegare” che cos'è l'obbedienza di un fi-
glio. Ma nello stesso tempo, se prendiamo la scena tra
Julian e Spinoza, è tutto l'opposto di una “strategia di
seduzione”, anzi sembra fatta per portare lo spettatore
fuori strada. Nel teatro di Pasolini è impossibile capire
tutto a una prima lettura: non so se è volontario, ma a
un certo punto confonde le piste; quando abbiamo lavo-
rato sulla scena tra ]ulian e Spinoza, o anche sulla scena
tra ]an e la sorella in Bestia da rtzle, a un primo ascolto
era incomprensibile.
Forte quel che vuole inregnare è la propria sierra znaf
ferrabilità; non le viene il xorpetto che il "mirtero” potra
errere remplieemente confusione intellettuale?
Mah, Pasolini era molto cosciente delle contraddizio-
ni e delle confusioni, e se ha deciso di lasciarle nel te-
sto... non so, forse è una specie di civetteria, ma no, ri-
pensandoci è qualcosa di più — quando ci si lavora una
seconda volta ci si accorge che non è poi così confuso, è
come se il suo pensiero non potesse esprimersi che in
quel modo. In realtà c'è un doppio meccanismo che gio-
ca: un aggancio di seduzione da una parte, dall’altra un
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\\\i\ /«. M rx nm, .i \.'.,».w«/.«i \«n..”«\
bisogno di ambiguità, ln ogni pn"c<' che ho messo in sce-
na c`è un momento in cui si apre un problema, 0 si alza
un muro che è impossibile superare intellettualmente, e
credo che Pasolini l`abbia fatto apposta; chiunque sap-
pia un poco di pedagogia sa che non bisogna chiarire
tutto, che è meglio lasciare delle zone d'ombra, in modo
che l`allievo ci si possa fare i denti e continui ad avere il
desiderio di...
[ei crede a una rtrategia corciente di Parolini in que-
sto senso?
Mi sembra di sì, che ci sia l'idea che togliendo ogni
difficoltà si toglierebbe allo spettatore la voglia di anda-
re avanti per conto suo; è come un frutto che si sbuccia
a poco a poco ma per strati, e anche all'ultimo c'è sem-
pre qualcosa che continua a sfuggire.
Quando ho virto la merra in rcena che [ei ha fatto di
Porcile, ia cosa che mi ha colpito di piu è rtata ia materia-
htá che è riuscito a dare a//a scrittura, L'ann0 rcorso ho te-
nuto una conferenza in Friuli} alla hne una anziana signo-
ra È venuta a raiutarrni e mi ha detto «1o sono ia virg0ia»,·
le ho risposto «scuri?» e allora rn'ha rpiegato che quando
Parolini era ii suo insegnante aveva scritto un copione per
farniiiariìzare i ragazzi con ia punteggiatura, e in querto
copione [ei recitava appunto ii ruoio deiia Virgola. Ho
l`impresrione che mettendo in scena Porcile [ei ria riurci-
to a ritrovare quaicora di rirniie, perche ia scrittura si ve-
deva ru] palcorcenico, mi pzacerehhe rapere come ha fatto
a ottenerlo,
E il quarto testo di Pasolini che metto su, e continua-
vo a dirmi che c'era qualcosa nei versi che doveva venir
fuori... tecnicamente quel che ho fatto è stato di dire agli
attori «fate finta che questo testo sia scritto in Braille,
quindi chiudete gli occhi e poi fate così, seguite con le
dita le righe del Braille e quando la riga è finita, siccome
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Il mrjm del /ci/u XXXV
sono versi, andate a capo, così, e ricominciate a decifra-
re». Per me era una maniera di costruire il pensiero. I
versi sono un indice straordinario di come funziona il
pensiero nella testa del poeta: è qualcosa di molto orga-
nico, è quando il verso gira che anche il pensiero gira, 0
si biforca. Il pensiero è laborioso e contorto, per esem-
pio, quando c'è un enjamhement troppo artificiale... è
inutile che cerchi di ricostruire in teatro la mente di
Shakespeare, non potrò mai sapere quello che davvero
pensava; il solo indizio che ho è nelle frasi, nelle virgole,
nel movimento e nelle torsioni della scrittura.
Come se fossero le parole che pensano?
Esattamente, è come quando si va su un'autostrada e
ci sono i cartelli segnaletici, ci siamo chiesti dov'erano i
cartelli segnaletici di Pasolini e quindi abbiamo lavorato
sulla costruzione del verso, in un modo molto minuzio-
so. E curioso quel che lei raccontava prima sulla virgola
eccetera, perché noi abbiamo veramente lavorato così:
quando c'era un punto interrogativo l'attore faceva un
gesto, quando c'era un punto esclamativo faceva un al-
tro gesto, all'inizio erano anche espedienti per aiutare la
memoria, ma insomma ci siamo divertiti, abbiamo pro-
prio giocato coi segni della punteggiatura. I·Io sempre
pensato che nella scrittura di Pasolini (è una delle forze
anche della sua poesia) ci sia qualcosa di ludico; soprat-
tutto nei testi dell'ultima fase, c'è un invito al gioco per
il lettore, un invito al travestimento, al cabaret eccetera.
Quindi gli attori hanno cominciato le prove tenendo gli
occhi chiuse è interessante, perché nel teatro di Pasolinii
personaggi agiscono spesso come se avessero gli occhi chiu-
si, come in sogno, oppure al contrario ci sono molti sguar-
di che si incrociano, si fa all 'amore con gli occhi ci si sfda
con gli occhi} insomma gli occhi semhrano un luogo cru-
ciale del suo teatro...
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—,\ i l'.'ti1Ji/ic.i \/.i«.m`ii· \«»i/ti
.\ pixtpusitu tlt-llo 5}[Llì\l`KlO, Llllìl clt:llC prime COSC Cl1C
ho lutto vedere agli attori durante le prove è stata una
scena di Etlzpo rc. nella parte diciamo così “friulana",
quando Silvana Mangano allatta il bambino; c`è un mo-
mento molto molto bello, in cui la Mangano semplice—
mente alza gli occhi e fissa la macchina da presa. Ma con
un passaggio dolcissimo, per niente violento, non è uno
sguardo di frontalità 0 di sfida, tipo infrangere la quarta
parete 0 roba del genere; ci abbiamo lavorato sopra
molto, sul tipo di rapporto che quello sguardo vuole in-
staurare col pubblico. Pasolini cerca, nel suo teatro, una
specie di complicità con quello che avrebbe voluto che
fosse il suo pubblico (a proposito di pedagogia e di se-
duzione), e anche nelle sue poesie ci sono molti passi in
cui si rivolge direttamente al lettore...
La ‘]unzz`0ne/'álzca", secondo ]ac0l7s0n.
si, un pericolo quando si mette in scena il suo tea-
tro è di creare una barriera invalicabile tra gli attori e il
pubblico, mentre lo sguardo di Silvana Mangano è un
invito morbidissimo per lo spettatore, a entrare; come
quando si guardano Las meninas di Velázquez, è una co-
sa che ho tenuto presente mettendo in scena il Calderán.
Quelli che hanno vzslo Orgia nel 1969 a Torino, con la
regia di Pas0l1`nL ricordano che invece lì l'e/fette era pro-
prz`0 di un muro eretto tra scena e pubblico, cioè il contrario
di quello che lai teorzzzava; che ne pensa delle teorie teatra-
li di Pasolinz} del suo Manifesto per un nuovo teatro?
Quando ho letto il Manifesto per la prima volta mi so-
no detto “per mettere in scena il suo teatro la cosa da
evitare assolutamente è seguire le sue istruzioni". Il suo
Manfesto è forse più utile per il teatro degli altri che per
il suo; applicato al suo, si forma come un pleonasmo.
Ho visto in Francia degli attori che hanno provato a re—
citare Pasolini secondo le regole del Manifesto, ed era
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Il wrjw Jul /ui/0 XXX VII
noioso da morire. Il suo Manifesto ai una teorizzazione
che si pretende onnicomprensiva, mentre nelle piècei,
fortunatamente, c`è un sacco di cose che gli sfuggono.
Detto questo, il Mani/etto non è privo di qualità, soprat-
tutto mi interessa la nozione di “teatro di parola", un
teatro in cui la parola sia il motore dell’azione. Anche se
è datato, il ManJest0 non è certo da buttare nella spaz-
zatura. Quanto a lui, riesco a immaginare come deve
aver fatto la regia di Orgia nel 1969 (a parte che non ave-
va tempo, stava facendo mille altre cose): dev'essersi
detto “adesso finalmente applico tutti i princìpi del mio
teatro” — proprio perché non era un uomo di teatro,
pensava di poter trasportare le sue idee dalla pagina alla
scena. Ma se sei un uomo di teatro le idee devi tradurle,
prima. Mi fa venire in mente Bernard-Marie Koltèsz da
qualche parte scrive che gli piacerebbe che il suo teatro
venisse recitato come se gli attori fossero bambini che
hanno bisogno di fare pipì, e quindi snocciolano le bat-
tute molto in fretta, L'immagine è carina perché rivela il
desiderio di Koltès, cioè lui non vuole che il testo si ap-
pesantisca sulle parole, però evidentemente se sulla sce-
na si facesse davvero così, con dieci attori che si tengono
le mani davanti e pestano i piedi, beh, sarebbe ridicolo.
Ma è interessante come materiale di lavoro, se si ha l’in—
telligenza di evitare soprattutto quel che ci dice di fare,
Nel tuo cinema, si ha l'imprex.tione che PdS0ll'I1I'5_/fulli
la trama e i coxtumi come pretetto per mostrare il corpo
degli attori} nel teatro invece, dove ha a dzkpoxizione dei
corpi veri di attori sulla xcena, xemhra che ne ahhia paura
e discetta di teatro di parola, di idee., forse i drammi per-
mettono quello che negava nelle rue teorie?
Le pièce: le ha scritte lui stesso con tutto il proprio
corpo; il suo teatro aiuta gli attori a situarsi in un luogo
in cui il pensiero e il corpo si congiungono. Il regista
Klaus Griìber, quando dirigeva le prove della Bérémce
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\\\\ iii lan ii nm .1 .\1.iim/in ,\i»i./ci
di Racine, diceva agli attori "si dovrebbe ascoltare il ru-
more della penna di Racine mentre sta scrivendo i ver-
si"; analogamente io vorrei dire ai miei attori “ascoltate
la tensione del corpo di Pasolini nel momento in cui
scrive il suo teatro, mentre il suo sangue passa nella sti-
lografica..."
scrzixeva a maccbinau.
ah d'accordo, mentre le sue dita premono sui tasti.
Tornando alla sua regia, il fatto è che il lavoro del teatro
per lui era qualcosa di esteriore, non aveva nessun savoir
faire concreto, infatti non era contento del lavoro che
stava facendo, non sapeva guidare gli attori.
Questo gli succedeva anche nel cinema, quando gli loc-
cava di lavorare con attori professionisti. O li invitava so-
stanzialmente a ryfare se stessi, come Orson Welles nella
Ricotta, oppure si sconlrava con la loro creatività e quasi
la respingeva.
Gli attori non li conosceva, aveva bisogno di lavorare
con delle persone, non con degli attori; per esempio,
quando lavora con la Callas non lavora con un'attrice: è
urficona, c'è un fantasma che è posto, come c'è un fan-
tasma su Accattone. Eppure proprio per questo gli atto—
ri, non so in Italia, ma in Francia gli attori trovano che il
teatro di Pasolini sia un materiale di una ricchezza
straordinaria; cioè, proprio come lui considerava gli at-
tori puro materiale, così loro inversamente possono con-
siderare puro materiale i suoi testi. Cè una lingua che lo
pemiette, e poi qualcosa di molto denso emozionalmen-
te, perché non è troppo definito.
In Porcile, ]ulian e il padre non si parlano mau si po-
trebbe porre un sillogismo del tipo: ]ulian ama i maiali
suo padre è un maiale, dunque la vera colpa di ]ulian con-
siste nell 'arnare suo padre?
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ll corpi: del [wm XXXIX
Pasolini è sempre molto malizioso, fa dire a Spinoza
“non si sa ancora quale sia il vero porcile", lascia la cosa
aperta. Quando Julian esce dalla sua catalessi dice “sì,
grazie a una certa complicità con mio padre", come allu-
dendo a una scena che avrebbe potuto aver luogo, un
dialogo trai due dopo il quale sarebbe finito lo “sciope-
ro" di Julian. Pasolini lo sogna continuamente, questo
dialogo padre-figlio, la scena più formidabile è quella di
Teorema tra Terence Stamp e Massimo Girotti, un so-
gno di riconciliazione impossibile col padre, di riconci-
liazione carnale.
SL è impresxioiiante come potra cambiare di regno aria
citazione da Tolrtoj. .,
L’amore che Julian ha per suo padre è veramente
tabù, perché suo padre è uno dei maiali di Grosz; c’è
qualcosa di impossibile anche politicamente, Che poi
credo fosse la situazione che Pasolini aveva sperimenta-
to con il suo padre biografico. In Bextza da rtile il perso-
naggio della madre parla come avrebbe potuto parlare il
vero padre di Pasolini, mentre il padre diJan nella pièce
è molto silenzioso, corrisponde più all’immagine che si
ha della madre di Pasolini- c’è una specie di volontario
rovesciamento.
Lei ha metro iii scemi, dicevamo, quattro tragedie di
Parolini} quali xorzo, recorido lei le caratterixticbe partico-
lari di ciarcima?
Le tre prime che ho realizzato, cioè Bestia da rtile,
Calderán e Pilacle, le chiamerei le pièce: epiche, le epo-
pee che si svolgono nella storia. Bertia da rtzle è la storia
ceca, il comunismo reale eccetera; Calderárz il franchi-
smo ma anche l`Inquisizione, ci sono molti personaggi,
gente che viene da fuori, il vento della storia che soffia;
Pzlade è la formazione della democrazia, la Resistenza e
quel periodo là. In Porcile si allude si ai campi di stermi-
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xi Iw,'i ri tim ii \.’.i·11¤/in .\«¤/i/wi
nio ma restano sullo sfondo, tutto si svolge entro il peri-
metro di una villa, ci sono relativamente pochi perso-
naggi. Le altre due, quelle che non ho messo in scena,
sarebbero il teatro da camera: padri madri figli mogli
mariti, tutto avviene nellambito familiare.
Bes/hz ila stile mi sembra la più adolescente nella scrit-
tura, la più libera, la meno costruita ma insieme la più
problematica, molto difficile da mettere in scena. Pilade
si presenta come il sequel dell'Orestea e forse per questo
è la più sapiente dal punto di vista della struttura, è ve-
ramente costruita sul modello delle tragedie greche; ma
è anche quella in cui Pasolini proietta più di se stesso,
Pilade e Oreste sono le due facce delle sue contraddizio-
ni di intellettuale e di cittadino: politicamente è la più
appassionante. Quanto a Calderán, è la più scorrevole,
la più ludica nella scrittura; lì si ha veramente l’impres-
sione che Pasolini cominciasse a capire come funziona
una macchina teatrale; ci sono più cambiamenti di regi-
stro per esempio, il disegno è più spezzato, ci sono veri e
propri colpi di scena, un andamento più cinematografi-
co: è anche la più accessibile. Poreile è la più dialogata,
questa è la grande differenza con le altre: in Bestia da sti-
le ci sono quasi solo monologhi, in Pilade sì i personaggi
si rispondono ma un po' come in Racine, mentre in Por-
cile spesso a una riga di dialogo si risponde con una riga
di dialogo, è quella che nel teatro classico si chiama sti-
comitìa. Dall'esterno, per me, Afabulazzìme è forse la
più didascalica, la meno interessante; se ci lavorassi for-
se direi il contrario, ma per ora mi pare che la sua tesi sia
un po' forzata,
Ci sono, secondo lei} dei tipi di leatrc clye si possono ae-
custare al teatro di Pasolini?
Cè quel testo di Rilke che le dicevo, La principessa
bianca, ho anche pensato a Mallarmé... ma per il resto
no, non assomiglia a niente che sia stato scritto da uomi-
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Ii L‘l1ì[JlA tie//01/0 XI.!
ni di teatro, la forza di Pasolini è proprio che non aveva
riferimenti teatrali.
Si é parlato di teatro xirnbolittau.
No, non mi pare — sono sicuro che ha letto La princi-
pexxa bianca, perché in Ca/derán ci sono dei brani che
risultano proprio rubati, “non è altro che un sogno",
eccetera. D’accordo, avevano tutti e due alle spalle Cal-
derén de la Barca, ma sono sicuro che Pasolini ha letto
Rilke, ci sono troppe somiglianze. A parte questo, è no-
tevole invece che ci siano degli autori che devono molto
al teatro di Pasolini: Heiner Můller per esempio, si ve-
de, e lui stesso lo riconosce". ma in ultima analisi, l'uni—
co testo che si potrebbe accostare sono i dialoghi di
Platone.
Nesxun accortamento porxziaile co] Living?
Assolutamente niente a che fare, perché in Pasolini
c’è anche qualcosa di trattenuto, non c'è semplicemente
qualcosa che è liberato; è un corpo che si getta nella mi-
schia ma si trattiene, com'era il corpo di Pasolini del re-
sto, sportivo ma secco, come un cavallo trattenuto per le
briglie. Semmai un accostamento con Artaud non sareb-
be impossibile — sicuramente deve qualcosa ad Artaud,
mentre non ha niente a che vedere con Genèt.
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CRONOLOGIA
2 cura di Nico Naldini
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1921
Già combattente nella prima Guerra mondiale, Carlo Alberto Pa-
solini da alcuni anni presta servizio come ufficiale a Casarsa, un
paese di cinquemila abitanti nella parte occidentale di quel Friuli,
già colonia di Venezia e dell`Austria, che i soldati hanno ribattezza-
to «pisciatoio d'Italia» per la frequenza e la durata delle piogge.
Tra un'azione militare e l'altra, il wup de foudre per Susanna Co-
lussi, maestra elementare, ha dato inizio a un lungo fidanzamento,
Bella ed elegante, con il contributo attentamente studiato di co-
smetici come nessuno se li sogna in quel paese di rozze abitudini
agresti, Susanna si circonda di molto riserbo, per timidezza, ca-
pricciosità e una contrastante forza di carattere.
Carlo Alberto, per farsi notare, si sara fatto avanti col suo piglio
militaresco, il monocolo incastrato nell'orbita sinistra e Vaplomb
degli ufficiali di carriera, sublimato nei futuri film di Erich von
Stroheim. Ma già mosso da una passione amorosa che rimarra inal-
terata per tutto il corso della sua vita. Anche se con qualche incer-
tezza, dovuta alla riluttanza del ramo principale a riconoscere quel-
lo secondario, Carlo Alberto appartiene a una delle più illustri
famiglie di Ravenna, i Pasolini dall'Onda, nobili degli Stati della
Chiesa, che per tradizione hanno sempre assolto importanti incari-
chi in Vaticano. Durante la sua prima gioventù il padre Argobasto
era ancora proprietario di «terre e palazzi», ma già avviato alla ro-
vina per la passione del gioco d'azzard0, rovina cui ha sicuramente
contribuito il figlio con la medesima passione. Secondo uno sche-
ma sociale ben noto, l`unica salvezza in questi casi è rappresentata
dalla carriera militare, che comunque si adattava bene al tempera-
mento di Carlo Albertot
Si sposano nel dicembre del 1921. Susanna ha trentun anni, uno
più del marito, ma ne dimostra molti di meno. La sua famiglia ap-
partiene al clan numeroso dei Colussi, che sei secoli prima hanno
partecipato alla fondazione di Casarsa. Il paterfamilias Domenico
da anni si è allontanato dalla servitù dei campi costituendo un pri-
mo nucleo industriale con delle trebbiatrici e un laboratorio per la
distillazione dell'acquavite.
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Nusmnti C ln priinu di sei frattelli, tltu: maschi c quattro femmine l
riccioli che le incoriiicutno la fronte, gli zigomi alti, il naso ben di-
segnato la bocca su cui si è fissato un sorriso di ironica difesa, si
fondono in una tipologia che avrà riscontri di vaga somiglianza in
almeno un paio di amiche di Pier Paolo: la scrittrice Elsa Morante
e l`attrice Silvana Mangano.
Carlo Alberto, che deve alla guerra la sua promozione ad ufficiale,
ha trovato nei miti nazionalistici, già maturi per comprendervi
quelli del fascismo nascente, ogni risposta per la sua figura pubbli-
ca. È anche un uomo veramente coraggioso, ma quello che deter-
mina il suo carattere rendendolo indifeso, patetico e temibile allo
stesso tempo, è l`alto grado di passionalita libera da ogni vincolo
culturale 0 religioso,
Dopo il matrimonio incomincia una serie di trasferimenti in varie
città di provincia dell`ltalia Settentrionale.
1922-1926
Pier Paolo nasce a Bologna il S marzo del 1922. Nel 1923 la fami-
glia è a Parma, nel `24 a Conegliano, nel `ZS a Belluno dove nasce il
secondogenito Guidalberto: «La mattina in cui nacque Guido, io
mi alzai per primo, corsi in cucina e lo vidi dentro una culla. Volai
subito in camera di mia madre a darne la notizia. A lungo mi glo-
riai di essere stato il primo a vederlo»t
Susanna è cattolica, ma non praticante, ha anzi una scoperta insof-
ferenza del.l'untuosità religiosa. Anche per la retorica politica nutre
un`avversione che rende più difficili i suoi rapporti con il marito.
Gli è fedele, ma per senso del dovere, e nell'animo di Carlo Alber-
to si moltiplicano gli allarmi per una passione non corrisposta al-
meno al livello in cui egli vorrebbe mantenerla. O forse il loro dis-
sidio non ha avuto bisogno di nessuna causa, si è prodotto
naturalmente, rimanendo tuttavia sempre nascosto sotto le conve-
nienze, ma sarà destinato a segnare la vita dei due figli, soprattutto
di Pier Paolo.
1927- 1931
Nel '27 i Pasolini sono di nuovo a Conegliano e in ottobre, prima
di compiere sei anni, Pier Paolo viene iscritto alla prima elementa-
re. Nel.l`anno successivo sono di nuovo a Casarsa, ospiti della casa
matema. Il padre è agli arresti in caserma per debiti di gioco e Su-
sanna, per fronteggiare la nuova difficoltà, è tornata a insegnare
nelle scuole elementari. Pier Paolo con un «ciuffo impudente» fre-
quenta la seconda elementare. È l'anno del grande freddo e fuori
casa la neve è altissima. Un pomeriggio sente delle grida di gioia; la
madre e le zie prese da un estro improwiso giocano a lanciarsi pal-
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(.IVl)I1fI/Ilgld X|.\’II
le cli neve, Nella cattiva intesa tra i genitori, egli si è schierato tutto
dalla parte della madre per la quale prova un amore intensissimo
senza possibili deroghe, Riflettendo anni dopo sull'avversione che
invece ha sempre provato per il padre, in corrispondenza con la
stesura del dramma in versi Afabulaziome che tratta di un rapporto
incestuoso tra padre e figlio, scoprirà nel fondo di essa «un amore
parziale, che riguardava unicamente il sesso».
Vivendo protetto dentro il nido famigliare, circondato da un am-
biente e una cultura borghesi, il mondo che si estende davanti a lui
non può che essere assoluto: tutto sensazioni, passioni, angosce,
dedizioni, ingenuità. E dentro queste componenti di sensualità e
sensibilità, nasce anche la coscienza della sua diversità.
Nell`antico nido materno protetto in ogni atto dallo sguardo del
Signore che risiede in un cielo esteso appena sopra le case, Pier
Paolo coltiva un grande fervore religioso: «Parteggiavo con un ar-
dore pari alla saggezza per l'onesta, la morale, Dio e la comunio-
ne». Trasporti che dureranno fino ai quattordici anni, con la figura
di Cristo crocefisso che domina le sue fantasie: «Quel corpo nudo
coperto appena da una strana benda ai fianchi (che io supponevo
una discreta convenzione) mi suscitava pensieri non apertamente
illeciti, e per quanto spesse volte guardassi quella fascia di seta co-
me a un velame disteso su un inquietante abisso (era l'assoluta gra-
tuità dell`infanzia), tuttavia volgevo subito quei miei sentimenti alla
pietà e alla preghiera. Poi nelle mie fantasie apparve espressamente
il desiderio di imitare Gesù... Mi vidi appeso alla croce, inchiodato,
I miei fianchi erano succintamente avvolti da quel lembo leggero e
un'immensa folla mi guardava. Quel mio pubblico martirio finì col
divenire un'immagine voluttuosa: e un po` alla volta fui inchiodato
col corpo interamente nudo...», Da questo strato emotivo infantile,
una dozzina d'anni più tardi, potranno emergere dei fantasmi che
percorrendo le pagine dell'Uxzgm7l0 della Cbiera cattolica, manipo-
lano con una sorta di mistica eresia i desideri carnali, fino all'estre-
ma identificazione del poeta in un Cristo-giovinetta, esposto agli
sguardi della gioventù raccolta in chiesa.
Dopo le grandi nevicate, a Casarsa c'è una primavera piovosa: «In
certe ore di pioggia, eravamo costretti, io e le mie cugine, a restare
chiusi in casa, in un violentissirno profumo di umidità. Fuori una
musica di muschi e oleandri picchiettava sulle gorne con gradazio-
ni amare; una goccia cadendo irregolare su un barattolo pungeva
lo scroscio confuso della cloaca mentre mille dardi, sui giaggioli,
arpeggiavano crudelrnente,,.».
Terminato il periodo di punizione del padre, e mentre i trasferi-
menti riprendono con un ritmo quasi annuale, Casarsa rimane la
meta fissa delle vacanze estive di ogni anno. Situata sulla linea del-
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\t tut < mm,/«·><1t:
le Rtsorgtve che tagliano il Friuli occidentale a metà strada tra i
monti e il mare scomponendolo in un`arida Alta e in una Bassa il-
leggtadrita dalle luci adriatiche, la pianura di Casarsa ha la bellezza
delle epifanie naturali. Boschi cedui lungo le rogge rossi come il ru-
bino d'inverno. caldi e sontuosi d`estate, file purissime di gelsi che
rimpiccioliscono in lontane prospettive, boschetti rugginosi, caso-
lari dai muri di sassi neri qua e là inazzurrati dal solfato, pareti gial-
le di fienili e strade di terra battuta bianca compongono una bel-
lezza così pura da farsi astratta. Anche la natura degli uomini varia
assieme ai luoghi, I paesi dell'Alta, plumbei, aristocratici, pervasi
dai profumi alpestri; quelli della Bassa allegri, aperti e un poco ple-
bei. I loro nomi: San Giovanni, San Vito, Ligugnana, Valvasone,
Castiòns, Domanins, Zòppola, fino a lambire con Cordovado i luo-
ghi del Nievo. Negli uni e negli altri, la vita è quasi identica. Ci si
alza prima che nasca il sole con le campane del Mattutino e con
quelle dell`Or di notte la vita finisce. A pochi chilometri scorre
«orgoglios0 e terribile» il Tagliamento. Così lo descrive durante
una piena il più nobile dei poeti friulani del Seicento, Ermes di
Colloredo. Ma poi cessate le piogge in montagna resta un'immane
distesa di sassi e sabbia, cespugli e boschine e qua e là dei corsi di
acqua purissima, profumata dalle erbe dei monti, che a nord for-
mano uno scenario cangiante a seconda delle luci del giorno.
Nel corso del 1929 la famiglia si riunisce a Sacile. Già tra i quattro
e i cinque anni Pier Paolo è stato preso dalla passione del disegno,
ma adesso si aggiunge quella dello scrivere versi. un «poeta di
sette anni» e anche se i soggetti delle sue poesie sono ricavati dai
più semplici aspetti della natura osservata a Casarsa, il suo è uno
«stilus sublimis» con parole elette come «rosig,nolo» e «verzura».
Una volta composte le illustra con disegni riempiendo un intero
quaderno. Alla madre promette che quando sarà grande fara il
poeta e il capitano di marina, Il padre sorride orgoglioso perché ri-
corda che in famiglia c`è già stato un poeta di nome Pier Paolo.
Dopo un breve soggiorno a Idria, ora in territorio sloveno, nel
1931 sono di nuovo a Sacile dove Pier Paolo affronta l`esame di
ammissione al ginnasio. Viene rimandato in italiano perché il suo
tema è «imparaticcio». Per l'esame di riparazione il padre infuriato
con i professori lo trasferisce a Udine. La prima classe del ginnasio
è a Conegliano. Pier Paolo sale ogni giomo sull'accelerato Venezia-
Udine che da Sacile lo porta a scuola: «C`erano dei giorni in cui,
nel vagone grande c scuro, che correva traballando, ero solo; in un
angolctto, vicino al finestrino acido di fumo, malchiuso e guardavo
sorgere il sole».
Legge tutti i romanzi di Salgari, ma è sull'atlante geografico — «il
mio primo e più importante libr0» — che si scatena la sua immagi-
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Cmrioirrgzù XI,|X
nazione: «Vivevo avventure che mi toglievano il respiro: solo una
minima differenza divideva la fantasia dalla realtà, ed io mi illude-
vo rempre che sarebbe bastato uno sforzo altrettanto minimo (una
scrollata di spalle, un grido furioso) per entrare nel mondo stupen-
do del.l'avventura...»,
1932-1935
«I piccoli venditori di stelle alpine di Belluno, gli impuberi slavi di
Idria, i figlioletti degli operai di Sacile e dei contadini di Casarsa,
erano stati durante il lunghissimo decennio della mia fanciullezza i
compagni di generazione; un preparato il cui reagente della mia di-
versità 1`nlerzbre, e sociale, la mia delicatezza e la mia durezza resta-
va insolubile.,.»
A metà anno scolastico 1932-33 il padre viene trasferito a Cremo-
na, una città che a Pier Paolo sembra una metropoli e dove reste-
ranno fino a tutto i1 1935, quando compie tredici anni Sulle rive
del Po i sogni d'avventura ora si confondono, tra capanne indiane,
con quelli reali, esplorazioni e costituzioni di «bande», dove viene
accolto benché «isolat0 e alloglotta». Una trama di eventi infantili
che lasceranno segni indelebili. «Lei è a Cremona! — scriverà
vent'anni dopo al critico Gianfranco Contini- Ma non sa che que-
sto fatto non solo mi “colpisce in pieno petto" ma me lo devasta? E
per di più i tetti, proprio quelli che io per tre anni (dai dieci ai tre-
dici) vidi dalla terrazza della casa in via XX settembre dove fui il
vecchione dell'ultima impubertàm Corso Ciampi, i giardini pubbli-
ci, la "Baldesio", il “Ponchielli", imboccare la via 11 febbraio al cui
angolo c'era la mia casa, dura e lucida come di metallo.»
Oltre alla scuola frequenta un corso di scherma. Le sue letture so-
no cambiate. Non più solo Salgari, ma Omero, i Luriadz', tutto Car-
ducci. Comincia poemi epici e drammi in versi, che amplificano
con una metrica perfetta la passione per l'Italia carducciana, agre-
ste e barbara.
Con l'inizi0 della pubertà anche la passione dei viaggi compiuti
sull'atlante si tramuta in viaggi veri e alla passione geografica suben-
tra quella del paesaggio: «Di qui nacquero le mie corse in bicicletta,
le mie scoperte, le mie casuali rotte e i miei "Terra! Terra! "».
1936
Alla fine del `35 un nuovo trasferimento, a Scandiano, crea altri
inevitabili problemi di adattamento; «ma per natura ero inadatta-
bile: e l'adattarmi mi costava sempre un'enorme fatica, per quanto
mi piacesse, disperatamente mi piacesse».
Il ginnasio frequentato come sempre da pendolare delle ferrovie,
in un treno che è sempre teatro di amori e di relazioni sociali, è a
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i < »««»/rr/ngi.:
Ruggw ljmtlm. Le l•.·tturt· poetiche si allargano dal (Èarducci a Pa-
scoli e Dll\1111Ll1]Zi(Y. Perseveta nell`attivita letteraria in un tono
quasi professionale, con un proprio tavolo da lavoro e uno scaffale
dove si allineano volumi sempre più numerosi.
ll fervore religioso nato nell`infanzia assieme alla necessità di ordi-
ne e di saggezza. subisce un improwiso arresto, coincidente con le
prime esperienze erotiche solitarie: «Sentii le violenze delle prime
libidini, compii i primi atti i.mpuri (ero uno studentello di_quattor—
dici anni); obbedivo alle mie tendenze senza giudicarle,. E strano,
ma non ricordo come quella fede si dissolvesse. È forse l`uriico av-
venimento interiore della mia vita che sia scomparso senza lasciare
traccia».
Al ginnasio di Reggio incontra il primo amico della giovinezza, Lu-
ciano Serra, che ritroverà l`anno dopo al Liceo Galvani di Bologna.
Una scuola laica, dopo le detestate scuole dei preti.
1937-1939
«Bella e dolce Bologna! / Vi ho passato sette anni, forse i più bel-
li...» A Bologna Pier Paolo va incontro a passioni nuove, come
quella del gioco del calcio che non lo abbandonerà nemmeno
nel.l`età avanzata. Gioca con squadrette ai Prati di Caprara dove
viene soprannominato «Stul<as» — l'aereo tedesco da picchiata —
per la velocità della sua corsa.
La passione della lettura viene alimentata dalle bancarelle di libri
usati del Portico della Morte, tanti volumetti di edizioni economi-
che che rilega egli stesso con copertine di cartone. Le nuove letture
vanno da Dostoevskij, Tolstoi, Shakespeare ai poeti romantici Co-
leridge e Novalis
Al Liceo Galvani dopo Serra trova altri amici: Ermes Parini, Fran-
co Farolfi, Elio Melli, La sua carriera scolastica procede con risul-
tati sempre eccellenti. Nell'estate del '39 essendo stato promosso
alla terza liceo con una media molto alta, decide di saltare l'ann0
scolastico presentandosi agli esami di maturità in autunno. L'inse-
gnante di latino dopo aver esaminato il suo compito scritto lo sot-
topone orgogliosamente agli altri esaminatori per la sapiente appli-
cazione dell`«attrazione m0dale».
Nell'ulti.mo anno di liceo ha avuto come insegnante supplente un
giovane poeta, Antonio Rinaldi, che un giorno ha letto in classe Le
bureau hzre di Rimbaud. E la prima «fulgurazione» che apre a Pier
Paolo l`eccitante panorama della poesia moderna, anche di quella
italiana, con in testa Ungaretti e Montale: «Non vissi quell`espe-
rienza da apprendista soltanto, bensì da iniziato».
Si iscrive a diciassette anni alla facoltà di lettere dove scopre altre
passioni culturali, tra cui la filologia romanza e soprattutto l'esteti-
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(,lV(]ì'IUh}gIlI l.l
ca delle arti figurative insegnata dal più grande dei suoi maestri,
Roberto Longhi. Frequenta il Cineclub dove vede tutto René Clair
e qualche film di Chaplin: «lì è incominciato il mio grande amore
per il cinema», poi lo sport, «la più pura, continua, spontanea
consolazione». E capitano della squadra di calcio della facoltà di
lettere, gioca a pallacanestro, fa gite in bicicletta con Parini e Fa-
rolfi, frequenta i campeggi estivi organizzati dall'universita; d'in-
verno va a sciare. D'estate, come per un programma rigorosamente
osservato, tutta la famiglia si trasferisce a Casarsa.
In casa, nell'equilibri0 ristabilito tra i genitori anche dalla presenza
dei due figli divenuti grandi, gli affetti sono solidi e tranquillii Il pa-
dre è preso dall'ammirazione per il figlio maggiore ma è orgoglioso
anche della buona riuscita del secondogenito. Guido è un ragazzo
«normale» che non dà problemi, sano e affezionato a tutti i compo-
nenti della famiglia, condivide l'ammirazione per il fratello maggio-
re, anche se qualche volta sente di essere escluso da quell'intesa
amorosa tra Pier Paolo e Susanna che scaturisce ogni giorno ripe-
tendo fatalmente le note del.l'amore privilegiato. Susanna, anche
quando resta in casa per giorni interi ad accudire gli obblighi dome-
stici, È sempre perfettamente curata e la sua grazia, attenta e severa,
è il principale componente dell'armonia famigliare. Per Paolo vive
immerso in quella grazia, non accorgendosi ancora del suo «dolce
conformismo» che si manifesta soprattutto come senso della pro-
prietà e dell'affermazione borghese nella vita. Di questo conformi-
smo «di origine materna e non paterna», Pier Paolo trascinerà a lun-
go il peso, con Vobbedienza agli ideali e agli obblighi sociali, fino a
quando lo riconoscerà e affronterà i traumi della liberazione,
1940
Il trasferimento della famiglia del coetaneo Franco Farolfi da Bolo-
gna a Parma, è a.l.l'origine di un primo gruppo cospicuo di lettere
conservate che riflettono il carattere del giovane Pasolini soprattut-
to nell'adempimer1to dei doveri dell'amicizia. Un tema ricorrente è
quello di rassicurare l`amico sulla consistenza delle sue avventure
femminili L`obliquità delle intenzioni nel corso di varie lettere è
tuttavia raddrizzata dal bisogno di accennare al sottofondo della si-
tuazione reale, facendo risaltare, di queste avventure, i lati grotte-
schi c le improbabili conclusioni. Ecco comunque come si snoccio-
la la loro cronaca, Se il corteggiamento di una ragazza conosciuta
alla «Casa del soldato» (luogo di ritrovo delle famiglie degli ufficia-
li dell'esercito) procede «piuttosto stentatamente», durante gli u.lti·
mi esami ne ha conosciute parecchie con le quali ora è in «cordia·
lissimi rapporti». «Bi.r in die», precisa, Qualche giorno dopo
ricompare la ragazza della «Casa del s0ldato», ma «la cosa rico-
`
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,1 « »«··n·,'«w.i
nuncia .¤ ttastinttrsi l.¤txc«·s.i¤ne¤1te. una sera mi la venir menu, e
uii.1 sera mi sembra cli legno». Preterirebbe di più una sua amica.
ln estate va per qualche giorno in villeggiatura a San Vito di Cado-
re dove c`è una Emilietta che lo sta aspettando dall`anno preceden-
te; ma ecco che gli «appare meno bella». Il nascente legame viene
notato in famiglia e il padre si premura di istruire il figlio: tutte le
donne sono uguali, con le donne bisogna pensare solo a divertirsi.
Tra tante incertezze e dilazioni, può servire qualche trovata nello
stile comico dellavanspettacolo degli anni Quaranta: «Al primo
momento di buon umore ho già pronto un piano di abbordaggio:
mi avvicino a lei (u.na ragazza carina qualunque), la saluto levando-
mi il cappello e glielo metto sotto la bocca dicendole: "Sputateci
dentro`. Lei naturalmente non ci sputa e io la ringrazio pel piacere
che mi fa non sputandoci dentro. Quindi mostro di sentirmi in ob-
bligo e di doverle ricambiare il piacere, e faccio il gesto di pestarle
un piede, ma all`ultimo non glielo pesto: “Ora siamo amici, le dirò,
perché coloro che si scambiano gentilezze e piaceri sono amici". E
così ce ne andremo a spasso per i viali cantando, e sussurrando pa-
role d`amore»t
L`immagine da offrire agli amici — «noi siamo virili e guerrieri» —
saprà affrontare anche l’esperienza delle case di tolleranza nelle se-
rate di spensieratezza goliardica. Gli amici che non percepiscono
nulla dei suoi sforzi né del suo travaglio interiore; non percepisco-
no nemmeno spiragli che lo stesso Pasolini apre sul suo segreto
offrendo già una spiegazione, forse una giustificazione: «Ho sogna-
to di sdoppiarrni in due me stessi bel.lissi.rni e abbracciarmi». Ma
subito si affretta a rassicurare: «però, assolutamente senza il mini-
mo assillo sessuale». E sempre all'amico Farolfiz «Hai mai sentito,
in qualche filosofia, il concetto: spezzarei vzhmli che legano al pas-
sato con un atto di pura volontà? È quello che io tento di fare. lo
voglio ammazzare un adolescente ipersensitivo e malato che [CHIR
di inquinare la mia vita di uomo; ed è già quasi moribondo; ma io
sarò cmdele verso di lui, anche se in fondo lo amo, perché è stato
la mia vita fino alle soglie dell'oggi».
Questi amici formano una élite di giovani brillanti, che agli ottimi
risultati scolastici uniscono la passione per varie attività sotto il se-
gno della camaradcrie tra gite in bicicletta, anche di centinaia di
chilometri, dispute sportive, recite teatrali. Oltre che nelle aule del-
la facolta si incontrano nei luoghi istituiti dal Regime fascista per la
gioventù come le palestre del GUF, i campeggi della «Milizia», le
competizioni dei Litroriali della cultura.
Le letture procedono su tutto quello che si può attingere della cul-
tura modema malgrado le censure patemalistiche del regime, Dal-
le Occasioni di Montale, alla traduzione «entusiasmante» dei lirici
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(,ll(tìl(I/figli! Llll
greci di Quasimodo, E ancora Ungaretti, naturalmente. Fuori
dell'ambito poetico, soprattutto Freud, cioè quello che è disponi-
bile in traduzione italiana, tra cui un'avventurosa traduzione di Tra
contributi alla teoria xzrruale. Un libro e mezzo al giorno è la media
della lettura in certi periodi per cui ormai può riferire agli amici:
«La mia cultura è del tutto rinsanguata, si è estesa in nuove estese
regioni ancora in parte oscure», Con tutti i limiti imposti dalla cul-
tura provinciale italiana, quella di Pasolini è un'educazione squisi-
ta, condotta sui testi del decadentismo e sulle innovazioni della
modernità, per cui molti anni dopo potrà affermare: «Una forma-
zione letteraria ipoteca un'intera esistenza lctreraria».
1941
Nell'estate del 1941 come ogni anno la famiglia Pasolini trascorre
le vacanze a Casarsa dopo una breve villeggiatura a Riccione. Per la
prima volta senza il padre che, promosso maggiore, è stato inviato
nell'Africa Orientale Italiana a combattere contro l'esercito ingle-
se. Nel giugno del `41 viene decorato al valor militare ma il figlio
confida all'amico Farolfi: «Sarò poco eroico, ma io non vedo l`ora
che si arrendano». Poco dopo Carlo Alberto, fatto prigioniero con
tutto l'esercito italiano, viene internato in un campo del Kenia Fino
alla fine della guerra,
A Casarsa, Pier Paolo scrive e dipinge. Scrive poesie che acclude al-
le lettere inviate agli amici bolognesi; a Luciano Serra e ad altri due
uniti dalle medesime affinità elettive, Francesco Leonetti e Roberto
Roversi. I quadri che dipinge a olio seguono con estro personale i
canoni della pittura italiana del Novecento. Quasi mai tele normali
ma rela di sacco, e che il sacco si veda in tutta la sua rozza trama.
Contenuto sia dei quadri che delle poesie è Casarsa, riscoperta nel-
la sua più riposta bellezza campestre, mentre la sua umanità viene
assimilata a un`aft'ascinante storia barbarica riattualizzata nei feno-
meni della vita presente; vivificata dai miti popolari e da altri miti
inventati dallo stesso poeta. Dentro la composizione dei versi, e co-
me trasportati dalla stessa corrente del mito fantastico, vi sono ele-
menti di vita quotidiana molto concreti, addirittura iperrealistici.
Con parole, richiami, esclamazioni (anche in dialetto] prelevati
dalla quotidianità della vita paesana. Di queste poesie è notevole i.I
piglio sicuro, la volontà di appropriazione della realtà attraverso la
descrizione poetica, con un linguaggio scandito senza traccia delle
smemoranti combinazioni musicali proprie dell`ermetism0.
«l.l nucleo poetico di una poesia — proclama in una lettera agli ami-
ci- non può dunque essere costituito da una sola parola ma da un
giro di parole, la cui validità posa più che sulle particolari bellezze
di ogni singola parola, sui misteriosi legami e armonia da cui le pa-
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I it ( num/«·_g:.:
role sono unite mi loro.» Llcrcu il nome C$2l\(U delle cose, a comin-
ciare dai nomi propri. Ed eccoli i giovani contadini di Casarsa: Pie-
ruti, Zuàn, Bepi,_[acu, mentre guidano il carro pieno di fieno, «alti
sul bastione delle ossa», ed ecco i.l grido d`inv0cazione del poeta:
«Amica gente, io son dei vostri».
I ragazzi indossano solo calzoni corti con i calzettoni di lana bian-
ca; gli anziani sono vestiti cli scuro, le donne col fazzoletto nero sul
capo. I giovanotti dopo aver indossato per anni la giacchetta della
festa, con i corpi robusti mal domati dal suo taglio elegante, termi-
nato l`onorato servizio, la indossano nei giorni di lavoro lasciando-
la impregnarsi degli odori della stalla.
Altri nomi sfrecciano nell`aria 0 si perdono in lontani richiami: Pauli,
S'ciel'in, Meni. Quello che fa ingorgo nella contemplazione così rav-
vicinata del «mistero contadi.no», è il suo eros segreto che sta cercan-
do nel clima materno strane possibilità di esistere, a meta strada tra la
disperazione e la felicità, «Credo che non ci sia cosa più bella della vi-
ta in campagna, tra semplici amici.,.» scrive agli amici bolognesi.
Durante il giorno i.l paese si avvolge nel suo stesso silenzio, rotto
dai versi degli animali 0 dai dialoghi improvvisi che si perdono
nell'u.midità degli orti. Un coro cantato, appena accennato, subito
si disperde. Sullo stradone d`asfalto passa ogni tanto un camion so-
litario. L`orizzonte montuoso si colora delle varie ore del giorno,
dal rosa del mattino al turchino del giorno pieno che si fa evane-
scente nelle ore più calde, al viola serale. Il buio è popolato dalle
lucciole, che sembrano costellazioni ingrandite. Un mondo che
non solo le sue poesie ma anche le lettere inviate agli amici, cerca-
no di descrivere
La lontananza da Bologna è servita a rendere più essenziale e ne-
cessario i.l loro rapporto che Pasolini sente già come un sodalizio
esclusivo. «L'unità spirituale e il nostro modo unitario di sentire
sono notevolissimi, formiamo già cioè un gruppo, e quasi una poe-
tica nuova, aln1eno così mi pare.»
Questi giovani, Serra, Leonetti, Roversi, mentre si apprestano ad
entrare nel vivo della cultura del tempo, hanno già previsto il passo
successivo che è quello di fondare una propria rivista. C'è già il ti-
rolo, «Eredi», che secondo Serra «doveva rappresentare la conti-
nuita della poesia classica filtrata nella poesia modema di Ungaret-
ti, Montale, Sereni...». Una volontà poetica definita «arcaismo
eredistico», al quale Pasolini insiste nel voler conferire un pro-
gramma sovraindividuale: «Davanti a “Eredi" dovremo essere
quattro, ma per purezza uno solo». La rivista non uscirà per le re-
strizioni ministeriali sull'uso della carta, tuttavia l'estate del '41 re-
sterà per i quattro «eredisti» un'esperienza fondamentale.
Nelle poesie inviate da Pasolini, svirgolati come le saette nel cielo
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(,`mm1/ngza l,\'
temporalesco di Casarsa, appaiono alcuni incisi 0 frammenti di
dialogo nel friulano parlato in paese, la lingua dei contadini, Dia-
letto 0 lingua? Su questa diatriba che forse non si chiuderà mai, la
decisione er: poèie di Pasolini, del resto confortata dagli studi di un
grande glottologo come l`Ascoli, è che si tratta di una delle lingue
neolatine minori, come il catalano, il provenzale, il romancio. Ma
l'aspetto più seducente di questa lingua friulana è che quella parla-
ta a Casarsa (a differenza del friulano udinese 0 comunque parlato
«al di là da l'aga» cioè al di là del Tagliamento, che ha una tradizio-
ne letteraria secolare), è una lingua di contadini con caratteristiche
proprie, tramandata oralmente da una generazione all'altra senza
mai un'attestazione scritta. Quindi se uno scrive la parola «rosa-
da», che significa rugiada, questa parola sarà resa graficamente per
la prima volta. Folgorato da questa scoperta, Pasolini non può che
rifarsi a uno dei grandi miti della poesia simbolista: la ricerca di
una lingua pura, vergine di ogni consumo ed elaborazione lettera-
ria, attinta nel suo stato nascente dentro la grande selva delle lin-
gue nate dal latino volgare: barbarica e cristiana. Tuttavia l'uso del
friulano in queste poesie ha ancora il valore di una citazione di co-
lor locale; mentre altre poesie inviate agli amici continuano ad es-
sere composte su un registro di alta letteratura: «Foscolo è il mio
autore, i.l mio maestro e duca». Potrebbe bastare. E invece quella
che preme è un'altra opzione, non più diretta verso l’alto, bensì
verso un collegamento orizzontale, ma pronto a sprofondare verso
il basso di un'oscura storia collettiva del mondo casarsese. A que-
sto mondo il poeta si rivolge sotto la forma della petizione. Stranie-
ro, egli parla una lingua diversa — «oscuro / senso le mie parole a
chi d'altri luoghi mi sa» —; ma benché estraneo a questo mondo,
chiede di appattenervi: — «Il mio volo ha a.li / per essere come voi»
—. Ma c'è un`estraneità ancora più emarginante: quella dell'eros,
che non sa ancora quali deserti deve attraversare per sentire una
voce concorde 0 complice, «Intoccabile fuoco arde il mio corpo / a
chi è fanciullo, e da lungi mi guarda.»
All`insinuazione fatta dagli amici che il suo linguaggio poetico si stia
ripiegando nei compiacimenti crepuscolari, reagisce fortemente: «ll
mio linguaggio non è mai umile e dimesso, se mai pecca di eccessiva
ridondanza e ricercata aulicità». Il piccolo mondo di Casarsa non
viene affatto proposto come un nido regressivo; anzi, viene sempre
con più forza dichiarata la sua qualità di metonimia della realtà, sia
essa degli istinti, della tradizione, della storia 0 del mito.
E la più bella estate della sua vita, tra gite quotidiane al Tagliamen-
to, partite di pallone, serate passate con gli amici nelle sagre paesa-
ne: «Notte ubriachi, noi fummo felici / io ti ringrazio per avermi
donato / amici di paese e vino, e la roca brace del riso». Oltre alle
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poesie « un intero c.¤u.conict'•.· tlcrliciuo in (iasarsa — ha dipinto mol-
ti quadri in cui trova tli essere «migliorato immensamente», I sog-
getti sono sempre tratti dalla campagna: gelseti, macchie d`alni e
sambuchi, vigne e casolari. L`estate casarsese ha inoltre maturato
due «principali fatti». Una certa qual vaghissima spinta alla fede
cattolica, illustrata, ad esempio, da questi versi: «..r qui, tra questi
prati / e case, dove invano legarmi / cerco con l`altrui vite, / avere
fratelli in Cristo...». L`altro fatto: «Una certa qual vaghissima av-
versione alla poesia contemporanea; in cui trovo i difetti che trova-
no coloro che ne sono contrari (Croce ecc.)».
1942
Ritornato a Bologna all'inizio dell'autunno con nel cuore la nostal-
gia di quelle nevi che non vedrà cadere nel paese amato e di quella
vita invernale che gli resterà ignota, scopre di aver portato con sé
l`equivalente di questo mondo: la lingua friulana. Non solo, ma la
«nostalgia del tempo presente», cioè quella declinazione dei senti-
menti che fa rivivere le cose appena vissute rispccchiandole già
lontane da noi, oggetto di rimpianto, è ora una spinta decisiva per
racchiudere ogni immagine dentro l`impiego del friulano,
Tra gli ultimi mesi del '4l ei primi del '42 scrive i versi raccolti in
Poerie a Cararxa, un libretto bianco stampato a spese dell'autore,
Inviato in lettura a poeti e letterati, verrà subito notato da Gian-
franco Contini che gli dedica una recensione rimasta memorabile
sia per il giovane poeta che per il critico: «Fu quella in sostanza la
mia unica scoperta...».
Malgrado che una pagina di Emp1`r1'1m0 eretico rivendichi l'uso del
friulano a una sorta di folgorazione linguistica, il suo iter di awici-
namento è stato più complesso, basato su una serie di assaggi e
sperimentazioni, anche se compiuti in un brevissimo lasso di tem-
po. Quello che resta indubitabile è che Pasolini non ha avuto alcun
bisogno di apprendere il friulano per via libresca, nella fattispecie
con la consultazione dell'unic0 dizionario esistente, il «Nuovo Pi-
rona». Il friulano parlato a Casarsa ha sempre risuonato attorno a
lui fino dagli anni deIl`infanzia; e anche se nella sua casa materna si
parla veneto come in tutte le famiglie piccolo borghesi, il friulano è
sempre stato obbligatorio nel rapporto con gli amici contadini.
Anticipando il rito estivo dei soggiorni casarsesi, Pier Paolo vi pas-
sa parte della primavera del '42, riprendendo a scrivere e a dipin-
gere nei luoghi che sempre più si identificano col suo sogno poeti-
co. Dopo un'interruzione dovuta alla frequenza obbligatoria di un
corso per allievi ufficiali, ritorna a Casarsa prima della fine
dell'estate con nel cuore la felicità delle buone accoglienze fatte al
suo libretto casarsese; oltre che da Contini, dal poeta Alfonso Gat-
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(fmrnr/ugiu I.\'II
to e dal critico Antonio Russi, Scrive agli amici: «Che brutto paese
è Casarsa! Non c`è niente, E tutta morale, niente bellezza: la male-
ducazione paesana dei ragazzi, la malignità delle femmine, la pol-
vere grigia e pesante delle strade. Tutto ha perduto il mistero onde
la fanciullezza lo circondava; ed è nudo e sporco dinnanzi a me: ma
questo è un nuovo incanto, un nuovo sogno, e un nuovo mistero».
Ritornato a Bologna è ripreso dalla fervida vita culturale che si
svolge all`interno dell`università e fuori. Due anni prima ha seguito
il memorabile corso di Roberto Longhi sui «Fatti di Masolino e di
Masaccio»: «Longhi era sguainato come una spada. Parlava come
nessuno parlava. Il suo silenzio era una completa novità. La sua
ironia non aveva precedenti. La sua curiosità non aveva modelli.
La sua eloquenza non aveva motivazioni, Per un ragazzo oppresso,
umiliato dalla cultura scolastica, dal conformismo della società fa-
scista, questa era la rivoluzione».
Ad assistere Longhi nella cattedra di storia dell'arte c`è Francesco
Arcangeli, al quale Pier Paolo, non si sa con quali batticuori, mo-
stra i suoi quadri. Il giudizio è incoraggiante e Pier Paolo pensa a
un suo futuro di pittore e di storico dell`arte. Ma chi lo distoglie da
questi programmi e senza tanti complimenti è lo stesso Longhi, al
quale Pasolini ha proposto due diversi temi da svolgere per la tesi
di laurea. Longhi, che ha evidenti dubbi di trovarsi di fronte a un
futuro collega, tuttavia accetta la seconda proposta: una storia del-
la pittura italiana contemporanea. Pasolini riuscirà ad abbozzarne
solo i primi capitoli, ma perduto il manoscritto durante i convulsi
giorni dell’armistizio dell`otto settembre del '43, memore anche
delle riserve del suo ammiratissimo maestro, vi rinuncerà del tutto
per una più motivata tesi sulla poesia del Pascoli; «Era infatti l`uni—
co antenato sopportabile — rievocherà molti anni dopo Contini —
fra tanto fasto (soprattutto aspirazione al fasto) della tradizione
prossima, Al fondale povero di San Mauro consuona l'iniziale fon-
dale povero della la.nda attorno alla Delizia, che non manca di sol-
care una vena alessandrina e “conviviale" concentrata fin dalle
Poesie a Cararru nel simbolo struggente della viola».
A Bologna la GIL ha in programma di pubblicare una rivista, «I1
Setaccio», con qualche idea di fronda culturale. Pasolini ne diventa
redattore capo, entrando però subito in contrasto con i.l direttore
responsabile, un burocrate ligio alla vecchia retorica del regime, A
causa di questi contrasti, dopo sei numeri la rivista cesserà le pub-
blicazioni, ma nel frattempo Pasolini ha fatto un'importante espe-
rienza di organizzatore oltre ad aver iniziato un esame di coscienza
culturale che lo porterà a riconoscere la natura regressiva e provin-
ciale del fascismo, avversario di tutto ciò che lui e i suoi amici ri-
tengono moderno e ideale. Si matura così un atteggiamento cultu-
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, \‘lI ( rw/«»/ogm
mit- auttlascista nel nome tli l’roust c tli Rimbatid. impotente pcr il
momento atl allargare la sua critica all'intera società.
Subito dopo, un viaggio nella Germania nazista organizzato come
incontro della gioventù universitaria dei paesi fascisti 0 gravitanti at-
torno al fascismo, gli ha rivelato alcuni aspetti della cultura europea
ignoti al provincialismo italiano e quando ritorna in Italia pubblica
sulla rivista del GUF un articolo la cui pubblicazione sarebbe sicura-
mente stata impedita da una censura più avvertita e che rappresenta
una sorta di embrione del Pasolini «corsaro»: «I giovani europei,
con cui ho parlato — scrive nelI`articolo intitolato Cultura italiana e
tw/zura europea a Weimar — mi hanno privatamente assicurato che
nella vecchia Europa Vintelligenza, come libertà, è ancora ben viva;
cosi viva da non soltanto contrapporsi beffardamente e gagliarda—
mente alla tradizione ufficiale degli organi propagandistici, ma da
adeguarsi per conto proprio, al tempo e alla storia con un atto impre~
vedibile, ma ormai giustificato, di pacificazione 0 di liberazione».
Ma è soprattutto sul «Setaccio» che Pasolini traccia le linee di un
programma culturale che non esita a definire missione educatrice
della sua generazione, i cui princìpi sono cosi elencati: sforzo estre—
mo di autocoscienza, travaglio interiore individuale e collettivo,
sofferta sensibilita critica. Il confronto generazionale è condotto
anche sul piano più specificamente letterario con l’avvio di una re-
visione critica del.l'ermetismo e della sua figura egemone, il poeta
Giuseppe Ungaretti. L'ultimo numero del «Setaccio» prima della
chiusura nel maggio 1943 contiene un U/timo dzkcorw mg/x` intel-
Ielluali che è ancora un atto di accusa contro le manipolazioni pro-
pagandistiche della cultura,
L`anno 1942 si conclude con la decisione della famiglia Pasolini di
lasciare Bologna per trasferirsi nella casa di Casarsa, stimata un
luogo più tranquillo e sicuro dove attendere la fine della guerra.
194}
«Un continuo turbamento senza immagini e senza parole batte alle
mie tempie e mi oscura.» Protagonista di questi turbamenti è l'eros
che a Casarsa ha ripreso a condizionare la sua vita intima con vio-
lenza rinnovata dato che gli adorati idoli carnali sono ormai sotto i
suoi occhi a tutte le ore del giorno. Sono i ragazzi incontrati per
strada, giovani contadini sparsi per i campi oppure riuniti in piazza
per la festa serale o ancora silenziosamente assorti a]]`interno della
chiesa dove a ogni crepuscolo si recita il Rosario.
Invece che suIl'ad0lescente delicato e sensibile dei sogni, l'estro
combinatorio di Eros ha già fatto cadere la sua scelta su un ragazzo
selvatico, plebeo, violento e sgarbato, dominato da impulsi libidino-
si indifferenziati. Un pomeriggio ai bordi di un laghetto solitario è
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(,iVH}I(I[(IgI|I l.lX
stato questo giovane, Bruno, a prendere l'iniziativa, sostituendo ai
sogni «bestiali indifferenze e impeti impr0wisi». L'avvenimento e
comunque troppo importante per essere tenuto del tutto nascosto
agli amici: «Il corpo nudo è il più vero, e il suo abbraccio è l'unico
ponte che possa essere gettato nel.l'abisso di solitudine che ci divide
l`uno dall`altro». E ancora: «Ho voglia di essere al Tagliamento, a
lanciare i miei gesti uno dopo l`altro nella lucente cavità del paesag-
gio. Il Tagliamento qui è larghissimo. Un torrente enorme, sassoso,
candido come uno scheletro, Ci sono arrivato ieri in bicicletta, gio-
vane indigeno, con un più giovane indigeno di nome Bn1no...».
Quando in luglio il governo mussoliniano è costretto a dimettersi e
crolla il fascismo, Pier Paolo prevedendo una possibile azione co-
mune con gli amici bolognesi, li incita ad affrontare i tempi nuovi.
Dopo aver fatto un esame di coscienza per scoprire in quale misura
il fascismo ha soffocato in tutta la sua generazione il pensiero poli-
tico, determinando una spaventosa impreparazione, salva se stesso
e i suoi amici pensando di appartenere a una élite cui spettano i
compiti maggiori,
Viene chiamato alle armi pochi giorni prima dell`Armistizio
dell'otto settembre. Quando il suo reparto viene fatto prigioniero
dai tedeschi. riesce a fuggire buttandosi in un fosso. Un po' a piedi
un po' con mezzi di fortuna, travestito da contadino, si mette in
salvo a Casarsa, L`unica perdita subita è quella della tesi di laurea,
ma ha già cambiato argomento per quella definitiva, Malgrado gli
ultimi propositi, l`isolamento dovuto alla guerra ha allentato il rap-
porto con gli amici bolognesi. Non contano solo le cause esterne.
Con la sistemazione definitiva a Casarsa, il Friuli è diventato una
esclusiva terra di elezione, che proprio per la sua verginità cultura-
le eccita l`interesse di Pasolini nel senso di un impegno totale.
A Casarsa ci sono alcuni giovani appassionati di poesia con i quali
cerca di costituire un nuovo sodalizio culturale che si proponga co-
me 3ItO primario la rivendicazione dell'uso letterario del friulano
casarsese contro l'egemonia di quello udi.nese, e soprattutto sia in
grado di fondare una nuova poetica in senso antivernacolare, Lo
scritto di Contini apparso come recensione di Poexie u Cararra, ha
delineato in una sintesi prospettica le linee teoriche di un nuovo fe-
librismo, e Pasolini ora si sta concentrando per adeguare il suo im-
pegno a quelle intuizioni. Un tono di chiarezza didascalica guida la
stesura dei primi spunti teorici: «Per noi lo scrivere in friulano è un
fortunato mezzo per fissare ciò che i simbolisti e i musicisti
dell'800 hanno tanto ricercato (e anche il nostro Pascoli, per quan-
to disordinatamente), cioè una “melodia infinita"».
La parlata di Casarsa, che ha caratteristiche cosi palesi di arcaicità e
durezza di lingua delle origini, può dunque diventare un linguaggio
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\ ( ¢·»·/it/ingr:
iwetico senza tempo_ senza luogo. (Àoncruiarsi in un`estetica senza
pregiutlizi e piena invece di dolci violenze giustificate dal clima poe-
tico diffuso in tutta Italia, o meglio in tutta Europa. «Parole pur co-
muni come "còur", "fueia" sapevano suggerire le immagini origina·
rie. Una specie di dialetto greco 0 di volgare appena svincolato dal
preromanzo con tutta l`innocenza dei primi testi di una lingua.»
«La poésie n`est que creation de langue», ripete col poeta catalano
Carles Cardo, mentre ogni sua dichiarazione di poetica 0 di lingui-
stica contiene sempre un sottofondo polemico contro la tradizione
letteraria ufficiale del friulano coltivata a Udine e in altri centri, ac-
cusata di ritardo estetico e di sentimentalismo vernacolare.
Il sodalizio casarsese si propone di pubblicare una rivistina che
possa rivolgersi al pubblico paesano e allo stesso tempo promuove-
re la sua poetica. Nel maggio del '44 esce il primo numero col tito-
lo «Stroligùt di cà da l’aga» («Lunario pubblicato al di qua dell'ac-
qua», cioè del corso del Tagliamento).
1944
Bombardamenti aerei e rastrellamenti di fascisti per l'arruolamen—
to forzato nel nuovo esercito della Repubblica di Salò hanno com-
promesso la tranquillità di Casarsa. Si organizzano le prime forma-
zioni partigiane e inizia la guerra di repressione interna da parte
degli occupanti tedeschi che hanno annesso i.l Friuli a un fantoma-
tico Litorale Adriatico.
Mentre Pier Paolo cerca di astrarsi il più possibile conquistando
attraverso gli studi e la poesia una relativa serenità contro il terrore
dei bandi di reclutamento - i ribelli vengono impiccati a un gancio
di macelleria, e Pasolini non riuscirà mai più a liberarsi dal.l'incubo
di questa immagine — il fratello Guido sta maturando la decisione
di unirsi alle formazioni partigiane della Carnia. Deve ancora com-
piere diciannove anni e ha da poco terminato il liceo scientifico.
Nei giomi dell'Armistizio si è procurato nelle caserme abbandona-
te dai militari, armi e munizioni che ha nascosto in casa. Ma anche
dopo l`arrivo dei tedeschi ha continuato le sue rischiose spedizioni.
Il coraggio che ha ereditato dal padre e Videalismo dalla madre, ne
fanno un eroe già votato al sacrificio. Ai primi di giugno parte da
Casarsa con un tascapane pieno di bombe a mano, una rivoltella
nascosta i.n una nicchia scavata nelle pagine di un vocabolario e il
volume Canti Offri di Dino Campana. In montagna raggiunge la
Brigata Osoppo-Friuli composta da aderenti ai vecchi partiti anti-
fascisti cattolici, liberali, monarchici. Guido è iscritto al Partito
d`Azione, memore di aver conosciuto a Bologna alcuni attivisti
clandestini amici del fratello come Francesco Arcangeli. Prima del·
la partenza è rimasto nascosto per alcuni giomi a Versuta, un vil-
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(,`r0rm/ngzu LX I
laggio vicino a Casarsa dove Pier Paolo da qualche mese ha affitta-
10 una stanzetta in un casolare. Concepita come rifugio peri libri, è
ora un poetico romitorio dove immergersi sempre meglio nell'im-
memoriale mondo agreste.
Fin dall`inizio dell'anno scolastico, Pier Paolo ha aperto in casa
propria una scuoletta privata per gli studenti che a causa dei bom-
bardamenti non possono raggiungere le scuole di Pordenone 0 il
ginnasio di Udine. È il suo primo esperimento didattico, destinato
a lasciare una profonda traccia nei suoi allievi per la novità di
quell'insegnamento che pone maestro e allievo quasi sullo stesso
piano in un interscambio continuo di esperienze culturali, di giudi-
zi e di emozioni liberamente espressi. Riuniti attorno al tavolo del-
la saletta da pranzo, si leggono e si commentano i grandi poeti ita-
liani, latini e inglesi. Qualche ora è dedicata al greco, ma per
tornare subito agli esametri virgiliani e farne dei commenti scritti
attentamente vagliati e discussi dall'insegnante. Per quanto riguar-
da i poeti italiani, è la linea che paftŕ da Petrarca giungendo ad
Ungaretti quella che affascina maggiormente, anche se viene subito
posta a contrasto la lettura delle terzine dantesche.
Nell'ottobre del '44, dopo un rastrellamento dei tedeschi che più de-
gli altri ha messo a repentaglio la vita dei giovani casarsesi, Pier Paolo
e Susanna decidono di rifugiarsi nella stanzetta di Versuta, lontana
dagli obiettivi militari sottoposti a continui bombardamenti.
Quando Susanna vi arriva per la prima volta, deve farsi perdonare
il volto truccato e gli abiti eleganti; ma non appena viene notato il
suo carattere mite e generoso, tra i paesani sorge subito una gara di
gentilezze. Gli abitanti di Versuta sono tutti molto riguardosi an-
che se tengono nascosto qualche pensiero reticente. E doppiamen-
te docili: nei riguardi della Chiesa e del suo parroco, e nei confron-
ti della proprietà terriera e dei suoi padroni. Nessuna idea di
protesta forse li ha mai sfiorati, ma col lavoro di tutti, bambini e
donne compresi, fino all`estrema vecchiaia, la loro vita scorre tra
rive abbastanza sicure e senza troppe privazioni. Dopo la Chiesa il
dogma della loro vita è il vino che placa anche l'eccesso di altri de-
sideri, Alla domenica il gioco della mora nelle stalle si fa aspramen-
te competitivo, ma finisce con l`Or di notte. Notti tranquille senza
furti 0 violenze.
Il villaggio è composto da una serie di casolari immersi in orti rigo-
gliosi, resi sontuosi d'estate da barriere colorate di zinnie e di dalie,
In mezzo scorre una roggia limpida sulle cui rive si allineano i lava-
toi delle donne, attorniata da una folla di ontani, salici e pioppi.
Più avanti, nel centro dell'abitato, una chiesetta rosa con bellissimi
affreschi tre e quattrocenteschi. Manca la scuola e i ragazzi delle
elementari devono andare a piedi al paese più vicino, San Giovan-
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\ii ( i-win/iiyiii
iu. che tlist.1 più tli un chilometro, Quelli tlellc medie lino a San Vi-
to che Q ancora più lontano. Anche per loro c`è la paura di allonta-
narsi da casa per i pericoli della guerra e pochi giorni dopo il loro
arrivo Susanna e Pier Paolo decidono di aprire una scuola gratuita.
l più piccoli sotto le cure di Susanna, i più grandi con Pier Paoloi
La stanzetta dove si svolgono tutte le funzioni domestiche, in certe
ore del giorno si trasforma in una stipata aula scolastica per le le-
zioni di Pier Paolo, mentre Susanna con i suoi piccoli occupa una
cantina al pianterreno.
Questa seconda esperienza didattica, che durerà fino a tutto il
I`)-I7. sarà considerata da Pasolini come la più appassionante della
sua carriera di insegnante, per l'importanza che aveva per lui l'atti-
vità pedagogica specialmente se indirizzata alle menti incondite dei
figli di contadini. più graziosi e ingenui dei ragazzetti borghesi di
Casarsa, Tra gli allievi più grandi c`è un giovinetto bruno con gli
occhi sfavillanti, sempre sorridente per timidezza, protetto nella
sua innocenza da un Angelo custode in cui crede ciecamente: «In
quelle membra splendevano un'ingenuità, una grazia... o l'ombra
di una tazza scomparsa che durante l'adolescenza riaffiora»,
Bisogna contrarre i tempi lunghi delle manovre di seduzione per
vederlo come i.l primo vero amore di Pier Paolo. Un amore contra-
stato da crisi ricorrenti quando prevale l'Angelo custode che lo in-
duce a confessare i suoi peccati attraverso la grata del confessiona-
le. Ma poi, dopo la penitenza c`è l'assoluzione, con una promessa
di castità che dura quel tanto che serve a ricadere, dando di nuovo
il via alla circolarità degli abbandoni, dei rimorsi, delle lacrime e
delle invocazioni, Una vicenda che terminerà solo per interna con-
sunzione; tuttavia con molti aspetti positivi per quel che concerne
la crescita del ragazzo e la sua formazione, quasi una ripetizione di
antichi schemi socratici dove però l`eros non è mai stato sublimato,
l Pasolini sono stati seguiti nel loro rifugio di Versuta da una fami-
glia di amici di origine slovena tra i quali la giovane violinista Pina
Kalci Perché alcune donne debbano invaghirsi di uomini che non
sono a loro destinati, è un interrogativo già formulato da altri scrit-
tori, ma che Pier Paolo potrebbe far suo. Pina suona magnifica-
mente Bach e accanto a lei Pier Paolo riassume il pubblico eletto al
quale ella i.ntende rivolgersi. Ma insieme con le note della musica,
come in una favola, nasce l’amore della donna. Anche se Pier Pao-
lo gioca a fare il distratto, le due passioni, quella sua per il ragazzo
di Versuta e quella di Pina per lui, tendono a intrecciarsi, a compli-
carsi dolorosamente durante i lunghi mesi che mancano alla fine
della guerra. Prima però che la guerra finisca e che Pina riparta per
i.l suo mondo recidendo un legame divenuto insopportabile, ha do-
vuto compiacere Pier Paolo collaborando a una vasta gamma di
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(,`r1mn/ogm 1 .X I I I
impegni culturali e pedagogici. Tra i quali una serie di recite teatra-
li con programmi musicali allestite nel teatrino delle monache di
Casarsa e di altri paesi dei dintorni, Attori, i ragazzi di Versuta, più
un coro di giovani casarsesi istruiti appunto da Pina,
Molti gli «scartafacci» in azione. Poesia, prosa, saggistica. Un poe-
ma in ottava rima, saggi di estetica comparata tra musica e poesia e
soprattutto le prime parti (già cominciate nel '4}) della raccolta
poetica italiana L'u.tignolo della Cbiera cattolica. Altre poesie in
friulano che raddoppiano le Poerze a Casarsa e che verranno pub-
blicate nella raccolta La meglio gioventù. In friulano anche un
dramma in tre atti I Turci la! Frzùl che rievoca l`ultima invasione
dei turchi nel 1499: Casarsa minacciata di essere messa a ferro e a
fuoco, lo scampato pericolo e come ringraziamento al Signore
l`erezione di una chiesa da parte di alcuni casarsesi tra i quali gli
antenati del poeta.
1945
Guido è ormai da mesi in montagna riuscendo a dare di tanto in tan-
to sue notizie. Racconta come lui e un suo compagno hanno dovuto
affrontare un centinaio di cosacchi inviati a compiere dei rastrella·
menti, ma soprattutto cerca di tranquillizzare la madre e di ottenere
I’approvazione del fratello; anche adesso, che si sta sacrificando.
Un`ultima, drammatica lettera al fratello chiarisce le premesse di
quello che sarà un esito fatale. La lettera arriva nelle mani dei fami-
gliari dopo la sua morte, awenuta il 12 febbraio. Non per mano di
nemici bensì di compagni partigiani, italiani e slavi.
I fatti compressi e aggrovigliati che hanno determinato la soppres-
sione violenta del suo reparto possono essere così riassunti sulla
base di due processi penali celebrati dopo la guerra, e di indagini
storiche successive. Durante l'inverno, il suo reparto tra rastreLla—
menti e diserzioni si è ridotto a una ventina di componenti. La Bri-
gata Garibaldi, composta di partigiani comunisti che agiscono di
conserva con i partigiani sloveni di Tito, preme per assorbire que-
sto gruppo superstite. Ma dietro la richiesta di riassetto militare se
ne nasconde un`altra che ha come obiettivo di favorire il piano de-
gli slavi di annettere buona parte del Friuli alla nascente repubbli-
ca jugoslava, dopo aver eliminato la prevedibile opposizione di ciò
che resta della Brigata Osoppo. E infatti il suo comandante oppo-
ne un rifiuto deciso firmando con questo atto la condanna del suo
gruppo. Quando SC8t[á l'agguato, Guido è abbastanza lontano da
poter mettersi in salvo, e invece accorre in aiuto dei suoi compagni
condividendo la loro ultima sorte. La notizia del.l'eccidio verrà te-
nuta nascosta a lungo. La strategia dei comunisti slavi e italiani è
infatti di manipolare i fatti gettando sui partigiani dell'Osoppo l'i.n·
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Liniantc accusa di essere stati in combutta con i fascisti, La indagi-
ni giudiziarie chiariranno per intero la loro responsabilità di questo
atroce fatto di guerra fratricida. La notizia della morte di Guido ar-
riva a Casarsa parecchie settimane dopo la fine della guerra. Susan-
na ha continuato fino all`ultimo a sperare di vederlo ritornare re-
stando assorta per delle ore davanti alla finestrella del casolare che
si apre sui monti lontani. Quando alla fine arriva, la notizia della
morte la getta in uno strazio senza fine, che Pier Paolo cerca di
consolare; ma a sua volta deve essere consolato: «Non ha potuto
sopravvivere al suo entusiasmo — scrive all'amic0 Serra. — Quel ra-
gazzo è stato di una generosità, di un coraggio, di una innocenza,
che non si possono credere. E quanto è stato migliore di tutti noi;
io adesso vedo la sua immagine viva, coi suoi capelli, il suo viso, la
sua giacca e mi sento afferrare da un'angoscia cosi indicibile...».
Individuati i complici italiani del massacro, Pasolini non si dà pace
nel denunciare la «subdola dilagazione» degli slavi, minacciosa an-
che dopo la fine della guerra: «Le avventure zingaresche di costoro
contro di noi non sono di data recente, risalgono al cuore della guer-
ra partigiana. Lo sa il mio povero fratello. Lo sanno i suoi comandan-
ti De Gregori e Valente, lo sanno i suoi quattordici compagni, tutti
trucidati sui monti cividalesi, per la sola colpa di aver combattuto
con giovanile, commovente coraggio contro l'invasore tedesco»,
Gli allievi della prima scuoletta casarsese, studenti di ginnasio,
hanno continuato a Versuta a frequentare le lezioni private di Pa-
solini, Il maestro ha toccato con varia intensità le loro anime e a lo-
ro volta hanno cominciato a scrivere dei versi con un doppio cuore
italo—friulano. Alla domenica pomeriggio si riuniscono per recitare
ciascuno le poesie composte durante la settimana. Attendono con
ansia il giudizio del loro caposcuola — a sua volta egli recita i suoi
versi — che arriva puntuale non solo sul piano estetico, bensi facen-
do coincidere le categorie del bello e del brutto con quelle del falso
e dell'aurentico, dato che ha già indotto i suoi allievi a considerare
la bruttezza di un verso come un errore morale.
La domenica 18 febbraio viene fondata l'«Academiuta di lenga
furIana» che raccogliendo un piccolo gruppo di neòteroi e basan-
dosi sulle precedenti esperienze di Pasolini può fondare i princìpi
del nuovo felibrismo: «Friulanità assoluta, tradizione romanza, in-
fluenza delle letterature contemporanee, libertà, fantasia»,
Il dolore per la morte di Guido, il perdurare per tanti mesi del ri-
schio di una fine collettiva, ed ora l'obbligo del.l'isolamento a Versu-
ta, hanno messo in crisi il rapporto elegiaco col mondo agreste e con
le sue figure leggendarie e poetiche, Perduto per sazietà il contatto
con la realtà sensibile, Pasolini vede ora questo mondo allargarsi in
spazi inestesi, sconfinati, dove sarebbe fatale perdersi se non ci fosse
`
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(,'rm10/ngzu |,X \’
il colloquio con la propria coscienza che in Pasolini sta diventando
maniacale e quasi superstizioso. Senza conoscerne le fonti, egli sta
ora percorrendo alcune tappe della filosofia esistenzialista, ma in
modo così ingenuo e sfrangiato da essere risospinto dentro uno smi-
surato, arrogante narcisismo, Riflettendo anni dopo, sarà COSIICIIO a
sorridere di se stesso e di quella che non può non considerare come
una malattia dello spirito, anche se di breve durata.
I destinatari del resoconto di questa crisi sono come sempre gli
amici cli Bologna: «La libertà in cui vivo è enorme — scrive a Lucia-
no Serra. - L'Imm0raIìx!e di Gide è incatenato, in confronto a me.
Quando mi interno nel deserto inesplorabile, che è veramente infi-
nità, che è veramente nulla, e si apre a dismisura dentro di me, e mi
atterrisce, io non sono più nulla per voi uomini. E che cosa dovrei
attendermi da voi? Una distrazione? Infatti noi non possiamo far
altro che distrarci, in attesa della morte...»
In agosto esce il primo numero de «Il Stroligut», che ricomincia la
numerazione per distinguersi dai due precedenti «Stroligut di cà da
l`aga», Nello stesso periodo inizia la serie dei «diarii» in versi italia-
ni: esce un primo volumetto a spese dell'autore, fuori commercio,
con tre poesie d'amore per il ragazzo di Versuta in appendice.
Vede a Udine Roma cmd aperta: «un vero trauma che ricordo an-
cora con commozione». Aderisce all'«Associazione per l'autono-
mia del Friuli».
Alla fine dell'ann0 Carlo Alberto viene rimpatriato dal Kenia e pa-
dre e figlio si incontrano a Bologna in occasione della discussione
della sua tesi di laurea: «Antologia della poesia pascoliana: intro-
duzione e commenti».
1946
In gennaio, ancora con la data del `45, esce all'insegna delle neona-
te «Edizioni dell`Academiuta» una breve raccolta poetica italiana:
I Dmrii, di cui Montale sceglie due testi da ripubblicare nella rivi-
sta fiorentina «Il Mondo».
Anche se confinato al romitorio di Versuta (la casa di Casarsa è sta-
ta semidisttutta durante uno degli ultimi bombardamenti), cerca
col ritomo della normalità di ristabilire i rapporti col mondo lette-
rario e tra i primi si rivolge a Gianfranco Contini, Gli sottopone un
progetto ambizioso: quello di trasformare lo «Stroligùt» da umile
figlio «di cà da l`aga» in una rivista che potrebbe essere un punto
d`incontro delle letterature romanze mi.nori, soprattutto la ladina:
«Così dal cuore della Svizzera — scrive a Contini — ai monti di Go-
rizia potrebbe disegnarsi quella regione ideale e astratta la cui pre-
senza era stata indicata clall'Ascoli».
A rompere l'isolamento ci sono le lettere degli amici, ma qualcuno
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i \·.i 1 uom/«·_uzi:
iioiiostaiite le coiuiinicazioni ancora molto incerte. si presenta di
pt·i·son.i a Versuta. ll più gradito e sicuramente memorabile arrivo
L- quello di Silvana Mauri, che ha compiuto un viaggio awenturoso
da Milano a bordo di una serie di camion. Silvana è sorella di Fa-
lrio, il più giovane degli amici bolognesi, pittore e letterato già col-
laboratore del «Setaccio». Ha affrontato coraggiosamente sia il
viaggio che I`incontr0 con Pier Paolo per il quale prova un`attra-
zione appassionata. Più tardi, ancora più coraggiosamente, dovrà
affrontare la rivelazione che l'amico neanche a lei è destinato, Ma
questa rivelazione è ancora lontana, e Silvana a Versuta è conqui-
stata dalla segreta bellezza della campagna e dai primitivi aspetti
della vita paesana, E dato che è Carnevale, le maschere che vagano
per le strade le offrono uno spettacolo intinto a suo modo nel sur-
realismo nordico.
ln agosto Pier Paolo ricambia la visita a Macugnaga dove la famiglia
Mauri è in villeggiatura. In quell`0ccasione, prolungando di poco il
viaggio, si presenta a Domodossola in visita nella casa di Contini.
«Non credo di aver mai assistito a un tale dispiegamento di timidez-
za - ricorderà Contini — tanto che a un certo momento, per allegge-
rire l`onere della conversazione (eravamo nella mia casa di campa-
gna), gli proposi un`espl0razione della natura circostante.» E
Pasolini, ritornato a Versuta gli scrive: «Per salvarmi in parte,
dall`ingenua e impensierita immagine che era fatale io le fornissi di
me, al nostro incontro, le invio questo troppo esiguo plico di versi...
Se non fossi stato irretito dalla perfezione interiore che lei dimostra-
va in ogni Sua parola, avrei potuto palesarle un certo spiritor..»,
Il bando del premio «Libera Stampa» di Lugano, di cui Contini è
membro della giuria, sollecita Pasolini a inviare il dattiloscritto de
L`u.v1gn0/0 da/la Cbiera cailolzta, completo della seconda parte, Il
pianto della rum, scritto nel '46.
Contini gli scrive: «LlU5lgVlOl0 della Cbiem cattolica gorgheggiò
impensatamente sulle rive del Ceresio, con molta seduzione anche
su quelli che non conoscevano il suo nome.»
Malgrado la buona accoglienza l'operetta otterrà solo una segnala-
zione. E comunque una stagione di mutamenti accelerati, dopo la
lunga stasi della guerra. Avevamo lasciato il poeta come un Narci-
so malato a interrogarsi sulI'ini'initezza della propria anima, sde-
gnando il mondo e i suoi abitanti col tono di un superuomo di pro-
vincia, che già i.l panorama interiore cambia. «Io avevo finito col
non credere più a nulla — scrive a Silvana Mauri — che non fosse
l`hic et nunc del mio esistere, avevo finito col.l`attribuire un'imp0r-
ranza immensamente più grande a una mia unghia che a qualsiasi
altra entità che si trovasse fuori di me; era evidentemente un'aber-
razione dovuta alla solitudine Is.] in parte me ne rendevo conto,
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(fumo/ngm I.X\'I|
ma il male era che rcstavo convinto della validità filosofica del ri·
porre l`unica fiducia nella mia esistenza [,..] Rimessomi in contatto
col mondo vidi che c'era già un nome “esistenzialismo" il quale
(ma quanto genericamente!) poteva adattarsi al mio caso. Ci feci
un riso un po' amaro e cominciai subito a guarirc.»
Il contatto col mondo del dopoguerra opera anche altri cambia-
menti sotto la spinta dell`euforia di riappropriarsi di una vita che
era rimasta imprigionata dai pericoli della guerra, Ricominciano le
gite in bicicletta in compagnia dei ragazzi più grandi di Vcrsuta,
Vanno al Tagliamento oppure alle sagre paesane brindando ai ta-
voli d’osteria che profumano di spezie e di acquavite. Le mete sono
diverse. Scendendo giù verso la Bassa, si incontrano le misere casu—
pole di Ligugnana, detta la «Piccola Russia» per l'a1ro numero di
aderenti al Pci; più avanti, sulle rive del Tagliamento, Carbona.
Morsano, Malafiesta.
In ottobre fa un breve soggiorno a Roma, il secondo dalla fine del-
la guerra, Conosce alcuni letterati e viene invitato a collaborare alla
«Fiera letteraria». Scrive al ragazzo di Versuta: «Mi sono molto di-
stratto, stavolta, e abituato a una vita intellettuale e socievole che,
ahimè a Versuta è proprio irrealizzabile, Tu sapessi come mi sem-
bra microscopica e assurda. pensandola da qui. Ad ogni modo essa
ha per me dei pregi insostituibili».
Nel maggio del '46 incomincia le prime pagine del diario intimo
denominato «Quaderni r0ssi» in quanto scritto a mano in una serie
di quaderni scolastici dalla copertina rossa. Delle numerose opere
che ha in officina, una arriva al completamento Si tratta di un
dramma in italiano in tre atti che si intitola Il Cappellano. Ricsuma-
to vent`anni dopo per essere messo in scena, si intitolerà Nel 46/.
Pubblica nelle Edizioni dell'Academiuta la raccolta poetica italiana
I Piamz`, in ricordo della nonna materna, morta nel 1943 per le
emozioni subite al primo arresto di Guido da parte dei fascisti av-
venuto nella casa di Casarsa. Dipinge alcuni quadri a olio e fa mol-
ti disegni.
1947
Scrive sul quotidiano udinese «Libertà» del 26 gennaio: «Noi, da
parte nostra, siamo convinti che solo i.l Comunismo attualmente sia
in grado di fornire una nuova cultura “vera", una cultura che sia
moralità, interpretazione intera del.l'esistenza».
Una dichiarazione destinata a suscitare scalpore tra i politici locali.
Tra quelli comunisti che si affrettano a smentire, sia pure col com-
piacimento di saperlo loro alleato, che sia iscritto al Pci. E tra gli
avversari, che reagiscono con disappunto. In effetti Pasolini è Stato
a lungo indeciso sul campo in cui scendere; ha simpatizzato con
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\\ in t mmt/try.:
\n.tg.¤i perche su citare con appropriatezza i versi di Dante, ma al-
l.¤ iiuc ha scelto in conformita con le ultime esperienze culturali
collegate a considerazioni linguistiche: il friulano non più inteso
come «dialetto greco» o «lingua per poesia», bensi primo strumen-
to di conoscenza della realtà del mondo contadino. Con il quale
egli sa di avere, e ci tiene ad affermarlo, un «rapporto diretto, im-
mediato». come pochi intellettuali possono vantare. Quando, con
la fine della guerra, sono sorte nuove esigenze di giustizia, tutte
sotto i suoi occhi, nel rapporto tra il «padrone» e i mezzadri 0 altre
categorie diseredate come i braccianti e i lavoratori occasionali,
egli ha saputo subito da che parte stare. Ma allo stesso tempo ha
dovuto prendere atto che questa si chiama lotta di classe, e si è
convinto della potenzialità rivoluzionaria dei contadini, cosi come
e accaduto prima in Russia e poi in Cina. Consolida una prima in-
larinatura dotttinaria con la lettura di Marx in edizioni volgarizza—
te e soprattutto attraverso i primi libri di Antonio Gramsci.
ll suo è un marxismo allo stato germinale ma puro, nato nell'urto
delle cose, sapendo che queste esperienze sociali saranno destinate
a imprimersi in nuove visioni poetiche. Non più una poesia intesa
solo come grazia e privilegio, ma come storia, cultura, ideologia.
Bisogna rifiutare ogni ontologia letteraria — affermerà tra qualche
anno — ogni tentazione alla pura libertà stilistica. «L'aI!r0 è sempre
infinitamente meno importante clell'io — scrive all'amica poetessa
Giovanna Bemporad, — Ma sono gli altri che fanno la storia.» In
questo modo, pensando all'a/lm, il Narciso malato guarisce defini-
tivamente. L'adesione al comunismo è in ogni caso «la decisione
più importante della tua vita».
.-\ meta marzo Silvana e Pier Paolo si ritrovano a Roma, Dalla sua
tasca spunta uno dei «Quaderni rossi», in cui sta raccontando il
suo amore per i.l ragazzo di Versuta. Ma questo «gioco dolce tra ra-
gazzi» non è giunto ancora il momento di confessarlo, anche se Sil-
vana con «una puntura dolorosa» ha percepito quanto di segreto
c`è in quel quaderno.
La parola omosessualità mai finora pronunciata comparirà solo in
una successiva lettera a Silvana, con una confessione resa ormai
obbligatoria dalla lealtà, anche col rischio di ferire l'amica o di ot-
tenere da lei un'eccessiva commiserazione. «Pensa che la verità
non è in essa [nella parola omosessualità], ma in me, che infine,
malgrado tutto, sono compensato dalla mia joy, dalla mia gioia che
è curiosità e amore per la v·ita».
ll 19 gennaio firn1a con Chino Ermacora, Gianfranco D'Aronco e
altri un «Movìmento per l'autonomia regionale». Al nuovo movi-
mento partecipa con numerosi scritti e polemiche, con un interesse
accentuato soprattutto sui temi della cultura e della lingua, di cui
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(,'mrm[vgm LXIX
intende rivendicare l`autonomia nei confronti dell']taliano unita~
rio. Sara comunque un`esperienza di breve durata perché presto si
accorge di come queste rivendicazioni autonomistiche vengano
strumentalizzate dalla Dc friulana, Ritirerà la sua adesione iscri-
vendosi nello stesso tempo al Pci, che si è espresso più volte in sen-
so contrario all'autonomismo friulano.
ln giugno esce un nuovo numero della rivistina dell'Academiuta
casarsese con titolo cambiato. Non più il domestico «Stroligùt» ma
un più accademico «Quaderno romanz0». Il programma di allar-
gare la collaborazione alle altre letterature neolatine, è stato avvia-
to con l`aiuto di Contini che ha messo Pasolini in contatto col poe-
ta catalano in esilio Carles Cardo, che ha curato un`antologia della
poesia catalana.
Sempre a Contini ha inviato in lettura la raccolta completa delle
poesie friulane, che per ora si intitola Qántr di un muár! (Canti di
un morto), titolo che verrà cambiato in La meglio gioventù, Ma il
poeta è sfiduciato. Malgrado l`aiuto del grande critico e quello più
recente dello scrittore Giorgio Bassani, non riesce a trovare un edi-
tore per i suoi versi friulani. Né Valentino Bompiani interessato da
sua nipote Silvana Mauri, né Vallecchi interessato da Contini, né
Astrolabio cui si è rivolto Giorgio Bassani, hanno mai risposto.
Malgrado le difficoltà letterarie, la joie de UIIUVF continua. «Sono se-
reno — scrive agli amici- e anzi, in preda a un`avida e dionisiaca al·
legrezza»,
Alla fine dell'anno ottiene l`incarico di insegnare materie letterarie
alla prima media della scuola di Valvasone; un paese molto bello e
antico con le memorie del poeta rinascimentale Erasmo da Valva-
son, che dista cinque chilometri da Casarsa e che Pier Paolo rag-
giunge ogni giorno e con qualsiasi tempo in bicicletta,
1948
«... Dio!, belle bandiere / degli Anni Quaranta! / A sventolare una
sul.l`altra, in una folla di tela/ povera, rosseggiante, di un rosso vero.»
Il colonnello Pasolini si è adattato a vivere a Versuta fra i contadi-
ni, cui egli impone il suo cipiglio ma anche manifestazioni di bona-
rietà. Segue le attività del figlio, lo spia e va a curiosare tra le sue
carte oltrepassando i limiti della discrezione. Si è scoperto un otti-
mo cuoco e i] suo orgoglio ora consiste nel sentire decantare le sue
tagliatelle. Ha messo mano al portafoglio per costruire in uno spa-
zio attiguo alla casa di Casarsa risorta dalle sue macerie, la sede
dell'Academiuta. Un saloncino ricercatamente rustico con una tar-
ga marmorea all`esterno che recita: «Academiuta di lenga furlana —
Guido Pasolini». Qui si concentreranno da ora in poi le attività
culturali del felibrismo casarsese.
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xx i ii./W/·»<i.i
I(uorn.¤ti arl .ibit;it'e nella vcucliiri casa di (Àasarsa, gli timori di Car-
lu .\llwt·rto invece di migliorare tendono al peggio. Il cattivo alcol
lwuvinto durante la prigionia gli ha rovinato il fegato; ciononostante
continua a bere, soprattutto fuori di casa nelle numerose osterie.
Questi stati di eccitazione alcolica uniti al rigurgito di antiche fru-
strazioni, gli fanno riscoprire torti veri 0 presunti di cui si sente vit-
timri, e naturalmente il conflitto con sua moglie è tornato in primo
piano. delirante, ossessivo. Gli scontri non si risolvono più i.n cuci-
na. ma di notte nella camera da letto, che Susanna è stata costretta
ad abbandonare perché il delirio dura notti intere. Pier Paolo do-
po una crisi particolarmente grave è costretto a far intervenire uno
psichiatra di Udine, Il medico, che è stato messo subito alla porta
senza tanti complimenti, ha però avuto il tempo di osservarlo,
ascoltarne le invettive, ricavandone una diagnosi di «sindrome pa-
ranoidea» e decadenza etica.
Con la sistemazione alla scuola di Valvasone, la vita di Pasolini non
sembra prevedere cambiamenti nemmeno in un lontano futuro,
Come intellettuale e poeta è abbastanza noto in tutta la regione, ed
ora la militanza nel Pci lo porta ancora più in contatto con la classe
dei diseredati. La «cellula» di San Giovanni di Casarsa, di cui è sta-
to nominato segretario, è situata in una stanza disadorna sopra
losteria dell`Enal, con il crocefisso accanto al ritratto di Stalin, fre-
quentata ogni sera da vecchi militanti e da molti ragazzi. «La politi-
ca aveva in quei primi anni qualcosa di intimamente rallegrante,
Era un'avventura ai suoi inizi. Essi erano tutti, se non comunisti,
guribaldini [così si chiamavano le formazioni partigiane comuni-
ste]; ed era verso di loro, verso il loro mondo, che io fin da quei
mesi — ancora pieno dei miei travagli morali e religiosi — sentivo
un`affiorante nostalgia.» Tra i travagli c`è sicuramente quello di
aver aderito a un partito che durante la guerra partigiana ha arma-
to un gruppo cli suoi aderenti per eliminare il reparto dove com-
batteva il fratello.
Da allora sono passati due anni, un lungo lasso di tempo conside-
rando i cambiamenti in atto, e la tragedia del fratello è andata sem-
pre più inquadrandosi in quell'insieme, confuso, drammatico, con-
traddittorio della guerra partigiana ai confini con slavi, dove le
iniziative di piccoli gruppi di guerriglieri potevano agire fuori delle
linee ufficiali e in questo caso avevano agito sotto la pressione
dell`organizzatissi.mo Nono Corpus del maresciallo Tito.
Intanto per Pasolini l`adesione al Pci è una maturazione necessaria
del pensiero e dei sentimenti, e attraverso la lettura di Gramsci egli
crede ora di poter situare la propria posizione di intellettuale pic-
colo borghese tra il partito e le masse, diventando un vero e pro-
prio perno di mediazione tra le classi.
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(,'1'mm/1»;g1u LXX I
ln gennaio nel centro mandamentale di San Vito si svolge una ma-
nifestazione organizzata dalla Camera del lavoro per Ottenere l`ap-
plicazione del «Lodo De Gasperi» varato per migliorare la situa-
zione degli agricoltori disoccupati e dei mezzadri che hanno subito
danni di guerra. La manifestazione è contro quei proprietari terrie-
ri che si sono opposti fino a quel giorno all`applicazione della leg-
ge. Pier Paolo è tra i manifestanti; osserva le varie fasi degli scontri
con la polizia parlando coi giovani contadini e più tardi interve-
nendo nelle discussioni per delineare i suoi futuri compiti di mili-
tante. Ma questa manifestazione fa scattare un progetto più ambi-
zioso: scrivere un romanzo su quel mondo contadino in fermento
intrecciando molte storie reali e usando le testimonianze scritte ol-
tre che orali di alcuni giovani protagonisti. Il primo titolo del ro-
manzo è Lu meglio gioventù.
Le elezioni del '48 richiedono una militanza a tempo pieno con co-
mizi, dibattiti, interventi sui giornali, strategie elettorali, tra cui i
giornali murali da esporre in pubblico a San Giovanni dove si tuo-
na contro il governo democristiano e la reazione clericale. Alla fine
di ogni comizio si va a bere in osteria e i vecchi militanti gli dicono
alzando il bicchiere: «Tu dottore non sei di quelli che si scaldano
troppo, ma di quelli che ragionano», Per contro cresce l`ostilità dei
suoi avversari. Anche gli amici cambiano, alcuni si allontanano re-
spinti dalle sue idee politiche, altri le disapprovano pubblicamen-
te, Si saldano invece altre amicizie; col pittore Giuseppe Zigaina e
altri intellettuali comunisti.
1949
«Era la gioventù, era la notte di un Friuli in amore.»
Anche se l’isolamento è «tremendo», la campagna è la più dolce
della terra. Contini ha promesso di visitarla, ma ahimè rimanda il
suo arrivo da una stagione all`altra. Nelle feste si moltiplicano i ri-
trovi danzanti anche se i preti tentano di proibirli. Pier Paolo è un
ballerino provetto e le ragazze sono felici di essere prescelte. I po-
meriggi dedicati al nuoto si spostano dal Tagliamento al laghetto
del Pacher, tra Ramuscello e Cordovadoi Sulle sue sponde ragaz-
zetti venuti dai paesi intorno si tuffano nudi uno in fila aIl’altro.
La militanza nel Pci continua con grande impegno per gran parte
del '49. In febbraio partecipa al primo congresso della Federazione
comunista di Pordenone, e in maggio è a Parigi per il Congresso
della Pace. E molto impegnato anche con la scuola, e scrive a Silva-
na: «I·Io grandi programmi (un teatro e un'infinità di faccende pa-
ra-scolastiche: i.l Proweditore ha deciso di fare della scuola di Val-
vasone una specie di scuola sperimentale)».
A pochi chilometri da Casarsa, c’è un poeta coetaneo, Andrea Zan-
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i \\n ( mm:/n_g.:
xotto, che percorre lc stcssc esperienze scolastiche e solo il caso
nnn li ha tutti ancora incontrare. «Segnalando ai colleghi gli esperi-
nicnti di Pasolini- ricorderà Zanzotto dopo la sua morte — il presi-
de Natale De Zotti da cui egli dipendeva lo definiva "maestro mi-
rabile", e così sempre lo definiva in seguito.»
ll poeta Vittorio Sereni lo invita a collaborare alla rivista milanese
«La Rassegna d`Italia». Pasolini gli risponde: «Avendo i cassetti ri-
gurgitanti di prose e poesie, di cui io, e non per mia volontà, sono
l`unico lettore, mi trovo molto imbarazzato nella scelta».
Anche l`ultimo volumetto Daz/è la mia patria, è uscito con la sigla
editoriale dell'Academiuta: una raccolta di versi friulani di varie
parlate con disegni di Zigaina.
Il $0 settembre in un borgo di Ramuscello dove si svolge una delle
tante feste della fine dell'estate con una pista da ballo all`aperto e
tanti tavoli intorno per bere vino, Pier Paolo incontra tre ragazzet—
ti coi quali, dopo uno scambio di battute scherzose, si allontana nel
buio. Quella notte Pier Paolo torna a casa felice, ma di una felicità
troppo piana, ingenua, priva delle necessarie scaramanzie, o, come
sarebbe opportuno, di misure prudenziali.
il giorno dopo i tre ragazzi di Ramuscello litigano e si rinfacciano
Vesperienza della notte precedente. L'antica figura della Fama li
ascolta con le sue molte orecchie. Più banalmente, un paesano cat-
tolico che coglie l'occasione di dare addosso a Pasolini e ripristina-
re la morale, informa i carabinieri. Il 22 ottobre, in seguito ad altre
indagini, Pasolini viene denunciato per corruzione di minorenni e
atti osceni in luogo pubblico.
I suoi avversari politici si accaniscono immediatamente a sfruttare
lo scandalo tanto più che ai loro occhi egli è un traditore e transfu-
ga. Poco prima dell'incidente gli hanno fatto delle intimazioni.
Non direttamente ma nello stile democristiano mediato e allusivo,
il cui senso è: o lui smette di fare politica, o subirà le conseguenze
della sua condotta morale, cioè della sua omosessualità. Malgrado
Vawertimento Pasolini non ha voluto approfondire le ragioni del
ricatto, ritenendo indegno il solo fatto di occuparsene. Ma ha sen-
tito che la minaccia è concreta e ciò non ha fatto che rendere anco-
ra più esasperati i suoi desideri.
La notizia della denuncia esplode come uno scandalo e per la pri-
ma volta nella sua storia gli strilloni di giornali sia provinciali che
nazionali, invadono Casarsa.
Pasolini affronta la circostanza con calma apparente, ma a dram-
matizzarla ci pensa il padre accrescendo la violenza dei suoi mono-
loghi nottumi. I dirigenti del Pci di Udine, prima di qualsiasi veri-
fica delle accuse, decidono di espellerlo dal partito coinvolgendo
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(irm10[ug1u LXXIH
in una stessa condanna scrittori come Gide e Sartre, protagonisti
della corrotta cultura borghese.
Messo al bando, Pasolini né allora né dopo vorrà fare del vittimi-
smo contro i suoi giudici comunisti. Significativo è l'escamotage di
una risposta data vent'anni dopo a ]ean Duflot nel libro-intervista
Il regno del cenlauroz «Ho frequentato i.l partito comunista circa un
anno, nel '47-48... Ho fatto poi come un certo numero di compa-
gni, non ho rinnovato la tessera una volta scaduta. L'orientamento
sempre più stalinista di Togliatti, questo misto di autoritarismo e
di paternalismo soffocante, non mi sembrava agevolare l'espansio-
ne delle grandi speranze del dopoguerra...».
Viene rimosso anche dal posto di insegnante nella scuola di Valva-
sone, malgrado la lettera che i genitori degli alunni hanno voluto
scrivere al Proweditore scolastico affinché continuasse a insegnare
ai loro figli. Passano novembre e dicembre, due mesi in cui la vita di
Pasolini deve cambiare abitudini. Anche se non vuole veramente
nascondersi, a.llunga il raggio delle sue gite in bicicletta per raggiun-
gere i paesi del Veneto, dove conta di rimanere sconosciuto. Ma è il
padre che rende la vita impossibile a tutti, fino al giorno in cui Su-
sanna e Pier Paolo preparano segretamente la loro fuga a Roma.
Restano da affrontare le conseguenze della denuncia giudiziaria.
Nla non essendoci stata una querela di parte, dopo un primo e un
secondo grado processuale non ci sarà nessuna condanna per il
reato di corruzione di minori e un`assoluzione per insufficienza di
prove per il reato di atti osceni in luogo pubblico.
1950
No, nessun grido balzacchiano, «À nous deux maintenant». Arri-
vando a Roma con la madre il 28 gennaio, con un futuro immedia-
to che dipende dagli aiuti di un parente, Pier Paolo può solo mor-
morare sommessamente: «Quando della vita si è consumato tutto,
resta ancora tutt0».
Pochi giorni dopo l'arrivo, Susanna, decisa ad affrontare qualsiasi
sacrificio per il figlio, trova un lavoro di governante presso una fa-
miglia con due bambini. Pier Paolo si trasferisce in una camera
d'affitto a Piazza Costaguti nel cuore del ghetto ebraico a pochi
metri dal Tevere.
Nel suo temperamento non c`è posto per il bohémien né per lo
hippy. L`educazione materna lo ha improntato nel terrore piccolo
borghese della miseria e dell'insuccesso. Quindi davanti alui Roma è
un interrogativo angoscioso, Ma è anche una «città divi.na!» come si
affretta a comunicare agli amici ri.masti in Friuli. La città meno catto-
lica del mondo, grande capitale popolare, proletaria e sottoproleta-
ria, con un popolo invasato dalla gioia di vivere, da.ll'esibizionismo e
`
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\\i\ 1 mm/r·_<m
tl.¤ll.i sensiiulitin contagiosl. con tanti ragazzi «poco più che creta 0
pom meno che Apolli», All`orizzonte delle cupole leggere come veli
strappati. e nel suo cuore il Tevere con le sue piattaforme galleggian-
ti. le scalette che scendono al suo livello puzzolenti di sterco umano;
con i lungoteveri «infebbrati» dove a ogni passo c`è un incontro con
Eros. composto di gioia momentanea e di rapido oblio, perché più
avanti ci sono altri incontri in una successione infinita.
ll pudore delle sue disgrazie — «mi dibatto in una vita miserabile,
in una catena di vergogne» — gli impedisce per qualche tempo di
riallacciare i rapporti con i letterati che già conosce. In compenso
la vita romana è pronta ad accogliere con allegra indifferenza qual-
siasi sbandato 0 reietto. Penetrare in questo mondo è tanto più fa-
cile se c`è una guida come il poeta Sandro Penna che pochi giorni
dopo il suo arrivo è diventato un compagno inseparabile; deambu-
latore notturno sui lungoteveri, attorniato da ragazzini che lo se-
guono come i.l magico pifferaio, disponibile nella sua infinita indo-
lenza ad ogni occasione purché gli consenta uno stato sognante tra
la foga della vita e un ozio divino. Il dovere più impellente resta
quello di trovare un lavoro qualsiasi, e mentre chiede invano di da-
re lezioni private, si iscrive al Sindacato comparse di Cinecittà. Fa
il correttore di bozze in un giornale e come rimedio estremo ricor-
re alla vendita dei suoi libri alle bancarelle. «L’altro ieri si è gettato
nel Tevere un giovane dai venticinque ai trent'anni, con un paltò
nero; potrei essere io».
Riesce a piazzare qualche articolo su quotidiani cattolici e di estre-
ma destra; «Il Quotidiano», «Il Popolo di Roma», «Libertà d'Ita-
lia». Continua a scrivere (0 riscrive) i romanzi cominciati in Friuli:
rlm zmpurz`, Amado mib, La meglio gioventù.
Ma il trauma del trasferimento è destinato a produrre altre imma-
ginazioni e spinte espressive. Dopo aver trovato a Roma quello che
cercava, un clima mediterraneo e una libertà pagana, incomincia le
ricognizioni da una strada all'altra. Si aggira in Trastevere tra Vico-
lo del Cinque e i.l Cinema Reale, qualche volta si spinge fino alle
baracche della Casilina 0 in una sala da ballo del Trionfale. Si van-
ta di aver imparato a dire «Li mortacci v0stra» nel tono dei giovani
Narcisi romani infinitamente disponibili, esibizionisti, ironici, pa-
droni di un gergo allusivo.
Già pochi mesi dopo il suo arrivo, prima con un tram, poi con un
autobus sgangherato, arriva alle prime borgate: Primavalle, Quar-
ticciolo, Tiburtino, Pietralata. Una periferia completamente pagana
- «i giovani sanno a stento chi è la Madonna» — popolata da disere-
dati, chiusi in una loro vita particolare, salvati da antica vitalità e sa-
crilega, felice incoscienza. La massa di questi abitanti proviene
dall`antico centro popolare di Roma, che negli anni Trenta è stato
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(,`m»m/ngm |,XX\’
demolito dagli architetti fascisti per far posto alla Roma trionfale,
Una vera deportazione che ha perseguito anche lo scopo di isolare
questo sottoproletariato di «indesiderabili» in quartieri costruiti in
mezzo alla campagna come caserme 0 prigioni. File di casette tristi,
sporche, disumane, a un piano con davanti un cortiletto. Dopo la
guerra, ai plebei romani si sono aggiunti gli immigrati del Sud che si
sono assimilati facilmente a questi ambienti dove vita significa «ma-
lavita», e insieme qualcosa di più: una filosofia della vita, una prassi,
Quando Pier Paolo comincia a mettere piede in queste borgate, c`è
quasi una contiguità di reiezione tra lui e quel mondo; povertà ed
esclusione gli danno l'energia e lo spirito di affrontare l'esperienza
umana, immediata e vitale delle borgate che cercherà subito di de-
scrivere: «Non c`è stata scelta da parte mia, ma una specie di coa-
zione del destino: e poiché ognuno testimonia cio che conosce, io
non potevo che testimoniare la "borgata" romana».
L`oralità è un aspetto della lingua molto eccitante e coinvolgente
per un poeta che ha già esplorato il mondo friulano attraverso la
lingua dei contadini. Anche le borgate hanno elaborato una pro-
pria lingua che genericamente può essere definita gergo della mala-
vita, ma che invece comprende un po' tutto della vita. Un gergo
popolare che si è andato evolvendo rispetto a quello ottocentesco
del Belli, tendente a «punte espressive», a parole «vivaci», in armo-
nia con l'atmosfera picaresca del luogo, Pasolini registra mental-
mente, talvolta trascrivendoli in un calepino, i dialoghi dei ragazzi,
le parole appena uscite dalla chiostra dei denti, con un piacere che
si confonde con quello erotico e anzi lo giustifica. E poiché ogni
borgata ha una sorgente propria di oralità che sembra inesauribile,
Pasolini conclude: «I0 devo ridurmi a nastro magnetofonoa. Spes-
se volte, se pedinato, sarei colto in qualche pizzeria di Tor Pignat-
tara, alla borgata Alessandrina, Torre Maura o Pietralata, mentre
su un foglio di carta annoto modi idzomaliti, lessici gergali presi di
prima mano dalla bocca dei parlanti, fatti parlare apposta»,
Quello che lo invoglia o lo costringe a correre di qua e di là, da un
tram a un autobus, e poi polvere e fango sulle scarpe, è una «sua
virtù preclara» che Contini individuera nell'«amore dell`umile e
dell'autentico».
Scrive i primi «cartoni» di Ragazzi di vi/a e altre pagine romane, tra
cui Squarci di notti romane, Ga: e Giubileo, che saranno riprese in
Alì dagli occhi azzurri. Ad aiutarlo in questa infinita operazione mi-
metica ci sarà presto un ragazzo dalle doti straordinarie: Sergio
Citti, incontrato un giorno dell'estate del 'S1 sulle rive dell'Aniene.
Sergio, che ha diciotto anni e fa l'imbianchino, è un «parlante» allo
Stato puro. Con la facoltà di rendere intelleggibile a Pasolini qual-
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i xxx: < mm:/«·_g;.:
misi punta gt—r;;«¤le 0, dietro richiesta, di fornirgliela. Sarà infatti
tl`or.¤ in poi il suo insostituibile «dizionario vivente».
Scrive le poesie poi raccolte in Roma 1950 - Diario che sarà pubbli-
CQIO da Scheiwiller nel 1960.
Festeggia la fine delllanno a Chioggia con il cugino Nico Naldini e
Giovanni Comisso. E coinvolto nella rissa seguita al furto di una
banconota che gli era scivolata da una tasca e arrestato. Passa la
notte nella camera di sicurezza dei carabinieri.
19il
Il padre abbandonato solo a Casarsa, Susanna costretta a un lavoro
umiliante, Pier Paolo ancora senza lavoro dopo più di un anno —
dopo mesi d`attesa ha fatto l`attore generico a Cinecittà per due
notti — sono tre figure troppo bisognose l'una del]`altra perché non
si cerchi un riavvicinamento. E infatti nel luglio del `S1 la famiglia
si ricongiunge a Roma, in una casetta in costruzione a Ponte Mam-
molo, una borgata di tono piccolo borghese oltre Rebibbia.
Carlo Alberto è ormai un uomo anziano, piegato dalla vita e dalle
malattie. Ma insperatamente, proprio da questo periodo e fino alla
sua morte, trascorre gli anni più tranquilli e di relativa soddisfazio-
ne per Yaffermazione letteraria del figlio del quale diventa un so-
lerte segretario, un puntuale propagandista; in tutte le direzioni
consentite, anche a rischio di annoiare l'interlocutore. Come speri-
menterà lo scrittore Carlo Emilio Gadda che troverà per lui la defi-
nizione «colonnello attaccabottoni»,
Nel dicembre dello stesso anno, finalmente, la sospirata sistema-
zione come insegnante nella scuola media parificata di Ciampino,
I.l rango di scuola «parificata» significa un basso stipendio, venti-
cinquemila lire al mese, pagato solo nei mesi di lavoro. Per rag-
giungere Ciampino un lungo viaggio, prima un autobus, poi un al-
tro e infine il treno: «... io felice, disperato, ogni mattina affrontavo
il lungo viaggio, che si concludeva a pomeriggio avanzato.,. Ma
pensavo, la mia consolazione era pensare. Pensare era la mia ric-
chezza e il mio privilegio. Più della metà dei miei versi sono stati
pensati, 0 scritti, in treno».
In giugno pubblica sulla rivista «Paragone» il racconto II Ferro-
bedò, che entrerà come un capitolo in Ragazzi di vita,
Benché «senza stipendi» l’estate romana non lesina i suoi piaceri.
Scrive a Silvana: «L'estate per me è una scommessa che non devo
perdere: conto a estati non a anni, il tempo, Mi ci butto dentro a
capofitto, con una voracità squallida e indifferente: non mangio
niente e muoio di indigestione, mangio di continuo e sono v\.I0t0».
Stende in fretta i primi abbozzi di un romanzo di tipo tradizionale
ambientato in Friuli, II disprezzo della provincia, e lavora a un R0-
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(lrtmologta l.XX\'l]
manzo del mare di cui sono l'approdo Coleo di Samo e Operetta
Marina. Scrive il poemetto L'Appennin0, che aprirà Le ceneri di
Gramsci e i racconti romani Notte sull 'Es, Studi sulla vita del Te-
staccio e Appunti per un poema popolare, che appariranno in Alì da-
gli occhi azzurri.
Dopo Sandro Penna entra nel giro delle sue amicizie Giorgio Ca-
proni, che ha l'abnegazione di affrontare il viaggio fino a Ponte
Mammolo per partecipare ai pranzi di Susanna. Anche Attilio Ber-
tolucci e Gadda sono ospiti frequenti; quest'ultimo curioso di os-
servare da vicino le nuove periferie.
Dopo il posto d'insegnante, un'altra fortuna, resa possibile da Ber-
tolucci: il primo contratto editoriale per una Antologia della poesia
dialettale del Novecento.
1952-1954
Dopo la scuola, al pomeriggio lavora nella stanzetta di Ponte
Mammolo «sospesa sul fango». Alla sera raggiunge Sergio Citti a
Tor Pignattara. Approfondisce con lui la sua conoscenza del dia-
letto romano.
Nel dicembre del '52 esce l'Arrtologza della poesia dialettale cui Eu-
genio Montale dedicherà una recensione memorabile
Nel 195} inizia il lavoro per un`altra antologia da pubblicarsi nella
collana diretta da Bertolucci per Guanda. Sarà dedicata alla poesia
popolare e apparirà nel 1955 col titolo Canzoniere italiano. Esce
intanto il volumetto di versi friulani Tal còur di un frut e Gianfran·
co Contini è tra i primi lettori: «Volevo dirLe, ma degnamente, ma
coi giusti considerandi, che Tal càur di un frut mi è parso l'oggett0,
proprio la materia poetica (come si dice materia pittorica) più pu-
ra, inventata, vitale e consolante che da lunghi (lunghissimi) anni
entrasse nella mia sfera di percezione».
Scrive il Sonetto prirnaverile, che uscirà da Scheiwiller nel 1960.
Dopo che un'altra anticipazione del futuro Ragazzi di vita è uscita
nell'ottobre del '53 sempre su «Paragone»_ Bertolucci lo segnala a
Livio Garzanti e in dicembre provoca un incontro con l’editore
milanese, che si impegna alla pubblicazione del romanzo.
Passa le vacanze di Natale passeggiando con Sandro Penna, tra
«grandiose vedute tiberine».
Nel marzo del `54, i.l primo lavoro cinematografico, che significa
anche il primo vero guadagno con l'auspicio di rcplicarlo e portare
via la famiglia dal fango di Rebibbia. Per ora è una collaborazione
con l’amico Giorgio Bassani alla sceneggiatura del film di Mario
Soldati La donna del hume.
Vittorio Sereni gli aveva proposto di pubblicare una raccolta di
poesie nella collana che curava assieme a Sergio Solmi per La Me-
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i \\\ ni (`mwm/n_q1.1
riditinai. Nel gennaio nlcll`ainno successivo la scelta cade sul poe-
inctto ll cmno popo/un', che confluirù nel volume Lv t`t·m.'r1 di
(·`rwmt‘z': «Se c`è il rischio che sia tutto prosa, cioè che io cada —
scoperto e svergognato — preferisco che questo avvenga a proposi-
to della confessione del mio rapporto col mondo esterno, piuttosto
che della mia aulobzograhìw.
Le migliorate condizioni familiari consentono il trasferimento in
un «posto delizioso e dignitoso», un appartamento a Monteverde
Nuovo, in via Fonteiana 86.
In giugno esce nella collezione di «Paragone» l'intero corpus delle
sue poesie friulane, La meglio gioventù, dedicato «A Gianfranco
Contini — con amor de loinh». Presentato al premio Carducci, il li-
bro vince ex aequo con Paolo Volponil
Esce nelle edizioni Scheiwiller Da] Diario (1945-1947), William
Weaver traduce in inglese L'Appem11ho.
Il 28 ottobre uno dei vecchi e amati amici bolognesi, Francesco
Leonetti, gli scrive: «Dopo undici anni, e anche questo tempo tra-
scorso è, in parte, indice della mia spaventosa serietà (ma intanto
oggi son ridiventato «uomo di mondo») dico: ecco il punto in cui
si ha da fare una rivista». il primo annuncio della rivista «Offici-
na». che ha i.l primo germe nella lontana, adolescenziale «Eredi».
1955
Il 1} aprile Pasolini invia all'editore Garzanti il dattiloscritto com~
pleto di Ragazzi di vita. Alla fine del mese il romanzo è in bozze,
ma un'amara sorpresa aspetta il suo autore: «Garzanti all`ultimo
momento — scrive a Sereni il 9 maggio — si è smontato. Così mi tro-
vo con delle bozze mezzo morte rra le mani, da correggere e da ca-
strare. Una vera disperazione...».
L'eclitore esige di sostituire le «brutte parole» con dei puntini, at-
tenuare gli episodi più spinti, sfrondare alcuni capitoli. «Insomma
— sbotta Pasolini alla fine della revisione — ho fatto tutto quello che
potevo, con molta buona vol0nta.»
All'uscita del libro, la prima recensione — «astiosa, cattiva» — è di
Emilio Cecchi: «Mi diceva un lettore intelligente, che Ragazzi di và
la gli aveva fatto tutto il tempo pensare a Cuore di De Amicis. Ma
in che modo? — gli chiesi un po' stupefatto. — È semplicissimo, — ri-
spose: — Arcader ambo. Uno è Cuore in rosa. E quel.l'altro è Cuore
in f1€f0»«
Mentre Anna Banti indica nel romanzo picaresco il primo punto di
riferimento, Asor Rosa mette in rilievo il suo carattere artificioso,
da laboratorio. 1 critici comunque sembrano d'accordo nell’indivi-
duare le pagine migliori nelle descrizioni d'ambiente.
I critici marxisti avanzano due obiezioni: il romanzo esclude i suoi
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(Àr:111u[ngn1 LXXIX
protagonisti, la comunità degli abitanti delle borgate, dalla pro-
spettiva socialista, quindi la loro rappresentazione è infedele. Per il
critico ufficiale del Pci, Carlo Salinari, manca di una adeguata base
ideologica: «Pasolini sceglie apparentemente come argomento il
mondo del sottoproletariato romano, ma ha come contenuto reale
del suo interesse il gusto morboso dello sporco, deIl'abbietto, dello
scomposto e del torbido,,.»,
Pasolini a questo punto è costretto a confrontare la ferocia con la
quale si è mossa contro il romanzo la stampa fascista, cattolico-ne-
ra, benpensante, accademica, con le reazioni degli amici comunisti.
Il grande dispiacere che gli hanno dato questi ultimi è di aver visto
funzionare l'«errore essenziale e sostanziale di costume letterario
assimilato al costume politico, di empirismo ideologico e, appunto,
di aprioristica parenesi "prospettivistica"».
A chiudere la serie degli interventi negativi ci pensa la magistratura
milanese che accoglie la denuncia di «carattere pornografico» del li-
bro, L`8 agosto Contini parla alla radio di Ragazzi di vùaz «Monoto-
nia, angustia, e in aggiunta dubbia consistenza narrativa sono anche
le obiezioni mosse, per quanto pare, all'ultimo colpo, a tutt`oggi, di
quel geniale saggiatore che è Pasolini, l`epopea picaro-romanesca
Ragazzi di ma. Singolare che per essa narici ordinariamente indul-
genti si siano credute in dovere di farsi tanto emunte, Non è un ro-
manzo? Difatti è un'imperterrita dichiarazione d’amore, proceden-
te per “frammenti narrativi": all'interno dei quali, peraltro, sono
sequenze intonatissime alla più autorevole tradizione narrativa,
quanto dire l'ottocentesca»,
Bocciato sia al premio Strega che al premio Viareggio, il romanzo
ottiene un grande successo di pubblico, mentre una giuria presie-
duta da Giuseppe De Robertis lo festeggia a Parma col premio Co-
lombi-Guidotti,
Lanciato da Francesco Leonetti e da Roberto Roversi il progetto
della rivista «Officina», i lavori procedono con una serie di incon-
tri per la stesura del programma, Primo punto è la rivolta predica-
ta da Gramsci contro la letteratura novecentesca, evasiva, bel.lettri-
stica, con sottofondi irrazionalistici e misticheggianti. E subito
dopo una revisione critica anche del neorealismo condotta su un
piano razionale. Un razionalismo, quello di «Officina», con origini
marxiste ma con tendenze eterodosse, in polemica col Pci accusato
di sentimentalismo e di tatticismo. Un esempio? Il voto favorevole
alla riconferma del Concordato fascista col Vaticano.
Il programma pasoliniano si awale spesso di equazioni semplifica-
te didascalicamente: «I poeti ermetici si proclamano cattolici. Cat-
tolicesimo e provincialismo coincidono. Ecco dunque il nesso cat-
tolicesimo-strapaese-fascismo: uno dei tanti bei nostri nessi»,
`
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\ \\ ( mi/««/rw.:
Nono prcvisti alcuni «ospiti» tra cui Gianni Scalia, Angelo Ro-
nmnò, liriincu Fortini, Italo Calvino e il più bramato di tutti, CE.
Gadda, che vi pubblica col titolo Il hbm di-/le Fame i primi capitoli
cli Emi 0 Pnapv.
Esce l`antologia della poesia popolare Carzzomŕre rtaltamz con de-
dica al fratello Guido.
ln luglio è a Ortisei assieme a Giorgio Bassani per lavorare alla sce-
neggiatura di un fi.lm di Luis Trenker. Cinema e letteratura comin-
ciano in questo periodo a formare un binomio basato sul suo «soli—
to furore sperimentale»: «Procedo parallelo per due binari — scrive
a Contini - speriamo verso nuove stazioni. Non ne inorridisca, co-
me fanno i letterati mediocri qui a Roma: ci senta un po' di eroi-
smo».
Prende l`abitudine di cenare fuori quasi tutte le sere con Alberto
Moravia e Elsa Morante, ai quali si uniscono di volta in volta Bas-
sani, Penna, Parise, Bertolucci.
1956
La cattiva accoglienza che una parte della critica marxista aveva ri-
servato a Ragazzi di vita suscita una polemica che dura per mesi.
Ad awiarla è lo stesso Pasolini, che pubblica sul numero di aprile
di «Offici.na» uno «scrittarello» contro «quelli del “Contempora-
neo"», Carlo Salinari e Gaetano Trombatore,
Il 4 luglio si celebra a Milano il processo contro Ragazzi di vita,
Carlo Bo, chiamato a testimoniare dalla difesa sul suo valore arti-
stico, dichiara: «Il libro ha un grande valore religioso perché spin-
ge alla pietà verso i poveri e i diseredati. Non ho trovato alcunché
di osceno nel romanzo. I dialoghi sono dialoghi di ragazzi e l'auto-
re ha sentito la necessità di rappresentarli così come in realtà». La
sentenza è di assoluzione con «formula piena».
In agosto inizia la sceneggiatura di un film di Mauro Bolognini
(Marira la civetta) e nello stesso periodo collabora alle Notti di Ca-
biria di Fellini. Mentre la collaborazione con Fellini è episodica,
quella con Bolognini è basata su un'intesa e un'amicizia che saran-
no durature soprattutto per la consapevolezza della diversità dei
loro temperamenti artistici: la raffinata srilizzazione di Bolognini e
il realismo «quasi ossessiv0» di Pasolini.
Dal mese di ottobre è titolare della rubrica critica di poesia del set-
timanale «Il Punto» e una delle prime recensioni è per La Bufera di
Eugenio Montale. «In ritardo ho visto la sua recensione — gli scrive
Montale — di gran lunga la più bella.»
Il lavoro di talent rcaut per la rivista «Officina» lo fa assistere agli
esordi di alcuni giovani scrittori: Arbasino, Sanguineti, Alfredo
Giuliani, Michele L. Straniero e il giovanissimo Massimo Ferretti.
`
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(,'r/mn/ogm LXXXI
'I`ra i suoi nuovi amici: Laura Betti, Adriana Asti, Enzo Siciliano,
Ottiero Ottieri.
La grande crisi politica e ideologica del 1956 — il rapporto Kruscev
al XX Congresso del Partito comunista sovietico, che segna il rove-
sciamento dell'epoca staliniana e la speranza di un rinnovamento
del mondo comunista, cui fanno da contrasto i fatti di Polonia e
d`Ungheria — ispira la trama interna degli scritti di questo periodo:
le ultime parti delle Ceneri di Gramrci e il nuovo romanzo Una viia
violenta.
1957-58
Il 18 marzo del '57 spedisce all`editore Garzanti il dattiloscritto ri-
veduto delle Ceneri di Gramsci: undici poemetti composti tra il
1951 e i.l 1956.
Contro la cultura che l'ha preceduto, entrata in crisi per un eccesso
di poeticità ai danni del razionale e dello storico, con questi poe-
metti in terzine Pasolini ha preteso ricondurre la poesia entro limi-
ti più umili e umani, investendo nel sentimento politico un intero
modo di vivere e di pensare e rinnovando in senso moderno i ca-
ratteri ottocenteschi della «poesia civile».
Sul poemetto Le ceneri di Gramm`, che rappresenta in forma alle-
gorica il suo rapporto personale con la dimensione politico-ideolo-
gica, Italo Calvino ha già avuto modo di esprimere al momento
della polemica con il «Contemporaneo» il suo giudizio rimprove-
tando ad alcuni critici marxisti il loro disinteresse: «Nlesi ot sono,
avveniva uno dei più importanti fatti della letteratura italiana del
dopoguerra e certo il più importante nel campo della poesia: la
pubblicazione della lirica di Pasolini Le ceneri di Gramsci, E la pri-
ma volta, da chissà quanti anni, che in un vasto componimento
poetico viene espresso con una straordinaria riuscita nel.l'invenzio-
ne e nell`impiego dei mezzi formali, un conflitto di idee, una pro-
blematica culturale e morale di fronte a una concezione del mondo
socialista».
Le ceneri di Gramsci ricalcano il successo di Ragazzi di vita, un’inte-
ra edizione esaurita in_quindici giorni mentre il dibattito critico è in-
tenso e contrastato. «E un libro, — gli scrive Sereni- che ha rotto de-
finitivamente una situazione,» In agosto viene premiato a Viareggio
assieme al volume Puetie di Sandro Penna, Il milione del premio ha
fatto compiere a Penna uno dei suoi rari spostamenti da Roma, ma a
Viareggio è arrivato infelice. Durante la premiazione cerca di rac-
contare la sua tristezza per la sparizione di un ragazzo amato, ma
viene subito zittito, mentre Pasolini corre ad abbracciarlot
In luglio è a Mosca per il Festival della gioventù, come inviato di
«Vie Nuove».
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n \\\u < i-··«i«i/ogm
lzscc presso lcditorc Longanesi «il volumetto prezioso e postumo»
che contiene gli antichi versi de LIlI5IgH()/U dt']/:1 C/J1`z·ra valloiica. Il
5 settembre Volponi gli scrive: «Ho letto LlMSigH()/0 che è un bel-
lissimo libro, con una poesia così vasta, con il dolore campagnolo
attaccato alle chiese come i passeri, che se tu non l`avessi superata
culturalmente, ti darebbe bellissimi versi per altri cento anni»,
ln settembre partecipa al secondo convegno di poeti italiani e so-
vietici a Mosca,
Lavora con felice lena a Um: wìa violema. Conta di consegnarlo in
marzo ma presto intervengono altri impegni, tra cui la stesura della
sua prima sceneggiatura autonoma (La notte brava) e la collabora-
zione con Bolognini a un'altra (Giovani mariti).
Con una struttura da romanzo storico e nazionale — «oggettivo e ti-
pico» - Um: vita violenta si basa su una osmosi linguistica col mon-
do romano più intensa e allargata rispetto al romanzo precedente,
La «mimesis» dialettale contaminata con la prosa letteraria — dice
Pasolini - è i.l più rischioso, massacrante, esasperante lavoro lette-
rario che si possa affrontare: «Mi ci sono voluti quattro anni a scri-
vere Umz wìa vi0len1a!», Terminata nel dicembre del 'S8 l`ultima
revisione, lo ricopia con «t'atiche e angosce terribili».
A Milano non partecipa a una tumultuosa riunione per la prepara-
zione del primo numero della nuova serie di «Officina», che aveva
cessato le pubblicazioni in aprile.
La notte del 19 dicembre torna a casa appena in tempo per vedere
i.l padre morire. Scrive a Leonetti: «È morto in un modo che ora mi
fa sentire colpevole per qualsiasi sentimento abbia avuto verso di
lui. Gli ultimi giorni aveva una faccia che chiedeva pietà: “Non lo
vedi che sto per morire?" pareva mi dicesse. E io continuavo a es-
sere duro e evasivo con lui, sempre rimproverandogli le terribili
sofferenze che aveva dato a mia madre».
1959
Esce in febbraio il primo numero della nuova serie di «Ol:ficina»,
da Bompiani. Sarà uno scandalo, perché l’epigramma A un papa,
contro Pio XII, provoca un'ammonizione all'edit0re da parte delle
gerarchie ecclesiastiche. La redazione si divide sul modo di reagire
e dopo mesi di scontri decide di interrompere nuovamente le pub-
blicazioni.
All'inizio di marzo consegna 2 Garzanti i.I testo definitivo di Una
vita violenta. Ma come per Ragazzi di vita c'è un lavoro supple-
mentare di «aut0censura» dei passi e delle espressioni più scabro-
se. Dopo una prima serie di «correzioni» se ne rende necessaria
una seconda con il rimaneggiamento di un intero episodio conside-
rato dai legali dell'editore «pericolosamente suggestivo sotto il
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(lmr10/ngm l.XXX|ll
profilo giuridico». Il romanzo - «I'opera nella quale mi sono
espresso più compiutamente» - esce alla fine di maggio.
«Hai superato Ragazzi di vita, e per me sei veramente`grande», gli
scrive Giorgio Caproni. E Calvino: «L'ho letto tutto. E bellissimo.
È un libro come avrei voluto scrivere io (con tutte quelle cose den-
tro, poi diversissime) e forse non scriverò».
Ma come il precedente, anche questo romanzo non ottiene né il
premio Strega né il Viareggio. Il 6 novembre una giuria di cui fan-
no parte Ungaretti, Debenedetti, Moravia, Gadda e Bassani, gli
conferisce i.l premio Crotone. La sera della premiazione i partiti lo-
cali, fascisti, liberali e democristiani fanno infuriare le polemiche
contro il premio e contro Pasolini.
Pasolini che non si è mai rifiutato di discutere con coloro che pole-
mizzano con lui, a qualsiasi fazione appartengano, a Crotone in-
contra alcuni giovani fascisti. Il prevedibile scontro si trasforma in
breve tempo in una discussione prolungata, animata, in cui Pasoli-
ni eccelle con la sua qualita migliore che è quella di ascoltare con
pazienza le ragioni degli altri. Qualche giorno dopo scrive a uno di
questi giovani fascisti che stranamente somiglia a Tommasino, il
protagonista di Una vila UIIU/EHIEZ «l..a tua sicurezza è insicurezza,
la tua luce interiore è oscurità, la tua ironia smarrimento. Cammini
troppo dritto, guardi troppo insolenre per non nascondere qualco-
sa. Il gesto che hai fatto afferrando il distintivo che ti pendeva dal-
la cintola sul grembo, per mostrarmelo, il distintivo di un partito
politico, appunto sicuro di sé, illuminato interiormente da una luce
ineffabile, e ironico -· è stato il gesto che ti ha tradito. Ha tradito,
cioe la tua passione e il tuo orgoglio: due doti in contrasto con la si-
curezza e l`ironia. La logica e il ragionamento che smantellerebbe-
ro le tue fonti luminose le quali si trovano nel cuore del conformi-
smo borghese, di cui sei frutto, smantellerebbero insieme la tua
bella sicurezza e la tua bella novità. Hai un cervello acuto — lo si ve-
de dal tuo sguardo acuto — usalo: non temere di ragionare. È una
gran fatica, lo so. E un gran rischio. Ma dopo la tua sicurezza, la
tua ironia, la tua luce saranno autentiche».
