Uploaded by Mario Biorri

Manuale di psicologia dei consumi

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Manuale di psicologia dei consumi
Individuo, società, comunicazione.
Nadia Olivero, Vincenzo Russo
PARTE 1 – IL CONSUMATORE COME INDIVIDUO
CAPITOLO 1 – Il consumatore come decision maker
INTRODUZIONE
L’acquisto di un prodotto è il risultato di una presa di decisione volta a risolvere un problema. La presa di
decisione implica pertanto l’identificazione di un problema da risolversi attraverso tre fasi: (1) la ricerca di
informazioni sui modelli disponibili e sui relativi prezzi, (2) la valutazione delle informazioni raccolte e il
confronto fra le diverse opzioni possibili per poi giungere (3) alla scelta del prodotto da acquistare. Quali
variabili o persone influiscono sulla durata e sull’esito delle fasi di cui sopra? La psicologia può aiutare il
marketing a rispondere a queste domande. Per l’acquisto di un televisore o di un altro prodotto di un certo
valore la scelta finale è quasi sempre preceduta da una fase più o meno lunga di ricerca di informazioni e da
un confronto fra le diverse opzioni, mentre per altri prodotti più economici la scelta può risultare da una
valutazione sommaria o addirittura costituire un comportamento d’impulso. Talvolta le scelte impulsive
riguardano tuttavia anche prodotti costosi, che ci colpiscono sul piano emozionale e che scegliamo
indipendentemente da una valutazione attenta delle loro caratteristiche funzionali. La natura del processo
decisionale può variare anche in base alle caratteristiche personali del decisore in particolare in base al suo
livello di coinvolgimento. In una ricerca realizzata per una nota marca di televisori emergeva una differenza
significativa nella durata delle fasi del processo decisionale a seconda del genere sessuale. I maschi
dedicavano molto più tempo alla ricerca di informazioni e al confronto dei diversi modelli di televisori. La
durata della fase di “esplorazione” delle diverse opzioni sembrava essere determinata da un maggiore
coinvolgimento degli uomini nei confronti delle specifiche tecnologiche su cui poteva basarsi il confronto.
Molte persone visitano i negozi prima ancora di aver preso la decisione finale di sostituire, ad es, il
televisore. In questa fase il consumatore trae gratificazione dall’esperienza di esplorazione e
dall’esposizione all’innovazione tecnologica. Tale gratificazione pare mediare la raccolta di informazioni,
ovvero queste ultime sono immagazzinate perche l’attenzione è attirata dalla tecnologia, dal design
innovativo, da immagini colorate e vivide. In questa fase, il consumatore si trova ancora in una condizione
di relativamente basso coinvolgimento nel senso che non si osserva una ricerca attiva di informazioni
tecniche, quanto piuttosto un comportamento orientato alla gratificazione esperienziale. In questa fase
sarà inizialmente attratto dai prodotti più “seducenti”, ovvero dalle offerte più innovative o stimolanti da
un punto di vista estetico, e solo successivamente inizierà a raccogliere prezzi e informazioni tecniche. La
fase dell’esplorazione può durare anche mesi e si conclude con la decisione di acquistare un televisore di
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una certa grandezza e all’interno di una data fascia di prezzo. Il design, sulla base della nostra ricerca,
sembra essere importante allo stesso modo per gli uomini e per le donne, anche se queste ultime dedicano
mento tempo alla raccolta personale di informazioni tecniche affidandosi ai consigli del partner, di amici e
del commesso del negozio. Sebbene il processo decisionale sembri essere orientato a operare una scelta
razionale, basata sulla valutazione oggettiva delle caratteristiche dei prodotti e finalizzata ad elaborare un
ordinamento di preferenze, in realtà la complessità e la numerosità delle alternative rendono questo
obiettivo praticamente irraggiungibile.
IL PRINCIPIO DELLA RAZIONALITÀ LIMITATA
La razionalità della decisione è un argomento ampiamente dibattuto in diversi ambiti disciplinari. Se
tradizionalmente la psicologia ha messo in evidenza la componente irrazionale della scelta, l’economia, al
contrario, si è attribuita il compito di individuare le regole del comportamento razionale, ovvero di
prescrivere come operare ai fini della massimizzazione dell’utile. Decidere secondo i principi di coerenza e
di massimizzazione richiede tuttavia di disporre di (1) tutte le informazioni necessarie, (2) capacità
cognitiva di calcolo, (3) tempo.
Con la Teoria della Razionalità Limitata Simon (1981) critica il modello dell’azione razionale, secondo cui a
partire da un certo fine l’attore elabora tutta la serie di possibili azioni alternative, è in grado di prevederne
i relativi esiti, di associarvi un valore soggettivo di utilità e di scegliere di conseguenza l’alternativa a cui fa
corrispondere il valore di massima utilità. Simon fa notare che il modello dell’azione razionale mal si adatta
a descrivere azione e decisione delle persone in condizioni normali. Per poter generare tutte le azioni
alternative sarebbe infatti necessario disporre di molte più informazioni di quanto si usualmente possibile,
e, ammesso che tali opzioni siano accessibili al decisore, la capacità di previsione dell’out put di ciascuna di
esse e la relativa valutazione in termini di utilità richiederebbero facoltà intellettuali impensabili per un
essere umano. La teoria della razionalità limitata di Simon svolge un ruolo importante nel fornire un
modello cognitivo e dinamico alla ricerca sui processi decisionali e alle sue applicazioni di marketing. Il
consumatore si rappresenta nella sua semplicità cognitiva rispetto alla complessità ambientale, alla quale
cercherà di porre rimedio adottando strategie di semplificazione e adeguandosi a soluzioni non
massimizzanti, ma semplicemente soddisfacenti. Secondo questa prospettiva, il comportamento del
consumatore non è dato da caratteristiche personali né tanto meno risulta essere totalmente eterodiretto
dall’ambiente, quanto piuttosto appare forgiarsi di volta n volta nell’interazione fra la persona e le mutevoli
variabili ambientali. Adattando il modello generale di Comportamento Motivato di March e Simon (1993)
alla fattispecie del consumo, si evidenzia che il comportamento del consumatore si esprime a partire da
uno stato di insoddisfazione. L’insoddisfazione stimola la ricerca di prodotti alternativi in grado di
soddisfare una certa attesa in termini di prestazione o immagine, la quale a sua volta cambia al variare
dell’offerta ambientale attraverso la regolazione del livello di aspirazione. Si tratta di un modello che tende
all’equilibrio, almeno temporaneo, grazie a procedure di adattamento costante alle contingenze
dell’offerta. La prospettiva della razionalità limitata nell’evidenziare la semplicità della mente umana mette
anche in risalto la capacità adattiva della stessa. Di fronte alla complessità del problem solving, il
comportamento del consumatore dipenderà da come egli si rappresenta la situazione. A seconda del
compito che ritiene di dover eseguire e dalle circostanze ambientali in cui ritiene di trovarsi sceglierà e si
comporterà di conseguenza. (Vedi nei cap. successivi la dottrina delle euristiche, esse illustrano i
meccanismi di semplificazione cognitiva con cui la nostra mente giunge ad attribuzioni di significato).
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La teoria della razionalità limita suggerisce inoltre che l’azione può essere diretta da due diversi tipi di
logiche: una logica delle conseguenze e una logica di appropriatezza. Sebbene il consumatore sia orientato
a valutare le conseguenze delle scelte e a scegliere in base alla preferenza personale nei confronti di
queste, molto frequentemente la valutazione delle conseguenze risulta essere impossibile o troppo
onerosa. La logica di appropriatezza è il principio che meglio si adatta alla condizione di incertezza in cui si
compie la scelta. Il consumatore, di fronte a più opzioni, sceglierà quella che appare più appropriata
rispetto a uno standard e non quella “migliore di tutte”.
LE FASI DEL PROCESSO DECISIONALE
Identificazione del problema
Come abbiamo visto, la presa di decisione si realizza attraverso una sequenza di fasi a partire
dall’identificazione di un problema fino alla ricerca di una soluzione. Il problema emerge non appena il
consumatore percepisce una differenza fra la condizione attuale e una condizione potenziale migliore. Tale
percezione lo induce a ricercare la soluzione del problema che, in alte parole, corrisponde all’identificazione
del prodotto o servizio in grado consentire il raggiungimento della condizione potenziale. L’identificazione
del problema risulta pertanto essere associata all’emergere di un bisogno, il quale a sua volta può essere
stimolato dalle strategie di marketing attraverso la comunicazione pubblicitaria. A questo riguardo
Solomon (2002) ricorda che le strategie di marketing possono essere indirizzate a stimolare una domanda
primaria quando il prodotto da promuovere è nuovo o non sufficientemente conosciuto e quindi non
ancora identificabile come oggetto di desiderio da parte di consumatorio. Oppure, come accade più spesso,
possono essere orientate allo sviluppo di una domanda secondaria, ovvero il desiderio di un prodotto
specifico di una data marca. Stimolare da domanda primaria implica favorire la consapevolezza
dell’esistenza di un prodotto ed enfatizzare i vantaggi che potrebbe portare al consumatore. Per
raggiungere questo obiettivo, la comunicazione può seguire essenzialmente due strategie: (1) l’enfasi sui
limiti della condizione attuale, e (2) l’enfasi sui vantaggi delle nuove opportunità. Tipici esempi di
promozione della domanda primaria sono le pubblicità sociali rivolte a incoraggiare consumi funzionali alla
salute e sa scoraggiare comportamenti rischiosi ( per esempio promuovere il consumo di frutta e verdura,
oppure l’uso del preservativo). Al contrario, per stimolare la domanda per un prodotto di una specifica
marca, la comunicazione deve essere orientata a specificarne le caratteristiche distintive, evidenziandone le
qualità e offrendo una reason why affinché essere vengano preferite e scelte, (Dash, più bianco non si può).
LA RICERCA DELL ’INFORMAZIONE
Come già detto, l’identificazione del problema dà avvio a un processo decisionale che mira a trovare una
soluzione. La soluzione, ovvero la scelta di un prodotto specifico e il conseguente comportamento di
acquisto e di consumo, è preceduta da una attività di ricerca dell’informazione il cui orientamento razionale
e la durato sono estremamente variabili. Se possiamo concludere che la scelta non p mai perfettamente
razione. Occorre tuttavia notare che alcuni processi decisionale si caratterizzano per un orientamento
maggiore alla razionalità rispetto ad altri. A questo riguardo occorre infatti distinguere gli acquisti pianificati
e consapevoli dagli acquisti di impulso, che non essendo programmati non risultano da un precedente
ricerca di informazioni.
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Acquisto pianificato
Gli acquisti pianificati sono quelli che risultano da un processo decisionale di una certa durata e, a loro
volta, si possono distinguere in acquisti che richiedono una soluzione di problemi estensiva e acquisti
caratterizzati da un problem-solving limitato. Il problem solving è estensivo quando il consumatore si
impegna a ricercare molte informazioni prima di procedere all’acquisto e questo avviene quando la scelta
implica un certo grado di rischio percepito. La teoria della dissonanza cognitiva (Festinger, 1957) ha
spiegato l’effetto dell’incertezza nella scelta fra più opzioni come una condizione di disequilibrio che
necessita di essere risolta attraverso l’accumulo di informazioni coerenti con la scelta fatta. Secondo
Festinger, quando il decisore si trova di fronte a più opzioni tutte ugualmente desiderabili ed è costretto
operare una scelta fra di esse, esperisce una condizione di frustrazione causata dalla rinuncia ad una delle
alternative. Tale condizione si accomuna alla percezione di rischio, che può essere associata alla scelta in
situazioni di alto coinvolgimento, ovvero quando la scelta è considerata importante, implica un certo costa
da sopportare e spinge pertanto il consumatore a una ricerca attiva di informazioni. L’acquisto pianificato
può comunque essere caratterizzato da un basso coinvolgimento se il prodotto è di consumo abituale e
non implica un investimento particolare o la percezione di rischio, ad esempio la spesa settimanale.
Acquisto di impulso
L’acquisto di impulso, o acquisto non pianificato, costituisce più del 50% delle vendite all’interno di un
supermercato e per alcuni prodotti è addirittura la forma più usale di acquisto. Secondo la definizione di
Rook (1987), esso è causato da una forte spinta a entrare in possesso di un oggetto indipendentemente
dalla valutazione di alternative o dalle sue conseguenze. A differenza degli acquisti pianificati, l’acquisto di
impulso risponde a un bisogno percepito nell’immediato e che può essere favorito da stimolazioni
esperenziali che coinvolgono le emozioni più che complessi processi di elaborazione cognitiva. Le
caratteristiche di (1) non intenzionalità e (2) immediatezza sono state osservate come tratti distintivi di
tutti gli acquisti di impulso e hanno aperto la strada allo studio delle strategie che possono influire
sull’attenzione del consumatore all’interno di un punto vendita. Le regole generali per attirare l’attenzione
del consumatore si declinano in termini di: (1) visibilità, (2) convenienza e (3) gratificazione. La visibilità si
concretizza soprattutto nella visibilità a scaffale all’interno dei supermercati; a questo riguardo emerge
l’importanza dello studio del packaging del prodotto che, oltre a risaltare, deve essere attraente e adatto al
tipo di prodotto. La visibilità può essere perseguita anche attraverso l’utilizzo di spazi dedicati, chiamati
normalmente corner o isole. L’utilizzo di tali spazi, o delle cosiddette “testate di gondola”, ovvero degli
spazi espositivi situati all’estremità della corsia di vendita. Si è rivelato particolarmente strategico per
aumentare la visibilità del prodotto. La percezione di convenienza favorisce l’acquisto di impulso perché
rappresenta una motivazione razionale e immediata per giustificare l’acquisto. Secondo Rook e Fisher
(1995), il passaggio dalla spinta a comprare all’effettivo acquisto si realizza attraverso una valutazione di
adeguatezza rispetto al budget e rispetto alle aspettative sociali. La componente “razionale” distingue
infatti l’acquisto di impulso dall’acquisto compulsivo, il quale sfugge all’esercizio di qualsiasi controllo e
assume pertanto un’accezione patologica. Per attirare l’attenzione del consumatore ad essere soggetto ad
acquisto di impulso,, il prodotto deve stimolare emozionalmente il consumatore favorendo emozioni
positive. Secondo l’approccio economico, nell’acquisto di impulso il compratore dà un peso maggiore al
valore della gratificazione immediata e prende meno in considerazione il futuro, tuttavia al momento
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dell’esborso del denaro il consumatore riacquista la corretta percezione della realtà e ciò provoca il
rimpianto dell’acquisto.
Ricerche empiriche che hanno valutato l’impatto di diverse variabili sono giunte alla conclusione che la
tipologia del prodotto insieme al grado di coinvolgimento sembrano avere sull’acquisto di impulso una
maggiore forza predittiva rispetto alla predisposizione individuale (Reynolds, Weun e Beatty, 2003). A
questo riguardo occorre distinguere fra acquisto d’impulso in seguito al ricordo, nel caso in cui il
consumatore si ricorda di avere il bisogno di un certo prodotto dopo averlo visto nel negozio, e acquisto
d’impulso puro, che fa riferimento all’acquisto di un prodotto nuovo o comunque non previsto. Il vero
acquisto di impulso appartiene a questa seconda tipologia. Oltre alla visibilità e alla convenienza, un altro
fattore di grande importanza nell’acquisto di impulso è la gratificazione. Dittmar et al. (1996) hanno
misurato la tendenza all’acquisto di impulso per diverse categorie di prodotti durevoli mettendo in
evidenza che esistono anche differenze di genere nella scelta impulsiva di determinati prodotti. I risultati
dello studio empirico condotto attraverso interviste qualitative a studenti dell’University of Sussex
dimostrano che alcune categorie di prodotti sono più soggette all’acquisto di impulso di altre. La maggior
parte dei prodotti selezionati come soggetti all’acquisto di impulso erano oggetti musicali, seguiti
dall’abbigliamento e da oggetti di moda, riviste, prodotti per il corpo, bigiotteria e gioielli. I prodotti che
invece non sembravano essere oggetto di acquisto di impulso erano soprattutto gli articoli di arredamento
e auto. I prodotti indicati come soggetti all’acquisto di impulso apparivano tutti adatti a svolgere funzioni
per la presentazione e l’espressione del self o per il miglioramento dell’umore. Sebbene questo sembrasse
valere per entrambi i sessi, le femmine apparivano maggiormente soggette all’acquisto di impulso. Le
donne attraverso gli acquisti impulsivi esprimono una preoccupazione maggiore nei confronti del proprio
aspetto fisico, mentre gli uomini sembrano essere istintivamente attratti da prodotti per il proprio
intrattenimento. Seguendo la letteratura clinica che ha dimostrato la relazione significativa fra
inadeguatezza del self e shopping compulsivo, questi risultati suggeriscono che la discrepanza fra il self
reale e il self ideale influisce sull’acquisto di impulso. In particolare:
1. Le donne sembrano più soggette a un senso di inadeguatezza del self e ricorrono allo shopping a
fini compensatori più degli uomini
2. Il tipo di prodotti acquistati impulsivamente, ovvero senza la mediazione di un controllo razionale,
esprime meglio di altri le dimensioni identitarie su cui ci si sente carenti e a cui si attribuisce
maggiore importanza nell’espressione del self
Ricerca di informazioni nell’acquisto non d’impulso
In base a quanto detto fin ora, possiamo dire che l’acquisto di impulso riguarda tutti i tipi di acquisto tranne
l’acquisto di impulso puro. Occorre distinguere fra la raccolta attiva e la raccolta passiva di informazioni. Il
primo caso corrisponde alla situazione in cui il consumatore và alla ricerca deliberata di informazioni che
possano consentirgli una scelta migliore, mentre nel secondo il consumatore raccoglie informazioni per il
solo fatto di essere esposto a comunicazioni pubblicitarie e perché entra a contatto con il prodotto sia nei
punti vendita che nel quotidiano d’uso da parte di amici e familiari. Concentrandosi sul caso della raccolta
attiva di informazioni, l’evidenza empirica suggerisce che la raccolta di informazioni aumenta quando il
consumatore:
1. Ritiene l’acquisto importante
2. Considera necessario raccogliere più informazioni
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3. Ritiene che le informazioni raccolte siano facilmente interpretabili e utili alla scelta finale
Oltre a distinguere fra raccolta attiva e passiva, la teoria del dicision making mette a confronto ricerca
interna e ricerca esterna. La prima corrisponde al ricorso ad informazioni già accumulate, già presenti nella
memoria e che devono essere attivate ad hoc di fronte al nuovo problema da risolvere. La ricerca esterna
corrisponde invece alla ricerca ulteriore di informazioni presso fonti esterne e implica la visita a negozi, la
consultazione di mezzi di informazione come stampa e internet e il consulto con altri consumatori. Punj e
Staelin (1983) affermano che la partenza da una condizione di minore conoscenza nei confronti del
prodotto porta ad un processo di decision making più accurato e più efficace. Al risparmio economico si
associa inoltre un maggior grado di soddisfazione nei confronti dell’esperienza di acquisto. La quantità di
tempo e di energia dedicata alla ricerca attiva ed esterna di informazione, oltre ad essere condizionata dalla
conoscenza pregressa è fortemente influenzata dal tipo di coinvolgimento nei confronti del prodotto.
BOX pag. 15 – Rammarico successivo all’acquisto
Il rammarico può essere definito “un’emozione negativa, cognitivamente determinata, che noi proviamo
quando scopriamo o immaginiamo che la nostra situazione presente sarebbe stata migliore se noi avessimo
agito in un modo diverso” (Zeelenberg, 1999). Con riferimento specifico alle scelte di consumo, si può dire
che il rammarico deriva dal fatto che la persona si rende conto che i risultati ottenuti con la propria scelta
sono inferiori a quelli che avrebbe ottenuto facendo una scelta diversa. Tale consapevolezza può derivare
sia da informazioni che il consumatore acquisisce dopo l’acquisto, sia dal suo immaginare le conseguenze
diverse e migliori che si sarebbero prodotte se avesse acquistato un prodotto diverso da quello che ha
effettivamente scelto. L’esperienza del rammarico dopo un acquisto è più probabile:



Quando si acquista un prodotto di marca diversa da quella abituale
Quando si acquista affrettatamente qualcosa che si poteva evitare di comprare
Quando si scopre che lo stesso prodotto poteva essere acquistato ad un prezzo più basso in un
altro punto vendita o in un momento diverso
L’esperienza di rammarico risulta, inoltre, mediata dalla responsabilità personale: quanto più ci si sente
responsabili tanto più si prova rammarico.
DECISIONE E PERCEZIONE DEL RISCHIO
La percezione del rischio condiziona il processo decisionale volto alla scelta del prodotto, per cui a una
maggiore percezione del rischio dovrebbe corrispondere una ricerca più estensiva di informazioni. Solomon
(2002) identifica 5 tipologie di rischio:
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4.
5.
Rischio monetario
Rischio funzionale
Rischio fisico
Rischio sociale
Rischio psicologico
Ciascuna di queste tipologie di rischio influisce sulla ricerca di informazioni n base alla relativa
preoccupazione che suscita nel consumatore con riferimento a determinati prodotti. Come indicato nella
tabella 1.2 a pag. 17, alcuni consumatori possono essere più vulnerabili a determinati rischi: gli anziani, per
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es. sono più preoccupati ai rischi relativi alla loro salute e quindi aumentano la ricerca di informazioni
quando acquistano alimentari e medicinali.
Per quanto riguarda il rischio monetario, questo si riferisce al rischio di un esborso monetario superiore
all’effettivo valore del prodotto. Il rischio funzionale dipende molto dall’uso che se ne deve fare del
prodotto. Per esempio, dovendo acquistare un paio di calze da indossare in una serata importante si
penserà con preoccupazione alla possibilità che possano smagliarsi e, indipendentemente dal costo, la
performance del prodotto costituirà un rischio. Per quanto riguarda il rischio fisico, le persone più deboli
come gli anziani e gli ammalati, o anche i genitori che acquistano per i propri figli, rappresentano i gruppi
più preoccupati. I prodotti che sollevano maggiori preoccupazioni sono i prodotti alimentari, i farmaci, gli
elettrodomestici che possono essere causa di incedenti domestici e tutti i consumi che espongono a un
potenziale rischio per la salute. Sono invece portatori di rischio sociale i consumi che possono essere
oggetto di valutazione da parte di terzi e divenire uno strumento per la formazione di opinioni, per la
differenziazione sociale e per l’appartenenza o l’esclusione di gruppo. I consumatori che sono
maggiormente esposti al rischio sociale sono tutti coloro che danno importanza alla propria immagine
pubblica, che sono preoccupati della costruzione sociale della propria identità, che sentono il bisogno di
esprimere uno status e differenziarsi o di aderire a certi stili di vita al fine dell’appartenenza ad un gruppo di
riferimento ideale. I consumi più soggetti al rischio sociale sono i capi di abbigliamento e tutti i prodotti
come l’automobile e la casa, che sono normalmente utilizzati al fine della differenziazione di status. Il
rischio psicologico riguarda i consumi che possono influire negativamente sull’autostima individuale e che
possono generare sensi di colpa. Si pensi all’acquisto del Viagra, o di una crema anticellulite o agli acquisti
di prodotti eccessivamente cari per le proprie tasche o ancora consumi che riflettono debolezza e
dipendenza come il fumo o i dolci per chi dovrebbe essere a dieta. I consumatori possono mettere in atto
una serie di espedienti antirischio volti a ridurre l’incertezza e a proteggersi del rischio della perdita.
Secondo Greatorex e Mitchell (1994) i consumatori ricorrono a:
1.
2.
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4.
5.
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7.
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Prove e dimostrazioni
Lettura delle istruzione e delle etichette
Lettura della stampa specializzata
Scelta della marca più economica
Scelta della marca più nota
Valutazione dell’immagine del negozio
Preferenza per le soluzioni con garanzia soddisfatti o rimborsati
Confronto fra più negozi e rivenditori
Fedeltà alla marca
Scelta della marca più cara
Fiducia nel testimone
Consigli di amici e familiari
Offerte speciali e promozioni
Consigli dell’addetto alle vendite
FIDUCIA E AMBIVALENZA DI FIDUCIA
Fiducia e percezione di affidabilità sembrano essere gli attributi più significativi nella spiegazione della
relazione che i consumatori instaurano con le marche. I rischi che sono impliciti nell’acquisto dopendono
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dall’eventualità che le aspettative sulla qualità e sulla performance del prodotto non siano soddisfatte. Tali
aspettative risultano da una promessa di risultato che è fatta dall’offerta e richiedono pertanto fiducia nel
brand affinché possano essere positive e consentire la scelta del prodotto. Acquistare un prodotto
corrisponde in questo senso a un atto di fiducia nei confronti del brand e della sua promessa. Alcuni autori
hanno argomentato a favore di un costrutto non bipolare della fiducia (Lewiki, McAllister e Bies 1998).
Secondo tale approccio, fiducia e sfiducia non sono che gli estremi di un unico continuum lungo il quale le
persone si posizionano più o meno stabilmente. Secondo alcuni autori, tra cui Luhmann (1979) fiducia e
sfiducia possono coesistere allo stesso tempo. Per es. Nicola può apprezzare la Vespa Piaggio perché è
simbolo della tradizione italiana e ha un motore affidabile, ma contemporaneamente nutrire sfiducia per
quanto riguarda l’assistenza meccanica e la possibilità di reperire i pezzi di ricambio. Oppure verso Mc
Donald si può avere fiducia verso il rischio monetario ( i panini costano poco), ma sfiducia verso il rischio
fisico (si sà che i panini fanno male). Secondo questa concezione quindi, fiducia e sfiducia possono
coesistere creando una condizione di ambivalenza. L’ambivalenza di fiducia provoca un’incostanza nel
comportamento di consumo. Ad es. verso Coca-Cola e Nutella c’è una forte ambivalenza di fiducia (è
buono ma fa male) e quindi tendenzialmente i consumatori alternano periodi di consumo intenso a periodi
di evitamento drastico del prodotto.
COMPORTAMENTO FINALIZZATO ED ESPLORAZIONE
All’interno dei luoghi di vendita si osservano due principali tipologie di comportamenti:
1. Un comportamento orientato al goal;
2. Un comportamento orientato all’esplorazione
Nel primo caso il consumatore entra nel punto vendita con l’intenzione di comprare un certo prodotto o di
raccogliere determinate informazioni per poi giungere a una scelta successiva. Nel secondo caso, il
consumatore osserva l’ambiente di shopping e raccoglie informazioni come conseguenza dell’attività di
esplorazione che non è guidata da un preciso obiettivo, ma si plasma in risposta a stimolazioni fisiche e
sensoriali che attraggono l’attenzione del consumatore e che ne influenzano la raccolta diretta e indiretta
di informazioni. Come regola generale si osserva che le persone che esplorano l’ambiente di shopping e che
sono orientate alla gratificazione esperienziale trascorrono più tempo all’interno del punto vendita e
risultano essere potenzialmente più soggette all’acquisto di impulso. Il marketing del punto vendita deve
quindi soddisfare il bisogno di gratificazione esperienziale di questi consumatori, tenendo presente che se
le informazioni tecniche e funzionali paiono essere fondamentali, il modo in cui queste vengono presentate
e l’allestimento degli stessi prodotti dovrebbero perseguire l’obiettivo di attrarre l’attenzione e fornire
attraverso l’intrattenimento delle ragioni per prolungare il più possibile l’esperienza di esplorazione.
IL RUOLO DELL ’ESPERIENZA
La competenza del consumatore e la sua relativa efficacia percepita nel poter controllare e comprendere
le informazioni rilevanti, influisce sulla motivazione alla ricerca di informazioni. I meno esperti sono coloro
che in assoluto si impegnano meno nella raccolta di informazioni. La difficoltà che questi soggetti
incontrano nell’interpretare le informazioni rilevanti sembra disincentivare l’impegno nella ricerca delle
informazioni. I meno esperti tendono ad affidarsi ai consigli di altri, come i commessi dei negozi, o a imitare
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le scelte di conoscenti e familiari, o ad affidarsi a grandi marche come garanzia di qualità. Lo stesso accade
con i genitori che acquistano prodotti alimentari per la prima infanzia. Come la marca, anche il prezzo può
essere utilizzato come indice di garanzia di qualità. Nel caso in cui il consumatore non si senta in grado di
procedere a una elaborazione adeguata delle informazioni egli tenderà a utilizzare il prezzo come
informazione circa la qualità funzionale del prodotto.
LE SCORCIATOIE COGNITIVE DEL PROCESSO DECISIONALE
Il concetto di rischio percepito associato all’atto di acquisto, mette in evidenza il contesto di incertezza in
cui si realizza la presa di decisione. Molti studi in ambito psicologico, tra cui quello di Daniel Kahneman,
sono stati condotti con l’obiettivo di dimostrare che la presa di decisione non è basata su un tentativo
razionale di calcolo delle probabilità, ma che, nella maggior parte dei casi, si affida a delle semplificazioni
che riflettono lo scarto fra probabilità soggettive e probabilità oggettive.
La dottrina delle euristiche spiega i principali meccanismo di semplificazione della realtà che ricorrono nel
ragionamento delle persone. Uno di questo meccanismi è detto rappresentatività. Con questo termine si
intende la tendenza a ricorrere a tratti proto tipici per il riconoscimento e l’attribuzione di oggetti, eventi,
persone a determinate categorie. Questa scorciatoia cognitiva è molto utile per un riconoscimento rapido
che non necessiti della valutazione attenta di tutte le caratteristiche dell’oggetto in esame. Per es. quando
si pensa a un professore universitario alcuni tratti proto tipici possono venirci subito in mente, il professore
sarà maschio, avrà una certa età e magari gli occhiali, un po’ di barba, vestirà con abbigliamento classico
ecc. L’euristica della rappresentatività può comunque indurci a commettere errori nel giudizio o a ragionare
secondo stereotipi. Ovviamente la rappresentatività entra in gioco anche nelle scelte di consumo. Per
esempio, se nella nostra esperienza il prosciutto buono e fresco è di colore chiaro, potremmo scartare a
priori un prosciutto come quello spagnolo, perché di colore più scuro. Un'altra nota scorciatoia cognitiva è
la disponibilità, per cui tende a sovrastimare quegli accadimenti che sono più disponibili alla memoria. La
ricerca ha dimostrato che le coppie, anche di lunga data, quando interrogate sulla qualità del loro rapporto
tendono a valutare la relazione in base all’andamento delle ultime due settimane. Allo stesso modo una
lunga tradizione e scelte socialmente responsabili di una azienda, possono essere mandate in fumo
velocemente da una notizia negativa relativa alla responsabilità sociale di quell’azienda. Una terza euristica
è nota con il termine effetto cornice. Questo meccanismo condiziona la valutazione degli eventi a seconda
delle informazioni con cui sono presentati, che vi fanno appunto da cornice. In particolare si nota che le
persone prendono decisioni in base al modo in cui le opzioni vengono formulate, ovvero se in prospettiva
positiva o negativa. Le persone scelgono indipendentemente da un calcolo razionale, ma affidandosi a una
preferenza spontanea per le opzioni che sono “incorniciate” in modo da apparire più positive. Il ruolo delle
informazioni che accompagnano un oggetto di valutazione si evidenzia anche nell’euristica dell’ancoraggio.
In condizioni di incertezza, il decisore utilizza alcune informazioni come punto di partenza da cui valutare
tutti i dati che sopraggiungono successivamente. Per es. quando un consumatore viene ancorato dal
venditore a un certo prezzo, qualsiasi riduzione sarà percepita come un risultato positivo,
indipendentemente da una valutazione oggettiva del valore dell’oggetto della negoziazione. Un’ulteriore
fattore che incide su valutazioni e scelte economiche è l’effetto dote, ossia il solo fatto di aver posseduto
un oggetto ci porta ad attribuire a questo un valore maggiore di quanto esso effettivamente abbia.
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IL PARADOSSO DELLA TROPPA SCELTA
In contrapposizione alla prospettiva razionale, secondo la quale il consumatore tenderebbe prendere in
esame tutte le informazioni disponibili, e gli sembra piuttosto ricorrere a continua semplificazione del
processo di scelta un paradosso che riguarda la società dei consumi è infatti quello della troppa scelta.
Secondo un'accezione comune, l'assortimento dei prodotti delle Marche dovrebbe costituire una
caratteristica positiva dell'offerta, nella realtà la quantità di alternative rende il processo decisionale più
arduo. nel fare la spesa, la maggior parte dei consumatori non ha il tempo di prendere in esame tutte le
opzioni alternative per ciascun prodotto e tanto meno di valutare nel dettaglio le differenze fra tali opzioni.
Di fronte a decine e decine di offerte differenti, il consumatore tenderà ad orientarsi verso prodotti già
conosciuti o a variare all'interno di una categoria prestabilita. L'esperienza pregressa e l'abitudine giocano
un ruolo di primaria importanza nel facilitare la scelta, orientando l'attenzione verso prodotti già conosciuti
ed eliminando selettivamente tutto ciò che non rientra nell'ambito del conosciuto\desiderabile. A questo
riguardo è stato sottolineato il problema emergente dell’information overload al quale occorre porre
rimedio progettando le interfacce di siti compatibilmente ai percorsi cognitivi dell'utente e la sua necessità
di semplificazione. Fra le motivazioni principali che sembrano spingere i consumatori all'acquisto on-line vi
è la possibilità di risparmiare tempo. L'importanza del fattore tempo evidenzia la necessità di adattare i
contenuti degli ipertesti e la grafica dei siti al fine di semplificare il processo decisionale del consumatore.
BOX – SOFTWARE CHE AIUTANO A DECIDERE
in una ricerca in cui i consumatori dovevano scegliere se acquistare o -1 vasetto di marmellata fra ben 24
diverse tipologie, è emerso che, di fronte a tale numero eccessivo di alternative, i soggetti, 20 attratti dalla
varietà, avvertiva un senso sgradevole di confusione e di conflitto tale per cui non riuscivano a decidere
quale prodotto acquistare. L'effetto demotivante dell'avere troppa scelta, si manifesta ancor più forte negli
ambienti decisionali on-line. Infatti, a differenza dei comuni negozi, i siti virtuali non hanno alcun confine
spaziale e, di conseguenza, possono facilmente supporre una schiacciante quantità di alternative che, dati i
limiti cognitivi dell'essere umano, risulta impossibile valutare adeguatamente. Per ovviare a tale
inconveniente, oggi sempre più siti Web stanno dotando di particolari software che aiutano a prendere le
decisioni. Tale software intelligenti, noti come Decision Aids, assistono i consumatori on-line tramite un
processo interattivo riducendo in primo luogo l'eccessivo numero di alternative a una gamma più limitata e
comparando, in secondo luogo, le restanti opzioni mediante un'apposita tabella di confronto, in cui in ogni
riga è rappresentata un'opzione in ogni colonna un attributo.
CAPITOLO 2 – Il ruolo della percezione nei processi di consumo
INTRODUZIONE
La comprensione dei processi percettivi rappresenta una delle aree di maggior interesse per lo studio dei
comportamenti dei consumatori per diversi motivi. Da una parte perché la scelta di acquistare un prodotto
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o di fruire di un servizio è influenzata dal modo di percepirlo ed al “significato” ad esso attribuito, dall'altra
perché questo processo è alla base dell'esigenza di selezionare da una grande quantità di dati e di
stimolazioni solo quelli che sono utili per la scelta. La nostra vita quotidiana si svolge in un ambiente
particolarmente ricco di stimoli che producono un flusso continuo di sensazioni. Ogni giorno messaggi
pubblicitari cercano di attirare la nostra attenzione, eppure nostra attenzione, viene catturata solo da
alcuni di essi, attraverso meccanismi di selezione più o meno consapevoli, ma certamente determinati dalle
nostre esperienze, dai nostri desideri, dalle condizioni specifiche in cui ci troviamo in un determinato
momento e in un luogo specifico. Si tratta di un processo assai naturale, se non addirittura ad attivo, poiché
se non riuscissimo a selezionare l'infinità di stimoli che ci colpiscono saremo letteralmente schiacciati dal
peso dell’enorme della quantità di informazioni. Il processo percettivonon avviene in maniera lineare,
razionale, chiara e immediata. Esso è infatti un processo assai complesso e influenzato da una miriade di
fattori. Per esempio, un'immagine che immediatamente richiama ricordi della prima colazione della nostra
infanzia potrebbe evocare delle sensazioni piacevoli capaci di influenzare la percezione del prodotto,
attivare l'attenzione e stimolarci all'acquisto, anche se non abbiamo piena coscienza del ricordo infantile. Si
tratta di un processo immediato, che parte dalle stimolazioni del nostro sistema sensoriale, ma che viene
guidato da tanti altri fattori, come per esempio la memoria e l'interpretazione delle stimolazioni ambientali.
Diceva Zaltman “ l'incapacità di comprendere che il mondo interiore di un consumatore può trasformare
radicalmente il messaggio esterno di un esperto di marketing e la causa di molti insuccessi”. Ciò che viene
percepito è soggetto a selezioni, modifiche, interpretazioni sulla base di emozioni, conoscenze, aspettative,
stereotipi. Questo processo di selezione, di organizzazione e di integrazione delle informazioni rende gli
individui non semplici recettori di stimoli, ma soggetti capaci di elaborazione, interpretazione e
integrazione delle informazioni che ricevono. Questo processo, riassumibile con il termine cognizione, è
capace di dare significato al nostro ambiente e alle nostre esperienze. È un processo che sta alla base della
selezione delle informazioni e che assume un ruolo determinante nella percezione degli non è ambientali.
La percezione viene intesa, quindi, come “un processo di elaborazione dell'informazione e per viene ai
nostri organi di senso e del risultato di una serie di processi complessi che si realizzano in modo automatico
implicito” e che contribuiscono a dare significato alle stimolazioni che pervengono dall'esterno. L'aspetto
più caratteristico di questo processo è la sua indeterminatezza: la lettura delle stimolazioni esterne è
influenzata (se non determinata) da una serie complessa di fattori (emotivi, cognitivi, mnemonici, sociali,
culturali) che rendono assai soggettivo l'esito finale. Il ruolo attivo del sistema percettivo permette di avere
percezioni soggettive a volte molto diverse fra soggetti diversi. L'immagine della donna riportata a pagina
39 è l'esempio più noto di letteratura, possiamo considerare la donna giovane o anziana in funzione di
come il nostro sistema percettivo ricostruisce questa immagine ambigua. Per chi si occupa di consumo è
necessario cercare di comprendere come le informazioni sono ricostruite dal consumatore. Occorre non
lasciarsi guidare dalla convinzione errata che le informazioni offerte ai consumatori (sotto forma di
immagini pubblicitarie, pechaging, ecc) vengano recepite nello stesso modo con cui vengono proposte. I
bisogni, le motivazioni, gli stati emotivi, gli atteggiamenti e interessi personali agiscono sull'organizzazione
percettiva. una ricerca ha dimostrato che i soggetti tenuti a digiuno da un minimo di un'ora a un massimo di
18 ore tendevano ad attribuire a immagini ambigue proiettate sullo schermo connotazioni specificamente
relativi al cibo. Ciò aumentava man mano che il numero di ore di digiuno cresceva. Vi è una evidente
differenza tra percezione e sensazioni. Questa, infatti, intesa come la fase iniziale dell'elaborazione
dell'informazione che giunge ai nostri sensi (gusto, olfatto, vista, udito e tatto) e che comprende sia
l'attivazione degli organi recettori situati in questi organi di senso, sia la trasmissione di segnali alle aree
corticali del nostro cervello. La sensazione, come la percezione, non è un processo uguale in tutti i
consumatori, ma varia da persona a persona e nei diversi gruppi sociali e nelle diverse culture. La nostra
analisi parte dalla considerazione che la percezione ordinata della realtà non corrisponde a un dato di fatto,
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ma è un'attiva interpretazione effettuata da processi cognitivi di cui a volte non si è pienamente
consapevoli. Siamo ormai lontani dalla convinzione aristotelica descritta nell'esordio della Metafisica
secondo cui i sensi sono attendibili fonti di conoscenza. Solo alcuni secoli dopo, Cartesio ha messo in crisi la
totale fiducia nei confronti dei sensi. Con Cartesio, infatti, si esaurisce l'idea della percezione come
registrazione fedele della realtà oggettiva, lasciando spazio alla percezione intesa come complesso processo
di elaborazione di organizzazione dei dati, informazioni e di sensazioni.
LA NATURA DELLA PERCEZIONE
l'interpretazione degli stimoli e dei dati provenienti dal mondo esterno non coincide con il mero ricevere
stimolazioni ambientali così come sono “oggettivamente” nella realtà. La percezione è un processo
dinamico, influenzata dalle nostre abitudini, da quanto abbiamo appreso, da quanto vogliamo apprendere,
dalle credenze, dalle motivazioni e dai valori della comunità in cui viviamo o in cui “speriamo di essere
inseriti”. Il processo percettivo si riferisce, pertanto, a quel complesso meccanismo attraverso il quale
selezioniamo dati e informazioni al fine di attribuire loro uno specifico significato. Si presuppone che sia la
cultura e non la biologia a plasmare la vita nella mente dell'uomo, a dare significato all'azione e alla realtà
che ci circonda inserendo gli stati intenzionali profondi e delle stimolazioni sensoriali in un sistema
interpretativo. Già Lewin nel 1935 sosteneva che la realtà non è assoluta, ma varia a seconda del gruppo al
quale l'individuo appartiene: l'ambiente diverso da persona a persona, ma differenziate anche della stessa
persona momenti differenti. Questa tesi ci spinge a considerare il comportamento del consumatore
determinato non solo dai suoi bisogni dalla sua dimensione biologica, ma anche dal contesto sociale e
culturale in cui si muove. Questo è ancora più evidente se pensiamo al modello di cultura del consumo
dell'età postmoderna., Anche dalla dimensione del bisogno, il consumo nell'atto di acquisto sono diventati
un contesto ricco di stimolazioni necessario per vivere un'esperienza che trascende il bisogno stesso. Il
consumo diviene pertanto un palcoscenico dove raccontarsi e attraverso il quale trovare indicazioni utili per
poter costruire la propria modalità di espressione del Sè. Husband e Godfrey (1934) dimostrarono che il
grado d'identificazione di marche di sigarette in condizione di blind test, era di poco migliore rispetto a
quanto sarebbe stato prevedibile rilevare attraverso una scelta del tutto casuale. Il nome della marca, il
riconoscimento del colore della confezione e altre informazioni di tal genere hanno un significativo effetto
sulla percezione del prodotto e delle sue specifiche qualità. Non sempre si è consapevoli che la percezione
di ciò che ci circonda è il risultato di un processo inferenziale così complesso. Molto spesso siamo
fermamente convinti che il modo di percepire la realtà esterna da parte degli altri soggetti sia
assolutamente identico al nostro. Così, negli altri rispondono alle stimolazioni in maniera diversa dalla
nostra, la prima considerazione che ci viene in mente è che gli altri stiano sbagliando, che non abbiamo
capito, o abbiano intenzionalmente alterato il significato delle cose occorre considerare che la percezione è
un processo fortemente influenzato dal processo di acculturazione, ovvero determinato da modelli
culturali più che da processi strettamente individuali. I professionisti del marketing internazionale sono
costantemente impegnati con il problema della natura soggettiva e culturale della percezione. Se la
percezione viene infatti influenzata da fattori sociali e culturali, allora allo studio della percezione dei
prodotti pensati per un mercato internazionale deve necessariamente confrontarsi con questa dimensione
aleatoria e soggettiva del processo percettivo per un mercato. Ciò costringe gli uomini di marketing a uno
studio dei processi psichici non più disaggregati o ridotti nei loro aspetti costituenti, ma come strettamente
integrati e mutuamente interagenti, andando al di là della semplice analisi degli aspetti sensoriali o
dell'individuo decontestualizzato dalla sua cultura e dal contesto sociale e di vita che lo circonda. I messaggi
che i consumatori captano nella comunicazione possono essere molto diversi da quelli che l'impresa
intende trasmettere.
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LA SENSAZIONE
