Manuale di psicologia dei consumi Individuo, società, comunicazione. Nadia Olivero, Vincenzo Russo PARTE 1 – IL CONSUMATORE COME INDIVIDUO CAPITOLO 1 – Il consumatore come decision maker INTRODUZIONE L’acquisto di un prodotto è il risultato di una presa di decisione volta a risolvere un problema. La presa di decisione implica pertanto l’identificazione di un problema da risolversi attraverso tre fasi: (1) la ricerca di informazioni sui modelli disponibili e sui relativi prezzi, (2) la valutazione delle informazioni raccolte e il confronto fra le diverse opzioni possibili per poi giungere (3) alla scelta del prodotto da acquistare. Quali variabili o persone influiscono sulla durata e sull’esito delle fasi di cui sopra? La psicologia può aiutare il marketing a rispondere a queste domande. Per l’acquisto di un televisore o di un altro prodotto di un certo valore la scelta finale è quasi sempre preceduta da una fase più o meno lunga di ricerca di informazioni e da un confronto fra le diverse opzioni, mentre per altri prodotti più economici la scelta può risultare da una valutazione sommaria o addirittura costituire un comportamento d’impulso. Talvolta le scelte impulsive riguardano tuttavia anche prodotti costosi, che ci colpiscono sul piano emozionale e che scegliamo indipendentemente da una valutazione attenta delle loro caratteristiche funzionali. La natura del processo decisionale può variare anche in base alle caratteristiche personali del decisore in particolare in base al suo livello di coinvolgimento. In una ricerca realizzata per una nota marca di televisori emergeva una differenza significativa nella durata delle fasi del processo decisionale a seconda del genere sessuale. I maschi dedicavano molto più tempo alla ricerca di informazioni e al confronto dei diversi modelli di televisori. La durata della fase di “esplorazione” delle diverse opzioni sembrava essere determinata da un maggiore coinvolgimento degli uomini nei confronti delle specifiche tecnologiche su cui poteva basarsi il confronto. Molte persone visitano i negozi prima ancora di aver preso la decisione finale di sostituire, ad es, il televisore. In questa fase il consumatore trae gratificazione dall’esperienza di esplorazione e dall’esposizione all’innovazione tecnologica. Tale gratificazione pare mediare la raccolta di informazioni, ovvero queste ultime sono immagazzinate perche l’attenzione è attirata dalla tecnologia, dal design innovativo, da immagini colorate e vivide. In questa fase, il consumatore si trova ancora in una condizione di relativamente basso coinvolgimento nel senso che non si osserva una ricerca attiva di informazioni tecniche, quanto piuttosto un comportamento orientato alla gratificazione esperienziale. In questa fase sarà inizialmente attratto dai prodotti più “seducenti”, ovvero dalle offerte più innovative o stimolanti da un punto di vista estetico, e solo successivamente inizierà a raccogliere prezzi e informazioni tecniche. La fase dell’esplorazione può durare anche mesi e si conclude con la decisione di acquistare un televisore di 1 una certa grandezza e all’interno di una data fascia di prezzo. Il design, sulla base della nostra ricerca, sembra essere importante allo stesso modo per gli uomini e per le donne, anche se queste ultime dedicano mento tempo alla raccolta personale di informazioni tecniche affidandosi ai consigli del partner, di amici e del commesso del negozio. Sebbene il processo decisionale sembri essere orientato a operare una scelta razionale, basata sulla valutazione oggettiva delle caratteristiche dei prodotti e finalizzata ad elaborare un ordinamento di preferenze, in realtà la complessità e la numerosità delle alternative rendono questo obiettivo praticamente irraggiungibile. IL PRINCIPIO DELLA RAZIONALITÀ LIMITATA La razionalità della decisione è un argomento ampiamente dibattuto in diversi ambiti disciplinari. Se tradizionalmente la psicologia ha messo in evidenza la componente irrazionale della scelta, l’economia, al contrario, si è attribuita il compito di individuare le regole del comportamento razionale, ovvero di prescrivere come operare ai fini della massimizzazione dell’utile. Decidere secondo i principi di coerenza e di massimizzazione richiede tuttavia di disporre di (1) tutte le informazioni necessarie, (2) capacità cognitiva di calcolo, (3) tempo. Con la Teoria della Razionalità Limitata Simon (1981) critica il modello dell’azione razionale, secondo cui a partire da un certo fine l’attore elabora tutta la serie di possibili azioni alternative, è in grado di prevederne i relativi esiti, di associarvi un valore soggettivo di utilità e di scegliere di conseguenza l’alternativa a cui fa corrispondere il valore di massima utilità. Simon fa notare che il modello dell’azione razionale mal si adatta a descrivere azione e decisione delle persone in condizioni normali. Per poter generare tutte le azioni alternative sarebbe infatti necessario disporre di molte più informazioni di quanto si usualmente possibile, e, ammesso che tali opzioni siano accessibili al decisore, la capacità di previsione dell’out put di ciascuna di esse e la relativa valutazione in termini di utilità richiederebbero facoltà intellettuali impensabili per un essere umano. La teoria della razionalità limitata di Simon svolge un ruolo importante nel fornire un modello cognitivo e dinamico alla ricerca sui processi decisionali e alle sue applicazioni di marketing. Il consumatore si rappresenta nella sua semplicità cognitiva rispetto alla complessità ambientale, alla quale cercherà di porre rimedio adottando strategie di semplificazione e adeguandosi a soluzioni non massimizzanti, ma semplicemente soddisfacenti. Secondo questa prospettiva, il comportamento del consumatore non è dato da caratteristiche personali né tanto meno risulta essere totalmente eterodiretto dall’ambiente, quanto piuttosto appare forgiarsi di volta n volta nell’interazione fra la persona e le mutevoli variabili ambientali. Adattando il modello generale di Comportamento Motivato di March e Simon (1993) alla fattispecie del consumo, si evidenzia che il comportamento del consumatore si esprime a partire da uno stato di insoddisfazione. L’insoddisfazione stimola la ricerca di prodotti alternativi in grado di soddisfare una certa attesa in termini di prestazione o immagine, la quale a sua volta cambia al variare dell’offerta ambientale attraverso la regolazione del livello di aspirazione. Si tratta di un modello che tende all’equilibrio, almeno temporaneo, grazie a procedure di adattamento costante alle contingenze dell’offerta. La prospettiva della razionalità limitata nell’evidenziare la semplicità della mente umana mette anche in risalto la capacità adattiva della stessa. Di fronte alla complessità del problem solving, il comportamento del consumatore dipenderà da come egli si rappresenta la situazione. A seconda del compito che ritiene di dover eseguire e dalle circostanze ambientali in cui ritiene di trovarsi sceglierà e si comporterà di conseguenza. (Vedi nei cap. successivi la dottrina delle euristiche, esse illustrano i meccanismi di semplificazione cognitiva con cui la nostra mente giunge ad attribuzioni di significato). 2 La teoria della razionalità limita suggerisce inoltre che l’azione può essere diretta da due diversi tipi di logiche: una logica delle conseguenze e una logica di appropriatezza. Sebbene il consumatore sia orientato a valutare le conseguenze delle scelte e a scegliere in base alla preferenza personale nei confronti di queste, molto frequentemente la valutazione delle conseguenze risulta essere impossibile o troppo onerosa. La logica di appropriatezza è il principio che meglio si adatta alla condizione di incertezza in cui si compie la scelta. Il consumatore, di fronte a più opzioni, sceglierà quella che appare più appropriata rispetto a uno standard e non quella “migliore di tutte”. LE FASI DEL PROCESSO DECISIONALE Identificazione del problema Come abbiamo visto, la presa di decisione si realizza attraverso una sequenza di fasi a partire dall’identificazione di un problema fino alla ricerca di una soluzione. Il problema emerge non appena il consumatore percepisce una differenza fra la condizione attuale e una condizione potenziale migliore. Tale percezione lo induce a ricercare la soluzione del problema che, in alte parole, corrisponde all’identificazione del prodotto o servizio in grado consentire il raggiungimento della condizione potenziale. L’identificazione del problema risulta pertanto essere associata all’emergere di un bisogno, il quale a sua volta può essere stimolato dalle strategie di marketing attraverso la comunicazione pubblicitaria. A questo riguardo Solomon (2002) ricorda che le strategie di marketing possono essere indirizzate a stimolare una domanda primaria quando il prodotto da promuovere è nuovo o non sufficientemente conosciuto e quindi non ancora identificabile come oggetto di desiderio da parte di consumatorio. Oppure, come accade più spesso, possono essere orientate allo sviluppo di una domanda secondaria, ovvero il desiderio di un prodotto specifico di una data marca. Stimolare da domanda primaria implica favorire la consapevolezza dell’esistenza di un prodotto ed enfatizzare i vantaggi che potrebbe portare al consumatore. Per raggiungere questo obiettivo, la comunicazione può seguire essenzialmente due strategie: (1) l’enfasi sui limiti della condizione attuale, e (2) l’enfasi sui vantaggi delle nuove opportunità. Tipici esempi di promozione della domanda primaria sono le pubblicità sociali rivolte a incoraggiare consumi funzionali alla salute e sa scoraggiare comportamenti rischiosi ( per esempio promuovere il consumo di frutta e verdura, oppure l’uso del preservativo). Al contrario, per stimolare la domanda per un prodotto di una specifica marca, la comunicazione deve essere orientata a specificarne le caratteristiche distintive, evidenziandone le qualità e offrendo una reason why affinché essere vengano preferite e scelte, (Dash, più bianco non si può). LA RICERCA DELL ’INFORMAZIONE Come già detto, l’identificazione del problema dà avvio a un processo decisionale che mira a trovare una soluzione. La soluzione, ovvero la scelta di un prodotto specifico e il conseguente comportamento di acquisto e di consumo, è preceduta da una attività di ricerca dell’informazione il cui orientamento razionale e la durato sono estremamente variabili. Se possiamo concludere che la scelta non p mai perfettamente razione. Occorre tuttavia notare che alcuni processi decisionale si caratterizzano per un orientamento maggiore alla razionalità rispetto ad altri. A questo riguardo occorre infatti distinguere gli acquisti pianificati e consapevoli dagli acquisti di impulso, che non essendo programmati non risultano da un precedente ricerca di informazioni. 3 Acquisto pianificato Gli acquisti pianificati sono quelli che risultano da un processo decisionale di una certa durata e, a loro volta, si possono distinguere in acquisti che richiedono una soluzione di problemi estensiva e acquisti caratterizzati da un problem-solving limitato. Il problem solving è estensivo quando il consumatore si impegna a ricercare molte informazioni prima di procedere all’acquisto e questo avviene quando la scelta implica un certo grado di rischio percepito. La teoria della dissonanza cognitiva (Festinger, 1957) ha spiegato l’effetto dell’incertezza nella scelta fra più opzioni come una condizione di disequilibrio che necessita di essere risolta attraverso l’accumulo di informazioni coerenti con la scelta fatta. Secondo Festinger, quando il decisore si trova di fronte a più opzioni tutte ugualmente desiderabili ed è costretto operare una scelta fra di esse, esperisce una condizione di frustrazione causata dalla rinuncia ad una delle alternative. Tale condizione si accomuna alla percezione di rischio, che può essere associata alla scelta in situazioni di alto coinvolgimento, ovvero quando la scelta è considerata importante, implica un certo costa da sopportare e spinge pertanto il consumatore a una ricerca attiva di informazioni. L’acquisto pianificato può comunque essere caratterizzato da un basso coinvolgimento se il prodotto è di consumo abituale e non implica un investimento particolare o la percezione di rischio, ad esempio la spesa settimanale. Acquisto di impulso L’acquisto di impulso, o acquisto non pianificato, costituisce più del 50% delle vendite all’interno di un supermercato e per alcuni prodotti è addirittura la forma più usale di acquisto. Secondo la definizione di Rook (1987), esso è causato da una forte spinta a entrare in possesso di un oggetto indipendentemente dalla valutazione di alternative o dalle sue conseguenze. A differenza degli acquisti pianificati, l’acquisto di impulso risponde a un bisogno percepito nell’immediato e che può essere favorito da stimolazioni esperenziali che coinvolgono le emozioni più che complessi processi di elaborazione cognitiva. Le caratteristiche di (1) non intenzionalità e (2) immediatezza sono state osservate come tratti distintivi di tutti gli acquisti di impulso e hanno aperto la strada allo studio delle strategie che possono influire sull’attenzione del consumatore all’interno di un punto vendita. Le regole generali per attirare l’attenzione del consumatore si declinano in termini di: (1) visibilità, (2) convenienza e (3) gratificazione. La visibilità si concretizza soprattutto nella visibilità a scaffale all’interno dei supermercati; a questo riguardo emerge l’importanza dello studio del packaging del prodotto che, oltre a risaltare, deve essere attraente e adatto al tipo di prodotto. La visibilità può essere perseguita anche attraverso l’utilizzo di spazi dedicati, chiamati normalmente corner o isole. L’utilizzo di tali spazi, o delle cosiddette “testate di gondola”, ovvero degli spazi espositivi situati all’estremità della corsia di vendita. Si è rivelato particolarmente strategico per aumentare la visibilità del prodotto. La percezione di convenienza favorisce l’acquisto di impulso perché rappresenta una motivazione razionale e immediata per giustificare l’acquisto. Secondo Rook e Fisher (1995), il passaggio dalla spinta a comprare all’effettivo acquisto si realizza attraverso una valutazione di adeguatezza rispetto al budget e rispetto alle aspettative sociali. La componente “razionale” distingue infatti l’acquisto di impulso dall’acquisto compulsivo, il quale sfugge all’esercizio di qualsiasi controllo e assume pertanto un’accezione patologica. Per attirare l’attenzione del consumatore ad essere soggetto ad acquisto di impulso,, il prodotto deve stimolare emozionalmente il consumatore favorendo emozioni positive. Secondo l’approccio economico, nell’acquisto di impulso il compratore dà un peso maggiore al valore della gratificazione immediata e prende meno in considerazione il futuro, tuttavia al momento 4 dell’esborso del denaro il consumatore riacquista la corretta percezione della realtà e ciò provoca il rimpianto dell’acquisto. Ricerche empiriche che hanno valutato l’impatto di diverse variabili sono giunte alla conclusione che la tipologia del prodotto insieme al grado di coinvolgimento sembrano avere sull’acquisto di impulso una maggiore forza predittiva rispetto alla predisposizione individuale (Reynolds, Weun e Beatty, 2003). A questo riguardo occorre distinguere fra acquisto d’impulso in seguito al ricordo, nel caso in cui il consumatore si ricorda di avere il bisogno di un certo prodotto dopo averlo visto nel negozio, e acquisto d’impulso puro, che fa riferimento all’acquisto di un prodotto nuovo o comunque non previsto. Il vero acquisto di impulso appartiene a questa seconda tipologia. Oltre alla visibilità e alla convenienza, un altro fattore di grande importanza nell’acquisto di impulso è la gratificazione. Dittmar et al. (1996) hanno misurato la tendenza all’acquisto di impulso per diverse categorie di prodotti durevoli mettendo in evidenza che esistono anche differenze di genere nella scelta impulsiva di determinati prodotti. I risultati dello studio empirico condotto attraverso interviste qualitative a studenti dell’University of Sussex dimostrano che alcune categorie di prodotti sono più soggette all’acquisto di impulso di altre. La maggior parte dei prodotti selezionati come soggetti all’acquisto di impulso erano oggetti musicali, seguiti dall’abbigliamento e da oggetti di moda, riviste, prodotti per il corpo, bigiotteria e gioielli. I prodotti che invece non sembravano essere oggetto di acquisto di impulso erano soprattutto gli articoli di arredamento e auto. I prodotti indicati come soggetti all’acquisto di impulso apparivano tutti adatti a svolgere funzioni per la presentazione e l’espressione del self o per il miglioramento dell’umore. Sebbene questo sembrasse valere per entrambi i sessi, le femmine apparivano maggiormente soggette all’acquisto di impulso. Le donne attraverso gli acquisti impulsivi esprimono una preoccupazione maggiore nei confronti del proprio aspetto fisico, mentre gli uomini sembrano essere istintivamente attratti da prodotti per il proprio intrattenimento. Seguendo la letteratura clinica che ha dimostrato la relazione significativa fra inadeguatezza del self e shopping compulsivo, questi risultati suggeriscono che la discrepanza fra il self reale e il self ideale influisce sull’acquisto di impulso. In particolare: 1. Le donne sembrano più soggette a un senso di inadeguatezza del self e ricorrono allo shopping a fini compensatori più degli uomini 2. Il tipo di prodotti acquistati impulsivamente, ovvero senza la mediazione di un controllo razionale, esprime meglio di altri le dimensioni identitarie su cui ci si sente carenti e a cui si attribuisce maggiore importanza nell’espressione del self Ricerca di informazioni nell’acquisto non d’impulso In base a quanto detto fin ora, possiamo dire che l’acquisto di impulso riguarda tutti i tipi di acquisto tranne l’acquisto di impulso puro. Occorre distinguere fra la raccolta attiva e la raccolta passiva di informazioni. Il primo caso corrisponde alla situazione in cui il consumatore và alla ricerca deliberata di informazioni che possano consentirgli una scelta migliore, mentre nel secondo il consumatore raccoglie informazioni per il solo fatto di essere esposto a comunicazioni pubblicitarie e perché entra a contatto con il prodotto sia nei punti vendita che nel quotidiano d’uso da parte di amici e familiari. Concentrandosi sul caso della raccolta attiva di informazioni, l’evidenza empirica suggerisce che la raccolta di informazioni aumenta quando il consumatore: 1. Ritiene l’acquisto importante 2. Considera necessario raccogliere più informazioni 5 3. Ritiene che le informazioni raccolte siano facilmente interpretabili e utili alla scelta finale Oltre a distinguere fra raccolta attiva e passiva, la teoria del dicision making mette a confronto ricerca interna e ricerca esterna. La prima corrisponde al ricorso ad informazioni già accumulate, già presenti nella memoria e che devono essere attivate ad hoc di fronte al nuovo problema da risolvere. La ricerca esterna corrisponde invece alla ricerca ulteriore di informazioni presso fonti esterne e implica la visita a negozi, la consultazione di mezzi di informazione come stampa e internet e il consulto con altri consumatori. Punj e Staelin (1983) affermano che la partenza da una condizione di minore conoscenza nei confronti del prodotto porta ad un processo di decision making più accurato e più efficace. Al risparmio economico si associa inoltre un maggior grado di soddisfazione nei confronti dell’esperienza di acquisto. La quantità di tempo e di energia dedicata alla ricerca attiva ed esterna di informazione, oltre ad essere condizionata dalla conoscenza pregressa è fortemente influenzata dal tipo di coinvolgimento nei confronti del prodotto. BOX pag. 15 – Rammarico successivo all’acquisto Il rammarico può essere definito “un’emozione negativa, cognitivamente determinata, che noi proviamo quando scopriamo o immaginiamo che la nostra situazione presente sarebbe stata migliore se noi avessimo agito in un modo diverso” (Zeelenberg, 1999). Con riferimento specifico alle scelte di consumo, si può dire che il rammarico deriva dal fatto che la persona si rende conto che i risultati ottenuti con la propria scelta sono inferiori a quelli che avrebbe ottenuto facendo una scelta diversa. Tale consapevolezza può derivare sia da informazioni che il consumatore acquisisce dopo l’acquisto, sia dal suo immaginare le conseguenze diverse e migliori che si sarebbero prodotte se avesse acquistato un prodotto diverso da quello che ha effettivamente scelto. L’esperienza del rammarico dopo un acquisto è più probabile: Quando si acquista un prodotto di marca diversa da quella abituale Quando si acquista affrettatamente qualcosa che si poteva evitare di comprare Quando si scopre che lo stesso prodotto poteva essere acquistato ad un prezzo più basso in un altro punto vendita o in un momento diverso L’esperienza di rammarico risulta, inoltre, mediata dalla responsabilità personale: quanto più ci si sente responsabili tanto più si prova rammarico. DECISIONE E PERCEZIONE DEL RISCHIO La percezione del rischio condiziona il processo decisionale volto alla scelta del prodotto, per cui a una maggiore percezione del rischio dovrebbe corrispondere una ricerca più estensiva di informazioni. Solomon (2002) identifica 5 tipologie di rischio: 1. 2. 3. 4. 5. Rischio monetario Rischio funzionale Rischio fisico Rischio sociale Rischio psicologico Ciascuna di queste tipologie di rischio influisce sulla ricerca di informazioni n base alla relativa preoccupazione che suscita nel consumatore con riferimento a determinati prodotti. Come indicato nella tabella 1.2 a pag. 17, alcuni consumatori possono essere più vulnerabili a determinati rischi: gli anziani, per 6 es. sono più preoccupati ai rischi relativi alla loro salute e quindi aumentano la ricerca di informazioni quando acquistano alimentari e medicinali. Per quanto riguarda il rischio monetario, questo si riferisce al rischio di un esborso monetario superiore all’effettivo valore del prodotto. Il rischio funzionale dipende molto dall’uso che se ne deve fare del prodotto. Per esempio, dovendo acquistare un paio di calze da indossare in una serata importante si penserà con preoccupazione alla possibilità che possano smagliarsi e, indipendentemente dal costo, la performance del prodotto costituirà un rischio. Per quanto riguarda il rischio fisico, le persone più deboli come gli anziani e gli ammalati, o anche i genitori che acquistano per i propri figli, rappresentano i gruppi più preoccupati. I prodotti che sollevano maggiori preoccupazioni sono i prodotti alimentari, i farmaci, gli elettrodomestici che possono essere causa di incedenti domestici e tutti i consumi che espongono a un potenziale rischio per la salute. Sono invece portatori di rischio sociale i consumi che possono essere oggetto di valutazione da parte di terzi e divenire uno strumento per la formazione di opinioni, per la differenziazione sociale e per l’appartenenza o l’esclusione di gruppo. I consumatori che sono maggiormente esposti al rischio sociale sono tutti coloro che danno importanza alla propria immagine pubblica, che sono preoccupati della costruzione sociale della propria identità, che sentono il bisogno di esprimere uno status e differenziarsi o di aderire a certi stili di vita al fine dell’appartenenza ad un gruppo di riferimento ideale. I consumi più soggetti al rischio sociale sono i capi di abbigliamento e tutti i prodotti come l’automobile e la casa, che sono normalmente utilizzati al fine della differenziazione di status. Il rischio psicologico riguarda i consumi che possono influire negativamente sull’autostima individuale e che possono generare sensi di colpa. Si pensi all’acquisto del Viagra, o di una crema anticellulite o agli acquisti di prodotti eccessivamente cari per le proprie tasche o ancora consumi che riflettono debolezza e dipendenza come il fumo o i dolci per chi dovrebbe essere a dieta. I consumatori possono mettere in atto una serie di espedienti antirischio volti a ridurre l’incertezza e a proteggersi del rischio della perdita. Secondo Greatorex e Mitchell (1994) i consumatori ricorrono a: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. Prove e dimostrazioni Lettura delle istruzione e delle etichette Lettura della stampa specializzata Scelta della marca più economica Scelta della marca più nota Valutazione dell’immagine del negozio Preferenza per le soluzioni con garanzia soddisfatti o rimborsati Confronto fra più negozi e rivenditori Fedeltà alla marca Scelta della marca più cara Fiducia nel testimone Consigli di amici e familiari Offerte speciali e promozioni Consigli dell’addetto alle vendite FIDUCIA E AMBIVALENZA DI FIDUCIA Fiducia e percezione di affidabilità sembrano essere gli attributi più significativi nella spiegazione della relazione che i consumatori instaurano con le marche. I rischi che sono impliciti nell’acquisto dopendono 7 dall’eventualità che le aspettative sulla qualità e sulla performance del prodotto non siano soddisfatte. Tali aspettative risultano da una promessa di risultato che è fatta dall’offerta e richiedono pertanto fiducia nel brand affinché possano essere positive e consentire la scelta del prodotto. Acquistare un prodotto corrisponde in questo senso a un atto di fiducia nei confronti del brand e della sua promessa. Alcuni autori hanno argomentato a favore di un costrutto non bipolare della fiducia (Lewiki, McAllister e Bies 1998). Secondo tale approccio, fiducia e sfiducia non sono che gli estremi di un unico continuum lungo il quale le persone si posizionano più o meno stabilmente. Secondo alcuni autori, tra cui Luhmann (1979) fiducia e sfiducia possono coesistere allo stesso tempo. Per es. Nicola può apprezzare la Vespa Piaggio perché è simbolo della tradizione italiana e ha un motore affidabile, ma contemporaneamente nutrire sfiducia per quanto riguarda l’assistenza meccanica e la possibilità di reperire i pezzi di ricambio. Oppure verso Mc Donald si può avere fiducia verso il rischio monetario ( i panini costano poco), ma sfiducia verso il rischio fisico (si sà che i panini fanno male). Secondo questa concezione quindi, fiducia e sfiducia possono coesistere creando una condizione di ambivalenza. L’ambivalenza di fiducia provoca un’incostanza nel comportamento di consumo. Ad es. verso Coca-Cola e Nutella c’è una forte ambivalenza di fiducia (è buono ma fa male) e quindi tendenzialmente i consumatori alternano periodi di consumo intenso a periodi di evitamento drastico del prodotto. COMPORTAMENTO FINALIZZATO ED ESPLORAZIONE All’interno dei luoghi di vendita si osservano due principali tipologie di comportamenti: 1. Un comportamento orientato al goal; 2. Un comportamento orientato all’esplorazione Nel primo caso il consumatore entra nel punto vendita con l’intenzione di comprare un certo prodotto o di raccogliere determinate informazioni per poi giungere a una scelta successiva. Nel secondo caso, il consumatore osserva l’ambiente di shopping e raccoglie informazioni come conseguenza dell’attività di esplorazione che non è guidata da un preciso obiettivo, ma si plasma in risposta a stimolazioni fisiche e sensoriali che attraggono l’attenzione del consumatore e che ne influenzano la raccolta diretta e indiretta di informazioni. Come regola generale si osserva che le persone che esplorano l’ambiente di shopping e che sono orientate alla gratificazione esperienziale trascorrono più tempo all’interno del punto vendita e risultano essere potenzialmente più soggette all’acquisto di impulso. Il marketing del punto vendita deve quindi soddisfare il bisogno di gratificazione esperienziale di questi consumatori, tenendo presente che se le informazioni tecniche e funzionali paiono essere fondamentali, il modo in cui queste vengono presentate e l’allestimento degli stessi prodotti dovrebbero perseguire l’obiettivo di attrarre l’attenzione e fornire attraverso l’intrattenimento delle ragioni per prolungare il più possibile l’esperienza di esplorazione. IL RUOLO DELL ’ESPERIENZA La competenza del consumatore e la sua relativa efficacia percepita nel poter controllare e comprendere le informazioni rilevanti, influisce sulla motivazione alla ricerca di informazioni. I meno esperti sono coloro che in assoluto si impegnano meno nella raccolta di informazioni. La difficoltà che questi soggetti incontrano nell’interpretare le informazioni rilevanti sembra disincentivare l’impegno nella ricerca delle informazioni. I meno esperti tendono ad affidarsi ai consigli di altri, come i commessi dei negozi, o a imitare 8 le scelte di conoscenti e familiari, o ad affidarsi a grandi marche come garanzia di qualità. Lo stesso accade con i genitori che acquistano prodotti alimentari per la prima infanzia. Come la marca, anche il prezzo può essere utilizzato come indice di garanzia di qualità. Nel caso in cui il consumatore non si senta in grado di procedere a una elaborazione adeguata delle informazioni egli tenderà a utilizzare il prezzo come informazione circa la qualità funzionale del prodotto. LE SCORCIATOIE COGNITIVE DEL PROCESSO DECISIONALE Il concetto di rischio percepito associato all’atto di acquisto, mette in evidenza il contesto di incertezza in cui si realizza la presa di decisione. Molti studi in ambito psicologico, tra cui quello di Daniel Kahneman, sono stati condotti con l’obiettivo di dimostrare che la presa di decisione non è basata su un tentativo razionale di calcolo delle probabilità, ma che, nella maggior parte dei casi, si affida a delle semplificazioni che riflettono lo scarto fra probabilità soggettive e probabilità oggettive. La dottrina delle euristiche spiega i principali meccanismo di semplificazione della realtà che ricorrono nel ragionamento delle persone. Uno di questo meccanismi è detto rappresentatività. Con questo termine si intende la tendenza a ricorrere a tratti proto tipici per il riconoscimento e l’attribuzione di oggetti, eventi, persone a determinate categorie. Questa scorciatoia cognitiva è molto utile per un riconoscimento rapido che non necessiti della valutazione attenta di tutte le caratteristiche dell’oggetto in esame. Per es. quando si pensa a un professore universitario alcuni tratti proto tipici possono venirci subito in mente, il professore sarà maschio, avrà una certa età e magari gli occhiali, un po’ di barba, vestirà con abbigliamento classico ecc. L’euristica della rappresentatività può comunque indurci a commettere errori nel giudizio o a ragionare secondo stereotipi. Ovviamente la rappresentatività entra in gioco anche nelle scelte di consumo. Per esempio, se nella nostra esperienza il prosciutto buono e fresco è di colore chiaro, potremmo scartare a priori un prosciutto come quello spagnolo, perché di colore più scuro. Un'altra nota scorciatoia cognitiva è la disponibilità, per cui tende a sovrastimare quegli accadimenti che sono più disponibili alla memoria. La ricerca ha dimostrato che le coppie, anche di lunga data, quando interrogate sulla qualità del loro rapporto tendono a valutare la relazione in base all’andamento delle ultime due settimane. Allo stesso modo una lunga tradizione e scelte socialmente responsabili di una azienda, possono essere mandate in fumo velocemente da una notizia negativa relativa alla responsabilità sociale di quell’azienda. Una terza euristica è nota con il termine effetto cornice. Questo meccanismo condiziona la valutazione degli eventi a seconda delle informazioni con cui sono presentati, che vi fanno appunto da cornice. In particolare si nota che le persone prendono decisioni in base al modo in cui le opzioni vengono formulate, ovvero se in prospettiva positiva o negativa. Le persone scelgono indipendentemente da un calcolo razionale, ma affidandosi a una preferenza spontanea per le opzioni che sono “incorniciate” in modo da apparire più positive. Il ruolo delle informazioni che accompagnano un oggetto di valutazione si evidenzia anche nell’euristica dell’ancoraggio. In condizioni di incertezza, il decisore utilizza alcune informazioni come punto di partenza da cui valutare tutti i dati che sopraggiungono successivamente. Per es. quando un consumatore viene ancorato dal venditore a un certo prezzo, qualsiasi riduzione sarà percepita come un risultato positivo, indipendentemente da una valutazione oggettiva del valore dell’oggetto della negoziazione. Un’ulteriore fattore che incide su valutazioni e scelte economiche è l’effetto dote, ossia il solo fatto di aver posseduto un oggetto ci porta ad attribuire a questo un valore maggiore di quanto esso effettivamente abbia. 