Il successo dei suoi ultimi libri, le polemiche suscitate a ogni passo,
il suo nome che comincia a comparire nei titoli di testa dei film, la
frequentazione così lungamente descritta del mondo malavitoso
delle borgate, tendono sempre più insidiosamente a creare un
«pers0naggio», dal quale Pasolini cerca di difendersi: «Non voglio
essere un caso letterario. Non voglio essere ridotto a un oggetto di
pura attualità, di superficialità giornalistica. So benissimo che se
questo viene tentato è a ragion veduta. Si portano in primo piano
della mia opera, solo gli aspetti secondari come quelli del linguag-
gio, 0 della crudezza che c'è nella mia verità. Un modo elegante
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i \\\¤\` (mm,/«·_um
per non indugiare invece sulla questione sociale, che è per mc, nel-
lu tute intenzioni d`artista la più importante».
lu giugno un nuovo trasferimento nella medesima casa dove abita
il poeta Attilio Bertolucci, in via Giacinto Carini,
Durante l`estate la un viaggio giornalistico lungo le coste italiane
ila Ventimiglia a Trieste per conto del mensile «Successo». Tre
lunghe puntate col titolo La lunga X/rada dftabbzh.
'l`raduce per la compagnia teatrale di Vittorio Gassman l'Orertiade
di Eschilo.
Riordina i versi che costituiscono La religione de] mio tempo. Fa
qualche comparsa nei salotti della Bellonci, della De Giorgi, della
Nlastrocinque e dcll`Astaldi.
l%0
Da destra l`Azione cattolica provvede a denunciare Um vita vio-
fuma «per oscenità» ma la magistratura archivia la denuncia.
ll 16 gennaio Laura Betti canta, mima e recita tutto da sola lo spet-
tacolo Gtm a vuoto, con testi cli amici scrittori e alcune canzoni di
Pasolini.
Sul tavolo di Pasolini, oltre alle bozze del libro di saggi Parrione e
rt/vn/ngza. la raccolta definitiva dei versi de La religione del mz`0
mmpo e diverse sceneggiature cinematografiche: La giornata balor-
tla per Bolognini, Il carro armato dell'8 settembre per Gianni Pucci-
ni. La lunga mme del '43 per Florestano Vancini dal racconto di
Bassani, e più tardi I/bel1'Am0m'u dal romanzo di Brancati, ancora
per Bolognini. Più attraente di tutto — e quasi una scommessa con
se stesso — c'è il progetto di un film in proprio di cui ha già pronto
il soggetto, La sommare secca.
Il suo amore per il cinema è di antica data, ma non ha mai visto da
vicino una macchina da presa, non sa che ci sono degli obiettivi di-
versi, ignora il significato della parola panoramica. E quindi co-
stretto a inventare una tecnica che necessariamente dovrà essere
semplice, elementare. E già immagina come la semplicità dovrà
mutarsi in austerità, l’elementare dovrà diventare assoluto.
In luglio ci sono i giorni drammatici del govemo Tambroni che è
salito al potere sostenuto dai voti fascisti provocando manifestazio-
ni di protesta e scontri con la polizia. In questa situazione contra-
stata, tra i fatti drammatici dell'involuzione politica e la speranza
riposta nella rivolta popolare, Pasolini accantona il progetto della
Cammare secca e scrive il soggetto di Accattonez «La storia di Accat-
twre ha la durata di un'estate. Tutto, nella mia nazione in quei me-
si, pareva riprecipitato nelle sue eteme costanti di grigiore, di su-
perstizione, di servilismo e di inutile vitalità».
Con l'aiuto di Bolognini Accatrzme trova un produttore, Alfredo
`
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(lrrmnlugza I ,X X X \'
Bini Pasolini spiega come intende girarlo: con la massima chiarez-
za, abbondanza di primi e primissimi piani, l'assoluta prevalenza
delle persone sui paesaggi, grande semplicità, quasi rozzezza di
mezzi. Come modello pensa a Dreyer, Mizoguchi, Charlot, Gli in-
terpreti saranno gli stessi che hanno suggerito le vicende di questo
racconto di disperazione e allegria sottoproletaria; il protagonista
sarà Franco Citti, fratello di Sergio.
Altri «scartafacci» sul suo tavolo. La terza parte della trilogia ro-
manzesca Il Rz`0 della grana e altri due romanzi, La Morlaccia e Sto-
rza burina, in cui l'autore promette di usare lo stesso procedimento
linguistico che nei romanzi precedenti. Nessuno di questi tre ab-
bozzi si svilupperà compiutamente in un romanzo e poche pagine
di ciascuno compariranno in Alì dagli occbiazzum`. L'impedimen-
to alla loro realizzazione è un intreccio di cause pratiche - tra cui
l'impegno perla realizzazione del film — e di crisi personale e ideo-
logica. La crisi del marxismo alla fine degli anni Cinquanta e
l'avanzata della società neocapitalistica tolgono ogni vitalità a que-
ste storie; le hanno fatte rapidamente invecchiare retrodatandole in
un mondo non più riconoscibile, Le borgate, da luogo di vitale
speranza politica, si sono trasformate in luoghi di violenza e disu-
manità. Di questo mondo rimangono le sopravvivenze fisionomi-
che e il cinema è appunto il nuovo mezzo espressivo per testimo-
niare le vecchie passioni. L'«istintivo passaggio» al cinema in
questo modo si presenta anche come recupero del passato là dove
è ancora possibile trovarlo.
Federico Fellini, per il quale ha scritto insieme a Sergio Citti una
scena de La dolce vita, gli fornisce i mezzi per realizzare due intere
sequenze di Accallone,
Il 28 maggio inizia a tenere su «Vie Nuove» una rubrica settimana-
le di «colloqui» coi lettori che proseguirà fino al 30 settembre del
1965: verranno raccolti da GC. Ferretti nel volume Le belle ban-
diere (1977).
La sera del 27 giugno presenta il libro di Calvino Il cavaliere inesi-
xlenle che concorre al premio Strega, recitando i versi che verran-
no pubblicati col titolo «In morte del reaIismo».
Il 30 giugno viene denunciato dalla polizia di favoreggiamento per-
sonale per aver dato un passaggio nella sua automobile a due ragaz-
zi di Trastevere coinvolti in una rissa. Il fatto suscita nei giornali uno
scalpore incredibile, anche se poi Pasolini risulterà del tutto inno-
cente: «Questa è una cattiveria, che, a colui che ne è colpito, dà un
profondo dolore: gli dà il senso di un mondo di totale incompren-
sione, dove è inutile parlare, appassionarsi, discutere; gli dà il senso
di una società dove per sopravvivere, non si può che essere cattivi,
rispondere alla cattiveria con la cattiveria... Certamente quello che
`
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¤ \x\\¤ < mit,/«·_L;«r»
dem pagare io e particolarmente pesante, delle volte mi da un vero e
proprio senso di disperazione, ve lo confesso sinceramente».
lìecita una piccola parte nel film di Carlo Lizzani 1/ gobbo.
lìscono due volumetti di vecchi versi: Roma 1950 — Diario e Sonel-
m primaverile.
1—><»I
Prima di Capodanno parte per l'India con Alberto Moravia e Elsa
Morante: Bombay, Nuova Delhi, Calcutta, a contatto con «i picco-
li, poveri, miserandi indiani» che secondo quanto informa Moravia
«crescono di un Belgio all`anno»r Mentre Pasolini dice: l'unica co-
sa consolante e rassicurante nel.l`atroce vita indiana sono i roghi dei
morti. ln febbraio proseguono per l'Africa: Kenia e Zanzibar, Scri-
ve per il quotidiano «Il Giorno» una serie di articoli che formeran-
no il volume L'0a'0re dell'1ndia,
ln maggio esce la raccolta La religione del mio Iempo. Franco For-
tini gli scrive: «Vorrei che fossi qui per abbracciarti. Tutti i tuoi er-
rori e vizi (letterari) non contano nul.Ia di fronte a certi tuoi gridi
straord.ì.nari... Credo che difenderò sempre la qualità umano-reale,
emrerrzial-racrz/Ycale della tua poesia».
In aprile cominciano le riprese di Accallorie con la scoperta di
quanto il cinema gli consenta di mantenere vivo il contatto con la
realtà; un contatto fisico, carnale, addirittura sessuale.
In settembre il film viene presentato al Festival di Venezia. <<A Ve-
nezia, nel 1961 — ricorda il critico cinematografico Adelio Ferrero
— fummo sicuramente pochi ad amare Accazrorze. Il fastidio e l'osti-
lità di molti critici letterari, e non solo di questi, erano tuttavia
comprensibili, se non giustificabili", era diffusa la persuasione che
la scelta di Pasolini fosse un'ennesima riprova esibizionistica di
quell`“estetica passione" che sembrava, ormai, a molti critici, l'uni—
ca spinta autentica di questo scrittore.»
Proiettato a Parigi, Accamme raccoglie i giudizi entusiastici di
Marcel Came («un film meraviglioso») e di André Chamson («È
forte come il vino dei CasteIIi»).
In autunno è al Circeo nella villa di un'amica per scrivere assieme a
Sergio Citti — «prezioso collaboratore prima per i dialoghi dei miei
romanzi e ora per quelli dei miei film» — la sceneggiatura del pros-
simo film Mamma Roma, Un pomeriggio durante una corsa in
macchina per riposarsi, si ferma a un distributore-bar, beve una
coca-cola e chiacchiera col giovane i.nserviente facendogli qualche
domanda come e sempre uso fare, per curiosità, per interesse verso
il mondo giovanile. Il 18 novembre viene denunciato per rapina a
mano armata, porto abusivo di armi da fuoco, minacce compiute ai
danni del ragazzo del bar. Il 3 luglio del '62 al processo che si cele-
`
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(fnmv/ngza LX X X \/Il
bra a Latina la parte civile chiede che Pasolini venga dichiarato
«persona socialmente pericolosa». Alla fine della discussione il Tri-
bunale lo condanna a una pena inspiegabilmente mite se è vero che
lo ritengono colpevole, e inspiegabilmente ingiusta se, come tutti
sanno compresi i giudici del tribunale, è innocente. L'iter proces-
suale si allungherà per alcuni anni finché nel '6S verrà assolto per
«insufficienza di prove».
La lavorazione di Mamma Roma — «quell'epica impresa che si chia-
ma girare» — è prevista per la primavera del '62.
Contini scrive nella sua Terlimomìmza dell'80: «Una tutt'altra filo-
logia poteva soccorrere Pasolini nel rendere la luce bruciata e calci-
nata di Accaltone, Mamma Roma e continuatoriz era, se non mi
sbaglio, quella di Buñuel messicano, particolarmente degli Olvida-
dos su cui mi pare che l'ossidazione pasoliniana faccia addirittura
premio». A interpretarlo è chiamata la più prestigiosa interprete
del neorealismo, Anna Magnani, ricordata in ogni inquadratura di
Roma ci/tà aperla.
1962
In gennaio parte da solo per un viaggio della durata di un mese:
Egitto, Sudan, Kenia, Grecia.
In maggio esce col titolo Il sogno di una com il romanzo d'ambien-
te friulano iniziato quattordici anni prima.
Tra aprile e giugno lavora alle riprese di Mamma Roma. Il 3 1 agosto il
film è presentato alla Mostra del cinema di Venezia, con una dedica
«a Roberto Longhi, cui sono debitore della mia "folgorazione figura-
tiva"». Ottiene un successo più caloroso di Accartone ma con la soli-
ta gazzarra di fascisti all`uscita dal cinema e per le strade del Lido.
In settembre partecipa a un convegno organizzato dalla Cittadella
cristiana di Assisi. Al termine del convegno fa un’improvvisa appa-
rizione Giovanni XXIII. NelI’agitazione del momento, Pasolini se
ne sta chiuso nella sua stanza a leggere il Vangelo di San Matteo
trovato sul comodino. Lo legge d'un fiato come un romanzo, sco-
prendo quanta parte della realtà del mondo contadino dell'età di
Cristo è finita nelle pagine del testo di Matteo, «il più rivoluziona-
rio perché il più “realista"».
Da questa lettura nasce una riflessione: la storia di Cristo è fatta di
due millenni di interpretazione cristiana. Tra la realtà storica e oggi
si è creato lo spessore del mito, e questo mito è già un`idea trasci-
nante per farne un film.
I.l produttore Bini lo convince a partecipare a un film a episodi as-
sieme a Roberto Rossellini, ]ean-Luc Godard e Ugo Gregoretti,
Pasolini pensa di ricavare un mediometraggio per il film dal treat-
ment su una ricostruzione cinematografica della Passione di Cristo,
`
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LXXXVIII Crwiolugm
che ha scritto durante la lavorazione di Mamma Roma. Il titolo ù
La ricotta, Nel personaggio del regista, «monosi.llabico, paratattico
e annoiato superuomo decadente» con la mania dei pittori manie-
risti, Pasolini schizza un suo autoritratto ironico ed esorcistico. Il
film, che comincia a girare a metà ottobre, si svolge dentro e fuori
il set, fino alla crocefissione e alla morte in diretta del ladrone buo-
no per un`indigestione di ricotta: «mescola tutti gli elementi che
sognavo di riunire: l`umorism0, lo spirito romanesco, la crudeltà e
l`egoismo, il codice popolare»,
Durante la lavorazione ha avuto un rapporto eccellente con Orson
Welles, che nel film interpreta il regista: un «attore molto obbe-
diente», anche se sarà inutile più tardi sperare di averlo di nuovo
come attore nel film Teorema.
Mentre gira La rzbntta conosce Ninetto Davoli, figlio di contadini
calabresi immigrati nelle baracche del Prenestino, che allora ha
quattordici anni.
Nello stesso periodo allestisce un film di montaggio La rabbza com-
posto di sequenze di repertorio tratte da cinegiornali, rotocalchi ci-
nematografici e televisivi, riguardanti gli avvenimenti politico-so-
ciali dell`ultimo decennio: «La cosa migliore, l`unico pezzetto
degno di essere conservato, è la sequenza dedicata alla morte di
Marilyn Monroe»,
Scrive gli Epigrammelti contro i poeti «novissimi» della neoavan-
guardia.
196}
Ai primi di gennaio fa un terzo lungo viaggio: Yemen, Kenia, Gha-
na, Guinea. Il progetto di un film ambientato in Africa si è concre-
tato in una sceneggiatura intitolata Il padre selvaggio, ma il film
non verrà mai girato per ostacoli produttivi.
Il primo marzo esce La ricotta, con un`accoglienza del pubblico
fredda e distratta, Ma Moravia scrive: «Dobbiamo premettere che
un solo giudizio si attaglia a quest`episodio: geniale, ossia una certa
qualità di vitalità al tempo stesso sorprendente e profonda».
Lo stesso giorno del]’uscita nelle sale, il film viene sequestrato per
«vilipendio alla religione di stato». «Diamine - dice Moravia - il
regista [protagonista del film] nell'intervista dichiara: "L'Italia ha
il popolo più analfabeta e la borghesia più ignorante d'Europa”.
Ed ecco scontentati così tutti i partiti di destra come quelli di sini-
stra, Poi peggio ancora, Orson Welles dichiara: "L’uomo medio è
un pericoloso delinquente, un mostro. Esso è razzista, colonialista,
schiavista, qualunquista", ed ecco scontentati tutti quanti.»
L`avvocato difensore presenta al Tribunale un testo scritto dallo
stesso Pasolini: «Nulla muore mai in una vita. Tutto sopravvive.
W
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(frrmu/11g/u LXXXIX
Noi, insieme, viviamo e sopravviviamo. Così anche ogni cultura e in —
tessutu di sopravvivenze. Nel caso che stiamo ora esaminando, cio
che sopravvive sono quei famosi duemila anni di "imitatio Christi quell'
i0nalismo religioso. Non hanno più senso, appartengono
a un altro mondo, negato, rifiutato, superato: eppure sopravvivono.
Sono elementi storicamente morti ma umanamente vivi che ci com-
pongono. Mi sembra che sia ingenuo, superficiale, fazioso negarne
0 ignorarne l'esistenza. Io, per me, sono anticlericale (non ho mica
paura a dirlo!) ma so che in me ci sono duemila anni di cristianesi-
mo: io coi miei avi ho costruito le chiese romaniche, e poi le chiese
gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono il mio patrimonio, nel
contenuto e nello stile. Sarei folle se negassi tale forza potente che è
in me: se lasciassi ai preti il monopolio del bene.»
Il processo celebrato a Roma tra il 6 e il 7 marzo lo condanna a
quattro mesi di reclusione giudicandolo «colpevole del delitto
ascrittogli».
ll film è sequestrato e tornerà sugli schermi solo nel dicembre del
l%3. Alla notizia della condanna Susanna è colta da una crisi di
angoscia. Pier Paolo trova il numero del pubblico ministero che
l`ha fatto condannare -· «un orribile fascista clericale» — e lo chia-
ma: poche parole e l'eco del pianto della madre: «I suoi sospiri,
qua, nella cucina, / i suoi malori a ogni ombra di degradante noti-
zia, / a ogni sospetto della ripresa / dell'odio del branco di goliardi
che ghignano / sotto la mia stanza di agonizzante».
ln marzo Susanna e Pier Paolo fanno l'ultimo trasferimento in un
nuovo appartamento di proprietà all`Eur, vicino alla grande cupo-
la, con una vista sui prati ondulati della Magliana e un piccolo giar-
dino pensile dove Susanna potrà ritrovare la sua intimità tra fiori e
piante da accudire ogni giorno, Da qualche tempo in casa è ospite
la figlia di una nipote, Graziella Chiarcossi.
Il 28 aprile ci sono le elezioni politiche e Pasolini come sempre vo-
ta comunista. Dopo un anno di governo di centrosinistra le sue ri-
sposte sono:
«ll meno peggio ha fatto capire quanto il meglio sia diverso.
Per la mia vita, il lavoro, questi del centrosinistra sono stati gli anni
più brutti.
Tuttavia la situazione di capro espiatorio non è la migliore per giu-
dicare.
La mia vita privata è tormentata dall'ufficialità, che, letteralmente,
non vuole ammettere la mia esistenza. E mi destina a uno stato che
rischia di diventare ridicolo.
Anche quel che c'è di ufficiale nel Pci non mi piace. Ufficialità
contrario della razionalità.»
<<L`Ita]ia è un corpo stupendo, ma dovunque lo tocchi o lo guardi,
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XC (,`muulog1r1
vedi, attorcigliate, le spire viscide e nere di un serpente, I`altra lta-
lia. Come si può far l`amore con un corpo tutto avvolto da un ser-
pente? Così comincia la castità.»
«Il benessere è una faccenda privata della borghesia milanese e to-
rinese. lo so che a livello popolare nulla è mutato.»
«ll Meridione ha l`aria spaventata di una colonia, coi suoi copri-
fuochi, i suoi deserti e i suoi silenzi,»
L`ltalia del «boom» economico apre la strada alla vittoria del neo-
capitalismo, dellindustrializzazione totale che disseccherà il germe
della Storia. E Pasolini prevede una nuova Preistoria con la fine
delle coordinate antropologiche classiche, l'addio dell`uomo alle
campagne, alla civiltà classica, alla religione. Il materialismo ateo e
disumanizzante si presenta ai suoi occhi come tutto ciò che viene
condannato dal Vangelo.
«ll mondo sarà esattamente come la televisione — questa degenera-
zione dei sensi umani — ce lo descrive, con stupenda, atroce, ispira-
zione profetica.»
Forse è proprio con un film tratto dalle storie evangeliche che potrà
formulare con più sicurezza la sua protesta poetica; e anche se non
sarà una celebrazione del mondo cattolico in quanto egli riconferma
il suo spirito ateistico, tuttavia sa di essere incline a un certo mistici-
smo, una mistica contemplazione del mondo: «Ma questo — egli pre-
cisa - è dovuto a una sorta di venerazione che mi viene dall'infanzia,
d'irresistibile bisogno di ammirare la natura e gli uomini, di ricono-
scere la profondita là dove altri scorgono soltanto l`apparenza esani-
me, meccanica, delle cose». Forse è solo con questo spirito che si
possono interpretare le figure del Vangelo.
Dal settembre del.l'anno precedente, i contatti con la Cittadella di
Assisi sono diventati più frequenti, E ora, tra febbraio e maggio,
compie ricerche nella biblioteca e nella sezione iconografica chie-
dendo consigli filologici e storici.
Tra il 27 giugno e l'l1 luglio assieme al biblista don Andrea Carra-
ro e una piccola troupe di tecnici compie sopralluoghi in Israele e
Giordania. Ma, in entrambi i paesi, si imbatte a ogni passo in qua]-
cosa di troppo modemo e industriale, i leibbulzim, i mezzi mecca-
nici del.l`agric0ltura, le fabbriche, la guerra. Ritorna in Italia con la
convinzione che la Terrasanta va cercata altrove: forse nell’Italia
meridionale con i suoi paesaggi immutati nei secoli. Fa altri sopral-
luoghi: Matera, tutta la Puglia, l'Etna, dove trova gli ambienti desi-
derati. Per i personaggi la scelta più difficile è quella del Cristo.
Non un Cristo dai lineamenti morbidi, dallo sguardo dolce come
nelle iconografie rinascimentali, ma un volto che esprima forza, de-
cisione; come quello dei Cristi medievali. Un Cristo da cercare tra i
poeti, e infatti scrive al russo Evtusenko, poi all'americano Gins-
`
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(.`m1mlu;g1u Xi I
[mg poi allo spagnolo Goytisolo. Quando casualmente va a tm-
vurlo uno studente spagnolo, dopo la prima occhiata e certo di
aver trovato il Cristo che cercava: lo stesso bel volto fiero, umano,
distaccato, dei Cristi dipinti da E1 Greco.
Mentre si avvia la preparazione del Vangelo, Pasolini decide di oc-
cupare i tempi morti e gli inevitabili ritardi con la realizzazione del
film—inchiesta Cnmizi d'am0re: un cinema-verité sulla sessualità de-
gli italiani negli anni Sessanta, e sui loro convincimenti su questo
tema ai più diversi livelli sociali e ambientali.
Inizia a scrivere La Divina Mimesis, un rifacimento della Divina
Ctzmmedia che soppianta il precedente progetto dantesco intitola-
to La Mnrtaccia.
Scrive un rifacimento italo-romanesco del Miles gloriosus di Plauto
intitnlandolo Il Vantorze.
Dietro richiesta di Vittorini scrive la Notizia su Amelia Rosselli,
presentando alcune sue poesie su] «Menabò».
1964
ln maggio esce la quarta raccolta di versi italiani Poesia in forma di
rosa, Nel risvolto di copertina, lo stesso Pasolini ne indica il leitmo-
tiv nel «tentativo stentato di identificare la condizione presente
dell`uomo (diviso in due Razze, ormai, più che in due Classi) come
l`inizio di una Nuova Preistoria»r Altro motivo: la rabbia CDDIKO il
conformismo degli intellettuali piccolo borghesi — «la vostra inte-
grita di avvoltoi» — servi del potere e della ricchezza. Risponde a
un'intervista di Ferdinando Camon: «Il libro ha la forma interna,
anche se non esterna, di un diario, e racconta punto per punto i pro-
gressi del mio pensiero e del mio umore in questi anni. Se avessi fat-
to un'opera di memoria, avrei cercato di sintetizzare e livellare le
esperienze che han formato la mia vita. Ma facendo un diario, mi
son rappresentato volta a volta completamente immerso nel pensie-
ro 0 nell`umore in cui mi trovavo scrivendo. E la forma diaristica del
libro quella che fa sì che le contraddizioni vengano rese estreme,
mai conciliate, mai smussate, se non alla fine del libro». Alla fine del
libro i.l lettore sente che esso chiude una specie di rabbia distruggi-
trice, uno scoraggiamento che diventa passione di demolire certe
idee fisse e punti fermi degli anni cinquanta, anzi addirittura una ve-
ra e propria abiura. Ma questa abiura va letta come si legge una poe-
sia, «[l tono di quell'abiura è poetico e non reale, e mi suggerisce ter-
mini eccessivamente carichi di rancore e di nuove speranze,»
Altri temi di Poesia in forma di rosa: la desistenza rivoluzionaria, la
delusione per l'astratta coerenza rivoluzionaria del Pci che naufraga
nel.l'aridità. La guida affidata a Palmiro Togliatti, chiusa nella ripeti-
zione di una l.inea preoccupata di garantirsi il consenso e l'egemo-
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XVII (,`rmml«:,qm
nia, Meglio la figura di Pietro Nenni, aperto con il centrosinistra
.1ll`tncertezza, al rischio: «Struggente è in lui l`inccrtezza con cui ha
rimesso in gioco se stesso»,
ll 24 aprile iniziano le riprese del Vangelo che si concluderanno
.ill`inizio dell`estate con centomila metri di pellicola impressionata.
Le prime scene vengono girate a Chia, vicino a Orte, altre a Villa
Adriana a Tivoli, infine la maggior parte a Matera, a Crotone e sulle
falde dell`Etna. «Sebbene la mia visione del mondo sia religiosa,
non credo alla divinità di Cristo. Ho fatto un film in cui si esprime,
attraverso un personaggio, l`intera mia nostalgia del mitico, dell’epi-
co, del tragico. La storia di Cristo è fatta di duemila anni di interpre-
tazione cristiana. Tra la realtà storica e me si è creato lo spessore del
mito. Di qui il carattere composito della ricostruzione, l'amalgama
dei riferimenti culturali e plastici, la trasposizione,» Dedicato «Al.la
cara, lieta, familiare ombra di Giovanni XXIII», il 4 settembre viene
presentato alla Mostra di Venezia. Tullio Kezich è presente tra i cri-
tici cinematografici: «Invettive e fischi, parolacce e uova marce han-
no accolto Pier Paolo Pasolini al suo arrivo al Palazzo del Cinema.
Ci sono stati anche un intermezzo pugilistico, animato alla brava da
Guttuso e Bassani, e una cagnara in sala dove gruppi di fascisti mu-
niti di fischietto sono stati sopraffatti dall'ovazione che il pubblico
ha rivolto al poeta delle CenerfdiGmmrc1'».
Il film ottiene il premio dell`Office Catholique International du
Cinéma (Ocic), essendo stato colto il suo significativo contributo al
dialogo tra cattolici e marxisti. Il film invece non piace a molti in-
tellettuali di sinistra.
Leonardo Sciascia lo definisce, ma in senso negativo, il sismografo
del dialogo politico tra destra e sinistra; anche Fortini lo giudica
uno strumento di quel dialogo,
In dicembre, per iniziativa dell'Ocic, il Vangelo viene proiettato a
Parigi alla Mutualité con un seguito di discussione all'interno di
Notre-Dame. Anche in Francia il film viene stroncato da alcuni cri-
tici di sinistra, e]ean-Paul Sartre in un incontro con Pasolini cerca
di spiegare le loro reazioni: «La posizione della sinistra razionalista
è comprensibile nel senso che la storia di Cristo è un punto di
scontro. C'è il timore che i temi religiosi favoriscano idee conserva-
trici». Un intellettuale borghese che ha optato per il marxismo —
Pasolini così risponde ai suoi critici- conserva dentro di sé una mi-
steriosa, remota ma insopprimibile istanza umanitaria cristiana di
cui «non mi vergogno».
L`uomo marxista è religioso perché fonda la sua azione nella lotta
di classe, dei poveri contro i ricchi, fino alla vittoria che coìnciderà
con la fine della storia. Il dialogo che si dovrà svolgere tra cattolici
e marxisti implica l'esigenza che sia un dialogo tra cattolici non
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(lf!)/Wlllìjfltl X1 .||i
dogmarici c marxisti non dogmatici. Ma ecco che troppi sintomi
fanno temere che la soluzione marxista sia oggi rimandata trae dio.
Non già perché il comunismo non sia in grado di affrontare e risol-
vere i problemi della società, quanto per non aver tempestivamen-
te colto il fatto nuovo e violento deIl'evoluzione del capitalismo
dalla fase imperialista a quella moderna e tecnocratica.
Anche la lingua, che è sempre stata la lingua della borghesia, ha
subìto la medesima violenta evoluzione. Per la prima volta nella
storia italiana è diventata una lingua nazionale unificata dal lin-
guaggio tecnocratico che è riuscito a omologate le varie stratifica-
zioni modificandole nel.l'intimo, con la prevalenza totale e comple-
ta della comunicatività sull'espressività.
Pubblicata sulla rivista «Rinascita», la conferenza Nuove quextforri
l1`»1guzÀrticbe provoca immediatamente un dibattito polemico che si
protrarrà per alcuni mesi.
Altro fronte di polemiche è quello con il neoavanguardista «Grup-
po '6ì»: «All’inizio ho risposto all`aggressione con l'aggressi0ne. La
loro furia iconoclastica ha fatto perdere troppo tempo a troppi gio-
vani, hanno interrotto stupidamente per puro snobismo, lo svilup-
po di tutta una corrente della cultura italiana. Hanno fatto il vuoto
gratuitamente per pura isteria di "superamento". Rompendo ogni
riferimento poetico alla vita reale, umana, essi confessano la loro im-
potenza a superare la propria parte di “letterati" neoaccademici».
Per lo spettacolo Potentixrima szgnora di Laura Betti scrive l'atto
unico Italie magique, e per Bruno Maderna un «ballett0 cantato»,
Viva e coxcieaza. Il dramma friulano Il cappellano è messo in scena
dalla compagnia dei Non.
1965
Il Vangelo recoado Matteo ottiene un grande successo in tutti i pae-
si europei e negli Stati Uniti. Lo presenta in gennaio, dopo Parigi, a
Budapest e Praga.
Partecipa in giugno alla «Prima mostra internazionale del nuovo
cinema» di Pesaro, presentando come relazione d'apertura Il cine-
ma di poesia. Conosce in questa occasione il semiologo francese
Roland Barthes,
In ottobre iniziano le riprese di Uccellacci e uccellmi, un film «ideo—
comico» che affronta in figure allegoriche la crisi politica del Pci e
del marxismo. Pubblica su «Vie Nuove» il soggetto dei tre episodi
di cui si compone (L/aigle, Faucont et moirzeaux, Le corbeau). Il
film è molto rischioso perché organizzato artigianalmente, con un
fmanziamento minimo e nessun compenso per il regista, Tra gli in-
terpreti il grande Totò, per la prima volta in u.n film di Pasolini, an-
Zl P€r la prima volta in un film «impegnato» e al suo fianco l'«atto-
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\<`I\' ( rmm/ogm
re per lotza» Ninctto Davoli, il ragazzo conosciuto durante le ri-
prese della Ribolla e che ha sostituito nel cuore di Pasolini tutti i
suoi precedenti idoli sentimentali per cui proustianamcnte potreb-
be ripetere: «l`ètre que j`ai le plus aime après ma mère».
Ormai i suoi film nascono l`uno dentro l`altro senza soluzione di
continuita e Pasolini si considera abbastanza fortunato da poter
realizzare quasi tutti i film che ha in mente, senza condizionamenti
dei produttori Non impiega quasi mai attori professionisti perché
il loro ideale è di mimare la naturalezza mentre egli detesta ogni
finzione naturalistica e vuole ricostruire ogni aspetto della rappre-
sentazione. Sceglie da sé anche le comparse andando in giro a cer-
care i personaggi adatti uno ad uno. Dopo il montaggio, comincia
la parte più delicata, il doppiaggio, cioè la voce da dare a ciascun
personaggio. Anche qui non usa mai attori ma «voci» che lui stesso
sceglie tra gli amici o dopo lunghe sedute di audizione; perché cia-
scuna voce deve avere un fondo espressivo particolare e tanto me-
glio se è dialettale. In questo modo i.l doppiaggio modifica il perso-
naggio e lo rende più misterioso; lo ingrandisce e lo arricchisce.
A differenza di Accartorre, Ucccl/arci 2 ucce/[fui è il prodotto di una
cultura cinematografica anziché figurativa, Totò è stato scelto per-
ché il film che si svolge tra dimensione reale e dimensione surreale
richiedeva un attore che fosse anche un po' clown. Un Totò visto co-
me strano miscuglio di veracità napoletana credula e popolaresca da
una parte e di clown dall'altra. Tra Totò e Ninetto, un corvo parlan-
te, proiezione dell`autore («fra esso e me l'identificazione è presso-
ché totale»): «Un saggio quasi drogato, un amabile beatnilc, un poe-
ta senza più nulla da perdete, un personaggio di Elsa Morante, un
Bobi Bazlen. un Socrate sublime e ridicolo, che non si arresta davan-
ti a nulla, e ha l`obbligo di non dire mai bugie, quasi che i suoi ispira-
tori fossero filosofi indiani o Simone Weil», «Questo film che voleva
essere concepito e eseguito con leggerezza, sotto il segno dell`Aria
del Perdono del F/au!0 magico, è dovuto in realtà a uno SIRIO d'ani-
mo profondamente malinconico, per cui io non potevo credere al
comico nella realtà (a una comicità sostantivale, oggettiva): sicché la
contaminazione del comico col misterioso (che era nelle intenzioni)
ha finito con l`essere costituita da una dose molto maggiore di miste-
rioso, L'atroce amarezza della ideologia sottostante al film (la fine di
un periodo della nostra storia, lo scadimento di un mandato) ha fini-
to forse col prevalere: e evidentemente — ma questo ancora non lo so
— tale amarezza mi ha impedito di vedere le cose e gli uomini con lo
sguardo allegro e leggero del perdono.»
In novembre appare la raccolta narrativa intitolata su suggestione
di Sartre Alì dagli occbi azzurri. La parte centrale è costituita da
quattro sceneggiature (La nulle brava, Accatltme, Mamma Roma.
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(fmnn/agzu xt .\'
La mv//a) scelte come prodotti letterari autonomi e non «servili»,
La prima parte e l'ultima sono costituite da racconti «da farsi» e da
racconti «nnn fatti»; i primi risalgono all'inizio degli anni Cinquan-
ta, i secondi sono gli abbozzi dei romanzi Il Rio della grana e La
Mvrlacria, già tante volte annunciati e sui quali da tempo ormai ha
recitato l`ultimo congedo.
Polemizza con Cesare Segre sulle pagine di «Paragone» in materia
di monolinguismo e plurilinguismo nella Commedie.
Esce Poesie dirnentztate, una raccolta di antichi versi friulani.
Viene chiamato da Alberto Moravia e Alberto Carrocci a dirigere
con loro la nuova serie di «Nuovi Argomenti».
Alla fine dell'anno parte per il Nord Africa, dopo aver progettato
un altro film con Totò tratto dal romanzo L'a!!enzzbne di Moravia
e la regia di un`opera lirica alla Piccola Scala, L'alberg0 dei poveri,
proponendosi di allestire anche le scene e i costumi,
1966
«Poi in Italia si sono avuti i primi avvertimenti di quella che sareb-
be stata la societa del benessere e quindi la seconda rivoluzione in-
dustriale; a questo punto si è conosciuta in Italia quella che si chia-
ma la cultura di massa, e quindi i mass-media, gli strumenti; è a
questo punto che io mi sono in parte spaventato e inalberato e non
ho più voluto continuare a fare dei film semplici, popolari, perché
altrimenti sarebbero stati in un certo senso manipolati, mercificati
e sfruttati dalla civiltà di massa. E a quel punto ho fatto dei fi.lm più
difficili, cioè ho cominciato con Uccellacci e uccellini, Edipo re,
Teorema, Porcile, Medea, insomma un gruppo di film più aristocra-
tici e difficili, tali insomma che erano difficilmente sfruttabili.»
Alla fine di marzo, mentre sta cenando in un ristorante romano
con Dacia Maraini e Moravia, ha un grave malore, un'emorragia
d'ulcera. E costretto a letto immobile per un mese. «Certi martini,
al risveglio, il pensiero del.l'età è come una folgore. Mi sono sentito
vecchio per la prima volta,»
Durante la convalescenza rilegge i Dialoghi di Platone che, come la
lettura del Vangelo di qualche anno pri.ma, gli infondono un «au—
mento di vitalità» e imboccando un nuovo percorso stilistico matu-
ra l`idea di scrivere attraverso i personaggi: un teatro in versi «m0l-
to simili alla prosa», «I·Io scritto queste sei tragedie in pochissimo
tempo. Soltanto non le ho finite. Non ho finito di limarle, correg-
gerle, tutto quello che si fa su una prima stesura. Alcune sono inte-
ramente scritte, tranne qualche scena ancora da aggiungere. Nel
frattempo sono diventate un po' meno attuali, ma allora le do co-
me cose quasi p0tlume.»
Dopo aver lavorato attorno a un «romanz0 sotto forma di sceneg-
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\i Vl (.`mrw[o_q1u
giatura in versi», che intitola Bvizwzmm, ahbozza il testo di Orgw
seguito da Berna da rifle. ln maggiogiugno sta già lavorando a
«quattro o cinque drammi». Messa subito da parte l`intenzione di
rappresentarli in Italia, è alla ricerca di un traduttore per poterli
rappresentare all`estero, magari a New York, per evitare di sentirli
straziati dalle voci piccolo-borghesi dei nostri attori di teatro. ll
teatro rappresenta una svolta nella sua carriera, un po' come è av-
venuto col cinema nei confronti della letteratura.
ll 5 maggio Uocellacci e ucce//im ottiene un grande successo al Fe-
stival di Cannes e durante la conferenza stampa desta molto inte-
resse l`intervento di Roberto Rossellini a sostegno del film.
Prima di ammalarsi ha scritto il trattamento di un nuovo film, il
più ambizioso finora concepito, la vita di San Paolo, commissiona-
to, pare, dalla stessa Sanpaolofilmi La lettura del trattamento però
suscita nei dirigenti della casa produttrice qualche perplessità. Due
anni più tardi Pasolini riptesenterà lo stesso progetto rielaborato e
con un titolo diverso «Film teologico», ma anche questa volta la ri—
sposta sarà sostanzialmente negativa,
Tra la primavera e l'estate scrive i trattamenti dei due prossimi film
Teorema e Edipo re, mentre un quarto e quinto dramma sono in via
di elaborazione: Pf/ade e Porcile, cui si aggiunge il sesto e ultimo,
Cu/derán, più volte rielaborato fino al 1972. Così come Berlzù da
mh'. terminato nel `74 <<attraverso continui rifacimenti, e quel che
più importa attraverso continui aggiornamenti: si tratta infatti, di
un`autobiografia, Nell'estate del `74 ho deciso di smettere». Per ca-
pire il titolo bisogna ricordare la risposta data alcuni anni prima ad
un intervistatore: «E molto spiacevole, sapete, per un autore, sen-
tirsi sempre considerare una "bestia da stile". E che tutto, per quel
che lo riguarda, venga ridotto a pedine per comprendere la sua
carriera stilistica».
ln agosto è per la prima volta a New York e durante questo sog·
giorno matura l'idea di ambientate in quella città il film su San
Paolo, situando l'azione al tempo presente ma «senza cambiare
nulla» della storia. «In America, sia pure nel mio brevissimo sog-
giomo, ho vissuto molte ore nel clima clandestino, di urgenza rivo-
luzionaria, di speranze che appartengono all'Europa del '44, del
`46. In Europa tutto è finito: in America si ha l'impressione che
tutto stia per cominciare. Non voglio dire che ci sia, in America, la
guerra civile, e forse neanche niente di simile, né voglio profetarlaz
tuttavia si vive, là, come in una vigilia di grandi cose.»
Conosce Allen Ginsberg che incontrerà a Milano l'anno successivo
(«era tanto tempo che non leggevo poesie di un poeta fratello»).
Ai primi di ottobre è in Marocco per l'ambientazione del nuovo
film Edipo re. In novembre gira il cortometraggio La terra vista dal-
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Crrmn/ngzu Xf ,\'Il
la lzmu con Silvana Mangano, Totò e Ninetto, «che stanno benissi-
mo insieme»,
1967
Nel Terzo Mondo cerca volti antichi, paesaggi naturali intatti,
creature «ierofaniche», manifestazioni dell'antico sentimento del
sacro. «Quando i contadini erano soli nei campi e alzavano la fra-
sca di ulivo per scongiurare il temporale, rappresentavano una for-
ma autentica, reale, della vita umana. Era cultura, anche se sotto
forma di un'oscura, rustica religiosità.» Se pero qualcuno obietta
che il passato come lui lo intende è solo nostalgia del passato, ecco
la sua risposta: «Non ho nostalgia. E nato un equivoco su quello
che ho detto, Non ho neanche un po` di nostalgia. Mai, in nessun
momento, né della mia vita personale, né della vita del mio Paese.
Non vorrei rivivere neanche cinque minuti del passato. Il passato
mi da sempre angoscia, mi da un senso di imprigionamento. Nel
passato non sapevo delle cose che adesso so. Nel passato siamo
morti, perché dovrei rimpiangerlo?» E ancora sul sentimento del
sacro: «lo lo difendo perché è la parte dell'uomo che offre meno
resistenza alla profariazione del potere, ed è la più minacciata delle
istituzioni delle Chiese».
Al ritorno da un secondo viaggio in Marocco per i sopralluoghi
dell`Ed1p0, in una settimana realizza le riprese di un altro breve
film, Che com sono le r1uv0[e?, con Totò, Ninetto, Laura Betti e per
la prima volta nei panni di attore l`amico Francesco Leonetti,
In aprile Ia troupe di Edipo re inizia le riprese nei deserti rossi e
nelle città antiche del Marocco del sud. Una lavorazione faticosa
piena di imprevisti, tra cui quello di rimanere improvvisamente
sprowisti di pellicola perché i finanziatori ogni tanto scompaiono
tenendo tutti in grande ansia,
Altre scene vengono girate nella campagna lodigiana e il finale a
Bologna.
«In Edzpo io racconto la storia del mio complesso di Edipo. Il bam-
bino del prologo sono io, suo padre è mio padre, ufficiale di fante-
ria, e la madre, una maestra, è mia madre. Racconto la mia vita, mi-
tizzata naturalmente, resa epica dalla leggenda di Edipo. Ma
essendo il più autobiografico dei miei film, Edipo è quello che con-
sidero con più obiettività e distacco, giacché se è vero che racconto
un'esperienza personale, è anche vero che è un'esperienza conclu-
sa che non mi interessa più.»
ln settembre alla Mostra di Venezia c'è grande attesa ma dopo la
Proiezione pubblico e critici escono disorientati. Mentre in Italia
resta il <<meno compreso» dei film di Pasolini, avrà un grande suc-
cesso all'estero, specie in Francia e in Giappone.
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\· xiii ( imm/··y,i
Scrive saggi di teoria e tecnica cincnmtografica che confluiranno in
limpmwm m'm·o H972). Nella collana «Film c discussioni» esco-
no le sceneggiature di Et/[pu rv e de Ipngni iu Imm di Marco Bel-
locchio, con uno «scambio epistolare» fra il regista piacentino e
Pasolini.
1968
ln marzo esce il romanzo Teorema, concepito due anni prima co-
me settima tragedia della serie iniziata con Orgia, successivamente
trasformata in soggetto di un film,
ln maggio rivolge per Teorema agli amici votanti del premio Strega
una scherzosa «richiesta di suffragio», ma prima della votazione fi—
nale si ritira dal premio a causa delle manovre poco chiare di altri
concorrenti, Fa seguire una PTOICSIQ pubblica contro le ingerenze
dellindustria culturale, «in un campo che io considero, ancora, ar-
caicamente non industriale». È un`occasione anche questa per
nuove polemiche. Consapevole di quanto i suoi interventi siano so-
litari e privi di appoggio, nondimeno la sua protesta dovrà farsi più
aspra e radicale, cominciando a smascherare il male borghese nella
frigidità dei prodotti letterari e nella trionfante marcia dell`indu-
stria culturale. «La borghesia sta trionfando, sta rendendo borghe-
si gli operai e i contadini. Attraverso il neocapitalismo la borghesia
sta per coincidere con la storia del mondo.»
Anche l`amato mondo periferico romano non è esente da queste
manipolazioni. Assieme alla loro cultura sottoproletaria gli ex ra-
gazzi di vita hanno perduto tutto: la loro sicurezza, la loro allegria,
il loro linguaggio. Perduto il gergo, non hanno più le loro belle in-
venzioni linguistiche, non sono più spiritosi. Dicono cose ovvie,
banali, e si muovono in un mondo disadorno, spoglio, grigio.
Presentato alla Mostra di Venezia, il film Teorema ha uno spettato-
re d'eccezione,_]ean Renoir, che risponde a un giornalista: «A cha—
que image, à chaque plan, on sent le trouble d'un artiste». Il film
vince il premio Ocic, il secondo della carriera di Pasolini. A Vene-
zia viene presentato anche Appunti per un him xu]I'I¢1dia.
Scrive la poesia Il P.C.I. ai giovzmiil Destinata alla rivista «Nuovi
Argomenti», esce «con un colpo di mano» sul settimanale
«L'Espresso», scatenando una polemica che più di ogni altra ingiu-
stificatamente si inciderà nell'immagine postuma di Pasolini. Scrit-
ta in seguito a una manifestazione studentesca a Roma, Pasolini di-
ce a quei giovani: la vostra è una falsa rivoluzione. Voi giovani
conformisti borghesi, siete solo uno strumento nelle mani della
nuova borghesia che si serve di voi per abbattere i miti che le dan-
no fastidio. Contro la tradizione classica e il passato — in tutte le lo-
ro manifestazioni di cultura, arte, artigianato, coltivazione dei cam-
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Cmnrtingza Xi ,lX
pg - intende instaurare un proprio potere tutto attuale dando inizio
all`era della totale industrializzazione, «Ho passato la vita a odiare 1
vecchi borghesi moralisti, e adesso, precocemente devo odiare an-
che i loro figlia, La borghesia si schiera sulle barricate contro se
stessa, i “figli di papa" si rivoltano contro i “papà". La meta degli
studenti non è più la Rivoluzione ma la guerra civile. Sono dei bor-
ghesi rimasti tali e quali come i loro padri, hanno un senso legalita-
rio della vita, sono profondamente conformisti. Per noi nati con
l'idea della Rivoluzione sarebbe dignitoso rimanere attaccati a que-
sto ideale.»
Gira La sequenza deljůbre di carla, con Ninetto Davoli, tratto dalla
parabola evangelica del fico innocente, Uscira nel '69 come terzo
episodio del film Amore e rabbia (gli altri episodi sono di Lizzani,
Bertolucci e Bellocchio).
Pubblica su «Nuovi Argomenti» il saggio Manferlo per un nuovo
lcalm, improntato a un rifiuto totale del teatro italiano, «Sì, siamo
ancora lì: con in più il rigurgito della restaurazione strisciante. Il
conformismo di sinistra, Quanto all'ex repubblichino Dario Fo,
non si può immaginare niente di più brutto dei suoi testi scritti.»
ll 27 novembre al Deposito del Teatro Stabile di Torino va in sce-
na Orgm con la regia dello stesso autore. In accordo con le teorie
espresse nel Mamferm, anche questa rappresentazione va intesa
come rito di cultura riservato a una élite in opposizione alla cultura
di massa. Tuttavia la prima torinese è seguita con ostilità e derisio-
ne da pare della maggior parte del pubblico e dei critici. «Colpa
mia — ammette Pasolini — perché ho tentato appunto di raggiunge-
re quel famoso decentramento che scavalcasse gli obblighi, owero
le direzioni obbligate della cultura di massa. Ma per questo biso-
gnerebbe decidere di dedicarsi al teatro come dei pionieri, per tut-
ta la vita, oppure è meglio rinunciare.»
Iniziano le riprese del film Porcile. Durante la permanenza a Tori-
no ha scritto ajacques Tati offrendogli il ruolo dell'industriale
Klotz con i baffetti alla Hitler: «Ma io non voglio strapparla a Hu-
lot! Io nel mio film vorrei proprio Hu.lot», Ma forse questa lettera
ritrovata nell'archivio di Pasolini non è mai stata spedita, perché
avere Hulot in un proprio film era forse solo un sogno.
In agosto inizia sul settimanale «Tempo» la rubrica «ll caos» che
durerà fino al gennaio del 1970,
1969
La polemica con gli studenti borghesi non è un fatto episodico
bensì destinato a nuovi interventi. La poesia Il P,C.I. ai giovani! f,
che ha dato la stura alle polemiche a causa del modo in cui è stata
presentata, come uno scoop giomalistico, ha generato strane inter-
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i ( `mz/«»/n_qm
pretazioni specialmente nei passaggi in cui si oppongono agli stu-
denti borghesi i giovani proletari costretti dalla povertà a fare i po-
liziotti. Per un noto sociologo americano c`è una sola conclusione:
una parte della sinistra italiana ha molto a cuore la polizia. Per Pa·
solini la conclusione è invece più malinconica: «Provavo una sorta
di impulso isterico, di crisi, un`impazienza verso quella grigia mas-
sa di giovani ribelli di allora, che in realtà hanno ormai completa-
mente abbandonato la lotta». Molto più appassionante il rapporto
con la nuova sinistra cattolica: «Credo di aver contribuito al dialo-
go. Certi gruppi di cattolici tendono a costituire una sorta di sini
stra. tutt`altro che ostile al socialismo, anzi. Alcune esperienze co-
me quella di Camillo Torres e i.n Italia di Don Milani, costituiscono
incoraggianti ragioni per proseguire questo dialugo».
Dopo le vacanze natalizie, trascorse come ogni anno in qualche pae-
se africano, ai primi di febbraio è a Parigi per l`uscita di Teorema.
«C`est l`année de Pasolini»: la stampa francese è entusiasta e Mar-
cel jouhandeau porta il tributo della grande classe letteraria fran-
cese: «Ce fi.lm me semble admirable de son implacabilité mème».
Anche François Mauriac, che nel film ha visto recitare la nipote, è
entusiasta; «C`est superbe!».
Subito dopo il ritorno dall'Africa sono iniziate le riprese di Porcile.
L`episodio «metastorico» ha per sfondo l`Etna, ed era stato pensa-
to tre anni prima come riscontro al fi.lm di Buñuel Simone nel de-
rerzo. Per realizzare l'episodio moderno un mese dopo la troupe si
trasferisce a Villa Pisani a Stra. «Come nel primo episodio si vede
come la società divora il figlio disubbidiente, i.l figlio totalmente di-
subbidiente, cosi essa divora anche il figlio che non è né disubbi-
diente né ubbidiente,»
Subito dopo Porcile — «il più riuscito dei miei film, almeno este-
riormente» — tra primavera e estate realizza la «tragedia della bar—
barie», Medea, «mescola.nza un po` mostruosa di racconto filosofi-
co e di un intrigo d'amore, tutto drammatico tra un vecchio
mondo religioso e un nuovo mondo laico». L’antica Colchide è ri-
creata in Cappadocia, l'infar1zia cli Giasone in un isolotto della la-
guna di Grado, Corinto nella Piazza dei Miracoli di Pisa. «Medea è
il confronto clel.l`univers0 arcaico, ieratico, clericale con il mondo
di Giasone, un mondo invece razionale pragmatico... Curiosamen-
te quest`0pera poggia su un fondamento “teorico” di storia delle
religioni: Mircea Eliade, Frazer, Lèvy—Bruhl.»
Maria Callas è Medea, la più grande apparizione del cinema di Paso-
lini. Durante la lavorazione compie un viaggio in Uganda, Tanzania
e Tanganica per cercare le ambientazioni del film che ha intenzione
di girare subito dopo, Orerliade africana, una trasposizione nell'Afri—
ca nera della tragedia eschilea.
`
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Crrmnlogzu LI
«Pasolini "scnte" l`Africa — dice Moravia — con la stessa simpatia
poetica e originale con la quale a suo tempo ha sentito le borgate c
il sottoproletariato romano.» I
Durante il viaggio gira il documentario Appzmli per uu'Orerl1r1zie
a/ricamz che sintetizza la storia dell'Africa negli ultimi centianni: tl
passaggio dallo SIBIO «selvaggio» a quello civile e democratico. Ma
il film completo non riuscira a realizzarlo per mancanza di finan-
ziamenti,
È ancora a New York ma il viaggio questa volta si rivela deludente.
Il 29 agosto al Teatro greco di Taormina si rappresenta Pzlade per
la regia di Giovanni Cutrufelli. Lo spettacolo è accolto con le solite
riserve e derisioni.
ll 30 agosto Porri/e affronta la solita «sporca avventura veneziana»
c i critici presenti, tranne poche eccezioni, lo giudicano un film
sgradevole e incomprensibile. Un regista sovietico lo definisce un
esempio della nefandezza cui può arrivare un regista occidentale.
«Manco a farlo apposta — dice Moravia — è il miglior film di Pasoli-
ni dopo Accaltoue e La ric0t!a.»
1970
Durante le vacanze di Capodanno fa un viaggio in Africa assieme al-
la Callas, a Moravia e Dacia Maraini: Dakar, Abidjan, Bamako nel
Mali. In marzo è con la Callas al Festival cinematografico del Mar
del Plata, in Argentina. Ha quarantotto anni e da dieci è regista cine-
matografico ormai noto in tutto il mondo. Ha sempre lavorato per
amore del lavoro e finora ha fatto quasi tutti i film che voleva fare,
con relativa facilità. E ancora adesso spera di poter girare quello su
San Paolo: <<Lo trasporrò tutto nei nostri tempi: New York sarà l`an-
tica Roma, Parigi sarà Gerusalemme, e Roma sarà Atene. Ho cerca-
to di stabilire una serie di analogie fra le capitali del mondo di oggi e
quelle del mondo antico, e la stessa cosa ho fatto per gli avvenimenti
reali: cioè, ad esempio, l'episodio iniziale in cui Paolo, che è un fari-
seo, collaborazionista e reazionario, sta a guardare il martirio di San-
to Stefano insieme con i carnefici, sarà resto nel film con un episodio
analogo successo durante l’occupazione nazista di Parigi, dove Pao-
lo sarà un parigino reazionario e collaborazionista che uccide un
combattente della Resistenza. Tutto il film sarà una trasposizione di
questo tipo, Ma mi manterrò fedele al testo di San Pa0lo».
Grazie ai fi.lm già diretti - per i quali non ha mai guadagnato un
soldo in più del dovuto, e anzi, nei casi di Uccellacci e uccelIim` e
Purcile, non ha avuto alcun compenso — ha raggiunto una certa
agiatezza che gli consente l'acquisto della Torre di Chia, in provin-
cia di Viterbo — un antico caravanserraglio con una torre di avvi-
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, ll (`mmi/ogni
snuncnto. riaduttato con ardite soluzioni ad abitazione — dove, in
Iuturo pensa di sisremarsi per sempre.
«©osa si la quando si tocca il londo? Si risale e si ricomincia se si ha
la lorza di larlo.» Cio che ha toccato il fondo è quella ricerca che, at—
traverso Teorema, Porci/e e Medea lo ha portato alle radici dell'alle·
goria morale e alla tecnica dell`opera inconsumabile. Ma per chi ha
di nuovo voglia di raccontare. di divertirsi raccontando, cosa c'è di
meglio della trasposizione delle novelle del Decamerone? Durante
I`estate scrive la sceneggiatura di dieci novelle scelte fra quelle ispi-
rate ad un equilibrio fra il tragico e il comico-burlesco, ambientan-
dole nel mondo napoletano e prestando ai suoi personaggi oltre che
il linguaggio del Boccaccio, quello del Basile, dello Sgruttendio e di
Ferdinando Russo.
Nella «tribù napoletana» ha SCOPCFIO un mondo popolare che an-
che se storicamente non esiste più, continua a sopravvivere esisten—
zialmente nei suoi uomini, nei sentimenti e nelle cose, Questa sco-
perta gli dà la gioia di narrare per il gusto di narrare, con l`allegria
degli intrecci e dello stile. «E stata una gran voglia di ridere che ha
ispirato il mio Decameràm. non sono io che ho scelto il Decameròu,
è il Decameron che ha scelto me.» E il primo film del trittico «dedi—
cato alla vita»; gli altri saranno I racconti di Canterbury e I/Here delle
Mi/le e una notte. «Questi film sono abbastanza facili, e io li ho fatti
per opporre al presente consumistico un passato recentissimo dove
il corpo umano e i rapporti umani erano ancora reali, benché arcai-
ci, benché preistorici, benché rozzi, però erano reali, e opponevano
questa realta all'irrealtà della civiltà consumistica.»
A metà settembre iniziano le riprese a Caserta Vecchia per conti-
nuare a Napoli e poi a Merano per il racconto di ser Ciappelletto,
Per la prima volta al cinema si vede un nudo integrale del corpo ma-
schile: «Il corpo: ecco una terra non ancora colonizzata dal potere».
Nella collana economica Garzanti esce un'ant0logia personale di
versi italiani con una premessa intitolata «Al lettore nu0vo».
Si propone di pubblicare l`intero corpus delle sue poesie scritte in
trent`anni; dal libretto friulano del '42 al volume di prossima pub·
blicazione Trarumarzar e orgartizzar, più un gruppo di poesie inedi-
te, «Il titolo di questo volume — scrive a Garzanti — sarebbe BE-
STEMMIA, perché vi comprenderei anche un lungo frammento
inedito intitolato appunto così.» Sarebbe — egli dice — il libro «di
una vita».
1971
All`ìnizio dell’anno realizza in collaborazione con alcuni militanti
di «Lotta continua» i.l documentario 12 dicembre, in cui l'epis0di0
centrale, quello della strage della Banca dell'Agricoltura di Milano
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(,.Y'(IVI(l/flg[d *,|II
accaduta un anno prima, viene inquadrato con altri fatti, dalla con-
testazione alla Bussola di Viareggio alla rivolta di Reggio Emilia.
«ll commento delle immagini - dichiara prima delle riprese — verra
affidato a un`assemblea di studenti e operai che daranno la loro in-
terpretazione dei fatti, diversa da quella che potrei dare io,» g
Dopo essere giunto al convincimento che il rischio maggiore per 1
movimenti giovanili dell`estrema sinistra è quello del moralismo se
non addirittura di un «fascismo di sinistra», motiva la sua scelta di
collaborare con «Lotta continua» col fatto che questo movimento
«da il primo posto alla passione, al sentimento». Agli occhi di que-
sti giovani rimane tuttavia un compagno di strada «SOSpC[tO», ed
egli, per collaborare con loro, ammette di aver messo «a tacere par-
te della mia coscienza»,
Tra marzo e maggio presta anche il suo nome come direttore re-
sponsabile del giornale «Lotta continua». In aprile una prima de-
nuncia per istigazione a disobbedire alle leggi dello Stato, è seguita
da una seconda per istigazione a delinquere e apologia di reato.
«Se mi mettono in carcere — commenta Pasolini — non me ne im-
porta affatto. È una cosa di cui non mi curo. Per me non fa nessu-
na differenza, nemmeno dal punto di vista economico. Se finirò in
prigione, avrò modo di leggere tutti i libri che altrimenti non sarei
mai riuscito a ]eggere.»
Su «Nuovi Argomenri» pubblica una recensione a Salma di Mon-
tale: «Montale non si libera, in quanto poeta satirico, del potere.
Anzi, compie una specie di identificazione tra potere e natura. Il li-
bro è tutto fondato sulla naturalezza del potere...».
In aprile esce Tmrumarzar 2 orgzmizzar, ultima raccolta poetica,
«Vaclo scoprendo sempre più in proposito, man mano che studio i
mistici, che l'altra faccia del misticismo è proprio il "fare", l"`agi-
re"4 Con questa espressione “Trasumanar e organizzar" voglio dire
che l'altra faccia della “trasumanizzazione" (la parola è di Dante,
in questa forma apocopata), ossia dell’ascesa spirituale, è proprio
l'organizzazione.»
L'accoglienza dei lettori e dei critici è sotto ogni punto di vista me-
no interessata del giusto; «Quanto al silenzio che c'è intorno a me,
mi pare solo un sintomo di incompetenza, di vigliaccheria, o sem-
plicemente di odio. L'odio di ieri era l'odio della sottocultura,
quello di oggi è quello medesimo, travasato nella cultura. È stata la
neoavanguardia a rendere possibile il travaso, gettando discredito
su tutto e tutti, secondo una strategia di attacco indifferenziato...».
E sempre a proposito della neoavanguardia: «È stato un movimen-
to in completa malafede. Io credevo che all'intcmo ci fosse qualcu-
noche perlomeno giocasse con eleganza. E invece no, erano pro-
prio tutti in malafede nel modo più volgare, banale, e offensivo».
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t it ( rwm/ogm
.\t\tlt'ca Zanzotto. tlupti aver letto >l`ILlXllH1tlHdì`. gli Scrive: «Dzt mesi
sto girando e rigirando nei labirinti del tuo libro che, intanto ha
uno tli quei titoli "necessari", rarissimi, in cui ci si imbatte di rado.
Nomen numen più che mai, in questo caso. Certo è che l'abb0n-
danza di temi e di veri e propri materiali grezzi accanto alla più
complessa sperimentazione formale, lascia sbalorditi, in difficoltà,
col fiato mozzo e la tachicardia!». Dato il disinteresse della critica,
lo stesso autore decide di autorecensirsi, nel quotidiano «Il Gior-
no» del 3 giugno.
Scrive la sceneggiatura del secondo film della «Trilogia della vita»,
traendolo dai Racconti di Canterbury di Chaucer. Terminata alla fi-
ne dell'estate, fa la spola con l'Inghilterra per le ambientazioni del
film, le cui riprese iniziano aI.la fine di settembre. «I·Io cambiato ca-
rattere — ha confessato qualche anno prima — ho aggiunto nuovi
elementi alla mia psicologia. Il merito è stato soprattutto di Elsa
Morante. Lei mi ha insegnato ad amare la leggerezza mortuaria di
Nlozart.,.»
In primavera è a Bucarest con Moravia e Ninetto per la cura del
Gerovital.
Il 28 giugno il Decameron ottiene il secondo premio al Festival di
Berlino, Il 6 ottobre è al Festival di New York. Il film ottiene sia
all`estero che in Italia un successo clamoroso. «Il successo è l'altra
faccia della persecuzione. Può esaltare al primo istante, può Clare
delle soddisfazioni, qualche vanità. Appena l`hai ottenuto si capi-
sce che è una cosa brutta per un uom0... Tendo sempre più verso
una forma anarchica, una forma di anarchia apocalittica.»
Ninetto si fidanza con una sua coetanea. Ha inizio un periodo ne-
rissimo, e la crisi è alla base della raccolta poetica L'b0bby del xo-
netto. a cui lavora ancora nel 1973.
1972
Accolta ormai con la solita indifferenza da parte della critica, in
aprile esce la raccolta di saggi Empirirmo eretico. «Un libro che è
IUIIO sulle cose, le più attuali — commenta lo stesso autore — Ad es-
so si può rivendicare il merito di aver inaugurato in Italia, per quel
che riguarda il cinema, l`uso della ricerca semiologica, e tuttavia es-
so si presenta come disperatamente inattuale. Di ciò l'autore se ne
fa un vanto, corrispondente al disprezzo che egli nutre per i suoi
colleghi critici — quasi tutti — la cui ingloriosa canizie e il cui diso-
norato sale e pepe sono proni di fronte alla disumanità dei peggio-
ri della nuova generazi0ne,»
Da tempo sta lavorando a un nuovo romanzo, Petrolio. Un’opera
ciclica, coi racconti inseriti uno dentro l'altro come in una matrio-
ika. con decine e decine di prestazioni mimetiche perché il narra-
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(frrmu/ngzu i .\'
tore del racconto contenuto sarà un personaggio del racconto con-
tenente, «Un'opera tutta voluta e velleitaria», conclude l`autore. E
a chi lo interroga su questo nuovo lavoro, risponde: «I.'unico am-
biente che non conosco fisicamente, per partecipazione diretta è
Vambiente operaio. Dunque è quest`ultimo che potrebbe farmi ri-
vivere una situazione romanzesca e farmi di conseguenza ritrovare
il diritto di essere narratore».
Dopo tre anni di lavoro sono state composte più di cinquecento
pagine dattiloscritte. Un grande abbozzo nel quale ha cominciato a
riversare la summa di tutte le sue conoscenze e di tutte le sue me-
morie. Ma — precisa l’autore — questo è un libro destinato a impe-
gnarlo per molti anni ancora, «forse per il resto della mia vita».
Il Canterbury — secondo tempo della trilogia mitico—evocativa dei
popoli antichi e del «tempo perduto», in cui Pasolini appare come
l'ironica controfigura di Chaucer — dopo le nove settimane di ri-
presa in Inghilterra richiede un lungo lavoro di montaggio e dop-
piaggio, L`edizione italiana è elaborata a Bergamo, con le voci di
ragazzi scelti in città e dintorni. E prima ancora che esca nelle sale,
in estate comincia a lavorare alla terza parte della Trilogia: tratta
dalle novelle delle Mi/le e una notte. Fa i primi sopralluoghi in
Egitto, Yemen, Persia, India, Eritrea, Hadramaut; raggiunto que-
st`ultimo con uno speciale permesso governativo. Quando ritorna
a Roma, e non appena riesce ad allontanarsi dagli stabilimenti cine-
matografici, va alla Torre di Chia. Attorno all'antico rudere ha fat-
to costruire una casa semicircolare a grandi vetrate da cui lo sguar-
do spazia sulle forre del torrente Chia. A pochi passi, nascosto
dalla vegetazione, c'è un vasto padiglione di legno che funge da
studio e da atelier perché dopo molti anni ha ripreso a disegnare.
Ma soprattutto sarà questa la complessa officina dove realizzare
Petmlfor Quindi non solo pagine scritte ma una commistione di di-
versi elementi, grafici, figurativi, fotografici e chissà quanto altro
ancora: «Sarà la mia ultima opera,. Nel libro che scrivo, il cristia-
nesimo fa parte di tutte le cose che si è disposti a buttare a mare.
Optando per una sorta di filosofia stoico—epicurea».
Alla fine di novembre inizia una nuova collaborazione al settima-
nale «'I`empo illustrato» con recensioni librarie che verranno rac-
colte nel volume postumo Dercrtzizmi di descrizioni.
1973
Accettata l'offerta di collaborare al «Corriere della Sera», il 7 gen-
nato esce il pri.tno articolo Ccmtro t` capelli lunghi. Dà così inizio a
una ini.nterrotta serie di interventi nella sfera della politica, del co-
stume, dei comportamenti pubblici e privati. Articoli che poi sa-
ranno raccolti nel volume Scritti cortari.
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t \\ ( rtum/M);1.1
(iosi Contini nclltt l4L'\I[H/U/lltl/[Ztl tlcll`8U: «EI]ll‘á1[O con tutti gli Ono-
ri nulle fila della società detta "aflluente", Pasolini si avvalse degli
stessi strumenti di cui essa gli faceva copia per fustigarla in piena
faccia, La societa "affluente" sorrideva 0 anzi applaudiva sotto le
percosse, lieta che la sua liberalità si ornasse di un tanto eretico acca-
rezzato, scambiandolo certo per un esibizionista compiaciuto di pa-
radossi. Pasolini invece combatteva seriamente (benché, è da teme-
re, con la tattica meno efficace, posto il modo di contraddire che gli
era ufficialmente assegnato) contro il cosiddetto consumismo e i
dogmi di comportamento che esso importava. La sostanza di Pasoli-
ni è anti—illuminista (com`è chiaro dalla formulazione non razionali-
stica, anzi simbolistica, ermetica, “passionale", di ogni sua scrittura
ideologica, in verso 0 in prosa). Le virtù che egli rimpiange sono
quelle sicure ma probabilmente condannate a morte, appartenenti a
una società arcaica, agricola, patriarcale. La sua utopia non è pro-
spettica ma nostalgica. E non è questo l`aspetto meno drammatico
di un`esistenza tutta drammatica (in quanto contenente un selvag-
gio desiderio di vita, anche in questo lato retrospettiv0)».
In aprile iniziano le riprese del Fiore delle mille e una notte a
Isfahan in Iran, poi la troupe si sposta nello Yemen, in Eritrea, in
Afganistan, nel Corno d'Africa, nell`I·Iadramaut e per due volte, in
giugno e settembre, a Katmandu nel Nepal.
Lavora rapidamente, con grande precisione. Dove altri registi fa-
rebbero dieci inquadrature in un giorno, Pasolini ne fa quaranta,
perché ciascuna inquadratura è già chiara nella sua testa, Gira
spesso lui stesso con in spalla una Ariflex 35 senza suono, filmando
i sogni e la polvere dell'Oriente, case, deserti, muraglie. Oggetti re-
trocessi nel tempo, arcaici, retrospettivi.
Alla fine delle riprese nello Yemen, una domenica mattina gira il
documentario Le mura di Sur1a'a, concepito come un appello
all'Unesco per la salvaguardia dell`antica cittàt Tornato in Italia gi-
ra un secondo documentario, La forma di Orte. Ne inserisce una
sequenza in Le mura di Szma'a, per stabilire una analogia fra luoghi
minacciati. I.n agosto lavora alla sceneggiatura dell’Hi.rt0ire du rol-
dat, da cui Sergio Citti ha i.n mente di trarre un film.
Scrive la poesia Agli rluderzti greci in uri fiato, destinata ad aprire
La nuova gioventù,
In settembre escono i primi due testi teatrali Calderán eA}7abuluzi0-
rie. Quest`u.ltimo viene rappresentato a Graz i.n edizione tedesca.
Alla fine dell`anno è gia i.n stato avanzato il progetto del prossimo
film dopo Il Fibre, I.l film, di cui è già pronto un trattamento di set-
tantacinque cartelle dattiloscritte derivate da un testo dettato al
magnetofono, comincia a Napoli e si svolge nel corso di un lungo
viaggio attraverso tre città simboliche: Sodoma, che è Roma, Go-
`
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Crrmulugia « ,\’ Il
morta, che è Milano, Numanzia, che è Parigi, per concludersi a Ur
nell`oriente indiano, In una successiva elaborazione la quarta città
simbolo è New York. E l'eco dell'antico progetto di un film su San
Paolo, che ha compiuto un percorso quasi parallelo alle idee e agli
stati d'animo dell'aut0re, Titolo provvisorio: Pomo-leo-koloxxali
Uno dei protagonisti dovrebbe essere Eduardo De Filippo,
I974
Con l`uscita del Fiore delle Mille e una notte la trilogia è completa e
il suo successo è grande senza tuttavia che il giudizio della critica
sia in grado di accontentare il suo autore: «I critici non sono riusci-
ti a capire il senso di questa esperienza, questo entrare nel più mi-
sterioso degli ingranaggi del fate artistico, questo procedere
nell`ontologia del narrare; nel fare cinema, cinema».
Durante l`estate scrive la lunga appendice al dramma in versi Be-
rtia da slile. «L`Italia è un paese che diventa sempre più stupido e
ignorante Vi si coltivano retoriche sempre più insopportabili Non
c`è del resto conformismo peggiore di quello di sinistra, soprattut-
to naturalmente quando viene fatto proprio anche dalla destra».
Individuata quell’«atroce penombra» dove destra e sinistra si
confondono, analizza quali possano essere i punti di contatto. Essi
si formano in un comune terreno sottoculturale e hanno un'origine
comune nell`irrazionalismo della rivolta borghese antiborghese:
primato dell'azione sol pensiero, verbalismo, stereotipia, concetti
trasformati in parole che li semplificano, li rendono parlabili.
Scrive altri testi de La nuova giavenlů. Pubblica dopo il referen-
dum sul divorzio l’articolo Gli ilaliam mm sono più quelli, sulla
perdita di radici provocata dall'ideologia consumistica. Chiama
questa mutazione «rivoluzi0ne antr0pologica»,
Superando le sue risewe, si rivolge nuovamente al Pci: «Per quan-
to riguarda la politica culturale del partito, ho sempre avuto da ri-
dire, Negli anni Cinquanta c`era la politica dell'egemonia delle si-
nistre che però realizzata si fondava sulla retorica della denuncia
sociale, e quindi copriva soltanto una parte della cultura e delle ve-
re esigenze culturali di un intellettuale, Poi c'è stato i.l crollo tre-
mendo degli anni Sessanta, che è coinciso con il risorgere del pote-
re neocapitalistico, e quindi con una nuova cultura, che ha avuto
improvvisamente un prestigio enorme e che ha fatto crollare il pre-
stigio culturale del Pci; la nuova sociologia, la neoavanguardia,
Umberto Eco.,. E i comunisti anziché opporsi, magari perdendo la
battaglia in quel momento per vi.ncerla poi a lunga scadenza, han-
no accettato tutto questo, Adesso il partito comunista è fortissimo
e quindi ha in mano la possibilità di instaurare una decisa politica
cultura.le».
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· xiii ( `mim/uym
\lolic le speranze riposte nel Pci, anche perché, visto nel suo insie-
me. è «una specie di paese nel paese, di nazione pulita nella nazio-
ne sporca».
l*)7$
ll progetto del film tratto da Sade lo interessa più di tutti gli altri.
«Mi sono accorto tra l`altro che Sade, scrivendo, pensava sicura-
mente a Dante. Così ho cominciato a ristrutturare il libro in tre
bolge dantesche. Ma l'idea di sacra rappresentazione peccava di
estetismo, occorreva riempirla con altre immagini e contenuti.
Quattro nazifascisti fanno dei rastrellamenti; il castello di Sade do-
ve portano i prigionieri, è un piccolo campione di lager. Mi interes-
sava vedere come agisce il potere dissociandosi dall'umanità e tra·
siormandola in oggetto...»
Si immerge nello studio del kantiano «male radicale», la riduzione
del.l`umanità nella schiavitù del consumismo, che manipola le ani-
me assieme ai corpi e fa sparire le vecchie culture, le usanze, la
gaiezza e la tolleranza del vecchio mondo popolare. Per illustrare
questo radikal Báxe, non si perita di sondare il suo caso personale,
descrivendo le sue private angosce: «Un omosessuale oggi in Italia
è ricattato e ricattabile, arriva anche a rischiare la vita tutte le not-
ti». Altro che le felici notti erotiche mediterranee di un tempo; ora
i giovani, guardandoli, non c`è niente, ma proprio niente che possa
far dire se sono 0 non sono delinquenti e che tra cinque minuti ti
ammazzeranno. «Li trovo semplicemente spaventosi.» «La crimi-
nalità è cosi atrocemente disumana perché questa gente non è più
in possesso di una morale: né la loro (di carattere pagano, storico·
epicureo) basata sull'onore e non sull`amore evangelico, né una
morale piccolo borghese; sono diventati completamente amorali.»
Il 19 gennaio pubblica sul «Corriere della Sera» l'articolo Sona
contro ['ab0r!0, che solleva altre inevitabili polemiche alimentate
dai rappresentanti del «politicamente corretto». Pasolini, aggredi-
to da ogni parte, è costretto a replicare: «L’articolo in effetti è una
mia opinione, nasce da un mio sentimento, da un mio trauma. Al-
berto (Moravia) è ragionevole. Ma nemmeno lui è arrivato al punto
centrale del mio articolo, anzi lo ha rimosso, E il punto centrale
era: ciascuno di loro, ciascuno di noi, come è, come reagirebbe,
personalmente di fronte al piccolo omicidio del.l`aborto? Io non ho
pronunciato nessuna condanna moralistica, non ho preteso indica-
re una strada...».
Ai primi di febbraio esce II padre selvaggio, la sceneggiatura del
film africano non realizzato.
A metà febbraio iniziano nella campagna mantovana le riprese di
Salò.
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(,.Y(IH(l/Ugla 4.IX
ll 7 marzo cscc sul settimanale «ll Mondo», il primo paragrafo di
un rrattatello pedagogico a puntate, indirizzato a un ideale Genna-
riello napoletano.
La serie di articoli si arresta il S giugno. In seguito verranno raccol-
ri nel volume postumo Lellere lurerzme. Fra gli argomenti trattati, il
«processo» ai capi della Democrazia Cristiana, l’abolizione della
scuola e della televisione,
ln maggio esce Smìli wrrari che raccoglie gli articoli pubblicati sul
«Corriere» dal 7 gennaio '74 al 18 febbraio '75, cui è stata aggiunta
una sezione «Documenti e allegati» che raccoglie alcuni scritti cri-
tici apparsi sul settimanale «Tempo» dal 10 giugno '74 al 22 otto-
bre '74.
Nello stesso mese esce La nuova gioventù, che riproduce la vecchia
edizione delle poesie friulane La meglio gzoverilù seguite dal loro
rifacimento «Seconda forma della meglio gi0ventù» (1974) e una
terza sezione «Tetro entusiasmo (Poesie italo-friulane, 197}-
l974l».
Durante Vestate lavora al montaggio di Salò.
Passa alcuni giorni con la madre, con Graziella e altri parenti nella
casa che assieme a Alberto Moravia si è fatto costruire sulla duna
di Sabaudia a ridosso del promontorio del Circeo,
ln ottobre escono le sceneggiature della Trilogia delhz vita con lo
scritto introduttivo Abiura dalla Trilogia della vila. «Abiuro questi
miei film quando essi vengono assimilati come prodotti di consu-
mo, quando servono al Potere per quella tolleranza e permissività
sessuale che non ha niente a che vedere con la vera libertà, sessuale
e non perché concessa dall’alto per motivi ben precisi.» ll Potere
ha deciso di essere permissivo perché soltanto una società permis-
siva può essere una società di consumi.
Consegna a Einaudi La Dix/ma Mimesir.
Dopo un viaggio a Stoccolma per un incontro all'Istituto italiano
di cultura si ferma a Parigi per controllare l'edizione francese di
Salò; dichiara alla TV francese: «Ho fatto proprio in questi giorni
due modeste proposte alla Swift: ho proposto di divorare gli inse-
Ènanti della scuola d'obbligo e i dirigenti della televisione italiana».
di ritorno a Roma il }1 ottobre. Il primo novembre si alza tardi
come di consueto, fa colazione in casa con la madre, Graziella e
Nico Naldini. Alla fine del pranzo arrivano Laura Betti e Ninetto
Davoli. Rivedrà Ninetto la sera al ristorante «Pomodor0» nel quar-
tiere di San Lorenzo. Alle quattro arriva Furio Colombo per un'in-
tervista della quale Pasolini stesso suggerisce il titolo: «Siamo tutti
in pericolo»,
Nella notte tra il primo e il due novembre, all'idroscalo di Ostia, do-
ve nell'estate dell'anno precedente sono state girate alcune delle
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i \ ( «·««m·/imi.;
scenic piii allegre u scnsuzili del film I//i'ur¢' du//v M1/[z' 01010 210m* —
uno spiazzo polveroso trasformato in una mitica natura vegetale -
muore assassinato da un ragazzo di diciassette anni, Pino Pelosi.
Dopo averlo atterrato a colpi di bastone e con un calcio allo scroto,
il ragazzo, impossessatosi della sua automobile, è passato più volte
sul suo corpo.
Pelosi viene condannato in primo grado per omicidio in concorso
con ignoti; la sentenza della Corte d'Appello, nel dicembre 1976,
conferma la condanna ma, riferendosi a indizi del.l`eventua]e con-
corso di ignoti, conclude: «che questi elementi possano spiegarsi
con l`iporesi della partecipazione di più persone è indubbio; che ne
siano indizi sicuri e incontrovertibili è da negare».
Contini nella Teslimzmianza dell'80: «Una disputa fondamentale
col Padre, nel genere, ma cresciuto in ferocia e degradazione, della
colluttazione di Giacobbe con Vangelo, consentitemi di leggere an-
che nella fi.ne di Pasolini. So bene che di questo atrocissimo/ai! di-
varr. a parte i pubblici clamori, sono state tentate generose rico-
struzioni criminologiche, nell`ansia di esorcizzare razionalmente
l`assurdo. Qualunque siano le risposte della criminologia, qui cre-
do che meno riduttiva debba riuscire la teodicea, Cerro, le metafo-
re che mi soccorrono sono al confronto troppo pulite e consolanti.
Una è la proclamazione di salvezza di un altro peccatore. il dottor
Faust; se postumamente non la riempisse di senso il sapere che
l`agonia del suo "olimpico" e per quei tempi longevo poeta sareb-
be stata feroce e disperante. L'altra non potrei enunciarla che col
distico decisivo “sul.la deserta coltrice accanto a lui posò"; se non
riflettessi che invece del letto d'esi.lio sta una turpe brughiera su-
burbana gremita di sozzi relitti».
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NOTA ALUEDIZIONE
Si pubblicano qui i testi scritti da Pasolini per il teatro. Il lettore si
sorprendera, forse, di trovare ben sedici titoli, mentre il Pasolini
autore di teatro è noto, di solito, per sette testi: le sei "tragedie" e il
giovanile dramma storico I Tures lalFr1'ul.
Il fatto è che Pasolini da giovane si è interessato molto di teatro:
lo andava a vedere, progettava messe in scena, lo scriveva e talvolta
lo recitava. Il teatro, essendo per eccellenza opera di équipe, si pre-
stava alle sue ambizioni di organizzatore culturale. Anche come in-
segnante, secondo i dettami della “scuola attiva", considerava il
teatro un privilegiato veicolo pedagogico. Alcuni suoi studenti di
allora ricordano di aver preso parte a recite scolastiche basate su
canovacci allestiti da Pasolini; questi canovacci sono andati perdu-
ti, Perduto è anche il Corrlrasto Ira il Carnevale e la Quaresima, li-
bero adattamento, forse, di un testo di Ermes da Colloredo.
Di un altro testo in friulano, intitolato La Mortearia (in un so-
netto di Colloredo si dice che le ginocchia dei vecchi ballano i.l bal-
lo della Morteana), resta solo uno dei copioni che venivano distri-
buiti agli atrori per imparare la loro parte (si era quindi vicini alla
rappresentazione, che avrebbe dovuto avvenire nel teatro di San
Vito al Tagliamento, con la regia dello stesso Pasolini); e precisa-
mente resta il copione con la parte del farrtát che doveva essere il
protagonista. Sono perdute le parti di tutti gli altri personaggi. Per
quel che si riesce a ricostruire, era la storia "comica" di un ragazzo
che torna a casa ubriaco e che nei fumi dell’alcool vede apparire
prima il Diavolo, poi un Angelo e infine la Morte, I tre personaggi
simbolici si disputano l'anima del ragazzo, finché la disputa termi-
na con la vittoria dell'Angelo; a quel punto il ragazzo decide di an-
dare a dormire, rimandando all'indomani una riflessione seria su
quanto ha visto e udito.
Frammentario ci è giunto anche un tentativo di tragedia su Edi-
po, intitolato Edipo all'alba, e qualche appunto a stento decifrabile
rivela altri progetti su temi classici.
Di tutta questa passione teatrale giovanile abbiamo inteso dare
non piii di un saggio; anche dei testi giunti integralmente (come il
giovamlissimo La sua gloria 0 lo scherzoso I fanciulli e gli eM, da
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i xin \«»/.i.i//`tt/1:mm*
recittirc coi riigaizzini della scuola tli Versutu) abbiamo fatto una
scelta antologiui: non la qualità dei singoli testi, ma appunto l`en-
tusiasmo, il fervore, erano degni di essere testimoniati. Fanno ecce«
zione le quindi li abbiamo pubblicati integralmente) i Tures, che
Pasolini stesso considerava la sua migliore riuscita teatrale fino a
quel momento, e La pverùz 0 la gioia, un testo del 1947 di grande
interesse psicologico e biografico.
Un discorso a parte merita I!Cappe1/ano, un testo nato nel clima
delle prime esercitazioni romanzesche, un'altra incarnazione di
quell`alter ego di Pasolini che per qualche anno fu clon Paolo; un te·
sto così coinvolgente e così implicato nei sensi di colpa che Pasolini
non è mai riuscito a sigillarlo in una forma. Ci è ritornato sopra a
molte riprese, fin che ne ha consentito una messa in scena nel 1965,
col titolo difensivo e storicizzanre di Ne] '46.’ Abbiamo riflettuto a
lungo se fosse più significativo dare la prima versione, più diretta e
ingenua, 0 l'ultima che effettivamente andò in scena; abbiamo deci-
so per l'ultima, non perché il finale ironico ivi adottato ci convinces-
se veramente, ma per segnalarne la vicinanza (e la sua funzione di
"ponte") con il nuovo teatro pasoliniano, quello che comincia nel
1966 con Orgzkzt
Negli anni Cinquanta e Sessanta, a Roma, Pasolini mostra molto
meno interesse per il teatro; 0 meglio, se da una parte conosce al-
cuni attori che lo incuriosiscono e lo stimolano, da Adriana Asti a
Carmelo Bene, ma soprattutto Laura Betti, dal1’a]tra cresce la sua
insofferenza per il "par]ato medio" delle nostre scene, per il biri-
gnao e per la lingua inesistente che condanna qualunque spettaco-
lo all’irrealtàt Solo il cabaret gli pare che si salvi, col suo plurilin—
guismo e con un’energia che affonda nelle vene popolari. Se non
proprio la passione, la voglia di giocare si rinnova con Un percioli-
un, con Vivo e Coscienza, con Italie magique; la voglia di buttare i
codici per aria, con il finale "operistico" di Nel '46! e con il proget-
tino di uno spettacolo centrato su Gadda. (In qualche misura tea-
trali sono anche le canzoni scritte per Laura Betti, ma abbiamo
preferito riservarle al volume delle poesie: molta poesia pasolinia-
na, d'a.ltr0nde, contiene i gemti di una latente teatralità.)
Delle sei “tragedie" diamo in Appendice anche qualche fram-
mento di prime stesure 0 addirittura qualche scaletta preparatoria.
Sia perché sono (tranne Calderánl opere destinate a rimanere aperte,
testi che Pasolini non licenzierà mai in una versione definitiva; sia
perché considerandole nel loro farsi si capisce meglio secondo quale
ordine sono venute in mente a Pasolini. Prima di tutte, certamente,
Orgia, i] cui finale si lega a un’ossessi0ne già espressa in un soggetto
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Nnla u/f'¢'J/Zuma (.XIl1
cinematografico del 1962, e che risente dello shock della malattia, di
quullessersi trovato, per la prima volta, di fronte alla possibilita con-
creta della propria morte. Quasi contemporaneamente nasce Berna
Ja tn/0 (immaginata col titolo Poeria), riflessione su un recente viag-
gio a Praga e sul “mandato sociale" dei poeti. Entrambe sono conce-
pite con un Coro, alla greca, e lì SCZIIA l'irrefrenabile impulso a rifon-
dare — I`idea di ripartire dal teatro ateniese. E allora si affacciano
Pi/adv, elaborato sequel di Eschilo, eAHabuIazi¢me, radicato in Sofo-
cle [dalle Tmcbinie a Edipo). Solo dopo, fissata la forma, Pasolini ab-
bandona il modello greco per accostarsi prima, con Porcile, a una vi-
sione di tipo dantesco e poi, con Cafderáñ, al teatro barocco.
Questo è l'ordine in cui sono state immaginate e in quest'ordine
le diamo; facendo un’eccezione per Bertia da ride, spostata in fon-
do perché Pasolini ci stava ancora lavorando nel penultimo anno
della sua vita e perché la “coda" del 1974 è forse il brano più stu-
pefacente del testo,
Abbiamo pensato che fosse opportuno rendere conto anche del
Pasolini traduttore di teatro, per l`indubbia forza “autoriale” che
le traduzioni dimostrano: innovative sia sul registro alto (Orerzea,
Anngorw) sia su quello basso, dove la tradizione molieresca viene a
flirtare con l’avanspettac0lo (Mzler gloriorur alias Il varmme).
Dato il carattere di “provvisorietà" del teatro pasoliniano (su di-
ciannove testi, considerando anche le traduzioni, solo quattro sono
stati editi in modo definitivo da Pasolini), le date che abbiamo indi-
cato sono quelle della composizione e dell`elaborazi0ne del testo,
I testi già editi sono stati ricontrollati sugli autografi; per i testi
postumi e per gli inediti si è mantenuto il nostro uso di dare al pie-
de, con esponenti alfabetici, le varianti alternative.
A differenza che in RR, abbiamo rinunciato a riportare sistema-
ticamente le annotazioni dell’autore presenti negli autografi (nel
caso del teatro, si tratta per lo più di punti di domanda a margine,
per indicare incertezza). Quando le annotazioni ci sono parse rile-
vanti per la comprensione del testo o delle sue vicende compositi-
ve, le abbiamo discusse nelle singole Notizie.
Per dar conto della situazione del testo, i simboli che abbiamo
adottato sono questi:
< > spazio bianco lasciato dall'autore in vista delI'inseri-
mento di una 0 più parole
<...> una 0 più parole indecifrabili
[ l caduta di una 0 più carte de].l'autografo
<?> una 0 più parole di lettura dubbia
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t \i\ \r¤/ii ii//`<uI1:n¤m'
Dato che Pasolini oscilla continuamente sulla veste grafica dei
suoi testi teatrali, trattando diversamente, di volta in volta, i mano-
scritti, e assecondando le regole diverse dei diversi editori, abbia-
mo uniiormato la veste grafica secondo l'uso più consueto, metten-
do in corsivo le didascalie, separando con uno spazio l'indicazione
dell`ingresso 0 dell'uscita di un personaggio, eccetera.
I pochi saggi di Pasolini sul linguaggio teatrale e il Mangfexto per
tm nuovo leatm sono già usciti in SLA. (Abbiamo preferito non
pubblicare qui il Manifesto, per non dare l`impressione di una ne-
cessaria dipendenza dei testi dalla teoria; semmai è la teoria che è
derivata dai testi, caricandoli di desiderio politico ma anche irrigi-
dendoli.)
Walter Siti e Silvia De Laude
Alla cura dei testi ha collaborato Graziella Chiarcossi.
Si ringraziano Caterina Del Vivo, Fabio Desideri, Gloria Man-
ghetti, llaria Spadolini e Franco Zabagli del Gabinetto Vieusseux
di Firenze per l’attenzione e la disponibilità. Si ringraziano Laura
Betti e il Fondo Pasolini di Roma, della cui preziosa collaborazione
ci siamo avvalsi per il reperimento dei testi, per le note e la biblio-
grafia. Si ringrazia Giuliano Tabacco per l'impegno con cui ha col-
laborato alla stesura delle note. Grazie a Renata Colorni per la pas-
sione e Vintelligenza con cui ha sollecitato il lavoro, e a Nicoletta
Reboa ed Elisabetta Risari per ]'acribia con cui lo hanno seguito,
Grazie a Novella Cantarutti per le traduzioni dal friulano; a Renzo
Paris per averci consentito di consultare la copia di Afabulazizme
in suo possesso. Si ringraziano infine Massimo Fusillo, Giuseppe
Iafrate e gli innumerevoli amici che hanno fornito dati e notizie,
============================================Page 115==================================================
PIER PAOLO PASOLINI
TEATRO
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www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
============================================Page 117==================================================
da «LA SUA GL©RIA»
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Permnaggi
G. SOLERA
SUA MADRE
CARLO GENI
G. MONTI
LUCIA MONTI
IL CAPO DEI GENDARMI
SCHILLER
UN SERVO
IL BANDITORE
ALCUNI GENDARMI
ALCUNI CARBONARI
POPOLANI E POPOLANE
FOLLA DI POPOLO
Pribna nella cata di G. Salem in una ciitá della pianura pa-
dana; indi nella casa dei Monti} poi nella piazza San Mar-
ca di Venezia; inñne in una cella dello Spielberg.
N.B. Per il personaggio del Solera (che qui tuttavia è trattato in
parte fantasticamente) vedi Le mie prigioni ed. Rizzoli.
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ATTO I
SCENA I
Uno rtudio arredato con buon guxto e ricchezza; vi e una
grande jůnertra da cui si rcorge una lunga dixtexa di tetti e
di comignoià è tera: ia [una piena batte ru/ie tegole e mi
davanzale; xi rentono di tratto in tratto ie campane battere
ie ore; intorno grande xiienzio. Guido Soiera rta xedulo
innanzi alla xcrùxania tenendo tra le mani` una penna; la
stanza e rixchiarata da un candeiabro.
SOLERA Ah sì. Finalmente è giunto il momento: sono
stanco di tutte queste paure e di questi tentennamenti.
Voglio vincermi, voglio; sento dentro di me tanto ar-
dore, perché mi dovrei soffocare da solo? Perché con
la mia incredulità di me stesso 0 con la mia indecisione
dovrei uccidere la mia intelligenza? Ah sì, sì voglio vin-
cere questa mia titubanza! Tutto sta nell'avere il corag-
gio e la forza di affrontare la difficoltà, e cominciare.,
(Si avvicina ai balcone.) La Luna... Essa splende nel
cielo stellato, gelida e sublime; i comignoli alla sua
chiara luce divengono stranamente bianchi, e gettano
lunghe ombre nere sopra i tetti. (Tace per un po'.) Oh
c0m'è tutto meschino e misero innanzi al cielo stellato!
E pensare che ognuna di quelle piccole cose che brilla-
no lassù, sono un astro enorme lanciato nell’enormità
degli spazi. Oh Dio come siamo piccoli, come tutto
sembra inutile davanti a questa bruta e serena immen-
sità! Sento che essa mi assorbe nel suo baratro senza fi-
ne! (Si mette ie mani innanzi agli occhi.) Quanti pensie-
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i— i/ii ««I .1 im: ,4/w'm»·
ri si precipitano nel mio petto, quanta commozione nel
cuore! E perché dunque io non debbo riuscire a scri-
vere, a dire agli altri ciò che penso? Perché io devo vi-
vere oscuro, sconosciuto, immerso nel vortice della
folla immensa che gira senza tregua e senza significato
dalla vita alla morte? Ah no, questo, no, non deve esse-
re: io voglio vivere per qualcosa che non deve morire
con me, che non deve esser dimenticato dopo qualche
giorno di pianto dai miei stessi figli, che non deve dive-
nire polvere con le mie ossa! Ciò non deve essere, per-
ché non lo voglio!... Oh che sogno, che bel sogno mi
culla, e dà gioia ed ansia alla mia anima, che mi fa pal-
pitare il cuore nel petto: la gl0ria... nome divino... Oh
ma quanto mi sei lontana ancora, quanti infelici come
me, in questa stessa notte, forse ti sospirano piangendo
e ti cullano come me, nei loro sogni ! Sogno? Perché?
Il mio deve divenire una realtà, una gioiosa realtà. Per-
ché vecchi ci raccontate come svanirono le vostre illu-
sioni, e che tutto è illusione la vita? Noi siamo giovani e
la giovinezza è dolce età di sogni e di speranze! Lascia-
teceli, non veniteci ad amareggiare ed a disilludere pri-
ma che ne sia l'ora; lasciateci la nostra speranza!
LA MADRE (entrando improvviramcme) Guido, sei an-
cora alzato?
SOLERA Oh, mamma".
LA MADRE Guido, cos`hai?... ti vedo così pallido, stra-
volto. (Gli riavvicimz e gli circonda ii capo cori Ze brac-
cia.) Dimmi, dimmi che hai? La tua fronte brucia!
SOLERA Non ho niente, proprio niente, mamma! Lo
sai... le mie poesie,.
LA MADRE Caro, caro il mio poeta... Ma non devi stra-
pazzarti così, hai tanto tempo durante il giorno! E poi
la sai, te la devi immainare la mia pena al sentire i
tuoi passi, i tuoi sospiri, là dalla mia stanza!.., Una
volta ti ho sentito singhiozzareu. e allora piango an-
ch’io, e tendo orecchi per udire e per cercar d’in-
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da «La sua glnmw 7
dovinare ogni tuo m0vimento... Ora vieni, vienti a ri-
posare.,
SOLERA Fra poco, mamma, adesso non potrei!
LA MADRE Ma ora leggimi la tua poesia; di che cosa
tratta? Di me? Della tua mamma?... Ecco, ecco rima-
ni fermo così; come somigli al tuo povero padre in
questo momento! Anche lui scriveva poesie... poi si
ammalò, una sera... Ma vieni, vieni a letto, ora, sei co-
sì, quasi nudo, e a Marzo è facile prendersi una malat-
tia... Su, domattina leggeremo insieme la tua poesia...
SOLERA (facendo dolce violenza alla madre ed accompa-
gnandola all'urcio) Vengo subito, mamma, metto un
po` a posto le carte...
LA MADRE Guido, ti prego, fa presto. (Lo bacia ed erce.)
SOLERA Cara mamma, (Tace per qualche po',) Ecco co-
me sempre io mi sono perso in inutili fantasticherie!
Mi voglio vincere, ho detto. (dopo una lunga paura)
Luna, io ti guardo: mi dai tanta serenità, che mi fai
quasi dimenticare il mio dolore; la tua luce candida
senza né calore né freddo, mi dà la sensazione di una
mano divina che mi accarezzi le tempie... Ecco, ecco
così: dovrà esser un sonetto pieno di parole dolci e
semplici, e le rime si haceranno con una dolcezza senza
pari... Finalmente ho trovato la forza", (Tace per qual-
che tempo scrivendo e contando le sillabe.) Ecco, ecco,
ora rileggiamolon. (Legge prima con sicurezza e decla-
mando, poi il tono rzifa rempre più hasro e indeczro.)
O luna, 0 luna, di quanta dolcezza
Trema il mio cuore al vederti, là in cielo
Brillare. Lievi come una carezza
Toccano i raggi tuoi mio sguardo anelo...
Oh no, no, no! Non posso, non riesco! Ecco com`è ri-
dotto quel sentimento, quel... non so che dire, che co-
sì profondamente mi agitavaln. Perché devo essere
così disgraziato? Perché, cielo, dopo aver dato intelli-
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\ tl.1 «I.«1 vm g/ur'm»
genza e sensibilità al mio cuore, lo deridi così crudel·
mente? No, io non posso resistere al pensiero di una
vita oscura e sconosciuta! E pensare che certamente
questo è il mio destino; meglio sarebbe che non fossi
nat0!... (Diversi campanili vicini e lontani ruonano le
due; lunga paura; Guido fa atti di dikperazione, poi ri?
legge forte ciò che ba toritto, ma fa in pezzi la carta e ri?
de.) No, no!... Ah povero, povero illuso! Rassegnati!
Non vedi Giovanni, Mario, il Belli e tutti gli altri, co-
me se la passano bene? Essi sono sempre allegri, ele-
ganti, non li puoi mai vedere un momento tristi loro!
E fa’ così anche tu, pensa alle tue cravatte, alle tue po-
mate... alle signorine che fanno sorrisi alle tue ric-
chezze! E così passerai la giovinezza e poi raggiunge-
rai il tuo idealucciou. come tutti gli altri... Oh Dio...
(Lunga paura; egli tiene china la tetta ml braccio dirte-
:0 nella xcrùiania.)
UN SERVO (entrando, 0 meglio facendo capolino dalla
porta remiaperta) Ma signorino cosa sta a fare ancora
alzato? Vada a dormire: la Signora è in gran pensiero;
non sa che son già le due? Si prenderà un malanno!
SOLERA Sì, sì, vengo". vengo. (Il servo erce; G. Solera
dopo un po' r’alza ed erce egli pure.) Oh Dio, Dio!...
l...l
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ATTO Il
SCENA I
L0 studio di G. Solera, Presto la Hnertra xiamzo Solera e
ma madre.
SOLERA Oh che vento tiepido e carico di buoni od0ri...
e guarda che cielo! Azzurro, terso, puro... Vien voglia
di berla tutta quest'aria limpida e odorosa... Che stra-
na impressione fa tutto questo brusio che sale dalle
strade, dai giardini, dai campi. Par che tutti siano alle-
gri, non so, pare che tutti abbiano voglia di cantare,
di amarsi, di ridere... Vero, mamma?... Mamma, non
hai anche tu un desiderio prepotente di uscire all`aria
libera, di saltare pei campi pieni di fiori, insieme... di
gridare qualcosa di gioioso, di allegro, che non sai
neppure tu che cosa sia?...
LA MADRE (.r0rrz`a'ead0 e continuando il suo lavoro di
maglia) Già, già...
SOLERA Com`è presto ancora! Sono le tre...
LA MADRE Devi andare al parco?
SOLERA Sì, mamma...
LA MADRE Per ciò hai tanta fretta...
SOLERA (Accomemŕe, imbarazzato.)
LA MADRE (a'0p0 un breve rilerrzzb) E di' un po'! Gui-
do: chi ti aspetta al parco?
SOLERA Ma...veramente...
LA MADRE Su, su... credi che non lo sappia? Eh, mi sono
accorta da tempo, che ti sei cambiato, tu non stai più in-
chiodato per ore e ore alla scrivania con la penna in ma-
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Ill Ji: ««l.i1 \11.¢_q/or1«1»
no, tu non fai altro che desiderare il momento di usci-
rc... di andare al parco... tu non sei più musone e scon-
troso come qualche mese fan. Ti confesso che veramen-
te speravo che fossi tu il primo a venirti a confidare con
la tua mamma... Ma su, dimmi, come si chiama?
SOLERA Oh mamma... si chiama Lucia... ha i capelli co-
si morbidi e così biondi che sembrano raggi di luna...
LA MADRE (in/erromperzdolo) E poi è buona, tanto mo-
desta, tanto gentile.
SOLERA Sì... come fai a saperlo?
LA MADRE Eh, noi vecchi sappiamo tante cose, come
vuoi che appaia altrimenti ai tuoi occhi?... Beh, ora è
tempo che tu vada, e corri...
SOLERA Sì, si mamma, vado, vado. (Corre a prendere il
cappello.)
LA MADRE E ricordati di portarle un po` di fiori, marghe-
rite, viole non so.., basta che siano profumati e mode-
sti... Eh sono cose che piacciono alle fanciulle, queste...
SOLERA Cara, cara mamma. (La baczá ed erce,)
LA MADRE (fm sé) Amatevi, amatevi, figli miei... ora un
po` di fiori, qualche sorriso, e qualche sguardo bastano
per farvi felici... e non sarete mai più cosi felici... Eh,
devo confessarmi che sono stata un po' gelosa in prin-
cipio, di quella ragazza, lei si è presa molto dell'amore
di mio figlio". Ma!... (Tace un po'; zwprovvzkamerzle ri
reale una lunga scampzmellaia) Eh, chi sarà che suona
a questo modo... calma., calma. (Dopo pochz'zQvnmtz'en-
tra Geni rtravollo ed afammto.) Che cosa ha, che cosa
ha mio buon amico? Parli, parli, sa che mi ha fatto spa-
ventare? Che c’è rimedio a tutto, a questo mondo!
GENI Non si disperi, Signora, ho contati i minuti, non
mi posso spiegare., un grande pericolo incombe su
noi, su me e su Guido, forse l'arresto... la prigionen.
LA MADRE Ma,. Carlo.
GENI Fra poco forse saranno qui gli sbirri tedeschi!
Guido deve fuggire... deve fuggire con me; lei...
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da «La ma g/or1a» l l
LA MADRE Ma si spieghi!...
GEN} Ebbene,. sarebbe lungo ma le dirò in poche pa-
r0le... Monti, uno dei nostri capi... dei Carbonariu.
LA MADRE I Carbonari?!...
GEN1 Ebbene sì... e con lui le liste di tutti i nostri no-
mi... anche quello di Guido.
LA MADRE Guido, Guido, ma no, ma no, non può esser
vero, egli non mi ha detto, niente, niente.
GENI L`aveva giurato... ma ora è inutile piangere; per
ciò che suo figlio non le ha detto. Ora noi dobbiamo
fuggire... dobbiamo, dica a Guido appena le è possi-
bile vederlo di correre là, al solito posto, l'aspetterò...
LA MADRE Vada, vada, corra, 0 mio Dio.
GENI Addio (le bacia la mano) forse non ci vedremo
mai più.
LA MADRE Addio!... che il Signore la protegga!... (Geni
eroe; erta tace piangendo ed ogni tanto si avvicina alla
hnestra e guarda anriosamente.) Oh ma è impossibile,
è imp0ssibile... Guido arrestato?... Oh Dio, Dio, al-
lontanate da me un simile pensiero; ma non voglio
neanche lontanamente soffermarmi in una simile
idea... Guido deve fuggire, deve andarsene da me,
forse,. per sempre? Oh ma non può essere possibi-
le... eppure è c0sì... eppure è così! O Signore, vi pre-
go aiutatemi, Signore sono nelle Vostre sante, provvi-
de mani, (finginocclyza) impazzirei se qualcosa di
male, se la prigione, l`esilio strappasse da me mio fi-
glio... (Sta pregando,· ad un tratto ri rente buttare la
porta.) E Guido". è Guido! Dio ti ringrazio!
UN SERVO Signora.,
Entrano alcuni gendarini, renza arpettare che il servo dica
qualcora, il rervo eroe.
LA MADRE Sbirri?.,.
1L CAPO DEI GENDARMI È in casa il signor Guido Sole-
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Il Ju «I.i1 wm g/<u·m>·
ru, immagino che voi siate sua madre... Ci dispiace
per voi, Signora... abbiamo l'ordine di arrestarlo.
LA MADRE ©h... no... no...
IL CAPO Questo è l'ordine che ci è stato dato, Signora,.
LA MADRE Oh, no, no, deve trattarsi di un errore, mio
figlio, il mio bambino non può aver fatto nessun ma-
le!... Guardatemi, guardatemi, su non vedete? Io sor—
rido, io sono calma tanto sono sicura di quello che di—
co. Vedrete...
IL CAPO Insomma, Guido Solera, è 0 non è in questa
casa?...
LA MADRE Ma no, ma no, è uscit0...
IL CAPO Allora, mi dispiace, ma dobbiamo perquisire
la casa.
LA MADRE No!... lasciate stare... andatevene!...
Il capo fa cemw ai geadarmi di cominciare la perquixz21'0—
ne; lunga paura durante la quale z` geadarmi mettono mx-
xopra la rlaaza; la madre ria la dixparle pregando.
IL CAPO E si può sapere dove è suo figlio, Signora?
LA MADRE No, no, non lo so, le ho detto.
IL cAi>o È ramo che è uscito?
LA MADRE Ma non so, si, sarà un'ora. E., e ha detto
che sarebbe tornato molto tardi. Subito certo non
sarà di ritorno...
IL cAPo Ah!...
LA MADRE Sì, credetemi... Ma cosa volete da lui, cosa
volete da lui non, non ha fatto niente... (con terrore)
No!... non portatemelo via.
IL CAPO Si calmi, Signora, non gli si farà nessun male".
UNO SBIRRO (con accento rtraaiero) Guardate qua c'è
un cassetto segreto.
LA MADRE (preczpitandosi tra le guardie e il carrello)
No, non toccate, qui non c’è niente, ve lo giuro. No,
signori gendarmi, lasciate stare, qui ci sono... le sue
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da «La ma g/:ma» l ì
poesie. Si, egli faceva delle poesie non può aver fatto
niente di male, ma ora andate andate via...
IL CAPO (riuscendo a prendere ie carte cbe erano nel cas-
setto e sfog/iandole) Oh! sono proprio quelle che cer-
cavo..,
LA MADRE Quelle carte, sono mie, mie... me le ha date...
IL CAPO Via, via Signora, si calmi.
Si sente battere alla porta,
LA MADRE Guido!?...
IL CAPO È lui. Presto voi mettete un po' in ordine. Vo-
glio raccogliere qualche altra prova; seguitemi.
Escono per una porta che da in ana sala attigua allo studio.
SOLERA (entrando) Mamma, mamma, preparami i ba-
gagli; me l'ha detto da parte di suo padre, Lucia, sta-
notte parto... finalmente si saprà cosa sono capaci di
fare gl`Italiani.
LA MADRE Taci, Guido! Entrano iznprovvisarnente le guardie,
SOLERA Come siete qui? Che cosa volete?...
IL CAPO (mostrando Ze carte) Siete in arresto...
SOLERA (Tenta diprenderle ma è trattenuto.) Maledetti!
IL CAPO Seguiteci, e non tentate di fare resistenza che è
peggio per voi.
LA MADRE No, non portatelo via, lasciatemelon. Lui,
Guido il mio bambino, in prigione, oh no, non voglio
nemmeno immaginarmelo. Vi prego, vi supplico, so-
no sua madre e lo so, non ha fatto, non può aver fatto
nessun male. Questo giovane l'l'1o fatto nascere io,
l'ho fatto crescere io, è mio, mio, mio, soltanto mio,
voi non lo dovete rubare. Ecco, ecco, vieni qua Gui-
do... Guido vieni tra le braccia della tua mamma, ve-
di? I gendarmi si commuovono, ti lasciano con me!
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H Ji: ««I.u wm g/m·m»
Anche voi avete una madre, vero signore guardie, an-
che voi sapete che cosa sia una madre, e per questo vi
commuovete.
iL CAPO Ma Signora, noi dobbiamo.
LA MADRE No, non ditemelo, non lo voglio nemmeno
sentire, Guido è innocente, ve lo giuro. Ecco guardate-
mi, anche voi avete un cuore, io sono in ginocchio da-
vanti a voi, non conducetemi via mio figlio! Eli ri-
marrà sempre con me, andremo lontano via di qui e lui
farà le sue poesie e le leggerà soltanto a me... non farà
niente di male a voi ed al vostro governo, si sì che egli
ha sempre rispettato E Ve lo giuro ! Ve lo giuro.
IL CAPO Si calmi, si calmi, suo figlio...
Guido cbe era rimasto mu!0 ed impzclrzlo xo!/eva la ma-
dre da terra e la fa tacere c0n un lungo abbraccio e poi al-
Iomzmandoxi rapidamerzte:
SOLERA Andiamo, son pronto.
Solera exce con gli sbzrri.
LA MADRE (xcoppiaudo ir: un pianto comzulw, e ricaden-
do in gzhuccbio) Guid0!... Guido!...
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ATTO III
SCENA I
La piazza di San Marco a Venezia fulgente nei role di una
giornata calda e rerena, Una gran moltitudine di popolo
rurnoreggia intorno. Vi è anche gran numero di gendarmi
tedexcbi con ie armi xguainale. Nei mezzo della piazza è
eretto un podio dove i prigionieri stanno a rentire ie loro
xentenze.
IL BANDITORE Il cesareo Regio L0mbardo—Veneto del
supremo tribunale di giustizia sedente in Verona con
sua decisione del 1819 ha dichiarato: il Foresti, il Vil-
la, don Fortini, l`Or0boni, il Bacchiega, il Rinaldi, il
Canonici, il Delfini, il Cecchetti, il Munari, il Caravie-
ri, il Monti, il Solera, rei de] delitto di alto tradimento,
li ha condannati alla pena di morte; li condanna inol-
tre al pagamento delle spese processuali ed alimenta-
rie, colle riserve del S. S3 del codice penale.
Il popoio rumoreggial
UNA DONNA Puareti, 0 Madona, Madonal xe de diven-
tar mati! Cossa gali fato po'! Ah Madona!...
UN UOMO Niente, niente hanno fatto, hanno soltanto
voluto cacciare dalla loro Patria gli oppressori, i tede-
schi,
II UOMO Maledetti tedeschi!
III UOMO Vigliachi, fioi de cani!
I DONNA A se fussi un omo mi, altro che star ferma qua
a veder!
II DONNA Vardcli là puareti! i par quasi putei ancora;
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lo tin «—l .1 wm _u/r·rm»»
vurdtt. vardu quel là, se ghe vede una lagremam il
pianse. (Piange anche lei.)
I11 DONNA E quel là il prega, a Madona, Madona, me
vien da piansar; so mama la diventerà mata. Ah! se
fussi un omo a 'st'oral,,.
La folla rumoreggza più forte
I UOMO Via di qua i tedeschi, di Venezia sono padroni
i Veneziani.,
I DONNA Bote, bote ai tedeschi, maledetti, c0peli...
La folla xi agita pauroxamente, ma i soldati austriaci colpi-
scono coi calci dei fucili i più vicini e tirano colpi in aria,
la folla un po' alla volta fa silenzio, nondimeno una in-
quieta tensione domina su di essa; qualche donna ancora
piange ed ogni tanto si sente un 'irnprecazione: intanto un
u/jůczalefa cenno ai prigionieri di rimanere sul podio.
MONTI Solera, hai sentito?... Noi siamo dei traditori.,
Dio di giustizial.,
SOLERA (prima rivolto al compagno, poi come parlasse a
se xtexxo) E pensare che io ho tanto tremato questo
momento! Ed ero io così vile? Ah io rinnego quei mo-
menti della mia vita in cui il mio cuore ha avuto la pu-
sillanimità di aver paura di morire per la patria. Ed
ero io quel giovane, che nella sua umida cella, sbarra-
va gli occhi nel buio e piangeva ed invocava la madre,
e voleva la sua giovinezza? E fui io, che nella luce livi-
da dell'alba, mentre pregavo Iddio, facevo tanto sfor-
zo ad acquetare, con la ragione, il cuore che piange-
va? Che calma indicibile nel mio cuore! Vedo tanta
luce intorno a me e tanto sole m'in0nda la fronte.
Cos'è questa calma celeste? È la m©rte... la morte. Il
sangue non mi pulsa più rapido nei polsi a questo no-
me. La morte. Ecco, io fra poco non sarò che un cor-
po gelido, i miei occhi guarderanno senza luce, il cie-
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cla «La ma gl/u'/a» IT
Io. Ma che importa?... E mia madre... Ah mia madre!
(lunga paura) lo mi sento più vicino a Dio, sento che
la Sua mano mi passa sulla fronte ed io rabbrividi-
sco... Vedo ai miei piedi tanta gente: essa tende i pu-
gni, ed impreca e piange per me. ll suo urlo giunge al
mio orecchio opaco, confuso, come un pianto lonta-
no. Ma io non sono più uno di essi, io fra pochi giri di
sole non sarò più di questa vita. lo muoio per la Pa-
tria, io muoio per la Patria. Vedo strani lampeggia-
menti nel cielo, sento rintronare nel mio cervello un
richiamo lontano; essi sono gli eroi d`ltalia che mi
chiamano, ed io domani sarò tra di loro, e andremo
pei cieli inneggiancloln.
Si vede farsi larga tra la folla la madre sorretta da un rervo.
LA MADRE Sono sua madre... sono sua madre... sua ma-
dre. (Si avvicina al podzb, e vede zlůglŕo mn gli occhi
rivolti al cielo, artrarlo.) Guido, figlio mio!... (Guido
n0n l'0de, allora ella tace e conternplandolo prega ap-
poggiata al palco.)
Un uyfczalefa cenno di guardare vento il balcone.
[L BANDITORE Subordinati gli atti colle relative Senten-
ze a Sua Sacra Cesarea Regia Maestà Apostolica con
veneratissime sovrane risoluzioni, li 29 Agosto 1820 si
è clementissimamente degnato di conclonare in via di
grazia al: Foresti, Villa, don Fortini, Oroboni, Bac-
chiega, Rinaldi, Canonici, Delfini, Cecchetti, Munari,
Caravieri, Monti e al Solera, la meritata pena di morte
ed ha invece ordinato che debbano subire la pena del
duro carcere. Scontata la pena, quelli dei delinquenti
che sono sudditi esteri, verranno banditi. Tale supre-
ma Decisione, e tale clementissima Sovrana Risoluzio-
ne vengono portate a pubblica notizia, in esecuzione
del Venerato Antico Decreto del Senato Lombardo-
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IN I/I1 «I.I1 wm g/urm»
Veneto del supremo Tribunale di Giustizia 11 corren-
te n. 1, partecipato col rispettato Dispaccio dell'Impe—
riale Regia Commissione speciale di seconda istanza
14 detto Mese n. 34. Dall`Imperia1e Regia Commissio-
ne speciale di prima istanza.
I [ popolo mormora.
I DONNA Manco mal, Signor".
I UOMO Sarebbe stato meglio che li avessero uccisi.
I1 DONNA No, no perché?
I UOMO Spielberg, orribile tana!...
LA MADRE Guido, Guido, viscere mie, non posso sop-
portare!... 10 muorirò, io mu0rirò... Ma che cosa ho
fatto perché il Signore mi punisca così? che cosa ho
fattol? Oh Guido, Guido, Guido.
Iprigionieri vengono fatti rceridere; Solera vede sua
madre.
SOLERA Oh mamma, mamma (viene spinto avanti dai
gendarmi), mamma prega, prega tanto per me... e per
l'Ita]ia!...
1...]
(1938)
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da «EDIP© ALL’ALBA»
============================================Page 134==================================================
Perxomzggi
EDIPO
ISMENE
ANTIGONE
MENADI
CORO
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[PARTE QUARTA]
ISMENE Padre. Gente. Già la mia anima si è disciolta
da questi luoghi terrestri: qui resta la mia ombra di
carne e grida; e lacrime. Lacrime io spargo alla vostra
presenza, se lieve il vento spazia tra voi. Se spira luce
dai vostri occhi... occhi! Gente, padre, non mi guar-
date! Non fatemi soggiacere“ alla luce che vi alita alle
pupille! Sole! Sguardi! Terrore! Ah, voi sorridere, la
vostra vita è nascosta dietro l'aerea ironia dei vostri
occhi! E io sola, fra voi, m`agito come una serpe, che,
uscira dalla selva, si trascina atterrita al sole, Ma tu
non tradirmi cupa volontà di esprimermi, se agli oc-
chi dolci dei fanciulli traluce terrore ed ansia; se sulle
bocche degli uomini indugia un molle sorriso, in con-
trasto alla attenta severità del volto, non mi anima un
inutile ritegno. Sono qui per confessarmi, per svelare
la vergogna della mia anima.
MENADI
Di dolci confidenze
mattino è questo!
ISMENE Come i.l giocoliere che nelle sere d'estate scen—
de da remoti poggi con il suo orso, e di lontano risuo-
na il suo cavo tamburo, per chiamare a raccolta la
buona gente dei villaggi, e, giunto nella piazza, fiacco-
le s`accendono e fumano, quasi foriere della dolce lu-
a soccombere
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Il i/u <<Iti/1[mu//'«1//m>>
na, e tutti eccitati e lieti tacciono, preparandosi ad
ammirare quello straniero dal volto scuro e scavato
spirante un`amichevole soggezione, così ora io di-
scendo fra voi, 0 Tebani, decisa a intrattenervi, finché
tutta la mia vergogna vi sarà svelata ed avrete ribrez-
zo“ di me.
MENADI
Lieti, lieti, lieti
torna in allegrezza
l'antico dolore,
come le fronde gaie
al vento lacrimoso,
al pianto doloroso
si scuotono le risa.
ISMENE Mala mia anima non è qui, ed io mi vedo simi-
le ai convitati ubriachi, quali essi ricompaiono nella
memoria del giovirietto per la prima volta inebriatosi.
Io cammino sulla terra come sopra le nubi; parlo co—
me dormiente; piango, e — come la pioggia che cade
dai nembi, e, dietro, nel caro cielo, brilla intatta la lu-
ce — io non sento dolore. Sarò passata tra voi innocen-
ti come l'ombra di un tuono lontano, come un sogno
che torna tutte le notti e al mattino resta dimenticato.
Il mio peccato è grande e voi lo ascolterete,
ANTIGONE
Sorella dolce,
serena molce
quiete d'andare.
Lontane andiamo,
restando mute,
non confidare
è quanto resta.
Ah, non parlare
a orrore
============================================Page 137==================================================
da «Ed1pu a/('a[ba» Z}
a lui furzexm.
Pensosa e mesta
tieni conchiuso
il tuo segreto,
luttuoso pegno
di tua pietà.
MENADI
Vile tu parli,
deludi la certezza.
Vita si concatena
senza amistà.
Con istanze pieghevoli
non s'inganna il trascorrere
della vita infrenabile.
Il dolore non merita
un pietoso silenzio,
bensì voce implacabile.
ANTIGONE
Non cadere in ascolto,
noi siamo sorelle,
e questi ci è padre
che luce non ha.
Fatti Santa al silenzio:
non sa il tuo peccato,
ma muta ti serbi
figliale bontà.
ISMENE La mia anima è già lontana. A chi parli, sorel-
la?... Sorella? Che dico? Non guardarmi, fanciulla di
questa terra, figlia di uomini, che porti nome «Anti-
gone». Io non reggo al tuo sguardo; viva e pura a te
s’affaccia l’anima nelle pupille: non come a me, che
mi nascondo a toccare il fondo dell'angoscia, tutta
presa dal pensiero del mio inconfessabile peccato!
MENADI
Senti, senti, padre,
cosa narra la figlia,
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Z4 ./.1 ··l;J1[·/u .1//Q1//m»
che dolci confidenze
stamane ti farà!
ANTIGONE
Padre, resta conchiuso
nel silenzio del sangue,
non uscire alla luce
che d'intorno ti langue!
ISMENE Fu un meriggio di primavera. lo ricordo con
chiarezza quel giorno. I fanciulli affluivano sulle spon-
de del fiume.
Io ero dolce e convinta ai raggi sereni di quella luce, e
mi allontanavo dalle mie voglie, a cercar solitudini
ben disposte ai miei canti: correvo lieve pei prati, e
godevo della mia gioia, come di una gioia altrui, quasi
l'anima serena e la nuova stagione mi avessero a me
stessa rapita. Ero lieta, Tebani, ero simile a voi. Quan-
d'ecco, coi suoi compagni, scorsi il fratellino. Feci per
chiamarlo, ma tacqui, avendolo visto tutto perso in
una dolce occupazione. Fratellino? Che dico? Allora
mi avvidi ch’era già aitante, e sulle scarse labbra sorri-
deva inquietamente un`ombra di lanugine: le puerili
narici e gli occhi erano avvolti in un remoto velo di
ironia. Egli, coi suoi compagni audacemente insegui-
va un gruppo di fanciulle lungo i prati del fiume. Ah,
fratellino mio, simile alla terra che la primavera, d`im-
prowiso, muta, tu — che io credevo remoto e inno-
cente alle cose d'amore — ben sagace e sicuro, allora
mi sei comparso. Una fanciulla che ti fuggiva, agguan—
tasti leggero per la chioma, e dopo breve titubanza,
quasi smarrito dinnanzi a quel tuo gesto, le posasti un
bacio sulla gota. Ah, tu non hai avvertito — allora - il
brivido che percorse le mie ossa! Ma risi, e, meravi-
gliata, proseguii per la mia strada, cercando, col can-
to, di allontanare la tua immagine. Ma quanto più lo
respingevo in fondo alla mia anima, tanto più il tuo
sorriso mi brillava, fresco come erba stillante. Io sor-
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da «Ed1pr1 a//'aIba» Zi
ridevo, illusa, al tuo pensiero, ma una forza in me cer-
cava di tenerti lontano, di respingerti nel buio delle
cose sconosciute 0 dimenticate.
Così, di passo in passo, andai lontano. Tornò la sera,
si riaccesero i lumi. Canti e danze portò la cena, grida
di gente in festa, fioco stormire d'alberi: io mi disper-
si, mi ritrovai, più lieta; ero simile a voi, Tebani.
ANTIGONE
Vivi, taci e nasconditi,
ognuno in suo pensiero,
nutre per te pietà.
Ma non oltre ferire
— con detti — del fratello
l'ima verginità.
ISMENE lo non voglio pietà, né voglio tacere: a voi, che
fuggite il pensiero della sventura come gli uccelli si
disperdono dopo la tempesta, io griderò chiara e in-
tatta la mia vergogna; quella“ che sopporto da anni in
silenzio e che ad ogni giovanile insorgere di risa mi
tornava alla mente dolorosa e vergine e sempre nuova
come la luce del giorno; quello che io ero diuturna-
mente condannata a scontare con una menzogna sen-
za remissione. E non era come i vostri dolori, uomini,
che facilmente vi vantare di essere innocenti, quasi
come le vostre pene che per breve tempo vi tormenta-
no, a lasciarvi, poi, liberi e puri, a ritentare la vita, ma
interminata mi opprimeva a rasentare la terra, in-
terminata a rivelarmi chiarissimo, concreto e sempre
vergine il pensiero della morte, interminata a sentirmi
vile, esclusa dalla vostra cerchia umana.
Non vi chiedo — ora — che ascoltarmi: padre, per po-
chi istanti ancora vivi nella tua larva di carne, e tu, so-
rella, abbi compassione di me, lascia che consumi fi-
' la vergogna
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In Ju «I:}/1[vu i1/[`ii//m»
no in fondo la mia vergogna, e, in nome della vostra
vita — che pura ed innocente mi soverchia — io mi con-
vinca di morte.
Voi mi ascolterete fino in fondo: questo è il legno do-
ve io con le mie stesse mani mi crocifiggo, e tu, Cristo,
assistimi.
CORO
Ah, tu vieni funesta,
a farci chiare imprese
che a noi tornano offese,
MENADI
Chinate il capo, uomini,
dinnanzi a peccatrice:
non siate vani giudici,
pieni di pompa ed ira.
Non fatevi invidiabili
per virtù non sudata.
Ma voi- si sa — di biasimi
siete sempre ampollosi.
ISMENE Ero ancora simile a voi, Tebani, in quella sera.
Illesa e intatta danzai con le vergini coetanee. Ma la
notte, nel sonno, fui colta e perduta per sempre, da
un sogno che, destandomi, non seppi ricordare, ma
che mi rapì in un mondo diverso e oscuro, come un
peso implacabile, a inquietarmi con misteriosi rimor-
si. lo non sapevo allora quali immagini, quali ricordi,
fossero comparsi nella mia mente inerme di volontà; e
per molte notti fui trascinata fuori di me, in un mon-
do remoto ed atroce, che mi ispirava orrore e deside-
rio. La mattina, con le ciglia secche, e le menti tor-
bide, mi sentivo sopravvissuta a patire la luce del
giorno, la carne degli altri uomini. Già ognuno di voi
mi appariva diverso e distante: delizioso. Quanto cer-
cai di risalire alle origini del sogno, quante volte mi
disperai a dividere in immagini il sentimento che me
ne restava, come le alghe lasciate sulla terra!
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da «Ea'1]w a//'al/m» 27
COR0
O creatura scontenta
sorta per deplorare
quello che vita adorna,
la speranza non torna
a chi deve scontare
peccato per peccato.
Sappi: peccato è invidia
a questa dolce vita.
MENADI
Il peccato è sciagura,
e la virtù è ben cupa,
che in perdono ha paura!
Su, non fatevi forti
per virtù non sofferta,
e non ritorni oscura
l`assai rara pietà.
Ma prendetevi cura
d’ascoltar come Ismene
cadde innocente preda
d`ima fatalità;
come nel tetro sogno
s'intraveda il destino
che perduta l'avrà!
ISMENE Ma ben presto ebbi a invidiare anche quei
giorni angosciosi. Era certo cosa migliore per me ap-
pressarmi alla notte col terrore di un sogno inspiega-
bile, che conservare a me stessa e desiderare, quasi
unica speranza ed estremo sollievo, le colpevoli visio-
ni di quello stesso sogno, allorché mi fu rivelato. E ciò
accadde un giorno di piena estate. Bramivano le cica-
le nell’ardente polvere dei boschi, e caduti in un
profondo silenzio erano gli uomini. Io, esausta di so·
gni, torbida, dubbiosa della Stessa luce del giorno, mi
< > accecata, camminando lungo i prati deserti.
Quand'ecco, presso la gora che giace luminosa negli
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28 Ju «IÀ.I1[¤r> ii//'ii//m»
orti della reggia, tra due siepi oscure, nudo, chiarissi-
mo, vidi i.l fratello ancora madido d`acque. Egli, scor-
gendomi, mi trafisse, — un lampo — coi suoi occhi acu—
ti, rise e fuggì. Così scoprii chi mi turbava nei
profondi sonni, di chi restavo priva negli aridi giorni.
ANTIGONE
Padre, padre, fuggiamo
intatti ripariamo
dove non torna voce.
Padre, padre, fuggiamo.
E tu sorella oscura
resta dove spaura
lo spettro del peccato;
esso non mi tormenta
ma clemente ti supplico,
non parlare più oltre.
Padre, padre, fuggiamo.
EDIPO Mi legarono a questa terra, Cristo, i tuoi figli
con i loro vincoli d'amore.
Ed io tra essi vivevo, quasi inconscio di te, quasi per-
duto nelle loro risa.
Ma come a questo giorno mi avvicino, a quest’ora, a
questo immenso silenzio, tocco il fondo del vero, e, di
me smemorato, ben chiara scorgo la nostra miseria.
ANTIGONE
Grazie, grazie, Signore
esultante in dolore
a te volgo le palme.
Tu ripari e proteggi
l’afflitt0 genitore:
non con alto silenzio,
non coi miei canti miseri,
ma con giusta preghiera.
Grazie, grazie, Signore;
o padre non a]l’anima
remota 0 al caro sangue
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Ja «E¢/ipo u//'a//mu 29
tu cercare riparo,
ma librati in preghiera
che lontano rapisce.
Grazie, grazie, Signore.
ISMENE Ora egli sta ritto presso il feretro della nostra
madre, oscuro, terreo; tace da lunghe ore, ma non la-
crime gli sgorgano alle ciglia, non s'abbandona al
pianto, non rompe in grida. Solo resta a vegliarla, tra
pochi servi. Le sta presso il capo, imperioso, spento
di dolore. E non piange.
Ormai, allorché lo scorsi, sentii che nulla più mi resta-
va; tutto decadde intorno a me. Per la prima volta av-
vertii presente, greve, concreto il pensiero della morte,
non come minaccia, ma estrema mia speranza. Provai
anche, in quel punto, un puerile desiderio di dolce
pianto, di paterna protezione, così mi affidai, rassegna-
ta e quasi casta al corso del mio destino, presentendo
tutto quello che si sarebbe compiuto senza perdono.
Fuggii, non correndo atterrita, ma serena e decisa, pas—
so passo, soppesando la mia miseria, rimirando tutte le
possibilità della mia vita fino alla morte; e tutte le ind0—
vinai con acre precisione. Ah, non più attendere trepi—
dante la notte come la fanciulla attende, nell'usat0 luo-
go, l'amato! Non più lamentare non la forza di vincere
i.l peccato, ma la forza di pcrpetrarlo. lo vi narro queste
mie vergogne, e voi non abbiate pietà, non perdonate-
mi. Quanto a me, la mia vita è sul finire, per questo par-
lo così sicura dinnanzi a voi: queste sono le mie parole
supreme, poiché né preghiera né castigo potranno libe-
rarmi dalla vergogna che mi umilia. Solo tu, finale mor—
te, liberatrice e leggera, potrai disperdere il peso della
mia passione, solo tu, distruggendo questa mia larva di
carne e sogni, abbattendola e annientandola.
ANTIGONE
Vedo luce di morte,
padre, padre fuggiamo.
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HH (L1 <«I;'J1pn ir[['«1[}m»
Giace intorno il silenzio,
e l`ora s`avvicina.
Vedo luce di morte!
ISMENE Padre, ora tutto decade intorno a noi: tu ed io.
Ho detto tutto quello che dovevo dirti: ho offeso te e
il tuo sangue. Puniscimi. Morte mi resta, nient’altro.
Pentirmi? In nome di chi? Dio m'ha abbandonata.
Tra gli uomini io non vivo più da lungo tempo. Ora
siamo rimasti soli, tu ed io: tu punitore, io martire.
Soli, dinnanzi a Dio. Ho portato con me l'arma: ecco-
la. Prendila. Non ho altre parole.
CORO
Edipo prende l'arma.
Ma non guarda la figlia:
guarda remoto, ed essa
attende, quasi senz'anima.
Egli, assorto, non muove
ciglio; essa gli dice, Guardami.
Allora egli la guarda;
essa gli afferra il polso, egli
non resiste, docile.
Stringi, gli dice; indi
guida il colpo mortale.
ISMENE Grazie, padre. Ora, in punto di morte, mi è
dolce il sapermi non perdonata da voi, Tebani, non
più ignoti, ma vicini e fratelli. lo me ne vado, simile al
cieco, il cui dubbio presso la morte, se ringraziarla lie-
to, o più interamente abbandonarsi al rimpianto di
una vita non vissuta“, ha senso di dolore eterno.
ANTIGONE
È morta! E noi soavi
proseguiamo nel mito
della nostra esistenza.
° se più interamente abbandonarsi al rimpianto di una vita non vis-
suta 0 liberarsene lieto
============================================Page 145==================================================
da «EJip0 u//'a//2a» 5 I
Noi illumina il sole
noi (eriscono l`aure,
a noi cantano uccelli
e fioriscono i cigli.
Grazie, grazie, Signore
consolazione acerba
soavemente ci dai.
È morta! Aerea vita
noi solleva contenti.
Vedo luce di morte,
ma serena e svanita
dolce, triste e smarrita.
Grazie, grazie, Signore:
VENTO LIEVE DI MORTE
SPARGI SU NOI VIVENTI.
CORO
Qui giaci peccatrice,
qui sconta i.l tuo peccato,
se oscuro perdonato
tetro se confessato.
Chiederanno il silenzio,
hai voluto turbarci
coi tuoi detti crudeli:
peccato è giudicato.
MENADI
Gloria di confessione,
inno della vergogna,
sei giunto tra costoro,
tutta ardente di voci.
Or riluci di morte,
ben alta e ben sicura
come il tuono lontano
sopra le basse mura.
CORO
Piuttosto come serpe
ai piedi dei fanciulli
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E ./.1 «I;}/1[vn .1//'«//}m»
tutta laida di sangue,
pcrigliosa c tetra,
qui giaci, pcccatricc,
insensata a turbarci
con voce vergognosa.
[...]
============================================Page 147==================================================
IFRAMMENTOJ
EDIPO
Ombra tetra, Citerea,
grava su noi; dammi ch’io giaccia
sui marmi che ti vedono.
O nebbia, come fumi sui coll.i
lacrimosi del mio spirito,
come ingombri la mia cieca
notte; piango. Non vedrò
lume seminare la notte,
non vedrò, non vedrò fuochi
accesi su mattinali erbe.
Cosa mi attende? Tu, alba,
scavata tra le spine degli orti,
passa tra la bruma
che si rischiara sopra i miei lumi
spenti. E già tu imbianchi
la mia fronte, tetra agonia,
tra l'erbe e le squallide viti.
Già, già non mi rimembro
le pietrose vie di Tebe;
come spanda, in questo primo
autunno, gli arsi suoi fumi
al cielo.
CORO
Oh giorno!
padre viene, e sembra
celarsi all'aspro latte dell'alba!
Reggia, come di mute pietre
t’illumini, nella sospesa speranza
============================================Page 148==================================================
ì-I Ji: ·«I1iI1[><« ii//'ii//un
del giorno. Già vita agli alberi
trema, < » dai nidi sciolgono
tiepidi uccelli.
S'estingue il fiato della notte
a strida esi.li, a rovinosi strazi,
0 luminosa sera, sull'orlo delle montagne!
O come fu che il cuore a questa
notte fu trafitto da grida,
e sangue intrise i talami?
Così voi ci lasciate attoniti,
nello stupore della prima luce,
o grida, o pianti e lagni,
come foste sospesi nella lunga
notte. Fu vero
l’urlo che annunciò: Morta
è Giocasta? E dove s`è disperso?