alla base della concezione delle informazioni vi sono due processi di base: la sensazione, intesa come
risposta immediata dei nostri sensi a uno stimolo di base, e la percezione, ovvero quel processo attraverso
il quale queste sensazioni sono selezionate, organizzate e interpretate. Quando si fa riferimento alla
sensazione si pensa ai classici canali sensoriali: uditivo, visivo, tattile, olfattivo e del gusto tuttavia possiamo
individuare molti altri sensi da cui riceviamo stimolazioni sensoriali. Infatti possiamo distinguere diverse
sensazioni in base al tipo di sistema sensoriale coinvolto:
1. sensazioni esterocettive(vista, udito, tatto, olfatto, dolore, gusto e temperatura): in questa
categoria rientrano le sensazioni che derivano da variazioni sensibili dell'energia ambientale;
2. sensazioni enterocettive(viscere): in questa categoria rientrano le sensazioni che derivano dalle
formazioni nervose provenienti per esempio dagli organi interni al corpo;
3. sensazioni propriocettive (posizione, cinesia, cinestesia): in questa categoria rientrano le sensazioni
che segnalano la posizione del corpo nello spazio e il movimento degli arti.
Tutti questi sensi hanno il compito di rilevare le informazioni provenienti dal mondo esterno attraverso
specifiche cellule o gruppi di cellule capaci di rispondere a piccoli mutamenti degli stimoli fisici e
trasmetterli al cervello attraverso il sistema nervoso centrale. Il cervello poi elabora queste informazioni, e
dal modo in cui queste vengono organizzate e interpretate si ha la percezione. Sta cambiando il modo di
rapportarsi fisicamente ai prodotti, di percepirne le caratteristiche oggettive e strutturali, di valutarne la
qualità. Fino a non poco tempo fa la percezione degli oggetti e dei prodotti era relegata prevalentemente
facendo riferimento a un solo senso, per cui il cibo era vantato dal palato, l'abito dalla vita, il tessuto dal
tatto e via dicendo. La valutazione sensoriale era poi sempre subordinata a un giudizio razionale. Una
recente teoria sviluppatasi in questo ambito di studi è quella di Trasiman e Gelade (1980) definita Teoria
dell'integrazione delle caratteristiche. In base a tale teoria la percezione di un oggetto è il prodotto di due
stadi di elaborazione. Nel primo stadio, definito l'individuazione delle qualità primarie, ha luogo la
registrazione e detenzione di alcune caratteristiche dello stimolo (allineamento, colore, movimento,
curvatura delle lineeecc.). Nel secondo stadio, definito integrazione delle qualità primarie, mediante
l'integrazione delle qualità analizzate nel primo stadio si perviene al “prodotto cognitivo”, ovvero ciò che
noi percepiamo. I prodotti devono essere toccati e non solo vi è, percepiti anche con l'olfatto, non solo
intravisto in questo panorama l'affermarsi del marketing estetico(ovvero il marketing delle esperienze
sensoriali nell'attività di Corporate o Brand che che contribuisce a formare l'identità di un'organizzazione o
di una marca) segna appunto il definitivo riconoscimento dei sensi nel mondo del consumo. La pubblicità di
una bibita fresca non si limita più a presentare il prodotto circondato da tante visibili bollicine e nell'opacità
di un bicchiere ghiacciato sempre più si sente in sottofondo il piacere provato da lunghe sorsate amplificate
dall'altoparlante in una spiaggia assolata per sedurre con una promessa di sicura freschezza e come
irresistibile richiamo contro la sete.
LA VISTA
l'immagine, il gioco di colori, il grado di luminosità hanno un ruolo determinante per la promozione di un
messaggio citati, per la realizzazione della confezione di un prodotto o per l'organizzazione di un punto
vendita. Dal momento che quasi due terzi degli stimoli che arrivano al cervello passano attraverso il sistema
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visivo, molto spesso la nostra esperienza delle immagini è di natura visiva. Inoltre, in considerazione del
fatto che numerosi esperti sono concordi nel dire che la maggior parte della comunicazione(circa l'80%)
avviene attraverso i mezzi non verbali (tra cui anche il tatto e l udito ovviamente), sapere interpretare il
para-linguaggio (soprattutto quello visivo) si rivela importante in molti contesti di mercato. Per questo
motivo la vista è uno dei sensi più studiati da autori e ricercatori. L'impressione visiva di cui facciamo
esperienza diretta era assai diversa dalla distribuzione fisica della luce sulla retina poiché è il risultato di un
processo interpretativo. Il cervello in questo caso assume un ruolo determinante. L'attribuzione di
significato dato alla stimolazione luminosa dipende, infatti, da molti fattori. Basti pensare alla percezione
dei colori. Alcuna reazione colori sono strettamente influenzate dalla cultura e dal contesto sociale in cui si
vive. Il colore del lutto e in alcuni contesti in nero, in altri è il bianco, come in Brasile. Le risposte le reazioni
sono influenzate dal contesto e non solo dalla semplice sensazione del colore. Ovviamente l'influenza della
cultura e dell'appartenenza sociale non esclude i fattori biologici. Nel campo della pubblicità i colori bianco
e nero hanno minore capacità di attirare l'attenzione rispetto al colori vividi, anche se il contrasto tra un
messaggio pubblicitario in bianco e nero e un contesto colorato circostante è stato più volte utilizzato
proprio per attirare l'attenzione. In questo caso è il contrasto percettivo che attira l'attenzione, poiché
innovativo e inaspettato, e non l'uso del bianco e del nero. In uno studio sul ruolo del colore i ricercatori
hanno osservato che i colori possono influenzare le emozioni e le sensazioni di rilassamento o di
eccitazione. In genere i colori caldi (come il rosso e il giallo) dei colori freddi (come il blu) generano
sensazioni stati d'animo contrastanti. Per esempio si osservato che il rosso è associato ad aumenti della
pressione sanguigna, del movimento oculare e della frequenza respiratoria, all'eccitazione in generale, alla
vitalità. Viceversa, si osservato che colori freddi scatenano reazioni opposte, come un senso di pace, di
calma, di rilassatezza. Il giallo rappresenta un colore caldo per eccellenza, rassicurante e armonioso (es.
campo di grano giallo Mulino Bianco). Prendendo ispirazione dai sacchetti dei fornai, mulino Bianco realizza
ancora oggi la confezione a sacchetto di un colore giallo caldo intenso, in modo che il consumatore si ricordi
della tipica genuinità dei prodotti. Esperti di marketing non hanno mai sottovalutato i vantaggi derivanti da
una corretta selezione dei colori. Anche nel campo dell'organizzazione degli spazi di vendita occorre
riconoscere un ruolo determinante al colori oltre che all'organizzazione degli spazi in sé. Basta cambiare la
tipologia di luce (gialla al posto di Bianca) e il grado di diffusione per rendere molto più accoglienti gli
ambienti. L'attenzione ai colori non coinvolge solo il mondo della pubblicità e del packaging. Infatti, anche
nel campo dei servizi, vi sono interessanti studi sul rapporto tra colore e clienti. In particolare, nel campo
medico si parla di cromoterapia o terapia di colori, secondo la quale adottare uno specifico colore può
essere utile per stimolare specifiche sensazioni nei pazienti di un ospedale. Tuttavia questa impostazione va
usata con cautela poiché le differenze culturali possono portare a clamorosi fraintendimenti, ad esempio il
colore verde in Irlanda e di buon augurio, in Cina è correlato al tradimento, negli Stati Uniti rappresenta la
gelosia. Altro aspetto degno di attenzione nel mondo dei consumi e della comunicazione pubblicitaria è uno
degli Stati psicologici più affascinanti, indicato con il termine sinestesia, secondo il quale lo stimolo di un
senso (per esempio, il suono) è in grado di suscitare l'esperienza propria di un altro senso (per esempio, un
colore). La sinestesia cromatica è un fenomeno consistente nell' ”udire i colori”, cioè nell'avere l'esperienza
di un colore in risposta a uno stimolo uditivo. Secondo molti psicologi i fenomeni sinestesici rivelano l'unità
profonda dei sensi.
L'OLFATTO
lo stimolo olfattivo rimane strettamente legato all'intero contesto nel quale è stato percepito. Ecco perché,
durante la rievocazione, esso non si isola dagli altri elementi contestuali, ma li trascina con sé. Riferendoci
al percorso di crescita di un bambino, si constata come il sistema olfattivo abbia, nel guidare
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comportamenti, un ruolo molto più pronunciato durante la fase neonatale e postneonatale rispetto alla
fase. È in dubbio i profumi possono stimolare emozioni e far ricordare eventi e sensazioni. Per questo sono
state condotte molte ricerche per cercare di comprendere la relazione tra olfatto, memoria e umore.
Alcune ricerche hanno dimostrato che l'introduzione di un aRoma è in grado di alterare la percezione del
tempo trascorso dal consumatore durante l'attesa per il pagamento alla cassa o per ottenere informazioni
da parte di un addetto alla vendita. All'interno del grande trend del polisensualismo che caratterizza la
società postmoderna l'olfatto sta acquisendo un'importanza sempre maggiore. L'olfatto, d'altra parte,
essendo collegato al nostro sistema limbico, che è il centro della vita emozionale, esercita una forte e
direttiva influenza mondo dei sentimenti e delle emozioni. L'importanza dell'olfatto è testimoniata dalle
numerose ricerche sull'utilizzo dei profumi in alcuni negozi (come il profumo di montagna nei negozi
Timberland) o di profumi rilassanti nelle sale di attesa (per esempio, quelle della business class della British
Airways).
L'UDITO
La musica e il suono hanno un ruolo importante nel mondo dei consumi. La musica è in grado di stimolare
ricordi ed emozioni del passato, influenzare l'umore e modificare la percezione della realtà stessa. Con la
musica e suoni si costruiscono significati, si rafforzano associazioni, stimolano sensazioni. La produzione
pubblicitaria si serve molto dei suoni. Si provi a pensare a un film o uno spot senza musica di sottofondo o
sette suoni di rinforzo di certe scene o azioni. Basta soffermarsi solo un attimo su uno dei tanti spot
televisivi sulle bevande (come quella Estathè), accompagnati dal rumore di uno dei gruppi ione
esageratamente marcata o da un forte (e innaturale) fruscio di liquido che scivola in un bicchiere.
L'esigenza di amplificare su ogni e di studiarne la valenza è strettamente legata alla capacità che hanno i
suoni e le musiche di stimolare e determinare anche alcune emozioni. Difatti è possibile associare circa
emozioni a determinati brani musicali, anche se questo processo mette in gioco aspetti strettamente
individuali e soggettivi. La storia personale, con le relative esperienze e la cultura di appartenenza, così
come lo stato emotivo di un preciso momento, rendono estremamente difficili una generalizzazione degli
effetti sull'individuo e lo studio delle emozioni in musica. A tal proposito risulta interessante lo studio
condotto da Bigand, Filipic e Lalitte (2005) che, dopo aver selezionato un gran numero di brani con diverse
connotazioni emozionali, hanno cercato di individuare potenziali affinità emotive facendo ascoltare ad
alcuni soggetti diversi tipi di brani. I risultati hanno dimostrato che la maggior parte degli individui utilizza
un sistema di raggruppamento basato su due dimensioni: la valenza (cioè il valore delle emozioni in sé:
positiva o negativa) e l'intensità o arousal (bassa o alta) stimolata dalla musica. Tale connotazione
emozionale correlata a un brano avviene in tempi brevissimi, inferiori al secondo. È stato possibile
riscontrare come, fin dalle prime note, i soggetti esaminati fossero in grado di individuare le emozioni
legate a essi. Hui et al (1997) hanno dimostrato che la musica, contrariamente alle attese, incide anche sulla
percezione dei tempi di attesa di un servizio prestato a un gruppo di consumatori: nel luogo in cui non vi è
musica, l'attesa percepita e maggiore rispetto al tempo trascorso effettivamente. La presenza di stimoli
musicali pop pertanto agire positivamente sulla risposta affettiva attesa e sulla valutazione dell'ambiente.
Nello stesso modo è stato dimostrato che la presenza di musica in un centro commerciale incide sulla
rapidità di movimento dei consumatori al suo interno. Una musica con un ritmo più veloce incrementa di
una percentuale significativa la movimentazione dei clienti rispetto a una musica decisamente più lenta. I
dati di una ricerca hanno dimostrato che i consumatori “più lenti” spendono circa il 38% in più rispetto a
quelli “più veloci”. Un altro aspetto importante, soprattutto nel campo della comunicazione pubblicitaria, è
quello relativo alle tecniche di Time compression, usate per manipolare la velocità con cui lo speaker
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pronuncia un messaggio radiofonico o televisivo. I consumatori sembrano preferire una comunicazione più
rapida (con una velocità superiore al normale di circa 120,130%) rispetto a una più lenta. Tale effetto
sembra sia determinato dalla percezione di una maggiore credibilità e affidabilità nei confronti di coloro
che hanno una capacità comunicativa più rapida. In altri casi, una comunicazione troppo rapida potrebbe
inficiare il processo di comprensione e stancare l'ascoltatore, soprattutto se questi è particolarmente
motivato ad ascoltare e a comprendere ogni singolo elemento del discorso. in questo caso entrano in gioco
l'effetto del grado di coinvolgimento e l'influenza dell'attivazione del sistema di elaborazione centrale
piuttosto che quello periferico, come indicato nella teoria di Petty e Cacioppo (1983), vedi capitolo sui
processi decisionali. Secondo questa teoria, l'attivazione del sistema di elaborazione centrale, stimolata da
un maggiore coinvolgimento, spinge il consumatore a investire più energie per cercare tutte le informazioni
necessarie per la decisione. In questo caso, l'esigenza di raccogliere attentamente tutte le informazioni
contratta con la rapidità di esposizione che, quindi, non verrebbe apprezzata.
IL TATTO
La percezione aptica, ovvero quella che coinvolge il tatto, ha sempre avuto ruolo importante nella scelta di
acquisto di un consumatore. Basti pensare a quanto è importante, soprattutto nel passato, poter toccare
tessuti, la frutta, il legno prima di decidere l'acquisto. Solo attraverso il tatto è infatti possibile percepire
alcuni aspetti fondamentali dei prodotti. Il consumatore osserva tattilmente (Fabris, 2003), ovvero
attraverso il tatto può avere chiare informazioni sulla densità, la compattezza, la tesatura di un prodotto. A
volte il tatto stesso e più importante della vista nella scelta di un articolo. Il tatto e incide anche sulla
relazione venditore-acquirente. Solomon (2004) a tal proposito riporta alcuni dati di ricerca che dimostrano
che i clienti leggermente toccati dal personale di un ristorante lasciano una mancia maggiore. Anche il
contatto, come i colori, ha una sua propria declinazione culturale. Per esempio nei pressi del Nord Europa
contatto fisico è culturalmente meno accettato che nei paesi mediterranei.
IL GUSTO
Anche il gusto ha un ruolo determinante nei comportamenti di consumo. Attraverso il gusto vengono
percepite le caratteristiche dei prodotti alimentari. In base alla gradevolezza di sapori il consumatore
individua una propria classifica delle tipologie e delle marche preferite. In una società multiculturale
introduzione dei piatti etnici tra leggermente modificando il modo di alimentarsi e il legame ai sapori
tradizionali. Questo ovviamente non intacca la possibilità di riconoscere e rimanere fedeli ad altri sapori
percepiti come altamente specifici di una marca o di un prodotto. Basti pensare alla famosa Nutella.
Diverse sono state le altre marche che hanno tentato di spodestare il suo primato senza riuscirci. Il sapore
della Nutella, come quello della coca-cola classica, identifica fortemente prodotto e ne garantisce il
riconoscimento da parte dei consumatori affezionati. Di certo possiamo affermare che anche per il gusto
occorre prestare attenzione alle diversità culturali esistono cibi assolutamente immangiabili per un italiano,
ma molto prelibati per un vietnamita.
BOX - il marketing estetico tra creatività e innovazione pagina 52 (dal mio libro non si legge quindi
andatevelo a vedere)
LE SOGLIE PERCETTIVE
non tutti gli stimoli sensoriali possono determinare l'attivazione dei nostri sensi. Ciascuno dei nostri
recettori rispondere a stimoli specifici entro limiti abbastanza ristretti. Il sistema sensoriale dell'uomo e in
ogni caso caratterizzato da specifici limiti. Per questo motivo non tutte le lunghezze d'onda della luce sono
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percepibili dall'uomo, che non riesce infatti a vedere i raggi gamma, i raggi X e quelli ultravioletti. E anche il
nostro sistema uditivo risponde solo alle vibrazioni dell'aria comprese tra i 20 e i 20 000 cicli al secondo (e
infatti risaputo che i nostri sensi sono molto meno efficienti di quelli di numerosi animali). Tali limiti sono
determinati dalle caratteristiche fisiologiche dei nostri sensi, anche se la possibilità di percepire alcuni
stimoli piuttosto che altri può dipendere dal processo di selezione e dal grado di attenzione nei confronti
degli stimoli stessi. Le capacità sensitive di alcuni soggetti, infatti, possono essere così allenate da
rispondere alle stimolazioni più di quanto avvenga in una persona “media”. Per esempio i musicisti riescono
a percepire molti più toni rispetto a un soggetto non allenato. Probabilmente il polisensualismoverso cui è
proiettata la società postmoderna (Fabris, 2003) ci porterà a valorizzare maggiormente le nostre capacità
sensoriali fino ad ora poco utilizzate.
LA SOGLIA ASSOLUTA
La soglia assoluta è la stimolazioni minima che può essere rilevata dagli organi di senso. Non va confusa con
la soglia di percezione cosciente. Per soglia di percezione cosciente intende quel valore al di sopra del quale
lo stimolo è percepito molto forte: in questo caso il soggetto è perfettamente conscio della sua presenza, lo
percepisce chiaramente e può reagire di conseguenza. Per sua natura questa soglia Varia da un individuo
all'altro o da un momento all'altro nello stesso soggetto, essa dipende dal diverso grado di attenzione, che
può essere influenzata dalla stanchezza, dall'età, dalla sensibilità dei diversi organi sensoriali o dalla
presenza simultanea di altri stimoli. Sopra la soglia di percezione cosciente, lo stimolo possiede sufficiente
energia per provocare nello stesso tempo sia la risposta che la relativa rappresentazione cosciente. In
questo caso l'individuo, consapevole dello stimolo, reagisce in base alla sua volontà, cosa non possibile nel
caso di percezione subliminale. La risposta dell'individuo può dunque essere completamente differente a
seconda che lo stimolo lo raggiunga a livello subliminale (precosciente) o superliminale (cosciente). Sopra la
soglia assoluta di percezione cosciente, ma sotto quella di percezione cosciente, sono situati gli stimoli
troppo deboli per essere percepibili coscientemente. Pur non essendo abbastanza forti perché il soggetto di
percepisca spontaneamente, essi hanno comunque un'intensità sufficiente per farsi riconoscere nel
momento in cui l'attenzione viene spostata su di chi di noi non ha una sveglia sul comodino di cui non
percepisce più il ticchettio, se non quando volontariamente vi pone l'attenzione? Dixon (1981) definisce la
soglia assoluta di coscienza come il più debole livello di energia entro il quale un individuo può sentire o
vedere uno stimolo. Infine occorre descrivere la soglia fisiologica al di sopra della quale (ma sotto al livello
assoluto di percezione cosciente) si trovano gli stimoli di intensità troppo deboli per essere recepiti dalla
coscienza, sia volontariamente involontariamente ma nonostante ciò, questi stessi stimoli possono portare
a una risposta sensoriale o di una modifica osservabile del comportamento per esempio, possiamo
percepire inconsapevolmente una musica che in effetti non è udibile, ma che raggiunge la coscienza sotto
forma di un canticchiare spontaneo, non intenzionalmente voluto. Gli stimoli la cui intensità e talmente
debole da non produrre nessuna reazione sensoriale si considerano sotto la soglia fisiologica, là dove
qualsiasi tipo di percezione è completamente assente. Questa è la zona del “grande silenzio”, alla cui soglia
l'uomo si è sempre fermato. Sotto la soglia fisiologica lo stimolo non può avere risposta. Sopra la soglia
fisiologica, ma sotto la soglia di percezione cosciente, lo stimolo possiede sufficiente energia per essere
captato dagli organi di senso e produrre una risposta, ma questa energia è comunque insufficiente per
raggiungere la coscienza. È questa la zona di “percezione subliminale” in senso lato. La soglia assoluta, che
varia da individuo a individuo, può dipendere anche dalle condizioni fisiche del soggetto ed al suo stato
motivazionale. I giovani sentono maggiormente profumi e gli odori rispetto ai consumatori più anziani una
migliore performance nel campo degli odori e dei profumi è stata riscontrata anche nelle donne. La musica
all'interno di un centro commerciale potrebbe non essere percepita, anche se di fatto ha un effetto sui
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comportamenti dei soggetti. La soglia assoluta rappresenta quindi quel limite necessario da superare
affinché uno stimolo sia percepito. Ecco perché lo studio di tale soglia assume un ruolo importante per chi
si occupa di marketing. Molti stimoli sono al di sotto della soglia assoluta tanto da non poter essere
percepiti. Analogamente, un'immagine troppo piccola potrebbe risultare difficile da decifrare nitidamente e
perciò non viene percepita come tale. A volte nei messaggi pubblicitari sono presenti testi scritti con
caratteri così piccoli per evitare che vengano percepiti. Il concetto di soglia assoluta è strettamente legato a
quello di filtro percettivo. in un mondo caratterizzato da una grande quantità di stimolazioni, i filtri
percettivi permettono di selezionare solo le informazioni che sono ritenute più utili. Per questo motivo chi
si occupa di marketing sa perfettamente che occorre attirare l'attenzione attraverso stimolazioni che hanno
un'intensità leggermente più alta della soglia assoluta. L'aumento automatico del volume della radio
quando vengono trasmesse le informazioni sul traffico stradale rappresenta una delle più note tecniche per
attirare l'attenzione.
LA SOGLIA DIFFERENZIALE
La soglia differenziale è la quantità minima di stimolazione necessaria per distinguere due stimoli diversi.
Non si tratta pertanto della quantità minima percepita, ma della quantità differenziale, ovvero del
cambiamento minimo percettibile di uno stimolo. La possibilità di misurare le condizioni in cui la differenza
tra due stimoli è percepita dal consumatore è un aspetto di grande importanza nel mondo dei consumi. La
conoscenza della soglia differenziale è determinante e si intende modificare il prezzo di un prodotto (per
esempio durante i saldi) o si vuole rendere più dolce il sapore di un prodotto provando a modificare la
quantità degli ingredienti al fine di rendere tale differenza percepibile il calcolo della soglia differenziale
permette di individuare la quantità minima necessaria perché venga realmente percepito il cambiamento.
La soglia differenziale non è un valore costante, ma dipende dall'intensità dello stimolo originale. Se il
livello quantitativo di un attributo presente in un prodotto e modesto, il consumatore si mostrerà assai
sensibile anche piccole variazioni di questo attributo, mentre se lo stesso elemento è presente in maggiore
quantità, per ottenere la stessa percezione di cambiamento, occorrerà una maggiore variazione della
quantità di quello stesso attributo. È ben comprensibile l'importanza di questo principio se consideriamo
che a volte gli incrementi di alcuni ingredienti di un prodotto hanno un costo assai elevato. Così, se
volessimo risparmiare sui costi di produzione di un biscotto senza che il consumatore percepisca un
cambiamento del sapore, basterebbe ridurre lo zucchero o un altro ingrediente all'interno della soglia
differenziale. La soglia differenziale è regolata da un preciso teorema matematico sviluppato nel corso del
XIX secolo da Ernest Weber, il quale è riuscito a individuare la relazione (conosciuta come legge di Weber)
che descrive il rapporto tra l'ammontare del cambiamento e l'intensità originale dello stimolo affinché tale
rapporto possa essere percepito. Secondo questa legge, più forte il valore dello stimolo iniziale e più grande
deve essere la quantità addizionale di stimolazione affinché questa venga percepita. A volte un'azienda
desidera modificare il proprio packaging senza che il consumatore se ne accorga, oppure alla necessità di
modificare il luogo senza che i clienti perdano la possibilità di identificare l'azienda. Il concetto di soglia
differenziale permette di prevedere cambiamenti al di sotto della soglia, attuando piccole impercettibili
modifiche attraverso fasi in cui il mutamento (il passaggio a un nuovo logo) non viene significativamente
percepito dal consumatore (esempio del graduale passaggio dal logo Omnitel a quello Vodafone).
LE SOGLIE E LA PERCEZIONE SUBLIMINALE
il tema della percezione subliminale è strettamente legato al concetto di soglia percettiva. Per percezione
subliminale si intende la possibilità di recepire informazioni attraverso stimoli sensoriali e risultano al di
sotto della soglia percettiva cosciente (sublimen, dal latino, significa. Sotto soglia). Si tratta di piccole
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immagini inserite all'interno di messaggi pubblicitari stampati, o di messaggi uditivi inserite in contesti
musicali, o di messaggi assai prossimi alla soglia assoluta.Lo studio della percezione subliminale nasce
verso la fine degli anni 50, in un momento storico in cui il tema della persuasione delle masse era molto
sentito. Siamo ancora nel periodo di sviluppo dei Mass media ovvero nel periodo storico definito della
modernità, in cui l'individuo veniva percepito e pensato come soggetto razionale, logico, coerente con se
stesso e con i principi religiosi, politici e sociali. L'idea di influenzare l'individuo al di là della sua
consapevolezza e del suo controllo era in contrasto con l'uomo, razionale, consapevole e coerente con se
stesso. Otto Poetzel condusse l'esperimento in cui dopo aver sottoposto alcuni soggetti a proiezioni di
immagini per brevissime frazioni di secondo chiedeva loro di disegnare ciò che avevano visto; il giorno
successivo, esaminando i loro sogni rilevava la presenza di quegli elementi o particolari delle immagini
proiettate che il soggetto non aveva percepito coscientemente il giorno prima e che non aveva riportato nei
suoi vicini. Ma il maggior contributo sulla percezione subliminale arrivò quando l'attenzione al tema della
persuasione e dei processi decisionali fu stimolata dalle ricerche dai sondaggi politici durante le campagne
elettorali statunitensi. Un tema questo che si era sviluppato all'ombra del timore delle possibili influenze
sulle opinioni degli elettori attraverso gli organi di stampa e di altri strumenti di comunicazione di massa,
soprattutto se tali influenze potevano essere determinate da messaggi che andavano oltre la ragione e la
consapevolezza dell'elettore. La possibilità di influenzare la decisione riguardante un particolare
comportamento (di acquisto o di muto) era alla base delle preoccupazioni di quel periodo storico. Il
momento cruciale di questa preoccupazione coincise con la pubblicazione del testo di Packard (1957) The
hidden persuadersche fece da cassa di risonanza a una serie di dati di ricerca riguardanti la pubblicità
subliminale in questo testo l'autore coniò l'espressione di successo persuasione occulta. Packard l'individuo
nel pubblicitario l'agente principale dell'eversione sociale in atto, definendolo come il "persuasore occulto"
che entra nell'inconscio del pubblico attraverso misteriose tecniche di psicologia applicata, come messaggi
subliminali, per forgiarne le decisioni a suo piacimento. I toni della vicenda iniziarono ad alzarsi
ulteriormente quando fu convocata una conferenza stampa il 12 settembre 1957 New York. Un ricercatore,
di mercato James M. Vicary, portavoce di una sconosciuta azienda dal nome Subliminal Projection,
presentò i risultati di un esperimento che avrebbe avuto luogo a Fort Lee, nel New Jersey: durante la
proiezione di un film erano stati immessi fotogrammi non percepibili (della durata di 3 millisecondi, ogni
cinque secondi) con comandi scritti che incitavano a mangiare poco e a bere Coca-Cola. Secondo Vicary i
consumi di questi due articoli presso la popolazione esposta fotogrammi impercettibili sarebbero
aumentati rispettivamente del 57,7% e del 18,1%. In realtà, i dati dei termini scientifici dell'esperimento
non furono mai resi pubblici; in un'intervista del 1962 Vicary avrebbe inoltre confessato che l'esperimento
non era altro che una montatura, nonostante ciò la portata della notizia ebbe una diffusione inaspettata. La
conferenza stampa dell'oscura azienda americana assunse dunque tutti gli elementi per dare vita a una
vera e propria leggenda metropolitana. Tuttavia l'interesse pubblico per la questione della persuasione
occulta uscì dall'ambito puramente per entrare massicciamente in un campo più sociologico o filosofico.
L'inserimento surrettizio negli annunci stampa di immagini attinenti alla sessualità è un capitolo molto
florido della letteratura sul tema e sulle sue applicazioni attualmente le legislazioni nazionali e
internazionali sulla comunicazione pubblicitaria o propagandistica dei Mass media si sono schierate per la
proibizione delle tecniche subliminali riconoscendo de facto una qualche efficacia fenomeno. L'Ingegnere
Hal Becker, nel 1966, brevettò la little black box, un dispositivo capace di leggere cassette audio e
mescolare segnali da diverse fonti audio, rendendole infine percettibili solo in forma subliminale. Questo
dispositivo fu acquistato da numerosi supermercati dove veniva utilizzato per inviare in forma subliminale,
mixati alla regolare musica di sottofondo, messaggi del tipo "io sono onesto" oppure "io non rubo". In
generale molti psicologi concordano sull'esistenza della percezione subliminale, ma non hanno lo stesso
parere rispetto alla forza e all'ampiezza dei suoi effetti. Sintetizzando possiamo dire che gli aspetti che
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rendono inefficace la pubblicità subliminale sono diversi: tra questi la diversità soggettiva e l'influenza di
altri fattori sociali e contestuali sulla soglia assoluta, l'esigenza di un'elevata attenzione verso il canale
comunicativo al fine di cogliere gli stimoli subliminali, la difficoltà a determinare uno specifico
comportamento di acquisto (il rischio di generalizzazionedell'effetto è molto alto).
LA SELEZIONE PERCETTIVA
generalmente si pensa al processo percettivo come a una finestra sul mondo, ma la funzione primaria di
questo sistema è quella di selezionare e di scegliere tra le tante stimolazioni quelle più interessanti. Un
primo processo di selezione avviene attraverso il meccanismo preattentivo secondo il quale, in maniera
inconsapevole, i consumatori riescono a filtrare le informazioni che sono più utili o che ritengono più
accattivanti o emozionalmente più cariche di affetto.
LA SELEZIONE
I consumatori mettono in pratica una forma di "economia dica" (Solomon, 2004) selezionando scegliendo
gli stimoli più interessanti, evitando di lasciarsi confondere dall'enormità delle informazioni disponibili. Si
tratta di un processo naturale, diremmo quasi all'attivo, per contenere il disagio da sovrabbondanza di dati.
Ma le persone come scelgono come selezionano le informazioni verso cui rivolgere l'attenzione? Vi sono
alcuni fattori che permettono una selezione delle informazioni strettamente legate alle specificità
individuali del consumatore ed altri aspetti più strettamente correlati alle specificità degli stimoli. Tre
fattori personali un ruolo importante è giocato dalle emozioni, dagli interessi, dai disordini e soprattutto dai
desideri del consumatore. Il desiderio di acquistare una nuova macchina spinge consumatore in genere a
prestare attenzione a tutti i messaggi pubblicitari relativi alla vendita e alla promozione di automobili. C'è
un consumatore ha sviluppato una preferenza di marca, allora tenderà a notare la pubblicità di quel
prodotto, con il rischio di lasciarsi sfuggire di annunci pubblicitari di prodotti della concorrenza. Allo stesso
modo alla pubblicità del ristorante può diventare oggetto di grande attenzione se siamo alla ricerca di un
locale dove poter gustare una buona cena. Questo tipo di attenzione specifica è chiamata vigilanza
percettiva. Sempre più spesso occorre trovare soluzioni creative per attivare la vigilanza percettiva dei
consumatori: l'utilizzo di domande negli spot (soprattutto quelli radiofonici), così come la presentazione di
una storia che prosegue nel tempo, o l'uso di messaggi nei cartelloni pubblicitari che rimandano a una
possibile soluzione a una domanda o spiegazioni in futuro, sono tutte tecniche per cercare di mantenere
vigile l'attenzione del consumatore verso quei messaggi. L'uso di filtri personali attivati da desideri,
interessi, emozioni può dare vita non solo a una percezione selettiva, ma anche a una forma di percezione
difensiva, intesa come la tendenza a non rilevare la presenza di stimoli ritenuti non graditi o minacciosi e
spiacevoli. Ciò significa che le persone vedono e percepiscono ciò che intendono o preferiscono vedere al
fine di ridurre al minimo la spiacevole situazione della dissonanza cognitiva (Festinger, 1957). La
dissonanza, intesa come incoerenza da processi cognitivi, o come discordanza tra atteggiamento dichiarato
e comportamento agito, provoca una condizione di disagio che spinge l'individuo ad adottare tutte le
possibili soluzioni per recuperare uno stato di coerenza, di equilibrio e conseguentemente di "benessere".
Così, se ci si trova ad agire alcuni comportamenti o dichiarare alcune opinioni contrarie ai propri
atteggiamenti o credenze, e se tali comportamenti od opinioni sono stati dettati da libera scelta, la
sensazione provata sarà di uno stato di tensione spiacevole dovuto alla dissonanza tra il proprio
comportamento o l'opinione manifestata e il proprio atteggiamento. In questo caso si può comprendere
perché un fumatore incallito potrebbe selezionare tutte quelle informazioni che sottolineano la non
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pericolosità del fumo. Così come quando si acquista una nuova automobile si rischia di divenire
particolarmente sensibili a tutte le notizie che confermano la correttezza della scelta fatta, divenendo
meno predisposti a percepire e ricordare tutte le informazioni che discreditano l'auto acquistata.
L'ATTENZIONE
studiare l'attenzione e processi che la caratterizzano ci permette di rispondere ad alcune domande
importanti e chi deve promuovere un nuovo prodotto tra tanti già in commercio. Sebbene sia impossibile in
ogni istante fare attenzione a stimoli specifici, la nostra attenzione si sposta in continuazione. Una
determinata attività può catturare tutta la nostra attenzione, mentre altri stimoli potranno di volta in volta
attirarci in maniera quasi irresistibile. La percezione degli stimoli che bombardano costantemente i nostri
organi di senso è perciò altamente selettiva. Si tratta di un processo assai naturale, se non indispensabile,
per potere sopravvivere all'infinità di stimolazioni giornaliere che ci circonda. Se non avessimo questa
capacità di selezionare le informazioni non riusciremmo a parlare con un amico in mezzo a una folla di
persone, leggere il giornale o svolgere un compito in un luogo pubblico, trovare l'informazione utile in
mezzo mondo di messaggi, di luci, di colori e di voci. Purtroppo, a causa della selezione attentiva, un
consumatore potrebbe non prestare attenzione a un messaggio pubblicitario e ciò spiega come mai una
buona parte del mailing commerciale che giunge nelle case dei consumatori venga gettata via senza
nemmeno aprire la busta contenente una eventuale promozione. Hanno tutti gli stimoli in arrivo è dato
spazio di accesso. La visione del cibo ha certamente un effetto diverso sulla nostra attenzione in funzione
del nostro grado di sazietà. Bruner è partito dalla considerazione della percezione non è altro che un
processo di categorizzazioni. Non più solo acquisizione di informazioni attraverso i nostri sensi, ma processo
di rielaborazione delle informazioni sensoriali attraverso la guida dettata dai nostri desideri e dalle nostre
emozioni. Per dimostrare questo assunto Bruner si è servito di uno dei più noti esperimenti di manuale di
psicologia sociale riportano. All'esperimento, noto con il nome di Value and need as organizing factors in
percepition, consisteva nel chiedere a un gruppo di ragazzi di 10 anni di età di giudicare la grandezza di
alcune monete. Mac il gruppo campione di bambini proveniva da un'aria benestante di Boston, l'altra metà
dai sobborghi e dalle zone più povere della città. I risultati mostrarono i bambini di questo secondo gruppo
pendevano a sovrastimare la grandezza delle monete rispetto al primo gruppo soprattutto per le monete di
maggior valore, e ad accentuare le differenze tra le diverse monete, soprattutto quelle che avevano i valori
più estremi, contrastando il principio della tendenza centrale secondo cui un gruppo di valutatori tende
naturalmente a confluire verso un giudizio di valore medio indipendentemente dall'oggetto da valutare.
L'appartenenza a un contesto sociale, di sogni e desideri hanno influenzato la percezione della grandezza
delle monete indicando chiaramente l'influenza di processi "caldi" affettivi e cognitivi nell'elaborare le
informazioni. Lo stesso principio pare che valga per il consumatore che presta una maggiore attenzione a
una marca o un prodotto in funzione dei propri interessi. In questo caso si parla di attenzione selettiva.
Secondo alcuni autori questa selezione delle informazioni può avvenire in maniera precoce o tardiva.
Secondo l'ipotesi ricuce, l'attenzione agisce come filtro periferico che esclude dall'elaborazione gran parte
delle informazioni provenienti dal mondo esterno. Diversamente, i sostenitori dell'ipotesi della selezione
tardiva ritengono che il filtro apprensivo intervenga più tardi, al momento della selezione della risposta.
Quindi secondo l'ipotesi precoce l'attenzione è in grado di influenzare processi sensoriali e percettivi,
mentre l'ipotesi tardiva sostiene che l'attenzione agisce a livello post percettivo. Hillyard et al. (1973) hanno
dimostrato tale ipotesi attraverso l'analisi psicofisiologica del sistema auditivo nella famosa condizione
definita "cocktail party" in cui un ascoltatore focalizza la sua attenzione su una conversazione inibendo alla
ricezione di altre conversazioni. Anche se siamo al centro di una festa con tante persone e con
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un'assordante musica di sottofondo, riusciamo a concentrarci e a selezionare le parole della persona con
cui stiamo parlando.
BOX-ATTENZIONE , STILE COGNITIVO E PSICOLOGIA DEL CONSUMATORE PAGINA 69
il processo del "prestare attenzione" è molto complesso e implica diverse dimensioni. La selettività è
l'attività consistente nel focalizzare, fra i molteplici stimoli disponibili, quelli di volta in volta pertinenti al
compito o alla situazione, mentre gli altri sono lasciati sullo sfondo. Esistono dei limiti nella quantità di
stimoli a cui il soggetto è capace di prestare attenzione in un dato momento; interferenze interne
all'organismo (calo di motivazione, stati emotivi subentrati) oppure esterne (entrata in campo di altri
stimoli rilevanti) producono il cambiamento involontario in un focus attentivo precedentemente stabilito,
comunemente definito "distrazione". La capacità di resistere agli elementi distrattori e a mantenere la
concentrazione per tutto il tempo necessario definisce l'attenzione di mantenimento. Essa implica uno
"sforzo" mentale che può essere misurato in termini quantitativi. Un diverso tipo di attenzione e
l'attenzione divisa o multi-canalizzata, in cui occorre badare al tempo stesso da due categorie di stimoli,
senza che una di esse si è tenuta sullo sfondo o seguire contemporaneamente due compiti. Esempio di
questa capacità attentiva è guardare la televisione mentre si mangia o leggere un cartellone pubblicitario
mentre si guida. Lo shifting o switching comporta invece l'alternanza tra due focus attentivi, essi non
devono essere "attenzionati" contemporaneamente (come nel attenzione divisa), ma occorre passare
dall'uno al altro quando il compito lo richiede. L'attenzione del consumatore verso il prodotto specifico può
essere "distratta" da condizioni del contesto o della propria emotività, su essa possono interferire stimoli
che attraggono l'attenzione "divisa". Anche una incapacità di spostamento e alternanza dell'attenzione pur
interferire con la corretta percezione di tanti oggetti di consumo presentati in concorrenza tra loro, per
esempio nella vetrina di un negozio o nello scaffale di un supermercato. Dato che l'elaboratore (o
"esecutivo") centrale cui è deputato il controllo del flusso di informazioni a una capacità limitata, molte
operazioni routinarie devono essere delegate a meccanismi che funzionano in modo automatico,
prescindendo dall'attenzione volontaria costosa in termini di "sforzo". Un processo automatico consiste
nell'attivazione, sulla base di stimoli appropriati, di una sequenza presa di elementi, che procede senza
bisogno di attenzione intenzionale, cioè senza la necessità di controllo attivo da parte del soggetto. Un
processo controllato e invece a capacità limitata, richiede continuo sforzo di monitoraggio da parte del
soggetto, funziona in modo seriale attingendo al magazzino di memoria a breve termine. Tra gli scopi del
messaggio pubblicitario è preminente quello di indurre processi automatici di acquisto e di consumo, a
prescindere dall'attenzione controllata sul prodotto da scegliere e da consumare. Un concetto connesso a
quelli precedentemente esposti, è importante per la psicologia dei consumi, è quello di set: l'insieme di
aspettative e le disposizioni mentali che guida orienta l'attenzione e la percezione verso una certa categoria
di stimoli, o verso un'attività in grado di procurare l'appagamento di un bisogno. Questo stato può essere
del tutto automatico è passivo, oppure essere orientato attivamente dallo stesso soggetto. I fattori
contestuali agiscono nell'attenzione e nella percezione, contribuendo a determinare quali stimoli verranno
più facilmente attenzionati e percepiti, e quale sia l'interpretazione da dare a essi. Queste informazioni
aggiuntive provengono da tutto l'ambiente in cui è immerso ciò che sperimentiamo, cioè da quello che
chiamiamo contesto. È il contesto che indirizza l'aspetto selettivo dell'attenzione, e che sorregge la capacità
di mantenerla concentrata. Non solo la ricezione, ma anche l'interpretazione degli stimoli percepiti è
guidata dal contesto. Questo tipo di elaborazione "contestuale" è definita top-Down; perché sono le
conoscenze generali, di livello superiore, a determinare il riconoscimento delle unità percettive e di livello
più semplice.
L'ASSUEFAZIONE
22
l'assuefazione e quella situazione in cui, dopo un periodo di esposizione prolungata, uno stimolo costante
perde la sua capacità attrattiva. Diventiamo assuefatti agli oggetti quotidiani, nei messaggi abituali, ai
rumori costanti mettendo di percepirli, agli enormi cartelloni pubblicitari che investono vostri monumenti
in restauro. Se, tuttavia, vi è un mutamento nello stimolo cui siamo assuefatti, immediatamente questo
verrà notato nella nostra attenzione sarà di nuovo vigile. Come indicato da Williams (1988), per certi versi
percepiamo per differenziazione; il che significa che la nostra attenzione è attirata da oggetti e situazioni
che in qualche modo differiscono dal nostro livello precedente di adattamento e di assuefazione. Oltre
all'esigenza del controllo, si riconosce all'uomo una caratteristica particolare, che consiste nella voglia di
esplorare, di giocare e di incuriosirsi. L'eccitamento, l'emozione del rischio e la novità nascono dall'esigenza
di modificare propri schemi attraverso nuovi stimoli. È dimostrata inoltre l'esistenza di una particolare
caratteristica di personalità che distingue i cosiddetti sensation seekers (cercatori di emozioni) ovvero quei
soggetti con una "soglia di annoiabilità" molto più bassa degli altri. Questi soggetti sono alla continua
ricerca di stimolazioni sensoriali nuove, diverse, forti. Tra le varie spiegazioni di questo fenomeno vi è quella
che riconduce tutto a una società in cui viviamo ormai spinta verso gli eccessi e la disinibizione, una società
del no-limits: ciò provoca un continuo bisogno di emozioni intense. Spesso infatti negli spot pubblicitari nei
programmi televisivi assistiamo ad azioni esagerate o messaggi che incitano alla ricerca di emozioni forti. La
regolarità in un mondo complesso e l'innovazione esperienziale non si escludono a vicenda, ma si devono
intendere come estremamente complementari e interagenti. La novità è colta solo sulla base di uno
schema di riferimento solo in queste condizioni produce curiosità, esplorazione, eccitazione ludica. Infatti,
uno stimolo che riproduce perfettamente uno schema già noto determina abitudine, noia e disattenzione,
mentre uno stimolo che non coincide per nulla con gli schemi disponibili rischia di non essere percepito per
nulla. Questa è una delle ragioni per cui gli spot che richiamano schemi noti, evocando personaggio
situazioni ben conosciuti, sono quelli più apprezzati e di maggior successo. Oltre alle caratteristiche
individuali, le proprietà fisiche dello stimolo giocano un ruolo importante per attrarre l'attenzione del
consumatore. Tra queste vi sono l'intensità, la dimensione, la posizione, il contrasto, la novità, la ripetizione
e il movimento. Vediamo alcuni di questi aspetti più in dettaglio:






intensità: uno stimolo meno intenso tende a produrre maggiori assuefazione, anche se raddoppiare
il valore di uno stimolo non significa far accrescere proporzionalmente l'attenzione del
consumatore.
durata: gli stimoli che richiedono una maggiore esposizione per essere percepiti ed elaborati
tendono a produrre una più rapida assuefazione.
posizione: fa riferimento non solo al luogo dove lo stimolo viene collocato, ma anche alla sua
dimensione e alle caratteristiche che lo distinguono da stimoli simili. Per esempio a causa della
nostra abitudine a leggere da sinistra a destra è evidente che gli stimoli posizionati a sinistra del
nostro spazio visivo sono più facilmente percepiti
discriminazione: stimoli “semplici” tendono a stancare poiché non richiedono un'elevata tensione
contrasto: quanto più ampio è il livello di distinzione di uno stimolo rispetto a quelli tra i quali si
trova, tanto maggiore è la possibilità di attirare e mantenere attiva l'attenzione
rilevanza: stimoli che sono ritenuti meno rilevanti o poco importanti tendono a produrre più
velocemente assuefazione.
Ecco perché le aziende investono tempo e denaro per cercare di realizzare spot attraenti stimolanti tali da
invogliare lo spettatore a seguirli con attenzione e interesse.
BOX CULTURA DEL NO LIMITS E COMUNICAZIONE PAGINA 73
23
(dal mio libro si legge malissimo)
L 'ORGANIZZAZIONE DEL PROCESSO PERCETTIVO
Un aspetto importante del processo percettivo e quello che permette l'organizzazione delle informazioni. I
consumatori classificano ciò che hanno percepito in categorie e per fare questo lavoro si servono delle
categorie, che hanno già preso di ritenuto in memoria. Il processo di categorizzazione si verifica in maniera
rapida e inconsapevole ed è estremamente utile per poter far fronte alla complessità del mondo esterno. È
importante per ciascuno di noi riuscire a identificare gli oggetti e le persone utilizzando le informazioni già
immagazzinate in categorie. Ogni categoria non è altro che un insieme di oggetti che hanno in comune una
o più caratteristiche perfettamente rappresentate dall'oggetto o dalla persona che rappresenta il prototipo
della categoria. I film, le favole dei bambini in messaggi pubblicitari sono colmi di rappresentazioni
prototipiche, ovvero oggetti o persone che rispecchiano perfettamente il prototipo di una specifica
categoria: un personaggio "cattivo" verrà pertanto presentato con le labbra piccole, gli occhi stretti, un viso
spigoloso, inserito all'interno di un contesto freddo con colori scuri, ambienti squallidi ecc., Mentre il buono
avrà grandi labbra di colore rosso, la pelle chiara, un viso tondeggiante, con due grandi occhi blu. Questa
stessa immagine la ritroviamo in tanti messaggi pubblicitari in cui un bambino con queste caratteristiche ci
convince della bontà del prodotto condividere la stessa cultura, lo stesso linguaggio, gli stessi miti e
leggende permette di condividere anche la stessa modalità di attribuzione dei significati, un medesimo
universo simbolico capace di dare un senso comune e condiviso alle medesime cose. Per noi italiani la
categoria "neve" richiama un unico significato, queste molto diverso da quello degli eschimesi che
distinguono 21 tipologie di neve. Queste considerazioni non valgono solo per gli oggetti, ma anche nel caso
dell'impressione che ci facciamo degli altri, a volte per giudicare un estraneo ci serviamo di poche
informazioni, pochi elementi bastano per costruire l'impressione di una persona. Uno dei più noti
esperimenti in merito a questo processo di categorizzazione sociale è stato realizzato da Asch (1946), il
quale ha dimostrato come da una lista di aggettivi e di elementi che descrivono una persona è possibile
avere un'idea comune condivisa degli caratteristiche di personalità della persona stessa (modello
configurazionale).Asch al somministrato un gruppo di persone una lista di aggettivi (intelligente,
competente, industrioso, caldo, determinato, pratico, prudente) per avere una descrizione pressoché
condivisa da tutti di una persona generosa, sincera, che vuole che gli altri capiscano il suo punto di vista.
Oltre a questa immagine condivisa dalle persone che avevano letto la lista di aggettivi,Asch ha dimostrato
l'esistenza di alcuni elementi centrali capaci di modificare radicalmente l'immagine della persona. Bastava
sostituire l'aggettivo caldo con freddo per avere un'impressione profondamente diversa.Asch ha
contribuito significativamente all'applicazione delle teorie gestaltiche in campo sociale e ha voluto
dimostrare che l'impressione che ci facciamo degli altri è sempre più della semplice sommatoria delle parti.
Secondo i principi della Gestalt, le persone non percepiscono gli stimoli in maniera isolata. Il nostro cervello
tende a elaborare in maniera automatica le informazioni, servendosi anche degli schemi già immagazzinati
per dare senza significato a quanto viene percepito. In questo processo intervengono alcuni principi
organizzatori: questi sono la vicinanza, la somiglianza, la chiusura, la continuità di direzione, la buona forma
e l'esperienza passata.
24
Il triangolo di Kanizsa è una
delle illusioni più famose
della psicologia della
Gestalt.
Secondo il principio della vicinanza a parità di condizioni le parti vicine di un insieme percettivo si
organizzano nella formazione di un margine dando luogo a un'unità figurale. Così all'interno di una stessa
"scena", gli elementi tra loro vicini vengono percepiti come un tutt'uno. La vicinanza di prodotti e servizi
può creare un tutt'uno. Ralph lauren è riuscito a legare diversi stimoli proponendo immagini sempre
accostate fino a giungere alla percezione di un insieme: la linea Polo, le immagini dei country-club, il piacere
del classico
Principio della vicinanza: percepiamo
prima di tutto tre colonne verticali
sottili, e non due colonne larghe o
semplicemente sei linee verticali.
.
Secondo il principio di similitudine all'interno di una stessa "scena" di elementi tra loro simili per forma,
colore e dimensione, vengono percepiti come collegati
Principio di similitudine: percepiamo
righe di pallini pieni, alternate a righe di
pallini vuoti, benché lo spazio fra
palline pallino sia lo stesso, sia in
orizzontale che in verticale.
secondo il principio della chiusura le linee e le forme familiari vengono percepite come chiuse complete,
anche se graficamente non lo sono.
25
Principio della chiusura: in questa
figura diremmo che vi sono
rappresentati in cerchio e un quadrato
con tratto non continuo, ma la forma
percepita e riconosciuta e quella della
figura completa
Secondo il principio della figura sfondo le persone vengono percepite prima di tutto va proprio contorno,
mentre il resto viene inteso come sfondo.
Principio della figura sfondo: Nel logo
Rai possiamo vedere in blu due visi,
uno di fronte all'altro, su sfondo bianco
o anche una farfalla blu su sfondo
bianco. A seconda di cosa percepiamo
come "figura" classificheremo gli
elementi restanti come "sfondo".
A parità di altre condizioni, secondo il principio della continuità di direzione, si impone quella unità
percettiva cui margine offre il minor numero di cambiamenti o interruzioni. La buona forma è quel
principio secondo il quale il campo percettivo si fermenta in modo che ne risultino unità e oggetti percettivi
per quanto possibile equilibrati, armonici appunto di buona forma. Infine, il principio dell'esperienza
passata incide sulla percezione degli stimoli in modo tale da favorire la costituzione di oggetti con i quali
abbiamo familiarità, che abbiamo già visto, piuttosto che forme sconosciute o poco familiari. Secondo la
Gestalt la percezione visiva dipende dall'organizzazione delle percezioni e non funziona atomisticamente,
ma nella totalità (la mente completa parti coperte di figure, interpreta come righe seguenti punti eccetera).
LA PERCEZIONE DEI RISCHI
in un contesto sociale complesso e in continuo cambiamento si manifesta quello che Siri (2001) indica come
uno dei "difetti" maggiori del sistema dell'Io: esso, quanto più lavora sotto stress tanto più tende a irrigidire
gli schemi e i pregiudizi che governano il suo operare, nel tentativo di garantirsi una rappresentazione
rassicurante di sé e delle cose. Questa ricerca di coerenza e di stabilità la ritroviamo in diversi contesti e
dinamiche, anche nelle dinamiche percettive dei messaggi e delle comunicazioni, come per esempio quelli
fondati sulla paura e la loro efficacia, i fear arousing appeals. Si tratta di quei messaggi che inducono a
confrontarsi con la paura, l'angoscia e il senso di impotenza che derivano dalla rappresentazione di
situazioni a rischio, cioè situazioni in cui l'individuo viene a trovarsi per aver adottato comportamenti
irresponsabili, in primis verso se stesso, e spesso anche nei confronti dei propri simili. Anche questi
messaggi devono fare i conti con le difese percettive. Il fearing arousing appeal ha sempre avuto un ruolo
importante all'interno della pubblicità sociale. La pubblicità sociale ha infatti una funzione
didattico\pedagogica. La sua finalità è quella di indicare soluzioni di utilità collettiva, e pertanto risulta
talvolta istintivo ritenere che lo strumento della paura debba essere un utile strumento per la
progettazione del contenuto dei messaggi. Esiste tuttavia il pericolo che messaggi con un impatto troppo
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forte attivino nell'individuo una sorta di meccanismo di difesa che lo porta rimuovere un'esperienza
traumatizzante. È stato riscontrato che l'uso della paura ha un risultato efficace solo in particolari
condizioni. Tra queste vi è la necessità di offrire una soluzione che sia percepita realmente e facilmente
applicabile per scongiurare gli effetti spiacevoli. Quando la paura è elevata da persone possono respingere
le informazioni e non dargli conto. Anche contesti sociali culturali incidono sulla capacità delle persone di
poter recepire i messaggi persuasivi caratterizzati dalla paura. In un contesto come quello anglosassone è
possibile assistere a messaggi pubblicitari che fanno uso di scene particolarmente cruente paurose, in Italia
ciò non è possibile. Affinché un appello possa essere percepito e non vengano attivati filtri percettivi
occorre che sia costruito in modo sufficientemente realistico, senza quell'eccesso di orrore che provoca il
rifiuto del destinatario e soprattutto che sia costruito nel rispetto delle differenziazioni culturali che
possono contribuire a dare senza significato all'immagine. In particolare, la pubblicità sociale, come anche
quella commerciale, vive di un continuo interscambio tra ragione ed emozione, poiché è proprio grazie a
questa combinazione che messaggi acquistano efficacia.
BOX L'EFFICACIA DEI FEAR AROUSING APPEALS IN RUOLO DELLE ISTRUZIONI DI COPING (SECONDO ME NON SERVE A
NIENTE COMUNQUE È A PAGINA 79)
LA PERCEZIONE DELLA QUALITÀ DEI PRODOTTI E IL PAESE DI ORIGINE
il termine qualità è sempre più utilizzato per descrivere il valore che ci aspettiamo da un prodotto o da un
servizio. La qualità di un prodotto deve però fare i conti con la soggettività di chi vanta piccola percezione
che ha dei suoi attributi. È realmente difficile comprendere il significato profondo del termine qualità, uno
dei rischi maggiori e quello di confondere la qualità del prodotto con i riferimenti puramente tecnici e
aspetti esclusivamente superficiali. Per molte imprese qualità è una norma scritta, la famosa normativa ISO
9000. Si tratta di un insieme di normative internazionali sulla base delle quali tutti processi aziendale sono
stati ridisegnati secondo un modello razionalistico. La qualità a cui fa riferimento il consumatore è un
importante insieme di elementi di un prodotto o di una marca per fronteggiare con successo una
competitività crescente. In questo caso una prima definizione di qualità è relativa alla capacità naturale
fare nella maniera più compiuta le istanze di base del consumatore, ovvero la capacità fornire come
minimo ciò che il consumatore si aspetta. Ma non basta. Oltre a ciò che il prodotto deve offrire vi sono
alcuni attributi che rispondono alle aspettative del consumatore e altri attributi che contribuiscono alla
valutazione soggettiva di "qualità". A volte gli elementi che contribuiscono alla qualità di un prodotto
rischiano di essere in contrasto tra di loro. Per esempio, la qualità soggettiva percepita dai consumatori
relativamente a un'auto può essere garantita per alcuni dal comfort, per altri dalla sportività, per altri
ancora dalla sicurezza o dall'innovazione tecnologica. Come dice Fabris (2003), la qualità deve essere
sempre più considerata e studiata come elemento complesso e multidimensionale di un prodotto o
servizio, capace di garantire un certo polisensualissimo, di determinare forti emozioni e di stimolare la
sensazione che il prodotto sia ricco e significativo, capace di essere attuale culturalmente, di generare
esperienze nella sua globalità senza ridursi a un suo aspetto o a un suo attributo, capace di rapportarsi con
la dimensione economica e di garantire originalità e distintività rispetta ciò che offre il mercato. La
percezione della qualità di alcuni prodotti deve fare i conti con alcune convinzioni e credenze difficili da
modificare. I prodotti realizzati nel proprio paese in genere sono percepiti di migliore qualità rispetto a
come questi stessi prodotti vengono percepiti dai consumatori di altri paesi così come prodotti provenienti
da paesi industrializzati sono percepiti di migliore qualità rispetto a quelli provenienti da paesi in via di
sviluppo. I prodotti vengono dunque percepiti in funzione della loro origine il legame, a volte
27
assolutamente irrazionale e ingiustificato, tra prodotto il paese di origine ma a volte effetti positivi e altre
volte effetti molto negativi, poiché per un processo di generalizzazione (effetto "alone") gli aspetti negativi
di un paese possono essere generalizzati a tutti prodotti di quel paese. Questi stereotipi rischiano di
stimolare valutazioni superficiali e ingiustificate.
Capitolo 3 Iprocessi di apprendimento e i comportamenti di consumo.
Introduzione
Fin dalla nascita noi apprendiamo. Apprendere significa riconoscere, associare e ricordare.
Attraverso l’associazione di un prodotto a un ricordo si crea la possibilità di un legame che si
chiama fedeltà alla marca o semplicemente riconoscimento della marca di un prodotto.
L’apprendimento non si può osservare direttamente. Possiamo infatti solo osservare il risultato di un
processo che prevede degli input e un comportamento finale. Secondo Hilgard e Bower(1975) il
concetto di apprendimento si riferisce al cambiamento del comportamento di un sogg di fronte ad
una data situazione per il fatto che quella situazione sia stata sperimentata ripetutamente. Affermare
che il comportamento del consumatore è in continuo cambiamento, significa riconoscere che il
consumatore evolve continuamente in base alla sua storia personale, l’influenza del gruppo di
appartenenza, influenza culturale etc. questo significa che lo studio di questi fenomeni difficilmente
produce soluzioni valide nel tempo e nello spazio perciò i dati sui consumi devono essere
circoscritti ad un determinato prodotto o servizio, ad un particolare gruppo di consumatori, così
come ad uno specifico contesto spazio temporale.
L’apprendimento implica cambiamento: per apprendimento si intende qualsiasi cambiamento
relativamente stabile che si verifica in conseguenza di un’esperienza o di un’abitudine. È un
processo che implica un esperienza diretta o indiretta con un oggetto, prodotto, situazione o
persona. I consumatori apprendono preferenze o predisposizioni a comprare certe marche, a
preferire certi luoghi d’acquisto e di conseguenza cambiano i loro comportamenti. Il cambiamento
può essere innescato da nuovi stimoli che possono far cambiare i comportamenti. Affinché il
cambiamento sia duraturo è necessario che l’ esperienza del prodotto sia soddisfacente e coerente
con le aspettative create dal messaggio pubblicitario. Altro aspetto importante e che i cambiamenti
comportamentali che costituiscono l’apprendimento hanno un valore adattivo. Il valore adattivo è
stato studiato da Darwin(definito primo teorico moderno dell’apprendimento). Nella sua teoria
l’apprendimento rappresenta uno dei 2 meccanismi principali che assicurano la sopravvivenza di un
organismo che si adatta in maniera rapida alle molteplici richieste di cambiamento provenienti
dall’ambiente. Il meccanismo è costituito dalla selezione delle caratteristiche che permettono alla
specie di adattarsi alle variazioni macroscopiche dell’ambiente. La selezione naturale agisce
innanzitutto sul comportamento e solo in un secondo momento sulla struttura biologica; gli
organismi che si comportano in modo adattivo sono favoriti nella competizione per la
sopravvivenza e ancora di più lo sono quelli che sono in grado di apprendere comportamenti
adattivi. Nell’apprendimento, tra tutte le interazioni che un organismo instaura casualmente con
l’ambiente, verranno selezionate quelle che sono seguite da conseguenze positive(cioè adattive) per
l’organismo. Queste acquisizioni trasmesse alle generazioni successive, danno luogo all’evoluzione
culturale della specie. L’apprendimento è quindi il meccanismo individuale attraverso il quale si
realizza l’evoluzione culturale. Nella ricerca sui consumi, il valore adattivo dell’apprendimento
consente ad un organismo di interagire nel modo migliore con l’ambiente.
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Attraverso la ripetizione le persone apprendono un’innumerevole quantità di cose anche
accidentalmente. Nell’apprendimento accidentale infatti non vi è volontà di apprendere nuovi
comportamenti anche se ciò avviene in maniera inconsapevole. A volte ha una valenza molto più
forte di altre forme di apprendimento. Brehm parla di teoria della reattanza secondo la quale quando
le persone percepiscono di essere state private della loro libertà, esercitano una resistenza(reattanza)
e cercano di riaffermare la loro libertà e la loro capacità di controllo. L’apprendimento incidentale si
differenzia da quello basato sulla descrizione che prevede un processo di acquisizione di
informazioni anche attraverso esperienze vicarie. L’apprendimento può avvenire in maniera diretta
o indiretta. Alla base del processo di apprendimento vicario(indiretto)vi è l’abilità umana di
riconoscere le emozioni senza la mediazione della razionalità. Con questo infatti non solo riusciamo
a capire razionalmente quali sono i comportamenti da avere per ottenere un premio o evitare una
punizione ma riusciamo a vivere la medesima esperienza emotiva come se agissimo in prima
persona. Nell’apprendimento vicario il consumatore tende ad associare il brand o il prodotto con
l’emozione generata e rappresentata dal modello testimone, vedendo in quel brand lo strumento
sociale che permette di ottenere premi e punizioni. Si può così apprendere osservando il
comportamento di un attore. In generale le persone imitano comportamenti di altri se questi sono
seguiti da effetti positivi, mentre li evitano se seguiti da conseguenze negative. L’altra forma di
apprendimento deriva dall’esperienza diretta. L’apprendimento diretto prevede l’esperienza in
prima persona da parte del consumatore. Naturalmente il processo non è così lineare ma
l’elaborazione della propria esperienza è sempre soggetta a possibili bias o errori di interpretazione.
Le teorie dell’apprendimento.
Nessuna teoria riesce a piegare in maniera esaustiva il complesso processo di apprendimento.
Il comportamentismo fin dagli esordi si è occupato di apprendimento, focalizzandosi soprattutto sul
tema dell’associazione.
Le teorie associazioniste si fondano sul lavoro di Pavlov e Thornidike, i quali dicevano che per il
processo di apprendimento potesse essere spiegato soffermandosi sull’associazione tra stimolo e
risposta. Le teorie comportamentali infatti nascono dalla considerazione che l’apprendimento è il
risultato di risposte ad eventi prevalentemente esterni. La forma più semplice di apprendimento è
l’associazione cioè la connessione di due oggetti o eventi in un determinato tempo e luogo. Queste
associazioni si sviluppano frequentemente grazie al ripetersi delle connessioni tra 2 variabili come
ad esempio l’associazione di una melodia ad un prodotto, o un prodotto ad un jingle.
L’associazione è alla base dei tentativi di marketing di associare i valori di una marca ad un
prodotto. La pubblicità mira a sviluppare questo tipo di associazioni. Il rinforzo (le conseguenze di
un comportamento d’acquisto) sono un fattore fondamentale nella costruzione dell’associazione.
Infatti se si ottengono conseguenze positive dal fare una particolare azione, come acquistare e
consumare un tipo di prodotto, la soddisfazione che ne viene fuori aumenta la probabilità che tale
azione o comportamento venga ripetuto in futuro. In questo processo determinante è la forza della
ricompensa, come lo è anche la motivazione poiché se non si è motivati non si è in grado di
apprendere associazioni.
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Il condizionamento classico
Il condizionamento classico descritto da Pavlov nell’esperimento della salivazione, si verifica
quando ad uno stimolo neutro si associa uno stimolo in grado di esercitare(stimolo incondizionato
come il cibo) una risposta incondizionata(come la saliva). Dopo diverse associazioni, lo stimolo
neutro si trasforma in stimolo condizionato, ovvero capace di produrre la stessa risposta che solo lo
stimolo incondizionato era in grado di attivare prima del processo di associazione. Mentre Pavlov
studiava l’attività digestiva dei cani si rese conto che introducendo nella bocca di un cane della
polvere di carne o soluzione acida, questo produceva una risposta involontaria e automatica, ovvero
salivazione. Tale riflesso venne chiamato risposta incondizionale o incondizionata. Nel corso dei
suoi esperimenti notò che l’animale iniziava a salivare prima che il cibo avesse raggiunto la bocca e
che quindi la salivazione era prodotta dalla vista del cibo o addirittura dal riconoscimento dell’uomo
che generalmente gli portava il cibo. Tale reazione non era sicuramente innata e naturale,
evidentemente uno stimolo insignificante aveva assunto per il cane un nuovo significato ovvero un
segnale anticipatorio della comparsa del cibo. Pavlov cosi durante l’esperimento presentò più volte
al cane il cibo in grado di produrre la salivazione associandolo al suono di un campanello. Il cane
dopo un cero numero di associazioni tra stimolo neutro e stimolo incondizionato apprese che il
campanello era premonitore dell’arrivo del cibo. In questo caso accoppiando i due stimoli, lo
stimolo condizionato (precedentemente neutro )provocava una risposta di salivazione del cane. Si
era quindi verificato il condizionamento; un processo di sostituzione dello stimolo in base al quale
uno stimolo precedentemente neutro acquista la capacità di produrre la risposta che originariamente
veniva prodotta da un altro stimolo.
In pubblicità, molte promozioni e mes pubblicitari si ispirano al condizionamento classico,
attraverso l’associazioni di immagini positive capaci di produrre una risposta immediata e
automatica con un prodotto che in origine è neutro. L’associazione dell’immagine piacevole di un
testimone con un prodotto neutro è un esempio di condizionamento classico al mondo dei consumi.
L’immagine del testimone agisce anche nei processi di identificazione con i valori, i modi, gli stili
di vita del testimone con cui si entra in contatto tramite la pubblicità determinando una reazione
pacevole alla vista del prodotto come a quella stimolta dal testimone. Il condizionamento classico
permette di associare ad alcuni prodotti degli stimoli capaci di generare emozioni forti con
l’obbiettivo di generalizzare tale emozione anche in relazione al prodotto. Ad esempio alcuni spot
televisivi e radiofonici utilizzano la voce di famosi cronisti sportivi per evocare l’emozione che
l’ascoltatore ha provato durante eventi sportivi del passato. Nel condizionamento classico bisogna
tenere in considerazione quattro variabili:
Stimolo incondizionale (SI): è sempre in grado di provocare una risposta specifica da parte
dell’organismo. Incondizionata indica che è innata e naturale.
Stimolo condizionale(SC): in partenza stimolo neutro (SN) : se viene associato a quello
incondizionale dopo un certo numero di presentazioni riesce a svolgere la stessa funzione
producendone la risposta specifica.
Risposta incondizionale (RI): risposta specifica prodotta da uno stimolo incondizionale (la saliva
prodotta dalla polvere di carne)
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Risposta condizionale (RC): risposta allo stimolo condizionale.
Le applicazioni del condizionamento classico al mondo dei consumi.
Tutto il processo non si esaurisce nell’associazione di uno stimolo con un altro, infatti grazie al
processo di generalizzazione dello stimolo, l’effetto dello stimolo condizionato può generalizzarsi a
tutti gli stimolo simili. Secondo questo processo gli organismi possiedono la capacità di reagire a
situazioni di stimolo simili in modo simile. Questa infatti è una caratteristica intrinseca
dell’apprendimento: solo grazie alla possibilità di categorizzare la novità e di generalizzare su tale
categorizzazione è possibile apprendere. Il processo di generalizzazione degli stimoli serve a dare
stabilità e coerenza al comportamento degli individui in un ambiente altamente variabile. Nella
promozione di un prodotto la generalizzazione è importante poiché un associazione positiva che si è
creata con la pubblicità di una marca può ampliarsi e generalizzarsi a tutti i prodotti simili o
appartenenti a quella stessa marca. Esempio i prodotti kraft “cose buone dal mondo” sono tutti
buoni o li percepiamo così perché generalizziamo il grado di bontà a tutti i prodotti che fanno parte
della famigli kraft. La marca in questo caso diventa garante di valori, di benefici e caratteristiche
specifiche dei prodotti che distribuisce. Barilla ricopre una serie di prodotti che vanno da quelli
categorizzabili come paste, ai prodotti di panetteria fino ad avere line extension con sughi pronti.
Secondo questa tecnica si associa un brand che ha acquisito una certa notorietà a una nuova linea di
prodotti, permettendo quindi di generalizzare i valori e i significati acquisiti e attribuiti al brand di
un nuovo prodotto. Un’ altra tecnica è quella che sfrutta la similarità dei
marchi(lookalikepackaging) che stimola una generalizzazione del valore del marchio originale a
quello simile. Il trasferimento del significato da uno stimolo incondizionato a uno condizionato(il
nostro prodotto o marca) spiega perché nomi come malboro, coca cola o rana hanno una valenza e
un potere evocativo molto forte nei confronti dei consumatori. Giovanni rana nel 1990 diventa
testimone delle campagne pubblicitarie della sua azienda per garantire in prima persona la qualità
e la bontà dei suoi prodotti. Ha avuto il coraggio di esporre la mettere la propria faccia a garanzia
del prodotto. Oggi il brand rana è strettamante associato all’immagine del suo produttore e tale
associazione è immediata per tutti i consumatori, anzi sembrerebbe che tale ass. rischi di coprire il
prodotto
stesso.
Infatti
negli
ultimi
spot
appare
per
pochi
attimi.
Queste associazioni condizionate mirano soprattutto a creare una positiva brand equity e quindi
associazioni forti, favorevoli e uniche. Tale associazioni sono molto importanti perché attraverso
queste i consumatori deducono la capacità della marca di soddisfare i propri bisogni. Nel processo
di condizionamento grande importanza ha la ripetizione e la frequenza dell’associazione. Krugman
ha indicato che nella pubblicità è importante che ci siano almeno tre forti esposizioni per iniziare ad
avere un associazione efficace.
1) La prima che crei la consapevolezza dell’esistenza del prodotto
2) La seconda che contribuisce a sottolineare la rilevanza
3) La terza che ha funzione di richiamo alla memoria dei consumatori.
L’effetto del condizionamento si basa sul fatto che lo stimolo incondizionato viene presentato un
numero significativo di volte insieme allo stimolo condizionato. La ripetizione aumenta la forza
31
dell’associazione stimolo risposta e ne favorisce la memorizzazione. Molte campagne pubblicitarie
classiche si basano sulla produzione di uno slogan che se ripetuto un numero elevato di volte non
può che rimanere nella mente del consumatore. Allo stesso modo se viene meno il feedback e se lo
stimolo condizionato viene presentato senza lo stimolo incondizionato, si ha una notevole riduzione
del comportamento appreso. Questo processo di chiama estinzione intesa come diminuzione della
forza della risposta. Come alcune conseguenze rinforzano i comportamenti, la mancanza di queste
li indebolisce progressivamente.
Oltre alla generalizzazione, il processo inverso si chiama discriminazione dello stimolo ed è il grado
con cui un organismo è capace di reagire in modo differenziato e specifico agli eventi stimolo
presenti nell’ambiente: quando un org apprende a rispondere ad uno stimolo e non a un altro si è
verificato un processo di discriminazione.
Il condizionamento operante
Se otteniamo soddisfazione e piacere la probabilità di ripetere il comportamento che ci ha provocato
tale sensazione sarà sicuramente molto alta. Questo processo è il risultato di un condizionamento
definito operante. Mentre il condizionamento classico è caratterizzato dal processo di associazione
tra 2 stimoli, il condizionamento operante secondo Skinner 1938 si basa sul ruolo delle conseguenze
di un comportamento. Le conseguenze infatti possono modificare la probabilità che il
comportamento che le aveva prodotte si verifichi ancora. Prende questo nome dal fatto che il ruolo
dell’individuo è maggiormente attivo: l’individuo agisce e continuerà ad agire in funzione del tipo
di conseguenza che riceve. Il metodo proposto da Skinner è lo Skinner box una gabbia a prova di
luce e suono nella quale un operandum(una leva che veniva premuta da un ratto o un disco di
luminoso beccato da un piccione) era collegato ad un meccanismo di erogazione programmata di
conseguenze( un dispensatore di cibo o acqua e una sorgente di stimolazione negativa) e a un
registratore di risposte. La procedura prevedeva un periodo di deprivazione di cibo al ratto che
esplorava la gabbia ,ed entro 10-15 minuti premeva casualmente la leva. La pressione esercitata
sulla leva dal ratto portava all’erogazione del cibo all’interno di una vaschetta. Fu osservato che il
ratto una volta mangiata la pallina di cibo ricominciava a curiosare per la gabbia premendo ancora
la leva. Tutte le risposte registrate su un grafico mostrarono come le pressioni diventavano sempre
più frequenti e l’intervallo che separava l’una dall’altra sempre minore. Questo processo fu
integrato con un elemento aggiuntivo, facendo si che a volte il cibo fosse erogato dalla pressione e a
volte no. Inoltre la leva fungeva anche da elemento anticipatorio delle conseguenze. Appare chiaro
come nel condizionamento operante la conseguenza cibo rinforza il comportamento che ne hha
prodotto l’erogazione. Quindi le conseguenze che possono incrementare o ridurre la probabilità
dell’azione sono 4:
rinforzo positivo, rinforzo negativo, punizione, estinzione.
Il rinforzo è un evento-stimolo che ha come effetto quello di rafforzare , cioè rendere più frequente
e probabile un comportamento.
Rinforzo positivo
Il rinforzo positivo è uno stimolo che rafforza una determinata classe di risposte. Gli esempi nella
vita sono infiniti, dalla buona riuscita di un interrogazione ai complimenti per l’eleganza nel vestire.
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Ottenere un rinforzo positivo facilita l’apprendimento di un nuovo comportamento o il
rafforzamento di un’abitudine.
Rinforzo negativo
È uno stimolo che rafforza un comportamento mediante la sua rimozione. È’ quella conseguenza
che rafforza quei comportamenti che ci hanno permesso di evitare qualcosa di spiacevole, come per
esempio svegliarsi presto la mattina per arrivare puntuali in ufficio onde evitare il rimprovero del
capo. Molti mess pubbl. si servono del messaggio che sottolinea l’importanza dell’evitamento di
qualcosa di spiacevole. Comprare un profumo per evitare di non essere apprezzati è un
comportamento che si basa sul rinforzo negativo.
Punizione
E’ l’ottenimento di qualcosa di spiacevole e tende a inibire o a ridurre un comportamento. La
punizione diminuisce temporaneamente l’intensità o la frequenza del comportamento che segue ma
non lo elimina completamente, esso infatti ricompare e addirittura la punizione può avere l’effetto
paradossale di impedire che si verifichi questo processo di disapprendi mento chiamato estinzione.
Non basta aumentare le punizioni perché si riduca un determinato comportamento, si pensi ad
esempio alle droghe. La punizione non cancella l’apprendimento del comportamento che segue, ma
dà luogo con temporaneamente all’apprendimento di altri comportamenti, primo fra tutti quello
dell’apprendimento di reazioni emotive condizionate che interferiscono con gli apprendimenti
successivi. Un individuo che viene punito continuamente presente disturbi emozionali forti come
paura, ansia, aggressività. Un’altra risposta che viene appresa dopo una punizione è la risposta di
evitamento che si traduce in qualunque comportamento possa prevenire un’altra punizione.
Estinzione
È la diminuzione della forza della risposta. La velocità con cui avviene il decremento del
comportamento dipende dalla storia di apprendimento dell’individuo. Se siamo abituati a trovare
sempre e comunque il nostro prodotto preferito sullo scaffale del supermercato, non trovandolo
dopo un determinato numero di tentativi ci rivolgiamo all’addetto per chiedere spiegazioni. Se invce
siamo persone abituate a non trovare subito quel prodotto perché per esempio è esotico, prima di
desistere e chiamare l’addetto, faremo una serie di tentativi guidati dall’esperienza passata grazie
alla quale abbiamo appreso che è difficile reperire quello specifico prodotto. Il primo
comportamento è basato su una storia di apprendimento normale che produce una bassa resistenza
all’estinzione. Il secondo comportamento deriva da un apprendimento particolate, controllata da un
modello di rinforzo intermittente e che produce un’alta resistenza all’estinzione. Quando il rinforzo
è discontinuo, la risposta tende a persistere a lungo e l’apprendimento è molto più efficace.
Le applicazioni del condizionamento operante nei consumi
Nonostante la tecnica del condizionamento operante sia molto utilizzata in marketing la letteratura
scientifica sui consumi ancora oggi non ha gli ha dato una particolare attenzione. Nel 1976 alcuni
autori tra cui Carey, avevano dimostrato l’utilità del rinforzo nella vendita. Questi autori avevano
diviso un gruppo di clienti di una gioielleria in tre diversi gruppi: il gruppo a) veniva ringraziato
telefonicamente per essere stati clienti, il gruppo b) venne ringraziato per lo stesso motivo ma
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veniva informato di promozioni aggiuntive e il gruppo c) gruppo di controllo, non veniva fatto
alcun ringraziamento. Durante il mese di studio si rilevò un aumento delle vendite del 27% rispetto
allo stesso mese dell’anno precedente. Tale aumento era dovuto per il 70% al gruppo a) e per il 30%
al gruppo b). il terzo gruppo non aveva contribuito affatto all’aumento delle vendite. L’uso del
condizionamento quindi può portare a importanti risultati per le imprese.
Un fattore importante del condizionamento operante è il modo di presentazione delle conseguenze
(schemi di rinforzo) La presentazione dei rinforzi può essere di vario tipo: continuo o ad intervalli.
Il più semplice è quello continuo, che da luogo ad una curva di apprendimento rapida ma ad una
bassa resistenza all’estinzione. Infatti un comportamento appreso tramite rinforzo continuo non si
mantiene a lungo una volta che il rinforzo non sia più in azione. Un modello di rinforzo simile a
quello che si può trovare in natura è il rinforzo intermittente, nel quale una sola parte dei
comportamenti è seguita da un rinforzatore. Il rinforzo intermittente è stato studiato con diverse
modalità: i modelli di rinforzo ad intervallo in cui il rinforzatore è funzione della dimensione
temporale e i modelli di rinforzo a rapporto in cui il rinforzo avviene per quantità. Si hanno così
quattro
diverse
modalità
di
azione:
1)rinforzo a intervalli fissi: ovvero la distribuzione di rinforzi dopo un determinato intervallo di
tempo. Ecco perché ci affrettiamo a comprare quando ci sono i saldi e rallentiamo questo
comportamento quando i saldi non ci sono.
2)rinforzo a intervalli variabili: il consumatore non sa dopo quanto tempo riceverà la ricompensa e
perciò il suo comportamento sarà sempre attivo ed energico. Se pensiamo alla scuola, non saoendo
quando il prof avrebbe interrogato ci tenevamo ogni giorno pronti. (solo lui perché credo che noi
tutti che stiamo leggendo mai)
3)il rinforzo a rapporti fissi: il rinforzo viene dato dopo un numero ben preciso di comportamenti
corretti. Questa è la tecnica utilizzata dalle fidaty cards, per cui per ogni comportamento d’acquisto
coincide la certezza di avere punti il cui accumulo permette la vincita di un premio.
4)il rinforzo a rapporti variabili: non si hanno indicazioni su quanti comportamenti corretti bisogna
avere prima di ottenere una ricompensa, come nel caso delle slot machine.
Altro processo di apprendimento graduale che si basa sulle tecniche di rinforzo e viene utilizzato
dagli esperti di marketing è lo shaping( modellaggio). Un venditore di assicurazioni non chiederà
mai al suo cliente di firmare un documento se non dopo averlo condotto step by step fino
all’obbiettivo. Rinforzerà l’interazione attraverso l’utilizzo del linguaggio non verbale, con
ammiccamenti e sorrisi. Molti di questi messaggi infatti sono semplici rinforzi che gratificano
l’interlocutore che servono ad arrivare all’obbiettivo della vendita. Tale metodologia si basa sui
processi di generalizzazione e discriminazione.
All’interno del punto vendita i consumatori sono attratti da quelli che vengono definiti
prodotticivetta che calamitano l’attenzione di questo. Il consumatore una volta entrato nel luogo di
consumo, potrebbe acquistare prodotti più redditizi per l’azienda. Il prodotto civetta è sola una
scusa per rinforzare la possibilità di utilizzare un luogo di vendita. Anche le vendite soddisfatti o
rimborsati funzionano così.
L’apprendimento per insight
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Riepilogando, la diff tra condizionamento classico e operante è che il primo avviene in maniera
automatica senza la consapevolezza del consumatore e l’apprendimento è il risultato di
un’associazione. Il secondo invece più complesso e spiega come i consumatori apprendono
attraverso prove ed errori.
A volte apprendimento un comportamento attraverso l’insight. Studiato già da Kotler nel 1968, non
è altro che una forma di intuizione che ci permette di trovare una soluzione a volte molto innovativa
per risolvere un problema o un quesito. Questo deriva dalla capacità di essere flessibili, dall’uscire
da schemi precostituiti. E’ un processo di apprendimento studiato dalla psicologia cognitivista che
si è occupata dell’elaborazione delle informazioni, dei processi di categorizzazione degli stimoli etc.
L’attenzione per la mente da parte del cognitivismo porta ad un superamento del
comportamentismo, concentrandosi sulla mente non più come magazzino nel quale si accatastano
conoscenze ma bensì una struttura assai elaborata e connessa. Viene abbandonata l’idea della
memoria come passiva e vengono alla luce dei dati centrali: tanto più la conoscenza è strutturata
tanto più facile è memorizzare. La struttura è tanto più potente quanto ramificata e connessa con
altre. A questo modello si può fare risalire l’apprendimento e la memorizzazione delle mappe
cognitive. Anche per il processo d’acquisto, l’utilizzo delle mappe è molto interessante. Ognuno di
noi infatti ha delle mappe più o meno elaborate che indicano dove alcuni prodotti dovrebbero essere
in un particolare negozio.
L’apprendimento per imitazione.
Il processo di apprendimento per imitazione viene definito modeling da Albert Bandura e consiste
nel processo attraverso cui una persona osserva l’azione di un modello( affascinante, attraente
prestigioso). In questo caso le ricompense ricevute dagli altri in maniera indiretta rappresentano una
forma di rinforzo del comportamento osservato. Il modeling parte dalla considerazione che il
termine esperienza non si riferisce solo al contatto diretto con le cose, eventi e conseguenze di un
comportamento ma anche esperienze indirette e conseguenze mediate, la cui azione è stata vista su
altre persone. Presupposto del modeling è l’apprendimento osservatorio, che implica un modello e
un osservatore. Se la frequenza del comportamento dell’osservatore cambia in funzione del
comportamento del modello osservato si parla di modellamento. Tra i vari fattori che entrano in
gioco nel modellamento, primo fra tutti è il processo di imitazione, poi le proprietà di stimolo del
modello (età, sesso, status e la somiglianza del modello con il soggetto), il tipo di comportamento
del modello, ruolo del rinforzo e caratteristiche motivazionali dell’osservatore. Una donna che
compra un determinato prodotto cosmetico potrebbe ricordare l’effetto positivo che questo prodotto
ha avuto in un gruppo di amiche. L’utilizzo del testimonial in una campagna pubblicitaria si basa
proprio su l’apprendimento per imitazione. In questo caso infatti acquistare le marche che il proprio
idolo usa significa non solo avere gli stessi benefici e le stesse ricompense ma significa anche
immaginarsi come il proprio idolo.
Tale apprendimento è stato studiato soprattutto da esperti dello sviluppo del bambino. Tra questi
Albert Bandura, che è il creatore della teoria dell’apprendimento sociale, che sostiene che l’uomo
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per sua natura tende a imitare i modelli sociali, e quindi è proprio attraverso l’osservazione e
l’imitazione che acquisisce comportamenti. Secondo la teoria l’apprendimento avviene anche grazie
a quello che viene definito rinforzo vicariante: osservando e ricordando che qualcuno viene
premiato e lodato per un particolare comportamento, il sogg che osserva può essere incoraggiato ad
imitarlo. Al contrario guardare un sogg che viene punito suscita comportamento opposto.
Anche se non fu lui a chiamarla così, Bandura formulò negli anni 60 la teoria del
modellamento(modeling) che indica come avviene il processo di influenzamento della
comunicazione di massa sui comportamenti degli spettatori. Essa consiste in diverse fasi:
1)lo spettatore vede/legge nel contenuto mediale una persona(il modello) che compie una
determinata azione
2)l’osservatore si identifica con il modello
3)l’osservatore riconosce che il comportamento è funzionale cioè che produrrà un risultato
desiderabile
4)quando si trova in una situazione di stimolo, ricorda le azioni del modello preso in considerazione
e riproduce quel comportamento come risposta a quella situazione
5)compiere l’azione riprodotta ,da all’individuo qualche ricompensa che fa si che il legame tra
stimolo e quella risposta suggerita dal modello venga rinforzato
6)il rinforzo positivo aumenta la probabilità che quella risposta venga ripetuta abitualmente
dall’individuo
Teoria della disibinizione Secondo alcuni autori la visione prolungata di immagini violente
desensibilizza il soggetto ad un punto tale che scene di stupro di un film producano una riduzione
del livello di ansia legato a quel tema e minore empatia e solidarietà per le vittime. Emulazione è un
processo pericoloso che in questi ultimi anni abbiamo imparato ad apprendere. Proprio per evitare
tale rischio molte notizie di cronaca vengono comunicate cercando di non enfatizzarle
eccessivamente.
Il ruolo della memoria e dei ricordi nei consumi.
Il termine memoria si riferisce a informazioni o rappresentazioni interne basate su esperienze
passate e in grado di influenzare il comportamento futuro. Nel mondo dei consumi possiamo fare
riferimento a diversi aspetti del processo mnemonico. Tar i vari, ad esempio la capacità di un
messaggio promozionale di un prodotto di essere ricordato nel momento della scelta o ancora il
ricordo di un’esperienza passata in relazione a quel prodotto o l’emozione provata per averlo
posseduto sono tutti elementi che incidono sulla scelta. I prodotti fungono da stimolazioni per
rivivere o anche evitare di rivivere esperienze passate. La nostalgià è un’emozione che viene molto
utilizzata nella pubblicità per legare un prodotto o servizio ad un momento storico pieno di ricordi
positivi. Il termine nostalgia deriva dal greco nostos (ritorno a casa) e algos (dolore) e fu coniato da
un medico svizzero nel 1688 e utilizzato per descrivere una precisa malattia. Poteva essere una
sindrome privata o un morbo pubblico. Nel marketing si è consolidata una branca chiamata
marketing della memoria che crea prodotti e brand come tasselli principali nella costruzione di
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identità e storie di gruppi e generazioni. La Nutella un tempo alimento d’elite, è stata riposizionata
creando nuove occasioni di consumo. Sono stati creati legami forti con la tradizione ed il passato,
da prodotto da consumare di nascosto da soli a prodotto da condividere con gli amici.
Per capire i meccanismi che caratterizzano l’uso della memoria nel mondo dei consumi deve
conoscere meglio il processo mnemonico. La memoria è strettamente legata all’apprendimento,
cosa e come un individuo ricorda dipende da diversi fattori: la correlazione tra categorie, immagini
ed esperienze, età dei sogg, la frequenza con cui un’immagine viene richiamata alla memoria. Il
ricordo di un evento è soggetto ad una serie di alterazioni determinate da diversi fattori tra cui
l’emozione. La memoria non è mai uno specchio fedele della realtà ma il risultato di un processo di
elaborazione e rielaborazione delle informazioni. Si tratta di un processo di attribuzione di causa
che prende forma quando cerchiamo di spiegare un comportamento passato, attribuendo un nuovo
valore all’esperienza memorizzata e ricategorizzando l’esperienza stessa in maniera diversa. I
ricordi di relazioni affettive so no soggette a continue modifiche a causa delle emozioni che vi sono
collegate. L’abbandono di un partner trasforma i momenti più cari inesperienze amare modificando
il ricorso. Si tratta del cosiddetto processo di elaborazione del lutto che porta ad attribuire diversi
significati all’esperienza e a dimenticare la spiacevolezza dell’esperienza.
L’organizzazione della memoria e dei ricordi
Uno dei primi autori a occuparsi di memoria è stato Ebbinghaus(1885)che concentrandosi sull’oblio
riteneva fosse da attribuire al passare del tempo. Tale teoria conosciuta come legge del decadimento
fu confutata sulla base dei risultati sperimentali che misero in evidenza come non fosse il passare
del tempo a causare l’oblio ma quello che avviene tra l’apprendimento e il recupero dell’esperienza.
Si parla perciò di interferenza: retroattiva e proattiva.
Interferenza retroattiva:avviene quando la nuova informazione inibisce il recupero
dell’informazione vecchia. Le info di un nuovo prodotto possono interferire con il ricordo di uno
specifico prodotto.
Interferenza proattiva: le informazione vecchie agiscono inibendo il recupero delle info apprese
recentemente.
Alcuni studiosi dicono che quando singoli blocchi monotematici diventano troppo consistenti è
auspicabile attuare salti di argomento che portino ad un reset del sistema cognitivo di ricezione e
immagazzinamento della memoria. L’interferenza dimostra come il processo economico non è un
semplice rispecchiamento della realtà ma un continuo processo di riorganizzazione delle info.
Alla fine degli anni 60, all’interno della prospettiva cognitivista dello human informating
processing, gli psicologi Atkinson e Shiffrin, elaborano il primo modello della memoria che per
immagazzinamento, che distingue memoria a breve termine da quella a lungo termine. La memoria
è immaginata come una sequenza di tre magazzini in cui passa l’informazione che non può essere
elaborata da un magazzino se non è stata filtrata da quello precedente. Il primo magazzino è definito
memoria sensoriale, qui l’info rimane per qualche secondo. Questo tipo di registro non richiede
l’attenzione da parte dell’individuo e rappresenta la prima forma di immagazzinamento degli
stimoli con le loro caratteristiche sensoriali. Successivamente se si presta attenzione alla
stimolazione, l’info passa nel magazzino a breve termine che ha capacità limitata; generalmente il
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limite è di sette elementi, questa permette all’uomo di mantenere in uno stato attivo una limitata
quantità d’informazioni per un breve periodo di tempo e compiere su tali info diverse operazioni.
Infine solo attraverso l elaborazione e l’organizzazione degli stimoli, le info vengono concatenate
(Chunking) con altre info e passano nel magazzino a lungo termine. La memoria a lungo termine è
costituita dall’insieme di rappresentazioni, fatti, immagini sentimenti, esperienze che possono
essere presenti per tutta la vita. Secondo Graft e Schacter nel magazzino a lungo termine è possibile
distinguere tra memoria implicita ed esplicita. Parliamo di memoria implicita quando esperienze
precedenti facilitano l’esecuzione di un compito che non richiede un recupero intenzionale di quelle
stesse esperienze (l’acquisto di routine di un prodotto ormai familiare non richiede ad esempio
l’analisi di tutte le informazioni disponibili) parliamo invece di memoria esplicita quando invece
l’esecuzione di un compito richiede il recupero consapevole di tali esperienze (acquisto di un
prodotto ad alto rischio). All’interno della memoria a lungo termine possiamo distinguere anche la
memoria semantica e la memoria episodica. La memoria semantica fa riferimento alle conoscenze
che i consumatori hanno di un prodotto. Rappresenta l’insieme di significati attribuiti ad un
prodotto( es:tutte le informazioni relative al cibo giapponese); la memoria episodica invece fa
riferimento all’insieme delle informazioni che hanno uno specifico legame con un episodio o un
momento. Es: il ricordo di uno specifico ristorante giapponese mentre eravamo rapiti dagli occhi del
nostro partner che era con noi. Le strategie di comunicazioni tendono a attivare l nostra memoria
episodica, stimolando emozioni e vissuti. Un tipo di memoria semantica nel marketing è quella che
fa riferimento a come viene percepita l’immagine del brand( brand image) ad esempio l’immagine
del baffo nike richiama alla mente una serie di concetti e significati che sono stati associati al brand;
sportività libertà coraggio etc.
Studiando la memoria con compiti di rievocazione, gli psicologi hanno osservato che se il tempo
che intercorre tra la presentazione di una lista di parole ed il ricordo di queste è breve, è più
probabile che i sogg ricordino le parole che si trovano verso l’inizio e la fine della lista piuttosto che
quelle centrali. Le prime parole vengono ripetute più volte e man mano che si va avanti nella lista
diventà più difficile ricordarle tutte. Ne consegue che le parole che si trovano all’inizio sono
ricordate meglio(effetto primacy) rispetto alle altre. Inoltre poiché la memoria a breve termine ha
una capienza limitata, ogni parola successiva esclude quella precedente, ecco perché è più probabile
che vengano ricordate le ultime parole piuttosto che quelle centrali(effetto recency)
Fenomeno priming (preattivazione) inteso come la facilitazione nell’elaborazione di uno stimolo in
seguito a un’esperienza recente con quello stesso stimolo. Il priming di ripetizione si ha quando un
primo incontro con uno stimolo(stimolo primer) aumenta l’abilità di analizzare quello stesso
stimolo a una successiva presentazione. Questa facilitazione è misurata in termini di
velocità(maggiore rapidità) della risposta o di accuratezza(maggiore precisione) nella prestazione.
Questa facilitazione è molto importante per il marketing perché se viene utilizzata bene permette il
riconoscimento immediato di un prodotto.
Network associativo l’arrivo di nuove informazioni deve fare i conti con questa struttura presente in
memoria. Un consumatore per esempio potrebbe avere una rete per il concetto di pasta, ciascun
nodo rappresenta un concetto collegato alla categoria pasta; questi nodi potrebbero essere un
attributo(pasta fresca, provenienza geografica, tipologia) uno specifico brand( rana, voiello) un
personaggio famoso o testimonial. È importante nelle fasi di ricerca comprendere quale quale possa
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essere il set evocato dal concetto in maniera tale da rilevare i link di nodi della rete semantica
memorizzata e la loro forza. Alcuni link infatti sono molto forti nella mente dei consumatori, altri
invece molto deboli. Attraverso il concetto di network associativo è possibile descrivere le strutture
della conoscenza dell’individuo, studiare i contenuti, l’articolazione per comprendere quali sono le
conoscenze utilizzate dal consumatore per la scelta e la presa di decisione sulla base delle info
memorizzate. Importante è il grado di accessibilità degli attributi al fine di ottenere info utili
riguardo un concetto o un brand.
Lo studio dei processi mnemonici
Per studiare la rete di associazioni si può fare riferimento al paradigma della rievocazione libera.
Esso consiste nel far rievocare al soggetto il materiale appreso precedentemente( in qualque modo
sia stato appreso) nell’ordine da lui preferito. Questo consente di sottolineare alcuni effetti quali
primacy e recency, categorizzazione, clustering e organizzazione soggettiva. Si parla anche di
rievocazione suggerita quando uno stimolo viene suggerito al soggetto con il fine di facilitare la
rievocazione. I jingle o i claim degli spot servono proprio a facilitare il ricordo di un prodotto. Vi
sono
alcuni fattori
chiave di
attivazione nel
recupero
delle informazioni:
fattori fisiologici: gli anziani tendono a ricordare meglio le esperienze passate e le info memorizzate
durante la giovinezza.
Fattori situazionali: la novità dell’info influenza la memorizzazione.
Fattori emozionali: se l’emozione provato nel momento d’acquisto è simile con quella attivata dalla
comunicazione pubblicitaria, la scelta del prodotto è facilitata.
Capitolo 4 La motivazione al consumo.
La motivazione: il motore del consumo
L’essere umano, inserito in un ricco e articolato contesto sociale e culturale, è caratterizzato da
bisogni determinati da esigenze biologiche quali dormire, mangiare e riprodursi, e da bisogni che si
sviluppano nell’ambiente sociale in cui vive quali aspirazione a raggiungere una certa posizione
sociale o essere accettati e stimati dagli altri. Oggi il consumo trascende il valore funzionale di
soddisfazione dei bisogni. Il cibo ad esempio oggi ha anche una valenza simbolica, sia nella scelta
del tipo di cibo che nelle modalità di assumerlo. Possiamo distinguere tra bisogni innati, naturali e
generici che riguardano la natura dell’essere umano e bisogni acquisiti, culturali e sociali che sono
strettamente collegati all’esperienza alle condizioni ambientali e all’’evoluzione della società.
Le motivazione può essere definita come quella spinta interna che determina un’attivazione diretta
al raggiungimento di un obiettivo. Parliamo di motivazioni primarie per quelle motivazioni che
sono direttamente connesse ai bisogni fisiologici fondamentali(fame, sete, contatto emotivo),
secondarie per quelle motivazioni prodotte dai processi di apprendimento e dall’influenza sociale.
Queste ultime fanno riferimento ai bisogni appresi(autostima, prestigio, potere, ricchezza) dal
contesto sociale e organismo sociale(famiglia, scuola lavora e mass media). Secondo la teoria più
classica, la motivazione è il risultato di uno stato di tensione che guida il consumatore con il fine di
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cercare di ridurre o eliminare il bisogno stesso. La direzione in cui la spinta viene incanalata, viene
descritta come motivo vero che sta alla base di un preciso comportamento del consumatore, capace
di ridurre lo stato di tensione e riportare l’individuo a una situazione di omeostasi. Il processo di
fatto è molto più complesso. Infatti in molte circostanze, i consumatori sembrano motivati a tenere
desta la stato di tensione piuttosto che tentare di raggiungere uno stato di equilibrio riducendo lo
stato di tensione determinato dalle pulsioni. A volte sembra che l’individuo tenda ad avere
comportamenti che provocano un aumento di tensione e uno stato di forte attivazione
fisiologica(arousal). Con questo termine si indica l’intensità fisiologica e comportamentale. Alcune
esperienze di consumo infatti si basano sulla motivazione a ricercare forte emozioni e mantenere
alta la tensione psicofisica. Pensiamo ad esempio al piacere di dilazionare la soddisfazione
mantenendo attivo lo stato di tensione per poter godere di una soddisfazione maggiore subito dopo(
esempio preferiamo non rovinarci l’appetito mangiando un aperitivo molto ampio per poi godere
della cena). Gli studiosi della teoria dell’arousal ritengono quindi che la motivazione abbia a che
fare non solo con la riduzione ma anche con l’accrescimento dell’attivazione che alla fine ne
rappresenta una forma di regolamentazione. Questa teoria presuppone quindi che i soggetti siano
motivati non tanto ad abbassare l’arousal quanto a mantenerlo a livello ottimale, tanto da
riconoscere coloro che maggiormente sono attratti da questa forma di attivazione( sensation
seekers).
Dissonanza Già a partire dagli studi di Festinger(1975) sulla teoria cognitiva, è stato dimostrato che
gli individui pur di non trovarsi in uno stato di disagio determinato dalla dissonanza tra i propri
atteggiamenti e comportamenti, tendono a selezionare le info per rendere coerenti tra di loro
atteggiamenti e comportamenti. La dissonanza, intesa come incoerenza tra atteggiamento dichiarato
e comportamento agito, provoca uno stato di tensione che spinge l’individuo ad adottare tutte le
possibili soluzioni per recuperare uno stato di coerenza, di equilibrio e conseguentemente di
benessere. L’individuo quando si trova in uno stato di disagio per porre fine a tale stato di tensione,
è portato o a modificare il proprio atteggiamento o a selezionare adeguatamente le informazioni.
Così di fronte ad una decisione, esempio comprare un automobile, pur di evitare il disagio
provocato da informazioni contrastanti con la propria scelta, legge e ricorda solo le info che
supportano quella scelta rinnegando o screditando tutte le informazioni che dimostrano che
l’individuo a commesso un errore nell’acquistare quell’auto. L’individuo utilizza filtri cognitivi per
la selezione delle informazioni ed adatta la realtà modificando i suoi atteggiamenti per mantenere
uno stato di equilibrio interiore. Ogni atto d’acquisto, ogni messaggio pubblicitario, ogni relazioni
con gli altri, vengono inseriti e compresi all’interno di precisi percorsi di senso che l’individuo
costruisce, analizzati alla luce dei propri filtri cognitivi e affettivi analizzati alla luce dei propri
filtri cognitivi ed affettivi al fine di leggere la realtà e gli eventi secondo uno schema coerente con i
propri bisogni desideri e aspettative. Secondo Kunda la gente tende a vedere ciò che vuole vedere,
secondo quel processo definibile tendenza alla conferma. Secondo questo principio l’individuo
ricerca quelle informazioni che confermano il proprio punto di vista o l’immagine positiva di se
stessi. Altro meccanismo è l’optimistic bias, errori secondo i quali il consumatore tende a percepire
e rappresentare se stesso in forme più positive di quanto farebbero gli altri; o ancora la tendenza del
consumatore a focalizzarsi su immagini e pensieri congruenti con la propria aspettativa guidata da
esauriscano nei soli bisogni ma anche negli obiettivi e aspettative al fine di guidare il
comportamento. Modello tote( test operate test exit) propone il concetto di comportamento guidato
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da scopi. Ogni azione è diretta verso uno scopo specifico e ogni volta che un individuo deve
compiere un’ azione prepara un piano di comportamento per ottenere lo scopo prestabilito.
Le teorie cognitive e il ruolo dell’aspettativa.
La teoria dell’aspettativa ci dice che l’individuo è motivato dall’attesa di ottenere ricompense
positive dall’evitare esperienze negative. Weiner e altri autori per spiegare ill processo
motivazionale analizzano le componenti cognitive dei processi di attribuzione della causalità del
successo e dell’insuccesso. Egli distingue le cause in: interne esterne, stabili instabili, controllabili o
non incontrollabili. L’impegno è causa interna variabile e controllabile, mentre l’abilitò è causa
interna stabile e non controllabile. Non è sufficiente aver stabilito di essere causa dei propri successi
poiché occorre decidere se il proprio successo è frutto di impegno oppure di specifiche capacità. La
spinta motivazionale è strettamente dipendente da una serie di fattori: tra questi vi è l’ attribuzione
del locus of control. Gli individui nell’accumulare successi e insuccessi e nel rapportarsi con eventi
positivi o negativi che costellano la sua esperienza, struttura un proprio sistema specifico di attese.
Questi sistemi di attese vengono divisi in due categorie dalle quali derivano due prototipi di
soggetti. A un estremo si posizionano coloro che hanno un locus of control interno che credono
nella propria capacità di controllare gli eventi, questi soggetti attribuiscono i propri successi o
insuccessi alle proprie capacità volontà e abilità. All’altro estremo si posizionano coloro che hanno
un locus of control esterno secondo i quali gli eventi della vita, come premi e punizioni dipendono
da fattori esterni imprevedibili, quali il caso e la fortuna. Altri due fattori in grado di influenzare il
processo dii motivazione sono: la stabilità della causa e la sua controllabilità. Sul piano psicologico
questi 2 processi possono influire sul modo di percepirsi e di percepire gli altri. Se l’individuo
attribuirà il suo insuccesso ad un impegno sufficiente e non alla mancanza di abilità persevererà nel
suo scopo e si sentirà motivato a impegnarsi maggiormente la volta successiva. Se al contrario
attribuirà l’insuccesso alla mancanza di abilità sarà propenso a rinunciare.
La motivazione intrinseca ed estrinseca
La motivazione intrinseca è quella che porta ad intraprendere un’attività perché di per se motivante.
un soggetto quando è intrinsecamente motivato, attiva il suo comportamento per divertimento o
sfida e non per ricompense esterne. Le attività dell’individuo estrinsecamente motivato invece sono
sostenute da rinforzi esterni(vantaggi, ricompense, evitamento di conseguenze sgradevoli).
La motivazione intrinseca non può essere rappresentata come un costrutto unitario, ma va
considerata sfaccettata. Secondo la Multifaceded theory of intrinsic motivation si possono
distinguere 16 desideri fondamentali alla base del costrutto della motivazione intrinseca. La
soddisfazione di ciascuno dei desideri produce un sentimento di gioia, e si può ipotizzare che ogni
consumatore abbia una diversa attribuzione di priorità in base al contesto sociale, ai valori di
riferimento e esperienze personali. Secondo questo schema ciò che motiva gli individui è la
discrepanza tra la quantità di soddisfazione intrinseca desiderata e quella che viene esperita. Il
significato degli oggetti di consumo e la soddisfazione dei bisogni ad essi correlati sono
prevalentemente simbolici. Ciò non vale solo per gli oggetti più costosi ma anche per quelli più
insignificanti. Gli oggetti di consumo possono essere infatti parte integrante della storia personale di
un individuo e del suo modo di rappresentarsi, di narrarsi e di percepirsi. In un contesto sociale in
cui le relazioni tra persona e oggetti di consumo sono sempre più correlate con le biografie
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individuali, lo studio delle motivazioni all’acquisto deve prevedere un approfondimento del valore
simbolico degli oggetti, senza soffermarsi solo su quello funzionale. Se non fosse così non si spiega
il senso e il significato di promuovere la vendita di una scopa chiamandola per nome pippo e
rappresentandola con valori simbolici e significati relazionali anche se si tratta di un oggetto così
comune.
La dimensione gerarchica della motivazione e la catena mezzi-fini.
Le motivazioni possono essere intese come sistemi gerarchi di scopi e come sistemi di monitoraggio
e controllo per raggiungere gli scopi medesimi attraverso un processo che può essere distinto in
diverse fasi: 1) individuazione degli obiettivi 2)valutazione dei mezzi disponibili 3)traduzione delle
intenzioni in azioni 4) cambiamento degli obiettivi e delle strategie per raggiungerli in funzioni del
variare del contesto. Questa visione gerarchica prevede anche una suddivisione degli scopi in
maniera altrettanto gerarchica, infatti possiamo individuare obiettivi o scopi centrali e obiettivi o
scopi secondari. Per esempio se la motivazione che spinge il consumatore è perdere kili di troppo,
questa rappresenta lo scopo principale al quale possono essere correlati una serie di copi secondari
quali la cura del proprio corpo ed il benessere. La motivazione quindi può essere definita come una
configurazione organizzata di esperienze soggettive che consente di spiegare l’inizio, la direzione e
la persistenza di un comportamento per raggiungere uno scopo. È sempre più frequente sostituire al
termine motivazione orientamento motivazionale che esprime meglio questa evoluzione teorica. La
presenza di molteplici bisogni alla base del comportamento di consumo era già stata rappresentata
da Williams nel 1982 che diceva che è possibile descrivere il rapporto tra comportamento agito e
aspetti motivazionali sulla base di 2 rappresentazioni: modello mezzi-fini e quello che presenta la
motivazione come un conglomerato di bisogni.
La catena mezzi fini è lo strumento concettuale che permette di comprendere il modo in cui i
consumatori percepiscono le conseguenze che derivano dall’utilizzo e consumo di un prodotto. L’
acquisto di una lavastoviglie di una certa marca risponde contemporaneamente a diversi bisogni
posti in ordine gerarchico: il piacere della pulizia, il desiderio di un aiuto nelle pulizie di casa,la
voglia di autonomia. Il collegamento tra consumatore e prodotto avviene pertanto attraverso la
costruzione di una serie di relazioni tra attributi concreti e astratti del prodotto, conseguenze
funzionali e psicologiche legate all’uso del prodotto, e infine bisogni di base e motivazionali finali.
I beni/ servizi vengono visti dal consumatore vengono visti dal consumatore come strumenti per la
soddisfazione dei propri bisogni più o meno consci. Nel modello mezzi-fini, il prodotto quindi non
è scelto e acquistato per se stesso ma per il significato che questo assume nella mente del
consumatore. L’analisi mezzi fini ha una valenza molto importante, essa infatti permette l’analisi di
posizionamento e segmentazione del mercato, lo sviluppo di nuovi prodotti o il miglioramento di
quelli attuali e l’elaborazione di strategie di comunicazione. Il metodo più utilizzato per ricostruire e
valutare la catena mezzi-fini è il leddering una tecnica qualitativa di intervista in profondità one to
one con il cliente e che permette di ricostruire e rappresentare graficamente la mappa cognitiva
delle relazioni tra prodotti, attributi, benefici, bisogni e valori. Con questa tecnica vengono indagati
i motivi di una scelta d’acquisto, tentando di risalire dagli attributi del prodotto che l’hanno
determinata ai benefici percepiti sino ad identificare i valori finali che attraverso il comportamento
di consumo si ritiene di poter ottenere. La procedura basata sul leddering prevede diverse fasi;
l’individuazione delle caratteristiche salienti dei prodotti o della marca oggetto d’indagine e il
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riconoscimento dei benefici e dei valori sia nella fase di raccolta dei dati(intervista) sia in quella di
analisi dei risultati(costruzione mappa). Le tecniche di costruzione dei network associativi possono
essere diverse: la richiesta diretta in cui si chiede al consumatore di esprimere le ragioni che lo
spingono all’acquisto del prodotto considerato cercando di capire quali sono le finalità che intende
raggiungere. Il confronto comparativo che consiste nel sotto porre a ogni intervistato delle triadi di
prodotto o marche e nel chiedere di enunciare le differenze e similarità che percepisce. Analisi di
contesto in cui gli viene chiesto di ricordare un’occasione di utilizzo del prodotto con il fine di
analizzare tale occasione. Analisi ipotetica in cui si chiede al soggetto di immaginare il suo
comportamento in caso di assenza del prodotto; leddering negativo in cui vengono chieste le ragioni
per cui non si fanno determinate cose o non si vogliono provare determinate sensazioni; leddering
regressivo nel quale si invita il soggetto ad andare indietro nel tempo e poi esprimere sentimenti e
comportamenti di acquisto in riferimento a precedenti occasioni di consumo; leddering positivo si
invita il soggetto a ricordare un’occasione d’acquisto ed esprimere non le sue ma le impressioni di
un terzo che l’intervitato sceglie di impersonare per individuare i fini ultimi di quella persona.
Le tipologie di bisogno
Secondo Murray, il bisogno è un costrutto ipotetico che organizza e guida il comportamento al fine
di mantenere l’organismo in una condizione di equilibrio. I bisogni secondo questo studioso
possono essere suddivisi in 4 dimensioni.
Bisogni primari e secondari, a seconda che abbiano origine fisiologica o no.
Bisogni positivi e negativi, a seconda che il soggetto sia attirato o respinto dall’oggetto
Bisogni manifesti o latenti a seconda che il bisogno conduca a un comportamento reale o no
Bisogni consapevoli o inconsapevole a seconda che il soggetto mantenga nei loro confronti un
atteggiamento introspettivo o meno.
Secondo Murray l’insieme dei bisogni è universale e uguale per tutti e ciò che differenzia un
individuo da un altro è la diversa attività attribuita a un particolare bisogno. Murray utilizza il
Tat(thematic apperception technique) un test che si basa sulla visione di una serie di figure,
ambigue di fronte alle quali l’individuo è teso a proiettare pensieri, emozioni, desideri strettamente
legati ai bisogni, anche i più inconsapevoli e inconsci. Un ulteriore contributo viene da Mcclelland
che individua 3 tipi di bisogni, potere affiliazione e successo, ai quali aggiunge motivazione alla
competenze e motivazione all’unicità. Queste motivazione possono produrre comportamenti
differenti: la motivazione al potere è una spinta per evitare la dipendenza; la motivazione
all’affiliazione per evitare l’isolamento e la motivazione al successo per evitare il fallimento. La
motivazione alla competenza e all’unicità è una spinta a sviluppare continuamente le proprie abilità
e a svolgere i propri compiti mantenendo un’ elevato standard di prestazioni con l’obiettivo di
essere unici.
Lo studio delle motivazioni al consumo richiede anche una breve considerazione sulla base dei
principi della teoria di Veblen che prende in considerazione il ruolo della classe agiata nel
determinare la motivazione e la nascita di modelli di consumo di carattere ostentativo , attraverso i
quali gli individui appartenenti a tale classe dimostrano la propria agiatezza nei confronti della
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classe inferiore. In questo caso il bisogno di differenziarsi e il bisogno di prestigio guidano i
comportamenti di consumo. Così facendo la classe agiata offre modelli di comportamento di
consumo alla classe meno agiata.
Le teorie freudiana della motivazione
Un contributo significativo allo studio sulle motivazioni viene dalla teoria psicanalitica secondo la
quale il comportamento umano sembra determinato da un perenne conflitto tra i desideri di una
soddisfazione immediata e la necessità di rispondere alle regole della società e della morale. Freud
riteneva che in ogni uomo operassero 2 tipi di pulsioni: la pulsione della vita comprendente libido e
istinto di autoconservazione e la pulsione di morte ( Thanatos) che si manifesta in tendenze
autodistruttive. Nel modello dinamico di Freud l’inconscio coincide con il rimosso cioè con tutti
quei contenuti psichici il cui accesso alla coscienza è costantemente impedito dalla rimozione. La
rimozione rappresenta uno tra i possibili meccanismi di difesa teorizzati da Freud per spiegare il
contrasto tra ciò che è voluto e desiderato e ciò che è lecito agire in un contesto sociale. I
meccanismi di difesa sono utili per spiegare i comportamenti dei consumatori. Quelli individuati da
Freud sono: identificazione è il meccanismo secondo il quale l’individuo si identifica in un’altra
persona(testimonial ad esempio) considerata migliore e meno vulnerabile nei confronti delle proprie
pulsioni. Rimozione ha lo scopo di impedire che contenuti mentali pericolosi affiorino alla
coscienza. Sublimazione l’individuo sostituisce un obiettivo non raggiungibile o inaccettabile con
un altro socialmente accettabile. Proiezione è quel processo inconscio con cui si attribuiscono ad
altri sentimenti negativi della propria coscienza perché inaccettabili. Questo permette di evitare il
senso di colpa e giustificare la propria condotta verso glia altri. Formazione reattiva sostituzione di
un sentimento o desiderio inaccettabile con il suo opposto (amore-odio). Fissazione è un
meccanismo con cui l’individuo blocca il suo sviluppo psichico a uno dei primi stadi di sviluppo
cognitivo e comportamentale per il timore di affrontare l’angoscia legata agli stadi successivi(
sindrome di peter pan). Regressione ripiego ad uno stadio evolutivo precedente in cui il soggetto si
sentiva sicuro poiché non si era ancora dimostrato lo stimolo angosciante. Negazione consiste nella
repressione della realtà e negazione delle evidenze per stabilire un equilibrio psichico.
Fantasmatizzazione si ha quando l’individuo non accetta la realtà e produce fantasmi che
consentono di sostituirla con una più accettabile. Introiezione prima ancora di essere una difesa, è
un meccanismo psichico che si può osservare già nei primi mesi di vita del bambino. All’inizio
della vita il bambino vive un rapporto di simbiosi con la madre, la presenza della madre che gli da il
latte è assimilata alla vita, la sua assenza alla morte. All’inizio l’introiezione rappresenta la
gratificazione immediata e completa dell’istinto ed i senso di benessere che scaturisce da questa
gratificazione porta il bambino a conservare l’oggetto che gli assicura il benessere e a identificarsi
con lui.
Un ulteriore teoria portata avanti da Freud prende il nome di modello economico che fa riferimento
alla quantità e intensità delle forze psichiche in gioco. In base a questo modello Freud traccia la
linea di demarcazione tra normalità e patologia in campo mentale. Il modello più conosciuto per la
descrizione delle spinte motivazionali è quello strutturale elaborato da Freud nel 1920, secondo il
quale nello studio dei comportamenti e motivazioni è possibile distinguere una precisa struttura
dell’apparato psichico, composta da tre istanze:
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Es: completamente inconscio, rappresenta il serbatoio di tutte le pulsioni(sessuali, aggressive, auto
conservative). Questi contenuti psichici sono in parte ereditari e innati e in parte rimossi e acquisiti.
L’Es agisce irrazionalmente per la soddisfazione dei bisogni. Rappresenta il bambino che è in
noi.(principio di piacere)
L’Io: rappresenta il mediatore tra l’es, il super io e le esigenze della realtà esterna ed interna. Svolge
funzioni coscienti cercando di garantire un collegamento con la realtà. Funziona secondo il
principio della realtà.
Il super io: in buona parte inconscio, svolge il ruolo di giudice nei confronti dell’io e rappresenta la
coscienza morale, i valori e gli atteggiamenti autocritici.
La teoria freudiana ha ispirato molto la ricerca sulle motivazioni del consumatore, una delle
maggiori implicazioni e che per riuscire a studiare il comportamento dei consumatori occorre
andare oltre ciò che si vede. Seguendo questo filone, negli anni 60 nasce la ricerca motivazionale
che sostiene che è sempre possibile fornire una spiegazione di qualsiasi comportamento in chiave
causale. In questo caso osservando il comportamento del consumatore la motivazione può essere
definita come la spinta a soddisfare i bisogni anche più irrazionali e a migliorare l’opinion di sé
attraverso l’acquisto di un determinato prodotto o una particolare marca anche se ciò non ha base
razionale e consapevole.
La teoria gerarchica dei bisogni di Maslow.
Secondo la teoria della gerarchica dei bisogni di Maslow, i bisogni possono essere suddivisi in 5
categorie disposte in ordine progressivo, per cui senza la soddisfazione dei bisogni dei livelli
inferiori non si sente la necessità di soddisfare quelli dei livelli superiori. I bisogni di livello
inferiori sono i bisogni fisiologici legati alla dimensione biologica, poi troviamo i bisogni di
sicurezza legati alla sensazione di protezione e di sicurezza fisica e psichica. Seguono i bisogni di
appartenenza e di riconoscimento sociale, legati all’esigenza di sentirsi parte integrante di un
gruppo. Poi abbiamo i bisogni di autostima legati all’esigenza di avere una buona immagine di sé,
ed infine quelli più difficili da raggiungere i bisogni di autorealizzazione legati alla sensazione di
realizzazione personale. Questa scala dei bisogni è stata utilizzata dal mondo del marketing in
maniera forse un po’ troppo semplificata. In realtà i consumatori non passano in maniera così
schematica da un livello all’altro. Inoltre non è detto che un prodotto o una marca soddisfino solo
uno dei suddetti bisogni, così come non possiamo non considerare che questa gerarchia potrebbe
andare bene solo per il contesto culturale e sociale all’interno del quale è stata studiata. Gli
appartenenti ad altre culture per esempio potrebbero considerare molto più importante la
dimensione sociale piuttosto che la sicurezza. Ed ancora bisogna poi considerare la predisposizione
personale, ogni individuo infatti ha una particolare situazione personale e quindi avere differenti
priorità e specifici bisogni da soddisfare.
Il coinvolgimento.
Il concetto di coinvolgimento indica la rilevanza che un particolare oggetto o prodotto può avere per
un individuo in base ai suoi bisogni, ai suoi valori e ai suoi interessi. Il grado di informazione a cui
presta attenzione un consumatore è strettamente dipendente dal suo grado di coinvolgimento.
Questo grado di coinvolgimento può essere considerato come un continuum dove da parte vi è lo
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stato di inerzia, che porta a prestare attenzione solo agli aspetti più superficiali ,il comportamento
del consumatore è legato all’abitudine e le decisioni vengono prese senza analizzare attentamente le
possibili alternative. Dall’altra parte vi è il coinvolgimento massimo che spinge l’individuo a
cercare informazioni e a scegliere solo dopo un’attenta analisi di tutte le possibili scelte. Heath
propone uno schema con 3 diversi livelli di attività cognitiva in relazione al coinvolgimento verso
uno specifico stimolo: livello di attivazione di elaborazione delle informazioni; tipologia di
apprendimento; effetto consecutivo all’apprendimento. Nel caso di elevato coinvolgimento e quindi
di un’attrazione o attenzione alta verso lo stimolo, il processo di elaborazione delle informazioni
prevede un impegno maggiore. Nel caso di un più basso gradi di coinvolgimento (inerzia), l’analisi
dei dati sarà più superficiale e il consumatore sarà astratto dagli aspetti più irrilevanti e superficiali
della comunicazione. In questo caso il tipo di apprendimento sarà più passivo e meno consapevole e
il conseguente cambiamento degli atteggiamenti più lento e graduale. Ci troviamo di fronte ad una
forma di apprendimento a basso coinvolgimento cognitivo che Shiv e altri autori chiamano lowerorder cognition. In questo caso la frequenza di presentazione della comunicazione avrà una
funzione determinante nel processo di apprendimento. Poiché i fattori che influenzano il grado di
coinvolgimento possono essere diversi e attribuibili alla situazione personale del
consumatore(interessi, valori, bisogni) all’oggetto in sé( contenuto informazione, disponibilità di
alternative) ed alla situazione, la motivazione a prestare attenzione risulta essere il risultante della
combinazione di ogni singolo fattore in uno specifico momento e in un dato spazio.
Il product involvement rigurda il livello di interesse per un prodotto. Molte campagne promozionali
sono finalizzate in modo specifico ad accrescere questo tipo di coinvolgimento nei consumatori. In
questo caso si punta a dare maggiori informazioni sul prodotto e sulle specifiche caratteristiche.
L’advertising involvement si riferisce al livello di interesse nei confronti della comunicazione
relativa al prodotto. Infine il purchase situation involvement riguarda le differenze che possono
esserci nelle situazioni in cui ci si trova per l’acquisto di un particolare prodotto. La presenza di
altre persone significative, tipo la donna amata, così come l’essere in vacanza piuttosto che ad un
noioso convegno influenzano profondamente il grado di coinvolgimento. Il coinvolgimento è in
grado di modificare la nostra capacità di raccolta delle informazioni e attribuzioni di senso.
L’influenza dei processi caldi e della motivazione nella costruzione della realtà.
Uno dei contributi più interessanti allo studio del grado di influenza dei processi psicologici “caldi”
( la motivazione, aspettative, bisogni) sui processi cognitivi e decisionali è quello di Bruner che
sottolinea e indica il ruolo delle motivazioni, i desideri e le emozioni hanno nei processi sociali e in
quelli decisionali. Per dimostrare ciò l’autore si è servito di uno dei più noti esperimenti di
psicologia sociale. Tale esperimento consisteva nel chiedere a un gruppo di bambini di 10 nni di
giudicare la grandezza di alcune monete. Metà del gruppo proveniva da un’area benestante di
Boston, l’altra metà da sobborghi e zone povere. I risultati mostrarono come questi ultimi bambini
tendevano a sovrastimare la grandezza delle monete rispetto al primo gruppo. In questo caso
l’appartenenza al contesto sociale, i bisogni e desideri hanno influenzato la percezione della
grandezza delle monete indicando chiaramente l’influenza dei processi caldi affettivi nell’elaborare
le informazioni. Le motivazioni sembrano quindi avere un ruolo determinante nell’interpretazione
della realtà e nel giudicare i comportamenti. Diversi studi hanno infatti sottolineato l’influenza
esercitata dalla motivazione all’accuratezza sui processi cognitivi.
46
La motivazione all’accuratezza spinge l’individuo a ricercare e adottare strategie più onerose, il suo
contrario invece la motivazione alla chiusura spinge all’adozione di strategie semplificatrice
esempio le euristiche.
La realtà quindi non è assoluta ma la sua percezione può variare a seconda del gruppo a cui un
individuo appartiene. Secondo Lewin le forze ambientali hanno un ruolo di grande rilievo nello
sviluppo dell’individuo e nella determinazione del suo comportamento, ma ciò che è importante è
la profonda relazione causale circolare fra le une e le altra. L’ambiente esperito dall’individuo è
visto diverso da persona a persona, come anche per la stessa persona in momenti diversi. Solo negli
ultimi anni si è assistito in campo psicologico a una maggiore attenzione alla dimensione narrativa e
simbolica per la comprensione dei comportamenti social. Così lo stesso oggetto o comportamento
umano assumono un significato diverso nel tempo e nello spazio, perché condizionati dalla cultura e
dal modo di interpretare secondo principi situazionali di costruzione sociale. L’individuo deve
essere considerato come sistema complesso interrelato con un sistema ancora più ampio come
quello sociale, culturale e valoriale analizzabile attraverso una modalità di studio di tipo olistico.
MANUALE DI PSICOLOGIA DEI CONSUMI
Cap. 5 Costruzione identitaria e comunicazione di marca
INTRODUZIONE
Simone: dirigente di una grande multinazionale. Molto attento alla cura del proprio corpo e della
propria forma fisica. Questo aspetto lo si riscontra anche nella scelta di determinati prodotti.
Interessato prima tutto a se stesso, alla sua immagine, ai suoi hobby (nuoto) e a mettere in ato
pratiche di consumo che riflettono l’interesse per la propria autodeterminazione.
“Sovranità dell’individuo” e “Sovranità della marca”
Anni ’80: il consumatore vive all’insegna dell’individualismo; instaura un dialogo esclusivo con il
brand, appropriandosi dei valori e dei significati che rappresenta al fine della sua costruzione
identitaria. Questo modo di rapportarsi ai prodotti di consumo raffigura una relazione di
dipendenza dell’individuo rispetto alla marca, che egli stesso, anche a seguito di condizionamenti
sociali, erige a modello di riferimento, quale detentrice e rappresentante di immagini valoriali a cui
ispirarsi e di cui perseguire l’acquisizione. Sebbene oggi si registri un calo della sovranità della
marca, la sovranità dell’individuo permane, anche se rispetto agli anni ’80, il consumatore trova
nella scelta di un prodotto un appiglio momentaneo rispetto ad un’esigenza di
autodeterminazione.
I DIVERSI MODI DI PENSARE A SE STESSI
Differenza tra “identità” e “self” (sé) – A livello teorico:
Identità: unicità della persona nel suo complesso;
Self: specifiche componenti o posizione di auto-osservazione o ancora determinati processi che
riguardano l’idea che ci facciamo di noi stessi.
In letteratura:
(a) Self-identità: fenomeno individuale;
(b) (b)Self-identità: fenomeno sociale.
47
(a) James (1890)
Self come soggetto, conoscitore = Io
Comprende i vari stati del self:
Self awareness (consapevolezza di sé) e le motivazioni del self – processi autoriflessivi – processi
di autoregolamentazione che influiscono sull’azione
Self come oggetto, conosciuto = Me
 ruoli e categorie di appartenenza (es.: motociclista, modello, padre,…)
 diverse rappresentazioni del self ( differenza tra sé ideale e sé reale)
 vari sé possibili e giudizi su diverse dimensioni del self ( es.: autostima, autoefficacia)
Le varie percezioni del self e i sistemi di conoscenza del self sono organizzate in strutture
gerarchiche utili all’attivazione mnestica (memoria) oppure in narrative che attribuiscono
coerenza e continuità al senso di identità altrimenti frammentate in una moltitudine di
rappresentazioni.
(b) Self-identità  condizionato dall’esterno
Si parla infatti di “modello sociale condiviso”, di “aspettative sociali” o ancora di “concezione
culturale della persona”.
Quindi, il concetto di “cultura” e di “identità” sono strettamente correlati tra di loro nella
costruzione identitaria; basti pensare alle diverse concezioni delle società occidentali e orientali
circa l’identità (es.: queste ultime antepongono l’identità di gruppo all’identità individuale
contrariamente a quanto avviene nelle società occidentali dove l’espressione individuale è
considerata al pari di un valore e sin dall’infanzia si va alla ricerca della propria unicità.
Queste differenze culturali hanno un impatto considerevole sulle valutazioni delle considerazioni
delle condizioni che favoriscono o impediscono l’espressione individuale verso quelle del gruppo.
E’ per esempio il caso della “privacy”: la legislazione deve tener conto delle differenze culturali
circa il valore attribuito all’identità individuale e alle conseguenti diversità nelle percezioni in
materia di diritto alla privacy.
IDENTITA’ E PRIVACY NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA
Per la definizione del self è importante saper regolare le barriere personali e i meccanismi della
privacy definiscono proprio i limiti e le barriere del self. Ciò che è importante è l’abilità di regolare
il contatto nella misura che si ritiene adeguata, allontanando le influenze degli altri quando non
sono gradite o avvicinandole senza paura quando ritenute necessarie.
“Se posso controllare quello che sono io da quello che non sono io, se posso definire cosa è una da
cosa non lo è, se posso osservare i limiti e lo scopo dal mio controllo, allora ho fatto un grande
passo verso la comprensione e la definizione di che sono. Quindi il meccanismo della privacy serve
ad aiutarmi nella mia auto-definizione.” (Altman, 1975)
48
La protezione della privacy risponde sia ad un bisogno di evitamento del rischio di invasione da
parte degli altri, sia ad un bisogno di esercitare controllo sulle influenze esterne, sempre allo scopo
di salvaguardare la propria autonomia. (Kelvin, 1977)
Attraverso la regolazione delle barriere personali, ovvero controllando il grado di auto-rivelazione
e il grado di privacy, le persone possono controllare la propria identità, intesa come immagine
sociale e di conseguenza il proprio impatto nella società. (Goffman)
Oggi, secondo Altman, a causa dell’innovazione tecnologica e della pervasività dell’informazione,
sarà sempre più difficile per il consumatore esercitare un controllo sulle proprie barriere e quindi
sulla propria identità. La minaccia alla privacy assume il valore una minaccia alla libertà. Tutto ciò
che minaccia la privacy corrisponde anche ad una minaccia all’identità individuale, oggi più che
mai basata sui principi di libertà e autonomia.
SELF-CONCEPT, SE’ IDEALE, SE’ POSSIBILI E IDENTITA’ MULTIPLE
Self-concept: è l’idea che si ha di sé, ovvero è quel self conosciuto = ME
ME
inteso come:

Sé reale: quello che penso di essere, la condizione attuale;

Sé ideale: quello a cui aspiro, l’ideale da raggiungere;

Sé possibili: molteplici sfaccettature di me stesso, sia attuali che potenziali. Rappresenta il
collegamento fra cognizione e motivazione.
Le valutazioni del “Sé reale” e del “Sé ideale” possono discostarsi l’una dall’altra. La pubblicità
sfrutta proprio questo gap, presentando modelli di identificazione che forniscono un ideale troppo
lontano dal reale e incentivando una valutazione severa del sé reale, per esempio associando
valutazioni negative alle rughe o ai capelli bianchi. L’associazione tra bellezza giovinezza e successo
49
economico produce un divario tra i due “Sé”, colmabile solo sul piano simbolico attraverso la
scelta di prodotti e di marche in grado di rappresentare gli stessi valori.
Dal momento che il contesto sociale svolge un ruolo importante nella costruzione del “Sé”, è
possibile considerare il self come una realtà dinamica ed in costante evoluzione. Si tratta di
interpretazioni socio-centriche, in quanto l’identità appare composta di molte sfaccettature che
trovano espressione in base ai diversi contesti e stimolazioni che provengono dall’ambiente.
Ecco perché possono coesistere diversi modi di essere e diverse identità.
Rosenberg parla di “identità sociali” a seconda dei ruoli rivestiti. Esse tuttavia non esauriscono la
molteplicità delle identità di una persona e a queste si associano anche tratti individuali non
riconducibili a particolari ruoli sociali.
Secondo la tradizione sociologica dell’Interazionismo Simbolico, ogni persona ha potenzialmente
più “Sé sociali” che si costruiscono e si esprimono nell’interazione sociale. Le persone
attribuiscono significato a se stesse e alle cose in base ai significati che vi attribuiscono e al modo
in cui agiscono verso queste stesse cose o persone. Il significato emerge quindi, dall’agire stesso
nel contesto dell’interazione e dalla reciproca interpretazione di quello che si pensa essere l’agire
dell’altro. (Blumer)
La concezione dell’identità come risultato di un’interpretazione sottolinea la sua natura dinamica
in base ai contesti sociali.
L’identità è in continua evoluzione  Prospettiva socio-costruzionista di Gergen (1979)
Concetto di identità multipla fatta di elementi spesso in contraddizione tra di loro, tipica
caratteristica degli individui delle società post-moderne. Ne deriva un consumatore dalle identità
multiple che lo orientano verso forme di autorealizzazione contradditorie, che tenta di
compensare le sue mancanze attraverso scelte di stili di vita adeguati e relazioni significative con i
brand che sono spesso all’origine degli stessi processi di identificazione e imitazione.
50
POST MODERNITA’ E IDENTITA’
Il consumatore postmoderno agisce e sceglie in quanto individuo, seguendo le proprie inclinazioni
e cercando di esprimere se stesso piuttosto che come membro di un gruppo Individualizzazione
Inoltre, il consumatore postmoderno si trova a dover affrontare la “frammentazione” dei modelli,
dei valori e degli stili.
Giddens parla di “Modernità radicale” , riconoscendo i due aspetti sopra elencanti come
cambiamenti fondamentali della società.
Di fronte all’incertezza, alla complessità, al rischio percepito, il consumatore di oggi si affida alla
fiducia ontologica per evitare l’effetto paralizzante dell’ansia che * nel dover scegliere. E’
sicuramente più libero nell’auto-determinarsi, ma paga questo atto di libera espressione in termini
di insicurezza, ansia da prestazione e paura. Il “self-focus” (concentrazione su di sé) aumenta
all’aumentare dell’insicurezza e dalla mancanza di controllo percepito ed è un’esigenza che nasce
dal perseguimento della felicità. Se prima si affidava la felicità alla religione, rimandando la
questione all’aldilà, i nuovi valori di riferimento sollecitano un’autorealizzazione tutta terrena e
costringono l’individuo a ricercare nella contemporaneità la ragione della propria esistenza.
Il self-focus si esprime in termini di riflessività, per cui il soggetto tende a sottoporsi a valutaione
continua, in relazione ai risultati che ottiene nell’ambiente e in base ai quali si predispone al
cambiamento. La descrizione postmoderna enfatizza la dimensione sociale dei processi riflessivi
che, stimolati dalla pervasività dell’informazione, inducono la società nel suo insieme e gli
individui, a riflettere costantemente sui propri processi, predisponendosi così ad una costante
evoluzione.
IL RAPPORTO TRA CONSUMO E IDENTITA’
Il rapporto con i beni di consumo non è di tipo utilitaristico.
51
I beni sono infatti portatori di significati e possono svolgere un ruolo simbolico ai fini
dell’espressione identitaria. Ne deriva che il consumo è un atto di comunicazione.
Douglas e Isherwood (1979) hanno evidenziato il significato culturale degli oggetti e messo in
evidenza la loro funzione simbolica al di là delle caratteristiche funzionali e utilitaristiche.
Nella società contemporanea i significati simbolici si amplificano per via delle strategie di
comunicazione delle marche che diventano portatori di valori e significati. Tuttavia, il consumatore
non sempre è fruitore passivo in questo processo di significazione ma attribuiscono agli oggetti
significati propri e intangibili, non previsti dal produttore e dal marketing.
La condivisione sociale del valore economico dei beni è un fattore importante nella spiegazione
del Materialismo. Le persone materialistiche misurano il proprio e l’altrui valore con riferimento ai
beni materiali posseduti che apparirebbero anche come garanzia di felicità.
I beni con cui entriamo in relazione assumono così significati ulteriori che vanno ad aggiungersi a
quelli definiti dalla marca  significato simbolico di estensione del self (estende self).
MODELLO SIMBOLICO-COMUNICAZIONALE DI DITTMAR (1992)
Spiega il significato dei beni materiali ai fini della costruzione identitaria.
SIGNIFICATO DEI BENI MATERIALI
SIGNIFICATO STRUMENTALE
SIGNIFICATO SIMBOLICO
vengono considerati per le loro caratteristiche fisiche
FUNZIONE LEGATA ALL’USO
può combinare sia l’aspetto simbolico che quello funzionale
52
SIGNIFICATO CATEGORICO
è l’indicatore di status della posizione economica e sociale- posiziona l’individuo in termini sociomateriali
SIGNIFICATO ESPRESSIVO DEL SE’
riguarda la rappresentazione di attributi, qualità attitudini, inclinazioni personali
I giudizi categorici, riguardanti la ricchezza in particolare, svolgono un ruolo molto importante
nella formazione della prima impressione. In questo modo si possono creare degli stereotipi: viene
dato un giudizio sulla condizione economica della persona (valutazione categorica) e
successivamente si forma un’impressione sulle qualità personali (valutazione espressiva) in
funzione della prima valutazione.
Dittmar sottolinea l’aspetto pubblico dei beni materiali, ovvero il significato che viene attribuito
ad un oggetto da osservatori esterni, distinguendola dalla dimensione privata che è invece
rappresentata dalla somma dei significati che l’oggetto rappresenta per un individuo e può
comprendere anche il significato pubblico. Al di là del significato privato, è il significato pubblico
dei beni che spiega molte delle scelte individuali.
L’ Approccio semiotico utilizzato in ambito di ricerche di mercato, si basa sull’analisi dei sistemi di
senso che concorrono alla creazione e alla caratterizzazione di prodotti e marche attraverso i
processi della comunicazione sociale.
Esso serve per individuare quelle forme di relazione e valori in gioco che caratterizzano gli oggetti
di analisi, al fine di poterlo posizionare ( per analogie o differenze), incrementando il potere
euristico ( si spiega meglio ciò che è stato smontato e confrontato).
53
La ricerca socio-semiotica è però anche uno strumento che può essere utilizzato autonomamente
per esempio per costruire scenari editoriali, per evidenziare scarti e specificità di posizionamento
o per individuare aree non ancora presidiate. E’ possibile costruire così una tabella comparativa
(mappa o grafico) che mette in evidenza queste caratteristiche.
IL CONSUMO DEL CORPO
Il corpo è il primo territorio a ospitare pratiche di consumo per la costruzione identitaria. Il proprio
corpo e tutto ciò che lo adorna e lo ricopre, così come gli oggetti che hanno a che fare con la
persona (auto, casa, letto, …) sono tutte funzioni rappresentative dell’estensione del self. Le
pratiche trasformative del corpo, come la cura della bellezza l’attenzione per la moda e per la
chirurgia estetica e così via, sono invece comportamenti di consumo sintomatici del bisogno di
controllo sul proprio self, per proteggersi dal rischio percepito di inadeguatezza, per intervenire sul
pericolo di esclusione sociale, per contrastare l’invecchiamento.
Il corpo rappresenta quindi, il fulcro del controllo sull’espressione del sé nella relazione sociale,
percepito come uno strumento funzionale al successo nella relazioni intime come in quelle di
lavoro.
Ci sono poi casi in cui si assiste ad una parziale o totale sovrapposizione fra immagine fisica e
identità, come per esempio coloro che ricorrono in maniera intensiva e continua alla chirurgia
plastica e nonostante ciò restano comunque insoddisfatti. Tutta la loro insicurezza e instabilità
sociale e relazionale, si ripercuote sul corpo, visto come l’unico territorio sul quale sentono di
poter esercitare un certo dominio.
IDENTITA’ DI GENERE E CONSUMO
Identità di genere:

consapevolezza dell’individuo di essere maschio o femmina;
54

categorie interpretative condivise che ispirano il comportamento di consumo secondo il
genere di appartenenza e il ruolo ad esso legato.
Il genere sessuale e le rappresentazioni che lo connotano sul piano sociale svolgono un ruolo
importante nella costruzione identitaria perché fanno emergere scelte di consumo differenti in
base al genere di appartenenza.
Le donne sono più focalizzate su compensazioni inerenti l’immagine sociale e scelgono quindi
prodotti che sono in relazione trasformativa con il corpo (cibo, trucchi, vestiti).
Gli uomini, invece, si concentrano sui simboli che sono più significativi per l’identità personale,
prediligendo così consumi che riguardano l’intrattenimento personale, consumi funzionali che
assumono un ruolo simbolico strumentale alla realizzazione del self.
In entrambi i casi, la scelta dei consumi dipende dal significato emozionale e simbolico a seconda
delle mancanze percepite nel concetto di sé.
La pubblicità tende a indirizzarsi verso un pubblico più eterogeneo per gusti e orientamenti
sessuali, * un po’ della rappresentazione degli stereotipi come l’ “uomo macho che non deve
chiedere mai” e della “donna fatale” riproponendoli così anche in altri contesti. Un’attenzione
particolare è rivolta al consumatore gay, dal momento che rappresenta sempre più una realtà che
identifica prodotti simbolo e stili di consumo utili alla propria rappresentazione.
E’ possibile individuare delle fasi del “coming out” a cui corrispondono diversi sistemi di consumo
del soggetto.
FASI
CONSUMI
Sensibilizzazione
Generici
Crisi di identità
Ad hoc
Assunzione di identità
Impegno
Simbolici
Cross-over
55
I mercati e i consumi non solo manifestano le identità dei consumatori, ma partecipano anche alla
loro ridefinizione.
Come dice Laura Oswald: “Per quanto da una parte il comportamento di consumo sia una sorta di
specchio del sé, dall’altra il consumo costituisce il sé: i prodotti sono oggetti da amare, odiare,
maneggiare e contribuiscono alla formazione sociale e psicologica del consumatore e della
cultura.”
PERSONALITA’ E STILI DI VITA
Lo studio della personalità è stato utilizzato dal marketing per individuare comportamenti stabili e
riconoscibili a caratteristiche personali. Anche in psicologia questo studio nasce dal desiderio di
spiegare delle apparenti regolarità nel comportamento degli individui attraverso una varietà di
situazioni diverse.
In realtà, i tratti della personalità anche se concepiti come caratteristiche stabili, risultano più
come una funzione di impulsi innati, motivazioni apprese ed esperienza.
Teoria psicoanalitica di Freud  mette in evidenza la componente inconscia ad agire. Secondo
Freud la personalità è composta da:

ES componente pulsionale regolata dal piacere e orientata alla gratificazione immediata
e all’evitamento del dolore. Per esempio: soddisfazione istinti sessuali e aggressivi

IO  adatta gli istinti dell’Es a un principio di realtà che tiene quindi conto delle regole e
limiti imposti dal mondo in cui l’individuo vive. Rappresenta l’istanza adulta adatta alle
richieste dell’ambiente quindi, oltre soddisfare i propri bisogni, tiene al mantenimento
della relazione.

SUPER-IO  istanza ideale che orienta l’Io a migliorarsi e allontanarsi dalla pressione alla
soddisfazione che giunge dall’Es.
56
La concezione di Freud ha influenzato la ricerca sul consumatore suggerendo l’esistenza di
motivazioni inconsce che si celerebbero dietro a razionalizzazioni imposte dalla coscienza. Ci sono
quindi prodotti che al di là dei loro attributi funzionali, possono rappresentare oggetti per la
soddisfazione di bisogni inespressi, spesso legati all’eros. Da qui si è sviluppata la ricerca
motivazionale con lo scopo di scoprire le motivazioni inconsce del consumo, represse o rimosse a
causa di un super-io severo. Questo prevede interviste in profondità, tecniche proiettive a test di
associazioni di parole (indagine qualitativa).
Per lo studio della personalità ci si rifà anche ad un altro approccio che individua dei tipi di
personalità.
Horney ha individuato 3 tipi di persona:

Quelle che si avvicinano alle altre, dette compiacenti, che sentono il bisogno di essere
accettate, apprezzate, amate, di stare in compagnia. Per piacere agli altri evitano le
discussioni, sono generose e si lasciano dominare;

Quelle che si allontanano dalle altre, dette distaccate, che cercano di mantenere un
distacco emotivo e comportamentale dagli altri, evitano obblighi e impegni, cercano di non
attirare l’attenzione;

quelle aggressive, che cercano di impressionare gli altri, di vincere, di attrarre l’attenzione
con un comportamento disinvolto e con atteggiamenti da leader.
Queste tre diverse tipologie di persone possono ricondursi a comportamenti di consumo
differente e a preferenze per marchi diversi.
Jung, invece fa una distinzione tra persone introverse e persone estroverse a seconda della
tendenza a trarre stimoli dall’esterno attraverso le relazioni sociali rispetto alla tendenza opposta.
Ciò che differenzia e influenza il consumo può essere relativo a quanto le persone sono interessate
alle novità, al materialismo, a controllare la propria immagine.
57
Certo è che spesso i brand hanno caratteristiche tali da consentire processi di identificazione. Il
rapporto tra marca e consumatore si basa su norme di relazione interpersonale: dipende quindi da
come le persone percepiscono il brand e dal tipo di effetti che tale percezione esercita sugli
atteggiamenti e i comportamenti di consumo.
BRAND PERSONALITY
Il brand serve per ridurre la distanza fisica tra consumatori e impresa differenziando i brand
rispetto ai concorrenti, sia come garante della qualità del prodotto. Il brand non è più solo
indicatore del produttore o della provenienza geografica ma con l’aumentare dell’offerta, esso
acquisisce ulteriori significati, è sempre più autonomo, in grado di esprimere la personalità e i
valori. Si distingue così tra:

Comunicazione istituzionale (reputazione del produttore)

Comunicazione del brand (associazioni tra valori e personalità con un certo prodotto)
Brand Personality  si riferisce alle caratteristiche umane associate ad un brand; rappresenta il
punti di intersezione più importante fra marketing e psicologia per ciò che riguarda la promozione
del prodotto. Infatti, è attraverso lo studio della psicologia del consumatore che si può progettare
una personalità di marca in grado di soddisfare i bisogni di identificazione alla base della relazione
e della scelta.
I tratti della personalità vengono trasferiti direttamente al brand (es.: i testimonial) come se si
trattasse delle caratteristiche del consumatore tipo del prodotto o del consumatore che produce
quel prodotto. (Mc Craken, 1989)
Secondo lo studio di Jennifer Aaker (1997), non sempre il “Principio di congruenza del SELF” ,
secondo il quale i consumatori si avvicinano ai brand che presentano tratti analoghi ai propri, ha
trovato conferma in letteratura. Questo può essere perché non sempre vi è corrispondenza fra
tratti umani e tratti del brand.
58
Aaker individua 5 dimensioni di personalità presenti in tutte le marche:

Sincerità

Eccitazione

Competenza

Sofisticatezza

Rudezza
Emerge che vi è una sovrapposizione per i primi 3 tratti ma non per gli altri 2, che pur non essendo
presenti nelle persone, rappresentano dimensioni aspirazionali.
Campione: 37 marche, 114 tratti di personalità, 631 soggetti (Brand Personality Scale)
Secondo l’Approccio relazionale, il brand è antropomorfizzato da parte del consumatore e per
questo può entrare nella relazione come se si trattasse di una persona.
Fournier dice che questa tendenza sarebbe innata negli individui e quindi è inevitabile un processo
di attribuzione di caratteristiche e tratti di personalità ai prodotti che si distinguono con una certa
marca.
Le relazioni che possono instaurarsi fra consumatore e brand possono essere di tipo:

Funzionale: la relazione viene giudicata dal consumatore in base all’utilità percepita;

Psicologico-emozionale: coinvolge il consumatore personalmente perché soddisfa i bisogni
di identificazione;

Socio-culturale: la relazione consente di costruire e comunicare appartenenze sociali,
aderendo a stili di vita necessari all’identità sociale del consumatore.
Pentascopio  è un modello interpretativo finalizzato allo studio della brand personalità che
trova applicazione nelle ricerche di marketing e sul consumatore. Descrive i principali tratti
distintivi dell’identità di marca, basandosi sulla teoria psicologica “Big Five” : energia, stabilità
emotiva, responsabilità, amicalità e apertura mentale. Si presenta come un questionario auto
59
compilabile. Attraverso “pentascopio” è anche possibile descrivere lo stile espressivo che i
consumatori attribuiscono alla “personalità della marca”. Le diverse personalità vengono quindi
analizzate non solo come appaiono al consumatore (assi strutturali), ma anche nel loro modo di
relazionarsie interagire con i diversi target (aree espressive) e sono: continuità, istituzionalità,
rassicurazione, simpatia e creatività.
Inoltre, è possibile visualizzare in uno scenario complessivo (mappa tipologica) il posizionamento
di più personalità, permettendo una visione sinottica di più brand.
STILI DI VITA
Insieme di attività, interessi e opinioni che possono indicare differenze tra i consumatori, ovvero
consentire l’identificazione di gruppi di consumatori omogenei al loro interno. Per questo, il
concetto di “stile di vita” viene spesso associato a quello di “personalità”. Rispetto alle
segmentazioni classiche basate solo su dati socio-demografici, gli stili di vita includono variabili di
tipo psicologico come gli atteggiamenti, tratti della personalità, vengono così chiamate
psicografie.
Gli item mettono in rilievo la centralità attribuita ai valori come fattore determinante
nell’orientare in modo costante atteggiamenti e comportamenti dei consumatori. Dall’analisi degli
item/stili di vita è possibile:

Identificare il target;

Sviluppare strategie per il posizionamento dei prodotti;

Sviluppare strategie di comunicazione adottate al target di riferimento.
La tecnica psicografica più nota è il VALS (Value And Life Style) di Mitchell (1989) che si basa
soprattutto sulla teoria gerarchica motivazionale di Maslow, secondo cui i bisogni delle persone
60
sono ordinati gerarchicamente, dai bisogni fisiologici e di sicurezza, ai bisogni di tipo sociale
(appartenenza, attaccamento, stima, riconoscimento, autorealizzazione).
Secondo questa tecnica, una volta soddisfatti i bisogni fisici (need driven), i consumatori si
dividono in:

Outer Directed (eterodiretto): da più importanza al giudizio degli altri e si rifà a valori
socialmente condivisi;

Inner Directed (autodiretto): puntano più sull’autogratificazione e sono orientati a valori
più personali;

Integrati: sono alle prese con i bisogni di autorealizzazione.
La tecnica VALS 2 da minore peso ai valori e alle influenze sociali e si concentra molto di più su
caratteristiche psicologiche, individuando 2 dimensioni psicologiche:

Self-orientation, orientamento a: perseguire la coerenza con i propri principi; migliorare il
proprio status; ottenere stimolazioni e sfide.

Risorse personali: motivazione, intelligenza, interesse al consumo, energia.
I principali contributi sono la tecnica di segmentazione “Sinottica di Eurisko” (fondata da G.Calvi
nel 1972) che consiste nell’elaborazione di 14 stili di vita tramite un questionario su
atteggiamenti, interessi, opinioni, realizzato su un campione di circa 1000 persone dai 14 anni in
su, da cui è possibile mettere in evidenza delle aggregazioni per stili giovanili, stili superiori, stili
centrali maschili e femminili, stili marginali, a seconda delle variabili prese in considerazione che
fanno riferimento soprattutto a descrittori socio-anagrafici e ad attività di spesa e consumo.
La mancanza di una teoria che spieghi la creazione di tali aggregazioni, vanifica anche la questione
della validità. Inoltre queste tecniche difficilmente consentono di prevedere il comportamento. Si
limitano, in genere, a descrivere gruppi di consumatori, giungendo alla formulazione del target già
61
raggiunto. Risulta perciò sempre più evidente la necessità di integrare le varie tipologie di stili di
vita con domande specifiche al prodotto in questione.
BRAND MANAGEMENT
Fa riferimento a tutte le strategie di gestione della marca finalizzate ad aumentare il valore
percepito di uno o più prodotti in termini di istintività, qualità e attrattività dell’offerta rispetto a
quella dei concorrenti. Si parla infatti di:

Brand Equity (valore della marca): con riferimento alla conoscenza e alla forza di una
marca in un dato mercato come fra i principali indicatori di successo per un dato prodotto.
Essa è determinata da:

-
Proprietà della marca (Brand awareness)
-
Fedeltà alla marca (Brand loyalty)
-
Qualità percepita della marca
-
Immagine di marca (Brand image)
Line Extension: strategia di marca che riguarda il lancio di una categoria di prodotti nuovi
all’interno di una linea di prodotti già noti ( es.: la mozzarella Santa Lucia della Galbani che
introduce la mozzarella alle olive).

Brand Extension: strategia di marca che coinvolge il lancio di nuove categorie di prodotti
utilizzando una marca già nota (es.: il brand Ferrari utilizzato per le linee di abbigliamento).

Licencing: i diritti di sfruttamento di un marchio sono venduti ad un altro produttore per la
vendita di prodotti appartenenti categorie non concorrenti, per edizioni speciali e limitate
nel tempo.
62

Co-Branding: associazione fra due marchi al fine di consentire al prodotto di un marchio di
raggiungere il target del secondo (es.: telefonino lanciato da LG Electronics con il marchio
Prada).
Il successo delle strategie di gestione del brand dipende da molteplici fattori. Per esempio un
fattore critico nella realizzazione di strategie di brand extension è la consonanza percettiva. La
somiglianza fra la nuova categoria di prodotto e al categoria per la quale la marca gode già di
notorietà influisce sulla reale possibilità di trasferimento del capitale della marca.
La natura multidimensionale della consonanza percettiva (G. Bertoli).
Consonanza fra categorie di prodotto
Si tratta della consonanza percepita fra la categoria in cui tradizionalmente opera la marca e quella
in riferimento alla quale ha luogo la brand extension. In questo caso la consonanza può essere
valutata in termini di similarità, ovvero, in funzione del grado in cui i consumatori percepiscono il
nuovo prodotto in qualche modo collegato agli altri contraddistinti dalla medesima marca.
Boush e Loken (1991) dimostrano che gli atteggiamenti del consumatore relativi a prodotti
contraddistinti da una determinata marca, tendono a trasferirsi al nuovo prodotto oggetto
dell’estensione con maggiore immediatezza se questo è percepito simile ai prodotti originari.
Aaker e Keller (1990) riconducono la formulazione di giudizi di consonanza fra categorie a 3
tipologie:

Complementarietà: il grado in cui il consumatore ritiene che i prodotti possono essere
consumati/impiegati congiuntamente, al fine di soddisfare meglio un certo bisogno;

Sostituibilità: la misura in cui il consumatore reputa che due o più prodotti condividono
modalità di applicazione, contesto di utilizzo, bisogni soddisfatti;

Trasferimento di competenze: riflette la percezione del consumatore circa l’abilità di
un’impresa operante in una categoria di prodotto nel realizzare prodotti appartenenti ad
63
altra categoria; può riguardare le competenze possedute, che possono essere trasferite nel
nuovo prodotto (know how transfer) e la facilità di realizzazione di quest’ultimo (easy-ofmake).
Sono queste due ultime variabili a influenzare in modo positivo e diretto l’atteggiamento del
consumatore nei confronti del nuovo prodotto oggetto dell’estensione.
Un altro fattore che influenza la valutazione di consonanza effettuata dal consumatore è il livello
tecnologico che caratterizza le categorie di prodotti. Per esempio il nuovo prodotto oggetto
dell’estensione viene reputato di qualità maggiore quando il livello tecnologico che caratterizza la
categoria originaria è elevata.
Consonanza tra marca e nuovo prodotto
Ci sono delle associazioni che Keller definisce “modi informativi connessi tra loro nei memory
network in cui risiede il significato della marca per il consumatore”, le quali sono connesse alla
marca e possono essere di due tipi:

Brand concept: associazioni generali connesse alla marca, ovvero quei significati astratti
che connotano una data marca e che in genere derivano dalle caratteristiche del prodotto.
Esso posiziona il prodotto nella mente del consumatore e differenzia le marche che
operano nella stessa categoria produttiva;

Brand association (associazioni specifiche della marca): attributi o benefici che
differenziano una marca da quelle concorrenti. In generale, i consumatori valutano
l’estensione facendo riferimento ad associazioni più generali, quali il brand affect e la
similarità del prodotto. Se però si tratta di una marca che gode di un’elevata conoscenza,
gli effetti del brand affect e della similarità sono ininfluenti nella creazione dell’estensione
sulle associazioni. Importante è anche l’informazione relativa all’estensione della marca
che deve essere reputata come rilevante dal consumatore. In seguito a queste
64
informazioni, le associazioni possono modificarsi. Quelle che però hanno un alto livello di
fedeltà si caratterizzano per un’elevata resistenza al cambiamento e risultano, pertanto,
limitatamente influenzabili dalle informazioni derivanti dall’estensione della marca in una
nuova categoria di prodotto.
Busacca  Analisi dell’impatto delle due tipologie di consonanza percettiva sulla fedeltà dei
consumatori:
Nel caso della fedeltà cognitiva all’estensione (brand extension) risulta fondamentale la coerenza a
livello di brand association: più è coerente l’associazione, più ci sarà un incremento della fedeltà
della marca.
Nel caso della fedeltà cognitiva nei confronti del nuovo prodotto oggetto dell’estensione, si è
analizzato che il livello di coerenza fra categorie di prodotto non influenza la fedeltà (tale fedeltà è
infatti scarsa quale che sia il livello di coerenza fra categorie).
Cap. 6 Gli atteggiamenti dei consumatori
INTRODUZIONE
Gli atteggiamenti si formano e cambiano in virtù delle informazioni che riceviamo nel nostro
ambiente di interazioni. Il gruppo dei pari come i contesti lavorativi svolgono un ruolo importante
nella spiegazione delle posizioni attitudinali e dei comportamenti di ciascuno.
Gli atteggiamenti possono perciò essere considerati come il risultato di predisposizioni personali e
delle tante forze sociali che agiscono sulla persona fino a determinare le preferenze, le intenzioni e
i comportamenti.
Atteggiamenti diversi portano a reazioni diverse anche nei confronti del consumo, per questo,
possiamo dire che gli atteggiamenti dei consumatori hanno un importante influenza sui
comportamenti d’acquisto e questi ultimi possono successivamente andare a rinforzare un certo
atteggiamento o modificarlo.
65
La ricerca sugli atteggiamenti può essere utilizzata per comprendere le potenzialità di un nuovo
prodotto, oppure per comprendere e prevedere eventuali cambiamenti nelle abitudini di
consumo.
CHE COSA SONO GLI ATTEGGIAMENTI?
Aalport: atteggiamento-stato mentale, organizzato grazie all’esperienza che esercita un’influenza
sulle risposte dell’individuo nei confronti di tutti gli oggetti e le situazioni con cui è in relazione.
I vari approcci alla definizione degli atteggiamenti corrispondono a diverse metodologie di
misurazione. Ci sono 3 modelli che hanno interpretato l’atteggiamento in base alle componenti:

Modello a una componente (Thurstone): l’atteggiamento consiste in un sentimento o
valutazione verso un determinato oggetto, persona o evento. In termini di misurazione è
stato tradotto attraverso l’uso di scale attitudinali volte a descrivere “il grado di
valutazione positiva o negativa associata a un dato oggetto psicologico.” E’ stata poi
individuata anche una componente di predisposizione all’azione.

Modello a due componenti: l’atteggiamento consiste in una condizione mentale che
influenza il comportamento e che di conseguenza influisce sui giudizi valutativi in maniera
persistente. L’atteggiamento viene quindi visto come qualcosa di inosservabile all’esterno
se non attraverso le valutazioni e comportamenti.

Modello a tre componenti: l’atteggiamento è costituito da una componente cognitiva (si
riferisce alla convinzione, probabilità che un’affermazione sia vera o falsa), una
componente affettiva (che implica sentimenti negativi o positivi) e una componente
conativa ( che esprime la tendenza a comportarsi in un certo modo nei confronti
dell’oggetto dell’atteggiamento).
Modello tripartito dell’atteggiamento – Hogg e Vaughan – considera la relazione tra
atteggiamento e comportamento come già data, definita.
66
Ai fini del marketing è importante comprendere quale sia la funzione che svolge l’atteggiamento
verso un determinato prodotto, perché partendo da essa si possono capire le principali barriere
all’acquisto o individuare gli attributi più significativi del prodotto nella spiegazione delle
preferenze e della scelta.
Kats individua 4 funzioni degli atteggiamenti:

Funzione utilitaristica: l’atteggiamento verso un certo oggetto si sviluppa per raggiungere
un certo beneficio o evitare un effetto negativo (piacere/dispiacere)

Funzione di espressione del valore: gli atteggiamenti svolgono la funzione di esprimere
valori self-concept individuali, quindi atteggiamenti che meglio esprimono l’immagine del
self che si intende proiettare e che ne determina l’appartenenza ad un gruppo sociale
attraverso l’adesione a stili di vita.

Funzione difensiva del self: il consumatore può assumere un determinato atteggiamento
per difendere una mancanza percepita a livello identitario. Quindi si avvicinerà ad un dato
prodotto che è in grado di compensare la debolezza percepita ( es.: di sex appeal per cui le
donne si orientano verso un abbigliamento più provocante).

Funzione cognitiva: la necessità di coerenza induce a privilegiare le interpretazioni più
vicine a ciò che si conosce e non contraddice la struttura di credenze che già condiziona
decisioni e comportamenti, quindi nei confronti di un prodotto e marca nuova, il
consumatore potrebbe sviluppare un atteggiamento negativo se esso si dissocia molto dal
suo credo che ha giustificato acquisti passati 
Dissonanza cognitiva (Teoria della consistenza cognitiva)

Quando dobbiamo scegliere fra più opzioni desiderabili, per ridurre la dissonanza e
avvalorare la tesi che abbiamo fatto una buona scelta si tenderà a selezionare informazioni
utili a formare un atteggiamento positivo e coerente alla scelta fatta.
67

Si può reagire adottando strategie volte ad aggiungere, eliminare o cambiare informazioni.
Balance Theory – Heider
Teoria formulata per perseguire una sorta di coerenza cognitiva. Presuppone l’esistenza di triadi
date da due persone e un oggetto, oppure da tre persone, che a seconda degli atteggiamenti con
cui si associano gli uni agli altri possono rappresentare strutture equilibrate o disequilibrate che
tendono pertanto a un cambiamento. Siamo in presenza di un ristrutturazione cognitiva.
Nel marketing per ridurre le condizioni di ambivalenza che porta ad avere atteggiamenti incostanti
e instabili nell’acquisto e incentivare la formazione di atteggiamenti positivi si può ricorrere a
testimonial apprezzati dal pubblico.
Teoria del giudizio sociale – Sherif e Hovloud (1997)
Le persone raccolgono informazioni sugli oggetti di atteggiamenti in base a quello che sanno già e
di cui hanno accumulato precedente esperienza. Gli atteggiamenti iniziali, quindi, identificano uno
standard entro il quale vanno ad adattarsi le nuove informazioni e che definisce il livello di
accettabilità soggettiva che informa il giudizio sociale e che incide sulla predisposizione positiva o
negativa a determinati messaggi (siamo molto più tolleranti se notizie negative riguardano per
esempio un esponente del nostro partito e siamo indignati invece nei confronti di notizie negative
relative al partito opposto al nostro).
Gli effetti, per cui lo standard soggettivo di accettabilità influisce sull’interpretazione dei messaggi
e sul loro affetto, sono noti come effetto assimilazione e effetto contrasto. La strategia di
marketing deve cercare di stimolare un effetto assimilazione partendo da una conoscenza
approfondita del target della comunicazione.
ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE E DEGLI ATTEGGIAMENTI
Teoria dell’integrazione dell’informazione (Anderson)
68
Già gli individui operano come risolutori di problemi e valutatori di nuove informazioni. Il modo in
cui le informazioni vengono analizzate e organizzate determina la struttura degli atteggiamenti, i
quali quindi, cambiano in relazione alle nuove informazioni che vengono sottoposte a
elaborazione e corrispondono ad una media dei tratti positivi e negativi attribuiti ad un certo
oggetto.
Quindi dall’elaborazione delle informazioni delle informazioni si passa alla formazione
dell’atteggiamento fino a giungere alla disposizione all’azione.
Gerarchie di effetti fra le componenti dell’atteggiamento e i comportamenti di consumo.

Gerarchia di apprendimento standard
Cognizione  affettività  comportamento
Si parte dall’elaborazione delle informazioni circa l’oggetto in base alle quali svilupperà una
preferenza anche sul piano affettivo, che porta all’azione, al comportamento come l’acquisto di un
dato prodotto.
Questo avviene soprattutto nel caso di acquisti ad alto coinvolgimento emotivo e /o costosi; es.:
scooter, colori per un pittore.

Gerarchia a basso coinvolgimento
Cognizione  comportamento  affettività
Si parte da conoscenze/ informazioni scarse circa il prodotto ma che comunque portano
all’acquisto per curiosità o prezzo basso. Queste informazioni però non sono sufficienti a favorire
la formazione di una preferenza sul piano dell’affettività, la quale potrebbe essere raggiunta solo
dopo un processo di apprendimento comportamentale, ovvero in seguito alle informazioni
raccolte attraverso il comportamento di consumo.

Gerarchia esperienziale
Affettività  comportamento  cognizione
69
E’ il caso dei consumi edonistici che partono dalle preferenze del consumatore (affettività), le
quali portano al consumo. L’elaborazione cognitiva circa gli attributi del prodotto può
verificarsi solo a posteriori dell’esperienza di consumo. L’accento è quindi posto sulla
stimolazione dei sensi, su ciò che fa star bene indipendentemente da elaborazioni cognitive e
funzionalità del prodotto.
Risposta emozionale  fattore centrale dell’atteggiamento
I MODELLI DI ATTEGGIAMENTI
Il comportamento non sempre è spiegato dall’atteggiamento. Ci sono atteggiamenti manifesti
e atteggiamenti impliciti ( non richiedono una valutazione esplicita di un oggetto di
atteggiamento, ma è ricavata in genere dai tempi di reazione associati ad un compito di tipo
cognitivo. Corrispondono a fattori associativi, veloci, impulsivi, automatici, contro quelli
riflessivi e deliberativi degli atteggiamenti espliciti. I comportamenti sono determinati da
entrambi i fattori, mentre gli atteggiamenti privilegiano o un aspetto o l’altro).
Un problema nella misurazione degli atteggiamenti è rappresentato dalla difficoltà a
verbalizzare tutte le componenti. Non sempre il consumatore è in grado di esprimere una
valutazione su un dato prodotto e in ogni caso, gli atteggiamenti sono costrutti complessi che
non si esauriscono in una semplice valutazione di apprezzamento.
Si sono così sviluppati modelli di atteggiamento multi-attributo che sostengono l’importanza
di valutare i diversi atteggiamenti che il consumatore può esprimere verso i numerosi attributi
di un prodotto al fine di giungere ad una misurazione dell’atteggiamento complessivo verso un
dato oggetto di atteggiamento. E’ importante quindi individuare gli attributi significativi del
prodotto come prima cosa. Dopo aver identificato tutti i tratti che il consumatore prende in
considerazione nella valutazione del prodotto, questi modelli rilevano dei credi
del
70
consumatore circa gli attributi di quello specifico oggetto di atteggiamento. Infine, verrà
misurato il peso dell’importanza soggettivamente attribuita ai diversi tratti del prodotto.
Modello di Fishbein (1983) misura:

I credi salienti circa un oggetto di atteggiamento ( es.: che il succo di frutta possa essere
nutritivo o dissetante);

La relazione esistente fra lo specifico oggetto di atteggiamento e i credi (cioè la probabilità
che il succo sia nutritivo o dissetante);

La valutazione soggettiva di importanza circa la presenza di tali attributi.
Limite: prevedono che le persone possono razionalmente valutare ciascun attributo singolarmente
e che siano in grado di esprimere una preferenza o meno per ciascuno prima ancora di giungere
alla formulazione di un atteggiamento complessivo.
Come si ricava l’atteggiamento generale nel modello di Fishbein?
Formula: Aijk = ∑BijkIjk
L’atteggiamento generale del consumatore (K) si ottiene moltiplicando la valutazione rispetto a
ciascun attributo (i) considerato del prodotto (B) per l’importanza soggettiva percepita per ciascun
attributo(i) rispetto a tutte le marche considerate (j).
L’atteggiamento generale così calcolato non prevede il comportamento di consumo.
Teoria dell’azione ragionata – Modello esteso di Fishbein
Come la motivazione anche gli atteggiamenti hanno direzione e forza e possono influire sul
comportamento attraverso la loro reazione con l’intenzione ad agire.
Una particolare azione sarà messa in atto se l’atteggiamento verso l’azione è favorevole, se le sue
conseguenze sono valutate come desiderabili ed esiste una spinta motivazionale a compiere
la’zione come risultato del bisogno di conformarsi alle aspettative sociali percepite.
71
Mentre per Fishbein il modo migliore per prevedere un certo comportamento è chiedere alle
persone se sono effettivamente intenzionate a metterlo in atto, secondo la teoria dell’azione
ragionata, l’intenzione ad agire è condizionata dall’atteggiamento verso il comportamento ( credi
e importanza cognitiva) e dalla norma soggettiva cioè il prodotto delle percezioni individuali circa
le aspettative e la motivazione a conformarsi ad esse.
Questa teoria predilige solo quei comportamenti che sono sotto il controllo dell’individuo.
Teoria del comportamento pianificato (Ajzen)
Estende la teoria dell’azione ragionata nel tentativo di sottolineare l’importanza del controllo
sull’azione. Questo modello indica che il controllo percepito sul comportamento corrisponde a
quanto la persona ritiene sia facile o difficile mettere in atto una certa azione al fine di raggiungere
determinati risultati. Difficilmente il consumatore intraprenderà un certo comportamento se non
si sentirà in grado di raggiungere il risultato auspicato. Il credo di controllo percepito rimanda al
costrutto proposto da Baudura con il termine di auto-efficacia.
Queste due teorie vengono utilizzate soprattutto per la promozione di pratiche a favore della
salute o per predire un comportamento responsabile nei rapporti sessuali. Ne deriva una
percezione soggettiva di poter intervenire personalmente sui risultati ottenibili attraverso il
proprio comportamento.
Focalizzando l’attenzione sulle aspettative di risultato, un altro modo per la previsione del
comportamento è la prospettiva di orientamento al goal. Essa prende in considerazione oltre al
controllo individuale percepito sull’azione, anche i fattori che possono ostacolare il
raggiungimento del goal riducendo l’effettivo controllo sull’azione. Essa misura anche la
motivazione al comportamento attraverso la verifica della frequenza passata dello stesso
comportamento e del tempo intercorso dall’ultima azione. Entrambe le variabili sono utili a
prevedere l’azione futura. Nel marketing, domandare al consumatore quanto tempo sia passato
72
dall’ultimo acquisto e la frequenza degli acquisti è utile per predire il comportamento successivo.
L’intenzione di acquistare un dato prodotto appare una funzione dell’uso passato e delle sue
conseguenze. Lo studio degli atteggiamenti è quindi importante sia perché consente di prevedere
il comportamento, sia perché può spiegare perché i consumatori scelgono quella data marca, cosa
essi valutano. Inoltre è utile anche nel caso di sviluppo di nuovi prodotti al fine di distinguere ciò
che risulta importante per il consumatore o viceversa superfluo, non desiderato.
Per esempio, attraverso il concept tasking è possibile verificare se il consumatore è pronto
all’idea ed è in grado di capirla e di apprezzarla. In questa fase è già possibile chiedere una
valutazione circa la potenziale intenzione di acquistare il prodotto, seppur questo non sia in grado
di prevedere il reale successo o fallimento del prodotto una volta immesso sul mercato.
LE RICERCHE DI MERCATO QUALITATIVE PER L’INNOVAZIONE
Le ricerche di mercato  supportano il marketing aziendale nella presa di decisione su molteplici
temi (prodotto, comunicazione, prezzo), fornendo informazioni che favoriscono scelte di successo,
riducendo i margini di incertezza nel processo decisionale. Sempre più spesso l’ambito in cui si
trova ad operare è quello dei mercati maturi caratterizzati dalla saturazione del mercato, elevata
competitività e omologazione dei prodotti.
Quindi, forte è l’esigenza di individuare il quid che fornisce al prodotto/servizio un vantaggio
competitivo capace di differenziarlo dai suoi concorrenti. Va quindi alla ricerca di un’idea
innovativa che richiede una certa creatività, ovvero la capacità di individuare una soluzione
originale e nuova che altri non hanno saputo trovare. Bisogna quindi rompere e superare schemi
di pensiero consolidati (pensiero convergente) per esplorarne di nuovi e inconsueti, approdando a
soluzioni inedite e, si spera, sorprendenti (pensiero divergente).
Nel processo di individuazione creativa di nuove idee può intervenire la ricerca qualitativa per
l’innovazione attraverso tecniche specificamente finalizzate ad attivare il pensiero creativo.
73
Questa ricerca si basa su sessioni creative che possono durare poche ore o anche tutta la giornata,
durante le quali uno o più conduttori guidano e coordinano il lavoro di uno o più gruppi di persone
nel processo di creazione di nuove idee.
Tra le tecniche creative più utilizzate la più nota è il brainstorming (tempesta di cervelli),
introdotta da Osborn, prevede un processo di soluzione e definizione del problema in 4 fasi:

Presentazione e definizione del problema (limiti e confini);

Raccolta, analisi e condivisione delle informazioni e dati;

Produzione delle idee, fase del pensiero divergente: è il brainstorming vero e proprio, dove
vi è la sospensione del giudizio;

Fase del pensiero convergente: le idee prodotte vengono esaminate, valutate, finalizzate e
selezionate.
Un’altra tecnica creativa è la sinettica (unione di elementi diversi). Si fonda sull’impiego
dell’analogia, la situazione (o oggetto di studio) viene messa a confronto con altre situazioni,
apparentemente diversi, al fine di individuare aspetti comuni aprendo così la possibilità di
trasferire e applicare ad un determinato settore, conoscenze e soluzioni già sviluppate in un altro
campo.
La tecnica dei 6 cappelli per pensare permette di affrontare il problema secondo prospettive o
atteggiamenti diversi. Ad ogni cappello di colore diverso (bianco, rosso, nero, giallo, verde, blu)
corrisponde una diversa modalità di approccio al problema. Nel caso dell’incontro il moderatore
invita i partecipanti ad indossare simbolicamente cappelli di colori diversi.
Obiettivo comune a queste tecniche liberare il pensiero creativo e produrre nuove idee per il
marketing della aziende
74
Dopo la fase della creazione delle nuove idee c’è la finalizzazione delle stesse, valutazione delle
loro potenzialità di successo sul mercato, la trasformazione delle idee in prodotti / servizi reali e
infine la loro comunicazione.
LA MISURAZIONE DELL’ATTEGGIAMENTO
Metodi per misurare l’atteggiamento:
Scala di Thurstone

Vengono formulate un numero notevole di affermazioni su uno specifico oggetto di
atteggiamento in modo tale da rappresentare nel modo più esauriente possibile tutti gli
atteggiamenti che le persone possono avere nei confronti di tale oggetto.