9 IL PARADOSSO DELLA TROPPA SCELTA In contrapposizione alla prospettiva razionale, secondo la quale il consumatore tenderebbe prendere in esame tutte le informazioni disponibili, e gli sembra piuttosto ricorrere a continua semplificazione del processo di scelta un paradosso che riguarda la società dei consumi è infatti quello della troppa scelta. Secondo un'accezione comune, l'assortimento dei prodotti delle Marche dovrebbe costituire una caratteristica positiva dell'offerta, nella realtà la quantità di alternative rende il processo decisionale più arduo. nel fare la spesa, la maggior parte dei consumatori non ha il tempo di prendere in esame tutte le opzioni alternative per ciascun prodotto e tanto meno di valutare nel dettaglio le differenze fra tali opzioni. Di fronte a decine e decine di offerte differenti, il consumatore tenderà ad orientarsi verso prodotti già conosciuti o a variare all'interno di una categoria prestabilita. L'esperienza pregressa e l'abitudine giocano un ruolo di primaria importanza nel facilitare la scelta, orientando l'attenzione verso prodotti già conosciuti ed eliminando selettivamente tutto ciò che non rientra nell'ambito del conosciuto\desiderabile. A questo riguardo è stato sottolineato il problema emergente dell’information overload al quale occorre porre rimedio progettando le interfacce di siti compatibilmente ai percorsi cognitivi dell'utente e la sua necessità di semplificazione. Fra le motivazioni principali che sembrano spingere i consumatori all'acquisto on-line vi è la possibilità di risparmiare tempo. L'importanza del fattore tempo evidenzia la necessità di adattare i contenuti degli ipertesti e la grafica dei siti al fine di semplificare il processo decisionale del consumatore. BOX – SOFTWARE CHE AIUTANO A DECIDERE in una ricerca in cui i consumatori dovevano scegliere se acquistare o -1 vasetto di marmellata fra ben 24 diverse tipologie, è emerso che, di fronte a tale numero eccessivo di alternative, i soggetti, 20 attratti dalla varietà, avvertiva un senso sgradevole di confusione e di conflitto tale per cui non riuscivano a decidere quale prodotto acquistare. L'effetto demotivante dell'avere troppa scelta, si manifesta ancor più forte negli ambienti decisionali on-line. Infatti, a differenza dei comuni negozi, i siti virtuali non hanno alcun confine spaziale e, di conseguenza, possono facilmente supporre una schiacciante quantità di alternative che, dati i limiti cognitivi dell'essere umano, risulta impossibile valutare adeguatamente. Per ovviare a tale inconveniente, oggi sempre più siti Web stanno dotando di particolari software che aiutano a prendere le decisioni. Tale software intelligenti, noti come Decision Aids, assistono i consumatori on-line tramite un processo interattivo riducendo in primo luogo l'eccessivo numero di alternative a una gamma più limitata e comparando, in secondo luogo, le restanti opzioni mediante un'apposita tabella di confronto, in cui in ogni riga è rappresentata un'opzione in ogni colonna un attributo. CAPITOLO 2 – Il ruolo della percezione nei processi di consumo INTRODUZIONE La comprensione dei processi percettivi rappresenta una delle aree di maggior interesse per lo studio dei comportamenti dei consumatori per diversi motivi. Da una parte perché la scelta di acquistare un prodotto 10 o di fruire di un servizio è influenzata dal modo di percepirlo ed al “significato” ad esso attribuito, dall'altra perché questo processo è alla base dell'esigenza di selezionare da una grande quantità di dati e di stimolazioni solo quelli che sono utili per la scelta. La nostra vita quotidiana si svolge in un ambiente particolarmente ricco di stimoli che producono un flusso continuo di sensazioni. Ogni giorno messaggi pubblicitari cercano di attirare la nostra attenzione, eppure nostra attenzione, viene catturata solo da alcuni di essi, attraverso meccanismi di selezione più o meno consapevoli, ma certamente determinati dalle nostre esperienze, dai nostri desideri, dalle condizioni specifiche in cui ci troviamo in un determinato momento e in un luogo specifico. Si tratta di un processo assai naturale, se non addirittura ad attivo, poiché se non riuscissimo a selezionare l'infinità di stimoli che ci colpiscono saremo letteralmente schiacciati dal peso dell’enorme della quantità di informazioni. Il processo percettivonon avviene in maniera lineare, razionale, chiara e immediata. Esso è infatti un processo assai complesso e influenzato da una miriade di fattori. Per esempio, un'immagine che immediatamente richiama ricordi della prima colazione della nostra infanzia potrebbe evocare delle sensazioni piacevoli capaci di influenzare la percezione del prodotto, attivare l'attenzione e stimolarci all'acquisto, anche se non abbiamo piena coscienza del ricordo infantile. Si tratta di un processo immediato, che parte dalle stimolazioni del nostro sistema sensoriale, ma che viene guidato da tanti altri fattori, come per esempio la memoria e l'interpretazione delle stimolazioni ambientali. Diceva Zaltman “ l'incapacità di comprendere che il mondo interiore di un consumatore può trasformare radicalmente il messaggio esterno di un esperto di marketing e la causa di molti insuccessi”. Ciò che viene percepito è soggetto a selezioni, modifiche, interpretazioni sulla base di emozioni, conoscenze, aspettative, stereotipi. Questo processo di selezione, di organizzazione e di integrazione delle informazioni rende gli individui non semplici recettori di stimoli, ma soggetti capaci di elaborazione, interpretazione e integrazione delle informazioni che ricevono. Questo processo, riassumibile con il termine cognizione, è capace di dare significato al nostro ambiente e alle nostre esperienze. È un processo che sta alla base della selezione delle informazioni e che assume un ruolo determinante nella percezione degli non è ambientali. La percezione viene intesa, quindi, come “un processo di elaborazione dell'informazione e per viene ai nostri organi di senso e del risultato di una serie di processi complessi che si realizzano in modo automatico implicito” e che contribuiscono a dare significato alle stimolazioni che pervengono dall'esterno. L'aspetto più caratteristico di questo processo è la sua indeterminatezza: la lettura delle stimolazioni esterne è influenzata (se non determinata) da una serie complessa di fattori (emotivi, cognitivi, mnemonici, sociali, culturali) che rendono assai soggettivo l'esito finale. Il ruolo attivo del sistema percettivo permette di avere percezioni soggettive a volte molto diverse fra soggetti diversi. L'immagine della donna riportata a pagina 39 è l'esempio più noto di letteratura, possiamo considerare la donna giovane o anziana in funzione di come il nostro sistema percettivo ricostruisce questa immagine ambigua. Per chi si occupa di consumo è necessario cercare di comprendere come le informazioni sono ricostruite dal consumatore. Occorre non lasciarsi guidare dalla convinzione errata che le informazioni offerte ai consumatori (sotto forma di immagini pubblicitarie, pechaging, ecc) vengano recepite nello stesso modo con cui vengono proposte. I bisogni, le motivazioni, gli stati emotivi, gli atteggiamenti e interessi personali agiscono sull'organizzazione percettiva. una ricerca ha dimostrato che i soggetti tenuti a digiuno da un minimo di un'ora a un massimo di 18 ore tendevano ad attribuire a immagini ambigue proiettate sullo schermo connotazioni specificamente relativi al cibo. Ciò aumentava man mano che il numero di ore di digiuno cresceva. Vi è una evidente differenza tra percezione e sensazioni. Questa, infatti, intesa come la fase iniziale dell'elaborazione dell'informazione che giunge ai nostri sensi (gusto, olfatto, vista, udito e tatto) e che comprende sia l'attivazione degli organi recettori situati in questi organi di senso, sia la trasmissione di segnali alle aree corticali del nostro cervello. La sensazione, come la percezione, non è un processo uguale in tutti i consumatori, ma varia da persona a persona e nei diversi gruppi sociali e nelle diverse culture. La nostra analisi parte dalla considerazione che la percezione ordinata della realtà non corrisponde a un dato di fatto, 11 ma è un'attiva interpretazione effettuata da processi cognitivi di cui a volte non si è pienamente consapevoli. Siamo ormai lontani dalla convinzione aristotelica descritta nell'esordio della Metafisica secondo cui i sensi sono attendibili fonti di conoscenza. Solo alcuni secoli dopo, Cartesio ha messo in crisi la totale fiducia nei confronti dei sensi. Con Cartesio, infatti, si esaurisce l'idea della percezione come registrazione fedele della realtà oggettiva, lasciando spazio alla percezione intesa come complesso processo di elaborazione di organizzazione dei dati, informazioni e di sensazioni. LA NATURA DELLA PERCEZIONE l'interpretazione degli stimoli e dei dati provenienti dal mondo esterno non coincide con il mero ricevere stimolazioni ambientali così come sono “oggettivamente” nella realtà. La percezione è un processo dinamico, influenzata dalle nostre abitudini, da quanto abbiamo appreso, da quanto vogliamo apprendere, dalle credenze, dalle motivazioni e dai valori della comunità in cui viviamo o in cui “speriamo di essere inseriti”. Il processo percettivo si riferisce, pertanto, a quel complesso meccanismo attraverso il quale selezioniamo dati e informazioni al fine di attribuire loro uno specifico significato. Si presuppone che sia la cultura e non la biologia a plasmare la vita nella mente dell'uomo, a dare significato all'azione e alla realtà che ci circonda inserendo gli stati intenzionali profondi e delle stimolazioni sensoriali in un sistema interpretativo. Già Lewin nel 1935 sosteneva che la realtà non è assoluta, ma varia a seconda del gruppo al quale l'individuo appartiene: l'ambiente diverso da persona a persona, ma differenziate anche della stessa persona momenti differenti. Questa tesi ci spinge a considerare il comportamento del consumatore determinato non solo dai suoi bisogni dalla sua dimensione biologica, ma anche dal contesto sociale e culturale in cui si muove. Questo è ancora più evidente se pensiamo al modello di cultura del consumo dell'età postmoderna., Anche dalla dimensione del bisogno, il consumo nell'atto di acquisto sono diventati un contesto ricco di stimolazioni necessario per vivere un'esperienza che trascende il bisogno stesso. Il consumo diviene pertanto un palcoscenico dove raccontarsi e attraverso il quale trovare indicazioni utili per poter costruire la propria modalità di espressione del Sè. Husband e Godfrey (1934) dimostrarono che il grado d'identificazione di marche di sigarette in condizione di blind test, era di poco migliore rispetto a quanto sarebbe stato prevedibile rilevare attraverso una scelta del tutto casuale. Il nome della marca, il riconoscimento del colore della confezione e altre informazioni di tal genere hanno un significativo effetto sulla percezione del prodotto e delle sue specifiche qualità. Non sempre si è consapevoli che la percezione di ciò che ci circonda è il risultato di un processo inferenziale così complesso. Molto spesso siamo fermamente convinti che il modo di percepire la realtà esterna da parte degli altri soggetti sia assolutamente identico al nostro. Così, negli altri rispondono alle stimolazioni in maniera diversa dalla nostra, la prima considerazione che ci viene in mente è che gli altri stiano sbagliando, che non abbiamo capito, o abbiano intenzionalmente alterato il significato delle cose occorre considerare che la percezione è un processo fortemente influenzato dal processo di acculturazione, ovvero determinato da modelli culturali più che da processi strettamente individuali. I professionisti del marketing internazionale sono costantemente impegnati con il problema della natura soggettiva e culturale della percezione. Se la percezione viene infatti influenzata da fattori sociali e culturali, allora allo studio della percezione dei prodotti pensati per un mercato internazionale deve necessariamente confrontarsi con questa dimensione aleatoria e soggettiva del processo percettivo per un mercato. Ciò costringe gli uomini di marketing a uno studio dei processi psichici non più disaggregati o ridotti nei loro aspetti costituenti, ma come strettamente integrati e mutuamente interagenti, andando al di là della semplice analisi degli aspetti sensoriali o dell'individuo decontestualizzato dalla sua cultura e dal contesto sociale e di vita che lo circonda. I messaggi che i consumatori captano nella comunicazione possono essere molto diversi da quelli che l'impresa intende trasmettere. 12 LA SENSAZIONE alla base della concezione delle informazioni vi sono due processi di base: la sensazione, intesa come risposta immediata dei nostri sensi a uno stimolo di base, e la percezione, ovvero quel processo attraverso il quale queste sensazioni sono selezionate, organizzate e interpretate. Quando si fa riferimento alla sensazione si pensa ai classici canali sensoriali: uditivo, visivo, tattile, olfattivo e del gusto tuttavia possiamo individuare molti altri sensi da cui riceviamo stimolazioni sensoriali. Infatti possiamo distinguere diverse sensazioni in base al tipo di sistema sensoriale coinvolto: 1. sensazioni esterocettive(vista, udito, tatto, olfatto, dolore, gusto e temperatura): in questa categoria rientrano le sensazioni che derivano da variazioni sensibili dell'energia ambientale; 2. sensazioni enterocettive(viscere): in questa categoria rientrano le sensazioni che derivano dalle formazioni nervose provenienti per esempio dagli organi interni al corpo; 3. sensazioni propriocettive (posizione, cinesia, cinestesia): in questa categoria rientrano le sensazioni che segnalano la posizione del corpo nello spazio e il movimento degli arti. Tutti questi sensi hanno il compito di rilevare le informazioni provenienti dal mondo esterno attraverso specifiche cellule o gruppi di cellule capaci di rispondere a piccoli mutamenti degli stimoli fisici e trasmetterli al cervello attraverso il sistema nervoso centrale. Il cervello poi elabora queste informazioni, e dal modo in cui queste vengono organizzate e interpretate si ha la percezione. Sta cambiando il modo di rapportarsi fisicamente ai prodotti, di percepirne le caratteristiche oggettive e strutturali, di valutarne la qualità. Fino a non poco tempo fa la percezione degli oggetti e dei prodotti era relegata prevalentemente facendo riferimento a un solo senso, per cui il cibo era vantato dal palato, l'abito dalla vita, il tessuto dal tatto e via dicendo. La valutazione sensoriale era poi sempre subordinata a un giudizio razionale. Una recente teoria sviluppatasi in questo ambito di studi è quella di Trasiman e Gelade (1980) definita Teoria dell'integrazione delle caratteristiche. In base a tale teoria la percezione di un oggetto è il prodotto di due stadi di elaborazione. Nel primo stadio, definito l'individuazione delle qualità primarie, ha luogo la registrazione e detenzione di alcune caratteristiche dello stimolo (allineamento, colore, movimento, curvatura delle lineeecc.). Nel secondo stadio, definito integrazione delle qualità primarie, mediante l'integrazione delle qualità analizzate nel primo stadio si perviene al “prodotto cognitivo”, ovvero ciò che noi percepiamo. I prodotti devono essere toccati e non solo vi è, percepiti anche con l'olfatto, non solo intravisto in questo panorama l'affermarsi del marketing estetico(ovvero il marketing delle esperienze sensoriali nell'attività di Corporate o Brand che che contribuisce a formare l'identità di un'organizzazione o di una marca) segna appunto il definitivo riconoscimento dei sensi nel mondo del consumo. La pubblicità di una bibita fresca non si limita più a presentare il prodotto circondato da tante visibili bollicine e nell'opacità di un bicchiere ghiacciato sempre più si sente in sottofondo il piacere provato da lunghe sorsate amplificate dall'altoparlante in una spiaggia assolata per sedurre con una promessa di sicura freschezza e come irresistibile richiamo contro la sete. LA VISTA l'immagine, il gioco di colori, il grado di luminosità hanno un ruolo determinante per la promozione di un messaggio citati, per la realizzazione della confezione di un prodotto o per l'organizzazione di un punto vendita. Dal momento che quasi due terzi degli stimoli che arrivano al cervello passano attraverso il sistema 13 visivo, molto spesso la nostra esperienza delle immagini è di natura visiva. Inoltre, in considerazione del fatto che numerosi esperti sono concordi nel dire che la maggior parte della comunicazione(circa l'80%) avviene attraverso i mezzi non verbali (tra cui anche il tatto e l udito ovviamente), sapere interpretare il para-linguaggio (soprattutto quello visivo) si rivela importante in molti contesti di mercato. Per questo motivo la vista è uno dei sensi più studiati da autori e ricercatori. L'impressione visiva di cui facciamo esperienza diretta era assai diversa dalla distribuzione fisica della luce sulla retina poiché è il risultato di un processo interpretativo. Il cervello in questo caso assume un ruolo determinante. L'attribuzione di significato dato alla stimolazione luminosa dipende, infatti, da molti fattori. Basti pensare alla percezione dei colori. Alcuna reazione colori sono strettamente influenzate dalla cultura e dal contesto sociale in cui si vive. Il colore del lutto e in alcuni contesti in nero, in altri è il bianco, come in Brasile. Le risposte le reazioni sono influenzate dal contesto e non solo dalla semplice sensazione del colore. Ovviamente l'influenza della cultura e dell'appartenenza sociale non esclude i fattori biologici. Nel campo della pubblicità i colori bianco e nero hanno minore capacità di attirare l'attenzione rispetto al colori vividi, anche se il contrasto tra un messaggio pubblicitario in bianco e nero e un contesto colorato circostante è stato più volte utilizzato proprio per attirare l'attenzione. In questo caso è il contrasto percettivo che attira l'attenzione, poiché innovativo e inaspettato, e non l'uso del bianco e del nero. In uno studio sul ruolo del colore i ricercatori hanno osservato che i colori possono influenzare le emozioni e le sensazioni di rilassamento o di eccitazione. In genere i colori caldi (come il rosso e il giallo) dei colori freddi (come il blu) generano sensazioni stati d'animo contrastanti. Per esempio si osservato che il rosso è associato ad aumenti della pressione sanguigna, del movimento oculare e della frequenza respiratoria, all'eccitazione in generale, alla vitalità. Viceversa, si osservato che colori freddi scatenano reazioni opposte, come un senso di pace, di calma, di rilassatezza. Il giallo rappresenta un colore caldo per eccellenza, rassicurante e armonioso (es. campo di grano giallo Mulino Bianco). Prendendo ispirazione dai sacchetti dei fornai, mulino Bianco realizza ancora oggi la confezione a sacchetto di un colore giallo caldo intenso, in modo che il consumatore si ricordi della tipica genuinità dei prodotti. Esperti di marketing non hanno mai sottovalutato i vantaggi derivanti da una corretta selezione dei colori. Anche nel campo dell'organizzazione degli spazi di vendita occorre riconoscere un ruolo determinante al colori oltre che all'organizzazione degli spazi in sé. Basta cambiare la tipologia di luce (gialla al posto di Bianca) e il grado di diffusione per rendere molto più accoglienti gli ambienti. L'attenzione ai colori non coinvolge solo il mondo della pubblicità e del packaging. Infatti, anche nel campo dei servizi, vi sono interessanti studi sul rapporto tra colore e clienti. In particolare, nel campo medico si parla di cromoterapia o terapia di colori, secondo la quale adottare uno specifico colore può essere utile per stimolare specifiche sensazioni nei pazienti di un ospedale. Tuttavia questa impostazione va usata con cautela poiché le differenze culturali possono portare a clamorosi fraintendimenti, ad esempio il colore verde in Irlanda e di buon augurio, in Cina è correlato al tradimento, negli Stati Uniti rappresenta la gelosia. Altro aspetto degno di attenzione nel mondo dei consumi e della comunicazione pubblicitaria è uno degli Stati psicologici più affascinanti, indicato con il termine sinestesia, secondo il quale lo stimolo di un senso (per esempio, il suono) è in grado di suscitare l'esperienza propria di un altro senso (per esempio, un colore). La sinestesia cromatica è un fenomeno consistente nell' ”udire i colori”, cioè nell'avere l'esperienza di un colore in risposta a uno stimolo uditivo. Secondo molti psicologi i fenomeni sinestesici rivelano l'unità profonda dei sensi. L'OLFATTO lo stimolo olfattivo rimane strettamente legato all'intero contesto nel quale è stato percepito. Ecco perché, durante la rievocazione, esso non si isola dagli altri elementi contestuali, ma li trascina con sé. Riferendoci al percorso di crescita di un bambino, si constata come il sistema olfattivo abbia, nel guidare 14 comportamenti, un ruolo molto più pronunciato durante la fase neonatale e postneonatale rispetto alla fase. È in dubbio i profumi possono stimolare emozioni e far ricordare eventi e sensazioni. Per questo sono state condotte molte ricerche per cercare di comprendere la relazione tra olfatto, memoria e umore. Alcune ricerche hanno dimostrato che l'introduzione di un aRoma è in grado di alterare la percezione del tempo trascorso dal consumatore durante l'attesa per il pagamento alla cassa o per ottenere informazioni da parte di un addetto alla vendita. All'interno del grande trend del polisensualismo che caratterizza la società postmoderna l'olfatto sta acquisendo un'importanza sempre maggiore. L'olfatto, d'altra parte, essendo collegato al nostro sistema limbico, che è il centro della vita emozionale, esercita una forte e direttiva influenza mondo dei sentimenti e delle emozioni. L'importanza dell'olfatto è testimoniata dalle numerose ricerche sull'utilizzo dei profumi in alcuni negozi (come il profumo di montagna nei negozi Timberland) o di profumi rilassanti nelle sale di attesa (per esempio, quelle della business class della British Airways). L'UDITO La musica e il suono hanno un ruolo importante nel mondo dei consumi. La musica è in grado di stimolare ricordi ed emozioni del passato, influenzare l'umore e modificare la percezione della realtà stessa. Con la musica e suoni si costruiscono significati, si rafforzano associazioni, stimolano sensazioni. La produzione pubblicitaria si serve molto dei suoni. Si provi a pensare a un film o uno spot senza musica di sottofondo o sette suoni di rinforzo di certe scene o azioni. Basta soffermarsi solo un attimo su uno dei tanti spot televisivi sulle bevande (come quella Estathè), accompagnati dal rumore di uno dei gruppi ione esageratamente marcata o da un forte (e innaturale) fruscio di liquido che scivola in un bicchiere. L'esigenza di amplificare su ogni e di studiarne la valenza è strettamente legata alla capacità che hanno i suoni e le musiche di stimolare e determinare anche alcune emozioni. Difatti è possibile associare circa emozioni a determinati brani musicali, anche se questo processo mette in gioco aspetti strettamente individuali e soggettivi. La storia personale, con le relative esperienze e la cultura di appartenenza, così come lo stato emotivo di un preciso momento, rendono estremamente difficili una generalizzazione degli effetti sull'individuo e lo studio delle emozioni in musica. A tal proposito risulta interessante lo studio condotto da Bigand, Filipic e Lalitte (2005) che, dopo aver selezionato un gran numero di brani con diverse connotazioni emozionali, hanno cercato di individuare potenziali affinità emotive facendo ascoltare ad alcuni soggetti diversi tipi di brani. I risultati hanno dimostrato che la maggior parte degli individui utilizza un sistema di raggruppamento basato su due dimensioni: la valenza (cioè il valore delle emozioni in sé: positiva o negativa) e l'intensità o arousal (bassa o alta) stimolata dalla musica. Tale connotazione emozionale correlata a un brano avviene in tempi brevissimi, inferiori al secondo. È stato possibile riscontrare come, fin dalle prime note, i soggetti esaminati fossero in grado di individuare le emozioni legate a essi. Hui et al (1997) hanno dimostrato che la musica, contrariamente alle attese, incide anche sulla percezione dei tempi di attesa di un servizio prestato a un gruppo di consumatori: nel luogo in cui non vi è musica, l'attesa percepita e maggiore rispetto al tempo trascorso effettivamente. La presenza di stimoli musicali pop pertanto agire positivamente sulla risposta affettiva attesa e sulla valutazione dell'ambiente. Nello stesso modo è stato dimostrato che la presenza di musica in un centro commerciale incide sulla rapidità di movimento dei consumatori al suo interno. Una musica con un ritmo più veloce incrementa di una percentuale significativa la movimentazione dei clienti rispetto a una musica decisamente più lenta. I dati di una ricerca hanno dimostrato che i consumatori “più lenti” spendono circa il 38% in più rispetto a quelli “più veloci”. Un altro aspetto importante, soprattutto nel campo della comunicazione pubblicitaria, è quello relativo alle tecniche di Time compression, usate per manipolare la velocità con cui lo speaker 15 pronuncia un messaggio radiofonico o televisivo. I consumatori sembrano preferire una comunicazione più rapida (con una velocità superiore al normale di circa 120,130%) rispetto a una più lenta. Tale effetto sembra sia determinato dalla percezione di una maggiore credibilità e affidabilità nei confronti di coloro che hanno una capacità comunicativa più rapida. In altri casi, una comunicazione troppo rapida potrebbe inficiare il processo di comprensione e stancare l'ascoltatore, soprattutto se questi è particolarmente motivato ad ascoltare e a comprendere ogni singolo elemento del discorso. in questo caso entrano in gioco l'effetto del grado di coinvolgimento e l'influenza dell'attivazione del sistema di elaborazione centrale piuttosto che quello periferico, come indicato nella teoria di Petty e Cacioppo (1983), vedi capitolo sui processi decisionali. Secondo questa teoria, l'attivazione del sistema di elaborazione centrale, stimolata da un maggiore coinvolgimento, spinge il consumatore a investire più energie per cercare tutte le informazioni necessarie per la decisione. In questo caso, l'esigenza di raccogliere attentamente tutte le informazioni contratta con la rapidità di esposizione che, quindi, non verrebbe apprezzata. IL TATTO La percezione aptica, ovvero quella che coinvolge il tatto, ha sempre avuto ruolo importante nella scelta di acquisto di un consumatore. Basti pensare a quanto è importante, soprattutto nel passato, poter toccare tessuti, la frutta, il legno prima di decidere l'acquisto. Solo attraverso il tatto è infatti possibile percepire alcuni aspetti fondamentali dei prodotti. Il consumatore osserva tattilmente (Fabris, 2003), ovvero attraverso il tatto può avere chiare informazioni sulla densità, la compattezza, la tesatura di un prodotto. A volte il tatto stesso e più importante della vista nella scelta di un articolo. Il tatto e incide anche sulla relazione venditore-acquirente. Solomon (2004) a tal proposito riporta alcuni dati di ricerca che dimostrano che i clienti leggermente toccati dal personale di un ristorante lasciano una mancia maggiore. Anche il contatto, come i colori, ha una sua propria declinazione culturale. Per esempio nei pressi del Nord Europa contatto fisico è culturalmente meno accettato che nei paesi mediterranei. IL GUSTO Anche il gusto ha un ruolo determinante nei comportamenti di consumo. Attraverso il gusto vengono percepite le caratteristiche dei prodotti alimentari. In base alla gradevolezza di sapori il consumatore individua una propria classifica delle tipologie e delle marche preferite. In una società multiculturale introduzione dei piatti etnici tra leggermente modificando il modo di alimentarsi e il legame ai sapori tradizionali. Questo ovviamente non intacca la possibilità di riconoscere e rimanere fedeli ad altri sapori percepiti come altamente specifici di una marca o di un prodotto. Basti pensare alla famosa Nutella. Diverse sono state le altre marche che hanno tentato di spodestare il suo primato senza riuscirci. Il sapore della Nutella, come quello della coca-cola classica, identifica fortemente prodotto e ne garantisce il riconoscimento da parte dei consumatori affezionati. Di certo possiamo affermare che anche per il gusto occorre prestare attenzione alle diversità culturali esistono cibi assolutamente immangiabili per un italiano, ma molto prelibati per un vietnamita. BOX - il marketing estetico tra creatività e innovazione pagina 52 (dal mio libro non si legge quindi andatevelo a vedere) LE SOGLIE PERCETTIVE non tutti gli stimoli