Funebre luce ingombra ora
i tetti e di lontano splende,
sulle chine dei monti.
Da che letti sorgiamo?
EDIPO
Come la schiuma al mare
ai piedi di chi lo guarda —
e trema — silente scroscia,
così le vostre voci, Tebani,
al mio remoto esilio.
Dite, s'è spenta
nelle radure Espero?
Odo guaire cani:
cori nei suoi lontani campi
il contadino i suoi
arringa — sonnolento — sopra le argille
che si crepano all'alba.
CORO
Ahi,
ahi, preme Giocasta il talamo:
============================================Page 149==================================================
Ju «Ed1pn al/'al/2u» W
le ferisce luce.
dai balconi, il sangue.
La reggia è vuota. Antigone
è scomparsa, e si depone
ombra sopra le sue feste.
E tu che pensi? Non lacrime
scorgiamo, nella bianca tabe
delle tue ciglia. Non hai lamenti
per lutti del tuo sangue.
Non alzi pianto
sui relitti di Giocasta esangui.
Sola giace: colombe
la guardano bianche dalle finestre;
greve l'alba geme
sopra le sorde mura di Tebe;
e chi avrà cura dei funerei
riti?
Ma non ci ascolti.
EDIPO
Il vostro giorno con i miei occhi
spenti, guardo. Chi sono io,
ormai, se non duro relitto
dove s'oscura sera e trema luce?
Sono, ormai, come l'antro
muto, che risponde ai gemiti.
Mi piego a voi come a non scorto
lume mi coloro. Son vuoto
d'ar1ima, sopra di me si posa
giorno come sulle salme
degli alberi, stupore delle statue.
Io sono l’aria dove voi gemete
la mia sorte ei miei morti.
Come la luce sopra me si posano
i pianti vostri. Volete dunque
a Giocasta sepolcro?
Ecco, io sono aperto: in me
============================================Page 150==================================================
ì(· Ju «l;'i/1[ru it//X1]/m»
la seppellire. Più non mi scorgo:
già sono l`aria
squassata dalle vostre strida,
il mio passo è il vento...
CORO
Antigone
ricorda almeno: come tra pietre
e desolate erbe fuggiva...
EDIPO
Fuggita?
Sì. Fuggita. Al passare
dell'ombre. Come di vespro
all'ora estrema. Torcevo i lumi
ma già era fuggita. Estrema
le fu sembianza morte di fuoco,
emblema dolce della sera,
dentro le nostre case. Te, ultimo
vidi, fuoco: fosti deserto
dove riscaldarsi era con risa
d'uso ai miei servi.
CORO
Signore,
sacro dovere è il pianto.
EDIPO
Di te,
non lamento, Giocasta,
non voi, giovani figli,
non sorte della mia vita.
Questa è la riva del mio cammino.
Pianto irriga questi miei prati.
Spuntano anche foglie, al dolore,
dentro queste ombre. Ma fermo
è il cielo, non spira vento.
Alto
silenzio. Oppresso siedo. Lascio
che la mia mente smemori.
============================================Page 151==================================================
da «E«',!/[III a[[`al/va» $7
CORO
Senti, chè nuovo pianto irriga
il cielo! Odi lagni
dalle case salire. Odi tumulto
di repressi silenzi.
Tebe s`imbianca al nuovo sole,
dove più alta giace
alla collina.
Non spira fumi,
non trascina carri cigolanti e bovi
dietro le siepi. Tace, come in alba
di festa.
Ecco, ecco padre,
senti lsmene che rompe
in strida il troppo a lungo
muto dolore: e con lunghi sgomenti,
tace.
EDIPO
Tacquc al venire dell'0mbre.
Con le mie mani i suoi singulti
ruppi e le gioiose grida.
O semplice del giorno luce
sei tramontata dietro a queste mani!
CORO
Le dita
mordil
EDIPO
Dolci morsi a queste
che solo a me sono reliquie,
mie dolci mani.
CORO
Sole reliquie, sì:
per rasciugare del fanciullo
pianto le guance dei tuoi figli.
EDIPO
Perenne ho aperto fonte
============================================Page 152==================================================
ìx Ji: «EiI1pu «1//`M//m»
di pianto, con queste mani.
Non s`interrompa. Impura prole
con il pianto si terga. Il pianto
irrighi la mia semenza. Nubi
di pianto sopra i miei rami
oscuri. O Dei, sereno occhio,
aperto sopra le nostre colpe,
voi giudicate. Giusto
com'io abbandono la mia stirpe
al pianto. Giusto
che senza tomba, all'ira
delle bestie e del tempo,
lasci chi per schifo di pianto
ha lavacro nel sangue.
CORO
Infine
umanamente esprimi, signore,
la tua sorte! Ecco che in te si scorge,
all`ira, rischiarare il volto!
EDIPO
Rischiararsi solo, vedo
il silenzio. Grida
son le mie ombre, silenzio
la mia sola luce!
Così mi sieda remoto
dentro la mia anima.
Grotta a sereni venti
non avrò lacrime
da ricordare.
Mi farò
silenzio". Vedrete l’alba
imbianchire
sul mio immobile sangue.
(1942)
============================================Page 153==================================================
I TURCS TAL FRIUL
============================================Page 154==================================================
Perxonir
PAULI COLUS
MENI COLUS
ANUTA PERLINA
ZUAN GAMBILIN
sçmw cummùs
CENCI VERULIN
LUSSIA COLUS
NISIUTI COLUS
MATIA DE MONTIQ
ZUAN COLUS
Asxùr
BASTIAN DE JACÈS
IL PRED!
PIER1 RENÈJT
I TURCS
NAL© ]OVAQìN
A Cararsa ta l'an 1499. Drenti dal puàrlin da la çasa dai
Colux, ou 'l çar e altri: imprextx par çera.
Maggio 1944, Casarxa
A Cararra r1¢·Il'arm0 1499. Dentro ilpurlico della caxa dei C0/ur, con
il cam) ed allri allrczzi per Ierral
============================================Page 155==================================================
PAULI COLUS Crist, pictàt dal nustri paìs. No par fani
pi siors di qcl q`i sin, No par dani ploja. No par dani
soreli. Pati çalt e freit c dutis li tcmpiestis dal sèil, al è
il nustri distìn. Lu savìn. Quantis mai voltis ta qista
nustra Glisiuta di Santa Cròus i vin çantàt li litanis,
parsè qc Tu ti vedis pietàt da la nustra çcra! Vuei i si
'necuarzìn di vèj preàt par nuja: vuci i si 'necuatzìn qe
Tu ti sos massa pi in alt da la nustra ploja e dal nustri
soreli c dai nustris afans. Vuci a è la muart q'a ni spe—
ta cà intor. Cà intor, Crist, dulà q'i sin stas tant vifs da
crodi di stà vifs in eterno e qe in ctcrno Tu ti ves di
daighi ploja ai nustris çamps, c salut ai nustris puors
cuarps. Ma di—n—dulà vènia qe muart? Cui àia clamàt
qì zent di un altri mont a puartani la fin da la nustra
puora vita, sensa pretesis, sensa ideài, sensa na gota di
ambitiòn? Ucà, a si stava, Crist, cu 'l nustri çar, cu la
PAULI COLUS Cristo, pietà del nostro paese. Non per farci più ric-
chi di quello che siamo. Non per darci pioggia. Non per darci sole.
Patirc caldo c freddo c tutte le tempeste del cielo, è il nostro desti-
no. Lo sappiamo. Quante volte in questa nostra Chiesetta di Santa
Croce abbiamo cantato le litanie, perché Tu avessi pietà della no-
stra terra! Oggi ci accorgiamo di aver pregato per niente: oggi ci
accorgiamo che Tu sei troppo più in alto della nostra pioggia e del
nostro sole e dei nostri affanni. Oggi è la morte che ci aspetta qua
attorno. Qua attorno, Cristo, dove siamo stati tanto vivi da credere
di vivere in eterno e che in eterno Tu dovessi dare pioggia ai nostri
campi, e salute ai nostri poveri corpi. Ma da dove viene quella
morte? Chi ha chiamato qui gente di un altro mondo a portarci la
fine della nostra povera vita, senza pretese, senza ideali, senza una
goccia d'ambizione? Qui, si stava, Cristo, con il nostro carro, con
============================================Page 156==================================================
4] I linux ml Frmf
nustra sapa, cu `l nustri colt, cu la nustra Glisiutaa.
Èsia pussibul qc dut qistu al vedi di finì? Se miracul
èsia, qistu, Signour, qc Tu ti vedis di vivi ençamò,
quant qc dut cà intor, qc ades al è vif, coma qc s'a.l ves
di stà vif par sempri, al sarà distrùt, sparìt, dismintiàt?
(A] si me! in zenoglòn.) E tu Verzin Beada? Sint se
bon odour q'al sofla dal nustri pais... Odour di fen e
di crbis bagnadis; odour di fogolars; odour q'i sintivi
di fantassìn tornant dal çamp. Tu, almancul, Tu, q'i ti
vedis pictat di nu, q’i ti fcrmis il Tur:.
MEN! COLUS (vzgnin! da la cori) Prea, Pauli, prea. A è
propit di preà. A sarès di tacà il De Profundis romai.
PAUL! cows Riditu?
MEN! COLUS jo? no. I no rit jo, Pauli, i no rit. Da plan-
si a sarès. E i plansi; no jòditu? Cà, ta la man: na àgri-
ma. Jo i plansi. Altri qc preà, altri qc lamcntasi. Da
blestemà a sarès, fradi. Blcstcmà qista vita, blestemà il
Signour e blcstemati te c duçu qci q'a stan cà coma tc
a preà c a patì.
!>Au!.! COLUS Se dini, Meni?
la nostra zappa, con il nostro concime, con la nostra Chiesetta,. È
possibile che tutto questo debba finire? Che miracolo è, questo, Si-
gnore, che Tu debba vivere ancora, quando tutto qua attorno, che
adesso è vivo, come se dovesse rimanere vivo per sempre, sarà di-
strutto, sparito, dimenticato? (Si mette in ginocchio.) E Tu Vergine
Beata? Senti che buon odore che soffia dal nostro paese.,, Odore
di fieno e di erbe bagnate; odore di focolari; odore che io sentivo
da ragazzo tomando dal campo. Tu, altneno, che Tu, abbia pietà
di noi, che fem1i il Turco. MEN! COLUS (venendo dal cortile) Pre-
ga, Pauli, prega. Tocca proprio pregare. Sarebbe da intonare il De
Profundis ormai. PAUL! c©!.us Ridi? MENI cotus Io? No. Io
non rido, Pauli, non rido. Da piangere sarebbe. E io piango; non
vedi? Qui, nella mano: una lacrima. Io piango. Altro che pregare,
altro che lamentarsi. Da bestemmiare sarebbe, fratello. Bestemmia-
re questa vita, bestemmiare il Signore e bestemmiare te e tutti quel-
li che stanno qua come te a pregare e a patire. PAUL! COLU5 Cosa
dici, Meni? MEN! COLUS Prego, si capisce. Ce lo meritiamo tutti
============================================Page 157==================================================
I Turri la! Friul 4}
MEN! COLUS I prei, si capìs. I si lu meritàn duçu di muti.
ANUT A PERLINA (vzgnŕn! four da na puartuta u man ran-
cu dal puártin) Frus, se vèizu di sigà? Zèit là a gustà,
q'a è ora. Vustra mari sul fouc dal fogolar a bat i dinç
di pòura; la stressa blança ingatiada a ghi trima ta qes
spalutis di muarta. Meni, te.,. i ti ài sintùt. Pensa a to
mari, Meni, satu? A trima par te iq, frutùt. A mena il
menescul ta la çaldera e tal fouc a jot il to volt. A me-
na, a mena e a vi0t a zirà tal fouc il to v0lt... Pauli! Ca-
pa to fradi sot il bras e ménilu a gusta, q'a è ora.
MEN! COLUS Dami il to grumàl, Anuta, il to grumàl fù-
mule veçu. Co i eri frut ti mi contavis fiabis, ti recuar—
ditu? E jo i pojavi la me musuta ta qistu grumàl. E
ades i mi neti li lagrimis dai vui.
PAUL! COLUS Prìn di sèna a è ençamò di governa. A zìn.
MEN! COLUS Sì, va a governa! Qista a è propit na sera
coma dutis qe altris. La nustra çera a è in pas, e il nu-
stri paìs sigur. Sì; e stanot i podìn zi a balà!
PAUL! COLUS l vai a governa; e a molzi. E tu ven a juda-
di morire. ANUTA PERLINA (venendo fuori da una porliczna alla ri-
nzr/ra del portico) Ragazzi, che avete da gridare? Andate là a man—
giare, che è ora, Vostra madre sul fuoco del focolare batte i denti
di paura; la treccia bianca arruffata le trema su quelle spallucce di
morta. Meni, tu.., ti ho sentito. Pensa a tua madre, Meni, sai? Tre-
ma per te lei, ragazzo, Gira il mestolo nel paiolo e nel fuoco vede il
tuo volto. Mescola, mescola e vede girare nel fuoco il tuo volt0..,
Pauli! Prendi tuo fratello sottobraccio e portalo a mangiare, che è
ora, MEN! COLUS Dammi il tuo grembiule, Anuta, il tuo grembiu-
le grigio fumo e vecchio. Quando ero bambino mi raccontavi fiabe,
tr ricordi? E io posavo la mia faccina in questo grembiule. E adesso
vi asciugo le lacrime dagli occhi. PAUL! COLUS Prima di cena c'è
ancora da governare le bestie. Andiamo, MEN! COLUS Sì, va a go-
vemate! Questa è proprio una sera come tutte le altre. La nostra
terra è m pace, e il nostro paese sicuro. Sì, e stanotte possiamo an-
darea ballare! PAUL! COLUS Vado a govemare; e a mungerc. E tu
vieni ad aiutarmi, e subito. Pregare e lavorare; questo ci resta. E tu,
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44 I vl`!/I`L`.\ ml Frml
mi, e sùbit. Preà e lavora; qistu a ni resta. E tu, puor
(rut, fa coma q`i fai jo: muri coma q'i sin sempri vivùs.
MENI COLUS Muri? Ah, Pauli, cui ti àia insegnàt qc
peràula? Crist, Crist, Crist! E il nustri paìs? Li nustris
çasis? I nustris padelùs? Ah, par Diu, si jo i mour, al
mour dut il m0nt... e tenebris e scur.., Una glas ta la
çàr... la muart! Ma di me se rèstia? Qistu paìs al resta,
se jo i mour. Ta qel Simiteri, cu 'i florùs e li erbutis, i
vai, s`i mour. Ma la muart ades, a no si trata q'a sedi
doma qe par me, Pauli; ma par te, par nustra mari, e
nustri pari, e il nustri paìs, e i nustris çamps e la nu-
stra Glisiuta!...
ANUTA PERLLNA Pauli al prea, Meni; e a no è dita qe il
Signour no 'l vedi di scoltalu. Dut il paìs al prea dopo
lavorat, a Rosari. ]o i soi veça, e i vuardi dut coma di
lontan; coma dai confins dal mont. Davour di me, do-
pu q'i soi vivuda e muarta, i viot sucedi ençamò alc, jù
pal mont. Ma jo i sai doma na roba: qe dut qel qe i no
capivi dal Signour, ades i lu capìs; ença il pi grant mi-
povero ragazzo, fa` come faccio io: morire come siamo sempre vis-
suti. MENI COLUS Morire? Ah, Pauli, chi ti ha insegnato quella pa-
rola? Cristo, Cristo, Cristo! E i.l nostro paese? Le nostre case? Le
nostre pentole? Ah, per Dio, se io muoio, muore tutto il mond0... e
tenebre e oscuritàn. Un gelo nella carne... la morte! Ma di me che
resta? Questo paese resta, se io muoio. ln quel Cimitero, con i fio-
rellini e l'erbetta, io vado, se muoio. Ma la morte adesso, non è so-
lo per me, Pauli; ma per te, per nostra madre, e nostro padre, e il
nostro paese, e i nostri campi e la nostra Chiesetta! ANUTA PER-
LINA Pauli prega, Meni; e non è detto che il Signore non debba
ascoltarlo. Tutto il paese prega dopo il lavoro, a Rosario. lo sono
vecchia, e guardo tutto come da lontano; come dai confini del
mondo, Dietro di me, dopo che sono vissuta e morta, vedo succe-
dere ancora qualcosa, giù per il mondo. Ma io so solo una cosa:
che tutto quello che non capivo del Signore, adesso lo capisco: an-
che il più grande mistero, anche le cose più nascoste, anche la mor-
te; la morte di mio figlio giovinetto, nel fiore della vita, senza un
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I Turci ml Frml 45
steri, ença li robis pi platadis, ença la muart; la muart
di me fi zovinut, tal flour da la vita, sensa un parsè.
MEN! COLUS E jo i no capis nuja dal Signour, invest,
Nuja i no capìs. ]0 i sai doma qc na zent foresta a è v1-
gnùda ta la nustra çera a ruvinani e distrùzini. N issun
a si lu spetava. La muart, il fouc, la distrution, da un
moment a qe altri, cà, intor, Anuta, tai loucs dai nu-
stris veçus, dulà q”i vivìn da secui, darant il nustri
çamput.
PAUL! COLUS Q`a si fedi la voluntàt dal Signour,
MEN! COLUS No, Pauli. A no è justa. Diu a no 'l ni
vuarda; cui sa a se q'al pensa Lui là, tal Sèil! S`a si fos
ta ria sitàt, ta un pais grant, ta na montagna, forsi al si
necuarzarès di nu, Ma cà, tal fons dai çamps, spierdùs
ta cuatri çasis fùmulis, ta un bus dal Friul, coma faja il
Signour a impensasi di nu? A si nas, a si vif, a si mour.
E Lui a no 'l sa nuja, A ni copin; e Lui a no `l sa nuja.
PAUL! COLUS A no è vera, Metti. Il Signour al è ca, cun
nu. Tu no, forsi, ma jo si, ch’1 Lu }ot ogni di, ca intor.
Di sera, quant q`i torni dal çamp, ta la pica dal çar
perché. MEN! COLUS E io non capisco niente del Signore, invece.
Niente capisco. Io so solo che gente foresta è venuta nella nostra
terra a rovinarci e a distruggerci. Nessuno se lo aspettava. La mor-
te, il fuoco, la distruzione, da un momento all'altro, qua, intorno,
Anuta, nei luoghi dei nostri vecchi, dove viviamo da secoli, arando
il nostro campetto, PAUL! COLUS Che sia fatta la volontà del Si-
gnore. MEN! COLUS No, Pauli. Non è giusto, Dio non ci guarda;
chissà a cosa pensa Lui lassù, nel Cielo! Se fossimo in una città, in
un paese grande, su una montagna, forse si accorgercbbe di noi.
Ma qui, nel fondo dei campi, sperduti in quattro case grige di fu-
mo, in un buco del Friuli, come fa il Signore a preoccuparsi di noi?
S1 nasce, si vive, si muore. E Lui non sa niente, Ci ammazzano, e
Lui non sa niente. PAULI COLUS Non è vero, Meni. Il Signore è
qui, con noi. Tu no, forse, ma io sì, che Lo vedo ogni giorno, qua
intorno. Di sera, quando tomo dal campo, sulla cima del carro pie-
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-J(\ I Turri la] Frml
plen di fen, a mi par di toçalu cu la man il Signour, tal
sèi.l, tai nui infinis. No, Anuta?
ANUTA PERLINA Si, fantàt. Ades zèit a governa. E dopo
a senà. Vustra mari a vi speta... imam q’a sedi cussì; e
dopo, coma q'a si dis, il Signour al projodarà. (Meni e
Pauli a van via vierr la cor!.)
Madonuta, a mi a no mi impuarta di nuja romai. Veça
e sola q'i soi, in pom di muart, nuja a mi resta pi di
spetà al mom. Ma ben par qistu Tu ti às di scoltà di pi
la me prejera. Salva il nustri paìs, salvilu. E ten lonta-
na la muart dai so puors fantàs, qe àn tant da vivi
ençamò, e gioldi, e çantà, e lavora, e balà, e ama e
preati. Amen. (A va wa ença iq par la :0 puartuta.)
ZUAN GAMBILIN ]0t, jot, Sçefin, li nustris çasis. Dut in
pas. Cui q`al lavora, cui q'al gusta, cui q'al çama. A pa·
rarès di essi in plena tranquilitàt. Ah, i ti dis jo, Sçefin,
q'i sin duçu four di sen; i Tures ca intor q'a distruzin,
brusin, copin; e nualrris ea, se itinu? Se spetànu?
SQEFIN euARNùs A1 è dur inutil, Zuan.
ZUAN GAMBILIN No dut. Ale a si podarès fa...
no di fieno, mi pare di toccarlo con la mano il Signore, nel cielo,
tra le nuvole infinite. No, Anuta? ANUTA PERLINA Sì, ragazzo.
Adesso andate a governare. E dopo a cenare. Vostra madre vi aspet-
ta... intanto che sia così; e dopo, come si dice, il Signore provvederà.
(Meni e Pauli vanno wa verso il cortile.) Madonnina, a me non mi im-
porta di niente ormai. Vecchia e sola che sono, in punto di morte,
non mi resta più niente da aspettare al mondo. Ma proprio per que-
sto Tu devi ascoltare di più la mia preghiera. Salva il nostro paese,
salvalo. E tieni lontana la morte dai suoi poveri ragazzi, che hanno
tanto da vivere ancora, e godere, e cantare, e lavorare, e ballare, e
amare e pregarti. Amen. (Va wa anche lei per la rua pomcinali
ZUAN GAMBILIN Guarda, guarda, Sçefin, le nostre case, Tutto in pa-
ce. Chi lavora, chi mangia, chi canta. Sembrerebbe di essere in piena
tranquillità. Ah, ti dico io, Sçefin, che siamo tutti fuori di senno; i
Turchi qua imomo che distruggono, bruciano, ammazzano; e noial-
tri qua, che facciamo? Cosa aspettiamo? SQEFIN CUARNÈS È tutto
inutile, Zuan. ZUAN GAMBILIN Non tutto. Qualcosa si potrebbe fa-
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I 7`urct /alFr1ul 47
SQEFIN CUARNÈS Preà.
ZUAN GAMBILIN Preà se? Ma se la zent a no sa nença iq
parsè q'a prea. Ma cui, cà, di duçu qìsçus mas, a si im-
pensia che doman, propit doman, atu capìt? cuant q'a
tornata la lus matutina tal sei], la so çasa a podares es-
si brusada e lui muart? I sin duçu vuarbs.
SQEFIN CUARNUS Eh, si capìs, Zuan. Muri: a è na roba
massa granda par podèi pensala.
ZUAN GAMBILIN Ma ti jodaras qel q'i ti dis jo. A no pas-
sarà nença stassera, vuarda, q'i si 'necuarzarìn a se
pont q'i sin rivas. E alora se lamens, se planzudis! (A
xcumfrzxia a mmì Fzmtiòrz,)
MEN! (ÈOLUS (dremz, da la cort) Sunàit, sunàit, çampa—
nis! O se dols sussur! A par di essi di Pasca! Zèit a
Rosari, paisàns, zèit a preà il Signour, che li çampanis
a vi clamin coma dutis li seris. A è propit na sera di zi
a çantà.
CENCI VERULIN (mmm! crm allrix vo! rzòufpazkárzx) Se
ghi sàlria a Meni?
ZUAN GAMBILIN Se q’a ghi salta? Al à razòn, al à. Zèit,
zèit duçu pacifics in Glisia, qc il Turc al è justa coma
re... SQEFIN CUARNÈJS Pregare. ZUAN GAMBILIN Pregate cosa? Ma
se la gente non sa nemmeno lei perché prega. Ma chi, qua, di tutti
questi matti, immagina che domani, proprio domani, hai capito?,
quando tornerà la luce mattutina nel cielo, la sua casa potrebbe es-
sere bruciata e lui morto? Siamo tutti ciechi. SQEFIN CUARNUS Eh,
si capisce. Zuan. Morire: è una cosa troppo grande per poterla
pensare. ZUAN GAMBILIN Ma vedrai quello che ti dico io. Non
passerà neanche stasera, guarda, che ci accorgeremo a che punto
siamo arrivati. E allora che lamenti, che pianti! (Comincia a xumzar
Furzzzìme,) MENI COLUS (dentro, dal cortile.) Suonate, suonate,
campane! O che dolce suono! Pare di essere a Pasqua! Andate a
Rosario, paesani, andate a pregare il Signore, che le campane vi
chiamano come tutte le sere. E proprio una sera da andare a canta—
re, CENCI VERULIN (entrando con altri allo rmve paeszmi.) Cosa gli
prende a Meni? ZUAN GAMBILIN Cosa gli prende? Ha ragione, ha.
Andate, andate tutti pacifici in Chiesa, che il Turco è proprio come
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JR l 'l'1n·t'.i /i1/ Friul
il Diaul, q'a basta fassi il sèin da la Crous parsè q'a
sçampi via. Propit. I
cizivci VERULIN I Tures? Eh, a son lomans!
ZUAN GAMBILIN Tal Lusòns, a son. E forsi pi in cà: tal
Friul.
CENCI VERULIN E po', q'a vegnin. I farìn na bevuda in-
sièmit, al casu. Sinu libers ades forsi? Venetians 0
Turcs! A si trata di cambia paròn, ma il nustri toc di
pan e formadi cu 'l tajùt di neri lu varìn sempri, cora-
giu, Zuan.
ZUAN GAMBILIN I sin duçu vuarbs, i sin duçu vuarbs.
MENI COLUS (A] em vzgnu! la] puártz'11 cur: ro fradi.)
Vuarbs? Stùpis, Zuan!
PAUL] cows Zin a Rosari, famàs.
CENCI VERULIN A è sunat il bot. A è ora. (A wm duçu
via four qc Mani,)
MENI COLUS I ài alc tal cour.,. Na glas, un abandòn...
Dulà soiu cà?.,. Jeh, tal me paìs, i soi, tal me puàrtin...
I no sai s'i soi insumiàt 0 vif. A mi par di essi totnat cà
dopu un secul di muart; un secul di lontanansa. Ta
llaria scura e grisa i viot dut confus; a mi par q`a la me
il Diavolo, che basta farsi il segno della Croce perché scappi via.
Proprio. CENCI VERULIN I Turchi? Eh, sono lontani! ZUAN
GAMBILIN All'Isonzo, sono. E forse più in qua: nel Friuli. CENCI
VERULIN E poi, che vengano, Faremo una bevuta insieme, semmai,
Siamo liberi adesso forse? Veneziani o Turchi!... Si tratta di cam-
biar padrone, ma il nostro pezzo di pane e formaggio col bicchiere
di nero lo avremo sempre, coraggio, Zuan. ZUAN GAMBILIN Sia-
mo tutti ciechi, siamo tutti ciechi. MENI COLUS (Era venuto nel
portico con ruaŕulello.) Ciechi? Stupidi, Zuan! PAULI COLUS An-
diamo a Rosario, ragazzi, CENCI VERULIN È suonato il tocco. È
ora. (Vanna tutti via fuorché MemÀ) MENI COLUS Ho qualcosa nel
cuore... Un gelo, un abbandono., Dove sono qua?,.. Eh, nel mio
paese, sono, nel mio portico., Io non so se sogno o sono vivo. Mi
pare di essere tornato qua dopo un secolo di morte; un secolo di
lontananza. Nell'aria scura e grigia vedo tutto confuso; mi pare che
la mia casa, e i coppi, e i cespugli, stiano per dissolversi, Così forse
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I Turci la! Fr1'u[ 49
çasa, e i cops, e i bars, a sedin lì par svanì. Cussì forsi
al viodarès un muart, s'al vcs di torna, dopu tant
timp, ta la so çasa...
LUSSIA COLUS (enirant da Za cor!) Parsè no sotu zut a
Rosari?
MEN! COLUS Va e tas,
LUSSIA COLUS No ti às mangiàt nuja; e la polenta a è
freida. Cor a mangia, e dopu zin sùbit in Glisia.
MEN! COLUS Par Diu, mama, va via, i ti ài dita. Lassimi
in pas.
LUSSIA COLUS (Zini via vŕer: la Clima) Ah, Signourl
MEN! COLUS Puora femina. Va a preà cun qel cuarpùt
mindìc,.. Jot là se spalutis, puora mari, tal grumàl
fruvàt. E jo q'i soi stat drenti di qel grin, Signourl, di
qel grin piçul piçul. E par qistu ades i patìs; i soi tant
tacat a qista vita; i ài tanta poura di murì.
N!S!UT! COLUS (entran! da Ia banda contraria da Ia Ch?
ria) Vèizu belzà senàt?
MEN! COLUS Senàt? Dulà sotu stat fin ades, canaja!
Nisiuri cows !h, i sci sta: a nis...
MEN! COLUS E no jodèvitu q'a vcgneva scur? E no
sintìvitu bari Rosari?
vedrebbe un morto, se dovesse tornare, dopo tanto tempo, nella
sua casa". LUSSIA COLUS (entrando dal cortile) Perché non sei an-
dato a Rosario? MEN1 cows Va e taci. Lussm coi.us Non hai
mangiato nulla; e la polenta è fredda. Corri a mangiare, e dopo an-
diamo subito in Chiesa. MEN! COLUS Per Dio, mamma, va via, ti
ho detto. Lasciami in pace, LUSSIA COLUS (andando wa verso la
C/sfera) Ah, Signore! MEN! COLUS Povera donna. Va a pregare
con quel corpicino misero... Guarda là che spallucce, povera ma-
dre, nel grembiule logoro. E io che sono stato dentro quel grembo,
§ignore!, di quel grembo piccolo piccolo. E per questo adesso pa-
nsco; sono tanto attaccato a questa vita; ho tanta paura di
morire. N!S!UT! COLUS (entrando dalla parte opposta della Chiesa)
Avete già cenato? MEN! COLUS Cenato? Dove sei stato fino ades-
so, canaglia! N!S!UT! COLUS Ih, sono stato a nidi... MEN! COLUS
E non vedevi che veniva scuro? E non sentivi suonare Rosario?
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it) I Turci lu! Frinl
Nisitm cows No, jo,..
MEN! COLUS Ah, no, brut bastart, sempri a torzeòn... E
imam a ghi à toçat a Pauli a governa la stala.
Nisiurt cotus A1 è bon lui.
MEN! COLUS Stùpit, al è. Cor a senà.
Ntsttm cows Ih, no impuarta. I no ài fan.
M12Nt cows Ben, dulà vatu ades?..,
NISIUTI COLUS Un moment a meti ta la qeba qisçus tre
gardilins. Jot se bièi!
MEN! COLUS (A! czkzpa in man un gardifml Dulà `u atu
çatàs?
NISIUTI COLUS Ta un post, là...
MEN! COLUS Atu pòura di dizimilu? Croditu q'i zedi jo?
NISIUTI COLUS Davour da la çasa dai Armans, jù par li
Mirisçis.
MEN! COLUS Dongia dal boscut di aunars?
N!S!UT! COLUS No, no. Pi a man sanca, ta un noglarut
là, dongia da la r0ja...
MEN! COLUS A son bièi sì... ma a ti morin, ti morin,
Nisiuti.
NISIUTI COLUS Eh, a no morin no.
MEN! COLUS Tas, va. A son sempri muars; a Pauli, a
me, co si era frutins, e ades a te.
NSIUT1 COLUS No, io... MEN! COLUS Ah, no, brutto bastardo, sem-
pre a spasso... E intanto gli è IOCCZIO a Pauli governare la stalla.
Ntsitm cows È buono lui. MEN1 c©Lus Stupido, è. Corri a cena-
re. NISIUTI COLUS Ih, non importa. Non ho fame. MEN! COLUS
E allora, dove vai adess0?.., N!S!UT! COLUS Un momento a mette-
re nella gabbia questi tre carclellini, Guarda che belli! MEN! CO-
LUS (Prende in mano un carde/[ir10.)D0ve li hai trovati? NISIUTI
COLUS In un posto, là... MEN! COLUS Hai paura a dirmelo? Credi
che ci vada io? N!S!UT! COLUS Dietro la casa degli Armans, giù
per le Mirischc. MEN! COLUS Vicino al boschetto di ontani? NI-
S!UT! COLUS No, nor Più su.I.la sinistra, in un piccolo nocciolo là, vi—
cino alla roggia... MEN! COLUS Sono belli sì... ma ti muoiono, ti
muoiono, Nisiuti. NISIUTI COLUS Eh, non muoiono no. MEN!
COLUS Taci, var Sono sempre morti; a Pauli, a me, quando eravamo
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I Turci ml Frml Sl
NISIUTI COLUS I sai ben jo, coma q'a si fan. A mi lu à
dita Cintin. I U -
MEN! COLUS Sì, spera tu. Ben, ades cor a Rosan, Nisiu-
ti. (A ghi da imlavour il gardilinl
Nisum cows Ah, il me gardilin!... Al è muarr, al è
muart! Ti mi lu às copàt tu! Beqimi, beqimi il deit,
garclilinut! Al è muart, al è muart! (Alfa par sçampa
drerztii ma Meni a ghi va davour e gbi carena il çaf Ni-
siuti al cor via.)
MEN! COLUS (Beàs qei çavièj di frutùt! A mi è restat alc
ta la man; alc di fresq e salvadi. A mi par di sintì coma
un odour Iontan, sàu jo, un odour di rosis e di vignis
bagnadisn. cuant q’i si zeva a nis... q`a si zujava cu 'l
curtissut... E la mama a era zovina e fresça. Cui crode—
via qe essi fantàs e òmis a fos qel q'i soi jo ades?) (A ri
Xiflf un all mmm di voux e di sigur.)
NlSlUTl COLUS (xempri planzim) Se èsia, Meni? Sint se
sussur, là ret da la Glisia... A parlin, a sighin.,, jeh, se
tanta zent! Dut il paìs q'al ven indevant.
MEN! COLUS jesus! (Zmm Colui, Sçe/in Cuamùr, Zum
bambini, e adesso a xe. NlSlUTl c0i.us So bene io, come si fac. Me
lo ha detto Cintin. MEN! COLUS Sì, spera tu. Bene, adesso corri a
Rosario, Nisiuti. (Gli ria':} il cardellino.) NISIUTI COLUS Ah, il mio
cardellin0!... E morto, è morto! Me l'hai ammazzato tu! Beccami,
beccami il dito, povero cardellino!... È morto, è morto! (Fa per
rcappare dentro, ma Meni gli va dietro e gli accarezza il capo Nixùxli
corre wa.) MEN! COLUS (Beati quei capelli di bambino! Mi è rimasto
qualcosa nella mano; qualcosa di fresco e selvatico. Mi pare di sen-
tire come un odore lontano, che so, un odore di rose e di vigne ba-
gnate... quando si andava a nidi.., che si giocava col coltellin0... E
la mamma era giovane e fresca. Chi credeva che essere giovani e
uomini fosse quello che sono io adesso?) (Xi sente un grande rumo-
re di voci e di grida.) N!S!UT! COLUS (sempre piangendo) Cosa c'è,
Meni? Senti che rumore, là verso la Chiesa". Parlano, gridanon.
Eh, quanta gente! Tutto il paese che viene avanti. MEN! COLUS
Gesù! (Zuarz Colux, Sçejin Cuamùx, Zuam Gambilin, Pauli Colui,
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$2 I iimzx mi Frzui
Gambilin, Pauli C0/ur, Lurrza Coiur, Matia de Montzq,
Bartzan de jacus, Aszut, run trenta quaranta paikanr a si
fermin devant dal puàrtin.)
Mmm ma Mowrto Càlmiti, Asiùr. Tira il flat e parla, l
sin cà duçu, cu `l cour in man a sintiti.
ZUAN COLUS Spera ençamò un moment, Matia. E tu,
Asiùt, beif cà na gota di blanc par parà jù l'afan,
ASIFZJT Bevi, i disèis, Zuan, bevi. Ma a mi a mi par di
parà jù sanc no vin. Sanc, jo i jot par dut: colà dal sèil, da
li nulis, dai bars. E in Glisia, cuant q`i mi veis jodùt en-
trà e pojami sfinìt ta l'Arca, i no sintivi li litanis, paisàns,
i sintivi ençamò qc puora zent sigà, planzi, preà cu na
vous q`a no pareva pi di cristians.
ZUAN GAMBILIN Se atu jodùt mo', Asiùt!... Parla, no jo-
ditu q'i sin cà duçus imbramìs?
ASIÈJT Li vilis di Codroip e di Camìn brusadis. A no re-
sta pi e né un omp e né una femina e né un frut. Duçu
muars, copàs.
Mam DE Momio Ma coma, Asiùt, se doma alièir l vin
vut novelis siguris (siguris, ti dis) qe il Turc al era
ençamò a Orient tal Lusòns!
Luma Calur, Matia de Montiq, Bartian de jacůr, Ariùt mn trenta
quaranta paexani si fermano davanti al portico.) MATIA DE MONTIQ
Calmati, Asiùt. Tira il fiato e parla. Siamo qui tutti col cuore in ma-
no ad ascoltarti, ZUAN COLUS Aspetta ancora un momento, Ma-
ria, E ru, Asiùt, bevi qua un goccio di bianco per mandar giù l'at'-
fanno, ASIUT Bere, dite, Zuan, bere. Ma a me pare di mandar giù
sangue non vino, Sangue, io vedo dappertutto: cadere dal cielo,
dalle nuvole, dai cespugli. E in Chiesa, quando mi avete veduto en-
trare e appoggiarmi sfinito all`Arca, non sentivo le litanie, paesani,
sentivo ancora quella povera gente gridare, piangere, pregare con
una voce che non pareva più di cristiani. ZUAN GAMBlLIN Cosa
hai visto ancora, Asiùt!,.. Parla, non vedi che siamo qua tutti im-
pietriti? ASIUT I villaggi di Codroipo e di Camino bruciati. Non
resta più né un uomo né una donna né tm bambino. Tutti morti,
ammazzati. MATIA DE MONUQ Ma come, Asiùt, se solo ieri abbia-
mo avuto notizie sicure (sicure, ti dico) che il Turco era ancora ad
============================================Page 167==================================================
I "lìrroi mi Frml 7}
ZUAN (ZOLUS Coma tal setantadoi. Ti recuarditu, Maria?
MATIA DE MONTIQ Sì! Ma i mi sovèn ença dal setanta-
sièt, jo, Zuan. E in qe volta a àn passat ença Vaga, su
par Provesàn e duta la Riqinvelda. Ma no ta na dì, 0
in doi dis, al casu. Se doma alièir, par D1u, 1 sin stas
visàs qe i Turcs a erin tal Guritiàn!
ASIÈT lodèit ca, Camararios, si no crodèis. Vu, Pode-
stàt; e vu, Zuan Colus; e vu, Bastian de jacùs; e vu, Zuan
Gambilin. jodèit cà tal me çaf, tai me çavièj. Ma fèivi il
sèin da la cròus prima, parsè che qisçus çavièj a no son
impetàs“ e né di rosada e né di plo]a. Sanc cristian al e,
paisàns, sanc cristiàn!
BASTIAN DE _lACUS Verzin Beada, Tu no ti às pi bria dai
toi fis. O preati 0 pierdisi: e alora lassini murì.
ASIÈT Ta Vaga santa i ai di lavami, ta Vaga santa drenti
cu 'l çaf, cu 'l cuarp, cun dut, e mondami di qistu
velèn!...
MATIA DE MONTIQ Calmiti! Calmansi duçus!
ASIÈT No, par Diu, a no è di calmasi; di sigà a è, di
' Strafons
Oriente sull'Is0nz0! ZUAN COLUS Come nel settantadue. Ti ricor-
di, Maria? MATIA DE MONTIQ Sì! Ma mi ricordo anche del settan-
tasene, io, Zuan. E quella volta hanno passato anche il fiume, su
per Provesano e tutta la Richinvelda. Ma non in un giorno, 0 in
due giorni, comunque. Se solo ieri, per Dio, siamo stati avvisati che
iTurchi erano nel Goriziano! ASIÈT Guardate qui, Camerari, se
non credete. Voi, Podestà; e voi, Zuan Colus; e voi, Bastian de
jacùsç e voi, Zuan Gambilin, Guardate qui sul mio capo, i miei ca-
pelli. Ma fatevi il segno della croce prima, perché questi capelli
non sono impregnati né di rugiada né di pioggia. Sangue cristiano
B. paesani, sangue cristiano. BASTIAN DE jACUS Vergine Beata, Tu
non hai più cura dei tuoi figli. O pregarti 0 perdersi: e allora lascia-
ci morire. ASIUT NelVacqua santa devo lavarmi, nell'acqua Santa
dentro con la testa, col corpo, con tutto, e mondarmi di questo ve-
len0!,.. MATIA DE MONTIO Calmati! Calmiamoci tutti! ASIÈT
N0. per Dio, non c`è da calmarsi; da urlare è, da tremare, Matia.
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5-I I Turox iu] I·'r1`u[
trimà, Matia. Stanot il Turc al passa il Tilimìnt. (Duçus a
iàzin trimrmt.)
MEN! COLUS Tazèisu duçus ades? Ades a no àn pi
nença fuarza di çantà li litanis. Tu, Qaf—sporc—di-sanc,
dis, in cuançu saràni qei sacramentàs?
ASIÈT Dèis mil çavaj, sincsent a piè.
MEN! COLUS Muri e basta: ma no coma agnèi... Fevelàit
po`, Camararios. Dèis mil çavaj e sincsent a piè q'a ve-
gnin dres sul nustri paìs. A no si sçampa; e a no è pi
nuja da fa: doma murì. In nomine Patris et Filii et
Spiritus Sancti!
MA'riA DE MONTIQ Tas, frut. Vergògniti!
MENI COLUS Sì, i tas, jo, sior Podestàt. I tas jo. Ma
parlàit vu, alora, Camararios, disèit, par Diu.
MATIA DE Mowtto A1 à razon Minuti. A si à di parla. In
tançus àins passàs ta qistu puor paìs, quantis mai vol-
tis, e par quantis mai quistions, e par quantis mai briis
no vinu dita la nustra razòn! E (dizin la veritat) la nu-
stra buna idea, la nustra opiniòn i la vin sempri vuda,
in qei timps beàs. Ades i sin cà, pierdùs, bandunàs,
Stanotte il Turco passa il Tagliamento. (Tulli tacciono tre-
muna'0.) MEN] COLUS Tacete tutti adesso? Adesso non hanno più
neanche la forza di cantare le litanie. Tu, Testa·sp0rca-di-sangue,
di', in quanti saranno quei maledetti? ASIÈT Diecimila cavalli,
cinquecento a piedi. MENI COLUS Morire e basta: ma non come
agnelli... Parlate su, Camerari. Diecimila cavalli e cinquecento a
piedi che vengono dritti sul nostro paese, Non si scappa; e non c'è
più niente da fare: solo morire. In nomine Patris et Filii et Spiritus
Sancti! MATIA DE MONTIQ Taci, ragazzo. Vergognatil MEN1 CO-
LUS Si, taccio, io, signor Podestà. Io taccio. Ma parlate voi, allora,
Camerari, dite qualcosa, per Dio. MATIA DE MONTIQ Ha ragione
Minuti. Si deve parlare. In tanti anni passati in questo povero pae-
se, quante volte, e per quante questioni, e per quante brighe non
abbiamo detto la nostra ragione! E (diciamo la verità) la nostra
buona idea, la nostra opinione l'abbiamo sempre avuta, in quei
tempi beati. Adesso siamo qua, perduti, abbandonati, senza una
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I Tzrroi ml Fun! S5
sensa na gota di speransa, romai; ma ogniun di nual-
tris al à di disi la so idea, Scuminsia tu, Bastian de
jacùs. l ` _
BASTIAN DE JACUS Sì! La me idea, paisans, a sares di
sçampà tal bosc. Duçus, òmis, e feminis, e frus, cun
duçus i nemài e li robis q'a si podin puartàsi davour,
Il bosc al è imcns c pens, là a son bus dulà qc nissun
al pos çatàni. Stin, stin platàs là drenti fin qc il Turc
no `l sedi passata.
ZLJAN GAMBILIN E dopu? Intant cul timp q'al ni resta, se
si possia salvà? I çars a no passin pal bosc. Dut da
puartà culi mans, robis e frus. Intant il Turc al passa e
al roba nemài e dut; al brusa dut, al distrus dut; a no 'l
lassa un fil di crba. Cussì, sensa çasa, né nuja, c l'unvier
visìn. Muri di fan c di frèit... Ah, no, Sacrament, miej
muri sùbit, se qista a è la voluntàt dal Signour. Tu va,
Bastian, si ti vòus, tal bosc; e duçu qei q'a la pensin co-
ma tc q’a ti seguitin.]o i stai cà a murì cu `l me paìs.
ZUAN COLUS La me idca a è coma la to, Zuan. E tal bo-
sc, intant, a podaressin çatani instès. Lour a no san la
goccia di speranza, ormai; ma ognuno di noialtri ha da dire la sua
idea. Incomincia tu, Bastian de Jacùs, BASTIAN DE JACUS Sìl La
mia idea, paesani, sarebbe di scappare nel bosco, Tutti, uomini, e
donne, e bambini, con tutti gli animali e la roba che possono por-
tarsi dietro. Il bosco è immenso e fitto, là ci sono buchi dove nessu-
no può trovarci. Stiamo, stiamo nascosti là dentro finché il Turco
non sia passate". ZUAN GAMBILIN E dopo? Intanto col tempo che
ci resta, cosa si può salvare? I carri non passano per il bosco. Tutto
da portare con le mani, roba e bambini. Intanto il Turco passa e
ruba il bestiame e tutto; brucia tutto, distrugge tutto; non lascia un
filo d'erba. Così, senza casa, né niente, e l'inverno vicino. Morire di
fame e di freddo". Ah, no, Sacramento, meglio morire subito, se
questa è la volontà del Signore. Tu va', Bastian, se vuoi, nel bosco;
e tutti quelli che la pensano come te che ti seguano. Io sto qua a
morire col mio paese. ZUAN COLUS La mia idea è come la tua,
Zuan. Andare nel bosco, intanto, ci potrebbero trovare lo stesso.
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$6 I Turn mi Frml
strada par zi jù a Poncnt, e tant a fa, par lour, passà il
Tilimìnt 0 pi in alt 0 pi in bas. Stin cà, paisàns, tiransi
duçu ta la nustra Glisiuta, e preàn, preàn duta la not qc
la Verzin a ju mcni four da la strada dal nustri paìs.
BAsTiAN ma Jacùs No, Camararios, no! No fcvelàit di
proposit. Tu, Zuan Gambilin, ti dis da la fan, dal
frèit. Ben, i patirìn dut, i sopuartarìn dut, ma a no
sarà la muart sigura. Alc a si podarà scmpri sperà, fin
qe si è vifs. E tu, Zuan Colus, ti paria q'a sedi instes
pal Turc passa par cà 0 pal bosc? Cun duçu qei çavaj,
qes armis, al cugnarà scmpri scrçà di passa par di
four, no? Jo i vai, jo i vai tal bosc, in nomp di Diu, cu
la mc fameja c cun dut, Cui q'a voul q'al mi vcgni da-
vour! (A! vu vzkz curìnt, seguirà! da dèi} dodzk òmzk.)
MATIA DE MONTIQ La mc idea a è coma la vustra, Zuan
Colus, e Zuan Gambilin. I soi veçu... Ma s’i fos
cnçamò tal flour da la z0vcntùt...
MENI COLUS I vi capìs, Matia. I vi capìs, par Diu. Altri
qc preà, altri qc çantà litanis.
Loro non sanno la strada per andare giù a Ponente, e per loro, pas-
sare i.I Tagliamento 0 più in alto 0 più in basso è uguale. Stiamo
qua, ripariamoci tutti nella nostra Chiesetta, e preghiamo, preghia—
mo tutta la notte che la Vergine li porti fuori dalla strada del nostro
paese. BASTIAN DE JACDS No, Camerari, no! Non parlate con cri-
terio. Tu, Zuan Gambilin, dici della fame, del freddo, Bene, pati-
remo tutto, sopporteremo tutto, ma n0n sarà la morte sicura.
Qualcosa si potrà sempre sperare, fin che si è vivi. E tu, Zuan C0-
lus, ti pare che sia lo stesso per il Turco passare di qua o per il bo-
sco? Con tutti quei cavalli, quelle armi, dovra sempre cercare di
passare per fuori, no? Io vado, io vado nel bosco, in nome di Dio,
con la mia famiglia e con tutto. Chi vuole mi venga dietro! (Va via
correndo, reguiro da dieci dodici uomini.) MATIA DE MONTIQ La
mia idea è come la vostra, Zuan Colus, e Zuan Gambilin. Sono
vecchio... Ma se fossi ancora nel fiore della gi0ventù... MEN] C0-
LUS Vi capisco, Matia. Vi capisco, per Dio, Altro che pregare, altro
che Cantate litanie, PAUL! COLUS Bastardo, finiscila di bestem-
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I Tam ml Fnul 77
PAUL! COLUS Bastart, finissila di blestemà il Signour.
MEN! COLUS Blestemà? Ah, fradi, tu no ti às mai pensat
se q'a voul disi essi vifs! Va a domandaighilu al Si·
gnour, tu! Blestemà; sì. Eco se q'al è il vivi q’al ni à
dat; murì, crepa, bagnasi tal sanc dai cristiàns. E se ni
àia zovàt preà, lavorà, sudà, sacramentà, par dut il
timp da la nustra puora zoventùt? Se atu otignùt tu,
fradi, tu vif cun me, zovin cun me, martir cun me? Di
nu a no resterà nuja; na muart spaurosa, sanc, sigus, e
dopu nuja. Zèit, zèit a preà il vustri Signour!
mm DE M©NT1Q Meni! Meni!
MEN! COLUS Zèit a preà il vustri Signour, sì. jo no; i
vuèj murì besòul, ença sensa di Lui. Ma za qe si à di
murì, i vuèj murì coma un omp... no coma un di qei
gardilins q'i ghi ài copat stassera a me fradi Nisiuti.,.
MATIA DE MONTIQ Sint, fantàt; i no sai nença jo coma
q'a si stedi cà a scoltàti. Ma finissila di blestemà. S'i ti
às na to idea, parla, in nomp di Crist.
MEN! COLUS Vualtris stèit cà a preà: veçus, feminis, cri-
miare il Signore. MEN! COLUS BestemmiareP Ah, fratello, tu non
hai mai pensato cosa vuol dire essere vivi! Va` a domandarglielo al
Signore, tu! Bestemmiare; sì. Ecco cos'è il vivere che ci ha dato;
morire, crepare, bagnarsi nel sangue dei cristiani, E cosa ci è servi-
to pregare, lavorare, sudare, sacramentare, per tutto il tempo della
nostra povera gioventù? Cos`hai ottenuto tu, fratello, tu vivo con
me, giovane con me, martire con me? Di noi non resterà niente;
una morte spaventosa, sangue, grida, e dopo niente. Andate, anda-
te a pregare il vostro Signore! MATIA DE MONTIQ Meni! Meni!
MEN! COLUS Andate a pregare il vostro Signore, sì. Io no; voglio
morire solo, anche senza di Lui. Ma già che si deve morire, voglio
morire come un uomo... non come uno di quei cardellini che ho
ammazzato stasera a mio fratello Nisiuti... MATIA DE MONTIQ
Senti, ragazzo; non so neanch`i0 perché stiamo qui ad ascoltarti.
Ma fimscila di bestemmiare, Se hai una ID3 idea, parla, in nome di
Cristo. MEN! COLUS Voialtri state qui a pregare: vecchi, donne,
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$8 I Turci ml Frml
stiàns. jo i vai. I clami in tre oris duta la zoventùt da li
vilis cà intòr: Versa, Vilasil, San Laurìns, Prodolon,
Valvason. E qc i fantàs di Casarsa, cui q'a vòul, al mi
vegni davour.
zum cows Mcni, qel qe ri àusis di fà,,.
MEN! COLUS Ausà? A no si trata di ausà, ca, sior Zuan.
A1 è dut un muri. Ma no si pos sta cà a spetà la muart
preant. jo i no crot pi ta qel Diu. Al ni à ingianàs;
duçu, dal prin a l'ultin. Al ni à dat un cuarp par vivi,
un puc di çera par lavorà, un paisùt q'i ghi volevin
tant ben romai; a si stava ben fin qc si lavorava. Ma a
è stat dut un ingiàn, veisu capìt?, dut un ingiàn, s'al
vcva di finila cussi.
ZUAN COLUS A rio ti spera a ti, boça, di judicà il Si-
gnour.
MENI COLUS judicà il Sigriour no! Cun qcl i mi rangi
jo... Ma judicàivi vualtris, sì. Vualtris, Camararios, qc
ades q'al è vignùt il timp di puartani par la strada ju-
sta, i vegnèis a disini di zi a prcà! Vualtris, paisàns;
vualtris fantàs.
PAULI COLUS No stèir scoltalu, fantàs; al è four di sen, i
cristiani. Io vado. Chiamo in tre ore tutta la gioventù dei villaggi
qua intorno: Versa, Vi.I.lasi.le, San Lorenzo, Prodolone, Valvasone,
E che i giovani di Casarsa, chi vuole, mi vengano dietro. ZUAN
c©i.us Meni, quello che esi fare". MEM coius Osare? Non si
tratta di osare, qua, signor Zuan. È tutto un morire. Ma non si può
stare qua ad aspettare la morte pregando. Io non credo più in quel
Dio, Ci ha ingannati: tutti, dal primo all`ultim0. Ci ha dato un cor-
po per vivere, un poco di terra per lavorare, un paesctto che gli vo-
levamo tanto bene ormai; si stava bene finché si lavorava. Ma è sta-
to tutto un inganno, avete capitoP, tutto un inganno, se doveva
finire così. ZUAN COLUS Non spetta a tc, ragazzo, giudicare il Si-
gnore, MENI COLUS Giudicare il Signore no! Con quello mi arran-
gio io... Ma giudicare voialtri, sìi Voialtri, Camerari, che adesso che
è venuto il tempo di guidarci sulla strada giusta, venite a dirci di
andare a pregare! Voialtri, pacsani; voialtri giovani. PAUL! COLUS
Non state ad ascoltarlo, ragazzi; è fuori di senno, ve lo dico io. Ve-
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I 'I`urc'.i /u[ Frml S'?
vi lu dis jo. ]odarèis se q'i vi dis jo: a no passata stanòt
qc il Signour a ghi darà razòn a cui q'al l'à. Ma se la
voluntàt dal Signour a è qc murini duçu, l unica ma-
niera a è di murì cu `l nomp so tal cour.
ZUAN GAMBILIN Ben dita, Pauli. Doma s'a si parla cus-
si, Crist al podarà forsi pleà il çaf viers di nu. Li stra-
dis par traversà l'aga a son tantis: a no è dita q`a vedin
di passà propit par di cà.
MEN! COLUS Intam Bastian de Jacùs e tançus altr1s a
son sçampàs tal bosc. Ma al distin a no si sçampa; e i
no sçampareis nença vu, cun dut il vustri preà. I sarìn
duçu muars. Duçu muars ta qista çera inglassada e
nera. Nissun q`al ni recuardi. Nissun q'al ni planzi.
Nissun q'al vegni a puartani flours ta la tomba. I no
sarìn muars coma i nustris veçus: ma scur, tenebris,
glas, un nuja. Un nuja par secui infinìs. Ah, inegan qi-
stu pensèir, almancul, dopransi in cualqi maniera,
euça dopransi da mas; fa alc, famàs; muri, magari, ma
na muart di òmis, na muart rabiosa, na muart sensa
pensèirs.
drete cosa vi dico io: non passerà stanotte che il Signore darà ragio-
ne a chi ce l`ha. Ma se la volontà del Signore è che moriamo tutti,
l'unica maniera è di morire cul nome suo nel cuore. ZUAN GAMB!-
LIN Ben detto, Pauli, Solo se si parla così, Cristo potrà forse piega-
re il capo verso di noi. Le vie per attraversare il fiume sono tante:
non è detto che debbano passare proprio per di qua. MEN! COLUS
Intanto Bastian dejacùs e tanti altri sono scappati nel bosco. Ma al
destino non si scappa; e non sfuggirete neppure voi, con tutto il
vostro pregare. Saremo tutti morti. Tutti morti in questa terra
ghiacciata e nera. Nessuno che ci ricordi. Nessuno che ci pianga.
Nessuno che venga a portarci fiori sulla tomba. Non saremo morti
comei nostri vecchi: ma buio, tenebre, gelo, un niente. Un niente
per secoli infiniti. Ah, anneghiamo questo pensiero, almeno, dan-
doci da fare in qualche maniera, anche comportandoci da matti;
fare qualcosa, ragazzi; morire magari, ma una morte da uomini,
una morte rabbiosa, una morte senza pensieri. ZUAN COLUS Chia-
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60 I Turrr [al Frml
ZUAN COLUS Clamà duçus i fantàs da li vilis cà intòr, ti
dis. Ma ti às pucis oris; a è scuasi not; il Turc ades al
pos essi davour di passà il Tilimìnt. No ti às pi timp di
fa nuja. Ti vas incuntra di una muart sigura.
MEM cows Maria, Maria, al à razòn. Disèit vu na
peràula! Diseighi qc i Turcs a no stan duçus insiemit,
ma qc a si dividaràn in tançu sçaps, cui cà cui là, par
duçus i paìs. Forsi manipui di sinquanta, sent òmis, e
alora a si pos faighi front... E nu, fantàs, armansi, e zìn.
ZUAN COLUS Ma dula zì? Se tentà?
MATIA DE M©NT1o Ah, tas, Zuan! No sinu duçus in
pont di muart? Qe ogniun al mori coma q'al si sint tal
cour. Ma na roba i vuèj disivi, fantàs; Meni al si sbàlia
cuant q'a.l dis qe cà a si discor doma che di muri. Tal
milcuatriscnt c setantasièt, doi mil fantàs furlans di cà
da l'aga a son stas çapàs dai Pagans, e puartàs via. A
serviju, capisu?, a serviju, lontan di cà, da la so çera,
par duta la so vita, sensa pi na spcransa, na razòn di
essi vifs. Ah, miej muri. Va, Meni, va cu 'l Signour.
No stà dismintià il nomp dal Signour. E i fantàs q'a
mare tutti i giovani dei villaggi qua intorno, tu dici. Ma hai poche
ore; è quasi notte; il Turco adesso può essere già in procinto di pas-
sare i.l Tagliamento. Non hai più tempo di fare nulla. Vai incontro
a una morte sicura. MEN] COLUS Maria, Maria, ha ragione. Dite
voi una parola! Ditegli che i Turchi non stanno tutti insieme, ma
che si divideranno in tanti gruppi, chi qua chi là, per tutti i paesi.
Forse manipoli di cinquanta, cento uomini, e allora si può fargli
fronte., E noi, giovani, armiamoci, e andiamo. ZUAN COLUS Ma
dove andare? Cosa tentare? MATIA DE MONTIQ Ah, taci, Zuan!
Non siamo tutti in punto di morte? Che ognuno muoia come si
sente in cuore. Ma una cosa voglio dirvi, giovani; Meni sbaglia
quando dice che qua si parla solo di morire. Nel millequattrocen
tosettantasette, duemila giovani friulani al di qua del fiume sono
stati presi dai Pagani e portati via. A servirli, capite? a servirli, lon-
tano da qui, dalla loro terra, per tutta la loro vita, senza più una
speranza, una ragione per essere vivi. Ah, meglio morire. Va’, Me-
ni, va" col Signore. Non dimenticare il nome del Signore. E i giova-
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I Turcr tal Friul 61
son cà e qei q'a no son cà, s'a volin, che ti vegnin da-
v0ur. Ogni ben!
MEN! COLUS Adio. (Al cor via seguilàt da duçur 2 fanta:
q'a erzn tra la zent lì intòr.)
LUSSIA COLUS Verzin Beada, fèrmilu Tu, q’a no `l è pi il
me Meni!
PAUL! COLUS Coragiu, mama". i ghi vai davour. Adio!
(Al busta $0 mari e al cor via.)
LUSSIA COLUS Va, sì, creatura; va! va! Lassàimi cà be-
sola a planzi; a planzi e crepà di dolour. Verzin, a son
ta li mans tos intant qe jo i mour cajù.
ANUTA PERLINA Coragiu, Lussia... Leviti in piè, preàn.
(Lune xilenri interòt da un xusrur di prejèrix e lamènr.)
IL PRED! (entrant cun trenta cuaranta altrzk pairán: q'a
xigbin e planzin) Cristiàns, a è vignuda qe ora qe in
tançu Matutins, in tançu Jespujs e in tançu Rosarios i
vin clamat insièmit. Cristianùs, paisanùs mes, puòrs
òmis in pont di muart, recuardàisi ades, a la svelta, da
la vustra infamia e da la vustra zoventùt, e di duta la
vustra esistentia. Al è stat un biel timp qel da la vita:
ni che sono qui e quelli che non sono qui, se vogliono, che ti ven·
gano dietro. Ogni bene! MEN! COLUS Addio. (Corre via xeguito da
tuttii giovani cbe erano tra la gente lì intorno.} LUSSIA COLUS Ver-
gine Beata, fermalo Tu, che non è più il mio Meni! PAUL! COLUS
Coraggio, mamma". gli vado dietro. Addio. (Bacia rua madre, e a0r—
re via.) LUSSIA COLUS Va', sì, creatura; va'! va’! Lasciatemi qui so-
la a piangere; a piangere e crepare di dolore. Vergine, sono nelle
mani tue mentre muoio quaggiù. ANUTA PERLINA Coraggio, Lus-
sia.,. Alzari in piedi, preghiamo. (Lungo silenzio, interrotto da un
rnormorio di preghiere e lamenti.) IL PRETE (entrando con trenta
quaranta altri paerani che gridano e piangono) Cristiani, è venuta
quell'ora che in tanti Mattutini, in tanti Vesperi e in tanti Rosari
abbiamo invocato insieme. Cristiani, cari paesani miei, poveri uo-
mini III punto di morte, ricordatevi ora, presto, della vostra infan-
zia e della vostra gioventù, e di tutta la vostra esistenza. È stato un
bel tempo quello della vita: giorni e giorni e giorni che abbiamo la-
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62 I 'I}1r'£.\ /41/ Fm:]
dis e dis q`i vin lavoràt e gioldùt, crodint di resta cussi
par sempri. E ades i si 'necuarzìn q'al è stat dut un in-
gian, s`al veva di finila cussì. Al veva razòn il Signour:
Lui massa in alt pai vifs, c tant amic dai muars. Qista
a è qc ora paisàns. Nissun al crodeva qc par lui, pro-
pit par lui, a vcs di rivà. E jo i viot cà, intòr di mc,
volts inglassàs, vui spàvis, cuarps q'a trimin. No! A no
à di cssi qista la muart, se propit cussì a è la voluntàt
dal Signour. Se qista a è la nustra agonia, q'a sedi
n`agonia di cristiàns. Crist, pietàt di nu! Tantis voltis i
vin parlat da la nustra muart, e, adcs, i sin bòins di
trimà, planzi, prcàti ença, ma scnsa vèiti par da bon
tal cour.
ANUTA PERLINA Ah, sior Plevan, nu i sin veçus, four dal
mont: tal scur da la muart, romai, Ma qei q'a son lajù ta
la plena lus dal so vivi uman, par qei a no è rassegna-
tiòn. No stin preà par nu, né par la nustra muart. Ma
par qei, preàn, par qei puors zovinùs e fantàs plens di
vita e di bramis: q'a vivin, Signour, q`a vivin.
vorato e goduto, credendo di restare così per sempre. E adesso ci
accorgiamo che è stato tutto un inganno, se doveva finire cosi.
Aveva ragioneil Signore: Lui troppo in alto per i vivi, e tanto ami-
co dei morti. E questa l'ora, paesani. Nessuno credeva che per lui,
proprio per lui, dovesse arrivare, E io vedo qui, intorno a mc, volti
di ghiaccio, occhi spaventati, corpi che tremano. No! Non deve es-
sere questa la morte, se proprio così è la volontà del Signore. Se
questa è la nostra agonia, che sia un’ag0nia di cristiani. Cristo,
pietà di noi! Tante volte abbiamo parlato della nostra morte, e,
adesso, siamo capaci di tremare, piangere, pregarti anche, ma sen-
za averti davvero nel cuore. ANUTA PERLINA Ah, signor Pievano,
noi siamo vecchi, fuori dal mondo: nel buio della morte, ormai. Ma
quelli che sono laggiù nella piena luce del loro vivere umano, per
quelli non c'è rassegnazione. Non stiamo pregando per noi, né per
la nostra morte. Ma per quelli, preghiamo, per quei poveri ragaz-
zetti e giovani pieni di vita e di voglie: che vivano, Signore, che vi-
`
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I Turci ml Fm:] 6}
ZUAN COLUS Ti dis ben, tu, Anuta. justa a è la muart
q’a ven a distudà un cuarp consumàt, q'a no `] sa pi
nença lui parsè q'al è tal mont... Ma qei fantas...
IL PREDI Sì. Preparasi a murì, a è vera. Ma a no è dita
qe il Signour no 'l vedi pietàt di nu... di qisçus puors
zovinùs. Lui al sa di essi par nualtris il pensèir pi alt e
pi sant; ma al sa ença qe in tançus e tançus àins di vita
i si sin tacàs a qistu mom; al sa q`i sin leàs da un grum
di afiès e di bramis a qista nustra çera ùmila e pretio—
sa; al sa cuant amour q'al ni strens a qistu nustri pai-
sùt spierdùt tal mom, ai so çamps, a li so aghis, a li so
çasutis c ença a li sos puoris fiestis. Preparansi a muri
da cristiàns, ma preàn il Signour q`al ni lassi cajù a vi—
vi, e inveçasi, c muri in pas.
MATIA DH MONTIQ Sior Plevan... i no sin duçu, cà.
Vuardàit; vuardàit ben tra duta qista zent q'a plans:
feminis, òmis, frus, ma no un famàtn.
LUSSIA COLUS Ah, Meni! Meni! Dulà sotu ades, frutùt,
ta se stradis, ta se çamps, ta se rivài? Cun cui parlitu,
cun cui blestèmitu il to Signour?...
vano. ZUAN COLUS Dici bene, tu, Anuta. Giusta è la morte che
viene a spegnere un corpo consumato, che non sa più neanche lui
perché è al mondo,. Ma quei giovani,. IL PRETE Sì. Prepararsi a
morire, è vero. Ma non è detto che il Signore non abbia pietà di
n0i,.4 di questi poveri ragazzetti. Lui sa di essere per noi il pensiero
più alto e più santo; ma sa anche che in tanti e tanti anni di vita ci
siamo attaccati a questo mondo; sa che siamo legati da un grumo di
affetti e di voglie a questa nostra terra umile e preziosa; sa quanto
amore ci stringe a questo nostro paesetto sperduto nel mondo, ai
suoi campi, alle sue acque, alle sue casette ed anche alle sue povere
feste. Prepariamoci a morire da cristiani, ma preghiamo il
Signore che ci lasci quaggiù a vivere, c invecchiare, e morire in pa-
ce. MATIA DE MONTIQ Signor Pievanom non siamo tutti, qui. Guar~
date. guardate bene tra tutta questa gente che piange: donne, uo-
mini, bambini, ma non un giovanen. LUSSIA COLUS Ah, Meni!
Meni! Dove sei adesso, bambino, in quali strade, in quali campi, in
quali sponde? Con chi parli, con chi bestemmi il tuo Signore?...
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64 I Turc: ml Friul
Maria DE M©NT1o Meni Colus, so fradi Pauli, ejacu,
qel di Sçefin, e Pieri, qcl di Nart, e Mariu, qel di
Zuan, duçus a son zus via, davour cli Meni. E jo, jo ju
ài lassàs... Par zì clulà? A murì di sert... a murì da
òmis. A no àn volùt spetà il Turc; spetalu parsè che ju
copàs coma vigei. A ghi son zus incuntra, duçu: fantàs
di Casarsa e San Zuan e Versa e Vilasìl... par diñndi~
ni, puarès. E jo ju ài lassàs. Ah, Signour, i soi pintùt
muart.
IL PRED! No. Ti às fat ben, Matia. No sta scrusiati.
Lòurs a àn sielzùt la so strada. Lassànju fa, tal nomp
dal Signour,
ZUAN GAMBILIN Tal nomp dal Signour!". Meni al è zut
via blestemànt pi di un pagan! «Zèit a preà il vustri
Signour» al diseva «Al ni à cluçus ingianàs, al ni al Jo i
no mi irnpensi pi di Lui!»
ZUAN COLUS Se il Signour e la Verzin a no varàn pietàt
di nualtris, la colpa a è so.
LUSSIA COLUS No! No cussì, Zuan. A no ’l diseva pro-
pit cussì, puor frut.,. Al era doma qe disperat par la so
zoventùt, vìssaris, pal so paisùt, par nu..,
MATIA DE MONTIQ Meni Colus, suo fratello Pauli, e jacu, quello di
Sçefin, e Pieri, quello di Nart, e Mariu, quello di Zuan, tutti sono
andati via, dietro a Meni. E io, io li ho lasciati,. Per andare dove?
A morire di certo... a morire da uomini. Non hanno voluto aspetta
re il Turco; aspettarlo perché li uccidesse come vitelli. Gli sono an-
dati incontro, tutti: giovani di Casarsa e San Giovanni e Versa e
Villasile... per difenderci, poveretti, E io li ho lasciati. Ah, Signore,
sono pentito a morte IL PRETE No. Hai fatto bene, Matia. Non ti
tormentare. Loro hanno scelto la loro strada. Lasciamoli fare, nel
nome del Signore. ZUAN GAMBILIN Nel nome del Signore! Meni
è andato via bestemmiando peggio di un pagano! «Andate a prega-
re i.l vostro Signore» diceva «Ci ha tutti ingannati, ci ha! Non mi
importa più di Lui!» ZUAN COLUS Se il Signore e la Vergine non
avranno pietà di noi, la colpa è sua. LUSSIA COLUS No! Non così,
Zuan. Non diceva proprio così, povero ragazzon. Era soltanto di-
sperato per la sua gioventù, viscere mie, per il suo paesetto, per
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I Turcx la] Friui 67
IL PREDI Miserere mei, Deus, secundum magnam mi-
sericordiam tuam.
Et secundum multitudinem miserationum tuarum de-
le iniquitatem meam.
Amplius lava me ab iniquitate mea: et a peccato meo
munda me...
PIERI RENÈT Cristiàns, cristiànsl
IL PREDI Cui sìghia?
ZUAN COLUS Pieri, qel dai Renùs.
MATIA DE M©NTIQ Qel q’al sta dongia da Paga.
PIERI RENÈT Puc a vi resta di preà romai, cristiàns.
IL PREDI Parla, Pieri, pai toi frus!
PIER] RENÈT I sin rivàs apena a sçampà, Dal solar al lun
di luna i ai jodùt i Turcs riva ta la grava. A era dut un
brilà: mil, mil, mil çavaj e òmis armàs. I prins a erin
romai cui piè ta l’aga, cuant q'i sin sçampàs di çasa;
ades a varàn passat il Tilimìnt; sùbit a son cà. (A qirtix
peràuiik duçux a planzin e' a xzgbin, e, Zevami in piè, a
fan par rçampà.)
MATIA DE MONTIQ Stèit fers duçu. Dulà volèisu
sçampà? Seizu doventàs duçu mas? Su, cristiàns, par
noi.., IL PRETE Miserere mei, Deus, secundum magnam miseri-
cordiam tuam. Et secundum multitudinem miseratiorium tuarum
dele iniquitatem meam, Amplius lava me ab iniquitate mea: et a
peccato meo munda me... PIERI RENOT Cristiani, cristiani! IL
PRETE Chi gricla? ZUAN COLUS Pieri, quello dei Renùs. MATIA
DE MONTIQ Quello che abita vicino al fiume. PIERI RENÈT Poco vi
resta da pregare ormai, cristiani. IL PRETE Parla, Pieri, per i tuoi
figli! PIERI RENUT Siamo riusciti appena a scappare. Dal solaio al-
la luce della luna ho visto i Turchi arrivare nel greto, Era tutto un
brillare: mille, mille, mille cavalli e uomini armati. I primi erano or-
mai con i piedi nel.l'acqua, quando siamo scappati da casa; e adesso
avranno passato il Tagliamento; in un attimo sono qua. (A quarte
parole tutti piangono e gridano, e, alzandori in piedi, fanno per rcap-
pare.) MATIA DE MONTIQ State fermi tutti. Dove volete scappare?
Siete diventati tutti matti? Su, cristiani, per Dio, fermatevi; e non
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oo I Ham la! Frmf
Diu, fermàisi; e no stèit sigà. Duçu fers e in silensi,
sierànt drenti tal cout la vustra disperatiòn, ogniùn la
so. Sçampà a è inutil: doma il distìn al guida il Turc;
al pos passa par ca, coma pi in jù, par San Zuan, e co-
ma pi in su, par Valvasòn. Opur pal bosc, e passà par
di cà sensa inecuarzisi di nu. A sarès un miracul;
preàn Diu ch`al vedi misericordia. (La Zent a no ms. Li
feminir u rig/yin planzint.)
ZUAN GAMBILIN Tasèit, Sacramènt. I Turcs a podarès-
sin passa pai çamps cà dongia e no inecuarzisi di nu, a
si capìs. I vin di tasi, doma preà plan plan.
IL PREDI Calmansi! Stin cà, pognès ta l'ombrena da li
nustris çasis a spetà qe la muart 0 il miracul a ni pas-
sin sul çaf. Preàn il Signour.
ZUAN COLUS Preàn il Signour; preàn la Verzin. In si-
lensi, q`a si sintin sigà i ultins avostàns tai nustris çam—
ps. In silensi, q'a si sintin svintulà li fuejutis dai ors. In
silensi, q'a si sinti murmurà l'aga dal Tilimint lontan.
In silensi, i ti prei, Madonuta, tu la pi cara creatura
dal Signour, I ti prei in pont di muart, no doma jo, ma
gridate. Tutti fermi e in silenzio, chiudendo dentro il cuore la vo-
stra disperazione, ognuno la sua, Scappare è inutile: solo il destino
guida il Turco; può passare di qua, come più in giù, per San Gio-
vanni, e come più in su, per Valvasone. Oppure per il bosco, e pas-
sare per di qua senza accorgersi di noi. Sarebbe un miracolo: pre-
ghiamo Dio che abbia misericordia. (La gente non tace. Le donne
gridano piangendo.) ZUAN GAMBILIN Tacete, Sacramento, I Tur-
chi potrebbero passare peri campi qua vicino e non accorgersi di
noi, si capisce. Dobbiamo tacere, solo pregare piano piano. IL
PRETE Calmiamoci! Stiamo qui, rannicchiati all'ombra delle nostre
case ad aspettare che la morte o il miracolo ci passino sopra la te-
sta. Preghiamo il Signore. ZUAN COLUS Preghiamo il Signore; pre-
ghiamo la Vergine. In silenzio, che si sentano cantare gli ultimi gril-
li agostani nei nostri campi. In silenzio, che si sentano sventolare le
foglioline degli orti, In silenzio, che si senta mormorare l'acqua del
Tagliamento lontano. In silenzio, ti prego, Madonnina, tu la più
cara creatura del Signore. Ti prego in punto di morte, non solo io,
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I Tmcv ld! Frm[ 67
la mefemina,eimef1·us, e duçus i me parins e consu-
rins, i ti prei q`i ti vedis di salvani. S1 t1 DI salvaras, 1
promèt e i mi oblighi di costruiti la pi biela Glisiuta di
dutis qistis vilis. La Glisiuta pi biela e ben ornada
dulà qe sempri in saecula saeculorum i nustris fis a ve-
din di preati. Amen.
MATIA DE MONTIQ E jo i mi unìs a Zuàn, Madonuta.
ZUAN GAMBILIN E jo ènça, e duçus i Camararios, e du-
tis li famèjs di qistu puor paìs.
IL PRED! Gràssis, paisàns, gràssis di qistu confuàrt q`i
mi dèis prin di muri. jo i viot qe no vi ai insegnàt par
nuja a crodi e preà. Si vin di murì, cussì a si mour da
cristiàns; se la Vcrzin Santa e Beada a voul fani la gra-
tia di sta ençamò ta qistu mom, i ghi lu vin domandat
da cristiàns, ença qista. Kyrie eleison, Christe eleison.
ZENT Kyrie eleison, Christe eleison.
IL PRED! Christe audi nos, Christe exaudi nos.
ZENT Christe audi nos, Christe exaudi nos.
IL PRED! Pater de Coclis Deus.
ZENT Miserere nobis.
IL PREDI Filius Redemptor mundi Deus.
ma mia moglie, e i miei bambini, e tutti i miei parenti e cugini, ti
prego di salvarci. Se ci salverai, prometto e faccio voto di costruirti
la più bella Chiesetta di tutti questi villaggi. La Chiesetta più bel-
la e ben acldobbata dove sempre in saecula saeculorum i nostri fi-
gli ti possano pregare. Amen. MATIA DE MONTIQ E io mi unisco
a Zuan, Madonnina. ZUAN GAMBILIN Ed io pure, e tutti i Came-
rari, e tutte le famiglie di questo povero paese. IL PRETE Grazie,
paesani, grazie di questo conforto che mi date prima di morire. lo
vedo che non vi ho insegnato invano a credere e pregare. Se dob-
biamo morire, così si muore da cristiani; se la Vergine Santa e
Beata vuole farci la grazia di rimanere ancora in questo mondo,
gl1el'abbiamo chiesta da cristiani, anche questa. Kyrie eleison,
Christe eleison. GENTE Kyrie eleison, Christe eleison. IL PRETE
Christe audi nos, Christe exaudi nos. GENTE Christe audi nos,
Christe exaudi nos. IL PRETE Pater de Coelis Deus. GENTE Mi-
serere nobis. IL PRETE Filius Redemptor mundi Deus. GENTE
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68 l Tures iu] Friuf
ZENT Miserere nobis.
IL PREDI Spiritus sancte Deus.
ZENT Miserere nobis.
IL PRED1 Sancta Trinitas, Unus Deus.
ZENT Miserere nobis. (A ri sim? un çzm! Iontcm e
xpauròur q'aI ven dorigia.)
IL PREDI (dopu un moment dirilemi) A son i Turcs q'a
passin çantant. Sancta Maria.
ZENT Ora pro nobis... (La zen! a continua Rom":} ma li
vom a ron rczmceladzk dal com dai Turcr c/al rinlromz
pa] rei!.)
CORU DAI TURCS
Luna, infinit il lun da la to sfera
al brila tal seren dai veçu muars.
Ma nu i sin vifs cun cuarps di zovinùs
cujèrs di oru antìc e imbarlumìt.
I zìn pai çamps dai muars cantànt beas
cu na rabia platada drenti al sen:
corài e trìmui a ni la platin drenti
tal volt sensa pensèirs di Tures lontans.
Luna, sclarìs la çera dai Furlans
co a clamin da li stalis: jesus, jesus!
Miserere nobis. IL PRETE Spiritus sancte Deus. GENTE Miserere
nobis. IL PRETE Sancta Trinitas, Unus Deus. GENTE Miserere
nobis. (Si seme un camu [ontario e rpavenloxo che xi avvicina.) IL
PRETE (dopo un momento di rilenzio.) Sono i Turchi che passano
cantando. Sancta Maria. GENTE Ora pro nobis... (La genie comi-
rzua 1`I Rorario, ma le voci xzmo cancel/ale dal coro dei Turchi che
rmmma nel cielo.) com mai Tuner-ii Luna, infinito il lume della
tua sfera brilla nel sereno dei vecchi morti. Ma noi siamo vivi con
corpi di giovinetti coperti di oro antico e abbagliante, Andiamo
per i campi dei morti cantando beati con una rabbia nascosta den-
tro il petto: coralli e gemme ce la nascondono dentro nel volto
senza pensieri di Turchi lontani. Luna, rischiara la terra dei Friu-
lani quando chiamano dalle stalle: Gesù, Gesù! IL PRETE
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I Turcx la] Frml (:9
IL PREDI A passin viers Miesdì; forsi par San Zuan.
Virgo Potens.
ZENT Ora pro nobis.
IL PREDI Virgo Clemens.
ZENT Ora pro nobis.
IL PREDI Virgo Fidelis.
ZENT Ora pro nobis...
CORU DAI TURCS
Luna, sfavila fuart sora dal çaf
dai fantassùs q'a prein tal Sagràt.
I vin qe idea di copàju duçu:
çapàju pai çavièj, seàighi il cuèl.
Tal fouc q`al brusa li sos puoris vilis
sent mil fantàs, infàns, e zovinutis
a dèis a dèis a bagnaràn di sanc
l'oru inseàt dai nustris cuarps pagans.
Luna, sclarìs la çera dai Furlans
co ai cridin tal lcdàn; Soi muart, soi muart.
IL PREDI Agnus Dei qui t0l.lis peccata mundi.
ZENT Parce nobis, Domine.
IL PREDI Agnus Dei qui tollis peccata mundi.
ZENT Exaudi nos, Domine.
IL PREDI Agnus Dei qui tollis peccata mundi.
Passano verso Mezzogiorno; forse per San Giovanni. Virgo Po-
tens. GENTE Ora pro nobis. IL PRETE Virgo Clemens. GENTE
Ora pro nobis. IL PRETE Virgo Fidelis. GENTE Ora pro nobis...
CORO DEI TURCHI Luna, sfavilla intensa sopra la testa dei giovanetti
che pregano nel Sagrato. Abbiamo idea di ammazzarli tutti: pren-
derli per i capelli, segargli il collo. Nel fuoco che brucia i loro po-
veri villaggi centomila giovani, bambini, e giovinette a dieci a dieci
bagneranno di sangue l’oro splendente dei nostri corpi pagani.
Luna, rischiara la terra dei Friulani quando gridano nel letame:
Sono morto, sono morto, IL PRETE Agnus Dei qui tollis peccata
mundi. GENTE Parce nobis, Domine. IL PRETE Agnus Dei qui
tollis peccata mundi. GENTE Exaudi nos, Domine. IL PRETE
Agnus Dei qui tollis peccata mundi. GENTE Miscrere nobis. IL
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70 I vllmix MI Friul
ZENT Miserere nobis.
IL PREDI A son passàs.
MATIA DE MONTIQ A son passàs!
zum cotus Signour, i sin salfs!
ZUAN GAMBILIN Preàn Diu q'a sedi cussì, q'i no vedin
di vei preàt par nuja. Ma il Turc a no 'l sa la strada".
al zira pal bosc... al si buta cà e là... dulà q'a son çeris
e paìs...
MATIA DE MONTIQ Justa, Zuan. A son passàs a Miesdì
jù par Ponent. Ma a no si pos disi q'a no s’impensin
di volta in su, four dal bosc. Ades a saràn a San Zuan.
ANUTA PERLINA Puora zent! Puors fantàs di San Zuan!
ZUAN COLUS Jesus! Q'a no sedin ulà ença i nustris!
LUSSIA COLUS No, Zuan, no sta disilu. Nença disi qe
robis lì... A son svoltàs jù par Valvasòn, a son svoltàs.
]u ài jodùs jo, zent. ]ù par Valvasòn, là qe i Cons a
metin su na banda di òmis... A disin q'a son romai pi
di sincsènt... Cun qei a son zus, no zent?, cun qei...
ANUTA PERLINA Lussia, pensa ben se q'i ti dis. N0 sta
ingianati. No sta confonditi. Il to Meni e duçu qei al-
PRETE Sono passati. MATIA DE MONTIQ Sono passati! ZUAN
COLUS Signore, siamo salvi! ZUAN GAMBILIN Preghiamo Dio che
sia così, di non aver pregato per nulla. Ma il Turco non sa la stra-
da., gira per il bosco..4 si butta di qua e di là... dove ci sono terre e
paesin. MATIA DE MONTIQ Giusto, Zuan. Sono passati a Mezzo-
giorno giù per Ponente. Ma non si può dire che non gli venga in
mente di voltare in su, fuori dal bosco, Adesso saranno a San Gio-
vanni. ANUTA PERLINA Povera gente! Poveri giovani di San Gio-
vanni! ZUAN COLUS Gesù! Che non siano là anche i nostri!
LUSSIA COLUS No, Zuan, non dirlo. Neanche dirle quelle cose lì.r.
Hanno svoltato giù per Valvasone, hanno svoltato. Li ho visti io,
gente. Giù per Valvasone, dove i Conti mettono su una banda di
uomini... Dicono che sono ormai più di ci.nquecento,,, Con quelli
sono andati, no gente?, con quelli.., ANUTA PERLINA Lussia,
pensa bene quello che dici. Non ingannarti, Non confonderti. Il
tuo Meni e tutti quegli altri sono corsi proprio ver« so il Boscàt: li
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I Turci /«1/ Fr/ul 7l
tris a son corus propit viers il Boscat: u ai jodus ]0, e
tu, e duta qista zent. No sta ingianati. Ades a saràn a
Versa 0 a San Zuan: e là al è il Turc. Prea, invesi, par
to ii, par duta qe puora zent.
LUSSIA COLUS Ah Verzin, Verzin Santa e Beada, se ti
àiu fat jo? Se peçàs, se colpis, jo, puora iemina, ban-
donada cajù a lavora e patì? E tant, satu, tant, i ài
penàt ta qista çera, i mi soi scunida a strussià ta qista
çasa, ta qisçus çamps; tant che no ài vut nença mai
timp di pensati. Ma Tu, qistu, ti mi lu condonisç ença
jo, puora femina, i lu capìs. I lu capìs, planzint e
preant e trimant; ma Tu, si ti sos buna e santa — e i ti
clamàn propit par qistu — Tu la pi dolsa creatura di
Diu — Tu mari disgratiada — si no ti às pietàt di me fi,
di qel puor fantàt Meni Colus, qel puor iamej di Diu,
jo i no capìs pi nuja, ino capìs pi nuja...
IL PREDI Se vinu mai capìt, nualtris, Lussia? Eco: vuar-
diti in alt, sora dal puàrtiri, sora dai cops, sora dai poi;
jot là li stelis q'a brilin sidinis ta qistu mont. Claris e
ho visti io, e tu, e tutta questa gente. Non ingannarti, Adesso sa-
ranno a Versa 0 a San Giovanni: e là e il Turco. Prega, invece, per
tuo figlio, per tutta quella povera gente. LUSSIA COLUS Ah Vergi-
ne, Vergine Santa e Beata, che ti ho fatto io? Che peccati, che
colpe, io, povera donna, abbandonata quaggiù a lavorare e patire?
E tanto, sai, tanto, ho penato su questa terra, mi sono siinita a fati-
care in questa casa, in questi campi; tanto che non ho avuto nean-
che mai tempo per pensare a te. Ma Tu, questo, me lo condoni;
anch`io, povera donna, lo capisco. Lo capisco, piangendo e pre-
gando e tremando; ma Tu, se sei buona e santa — e ti invochiamo
proprio per questo — Tu la più dolce creatura di Dio — Tu madre
disgraziata — se non hai pietà di mio figlio, di quel povero giovane
Meni Colus, quel povero servo di Dio, io non capisco più nulla,
non capisco più nulla... IL PRETE Cosa abbiamo mai capito,
noialtri, Lussia? Ecco: guarda in alto, sopra il portico, sopra i
coppi, sopra i pioppi; guarda là le stelle che brillano silenziose in
questo mondo. Chiare e lucenti sfavillano per il cielo infinito, non
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72 l Turcr ml Fm!]
mondis a disfavilin pal sèil infinit, no sintin e no vuar—
din nuja; la not a è clara e imcnsa, Lussia, ulì a è la
man di Diu, e nu a no capin.
PIER1 RENIJT Fouc, fouc, fouc!
ZUAN GAMBILIN Dulà?
1>1121z1 RENÈT Lajù drct dal Boscàtn.
MATIA ma MONTIQ A1 crcs, al si spam".
ZUAN COLUS Se flamis!
ZUAN GAMBILIN A1 è un fiènì1...
mm ma MONTIQ No doma!
PIER! RENIIJT Tre cuatri!
MATIA DE MONTIQ Dut il sèìl al si colora di ros...
ZUAN <;AMB11.1N ]esus, se lusòur!...
PIER! RENUT San Zuan! MATIA ma M©1~1T1Q A àn picàt fouc a San Zuan, zèm.
Dut a brusa, dut a mour, dut a lus. (AI cola par çera cu
'I vol! tra Ii mzmr.)
IL PRED1 Leviri su, Maria.
MATIA DE MONTIQ I no pos, sior Plevan; i no pos. La me
çera a è brusada e dirocada e sporçada di sanc. I me
fradis a morin, cà intòr, cà visin: e a mi a mi par di mori
cun lour, Là ades al m0ur]acu...]acu Sovràn, fradi da
sentono e non guardano nulla; la notte è chiara e immensa, Lussia,
lì è la mano di Dio, e noi non capiamo. PIER! RENOT Fuoco,
fuoco, fuoco! ZUAN GAMBILIN Dove? PIER] RENÈT Laggiù verso
il Boscàtn. MATIA DE MONTIQ Cresce, si espande... ZUAN COLUS
Che fiamme! ZUAN GAMBILIN È un fienile,. MATIA DE MONTIQ
Non soltanto! PIER! RENUT Tre quattro! MATIA DE MONTIQ
Tutto il cielo si colora di ross0... ZUAN GAMBILIN Gesù, che ba-
glim-eI... PIERI RENÈT San Giovanni!,.. MATIA DE MONTIQ
Hanno appiccato il fuoco a San Giovanni, gente. Tutto brucia,
tutto muore, tutto brilla, (Cade a terra con il volto tra le mam`.) IL
PRETE Alzati su, Matia. MATIA DE MONTIQ Non posso, signor Pie—
vano; non posso. La mia terra è bruciata e sconvolta c sporcata di
sangue. I miei fratelli muoiono, qua intorno, qua vicino: e a me
pare di morire con loro. Là adesso muore ]acu... jacu Sovràn, fra-
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I '[ìurx 10/ I:r1u[ 7ì
la me femina e duçus i so fiolùs; là ades al mour Nart
Bazana, barba da la me femina, cun duçus i so fis e
nevòus zovinùs; là ades al mour Pieruti Pasùt, me fios,
nun so mari e so pari; là ades a morin duçus i nustris
parins, e consurins, e amics,.. E jo i sint tal me cuarp il
dolour da li so feridis e il çalt dal so sanc.
lL PREDI Di là a è nassuda la nustra Glisiuta; là al è il
grin da la nustra Religion, Ades dut a brusa, Matia: il
sèil al si impalidis a qe flamis, favilis, e fun.
ZUAN COLUS A coventarès che cualqidùn al zes ta un
solar, par viodi miej...
Lussm cows jo! Jo i vai, la sù, tal me solar. Speràit cà,
i cor sùbit, sùbit, I vuèj jodi s'al torna ença lui, Meni,
cun duçus i fantàs...
ANUTA PERLINA Va, va, puora veça, tu, cun qel cuarpùt
plen di àins e di afàns. (Un [imc rilemi — passat preur-
ram - miarzt qs Lusria a riva tal rolar.)
LUSSIA COLUS (A no ri Iajots la :0 vous a ven jù da ['ah.)
jeh, zent, se fouc! A par coma qe duçus i pacancavins
da la Pifania a brusin insiemit ta un colp! I soi duta im-
tello di mia moglie e tutti i suoi figlioletti; là adesso muore Nart
Bazana, zio di mia moglie, con tutti i suoi figli e nipoti ragazzetti;
là adesso muore Pieruti Pasùt, mio figlioccio, con sua madre e suo
padre; là adesso muoiono tutti i nostri parenti, e cugini, e amici...
E io sento nel mio corpo il dolore delle loro ferite e i.l caldo del
loro sangue. IL PRETE Là è nata la nostra Chiesetta; là è il grembo
della nostra Religione. Adesso tutto brucia, Matia: il cielo impalli-
disce a quelle fiamme, faville, e fumo. ZUAN COLUS Bisognerebbe
che qualcuno andasse in un solaio, per vedere meglio... LUSSIA
COLUS lo! Io vado, lassù, nel mio solaio. Aspettate qui, corro subi-
to, subito. Voglio vedere se torna anche lui, Meni, con tutti i gio-
vani... ANUTA PERLINA Va, va, povera vecchia, tu, con quel corpi-
Cino pieno di anni e di affanni. (Un lungo rdenzio — parram pregan-
do — rhlzmlo che Lursia arriva al rolaio.) LUSSIA COLUS (Non la ri
vede: la sua voce vzlme giù a'aII'aIl0.) Oh, gente, che fuoco! Sembra
come se tutti i falò del.l'Epi.fania bruciassero insieme in un colpo!
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74 l Turci MI Fr1`u/
barlumida, i no jot pi nuja! Se infier di ŕlamis, zent..,
Dutis li çasis di San Zuan a brusin coma un soc tal fouc
apena stissàt... Ah Signour, se flum di favilis!
MATIA DE MONTIQ Dis po', Lussia, i.l fouc èsia doma qe
par la banda di San Zuan?
LUSSIA COLUS Sì, sì, Maria., Puors mai nu! A se q'i sin
vivus! Eco dur LI nustri vivi, il nustri lavorà, il nustri
volisi ben. Ah Signour, distuda qes flamis q'a mi bru-
sin il cour!
MATIA DE MONTIQ Vuarda ben, Lussia, vuarda par da-
vour dal gran luzi dal fouc. No ti pària che pi in là,
viers San Vit, 0 viers Bania a sedin altris incendios?
Vuarda ben, Lussia!
LUSSIA COLUS Tas!... Sì, Maria, a mi par... I soi vuarba
dal gran splendour! Ma a mi par qe in miès dal grun
dal fouc, da li bandis dulà q'al è mancul sfuriòus, a si
jodi, pi in là, jù par San Vit, n'altri incendi... a mi par.
Sì, sì! E ades, ]esus!, a taca a brilà n'altri fouc da la
banda di Flun!...
MATIA DE MONTIQ Zent, zent! I sin salfs! A àn conti—
Sono tutta abbagliata, non vedo più niente! Che inferno di fiam—
me, gente... Tutte le case di San Giovanni bruciano come un
ceppo nel fuoco appena attizzato,.. Ah Signore, che fiume di favil·
le! MATIA DE MONTIQ Allora di', Lussia, il fuoco è solo dalla
parte di San Giovanni? LUSSIA COLUS Sì, sì, Matia... Poveretti
noi! Per cosa siamo vissuti! Ecco tutto il nostro vivere, i.l nostro
lavorare, il nostro volerci bene. Ah Signore, spegni quelle fiamme
che mi bruciano il cuore! MATIA DE MONTIQ Guarda bene, Lus-
sia, guarda dietro il grande luccichio del fuoco. Non ti pare che
più in là, verso San Vito, o verso Bannia ci siano altri incendi?
Guarda bene, Lussia! LUSSIA COLUS '[`aci!,.. Sì, Matia, mi pare".
Sono cieca per il grande splendore!... Ma mi sembra che in mezzo
alla massa del fuoco, dalle parti dove è meno furioso, si veda, più
in là, giù per San Vito, un altro incendi0... mi pare. Sì, sì! E ades—
so, Gesùl, comincia a brillare un altro fuoco dalla parte di
Fiume!,.. MATIA DE MONTIQ Gente, gente! Siamo salvi! Hanno
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I Turtw [al Fnui 75
nuàt la so strada viers di Ponent. A1 è un miracul di
Diu!
LUSSIA COLUS Signour, a tornin i nustris Iantàs...
zum GAMBILIN Di-ri-dulà?
LUSSIA COLUS Da la strada di Versa.
ZUAN COLUS Q'a no sedin qei cli Bastian?
LUSSIA COLUS No, no, a son pus, e a no àn feminis in
miès: a vegnin svels.
MATIA DE MONTIQ Duçus?
LUSSIA COLUS Ah, Signourl (A si me! :1 plarzzifuart.)
MATIA DE MONTIQ Duçus?
LUSSIA COLUS Duçus, cluçus, sì, Matia.
ZUAN COLUS Parla, parla, benedeta dal Signour. Parsè
planzitu?
LUSSIA COLUS Duçus, duçus, a son, sì, zent. Ma un a lu
puartin. Un a lu puartin ta un jetùt di ramassis. A lu
puartin in cuatri, e qei altris a ghi vegnin davour.
(Duçus a xtun un puc in niemi.)
IL PREDI Cui èsia po', Lussia?...
LUSSIA COLUS Ma... i no jot benòn. I soi duta imharlu—
mida. I vuardi, i vuardi, e...
IL PREDI Ven jù, ades, Lussia, ven jù a spetà.
continuato la loro strada verso Ponente. È un miracolo di Dio!
LUSSIA COLUS Signore, tomano i nostri giovani... ZUAN GAMBILIN
Da dove? LUSSIA COLUS Dalla strada cli Versa. ZUAN COLUS Che
non siano quelli di Bastian? LUSSIA COLUS No, no, sono pochi, e
non hanno donne fra loro: vengono veloci. MATIA DE MONTIQ
Tutti LUSSIA COLUS Ah, Signore! (Si melle a piangere farle.)
Mmm ma Mourio Tutti? LUSSIA cotus Tutti, tutti, sì, Matia.
ZUAN COLUS Parla, parla, benedetta del Signore, Perché piangi?
LUSSIA COLUS Tutti, tutti, sono, sì, gente. Ma uno lo portano. Uno
lo portano in un lettuccio di rami, Lo portano in quattro, e gli altri
gli vengono clictroi (Tutti Marmo un poco in .tiIenzi0.) IL PRETE
Allora chi è, Lussia? LUSSIA COLUS Ma,.. non vedo molto bene.
Sono tutta abbagliata. Guardo, guardo, e... IL PRETE Vieni giù,
adesso, Lussia, vieni giù ad aspettarci LUSSIA COLUS Ah,., si!
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76 I Trim Ia] Frml
LUSSIA COLUS Ah... sì! Adcs i vi0t. I viot sì, benònn, Al
è qc] dai Armans, puaret. A] è lui puor fantàt. Jesusi,
se distin...
IL PREDI Ven jù, Lussia, ven LUSSIA COLUS Sì, i ven sùbit. Se àiu da sta a fa cà su? I
ven... No! Spetait un moment, cristiàns... No, i mi soi
ingianada: a no 'l è qc] dai Armans, no. Al è Cençuti,
puaret, fi di Sçefin Favrèt!... Ahi, puor zovin, al è dut
spore di sanc dal barbis a li cuèssis... Puaret, puaret!
IL PRED] Ven jù, Lussia, in nomp di Diu, ven jù.
LUSSIA COLUS Sùbir, sior Plevan. A lu puartin ça—
minànt fuart fuart. A par q`a sçampin. E lui, puaret, al
si nissulèa dut, tal so jctùt di vinçàrs. jodèit là, Si-
gn0ur!...
MATIA DE MONTIQ Tu, Sçefin Cuarnùs, cor su a çòila: e
bel q’i ti sos là in alt disimi miei li robis.
LUSSIA COLUS A corin, a corin, c a no rivin mai!... E lui
al cor cnça lui, bencdèt, ta] so jetùt di fueiutis fresçs,
puor jovaqìn I SQEFIN CUARNÈS (Ença la :0 vous a vm fù da ['a[t.)
Matia!
Adesso vedo. Vedo sì, molto bene... È quel]0 degli Armans, pove-
retto. È lui povero ragazzo. Gesù!, che destin0... ILPRETE Vieni
giù, Lussia, vieni giù. LUSSIA COLUS Sì, vengo subito, Cosa sto a
fare quassù? Veng0... No! Aspettate un momento, cristiani.,. No,
mi sono ingannata: non è quello degli Armans, no, È Cenciuti, po-
veretto, figlio di Sçefin Favrèt!,.. Ahi, povero giovane, è tutto
sporco di sangue dal mento alle c0sce.., Poveretto, poveretto! IL
PRETE Vieni giù, Lussia, in nome di Dio, vieni giù. LUSSIA COLUS
Subito, signor Pievano. L0 portano camminando svelti svelti. Pare
che scappino. E lui, poveretto, si dondola tutto, nel suo lettuccio
di vincastri... Guardate là, Sign0re!... MATIA DE MONTIO Tu, Sçe-
fin Cuamùs, corri su a prenderla; e mentre sei là in alto dimmi
meglio le cose. LUSSIA COLUS Corrono, corrono, c non arrivano
mai!... E corre anche lui, benedetto, nel suo lettuccio di foglie fre-
sche, povero ]0vaqìn!... SQEFIN CUARNÈS (Anche la tua voce vien!
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I Tarcr tal Friui 77
MATIA DE MONTIQ SCEFIN CUARNÈS A no son doma lourl O i soi vuarb 0
a nença votsènt pas dai nustris zovins i jot çavaj, e
òmis, e armis e dut un lusòur... A vegnin cà.
MATIA DE MONTIQ Ven, ven, ven jù! Stavolta i sin pier-
dus. Preparansi a murì.
IL PREDI I vai...j'o i vai ta la me Glisiuta... Ah puor Ori-
st, puor Qrist di arzent e di oru, a vegnin a r0bati!...
ZUAN COLUS No! Q’al stedi cà, sior Plevan; murìn
duçus insièmit... preant.., coma q'i sin vivùs...
IL PREDI Puor Qrist, puor altàr!
Zum GAMBILIN I nusrris fiolus! (Duçux a xigbin e a
pianzzn.)
NALO _l©VAQìN (entrant devant di duças ifanttìs armàs
q'a puartin Meni muart ta na bara difrarçtx) Paisàns, i
sin cà. I sin sçampàs, ma doma par iodivi l`ultima vol-
ta. A Versa un sçap di Turcs cui çavaj al ni à incuntràt
intant qe si zeva cun qei di Versa viers San Zuan. Me-
ni al è muart; nualtris duçu feris. San Zuan al art. I
Turcs a vegnin cà.
giù dalfalto.) Maria! MATIA oe Momio Ah? SQEFIN cummùs
Non sono solo l0ro!... O sono orbo 0 a neppure ottocento passi
dai nostri giovani vedo cavalli, e uomini, e armi e tutto un luccica-
re... Vengono qui, MATIA DE MONTIQ Vieni, vieni, vieni giù! Sta-
volta siamo perduti. Prepariamoci a morire, IL PRETE Vacl0... Io
vado nella mia Chiesetta... Ah povero Cristo, povero Cristo di ar-
gento e di oro, vengono a rubarti!.., ZUAN COLUS No! Stia qui,
signor Pievano; moriamo tutti assieme... pregando,. come siamo
vissuti., IL PRETE Povero Cristo, povero altare! ZUAN GAMBILIN
I nostri tiglioletti! (Tutti gridano e piangono.) NALO JOVAQIN (en-
trando davanti a tutti i giovani armati che portano Mani morto in
una bara di fraxcbe) Paesani, siamo qui. Siamo scappati, ma solo
per vedervi l'ultima volta. A Versa una schiera di Turchi coi cava]-
lì ci ha incontrati mentre andavamo con quelli di Versa verso San
Giovanni. Meni è morto; noi tutti feriti. San Giovanni brucia. I
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7S I Turci /«1[Fm1/
PAULI (ÈOLUS Mctèilu cà, sul çar, fantàs, Tu, Anuta, va,
ti prci, va là di mc mari, e tegnila strcnta in çasa, qc no
lu viodi. I vin puc da stà ta qistu mont ençamò, i vin
ençamò puc di patì c di amasi. Va, Anuta, ten strcnta
mc mari, qc un moment prin di muri, a no vedi di patì
cnça qista.
ANUTA PERLINA Ah, Signour! (A va dffñllillñ çaxa.)
IL PREDI Tunc acccptabis sacrificium justitiae, 0blatio—
ncs ct holocaustaz tunc imponcnt super altarcs tuos
vitulos. (Duçu: a co/in par çem pretm!.)
NISIUTI COLUS Meni, Meni, rispundimi. I soi Nisiuti to
fradi. Meni... ma èsia propit muart? Scisu sigurs q'al
sedi muart? Meni, Meni, Meni! Meni! Silensi!
Vuardàit: al à movùt un vuli. Sint cà, Pauli, sint cà tal
stomi, sint s'al ghi bat il cour. Al è cnçamò vif. Silcnsi!
No stcit preà! Tazeit un momcnt q'i ai da sintì s`al re-
spira. Al respira, Pauli, al è vif! Meni, vuardimi, s`i ti
às movùt un vuli, i soi to fradi Nisiuti; i ti ài sempri
volùt ben jo, satu, sempri, ença stasera, co ti mi as
copat il me garclilinùt.
Turchi vengono qua. PAULI COLUS Mettetelo qui, sul carro, ra-
gazzi. Tu, Anuta, va`, ti prego, va' da mia madre, e trattienila in
casa, che non lo veda. Abbiamo poco da stare a questo mondo an-
cora, abbiamo ancora poco da patire e da amarci. Va', Anuta, trat-
tieni mia madre, che un momento prima di morire, non abbia da
patire anche questo. ANUTA PERLINA Ah, Signore! (Va denim
cam.) IL PRETE Tunc acceptabis sacrificium justitiae, oblationes
et holocausta: tunc imponent super altares tuos vitulos. (Tutti ca-
dono a terra pregando.) NISIUTI COLUS Meni, Meni, rispondimi.
Sono Nisiuti tuo fratello. Meni... ma è proprio morto? Siete sicuri
che sia morto? Meni, Meni, Meni! Meni! Silenzio! Guardate: ha
mosso un occhio. Senti qui, Pauli, senti qui nel petto, senti se gli
batte il cuore, È ancora vivo. Silenzio! Non state a pregare! Taccte
un momento che devo sentire se respira. Respira, Pauli, è vivo!
Meni, guardamì, se hai mosso un occhio, sono tuo fratello Nisiuti;
ti ho sempre voluto bene io, sai, sempre, anche stasera, quando mi
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I Turri /alFr1ul 79
PAUL] COLUS Ti vcvis razòn, fradi. Ti cris zovin, ma ti
cris vif; c jo i no mi 'necuarzevi. Ti cris dut zovin dai
çavièj ai piè: dut zovin e flurit; e ti vcvis poura di
muri. Adcs, i mi necuàrs da la to zovcntùt, ades q`i
viot il to cuarp di muart. Un zovin vif coma q'i ti cris
al podcva preà, al podeva; 0 blestcmà; 0 muri.., E
ades puor zovin muart tal to cuarp a resta doma qc la
zoventùt cu ’l bici volt culurìt. Ti vcvis razòn, fradi, di
blcstemà il Signour, di sacramcntà la Verzin! Cui sa
dulà q`a son Lour, se als, se lontans, se beàs! E nual—
tris cà a muri c prcàju cnça. A no è justa qc jo i vedi di
muri propit vuei qc tal cuarp di mc fradi muart i mi
soi sovignut da la mc zoventùt; a no è justa, no, qc dut
a vedi di brusasi c sparì ta qistu puor paìs cristian. Ti
vcvis razòn, fradi, di blcstcmà il Signour, di sacra-
mentà la Vcrzin!
SQEFIN CUARNOS Tas, frut. Ah Diul, il Turc al è ta li
Mirisçis. (Duçur a xi d1`sp¢·rz`n sigan! pi/'uart.)
PAUL! COLUS (vuardant in alt, vien Sçehn tal solar) No!
I no tas, jo, Sçcfin, i no tas, par Diu._lo i no sai nuja di
hai ammazzato il mio piccolo carclellino, PAUL! COLUS Avevi ra-
gione, fratello. Eri giovane, ma eri vivo; e io non me nc accorgevor
Eri tutto giovane dai capelli ai piedi: tutto giovane e infiore; e
avevi paura di morire, Adesso, mi accorgo della tua giovinezza,
adesso che vedo il tuo corpo di morto. Un giovane vivo come eri
tu poteva pregare, poteva; 0 bestemmiare; 0 morire... E. adesso po-
vero giovane morto nel tuo corpo resta solo la gioventù con il bel
volto colorito. Avevi ragione, fratello, di bestemmiare il Signore,
di sacramentare la Vergine! Chissà dove sono Loro, in alto, lonta-
ni, beati! E noi qui a morire e pregarli anche. Non è giusto che io
debba morire proprio oggi che nel corpo di mio fratello morto mi
sono ricordato della mia gioventù; non è giusto, no, che tutto
debba bruciare e sparire in questo povero paese cristiano. Avevi
ragione, fratello, di bestemmiare il Signore, di sacramentare la
Vergine! SQEFIN CUARNÈS Taci, ragazzo. Ah, Dio, il Turco è
nelle Mirische. (Tutti si disperana gridando più forte,) PAULI
COLUS (guardando in al./0, verso Sçefn nel rolaiv) No! Non taccio,
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80 I Turrr la] Frzuf
duçus i muars dal mont: q'a scdin muars a mil a mil a
mil, jo i no sai nuja. In dut il timp dal mont doma qi·
stu zovin, Meni Colus me fradi, al è muart. jo i plans
doma qc par lui, c doma qe par lui jo i blcstemi il nu-
stri sant Signour. E di duçus i paìs brusàs dal mont,
doma il nustri al è stat brusat, e bandonat da qc Santa
c Beada Verzin, qe nu i vin tant pteàt, c clamàt, e qc
adcs a no ni vuarda, e qc ades, in pont di muart, jo i
blestemi cu l'ultin flat dal mc puor sen cristian. (AZ ri
alsa un vim termi] e rpauròur, maz'j0a'ut.)
IL PREDI Eco la vous da la Verzin, cristiàns, eco il mira-
cul!
SCEFIN CUARNÈJS I 'I`urcs a si fermin. L`oragan a ghi
sbat tai vui dut il polvar dai çamps, dai nustris çamps
cristiàns! A tornin a passa sigant li Mirisçis. A sçam—
pin via sigant. A sparissin tal scur.
IL PREDI Strenzinsi ta l'ombrena da li nustris çasis, cri-
stians, cà, scnsa domandasi mai nuja, nuja qli sin, po~
gnès tal grin dal Signour. Amen.
(1944)
io, Sçefin, non taccio, per Dio. Io non so niente di tutti i morti del
mondo: che siano morti a mille a mille a mille, io non so niente. In
tutto il tempo del mondo solo questo giovane, Meni Colus mio
fratello, è morto. Io piango solo per lui, e solo per lui io bestem~
mio il nostro santo Signore. E di tutti i paesi bruciati del mondo,
solo il nostro è stato bruciato, e abbandonato da quella Santa e
Beata Vergine, che noi abbiamo tanto pregato, e invocato, e che
adesso non ci guarda, e che adesso, in punto di morte, io bestem-
mio con l’ultimo fiato del mio povero petto cristiano. (Si alza un
vento ffffliblyf e rpaverztoso, mai vista.) IL PRETE Ecco la voce
della Vergine, cristiani, ecco il miracolo! SCEFIN CUARNÈS I Tur-
chi si fermano. L'uragano gli sbatte negli occhi tutta la polvere dei
campi, dei nostri campi cristiani! Urlando tornano ad attraversate
le Mirische. Scappano via urlando. Scompaiono nel buio. IL
PRETE Sttingiamoci nell’ombra delle nostre case, cristiani, qui,
senza domandarci mai niente, il niente che siamo, raccolti nel
grembo del Signore. Amen.
============================================Page 195==================================================
APPENDICE A «I TURCS TAL FRIUL»
============================================Page 196==================================================
www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
============================================Page 197==================================================
MEMORIA DI UN SPETACULUT
Il Spetaculut ch 1 vue) mensiona, al ghi s0me]a na nina a
chistu Stroligùt. Duciu doi a son coma doi florùs nassùs,
squasi par casu, tal desert di arimis e di passions dal
1944. Desert di àgrimis e di passions, ma rio tant da in-
negà dal dut, drenti di nu, chel puc di serenitàt che, tal
cour dai zòvins, a resta fin c'a resta vita. Cussì chel Spe-
taculùt al vif ta la nustra memoria coma na pausa di se-
ren e di fraternitàt, ta chista Estàt dolorosa; ta chista
Estàt c'a à jodùt pièrdisi tal nuja n'altri an da la nustra
zoventùt.
A disi il veir, chel Spetaculùt al veva di essi semplice-
mente un Concerto: «C0ncerto di musica classica» da la
violinista Pina Kalz. Ma — i ài pensàt — i nustris paisàns,
c'a son duciu studiàs e a mondi intelligèns, a si sarèssin
stufas dopo un puc di che solfa: «Ust1l a no l (mis pi stu
Lo Spettacolino che voglio rievocare assomiglia un tantino a que-
sto Stroligùt. Tutti e due sono come due fiorellini nati, quasi per
caso. nel deserto di lacrime e di passioni del 1944. Deserto di lacri-
me e di passioni, ma non tanto cla annegare del tutto, dentro di
noi, quel poco di serenita che, nel cuore dei giovani, resta finché
resta vita. Così quello Spettacolino vive nella nostra memoria come
una pausa di sereno e di fraternità, in questa Estate dolorosa; in
questa Estate che ha visto perdersi nel nulla un altro anno della no-
stra gioventù.
A dire il vero, quello Spettacolino doveva essere semplicemente un
Concerto: «C0ncerto di musica classica» della violinista Pina Kalz.
Map- ho pensato —i nostri paesani, che sono tutti istruiti e sapien-
tom, si sarebbero stufati dopo un poco di quella solfa: «Accidenti,
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84 /l[7·[7¢'/l¢I'1‘¢`¢' u «I Turci !¢i[ Frm/»
sunès!» a ti varèssin dita; opur «Uff, che ridada dal
Diaul!» e magari a ti varèssin encia scuminsiàt a brun-
tulà fuart cuntra chel violinut di oru, c`al ti suna Bach cu
na vous di Cherubìn. E alora i pensavi, a sarès miei varià
cun qualchi biela ciantada, e, magari, cun qualchi dia-
lugùt par furlàn... Cussì, na sera, coma dutis li seris, i jot,
pojat a ciapà il fresc ta la so puarta, lunc e dret coma un
stadèir, Gigion Socolari, apena tornat dal ciamp. «Gi-
gion — i dis — ju pal borc di Pordenon i cognòs un grun
di fantàs in gamba c'a àn passion di ciantà..,» La sera dal
dì seguènt, Gigion al ni capita in plassa cu na fila di
fantàs c'a sçavassa dut il stradòn. I zin dres a l'Asilo, e li
Madris, lizèris e plenis di sistìn, a ni fan strada fin ta un
tinelùt piciul piciul dut ros. Ulì i fanràs a si ingrumin in-
tor dal piano; e la maestruta, la Kalz, in miès di lour a
pareva enciamò pì picinina e zovinuta. A mi pareva un
pitinut i.n miès di tanciu dindiàs; e se difisil scuminsià! I
prins c'a no savevin di essi prins, i secòns c'a non save-
vin di essi secòns, e i bas, sot SGI, c'a rugnavin coma un
non finisce più 'sra ririrera!» ti avrebbero detto; oppure «Uff, che
risata del Diavolo!» e magari avrebbero anche cominciato a bron-
tolare forte contro quel violinetto d`oro, che suona Bach con una
voce di Cherubino, E allora pensavo, sarebbe meglio variare con
qualche bella cantata, e magari, con qualche dialoghetto in friula-
no,.. Così, una sera, come tutte le sere, vedo, appoggiato alla porta
a prendere il fresco, lungo e dritto come una pertica, Gigion Soco-
lari, appena tornato dal campo. «Gigion» dico «giù per il borgo di
Pordenone conosco un gruppo di giovanotti in gamba che hanno
la passione di cantare...» La sera del giorno seguente, Gigion capi-
ta in piazza con una fila di ragazzi che ostruisce tutto lo stradone.
Andiamo dritti al.l'Asi.lo, e le Suore, leggere e garbate, ci fanno stra-
da fino a un ti.nellin0 piccolo piccolo tutto rosso. Lì i ragazzi si rag-
gruppano intorno al piano; e la maestrina, la Kalz, in mezzo a loro
pareva ancora più piccolina e giovinetta. Mi pareva un pulcino in
mezzo a tanti tacchini; e com'è difficile cominciare! I primi che
non sapevano di essere primi, i secondi che non sapevano di essere
secondi, e i bassi, sotto sotto, che borbottavano come uno stan-
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Appemhce a «I Turcr tal Fnu/» 85
stantùf. La prima vilota imparada a veva in titul Czampa—
ml
De me cove stematinc
sul cricá dal prin barlùm
i ài sintùt une ciampane
dindonà fra vegle e sium.
Dopo mai che no sintivi
dopo mai a suná dì,
chel salùt a di chè ore
mi à fat quasi di vai.
Ài crodůt che in pont da l'albe
mi clamassin di lontàn
lis ciampanis de me vile
dan dandàn dandàn dandàn.
A ti l`àn imparada in ta na sera sola: a tre vòus. La se-
ra dopo, par cambia, na roba da ridi, na vilota popolar:
L'è hiel, e bon e bon paron.
L'è bon di lavora;
l’è bon di rompi citis
e tornalis a justà.
I Peraulis di Ercole Carletti, musica cli M. Macchi.
tuffo. La prima villotta imparata aveva come titolo Campane: «Dal
mio nido stamattina / mentre si dilata il primo albore / ho sentito
una campana / risuonare fra veglia e sonno. // Da gran tempo non
la sentivo / da gran tempo a chiamare il giorno, / quel saluto a
quelI'ora / mi ha fatto quasi piangere. // Ho creduto che allo spun-
tar deIl`alba / mi chiamassero di lontano / le campane del mio vil-
laggio / dan dandàn dandàn dandàn». L’hanno imparata in una se-
ra sola: a tre voci. La sera dopo, per cambiare, roba da ridere, una
villotta popolare: «È bello, e buono e buon padrone. / È capace di
lavorare; / è capace di rompere pentole / e di riaggiustarle. // E tu,
============================================Page 200==================================================
So xlppum/1cmr «I Tan': la] Frm/»
E tu Mariute ciòiiu
e ciòilu c'al è biel.
Ma sicoma c'a durava massa puc e a si veva massa gu-
st a ciantala, i mi soi impensàt di slungiala; e na sera biei
ch'i zevi su pa ii sçalis par zi a durmì, a mi è saltada in
ment n'aitra strofa:
L`è brut e trist e trist paron.
L'è bon di stà di bant;
l'è bon di justà citis
e tornalis a spacà.
E tu Mariute dàighi
e dàighi cu'i baston.
E po` na bieia viiota popolar ciargnela:
Làit a roses in montagne,
e a garofui cà di me.
Domandait ai miei di ciase
che son lor parons di me.
La quarta sera, cu un grop ta la gola, i ài sintùt chei
zòvins a impara una vilota ch’i vevi inventàt enciamò
Mariute, piglialo / e piglialo che è bell0»r Ma siccome durava trop-
po poco e si godeva troppo a cantarla, ho pensato di allungariaz e
una sera mentre andavo su per le scale per andare a dormire, mi è
saltata in mente un'a.ltra strofa: «E brutto e cattivo e cattivo padro-
ne. / Sta volentieri senza far niente; / è capace di aggiustare pcntů-
le / e di romperle di nuovo. // E tu, Mariute, dagiiele / e daglieie
con il bastone». E poi una bella villoita popolare carnica: «Andate
a fiori in montagna, / e a rose qua da me. / Domandate ai miei di
casa / ché sono loro i miei padroni»i La quarta sera, con un groppo
in gola, ho sentito quei giovani imparare una villotta che avevo in-
ventato ancora questo Aprile, andando in giro per i campi; è come
`
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/lp[2mJm'u «l Turci mi Frru/» 87
chistu Avril, zint via pai ciamps; a è coma na prejera par
i Sincsènt àins da la Parrocchia di Ciasarsaz
O Glisiuta tal to grin
quanciu muars c'a àn preat!
Sincsènt àins che nu i savin
di vei cà patit e amat,
O paìs dai vecius muars
vuei beas tal Paradis,
dis tu, a lour, cu li ciampanis,
c'a s'impensin dai so fis.‘
Par quinta, n`altra vilota nova, propit dal nustri paìs,
c'a è coma na nina nana:
Clars nulùs di seda fina,
alberus di regadin,
feit na blusa a la me nina
e na cialsa al me frutin.2
E i fantàs a erin sempri pì bravos, a ghi metevin sem-
pri pì sintimìnt; ta ches da ridi, po`, a bisugnava jòdju!
Coma ta In segretz
I Musica di Giovanna Bemporad.
Z Peraulis di P.P, Pasolini, musica di Riccardo Castellani,
una preghiera per i Cinquecento anni della Parrocchia di Casarsa:
«© Chiesetta nel tuo grembo / quanti morti hanno pregato! / Cin~
quecento anni che noi sappiamo / di avere qui patito e amato. // O
paese dei vecchi morti / oggi beati in Paradiso, / di' tu, a loro, con
le campane, / che si ricordino dei loro t'igli». Per quinta, un'altra
villotta nuova, proprio del nostro paese, che è come una ninna
nanna: «Bianche nuvole di seta fina, / ramoscelli di rigatino, / fate
una camicetta alla mia bimba / e una calza al mio piccino.» E i gio-
vanotti erano sempre più bravi, ci mettevano sempre più scntimen~
to; in quelle da ridere, poi, bisognava vederli! Come in In regrew:
============================================Page 202==================================================
XX Appcndzw u «I Turri tal Fr1u]»
La puarte a è siarade
lis clas a son su,
al passe chel zòvin,
al viars e al va su.
La mari in cusine:
Ce fastu lassù?
L'è il giat su pe s-calis
c'al cor su e ju.
Al giave lis scarpis,
guai fassi sintì...
Ma uchì li pcràulis a no erin dal dut, dal dut adatis a
na fiestuta coma la nustra; e alora i ai cugnùt cambialis.
Cussì:
Gi puarte tre rosis
in pom a miesdì.
Pocagne di fic,
ce fastu lassù?
Lis frissis brusadis
e il lat c`al va su.
Po', n'altra ciargnela, miesa da ridi e miesa da planzi:
Oh ce timps, ce fiestes bieles
quant ch'jo lavi a fa l'am0r,
e par me paìs di Fieles
tu parevcs un splendor.
«La porta è chiusa / le chiavi sono su, / passa quel giovane, / apre e
va su, // La madre in cucina: / Cosa fai lassù? / C'è il gatto per le
scale / che corre su e giù. // Si leva le scarpe, / guai farsi SEl'lI.i[`€,..>>.
Ma qui le parole non erano del tutto, del tutto adatte a una piccola
festa come la nostra; e allora ho dovuto cambiarle. Così: «Le porta
tre rose / a mezzodì in punto, // Birba di una figlia / cosa fai lassù?
/ I ciccioli bruciati / e il latte che va su». Poi, un`altra carnica, mez-
za da ridere e mezza da piangere: «O quei tempi, quelle feste belle
/ quando andavo a fare l'am0re, / e per me paese di Fieles / ru pa-
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Appendice a «I Turcs ml Frrul» B9
Ma cumò paìs di Fieles
tu tu sos il miò torment
a mi è muarte la murose,
jo i no ai plui nissun content.
Par ultimis dos vilotis di ches famòsis: In ché sere e
Stelutix che i fantàs, da bòins furlàns, a ciantavin a plen
gola e a plen còur.
Quant che dut è stat preparàt, i vin rapresentàt il nu—
stri Spetaculùt. Dos voltis a Ciasarsa na volta a Sòpula}
IH Programma al era chistu: Musica classica (violinista P. Kalz; pia-
nista Delia Gabrielli). Ciant coral di vilotis furlanis e ciargnelis, vecis
e novis (Coru dai miej fantas di Ciasarsa, diret da la Sig.na P. Kalz).
Dimm tra la Pleñe un fanta! e Dialogul tra un fm! e un Pelegrxh di
P.P. Pasolini (Atours: S. Bertolin, O. Colussi, R, Tome). A Sòpula al
piano il maestro G. Cecco, a l'arm0nium il maestro G. Pierobon; e,
invesi dal Dialngut tra un fru! ecc. un Dialogul tra Sòpula e Cmrarra
dal stes autour. Par conclusion la Prejera pubblicada encia cà. I Sena-
rios, cui doi Zimui, a erin di R. De Rocco. E no bisogna dismintià
I`opera silensiosa di Gastone Sabbatini. [Il Programma era questo:
Musica classica (violinista P. Kalz; pianista Delia Gabrielli)t Canto
corale di villotte Friulane e carniche, vecchie e nuove (Coro dei me-
glio ragazzi di Casarsa, diretto dalla Signorina P. Kalz), Dircorro tra
la Preve e un ragazzo e Dialogbello tra un fanciullo e un Pellegrino di
PP. Pasolini (Attori: S. Bertolin, O. Colussi, R. Tome). A Zoppola al
piano il maestro G. Cecco, all`armonium il maestro G. Pierobon; e,
invece del Dùzlogbetto tra un fanciullo ecc. un Dialogbetlo tra Zoppola
e Cararra, dello stesso autore. A conclusione la Preghiera pubblicata
anche qua. Le scene, con le torri gemelle, erano di R. De Rocco. E
non bisogna dimenticare l'opera silenziosa di Gastone Sabbatini.]
revi uno splendore, // Ma ora paese di Fieles / tu sei il mio tormen-
to / mi è morta la morosa, / non ho più nessun piacere.» Per ultime
due villotte di quelle famose: In quella sem e Stelle alpine che i ra-
gazzi, da buoni friulani, cantavano a gola spiegata e con tutto il
cuore. Quando è stato preparato tutto, abbiamo rappresentato il
nostro Spettacolino. Due volte a Casarsa e una volta a Zoppola,
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90 xlppw1«/1cr·u «I Tnrox [ul Frm/»
Parla dal sucès ch'i vin vut a no ni tòcia a nualtris; ma
né la maestra e né jo e nè nissun dai zòvins al si dismin—
tiarà mai di ches Domeniis. Massime da la Domenia ch'i
sin zùs a Sòpula cu 'l ciar. Se vias! Al pareva un avini-
mint di timps passàs, quant ch`i erin coscrìs, e clut a era
pas e ligria. E encia ches dos oris di ploja, c’a ni veva vi-
lit cun-t-un sèil pèns e scur che mai, a son servidis, da
ultin, a fani pi contens enciamò, A pioveva, a ploveva...
E no un di chei biei oregans di Estàt, ma un gutignà fis
fis e mul c'a no 'l finiva pì. E il ciar pront sot dal puartin
dai Pignàs; e la maestra pronta cu 'l so violinùt; e i
fantàs, prons encia lour, che, cu la scusa dal spetà, ùn
par ùn a ti sparivin drenti da l'0staria al «Impero» a be-
visi un quartut di neri par parà ju la rabia. E a gutignava,
a gutignava... Finalmente al ven drenti Ubaldo, e al mi
fa: «'I`al sèil a è na roba azura, là». I vai fòur; propit par
sora di Sòpula, ùmit ùmit e selèsr al si vierzeva il serèn, I
sin partìs ciantand, coma ai biei timps, e via pai ciamps
sot li nulis fresçis e blancis! Se ciaretada di zoventùt!
Cun Toni Plojuta c'a no 'l lassava passa na fantassina
Parlare del successo che abbiamo avuto non tocca a noi; ma né la
maestra né io né alcuno dei giovani si dimenticherà mai di quelle
Domeniche. Soprattutto della Domenica che siamo andati a Zop-
pola con il carro. Che viaggio! Pareva un avvenimento dei tempi
passati, quando eravamo coscritti, e tutto era pace e allegria. E an-
che quelle due ore di pioggia, che ci aveva avvilito con un cielo
denso e scuro scuro, sono servite, infine, a renderci ancora più
contenti. Pioveva, pioveva... E non uno di quei bei uragani d'Esta-
te, ma un gocciare fitto fitto e ostinato che non finiva più. E il car—
ro pronto sotto il portico dei Pignàs; e la maestra pronta con i.l suo
caro violino; e i ragazzi, pronti anche loro, che, con la scusa di
aspettare, uno a uno sparivanc dentro l’osteria «Impei·o», a bersi
un quartino di rosso per mandar giù la rabbia. E gocciava, goccia-
va... Finalmente viene dentro Ubaldo, e mi fa: «Nel cielo c’è una
roba azzurra, ]à». Vado fuori; proprio sopra Zoppola, umido umi-
do e celeste si apriva il sereno. Siamo partiti cantando, come ai bei
tempi, e via peri campi sotto le nuvole fresche e bianche! Che car-
tettata di gioventù! Con Toni Plojuta che non lasciava passare una
`
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Apparrdzcr a «I Turcs Ia! Friu[» 91
sensa domandàighi: «Eisa chista la strada par dula ch'i
vin di zi nualtris?».
Da la zent di Sòpula i podìn declaràsi a mondi con-
tens; plena di cordialitàt e di rispièt. A pareva legra e
buna coma ta un dì di sagra. E i Cons di Sòpula in stes:
zeneròus, ospitài. Tant a è vera che cu la scusa da la so
gcnerositàt i ciantòurs a si son inciocàs. Una cioca di
ches onestis e inossentis, 1 V1 s1gur1; ma mtant, quant ch 1
si sin fermàs a fa na ciantada in plassa a Cesteòns, a ti àn
stonàt coma un sçap di rassis. Però a Dursinìns, 0 l'aria
fresça 0 il patapìn patapòn dal ciar, i no sai, a ju à di-
smòs, c a àn tirat four li pì bielis vosutis. A Ciasarsa i sin
totnàs c'a era sera tarsùt, cu Ii primis stelutis e l'odòur
dal fcn frese; li famejs a erin sintadis devànt da li so
puartis. A era lì lì par sunà l'©ra di not. I sin rivàs
ciantànd il Ciau! dai mzejfaaláxl
I Peraulis di P.P. Pasolini, musica di Pina Kalz. A proposit dal miej
dat ai ciantòurs, tanciu altris fantàs di Ciasarsa a si saran ofindùs,
un puca C'a mi perdonin, I no savevi se non rirà four; e p0' i volevi
disi: i miej a cìantà, A si sa che a nd-è encia di chei c'a son i miej a
lavorà (coma Toni Masena 0 Pieri Grata e tancius altris); altris c’a
son i miej a svaligià trenos, freant i mucs (coma i fantàs da li Agus-
sis); altris c'a son i miej a zujà a balòn (coma Nerino jus 0 Chin 0
Nalo o Nin Anciune 0 Nisiu Arman); altris c'a son i miej a zi a mo-
ragazzetta senza domandarle: «È questa Ia strada per dove dobbia-
mo andare noialtri?», Della gente di Zoppola possiamo dichiararci
più che contenti; piena di cordialità e di rispetto. Pareva allegra e
buona come in un giorno di sagra. E i Conti di Zoppola lo stesso:
generosi, ospitali. Tanto è vero che con la scusa della loro genero-
sità 1 cantori si sono ubriacati. Una sbornia di quelle oneste e inno-
centi, vi assicuro; ma intanto, quando ci siamo fermati a fare una
cantata in piazza a Castions, hanno stonato come uno stormo di
anatre. Però a Orcenico, 0 l`aria fresca 0 il patapìn patapòn del car-
ro, non so, li ha svegliati, e hanno tirato fuori le più belle vocette. A
Casarsa siamo tornati che era sera piuttosto tarda, con le prime
stelline e l'odore del fieno fresco; le famiglie erano sedute davanti
alle porte. Stava per suonare l'Ora di notte. Siamo arrivati cantan-
`
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92 Appendice a «I Turci tal Fr1ul»
Fantassutis di Ciasarsa
zèit pai pras a cioj su flòurs:
un massùt par vustra mari,
un ilorut par i ciantoursr
E il miej prin al è Gigion
cu na vous di gardilin;
il miej bas al è Angilin
cu na gola di canon.
E i secòns son duciu bravos,
duciu plens di sintimìnt:
Visça, Marco, Vidio, Toni
cun-t—un stomi da sarpint.
La maestra a è pissuluta,
ma a è duta di oru fin,
rosis ju par San Laurins; altris, in ultin, (ch`i no fai il nòn) c'a son i
miej par sta di bant. [Parole di P.P. Pasolini, musica di Pina Kalz.
A proposito del meglio dato ai cantori, tanti altri ragazzi di Casarsa
si saranno offesi, un poco. Che mi perdonino. Non sapevo che no-
me tirare fuori; e poi volevo dire: i meglio a cantare. Si sa che ce n'è
anche di quelli che sono i meglio a lavorare (come Toni Masena 0
Pieri Grata e tanti altri); altri che sono i meglio a svaligiare treni,
fregando i tedeschi (come i ragazzi delle Aguzze); altri che sono i
meglio a giocare a pallone (come Nerino jus 0 Chin o Nalo 0 Nin
Anciune 0 Nisiu Arman); altri che sono i più esperti nell'andare a
morose giù per San Lorenzo; altri, infine (e non faccio il nome) che
sono i più esperti nel far niente.]
do il Canio dei meglio ragazzi: «Ragazzine di Casarsa / andate peri
prati a cogliere fiori: / un mazzetto per vostra madre, / un fiorelli-
no per i cantori. // E il migliore primo è Gigion / con una voce di
cardellino; / il miglior basso è Angilin / con una gola da cannone.
// E i secondi sono tutti bravi, / tutti pieni di sentimento: / Visça,
Marco, Vidio, Toni / con uno stomaco da serpente // La maestra è
piccolina, / ma è tutta di oro fino. / Ultimo uno che compone / le
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Appendicc a «[ Turn la] Frzu/» 93
Ultin un dal ti cumbina
li vilotis cun murbin.
E duciu chei altris no nominàs? A bisugnava par fuar—
sa fàighi na vilota encia par lour. Cun l'unic dai secons
restàs fòur par razons di «metrica», Gustavo Pipeta, i mi
la s0i giavada subit; al fa il cialiàr, e aloraz
Par Gustavo na vilota
belzà pronta a si varès:
e s'i0 ver di maridami
un czkzliar no ciolarèx.
Par Bepi Castellarin i ài notàt la so maniera di stà:
Bepi al cianta a duta fuarsa
Squasi coma un canarìn:
giambis largis, musa in su,
dut vistit di verdulìn.
Par Dino, so fradi, a vòlin disi c'al vedi la murosa tra i
salvàdis.