Queste affermazioni vengono sottoposte al giudizio di numero elevato di persone che le
devono ordinare lungo un continuum a più punti in modo da rappresentare la distribuzione
degli atteggiamenti da quello meno favorevole a quello più favorevole. I giudici non devono
esprimere la propria opinione personale verso l’oggetto di atteggiamento.

Tra queste vengono poi scelte una trentina di affermazioni dal valore maggiormente
condiviso dai giudici, che andranno a formare la scala per la misurazione
dell’atteggiamento da sottoporre ai partecipanti agli studi.
Questo metodo permette di avere valori circa gli atteggiamenti più attendibili e anche più
numerosi, ma comporta un alto dispendio di tempo, per questo viene poco utilizzato.
75
Differenziale semantico di Osgood Prevede la formulazione di scale semantiche basate su
aggettivi bipolari a cui sono attribuiti dei valori utili alla misurazione del posizionamento
individuale e che nella maggior parte dei casi esprimono anche valori negativi.
Es.: Pasta Barilla
+3
+2
+1
0
-1
-2
-3
Buona
Cattiva
Conveniente
Cara
In genere gli aggettivi utilizzati nelle scale del differenziale tendono a raggrupparsi in 3 cluster
principali

Gruppo valutazione ( giusto-sbagliato; importante – non importante) è quello più adatto
ad esprimere l’atteggiamento

Gruppo attività (efficiente-non efficiente; attivo-passivo)

Gruppo potenza (forte-debole; veloce-lento; robusto-delicato)
Scala Likert
L’obiettivo era quello di produrre un metodo di più facile realizzazione rispetto alla scala di
Thurstone.
L’atteggiamento di una persona viene misurato sottoponendo al soggetto una serie di
affermazioni (item) circa l’oggetto di atteggiamento e chiedendo di esprimere il grado di accordo o
disaccordo rispetto a ciascuna affermazione (da 1 a 5 o da 1 a 7 o da 1 a 9: l’elemento dispari serve
per consentire di dare un giudizio neutrale, di mezzo, oppure lungo una scala che va da “molto
d’accordo” a “per niente d’accordo”).
Questa scala ci da la posizione attitudinale di un individuo ma non consente di esprimere con
esattezza di quanto gli atteggiamenti differiscono tra loro.
76
Analisi dello Scalogramma di Guttman verifica l’ordine degli atteggiamenti basandosi
sull’ordinamento cumulativo degli item che riflettono un attributo unidimensionale.
Questa scala è basata sull’assunto per cui un tratto unidimensionale può essere misurato da un set
di dichiarazioni che vengono ordinate lungo un continuum di “difficoltà di accettabilità”. Le
affermazioni che i partecipanti si trovano a dover valutare spaziano da quelle più facili da
accettare a quelle più difficili. I partecipanti, quindi, in base ad un set di affermazioni iniziale
ordinato secondo il punto di vista del ricercatore, devono esprimere la loro accettazione o meno
attraverso dei punteggi (bassa 1,2,3,4 alta).
Questo metodo risente della difficoltà di ordinare in modo lineare dichiarazioni di atteggiamenti
che in genere sono più complessi.
Misurare un atteggiamentoaccedere ad un costrutto non direttamente osservabile
La misurazione tenta di quantificare l’intensità di tale costrutto, chiedendo al soggetto della
misurazione da manifestare, consapevolmente o inconsapevolmente, il proprio atteggiamento.
Il problema consiste nella bontà di tale operazione, cioè valutare la validità e l’attendibilità degli
strumenti utilizzati.
Validitàquando lo strumento misura effettivamente ciò che vorremmo misurasse (validità
convergente = deve essere coerente con altre misure dell’atteggiamento, ma non con le misure di
altri costruttivalidità discriminante). Queste vengono stabilite valutando la validità predittiva,
capacità di predire scelte, comportamenti, opinioni che dipendono dall’atteggiamento.
Attendibilitàquando lo strumento misura un solo costrutto che deve essere sempre lo stesso
dimostrando così di avere un’alta coerenza interna che deve mantenersi nel tempo (test-retest).
77
Cap. 7 Influenza sociale e consumo
INTRODUZIONE: LADIMENSIONE SOCIALE DEL CONSUMO
I comportamenti dei consumatori non possono essere studiati se non all’interno di un contesto
sociale e culturale(Bauman, 2007), attraverso lo studio del ruolo delle interrelazioni e dei processi
dinamici che danno senso e significato alle azioni dei consumatori.
Nel campo dei consumi possiamo servirci del costruzionismo sociale (Berger e Luckman):
nel contesto specifico di azione dotata di senso, le persone interpretano il significato
dell’esperienza e orientano il loro vissuto e il loro comportamento concreto sulla base della
“lettura” dei segnali interni (stati d’animo, poli di attenzione, attribuzioni causali).
Berger e Luckman intendevano soprattutto indicare con forza che la grammatica che guida questa
“interpretazione” non è decisa dai soggetti, né dalla loro specificità biologica, ma dal contesto
socioculturale e anzi più specificatamente dai percorsi di socializzazione e dai gruppi di
riferimento. Tale prospettiva riconosce l’influenza delle variabili sociali sui processi individuali (e
viceversa):
“la realtà vissuta dall’individuo sarebbe in questo caso una costruzione intersoggetiva emersa nel
rapporto sociale”.
Questo modo di considerare il consumatore ci porta ad analizzare il ruolo delle appartenenze
gruppali, organizzative e culturali e il valore dell’influenza sociale sui processi di scelta e di
consumo. Il contesto di interazione sociale riesce a orientare le opinioni, i sentimenti e/o le azioni
delle persone. Si tratta di un’interazione che coinvolge la sfera individuale e quella sociale,
ponendosi come ponte del dualismo cartesiano interno-esterno.
L’ integrazionismo simbolico concepisce l’individuo come inserito sempre in un dato contesto
socioculturale, entro il quale opera come attivo interprete dei significati attribuiti all’azione altrui
(De Grada e Bonaiuto, 2002) e si caratterizza per 3 principi di base:
78

Le persone agiscono nei confronti dei prodotti sulla base dei significati che quegli oggetti
hanno per loro;

Tali significati nascono dall’interazione tra l’individuo e gli altri;

L’interpretazione è usata da ogni individuo in ogni momento della vita come essere sociale.
Un’implicazione teorica di queste concezioni è che il comportamento umano non risulta essere
unicamente il risultato di forze immodificabili, ma è influenzato da azioni razionali, e spesso
irrazionali che dipendono delle esperienze specifiche di quell’individuo e dalle sue motivazioni.
Tajfel (1972) ha studiato i comportamenti degli individui sulla base dell’analisi delle apparenze e
influenze da parte dei gruppi dei gruppi sociali e sulla base di discontinuità psicologica tra individui
in quanto singoli e in quanto membri di gruppo.
Colautti (2005) la Teoria dell’identità sociale secondo cui gli individui cercano di raggiungere e
di mantenere un’immagine di sé positiva esclusivamente in relazione alle loro appartenenze di
gruppo ( contribuendo così allo studio del rapporto tra individuo e consumo secondo l’ottica
costruttivista).
I consumi diventano occasione per appartenere ad una classe sociale, a un gruppo, a una cultura,
contribuendo al contempo alla costruzione della propria identità. La dimensione di gruppo e il
contesto di azioni vengono considerati costitutivi dell’individuo, divenendo parte essenziale del
modo in cui egli guarda a se stesso e al mondo.
Il comportamento di consumo, quindi, non è solo determinato da elementi interni, ma da un
continuo processo di interazione sociale e culturale in cui la dimensione individuale si misura e si
confronta sulla base dell’esperienza intersoggettiva, in cui l’aspetto interiore non può essere
analizzato senza un’attenta contestualizzazione e senza una valutazione dei significati che assume
in una particolare situazione sociale e culturale.
L’INFLUENZA DELLA CULTURA
79
Cultura = “complesso di conoscenze, convinzioni, espressioni artistiche, principi giuridici e morali,
costumi e di qualunque altra capacità e abitudine acquisite dagli individui in quanto membri di una
società.” (Sherry)
Funzione adattiva e regolatoria della culturatrasmette senso di identità, di appartenenza,
definisce le regole e costituisce una guida per la risoluzione dei problemi.
Nell’ambito dello studio delle differenziazioni culturali, la prima grande distinzione è quella tra
culture individualiste e culture collettiviste.
culture individualiste
individuo
autonomia
successo personale
promozione dell’indipendenza
culture collettiviste
gruppo
cooperazione
obbedienza
80
riconoscimento del proprio posto
Distinzione tra culture
Culture individualiste
 Il sé è l’unita di base
 Il principale compito di sviluppo è il raggiungimento di un senso di realizzazione personale
 L’elaborazione della propria unicità è alla base dell’identità
 Sono valorizzate caratteristiche come l’intelligenza e competenza
 La distinzione più saliente è fra sé e non sé e in seconda istanza fra ingroup e outgroup
Culture collettiviste
 Il gruppo è l’unità di base
 Il principale compito di sviluppo è il raggiungimento di obiettivi comuni
 L’identità è organizzata intorno al senso di affiliazione
 Sono valorizzate caratteristiche come costanza e persistenza
 La distinzione più saliente ingroup e outgroup; ostilità a priori nei confronti dell’outgroup
Analisi delle differenze culturali (Hofstede, 1980)
E’ possibile distinguere le culture in funzione di 4 diverse dimensioni (o fattori): la relazione tra
individuo e gruppo; l’ineguaglianza sociale che include anche il rapporto con l’autorità; i concetti
di mascolinità e femminilità; le modalità di gestione delle ambiguità legata all’espressione delle
emozioni e dell’aggressività.
Secondo Hofstede è possibile distinguere la cultura sulla base di 5 indicatori:
 Individualismo e collettivismo (IND): è un indicatore che focalizza l’attenzione sui
meccanismi relazionali prevalentemente autocentrati o etero centrati (concezione di sé
che si può disporre lungo un continuum che va dall’individualismo al collettivismo).
 Power distance index (PDI) (distanza di potere): si riferisce al grado di aderenza
all’autorità formale ( per esempio, in che misura una particolare società accetta
l’inuguaglianza sociale e la differente distribuzione del potere all’interno delle sue
istituzioni e/o organizzazioni).
 Uncertainty avoidance index (UAI) (tolleranza all’incertezza): misura l’importanza
attribuita alle regole e alle procedure standard e il grado con cui le persone ritengono
arduo affrontare e gestire le situazioni ambigue e incerte.
 Indice di mascolinità-femminilità (MAS): cerca di dare risposta alla seguente questione: le
differenze biologiche di genere hanno implicazioni per i ruoli che uomini e donne svolgono
nelle diverse attività sociali?
 Indice di long-term time orientation(LTO) (orientamento temporale): i soggetti con livelli
elevati in questo indice tendono a essere più cauti e a riconoscere grande valore alla
persistenza e alla progettazione a medio e lungo termine.
81
DIFFERENZE CULTURALI E CONCETTO DI VALORE
Valorepolo di riferimento destinato a dare stabilità e conseguentemente comprensibilità, al
fluttuare dei comportamenti e delle dichiarazioni dei consumatori.
La psicologia moderna ha utilizzato il termine valore come concetto di riferimento capace di
garantire stabilità e coerenza, “legato all’idea-guida di una personalità centrata sulla costruzione,
prima, e sul mantenimento poi, di un’identità interna che ne costituisce il cuore e la chiave di
lettura”.
I valori costituiscono gli atomi dell’identità e hanno permesso di individuare una scala
universalmente accettata di priorità per spiegare i comportamenti umani attraverso
l’identificazione dell’essenza della personalità e delle sue stabilità.
Società postmoderna caduta delle certezze (economico-sociali)  Sé fluido: valore e identità
non sono più un assoluto da difendere sempre e comunque, ma costrutti culturali.
Non è più possibile una misura del valore come un a priori assoluto, come polo di riferimento con
cui spiegare i comportamenti e da cui derivano gli atteggiamenti.
IL MARKETING SOCIALE
E’ l’uso delle tecniche del marketing commerciale per promuovere comportamenti capaci di
migliorare la salute o il benessere delle persone cui ci si rivolge o della società nel suo complesso.
(Weinreich, 1999)
I cartoncini appesi in metropolitana, il passaggio di Emergency in tv, la lettera del medico di base
sono tutti esempi di marketing sociale.
Alle 4P del marketing tradizionale (product, price, place, promotion), il marketing sociale aggiunge
altre 4P: partnership, politica, purse-strings (risorse economiche), pubblico.
LA CLASSIFICAZIONE DEI VALORI
Nonostante l’importanza che il termine valore ha avuto nella ricerca psicosociale, non è del tutto
immediata la possibilità di adozione nel campo applicativo dei consumi. Lo studio dei valori fa
riferimento a concetti astratti ed eccessivamente generalistici, come per esempio la sicurezza,
l’amore, la giustizia, utili per studiare il comportamento di acquisto in generale, ma inadeguati per
la distinzione di marche e prodotti. (Solomon, 2006)
Per una corretta rilettura del significato del valore nella ricerca sui consumi occorre, pertanto,
rivalutare il valore della ricerca ideografica e situazionale e la possibilità di declinare la ricerca sui
valori in considerazione delle situazioni specifiche in cui viene applicato il termine.
Occorrerà quindi distinguere tra:
 Valori culturali (centrali) come la libertà e la felicità
 Valori specifici relativi al consumo come il valore della convenienza o il valore della
sostenibilità ecologica nell’acquisto in generale
 Valori specificamente correlati al prodotto come per esempio il valore della facilità d’uso
Il concetto di valore è uno di quelli più utilizzati nello studio dei processi di consumo poiché i
consumatori associano ai prodotti certi valori simbolici e personali, ma al contempo stesso
attraverso i prodotti stessi cercano di raggiungere determinati valori sociali o manifestare a se
stessi e agli altri l’adozione di certi valori.
“Il valore è la concezione stabile di ciò che è desiderabile per un individuo e per una società.”(Zatti,
1997)
82
Ciò non significa che i valori siano immutabili e stabili nel tempo; infatti l’immutabilità non è una
categoria descrittiva della società in cui viviamo. Anche i valori sono soggetti al cambiamento.
I valori, in generale, rappresentano gli obiettivi che ci si pone: sicurezza successo, salute.
Inoltre, nelle relazioni sociali, i valori esercitano funzioni importantissime: i valori di gruppo danno
a un membro i fini e significati generali dell’agire nonché le leggi che ne rappresentano la
codificazione.
Solomon: il valore di consumo può essere ricondotto a 8 specifici valori:
 Efficienza: è il grado di convenienza riscontrata nell’esperienza di consumo e si riferisce al
contesto di costi-benefici dell’acquisto
 Eccellenza: fa riferimento all’unicità e alla particolarità dell’esperienza di consumo e al
concetto di qualità
 Status: richiama al valore del prestigio e della posizione sociale che deriva dal possesso
 Autostima: si riferisce all’effetto che ha il consumo nella costruzione di un’immagine
personale di successo o alla sensazione di autorealizzazione
 Divertimento: fa riferimento allo stato di gioco e di benessere che può provocare il
consumo
 Estetica: richiama le ricerca del bello come valore importante
 Etica: fa riferimento al valore morale, sociale e politico del consumo
 Spiritualità: richiama a esperienze quasi religiose o comunque sacre nella relazione tra
consumo e prodotto o servizio
LE APPARTENENZE A SUBCULTURE
All’interno della società odierna, vi sono delle subculture capaci di influenzare direttamente il
comportamento dei consumatori. Solitamente l’appartenenza religiosa, le differenze etniche e di
provenienza geografica e le differenziazioni di genere e di età sono quelle che ci permettono di
differenziare le subculture.
Una subcultura identifica gruppi che hanno origini culturali, lingua, religione, senso di
appartenenza ad una specifica eredità storico-sociale diversa.
La presenza in Italia di un’immigrazione molto consistente deve far riflettere gli operatori di
marketing sulle necessarie differenziazioni di bisogni e di desideri di una fascia di popolazione che
appartiene ad etnie diverse.
Chi si occupa dei processi di consumo di tali subculture deve considerare il significato simbolico
che coinvolge i comportamenti di consumo in relazione alle dinamiche di aderenza/distacco,
vicinanza/lontananza, privato/pubblico che nella vita delle famiglie straniere e nelle volontà dei
giovani della seconda generazione determinano i processi di relazione con la tradizione di origine
in base alle specifiche storie di vita e biografie migratorie, ma anche sulla base della provenienza.
L’INFLUENZA DEL PAESE DI ORIGINE E GLI STEREOTIPI DEI CONSUMATORI
Il processo di globalizzazione ha permesso ai consumatori di confrontarsi con realtà, prodotti e
significati assai diversi da quelli della propria terra di origine e della propria cultura.
La globalizzazione, lungi dal promuovere una cultura totalizzante e omogenea, ha definito uno
spazio nel quale le diverse culture del mondo si confrontano e si scontrano, generando significati e
condividendo valori e costruiscono modi di leggere la realtà nuovi ed eterogenei.
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Tuttavia le reazioni nei confronti di queste potenzialità sono diverse. I prodotti realizzati nel
proprio Paese in genere sono percepiti di migliore qualità rispetto alla percezione che hanno i
consumatori di altri Paesi per gli stessi prodotti, così come la qualità dei prodotti provenienti dai
Paesi industrializzati è percepita migliore rispetto a quella dei prodotti provenienti dai Paesi in via
di sviluppo. (i prodotti vengono percepiti in funzione della loro origine)
LA CASE HISTORY S. PELLEGRINO: I VALORI DELL’ITALIANITA’ NELLE ALTRE CULTURE
La storia del brand S. Pellegrino inizia nel 1899 e si è sempre distinta per la sua strategia di
comunicazione così atipica e innovativa rispetto alla maggior parte degli altri brand del largo
consumo. Il marchio ha sempre avuto una posizione forte e lo ha saputo mantenere nel tempo.
Inoltre è diventato un prodotto che veicola istantaneamente elementi di cultura e storia di
tradizione italiana nel mondo.
La cultura italiana si caratterizza per una duplice personalità: da un lato i valori negativi, gli
stereotipi, e dall’altra ciò che ci rende unici e ambiti nei confronti di qualsiasi tipo di cultura ( un
popolo che ama lo stare insieme, con un forte valore della condivisione S. Pellegrino è
amplificatore e facilitatore di questi valori, che trova nel momento del pasto insieme la sua più alta
rappresentazione.
I GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALE (GAS)
Il primo Gruppo di Acquisto Solidale nato in Italia risale al 1994: consorzi, più o meno informali, di
consumatori che si riuniscono per dar vita a processi di acquisto e consumo all’insegna della
solidarietà e del rispetto dell’ambiente, inteso sia in termini meramente ecologisti che in termini
sociali. (definiti da Valera come “il popolo dei gasati”)
Consumo etico: è un consumo che rispetta e non froda il produttore;
Consumo sostenibile ( o green consumers): con questo termine ci riferiamo consumatori
particolarmente attenti, nelle loro scelte di consumo, a tutelare l’ambiente fisico nel quale
viviamo;
Consumo critico e acquisto solidale: si riferisce ad una pratica di consumo che rispetta, chi nel
produrre, a sua volta ha rispettato l’ambiente, inteso a 360 gradi come l’unione delle risorse
ambientali a disposizione da un lato, e dell’intera compagine umana dall’altro.
Dunque, nei GAS la solidarietà non viene semplicemente espressa verso l’ambiente verso
l’ambiente e i produttori ma, in primo luogo, verso la rete di consumatori cui si appartiene, che si
gestisce insieme, segnalando a tutto il gruppo nuovi produttori e rendendosi disponibili, a turno,
ad effettuare opera di contatto-ritiro-magazzino di merci specifiche, così ciascuno si occuperà di
un settore specifico ( pasta, detersivi, formaggi).
MITI, COSTUMI E RITUALI E LO STUDIO DEI VALORI
I valori contribuiscono a creare regole di convivenza civile e a guidare i comportamenti e possono
essere rilevati attraverso l’analisi di usi, costumi e convenzioni sociali. Questi infatti riescono a
dare indicazioni dei valori condivisi in una specifica comunità o gruppo.
Gli usi sono le consuetudini della vita derivanti dalla tradizione: per esempio ci si aspetta che la
gestione degli affari domestici sia prevalentemente assegnata alle donne.
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I costumi sono invece le norme più forti: essi hanno una valenza morale profonda e indicano quali
sono i comportamenti che possono essere agiti in relazione al contesto, ai momenti e alle persone
con cui si entra in relazione.
Inoltre, un ruolo determinante viene riconosciuto ai canali di comunicazione. I valori, infatti, sono
trasmessi e influenzati dai messaggi mediatici. Anche la comunicazione di marketing può, dunque,
influenzare il processo di acquisizione di valori e di regole sociali.
Un ulteriore suggerimento e indicazioni sui valori di una comunità ci vengono offerti dall’analisi dei
miti e dei rituali.
I miti sono “aneddoti contenenti elementi che simboleggiano gli ideali di una cultura, che
generalmente presentano un conflitto tra due forze opposte, il bene e il male, e dal cui esito i
membri di una società traggono un’indicazione morale di comportamento” (Solomon, 1996)
I rituali sono attività simboliche ed espressive manifestate con azioni o comportamenti che
vengono ripetuti periodicamente. (rituali religiosi, r. magici, r. culturali, r. civici, r. di passaggio)
Come possiamo distinguere i valori attraverso una prima grande categorizzazione? E ancora, come
possiamo misurare i valori?
Possiamo distinguere valori terminali e valori strumentali:
Valori terminali: una vita serena, una vita eccitante, uguaglianza, libertà, amore, saggezza, vera
amicizia (sono gli obiettivi ultimi della vita)
Valori strumentali: ambizione, apertura mentale, coraggio, onestà, intelligenza, indipendenza,
autocontrollo ( sono i comportamenti per raggiungere gli obiettivi)
Questa classificazione prevede una distribuzione dei valori lungo un continuum, in cui da una parte
troviamo i v. strumentali e dall’altra quelli terminali. I primi, caratterizzati da un grado di
astrattezza superiore, portano al soddisfacimento di quelli terminali.
Lo strumento che più si usa per la misurazione dei valori è la scala Rokeach Value Survey.
Secondo Rokeach i valori possono essere concettualizzati come una gerarchia semplice e lineare.
Tra di essi esiste un ordine di priorità definito tramite un processo cognitivo, che implica il
confronto tra coppie di essi, influenzato a sua volta dalla personalità soggettiva, dal grado di
socializzazione, dall’ambiente socio-istituzionale e culturale.
La Value Survey è costituita da due gruppi di 18 valori.
Una scala alternativa è quella definita LOV (list of values) che distingue valori interni ed esterni in
nove tipologie(appartenenza,eccitazione rel. amichevoli,rispetto da parte di altri,
autorealizzazione, sicurezza, piacere di vivere, appagamento, rispetto per se stesso), resasi
necessaria anche perché la scala di Rokeach faceva riferimento a valori eccessivamente astratti e
di difficile applicazione nel campo del marketing.
Altra scala utilizzata è quella dei Domini Motivazionali di Schwartz che individua 56 valori
raggruppati in aree o dom. motivazionali.
LA DIFFERENZIAZIONE DELLE CULTURE DI CONSUMO E LE PSICOGRAFIE
La ricerca psicografica fornisce un’ampia e realistica analisi dell’universo dei consumatori, facendo
emergere le particolarità che permettono di descrivere lo stile di vita di un gruppo sociale.
Lo stile di vita riguarda gli schemi di consumo che rispecchiano le scelte personali circa il modo di
spendere tempo e denaro. E’ influenzato dai modelli culturali, dai valori, dai dati demografici, dalle
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subculture, dalla classe sociale, dal gruppo di riferimento, dalla famiglia, dalle motivazioni,
dall’emozione e dalla personalità.
Le espressioni psychographic segmentation e lifestyle segmentation stanno entrambe ad indicare
una segmentazione che va oltre il semplice dato socio demografico: se prevale un’impronta
psicologica si parlerà di psychographic segm.; se invece prevale un’impronta di tipo sociologico si
parlerà di lifestyle segm.
Le lifestyle e psychographic segmentation hanno lo scopo di:
 enfatizzare la relazione esistente fra prodotto-individuo-scenario di appartenenza;
 spiegare le differenze tra certi tipi di comportamento manifestate da gruppi di individui
non spiegabili in base a caratteristiche fisiologiche, demografiche e socioeconomiche;
 scoprire differenze di stili di vita;
 esaminare modelli di consumo dei prodotti e tipologie di consumo;
 sviluppare tipologie di consumatori.
La prima ondata di ricerche psicografiche ha utilizzato prevalentemente i profili di personalità
( scala di misurazione utilizzataEdward’s Personal Preference Schedule)
Questi studi hanno dimostrato correlazioni basse e inconsistenti con il comportamento del
consumatore, rivelandosi non soddisfacenti per le esigenze di marketing
La seconda ondata di ricerche psicografiche ha rimpiazzato il concetto di personalità con il nuovo
concetto di lifestyle, definibile come l’insieme dei modi di vivere, spendere tempo e denaro delle
persone.
Oggi lo studio dei processi di identificazione e di personalizzazione ha riportato nuovamente
l’attenzione sull’esigenza di integrare gli studi sugli stili di vita con i processi di significazione che
caratterizzano i processi espressivi del Sé. (AIOmisurazione di attività, interessi, opinioni del
consumatore = si svolge sottoponendo un questionario a un panel di consumatori a livello
nazionale nel quale vengono richieste, oltre alle informazioni demografiche, anche quelle sui tassi
medi di consumo di almeno un centinaio di prodotti differenti)
LE PRINCIPALI PSICOGRAFIE STRANIERE
Psicografia “Monitor” di Yankelovich
Elemento principale di questa analisi è lo studio dei valori i quali, secondo Yankelovich, possiedono
quelle doti di astrattezza attraverso cui è possibile comprendere il comportamento umano e le sue
motivazioni, in modo molto più profondo di quanto si possa fare mediante la sola analisi del
comportamento d’acquisto.
Psicografia VALS
VALS 1 (Value and Lifestyles di Mitchell, 1960)
Si basa su un insieme di studi del comportamento umano e della personalità, realizzati nell’ambito
della ricerca motivazionale e della psicologia dello sviluppo, ma soprattutto della “teoria delle
motivazioni dominanti” di Maslow. La segmentazione VALS fa corrispondere a ogni livello della
gerarchia dei bisogni una “fetta” della popolazione, aggiungendo però che ciascun individuo può
orientarsi a seguire due percorsi diversi, quello outer-directed (eterodiretto) e quello inner86
directed (autodiretto), che portano entrambi al vertice rappresentato dal bisogno di
autorealizzazione.
Si distinguono i seguenti profili:
Need driven: sono individui caratterizzati da un comportamento d’acquisto fortemente
condizionato dalla scarsa disponibilità di reddito, ulteriormente suddivisi in due segmenti:
- outer directed: sono collocati ad un livello superiore rispetto al precedente; sono
attentissimi a ciò che la gente pensa di loro e ispirano la loro vita a ciò che è materiale
tangibile;
- inner directed: nascono con la fine della II G. Mondiale e crescono nelle agiate condizioni
degli anni ’50 e ’60; sono molto aperti all’innovazione e al cambiamento, attenti alla
“qualità della vita” e alla propria auto gratificazione, agiscono seguendo una forza interiore
e non solo in relazione al denaro;
Integrateds: rappresentano la vetta della gerarchia, sono spinti dal bisogno di autorealizzazione,
hanno un’età matura, un alto reddito e dovrebbero riassumere tutte le migliori caratteristiche dei
gruppi precedenti.
VALS 2
Ha sostituito la prima versione ritenuta eccessivamente universalistica e troppo astratta per
analizzare le specificità delle situazioni di consumo. Si differenzia dalla VALS 1 per la minore enfasi
che pone sui valori sociali e per la maggiore attenzione che dedica alle risorse psicologiche,
economiche ed educative degli individui. Essa definisce i consumatori secondo due dimensioni:
self-orientation e personal resources.
La tipologia VALS 2 suddivide la popolazione in 8 segmenti con caratteristiche distintive diverse:
 actualizers: sono soggetti indipendenti, propensi a essere leader e amanti del rischio;
consumatori di successo dalle molte risorse, sono interessati ai temi sociali e aperti al
cambiamento;
 fulfilleds: sono persone molto organizzate, pratiche intellettuali e sicure delle proprie
capacità; soddisfatte, riflessive e pacate, tendono a prestare attenzione alla concretezza e a
i valori di funzionalità;
 believers: sono individui fedeli, rispettosi delle convenzioni e puntigliosi; hanno forti
principi e preferiscono brand sperimentati;
 achievers: sono pragmatici, seguono le convenzioni sociali, hanno un forte senso del
dovere e della famiglia; orientati alla carriera, preferiscono la prevedibilità al rischio o alla
scoperta;
 strivers: seguono la moda, sono influenzati dagli altri e dominati dalla volontà di migliorare
la loro condizione;
 experiencers: soggetti impazienti, dal comportamento impulsivo e spontaneo, giovani e
amanti delle esperienze rischiose;
 makers: curano molto i rapporti familiari, sono pratici e autosufficienti; orientati all’azione,
pensano alla propria autosufficienza;
 strugglers: persone conformiste, conservative e molto caute; sono molto centrate nel
soddisfare i bisogni del momento.
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Psicografia del Centre de Communication Avance’ (CCA)
Messa a punto da Cathelat presso il CCA verso la metà degli anni ’70: permette di monitorare il
cambiamento sociale attraverso l’andamendo di 26 valori sociali, accoppiati e contrapposti a due a
due in 13 flussi culturali e misurati dalle risposte a un questionario autosomministrato.
Psicografia 3sc di De Vulpian
Nata all’inizio degli anni ’70, fa parte oggi del Research Institute on Social Change (RICS). Nel 3SC
francese le aree principalmente coinvolte nell’evoluzione sono: le motivazioni, la mentalità, le
aspirazioni, i valori e i tratti della personalità; le produzioni culturali; i costumi e i modi di vita; le
strutture sociali informali e le principali credenze e rappresentazioni che l’uomo fa di sé e
dell’universo.
LE PRINCIPALI PSICOGRAFIE ITALIANE
Sinottica di Eurisko
L’Istituto Eurisko è stato fondato nel 1972 da Gabriele Calvi; è nata ufficialmetnte nel 1976 con il
nome di Psychographia. A partire dal 1993 l’indagine si basa su un campione di 10000 casi,
rappresentativo di individui maschi e femmine, in età compresa fra i 14 e i 64 anni. Le interviste
vengono realizzate attraverso due rilevazioni di 5000 casi ciascuna, rispettivamente a novembre e
a maggio.
La psicografia dell’Istituto Eurisko si presenta come un’indagine single source (tutte le informazioni
vengono rilevate sugli stessi soggetti) assai completa e operativa e a classificazione standardizzata,
dove, cioè, la suddivisione degli stili di vita deve sottostare ai vincoli che il sistema informativo
integrato richiede.
La struttura composta dagli stili di vita è ripartita secondo questi stili:
 stili giovanili: liceali, delfini, spettatori;
 stili superiori: gli arrivati e gli impegnati;
 stili centrali maschili: gli organizzatori e gli esecutori;
 stili di vita centrali femminili: colleghe, commesse, raffinate, massaie;
 stili marginali: gli avventati, gli accorti, le appartate modeste, le appartate povere
Oltre alle segmentazioni stilistiche vengono effettuate delle segmentazioni su mappa, ove
l’universo degli individui non è più suddiviso in gruppi bensì distribuito in modo continuo in uno
spazio geometrico immaginario, rispettando una logica di caratterizzazione del profilo secondo il
posizionamento: individui “vicini” sono individui “simili”.
Le due dimensioni rappresentanti gli assi portanti della mappa possono essere così interpretate:
 prima dimensione: tratti duri è la dimensione del confronto sociale, della competizione
con gli altri, della conquista. Gli attributi di questa dimensione sono: la forza, la ricchezza,
la fisicità del corpo, la razionalità, il rischio, la lotta, il piacere.
 Seconda divisione: tratti morbidiè la dimensione culturale della forma e della
sovrastruttura, rispetto alla semplice sostanza. Gli attributi di questa dimensione
sono:l’amore, la cultura, lo spirito, l’emotività, la moderazione, la dolcezza, l’eleganza.
Monitor 3SC di Gpf & A (Sistema di Correnti Socioculturali e Scenari di Cambiamento)
A partire dal 1977 a intervalli di 18 mesi, vengono sottoposte a intervista 5000 persone formanti
un campione rappresentativo della popolazione italiana.
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La parte di questionario utilizzata per le rilevazioni successive consiste in una batteria di item, circa
170, riguardanti aspetti e fenomeni rilevanti per spiegare la dinamica del mutamento sociale e
indaganti soprattutto i valori e gli atteggiamenti degli italiani per quanto riguarda una serie di aree
socialmente considerevoli.
PRIVATO
Cultura edonistica, legata all’accettazione del
rischio e prospettive temporali di breve
periodo, orientata al soddisfacimento di bisogni
individuali e alla continua ricerca di stimoli e
gratificazioni.
Il consumo vissuto come strumento di piacere e
differenziazione del sé, è caratterizzato dalla
precoce adozione e dalla rapida obsolescenza
delle mode, degli acquisti di impulso e da una
forte valorizzazione dei benefit intangibili di
marche e prodotti.
Cultura di stampo piccolo borghese, stratificata,
conformista, intollerante, orientata alla difesa
di interessi particolari e al raggiungimento di
traguardi materiali.
Il consumo vissuto come indicatore di prestigio
sociale, è caratterizzato dall’accettazione
passiva di modelli di consumo etero diretti.
CHIUSURA
APERTURA
Cultura post-materialista, orientata alla
realizzazione del sé e caratterizzata dalla
ricerca di autenticità e progettualità, dal rifiuto
delle convenzioni sociali, dall’impegno etico,
dalla sensibilità ambientale.
L’approccio al consumo, di tipo critico e
selettivo,è orientato all’autodirezione e al
pragmatismo. Forte interesse riscuotono i
benefit prestazionali e le innovazioni di
prodotto e di servizio.
Cultura austera e do veristica, fondata sulla
condivisione dei valori più tradizionali: famiglia,
religione. La diffusa ostilità al nuovo è
speculare alla nostalgia del passato e alla
ricerca di certezze e di radici.
Tutte le forme di sollecitazione al consumo
sono fonte di ostilità e di diffidenza. Il risparmio
è vissuto come valore. Il prezzo è la principale
leva competitiva.
SOCIALE
PORSCHE: UNA STORIA DI VALORE
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Costruire l’auto che non c’era è ancora oggi l’obiettivo di ogni nuovo modello Porsche (dal nome
dell’ideatore) che nasce per rispondere alle esigenze del futuro, forte dei valori rappresentati dalla
propria storia in quella che possiamo definire una tradizione nell’innovazione riconoscibile in tutti
gli elementi progettuali stilistici e produttivi dei prodotti.
Insieme al valore della tradizione, un altro fondamentale elemento che contraddistingue, in
termini di significato, il marchio Porsche è quello della razionalità. ( auto da usare per ogni
evenienza, dalle corse in pista all’andare ad accompagnare i figli a scuola)
Il terzo elemento distintivo del marchio Porsche è senz’altro costituito dalle relazioni tra
appassionati ( rete di comunicazione interna che esprime vitalità e capacità di rendere tangibili
significati. Porsche opera anche in ambito ambientale sostenendo progetti ecosostenibili.
Porsche, inoltre, lega la propria esperienza a quella del mondo della musica ( il sound, il piacere
dell’ascolto che rimandano inevitabilmente all’unicità del rombo Porsche) ”Porsche Jazz
Festival”, “Porsche Live”,”Le notti”In ambito letterario: “La brevità meravigliosa”. Riesce a
coinvolge anche i giovani creativi emergenti in quest’ambito: “Tiro Rapido” (genere giallo/noir);
“Giro Rapido” (il viaggio); “Volo Rapido” scrittuta creativa scrivere un romanzo, una traccia in
911 minuti (911 richiamo esplicito al modello Porsche).
PSICOLOGIA DEI CONSUMI
CAPITOLO 8
IL CONSUMO NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA
Consumo: azione di acquisto che coinvolge soprattutto una famiglia. FAMIGLIA -> attore principale, con un
ruolo sempre + determinante da parte di bambini ed adolescenti. I bambini hanno una forte influenza nella
scelta di prodotti e marche, nell’acquisto degli stessi, nell’aggiornamento sulle tendenze del momento,
qualità dei prodotti, e ciò sia x l’influenza della ubblicità che dei pari. (es: uso del motorino, i giovani
innescano il trend negli adulti). Questo perché c’è anche una maggiore tendenza degli adulti al
‘giovanilismo’ (aspirazione a restare o apparire giovani), quindi i giovani oggi hanno sicuramente + influenza
nel consumo degli adulti, e sn diventati un target per il marketing. I bambini vengono continuamente
bombardati da messaggi pubblicitari fin dalla nascita per avere una fidelizzazione alla marca quanto +
precoce possibile.. (Negli Stati Uniti il motto della fidelizzazione è ‘cradle to grave’ : dalla culla alla tomba).
Nonostante ci sia un premio per la migliore e + efficace pubblicità destinata ai bambini, sono iniziative che
non vengono accolte positivamente dagli educatori, x questa ‘commercializzazione dell’infanzia’ che in una
società consumistica in cui viviamo è anche comprensibile, ma gli educatori sono preoccupati per la
debolezza dei bambini di fronte alle strategie di marketing come la persuasione.
Il ruolo del consumo: non è più né semplicemente un atto razionale del consumatore per la soddisfazione
dei propri bisogni, né come un agire simbolico per determinare l’appartenenza a una determinata categoria
sociale. Bisogna invece tener presente la valenza comunicativa che ha assunto, rivolta prima a se stessi e
poi al mondo delle relazioni sociali. Per questo anche l’atto di consumo che potrebbe sembrare più istintivo
90
e irrazionale diventa un atto dotato di significato e quindi la pubblicità diventa uno strumento per la
costruzione di senso anche nell’infanzia; diventa un’enciclopedia di senso di facile accesso che genera un
linguaggio e ha quindi un ruolo nell’etichettatura sociale delle merci e delle marche che gli stessi
consumatori inizieranno a consumare.
La pubblicità è un genere narrativo particolarmente adatto alla fruizione da parte dei bambini: breve ,
dinamica, colorata, coinvolgente, musicale e quindi anche piacevole per loro. I prodotti pubblicizzati
diventano un elemento di integrazione nel gruppo dei pari, il consumo è un passaggio obbligato per
l’integrazione nel gruppo dei compagni e per i giochi. Il sogno del consumo è magico, gratifica, concilia gli
opposti.
IL CONSUMO NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA
Il consumismo nei giovani si è accentuato molto e soprattutto da un’età sempre più bassa, quindi i bambini
e gli adolescenti sono diventati un target importante sia per il loro effetto trainante nelle decisioni
dell’intera famiglia sia per la loro effettiva capacità di acquisto: un nuovo attore economico da fidelizzare.
Rischiano di essere troppo coinvolti in questo consumismo e di acquisirne i valori; passando la maggior
parte del tempo davanti la tv con mess pubblicitari o nei centri commerciali conoscono perfettamente e
sanno riconoscere le marche (prima di ancora di saper scrivere). Diventano oggetto degli studi di marketing,
con i loro stili di vita e i consumi mutevoli spesso agendo da collaboratori per le aziende: diventano dei
teenagers consulenti -> trendspotters, che tengono le imprese informate sui principali trend, spesso sono il
punto di partenza di azioni di viral marketing verso i propri compagni. Negli Stati Uniti a partire dagli anni
’80 si è sviluppato un filone di ricerca ‘etnografica’ che raccoglie dati sui comportamenti dei bambini da
parte di addetti al marketing e ricercatori, studiandoli da vicino in ogni momento della loro giornata per
capirne gusti, desideri, mode; nei suoi spazi privati il bambino potrà comportarsi + naturalmente x cui si
raccolgono info + profonde, tanto da stringere cn lui un rapporto di fiducia e ad utilizzare queste info per lo
sviluppo dei nuovi prodotti o per campagne pubblicitarie.
Le aziende investono tanto in termini di comunicazione per bambini, investendoli del ruolo di consumatori,
con pubblicità suggestive che arrivano a casa quando il bambino è davanti la tv nel suo ambiente tranquillo,
familiare, al pc, mentre passeggia o addirittura a scuola (soprattutto negli USA c’è una commercializzazione
della scuola: sponsorizzazione da parte di grandi aziende soprattutto del settore alimentare di libri e
strutture scolastiche. Es: Coca-Cola sponsorizza un intero istituto, McDonald’s: fa lavorare gli insegnanti per
qualke sera nei propri ristoranti per attirare i ragazzini delle scuole, opp a Milano McD. Offre buoni pasto e
gadget brandizzati)
I bambini sono considerati dal mercato e dalla pubblicità come:


Consumatori Immediati: Il bambino è il consumatore ideale perché ingenuo a cui si può vendere
qualsiasi cosa; i bambini oggi fanno acquisti da soli senza la supervisione dei genitori scegliendo i
prodotti pubblicizzati che + preferiscono (merendine, caramelle, snack) e i genitori cercano di
placare il loro senso di colpa per il poco tempo dedicato a loro aumentando la paghetta
settimanale.
Mediatori dei consumi degli adulti: sono uno strumento per le aziende per il loro grande potere di
influenzare i genitori, e questo aiuta le aziende a dirigere i consumi e gli acquisti delle famiglie.
Quindi diventano il bersaglio anche dei prodotti per adulti, a volte sono glis tessi adulti disinformati
91