sensoriali possono determinare l'attivazione dei nostri sensi. Ciascuno dei nostri recettori rispondere a stimoli specifici entro limiti abbastanza ristretti. Il sistema sensoriale dell'uomo e in ogni caso caratterizzato da specifici limiti. Per questo motivo non tutte le lunghezze d'onda della luce sono 16 percepibili dall'uomo, che non riesce infatti a vedere i raggi gamma, i raggi X e quelli ultravioletti. E anche il nostro sistema uditivo risponde solo alle vibrazioni dell'aria comprese tra i 20 e i 20 000 cicli al secondo (e infatti risaputo che i nostri sensi sono molto meno efficienti di quelli di numerosi animali). Tali limiti sono determinati dalle caratteristiche fisiologiche dei nostri sensi, anche se la possibilità di percepire alcuni stimoli piuttosto che altri può dipendere dal processo di selezione e dal grado di attenzione nei confronti degli stimoli stessi. Le capacità sensitive di alcuni soggetti, infatti, possono essere così allenate da rispondere alle stimolazioni più di quanto avvenga in una persona “media”. Per esempio i musicisti riescono a percepire molti più toni rispetto a un soggetto non allenato. Probabilmente il polisensualismoverso cui è proiettata la società postmoderna (Fabris, 2003) ci porterà a valorizzare maggiormente le nostre capacità sensoriali fino ad ora poco utilizzate. LA SOGLIA ASSOLUTA La soglia assoluta è la stimolazioni minima che può essere rilevata dagli organi di senso. Non va confusa con la soglia di percezione cosciente. Per soglia di percezione cosciente intende quel valore al di sopra del quale lo stimolo è percepito molto forte: in questo caso il soggetto è perfettamente conscio della sua presenza, lo percepisce chiaramente e può reagire di conseguenza. Per sua natura questa soglia Varia da un individuo all'altro o da un momento all'altro nello stesso soggetto, essa dipende dal diverso grado di attenzione, che può essere influenzata dalla stanchezza, dall'età, dalla sensibilità dei diversi organi sensoriali o dalla presenza simultanea di altri stimoli. Sopra la soglia di percezione cosciente, lo stimolo possiede sufficiente energia per provocare nello stesso tempo sia la risposta che la relativa rappresentazione cosciente. In questo caso l'individuo, consapevole dello stimolo, reagisce in base alla sua volontà, cosa non possibile nel caso di percezione subliminale. La risposta dell'individuo può dunque essere completamente differente a seconda che lo stimolo lo raggiunga a livello subliminale (precosciente) o superliminale (cosciente). Sopra la soglia assoluta di percezione cosciente, ma sotto quella di percezione cosciente, sono situati gli stimoli troppo deboli per essere percepibili coscientemente. Pur non essendo abbastanza forti perché il soggetto di percepisca spontaneamente, essi hanno comunque un'intensità sufficiente per farsi riconoscere nel momento in cui l'attenzione viene spostata su di chi di noi non ha una sveglia sul comodino di cui non percepisce più il ticchettio, se non quando volontariamente vi pone l'attenzione? Dixon (1981) definisce la soglia assoluta di coscienza come il più debole livello di energia entro il quale un individuo può sentire o vedere uno stimolo. Infine occorre descrivere la soglia fisiologica al di sopra della quale (ma sotto al livello assoluto di percezione cosciente) si trovano gli stimoli di intensità troppo deboli per essere recepiti dalla coscienza, sia volontariamente involontariamente ma nonostante ciò, questi stessi stimoli possono portare a una risposta sensoriale o di una modifica osservabile del comportamento per esempio, possiamo percepire inconsapevolmente una musica che in effetti non è udibile, ma che raggiunge la coscienza sotto forma di un canticchiare spontaneo, non intenzionalmente voluto. Gli stimoli la cui intensità e talmente debole da non produrre nessuna reazione sensoriale si considerano sotto la soglia fisiologica, là dove qualsiasi tipo di percezione è completamente assente. Questa è la zona del “grande silenzio”, alla cui soglia l'uomo si è sempre fermato. Sotto la soglia fisiologica lo stimolo non può avere risposta. Sopra la soglia fisiologica, ma sotto la soglia di percezione cosciente, lo stimolo possiede sufficiente energia per essere captato dagli organi di senso e produrre una risposta, ma questa energia è comunque insufficiente per raggiungere la coscienza. È questa la zona di “percezione subliminale” in senso lato. La soglia assoluta, che varia da individuo a individuo, può dipendere anche dalle condizioni fisiche del soggetto ed al suo stato motivazionale. I giovani sentono maggiormente profumi e gli odori rispetto ai consumatori più anziani una migliore performance nel campo degli odori e dei profumi è stata riscontrata anche nelle donne. La musica all'interno di un centro commerciale potrebbe non essere percepita, anche se di fatto ha un effetto sui 17 comportamenti dei soggetti. La soglia assoluta rappresenta quindi quel limite necessario da superare affinché uno stimolo sia percepito. Ecco perché lo studio di tale soglia assume un ruolo importante per chi si occupa di marketing. Molti stimoli sono al di sotto della soglia assoluta tanto da non poter essere percepiti. Analogamente, un'immagine troppo piccola potrebbe risultare difficile da decifrare nitidamente e perciò non viene percepita come tale. A volte nei messaggi pubblicitari sono presenti testi scritti con caratteri così piccoli per evitare che vengano percepiti. Il concetto di soglia assoluta è strettamente legato a quello di filtro percettivo. in un mondo caratterizzato da una grande quantità di stimolazioni, i filtri percettivi permettono di selezionare solo le informazioni che sono ritenute più utili. Per questo motivo chi si occupa di marketing sa perfettamente che occorre attirare l'attenzione attraverso stimolazioni che hanno un'intensità leggermente più alta della soglia assoluta. L'aumento automatico del volume della radio quando vengono trasmesse le informazioni sul traffico stradale rappresenta una delle più note tecniche per attirare l'attenzione. LA SOGLIA DIFFERENZIALE La soglia differenziale è la quantità minima di stimolazione necessaria per distinguere due stimoli diversi. Non si tratta pertanto della quantità minima percepita, ma della quantità differenziale, ovvero del cambiamento minimo percettibile di uno stimolo. La possibilità di misurare le condizioni in cui la differenza tra due stimoli è percepita dal consumatore è un aspetto di grande importanza nel mondo dei consumi. La conoscenza della soglia differenziale è determinante e si intende modificare il prezzo di un prodotto (per esempio durante i saldi) o si vuole rendere più dolce il sapore di un prodotto provando a modificare la quantità degli ingredienti al fine di rendere tale differenza percepibile il calcolo della soglia differenziale permette di individuare la quantità minima necessaria perché venga realmente percepito il cambiamento. La soglia differenziale non è un valore costante, ma dipende dall'intensità dello stimolo originale. Se il livello quantitativo di un attributo presente in un prodotto e modesto, il consumatore si mostrerà assai sensibile anche piccole variazioni di questo attributo, mentre se lo stesso elemento è presente in maggiore quantità, per ottenere la stessa percezione di cambiamento, occorrerà una maggiore variazione della quantità di quello stesso attributo. È ben comprensibile l'importanza di questo principio se consideriamo che a volte gli incrementi di alcuni ingredienti di un prodotto hanno un costo assai elevato. Così, se volessimo risparmiare sui costi di produzione di un biscotto senza che il consumatore percepisca un cambiamento del sapore, basterebbe ridurre lo zucchero o un altro ingrediente all'interno della soglia differenziale. La soglia differenziale è regolata da un preciso teorema matematico sviluppato nel corso del XIX secolo da Ernest Weber, il quale è riuscito a individuare la relazione (conosciuta come legge di Weber) che descrive il rapporto tra l'ammontare del cambiamento e l'intensità originale dello stimolo affinché tale rapporto possa essere percepito. Secondo questa legge, più forte il valore dello stimolo iniziale e più grande deve essere la quantità addizionale di stimolazione affinché questa venga percepita. A volte un'azienda desidera modificare il proprio packaging senza che il consumatore se ne accorga, oppure alla necessità di modificare il luogo senza che i clienti perdano la possibilità di identificare l'azienda. Il concetto di soglia differenziale permette di prevedere cambiamenti al di sotto della soglia, attuando piccole impercettibili modifiche attraverso fasi in cui il mutamento (il passaggio a un nuovo logo) non viene significativamente percepito dal consumatore (esempio del graduale passaggio dal logo Omnitel a quello Vodafone). LE SOGLIE E LA PERCEZIONE SUBLIMINALE il tema della percezione subliminale è strettamente legato al concetto di soglia percettiva. Per percezione subliminale si intende la possibilità di recepire informazioni attraverso stimoli sensoriali e risultano al di sotto della soglia percettiva cosciente (sublimen, dal latino, significa. Sotto soglia). Si tratta di piccole 18 immagini inserite all'interno di messaggi pubblicitari stampati, o di messaggi uditivi inserite in contesti musicali, o di messaggi assai prossimi alla soglia assoluta.Lo studio della percezione subliminale nasce verso la fine degli anni 50, in un momento storico in cui il tema della persuasione delle masse era molto sentito. Siamo ancora nel periodo di sviluppo dei Mass media ovvero nel periodo storico definito della modernità, in cui l'individuo veniva percepito e pensato come soggetto razionale, logico, coerente con se stesso e con i principi religiosi, politici e sociali. L'idea di influenzare l'individuo al di là della sua consapevolezza e del suo controllo era in contrasto con l'uomo, razionale, consapevole e coerente con se stesso. Otto Poetzel condusse l'esperimento in cui dopo aver sottoposto alcuni soggetti a proiezioni di immagini per brevissime frazioni di secondo chiedeva loro di disegnare ciò che avevano visto; il giorno successivo, esaminando i loro sogni rilevava la presenza di quegli elementi o particolari delle immagini proiettate che il soggetto non aveva percepito coscientemente il giorno prima e che non aveva riportato nei suoi vicini. Ma il maggior contributo sulla percezione subliminale arrivò quando l'attenzione al tema della persuasione e dei processi decisionali fu stimolata dalle ricerche dai sondaggi politici durante le campagne elettorali statunitensi. Un tema questo che si era sviluppato all'ombra del timore delle possibili influenze sulle opinioni degli elettori attraverso gli organi di stampa e di altri strumenti di comunicazione di massa, soprattutto se tali influenze potevano essere determinate da messaggi che andavano oltre la ragione e la consapevolezza dell'elettore. La possibilità di influenzare la decisione riguardante un particolare comportamento (di acquisto o di muto) era alla base delle preoccupazioni di quel periodo storico. Il momento cruciale di questa preoccupazione coincise con la pubblicazione del testo di Packard (1957) The hidden persuadersche fece da cassa di risonanza a una serie di dati di ricerca riguardanti la pubblicità subliminale in questo testo l'autore coniò l'espressione di successo persuasione occulta. Packard l'individuo nel pubblicitario l'agente principale dell'eversione sociale in atto, definendolo come il "persuasore occulto" che entra nell'inconscio del pubblico attraverso misteriose tecniche di psicologia applicata, come messaggi subliminali, per forgiarne le decisioni a suo piacimento. I toni della vicenda iniziarono ad alzarsi ulteriormente quando fu convocata una conferenza stampa il 12 settembre 1957 New York. Un ricercatore, di mercato James M. Vicary, portavoce di una sconosciuta azienda dal nome Subliminal Projection, presentò i risultati di un esperimento che avrebbe avuto luogo a Fort Lee, nel New Jersey: durante la proiezione di un film erano stati immessi fotogrammi non percepibili (della durata di 3 millisecondi, ogni cinque secondi) con comandi scritti che incitavano a mangiare poco e a bere Coca-Cola. Secondo Vicary i consumi di questi due articoli presso la popolazione esposta fotogrammi impercettibili sarebbero aumentati rispettivamente del 57,7% e del 18,1%. In realtà, i dati dei termini scientifici dell'esperimento non furono mai resi pubblici; in un'intervista del 1962 Vicary avrebbe inoltre confessato che l'esperimento non era altro che una montatura, nonostante ciò la portata della notizia ebbe una diffusione inaspettata. La conferenza stampa dell'oscura azienda americana assunse dunque tutti gli elementi per dare vita a una vera e propria leggenda metropolitana. Tuttavia l'interesse pubblico per la questione della persuasione occulta uscì dall'ambito puramente per entrare massicciamente in un campo più sociologico o filosofico. L'inserimento surrettizio negli annunci stampa di immagini attinenti alla sessualità è un capitolo molto florido della letteratura sul tema e sulle sue applicazioni attualmente le legislazioni nazionali e internazionali sulla comunicazione pubblicitaria o propagandistica dei Mass media si sono schierate per la proibizione delle tecniche subliminali riconoscendo de facto una qualche efficacia fenomeno. L'Ingegnere Hal Becker, nel 1966, brevettò la little black box, un dispositivo capace di leggere cassette audio e mescolare segnali da diverse fonti audio, rendendole infine percettibili solo in forma subliminale. Questo dispositivo fu acquistato da numerosi supermercati dove veniva utilizzato per inviare in forma subliminale, mixati alla regolare musica di sottofondo, messaggi del tipo "io sono onesto" oppure "io non rubo". In generale molti psicologi concordano sull'esistenza della percezione subliminale, ma non hanno lo stesso parere rispetto alla forza e all'ampiezza dei suoi effetti. Sintetizzando possiamo dire che gli aspetti che 19 rendono inefficace la pubblicità subliminale sono diversi: tra questi la diversità soggettiva e l'influenza di altri fattori sociali e contestuali sulla soglia assoluta, l'esigenza di un'elevata attenzione verso il canale comunicativo al fine di cogliere gli stimoli subliminali, la difficoltà a determinare uno specifico comportamento di acquisto (il rischio di generalizzazionedell'effetto è molto alto). LA SELEZIONE PERCETTIVA generalmente si pensa al processo percettivo come a una finestra sul mondo, ma la funzione primaria di questo sistema è quella di selezionare e di scegliere tra le tante stimolazioni quelle più interessanti. Un primo processo di selezione avviene attraverso il meccanismo preattentivo secondo il quale, in maniera inconsapevole, i consumatori riescono a filtrare le informazioni che sono più utili o che ritengono più accattivanti o emozionalmente più cariche di affetto. LA SELEZIONE I consumatori mettono in pratica una forma di "economia dica" (Solomon, 2004) selezionando scegliendo gli stimoli più interessanti, evitando di lasciarsi confondere dall'enormità delle informazioni disponibili. Si tratta di un processo naturale, diremmo quasi all'attivo, per contenere il disagio da sovrabbondanza di dati. Ma le persone come scelgono come selezionano le informazioni verso cui rivolgere l'attenzione? Vi sono alcuni fattori che permettono una selezione delle informazioni strettamente legate alle specificità individuali del consumatore ed altri aspetti più strettamente correlati alle specificità degli stimoli. Tre fattori personali un ruolo importante è giocato dalle emozioni, dagli interessi, dai disordini e soprattutto dai desideri del consumatore. Il desiderio di acquistare una nuova macchina spinge consumatore in genere a prestare attenzione a tutti i messaggi pubblicitari relativi alla vendita e alla promozione di automobili. C'è un consumatore ha sviluppato una preferenza di marca, allora tenderà a notare la pubblicità di quel prodotto, con il rischio di lasciarsi sfuggire di annunci pubblicitari di prodotti della concorrenza. Allo stesso modo alla pubblicità del ristorante può diventare oggetto di grande attenzione se siamo alla ricerca di un locale dove poter gustare una buona cena. Questo tipo di attenzione specifica è chiamata vigilanza percettiva. Sempre più spesso occorre trovare soluzioni creative per attivare la vigilanza percettiva dei consumatori: l'utilizzo di domande negli spot (soprattutto quelli radiofonici), così come la presentazione di una storia che prosegue nel tempo, o l'uso di messaggi nei cartelloni pubblicitari che rimandano a una possibile soluzione a una domanda o spiegazioni in futuro, sono tutte tecniche per cercare di mantenere vigile l'attenzione del consumatore verso quei messaggi. L'uso di filtri personali attivati da desideri, interessi, emozioni può dare vita non solo a una percezione selettiva, ma anche a una forma di percezione difensiva, intesa come la tendenza a non rilevare la presenza di stimoli ritenuti non graditi o minacciosi e spiacevoli. Ciò significa che le persone vedono e percepiscono ciò che intendono o preferiscono vedere al fine di ridurre al minimo la spiacevole situazione della dissonanza cognitiva (Festinger, 1957). La dissonanza, intesa come incoerenza da processi cognitivi, o come discordanza tra atteggiamento dichiarato e comportamento agito, provoca una condizione di disagio che spinge l'individuo ad adottare tutte le possibili soluzioni per recuperare uno stato di coerenza, di equilibrio e conseguentemente di "benessere". Così, se ci si trova ad agire alcuni comportamenti o dichiarare alcune opinioni contrarie ai propri atteggiamenti o credenze, e se tali comportamenti od opinioni sono stati dettati da libera scelta, la sensazione provata sarà di uno stato di tensione spiacevole dovuto alla dissonanza tra il proprio comportamento o l'opinione manifestata e il proprio atteggiamento. In questo caso si può comprendere perché un fumatore incallito potrebbe selezionare tutte quelle informazioni che sottolineano la non 20 pericolosità del fumo. Così come quando si acquista una nuova automobile si rischia di divenire particolarmente sensibili a tutte le notizie che confermano la correttezza della scelta fatta, divenendo meno predisposti a percepire e ricordare tutte le informazioni che discreditano l'auto acquistata. L'ATTENZIONE studiare l'attenzione e processi che la caratterizzano ci permette di rispondere ad alcune domande importanti e chi deve promuovere un nuovo prodotto tra tanti già in commercio. Sebbene sia impossibile in ogni istante fare attenzione a stimoli specifici, la nostra attenzione si sposta in continuazione. Una determinata attività può catturare tutta la nostra attenzione, mentre altri stimoli potranno di volta in volta attirarci in maniera quasi irresistibile. La percezione degli stimoli che bombardano costantemente i nostri organi di senso è perciò altamente selettiva. Si tratta di un processo assai naturale, se non indispensabile, per potere sopravvivere all'infinità di stimolazioni giornaliere che ci circonda. Se non avessimo questa capacità di selezionare le informazioni non riusciremmo a parlare con un amico in mezzo a una folla di persone, leggere il giornale o svolgere un compito in un luogo pubblico, trovare l'informazione utile in mezzo mondo di messaggi, di luci, di colori e di voci. Purtroppo, a causa della selezione attentiva, un consumatore potrebbe non prestare attenzione a un messaggio pubblicitario e ciò spiega come mai una buona parte del mailing commerciale che giunge nelle case dei consumatori venga gettata via senza nemmeno aprire la busta contenente una eventuale promozione. Hanno tutti gli stimoli in arrivo è dato spazio di accesso. La visione del cibo ha certamente un effetto diverso sulla nostra attenzione in funzione del nostro grado di sazietà. Bruner è partito dalla considerazione della percezione non è altro che un processo di categorizzazioni. Non più solo acquisizione di informazioni attraverso i nostri sensi, ma processo di rielaborazione delle informazioni sensoriali attraverso la guida dettata dai nostri desideri e dalle nostre emozioni. Per dimostrare questo assunto Bruner si è servito di uno dei più noti esperimenti di manuale di psicologia sociale riportano. All'esperimento, noto con il nome di Value and need as organizing factors in percepition, consisteva nel chiedere a un gruppo di ragazzi di 10 anni di età di giudicare la grandezza di alcune monete. Mac il gruppo campione di bambini proveniva da un'aria benestante di Boston, l'altra metà dai sobborghi e dalle zone più povere della città. I risultati mostrarono i bambini di questo secondo gruppo pendevano a sovrastimare la grandezza delle monete rispetto al primo gruppo soprattutto per le monete di maggior valore, e ad accentuare le differenze tra le diverse monete, soprattutto quelle che avevano i valori più estremi, contrastando il principio della tendenza centrale secondo cui un gruppo di valutatori tende naturalmente a confluire verso un giudizio di valore medio indipendentemente dall'oggetto da valutare. L'appartenenza a un contesto sociale, di sogni e desideri hanno influenzato la percezione della grandezza delle monete indicando chiaramente l'influenza di processi "caldi" affettivi e cognitivi nell'elaborare le informazioni. Lo stesso principio pare che valga per il consumatore che presta una maggiore attenzione a una marca o un prodotto in funzione dei propri interessi. In questo caso si parla di attenzione selettiva. Secondo alcuni autori questa selezione delle informazioni può avvenire in maniera precoce o tardiva. Secondo l'ipotesi ricuce, l'attenzione agisce come filtro periferico che esclude dall'elaborazione gran parte delle informazioni provenienti dal mondo esterno. Diversamente, i sostenitori dell'ipotesi della selezione tardiva ritengono che il filtro apprensivo intervenga più tardi, al momento della selezione della risposta. Quindi secondo l'ipotesi precoce l'attenzione è in grado di influenzare processi sensoriali e percettivi, mentre l'ipotesi tardiva sostiene che l'attenzione agisce a livello post percettivo. Hillyard et al. (1973) hanno dimostrato tale ipotesi attraverso l'analisi psicofisiologica del sistema auditivo nella famosa condizione definita "cocktail party" in cui un ascoltatore focalizza la sua attenzione su una conversazione inibendo alla ricezione di altre conversazioni. Anche se siamo al centro di una festa con tante persone e con 21 un'assordante musica di sottofondo, riusciamo a concentrarci e a selezionare le parole della persona con cui stiamo parlando. BOX-ATTENZIONE , STILE COGNITIVO E PSICOLOGIA DEL CONSUMATORE PAGINA 69 il processo del "prestare attenzione" è molto complesso e implica diverse dimensioni. La selettività è l'attività consistente nel focalizzare, fra i molteplici stimoli disponibili, quelli di volta in volta pertinenti al compito o alla situazione, mentre gli altri sono lasciati sullo sfondo. Esistono dei limiti nella quantità di stimoli a cui il soggetto è capace di prestare attenzione in un dato momento; interferenze interne all'organismo (calo di motivazione, stati emotivi subentrati) oppure esterne (entrata in campo di altri stimoli rilevanti) producono il cambiamento involontario in un focus attentivo precedentemente stabilito, comunemente definito "distrazione". La capacità di resistere agli elementi distrattori e a mantenere la concentrazione per tutto il tempo necessario definisce l'attenzione di mantenimento. Essa implica uno "sforzo" mentale che può essere misurato in termini quantitativi. Un diverso tipo di attenzione e l'attenzione divisa o multi-canalizzata, in cui occorre badare al tempo stesso da due categorie di stimoli, senza che una di esse si è tenuta sullo sfondo o seguire contemporaneamente due compiti. Esempio di questa capacità attentiva è guardare la televisione mentre si mangia o leggere un cartellone pubblicitario mentre si guida. Lo shifting o switching comporta invece l'alternanza tra due focus attentivi, essi non devono essere "attenzionati" contemporaneamente (come nel attenzione divisa), ma occorre passare dall'uno al altro quando il compito lo richiede. L'attenzione del consumatore verso il prodotto specifico può essere "distratta" da condizioni del contesto o della propria emotività, su essa possono interferire stimoli che attraggono l'attenzione "divisa". Anche una incapacità di spostamento e alternanza dell'attenzione pur interferire con la corretta percezione di tanti oggetti di consumo presentati in concorrenza tra loro, per esempio nella vetrina di un negozio o nello scaffale di un supermercato. Dato che l'elaboratore (o "esecutivo") centrale cui è deputato il controllo del flusso di informazioni a una capacità limitata, molte operazioni routinarie devono essere delegate a meccanismi che funzionano in modo automatico, prescindendo dall'attenzione volontaria costosa in termini di "sforzo". Un processo automatico consiste nell'attivazione, sulla base di stimoli appropriati, di una sequenza presa di elementi, che procede senza bisogno di attenzione intenzionale, cioè senza la necessità di controllo attivo da parte del soggetto. Un processo controllato e invece a capacità limitata, richiede continuo sforzo di monitoraggio da parte del soggetto, funziona in modo seriale attingendo al magazzino di memoria a breve termine. Tra gli scopi del messaggio pubblicitario è preminente quello di indurre processi automatici di acquisto e di consumo, a prescindere dall'attenzione controllata sul prodotto da scegliere e da consumare. Un concetto connesso a quelli precedentemente esposti, è importante per la psicologia dei consumi, è quello di set: l'insieme di aspettative e le disposizioni mentali che guida orienta l'attenzione e la percezione verso una certa categoria di stimoli, o verso un'attività in grado di procurare l'appagamento di un bisogno. Questo stato può essere del tutto automatico è passivo, oppure essere orientato attivamente dallo stesso soggetto. I fattori contestuali agiscono nell'attenzione e nella percezione, contribuendo a determinare quali stimoli verranno più facilmente attenzionati e percepiti, e quale sia l'interpretazione da dare a essi. Queste informazioni aggiuntive provengono da tutto l'ambiente in cui è immerso ciò che sperimentiamo, cioè da quello che chiamiamo contesto. È il contesto che indirizza l'aspetto selettivo dell'attenzione, e che sorregge la capacità di mantenerla concentrata. Non solo la ricezione, ma anche l'interpretazione degli stimoli percepiti è guidata dal contesto. Questo tipo di elaborazione "contestuale" è definita top-Down; perché sono le conoscenze generali, di livello superiore, a determinare il riconoscimento delle unità percettive e di livello più semplice. L'ASSUEFAZIONE 22 l'assuefazione e quella situazione in cui, dopo un periodo di esposizione prolungata, uno stimolo costante perde la sua capacità attrattiva. Diventiamo assuefatti agli oggetti quotidiani, nei messaggi abituali, ai rumori costanti mettendo di percepirli, agli enormi cartelloni pubblicitari che investono vostri monumenti in restauro. Se, tuttavia, vi è un mutamento nello stimolo cui siamo assuefatti, immediatamente questo verrà notato nella nostra attenzione sarà di nuovo vigile. Come indicato da Williams (1988), per certi versi percepiamo per differenziazione; il che significa che la nostra attenzione è attirata da oggetti e situazioni che in qualche modo differiscono dal nostro livello precedente di adattamento e di assuefazione. Oltre all'esigenza del controllo, si riconosce all'uomo una caratteristica particolare, che consiste nella voglia di esplorare, di giocare e di incuriosirsi. L'eccitamento, l'emozione del rischio e la novità nascono dall'esigenza di modificare propri schemi attraverso nuovi stimoli. È dimostrata inoltre l'esistenza di una particolare caratteristica di personalità che distingue i cosiddetti sensation seekers (cercatori di emozioni) ovvero quei soggetti con una "soglia di annoiabilità" molto più bassa degli altri. Questi soggetti sono alla continua ricerca di stimolazioni sensoriali nuove, diverse, forti. Tra le varie spiegazioni di questo fenomeno vi è quella che riconduce tutto a una società in cui viviamo ormai spinta verso gli eccessi e la disinibizione, una società del no-limits: ciò provoca un continuo bisogno di emozioni intense. Spesso infatti negli spot pubblicitari nei programmi televisivi assistiamo ad azioni esagerate o messaggi che incitano alla ricerca di emozioni forti. La regolarità in un mondo complesso e l'innovazione esperienziale non si escludono a vicenda, ma si devono intendere come estremamente complementari e interagenti. La novità è colta solo sulla base di uno schema di riferimento solo in queste condizioni produce curiosità, esplorazione, eccitazione ludica. Infatti, uno stimolo che riproduce perfettamente uno schema già noto determina abitudine, noia e disattenzione, mentre uno stimolo che non coincide per nulla con gli schemi disponibili rischia di non essere percepito per nulla. Questa è una delle ragioni per cui gli spot che richiamano schemi noti, evocando personaggio situazioni ben conosciuti, sono quelli più apprezzati e di maggior successo. Oltre alle caratteristiche individuali, le proprietà fisiche dello stimolo giocano un ruolo importante per attrarre l'attenzione del consumatore. Tra queste vi sono l'intensità, la dimensione, la posizione, il contrasto, la novità, la ripetizione e il movimento. Vediamo alcuni di questi aspetti più in dettaglio: intensità: uno stimolo meno intenso tende a produrre maggiori assuefazione, anche se raddoppiare il valore di uno stimolo non significa far accrescere proporzionalmente l'attenzione del consumatore. durata: gli stimoli che richiedono una maggiore esposizione per essere percepiti ed elaborati tendono a produrre una più rapida assuefazione. posizione: fa riferimento non solo al luogo dove lo stimolo viene collocato, ma anche alla sua dimensione e alle caratteristiche che lo distinguono da stimoli simili. Per esempio a causa della nostra abitudine a leggere da sinistra a destra è evidente che gli stimoli posizionati a sinistra del nostro spazio visivo sono più facilmente percepiti discriminazione: stimoli “semplici” tendono a stancare poiché non richiedono un'elevata tensione contrasto: quanto più ampio è il livello di distinzione di uno stimolo rispetto a quelli tra i quali si trova, tanto maggiore è la possibilità di attirare e mantenere attiva l'attenzione rilevanza: stimoli che sono ritenuti meno rilevanti o poco importanti tendono a produrre più velocemente assuefazione. Ecco perché le aziende investono tempo e denaro per cercare di realizzare spot attraenti stimolanti tali da invogliare lo spettatore a seguirli con attenzione e interesse. BOX CULTURA DEL NO LIMITS E COMUNICAZIONE PAGINA 73 23 (dal mio libro si legge malissimo) L 'ORGANIZZAZIONE DEL PROCESSO PERCETTIVO Un aspetto importante del processo percettivo e quello che permette l'organizzazione delle informazioni. I consumatori classificano ciò che hanno percepito in categorie e per fare questo lavoro si servono delle categorie, che hanno già preso di ritenuto in memoria. Il processo di categorizzazione si verifica in maniera rapida e inconsapevole ed è estremamente utile per poter far fronte alla complessità del mondo esterno. È importante per ciascuno di noi riuscire a identificare gli oggetti e le persone utilizzando le informazioni già immagazzinate in categorie. Ogni categoria non è altro che un insieme di oggetti che hanno in comune una o più caratteristiche perfettamente rappresentate dall'oggetto o dalla persona che rappresenta il prototipo della categoria. I film, le favole dei bambini in messaggi pubblicitari sono colmi di rappresentazioni prototipiche, ovvero oggetti o persone che rispecchiano perfettamente il prototipo di una specifica categoria: un personaggio "cattivo" verrà pertanto presentato con le labbra piccole, gli occhi stretti, un viso spigoloso, inserito all'interno di un contesto freddo con colori scuri, ambienti squallidi ecc., Mentre il buono avrà grandi labbra di colore rosso, la pelle chiara, un viso tondeggiante, con due grandi occhi blu. Questa stessa immagine la ritroviamo in tanti messaggi pubblicitari in cui un bambino con queste caratteristiche ci convince della bontà del prodotto condividere la stessa cultura, lo stesso linguaggio, gli stessi miti e leggende permette di condividere anche la stessa modalità di attribuzione dei significati, un medesimo universo simbolico capace di dare un senso comune e condiviso alle medesime cose. Per noi italiani la categoria "neve" richiama un unico significato, queste molto diverso da quello degli eschimesi che distinguono 21 tipologie di neve. Queste considerazioni non valgono solo per gli oggetti, ma anche nel caso dell'impressione che ci facciamo degli altri, a volte per giudicare un estraneo ci serviamo di poche informazioni, pochi elementi bastano per costruire l'impressione di una persona. Uno dei più noti esperimenti in merito a questo processo di categorizzazione sociale è stato realizzato da Asch (1946), il quale ha dimostrato come da una lista di aggettivi e di elementi che descrivono una persona è possibile avere un'idea comune condivisa degli caratteristiche di personalità della persona stessa (modello configurazionale).Asch al somministrato un gruppo di persone una lista di aggettivi (intelligente, competente, industrioso, caldo, determinato, pratico, prudente) per avere una descrizione pressoché condivisa da tutti di una persona generosa, sincera, che vuole che gli altri capiscano il suo punto di vista. Oltre a questa immagine condivisa dalle persone che avevano letto la lista di aggettivi,Asch ha dimostrato l'esistenza di alcuni elementi centrali capaci di modificare radicalmente l'immagine della persona. Bastava sostituire l'aggettivo caldo con freddo per avere un'impressione profondamente diversa.Asch ha contribuito significativamente all'applicazione delle teorie gestaltiche in campo sociale e ha voluto dimostrare che l'impressione che ci facciamo degli altri è sempre più della semplice sommatoria delle parti. Secondo i principi della Gestalt, le persone non percepiscono gli stimoli in maniera isolata. Il nostro cervello tende a elaborare in maniera automatica le informazioni, servendosi anche degli schemi già immagazzinati per dare senza significato a quanto viene percepito. In questo processo intervengono alcuni principi organizzatori: questi sono la vicinanza, la somiglianza, la chiusura, la continuità di direzione, la buona forma e l'esperienza passata. 