Dino al cianta al cianta al cianta,
ma bisugna compatì:
a voul disi che a Cevraja
qualchiduna a sta a sintì.
villotte con gust0». E tutti gli altri non nominati? Bisognava per
forza fare una villotta anche per loro, Con l'unico dei secondi ri-
masto fuori per ragioni di «metrica», Gustavo Pipeta, me la sono
cavata subito; fa il calzolaio, e allora: «Per Gustavo una villotta /
già pronta ci sarebbe: / e re io doversi mariIarm1`/ un mlzolaio non
pt¢>r1der¢·i». Per Bepi Castellarin ho osservato la maniera di atteg-
g1arsi:«Bepi canta a gola spiegata / quasi come un canarino: / gam-
be larghe, faccia in alto, / tutto vestito di verd0lin0», Per Dino,
suo fratello, vogliono rendere noto che aveva la morosa tra i selvag-
gi. «Din0 carita canta canta, / ma bisogna compatire: / vuol dire
che a Cevraja / qualcuna sta ad asc0ltarl0», Rico Culus e Sanclrin
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*)-4 /lp_1u·m]1cuu «I `Ihrrr lu! Frru/»
Rico Culus e Sandrin Bertolin, a son doi fantàs di Gli-
sia, sèrius e sàvios:
Rico e Sandro a son doi zòvins
c`a no àn pì pal ciaf monadis;
ma a si viot c'a àn un debul
par fa su quatri ciantadis.
E Ubaldo?
Chel dai Vedui al è un biel zòvin
blanc e ros e rissulin;
ghi ciantàn chista vilota
soul par daighi il contentin.
Fra i bas, Ferruccio al è biel; al à dos bielis basetis; al
è sempri mont e lustri cu la so cravata in regular
E Ferrucio c'al va a Udin
al ghi ten a fa il gagà;
ma par disi c'al è in gamba
ti cùins sintilu ciantà.
Par Pieri Domenighini, overossia Preodi, c'al è
sartòur, i ghi l'ài fata sul tipo da la stàjare:
La maestra a è rivada
e Pieri al ven su,
Bertolin, sono due giovanotti di Glisia, seri e saggi: «Rico e Sandro
sono due giovani / che non hanno più in testa stupidaggini; / ma si
vede che hanno un debole / per farsi quattro cantate». E Ubaldo?
«Quel.l0 dei Vedui È un bel giovane / bianco e rosso e ricciulino; /
gli cantiamo questa villotta / solo per dargli il contentino.» Fra i
bassi, Ferruccio è bello; ha due belle basette; è sempre ordinato e
lustro con la sua cravatta in regola: «E Ferruccio che va a Udine /
ci tiene a fare il gagà; / ma per dire che è in gamba / devi sentirlo
cantare». Per Pieri Domenighini, ossia Preodi, che è sarto, gliel'h0
fatta sul tipo della nájare: «La maestra è arrivata / e Pieri viene su,
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/lpp<'m]1n· a «I 'lìmzx la! Frm/» 97
al fa na ciantada
e po' al torna ju.
E n0 c'a no 'l sedi
un flour di fantat:
ma miej na ciantada
che un gasiu sbagliat.
Ultin dai bas, il pì bas:
E tra i bas i vin Blasùt:
quant c'al cianta al fa un sussùr
che a sintilu a ven da disi
«Usti! Altri che un tambùr!»
(1944)
/fa una cantata / e poi torna giù. // E non che non sia / un fiore cli
ragazzo: / ma meglio una cantata / che una cucitura sbagliata», Ul-
timo dei bassi, il più basso: «E tra i bassi abbiamo Blasùt: / quando
canta fa un rimbombo / che a sentirlo viene da dire / "Accidenti!
Altro che un tambum!”».
============================================Page 210==================================================
www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
============================================Page 211==================================================
da «I FANCIULLI E GLI ELFI»
============================================Page 212==================================================
Personaggi
EM:
TEMPESTUCOLO
SIBILINO
TIZZONCELLO
ALTRI ELFI
Fzmciulliz
GIANNI
CESARE
ALFREDO
ALTRI FANCIULLI
LO ZIO
L'ORC©
LA LUNA
IL SOLE
IL BOSCO
Um: [anda deserta, con una cupumzucda di came.
============================================Page 213==================================================
SCENA!
Il rzpan`0 ri alza e gli ew cantano la loro triste canzone.
TIZZONCELLO (facendo capolino entro la capanna) È l`al—
ba. e dorme ancora, che pare uno scimmione imbalsa—
mato.
SIBILINO Puzza di cristiani.
TIZZONCELLO Già, ne ha fatto indigestione, iersera.
SIBILINO Beato lui!
TIZZONCELLO Vah, che quando sarem grandi ci piglie—
remo anche noi di queste soddisfazioni.
SIBILINO Guardalo, quel maiale di nostro padre, come
se la dorme! È pieno di cristianità.
TIZZONCELLO Giurerei che i cristiani tutti insieme,
protestanti o cattolici, che s'è mangiato non starebbe-
ro dentro San Pietro.
SIBILINO Ma ci ha pensato lui a benedirli! Che hai
Tempestucolo che stai lì zitto, zitto?
TEMPESTUCOLO Un sogno.
SIBILINO Un sogno?
TEMPESTUCOLO Già, stanotte ho sognato d'essere in
uno strano paese dove non c'erano né boschi né grot-
te né bestie come noi, ma tutta una bella luce. Stavo lì
come ingrullito, che mi sentii toccare il petto da un
elfo molto più bello di noi; e con una manina tutta
bianca e splendente mi segnava un punto del cielo.
SIBILINO Uh, che sogno strambol Vergognati; non sei
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100 Ju «I /«1»m`uII1 <· gh vM»
degno del nome che porti tu, con codeste poetiche
immaginazioni. Che ne dici, Tizzoncello?
T1zz©NcE1.L© Puah, mi fa ribrezzo!
[H.]
SCENA VIII
Si sente un grzdo.
GIANNI L’©rco.
TEMPESTUCOLO Proprio lui.
TIZZONCELLO Aiuto, ci mangia dal primo all`ultimo.
SIBILINO F anciulli ed elfi: tutta una pastasciutta.
CESARE Scappiamo.
ALFREDO Via, via!
GIANNI Gambe in spalla.
TUTTI Scappiamo.
ZIO Alt! Fermi.
GIANNI E perché fermi, zio Cristiano? Vuoi che finia-
mo tutti in padella?
ZIO Macché padella. Chi vi ha messo in capo simili
grullerie? L’Orco è la più buona pasta d`uomo che vi
sia nel mondo. (Fermi, ho detto!) ln fondo ha diritto
anche lui di mangiare. Non solo, ma è nostro preciso
dovere di prenderlo in qualche considerazione. Per-
ché negargli il “Buon giorno", poveraccio? Perché
fuggirlo sempre come una bestia? Molte volte basta-
no due parole cortesi per confondere un selvaggio,
anche se ha la pancia vuota.
Entra ]'Orc0.
ORCO Veh, veh, veh, Che strano cambiamento di sce—
na. Toh, un uomo, anzi un signore. Buongiorno a
Vossignoria.
ZIO Buon giomo, sor Orco. Qual buon vento?
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da «I/imc1'ull1`t' g/1 cM» l()]
ORCO Ecco una domanda che io dovrei rivolgere a
voi...! Ma guarda, guarda, guarda...
ZIO Siete un po` alterato. Che, vi sentite poco bene?
ORCO Sto benissimo, oh in quanto a questo sto benissi-
mo, anzi strabene, ben... Peli di Satana, che cosa vole-
re qui?
ZIO Oh Dio, nulla di male.
ORCO Signore, non abusare della mia pazienza.
ZIO Nessun abuso, signor Orco, poiché conosciamo
che anche la pazienza degli Orchi, benché grandissi-
ma, ha un limite. Per questo chiediamo umilmente
scusa e prendiamo commiato, per quanto dolenti di
non poter godere più a lungo della vostra deliziosa
compagnia,
oaco Bah!...
ZIO Bene, buon giorno.
ORCO Arrivederci, Signore (Tuttifamzo per allonta-
mzrxit) Un momento! Anzi, un momentuccio, un mo-
mentino, un piccolissimo istante. Oh, non che sia ar-
rabbiato. Arrabbiato io? Eh ce ne vuole! Non fo per
vantarmi, via, ma è veramente raro che io mi arrabbi.
E poi non è ch`io non desideri, anzi non permetta lie-
tissimamente che voi proseguiate tranquilli per la vo-
stra via, e amen. Scusatemi tutti queste chiacchiere;
ma volevo dire: «Signore, che premura c'è?».
ZIO Oh, nessunissima.
GIANNI Io direi moltissima.
ORCO (Si xoffa il naso.) Cosi, tanto per dire... Non ho
nessuna malevola intenzione... Si fa cosi, per chiac-
chierare. Amichevolmente. Se lei ha premura, sa, Si-
gnore, se ne può andare. Anche subito, subito, subi-
to. Oh, io non la trattengo. Si dice che gli Orchi siano
maleducati, ma le son chiacchiere. Ecco, io ora, per
esempio, non oppongo nessuna difficoltà, se lei, Si-
gnore, se ne vuole andare, anche subito, adesso, istan-
taneamente.
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102 Ju «] fiiñlfllll/I i· g/1'i·M··
ZIO Sono molto commosso, signor Orco, per davvero.
ORCO Ma le pare? Ecco, lei se ne vada. Ma questi pic·
colini no. Questi piccolini, proprio no, non glieli la-
scio portar via a nessun patto. Mi son capitati costì
stamattina, come tre angioletti. E io mi ci sono subito
affezionato,.
GIANNI Grazie.
ORCO Proprio come se fossero figli miei, vero Tempe-
stucolo? Che vuole, Signore, qui nel bosco, si è soli
come lupi, e freddo, e ombra, e solitudine. un vero
piacere quando qualcuno capita quaggiù a farci visita.
E poi io amo tanto i bambini!
ZIO Ah, davvero?
ORCO Tantissimo, Signore. Li adoro. Ma guardali,
guardali che cocchi, che angiolelli! Uh che bei riccio-
lini! E che educati, che composti, che serii: tre ometti.
E quelle cosce grosse grosse., Ahi, che dico? Che
c’entrano le cosce? O grosse o magre è lo stesso, ma
sapete si fa così, tanto per chiacchierare, per scambiar
la parola. Insomma sono amabilissimi. E non ve li la-
scerò a nessun patto. Cioè: Ii voglio ancora qui con
me, per qualche oretta, non di più, capitemi. Sono un
po` libero e vorrei godere almeno fino a sera della lo-
ro compagnia.
SIBILINO Molto saporita.
ZIO Beh, Signor Orco. Ora basta con le chiacchiere. È
necessaria una chiara ed onesta spiegazione. Voi avete
idea di mangiarvi a cena questi fanciulli, ed io ho esat-
tamente l'idea contraria. Non vi paja strano, del resto.
Poi ci sono le loro mamme che li aspettano angustia-
te. Quindi tagliamo corto, e da buoni amici, lasciamo-
ci immediatamente.
ORCO Ma che dite mai, Signore? Chiedo scusa, ma mi
sembra che farnetichiate. Io? Io mangiare questi in-
nocenti? Quale enormità. lo sono un buon uomo, Si-
gnore; sono calunniato, calunniato. Le male lingue mi
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Ju «I fanciulli v g/1 c'M`» IO}
dipingono triste, malvagio, antropofago, perfino! E
invece son tanto buono, tanto caritatevole io. (Si met-
te a piangere.) Ecco, vedete?, piango. Oh che dolcissi-
me, soavissime, umanissime lacrime sono le mie.
ALFREDO Poverino!
GIANNI Mi fa misericordia.
CESARE In fondo eta un buon uomo.
TIZZONCELLO Povero papà!
TEMPESTUCOLO Conduciamolo via con noi!?
SIBILINO Poveraccio!
ZIO Beh, andiamocene ragazzi. E per l'ultima volta:
Buon giorno!
ORCO Ecco, ecco, voi mi lasciate, qui, solo, triste, di-
sperato. Povero me! Nessuno ha compassionen. Ah,
ve ne andate sul serio? Peli di Satanasso; son stufo;
basta. Al.l`inferno le chiacchiere e i piagnistei. Ora vi
ammazzo tutti.
ZIO Oh, finalmente c'intendiamo.
ORCO Intenderci? Oh puzzolente cristiano, c'intende-
remo, quando ti avrò sotto i denti.
ZIO Che? Avete intenzione di mangiare me pure?
ORCO S'intende, per Dio.
ZIO Non avete paura che io sia, per così dire, un po`
coriaceo, ovvero duretto? Ho cinquant'anni suonati.
ORCO Ti mangerò, ti mangerò e basta. Se non altro per
farti del male.
ZIO Ah, così.
ORCO Poiché io infine, mangio solo per fare del male.
Sappiatelo. O credete forse, presuntuosissimi cristiani,
che la vostra carne sia più buona di quella delle galline,
0 di quella dei porci? E più cattiva, cari miei, è più cat-
tiva. Ma io mangio voi soltanto perché soffrite di più.
ZIO Benissimo. Ma io ho pure qualche possibilità di
difendermi; e, aiutato da tutti questi ragazzi, posso
anche legarti e condurti in prigione. Non ci pensi a
questo?
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[04 da «lfarmull1 0 gl! eM)»
ORCO Ah, ah, ah! Non fatemi ridere. Non sapete che
io ho infi.niti alleati qui intorno? Tutte, tutte le forze
del male.
ZIO Già, ma io sarò aiutato, al contrario, da tutte le
forze del bene.
ORCO Puah, mai viste. Io chiamerò in aiuto i serpi, le
iene, le tigri, i lupi, i gatti selvatici, gli avvoltoi, gli
sciacalli, le vipere, i vampiri, i pipistrelli, i gattopardi.
ZIO E io, che volete, chiamerò ad aiutarmi i cavalli, i
buoi, i cani fedeli, le pecore, le galline, i galli, i colom-
bi e tutte quelle altre nostre buone bestie di casa.
ORCO Roba da vergognarcisi. Io poi, se non bastasse,
ho le tenebre, il freddo, le ombre, il gelo, la solitudi-
ne, il terr0re...
ZIO E io, al contrario, la luce, il tepore, i raggi, la gioja.
ORCO Per terza cosa ho il mio fedelissimo bajo: il col-
tellaccio che non ha fallito un colpo da che son orco.
ZIO Ah, per questo, io c'ho la mia carissima pipa!
ORCO Infine, tremate cristianucci, il Demonio stesso
accorrerà in mio ajuto.
ZIO Qui ti voglio: se il tuo alleato è il diavolo, il mio
sarà il Signore.
ORCO Eh, che sentono le mie acutissime orecchie? Ba—
sta. Son stanco. Son pieno di rabbia e fame: è ora di
catturarvi. (Si volge verro la relva,) Servi, anzi, fratelli
miei che abitate le più orribili ombre del bosco! Bestie
che amate la came e il sangue; uccellacci che vivete di
preda; belve che gemete orrendamente affamate; fiere
cieche e perverse che amate ammazzare; a me, a me. Il
vostro padrone, anzi fratello, vi chiama in aiuto.
Dopo un breve silenzio, xi ode ragliare un asino, muggire
una vacca e rtrepitare ur/oca,
CESARE Chiama un leone e gli risponde un asino.
ALFREDO Chiama una jena e gli risponde una vacca.
GIANNI Chiama un'aquila e gli risponde un'0ca.
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Ja «l /armul/1 0 gl: c·M» IUS
ORCO Beh, pazienza! Ombre profondissime e atroci
dove l'uomo si sente morire di spavento, solitudini
fisse e disperate, figure di morte (tenebre silenziose e
simboliche tra le foglie morte e i fanghi micidiali); a
me, a me, il vostro grande fedelissimo amico vi chia-
ma in ajuto.
Brilla più forte la luce, e si sente ruorzare uno strumento,
TIZZONCELLO Chiama le ombre e viene il sole.
SIBILINO Vuole le tenebre e piovono i raggi.
TEMPESTUCOLO Invoca il silenzio e si ode una bellissi-
ma musica.
ORCO Pazienza, pazienza ancora. Che? Il male non co-
nosce scoraggiamenti, non dispera mai: il male è la
notte medesima, e il <...> medesimo. E, poi, mi restano
il Diavolo e il coltello.
ZIO Oh neanch`io dispero, no, benché non mi resti che
la mia pipa. Infatti non oso sperare che il Signore ven-
ga ad ajutare noi che siamo indegni di menzionare
soltanto il suo nome. Io non ho che la pipa, ed essa
può servire tutt'al più a farci una fumata, e non certa-
mente ad ammazzare. Ma io prego il Signore che an-
che il tuo coltellaccio non ti sia più utile della mia pi-
pa. E il Cielo mi ascolti. Bambini pregate.
ORCO Ho vinto. Siete nelle mie mani. Pregate, pregate
pure. «Cristiano confessato, arrosto prelibato.» Ah,
ah, ah! Prega, prega pure, anche tu, zio Cristiano.
Gallina vecchia fa buon brodo. Amen. O mio dolce
coltellaccio, in gamba, stai per rendermi il più gradito
fra i servizi. Il mio coltello, il mio coltello! Aiuto, aju-
to! Non c'è, non c'è più! Aspettate, aspettate, non
scappate via; ragazzi, per piacere, fermi ancora un
momento che cerchi il mio coltellino. Ahi, ahi, ahi,
non c'è più, sparito.
ZIO Bene bene. Non c'è qualcosa nella tua saccoccia?
ORCO Oh sì c'è qualcosa.
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106 Ju «Ifu:1¢'m[[1 0 gli cM»
Tira fuori um: pipa.
ZIO Vedete ragazzi? Cercava un coltello, e ha trovato
una pipa.
GIANNI Evviva!
ZIO I1 bene ha vinto, ragazzi; e così vincerà in sancta
sanctorum. E adesso, marsh, a casa; e di corsa, che le
mamme vi aspettano, e, intanto, vi hanno preparato un
buon pranzetto, ché avrete molta fame, credo.
Varmo tutti via.
0Rco Cinghia.
(1944-19451
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LA POESIA O LA GIOIA
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Personaggi
PAOLO
ANTONIO, suo fratello
MARIANO, suo amico
NIVES, moglie di Antonio
LA MADRE, di Paolo e Antonio
IL DIAVOLO
Scena: un ort0.‘
I A parte una panchina di pietra, una poltrona di vbnini e, natural-
mente, dei fiori tutto il rexto è afidato al guxto del regùta. Sarebbe
conxighabile però un certo verilrmo; così pure la recitazione non do-
vrebbe cercare delle acmi ma coxtringersi a quel ritmo orizzontale cbe
è nella realtà. Ilfatto avviene nella primavera del '47.
============================================Page 223==================================================
SCENA I
PAOLO No, non ti leggerò i miei versi. Il Diavolo — il
mio personaggio preferito — sia testimone che non lo
faccio per pudore. Sono loro, i miei versi, che arrossi-
rebbero! A quest'ora sono distratti... Sì, io credo in
una loro esistenza fisica, in cui io non sono più pre-
sente Non sarà forse eterna, come vuole Valéry, po-
tra magari durare solo qualche giorno; tuttavia io cre-
do che vivano: non per nulla gli antichi, scritta una
canzone, ne prendevano congedo!
MARIANO Non insisto, Paolo. Del resto sono cinque
anni che non ci vediamo e credo che sarebbe anche
per me molto difficile I'ascoltarti. Ti ricordi la preci-
sione che si aveva allora nel giudicare? Eravamo so-
stenuti da un gusto che non falliva mai! Il puro, l'as-
soluto..i e la nostra intransigenza di adolescenti.
PAOLO Ricordi i nostri giornali? Qualche volta il loro
pensiero mi commuove. In fondo la resistenza contro
la tirannide, per noi giovani che credevamo di esserne
fedeli ammiratori, è cominciata lì, in quello sgradevo-
le obbligo di stendere una prima pagina di argomen-
to,.. politico.
MARIANO In questo senso eravamo dei bambini. È or-
ribile.
PAOLO Che ingenua eresia! Scrivevamo una prosa
d'arte per giustificare il nazionalismo fascista, e poi,
rileggendo l'articolo, ci si accorgeva che era in assolu-
ta malafede.
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l IU La pour}: 0 la gmra
MARIANO Cinque anni!
PAOLO Non dirlo. Si, sono abbastanza indifferente per
non allarmarmi di nulla; tuttavia certi dati mi ferisco—
no, e quasi mortalmente — come una volta, ric0rdi?,
quando ti accompagnavo verso casa per la strada
d'asfalto; e poiché ci succedeva di sentire da lontano
certe note di trombe e di armoniche — erano Emilio,
Rinaldo, che tentavano i loro strumenti seduti sul ci-
glio della strada, sotto le acacie — mi sentivo impazzire
e ti parlavo con le lacrime agli occhi. Ero vergine.
MARIANO No, Paolo, non facciamoci delle confidenze.
PAOLO Anche tu le hai superate! Bah, io con tutta la
mia sécheresse mi comporto ancora come un ragazzo.
Una settimana fa ho sentito un uccello che cantava —
erano i primi momenti della primavera — di lui non
c'era altro che i.l suo canto — una goccia di canto — una
margherita luccicante — che lo proteggeva come un'ar—
matura di vetro, dietro la quale tutto era selvaggio, tut-
to era uccello, null'altro. Ebbene, io ho pensato che
era inutile che io fossi ancora vivo, dato che lo scorso
anno, udendo un uccello, avevo avuto l'identica im—
pressione. "Certo" pensavo “io sono vivo per un erro-
re, anche se divino! " Cose degne di un adolescente.
MARIANO Ti invidio.
PAOLO Oh invidiami, perché, più di ogni altro senti-
mento, è la gioia che mi occupa.
MARIANO (ridendo) Sei un mostro.
PAOLO Un mostro? È vero: ma conosco tutti i profitti
e le perdite della mia falsa adolescenza,
MARIANO No, veramente... Ascoltamiz sono tre giorni
che stiamo insieme, ma ho avuto subito l'impressi0ne
che tu non emanassi più la gioia di vivere che emanavi
un tempo. Posso confessartelo, mio gelido amico? Un
tempo tu mi comunicavi una gran gioia di vivere - con-
tinuo a chiamarla ingenuamente come allora — e questo
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La [mom: 0 Ia gioia I I I
era il mio complesso di inferiorità nei tuoi confronti.
Ora trovo che nelle tue parole c`è, come dire, del gelo.
PAOLO ll mio Diavolo ti ha punito: ecco che sei caduto
nella confidenza. E questa come vuoi chiamarla, se
non gioia di vivere? Quanto al gelo, potevi lasciarmi
finire il discorso di prima; mi sarei riferito ancora alla
perdita della castità.
MARIANO Scusa, non sospetti che nella tua rassegnazio-
ne — il tuo gelo — ci sia come un`aria... fallimentare?
PAOLO (gridando) No.
MARIANO Perdonami,. O sono forse i tuoi versi che
hanno gridato?
PAOLO Aspetta, una rivelazione: tanto io che i miei
versi viviamo in uno stato analogo; diciamo: fuori dal-
la vita. Essi nella Poesia, io nella Gioia.
SCENA II
NIVES Scusatemi, vi disturbo.
MARIANO Per carità, Nives, non lo dica.
NIVES Volevo prendere un po' di fiori.
MARIANO Lo faccia, noi possiamo continuare fredda-
mente il nostro discorso!
PAOLO Non avevi un altro momento?
NIVES Lo sai che ogni Giovedì vado in Cimitero.
PAOLO Ma sì.
MARIANO No, non ci disturba affatto, al cor1trario...
PAOLO Beh, andiamocene.
MARIANO E dove?
PAOLO A spasso. Vieni, Mariano, ti offrirò delle bellez-
ze inedite, e segrete, molto segrete, del nostro paese.
MARIANO Bene, andiamo. Arrivederla, Nives.
NIVES Buon giorno.
Appena esxi :0110 usciti Niue: ba una Iievixrima criri di
pianto, cbe rubiio vince. Si china a cogliere dei fiori.
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l I2 La [metta 0 la gioia
SCENA Ill
ANTONIO (Entra con un aspetto stravolto, harcollando.
Parla con aria di violento dzrprezzo, tottolineando tutte
le parole.) Eccola, la martire, che coglie i fiori.
NIVES (rorpira)
ANTONIO (rfacendole il verxo) E piantala di sospirare,
non vedi che fai schifo? (Si getta a redere ru una redza
di vimini rerpirando a fatica, ma con vzkihile esagera-
zione. Ogni tanto ri lamenta.) Schifo fai, sì, schifo, Oh
coglie i fiori, lei. (gridando) Ma a suo marito no che
non ci pensa. (Dicendo quexte parole alza il capo e la
fitta a lungo con aria furiosa. Si rcorge cosi il xuo viio,
che Eno allora era rimaxto nascosto dietro il colletto
rialzato di un paxtrano militare: gli occhi appannati e
xporgenti la pelle accexa.) Ma l'hai capita si o no che
io me ne frego dei tuoi morti?
NIVES Che bei discorsi!
ANTONIO Belli, sì. Belli. (Ridendo con esagerato tarta-
rmo) Coglie i fiori! Vorrei vedere se quando sarò cre·
pato io — si, crepato, e presto — li coglierà anche per
me, i fiori. (Ride ancora,) Insomma, vuoi capirla o no?
Te l`ho già detto mille volte: fai schifo.
NIVES Ma perché, perché?
ANTONIO (divenendo improvviramente serio e guardan-
doh terribile) Perché, hai il coraggio di dire. Brutta...
Ah! (Fa un getto come per dire che tutto e inutile. Xi
chiude in un lungo silenzio, lamentandosi xempre in
modo viszhilmente lU"ìlyik`l'0.\`O.) E sopportiamo anche
questa. (Si commuove.) Sopportiamo, sopportiamo.
Sono dieci anni! Eh! (È quari per piangere.)
NIV`ES (xentendolo lamentarri piu forte) Cosa c'è adesso?
ANTONIO (dopo un lungo xilenzio) Eh presto li coglierai
anche per me i fiori. Sarai contenta, finalmente, quan-
do ti avrò liberato dalla mia prerenzal Sono dieci anni
che aspetti questo momento. Lo so. (gridando) Lo so.
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La poesia 0 la gioia 1 1 3
L'ho predicato per dieci anni; ma tu niente! Dura, te-
starda. (Si batte il pugno sulla coscia.) Dura! Gia, ma
adesso c`è la democrazia e allora.., oh, e a]lora...
NIVES Ma cosa c'entra la democrazia!
ANTONIO Sei libera di fare quello che vuoi.
NIVES Ma che cosa faccio, che non dovrei?
ANTONIO (balzando in piedi e facendo l'alt0 di scaglzar-
lesi contro) Ha coraggio di rispondere, ha coraggio di
parlare, brutta... Ma che farci? Sei pazza, pazza come
tutta la tua famiglia. (Ricade a sedere.) Eh ma presto,
oh sil, sarò sotto terra anch'io, e allora...
NIVES Ti prego, non dir queste cose.
ANTONIO Ma va! Taci almeno. (gbignando) Ma sì, voi
ve ne fregate tutti di me, voi, i democratztil Comin-
ciando da te e finendo con quel coglione d'un poeta.
NIVES Anche tuo fratello, adesso.
ANTONIO (gbzgnando) La poesia. Puah. La democra-
z1a... Povera illusa! E quell'altro là che si è iscritto al
Partito d'Azione. Puah. (Ride a lungo.) La democra-
zia! Voi avete tradito l'Italu1. Sissignori, tradito l’ltalia.
Voi e tutto il porco popolo italiano.
NIVES Non gridare, cosa diranno i vicini?
ANTONIO I vicini! Ai vicini sì che ci pensi, ma di me ah
ah ah, tuo marito è una bestia, un ignorante, e allora
dagli — lascialo crepare - e pensa a raccogliere i tuoi
fiori. (lungo silenzio) La democrazia!
NIVES (molto esiianle) non riesco a rompere questo
gambo, vieni ad aiutarmi?... Vieni ad aiutarmi?... An-
toniol, hai capito?... Aiutami a strappare questo gam-
bo... vieni.
ANTONIO (dopo averle opposto un lunghissimo, esaspe-
rante silenzzo, si alza infine minaccioso, e barcollando
va verso Nives e rompe il gambo. Indi le gelta con di-
sgusto la rosa tra le mani.) Neanche capace di far que-
sto! (ricadendo a sedere) Pazienza. Sono dieci anni
che lo dico, che lo ripeto: ma niente! Dura! Testarda!
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I H Lu [mmm 0 la gmm
Oh santa madonna, ma insomma la vuoi capire sì 0
no che io non riesco più a sopportarti? Che non si
può più vivere insieme?
NIVES E cosa dobbiamo fare allora.
ANTONIO Maledetta., non so chi mi trattengan. Cosa
dobbiamo fare? Dividerci.
NIVES Se proprio lo vuoi, dividiamoci.
ANTONIO Di-vi—der—ci. Sì, cara la mia... coglitrice di
fiori, dividerci. Vi pianto tutti, sono stufo! Anzi no,
un momento, vi caccio fuori tutti da questa casa, che
è mia. Fuori dalle scatole. Visto che io per voi sono
zero, bene, uno di qua uno di là. Così non dovrete più
sopportare., (corztmffaceudo la voce della moglie) il
mio carattere... oh, quel carattere! E io... io (è rojoca-
to dalla commozione) me ne vivrò tranquillo., da solo.
(Scoppia a pzkmgere.)
NIVES Dio mio, che anima.
ANTONIO Solo come un cane, sì, meglio che con voi —
democratici dei miei stivali. Mia moglie, mio fratello.
(Piange più forte.)
NIVES Ma insomma, noi non abbiamo nessuna inten·
zione di lasciarti, sei tu.,.
ANTONIO (urlando e fimmdola con aria terribile) Ba-
sta! Basta. Ma come? O non è questo il momento che
hai aspettato da dieci anni? Sei tu, sei tu che vuoi cac-
ciarmi via di qui: non hai detto un attimo fa «Se pro-
prio lo vuoi dividiamoci»? E allora?
NIVES Lo dici ogni giorno che te ne vai.
ANTONIO (rlringendo con furia ŕ bmcciolz, con voce w`·
brame) Maledetta. Bada...
NIVES Cosa vorresti fare: ammazzarmi? Non ti manca
che questo. Beh, il mio mazzo è pronto, addio.
ANTONIO Fermati, dove vai?
NIV`ES In cimitero, 0 dove vuoi che vada!
ANTONIO Tu non uscirai di qui.
NIVES Lo staremo a vedere.
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La poesia o la giura 1 li
ANTONIO (va da [ei barco/lando verso ]'usczta e la bloc-
ca) Povera pazza, qui è il tuo posto, con tuo marito.
Ma la vuoi capire si 0 no che io esigo che mi si obbe-
disca? La vuoi capire una buona volta che tu devi
pensare unicamente alla tua casa, e non avere mille
coglionerie pel capo?
NIVES Su, lasciami andare.
ANTONIO (quasi uaneggiando, con voce molto alterata)
No,
NIVES Antonio, ti preg0... e poi non urlare.
ANTONIO No, quando io dico una cosa è quella.
NIVES (Ha un lungo doloroso sospiro.)
ANTONIO La martire! Puah. La democrazia. (Ghigna.)
NIVES Ma cosa c'entra, Via lasciami passare. (Non riesce
più a contenersi.) Sei ubriaco, dovresti bere di meno.
ANTONIO (Si lancia contro di [ei e fa per afferrarie ia go-
la.) Lingua maledetta!
Nives gli da una spinta, ed eg/i rincula barcoilando, ma rie-
sce a strapparle i fiori che scaglia per terra; indi fa per corre-
re fuori da/I 'orto, ma Nives lo precede e gli sbarra ]'usczta.
NIVES Dove vu0i andare adesso?
ANTONIO (furiosamente) Ad ammazzarmi.
NIVE9 Su, Antonio, non dire pazzie.
ANTONIO Ad ammazzarmi, voglio andare ad ammaz-
zarmi.
Fa per forzare ]'usczta, ma Nives Io respinge vivamente in-
dietro, egli compie a/[ora due 0 tre giri su se stesso, e poi
va a gettarsi bocconi presso la panchina, piangendo e la-
rnentandosi,
SCENA IV
PAOLO Nives, che succede ancora?
NIVES Guardalo lì. _
============================================Page 230==================================================
[ lo La poesi}1 v la gioia
ANTONIO (Si asciuga le lacrime, e, rialzatosi cammina
dritto e invasaio verso l'uscita.)
PAOLO Dove vai?
ANTONIO L'ho già detto alla tua cara cognatina. (con
voce estremamente alterata) Ad ammazzarmi.
PAOLO Questa è urfidea. (Lo sospinge dolcemente in-
dietro.)
ANTONIO Lasciami. (Ma, dopo avere girato meccanica-
mente su se stesso, va a rzpiombare supino prexso la
panca.)
PAOLO Ma insomma, Antonio, ti prego, abbi almeno
riguardo per il nostro ospite.
ANToN1o (Soggbigna.)
PAOLO Non ti pare che ci siano già stati abbastanza
lutti nella nostra famiglia?
ANTONIO Bene.
PAOLO Su, alzati e vai a riposare.
ANTONIO Riposare ah ah ah. (Si rialza e di nuovo si di-
rige dritto verso l 'uscita.) Lasciami.
PAOLO (rerpingendolo come prima) Insomma mi sem-
bra che tu cominci a eccedere.
ANTONIO (Dopo aver girato barcollando per l’urt0 cerca
di forzare di nuovo l'uscita.) Lasciami.
PAOLO (Lo respinge es.; la cora si ripete ancora tre 0 qual-
tro volte. Infne Antonio, arreso, si lascia cadere sulla se-
dia di vimini, con un flebile lamento.) Eccoti, caro Ma-
riano, in pieno retroscena. «E la tua Gioia?», mi
chiederai. Che sciocchezze. Bah, esiste, e tutto è forse
spiegabile. Scusami, sono snervato ed esasperato; sai,
da un anno qui non abbiamo un momento di respiro.
Dio mio, quando finirà questa guerra? Nives, via, rac-
cogli i tuoi fiori, cercherò di condurlo in casa. Vieni
Antonio, rientriamo.
Antonio si fa ripetere tre 0 quattro volte l'invito, e infine,
come un automa, si fa trascinare fuori.
============================================Page 231==================================================
La pnarùz 0 la gmza I I7
SCENA V
NIVES Paolo non le aveva detto niente?
MARIANO No. (Taccizmo imbarazzati.) Raccogliamo i
fiori? L'aiuto. Non sono poi ridotti in condizioni di-
sastrose.
NIVES Grazie.
S'z`ugiri0cc/Jzkz e ricomincia afareiimazZ0.·Mar121n0 Vazìita.
MARIANO È molto tempo che..,?
NIVES Sì, un mese dopo il suo ritorno, nel '46.
MARIANO Dio mio, Paolo poteva accennarmene.
NIVES Ha fatto male a non dirle nulla. Ora lei ci scuserà?
SCENA VI
PAOLO Si è addormentato. L'ho fatto sedere sulla pol-
trona, si è lamentato un poco, e poi... E il vostro maz-
zo? Ma è passabilel Puoi andare, Nives, non ti sem-
bra? Ora dorme, e restiamo qui noi.
NIVES Allora vado. Arrivederci. Scusi, Mariano, cene-
remo un po' più tardi.
MARIANO Arrivederla,Nives.
SCENA VII
MARIANO Tu taci anche adesso, Paolo; invece bisogna
parlare. E molto imbarazzante per me, scusami, ma il
tuo pudore è stato sciocco: perché non dirmi niente
di tuo fratello?
PAOLO (rorrideudo) Questo è il nostro "caso", nel cui
cuore noi viviamo. Eppure io riesco così bene a met-
termi in disparte — ai margini — che quando Antonio
non è presente è quasi come se non esistesse! Hai ra-
gione, in ogni modo: sono stato vile a non parlarti,. se
però l'h0 fatto per viltà, e non per timore di commet-
============================================Page 232==================================================
1 IS Lu [wmm 0 la gmm
tere un`indiscrezione irrimediabile nei confronti di
Antonio.
MARIANO E io che ho sempre invidiato la tua quiete fa-
miliare.
PAOLO Tu adesso hai visto Antonio in uno stato tre-
mendo. Ma posso assicurarti, caro Mariano, che non
è il peggiore. Quando ha di queste crisi noi possiamo
almeno parlare, gridare — e aggiungo per te, in via
confidenziale — intenerirci sopra la nostra disgrazia.
In certe ore del primo meriggio, quando comincia a
entrare nella sua fase, allora è angoscioso. Cade in un
silenzio suggellato da una furia repressa che si mani-
festa in tutta la sua presenza; è una specie di silenzio
cadaverico che esala intorno a lui, sotto forma di una
muta, feroce disapprovazione di noi tutti. Una specie
di macabro sciopero, in cui egli, affondato in una pol-
trona, col mento incollato sul petto, riversa contro di
noi tutto il suo odio malato. Si muove soltanto per an-
dare a bere, di nascosto.
MARIANO Beve, è questo. Ma dovete impedirglielo.
PAOLO Oh, Mariano, sei ancora un novizio in questo
affare! Alla mattina, quando non ha ancora incomin-
ciato, sì, è quasi umano. Ma allora non fa altro che ri-
petere, in uno stato di docilità disperante, tutto il
meccanismo del suo carattere: non ho mai visto nes-
suno vivere così selvaggiamente come lui. Si è fatto,
chissà da quando, un'idea estremamente convenzio-
nale di quella che lui chiama la vita «pratica», «reale».
Le cose, gli oggetti, le persone intorno a lui vivono
come sminuiti a un loro momento puerile e fisico; lui
ne è tutto ingombrato e soffocato.
Parla sempre con voce alterata ed espressioni offensi-
ve, in uno stato continuo di ira e di disapprovazione.
Non si libera mai dal filo contorto dei suoi equivoci
opprimenti.
MARIANO E tua madre? e Nives?
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La pucim u /11 gzmu I 19
PAOLO Oh, naturalmente, come tutte le donne in que-
sti casi, sono delle eroine! Ora ti spiego: noi tutti sia-
mo per lui mcorzcepzhli. Egli non ha mai approfondi-
to nulla nei rapporti con gli altri — proprio lui che con
gli altri si pone in rapporti così complessi e appassio-
nati — accettando intorno a questo fatto le convenzio-
ni più banali. Poiché tutti noi della sua famiglia tra-
sgrediamo queste convenzioni, non facciamo altro,
con questo, che offenderlo a sangue, farlo cadere di
sorpresa in sorpresa. Egli sconta, caro Mariano, i suoi
peccati d`inconsapevolezza. Tu non conosci nulla di
lui, non so se ti riesca difficile capire questo che ti di-
co: la sua vita interiore, un enorme, doloroso ingom-
bro in cui egli non si è mai avventurato, gli si deve pur
presentare in qualche modo — per essere vissuta. E gli
si riflette quindi all'esterno, in simboli; soprattutto in
noi: noi siamo così i suoi spettri, che egli ama immen-
samente — sì, ci ama! — e nel tempo stesso ne è osses-
sionato. (Tace a hmgo, zhcerto.) Vedo che ormai devo
parlarti chiaramente di questa faccenda; ma ho poca
voglia, sono sterile! Aspetta, vado a prendere un po`
di vino, ci scioglierà.
MARIANO No, Paolo, andrò a prenderlo io il vino: sono
tre giorni che non fai altro che offrire tu! Un attimo.
Esce.
SCENA VIII
DIAVOLO Il ragazzino sta dunque per confessare i pec-
cati altrui.
PAOLO Buona sera, Demonio... No, non sono in vena
di cattiverie; direi anzi che il mio umore è ottimo. Sa-
rai dunque tanto indiscreto da costringermi a un esa-
me di coscienza?
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120 La p0¢·x1l1 0 la gwm
DIAVOLO Impudente, vuoi fare il candido anche con me!
Senti, caro, ora si tratta di ingannare il tuo amico; pove-
raccio, è corso a comperare mezzo litro di vino, eviden·
temente molto commosso per i.l ruolo di confidente che
gli hai affidato! Ora tu te ne infischi di lui, è vero?
PAOLO Non calcare le tinte.
DIAVOLO Voglio dire che infine potremmo ridere in-
sieme della tua confidenza con lui.
PAOLO C’è Uno in me che ne piange.
DIAVOLO Oh non piangerai (gli urla il gomito) eh? Ve-
diamo un poco; che tranelli gli tenderai, mio piccolo
ingenuo? No, non parlare, sarebbe un sacrificio inuti-
le: posso immaginario! Oh sarai molto fine, niente re-
torica e molto cinismo, m'ingann0?
PAOLO Bah, in ogni caso sai che la sincerità è il mio
forte.
DIAVOLO Come ne sarà commosso!
PAOLO I miei barbari pudori mi impediranno di allar-
marlo troppo; però saprò interessarlo.
DIAVOLO E tu, in che luce ti metterai?
PAOLO Me la caverò, non temere, mio cordiale Demo-
nio! Terrò in serbo una dose di misteriosità sufficien-
te per giustificare la mia Gioia, il mio sacrificio ecc.
Ma ora vattene, mi hai infastidito.
DIAVOLO Un momento, ragazzo mio. Queste rivelazio-
ni ti sono costate ben poca fatica! Senti piuttosto:
Mariano cosa saprà intorno al fatto che infine tu sei
mantenuto da tuo fratello? No, non andare in collera,
bambino mio. Ora finisco; e che ne saprà Mariano in-
torno a questo secondo fatto, che tuo fratello conosce
certi tuoi peccati, ehm, ci siamo capiti.
PAOLO Lasciami ir1 pace, non ho capito un bel nulla.
DIAVOLO (ride) Vecchione indifferente, mostro di co-
scienza! Vieni, ridiamo insieme di questo Paolo che,
nelle appartate tenebre dove lui r0l0 è vwo, ha ancora
delle strane remore, oh, davvero fanciullesche! (mn
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La poema 0 la gmia I2]
improvvisa serietà) Non vedi che sei solo? E allora?
Qualsiasi cosa ti è lecita. Ridiamo dunque insieme
della tua viltà.
PAOLO Lasciami, urlo.
DIAVOLO Urlare, quale più certo indizio di libertà?
Puoi anche cantare, sei solo. Intorno a noi due — Pao-
lo e il Diavolo — c`è tutto il deserto dell'Uno. (Ride.)
Che te ne importa di Mariano? E di tuo fratello?...
Ma dimenticavo di consolarti, mio impenitente Nar-
ciso; eccoti dunque lo specchio. (Gli mette davanti ul
vim uno rpeccbzb, e Paolo vi ri guarda,)
PAOLO O gioia, gioia, gioia! Cos'è questo che ascolto
se non un usignolo? E questo che vedo cos'è se non il
mio carissimo orto? Sono nella vecchia situazione del-
la mia giovinezza: questi capelli antichi come l'erba...
questi ingrati occhi di ragazzo... Eccomi nel cuore del
mio mondo. O animato fiore dove impera una dolce
energia, la mia esistenza, solo quando ti spio e ti odo-
ro, posso dirmi in vita!
DIAVOLO Ssst, silenzio. Tutto si spezza, getta via lo
specchio e mettiti la maschera, arriva il tuo amico. O
Unico, eccoti di nuovo alle prese con la noiosa pre-
senza dell'altro. Ma stai attento, ti prego. Non essere
così ingenuo da confessare a Mariano per esempio,
che, per viltà, non vuoi fare il sacrificio di persuadere
tuo fratello a non..,
PAOLO Ahi, non dirlo.
DIAVOLO Fra noi, in questa assoluta solitudine, ma ti pa-
re? (Gli um: il gomito.) Sei così solo che potresti ulula-
re: è la libertà! Ma ecco il tuo amico. A presto, caro.
SCENA IX
MARIANO (Entra con una bottiglia e due bicchieri.) Ec-
comi, beviamo. (Bevorzo.)
============================================Page 236==================================================
122 La pneria 0 la gioia
PAOLO Ti concedo in mio fratello un fondo di genero-
sità naturale — troppo naturale — e un fondo di rettitu-
dine addirittura intransigente. Ed eccoti quindi subi-
to i suoi due termini opposti — non ti meraviglierai! —
una fisiologica, ereditaria passionalità, oscura, violen-
ta che si risolve in una esteriore formalità tutta con-
venzionale e retorica. Il suo disordine l'ha condotto
giovanissimo ad arruolarsi nell'esercito — nell'Aviazio—
ne — cioè nell'ordine più esteriore e falso che sia dato
immaginare. Il pasticcio che si è formato dentro di lui
è indescrivibile: un legame, sai, un ingombro...
MARIANO Come ti seguo.
PAOLO Devi sapere che da giovane è stato un giocatore
sfrenato, uno sperperatorea. E tutti questi vizi dovuti
al suo carattere eccessivo sono rimasti profondamen-
te sepolti nella sua coscienza, nella quale egli si dise-
gnava secondo un modello del tutto convenzionale.
MARIANO (Ride.)
PAOLO Perché ridi, stupido.
MARIANO Scusami, ma sei così stringente, che mi dai
una specie di divertimento.
PAOLO (Ride anche [ui. Ma ambedue tono visibilmente
eccitati e nervoxi.) Bene. In questo modello retorico in
cui si era irrigidito il suo pasticcio, tu puoi trovare gli
indizi del militarismo... di un cattolicesimo ateo — scu-
sami questi rapidi accostamenti, ma ho fretta di spie-
garmi. Egli conduceva me e Rino ogni domenica in
Chiesa, ma dov`era la sua religiosità? — di un retorico
patriottismo, di un vero e proprio nazionalismo, in-
somma.
MARIANO (Ride.)
PAOLO Smettila di ridere. (Ma ride anche lui e conti-
nua frenando a xtento quel rzlvo morboso.) Eccoti dun-
que spiegato, intus et in cute, il suo fascismo!
MARIANO (ridendo più forte, eccitato) Continua, con-
tinua.
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La pnesùz 0 la gioia 12}
PAOLO Oh, Mariano, mi fa terrore parlare dell'Ordine,
di cui egli era un così esigente fautore, quando dietro
quella superficie c'era non direi tanto il disordine,
quanto una specie di marcio, di disgregazione. Il suo
fascismo era di quelli che ora si dicono in buona fede.
Esattissimo: ma quello è il più vero, il più eterno fa-
scismo. È una retorica naturale, fisiologica. Egli, così
complicato e profondo, non ha mai fatto il più picco-
lo sforzo per conoscersi e approfondirsiz nei limiti
idioti della sua morale militaresca, sono stati solo gli
istinti che l'hanno tenuto in vita, E chi scontava quel-
la vita eravamo noi (a parte il fatto che egli è stato
sempre infelice), noi, su cui ricadevano tutti i suoi ec-
cessi refoulés, sotto forma di continue, dolorose tiran-
nie domestiche. Quello che in Caserma era un uomo
veramente ottimo — ha finito col guadagnarsi una me-
daglia d'argento, e tu vedessi che motivazione! — in
famiglia era tremendo. (Ride.) Gli unici momenti di
felicità della mia infanzia sono stati quelli in cui, da
sotto la tavola, vedevo che Antonio aveva le scarpe,
non le ciabatte: segno che sarebbe uscito.
MARIANO (Iempre ridendo) Che requisitoria!
PAOLO Aspetta. Naturalmente è partito volontario per
la guerra, nel '40. Poi è successo tutto quello che sai;
nostro fratello Rino e il padre di Nives uccisi dai fa-
scisti ecc. ecc., e proprio mentre Antonio sperava nel-
la repubblica fascista. Quando è tornato dalla prigio-
nia — io non volevo dirmelo — era evidentemente un
uomo finito. Io mi illudevo... che stupido, che si sa-
rebbe ricreduto, rieducato! Così ho lasciato passare i
mesi inutilmente, senza parlargli, senza muovere un
dito per lui. Credevo nella naturalezza — ma qui sotto
c'è anche tutta la mia indolenza — della sua conversio-
ne. A un certo punto, era fatale, ha cominciato a bere.
MARIANO (Ride più forte e più nervoramente.) Non ba-
darmi, Paolo, continua.
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[24 La puexia 0 la gioia
PAOLO (sempre vincendo a xtemo [0 rtim0]0 r1erv0r0 del
nio) Ha cominciato a bere, e a dare i primi segni del
suo stato patologico — di cui non ci accorgemmo in
principio — le scoperte richiedono il loro tempo. Be-
ne, in poche parole: egli accusa noi della morte di Ri-
no e del padre di Nives.
MARIANO Ma è tremendo.
PAOLO Ci dà degli assassini, e con una convinzione tra-
gica, inflessibile. Ci getta addosso le sue accuse COD la
testardaggine di un ragazzo, e con quelle sue espres-
sioni militaresche, cariche del più odioso disgusto.
Questo lo fa quando è ubriaco; altrimenti vive in uno
stato di depressione e di autoumiliazione in cui è faci-
le alle lacrime; oppure addirittura in uno stato di vera
e propria nomialità, che mi commuove ferocemente,
mostrandomi il suo fondo generoso.
Qualche volta sento in lui i suoi rerztzmenti buoni, tut-
to ciò insomma che lo giustifica, che lo rende un mar-
tire, un abbandonato; e questo mi commuove fino al-
le lacrime.
Per concludere: devo dire che è in una condizione
anormale, come molti di coloro che sono stati in un
campo di concentramento per anni; la sua anima, già
così complessa, così ingombra di sovrastrutture, si è
in parte smarrita. Io non sono capace di fare altro che
interpretarlo. Beviamo. (Mariano merce da bere.) Che
male di testa. Dio mio, quando finirà questa guerra?
MARIANO Devi cercare di far qualcosa, Paolo, assoluta-
mente.
PAOLO Ma che cosa? lo ho i nervi in disordine, ormai,
tanto che il suo stato mi si comunica, mi contagia. Sai,
quei momenti di silenzio spaventoso, che lo rendono
simile a u.n cadavere la cui presenza sia una specie di
accusa totale, assoluta — mi sconvolge, non so reagire.
E poi ci sono tante altre cose; cerca di immaginare,
Mariano. Questo è ormai per me un problema di tutti
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La poesia 0 la gioia 125
i giorni, di tutte le ore, un problema infinito, dei cui
dati non ti ho fornito che un pallido schema.
Tutto questo non potrà finire che con la sua morte.
Già, e la sua morte come sarà sopportata da nostra
madre, che ha già perduto un figlio? Oh Mariano, a
che condizioni io vivo.
MARIANO Sì, è incredibile davvero, Paolo. E non ho
nulla da dirti, capisci? Di tutto ciò che hai spiegato
hai fatto il deserto. Su, finiamo il vino. (Bevono.)
PAOLO Sono quasi ubriaco.
SCENA X
MADRE (Ha urfespressione atterrita.) Paolo... Paolo.
Ascolta un momento.
PAOLO Che c'è ancora?
MADRE (sottovoce) Vieni qui, ascolta.
PAOLO (avvicinandosi) Di’.
MADRE (quasi balbettando per ['apprensimze) Guarda.
(Gli mostra un biglietto.) Se n’è andato, non è più in
camera.
PAOLO Puoi parlare forte, Mariano è al corrente. Oh, il
biglietto. (L0 legge.) Che bambino!
MADRE Paolo, Paolo, che cosa succede.
PAOLO Ma nulla, cosa vuoi che succeda.
MADRE (quasi urlando, ma meccanicamente) Paolo!
PAOLO Mariano, guarda qui, che testamento. (Ride.)
Ti prego, fa' compagnia a mia madre. Vado a vedere
dove se n'è andato. Che noia, che noia.
Esce.
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I26 La poma 0 la gioia
SCENA Xl
MADRE (raccolta, mm: tesa a reprimere ['ar1g0.vcia) Dove
sarà andato?
MARIANO Oh non lontano, Paolo lo raggiungerà subito.
MADRE Sì.
MARIANO Vedrà che fra cinque minuti saranno di ri—
torno.
MADRE Oh speriamo.
MARIANO Non si agiti, signora; fatti i nostri calcoli,
dobbiamo pensare che tutto avrà un rapido epilogo.
MADRE La gente lo vedrà in quello stato.
MARIANO Oh la gente.
MADRE (buizamio in piedi) Antonio, Antonio.
MARIANO Si calmi la prego, signora.
MADRE Oh mi scusi — ma come posso calmarmi — io ne
ho già perduto uno. (Scoppia ih pianto.)
MARIANO Ma ora non si tratta di avere questo terrore...
MADRE La stazione è vicina — anche il fiume.
MARIANO Ma non dica questo! È assurdo. E poi: Anto-
nio non avrebbe i.l coraggio di farlo.
MADRE Lei crede? Antonio! (Ha una nuova criri di
pzkmto.) Oh Rino, Rino mio...
MARIANO Sì lei ha sofferto abbastanza; è proprio per
questo che ciò che lei teme non accadrà, Fra poco
Paolo e Antonio saranno qui.
MADRE Ma queste cose avvengono, capisce? Queste
cose avvengono — è così che avvengono. (rabbrivideri
do) Quel biglietto.
MARIANO (Lo rilegge.) È un discorso insensato, un’ac-
cusa ripugnante.
MADRE È già il terzo o il quarto che scrive.
MARIANO Vede? È naturale dunque che egli sia incoe-
rente anche ora. È Paolo, le altre v0lte...
MADRE Oh, Paolo! Ci opprime, tutti, col suo silenzio.
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La pam}: 0 la gxbia 127
MARIANO Gli parlerò. Paolo dovrà cambiare la sua
condotta.
MADRE Ecco, sì, gli parli. Antonio ha bisogno di affetti,
ha bisogno di una vita familiare. Occorrerebbe maga-
ri anche fingere, con lui,.. e dargli sempre ragione".
occuparsi di ciò che lo interessa... Suo fratello do-
vrebbe capirlo, questo.
MARIANO Parlerò a Paolo, si calmi. Non pianga più
ora. Dirò a Paolo che vinca i suoi ritegni, che entri
nella vita di Antonio, ecco magari con delle ipocrisie,
fingendo moti esteriori di affetto e di tenerezza; gli
dirò che deve togliere a una a una le ossessioni dal
cervello di Antonio, con pazienza, sacrificando la sua
solitudine, dandosi a un’opera di convinzione che
dapprima sembrerà disperata, ma che dovrà dare
senz'altro i suoi risultati.
MADRE Sì, sì, gli dica tutto questo. Oh se Paolo la ca-
pisse.
MARIANO Stasera stessa gli parlerò! E non gli darò tre-
gua finché non mi avrà promesso di impegnarsi. Ecco
vede signora, la,.. crisi di oggi non sarà stata inutile, se
avrà suggerito dei rimedi, delle soluzioni.
MADRE Ma non tornano ancora. E se non tornano?
MARIANO No, si asciughi invece le lacrime. Saranno
qui subito, glielo garantisco; e le posso garantire an-
che che da stasera stessa le cose prenderanno un'a.ltra
piega. (lungo silenzio)
SCENA XII
PAoLo Eccoci.
MADRE (balzando ih piedi, felice) Antonio, dove eri an-
dato?
ANTONIO A]l’infci-no.
PAOLO No, in osteria.
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128 La poesia 0 la giura
MADRE Ci hai fatti stare in pensiero.
ANTONIO In pensiero! (Gbigna.)
PAOLO Insomma, non voglio che tu parli in questo
modo alla mamma. Lei, poi, non c'entra.
ANTONIO (quasi delirando, con estrema cattiveria) Fin-
ché qui dentro comando io sono padrone di parlare
come e quando voglio.
PAOLO Ma sì. Siediti ora piuttosto. (L0 ajyerra per un
braccio per farlo sedere.)
ANTONIO Lasciami.
MARIANO Suvvia, si sieda Antonio.
ANTONIO Toh! Prende la parola anche il comunista
adesso. Bene.
PAOLO Non essere ridicolo.
ANTONIO È naturale, tra voi comunisti, andate d'ac-
cordo.
PAOLO Siediti.
Lo afferra per un braccio e lo costringe a sedersi. Antonia
si lascia cadere sulla sedia drammaticamente, esagerando
la sua debolezza.
ANTONIO (a Mariano) Ai vostri ordini, signor comuni-
sta. II comunismo ah ah ah.
PAOLO Mariano penserà che la tua conversazione è
davvero divertente — perlomeno molto documentata.
ANTONIO Siete dei pazzi — tutti.
PAOLO E perché?
ANTONIO (Tace guardandolo con uno sguardo carico
d'0di0.)
PAOLO Che amabile occhiata! Credi di atterrirmi come
quando ero bambino? Purtroppo ora mi occorrono
delle dimostrazioni; noi siamo dei pazzi. Chi ha scritto
dunque questo biglietto? (lungo silenzio) Un ubriaco.
ANTONIO (Fa per alzarsi furente, ma Paolo glielo impe-
disce.)
PAOLO Ma sì, un ubriaco. Infine tacendo non si risolve
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La poesia 0 la gibib 129
nulla. Noi tutti qui sappiamo che tu sei ubriaco. È
inutile che mi guardi a quel modo: è bene che tu sap-
pia che non siamo degli imbecilli.
MADRE Taci, ti prego Paolo.
ANTONIO Direi anch'io.
PAOLO Tacere? Non chiedo di meglio. Tanto qui non
c'è nessuna risoluzione; lasciamo che Antonio conti-
nui a questo modo: non potrebbe, infatti, vivere altri-
menti. No, non ci sono risoluzioni per lui, non è più
un ragazzo, la sua tristezza è inguaribile! La sconti. E
noi scontiamola con lui. Quello che mi dispiace,
ahimè, è che la mia giovinezza va in rovina. Per colpa
di.,, questa situazione, la mia giovinezza si va dissol-
vendo senza un piacere, anche di quelli retorici, sai
Mariano... Prima la guerra, e ora (quasi piangendo)
questo cancro, questa maledizione. Beh, mamma, va a
preparare la cena; guardalo, si è addormentato di
nuovo.
MADRE Se si sveglia, cerca di essere più affettuoso con
lui.
PAOLO (Ride.) Va bene. Vai, ora, ché ho appetito.
MADRE Compermesso, Mariano.
Esce.
SCENA )HII
ANTONIO (sardonim) Non dormo, no, signori.
PAOLO Tanto peggio. Oh Mariano come mi dispiace
per te.
MARIANO Al contrario, vorrei poter fare qualcosa.
ANTONIO Tante grazie, signor comunista. (Ride, indi si
lamenta e Hnisce con i'ass0pirsi.)
MARIANO Dorme?
PAOLO Non lo so, potrebbe anche fingere.
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UO La poesia 0 la gioia
MARIANO Senti, Paolo, ho promesso a tua madre che ti
avrei parlato.
PAOLO Parla.
MARIANO Tu devi impegnarti in questa tua tragedia fa—
miliare.
PAOLO No! O forse mi impegnerò. Ma in che modo?
Non credo nei cambiamenti. E poi ho altro da fare.
MARIANO E che fai?
PAOLO Nulla. Ma di', hai proprio voglia di tirare le
somme? Quello che in te mi piace non è la generosità,
0 mio generoso. Dunque pretendo tutto da te all’in-
fuori che tu interpreti non indirettamente il nostro
caso; in questo momento poi sarebbe banale.
MARIANO Ma non c'è qui sotto — come tu dicevi — la
tua indolenza?
PAOLO Potresti chiamarla più francamente viltà; anche
in tal caso non mi difenderei.
MARIANO Ma ora si tratta della vita di una famiglia.
PAOLO Sciocchezze. La famiglia non ha una sua vita,
Mariano. Io, vivo — e tu sapessi quanto! — Del resto
immagino che anche Nives, mia madre, vivano, cioè
abbiano riserve sufficienti di gioia.
MARIANO Già, ma Antonio".
PAOLO Soffre per naturalezza. Ti sembrerà, questa, una
risoluzione cinica; ne arrossisco, ecco tutto. Ad ogni
modo — non ridere — c`è in mc un fondo... cattolico: io
penso sempre che Antonio sia punito, e proprio da
una forza divina, che non sarà magari Dio, ma che ha
la Sua matematica coerenza. Antonio sconta, odian-
do, gli eccessi del suo amore. Ma non occupiamoci
più di lui.
MARIANO Te la cavi, e per di più con rivendicazioni
moralistiche che fai tomare tutte a tuo vantaggio!
PAOLO Non credo in altra entità che non sia la mia. È
evidente, dunque, che mi debba comportare così; se
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La poesia 0 la gxbzh 131
cerco di uscire da me stesso, entro di nuovo in me
stesso. Conosco troppo gli indizi delle mie debolezze.
MARIANO Ma esiste sempre un piano comune dove tu
potresti ritrovare una passabile immagine di te stesso
legata direttamente a una passabile immagine di An-
tonio.
PAOLO Sì, il mio liberalsocialismo e il suo fascismo!
Non vedi che ti illudi? Per Antonio sarebbe necessa-
ria una cura con l'insulina; ma questo E: troppo preoc-
cupante e... impegnativo. Preferisco far tacere i cam-
panelli d`allarme.
MARIANO Non sono d`acc0rd0 con te.
PAOLO Ti capisco! Ma liberiamoci da questi rapporti.
Vieni con me; ti farò uscire dall`intern0 di questo ca-
so, e ce ne collocheremo ai margini. Sarà il Diavolo,
un Diavolo tutto tenerezza, a indicarci la strada. Ec-
co, vedi? Egli ci addita l`ombra serale... i fiori dell'or-
to... le voci umide che alitano dal]’orizzonte... i richia-
mi in dialetto che solcano il vuoto delle piazze. Ma
ecco, la scelta è già fatta: i fiori.
MARIANO Parlamene dunque.
PAOLO (Ride, incerto,) Dell'orto di quando io avevo
sette anni, ricordo non più di tre o quattro gigli, che,
a me fanciullo, dichiaravano esplicitamente la loro na-
tura angelica. Mi era ben facile dimenticare che erano
dei fiori per accettarli liberamente come simboli. Il
loro profumo mi agitava dentro le viscere i suoi tenta-
coli di miele, e più aspiravo quel pesante candore, più
remota mi pareva la loro essenza — che era Carne, la
Carne della Vergine. Le rose le ricordo poco: eviden-
temente non sono state per me un incontro! Il mio
fiore fu il giaggiolo. Quella sua tinta umida, tetra...
Forse fin da allora, contemplando questo fiore pluvia-
le, andava prendendo una vaghissima forma nella mia
anima, quell'Angelo di umidità, che fuori dai confini
terrestri del mio paese, me ne avrebbe indicato in se-
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132 La poexra 0 /11 gzkuu
guito i sottili incanti, i leggeri mutamenti di stagione,
e l`identica eco — siamo entrati nel merito — l'identica
eco, nel vuoto del cuore, del riso e del pianto.
MARIANO Ma sì, Paolo, anche stavolta, coi tuoi fiori,
sei riuscito a interrompere la vita.
PAOLO E la vita mi aiuta, in questa operazione. Per
esempio, col passaggio dal giorno alla sera. Questo è
forse l`ort0 dove mezz'ora fa Antonio smaniava e gri-
dava: Vado ad ammazzarmi? Ma è assurdo! Occorre
uno sforzo di immaginazione per ricordarlo. Tutto si
è ricostituito con questa tenerissima atmosfera da
après le déluge.
MARIANO Il fanciullo Anacleto ricarichi dunque i fucili!
PAOLO (dopo un breve 51`Ierzzzo) Sai, Mariano, qualche
volta penso che vorrei tornare indietro, negli anni del-
la guerra: è allora che si sono avuti la vera interruzio-
ne, il vero vuoto. Eravamo felici.
MARIANO Ecco, ecco dunque il pensiero di Antonio — il
lutto dei tuoi familiari, e non già il tuo — che riemerge!
PAOLO Ma sì. Che me ne importa, però? Ormai io so-
no sul piano della Gioia. Anche allora c'era l'incubo
della tirannia, dell'odio, della morte: ciò non toglieva
che io vivessi. Ricordi l'urlo tiepido delle sirene, — il
cielo azzurro e dexerto, dove stavano per riverberare
d’argento quelle cose mostruose che si chiamavano
aeroplani —, e la morte che come un topo atterrito
correva per le cantine e i sotterranei distaccando con
un morso abile e allegro le madri dai figli? Ma soprat-
tutto il cielo che fondeva nei suoi azzurri ardori,
quell’atroce profumo di bruciato, di polveri, di benzi-
na, di cadavere. Allora io mi dicevo, caro Mariano,
che era Minerva nel cielo a scoprire la sua Gorgone
risplendente.
(1947)
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UN PESCIOLINO
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www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
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Una donna è intenta a pescare — evidentemente sulla riva
di un lago 0 di un jiume — con una lunga lenza.
È circa sui trentacinque quarant'anm} ma veste in mo-
do molto giovanile, forse un po' troppo. È un po' gojya nei
movimenti combina spesso dei paxticci con l 'amo, lo spa-
go ecc. Fa anche degli istintivi movimenti un po' hu/E
delle smorjie, nel seguire il proprio lavoro, di cui non e,
naturalmente, molto pratica. Eforse non ci si diverte
neanche: ma per questo tanto più si accanisce.
DONNA Pesciolino! Pesciolinooo! Perché non abboc-
chi? Sei proprio testardo, sai... Hai proprio la testa
dura, ma dura proprio, dura dura... Una testa dura
che mi fa una rabbia! Ma perché sei così testardo?
Perché? Perché? (Tace per qualche istante, facendo
smorhei e continuando a cantarellare inconsciamente:
Perche? Perché?) E pensare che c'è qualcuno che ne
piglia di pesci! Io non so come faccia, b0h... Lo odio.
Lo odio! (Urla forte rivolta a un posto invisibile lungo
la riva.) Piero, come va?
voce n11>1ER© Così cosà.
DONNA Quello là ne ha già presi almeno venti di pesci.
Lo odio. Beato lui che ci trova divertimento! (Si fa
nuovamente implorevole, dopo qualche minuto di si-
lenzio.) Pesciolino! Pesciolinooo! Ti preg0... Vieni...
Guarda che bel vcrmino che c'è attaccato all'amin0...
Buonino, buonino, tanto buonino,. Pesciolino! Pe-
sciolinooo! (D'impr0vviso lancia un urlo.) Eccolo!
============================================Page 250==================================================
136 Un pemolinn
(Alza la lenza con grande slancio: rna non c'è allaccazo
niente.) E sì che avevo sentito tirare tirare. Dio, che
nervi! (Rzgetza ]'arn0 nel]’acqua. Parla ancora co! pe-
xciolino: ma ora a voce più barra e perruasiva.) Non ti
voglio mica mangiare, sai. A me non mi piacciono i
pesci, neanche! Non li ho mangiati mai, i pesci. Mai.
Sì, qualche volta... Beh, sì, il riso coi frutti di marea.
qualche volta... E anche l'anguilla... Sì, a Livorno, una
0 due volte... Lo vedi come sono sincera? Te lo con-
fesso: ne ho mangiati dei pesci! Ma di quelli come te,
mai! Sì, quelli come i pesci soliti insomma. Boh, non
so come vi chiamate. Pesci comuni, semplici, quelli
con la spina... I frutti di mare sono pesci, forse? E le
anguille? Sono pesci? No! Guarda: te lo giuro che
non ti mangio. Ti metto qui, in questo barattolo qua,
che lo odio. Ma è pieno d'acqua, sai pesciolino. Ac-
qua buona, l'ho presa li dove sei tu... E per di più ci
ho messo dentro un po' d'etba, dei vermetti ([0 dite
con una smorfia di xcbůfo), dei moscerini, di quella ro-
ba, là, che piace tanto a voi e a Piero". (Urla di nuovo
rivolta a]['invisz'bde collega.) Piero, come va?
VOCE DI PIERO Così cosa.
La donna alza le xpalle e rzprende il colloquzo col suo pente,
DONNA Allora hai capito? Ti metto dentro 'sto baratto-
letto qua, ti faccio vedere a Piero, che ti ho pescato. E
poi ti ributto in acqua. Cosa me ne faccio io di te? Chis-
sà poi come sei piccolo! E forse anche cattivo! Di quel-
li con quella roba nera dentro amara amara". (Tate un
po'.) Oh Dio mio (sta quasi per piangere) che barba! Eh
ma insomma, piantala! è ridicolo! Non ti pare di co-
minciare a esagerare, accidenti a te e a chi ti pesca?
Quando è troppo è troppo! Va bene aver pazienza, va
bene aspettare: ma adesso basta. un`ora che sto qua a
fare la cretina. È questione di buon gusto! Non lo sai
che non si fanno aspettare le donne, idiota! (Sipenle.)
============================================Page 251==================================================
Un pcicmiznn I}7
Oh no no, scusami, scusami tanto pesciolino: non of-
fenderti! ti prego! Pesciolino! Pesciolinooo... (Taceper
un p0' e lentamente xi dirtrae dal['zkz'ea delpetce. Cantic-
cbiafra sé perduta nei xuoi pensieri.) Femmena, tu sei na
mala femmina ecc. ecc. (lnterronipe la canzone.) Va be-
ne aver pazienza... Va bene aspettare... E io, caro mio,
ho avuto tanta pazienza, ho tanto aspettato, nella mia
vita. .. (Ha uno slancio improvviso, e passa dal tono medi-
tativo e patetico a un t0n0 quasi aggrerrizm. ) Vuoi sapere
una cosa? Una cosa che non ho detto mai a nessuno?
Ma mai mai?... Almeno da dieci anni?... La vuoi sape-
re? lo sono della classe del `ZO. Beh, non ti dice niente
questa data? Vuol dire, caro mio, che ho tr... Fai un po'
il conto... (con un urlo) Piero, come va?
VOCE Dl PIERO Bene!
DONNA Nel trentotto avevo... Fa’ il conto... Diciotto
anni. Pensa tu! Diciotto anni, come quelle smorfiose
cretine amiche di Piero, che mi fanno venire il latte al-
le ginocchia. Beh, ero una così. Lo puoi immaginare,
com'ero: io sono un tipo che mi conservo bene. Non
sono mica tanto cambiata. Ma sai, diciotto anni sono
diciotto anni. Mi sono innamorata di uno che faceva il
Liceo. Cioè, lui, si era innamorato di me. Aveva preso
una cotta! Quasi due anni abbiamo filato in segreto,
andando avanti a forza di bigliettini, figurati. La pri-
ma volta che ci siamo baciati è stato ai giardini pub-
blici, baciati per modo di dire, perché era di dopo-
pranzo, e faceva un sole, un caldo... Era il giorno
della dichiarazione di guerra alla Russia, sai, tutta la
gente era per le strade 0 in casa, e ai giardini non
c`erano i frequentatori soliti: eravamo quasi soli in
tutto il viale, sotto i castani. Amen. Poi lui è partito
volontario, che era matricola all’Università. È partito
col GUF, con la Milizia Volontaria, con una di quelle
cose là... E prima di partire, si vede che si era esaltato,
chissà che coraggio gli era venuto, ha voluto chiedere
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U8 Un [u'\t‘m/inn
la mia mano. capitato a casa nostra in Via Pisacane
vestito in divisa, facendo il saluto romano e dando del
voi a mio padre. Il quale gli ha detto di no. Perché lui
era contrario ai fascisti, non li poteva vedere, figurati
se gli diceva di sì, a quello là. Io ho pianto per un me-
se di seguito: ero proprio innamorata,. Il primo amo-
re. Lui adesso so che è sposato e ha figli. Fa l'avvoca—
to a Roma. (Si concentra, e con uno rcat!0 che vorrehhe
errere deciro e abile tira ru l'arn0. Ma non c'è niente
neanche querta volta. La donna ci rimane male. Ma a
un tratto si accorge di qualcora.) Ma il vermolino?
Dov`è il vermolino? Non c'è più? Uuuuh che nervi
che non c`è più il vermolino! Povero pesciolino ades-
so capisco perché non venivi! Il vermolino non c'era,
accidempolina chissà dov'è andato a finire... (Mentre
parla attacca un altro verme a/['an10.) Ce lo rimettiamo
subito, il vermolino, eh? Il vermolino piccino piccino
per il bel pesciolino! Bah, che schifo. (Rigetta ]'arn0
in acqua.)
No, l'amore no,
l"amore mio non può
disperdersi col vento tra le rosea.
(Ad un tratto ri accorge che rta cantando, e si guarda
intorno di scatto.) Dio mio, che non mi senta qualcu-
no che canto questa canzone! Fa tanto epoca, e poi
devo inventare che me l'ha insegnata la balia... Come
ho dovuto fare per Pippo con quel salame di Piero,
che non la sapeva. Ha vent’anni, quel salame, e chissà
quanti pesci ha pescato. Pesciolino, pesciolinoooo! E
aspetta che ti aspetta". E a forza di aspettare sono di-
ventata una z... una zzzz,.. z... II secondo amore è sta-
to con Renzo. Mica che mi avesse ronzato intorno so-
lo lui... Sì, solo lui! Ne avevo sempre una mezza
dozzina intomo, come api intorno a un fiore... A casa,
in villeggiatura". Dappertuttou. Un vero assortimen-
============================================Page 253==================================================
Un jwicmlmn I 59
ro, e potevo scegliere chi mi pareva e piaceva. Sono
andata a scegliere proprio Renzo, cretina di una creti-
na! Ma sono contenta lo stesso, anche se è finita co-
sì... Perché, caro pesciolino (che non abbocchi main.
mai... uffal), perché, caro pesciolino, né prima di
Renzo né dopo di Renzo io non ho capito mai chi sia-
no gli uomini, i maschi". Tante volte mi sorprendo a
guardarli, e mi pare di essere in sogno. Vivono come
in un altro globo terrestre, loro. Hanno tutt'altri inte-
ressi, la pensano in tutt'altro modo... Hanno sempre il
pensiero da qualche altra partes. Questa faccenda
dello sport, questa faccenda del lavoro, questa fac-
cenda delle putt... Il mondo è loro: loro sono sul pal-
coscenico, e non si capisce perché qualche volta dia-
no tanta importanza alle donne, e ci mettano noi sul
palcoscenico, anzi sul piedistallo. Non sanno che sen-
za le loro pellicce, i loro Christian Dior eccetera,
qualsiasi diva sarebbe una povera donna che non sa
cosa fare. Mentre loro sanno sempre cosa fare. Sono
attraversati come da una corrente elettrica, maledetti
fortunati! Insomma non li ho mai capiti. Ho capito
solo Renzo, poveretto. Lui era delicato quasi come
una donna, se ne stava quieto con me, e chiacchiera-
vamo come tra amiche, Aveva i calzoni, sì, anche lui,
quei maledetti calzoni, ma aveva il buon gusto, natu-
rale, di non farlo pesare. Ero felice con lui! Ci siamo
fidanzati nel '42. I miei erano anche loro contenti,
perché eraanche abbastanza ricco di famiglia, sai pe-
sciolin0... E morto due tre mesi dopo, sotto un bom-
bardamento. Era andato a rifugiarsi in cantina, la casa
è stata colpita dalle bombe, si sono rotte le tubature
dell'acqua, la cantina è stata allagata, e tutti sono affo-
gati. E da allora che io non sto più bene. (Ha detto
queste ultzhze parole con aria mollo affitta, concentrata
e convinta. Cantŕcchia ancora, ma più piano, con un
sofño di voce.)
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HU Un p4'n'1olmn
No, l`amore no
l'amore mio non può...
Piero, come va? Piero! Piero! (Piero stavolta non ni
sponde, la donna alza le spalle.) Avrà pescato chissà
che pescione. (inalherana'0si) E poco gentile da parte
sua! Potrebbe non pescar niente neanche lui, no? Ma
che cosa avranno i suoi vermi! Sono dieci giorni che
sono qui in villeggiatura, e dieci giorni che vengo a
pescare. Ne avessi pescato uno solo di pesciolino!
Uno solo! Macché, non ne ho nemmeno visti! Su, pe-
sciolino, vieni, ti giuro che non ti mangio. Te lo giuro,
te lo giuro, te lo giuro... E chissà se invece quelli coi
calzoni capiscono chi sono quelle con le sottane? Ep-
pure dev'esserci davvero una differenza sostanziale,
(Da quando mi manca qualche rotella sono diventata
un po` filosofa...) Oh Dio, stavolta mi pare... stavolta
mi pare... (Con estrema cautela lira su la lenza. Anche
stavolta non c'è niente.) Merde! (Rigetta l'amo.) L0
vedi? Mi fai dire anche le brutte parole! La parola di
Cambronne, mi fai dire! Perfido! E cretino, oltre tut-
to! Assolutamente privo di spirito e cretino! (Tace per
qualche istante, concentrata: poi prende una improvvi-
sa decisione.) Oooooh basta! Se vuoi venire vieni, se
no va' a quel paese! Sai cosa faccio? Ecco, guarda,
metto la canna qua. E perché stia ferma, fermina fer-
mina fermina, ci metto sopra questa pietrona...
Uuuuh come pesa! Accidenti, non basta... Aspetta
che ne metto tm'altra... E poi ancora un’altra... Ecco
fatto. Adesso io mi siedo qui accanto, e se tu vuoi ve-
nire vieni, se no pazienza. Ah ecco, così sì si sta bene.
Tranquilli tranquilli... sull’erbetta... con questa bella
arietta... e uccelli che cantano.
Si sente da lontano un po' di musica.· 0 una jisarmonica, 0
un disco a una radio.
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UM pmcwlmo ]4|
La cosa terribile, nel.l'essere z,.. zzzz... z... è che si vie-
ne ad appartenere a una categoria. Quando uno ti co-
nosce, que]l’idiota, prima ti classifica nella tua catego-
ria, poi ti prende in considerazione in quanto
persona. Non capisce che fa uno sbaglio spaventoso...
che è empio... bestia... che compie il più atroce reato
contro l’umar1ità... Umiliare un individuo con un atto
aprioristico che poi resta fisso nel giudizio su di lui,
INELIMINABILE, INELIMINABILE, anche se incosciente-
mente è una vigliaccheria orrenda, roba da farlo ghi-
gliottinare. Sì, TUTTI, TUTTI gli uomini sono fatti così:
presentate a uno un ebreo, e questo prima sarà ebreo,
e poi sarà uomo, individuo. E così per una z... zzzz...
z... Prima sarà z... zzzzz... z..., poi, poverina, potrà ve-
nire presa in considerazione anche lei come persona
umana, magari. Ma sempre chiusa in quella cornice,
in quello schema di ferro. Maledetti conformisti, idio-
ti, TUTTI, TUTTI! Partite dall’essere umano! Conside-
rate che per lui l`appartenere a una categoria è un'av-
ventura unica al mondo e che accade per la prima
volta nel mondo! Che lui non sa di appartenere a una
categoria, che questa categoria di ebreo o di z...
zzzzz... z... è un puro nome, una parola, niente altro, e
che dentro c'è tutta una vita che non sopporta catego-
rie: una vita dove scrivere «categoria» è come preten-
dere di scrivere con un dito nell'acqua. Macché, figu-
rarsi se vi convincere di questo! Maledetti nazisti,
Turn, Turri! Bisogna essere uguali, APPARIENERE AL-
LA CATEGORIA NORMALE, se no guai! L`appartenere a
una categoria specifica, come a quella delle zeta, ren-
de DIVERSI... E questo è il massimo disonore. Che pec-
cato spaventoso uscire in qualche modo dalla norma:
la scommessa che fa con se stesso questo cretino di
uomo nascendo è di non commettere scandalo: per-
ché chi commette scandalo frega tutti gli altri, rivelan-
do che nell’u0mo, in tutti gli uomini, la possibilità di
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H2 (U1 [n·\t1n/1/in
scandalo esiste: e chi la fa franca, allora, lo condanna,
Con tutto l'essere suo. Con tutto il suo istinto di con-
servazione! (Si rimette a rportare di nuovo, vivacemen
te, le pietre e riprende la [enza in mano. Intanto la mu-
rica ri è dirpersa.) Poi, caro pesciolino, c'è stato il
terzo, Giovanni. Era uno di quegli uomini nuovi ve-
nuti fuori dopo la guerra. Era basso di statura, grosso
e rosso come un prosciutto, coi capelli alla partigiana.
Chissà cosa faceva". Trafficava. Aveva un camion 0
due camion. Era in rapporto coi campi Arar, gomme,
quella roba lì. Non era mica un uomo fine. Sai la pri-
ma parola che mi ha detto quale è stata? «Centrale
del latte.» Ma a me mi piaceva, anche lui, per motivi
diversi dai soliti. Era un uomo. Uno di quegli uomini
coi calzoni che non si capiscono, ma a me mi andava,
ero contenta. Anche stavolta a dire di no è stato mio
padre. Perché nel frattempo, per paura dei comunisti,
era diventato fascista, 0 quasi, lo sai?... Beati i pesci...
(Taee per qualche zlvtante axmrta.) Ed eccomi qua. Di
che cosa posso lamentarmi in fondo? Non sono mica
ancora da buttare via! E ho abbastanza grana, per
permettermi di pensare che un uomo posso sposar-
melo quando voglio, anche di vent’anni. Ciò è diver-
tente. E beh, sì, la vita ha di buono questo, che con
un salto, con un guizzo, può tornare a sembrare sem«
pre bella. Guarda che meraviglia! Guarda le Apuane,
che colori! E quest'arietta di mare! Che fame! Oggi ci
sono i tortellini con la panna! E domani, via, tutti in
gita al santuario del Montebianco! (:0] solito urlo)
Piero! Cos'hai pescato?
La voce di Piero tifa attendere un po'.
voci; oi Piano Un bel niente!
La donna ba un getto di profonda soddirfazione.
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Un jzaictolznn |43
DONNA Meno male! Meno male meno male! Oggi non
ha pescato niente neanche lui! Vedi che bel colpo fa-
rei se tu venissi,.. Dio, che soddisfazione,. Vieni, ti
supplico... Adesso ti racconto la storia di Piero, eh?
Dunque devi sapere che Piero". devi sapere che Pie-
r0... Mamma mia! Mi sembra di sentir tirare... Eh sì,
qualcosa tira... Non voglio farmi illusioni... Piano,
piano... Tira, tira, sì, tira... Calma! (Con somma caute-
la cerca di alzare la lenza,) Ma è pesantissimol Non ce
la faccio a alzare la lenza, non ce la faccio! (con un ur-
lo) No! Una scarpa no! (ragionando) No, non è una
scarpa, è chiaro... Piero, Piero! Aiuto! Sto pescando
un luccio, perlomeno! Piero, vieni, corri! (Mentre
parla con sforzi spasmodici riesce a alzare la lenza. At-
taccato all'am0 compare un grossissimo pesce. Con un
urlo di gioia) Mamma mia! Cosa ho pescato! Piero,
Piero, idiota, cretino, vieni, corri! Guarda cosa ho
preso! Oh Dio mi scappa! PIEROOOÈ
Il pesce infatti guzzza follemente, e la donna non riesce ad
acclytapparlo.
DONNA (esaltante) Non riesco a acchiapparlo! Che
meraviglia! E il più bel pesce che abbia mai visto! lungo mezzo braccio! PIEROOO! Aiuto! Mi scappa!
(Dopo una feroce lotta col pesce riesce ad aferrarlo, a
staccarlo dall'am0.) Che meraviglia! Che meraviglia!
Piero! Come sono contenta! (Lo stringe tra le manz,
soggaardandolo ancora prima di metterlo nel baratto-
lo.) C0m'è grosso! (Lo mette dentro il barattolo, e, im-
provvisamente, scoppia in an pianto infantile e dispera-
to.) Nessuno mi vuole! Sono una zitella... Sono una
zitella...
(1957)
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VIVO E COSCIENZA
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[PRIMO EPISODIO]
Vivo, rozzo, adolescente, sta lavorando la terra,· a scelta
può potare le vigne 0 falciare l’erba con una grande falce
celtica, 0 fare la raccolta delle mele, 0 arare; un lavoro an-
tico perché siamo nel 1660. Vivo potrebbe però anche es-
sere un pastore abruzzese o pugliese, o un marinaio, 0 un
pescatore: potrebbe trovarsi su una spiaggetta a Terracina,
a Napoli ad Amah ad accomodare le reti, a tirare in sec-
co la barca...
Poiché è pura vita, il suo lavoro e una danza: non ha
parole in lingua per esprimersi. La sua esistenza e molto
anteriore ancora al XII secolo, perduta nella preistoria, ad
altro livello, in altra cultura,
Entra Coscienza, Viene, forse, dal Concilio di Trento. Il
cambio dei cavalli è in una locanda lì vicino. Essa è lì per
caso, ricca, indipendente. Vestita pudicamente e barocca-
rnente come una monaca. Osserva Vivo nella sua antica
danza di vita, sensualità, lavoro, sole, smemoratezza, farne.
COSCIENZA
Ah! Sei lì! Monumento della vita,
incancellabile, pura prole di prole,
senza padre che guidi, Dio che benedica.
Sei lì, perché solo esserci è il tuo amore!
O mare, 0 campi, intorno, e tu,
nero d'0mbra, 0 bruciante di s0le,
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l-IN \`1mw(<m1w1:·1
condanni il mondo con la tua gioventù.
Gotico è il tuo capo, romanico il tuo membro,
pagano L1 tuo sorriso. Non è più
la tua storia nel mondo. Eppure sembro
io estranea al mondo, io che lo rinnovo!
Io, che ti esprimo e ti comprendo!
Vivo non l 'ba vista, e nella sua mitica indwerenza si è la-
sciato guardare. Coscienza gli si avvicina.
COSCIENZA
Ragazzo, è buona la tua merce?
(Ah, la terra è tua, tu ne fai
ciò che ti serve, su essa eserciti
un rozzo potere, che tu sai
dai padri, e non (inganna mai!)
Vivo ascolta, viene, portando come in un'0/Yerta la merce
prodotta dal ruo lavoro ñsico, «con le sue braccia». Coscien-
za l 'acquista allungandogli le monete d 'oro.
COSCIENZA
Tieni l'oro che ti piace tanto.
(Ah, le antiche gioie misteriose
che ti procura il ballo, il canto
nelle sere, gelide o afose,
profumate di strame 0 di rose!)
Vivo prende le monete e torna alla sua danza, pieno di
rinnovata vitale felicità.
Un improvviso furore invade Coscienza. Un gesuita lo
saprebbe, forse, spiegare. La tenerezza colpevole si tramu-
ta in severo odio. Il mancato possesso sessuale in una puri-
tana pretesa di porserso ideologico. Lo rimprovera per la
sua vitalità così animale e lo invita invece a pregare, ad
avere coscienza del dogma ecclesiastico. (Controriforma.)
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Vivo c (,'o.vc'1¢·nza M9
COSCIENZA
Vieni qui! lnginocchiatil Orrenda
è la bellezza della tua danza muta.
Non c'è nulla in te che non offenda
Dio. La chiesa in te rifiuta
l'inc0scienza: vieni qui, inginocchiatil
Altro non hai che una vita ricevuta
in dono, piccola creatura sciocca:
èil demonio, è il demonio che possiede
il dolce silenzio della tua b0cca...
Vivo poveretto, man mano cbe Coscienza parla, si abbioc—
ca. Un po' alla volta, spaventato, smette di danzare e, co-
me una bestia al suo domatore, le si avvicina ad ascoltarne
la voce piena di divina maestà e di minaccia.
COSCIENZA (vittoriosa, ipocrita)
Così sei degno dei padri e del padre.
Cosi, obbediente. China il capo.
Usa per pregare le tue labbra ladre.
Luz} buono buono, le obbedisce, le si inginoccbia accanto
e si appresta a recitare le parole della pregbiera imposta
per Religiosa Autorità.
COSCIENZA (quasi con un grido)
Un bacio, un bacio di pietà
un bacio della casta Coscienza
a chi non sapeva ed ora sa.
Si cbina su di lui per baciarlo. Lenta, incerta, come vuole la
sensualità vergognosa, prepotente, egoista, come vuole la
tentazione rinnegata. E lui} preso da religiosa soggezione,
supzno, puro, indùleso, non si scbermzsce. Si lascerebbe ba-
ciare se una musica stupenda non scoppiasse. Una musica
cbe solo il popolo canta. Una veccbza melodia cbe riempie
cielo e terra.
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ITU \'ii·<»i·('1»u/ci/Zi:
Come portati da exxa, entrano gliamici di Vivo, icompa—
gni di Vivo, i coetanei di Vivo: i giovani vivi. Gzovanotti
delSezcento, dal molle grembo, dalla gamba elegante, dalle
facce gremite di luce e di 0mbra.· con jiori e frutta, come in
un quadro del Caravaggio, un racconto del Bandello. Ra-
gazzotti contadini vivi tre xecoli fa, che altro non xono che
vivà e lingua non hanno, se non la lingua muta della danza
— e danzano.
Danzano come portati dalla xtupenda forza della melo-
dia, xemplice, antica e terribile come il mondo,
Vivo è xtrappato dalle labbra di Coxcienza; fatalmente, .ren—
Za crudeltà, la laxcia — le volta le xpalle — la dimentica. Con pu-
ra, xemplice, incolpevole gioia si mette a ballare con i xuoi com-
pagni Ballano l 'antico ballo della gioventù, E re ne vanno.
Coscienza rimane sola, angosciata.
SECONDO
Anni della Rivoluzione hancexe. Muxica francese Hne Set-
tecento con riecheggiamenti dei canti della Rivoluzione
francexe.
Prima parte analoga alla precedente con varianti dovu-
te al mutamento dell 'epoca.
Coxcienza sara vestita da sanculotta e rapprexenta la c0·
Jczenzu rivoluzionaria.
Vivo può exxere un artigiano cittadino. Si arriva fino a
quasi il bacio, ma Vivo xara trascinato via da una giovinet—
ta xua coetanea.
TERZO
Anni del capitalikmo faxcista.
Musica distorta dal jazz degli anni '3O posxibilmente di
origine tedesca.
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Vivo ¢· Coscienza Ii I
Coscienza questa volta è la coscienza della borghesia
dominante.
Vivo potrebbe essere un contadino traxferito in citta,
disoccupato (panchina giardinetti pubblici} stazione ferro-
viaria etc. ). Scena ripetuta con varianti jçno al bacio,
Vivo è portato via dal richiamo della patria (balletto
soldati) e parte per la guerra.
QUARTO
Anni della Resistenza. Musica totalmente di ispirazione
con lievtssirna eco dei canti della Resistenza.
Coscienza è la coscienza democratica della Resistenza.
Vivo è un partigiano. Balletto della condanna a morte e
della fucilazione. Adesso che e morto Coscienza spera di
poterlo baciare. Finalmente di possederlo,
Ma mentre si china sulle sue labbra, anche questa volta
egli le viene portato via.
Trascinati dal solito motivo popolare, questa volta sono
i morti che vengono a portarglielo via. Tra cui egli; che fu
un anonimo vivo, si perde.
Coscienza per la quarta volta rimane sola e angosciata,
ma nella sua angoscia c'è una luce di speranza.
«Verrà un giorno — ella spera — in cui la Vita sara Co-
scienza e la Coscienza Vita,»
Annotazione
Il motivo centrale spiegato nella prima parte al momento
del bacio, lo si ritroverà sempre negli altri episodi allo
stesso momento,
Gli episodi si rzdurranno probabilmente a tre, taglian-
do la Coscienza rivoluzionaria francese.
(1963)
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ITALIE MAGIQUE
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Personaggi
LAURA
2 SERVI DI SCENA
2 COMPARI
SPEAKER
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I
Cůff€”0 ANTEFATTO STORICO CON VIGNE'I'I`A PER I PIC-
COLI E PER I GRANDI.
P,P, di Laura che canta (zlluminata di nero)
Giovani nati,
dopo l'ap1·ile del ’45...
Era una notte nera,
nera,
nera,
era una notte nera,
nera come il carbon.
I due servi di scena xi telefonano, reggendo dei telefoni
bianchi,
ismwo nr scam (parlando) Addio, Kira,
II
Cartello A BAGNACAVALLO. PROLETARI DI TUTTO IL
MONDO, DISUNITEVI!
F.l. di Laura che canta (popolana)
La mama mi' diseva ben
ch'la mi vulcva tor c' mi' titèn.
A chesa di visèn m’arebi mess,
perché e’ mi' titèn ch’a mc scurdèss.
============================================Page 270==================================================
lib Im//·· Mir/gm/in'
A chesa di visèn ti ni voi andé,
che e` mi` titèn non mi possi scurdé,
A chesa di visèn no` i andarò,
che e' mi` titèn non mi possi scurdà no.
I SERVO (traducendo man mano che Laura canta) La
mamma me lo diceva che mi voleva togliere il miu
ciuccio. A casa dei vicini m`avrebbe messo, perchéil
mio ciuccio me lo dimenticassi. A casa dei vicini non ci
voglio andare, che il mio ciuccio non lo posso dimenti-
care. A casa dei vicini non ci andrò, ché il mio ciuccio
non lo dimenticherò.
Buio completo.
VOCE Dl UNO SPEAKER (la voce sia possibilmente quella
di un noto annunciatore della radio 0 della televisione,
che parla in tono scherzoso e hirzchino) Invece... il suo
ciuccio lo dovette lasciare, perché di lì a poco doveva
verificarsi uno degli avvenimenti più grandiosi della
nostra epoca: l'avvento del Fascismo e lo scoppio della
Seconda guerra m0ndiale...
Luce. Entra Laura in doppiopetto nero.
LAURA
Giovani nati in qualsiasi anno della Civiltà Occidentale!
Io sono l’Influenza Ideologica Borghese.
Trasformo l`inn0cenza del popolo in stupidità
e gliela faccio pagare a sue spese.
Sono più forte io che la mamma 0 il papà
perché anche la mamma e il papà sono stati bambini
nel giorno della Mamma buggero gli operai
nel giomo del Papà incastroi contadini.
Passano i servi di scena vestiti da Figli della Lupa, portando
come bandiera un enorme cartello con una fotografa gigan-
tesca di cadaveri in forni crematori 0 camere a ga:.
============================================Page 271==================================================
ltulrv wagiquv I $7
III
CITAZIONE BRECHTIANA
Una mano si sporge dal sipario chiuso, recando il cartello
«CITAZIONE BRECHTIANA», mentre gia si sente una musi?
ca carnevalesca, magari quella dei circhi equestri che usa
spesso Fellini.
Mussolini e Hitler sono sopra una mensola. `
Laura comincia il balletto, facendo toilette. E la Patria
che si acchitta come per una grande cerimonia. Si avvolge
nella grande stola tricolore, si trucca davanti allo spec-
chio (histro, rossetto, ecc.) si mette in testa il diadema,
prende la huccina.
Ora prova davanti allo specchio alcuni atteggiamenti,
Suona la bůccina, mettendosi come nella copertina delle
edizioni Salani. Poi allarga le braccia in atteggiamento
materno. Poi fa un saluto militare, scattando sull'attenti.
Poi fa il saluto fascista. Injine prova il passo dell'0ca.
Tutta soddisfatta si da un 'ultima occhiata allo specchio,
fregandosi le mani.
Ed eccola diventata furente, come belva assetata di san-
gue. A mosse rapide, fatali shrzgative, esce, rientra trasci-
nando un povero soldato con le gilrerne e il moschetto; lo
shatte per terra ai suoi ginocchz, gli dà due calci nel sedere,
per farlo mettere nella posizione più adatta a quello che deve
fare.
Lo strozza.
Il soldato cade morto ai suoi piedii Diventa Soldato
Senza Nome,
La Patria gli mette un piede sopra, in atteggiamento su·
hlirne, da monumento ai caduti
Viene uno in marsina e deposita una corona ai piedi del
monumento.
============================================Page 272==================================================
NN I/·1lri· nragn/m'
IV
Cd)'1'c’ll0 E VENNERO SENZA BURRO E SENZA CAFFE LE
LUNGHE NOTTI DEL ,4}.
Buio completo. Illuminato solo il cartello, Suonano dispera-
tamente le sirene d 'allarme del 1943, Hno a rendersi insop—
portabzli. Piano piano si placano e succede il silenzio.
Adesso Laura dovrebbe essere il cadavere di un morto
sotto i bombardamenti: È per esempio urfannegata nella
cantina allagata in seguito al crollo della casa. Lascio alla
fantasia del regista la soluzione pratica della cosa.
LAURA
Le fognature allagano
tutta la cantina
c i cristiani affogano.
Le sirene suonano
il cessato allarme
e i cristiani galleggiano.
Poi le acque scolano
sotto le macerie
e i cristiani marciscono.
Le pantegane rodono
la mia carne bianca
e si pappano il fegato.
Le gambe mi si staccano
ho i denti nella gola
e cancrena neIl'0rbita.
Fui fascista fanatica
e ora, a farmi fottere
non ho più neanche natica.
============================================Page 273==================================================
I/alte mugiauv I S9
V
Ora Mussolini e Hitler sono per terra morti.
Entra Laura vestita da Morte, con la falce, e spingendo
una carriola vuota.
Ride sznistramente,
LAURA (ridaccbiando) La mangiatrice di Rivoluzioni!
Raccoglie Mussolini e lo butta dentro la carriola,
LAURA (c.s.) La mangiatrice di Restaurazioni!
Raccoglie Hitler e lo butta dentro la carriola,
Poi} sospingendo la carriola carica, se ne va, rzdaccbian—
do sempre sinistramente allusipa.
LAURA (c.s.) La Grande Qualunquista!
Exit.
VI
Buio. Si rzaccendono le luci su un ambiente neocapitalisti—
co, bello e luminoso, (Ma si facciamo un paesaggio indu-
striale milanese, a meno cbe non si tratti di un fotogram-
ma ingrandito a colori della Ravenna di Antonioni.) Ora
il balletto mimico di Laura consiste in questo: ha una
bambola in braccio, 0 accanto, molto grande e riproducen—
te le sue fattezze. Pian piano ne svita la testa e gliene riav-
vzta una assolutamente uguale. Poi fa la stessa cosa con un
braccio, poi con l'altro ecc. finché ricostruisce l 'intera
bambola, che è quindi la stessa, ma un’a]tra. Accompagna
il balletto e l'aZione di Laura una musica tragica.
LAURA
Io ora sono quella misteriosa cosa
che meravigliosamente un poeta, certo,
chiamò invece che Avvenire Alienazione:
============================================Page 274==================================================
Im! I/I1/1i·r/1.:y</mr
c cosi sono qui tra voi, tutto è aperto.
Mi sostituisco, nella convinzione
che l`io sia sempre più mio, mentre è di Mammona.
Cosi almeno si dice, Ma chi spiega la maledizione
di Cristo al fico innocente, secondo il bimillenario referto?
Sarebbe la prima volta che il tifone
o il terremoto 0 il colera 0 la peste nera
NON COLPISCE INNOCENTI.
Ma noi borghesi non siamo innocenti: gli innocenti ancora
son là colpiti dalla solita bimillenaria maledizione,
Ma noi che siamo non-innocenti, chi ci maledice?
Chi ci sostituisce pian piano a noi stessi?
Io lo dico, ma non lo so. L`ultima etica
è schiacciare la mia pancia di bambola profetica.
Exit. Entrano i due compari dello spettacolo, concentrati; un
po' assurdi e inqualůcabili
I COMPARE (meditando, tra sé) Mao, Mao.
II comm Mao?
I COMPARE Mao Mao.
ii COMPARE Dici Mao?
ICOMPARE Sì, Mao.
II COMPARE Perché Mao?
I COMPARE Perché Mao.
II COMPARE Hai qualche opinione su Mao?
icoMi>ARE Eh, Mao!
II c©MI>A1u2 Come: eh Mao.
Ic©M1>ARE Eh Mao.
Il c©M1>ARE Ah: eh Mao.
I c©M1>A1zE Sì: eh Mao.
II COMPARE (canticcbiando) Mao, Mao...
I COMPARE (canticcbiando anche lui) Mao Mao Mao Mao
Mao...
Così dicendo attraversano il palcoscenico e, non altrimenti
qualácati exeunt.
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I/al/0 magrquv |(vI
Bum. /ll rzaccer1a'errz` della luce, lo rc/Jermo è occupa/0
Ja M}’Il('ì7()f//26 rzproduzione della pancia della bambola,
Ma Laura è in platea, in fondo al corrŕdoietlu che dzpide le
dueple di pollrone, È vexiila di un eleganlzknmo abz`!0 a'a
tera, un p0' alla Marlene Dzelrzcla. E dice:
Ti interrogo per tutti
coloro che interrogano se stessi
i carini e i brutti
gli arresi e gli indefessi.
Ti interrogo da una platea
per ognuno di questi narcisi
che soffra di nevrosi 0 di piorrea,
amorfo nei suoi limiti precisi
Chi sei, povera imbecille?
La Signora qui accanto a me
che regge ancora su con spille
d'0ro, il terrore degli autodafé?
O il Signore alla mia sinistra
che crede eterna la Pirelli
come la mamma vecchia che si bistra
gli occhi 0 si tende le pelli?
Tu sei un vecchio urango
povera giovane Betti
e centomila anni fa eri nel fango
di questi futuri eletti.
Ah, ah... rido per i prossimi
centomila anni che giungono
sui nostri milioni di ossi
sotto forma di un fungo.
Ti interrogo, e tu sai,
come sa ogni morto e ogni futuro vivo,
============================================Page 276==================================================
lol I/nln·umg1qm·
perduto nel sempre e nel mai:
un fungo per questo mondo esplosivo!
A me un bicchiere di champagne
per brindare all'ansia di conoscere
che è annidata in tutti questi compagni
come il sesso tra le cosce!
Scendono i servi di scena dal palcoscenico, correndo, e le
portano dello champagne, che versano in un bicchiere. Lei
lo prende e lo alza hrzndando.
Il terrore del futuro
altro che la speranza!
Queste parole di colore oscuro,
dico brindando alla maggioranza.
Anche se un regista l'ha resa ridicola,
non è bomba atomica 0 rivoluzione
il nome della maledizione al fico,
ma è si, sì, alienazione.
Tu, mia cara, immedicabile immagine,
così mia, così mia, così mia,
cominci già ad essere un'altra,
e un mondo ignoto ti trascina via.
Si commuove su se stessa, Il mento le trema di cattiveria e
di dolore. Suo malgrado la commozione le sale, le sale, la
strozza. Strizzu lacrime dagli occhi imhruttiti si nasconde
il viso tra le mani (come una hamhina). Corre via per na-
scondere il suo pianto (come una hamhina), un po' curva:
immersa in lacrimazione disperata. Prima però, con stizza,
apocalittica, distruttiva, autodistruttiva, getta per terra la
coppa, che naturalmente fa il dover suo, si spezza cioè con
clamore, con drammaticità, nei mille soliti frantumi scin-
tillanti delle coppe scagliate a terra dalle Divine.
Corre dunque, la bambina, col suo straccio di abito da
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Italie magique I (sì
sera, 1`ngobbita, E cosi riguadagna la sua sede naturale, il
palcoscenico, Ivi siedesi con la fronte contro le ginocchia
Abhandonandosi e dedicandosi al lento placarsi de' sin-
ghiozzi che van via via scemando, con la consolazione che
gb comporta: jincbé il dorso della mano corre furtivo ad
asciugare l'ultzma avvzlita lacrima, con un guiìzo gia di paci-
jicazioner e fa infne la sua comparsa la pezzuola, ad acco»
gliere i rneritati borhorigmi del naso ecc. ecc.
Mentre piange, come portato dal vento, e accompagnato da
una musica dolce—a'elirante, passa un tizio, col fagottello da
mangiare (è operaio 0 ragazzo): lo scartoccia, e getta il pezzo di
giornale ai piedi di Laura (poi exit mangiando). Gli occhi di
Laura cadono sul pezzo di giornale e leggono a caso:
ne nasce un «collage» da scrittore d 'avanguardia, casuale
e delirante,
accompagnato dalla musica,
e quindi in parte detto e in parte cantato, con inserimenti
casuali e asimmetrzci nella musica che accompagna.
Oltrealeggere il giornale, glioccl7idiLaura, guardandoa ca-
so intorno, leggeranno altri lacerti di scritte, su manifesti o ré-
clames ecc., per rendere ancora più indeczfrabile la composizio-
ne linguistica. Inoltre ci sara qualche frase non letta, ma detta
comea commento o legamento (ma sempre vaneggiando).
LAURA
«Tasquinia devastata da una tromba d'aria.» «Cinque
fratelli ciechi riacquisteranno la vista attraverso la
radio della polizia strada]e.» «Sia ben chiaro, ma con
la decisione di chi combatte la propria esistenza.»
«Non esistiamo? Non esistiamo?» «Gli Atti degli
Apostoli, commento di Adriano Bondon SJ., Editrice
Studium, R0ma.»
«FARE L'EDITORE IN FRANCIA
DIVENTA OGNI GIORNO PIU DIFFICILE»
(ogni giorno più difficile).
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[LH I/it/1<· »m1_q1«[m·
Altrettanto delicati sono i rapporti con
i compagni (Psicologia e igiene nei primi giorni di
scuola).
(Ogni giorno più difficile.)
«È morta la bambina caduta sul braciere.»
Una vasta nelle domande Televisori a riscatto
Aperti anche i.l sabato pomeriggio Enzo Biagi
Cordoglio per la morte E onorato di presentare a
Lei signora la nuova collezione tessuti modello E,
morto un'ora dopo il ricovero all`Ospedale di San
Giovanni".
Vanno a Tokyo — Anche a Tokyo biscotti al plasmon
Ogni giomo più difficile — morto dopo un'0ra
Ecco il bicchiere Cynar a tre livelli
Morti dopo un’ora,
morti da un'ora
A ciascuno il suo Cynar al livello preferito
morti da molte ore
La musica che accompagna si dissolve nella frase muszcale
che azmzmda «Car0seI]0».
Appare un cartello curr una scrzìta:
CONCLUSIONE PROVVISORIA
(1965)
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NEL ’46!
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Perxomzggi
GIOVANNI, insegnante ancora giovane in una Scuola Me-
dia Parificata di una cittadina di provincia
PARROCO
CARDINALE RUFFO
CAPO DELLA POLIZIA
PRESIDE
DOTTORE
CARDINALE RUFFO — GIUDICE BIZANTINO
(tutti questi personaggi andranno interpretati da un
LIRICO attore, pCI`CI'lé 1'dppI`CS€DI2IlO I2 CO.\`CI'(.’HZ(I Giovanni)
ELIGIO
LINA
MADRE
(anche questi tre personaggi andrannc interpretati da
una unica attrice, perché rappresentano I’Er0r di Gio-
vanni)
LETTORE DELL'ANTEFATTO
UN PROFESSORE
UN TIPO DI COMMERCIANTE PAESANO
UN LANZICHENECCO
UN MORTO
UN POLIZIOTTO
UNA SCOLARA
SECONDA SCOLARA
DUE ANGELI
CORO BIZANTINO
DUE DONNE BIZANTINE
CARNEFICI
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Nel '46’ 167
SEMINARISTI — VOCI DAI.L)INTERNO — LANZICHENECCHI -
MORTI - POLIZIOTTI — SCOLARI — PORTANTIN1 — DIGNITARI
BIZANTINI — DIECI GIUDICI BIZANTINI — MARIE — PROCES-
SIONE D1 RAGAZZI, DONNE E UOMINI CHE PORTANO FIORI
La scena è sempre la stessa; ma — per mezzo di un velario
che scende davanti alla parete di fondo e di una macchina
di proiezione cinematografica — essa camhza spesso, come
via ma verra indicato.
Certi altri cambiamenti di scena possono essere attuati
illuminando fortemente con un rwettore il protagonista o
i protagonisti e lasciando il resto del palcoscenico al buio.
Terna: i primi harlumi di coscienza democratica in una
persona repressa dal Cattolicesimo.
Sia il 18 aprile 1946.
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www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
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Il sipario e ancora cbmso. Si sente, dall'intern0, un lonta-
no, vago, monotono suono di campana. È quella dei pae-
si 0 delle cittadine di provincia che annuncia la funzione
serale.
ANTEFATTO (al rnicrofono)‘ Un istante fa, poco prima
che cominciassero a suonare le campane, sono uscite
dalla stanza, che fra un po' vedrete, alcune persone:
nell'orto, lì fuori, si è appena smorzata l'eco dei loro
passi, e, dentro, nell'0dore di muffa della vecchia ca-
sa, si sente ancora la loro presenza: sensazione del re-
sto non difficile, se si pensa che tre di quelle persone
erano contadini, tre piccoli proprietari della parroc-
chia, dei quali uno appartenente alla giunta munici-
pale, gli altri due fabbricieri: ma queste cariche, e la
loro qualità di ben pensanti, non impediscono affatto
che la loro presenza, come si diceva, abbia soprattut-
to un carattere olfattivo.
La quarta persona era invece un avvocato, l'avvocato
del centro mandamentale qua vicino.
Essi erano venuti in cerca del Preside della Scuola
Media Superiore Parificata, per mettersi d’accordo
con lui su un certo affare, che però non ha nessun
rapporto diretto con i fatti che stanno ora per essere
1 NB Lo spettacolo dovra essere munito di un altoparlante esterno,
di un altoparlante interno, e di un gruppo di altoparlanti disposti in
cerchio tutfintomo alla platea e magari ancbe nei palchi.
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170 N«»/ '46'
rappresentati: quelle che importano, sono le loro per-
sone, in specie quella dell'avvocato, uomo cordiale,
democratico, cattolico e dotato di un senso morale as-
solutamente integro. Il Preside però non era in casa, e
la Teresa aveva detto loro che, se avevano urgenza,
potevano parlare col professor Giovanni, anche lui a
pensione nella stessa casa. In quel momento egli era li
vicino, nella canonica, con i suoi ragazzi, a fare le pro-
ve di una recita.
Alle parole di Teresa, le quattro persone or ora uscite
erano restate un po' incerte, e, dopo avere parlato un
po' fra loro, se ne erano, appunto, andate via.
Ma se ora, in questo breve, e cosi insignificante ante-
fatto, noi volessimo assolvere del tutto al nostro com-
pito, non potremmo fare a meno di dire qualcosa in-
torno al rapido commento di quelle persone perbene
della parrocchia, in seguito alle parole della Teresa.
La questione era se aspettare o no il professor Giovan-
ni e discutere con lui quanto erano venuti per discute-
re col suo superiore, Ora, il fatto che se ne siano andati
via potrebbe di per sé far supporre che essi avessero
escluso la possibilità di parlare col giovane insegnante
dell’Istituto Religioso: invece no, sono semplicemente
usciti a bere insieme un bicchiere di vino.
Tuttavia bisognerà dire che se si sono decisi ad aspet-
tare Giovanni, ciò è dovuto soltanto al fatto che l'av-
vocato era atteso entro il massimo un'ora, lassù, al vi-
cino centro mandamentale: altrimenti — almeno a
arguire dal tono dei loro discorsi — avrebbero proba-
bilmente volentieri aspettato un'ora 0 anche due di
più, pur di abboccarsi col Preside, anziché con il gio-
vane insegnante.
Abbiamo parlato del tono del discorso: e voi credete-
ci in parola: come rendere un “tono” in questo nostro
rapido prologo?
Immaginate dunque, tanto per averne un'idea, Che
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Ne'! '46,' |7]
Giovacchino, il fabbriciere più anziano, a proposito
di Giovanni, parlava sempre raschiandosi la gola con
un certo «ehm, ehm», più 0 meno sordo 0 manifesto;
e l'avv0cato, nell'accennare alle buone qualità e alla
cultura dello stesso Giovanni, faceva usualmente pre-
cedere la proposizione da un «dicono», in questo mo-
do quasi oggettivandola e scaricando nel.l’impersona-
le le eventuali responsabilità.
Non mancavano poi, sia lui che Giovacchino, di in-
tercalare non raramente in proposito un sospirante
«Benedetta gioventù»!
Come vedete l`aria è molto paesana: ci troviamo infatti
quassù, in un borgo dellyltalia del Nord, della pianura
padana: lombarda, se volete, o veneta (purché di un
Veneto non troppo bianco) `o emiliana (purché di
un`Emilia non troppo rossa). E un sabato sera di mez-
za estate: l'aria tiepida, la luce tranquilla".
Prima però che questo antefatto si concluda definitiva-
mente, sarà bene che assistiate a una breve scena che,
comunque, di questo antefatto fa parte, e che avrà ri-
flessi ben più importanti, anzi, quasi decisivi nel corso
della storia.
E dunque a un pezzo di vera e propria realtà, “esterio—
re", che vi invitiamo a assistere direttamente, strappan-
dola con non lieve sforzo al corso oggettivo del tempo.
Il sipario si apre rapidamente.
La scena è il tinello di una vecchia casa, non povera,
di paese. Nella parete in fondo, nell’ordine: un picco»
lo attaccapanni, una porta che dà sull'orto, un divano
rosso sopra cui è appeso un enorme crocifisso di le—
gno, una finestra che dà sull’orto, una sedia.
Nella parete a destra di chi guarda: un canterano con
sopra uno specchio.
Nella parete a sinistra di chi guarda: un armadio, una
sedia.
Aria di luce primaverile e di polvere stantia.
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SCENA DELL`ANTEFA'I"I`O
Nel tinello vuoto, attraverm la porta cbe da xull'0rt0, ipa-
lancata, dilagano i fi0clJi rintoccbi della campana clae ba
ricominciato a ruonare,
Dopo un p0' entra Giovannz, con Egidio, un ragazzo
sui quattordici anni vestzto coi calzoni cortz, i calzettoni
di lana bianca alti e una maglietta. Tiene in mano un pac-
co di libri e quaderni.
GIOVANNI Metti II.
Eligio depone il pacco Jul canterano.
GIOVANNI Allora mi raccomando, non fare lo stupidel-
lo... Per domani studialo, quel capitolo di Cesare".
ELIGIO (tzìnido e zndfferente) Sì, professore".
GIOVANNI (parlando un p0' a fatica, con un certo malw-
xere quarifikzco) Quando ti deciderai a fare come tua
sorella I..ina...
Eligio tace, annoiato.
GIOVANNI Eh? Quando ti deciderain. `
ELIGIO (rauco, timido e in fondo volgare) Che cosa
m’imp0rta a me di mia sorella...
GIOVANNI Che cosa t'imp0rta! Lei è una brava ragaz-
za, studia, fa sempre il suo dovere...
ELIGIO (c.:.) Beh, lei è una femmina.,
GIOVANNI H0 capito, ho capito". Da questo orecchio
non ci vuoi sentire".
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N«/ 116/ I73
Elzgio alza lo xpalla
GIOVANNI Che ora è?
ELIGIO (guardando zl xuo orologio d’oro della Cresima)
Le quattro c mczza...
GIOVANNI (come un po' xoprappemiero, xempre roge-
rezz!0) Va bene". Allora vai pure.., Mah, i0 n0n so c0—
sa ho, forse un p0’ di fcbbre".
Elzgzo rwla rm po' zhdeciro a queste ultime parole.
GIOVANNI (riprendendoxz`) Vai, vai pure".
ELIGIO Buona sera, professore". (ed erce di corsa, altra-
vemo la porta che da xull 'orlo)
Cala z`l rzparzo. Ma xi riapre poi quari immedzatameme.
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ATTO I
SCENA I
Giovanni è dirtero sul piccolo divano, e sembra asxopzlo.
Ma la luce cambia, divenendo di una lzntaůedda e violetta.
Dopo un poco, con aria erlremamente solenne, entra il
Preside, vestito da parroco.
GIOVANNI (sollevandoxi rigido e meccanico) Ecco il
quia. Ecco l'ora a cui non si scappa. Sì, non c`è niente
da ridere: siamo al quia. Alzati, Giovanni, non sei più
un bambino.
PARROCO Sì, figliolo, sì, sì, sì. Io mi sciolgo nell'affer—
mare, nel dir di sì. Ci siamo, indubbiamente ci siamo.
Ciò in cui tu e io consistiamo, due maschere, sarà fat-
to accuratamente risaltare dal... quia.
Alt! Non aprire bocca: ogni scusa adesso sarebbe
inammissibile. Oh, io vorrei essere in grado di con—
vincerti in nome di Cristo, figliolo, sì, riell’odorosissi-
mo, lunghissimo nome di Cristo, che ciò che ora acca-
de ha la sua modesta, ma decisiva importanza.
GIOVANNI Sì, Norma, voi avete ragione. E io non dubi-
to affatto di quanto voi dite. Anzi, mi abbandono con
estrema fiducia alla vostra umana, non già divinal,
esperienza. Questo è il punto: umana! Che poi il de-
stino ci voglia ragazzi, o giovinetti, 0... innamorati,
questo è un altro paio di maniche. E sia fatta la vo-
lontà di Dio.
PARROCO Abbottonati i calzoni, Giovanni, non vedi
che sono slacciati? Svelto, per amor del cielo.
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Nd '46' IV?
GIOVANNI Slacciati? E dove? Non trovo, non vedo!
Cerco, cerco, ma in verità, non me ne accorgo, Dio mio.
PARROCO Tu mi inganni, figliolo...
GIOVANNI Oh no, vi supplico di credermi: non voglio
ingannare nessuno, io, e tantomeno me stesso. Che in-
teresse ne avrei? Non c'è sotterraneo dove non arrivi
quella Luce là... E poi, perché non dovrei voler abbot-
tonarmi i calzoni? Vi prego di aver fiducia in me! Non
vedete come cerco, come esploro, come mi tormento!
PARROCO Parole, parole.
GIOVANNI No, ve lo giuro nel nome di Cristo, mia ca-
rissima Norma... Che dico? Norma?... Oh, non bada-
teci, signor Parroco, non ho che dieci anni, e, a questa
età, certe sviste sono perdonabilissimen. Ma insom-
ma, torniamo al nostro discorso: con calma, con cal-
ma assoluta. Dunque...
PARROCO Sei un vile, e un impuro. Del resto l'hai detto
tu stesso: hai tre anni. Puàh!
GIOVANNI No, lo giuro: non ho mai parlato contro lo
Stato e la Chiesa, io, credilo! Eccomi, guardami in gi-
nocchio davanti a te, se tu sapessi quanto soffro non
mi accuseresti di una cosa tanto atroce. O Signore,
aiutami tu, aiuta questo tuo vecchio figlio, che non ha
mai perduto la fiducia nella tua innocenza. E tu, Sa-
cerdote, figlio della roccia, guarda come mi hai ingiu-
stamente umiliato!
PARROCO Beh, lasciamo correre. Innocenza o non in-
nocenza quello che riguarda i tuoi calzoni è affar tuo.
Non è poi proprio detto che in questo ci possa essere
alcunché di male, tenendo conto soprattutto che hai
ancora le labbra sporche di latte, bricconcello.
GIOVANNI Ecco, vedete? Che vi dicevo io? A parte que-
sta vostra ultima allusione che tende un poco malizio-
samente a rievocare, come si dice, il mio onanismo di
ragazzo, tutte le altre vostre parole mi riscattano in pie-
no. Del resto una specie di omertà ci lega strettamente.
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I7<» Nd Mn!
Se tu hai scoperto i miei altarini, ciò non significa cheil
riso che hai lì negli occhi debba per forza bucarmi fino
al di là del mio infinito Giovanni.
PARROCO Ma sì, la vita è buona... (Si mette a tabellare,
ridendo rumororameme e bomzrzkzmemfe.) Ah, ma non
credere che per questo io venga meno alla mia dignità
di sacerd0te...
GIOVANNI Ma no, ma no, certamente...
PARROCO Del resto, pur saltando e ballando, posso be-
nissimo dimostrare a quella tua faccia diffidente che
fa finta di sorridere per farsi perdonare l’affare dei
calzoni, che io continuo ad essere pienamente degno
di Dio anche in questa mia piccola esibizione. Infatti,
senza nessuna difficoltà, posso intonare il Rosario:
Agnus Dei qui tollis peccata mundi...
GIOVANNI Miserere nobis.
PARROCO Eccetera. Come vedi, pur sognando, il Cora-
no non l'abbiamo dimenticato.
GIOVANNI Oh che gioia, che sollievo! Temevo proprio
di averlo dimenticato. Oh, è tutto merito vostro, signor
Parroco: come avrei potuto cavarmela io, povero cate—
cumeno? Ma non crediate che vi sia ingrato! 'I`utt`al-
tro... Ecco, vedete?, piango. (Seoppia ir1pzànt0.) Piango
perché mi sento gonfio di sconfinata gratitudinen. e, in
fondo, anche di purezza. Piango perché voi avete sapu-
to perdonare a questo povero fraticello i suoi innocui
peccati. Piango, infine, perché io, voi, Norma, i ragazzi
e tutti gli uomini ci troviamo perfettamente, soavemen—
te d'accordo.
PARROCO Sì, sì, piangi, figliolo: sciogliti in queste lacri-
me di pace...
GIOVANNI Oh, Monsignore, vorrei lavarmi non solo di
lacrime, ma di sudore: non del vostro sudore, e nean-
che del mio, ma di quello benedetto di Gesù,..
PARROCO Alt! Ora basta! Ora tocca a me. Siamo giunti
al nocciolo della questione: che si tratti poi di un so-
============================================Page 291==================================================
Nel '46.' l77
gno, questo non significa nulla. È sufficiente che tu
0ra faccia un passo, un gesto, un piccolo cenno, ed
ecco che il velo sarà caduto, e avrai raggiunto il limite.
Tolta la vita, resterai con l`infinito in mano,
Non è questo ciò che ti importa più di qualsiasi altra
cosa al mondo? E vorrai ora far marcia indietro? No,
figliolo! Non rinunciare a questa sfolgorante possibi-
lità! Basta un piccolo sforzo, una minima vittoria, e il
gioco è fatto: avrai raggiunto il limite, tradotta la pr0·
posizione. E — questo è l`interessante — potrai toglierti
la vita come ci si toglie la camicia, e saprai finalmente
come sia la nudità del vero!
Ora ti lascio a te stesso. Non permettere che l’istante in-
vecchi, perché il buchino non cucito diventa bucone:
approfitta immediatamente della Grazia che il cielo ti
elargisce e... alza il velo alla Norma... (Ride.) Cioè, vole-
vo dire, al nulla. Adesso arrangiati, che io devo compie-
re il mio solennissimo uffizio assiro-babilonese.
Durante questi ultimi diivcorsi un rwettore ba illuminato
toltanto z` due interlocutori; larczando tutto il retto al
buio. Quando la luce, eonfura e torbida, illumina di nuo-
vo tutto, un angolo del tinello è diventato l'angolo di una
tonluora cbiera ortodotxa, con un pulpito di legno,
Entra un rignore con un'arza profersorale, reguito da
un altro tipo di mercante paesano, e si mette al jianco di
Giovanni
Il Parroco sale Jul pulpito.
GIOVANNI (al nuovo venuto) Oh, buongiorno, signor
professore.
PROFESSORE Ssssstl
PARROCO Fratelli, come voi sapete bene, noi siamo an-
cora tutti pagani. Ed è perfettamente inutile che certi
scrittoreili, i quali si autodefiniscono cattolici, cerchino
nelle loro rivistucole di infirmare quanto venti secoli di
gioia stanno a sostenere, Cristo, infatti, mi disse un
============================================Page 292==================================================
WS Nel '·I6’
giorno di non conoscere il Pater Noster. Ahimè, fratelli,
quale obbrobrioso smarrimento nel cuore degli uomini!
Quale straziante indifferenza! Non mi riferisco ora ai vo.
stri affari 0 alle vostre preoccupazioni finanziarie, bensì a
quella cosa... sapete... (Ride.) Via, non fate lo gnorri.., Mi
capite benissimo... (Ride.) Là, là, non fatemi i gesuiti,
adessol, la cinghia dei calzoni ve la slacciate tutti, prima
di andare a nanna 0 che so io... (Rzdendo xi toglie dalla ta-
sca una piccola milra vermzglia e degli oreccbini pure ver-
rnzgli, che indotta. Si xlaccia la tonaca intorno al collo; fa
mille rncine.) Là, là, amici, è inutile che mi facciate gli
ipocriti e teniate meticolosamente le mani giunte! Che
fanno quelle mani? Eh, eh! Mentre voi pregate, 0 devoti,
non è detto che non vi faccia prurito... un piede. Del re-
sto, non sarebbe poi una cosa strana che, mentre recitate
mentalmente le litanie, sentiate certi stim0li... (Ride.)
Beh, ascoltate un po' le mie chiacchieren.
Enmz una _/ila di serninarirtz, tre per ire, i quali xi fermano
voliando le spalle al pubblico e guardando verro l'aliare,
PARROCO Professore, e voi, mercante di provincia, pre-
go, andate ad aspettarmi in camera.
Il proferrore e il mercante e.tc0n0 xglazgnazzando.
PARROCO Venti secoli celesti di perdono... Ma che, sotto
sotto, si nascondano i peli, questa è una cosa che tutti
sanno. A me vien da ridere se penso che appena voi sie-
te morti, tutti i vostri peli rappresentino il color rosso,
mentre a un palmo di distanza tutto era rempre stato
celeste.
Infatti, se ora voglio pronunciare un nome, o fratelli,
non dirò già «Ave», ahimè, bensì «seno», benché con-
tro la mia volontà! (Ride.) O belle forme celesti! O pro-
porzioni misteriosette! (Ride, continuando afar rnoine.)
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Nel '46’ 179
I seminaristi se ne vanno: ma uno di essi rimane fermo,
sempre però voltando le spalle al puhhlico.
GIOVANNI (muovendo verso il seminarista qualche pas-
so) Chi è questa forma leggera? Non che io sia curio-
so. Ma l'aria è tutta scossa dalla sua tranquilla presen—
za. Ma chi è questo moccioso? Insomma, chi è questo
moccioso? Accidenti, si può, si potrà mai sapere chi è
questo moccioso?
PARROCO E io cari fratelli, continuo a parlare del Cie-
lo, benché non sembri. Infatti quando un corpo sta
solo in mezzo a un prato, prega con le mani posate sul
corpo, un corpo bianchissimo, e si sente nel vento, il
sapore dell’onestà... denudata, membro per membro,
tenerezza per tenerezza,.
GIOVANNI Oh, evidentemente non me ne importa nul-
la di quel moccioso, benché tenga le mani in tasca e
non stia attento all'allocuzione del Gran Prete. Non
me ne importa nulla poiché, ringraziando Iddio, sen-
to una zona di forte tepore nella mia memoria.
PARROCO Un corpo, leggero leggero, con la carne levi-
gata dal venticello della maternità, e lasciata lì, a mar-
cire d'amore, sul sagrato verde di una chiesa, sotto il
corpo di san Sebastiano, che, nudo, torce il bel corpo
nudo contro il tronco, e beve il suo bel sangue, co-
gliendone le goccioline sulle cosce dorate.
GIOVANNI (continuando ad accostarsi al seminarzsla)
No, Giovanni, no!
Il seminarista si volta verso la platea, si toglie il cappello e
gli si scioglie la chioma: si capisce che è Lina.
GIOVANNI (accostandosi ancora) No, Giovanni, no!
Le tocca una spalla.
GIOVANNI No, Giovanni, no!
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Iso Na! 46/
Le Mora i capelli`.
GIOVANNI No, Giovanni, no!
Rexta immobile accanto a Lina con un 'erprerrione atterrita.
PARROCO Oh, che io mi riferisca a un corpo lontano,
chiuso nel De Profundis — ossia nelle ore meridiane,
dopo scuola — è un inganno che io tramo a Giovan-
ni... lnfatti io non parlo altro che del Cielo, sto ag—
grappato al Cielo con le unghie... (con improvvisa te-
nerezza) E dove c'è una tenera pelle nuda, là c'è il
Cielo... Dove un corpo vola incantato nel segreto di
un suo sorriso, là c'è il Cielo. E un suo tenero gesto ri—
corda il rosso pomeriggio di san Sebastiano, nudo e
t0rturato... Ma non completamente. Alzategli infatti
la pezzuola di nubi, e lo vedrete tutto nudo.
Giovanni accarezza la guancia di Lina.
GIOVANNI No, Giovanni, no!
Le rlaccia il colletto e le accarezza il collo.
GIOVANNI No, Giovanni, no! (con un urlo) No, Gi0—
vanni, no!
La bacia lievemente,
Il parroco scende dal pulpito e va a rederri sul piccolo
rofá, prendendo in mano il breviario,
PARROCO Scusa, Giovanni, c'è qui una piccola postilla,
e senza occhiali.,
GIOVANNI (continuando a xtringere e ad accarezzare Li-
na) Sì.
PARROCO Auff, questa piccola postilla...
GIOVANNI (accarezzando già con meno calore) Ecco,
ecco.
PARROCO Sono graziosi, minutissimi segni, e rodono,
rodono, rodono,
============================================Page 295==================================================
Na'! `46.’ IHI
GIOVANNI Ma sì.
PARROCO Una trascurabile postilla.
GIOVANNI Va bene, Monsignore.
PARROCO Una postillina.
GIOVANNI Un momento, Dio mio.
PARROCO Ma questa postilla, benché piccola, è molto
importante! È una postilla che non esiterei a chiama-
re divina.
GIOVANNI (tmeltendo quari del lutto di accarezzare)
Davvero?
PARROCO Vieni, caro Giovanni, la postilla mi punge.
GIOVANNI Eccomi, Monsignore.
Ritrae le mani da Lina, e questa re ne va.
PARROCO Questa postilla divina è proprio una noia di
p0stilla...
GIOVANNI Son qui, Monsignore. E scusi il mio ritardo,
dovuto a ragioni... a ragioni...
PARROCO Bene, bene, figliolo, ora siediti qui accanto,
GIOVANNI Mi perdoni, ma ormai ho tanto male, ho
tanto sonno, che preferirei sedermi qui, a terra, nella
caratteristica posa degli Orientali.
E infatti si rŕede c0n le gambe irzcroczate.
I>AR1<©co È tardìssimo.
GIOVANNI E io sto così male, Monsignore, così male,
che la mezzanotte mi pare passata da mille anni, e
non mi resta altro che...
PARROCO Infatti è venuto davvero tardi.
GIOVANNI E non mi resta che...
CORO DI VOCI (da]l'intem0, propagate dai microfoni
erlemá sommersamenle) Dormire. ..
GIOVANNI No! Non mi resta che...
CORO DI voci (ar.) Pentirti".
GIOVANNI No! Non pentirmi! Non è pentirmi che mi
============================================Page 296==================================================
IXZ Ne'! '46'
resta! Non è pentirmi! Pentirmi! E come? Ah, ciò
che mi resta da fare io solo lo so: è una breve parola_
ed è qui, dentro il petto, nel sacco, che urla!
PARROCO Urlare? Bah. (Sbadiglia.)
GIOVANNI Si va a dormire? Siamo come due di quelle
donnacce, la mattina presto, senza più rossett0... (Ri-
de.) Sì, rido. Io non resisto più al dolore che mi occu-
pa mtemmeme, renza rpzìagli tutto il corpo ormai in-
vecchiato tra la cancrena dei desideri. Cosa aspetto a
morire? (Ride.) Forse ho ancora qualche speranza di
ottenere di bau.? Pazzo, con questo petto e questa go-
la così bruciati e sanguinanti!...
Ma cosa succede? Oh, i bengala! Che coreografia
straordinaria! Si rompono febbri di luci rosse, si rom-
pono greche di mica... contro le palpebre chiuse... ti-
rando fuori dal cuore Venergia necessaria per contor-
cersi come bisce gialle, arancione, turchine, in un cielo
palustre. .. contro le palpebre murate... zig zag ghirigori
puntini ponticelli cerchi concentrici cerchi concentri-
ci, battendo nel cuore come pietre. Ah, ecco, esplode.
CORO DI VOCI (prepagate dal cerchio dei microfoni
erlemzl La... Morte!
GIOVANNI No, non la Morte!
cono DI voci (es.) II rimorso.
GIOVANNI No, non il rimorso... ma quel dolore, sape-
te, quel dolore lacerante, che strappa la carne dall'os-
so, quel dolore di quando si è interrotti... mentre si
sta per alzare la veste... (0011 zm ur]0 di dolore) Ah!
PARROCO (mme demmdori di sopraxxalto) Qui blámera
donc les chrétiens de ne pouvoir rendre raison de leur
créance, eux qui professent une religion dont ils ne
peuvent rendre raison?... S'ils la prouvaient, ils ne
tiendraient pas parole, c`est en manquant de preuves
qu`ils ne manquent pas de sens.
GIOVANNI Oui: mais encore que cela excuse ceux qui
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N¢'[ '46.’ IX}
]’ot'frent telle et que cela les òte du bláme dela pr0dui—
re sans raison, cela n`excuse pas ceux qui la reçoivent...
VOCE GIOVANNI (registrata, e dzffum dal microfono
externo, che viene a roz/rapporti sul dzalogo fmncere,
meccanico e xommexxo) Sì, va bene". certo... è giusto
che ora io faccia col parroco questa bella chiacchiera-
ta in [rancese... certo... però, intanto, vorrei pormi
una domanda... una domanda urgente... Ma cos’è
questa domanda?.., Ah, ecco... dunque: che relazione
c'è tra questo mio dolorino, dentro, dentro., no, non
dentro la pancia 0 l’esofago... ma dentr0... nell'inter—
n0... Che relazione c`è tra questo mio dolorino e le
par0le... Sì, le parole, che servono a comunicare cole.
mondo...
PARROCO (come concludendo il lungo cbiacc/Jierzccŕo nel
francere di Parcal) Examinons donc ce point et di-
sons: Dieu est où il n'est pas, (Sbadig/ia.) Che sonno!
Non sarebbe davvero ora di andare a dormire?
GIOVANNI Perché, nel dormiveglia non si ascolta forse
meglio sgorgare la fontanella?
PARROCO Evidentemente, caro Giovanni, tanto la me-
moria che Pascal, tacciono quando si sta tutti tesi ad
ascoltare il lieve scroscio sempre uguale della fonta-
nella: peccato che sia soltanto energia, umore, urina, e
che non dica niente altro se non che è.
GIOVANNI Pazzo, pazzo che sei! Indegno di parlare con
me e col Signore! — Oh, mi scusi l’accostamento, che
sciocco sono! — indegno di parlare con gli uomini,
volevo dire. Non sai dunque che quella fontarrella è il
lamento di Dio? E che Dio è un`impressione di luce? E
che io sono Prometeo, sul sofà di roccia, che urla?
PARROCO Chiacchiere!
GIOVANNI Anche se sono ormai le nove del mattino
dopo una notte insonne, e le dormette escono a fare la
spesa, ciò non toglie che, per quanto impallidito, Dio
venga ancora dipinto da Raffaello con un pennello
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nm Nt·/ MN
che raschia una stupenda tinta spumosa... coi contor-
ni giallini... le pieghe del manto, come di pietra pomi.
ce... e la carne rosa—antico con le ombre azzurrine un
po` rosicchiate dal tempo...
Mentre dice queste parole entra di nuovo Lzha, vestita di
gzallmo e azzurro e si siede a un piccolo armoriium dove
suoria un mottetto di Bach,
Giovanni e il parroco regolano le ultime battute in mo-
do da yůhire insieme alla musica.
PARROCO Ricomincia il gioco, Giovanni. Je regarde de
toutes parts et je ne vois partout qu'obscurité. Soprat-
tutto dentro il capitello dei calzoni, dove la meretrice
con la mitra rossa e gli orecchini, tocca ridacchiando
il destino... (Ride.)