che chiedono consigli e suggerimenti ai loro figli. La tecnica messa in atto dai bambini verso i
genitori viene definita ‘pester power’ (o nag factor) ovvero il potere di assillare per le richieste non
appagate che potrebbe compromettere il rapporto con i genitori che vogliono vederlo felice.
Futuri consumatori: le aziende da subito cercano di fidelizzare il consumatore creando un
atteggiamento positivo nei confronti della marca così da condizionare le scelte d’acquisto future.
Bambini consumatori di domani.
Secondo la scuola di Francoforte, il bambino non ha nessun potere in quanto è sottomesso dagli
interessi delle imprese, e c’è un rapporto di passività in quanto l’attore economico non è libero di
agire. Al contrario, il bambino nn è passivo e decodifica attivamente il mess dei media, in
particolare della pubblicità, i bambini riescono ad analizzare la struttura narrativa e a caprine la
natura persuasiva. I bambini crescono più velocemente, manifestano esigenze simili a quelle degli
adulti e sono più smaliziati ormai verso ciò ke li circonda e verso il marketing. Ciò non significa che
riescano a decodificare i mess pubblicitari e a opporvi resistenza (soprattutto i + piccoli) ma che al
contrario sono molto più sensibili a queste forme di suggestione. Nonostante queste diverse visioni
del rapporto bambino e consumo, non si può realmente considerare che il bambino è un soggetto
indipendente dai mezzi di comunicazione di massa: gli spot televisivi sono sì considerati come uno
spettacolo ma invogliano anche al desiderio e al possesso (quindi all’acquisto da parte dei genitori)
senza avere coscienza del significato di quella scelta.
[SCHEDA: CASE HISOTRY – TIM TRIBU’ ]
La strategia di Tim nasce nel 2005 un momento in cui l’azienda è leader di mercato ma c’è voglia di
rinnovarsi, cambiare, usare nuovi mezzi di comunicazione e differenziarsi dalla concorrenza. A
livello strategico e quindi come un modo per rinnovare le strategie di marketing a lungo termine
viene pensata l’idea della Tim Tribù ( non solo un nuovo piano tariffario quindi). La TIM essendo
entrata per prima sul mercato aveva un numero di utenti e una community più grande degli altri
operatori entrati nel mercato per target o con tariffe diverse (Vodafone si differenzia perché
orientata ad un target più giovane; Wind per i suoi prezzi bassi). Anche Tim decide di rivolgersi in
particolar modo ai più giovani con una maggiore conoscenze dei nuovi mezzi di comunicazione e le
nuove tecnologie, l’immagine dell’azienda era troppo lontana dal nuovo target che si voleva
colpire. Il nuovo target a cui voleva indirizzarsi era però cambiato negli anni, andava studiato,
capito; un target esperto, curioso e attento alle relazioni interpersonali, alle community, da qui
l’idea di un gruppo di amici, una comunità di amici globale che Tim definisce con il concetto di Tribù
per creare appartenenza a quel gruppo. Anche la comunicazione di Tim cambia, il linguaggio più
vicino ai giovani, diversi co-marketing, azioni virali, mezzi ATL e BTL, partnership con Mtv, cinema e
sponsorizzazioni di eventi per lancio di nuovi film: il concetto era semplice diventare indispensabili
per ogni utente giovane che volesse sentirsi parte di quella tribù e non escluso da agevolazioni,
partecipazioni a giochi e premi. Si differenzia dalla concorrenza non con una guerra tariffaria,
semplicemente essendo più vicina centrata ai bisogni del target generando awareness fino a
diventare un nuovo fenomeno sociale.
LE FASI DI SVILUPPO DEL BAMBINO E LA SOCIALIZZAZIONE AL CONSUMO
92
Bisogna capire lo sviluppo cognitivo del bambino in relazione al mondo dei consumi.
J. PIAGET, individua 4 fasi evolutive dell’attività cognitiva del bambino:
1)
2)
3)
4)
La fase sensomotoria (fino ai 2 anni)
La fase preoperazionale (dai 2 ai 7 anni)
La fase operazionale concreta (dai 7 ai 12 anni)
La fase operazionale formale (dai 12 anni)
1) Nella prima fase sensomotoriail bambino utilizza un approccio sensoriale e le sue abilità
motorie per capire ciò che lo circonda, è aperto e sensibile ad ogni stimolo sensoriale e
risponde con comportamenti fissi che seguono uno schema semplice stimolo-risposta. (solo
nella seconda fase iniziano a svilupparsi le capacità cognitive).
2) Nella fase preoperazionale il bambino inizia ad avere un’idea del mondo, l’attività cognitiva
è basata su un pensiero simbolico; si sviluppano le capacità linguistiche e la capacità di
pensare in modo + organizzato attraverso gesti, simboli, immagini. Il suo pensiero è però
ancora intuitivo e legato solo a ciò che vede attorno a lui. Il gioco è simbolico, reinventa
l’uso degli oggetti, il bambino è ancora egocentrico, esiste solo il suo punto di vista.
3) Nella fase operazionale-concretal’attività diventa + complessa, sviluppa ragionamenti
sempre + flessibili, strutture logiche per compiere operazioni mentali e ottener e
informazioni sugli oggetti. Decentra l’attenzione, è attento a più messaggi provenienti da
fonti diverse contemporaneamente.
4) Nella 4 fase si sviluppa la capacità di pensiero astratto/ipotetico, si raggiunge il completo
sviluppo delle abilità cognitive e un ragionamento più articolato.
Quindi il bambino è vulnerabile al marketing e alla comunicazione fino ai 7 anni in quanto la sua concezione
del mondo si basa molto più sulle esperienze sensoriali ed emotive piuttosto che cognitive. In questa fase
perciò sono più indifesi e nn riescono a prenderne le distanze, è in questa fase che il ruolo dei genitori e
della scuola sono determinanti per lo sviluppo delle sue capacità critiche e del suo ruolo di soggetto
economico.
Il modo migliore di studiare questo fenomeno è attraverso la consumer socialization, un insieme di
ricerche per capire il processo attraverso cui i bambini e gli adolescenti imparano il loro ruolo da
consumatori. WARD -> Socializzazione al consumo (Consumer socialization): il processo attraverso cui i
giovani acquisiscono competenze e atteggiamenti rilevanti per il loro futuro ruolo di consumatori’. E’ un
processo che inizia nei primi mesi di età e si estende fino all’adolescenza (anche nell’età adulta c’è questa
socializzazione, ma è inversa, perché sono i + giovani a socializzare il consumo degli adulti). Per capire
questo processo bisogna scomporre il comportamento di consumo infantile in diversi fattori che poi vanno
a costruire il futuro ruolo di consumatori: costruire un sistema di credenze sul mercato, acquisire
conoscenze sui prodotti e sulle marche, costruire schemi cognitivi sul processo di acquisto, apprendere le
competenze per agire nel mercato come agente economico, competenze decisonali, strategie per
influenzare gli acquisti familiari, conoscenze su pubblicità e meccanismi di persuasione.
AGENZIE DI SOCIALIZZAZIONE AL CONSUMO
BAMBINO
OUTPUT DELLA
SOCIALIZZAZIONE
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-
Famiglia
Gruppo dei pari
Educatori
Mass media
Comunicazione di marketing
- Livello di sviluppo cognitivo
- Competenze comportamentali
- Competenze relazionali
- Conoscenze
- Competenze
- Atteggiamenti
- Valori
- Motivazioni
La ricerca su questa consumer socialization non s’è limitata solo a studiare gli output di socializzazione ma
anche i meccanismi cognitivi che lo caratterizzano, approfondendo inoltre il ruolo di tutti gli attori sociali
che esercitano un’influenza su di esso (agenzie di socializzazione). Tra questi attori notiamo la presenza
della com di marketing, questa influenza il bambino non solo con comunicazione e pubblicità ma anche con
gli stessi prodotti con cui interagisce per fargli già sperimentare il suo ruolo di consumatore, e con luoghi di
consumo che facilitano l’apprendimento dell’atteggiamento di acquisto. Il ruolo dei media e in particolare
della pubblicità influisce anche nella cultura e nella trasmissione di valori e modelli di vita, con
un’attenzione anche allo sviluppo poi di valori materialistici.
LE FASI DEL PROCESSO DI SOCIALIZZAZIONE AI CONSUMI
Il processo di socializzazione ai consumi può essere rappresentato attraverso uno schema input-output
dove ai 2 estremi troviamo le agenzie di socializzazione e gli esiti del processo. L’importanza del modello
risiede nel considerare eventuali agenti esterni che possono frapporsi tra l’agenzia di socializzazione e il
soggetto influenzando l’esito del processo; questi agenti esterni possono essere: iniziative di educazione ai
consumi, da tentativi dei genitori di filtrare gli stimoli del marketing a cui sn esposti i figli e da strategie
aziendali con l’uso di insider o trendspotter.
La socializzazione ai consumi può essere descritta come un processo che si alterna in diverse fasi: 1.
Capacità di provare desideri e preferenze; 2. La volontà di ottenere un mezzo per soddisfarli; 3.
l’opportunità di compiere delle scelte d’acquisto; 4. La possibilità di valutare il prodotto e le sue alternative.
La prima dimensione si manifesta nei primi mesi di vita, il comportamento infantile non è ancora
consapevole, i desideri e le preferenze provocano solo reazioni. I comportamenti invece orientati a uno
scopo emergono intorno ai 2 anni di età quando i bambini iniziano a chiedere ai genitori di acquistare dei
prodotti per soddisfare i loro desideri. Invece nei prima anni di scuola elementare emerge l’opportunità di
compiere scelte d’acquisto, è il momento in cui i bambini iniziano a sperimentare soli o con i coetanei le
prime scelte autonome di consumo. Solo nell’adolescenza poi c’è la coscienza critica verso i prodotti e le
scelte, il consumo è la fase finale di una serie di scelte e valutazioni tra diverse alternative.
ROEDDER suddivide l’iter di socializzazione in 3 stadi di sviluppo:
1. Il perceptual stage ; 2. L’analytical stage; 3. Il reflective stage
Nel 1 stadio ibambini hanno già familiarità con la marca con la spesa ma è ancora una prima
comprensione, le conoscenze di consumo sono elementari si basano su caratteristiche fisiche o
sensoriali die beni fano riferimento a una singola caratteristica. Nel 2 stadio le esperienze di
acquisto e consumo si strutturano in modo più complesso, in base alla performance e alle
caratteristiche funzionali, ci sono più strategie decisionali, valutazioni, ipotesi e pensieri complessi.
Il 3 stadio che segna il passaggio all’adolescenza si sposta sull’azione di consumo come un modo
per esprimere se stessi e la propria identità, per essere accettati in un gruppo e per comunicare.
94
IL RICONOSCIMENTO DELLE MARCHE
I bambini riescono a riconoscere le marche ancora prima di saper leggere, riconoscono nei punti vendita i
diversi packaging di diversi prodotti o sanno richiamare quei brand che hanno visto continuamente in tv
soprattutto se associati a forti colori, figure e forme o personaggi. Verso l’età scolare i bambini non solo
sono in grado di riconoscerne le caratteristiche visive ma ne riconoscono anche le caratterisitche principali
e pian piano iniziano a catalogarli in base alle funzioni d’uso. La comprensione delle marche dipende anche
dal ruolo e dalla comprensione delle funzioni del packaging. Nei primi anni c’è scarso interesse verso la
scatola ed è quasi un ostacolo al prodotto, anche perché sono gli stessi genitori a scartare il prodotto e a
mettere via la confezione. Già verso i 6 anni i bambini inziano a vedere nel packaging un modo x
riconoscere e differenziare i prodotti, c’è + interesse per le confezioni colorate, brillanti con disegni. La fase
successiva è poi iniziare a leggere le info riportate sul packaging cercando però promozioni, sconti e premi
in particolar modo. La conoscenza reale della marca si sviluppa in età scolare, più che altro si riconosce il
suo significato simbolico e lo status associato a certe marche anche in vista di un riconoscimento sociale nel
gruppo dei pari e a giudizi e opinioni sugli altri in base alle marche che utilizzano.
[SCHEDA: NAG FACTOR]
I bambini hanno viste replicate le proprie risorse finanaziarie per piccole spese, dolciumi , giocattoli; questi
sono i bambini che poi diventeranno i consumatori di domani per cui vale la pensa socializzarli da subito al
consumo, ma cosa più importante questi bambini hanno un grande potere di influenzare le scelte dei
genitori. Questo potere per guadagnarsi l’acquisto di un bene è conosciuto come nag factor(o pester
power) è un’azione di assillo continuo ai genitori per ottenere qualcosa sotto la spinta di pubblicità o
gruppo dei pari. Si può anche distinguere tra assillo persistente e assillo d’importanza: il primo fa
riferimento al continuo richiedere da parte del bambino che aumenta il volume della voce e diminuisce le
pause tra una richiesta e un’altra, ritmo incalzante fino alla resa dei genitori. L’assillo d’importanza invece
più potente e subdolo è appreso dalla pubblicità, le richieste sono sempre le stesse ma argomentate
secondo la presunta importanza personale di possedere quel bene facendo riferimento all’educazione, al
tempo, alla felicità propria alla sicurezza personale, argomentazione a cui un genitore non può resistere.
Per capire il motivo o la nascita di questo nag factor bisogna prima capire il rapporto tra genitori e figli e il
modo in cui i bambini vivono la propria quotidianità, il ruolo dei genitori, l’educazione data, il fatto stesso
che si innesca nei bambini la convinzione che solo i genitori possano darti ciò di cui hai bisogno e non
bisogna chiedere ad altri come segno anche di buona educazione, è come se queste rischieste quindi
fossero in un certo senso incentivate dagli stessi genitori. Le richieste sono più forti per prodotti di marca.
I LUOGHI DI VENDITA
Nei punti vendita il bambino inizia a costruire i primi schemi cognitivi sul consumo grazie a degli stimoli
esterni e ambientali del punto vendita come prodotti, display, sistema di prezzi, personale di vendita,
promozioni. Apprendono così i comportamenti più idonei per agire in questi luoghi: interazione con
personale di vendita, altri consumatori, transazioni, modalità di utilizzare offerte e promozioni; ovviamente
il genitore diventerà un modello di comportamento per i figli nell’esperienza di co-shopping o anche potrà
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porsi come una chiave interpretativa. L’esposizione al processo d’acquisto non si traduce in una
comprensione dello stesso, questa compare con l’avanzare dell’età e con l’adolescenza, fino a quel
momento i negozi vengono visti come luoghi per appagare i propri desideri, in modo egocentrico quindi.
Una comprensione più matura inizia quando iniziano ad essere considerati importanti per
l’approvvigionamento della famiglia, si comprende meglio anche il significato di certe insegne e del modo di
esposizione. I primi script (copioni) delle esperienze si basano su una sequenza di azioni elementari, poi nel
periodo successivo questi si trasformano in schemi più astratti e generali. Quando nel bambino inizia a
svilupparsi il pensiero ipotetico riuscirà anche a prevedere certi eventi che possono presentarsi in
determinate situazioni così da fissare dei veri e propri piani nella propria mente e organizzarle in metapiani
e schemi complessi.
LA CONOSCENZA E L’USO DEL DENARO
Per acquisire competenze d’acquisto è anche importante conoscere i prezzi e valutare la convenienza.
Nell’infanzia i prezzi vengono associati alle caratteristiche fisiche dei prodotti, un ogg. costa di più perché è
più grande o + pesante, solo con l’età poi capiscono che il prezzo può dipendere dalla quantità di lavoro
necessaria o ai fattori produttivi o alla realtà di marca; come la comparazione tra prezzi per valutarne la
convenienza iniziano a manifestarsi quando iniziano a prendere parte alle decisioni d’acquisto familiari o
quando hanno a disposizione somme di denaro per potersi gestire autonomamente.
LA CONOSCENZA DELLA PUBBLICITA’ E DEI MECCANISMI DELLA PERSUASIONE
Nella società postmoderna assistiamo a una perdita di valore di famiglia , scuola e istituzioni che ha visto
crescere il ruolo dei media e della televisione come guida a modelli e stili di vita, soprattutto per il tempo
che i bambini trascorrono davanti la tv. La tv scandisce i momenti di una giornata dei bambini, prima o
dopo la scuola soli, in famiglia con amici, anche se trascorrono la maggior parte del tempo soli davanti la tv
come passatempo il pomeriggio. La fruizione dipende dall’età e quindi dalla comprensione dei programmi e
dall’interesse, dalla stagione, il livello culturale della famiglia in grado di offrire anche delle alternative
durante la giornata. I bambini oggi guardano troppa tv, come fonte di divertimenti, di evasione e di
conoscenza e informazione grazie ad un linguaggio semplice e immediato dove prevalgono le immagini. Ci
sono diversi stili di consumo televisivo: può essere Tv-passione, l’attenzione è massima; Tv-tappezzeria, la
tv fa da sottofondo mentre il bambino svolge un’altra attività e nn è molto attento; Tv-tappabuchi,
guardano la tv quando nn hanno niente da fare o per passatempo però acceterebbero volentieri proposte
alternative. Oggi siamo davanti a una tv più generalista con meno contenuti per ragazzi e bambini che
spesso sono costretti a guardare film, programmi pesati x tutti. Al contrario della tv invece nella pubblicità i
bambini appaiono sempre + o come testimonial di prodotti destinati ad un pubblico giovane o adulto, o
come destinatari di questi mess. E’ nei momenti in cui i bambini sono davanti alla tv e in cui magari sono
attenti a fruire programmi adatti a loro come cartoni o telefilm (orari pomeridiani) che la pubblicità li
bombarda di più, pubblicità in cui i bambini però sono specifici destinatari.
IL RICONOSCIMENTO DELLA PUBBLICITA’
Nel rapporto tra pubblicità e bambini è importante capire il grado di fiducia che i bambini ripongono in essa
in base alle diverse età. Ad 8 anni i bambini hanno molta fiducia, sono convinti che la pubblicità dica cose
96
vere, che dia ottimi consigli; con l’aumentare dell’età diminuisce questa credibilità. Iniziano a riconoscere
la pubblicità intorno ai 5 anni e vengono distinti per la loro breve durata ; riconoscerla non significa capirne
la natura commerciale anzi vengono percepiti come una forma di intrattenimento o di informazione sui
prodotti senza alcuno scopo, non essendo in grado di capirli non sono neanche in grado di difendersi. I
bambini non sono passivi davatni la tv in quanto c’è bisogno di uno sforzo di elaborazione e interpretazione
delle informazioni ma non tutti i contenuti sono facilmente decodificabili, questo può variare in base all’età
e allo sviluppo cognitivo raggiunto: più sarà alto più il bambino riuscirà a comprendere il contenuto e
soprattutto lo scopo della pubblicità. Per poter essere efficace il mess pubblicitario deve essere compreso
chiaramente e memorizzato riuscendo a raggiungere l’obiettivo di modificare l’atteggiamento o il
comportamento del bambino; la comprensione del linguaggio televisivo è condizionata principalmente
dall’età ma anche dal livello di alfabetizzazione e cultura, dal contesto familiare e dla tempo trascorso
davanti la tv. Per capire le modalità di ricezione e comprensione dei mess pubblicitari possiamo basarci
sulla teoria degli stadi di sviluppo di Piaget: Nei primi mesi di vita i bambini sono già in grado di rispondere
agli stimoli televisivi, la sua attenzione è catturata da luci, suoni, colori e immagini, il bambino pensa che ciò
che vede accade veramente, che gli oggetti siano reali e che i personaggi parlino con lui. Tra i 2 e i 7 anni
l’attenzione per gli spot cresce anche se hanno ancora difficoltà a capire gli intrecci e la differenza tra realtà
e finzione, difficoltà di distinguere personaggi umani e cartoni. Riconoscono la pubblicità per la sua brevità
inserita in altri programmi, per la funzione di divertire, per il jingle e solo verso i 7-8 anni anche la
memorizzazione degli slogan e si concentrano più selle info contenute. Dopo gli 8 anni il ricordo e la
comprensione aumentano e si concentrano sempre più sul contenuto e sulle caratteristiche del prodotto
presentato, distinguono la realtà dalla fantasia e la natura della pubblicità come genere televisivo, ed è a
quest’età che iniziano ad avere dubbi sulla veridicità dei messaggi pubblicitari. Fino ad arrivare
all’adolescenza in cui sono molto + coscienti dell’intento persuasivo e commerciale della pubblicità e
iniziano ad avere un atteggiamento più critico prendendone un po’ di + le distanze anche se i loro
comportamenti d’acquisto sono ancora condizionati dalla pubblicità e dal gruppo dei pari. La pubblicità per
vendere prodotti si rivolge però a quel pubblico di bambini più fragile e indifeso per le carenze cognitive
che non può capire ancora le finalità del mess e può essere ingannato; è importante informare ed educare i
bambini sulla natura e gli scopi della pubblicità sia in famiglia che a scuola.
L’ATTRAZIONE DELLA PUBBLICITA’
La pubblicità è un genere televisivo che attrae e interessa molto bambini e adolescenti per la sua forma
estetica e per un linguaggio vicino a loro, la apprezzano perché p vista come fonte di divertimento e di
informazioni sulla realtà diventando oggetto di discussione con i compagni. Lo spot si presenta come una
storia breve a lieto fine con un sottofondo musicale, protagonisti sorridenti in un clima familiare e sereno.
Le caratteristiche che attraggono i bambini: Brevità spazio-temporale (utile per la concentrazione e
l’attenzione dei bambini), ripetitività nell’arco di una giornata facilità l’ascolto e la memorizzazione, ai
bambini piacciono le cose ripetute danno senso di sicurezza e stabilità, semplicità delle situazioni e
immagini le storie narrate sono chiuse con uno schema semplice con inizio e fine e i problemi alla fine
vengono sempre risolti, semplicità verbo-iconicalinguaggio immediato e semplice, chiaro; facile da
memorizzare la ripetizione, durata breve ritmo, musica, presenza di attori bambini, sono in grado di
ricordare per la natura standardizzata del testo pubblicitario; rapidità delle azioni; aspetti ludici, umoristici
e paradossali sono spot divertenti, avventure emozionanti che coinvolgono e fanno partecipare i bambini;
musica, personaggi sorridenti simpatici e rassicuranti sono definiti come comportamenti condivisi a cui
aspirare; clima di serenità, amicizia, successo atmosfere allegre, problemi risolti, contesti familiari e
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calorosi. Grazie a questi elementi lo spot entra nella mente creando un mondo, una realtà in cui il bambino
può indentificarsi, il bambino ha bisogno di modelli a cui aspirare perciò le pubblicità per minori sono piene
di situazioni e personaggi simili alla realtà in cui vivono i bambini, scene di vita quotidiana (il momento della
colazione) in modo che il bambino inizia a fare delle connessioni tra i 2 mondi identificandosi con i
protagonisti degli spot e a suscitare emozioni. Quando i protagonisti degli spot sono + grandi entra in gioco
il processo di emulazione apprendono per imitazione per avere gli stessi benefici e ricompense, diventano
modelli da imitare. La pubblicità dice loro come essere felici e come realizzare i propri desideri con quei
prodotti. I bambini nelle diverse fasce d’età sono attratte da elementi e personaggi diversi: i bambini più
piccoli da immagini e cartoni, personaggi di fantasia, animali, quelli più grandi invece da figure adulte
appartenenti al mondo del cinema o dello sport (da imitare). Soprattutto il campo dei prodotti elementari si
rivolge più ai bambini che ai genitori per influenzare le scelte alimentare dei + piccoli, scelte in termini di
conoscenza e preferenza del cibo, e infatti la pubblicità ha una diretta influenza sulla scelta e sulle
preferenze alimentari dei bambini, da qui il rischio della promozione di prodotti junk food (cibo spazzatura
ricco di grassi e zuccheri che aumenta il rischio di obesità), in questo caso vendono sogni , stili di vita e
comportamenti alimentari per cui si associano elementi ludici e fantastici per coinvolgere emotivamente e
associare il consumo a motivazioni più profonde del semplice bisogno di sopravvivenza (non si acquista solo
una merendina ma uno stile di vita); soprattutto le pubblicità di junk food creano attorno al cibo simpatia e
allegria trasformando il bisogno di mangiare in gioco e divertimento (spesso associandolo a cartoni animati,
testimonial, musiche) e sono molto più pubblicizzati rispetto a cibi salutari come frutta e verdura, il junk
food viene presentato come attraente e desiderabile associato a immagini divertenti e a gadget e regali.
Vedendo questi prodotti sullo schermo costantemente i bambini li riterranno più importanti rispetto ad
altri che non vengono pubblicizzati (gli spot per gli adulti presentano il cibo in termini di salute, quelli per i
bambini come divertimento, fantasia e gusto). Nonostante questo ci sono azioni di marketing significative
per promuovere uno stile alimentare nell’infanzia più salutare per prevenire l’obesità ( = lancio di nuovi
prodotti a base di frutta e verdura, Zuegg; o l’associazione di Ferrero tra consumo di snack e merendine con
l’importanza di svolgere attività sportive con testimonial dello sport).
LE NUOVE STRATEGIE DI RETE PER UN MARKETING PER L’INFANZIA: L’ADVERGAMING
Oltre alla pubblicità le aziende oggi hanno scoperto le potenzialità di internet, l’età in cui i bambini iniziano
a navigare in rete si abbassa sempre di più, è un mezzo innovativo e in espansione che non attrae solo il
pubblico adulto ma anche i più piccoli per il suo modo di comunicare e di interagire in modo dinamico; i
bambini giocano, si divertono e sono + attivi, devono decider e compiere azioni ci vuole + impegno; la rete
è anche considerata per questo più pericolosa xkè può sfuggire al controllo dei genitori. Così le aziende
alimentari sfruttano la comunicazione online costruiscono i siti in forma di cartoon, colorati ricchi di giochi e
gadget di ogni tipo per raggiungere direttamente i bambini senza dover passare tra i genitori, inoltre il
marketing online può tenere l’attenzione e impiegare i bambini anche per più tempo coinvolgendoli e
immergendoli totalmente nel mondo della marca. La caratteristica di tutti i siti per bambini è
l’advergaming(advertisement e videogame) per definire la pubblicità sottoforma di videogioco, confonde
gioco e pubblicità; alcuni siti di aziende di prodotti alimentari come Nesquik Nestlè sono strutturati come
dei videogiochi in cui il bambino può esplorare, divertirsi e giocare con diverse attività che ruotano intorno
al brand e al prodotto, i bambini si divertono con personaggi e testimonial inconsapevoli di essere
sottoposti continuamente a un bombardamento pubblicitario, instaurano con la marca un rapporto
amichevole e familiare (per loro è un videogioco, un passatempo e non una pubblicità, ma non fa altro che
creare fedeltà e atteggiamenti positivi verso un brand).
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La maggior parte dei siti di aziende che decidono di investire in advergaming utilizza videogiochi online di
avventura e sport con musiche e all’interno del gioco possono comparire prodotti, packaging, testimonial,
logo, diventa un’esperienza di brand divertente aumentando il ricordo della marca anche in altre occasioni,
in più c’è il coinvolgimento diretto del bambino personalizzando e scegliendo i propri protagonisti,
immedesimandosi e superando diversi livelli come una sfida personale o una gara tra amici, in questo modo
i bambini trascorreranno con voglia molto tempo davanti al pc e a quel brand (es: Ovetto Kinder, Kinder
Frutti in cui sostituire i volti dei personaggi con foto proprie o della famiglia per renderlo ancora + intimo e
personale; Mulino Bianco in forma di cartoon dove vivono tutti i testimonial di ogni pubblicità e prodotto)
INTERNET COME LUOGO DI INFORMAZIONE PER I BAMBINI
Internet oltre a persuadere e divertire sa anche informare i consumatori; mentre un mess pubblicitario
fornisce poche info il sito può descrivere nel dettaglio le diverse caratteristiche e gli ingredienti, linea
completa dei prodotti e i vari gusti e punti vendita, sezioni dedicate alla giusta nutrizione e a uno stile di
vita sano. Sono ancora pochi i consigli di educazione alimentare che rimangono spesso per siti web rivolti a
un pubblico più adulto piuttosto che quelli per i bambini concentrati sul gioco. Alcuni siti inseriscono una
sezione dedicata a materiali educativi per sviluppare conoscenze su storia, scienze, matematica.. presentati
dagli stessi testimonial confondendo pubblicità ed educazione.
Inoltre sul web i bambini possono rivedere gli spot di ciò che hanno visto in tv quando vogliono, in questo
caso la visione non è considerata in modo negativo o come interruzione ma come intrattenimento; è un
modo per rinforzare il mess e per parlare delle caratteristiche positive del prodotto alimentare ora che
sono + attenti i bambini (ad esempio costruendo mini cartoni animati con i personaggi delle pubblicità e del
brand).
LE STRATEGIE DI PERSONALIZZAZIONE DELL’ESPERIENZA ON LINE DEL VISITATORE
Per rendere l’esperienza del bambino con la marca unica e memorabile bisogna personalizzarla, ad esempio
registrandosi sul sito, offre accesso a + contenuti e + giochi, promozioni mentre l’azienda così riesce ad
ottenere informazioni utili e dati personali; una volta registrato il bambino fa parte di una community, è
come vivere in un mondo parallelo in cui i bambini si sentono appartenere a quel gruppo del mondo della
marca; opp si è soliti utilizzare sondaggi e questionari per chiedere preferenze e opinioni riguardo certi
argomenti e renderli + partecipi (su Magic Kinder i bambini possono votare e scegliere la sorpresa dell’anno
così l’azienda raccoglie info per accontentare al meglio i bambini con la scelta dei nuovi premi).
I siti delle aziende alimentari offrono una quantità di materiale brandizzato da scaricare o acquistare,
estendendo l’esperienza oltre il web diventando parte integrante della vita del bambino; i visitatori
possono scaricare screensaver, sfondi, suonerie, icone per il pc. Oppure è frequente distribuire gadget o
attività ricreative incentrate sul marchio che mantengono costante la presenza e l’esposizione al brand che
giocheranno con questi oggetti nel tempo libero restando continuamente esposti alla pubblicità. Un’altra
modalità di estendere l’esperienza online alla quotidianità incoraggiando a raccogliere punti, bollini per
vincere premi e regali, per poter vincere però è necessario acquistare il prodotto e ciò incentiva l’acquisto
ripetuto, la visita del sito e l’effettivo consumo di quel prodotto aumentando la fedeltà di marca. Nei siti
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delle aziende si trovano anche spazi dedicati alle ricette o a proposte di nuovi modi di usare quel prodotto
per stimolarne l’acquisto (Nesquik Squeeze)
Il web illustra anche le prmozioni legate all’acqusito di determinati prodotti, cioè regali, gadget, concorsi,
coupon, premi per incoraggiare alla prova del prodotto, acqusiti di grandi quantità dello stesso prodotto ad
un prezzo conveniente. Questo perché i siti hanno più spazio e possibilità di spiegare modalità,
regolamenti, scadenze rispetto alla pubblicità + breve.
PRESENZA DI ‘’AD ALERT’’
Nonostante tutto ciò appena detto, nessuno avverte il bambino che non sta giocando con un normale
videogame ma che è sottoposto continuamente a pubblicità, c’è confusione su internet tra gioco e
pubblicità soprattutto per i bambini che non hanno ancora le capacità di comprensione e decodifica della
pubblicità. In alcuni siti americani esiste un ‘’ad alert’’ ossia scritte che avvertono i bambini che stanno
guardando pubblicità, ma sono casi rari (es. Mc Donald’s in America).
CAPITOLO 9 (PARTE III – LE APPLICAZIONI DELLA PSICOLOGIA DEI CONSUMI)
IL CAMBIAMENTO DEGLI ATTEGGIAMENTI
L’obiettivo principale di chi si occupa di marketing e di comportamento dei consumatori è di modificare gli
atteggiamenti per fidelizzare un consumatore alla scelta di una marca o per ndirizzarlo nella scelta di un
nuovo prodotto. Le modalità possono essere diverse per rendere + favorevoli gli atteggiamenti dei
consumatori verso un brand o un’azienda, come la scelta del packaging, di un bravo testimonial, la
segnalazione di ingredienti contenuti nei prodotti alimentari, l’impegno sociale delle aziende. In un
contesto attuale sempre più saturo di informazioni e suggerimenti è sempre più difficile riuscire a
persuadere i consumatori e provare a cambiarne gli atteggiamenti, riuscire ad attirare l’attenzione di un
pubblico distratto ed esigente figuriamoci a cambiarne gli atteggiamenti. E’ evidente come ormai non basta
più solo presentare un prodotto e ripetere il mess xkè sia percepito e faccia effetto, il modo in cui
elaboriamo le informazioni risponde al principio del massimo risparmio energetico (economia
dell’attenzione) rendendo ancora + difficile il compito di chi vuole attirare l’attenzione. Generalmente le
informazioni che vengono + recepite dai consumatori sono quelle attese che concordano con gli stereotipi
o con schemi già consolidati.
IL RUOLO DELLA PERSUASIONE
La prima cosa da dire è che si occupa di persuasione deve fare i conti con meccanismi psicologici a volte
poco razionali e standard; tra i fattori che rendono più efficace la persuasione ci sono:
-
La reciprocità: le persone sono più propense a modificare i propri atteggiamenti se si sentono in
dovere verso qualcuno o qualcosa (il regalo ai consumatori prima di una vendita, effetto ‘piede
nella porta’ per far sentire il consumatore in dovere verso il venditore).
100
-
Il valore dell’autorità: l’importanza della fonte del messaggio e il suo grado di autorità in un tema
(es: CNN) ha effetto sui comportamenti degli ascoltatori.
L’effetto della scarsità di prodotti o servizi: spinge i consumatori a modificare il proprio
atteggiamento e a considerare quel rodotto più gradevole o indispensabile.
L’effetto piacevolezza della fonte: una fonte attraente raggiungerà ricompense positive , oppure un
processo di identificazione per godere delle stesse qualità di quel modello con cui ci si identifica.
Non sempre le intenzioni del comunicatore sono colte e comprese correttamente dal proprio target di
riferimento (soprattutto se sono bambini dove la comunicazione spesso è molto adultocentrica, poco
attenta alle specificità dei bambini). Ciò si verifica anche nel processo di memorizzazione, non è sempre
scontato che il prodotto ogg del mess e ciò che dovrebbe essere ricordato sia lineare e immediato. Chi
si occupa di persuasione deve quindi anche studiare il modo di rendere quella pubblicità memorizzabile
oltre che comprensibile, spesso accade di vedere pubblicità molto accattivanti ma difficilmente
memorizzabili. Perché ci sia un effettivo cambiamento degli atteggiamenti, l’efficacia della
comunicazione deve essere valutata in base alla capacità di attirare l’attenzione, di essere percepita
correttamente, compresa e ricordata e per la sua intrinseca capacità persuasiva.
Un gruppo di ricercatori della Scuola di Yale (guidati da Hovland) hanno studiato gli elementi che
rendono una comunicazione persuasiva mettendo in luce i 3 fattori del ‘chi dice cosa a chi’ quindi: 1.
Caratteristiche della fonte, 2. Natura del mess, 3. Caratteristiche del ricevente.
BOX : DIFFERENZE DI GENERE E CAMBIAMENTO DEGLI ATTEGGIAMENTI
Studio sulle differenze di genere, le differenze funzionali tra il cervello dell’uomo e quello delle donne.
In particolare le differenze durante il processo d’acquisto, le emozioni sono decisive talvolta
nell’acquistare un certo bene, uomini e donne sembrano diversi di fronte a uno stimolo emotivo
intenso, le donne ricordano in modo particolare gli stimoli emotivi quando viene attivata di più
l’amigdala sinistra, per gli uomini avviene il contrario; quindi uomini e donne memorizzano in modo
diverso le diverse emozioni e quindi i diversi prodotti. Le donne utilizzano per decidere l’emisfero
sinistro, gli uomini il destro, ciò è fondamentale per iniziare a pensare strategie di marketing generoriented. Le donne utilizzano strategie di acquisto mirate a classificare i prodotti in precise categorie,
quindi la decisione d’acquisto si basa molto su ciò che è contenuto in memoria e quindi sulle
esperienze, ciò permette decisioni + veloci in situazioni routinarie nel caso di un prodotto già
conosciuto e provato, è un processo di scelta più veloce e anche + efficace basato su categorizzazioni
(basta vedere le corsie dei supermercati per vedere le differenza tra uomo e donna nel fare gli acquisti).
Gli uomini sono meno determinati in alcuni tipi di scelta come al supermercato e quindi + vulnerabili
rispetto a informazioni marginali ma con un impatto emotivo + positivo, quindi l’abilità comunicativa
sembra fare + effetto sull’uomo, mentre le donne in determinate circostanze sono + abili nel perseguire
le proprie strategie d’acquisto.
GLI OBIETTIVI DELLA PERSUASIONE
Per capire la persuasività di un messaggio bisogna capirne l’obiettivo, quindi che tipo di cambiamento si
vuole promuovere con un messaggio persuasivo. Uno dei primi obiettivi della comunicazione
101
pubblicitaria è provare a determinare un cambiamento cognitivo che non necessariamente porta poi a
un cambiamento di comportamento. Affinchè ci sia l’intenzione di cambiare un comportamento non
basta solo essere consapevoli o avere delle opinioni riguardo un prodotto, occorre anche considerare il
valore personale del contesto sociale, cioè quanto quel comportamento venga apprezzato dagli altri
per esempio, e l’importanza attribuita alla considerazione che gli altri hanno di noi. L’obiettivo del
cambiamento dell’azione è un po’ + complicato, ovvero quello di indurre determinate persone a
compiere una specifica azione in un periodo di tempo, quindi nn solo riuscire a comprendere il
messaggio e le informazioni ma occorre fornire adeguate informazioni ed efficaci motivazioni in base
alle quali gli individui saranno spinti a compiere una determinata azione. Ancora più complesso è
l’obiettivo di cambiamento comportamentale ovvero indurre una modificazione più o meno
permanente del comportamento di un gruppo che presentano un atteggiamento favorevole verso il
cambiamento. La relazione tra atteggiamento e comportamento non è lineare, un cambiamento
dell’atteggiamento non comporta un cambiamento dell’azione vera e propria; la difficoltà
nell’attuazione di processi comunicativi persuasivi è dovuta al fatto che il cambiamento di un
atteggiamento verso una persona, un’azione o una situazione non corrisponde poi in un cambiamento
di comportamento (Es. persone convinte della nocività di un comportamento ma continuano cmq a ad
agire con comportamenti pericolosi, come il fumo). Certe informazioni su alcuni prodotti o situazioni
non sono sufficienti per determinare un certo comportamento, ad es. quando non si è liberi di
rispettare i propri atteggiamenti per paura della valutazione sociale, sono atteggiamenti quindi a cui
non corrispondono dei comportamenti (e viceversa). La teoria dell’azione ragionata (Fishbein e Ajzen)
indica che il comportamento di una persona dipende oltre che dalla valutazione degli attributi di un
particolare prodotto, dalla possibilità che lo caratterizzino ma anche da altre variabili quali la pressione
sociale, le aspettative individuali dei risultati di un’azione e il valore attribuito a questi risultati (infatti
nella costruzione del mess pubblicitario bisogna anche fare attenzione al ruolo della norma soggettiva e
del contesto del consumatore). Nella vita quotidiana la maggior parte delle nostre intenzioni è così
immediata da non sembrare un processo consapevole o ragionato analizzando costi e benefici; la teoria
dell’azione ragionata vede l’uomo fortemente razionale quindi in questo caso la persuasione e il
rapporto tra atteggiamento tra atteggiamento e comportamento agito dipendono da un processo di
valutazione razionale degli attributi, del loro valore e della pressione sociale riguardo un’azione.
L’ultimo tipo di cambiamento che la comunicazione persuasiva tenta di attuare, e anche quello +
diffcile, è un cambiamento di valoriovvero modificare i valori radicati in alcuni individui rispetto a
determinate situazioni; questo perché i media assumono un ruolo importante accanto ai vecchi
organizzatori sociali come famiglia, lavoro, scuola, e si inseriscono, in particolare la tv, in quel processo
di costruzione della realtà, orientando i processi di costruzione della conoscenza.
Inizialmente gli studiosi trattavano il tema della persuasione e dell’influenza della comunicazione sugli
individui come un’influenza determinante facendo riferimento a quegli anni in cui la comunicazione
politica aveva dominato e ritenevano che gli individui fossero passivi a tutta la comunicazione, si
sviluppa la teoria del proiettile magico: i mezzi di massa sono come proiettili che arrivano sicuramente
a bersaglio perché mirano a innescare i meccanismi automatici che governano i comportamenti delle
folle (il processo persuasivo veniva visto come unidirezionale dalla fonte ai destinatari). Poi verso la fine
del XX secolo si afferma invece la teoria dell’influenza limitata: il mess promozionale perde quel valore
determinante e influenzante, viene avvalorato se accompagnato dalla testimonianza di persone degne
di fiducia, è importante quindi coinvolgere per la persuasione possibili opinion leader per altri. Negli
ultimi decenni del XX secolo si è affermata la teoria dell’influenza modellatrice: offrendo indicazioni su
102
stili e modelli di vita a cui ispirarsi. Bisogna capire più che l’effetto della persuasioneha sui consumatori,
cosa invece ne fanno i consumatori dei mess persuasivi. I consumatori non sono più una massa passiva
ma ben consapevoli fruitori di comunicazione simbolica alla ricerca di informazioni per informarsi,
divertirsi e identificarsi con il proprio gruppo di appartenenza, interagendo con il mess: modello
interazionista -> co-costruttore di significati, secondo 3 principi:
1. Il consumatore reagisce alle informazioni sulla base del significato che egli stesso contribuisce a
dare.
2. Il significato attribuito a questi oggetti è correlato alle informazioni provenienti dal contesto
culturale di riferimento e dalle relazioni sociali.
3. Il significato viene costruito attraverso un processo interpretativo continuo.
Questo modello quindi considera le parti del processo persuasivo non + come emittente e ricevente ma
come comunicatori: l’azienda e la marca che comunicano qualcosa di sé e il ricevente, consumatore che
costruisce il significato sulla base del suo sé e della sua cultura in modo proattivo. Il processo di
cambiamento degli atteggiamenti quindi viene visto oggi in modo interpretativo e costruttivo, in più la
memorizzazione e la percezione di un mess avvengono secondo procedimenti selettivi, l’audience si espone
quindi alle informazioni congeniali alle loro attitudini evitando le altre.
C’è da dire che in tutto questo i media hanno un ruolo fondamentale nell’offrire informazioni di base,
quindi il modo di presentare un certo fenomeno attraverso i media influenza sicuramente il giudizio che le
persone hanno di quel fenomeno. La comunicazione persuasiva oggi deve fare affidamento non più solo sul
valore della razionalità ma deve basarsi su leve simboliche.
LA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA: MODALITA’ DI INFLUENZAMENTO
Per quanto riguarda la comunicazione pubblicitaria le modalità di influenzamento riguardano
l’informazione, la persuasione, la seduzione.
Informazione: le persone normalmente valutano e decidono cosa fare anche in base a ciò che sanno, le
informazioni di cui dispongono anche se selezionate, costruiscono un sistema di conoscenze che orientano
il proprio comportamento. L’influenzamento della comunicazione pubblicitaria consiste quindi
nell’informazione: uno spot può dire qualcosa su quel prodotto su qualsiasi aspetto che prima non si
sapeva, ora che si sa quindi, questo, può indurre il consumatore a comportarsi in modo diverso rispetto al
comportamento iniziale senza quell’informazione.
Persuasione: Una seconda modalità di influenzamento è rappresentata dalla persuasione, persuadere
significa indurre il proprio interlocutore a cambiare la propria opinione alla luce di un argomento
convincente. I significati del termine persuasione sono 2: il primo presuppone l’idea di verità e presume che
la ragione possa riconoscerla in quanto resa evidente dall’argomento; in questo senso la persuasione fa
appello alla razionalità presupponendo un interlocutore ragionevole disposto a mettere in discussione la
propria opinione e se persuaso ad adottare quella nuova, è intelligente colui che grazie a un argomento
ragionevole si persuade a modificare le proprie credenze e i propri comportamenti; una giusta via di mezzo,
né essere facilmente influenzabili né però restare ciechi e sordi di fronte ad un argomento mantenendo le
proprie opinioni e resistenza al cambiamento. Chi viene persuaso riconosce la verità dell’argomento,
convincere diventa un vincere insieme condividendo qualcosa di vero razionalmente: ciò che a volte fa la
pubblicità mostrando qualcosa che il consumatore possa cogliere in quanto vero, cerca di persuadere
103
mostrando come dato un problema, il prodotto o la marca che si vuole promuovere offre la soluzione
migliore. Il 2 significato del termine persuasione prescinde dall’idea di verità e presuppone i limiti e la
soggettività dei ragionamenti umani, quindi l’argomento è persuasivo non perché mostra la verità razionale
ma perché riesce a far prevalere le ragioni del persuasore su quelle del persuaso avvalendosi di espedienti.
Il termine convincere qui rimanda alla relazione tra uno che vince e uno che perde, il prevalere di chi
convince e sa usare argomenti persuasivi su chi viene convinto, sono in posizione di uno ‘one up’ sull’altro
‘one down’.
Seduzione: Un terzo modo di influenzare si avvale della seduzione. Sedurre significa condurre a sé, attrarre
l’altro e indurlo a seguire spontaneamente quanto indicato da chi seduce. E’ un modo di comunicare che fa
appello alle emozioni e influenza il soggetto ponendosi come risposta illusoria ai suoi bisogni e desideri;
l’autorevolezza della fonte induce a credere nelle sue affermazioni, induce a fidarsi, suscita consenso e
disponibilità verso chi si dimostra amichevole e umoristico, simpatico. L acomunicazione pubblicitaria si
mostra a volte come informativa a volte come persuasiva, ma soprattutto come seduttiva per suscitare
interesse, adesione, sorrisi, positività mostrandosi gioiosa, fantasiosa, giocando con i sentimenti che legati a
prodotti o marche liberano l’oggetto dalla sua funzione d’acquisto e lo caricano di significati simbolici.
IL VALORE DELLA PERSUASIONE TRA UTILITA’ E ATTRAZIONE SIMBOLICA
L’idea della persuasione della modernità è influenzata dal positivismo (‘800) che si è imposta nella
riflessione sull’uomo, promuovendo un’immagine forte e indipendente, capace di dominare la natura con il
proprio ingegno, di costruire e di influenzare la natura; era un periodo storico caratterizzato dall’ottimismo
e una visione dell’uomo come forza, artefice della propria vita e del mondo. Questa visione prevedeva
anche una perdita della centralità dell’anima e della sua coscienza, piuttosto ciò lasciava + spazio al ruolo
delle forze esterne nella sua determinazione. Da quest’influenzamento esterno che scaturisce la
dimensione ansiogena del tema della persuasione e della decisione: nel momento che l’uomo si appropria
della libertà e dell’autonomia rischia di essere la preda di qualcosa di esterno e incontrollabile come la
persuasione occulta dei poteri nascosti e divini. A contribuire ad aumentare le differenze verso il termine
persuasione troviamo l’esperienza dei totalitarismi che hanno fornito un esempio di pericolosità
dell’influenzamento della propaganda nelle decisioni e nella manipolazione delle coscienze. E’ diventato
per questo un tema contraddittorio che ha messo da una parte la libertà dell’individuo come forza creatrice
e dall’altra ha messo l’uomo nella natura e l’ha reso dipendente da altre forze esterne. L’uomo però è
sempre e cmq visto come un essere razionale, e inizialmente anche il processo di acquisto poteva essere
spiegato da un modello razionale e logico, il soggetto quindi veniva visto come capace di prendere decisioni
e cambiare i propri atteggiamenti su una razionale ricerca di informazioni e un’attenta valutazione delle
alternative per ottenere il massimo beneficio con le minime energie. Questa stabilità era collegata al
principio di coerenza che vincolava l’individuo ad essere coerente con i valori e i principi che aveva
interiorizzato e metterli in pratica poi coerentemente. La postmodernità ha cambiato radicalmente il modo
di vedere l’uomo e i suoi processi decisionali e di cambiamento, rinunciando all’ idea di un soggetto e una
coscienza stabile e razionale, non esistono più i valori universali e le istituzioni guida per le scelte decisionali
e per la costruzione di atteggiamenti e hanno lasciato il posto alla continua riscoperta di valori, al continuo
cambiamento degli atteggiamenti e ad un modo per esprimere la propria individualità. La persuasione
cambia il proprio ruolo, l’audience non ascolta + in modo neutrale e riesce ad accettare + facilmente ciò che
è coerente con le proprie aspettative quindi per modificare gli atteggiamenti occorre confermare alcuni
aspetti e idee preesistenti.
104
[BOX: PUBBLICITA’ E CONSUMATORE] :
Il rapporto tra consumatore e pubblicità è cambiato, non sono più la preda e il cacciatore, questo rapporto
oggi è una relazione che entrambi gli attori contribuiscono a costruire, non è + cioò che la pubblicità dice di
sé e dei suoi prodotti ma cosa “dice di me a me” come interagisce e come coinvolge il consumatore (es:
advergame è interattivo, dà al consumatore un ruolo + attivo nel rapporto). Giocare con la pubblicità
significa giocare con i nostri desideri. La pubblicità oggi propone un doppio schema di gioco: evasione e
persuasione. La componente ‘evasione’ serve a voler violare il confine tra realtà e fantasia, con scene di
sogno, illusione, fantasia con una forte componente ludica.; tutto si basa sulla ‘logica del desiderio’ e
‘l’evasione dalla realtà’. La logica della ‘persuasione’ riguarda la dimensione dell’adattamento intelligente
alla realtà; in questo caso il gioco pubblicitario pone il fruitore in una situazione di preda in quanto il gioco
consiste nel persuaderlo in qualcosa. Ciò fa nascere una reazione di diffidenza e sospetto con un forte
controllo razionale, sottoponendo a critica ciò che viene proposto, valutare la credibilità ed evitare
l’illusione. La pubblicità equilibra queste due dimensioni di evasione e persuasione, riassorbendo l’evasione
nella persuasione: conquistare lo spazio del desiderio diventando complice dello spettatore e quindi
credibile con questa relazione d’intesa intima.
DAL RUOLO DI SPETTATORE AL RUOLO DI COSTRUTTORE DI SENSO
Il comportamento può dipendere dalle situazioni o dalle circostanze, si agisce quindi influenzando in un
modo o in un altro il divenire degli accadimenti, in questo caso si parla di decisioni: scegliere un corso di
azione tra quelli possibili. Per questo si studiano i meccanismi di comunicazione e persuasione per capire
come influenzare le azioni altrui per cambiarne gli atteggiamenti. La persuasione però non è
semplicemente la trasmissione di un messaggio da una fonte a un destinatario trascurando la relazione
nella quale i comunicanti sono coinvolti, è ispirato troppo a una visione positivistica dell’uomo.
Le diverse teorie di riferimento sulla persuasione:
Teoria IPODERMICA: che descrive gli effetti che nel dopoguerra aveva la comunicazione di massa, teoria
chiamata anche del proiettile magico, muovendosi in una teoria meccanicistica considerando che esistesse
un repertorio comportamentale dell’uomo e i messaggi potessero essere recepiti nello stesso modo con
tutte risp immediate e dirette; in questo caso la comunicazione persuasiva può influenzare decisioni di un
gruppo di persone indifese di fronte alla forza della comunicazione, se il bersaglio viene raggiunto si
otteneva il successo prefissato (la fiducia dei mass media derivava dai risultati della propaganda in atto
nella Grande Guerra che influenzava le masse).
Teoria DEGLI EFFETTI LIMITATI E DELL’AGENDA SETTING: Secondo la teoria degli effetti limitati l’interesse
ad acquisire informazioni così come la memorizzazione avvengono secondo procedimenti selettivi,
esponendosi alle informazioni + congeniali alle proprie attitudini e a evitare i messaggi contrastanti; le
campagne di persuasione hanno effetto soprattutto se gli individui sono già d’accordo, sono i + interessati
ad esporsi all’informazione, per rinforzare certi atteggiamenti e comportamenti. Inoltre il contenuto del
mess pubblicitario viene rielaborato all’interno di dinamiche sociali e ha valore solo in queste interazioni in
cui viene poi interpretato, accettato o rifiutato. La mente umana è punto di incontro di tante influenze
strutturanti, e non c’è una corrispondenza diretta tra mess, decisione e successiva risposta
comportamentale, esistono anche variabili di mediazione come la percezione selettiva o gli stati mentali del
ricevente. Perciò la gente tende a includere o escludere dalle proprie conoscenze ciò che i media includono
105
o escludono dal proprio contenuto, dando più importanza a ciò che includono proprio perché sono i media
a dare + enfasi e priorità a certe informazioni. Si può ipotizzare quindi che lo spazio e l’enfasi dedicata alla
notizia influenzino il modo in cui l’ascoltatore costruisce la propria agenda personale in cui inserisce e
diverse notizie; i media in una prospettiva di agenda setting definiscono quali sono le notizie a cui dare +
attenzione e importanza, dicendo a cosa devono pensare gli ascoltatori (non come i sogg devono pensare).
Ciò è strettamente collegato al meccanismo euristico della disponibilità , ovvero, dovendo stimare la
probabilità di accadimento di un certo fenomeno il giudizio delle persone sarà influenzato dalle
informazioni + disponibili o + reperibili in memoria; nel caso dell’agenda setting certe info sono più
reperibili perché presentate con + frequenza rendendo queste informazioni più disponibili. La ricerca
recente però sta criticando questa corrispondenza tra l’agenda dei media e quella del pubblico, in quanto
esistono variabili individuali che possono mediare questa corrispondenza troppo semplicistica.
La TEORIA DELLA COLTIVAZIONE
A differenza della teoria dell’agenda setting, la teoria della coltivazione non solo ci dice quali sono le cose
su cui decidere e pensare ma anche in che modo dobbiamo pensare ad esse. Secondo questa teoria i media
hanno un ruolo di socializzazione che possa plasmare decisioni, comportamenti, le persone soggette ai
media hanno una visione uniforme e condivisa del mondo a causa della presentazione unica della realtà
comunicata, è un processo mainstreaming in cui la televisione conduce ad un’omogeneizzazione della
visione del mondo (basti vedere la differenza con chi guarda meno la televisione, ci sono differenze di idee
dovute al diverso grado di esposizione). Una delle principali critiche però è posta proprio su questa
relazione, non si riesce a dimostrare che chi guarda di + la tv è + influenzato da essa, la relazione potrebbe
essere inversa considerando che nell’ideazione dei programmi si cerca di rispecchiare i gusti e le opinioni
dei potenziali spettatori e le persone scelgono i programmi in base alle proprie opinioni quindi potrebbero
avere una visione comune xkè selezionati dall’inizio per condivisione di opinioni.
Il messaggio per avere un’efficacia deve avere dei criteri: credibilità, coerenza (logica), consistenza
(continuità temporale e non contraddittorietà, costanza), congruenza (nel luogo giusto, al momento giusto,
con le parole giuste).
La TEORIA DEI RUOLI E IL RUOLO ATTIVO dello spettatore: per essere persuasivi bisogna produrre un mess
che corrisponde il + possibile con quanto gli altri si immaginano o si aspettano da noi, sottolineando la
visione dell’uomo razionale e coerente, e quindi gli uomini in questo caso possono essere persuasi dalla
coerenza di un discorso razionale. Per fortuna poi successivamente si è passati a valutare anche il ruolo del
destinatario oltre che il ruolo del messaggio, quindi alle sue differenze individuali e alle variabili cognitive e
sociali, un pubblico attivo. Le motivazioni personali, le emozioni e il contesto sociale influenzano il modo di
percepire la realtà. Questo rappresenta una guida capace di influenzare il modo di percepire la realtà
esterna e per costruire categorie dotate di senso.
LO STUDIO DEI SINGOLI ELEMENTI PERSUASIVI
Per capire i fattori che rendono efficace la persuasione bisogna studiare le caratteristiche della fonte, del
messaggio e del ricevente (aspetti studiati dalla scuola di Yale); la fonte può avere grande impatto per la
ricezione del mess, può essere attrattiva ed efficace nell’attirare l’attenzione (un bel testimonial), così come
rendere credibile e veritiero il mess (testimonial prestigiosi); tra l’altro alcuni elementi positivi di una
persona possono creare un effetto alonesu tutto ciò che lo circonda e sul prodotto che utilizza per esempio
106
nel caso di una pubblicità. L’efficacia persuasiva è ancora + forte se il mess e la sua fonte rispondono a
specifici bisogni dei consumatori, e sono + motivati pure a lasciarsi trasportare, soprattutto coloro che
tendono ad essere + sensibili al giudizio degli altri sono + facilmente persuasibili da una fonte attrattiva
rispetto a quelli orientati internamente. Invece la credibilità, la fiducia e l’oggettività della finte hanno più
efficacia soprattutto se il consumatore non ha potuto sapere molto di quel prodotto affidandosi del tutto
alla fonte, soprattutto se è una fonte legittima (quasi si arriva a un grado di obbedienza che induce ad
eseguire ordini in quanto si riconosce una figura autoritaria e legittima; es. esperimento-> delle persone
sono state incaricate a dare scosse elettriche a collaboratori complici che avrebbero finto dolore, nel caso
in cui le risposte di quest’esperimento fossero sbagliate, così i soggetti dell’esperimento finirono per venir
meno ai propri principi morali perché non si sentivano personalmente responsabili in quanto persuasi da un
potere esterno più grande e legittimo, loro avevano solo agito come esecutori di quel comando). Altro
fattore importante che influenza l’attrattività della fonte è il processo di identificazione con essa (usando ad
es personaggi famosi che offrono esempi di simbolizzazione e aspirazione) interpretando diverse categorie
sociali simboliche e attraenti (uomo manager, donna elegante e affascinante, mascolinità) ovviamente
dipende anche dalla credibilità di quei personaggi e la coerenza tra il personaggio famoso e il prodotto che
deve essere immediato per i consumatori. E’ stato scoperto però che la credibilità della fonte a parità di
messaggio non ha per forza degli effetti immediati sugli atteggiamenti; esiste un effetto sleeper (Kelman e