24 Il triangolo di Kanizsa è una delle illusioni più famose della psicologia della Gestalt. Secondo il principio della vicinanza a parità di condizioni le parti vicine di un insieme percettivo si organizzano nella formazione di un margine dando luogo a un'unità figurale. Così all'interno di una stessa "scena", gli elementi tra loro vicini vengono percepiti come un tutt'uno. La vicinanza di prodotti e servizi può creare un tutt'uno. Ralph lauren è riuscito a legare diversi stimoli proponendo immagini sempre accostate fino a giungere alla percezione di un insieme: la linea Polo, le immagini dei country-club, il piacere del classico Principio della vicinanza: percepiamo prima di tutto tre colonne verticali sottili, e non due colonne larghe o semplicemente sei linee verticali. . Secondo il principio di similitudine all'interno di una stessa "scena" di elementi tra loro simili per forma, colore e dimensione, vengono percepiti come collegati Principio di similitudine: percepiamo righe di pallini pieni, alternate a righe di pallini vuoti, benché lo spazio fra palline pallino sia lo stesso, sia in orizzontale che in verticale. secondo il principio della chiusura le linee e le forme familiari vengono percepite come chiuse complete, anche se graficamente non lo sono. 25 Principio della chiusura: in questa figura diremmo che vi sono rappresentati in cerchio e un quadrato con tratto non continuo, ma la forma percepita e riconosciuta e quella della figura completa Secondo il principio della figura sfondo le persone vengono percepite prima di tutto va proprio contorno, mentre il resto viene inteso come sfondo. Principio della figura sfondo: Nel logo Rai possiamo vedere in blu due visi, uno di fronte all'altro, su sfondo bianco o anche una farfalla blu su sfondo bianco. A seconda di cosa percepiamo come "figura" classificheremo gli elementi restanti come "sfondo". A parità di altre condizioni, secondo il principio della continuità di direzione, si impone quella unità percettiva cui margine offre il minor numero di cambiamenti o interruzioni. La buona forma è quel principio secondo il quale il campo percettivo si fermenta in modo che ne risultino unità e oggetti percettivi per quanto possibile equilibrati, armonici appunto di buona forma. Infine, il principio dell'esperienza passata incide sulla percezione degli stimoli in modo tale da favorire la costituzione di oggetti con i quali abbiamo familiarità, che abbiamo già visto, piuttosto che forme sconosciute o poco familiari. Secondo la Gestalt la percezione visiva dipende dall'organizzazione delle percezioni e non funziona atomisticamente, ma nella totalità (la mente completa parti coperte di figure, interpreta come righe seguenti punti eccetera). LA PERCEZIONE DEI RISCHI in un contesto sociale complesso e in continuo cambiamento si manifesta quello che Siri (2001) indica come uno dei "difetti" maggiori del sistema dell'Io: esso, quanto più lavora sotto stress tanto più tende a irrigidire gli schemi e i pregiudizi che governano il suo operare, nel tentativo di garantirsi una rappresentazione rassicurante di sé e delle cose. Questa ricerca di coerenza e di stabilità la ritroviamo in diversi contesti e dinamiche, anche nelle dinamiche percettive dei messaggi e delle comunicazioni, come per esempio quelli fondati sulla paura e la loro efficacia, i fear arousing appeals. Si tratta di quei messaggi che inducono a confrontarsi con la paura, l'angoscia e il senso di impotenza che derivano dalla rappresentazione di situazioni a rischio, cioè situazioni in cui l'individuo viene a trovarsi per aver adottato comportamenti irresponsabili, in primis verso se stesso, e spesso anche nei confronti dei propri simili. Anche questi messaggi devono fare i conti con le difese percettive. Il fearing arousing appeal ha sempre avuto un ruolo importante all'interno della pubblicità sociale. La pubblicità sociale ha infatti una funzione didattico\pedagogica. La sua finalità è quella di indicare soluzioni di utilità collettiva, e pertanto risulta talvolta istintivo ritenere che lo strumento della paura debba essere un utile strumento per la progettazione del contenuto dei messaggi. Esiste tuttavia il pericolo che messaggi con un impatto troppo 26 forte attivino nell'individuo una sorta di meccanismo di difesa che lo porta rimuovere un'esperienza traumatizzante. È stato riscontrato che l'uso della paura ha un risultato efficace solo in particolari condizioni. Tra queste vi è la necessità di offrire una soluzione che sia percepita realmente e facilmente applicabile per scongiurare gli effetti spiacevoli. Quando la paura è elevata da persone possono respingere le informazioni e non dargli conto. Anche contesti sociali culturali incidono sulla capacità delle persone di poter recepire i messaggi persuasivi caratterizzati dalla paura. In un contesto come quello anglosassone è possibile assistere a messaggi pubblicitari che fanno uso di scene particolarmente cruente paurose, in Italia ciò non è possibile. Affinché un appello possa essere percepito e non vengano attivati filtri percettivi occorre che sia costruito in modo sufficientemente realistico, senza quell'eccesso di orrore che provoca il rifiuto del destinatario e soprattutto che sia costruito nel rispetto delle differenziazioni culturali che possono contribuire a dare senza significato all'immagine. In particolare, la pubblicità sociale, come anche quella commerciale, vive di un continuo interscambio tra ragione ed emozione, poiché è proprio grazie a questa combinazione che messaggi acquistano efficacia. BOX L'EFFICACIA DEI FEAR AROUSING APPEALS IN RUOLO DELLE ISTRUZIONI DI COPING (SECONDO ME NON SERVE A NIENTE COMUNQUE È A PAGINA 79) LA PERCEZIONE DELLA QUALITÀ DEI PRODOTTI E IL PAESE DI ORIGINE il termine qualità è sempre più utilizzato per descrivere il valore che ci aspettiamo da un prodotto o da un servizio. La qualità di un prodotto deve però fare i conti con la soggettività di chi vanta piccola percezione che ha dei suoi attributi. È realmente difficile comprendere il significato profondo del termine qualità, uno dei rischi maggiori e quello di confondere la qualità del prodotto con i riferimenti puramente tecnici e aspetti esclusivamente superficiali. Per molte imprese qualità è una norma scritta, la famosa normativa ISO 9000. Si tratta di un insieme di normative internazionali sulla base delle quali tutti processi aziendale sono stati ridisegnati secondo un modello razionalistico. La qualità a cui fa riferimento il consumatore è un importante insieme di elementi di un prodotto o di una marca per fronteggiare con successo una competitività crescente. In questo caso una prima definizione di qualità è relativa alla capacità naturale fare nella maniera più compiuta le istanze di base del consumatore, ovvero la capacità fornire come minimo ciò che il consumatore si aspetta. Ma non basta. Oltre a ciò che il prodotto deve offrire vi sono alcuni attributi che rispondono alle aspettative del consumatore e altri attributi che contribuiscono alla valutazione soggettiva di "qualità". A volte gli elementi che contribuiscono alla qualità di un prodotto rischiano di essere in contrasto tra di loro. Per esempio, la qualità soggettiva percepita dai consumatori relativamente a un'auto può essere garantita per alcuni dal comfort, per altri dalla sportività, per altri ancora dalla sicurezza o dall'innovazione tecnologica. Come dice Fabris (2003), la qualità deve essere sempre più considerata e studiata come elemento complesso e multidimensionale di un prodotto o servizio, capace di garantire un certo polisensualissimo, di determinare forti emozioni e di stimolare la sensazione che il prodotto sia ricco e significativo, capace di essere attuale culturalmente, di generare esperienze nella sua globalità senza ridursi a un suo aspetto o a un suo attributo, capace di rapportarsi con la dimensione economica e di garantire originalità e distintività rispetta ciò che offre il mercato. La percezione della qualità di alcuni prodotti deve fare i conti con alcune convinzioni e credenze difficili da modificare. I prodotti realizzati nel proprio paese in genere sono percepiti di migliore qualità rispetto a come questi stessi prodotti vengono percepiti dai consumatori di altri paesi così come prodotti provenienti da paesi industrializzati sono percepiti di migliore qualità rispetto a quelli provenienti da paesi in via di sviluppo. I prodotti vengono dunque percepiti in funzione della loro origine il legame, a volte 27 assolutamente irrazionale e ingiustificato, tra prodotto il paese di origine ma a volte effetti positivi e altre volte effetti molto negativi, poiché per un processo di generalizzazione (effetto "alone") gli aspetti negativi di un paese possono essere generalizzati a tutti prodotti di quel paese. Questi stereotipi rischiano di stimolare valutazioni superficiali e ingiustificate. Capitolo 3 Iprocessi di apprendimento e i comportamenti di consumo. Introduzione Fin dalla nascita noi apprendiamo. Apprendere significa riconoscere, associare e ricordare. Attraverso l’associazione di un prodotto a un ricordo si crea la possibilità di un legame che si chiama fedeltà alla marca o semplicemente riconoscimento della marca di un prodotto. L’apprendimento non si può osservare direttamente. Possiamo infatti solo osservare il risultato di un processo che prevede degli input e un comportamento finale. Secondo Hilgard e Bower(1975) il concetto di apprendimento si riferisce al cambiamento del comportamento di un sogg di fronte ad una data situazione per il fatto che quella situazione sia stata sperimentata ripetutamente. Affermare che il comportamento del consumatore è in continuo cambiamento, significa riconoscere che il consumatore evolve continuamente in base alla sua storia personale, l’influenza del gruppo di appartenenza, influenza culturale etc. questo significa che lo studio di questi fenomeni difficilmente produce soluzioni valide nel tempo e nello spazio perciò i dati sui consumi devono essere circoscritti ad un determinato prodotto o servizio, ad un particolare gruppo di consumatori, così come ad uno specifico contesto spazio temporale. L’apprendimento implica cambiamento: per apprendimento si intende qualsiasi cambiamento relativamente stabile che si verifica in conseguenza di un’esperienza o di un’abitudine. È un processo che implica un esperienza diretta o indiretta con un oggetto, prodotto, situazione o persona. I consumatori apprendono preferenze o predisposizioni a comprare certe marche, a preferire certi luoghi d’acquisto e di conseguenza cambiano i loro comportamenti. Il cambiamento può essere innescato da nuovi stimoli che possono far cambiare i comportamenti. Affinché il cambiamento sia duraturo è necessario che l’ esperienza del prodotto sia soddisfacente e coerente con le aspettative create dal messaggio pubblicitario. Altro aspetto importante e che i cambiamenti comportamentali che costituiscono l’apprendimento hanno un valore adattivo. Il valore adattivo è stato studiato da Darwin(definito primo teorico moderno dell’apprendimento). Nella sua teoria l’apprendimento rappresenta uno dei 2 meccanismi principali che assicurano la sopravvivenza di un organismo che si adatta in maniera rapida alle molteplici richieste di cambiamento provenienti dall’ambiente. Il meccanismo è costituito dalla selezione delle caratteristiche che permettono alla specie di adattarsi alle variazioni macroscopiche dell’ambiente. La selezione naturale agisce innanzitutto sul comportamento e solo in un secondo momento sulla struttura biologica; gli organismi che si comportano in modo adattivo sono favoriti nella competizione per la sopravvivenza e ancora di più lo sono quelli che sono in grado di apprendere comportamenti adattivi. Nell’apprendimento, tra tutte le interazioni che un organismo instaura casualmente con l’ambiente, verranno selezionate quelle che sono seguite da conseguenze positive(cioè adattive) per l’organismo. Queste acquisizioni trasmesse alle generazioni successive, danno luogo all’evoluzione culturale della specie. L’apprendimento è quindi il meccanismo individuale attraverso il quale si realizza l’evoluzione culturale. Nella ricerca sui consumi, il valore adattivo dell’apprendimento consente ad un organismo di interagire nel modo migliore con l’ambiente. 28 Attraverso la ripetizione le persone apprendono un’innumerevole quantità di cose anche accidentalmente. Nell’apprendimento accidentale infatti non vi è volontà di apprendere nuovi comportamenti anche se ciò avviene in maniera inconsapevole. A volte ha una valenza molto più forte di altre forme di apprendimento. Brehm parla di teoria della reattanza secondo la quale quando le persone percepiscono di essere state private della loro libertà, esercitano una resistenza(reattanza) e cercano di riaffermare la loro libertà e la loro capacità di controllo. L’apprendimento incidentale si differenzia da quello basato sulla descrizione che prevede un processo di acquisizione di informazioni anche attraverso esperienze vicarie. L’apprendimento può avvenire in maniera diretta o indiretta. Alla base del processo di apprendimento vicario(indiretto)vi è l’abilità umana di riconoscere le emozioni senza la mediazione della razionalità. Con questo infatti non solo riusciamo a capire razionalmente quali sono i comportamenti da avere per ottenere un premio o evitare una punizione ma riusciamo a vivere la medesima esperienza emotiva come se agissimo in prima persona. Nell’apprendimento vicario il consumatore tende ad associare il brand o il prodotto con l’emozione generata e rappresentata dal modello testimone, vedendo in quel brand lo strumento sociale che permette di ottenere premi e punizioni. Si può così apprendere osservando il comportamento di un attore. In generale le persone imitano comportamenti di altri se questi sono seguiti da effetti positivi, mentre li evitano se seguiti da conseguenze negative. L’altra forma di apprendimento deriva dall’esperienza diretta. L’apprendimento diretto prevede l’esperienza in prima persona da parte del consumatore. Naturalmente il processo non è così lineare ma l’elaborazione della propria esperienza è sempre soggetta a possibili bias o errori di interpretazione. Le teorie dell’apprendimento. Nessuna teoria riesce a piegare in maniera esaustiva il complesso processo di apprendimento. Il comportamentismo fin dagli esordi si è occupato di apprendimento, focalizzandosi soprattutto sul tema dell’associazione. Le teorie associazioniste si fondano sul lavoro di Pavlov e Thornidike, i quali dicevano che per il processo di apprendimento potesse essere spiegato soffermandosi sull’associazione tra stimolo e risposta. Le teorie comportamentali infatti nascono dalla considerazione che l’apprendimento è il risultato di risposte ad eventi prevalentemente esterni. La forma più semplice di apprendimento è l’associazione cioè la connessione di due oggetti o eventi in un determinato tempo e luogo. Queste associazioni si sviluppano frequentemente grazie al ripetersi delle connessioni tra 2 variabili come ad esempio l’associazione di una melodia ad un prodotto, o un prodotto ad un jingle. L’associazione è alla base dei tentativi di marketing di associare i valori di una marca ad un prodotto. La pubblicità mira a sviluppare questo tipo di associazioni. Il rinforzo (le conseguenze di un comportamento d’acquisto) sono un fattore fondamentale nella costruzione dell’associazione. Infatti se si ottengono conseguenze positive dal fare una particolare azione, come acquistare e consumare un tipo di prodotto, la soddisfazione che ne viene fuori aumenta la probabilità che tale azione o comportamento venga ripetuto in futuro. In questo processo determinante è la forza della ricompensa, come lo è anche la motivazione poiché se non si è motivati non si è in grado di apprendere associazioni. 29 Il condizionamento classico Il condizionamento classico descritto da Pavlov nell’esperimento della salivazione, si verifica quando ad uno stimolo neutro si associa uno stimolo in grado di esercitare(stimolo incondizionato come il cibo) una risposta incondizionata(come la saliva). Dopo diverse associazioni, lo stimolo neutro si trasforma in stimolo condizionato, ovvero capace di produrre la stessa risposta che solo lo stimolo incondizionato era in grado di attivare prima del processo di associazione. Mentre Pavlov studiava l’attività digestiva dei cani si rese conto che introducendo nella bocca di un cane della polvere di carne o soluzione acida, questo produceva una risposta involontaria e automatica, ovvero salivazione. Tale riflesso venne chiamato risposta incondizionale o incondizionata. Nel corso dei suoi esperimenti notò che l’animale iniziava a salivare prima che il cibo avesse raggiunto la bocca e che quindi la salivazione era prodotta dalla vista del cibo o addirittura dal riconoscimento dell’uomo che generalmente gli portava il cibo. Tale reazione non era sicuramente innata e naturale, evidentemente uno stimolo insignificante aveva assunto per il cane un nuovo significato ovvero un segnale anticipatorio della comparsa del cibo. Pavlov cosi durante l’esperimento presentò più volte al cane il cibo in grado di produrre la salivazione associandolo al suono di un campanello. Il cane dopo un cero numero di associazioni tra stimolo neutro e stimolo incondizionato apprese che il campanello era premonitore dell’arrivo del cibo. In questo caso accoppiando i due stimoli, lo stimolo condizionato (precedentemente neutro )provocava una risposta di salivazione del cane. Si era quindi verificato il condizionamento; un processo di sostituzione dello stimolo in base al quale uno stimolo precedentemente neutro acquista la capacità di produrre la risposta che originariamente veniva prodotta da un altro stimolo. In pubblicità, molte promozioni e mes pubblicitari si ispirano al condizionamento classico, attraverso l’associazioni di immagini positive capaci di produrre una risposta immediata e automatica con un prodotto che in origine è neutro. L’associazione dell’immagine piacevole di un testimone con un prodotto neutro è un esempio di condizionamento classico al mondo dei consumi. L’immagine del testimone agisce anche nei processi di identificazione con i valori, i modi, gli stili di vita del testimone con cui si entra in contatto tramite la pubblicità determinando una reazione pacevole alla vista del prodotto come a quella stimolta dal testimone. Il condizionamento classico permette di associare ad alcuni prodotti degli stimoli capaci di generare emozioni forti con l’obbiettivo di generalizzare tale emozione anche in relazione al prodotto. Ad esempio alcuni spot televisivi e radiofonici utilizzano la voce di famosi cronisti sportivi per evocare l’emozione che l’ascoltatore ha provato durante eventi sportivi del passato. Nel condizionamento classico bisogna tenere in considerazione quattro variabili: Stimolo incondizionale (SI): è sempre in grado di provocare una risposta specifica da parte dell’organismo. Incondizionata indica che è innata e naturale. Stimolo condizionale(SC): in partenza stimolo neutro (SN) : se viene associato a quello incondizionale dopo un certo numero di presentazioni riesce a svolgere la stessa funzione producendone la risposta specifica. Risposta incondizionale (RI): risposta specifica prodotta da uno stimolo incondizionale (la saliva prodotta dalla polvere di carne) 30 Risposta condizionale (RC): risposta allo stimolo condizionale. Le applicazioni del condizionamento classico al mondo dei consumi. Tutto il processo non si esaurisce nell’associazione di uno stimolo con un altro, infatti grazie al processo di generalizzazione dello stimolo, l’effetto dello stimolo condizionato può generalizzarsi a tutti gli stimolo simili. Secondo questo processo gli organismi possiedono la capacità di reagire a situazioni di stimolo simili in modo simile. Questa infatti è una caratteristica intrinseca dell’apprendimento: solo grazie alla possibilità di categorizzare la novità e di generalizzare su tale categorizzazione è possibile apprendere. Il processo di generalizzazione degli stimoli serve a dare stabilità e coerenza al comportamento degli individui in un ambiente altamente variabile. Nella promozione di un prodotto la generalizzazione è importante poiché un associazione positiva che si è creata con la pubblicità di una marca può ampliarsi e generalizzarsi a tutti i prodotti simili o appartenenti a quella stessa marca. Esempio i prodotti kraft “cose buone dal mondo” sono tutti buoni o li percepiamo così perché generalizziamo il grado di bontà a tutti i prodotti che fanno parte della famigli kraft. La marca in questo caso diventa garante di valori, di benefici e caratteristiche specifiche dei prodotti che distribuisce. Barilla ricopre una serie di prodotti che vanno da quelli categorizzabili come paste, ai prodotti di panetteria fino ad avere line extension con sughi pronti. Secondo questa tecnica si associa un brand che ha acquisito una certa notorietà a una nuova linea di prodotti, permettendo quindi di generalizzare i valori e i significati acquisiti e attribuiti al brand di un nuovo prodotto. Un’ altra tecnica è quella che sfrutta la similarità dei marchi(lookalikepackaging) che stimola una generalizzazione del valore del marchio originale a quello simile. Il trasferimento del significato da uno stimolo incondizionato a uno condizionato(il nostro prodotto o marca) spiega perché nomi come malboro, coca cola o rana hanno una valenza e un potere evocativo molto forte nei confronti dei consumatori. Giovanni rana nel 1990 diventa testimone delle campagne pubblicitarie della sua azienda per garantire in prima persona la qualità e la bontà dei suoi prodotti. Ha avuto il coraggio di esporre la mettere la propria faccia a garanzia del prodotto. Oggi il brand rana è strettamante associato all’immagine del suo produttore e tale associazione è immediata per tutti i consumatori, anzi sembrerebbe che tale ass. rischi di coprire il prodotto stesso. Infatti negli ultimi spot appare per pochi attimi. Queste associazioni condizionate mirano soprattutto a creare una positiva brand equity e quindi associazioni forti, favorevoli e uniche. Tale associazioni sono molto importanti perché attraverso queste i consumatori deducono la capacità della marca di soddisfare i propri bisogni. Nel processo di condizionamento grande importanza ha la ripetizione e la frequenza dell’associazione. Krugman ha indicato che nella pubblicità è importante che ci siano almeno tre forti esposizioni per iniziare ad avere un associazione efficace. 1) La prima che crei la consapevolezza dell’esistenza del prodotto 2) La seconda che contribuisce a sottolineare la rilevanza 3) La terza che ha funzione di richiamo alla memoria dei consumatori. L’effetto del condizionamento si basa sul fatto che lo stimolo incondizionato viene presentato un numero significativo di volte insieme allo stimolo condizionato. La ripetizione aumenta la forza 31 dell’associazione stimolo risposta e ne favorisce la memorizzazione. Molte campagne pubblicitarie classiche si basano sulla produzione di uno slogan che se ripetuto un numero elevato di volte non può che rimanere nella mente del consumatore. Allo stesso modo se viene meno il feedback e se lo stimolo condizionato viene presentato senza lo stimolo incondizionato, si ha una notevole riduzione del comportamento appreso. Questo processo di chiama estinzione intesa come diminuzione della forza della risposta. Come alcune conseguenze rinforzano i comportamenti, la mancanza di queste li indebolisce progressivamente. Oltre alla generalizzazione, il processo inverso si chiama discriminazione dello stimolo ed è il grado con cui un organismo è capace di reagire in modo differenziato e specifico agli eventi stimolo presenti nell’ambiente: quando un org apprende a rispondere ad uno stimolo e non a un altro si è verificato un processo di discriminazione. Il condizionamento operante Se otteniamo soddisfazione e piacere la probabilità di ripetere il comportamento che ci ha provocato tale sensazione sarà sicuramente molto alta. Questo processo è il risultato di un condizionamento definito operante. Mentre il condizionamento classico è caratterizzato dal processo di associazione tra 2 stimoli, il condizionamento operante secondo Skinner 1938 si basa sul ruolo delle conseguenze di un comportamento. Le conseguenze infatti possono modificare la probabilità che il comportamento che le aveva prodotte si verifichi ancora. Prende questo nome dal fatto che il ruolo dell’individuo è maggiormente attivo: l’individuo agisce e continuerà ad agire in funzione del tipo di conseguenza che riceve. Il metodo proposto da Skinner è lo Skinner box una gabbia a prova di luce e suono nella quale un operandum(una leva che veniva premuta da un ratto o un disco di luminoso beccato da un piccione) era collegato ad un meccanismo di erogazione programmata di conseguenze( un dispensatore di cibo o acqua e una sorgente di stimolazione negativa) e a un registratore di risposte. La procedura prevedeva un periodo di deprivazione di cibo al ratto che esplorava la gabbia ,ed entro 10-15 minuti premeva casualmente la leva. La pressione esercitata sulla leva dal ratto portava all’erogazione del cibo all’interno di una vaschetta. Fu osservato che il ratto una volta mangiata la pallina di cibo ricominciava a curiosare per la gabbia premendo ancora la leva. Tutte le risposte registrate su un grafico mostrarono come le pressioni diventavano sempre più frequenti e l’intervallo che separava l’una dall’altra sempre minore. Questo processo fu integrato con un elemento aggiuntivo, facendo si che a volte il cibo fosse erogato dalla pressione e a volte no. Inoltre la leva fungeva anche da elemento anticipatorio delle conseguenze. Appare chiaro come nel condizionamento operante la conseguenza cibo rinforza il comportamento che ne hha prodotto l’erogazione. Quindi le conseguenze che possono incrementare o ridurre la probabilità dell’azione sono 4: rinforzo positivo, rinforzo negativo, punizione, estinzione. Il rinforzo è un evento-stimolo che ha come effetto quello di rafforzare , cioè rendere più frequente e probabile un comportamento. Rinforzo positivo Il rinforzo positivo è uno stimolo che rafforza una determinata classe di risposte. Gli esempi nella vita sono infiniti, dalla buona riuscita di un interrogazione ai complimenti per l’eleganza nel vestire. 