GIOVANNI Tacete, Calibano, per favore. Non sentite
che i miei nervi pian piano si trasformano in pagliuzze
ardenti, in grano accarezzato dal vento? Ah, questi ta-
sti, questi tasti che irradiano...
PARROCO Di che tasti intendi parlare, furfante? (Ride.)
GIOVANNI Oh, di tasti d'av0rio. Non vedete Lina che
suona? naturale che adesso tutte quelle conchiglie
caschino, tin tin, nel tiepido marmo del tempio, e che
sotto quell'immensa pioggia cristallina, si spalanchi la
piazza d'avorio, con ai lati palazzi stupendi, edifici re-
gali, con colonne barocche, e tutt'intorno siepi di li-
gustro, austro-ungariche, e fontane, incrostate di nu-
mi di porfido, che zampillano cantando la luce della
Beatitudine.
PARROCO Sì, però hai una bella faccia tosta!
GIOVANNI (quasi cantando, dietro la musica dz'Bac/1) La
piazza, le strade di marmo, le statue, ardono nella lu-
ce bianchissima. Nel centro una vasca immensa versa
silenziosa tra le rocce le sue acque cesellate. Ed ecco
che arriva il Re, col manto di nuvole, solo sul suo car-
ro d'oro, trascinato dai delfini, e, ridendo, scende dal
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Nel '46’ IH?
carro, ridendo si scioglie dall'imati0n di raso, e cam·
mina su e giù, il giovane Re, per la piazza, ridendo,
col lieve torace tutto gonfio di gioia.
Lina termina di xuonare il mattetto ed esce, seguita lenta-
mente dal parroco. Giovanni xi rzklixtende, tranquillo, feli«
ce, ml sofà, come all'inizzo del xogno. Il rzparia aveva co-
mincia/0 a cbiuderxijih dalle rue ultime parole.
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ATTO II
Un minuto dopo. C 'è Ia rtesra luce che a[l'inizio del rogno
— ma forte ancora più tetra.
Giovanni è rempre dixtexo sul piccolo divano rorro.
ELIGIO (entrando sorridente da una porta interna) Gio-
vanni! Psst, psst, Giovanni! ora. Si svegli, via, apra gli
occhi. Un piccolo sforzo, ed è fatta ancora una volta!
GIOVANNI (alzandori) Sei tu, Eligio?
ELIGIO Sì, mi guardi, mi guardi pure: guardi fisso il
mio corpo... adolescente, Ho quindici anni, come so-
no lontano dalla morte! Appena ieri ho osservato allo
specchio i miei calzoni: erano leggeri e bianchi, e nel—
le pieghe c`era un’ombra vi0la... Soltanto che.,. s0l·
tanto che... erano le sottane di mia sorella... di Lina".
Se le parlo con tanta precisione, Giovanni, senza le
metafore del sogno, è perché queste sono cose troppo
delicate... Ma, come diceva bene il signor Parroco, ve-
niamo al nocciolo della questione, al così detto pen-
siero fondamentale, e vediamo se noi due riusciamo a
spuntarla. Ma svelti, siamo intesi, ché dopo devo cor-
rere al fiume, per fare il bagno; non sono mica come
lei, io... (Ride.)
GIOVANNI Infatti è il dopopranzo di una domenica
d'estate. Taci, taci un momento, ssst! Rintoccano le
campane, Eligio, le dolci campane dei vespri, dipin-
gendo di nero una piccola parte dell`orizzonte, di un
nero orribile. Taci, Eligio, piccolo Eligio che sei qui,
taci, per pietà, e ascolta le campane dove io sono an-
cora come te.
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N<»/ '46! IX7
ELIGIO Le campane, eh, professore? (Rzde; poi alI'z`m—
pmvvzro serio e ostile) lo non vado d'acc0rdo con Li-
na, ha capito? Guardi un po' questi calzoni, guardi
un po' questa camicia che coi risvolti candidi orna il
bronzo greco del mio collo di ragazzo! Parlo chiaro,
no? Ebbene, se ne convinca, tutto questo mi colloca a
distanze spaventevoli, in cui io sono estraneo e ostile,
preso da una vita tutta mia: una vita felice, innocente
e... amorosa. Come dietro a un vetro dallo spessore
enorme, tu, povero Giovanni, mi vedi giocare, cam-
minare, andare al fiume, e dormire... in camera con
Lina. (Rzde sgraziulamerzte.)
GIOVANNI Che c'entra, Eligio? (5`oxpira.) Sono stanco
di difendermi, è vero, ma devo avvertirti che hai pre-
so un granchio. Come, io, il tuo professore accusato
di un sentimento simile! Lina, vedi, mi interessa come
mi interessi tu, come tutti i miei scolari. Del resto la
protezione dell'Altare è qualcosa che vale anche nei
sogni: e io sono stato seminarista... Oh, come si sta
calducci sopra l'Altare, in questa piccola montagna
tutta bianca e orlata... Come si sta ben riparati, tutti
accucciati quassù... Eri venuto da me per confessarti?
ELIGIO Sì, professore.
GIOVANNI Inginocchiati, allora, e incomincia.
ELIGIO (zhgirzocc/Jizmdoxi) So tutto.
GIOVANNI (balzando zñ piedi zzllarmato) Che cosa?
Euoio Di te e di L...
GIOVANNI Sì, sì, ho capito. (febbrdmente) Dimmi, dim-
mi: che cosa sai? Non aver paura, pensaci bene, con
calma, e sii sincero... Mi hai forse spiato? O ne hai sen-
tito parlare in paese? Voglio che tu mi dica tutto. Bada,
mentire durante la confessione è un sacrilegio.
ELIGIO Ma... Io non so spiegarmi.
GIOVANNI Come? Ti vergogni adesso? Su, non aver
paura. Ormai che hai cominciato devi andare avanti.
In nome di Dio, ti supplico, Eligio. Vedi, bambino
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188 Nd 'Jw
mio, ora tu non puoi comprendere certe cose... Per.
ciò devi fidarti di me... Sai, i.l Demonio... Ebbene, se
non vuoi cadere nelle sue mani, parla, per amor del
cielo, parla!
ELIGIO No, no, non so niente io.
GIOVANNI Come? Se un attimo fa hai detto: so tutto?
Bada, ragazzo, ti metti su una cattiva strada. E poi in
devo sapere ciò di cui intendevi parlare.
ELIGIO Me lo sono dimenticato, ecco.
GIOVANNI È una bugia, e un'ingenua bugia, Eligio. (Lg
accarezza sulla testa,) Per l'ultima volta mi raccomando
a te: spiegati! Non sono il tuo confessore io? Dunque.,
ELIGIO Che vuole che le dica... io sono un bambin0...
GIOVANNI Ah canaglia! Sentite come insiste! Tu hai
detto: so tutto! Bada! Non potrò darti l`assoluzione,
ELIGIO Beh pazienza... Ora devo andare.
GIOVANNI Ah così? Furfante, impostore, sì, imposto-
re! (Lo scuote per ie spalle.) Parla 0...
ELIGIO Mi lasci andare, mamma!, mi lasci andare. Si
vergogni.
GIOVANNI Tu, tu vergognati, bugiardo, tu che prima
lusìnghi, cominci un discorso, e poi... (Lo scuole con
maggior violenza.)
ELIGIO (lcoppia in pianto.)
GIOVANNI (frenaadosi) No, non piangere. Dio mio, co-
sa ho fatto. Povero bambino, che colpa hai tu, chi ti
ha gettato tra le mie mani? Su, Eligio, calmati. Senti:
cerchiamo di intenderci con calma. (dopo un lungo si-
lenzio, accarezzaadolo ancora sulla testa) Si trattava
di... amore?
ELIGIO (siagbiozzamio) Sì.
GIOVANNI Fra me e L...?
moto (cr.) Sì.
G1©vANNi Ah.
ELIGIO (Si asciuga Ie lacrime.)
GIOVANNI Tu eri qui, vero?
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Ni'! '46.’ 189
cuoio Sì.
GIOVANNI E che cosa hai visto?
ELIGIO (ridendo fra gli uliùni ring/Jiozzi) La scena fa-
mosa.
GIOVANNI Interessante, no?
ELIGIO Mentre il Preside stava ad ascoltare Bach...
GIOVANNI Io tra i tasri... eh?...
ELIGIO La baciavi: l`ho visto sai. E dopo...
GIOVANNI Sì, sì! (xconvolro) E dopo?
ELIGIO (inalizioramente) lo non posso dirlo, sono un
bambino, ma...
GIOVANNI (eraxpemto) Basta. Tu mi spiavi... Ma ti as-
solvo lo stesso... mi spiavi, carogna! (Comincia a pas-
reggiare erasperato su e giù per la stanza.)
ELIGIO Ho visto tutto. Sai, tutti quei gesti maliziosi,
meccanici. Facevate alla svelta come se aveste avuto
paura di arrivare tardi. Quante monete dovevate rac-
cogliere! Come due pazzi, tu qui, lei lì, intorno al te-
soro, e vi riempivate le tasche, il grembo, le mani,
svelti, avidi, silenziosi e sudati. Ah, ma che ne so io di
amore? Per me è una cosa naturale. (Ride.)
GIOVANNI E adesso? Adesso che tutto è crollato? Il
mondo è un vortice oppure sono io che sono ubria-
co? Eligio sa tutto. Cosa significa questo? Significa
che mi trovo nel vuoto, col mio vestito, con le mie
scarpe: in mezzo all`universo, solo. Che cosa vortica
intorno a me? In questa nebbia orribile? Eligio, tu e
io. Sì, anche tu sei qui, in questo silenzio, come un'al—
tra persona che sa tutto...
ELIGIO (Con le mani in tarca comincia a fix:/nettare,)
GIOVANNI Eppure c'è un posto, dentro di me... un po-
sto dove posso salvarmi... Cerca, cerca, Giovanni,
cerca". Ecco! (Si rikc/siam,) Sai, Eligio, che me ne im-
porta che tu sappia tutto? Tu sei legato dal segreto
della confessione, non potrai parlare!
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WU Ne'! V6.!
ELIGIO (Continua a yçtcbfetlare, poi ironico) Sei tu che
mi hai confessato, sei tu il prete!
GIOVANNI (unmtbilzìo) Io sono i.l prete, è vero. Che
equivoco! Non c`è dunque più niente da sperare. Fra
me e te, Eligio, ci sono due metri di distanza. (Limirwa
facendo due [w1gb1'pus.tf.) Sì... due metri circa... Trop-
pi! Troppi, perché siamo in due, io dentro e tu fuori.
Protetto dai tuoi calzoni e dalla tua camiciola tu sorridi
enormemente lontano, messaggero del Giudizio, vento
ignaro che porta in giro il polline... occhio tranquillo di
]ehova... Troppi, veramente, sono due metri: io non
posso resistere al pensiero che tu ci sia. Che cosa vuol
dire quel tuo sorriso? È il sorriso delle foglie, dei cani,
tutte cose indifferenti, mentre io sarò giudicato. (lungo
rdenzio) Senti, ho un`idea spaventosa: no, non posso
confidartela, devo solo limitarmi a comunicarti cheè
nata. un serpente ripugnante! E tu non ne sai nulla,
non sospetti, non tremi... Aspetta! Adesso, ecco, trovo
che in fondo è una buona idea, così leggera, soave e tie-
pida. Che sciocco sono stato a paragonarla a un serpen-
te! Come starò bene dopo averla attuata, già mi sembra
che si allarghi l'orizzonte, che il mondo si ripopoli, che
tutti sorridano, indifferenti, magari, ma nel modo abi-
tuale, quotidiano, che non ferisce mortalmente. Toh, il
ripugnante proposito si è ridotto ora a un piccolo ge-
sto: un semplice gesto sul tuo collo...
Vieni qui, Eligio, che mettiamo in pratica l`idea: tu
non c'entri con me. Che differenza enorme tra la tua
morte e la mia!
Non si tratta che di realizzare il proposito: vieni, su,
abolisci i due metri. O preferisci che li abolisca io?
(Gli ri avvicina.) Non mi resta che voltare la pagina, la
piccola paginetta bianca. (Strmge tra le dita il collo di
Eligial
Ora tu muori, vero? Come? Sei ancora qui? Eppure
stringo forte. Dio mio, non muori mai... Dio mio, hai
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Ne] '46’ WI
un collo d`acqua... Dunque la tua vita non dipende
dal collo? Ho le mani di gesso, eppure stringo. In-
somma, Dio misericordioso, fa' che muoia. (gridando)
Ecco! Un ultimo sforzo!
Elzgio gli xi GWOSCZÈ tm le braccia.
GIOVANNI (rapido, febbrile) Adesso bisogna nascon-
derlo: l'essenziale è che nessuno si accorga di questo
giochetto spudorato,
VOCE GIOVANNI (tmrmersa dalla cerchia dei microfoni
exterm`) Lo chiami giochetto? Aspetta, c`è una paro-
la... Sta nascosta dietro una piccola piega, in un ango-
lo buio,. Aspetta un momento, e verrà fuori, uscirà
alla luce del sole, bella, nitida, perfetta... Ma com'è
quella parola? Perdio: omicidio.
GIOVANNI Sciocchezze. Io me ne infischio che si tratti
di omicidio o altro. L`importante è, ripeto, nasconde-
re questo tenero verme.
VOCE GIOVANNI È il cadavere, capisci? È la spavento-
sa, tangibile prova del nostro delitto.
GIOVANNI Quante storie!... Ma il buffo di questa fac-
cenda è che non mi riesce di concentrarmi per trovare
il modo di nascondere queston, peso...
voce GIOVANNI Giovanni, cosa pensi, cosa dici? È un
momento atroce. Abbiamo tra le braccia un cadavere,
non vedi? E noi ne siamo gli assassini. Hai capito? As-
raxsirzi. Se te lo ripeto, significa che non si tratta di
uno scherzo.
GIOVANNI (ridendo) Oh quanti scrupoli! Che questa
canaglia di Eligio sia morto, è un fatto, ed è un fatto
anche che sia stato io ad ucciderlo. Ma io mi doman-
do che reale importanza tutto questo possa avere. (Ri-
di?) Oh, insomma, questo nascondiglio mi viene 0
non mi viene in mente?
VOCE GIOVANNI Tutto il mondo è mutato. Guarda la
tua vecchia immagine che fugge immobile: era l'im—
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NZ Nel '46'
magine di un innocente. Quello che abbiamo com-
piuto, si chiama: assassinio.
GIOVANNI Come se non lo sapessi! Non sono poi tanto
scemo. Ero un`immagine, e ora sono urfimmagine,
Ma aspetta, il corso dei miei pensieri era un altro: si
trattava di scoprire un buco dove nascondere questo
Testimonio.
VOCE GIOVANNI Hai detto la parola: Testimonio.
GIOVANNI Beh, adesso basta con questo colloquio che
non può in conclusione che riuscirmi dannoso. L'im—
portante è distrarmi, sviarmi... Dovrei cercare un
punto d'appoggio, ricordare qualcuno, cantare una
canzone. Ah, ecco:
Exaudiat Te Dominus in die rribulationis:
protegat te nomen Dei Jacob.
Non sono che parole, tuttavia mi assicurano che mi
trovo ancora sulla strada per la quale cammino da
tanti sec0li... Ma chi è che cammina? Io? Io, eccoti
toccato: so chi sei. Giovanni uomo, cattolico, ragazzo,
tutte sciocchezze... Grazie a quella canzone, intanto,
mi è venuta una buonissima idea. (ridendo) Questo
non è forse un perfetto nascondiglio? (solleva il picco-
lo divano rosso e vi nasconde sotto il corpo di Eligio:
però un piede di questi, sporgendo, resta perfettamente
visibile.) Ecco, Eligio è nascosto: adesso si tratta di
continuare a vivere... Vediamo un po': forse posso an-
dare in Chiesa, che so io, ad ascoltare una predica...
(Si avvicina alla porta dell'0rt0, e riesce a soccbiuderla,
con un bnmenso sforzo.) Il mare!
Si sente inhtti il frastuono della risacca.
GIOVANNI Dio mio, che immenso, che terribile mare!
(Cade a terra in ginocchio, coprendosi gli occhi con le
mani,) Troppa luce, troppa bellczza... La vista di
questo orizzonte marino è insostenibile., mi strazia...
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N¢'[ '46/ W}
Ah, meraviglioso Oceano, che vento divino scarichi
dentro questa camera, che respiro celeste, che bru-
ciore african0... (Va a rzcbiudere la porta, afran/0.)
Ecco, dietro la porta c'è l`Oceano: ma io non posso
continuare a vivere qui., Forse sarà un`idea ingenua,
ma voglio provare dalla finestra... (Corre alla jinertra
e ]'apre.· si riode il fragore della marea.) Ancora il
mare... senza fine... (Rich/ude la Hnexlra, e riede a
term, attonzto.) Ma c'è l'armadio! Posso rifugiarmi là
deritro... Che salvarsi fosse davvero così semplice?
(Apre I 'armadio e vi guarda dentro, scoraggzalo,) No, è
inutile! (Torna a dirlenderri sul divano,) E qui che
devo stare, è qui che devo misurare tutta l'eternità in-
terna a cui sono condannato. ($0rr1a'e amaramente.)
L`Inferno... Adesso, in un modo o nell'altro bisogna
che incominci a continuare a vivere. A che cosa mi
aggrappo? a quale momento devo rifarmi?
Vediamo un po': dentro, qui, c'è un dolore infernale,
qualcosa come un labbro, uno squarcio sanguinante
che mi brucia. È dunque da qui che bisogna comin-
ciare? Sì, infatti ora che ne parlo si è come leggermen-
te staccato da me: sembra lo squarcio che si vede nel
costato di Cristo. E invece sei tu, Giovanni, che sei
bagnato di sangue... Aspetta! Giovanni, fatti in di-
sparte, là, in un angolo... Magari alle mie spalle, che
non ti veda.,. Sì, via da qui, Giovanni, cattolico, uo-
mo, ragazzo: fuori dai piedi, lasciami solo! Ah, che
freschezza, che ristoro! Sono solo dentro la cameret-
ta: nella mia tana irraggiungibile. Si, ho posseduto Li-
na, ho strangolato Eligio. Che me ne importa? Tutti
movimenti fluiti nel passato, in quella zona divisa dal
tempo, scaduta. Ora sono nel centro dell'Io, in una
calma eterna. Nulla più mi riguarda, e questa condi—
zione è tanto consolante che mi sento assopire.
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194 Na! 46/
Reclina il capo e rerpira lranqadlo. Ma, dopo un poco, rj
rente un violento, dirteso rquillo di trombe.
voci; cARD1NAI.E RUFFO (dalfimemo) Tutta la Cala-
bria fiammeggia, avvolta nell'azzurro del Mediterra-
neo. Ecco la costa libica, la Grande e la Piccola Sirte,
il Sahara... La corrente del Golfo.., gli spazi arr0ven—
tati dell'Oceano... Le sedi dei Parlamenti, i Ministeri,
iVelodromi, i centri ferroviari... Siamo in pieno mon-
do, a]l'aperto.
GIOVANNI Mi hanno scovato!
VOCE CARDINALE RUFFO (arr) Siamo vestiti con gusto
mondano. Io indosso uno storico manto di porpora —
già indossato dagli Egizi e dagli Spagnoli. Un grande
colletto di pizzo alla Luigi XIV mi incornicia il viso di
Vicerè. Mi appoggio superbamente alla canna lucci-
cante della mia carabina, e, fumando la mia ennesima
sigaretta, pens0... a[]'Ed1't!o e al prezzo della mgha!
Entrano il Cardinale Rujyo e una decina di Lanzic/Je-
neccbi.
GIOVANNI Il Cardinale Ruffo! Coi suoi Lanzichenec-
chi! Buon giorno, signori, qual buon vento? A che
inaspettata fortuna debbo l'onore di 0spitarvi?... Ve-
ramente il padrone, qui, non sono io: è il signor Presi-
de, ma non fa nulla, non badateci... Grazie, grazie
d'esser venuti in questa umile Scu.., Scuola... Infatti,
adesso che ci penso, siete stati doppiamente gentili,
perché non solo siete venuti appositamente dalla Ca-
labria, che sarebbe uno sforzo geografico molto rag-
guardevole, certo... ma anche — e questo è il fatto in-
credibile, quasi assurdo — avete superato il tempo che
ci separa dal primo scorcio del secolo XIX. Questo
sforzo storico finisce col confondermi, col farmi bal-
bettare di gioia. Dio mio, perché siete qui? Scusate
questo mio grido. (5`orride.) Mi è uscito così naturale!
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Nel '46' Wi
È il grido del sorpreso: infatti non ho nulla da rim-
proverarmi: odio Robespierre e la Costituente almeno
quanto voi! Abbasso la Libertà! Sì, abbasso la L1-
bcrtà! Oh, ma del resto la mia buonafede politica non
ha bisogno di documentazioni! E dipinta nei miei oc—
chi, è la stessa gioia con cui vi accolgo...
Si incbina più volte profondamente. Il Cardinale Ru/70 e i
Lanzicheneccbi rcoppiano in una lunga rirata.
CARDINALE RUFFO Giovanotto, noi non vi vogliamo al-
cun male. Tuttavia voi dovrete essere sincero con noi.
GIOVANNI Oh, farò del mio meglio, Eccellenza.
CARDINALE RUFFO Ebbene, vi dirò subito la ragione per
cui noi siamo venuti qui. (insinuante) Dobbiamo ap«
pendere a tutti i muri del paese un numero eccezionale
di manifesti, proclami, editti, come preferite. Ora, ci
siamo radunati qui per stabilirne il testo. Veclo che voi
impallidite, giovanotto. Questo è, infatti, un preambo-
lo. (Dà una gomitata a un Lanzicbenecco e rzdacchia.)
GIOVANNI Vossignoria mi mette in apprensione.
CARDINALE Rurro Trematc pure! Un fatto crribileu.
Ma non anticipiamo. Sappiate solo che, particolare
per particolare, tutto può essere ricostruito. Sì, ormai
quel fatto è dietro di noi, alle nostre spalle, nessuno lo
nega: ma ai nostri occhi si presenta nitido e naturale
come per un orefice il rneccanirmo di un orologio. Oh,
io sono agghiacciante, lo so: ma non voglio strafare.
La valanga, mio caro, ha incominciato a scendere il
pendio,. ed ecco Renzo laggiù, solo e pidocchioso in
mezzo alla valle".
GIOVANNI Solo e pidocchioso, povero untorello. Ma
scusate, non è per cambiar discorso, gradireste qua]-
cosa?
CARDINALE RUFFO (terribile) Perdio! Questo è il colmo
dell’impudenza! Siete dunque completamente am-
mattito? Canaglia...
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1% Np! '46!
GIOVANNI (cadendo in girroccbzo) Dio mio, Dio mio, ho
sbagliato, è stata una mossa falsa, lo so. Ma siamo an·
cora in tempo a rimediare, vero? Pietà, pietà, vi pre-
go, sono ridotto agli estremi". Fate finta di niente, la-
sciate che facciamo un passo indietro.
CARDINALE RUFFO Ebbene, ecco, noi siamo qui perla
seguente ragione: il fratello di Lina è scomparso, e noi
siamo sulle sue tracce.
GIOVANNI Ah, è per questo...
CARDINALE Rurro Sì, Giovanni, noi cerchiamo il fra-
tello di Lina.
GIOVANNI (balzaaa'0 in piedzQ raggiame di gzoìa) Io so-
no il fratello di Lina! Ma sì, pazzi che siamo, zo s0¢101`l
fratello di Lina! Come non accorgersene subito? lo
sono il fratello di Lina, guardate i miei incantevoli cal-
zoni di ragazzo.., La mia maglietta., Mi trovo a di-
stanze leggendarie, in piedi, eretto, con le mani in ta-
sca. Quanto sono lontano! Che gioia! Guardate come
vi sto osservando felice, e ironico, coi libri sotto il
braccio. Io me ne infischio di voi! Vivo nel mondo
dei ragazzi, io, e il riso che luccica nei miei occhi fal-
samente timidi, è dovuto a un motivo remoto, meravi-
glios0.., Eccomi tutt0 contento, coi miei quindici an-
ni, in attesa di conquistare il mondo che voi avete
consumato.
CARDINALE Rurro Là, là...
GIOVANNI Non scherzate: ciò potrebbe esasperarmi.
Io sono Eligio, e quindi innocente. Conoscete forse
qualcosa di più inumano che accusare — e per di più
con ironia — un innocente? Badate, Immagini, io po-
trei cominciate la dimostrazione della mia innocenza,
fino dalle origini, fino dalla Prima Elementare: io so-
no sempre stato Eligio. Ma mi limiterò a confessarvi
una cosa sola, la quale non può mancare di convincer-
vi definitivamente. Oggi, durante l’ora di latino, ho
chiesto al professore il permesso di uscire, e sono an-
============================================Page 311==================================================
Np! '46’ I97
dato a fumare nei gabinetti... Lì c'erano Ant... Anto-
nio e Mario, sì Mario. Abbiamo fumato insieme. lo,
Eligio, ho acceso un fiammifero che avevo rubato in
cucina, mentre mia madre preparava il caffelatte. Ri-
devamo in silenzio. Poi abbiamo orinato insieme,
stringendo ancora tra le labbra la cicca...
CARDINALE RUFFO (rzdendo) Benissimo: ne prendiamo
atto.
GIOVANNI (agitando le braccza) Basta, basta pazzo d'un
Monsignore! Che? Volete che mi laceri i vestiti, che
mi graffi il viso? Potrei farlo, oh, lo potrei fare benis-
simo! Perché dunque non siete un po' più remissivi?
È tanto facile, mio Dio; basta che mi guardiate! Non
sono forse Eligio? Ma sì, io sono Eligio, io devo essere
Eligio: Eligio vivo, Eligio che fuma, Eligio che corre
in bicicletta... Perché non volete credere a una cosa
così bella? Vi assicuro che è tanto dolce essere Eligio
che in fondo la vostra incredulità è un fatto seconda-
rio. Badate, potrei darvi altri particolari sulla mia per-
sona: e tutti particolari perentori. Per esempio, potrei
dirvi che la, nel gabinetto della scuola... Antonio ave-
va in tasca un pezzo di gesso, e Mario gli disse: Scri-
viamo qualcosa. Contro il Freside?, feci io. (Ride bo-
nariamenle.) Oh no, Eligio, ribatté Antonio. Vedete?
Mi ha chiamato Eligio.
CARDINALE RUFFO Ebbene, crediamo nelle vostre affer-
mazioni. In fondo non c`è nessuna ragione per dubita-
re che voi non siate il giovinetto Eligio. Tuttavia poi-
ché noi qui rappresentiamo la legalità, presentateci la
vostra carta di riconoscimento, e non se ne parli più.
GIOVANNI (tremando) La carta di riconoscimento? Ec-
cola,. (Ettrae da/Ia tasca una terrera e la porge al Car-
dinale Ru/Yo.)
CARDINALE RUFFO (leggendo) Nome: Eligio... padre:
Giuseppe". Nato il 6 ottobre ecc... ecc... capelli bion-
di... occhi castani... ecc...
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198 Nel '46'
VOCE GIOVANNI (trasmessa dalla cerchia dei microfoni
esterni) Mentre il Cardinale consulta la tessera",
aspetta". vorrei approfittare per rifarmi quella do.
manda urgente, quella famosa clomanda... Aspetta".
Ah, ecco: Se queste sono cose che accadono dentro il
mio stomaco, proprio sotto le cost0le... che rapporto
hanno con la societas? Con l'assemblea umana?
CARDINALE RUFFO (Hnendo di leggere) Alto un metro e
cinquantadue... segni particolari la luce... Benissimo!
Eligio, ti abbiamo ritrovato.
GIOVANNI (znginocchiandori) Ringraziamo il Signore.
Ma un Lanzichenecco si avvicina al divano e mostra con
l'indice teso il piede del cadavere di Elzgio.
LANZICHENECCO Eccellenza!...
Il Cardinale Ru/Yo scoppia in una fragorosa risata: indi con
aria sprezzante getta in faccia a Giovanni la sna tessera.
Giovanni balza in piedi e rnorrnorando più volte a Hor
di labbra: sono perduto, in preda a una specie di delirio
cammina su e giù per la stanza,
GIOVANNI Che colpo di scena! Mio Dio, ancora questo
era dunque riservato per me... per me? Del resto non
c’è niente da dire, non esiste una parola da dire... Ec-
co, ecco, se non è l`idea di un pazzo, potrei provare a
cacciarli via da qui. (urlando con voce autoritaria) Car-
dinale, Lanzichenecchi, via di qui!
Non sentono?
Via di qui, andatevene!...
Ah, non c’è niente da fare, sono perduto, sono dentro
nell'inferno... Ma no! Posso ancora salvarmi! C'è un
piccolo sotterfugio, il cui solo pensiero mi riscalda
tutto di gioia.
Estrae un grande fazzoletto a scacchi rossi e tenendolo
dietro la schiena si avvicina al Lanzichenecco.
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Na! '46! 199
GIOVANNI Ma no, Signore, vi siete ingannato! Che vi
salta in mente? Da sotto il divano non sporge nessun
piede... Ma avete avuto sul serio la pazzesca idea che lì
si nascondesse il cadavere di Eligio? Ma se Eligio sono
io! (Gli batte cordialmente una rnano xulla xpallai) Ah,
amico mio, è stato un piccolo errore, una svista, ecco
tutto. Ecco... voilà! (Getta il fazzoletto rotto ropra il
piede di Eligi0.) Vedete forse ancora il piede di un ca-
davere? Oh, Monsignore, scusatemi se ho dimostrato
che uno dei vostri uomini ha preso un granchio. Non
l'ho fatto con malignità, credetelo, e meno ancora per
0stentazione... Su, via, ridete, non siete felice? Non è
forse vivo Eligio? Festeggiatemi, no? Oggi indosserò il
vestito della festa, con la cravatta e il fazzoletto nel ta-
schino... Andrò ai Giardini Pubblici a correre dietro
alle ragazze coi miei compagni... Ma via, non ridete?
Signore, su, aiutatemi a tenere allegri questi miei ospi—
ti. Un piccolo sforzo, vi prego, amici. Ecco, state a sen-
tire... (Alza le braccia nell 'atteggiamento di un direttore
di orcbextra, e appena le riabbarra, come dando il via,
dall'intern0 xi rente ruonare «Amad0 rnio».) Sentite
che bella musica? Su, balliamon.
Aferra il Cardinale Ruffo e inxierne compiono un giro di
rarnba intorno alla xtanza. Poia uno a uno invita a ballare
alcuni Lanzzclzenecc/J1, ballando con loro rernpre più deci-
tamente.
Ma d'iinprovvixo un Lanzicbenecco esce, per rientrare
tubito reggendo un grande specchio cbe colloca in mezzo
alla rtanza. La niurica certa di colpo, Giovanni abbando-
na l'ultim0 ballerino e xi guarda dentro lo xpeccbio.
GIOVANNI Quella domanda! Quella domanda!
Cade in ginocchio battendoxi la testa con i pugni} mentre
si chiude rapidamente il xipario.
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ATTO III
Siamo in una triste radura, con in fondo, confusa e illogi-
ca, una specie di valle, circondata da nude e nere corone di
monti.
Come oggetti sopravvissuti depositati lì da una mareg-
giata, restano sul palcoscenico il divano e altri mobili del-
la stanza.
Molte persone sono raccolte in quel luogo, in quel chia—
rore di gesso.
Ognuna di esse sospinge un lettino con le rotelle — quei
lettini che servono a trasportare nella sala operatoria i ma-
lati? e infatti su ogni` lettino è disteso un corpo, fasciato di
bende bianche come una mummia.
Tutti sembrano in attesa di qualcosa.
Anche Giovanni e lì col suo lettino a rotelle, sopra il
quale c'è un corpo stretto in fasce bianche. Tace a lungo,
mescolato fra gli altri. Ma infine prende il coraggio a due
mani, e si rivolge a quello che gli è più vicino.
GIOVANNI (timidamente) Dove siamo? Cosa facciamo?
MORTO È il Pianto dei Pianti.
GIOVANNI (sempre con terrorizzata timidezza) C0s’è?
Una nuova festa religiosa? L’ha istituita il Papa?
MORTO N0, no, c'è sempre stata, sempre, sempre.
GIOVANNI (zntuendo) Aaah.., (Si guarda intorno smarri-
to: poi riprende zi coraggio di parlare.) E adesso, cosa
aspettiamo?
MORTO Eh! Non lo sai? Siamo dei deportati, no? Ci de-
vono caricare nei treni merci e portare in Germat1ia...
GIOVANNI (sempre più terrorizzato) Ah! (tremando,
quasi piangendo) E qui, guarda, qui... (Indica il corpo
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N«·l vm! 201
ditteto topra il lettino tuo e degli altri} alzando la mano
come per loccarlo, ma non oxando.) Qui, che cosa por-
tiamo, tutti noi, sopra questo lettino con le rotelle?...
MORTO (con voce spenta) È i.l nostro cadavere, non lo
vedi?
Giovanni tenza aggiun gere parola ti avvicina piano piano,
con grande cautela, al lello e otterva la mummia che tta li
ditleta, Poi prorompendo in un pianto rauco e ditperalo,
cade in ginocchio con le mani tul "tuo" cadavere,
GIOVANNI Giovanni! Giovanni! Oh Dio!
VOCE ELIGIO (dall'altoparlanle interno, tenza una pro-
venienza precita) Professore! Ha detto il Preside che
Vaspetta, la riunione è cominciata!
GIOVANNI (tempre piangendo, tutto inondato di lacri-
me, alza la letta dal cadavere e ritponde alla voce) Sì,
adesso vengo, un minuto! Adesso vengo! (Riappoggia
il capo tal lettino, tempre piangendo.) Giovanni, Gio-
vanni, che cosa spaventosau.
Piano piano il cadavere ti alza: è tutto tlrelto come una
mummia, bianco come i`l getto: ha applicata alla faccia
una rnatclaera atroce identica alla faccia di Giovanni.
cA¤AvERE ©I0vANN1 Riportami indietro!
GIOVANNI (piangendo e gridando) Come faccio, come
faccio 0rmai... Non posso, lo vedi...
CADAVERE GIOVANNI Sì che puoi, assassino!
GIOVANNI (ditperato) N0, non chiederl0... Non si può
p1u...
CADAVERE GIOVANNI Guarda come mi hai ridotto!
Guarda!
GIOVANNI Non è colpa mia, non è colpa mia...
CADAVERE GIOVANNI Riportami indietro!
Ma una voce imperiota interrompe il loro dialogo: è il ca-
P0 della polizia, cbe arriva con alcuni poliziotti in dzvita.
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202 Nel '46.'
CAPO POLIZIA Silenzio là, voi due!
GIOVANNI (rpaventato come uno scolaretto colto in fallo)
Sssst, silenzio! (Costringe con orgaxmo il cadavere a ridi-
xtenderxi xulruo lettino.) Ssst, mettiti giù... buono, taci!
POLIZIOTTO (al capo) A chi tocca, dottore?
Il capo della polizia guarda intorno i morti coi loro cada-
veri sul lettino: li guarda jçssamente, in xilenzio.
POLIZIOTTO Questi qui? I comunisti?
Il capo della polizia accenna di no con la tetta, e va ver:0
Giovanni hxxandolo.
I>©LizI©TT© Questi qui? Ibamrtieri?
CAPO POLIZIA (a Giovanni) Ah, eccoti! (Gli si avvicina
ancora.) Ti abbiamo trovato, finalmente! (Fa cenno ai
poliziotti di far andar via gli altri.)
POLIZIOTTI Via, via, largo, sgomberare!
Tutti i rnorti coi loro cadaveri sui lettini excono, sospinti
brutalmente dai poliziotti che provvedono a portar via
anche il lettino di Giovanni`.
CAPO POLIZIA Credevi di farla franca, el'1... Eligio!
Giovanni, sempre come uno xcolaro colto in fallo, accenna
di no con la tetta.
Il capo della polizia, ancora un po' ridacchiando, xi chi-
na in ginocchio e fa delle genuflexrzoni come un maomet—
tano, rivolto a oriente. Dopo un po', xi rente ancora vago e
lontano, rna agghiacciante; il ruggito di un leone.
VOCE ELIGIO (dall'altoparlante interno, tenza una pro-
venienza preczka) Professore! Il Preside ha detto che
l'aspetta! La riunione è cominciata!
GIOVANNI (impaziente, rivolto verso il vuoto, cercando
con gli occhi la provenienza di quella voce) Vengo su-
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Nt·/ 146* 20}
bito, vengo subito! Devo aspettare quello che succe-
de adesso! Un momento!
Il ruggito del leone sifa xempre più forte e tremendo: in-
ché nella penombra — zi růlettore illumina forte solo la gara di Giovanni- entra ano xtrano corteo di dignitari,
tra negri, egmani 0 rpagnoli e in mezzo ad em, terribile,
una forma di leone.
Giovanni} illuminato con violenza, arretra, ormai ine-
betito dallo rpavento.
CAPO POLIZIA Adesso viene chi ti giudicherà! Il Re! Sì,
caro, i.l Re! Il Re dei Re (Si rivolge a uno dei poliziotti.)
Tu, preparati a battere il verbale per l`istrutt0ria.
GIOVANNI (fra Já con le mani rulla faccia, angorciato
dalla prerenza del leone) Oh Dio, che puzzo di stalla...
Non sentite che puzzo di stalla... tremendo... La pa—
glia con lo sterco, rimasto lì, dentro la tana, a seccat-
si... Quell’odorino spaventoso di selvatico., con le os-
sa sparse per terra... Le ossa della gente... mangiatan.
divorata dal leone...
CAPO POLIZIA Piantala di dire queste buffonate, tu!...
Giovanni ri irrzgidisce, tutto a dirporizzone del capo della
polizia.
GIovANN1 Sì, sì...
CAPO POLIZIA (con aria burocratica, rcettzca, un po' an-
noiata) Allora, guaglione, che cosa hai fatt0... esatta-
mente alle ore 16 del giorno 18 Aprile 1946...
GIOVANNI (con rmarrimento e incertezza) Beh, non ri-
cordo bene... sa c0m'è... uno, così, non gli viene in
mente con precisione... Aspetti un moment0... (Xi
concentra.) Sì, sì... certo! Ho fatto quello che faccio
tutti i giorni a quel1'ora...
CAPo 1>o1.1z1A E cioè?
GIOVANNI Davo lezione... lezione di latino".
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20-I Nel '46’
CAPO POLIZIA (al poliziotto del verbale) Metti a verbale,
metti a verbale., (Detta cercando le parole adatte, bu,
rocraticamente, non renza ampollosita, mentre il poli-
ziotto batte a macchina quanto gli vzene dettato.) Dun.
que... Alle ore 16 del giorno 18 Aprile 1946, io,
sottoscritto, come il solito, stavo leccando la cosa.,
(Poi ri rivolge brurcamente a Giovanni.) Avanti!
GIOVANNI Ma veramente...
CAPO POLIZIA Avanti ti ho detto, fa poche storie.
GIOVANNI Davo lezione di latino, a qualcuno dei ra-
gazzi della scuola... Aspetti", Il 18 era lunedì mi pa·
re... Allora toccava a Fabbri Dante e a Infanti Eligi0...
CAPO POLIZIA (ct:. dettando al poliziotto) Dopo avere
leccato la cosa, sono salito su, gradualmente, tra tutte
quelle pieghe lisce che i medici chiamano lobi, e sono
giunto alla madre, che stava liscia e soda sotto la ca
micetta di seta.
GIOVANNI Ma non è c0sì... veramente...
CAPO POLIZIA Non è così ’sta minchia! Vai avanti, gio-
vanotto...
Giovanni .ri concentra un momento: poi è preso da
ur/idea che lo rende un'altra volta penoxamente radiow,
pieno di xperanza. Con improvvira decirione avanza verso
il capo della polizia.
GIOVANNI Io ho un diritto, però! Questo non me l0
può togliere nessuno! Nessuno! E un diritto del-
l'umanità!
CAPO POLIZIA (un po' rconcertato) E cioè, quale diritto?
GIOVANNI Quello di ricostruire! E voi non potete ne-
garmelo! C’è scritto nella legge! Lo sanno tutti, G
questo mondo! E una cosa antica, bella! Non c'è
niente da fare, lei deve lasciarmi ricostruire!
Il corteo, dietro, nella penombra, con la forma del leonei
cai ruggzti si sono andati mano a mano rmorzando ri dira-
da un poco alla volta e scompare.
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Nel '46.’ 2(JS
GIOVANNI (trionfante) Lo vede? Tutti se ne vanno!
Hanno capito il mio diritto santificante! Tutti se ne
vanno! Anche il leone! (sollevato, felice) Che gioia!
Non sentite come piano piano dilegua quell'odorin0
là, con lo sterco e gli ossicini dei morti sulla paglia! Ah,
che buon profumo di aria aperta, di boschi! Ah, ah!
CAPO POLIZIA Avanti, non farla tanto lunga: ricostrui-
sci e buona notte! (injido) Vediamo cosa combini...
GIOVANNI (pieno di esultanza, muovendosi su e giù per
lo spazio ormai vuoto) Ecco qui, a questo punto c'è la
cattedra". la mia vecchia cattedra, che sa di sale... E lì
davanti i banchi esotici con l'odore dell'infanzia dei
popoli sconosciuti... Sui banchi gli sc0lari... velati di
gesso marzolino... Dieci maschi e dodici... femmine... I
maschi di là... le femmine invece di qua... verso le fine-
stre... quelle maledette oasi di luce senza speranza...
Man mano che parla. delle suore inda/farate dispongono
la cattedra, la lavagna e i banchi dove Giovanni indica.
Pai entrano gli scolari e si dispongono tra i banclai. In
mezzo ad essi c'è Lina.
Giovanni siede dietro la cattedra. La luce cambia. È
un 'altra ora, un altro momento, un 'altra stagione.
Giovanni si mette a sfogliare tm po' nel registro: poi al-
za la testa e comincia a parlare un po' meccanicamente e
stentatamente.
GIOVANNI (cercando difare lo spiritoso) Non siamo
proprio nella nostra scuola, ma insomma, anche qui
rosa r0sae...
SCOLARI (Ridono.)
GIOVANNI Eh, che ne dici Lina della nostra scuola im-
provvisata?
LINA Mi piace, sì.
GIOVANNI (passandosi una mano sulla faccia) Bahn.
Dunque, l’altra volta, se non sbaglio... eravamo rima-
sti alle molle della Rivoluzione francese., Vi dicevo,
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206 N«/ '46 '
ricordate, che il Feudalesimo petmaneva ancora in
Francia, come del resto in quasi tutta quell'altra cosa
là, più larga, l’Europa...
VOCE GIOVANNI (mzrmersu dalla cerchia degli allopar-
[anti ettemf) Poveraccio, cosa stai balbettandop. che
pena,.. Non senti come tutte le nostre parole sono
piene delle tue viscere, del tuo esofago, del tuo ster-
no: una digestione da bambino di quattro anni, che
trema, trema".
GIOVANNI Anzi, si può affermare che il Carlomagnesi-
mo, tanto per dire, non è ancora finito.., pensate che
in Russia è durato praticamente fino a una quarantina
d`anni fa... E in certe zone povere, per esempio nel
'I`acc0... (baite co] tacco per tem: ortentatamemel so-
pravvive, nel clavi... nel vati... nel vatifondo... nel la-
tifondo, ecco!
VOCE GIOVANNI (:.1) Ah, questo velo di gesso di mat-
zo,.. Sei tutto una cartilagine! Il freddo della mattina
ti ha fermato la digestione... Il caffelatte e ancora nel-
lo stomaco... E fuori tante gemme, col cielo bianco
bianco, ancora un po' freddo... brr... ma con le rondi-
ni che già girano su e giù tranquille...
GIOVANNI In cosa si concentra la Rivoluzione France-
se? Ve l'ho detto l'altta volta, e ve lo ripeto: nella tab-
bia della nuova classe sociale — Borghesia — contro la
vecchia classe sociale sgomi... anga... domi... domi-
nantel, ecco — Aristocrazia.
A querte parole Lzìza alza la marzo pronta.
LINA Come adesso i comunisti contro i signori.
GIOVANNI (zhcerlo) Beh, sì, pressapoc0... E sapete co-
me questa Nuova Glossa ha riformato tutto quanto?
Come ha ricominciato col mondo?
LINA (trzbnfzmte) Facendo la Costituzione!
GIOVANNI Brava, con la Costituzione!
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Na! '46' 207
SCOLARA (pettegola) Lina parla così perché suo papà e
un ubriacone comunista!
LINA (pronta) Stupida!
GIOVANNI E allora? Anche se suo papà fosse comuni-
sta? Non lo sai, sgualdrina, che i veri cristiani devono
saper abbracciare gli altri, specialmente quando gli al—
tri sono tutti sporchi... di vomito... Non lo sai, eh?
Il SCOLARA (alzando una mano) Il papà di Lina ruba
galline.
Lina china la terta rùl banco e rimette a piangere silenzio-
rarnente, mentre la rcolarerca ride.
GIOVANNI (alzandori dalla cattedra, eccitato, e andando
verro Lina) Cattivi! Figli di cattivi! Non lo sapete che
noi... dobbiamo amare i nostri nemici, (commorrol
guardarli con lo stesso rispetto con cui si guardano gli
angeli: infatti ci sono ugualmente distanti... (Si avvici-
na ancora di più a Lina, rempre più infervorato e dida-
scalicot) Gesù ci ha messo nel cuore una pietra bollen-
te. Questa pietra tace per tanti secoli, poi esplode,
sapete, come quei fuochi artificiali verdi, rossi, aran«
cione, vi0la... E allora l'anima va in pezzi, salta in aria
ardendo di gioia, lampeggiando come un sole! Tutto si
copre di quella luce di grano rovente, tutto si mette a
tremare e a cantare... E noi, coi pezzi luminosi dell`ani—
ma, abbracciamo tutti, tutti, pieni di sostanza densa e
feconda". (Dicendo querte parole ri avvicina sempre più
a Lina, e comincia ad abbracciarla,) Non dar retta alle
tue compagne,. Cosa sono, loro, in confronto a]ean—
Jacques Rousseau e a Diderot? Eh? Su, non piangere
più... non dar peso a quello che ti dicono...
LINA (arciugandori le lacrime tra le braccia di Giovanni)
Che cosa me ne importa a me di quelle stupide...
GIOVANNI Brava, Lina!
LIIQIA Hanno solo invidia, perché io sono meglio di
oro...
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Zus No! '·/(N
GIOVANNI is/ringendola sempre più strettamente) Ce;.
to, certo, sacco di tenerezza". è così,.. è così... Tu lo
sai cos`è ia Costituzione, vero? Eh?
LINA (Accenna di si con la testa.)
GIOVANNI Lo sai proprio bene bene? Di'...
LINA Proprio bene bene no...
GIOVANNI Ma non ti piace?
LINA Ancora non lo posso sapere.,
GIOVANNI (abbracciandola sempre più forte) Sì che ti
piace".
LINA Mah... io non ho mai provato.,
GIOVANNI Ma si che ti piace, sì...
LINA Può darsi... ma sono ancora quasi una bambina,
io...
GIOVANNI Dammi un bacio... Melo dai, Lina?
LINA (a mezza voce, scbermendosi un poco) No... no...
GIOVANNI Un bacio soi0... un bacio soio, Lina...
Man mano cbe Giovanni e Lina parlano abbracciati la lu-
ce si abbassa intorno, fno all'oscurita quasi completa,
mentre un růiettore illumina solo loro due.
Lina si arrende, e Giovanni le da un lungo bacio sulla
bocca,
VOCE ELIGIO (scoppzando irnprovvisa, dall'altoparlante
interno) Professore! Il Preside ha detto che l'aspetta!
La riunione è cominciata!
A quelle parole tutte le luci si rzaccendono: e Giovanni è
colto in fiagrante: tutti gli scolari lo guardano mentre ba-
cia Lina: e, lì ai piedi} c'è ancbe il Preside. Giovanni all0·
ra si stacca di soprassalto da Lina, e, come un pazzo, subi-
to, facendo una specie di sordida danza, va su e giu tra i
bancbi raccomandandosi penosamente.
GIOVANNI Per carità... State buoni... Non dite niente,.
Io stavo scherzando, volevo vedere soltanto una co-
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N«·/ 1m' 20*)
sa... Una piccola curiosità, una stupi<.laggine... Voi
non avete notato niente, eh? Siamo amici noi, ci vo-
gliamo bene". Ssst, silenzio, per carità! Se state zitti...
se fate i bravi... io faccio quella cosa che vi interessa
tanto... sapete., Vi promuovo!
Fa per avvicinarri, rupplice, gernente, al Prexide che lo
guarda l[’l'f'l`bll(’ dall'alto della cattedra, quando erplode
più forte la voce di Eligzo che lo chiama.
VOCE ELIGIO (trarrnerxa dallalloparlante interno, for-
lisxirnaì Professore!
A un tratto tutto precipita nell 'orcurita. Dopo qualche
ixtante torna la luce, ed e la luce nornrale. Il Preside, Lina,
glircolari non ci xono piu. Giovanni è dirtero sul divano.
Eligio e Mfacctato dalla porta dell'0rto, rocchiusa, e
chiama.
ELIGIO Professore!
GIOVANNI (rvegliandori di sopraxxaltoì Oh Dio, dormi-
vo, che ora è?
ELIGIO Quasi le cinque. Ha detto il Preside che
l'aspetta, la riunione è cominciata.,
GIOVANNI Sì, sì... Di' che vengo subit0... (quaxi tra sci
doloroxo) Non sto molto bene".
Eligio xe ne va. Giovanni cerca di xollevarrg con una
rrnoáa. Si parra una rnano rulla fronte, corne per rentire
re ha la febbre. Non riexce ad alzarxi intorpidito dal son-
no pomeridiano di malato. Si rzdixtende come per ripren-
dere le forze. Si sentono, intanto, delle voci lontane — rea-
li — di ragazzi, di donne per le rtrade della cittadina.
Giovanni richiude gli occhi.
La luce ri rda insensibilmente la luce del rogno, tetra.
Ed explodono, d'unpr0vvir0, con inaudita, agghiacciante
violenza le rirene di un 'autoarnbulanza.
Giovanni a quel xuono xi agita, geme, xi lamenta.
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2 I0 Np! '46'
GIOVANNI N0... no... come sto male... come sto male.,
Mamma!
I ruoni della rirena xi fanno sempre più angoscioramente
vicini, fnc/Je cerrano di colpo.
GIOVANNI Andate via... Non è niente... È solo un po'
di febbre... (Ma si agita xul divano in preda a una rpe—
cie di delirio.) Mamma, mandali via... non li voglio".
Dalla porta dell'orto entrano due infermieri con una letti-
ga, cg inxieme a loro, il dottore.
GIOVANNI Andate via... Non ho niente vi ho dett0...
solo un po' di peste... Mamma!
Dalla porta interna entra anche una donna, vertita di ne-
ro, piccolina, coi capelli bzanclaii
MADRE Buon giorno dottore. (tremante) Ecco qui il
mio Giovanni". E da stamattina che è così.,.
GIOVANNI Ma non è niente mamma... Di' che vadano
via, che mi lascino in pace... (Geme anelando)
MADRE (spaventata e xempre tremante) Su, Giovanni".
lascia che ti guardino". Il cuore,.
GIOVANNI (con un grido, guardando gli infermieri) I
Monatti, mamma, i Monatti...
Si copre gli occhi terrorizzato. La madre xi inginocc/zia ac-
canto a lui; e xi mette a piangere,
MADRE D0tt0I'e...Dott0re...
Il Dottore si avvicina al divano. Giovanni lo guarda terro-
rizzato.
GIOVANNI (urlando) Va via! Ti riconosco!
DOTTORE Buono... buono...
GIOVANNI Va via.,. tu sei il Preside". Ti riconosco 2I`l·
che se sei vestito da D0ttore... Lasciami!
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N«/ 'am 211
DOTTORE Ma non agitarti così,,, Io sono qui per LI be·
nc tuo, andiamo, non fare i capricci,.
GIOVANNI No, no, non mela fai, ti riconosco".
DOTTORE Su, se stai buono, se ti fai visitare da bravo
ragazzo ti do una caramella., La vuoi la caramella?
Eh? (Estrae una caramella, e l 'allunga a Giovanni.) Su,
prendila, è buona... è di quelle col liquore dentro...
Giovanni inebelito, prende la caramella.
GIOVANNI (balbettand0)Grazie...
DOTTORE Su... sentiamo il polso (afferra il p0l.ro)... il
polso del nostro malatino... Ehm... ehm... Brutta pul-
sazione... pallida pallida... ma che c0s'hai dentro il
sangue.,
GIOVANNI (St lamenta.)
DOTTORE Su, tira fuori la lingua". vediamo come ce
l'hai bella lunga".
Giovanni accenna di no col capo, come un bambino spa-
vantato.
MADRE Su, Nino, mostra la lingua al dottore". Sii bra-
vo, lui fa tutto per bene tu0...
Giovanni mostra meccanicamente, obbediente, la lingua
al dottore
DOTTORE (osxervandol Mmmh... mmmh... Ma che
c0s'hai dentro quel sangue,. Cè una macchia". Eh già,
un po’ di tabe... Ma". tu sei tutto pieno! Oh Dio, non
solo sulla lingua". Sei tutto pieno di tabe... sulla fron-
te.,. e qui sul collo... Fa vedere la schiena. (Gliela guar-
da, xcoprendolo.) Tutto pieno di tabe anche qui... (Si ri-
volge agli infermieri rapzkz'0, conciro, profexxionale.)
Non toccatelo, è tutto pieno di pus cadaverico.
Giovanni si rilaxcza andare, renza più forza, xul divano di-
xtexo. Il Dottore afferra la madre per un braccio e delicata-
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212 Nel '~l6'
mente la rialza, costringendola, con ajfettuoso rispetto, ad
allontanarsi dal divano.
MADRE (tremante) Cosa c'è?
GIOVANNI (sordo, restando disteso sul divano) Non
ascoltarlo, mamma". mamma...
Il Dottore fa allontanare ancora più la madre dal malato,
tenendola sottobraccio.
MADRE (sempre più angosciata) Allora, Dottore, cosa
c'è?
DOTTORE Eh c'è... che suo figlio è molto grave". è in
agonia...
MADRE (urlando) No! Giovanni! Giovanni! (Fa per
buttarsi disperata verso il figlio, ma ztDot1ore la trat-
tiene.) Giovanni". Giovanni". Resta qui... resta...
Ora anebe gli infermieri intervengono e, con la forza, co-
stringono la madre a distendersi sulla lettiga.
MADRE (Urla e piange.)
Gli infermieri trasportano fuori la madre piangente e ur-
lante, sulla lettiga, attraverso la porta dell'orto. Il Dottore
si avvzeina lentamente a Giovanni.
GIOVANNI (dopo un breve silenzio) Che malattia ho?...
DOTTORE Sta calmo, non agitarti...
GIOVANNI E cancr0... vero? E cancro...
o©TT©RE Sì.
GIOVANNI (al colmo della disperazione, lucido, spento)
Lo sapevo.
DOTTORE Devi farti coraggio". Povera d0nna... ha an-
cora un giomo o due di vita...
GIOVANNI Era tanto che lo sapevo. Me la sentiv0...
DOTTORE Era fatale, non poteva essere che così, data
la vita che facevi... E una conseguenza semplice, c0m€
quella per cui c'è Vevaporazione acquea...
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Na! 46/ 21 s
GIOVANNI Ma Dottore... poiché lei è così buono...
comprende con tanta pietà la vita... Perché non mi
spiega cos`è successo". cos'è successo".
DOTTORE Lo sai, ti si è formata la tabe in tutto il c0tpo..,
GIOVANNI (mn un gemito di scbfo) Lo so... era tanto
che intuivo... ma io vorrei da lei... una spiegazione
scientifica...
DOTTORE (gentile, didaxcalico) Oh, è molto semplice...
La formula primitiva è: I più S uguale radice quadrata
di tabe.
GIOVANNI (balbettana'0) Non capisco...
DOTTORE (con un rikolino rczentiñco) Lo credo! È una
delle formule più difficili della sociopsichica!
GIOVANNI Vorrei sapere...
DOTTORI; (con agilità, col piacere didarralico della spie-
gazione rcientáca) Il processo è complicatissimo, si
tratta di una serie di reazioni colorate, per cui da un
colore si passa a un altro finché, all'apparire del tipico
colore rosso—arancione, l`individuo viene a trovarsi
nella posizione di "esposto" — sì, come Cristo in croce
— e comincia la cancrena... (Si interrompe un attimo,
con aria rempre più professoraler un po' alla volta viene
ad atteggiarri e a parlare come i luminari intervixtati alla
televisione su problemi sczentůez] 0 più remplicemente
come un professore di Telereuola.) Ma tutto questo tu
potrai capirlo meglio, se ricorreremo a un grafico... Un
bel grafico parlante... meglio di quelli di Walt Disney!
Al xuofanco c'è ora un grande tabellone bianco.
DOTTORE Ecco, immagina che questa sia l'anima uma-
na: mettiamo l`anima Giovanni". (Sorrikle rcientfco.)
Da ora in poi} mentre il Dottore parla, rul tabellone ven-
gono proiettati dei segni dei grajůci xemoventi come nei
cartoni animati 0 nelle réclamer: naturalmente a colori.
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214 Nel '46.'
Per prima cosa, compare nella parte bassa del cartellone una
densa zona viola cbe lo occupa per tutto il terzo inferiore.
DOTTORE (prendendo una baccbetta, e segnando con
questa la zona viola) Lo vedi questo bel viola, carico,
intenso... il caratteristico colore dell'uva pigiata 0 mo-
sto... Ebbene questa è la cosiddetta sostanza sessuale:
può essere più 0 meno infiammabile, più 0 meno tosta:
nel caso che qui esaminiamo, essa raggiunge quasi il
maximum del suo potenziale... (Sorride cis), e si rivolge
a Giovanni, accennando a degli argomenti marginali e
Hancbeggiatori.) Quando raggiunge questo grado di
potenzialità essa può dare dei disturbi anche gravi al
paziente: soffocamenti, gemiti, tendenza a morire, in-
tensa colorazione del reale, versamenti sulle vesti, dila-
tazione a macchia su ogni oggetto (feticismo) ecc. ecc.
Tu capisci, vero? Questa è un`esperienza che ogni fi—
glio ha.,, Dunque... (Si rivolge di nuovo verso il tabello-
ne.· dove la zona viola tende a muoversi secondo la for-
ma tipica dell esplosione atomica.) Ecco, come vedi, la
pressione cui accennavo ha conseguenze disastrose
per tutta l'anima. Naturalmente il caso che esaminia—
mo è un caso patologico,. I normali hanno, è vero, di
queste piccole esplosioni, ma mai atomiche! E quindi
la loro anima resta bianco—viola.
Avvenuta l`espl0sione, il paziente cessa immediata-
mente di crescere, 0, se è cresciutello, rimpicciolisce.
Cosi.
Si vede nel tabellone, una linea cbe cresce finché viene
mozzata e interrotta da una piccola esplosione atomica.
DOTTORE Abbiamo cosi la formula: S 3 (Sensualità al cu-
bo) uguale l (lnfantilismo). E l'anima compare tutta
tinta di una colorazione viola, più leggera, ma più vasta.
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Na! '46! 215
Il cartellone appare infatti dipinto tutto di un viola più
[gggero.
DOTTORE (/urhesco) Tutto questo aIl'interno!
Intanto, alI`esterno, che cosa succede? Vediamo un
p0'..,
La/accza viola del cartellone si volta, dando l 'impressione
di una superfcze che mostri l 'altra faccia.
DOTTORE La colorazione della superficie esterna è na-
turalmente, dapprincipio, neutra. Ma l'altra superfi-
cie esterna, quella che noi non vediamo, che siamo
noi stessi, fuori`, noi-oggetto, noi-mondo, contro i.l ta-
bellone (anima), effettua naturalmente contro questa
superficie esterna deIl'Io degli sfregamenti, delle
pressioni, degli urti,..
GIOVANNI (partecipe, convinto) Sì, sì... lo so!
DOTTORE Bravo! Ecco, osserva nel grafico quello che
succede...
Dei punti delle frecce, delle macchie percuotono con vio-
lenza la superfcze esterna neutra.
DOTTORE Questi sfregamenti, queste pressioni, questi
urti alla superficie esterna — poiché, come tutti sanno,
la dinamica produce colore — non resta senza conse-
guenze nella superficie interna. Vediamo un po' allo-
ra cosa succede nella superficie interna.
Il tabellone da l 'impressione di rihaltarsi ur/altra volta, e
torna a mostrare la faccia violetta. Ora però questa faccia
violetta è come percorsa da brividi} da scariche che la fan-
no trernolare.
DOTTORE (seguendo il fenomeno con le parole strascica·
ie) Ecco". ora assistiamou. al fenomeno della trasfor-
maz1one... della dinamica in colore...
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1 ni Nt-! Nw
I ritiztti la tinta uiolacea diventa piano piano rora.
DOTTORE (compiaciuto) Bel rosa! Carico, dolce... pro·
prio come quello delle nubi al tramonto... (Interr0rn—
pe la compiaciuta orxervazione ertetica, e torna al
sodo.) Questo color rosa, è la cosiddetta lngenuità,
che indicheremo con la sigla ln. Possiamo così anda-
re avanti con la nostra formula: dunque, avevamo
detto: Sensualità al cubo (S;) uguale lnfantilismo (I).
(Mentre le dice, queste sigle compaiono come scritte
con un pennello nero rul cartellone tornato bianco.)
Ora aggiungiamo: I (lnfantilismo) più Sup. Est. M.
(Superficie Esterna Mondo, alias Socìetas) uguale In
(Ingenuità).
Sicché xul tabellone compare intera la formula: S3 = L I +
Sup. Est. M. = In.
DOTTORE (rollecito) Mi hai seguito fin qui?
GiovANNr Sì... sì...
DOTTORE Fra un po’ ci siamo. Per un processo interno
di autocombustione, questo magnifico rosa che ab-
biamo or ora ammirato sul tabellone...
Il tabellone riprexenta la rupeácie color rosa.
DOTTORE Questo magnifico rosa, dico, piano piano si
trasforma prima i.n rosa carico...
Il tabellone ri tinge di un rosa rempre più carico.
DOTTORE finché diventa rosso, d'un bel rosso san-
gue. Abbiamo cioè, ripetuto, per un processo di com-
bustione inrema, la trasformazione di In (Ingenuità)
in P. (Passione).
La nostra formula dunque continua: In —> P.
Sul tabellone, rikliventato bianco, la formula: S} = L' I +
Sup. Er!. M. = In —> P,
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Ne! '46! 217
DOTTORE Nel frattempo, però, la Socìetas continua
all`esterno il suo lavoro.
Il tabellone, rovesczandosi rimostra la superfeie esterna
grigia.
DOTTORE Questa volta non si tratta però di un'azione
di bombardamento e frizione, come prima, bensì di
wttrazi0ne... (rivolgendosi a Giovanni con tono più
colloquiale, a dare spiegazioni marginali e vivaci) Tu
sai benissimo come gli individui appassionati vengano
continuamente richiesti dalla Socìetas di frenare la lo-
ro passione... di ridursi...
GIOVANNI (assentendo con partecipazione) Sì, sì...
Si vede la superyicze neutra, come rzsuccbiala dall 'esterno,
scrostarsi e incrinarsi.
DOTTORE (seguendo i fenomeni) Ecco". questo è il fe-
nomeno di sottrazione e riduzione da parte della su-
perficie esterna del Mondo sulla superficie esterna
dell'lo. (solenne) Così: P (Passione) + Lac. Est. lo
(Lacerazioni esterne dellllo) = Eresia. (quasi con un
urlo) Sì, Eresia!
Il tabellone si rovescia di nuovo, con drammatica violen-
Za, e mostra la superñeie interna di un violento colore
arancione, su cui e'è scritto in lettere che sembrano lingue
di fuoco: Eresia.
DOTTORE (sempre gridando) Eresia!
ll bel rosso sangue della Passione, in seguito alle sot-
trazioni esterne subite dall'Io, diventa di questa tinta
arancionc—ir1ferno: Eresia!
GIOVANNI (terrorizzato) Ho capito, sì ho capito". Dio
mio...
DOTTORE E non è finita. Quando la superficie interna
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Z 18 Nel '·J6,’
arriva a questo maximum di r0sso—arar1cione, che co-
sa succede nella superficie esterna?
Il tabellone si rovescia un'altra volta, e sulla superůcie
esterna neutra si cominciano a vedere delle maccbioline,
poi delle pustole, poi delle puzgbe in cancrena,
DOTTORE Macchiolinen. poi pust0le... e infine piaghe
in cancrena... La Peste. (tragico) La nostra formula si
conclude dunque: E (Eresia) : PE (Peste)! (concluden-
do rapidamente e tragicamente) ln seguito alla cancre—
na della superficie esterna dell'Io, l'l0 diviene natural-
mente intoccabile: va isolato, il mondo si distacca
lentamente da lui, lo abbandona, ed esso lentamente,
fra i più atroci spasimi, si dissecca e muore.
Un lungo silenzio segue queste parole, Giovanni tace at-
territo, difronte alla dimostrazione scientzfca che non la-
scia più dubbi sul suo destino.
DOTTORE (detergendosi la fronte, per la fatica e l'em0-
zione) Questa è la dimostrazione scientifica".
GIOVANNI (debolmente, balbettando) Ma la scienza...
non ha trovato nessun timedi0... contro questa Pe-
ste... Non c'è nessun rimedi0...
D©'I'I`ORE (guardandolo Hssamente, dopo un breve silen-
zio) Sì, c'è un rimedio... (Tace un attimo.) Essere vi-
gliacchi! A queste parole Giovanni si alza vivamente sui gomiti di-
sperato, straziato, zrrigidito guarda jisso il Dottore, a lun-
go, in silenzio.
Cala rapidamente il sipario.
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ATTO IV
Un minuto dopo. La xcena e la stessa che aII'inizto dei III
Atto.
CARDINALE RUFFO (quasi cantando, accompagnato da
lontani accordi di arrnonium) Siamo sul Caucaso.
Lungo i suoi fianchi grandi come l'occhio ci sono le
foreste, bluastre, marroncine. Le vallate incolte
espongono al sole le loro schiume, interrotte qua e là
da mucchi di pietre... ossami... cespugli". Ecco un
ghirghiso a cavallo, col berretto di pelliccia, che trotta
per un sentiero sassoso, nell`aria decolorata. E verso
l`Asia, ahi, dove l'orizzonte è velato cla nebbie tossic-
ce, si apre la pianura senza confine, dove tuttavia si
scorge ancora qualche orma, qualche miserabile avan-
zo di bivacco. Siamo nel mille avanti Cristo: ecco To-
biolo e l'Angelo che avanzano a passo veloce e scom-
paiono dietro un costone. Ecco ancora Esaù che sale
in alto sopra il suo carro di fuoco. Immense righe di
nubi si distendono per il cielo turchino, Ma, oh, che
soave profumo! Sono i gigli di Getsemani, i gigli di
Getsemani, Giovanni! E notte: essi profumano solita—
ri tra gli ulivi. Il loro profumo sale lungo i declivi del
Caucaso, sale, sale... e giunge nella Valle di Giosafat.
(gridando) Sì, noi siamo nella Valle di Giosafat: Nei-
xuno è più vivo. Gli uomini hanno cessato di esistere.
Entrano due angeli reggendo due lunghe trombe: si fer-
mano rivolti vento Giovanni ma distanti da lui Lo him-
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220 Np! '-JIM
no xeverz`, benclve con extreina dolcezza. Giovanni a quello
xguardo, comincia prima a emettere un sordo lamento, poi
a urlare come un dannato. Allora gli angeli alzano il dito
alle labbra, e così il Cardinale. Giovanni tace subito e imi-
ta nieccanicarnenle il loro getto, portandoxiancbe lui il di-
to alle labbra.
ANGELI
Ad regias Agni dapes
stolis amicti candidis
post transitum maris rubri
Christo canamus principi.
Absque tuo imperio non movebit quisquam
manum aut pedem in omni terra, alleluja.
Mentre gli angeli continuano a mormorare il loro canto
latino, Giovanni gli xi accorta cautamente, orxervandolz,
e, come accecato dalla loro luce, si copre gli occlvi.
CARDINALE RUFFO Cè un silenzio sepolcrale nella Val-
letta di Giosafat. L'umanità è scomparsa. Siamo al di
là del tempo, povero Giovanni, non senti come trom-
ba il Die.: Irae? Il Signore, freddo, sai, freddo, come
una montagna, guarda la valle seminata di anime.
Tutti hanno lasciato le loro case, e sono sfollati lassù.
L`Europa è rimasta tutta deserta, i treni sono fermi
nelle stazioni, le navi dondolano nei porti vuoti, il Da-
nubio, il Reno, il Tamigi, scorrono sotto i ponti in ro-
vina. Siamo nella Valle di Giosafat. L'etemità ne om-
bra gli orizzonti come una frangia di nebbia
malinconica. (lungo silenzio.)
GIOVANNI (timidamente) Scusate, e adesso chi aspet-
tiamo?
CARDINALE RUFFO (con tutta semplicità e naturalezza)
Dio!
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.\'«/ tw 221
Giovanni comincia a gemere sommessamente; pare mor-
mari qualche preghiera. Il Cardinale Ruffo, in silenzio,
consulta più volte l 'orologio.
CARDINALE RUFFO È [Ridi.
Gli angeli suonano le tromhe, poi tacciono di nuovo, co-
me aspettando.
UN ANGELO Pare che non arrivi. È ammissibile?
CARDINALE RUFFO È il ritardo del sole! (Tace per qual-
che istante canterellando distrattamente.) Bene: ad
ogni modo, se Egli non arriva, potrò sostituirlo io. Nc
ho Yautorizzazione. Ne ho l`au—to—rizza—zi0—ne: siamo
intesi? un momento di silenzio". (Tace per qualche
istante, poi alza le hraccia. Ad alta voce) Do l'ordinel
Indi si raccoglie in una tacita, intensa preghiera, facendosi
il segno della croce.
Tace. Tutti tacciono. Ma ecco che, prima remoto, poi
sempre più vicino si sente un canto liturgico, solenne, lento.
Ed ecco che entra cantando un coro: sono dei Bizantini
ragazzi e adulti, che cantano a quattro voci.
CORO
Vexilla regis prodeunt
fulgit crucis mystcrium,
quo carne carnis conditor
suspensus est patibulo.
Così cantando, il coro attraversa il palcoscenico e va a por-
si nel fondo, in ordine, come in un afresco bizantino, iso-
cefalo e stereotipo.
Ma, dietro ai cantori segue una processione di alti di-
gnitari: quelli della tornha di Galla Placidia. Due donne;
alte e rohuste, nei loro rigidi rnantz, portano un piccolo
trono d'oro, sempre di gusto hizantino, e lo collocano nel
mezzo del palcoscenico.
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222 Nel '46.'
Altre due donne portano una grande xtola d'oro con cui
ricoprono il Cardinale Ru/Yo
Infine, a chiudere il corteo, avanzano dieci giudici, 4
due a due, con delle pergamene arrotolate totto il braccio;
camminano lenti al ritmo del coro liturgico che continua
a cantare nel fondo
Dietro, a fare da xfondo, è calato un fondo—0ro in cui
nella parte alta, è a rnoxaico un grande Crikto, circondato
da uccelli e colornhe.
Rigidi contro quel f0ndo—oro, i dieci giudici vengono a
dixporsi cinque a destra e cinque a rinixtra del trono collo-
cato in mezzo al palcoxcenzco, e che rimane vuoto.
Il coro, che ha continuato a cantare nello sfondo, ri·
prende ora slancio e vigore.
CARDINALE RUFFO (ricoperto dalla grande stola d 'oro da
capo a piedi) Prodeunt, Senatores, vexilla regis fulget-
que crucis mysterium, quo carnis conditor came pati-
bulo suspenditur. Quia hic juvenis, nomine johannis,
peccavit, graviter peccavit, ut in instruct0ria... in in—
structoria plane resuitat. Opus est proposizione og-
gettiva nos haec dicere Presidi! Quippe qui! Presidi,
ut sciat proposizione interrogativa indiretta quis Pro-
fessor ei esset in Scola. Opus est quoque nos haec di-
cere colonis, agricolis, Junctae Municipali, omnibus
civibus, et, demum... rnatri suae. Dativo: a tua ma-
dre... Otemus. (Continua a morinorare in latino col to-
no e coi getti di chi dice mesxa.)
CORO
Quo vuineratus insuper
mucrone diro lanceae,
ut nos lavaret crimine,
manavit unda et sanguine.
Suona la campanella del Sanctux, e tutti xi inginocchzano
col vzko tra le mani} compreso Giovanni. Piu alto e puro si
solleva il canto del coro.
============================================Page 337==================================================
Nel '46.' ZZ}
CORO ~ I
Impleta sunt, quae concmit
David fideli carmine
dicendo nationibus:
regnavit a ligno Deus.
Anch'esse col passo ieratito e dolce, quasi seguendo il rit-
mo del coro liturgico, entrano delle monache, in proces-
sione, a due a due. Le ultime due reggono una grande cro-
ce di legno. I l coro si fa altissimo.
CORO
Arbor decora et fulgida,
ornata regis purpura,
electa digno stipite
tam sancta membra tangere.
Le due monache si avvicinano, con il loro pesante carico a
Giovanni e gli danno la croce,
Giovanni, uhhidiente, la prende e se la mette con fatica
sulle spalle.
GIOVANNI (sordo, dapprincipio, poi sempre più forte,
mentre sullo sfondo continua, sacro e dolce, l'inn0 li-
turgico) Dunque sono condannato a morte... alla mia
morte... Ma vi rendete conto che... Aspettate — è orri-
bile, è orribile — non potete non ascoltare le mie ra-
gi0ni... Io devo parlare... Io devo urlare... Io devo stra-
ziarmi. Non posso rimandare tutto questo a un altro
momento, mi capite? Ora devo fare qualcosa — non ri-
dete... Eppure, benché non sembri, giro v0rticosa—
mente su me stesso. Che cosa dicevate? Che io sono
condannato a morte? Dio mio, nientedimeno. Mi vie-
ne quasi da ridere. (Sorride e tosszsce.) Ma insomma,
che cosa voglio esprimetvi? H0 evidentemente delle
buone ragioni per convincervi che state commettendo
un errore. (urlando) Sì, un errore madornale, malgra-
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124 .\'i·/ lm!
do le spiegazioni scientifiche, che non sono scientifi-
che, perché questo è un sogno!
(di nuovo calmo, perplexxol Ma, e allora? Comincio a
impazientirmi: io ho delle buone ragioni, ho detto: ma
quali? Ah, forse non c'è bisogno che vele dica. Ma sì, si
sottintendono. lo sono innocente. Ma possibile che io
non abbia altro che questo sentimento indivisibile del-
la mia innocenza? Possibile che questa mia innocenza
non possa esprimersi storicamente? (illumzharzdoxzl
Oh, ecco trovato, eccomi giunto a quel centro intorno a
cui vorticavo: ho stabilito i.l nesso innocenza-morte. Si
può forse dipingere di nero il bianco? (rwraggzkz!0) Sì,
Giovanni, si può dipingere di nero il bianco. E tu sei
senza strumenti, impotente a controbattere, anche tu
non hai scienza. Posso appellarmi solo alla pietà... Mail
pudore mi impedisce di parlare: in fondo sono scettico,
non credo alle domande di grazia... Sicché mi volete di-
pingere... (Tace 1'rze·}7e!il0.) Dio, come pesa questa cro-
ce... Non cantate più? Toh, nessuno canta..,
U coro ri è irzfalli exlremamerzle ameuohìo durante il 5140
dircorro.
GIOVANNI Dovrò dunque intonare io l'inno di Venan-
zio Fortunato? Solo così potrà apparire il Calvario, e
la pianura dell'Asia coperta di malinconica foschia...
(Cade rotto il pero della croce.)
CARDINALE (comullando I'0r0I0gf0) Ecco, sei caduto
per la prima volta sotto la croce.
Gŕovarmi ri rzkzlza falicosammte in piedi
GIOVANNI Che bello spettacolo sto dando! Questa vol-
ta tocca a me essere protagorzixm, ma l'odore salato
dell'Oceano mi distrae troppo perché possa render-
mene conto: un odore di bambini che giocano in
quelle belle estati lontane... Gridano tra le piante, rin-
============================================Page 339==================================================
Nu! `46.’ 225
correndosi, ma nell`asfalt0 bagnato si scivola... si sci-
vola., (Cade di nuovo sotto la croce,) Eccomi caduto
per la seconda volta: tutto prosegue regolarmente, ve-
ro Eccellenza? Oh, ma che ribrezzo, che ribrezzo!
Come potrò entrare in quel tombino? Fa un freddo
insostenibile! (Si rialza, reggendo a stento in equtlibrzo
la croce.) Cerco di mantenere la calma e di compor-
tarmi con dignità, ma non so se ci riuscirò... Cè in me
un filo di disperazione insostenibile,. È un ferro con-
ficcato nella gola... così... non sentirò più il sapore
della minestra... La minestra che la Teresa prepara
ogni mezzogiorno., con la conserva". nelle fondine,,.
Non sentirò più i.l rumore dei cucchiai contro i piat-
ti.,, (con un urlo) Ah, lasciatemi quel contenuto senza
recipiente, quell`enorme contenuto senza recipiente...
(S1 tappa la bocca.) Ma come mai non cado per la terza
volta?... Devo morire, no? Devo arrivare sopra il Cal-
vario, e lì essere crocefisso., Devo dimostrarlo a tutti
che avevo la peste, no? Devo dimostrare a tutti, col
mio martirio, che un cristiano non deve avere pietà...
che deve odiare i suoi nemici... combatterli duramen-
te... anche se la sua coscienza cerca di capire e com-
prendere i loro ertori... Devo dimostrare a tutti che la
Rivoluzione Francese è maledetta da Dio... Devo di-
mostrare a tutti che la Costituzione è p€CC8t0,,. Lo so!
Bisogna difendere la Scatola, la Grande Scatola che
c0ntiene... venti secoli di gioia!... Ma perché non ca-
do? Perché non cado per la terza volta, per la terza
benedetta volta, sotto la croce?
Il Cardinale cbe era stato sempre in ginocchio, con gli altri
giudici — mentre il coro continua dolcemente a cantare
l'inn0 liturgico — si alza d'impr0vvzs0, nella sua infuocata
Mola a"or0. È terribile.
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226 Nr! '·16'
CARDINALE (urlando, terribile) De hoc satis!
GIOVANNI (interrompendoxi interdetto, colsolzto rmarri
mento infantile) Come? Perché? Non sto morendo?...
CARDINALE (cr. ancora più violento) De hoc satis,
hercle! (Si avvicina a Giovanni, squadrandolo mn
inhnita indignazione. La sua voce ora ha un tono deci-
so e inequivocabile, non più da sogno. Profondamente
rerzo) Certo, ti piacerebbe morire così; ti piacerebbe
che la morte fosse questo bello spettacolo: tutti noi
qui ad ammirarti, mentre tu canti il canto del cigno,
come Eleonora Duse.,. Bello, questo grande monolo-
go finale! Ma non lo capisci che è solo un'esibizione,
una infame esibizione, in cui a te non importa niente
di te stesso, di noi, dei doveri, delle colpe, delle vergo-
gne! È facile, per te, ridurre tutto a te! Con la scusa
che sei nato per soffrire orrendamente, hai trovato
modo, come un animaletto preistorico, di trasformare
con una secrezione la sofferenza in consolazione. Ma
è ora di finirla! Ora dovrai soffrire veramente, dovrai
essere uomo veramente, la tua morte deve accadere...
veramente! Questo tuo esibirti ci ha nauseati. Basta!
Basta!
GIOVANNI (confuso, travolto) Ma io... stavo morendo
davvero... L'avevo accettata la morte... per scontareil
mio esserci... Che cosa devo fare, allora? Ditelo, dite-
lo, lo farò...
CARDINALE (erarperato, urlando come un pazzo) Non la
voglio più sentire questa tua voceee! Non parlare
piùuuu! Taci, mooostrol Chi riuscirà mai a farti tace-
re! A farti assumere in silenzio le tue responsabilità, a
soffrire in silenzio, a morire in silenzio! Come hanno
fatto milioni di uomini! Tu che cosa credi di essere,
piccolo, stupido, ripugnante bambino!
CORO (altirrirno, potente)
Salve, ara, salve, victima
de passionis gloria,
============================================Page 341==================================================
Nel '46.’ 227
qua Vita mortem pertulit
et morte vitam reddidit.
Men/re il coro canta, glorioso e tragico, entrano degli
uomini uertiti di scuro, che stanno fra i burocrati e gli ope-
rai. Questi xi gettano sopra Giovanni} che cerca di dJen—
derxi: e, rapidamente, con tecnica consumata, lo legano
xtreltarnente,
GIOVANNI Lasciatemi, mi soffocate, aiuto, lasciatemi!
I0 stavo già morendo! Chi siete, che cosa volete anco-
ra da me?
CARDINALE (tornato un po' piu calmo, con voce roca)
Quella era la prima morte! Questa invece è la reconda.
Prima andavi nel buio, vivendo ancora come morto:
adesso invece, finisce proprio tutto. Non resta più
niente. Vai all`infern0, e nel mondo della vita non re-
sta più traccia di te.
Giovanni cerca di divincolarsi: ma è legato strettamente: e
orai ruoi carnefici rempre tecnici e rzlenziori cominciano
a fasciargli il corpo con una lunga benda bianca, un po'
xtracczata e rporca. Appena è pronto, tutto faxciato come
una mummia, due degli uomini portano una bara.
Vedendola, Giovanni ricomincia ad agitarxi e a lanciare
urla xo/focale dalla dirperazione.
Il coro che aveva terminato l'Hymnus in honore Sanc—
rae Crucis, ed era rimasto un po' in xilenzio, riprende ora
con terribile foga un inno funebre.
CORO
Fletus et stridor dentium
inter turmas gentium
erit infinitus;
nil valebunt rhetoricae
artes nec sofisticae
nec legisperitusn.
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228 N<·/ 46/
Benché Gi0w1nni.r1`dihatta e urli, gli uomini lo prendono
e lo adaguzno dentro la bam.
GIOVANNI No, signor Preside, non è vero che io non
soffra abbastanza! Io soffro, soffro come un cane, tut-
ti i giorni, tutte le ore, tutti i momenti: lo giuro su mig
madre". Sono ridotto a un mucchio di carne sangui-
nante, anche una piuma toccandomi mi farebbe male;
e soffro proprio per quello che dice lei, perché l'ester-
no mi sfrega e mi manda in cancrena... Glielo giuro,
glielo giuro... Ma non fatemi morire adesso, lasciate-
mi ancora un po` di vita, ancora un anno, due, Signor
Preside...
Ma la Coscienza, coperta della rua rtola d'0r0 come uno
stupendo dignitario bizantino, se ne va.
I giudici la seguono, tutti vertiti uguali rotto le rtole
d'or0 che splendono, con lentezza racra, mentre il com
continua a cantare solenne
CORO
Terra tremet,
mare (remet,
ignis pluet,
sanguis Huet
super rivos fontium;
Sol nigrescit,
dolor crescit,
leo rugit,
homo fugit
ad cavernas montium.
GIOVANNI (da dentro la bara) Tiratemi fuori di qua...
Qualsiasi cosa io abbia fatto contro la,.. s0cìetas.., non
avete i.l diritto di seppellirmi vivo! Seppellirmi vivo, ca-
pite? Quella cosa orribile che è successa a Rea Silvia,.
quando io facevo le elementari,. e che per tante notti
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Nel '·l6' 22*)
ho sognato svegliandomi urlando... Urlando perché è
una cosa che non si può concepire,. Lo so, tante cose
che non si possono concepire si sono avverate... come
quelli che sono stati messi dentro le camere a gas... lo so
che per loro è venuto quel momento di essere tutti nu-
di, dentro quelle stanzine color marroncino, con la stu-
fetta di mattone, ele pareti di latta rosicchiate dall'umi—
do, tutti ammucchiati lì, puzzolenti, con quelle gambe
secche, come gli scheletri., Lo so, lo so! Ma è SIQIO un
momento di pazzia, nel mondo! Lo dicono tutti i gior-
nali, tutti i libri... Adesso i tempi sono cambiati, Hitler
è morto... Non è più ammissibile che venga questo mo-
mento per un uomo... trovarsi dentro una bara... essere
seppellito vivo... No! No!
Per tutta rfrpoxta gli uomini mettono ropra la bara un
grande drappo nero orlato d 'oro, con delle Hgure di texcbi,
CORO
Terrae superficies
ardebit, materies
coeli renovatur.
GIOVANNI (giunto al parorxixmo del dolore, con voce
non più umana) Togliete questa tela nera! Soffoco!
Mi manca il respiro! (Urla xcomporlamenle, sotto il
drappo.) No! Non è possibile! Mamma! Soffoco,
soffoco! Togliete la tela, soffocol (gemendo atroce-
mente) Non siamo più nella preistoria, nelle epoche
barbariche, questo non può più verificarsi, succedere
veramente a un essere umano". Adesso siamo tutti li-
beri cittadini, sappiamo che cos'è la pietà, il rispetto".
Anche se uno pecca, sì, anche se uno pecca".
La ma voce ri perde in urla confure, in pianto. Mentre pzů
alto e terrzlazle risuona l 'inno del coro.
Sorretta da un gruppo di donne che rembrano le Marze,
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250 Nel '46.’
piccolina, znvecchzata, gemente, entra ora la madre, lenta-
mente, come in procerrìone, come col parto regolato dal
ri/mo racro del canto liturgico.
È tutta veriŕta di nero, con delle ciocc/ae di capelli bian-
chi rotto il fazzoletto nero che le copre la testa.
MADRE Nino...
GIOVANNI (di roprasralto, da dentro la bara) Mamma,
sei tu? Va' via, va’ via da qui... Ti pl'CgO... Oh, ci man-
cava anche questa... Va' via, non è niente, è uno
scherzo, fra poco mi lascian0... Va' via...
MADRE (atterrŕta) Giovanni, cosa ti sta succedendo?
GIOVANNI (urlando straziato) Niente, niente, ti dico...
Ma che cosa sei venuta a fare qui..,
MADRE (tremante) Mi hanno dato il colloquio... Sai, so-
lo tre minuti... E sono venuta...
GIOVANNI No, non dovevi venire, a che cosa ti serve?
Mamma, ti prego, va via...
MADRE Lascia che stia qui, Nino... lascia...
GIOVANNI È uno scherzo, non è niente... Fra un po' mi
tirano fuori, da qui... Sai, non è mica una tomba...
MADRE Nino, ma cosa ti senti".
GIOVANNI Ma niente, mamma, niente...
MADRE (con un tremito dirperato) Dimmelo, voglio sa-
pere anch’io... ho meglio sapere...
GIOVANNI Ti ricordi, nel nostro paese... quanto tem-
po... quando andavamo a spasso lungo quel fiume
verde... Era primavera, spuntavano le primule... La
tua pelliccia, finta, perché siamo stati sempre poveri...
sapeva di erba, di mughetti... come la odoravo, stan-
doti attaccato al braccio". Non ti ricordi... tutti quegli
anni, quelle primavere... che io ero bambin0.,, che an-
davo a scuola... con quel fresco... brrr... la mattina
presto... e poi tornavo col sole dolce dolce, o col brut-
to tempo, tutto scuro... E la neve, ah, la neve... Quan-
do cominciava a nevicare... e la guardavamo fuori dai
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N«·/ '46.' 231
balconi della scuola con la maestra, e tutto un solleti-
co di gioia nella pancia, per la sorpresa di vedere i
fiocchi bianchi, e il pensiero del Natale... E poi tutto
quello che abbiamo mangiato... per tanti anni... il sa-
pore di quello che cucinavi tu... Le merende, verso se-
ra, quando ero stanco per tutte quelle corse che face-
v0... nella piazza davanti alla chiesa... o nel prato del
foro boario... Ecco, lo vedi com`è finita... Chi se lo
immaginava... Sono qui, dentro una tomba... Sento
col gomito il legno della cassa... Sotto terra...
MADRE (con un Hic di voce) Ma che cosa hai fatto, che
cosa hai fatto, Nino...
GIOVANNI Ma niente, mamma, niente...
MADRE (con dzkperata pasrione) Dimmelo, è meglio...
Sono più disperata se non so,..
GIovANNI Ma niente".
MADRE Ti prego, Nino (con la voce piena di quello Mapo-
re Iremante che precede le convuirionz, Iafurz}1 della di-
rperazi0ne)... Lo sai che io mi rassegno di più... se so...
GIOVANNI Ma, se te lo dico... tu me lo giuri che mi cre-
cli?... Che non perdi la ragi0ne?...
MADRE Sì, Nino, sì...
GIOVANNI Te lo dico, sì, te lo dico, è meglio. È una
sciocchezza, una cosa da niente: te lo giuro, mamma,
quello che ti dico è la verità... La mia coscienza tap-
polica ha avuto un sussulto emocratico, e il mondo
della Ragione le sta cadendo intorno, in rovina". Te
lo giuro mamma, niente più di questo, che io ero in
pieno diritto di fare". Mi credi, mamma?
MADRE (sempre tremante) Sì, Nino, ti credo io... E se
tu l'hai fatto, vuol dire che è bene, perché nessuno al
mondo è migliore di te...
Ma ecco che, potente e mormaria, comincia a entrare una
piccola procemone di uomini donne e ragazzi. Tutti reg-
gono tra le braccia dei grandi mazzi di/ůori dai colori vnu`-
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ZÈZ Nel '46.'
di e dolci, Nel silenzio, ri sente solo lo scalpicctare di que.
rta processione e il fruscio dei fori, che vengono deporita—
ti lentamente sopra la hara di Giovanni, Eno a formare un
monticello.
Contemporaneamente all'u.\‘cita della gente coi Hor;
una piccola orchestra, con in testa il suo direttore, viene iz
raccoglzersi nel proscenio, e comincia ad accordare gli stru-
menti.
Poi dopo un breve silenzio raccolto, in cui il maextro
rimane sospeso con la hacchetta alzata, attacca impetuosd
mente una melodia che rifà caricaturalmente l'opera tta-
liana.
La madre cade in ginocchio, sorretta a stento dalle Ma-
rie anch'exse piangentt, mentre continua la procersione
che copre in un monte di fori la hara.
MADRE (cantando, accompagnata impetuosamente dal-
l 'orchestra)
Che morte tragica
per un bambino
nato a un destino
di fede e amor.
GIOVANNI (cantando anche lui)
Ah, madre, ascoltamiz
fu fede e amore
fin che il mio cuore
non maturò.
Ora si chiamano
coi nomi ardenti
compromettenti
d'arte e ragion.
Intervengono le guardie, che aferrano la madre e cercano
di trascinarla via.
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N«/ `46’ 255
GUARDIE
Scadono i termini
di questa bella
comunistella
conversazion.
MADRE
No, no, lasciatemi
un poco ancora
non do più noia
d'un uccellin.,,
GIOVANNI
Ah, madre, vattene,
che il tuo figliolo
non vuol morire
con dignità.
MADRE
Non importa a una madre
che il figlio sia ridicolo,
ella sa soltanto
che il mondo gli è nemico!
Le guardie la lì‘d.YCl~}’ld}’I0 vm con più violenza: ella sz`a'1`batle.
MADRE
Lasciatemi, Infedeli,
voglio morir con lui!
GIOVANNI
Addio, madre, addio
va' vivi e testimonia
ciò che fu quest'I0
condannato alla gogna!
MADRE
Ah, figlio, figlio mio!
GIOVANNI
Egli amò una fanciulla
credendolo peccato:
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Z5-I Nel '46/
tuttavia, l'amò.
Perciò è condannato.
MADRE
Figlio, figlio innocente!
GIOVANNI
Su questa libertà
egli fondò, cosciente,
ogni altra libertà.
Perciò è qui morente.
MADRE
Figlio, figlio, pietà!
GIOVANNI
Va, e davanti al mondo
tu sii la testimone
ch’è l’ultimo mio appello
alla Costituzione.,
ALLA COSTITUZIONE
La madre viene trascinata via, e negli accordi finali della
musica che sottolineano quesfultimo grido, non si sa se
più ridicolo 0 drammatico, si sovrappone un suono violen-
tissimo di campane.
Anche la luce gradualmente si smorza: e, mano mano
che la luce si smorza — il suono della campana — trasmesso
ora dalla cerchia dei microfoni esterni cresce sempre di piu.
Finché quando l'oscuritá è totale e profonda, il romho
della campana si è fatto travolgente, monotono, terribile:
come a pochi centimetri dall 'orecchio di chi ascolta.
Resta solo a lungo, in tutto il teatro precipitato nel-
l 'oscuritá, quel frastuono intollerabile della campana.
La luce torna nel palcoscenico tutt'a un tratto: ed è
quella normale, che illumina la solita scena, con Giovanni
che dorme sul divano.
Insieme, il rombo inaudito delh campana cessa: e divie-
ne anch'esxo quello normale della campana lontana, che, al
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Nel lm! 235
dila delle ptazzette e delle strade della cittadina, nella luce
grrnai incolore del vespro, annuncia la funzione serale.
A quel suono, dolce e lontano, Giovanni si sveglia, R1`-
mane qualche istante come stordito. Si passa le mani sul
viso, in un 'espressione di paura e di dolore. Poi si alza, si
fa rapidamente il segno della croce, ed esce, mentre risuo-
nano tenui e rnalinconici gli ultimi rintoccbi
(1947-1965)
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www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
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PROGETTO DI UNO SPETTACOLO
SULLO SPETTACOLO
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www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
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Gadda sogna di dover fare l'attore, in pubblico, in un
normale teatro italiano. Il suo è un incubo.
La cosa si svolge su tre 0 quattro piani diversi. O for-
se anche cinque 0 sei. Oltre al palcoscenico normale (a
cui si possono adattare due 0 tre piani, suddividendolo
in vari reparti, 0 facendoci accadere contemporanea-
mente varie cose), occorrono almeno altri due piccoli
palcoscenici li palchi centrali, magari, quelli detti «Rea—
li»), e un piccolo palcoscenico centrale, in mezzo alla
platea, come un ring.
Occorre perciò un numero eccezionale di riflettori.
Il sogno di Gadda è reale e simbolico.
Avviene nel palcoscenico centrale.
Sotto Ia camera dove dorme Gadda, c'è un apparta-
mento, abitato da una di quelle famiglie che mandano
Gadda su tutte le furie (lui generale in pensione, i figli
mollacchioni da accoppiamenti giudiziosi ecc. ecc.): la
vita di questa famiglia si svolge normalmente.
Gadda dorme nella sua camera.
Nel palcoscenico in qualche punto, però, c'è una ta-
na. Dove sta lui. Non so bene chi sia. Un personaggio
con cui Gadda si confida (0 da cui è tormentato). Po-
trebbe essere Goffredo Parise; 0 il diavolo; o il si.rnbolo
del teatro (infatti può avere una maschera sopra l'a]tra
sempre più piccola, come quel giochetto russo di una
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Z-H) I’mgrIlu th mm i[u·/ltnv/0 \u[/u vpviriiwlzw
bambola dentro l`altra, senza fine): il teatro, del teatro,
del teatro, del teatro ecc.
Oltre a questi tre «spettacoli» (Gadda che dorme; la
famiglia di sotto; la tana di Lui), nel palcoscenico cen-
trale si svolgono gli spettacoli teatrali che Gadda sogna
di dover rappresentare (magari nudo) davanti a una nor-
male platea (gli spettatori paganti sono quindi automati—
camente attori).
Nel ring in mezzo alla platea c'è un juke—box, intorno a
cui si raccoglie della gente che si disinteressa completa-
mente dello spettacolo e dello spettacolo dello spettaco-
lo. Anzi lo disturba con la sua indifferenza, e coi suoni as-
sordanti della sua musica. (Loro sarà la vittoria finale?)
Sui due palchetti ricavati nei palchi Reali. Avvengono
due piccole azioni. In uno si tratta di un dibattito pub·
blico sul teatro (del tipo di quelli dello studio di Fersen);
nell'altro si tratta di una discussione ripresa e interrotta
(ora dal barbiere, ora in un bar, ora in casa, ora per te-
lefono) di due amici letterati di Gadda che parlano del
suo sogno.
Tutti i problemi del teatro, dunque, in un modo 0
nell'altro vengono «esplicitamente» trattati. Fino al limi-
te estremo: per es. si criticherà Yinterpretazione dell'at—
tore che impersonerà Gadda, rilevando le differenze tra
la realtà linguistica e psicologica di Gadda, e la conven-
zione dell'attore che ne è l'ombra ecc. ecc.
Il sogno reale di Gadda è un incubo, in cui egli viene
messo alla berlina, costretto com'è alla sua età e con la
sua dignità di scrittore, a mettersi a fare il buffone da-
vanti al pubblico (con tutta la storia privata e pubblica
di Gadda che qU€St0 implica).
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I’wgt·//n J1 mm .\[u'llin'r»/11 in//rw Apr//iim[r¤ Z4]
Il sogno simbolico di Gadda è una sperimentazione
di tutti i modi possibili di risolvere il problema del tea-
tro in Italia dove non esiste una «lingua parlata media»:
fonemi comuni a tutta la nazione, diagrammi di frasi ti-
pici di tutte le pronunce da Nord a Sud. Si sa che i sogni
non hanno soluzione di continuità. Perciò il sogno di
Gadda, nel ritmo dell`incubo, passerà a rappresentare
una scena di Shakespeare (in due 0 tre diverse traduzio-
ni), una scena della Nave di D'Annunzio, una scena di
Pirandello, una scena di Eduardo De Filippo, una no-
vità italiana non meglio identificata ecc. ecc.: per ognu-
no c'è una soluzione linguistica diversa: espressionistica,
accademica, caricaturale, totalmente inventata (sia nei
singoli fonemi che nei diagrammi delle frasi), dialettale
ecc. L`impossibi.lità che risulterà sarà quella di un teatro
normale. Con la conseguente critica esplicita alle strut-
ture della società italiana.
Per questo dicevo che poteva finire con l`urlo del juke-
box (come possibile pronuncia comune futura), sotto
lepigrafe machiavelliana «Chi vince, in qualunque modo
abbia vinto, non prova mai vergogna» (riportata da Zeffi-
relli nel programma della sua Giulietta e Romeo).
(1965)
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www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
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ORGIA
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Perwmzggi
UOMO
DONNA
RAGAZZA
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PROLOGO
UOMO
Sono morto da poco. Il mio corpo
penzola a una corda, stranamente vestito.
Sono dunque appena risuonate qui le mie ultime parole,
ossia; «C`è stato finalmente uno che ha fatto buon uso
[della morte».
Sì, è questo che ho detto, prima di ciondolare impiccato,
acconciato in un modo veramente abominevole.
Gettare uno sguardo indietro — come un flash-back —
sugli ultimi fatti, significativi, insieme, e tipici,
della mia vita?
E l’unica cosa ora che mi interessa fare:
ma come uno scrittore di memoriali e di aforismi,
a causa probabilmente della troppa saggezza dovuta
[alla morte.
Ecco, dunque: quest'uomo che vi parla appeso alla corda,
con l`osso del collo spezzato, e già freddo,
è stato quello che si dice un uomo come tutti gli altri.
Non è stato né un poeta, né un pazzo,
né un miserabile, né un drogato.
Ed è stato, con tutti gli altri, dalla parte del potere
(del potere che si ha, o cui solo si partecipa:
non ha importanza). Appartenere alla parte del potere, poi,
non significa affatto essere uomini di parte!
Anzi, chi accetta di essere un tranquillo, anonimo,
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2-lo Orgia
stimato detentore anche di una piccola“ parte di potere,
vuole, con istinto animale, che la sua esistenza e l'altrui
sia grigia, senza scelte e senza passioni.
Nell'orbita del potere c`è dunque la libertà
(che è la libertà più vera: la stessa degli animali!)
di chi non ha urti con la propria esistenza.
Sì, io sono stato veramente libero e indipendente
perché ho accettato senza alcuna riserva
l'esistenza delb potere, mi ci sono adattato,
con tutto il conformismo necessario, e, da uomo
normale, ho cercato di accaparrarmene una fetta?
Non grandi cose: sono stato soltanto un medio borghese.
Per completare dunque il quadro, devo aggiungere
che non sono stato affatto conformista per fare,
del potere, un buon uso: no, no! Sono stato proprio di quelli,
che, nella loro libertà, non hanno conosciuto né amore,
né carità, né altre difficoltà della coscienza.
(Ma la pace lascia sanguinanti tracce come la guerra.
Un’altra mostruosità
inscena i suoi spettacoli
al posto delle stragi.
E quanta pace in questa pianura tra le Alpi e il mare!)
Perché dunque ho potuto vivere, in pace,
in un periodo di pace del mondo?
Una domanda assurda, che mi faccio,
dopo quello che ho detto finora!
Ecco, io sono stato in vita un uomo Diverso:
questa è la ragione per cui mi sono chiesto
come ho potuto vivere in pace, dalla parte de].l'ordine.
I minima
b che ci fosse <il>
E vivcrne la mia parte
============================================Page 361==================================================
Orgia 247
È semplice; nascondendo a me stesso e agli altri
la mia Diversità.
Essa non è mai stata esaminata, capita, accettata,
discussa, manipolata. rimasta vergine
com`è venuta al mondo, con me (0 la mia infanzia).
E quindi ha soltanto agito,
Si può agire prima di decidere? o senza decidere?
Sì.
Ho esaminato, capito, accettato, discusso, manipolato
la mia Diversità solo pochi minuti prima di morire:
per il tempo, cioè, necessario, a togliermi,
esemplarmente, la vita.
Ripeto dunque che se la mia vita
fosse stata uno spettacolo,
non sarei stato io a trovarmi
davanti al dramma, dovuto, per tradizione, al dilemma“
Il flash-back delle ultime vicende della mia tragedia
non possono essereb dramma o dilemma, ripeto,
che per la coscienza di un eventuale spettatore.
Ed ecco ora quali mi appaiono, da morto, i termini
di questo dilemma (che mai spettatore
vorrebbe accettare, e se ne difenderebbe
disapprovando e fischiando, o telefonando,
potrei giurarlo, addirittura alla Questura).
Ha diritto la Diversità a testare sempre uguale a se stessa?
A non essere altro, in tal caso, che verifica di scandalo?
Non deve, piuttosto, divenire altro scandalo?
Cos'è insomma la Diversità ——
quando essa stessa non divenga diversa da té -
se non un puro termine di negazione della norma?
I
ba un contrasto
potrebbero essere state
============================================Page 362==================================================
248 Orgia
E quindi parte della norma essa stessa?
E, quel che importa, che cosa deve fare chi è Diverso?
Negro, Ebreo, mostro, cosa sei tenuto a fare?
Ricostruire in te la realtà,
rendendola nuovamente reale?
progredire anche tu, disobbcdendo, insieme alle leggi
anche alle leggi della Pazzia? [della norma,
Oppure,.
devi invece accettarla — accettarla così come l'hai trovata?
Non hai altro da fare, Diverso, che perderti,
per così ritrovarti?
Devi accettare l'odio razziale
quasi questa accettazione fosse la ragione per cui sei al
Se, privato di simpatia e di diritti umani, [mondo.
potrai così, fare santo te stesso e il mondo?
Mah, io non sono riuscito a rispondere a queste domande
se non confusamente qualche istante, ripeto, prima di
[impiccarmi.
Ma se ciò che la mia morte rende significativo
della mia esistenza — lo dico ancora una volta —
fosse una rappresentazione, credo che agli spettatori,
miei nemici, che vogliono difendersi da me, direi:
«Vi prego, siate come quei soldati,
i più giovani di quei soldati,
che sono entrati per primi
oltre i reticolati di un lager...
Enlì i loro occhi... Ah, vi prego,
siate giovani come loro!» Ecco tutto.
E, ora, divertitevi.
============================================Page 363==================================================
I EPISODIO
DONNA
Comincio a tremare...
UOMO
Per quello che ti voglio fare
— e ti farò?
DONNA
Sì, tremo per qu€St0...
UOMO
E lo sai cosa ti voglio fare
— e ti farò?
DONNA
L0 so.
UOMO
E non mi chiedi di non farlo?
DONNA
N0.
UOMO
Ti piace dunque t1·emare...
Tremare, sapendo.,
DONNA
Mi piace: come al malato piace conoscere il suo male.
UOMO
Abbiamo tutta la notte
per fare quello che io voglio.
Parliamo ora con calma di questo tuo tremare...
DONNA
Ma ic non so dirti altro che tremo. E ciò
oŕfusca la mia coscienza:
se bene che se la gente del mondo
============================================Page 364==================================================
ZSO Orgzù
dietro le mura della nostra casa,
potesse vedere.,.
Ma la gente del mondo non vedrà.
E perciò io mi sento profondamente felice.
UOMO
E in cosa consiste questa felicità?
DONNA
Nel sapere che nessuno sa ciò che desidero.
UOMO
Ma lo so io.
DONNA
No, neanche tu sai
quello che io desidero:
non devi saperlo,
perché mi saresti di ostacolo.
lo ho bisogno di essere sola.
Come io sono un automa
nella mia voglia di perdere ogni volontà,
così tu non sei che il mezzo,
che io ho trovato, non so come,
non mi importa come,
per realizzare, in solitudine, la mia voglia,
Cè forse qualcuno che fa compagnia
a chi è impiccato o inchiodato in croce?
Il mondo della vittima e il mondo del carnefice
sono mondi separati, di solitudine.
Io non esisto per te, tu non esisti per me.
E questo aumenta ancora la mia felicità.
UOMO
E, infatti, la ragione per cui potrei ucciderti
è che tu non sei altro per me che una cosa.
Non riconosco me stesso in nessun altro.
In questa mancanza di ogni amore
si è nascosto il mio amore
di ragazzo nato in un mondo...
============================================Page 365==================================================
Orgia Z5!
DONNA
Tu potresti essere solo il mezzo della mia morte,
non il mio assassino. E quanto a essere mio marito
lo sei per quel mondo... in cui siamo nati.
UOMO
Una volta che ti avessi uccisa ti dimenticherei,
tornerei al pascolo come una bestia,
in un altro giorno, sotto un altro sole
— di cui farei esperienza per la prima volta,
perché ogni esperienza passata è senza valore.
DONNA
Potresti passare accanto alla mia tomba
enon riconoscerla. Pisciarci vicino.
Ma, questo, non farebbe altro che accrescere
la felicità per cui sto tremando.
UOMO
Quante volte mi hai raccontato
quando è cominciato tutto ciò. Raccontalo
ancora una volta, serva.
DONNA
L0 so, lo so!
Il piacere di essere umiliati non ha fondo:
soprattutto quando ci si considera innocenti.
UOMO
Allora, serva, eri una bambina...
DONNA
Sì, sempre di poco prezzo...
UOMO
Eri più bionda di adesso?
DONNA
Sì, come un angelo dei santini.
UOMO
Dimmi prima: dove accadeva tutto questo?
DONNA
Nel tuo stesso paese.
============================================Page 366==================================================
272 Orgzh
UOMO
Un paese pieno di piste bianche di polvere?
E di quegli alberi che ora non esistono più, i gelsi?
E cigli con l’erba lunga, piegata dalla pioggia?
Dove i fili del grano erano segmenti regnanti su ore,
diciamo, di profughi risaliti su per la Dalmazia
0 la Catalogna, da regioni bagnate dal mare?
E dove, infine, le campane
tremavano come covi di serpenti sotto terra,
o i casolari affondavano tra un salice e una gaggia,
con al centro, verde, folgorante di sole, il gelso?
DONNA
Sì.
UOMO
E cosa diceva la gente?
DONNA
Era la tua gente stessa.
UOMO
Allora, dunque, non parlava".
DONNA
Oh sì, le sue voci giungevano dappertutto.
ll sole picchiava sulle grondaie azzurre di solfato?
O sui muri di sassi sopra i concimai? E quelle voci
rigavano di pace l’ang0scia, tranquilla, del giorno.
Veniva pian piano il tramonto, una specie di mosto
[d'altri pianeti,
il cui rosso era pesante come una pasta divina?
Ebbene, quelle voci, stranamente allegre, si alzavano
dalla parte del campanile o del casolare sulla strada
EPPURE NESSUNO PARLAVA. [Cl’2SfálI0.
Infine, scendevano le sere, veniva il coprifuoco —
blu sulla neve, cinerino e caldo sui papaveri —
e quelle voci, perfino cantando, venivano dai giardini,
pensal, dai giardini, e non di aranci e limoni,
ma di grandi querce e erba medica, con qualche dalia.
EPPURE NESSUNO PARLAVA.
============================================Page 367==================================================
Orgia 273
UOMO
La mia gente era in verità un po' diversa. Viveva
in una città di provincia. C'erano i portici
di una loggia, dove quelle voci risuonavario
lungo ristoranti noti ai forestieri e ai mercanti di buoi.
EPPURE NESSUNO PARLAVA. E c'era, in alto, un castello,
dove, con quelle delle rondini, risuonavano le voci
dei bambini e delle nutrici, acute e come ròse
dalla troppa luce montana — EPPURE NESSUNO PARLAVA,
La sera la piazzetta davanti al palazzo del Comune,
dove Venezia o Torino o Bologna furono capitali
imitare in piccolo e in sublime, le voci venivano
dai caffè aperti fin tardi, s'era estate, o tra gli stridii
desolati, s'era inverno, degli ultimi tram
(e non dimentico le voci tuonanti
dei piccoli cinema rionali): MA NESSUNO PARLAVA.
DONNA
Che le voci fossero
modulate come in un rustico Medioevo, passato
attraverso il buon senso dell'Ottocent0, oppure
fossero in lingua (una lingua male adottata),
su questo punto non ci sono dubbi: NESSUNO PARLAVA.
UOMO
E nella famiglia?
DONNA
Era come nella tua.
UOMO
Un padre che apriva bocca per emettere schifosi suoni
di comando, reso torvo come un vecchio soldato
dal vino e dalla mezza povertà, E NON PARLAVA?
Una madre, incosciente e lontana come un uccellino,
che apriva bocca per difendersi o piangere
0 protestare inopportunamente — E NON PARLAVA?
DONNA
Sì, a.ll’incirca così. H mio padre era bello
anche se anziano, e apriva bocca per dire cose
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ZÈ4 Orgia
dette a loro volta dai suoi padri, comandando
alla bambina con dolcezza, al bambino con soggezione
— EPPURE NON PARLAVA.
La mia madre era innamorata ancora di lui
e apriva bocca per dire cose di casa e cibo,
in un linguaggio fatto per loro due — EPPURE NON
uomo [PARLAVA.
Nessuno in quel mondo aveva qualcosa da dire
a un altro: eppure era tutto un risuonare di voci.
E tu come hai imparato a parlare?
DONNA
Ascoltando quelle voci,
UOMO
Ma ti dicevano qualcosa? E che cosa?
DONNA
Oh no, erano soltanto voci. Esse, è vero,
facevano il mio nome, e indicavano
tutte le cose che ci circondavano e ci servivano,
in quel mondo: MA NON PARLAVANO.
UOMO
E allora cosa hai imparato?
DONNA
Ad avere una voce.
UOMO
E così anch'io. E così anch'io.
Ma dentro l'anima, intanto, cosa ci succedeva?
CERCAVA DI PRENDERVI POSTO LA PAROLA NON DETTA.
DONNA
Sì, anche in me: ma non ho saputo mai pronunciarla.
UOMO
Com'era divino quel silenzio pieno di voci.
DONNA
Dove non era necessario conoscere.
UOMO
Dove, dunque, bastava unire la propria voce
che non parlava, alle voci di tutti gli altri,
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Orgza 2S$
nella luce di una mattina, contro le pareti
rosse alzate sulla prima rugiada alla luna dal sole.
DONNA
Là noi comunicavano tra noi solo facendo qualcosa.
UOMO
L'Unn0 o il Longobardo avevano fallo un tempietto
della più dura e bianca delle pietre;
l`Etrusco aveva fatto una tomba di tufo con sessi rosa.
DONNA
Mia madre faceva il pollo con la salvia,
ela torta di farina gialla, sotto la cenere.
UOMO
Un padre faceva la strada dell'ufficio;
un altro padre faceva il tetto di tegole nuove;
un altro ancora faceva delle marce coi soldati.
E così si comprendevano fra loro.
DONNA
Le vecchie schiave di Veneziani 0 di Piemontesi
0 dello Stato Vaticano, facevano scongiuri,
contro il cielo che brontolava, con frasche di ulivo.
UOMO
Correvano i treni in pace.
DONNA
Ricordo il rumore dei bidoni del latte, contro
i manubri delle biciclette, mescolati a canzoni.
UOMO
Insegnandoci a non parlare,
ecco cosa hanno fatto di noi.
DONNA
Persone soffocate dalla gioia della vergogna.
UOMO
Sempre la stessa.
DONNA
Sempre la stessa, certo, com'è sempre lo stesso
l’odore del seme maschile, a cui è legata,
e che nessuno potrà mai descrivere.
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256 Orgza
UOMO
E io sono come il primo in cui hai sentito questo odore?
DONNA
Sì, un padre, come lui.
Un padrone della vita.
UOMO
Era puro?
DONNA
Sì, perché era come suo padre.
E io volli che fosse un semplice animale
che mi mangiasse, con l'alito che sapeva di sigarette
(le prime) e la pelle di buon sapone.
Credeva che non capissi
che egli nascondeva la sua fretta
perché sapeva che il destino era con lui.
Egli, desiderando disonorarmi,
come può fare un adulto con una bambina,
sapeva, sapeva bene,
che non avrebbe dato alcuno scandalo,
che non avrebbe violato nulla.
Ma non io! Anzi,
la sua pace nella legge e la sua fame,
erano per me i.l mezzo per ottenere, invece,
scandalo e violazione.
Chi possiede è innocente,
chi è posseduto è colpevole.
UOMO
E lo guatdavi in quei calzoni?
DONNA
Sì, ma egli considerava quel mio guardarlo
suo diritto e mia tenera, ignara debolezza.
Se ne accorgeva con ironia paterna.
Del resto, quei suoi calzoni
erano quelli che usavano in quegli anni,
senza alcuna civetteria maschile.
Calzoni di chi lavora e obbedisce.
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Orgm 257
UOMO
E guardavi anche gli altri
in quei loro calzoni, così
spudoratamente pieni di pudore?
DONNA
Sì, li guardavo.
Lì era la promessa della mia vergogna, quella
bella promessa che rende superstiti,
pazzi della quieta felicità di vivere ancora.
Lì era il nido,
dove prima si annida i.l padre e poi il figlio.
E la donna tace,
0 canta ai suoi lavori,
nelle lunghe e grigie mattine,
nei dopopranzi pieni soltanto di sole.
UOM()
In un paese vicino al tuo
(nel cerchio di quelle stesse Prealpi)
c`era un poggiolo, che dava su una strada in ombra,
e su una valle piena di luce, col fiume.
Voglio dirtelo, per la millesima volta.
In quel poggiolo veniva un figlio
di vicini poveri, povera era anche la sua
bellezza, povero il biondo dei suoi deboli capelli,
poveri gli occhi lacrimosi di gatto, povera
la vita nel suo corpicino col nome di Mirco.
Ogni giorno veniva, e io lo legavo alle sbarre
del poggiolo. Ogni giorno egli piangeva.
Ogni giorno gli dicevo che l'avrei tenuto lì,
e che non avrebbe mai più rivisto sua madre.
Il cuore mi si induriva, come un membro:
e lui piangeva aprendo la bocca
ridicola di povero, bagnandosi di lacrime.
C'era intorno l'estate,
Sospesa nella luce del fiume
di quella valle che non ricordo che per la sua luce,
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ZÈ8 Orgm
per la sua luce
che dava forma al silenzio
delle vite che passano.
Era una protezione
in cui si disfaceva
la protezione del grembo materno
e quella delle braccia del padre;
rivelando le immensità del mondo,
cui quell'immensa valle, con la sua luce, apparteneva.
DONNA
Anche in questa stanza c’è quell'immensità.
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II EPISODIO
DONNA
Che cosa vuoi farmi?
UOMO
Legarti le mani.
DONNA
Perché?...
UOMO
Perché tu perda una libertà... e ne acquisti un'altra:
quella di essere in mio potere.
Così ti vendichi del mondo,
e tremi di una libertà che ti soffoca di gi0ia...
DONNA
Mi soffoca di gioia, forse,
perché perdo ogni via di scampo?
UOMO
Sì, accettando di essere nelle mie mani.
DONNA
E questo accettare, anzi volere
ciò che non potrei evitare, accresce ancora la mia gioia?
UOMO
Sì, come ogni cosa che si ripete.
DONNA
E cosa farai dopo?
UOMO
Ti legherò anche i piedi,
perché tu non possa più alzarti e muoverti.
Perché tu stia come una bestia legata,
con la fronte bassa,
con la bocca piena di saliva,
con gli occhi luccicanti di gratitudine,
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260 Orgm
d`accordo, per bestiale dolcezza,
col suo padrone che vuole ammazzarla.
DONNA
E cosa farai quando sarò legata?
UOMO
Niente — per qualche ora...
O forse per tutta la notte...
0 per molte notti di seguito...
Niente. Basterà che tu sia legata,
senza più la tua libertà,
ma solo con la libertà bestiale
del tuo essere felice.
DONNA
Mi spoglierai nuda?
UOMO
Non del tutto. Voglio che tu senta,
per tua vergogna, che io provo vergogna per te.
DONNA
E quando sarò così, mezza nuda, cosa mi farai?
UOMO
Per molto tempo, come tu terrai dentro di te
la felicità di essere legata, io terrò dentro di me
la felicità di averti legata.
Sarà un sentimento spasmodico, non privo di ironia:
e se non si trasformerà ancora in un'erezione
si depositerà come un piacevole tormento nel mio ventre.
DONNA
E resisterai così per molte ore?
UOMO
Per molte ore, te lo ripeto, forse per tutta la notte
0 per molte notti: dobbiamo prevedere, davanti a noi
un tempo illimitato, perché questo non è un gioco.
DONNA
E non mi toccherai?
UOMO
No! Come non toccherò me stesso, riservando
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Orggm 26]
anche a me un obbligo da non trasgredire.
Tu legata, e io padrone di te, assisteremo
alla mia prepotenza, nascosta dentro i calzoni
rigidamente chiusi... pieni di pudore.
Piano piano un ghigno indefinibile,
pornografico, si stamperà nei nostri visi:
la tragedia non esclude il ridicolo.
Scherzeremo, un poco, anche, come se...
ilnostro fosse un gioco... Ma guai a te, se tu osassi
andare appena al di là di un ridicolo sorriso di gola
per ciò che ti resta proibito fino all`insopp0rtabile.
DONNA
E alla fine di tutto questo tempo, quando tu, non io,
avrai deciso che è venuto il momento...
UOMO
Vorrò prendermi il piacere di punirti...
DONNA
Per quale ragione?
UOMO
Per la tua passività, così disumana
da toglierti ogni dignità; oppure per accontentarti,
poiché il ghigno che deformerà il tuo viso
fingendo il broncio di un'eroina innocente,
altro non vuole; oppure ancora per la tua debolezza,
davanti a cui la mia violenza, ingenuamente, non resiste.
DONNA
E come mi punirai?
UOMO
Umiliando, prima di tutto, quella coscienza
con cui fingi di essere obbediente,
soltanto obbediente.
DONNA
E come la umilierai?
UOMO
Mi scoprirò, ma in modo che tu non veda,
facendoti voltare a calci da]l’altra parte;
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262 Orgxa
poi ti sarò sopra, sbadatamente, senza voglia,
con stupida e innocente brutalità;
poi mi staccherò senza avere gettato il seme.
Così vedrai se la tua è obbedienza, soltanto obbedienza!
DONNA
E poi ancora?
UOMO
E poi ancora ti rivolterò a calci perché tu veda bene:
provvederò un po` a me da solo, guardandoti,
per farti vedere ciò che hai perduto;
e, ancora senza avere gettato il seme,
sarò chiuso nuovamente dentro i calzoni...
pieni di pudore,.
DONNA
E mi lascerai ancora legata, ad aspettare
le nuove tue volontà?
UOMO
Oh, credo che troverò subito un nuovo pretesto:
per punirti — e non per la tua remissività,
ma per la tua complicità.
DONNA
La mia complicità?
UOMO
Sì, la tua complicità.
E allora ti punirò come il marito
punisce la moglie puttana.
DONNA
Coi pugni, coi calci?
UOMO
Coi pugni, coi calci, cara.
Ma poiché vedo in te il ghigno che si ridipinge,
ipocritamente nel viso di bambina ca]colatrice...
ti preciserò che si tratterà di pugni e di calci
veri; e se non basteranno, ti appenderò per le braccia
a una trave del soffitto, e ricorrerò alla cinghia.
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Orgia 26}
DONNA
E dove mi colpirai? Nella faccia? Nel ventre?
UOMO
Dove capiterà; e, te lo ripeto, non sarà un gioco.
Il tuo corpo sanguinerà, e penzolerà.
Il dolore ti farà dimenticare il piacere del dolore.
Il fine che desideravi raggiungere distruggerà i.l tuo
[desiderio.
Allora, cara, non avrò più complici: sarò solo,
come tu ora, che mi adoperi come un mezzo.
Il mezzo sarai tu: un corpo senza coscienza.
DONNA
E tutto, così, sarà finito?
UOMO
Forse, 0 forse no. Finirà, se sopra il tuo corpo pestato
che non sa più nulla, io, finalmente,
mi libererò, come in un atto sbadato e banale,
del mio seme fino a quel punto trattenuto.
Se invece, avrò ancora la forza di trattenermi...
continuerà.
DONNA
E come?
UOMO ,
Ti farò rinvenire, curandoti per quel tanto
che tu possa riaprire gli occhi e capire.
DONNA
Aprire gli occhi su cosa, e capire che cosa?
UOMO
Forse questa volta non succederà,
ma, prima o poi, succederà.
DONNA
Che cosa?
UOMO
Andrò di là, e ucciderò nostro figlio più grande
con un coltello, e, il più piccolo,
lo affogherò in una tinozza d'acqua.
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26-I Orgw
Poi porterò di qua i loro corpi, per farreli vedere,
e li metterò insieme in un solo sacco, come si usa,
per portarli fuori di casa e gettarli nel fiume.
DONNA
E non tornerai più?
UOMO
Tornerò, certo, tornerò.
Ma, probabilmente, non sarò solo.
DONNA
E con chi sarai?
UOMO
Me ne sarò andato a fare un giretto, nei posti
della città, dove si trovano guardie e puttane.
Oggi è Pasqua, lo sai: bel tempo e giorno di festa,
Non mi sarà difficile, trovare degli amici...
o fare amicizia con degli sconosciuti...
Li porterò con me qua dentro e gli dirò:
Fate con questa puttana ciò che volete.
DONNA
E in che modo?
UOMO
Ti lasceranno lì per terra legata,
e ti saranno sopra uno a uno,
senza neanche baciarti 0 guardarti in viso.
DONNA
E loro non si spoglieranno?
UOMO
No, è certo che si... metteranno in libertà solo un poco,
per fare più presto quello che vogliono.
DONNA
E vorranno una sola volta 0 più volte?
UOMO
Ognuno come vorrà.
Se qualcuno vorrà, non farà nemmeno.
Si accontenterà di esibirsi
0 di pretendere da te un altro lavoro,..
============================================Page 379==================================================
Orgw 265
DONNA
Come una cagna?
UOMO
Si. Tuttavia, mentre sarà chino su te,
entrato in te e insieme rimasto fuori come un estraneo,
avrà un`espressione intenta nel viso, sarà, forse,
un poco coinvolto e interessato: ma non illuderti,
appena finito, sarà come se non fosse successo niente.
DONNA
E poi?
UOMO
Se ne andranno senza darti neanche uno sguardo:
oggi è giorno di festa,
e se ne andranno ai loro divertimenti,
perduti... nella religione di ogni giorno...
DONNA
E non diranno nulla? Neanche una parola?
UOMO
No.
DONNA
Li perderò, ma li avrò conosciuti.
Li perderò con terrore, ma anche con la speranza
di conoscerne di nuovi.
UOMO
E a cosa ti sarà servito averli conosciuti?
DONNA
Al piacere di contarli, per sapere
quanti ce n'è al mondo, di così innocenti.
L'innocenza peccatrice è un materiale prezioso.
UOMO
Da servirsene dominandolo?
DONNA
No, da invidiare: con un amore terribile.
Dirò, a quei miei padroni di pochi minuti,
che se ne andranno verso le loro case, dove brilleranno
le prime luci della sera, ed essi
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266 Orgia
non se ne accorgeranno nemmeno, «Arrivederci»,
mentre invece saprò che è un addio.
UOMO
Qualcuno di loro, nel salutarti, sarà anche gentile.
La gentilezza operaia, che rispetta
i tuoi peccati di privilegiata.
DONNA
Ciò che mi umilierà più profondamente
non sarà infatti la loro brutalità —— richiesta
e concessa — ma la meravigliosa labilità
del loro caso di coscienza. Come dolcemente
brilleranno le luci delle loro case, nella sera.
UOMO
E non saranno possibili amori?
DONNA
No! Lo crederò amplesso per amplesso...
ma saprò bene, sempre, che non sarà possibile.
Quanto amore per il giovane con le guance scavate,
gli zigomi alti e la fronte sudata
sotto il casco di creta, rosa, dei capelli corti,
che mi guarda coi suoi occhi di bambino
resi stretti come fessure assolate
dalla sua timidezza di operaio nato nel Nord...
Quanto amore per il giovane bruno,
che viene certo dalla Sicilia,
con la bocca del barbaro schiavo, adolescente,
cattivo, ma pieno di delicatezza come una madre...
UOMO
Tutti questi complici spensierati,
tu li intravedi appena, ma li intravedi: e corporeamente,
puoi anche, dunque, conoscerli (un color biondo
dei capelli corti; un ciuffo bruno).
Ma le loro anime? i loro caratteri?
Come puoi conoscerli, se non ti dicono
una parola sola, ti prendono e se ne vanno
(delle loro voci, potrai afferrare un sussurro, una risata)-
============================================Page 381==================================================
Orgia 267
DONNA
Ma mi parlano con la lingua della loro carne.
Dalla forma". dal modo... dal tempo...
dall'intensità con cui, entrati dentro di me,
hanno la loro lunga e breve confessione;
dalla violenza e dalla dolcezza — con l'infinita
gamma che unisce le due cose, con cui mi usano;
dai colpi regolari che, con le reni,
mi danno, oppure dalle loro spinte scomposteç
dallinsinuante e dall'esasperante ostinazione
con cui si contorcono; oppure dall`unica, lunga
pressione; dal loro interesse, che è assorbito dall'intero
oppure solo da quell'unica parte del corpo, [corpo,
che esclude ciecamente il rest0...;
dal modo in cui si consumano, ferendo, oppure
[sciogliendosi
con una dolcezza sorgiva. Ognuno di questi
atti che ti ho astrattamente enunciato
ha infinite varianti concrete (anche se il modello
è uno solo). Da esse comprendo, senza bisogno di parole,
le anime, i caratteri di quei miei amori di pochi minuti.
UOMO
E tu?
DONNA
Ah, niente. Io per loro non esisto.
Esisto solo per te: che sei il mio padrone.
Una puttana, lo sai, e il suo sfruttatore.
Puoi fare di me quello che vuoi.
Sei sempre l'ad0lescente che mi ha fatto paura.
UOMO
Bene.
lo soffoco dalla voglia di perdermi,
e di giocare a farla veramente finita.
(Comincia a Iegarla.)
============================================Page 382==================================================
268 Orgzlr
DONNA
La lingua che siamo costretti a usare,
— al posto di quella che non ci hanno insegnato
0 ci hanno insegnato male — la lingua del corpo,
e una lingua che non dtstzngue la morte dalla vita.
UOMO
Infatti, cara, soffocato da tutta la vita che c'è nel mio corpo,
io sono preso dalla decisione di dar morte per morire.
(Comincia a colpirla,)
DONNA
(Grida.)
UOMO
Credevi che giocassi?
(La colpisce ancora.)
DONNA
(Gridar)
UOMO
No: tutto quello che ho detto, lo farò,
e questo non è gioco, ma realtà.
(La colpisce piùfortel
DONNA
(Grida,)
UOMO
Io voglio veramente ucciderti,
io voglio veramente morire.
Non mi risveglierò da questo sogno,
Sarà veramente la fine di tutto.
Quando il mondo aprirà gli occhi
vedrà veramente un altro assassinio.
La mia carne vuole veramente la morte!
I1 mio cazzo vuole veramente il sangue!
============================================Page 383==================================================
HI EPISODIO
UOMO
A cosa pensi?
DONNA
Penso a noi due
che ci riaffacciamo alla vita.
UOMO
Vuoi dire che è quasi mattina
con quel suo sogno di luce...
DONNA
La luce... della religione di ogni giorno.
UOMO
E che cosa provi... davanti a questa fatalità?
DONNA
La luce, come dici, è appena un sogno
(dietro a quella della luna):
posso ancora resistere.
UOMO
Eh già, ma quando saranno le otto di mattina,
ela vita sarà ricominciata, sotto il sole inn0cente...
DONNA
Lo so, ci troveremo a quel passo.
Lo so, l'irreparabile ci aspetta,
e sarà un momento come un altro.
UOMO
Ma a cosa pensavi?
DONNA
ln momenti come questi
io ho delle nostalgie, come sogni
fatti tanto tempo fa
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270 Orgia
che tornano in forma di cose reali.
Forse sono sogni di mio padre e di mia madre.
lo non ho ancora trent`anni!
E dunque come posso ricordarmi
di quel tempo,
di quel tempo lontano,
quando qui erano tutti prati,
e in fondo, verso il Po
non c'era che un po' di nebbia?
Eppure lo ricordo. E ricordo che i pioppi
erano radi — verdi su un'erba più verde.
E la loro era una grigia corona
intorno all'amore delle dolci scimmie contadine
che non guardavano il cielo se non per pregare...
Per tutto il resto del tempo guardavano le zolle.
Così si erano fatti di terra bagnata e pietra bianca,
con le mani giunte, 0 nel pugno un rastrello.
Verso le Prealpi o verso i colli Euganei
non c'erano che paesi con casali e palazzetti
per dove passavano nel sole, sotto i rosoni,
in un immedicabile silenzio —
i carri del mosto — o del fieno —
qual era il più selvaggiamente, umanamente profumato?
Uscivano le ragazze verso sera dalle prime fabbriche.
E tutti s'accorgevano, dal loro passo,
s'era autunno — o s'era primavera.
Nei popoli di tetta
scesi da mille anni dalle Alpi
e stanziati lì nella pianura
da altri mille anni,
eta andato perduto ogni segno di barbarie.
Anche nei loro buoi e nei loro cani,
I padri e le madri, ormai piccolo—borghesi,
dopo tanti armi,
erano di quella terra bagnata e quella pietra bianca.
E come farei a ricordarmi i gelsi, dimmi,
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Ozgra 271
se non ho ancora trent'anni?
Igelsi luminosi dentro le aie in ombra;
d’un verde acceso come l`oro,
oi gelsi in fila che reggevano le viti,
così neri, in febbraio, contro i monti celesti.
Il mondo era così, ricordo, almeno
da dodicimila anni: le prime eiminiere
a Monza 0 a Milano erano sorelle
dei pioppi delle campagne di Cremona".
La religione rendeva tutto uguale
fin da prima di Cristo, e io ricordo
che anche prima si pregava allo stesso modo,
nelle nebbie profonde 0 nei giorni sereni
col sole in mezzo al cielo azzurro e freddo.
Forse era un ubriacone o un fascista,
mio padre, eppure immergeva la sua grossa mano
nell'acqua santa; e così la sua gretta sposa.
Non è passata una vita sola da quei tempi!
Il grano arrivava fino alle prime case delle città,
la vita quotidiana si svolgeva come dentro le tane
— in quei paesi sacri alla terra bagnata
e alla polvere che sa di neve.
I campi d'erba medica e le case dei vicini
erano tutto il mondo — con Roma lontana.
Qualche volta mi viene in mente questo lungo sogno.
Ne siamo fuori?
In questo sogno vedo il volto di mia madre
infinitamente più vecchio della sua età;
il volto di mia madre giovane nella sua innocenza,
incapace di profetare, come una cagna.
Che certezza aveva negli occhi!
Che me ne importa se quella certezza
era il semplice benpensare
dei piccoli borghesi di quei tempi!
Ch`essa era schiava
del suo essere moglie e madre?
============================================Page 386==================================================
Il (lrgm
Ccral tutto l`u0m0
com`cra stato per dodicimila anni
nella certezza di quegli occhi
aperti in un paese tra le Alpi e il mare!
Cerano Mantova e Firenze,
i piccoli paesi sul Po e l'Appennino,
la piccola Grecia, con la polverosa Atene...
Veniva la stagione
in cui dovevano fiorire le primule sulle prode?
E ecco che le primule fiorivano.
UOMO
Che cosa vuoi fare?
DONNA
E cosa vuoi fare tu?
UOMO
Eh, anch'io ho le tue stesse nostalgie...
DONNA
Sono come soffi di realtà che giungono.,
dove è caduto ogni vento.
UOMO
Con essi il mondo giunge di nuovo su noi.
DONNA
Si: perché il mondo non è il mondo presente:
noi siamo sempre un poco più indietro.
UOMO
Col mondo presente., noi potremmo venire a patti:
i nostri atti sono dovuti a lui
e noi potremo ripagarlo, in qualche m0clo...
DONNA
Ma col mondo PKSSZIO
non possiamo far nulla.
Esso non ci i.mpone nessun atto:
esso si limita a guidarci e a giudicarci.
Non ascolta le nostre ragioni:
ma ci guida e ci giudica con gli occhi buoni
============================================Page 387==================================================
()/‘;;m ZU
di un sole alto nel cielo azzurro e freddo;
la castità dei severi e giusti scimmioni
che guardano cielo e zolle; arano e potano;
vangano e vendemmiano; hanno burocrazie ordinate
come vigneti; servono in eserciti del Re;
sono schiavi del fascismo perché poveri e antichi;
la storia è passata su loro sempre uguale,
come un`eterna nube. Ora che tutto è cambiato,
abbiamo dietro di noi un mondo, con le sue stagioni...