Hovland) secondo il quale i consumatori dopo un po’ tendono a dimenticare l’identità della fonte del mess
e si lasciano influenzare solo dal contenuto del mess memorizzato, si dissocia la fonte e il contenuto del
mess, opp il contenuto del mess è + forte.
Il gruppo di Yale studiò anche la variabile del soggetto destinatario con la sua personalità e suscettibilità alla
persuasione e inoltre anche la struttura del messaggio in base alla sequenza di informazioni, e gli effetti di
primacy ovvero memorizzazione e influenza delle prime informazioni, e recency ovvero memorizzazione
delle ultime informazioni con conclusioni esplicite o i contenuti minacciosi. Solitamente se parliamo di
memoria, quando il tempo che passa tra la presentazione della lista di parole e il ricordo è breve i soggetti
ricorderanno le parole all’inizio e alla fine della lista, ciò è definito effetto della posizione seriale , le parole
all’inizio di una lista sono ricordate meglio alla fine, però siccome la memoria a breve termine ha una
capienza limitata ogni parola successiva della lista esclude quella precedente epr questo motivo è +
probabile che vengano ricordate le ultime parole piuttosto che quelle centrali (effetto primacy e recency).
Invece l’utilizzo dei fear appeals, ovvero il richiamo alla paura può aumentare o inibire la risposta a una
pubblicità influenzando il processo decisionale. L’uso della paura è efficace se oltre all’informazione
paurosa viene anche fornita una soluzione reale e facilmente applicabile per evitare quegli effetti spiacevoli
mostrati (es. la pubblicità sociale è diventata un importante bacino di persuasione, il mess però più che far
leva sulla paura dovrebbe fornire soluzioni ed enfatizzare risultati positivi associati al cambiamento di un
particolare comportamento), tutto ciò diventa ancora + persuasivo se spinge l’audience a parlarne e a
condividerlo con altre persone, in quanto la discussione di un messaggio e al sua difesa durante un
confronto con altri facilita l’adozione poi delle scelte e dei comportamenti riportati nel messaggio.
PERSUASIONE E DISSONANZA COGNITIVA (Festinger)
L’efficacia del messaggio sulle decisioni e sul comportamento deve essere utile per le sue capacità di ridurre
una situazione di disagio come la dissonanza. La dissonanza cognitiva nasce dal contrasto tra un
atteggiamento e un comportamento o tra 2 atteggiamenti causando una situazione di disagio in cui
l’individuo proverà ad adottare tutte le possibili soluzioni per creare uno stato di coerenza e benessere, se
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una persona agisce in un modo o dichiarerà opinioni contrarie ai propri atteggiamenti proverà uno stato di
tensione spiacevole; questa dissonanza è percepita se le persone sono state indotte ad agire liberamente,
se non c’è una forza esterna che costringe ad agire autonomamente è + difficile giustificare a se stessi e agli
altri un comportamento incoerente soprattutto in un contesto sociale che fa della coerenza uno stile di vita.
LE FASI DELLA COMUNICAZIONE PERSUASIVA (William McGuire)
McGuire studia il processo persuasivo secondo un percorso a tappe di 6 fasi: 1. Esposizione al messaggio, 2.
Attenzione, 3. Comprensione, 4. Accettazione o rifiuto, 5. Persistenza al cambiamento, 6. Azione sulla base
di nuove ipotesi; la sua conclusione è che solo quei messaggi che inducono nuovi atteggiamenti e
comportamenti sono persuasivi. McG. osservò che tutti quelli con una forte autostima di sé erano + disposti
a prendere in considerazione il mess però erano anche meno disponibili a cedere verso nuove indicazioni
perché certi delle loro convinzioni, quindi i soggetti + influenzabili erano quelli con meno autostima.
Kapferer invece non segue un percorso ideale del messaggio per diventare persuasivo, per lui la
persuasione è tutto ciò che il ricevente fa di quel messaggio piuttosto che tutto ciò che il mess fa a quella
stessa persona, il suo modello pone le seguenti fasi: esposizione al mess, decodifica, accettazione,
persistenza temporale nel sistema cognitivo, conversione in azione, persistenza dell’azione ovvero
creazione di un nuovo atteggiamento. In questo caso quindi il cambiamento di atteggiamento dopo
l’accettazione di un messaggio persuasivo è dovuto non tanto al contenuto del mess ma al contenuto dei
pensieri elaborati dal ricevente in risposta a quello stimolo del mess. Secondo il modello di Hovland (Scuola
di Yale), la comunicazione esercita un’influenza sulle convinzioni del sogg quando realizza 4 passaggi: 1. Il
mess deve attirare l’attenzione del ricevente, 2. Le argomentazioni comprese devono essere comprese dal
ricevente, 3. Chi riceve il mess deve accettarle come vere e farle proprie, 4. Facendo propri i contenuti del
mess il ricevente ottiene un incentivo e la persuasione diventa efficace. Ciò resta sempre e cmq
generalizzato xkè non si può adattare a tutti i processi esplicativi e non sempre si realizzano tutti i passaggi.
Questo modello sottolinea come i processi di persuasione siano condizionati dal livello di involvement, se
c’è basso involvement cambiano prima le credenze e i comportamenti e poi gli atteggiamenti, invece in
caso di alto involvement cambia prima la prospettiva da cui si guarda l’esperienza e il senso che si
attribuisce e poi credenze, atteggiamento e comportamento. La tattica di persuasione che ha + probabilità
di risultare efficace è quella che dirige le decisioni in modo tale che chi riceve il mess rifletta sul problema in
modo favorevole al punto di vista di chi lo comunica, però il contatto con il sogg da persuadere non deve
essere generico, bisogna conoscere il modo in cui ogni persona organizza le proprie conoscenze ( in quanto
la persuasione dipende anche dal modo in cui il sogg interpreta e come reagisce al mess in base alle sue
caratteristiche personali); prima di persuadere è bene conoscere meglio l’audience, il suo modo di pensare,
usare le stesse immagini e metafore ed esprimere sentimenti ed emozioni con il suo stesso vocabolario.
IL RUOLO DEI PROCESSI DI ELABORAZIONE
Il gruppo di Yale ha fornito il modello più serio di spiegazione del mess persuasivo, però col tempo s’è visto
che non sempre si realizzano tutti i passaggi per avere effetto, ad es. gli argomenti non sempre vengono
compresi per parlare id persuasione, basti pensare ai bambini che vengono cmq influenzati dai mess
pubblicitari. Se parliamo del modello della probabilità di elaborazione ELM di Petty e Cacioppo, considera
la persuasione come un processo che ha l’obiettivo di cambiare gli atteggiamenti o i comportamenti senza
l’uso dell’inganno o della forza che può avvenire attraverso 2 vie: la periferica e la centrale. Se il ricevente è
motivato a elaborare il mess e quindi disposto a collaborare si ottiene un’elaborazione di tipo centrale ,
mentre se una delle 2 condizioni (motivazione e capacità) non si avvera si ottiene solo un’elaborazione
periferica di intrattenimento piacevole ma senza effetti duraturi. La pubblicità quindi lavora su questi 2
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percorsi: quello centrale prevede una razionalità e un’elaborazione cognitiva delle informazioni e delle
alternative, richiede energia e attenzione, è attivato soprattutto dai + motivati e dai + competenti in
materia. La seconda via periferica è caratterizzata da un minore impegno nell’elaborazione delle info e nelle
decisioni, la decisione in questo caso viene presa in modo automatico secondo abitudini determinata anche
da pregiudizi esterni senza un’attenta riflessione sulle info e le possibili alternative. Questo dovrebbe
spingere il marketing a prestare attenzione al grado di coinvolgimento (+ coinvolta/motivata –
coinvolta/motivata) e alle competenze del proprio target xkè ciò permette di capire se il mess deve essere
strutturato per agire a livello centrale o periferico, quindi con un’attenta elaborazione delle info o in modo
+ superficiale su aspetti secondari. Il modello ELM prevede che una stessa variabile possa attivare allo
stesso tempo sia un percorso centrale che periferico; alcune variabili per le loro caratteristiche sono capaci
di attivare quasi esclusivamente la via centrale o identificare una lista di variabili centrali e una lista di
variabili + periferiche. Il modello di Chaikenprevede invece la possibilità che i 2 processi si verifichino
contemporaneamente, chi riceve il mess può avere la motivazione e la capacità di seguire un’elaborazione
sistematica e allo stesso tempo se disponibile potrebbe lasciarsi guidare da pregiudizi o elementi +
superficiali; il giudizio finale e il cambiamento di atteggiamento possono essere influenzati da entrambe le
modalità di elaborazione perché il modo di reagire di un individuo deve essere sempre visto nella sua
complessità in modo dinamico e interattivo (es. scelta e acquisto di un auto, oggi si somigliano così tanto
che l’influenza del processo comunicativo e la decisione di acquisto vengono guidate soprattutto da aspetti
simbolici e affettivi piuttosto che solo dalla valutazione costi-benefici). Il processo decisionale è complesso
e deve fare i conti anche con processi non razionali o automatici, quindi le decisioni istintive e controllate
non possono escludersi; i processi automatici sono quelli attivati in modo + immediato e forniscono la
prima risp che poi viene controllata e nel caso modificata valutando con + attenzione le informazioni e le
alternative; a volte però il tempo limitato o la stanchezza o i pochi interessi specifici potrebbero ostacolare
l’avvio di un’analisi + razionale e dettagliata.
Riassunto capitolo 10
esempio:
la protagonista ha un'amica che si sposa e non ha ancora acquistato il regalo. La
sposa ha fatto la lista nozze ai magazzini John Lewis di Londra che permettono di acquistare on
line. sul sito ad assistere i clienti ivi sono delle commesse virtuali che attraverso delle domande
aiutano il cliente nella scelta del regalo.il cliente soddisfatto e felice si ricorderà dell'acquisto in
futuro e provvederà a recarsi nel negozio durante un viaggio a Londra.
Vi sono altri casi in cui dopo l'acquisto le persone continuano a ricevere messaggi promozionali a
volte graditi a volte no.
Alcune persone non autorizzano l'invio di tali messaggi per proteggere la propria privacy.
Negli Usa se ne inventano di tutti i colori, come i carrelli intelligenti che forniscono info sui
prodotti e riconoscendo il cliente suggeriscono cosa manca nella sua dipensa.
109
Ciò non è fantascienza ma l'incrocio fra tecnologia e servizi al cliente.
Dall'e-commerce all'm-commerce.
molti ricercatori hanno studiato il mezzo internet per vedere se fosse stato possibile utilizzarlo
nelle ricerche di mercato. in psicologia dei consumi, tra le ricerche svolte negli anni, si evince che
le principali barriere all'acquisto on line vi è quello della insicurezza sulla privacy.
Oggi affrontiamo un'ulteriore evoluzione: l'm-commerce, ovvero il commercio sui telefonini,
nuovo grande mezzo di comunicazione, interattivo, indipendente da un terminale (casa, uffici,
etc), ma sempre limitato nelle occasioni d'uso.
Questa tecnologia permette, quindi, di concentrarci su nuovi contesti di consumo, per cui
serviranno nuove strategie di mkt che vedranno come obiettivo la possibilità di scambiare info e
dati con il consumatore ai fini della ricerca.
Percezione del rischio e fiducia negli acquisti su internet.
secondo i dati Istat, sull'utilizzo delle nuove tec in Italia, il 23% degli italiani acquiosta on line
(fascia tra i 20 e i 44, in maggioranza uomini). Ciò è dovuto anche al fatto che nel nostro paese solo
il 43% delle famiglie possiede un accesso ad internet. Dato inferiore alla media europea.
ricerche simili negli USA hanno dimostrato che chi acquista on line rispetto chi utilizza internet per
altri scopi ha un'età più elevata e una possibilità economica maggiore, è meno avverso al rischio, è
più comodista, impulsivo e più favorevole alla pubblicità.
Il rischio è uno dei fattori che differenziano chi acquista da chi nn acquista.
tra i fattori che lo influenzano:
- il genere= i maschi percepiscono un livello di rischio minore quando acquistano prodotti che
conoscono meglio, come quelli elettronici.
-esperienza d'uso di internet= chi lo usa di più percepisce un livello inferiore di rischio.
fare acquisti comporta un doppio livello di rischio: 1° l'uso della tecnologia che fa da tramite ( la
paura di un virus, acquisizione dei propri dati da parte di altri utenti, la paura di diventare
dipendenti da internet), 2° prodotto o servizio che si vuole acquistare.
atri ostacoli: voler interagire con il commerciante, dubbi su come protestare in caso di
insoddisfazione, preoccupazione circa la carta di credito.
Ricerca su studenti universitari di psicologia vs ingegneria: per entrambi chi aveva già acquistato
sentiva meno il rischio, cosa che nn avviene per altre attività.
110
Inoltre chi si ritiene competente si ritiene in grado di proteggersi dai rischi, quando il rischio
riguarda gli errori del venditore, la possibilità di proteggersi è più alt. quindi ciò dipende dalle
competenze.
la fiducia è un elemento importante, che nell'acquisto tradizionale si manifesta nel primo
approccio col venditore, in quello on line può svilupparsi dall'osservare il sito, dagli elementi
grafici.
Mariani e Zappalà hanno dimostrato che gli elementi ergonomici del sito influenzano la percezione
del rischio.
Il processo decisionale avviene in 2 fasi: -scelta del prodotto (che avviene sulla base delle info e
descrizioni) ; - accettare o restituirlo (vi sono altre info cruciali). la polizza assicurativa può ridurre il
rischio.
Case history: ebay
1995 USA come una community di appassionati. 2001 in Italia. 2007 5 milioni di utenti. Italia tra i
paesi con crescita di utenti maggiore. In Italia ha avuto successo anche in relazione al fatto della
sfiducia degli italiani nell'acquisto a distanza e scambio tra privati.
LA sfida si ebay è stat quella di assicurare le xsone sulla sicurezza delle transazioni (metodo diverso
per ogni paese: in Italia con il codice fiscale, In usa con la carta di credito).
Hanno anche realizzato una campagna in rete per la sicurezza, e per sfatare dei miti su
interrogativi che le persone nella vita quotidiana non si pongono.
Venne fornito un vademecum in cui la gente doveva affidarsi ai propri sensi:
vista: controllare password
olfatto: fiutare l'odore di bruciato
ascolto: ascoltare e prestare attenzione alle credenziali degli altri utenti.
gusto: assaggiare un acquisto, leggere bene le descrizioni
tatto: toccare la spedizione ovvero scegliere un metodo sicuro
Evento university ebay, in cui vi sono formatori.
Successo di ebay: piattaforma realizzata da persone comuni.
111
es Archio Palmas: Giuseppe palmas era un fotografo della dolce vita i cui lavori non ebbero
successo in vita. Il figlio decise di mettere su ebay i lavori e ben presto girarono per il mondo.
Poco dopo il figlio riuscì a realizzare una personale a NY.
Raccolta di info e preoccupazioni per la privacy
le ricerche sui consumatori stanno sempre di più utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione che
aiutano a raggiungere ovunque l'utente e in poco tempo.
Ma le preoccupazioni sulla privacy e indisponibilità dei consumatori di essere costantemente
bersagliato da ricerche di mercato sono ancora un groppo limite.
Internet ha permesso di instaurare una relazione one to one e personalizzata con l'utente, (mkt
relazionale).
Il MKT one to one o interattivo ha sviluppato dei metodi di raccolta dati in banche dati facili da
interrogare per le ricerche di mercato.
Queste strategie di raccolta dati (CRM) hanno incontrato degli ostacoli nel reperire info sui
consumatori ecco perchè spesso alcune di queste attività sono svolte senza la partecipazione degli
utenti come il monitoraggio delle pagine web che grazie all' IP number, raccolgono dati sui
percorsi dell'utente.
Ma anche questo tipo di ricerche sono fonte di preoccupazione da parte degli utenti che si
sentono costantemente osservati e per tale motivo sono delle tecniche inefficienti nel lungo
periodo perchè il condizionamento può avere effetti negativo sul consumatore.
vi sono 2 prospettive di ricerca relative agli studi fatti per riuscire a recuperare info utili dagli
utenti:
1- interazione uomo-computer nei contesti e-commerce: disegno di interfacce adeguate fra utente
e sistema (embodied conversational agents-simulazioni di uomini che interagiscono con gli utenti
reali). l'approccio utilizzato è “centrato sul sistema”, ovvero esso deve adattarsi al linguaggio
umano.
2- studio delle variabili situazionali, enfatizzando il valore della fiducia per risolvere le
problematiche sulla privacy.
Self-disclosure con i computer:
l'adozione dei computer per le ricerche informative sui consumatori è avvenuta perché si pensava
che fossero più attendibili delle interazioni faccia a faccia in cui l'intervistato è condizionato
dall'interazione con l'intervistatore (desiderabilità sociale).
112
Tuttavia vi sono pensieri contrastanti. Weisband e Kiesler hanno condotto una meta-analisi di 39
studi dal 69 al 94, secondo la quale l'assenza di info sul contesto sociale dell'intervistato riduce la
percezione di essere identificati e quindi aumenta la disponibilità a fornire info.
Inizialmente quindi, la self-disclosure era più alta nelle interviste via computer ma con il tempo
questa si abbassava perchè aumentava la consapevolezza del mezzo nei consumatori.
Vi sono anche altri studi che dimostrano come la desiderabilità sociale può aumentare in certi casi
nelle interviste via pc a seconda delle identità rese salienti e delle relazioni di potere che si
instaurano.
Gli effetti “linking” e “reciprocity” come strategie x raccogliere info via pc
Moon (letteratura Psicologica e self-disclosure) ha tentanto di verificare gli effetti di Linking (il
consumatore sarebbe disposto a fornire più info al pc verso il quale ha sviluppato una preferenza)
e gli effetti di reciprocity (il cons tenderebbe a rispondere in modo più intimo dopo aver ricevuto
info dal pc). Questo avviene quando il consumatore ha un rapporto con la macchina come se si
trattasse di una persona (teoria della Risposta Sociale). Inoltre si verificano tali risultati quando è il
pc ad iniziare il dialogo fornendo prima domande più superficiali e poi domande più intime (al
contrario nn si verificano effetti positivi). In questo studio i consumatori erano consapevoli che
fosse un esperimento quindi nn erano condizionati ne dall'interlocutore, ne da ricompense come
accade a volte.
Le dimensioni relazionali della raccolta di info.
la ricerca si è concentrata anche sulla relazione tra consumatore e organizzazione. Spesso è
possibile ottenere info tramite lo “scambio secondario” (ovvero non monetario come nel caso di
quello primario, in cui in cambio di info personali i cons ottengono servizi e offerte personalizzate).
Culnan e Milberg hanno segnalato che la gestione dello scambio secondario è importante perché
un errore può compromette anche quello primario.
Data la voglia di diminuire la percezione del rischio sui consumatori, si è fatto ricorso alle “fair
information practises”, ovvero le pratiche per mezzo delle quali le aziende comunicano ai
consumatori la necessità di fare delle ricerche di mercato ed automaticamente loro saranno
maggiormente disponibili a fornire informazioni.
La consapevolezza fa diminuire il rischio. Anche lo scambio di info con il denaro secondo alcuni fa
diminuire il rischio perchè gli utenti percepiscono questo scambio come una dimostrazione di
trasparenza, secondo altri studiosi le info più delicate non verrebbero scambiate con denaro
perchè si contribuirebbe alla mercificazione dell'info.
113
Metodologia della ricerca on line.
ricerca quantitativa: nella nostra esperienza ci siamo resi conto di come la distribuzione di ricerche
di mercato via mail fosse problematica a causa della non attendibilità degli indirizzi e la scarsa
disponibilità a rispondere. oggi è necessario che ci sia una forma di accordo preventivo con il
proprietario dell'indirizzo di posta. oggi le percentuali di risposta sono inferiori al 30%.
ricerca qualitativa: è stata sempre molto utilizzata l'osservazione partecipante e l'analisi del
discorso per analizzare la comunicazione spontanea in vari contesti (anche in questi casi è
necessario chiedere il consenso dell'intervistato).
Nel caso del focus group vi sono stati vari studi ma bisogna prendere in esame la possibilità di
utilizzare la metodologia on line.
Due sono le caratteristiche delle interviste qualitative (in profondità) via mail: asincronia e forma
testuale che influiscono sulla percezione del discorso,
Nell'ambito dell'intervista normale, sebbene anonima, il consumatore percepisce l'interazione con
l'intervistato, costituendo una barriera alla self-disclosure.
Per diminuire le asimmetrie di potere tra intervistato e intervistatore, quest'ultimo potrebbe
utilizzare un linguaggio equo, sottolineando il ruolo del contributo individuale dell'intervistato.
Anche il tempo di risposta alle mail veicola messaggi diversi. Una risposta immediata viene
interpretata positivamente.
Il modello di intervistata e-mail repeated interviews prevedono interviste lunghe da 1 a tre mesi
con uno spesso intervistato e serve a stabilire una relazione di fiducia. Un problema in questo
campo è quello della rottura del contratto di ricerca in quanto gli utenti on line non sono obbligati
a partecipare e neanche su compenso economico i riusciva a trattenerli ma era necessaria una
motivazione intrinseca.
Economia della mobilità e nuovi strumenti per l'analisi comportamentale del consumatore.
Con la nuova tecnologia del mobile e la possibilità di connettersi ad internet si aprono nuovi
mercati. Tale tec si può suddividere in una 2:
1- tec wireless che consentono l'accesso, la gestione, il trasferimento di dati in modo indipendente
dalla presenza di un cavo (smartphone);
2- tec di posizionamento che consentono di rilevare posizione e spostamento di un
oggetto/soggetto con riferimento a un dato contesto geografico.
Alcuni autori hanno evidenziato la voglia di sviluppare una sinergia tra psico dei consumi, mkt e
progettazione informartica per disegnare applicazioni davvero utili.
114
per fare in modo che queste applicazioni siano davvero utili bisogna adattarle, in seguito a testing,
a i reali bisogni dei consumatori.
Ad esempio invece di focalizzarsi sulle tecniche di segmentazione in base alle caratteristiche
sociodemografiche, si potrebbero analizzare gli acquisti passati del singolo utente, sia in termini di
frequenza sia sui gusti, la varietà etc.
Inoltre, parlando di tec mobile, bisogna tenere in conto la stimolazione ambientale e studiare e
prevedere i comportamenti delle diverse identità situate (consumatori riconoscibili in termini di
caratteristiche sociodemografiche, gusti, atteggiamenti, tratti di personalità, bisogni funzionali e
simbolici stimolati dall'essere in un luogo per un determinato scopo, svolgendo un'azione precisa).
esistono dei data-mining che permettono di seguire i comportamenti degli utenti nel tempo.
Tecnologia mobile e mkt della mobilità.
L'italia sembra il Paese ideale per sviluppare m-commerce per questo sta crescendo sempre più il
m-mkt che ha l'obiettivo di raggiungere il consumatore in maniera interattiva direttamente al cell.
Le strategie di interazione con il cons potrebbero essere ancora più pervasive perchè raggiungono
l'utente ovunque e sono in grado di fornire info sul comportamento in atto, immediatamente e
con consapevolezza da parte del consumatore.
mCRM (Mobile CRM) dovrà anche esso soddisfare dei bisogni dei consumatori in termini di servizi
e info ma anche di privacy (problematica importante).
Il mobile consente l'implementazione di metodologie qualitative come chiamate telefoniche e
altre adatte alla mobilità.Tali tec possono essere sfruttate per monitorare comportamenti
all'interno di musei, centri commerciali, librerie etc. In alcuni ipermercati si utilizza il portale
shopping system (PSS) che da la possibilità ai consumatori di registrare i prodotti acquistati e
risparmiare tempo e ai venditori il vantaggio di raccogliere info sul comportamento del cons che
vengono associati ai dati sociodemografici raccolti al momento della distribuzione dello
strumento.
Randel e Muller presentano lo shopping jacket un pc portatile dove inserire la lista della spesa che
ti avvisa quando il con si trova nelle vicinanze del negozio.
L'iGrocer, uno smartphone che memorizza il profilo nutrizionale del cliente e controlla che i
prodotti nel carrello nn contengano ingredienti desiderati; suggerisce gli acquisti; inserendo ricette
ti dice quali alimenti comprare etc. My Grocer combina tec wireless con l'RFID che avvisa il
fornitore sulla mancata disponibilità di alcuni alimenti nello scaffale, grazie all'etichetta presente
in ogni prodotto. alla cassa viene automaticamente trasmessa la lista della spesa.
Riassunto capitolo 11
115
L'identità organizzativa e la relazione con i consumatori.
La relazione tra azienda e consumatore ha assunto un ruolo importante nel determinare le scelte e
influenzare il grado di soddisfazione del cliente (ovvero il giudizio espresso nei confronti del
servizio o del prodotto offerto). esso dipende dalla percezione della qualità relazionale. Tale
relazione viene influenzata dalla comunicazione, ovvero dall'immagine che l'organizzazione vuole
trasmettere.
Se in passato bastava il prodotto o il servizio a posizionare l'azienda nel mercato, oggi l'identità
organizzativa che viene trasmessa attraverso vari canali è un elemento molto significativo.
Cambiamento organizzativo e soddisfazione del consumatore.
Il cambiamento organizzativo rappresenta la carta vincente per ogni organizzazione che voglia
sopravvivere nel mercato. Secondo Weik è preferibile parlare di organizing (processo continuo
dell'organizzazione) piuttosto che organization (da il senso della stabilità).
Cambiamenti tecnologici, economici e socioculturali sono alcune delle variabili con cui bisogna
entrare in relazione per adattarsi alle esigenze del consumatore.
La globalizzazione ha creato una profonda instabilità dei processi organizzativi per questo motivo
le organizzazioni in grado di relazionarsi e stare vicino al cliente sono quelle con maggiore
possibilità di sopravvivere.
Questo modello gestionale impone l'abbandono di modelli organizzativi burocratici e stabili.
Il pensiero delle persone è flessibile instabile per cui è difficile trovare delle regole fisse e
universali per dimostrare che il prezzo o la qualità o le caratteristiche del prodotto etc, sono
variabili sulle quali operare quando bisogna catturare il cliente. Vi sono altre variabili socioculturali
etc, che possono incidere. Il nuovo consumatore è sempre più autonomo e si fa guidare dalla
libertà del suo potere di scelta più che da altre ideologie particolari.
Anche la relazione tra consumatore e produttore diventa più confusa; da un lato i i consumatori
hanno sempre più possibilità di scelta, sono più critici e consapevoli ma anche più bombardati
dalle promozioni e dall'altro le organizzazioni lavorano sempre più in funzione dei comportamenti
dei consumatori.
Ecco perché sempre più si cerca di analizzare la soddisfazione dei clienti per orientare il lavoro
dell'organizzazione.
116
Se prima il consumatore doveva ricercare il prodotto adesso può accedere ad internet e
confrontare prezzi e qualità di tutti i competitor. Questa liberalizzazione del processo di scelta del
consumatore l'ha reso più sensibile al fascino della valutazione della qualità del prodotto ma
anche più attendo ai messaggi provenienti dall'organizzazione, che grazi agli input dei clienti
riduce i tempi di progettazione, pianificazione, distribuzione e controllo, risponde con rapidità:
questo è organizing (la capacità di ascoltare, di comunicare e vendere la propria immagine.
Oltre l'informazione: la comunicazione dell'identità organizzativa.
l'impresa ha sempre avuto relazioni con diversi soggetti, i clienti, i fornitori, i collaboratori, il
governo etc., trattando ogni relazione in maniera diversa.
Nel momento storico in cui i media sono sempre più attenti alle azioni organizzative, l'esigenza di
prestare attenzione alla coerenza tra ciò che si dichiara di essere e i comportamenti organizzativi è
cresciuta sensibilmente. Si rileva una azione di comunicazione interna e di condivisione dei
progetti di corporate social responsability tra tutti i dipendenti. Le organizzazioni hanno appreso
che la reputazione organizzativa ha una forte influenza sul brand, sul posizionamento e sulla
possibilità di costruire e mantenere una relazione di fiducia con i consumatori.
L'organizzazione dee gestire se stessa come fosse un brand, riuscendo a differenziarsi dagli altri e
garantire una certa consistenza nel tempo e nello spazio, creare empatia con i consumatori.
I brand nn sono solamente i singoli prodotti ma sono associati ad uno stile di vita ed a ideologie
che vengono condivise dalle persone. es: Malboro, nella sua comunicazione ha un'immagine
coerente con i suoi valori. L'azienda deve essere in grado d stimolare emozioni e superare barriere
etniche religione e culturali. Sempre più i consumatori scelgono spinti dalle emozioni e non dalla
ragione per cui non occorre comunicare informazioni sul valore del prodotto o servizio ma sul
significato simbolico che assume per creare una relazione di fiducia.
Il formarsi delle opinioni non può avvenire solo al consumo del singolo prodotto o alle campagne
pubblicitarie ma grazie all'insieme di scambi e relazioni con l'esterno.
Se osserviamo le campagne pubblicitarie delle imprese possiamo osservare i cambiamenti negli
anni per seguire le esigenze dei consumatori. Es: Osserviamo il mercato della telefonia. Gli
operatori cercano di creare universi simbolici per differenziarsi: Omnitel era gioventù,
innovazione, etc.; Tim era rassicurante ma ancora legata alla dimensione statalista,
improvvisamente cambiò per ringiovanire il brand,TIM tribù).
Sebbene sia necessario integrare la comunicazione interna ed esterna per una più efficacie politica
di comunicazione, spesso le aziende le considerano separatamente. ???? p446
117
Le contraddizioni nella gestione dell'identità organizzativa.
il concetto di identità organizzativa può essere descritto tramite due denominazioni: corporate
identity e organizational identity.
La prima, nel campo del Marketing, si riferisce a come l'organizzazione si relaziona con gli
stakeholder e la seconda richiama la letteratura di tipo organizzativo e psicologico-sociale, si
riferisce a come i membri si percepiscono. Entrambe devono essere coerenti tra di loro e non in
contrasto. Albert e Whetten ritengono che da una parte l'identità è analizzata per definire le
caratteristiche più specifiche di una org, per comunicarla all'esterno, dall'altra è utilizzata
al'interno per descriversi e pensarsi nella relazione con gli altri.
Il concetto di identità risponde da una parte all'esigenza di creare valore, dall'altra alla necessità di
individuare e comunicare aspetti specifici dell'organizzazione. le dimensioni che possono essere
utili per distinguere l'identità di una organizzativa, sono ade esempio, la filosofia gestionale, i
valori in cui crede, la sua cultura, il significato che intende trasmettere.
Un'identità è forte quando è coerente sia all'interno che all'esterno, perchè le incongruenze sono
fatali per l'organizzazione.
quello che a prima vista sembra un errore di comunicazione diventa un problema capace di
coinvolgere l'intero sistema organizzativo.
Operare un mutamento della propria presenza sul mercato, si ripercuote sulle modalità di
funzionamento interno, o nel caso in cui si voglia mutare la gestione interna questo può provocare
modifiche all'esterno.
L'immagine dell'organizzazione è il risultato complesso e difficile da cogliere tra quello che viene
espresso di per sé e ciò che invece vuole essere trasmesso dal comunicatore che si occupa di
trasmettere una certa immagine.
L'identità non è l'oggetto in se ma la rappresentazione di esso, per tale motivo, Berg e Gagliardi
avevano parlato di possibilità di falsificare dell'identità attraverso la gestione dell'immagine al fine
di mostrare al mercato ciò che l'impresa potrebbe essere e non ciò che è veramente, cercando di
presentare un'immagine verosimile in relazione alle attese del mercato.
La grande competizione tra aziende le ha spinte a creare immagini forti ma a volte anche un pò
false
pur di lasciare il segno.
Un 'eccessiva differenza tra la realtà organizzativa e la comunicazione verso l'esterno può causare
problemi sia con il consumatore, sempre più consapevole e sensibile, e sia con gli stakeholders
interni, mezzo di comunicazione verso i consumatori.
118
L'identità è un fenomeno complesso che permette a coloro che si occupano di corporate image,
anche di manipolarla , sottolineando alcuni aspetti invece che altri.
Il rapporto tra identità, immagine e cultura organizzativa.
Concetti come identità, cultura e immagine devono essere analizzati nei processi di cambiamento.
SI può far riferimento all'analisi di Hatch e Schultz, che propongono di analizzare il concetto di
identità in relazione al concetto di image da una parte e cultura dall'altra.
Una prima considerazione a fatta in relazione alla distinzione tra corporate e organizational
identity: la prima nasce dal mkt e fa riferimento ai processi di comunicazione, la seconda legata ai
processi organizzativi fa capo all'area delle scienze organizzative.
La corporate identity richiama la specificità dell'organizzazione e il modo con cui viene comunicata
ai propri stakeholders e come si differenzia dagli altri.
Balmer analizza il concetto da due diverse prospettive: quella della scuola e quella legata alla
dimensione visiva ed espressiva ovvero si sofferma sui processi di comunicazione grafica (logo,
colori, stili comunicativi).
La corporate identity rappresenta non chi si è ma chi si vuol diventare, è una linea guida
per i cambiamenti che si vogliono mettere in atto.
Il concetto di organizational identity (identità organizzativa) ha una valenza psicosociale e fa
riferimento a ciò che i membri dell'organizzazione percepiscono in relazione a chi sono.
L'org identity è legata alla teoria dell'identità sociale secondo la quale la relazione ed il confronto
con gli altri diventano necessari e indispensabili per costruire la propria identità, rappresenta la
miriade di modi attraverso i quali i membri percepiscono chi sono effettivamente.
Per quanto riguarda i concetti di Image e cultura, Hatch e Schultz mettono in relazione identità e
immagine e identità e cultura. L'immagine fa riferimento a ciò che si comunica verso l'esterno ed è
strettamente legata all'identità, a come essa viene percepita dagli altri. é più prossima al concetto
di corporare identity. In ogni caso quando si fa riferimento all'identità si considera il valore
comunicativo che alcuni attributi hanno in relazione alla dimensione esterna; Nel riferirsi
all'identità la dimensione pregnante è quella interna.
Infine il concetto di immagine può essere declinato in molteplici modalità, in relazione al tipo di
pubblico. Ciò non significa che le identità non possono essere molteplici e frammentate.
119
Rapporto tra identità e cultura. Secondo Hatch, l'identità permette di esprimere se stessi e le
proprie esperienze attraverso le proprie credenze e aspettative che sono a loro volta influenzate
dalla cultura organizzativa e dai valori che esprime.
A differenza dell'identità la cultura fa riferimento a tutti quegli aspetti che colorano la vita
quotidiana in un contesto organizzativo e sociale nel quale il significato e i valori sono espressi dai
comportami e dagli artefatti. L'identità fa riferimento a quanto è narrato e vissuto dai singoli
membri: anche in questo caso il concetto di identità è espresso in maniera formale, esplicita e
consapevolmente accessibile, opponendosi a un livello più tacito e inconsapevole che caratterizza
le assunzioni culturali. Gli assunti taciti permeano l'intera organizzazione e influenzano la mission,
la strategia, i mezzi usati, i sistemi di valutazione, le sue norme, etc.
é limitante spiegare il concetto di identità solo nelle aree di comunicazione e mkt, essi richiedono
l'integrazione di conoscenze strategico- organizzative, comunicative e psicosociali nella gestione
dei processi di comunicazione.
L'identità è: risultato di un processo sia interno che esterno; non completamente separata dalla
percezione che gli altri hanno dell'impresa; caratterizzata da una molteplicità di espressioni; un
testo deve essere letto in base al suo contesto culturale; legata ad una dimensione istituzionale;
manifestazione ed espressione di simboli culturali.
Un Museo che cambia faccia: (BOX)
Il Museo Nazionale della Scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci” è il caso di una
organizzazione che ha cercato di mantenere la relazione con i clienti in un momento di crisi come
quella della ristrutturazione.
Oggi i musei scientifici sono più attenti ai bisogni di un consumatore postmoderno esigente,
informato, selettivo, sempre più alla ricerca di esperienze che coinvolgano i sensi.
Per tale motivo, il museo affianca l'efficace sistema di raccolta e catalogazione, anche lo sviluppo
di servizi educativi e di professionalità come l'exhibition design, il mkt e la comunicazione.
Questi sperimentano nuovi linguaggi, metodologie e modalità di coinvolgimento per creare
esperienze uniche.
Il continuo evolversi, sia nelle esposizioni sia nella struttura è una caratteristica di un museo.
Si può scegliere o di chiudere e sparire dall'agenda setting o tenere aperta solo una parte
dell'edificio o chiudere per tre mesi durante i lavori.
L'efficacia della strategia dipende dalla condivisione dei valori e degli obiettivi.
120
Comunicare i valori in corso: All'inizio del 2008 iniziano i lavori che ebbero la durata di un anno.
Diventava allora importante coinvolgere il pubblico all'interno del cambiamento, bisognava
garantire un'immagine interna ed esterna coerente al delicato momento di cambiamento,
costruire una relazionale stabile tra tutti i livelli di personale e i visitatori.
Il concept della campagna: “Con che faccia teniamo aperti?”, i soggetti erano 4 facce della
campagna ed ognuno veicolava messaggi diversi.
Sagome segnaletiche di operai al lavoro senza volto in cui introdurre la propria faccia per scattare
foto.
Info-piantine che riportano oltre alla giuda del museo anche la spiegazione dei lavori, come nel
sito internet.
L'attività di comunicazione parla sia ai visitatori ma anche ai possibili clienti del museo.
Identità organizzativa e ruolo della comunicazione interna.
Secondo molti autori per fidelizzare i clienti occorre considerare gli effetti che i processi
comunicativi hanno all'interno dell'organizzazione. Questo non è solo giustificato dal fatto che i
clienti interni sono al contempo consumatori, ma anche perchè gli attori dell'organizzazione hanno
un ruolo attivo nel supportare la comunicazione all'esterno.
Un'identità forte e condivisa serve a motivare i dipendenti i quali possano diventare comunicatori
a loro volta.
Si tratta di individuare e soddisfare i bisogni e i desideri dei collaboratori, promuovere i processi di
socializzazione al lavoro che possono sviluppare un profondo senso di appartenenza.
Esempio delle banche in termini di cambiamento organizzativo: In seguito agli scandali finanziari,
all'entrata in gioco di competitor stranieri, alla possibilità di accedere ai servizi direttamente
direttamente da casa, ha costretto le banche a trovare nuove soluzioni per accaparrarsi fette di
mercato e mantenerei vecchi clienti.
La trasparenza, la serietà e la reputazione hanno assunto un ruolo sempre più pregnante.
A tal fine sembra significativo l'intervento in termini di formazione sulle dinamiche interpersonali
e sulla comunicazione efficacie che vede coinvolti non solo gli agenti e i consulenti ma soprattutto
il management e tutti gli operatoti del back office. es di Banca San Paolo che nello spot
pubblicitario ha adottato un sms in cui la banca non è più identificabile con un prodotto o un
servizio ma con la faccia delle persone che ci lavorano: “io sono la banca, ma sono uno come te! di
me ti puoi fidare”.
121
Questo tipo di comunicazione ha avuto degli effetti positivi solo perchè l'immagine rappresentata
coincideva con la realtà, ovvero l'immagine coincideva con i vissuti dei dipendenti della banca.
Le incongruenze potrebbero avere un risultato negativo e per questo devono essere gestire dal
management. Balmer e Greyser hanno ideato uno schema per evitare le incongruenze:
1. identità attuale: insieme di caratteristiche attuali relative allo stile della leadership, alla qualità
dei prodotti e servizi, alla struttura organizzativa, etc.
2. identità comunicata: identità comunicata attraverso processi formali (spot, broshure, relazioni
pubbliche)
3. id. ideale: si basa su quanto il management ha ideato e pianificato e sulla base dell'ideale
posizionamento nel mercato.Generalmente questa è influenzata da fattori esterni (industria del
viaggio dopo l'11 settembre).
4. id. percepita: si riferisce a quanto viene vissuto e percepito dai clienti e dal mercato. (corporate
image e reputazione).
5. id. desiderata: ciò che viene desiderato dal management ed è in stretta relazione con la visione
dell'organizzazione, (rientra nell'id. ideale).
Queste tipologie non rappresentano una classificazione tassonomica dell'identità, essa più che un
aspetto oggettivante è la risultante di un processo di costruzione e di significazione in continuo
divenire.
Un aspetto sul quale mancano ancora delle teorie relative è la corporate social responsability,
considerata sempre più uno strumento di comunicazione esterna che una possibile strategia di
coinvolgimento e di motivazione interna per stimolare l'identificazione dei membri con
l'organizzazione.
L'identità organizzativa trova la sua origine in diverse fonti: ci sono identità fortemente influenzate
dai processi comunicativi, e identità determinate dai valori e dalla cultura, altre influenzate e
determinate dalla leadership forte. Alvesson, propone di distinguere le organizzazioni e le loro
identità in funzione del grado di investimento in termini di sforzi e di impegno economico nel
creare l'immagine comunicata e opporla a quella rivelata dalla reale natura dell'impresa.
Vi sono pseudo eventi finalizzati a mostrare l'immagine dell'impresa, pseudo strutture che
rivestono un valore simbolico. Esse sono pseudo azioni che difficilmente le persone all'esterno
dell'impresa riescono a distinguere dalla realtà dei fatti.
Secondo Alvesson, si possono distinguere le organizzazioni utilizzando un continuum che prevede
da una parte le imprese che maggiormente sono rappresentate dalle immagini in maniera
controllata , e a volte manipolatoria (ciò non vuol dire necessariamente falsare la realtà), e
dall'altra, le imprese la cui immagine e identità derivano dalla sostanza delle cose.
122
L'interesse verso la corporate image può essere definito in termini negativi e positivi. per quanto
riguarda quelli negativi, quando la dimensione identitaria e simbolica deve compensare quella
reale troppo complessa. Per quelli positivi, fa riferimento alla capacità del management di
intervennire al cambiamento in maniera proattiva.
Customer satisfaction in ambito sanitario.
Rappresenta l'obiettivo principale dell'azienda orientata al mkt, i cui sforzi tendono allo sviluppo di
una relazione di qualità con la clientela e alla sua conseguente fidelizzazione. La soddisfazione
dell'acquirente di un prodotto o dell'utente di un servizio.
Nel contesto sanitario si parla di soddisfazione del paziente.
Nel libro il cliente nella sanità, Favretto riassume i risultati di una ricerca presso i degenti dimessi
dell'Azienda ospedaliera Ospedaliera di Desenzano del Garda, relativamente alla soddisfazione
percepita rispetto al loro ricovero ospedaliero.
Le ipotesi erano: l'esistenza di una relazione tra la soddisfazione del paziente e le sue
caratteristiche scio-anagrafiche; l'esistenza di una relazione tra la soddisfazione espressa
dall'utente per il ricovero ospedaliero e la soddisfazione per la sua vita in genere; l'esistenza di una
relazione tra la soddisfazione espressa dall'utente per il ricovero ospedaliero e la soddisfazione per
i servizi pubblici in generale.
Strumento utilizzato: questionario a 1025 persone e una serie di focus group.
I risultati: Non sono emerse differenze per quanto riguarda la soddisfazione percepita che tuttavia
tende ad aumentare con il crescere dell'età e a diminuite con l'aumentare del grado di istruzione.
é stat evidenziata una correlazione tra la soddisfazione dichiarata per la propria vita privata e la
soddisfazione del paziente e tra questa e la soddisfazione per i servizi pubblici in generale.
“Organizzare la soddisfazione in sanità” è stata un'altra ricerca condotta per verificare una
relazione tra le caratteristiche socioanagrafiche e la soddisfazione.
Strumento: intervista telefonica tramite questionario standardizzato.
Risultati: identici all'indagine precedente.
L'appartenenza all'organizzazione e la relazione con il cliente.
123
La comunicazione interna non ha solo obiettivi di manipolazione ma offre anche un'opportunità di
identificazione sia per il consumatore esterno sia per il cliente interno.
La comunicazione assume un ruolo fondamentale nei processi di socializzazione, in quanto il modo
in cui il soggetto attribuisce un senso agli eventi che si susseguono nella vita sociale e lavorativa
può spiegare gran parte delle decisioni concrete, dello stile di azione e delle caratteristiche del suo
comportamento nell'ambito dell'organizzazione.
In letteratura si parla di “contratto psicologico”, ovvero la ricerca sul patto che si instaura tra i
collaboratori e l'organizzazione, fondato sull'appartenenza, sul coinvolgimento, sull'impegno,
sull'engagement etc, che indicano il passaggio dall'adesione a stare nell'organizzazione verso
l'attivazione di tutte le proprie risorse per dare senso e contribuire al successo complessivo.
Per fare in modo che ciò si verifichi, il management deve proporre ai collaboratori una narrazione
dell'organizzazione più efficace affinché possa essere compresa.
Gli abili manager sono quelli che affrontano il cambiamento attraverso l'abilità del dialogo e della
condivisione dei valori e degli obiettivi.
La narrazione diviene una delle leve manageriali per favorire il processo di identificazione
organizzativa.
Essa rappresenta l'elemento cardine emozionalmente forte dell'organizzazione, non riducibile alla
vision o alla mission e alla comunicazione, ma comprende tutto ciò che fa riferimento alle
competenze, alle credenze fondamentali, ai valori etc.
La sfida del management è quella di creare dei messaggi emotivamente accattivanti, immagini
dell'organizzazione attraenti e narrazioni in grado di coinvolgere gli stakeholders interni.
Le attività manageriali necessarie sono:
- La capacità di individuare e definire la narrazione organizzativa che più riesce a dare una
rappresentazione ed un'immagine reale dell'organizzazione.
- la capacità di leggere eventuali incongruenze tra le identità organizzative e tra immagine e
identità attuale.
- capacità di creare storie, immagini coerenti.
- capacità di ridurre l'incongruenza tra comunicazione interna ed esterna.
- capacità di creare valore.
- capacità di ottimizzare i processi organizzativi in relazione non solo alla produzione ma anche alla
comunicaz.
- la comunicazione come fattore importante come produzion, mkt etc.
124
Per saperne di più, Customer satisfaction: percezione e soddisfazione negli studi dentistici.
Collaborazione tra IULM e l'Associazione Nazionale Dentisti Italiani per sviluppare un ricerca che
prendesse in esame percezioni, vissuti e soddisfazione dei pazienti odontoiatrici.
Il processo: L'obiettivo era valutare la qualità della prestazione odontoiatrica da parte dei pazienti.
Strumenti: una parte della ricerca con focus group e interviste in profondità e una parte
quantitativa con questionari somministrati in parte in formato cartaceo in parte formato
elettronico.
Analisi: La prima dimensione analizzata è l'immagine; è emerso che l'immagine degli studi privati
sia più alta per la maggior parte degli intervistati, ma anche molti risultano sconosciuti
evidenziando una carenza comunicativa.
Un'altra dimensione è la valutazione della soddisfazione dei pazienti in merito ai diversi aspetti
costitutivi della qualità del servizio privato.
Secondo la letteratura anglosassone, la soddisfazione è un concetto multidimensionale che
presenta una certa difficoltà ad essere valutato oggettivamente dai pazienti, per questo si presta
attenzione all'esperienza di cura nel suo insieme. il paziente è sempre più agente attivo nella
relazione di cura (si parla anche qui di prosumer).
Risultati: Il successivo ritorno del paziente è legato al livello di soddisfazione attribuita a una o
poche variabili, quali attenzione ricevuta dal personale, chiarezza delle info ricevute, accessibilità
confort e pulizia, etc.
Pag468 mappa: confronto tra grado di importanza esplicita (verbale) assegnata a ciascun servizio e
la correlazione dei singoli fattori con il grado di soddisfazione generale.
Dall'incrocio dei dati è possibile generare delle mappe in cui i diversi fattori oggetto di analisi
appaiono collocati in uno dei quattro possibili quadranti:
fattori dovuti- prerequisiti di un servizio
fattori strategici- servizi di reale impatto
fattori critici o opportunità- aspetti che dimostrano di possedere un forte impatto nel determinare
la soddisfazione.
Gli aspetti relazionali hanno una valenza strategica di grande valore.
Il market-driven management nell'economia d'impresa globale.
125
La globalizzazione provoca una diffusa sovrapproduzione produttiva e quindi un'offerta molto
superiore alle potenzialità di assorbimento da parte della domanda.
l'eccesso di offerta impone comportamenti competitivi nuovi. L'economia d'impresa globale
delinea uno spazio competitivo non condizionato da confini definiti e fisici.
L'eccesso di offerta esprime nuovi modelli di consumo che affiancano comportamenti non fedeli ai
noti meccanismi di fedeltà.
Marketing management e market-driven management.
Con il mkt management il processo gestionale parte dalla domanda, per definire poi i caratteri di
un prodotto in relazione ad uno specifico spazio di mercato che tende ad essere stabile per tempi
non brevi.
Con il market-driven mng, invece, l'orientamento al mercato è innanzitutto volto a individuare un
temporaneo spazio di concorrenza , cioè un vuoto di domanda altamente instabile per effetto
delle innovazioni continue proposte da tutti i competitor.
lI mkt-driven presuppone che l'azienda si focalizzi prima sulla concorrenza per individuare
temporanee opportunità di domanda e quindi combini le caratteristiche del prodotto con le
attese.
Market-driven mng e competitive customer value.
Il mt-driven mng è una strategia aziendale dominata dal customer value, che presuppone il
confronto diretto con la concorrenza e che si è sviluppata con la globalizzazione negli anni 80.
Il mtk driven valorizza le attività incentrate sulla redditività degli spazi di concorrenza, politiche di
mercato basate sul competiting pricing e sull'innovazione continua, matrice di valutazione delle
performance con un orizzonte di brevissimo periodo.
Un'impresa market-driven:
- ha una dimensione e dei valori coerenti con la complessità e la trasparenza dei mercati globali.
- monitora costantemente il sistema della concorrenza.
-il tempo è un fattore critico per gestire la domanda .
Il club dei grandi ricchi.
126
Nell'ambito finanziario i grandi ricchi vengono suddivisi in tre gruppi:
HNWI-HIGH NETWORTH INDIVIDUAL fino a 5 milioni di dollari; VHNWI-VERY HNWI fino a 30
milioni; UHNWI- ULTRA HNWI patrimoni che superano i 30 milioni.
Dagli studi fatti i ricchi sono sempre più ricchi, i grandi ricchi sono sempre meno in valore relativo
e sempre più in valore assoluto.
Tradizionalmente gli incontri tra banchieri e clienti avvengono in salotti privati.Nel caso dei new
hnwi, il consulente che deve entrare in relazione con questi non può nn tenere in conto l'origine
della ricchezza di questa tipologia.
la multiculturalità è un altro fenomeno attuale, per cu il consulente sa che una certa questione
deve essere affrontata in modo diverso a seconda della sensibilità dell'interlocutore.
Anche dalla valenza attribuita alla ricchezza dipendono gli stili di vita, i quali a sua volta dipendono
dalla storia personale e da fattori culturali.
Che cos'è il wealth manager? un professionista appassionato capace di tradurre in soluzione le
emozioni del suo cliente. Una ricerca mostra che il 30% dei rapporti tra il wm e il cliente cessa
nella fase iniziale quando questo nn è durato ancora abbastanza dada consentire al wm
l'ammortamento dell'investimento fatto per acquisire il cliente.
CAPITOLO 12 (by Nesich )
DESIGN DELL’ESPERIENZA E MARKETING NONCONVENZIONALE
Introduzione
L’attività di shopping consiste nell’andare in giro a guardare le vetrine, esplorare i negozi, i centri
commerciali etc. L’obiettivo di un tale comportamento sembra essere quello di raccogliere stimoli,
informazioni e più in generale fare nuove esperienze. La gratificazione deriva dall’esplorazione di
ambienti di shopping in grado di mettere in scena significati, utili quindi a comunicare chi si è e chi
piace essere.
Quest’interpretazione sul ruolo dell’ambiente sull’esperienza di shopping mette l’accento sulla
componente simbolica del consumo e sulla sua funzione al fine della costruzione identitaria. Così,
come attraverso l’acquisto di un prodotto, anche attraverso l’interazione con un ambiente di
127
shopping connotato simbolicamente, il consumatore puo’ soddisfare bisogni legati all’espressione
del self più che non di tipo funzionale-utilitaristico.
La sollecitazione ludica e la stimolazione cognitiva che il consumatore ottiene nel luogo d’acquisto
sono da considerarsi al pari delle componenti funzionali di un prodotto, costituiscono le “ragioni
d’uso”. La progettazione dell’esperienza attraverso il design e la pianificazione degli stimoli
ambientali sembra rappresentare una delle nuove frontiere della strategia di “marketing al retail”.
Le applicazioni strategiche riguardanti l’esperienza si possono distinguere in 2 diversi ambiti:
1. il marketing esperienziale, il cui obiettivo è quello di intervenire sul vissuto del
consumatore all’interno del punto vendita e di manipolare percezioni e comportamenti
attraverso una pianificazione ad hocdelle variabili ambientali;
2. il marketing dell’esperienza, il cui scopo è la produzione e la commercializzazione
del’esperienza intesa come vera e propria offerta economica.
Per entrambi gli ambiti, nel primo caso gestire l’esperienza di consumo, nel secondo creare e
commercializzare nuove esperienze, emerge la necessità di comprendere che cosa sia l’esperienza
in senso psicologico, come si possa valutare e osservare.
Le origini del focus sull’esperienza
Holbrook e Hirshman (1982) criticano la visione di stampo cognitivista che descriverebbe il
consumatore come un mero risolutore di problemi, impegnato nell’elaborazione di informazioni e
nella presa di decisione necessaria alla selezione e all’acquisto di prodotti. A questa visione
tradizionale i due autori contrappongono una visione esperienziale per la quale il consumatore
sarebbe anche condizionato da emozioni, fantasie che non solo condizionano scelte e
comportamenti, ma che sembrerebbero costituire una parte imprescindibile del consumo.
Affianco alla scelta funzionale-utilitaristica c’è una stimolazione sensoriale e ludica per
gratificazioni legate al piacere.
L’approccio esperienziale suggerisce l’importanza di integrare allo studio del consumatore come
risolutore di problemi anche l’indagine sulle componenti ludiche e creative, sulle risposte
emozionali, sui significati simbolici del consumo che concorrono a definire la relazione che il
consumatore instaura con i prodotti e con i brand. Il focus sull’esperienza implica quindi uno
spostamento dal paradigma dell’acquisto come atto di scambio fra prodotto e denaro, al
paradigma del consumo come comportamento esplorativo erelazionale prima ancora che d’uso.
Schmitt e Simonson (1997) propongono l’attuazione di strategie improntate alla dimensione
sensoriale e a quella simbolica-relazionale con cui si esprime l’interazione fra consumatore,
128
prodotto e brand. Gli autori sottolineano la necessità di una pianificazione “estetica” al fine di
comunicare l’identità della marca e gestire al meglio il vissuto del consumatore. Per il marketing
estetico, la strategia di marketing deve concentrarsi sulla gestione delle impressioni che l’azienda
produce nel consumatore e cioè pianificare in modo coordinato la comunicazione di tutti gli
elementi che concorrono alla costruzione dell’identità di marca e quindi in particolare:
a) una narrativa coerente con la rappresentazione del brand in tutti i diversi canali e mezzi
utilizzati;
b) la stimolazione sensoriale del consumatore per promuovere il coinvolgimento anche sul
piano edonistico e dell’affettività.
Schmitt dopo l’elaborazione del marketing estetico si concentra su come promuovere
l’esperienzializzazione dell’offerta. Secondo l’autore, l’esperienza è principalmente legata
all’offerta dell’impresa che può orchestrare e gestire la stimolazione sensoriale e mettere in scena
i significati simbolici della marca per migliorare la qualità della relazione instaurabile con il
consumatore.
Le strategie di branding devono perciò coinvolgere tutti i possibili momenti di contatto tra il
prodotto e il pubblico, dal design, alla distribuzione in modo da creare una rappresentazione
chiara e coerente con l’universo della marca e dei suoi tratti identitari. Diventa indispensabile,
quindi, creare contesti in cui impresa e cliente possano interagire al di là della rappresentazione
classica pubblicitaria. Il marketing dell’esperienza sottolinea la necessità di superare un
destinatario passivo e riconoscere l’importanza dell’esperienza significa elevare il consumatore ad
un ruolo attivo e partecipativo. Di qui, il crescente ricorso a mezzi “non-convenzionali”, che
perseguono la creazione di esperienze spettacolari finalizzate ad aumentare il coinvolgimento con
il brand entrando in contesti di interazione quotidiana.
Per Schmitt, gli ambiti in cui il marketing deve intervenire per pianificare strategieesperienziali
rivolte al consumatore sono i seguenti:
1.
2.
3.
4.
5.
il sense con riferimento alle stimolazioni estetiche
il think che riguarda l’elaborazione cognitiva dell’esperienza
il feel che comprende emozioni e affettività
l’act con riferimento ai comportamenti e agli stili di vita
il relate che fa riferimento al contesto socioculturale in cui il consumatore è inserito e le
relazioni di influenza che egli instaura