32 Ottenere un rinforzo positivo facilita l’apprendimento di un nuovo comportamento o il rafforzamento di un’abitudine. Rinforzo negativo È uno stimolo che rafforza un comportamento mediante la sua rimozione. È’ quella conseguenza che rafforza quei comportamenti che ci hanno permesso di evitare qualcosa di spiacevole, come per esempio svegliarsi presto la mattina per arrivare puntuali in ufficio onde evitare il rimprovero del capo. Molti mess pubbl. si servono del messaggio che sottolinea l’importanza dell’evitamento di qualcosa di spiacevole. Comprare un profumo per evitare di non essere apprezzati è un comportamento che si basa sul rinforzo negativo. Punizione E’ l’ottenimento di qualcosa di spiacevole e tende a inibire o a ridurre un comportamento. La punizione diminuisce temporaneamente l’intensità o la frequenza del comportamento che segue ma non lo elimina completamente, esso infatti ricompare e addirittura la punizione può avere l’effetto paradossale di impedire che si verifichi questo processo di disapprendi mento chiamato estinzione. Non basta aumentare le punizioni perché si riduca un determinato comportamento, si pensi ad esempio alle droghe. La punizione non cancella l’apprendimento del comportamento che segue, ma dà luogo con temporaneamente all’apprendimento di altri comportamenti, primo fra tutti quello dell’apprendimento di reazioni emotive condizionate che interferiscono con gli apprendimenti successivi. Un individuo che viene punito continuamente presente disturbi emozionali forti come paura, ansia, aggressività. Un’altra risposta che viene appresa dopo una punizione è la risposta di evitamento che si traduce in qualunque comportamento possa prevenire un’altra punizione. Estinzione È la diminuzione della forza della risposta. La velocità con cui avviene il decremento del comportamento dipende dalla storia di apprendimento dell’individuo. Se siamo abituati a trovare sempre e comunque il nostro prodotto preferito sullo scaffale del supermercato, non trovandolo dopo un determinato numero di tentativi ci rivolgiamo all’addetto per chiedere spiegazioni. Se invce siamo persone abituate a non trovare subito quel prodotto perché per esempio è esotico, prima di desistere e chiamare l’addetto, faremo una serie di tentativi guidati dall’esperienza passata grazie alla quale abbiamo appreso che è difficile reperire quello specifico prodotto. Il primo comportamento è basato su una storia di apprendimento normale che produce una bassa resistenza all’estinzione. Il secondo comportamento deriva da un apprendimento particolate, controllata da un modello di rinforzo intermittente e che produce un’alta resistenza all’estinzione. Quando il rinforzo è discontinuo, la risposta tende a persistere a lungo e l’apprendimento è molto più efficace. Le applicazioni del condizionamento operante nei consumi Nonostante la tecnica del condizionamento operante sia molto utilizzata in marketing la letteratura scientifica sui consumi ancora oggi non ha gli ha dato una particolare attenzione. Nel 1976 alcuni autori tra cui Carey, avevano dimostrato l’utilità del rinforzo nella vendita. Questi autori avevano diviso un gruppo di clienti di una gioielleria in tre diversi gruppi: il gruppo a) veniva ringraziato telefonicamente per essere stati clienti, il gruppo b) venne ringraziato per lo stesso motivo ma 33 veniva informato di promozioni aggiuntive e il gruppo c) gruppo di controllo, non veniva fatto alcun ringraziamento. Durante il mese di studio si rilevò un aumento delle vendite del 27% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Tale aumento era dovuto per il 70% al gruppo a) e per il 30% al gruppo b). il terzo gruppo non aveva contribuito affatto all’aumento delle vendite. L’uso del condizionamento quindi può portare a importanti risultati per le imprese. Un fattore importante del condizionamento operante è il modo di presentazione delle conseguenze (schemi di rinforzo) La presentazione dei rinforzi può essere di vario tipo: continuo o ad intervalli. Il più semplice è quello continuo, che da luogo ad una curva di apprendimento rapida ma ad una bassa resistenza all’estinzione. Infatti un comportamento appreso tramite rinforzo continuo non si mantiene a lungo una volta che il rinforzo non sia più in azione. Un modello di rinforzo simile a quello che si può trovare in natura è il rinforzo intermittente, nel quale una sola parte dei comportamenti è seguita da un rinforzatore. Il rinforzo intermittente è stato studiato con diverse modalità: i modelli di rinforzo ad intervallo in cui il rinforzatore è funzione della dimensione temporale e i modelli di rinforzo a rapporto in cui il rinforzo avviene per quantità. Si hanno così quattro diverse modalità di azione: 1)rinforzo a intervalli fissi: ovvero la distribuzione di rinforzi dopo un determinato intervallo di tempo. Ecco perché ci affrettiamo a comprare quando ci sono i saldi e rallentiamo questo comportamento quando i saldi non ci sono. 2)rinforzo a intervalli variabili: il consumatore non sa dopo quanto tempo riceverà la ricompensa e perciò il suo comportamento sarà sempre attivo ed energico. Se pensiamo alla scuola, non saoendo quando il prof avrebbe interrogato ci tenevamo ogni giorno pronti. (solo lui perché credo che noi tutti che stiamo leggendo mai) 3)il rinforzo a rapporti fissi: il rinforzo viene dato dopo un numero ben preciso di comportamenti corretti. Questa è la tecnica utilizzata dalle fidaty cards, per cui per ogni comportamento d’acquisto coincide la certezza di avere punti il cui accumulo permette la vincita di un premio. 4)il rinforzo a rapporti variabili: non si hanno indicazioni su quanti comportamenti corretti bisogna avere prima di ottenere una ricompensa, come nel caso delle slot machine. Altro processo di apprendimento graduale che si basa sulle tecniche di rinforzo e viene utilizzato dagli esperti di marketing è lo shaping( modellaggio). Un venditore di assicurazioni non chiederà mai al suo cliente di firmare un documento se non dopo averlo condotto step by step fino all’obbiettivo. Rinforzerà l’interazione attraverso l’utilizzo del linguaggio non verbale, con ammiccamenti e sorrisi. Molti di questi messaggi infatti sono semplici rinforzi che gratificano l’interlocutore che servono ad arrivare all’obbiettivo della vendita. Tale metodologia si basa sui processi di generalizzazione e discriminazione. All’interno del punto vendita i consumatori sono attratti da quelli che vengono definiti prodotticivetta che calamitano l’attenzione di questo. Il consumatore una volta entrato nel luogo di consumo, potrebbe acquistare prodotti più redditizi per l’azienda. Il prodotto civetta è sola una scusa per rinforzare la possibilità di utilizzare un luogo di vendita. Anche le vendite soddisfatti o rimborsati funzionano così. L’apprendimento per insight 34 Riepilogando, la diff tra condizionamento classico e operante è che il primo avviene in maniera automatica senza la consapevolezza del consumatore e l’apprendimento è il risultato di un’associazione. Il secondo invece più complesso e spiega come i consumatori apprendono attraverso prove ed errori. A volte apprendimento un comportamento attraverso l’insight. Studiato già da Kotler nel 1968, non è altro che una forma di intuizione che ci permette di trovare una soluzione a volte molto innovativa per risolvere un problema o un quesito. Questo deriva dalla capacità di essere flessibili, dall’uscire da schemi precostituiti. E’ un processo di apprendimento studiato dalla psicologia cognitivista che si è occupata dell’elaborazione delle informazioni, dei processi di categorizzazione degli stimoli etc. L’attenzione per la mente da parte del cognitivismo porta ad un superamento del comportamentismo, concentrandosi sulla mente non più come magazzino nel quale si accatastano conoscenze ma bensì una struttura assai elaborata e connessa. Viene abbandonata l’idea della memoria come passiva e vengono alla luce dei dati centrali: tanto più la conoscenza è strutturata tanto più facile è memorizzare. La struttura è tanto più potente quanto ramificata e connessa con altre. A questo modello si può fare risalire l’apprendimento e la memorizzazione delle mappe cognitive. Anche per il processo d’acquisto, l’utilizzo delle mappe è molto interessante. Ognuno di noi infatti ha delle mappe più o meno elaborate che indicano dove alcuni prodotti dovrebbero essere in un particolare negozio. L’apprendimento per imitazione. Il processo di apprendimento per imitazione viene definito modeling da Albert Bandura e consiste nel processo attraverso cui una persona osserva l’azione di un modello( affascinante, attraente prestigioso). In questo caso le ricompense ricevute dagli altri in maniera indiretta rappresentano una forma di rinforzo del comportamento osservato. Il modeling parte dalla considerazione che il termine esperienza non si riferisce solo al contatto diretto con le cose, eventi e conseguenze di un comportamento ma anche esperienze indirette e conseguenze mediate, la cui azione è stata vista su altre persone. Presupposto del modeling è l’apprendimento osservatorio, che implica un modello e un osservatore. Se la frequenza del comportamento dell’osservatore cambia in funzione del comportamento del modello osservato si parla di modellamento. Tra i vari fattori che entrano in gioco nel modellamento, primo fra tutti è il processo di imitazione, poi le proprietà di stimolo del modello (età, sesso, status e la somiglianza del modello con il soggetto), il tipo di comportamento del modello, ruolo del rinforzo e caratteristiche motivazionali dell’osservatore. Una donna che compra un determinato prodotto cosmetico potrebbe ricordare l’effetto positivo che questo prodotto ha avuto in un gruppo di amiche. L’utilizzo del testimonial in una campagna pubblicitaria si basa proprio su l’apprendimento per imitazione. In questo caso infatti acquistare le marche che il proprio idolo usa significa non solo avere gli stessi benefici e le stesse ricompense ma significa anche immaginarsi come il proprio idolo. Tale apprendimento è stato studiato soprattutto da esperti dello sviluppo del bambino. Tra questi Albert Bandura, che è il creatore della teoria dell’apprendimento sociale, che sostiene che l’uomo 35 per sua natura tende a imitare i modelli sociali, e quindi è proprio attraverso l’osservazione e l’imitazione che acquisisce comportamenti. Secondo la teoria l’apprendimento avviene anche grazie a quello che viene definito rinforzo vicariante: osservando e ricordando che qualcuno viene premiato e lodato per un particolare comportamento, il sogg che osserva può essere incoraggiato ad imitarlo. Al contrario guardare un sogg che viene punito suscita comportamento opposto. Anche se non fu lui a chiamarla così, Bandura formulò negli anni 60 la teoria del modellamento(modeling) che indica come avviene il processo di influenzamento della comunicazione di massa sui comportamenti degli spettatori. Essa consiste in diverse fasi: 1)lo spettatore vede/legge nel contenuto mediale una persona(il modello) che compie una determinata azione 2)l’osservatore si identifica con il modello 3)l’osservatore riconosce che il comportamento è funzionale cioè che produrrà un risultato desiderabile 4)quando si trova in una situazione di stimolo, ricorda le azioni del modello preso in considerazione e riproduce quel comportamento come risposta a quella situazione 5)compiere l’azione riprodotta ,da all’individuo qualche ricompensa che fa si che il legame tra stimolo e quella risposta suggerita dal modello venga rinforzato 6)il rinforzo positivo aumenta la probabilità che quella risposta venga ripetuta abitualmente dall’individuo Teoria della disibinizione Secondo alcuni autori la visione prolungata di immagini violente desensibilizza il soggetto ad un punto tale che scene di stupro di un film producano una riduzione del livello di ansia legato a quel tema e minore empatia e solidarietà per le vittime. Emulazione è un processo pericoloso che in questi ultimi anni abbiamo imparato ad apprendere. Proprio per evitare tale rischio molte notizie di cronaca vengono comunicate cercando di non enfatizzarle eccessivamente. Il ruolo della memoria e dei ricordi nei consumi. Il termine memoria si riferisce a informazioni o rappresentazioni interne basate su esperienze passate e in grado di influenzare il comportamento futuro. Nel mondo dei consumi possiamo fare riferimento a diversi aspetti del processo mnemonico. Tar i vari, ad esempio la capacità di un messaggio promozionale di un prodotto di essere ricordato nel momento della scelta o ancora il ricordo di un’esperienza passata in relazione a quel prodotto o l’emozione provata per averlo posseduto sono tutti elementi che incidono sulla scelta. I prodotti fungono da stimolazioni per rivivere o anche evitare di rivivere esperienze passate. La nostalgià è un’emozione che viene molto utilizzata nella pubblicità per legare un prodotto o servizio ad un momento storico pieno di ricordi positivi. Il termine nostalgia deriva dal greco nostos (ritorno a casa) e algos (dolore) e fu coniato da un medico svizzero nel 1688 e utilizzato per descrivere una precisa malattia. Poteva essere una sindrome privata o un morbo pubblico. Nel marketing si è consolidata una branca chiamata marketing della memoria che crea prodotti e brand come tasselli principali nella costruzione di 36 identità e storie di gruppi e generazioni. La Nutella un tempo alimento d’elite, è stata riposizionata creando nuove occasioni di consumo. Sono stati creati legami forti con la tradizione ed il passato, da prodotto da consumare di nascosto da soli a prodotto da condividere con gli amici. Per capire i meccanismi che caratterizzano l’uso della memoria nel mondo dei consumi deve conoscere meglio il processo mnemonico. La memoria è strettamente legata all’apprendimento, cosa e come un individuo ricorda dipende da diversi fattori: la correlazione tra categorie, immagini ed esperienze, età dei sogg, la frequenza con cui un’immagine viene richiamata alla memoria. Il ricordo di un evento è soggetto ad una serie di alterazioni determinate da diversi fattori tra cui l’emozione. La memoria non è mai uno specchio fedele della realtà ma il risultato di un processo di elaborazione e rielaborazione delle informazioni. Si tratta di un processo di attribuzione di causa che prende forma quando cerchiamo di spiegare un comportamento passato, attribuendo un nuovo valore all’esperienza memorizzata e ricategorizzando l’esperienza stessa in maniera diversa. I ricordi di relazioni affettive so no soggette a continue modifiche a causa delle emozioni che vi sono collegate. L’abbandono di un partner trasforma i momenti più cari inesperienze amare modificando il ricorso. Si tratta del cosiddetto processo di elaborazione del lutto che porta ad attribuire diversi significati all’esperienza e a dimenticare la spiacevolezza dell’esperienza. L’organizzazione della memoria e dei ricordi Uno dei primi autori a occuparsi di memoria è stato Ebbinghaus(1885)che concentrandosi sull’oblio riteneva fosse da attribuire al passare del tempo. Tale teoria conosciuta come legge del decadimento fu confutata sulla base dei risultati sperimentali che misero in evidenza come non fosse il passare del tempo a causare l’oblio ma quello che avviene tra l’apprendimento e il recupero dell’esperienza. Si parla perciò di interferenza: retroattiva e proattiva. Interferenza retroattiva:avviene quando la nuova informazione inibisce il recupero dell’informazione vecchia. Le info di un nuovo prodotto possono interferire con il ricordo di uno specifico prodotto. Interferenza proattiva: le informazione vecchie agiscono inibendo il recupero delle info apprese recentemente. Alcuni studiosi dicono che quando singoli blocchi monotematici diventano troppo consistenti è auspicabile attuare salti di argomento che portino ad un reset del sistema cognitivo di ricezione e immagazzinamento della memoria. L’interferenza dimostra come il processo economico non è un semplice rispecchiamento della realtà ma un continuo processo di riorganizzazione delle info. Alla fine degli anni 60, all’interno della prospettiva cognitivista dello human informating processing, gli psicologi Atkinson e Shiffrin, elaborano il primo modello della memoria che per immagazzinamento, che distingue memoria a breve termine da quella a lungo termine. La memoria è immaginata come una sequenza di tre magazzini in cui passa l’informazione che non può essere elaborata da un magazzino se non è stata filtrata da quello precedente. Il primo magazzino è definito memoria sensoriale, qui l’info rimane per qualche secondo. Questo tipo di registro non richiede l’attenzione da parte dell’individuo e rappresenta la prima forma di immagazzinamento degli stimoli con le loro caratteristiche sensoriali. Successivamente se si presta attenzione alla stimolazione, l’info passa nel magazzino a breve termine che ha capacità limitata; generalmente il 37 limite è di sette elementi, questa permette all’uomo di mantenere in uno stato attivo una limitata quantità d’informazioni per un breve periodo di tempo e compiere su tali info diverse operazioni. Infine solo attraverso l elaborazione e l’organizzazione degli stimoli, le info vengono concatenate (Chunking) con altre info e passano nel magazzino a lungo termine. La memoria a lungo termine è costituita dall’insieme di rappresentazioni, fatti, immagini sentimenti, esperienze che possono essere presenti per tutta la vita. Secondo Graft e Schacter nel magazzino a lungo termine è possibile distinguere tra memoria implicita ed esplicita. Parliamo di memoria implicita quando esperienze precedenti facilitano l’esecuzione di un compito che non richiede un recupero intenzionale di quelle stesse esperienze (l’acquisto di routine di un prodotto ormai familiare non richiede ad esempio l’analisi di tutte le informazioni disponibili) parliamo invece di memoria esplicita quando invece l’esecuzione di un compito richiede il recupero consapevole di tali esperienze (acquisto di un prodotto ad alto rischio). All’interno della memoria a lungo termine possiamo distinguere anche la memoria semantica e la memoria episodica. La memoria semantica fa riferimento alle conoscenze che i consumatori hanno di un prodotto. Rappresenta l’insieme di significati attribuiti ad un prodotto( es:tutte le informazioni relative al cibo giapponese); la memoria episodica invece fa riferimento all’insieme delle informazioni che hanno uno specifico legame con un episodio o un momento. Es: il ricordo di uno specifico ristorante giapponese mentre eravamo rapiti dagli occhi del nostro partner che era con noi. Le strategie di comunicazioni tendono a attivare l nostra memoria episodica, stimolando emozioni e vissuti. Un tipo di memoria semantica nel marketing è quella che fa riferimento a come viene percepita l’immagine del brand( brand image) ad esempio l’immagine del baffo nike richiama alla mente una serie di concetti e significati che sono stati associati al brand; sportività libertà coraggio etc. Studiando la memoria con compiti di rievocazione, gli psicologi hanno osservato che se il tempo che intercorre tra la presentazione di una lista di parole ed il ricordo di queste è breve, è più probabile che i sogg ricordino le parole che si trovano verso l’inizio e la fine della lista piuttosto che quelle centrali. Le prime parole vengono ripetute più volte e man mano che si va avanti nella lista diventà più difficile ricordarle tutte. Ne consegue che le parole che si trovano all’inizio sono ricordate meglio(effetto primacy) rispetto alle altre. Inoltre poiché la memoria a breve termine ha una capienza limitata, ogni parola successiva esclude quella precedente, ecco perché è più probabile che vengano ricordate le ultime parole piuttosto che quelle centrali(effetto recency) Fenomeno priming (preattivazione) inteso come la facilitazione nell’elaborazione di uno stimolo in seguito a un’esperienza recente con quello stesso stimolo. Il priming di ripetizione si ha quando un primo incontro con uno stimolo(stimolo primer) aumenta l’abilità di analizzare quello stesso stimolo a una successiva presentazione. Questa facilitazione è misurata in termini di velocità(maggiore rapidità) della risposta o di accuratezza(maggiore precisione) nella prestazione. Questa facilitazione è molto importante per il marketing perché se viene utilizzata bene permette il riconoscimento immediato di un prodotto. Network associativo l’arrivo di nuove informazioni deve fare i conti con questa struttura presente in memoria. Un consumatore per esempio potrebbe avere una rete per il concetto di pasta, ciascun nodo rappresenta un concetto collegato alla categoria pasta; questi nodi potrebbero essere un attributo(pasta fresca, provenienza geografica, tipologia) uno specifico brand( rana, voiello) un personaggio famoso o testimonial. È importante nelle fasi di ricerca comprendere quale quale possa 38 essere il set evocato dal concetto in maniera tale da rilevare i link di nodi della rete semantica memorizzata e la loro forza. Alcuni link infatti sono molto forti nella mente dei consumatori, altri invece molto deboli. Attraverso il concetto di network associativo è possibile descrivere le strutture della conoscenza dell’individuo, studiare i contenuti, l’articolazione per comprendere quali sono le conoscenze utilizzate dal consumatore per la scelta e la presa di decisione sulla base delle info memorizzate. Importante è il grado di accessibilità degli attributi al fine di ottenere info utili riguardo un concetto o un brand. Lo studio dei processi mnemonici Per studiare la rete di associazioni si può fare riferimento al paradigma della rievocazione libera. Esso consiste nel far rievocare al soggetto il materiale appreso precedentemente( in qualque modo sia stato appreso) nell’ordine da lui preferito. Questo consente di sottolineare alcuni effetti quali primacy e recency, categorizzazione, clustering e organizzazione soggettiva. Si parla anche di rievocazione suggerita quando uno stimolo viene suggerito al soggetto con il fine di facilitare la rievocazione. I jingle o i claim degli spot servono proprio a facilitare il ricordo di un prodotto. Vi sono alcuni fattori chiave di attivazione nel recupero delle informazioni: fattori fisiologici: gli anziani tendono a ricordare meglio le esperienze passate e le info memorizzate durante la giovinezza. Fattori situazionali: la novità dell’info influenza la memorizzazione. Fattori emozionali: se l’emozione provato nel momento d’acquisto è simile con quella attivata dalla comunicazione pubblicitaria, la scelta del prodotto è facilitata. Capitolo 4 La motivazione al consumo. La motivazione: il motore del consumo L’essere umano, inserito in un ricco e articolato contesto sociale e culturale, è caratterizzato da bisogni determinati da esigenze biologiche quali dormire, mangiare e riprodursi, e da bisogni che si sviluppano nell’ambiente sociale in cui vive quali aspirazione a raggiungere una certa posizione sociale o essere accettati e stimati dagli altri. Oggi il consumo trascende il valore funzionale di soddisfazione dei bisogni. Il cibo ad esempio oggi ha anche una valenza simbolica, sia nella scelta del tipo di cibo che nelle modalità di assumerlo. Possiamo distinguere tra bisogni innati, naturali e generici che riguardano la natura dell’essere umano e bisogni acquisiti, culturali e sociali che sono strettamente collegati all’esperienza alle condizioni ambientali e all’’evoluzione della società. Le motivazione può essere definita come quella spinta interna che determina un’attivazione diretta al raggiungimento di un obiettivo. Parliamo di motivazioni primarie per quelle motivazioni che sono direttamente connesse ai bisogni fisiologici fondamentali(fame, sete, contatto emotivo), secondarie per quelle motivazioni prodotte dai processi di apprendimento e dall’influenza sociale. Queste ultime fanno riferimento ai bisogni appresi(autostima, prestigio, potere, ricchezza) dal contesto sociale e organismo sociale(famiglia, scuola lavora e mass media). Secondo la teoria più classica, la motivazione è il risultato di uno stato di tensione che guida il consumatore con il fine di 39 cercare di ridurre o eliminare il bisogno stesso. La direzione in cui la spinta viene incanalata, viene descritta come motivo vero che sta alla base di un preciso comportamento del consumatore, capace di ridurre lo stato di tensione e riportare l’individuo a una situazione di omeostasi. Il processo di fatto è molto più complesso. Infatti in molte circostanze, i consumatori sembrano motivati a tenere desta la stato di tensione piuttosto che tentare di raggiungere uno stato di equilibrio riducendo lo stato di tensione determinato dalle pulsioni. A volte sembra che l’individuo tenda ad avere comportamenti che provocano un aumento di tensione e uno stato di forte attivazione fisiologica(arousal). Con questo termine si indica l’intensità fisiologica e comportamentale. Alcune esperienze di consumo infatti si basano sulla motivazione a ricercare forte emozioni e mantenere alta la tensione psicofisica. Pensiamo ad esempio al piacere di dilazionare la soddisfazione mantenendo attivo lo stato di tensione per poter godere di una soddisfazione maggiore subito dopo( esempio preferiamo non rovinarci l’appetito mangiando un aperitivo molto ampio per poi godere della cena). Gli studiosi della teoria dell’arousal ritengono quindi che la motivazione abbia a che fare non solo con la riduzione ma anche con l’accrescimento dell’attivazione che alla fine ne rappresenta una forma di regolamentazione. Questa teoria presuppone quindi che i soggetti siano motivati non tanto ad abbassare l’arousal quanto a mantenerlo a livello ottimale, tanto da riconoscere coloro che maggiormente sono attratti da questa forma di attivazione( sensation seekers). Dissonanza Già a partire dagli studi di Festinger(1975) sulla teoria cognitiva, è stato dimostrato che gli individui pur di non trovarsi in uno stato di disagio determinato dalla dissonanza tra i propri atteggiamenti e comportamenti, tendono a selezionare le info per rendere coerenti tra di loro atteggiamenti e comportamenti. La dissonanza, intesa come incoerenza tra atteggiamento dichiarato e comportamento agito, provoca uno stato di tensione che spinge l’individuo ad adottare tutte le possibili soluzioni per recuperare uno stato di coerenza, di equilibrio e conseguentemente di benessere. L’individuo quando si trova in uno stato di disagio per porre fine a tale stato di tensione, è portato o a modificare il proprio atteggiamento o a selezionare adeguatamente le informazioni. Così di fronte ad una decisione, esempio comprare un automobile, pur di evitare il disagio provocato da informazioni contrastanti con la propria scelta, legge e ricorda solo le info che supportano quella scelta rinnegando o screditando tutte le informazioni che dimostrano che l’individuo a commesso un errore nell’acquistare quell’auto. L’individuo utilizza filtri cognitivi per la selezione delle informazioni ed adatta la realtà modificando i suoi atteggiamenti per mantenere uno stato di equilibrio interiore. Ogni atto d’acquisto, ogni messaggio pubblicitario, ogni relazioni con gli altri, vengono inseriti e compresi all’interno di precisi percorsi di senso che l’individuo costruisce, analizzati alla luce dei propri filtri cognitivi e affettivi analizzati alla luce dei propri filtri cognitivi ed affettivi al fine di leggere la realtà e gli eventi secondo uno schema coerente con i propri bisogni desideri e aspettative. Secondo Kunda la gente tende a vedere ciò che vuole vedere, secondo quel processo definibile tendenza alla conferma. Secondo questo principio l’individuo ricerca quelle informazioni che confermano il proprio punto di vista o l’immagine positiva di se stessi. Altro meccanismo è l’optimistic bias, errori secondo i quali il consumatore tende a percepire e rappresentare se stesso in forme più positive di quanto farebbero gli altri; o ancora la tendenza del consumatore a focalizzarsi su immagini e pensieri congruenti con la propria aspettativa guidata da esauriscano nei soli bisogni ma anche negli obiettivi e aspettative al fine di guidare il comportamento. Modello tote( test operate test exit) propone il concetto di comportamento guidato 40 da scopi. Ogni azione è diretta verso uno scopo specifico e ogni volta che un individuo deve compiere un’ azione prepara un piano di comportamento per ottenere lo scopo prestabilito. Le teorie cognitive e il ruolo dell’aspettativa. La teoria dell’aspettativa ci dice che l’individuo è motivato dall’attesa di ottenere ricompense positive dall’evitare esperienze negative. Weiner e altri autori per spiegare ill processo motivazionale analizzano le componenti cognitive dei processi di attribuzione della causalità del successo e dell’insuccesso. Egli distingue le cause in: interne esterne, stabili instabili, controllabili o non incontrollabili. L’impegno è causa interna variabile e controllabile, mentre l’abilitò è causa interna stabile e non controllabile. Non è sufficiente aver stabilito di essere causa dei propri successi poiché occorre decidere se il proprio successo è frutto di impegno oppure di specifiche capacità. La spinta motivazionale è strettamente dipendente da una serie di fattori: tra questi vi è l’ attribuzione del locus of control. Gli individui nell’accumulare successi e insuccessi e nel rapportarsi con eventi positivi o negativi che costellano la sua esperienza, struttura un proprio sistema specifico di attese. Questi sistemi di attese vengono divisi in due categorie dalle quali derivano due prototipi di soggetti. A un estremo si posizionano coloro che hanno un locus of control interno che credono nella propria capacità di controllare gli eventi, questi soggetti attribuiscono i propri successi o insuccessi alle proprie capacità volontà e abilità. All’altro estremo si posizionano coloro che hanno un locus of control esterno secondo i quali gli eventi della vita, come premi e punizioni dipendono da fattori esterni imprevedibili, quali il caso e la fortuna. Altri due fattori in grado di influenzare il processo dii motivazione sono: la stabilità della causa e la sua controllabilità. Sul piano psicologico questi 2 processi possono influire sul modo di percepirsi e di percepire gli altri. Se l’individuo attribuirà il suo insuccesso ad un impegno sufficiente e non alla mancanza di abilità persevererà nel suo scopo e si sentirà motivato a impegnarsi maggiormente la volta successiva. Se al contrario attribuirà l’insuccesso alla mancanza di abilità sarà propenso a rinunciare. La motivazione intrinseca ed estrinseca La motivazione intrinseca è quella che porta ad intraprendere un’attività perché di per se motivante. un soggetto quando è intrinsecamente motivato, attiva il suo comportamento per divertimento o sfida e non per ricompense esterne. Le attività dell’individuo estrinsecamente motivato invece sono sostenute da rinforzi esterni(vantaggi, ricompense, evitamento di conseguenze sgradevoli). La motivazione intrinseca non può essere rappresentata come un costrutto unitario, ma va considerata sfaccettata. Secondo la Multifaceded theory of intrinsic motivation si possono distinguere 16 desideri fondamentali alla base del costrutto della motivazione