UOMO
Ed e quel mondo, amore mio, che abbiamo violato
— coi nostri atti di violazione.
Perché è quello, non questo,
che meritava di essere violato.
Che ci dava l`irresistibile voglia
di violarlo... Ma in esso, come dici bene.
la stessa forza che ci fa peccare
ci la anche non voler peccare. Ciò
che bestemmiamo è ciò che preghiamo.
DONNA
La luce del sole ancora così lontano,
che si stampa, con quella della luna, alle finestre
mi fa venire una terribile voglia
di riedificare quel mondo.
UOMO
Ma la voglia di violare e violarci tornerà.
DONNA
Non voglio saperlo.
UOMO
Fammi vedere le tue ferite... Qua
un livido nero, qua una piaga ancora fresca di sangue;
qua i buchi dei denti sulla pelle bambina,
eternamente bambina. Sei tu che mi hai voluto colpevole
di queste tue ferite. (Ferite così dolci e pure
quando sono leggere leggere
dovute a.ll`amore di due giovani sposi, benedetti.)
============================================Page 388==================================================
274 Orgzìz
Con queste ferite, decise insieme,
noi abbiamo cullato l'idea della morte... per dimenticarla.
Ecco qui i segni.
Sono rimasti nella tua pelle di madre
orrendamente neri e rossi.
Che linguaggio era dunque i.l nostro?
Questi segni sono come i segni scritti
di lingue antiche, morte e mai decifrate;
dico, sulle suppellettili, sulle armi;
essi sono lì, dissepolti, alla luce del sole,
che non dicono nulla: eppure hanno tanto detto!
Ora, qui, presagendo il sole nascente,
c'è la luna bassa che precede l’aurora:
proprio il momento in cui tutti finalmente dormono.
Nessuno, cara, ci fa compagnia.
A decifrare questi segni siamo soli.
DONNA
Oh, questi segni! Anche un ragazzo
sarebbe in grado di leggerli, e interpretarli!
Con l’ironia, negli occhi, e la pietà che condanna,
lui, il moralista, il puro!
UOMO
Ciò che io ho espresso attraverso questi segni
è la mia voglia di morire;
e tu, quella di farmi morire.
Sì. Io volendo farti morire, in realtà volevo morire.
E tu, volendo morire, volevi in realtà farmi morire.
C'è la lingua di chi uccide
e la lingua di chi muore.
La vita è uno spettacolo, dunque, sempre.
Io rappresento — colpendoti con le mani,
con la cinta dei calzoni, sputandoti addosso,
mordendoti, storcendoti le braccia,
infilandoti nella carne
oggetti ben più grossi di un membro,
e ben più capaci di esso di aprirti e violentarti,
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Orgia 275
legandoti come nei sogni al letto, al soffitto,
facendoti prendere da bande di giovani, pronti
e senza pensieri, lasciandoti nel puzzo della loro urina
- facendo tutto questo, io rappresento
la mia voglia di morire.
E tu, subendo per mezzo mio tutto questo,
anche tu ti rappresenti
attraverso la più espressiva delle lingue!
E quando io ho detto:
«La voglia di violare e violarci ritornerà»,
ho detto stupide parole. Che cosa meglio, infatti,
può dir questo del mio membro che ricomincia a gonfiarsi"?
E che cosa resta in fondo ai tuoi occhi, se non un'ombra
che, più che il terrore del sole,
esprime l’ansia, cieca, di un'altra notte?
DONNA
Sì, noi stiamo dando uno spettacolo.
UOMO
Il mio corpo è inequivocabile. Ragioniamo.
Se vuoi risolvere il mio enigma, e il tuo,
ascolta le parole come puro suono, o abitudine,
alone di voci di quel mondo... dove nessuno parla.
Le stesse parole che io dico, non sono che parte
del mio sguardo, del mio corpo.
Anche se il dolore e la vergogna
ci hanno resi un poco più esperti di noi
e dell'atroce innaturalezza del mondo,
siamo sempre ancora come tutti gli altri
che usano queste parole come sonnambuli
(0 come larve uscite dalla tomba e stordite dal sole).
La nostra carne è un enigma che come enigma si esprime.
Ma le nostre parole, adesso, sono poveri suoni
che non dicono niente se non che la vita ricomincia.
' della mia carne che ricomincia a tremare
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276 Orgia
E COSI CI RENDE FRATELLI A COLORO CHE ODIAMO.
COLORO CHE NON HANNO ALTRA SPERANZA
SE NON QUELLA IN CUI VIVONO.
Ora, noi due, se non fossimo nella vita
che è solo nostra, e non avessimo inscenato
una cerimonia ipocrita, nascondendoci qui,
in una camera matrimoniale come in una tana
— e avessimo invece fatto pubblicamente
ciò che abbiamo fatto in segreto — rendendo
i nostri rapporti un vero spettacolo,
quale spettatore non ci avrebbe compresi,
ANCHE SE NON AVESSIMO DETTO UNA SOLA PAROLA?
DONNA
In conclusione, la nostra realtà non è dunque quella
che noi abbiamo espresso con le nostre parole:
ma è quella che noi abbiamo espresso
attraverso noi stessi, usando i nostri corpi
come figure! lo come vittima, tu come boia.
Vittima che vuole uccidere, tu; boia
che vuole morire, io.
UOMO
Ma tu lo sai che è male.
DONNA
Lo so.
UOMO
Sta per finire la notte: una specie di velo gelido
offusca la luna: segno della sua fine...
DONNA
Ma come potremo mai liberarci da questo male
se esso è così infinitamente più bello di ogni bene?
UOMO
La nostra realtà — ormai lo sappiamo — siamo noi stessi:
ed è attraverso noi stessi che l'esprimiamo.
Ogni nostra vita non è che un esempio, che parla;
mentre le parole — anche questo sappiamo —
sono noi stessi solo per il loro suono
e per una parte, ineffabile, del loro senso.
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Orgia 277
Non essendo noi stessi, non sono la realtà:
le parole della lingua non sono dunque
che gli strumenti del sogno: così che il male
èla realtà, il sogno il bene.
DONNA
Cosa vuoi dire con questo?
UOMO
È cessando di essere ciò che siamo
— che, per quanto ci riguarda, è male —
cioè cessando, io col mio ventre, tu col tuo,
di usare il linguaggio della carne —
che noi possiamo riguadagnare il sogno: salvarci.
DONNA
Ma tu dimentichi che noi siamo sempre vissuti
fingendo di sognare: la nostra casa, i nostri figli,
il tuo lavoro, la mia reputazione.,
UOMO
Appunto: noi non abbiamo la forza
di vivere la nostra realtà:
essa ci ha resi schiavi.
E a che serve viverla, se è schiavitù?
Ce ne vergogniamo, infatti. Sappiamo che è male...
Ci schieriamo con gli altri- che, se sapessero,
ci giudicherebbero — giudicandoci al posto loro!
E vero che lo spettacolo che diamo
è a porte chiuse. Ma, in quanto spettatori
di noi stessi, ci condanniamo.
E andiamo avanti così, giorno per giorno,
a vivere la libertà della vergogna
ma con la vergogna degli schiavi.
DONNA
Ho capito: tu parli dell'ipocrisia.
Tu parli del senso della colpa.
Tu parli della contraddizione della nostra vita:
piccoli borghesi nel sogno che è il bene, di giomo,
reprobi, nella realtà che è il male, di notte.
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278 Orgia
Ma se non fosse così, in cosa consistetebbe il nostro piacere
che ci fa tremare al solo pensiero della solitudine?
UOMO
Ah, non illuderti, ormai.
DONNA
Di che cosa?
UOMO
Lo vuoi sapere?
DONNA
La decisione sul sapere ci potrebbe dividere?
UOMO
Se me lo chiedi, perché lo temi?
DONNA
Lo temo per te.
UOMO
Che cosa temi?
DONNA
Che tu non abbia paura di sapere
ciò che io ho paura di sapere.
UOMO
Qualcosa mi parla: e io non posso non intendere.
DONNA
Ti parla... attraverso parole o attraverso realtà?
UOMO
Come prima mi ha parlato la lingua della carne
(i geroglifici così facilmente decifrabili
delle piaghe e dei lividi sul tuo corpo), così ora,
con la sua lingua mi parla un'altra realtà: ugualmente
DONNA [presente.
Se c'è, fa parte di me.
UOMO
Lo so, tu non vuoi sapere: e ciò ci divide.
DONNA
Non voglio sapere.
UOMO
Ah, povera complice, guarda, guarda dove arriva il mondom
Qua — dove questo livido più nero che azzurro, sembra
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Orgia 279
essere il segno del nostro linguaggio più segreto —
guarda che cosa hai frettolosamente infilato,
come vergognandotiz un paio di calze.
La mamma innocente si è coperta.
Se dunque ho già decifrato cosa vuol dire il livido sulla tua
ora decifro le parole di questa calza, che è te. [carne,
E questa calza mi dice, di te, una sera... in comune
con un’orda immensa di u0mini... una sera,
con le prime luci che si accendevano,
e magari era appena spi0vuto... Dov'era
quella merceria? Tra pozzanghere rosa?
E guarda, guarda qui: tra la coscia e il ventre
(nella piega che tanto parla
la nostra lingua di porci, oscura come una religione)
guarda, guarda questo reggicalze.
Te l'ho comprato io,
tremando. Ma ero in un negozio della civiltà,
con una ragazza che sorrideva, e centinaia
di persone che camminavano per il marciapiede:
suonavano delle sirene, e delle campane.
E poi queste mutandine: le schiave del tempo.
Cosa dicono? Dicono sul tuo ventre che è morte
tanto goduta che, solo a dire questa parola,
mi duole dolcemente la carne del mio —
esse dicono l'ideologia della morte!
Se infatti in te, nella tua carne, madre,
voglio morire, e questa morte è furia —
le delicate mutandine, prodotto della città,
che è intorno e dentro di noi, dicono
che non solo tu, ma l'inter0 ordine del mondo
è protetto e voluto dalla morte.
E noi siamo infatti gente d’ordine, no?
Hai mai pensato di sovvertire l`0rdine, tu?
No. E queste mutandine lo dicono
molto più chiaramente dite. Che assoluto amore,
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280 Orgia
infatti, per la loro caducità, per la loro miseria!
La sottoveste: la sottoveste di seta, abbastanza buona,
secondo le possibilità della nostra media ricchezza,
ecco qua, copre i segni ancora rossicci di morsi
e di colpi di cinta. Dov'è la più vera verità?
In ciò che dicono questi segni di sangue
0 in ciò che dice questo segno di seta?
I primi dicono ciò che noi desideriamo,
i secondi ciò che noi accettiamo.
DONNA
Che cosa accettiamo?
UOMO
Accettiamo un patto per cui possiamo fare,
poi, ciò che desideriamo: come dirò più avanti.
DONNA
Della doppia cosa che sono,
parte la voglio sapere, parte non la voglio sapere.
UOMO
Non puoi. Ecco ancora, se dalla sottana risalgo
a ritroso, dove mi portano i pensieri
che ne nascono... Raccogliamoci un momento:
quanta miseria in questa stoffa, il cui colore,
per qualche poetica ragione, ci è tanto piaciuto!
E abbiamo contato su esso per un piacere domenicale
condiviso con tutti i nostri coetanei
nell'enormità dei giorni d`estate!
Quanta miseria, no? Non ti si stringe il cuore?
Questo della miseria che intenerisce è il primo passo.
Poi, pensi che questa miseria, immotivata
e così straziante, non è che il frutto
di qualcosa di labile, la cui apparizione
è così irrisoria in questo mondo...
La tua dignità è dunque protetta da questo commovente
SI TRATTA DI UN'ABITUDINE ALLA MORTE. [nulla.
Così passa i] tempo di QUCSIQ sottana, così
si stinge per sempre il suo colore di festa!
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Orgia 281
Ma chi è che ci mette questo pensiero di morte nel cuore?
Per mezzo di questa sottana
che ci è così cara in questi giorni?
DONNA
Nessuno.
UOMO
Nessuno, infatti, che abbia un volto 0 un corpo.
Ma è qualcosa che con la morte
ha una parentela così stretta
da essere una sola cosa con essa: il passato?
L'esperienza dei padri? La religione?
La morale comune? Diciamo: l'autorità. L'autorità.
È da essa che questa sottana trae origine.
E infatti essa, essendo anche tutta la ricchezza,
ci accomuna a milioni di cittadini.
È una fraterna e complice passione, e necessità.
Tu, indossandola, dopo averla amata e comprata,
sei anche ciò che essa è.
Essa è la bandiera di morte del potere.
Ecco dunque che cosa noi accettiamo!
La città coi suoi uomini sacri, che ci benedicono,
coi suoi uomini potenti, coi suoi uomini armati,
con le sue norme, e con la sua norma delle norme:
che fa l’am0re degli altri purezza, il nostro colpa.
DONNA
Ho capito: della doppia cosa che sono,
tu vuoi che ascolti ciò che è più forte.
Fra un poco rintoccheranno le campane
del mondo antico. La luce schifosa
della luna — che ora lascia il cielo ail`aurora —
siamo noi stessi apparsi dall’inferno...
per pregare, pentirci, ritornare a]l`ordine.
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IV EPISODIO
DONNA
Cè la luna, e sento le voci
delle televisioni lontane miste al suo silenzio
come una cosa sola.
UOMO
È la primavera, già inoltrata,.
DONNA
Te ne accorgi?
La finestra è aperta:
ma non si muove niente qui nella stanza.
Fuori e dentro, fermo, c'è lo stesso tepore.
UOMO
Ahi, mi fa un po' male dalla parte del fegato...
DONNA
E io ho il solito dolore alle tempie.
UOMO
Ti sei ricordata la pastiglia e il bicchier d’acqua?
DONNA
Sì, sono sopra il comodino, coi fiori.
UOMO
Che cosa leggi stasera prima di dormire?
DONNA
I bambini hanno strappato la copertina,.
Non ricordo più il titolo e l'autore.
Si tratta di profezie di professori.
UOMO
I nostri figli le vivranno.
DONNA
In pace. In una pace
peggiore di ogni guerra.
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Orgia 283
UOMO _
Del passato ricordi solo la pace: infatti
èin pace che vivono i contadini,
e contadini sono tutti gli uomini del passato.
Quel passato che ci sembra felice: vigilia
della nascita di due vermi infelici.
Vediamo tanta stupenda pace nel futuro,
perché ne abbiamo perduta tanta noi!
DONNA
Siamo gente perbene, adesso, col suo mal di pancia.
Ma io non amo la pace...
Essa mi terrorizza, come un sogno
in cui tutti sanno quello che devono fare,
ma non io.
UOMO
Come i contadini lavoravano in pace
iloro campi, chiusi da una barriera
di monti colore del cielo,
in quella lunga vigilia che ti dicevo,
così anche la nostra nuova razza vuol lavorare in pace.
Essere e lavorare — sia pure in modo così diverso,
secondo le nuove profezie A compiendo contemporaneamente
miliardi di gesti uguali, come un rito. In pace,
sì, in pace. E noi due, nella pace degli altri.
DONNA
Ma a me sembra che in questa pace si compiano stragi,
e ci sia un odore di incendi dietro quello del sole.
UOMO
Non sei contenta? Lo spettacolo che diamo
non è uno spettacolo di pace?
Spettatori non ce n'è. Ma se ce ne fossero
leggerebbero oggi nei segni viventi
del nostro corpo, la storia di un marito e una moglie
che se ne vanno a dormire mentre spunta l1I1’8H[iC2l luna,
con la loro buona volontà, l’onore della legge,
e l'0rdine, pieno della sua grazia.
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284 Orgia
DONNA
Sarà questa maledetta primavera...
UOMO
Mi trovi particolarmente., bianco in faccia?
DONNA
Non mi sembra.
UOMO
Vivo sotto il terrore: vedo il rosa delle unghie
così scolorito.
DONNA
Ma sei guarito,
UOMO
Da quando — dopo questa Pasqua —
ho visto come il corpo può morirmi,
come si cade a terra, sul proprio vomito,
con la ICSIH trafitta da un calore
che annuncia lo svenimento — come avviene
la cosA...
DONNA
Ti sei curato, e sei guarito.
UOMO
Eh, ma il tuo corpo può sempre voler morirti,
al di fuori delle tue cure, e della tua volontà.
E un processo inarrestabile, che comincia,
a tradimento, con la faccia che si fa bianca
e le mani che tremano...
L'unica difesa, pensa, è decidere di non pensarci!
Di'... non lo senti muoversi ancora nella pancia?
DONNA
No, non ancora.
UOMO
Sta per nascere il migliore dei nostri figli".
Ma adesso devo dormire. Domani
ho una giomata di grande lavoro.
l.n nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
(Si addormenta.)
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Orgxh 285
DONNA
Sai cosa vuol dire vivere un sogno?
Ciò che tu non sei, sei:
e, ogni notte, lo frequenti.
Va bene, spieghiamo tutto,
tu e io, ora, poi i nostri figli.
Ma se le origini della ragione
sono nel tempo,
il suo limite è nella profondità.
Non voglio arrivare a quel limite, io.
Voglio se mai andare indietro nel tempo,
dove posso sognare
di essere come mio padre e mia madre.
Non voglio sapere un`altra volta
come un innocente può fare orrore.
Ma se dormo, che sogni farò?
Quelli del passato vicino 0 del passato lontano?
Per quanto, poi, io sappia bene
che anche nel passato lontan0...
anche allora...
nei tempi del grano che lambiva le città,
e delle ciminiere confuse con le torri grigie
sopra gli stagni... la ragione che spiegava la vita
non era che un modo per andare avanti.
Ma quanto mi servirebbe, ora, quell'inganno!
Non ho sonno.
Vorrei dirti: Non voglio star meglio,
per poi sognare, comunque, ciò che non devo sognare.
Tanto, sono trascinata ugualmente nel fango
dalla mia insonnia che vuole aver sogni!
Non so uscire da qui.
Non so immaginare altro, intomo a me,
perché non ne sono capace, perché
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286 Orgia
sono come te una piccola borghese,
col suo bagaglio disperato di idee.
Questo è indubbiamente un delirio.
E perché adesso mi alzo?
(Si alza dal [etto.)
Ora s'è mosso qualcosa
dentro la stanza,
come un batticuore in un corpo: l’ho sentito.
Dentro l’aria s'è mossa l’aria...
una specie di colpo dalle profondità del cielo!
E il contraccolpo è giunto fin qui,
irrisorio alito d’aria
che dà un’irriconoscibile emozione.
Dunque il tepore, dentro e fuori,
non è più uguale! Qualcosa
ha turbato la sua perfetta serenità.
È forse solo la notte che si fa più fresca.
O tutto questo non emanerà dal mio cuore
che vuole esternare i suoi rimorsi?
Sì, io, nella veglia, parlo di rimorsi.
E di cos'altro dovrei parlare?
E dei rimorsi, per la precisione,
di aver violato terrorizzata
quel mondo...
quel mondo dove vola una lucciola
lungo fossi prostrati...
al suono delle ultime campane
(il cui ricordo è annerito in fondo all'orizzonte)...
Quando scoppiano, talvolta, i fuochi artificiali
in un altro paese... dietro le viti.
Ei militari, usciti dalle caserme,
passeggiano per le strade asfaltate vuote.
Una grande sapienza è allora diffusa in quel mondo...
I vecchi (i vecchi che ora non contano niente,
come corpi inutili), ne sono i venerati,
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Orgia 287
ivenerati testimoni; e i ragazzi, futuri vecchi,
innocenti solo perché digiuni di quel sapere
che possederanno — giocano là dove le lucciole
rigano più domestiche l'aria.
Era destino, che prima lo facessi,
e, ora, lo sapessi.
Bisogna scandalizzare e tradire quel mondo!
Altrimenti... esso si sperde
ripetendosi nella sua eternità...
sarà solo posseduto da altri
identici a questi".
Bisogna sporcarlo e bestemmiarlo
perché decada — perché si muova
e non dia più... rimorri.
In questa “pace" che è caduta sulla mia vita
e vi si è fissata, come una stagione
che non cambia mai, una interminabile martina
di pace,
di lavoro,
di cose nude e severe
(condivise coi vicini, al suono della televisione)
di raccoglimento, di mancanza di espressione
(che tanto piace alla cerchia fatta di uomini d'ordine
e di ribelli)
di discrezione e di dignità,
di mistero famigliare (così caro ai vecchi e ai nuovi
moralisti), ah, ah, ah, ah, ah, ah,
quanti rimorsi!
Grazie ai rimorsi,
non facevo altro che pensare al passato
(quello lontano, si, ma anche a quello vicino).
Con lo straccio delle pulizie in mano,
ero lì che pensavo —
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288 Orgia
invece di cantare come le altre donne di casa
nei loro matti eremitaggi diurni-
con rimorso... a ciò che questa Pasqua è finito.
Era un rimorso lungo, oh, lungo,
un rimorso totale
che mi riempiva tutta e non mi lasciava mai.
Attraverso quel rimorso,
oh guarda,
non facevo altro che pensare al male
che avevo fatto, in tutti i suoi particolari!
Non ne dimenticavo uno!
E tutto ciò che avevo fatto
— attraverso il rimorso —
mi richiamava alla mente ciò che mi era rimasto da fare
(e a cui avevo rinunciato
per quell`improvvis0 ritorno della virtù.,. pasquale).
Quanto soffrivo!
Trallallà,
rimorso, conservazione di sofferenza!
Sofferenza, godimento impossibile da dimenticare!
(E mai dimenticato, infatti.)
Questo alito d`aria che il rinfrescarsi della notte...
Questo alito d`aria che il rinfrescarsi della notte
precedendo la breve agonia,
mi ricorda solo ciò che riguarda l'amore,
il più sporco amore,
che è l'unica cosa che, dopo l'agonia,
va veramente perduta.
Veramente perduta...
perché è fatta di carne, che si c0rrompe...
E tanto più quanto è fatto di sola carne
— di seno, di ventre,
di cosce, di sesso:
se ne va, se ne va,
è l'unica cosa che va perduta per sempre,
============================================Page 403==================================================
Orgùz 289
tutto il resto pazienza,
ma nella carne c'è la sola cosa sicura che se ne va,
ed è tutto, tomba mia!
Vediamo: cosa pensavo, grazie ai miei rimorsi?
Pensavo, giusto, alla carne.
Ma non alla carne bella, con la sua dignità,
del viso, delle spalle, della nuca.
No: ma alla carne dov'è più carne, e quindi più muore.
La grazia di un viso 0 la fierezza
di un paio di spalle o Yinnocenza di una nuca,
non muoiono. Ma ciò che la stoffa di un paio di calzoni
(in un riserbo severo e quasi immacolato)
protegge, se rigida, e, se molle,
stinta e gualcita, rivela quasi infantilmente
con brutale innocenza — questo muore.
E poiché ogni volta che è stato (per miracolo) goduto
ritorna a quella sua naturalezza proibita —
nella grazia sbadata della vita — bisogna
goderlo mille volte; non lasciarlo
nemmeno per un istante, non concedere un solo spiraglio
al ricrearsi della sua lontananza... del suo mistero...
della sua immacolatezza che significa tragedia...
Solo chi, con tutto ciò che esso può violare,
ne è violato, sempre, ogni giorno, ogni ora,
può dire di vivere. Perché vivere è tremare.
Poi, quando tutto finirà, tutto finirà:
non ci sarà un volto immortale e un sesso mortale.
Rinuncia idiota, anticipazione di morte, cretina,
fatta in nome dei vicini di casa —
di una non meglio precisata vita cittadina —
di un padre e di una madre, giganti, sì, va bene,
ma piccoli borghesi e fascisti- di alti ideali
Che alla fine non contano nulla:
come mora.lità, religione,
e tutte le altre sciocchezze del genere;
============================================Page 404==================================================
290 Orgia
tutte chiacchiere della vita,
mentre conta solo il profondo silenzio
con cui si tocca, tremando, un grembo.
Nei miei rimorsi,
io sognavo quel grembo
— con un solo sguardo, nel sogno, al viso,
tanto per capire di che grembo si trattava...
e meglio, certo, se quel viso era bello
— un giovane col naso un po' corto, mettiamo,
il labbro superiore sospeso
come quello di un pesciolino,
i capelli biondi quasi rasati
ridotti a un pulviscolo di steli-
oppure un giovane bruno,
con la bocca dell’arabo adolescente,
cattivo, ma affettuoso come una madre".
Ah, questo terribile alito d'aria...
Quei calzoni di ogni giorno della vita
feticci del sesso e del lavoro...
Ecco, quello che voglio, senza rimorsi!
Voglio la sua onesta brutalità,
la sua pretesa, la sua fretta,
per la trasgressione che in una sera qualunque
si compie nel leggero puzzo sacro del seme.
Voglio, anche, da parte sua un po' di ironia
che renda staccata e in fondo impartecipe
la sua complicità di giovane scelto per caso tra i giovani.
Divento tutta rigida, pura tensione,
dovuta al violento batticuore,
che mi rende spirito,
e mi attrae fuori di me.
In questa ascesi
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Orgia 291
non si può verificare altro
che ciò che io voglio,
Vieni, figlio con pretesa di padre,
0 padre ancora figlio, vieni,
compi il tuo semplice atto,
Ma poiché siamo in una sera
qualunque, possiamo non rispettare nulla
e fare ciò che finora ignori
e di cui la tua bocca, aprendosi, sorride,
Tu accetti subito, ci stai,
perché sei figlio della sera,
che non ti ha insegnato e imposto nulla,
e nelle tue povere case — di cui laggiù si accendono
le prime luci — la vita costa così poco
che si può farne ciò che si vuole.
Legami le mani...
Che cosa faccio?
Cammino?
Vado verso la camera dei figli?
(Fa qualche parso.)
Agisco prima di aver deciso?
Oppure, ho già deciso, senza saperlo?
Sono spinta a fare: e so soltanto quello che devo fare.
Il seguito delle mie azioni è ben preciso nella mia mente.
Cè un fiume, che scorre in una pianura, qui vicino.
La primavera rende la sua acqua torbida e quasi gialla
(mentre nei periodi di magra è azzurra, d'avorio
tra il cenere e il ruggine dei rami secchi).
Andrò sulle rive di quel fiume — con la luce
che disegna l`immensità... delle vite che passano,
nel giorno. ..
Starò un momento su quella riva dei primi di giugno;
poi scomparirò, nell'acqua, resa, così, tragica
============================================Page 406==================================================
292 Orgùz
(ma ben presto di nuovo intenta solo a correre via),
Prima, avrò attraversato tutta la grande città.
E quel po` di campagna rimasta tra essa e il fiume:
attraverserò cioè il mio presente e il mio passato.
Ma non sarò sola, perché — prima ancora —
qui, dentro questa casa — nel silenzio
dei primi sonni- avrò guadagnato la stanza dei bambini.
Essi saranno dunque con me, a farmi compagnia.
Non saranno due compagni vivi, però, ma due compagni
Infatti, prima di guadagnare la loro cameretta, [morti.
andrò a prendere un coltello, nella cucina, di qua.
Ed è quello che, muovendo i passi, mi accingo a fare.
(Muove qualche pus:0.)
Ecco tutto!
Si dirà: è morta per un alito d'aria.
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V EPISODIO
RAGAZZA
Questa è casa tua?
UOMO
Ti piace?
RAGAZZA
È carina.
UOMO
Togiiti il capp0tt0...
RAGAZZA
Sei sicuro che non verrà nessuno?
UOMO
Questa è casa mia.
RAGAZZA
Ma ci vivi solo?
UOMO
Sì, ora ci vivo solo.
RAGAZZA
Ora?
UOMO
Una volta c’era mia moglie,
e c’eran0 i miei bambini.
Questa primavera se nc sono andati...
e non sono tornati più...
RAGAZZA
Brrr, comincia la stagione cattiva,
da stamattina è tutto annuv01at0...
UOMO
Con la prima pioggia d'autunn0
e ]'estate che non è ancora finita..,
Èi] momento più bello per fare l’am0re.
============================================Page 408==================================================
294 Orgia
RAGAZZA
Oh, per me è sempre uguale!
UOMO
Non è vero — ipocrita. Col nuvolo
ti piace di più stare in casa.
E chiudere le finestre
perché si formi il primo tepore
dentro la stanza dove stai chiusa:
un tepore dimenticato, ma così
profondamente conosciuto:
il tepore degli altri anni!
Senti la nostalgia del fuoco,
e la carne sotto la prima maglia di lana
è sensibile a tutta questa novità del fresco
nel cuore di un cielo ancora sereno.
RAGAZZA
Come sono i tuoi figli?
UOMO
Uno ha sei anni, l'altro quattro.
Sono due maschietti seri come tanti altri,
Qualche volta mi sembrano più grandi di me...
RAGAZZA
Allora mi posso togliere il cappotto?
UOMO
Sì, te l'ho detto... Il più grande è crudele,
gli occhi cupi sono pieni de]l'amore per la madre.
L`altro più piccolo è anche lui pieno dello stesso amore,
ma gli occhi gli ridono, non gli importa di nulla,
lui è leggero e buffo come una bestiolina,
e nel suo grave rispetto per il fratello più grande
c'è come un po' di allegro compati.ment0...
RAGAZZA
Davvero, com'è bello il fresco,
quando dentro si sente un bel tepore.
Sì, sì, pare di essere l'ann0 passato.
============================================Page 409==================================================
Orgia 295
UOMO
O forse, pare di essere
fra dieci anni... (se ancora sarai viva).
Questo è un giorno
dentro il futuro — ti piace? —
alla fine di un'estate
che deve ancora venire... Vedi, eh?,
come fa presto il tempo, benché vada così piano!
RAGAZZA
Ma perché dici: se tu ancora sarai viva?
UOMO
Spogliati adesso.
RAGAZZA
Sì, perché io sono stata male:
due anni in sanatorio, figlio mio.
UOMO
Ah! Ma spogliati adesso.
RAGAZZA
Vuoi vedermi che mi spoglio?
UOMO
Si.
RAGAZZA
Lo sai che mi fai ridere?
(Comzhczkz a spoglzkxrri.)
UOMO
E finita l'estate,
ma hai la pelle ancora scura...
RAGAZZA
Non hai un disco da mettere?
UOMO
Non nc ho. Faremo tutto in silenzio.
RAGAZZA
Ma tu, per chi mi hai presa?
UOMO
Per quello che sei, la ragazza
del primo giorno senza sole d'estate.
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296 Orgia
RAGAZZA
Ah, così va bene...
UOMO
Non ti vergogni a guardarmi negli occhi?
RAGAZZA
No, perché?
UOMO
Perché sei nuda,
come la bestia in un prato.
RAGAZZA
Come mi guardi male!
UOMO
Non ti sei mai vergognata?
RAGAZZA
Un poco la prima volta, ma dopo mai.
UOMO
Ma non pensi al tuo ventre?
RAGAZZA
E con questo?
UOMO
Al tuo ventre! Al tuo ventre!
Quell'angolo del corpo che tutti nascondono,
che non deve esistere,
che ognuno finge di non avere,
0 almeno di non pensarci,
di esserne libero".
Anche tuo padre!
RAGAZZA
Mi fai ridere! E chi ci ha pensato
mai a queste cose".
UOMO
Tu trovi naturale
avere il tuo sesso,
quel confine liscio
in fondo al tuo ventre
lambito da una marea nera...
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Orgia 297
E invece è innaturale., innaturale!
Non lo sai che è intollerabile e scandaloso
verificare nel proprio caso la regola generale?
Tu mostrandoti nuda a me, fai questo...
Perché tu mi capisca". ecco, pensa a due padri".
sì, due padri... due uomini adulti,
senza più nessuna
delle leggerezze della gioventù,..
uno davanti all'altro,
come due giovani mascalzoni,
coi calzoni aperti
che si guardano,.
RAGAZZA
Ah, ah! Oh, oh! Cosa ti viene in mente...
UOMO
E così sei tu, con il ventre nudo...
RAGAZZA
Sì, sì, va bene, ho capito,
Ma tu non ti spogli?
UOMO
Io no, perché so che tu sei sporca,
e ti piace più un uomo discinto coi suoi calzoni
che nudo con la sua natura, semplice come la tua.
RAGAZZA
Per me, fa come ti pare.
UOMO
Ti piace fare male?
RAGAZZA
Cosa?
UOMO
Fare male.
RAGAZZA
All'uomo?
UOMO
Oh, hai capito.
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298 Orgia
RAGAZZA
Ma come?
UOMO
Cosa vuol dire fare male?
Ti fa male un uomo quando
ti prende a pugni e a calci?
RAGAZZA
A me? Guai se si azzarda solo
ad alzare una mano! L'ha trovata!
UOMO
Figlia di povera gente... caruccia...
carne che si difende anche se costa poco...
Che deve lottare, facendo passare per vittorie
le rassegnazioni per le proprie continue batoste...
RAGAZZA
Ti è venuta la faccia bianca bianca... E mi sembra
che tremi anche,. Che cos'hai?
UOMO
Hola faccia bianca? Tremo?
Forse è questa luce...
E poi... io sono un po' malato.
Ma bisogna non pensarci.
Allora, ti piace fare male'?
RAGAZZA
Ma come? Come?
UOMO
Ecco... Chi è stato l'ultimo
che è venuto con te?
RAGAZZA
L'altra domenica... Era, ricordo,
un ragazzo siciliano,
che sta a Bologna a fare il soldato:
era venuto qua dai suoi parenti...
UOMO
Era un bel ragazzo? Bruno? Castano?
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Orgia 299
RAGAZZA
Non ricordo... Pareva tutto un bandito.
UOMO
Allora... pensa che questo bandito
pronto a fare l'amore come lo fa lui,
cioè come una madre che ti stringe al petto
0 come un padre che ti tiene chiusa in casa —
col suo gran sesso di siciliano —
forte come un tronco e tenero come un frutto —
pensa che qualcuno, questo soldato, te lo legasse
e ti dicesse: Guarda davanti a te quanta forza
impotente: umìliala, feriscila,
vendicati della sua pretesa di fecondare...
fallo piangere come un bambino senza seme".
RAGAZZA
(Ride.)
UOMO
Ah, la tua consapevolezza
èpiccola come il tuo destino!
RAGAZZA
(Ride,)
UOMO
Sci sola con lui, è nelle tue mani. Capisci?
liate qualcosa che non è più di questa terra.
E fuori di ogni limite, è nello spirito.
Un ragazzo forte che si prepara a essere padre,
e va, avventuroso come un bel Don Chisciotte,
con i suoi piedi e il suo sesso per il mondo,
è caduto — e tutto può succedere: tutto,
eccetto ciò che fa già parte del mond0...
RAGAZZA
Non mi riesce di capirti...
UOMO
Sci sola con lui!
Sola! Sola!
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300 Orgia
RAGAZZA
Questo si sa...
UOMO
Bene, prendi noi due...
Che pace!
E la prima sera!
ll mondo non sa nulla,
è fatto di uomini che tornano dal lavoro,
e il fiume delle macchine, senti?
va, nella luce, come un sospiro.
L'uomo che sta per fare l’am0re — io —
come davanti al monumento
di una carne piena di sangue fresco — tu —
sta tremando, sai, fino a battere i denti.
E in estasi.
Ciò che è sacro alla sua prima età di figlio,
realizzandosi, lo rende immortale.
Devi sapere, che tutto ciò ritorna e si ripete.
Ogni nuova erezione lo pretende.
Non basta la prima volta,
perché non la ricordi.
Noi cerchiamo, in questa ripetizione,
un evento inaugurale.
E non cessiamo mai di cercare
perché ogni volta dimentichiamo.
Attraverso la ripetizione,
ri rivive una Cora sola.
Stai ad aspettare, con la tua vittima
(in attesa, con te, del realizzarsi del sogno),
il realizzarsi di una realtà
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Orgia 301
che distrugge ogni altra realtà.
OGNI DIO CHE È SCOMPARSO È RITORNATO.
Era un giorno di sole,
nella piazzetta silenziosa
di una piccola città 0 di un paese
tra le montagne e il mare,
un giorno di pace restato uguale
dal Seicento o dall'Ottocento;
e li mi è apparso Dio.
Poi è subito scomparso.
Ogni nuova erezione,
0 ansia 0 vergogna di erezione,
vuole che la cosa si ripeta,
e che quello di Dio sia un ritorno.
(Aferm la domm e le lega le mani.)
RAGAZZA
Aiuto, cosa vuoi fare? Aiuto!
UOMO
Taci, idiota, 0 ti ammazzo subito.
RAGAZZA
Aiuto, mamma, per pietà, mi lasci!
UOMO ,
Non ti farò niente di male... forse.
Forse mi basterà la tua paura,
vera, che ti passa per il muso
a folate, mascherata un p0’ dalla vergogna".
un po` dal pensiero che manifestandosi sia peggio".
iso vedi? Lo vedi che ogni altra realtà non conta?
E un'estasi in cui scompare il mondo
e comincia a riapparire Dio.
RAGAZZA
Sì, ma adesso andiamo, è tardi,
devo tornare a casa!
UOMO
prima ti ho detto che mia moglie e i miei figli
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)02 Orgia
se ne sono andati questa Pasqua. Ma non è vero.
Li ho uccisi. Dovevo uccidere lei,
ma è stato più bello ucciderli tutti.
Poi li ho presi, e li ho gettati nel fiume.
RAGAZZA
Non è vero! Non ti credo!
Ma adesso, per piacere, slegami le mani!
UOMO
Lo sai che non me ne importerebbe nulla
della tua morte? Perché non esiste nulla
se non la morte — eccettuata la mia voglia.
Lo sai che forse non tornerai più a casa?
Non rivedrai più tua madre?
RAGAZZA
Che cosa dici? Oh Dio...
UOMO
Starai qui
nelle mie mani,
perché sei una bambina,
con le mani arrossate dal lavoro
e una prima leggera ruga sulla fronte...
Una bambina un po' bambino, sei:
avventurosa e fiduciosa come un maschio.
Il taglio in fondo al ventre lo dai
al]'uom0 come a un amico, è vero?
Così imparerai a fidarti tanto dell'amicizia!
RAGAZZA
Parli come un matto, oh Dio,
lasciami andare...
UOMO
Ti monterò cento volte, interrompendomi".
E intanto ti prenderò a calci e a pugni,
come un marito ubriaco".
RAGAZZA
Oh, basta, mamma, mamma mia!
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Orgia 303
UOMO
Ti prenderò a pugni e a calci
perché non meriti altro
per colpa della tua innocenza!
E io soffoco dalla voglia di perdermi
e di farla veramente finita.
(Comincia a colpirla,)
RAGAZZA
Ah no, no! Sulla schiena no!
UOMO
E perché, io ti colpisco dove voglio...
(Comfzhua a colpirla.)
RAGAZZA
Per favore, sulla schiena no! Sono stata
al sanatorio, io! Te l'ho detto, te l'h0 detto!
UOMO
Aaaaah, lo so:
e sapessi che bella notizia mi hai detto!
Al sanatorio, sei stata, come ci vanno i poveri...
Cagna, povera cagna,
venuta col tuo abitino da puttana...
a commuovermi... piena di salute sì, poverina,
anche coi tuoi polmoni bucati...
Sei povera, e la vita ti bastona:
non è così? E io faccio come la vita.
Grida pure, adesso, ché poi tacerai:
perché, domani mattina — se non ti ammazzerò —
ti rassegnerai, e te ne tornerai
per le tue strade come se niente fosse successo!
Sopravvivere è tanto, santa, CHIR puttana!
Racconterai della storia, vittoriosa,
C poi ne troverai un altro, perché la vita
ti sbatte qua e là, e tu eroicamente vai avanti,
non è così?
RAGAZZA
S, sì, è così. Ma lasciami andare adesso!
============================================Page 418==================================================
304 Orgia
UOMO
Neanche per idea!
(Rzwmzhcza a co/pir/a.)
RAGAZZA
(Gnda.)
UOMO
E quando sarai lì per terra
pestata come un vitello,
forse mi sbottonerò, e pur sapendo
che la mia urina è senza innocenza
e freschezza animale, la scaricherò su te,
hai capito? Su quegli occhi turpi
di troppo idiota inconsapevolezza,
su quel seno santamente senza vergogna!
(Ricommcia a colptr/a.)
RAGAZZA
(Grzda.)
UOMO
Eh? Tu forse credevi che scherzassi?
Credevi che io non volessi VERAMENTE".
(D'1`mpr0vvi:o cesta di colpir/a, barcollando.)
Aaaah, mi sento male".
H0 la fronte sudata, e tremo...
come succede quando veramente., Io sto male...
Aiuto, Dio!
(Vomila)
Doveva succedere.
Qualcosa mi tira giù nel fondo...
Un calore alla testa, ah Dio,
forse sto per svenire...
Se questo è morire... Ecco qua,
la prendo con rassegnazione,. non penso a nulla.
Cade xvenuto ru] vomito. La ragazza riexce a Jlegarsi Ie
mani, si mfla wlo le xcarpe e 17 cappotto ru! come nudo, 6
fugge correndo.
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VI EPISODIO
UOMO
(Si rzkdza.)
Cè stato un concertino di angeli
contro le pareti del mio cranio.
lo lo seguivo, con attenzione e rapimento:
non lo sapevo che si stesse tanto bene
caduti per terra come fantocci sul proprio vomito.
Erano strumenti festosi e lontani
come l'ultima nuvola colorata
dopo la distruzione del mondo...
Sono svenuto, e ho vomitato: quanta pace
tra il vomito e le lacrime!
Dov'è andata?
Totale solitudine.
Ecco, intorno a me... i segni della nuova realtà.
Una casa piena di un silenzio innaturale;
un'assurda corda; pochi stracci;
qualche traccia, accusatrice, di vomito.
Che cosa mi rivelano tutti questi segni?
Mi rivelano che questa realtà non mi appartiene.
Essa appartiene ormai soltanto agli altri
(vicini di casa, colleghi,. e quattro poliziotti
servi di Dio).
Molte paia d'occhi, suppongo, vedranno questi segni.
Li mtenderanno; e così, dopo un lungo possesso,
verrò espropriato della mia realtà,
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306 Orgia
che tornerà ai suoi legittimi proprietari
nella grigia memoria del mondo.
(Cbmmcza a rp0g[iam'.)
Era scritto, da qualche parte,
era sempre stato scritto:
e io non avevo mai voluto leggere.
Da una larva bianca
nella sua indecente innocenza
è spuntato un ragazzo impube,
coi suoi capelli castani e già vecchi,
severo servitorello del mondo,
che stette in famiglia e andò a scuola,
pronto a tutto, esperto di ogni accettazione,
dedito alla pratica di imparare
e a farsi degno del comune futuro.
lo sono rimasto questo ragazzo impube uscito dalla larva.
Ma, poi, la prima barba!
Le prime gocce di sperma!
Aaaaaaah!
In poche settimane sono ritornato,
indietro, a essere
la silenziosa larva col suo basso sorriso
che pensa solo a succhiare la vita.
Questo è quello che mi è capitato:
ma io, ripeto, ho sempre creduto (0 deciso)
di essere quel ragazzo irnpube nelle buone grazie del mondo
Io, per quanto conceme la mia coscienza,
l`ho dunque accettato, il mondo!
lo, ho chinato la testa!
Ma la larva bambina — e l'uomo
che poi ne è stato servo —
volevano altrimenti.
============================================Page 421==================================================
Orgia 307
La mia volontà di normalità
è finita col non contare:
questo è ciò ch`era scritto e non ho voluto leggere,
Ora, il dolore terribile che provo morendo
è solo per la sola cosa che amo:
la carne tanto masticata e mai ingoiata di mia madre.
Eppure, eppure non è questo dolore ciò che più importa.
(Si è rpogliato, intanto, fino zz denudarri.)
Ho subito il processo di essere
qualcosa di DIVERSO. Questo mi è capitato.
Per quale disegno del mondo?
Perché gli altri, forse, si riconoscessero giusti?
E, così, potessero seguire, rassicurati,
il procedere della vita?
E adesso, qui, morendo,
io non faccio altro che servire questa mia funzione?
Ma l’uomo a cui, porca miseria, è toccato il destino
di essere DIVERSO,
deve starsene tutta la vita fermo,
segnato, schedato, dentro la sua diversità?
È solo degli altri (i simpatici, commoventi normali)
la prerogativa di andare avanti, cioè a dire
evolversi, e fare la storia?
Mentre per me, DIVERSO, e tutti
imiei disgraziati compagni di sventura
(Negri, Ebrei), niente. Niente Storia.
Un destino d'immobilità preservata dall’odio.
Dall'odio, dico, dei fratelli,
che, mediante evoluzioni e rivoluzioni,
morali e religioni, vanno avanti, loro, passo passo.
Eh, no!
============================================Page 422==================================================
308 Orgia
lo, ardentemente obbediente a questa regola,
alla fine della mia pubertà — come mi son già detto,
nel presente, spiritoso monologo —
fui un bravo adulto, che si sottometteva
con la buona fede dello scolaro
a tutte le regole del gioco (del potere):
non solo: ma accettava addirittura,
con diligenza, la condanna contro la SUA DIVERSITÀÈ
incredibile!
E ora perché finalmente, oh bella, mi ribello?
(Comincia a raccogliere gli irzdumenti della fagůlld, e a
iml0.r.rarli: per prime, le calze.)
La marca di queste povere calze
di piccola borghese di periferia
dice con grande chiarezza due cose:
primo: la loro caducità,
secondo: la loro appartenenza alla sfera del potere.
ln una bottega invasa da un rosa tremendo —
quello che cade da un viale mai visto della città
in preda a un tramonto fantastico — e dolce,
famigliare solo per chi abita da quelle parti —
era appena spiovut0... e tra tutto quel rosa
nasceva una luna, piena d`una logicità fatale...
(Si è inhlaio le calze, e om prende il reggicalze.)
Primo: la caducità;
secondo: un posticino nel mondo del potere.
Due belle scuse per essere diversi in pace.
Cara morte, ah, ah, come mi eri utile
per poter fingere
che il tempo non era nulla; che non passava.
E che quindi era giusto starmene fermo
intento solo alle mie stupende, divine porcherie!
Un reggicalze da poche lire.
============================================Page 423==================================================
Orgia 309
Un amore, un volgare, compassionevole amore.
(Un amore di chi non sa niente, ma - poiché anche
[una ragazza
puttana o serva, sa ogni cosa, come ogni creatura -
che immensità in quel non sapere niente!)
(Cè certo un'analogia tra gli innocenti e i DIVERSI:
ma che abisso tra la servilità degli innocenti
e la servilità dei DIVERSI!
lprimi, nessuno mai li accuserà di non andare avanti
— nella storia, nella storia... — mentre i secondi...)
Reggicalze di una stagione,
per bacco, mi hai fatto giocare con te come un gatto,
che non sa niente, baffuta macchina innocente,.
Ti ho leccato e graffiato con tutta l’infinita
esaltazione., del matto
sistemato nella vita magnificamente.
Ero infatti terrorizzato dal ricatto della religione.
Ma ripeto, questo terrore mi era molto comodo, molto,
perché mi abituava ad avere terrore di tutto,
e così ho abbassato la ICSIH, mi son chiuso nel mio guscio
ove, gran Diol, ho poi fatto tutto quello che ho voluto.
(Si è stretti i reggicalze, e prende le mutandine.)
Ehi, mutandine di mia madre!
Primo: la caducità — e quindi la rassegnazione.
Secondo: Vonnipresenza del potere — e quindi l`ip0crisia.
Mutandine cieche, sacchetto vergognoso.
Ma sì, ma sì, torneremo polvere: ciò ci protegge,
da una parte, nel]'essere follemente porci,
dall'altra nell’obbedire a chi vorrebbe
che mai si parlasse di voi; e che voi
foste fonte di silenzio.
(Si è injůlato le mutandine, e prende la sottoveste.)
============================================Page 424==================================================
HU Orgia
Idem poi dicasi per questa sottoveste.
Legata a motivi di canzonette, alla televisione, e affini.
Eh, già! Ci sono dei misteri così. Chi ha detto
che anche una vita piccolo-borghese non sia misteriosa?
Al contrario, è misteriosa anch'essa: mettiamo come la vita
di un antico Greco.
Essa è impenetrabile: perché la sua bruttezza
e la sua volgarità (di cui, oh bella, ora sono qui cosciente)
non può impedirle di essere reale. Al male non c`è confine,
lo ho accettato questa sottoveste volgaruccia;
ho accettato le sue grazie
alla portata di tutti, la sua innocenza
voluta dalle complicazioni della ricchezza;
la sua innocenza: in cui la morte
introduce il principio della rassegnazione.
(Si è mjilam la iotloveste, e prende Ia somma.)
Non sei tu la sottana di lana leggera
che si indossa quando sta per finire l'estate?
Anche tu, anche tu,
altro non dici che su te è passato il tempo,
quello che distrugge, sul nascere, le speranze.
Sì, questo è importante, e lo sottolineo:
la morte che concede l'orgia,
rende per sua natura sciocco lo sperare.
(Si è infilato la wmma.)
Non è dai monti della luna che venite,
segni della mia nuova realtà.
Dico nuova: e non senza ragione.
Così nuova da far decadere ogni già sperimentata
idea di novità. Infatti:
quando eravate i segni della mia realtà vecchia,
due erano le altemative: primo, con la scusa...
della caducità (indi della rassegnazione)
asservirsi all'autorita e fare quella magnifica vita di p0KCl·
============================================Page 425==================================================
Orgia 31 1
Secondo, farla subito finita e darsi una magnifica morte
(come è già accaduto nel corso di questa tragedia).
Ma,. ora... si apre una terza alternativa".
un'alternativa.., rivoluzionaria!
Sono stato vostro schiavo, oggetti della mia vita:
di conseguenza, voi siete stati i segni della mia obbedienza.
Ma ora, ora non sono più vostro schiavo! Ah, ah,
ho del tutto stravolto la vostra normale funzione;
c domattina, così, voi sarete i segni della mia nuova realtà.
Quanto parlate, quanto urlerete, (impazziti) oggetti banali,
parole del silenzio e della rassegnazione!
(Esmze dalla borsetta z`] rorretto, la czpná, 2 cominci}: a truc-
carri)
Lo ripeto: in nome della morte
che voi mi avete predicato per tutta la vita,
umili cose, ho rinnegato la coscienza
della mia diversità. Che, così, non ha avuto storia.
Essa è sempre rimasta allo stesso punto, come voi.
Ma ora ecco, lo ripeto,
io vi faccio di colpo parlare un altro linguaggio.
Ah, in quante occasioni, in quante ore
della mia adolescenza, della mia gioventù,
a casa, a scuola,
nelle strade del centro piene di facce note
come maschere, o in quei viali di periferian.
dove luccica ancora il tremendo rosa
di quelle pozzanghereu.
QUANTE VOLTE IO AVREI POTUTO RIBELLARMU
E invece, una volta per sempre — lo ripeto, lo ripeto —
avevo pronunciato un atroce giuramento di lealtà.
Ora mi appresto a rirmegarlo.
============================================Page 426==================================================
H2 Orgia
U mio linguaggio diventerà muto per eccellenza,
oltre che per l`eternità,,. Eppure
chi domattina verrà, e alzerà gli occhi per decifrarlo
capirà quale !erril71'le/'orza, mai pensata fnora,
avrebbe avuto il mio lI'é"Xll1€fl'() di essere libero,
se avessi vmiv il mio zslinlo
allraverw cui la m0rIe
aveva dichiara/ri inutile ogni speranza.
Il gruppetto di gente che il sole porterà qui
delegati dall`immenso mondo della storia
li vicini di casa, in silenzio, i poliziotti
col loro triste sudore, gli infermieri
venuti dalla campagna: come li vedo!)
si troveranno davanti a un fenomeno espressivo
indubbiamente nuovo, così nuovo da dare un grande
[scandalo
e da smerdare, praticamente, ogni loro amore.
Infatti non faccio questo (come, ripeto,
è stato già fatto nel corso di questa tragedia)
per aver perduto il senso della legge:
ma per averlo ritrovato e... GIUDICATO.
Ecco, il bonzo è pronto.
(Comincia a compiere gli alti necessari a impiccarsi al
sofftlo.)
Sole, femiati su Gabaon, e tu, luna, sulla valle di Aialonl
(Sale sulla sedia e inhla il capo nel cappio.)
Allegri!
Dentro una delle tante case di questo quartiere
— o per lutto. 0 nevrosi. 0 noia del pomeriggio festivo —
c`è stato fmalmente un uomo
che ha fatto buon uso della morte.
(1966-1970)
============================================Page 427==================================================
APPENDICE A «ORGIA»
============================================Page 428==================================================
www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
============================================Page 429==================================================
[I CARTELLI DELLA «PRIMA»]
- Lo spazio teatrale è nelle nostre teste
-Qui non esistono spettatori: il teatro è UNO
- Dopo che noi abbiamo parlato con voi, applaudire 0
fischiare è inutile: parlate voi con noi
— L`attore è un critico
-ll regista è un critico
- Lo spettatore è un critico
— L'autore è soggetto e oggetto critico
-Gli scandali avvengono fuori da questo luogo: qui noi
siamo a compiere un RITO TEATRALE
-Il teatro non è un medium di massa. Non potrebbe es-
serlo neanche se lo volesse
— Qui dentro siamo in pochi: ma in noi c'è Atene
- Non vogliamo avere successo
— Siamo in pochi perché siamo uomini in carne e ossa
tutti quanti: i corpi non sono aristocratici
— Non cercate qui lo specifico teatrale né l'idea del teatro
— Nel momento in cui la CULTURA E RITO, cessa di obbe-
dire alle sole norme della ragione, e ridiviene anche pas-
sione e mistero
— Il teatro e una forma di lotta contro la cultura di massa
— Decentramento!
— Né l'autore né gli attori vogliono dare scandalo a voi:
dobbiamo darlo insieme
- Non vogliamo rivolgerci al vecchio pubblico borghese
neanche per scandalizzarlo: perciò siamo qui
— Chi davanti alle innovazioni delle forme e alle novità
dei problemi ha l'abitudine di scandalizzarsi, ha fatto
============================================Page 430==================================================
Hh xippmdnra «()rgm··
male a entrare in questo luogo: infatti noi non vogliamo
scandalizzare [ui
— Povertà!
- Perdonate l'accendersi e lo spegnersi delle luci c l`us0
di strumenti meccanici: ma si tratta del minimo indi—
spensabile alla forma esterna del rito
- Abbasso tutti i teatri anti—accademici che sostituiscono
un teatro accademico che non ci può essere
- La cultura italiana non è nazionale: 1) perché non ha
una tradizione unitaria; 2) perché si fonda sulla repres-
sione e sul privilegio. Questo teatro è dunque anti-na-
zionale
— Questo teatro si chiama Nlajalcovskij: e ciò significa:
viva Sinjavskij e Daniel, viva Carlos e Smith
— ll teatro è attuale perché è anacronistico: i corpi degli
attori e i corpi degli spettatori non possono essere fatti
in serie
— Abbasso il teatro fàtico a ogni livello semiologico!
— Solo il rigore di un RITO CULTURALE può ricordare il sa-
cro orrore del RITO RELl(ìI()S() che fu il teatro alle origini
— «La soddisfazione nell`uom0 è legata al sentimento
dell'inatteso che sorge dall'atteso.,,» (Poe citato da
jakobsonl
— Ricordate anche che in Italia l`«atteso» non è stabilito:
perché in Italia non esiste, né può esistere, un teatro ac·
cademico
— Ricordate che l`ltaliano orale non si è ancora stabiliz-
zato?
— Avete ragione di disapprovarci: 1) quando il fascino
dell`attore prevale sul senso di ciò che dice; 2) quandoil
regista regredisce a fare del teatro un RITO SOCIALE e un
mo naamate anziché un Rito cuu1mAi.E
· Costi quel che costi: rigore
— Il teatro può estere come un RITO perché ci sormi corpi
- Potete spesso chiudere occhi: la voce e le orecchie
fanno infatti parte dei corpi
============================================Page 431==================================================
/lppem/tte a «()rgra» 317
-1] teatro come RITO CULTURALE è teatro di parola. Paro-
la scritta che è insieme parola orale NON RIPRODOTTA
- ll teatro facile è oggettivamente borghese; il teatro dif-
ficile e per le élites borghesi colte; il teatro difficilissimo
è il solo teatro democratico
- Operaio, la tua fatica a comprendere questo teatro
consiste in una pura e semplice mancanza di quegli stm-
menti che la società non ti ha dato
-C`è un rapporto diretto tra uomini di cultura e operai:
non c'e bisogno dunque che il teatro come RITO CULTU-
RALE sia letteralmente fatto per gli operai.
(1968)
============================================Page 432==================================================
PROLOGO
[dal programma di salal
INH ntmixzir mi La prima stesura di Orgia è della prima-
vera del 196S. Era la prima cosa che scrivevo per il tea-
tro. ln questi tre anni ho scritto altre due stesure. Per
quel che riguarda dunque Orgia, il triennio di lavoroè
un triennio piatto, non trascorso, ricaduto dentro se
stesso. Voglio dire che i temi, i problemi e, soprattutto,
il «sentimento» della tragedia si sono fossilizzati in un
loro momento che e stato di «tensione» in quella prima-
vera del `(ni, in cui, convalescente dall`unica malattia
della mia vita. appena ho potuto prendere una penna in
mano, ho cominciato a scrivere. La «tensione» è stata
mantenuta artificialmente: ma tale operazione è inevita-
bile per qualsiasi autore che lavori a lungo sulle proprie
opere. D`altra parte devo dire che i temi, i problemi e
soprattutto il sentimento di Orgzkz mi sembrano attuali:
e a tre anni di distanza li sottoscrivo. Essendo Orgzkz la
mia prima opera teatrale (dopo un lungo odio per il tea-
tro. che non è detto si sia placato), rispetto alla mia
«ideologia» teatrale maturata in seguito, essa presenta
queste due caratteristiche «difett0se»:
I) Conserva abitudini di autore lirico, che considera il
monologo come il più teatrale degli eventi teatrali.
Zi Conserva tracce di «azi0ne»: quella maledetta
«azi0ne» ormai monopolizzata dal cinema, dalla televi-
sione 0 dal teatro gestuale.
CURIOSITA. Mentre scrivevo la prima stesura di Orgia
scrivevo. in contemporanea gestione, il mio primo sag-
gio sul cinema, inserito nel quadro di una «pansemiolo-
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/lpp¢·r1d1cz' a «()rgrh» 3 19
¢i,,,_ |I cinema vi è interpretato come'«ling'ua scritta
tlclI`azione»: ed esaltato come sistema di segni non sim-
bolici che «esprime la realtà attraverso la realtà». Il tea-
tro di parola e nato forse in reazione a questo.
Il curioso consiste nel fatto che, mentre scrivevo il
mio primo resto di quello che avrei poi appunto chiama-
[0 ttteatro di parola», le mie teorie sul primato della
aazione come linguaggio», si sono riflesse sulla seconda
stesura di Orgm (che inizialmente era un puro e sempli-
ce rapporto sadomasochistico, esistenziale, tra un uomo
c una donna), inserendo così dentro una tragedia una
seconda tragedia, Questa seconda tragedia, linguistica,
getta una luce interpretativa sulla prima, che come ho
detto, era alle origini puramente esistenziale, e aveva co-
me tema il rapporto della diverxzlà, exirleuziale, cori la
rmriar Ne consegue una teorizzazione della comunica-
zione sessuale come linguaggio, facente parte di quel lin-
guaggio primario che è il linguaggio dell`azione o della
presenza fisica.
Sicché mai come in questo testo di «teatro della paro-
la» si è così violentemente polemizzato contro la parola.
La doppia natura di Orgia (testo, ripeto, tutto fonda-
to sulla parola nel suo momento più «espressivo», quel-
lo della «lingua della poesia», in cui poi viene esaltato
continuamente il primato dell'azione, come mistero
pragmatico attraverso cui la coscienza si esprime con
maggiore autenticità anche se in completa irrazionalità)
èindubbiamente un difetto dell'opera: e lo spettatore-
critico ne sarà confuso. Tuttavia ho voluto cominciare i]
mio curriculum teatrale (se pur avrà un seguito), con
l'opera che ho pensato e scritta per prima (anche se poi
elaborata contemporaneamente ad altre).
ESEGESI. O piuttosto euristica. Parte dell'ideologia di Or-
gta (la morte come abitudine alla repressione) è nata da
una lettura di Marcuse (quando, in quella primavera del
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ill) Appmdicv u «()rgm»
`oi, Marcuse non era ancora di moda e lo conosceva solo
Fortini): Emi e T/Jamuvx. Ma la maggior parte delI`ide0.
logia di Orguz nasce da un testo che non conoscevo. E
che ho letto solo recentemente in una citazione del volu.
metto (,lI`IvII¢2l del/a /1:/lerauzu, pubblicato in questi mesi
da Einaudi. Si tratta di un ICSIO di Emile Durkheim, Sui'-
dde, citato da Robert Paul Wolff, in uno dei ITC saggi del
volumetto citato, di cui riporto il passo saliente:
«Durkheim scoprì che la disposizione al suicidio si
associa nella società occidentale contemporanea con
una di due condizioni, le quali fanno entrambe parte di
quello che Stuart Mill chiama «libertà». L'allentarsi del-
la presa che i valori tradizionali e di gruppo esercitano
sugli individui, crea in alcuni di loro una condizione di
mancanza di ogni legge, un`assenza di limiti ai loro desi·
deri e ambizioni. E poiché non v'è alcun !z`mi1eim‘rz>1seca
a/la quurmlá di roddzrfazzòrze che I '1`0 può desiderare, ecco
che esso si trova trascinato in una ricerca senza fine del
piacere. che produce sull'io uno stato di frustrazione.
L`infinità de]l'universo oggettivo è inafferrabile per l'in—
dividuo che sia privo di freni sociali o soggettivi, e I`io si
dissolve nel vuoto che cerca di riempire. Quando questa
mancanza di freni interiori mina la forza e la struttura
della personalità oltre certi limiti, la situazione può sfo-
ciare nel suicidio. Durkheim definisce questa forma di
suicidio "anomico", per sottolineare il fatto che esso dc-
riva da mancanza di legge (= anomia). [...] Si potrebbe
quasi considerare le mutevoli percentuali di suicidi c0·
me ammonimenti che la società impartisce a quelli trai
suoi che scioccamente s`avventurano oltre le mura della
città negli sconfinati e solitari deserti che si distendono
al di là».
Nel nostro caso è la “diversità" sessuale che ha aperto
una breccia nelle mura della città. I] sesso - nel suo aspet-
to di "diversità" sadomasochistica - non è dunque che
quantitativamente il contenuto di Orgia. Occorre infatti
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/l[:[u·11t/nr 41 «()rg/u»« $2]
molta di questa misccla esplosiva per far crollare le grosse
mura di una città che per i protagonisti di Orgzkz è mag-
gioranza e conformismo.
La teoria di Durkheim, naturalmente, serve a spiegare
il suicidio della protagonista, non quello del protagoni-
sta, Per spiegare il suicidio del protagonista — il suo
«bu0n uso della morte» — non credo ci sia bisogno di ri-
correre a testi. Qui sì siamo in piena euristica; e in pieno
pragma. Pensate alla volontà di morte di Panagulis, per
citare l`ultimo esempio. D'altra parte il testo parla chiaro:
«Il bonzo è pronto». Le stratificazioni di un'opera posso-
no essere infinite. Mi sembra di ricordare che i bonzi sui-
cidi nella primavera del '6S non fossero ancora moneta
culturale corrente. Resta il sospetto che il protagonista
non insceni la sua rappresentazione suicida, decisa in ex-
tremis e, certo, molto immaturamente, nel quadro di una
protesta non-violenta ma in quello di una protesta il cui
fine sia la rivalutazione della violenza.
oroicix ¤ELi.o si>ETrAc©1.©. Ad Aldo Braibanti, in pri-
gione per "anomia” della società italiana.
(1968)
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[DIBATTITO AL TEATRO GOBETTII
PUBBLICO Perché ha scelto il teatro greco come punto
di riferimento culturale?
PAs<>L|Nl Perché malgrado i cori, malgrado le masche-
re, malgrado i gesti, quello che era fondamentale nel
teatro greco era sempre il testo, su questo non c'èiI
minimo dubbio. Non posso riprodurlo, riedificarlo
totalmente, perché allora il teatro greco si dava di
fronte a tutti i cittadini di Atene, quindi era un vero e
proprio spettacolo, una cerimonia politica, religiosa,
ecc. lo l`ho ricostruito ma adattandolo alla circostan-
za, voglio dire che sì, anche il mio è fondato esclusiva-
mente sul testo, ma questo non esclude che ci siano la
presenza fisica degli attori, la recitazione, e quel mini-
mo indispensabile di convenzionalità teatrale che ri-
produce, portandola al minimo, anche la spettacola-
rità del teatro greco. Perché ho fatto questo? Perché
io, anziché portarlo di fronte ad un grande pubblico,
di fronte ai cinquantamila abitanti di Atene, lo porto
di fronte a piccoli pubblici formati da due o trecento
persone come siamo qui stasera: e allora tutto è ridot-
to su scala spettacolarmente minima.
Quanto al problema di comprendere la parola, pur-
troppo la cultura di massa è una cultura che rende so-
litamente incapaci i suoi appartenenti a comprendere
la parola. Recenti statistiche dicono infatti come il fu-
metto stravinca sul libro, come d'altra parte il cinema
Torino, 29 novembre 1968
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/I/:[u·r1J1u·a «()rgm» 32}
c la televisione. Il pubblico della cultura di massa è
abituato ormai soprattutto a mezzi di comunicazione
audiovisivi, mentre la parola è sempre meno compre-
sa; me ne accorgo proprio quasi fisicamente, quasi
praticamente ogni giorno, la parola è continuamente
fraintesa, ha perso la sua assolutezza, e quindi proba-
bilmente avrò queste difficoltà se porterò il mio spet-
tacolo, ma anche adesso ce le ho. Credete che ci sia
molta differenza, di fronte ad un testo di poesia, tra
una signora col visone e un operaio della FIAT? Non
c'è mica differenza, anche la signora con la pelliccia
di visione, non tutte, si intende, ci sono delle signore
con la pelliccia di visone che sono coltissime, non vo-
glio fare del razzismo, però voglio dire che il proble-
ma è identico. Perché chiamo il mio teatro «di paro-
la»? Perché è scritto in poesia, e i lettori di poesia
sono oggettivamente pochi. Può darsi che una città
come Torino comprenda un gruppetto di venti, tren-
ta, quaranta, cinquanta, cento, non so quanti operai, e
venti, trenta, quaranta, cento, non so quante signore
col visone: sono i lettori di poesia, coloro che com-
prendono la parola nel suo momento espressivo—poe—
tico, che sono oggettivamente pochi, ma è a questi
che io mi rivolgo.
Ma non soltanto a coloro che sono già in grado di
comprenderla, in quanto sono degli specialisti e dei
competenti, ma anche a coloro che hanno intenzione
di comprendere. Ieri sera ho capito che il mio spetta-
colo, nelle prime tre sere, è stato quello che si dice un
insuccesso. E vero che io ho scritto nel manifesto
«non vogliamo avere successo», ma questo non signi-
fica nemmeno che vogliamo avere insuccesso. Noi vo-
gliamo avere comprensione: in quanto a comprensio-
ne è stato un insuccesso. Era il pubblico che va alle
Prime, quello borghese molto elegante, il quale aven-
do alle spalle il potere (forse dico delle cose un po'
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\2·\ /lpptm/m· I1 «()rgm»
cattive, qualcuno di coloro che sono venuti si ollen.
derà, pazienza), l`autorita sulla pelliccia di visone, era
venuto aprioristicamente intenzionato a giudicare,
anziché ad instaurare un dialogo. E allora questo giu.
dizio gli dava una certa prepotenza, un pochino vol.
gare, tipica di tutte le borghesie del mondo, per cui,
alla fine la sua attesa essendo rimasta delusa, l'ha di-
mostrato chiaramente.
Ieri invece è venuto il pubblico che viene al pomerig-
gio. cioè. invece della borghesia potente, strapotente,
col visone, è venuta la borghesia media, e quindi vo-
lonterosa, intenzionata a capire; e anche se non ha ca-
pito, alla fine c`è stata una comprensione, un vero e
proprio dialogo, tra quello che, autoritariamente, av-
viene sul palcoscenico e quello che avviene in platea.
Allora voglio dire questo, che se degli operai della
FIAT mi invitano al loro circolo culturale, può darsi
che letteralmente tante cose non le capiscano perché
non hanno gli strumenti specifici per capire il lin-
guaggio della poesia, però basta l`intenzi0ne, il reale
interesse per la cosa, perché in qualche modo essi ca-
piscano.
PUBBLICO Una persona che non capisce perde la pa—
zienza e non ascolta più...
PASOLINI Se perderà la pazienza e non ascolterà più, si
alzerà e se ne andrà, se è maleducata. Però questo
può essere vero solo in un caso estremo: o il mio testo
è talmente oscuro da essere assolutamente incom-
prensibile, oppure chi ascolta è talmente ignorante da
non capire neanche quel minimo che chiunque può
capire in una poesia.
PUBBLICO Sono molto ignorante, però ho letto altri
scrittori e li ho capiti, leggo lei e non capisco niente.
non capisco perché. La dimostrazione pratica l'h0
avuta da un giomalista che ha scritto sulla «Stampa»I
«... forse Pasolini voleva intendere questo...»; anche il
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/l[i[w11J1u· I1 «()rgiu» 52i
giornalista, che è più intelligente di me, non ha capi-
to,..
|'AS()LlNl Potrei risponderle che una signora del pub-
blico di ieri sera ha detto: «... ma allora perché i gior-
nalisti scrivono queste cose, io sono venuta qui e ho
capito...». Oltre questo non posso risponderle, parli
con i giornalisti... io ho già premesso che il mio testo è
difficile.
PUBBLICO Lei premette che il suo testo è difficile, io
faccio proprio fatica a seguirla, mentre altri scrittori li
capisco.
PASOLINI Lei mi parla di altri scrittori, deve parlarmi
di altri poeti...
PUBBLICO Non so, Quasimodo... Malaparte.,
PASOLINI Non si possono mettere insieme: Malaparte è
un giornalista, facilissimo". Quasimodo non mi piace,
è retorico. comunque a parte l'ultimo Quasimodo,
quello della Resistenza, abbastanza chiaro, il Quasi-
modo ermetico lei non lo capisce, non lo capisco nep-
pure io, l'ermetismo è un tipo di poesia fatto per non
essere capito. Quindi Quasimodo non calza, c'è una
lingua della poesia a cui bisogna essere abituati,
PUBBLICO Noi non siamo abituati, abbiamo bisogno di
essere aiutati a salire i primi gradini. Se lei parla di
gruppi «avanzati», come fanno gli operai della FIAT a
capirla?
PASOLINI Forse non ha capito quello che ho detto pri-
ma: io mi rivolgo 0 a quelli che sono intellettuali in
qualche modo abituati, anche se non specialisti com-
pletamente del linguaggio della poesia, o a coloro che
hanno molta buona intenzione di cominciare a capire.
Davanti ad un pubblico che non ha queste caratteri-
stiche, io sono un pesce fuor d’acqua, ridicolo e inop-
portuno.
PUBBLICO Io ho tutte le buone intenzioni di capirla,
ma non la capisco lo stesso.
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$26 Appt·nJu¢' u «()rgm»
PASOLINI iridmdu, e' in Iorio molto umzico) Ma e un ca»
so disperato!
PUBBLICO Come ha scelto il soggetto di Orgia?
PASOLINI Difficile sapere come si scelgono i soggetti,
uno di solito non si ricorda più. Però posso dirle che
è un fatto di cronaca vero, successo realmente in Au.
stria cinque o sei anni fa. Allora io non pensavo di fa-
re del teatro, perché ero ancora nella fase dell'0di0
verso il teatro, e mi è rimasta impressa questa cosa.
E anche il finale di Orgia, d'altra parte, è vero. Cè
stato un professore universitario di Amsterdam che
impiccandosi si è travestito da donna, così come il
protagonista di Orgzkz. Due fatti di cronaca veri, quin-
di può darsi che la prima scelta sia avvenuta quandoli
ho letti, poi c'è stata una elaborazione di anni in mez-
zo e non so dire quando esattamente è scattata la scel-
ta, non lo ricordo più,
PUBBLICO Escludenclo la parte tecnica, cioè il teatro di
parola, lei che cosa ha voluto dirci con questi due per-
sonaggi, questo marito e questa moglie? La materia
era molta, bisognava come minimo vedere lo spetta-
colo un'altra volta.
PASOLINI Lei ha visto lo spettacolo, ma penso che la
maggioranza delle persone che sono qui non l'abbia-
no visto (spero che lo vedranno questo gennaio quan-
do sarà aperto a tutti). preferirei rispondere a doman-
de sulle mie teorie sul teatro, che sono pubblicate e
leggibili, piuttosto che parlare della mia opera stessa.
altrimenti chi non l'ha vista viene escluso dalla discus-
sione. Comunque, siccome lei mi chiede una cosa
molto semplice, io le rispondo: con questo marito c
questa moglie ho voluto dire del rapporto di chi è di-
verso (per qualche ragione) con la storia. Dico dei
luoghi comuni, tanto per essere schematico: i diversi
generalmente sono reclusi nei ghetti, vengono esclusi
dalla società, relegati in qualche posto idealmente
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/ijijiwii/111* u «()rgm» $27
fuori dalla società, quindi in qualche modo, almeno
oggettivamente, vengono esclusi dal fare la storia,
Allora questi due coniugi, un sadico e una masochista
(la quale poi a sua volta è sadica, mentre il marito è ma-
sochista, perché come voi sapete il sadismo è sempre
composto di masochismo, e viceversa) sono diversi per
questa ragione, e Orgzkz è il dramma della disperata lot-
ta di chi è diverso contro la normalità che respinge ai
margini, che rinchiude nel ghetto, è il rapporto tra di-
versità e storia. Questo il nudo contenuto del dramma.
La donna, la moglie, non se ne accorge, e si uccide per
anomia, come ho scritto su questa noterella che forse
qualcuno di voi ha letto, perché per essere andata al di
là dei limiti consentiti dalle leggi ne perde il senso.
Questa perdita, secondo Durkheim, che cito qui, spin-
ge al suicidio. Un suicidio quasi naturale, privo di co-
scienza sociale e politica, fatto per puro dolore. Il ma-
rito invece prende coscienza di questa posizione di
diverso, e si suicida come protesta. Il suo suicidio è un
po' quello dei bonzi, una protesta esistenziale: non ha
altro da offrire che il proprio corpo, e lo gCIIà in pasto
agli altri, reso espressionisticamente ridicolo dal truc-
co e dai vestiti che indossa, come protesta esistenziale
contro la normalità.
PUBBLICO Non mi sembra però che la moglie non ab-
bia coscienza: ha coscienza di quella che è una vita
normale.
PASOLINI Quella infatti ce l`ha, ma io parlavo di co-
scienza politica. Quello che lei mi dice è un po' il pun-
IO cruciale di tutto i.l teatro che sto scrivendo: tutti i
miei personaggi hanno coscienza, perché sono sempre
doppi, e per questo è stato così difficile impostare una
recitazione. Infatti dei piccolo-borghesi piuttosto
ignoranti, privi di una ideologia contestatrice e rivolu»
zionaria, immersi nel loro stato borghese fino oc-
chi, contemporaneamente parlano un linguaggio,
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ì28 /ipp¢'m[Iz'¢' u «()rgm»
quello della poesia, che è cosciente, e sono continua.
mente illuminati dalla coscienza di ciò che essi stessi
sono. Questo implica, appunto, lo sdoppiamento: 50.
no contemporaneamente piccolo-borghesi incosciemi
e anime coscienti poeticamente. una forma di stra.
niamento che ha origine forse in Brecht, io a questo ha
pensato dopo, cioè i personaggi sono coscienti di se
stessi, delle proprie azioni e dei propri stati d`anim0,
ma come visti dal di fuori. Si sdoppiano, si estraniano a
se stessi e parlano come se avessero la coscienza del
l`autore che li fa parlare, cosicché la recitazione e un
misto di verità parlata e di dizione poetica.
PUBBLICO Riprendendo il discorso di prima, l`operai0
non capisce la parola perché è condizionato dalla cul-
tura di massa?
PASOLINI Non è esatto. Non comprende la parola per-
ché condizionato dalla cultura di massa se non in mi-
nima parte; non la comprende perché in una società
repressiva non ha gli strumenti, non ha fatto le scuole
necessarie per capire la lingua della poesia.
PUBBLICO Non crede che un uomo di cultura dovreb-
be proporre una alternativa non solo nello spettacolo,
ma anche a livello globale, non andando a compro-
messi con le strutture, insomma dicendo basta con le
Biennali, basta con le Gallerie d'arte, ecc.?
PASOLINI Riguardo ai compromessi, io sono stato one-
sto dicendovi che si è trattato di un patteggiamento
con lo Stabile, di cui potrei anche, in parte, vergo-
gnarmi un po', ma voi dovete essere altrettanto leali e
dire «sì, abbiamo capito, e da gennaio verremo a ve·
dere lo spettacolo!».
PUBBLICO Chi mi ha preceduto voleva definire l’impe-
gno con il quale lei svolge tutte le sue attività, sia di
scrittore che di uomo di teatro. Personalmente mi
sembra assurdo che uno scrittore come lei, che si pro·
clama popolare, si proponga in tempi rifonnisti di re·
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/lpp<·nJ1ì'r' a «()rgia» 329
stringersi ai circoli letterari, oppure alle persone che
possono comprendere su di un piano che lei stesso
definisce molto alto e molto difficile. Mi sembra un
non comunicare verso la massa.
|i,\S()LlNl Mi dispiace, ma siete assolutamente retorici:
questa è pura retorica! Come sapete, quando avevo la
vostra età, c'erano gli ultimi anni del Fascismo, e poi
la Resistenza. lo mi sono formato a vent'anni con la
Resistenza, che per me è stata quello che è per voi,
mettiamo, il Movimento Studentesco, come ambito
pedagogico e ideale. A quel punto, siccome durante il
Fascismo avevo potuto leggere sui banchi di scuola
soltanto Croce e Moravia (Gramsci era irraggiungibi-
le), dopo un anno o due, verso il ’46-47, ho letto
Gramsci, che è stato poi una lettura fondamentale per
iseguenti quindici anni della mia vita, e forse ancora,
Gramsci pone questo problema all'autore: distrugge,
fa quella che oggi si definisce una critica globale della
letteratura del suo tempo (ermetismo, simbolismo,
ecc.), e parla di una poetica che lui chiama «di lettera-
tura nazional—popolare», cioè una letteratura capace
di raggiungere gli strati più vivi della popolazione, gli
operai in lotta, i contadini, ecc. Una letteratura chiara,
che abbia la stessa energia di un'azione, e che sia com-
prensibile, arrivando fino al profondo di una nazione.
Con questa poetica io ho scritto i miei primi romanzi,
e ho girato anche i miei primi film, fino al Vangelo re-
cando Matteo. Con tutte le contraddizioni che ci pote-
te trovare, Accattone, Mamma Roma, La ricotta e Il
Vangelo recando Matteo sono fatti sotto il segno di
Gramsci, sotto l’idea di fare delle opere che, pur es-
sendo complesse e contorte data la mia psicologia e la
mia formazione all'interno, esteriorrnente si rivolge-
vano veramente a quel grande pubblico di cui voi mi
parlate, ivi compresi gli operai. A quel punto invece è
avvenuto un cambiamento oggettivo nella società ita-
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H0 xlppmtlitr it «()rt;m»
liana, ed io mi sono trovato coinvolto nel turbine di
questa crisi, Gramsci stesso vi si sarebbe trovato coin.
volto. Che cosa è successo, cioè? Che non è più vera
la distinzione netta di classe Borghesia/Popolo, ed io,
avendo continuato a fare questa distinzione gramscia,
namente, in modo più ingenuo fino a pochi anni fa,
sono poi stato accusato dai miei coetanei di populi-
smo, di umanitarismo, ecc.
Ora, questa distinzione si rivela sempre più inesatta,
perché anche l`Italia, attraverso una evoluzione che
da Italia paleo-industriale la porta ad un livello di in-
dustrializzazione totale di neocapitalismo, sta cono-
scendo una rivoluzione interna, direi antropologica,
per cui da una cultura di classe, repressiva e di privi-
legio, sta passando ad una cultura di massa, così come
la cosa si sta già verificando nelle grandi nazioni avan-
zate europee, Quindi l'operaio non si distingue più
nettamente dal borghese, perché ambedue fanno par-
te dello stesso tipo di cultura di massa.
Se io facessi un'opera facile, per il popolo, sbaglierei,
perché non mi rivolgerei più al popolo, ma a questa
nuova nozione indefinibile (forse se ci fosse qui un
sociologo potrebbe esprimersi meglio, meno dilettan-
tescamente), la massa. Cioè compirei un'azione assur-
da, alla quale mi ribello, perché io mi ribello alla cul-
tura di massa. Perché so che la cultura di massaè
l`antidem0crazia.
Ecco perché faccio il teatro, ecco perché parlavo di
decentramento: perché il teatro, per sua natura, per
sua definizione, non potrà mai essere, anche se acca-
demico e ufficiale, medium di massa. Perché non l0
consente la sua natura stessa, perché non può essere
prodotto in serie: ogni volta che si ripete l'evento tea-
trale ci sono gli attori in carne ed ossa, con le loro
bocche, e c'è il pubblico in came ed ossa, con le suc
orecchie. È un fenomeno che sfugge alle regole con-
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/l[¤]Jw1Jn1·a «()rg/un Bl
tlizionatrici della cultura di massa. Ecco perché io
trovo che invece sia profondamente democratico ri-
bellarmi a questo, rinunciare a certi miei vecchi ideali
nazionalpopolari, rinunciare anche a quello che vol-
garmentc si definisce «successo», e rivolgermi a dei
pubblici ristretti che riproducono in qualche modo,
democraticamente, l'antica Atene. Questo lo dicevo
come boutade. La mia operazione sembra apparente-
mente aristocratica, apparentemente selezionatrice, in
realtà è profondamente democratica perché si oppo-
ne all'antidemocrazia reale che è la cultura di massa.
PUBBLICO Mi scusi, ma quando la cultura di massa vie-
ne fatta a fin di bene per la massa non credo che...
PASOLINI Non esiste né il fin di bene né la massa, per-
che il fin di bene è una cosa paternalistica e odiosa, e
nessuno può assumersi la prerogativa di averlo. Nes-
suno può fare qualcosa a fin di bene. Nel momento in
cui uno scrittore si mette in testa i.l fin di bene è un
imbecille!
PUBBLICO Da quanto ha detto prima nasce una con-
traddizione. Lei ha citato le sue opere tipo La rztolta,
Mamma Roma, Una vita violenta: io sono d'accordo
sul contenuto poetico e di rivolta che ne può scaturi-
re, però faccio una distinzione tra l'opera e la struttu-
ra politica e sociale di distribuzione culturale. È que-
sto che gli operatori culturali in Italia non hanno
capito...
PASOLINI Ma io ho risposto proprio a questo...
PUBBLICO Lei ora cerca un ambito democratico in mo-
do quasi idealista, volendo proporre ad un pubblico
interclassista un discorso che possa andare bene per
tutti. Invece è proprio perché c’è una cultura di massa
che c’è una cultura condizionante e discriminante,
Proprio come diceva Gramsci, e una cultura che ogni
Classe sociale ha; e allora c`è una massa operaia e una
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U2 ;l[¤[u·//t/1t«· I1 -«()1gn1»
massa borghese. Forse sarebbe meglio che ci chiarisa
la distinzione che fa tra popolo e massa.
PASOLINI E per questo che ci vorrebbe un sociologg
che lo spiegasse, io sono un po' un dilettante... la mas-
sa non e formata da tanti singolin.
PUBBLI<;O Credere che si sia attenuata la divisione di
classe per cui anche l`operaio può accedere ad una
certa zona culturale, significa condurre un`operazionc
di tipo idealistico, perché mancano le strutture: man.
cando le strutture, è questo che le chiedevo prima,
come si fa ad accedere alle masse operaie?
PASOLINI Le ho risposto implicitamente: perché delle
opere di teatro, mettiamo, ma soprattutto di cinemae
di letteratura, possano arrivare alle masse, queste
strutture, se la società resta quello che È, non sono
neanche immaginabili, occorre la rivoluzione! Soltan-
to attraverso una riforma radicale della struttura di
una società si trovano poi i canali perché delle opere
giungano al popolo, alla classe operaia vincitrice, Fin-
ché viviamo in un mondo come questo, un mondo
neocapitalistico, riformista, illuminato, queste strade
non si troveranno. Lei mi dice «facciamo la rivoluzio-
ne!», e in realtà io sono su queste posizioni, politica-
mente. La mia polemica più 0 meno velata con il Movi-
mento Studentesco è proprio per questo, perché io
sono su posizioni un pochino retrive, tradizionaliste,
io sono ancora con la classe operaia, e quindi penso an-
cora, illudendomi probabilmente, perché poi mi con-
traddico, mi sto contraddicendo in questo momento.
alla possibilità di una rivoluzione, che è l'unico modo
per trasformare le strutture cui lei accennava.
PUBBLICO Però bisogna contestare anche all'intern0
del sistema".
PASOLINI Ma cosa vuole contestare, io contesto rivol-
gendomi a poche persone, questa è la mia forma di
contestazione. Nel momento in cui io rinuncio a dar-
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/l[¤[n'ndn<· I1 «()rgm» H}
mi in pasto alla massa e mi riduco a fare il teatro per
poche centinaia di persone, conduco una protesta
violentissima, ideologicamente estrema, globale, ver-
so quella struttura di cui lei prima parlava. Lei deve
concepire questo mio modo di fare teatro come una
forma di protesta democratica contro l'antidem0cra-
ticità della cultura di massa.
PUBBLICO comodo...
PASOLINI E di grande scomodo, invece! Prima di tutto
perché guadagno molto meno, tanto per essere bruta-
li; per un film guadagno circa cinquanta volte di più
di quello che guadagno facendo teatro, con il teatro
praticamente non guadagno nulla. Secondo, è enor-
memente più faticoso, perché devo seguire lo Spetta-
colo, prepararlo, è dispendioso. Terzo, mi toglie la
possibilità di quel successo che in realtà è un fatto
umano e potrebbe arridete a tutti. E molto più sco-
modo, glielo assicuro, perché io con il pubblico che
mi sono scelto non voglio avere successo, ma un dia-
logo. Immaginate un tipo di lotta non tradizionale,
che negli ultimi anni ha acquistato molta importanza
nel mondo, la lotta anticonsumista. Quando un beat
va vestito lacero, rinuncia alla carriera, al benpensare
e ai soldi del padre, sceglie una vita di pura protesta,
compie un atto di contestazione anticonsumistica: ec-
co, ora questo tipo di teatro si pone un po' su questa
via.
PUBBLICO Può chiarire meglio questo concetto di tea-
tro anticonsumistico?
PASOLINI La consumazione avviene a livello della mas-
sa: nel momento in cui io mi rivolgo al dialogo, non c'è
più prodotto e consumo. C'è un dialogo, è una cosa
umana, non è più una cosa fatta in serie e quindi con-
sumabile, è una cosa autentica, quindi inconsumabile.
PUBBLICO Prima volevo provocarla per ampliare il di-
battito, ora vorrei dire qualcosa sugli interventi che ci
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H4 /l[v[u·m//I r· I1 «()rgm»
sono stati: qualcuno ha detto che non riusciva a capi.
re la sua opera, ma santo cielo, quindici anni fa era in,
comprensibile anche Ungaretti, mentre ora lo trovia,
mo anche nei sillabari scolastici! Poi l`altra signora
parlava di teatro di comodo e di guadagni: ma possi
bile che se un intellettuale guadagna gridino tutti allo
scandalo, mentre se Agnelli guadagna miliardi non dj.
ce mai niente nessuno? Insomma, perché prendersela
sempre con chi almeno fa qualcosa? E chi non fa
niente, allora?
PASOLINI Concluda, arrivi alla domanda che vuole t'ar·
mi.
PUBBLICO Prima lei parla di teatro di massa, poi vuole
fare delle discriminazioni e scegliersi una élite. Non
starà pagando qui, ora, le spese del suo patteggiamen-
to con lo Stabile?
PASOLINI Non è questo che ho detto, sono stato frain-
teso. Ho detto che per un certo periodo mi sono illu-
so, e in questa illusione ero appoggiato da una condi-
zione che oggettivamente mi dava la possibilità di
coltivarla, cioè la condizione sociale italiana in cui ha
operato Gramsci e in cui ho cominciato ad operare
anch'io. Data questa condizione, io potevo illudermi.
L'illusione consisteva nel fare delle opere, come dice-
va Gramsci, a carattere nazional—popolare, cioè di ri-
volgermi ad un grande numero di persone semplici,
quelle che i comunisti chiamavano «i semplici», cioè
gli operai e i contadini. Fare insomma delle opere ia-
cili, narrativamente senza inceppi formali, con forte
empito narrativo, ecc. Cosa che hanno cercato di es-
sere i miei film da Accatlorze al Vangelo secondo Mat-
teo; entro certi limiti, si capisce, perché non facevo
opere di divulgazione, però l'idea]e era questo, Ad un
certo punto, ho detto, le condizioni sono oggettiva-
mente cambiate in Italia: non si è più avuta una nazio-
ne paleocapitalista, in cui da una parte c'era la bor-
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/l[1j¤t·nJm' a «()rg1a» H5
ghesia cattiva, repressiva e prepotente, e dall”altra il
popolo puro, in lotta nella sua aristocrazia operaia,
come la vedeva Gramsci. Gramsci vedeva effettiva-
mente l`Italia così, e anch'io l'ho vista così, nel '45-50.
Arrivato a questo punto questa distinzione netta non
esiste più, mi trovo in un’Italia che entra confusamen-
te in una nuova fase storica, la fase storica del ne0ca—
pitalismo (dico proprio delle banalità); in questa c'è
Vindustrializzazione totale, con il passaggio da una
cultura di tipo umanistico ad una cultura di tipo tec-
nico, c da una cultura che era individualistica, di fon-
do liberale e religioso, ad una cultura che si definisce
«di massa». La cultura di massa mi si presenta, oggetv
tivamente, come antidemocrazia, come alienazione,
come falsificazione di ciò che si produce: allora io
protesto contro questo tipo di cultura facendo delle
opere che fuoriescono dalle sue norme e dai suoi con-
dizionamenti. Questo ho detto.
PUBBLICO E Teorema?
PASOLINI Teorema è un film che già si pone su questa li-
nea, perché è un film che, se avrà successo (e non so se
l'avrà 0 no), sarà dovuto ai fatti esterni che io cercherò,
nel mio prossimo film, di evitare il più possibile, Per-
ché il cinema stesso, se lo farò ancora, cercherò di ren-
derlo sempre più arduo e sempre più difficile, sempre
meno popolare nel senso retorico della parola.
PUBBLICO Quindi adesso le sue scelte sarebbero molto
simili a quelle, per esempio, del cinema di Godard?
PASOLINI Sì, è vero. lo ho sempre amato Godard, fin
dall'inizi0 per istinto, perché ho amato subito il suo ta-
lento. Però, mi dicevo, in fondo mi sarebbe facile fare
dei film come fa Godard, film per cinquemila persone,
il difficile è fare film (come avevo fatto io fino a quel
momento) come Il Vangelo recondo Matteo, che dices-
sero delle cose anche complesse e difficili e avessero
questa impronta nazional-popolare. Adesso capisco
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Ho /\[i[·w/./ni ii «(}rqm·-
che in fondo la protesta e più lortc, c liuori da ogni lor
ma retorica e da ogni illusione, se latta proprio alla
Godard, cioe arrivando ad un rigore estremo.
I*UtsBLI1iu Cosa pensa della evoluzione di Godard;
partire dal personaggio del ribelle anarchico di Fim,
a//'u//1`mo r0.vp/m fino all`impegno di La cz'm·t¢· e di
lV4'<'k—w1d?
l’·\S(ìLlNI Godard è sempre stato quello che è, un mo-
ralista francese di vecchio stampo, nel fondo. con la
sua chiarezza di idee e il suo parlare per boutades. lo
trovo che non sia fondamentalmente cambiato: nella
sua uristocraticitìi coraggiosa c'è sempre un fondoter
roristico che è tipico dei moralisti, non degli uomini
di cultura.
PL‘BHLI<jO Parlando di cultura di massa, mi sembra clic
ci si dimentichi della cultura del sottoproletariato,
l‘«\S<>i.INI Lei ha ragione, questo è un grave problema
che io sento profondamente, perché ho cominciato,
soprattutto nei miei romanzi, parlando dei sottopro-
letari romani che vengono dal sud, Mi sono sempre
interessato del problema dei poveri, e di questo sono
stato accusato come adesso mi si accuserà di rivolger·
mi ad una élite, non importa. So benissimo che c'è
questa contraddizione, ma questa è oggettiva, perché
l`[talia è ancora spaccata in due tra nord e sud. Però
mentre questa spaccatura al tempo di Gramsci, e dal
`40 al `S0, quando io ho cominciato a lavorare, era
una spaccatura netta, anche questa spaccatura oggi
non è più così netta. Voglio dire che, sia pur mala·
mente, le due Italie cominciano in qualche modo ad
amalgamarsi, sorgono le industrie nel sud, operai del
sud vengono a Torino: dieci anni fa non c`eran0
500.000 operai del sud a Torino, è un fenomeno nu0·
vo. Quindi è vero che io in parte escludo ancora il sud
da questa mia protesta, però è anche oggettivamente
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/l[·]»«'m/11 I' rv ~()r;gm» 5 57
wm che il sud è in una nuova fase, di cui non posso
non tener conto.
|ILFI!Bl.!(,(J Sembra un discorso di Pietro Ncnni...
,»,tsoLINI Beh, vedi, io non mi formalizzo: siccome ho
quarantacinque anni, mentre tu nei hai venti, pur-
troppo devo accettare più di te la realtà.
|’UBBL](È() lfantidemocrazia per la democrazia, la con-
trorivoluzione per la rivoluzione: insomma lei fa co-
me in alcuni posti dove si fa la guerra per la pace!
PASOLINI La guerra per la pace? Perché no? Io sono
per Camillo Torres! Viva Camillo Torres!
PUBBLICO Io non ho visto Orgia, e non ho ancora capi-
to che cosa intende per massa". noi intendiamo il bas-
so popolo...
PASOLINI No, non è più così, ma qui è un fatto pura-
mente teorico, non c`entra con Orgia, che è ancora
brutta, non riuscita, e non ha ancora reali riferimenti
con la mia opera, E un discorso teorico che facciamo:
le ripeto ancora una volta, io, decentrando al massi-
mo quello che si chiama massa, cioè cercando di pol-
verizzarla rivolgendomi a delle élites, però non di in-
tellettuali ufficiali, ma di intellettuali potenziali, di
intellettuali per buona volontà e reale interesse cultu-
rale, quindi delle più diverse estrazioni sociali, facen-
do questo penso di fare un'operazione democratica.
PUBBLICO Sembrerebbe che per lei la massa sia com-
posta da quelle persone che in Italia guardano la tele-
visione per più di mezz'ora al giorno!
PASOLINI Sì, questa è la massa, l`ha definita molto be-
ne, io intendevo proprio questo, e questa non com-
prende più soltanto i borghesi, ma anche gli operaia.
PUBBLICO Signor Pasolini, lei è pieno di contraddizioni
e questo mi piace moltissimo, perché soltanto gli uo-
mini veri sono pieni di contraddizioni, gli altri sono
ideologi. Se è ancora possibile fare un discorso non
classista, e se mi è consentito, vorrei tornare un atti-
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HS /lpp¢·m[n'¢' u «()rgm»
mo a Orgza, perché è scritta in una prospettiva psico-
logico-esistenziale, essendo il tema sadomasochista.
Lei, come io la conosco, è un cristiano marxista, in
qualche maniera, ed anch`io lo sono, in qualche ma-
niera. È possibile, partendo dalla tematica di fondo di
Orgia, proiettare questo riscontro psicologico in un
contesto sociale, e dire per esempio che il tipo di con-
testazione che Gesù Cristo ha fatto nella società è di
tipo masochistico, mentre quella di Carlo Marx è di
tipo sadico?
PASOLINI Siccome ho già discusso con lei, so che lei è
psichiatra, quindi sa benissimo che non c'è distinzio-
ne tra sadismo e masochismo, quindi se la rivoluzione
di Cristo è masochistica è anche sadica, se la rivolu-
zione di Marx è sadica è anche masochistica. La sua
domanda non ha ragione di essere.
PUBBLICO Lei è libero di non rispondere: io sono an-
che psicanalista, ci sono anche delle resistenze,. (rita-
te genera/il
PASOLINI E quella di Gramsci, allora, com'era?
PUBBLICO Non lo so perché non lo conosco. (dalla pla-
tea un «Ecc0.’» di rimprovero)
PASOLINI Il fatto che tutti, sia Cristo che Marx, che
Gramsci, che tutti i rivoluzionari passino la loro vita
in prigione, martoriati, torturati, bastonati, crocefissi,
significa evidentemente in loro una vocazione maso-
chistica. Nel loro profondo. Questo significa che c’è
una base comune a tutti, anche se questi accostamen-
ti sono sempre un po' folli.
PUBBLICO Però Marx era un commediante, mentre
Gesù Cristo non lo era. (Ia platea minacciosa: «Cbz` era
Marx?»)
PASOLINI Guardi, tra i due, era sicuramente più com-
mediante Gesù Cristo. (dalla plalea applausi 6 bravo!)
Pensi alle grandi scenate che ha fatto Cristo, metta la
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/l[1[r<'m]1u' u «()rgIu» ì 5‘J
scena dei mercanti, una scena da grande attore! E co-
sì altre volte.
l’UBllLl(È() Lei è un uomo di cultura, e ha letto Gramsci
nel `47. A proposito della saldatura tra nord e sud,
non può essere che questo miglioramento di qualità
sia avvenuto perché gli operai lo leggevano già fin dai
primi scritti?
PASOLINI Vorrei fare una precisazione. Non considero
affatto un miglioramento il fatto che in Italia ci sia fi-
nalmente qualche prospettiva per la soluzione del
problema meridionale. Così come le soluzioni si pon-
gono oggi, non lo considero affatto un miglioramen-
to, ma un peggioramento, perché questo saldamento
avviene attraverso il neocapitalismo e la cultura di
massa, attraverso la televisione, mettiamo, che io di-
sapprovo profondamente: la televisione è peggio della
bomba atomica.
PUBBLICO Vorrebbe forse dire che è un fatto negativo
che i mass media abbiano fatto conoscere Gramsci a
tanti lavoratori? lo stesso, se non avessi letto Gram-
sci, non avrei letto neppure lei.
PASOLINI Lei sposta la questione. Comunque diciamo
che Gramsci ha dato una forte spinta alla classe ope-
raia fino a 10 anni fa, l'ha fatta migliorare, ecc. Come
lei dice, se non avesse letto Gramsci non avrebbe let-
to neppure me. Io stesso dico che se non avessi letto
Gramsci sarei un altro uomo, non è su Gramsci che
discuto.
PUBBLICO Vorrei dire una cosa, che gli operai, anche se
non hanno gli strumenti, qualcosa capiscono, mentre
le signore in pelliccia, che hanno una personalità più
cristallizzata, non capiscono proprio niente,
PASOLINI (ridendo) Beh, sa, la realtà è molto più diabo-
lica di così!
PUBBLICO La sua 0pera...
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lg I <»/-I
|· \~· wi |\| Non p.u'l¤.¤modt·ll;1mi.1opci'a, parliamo dal.
lt! lIll,l ct\IIc`ULIt\II\: clcl lU1l[I`O.
Pl BHLU ci Di fronte ad uno spettacolo che non mi pia-
ce. non mi sembra che restare seduto in poltrona sia
un problema di buona educazione, anzi mi sembra
giusto alzarmi e andarmene: in questo modo io faccio
capire in maniera molto onesta che lo spettacolo mi fa
schifo!
P/\sOLINI Lo so, ma nel momento in cui ti alzi dalla
poltrona disturbi i vicini, mettiamo, non è giusto. È
buona educazione rispetto all`insieme, non rispetto
all'autore 0 agli attori, ma a quell`insieme che è il rito
teatrale che si sta celebrando,
PUBBLILZO Penso che ogni azione che facciamo distur-
bi, sia pure in minima parte, qualcuno.
PASOLINI Intendiamoci, non è che se uno se ne va io
abbia molto da ridire, però, nonostante ciò, è oggetti-
vamente un atto di non buona educazione. Se uno poi
vuole commetterlo è libero di farlo, non è che poi
commetta un atto così grave: è un modo di protestare,
Meglio sarebbe che resistesse lì, non disturbasse i vi-
cini, e poi alla fine, siccome ho scritto nel manifesto
«non applaudite né fischiate, ma discutete»_ sarebbe
ben educato, oltreché leale, che sopportasse la cosa e
alla fine dicesse perché non gli è piaciuto.
PUBBLICO Alzarsi e andarsene mi sembra invece una ri-
sposta spontanea ed efficace. Non tutti mettono il
cartello per discutere dopo lo spettacolo. E poi, cosa
vuol dire applaudire 0 fischiare? Se, per esempio, gli
attori hanno recitato benissimo, però il testo faceva
schifo. quando io fischio a chi fischio, agli attori 0 al
testo?
PASOLINI I rzdendo con immh) Poni un problema che ci
disorienta! Io facevo un caso particolare, quello del
mio teatro, al quale chi viene deve in qualche modo
sottostare, perché è awertito prima che viene ad assi-
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/lji/:w1J1««·u ~(}rgm» 54)
sruru ad uno spettacolo particolare. Nel caso generale
hai ragione, in quello particolare no.
I’UBBl.l(Z(J Perché ha scritto quella poesia contro gli
studenti?
p,\S()LlNl Non rispondo direttamente alla domanda
perché su questo argomento bisognerebbe fare un al-
tro dibattito, ma colgo l'occasione per dare un esem-
pio di quello che può essere l`eccezi0ne di un testo
che risponda a certe regole della cultura di massa.
Prendo l`esempio della poesia, ad un certo punto c'è
scritto: «C'erano studenti e poliziotti» (non la ricordo
a memoria) «io ero dalla parte di questi giovani poli-
zi0tti», poi c`è la spiegazione del perché, molto com-
plicata e difficile, perché anche i poliziotti apparten-
gono al mondo dei diversi, cioè di coloro che la
società esclude e mette nel ghetto. Infatti appena noi
vediamo una divisa proviamo una sorta di odio razzi-
stico verso il poliziotto, un indistinto odio, profondo,
che è di tipo razzistico. (vado e proteste dal pubblico)
Ora il potere, dicevo in questa poesia, compie queste
discriminazioni contro chi è diverso creando dei ghet-
ti, delle esclusioni. Quindi i poveri sono esclusi in
quanto poveri (mettiamo, per un certo periodo di
tempo e di fronte ad una certa borghesia, il terrone a
Torino) oppure in quanto sicari. Il povero, escluso in
quanto sicario, è additato all`odio razzistico. In quan-
to tale, è un reale problema della società. Questo era
il mio concetto della poesia. Il fatto che questa poesia,
anziché essere uscita su «Nuovi Argomenti» per cui
era destinata («Nuovi Argomenti» pubblica due 0
tremila copie) sia uscita invece su «L`Espresso», ha
trasformato questo testo, anziché in un testo da singo-
l0 a singolo, da uomo a uomo, cioè scritto, prodotto e
dato nell'ambito di una cultura umanistica, in un te-
sto di consumo di massa. E bastato che uscisse su un
r0t0calco...
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H2 1l[¤[>i·/it/1It· it «()rg1II»
PUBBLICO E chi gIiel`ha dato, al rotocalco?
PASOLINI Ma io sono padrone di fare quello che mi pa.
re, ma guarda un po`! (in mi crercmdu di ira) Lei non
ha capito un`acca di quello che ho detto dei poliziotti,
se la sfido a ripetere quello che ho detto lei non è ca-
pace, e quindi non mi interrompa! (con uoce più cal,
ma) Stavo dicendo che se io avessi pubblicato questa
poesia in un volume che andava a due 0 tremila per-
sone, quello che ho scritto sarebbe stato letto in quel
modo H, e si sarebbe posto il problema del poliziotto
in quanto relegato nel ghetto della polizia, delle caser-
me dei carabinieri. Questo il problema che io solleva-
vo; invece, portato in un rotocalco, rotolato attraver-
so i media, è rimasto un solo concetto, che ha alienato
il mio prodotto: io sono con i poliziotti, tutto lì! Que-
sto produce dei terrorismi del tipo del signore che mi
ha interrotto prima, (male e applauril
PUBBLICO Ho inteso perfettamente, ma lei capisce che
la contestazione non è verso i poliziotti, ma verso lo
strumento di potere alimentato dai poliziotti.
PASOLINI Infatti nella poesia c’è scritto.
PUBBLICO In quel caso lì lei ha fatto della pubblicità ai
poliziotti, quindi al potere, perché la gente l`ha capita
così.
PASOLINI Ecco, questa è la cultura di massa. Quando
io prendo la penna in mano non posso pensare «p0i
la gente la capirà così». Appunto per questo ho cerca-
to di raccogliermi con i.l teatro e di avere un rapporto
diretto.
PUBBLICO Perché ha pubblicato la poesia su «L'E—
spresso»?
PASOLINI Me l`hanno pubblicata a tradimento, su
«L`Espresso». Mi hanno telefonato chiedendomi
«possiam0 pubblicare qualche brano della poesia per
poi fare tm dibattito?». Ho detto sì, poi apro il gior-
nale e l'ho vista pubblicata tutta, ecco tutto.
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/lpjwm/1u* I1 “()lg[d» H}
PUBI~II.I<.<¤ Lei vorrebbe far ritornare gli esclusi nella
normalità?
p^S()LlNl No, voglio che la società non abbia un atteg-
giamento razzistico verso gli esclusi.
PUBBLICO Quindi rimarrebbero comunque esclusi".
PASOLINI Nel momento in cui non c'è più odio razzi-
stico non c’è più esclusione. Nel momento in cui un
anglosassone americano non ha più odio razzistico
contro un negro, il negro non è più un escluso. Se c'è
qualcuno che è diverso, qualunque diversità sia, ha
diritto di esserlo, e la società non deve avere un atteg-
giamento razzistico contro questa diversità. Deve ca-
pirla, discuterla, analizzarla, ma non avere un atteg-
giamento razzistico di rifiuto e di esclusione.
PUBBLICO Ma come si fa, c'è una forma di ripulsa, co-
me nel caso di un malato di vaiolo, io umanamente
non mi sentirei di avvicinarlo. (Parlano lulli imŕeme,)
Ne] caso del poliziotto, però, non si tratta di repulsio-
ne, ma di odio di classe. Io con i poliziotti ci parlo an-
che, però... (male generali)
PASOLINI E lo credo bene! Ci parli «anche», vedi, co-
me un anglosassone dice «io con i negri ci parlo»!
PUBBLICO Lei parla di odio razziale, ma non è vero!
PASOLINI Adesso tu mi prendi alla lettera. E chiaro che
c'è una gradazione. Usando la stessa parola si può ar-
rivare dagli eccessi di Hitler fino al]'atteggiamento del
signore che capisce che è abbastanza ingiusto, però
davanti al vaiolo lui dice «mi fa schifo, che cosa posso
farci?», ed ha ragione. C'è una sfumatura infinita
nell'atteggiamento razzistico di fronte al diverso, tu
sei verso il polo più umano.
PUBBLICO Ritorniamo alla chiave marxista...
PASOLINI Non ci siamo dimenticati, ho parlato sempre
in chiave marxista...
PUBBLICO Il sottoproletaiio non è rivoluzionario, però
a livello umano è una persona come tutte le altre, ma
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N4 I/·/it vi/Ai .1 ··():y.i··
non interessa appunto perche non ha potenziale rivo-
luzionario. ll poliziotto non ha potenziale rivoluzio-
nario, ha un potenziale repressivo, viene col manga-
nello, col bastone, con le catenelle.
|·’;\S()LINl Ma ti pare un modo di ragionare, questo? I
sottoproletari sono quelli che hanno fatto la rivolu-
zione in Russia e a Cuba, Chi l`ha fatta? I sottoprole—
tari giocano un ruolo incosciente, naturale, ma rien-
trano dialetticamente con l'aristocrazia operaia.
ljaristocrazia operaia di Pietroburgo non avrebbe
fatto la rivoluzione se non ci fosse stata l'enorme mas-
sa di contadini incoscienti, innocenti, fuori dalla sto-
ria, ecc. E così Cuba. La rivoluzione chi l'ha fatta? La
testa, certo, era ideologica, ma chi ha lottato, è morto,
ecc. sono i contadini, i campesinos, gli scamiciati. I
poliziotti sono questi qui al contrario. E più disgrazia-
to un poliziotto che viene a colpirvi con le catenelle,
un giovane poliziotto, mica parlo di uno che ha la vo-
cazione del poliziotto, di un capo della polizia, io par-
lo di un giovane poliziotto di vent'anni che viene da
Canicattì a Torino ed è costretto a colpirvi, perché è
educato come un cane a colpirvi. Ora fa più pena un
poliziotto che...
PUBBLICO Anche lui deve mangiare...
PASOLINI Appunto, appunto, è ricattato perché deve
mangiare...
PUBBLICO Un povero diavolo che ha bisogno di man-
giare va a lavorare in fabbrica, non fa il poliziotto!
PASOLINI Non fare il moralista, questa non è politica, è
puro moralismo!
PUBBLICO Si, io SIG lì a pensare «povero p0liziotto!» c
lui intanto mi dà una manganellata in testa! (rimle ge-
nerali) _
PASOLINI Abbiamo creato dei riflessi condizionati. E
una vittima lui del potere come lo siamo noi. Quando
gli sei davanti lo bastoni anche tu come lui con la tua
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A;»;»m«JItt' a «<;wa,, $45
«,,,», cosa vuol dire questo? (risale') Hai ragione, lo
faccio anch'io, l`ho fatto anch'io nella Resistenza, tut-
ti abbiamo questa tradizione, ma ciò non vuol dire
che dobbiamo avere un atteggiamento razzistico e di-
sumano verso di loro.
PUBBLICO Vorrei farle una domanda completamente
diversa. Mi volevo chiarire un po' le idee sul tecnici-
smo del suo modo di fare teatro. Lei ha detto che fa del
teatro di parola come teatro di frattura, di rottura con
il teatro tradizionale, e che il teatro tradizionale si ser-
ve di un linguaggio convenzionale. Non crede che an-
che la parola del suo teatro sia una parola artificiosa,
CFCGIQ forse dal di fuori, forse non sentita da chi parte-
cipa? Come spettatore, io vedrei meglio come teatro di
parola il teatro dialettale. Faccio un esempio banale: se
si vuole raccontare una barzelletta che abbia un certo
effetto è meglio raccontarla nel proprio dialetto piut-
tosto che raccontarla i.n lingua, perché appunto questa
lingua ci è stata imposta, come dice lei.
PASOLINI Ho capito, lei dice che la parola, detta, pro-
nunciata, è diversa dalla parola scritta, ed io dicevo in
effetti che il teatro tradizionale mi infastidiva perché
la parola pronunciata era falsa, perché gli attori,
quando parlano sul palcoscenico, parlano una lingua
inesistente, morta. Mettiamo una cameriera a teatro
che porta i famosi fiori e dice: «Signora, ecco qui i fio-
ri, è pronto in tavola». Ecco, una vera cameriera lo di-
rebbe in dialetto. Infatti io il teatro di De Filippo l'l'1o
sempre salvato. Il teatro dialettale può diventare tea-
tro di parola.
Ora, quando è falsa la parola a teatro? Quando, pur
essendo pronunciata in quella lingua falsa, vuol dire
delle cose quotidiane. «Signora, è pronto in tavola; i
fagioli sono pronti; il berretto di suo marito l'bo
smacchiato.» Se una cameriera parla così nella lingua
del teatro è assurda, perché la battuta è naturalistica,
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Mh .'lpp«·1n/nr ir «()1·g1r1»
mentre la pronuncia con la quale dice questa battuta
è artiliciosa.
Se invece il testo è in poesia, non c'è più questo assur-
do e folle contrasto tra il naturalismo, la quotidianità
del parlare e la pronuncia. Cioè la convenzionalità
poetica ammette, implica, una certa convenzionalità
nella dizione.
Adesso devo andare a teatro. Grazie.
(1968)
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A TEATRO CON PASOLINI
Ho avuto i primi contatti col pubblico teatrale. Due ante-
prime, a Torino, di Orgia. Poi la prima e stasera un'altra
rappresentazione. Alcuni giornalisti sono già venuti.
Contro i miei desideri, per necessità superiori, contro cui
pare non ci sia niente da fare. Avrei voluto che i giornali-
sti vedessero lo spettacolo in un suo momento di maggio-
re maturità. Che fretta c`era. Non ho poi nemmeno fatto
in tempo a dire direttamente 0 indirettamente, ai diretto-
ri dei giornali, che, tutto sommato, sarebbe stato preferi-
bile che mandassero a vedere Orgza i critici letterari piut-
tosto che i critici teatrali, Senza implicare, i.n questo,
nessun giudizio di merito 0 di competenza. Ma semplice-
mente per trascinare e coinvolgere anche la critica in un
tipo nuovo di teatro che, in conclusione, è “poesia orale",
resa rituale dalla presenza fisica degli attori in un luogo
deputato a tale rito. Oppure, più giusto ancora — sempre
per ragioni ideologiche — sarebbe stato che fossero venuti
insieme, a braccetto, il critico letterario e il critico teatra-
le: perché, per essere ancora più precisi, questo nuovo ti-
po di teatro, che io chiamo teatro di parola, è un misto di
`poesia letta a voce alta" e di "convenzione teatrale", sia
pure ridotta al minimo.
Quanto al pubblico, note dolenti. I musi lunghi e va-
gamente nauseati, l’occhio carico di risentimento, una
specie di odio personale verso chi li ha costretti a un sa-
trtficio, che si potrebbe letteralmente definire fisico, co-
«ll Giomo», l° dicembre 1968
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Hs Ip/>i /1.//i it ii ··(Ji;m,,
stituito tlallhscoltitre lunghi pezzi semi-incomprcnsihili,
scritti "in versi" (È).
ll pubblico torinese e meravigliosamente educato c ri-
spettoso. Dico, il pubblico abituato al teatro, ossia gli
abbonati dello Stabile, per cui questi primi spettacoli
(per circa due settimane) sono dati in esclusiva. Ma non
è il pubblico che io ho eletto come destinatario del mio
testo. Quindi il rapporto non può essere che equivoc0,e
la comprensione non può essere che ibrida: dato che
ibrida è la mia accettazione del p8[IO con lo Stabile.
Nei miei programmi avevo infatti scelto di non dare il
mio spettacolo nei teatri normali, ma di darlo in luoghi
(non meglio precisati, i più vari: circoli culturali, sedi di
partiti, aule magne di scuole, gallerie d'atte) possibil-
mente piccoli, raccolti, e, nella fattispecie, frequentati
da gente che ha un reale interesse per i.l dibattito cultu-
rale, e che, per esempio, e abituale lettrice di libri di
poesia. Poche centinaia di persone, insomma, per ogni
città. Il piccolo numero degli intellettuali (non solo uffi-
cialmente tali, s`intende) che in ogni città costituisce un
eterogeneo gruppo di punta culturale. Ecco il mio pub-
blico. Che può essere accresciuto, certo, da una ricerca
di «luoghi» adatti. Perché gli intellettuali non ufficiali,
che si interessano con vera passione di fatti culturali,
non sono stati ancora contati, che io sappia, E, andando
in molte città, a fare appunto dei dibattiti puramente
culturali, ho visto che ce n'è molti di più del prevedibile,
ormai, in questa Italia sulla via, insieme, del crollo totale
e di una certa forma di rinascita...
Queste due prime settimane "ufficiali" rischiano di
scoraggiarmi e di compromettere ogni cosa. Intanto, mi
si rinfaccia, con la solita ricattatoria crudeltà dei moralisti
che trovano il fianco scoperto e impudicamente lo feri-
scono, di avere accettato un patto con lmestablishment".
rappresentato dallo Stabile, definito “ìntegrante". Qui, il
discorso, sul cinismo dei rapporti tra sistema e autore, sa-
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/ljzjw//i/m' ii «(}rgm~ 5-19
rebbe lungo e complesso: ma e inutile rifarlo ancora una
volta per chi non vuole intendere: e che, pretendenclo la
gantità, come rigore e rinuncia, dagli altri, tranquillizza la
propria coscienza. In secondo luogo, si dà inizio a un cal-
vario, che durerà due settimane (in cui saranno coinvolti
anche i poveri attori, Laura Betti, Luigi Mezzanotte, Ne-
lide Giammarco): infatti noi ci sentiremo per due setti—
mane come pesci fuor d`acqua. inopportuni, stonati, de-
ludenti, portatori di un messaggio come attesa delusa.
Insomma, per riassumere l'intera questione: ecco: il
“teatro" si sta articolando, ormai ci sono più "teatri" 0,
se volete, più «generi teatrali» (per analogia con “ generi
letterari"). La definizione tecnico—ontol0gica “il teatro è
teatro" non vale più: è sempre più tronfia e ridicola.
Operanti, sono ormai due generi di teatro: il teatro tra-
dizionale e il teatro di avanguardia, che sono, in realtà,
appunto, due “teatri diversi". Io, come autore teatrale,
scrivendo il mio primo testo, ho preso, intuitivamente,
una terza via: il teatro di parola, come l’avrei poi defini-
t0. E perché mai, di “par0la"? Perché è scritto in versi,
cioè nella "lingua della p0esia": e in esso dunque la "pa—
r0la» è usata in un suo momento espressivo al massimo
grado: insieme "ambiguo" e "assoluto". Ecco perché —
seguendo una suggestione di Moravia — chiamo il teatro
tradizionale, dove pure si parla molto, “teatro della
chiacchiera ": ma non, se non al limite, spregiativamente;
bensì soltanto per dire che i.n questo teatro, come l'eroe
di Molière, i personaggi parlano in prosa: e per di più
nella prosa corrente, di tutti i giorni.
Un teatro di parola, ossia un teatro scritto in versi, a
un livello comunicativo oggettivamente “difficile", ri-
chiede un pubblico diverso da quello che va usualmente
a teatro; ed è quindi abituato a sentir parlare la prosa di
tutti i giorni; e, insieme, da qualche anno, ormai, è abi-
tuato alle follie linguistiche e gestuali, provocatorie, del
teatro di avanguardia (di cui si sta delineando una sorta
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~ ul I/ttwt./ttt ri«-(h;;1rt··
rli "ticcatluiiiisiiio"). Per il teatro dt parola, occorre un
tlustiiiaturio ad alto livello culturale: 0 meglio — poiché
ciò è ingiusto — dotato di una forte e reale passione cul—
rurale lun giovane, un operaio: non necessariamente in
possesso di tutti gli strumenti atti ad accepire una "lin-
gua poetica").
ll teatro di parola è dunque apparentemente aristocra-
tico, in quanto impone una selezione di destinatari,
"escludendo" con brutalità (in pratica ripagata".) chi
non sia effettivamente 0 potenzialmente un intellettuale
allo stesso livello culturale dell'autore. In realtà, pur
mantenendo questo aspetto selettivo e quindi aristocrati-
co, il teatro di parola è democratico perla sua stessa natu-
ra “difficile", strettamente culturale. Infatti è sciocco
confondere "cultura democratica" con "cultura di mas-
sa". Il teatro di parola le per questo io l`ho concepito, e
cerco di attuarlo) si oppone in modo totale alla cultura di
massa: che è terroristica, repressiva, stereotipa, disuma-
na, essa sì, anti—democratica. Il teatro, e, nella fattispecie,
LI teatro di parola, non potrà mai essere “medium di mas-
sa": perché il teatro non è «ripr0ducibile», ma solo «ripe—
tibile» (come nell'antica Grecia!), e implica la presenza
fisica di tutti coloro che celebrano il rito teatrale: attori e
spettatori. Là dove ci sono orecchie e bocche, di singoli
(anche in gran numero, ma meglio se in piccolo numero)
mm ci può errere cultura di marta, È per questo, ripeto,
per questa rigorosa, respingente, testarda decisione di
non trasgredire l'esigenza rigidamente culturale, che il
teatro di parola affemia la sua “reale democrazia", da
contrapporsi alla “falsa democrazia" dei “media" di co-
municazione che si rivolgono al gran numero, alla massa.
Facendo uri teatro per “soli lettori di p0esia" (si sa che in
Italia le tirature dei libri di poesie raggiungono le poche
migliaia di copie), si attua una sorta di “decentrament0”
(rispetto al centralismo che «ripr0duce» le opere “in se-
rie" per la "massa"), la cui aristocraticità è solo, ripeto,
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/i[:pt·uJ1u' u «()r;yu» fil
apparente; FDCHYFC in SOSIQIIZ21 È democratico, nel senso
che sono democratici tutti gli estremismi “anticonsumi-
stici".
Intanto, stasera, a Torino c'è la terza replica: successo
numerico di pubblico e delusione, E io lì a pagare il mio
scotto, cinicamente accettato, con lmestablishment" (U,
per due settimane: e a sentirmi, con inevitabile angoscia,
davanti a un pubblico che “ attende di consumare altro”,
come un pesce fuor d'acqua. Perché oltretutto, i versi di
Orgia, belli, brutti o mediocri che siano, oltre a essere
oggettivamente difficili, sono anche non poco compro-
mcttenti e imbarazzanti.
(1968)
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LA RABBIA PRIMA POI LA FIDUCIA
Alla fine della prima settimana di... "repliche" (era fatale:
eccomi costretto a usare la parola rifiutata: d'altra partes.
d`altra parte... quanto è più umana un'opera “replicata"
che un`opera “riprodottal ") la mia esperienza è divisa in
due: scoraggiamento, e rabbia, perla prima parte, fiducia
e speranza perla seconda. Per i primi tre giorni il pubbli
co che ha gremito il DAP (Deposito d`Arte Presente: "luo-
go" scelto, fuori dal teatro, ahimè, per gli abbonati al tea—
tro!) è dunque così diverso dal pubblico, altrettanto
numeroso, venuto nei giorni seguenti? Non si tratta della
stessa identica borghesia torinese?
No. Chi è accorso ai primi giorni possiede forse
un`identità sociale un po' diversa da quella di chi è ve-
nuto nei giorni seguenti. La prima è quella di chi è più
potente: e si sente, per ragioni sociali, in grado di assolu-
ta parità con i produttori delle spettacolo (e questo è be-
ne), se non addirittura “superiore", in quanto considera
chi fa teatro (0 cinema, o letteratura) un suo giullare: al-
le sue spalle ha la forza economica reale, con il potere
che ne deriva: e quindi la volgarità. Esso viene per espri-
mere un giudizio sul suo “giullare": e la pietra di para-
gone del proprio giudizio è la propria soddisfazione: che
consiste nel “consumare qualcosa di atteso". Se l'attesa
è delusa, esso si adonta e mostra chiaramente la sua di-
sapprovaziorie (anche nel caso del.l'educatissimo pubbli-
co torinese).
«Il Giomo», 8 dicembre 1968
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/ljrjuwt/1: «· u «()r;g1u~ ìià
ll pubblico che è venuto in seguito appartiene allo
stesso educatissimo ceto medio torinese: ma, special-
mente quello che è venuto nelle rappresentazioni pome-
ridiane, non è affatto quello reso prepotente dal potere
economico: si tratta piuttosto di borghesia di professio-
nisti, qualche studente, qualche operaio, Essi sono dun-
que caratterizzati dal rispetto verso il lavoro altrui: che
gli si presenta come "messaggio" e non come “buff0na—
ra". È, insomma, la borghesia “timida" amata da Tati".
Con questa borghesia “timida”, ho smesso di sentirmi
un pesce fuor d'acqua; il rapporto che è nato è stato un
rapporto reale; e anche se il pubblico continuava a esse-
re misto (abbonati abitudinari dello Stabile, abbonati
che potenzialmente potrebbero appartenere a quel tipo
di "intellettuale" cui il mio teatro è rivolto) e quindi
continuava in parte a non capire (a non voler capire) e a
scandalizzarsi (educatamente, alla piemontese), sentivo
che Orgm era un fatto “inatteso”, ma verso cui i destina-
tari erano disponibili.
Potrà sembrare strano, al lettore del «Giorn0», il fat-
to che io mi accanisca in modo così puntiglioso e inge-
nuo, a occuparmi, sera per sera, del pubblico che viene
a vedere la mia opera. Ma, per me, la grande novità del
teatro è tutta qui. Un rapporto "personale" con lo spet-
tatore. Altrimenti, dedicarmi al teatro (scriverlo e alle-
stirlol non avrebbe significato.
Anche se in parte, ormai, e irreversibilmente, corrotti
dalla "cultura di massa", sia io che i destinatari, nel mo-
mento in cui ci troviamo gli uni di fronte agli altri siamo
protagonisti di un avvenimento che si distingue, scanda-
losamente, da ogni forma di rapporto tipico della cultu-
ra di massa. Il rapporto “diretto", “personale", direi ad-
dirittura “corporale", tra testo mediato da attori in
came e ossa e destinatari "numerabili", presenti fisiono-
micamente come singoli, non basta evidentemente a di-
struggere apriorismi, preconcetti, aporie, nate da un ti-
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**4 «l[·/>t·11«[1tt·u «()r;;m»
po di cultura, che alle origini appartiene alla cultura
contiormistica di tipo umanistico, e ora sta subendo una
profonda, insanabile modifica dovuta, appunto, alla
"cultura" stereotipa, di massa, diffusa attraverso la “ri-
produzione in serie": tuttavia, ristabilisce, per la sua
stessa meccanica, un rapporto umano; scandaloso, ri-
spetto al centralismo delle fonti della cultura di massa.
Si tratta di un “decentramento" ideale, e ideologico, in
cui, toh, autore e destinatari si ritrovano in quanto "sin-
goli", in quanto uomini: usciti, come fantasmi, daIl'an0-
nimato della massa.
Quanto ai critici, è chiaro che sono pubblico. Quindi
il discorso su di loro non dovrebbe essere diverso da
quello sul pubblico. Ma c'è bisogno di dire che si tratta
di un pubblico “deformato"?
I critici sono stati costretti — dalla loro professione — a
compiere verso l'autore e gli attori un atto di slealtà. So-
no cioè venuti a vedere Io spettacolo nei primi due gior-
ni, quando lo spettacolo era ancora poco presentabile,
per due ragioni: a) lo choc degli attori nel presentarsi
per la prima volta davanti al pubblico (si dirà: ma è sem-
pre così! No, rispondo io, perché si tratta di un tipo di
recitazione assolutamente nuova, dall'equilibrio mai col-
laudato); b) la messa a punto ancora sperimentale e im-
perfetta degli apparati per l`acustica e delle... panche, le
severe panche su cui il pubblico deve sedersi. Pratica-
mente, insomma, le prime due sere non si vedeva e non
si sentiva quasi nulla. Tanto peggio per chi è voluto ve-
nire, per ragioni mondane (che non mi riguardano), le
prime due sere. Chi c`è venuto per un reale interesse
culturale, se non ha visto e udito bene è presumibile che
tomerà.
Quanto ai critici, dunque, essi si sono trovati in una
situazione imbarazzante. stato per loro un problema
di civiltà. I critici "civi]j" hanno accolto con interesse la
cosa, sospendendo il giudizio: rendendosi cioè quasi pu-
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/lp[1mJ1u· a «()rgm» ii?
ri c semplici informatori di ciò che è accaduto quella se-
a al DAP,
[ A parte i miei nemici 0 politici 0 personali, un solo
critico, che avrebbe dovuto appartenere alla categoria
dei “beneducati”, si è pronunciato negativamente
sull'impresa.
Cè a Roma una scuola orribile, che crea, poverini,
non ce l'ho con loro, dei mostri. Mostri innocui, carini,
di cartapesta. Il reato di plagio (come ben si sa) È una
cosa spaventosa: ma se esso non comportasse alcuna pe-
na, e fosse soltanto un giudizio morale, ebbene, di “pla—
gio" si dovrebbe parlare a proposito dell’istituzione
dell'Accademia d'Arte Drammatica. Chi entra li dentro
come apprendista, ne esce marchiato, per tutta la vita: la
sua “natura" viene violentata (dolcemente, dolcissima-
mente, con tutti i crismi) fino a diventare quella di un
robot gorgheggiante, una “macchina per birigriao".
Questi poveri “plagiati" si riconoscono subito, perfino a
un "promo" detto al telefono. In siffatta scuola si cele·
brano i trionfi dell`italiano inesistente, dell'italiano per
attori. E, del teatro, poi, si celebra il trionfo ontologico
(accademico): il teatro è il teatro. Direttore di tale scuo-
la è il critico Tian, che ha stroncato testo e regia di Or-
gia. Con ciò (è semplice) egli ha difeso dalla novità le
sue idee, e quindi il suo incarico, per nulla minacciato,
in pratica, del resto: si tratta di una questione di presti-
gio, Bene. Buon tran tran, caro Tian.
(1968)
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www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
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PILADE
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Personaggi
PILADE
ORESTE
ELETTRA
ATEN A
CORO
EUMENIDI
DUE RAGAZZI
VECCHIO
SERVA
STRANIERO
DONNA
CONTADINO
MESSAGGERO
SOLDATO
============================================Page 473==================================================
PROLOGO
Pzkzzza da/la cmd di Argo.
CORO
I corpi di Clitennestra e di Egisto
sono rimasti per molti giorni
qui, nella piazza, sotto il sole.
Li abbiamo guardati, abbiamo ricordato
ilnostro passato, l'antic0 regime.
ll filo di sangue che usciva
dalle loro bocche di morti
si è pian piano annerito; gli occhi
di quelle loro teste bianche di polvere
hanno perduto pian piano ogni luce.
Ma come poi accade in questi casi
col silenzioso consenso di tutti,
qualcuno infine si decise a sotterrarli.
Così la piazza centrale della città
ha finito col ritornare quella di sempre.
Ma i sicari dei due padroni
della città, girano ancora tra noi,
impauriti, non certamente rassegnati.
In questo popolo di poveri
la tirannia è stata il pane
per molti, per altri una ragione
d'essere tiranni di se stessi,
0 d'illudersi di valere qualcosa.
E infatti quei sicari sono tutti
0 poveri 0 deboli: feroci,
dunque, come le bestie affamato.
============================================Page 474==================================================
mi l’i/.«./«
Questo bel sole di Argo,
il sole della primavera
che arriva improwisa
ed è calda come l'estate,
porta alti profumi sui nostri mercati,
sulle vie silenziose del centro:
la città non va né avanti né indietro,
non c`è altro in essa che questa primavera.
Elettra è una donna: è sola
dentro il Palazzo dei Re uccisi.
Essa sa solo andare in chiesa
o nel cimitero: ha paura
del Passato, come noi, e l'ama
senza nessun coraggio, senza
nessuna volontà di sapere.
Oreste, tutti l'aspettiamo:
ma cosa accadrà al suo ritorno?
Dopo tutto ciò ch'è avvenuto
è possibile che tutto ricominci
come un tempo, mentre pian piano
la primavera cede il posto all'estate?
E se Oreste non tornasse mai più —
com`è probabile — qualcosa
potrà mai mutare? E che senso,
che modi avra, questo nostro
vivere di una vita già vissuta?
Quelli di noi che hanno più coraggio
pensano: ecco ciò che significa
aver attribuito tutto agli Dei!
Ecco cosa significa aver considerato
prima i signori che ci govemavano
patemamente, e poi coloro
che sono stati tiranni feroci-
============================================Page 475==================================================
I':/ui/l' Ml
come il frutto di una antica volontà
iiù forte di noi, semplici uomini!
imi .— ~ wi il «
============================================Page 476==================================================
I EPISODIO
Davami all 'ex Palazzo reale della cittá di Argo.
ORESTE
Eccomi. l.l ritorno
che tanto ho sognato, nei giorni
della mia persecuzione, mi riporta tra voi.
Ma l`avevo sognato ben diverso da questo!
Infatti la fuga da.l.la mia patria
e adesso questo mio ritorno —
fatti cosi intimi e profondi, in me
e nelle tradizioni del mio paese —
avrebbero dovuto lasciarmi quello che ero...
essere un viaggio da me a me, una crescita
dentro lo stesso Oreste...
una confessione
ai soli orecchi dei vecchi Dei protettori.,
Quanti assassini di padre e madre,
come son io, ha visto I nostra storia!
Non siamo certo inesperti di sangue, noi!
Di sangue che rende impuri agli occhi degli altri
ma non diversi dagli altri.
Ognuno infatti dentro di sé si sente fratello
dell'assassin0,
e aspetta — fraterno — ch'egli paghi e si penta
e torni alla vita comune
nel comune amore di Dio.
CORO
Sì, forse. Sei partito impuro e ritorni diverso.
Ma tu ci dici che ti aspettavi un altro ritorno.
E anche noi, del rest0...
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I’r[uJ1· $6}
che eravamo, e siamo pronti ad accoglierti
con gli onori che ti spettano —
come un fratello assassino, perdonato da Dio.
In cosa consiste dunque la novità? E buona o cattiva?
Se credi che noi siamo in grado di volerlo capire —
dimenticando l’idea che abbiamo sempre avuto
di noi, di te — parlaci di questo tuo vero ritomo.
ORESTE
Un Dio mi ha illuminato.
CORO
Che Dio?
ORESTE
Voi lo conoscete solo di nome, forse,
per averlo sentito da gente
venuta dall'Attica. Si chiama Atena.
CORO
Sì, la conosciamo, infatti, questa divinità.
ORIÈSTE
Come se l'avessimo concepita noi stessi...
La sua ora non è l’alba, o il crepuscolo:
ma è il cuore del giorno, e il suo culto
non richiede santuari appartati tra i campi:
isuoi luoghi sono piuttosto i mercati, le piazze,
le banche, le scuole, gli stadi, i porti,
le fabbriche. I giovani la conoscono più di noi.
E tra la folla, è alla luce
che essa si presenta.
E perché? Perché essa non ha genitori.
Non è nata nel modo oscuro e tremendo
in cui noi nasciamo — e sono nati anche gli altri Dei —
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in-l I'r/ut/«·
giit udulti in anni anteriori ai nostri,
nei soli del passato, nelle indescrivibili
stagioni dei voli nuziali.