Pine e Gilmore (1999), inaugurando il marketing dell’esperienza hanno descritto l’esperienza
come una forma di offerta economica a sé stante, distinta dai servizi e dai prodotti, nei confronti
della quale esistono da parte dei consumatori aspettative di intrattenimento, coinvolgimento e
memorabilità. Esperienzalizzare l’offerta significa ricorrere ai servizi per creare il contesto
dell’esperienza e ai beni per coinvolgere il consumatore sul piano emozionale, fisco e intellettuale.
129
Alla base dell’offerta esperienziale c’è quindi la partecipazione del consumatore, e quindi non solo
intrattenere i clienti, ma anche coinvolgerli.
Le tipologie o ambiti di esperienza sarebbero:
1. il campo dell’intrattenimento, che prevede l’esposizione passiva del consumatore a
stimolazioni cognitive come accade quando si ascolta musica
2. il campo dell’educazione, quando alla semplice stimolazione cognitiva si coniuga la
partecipazione attiva con l’obiettivo di stimolare un apprendimento
3. l’area dell’evasione, caratterizzata da esperienze dove l’immersione è molto più profonda
rispetto alle esigenze di intrattenimento o educative
4. il campo dell’esperienza estetica che prevede l’immersione passiva del consumatore, il
quale non entra in interazione con l’ambiente se non in qualità di osservatore.
Secondo questo modello, le esperienze più ricche comprendono aspetti di tutti e quattro i
campi. Gli autori sostengono che il coordinamento di tutte e quattro le dimensioni
consentirebbe la creazione di un “luogo” simbolico che indurrebbe i consumatori a
intrattenersi più a lungo, con maggior soddisfazione e un coinvolgimento cognitivo e mnestico
superiore.
Box: UN MARKETING ESPERIENZIALE è POSSIBILE
Gli approccio esperienziali risultano oggi caratterizzati da una certa parzialità in quanto spesso
vengono associati all’attività di shopping e quindi si focalizzavano solo sul mondo del retail o
ancora vengono banalizzati nell’ambito della comunicazione pubblicitaria senza che in realtà vi
sia una vera esperienzializzazione dell’offerta.
In realtà un approccio esperienziale può essere concepito per rinnovare la posizione
competitiva di un prodotto-servizio, rafforzando agli occhi del consumatore il significato e il
valore dell’offerta. Di conseguenza l’esperienza che il consumatore vive va intesa in senso
”olistico”: egli infatti deve formarsi la sua customer experience lungo tutto il suo processo di
acquisto e uso del prodotto-servizio.
Prendendo spunto dai contributi di Schmitt e Laselle Britton possiamo far riferimento a 5
valenze che possono contribuire a produrre customer experience. La situazione deve essere
gratificante dal punto di vista razionale, ma anche stimolante su 1 o più piani (emotiva,
relazionale,valoriale, cognitiva,sensoriale) in modo da formare un ricordo positivo e duraturo
verso il brand. Il modello però rischia di concretizzarsi in una serie di azioni operative
disarticolate che non concorrono alla concezione olistica necessario al vissuto esperienziale.
Serve perciò una cornice strategica dove assumano coerenza le singole iniziative esperienziali.
130
Per questa ragione si può ricorrere a un processo/metodo in 5 fasi con cui governare
l’esperienzializzazione dell’offerta aziendale.
Fase 1: individuazione del “potenziale esperienziale” che è proprio del brand.Esso viene
esplorato con ricerca qualitativa e osservazionale sui clienti e non-clienti della marca.Il risultato
è una mappa esperienziale che riproduce le 5 valenze esperienziali (cognitiva, emozionale,
sensoriale,relazionale e valoriale) e le fasi del processo di acquisto del consumatore.In essa
saranno indicate le “attese esperienziali” dei consumatori ricavate dalle indagini.
Fase 2:La mappa esperienziale aiuta a definire l’experience concept necessario per impostare
l’evoluzione dell’offerta su basi strategiche. L’experience concept corrisponde al sistema di
bisogni più ampio entro quale si può inserire il significato dell’uso del prodotto per il cliente.
Fase 3: Gli elementi definito fin qui permettono ora di delineare la vera e propria strategia
esperienziale. Essa comporta 3 tipi di scelte, fra loro collegate:
- il mix di ruolo fra fornitore e cliente( quando possibile partecipaz attiva del cliente)
- il grado di personalizzazione della relazione con il cliente
- il “tema” sul quale impostare la proposta al cliente
Anche qui dovrà esserci una stretta coerenza con la brand strategy, in particolare con la brand
value proposition.
Fase 4: Si procede con la progettazione operativa dei contenuti esperienziali che l’offerta dovrà
cercare di far vivere ai clienti. Le possibilità sono molteplici: attivare una o più delle 5 valenze
esperienziali durante processo d’acquisto attraverso le leve del marketing e quindi infine
esperienzializzare il prodotto, la marca e la rete di vendita.
Fase 5: fase di controllo dei risultati, ad esempio la misurazione dell’impatto sull’immagine
della marca, e ancora meglio del differenziale di prezzo che l’offerta esperienzializzata
permette di realizzare.
Per autori come Schmitt e ancora di più per Pine e Gilmore l’esperienza deve essere parte
dell’offerta, finalizzata ad arricchire i prodotti offerti. Questa visione dunque si allontana
drasticamente dalla concezione originaria della componente del consumo fornitaci da
Holbrook e Hirschman. L’esperienza qui non era assilìmilata a una proprietà identificabili
nell’offerta, ma + propriamente in linea con la conoscenza psicologica del costrutto, era
descritta nella sua dimensione primariamente soggettiva, come risultante di un vissuto
individuale riconducibile all’interazione dell’individuo con le variabili ambientali piuttosto che
con beni e servizi orchestrati ad hoc ma cmq non oggettivabile esternamente. Carù e Cova
(2003)spiegavano che un limite del marketing esperienziale è il fatto che, la progettazione
dell’esperienza che si focalizza solo sul rendere memorabili certi eventi sottovaluta che
131
l’esperienza non equivale a una somma di stimoli, ma è un processo interpretativo del
soggetto.
Nel considerare i significati che la marca può rappresentare si evidenzia la dimensione
interpretativa su cui si basa l’esperienza del consumatore.Emerge quindi la necessità di
pensare alla progettazione non come una caratterizzazione dell’offerta da veicolare ad un
consumatore più o meno passivo, ma come il risultato di un lavoro di interpretazione dei
vissuti del consumatore a di adattamento a un principio di costruzione partecipativa della
relazione. Le limitazioni del marketing esprienziali come inteso da Schmitt sono da ricondursi al
fatto di studiare e spiegare l’esperienza solo attraverso le risposte comportamentali del
consumatore senza far riferimento a nessun meccanismo interpretativo da parte del
consumatore.
Experience design paradox
Gli stimoli fisici che sperimentiamo nei luoghi prescelti influiscono non solo sulla qualità
dell’esperienza e sulla soddisfazione, ma possono condizionare il consumo attraverso 2 livelli di
influenza: fisico-sensoriale e simbolico.
Kotler (1973), ha ampiamente dimostrato l’effetto dell’esperienza legata alle caratteristiche
ambientali sul comportamento di consumo. La pianificazione atmosferica è stata definita da
molti come una determinante primaria del successo o fallimento di un’attività commerciale.
Olivero (2005) ha introdotto il concetto di “experience design paradox” e cioè la
contraddizione osservabile da un lato tra l’esistenza di un notevole background di ricerca
empirica sul tema, la consapevolezza della rilevanza della progettazione dell’esperienza ormai
condivisa da tutti e, dall’altro lato, la difficoltà a rispondere attraverso l’implementazione di
una strategia sistematica nella progettazione.
Variabili ambientali e paradigma S-O-R
La maggior parte delle sperimentazioni hanno spesso adottato il paradigma di tradizione neocomportamentista
Stimolo-Organismo-Risposta(S-O-R)
concentrandosi
su
risposte
132
comportamentali quali l’approccio, l’evitamento,il grado di soddisfazione, la quantità di
shopping e il tempo trascorso nel negozio.
Barman e Evis(1995) distinguono 5 categorie principali di stimoli:
1.variabili esterne(es. architettura edificio, vetrine..)
2. variabili interne (illuminazione, profumi, suoni…)
3. layout e design (organizzazione degli spazi, arredamento)
4. point of purchase e decorazioni( display dei prodotti, indicazioni..)
5. variabili umane (affollamento, personale di vendita …)
La ricerca ha dimostrato che una valutazione positiva dell’ambiente contribuisce ad aumentare le
vendite e induce i consumatori a dedicare più tempo nell’esplorazione delle merci e a visitare il
negozio con > frequenza.
Colori
L’evidenza empirica dimostra come saremmo attratti maggiormente dai colori caldi quali il rosso o
l’arancione, ma poi tenderemmo a considerare come + piacevoli quelli freddi. Inoltre molti effetti
vengono manipolati dall’illuminazione e in ulteriori studi si è potuto vedere come l’adozione di
illuminazione supplementare produca un effetto positivo sul comportamento del consumatore in
termini di numero di prodotti acquistati, di tempo dedicato all’esplorazione dei prodotti e di
numero di items visionati.
Musica
L’impatto della musica influenza la quantità delle vendite e il livello di eccitazione dei consumatori.
Tuttavia l’impatto della musica appare dipendere dall’età dei consumatori, dal tempo, dal volume
e dall’uso della musica in sottofondo. In uno studio condotto da Yalch e Spangenberg(1990)i
consumatori + giovani trascorrevano più tempo nel negozio in presenza di musica in sottofondo,
mentre i consumatori + anziani reagivano allo stesso modo in assenza di musica di sottofondo. La
musica inoltre sembrava poter influire sull’acquisto d’impulso, ma solo quando i consumatori non
erano task-oriented, cioè già motivati verso acquisti specifici.
133
Odore
Anche l’odore appare influenzare il comportamento del consumatore. Mitchell,Kahn e Knasko
(1995) hanno dimostrato l’effetto positivo dell’uso di odori congruenti con il tipo di merce in
vendita.In presenza di odori congruenti aumentava il tempo dedicato ala ricerca di informazioni
sul prodotto e ne migliorava la relativa memoria. Inoltre i soggetti sperimentali percepivano il
tempo trascorso nel negozio come inferiore rispetto al tempo percepito in assenza di profumo. In
generale gli studi dedicati alla manipolazione dell’odore nell’ambiente di shopping hanno
evidenziato la sua tendenza a interagire con le altre variabili e il suo impatto sulla sfera emotiva,
data la connessione del bulbo olfattivo al sistema limbico deputato al controllo delle emozioni.
Layout
Il modo in cui i prodotti vengono esposti pare avere un effetto significativo sull’esperienza di
shopping. Usare grandi display e cartelli che forniscono informazioni sul prodotto sono tutte
strategie che consentono di attirare l’attenzione verso il prodotto con il risultato di aumentare le
vendite. Il layout del negozio, ovvero il modo e lo stile in cui i prodotti sono organizzati nello spazio
sembra invece avere un ruolo sulla percezione dei prezzi. Smith e Burns(1996) in un loro studio
hanno dimostrato come, al diminuire del numero di prodotti esposti si verificava un aumento del
prezzo percepito degli stessi.
Variabile umana
E’ un’altra componente fondamentale. Le persone che popolano un ambiente di consumo, siano
esse clienti o personale addetto alle vendite, influiscono sul modo in cui il contesto di shopping
viene esperito. La variabile umana può incidere in termini di affollamento e determinare difficoltà
nella mobilità all’interno del contesto di shopping, rendendo difficile la reperibilità dei prodotti o
addirittura ostacolando l’esperienza di consumo. Gli autori (Grossbart,Hampton,Lapidus, 1990)
hanno poi fatto una distinzione tra affollamento reale e affollamento percepito, dimostrando
come quello percepito ha un’influenza particolarmente negativa soprattutto nei consumatori taskoriented.
134
Inoltre è risultato che quando il personale di vendita indossava una divisa e accoglieva la clientela
cortesemente, la qualità del servizio veniva giudicata nettamente superiore rispetto a quando il
personale di vendita si confondeva con il pubblico.
Le componenti simboliche dell’esperienza
La maggior parte della ricerca empirica in questo ambito ha seguito il paradigma stimolo-rispostaorganismo osservando il verificarsi di effetti anziché proporre nuovi quadri interpretativi. Tra le
eccezioni di ricorda un tentativo di ampliamento del modello classico credo-atteggiamentocomportamento basato sulla teoria dell’azione ragionata (Ajzen e Fishbein,1980), con cui si
dimostra che, al fine di aumentarne la capacità predittiva sul comportamento di shopping, il
modello dovrebbe includere le caratteristiche di negozio, design, assortimento, caratteristiche
demografiche e variabili riflettenti l’identità sociale e l’orientamento in termini di stile di vita dei
consumatori. Ci si allontana dalla concezione neo-comportamentista di un consumatore che
elabora informazioni e risponde agli stimoli esterni con una certa gamma di risposte
comportamentali per abbracciare una concezione di consumatore che interagisce con l’ambiente
esterno anche ai fini dell’appartenenza sociale, dell’autoespressione e della costruzione
identitaria.
Berman e Evans(1995) hanno proposto uno schema dove si elencano le variabili intervenienti
rispettivamente ai livelli dello stimolo, dell’organismo e delle risposte. Lo schema è stato
aggiornato e sono state aggiunte le componenti culturali e motivazionali che consentono
l’interpretazione di possibili risposte comportamentali, relative allo sviluppo di fiducia, al bisogno
di controllo, alla percezione di rischio o a processi identificativi e comunicativi. Lo schema
suggerito evoca il superamento del paradigma S-O-R, ma anche della prospettiva che vorrebbe il
consumatore come un decision maker sempre impegnato nell’elaborazione razionale di
informazioni in quanto orientato alla risoluzione di problemi. Al contrario, si aderisce a una
interpretazione del consumo che evidenzia il ruolo delle sue componenti edonistiche e simboliche.
Douglas e Isherwood (1979)hanno dato un contributo antropologico che vede il consumo come
un momento privilegiato per la costruzione identitaria che si attua attraverso la scelta fra diverse
marche, ovvero attraverso l’adesione a determinati simboli culturali che si accompagnano ai
prodotti e agli ambienti in cui i prodotti vengono rappresentati. In alcuni ambiti la funzione
simbolico-rappresentativa è particolarmente saliente, ad esempio in contesti di consumo artisticoludico, come nei prodotti di moda.
135
Distinguere il consumo dall’acquisto consente di riconoscere il ruolo primario dell’esperienza e di
evidenziare che le variabili atmosferiche costituenti il luogo di consumo possono considerarsi fra le
determinanti del significato simbolico attribuibile ai prodotti.
Nel proporre la prospettiva esperienziale in contrapposizione a quella dell’information processing,
Holbrook e Hirschman (1982)oltre alla componente simbolica enfatizzano il ruolo dei processi di
pensiero primari che assecondano il principio del piacere derivante dalla stimolazione fisicosensoriale.
L’enfasi sulla funzione esperienziale porta a esplorare variabili fisiche o simboliche
soggettivamente. L’analisi di tali elementi non osservabili necessita l’adozione di metodologie
introspettive che consentono di rendere conto di come il consumatore stesso interpreti
l’esperienza di consumo. L’approccio di ricerca indicato è pertanto quello fenomenologico, che
attribuendo all’esperienza un ruolo fondante per l’analisi dell’universo psicologico eleva a dato
significativo tutti gli aspetti dell’esperienza di consumo, relativi a colori, emozioni, ricordi evocati,
suoni.
BOX: IL LUOGO NELL’ESPERIENZA DI ACQUISTO E DI CONSUMO
I luoghi commerciali sono sempre più spazi relazioni, luoghi di svago, socializzazione etc..
Le caratteristiche fisiche del negozio assumono un ruolo cruciale, poiché diventano portatrici di un
messaggio promozionale e contribuiscono a chiarire l’identità del prodotto e dei suoi consumatori.
Mehrabian e Russel (1974)hanno proposto un modello teorico d’impianto Stimolo-OrganismoRisposta, ove i comportamenti di avvicinamento o evitamento del consumatore di fronte allo
stimolo del negozio sono mediati da 3 stati emozionali, (piacere, attivazione e controllo).
Successivamente Bitner (1992)ha proposto un modello che si riferisce all’ambiente di vendita nel
suo insieme definito “servicescape”. Esso indica l’ambiente ove l’esperienza di acquisto/consumo
prende forma, viene assemblata, e l’interazione tra le parti ha luogo. Le caratteristiche ambientali
vengono percepite(servicescape percepito) dando origine a risposte cognitive, emotive e
fisiologiche nel personale e nel cliente, le quali determineranno i comportamenti di avvicinamento
ed evitamento nonché le interazioni sociali. La relazione tra servicescapee risposte interne può
essere moderata da fattori situazionali e personali.
Oltre alle caratteristiche ambientali connesse agli aspetti architettonici e spaziali, il servicescapeè
composto anche da caratteristiche sociali e relazionali connesse al personale di vendita e gestione.
Un esempio concreto può essere quello di vedere come 2 Paesi molto diversi possono
realizzare interventi finalizzati a creare servicescapespecifici ma che portano a vivere esperienza
molto simili. E’ il caso degli interventi realizzati dall’architetto Philippe Starck in 2 locali, uno a New
136
York e l’altro a Pechino. A newyork ha progettato, un locale molto in voga con lounge bar,
caffetteria, biblioteca, tutto all’interno dell’hotel Hudson. A Pechino, il LAN è un locale notturno di
punta con ristorante, lounge bar e altri ambienti innovativi. I due locali differiscono sotto molti
aspetti, ma il cliente riesce a cogliere nella propria esperienza elementi positivi e piacevoli che
rendono in qualche modo una continuità d’esperienza tra i due servicescape. In altre parole a un
processo di globalizzazione impositivo e fonologico, viene preferito uno dialogico, dove le diversità
si fondono creativamente per innovare, dove identità vicine e lontane si mescolano per dare
origine a una nuova terza identità di prodotto, di servizio, di consumo e culturale.
L’introspezione come metodo di accesso all’esperienza
La maggior parte degli studi sulla relazione tra stimoli ambientali e comportamento di consumo si
è concentrata sull’effetto di una o due variabili osservate in condizioni sperimentali o attraverso
l’uso di questionari auto compilati. Parallelamente alla limitata validità dei dati raccolti,
l’osservazione di solo alcune variabili non soddisfa la necessità di rilevare l’effetto del contesto di
shopping in una condizione di insieme o la rilevanza di ciascun stimolo in presenza di altri.
Un’altra dimensione di ricerca che merita di essere esplorata riguarda la relazione fra variabili
ambientali e diversi target anche se l’importanza di questi risultati viene messa in forse dalla
consapevolezza di una crescente inadeguatezza delle tecniche di segmentazione classiche basate
sulle caratteristiche demografiche ai fini della predizione del comportamento. Queste ultime non
sarebbero in grado di descrivere la mutevolezza e l’eterogeneità dei modelli di consumo non
riconducibili a gruppo socio-demografici.
La soluzione è quella di costruire una segmentazione che tenga conto del valore simbolico di
determinati stimoli ambientali e del loro ruolo a livello esperienziale attraverso l’uso di tecniche
introspettivedi ricerca per la rilevazione di componenti emozionali, sentimenti di identificazione e
più in generale, del vissuto che il soggetto ha della situazione e del contesto.
Thompsonet al.(1989) suggeriscono il ricorso al paradigma della fenomenologia esistenzialista per
studiare l’esperienza di consumo. Il paradigma giunge ad una psicologia olistica basata sul
contesto che vede gli essere umani in modo non dualistico e che mira a descrivere l’esperienza
così come viene vissuta dall’individuo.
Marketing non-convenzionale
137
L’importanza di focalizzarsi sull’esperienza segnala un cambiamento di prospettiva che riguarda
innanzitutto il ruolo del consumatore e il suo coinvolgimento attivo nella relazione con l’azienda
produttrice.
Il valore strategico di far interagire il consumatore direttamente con i prodotti e stato riconosciuto
attraverso la diffusione delle promozioni.
Negli anni ’90 si è parlato di crisi della marca facendo riferimento al sovraffollamento e al venire
meno della loro funzione distintiva. La crisi della marca è stata ricondotta alla crisi della pubblicità
istituzionale e oggi in un tale contesto di agguerrita concorrenza, investire sulla visibilità del
marchio attraverso campagne stampa e pubblicità televisive oltre ad essere costosissimo non pare
dare garanzie di successo.
La sfida del marketing è stata quella di riuscire a raggiungere il consumatore nel suo quotidiano,
permettendogli di fare esperienza del prodotto promuovendo coinvolgimento e partecipazione.
L’abbandono di mezzi di comunicazione convenzionali a favore di tecniche che mirano a entrare
direttamente nell’esperienza del consumatore è stato indicato come una nuova tipologia di
marketing, nota con il termine marketing non-convenzionale.
Il marketing non convenzionale ricorre a mezzi e a strategie più interattive per coinvolgere
direttamente e attivamente il consumatore.
Il termine marketing non convenzionale si diffonde attraverso il tam-tam generato dai blog di
settore (effetto buzz)che a differenza delle testate specializzate supportano un flusso informativo
generato dal basso attraverso lo scambio rapido e costante delle comunicazioni tra i lettori/autori.
A differenza della strategia convenzionale che prevede il lancio del prodotto e successivamente la
sua promozione attraverso i mezzi per la comunicazione pubblicitaria, in una strategia nonconvenzionale la promozione inizia in genere prima della diffusione del prodotto al fine di creare
un’aspettativa o un consenso su soggetti che hanno il potenziale di influire su molte altre persone.
I lancio del prodotto può seguire la diffusione di queste informazioni e raggiungere quelle persone
che, essendo già sensibilizzate e incuriosite rispetto all’argomento, saranno propense ad
alimentare un passaparola persuasivo nei confronti di altri consumatori.
Un obiettivo della strategia di marketing non convenzionale è di coinvolgere prima di tutto quegli
individui che per esperienza, specializzazione e attività on line, possono essere chiamati influencer,
affinchè attivino a loro volta processi di passaparola rispetto all’ambito di cui sono considerati
degli esperti.
Una differenza significativa tra la strategia convenzionale e quella non-convenzionale è insieta
nella direzione del flusso comunicativo. Nel primo caso ha un andamento discendente, dalla
comunicazione pubblicitaria al consumatore, che rischia di esaurirsi a meno che non si inneschi un
passaparola post vendita legato alla soddisfazione per l’acquisto, nel secondo il flusso viene
138
alimentato dal basso e prevede sin dagli inizi una partecipazione attiva del consumatore per la
diffusione dell’informazione. Il flusso non convenzionale implica quindi il coinvolgimento del
consumatore nelle fasi cruciali dell’attività persuasiva.
Fra queste strategie ricordiamo il cosiddetto guerilla marketing.
A partire dagli anni ’80 il guerrilla marketing divenne popolare come tattica utile ad affrontare
mercati altamente concorrenziali e difficili da penetrare. Nel linguaggio militare la guerriglia
rappresenta quell’insieme di tattiche usate dall’esercito per conseguire la vittoria in condizioni di
inferiorità numerica o tecnologica. Nella metafora del guerrilla marketing l’azienda si troverebbe a
sfruttare metodi ingegnosi per battere il nemico della concorrenza e per raggiungere il
consumatore a costi inferiori rispetto a quelli delle strategie convenzionali. L’obiettivo
fondamentale è quello di sorprendere il consumatore nel suo territorio , attraverso un’azione
limitata nel tempo e nello spazio.
La strategia si pone un duplice obiettivo:
1. superare la barriera che il consumatore innalza nei confronti dei messaggi pubblicitari;
2. produrre un effetto sorpresa tale da stimolare il passaparola e attirare l’attenzione
mediatica al fine di amplificare il ritorno in termini di contatti e di brand awareness.
Un elemento di criticità è la necessità di valutare l’integrazione fra la campagna di guerrilla e le
altre strategie di comunicazione dell’azienda.
Oggi le aziende ricorrono sempre + spesso al disegno di un concept narrativo che rimanda alla
marca senza doverla esplicitare e che troverà nella comunicazione convenzionale una linea di
continuità. Come si vede le Box su Lines, la strategia può creare una narrativa all’interno della
quale la marca si inserisce solo successivamente ma in modo naturale grazie alla coerenza dei suoi
valori con quelli rappresentati dal testimonial.
BOX: PETAL VEIL, IL TESTIMONIAL FINZIONALE DI LINES
Nella primavera del 2007 Lines lancia la campagna pubblicitaria per due suoi prodotti di punta
Lines petalo blu e lines velo. Il marketing theme (tema della comunicazione) è stato “la cura di
sé”, la pulizia e la delicatezza sulla pelle. Il target comprendeve ragazze tra i 15-35 anni.
139
Petal Veil è il testimone funzionale creato dalla Lines e collegato ai brand Petalo Blu e Velo. Petal
Veil è lo strumento usato per entrare in contatto diretto con le donne attraverso il linguaggio della
cura.
Le fasi che hanno scandito l’azione di marketing:
1. creazione del personaggio e della sua filosofia
2. credibilità e popolarità del personaggio
3. veicolazione del messaggio
4. reveal
Petal Veil nasce come un personaggio positivo, importante e misterioso. Attraverso il web diffonde
la sua filosofia e viene creato un tour girando tutta l’Italia a bordo di un motorhome alla ricerca di
una musa ispiratrice. La notizia è stata riportata su tutti i media e il reveal è iniziato il 10 settembre
2007. L’approccio che questo guro ha avuto nei confronti di queste ragazze ha consentito di
comunicare il ruolo e soprattutto i valori dell’azienda rendendoli una figura d’ascolto per le giovani
clienti lines. Le ragazze contattate sono state oltre 5000 e a 200 è stato offerto un trattamento di
bellezza.
Passaparola
L’uso del testimonial funzionale da parte della Lines è un tipico caso ibrido in cui si sfrutta l’effetto
buzz sia delle comunicazioni on-line sia di quelle tradizionali, oltre ad intervenire sulla narrativa del
marchio. Che si ricorra ad un evento sorprendente, o che si diffonda un concept narrativo,
l’obiettivo sarà sempre quello di coinvolgere il numero più alto di persone e ottenere la maggiore
risonanza mediatica.
Marsden e Kirbi(2006) usano il termine “ombrello” connected marketing per indicare il word of
mouth, il buzz e il viral marketing ovvero tutte quelle strategie basate sulla diffusione di
informazioni che ricorrono al passaparola come mezzo per la stimolazione della domanda. Si
ricorda la distinzione tra word of mouth e word of mouse(passaparola on line). Secondo alcuni
quello on line è più efficace grazie alla velocità di trasmissione delle informazioni e anche alla
capacità di raggiungere più persone.
Le strategie buzzsono finalizzate esclusivamente a diffondere notizie, l’obiettivo primario è quello
di creare “rumore” stimolando l’interesse dei consumatori che normalmente ricorrono a forum e
chat.
Un’altra tipologia di intervento è il viral marketingche, come suggerisce già il termine mira a
favorire la diffusione. Solitamente viene prodotto un video o altro materiale interessante e
divertente, dove la marca passa in secondo piano, in modo da superare l’eventuale atteggiamento
140
di chiusura nei confronti del messaggio, che invogli il soggetto a condividerlo con i suoi contatti,
facilitando in questo modo la sua diffusione. La strategia virale per essere efficace deve avvalersi
degli strumenti della comunicaizone digitale che favoriscono la diffusione in tempi rapidi e a costi
irrisori.
Fra le tecniche che si sono sviluppate e che sfruttano l’interattività per coinvolgere i giovani spicca
la categoria degli advergame, veri e propri giochi elettronici che consenono ai brand di
raggiungere i consumatori attraverso un’esperienza ludica.
BOX: ADVERGAME, LA PUBBLICITà SI FA GIOCO
Gli advergame propongono un’interessante combinazione tra una situazione di gioco interattivo e
veicolazione di un messaggio pubblicitario. Alla base di tale formato c’è l’obiettivo di creare e
diffondere in rete una situazione divertente.
Pensiamo a quello che ha fatto Nike qualche anno fa. Ha sfruttato una piattaforma di advergame
per pubblicizzare i propri prodotti destinati ad un pubblico di giovani interessati alla partica del
basket. C’è una forte interattività tra giocatore e situazione che vedono appunto i giovani utenti
sempre + esperti e motivati a diventare protagonisti del processo di costruzione di vere e proprie
“comunità interattive”.
BOX: IL CASO KENWOOD, VIRAL E GUERRILLA MARKETING
Il caso Kenwood inizia nel 2003 quando l’azienda si era resa conto che stava perdendo il suo
appeal di marchio tecnologico e all’avanguardia tra i consumatori che costituivano il core target.
C’era quindi la necessità di cambiare rotta, parlare ai giovani con un linguaggio diverso e con
media adatti allo scopo per portare l’immagine Kenwood ai giovani.
Kenwood lancia così il suo primo filmato virale, con l’obiettivo di far percepire ai websurfers
un’immagine diversa del marchio, meno seriosa e un po’ sopra le righe.
I canali di distribuzione usati sono stati le mailing agli appartenenti alla comunity Kenwood, gli
upload sul sito Kenwood.it, inseminazione su siti generici di intrattenimento e poi video su you
tube. Infine realizza un product placament.
141
Kenwood è quindi un vero esempio di CONSUMER GENERATED MEDIA in cui il mezzo di
trasmissione sono gli utenti stessi. Vanno quindi valutate sempre molto attentamente le
potenzialità di circolazione del messaggio e bisogna studiare una campagna ad hoc e non adattare
spot nati per la tv ad un altro mezzo.
Accanto alla strategia virale, Kenwood ha poi realizzato un’azione di guerrilla “Can’t StopMe” in
alcune delle principali città italiani quali Roma, Milano, Palermo e Napoli le persone si sono trovate
nel bel mezzo dei marciapiedi un’automobile completamente bruciata e fumante con la musica
dentro che suonava a tutto volume grazie all’impianto Kenwood. Poi è stato avviato il “Girls
washing Cars” in cui 20 coppie di modelle hanno presidiato i semafori di alcune delle principali
città per la gioia degli automobilisti in cui lavavano i vetri e applicavano dei magneti.
Naturalmente il marketing non convenzionale non sostituisce quello tradizionale, ma deve essere
affiancato ad altre attività a sostegno della brand awareness e della conoscenza qualificata del
marchio.
BOX: CHIQUITA, IL PROGETTO “IL MIO 10 E LODE”
L’obiettivo della marca era quello di trasferire i valori della marca a un gruppo di persone che non
acquistavano i prodotti della marca stessa. Gli acquirenti infatti sono di solito le mamme.
Pensare a un progetto che stimolasse i giovani e che creasse un luogo di aggregazione.
Viene creato così “il bollino blu mettilo tu” in cui veniva chiesto ai giovani, secondo loro, meritava
il 10 e lode, il voto massimo. E’ stato fatto un tour sulle spiagge adriatiche nell’estate 2007 in cui si
proponeva con allegria e divertimento di interagire con il bollino blu. I bollini potevano essere
posizionati su oggetti personali ritenuti da 10 e lode!
BOX: DIGITAL MARKETING E MARKETING NON-CONVENZIONALE, LA HAPPINESS FACTORY DI
COCA-COLA
La campagna di coca cola è composta da 3 fasi: la prima è quella di “SEMINA” in cui lo scopo è
quello di stuzzicare la curiosità dei consumatori stimolando la domanda “ma cos’è?”. Questo viene
raggiunto attraverso un trailer di 32 secondi in tv.Contemporaneamente sulle bottiglie di coca cola
appaiano i personaggi del trailer, così come le facciate e gli interbi degli uffici..tutto è pronto per
un grande evento lancio!
142
La seconda fase è quella di AVVIO dove si annuncio che il film completo è uscito e si chiama
Happiness Factory visibile solo nelle sale cinematografiche o sul sito coca cola.
L’altra fase è quella di suscitare una maggiore richiesta di informazioni sull’evento.
La happiness factory proposta dal brand sul sito web colpisce sull’immaginazione dello spettatore,
si crea un dialogo in cui egli stesso diventa parte del team. Coca cola grazie a questa iniziativa ha
permesso di vivere emozioni positive cercando di vivere la vita con più ottimismo.
CAPITOLO 13 (by Nesich )
I CONSUMI ALIMENTARI
Introduzione
Il diffondersi delle mode, così come in generale la scelta di consumo come conseguenza di
un’influenza sociale si sono spiegati con il meccanismo dell’imitazione, per cui certi beni
contraddistinti in termini di pregio ed esclusività si diffondono gradualmente nella
popolazione che intende per l’appunto imitare i gruppi più agiati e innovatori. Alla base
dell’imitazione, è possibile individuare il bisogno a differenziarsi unito all’influenza del
modello ideale rappresentato dalla classe superiore.
Implicita a questa concezione è la rappresentazione piramidale di una società stratificata
dove l’accessibilità ai consumi è primariamente una questione di status sociale oltre che
costituire lo stimolo di base alla significazione dei beni.
Questo principio spiega il fenomeno dell’ostentazione nella scelta di cibi rari e costosi e
anche la frequentazione di ristoranti di lusso al fine di distinguersi dalla massa attraverso
l’esibizione di consumi alimentari raggiungibili a pochi.
Il limite di una spiegazione esclusivamente “differenzialista” per la comprensione dei
consumi alimentari emerge chiaramente nello studio delle società contemporanee
complesse. Ovvero, quando il valore simbolico dei beni si esplicita non soltanto in qualità
di status symbol, ma si gioca sul piano emozionale ed esperienziale e tutte le volte, la
riflessione di Bourdieu sulle differenze fra gustialimentari borghesi e gusti alimentari
popolari sembra essere datata rispetto alle evoluzioni contemporanee, cha hanno dato
143
luogo sia a fenomeni trickle down, per cui ricercatezze gastronomiche si diffondono
costantemente anche tra classi sociali inferiori.
La superiorità simbolica del consumo alimentare
Il comportamento di consumo alimentare si distingue in modo originale rispetto agli altri
consumi in quanto il valore simbolico del cibo e delle azioni legate al mangiare non si
costituisce solo culturalmente in quanto fin dalla nascita il cibo ha un ruolo centrale nella
vita di ognuno. Il valore simbolico del cibo è insito nella sua natura non si genera nel
consumo. Esso si esplica in quanto oggetto primario nella relazione con la madre.
Non appena il bisogno di nutrirsi non è prontamente soddisfatto dalla madre, la mancanza
di soddisfazione e soprattutto l’indipendenza di essa dal controllo del bambino stimola lo
sviluppo della consapevolezza di un oggetto diverso, esterno, indipendente dal sé. La
frustrazione del bisogno alimentare appare cruciale per la scoperta dell’oggetto “lattecibo” e per l’instaurarsi della prima relazione sociale, quella con la madre. Il cibo è al
tempo stesso un oggetto di piacere, di soddisfazione orale e anche, causa di possibili
frustrazioni quando il desiderio dello stesso non ottiene adeguata soddisfazione.
La forte ambivalenza provata nei confronti del cibo appare un’inevitabile conseguenza
della difficoltà a regolare la pulsione alimentare.
Il cibo può essere considerato l’oggetto relazionale per eccellenza, cruciale e primario
anche rispetto alle relazioni di amore e attaccamento. Il cibo è il primo oggetto di scambio
relazionale, un oggetto altamente simbolico, associato al piacere ma anche rappresentante
primario dell’inevitabile dipendenza della relazione con l’altro, dell’incapacità di bastare a
se stessi, di essere veramente autonomi.
I significati simbolici costruiti culturalmente e attribuiti a determinati cibi, non solo si
costituiscono successivamente alle rappresentazioni primarie, ma è ipotizzabile che la loro
origine sia per l’appunto favorita dalla fondazione psicologica della simbologia
alimentare. Si deve concludere che il cibo, in quanto oggetto di consumo, si distingue da
tutti gli altri prodotti per la sua maggiore valenza simbolica. Il consumo di cibo si
contraddistingue per la stretta relazione che ha con il corpo. E’ una relazione di tipo
trasformativoin quanto il cibo ha la facoltà di influire sul corpo e sul suo benessere,
diventando parte di esso, modificandone le funzioni e le sembianze.
144
L’assoluta specificità del modo in cui si consuma il prodotto cibo, che chiamiamo
incorporazione, esprime in maniera emblematica lo stretto rapporto simbolico tra cibo e
identità.(il cibo è quindi funzionale all costruzione identitaria).
BOX: MAGNUM 5 SENSI – NON LA VEDO
Eros e cibo
Il significato simbolico dell’alimentazione che abbiamo detto essere primariamente
psicologico si contraddistingue fin dalle sue origini in senso fortemente erotico. Il latte
materno mediante il quale il bambino si relaziona con la mamma e ottiene soddisfazione
orale.
Secondo Freud, la prima fase dello sviluppo psicosessuale, detta fase orale, è
contraddistinta da una non differenziazione fra soddisfazione del bisogno sessuale e
soddisfazione ottenibile attraverso la nutrizione.
Freud distingue 3 fasi di sviluppo psicosessuale: orale, anale e genitale. La fase orale, come
quella anale, è caratterizzata da un’organizzazione pregenitale della vita sessuale. In
questa fase la soddisfazione sessuale si realizza mediante sollecitazioni orali e viene a
rappresentarsi simbolicamente nell’atto di incorporazione dell’oggetto-cibo, verso cui
vengono rivolte anche fantasie aggressive, sadico-cannibaliche.
Abraham(1924)ritiene che il mordere rappresenti l’espressione originaria dell’impulso
sadico, con cui il bambino mette in atto la fantasia di annietare l’oggetto, di incorporarlo
secondo una modalità aggressiva, inaugurando in questo modo l’inizio del conflitto di
ambivalenza verso l’oggetto di amore e odio.
La dipendenza dal cibo per la sopravvivenza , i fini della soddisfazione orale-erotica
caricano di ambivalenza l’atto del mangiare radicandone le dinamiche attorno alla
contrapposizione fra soddisfazione-gratificazione-dipendenza e astinenza-controlloautonomia.
La stimolazione orale, che ottieniamo da bambini durante la suzione del latte, acquisisce
nella vita adulta la funzione simbolica di sedare il bisogno di amore, fornendo quel
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conforto necessario nelle situazioni in cui il sé si sente debole e necessita di affidarsi
all’altro.
Va detto che il piacere è fortemente condizionato dalla stimolazione multisensoriale, ed
è così che il piacere di assaporare un buon piatto non dipende solo dal gusto della
pietanza, ma anche dal suo aspetto, dal suo odore e dall’insieme delle stimolazioni che
complessivamente contribuiscono a produrre un vissuto esperienziale unico. L’esperienza
multisensoriale dell’atto del mangiare concorre a caratterizzare i consumi alimentari in
modo originale.
BOX: LA CASE HISTORY: COME PERUGINA CONTINUA A ESSERE LA MARCA ITALIANA DEL CIOCCOLATO
Fin dagli anni ’70 il cioccolato era sempre stato considerato un peccato di gola, ma all’inizio degli
anni 2000 il consumatore ha iniziato a intraprendere un cammino di ricerca del piacere, anche
attraverso il consumo di cioccolato. Negli ultimi anni si è virati verso una ricerca del piacere che
fosse sia personale, sia da condividere con gli altri. L’approccio alla degustazione del vino; il rito
del bere buon vino ha educato i consumatori a utilizzare lo stesso approccio nei consumi food
classici, e di conseguenza il cioccolato ne ha risentito in modo positivo.
Più in generale nonostante la situazione economica non favorevole, negli ultimi anni sono presenti
due macrotendenze che hanno favorito l’operazione di Nero Perugina; da una parte l’accentuarsi
di prodotti a più basso indice di prezzo, e, dall’altra l’aumento della penetrazione delle fasce
premium anche nei redditi meno abbienti, perché anche per queste fasce era molto forte il
bisogno di gratificazione personale. Inoltre diversi studi hanno dimostrato come il consumo di
cioccolato agisca in modo positivo sull’umore, e debba appartenere a una dieta sana e equilibrata,
dando grande enfasi all’aspetto di wellness del prodotto. Perugina propone ora un prodotto sano
e naturale senza sentirsi necessariamente in colpa. Il piacere che vuole veicolare l’azienda con il
lancio di Nero Perugina non è un piacere edonistico, tipico dell’adolescenza, ma un piacere adulto,
che attraverso l’esaltazione del fondente permette di vivere un’esperienza inebriante grazie a un
percorso di conoscenza e di cultura su quello che si sta mangiando. La proposizione di perugina
attraverso Nero Perugina è proprio quella di coprire per la prima volta con un nuovo marchio tutto
il mondo del fondente e accompagnare i consumatori tramite la Neroterapia suggerendo loro
come e quando degustare il cioccolato, per arrivare a un piacere che coinvolge tutti i cinque sensi.
La Neroterapia vuole offrire il cioccolato della migliore qualità a un prezzo accessibile, parlando
con calore al suo target. Oltre alla comunicazione above the line, sono state promosse iniziative
con eventi e attività di pr con lo scopo di restare sempre in contatto con il consumatore.
146
Perugina conferma, così. Il suo ruolo di Azienda simbolo dell’arte cioccolatiera italiana e la sua
duplice capacità di essere allo stesso tempo custode di una lunga e ineguagliabile tradizione e
simbolo di modernità.
La costruzione identitaria fra disgusto, rifiuto ed eccesso alimentare
Negli ultimi anni le persone affette da disturbi alimentari, come l’anoressia e la bulimia,
soprattutto giovani e femmine, sono diventate sempre più numerose, tanto da rappresentare un
disturbo psicologico tra i più comuni. L’aumento di queste patologie evidenzia la significatività
simbolica del cibo nei processi di costruzione identitaria.
L’atto di vomitare dopo un’ abbuffata rappresenta un tentativo di riparazione rispetto alla
trasgressione alimentare che potrebbe nuocere al corpo e provoca senso di colpa. Per il bulimico
vomitare è come un rito di purificazione in quando il cibo è desiderato ma deve essere espulso dal
corpo perché nocivo all’estetica del corpo.
In altre parole, se il controllo sul corpo ai fini estetici viene imposto dalla comunicazione di massa
come modello di comportamento da imitare, i mezzi per esercitare tale controllo non solo si
diffondono con l’intento di perseguire l’ideale di riferimento, ma alcuni casi, possono entrare nel
repertorio comportamentale-comunicativo degli adolescenti proprio perché si prestano in modo
esemplare alla rivendicazione del bisogno di autonomia e del rifiuto della dipendenza dal cibomadre-mondo esterno.
L’esercizio del controllo sulla pulsione e differenze di genere
Il comportamento alimentare può essere spiegato, almeno in parte, come esercizio di controllo su
corpo e identità. Questa tematica sembra colpire più le donne e soprattutto giovani che si rivelano
più preoccupate per la linea rispetto agli uomini.
Zajonc(1965) propone la Drive Theory, secondo la quale la presenza di altri avrebbe un effetto
eccitante sul comportamento del singolo, portando a risposte dominanti come l’intensificazione di
azioni semplici o, al contrario, l’inibizione rispetto ad azioni più complesse. L’atto del mangiare è
un’azione semplice, suscettibile pertanto di facilitazione quando condotta in presenza di altri.
Conner e Armitage (2002), come anche De Castro e Brewer(1992) sono tutti autori che hanno
messo in luce attraverso una serie di studi l’effetto della facilitazione sociale quando si mangia
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insieme agli altri; inoltre hanno dimostrato che in presenza di altri il pasto durerebbe persino 15
minuti in più rispetto a quando mangiamo soli, pertanto, le persone in compagnia, mangiano di
più e più lentamente.
In sostanza possiamo dire che, se ci sono persone si mangia di più perché, grazie all’effetto di
facilitazione sociale si allenta il controllo cognitivo sul comportamento alimentare. Va detto però
che, l’effetto di facilitazione sociale dipende fortemente dal tipo di gruppo e quindi dal tipo di
relazione tra le persone del gruppo, e anche dalla gestione delle impressioni. Quando mangiamo
insieme ad amici, le persone tenderebbero ad essere più rilassate, allentando i freni inibitori e
quindi ricevendo maggiori gratificazioni.
Inoltre, l’idea che il modo in cui consumiamo il pasto possa essere oggetto di giudizio sociale ci
porta a riflettere sulla connotazione morale associata al controllo della pulsione orale.Il controllo
della pulsione orale può essere sottoposto a giudizi perché è rivelatrice del lato istintuale del
nostro essere umani. La pulsione orale, se soddisfatta senza alcun controllo puo’ essere indice di
scarso rigore morale, come d’altronde lo è l’assunzione di sostanze quali fumo, alcol etc..
Il controllo della pulsione è una prerogativa femminile. Per le donne + colte, il controllo
sull’alimentazione veniva interpretato come “comportamento responsabile nei confronti della
salute e della prevenzione”, mentre per quelli più ricche veniva visto come “principali doveri della
donna verso se stessa e il proprio partner”.
Concludendo possiamo dire che il comportamento a tavola è l’espressione dell’adattamento alle
norme sociali che prescrivono il controllo e regolano la soddisfazione.
Es: anni 60 ricerca stati uniti su un preparato per torte che aveva fatto flop. Le donne volevano
davvero comprare il preparato, ma vivevano acquisto con un grande senso di colpa, perché non si
dimostravano brave madri di famiglia. La nuova versione richiedeva l’aggiunta di altri ingredienti o
decorazioni successive alla cottura e funzionò.
La cultura dell’alimentazione come espressione simbolica del bisogno di controllo nella società
dei consumi
Alla base dei disturbi alimentari esiste un quadro psicologico di tipo narcisistico, caratterizzato da
un’eccesiva preoccupazione per il sè. Emozioni negative, difficilmente espresse, si spostano sul
corpo, che diventa in questi casi fulcro di identità e delle azioni.
Moltissimi nuovi trend di consumi sono da ricondursi alla visione del corpo come un mezzo per il
controllo e la comunicazione del self in un contesto sociale caratterizzato da incertezza, rischio e
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complessità. Alcuni cambiamenti sociali, come l’aumentata percezione del rischio e il venir meno
della sicurezza, tradizionalmente garantite da istituzioni religiose e governative, sembrano mettere
in crisi la relazione fra individuo e società, dove quest’ultima appare sempre + caratterizzata da
modelli di isolamento e scambio e sempre meno ispirata a quelli di comunità e condivisione.
In questo contesto, il comportamento alimentare diviene espressione sintomatica di un
ripiegamento narcisistico di tipo difensivo rispetto all’aumentata incertezza, ma anche proattivo
nel perseguimento di una costruzione identitaria adeguata alle richieste di un ambiente sociale
complesso.
Il trend emergente dell’acqua in bottiglia
Nuovi trend di consumo indicano un crescente focus sul corpo, salute e aspetto fisico. Inoltre la
culturalizzazione del cibo viene interpretata come conseguenza di un maggiore interesse per gli
oggetti che sono in relazione trasformativa con il corpo
Un importante trend di consumo emergente riguarda l’acqua in bottiglia dove tra l’altro l’Italia si
rivela il paese in cima alla classifica per il suo consumo.
Curiosamente il consumo continua a crescere nei paesi in cui l’acqua è potabile, sana e a costo
zero.
L’acqua viene trattata come un prodotto che può differenziarsi in modo considerevole, infatti, i
produttori di acque in bottiglia cercano di distinguersi tra loro attraverso marchi riconoscibili e
caratteristiche peculiari. Le marche di acqua si posizionano sul mercato con prezzi e promesse
diverse in termini di contenuti e funzionalità.
Per l’acqua il nome del produttore non viene quasi mai menzionato in quanto la qualità dipende
dalla fonte che la origina. Il paradosso emerge quando si considera una sorta di riluttanza in certi
consumatori quando pensano di bere acqua proveniente direttamente dalla fonte, in quanto la
considerano meno sicura e meno controllata.
Il consumatore di acqua in bottiglia, è quindi un cliente che ricerca il benessere e che rinuncia ad
altre gratificazioni orali in nome della salute.
L’acqua si configura come una bevanda priva di gusto e calorie, funzionale alla depurazione.
BOX: COME RIVITALIZZARE UN BRAND STORICO
149
L’azienda Ferrarelle S.P.A è impegnata da + di 3 anni nella rivitalizzazione del suo marchio storico,
Ferrarelle.
Mentre nel ventennio precedente il posizionamento era stato chiaro, forte e efficace, negli anni
1990-2004 si è andati costantemente alla ricerca di un nuovo posizionamento competitivo
scommettendo di volta in volta, sulla gioia di vivere, sulle proprietà dissentanti etc. Questo
continuo cambio di rotta ha disorientato i consumatori portandoli a fare altre scelte di consumo.
L’obiettivo della nuova strategia di Ferrarelle è stato quelli di rinnovare le ragioni per essere la
scelta preferita dei consumatori. Il primo aspetto considerato è stato il target (giovani tra 14-24
anni). Il lancio di nuovi formati, e di nuovi settori, e ancora di nuovi mercati geografici.
Ferrarelle diventa così sponsor della Maratona di Roma 2007, acqua ufficiale di Cinema Festa
internazionale di roma, teatro della scala..
L’orientamento assunto riflette la scelta di un alto posizionamento che si giustifica con le seguenti:
-
puntare sulla creatività italiana per portare marchio
comunicare l’autentica effervescenza naturale mettendo in evidenza sul packaging il
bollino che attesta che sia l’unica l’acqua minerale in italia.
sul fronte dell’advertising, agire in controtendenza rispetto alla concorrenza; se i principali
player decantano le acque perché povere di sostanze ed elementi. Ferrarelle punta sulla
ricchezza della presenza di sali minerali che ne determinano il usto unico.
Ferrarelle ha riconquistato così quote di mercato e a tornare ad avere un trend positivo,
nonostante i fortissimi investimenti spesi che fanno capire quanta fatica si debba fare per
rivitalizzare un brand storico gestito in passato in maniera non ottimale.
Il rischio alimentare e il ruolo della fiducia
Con la produzione alimentare industriale il consumatore perde il controllo diretto sugli eventuali
rischi provenienti dalla natura oltre a essere ovviamente sottoposto a nuovi e inquietanti pericoli.
Si diffondono così marchi alimentari in grado di comunicare valori salutisti o più in generale, in
grado di sedurre il consumatore grazie ad una personalità accattivante.
La comunicazione a favore della naturalità del prodotto viene perseguita anche attraverso il
packaging. Attraverso i colori quali il bianco, il giallo, il verde si richiama la purezza e la naturalezza
dei prodotti creando così un effetto tranquillante rispetto all’artificialità del processo industriale di
produzione o lavorazione degli alimenti.
150
Il naturale e quindi tradizionale a differenza del nuovorimanda a concetti conosciuti che quindi
riducono la dimensione di rischio percepito e incertezza.
La preoccupazione per il rischio alimentare è caratterizzata anche da un effetto di amplificazione
sociale, per il quale il solo fatto di essere al centro dell’attenzione mediatica rende un argomento
“amplificato”riguardo la percezione dei suoi effetti. Pensiamo ad esempio al morbo della mucca
pazza in cui l’acquisto di carne nel 96 diminuì del 17%. Nel 97 i consumatori iniziarono a
riacquistare carne come in precedenza.
L’effetto amplificazione sociale da parte dei media sembra dipendere da alcune caratteristiche
importanti:
1.ampio volume di info
2.disaccordo tra i vari attori coinvolti nel dibattito
3.drammatizzazione dell’info sui rischi
BOX: IL CASO MULINO BIANCO NON SI VEDE
BOX: IL VALORE DEL CONSUMO CRITICO
Il consumo critico nasce in Italia alla fine degli anni 80 e si fonda sulla riflessione intorno al
rapporto tra imprese e consumi e sull’idea che, dietro alla simulazione del consumatore sovrano e
dei bisogni cui le imprese cercano di rispondere, si nascondono comportamenti antiecologici,
manipolatori e politicamente scorretti.
Il fine del consumo critico o responsabile è quello di condurre i consumatori a riappropriarsi
dell’autonomia decisionale e di prendere coscienza del potere che possiedono per condizionare le
imprese.
La storia del consumo critico in Italia si articolo intorno ad alcune esperienze:
151
-
quella del commercio equo solidale
quella della finanza etica
quella dei bilanci di giustizia
quella dei gruppi di acquisto solidali
Il consumo critico e responsabile viene individuato come uno degli strumenti efficaci in grado di
contribuire a ridurre l’impatto ambientale e a salvaguardare l’ecosistema.
I consumatori critici prestano attenzione alla sfera politica rappresentata dai poteri locali, e la
scelta di praticare il consumo critico si inquadra all’interno di modelli di valore che coinvolgono
l’organizzazione sociale e la cultura nel loro complesso.
La discussione sulla percezione del rischio rimanda al costrutto di fiducia come elemento
indispensabile per garantire la relazione fra consumatore e produttore.
Se da un lato la relazione con il consumatore appare divenire più difficile, dall’altra la stessa durata
della relazione è minata dall’aumentare costante della concorrenza.
Alle molteplici offerte dei produttori si assiste oggi al fenomeno progressivo delle private labela
opera della distribuzione.
Coop e Esselunga propongono ormai prodotti di qualità a diversi posizionamenti di prezzo e
sembrano ormai essere per molti preferiti rispetto alle grandi marche in quanto viste più sicure e
affidabili. In particolare al Nord i consumatore sembrano preferire le private label, mentre al sud si
preferiscono le grandi marche industriali.
Se per i prodotti alimentari in generale vengono preferite le private label, per i prodotti
caratterizzati da un maggiore contenuto di innovazione, come i prodotti funzionali, sembrano
ancora essere preferite le marche industriali.
BOX: ZUEGG FRULLì – PURA FRUTTA DA BERE
È una nuova linea di bevande prodotta da Zuegg unico a potersi configurare come 100% naturale.
Il prodotto vuole collegarsi come il classico frullato di frutta, senza aggiunta di sostanza. Zuegg
analizzando il mercato ha visto che c’era una domanda insoddisfatta soprattutto per i bambini di
età compresa tra i 3-8 anni per la colazione e la merenda. Esso si dimostra anche come una
risposta concreta al tema dell’obesità infantile, ma promette anche alla mamme una qualità e un
buon prezzo.
152
La strategia del lancio è stata quella di tipo comparativo in cui si focalizzava sugli ingredienti del
prodotto.
Gli espositori venivano messi vicino ai prodotti ortofrutticoli per esaltare la naturalezza del
prodotto e il packaging è stato ridefinito in quanto elemento fondamentale per l’immagine.
Globalizzazione e slow food
L’accettabilità di cibi nuovi è stata oggetto di misurazione attraverso la Scala di Atteggiamento
della Neofobia Alimentare (Food Neofobia Scale)al fine di poter predire le probabilità di successo
di varie tipologie di cibo, tra cui anche i cibi etnici considerati non familiari. La familiarità del cibo è
un attributo fondamentale in quando seno di rifiuto o accettazione dei prodotti alimentari.
Il concetto di cucina del territorio che salvaguarda le tradizioni e che mira a un certo
conservatorismo locale è un’idea nuova, mentre già la cucina mediterranea e quella europea
aspiravano a conquistare tutto il mondo.
La nostra èlite gastronomica dopo aver scoperto i cibi etnici ed essersi esposta al modello di cucina
internazionale del passato, ha messo in atto un tipico effetto snob andando a rifiutare le
produzioni che potevano raggiungere la massa dando via a un processo culturale di rivalutazione
di prodotti tipici e rari del territorio.
Il movimento braidese(Bra è la città in provincia di Cuneo) ha dato vista al Slow Food che nasce
con la finalità di contrapporsi al Fast Food.
BOX: SLOW FOOD non si vede
I nuovi luoghi del consumo alimentare
L’importanza data ai consumi alimentari si evidenza anche dall’attenzione che viene data al
disegno di nuovi luoghi per il consumo e il commercio del cibo.
La progettazione è sempre + orientata a soddisfare esigenze emergenti che rimandano al bisogno
di recuperare il rapporto di vicinanza con la produzione, e che oltre a richiedere un’attenzione
particolare ai valori della qualità e del genuino, perseguono un coinvolgimento sensoriale ed
esperienziale.
Nelle 2 box successive ci sono 2 esempi tale proposito.
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BOX: AGRISERVICE
E’ una società di Teramo costituita da 136 aziende agricole e allevatrici cha hanno sperimentato
con successo una nuova formula commerciale, ovverosia, una rete di vending machine di latte
fresco e di un supermercato alimentare ad assortimento completo collocato lungo la superstrada
che conduce a Giulianova.
Conta su 4000 clienti che per cultura e mentalità sono alla ricerca di prodotti alimentari del
territorio di qualità superiore.
L’azienda può praticare prezzi contenuti avendo eliminato ogni intermediazione commerciale
inoltre la relazione diretta con la struttura di vendita permette la massima garanzia di genuinità.
Inoltre si possono assaggiare spuntini e piatti rapidi.
In sostanza agriservice ha risolto efficacemente il compito di declinare in modo oriinale ed efficace
il concetto di farmer maker che tanto successo sta riscuotendo negli Stati Uniti.Il bisogno di
naturalità e di salubrità rappresenta la tendenza principale.
EATELY
Centro enogastronomico polifunzionale aperto a Torino nel 2007 con l’obiettivo di offrire al
pubblico cibi di qualità a prezzi ragionevoli e di comunicare, al tempo stesso, i metodi produttivi e
la storia di tanti produttori che costituiscono il meglio della gastronomia italiana. Il punto vendita
si struttura in aree di vendita specifiche, in aree di ristorazione e aree dedicate alla didattica.
E’ un garnde mercato dove è possibile fare esperienze sensoriali vere e proprie come nei reali
mercati rionali ai quali il progetto è ispirato.
La presenza di una bibilioteca, le sale di degustazione,il percorso visivo etc..mettono in luce un
grande mercato di “alti” cibi dove comprare, mangiare e imparare.
EATALY E SLOW FOOD
Slow food ha accettato il ruolo di consulente strategico di Eataly, individuando in questo progetto
una forma moderna e innovativa di distribuzione alimentare da affiancare soprattutto alle grandi
città.
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