intrinseca. La soddisfazione di ciascuno dei desideri produce un sentimento di gioia, e si può ipotizzare che ogni consumatore abbia una diversa attribuzione di priorità in base al contesto sociale, ai valori di riferimento e esperienze personali. Secondo questo schema ciò che motiva gli individui è la discrepanza tra la quantità di soddisfazione intrinseca desiderata e quella che viene esperita. Il significato degli oggetti di consumo e la soddisfazione dei bisogni ad essi correlati sono prevalentemente simbolici. Ciò non vale solo per gli oggetti più costosi ma anche per quelli più insignificanti. Gli oggetti di consumo possono essere infatti parte integrante della storia personale di un individuo e del suo modo di rappresentarsi, di narrarsi e di percepirsi. In un contesto sociale in cui le relazioni tra persona e oggetti di consumo sono sempre più correlate con le biografie 41 individuali, lo studio delle motivazioni all’acquisto deve prevedere un approfondimento del valore simbolico degli oggetti, senza soffermarsi solo su quello funzionale. Se non fosse così non si spiega il senso e il significato di promuovere la vendita di una scopa chiamandola per nome pippo e rappresentandola con valori simbolici e significati relazionali anche se si tratta di un oggetto così comune. La dimensione gerarchica della motivazione e la catena mezzi-fini. Le motivazioni possono essere intese come sistemi gerarchi di scopi e come sistemi di monitoraggio e controllo per raggiungere gli scopi medesimi attraverso un processo che può essere distinto in diverse fasi: 1) individuazione degli obiettivi 2)valutazione dei mezzi disponibili 3)traduzione delle intenzioni in azioni 4) cambiamento degli obiettivi e delle strategie per raggiungerli in funzioni del variare del contesto. Questa visione gerarchica prevede anche una suddivisione degli scopi in maniera altrettanto gerarchica, infatti possiamo individuare obiettivi o scopi centrali e obiettivi o scopi secondari. Per esempio se la motivazione che spinge il consumatore è perdere kili di troppo, questa rappresenta lo scopo principale al quale possono essere correlati una serie di copi secondari quali la cura del proprio corpo ed il benessere. La motivazione quindi può essere definita come una configurazione organizzata di esperienze soggettive che consente di spiegare l’inizio, la direzione e la persistenza di un comportamento per raggiungere uno scopo. È sempre più frequente sostituire al termine motivazione orientamento motivazionale che esprime meglio questa evoluzione teorica. La presenza di molteplici bisogni alla base del comportamento di consumo era già stata rappresentata da Williams nel 1982 che diceva che è possibile descrivere il rapporto tra comportamento agito e aspetti motivazionali sulla base di 2 rappresentazioni: modello mezzi-fini e quello che presenta la motivazione come un conglomerato di bisogni. La catena mezzi fini è lo strumento concettuale che permette di comprendere il modo in cui i consumatori percepiscono le conseguenze che derivano dall’utilizzo e consumo di un prodotto. L’ acquisto di una lavastoviglie di una certa marca risponde contemporaneamente a diversi bisogni posti in ordine gerarchico: il piacere della pulizia, il desiderio di un aiuto nelle pulizie di casa,la voglia di autonomia. Il collegamento tra consumatore e prodotto avviene pertanto attraverso la costruzione di una serie di relazioni tra attributi concreti e astratti del prodotto, conseguenze funzionali e psicologiche legate all’uso del prodotto, e infine bisogni di base e motivazionali finali. I beni/ servizi vengono visti dal consumatore vengono visti dal consumatore come strumenti per la soddisfazione dei propri bisogni più o meno consci. Nel modello mezzi-fini, il prodotto quindi non è scelto e acquistato per se stesso ma per il significato che questo assume nella mente del consumatore. L’analisi mezzi fini ha una valenza molto importante, essa infatti permette l’analisi di posizionamento e segmentazione del mercato, lo sviluppo di nuovi prodotti o il miglioramento di quelli attuali e l’elaborazione di strategie di comunicazione. Il metodo più utilizzato per ricostruire e valutare la catena mezzi-fini è il leddering una tecnica qualitativa di intervista in profondità one to one con il cliente e che permette di ricostruire e rappresentare graficamente la mappa cognitiva delle relazioni tra prodotti, attributi, benefici, bisogni e valori. Con questa tecnica vengono indagati i motivi di una scelta d’acquisto, tentando di risalire dagli attributi del prodotto che l’hanno determinata ai benefici percepiti sino ad identificare i valori finali che attraverso il comportamento di consumo si ritiene di poter ottenere. La procedura basata sul leddering prevede diverse fasi; l’individuazione delle caratteristiche salienti dei prodotti o della marca oggetto d’indagine e il 42 riconoscimento dei benefici e dei valori sia nella fase di raccolta dei dati(intervista) sia in quella di analisi dei risultati(costruzione mappa). Le tecniche di costruzione dei network associativi possono essere diverse: la richiesta diretta in cui si chiede al consumatore di esprimere le ragioni che lo spingono all’acquisto del prodotto considerato cercando di capire quali sono le finalità che intende raggiungere. Il confronto comparativo che consiste nel sotto porre a ogni intervistato delle triadi di prodotto o marche e nel chiedere di enunciare le differenze e similarità che percepisce. Analisi di contesto in cui gli viene chiesto di ricordare un’occasione di utilizzo del prodotto con il fine di analizzare tale occasione. Analisi ipotetica in cui si chiede al soggetto di immaginare il suo comportamento in caso di assenza del prodotto; leddering negativo in cui vengono chieste le ragioni per cui non si fanno determinate cose o non si vogliono provare determinate sensazioni; leddering regressivo nel quale si invita il soggetto ad andare indietro nel tempo e poi esprimere sentimenti e comportamenti di acquisto in riferimento a precedenti occasioni di consumo; leddering positivo si invita il soggetto a ricordare un’occasione d’acquisto ed esprimere non le sue ma le impressioni di un terzo che l’intervitato sceglie di impersonare per individuare i fini ultimi di quella persona. Le tipologie di bisogno Secondo Murray, il bisogno è un costrutto ipotetico che organizza e guida il comportamento al fine di mantenere l’organismo in una condizione di equilibrio. I bisogni secondo questo studioso possono essere suddivisi in 4 dimensioni. Bisogni primari e secondari, a seconda che abbiano origine fisiologica o no. Bisogni positivi e negativi, a seconda che il soggetto sia attirato o respinto dall’oggetto Bisogni manifesti o latenti a seconda che il bisogno conduca a un comportamento reale o no Bisogni consapevoli o inconsapevole a seconda che il soggetto mantenga nei loro confronti un atteggiamento introspettivo o meno. Secondo Murray l’insieme dei bisogni è universale e uguale per tutti e ciò che differenzia un individuo da un altro è la diversa attività attribuita a un particolare bisogno. Murray utilizza il Tat(thematic apperception technique) un test che si basa sulla visione di una serie di figure, ambigue di fronte alle quali l’individuo è teso a proiettare pensieri, emozioni, desideri strettamente legati ai bisogni, anche i più inconsapevoli e inconsci. Un ulteriore contributo viene da Mcclelland che individua 3 tipi di bisogni, potere affiliazione e successo, ai quali aggiunge motivazione alla competenze e motivazione all’unicità. Queste motivazione possono produrre comportamenti differenti: la motivazione al potere è una spinta per evitare la dipendenza; la motivazione all’affiliazione per evitare l’isolamento e la motivazione al successo per evitare il fallimento. La motivazione alla competenza e all’unicità è una spinta a sviluppare continuamente le proprie abilità e a svolgere i propri compiti mantenendo un’ elevato standard di prestazioni con l’obiettivo di essere unici. Lo studio delle motivazioni al consumo richiede anche una breve considerazione sulla base dei principi della teoria di Veblen che prende in considerazione il ruolo della classe agiata nel determinare la motivazione e la nascita di modelli di consumo di carattere ostentativo , attraverso i quali gli individui appartenenti a tale classe dimostrano la propria agiatezza nei confronti della 43 classe inferiore. In questo caso il bisogno di differenziarsi e il bisogno di prestigio guidano i comportamenti di consumo. Così facendo la classe agiata offre modelli di comportamento di consumo alla classe meno agiata. Le teorie freudiana della motivazione Un contributo significativo allo studio sulle motivazioni viene dalla teoria psicanalitica secondo la quale il comportamento umano sembra determinato da un perenne conflitto tra i desideri di una soddisfazione immediata e la necessità di rispondere alle regole della società e della morale. Freud riteneva che in ogni uomo operassero 2 tipi di pulsioni: la pulsione della vita comprendente libido e istinto di autoconservazione e la pulsione di morte ( Thanatos) che si manifesta in tendenze autodistruttive. Nel modello dinamico di Freud l’inconscio coincide con il rimosso cioè con tutti quei contenuti psichici il cui accesso alla coscienza è costantemente impedito dalla rimozione. La rimozione rappresenta uno tra i possibili meccanismi di difesa teorizzati da Freud per spiegare il contrasto tra ciò che è voluto e desiderato e ciò che è lecito agire in un contesto sociale. I meccanismi di difesa sono utili per spiegare i comportamenti dei consumatori. Quelli individuati da Freud sono: identificazione è il meccanismo secondo il quale l’individuo si identifica in un’altra persona(testimonial ad esempio) considerata migliore e meno vulnerabile nei confronti delle proprie pulsioni. Rimozione ha lo scopo di impedire che contenuti mentali pericolosi affiorino alla coscienza. Sublimazione l’individuo sostituisce un obiettivo non raggiungibile o inaccettabile con un altro socialmente accettabile. Proiezione è quel processo inconscio con cui si attribuiscono ad altri sentimenti negativi della propria coscienza perché inaccettabili. Questo permette di evitare il senso di colpa e giustificare la propria condotta verso glia altri. Formazione reattiva sostituzione di un sentimento o desiderio inaccettabile con il suo opposto (amore-odio). Fissazione è un meccanismo con cui l’individuo blocca il suo sviluppo psichico a uno dei primi stadi di sviluppo cognitivo e comportamentale per il timore di affrontare l’angoscia legata agli stadi successivi( sindrome di peter pan). Regressione ripiego ad uno stadio evolutivo precedente in cui il soggetto si sentiva sicuro poiché non si era ancora dimostrato lo stimolo angosciante. Negazione consiste nella repressione della realtà e negazione delle evidenze per stabilire un equilibrio psichico. Fantasmatizzazione si ha quando l’individuo non accetta la realtà e produce fantasmi che consentono di sostituirla con una più accettabile. Introiezione prima ancora di essere una difesa, è un meccanismo psichico che si può osservare già nei primi mesi di vita del bambino. All’inizio della vita il bambino vive un rapporto di simbiosi con la madre, la presenza della madre che gli da il latte è assimilata alla vita, la sua assenza alla morte. All’inizio l’introiezione rappresenta la gratificazione immediata e completa dell’istinto ed i senso di benessere che scaturisce da questa gratificazione porta il bambino a conservare l’oggetto che gli assicura il benessere e a identificarsi con lui. Un ulteriore teoria portata avanti da Freud prende il nome di modello economico che fa riferimento alla quantità e intensità delle forze psichiche in gioco. In base a questo modello Freud traccia la linea di demarcazione tra normalità e patologia in campo mentale. Il modello più conosciuto per la descrizione delle spinte motivazionali è quello strutturale elaborato da Freud nel 1920, secondo il quale nello studio dei comportamenti e motivazioni è possibile distinguere una precisa struttura dell’apparato psichico, composta da tre istanze: 44 Es: completamente inconscio, rappresenta il serbatoio di tutte le pulsioni(sessuali, aggressive, auto conservative). Questi contenuti psichici sono in parte ereditari e innati e in parte rimossi e acquisiti. L’Es agisce irrazionalmente per la soddisfazione dei bisogni. Rappresenta il bambino che è in noi.(principio di piacere) L’Io: rappresenta il mediatore tra l’es, il super io e le esigenze della realtà esterna ed interna. Svolge funzioni coscienti cercando di garantire un collegamento con la realtà. Funziona secondo il principio della realtà. Il super io: in buona parte inconscio, svolge il ruolo di giudice nei confronti dell’io e rappresenta la coscienza morale, i valori e gli atteggiamenti autocritici. La teoria freudiana ha ispirato molto la ricerca sulle motivazioni del consumatore, una delle maggiori implicazioni e che per riuscire a studiare il comportamento dei consumatori occorre andare oltre ciò che si vede. Seguendo questo filone, negli anni 60 nasce la ricerca motivazionale che sostiene che è sempre possibile fornire una spiegazione di qualsiasi comportamento in chiave causale. In questo caso osservando il comportamento del consumatore la motivazione può essere definita come la spinta a soddisfare i bisogni anche più irrazionali e a migliorare l’opinion di sé attraverso l’acquisto di un determinato prodotto o una particolare marca anche se ciò non ha base razionale e consapevole. La teoria gerarchica dei bisogni di Maslow. Secondo la teoria della gerarchica dei bisogni di Maslow, i bisogni possono essere suddivisi in 5 categorie disposte in ordine progressivo, per cui senza la soddisfazione dei bisogni dei livelli inferiori non si sente la necessità di soddisfare quelli dei livelli superiori. I bisogni di livello inferiori sono i bisogni fisiologici legati alla dimensione biologica, poi troviamo i bisogni di sicurezza legati alla sensazione di protezione e di sicurezza fisica e psichica. Seguono i bisogni di appartenenza e di riconoscimento sociale, legati all’esigenza di sentirsi parte integrante di un gruppo. Poi abbiamo i bisogni di autostima legati all’esigenza di avere una buona immagine di sé, ed infine quelli più difficili da raggiungere i bisogni di autorealizzazione legati alla sensazione di realizzazione personale. Questa scala dei bisogni è stata utilizzata dal mondo del marketing in maniera forse un po’ troppo semplificata. In realtà i consumatori non passano in maniera così schematica da un livello all’altro. Inoltre non è detto che un prodotto o una marca soddisfino solo uno dei suddetti bisogni, così come non possiamo non considerare che questa gerarchia potrebbe andare bene solo per il contesto culturale e sociale all’interno del quale è stata studiata. Gli appartenenti ad altre culture per esempio potrebbero considerare molto più importante la dimensione sociale piuttosto che la sicurezza. Ed ancora bisogna poi considerare la predisposizione personale, ogni individuo infatti ha una particolare situazione personale e quindi avere differenti priorità e specifici bisogni da soddisfare. Il coinvolgimento. Il concetto di coinvolgimento indica la rilevanza che un particolare oggetto o prodotto può avere per un individuo in base ai suoi bisogni, ai suoi valori e ai suoi interessi. Il grado di informazione a cui presta attenzione un consumatore è strettamente dipendente dal suo grado di coinvolgimento. Questo grado di coinvolgimento può essere considerato come un continuum dove da parte vi è lo 45 stato di inerzia, che porta a prestare attenzione solo agli aspetti più superficiali ,il comportamento del consumatore è legato all’abitudine e le decisioni vengono prese senza analizzare attentamente le possibili alternative. Dall’altra parte vi è il coinvolgimento massimo che spinge l’individuo a cercare informazioni e a scegliere solo dopo un’attenta analisi di tutte le possibili scelte. Heath propone uno schema con 3 diversi livelli di attività cognitiva in relazione al coinvolgimento verso uno specifico stimolo: livello di attivazione di elaborazione delle informazioni; tipologia di apprendimento; effetto consecutivo all’apprendimento. Nel caso di elevato coinvolgimento e quindi di un’attrazione o attenzione alta verso lo stimolo, il processo di elaborazione delle informazioni prevede un impegno maggiore. Nel caso di un più basso gradi di coinvolgimento (inerzia), l’analisi dei dati sarà più superficiale e il consumatore sarà astratto dagli aspetti più irrilevanti e superficiali della comunicazione. In questo caso il tipo di apprendimento sarà più passivo e meno consapevole e il conseguente cambiamento degli atteggiamenti più lento e graduale. Ci troviamo di fronte ad una forma di apprendimento a basso coinvolgimento cognitivo che Shiv e altri autori chiamano lowerorder cognition. In questo caso la frequenza di presentazione della comunicazione avrà una funzione determinante nel processo di apprendimento. Poiché i fattori che influenzano il grado di coinvolgimento possono essere diversi e attribuibili alla situazione personale del consumatore(interessi, valori, bisogni) all’oggetto in sé( contenuto informazione, disponibilità di alternative) ed alla situazione, la motivazione a prestare attenzione risulta essere il risultante della combinazione di ogni singolo fattore in uno specifico momento e in un dato spazio. Il product involvement rigurda il livello di interesse per un prodotto. Molte campagne promozionali sono finalizzate in modo specifico ad accrescere questo tipo di coinvolgimento nei consumatori. In questo caso si punta a dare maggiori informazioni sul prodotto e sulle specifiche caratteristiche. L’advertising involvement si riferisce al livello di interesse nei confronti della comunicazione relativa al prodotto. Infine il purchase situation involvement riguarda le differenze che possono esserci nelle situazioni in cui ci si trova per l’acquisto di un particolare prodotto. La presenza di altre persone significative, tipo la donna amata, così come l’essere in vacanza piuttosto che ad un noioso convegno influenzano profondamente il grado di coinvolgimento. Il coinvolgimento è in grado di modificare la nostra capacità di raccolta delle informazioni e attribuzioni di senso. L’influenza dei processi caldi e della motivazione nella costruzione della realtà. Uno dei contributi più interessanti allo studio del grado di influenza dei processi psicologici “caldi” ( la motivazione, aspettative, bisogni) sui processi cognitivi e decisionali è quello di Bruner che sottolinea e indica il ruolo delle motivazioni, i desideri e le emozioni hanno nei processi sociali e in quelli decisionali. Per dimostrare ciò l’autore si è servito di uno dei più noti esperimenti di psicologia sociale. Tale esperimento consisteva nel chiedere a un gruppo di bambini di 10 nni di giudicare la grandezza di alcune monete. Metà del gruppo proveniva da un’area benestante di Boston, l’altra metà da sobborghi e zone povere. I risultati mostrarono come questi ultimi bambini tendevano a sovrastimare la grandezza delle monete rispetto al primo gruppo. In questo caso l’appartenenza al contesto sociale, i bisogni e desideri hanno influenzato la percezione della grandezza delle monete indicando chiaramente l’influenza dei processi caldi affettivi nell’elaborare le informazioni. Le motivazioni sembrano quindi avere un ruolo determinante nell’interpretazione della realtà e nel giudicare i comportamenti. Diversi studi hanno infatti sottolineato l’influenza esercitata dalla motivazione all’accuratezza sui processi cognitivi. 46 La motivazione all’accuratezza spinge l’individuo a ricercare e adottare strategie più onerose, il suo contrario invece la motivazione alla chiusura spinge all’adozione di strategie semplificatrice esempio le euristiche. La realtà quindi non è assoluta ma la sua percezione può variare a seconda del gruppo a cui un individuo appartiene. Secondo Lewin le forze ambientali hanno un ruolo di grande rilievo nello sviluppo dell’individuo e nella determinazione del suo comportamento, ma ciò che è importante è la profonda relazione causale circolare fra le une e le altra. L’ambiente esperito dall’individuo è visto diverso da persona a persona, come anche per la stessa persona in momenti diversi. Solo negli ultimi anni si è assistito in campo psicologico a una maggiore attenzione alla dimensione narrativa e simbolica per la comprensione dei comportamenti social. Così lo stesso oggetto o comportamento umano assumono un significato diverso nel tempo e nello spazio, perché condizionati dalla cultura e dal modo di interpretare secondo principi situazionali di costruzione sociale. L’individuo deve essere considerato come sistema complesso interrelato con un sistema ancora più ampio come quello sociale, culturale e valoriale analizzabile attraverso una modalità di studio di tipo olistico. MANUALE DI PSICOLOGIA DEI CONSUMI Cap. 5 Costruzione identitaria e comunicazione di marca INTRODUZIONE Simone: dirigente di una grande multinazionale. Molto attento alla cura del proprio corpo e della propria forma fisica. Questo aspetto lo si riscontra anche nella scelta di determinati prodotti. Interessato prima tutto a se stesso, alla sua immagine, ai suoi hobby (nuoto) e a mettere in ato pratiche di consumo che riflettono l’interesse per la propria autodeterminazione. “Sovranità dell’individuo” e “Sovranità della marca” Anni ’80: il consumatore vive all’insegna dell’individualismo; instaura un dialogo esclusivo con il brand, appropriandosi dei valori e dei significati che rappresenta al fine della sua costruzione identitaria. Questo modo di rapportarsi ai prodotti di consumo raffigura una relazione di dipendenza dell’individuo rispetto alla marca, che egli stesso, anche a seguito di condizionamenti sociali, erige a modello di riferimento, quale detentrice e rappresentante di immagini valoriali a cui ispirarsi e di cui perseguire l’acquisizione. Sebbene oggi si registri un calo della sovranità della marca, la sovranità dell’individuo permane, anche se rispetto agli anni ’80, il consumatore trova nella scelta di un prodotto un appiglio momentaneo rispetto ad un’esigenza di autodeterminazione. I DIVERSI MODI DI PENSARE A SE STESSI Differenza tra “identità” e “self” (sé) – A livello teorico: Identità: unicità della persona nel suo complesso; Self: specifiche componenti o posizione di auto-osservazione o ancora determinati processi che riguardano l’idea che ci facciamo di noi stessi. In letteratura: (a) Self-identità: fenomeno individuale; (b) (b)Self-identità: fenomeno sociale. 47 (a) James (1890) Self come soggetto, conoscitore = Io Comprende i vari stati del self: Self awareness (consapevolezza di sé) e le motivazioni del self – processi autoriflessivi – processi di autoregolamentazione che influiscono sull’azione Self come oggetto, conosciuto = Me ruoli e categorie di appartenenza (es.: motociclista, modello, padre,…) diverse rappresentazioni del self ( differenza tra sé ideale e sé reale) vari sé possibili e giudizi su diverse dimensioni del self ( es.: autostima, autoefficacia) Le varie percezioni del self e i sistemi di conoscenza del self sono organizzate in strutture gerarchiche utili all’attivazione mnestica (memoria) oppure in narrative che attribuiscono coerenza e continuità al senso di identità altrimenti frammentate in una moltitudine di rappresentazioni. (b) Self-identità condizionato dall’esterno Si parla infatti di “modello sociale condiviso”, di “aspettative sociali” o ancora di “concezione culturale della persona”. Quindi, il concetto di “cultura” e di “identità” sono strettamente correlati tra di loro nella costruzione identitaria; basti pensare alle diverse concezioni delle società occidentali e orientali circa l’identità (es.: queste ultime antepongono l’identità di gruppo all’identità individuale contrariamente a quanto avviene nelle società occidentali dove l’espressione individuale è considerata al pari di un valore e sin dall’infanzia si va alla ricerca della propria unicità. Queste differenze culturali hanno un impatto considerevole sulle valutazioni delle considerazioni delle condizioni che favoriscono o impediscono l’espressione individuale verso quelle del gruppo. E’ per esempio il caso della “privacy”: la legislazione deve tener conto delle differenze culturali circa il valore attribuito all’identità individuale e alle conseguenti diversità nelle percezioni in materia di diritto alla privacy. IDENTITA’ E PRIVACY NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA Per la definizione del self è importante saper regolare le barriere personali e i meccanismi della privacy definiscono proprio i limiti e le barriere del self. Ciò che è importante è l’abilità di regolare il contatto nella misura che si ritiene adeguata, allontanando le influenze degli altri quando non sono gradite o avvicinandole senza paura quando ritenute necessarie. “Se posso controllare quello che sono io da quello che non sono io, se posso definire cosa è una da cosa non lo è, se posso osservare i limiti e lo scopo dal mio controllo, allora ho fatto un grande passo verso la comprensione e la definizione di che sono. Quindi il meccanismo della privacy serve ad aiutarmi nella mia auto-definizione.” (Altman, 1975) 48 La protezione della privacy risponde sia ad un bisogno di evitamento del rischio di invasione da parte degli altri, sia ad un bisogno di esercitare controllo sulle influenze esterne, sempre allo scopo di salvaguardare la propria autonomia. (Kelvin, 1977) Attraverso la regolazione delle barriere personali, ovvero controllando il grado di auto-rivelazione e il grado di privacy, le persone possono controllare la propria identità, intesa come immagine sociale e di conseguenza il proprio impatto nella società. (Goffman) Oggi, secondo Altman, a causa dell’innovazione tecnologica e della pervasività dell’informazione, sarà sempre più difficile per il consumatore esercitare un controllo sulle proprie barriere e quindi sulla propria identità. La minaccia alla privacy assume il valore una minaccia alla libertà. Tutto ciò che minaccia la privacy corrisponde anche ad una minaccia all’identità individuale, oggi più che mai basata sui principi di libertà e autonomia. SELF-CONCEPT, SE’ IDEALE, SE’ POSSIBILI E IDENTITA’ MULTIPLE Self-concept: è l’idea che si ha di sé, ovvero è quel self conosciuto = ME ME inteso come: Sé reale: quello che penso di essere, la condizione attuale; Sé ideale: quello a cui aspiro, l’ideale da raggiungere; Sé possibili: molteplici sfaccettature di me stesso, sia attuali che potenziali. Rappresenta il collegamento fra cognizione e motivazione. Le valutazioni del “Sé reale” e del “Sé ideale” possono discostarsi l’una dall’altra. La pubblicità sfrutta proprio questo gap, presentando modelli di identificazione che forniscono un ideale troppo lontano dal reale e incentivando una valutazione severa del sé reale, per esempio associando valutazioni negative alle rughe o ai capelli bianchi. L’associazione tra bellezza giovinezza e successo 49 economico produce un divario tra i due “Sé”, colmabile solo sul piano simbolico attraverso la scelta di prodotti e di marche in grado di rappresentare gli stessi valori. Dal momento che il contesto sociale svolge un ruolo importante nella costruzione del “Sé”, è possibile considerare il self come una realtà dinamica ed in costante evoluzione. Si tratta di interpretazioni socio-centriche, in quanto l’identità appare composta di molte sfaccettature che trovano espressione in base ai diversi contesti e stimolazioni che provengono dall’ambiente. Ecco perché possono coesistere diversi modi di essere e diverse identità. Rosenberg parla di “identità sociali” a seconda dei ruoli rivestiti. Esse tuttavia non esauriscono la molteplicità delle identità di una persona e a queste si associano anche tratti individuali non riconducibili a particolari ruoli sociali. Secondo la tradizione sociologica dell’Interazionismo Simbolico, ogni persona ha potenzialmente più “Sé sociali” che si costruiscono e si esprimono nell’interazione sociale. Le persone attribuiscono significato a se stesse e alle cose in base ai significati che vi attribuiscono e al modo in cui agiscono verso queste stesse cose o persone. Il significato emerge quindi, dall’agire stesso nel contesto dell’interazione e dalla reciproca interpretazione di quello che si pensa essere l’agire dell’altro. (Blumer) La concezione dell’identità come risultato di un’interpretazione sottolinea la sua natura dinamica in base ai contesti sociali. L’identità è in continua evoluzione Prospettiva socio-costruzionista di Gergen (1979) Concetto di identità multipla fatta di elementi spesso in contraddizione tra di loro, tipica caratteristica degli individui delle società post-moderne. Ne deriva un consumatore dalle identità multiple che lo orientano verso forme di autorealizzazione contradditorie, che tenta di compensare le sue mancanze attraverso scelte di stili di vita adeguati e relazioni significative con i brand che sono spesso all’origine degli stessi processi di identificazione e imitazione. 50 POST MODERNITA’ E IDENTITA’ Il consumatore postmoderno agisce e sceglie in quanto individuo, seguendo le proprie inclinazioni e cercando di esprimere se stesso piuttosto che come membro di un gruppo Individualizzazione Inoltre, il consumatore postmoderno si trova a dover affrontare la “frammentazione” dei modelli, dei valori e degli stili. Giddens parla di “Modernità radicale” , riconoscendo i due aspetti sopra elencanti come cambiamenti fondamentali della società. Di fronte all’incertezza, alla complessità, al rischio percepito, il consumatore di oggi si affida alla fiducia ontologica per evitare l’effetto paralizzante dell’ansia che * nel dover scegliere. E’ sicuramente più libero nell’auto-determinarsi, ma paga questo atto di libera espressione in termini di insicurezza, ansia da prestazione e paura. Il “self-focus” (concentrazione su di sé) aumenta all’aumentare dell’insicurezza e dalla mancanza di controllo percepito ed è un’esigenza che nasce dal perseguimento della felicità. Se prima si affidava la felicità alla religione, rimandando la questione all’aldilà, i nuovi valori di riferimento sollecitano un’autorealizzazione tutta terrena e costringono l’individuo a ricercare nella contemporaneità la ragione della propria esistenza. Il self-focus si esprime in termini di riflessività, per cui il soggetto tende a sottoporsi a valutaione continua, in relazione ai risultati che ottiene nell’ambiente e in base ai quali si predispone al cambiamento. La descrizione postmoderna enfatizza la dimensione sociale dei processi riflessivi che, stimolati dalla pervasività dell’informazione, inducono la società nel suo insieme e gli individui, a riflettere costantemente sui propri processi, predisponendosi così ad una costante evoluzione. IL RAPPORTO TRA CONSUMO E IDENTITA’ Il rapporto con i beni di consumo non è di tipo utilitaristico. 