Non ha conosciuto I`attesa dentro le viscere,
come un vitello o un cane: non è uscita annaspando
da quel buio della madre bestia, alla luce.
Non ha avuto, nel mondo, di qua e di là del suo corpicinu
bagnato di lacrime, una madre e un padre giganti.
Non è stata subito agitata dall`ansia
di diventare come loro,
degna dei loro santi ideali.
Essa non conosce niente di questo calvario
di una carne che cresce e di un nulla che prende la forma
di ciò cui deve assomigliare: non ha avuto
una madre pazza 0 troppo umile,
una madre schiava del padre, tigre
sanguinaria, o vacca obbediente.
Ha avuto soltanto padre.
E dalla testa del padre che è venuta alla luce.
Nessun ricordo di carne impotente
è dunque rimasto in fondo a lei.
Essa non ha ricordi:
sa solo la realtà.
Ciò che essa sa, il mondo et
non ci sono opposizioni assurde alla sua conoscenza.
CORO
Ma come potremo conoscerla e pregarla, questa Dea,
se non ha in comune niente con noi?
Se, per la sua diversità, non la possiamo concepire?
ORESTE
Oh, non è vero, amici, essa invece è in noi!
E in voi più ancora che in me, che sono figlio di Re,
e quindi molto più involuto nel buio
e nei sanguinari doveri delle vecchie norme.
Non dovete che cercarla e liberarla in voi,
questa Dea libera:
perché siete voi che l'avete resa possibile.
============================================Page 479==================================================
I';/ado 565
U Hit:
Ma che fare?
Come comportarci davanti a lei?
Cosa chiederle (poiché sentiamo che abbiamo
urgentemente qualcosa da chiederle)? Come
adattare a lei le nostre istituzioni?
0REST[ì
Essa vi richiede, soprattutto, coraggio.
Non c`è niente di più innaturale che dimenticare:
eppure lei vuole che dimentichiate.
E che cosa vuole che dimentichiate?
ll nostro Passato: ma il Passato non può morire,
E allora... essa ha trasfigurato
le più oscure e feroci divinità del Passato...
<l<>R0
Le Furie?
oRESTE
Sì, in Divinità dei sogni...
CORO
Come? Di cosa parli? Non ti comprendiamo.,
ORESTE
Il Passato noi dobbiamo soltanto sognarlo.
CORO
Non venerare più i padri?
ORESTE
In zzerrun altro modo rfama meglzb che nel rognoz
ameremo cosi i nostri indimenticabili padri
sognandoli. E ci racconteremo i sogni:
perché le nuove Dee in cui si sono mutate le Furie —
prendendo il nome di Eumenidi — sanno
dar grazia con la parola a quei sogni
che ci facevano solo urlare.
CORO
Ma raceontaci tutto per ordine, che possiamo capire...
ORESTE
Le Furie mi avevano inseguito
per ossessionarmi come ogni assassino
============================================Page 480==================================================
Mm l’1/ii«It·
che sia vissuto con noi e come noi,
Ah, i loro argomenti erano in me fin dalla mia infanzia!
Ero già arreso a loro da sempre.
Ma d`improvviso, come vi ho detto, ne fui liberato.
Atena, me ne ha liberato.
Ma non è stata lei a giudicarmi, no.
Ascoltatemi!
Essa ha voluto istituire, per giudicarmi,
un tribunale di uomini
eletti dal popolo, ossia, da gente come voi:
gente spaventata d'esset'e per la prima volta
responsabile del proprio giudizio, di dover dire
ciò che sa e non avrebbe mai supposto di sapere!
Ah fortunati i miei occhi e il mio cuore
testimoni di quel primo tribunale umano!
Io ero imputato, e tremavo per la mia vita:
eppure, che intrattenibile felicità,
davanti a quelle facce di umili cittadini
che tremavano più di me, ma che pure pian piano
si rinfrancavano: finché nei loro occhi
è cominciata a brillare
una dignità pari a quella degli Dei.
Nulla c’è a.l mondo di più bello
che la luce di quegli occhi!
Ecco.
A giudicarmi furono così i cittadini di Atene:
criticando per la prima volta nella vita
l`operat0 divino. E che impeto di libertà
anche in coloro, che, per vecchia paura,
hanno votato con le Dee del Passato contro di me!
Sono stato dichiarato innocente.
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I’1/ado $(:7
Le Dee del Passato
gi misero allora a urlare al sacrilegio
per un perdono ingiusto, che voleva soltanto
porre fine a un’età, la loro.
Ma fu a questo punto
che Atena compì un secondo e più grande miracolo.
Pensate.
Folli erano quelle Dee col nome di Furie
e folli dovevano restare col nome di Eumenidi.
Questa decisione di Atena
era così giusta, che sembrò naturale:
e fu subito accettata da tutti.
Così le Furie cessarono di conrorcersi, e danzarono;
cessarono di urlare, e cantarono;
i loro capelli si sciolsero lievi come spighe
sui lievi colli, intorno ai lievi sorrisi.
La fredda e severa Ragione fu in loro lieve danza.
Così danzando se ne andarono sui monti
che circondano lievi le nostre città.
CORO
Ma che cosa disse i.l popolo di Atene
nel trovarsi senza più Re dal potere
fondato appunto sul terrore di quelle antiche Dee?
Cosa disse nel vedersi abbandonato a se stesso?
ORESTE
Tutto era dipeso da lui: da tempo
esso era pronto, anche se non lo sapeva!
Come oggi voi, popolo fratello.
Ecco dunque perché il mio ritomo
ècosì diverso da quello che avevo creduto.
lo non torno a voi come re,
============================================Page 482==================================================
WN I'1Àn/r
ma come inviato di Atena.
lo non sarò un nuovo Agamennone, e non ho dunque
ucciso mia madre per prendere il suo posto!
Non voglio comandarvi, come un padre,
che aspetta, incanaglito dalla paura.
che i figli, altrettanto incanagliti
dall'ansia del potere, lo assassinino.
CORO
Ma tu ne hai diritt0...
GRESTE
Sì, e infatti rinuncio alla mia eredità: un tribunale
liberamente eletto tra pari
— i cittadini di Atene che col loro lavoro
fondano la vera potenza della città —
mi ha assolto dal mio assurdo assassinio.
Adesso un tribunale altrettanto liberamente eletto
tra il popolo di Argo, deciderà
s'i0 devo restare Re, e che Re.
CORO
Ma noi non possiamo farl0...
ORESTE
Le Furie erano Dee della Paura e dell'Incertezza:
ma ora sono Eumenidi, e dunque Dee
del Coraggio e de[l'Ispirazi0ne.
Andate, e orianizzate in città le elezioni.
CORO
Ti obbediamo. E nell’obbedirti c’è in noi
qualcosa di più inebbriante
di ogni altra cosa lieta
che ci sia mai successa nella vita.
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I’1[a:/z' }(>‘/
Erwrm il Com 0 Pi/ade.
R;-\(ìÀZZ()
Elettra sta venendo verso qui...
Ma non ha né il viso né i vestiti
che si hanno in un giorno di festa.
Il suo viso è triste, e la sua tristezza
fa tacere, per rispetto o paura, chi la guarda;
da regina: i suoi dolori non possono
esser né capiti né giudicati da noi;
e i suoi vestiti sono quelli del lutto.
Ewmz Elettra.
ORESTE
Elettra, sorella, ecco sono tornato,
e tutto quello che abbiamo sognato
è ora una realtà ancora più bella".
ELETTRA
Che cosa fai? Che cosa succede ad Argo?
ORESTE
Ci sono novità che faranno molto più grande
la nostra gioia di essere liberi insieme.
ELETTRA
Ma tu sei lo stesso Oreste che è partito da qui,
figlio di Agamennone e di Clitennestra?
ORESTE
Sì, ma non importa di chi sono figlio.
ELETTRA
E perché non vai a visitare, per prima cosa,
le loro tombe?
ORESTE
Andrò a pregare sulla tomba del mio povero padre.
Non l'l'1o dimenticato, egli è ora nei miei ragni,
e nei sogni mi parla con parole di grazia.
ELETTRA
Non lo sai? Ora anche Clitennestra ha una tomba.
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UU V1/nt/i'
Forse tu sei qui, perdonato dagli Dei,
a prendere il suo posto, il tuo posto di Re?
()R.ESTE
No.
ELETTRA
Io ho odiato nostra madre, lo sai,
più di quanto tu stesso l'abbia odiata.
Ma, adesso ch'è morta, è tornata Regina.
Essa ha preso il suo posto tra coloro
che dominarono la terra; e che la dominano
(se gli eredi ne sono degni). E tu cosa fai?
Con che vuoto nel cuore sei tornato?
ORESTE
Eravamo fratelli, anche nel cuore
una volta. E io contavo molto su te
peri giorni che, finita una guerra,
tornano quelli di sempre...
ELETTRA
Per me non è mai cambiato nulla. La morte
di Clitennestra riguarda solo la nostra casa.
Ma lei, lei
era Regina.
ORESTE
L’hai già detto! Ma ch’io sia Re, e che Re,
ora lo dovranno decidere i cittadini di Argo:
che divideranno poi con me il potere.
ELETTRA
Dunque è vero! È questa la grande novità.
ORESTE
Questa.
ELETTRA
Lo sai, Oreste, chi ha seppellito Clitennestra?
L'ho seppellita io, con queste mani.
E sai dove l'h0 seppellita? Proprio vicino alla tomba
di Agamennone, e degli altri padri- e dei padri dei padri.
============================================Page 485==================================================
P1/adr 37l
ORESTE
Non hai compiuto altro che un semplice atto di pietà.
ELETTRA
Ah, tu ora non osare di spezzare la catena
che ci unisce al passato dove regna la luce!
La luce di cui siamo sazi e insaziabili; la luce
che dal profondo dei secoli dà ragione
di essere a ogni istante e atto della città;
la luce che ci salva dallo scandalo",
ORESTE
Ma io ho rinunciato a tutta questa luce...
ELETTRA
Vuoi dunque mutare ciò che è sacro?
ORESTE
Per una nuova Dea non lo è più.
ELETTRA
Tu bestemmi: ciò che tu sei e che tu fai
mi fa rabbrividire di scandalo e dolore.
ORESTE
Ma pare che i cittadini di Argo non coridividano
con te questo scandalo e questo dolore.
Per tutti noi comincia una nuova vita:
perché non anche per te?
ELETTRA
Mi sono abituata — per anni e anni —
a starmene come una monaca:
sola con la mia solitudine.
Ricomincerò daccapo.
No, non parlare!
Preferirei morire che ascoltarti.
La fedeltà che mi lega a ciò che adoro
cguaglia l’intera vita. Io ne sono schiava.
Ma è per questa grandezza che umilia
che so anche odiare: e nel mio odio
c'è più amore che in tutta la tua fratemità.
============================================Page 486==================================================
Wj I’1[ui[¢'
<)RlìS'l`li
Ascoltami, Elettra.
Cè un`aria inebbriante,
ad Argo, questa sera. È come un soffio
di vento che trascina via le foglie secche
dei nostri odi irragionevoli, dei nostri oscuri amori.
Perché non vuoi essere con noi?
Perché vuoi negarti al futuro,
perdendoti in un'arida solitudine?
ELETTRA
Ah, ti sbagli. Molti, ad Argo, ancora
hanno, degli Dei,
l`immensità di certezza che io sento in cuore.
E sai chi avrò con me?
Avrò con me tutti quelli
che furono servi fedeli
di Egisto e Clitennestra.
(JRESTE
Sei tu, adesso, che bestemmi.
ELETTRA
lo preferisco quelli a te.
Se ora essi verranno a piangere e a ricordare,
con me, nella mia solitudine,
io li accoglierò, come amici, i soli amici.
Con loro avrò in comune una persuasione
grande come la terra e il tempo. Terremo acceso
il fuoco che illumina la grandezza del Passato.
Entrano 1'[ Coro e Půade.
CORO
Ecco, è tutto pronto.
E non abbiamo mai visto tanta buona volontà
e (anta allegria nei nostri quartieri.
============================================Page 487==================================================
I’1[m/t' W}
Ognuno fa propria la gioia dell`altro:
dentro ogni casa, l'imminenza della festa
(come altro la vuoi chiamare?) dell'intet‘a città
ècome un eccitante avvenimento privato
che mette addosso un grande amore per tutti.
Sotto la guida di Pilade,
ogni cosa è pronta per domani.
Ma perché sei come assente e rivolto lontano,
distratto dal nostro entusiasmo?
ELETTRA
Bestie bestemmiatrici, uscite dalle tane
della miseria, della stupidità,
servi sobillati da questo assassino,
distruggete, distruggere tutto...
dimenticate dove siete nati!
Elettra eroe urlando.
ORESTE
CORO
I soldati di Egisto e di Clitennestra?
ORESTE
Sì. Che cosa ìuò unire mia sorella a loro?
t l — l` ‘ il i `
============================================Page 488==================================================
§7—l I)1[uJr'
Scende la sera, il sole del giorno del mio ritorno
e ormai laggxu sull orlo dei monti dietro la citta
’ ’
su cui infinite volte l'abbiamo visto discendere,
come un monito per la nostra vita, nel triste azzurro.
Ah, era giusto! Dovevamo saperlo
E che ogni vittoria è anche una sconfitta.
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II EPISODIO
Davarzli al parlamento della città di Argo.
CORO
La città ora è un'altra.
Sopravvivono, certo, quelli che come sempre
s'incaricano di custodire il passato.
Ma, in realtà, noi cittadini di Argo
ci costruiamo giorno per giorno il futuro.
Il reddito di ciascuno di noi è cresciuto del doppio.
I commerci della nostra città si sono moltiplicati:
inostri prodotti si impongono nei mercati del mondo,
come se fossero benedetti e portassero in sé il segno,
prepotente, della nostra nuova fortuna,
Le vecchie case sono state abbattute,
e nuovi palazzi si alzano tra le superstiti capanne.
Il denaro che corre è come una specie di gioventù,
che non dà tempo di pensare ad altro che a se stessa:
e ognuno di noi è partecipe di questa furia di crescere.
RAGAZZO
Gente, ci sono notizie!
Notizie strane, le porta un vecchio
che viene dalle montagne, un vecchio pazzo,
certamente — ma di quelli
Con gli occhi celesti di volpe
e la carne rossa —- che dicono la verità.
CORO
Ebbene, che cosa racconta quel vecchio?
============================================Page 490==================================================
Fin V1/in/i'
RMQAZZU
Pare che lassù, le Eumenidi,
nei posti assegnati loro da Atena..,
Ma ecco, ecco il vecchio, lui stesso, che arriva...
CORO
Chi sei?
VECCHIO
Che cosa v'importa il mio nome? Sono uno di voi.
Un cittadino che vive sui monti, con le vacche e i porci.
CORO
Dunque, le Eumenidi...
VECCHIO
Credo proprio che non le abbiate abbastanza pregate,
cono [le Eumenidi!
Vecchio vaccaro, tieni per te i tuoi commenti,
e dicci invece che cosa succede.
VECCHIO
Avete mai visto una morìa d'anima.Ii?
CORO
No, mai.
VECCHIO
Beh, certo no, qui in città, queste cose,
le ritenete ridicoIe... Eh, ma noi,
lassù, come faremmo senza gli animali?
Le pecore scimunite, le capre matte,
le galline., Dunque, dicevo,
per farmi capire: avete mai visto
una malattia che decima una mandria?
Voi guardate le vacche, il primo mattino:
son là, suIl’erba, che pascolano, come sempre,
con sempre le stesse cose che gli passano per la testa.
Mangiano con la testa bassa, strappando l’erba
e soffiandoz e ogni tanto I'a]zan0
come se ascoltassero in sogno qualcuno che Ie chiami
============================================Page 491==================================================
V1/uz]0 $77
CORO
Abbiamo capito, abbiamo capito, va` avanti.
VECCHIO
Povere vacche, non sanno niente, loro, del loro male!
Siamo noi che soffriamo, e guardandole, le contiamo
e diciamo: «Chissà a quale toccherà, oggi?» 0 «Quante
ne moriranno, entro stasera?».
E loro, inconsapevoli del nostro sguardo,
e dello sguardo della Morte che le sceglie,
continuano a pascolare come sognando.
Quando poi, a sera, vedi quale è morta, e quante
sono morte, pensi com'è misterioso il male,
da che strane profondità delle viscere vien fuori.
La bava verde alla bocca, le croste,
la magrezza che fa paura, le gambe che non reggono:
eh, il male non è che il bene che si perde- e per questo
fa tanto schifo e paura.
CORO
Ebbene?
VECCHIO
Ebbene, ebbene...
Le Eumenidi, lassù nei miei monti,
erano, agli occhi dei vaccari, come le vacche.
Voi sapete, Atena, rendendole belle,
le aveva mandate là in alto
a filare i sogni degli uomini. Non i pensieri,
1 sogni.
Ed esse stavano là, sulle radure sante,
trai profumi montani,
misteriosi come l'azzurro del mare.
Stavano là, ai loro colloqui, ai loro silenzi,
apparendo e sparendo,
sui prati, guidate dalle loro incantate necessità.
Come le mandrie delle sognanti vacche, appunto.
E anche tra loro scoppiò la Morìa.
Alcune di esse, pian piano,
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578 Pila:/i'
cominciarono a degenerare: i capelli gli si facevano
irti, stavano accucciate come bestie,
con gli occhi persi nel nulla. E poi urlavano...
CORO
Che cosa urlavano?
VECCHIO
Oh! Non lo ricordo — e poi chi le capiva?
Ma pressapoco, urlavano che c’era qualcuno
che le chiamava... indietr0... sì, indietro...
ed esse stavano ad ascoltare quella voce,
e le rispondevano anche: «Sì, si, quello,
era il nostro stato, sì, sì,
niente xi può dimen!icare...».
Poi i capelli gli si cominciavano a torcere,
in testa, come serpenti, serpenti
con piccoli occhi furiosi; e la bava
cominciava a uscirgli dalla bocca;
e cominciava a scuoterle la tarantola;
finché, urlando, scappavano via,
CORO
E dove andavano?
VECCHIO
Come faccio a saperlo?
CORO
Ma tutte, tutte sono finite così?
VECCHIO
No, non tutte: metà e metà. Le abbiamo contate.
Ogni giomo toccava a una, a due, come alle vacche.
Era inutile che quelle sane cercassero di trattenere
quelle che avevano ceduto al male.
Queste lasciavano i monti, e si perdevano,
distraendosi come scimmie 0 cani rabbiosi,
giù, verso la pianura.,
CORO
Dobbiamo pregare Atena, è lei, solo lei,
che può capire cosa accade e cosa si deve fare.
============================================Page 493==================================================
I’1[uJc' V9
§E(È()ND() RAGAZZO
Gente! Altre novità!
Nella casa fuori città, dove Elettra si è ritirata,
succedono cose che io non so descrivervi!
Ma una serva di Elettra, mezza nuda, in lutto,
sta correndo qui, a cercatvi!
OKESTE
Elettra? Ho sentito male
0 è il nome di Elettra che è stato fatto?
SECONDO RAGAZZO
Emm la rerva.
SERVA
Ecco! Ecco qual era la verità!
Egli, il fratello non più fratello,
ci ha ingannati tutti! Non era vero
che una Dea l'avesse ispirato! Come avrebbe potuto
una Dea andare contro la Divinità?
Ecco le nostre istituzioni
sconvolte e sovvertite da un assassino
che ha finto un inesistente perdono degli Dei.
CORO
Calmati, vecchia, e dicci che cosa è successo.
SERVA
I0, una vecchia serva della casa di Elettra,
serva figlia di servi,
nata e cresciuta, quindi, nella stessa luce
che illumina i padroni, potrei forse mentire?
CORO
No, certamente,.
============================================Page 494==================================================
wo /’zl«i/t·
s1«1Rvi\
Sola, disperata, rosa dal suo dolore,
dalla sua indignazione — che non può sfogarsi
che in rimpianti inutili, e impotenti
ansie di vendetta — Elettra stava nel portico
della sua casa, all`ombra, E io accanto a lei.
Ed ecco che vediamo, in fondo
al cortile, oltre i concimai, dove comincia
la prima erba pestata dei campi di granturco
- un mucchio luccicante di bisce,
come rovesciate da un nido, ferme, al sole...
Lei guarda e tace, ma io chiamo subito i servi coi bastoni.
Che corrono, pieni di buona volontà,
e cominciano a dar bastonate: ma ecco che più in là,
sui pianelli ingialliti, si vedono ancora
altri mucchi di bisce, lucide al sole.
Vengono allora altri servi, con altre armi, col fuoco.
Ricominciano a colpire e a bruciare, dando fuoco all'erba,
si alza il fumo nero delle stoppie, un cerchio
dj piccole fiamme rosa per il troppo sole,
si stringono friggendo contro quei grovigli di serpi,
che cominciano a torcersi e a guizzare
come pesci appena pescati che soffocano.
Intanto molta gente del vicinato era accorsa,
donne spaventare, bambini, e anche gli uomini
che quel giorno non erano andati al lavoro.
E tutti questi ve lo possono testimoniare.
Perché sono caduti anch'essi in ginocchio con noi
e hanno cominciato a cantare gli antichi canti.
Non erano mucchi di serpi aggrovigliati, quelli!
Erano i capelli delle Furie, che giacevano, dormenti
fuori dalle nostre porte, come pellegrini,
sfiniti dopo un lungo viaggio, che non osano
chiedere ospitalità, per paura, per timidezza.
============================================Page 495==================================================
Pzlazjci 38]
(LORO
Dunque, metà delle Furie sono tornate qui...
ORESTE
Sc ciò non contraddicesse la ragione,
e fosse veto, non poteva essere stata che Elettra,
a rivederle per prima".
CORO
Noi abbiamo paura, per la nostra città!
Eravamo così orgogliosi del suo crescere...
ei nostri figli erano così umilmente vicini
a noi, neIl’edificare una sua nuova età...
ORESTE
Non scoraggiatevi. Finora siamo al corrente
dei sogni di un vecchio pecoraio e d'una folle.
Cercheremo, insieme, di far luce su tutto,
e, se è il caso, di ricacciare da noi,
un'altra volta, le forze mortali del Passato,
PILADE
Scusatemi., io non sono abituat0...
a parlare davanti a tutti...
il batticuore mi soffoca". non so
parlare nelle adunanze... ma vorrei dirvi,
tuttavia, quello,.
CORO
Parla, Pilade, parla.
PILADE
Ecco se... Oreste ha delle speranze., io, invece,
no, non le ho... Perché,
se la morte e il passato sono legati...
¤ll'ingiustizia... Vingiustizia è legata, dunque,
============================================Page 496==================================================
582 V1/MJ0
alla morte e al passat0...
Sc le Furic sono ancora tra n0i, allora ciò significa,.
oh, perdonatemi, perd0natcmi...
============================================Page 497==================================================
III EPISODIO
Tribuna/e della cùftá di Argo.
CORO
Pilade, lui, Vobbediente,
il silenzioso, il discreto,
il timido, Pilade, nato per essere amico,
Pilade, l'uomo che non vuole niente per sé
se non l’ombra, il compagno che c’è sempre,
quello con cui si condivide la vita
ma che non pretende di condividerla,
Pilade, lui che non giudica, ma giudicando ama,
Pilade, lui che è forte, ma la sua forza la dona
— Pilade è diventato quello che non si riconosce?
1?ilade è diventato la ragione dello scandalo?
E lui la Diversità (atta carne,
venuta a fondare nella città
una matrice di tradimenti e di nuove realtà?
A mettere in dubbio l'0rdine, ormai santo,
in cui viviamo nel segno della più pura Divinità?
Ma, chi era Pilade?
Chi di noi può dire, veramente,
di averlo conosciuto?
VECCHIO
Oh, uno Diverso, certo. Mala sua Diversità, per noi,
era come noi avevamo stabilito in cuore
che la Diversità doveva essere. Ossia:
noi vedevamo in lui uno di noi
— niente altro che uno di noi-
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W-I V1/in/<‘
dotato di una misteriosa grazia.
Infatti, ci sono, tra gli uomini, ideali comuni:
sappiamo cos`è la fedeltà, la lealtà,
il disinteresse, la passione — ma è raro
che applichiamo a noi tali ideali...
E quando capita che qualcuno
li viva nella sua vita — nei suoi occhi
e i suoi atti — allora pensiamo
che si tratti di un dono divino.
Pensiamo che sia, semplicemente, la sua natura,
nata con lui, senza che gli costi nulla
— come nulla costa a noi la nostra,
Pensiamo, insomma, ch’egli sia com’è —
cioè un uomo ideale — senza che ciò contraddica
le semplici norme umane.
CORO
Ma, che cosa c'è invece in lui, ora, al posto
di quella grazia che noi gli attribuivamo?
VECCHIO
La Diversità, appunto. Ma la vera Diversità
quella che noi non comprendiamo,
come una natura non comprende un'altra natura.
Una diversità che dà scandalo.
CORO
Ma come, e dove nasce rale Diversità?
STRANIERO
Io vengo dal suo paese:
là ho conosciuto Pilade ragazzo,
quando servivo suo padre.
CORO
E che famiglia era?
STRANIERO
Una delle migliori della città,
di dignità quasi regale.
L'amicizia tra i due giovani
nacque nel palazzo del Re.
============================================Page 499==================================================
I'/[adv $85
(À()R()
E come nacque, quell`amicizia?
DONNA
Oh! Come nacque!
E c`è bisogno di domandarlo?
lo non ero là, e forse non ero ancora nata.
Ma si sa come vanno queste cose. Un sogno,
se viste dall'occhio di una donna.
Si, un vero sogno è la misteriosa vita dei ragazzi
quando non sono ancora nell'età
che li vuole giovani padri...
Se ne stanno tra loro,
0 coi loro maestri: e noi ragazze
Ii guardiamo da lontano, (con qualcosa
che ci soffoca per chissà che invidia o rimpianto).
Non vedete c0m’è chiaro, Vocchio di Oreste?
E non vedete com’è bruno quello di Pilade?
============================================Page 500==================================================
ENG I’1[mI<'
Non vedete come l`occhi0 di Oreste
è illuminato da fuori, dal sole 0 dalle stelle?
E non vedete come invece l`0cchio di Pilade
è illuminato da dentro, da una luce inquieta?
Non vedete i capelli ondulati e biondi
di Oreste,
e quelli riccioli e scuri
di Pilade?
Non vedete come Oreste è tutto gloria,
e Pilade tutto raccoglimento?
E il corpo di Oreste non è agile, leggero e alto,
mentre quello di Pilade è ardente, forte, quadrato?
CORO
Ma proprio per questo noi siamo stupiti,
e non sappiamo ancora interamente indignarci,
contro la follia di Pilade.
ORESTE
Ah, è troppo giusta, la giustizia degli Dei!
Essi mi hanno ascoltato con grande attenzione,
certo, quando io — nel momento della scoperta
di una nuova divinità,
che, da una nazione più avanzata, ho portato
qui nella mia, ancora contadina e ossessionata
da povertà e religione —
mi sono offerto di sacrificarmil
Intendevo, con questo, dire
ch'er0 disposto a offrire le mie ricchezze,
il mio potere, la mia esistenza. A lottare,
a soffrire, a finire in prigione, sul patiboloz
tutte cose che un uomo sopporta
quasi con gioia.
Ma gli Dei mi hanno preso in parola,
E mi hanno fatto soffrire ciò che veramente si soffre.
RAGAZZO
Ecco, è qui Pilade... non libero né prigioniero.
============================================Page 501==================================================
P1/adv 387
Eppure le sue guardie sembrano la scorta
di un nuovo re, e la gente, per le strade,
lo guarda passare come un fratello...
Entra Pilade.
ORESTE
Pilade...
PILADE
Tu mi haifatto condurre qui...
ORESTE
Sì, fratello...
PILADE
Con che nome mi chiami? Non senti come suona stonato?
Non c`è realtà, neanche la più dolce e radicata
in una vita — tanto da confondersi con essa —
che non sia destinata a invecchiare.
La vera fatica del1’uomo
è seguire l'avventura di questa realtà.
ORESTE
Ma ora che cosa è immobile, ad Argo?
PILADE
Chi lo dice? Argo, anzi, si muove!
Si muove... verso il suo Passato.
ORESTE
No, non è ver0... Noi avanziamo, invece,
nel lavoro, nella ricchezza, nella potenza — in pace.
PILADE
Tutti hanno incontrato di nuovo le Furie,
ad Argo. Tutti, all’infuori di te
e del tuo Parlamento,.
ORESTE
Sono allucinazioni di folli e di miserabili.,
PHADE
I folli e i miserabili non sono tuoi cittadini?
============================================Page 502==================================================
$88 I'1[m/i'
<>i<|iS'1`tl
Ma non sono essi che contano!
PILADE
Essi sono la grande maggioranza della città.
ORESTE
Ma son essi, anche, che ci hanno eletti!
PILADE
Chi li consigliava, nel dare il voto?
Chi avevano accanto? Atena forse?
No, essi avevano accanto ancora, come una volta,
un vìluppo di serpi,
una testa polverizzata e bacata,
una voce ubriaca di morte.
E che cosa suggerivano loro quegli spettri?
«Tu sei povero, non possiedi niente,
il terrore dell'oggi e del domani,
Vignoranza del passato, la rassegnazione,
sono i tuoi Dei protettori, storpi e straccioni
come te: noi, le Furie,
ci nutrivamo della sporcizia dei tuoi secchiai,
della polvere dei tuoi tuguri, delle croste
e dei vermi dei tuoi figli; se sei operaio
ci siamo nutrite del tuo sudore malpagato
e perciò degradante, se sei donna,
ci siamo nutrite della tua schiavitù:
vuoi un consiglio? Eleggi
al potere quelli che valgono più di te.
Fallo per amore nostro, tue Dee.
Perché noi ci nutriamo più ancora
che della tua miseria
degli avanzi delle loro mense
e del loro oro mal guadagnato
— senza il quale oro voi non avreste vita.»
ORESTE
Atena è nata tra di noi, ci ha fatti strumenti
della sua luce: ad essa sono dovuti
============================================Page 503==================================================
I’1[aJt' $89
i nostri ordinamenti e la nostra idea di ciò che vale.
È
PILADE
Tanto che confondiamo con esso la vita.
È il ventre di nostra madre la nostra meta.
La ragione di Atena che non conosce il ventre
materno, né le perversioni che nascono dalla nostalgia,
né la fatica mortale dell'affrontare ogni azione,
è scesa, è vero, nel tuo spirito
e l'ha fatto strumento di sé:
ma il tuo rpirzfo torna irzdzetro.
È riìuadagnato eternamente da ciò che ha perduto.
ORESTE
Le Furie? Troppo vicine a me?
PILADE
Sì, tu sei tornato, come loro, quello che eri.
Ti sei ristabilito nel tuo stato umano,
riguadagnandolo con la forza innocente
della nascita e dell'infanzia;
tu sei un figlio di Re.
E se Atena ti ha illuminato con la sua pura Ragione,
tu sei impuro,
perché in te c'è la tua storia.
E questa, ora, muta. L'0scurità delle tue origini
abbaglianti, e l’idea della luce di Atena,
ti ren ` ' ' .
lu cregi li guar are con occli sgombri della Ragione
C guardi invece con gli occhi miopi di chi ha il potere.
============================================Page 504==================================================
WU I*'1[uJ:‘
E allora, appunto, il tuo mutamento è un regresso,
il tuo avanzare
un trascinarti per una via indicata una volta per sempre,
mentre la vita ha sempre mille vie.
Tu vai a caccia — amministri le tue immense
proprietà — quelle che furono di Agamennone,
di Clitennestra, di Egisto —
leggi i libri di poeti e di filosofi,
perché la religione dei padri
confrontata con la ragione
non può che far sorridere.
E non capisci più coloro
che son restati come ai tempi dei Re, coloro
che lavoravano i tuoi campi come li lavorano ora,
che non hanno nulla da sostituire alla vecchia,
selvaggia fede, neanche la ricchezza o un sogno
di ricchezza, vittime, stranamente eroiche,
delle tentazioni delle Furie ritornate:
gli innocenti che non hanno che gioventù, vecchiaia
e morte — un buco in cui brilla un povero focolare.
ORIÈSTE
E questo che vai predicando per le strade,
improvvisandoti uomo politico?
PILADÈ
È questo che hanno insegnato, a me, le Furie
ORESTE
E chi ti ispira a dirlo?
PILADE
Una rabbia irragionevole. ..
ORESTE
Ma parli in nome del nostro amore comune,
di noi, di me, dì te, di questi uomini
tutti liberamente eletti?
============================================Page 505==================================================
I';/adv }‘)|
l’lLADlÈ I _
Forse parlo in nome di ciò che tu dici,
0 forse no.
O forse io non parlo in nome di qualcosa,
ma solamente contro tutto.
Io non sono che il servo della realtà,
la seguo, la guardo, non ho alcuna autorità
per ridurla in mio potere e conoscerla!
ORESTE
E allora con che speranza fai partecipi gli altri
di queste tue nuove, rabbiose esperienze?
PILADE
lo voglio sostituire furia con furia,
paura con paura, timidezza con timidezza,
viltà con viltà, violenza con violenza.
Non c'è in me atto o parola che non sia di negazione.
ORESTE
Sei anche tu una semplice vittima
cli quelle nostre amiche ricadute,
che negano, anacronistiche, la Ragione".
PILADE
Sì, quante volte te lo devo ripetere!
Credi che qualcuno si salvi
quando tutta la città
èdestinata a perdersi?
ln fondo, tu ti aspettavi da me
parole di salvezza! Per questo ti deludo.
Hegli affamati la degenerazione è fame,
nei liberi la degenerazione è libertà,
nei giusti la degenerazione è giustizia.
ORESTE
Parli come gli oracoli.
PTLADE,
E tu parli — ed è peggio — come chi
non crede agli oracoli... E, vuoi saperlo?
============================================Page 506==================================================
W} Vihu/a'
il tuo non credere è opera delle Furie.
Le stesse Furie che a te hanno dato aridità,
a me hanno dato una cieca
irragionevole voglia di distruzione.
Sì, anche la pietà,
che mi unisce ai più offesi dall'ingiustizia,
è opera delle Furie: perché è pietà del cuore.
E anche la lucidità,
con cui io solo, qui, per mia sfortuna,
guardo lo stato reale di questa città,
è opera delle Furie, perché è lucidità
che non sa vedere che il male,
ORESTÈ
Bene. lo ho tre domande da farti,
pubblicamente. La prima è questa:
non sei anche tu figlio d'una grande famiglia?
La tua infanzia, la tua educazione, il passato
tuo e dei tuoi padri, non è uguale al mio?
PILADE
In QUCSIO, Oreste, siamo proprio fratelli.
ORESTE
E allora perché in te questa rabbia
contro ciò che insieme dovremmo risolvere?
PILADE
Domandalo alle Furie! Esse sono ridiscese
dai monti, per ridare a te l'inc0nsapevole
coscienza della tua ricchezza, e l’impotenza,
forse innocente, a concepire come umana la povertà.
ORESTE
La seconda domanda è questa:
gli uomini eletti con me al potere,
non li hai mai nominati: cos'hai da dire su essi?
PILADE
Se non li ho mai nominati, vuol dire
che qualcosa mi impediva di farlo...
============================================Page 507==================================================
Il//dLJK‘ W}
oRliSTE
E cosa?
PILÀDE
L`0di0.
ORESTE
Parlane con odio: tu sei un uomo libero!
PILADE
No. Quell'odio in realtà mi rende schiavo:
e io me ne vergogno.
0tEsTE
Ma essi sono i nostri fratelli, i nostri vecchi,
inostri figli, coloro che ci circondano fin dalla nascita,
c0loro...
PILADE
Lo vedi? Balbetti come quando Elettra parla dei vecchi
oneste [Dei.
Tuttavia è necessario che tu risponda".
PILADE
Vuoi veder balbettare anche me,
massacrato da un vecchio sentimento
troppo forte per poter essere espresso?
ORESTE
Come vuoi... Difenderti è solo un tuo diritto.
La mia terza domanda è: continui
ad adorare Atena?
PILADE
Ti ho deluso nella tua aspettativa
di ascoltare da me parole di salvezza.
Ti deluderò ora nel tuo calcolo
di ascoltate da me stesso la mia condanna.
Dunque l’adoro talmente che, infine,
ciò ch'i0 ricerco è solo l'origine
della sua verità dimenticata.
============================================Page 508==================================================
vu I)//mi-
0R1;s'l`E
Ecco, dunque, cittadini. Avete ascoltato
il mio interrogatorio a Pilade. lo
non ho altro da chiedergli. In conclusione,
egli ha aspre parole di condanna — è vero —
contro di me, contro di voi.
Vuole sowertire lo Stato
—— e con quale abbondanza di sentimenti
e di contraddizioni! — ma, pare, salvandone lo spirito.
Sta a voi ora giudicare s`è colpevole 0 innocente.
CORO
Noi pensiamo, Oreste, che egli sia colpevole:
e che debba andarsene da questa citta.
Molte sono le ragioni, che, insieme,
ci danno questa convinzione.
Tu sai, intanto, che chi vive pubblicamente
può nascondere ben poco di sé. Da tempo
noi seguivamo Pilade, benché
sospendendo il giudizio e quasi temendolo,
È qualcosa di oscuro, crediamo,
in lui, che lo porta lontano da noi
e lo spinge verso gente che gli è così inferiore:
la sua timidezza, il suo silenzio,
il suo servile amore per te,
erano tratti sconosciuti ai più di noi,
e non potevano avere che effetti sconosciuti.
Che compenso egli cercava tra quella gente?
Era una vendetta?
Era un desiderio di umiliarsi, e così rifarsi
di altra umiliazione?
O era un desiderio di potenza che, altrove,
gli era irrealizzabile? Cosa lo attraeva
tra i poveri della città, l'immensa folla
dei diseredati?
La loro innocenza?
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I’1[ur]t' Wi
Su cui misurare, presuntuosamente, la sua?
O da cui farsi perdonare qualche sua colpa?
O era uno stato di colpa, una sporcizia
con cui confondere la sua, misteriosa?
Tutto ciò, comunque, gli ha dato il dono della parola.
Vedremo (perché i suoi innocenti, spesso,
sono spie e delatori) se ci sono ragioni
di condanna, in quelle sue frequentazioni,.
Comunque è ormai certo che tutto ciò rende impura,
qui, quella sua parola.
Per seconda cosa, Oreste,
ecco cosa dice la gente,
in tutta semplicità:
è ambizione e arido amore di potere,
che, in realtà, guida Pilade.
Egli vuol essere ciò che non è mai stato.
Egli vuole essere te.
La gente rispettabile,
i proprietari di terre, i commercianti,
i professionisti, tengono il potere
secondo i dettami di Atena:
chi poteva appoggiare un aspirante re
se non le classi più basse e inconsapevoli?
Esse non sanno che farsene della libertà:
esse hanno mete più immediate,
come ignare bestie
intente solo alla loro fame.
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vm l’«/mir
—
Quando avrà scatenato gli affamati,
i vecchi contadini, i nuovi operai,
che cosa succederà?
Lui per primo non lo sa, e lo confessa.
La sua vittoria sarebbe la fine della città.
Un sovvertimento senza ragione e senza speranza.
Infine, egli bestemmia la nostra religione.
E su ciò non diremo ciò che avrebbero detto i vecchi
e che direbbero i figli malamente attaccati ai padri:
non urleremo al sacrilegio: indicheremo l`errore.
Egli si protesta cultore di Atena:
ma bestemmia tutto ciò che da Atena è nato.
E se, ormai, la nostra vita e il nostro stato
si identificano, e valgono,
con la nostra attuazione della Ragione di Atena,
egli non commette, così, un sacrilegio?
Noi non siamo uomini ispirati, come lui:
abbiamo bisogno di un pensiero divino e primo
PILADE
Vi ringrazio per le vostre parole.
Insieme a voi stessi avete detto anche a me
qualcosa di me che è bene ch'io sappia:
ciò che io sono per gli altrii
Cè una verità in ogni giudizio.
Specie nel vostro, che, qui, è quello popolare.
Ma se adesso ho idee più chiare sulla mia ipocrisia,
le ho certo molto iiù chiare anche sulla vostra.
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V1/un/r' WV
Mc ne vado, cacciato da voi, e per mia scelta,
da questa città. Ma da oggi
il mio odio non è più solo odio.
ORESTE
Dove vai? Non è ancora pronunciata, la sentenza,.
PlL1ÀDE I
E forse una questione di forma?
Lasciami andare. Addio!
Eroe.
ORESTE
Piladc, ascolta".
CORO
Lascialo andare: si è condannato da sé, come Elettra.
Gli eccessi portano sempre a distruggersi,
e nel distruggersi si ridà luogo alla verità.
En/mm le Funk'.
ORESTE
Eccole, non le vedete?
CORO
Chi?
ORESTE
Le Furie.
CORO
Le Furie? Noi non le vediamo...
ORESTE
lo sì, per la prima volta. Esse dunque ci sono.
CORO
Tu piangi...
ORESTE
Sono esse, le Furie, che mi danno le lacrime.
Ma.,. il mio pianto è il pianto di Pilade.
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vm IH/ai/i·
Eccolo laggiù, con le sue spalle e la sua nuca,
che se ne va...
Ah, di solito, quando di un uomo si vedono
le spalle e la nuca, in questo modo,
offerte, indifese,
tanto da poter farne strazio con uno sguardo,
il cuore si stringe, e la nostra pena l'umilia,
Invece io disperatamente l'ammiro.
Sono le Furie che mi sottraggono a me stesso:
e quelle spalle e quella nuca, viste da dietro,
sono le mie.
Ah, io non sono Oreste che vede,
ma Pilade che se ne va, che ci abbandona per sempre".
CORO
Non ascoltare le Furie...
ORESTE
«Addio, città! - egli dice —
Addi0... Oreste! Lo vedi?
CORO
Ecco, tu stai delirando...
ORESTE
«Addio, Oreste! Tu sei geloso:
ma non di un altro amico che mi sia più caro:
tu sei geloso della mia anima,
che mi seduce portandomi via da te.
Forse ho ancora nella came l’ad0lescenza
che si affeziona, più che alla vita stessa,
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I’1[u:]<' $99
ai luoghi, dove la vita si svolge!
ll mio pianto è qualcosa di più profondo: perché
non è il mio cuore a perdersi, ma il mondo che lascio.
Eccolo laggiù — già ferocemente felice —
il mondo dove invece tu resti,
con tutti i tuoi, nell'ultimo sole po]veroso...
Eccolo laggiù,
che si rimpicciolisce dietro di me
al mio passo che guadagna la campagna,
nell'ora in cui, invece, si fa ritorno...»
CORO
Ah, non piangere così, come un bambino.
ORESTE
«Nell’ora in cui rincasano
i ragazzi dalle scorribande sul fiume
e i contadini dal lavoro, mentre si fa insostenibile
l'0cIore del fieno, o di qualche immondezzaio che brucia
nelle misteriose solitudini
in cui si spegne il canto delle cicale.
Si fa lontana la città... fantasma contro i.l sole
che tramonta, e dice che prima di cena
bisogna essere a casa...
E io invece perdo tutto, me ne vado
— e il mio pianto è così terribile
che non sembra risuonare più dentro di me,
ma fuori, nell’ombra ancora incerta che ci divide,
nello spazio dove cielo e città stanno bianchi e immoti
contro lo spettro del sole...»
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IV EPISODIO
Montagne.
PILADE
Qual è il tempo, il momento
in cui esse si fanno vedere?
(ZUNTADINO
Oh. quelle, non hanno mai momento! Chi
le ha mai capite? E poi i nostri occhi —
di noi contadini — non son fatti per vederle...
Quando compaiono, noi li chiudiamo,
o ci mettiamo a pregare con la testa bassa;
oppure ci addormentiamo.
E poi pensiamo di averle sognate.
Vengono quando non è il momento, ecco.
Eppure non c'è neanche bisogno che vengano:
ci sono sempre.
PILADE
E cosa vi dicono?
CONTADINO
A noi? Cosa dicono a noi?
Ma niente, forse tu vuoi scherzare. Com'è
possibile che si degnino di parlare con noi?
Ci sorridono, questo sì, qualche volta
— e se ne stanno lì, mute,
come un raggio di sole
che ha trovato la sua strada tra i rami.
PILADE
E tra loro non parlano?
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I'1/adv 4(Pl
t,()N`l^l)lN()
Sì, qualcuno le ha sentite.
Dicono però cose che non si capiscono;
Ecco, forse tu le potresti capire.
PlL/\DE
Sono venuto qua appunto per questo.
CONTÀDINO
Ecco, sai... alle volte siamo lì
al nostro lavoro... è mezzogiorno...
le allodole, i tordi, gli altri uccelli
che ci hanno tenuto compagnia mentre sgobbavamo
dalla mattina presto, a un tratto
sembra che smettano di cantare,
e allora
chi SI21 vicino a te, si asciuga col braccio la fronte;
e così facendo, ti guarda; ti guarda,
con quel suo occhietto umano,
e ti fa venir voglia di ridere, sì, di ridere
perché pensi a tante altre risate fatte insieme,
— tu e il tuo compagno —
0 sempre lì a sgobbare, 0 nei giorni di festa...
È un momento; e in quel momento,
il lavoro pare più bello, 0 almeno più giusto.
Sono loro che vengono
e ti si mettono intorno.
Non so come dirti: tutto allora diventa semplice,
E se prima, mettiamo, il tuo lavoro,
sotto quel sole che ammazza, con un po' d'acqua e aceto,
sembra una cosa che non ha senso — ma tu,
però, non te ne puoi liberare, come da un sogno —
ecco che con loro tutto si fa chiaro.
Tu sei lì che lavori — ciò è bene.
Domani sarà festa — ciò è meglio ancora.
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JU! V1/ni/i'
Hai tanti figli, come cuccioli,
che ti danno pensieri? E una casa da mandare avanti?
E debiti che ti tormentano? Eh, la vita ha tanta grazia
da ripagare per tutte queste cose.
Insomma, ti asciughi anche tu col braccio il sudore,
e ti rimetti a darci sotto con la vanga.
Poi, sai c0m`è. Gli uccelli ricominciano a cantare,
noiosi e felici,
magari viene su qualche nuvola;
e ti torna la malinconia.
Esse ci danno allegria
come tutti quelli che sanno qualcosa e lo rivelano,
anche se è scienza e rivelazione del male.
PILADE
Ma io non mi guadagno la vita col lavoro,
non ho mai vangato in un campo,
non so distinguere il canto
di un tordo da quello di un`al.lodola.
Non mi si è mai chiarito niente nella testa,
Perché sono qui?
Soltanto perché non potevo restare dov'ero.
Anzi, ti dirò di più:
sono proprio quelle Eumenidi che son tornate Furie
che mi hanno spinto qui, in posti non miei,
dove io sono un estraneo,
—
iiti Os
Sono un'ar1ima in pena
— e non sono neanche tanto sicuro
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I’1[uJ¢' 403
della sincerità del mio dolore:
gh, io non posso essere te.,.
CONTADINO
Che cosa importa dove e come si è nati!
La buona grazia del vivere è una sola.
Ma io ora devo andare al lavoro, ti lascio
- e chiamami, se qualche volta ne avessi bisogno.
Esce,
PILADE
Sì che avrò bisogno di te.
Avrò bisogno di te come del pane.
Per mangiarti, buono, innocente cuore di figlio.
Non so se sia successo mai altre volte,
prima degli anni in cui vivo; ma ugualmente,
per me, è la prima volta nella storia:
UN UOMO RICCO SOGNA DI ESSERE UN UOMO POVERO.
E così, per la prima volta nella storia,
io so che c'è una differenza tra gli uomini:
ma che mi serve saperlo?
Ci sono uomini — come me — in cui questa differenza
resta ambigua, indecifrabile: essi
non appartengono a nessuna delle divisioni umane
finalmente venute alla coscienza!
Ma... l’uomo, in ogni caso, pensa di essere uomo
— uomo innocentemente, senza aggiunte, uomo e basta —
solo se appartiene, inconsapevole,
a una delle parti in cui gli uomini sono divisi".
E chi, dunque, come me, non appartiene più a nessuna
[di queste parti?
Voglio dire, chi vi appartiene male 0 consapevolmente?
Ah, egli ha perso gli orizzonti sconfinati
Che fanno rassegnare l`uomo alla sua piccola vita:
e ha invece un piccolo orizzonte dove la vita è sconfinata.
Così io vorrei essere questo contadino
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-H1-O [’1/·1iIi·
(E la sua innocenza mi sembra conoscenza
della sua misteriosa verità.)
E vorrei essere anche Oreste,
che, questo contadino lo ignora,
0 ha per lui un giusto e misurato affetto.
Vorrei essere Oreste perché ha dato
alla coscienza (piccola) Vimmensità della vita,
e alla vita (immensa) la limitatezza della coscienza.
Felice democratico!
E io?
lo sono andato via dalla mia città, ma son rimasto là.
E se decidessi ora di ritornarvi,
resterei, invece, qua
nella pace di questo bosco.
Ah! Approfittare di quest'0ra silenziosa,
di questo sole che splende sul nulla,
e della testimonianza cieca
di un cerchio di montagne azzurre,.
Approfittare di questa mia disperazione
e di questa mia chiarezza...
Già SCHIO, appunto come un morente, le voci
degli uccelli perdersi nel cielo.,.
Entrano Ie Eumerzidz`.
EUMENIDI
Pilade, bambino amico di contadini,
giovane che ha deluso la sua famiglia e la sua città,
traditore della parte degli uomini
che lo considerava suo silenzioso campione,
anima senza più figura pubblica
entro cui sistemarsi tranquilla
e benedetta,
individuo per cui ogni problema è una ferita,
inguaribile e vergognosa,
============================================Page 519==================================================
V1/ax/z' 407
negazione vivente anche di coloro
che di quei problemi fanno filosofie 0 poemi,
esiliato che porta la sua disgrazia
nei luoghi della grazia...
PILÀDE
Ah, grazie Atena,
ecco le tue Eumenidi
a dire, anzi, a elencare
ciò che io sono —
che è male — QUASI EossE UN BENE.
EUMENIDI
Noi passeremo tanti giorni e tante notti insieme:
i giorni dell'esilio, con le loro notti desolate.
Ma, sappilo subito, la rivelazione non sarà miracolosa.
Avverrà piano piano, di domanda in domanda,
di risposta in risposta; succederà
Ma poi bisognerà cercarne le origini,
dedurne gli effetti; e allora
nuovi giorni di lavoro grigio, incerto, con le ansie
della nausea e del disprezzo per se stessi...
lì alla fine, sappilo, nello stesso momento
tn cui tutto sarà chiaro,
============================================Page 520==================================================
406 P1/at/0
IL TEMPO AVRÀ LAVORATO CONTRO DI TE.
Non ti resterà nessun' compenso se non la coscienza
Non possiamo dunque servirti a nulla, qui, ora.
Le nostre risposte le avrai faticosamente
in un giro di anni, e forse di decenni.
Ma poiché siamo Dee della Grazia, e quindi
anche leggere e bambine,
incapaci di resistere ai sogni
e alle tentazioni generose e premature,
ti faremo una bella profezia, bella come una danza,
come le sciocchezze che dice una mamma
per incantare e far coraggio al figlioletto.
Eppure tu, grande uomo, non potrai mai fare a meno
di questa favola che sta nel futuro
come una nuvola colorata o un arcobaleno.
PILADE
Vi ascolto, con paura.
EUMENIDI
Verrà, tra gli anni, un anno
in cui cadrà un grande silenzio
sulle città e sulle campagne.
esplosioni che sconvolgeranno la terra
e lasceranno dappertutto odore di fuoco.
Ma sulle case bruciate, poi, scenderà la guazza
e la rugiada, rendendole lontane come corpi celesti.
L'od0re della carne bruciata e delle primule
si confonderanno in quel silenzio.
In cima alle vigne, nell'oro dell'Angelus,
ci sarà una schiuma di calcinacci di chiese crollate.
============================================Page 521==================================================
]’1[aJc' 407
Arrugginiranno baionette accanto a teste
non del tutto ancora scarnificate sotto casolari
consolati dalle penombre innocenti dei noci.
Sarà un infinito giorno di Domenica:
solo gli animali- cani, buoi, galline —
crederanno che i giorni feriali continuino,
e abbaieranno, muggiranno o rasperanno la terra,
presi da quella religione che non ha altro prirzczpz`0
che 1] rom in cui nasce 17 sole
e altra jine che il rom in cui muore.
Ma gli uomini non saranno più i fedeli
di questa religione del mattino e della sera.
Te l`abbiamo detto: cadrà su loro
una Domenica senza tramonto.
È strano. Allora gli uomini saranno buoni...
I loro visi avranno fisionomie nuove...
Sia il ragazzo allegro — padrone delle strade di sera
e delle osterie tra le viti e i glicini —
sia quello timido — che tace, invece, aspettando
serio il suo turno di amore,
quasi il sole di un’immensa Pasqua.
lfodore di sangue li separerà dal resto degli uomini,
chiusi in casa, perduti in vespri ansiosi di solitudine.
Ma li legherà ad essi il ronzio delle esplosioni
sprofondato nei silenzi dei brevi incendi
(oltre le siepi di sambuco bianche di macerie).
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408 Pi/adv
come la barriera che divide i giovani dai vecchi.
l giovani leggeranno nei timidi occhi dei vecchi,
e nei loro capelli vergognosamente imbiancati e radi,
una specie di forza rediviva
che glieli renderà subito amici.
Tra padre e figlio nascerà
— incredibile! — una silenziosa alleanza.
E nelle poche parole che si scambieranno,
quanta maturità negli occhi del figlio ventenne
e quanto candore negli occhi del vecchio padre!
Cadranno poi le barriere
tra gli operai e gli intellettuali.
Negli occhi degli operai ci sarà la sapienza
negli occhi degli intellettuali l'innocenza.
Li si vedranno stare sempre insieme
come vecchi compagni di scuola,
che si intimidiscono l'un l'altro
o si amano come tra ragazzi e ragazze.
La Ragione guiderà il nascere di tanta coscienza,
in fondo agli uomini:
là dove gli uomini sono liberi automi
delle gerarchie della povertà e della ricchezza.
Noi non conosciamo queste cose,
noi conosciamo solo il loro venire alla luce.
Noi sappiamo ciò che saranno
le montagne viste dalla pianura
e la pianura vista dalle montagne.
============================================Page 523==================================================
P1/dd? 409
Le montagne saranno cumuli di gioventù silenziosa.
La pianura un iormicolare di madri con poveri lumi.
Sappiamo che occhi avrà
chi vivrà que]l’esperienza comune
rigeneratrice del futuro: occhi minacciosi
di operaio 0 esaltati di intellettuale.
E tutto ciò avrà anche il nome di Speranza.
Ma, nella sua luce, ci è difficile distinguere
gli occhi dei vivi dagli occhi dei morti.
Quelli destinati a sopravvivere
c quelli destinati a morire,
avranno gli stessi visi segnati,
gli stessi vestiti
un po’ goffi e lunghi, che saranno di moda,
con povertà e grigiore, in quella Domenica senza fine...
Ma perché distinguere? Non è giusto
che il coraggio sappia qualche volta tacere?
Non è giusto lasciarsi ingannare dal rispetto
quando devono ancora nascere le cause
che lo rendono complice del silenzio?
Perché distinguere gli occhi dei giovani
che, come se l`avesser0 sempre saputo,
penzoleranno un giorno, al più innocente spirare di vento,
col cartello della gogna appeso ai petti striminziti,
le LCSIC reclinate, i grigi calzoni tirati,
contro il cielo del loro paese, dove se annotterà
non si alzerà una delle voci dell`antica sera...
— perché distiniuere iii occhi di ìuei ioveri mostri
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V EPISODIO
Davanti al parlamento della czlta di Argo.
ORESTE
Un misterioso esercito sulle montagnen.
CORO
Lo sappiamo; sappiamo come quell'esercito è nato,
allargandosi con la pazienza delle nuvole; che alleanze
ha stabilito coi contadini
nei paesi ai piedi delle montagne
e poi della pianura;
e come si sia addirittura spinto fin qui,
mandando i suoi uomini tra gli operai, e chiamando
operai lassù; i più giovani, i più forti;
sappiamo come tutto questo non ha avuto sosta
non essendo servite a nulla le misure di polizia
ele prigioni; e neanche le impiccagioni;
e sappiamo, in conclusione, come tutto questo
faccia invecchiare il tuo ordine;
che è l'ordine di Atena; e anche se tutti noi
crediamo, diciamo che si tratta di rivolta,
di opera di banditi- non si può negare
che questo qualcosa di nuovo
ci respinge indietro, nel passato.
Stabilisce dunque delle nuove necessità.
Quali sono?
ORESTE
Quell'esercit0 si prepara a marciare su di noi.
Se pure si tratta ancora di marciare,
se non è già qui.
============================================Page 525==================================================
F1/adv 4] 1
CORO
E allora?
ORESTE
Ci dobbiamo difendere, accettando
di fare la guerra.
CORO
E come la faremo?
ORESTE
Come si fa una guerra,
per pura necessità.
CORO
Ma tu, sei preparato a questa necessità?
Non sai contro chi dovrai combattere?
ORESTE
CORO
Ma chi lo comanda, questo esercito?
ORESTE
Pilade. E con questo? Pensate, forse,
ch`io non conosca le regole del gioco?
CORO
Anzi, sei maestro, in questo. (E sappiamo
quante volte l'amico ha ucciso l’amico
per quella scommessa che, per la Ragione, è la vita.)
Ma noi non abbiamo paura di Pilade;
abbiamo paura di ciò che in Pilade
viene da te.
Poteva esistere Pilade se tu non esistevi?
Tu, Oreste, sei immensamente disponibile:
perché tu sei l’inventore della tua libertà.
============================================Page 526==================================================
412 Pzlade
Puoi anche buttarla, se vuoi, farne abiura.
Noi non abbiamo il tuo orgoglio
di figlio di Re. E sappiamo che
non tutti in città sono con noi: col potere,
intendiamo dire (anche se è un potere democratico
e che noi teniamo, in realtà, con la nostra forza).
Ci sono almeno due parti dei cittadini
che sono contro di noi.
Una parte
è con quel misterioso esercito sulle montagne;
e sono gli operai delle fabbriche, i lavoratori
delle nostre aziende.
Un'altra parte, è con Elettra.
È gente decisamente perduta nel culto delle Furie,
del Passato, del Potere dei Re:
essa, Elettra, e i suoi,
sono come accecati da un eccesso di luce,
che sentono dentro, e non esprimono che odiando.
Il loro lungo sciopero
contro uno Stato che per essi non è legale (così, poi,
che diviene illegale il loro folle amore per la legge!)
è una guerra che ci divide, infine, tra fratelli,
e che ci indebolisce
nella lotta contro coloro che, invece,
non possiamo riconoscere come fratelli.
ORESTE
Avete
una segreta soluzione che temete di propormi?
CORO
Sì, l'hai capito.
ORESTE
E qual è questa proposta?
============================================Page 527==================================================
P//uJ¢· 41 3
CORO
È che tu ed Elettra vi riconciliate.
ORESTE
lo ed Elettra riconciliarci?
Ma parlate con me?
Elettra è accecata dalla sua luce, avete detto;
anch'io, anch'io sono accecato dalla luce
della certezza di dover odiarla.
Ma come poter tornare così indietro?
Che insopportabile pensiero il pensiero di Elettra!
Se la mia mente si sofferma su di lei
(cosa che da anni non succede) essa
mi appare come in una realtà che si rivela per la prima volta,
c che insieme è vecchia, vecchia da dare la nausea...
Ah, quella sua faccia come un ventre gravido, una luna
che se ne sta sola nel cielo, compagna non vista,
suicida e accusatrice!
Come ha saputo godersi il suo dolore,
la nostra Elettra! Come ha saputo
trasformare l`umiliazione in orgoglio,
l'impotenza in potenza furente e paziente:
la nostra teatrale Elettra!
E quel biondo, quel biondo dei suoi capelli,
leggermente annerito dal sole
che ci fa tutti bruni, qui, tranne la mia famiglia,
e poche altre: quel biondo, che bandiera!
Povera Elettra! Ha reso stupidamente sleale
la sua esaltazione di lealtà;
insaziabile di disperazione e disprezzo!
CORO
Non parleremo con Elettra e i suoi di queste cose.
Parleremo delle nostre proprietà comuni
e dei nostri interessi comuni. Abbiamo campagne
e fabbriche; siamo i professionisti della città.
============================================Page 528==================================================
4l4 Pilade
Se perdiamo la guerra,
tutto questo andrà perduto,
per noi e per loro.
Dietro a loro, come dietro a noi,
c'è chi lavora e non possiede nulla,
amando in noi un ideale non suo;
perché innocentemente,
teme di perdere il lavoro che gli diamo,
ola nostra elemosina. Non c’è problema.
Noi, tuoi compagni, e i compagni di Elettra,
siamo le stesse persone: nulla di reale ci divide.
ORESTE
Questi sono gli stessi argomenti di Pilade.
CORO
E tu sei come noi;
ti è cara la libertà che include l’idea delle tue terre,
— non per arida avidità, sia pure.
Sappiamo che, come Pilade,
saresti disposto a sacrificare tutto:
sì, ma da padrone, e in nome della libertà.
ORESTE
Andate, e dite a Elettra che l'aspetto.
CORO
È già avvertita, è qua...
ORESTE
Mi accorgo, dunque, che qualcosa mi era sfuggito:
qualcosa che mi riguarda...
(E anche che gli argomenti di Pilade
possono avere una versione cinica...)
Entra Elettra,
ELETTRA
Oreste, mi hai mandato a chiamare.
ORESTE
Sì, e non ne ignori le ragioni.
============================================Page 529==================================================
P/ld!/(’ 4]$
ELETTRA
È vero. E so che questo è per noi un giorno di festa.
Così tra le altre cose che ti chiederò
in cambio della mia alleanza e dei miei uomini
· che sono i migliori della città, i soli
capaci di fare la guerra, con le Furie in cuore —
sarà di celebrare ogni anno questo anniversario.
ORESTE
E quali sono le altre cose che mi chiedi?
ELETTRA
La partecipazione, in parità, al potere,
e la riedificazione del tempio e del culto
delle Furie, quelle che sono tornate.
ORESTE
lnnalzerò un tempio tutto d'0ro
alle tue Furie: tanto più
che ne avremo lo stesso bisogno.
Avremo bisogno che esse ci urlino
morte, peri poveri nemici.
(Non è questa la guerra?)
Quanto al potere non posso però concederti
proprio la parità: ti chiedo solo la concessione
di un voto: quello di Atena,
lo stesso voto, che a parità di voti contrari
e favorevoli, un giorno mi ha salvato la vita.
Lascerai dunque che Atena, se vuole, si sieda
tra il numero uguale dei miei deputati e dei tuoi.
ELETTRA
_
lo accetto. E ora preghiamo insieme a questo sole
che splende con uguale amore sui vivi e sui morti.
============================================Page 530==================================================
416 Pzladr
CORO
Sei ancora incerto Oreste? Ascolti
la tua coscienza? Ma tu vuoi la guerra:
abbraccia dunque la tua sorella ritrovata
con la parte più accesa e oscura della città.
ELETTRA
Cos’è questa luce? Tutto il mondo cambia
intorno, d'improvviso, non lo vedete?
CORO
Hai ragione, che cosa succede?
ORESTE
È solo la sera che scende.
CORO
No, è certamente una tempesta
che si scatena, non è la sera che scende
— 0 forse un terremoto, sacro,
preceduto da questo profondo silenzio.
ELETTRA
Andiamo, andiamo nelle nostre case,
nelle nostre chiese, a chiuderci, a pregare.
CORO
Cosa vogliono dirci gli Dei?
Andiamo a chiuderci nelle nostre case,
andiamo a pregare nelle nostre chiese.
Elettra e il coro excorm.
ORESTE
Che cosa devo dire a me stesso, qui, solo,
attraverso questa luce e questa solitudine?
Entra Atemz.
ATENA
Gli abitanti di Argo mi adorano
ma poi hanno paura della mia luce.
Ah, io non sono per loro che una DEA, non un'IDEA!
============================================Page 531==================================================
l’1[m]<' 4l7
E tu non scandalizzarti per il mio stile!
ORESTE «
Una profezia? Ma se è
così oscuro il presente!
ATENA
Io sono qui appunto per profetarti
qualcosa che dà ragione dell'oscuro presente
in un futuro chiaro come la luce del sole:
UN/\ NUOVA RIVOLUZIONE.
ORESTE
Una nuova rivoluzione? Ma non è ciò
che sta facendo Pilade,
Pilade coi suoi operai e i suoi contadini?
ÀTENA
Aspetta, uomo intelligente".
Blade mi adora come tu mi adorz`.
E sotto la mia protezione perciò che egli combatte:
tuttavia... la sua rivoluzione fallirà.
La nuova rivoluzione, di cui parlo,
nascerà invece qui dentro,
nel cuore di questa vecchia città, che mi teme,
benché io, la Ragione, sia la sua sola Dea.
Ti vedo tremare come un bambin0...
ORESTE
Allora io... se questo è il fine,
nuovo e vero della tua religione... io,
ahbracciando Elettra — perduta ancora
============================================Page 532==================================================
418 F1/utlr
nella sua folle esaltazione di lealtà -
ho commesso un errore
che viola la mia coscienza...
e non teme a nu][a...
ATENA
Sì. È così. Accettando di riconciliarti
con la parte dei tuoi cittadini
che con tanto furore ama la morte,
tu hai abdicato alla tua coscienza.
E non solo hai compiuto un atto
la cui utilità per la città è solo passeggera,
Tu tremi ancora come un bambino.
ORESTE
Allora, in tuo nome... io dovrei subito
raccogliere qui tutti i miei cittadini... e...
e col cinismo che tu mi consenti...
rinnegare giuramento e perdono?
E questo che dovrei fare?
Sarei ancora in tempo...
ATENA
No, Oreste.
Credi che non abbia senso il fatto
che metà delle Furie siano tornate qua
più orribili e selvagge di prima?
Ciò era, piuttosto, da prevedersi
nel momento stesso in cui io le ho cacciate
dalla città: nessun Dio mai muore!
E, se non muore, ma nemmeno avanza,
che cosa fa? Mio caro, ritorna indietro.
Esse son dunque retrocesse
alle loro vecchie sedi
e alla loro vecchia funzione:
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P1`Ia:[¢· 419
che, se tu ci pensi bene,
èznjine la mzkz rlerm: que]/a cioè di,.
ORESTE
Di che cosa?
ATENA · · I
Solo che ne]l'esercizio di questa unzione
le Furie non...
0RESTE
Le Furie non... che cosa?
ATENA
Bambino! Esse non lo fanno attraverso la coscienza
e la rivelazione, come lo faccio io.
Ma si limitano soltanto, povere vecchie Dee,
a dare lacrime a chi piange,
sudore a chi fatica,
urli a chi soffre,
lamenti a chi muore...
E allora: potevano forse morire subito
isentimenti di Elettra? Oh, sì, certo,
essi morirann0... ma dopo la tua morte,
e dopo exrere rmli quindicon!emp0mnez`az`Iu01'.
Inoltre — come brutalmente i tuoi concittadini
ti hanno fatto comprendere -
gli interessi tuoi e di Elettra sono gli stessi:
e poiché la ragione non può essere contraria
al senso comune, essa accetta questa contraddizione.
ORESTE
Tu così giustifichi l`abclicazione alla mia coscienza.
ATENA
Non illuderti. Ti dico anzi che essa darà frutti spaventosi.
I tuoi figli, loro, non faranno distinzioni!
============================================Page 534==================================================
420 P1`[ac[<*
Tu ed Elettra sarete la stessa persona,
la vostra epoca sarà una.
Un'epoca di sangue, la vostra, quale
non si ebbe mai nel mondo. E, voi due,
ORESTF,
Fai con me come il gatto con il topo:
con lo stesso argomento, prima mi spingi
a sperare e poi a sentirmi perduto...
ATENA
Ora non angosciarti, cittadino Oreste,
padrone di campagne e di fabbriche,
eletto liberamente a capo dello stato,
mio unico, egregio conoscitore,
elegante, intatto, e così spesso sorridente
atleta della ragione:
che cosa ti aspettavi?
Potevi forse illuderti
che qualcosa che riguarda la coscienza potesse passare
inosservato, taciuto o prosciolto senza giudizio?
ORESTE
No, su questo, è vero, non potevo illudermi...
ATENA
Ecco perché ho parlato, insieme, pro e contro la tua
ORESTE [coscienza.
Allora aiutami almeno ad avere davanti agli occhi
— in tutta la sua chiarezza —
il quadro di queste contraddizioni.
ATENA
E semplice.
Tu credevi di poter compiere, insindacato,
un atto che solo il brutale cinismo dei tuoi cittadini
(che io accetto) poteva accettare: essi infatti hanno ancora
la naturalezza delle belve innocenti
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Piluzlv 421
che sbranano e uccidono
pensando che solo la loro vita è vita.
Tu sei della loro razza; niente
per te vale quanto ciò che per te vale:
ma la via naturale non è la via giusta.
0REsTE
Ma se la lotta è dunque tra l'amore per la libertà
e l'accettazione della necessità delle cose...
ATENA
Che calcolo, Oreste, che calcolo
vedo brillare in fondo ai tuoi occhi!
-5i
Perciò tu agirai bene, pur sapendo
che il tuo agire è anche male.
Oppure agirai male per il bene.
Nessuno, meglio di te, sa fare questo:
te lo vuoi forse nascondere?
Per paura delle profondità
della tua anima di eletto?
ORESTE
E allora, che cosa devo fare?
Che cosa, oltre a quest’arida lotta
con la mia coscienza?
ATENA
Telo ripeto: ciò che tu fai
è perfetto, Oreste.
Non c’è nulla da aggiungere
e nulla da togliere.
Ma poiché non posso non c0nsolarti...
ti farò ora la profezia che t’ho annunciato,
adempiendo così la mia sola funzione.
============================================Page 536==================================================
422 Pzlude
ORESTE
I fatti e i tempi della nuova rivoluzione?
ATENA
No, sulla nuova rivoluzione
non aggiungerò nulla
a ciò che ho già detto:
osxzkz che erxa avrà luogo,
e che a compierla rarele tu e Ia tua cùtá.
Ciò che invece voglio ora profetarti
è ciò che accadrà przhza.
E farò questa profezia a voce ben alta e chiara
perché tu non possa mai dire di non averla sentita!
ORESTE
Ma perché tutto questo?
ATENA
Perché quanto accadrà prima di quella rivoluzione
tu non lo vorrai ricordare: e non lo ricorderai.
Ma che non si possa mai dire — dopo ch'io te l'ho detto -
che tu non lo sappia. Ascoltami.
ORESTE
Dal tuo sguardo ardente e limpido
immagino che mi dirai cose non dol0rose...
ATENA
Io ho l’occhi0 ardente e limpido di chi sa,
qualunque cosa sappia.
Con quest'occhio ardente e limpido, io ved0...
ORESTE
Che cosa? Che cosa vedi?
ATENA
Un particolare", Sì, non ti descriverò
che un particolare del grande quadro...
Il resto potrai immaginario da solo.
ORESTE
Ma perché tutta questa reticenza?
============================================Page 537==================================================
P1/adv 425
ATENA _
Perché oltre ad amare i cnlembours ed essere brillante,
la ragione è anche fatua: i fatti
non la devono coinvolgere: quindi essa deve
trattarli con tanto più umorismo
quanto più sono atroci.
Ascolta quindi questai
In una distesa di neve, tra piccole casematte
circondate da ìnvalicabili reticolati,
io vedo una pentola che bolle, col vapore che sale.
Dentro l`acqua sconvolta tra le nuvole di fumo
vedo la forma di un corpo: non è una bestia,
una pecorella, o un maialino; no, è un ragazzo,
Ora sale un piede, il piede che saltò gioioso —
sui prati intorno alla sua piccola città
di collina 0 pianura — insieme ai compagni di scuola;
ora affiora un ciuffo di capelli, bruni 0 biondi,
non so, il colore si è perso nel nulla; ora viene a galla
il membro, acerbo ancora ma già forte — a dire
che questo era il suo misero mistero, la sicurezza
della sua timida e matura virilità,
così lontana dalla tomba!
E ora s`intravede il suo occhio, l'0cchio lungo
come di un'altra razza, bello d`una bellezza
non strana ma profonda, l`occhio
in cui sua madre vedeva passare la vita,
in tutta la sua immensa vertigine (come
se ciò accadesse per la prima volta nel mondo);
e ora appare l'0recchia, la piccola orecchia
di un abitante passeggero della terra
— che comunque se ne sarebbe andato,
============================================Page 538==================================================
424 Pfladc
come uno di quegli animali che attraversano il prato
e l'erba si rinchiude intatta dietro di loro.
lssurlo, vero?
Ma non solo i miei occhi lo vedono: ci sono
anche le mie narici che annusano.
Sento odore di fuoco misto a quello del grano:
e questo odore
si spande intorno, sulle vostre case,
sui vostri cortili, sulle vostre pianure,
sui vostri monti — nell'aria vuota che il sole
invade, ancora, superstite,
puro d'una vana purezza, nella malinconia
delle accecanti eclissi in cui vagarono i nomadi".
come nell'aurora di una nuova Preistoria.
ORESTE
Che cosa significa tutto questo?
ATENA
Te l'ho detto: non ti ho parlato
che di un particolare solo.
Se sei un intenditore, se lo sei, ricostruisci
da te l’intero quadro. Anche con l'olfatto
— se puoi, se hai abbastanza fantasia — poiché
quell'od0re di fuoco invade l'intero mondo.
ORESTE
Sarà, dunque, un quadro grande come il mondo?
ATENA
Sarà il mondo stesso.
ORESTE
E come si potrà sopportare, tutto questo?
ATENA
Ah, non solo lo si potrà sopportare,
ma poi- addirittura — lo si potrà dimenticare.
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I)1À1J¢' 4Z$
E ic, infatti, ora
nella rossa luce di questa sera di Argo,
«:`,¤ .· M m~ « «
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VI EPISODIO
Campo dei rivoluzionari.
PILADE
Mia grande, mia piccola città!
CORO
Di vittoria in vittoria
siamo giunti sotto le sue mura,..
PILADE
Ah, contempliamola ancora,
sulla pianura, davanti ai nostri occhi,
prima di farla nostra e perderci in lei!
Mia grande, mia piccola città!
Vennero giorni di neve: tutto stette
riverso a godere il canto dei passeri.
Poi vennero primavere
sempre le stesse sul torace pieno di seme
dei ragazzi che non le contavano.
Argo, ti ricordo sempre alla fine d'aprile
0 ai primi di maggio,
quando il caldo ha vinto,
ma la sua luce è ancora soave.
Allora, verso sera, quando quella luce si fa viola
come sangue rappreso, e rivola
sognando verso il blu dei tramonti d’inverno,
nelle strade del centro, dai chiari lastrici,
i figli dei possiclenti sono occupati
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Fr]aJr' 427
al quotidiano volo nuziale.
Tutto, essi possiedono, anche l'impalpabile.
Non lo sanno, perché essi, avidi come dolci animali,
si accontentano di sapersi padroni di ciò che vedono,
sentono, e toccano: in questa incoscienza
naturale come quel loro sole della sera
èla loro beatitudine e la loro elezione.
Eppure non di case, non di terra, non di professioni
essi, i miei fratelli, sono padroni:
ma anche del primo fiore del melo
spuntato in qualche otto oltre le mura
nei luoghi che essi non frequentano.
Ora, Argo.
sei qui, davanti a coloro che ti conquisteranno.
Vedo le tue mura vecchie, e, dietro,
le regge costruite da ingenui avi, le chiese
innocenti, i tetti dei licei,
le torri delle case dei più ricchi
consacrate alla malinconia.
È caduto da 10 ['inczm!0 dc'] polare.
E un alrm mczmto mzxce, quello del tempo.
Ora che sto per conquistarti,
come un ribelle, a capo di gente che non può pensarti
come io ti penso — io che fui della parte dei potenti-
sento di non averti mai amata
di un così immedicabile amore.
E proprio per ciò che tu sei
con tutto il tuo male.
Ah, storia degli uomini!
È domenica". Solo gli animali e i bambini piccoli
non sanno nulla, e vivono dal rosa
del sole che nasce al rosa del sole che se ne va.
E domenica, le mura della città, i vecchi recinti,
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428 Piladv
le pareti bianche delle nuove fabbriche,
covano in pace il segreto di un lutto consolatore.
E noi siamo come bambini davanti a una madre".
Non basta una guerra
a far crescere.
Ora che voglio conquistarti e trasformarti,
Argo, perduta nel silenzio della domenica,
sento che il tuo puxsato vale il tuo futuro.
CORO
Non ti comprendiamo più. Che cosa vuoi dire?
PILADE
Che cosa ho detto?
Perdonatemi, forse ho parlato come in sogno.
Io ho vissuto un’infanzia e una giovinezza
diversa dalle vostre, in quella città.
CORO
Ma devi dimenticartelo.
Noi, qui, siamo puri come barbari.
I nostri occhi non le hanno mai viste, queste mura,
come barbari, anche se molti di noi,
gli operai e i più poveri,
son nati là dentro, nei ghetti del centro
o nei villaggi di tuguri oltre le mura.
Siamo venuti qui per distruggere tutto.
Non ci lega a questi luoghi nessun ricordo.
RAGAZZO
Pilade! Compagni!
Oreste è qui, davanti al nostro campo.
Vuole parlare con noi,
lo accompagnano solo due, disarmati,
con la bandiera bianca.
PILADE
Che venga! Che venga subito! Oreste!
CORO
Questa sorpresa ti dà qualche speranza?
============================================Page 543==================================================
P1]uJ1' 429
PILADE À ~
E non per nulla il mio più grande nemico
è il mio più grande amico.
CORO
Ah, perché accetti di discutere?
Con lui non c’è niente da discutere.
Digli li tornarsene nella sua città,
e di aspettarci là dentro...
PILADE
Ci sono anche tanti innocenti, là dentro:
essi non sono stati abbastanza forti,
si sono lasciati vincere dalle Furie.
Ma non si può rimproverare a nessuno
di non essere abbastanza forte.
CORO
Un uomo che ci è estraneo parla in te.
Ti vediamo trascinare via, come da un fiume
nato davecchie s0rgenti.,.
Emra Or¢·rlc·.
ORESTE
Pilade! Come ci ritroviamo!
PILADE
Come ci ritroviamo?
Non è mutato nulla.
ORESTE
Ah non è vero! Il mondo
è, anzi, irriconoscibile.
Ed è successo quasi dal mattino alla sera.
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450 Pi/adv
Pilade, io vengo a farti una proposta,
una proposta di pace...
PILADE
La pace? Ma se c`è tanta pace nel mondo!
Non piangi? Eppure mi hai capito alla lettera.
ORESTE
Allora ascoltami.
Tu dici, che non è cambiato nulla.
Ma io ricordo la sera
che te ne sei andato dalla città: eri solo,
vedevo la tua schiena, il tuo collo,
e l'attaccatura dei capelli sul collo,
scompigliati poi sulla nuca
dal vento del crepuscolo...
Quando si vede un uomo così, di solito,
il cuore si stringe: quasi che, andando
senza accorgersi d'essere osservato,
egli fosse innocente d'un'innocenza colpevole.
Invece, allora,
io di te non avevo pietà, ma ammirazione.
Uomo giovane che te ne andavi! Non possedevi
più nulla, se non una tua vita ancora immatura
e perciò piena di mistero, arruffata
nel suo misto di amori e di odi assurdi.
Che cosa sarebbe nato da quell'eroe?
E ora tu ritorni, apparentemente vincitore...
Eppure, Pilade, com'è passato male
il tempo su di te.
Non lo sai, proprio tu, che bisogna essere, sempre,
una cattiva abitudine. Vedo infatti nel fondo
dei tuoi occhi, che furono tanto puri,
============================================Page 545==================================================
P1[ads' 4}]
qualcosa di impuro. l'acredine
di chi è giusto.
E una volta non avresti mai parlato così.
Cè, verso chi la tua ragione condanna giustamente,
una specie di irragionevole odio. Ecco...
sì... tu uxromzglŕ ad Elettra!
In questo modo è andata a finire".
Come si può dire dunque che niente è cambiato?
PILADE
Vorresti forse che ti abbracciassi?
Non chiedere questo, e non chiedere
di non scandalizzarmi a quanto hai detto.
Sì, Vindignazione alle volte rende indulgenti verso se stessi,
ma è una indulgenza, questa, di cui non ho vergogna.
ORESTE
lo stavo dunque dicendo", che
a parte ciò che è successo in te, forse a tua insaputa...,
qualcosa è successo anche nel mondo.
PILADE
A insaputa delle Eumenidi?
Forse per opera delle Furie, al cui partito
tu ti sei stretto in così gloriosa alleanza?
ORESTE
Ah, Eumenidi consolatrici!
PILADE
Sorridi?
Sono esse che mi hanno condotto qui,
davanti alla mia città adorata e nemica,
colpita da un male profondo
che non altera la sua bellezza.
Sono qui come un barbaro,
per occuparla e distruggerla.
Guardala, guardala, Oreste,
la nostra vecchia città,
raccolta nel suo mattino di festa
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432 Ptladv
in un caparbio silenzio, in tutta la violenza
del suo grigiore. Lei e la luce del giorno.
Domani sarà una montagna di macerie,
e le sue care Furie avranno di che urlare.
ORESTE
Te l'ho detto,
il mondo è irriconoscibile:
e tu, infatti, non lo riconosci.
Ingenuo Pilade! I sentimenti che t`hanno spinto
lontano dalla città, nell`abiura, prima,
poi nella rivolta armata
e ragionata,
sono ora giunti in te
alla loro maturità estrema e più alta.
Ed è proprio a questo punto che non hanno più significato.
Io sono qui a coglierti, con queste tremende parole,
come un cacciatore che uccide l’uccello
proprio nel momento in cui il suo volo è più alto e sicuro.
Sei qui, a indignarti su me,
e a soffrire di troppo odio e di troppo amore
per la nostra città. Ebbene,
sia io che la nostra città
NON SIAMO PIU QUELLI CHE CREDI.
Nello spazio di una notte, siamo mutati.
Il mondo si muove, Pilade: non t’hanno insegnato
questo le !> Eumenidi?
Alle volte un mutamento anche piccolo
si compie in un tempo di millenni,
alle volte basta una notte...
In una notte, su Argo — ed è questo ciò che non sai-
è passato un millennio, o, se vuoi, un secolo,
0 anche, se ti sembra più probabile, un decennio.
============================================Page 547==================================================
P1/adv 455
Argo è nuova di zecca, e io,
suo principe democratico, con lei.
Tu sei vecchio, invece,
nel candore di ragazzo dei tuoi sentimenti.
La tua indignazione! Mi fa sorridere,
e mi stringe il cuore, amico.
Il tempo ti ha lasciato indietro;
e ciò che mi commuove è che ti ha lasciato indietro,
telo ripeto, nel momento stesso
in cui tu eri più vicino alla verità.
PILADE
Tu parli di miracoli...
ORESTE
Beh, se è un miracolo
l'uso della ragione.
PILADE
La ragione nel regno delle Furie?
Nell`odi0so amore per il passato
e per l'autorità, di tua sorella?
Nella tua ironia di ricco?
ORESTIÈ
Allora sappi, Pilade,
che per la seconda volta nella nostra storia
Atena mi è apparsan.
E da lei ho saputo quel futuro che ora appunto si avvera,
Non eri tu che dovevi compiere
la vera rivoluzione di Argo:
ma lei, come aveva compiuto la prima.
Mi è apparsa dal fondo della realtà,
quella reale, Pilade,
che nasce dall`azione umana
e dalla storia non sognata.
Mi è apparsa quando meno me Vaspettavo,
nel momento più assurdo e disperato:
============================================Page 548==================================================
434 Pilade
ma la sua apparizione, appena avvenuta,
si è resa chiara da sé, Ma certo, Pilade! Era così
che dovevano andare le cose!
La nuova rivoluzione non è opera
di alcuni uomini, 0 di una parte di essi:
è opera della città intera!
È nata dal suo profondo,
naturalmente, di esperienza in esperienza.
E così il vecchio mondo è divenuto irriconoscibile.
È con lui che ti indigni,
ormai miseramente a vuoto, Pilade.
Guarda tu, dunque, piuttosto, questa città
che tu mi invitavi a guardare. Guardala bene.
Oh sì, c`è il caldo silenzio
di un mattino di festa, col sole che dora
i vestiti buoni sono distesi
sugli schienali delle seggiole; le strade
vanno animandosi; si chiacchiera dal barbiere;
i ragazzi vanno con le loro tute agli stadi;
le ragazze si chiamano per nome,
aspettando l'ora del ballo col sole ancora alto...
EBBENE, rurro cio Non E PIU REALTA.
Essa sta altrove.
E se il tuo popolo ne è appena toccato,
chi lo guida, eletto democraticamente,
e ne fa la storia, ·
opera ormai del tutto ALLA LUCE DI UNA NUOVA REALTA.
È perciò che le tue parole qui davanti ad Argo,
suonano come un vecchio inno religioso,
vecchio ormai anch'esso come gli urli delle Furie.
Ecco perché tu
============================================Page 549==================================================
Piladr 43S
stringi il cuore e fai sorridere,
aquila che vola ormai verso il VLIOtO.
CORO
Non ascoltarlo, Pilade.
Sono le vecchie parole.
Noi siamo operai, contadini,
ciò riguarda la tua ragione, non la tua coscienza.
Non chiediamo da te la santità.
ORESTE
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VII EPISODIO
Prerro ii cimitero della cittá di Argo.
PILADE
Chi va pestando la terra
— su cui c'è il silenzio di una tregua
che non si sa se sia resa 0 attesa —
e comunque umilia fino alla disperazione —
chi va pestando questa tetta di nessuno?
Chi va, con dei fiori in mano,
coi loro colori impietosi di altre estati?
Portandosi dietro una fila di donne
venute dai luoghi votati a un eterno
sorgere e tramontare del sole,
dai luoghi dove si partorisce,
e la vita 0 è un lungo dovere, o un isterico sonno?
Chi va, oltre la città, oltre il campo deserto
— oltre la città che ricomincia a vivere,
— oltre il campo dove sventolano tristi bandiere?
Chi va verso un posto
dove giace qualcuno
che, come un cane, o un uccello,
0 una vacca, non si è accorto che c`era la guerra
e ha continuato i suoi giorni di pace, che alternano
solo un diverso chiarore del sole?
È voglia di morire 0 voglia di amare
quella che sento?
============================================Page 551==================================================
P1/alle 437
Oppure è voglia di un amore così vergognoso
da procurarmi una specie di morte?
Veniva la neve, allora, in una cupezza
popolata da fragili passeri
—i crisantemi pendevano come girasoli
— i cancelli degli orti dividevano
famiglie silenziose come tribù — e che pace solenne
nelle croste di ghiaccio con un sole bluasrro
perduto sopra le stalle, negli angoli
dei fienilì di mattone — la terra tremava
come vuota al leggero passo dei giovani uomini.
L`estate poi era un vapore di tigli,
e il concimaio tra i girasoli e i vecchi cavalli,
ardeva come il fuoco segreto del paradiso.
se non la sua carne,
l`enormità del suo grembo,
grondante, madido, sudicio e dolce
sulla cui cima c'era il risucchio della morte.
Una morte di ebbrezza, disperazione e vergogna.
Sono anni che la mia esperienza
e pura come l'azzurro dei monti,
Ora, come, e perché, torna
quella voglia di morire,
============================================Page 552==================================================
458 Pilade
la voglia di gettarmi a corpo morto
a fecondare, una qualsiasi cosa,
fosse pure una zolla di terra 0 la mia mano?
Chi è questa donna,
che camminando per la terra di nessuno,
mi fa venire questa voglia
magari di ucciderla, pur di morire?
Certo una Furia soprawissuta,
vecchia e schifosa — eppure
così cara alla terra e al sole —
mi ha azzannato al ventre e mi morde
attaccata alla carne senza rughe del ventre.
Ah, la terra coperta di neve 0 il cielo infuocato
risuonano a un passo 0 a un passaggio di vento..,
e franano,
ronzando,
sotto 0 sopra me,
estate, invern0...
mille e mille giorni non segnati da altro
che da un’uscita di seme...
Chi è questa madre, o questa puttana,
0 questa bambina, che, coi suoi pensieri,
maledetti, pieni di grazia e di innocenza,
o falsa religione,
0 testarda e stupida vocazione di monaca
— estranea al mio sesso come una bestia -
viene nella riservatezza di una sua ora solenne?
Entra Elettra.
ELETTRA
Lasciami passare, togliti dalla mia strada.
PILADE
E tu togliti il velo,
questo triste velo
di triste serva di Dio.
============================================Page 553==================================================
Pilade 439
ELETTRA
No, no! Non toccarmi!
PILADE
Tu sei Elettra".
ELETTRA
Vattene, adesso che mi hai riconosciuta;
vattene e lasciami a.ndare...
PILADE
Perché mi credi uno sconosciuto? lnvece
noi ci conosciamo — e quanto, e da quanto!
ELETTRA
Tu sei un pazzo, lasciami, va
per la tua strada".
PILADE
Tu non conosci Pilade?
ELETTRA
La mia vita, lo conosce!
PlLADE
Ma tu... tu non l`hai mai visto?
ELETTRA
Perché mi interroghi? E perché io ti rispondo?
PILADE
Noi stiamo vagando in una terra di nessuno,
quasi nascondendo le ragioni per cui siamo qui, soli.
ELETTRA
Ah, l'h0 visto, sì,
l’ho visto quando non era lui; quando
era un ragazzo — le prime volte che mi appariva
con mio fratello Oreste — maledizione al suo fianco,
g10VmCttO, ! Iianco li mio Irateno, ancora,
quando ci aiutò a uccidere mia madre Clitennestra.
============================================Page 554==================================================
440 Piladc
lineamenti di sogno... Io lo guardavo,
Eppure la sua presenza
era allora così cara... era una pr0tezione... una
protezione di madre che stringe al suo grembo...
E anche quel grembo era di madre! Puro,
quasi non contenesse il misterioso peso
del ventre degli uomini... La sua presenza
era una presenza di angelo: di chi, come temendo
di vivere per sé, viva solo per gli altri.
L'ultima volta che l'h0 visto
non avevo occhi per lui:
Ma tu chi sei? Come hai coraggio di metterti
sulla mia strada, e parlarmi
come se fossimo pari...
E perché,.. io ho ceduto, e ti ho parlato?
PILADE
Forse perché
io sono Pilade.
ELETTRA
Pilade? Ah, lasciami, lasciami andare! Ormai
tutto è finito, lasciami andare!
PILADE
Come assomigli poco ad Elettra".
ELETTRA
No, niente è cambiato...
============================================Page 555==================================================
P1[uJ<· 441
PILADE
Anch`io lo credevo...
ELETTRA
Lasciami andare, addio.
PILADE
No, resta ancora un p0co...
Dove vai? A chi porti questi tuoi fiori
divenuta così misteriosamente arrendevole?
ELETTRA
Tu lo sai bene... io vado
quaggiù, dietro questi monticelli
dove una volta crescevano le ginestre:
là c`è la tomba
dei miei genitori.
Sono sotterrati uno accanto a]l'altra.
PILADE
Vai a piangere, ora, per la loro morte?
ELETTRA
PILADE
Ma prima di andare là, devi ascoltarmi,
Ma forse perché sono così al di là
di ogni ritegno — così inascoltabili
e indicibili — forse proprio per questo, avrò la forza...
Perché, sappi, io sono qui davanti a te
come un marito davanti alla moglie — come
un cane davanti alla cagna — meglio, sì, come un cane
============================================Page 556==================================================
442 Pzlade
ELETTRA
Ah, basta, non voglio asc0ltare...
PILADE
Son qui, davanti a te, come una bestia nel corpo,
eppure con necessità così poco bestiali:
sì, è il mio spirito, che è in gioco,
non so in quali profondità della carne..,
Parl0... ma ho nella gola
solo voglia di violare me e te e ogni cosa:
una voglia che non si arresterebbe davanti a niente.
Perciò queste mie parole sono inutili,
te le dico per disperazione e per timidezza;
perché non sono morto, io. Son qui con tutto me $[8850,
anche se la violenza della carne mi trascina,
col mio seme, fuori di me,
in una fuga che vuole liberarmi
con qualcosa di nauseante e impuro, ma definitivo.
Ti parlo, ti supplico, prima tento di farmi capire,
ma so bene che farò ugualmente, poi,
quello che voglio...
ELETTRA
(Improvvisamente piange e grida.)
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Fi/adv 44}
PILADE
ELETTRA (pzhugendo e gridando)
Ah, n0n lo so! Ora s0 soltanto che non esistono nemici,
Sì bmìmo,
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VIII EPISODIO
Campo dei rivoluzionari
RAGAZZO
Pilade! Compagni!
H0 grandi e impreviste notizie da darvi...
Ascoltate, se sarò però capace
di raccontare.,
CORO
Da dove vieni?
RAGAZZO
Dalle montagne: è là che è successo
quello che sto per dirvi...
CORO
Sulle montagne? Ma se non ci sono rimaste
che le nostre donne, sotto la protezione
delle Eumenidi!
RAGAZZO
Ero là, Pilade, in quella radura
dove per la prima volta hai visto le Eumenidi,
e hai parlato con loro...
Il sole era alto, e io riposavo; e, riposando,
ascoltavo, mezzo addormentato, il canto degli uccelli
Quand'ecc0 che vedo, nella luce, una luce più forte:
e sento, tra i canti, una voce
infinitamente più chiara e dolce dei canti.
Mi volto: era Atena,
che veniva, e chiamava le Eumenidi!
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I’i[aJz· 447
PILADE
Ma cosa diceva?
RAGAZZO
Diceva., che dal momento che suo padre non l'aveva fatta
mettendo con amore il suo seme nel ventre d'una femmina,
la storia dei riti si era piano piano spezzata...
Ch'e1·a invecchiato nel mondo il belato degli agnelli
e il pianto dei neonati era una dolcezza dei tempi antichi".
Ma sì, quanti parti, ancora — diceva — nelle umili campagne!
E quante fioriture di nuovi alberi nella bella stagione!
Ma non sarebbe stata Iiù Iuesta — diceva — la realtà.
PILADE
Ma che cosa chiedeva, Atena, alle Eumenidi?
Perché era andata da loro?
RAGAZZO
Oh, ecco, Pilade, è questa la cosa
— la novità accaduta in una notte —
che io temo, o non so, raccontare,.
PILADE
Non aver paura, ragazzo,. Perché io lo intravedo,
ormai, il seguito della tua storia! Atena
chiedeva alle Eumenidi di lasciare anch'esse,
come già le loro compagne ritornate Furie,
i monti, i campi".
RAGAZZO
Sì, sì! Sì, questo chiedeva, e diceva:
«Dovete lasciare questi monti coperti di alberi,
e venire con me dentro la città.
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446 Pflade
Qui, sui monti, invece — per quell'intrico di contraddizioni
che la mia ragione dipana — torneranno di nuovo
quelle di voi che, rifatte Furie,
si erano rifugiate nella città, contro il mio volere...»
PILADE
Come? Le vecchie Furie degenerare e tornate in città,
prenderanno di nuovo nei campi il posto delle Eumenidi?
Ah, come ha dipanato bene la tua ragione, Atena,
Vandirivieni senza fine, sorprendente e folle della vita!
Entra un messaggero.
MESSAGGERO
Pilade! Compagni!
CORO
Cosa succede ancora? Non è finito
di ronzarci alle orecchie il suono
d'una notizia oscura, senza sens0...
MESSAGGERO
È anche questa una notizia misteriosa,
che io proprio non so come dirvi... Se usando
le parole con cui si racconta un fatto felice
o quelle con cui si racconta una disgrazia...
CORO
Racconta come vuoi, ma racconta!
MESSAGGERO
Ero nella città,
nella città che pareva ai suoi ultimi giorni.
E come splendevano, invece, alti, orgogliosi,
profondamente nuovi,
da quaggiù, i nostri fuochi!
Nella città la vecchiezza:
qui fuori, incombente su essa,
la freschezza della rivoluzione,
con le sue belle bandiere.
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Pifadv 447
Ed ecco che d'impr0vvis0 si aprirono le porte:
g, attraverso esse, non si vide passare, no,
jlnostro esercito con quelle sue belle bandiere!
Non si vide entrare il nostro esercito
- com`e1·a previsione, e ormai certezza —
un esercito di figli contro la città dei padri.
Chi non l’avrebbe riconosciuto?
Era un esercito che non aveva armi, ma rami d'ulivo,
non lanciava urli, ma sorrideva,
non faceva paura, ma dava sicurezza.
_
Era Atena, che veniva per prima, e, dietro,
coi fiori portati dai campi, le Eumenidi.
Ma prima gli uomini di scienza, gli inventori,
ifabbricanti di mezzi di lavoro,
quelli che trasformano la vita di ogni giorno,
ingrandendo giorno per giorno l`uomo dentro la sua natura;
poi, gli uomini che esprimono la vita degli altri,
in versi, in figure, in musica;
infine, guidati da Oreste, quelli che, eletti dal popolo,
governano la città
— vennero e si unirono a quel corteo.
Allora un nuovo spirito come una nuova luce invase la città.
Da una vigilia di sconfitta,
essa passò a una prepotente certezza di vittoria.
Dimenticò presto ogni ansia, ogni senso
di inferiorità, ogni cattiva coscienza,
e, nella purezza delle cose nuove,
cominciò una nuova vita.
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448 P1Yadc·
Cominciarono cioè i miracoli di Atena.
E le Eumenidi — ispirando ognuna in modo diverso
ogni cittadino — l'aiutavano...
CORO
Come l'aiutavan0?
MESSAGGERO
Preparando i cuori a ciò che avrebbero appreso le menti,
Talvolta, infatti, i miracoli di Atena
davano ancora la paura dello scandal0...
CORO
Vai avanti...
MESSAGGERO
Pareva che più che una nuova idea dell'u0m0,
una nuova idea della vita,
fosse entrata nelle ICSIC della gente.
Che, così rinnovata, non la capivi più,
non la ascoltavi più, non la fermavi più.
Era trascinata, come da un vortice
a realizzare nuovi ideali ancora inespressi.
Atena aveva creato una nuova città
dalle viscere stesse della città.
Entra un roldalu.
SOLDATO
Pilade! Compagni!
Il nostro campo si sta svu0tando...
Il nostro esercito si sta disfacendon.
CORO
Che cosa dici ancora?
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F/[adr 44*9
SOLDATO
Eh, cosa dico...
Ecco, com`è andata,.
I soldati cantavano,
sulle loro ghitarre
- quelli giovani, e gli anziani
li stavano bonari ad ascoltare.
Erano tutti allegri: e i loro capelli
cresciuti sulla montagna, freschi di bosco
0 arsi di soli selvatici-
erano arruffati dal vento
nuovo di questa sera di vittoria.
Quand`ecc0 la città perduta nell`orizzonte buio,
cominciò a illuminarsi, come quando avvengono
i mirac0li...
Piano piano allora si spensero
gli strazianti canti di vittoria nel nostro campo.
Lo spettro della città si andò fissando
in una luminosità diffusa e sicura
— finché, nell`orizzontc del crepuscolo
sembrò sostituire il sole.
Quanta pace c`era oltre le sue mura!
Lavoravano, la dentro: ma che aria di festa!
Una cosa fu allora subito certa:
che la grande novità della vita,
era proprio la città, la vecchia città di Argo.
Così piano piano i partigiani hanno cominciato a disertare,
e il nostro campo è ora muto e abbandonato.
CORO
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4ìO Piiade
—
Mai come ora, abbiamo avuto il dovere
di capire e discutere ciò che succede,
e tu non hai nulla da dire?
Entra un vecchio,
VECCHIO
Piiade! Compagni!
Ho ancora altre notizie da darvi, ma così recenti
che dovrete discuterie a iungo, credo,
prima di capire se sono male 0 bene...
PILADE
VECCHIO
Forse è così. Quanto a me, dovrei cedere ad Atena
che è la Dea della Ragione, e perciò dei Futuro.
Essa ha ricacciato da Argo, come ormai sapete,
le vecchie Furie,
che erano tornate ià ad insediarsi;
e, come ancora sapete, ha ricondotto ad Argo le Eumenidi.
Ebbene, ciò ha cambiato il corso della storiai
Non è dunque ridicolo che un vecchio
si opponga al corso della storia?
CORO
Ma parla!
VECCHIO
È presto detto: tutti quelli che, nella città,
erano con noi, non lo sono più. Ed erano,
appunto, iavoratori, gente povera, immigrati
da poco dalla campagna, e, soprattutto, operai.
============================================Page 565==================================================
P1]aJe· 4i!
Erano essi la nostra forza vera:
n0i qui non siamo che un esercito di banditi.
Ebbene, quella nostra forza non c'è più:
Era stato facile —- per quegli uomini
— resi coscienti di sé e pieni della volontà
d`essere padroni del proprio destino —- era stato facile
difendersi dalle vecchie Furie.
Esse erano il passato con la sua oscurità.
PILADE
Cè nell`u0mo un diritto
(a perdersi, a morire)
che Atena non sorveglia,
e che nessun altro Dio conosce.
Ebbene, io ora lo esercito.
E mentre noi tutti siamo qui
travolti dagli avvenimenti,
Perché i soldati di Elettra
erano i giovani più belli della città?
Perché tanta grazia nei capelli e nei fianchi
e tanta disperata antichità negli occhi?
Perché non erano vestiti da altro
che da virilità e giovinezza?
Erano forse consapevoli
della loro bellezza?
Oppure la loro bellezza
li aveva viziati?
E perché Elettra era, tra le donne, la più pura,
la più struggente, la più santa?
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IX EPISODIO
Borso.
PILADE
Ed eccomi qui, solo.
Solo con un ragazzo sceso dalla montagna
di corsa, come se andasse alla sua prima festa
— forte, caro e lieto anche nel portare notizie
della nostra tragedia — e con un vecchio,
venuto passo passo dalla città,
macinando in cuor suo la tragedia,
pieno di pudore.
Eppure il ragazzo ha la saggezza di un vecchio,
e ii vecchio è combattuto come un ragazzo.,
Non ve ne andate, voi due? Non mi lasciate?
RAGAZZO
Dove dovremmo andare?
VECCHIO
Io sono stanco, vorrei riposare un poco,
prima di decidere...
PILADE
Restate qui, fin che volete, allora...
a farvi interrogare dal mio sguardo.
Perché la vostra presenza qui non significa nulla,
essa sfugge a ogni disegno, sembra una debole trovata,
gioca ogni senso, e contraddice — con umana
delicatezza — a ogni regola di una storia.
VECCHIO
Staremo dunque qui, come tu dici, misteriosamente,
a farti un po' di compagnia, e poi ce ne andremo...
============================================Page 567==================================================
Piludv *5}
PILADE
E dove andrete?
RAGAZZO
I0 ho la mia casa, Pilade, con mia madre,
imiei fratelli più piccoli... E anche lui,
cc l`avrà, coi suoi figli".
VECCHIO
Certo, la vita è più lunga dei nostri sogni.
PILADE
Ecco, laggiù, a destra, le montagne —
clove tutto è cominciato — buie nel celeste.
Ma sono ancora alte e nette nell`orizzonte,
come altari; quando, presto.
verrà la luna, saranno ancora là,
masse dure, nemiche e sognanti.
E, a sinistra, ecco la città,
dove si ritorna. È UNO — ora lo so —
il posto in cui si nasce e in cui si muore.
La nostra città è là a dirlo. Qualunque
cosa si faccia, la sua unità si ricompone,
perché UNO è il mondo della coscienza.
Quelli che difendono la città
e quelli che l`aggrediscon0
fanno una cosa sola. La briciola
della nostra anima ha sempre una sola salvezza.
(II ragazzo xi aa'a'0m1c·z1ta.l
D0rme...
VECCHIO
Sì, è stanco, Ha fatto tanta strada, oggi,
e tutta di c0rsa...
PILiÀDE
E meglio che lo copra col mio mantello;
scende la sera...
Che grazia innocente! Nel sonno che gli incolla
i ricci sulla fronte, pare ancora più giovane.
Chissà che futuro ha in cuore!
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454 Pilade
VECCHIO
Non lo sapremo mai: ma questa
è una domanda che egli non si fa.
PILADE
Tu pensi che sia necessario che noi
glielo insegniamo?
VECCHIO
Lo faremmo anche senza volerlo.
PILADE
Ma perché turbare questa sua innocenza?
VECCHIO
Noi, pare, abbiamo lottato per lui!
PILADE
E qualcun altro ha vinto...
VECCHIO
Nel suo sonno, però, non vedi?,
non ci sono né vinti né vincitori,
tutto ricomincia di nuovo...
PILADE
E tutto ciò che ho fatto — la mia vittoria,
la mia sconfitta — tUttO è leggero come un sogno.,
VECCHIO
Tutto è leggero, tranne la nostra anima".
PILADE
Io ho lottato come un santo della Ragione.
Ma Oreste ha fatto altrettanto.
Solo ora so che la Ragione
era la sua divinità e non la mia!
VECCHIO
E così?
PILADE
============================================Page 569==================================================
P:[aa'e· 4%
È vero:
tutto ciò che non finisce, finisce secondo verità.
Ma io non so capire questa fine sospesa
della mia storia; né i nuovi sentimenti
in cui. bene 0 male, senza conclusione,
io continuo a vivere.
(II vvcc/aiv si addormenta.)
Eh, lo so, il suono delle mie parole
— litania di errori commessi ed ammessi-
ti aiuta a riposare, perché è un suono
che la coscienza emette
quando tutto è finito, e non c`è più niente da fare.
Dormi, .ultimo amico.
Perché avrei forse pudore di pronunciare
davanti a gente come te,
il mio ultimo inno.
Ma io devo dimenticarmi che esistono i buoni,
gli innocenti — su cui, come su questi due, ora,
continueranno a sorgere albe meravigliose.
Il mondo è colpevole e falsa la luce di quelle albe.
Entra Atena.
ATENA
Tutto dunque finisce
in una elegia notturna?
============================================Page 570==================================================
JS6 Pzlade
PILADE
Ah, no, non è vero!
In qucst'ang0l0 tagliato fuori dal mondo
si compie invece una protesta
(che io avrei voluto violenta ed è mite).
ATENA
Oh! E in che modo si compie tale protesta?
PILADE
Stando qui, appunto, in questngolo del mondo,
dove mm ri ba più bisogno di ersere comolatz',
ATENA
Certo, mio amico: io devo tutto alla verità.
Perciò non posso che confermartelo:
ogni euristica è consolatoria, certo,
e ogni mia invenzione è kitsch.
Ma resta la mia consapevolezza di questo
(così, chi è in realtà il retore, è lo sconfitto, sei tu).
PILADE
Mi sono liberato di te, invece, sappilo
nello stesso momento in cui ho compreso questo:
TU, LA RAGIONE, SEI SEMPRE E SOLTANTO CONSOLATRICE.
ATENA
Io, questo, non l'ho mai nasc0st0...
PILADE
Sì, ma Oreste
(sapendo, e fingendo di non sapere)
ha costruito su questo
la stabilità del suo mondo.
ATENA
E non pensi che ogni stabilità del mondo
si fondi sempre sopra la mia funzione
che è in apparenza quella di capire
in realtà quella di consolare?
PILADE
Sì.
ATENA
E cosa vuoi fare, allora?
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P1[<1Ji· 477
PILADE
Essere fuori di te.
ATENA
Ah, come ragioni dolcemente!
PILADE
Amare Elettra!
Ho rincorso come un santo una luce
che mi distraeva!
Ed ora eccola qua, nel corpo.
ATENA
Amare Elettra? Nient'altro
che una contraddizione.
PILADE
ÀTENA
Farà tèn doxan:
non alla mia luce.
PILÀDE
Amare Elettra!
Qualcosa che la natura rifiuta.
ATENA
La natura: io no.
PILADE
Ah, non vuoi proprio capirmi! lo non intendo —
in quest`ango]o dove sono finito — sentirmi consolare!
ATENA
Perché ami dunque Elettra?
PILADE
Perché io amo in lei la mia abiura.
ATENA
E consisterebbe in questo il tuo ultimo inno
— che annunciavi a quest'uom0 dormiente —
il tuo ultimo inno alto, dolce e ragŕomzto?
============================================Page 572==================================================
458 Pdade
PILADE
No, il mio ultimo inno consiste
in una puerile maledizione!
ATENA
Usare la Non Ragione contro la Ragione!
L’hanno fatto i poeti e gli assassini
dell'epoca che è appena trascorsa.
Tutto il mondo ancora ne odora di morte.
L'avevo profetato ad Oreste e su te lo verifico.
PILADE
Ma io per nient’altro ho lottato, ascoltandoti,
che per impadronirmi del potere!
E ora so che questa è la più colpevole delle colpe.
ATENA
ů
PILADE
ATENA
Basta.
Si vede la prima luce dell'aurora, lo torno
nell'impavid0 mondo del peccato e dell'umiltà.
PILADE
Sorge il sole su questo corpo degradato.
Ah, va'! Va' nella vecchia città
la cui nuova storia io non voglio conoscere.
Che tu sia maledetta, Ragione,
e maledetto ogni tuo Dio e ogni Dio.
(1966-1970)
============================================Page 573==================================================
APPENDICE A «PILADE»
============================================Page 574==================================================
www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
============================================Page 575==================================================
[DALUEPISODIO Vll DELLA PRIMA STESURA]
ELETTRA
(lmprovviramerne pmnge e grzda.)
PILÀDE
Ah, ah, ah lo so, lo so, mia sorella — perché gemi così? -
— ti prego, calmati... — lo so, lo s0...
È un gemito ogni nostro sapere.
e se io so, perché non gemo anch`io?
Ho aspettato tanto, prima di piangere e urlare,
come fai tu adesso.
Perché ho aspettato?
Bastava l`i<lea di un po` d'erba bagnata
accanto a un cimitero
dove distendere la carne nuda
per fare l'am0re — perché il pianto rivelasse...
E un urlo la rivelazione. E io urlerò con te.
Non ti consolerò, perché so che hai ragione.
Bastava stringere la tua mano
rossa come quella dei ragazzi,
debole per un lungo silenzio,
e fragile come quella di una sorella,
per capire quanto abbiamo perduto;
niente si perde più dell`am0re della came;
e anche se l`avessimo fatto, in questi anni,
tutti i giorni — forse non avremmo ugualmente tutto perduto?
Non piangere, per pietà, perché io clevo dirti,
che abbiamo tutto perduto, ciò che non abbiamo avuto,
ma avremmo tutto perduto
anche se l'avessimo avuto...
Questo terribile amore, di came, sull'erba,
============================================Page 576==================================================
462 Appmdice a «P1Iaa'2»
non nostro, ma eternamente di altri,
ma solo eternamente desiderato;
compiuto da altri giovani, per fatalità, tra ginepi-i
e ginestre, caldi eternamente di altri soli,
Non piangere tutto il nostro sapere,
urlando tutta la nostra gioia perduta anche se avuta,
O dammi la forza di piangere con re, carne,
che io non ti dica che nulla vale
ciò che tu vuoi, nelle profondità
dove il nostro spirito è bambino,.
Amare Elettra!
ELETTRA
Ecco, non piango più, mi calmo.
Perché ora ho pianto?
Perché prima non ho pianto?
Ho l’età in cui la donna ha già il secondo figlio.
Quante estati hanno odore di ultimi fiori;
e io sono rimasta uguale, in un sogno.
Che cosa è successo"?
PILADE
Guardo questa misteriosa ardente mela...
Rossa di assurda purezza...
Quanti frutti sono maturati in primavera;
gli alberi ne rosseggiavano, gli orti
ne erano umilmente gloriosi; tutto era normale;
e la normalità era uno straziante miracolo...
Come si può considerare naturale la luce del sole?
O l'amore che unisce un ragazzo e una ragazza,
nell'aroma fetido e puerile della loro carne?
Ma quella mela è nata in piena estate,
Elettra, quando da mesi ormai
i meli hanno perduto la loro gloria
e aspettano in silenzio, mentre furoreggia il grano,
Z accaduto
============================================Page 577==================================================
1lp[u*m[/u' il «P1I«1J<'» 46}
O maturano certe le uve. Questo frutto
contraddice ogni cosa; è il segno di un dio ignoto;
la sua diversità dà terrore,
la sua natura fa paura. Piccolo pomo rosso
d`inn0cenza atroce!
Verranno i contadini a maledirti
e a scongiurarti; sarai un pomo di discordia!
E il mio membro, non ne sa nulla,
e nulla il tuo ventre ancora bagnato di pianto!
ELETTRA
Così è nato questo sentimento che fa urlare
per tutto ciò che di futuro c`era nel passato?
PILADE
Sì, è nato come un frutto mostruoso, anche se bello;
anche se con tutta la grazia del corpo.
ELETTRA
E noi? Noi dove eravamo mentre esso nasceva?
PILADIL
Ah, cnivamio là dove si Fanno cose
che sostituiscono altre cose; là dove sono
itemporali prima di scoppiare?
Tu, vergine per custodire
un passato che il tuo ventre non conosce;
io casto per instaurare un mondo
dove si è tutti monacil’. Cos`è il nostro amore?
Il nostro amore che non doveva essere — e per essere
doveva aspettare che ambedue fossimo senza vita,
che non potessimo nemmeno pensare
che quest'erba vicino alle tombe
era un letto per innamorati?
ELETTRA
E Vincredibile è come noi eravamo pronti
8 questo.
ìdelh primo tuono
felici
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-lo-I Appc/1Jm· zi «P1'[uJ¢·»
Tutto quello che noi abbiamo fatto
nella nostra coscienza e con la nostra azione,
non portava, no, a ciò che noi volevamo
con tutta la luce del nostro spirito,
ma a questo angolo buio tra tombe e ginestre.,
PILADE
Non abbiamo fatto altro che lavorare
per una rivincita
che si alza alta come un argine contro il destino.
Tutto era pronto per la mia vittoria,
e invece ciò che era veramente pronto
era qualcosa che sostituisce il dolore o il sospetto
della sconfitta: un amore che dà vergogna,
e che tutti, senza eccezione, malediranno...
ELETTRA
E anche la mia sconfitta che mi aveva tenuto in vita
[cominciava
ad essere niente altro che una mortale abitudine,
Ma la vita è tùrnatá.
PILADE
È tornata, dove qualcosa, al buio
si alzava come un argine contro il destino.
Ancora la mia ragione non lo sa; ma parlano
i colori delle cose. Un amore è nato,
e le cose intorno hanno i colori della morte.
Forse...
tutti e due siamo nel torto — e Oreste è là
con la sua vittoria.
La città è con lui.
Per qualche anno o qualche decennio,
0 per tutta la storia che noi possiamo pensare,
egli ha ragione; e alla luce della sua ragione,
abbastanza pura per essere staccata dalle cose,
si è ristabilita la normalità.
============================================Page 579==================================================
/lppwit/1i`<' ir «l’1/in/i·» 4(6
Tanti auguri, amico mio, mia città!
Come può rimescolarsi così il sangue,
di I€1`1`0I'€. di scandalo,
e lo stomaco contrarsi come a un nauseante
odore di morti innocenti.
se io pronuncio, qui,
se io dico, a questa donna,
divenuta indifesa come un bambino,
supplicante come una pOVCl‘2l, e che si accoppia
a me,cl1e ho perduto tutto — senza ragione —
se io le dico, tremando, tremando,
come quando si vogliono dire cose impossibili a dire.
un semplice. assurdo: Amore mio?
(1966)
============================================Page 580==================================================
www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
============================================Page 581==================================================
AF FABULAZION E
============================================Page 582==================================================
www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
============================================Page 583==================================================
Lex cauxe: mn! pm!-étre inuldcs aux ejyelx
De Sade
============================================Page 584==================================================
Personaggi
PADRE
FIGLIO
MADRE
PRETE
RAGAZZA
COMMISSARIO
MEDICO
NEGROMANTE
MENDICANTE
FERROVIERE
OMBRA DI SOFOCLE
SPIRITO DEL FIGLIO
============================================Page 585==================================================
PROLOGO
OMBRA Dl SOFOCLE
Colui che vi parla è l`ombra di Sofocle.
Sono qui arbitrariamente destinato a inaugurare
un linguaggio troppo difficile e troppo facile:
difficile per gli spettatori di una società
in un pessimo momento della sua storia,
facile per i pochi lettori di poesia.
Ci dovrete fare l`orecchio.
Basta. Quanto al resto,
seguirete come potrete le vicende un po` indecenti
di questa tragedia che finisce ma non comincia —
fino al momento in cui riapparirà la mia ombra.
A quel momento le cose cambieranno;
e questi versi avranno una loro grazia,
dovuta, stavolta, a una certa loro oggettività.
============================================Page 586==================================================
I EPISODIO
PADRE
Ah!
Aiuto!
Aaaaaaah! No... Voglio toccarti le ginocchia...
Dietro il ginocchio., sui tendini!
Aaaaah... Nei giardini".
Dove vai... ragazzo, padre mio!
La stazione, laggiù, la stazi0ne... Aaaaaah,
ho i piedi qui, piedini di un bambino di tre anni.
Ragazzo che giochi, ragazzo grande!
Che viso hai? Lasciami vedere il viso!
Aiuto!
Non c'è più!
Se n'è andato!
Voglio inseguirlo, mamma". Non c'è più...
Dov’è andat0... Non posso
stare senza di lui... Mamma, mamma, aaaaah!
MADRE
C0s'hai? Cosa ti senti? Svegliati!
Su, svegliati!
Ooooh, hai aperto gli occhi!
Cosa ti scntivi? Parlavi sognando. Te l'ho detto,
non dovevi venire qui subito, nel giardino,
appena mangiato. Sei bianco,
si vede che stai digerendo male. Cosa sognavi?
PADRE
Non lo so.
Mi sento lo stomaco teso, e un fastidio
in tutti i nervi, come una bolla d’aria
============================================Page 587==================================================
rif}:/v1r[i1:1ru1<' 47)
che mi viene su dai punti più 1nol.li del corpo
contro le ossa del cranio
come volesse evaporare da una pentola. Volo!
Sono leggero come una canna marcia e secca, volo!
Non ho più le ossa — 0 sono vuote.
Che mi prenda un infarto? Comincia così?
MADRE
Andiamo. è solo una digestione cattiva.
Il sole ti ha fatto male".
c`è ancora nell`aria l`umido di ieri, che ha piovuto.
Ma che cosa sognavi?
PADRE
Non lo so, ti ripeto, non lo so.
MADRE
Parlavi di ragazzi che giocavan0...
e chiamavi tua madre e tuo padre...
PADRE
E cosa ancora?
MADRE
Aspetta — parlavi di una stazione,..
e di giardini, sì, di giardini".
dove c`era un ragazzo.,
PADRE
Oh Dio! È vero!
MADRE
Cosa c`è da gridare? Non ti ho mai visto
comportarti cosìl...
PADRE
H0 capito qualcosa., ma mm :0 che cosa.
Però, però... voglio
ricordare.,
MADRE
Aspetta, prima vado a prenderti un caffè.
Erre.
============================================Page 588==================================================
474 Afabuluzzbuv
PADRE
Tutto ora comincia con questo sogno.
Sogno che io, però, non ricordo.
Tutto, meglio, rŕcomirzczkz — se è mai cominciato
qualcosa, già, nella mia vita... di cui
questo qualcosa sia una novità...
Sono ancora per metà in fondo al buio
con le mani che mi tremano.
Riemergo, e cosa vedo?
Il giardino della mia villa sui laghi.
Là le montagne odiosamente famigliari
al mio sguardo di proprietario: là le fabbriche,
verso Milano — belle fabbriche silenziose,
nitide come i prati: ed è un pomeriggio di domenica.
Chi si rende conto di queste cose?
Un uomo nuovo nato da quel sogno?
lo non sono più soltanto io. Che cosa mi si è aggiunto?
Qualcosa che ero già o che dovevo ancora essere?
Ma che novità, in tutte queste cose intorno!
Come se, durante il mio sonno, fosse pi0vuto...
una di quelle piogge che cambiano stagione...
dall`ultima, triste primavera al cuore dell'estate..,
E io che, dormendo, non ero presente,
sono ora caduto qui, in casa mia, in questa casa
nel cuore dell'estate, fra estranei.
È certo il sangue che ho alla testa, che mi fa guardare
con gli occhi di un profeta que]l’estate profonda del futuro.
Come può cambiare, così tutt’a un tratto, mi chiedo,
una vecchia condizione tanto stabile? Resta, per un pc ,
è naturale, nella nuova condizione,
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xl//ir/vn/il:mm· -177
rendendo incredibile se stessa e l`altra.
E così, chi vive questo personaggio (io!)
resta, per qualche tempo, come staccato e contemplativo.
E poi, io non so ancora cosa succeda!
Non posso, perciò, veramente soffrirne.
L`unica cosa che mi dà dolore
èl`oggett0 che mi si è conficcato dalla testa
al cuore, con un freddo di ferro in tutto il corpo.
MADRE (r'1'c'r1!rm1d0)
Come ti senti? Meglio?
PADRE
No!
MADRE
E te lo sei poi ricordato, quel sogno?
PADRE
No.
MADRE
Eppure ti è tornata un po` di vita...
PADRE
Forse.,
MADRE
Su, bevi questo caffè...
PADRE
Non sarà peggio?
MADRE
Ma no! Bevi...
PADRE
Oggi, chi viene?
MADRE
I soliti — e dei ragazzi, compagni
di nostro jighbu.
C0s’hai? Ti senti di nuovo male?
PADRE
Come un tonfo al cuore... Il solito
tremito, e un senso di caldo al ce1'vello...
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476 /lf/'ibnluzmrzv
Che sia proprio un infarto? Cosa dici,
succede così?
MADRE
Oh Dio, basta con questa angoscia! Oh
eccolo là, lupus in fabula, nostro figlio".
E tutto solo?
Ah, è andato in paese, dal meccanico,
a far guardare la sua motocicletta (me l`ha
detto stamane... s'è degna!0 di dirmelo).
PADRE
Perché si ferma in fondo al giardino?
Non viene?
MADRE
Vaglielo a chiedere, non lo sai lui, com'è fatto?
PADRE
Se ne sta tutto curvo, voltato
dal.l'altra parte...
MADRE
E la sua posizione abituale: pronto
sempre a tagliare la corda, a svignarsela, a sparire.
Ah, cercava il pallone. Era finito
sotto una siepe. Eccolo là che gioca, tutto solo.
Meno male che ha i calzoni corti.
Ma tu cosa fai? Ti sei incantato?
Cosa guardi?
Ti senti di nuovo male?
Rispondi, oh!
PADRE
Mi pareva, oh, mi pareva".
Qualcosa è stato sul punto di ricordarmi il sogno
— se si tratta del sogno".
Però sto meglio, non preoccuparti, sto meglio...
MADRE
Allora se è così, se è veramente così,
io vado a provvedere ai miei doveri
e ti lascio qui solo ai tuoi monologhi...
============================================Page 591==================================================
A//iz/vn/«::mui· 477
Em'.
PADRE
Perché — mi chiedo — mio figlio è cosi biondo?
Ecco, devo pensare a lui: a questo fenomeno,
intanto: lo strano fenomeno della biondezza.
È vero che ci sono dei nonni biondi, rape
di proprietari terrieri, che parlavano
ostinatamente in milanese. Ma questo bionclo
di questa zucca di mio figlio. erede
d`industrie, è di un biondo che hanno solo
certi marinai, gente proprio del popolo,
servili — ma che si danno grandi arie appunto
magari per quell`oro mal tosato — o tenuto come
un elmaccio barbarico a raggera
sulla fronte — che pare callosa come le mani.
Che mia moglie mi abbia tradito con qualche
addetto ai lavori della nostra barca in Liguria?
O con qualche elettricista della campagna?
Certo. mio figlio, è di un`altra razza,
e lo so io perché.
Ma cosa cerco, in lui?
E in che cosa consiste il cercare? intanto, nel guardare:
anche se nessuno sguardo ha mai dato fondo a nessun
[oggetto.
Ma quel biondo terribile,
quegli spinaci d`oro che gli cadono sulla fronte,
negletti come i vestiti straccioni alla moda,
tutto troppo largo e cascante,
troppo infantile
— ah, dignità lombarda!
Quel biondo terribile, non mio.
È qui, è qui presente, potrei toccarlo,
e invece appartiene a un elemento diverso,
come un uccello in gabbia, che è del cielo.
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478 Af/abu[aZ!11r1t'
Qualcosa mi ha colpito come una mazzata,
son qui che vibro,
come un palo della luce!
E ogni vibrazione... è un passo verso
quell'orrendo crepuscolo che muta luce alla mia vita.
Ecco, ecco, sì...
Ah!
Aiuto!
Aaaaaaaaaaaaah! Sì... I·Io capito, è in mio figlio
che il mio sogno continua! Sì!
Ma che cosa ho sognato?
Devo ricordarmclo, Dio mio, per rivelarmi...
per rivelare...
qualcosa, che, gioioso o spaventoso che sia,
deve comunque accadere. ..
FIGLIO
Ciao.
PADRE
Ciao, siediti un momento.
FIGLIO
Veramente, me ne dovrei andare...
PADRE
Ah, si capisce...
FIGLIO
Va bene, allora resto.
PADRE
Spero che tu abbia pensato meglio
a quello che hai detto ieri.
FIGLIO
No, papà, non ci ho affatto pensato.
PADRE
Ma è assurdo, finisci almeno prima di studiare!
FIGLIO
Gli studi mi fanno imparare
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/I/Yi:/vn/·1:mm· 47*)
Llmodo di accettare tutto
quello che era già preparato per me:
ma non l`hai già esaurito tu?
Sei proprio insaziabile - vuoi mangiare
anche con Ia mia bocca? Domani e in tutto il futuro?
PADRE
È troppo presto per prendere decisioni definitive,
comunque. Forse hai ragione
ma non tagliarti i ponti verso quel famoso domani!
FIGLIO
Sei laico, democratico, mi comprendi.
Ma io non voglio la tua comprensione! È molto
più pericolosa, si sa, che la tua incomprensione.
PADRE
Me I`hai detto anche ieri sera,
nel momento della tua bella confessione,
FIGLIO
E oggi te lo ripeto,
visto che tu vuoi ricominciare.
PADRE
Ma tu non sai che Ia più grande gioia dei padri
è vedere i figli uguali a loro?
FIGLIO
Lo so, pare che i padri
non chiedano altro alla vita.
Bene, se proprio vuoi che siamo uguali,
diventa tu come me!
PADRE
Non abbiamo scherzato abbastanza?
FIGLIO
Perché? Papà renditi conto
che più sono paterni i torti
più la ragione è figliale: più tu mi perseguiti
più io sento l'orgoglio e la leggerezza
di fregarmene di te, di essere libero.
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480 A/fabzrlazzrnw
PADRE
Orgoglio e leggerezza,
non ci costruirai niente sopra.
FIGLIO
Cosa costruirei di meglio
sopra la tua industria?
Un po' di orgoglio e un po’ di leggerezza
valgono per quello che sono:
la tua industria, per quello che è, non vale niente.
PADRE
Dove vai, adesso?
FIGLIO
Soltanto in casa.
PADRE
Anche il tuo semplice andartene in casa
è un modo di evitarmi, non te ne rendi conto?
FIGLIO
No.
PADRE
Tu fuggi, non fai altro che fuggire.
FIGLIO
Non è vero, son sempre qui.
Erre.
PADRE
Eh già, le nostre vite private sono una sola.
Tutto dunque ricomincia con un sogno e, pare,
prosegue". con la riapparizione di mio figlio!
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II EPISODIO
PADRE
Eppure bisogna che ricordi — che ricordi
quello che ho sognato ieri dopo pranzo.
Sono qui come un mutilato che si guarda il braccio
senza la mano. Lo guarda. lo torna a guardare,
ma non si rende conto di quello che gli è successo.
Come se oltre alla mano
gli mancasse anche un pezzo di testa!
E davanti alla sua mutilazione non prova abbastanza
dolore, come se il dolore fosse tutto raccolto
in quel pezzo di ICSKA perduta!
Così resta stupito
soltanto, Ma ò lo stupore a essere angoscioso,
Dio mio, dato che non spero in nessuna spiegazione.
Soflro". Ma non per ciò che mi manca
(se è appunto solo lo stupore a farmi soffrire);
e anzi, ciò che non sono più — in seguito
a quel sogno - è largamente compensato
da quel tanto che sono cresciuto, e che non so capire.
E stato certamente, il mio... un sogno religioso,
in cui ho sentito un richiamo
che non vuol essere ora ricordato.
Malo sarà. Lo sarà. Eccome, lo sarà.
Io e Dio giochiamo a rimpiattino:
lui si nasconde dentro il mio sogno, e io, del resto,
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482 /lf/ubulazzorw
come per tutta la vita, mi nascondo nella realtà.
Ma perché, se in quel sogno si nascondeva Dio,
ne provo tanta vergogna?
PRETE
Buongiorno...
PADRE
Oh, entri entri, reverendo, si sieda...
PRETE
Forse sono un poco in ritardo...
PADRE
Ma no! Ho tanto tempo,
e ho parlato da solo.
PRETE
Fa un caldo terribile, stamattina...
PADRE
È estate, il cuore dell’estate;
non c'è confine all'estate: siamo dentro
un bel bagno di sudore e di s0le...
PRETE
La sua signora come sta?
PADRE
Bene. E rimasta intatta,
c0m`era vent'anni fa, in questa stessa villa.
Voglio dire che lei non sente il cald0,..
PRETE
La invidio: io sono invece tutto un bagno di sudore...
Sa, soffro un po’ di cuore.
PADRE
Forse... forse è anche il mio caso!
PRETE
Oh, preghiamo il Signore di no!.,.
PADRE
C0m'è triste, fuori, la campagna.
PRETE
Sono tanti giorni che non piove.
È da questo Maggi0... Però il suo giardino...
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Affi1hu[u:mm· -18%
PADRE
Eccolo, eccolo, là, di nuovo, nel giardino...
PRETE
Chi?
PADRE
Mio figlio! Mi scusi... Mio figlio, e,
e chi è con lui,.. qualcuno...
Quanto biondo laggiù!
PRETE
Eh, felice gioventù...
PADRE
Vengono in qua... Scusi, scusi, padre...
Non sapevo che mio figlio
sarebbe tornato così PFCSIO,
con una sua compagnan.
Scusi, padre... Stanno arrivando.,
Non ho più bisogno di lei, per ora... Mi scusi...
Potrebbe tornare domani? Domani a quest'0raP
Non so distinguere in tutto quel biondo...
Chi sono? Mi scusi, padre, ci vediamo domani..,
Buongiornoa.
PRETE
A domani, allora... Addio...
Mi dispiace di aver disturbato.,
Erce.
PADRE
Arrivano dritti chissà da dove.
Ah, ah, ah!
Eccola, lei, come un fratellino minore,
non ancora adolescente,
che ha il culto del fratello più grande,
pieno di un mistero brutale di uomo; e mio figlio
è fratello maggiore; non è ragazzo, è giovane;
È proprio giovane,
============================================Page 598==================================================
484 A/Yabulazione
che può essere chiamato ragazzo
per via dei suoi tanti capelli, e della purezza
delle sue guance.
E alto come un soldato; alto e non sembra,
per la robustezza quadrata e santa delle sue spalle.
La religione di quelli che fino a ieri
furono i miei padri, ha una radice nuova
nella mia degradazione
e produce nuovi frutti.
Non c'è messa, non suonano campane;
non c'è più nel mio corpo la forma
di chi ha l’andament0 del cattolico dominatore!
Non più!
FIGLIO
Papà!
Non credevo che tu fossi in casa,
non ci sei mai stato a quest'ora!
PADRE
Non stavo bene,
e sono rimasto a casa...
FIGLIO
Questa è una mia amica...
Presentatevi".
Eravamo venuti qui per ascoltare dei dischi.
Lo facciamo tutti i lunedì, che lei non ha scuola,
PADRE
Così — mi dispiace — io sono di disturbo,.
RAGAZZA
Oh no! no...
PADRE
Tu sei la ragazza di mio figlio".
FIGLIO
Io non ho ragazze".
RAGAZZA
Come l'ha capito?
============================================Page 599==================================================
AH}1/mIu:10rn· 48S
GLIO
Capito che cosa?
[GAZZA
Stai zitto, e non rinnegarmi!
l Come l`ha capito?
lrxmus
I Perché lei cerca... di affascinare anche me,
l pronta a tradire il figlio col padre.
Io ho accolto la sua sfida, con lo sguardo,
clei, con lo sguardo, si è mostrata sconfitta.
RAGAZZA
E tutto questo in meno di un istante?
PADRE
Sono bastati... dunque., Uno, due...
quattro sguardi, e la parola «no».
FIGLIO
Eravamo venuti qui per sentire dei dischi...
RAGAZZA
Sei forse geloso di tuo padre?
FIGLIO
Va bene, faremo a meno di sentire i dischi...
PADRE
Niente affatto, sentiteli, e io me ne vado...
RAGAZZA
No, resti, a noi piace parlare.
PADRE
Di cosa?
RAGAZZA
Di tutto.
PADRE
A che vi serve parlare?
Lasciate che parlino i figli dei poveri
0 dei piccoli borghesi ambiziosi; a voi
non si chiede di parlare, ma di essere e basta.
RAGAZZA
Lei certo sta scherzando.
============================================Page 600==================================================
486 Amzbulaznme
FIGLIO
Niente affatto, parla sul serio:
questo è il fondamento della sua filosofia.
PADRE
No! Invece scherzo. Ciò che ieri dicevo
sul serio — hai ragione — oggi lo dico per scherzo.
Ma né io né tu capiremo mai il perché.
RAGAZZA
Io invece voglio capirlo.
PADRE
E io devo continuare a parlare per scherzo
0 cominciare a parlare sul serio?
RAGAZZA
Parli per scherzo!
PADRE
No, perché io sono condizionato dal mio scherzo,
e lì dentro c'è la mia verità (che fra l'altro non so).
RAGAZZA
Allora parli sul serio...
PADRE
Lei vuole vedermi annegare
in un mare di ridicolo! Io non posso,
da quando son nato, parlare sul serio...
RAGAZZA
Non parli né per scherzo né sul serio!
PADRE
Ecco, è infatti così che parlerò!
FIGLIO
Mio padre si sta facendo un individuo problematico.
RAGAZZA
Allora non è più un borghese, come dici tu.
FIGLIO
Bisogna vedere che razza di pr0blemi...
PADRE
Problemi religiosi".
FIGLIO
Alla tua età!
============================================Page 601==================================================
xlfrdlmlazirrrie 487
PADRE _
Non so bene che età ho io. In etfetti devo avere
tra i quaranta e i cinquanta anni: però,
ic, sono rimasto indietro. È a mia insaputa
che non sono un tuo coetaneo, e non mi spoglio
con te negli spogliatoi dei campi sportivi,
0 non vengo con te a ragazze...
FIGLIO
Sono cose che si dicono nelle tue vecchie conversazioni.
PADRE
E tu fai una noiosa polemica.
RAGAZZA
Ma è questo il vostro vero rapporto?
Perché è di un amore fra voi due che si tratta:
io certamente qui non c`entro...
PADRIÈ
Oh no, non sono questi i nostri veri rapporti!
La vita non è così stupida.
FIGLI0
Ma io sono giovane
e ho diritto alla mia ingenuità;
ad avere il mio conformismo di figlio ribelle!
RAGAZZA
Tuo padre non te lo nega.
PADRE
Gliel`ho negato fino a ieri;
oggi certamente no. Non e'è ebbrezza più mebbrizmte
che godere della liberrà degli alm'.
RAGAZZA
Tuo padre è molto più intelligente di te.
FIGLIO
Beh, io sarò molto più intelligente di mio figlio.
PADRE
No, è che io ho improvvisamente i diritti
di un uomo guidato da Dio!
FIGLIO
Che cosa? Fino a ieri eri laico e liberale. La vita
============================================Page 602==================================================
488 A/fabulazxvnv
era una scommessa, Citavi Seneca e amavi Proust.
Eri intelligente per diritt0... non per questi
nuovi diritti...
PADRE
La mia vita è cambiata.
FIGLIO
E perché?
PADRE
Forse perché è stata sempre troppo se stessa;
e poi, alle volte, basta un sogno.
RAGAZZA
E cosa vuol dire avere diritti di religione?
PADRE
Te l`h0 già detto: inebbriarsi
deIl'altrui libertà.
RAGAZZA
E poi?
PADRE
Comportarsi in conseguenza... Per esempi0... 0 voler
0 voler essere torturati! [torturare
RAGAZZA
E perché tutto questo desiderio di dolore?
PADRE
Ma perché lei mi fa tutte queste domande?
Io non sono il suo professore".
RAGAZZA
Mi scusi...
PADRE
Mi ha chiesto scusi come una puttana,
FIGLIO
PADRE
Sì, lei si comporta con me
con l'ingenuità ripugnante (ripugnante
perla pietà che ispira) di una puttana.
============================================Page 603==================================================
,»lf)i1/vn[«1:mm· 489
Ma in — forse non nella veglia.
ma certamente nel sogno — io non l`amo. Non l`ha capito?
RAGAZZA
lo n0..,
PADRE
Considerando la vita una scommessa (come diceva bene
mio figlio) non si prova né pietà né amore per nessuno:
se non per chi ha i nostri medesimi interessi.
Ebbene, qualcosa in me si è spezzato.
La vita non è più per me una scommessa,.
ma un moncone. ., un ricordo... qualcosa, insomma, che non so.
Ora in posso dunque avere pietà e amore per gli altri,
www / `luumo coloro cb0.m1nJ«1[iZZa110.
Quanta gente ho fatto piangere e tormentarsi,
senza odio! Li ho fatti piangere e tormentarsi
semplicemente perché io ero il padrone.
RAGAZZA
E perché ora odia me, sia pure con un misto di pena?
PADRE
Già I`occhio le trema, ha perso la sua sfacciataggine
di ragazzina da romanzo spregiudicato, l`aria ipocrita
con cui lei ha raggiunto la parità dei sessi, Ah, ah!
RAGAZZA
Perché mi odia? Risponda.
PADRE
Dovrei amarla per la sua innocenza,
al fianco di tnio figlio, innocente anche lui?
Oh, che profumo di gigli e giornali di sinistra!
Non ti odio, cara, per ciò che sei, o per ciò che dici:
ma per ciò che fai. La religione è pratica.
RAGAZZA
E che cosa faccio?
PADRE
Stai accanto a mio figlio.
RAGAZZA
E con questo?
============================================Page 604==================================================
490 Aůfabulazzorre
PADRE
Con questo, arrossisci, e gli occhi ti tremano
ancora di più...
Hai forse qualcosa da nascondere?
FIGLIO
Basta adesso papà.
PADRE
Lo vedi? Hai qualcosa da nascondere.
RAGAZZA
Non lo nascondo affatto: io e suo figlio
facciamo l’amore.
PADRE
Queste sono le parole. Ma la realtà?
RAGAZZA
La realtà...
PADRE
La realtà non può essere detta, ma solo rappresentata.
Come potrei ammettere di esserne spettatore?
MADRE
Che cosa succede qua dentro?
Vi si sente gridare fin dal giardino!
PADRE
La vedi, questa puttanella? È la puttanella
di nostro figlio.
MADRE
Non si potrebbe sorvolare su una questione
così... privata?
PADRE
Neanche per idea: sappi che anche tu, madre,
fai parte con me del mondo che essi violano
quando si mettono in qualche angolo a toccarsi
e baciarsi, 0 magari a montarsi come cani.
Ci violano e, per farlo, ci escludono.
Non ti senti anche tu resa... comuta da questo?
MADRE
C0r... Non ti ho mai sentito esprimerti a questo modo!
============================================Page 605==================================================
/I/Iii/mA1:mm· 491
FIGLIO I
Si è convert1to...
PADRE _
Dimmi, piuttosto, se hai coraggio, visto
che hai tanto coraggio, sei contenta
di quella parte del corpo di mio figlio che ci rubi?
RAGAZZA
(Pzkmga)
PADRE
Vattene via da qui, esci da questa casa!
Cosa credevi, di trovare comprensione e perdono?
Esci, e non farti mai più rivedere!
La ragazza v ilfglm cxwnn.
MADRE
Ma cosa ti è saltato in mente?
PADRE
Ho fatto., una scenata!
MADRE
Ma suI serio, senza un po` di spirito?
PADRE
Appunto.
MADRIQ
E senza passione vera, che è quella
che giustifica tutto, a un certo punto,
anche Ie scenate?
PADRE
Non ho seguito né Ie regole mondane
né queIIe del mio sentimento:
hai ragione!
Non si potrebbe dire di me:
ha cacciato di casa Ia puttaneIIa di suo figlio,
que] bacchettone; ma non si potrebbe dire
neanche ch’è stata un'espl0si0ne di passione.
Infatti: quale passione?
Le cose scandalose, come tu sai molto bene,
============================================Page 606==================================================
492 /lf/a/m/uzmnv
alle volte aumentano il prestigio
con quel tanto di mistero... che l'amore (caso
contemplato) comporta. Non è questo il mio caso.
Esso è assolutamente nuovo e goffo; e se io
faccio adesso un po' d`ironia,
la faccio con te, perché mi è facile.
Io sono invece assolutamente serio.
Quella ragazza l'ho cacciata ru] term: con un dolore
che mi intontisce e mi fa vacillare come un cieco.
MADRE
E allora?
PADRE
Sento le lacrime e il vomito
venirmi insieme agli occhi e alla bocca:
per pietà, lasciami vomitare solo.
Lo sai che da un po` di tempo
faccio dei monologhi?
MADRE
Non pensi di parlarne a un medico? Forse
è solo stanchezza — è una vita che lavori
senza risparmio...
PADRE
Cosa risolverei?
Anche chiamare un medico è scandaloso, dato
che la gente non dovrebbe saperlo. Lasciami solo,
sta' tranquilla", mi sento già un po' meglio.,
MADRE
Bene... vado, e resterò sola anch`io.
La madre exea.
PADRE
Padre nostro che sei nei Cieli,
io non sono mai stato ridicolo in tutta la vita.
Ho sempre avuto negli occhi un velo di ironia.
Padre nostro che sei nei Cieli:
ecco un tuo figlio che, in terra, è padre...
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xl//·1/=n/«1:1w1t· 495
È a terra. non si difende più...
Se tu lo interroghi, egli è pronto a risponderti.
È loquace. Come quelli che hanno appena avuto
una disgrazia e sono abituati alle disgrazie.
Anzi, ha bisogno, lui, di parlare:
tanto che ti parla anche se tu non lo interroghi,
Quanta inutile buona educazione!
Non sono mai stato maleducato una volta nella 1nia vita,
Avevo il tratto staccato dalle COSC, 6 xupvvu Iawrc'.
Per difendermi, dopo l`ironia, avevo il silenzio.
Padre nostro che sei nei Cieli:
sono divenuto padre, e il grigio degli alberi
sfioriii, c ormai senza frutti,
il grigio delle eclissi, per mano tua mi ha sempre difeso.
Mi ha difeso dallo scandalo. dal dare in pasto
agli altri il mio potere perduto.
lnfiatti. Dio, io non ho niai dato l`ombra di uno scandalo.
Ero protetto dal mio possedere e dall`esperienza
del possedere, che mi rendeva, appunto,
ironico, silenzioso e inline inattaccabile come mio padre.
Ora tn mi hai lasciato.
Ali, ah, lo so ben io cosa ho sognato
quel maledetto pomeriggio! Ho sognato Te.
Ecco perché è cambiata la mia vita.
E allora, poiché Ti ho,
che me ne faccio della paura del ridicolo?
I miei occhi sono divenuti due buffi e nudi
lampioni del mio deserto e della mia miseria.
Padre nostro che sei nei Cieli!
Che 1ne ne faccio della mia buona educazione?
Chiacchiererò con Te come una vecchia, 0 un povero
operaio che viene dalla campagna, reso quasi nudo
dalla coscienza dei quattro soldi che guadagna
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494 /I/Yabu/az10¤1<·
e che dà subito alla moglie — restando, lui, squattrinatq
come un ragazzo, malgrado le sue tempie grigie
e i calzoni larghi e grigi delle persone anziane...
Chiacchiererò con la mancanza di pudore
della gente inferiore, che Ti è tanto cara.
Sei contento? Ti confido il mio dolore;
e sto qui a aspettare la tua risposta
come un miserabile e buon gatto aspetta
gli avanzi, sotto i.I tavolo: Ti guardo, Ti guardo fisso,
come un bambino imbambolato e senza dignità.
La buona reputazione, ah, ah!
Padre nostro che sei nei Cieli,
cosa me ne faccio della buona reputazione, e del destino
— che sembrava tutt'uno co] mio corpo e il mio tratto —
di non fare per nessuna ragione al mondo parlare di me?
Che me ne faccio di questa persona
così ben difesa contro gli imprevisti?
============================================Page 609==================================================
III EPISODIO
MADRE
Ma perché è così?
PRETE
Come, così?
MADRE
Così maniaco di avere lei... di religi0ne...
PRETE
Perché, prima non lo era?
MADRE
Ma sì, sì: naturalmente era credente.
Come ;1nch`io. Crediamo da quando siamo nati,
e, anzi, odiamo chi non crede.
Però. fino a tal punto".
PRETE
Ma bisogna essere felici di questo.
MADRE
Nla non va più al lavoro! Lei lo sa, fra tutti
gli industriali milanesi, lui era uno dei pochi
che lavoravano personalmente.
Aveva gli stessi orari dei suoi operai,
e conosceva tutti i suoi impiegati come un collega.
Sapeva quanto ognuno di loro guadagnava,
sapeva chi aveva la macchina e ehi non ce l'aveva,
chi andava in villeggiatura e chi non ci andava,
perché magari aveva troppi figli. Sapeva
quando uno possedeva più del necessario.
Lavorava come gli altri, più degli altri.
Come suo padre, anche lui era al.l`antica,
C per questo, diceva, la sua industria
============================================Page 610==================================================
496 Ayzibulazznnv
era la più nuova di tutte —
la più umana - con le scuole
serali per gli operai, gli asili
per tutti i loro figli. E adesso?
Per pregare Dio non va più in fabbrica.
E magari, pregasse solo Dio!
È malato, solo un malato si comporta così!
Si spoglia nudo, al buio, sta delle ore
nudo, sul pavimento: prima di dormire
e prima di cominciare la giornata
fa mille cerimonie, come un selvaggio; pare
che Dio sia una cosa da scongiurare. Prega
come se fosse un obbligo — prega a cottimo.
Come per cacciare un pensiero, come per drogarsi.
Tiene sempre gli occhi chiusi,
e se apre gli occhi vomita.
Così per tutta la mattina e tutta la sera.
Esce dalla sua camera solo nelle ore
in cui nostro figlio è in casa, ma per tormentarloa.
PRETE
E questo il suo modo di testimoniare
Dio, e anche di chiedergli aiuto...
MADRE
Bisognerebbe chiamare un medico, non un prete!
PRETE
Io vengo perché è lui che mi vuole: e
se non mi volesse, lo cercherei...
Ora però la lascio, signora,
ho il catechismo, e i bambini aspettano.,
MADRE
Già, dimenticavo, siamo ancora in campagna;
ci siamo venuti per un week end
e ci siamo rimasti l'intera stagione: e chissà
quanto ancora durerà!
PADRE (entrando)
Dov'è il ragazzo?
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rlf/il/#11/ir:1mn' 497
MADRE
E di là, è appena tornato.
Te lo vado a chiamare.
PADRE
Volete saperlo?
Di ogni cosa il colpevole è Dio.
La nmdrv e 17 prole ermno.
FIGLIO
Eccomi, papà, cosa c`è?
PADRE
Niente, desideravo solo vederti.
FIGLI0
Sono sempre qui.
PADRIL
No, invece, non ci sei mai... Sei sempre via.
FIGLIO
Vado la mattina a scuola. e la sera, al cinema,
in questo maledetto paese dove non c`è altro.
PADRE
Non è vero, mi manchi sempre. La mattina
mi alzo e non ci sei. E allora devo
starmene in camera, con gli occhi chiusi,
perché altrimenti vedo qualcosa che non dovrei vedere.
La sera ti aspetto, e non arrivi mai.
Non vedi l'ora di andartene!
FIGLIO
Ma non è vero, papà, non è vero.
PADRE
Sì, è vero. Tu non puoi saperlo, perché
tu sei lontano, non sei qui che aspetti.
Perché tu sai dove sei, invece io non lo so.
FIGLIO
Te I‘ho detto dove vado.
PADRE
Come faccio a crederti?
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498 A/7abu[uZI`or12
FIGLIO
Che cos`altro dovrei fare?
PADRE
Alla tua età, puoi fare tante cose,
specie quelle che non si devono fare.
FIGLIO
Ma cosa?
PADRE
Non farmelo dire! Sarebbe atroce,
mentre tuo padre sta male, è solo col suo Dio
che non lo ascolta, e non può tenere
gli occhi aperti, per non piangere e vomitare.
FIGLIO
Ma io questo lo so, ti voglio bene.
Ho ricominciato a studiare, come volevi.
PADRE
E perché?
FIGLIO
Per farti contento.
PADRE
Ma io non sono un vecchio, e neanche un malato!
Tu mi fai contento, per liberarti di me.
E poi, adesso che sto male, adesso
che sono un padre reietto — non più padre,
ma quasi figlio io, un uomo che ha perso Ia qualità
di uomo, non lavora, non lotta più, perché non può —
adesso, dico, ti è facile ricominciare a studiare,
ed accettare la vita di un privilegiato!
Non hai più, infatti, da contrapporti a tuo padre!
Uno dei due rivali è morto — io!
Con chi dovresti lottare?
FIGLIO
E se anche fosse così? Non è questa la realtà?
Di cui la pietà, bene o male, fa parte?
PADRE
Ma io non la voglio, la pietà, stupido.
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xl/(I1/mL1:11:m' 4*)*)
Non me l`hai detto tu, un giorno,
in giardino, nel pomeriggio di una domenica
(che non ho la forza di ricordare — e devo chiudere
gli occhi e trattenere il vomito nel parlarne)
non mi hai detto tu: Assomigliami?
lo mg/io armmiglrkmi, e chi ti assomiglia
- lo sai bene — non sopporta di fare pietà!
FIGLIO
Ma tu la fai! Con quale coraggio
potrei negarlo o negarmelo?
PADRIÀ
Bene. non parliamone più...
Ti ricordi quando eri piccolo (soltanto
due o tre anni fa)? Ti ricordi come ti piaceva
un coltello? Il coltello degli Indiani?
Non te l`ho mai regalato, allora. per paura
che tu ti facessi malc... Ma adesso sei grande:
e se e rimasto in te un po` di quel ragazzetto,
voglio farti oggi quel regalo. Guarda!
L`ho fatto comprare. Ti piace? quello
di Kociss o di Buffalo Bill, non ti ricordi?
FIGLIO
E proprio quello, sì, ti ringrazio, papà!
PADRIZ
Ti piace davvero?
O sorridi di compatimento, per me?
FIGLIO
Ma no, sono dawero contento!
PADRE
Ti posso". ora, chiedere un favore?
FIGLIO
Dimmelo...
PADRE
Ecco che ti torni a rabbuiare — non posso
mai chiederti nuIla...
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SUO Af/'almlaznwe
FIGLIO
Quante volte devo ripeterlo, papà,
che cerco sinceramente di accontentartiu.
PADRE
Allora stasera rientra prima a casa:
alle sette, alle sette precixen.
Hai capito? E magari,
adesso, puoi andare via subito, così
alle rette preme puoi essere di nuovo qui!
FIGLIO
Ma perché? Se vuoi, posso farlo, ma perché?
PADRE
Ti chiedo di farlo senza capire".
FIGLIO
Come vuoi...
PADRE
E un'altra cosa ti chiedo... Quando torni,
entra direttamente nel mio studio,
vieni subito a trovarmi, a stare un poco con me.
Mando via tua madre
e stiamo un po’ soli io e te, in tutta la casa.
FIGLIO
Farò così, come del resto faccio tutte le sere,
per darti la buona notte, no?
PADRE
Ti piace il coltello? Provalol Tiralo fuori
dalla custodia,.
FIGLIO `
Bello". E stato per tanto tempo il mio sogno.
PADRE
Prova.l0...
FIGLIO
Adesso ricominci?
PADRE
Ma no! Non sai proprio stare a.l.lo scherzo!
Vattene, adesso — vattene
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xl/Yi:/wA1;m/1«· WI
devi tornare prima", se no come fai a goderti
In tua libertà?
FIGLIO
Allora non vado...
PADRE
Su va`, va', va` via... col tuo coltello in saccoccia
come Don _I0sé. Va` via, ho voglia
di restare solo — di pregare.
FIGLIO
Come vuoi. come vuoi! A stasera papà...
Ema
PADRE
Pregareu. sì, certo, una delle tante soluzioni,
di cattivo gusto e volgari, che mi offre,
vivendo in me la sua vita, la mia società:
cli, Iiglio,
ora dovremo fare meglio i conti
— io e te: dovremo misurarci ben bene
col mio cattivo gusto e la mia volgarità!
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IV EPISODIO
PADRE
Che ore sono?
MADRE
Non sono ancora le sette, manca più
di un quarto d'ora. Ma che idea...
PADRE
Zitta! Silenzio!
Cosa siamo noi due?
Cos'altr0 di meglio potremmo fare?
La volgarità che usiamo nelle cose pratiche
e normali- che danno frutti e prodotti-
è la volgarità che usiamo
anche nel fare le cose ideali e inutili:
che non producono nulla se non atti spiritualistici
(come il pregare), o sono assolutamente senza
senso — come appunto quello che stiamo facendo.
Cè forse qualche differenza tra un industriale
cattolico normale
e un industriale cattolico pazzo?
Anche perché il pubblico che giudica, da vicino
0 lontano, non ha altra misura che la comune volgarità.
MADRE
Ah, quando la finirai con questo orribile gioco!
PADRE
Perché?
Da quando ti ho sposata, da quella prima notte,
abbiamo fatto regolarmente l'am0re nel nostro letto;
c, regolarmente, di notte. Oggi lo faremo al crepuscolo
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/l”ill7IlldZI(7Il¢` SO?
e sul tappeto del mio studio...
con la porta nemmeno chiusa a chiave",
MADRE
Ma è un'assurdità...
PADRE
Appunto, così come io sono pazzo: ma non c`è
alcuna differenza da quando ero normale.
Ci siamo traditi tante volte, senza necessità:
traditi per tradizione borghese; abbiamo creato
triangoli con mogli e mariti altrui, con gente
il cui corpo costa poco, puttane 0 autisti
— c questa è State! la normalità.
Ora interviene la pazzia:
e io penso di tradirti con te stessa.
Ti dispiace?
MADRE
È una cosa idiota.
PADRI?
Ma bella. Con tc di giorno
tradisco te di notte;
con tc nuda su un tappeto
tradisco te con la camicia da notte in un letto;
con te distesa sotto di me con la porta aperta
tradisco te distesa sotto di me con la porta chiusa.
Ci sara la luce dei tramonti del primo autunno,
sconosciuta. Alle sette precise.
MADRE
Ma se viene qualcuno... e apre la porta".
PADRE
E chi?
MADRE
Uri domestico... nostro figlio...
PADRE
Oh, un domestico non vedrà... E nostro figlio,
lo sai... chissà d0v'è, lui, a quell’ora!
L’hai visto mai, forse, rientrare alle rette?
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$04 /i/Yubu/azmm'
Il rischio, oggettivamente, non c`è:
c`è solo come idea. Ma pensa com'è inebbriante
rischiare di essere visti,
mentre...
Gli occhi che per caso ci vedessero, lo so,
vedrebbero una cosa naturale, e con naturale pudore
si abbasserebbero, 0 avrebbero non più che un sorriso.
Ma per #101/...
MADRE
Bene, no! Ho deciso di no.
Se hai di questi problemi, ho deciso, qui, su due piedi,
che devi arrangiarti da solo... Con tutta la buona volonta.,
PADRE
Allora non vuoi fare quello che ti chiedo?
MADRE
No!
PADRE
Ma non mi vedi? Non vedi che sono come un bambino
— un bambino malato, che vuole guarire? Ho
predisposto il mio piano, punto per punto,
come i cacciatori, che fanno la buca,
vi mettono sopra delle frasche per nasconderla,
e si acquattano sulI'erba a aspettare la bestia...
Lei non lo sa... è là che vaga per il mondo... mentre
è già decisa la sua fine...
MADRE
Quella bestia non sarò io.
PADRE
Ma no, ma no! Non parlavo di te!
Tu non eri che la frasca sopra la trappola...
MADRE
Allora, tanto meglio.
PADRE
Ti prego, per il nostro amore superstite...
MADRE
Veramente, io amavo un uomo dotato
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rwillmluzmmt $05
di un forte senso di umorismo, che sapeva
ilvalore del silenzio; inattaccabile;
neutro; su cui gli altri, come hai sempre detto,
non potevano dire che quello ch`egli voleva...
PADRE
Ma allora avrai almeno un po` di pie/á per me...
MADRE
Sì, quella,.
PADRE
E non è abbastanza?
MADRIÈ
No. Io sai bene, essa
è un sentimento debole, che deve
soddisfare prima di tutto chi lo prova.
Vedo, però, grazie a Dio, che sorridi.,.
PADRIÀ
Ah!
Di`; chi ti ha illuminata?
Chi ri ha ispirato questo rifiuto? Questo «no»?
Ah, beato il momento che hai deciso di disobbedirmi!
Tu... tu non c`entravi! Non c`enti·avi, che stupido!
Tu uri fuori da questa storia!
Avevo hisogno di te come di un mezzo inutile!
Era attraverso l`idea di questo mezzo".
che io giustificavo il mio disegno... Ma adesso
che il disegno ha potuto nascere... l0rmularsi...
di te, che ne eri il pretesto,
non c`è più bisognom
Allv .tL'llc' preczìe, me ne starò qui, io solo.
MADRE
Meglio c0sì...
Em',
PADRE
Sì! Sì!
Ecco il giardino vuoto,
============================================Page 620==================================================
$06 Ajyabulazrone
in fondo al quale tra poco apparirà.
Perché gli voglio tanto bene?
Perché faccio tutto questo?
Se non fosse per la sua gioventù
clfè sempre oscura, con la sua robustezza
innocente e paziente, la sua inconfessata
voglia di fecondare — che rende il ragazzo,
così giovane, più uomo di un uomo;
se non fosse per quel biondo di barbaro
che gli cade come una solitaria sorgente
sulla fronte — quella criniera infantile,
sia quando è un po' polverosa, sia quando
è pulita e cascante come seta...
egli sarebbe un uomo qualsiasi: anzi — pieno
della comune prosaicità! Io e [ui riamo uguali.
Due qualsiasi uomini.
Ché, in quanto uomo, egli non è tanto migliore di me,
ha le mie stesse incertezze,
è un figlio uguale al padre,
in fondo già vecchio, come tutti
i figli dei padri padroni. Questo, in quanto uomo.
Ma in quzm!0 fdgůZZO,..
Eccolo, eccolo là che viene,
in fondo al giardino, eternamente là,
portato dalla sua obbedienza
e dalla sua puntualità! È mai possibile
che i barbari, sempre sul punto di svanire in fondo
alla pianura, lungo i fiumi, di tornare
alle loro terre madri, con gli stalloni amici,
e i compagni più selvaggi ancora...
possibile che i barbari
che fanno tanto soffrire
possano essere puntuali?
E obbedienti? E umilmente fedeli?
Eccolo che arriva, come mi aveva promerro.
Porta tutto il suo mistero
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.'l_[/i1/mluzmrw $07
nel suo passo del semplice ritorno a casa;
giusto, puntuale, lui senza tempo, lui visitato
dalla grazia per cui potrebbe concedersi tutto,
umilmente apre e chiude il cancello,
cammina per il giardino.
nell`aria fresca del primo autunno che ci accomuna,
viene verso la casa, verso di me!
Ma non sa come troverà qui suo padre...
Nella sua testa immacolata e testardamente conformista
non può entrare la previsione nemmeno più confusa
di un padre nudo, pronto a lare l`amore, ma senza
sua madre sotto di lui. Ed è così che mi troverà,
invece, e vedrà il mio scsso... la cui funzione, dunque,
sarà pura... senza utilità., come nelle masturbazioni
del ragazzo, appunto... quando il ragazzo si sente,
nel pugno, un sesso di padre, ma privo
del privilegio e del dovere di fecondare,
come un grande albero senza ombra,
============================================Page 622==================================================
V EPISODIO
COMMISSARIO
Ecco il giovanotto, non era andato lontano.
PADRE
Grazie, signor commissario.
COMMISSARIO
L`abbiamo trovato alla stazione della Spezia.
Morto di freddo, come tutti i ragazzi
che scappano di casa. Non è un bel luogo,
quello, per un ragazzo con una famiglia
come la sua! (Eh, guaglione?)
Per questa volta non l`hai fatta franca.
ma speriamo che tutto quel freddo
ti abbia fatto passare per sempre certe idee...
PADRE
Grazie, signor commissario.
COMMISSARIO
Quanto al resto.., le fO1’l'DH.lI[à...
PADRE
Ci penseremo più tardi... passerà
il mio avvocato,.
COMMISSARIO
Ai suoi ordini — più tardi...
Il commzkrario erce.
PADRE
Dunque eccolo qua, il nostro mancato
Donchisciotte della Grazia!
FIGLIO
Sono stato tutta la notte in piedi, vorrei
andarmene a dormire.
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1I_/iii/in/«1:mm' $09
PADRE
Ah, ah, dov`è finito il tuo mistero?
Ti leggo dentro come dentro di me.
Tutto è difficoltà, squallidi complessi, prosa.
Hai problemi, non grazie.
Il tuo corpo è pesante.
Non voli, con la leggerezza dei figli misteriosi.
Mi ripeti. pesantemente, nel mondo. A Milano.
Da Milano alla Brianza. Problemi di coscienza.
Linguaggio convenzionale anche neIl`anarchia
di figlio che disprezza i padri e la loro societa.
Buona volontà. Mancanza di ingegno e di un po` di follia.
La vita, un futuro ordine, la fronte segnata,
con l`alito, da nottate umane: le povere nottate
passate — da chi potrebbe essere Re sotto le stelle —
al chiuso di tristi stazioni di provincia, tra fagotti,
L`umiliazione della vita tu la vivi tutta!
Come me. Ti riconosco!
FIGLIO
È questa la conclusione a cui sei giunto?
PADRE
No, voglio farmi odiare non come si odia un padre.
FIGLIO
Nessuno te lo può impedire.
PADRE
Quei tuoi capelli biondi, intanto. Sono lacci che segano
con il loro splendore ruvido e tagliente...
Se una mano ci passasse sopra,
ne sarebbe graffiata e tagliata — come quando
si cade sul ghiaccio,. Chi te li ha dati quei capelli?
FIGLIO
Sono dei capelli qualsiasi, perché tu hai ragione:
ho scelto di essere un piccolo borghese
coi suoi problemi morali irrisolti,
la sua prosa, la sua nobiltà
ridicola e senza qualità.
============================================Page 624==================================================
5 10 Ajyahu/azmrze
PADRE
Non ti conosco poi,..
FIGLIO
Parla, hai paura?
PADRE
Non ti conosco poi dalla cintola in giù.
Di questo non mi hai mai detto niente.
Tutto è forse lì, è lì che non capisco chi sei.
FIGLIO
La tua volontà è passare ogni limite,
lo so, ma io non ti seguirò!
PADRE
Non urlare, intanto. Passare ogni limite?
Chissà, forse invece lo passeremo insieme.
Vedi, ho avuto anch`io la mia condizione di figlio,
la giovinezza. E I`averla avuta è averla perduta.
Ora, il non essere giovane, che cosa vuol dire?
Ah, è semplice: vuol dire essere bambino.
Così davanti alla tua giovinezza,
piena di seme e di voglia di fecondare,
il padre sei tu.
E io sono il bambino, L'ho capito adesso.
Sono io, non tu il povero bambino mendicante,
che non sa cosa sia la giovinezza e i suoi amori,
perché deve ancora provarli:
ed è umiliato dalla sua infecondità
come se fosse una colpa 0 un'esclusione.
Sono dunque qui, ai piedi della tua giovinezza,
e ne interrogo, da impotente, la potenza.
Ai piedi della tua giovinezza là dov'è più giovinezza:
quel biondo terribile —
e il tuo corpo, dalla cintola in giù.
È questo che di rolito un padre vuole ignorare deljçglio
e per cui [0 odia: e io, invece, è per ques!0 che li amo,
============================================Page 625==================================================
/Iflit/m[i1:1m1i‘ È I I
paa'rt· dcgerierd
Abbi la pazienza che si ha con i bambini.
FIGLIO
Ma ormai è assodato che io non sono
quello che tu credi: io sono come te,
non me ne accorgo della mia giovinezza,
mi dà vergogna, non ne parlo, credo di non averla.
La vivo in sogno. Non mi vedo i capelli.
L`amore è una vittoria dolorosa
che non mi dà mai coscienza dei miei diritti.
PÀDRIÈ
Eh, figlio mio, il pudore è tutto.
Cosa si fa per violarlo!
FIGLI0
Non approfittare della mia umiliazione,
e del mio forzato ritorno all`obbedienza.
PADRE
Una cosa così naturale e comune a tutti,
eppure così sorprendente e inimmaginabile!
La verifica della regola comune in un caso
impossibile, assolutamente unico!
È questo che non so. Come violi, quando violi
il tuo pudore — che forma ha la tua vi0lazi0ne...
questa piccola cosa naturale, che lianno tutti:
e di cui si può dire che è così enorme, così rara:
come la morte, che viene una sola volta.
È in questa cosa che tu, uomo come me, mi sfuggi:
fenomeno troppo, troppo naturaIe...
FIGLIO
Non posso farci niente.
PADRE
Io sì, però. Vedi, l'epis0di0
che ci ha portati a questo punto,
alla tua fuga da casa e al tuo coatto ritorno,
èdovuto, ripeto, a un errore. Dovevo ben saperlo
che il Padre è arzdmgerw! Ma non ci avevo pensato.
============================================Page 626==================================================
S I2 ŕlffabulazùme
Ho seguito il primo istinto, ch'è sempre sbagliato.
Non era il mio pudore, che doveva essere violato.
Era passato a te lo scettro di padre, e solo tu
potevi reggerlo nel pugno e brandirlo
in segno di potere. Mi ero attribuito
ciò che non avevo più, e non potevo più manifestare!
E quindi attribuivo a te un mio desiderio,
che tu non sognavi nemmeno lontanamente di provate...
Ci troviamo dunque di fronte a un rovesciamento di
consistente in un'inversione dei ruoli [situazione
del mostrare e del vedere, del dare e dell'avere...
del possedere e dell'essere posseduti...
FIGLIO
Te lo ripeto: tu vuoi passare ogni limite,
ma io non ti seguirò!
PADRE
E io ti ripeto: perché urli?
Io vivo ingenuamente la mia tragedia nel suo farsi.
E di volta in volta invento il senso delle sue situazioni.
Questo è il momento che io devo
vederti nel tuo aspetto che fa paura
perla virilità che si scatena:
uccidi, uccidi il bambino
che vuole vedere il tuo cazzo!
============================================Page 627==================================================
VI EPISODIO
PADRE
Aaaaaah, aaaaaaah,
aaaaaaaaaaaah!
OMBRA Dl SOFOCLE
In fondo a questo lamento io ti compaio.
È, naturalmente, la febbre delle ferite.
Tu cessi di lamentarti
e io scompaio: poi ricominci a larnentarti
e io ricompaio.
Vado c vengo. veloce come il fulmine,
appeso in fondo al tuo lamento.
povero uomo accoltellato.
PADRE
Aaaaaalil E perché?
OMBRA DI S(ìI’O(ÈLIL
Per darti delle spiegazioni
su ciò che è.
PADRE
Bene, ti ascolt0..,
OMBRA Dl SOFOCLE
I0 ho scritto tragedie,
come tu sai bene — per averle lette da studente.
In quanto uomo di teatro, dunque, non è a te che parlo,
ma al tuo personaggio:
quest`uomo infebbrato
che accanitamente si lamenta.
Vengo, in realtà, a portarti notizie
di un altro pers0naggi0...
============================================Page 628==================================================
$14 A]7abuIaz1`w1€
e questo personaggio
è un ragazzo,. un ragazz0...
PADRE
Oh, amico, sì, parlami di lui... È lui
forse che ti manda?
OMBRA DI SOFOCLE
Eh no,.. no, a dire i.l ver0... Egli
sarà chiamato da te, e ti obbedirà;
per diligenza, 0 per abitudine,
0 per buon carattere, chi lo sa. Ma
per ora, egli di te non sa proprio nulla
(né vuole sapere). Dopo che ti ha ferito
tentando di ammazzarti, col coltello che tu...
È solo per mia iniziativa,
che io sono qui, al tuo capezzale.
PADRE
E allora cos'hai da dirmi di lui (ti prego
non dirmi cose troppo sgradevoli e dolorose).
OMBRA DI SOFOCLE
Cosa potrei dirti altro, abbi pazienza,
se non la verità?
PADRE
Ma io però... non so se voglio davvero saperla.
OMBRA DI SOFOCLE
Hai due orecchi e due occhi:
come autore teatrale
è a questi, che tu voglia o no,
ch’i0 mi rivolgo.
PADRE
E allora parla...
OMBRA DI SOFOCLE
Bene: tu cerchi di sciogliere l’enigma
di tuo figlio. Ma egli non è un enigma.
Questo è il problema.
============================================Page 629==================================================
rlflilŕm/·1:mr1«' È l 7
Ecco, perché tu capisca meglio, ti riassumerò
dei fatti che già conosci.
Era un mattino d`or0, nei dintorni
di una piccola città del mio tempo (anzi,
del tempo dei miei padri); mattino d`or0
cosi contrastante con le tragiche circostanze
che cospargevano di ossa di morti
uno di quei tristi spiazzi dove le città
gettano i loro rifiuti, che odorano acidamente al sole.
Per liberare questa disgraziata città.
c`era. appunto, da risolvere un enigma.
Venne un giovane di belle speranze — e lo risolse!
Per questo fu eletto Re.
La città riprese così la sua vita
e la storia poté continuare.
Ma dopo un po`, ecco che si presentò un altro enigma
(non ha importanza sapere quale fosse)
e, questa volta, quel giovane, divenuto uomo e padre,
non lo seppe più risolvere.,
Se ne ando, dopo essersi accecato.
divenuto, da Re, mendicante.
Non si può risolvere, infatti, più di un solo enigma nella
Del resto, coloro che presero il suo posto [vita.
al potere, se lo presero senza merito,
per astuzia, per inerzia, per caso, per vanità;
la storia, con loro, non andò certamente avanti...
Era la normalità. Che se dura a lungo, si decompone,
e porta con sé nuovi mostri disgustosi, che pongono
poi, nuovi enigmi da risolvere... finché
un nuovo giovane di belle speranze non venga a risolverli.
Ma perché dico tutto questo a te? Eh,
perché tu cerchi di risolvere un enigma,
per andare avanti con la tua vita,
c magari (se tanti sono i figli e i padri
come te e tuo figlio)
============================================Page 630==================================================
È lo A/7abu[az10»11·
con la vita del mondo.
Ma, ahimè, non è un enigma quello che ti viene posto,
ti ripeto, non è un enigma!
PADRE
E allora? Dimmi questa verità,
conosciuta dalla tua ragione!
OMBRA DI SOFOCLE
Non si tratta, purtroppo, di una verità
della ragione: la ragione
serve, infatti, a risolvere gli enigmi...
Ma tuo figlio — ecco il punto, ti ripeto —
non è un enigma.
Egli è un mistero.
Entrano la madre 6 un medico, e ['0mbru d1`S0/ode vice.
MADRE
Si lamenta".
MEDICO
È la febbre...
MADRE
Le pare che stia meglio?
MEDICO
Domani mattina si vedrà... Le ferite
si vanno rimarginandon.
la febbre sta caIando...
Ercmzo.
PADRE
Aaaaaaaah, aaaaaaaaah,
aaaaaaaaaaaaah !
OMBRA DI SOFOCLE
Anche tu hai risolto
i tuoi piccoli enigmi
per cui la tua vita è avanzata
e il tuo potere è cresciuto.
È forse dunque per abitudine
============================================Page 631==================================================
.··l/li!/vr/i1:mm· S IT
(nel mondo ci sono solo
ilpotere. il denaro ela vittoria...l
che hai creduto che anche tuo figlio
fosse un enigma. E ti sei messo.
pieno di buona volontà, a risolverlo.
E, se fosse stato un enigma.
l`avresti certamente risolto.
O per la via della religione
0 per quella della pazzia.
0 infine, c0m`era più probabile.
per quella, appunto, della ragione. Non io.
ma tu.
tu. hai il culto della ragione.
Ed è infatti attraverso di essa. ti ripeto.
che si risolvono gli enigmi.
di cui e maledettamente cosparso il terreno
tra l`uomo e il suo potere sulla realtà.
Lat \^zlgi0DC, atH`;lVCl`S0 lat SCiCl1Zal,
non ha fatto per secoli
che risolvere enigmi, e così il suo fratello minore,
il senso comune. Tu sei ricco, uomo che gemi,
tieni il potere; il mondo in te non è in discussione;
c`è in tc un`integrità profonda; ottenuta
risolvendo le varie dilllicoltà della lotta —
le resistenze — ripeto — che oppone il mondo a chi lo vuole.
Ma la difficoltà genera difficoltà;
ogni soluzione è passeggera.
Dimmi tu! A c0s'è servito, al mio Edipo
risolvere l'enigma? A prendere il potere?
L'ha preso e l`ha perduto.
E, questo io voglio sottolineare, l'ha perduto
Senza aver raputo nulla del mzklero.
Tuo figlio, ti ho detto, appartiene
all’ordine del mistero.
I0 sono qui per mia decisione.
============================================Page 632==================================================
S 18 Ajfabulaziorze
Nessuno mi ha mandato.
Nessuno mi spiegherà mai.
È per qualcosa di miracoloso
ch`io sono qui a rivelarti
la verità e a dichiararla inviolabile.
Entra la madre, /'0mbra di Sofocle erce.
MADRE
Si lamenta ancora". Brucia...
Povero uomo, che parevi destinato
alla sola certezza!
Era così, invece, che dovevi tradirci.
Cerca di guarire, ora, di ritrovare la vecchia strada".
Eroe.
PADRE
Aaaaaah, aaaaaaah,
aaaaaaaaaaaaah!
OMBRA Dl SOFOCLE
Rieccomi, in fondo al tuo urlo sfiatato,
rieccomi.
Scusa se la mia saggezza è un po' ironica;
ma sei tu che mi vuoi così,
corrotto da molti secoli d'ironia, corrotto
da Cervantes, da Ariosto, da Manzoni, eroe
che si cautela e riduce tutto,
perché la ragione non vuole riconoscere il mistero!
PADRE
E allora, mio figlio?
OMBRA DI SOFOCLE
Prima di tornare a lui, aspetta. Ragioniamo.
Perché son qui io c non Omero?
Son qui io, perché ho scritto tragedie e non poemi.
E le mie tragedie sono state rappresentate,
non solamente lette.
============================================Page 633==================================================
/lflil/vlr/41:10/n' 7 19
Cosa vuol dire questo?
Bene. immagina di essere sordo 0 di non capire il greco:
e di sederti nella platea. davanti al palcoscenico,
in cui si rappresentanoa. le Tracb1`m`e.
(Poiché il tuo caso non tanto coincide con la presa del potere
di Edipo, quanto, piuttosto, col funerale di Ercole.)
Ebbene, mio barbaro,
tu mi capiresti lo stesso: per metà.
0 per un quarto; non so; è certo,
però. che mi capiresti lo stesso.
Ecco, forse non capiresti,
in una rappresentazione teatrale,
cosa dice Ercole a suo figlio, quando gli chiede
di portarlo, coi suoi compagni, in cima al monte
eli bruciarlo, con le sue mani di ragazzo?
Oh sì. in qualche modo, tu lo capiresti!
PADRIZ
Ma cosa vuoi dirmi, con questo?
OMBRA DI S()Ii()(Èl.Ii
Aspetta: fra un poco torno a tuo figlio.
Fammi parlare ancora, in questo silenzio
delle tre di notte, del mio grande amore.
Nel teatro la parola vive di una doppia gloria,
mai essa è così glorificata, E perché?
l?erché essa è, insieme, scritta e pronunciata.
E scritta, come la parola di Omero,
ma insieme è pronunciata come le parole
che si scambiano tra loro due uomini al lavoro,
0 una masnada di ragazzi, o le ragazze al lavatoio,
0 le donne al mercato — come le povere parole insomma
che si dicono ogni giorno, e volano via con la vita:
le parole non scritte di cui non c'è niente di più bello.
Ora, in teatro, si parla come nella vita.
Vedi? Tu ora ti lamenti, fai: aaaaah, aaaaaaah,
e nel teatro questo suono è lo stesso: aaaaah,
aaaaaaaaaaaaaaaaahn.
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520 Afubulazzuw
PADRE
Ma perché mi dici tutte queste cose?
OMBRA DI SOFOCLE
Perché hai di esse una conoscenza
oscura, che, come tutte le conoscenze oscure,
ti dà la certezza luminosa di saperle.
PADRE
Ma vieni a mio figlio!
OMBRA DI SOFOCLE
Se fossi stato solo un poeta,
te lo spiegherei con le sole parole!
Ma io sono più che un poeta; perciò
le parole non mi bastano; occorre che tu,
tuo figlio, lo veda come a teatro; occorre che tu completi
l'evocazione della parola con la presenza di lui,
in carne e ossa, magari mentre nudo fa l`amore
— 0 qualcuno di analogo a lui, e, comunque anch`css0
in carne e ossa — con le sue membra scoperte.
Devi vederlo, non solo sentirlo;
non solo leggere il testo che lo evoca,
ma avere lui stesso davanti agli occhi. Il teatro
non evoca la realtà dei corpi con le sole parole
ma anche con quei corpi stessi,.
PADRE
Ebbene?
OMBRA DI SOFOCLE
L'uomo si è accorto della realtà
solo quando l'ha rappresentata.
E niente meglio del teatro ha mai potuto rappresentarla.
PADRE
Dunque, se io vedessi mio figlio, come...
in un palcoscenico...
OMBRA DI SOFOCLE
Tuo figlio è giá in un palcoscenico,
non te ne sei accorto? In un palcoscenico vivente,
che ha per fondali paesaggi veri dell'a.lta Lombardia,
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xl/hi/wÀ1:1«>m' 71 l
ele mura della tua bella villa di campagna.
Egli Xl'V11]7[H'(’.Y(’/Ifd u rc,
Ma tu. anziché contemplarlo, lo insegui per prenderlo.
Ah, vecchia, maledetta abitudine al possesso!
Te lo dico bonariamente, con la tua ironia
che ti distacca dalla violenza della vita
e della tua coscienza: ma questa
tua vecchia abitudine al possesso e la tua morte.
Morte che nessuno, mai, in nessun luogo, piangerà.
PÀDRIL
Sì, sì. va bene, hai ragione, condannami, ma dimmi:
mio tiglio e dunque la realtà.
la realtà che mi sfugge:
una realta concreta però, che non è tale
SC non si i`;\pp|‘CSCI1\a\
in tutta la sua insostenibile violenza...
OMBRA DI s0|¢t>tìLlì
All`ineirca e cosi.
PADRIÈ
E io non devo I'll\`lI/l!t’}'[|I, perché non è un enigma:
ma mnn.ru·r/I1 — cioè toccarla, vederla e sentirla —
perche e un misterou.
OMBRA DI S()l*(\(Zl.|ì
È cosi. Maledetta ragione! Ecco spiegato tutto.
Pensavo di venire qui ad aiutarti,
e invece le mie parole saranno la causa
di una nuova pazzia che inscenerai, tragicamente,
credendo di scoprire in te qualità di assassino.
Quanti eroi son stati preavvertiti dai profeti!
Ma sempre inutilmente. Addio, ti lascio; del resto
comincia ad albeggiare, è l'ora in cui il silenzio
èpiù profondo., Ma un rossore
corrompe col suo profondo essere,
l'azzurro dell'aria gelida: fra poco
ne brilleranno i vetri riflettendo il triste orizzonte.
Ah, rimpiangerò per sempre
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$22 /lfyabu/azlkme
di non aver rappresentato abbastanza nelle mie tragedie
questa mammata
volontà della terra a rivivere; questo po' di rosa,
questo leggero spirare del vento — cose, non parole.
Ahimè!
Ma la tua giornata comincia:
la giornata che tu vuoi vivere come hai deciso
e niente potrebbe convincerti a farlo in altra maniera.
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Vll EPISODIO
NEGROMANTE
Lei è venuto qui solo per sapere dove è suo figlio?
PADRE
Sì.
NEGROMANTE
Veramente?
PADRE
Almcno.,. credo.
NEGROMANTE
Pregor mi dia una sua fotografia.
PADRE
Eccola qui.
NE(;ROMt\NTE
È un hel giovane: coi capelli così chiari".
a meno che non sia a causa del controluce...
PADRE
No, no, è veramente biondo...
NEGROM/\NT[ì
È un biondo molto particolare; pare
quello un po` sporco di fuliggine
degli operai che lavorano nei porti.
Icapelli gli fanno un'onda sopra la fronte,
scura in basso e luminosa in alto: tutto
innocenza, come un bambino fiero e disordinato.
PADRE
Sua madre è napolctanau.
NEGROMANTE
Ma di famiglia ricca.
============================================Page 638==================================================
$24 A/Yabuluziuzw
PADRE
Sì, ricchissima,
benché la loro casa puzzasse sempre un poco.
NEGROMANTE
Ma questo biond0...
Forse i loro antenati venivano dalla Francia,
PADRE
Da parte di qualche madre, chissà, dal cognome dimenticato.
O forse c`è stato in famiglia, come loro dicono,
«qualche corn0» — con un soldato di Murat,
di Garibaldi o, infine, dei Piemontesi.
NEGROMANTE
Ma ci sono anche dei napoletani biondi.
PADRE
E vero.
NEGROMANTE
Che hanno questa fuliggine sull`0ro,
e, se li guardi sotto, hanno grembi molli e un po` sporchi,
e sempre troppo pronti a fare all`amore,
con crudeltà di guappi e grazia di ragazze.
Hanno il sesso negli occhi, e il suo odore di seme
nei capelli spettinati e un po` polverosi.
PADRE
Questo è un suo enigma che nessuno conosce.
NEGROMANTE
Eh, le donne no. Chissà quante
lo hanno toccato,
e trovato naturale.
PADRE
Sono stato ragazzo anch'io.
NEGROMANTE
E adesso vuole sapere d0v'è.
PADRE
Sì, è questo che voglio sapere.
NEGROMANTE
Spiriti infernali, venite!
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AHi1ImIa:1o/rc i2S
Ispiratemi, portatemi all`indirizzo
dove questo corpo con la testa bionda
ele fessure degli occhi sperduti
si sta godendo la sua gioventù.
PADRE
Ha trovato?
NEGROMANTE
Sì, è qui nella mia palla di vetro.
Lo vede? È un viale come tanti altri,
alla periferia della città.
Verso Porta Ticinese, o Porta Romana.
Cè in mezzo un dorsale frondoso di castani.
lfautunno lo sta striando di oro: è il solo colore,
ma degno di Napoli nel cuore dell`estate. C`è, anche,
lontana, una cupola del Settecento.
Prineipesca, naturalmente, e anch`essa,
con Napoli, avrà pure qualche legame, Domina
pero intorno il paesaggio industriale, dolcissimo.
ln direzione di quella cupola
ovale, coi suoi lunghi archi (un po` meschina,
perché allora Milano era un paese) si vede
una casa popolare. ll numero civico è 211.
Il viale, per la precisione, si chiama viale Cellina
(è il nome di un fiume, suppongo patriottico),
Al secondo piano c`è una finestra aperta e buia.
Lui, è là dentro.
PADRE
Viale Cellina, 211. Bene, grazie, x«1ll0ra...
NEGROMANTE
Aspetti, aspetti un poco:
non vuole avere altre notizie di lui...
PADRE
Altre notizie?
NEGROMANTE
Voleva solamente sapere il suo indirizzo?
============================================Page 640==================================================
526 /i/fabu/azume
PADRE
Sono venuto qua con questa sola intenzione...
NEGROMANTE
Strano: questa fotografia, quadrata,
sembra di quelle che, ritagliate in forma ovale,
vengono applicate al marmo delle tombe dei soldati.
PADRE
Dei soldati?
NEGROMANTE
Sì, perché suo figlio non è ne]I`età
in cui un giovane va sotto le armi?
PADRE
Sì, ha diciannove anni. Ma io avrò modo
di fargli evitare il servizio militare...
NEGROMANTE
Ah! E difficile oggi. Ma Iei
ha veramente que:/a z`¤1!er1z1`0m=?
PADRE
Certo, perché?
NEGROMANTE
La mia palla di vetro...
PADRE
La sua palla di vetro?
NEGROMANTE
Mah, cose passate! cose future! A meno...
che non si tratti di cose presenti...
PADRE
Che cose?
NEGROMANTE
Mi meraviglio molto: questa è una parte
che sia Freud che jung hanno trascurato.
Infatti, quelli che vedo qui sono tutti padri.
PADRE
Perché, le pare che Freud e]ung
non si siano occupati dei padri?
NEGROMANTE
Sì, ma quando questi padri erano figli.
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/l/Yi:/mliiznr/1t· $27
PADRE
È vero che io son per mio figlio, padre.
Ma io per me $(6550 sono un figlio.
NEGROMANTE
Eh già, ci sarà qualche nonno, da qualche parte.
PADRE
Per carità, che non le venga in mente
di rievocarlo nella sua palla di vetro!
Dica agli spiriti infernali che lo lascino pure d0v`è!
NE(ìROl\l,·\NTlì
No, il nonno non c`entra. Centrano i padri
che hanno avuto padri a loro volta,
che hanno avuto mogli.
che hanno avuto figli maschi e figlie femmine.
PADRE
Ebbene?
NE<;R< \M1\NTlì
Eh, si conosce ben poco dei rapporti tra questi padri
c coloro per cui sono U('I'dI}Il'Hf(’ padri`, cioè,
scusi la banalità. i loro figli maschi.
Si e sempre steso un velo su questo,
con la pretesa che si tratti soltanto
di un rapporto di rivalsa o di rivalità.
E la causa della rivalsa sarebbe l`odio per il nonno,
mentre quella della rivalità, sarebbe l`amore per la moglie,
0, in generale, il sesso femminile. È tutto qui?
Non c`è proprio altro?
In ogni rapporto c`è sempre qualcos'altr0.
In questo no?
PADRE
Come sta rendendo tutto chiaro". e prosaico, lei.
Torni, torni alla sua magia.
NEGROMANTE
Non sono abbastanza misteriosa? Ho interessi
culturali e meschini? Ha ragione. Del resto
se qualcuno è padre vuol dire che ama la donna.
============================================Page 642==================================================
i28 Afabulazmnv
PADRE
Già, solo nelle cose non ulteriormente
analizzabili, c`è il mistero.
NEGROMANTE
Per esempio, nell'amore 0 nell'odio del padre
per il figlio, non c'è nulla di ulteriormente analizzabile,
oltre alla gelosia e al rimpianto?
PADRE
Oh, io direi proprio che è meglio che lei faccia il suo
NEGROMANTE [mestiere!
Lo faccio. Queste, infatti, non sono che considerazioni
estemporanee: dovute però a ciò che mostra la mia palla.
PADRE
Ebbene, me lo dica una buona volta,
che cosa mostra la sua palla?
NEGROMANTE
Lei è mai stato in Florida?
PADRE
Sì, qualche volta, perché?
NEGROMANTE
Ah no, mi sbaglio, non è la Florida,
forse è la California.
PADRE
Sono stato anche in California.
NEGROMANTE
Sì, è probabile che sia la California:
ma adesso anche certe regioni del Canadà
assomigliano alla California: e così
molte zone della Germania (ma potrebbe
addirittura trattarsi di un angolo di Lombardia
o di Piemonte). Se però, dall’esterno, passiamo
all'interno, allora è evidente: si tratta
di qualcuna delle grandi città industriali del MEC.
PADRE
Sono stato in tutti questi posti- prima.
============================================Page 643==================================================
xl!/il/mIa:mm· $29
NEGROMÀNTE
Ha mai visto la luce che c`è
prima e dopo un`espl0sione atomica?
PADRE
Solo nei documentari.
NEGROMANTE
Strano, c`è questa luce, Una luce molto banale,
senza magia; quella che gli operatori
chiamano «piatta». Il controluce e la luce di taglio
sono nei rari controcampi — di quei d0cumentari...
Il cielo in cui avviene l`esplosione è incolore,
ben esposto al sole. tutto visibile, senza mistero.
Anche i cosiddetti deserti, destinati
all'esperimento, sono deserti per modo di dire:
in realtà non sono nient`altro
che pianure pietrose, di un triste colore biancastro,
ai piedi di montagne disboscate.
Sembra che una testa diabolica si sia sforzata a scegliere
un posto che sia il meno umano possibile
(non certamente per amore dell`umanità).
Ebbene sia negli esterni che negli interni
della citta della mia palla di vetro,
c`è questa luce banale; che mette addosso un disagio...
quasi un`angoscia... un terrore.,
PADRE
E allora?
NEGROMANTE
Tutto bene, tutto come clev`essere, tutto giusto.
Grandi mobili da ufficio, tutti i conforts
e un certo squallore ascetico, quasi di chiesa.
L0 conosce, lei, un signore grasso grasso
con una facciona da maiale, che quasi ricopre,
come un guanciale, dei lineamenti, che, al contrario,
sono minuti e miti, come di lattante? Il naso
un po' a]l’insù, le labbrucce carnose; ma grasso,
grasso, le ripet0... Ha un bel nome arian0...
============================================Page 644==================================================
BO /l/}'abu/azione
PADRE
Sì, mi pare di capire chi lei vuol dire.
NEGROMANTE
E lo conosce quest`altro signore, magro, invece,
ma non troppo; piuttosto normale, con la faccia bonaria
di chi riceve una laurea ad honorem; e un'aria, invero,
molto, molto ignorante, molto provinciale:
ma d'una provincia
profonda come il mondo,
piena di gente identica a lui. Stempiato...
con gli occhiali.., un abbigliamento piuttosto sportivo,
di buona sartoria — eppure simile a quelli
che si acquistano nei grandi magazzini., Sa,
giacchette blu da capitano di marina... vestiti
da golf...
PADRE
Si, direi che riconosco anche questo.
NEGROMANTE
Bene. Questi due — con le rispettive
signore — sembrano essere tra i più importanti
(insieme a un generale che ricorda Morgante).
Ma ce n'è un'altra mezza dozzina circa come loro.
E, intorno, poi, ecco tutta la folla dei grandi incontri,
le vecchie facce viste a Ginevra, a Monaco, a Yalta,..
PADRE
E cosa fanno, lì?
NEGROMANTE
Ognuno di loro è un figlio che ha un figlio.
Voglio dire: è un padre.
PADRE
E con questo?
NEGROMANTE
Quasi tutti i loro figli sono nell’età
in cui si parte per il servizio militarc,..
PADRE
Non capisco che relazione...
============================================Page 645==================================================
A//i1/mIu:mm· 7 5 I
NEGROMANTE
Toh, ma guarda! C`è anche lei, là in mezzo.
tra tutti quei padri! Cè anche lei!
PADRE
Anch`io? Ma se sono secoli che sto male.
NEGROMANTE
Forse lei sta sognando di star male:
merz/rv. in reallà, è là.
PADRE
La sua palla di vetro non potrebbe sbagliarsiP
NEGROMANTE
Sì, certo, come tutte le palle di vetro.
PADRE
Allora rettifico la domanda:
che cosa facciamo, not`, in quel posto?
NEGll(ll\¢l^NTl;
Mah! Lasci che ascolti i vostri discorsi
(attraverso la mimica, perché la palla è muta).
Sì.,. sì, ecco". Oh Dio mio!
state parlando della prossima guerra...
PADRE
Della prossima guerra?
NEGROM/\NTlì
Sì. O comunque di cose
che riguardano insieme i giovani e la morte.
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VIII EPISODIO
PADRE
Ecco, vede, signorina, tutto
è cominciato con un sogno. Io appartengo
a una categoria d`uomini, 0 meglio a una razza umana,
che non confessano queste cose; e, in genere,
non le ammettono.
Io le confesso e le ammetto: ma non le assicuro
che anche questo non sia un pretesto...
e non si tratti piuttosto del fatto
che io ho trovato comodo
attribuire tutto ad un sogno".
Stabilito un pretesto inaugurale
se ne può parlare poi senza fine;
in questo consiste, più 0 meno, la mia tragedia.
RAGAZZA
Non ho capito quasi niente.
PADRE
Naturalmente. E ha ragione lei, non io.
Si comprendono solo le cose reali; non quelle pretestuali.
Infatti io potrei, stabilito il primo nucleo irreale
della mia tragedia, non solo affabularne all'infinito -
e con sincerità — ma commisurare addirittura su di essa
tutta l'esperienza umana — adattarvi e verificarvi
qualsiasi sentimento! Anche il suo, innocente...
Sì, anche lei rientra ormai nella mia tragedia
inventata — come appunto una favola arbitraria —
fatta tutta di tentativi abortiti, e rimasti
sospesi, a formare l'insieme di una vita.
Ora dunque anche lei è un personaggio
di questa tragedia non priva di umorismo...
============================================Page 647==================================================
[Wu/m/«1:1mn· S l A
]lAGr\ZZA
Grazie,.
PADRE
Anche lei è investita del senso di quel sogno
di cui non ricordo nulla se non che c'era
una stazione,
mio padre, un ragazzo,
dei giardini pubblici, del biondo.
RAGAZZA
Avrà sognato di fare l`am0re!
PADRE
Oh, certamente!
Da allora, come Ulisse, sono passato
attraverso tutti i travagli
della vita dei nostri giorni. Ho messo in ballo
la mia realta. che è dunque entrata in crisi.
Ho ahiurato — senza tnai però pronunciare le parole
dell`abiura — alla mia classe sociale (ossia
al potere e ai suoi diritti). Ho avuto
una conversione religiosa e, inline, una nevrosi.
Ci sono stati dei malintesi
trame c mio figlio. E sono qui appunto in veste di padre;
ma non tcmà, non vengo come un padre ufficiale
a obbligarla a un esame di coscienza
e a chiederle di «rendermi mio figli0».
Vengo qui solo per interrogarla su di lui.
RAGAZZA
Come sarebbe: a interrogarmi?
PADRE
Non certo come un commissario interroga un indiziaton.
ma come un selvaggio interroga il fuoco,
0 un contadino il cielo, 0 uno scienziato
le opere della sua scienza:
tutte cose, queste, il cui interesse è puro.
Qui, ecco, non ci sono colpevoli o giudici.
lo interrogo solo per sapere, non per giudicare.
============================================Page 648==================================================
$$4 Ayabu/azione
Questo, mi sembra, ormai l`ho imparato bene.
E quel qualcosa che io dovrei decifrare
attraverso lei, è appunto, mio figlio — un giovane
che è mio figlio.
RAGAZZA
E perché io dovrei risponderle?
PADRE
Potrei anche regalarle in cambio molto denaro
(so che lei non è insensibile a questi
mezzi della disponibilità padronale) tanto più
che è dolce e bella, lei,
come una gatta, come un uccellino...
Ma, a parte i soldi, io le chiedo di rispondermi
per amore della risposta.
RAGAZZA
Che bel gioco! Ma lei è certo
che sa quello che mi deve domandare?
PADRE
Ah, come faccio a sapere che domande rivolgerle
se tutto è cominciato...
PRIMA, in un sogno? Se è nel sogno
che è cominciato quel desiderio di sapere?
E non è, quindi, un semplice enigma?
RAGAZZA
Eh, davvero la sua tragedia è un bel pasticcio
che non fa, in conclusione, né pietà né niente.
PADRE
E vero, ma come dovrei comportarmi, a questo punto?
Ho ripercorso tutta l'Odissea,
non mi restano più altre prove da affrontare:
non ci sono altre conversioni, altre abiure,
altre nevrosi. La realtà, la società,
Dio e la mia anima hanno avuto tutto quello
che io potevo dare e che volevano. E ora?
RAGAZZA
Mah, che bella giornata di primavera! È proprio
============================================Page 649==================================================
A/Yi:/mluzzvnu S W
primavera ormai! Si sente odore di bucatin.
5 questo bel caldo sulla pelle.
che quasi non lo ricordavo... Si sieda! Vuole
qualcosa da bere?
A cosa sta pensando?
PADRE
Una cosa...
RAGAZZA
Che cosa?
PADRE
Non su se posso dirla...
RAGAZZA
Perché?
PADRE
Potrei forse offenderen. i suoi sentimenti...
RAGAZZA
Quali sentimenti?
PADRE
Vuol dire che non ne ha?
RAGAZZA
Più o menon.
PADRE
Ah! bene! Allora è di questo che si tratta".
Se io non so che domande fare su mio figlio,
c quindi lei non ha risposte da darmi (mentre io
voglio sapere tutto su di lui)... se le parole
non ci sono... (0, se ci sono, 11011 barlan0)...
RAGAZZA
Sssst! Silenzio! Zitto!
PADRE
Che c`è?
RAGAZZA
Seme? Seme fischiettare, laggiù,
nella strada?
PADRE
Chi è che fischietta?
============================================Page 650==================================================
iìo Ajyabulazzone
RAGAZZA
E lui, è lui che arriva! Fischietta
sempre così...
(Va alla jinerlra.)
Lo guardi! Guardi che bel soldato ho io!
PAQRE
E lui...
RAGAZZA
Lui, con la sua cresta di capelli biondi,
forte come un toro che non sa la sua forza,
e viene avanti tutto scamiciato,
sembra sempre che abbia le scarpe slacciate
e i calzoni che gli calano, come un ragazzino...
PADRE
Se le parole non lmrlanou. c'è la realta:
Ecco quello che volevo dirle. lo devo vedere
il più possibile ciò che è mio figlio".
Mi risponda, ché arriva, è già qui...
Dove state, dove fate l'amore...
RAGAZZA
Ah, ah!
Stiamo qui, facciamo l'amore di là dietro
quella porta, in camera mia...
PADRE
E dove posso nascondermi, essere presente;
venire a sapere dalla fonte diretta
della vita...
RAGAZZA
Ma cosa vuol fare...
PADRE
Lei ha capito, ha capito... non finga, abbia pietà!
RAGAZZA
Ah, ah, ah! Venga, si nasconda di qua,
nella cucina, e guardi dal buco della serratura.
Sentire, si sente tutto! Ah, ah, ah!
I l padre esce.
============================================Page 651==================================================
/ifyii/mIi1:1mn· S 57
RAGAZZA
Ciao.
FIGLIO
Ciao.
RAGAZZA
Allora sentiamo: chi sei tu?
FIGLIO
Eh?
RAGAZZA
Perché mi guardi così? Non sono mica matta:
ti ho chiesto chi sei.
FIGLIO
Pinocchio.
RAGAZZA
E tuo padre come si chiama?
FIGLIO
Padre.
RAGAZZA
E tua madre?
FIGLIO
Madre.
RAGAZZA
Dove sci nato?
FIGLIO
Tra un po' di amici, e alberi di ciliegie.
RAGAZZA
Gli amici tutti maschi?
FIGLIO
Maschietti e femminucce.
RAGAZZA
E cosa facevano?
FIGLIO
Gi0cavan0 con le ciliegie.
RAGAZZA
Era primavera?
============================================Page 652==================================================
538 A/Yubuluziunr
FIGLIO
No, era di luglio.
RAGAZZA
E poi?
FIGLIO
Che cosa e poi?
RAGAZZA
Cosa hai fatto dopo essere nato?
FIGLIO
Mi sono interessato alla crescita
di quei bambinelli — con le loro ciliegie,
e vecchie mele, e uva, e cesti di nespole e ribes,
more e mirtilli.
RAGAZZA
Facevi l'0rtolan0?
FIGLIO
Sì, per far piacere a mio padre
che vedeva la grazia di Dio nella natura.
RAGAZZA
Perché per far piacere a tuo padre?
FIGLIO
Perché così era scritto.
RAGAZZA
Dove?
FIGLIO
Era un grande ma non esagerato piacere di vivere,
il sentimento di lealtà di un bravo soldatino
(queste erano le regole del libro della vita).
RAGAZZA
E su tuo padre che cosa c`era scritto?
FIGLIO
Per lui c`era la regola di aspettare
che riaccadesse qualcosa che era accaduto.
RAGAZZA
E dove se ne sono andati i bambinetti tra cui sei nato,
coi loro canestrini di ciliegie?
============================================Page 653==================================================
rl}/il/m/«1:1wn' È N
FIGLIO
Hanno avuto tutti il loro modesto piacere
di essere al mondo in case silenziose.
RAGAZZA
E non te ne chiedi il perché?
FIGLIO
No. Io ero uno di quei bambini
che, non si sa come.
appena nati sanno già tutto.
E allora perché farsi delle domande?
RAGAZZA
Ma se avevi già delle risposte,
che risposte erano?
FIGLIO
Risposte di amore.
RAGAZZA
E cos`è questo amore?
FIGLI0
Qualcosa che fa sorridere, anzi ridere
— ma è meglio non pensarci!
RAGAZZA
Allora tu sei spensierato?
FIGLI0
Sì! Non però perché non voglio sapere,
ma perché so!
RAGAZZA
Non sei mica tanto modesto, però!
FIGLI()
Niente affatto! Sono superbo come Don Chisciotte.
RAGAZZA
E perché?
FIGLIO
Perché sono giovane.
RAGAZZA
Quanti anni hai?
FIGLIO
Dieci anni, ma duecentoquaranta mesi...
============================================Page 654==================================================
$40 A/Yabulazibnr
RAGAZZA
Allora fra tm po' vai a fare il soldato?
FIGLIO
No, non ci andrò!
RAGAZZA
Ma ti metteranno in prigione!
FIGLIO
Si, con le finestrelle sul mare.
RAGAZZA
E come farai, là dentro, senza ragazze?
FIGLIO
Farò come fanno i monaci.
RAGAZZA
Sì, ma quelli non fanno l'amore
perché credono in Dio: e tu?
FIGLIO
Perché non credo in Dio!
RAGAZZA
Ma tutti allora diranno che tu sei un anarchico,
che fa delle cose che non servono a niente!
FIGLIO
Certo che lo diranno! E non solo
ivecchi borghesi, ma anche i ragazzi
rivoluzionari. Appartengono tutti
a una stessa razza: la razza che misura ciò che si fa
dalla sua utilità. Se qualcuno ridendo o piangendo
in un mondo dove non si può ridere
e non si deve piangere, li mette in imbarazzo,
sai cosa dicono? Dicono: A che serve?
Io ho mentito: non sono un Don Chisciotte, amore,
gli assomiglio soltanto un poco,
e, purtroppo, la mia pazzia
non è che un po' di spensieratezza.
Però so che non c’è bisogno che le azioni
di vero amore 0 di vero odio servano a qualcosa,
che non importa che il mondo che metti in imbarazzo
============================================Page 655==================================================
xl/fil/mluziruiu 741
col tuo troppo odio 0 il tuo troppo amore.
l`abbia vinta, infine, facendo di te il suo buffone.
La vittoria è sempre di chi perde.
La vittoria non è mai riconosciuta.
La vittoria è inutile. È finita l`inchiesta?
RAGAZZA
Sì, mi sono stancata,
FIGLIO
E allora andiamo di là.
Exrwm, 0 mira il padre, che guarda dal buco della rerralura.
PADRE
Eh sì. tutto ciò che vedo è reale e oggettivo.
Succede anche nelle tragedie senza ragione.
Anzi. tutta questa esattezza
è segno che ciò che è insensato
sta, come sempre, per risolversi logicamente.
Figlio, tu lo sai cos`e un padre?
Te lo insegnerò, mentre tu bacia.
aspettando di slacciarti la cintura
e fare ciò che fanno i giovani spudorati.
l padri, sappilo, xwm tu/li impotenti: qualunque
sia la loro espressione e il loro portamento
altro non leggi nella loro persona
che la coscienza non ammessa della loro impotenza.
Prendiamo i due casi più comuni: cioè quello
in cui il padre ignora, e quello in cui il padre odia
il figlio.
Nel primo caso il padre fa quasi ridere
tanta è la sua umile passività
al cumulo di fenomeni per cui egli non vuole sapere
che il figlio adolescente — già adulto in tutta
la sua indecenza, e insieme così puro —
si guarda intorno
a chiedere pane, consensi, amore, vita.
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$42 ŕlyabu/0Zi0m'
Un simile padre finge che nulla sia accaduto,
e che il proprio lavoro sia la sola ragione importante;
finge anche che l'attività del suo membro
debba passare in seconda linea, a ragion veduta,
davanti ai gravi impegni sociali —- presi
con la sua grande democrazia parlamentare —
povero uomo anziano che affoga senza dibattersi.
Ma le grandi democrazie parlamentari sono armate fino
[ai denti, Eh, eh!
Prendiamo, quindi, il caso in cui il padre odzkz il figlio:
questo padre la sua impotenza l`ha scritta
come sul cartello della gogna.
Cartello che non si vede — dietro la toga
dell'avv0cato 0 il doppiopetto dell'industriale
o la tuta dell`operaio: è naturale.
Ma le ragioni della sua disapprovazione
della condotta sociale del figlio, son sempre valide!
È la presenza stessa del figlio, infatti,
che mette in scompiglio la società.
Il membro fresco, umile, assetato,
scandalizza per se stesso, se messo a confronto
con quello, senza alcuna novità, che è del genitore.
Migliaia di figli sono uccisi dai padri: mentre,
ogni tanto, un padre è ucciso dal figlio — ciò è noto.
Ma come awiene l'assassinio dei figli da parte
dei padri? Per mezzo di prigioni, di trincee, di campi
di concentramento, di città bombardare.
Come avviene invece l'assassinio dei padri da parte
dei figli? Per mezzo della crescita di un corpo innocente,
che è lì, nuovo venuto nella vecchia città, e, in fondo,
non chiederebbe altro che d'esservi ammesso,
Egli, il figlio, getta nella lotta contro il padre
— che è sempre il padre a cominciare —
il suo corpo, nient’altro che il suo corpo.
Lo fa con un odio pieno di purezza, oppure
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/Wi:/>11/itzrmrr $4ì
con la stessa distaccata e ironica dolcezza
con cui ora tu avanzi, con questa donna, i tuoi diritti.
Restano da considerare ora i padri
che non rgnmmzo né odzkmo i loro figli.
Ce n`è di due specie: coloro che Hngtmo di amarli
in modo diverso da quello in cui li amano;
e coloro che fugowm di amar]!
semplicemente perché non li amano.
Quanto al primo caso. per spiegarmi più chiaramente
prenderò l`csempio più oscuro.
E, forse, per quanto io ne so, simile al mio.
Anzi, ti parlerò in realtà di me stesso:
perche io effettivamente non sono qui, come sai bene:
la storia mi vuole altrove, e qui
non SC DC pt‘0iv:[Ka\ Clw la l`a1v0la,
spirito disceso in carne indemoniata.
lo non sono qui, e neanche nm.
A questo punto della rappresentazione.
in attesa che scorta il sangue. io sono in Germania,
alla fine degli Anni Trenta, mio caro ragazzo,
Eccomi, con le mie gambe corte,
e la mia fronte testarda di bambino,
molle caricatura, burattino caricato a molle,
che passo in rassegna un manipolo di ragazzi
bavaresi o prussiani, coi toraci gonfi,
gli occhi ancora invasati dal brusio che fanno i passi
all`unisono sul sclciato;
essi sono nudi; 0 tutti nudi, 0, davanti al sesso
hanno una pezzuola (nera) che non ne nasconde
né la forma né la grossezza.
Passare in rassegna misteri scoperti
di veri padri, è il sogno del padre figlio.
Egli gongola, ma nega tutto.
Falpitano bandiere sulle teste regolari.
`
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$44 flmibulazùme
Rapate, per dit meglio, in segno d'obbedienza.
Ma veniamo, infine veniamo agli esempi più chiari
per spiegarci più oscuramento!
Veniamo ai semplici padri bugiardi!
Veniamo ai casi normali, per riportate le cose
a ciò che incomprensibilmente esse sono!
Ché se, del resto, quello là (che io ero) faceva piangere
i suoi successori (che io sono) non fanno certo ridere!
Veniamo ai Presidenti delle Repubbliche!
Veniamo alle Autorità religiose, ai Grandi Industriali!
Ma ecco, il momento dei baci
sta per scadere, dolcemente e giustamente,
Io prendo di tasca i.l coltello
che ti ho donato e tu mi hai così ben restituito.
Ci sono delle epoche nel mondo
in cui i padri degenerano
e xe ucczdwzo i Iorofgli
compiono dei regiczdi.
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EPILOGO
PADRE
Cè sempre, nell`eroe di una tragedia,
l'0ra in cui egli è un po` ridicolo
e perciò fa pietà. lo... ho guardato
attraverso il buco di una serratura: ecco
la mia azione ridicola...
MENDICANTE
Forse è perché hai guardato dal buco di una serratura
che ti hanno messo per venti anni in prigione?
PADRE
Oh no! Tutto si può dire di me, fuori ch`io sia stato un
Io sono stato un regicida, caro amico. [voyeur
Se vuoi saperlo, ecco com`è andata:
quando ho aperto la porta e sono entrato,
lui si è messo a gridare:
«Lasciami, va` via di qua!» E io: «Ce ne andremo
insieme!».
E lui; «Basta, posso ancora salvarmi». Allora io
mi sono messo a urlare: «Aaaaaz1aaaaaaaaaaaah,
quando io mi sveglierò dal sogno..,». E lui, infine:
«Perché mi è stata tolta Ia vita?» — quasi perbacco come
nelle Tmcbimkn Mi sono chinato sul suo corpo,
ancora caldo, e gli ho abbottonato i calzoni:
non volevo che lo trovassero in quel modo. H0 tOCC3tO,
così, la piccola sfinge rinchiusa in quel grembo glorioso:
e ho capito che il suo mistero era rimasto intatto.
MENDICANTE
Bah. Per fortuna ha smesso di piovere. E allora
io lascio questo bel vagone sui suoi binari morti,
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$46 Afabu/azmnc
questo buon odore di carbone, questi bei lampioni
che fra un po' si accenderanno come anime in pena,
lascio questo gran terrapieno della stazione..,
PADRE
Eh, le stazioni hanno avuto una grande importanza
MENDICANTE [nella mia vita.
e me ne vado in città, a vedere
di rimediare qualcosa da mangiare a cena. Addio.
Erce.
PADRE
Era un giorno di sole... di sole, ti pare possibile?
Chissà dove è finito quel sole...
FERROVIERE
Con chi parli? Il tuo amico Cacarella se n'è andato...
Sei rimasto lì tutto solo, Bersagliere".
PADRE
Ba ba ba ba ba, tremo e sbavo
come un vecchio gigione: ma ho la mia dignità,
ah, ah, un cuore di vecchio sdegnoso,
che si offende gonfiandosi come un tacchino,
mentre si orina nelle mutande (e non ha figlie
che lo puliscano, lui, come Re Lear). Armeggerò fra poco
con la mia gavetta e la mia carrozzella
dove ho ammassato gli stracci che sono i miei beni.
Ba ba ba ba ba ba, ma se tu mi sfotti
io bofonchiando e sbavando, povero vecchio cagone,
avrò l'occhio sfavillante di orgoglio, e i grossi
sopraccigli, sopra, che tremano come quelli di Zeus.
FERROVIERE
Ciao!
Non ho tempo di ascoltarti,
il mio treno sta arrivando! Ciao, Bersagliere,
e salutami il Cacarella quando torna. Ecco cento lire.
Eroe.
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rlflillm/i1:1wn· $47
PADRE
Ma io lo ricordo bene quel sole.
Le terrazze erano bianche come paradisi.
Lei era una nobile napoletana: alta come una cicogna,
ma calma, oh com`era calma,
le scappava sempre da ridere,
trovava tutto così buffo,
tutto così umoristico e senza importa.nza...
Caro (Èacarella, sposandoci, non abbiamo contraddetto
e infatti il nostro matrimonio la nulla:
fu oggetto di generale soddisfazione, una cosa
veramente indovinata, senza un`ombra, la più piccola
ombra. a offuscare il suo riservato splendore.
Non c`era nemmeno nessuna contraddizione dentro:
qualcosa in noi che facesse nascere il suo contrario
e quindi fosse il punto
in cui l`amore nasce.
No, noi ci conoscevamo da sempre
e quindi non ci siamo mai riconosciuti.
Bene. l'ultima volta che l`ho vista, caro Cacarella,
era una spilungona (perché con l'età
si era dimagrital: la copriva tutta una pelliccia
preziosa, e dentro questa pelliccia si muoveva
un corpo così lavato e così tirato, coperto da un vestito
così onesto e ornato di gioielli così discreti,
che, in quanto corpo, non pareva nemmeno più esistere.
(Ma era però sempre piena del suo umorismo:
ossia del suo modo di esibire la sua bontà.)
Chi se Vaspettava che in punto di morte,
prima di penzolare, lunga com’era, impiccata,
le sue ultime parole sarebbero state:
«Non voglio più amare coloro che am0»?
Almeno queste sono le parole
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548 /ifabu/azmne
che mi sono state riferite: non ho ragione
né per crederci né per non crederci,
Io allora ero in prigione.
Hai capito, Cacarella?
Delle volte penso che cos’è un'epoca.
Il periodo di cui ti parlo è infatti un'epoca;
l'epoca in cui era giovane mio figlio.
Le abitudini erano cambiate, la mentalità
diversa (si diceva): c'era anche
una diversa luce nell`aria, io lo so,
perché le primavere non erano più le vecchie
primavere contadine intorno alle officine; i prati
non avevano più quel loro umile infoltirsi,
incoronati di salici e pioppi, punteggiati di primule.
Ma queste sono chiacchiere. Lo strano è
che mio figlio pareva sapere da sempre tutte queste cose
che per me erano una novità tanto grande.
E questo sapere gli dava dei diritti,
e questi diritti il mistero...
Tu lo sai, vero, Cacarella, ma riassumiamoloz i padri
vogliono far morire i figli (per questo li mandano
in guerra) mentrei figli vogliono uccidere i padri
(per questo, per esempio, protestano contro la guerra,
e disprezzano, pieni di fierezza, la società dei vecchi
che la vuole), Ebbene io, anziché
voler uccidere mio figlio...
volevo esserne ucciso! I
Non ti pare strano?
E lui, anziché voler uccidermi
— 0 lasciarsi uccidere
volenteroso e rassegnato
come i suoi coetanei obbedienti —
non voleva né uccidermi né lasciarsi uccidere! !
Né l'una cosa né l`altra, capisci, CacarellaP
Non gliene importava niente di me,
e di tutte le uccisioni, vecchie e nuove,
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.·lIY«1ImI«1:mm' W`)
che legano un padre e un figlio".
Quindi si era liberato di tutto,
ge ne andava via, se ne stava per conto suo.
mi ignorava, mi fuggiva, era altrove.
Sr qmxvlo vm ilhrurn, era del tutto imprevedibtk.
Quale futuro? Tu penserai, magari,
che si tratti di un futuro già passato.
Che io guardi le cose fermo in un momento
che abbia un valore assoluto, l`anteguerra,
la guerra. il dopoguerra, gli Anni Cinquanta.
Per me infatti non è la successività che conta,
confondo fra loro i decenni: e il prima
e il dopo, nella mia storiografia,
obbediscono a leggi poetiche.
Ma non sono matto se non quando voglio.
La _mm_v,r/ del rapporto tra padre e figlio
con cui ho concluso il mio aftiabulare solitario
vale proprio per il presente reale;
e il futuro iniprevedibile che mi ha armato la mano
è proprio questo, del decennio che viviamo.
Esso ba fatto decadere il passato,
e, prematuramente, domina gli uomini.
Gli uomini lo vivono con inconsapevolezza,
sentendolo in realta piuttosto come morte
di valori passati che come nascita di nuovi.
Ciò li umilia, e li fa regredire
a empietà infantile.
È questo che, in realtà, mi ha reso assassino
di un figlio abulico, anacronisticamente
innocente (a meno che non si tratti
di una innocenza umanamente nuova).
SPIRITO DEL FIGLIO
Ehi, Bersagliere, con chi parli?
PADRE
Con me stesso, con me stesso, capo.
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550 Ajyabufazwrze
SPIRITO DEL FIGLIO
Non vedi che sta per piovere e è quasi notte?
Vattene dentro il tuo vagone!
Erce.
PADRE
Mah, Cacarella mio, cosa vuoi che ti dica?
Non mi è stata riconosciuta l`infermità mentale:
eppure io credevo
e tuttora creclo (contemporaneamente e senza
contraddizioni con quanto ti ho detto or ora)
che mio figlio sia morto in guerra.
Alibi mentale e verità non si escludono a vicenda.
Se giri bene perle nostre città, e le osservi,
vedrai ancora dei resti di r0vine... quasi
macerie di macerie,.
case il cui destino era quello
di non essere più ricostruite.
E se ne stanno malinconiche dopo tanti anni
in mezzo agli edifici nuovi, come perdute
in un'oasi di dimenticato dolore. Se ne stanno
superstiti — a che cosa? — in una luce
particolare, biancastra o bruna, tra un sentore
acuto di erba 0 bagnata 0 troppo scottata dal sole.
Mio figlio è scomparso in quella guerra
di cui rimangono, ormai segrete, le rovine.
Che cosa ti sto raccontando, mio povero Cacarella?
La mia vita? La storia di un solo padre? Ah, no, come avrai
questa non è la storia di un solo padre. [capito,
No, Cacarella, non andartene, ascoltami,
non ho ancora finito... lasciami
ricominciare daccapo...
(1966-1970)
============================================Page 665==================================================
APPENDICE AD «AFFABULAZI©NE»
============================================Page 666==================================================
www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
============================================Page 667==================================================
[VI EPISODIO ESCLUSO]
MADRE
Come sta, per carità.
non mi dirà che debba succedere
quello che non deve succedere. vero?
MEDI<ì0
No. no. stia calma: non è così grave.
Guarirà, sono ferite leggere: la febbre
è per l`infezione.
Vaneggerà, ma domani mattina. già starà meglio.
MADRIì
E, per carità, questo è" più importante,
tutto questo deve restare in questa casa,
è una cosa che riguarda questa casa,
me, mio figlio, mio marito,
gli altri non ci devono entrare.
E un problema che dobbiamo risolvere da noi.
Lei è un vecchio amico".
MEDICO
Stia tranquilla, signora.,
MADRE
L'accompagn0.
Sta` attento tu a tuo padre,
io torno subito.
Ermmz.
PADRE
Ah,
° la cosa
============================================Page 668==================================================
$$4 Appendice ad «A/fabulazzbm-»
aaaaaaaah, aiuto...
Dio, aiut0... ah, aaaaaaah,
In mezzo alle fiamme, tua madre".
tua madre, mi ha fatto morire...
Non resisto, ragazzo mio, vedi qui,
le chiazze rosse
è sangue bruciato,
tutto il corpo pieno,
se mi muovo si screpola, ogni fessura mi arriva
fino al cuore...
Mettete giù la barella, giù, giù... Un momento!
I vestiti maledetti mi si sono attaccati al sangue:
se li tirate via mi scuoiate, state bene attenti;
un momento di pace. Sì! Il dolore ogni tanto si ferma,
torna indietro, Dov'è mio figlio! Chiamatelo, presto,
ditegli di venire qui — piange l`usignolo,
non lo sentite, cretini, maledette bestie,
operai del cazzo: questo è il segnale!
Quando canta, piange, È il lutto;
la barella col corpo di me, rialzatela,
è ora di funerali.
Tenetela alta, coglioni, sulle vostre teste.
Aaaah, aiuto, soffro il dolore più dolorosamente
di quanto è possibile a un uomo, non lo vedete.
Stoffa e pelle sono una sola cosa marcia, e io
sono vestito di questo. sangue fresco.
Mettetemi giù, mettetemi giù un'altra volta:
non ne posso più.
Aaaaaaah,
è lei, la madre borghese mia moglie,
pulita e profumata come una spada, senza infezione,
tutta fatta a via Montenapoleone, che mi ha legato.
Sì, non erano vestiti, ma lacci da stringere
sul sangue fresco, come un mazzo di rose crude.
============================================Page 669==================================================
Appr':/J1i·t· in] «/I//«1/vn/iizmm·» SSS
Non toccatemi, neanche con un dito, che urlo.
urlo...
Aaaaaaaah, aaaaaah, aiuto, aaaaaaaah!
FIGLIO
Calmati, calmati papà...
Non sente, sogna il suo sogno dove è solo.
PADRE
Ancora non avete mandato a chiamare mio figlio,
bestie? Presto, presto, ché muoio,
non vedete, le vesti entrano nella pelle,
sono tutto spalmato di sangue che mi fa urlare.
Solo il dolore di un millimetro della mia pelle
potrebbe far morire un uomo: e io sono così
dalla testa ai piedi.
Ah figlio, figlio, figlio, figlio mio, sei qui!
Vieni ascolta, ascoltatemi, bene".
È stata [LIB m1lLll'C
a mandarmi queste vesti
che mi fanno morire.
No, non è una camicia di forza, figlio,
sono i vestiti più belli e più costosi.
quelli che conosce, compra e indossa
solo certa gente: son proprio quelli.
Lei non poteva regalarmi che vestiti così,
figlio, da farmi riconoscere subito
dagli altri privilegiati con vestiti simili.
Il povero non li deve sapere.
Di` a queste teste di cazzo di operai che vadano piano!
Se solo una farfalla si posasse sulla mia pelle
mi farebbe morire di dolore.
È stata tua madre, figlio,
a ridurmi così.
No? Tu dici che non è vero? Che non è vero?
Che lei è innocente?
Che era mia moglie, è vero, ma era innocente?
Che nei vestiti non sapeva che ci fosse il veleno?
============================================Page 670==================================================
$$6 Appmdm· ad ««A/Yahulazznrzzw
Che credeva che ci fosse un`altra sostanza?
La sostanza dell`amore? della vittoria?
Sei certo, sei certo, che era così?
Forse, figlio, tu hai ragione perché sei ragazzo.
Ti credo. Ma io muoio.
Aaaaah, aaaaah,
lo sapevo che questa era la mia morte!
Quella sostanza era la sostanza di un morto:
e io sapevo che sarei stato ucciso da un morto!
Allora coraggio figlio mio, dammi la mano.
Su, dammi una mano!
Non è mica la mano di una donna, la mia:
ma di un morente! Di cosa hai paura?
Dammi la mano e stringila.
Ora mi devi giurare...
che farai quello che ti dico. Me lo giuri? Per
quanto sta in te? Me lo giuri? Sia pure con
incertezza? Cosa c`è di più sacro per un figlio
che compiere le ultime volontà di un padre?
Ebbene. Dopo, andrai, chiamerai i tuoi compagni
più cari, più forti,
e piano piano,
con la grazia della gioventù,
non con la forza di questi servi,
mi porterai su,
lassù in cima,
lo vedi?, la cima,
la cima del monte più alto,
è tutto azzurro,
la cima del monte più alto
laggiù, lo vedi, nella Brianza:
la Brianza della nostra città,
la Brianza della nostra vacanza,
la Brianza della domenica.
Non so se la riconosco, se è lei.
============================================Page 671==================================================
Ap[u·m]1a· JJ «zlfYi1/mL1:mm·» $$7
Ma credo di sì.
Mi porterai lassù, il corpo coperto di sangue
bruciato di me, le vesti delle città
col sangue del morto che mi fa morire,
d`un morto vecchio, eh sì.
Hai capito, figlio, hai capito?
Aaaaaaah, aiuto, non lo sopporto più, presto, presto,
hai capito?
FIGLIO
Ho capito, papà, ma adesso calmati.
PADRE
Come, non vuoi obbedirmi?
Dio ti malcdirà!
Mi ohbcdirai? Bravo, figlio mio!
Porranii su senza piangere, senza sospirare,
porterebbe sfortuna".
Quando sarai lassù,
dovrai fare quello che ti dico".
FIGLI0
Cosa".
PADRIÈ
Dovrai tagliare molte piante, quelle del bosco
del tuo nonno materno, lassù in cima alla Brianza.
E con quelle fare un bel fuoco...
Aaaaah, aiuto,
aaaaaaah, non resisto figlio mio, presto, presto...
Farai un bel fuoco. Mettimi lì sopra.
Ancora vivo? Sì ancora vivo, figlio mio.
FIGLIO
Papà, calmati, dormi veramente...
PADRE
Sii il mio assassino, figlio.
Sei tu, che devi uccidermi. Questo l'ha detto Dio.
Al calore del fuoco, le vesti si scioglierarino
dal sangue, si scaccheranno dalla pelle:
============================================Page 672==================================================
558 Appendite ad «Aj}'abu/azzìme»
io sarò nudo,
e sentirò morendo
tutta una grande dolcezza
come un bambino dentro una culla
— perché saprò che a uccidermi sarai tu.
Non puoi farlo?
Oh si, tu puoi farlo!
l/uoifarlof
E l'ir1contro delle nostre due volontà,
la mia di essere ucciso, e la tua di uccidermi,
che dà tanto piacere.
Aaaaaaah, aaaaaaah, aiuto!
Su chiama i tuoi coetanei, tutti i più cari
e i più belli, portami via di qui,
in cima alla Brianza, accendi il rogo,
fammi morire
FIGLIO
Sì, papà, sì, lo farò. Ma calmati ora.
PADRE
E un'altra cosa,
devi fare. Ho la tua destra nella mia, l'hai giurato.
Quando mi avrai fatto morire come ti ho detto,
tornerai in città, cercherai quella ragazza
che io dovevo sposare — e che è stata mia,
la ragazza che ha aperto le gambe alla mia voglia,
la voglia di tuo padre, e ha sentito il suo sesso,
e ha accolto nel ventre il suo getto, cercherai
quella ragazza, e la sposerai anche tu...
Ah, tu dici che non puoi? Ingrato!
Perché non puoi? Perché non puoi passare dove
è passato tuo padre, mettere la tua carne al posto
della sua, contro la stessa came?
Non hai nessuna pietà per un padre che muore?
Aaaaaah, aaaaaaah, aiuto,
============================================Page 673==================================================
Appendice ad (1/ì_]ffEbI4[dZi0f1t'» 559
figlio, pietà di me...
Fa' quello che ti chiedo in punto di morte".
Forse non puoi?
La giovinezza non ti ha dato quello che ti doveva?
Vieni, avvicinati al tuo padre morente...
Vieni, se dobbiamo adempiere Ie profezie, vieni,
che io veda se tu puoi fare o non puoi fare...
queIIo che mi ordinano i profeti
e io chiedo a te... Vieni, fammi vedere.,
fammi provare...
(Balbetla altre fmri i»1e0mpremz'bi[z' che role z'Ij?g]z`0,
accanto a lui rente.)
FIGLIO
Mi fai schifo, più che pietà; e vorrei davvero
finirti, qui, dove ti trovi!
Cosa mi chiedi nel tuo delirio di carcassa,
d’uomo marcito su se stess0?...
PADRE
Soiievatelo, dunque, miei cari,
e siate indulgenti, vi prego
per quello che gli sta succedendo.
Credetemi, è solo Dio che ne ha colpa,
che l'ha generato, e daII'aIto
guarda tutto con indifferenza.
FIGLIO
Non manterrò i giuramenti; non compirò
nessuna delle tue volontà.
II mio solo dovere è non aver più pietà.
E me ne andrò di qua per sempre.
(1966)
============================================Page 674==================================================
[V EPISODIO DELLA QUARTA STESURA]
COMMISSARIO
Ecco il giovanotto, non era andato lontano.
PADRE
Grazie, signor commissario.
COMMISSARIO
L'abbiamo trovato alla stazione della Spezia.
Morto di freddo, come tutti i ragazzi
che scappano di casa. Non è un bel luogo,
quello, per un ragazzo con una famiglia
come la sua! (Eh, guaglione?)
Per questa volta non l’hai fatta franca,
ma speriamo che [u[tO quel freddo
ti abbia fatto passare per sempre certe tentazioni,.
PADRE
Grazie, signor commissario.
COMMISSARIO
Quanto al resto... le formalità.,
PADRE
Ci penseremo più tardi... passerà
il mio avvocato...
COMMISSARIO
Ai suoi ordini, più tardi...
Ossequi ingegnere!
PADRE
Arrivederci, grazie.
I I commixrario exce.
PADRE
Non parli?
============================================Page 675==================================================
Apperzdice ad «A/ydbu[BZlbflf» $61
Ah, la tattica è il silenzio: tattica
classica. La tattica deIl'amante tradito,
Ma chi è il tradito di noi due, di'?
Tu che non mi hai dato mai niente
se non il tuo silenzio di sfida,
le tue assenze, i tuoi ritorni senza parole,
i tuoi interessi lontani,
le tue opere svolte altrove e qui morte,
la tua noia, la tua voglia di piangere
senza lacrime, e, soprattutto,
la tua gioia non condivisa:
tu, che non mi hai dato che questo,
sei, adesso, il tradito?
E io che ti ho dato tutto, invece!
Io che ho diritto al tuo amore — all'amore
che conta, quello che si confida
e si dimostra, fatto di amicizia e carezze —
io che ho diritto al tuo amore...
che ti do tutto quello che si dà a un'amante
per farla felice, per ottenerne
quella cosa esaltante che si chiama... gratitudine,
non ne ho avuto in cambio niente.
Ah io, che sono un povero uomo, come ogni uomo
che ama, e quindi non ha dignità — non so sopportarlo.
Devi capirlo, questo, almeno questo!
Se tu sapessi almeno la ragione per cui voglio
tormentarti, farmi presente a te almeno con la forza
ela brutale applicazione dei miei diritti,
violentarti, magari picchiarti come i padri veri,
se tu sapessi questo bisogno... Qualcosa
ti avvicinerebbe a me, come un figlio
che si lascia baciare — che scalda il padre
con il tepore della sua anima!
FIGLIO
Credi che non capisca tutto questo?
Lo capisco: e ne ho disgusto.
============================================Page 676==================================================
$62 Appendice ad «A@€rbuIuzùme»
PADRE
Ah, costruiamo qualcosa, insieme, almeno su questo
[disgusto
— che mi fa tremare di soffocante speranza...
FIGLIO
Cosa vuoi costruire?
Quando me ne andrò via da qui un'a.ltra volta,
stai certo che non mi farò riprendere più!
PADRE
Forse tu credi... che io... tutto questo lo faccia
per la nostra discussione di una sera
di tre mesi fa,..
No! Su quello avrei ceduto:
un uomo non ha armi per difendersi dalle decisioni
del figlio sulla propria vita. Se tu volevi
interrompere gli studi, andartene a lavorare,
vivere per protesta come usa, come uno dei figli
dei miei dipendenti — sono cose queste che fanno parte
della vita, né più né meno che come
lo studiare, il prendere un giorno
il mio posto alla direzione della fabbrica".
Sono due vicende umane uguali, che solo si negano
a vicenda, ma non negano la vita, un figlio,
un padre.
Avremmo trovato un'armonia. Ma anche tu dovevi
prevederla, la mia opposizione! Di',
se io ti avessi detto sì, bravo, fai quello che vuoi,
diventa comunista o quello che preferisci, anarchico,
disperato, vivi la tua vita innocente di giovane
che protesta: che significato aveva poi per te,
tutto questo?
La mia opposizione di padre che si scandalizza
e si fa nemico in nome della norma,
faceva parte del tuo programma: programma, dunque.
inconcepibile senza la mia rabbia paterna!
Di', non è vero?
============================================Page 677==================================================
Appendice ad «Affabu[azibm:» 563
FIGLIO
È vero, è vero. Ma non avremmo poi trovato
nessuna armonia,.
PADRE
E invece ti sbagli. Perché la nostra sarebbe stata
una lotta... di giorno... alla luce del sole...
una lotta tra uomini- perché è così che si è uomini —
fuori dai sogni...
Tu mi avresti capz}0: era fatale!
Come io avrei capzlo te — anche se avessimo continuato
a agire uno contro la volontà dell'altro.
Perché la società ha bisogno di me e di te:
e il mondo — l’immenso mondo che comincia lontano,
fuori dalle nostre piccole memorie —
lui, ha bisogno di figli che odiano i padri.
Saresti stato un automa
della stessa necessità che fa di me un uomo
partecipe del potere, credente, e degno figlio
di una laboriosa, luminosa borghesia!
FIGLIO
E allora?
PADRE
Quanta libertà in quell'automa!
Invece tu, tu mi sei solo fuggito,
naturalmente... Ma insieme è stata... la rivelazione
della tua natura imprendibileu. della tua ambiguità".
della tua segretezza che mi esclude sempre...
Ecco, è questo —
telo dico piangendo,
spaventato — che tu devi capire.
FIGLIO
Sei tu, che devi capirlo,
A me tutto questo non interessa: se poi
mi interessasse, esso non avrebbe più ragione
di essere. Si dissolverebbe da quel sogno che è.
============================================Page 678==================================================
$64 Appendice ad «A_HabuIazi0m=»
PADRE
Forse: ma io non posso ammetterlo.
Voglio invece che parliamo insieme del male
di cui tu sei causa...
Hai mai provato ad amare
una donna che non ti ama?
FIGLIO
Non voglio, non voglio
fare di questi discorsi con te!
PADRE
Ecco...
FIGLIO
E non ne ho il dovere,
non puoi rimproverarmelo.
PADRE
Certo, tu sei un uomo. E io so che noi uomini
abbiamo l'istinto a colpire. Tu hai in tasca un coltello,
non è vero? Quello che ti ho regalato io.
Con quello,
tu potresti colpirmi, è vero?,
obbedendo alla tua virilità.
FIGLIO
Sì, potrei anche farl0...
PADRE
Basterebbe solo che io ti facessi un poco più schifo
di quanto ti faccio: è così?
Basterebbe solo che io insistessi a chiederti
se hai amato mai una donna che non ti ama
(per comprendere dunque come sempre
chi non è riamato fa schifo): è così?
FIGLIO
Se è questo che vuoi sapere,
io non ho mai amato nessuna donna.
PADRE
Ah, non sei allora un Donchisciotte della Grazia!
E non sei neanche un Don Giovanni all’Inferno!
============================================Page 679==================================================
Appendice ad «A#abuIaz1kme» 565
E dunque dov'è il tuo mistero?
Ti leggo dentro come dentro di me.
Tutto è difficoltà, squallidi complessi, prosa.
Hai problemi, non grazie.
Il tuo corpo è pesante.
Non voli, con la leggerezza dei figli misteriosi.
Mi ripeti, pesantemente, nel mondo. A Milano.
Da Milano alla Brianza. Problemi morali.
Linguaggio convenzionale anche nell'anarchia
di figlio che disprezza i padri e la loro società.
Buona volontà, mancanza di ingegno.
E mancanza anche di incoscienza e felicità.
La vita, un futuro ordine; la fronte segnata,
con l’alito, da nottate umane — le povere nottate
passate — da chi potrebbe essere Re sotto le stelle —
in tristi stazioni di provincia, tra i fagotti.
L'umiliazione della vita tu la vivi tutta!
Come me! Ti riconosco!
FIGLIO
È questa la felice conclusione?
PADRE
No, voglio farmi odiare non come si odia un padre.
FIGLIO
Nessuno telo può impedire.
PADRE
E allora ascolta:
i figli che assomigliano ai padri sono dei pesi
inutili. Nessuno ne ride, ma in realtà fanno
molto ridere.
Tu mi assomigli. E non c'è nulla di più contrario
alla poesia che il riso;
facendo dunque ridere, penosamente,
tu mi dovresti impedire ogni fantasia su te...
Mio figlio normale, che si trova normalmente
a contraddire il suo normale destino!
============================================Page 680==================================================
566 Appendice ad «AjYabu]azi¢me»
FIGLIO
Sono stato tutta la notte in piedi, vorrei
andarmene un po’ a dormire.
PADRE
Non vali nulla. Ammetti che tu vada - e a me,
ormai, di questo non importa più nulla —
a fare la tua vita di operaio, come san Francesco:
a cercare, in ribellione, la vera povertà:
cosa faresti di questo?
Qualcosa senza valore.
Perché non vali.
E allora è proprio lo stesso che tu stia qui.
Che tu stia qui, dico, non perla ragione di una volta
— Vobbedienza al padre, l’accettazione di un destino
privilegiato coi suoi duri doveri: no.
Ma che tu stia qui semplicemente con tuo padre.
A ricambiare il suo amore.
FIGLIO
Ma se io non valgo nulla,
cosa te ne fai di me?
PADRE
Te lo ripeto: sei mai stato innamorato
di una donna che non ti ama?
FIGLIO
No! No! No! Mi hanno sempre amato loro,
le donne, e io ho sempre solo corrisposto!
PADRE
Hai qualcosa che mi ferisce -
ecco perché ti voglio qui con me.
Questi capelli biondi, per esempio. Sono lacci che segano
con quel loro splendore tagliente e granuloso...
Quella ruvidità della loro luce...
Pare che se una mano ci passasse solo sopra
ne sarebbe graffiata e tagliata — come quando
si cade sul ghiaccio". Chi te lì ha dati quei capelli?
Dove lo tieni il coltello che ti ho dato?
============================================Page 681==================================================
Appendice ad «A}Yabu/azf0m=» 567
FIGLIO
Qui.
PADRE
Qui dove?
FIGLIO
Nella saccoccia!
PADRE
In quale saccoccia? Della giacca? Dei calzoni?
FIGLIO
Nella saccoccia dei calzoni.
PADRE
Ma davanti? Di dietro?
FIGLIO
Oh Dio, Dio mio. Non ne posso più, che importa?
PADRE
A me importa, abbi compassione di me.
Lo vedi, non ti costa nessuna fatica dirmelo,
e non me lo vuoi dire. Dimmelo, ragazzo mio,
non ti costa nulla!
FIGLIO
Nella saccoccia davanti...
PADRE
Quella più profonda? Nel grembo?
FIGLIO
Sì! Sì! Sì! Sì!
PADRE
E perché lo tieni lì?
Perché è più facile prenderlo,
in caso di bisogno?
FIGLIO
Ma non ne avrò mai bisogno!
E un sogno di ragazzo! Non voglio uccidere nessuno,
non voglio far male a nessuno! Non l'hai detto tu?
Io non valgo nulla, sono senza qualità,
Im giovane come tanti, come tutti: perciò
============================================Page 682==================================================
568 Appendice ad «AHabuIazxìme»
sono obiettore di coscienza, voglio la non violenza,
partecipo alle marce della Pace!
PADRE
Sì, sì, sì naturalmente.
A coprirti di ridicol0... Nobile ridicolo,
lo ammetto. Non lo sai che chi non è cinico
è sempre compromesso — non vola,
non vola!
E invece è bello il giovane che vola!
Che, nella sua società, vuole solo diritti, come figlio
della Buona Sorte! E non ci pensa neanche.
La gioventù è bella se è cinica, appunto: cinica,
crudele, leggera, miscredente
— 0 credente per quel tanto che le conviene,
per non avere dei problemi. Tu eri nato per questo.
I problemi morali hanno la qualità d'imbruttirti.
Di renderti piccolo borghese! Come tutti!
Invece tu potresti disancorarti, tu, Figlio
della Bella Sorte! Andartene per il mondo,
come un principe coraggioso e adorato, ma semplice;
corteggiato ma senza tenerci, preso sempre
da uno spirito di umiltà e di avventura.
FIGLIO
E invece scelgo di essere un piccolo borghese
coi suoi problemi morali irrisolti,
la sua prosa, la sua nobiltà
ridicola e senza qualità.
PADRE
Sì, ma hai quei capelli...
che sono una bandiera della giovinezza,
della giovinezza come l'ho descritta io — che tu
lo voglia o non lo voglia. Perché ce l'hai.
I] tuo corpo, vecchio in quanto bambino, è nuovo
a ogni contatto con la realtà, ir1 quanto giovane.
Le tue spalle sono forti, e la tua robustezza piena.
Come i forti, non hai il mito della forza,
============================================Page 683==================================================
Appendice ad «A//abu/uzi0m=» 569
anzi, la tua forza ti dà dolcezza.
Ah, aaaaaaaah,
Aiuto!
Mi riprende il male!
Dove vai, ragazzo, dove vai?
Aaaaaaaah, aiuto, come sto male!
Cos'è la tua forza,
dove ti porta, dove ti tiene! Aaaaaaaah!
FIGLIO
Non ricominciare con questo ricatto:
i tuoi occhi non sono quelli di un malato,
come non sono più quelli di un padre.
PADRE
Aaaaaaal'1, Dio mio,
grido così perché non so chi sei... in quei capelli...
— quella cascata d’oro di figlio che non se li cura,
0 gli basta appena ravvivarli con la mano,
perché il mistero risplenda, tranquillo, in ordine.
Non ti czmorco, pm; dalla cimola in giù.
Di questo non me ne hai mai parlato.
Tutto è lì. È lì che non capisco chi sei!
FIGLIO
La tua volontà è passare ogni limite.
Ma io non ti seguirò.
PADRE
Lasciami, lasciami passare ogni limite.
Ma io non ti seguirò.
Perché parlando ricorderò
ciò che ero quando ero roloñglzo.
Idiota che sono stato! Perché
non mi sono studiato meglio, perché
non ho custodito meglio la mia conoscenza di me figlio!
Come un senso inesauribile! Invece tutto se n'è andato
con lei, con la mia gioventù.
L'ho avuta, e l'averla avuta è averla perduta.
============================================Page 684==================================================
570 Appendice ad «A/fabuIazi0ne»
Perché l'ho avuta, allora?
Eccola qui, in te.
Come una cosa che non è appartenuta
a nessun altro, ma a te soltanto.
Un mistero unico nel creato,
davanti ai miei occhi.
E il non aver avuto giovinezza, cosa vuol dire?
Ah, è semplice: vuol dire essere rimasti bambini.
Così davanti alla tua gioventù,
carica di seme e di voglia di fecondare,
sei tu, il padre.
E io sono il bambino.
Un povero bambino mendicante,
che non sa cosa sia la giovinezza e i suoi amori,
perché deve ancora provarli,
ed è umiliato dalla propria infecondità,
dalla propria debolezza, come un escluso.
Sono ai piedi della tua giovinezza,
lo sai? E ne interrogo, da impotente, la potenza,
Ai piedi della tua giovinezza, là dov'è più giovinezza:
quel biondo terribile,
e il tuo corpo, dalla cintola in gzìì:
che tu non vuoi confidare.
È querto che un padre vuole ignorare delfiglio,
e per cui [0 odia: e io, invece, è per questo che li amo,
padre degenere! Abbi la pazienza che si ha coi bambini.
FIGLIO
Ma io non sono quello che tu credi.
Sono come te, papà,
anch’io un bambino.
Non me ne accorgo della mia giovinezza.
lo come te la escludo dai miei pensieri,
mi dà vergogna, non ne parlo. E credo di non averla.
============================================Page 685==================================================
/I[7[7L‘ìZl1l‘L`(' ad «/I/È/zu/dZ1m1c'» F7]
Non me la conosco, non la riconosco.
La vivo in sogno. Non mi vedo i capelli.
L'amore mi costa fatica,
ogni donna è una conquista che pare irrealizzabile
e umiliante: non mi dà mai coscienza dei miei diritti.
PADRE
Ah!
Allora... allora, tu, hai provato ad amare
senza essere amato! C'è dunque.,,
tutta una tua vita — ansiosa —, fatta per saziare
il tuo corpo dalla cintola in giù...
Lo ammetti! Ed è questo che io voglio sapere
per tornare indietro, essere te.
FIGLIO
Ma cosa, vuoi sapere...
PADRE
Oh, cosa... io... io... non lo sol
Ti maxturbi ancora?
FIGLIO
Me ne vado, lasciami andare, adesso,
ti prego, è meglio per te, lasciami andare,
PADRE
Quando hai cessato di masturbarti? Oppure,
violi ancora la tua purezza, solo con te...
FIGLIO
Basta!
PADRE
Scusami... Puoi dirmi allora,
quando sei stato l'ultima volta con una donna...
FIGLIO
Basta: non lo capisci che non parlerò mai
con te di questo?
PADRE
Dove, quando: cosa ti è costato ottenerlo.
Che azioni hai fatto, che pezzo di vita,
Sotto qualche sole misterioso per me,
============================================Page 686==================================================
$72 Appendice ad «A/}fabu[azxìmc»
forse ieri- 0 domenica — in un pezzo di vita,
che io vivevo senza pensarci- e tu, concreto,
col tuo corpo e la tua bocca, ti occupavi di questo.
E quel sole, quel giorno, quel vento,
quella realtà di vita, era in te mcscolara
a un'erezione, la cosa più importante del mondo,
da risolvere, lo so, magari a rischio di tutto:
la gola secca; l'ansia che soffoca; lo so, lo so,
ma non lo so in te, tu mi tradivi in quel momento.
Tradivi un padre che non poteva avere
tutta la necessaria immaginazione.
E chi era lei, lei,
che in quel momento che io non c`ero,
come fossi morto, aveva occhi per la tua came.
Il pudore è tutto.
Cosa si fa per violarlo!
Una cosa così naturale e comune a tutti,
eppure così sorprendente e inimmaginabile.
Dei calzoni sbottonati: i tuoi.
La verifica della regola comune in un caso
impossibile, assolutamente unico.
È questo che non so, come violi, quando violi,
il tuo pudore, che forma ha la violazione...
questa piccola cosa naturale, che fanno tutti,
così enorme, così rara, come la morte, che viene
um: volta mia.
È lì che tu, uomo come me, mi sfuggi:
fenomeno troppo naturale...
FIGLIO
Tutto questo non te lo dirò
perché non lo dico neanche a me stesso.
E quanto al pudore, sappi che è selvaggio
e che si difende anche uccidendo.
PADRE
Lo so, hai il mio coltello in saccoccia,
============================================Page 687==================================================
/l[Jp¢'mI1c<' ad «/l//ubu/uz1rmc'» $7}
moralista, piccolo moralista borghese,
mostriciattolo della controriforma e della mia
grande borghesia, meschino ricercatore di autenticità,
santo senza qualità, miserabile anima bella,
che non sa fare un volo,
ridotto alle piccole chiavate normali
di un impiegato di second'ordine,
quelli che nelle mie fabbriche
vengono coi vestiti acquistati nei magazzini,
puliti col sapone delle réclames della televisione,
che hanno paura di me, sudditi volgari e schifosi.
Tu sei così, anima miope,
coi suoi problemucci e i suoi rigori umilianti.
FIGLIO
Papà, sappi che io sono giunto al limite
della pazienza, là dove volevi farmi arrivare,
non parlare più.
PADRE
Ah, vorresti che tacessi, che non dicessi
l'ultima parola di chi non è riamato, eh, violento
come tutti i volgari, gli orgogliosi senza qualità,
gli inferiori servili — vorresti che tacessi,
ah no, no, è troppo bello vedere che pensi a ammazzare,
rivelando così quello che sei, anima rattrappita,
furente per le cose meschine, per gli ideali
di poco prezzo — ah no, non tacerò!
(1969)
============================================Page 688==================================================
www,scribd.c0n1/Culmm_in_I|a5
============================================Page 689==================================================
PORCILE
============================================Page 690==================================================
Personaggi
JU LIAN
IDA
PADRE
MADRE
HANS — GUENTHER
HERDHITZE
CLAUBERG (EX DING)
SERVO
SPINOZA
WOLFRAM
MARACCHIONE
============================================Page 691==================================================
I EPISODIO
JULIAN
(Fire/Jietla. )
IDA
Julian!
IULIAN
Arrivi col primo giorno di primavera, urrah.
E IO NON SO CHI SONO, U1‘1‘2I`1.
Parleremo come tra pazzi, urrah.
TU MI AMI E IO NON TI AMO, urrah.
Però se tu non mi amassi, mi dispererei.
Questa non è una primavera tranquilla.
La Renania è in fiamme, urrah.
Ehi, con ciò non voglio dir nulla:
nemmeno se tu anziché Ida ti chiamassi UIIa.
IDA
Sii serio.
julian, hai venticinque anni.
E questo primo giorno di primavera
è anche iI tuo compleanno.
Quanto a me, sono eroica, Io sai bene.
(Eroica come Io sono Ie donne rispetto agli uomini coIti.
Eroica come Ie donne mature rispetto ai bambini.
Eroica come Ie bambine rispetto ai cattivi padri.)
Io non ho venticinque anni ma diciassette:
i dati anagrafici contano, non è vero? Dunque...
JUL1AN
Eroica Ida!
Cosa vuoi che conti.
Ho venticinque anni? Non Io sapevo.
============================================Page 692==================================================
$78 P0m`[c·
Sapevo benissimo che tu ne avevi diciassette, invece,
Perché,. tutto ciò che succede a me è molto importante.
Quello che succede agli altri invece lo è poco.
Posso dirmi: «Ida ha diciassette anni» senza soffrire,
Soffro selvaggiamente, invece,
QUALSIASI COSA IO DICA DI ME.
IDA
Siamo due ricchi borghesi io e te, Julian.
Il destino che ci ha fatti incontrare non è bifronte.
Ci ha sorriso dentro di noi, con grande naturalezza.
E siamo infatti qui, ad analizzarci,
COME E NOSTRO PRIVILEGIO.
JULIAN
Non faccio commenti.
Parlare di me mi fa male.
IDA
Che specie di male?
JULIAN
Un male che non si può immaginare.
IDA
Sì, ma questo è il primo giorno di primavera,
il giorno del tuo compleanno, e...
il giorno della nostra spiegazione.
JULIAN
Che cose noiose.
Ho voglia di costruire un aquilone.
E andamiene dove Godesberg è più sola.
IDA
Ah, ah, ah, ah, ah, mi fai ridere.
Con questo colpo di tallone te la sei sempre cavata.
Fortunato Julian!
Lui ha sempre un desiderio prepotente e infantile
da esaudirsi! Ha sempre la sua riserva di felicità
e di libertà: pronte! Ha sempre la sua destinazione oscura!
Ma i miei diciassette anni sono quarantasette
(l'età inconfessata di tua madre). E so bene
============================================Page 693==================================================
Porri/c' $79
a cosa ti servono questi colpetti d'ala.
Ma oggi non me ne starò confusa e tremante
a ammirare la prospettiva, inaudita, interdetta,
del tuo correre con un aquilone verso Colonia,
Anzi, ti trattengo qui:
a parlare di noi.
]ULlAN
Se tu morissi, bella,
non mi chiederei nemmeno dove ti hanno messa sotto terra.
IDA
Tu però un giorno mi hai baciato. È vero o non è vero?
jULIAN
Mi gratto la testa.
IDA
Ma perché sei tanto infeIice...
se sei così leggero e alato?
E perché, se hai tanta grazia,
guardi le cose come un sensale guarda le bestie,
crudele e spensierato?
JULIAN
Non ti rispondo.
I0 non ho nulla a che fare con te, nulla:
neanche se tu anziché Ida ti chiamassi Ulla.
IDA
Ebbene, io fingerò di chiamarmi Ulla:
e tu, anziché Julian, ti chiamerai: «Adolf».
'IULIAN
Ulla e Adolf, urrah. E così?
IDA
Così ci straniamo.
Io, invece di avere diciassette anni,.. ne avrò diciotto!
Tu, invece di vcnticinquen. ventitré.
Non siamo in Renania... Ma... ma... in Italia!
Per esempio, in Sicilia. Tu non sei biondo come una scopa,
inumidita di sacra acqua tedesca
che uccide chi ti tocca.
============================================Page 694==================================================
SSO Porcilc
Scopa angelica, per oro e magrezza (amore mio).
Ma sei invece quadrato e tenero, coi capelli neri
(di un discendente di emiri), hai addirittura la pelle
verde per il pallore: ma un pallore sano. Sei sano,
]ulian, no, Adolf, anzi, Adolfo. Ma no, ti chiamerò
addirittura Salvatore, oppure Carmelo., se non Lucio,
Io sono una piccola siciliana bianca come un pesce,
già un po` grassa, ma preziosa per la sua verginità.
Anch’io niente Ulla, allora, ma Grazia oppure Maria.
Lucio e Maria sono insieme.
Ma non nel giardino su un lago opaco,
vagamente viola, con intorno un verde senza ombre.
Siamo invece sulle rive dello Jonio.
Dietro di noi c'è una valletta di mandorli,
ai nostri piedi scogli come troni rovesciati.
Come ti senti, così, in Sicilia, col nome di Lucio?
JULIAN
Meravigliosamente.
IDA
Non credi che Lucio bacerebbe Maria?
JULIAN
Credo che addirittura le monterebbe sopra.
IDA
Meravigliosamente.
JULIAN
Ma io sono Julianz e non voglio baciarti
né montarti sopra. Io non ti amo.
E straordinaria l’idea di essere Lucio.
Ma mio padre è un industriale renano
e tu sei una piccola bavarese, con poca classe
e molto eroismo.
Perché non ti prendi uno zaino, e facendo
l’autostop non discendi a Siracusa?
Gli italiani sono molto gentili.
IDA
E tu cosa farai senza di me?
============================================Page 695==================================================
Porcils 581
}uL|AN
Non te lo dico.
IDA
Soffrirai,
IULIAN
Un poco, molto poco, soffriròz infatti,
la mia corte mancherà di un personaggio centrale.
Male corti son cose senza importanza, voilà,
IDA
Come uomo per sesso e come Julian per censo,
tu non ti conosci: lo dici sempre. Non vorresti conoscerti?
IULIAN
Non lo vorrei.
IDA
Perché?
IULIAN
Sto bene come sto adesso:
è la prerogativa dell`ossesso.
IDA
In questo tempio di un nonno italianizzante
grande come un mir di mille anime,
e dove invece fu ospite un imperatore tutto solo,
tra affreschi monocromi color neve e chir1a gialla,
tu sei stato bambino: che cosa ti è successo...
IULIAN
Che cosa mi è successo".?
IDA
Che cosa ti è successo che ti ha lasciato per sempre
qui, bloccato e stupito?
JULIAN
Oh, in questa sconfinata villa italianizzante,
certamente un nulla .... Una foglia sperduta,
una porta cigolanten. un lontano grugnito.
II)A
Ma perché scherzi sempre tu, che sei così poco brillante?
============================================Page 696==================================================
$82 Porcile
JULIAN
Perché se tu mi vedessi un solo istante come sono in realtà
scapperesti terrorizzata a chiamare un dottore,
se non addirittura un'autoambulanza, urrah!
Entrano i genitori dijulian.
PADRE
Sempre dei segreti, fra voi due.
MADRE
Lasciali in pace, padre.
JULIAN
No, mamma, nessun segreto.
MADRE
Ma allora non vi fidanzate?
JULIAN
Neanche per idea.
PADRE
Questa è bella, ah, ah, ah!
MADRE
Davvero, Ida? Ancora no?
IDA
Abbiamo deciso invece di fare un viaggio:
andarcene in Sicilia.
PADRE
Ah, Taormina! Un paesaggio di sogno!
IDA
Cè stato, signor Klotz?
PADRE
Sì, piccola Ida, durante la guerra.
MADRE
Peccato che non vi siate ancora decisi;
il mio Julian ha bisogno di una compagna:
gentile, dolce, davvero innamorata.
IDA
E chi le dice che io sono innamorata?
============================================Page 697==================================================
Pnmle 583
PADRE
Sarebbe, in ogni caso, un bel matrimonio.
jULlAN
Tra il nostro patrimonio e il suo
diventerei certamente padrone
cli mezza Germania de].l’©vest:
lane, formaggi, birra e bottoni,
per non contare i cannoni.
IDA
Urral'1.
MADRE
Vedo ad ogni modo che andate d'accord0:
una meravigliosa complicità.
============================================Page 698==================================================
II EPISODIO
IDA
Vigliacco.
JULIAN
Bah, la mia principale qualità
è quella di restare inalienabile.
IDA
E allora inalienabile per inalienabile
perché non vieni con noi a Berlino,
per partecipare alla PRIMA E FORSE UNICA
marcia tedesca per la Pace?
IULIAN
Perché oggi, un giorno d`agosto del '(>7,
io non ho opinioni.
Ho tentato di averne, e ho fatto, in conseguenza,
il mio dovere. Così mi sono accorto
che anche come rivoluzionario ero conformista.
IDA
Ma il conformismo ti porterà altre preoccupazioni:
per esempio, occuparti delle industrie di tuo padre.
JULIAN
Sì: però, in compenso, mi protegge dal terrore.
IDA
Lo sai bene, quello che vuoi.
IULIAN
Anche tu.
IDA
Siamo ad agosto, i ragazzi di Berlino
perla prima volta si muovono. Per protesta,
============================================Page 699==================================================
Porn/0 $85
andranno a pisciare contro il Muro in diecimila.
E i comunisti, daII’aItra parte, staranno a guardare.,
jULIAN
Quella cosa che tu non hai...
IDA
Maio sono una bambina maschio:
e piscerò anch'io.
JULIAN
I0 invece ho un'aItra cosa da fare,
IDA
Che cosa?
JULIAN
Non te Io dico...
IDA
Ti prego, dimmelo.
IULIAN
No,
IDA
Dimmelol
JULIAN
No.
IDA
Voglio saperlo!
JULIAN
Invece non Io saprai mai.
IDA
Te ne prego!
IULIAN
E inutile.
IDA
Che cosa farai?
JULIAN
Oh Dio! Non te Io voglio dire.
IDA
Ma perché?
============================================Page 700==================================================
$86 Pamle
JULIAN
Non scherzi più?
IDA
Non ho mai schetzato.
JULIAN
Vuoi veramente sapere?
IDA
Sì, sì, sì, io voglio sapere!
JULIAN
Ti spuntano addirittura le lacrime?
IDA
Sì, sì, sì, mi spuntano le lacrime!
JULIAN
Sei una stupida.
IDA
Ma io non so mai quello che fai, quello che pensi,
quello che sei — mai, mai, mai!
'IULIAN
Adesso sei offesa perché non vengo a Berlino
a fare il buffone con dei cartelli
che oppongono terrorismo di giovani borghesi
a terrorismo di vecchi borghesi?
Mi sentirei fuori posto, avrei uno sguardo... straniato.
Niente di ciò che è di tutti è mio.
IDA
Io so solo che, a proposito della nostra marcia su Berlino,
sei uno schifoso individualista!
JULIAN
Sì, infatti, in parte, grugnisco, come mio padre:
ma non ti do il diritto di dirlo.
IDA
Invece parlo: tu stai dalla parte del tuo papà:
e chi vuole il nulla, come te, vuole il potere.
IULIAN
Anche tuo papà ha il potere.
============================================Page 701==================================================
Pom`]? 587
IDA
Ma se tu fossi negro io ti amerei lo stesso.
IULIAN
Mi gratto la testa, Tutto questo non mi interessa.
Le mie cinquanta parti conformiste sono annoiate.
Le mie cinquanta parti rivoluzionarie sono sospese.
L`insieme, vuole stare fermo a g0dcrsi...
IDA
Che cosa?
IULIAN
Ripetizioni infinite di una sola cosa.
IDA
E QUALE?
]ULlAN
Quello che dicevo prima...
quello che farò mentre tu e i tuoi compagni
starete pisciando contro il Muro di Berlino,
sotto cartelli cretinamente puritani.
IDA
Se tu mi dici che cosa farai... mentre
tutti i tuoi coetanei, quelli che sono i migliori
della nostra Nazione, manifesteranno per LA PRIMA
io sarò più eroica del mio eroismo, Julian: [VOLTA,
li tradirò, e resterò qui con te.
JULIAN
Anche se tu tradissi non solo i tuoi compagni,
ma te stessa e la verità,
non saprai mai quello che farò.
IDA
Che diritto hai di non dirmelo?
JULIAN
Ne ho diritto e basta.
IDA
E a che cosa credi che ti servirà?
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588 Pomle
JULIAN
Sc non altro a farti piangere e soffrire, trallailà.
IDA
E io puntualmente piangerò e soffrirò, trallallà.
JULIAN
Un nuIIa... una foglia sperduta.,
una porta cig0Iante... un grugnit0...
IDA
Che cosa vuoi dire?
IULIAN
Andiamo, non piangere, noiosa. Ma sì,
verrò a pisciare con voi contro il Muro di Berlino.
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III EPISODIO
PADRE
Ho sentito che nostro figlio aveva intenzione
di andare a Berlino, con quegli studenti comunisti.
MADRE
No, poi non c`è più stato.
PADRE
Ma come gli è venuta una simile idea?
MADRE
Ida.
PADRE
Ma Ida ha diciassette armi.
MADRE
Già. E]ulian ne ha venticinque:
ed è lì che aspetta.
PADRE
E con me 0 è contro di me?
MADRE
E chi lo sa?
PADRE
I tempi di Grosz e di Brecht non sono affatto passati.
E io avrei potuto benissimo essere disegnato da Grosz
sotto forma di un grosso maiale, e tu di una grossa
maiala: a tavola, naturalmente, io col culo
di una segretaria sulle ginocchia, e tu
con l’affare dell’autista in mano.
E Brecht potrebbe benissimo, buonanima, farci fare
la parte dei cattivi in una pièce dove i poveri sono buoni.
E allora? Julian?
Cosa aspètta a ingrassare come un maiale?
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590 Porczlv
Cosa aspetta a fare regali ai poveri
facendo con loro un bel balletto tirolese?
Oppure... cosa aspetta a dare del maiale a me?
MADRE
E a me della maiala?
PADRE
Vediamo un po'! Io e te siamo alleati:
tu madre-padre, io padre—madre.
La tenerezza e la durezza
sono intorno a lui da tutte le parti.
Forse abbiamo sbagliato noi?
Forse tu dovevi essere tutta madre e tenerezza,
e io tutto padre e durezza?
Ma non è colpa mia se io ho letto i classici e tu no.
Se tu sei un dragone prussiano e io un po' gentildonna.
Che complicati scambi di parti!
Ma la Germania di Bonn, accidenti,
non è mica la Germania di Hitler!
La tenerezza e la durezza vi sono mescolate.
Si fabbricano lane, formaggi, birra e bottoni
(quella dei cannoni è un`industria d’esportazione),
Del resto poi, si sa, anche Hitler era un po` femmina,
ma, c0m’è noto, era una femmina assassina: la nostra
tradizione è dunque decisamente migliorata.
Io sono madre, sì, ma affettuosa. E dunque?
La madre assassina, lei, ha avuto figli obbedienti
con gli occhi azzurri pieni di tanto disperato amore!
Mentre io, io, madre affettuosa, ho questo figlio
che non è né ubbidiente né disubbidiente?
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IV EPISODIO
IDA
Allora, l'hai fatta quella cora,
mentre io ero a Berlino?
JULIAN
Sai, Ida... Posso farti una proposta?
IDA
Che occhi strani... Sembrano i miei!
Una proposta? Oh sì, fammela, Julian!
JULIAN
Voglio darti un bacio.
IDA
Un bacio? Oh, Julian, tu non sai quanto questo
mi riempia di gioia, ballerei, canterei, salterei,
come una cagnetta, battendo le mani. Julian
vuole baciarmi! Julian vuole baciarmi!
E una gioia più bella del sole e delle stelle!
A chi devo dirlo? Con chi devo sfogarmi?
Chi devo ringraziare, piangendo e ridendo?
Eppure, Julian, non mi lascerò baciare da te.
JULIAN
Ah. Com’è andata a Berlino?
IDA
A Berlino è andata bene.
JULIAN
Cosa portava scritto il tuo cartello?
IDA
Oh, niente di speciale: «Abbass0 Dio>>.
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592 Pom/e
]ULIAN
E com'erano gli altri?
IDA
Gli a.ltri... erano simpatici... carini...
coraggiosi. Non era chiaro perché fossero lì.
Pareva che si fossero messi tutti d’accord0
su come... essere. Erano tutti uguali, come soldati
indisciplinatiu. La loro disciplina era un dovere
senza regole, e forse... forse anche un po' ricattatoria,
per via della loro gioventù... Eccetera,
eccetera: ma a te cosa importa tutto ciò?
JULIAN
Ma a te però importa m0lt0...
IDA
Non lo so.
]ULIAN
Bene. Dunque, il nostro bacio.
Ida, perché non vuoi che ti baci?...
IDA
Eh, julian, hola mia dignità!
IULIAN
Quale dignità (trallallà)?
IDA
Non di donna, non di 1·agazza...
ma della mia libertà (trallallà).
'IULIAN
Ma tu sei libera, se mi ami?
IDA
Sono libera di non farmi baciare
(soffrendo orrendamente, trallallà).
]ULIAN
Ida, pietà!
IDA
No.
JULIAN
A nessun patto?
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Pomlc S9}
IDA
Mi lascerò baciare, se tu mi c0nfesserai...
'[ULIAN
La verità, vuoi dire,
gu ciò che ho fatto mentre tu...
IDA
Sì, su ciò che hai fatto mentre io ero a Berlino...
jULIAN
È ciò che faccio sempre,
quando son solo: e tu credi
che voli con gli aquiloni
sopra i tetti di Godesberg.
IDA
E di che cosa si tratta?
JULIAN
Ho venticinque anni e cinque mesi, Ida,
e lo sai? Non ho mai baciato una d0nna...
IDA
Eh? Questa è grossall Con tutto il mio pacifismo
ela mia polemica contro la Germania ricca,
con tutto i.l mio anticlericalismo e con tutto
ilmio culto per il libero amore, e con tutto
ciò che mi unisce a centinaia di migliaia
dei giovani più progressivi del mondo, Julian,
lascia che mi scandalizzi, e forse anche che rida!
IULIAN
Ridere: è proprio questo che devi fare.
Ed è per questo che io vorrei essere un SS
e massacrarti con il mio segreto.
IDA
Avanti, baciami.
JUi.1AN
Ormai no.
IDA
E perché no? Mi arrendo, vedi (trallallera).
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$94 Pnm/e
JULIAN
La voglia di baciarti, come vedi,
mi ha fatto venir voglia di ammazzarti (trallallà).
IDA
Credi che anche a questo non sarei disposta?
JULIAN
Lo chiedi a me?
IDA
Io ormai lo so.
JULIAN
Non ti bacerò e non ti ammazzerò,
perché io am0...
IDA
cm?
]ULIAN
Non c’è un "CHI'), c'è soltanto il mio amore.
Cara cavia, sei libera.
L’ultimo, infame esperimento è fatto.
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V EPISODIO
MADRE
Eccolo qui, come Cristo in croce.
IDA
Non ci riconosce?
MADRE
Chi lo sa, nessuno lo sa.
IDA
Non guarda?
MADRE
Guarda sempre nel vuoto, in alto.
IDA
E non si muove?
MADRE
No, non si sposta di un solo centimetro:
sta così, disteso sull’attenti, da questo agosto,
col mento tirato, guardando in alto. Vedi
i suoi pugni? Sono così, chiusi, da quella volta.
IDA
Ma ci ascolta?
MADRE
Figlia mia! Se non so se vede, non so neanche
se ascolta. Quanto ho pianto e gridato
alle sue orecchie! Da resuscitare un morto!
IDA
Me ne sono andata da Godesberg questo agosto,
perché mi ha detto che era innamorato.,
ma non di me.
MADRE
Lo sappiamo... Povera Ida.
Com’è stato il viaggio in Italia?
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5% Pvrczlc
IDA
Meraviglioso.
MADRE
Noi adoriamo l'Italia.
Se avessimo vinto la guerra
ci saremmo presi una villa, laggiù, a Siracusa.
Bene, Ida. Ma di CHI è innamorato il poverojulian?
IDA
Non lo so: non ha voluto dirmelo.
MADRE
E per quale ragione?
IDA
Non lo so! Non lo so! Se l`avesse detto
non sarebbe così, tutto andrebbe secondo le regole:
bastava solo NOMINARE... ciò che egli ama
e tutto sarebbe felicemente o infelicemente risolto.
MADRE
Perché dici "ciò” e non “donna"?
IDA
Perché tutto quanto io so di quell'essere è solo che è.
MADRE
Ma allora CHI ama questo mio povero figlio?
IDA
E soprattutto perché egli non ne dice il nome?
Se ne vergogna? Ha paura? Non può?
MADRE
Ida, te lo posso dire... Suo padre
ha incaricato un detective (poiché questo è un giallo)
di indagare a Heidelberg, e dovunque Julian è stato.
IDA
Ebbene?
MADRE
Niente. Non ha avuto rapporti con nessuna raga
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