51 I beni sono infatti portatori di significati e possono svolgere un ruolo simbolico ai fini dell’espressione identitaria. Ne deriva che il consumo è un atto di comunicazione. Douglas e Isherwood (1979) hanno evidenziato il significato culturale degli oggetti e messo in evidenza la loro funzione simbolica al di là delle caratteristiche funzionali e utilitaristiche. Nella società contemporanea i significati simbolici si amplificano per via delle strategie di comunicazione delle marche che diventano portatori di valori e significati. Tuttavia, il consumatore non sempre è fruitore passivo in questo processo di significazione ma attribuiscono agli oggetti significati propri e intangibili, non previsti dal produttore e dal marketing. La condivisione sociale del valore economico dei beni è un fattore importante nella spiegazione del Materialismo. Le persone materialistiche misurano il proprio e l’altrui valore con riferimento ai beni materiali posseduti che apparirebbero anche come garanzia di felicità. I beni con cui entriamo in relazione assumono così significati ulteriori che vanno ad aggiungersi a quelli definiti dalla marca significato simbolico di estensione del self (estende self). MODELLO SIMBOLICO-COMUNICAZIONALE DI DITTMAR (1992) Spiega il significato dei beni materiali ai fini della costruzione identitaria. SIGNIFICATO DEI BENI MATERIALI SIGNIFICATO STRUMENTALE SIGNIFICATO SIMBOLICO vengono considerati per le loro caratteristiche fisiche FUNZIONE LEGATA ALL’USO può combinare sia l’aspetto simbolico che quello funzionale 52 SIGNIFICATO CATEGORICO è l’indicatore di status della posizione economica e sociale- posiziona l’individuo in termini sociomateriali SIGNIFICATO ESPRESSIVO DEL SE’ riguarda la rappresentazione di attributi, qualità attitudini, inclinazioni personali I giudizi categorici, riguardanti la ricchezza in particolare, svolgono un ruolo molto importante nella formazione della prima impressione. In questo modo si possono creare degli stereotipi: viene dato un giudizio sulla condizione economica della persona (valutazione categorica) e successivamente si forma un’impressione sulle qualità personali (valutazione espressiva) in funzione della prima valutazione. Dittmar sottolinea l’aspetto pubblico dei beni materiali, ovvero il significato che viene attribuito ad un oggetto da osservatori esterni, distinguendola dalla dimensione privata che è invece rappresentata dalla somma dei significati che l’oggetto rappresenta per un individuo e può comprendere anche il significato pubblico. Al di là del significato privato, è il significato pubblico dei beni che spiega molte delle scelte individuali. L’ Approccio semiotico utilizzato in ambito di ricerche di mercato, si basa sull’analisi dei sistemi di senso che concorrono alla creazione e alla caratterizzazione di prodotti e marche attraverso i processi della comunicazione sociale. Esso serve per individuare quelle forme di relazione e valori in gioco che caratterizzano gli oggetti di analisi, al fine di poterlo posizionare ( per analogie o differenze), incrementando il potere euristico ( si spiega meglio ciò che è stato smontato e confrontato). 53 La ricerca socio-semiotica è però anche uno strumento che può essere utilizzato autonomamente per esempio per costruire scenari editoriali, per evidenziare scarti e specificità di posizionamento o per individuare aree non ancora presidiate. E’ possibile costruire così una tabella comparativa (mappa o grafico) che mette in evidenza queste caratteristiche. IL CONSUMO DEL CORPO Il corpo è il primo territorio a ospitare pratiche di consumo per la costruzione identitaria. Il proprio corpo e tutto ciò che lo adorna e lo ricopre, così come gli oggetti che hanno a che fare con la persona (auto, casa, letto, …) sono tutte funzioni rappresentative dell’estensione del self. Le pratiche trasformative del corpo, come la cura della bellezza l’attenzione per la moda e per la chirurgia estetica e così via, sono invece comportamenti di consumo sintomatici del bisogno di controllo sul proprio self, per proteggersi dal rischio percepito di inadeguatezza, per intervenire sul pericolo di esclusione sociale, per contrastare l’invecchiamento. Il corpo rappresenta quindi, il fulcro del controllo sull’espressione del sé nella relazione sociale, percepito come uno strumento funzionale al successo nella relazioni intime come in quelle di lavoro. Ci sono poi casi in cui si assiste ad una parziale o totale sovrapposizione fra immagine fisica e identità, come per esempio coloro che ricorrono in maniera intensiva e continua alla chirurgia plastica e nonostante ciò restano comunque insoddisfatti. Tutta la loro insicurezza e instabilità sociale e relazionale, si ripercuote sul corpo, visto come l’unico territorio sul quale sentono di poter esercitare un certo dominio. IDENTITA’ DI GENERE E CONSUMO Identità di genere: consapevolezza dell’individuo di essere maschio o femmina; 54 categorie interpretative condivise che ispirano il comportamento di consumo secondo il genere di appartenenza e il ruolo ad esso legato. Il genere sessuale e le rappresentazioni che lo connotano sul piano sociale svolgono un ruolo importante nella costruzione identitaria perché fanno emergere scelte di consumo differenti in base al genere di appartenenza. Le donne sono più focalizzate su compensazioni inerenti l’immagine sociale e scelgono quindi prodotti che sono in relazione trasformativa con il corpo (cibo, trucchi, vestiti). Gli uomini, invece, si concentrano sui simboli che sono più significativi per l’identità personale, prediligendo così consumi che riguardano l’intrattenimento personale, consumi funzionali che assumono un ruolo simbolico strumentale alla realizzazione del self. In entrambi i casi, la scelta dei consumi dipende dal significato emozionale e simbolico a seconda delle mancanze percepite nel concetto di sé. La pubblicità tende a indirizzarsi verso un pubblico più eterogeneo per gusti e orientamenti sessuali, * un po’ della rappresentazione degli stereotipi come l’ “uomo macho che non deve chiedere mai” e della “donna fatale” riproponendoli così anche in altri contesti. Un’attenzione particolare è rivolta al consumatore gay, dal momento che rappresenta sempre più una realtà che identifica prodotti simbolo e stili di consumo utili alla propria rappresentazione. E’ possibile individuare delle fasi del “coming out” a cui corrispondono diversi sistemi di consumo del soggetto. FASI CONSUMI Sensibilizzazione Generici Crisi di identità Ad hoc Assunzione di identità Impegno Simbolici Cross-over 55 I mercati e i consumi non solo manifestano le identità dei consumatori, ma partecipano anche alla loro ridefinizione. Come dice Laura Oswald: “Per quanto da una parte il comportamento di consumo sia una sorta di specchio del sé, dall’altra il consumo costituisce il sé: i prodotti sono oggetti da amare, odiare, maneggiare e contribuiscono alla formazione sociale e psicologica del consumatore e della cultura.” PERSONALITA’ E STILI DI VITA Lo studio della personalità è stato utilizzato dal marketing per individuare comportamenti stabili e riconoscibili a caratteristiche personali. Anche in psicologia questo studio nasce dal desiderio di spiegare delle apparenti regolarità nel comportamento degli individui attraverso una varietà di situazioni diverse. In realtà, i tratti della personalità anche se concepiti come caratteristiche stabili, risultano più come una funzione di impulsi innati, motivazioni apprese ed esperienza. Teoria psicoanalitica di Freud mette in evidenza la componente inconscia ad agire. Secondo Freud la personalità è composta da: ES componente pulsionale regolata dal piacere e orientata alla gratificazione immediata e all’evitamento del dolore. Per esempio: soddisfazione istinti sessuali e aggressivi IO adatta gli istinti dell’Es a un principio di realtà che tiene quindi conto delle regole e limiti imposti dal mondo in cui l’individuo vive. Rappresenta l’istanza adulta adatta alle richieste dell’ambiente quindi, oltre soddisfare i propri bisogni, tiene al mantenimento della relazione. SUPER-IO istanza ideale che orienta l’Io a migliorarsi e allontanarsi dalla pressione alla soddisfazione che giunge dall’Es. 56 La concezione di Freud ha influenzato la ricerca sul consumatore suggerendo l’esistenza di motivazioni inconsce che si celerebbero dietro a razionalizzazioni imposte dalla coscienza. Ci sono quindi prodotti che al di là dei loro attributi funzionali, possono rappresentare oggetti per la soddisfazione di bisogni inespressi, spesso legati all’eros. Da qui si è sviluppata la ricerca motivazionale con lo scopo di scoprire le motivazioni inconsce del consumo, represse o rimosse a causa di un super-io severo. Questo prevede interviste in profondità, tecniche proiettive a test di associazioni di parole (indagine qualitativa). Per lo studio della personalità ci si rifà anche ad un altro approccio che individua dei tipi di personalità. Horney ha individuato 3 tipi di persona: Quelle che si avvicinano alle altre, dette compiacenti, che sentono il bisogno di essere accettate, apprezzate, amate, di stare in compagnia. Per piacere agli altri evitano le discussioni, sono generose e si lasciano dominare; Quelle che si allontanano dalle altre, dette distaccate, che cercano di mantenere un distacco emotivo e comportamentale dagli altri, evitano obblighi e impegni, cercano di non attirare l’attenzione; quelle aggressive, che cercano di impressionare gli altri, di vincere, di attrarre l’attenzione con un comportamento disinvolto e con atteggiamenti da leader. Queste tre diverse tipologie di persone possono ricondursi a comportamenti di consumo differente e a preferenze per marchi diversi. Jung, invece fa una distinzione tra persone introverse e persone estroverse a seconda della tendenza a trarre stimoli dall’esterno attraverso le relazioni sociali rispetto alla tendenza opposta. Ciò che differenzia e influenza il consumo può essere relativo a quanto le persone sono interessate alle novità, al materialismo, a controllare la propria immagine. 57 Certo è che spesso i brand hanno caratteristiche tali da consentire processi di identificazione. Il rapporto tra marca e consumatore si basa su norme di relazione interpersonale: dipende quindi da come le persone percepiscono il brand e dal tipo di effetti che tale percezione esercita sugli atteggiamenti e i comportamenti di consumo. BRAND PERSONALITY Il brand serve per ridurre la distanza fisica tra consumatori e impresa differenziando i brand rispetto ai concorrenti, sia come garante della qualità del prodotto. Il brand non è più solo indicatore del produttore o della provenienza geografica ma con l’aumentare dell’offerta, esso acquisisce ulteriori significati, è sempre più autonomo, in grado di esprimere la personalità e i valori. Si distingue così tra: Comunicazione istituzionale (reputazione del produttore) Comunicazione del brand (associazioni tra valori e personalità con un certo prodotto) Brand Personality si riferisce alle caratteristiche umane associate ad un brand; rappresenta il punti di intersezione più importante fra marketing e psicologia per ciò che riguarda la promozione del prodotto. Infatti, è attraverso lo studio della psicologia del consumatore che si può progettare una personalità di marca in grado di soddisfare i bisogni di identificazione alla base della relazione e della scelta. I tratti della personalità vengono trasferiti direttamente al brand (es.: i testimonial) come se si trattasse delle caratteristiche del consumatore tipo del prodotto o del consumatore che produce quel prodotto. (Mc Craken, 1989) Secondo lo studio di Jennifer Aaker (1997), non sempre il “Principio di congruenza del SELF” , secondo il quale i consumatori si avvicinano ai brand che presentano tratti analoghi ai propri, ha trovato conferma in letteratura. Questo può essere perché non sempre vi è corrispondenza fra tratti umani e tratti del brand. 58 Aaker individua 5 dimensioni di personalità presenti in tutte le marche: Sincerità Eccitazione Competenza Sofisticatezza Rudezza Emerge che vi è una sovrapposizione per i primi 3 tratti ma non per gli altri 2, che pur non essendo presenti nelle persone, rappresentano dimensioni aspirazionali. Campione: 37 marche, 114 tratti di personalità, 631 soggetti (Brand Personality Scale) Secondo l’Approccio relazionale, il brand è antropomorfizzato da parte del consumatore e per questo può entrare nella relazione come se si trattasse di una persona. Fournier dice che questa tendenza sarebbe innata negli individui e quindi è inevitabile un processo di attribuzione di caratteristiche e tratti di personalità ai prodotti che si distinguono con una certa marca. Le relazioni che possono instaurarsi fra consumatore e brand possono essere di tipo: Funzionale: la relazione viene giudicata dal consumatore in base all’utilità percepita; Psicologico-emozionale: coinvolge il consumatore personalmente perché soddisfa i bisogni di identificazione; Socio-culturale: la relazione consente di costruire e comunicare appartenenze sociali, aderendo a stili di vita necessari all’identità sociale del consumatore. Pentascopio è un modello interpretativo finalizzato allo studio della brand personalità che trova applicazione nelle ricerche di marketing e sul consumatore. Descrive i principali tratti distintivi dell’identità di marca, basandosi sulla teoria psicologica “Big Five” : energia, stabilità emotiva, responsabilità, amicalità e apertura mentale. Si presenta come un questionario auto 59 compilabile. Attraverso “pentascopio” è anche possibile descrivere lo stile espressivo che i consumatori attribuiscono alla “personalità della marca”. Le diverse personalità vengono quindi analizzate non solo come appaiono al consumatore (assi strutturali), ma anche nel loro modo di relazionarsie interagire con i diversi target (aree espressive) e sono: continuità, istituzionalità, rassicurazione, simpatia e creatività. Inoltre, è possibile visualizzare in uno scenario complessivo (mappa tipologica) il posizionamento di più personalità, permettendo una visione sinottica di più brand. STILI DI VITA Insieme di attività, interessi e opinioni che possono indicare differenze tra i consumatori, ovvero consentire l’identificazione di gruppi di consumatori omogenei al loro interno. Per questo, il concetto di “stile di vita” viene spesso associato a quello di “personalità”. Rispetto alle segmentazioni classiche basate solo su dati socio-demografici, gli stili di vita includono variabili di tipo psicologico come gli atteggiamenti, tratti della personalità, vengono così chiamate psicografie. Gli item mettono in rilievo la centralità attribuita ai valori come fattore determinante nell’orientare in modo costante atteggiamenti e comportamenti dei consumatori. Dall’analisi degli item/stili di vita è possibile: Identificare il target; Sviluppare strategie per il posizionamento dei prodotti; Sviluppare strategie di comunicazione adottate al target di riferimento. La tecnica psicografica più nota è il VALS (Value And Life Style) di Mitchell (1989) che si basa soprattutto sulla teoria gerarchica motivazionale di Maslow, secondo cui i bisogni delle persone 60 sono ordinati gerarchicamente, dai bisogni fisiologici e di sicurezza, ai bisogni di tipo sociale (appartenenza, attaccamento, stima, riconoscimento, autorealizzazione). Secondo questa tecnica, una volta soddisfatti i bisogni fisici (need driven), i consumatori si dividono in: Outer Directed (eterodiretto): da più importanza al giudizio degli altri e si rifà a valori socialmente condivisi; Inner Directed (autodiretto): puntano più sull’autogratificazione e sono orientati a valori più personali; Integrati: sono alle prese con i bisogni di autorealizzazione. La tecnica VALS 2 da minore peso ai valori e alle influenze sociali e si concentra molto di più su caratteristiche psicologiche, individuando 2 dimensioni psicologiche: Self-orientation, orientamento a: perseguire la coerenza con i propri principi; migliorare il proprio status; ottenere stimolazioni e sfide. Risorse personali: motivazione, intelligenza, interesse al consumo, energia. I principali contributi sono la tecnica di segmentazione “Sinottica di Eurisko” (fondata da G.Calvi nel 1972) che consiste nell’elaborazione di 14 stili di vita tramite un questionario su atteggiamenti, interessi, opinioni, realizzato su un campione di circa 1000 persone dai 14 anni in su, da cui è possibile mettere in evidenza delle aggregazioni per stili giovanili, stili superiori, stili centrali maschili e femminili, stili marginali, a seconda delle variabili prese in considerazione che fanno riferimento soprattutto a descrittori socio-anagrafici e ad attività di spesa e consumo. La mancanza di una teoria che spieghi la creazione di tali aggregazioni, vanifica anche la questione della validità. Inoltre queste tecniche difficilmente consentono di prevedere il comportamento. Si limitano, in genere, a descrivere gruppi di consumatori, giungendo alla formulazione del target già 61 raggiunto. Risulta perciò sempre più evidente la necessità di integrare le varie tipologie di stili di vita con domande specifiche al prodotto in questione. BRAND MANAGEMENT Fa riferimento a tutte le strategie di gestione della marca finalizzate ad aumentare il valore percepito di uno o più prodotti in termini di istintività, qualità e attrattività dell’offerta rispetto a quella dei concorrenti. Si parla infatti di: Brand Equity (valore della marca): con riferimento alla conoscenza e alla forza di una marca in un dato mercato come fra i principali indicatori di successo per un dato prodotto. Essa è determinata da: - Proprietà della marca (Brand awareness) - Fedeltà alla marca (Brand loyalty) - Qualità percepita della marca - Immagine di marca (Brand image) Line Extension: strategia di marca che riguarda il lancio di una categoria di prodotti nuovi all’interno di una linea di prodotti già noti ( es.: la mozzarella Santa Lucia della Galbani che introduce la mozzarella alle olive). Brand Extension: strategia di marca che coinvolge il lancio di nuove categorie di prodotti utilizzando una marca già nota (es.: il brand Ferrari utilizzato per le linee di abbigliamento). Licencing: i diritti di sfruttamento di un marchio sono venduti ad un altro produttore per la vendita di prodotti appartenenti categorie non concorrenti, per edizioni speciali e limitate nel tempo. 62 Co-Branding: associazione fra due marchi al fine di consentire al prodotto di un marchio di raggiungere il target del secondo (es.: telefonino lanciato da LG Electronics con il marchio Prada). Il successo delle strategie di gestione del brand dipende da molteplici fattori. Per esempio un fattore critico nella realizzazione di strategie di brand extension è la consonanza percettiva. La somiglianza fra la nuova categoria di prodotto e al categoria per la quale la marca gode già di notorietà influisce sulla reale possibilità di trasferimento del capitale della marca. La natura multidimensionale della consonanza percettiva (G. Bertoli). Consonanza fra categorie di prodotto Si tratta della consonanza percepita fra la categoria in cui tradizionalmente opera la marca e quella in riferimento alla quale ha luogo la brand extension. In questo caso la consonanza può essere valutata in termini di similarità, ovvero, in funzione del grado in cui i consumatori percepiscono il nuovo prodotto in qualche modo collegato agli altri contraddistinti dalla medesima marca. Boush e Loken (1991) dimostrano che gli atteggiamenti del consumatore relativi a prodotti contraddistinti da una determinata marca, tendono a trasferirsi al nuovo prodotto oggetto dell’estensione con maggiore immediatezza se questo è percepito simile ai prodotti originari. Aaker e Keller (1990) riconducono la formulazione di giudizi di consonanza fra categorie a 3 tipologie: Complementarietà: il grado in cui il consumatore ritiene che i prodotti possono essere consumati/impiegati congiuntamente, al fine di soddisfare meglio un certo bisogno; Sostituibilità: la misura in cui il consumatore reputa che due o più prodotti condividono modalità di applicazione, contesto di utilizzo, bisogni soddisfatti; Trasferimento di competenze: riflette la percezione del consumatore circa l’abilità di un’impresa operante in una categoria di prodotto nel realizzare prodotti appartenenti ad 63 altra categoria; può riguardare le competenze possedute, che possono essere trasferite nel nuovo prodotto (know how transfer) e la facilità di realizzazione di quest’ultimo (easy-ofmake). Sono queste due ultime variabili a influenzare in modo positivo e diretto l’atteggiamento del consumatore nei confronti del nuovo prodotto oggetto dell’estensione. Un altro fattore che influenza la valutazione di consonanza effettuata dal consumatore è il livello tecnologico che caratterizza le categorie di prodotti. Per esempio il nuovo prodotto oggetto dell’estensione viene reputato di qualità maggiore quando il livello tecnologico che caratterizza la categoria originaria è elevata. Consonanza tra marca e nuovo prodotto Ci sono delle associazioni che Keller definisce “modi informativi connessi tra loro nei memory network in cui risiede il significato della marca per il consumatore”, le quali sono connesse alla marca e possono essere di due tipi: Brand concept: associazioni generali connesse alla marca, ovvero quei significati astratti che connotano una data marca e che in genere derivano dalle caratteristiche del prodotto. Esso posiziona il prodotto nella mente del consumatore e differenzia le marche che operano nella stessa categoria produttiva; Brand association (associazioni specifiche della marca): attributi o benefici che differenziano una marca da quelle concorrenti. In generale, i consumatori valutano l’estensione facendo riferimento ad associazioni più generali, quali il brand affect e la similarità del prodotto. Se però si tratta di una marca che gode di un’elevata conoscenza, gli effetti del brand affect e della similarità sono ininfluenti nella creazione dell’estensione sulle associazioni. Importante è anche l’informazione relativa all’estensione della marca che deve essere reputata come rilevante dal consumatore. In seguito a queste 64 informazioni, le associazioni possono modificarsi. Quelle che però hanno un alto livello di fedeltà si caratterizzano per un’elevata resistenza al cambiamento e risultano, pertanto, limitatamente influenzabili dalle informazioni derivanti dall’estensione della marca in una nuova categoria di prodotto. Busacca Analisi dell’impatto delle due tipologie di consonanza percettiva sulla fedeltà dei consumatori: Nel caso della fedeltà cognitiva all’estensione (brand extension) risulta fondamentale la coerenza a livello di brand association: più è coerente l’associazione, più ci sarà un incremento della fedeltà della marca. Nel caso della fedeltà cognitiva nei confronti del nuovo prodotto oggetto dell’estensione, si è analizzato che il livello di coerenza fra categorie di prodotto non influenza la fedeltà (tale fedeltà è infatti scarsa quale che sia il livello di coerenza fra categorie). Cap. 6 Gli atteggiamenti dei consumatori INTRODUZIONE Gli atteggiamenti si formano e cambiano in virtù delle informazioni che riceviamo nel nostro ambiente di interazioni. Il gruppo dei pari come i contesti lavorativi svolgono un ruolo importante nella spiegazione delle posizioni attitudinali e dei comportamenti di ciascuno. Gli atteggiamenti possono perciò essere considerati come il risultato di predisposizioni personali e delle tante forze sociali che agiscono sulla persona fino a determinare le preferenze, le intenzioni e i comportamenti. Atteggiamenti diversi portano a reazioni diverse anche nei confronti del consumo, per questo, possiamo dire che gli atteggiamenti dei consumatori hanno un importante influenza sui comportamenti d’acquisto e questi ultimi possono successivamente andare a rinforzare un certo atteggiamento o modificarlo. 65 La ricerca sugli atteggiamenti può essere utilizzata per comprendere le potenzialità di un nuovo prodotto, oppure per comprendere e prevedere eventuali cambiamenti nelle abitudini di consumo. CHE COSA SONO GLI ATTEGGIAMENTI? Aalport: atteggiamento-stato mentale, organizzato grazie all’esperienza che esercita un’influenza sulle risposte dell’individuo nei confronti di tutti gli oggetti e le situazioni con cui è in relazione. I vari approcci alla definizione degli atteggiamenti corrispondono a diverse metodologie di misurazione. Ci sono 3 modelli che hanno interpretato l’atteggiamento in base alle componenti: Modello a una componente (Thurstone): l’atteggiamento consiste in un sentimento o valutazione verso un determinato oggetto, persona o evento. In termini di misurazione è stato tradotto attraverso l’uso di scale attitudinali volte a descrivere “il grado di valutazione positiva o negativa associata a un dato oggetto psicologico.” E’ stata poi individuata anche una componente di predisposizione all’azione. Modello a due componenti: l’atteggiamento consiste in una condizione mentale che influenza il comportamento e che di conseguenza influisce sui giudizi valutativi in maniera persistente. L’atteggiamento viene quindi visto come qualcosa di inosservabile all’esterno se non attraverso le valutazioni e comportamenti. Modello a tre componenti: l’atteggiamento è costituito da una componente cognitiva (si riferisce alla convinzione, probabilità che un’affermazione sia vera o falsa), una componente affettiva (che implica sentimenti negativi o positivi) e una componente conativa ( che esprime la tendenza a comportarsi in un certo modo nei confronti dell’oggetto dell’atteggiamento). Modello tripartito dell’atteggiamento – Hogg e Vaughan – considera la relazione tra atteggiamento e comportamento come già data, definita. 66 Ai fini del marketing è importante comprendere quale sia la funzione che svolge l’atteggiamento verso un determinato prodotto, perché partendo da essa si possono capire le principali barriere all’acquisto o individuare gli attributi più significativi del prodotto nella spiegazione delle preferenze e della scelta. Kats individua 4 funzioni degli atteggiamenti: Funzione utilitaristica: l’atteggiamento verso un certo oggetto si sviluppa per raggiungere un certo beneficio o evitare un effetto negativo (piacere/dispiacere) Funzione di espressione del valore: gli atteggiamenti svolgono la funzione di esprimere valori self-concept individuali, quindi atteggiamenti che meglio esprimono l’immagine del self che si intende proiettare e che ne determina l’appartenenza ad un gruppo sociale attraverso l’adesione a stili di vita. Funzione difensiva del self: il consumatore può assumere un determinato atteggiamento per difendere una mancanza percepita a livello identitario. Quindi si avvicinerà ad un dato prodotto che è in grado di compensare la debolezza percepita ( es.: di sex appeal per cui le donne si orientano verso un abbigliamento più provocante). Funzione cognitiva: la necessità di coerenza induce a privilegiare le interpretazioni più vicine a ciò che si conosce e non contraddice la struttura di credenze che già condiziona decisioni e comportamenti, quindi nei confronti di un prodotto e marca nuova, il consumatore potrebbe sviluppare un atteggiamento negativo se esso si dissocia molto dal suo credo che ha giustificato acquisti passati Dissonanza cognitiva (Teoria della consistenza cognitiva) Quando dobbiamo scegliere fra più opzioni desiderabili, per ridurre la dissonanza e avvalorare la tesi che abbiamo fatto una buona scelta si tenderà a selezionare informazioni utili a formare un atteggiamento positivo e coerente alla scelta fatta. 67 Si può reagire adottando strategie volte ad aggiungere, eliminare o cambiare informazioni. Balance Theory – Heider Teoria formulata per perseguire una sorta di coerenza cognitiva. Presuppone l’esistenza di triadi date da due persone e un oggetto, oppure da tre persone, che a seconda degli atteggiamenti con cui si associano gli uni agli altri possono rappresentare strutture equilibrate o disequilibrate che tendono pertanto a un cambiamento. Siamo in presenza di un ristrutturazione cognitiva. Nel marketing per ridurre le condizioni di ambivalenza che porta ad avere atteggiamenti incostanti e instabili nell’acquisto e incentivare la formazione di atteggiamenti positivi si può ricorrere a testimonial apprezzati dal pubblico. Teoria del giudizio sociale – Sherif e Hovloud (1997) Le persone raccolgono informazioni sugli oggetti di atteggiamenti in base a quello che sanno già e di cui hanno accumulato precedente esperienza. Gli atteggiamenti iniziali, quindi, identificano uno standard entro il quale vanno ad adattarsi le nuove informazioni e che definisce il livello di accettabilità soggettiva che informa il giudizio sociale e che incide sulla predisposizione positiva o negativa a determinati messaggi (siamo molto più tolleranti se notizie negative riguardano per esempio un esponente del nostro partito e siamo indignati invece nei confronti di notizie negative relative al partito opposto al nostro). Gli effetti, per cui lo standard soggettivo di accettabilità influisce sull’interpretazione dei messaggi e sul loro affetto, sono noti come effetto assimilazione e effetto contrasto. La strategia di marketing deve cercare di stimolare un effetto assimilazione partendo da una conoscenza approfondita del target della comunicazione. ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE E DEGLI ATTEGGIAMENTI Teoria dell’integrazione dell’informazione (Anderson) 68 Già gli individui operano come risolutori di problemi e valutatori di nuove informazioni. Il modo in cui le informazioni vengono analizzate e organizzate determina la struttura degli atteggiamenti, i quali quindi, cambiano in relazione alle nuove informazioni che vengono sottoposte a elaborazione e corrispondono ad una media dei tratti positivi e negativi attribuiti ad un certo oggetto. Quindi dall’elaborazione delle informazioni delle informazioni si passa alla formazione dell’atteggiamento fino a giungere alla disposizione all’azione. Gerarchie di effetti fra le componenti dell’atteggiamento e i comportamenti di consumo. Gerarchia di apprendimento standard Cognizione affettività comportamento Si parte dall’elaborazione delle informazioni circa l’oggetto in base alle quali svilupperà una preferenza anche sul piano affettivo, che porta all’azione, al comportamento come l’acquisto di un dato prodotto. Questo avviene soprattutto nel caso di acquisti ad alto coinvolgimento emotivo e /o costosi; es.: scooter, colori per un pittore. Gerarchia a basso coinvolgimento Cognizione comportamento affettività Si parte da conoscenze/ informazioni scarse circa il prodotto ma che comunque portano all’acquisto per curiosità o prezzo basso. Queste informazioni però non sono sufficienti a favorire la formazione di una preferenza sul piano dell’affettività, la quale potrebbe essere raggiunta solo dopo un processo di apprendimento comportamentale, ovvero in seguito alle informazioni raccolte attraverso il comportamento di consumo. Gerarchia esperienziale Affettività comportamento cognizione 69 E’ il caso dei consumi edonistici che partono dalle preferenze del consumatore (affettività), le quali portano al consumo. L’elaborazione cognitiva circa gli attributi del prodotto può verificarsi solo a posteriori dell’esperienza di consumo. L’accento è quindi posto sulla stimolazione dei sensi, su ciò che fa star bene indipendentemente da elaborazioni cognitive e funzionalità del prodotto. Risposta emozionale fattore centrale dell’atteggiamento I MODELLI DI ATTEGGIAMENTI Il comportamento non sempre è spiegato dall’atteggiamento. Ci sono atteggiamenti manifesti e atteggiamenti impliciti ( non richiedono una valutazione esplicita di un oggetto di atteggiamento, ma è ricavata in genere dai tempi di reazione associati ad un compito di tipo cognitivo. Corrispondono a fattori associativi, veloci, impulsivi, automatici, contro quelli riflessivi e deliberativi degli atteggiamenti espliciti. I comportamenti sono determinati da entrambi i fattori, mentre gli atteggiamenti privilegiano o un aspetto o l’altro). Un problema nella misurazione degli atteggiamenti è rappresentato dalla difficoltà a verbalizzare tutte le componenti. Non sempre il consumatore è in grado di esprimere una valutazione su un dato prodotto e in ogni caso, gli atteggiamenti sono costrutti complessi che non si esauriscono in una semplice valutazione di apprezzamento. Si sono così sviluppati modelli di atteggiamento multi-attributo che sostengono l’importanza di valutare i diversi atteggiamenti che il consumatore può esprimere verso i numerosi attributi di un prodotto al fine di giungere ad una misurazione dell’atteggiamento complessivo verso un dato oggetto di atteggiamento. E’ importante quindi individuare gli attributi significativi del prodotto come prima cosa. Dopo aver identificato tutti i tratti che il consumatore prende in considerazione nella valutazione del prodotto, questi modelli rilevano dei credi del 70 consumatore circa gli attributi di quello specifico oggetto di atteggiamento. Infine, verrà misurato il peso dell’importanza soggettivamente attribuita ai diversi tratti del prodotto. Modello di Fishbein (1983) misura: I credi salienti circa un oggetto di atteggiamento ( es.: che il succo di frutta possa essere nutritivo o dissetante); La relazione esistente fra lo specifico oggetto di atteggiamento e i credi (cioè la probabilità che il succo sia nutritivo o dissetante); La valutazione soggettiva di importanza circa la presenza di tali attributi. Limite: prevedono che le persone possono razionalmente valutare ciascun attributo singolarmente e che siano in grado di esprimere una preferenza o meno per ciascuno prima ancora di giungere alla formulazione di un atteggiamento complessivo. Come si ricava l’atteggiamento generale nel modello di Fishbein? Formula: Aijk = ∑BijkIjk L’atteggiamento generale del consumatore (K) si ottiene moltiplicando la valutazione rispetto a ciascun attributo (i) considerato del prodotto (B) per l’importanza soggettiva percepita per ciascun attributo(i) rispetto a tutte le marche considerate (j). L’atteggiamento generale così calcolato non prevede il comportamento di consumo. Teoria dell’azione ragionata – Modello esteso di Fishbein Come la motivazione anche gli atteggiamenti hanno direzione e forza e possono influire sul comportamento attraverso la loro reazione con l’intenzione ad agire. Una particolare azione sarà messa in atto se l’atteggiamento verso l’azione è favorevole, se le sue conseguenze sono valutate come desiderabili ed esiste una spinta motivazionale a compiere la’zione come risultato del bisogno di conformarsi alle aspettative sociali percepite. 71 Mentre per Fishbein il modo migliore per prevedere un certo comportamento è chiedere alle persone se sono effettivamente intenzionate a metterlo in atto, secondo la teoria dell’azione ragionata, l’intenzione ad agire è condizionata dall’atteggiamento verso il comportamento ( credi e importanza cognitiva) e dalla norma soggettiva cioè il prodotto delle percezioni individuali circa le aspettative e la motivazione a conformarsi ad esse. Questa teoria predilige solo quei comportamenti che sono sotto il controllo dell’individuo. Teoria del comportamento pianificato (Ajzen) Estende la teoria dell’azione ragionata nel tentativo di sottolineare l’importanza del controllo sull’azione. Questo modello indica che il controllo percepito sul comportamento corrisponde a quanto la persona ritiene sia facile o difficile mettere in atto una certa azione al fine di raggiungere determinati risultati. Difficilmente il consumatore intraprenderà un certo comportamento se non si sentirà in grado di raggiungere il risultato auspicato. Il credo di controllo percepito rimanda al costrutto proposto da Baudura con il termine di auto-efficacia. Queste due teorie vengono utilizzate soprattutto per la promozione di pratiche a favore della salute o per predire un comportamento responsabile nei rapporti sessuali. Ne deriva una percezione soggettiva di poter intervenire personalmente sui risultati ottenibili attraverso il proprio comportamento. Focalizzando l’attenzione sulle aspettative di risultato, un altro modo per la previsione del comportamento è la prospettiva di orientamento al goal. Essa prende in considerazione oltre al controllo individuale percepito sull’azione, anche i fattori che possono ostacolare il raggiungimento del goal riducendo l’effettivo controllo sull’azione. Essa misura anche la motivazione al comportamento attraverso la verifica della frequenza passata dello stesso comportamento e del tempo intercorso dall’ultima azione. Entrambe le variabili sono utili a prevedere l’azione futura. Nel marketing, domandare al consumatore quanto tempo sia passato 72 dall’ultimo acquisto e la frequenza degli acquisti è utile per predire il comportamento successivo. L’intenzione di acquistare un dato prodotto appare una funzione dell’uso passato e delle sue conseguenze. Lo studio degli atteggiamenti è quindi importante sia perché consente di prevedere il comportamento, sia perché può spiegare perché i consumatori scelgono quella data marca, cosa essi valutano. Inoltre è utile anche nel caso di sviluppo di nuovi prodotti al fine di distinguere ciò che risulta importante per il consumatore o viceversa superfluo, non desiderato. Per esempio, attraverso il concept tasking è possibile verificare se il consumatore è pronto all’idea ed è in grado di capirla e di apprezzarla. In questa fase è già possibile chiedere una valutazione circa la potenziale intenzione di acquistare il prodotto, seppur questo non sia in grado di prevedere il reale successo o fallimento del prodotto una volta immesso sul mercato. LE RICERCHE DI MERCATO QUALITATIVE PER L’INNOVAZIONE Le ricerche di mercato supportano il marketing aziendale nella presa di decisione su molteplici temi (prodotto, comunicazione, prezzo), fornendo informazioni che favoriscono scelte di successo, riducendo i margini di incertezza nel processo decisionale. Sempre più spesso l’ambito in cui si trova ad operare è quello dei mercati maturi caratterizzati dalla saturazione del mercato, elevata competitività e omologazione dei prodotti. Quindi, forte è l’esigenza di individuare il quid che fornisce al prodotto/servizio un vantaggio competitivo capace di differenziarlo dai suoi concorrenti. Va quindi alla ricerca di un’idea innovativa che richiede una certa creatività, ovvero la capacità di individuare una soluzione originale e nuova che altri non hanno saputo trovare. Bisogna quindi rompere e superare schemi di pensiero consolidati (pensiero convergente) per esplorarne di nuovi e inconsueti, approdando a soluzioni inedite e, si spera, sorprendenti (pensiero divergente). Nel processo di individuazione creativa di nuove idee può intervenire la ricerca qualitativa per l’innovazione attraverso tecniche specificamente finalizzate ad attivare il pensiero creativo. 73 Questa ricerca si basa su sessioni creative che possono durare poche ore o anche tutta la giornata, durante le quali uno o più conduttori guidano e coordinano il lavoro di uno o più gruppi di persone nel processo di creazione di nuove idee. Tra le tecniche creative più utilizzate la più nota è il brainstorming (tempesta di cervelli), introdotta da Osborn, prevede un processo di soluzione e definizione del problema in 4 fasi: Presentazione e definizione del problema (limiti e confini); Raccolta, analisi e condivisione delle informazioni e dati; Produzione delle idee, fase del pensiero divergente: è il brainstorming vero e proprio, dove vi è la sospensione del giudizio; Fase del pensiero convergente: le idee prodotte vengono esaminate, valutate, finalizzate e selezionate. Un’altra tecnica creativa è la sinettica (unione di elementi diversi). Si fonda sull’impiego dell’analogia, la situazione (o oggetto di studio) viene messa a confronto con altre situazioni, apparentemente diversi, al fine di individuare aspetti comuni aprendo così la possibilità di trasferire e applicare ad un determinato settore, conoscenze e soluzioni già sviluppate in un altro campo. La tecnica dei 6 cappelli per pensare permette di affrontare il problema secondo prospettive o atteggiamenti diversi. Ad ogni cappello di colore diverso (bianco, rosso, nero, giallo, verde, blu) corrisponde una diversa modalità di approccio al problema. Nel caso dell’incontro il moderatore invita i partecipanti ad indossare simbolicamente cappelli di colori diversi. Obiettivo comune a queste tecniche liberare il pensiero creativo e produrre nuove idee per il marketing della aziende 74 Dopo la fase della creazione delle nuove idee c’è la finalizzazione delle stesse, valutazione delle loro potenzialità di successo sul mercato, la trasformazione delle idee in prodotti / servizi reali e infine la loro comunicazione. LA MISURAZIONE DELL’ATTEGGIAMENTO Metodi per misurare l’atteggiamento: Scala di Thurstone Vengono formulate un numero notevole di affermazioni su uno specifico oggetto di atteggiamento in modo tale da rappresentare nel modo più esauriente possibile tutti gli atteggiamenti che le persone possono avere nei confronti di tale oggetto. Queste affermazioni vengono sottoposte al giudizio di numero elevato di persone che le devono ordinare lungo un continuum a più punti in modo da rappresentare la distribuzione degli atteggiamenti da quello meno favorevole a quello più favorevole. I giudici non devono esprimere la propria opinione personale verso l’oggetto di atteggiamento. Tra queste vengono poi scelte una trentina di affermazioni dal valore maggiormente condiviso dai giudici, che andranno a formare la scala per la misurazione dell’atteggiamento da sottoporre ai partecipanti agli studi. Questo metodo permette di avere valori circa gli atteggiamenti più attendibili e anche più numerosi, ma comporta un alto dispendio di tempo, per questo viene poco utilizzato. 75 Differenziale semantico di Osgood Prevede la formulazione di scale semantiche basate su aggettivi bipolari a cui sono attribuiti dei valori utili alla misurazione del posizionamento individuale e che nella maggior parte dei casi esprimono anche valori negativi. Es.: Pasta Barilla +3 +2 +1 0 -1 -2 -3 Buona Cattiva Conveniente Cara In genere gli aggettivi utilizzati nelle scale del differenziale tendono a raggrupparsi in 3 cluster principali Gruppo valutazione ( giusto-sbagliato; importante – non importante) è quello più adatto ad esprimere l’atteggiamento Gruppo attività (efficiente-non efficiente; attivo-passivo) Gruppo potenza (forte-debole; veloce-lento; robusto-delicato) Scala Likert L’obiettivo era quello di produrre un metodo di più facile realizzazione rispetto alla scala di Thurstone. L’atteggiamento di una persona viene misurato sottoponendo al soggetto una serie di affermazioni (item) circa l’oggetto di atteggiamento e chiedendo di esprimere il grado di accordo o disaccordo rispetto a ciascuna affermazione (da 1 a 5 o da 1 a 7 o da 1 a 9: l’elemento dispari serve per consentire di dare un giudizio neutrale, di mezzo, oppure lungo una scala che va da “molto d’accordo” a “per niente d’accordo”). Questa scala ci da la posizione attitudinale di un individuo ma non consente di esprimere con esattezza di quanto gli atteggiamenti differiscono tra loro. 76 Analisi dello Scalogramma di Guttman verifica l’ordine degli atteggiamenti basandosi sull’ordinamento cumulativo degli item che riflettono un attributo unidimensionale. Questa scala è basata sull’assunto per cui un tratto unidimensionale può essere misurato da un set di dichiarazioni che vengono ordinate lungo un continuum di “difficoltà di accettabilità”. Le affermazioni che i partecipanti si trovano a dover valutare spaziano da quelle più facili da accettare a quelle più difficili. I partecipanti, quindi, in base ad un set di affermazioni iniziale ordinato secondo il punto di vista del ricercatore, devono esprimere la loro accettazione o meno attraverso dei punteggi (bassa 1,2,3,4 alta). Questo metodo risente della difficoltà di ordinare in modo lineare dichiarazioni di atteggiamenti che in genere sono più complessi. Misurare un atteggiamentoaccedere ad un costrutto non direttamente osservabile La misurazione tenta di quantificare l’intensità di tale costrutto, chiedendo al soggetto della misurazione da manifestare, consapevolmente o inconsapevolmente, il proprio atteggiamento. Il problema consiste nella bontà di tale operazione, cioè valutare la validità e l’attendibilità degli strumenti utilizzati. Validitàquando lo strumento misura effettivamente ciò che vorremmo misurasse (validità convergente = deve essere coerente con altre misure dell’atteggiamento, ma non con le misure di altri costruttivalidità discriminante). Queste vengono stabilite valutando la validità predittiva, capacità di predire scelte, comportamenti, opinioni che dipendono dall’atteggiamento. Attendibilitàquando lo strumento misura un solo costrutto che deve essere sempre lo stesso dimostrando così di avere un’alta coerenza interna che deve mantenersi nel tempo (test-retest). 77 Cap. 7 Influenza sociale e consumo INTRODUZIONE: LADIMENSIONE SOCIALE DEL CONSUMO I comportamenti dei consumatori non possono essere studiati se non all’interno di un contesto sociale e culturale(Bauman, 2007), attraverso lo studio del ruolo delle interrelazioni e dei processi dinamici che danno senso e significato alle azioni dei consumatori. Nel campo dei consumi possiamo servirci del costruzionismo sociale (Berger e Luckman): nel contesto specifico di azione dotata di senso, le persone interpretano il significato dell’esperienza e orientano il loro vissuto e il loro comportamento concreto sulla base della “lettura” dei segnali interni (stati d’animo, poli di attenzione, attribuzioni causali). Berger e Luckman intendevano soprattutto indicare con forza che la grammatica che guida questa “interpretazione” non è decisa dai soggetti, né dalla loro specificità biologica, ma dal contesto socioculturale e anzi più specificatamente dai percorsi di socializzazione e dai gruppi di riferimento. Tale prospettiva riconosce l’influenza delle variabili sociali sui processi individuali (e viceversa): “la realtà vissuta dall’individuo sarebbe in questo caso una costruzione intersoggetiva emersa nel rapporto sociale”. Questo modo di considerare il consumatore ci porta ad analizzare il ruolo delle appartenenze gruppali, organizzative e culturali e il valore dell’influenza sociale sui processi di scelta e di consumo. Il contesto di interazione sociale riesce a orientare le opinioni, i sentimenti e/o le azioni delle persone. Si tratta di un’interazione che coinvolge la sfera individuale e quella sociale, ponendosi come ponte del dualismo cartesiano interno-esterno. L’ integrazionismo simbolico concepisce l’individuo come inserito sempre in un dato contesto socioculturale, entro il quale opera come attivo interprete dei significati attribuiti all’azione altrui (De Grada e Bonaiuto, 2002) e si caratterizza per 3 principi di base: 78 Le persone agiscono nei confronti dei prodotti sulla base dei significati che quegli oggetti hanno per loro; Tali significati nascono dall’interazione tra l’individuo e gli altri; L’interpretazione è usata da ogni individuo in ogni momento della vita come essere sociale. Un’implicazione teorica di queste concezioni è che il comportamento umano non risulta essere unicamente il risultato di forze immodificabili, ma è influenzato da azioni razionali, e spesso irrazionali che dipendono delle esperienze specifiche di quell’individuo e dalle sue motivazioni. Tajfel (1972) ha studiato i comportamenti degli individui sulla base dell’analisi delle apparenze e influenze da parte dei gruppi dei gruppi sociali e sulla base di discontinuità psicologica tra individui in quanto singoli e in quanto membri di gruppo. Colautti (2005) la Teoria dell’identità sociale secondo cui gli individui cercano di raggiungere e di mantenere un’immagine di sé positiva esclusivamente in relazione alle loro appartenenze di gruppo ( contribuendo così allo studio del rapporto tra individuo e consumo secondo l’ottica costruttivista). I consumi diventano occasione per appartenere ad una classe sociale, a un gruppo, a una cultura, contribuendo al contempo alla costruzione della propria identità. La dimensione di gruppo e il contesto di azioni vengono considerati costitutivi dell’individuo, divenendo parte essenziale del modo in cui egli guarda a se stesso e al mondo. Il comportamento di consumo, quindi, non è solo determinato da elementi interni, ma da un continuo processo di interazione sociale e culturale in cui la dimensione individuale si misura e si confronta sulla base dell’esperienza intersoggettiva, in cui l’aspetto interiore non può essere analizzato senza un’attenta contestualizzazione e senza una valutazione dei significati che assume in una particolare situazione sociale e culturale. L’INFLUENZA DELLA CULTURA 79 Cultura = “complesso di conoscenze, convinzioni, espressioni artistiche, principi giuridici e morali, costumi e di qualunque altra capacità e abitudine acquisite dagli individui in quanto membri di una società.” (Sherry) Funzione adattiva e regolatoria della culturatrasmette senso di identità, di appartenenza, definisce le regole e costituisce una guida per la risoluzione dei problemi. Nell’ambito dello studio delle differenziazioni culturali, la prima grande distinzione è quella tra culture individualiste e culture collettiviste. culture individualiste individuo autonomia successo personale promozione dell’indipendenza culture collettiviste gruppo cooperazione obbedienza 80 riconoscimento del proprio posto Distinzione tra culture Culture individualiste Il sé è l’unita di base Il principale compito di sviluppo è il raggiungimento di un senso di realizzazione personale L’elaborazione della propria unicità è alla base dell’identità Sono valorizzate caratteristiche come l’intelligenza e competenza La distinzione più saliente è fra sé e non sé e in seconda istanza fra ingroup e outgroup Culture collettiviste Il gruppo è l’unità di base Il principale compito di sviluppo è il raggiungimento di obiettivi comuni L’identità è organizzata intorno al senso di affiliazione Sono valorizzate caratteristiche come costanza e persistenza La distinzione più saliente ingroup e outgroup; ostilità a priori nei confronti dell’outgroup Analisi delle differenze culturali (Hofstede, 1980) E’ possibile distinguere le culture in funzione di 4 diverse dimensioni (o fattori): la relazione tra individuo e gruppo; l’ineguaglianza sociale che include anche il rapporto con l’autorità; i concetti di mascolinità e femminilità; le modalità di gestione delle ambiguità legata all’espressione delle emozioni e dell’aggressività. Secondo Hofstede è possibile distinguere la cultura sulla base di 5 indicatori: Individualismo e collettivismo (IND): è un indicatore che focalizza l’attenzione sui meccanismi relazionali prevalentemente autocentrati o etero centrati (concezione di sé che si può disporre lungo un continuum che va dall’individualismo al collettivismo). Power distance index (PDI) (distanza di potere): si riferisce al grado di aderenza all’autorità formale ( per esempio, in che misura una particolare società accetta l’inuguaglianza sociale e la differente distribuzione del potere all’interno delle sue istituzioni e/o organizzazioni). Uncertainty avoidance index (UAI) (tolleranza all’incertezza): misura l’importanza attribuita alle regole e alle procedure standard e il grado con cui le persone ritengono arduo affrontare e gestire le situazioni ambigue e incerte. Indice di mascolinità-femminilità (MAS): cerca di dare risposta alla seguente questione: le differenze biologiche di genere hanno implicazioni per i ruoli che uomini e donne svolgono nelle diverse attività sociali? Indice di long-term time orientation(LTO) (orientamento temporale): i soggetti con livelli elevati in questo indice tendono a essere più cauti e a riconoscere grande valore alla persistenza e alla progettazione a medio e lungo termine. 81 DIFFERENZE CULTURALI E CONCETTO DI VALORE Valorepolo di riferimento destinato a dare stabilità e conseguentemente comprensibilità, al fluttuare dei comportamenti e delle dichiarazioni dei consumatori. La psicologia moderna ha utilizzato il termine valore come concetto di riferimento capace di garantire stabilità e coerenza, “legato all’idea-guida di una personalità centrata sulla costruzione, prima, e sul mantenimento poi, di un’identità interna che ne costituisce il cuore e la chiave di lettura”. I valori costituiscono gli atomi dell’identità e hanno permesso di individuare una scala universalmente accettata di priorità per spiegare i comportamenti umani attraverso l’identificazione dell’essenza della personalità e delle sue stabilità. Società postmoderna caduta delle certezze (economico-sociali) Sé fluido: valore e identità non sono più un assoluto da difendere sempre e comunque, ma costrutti culturali. Non è più possibile una misura del valore come un a priori assoluto, come polo di riferimento con cui spiegare i comportamenti e da cui derivano gli atteggiamenti. IL MARKETING SOCIALE E’ l’uso delle tecniche del marketing commerciale per promuovere comportamenti capaci di migliorare la salute o il benessere delle persone cui ci si rivolge o della società nel suo complesso. (Weinreich, 1999) I cartoncini appesi in metropolitana, il passaggio di Emergency in tv, la lettera del medico di base sono tutti esempi di marketing sociale. Alle 4P del marketing tradizionale (product, price, place, promotion), il marketing sociale aggiunge altre 4P: partnership, politica, purse-strings (risorse economiche), pubblico. LA CLASSIFICAZIONE DEI VALORI Nonostante l’importanza che il termine valore ha avuto nella ricerca psicosociale, non è del tutto immediata la possibilità di adozione nel campo applicativo dei consumi. Lo studio dei valori fa riferimento a concetti astratti ed eccessivamente generalistici, come per esempio la sicurezza, l’amore, la giustizia, utili per studiare il comportamento di acquisto in generale, ma inadeguati per la distinzione di marche e prodotti. (Solomon, 2006) Per una corretta rilettura del significato del valore nella ricerca sui consumi occorre, pertanto, rivalutare il valore della ricerca ideografica e situazionale e la possibilità di declinare la ricerca sui valori in considerazione delle situazioni specifiche in cui viene applicato il termine. Occorrerà quindi distinguere tra: Valori culturali (centrali) come la libertà e la felicità Valori specifici relativi al consumo come il valore della convenienza o il valore della sostenibilità ecologica nell’acquisto in generale Valori specificamente correlati al prodotto come per esempio il valore della facilità d’uso Il concetto di valore è uno di quelli più utilizzati nello studio dei processi di consumo poiché i consumatori associano ai prodotti certi valori simbolici e personali, ma al contempo stesso attraverso i prodotti stessi cercano di raggiungere determinati valori sociali o manifestare a se stessi e agli altri l’adozione di certi valori. “Il valore è la concezione stabile di ciò che è desiderabile per un individuo e per una società.”(Zatti, 1997) 82 Ciò non significa che i valori siano immutabili e stabili nel tempo; infatti l’immutabilità non è una categoria descrittiva della società in cui viviamo. Anche i valori sono soggetti al cambiamento. I valori, in generale, rappresentano gli obiettivi che ci si pone: sicurezza successo, salute. Inoltre, nelle relazioni sociali, i valori esercitano funzioni importantissime: i valori di gruppo danno a un membro i fini e significati generali dell’agire nonché le leggi che ne rappresentano la codificazione. Solomon: il valore di consumo può essere ricondotto a 8 specifici valori: Efficienza: è il grado di convenienza riscontrata nell’esperienza di consumo e si riferisce al contesto di costi-benefici dell’acquisto Eccellenza: fa riferimento all’unicità e alla particolarità dell’esperienza di consumo e al concetto di qualità Status: richiama al valore del prestigio e della posizione sociale che deriva dal possesso Autostima: si riferisce all’effetto che ha il consumo nella costruzione di un’immagine personale di successo o alla sensazione di autorealizzazione Divertimento: fa riferimento allo stato di gioco e di benessere che può provocare il consumo Estetica: richiama le ricerca del bello come valore importante Etica: fa riferimento al valore morale, sociale e politico del consumo Spiritualità: richiama a esperienze quasi religiose o comunque sacre nella relazione tra consumo e prodotto o servizio LE APPARTENENZE A SUBCULTURE All’interno della società odierna, vi sono delle subculture capaci di influenzare direttamente il comportamento dei consumatori. Solitamente l’appartenenza religiosa, le differenze etniche e di provenienza geografica e le differenziazioni di genere e di età sono quelle che ci permettono di differenziare le subculture. Una subcultura identifica gruppi che hanno origini culturali, lingua, religione, senso di appartenenza ad una specifica eredità storico-sociale diversa. La presenza in Italia di un’immigrazione molto consistente deve far riflettere gli operatori di marketing sulle necessarie differenziazioni di bisogni e di desideri di una fascia di popolazione che appartiene ad etnie diverse. Chi si occupa dei processi di consumo di tali subculture deve considerare il significato simbolico che coinvolge i comportamenti di consumo in relazione alle dinamiche di aderenza/distacco, vicinanza/lontananza, privato/pubblico che nella vita delle famiglie straniere e nelle volontà dei giovani della seconda generazione determinano i processi di relazione con la tradizione di origine in base alle specifiche storie di vita e biografie migratorie, ma anche sulla base della provenienza. L’INFLUENZA DEL PAESE DI ORIGINE E GLI STEREOTIPI DEI CONSUMATORI Il processo di globalizzazione ha permesso ai consumatori di confrontarsi con realtà, prodotti e significati assai diversi da quelli della propria terra di origine e della propria cultura. La globalizzazione, lungi dal promuovere una cultura totalizzante e omogenea, ha definito uno spazio nel quale le diverse culture del mondo si confrontano e si scontrano, generando significati e condividendo valori e costruiscono modi di leggere la realtà nuovi ed eterogenei. 83 Tuttavia le reazioni nei confronti di queste potenzialità sono diverse. I prodotti realizzati nel proprio Paese in genere sono percepiti di migliore qualità rispetto alla percezione che hanno i consumatori di altri Paesi per gli stessi prodotti, così come la qualità dei prodotti provenienti dai Paesi industrializzati è percepita migliore rispetto a quella dei prodotti provenienti dai Paesi in via di sviluppo. (i prodotti vengono percepiti in funzione della loro origine) LA CASE HISTORY S. PELLEGRINO: I VALORI DELL’ITALIANITA’ NELLE ALTRE CULTURE La storia del brand S. Pellegrino inizia nel 1899 e si è sempre distinta per la sua strategia di comunicazione così atipica e innovativa rispetto alla maggior parte degli altri brand del largo consumo. Il marchio ha sempre avuto una posizione forte e lo ha saputo mantenere nel tempo. Inoltre è diventato un prodotto che veicola istantaneamente elementi di cultura e storia di tradizione italiana nel mondo. La cultura italiana si caratterizza per una duplice personalità: da un lato i valori negativi, gli stereotipi, e dall’altra ciò che ci rende unici e ambiti nei confronti di qualsiasi tipo di cultura ( un popolo che ama lo stare insieme, con un forte valore della condivisione S. Pellegrino è amplificatore e facilitatore di questi valori, che trova nel momento del pasto insieme la sua più alta rappresentazione. I GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALE (GAS) Il primo Gruppo di Acquisto Solidale nato in Italia risale al 1994: consorzi, più o meno informali, di consumatori che si riuniscono per dar vita a processi di acquisto e consumo all’insegna della solidarietà e del rispetto dell’ambiente, inteso sia in termini meramente ecologisti che in termini sociali. (definiti da Valera come “il popolo dei gasati”) Consumo etico: è un consumo che rispetta e non froda il produttore; Consumo sostenibile ( o green consumers): con questo termine ci riferiamo consumatori particolarmente attenti, nelle loro scelte di consumo, a tutelare l’ambiente fisico nel quale viviamo; Consumo critico e acquisto solidale: si riferisce ad una pratica di consumo che rispetta, chi nel produrre, a sua volta ha rispettato l’ambiente, inteso a 360 gradi come l’unione delle risorse ambientali a disposizione da un lato, e dell’intera compagine umana dall’altro. Dunque, nei GAS la solidarietà non viene semplicemente espressa verso l’ambiente verso l’ambiente e i produttori ma, in primo luogo, verso la rete di consumatori cui si appartiene, che si gestisce insieme, segnalando a tutto il gruppo nuovi produttori e rendendosi disponibili, a turno, ad effettuare opera di contatto-ritiro-magazzino di merci specifiche, così ciascuno si occuperà di un settore specifico ( pasta, detersivi, formaggi). MITI, COSTUMI E RITUALI E LO STUDIO DEI VALORI I valori contribuiscono a creare regole di convivenza civile e a guidare i comportamenti e possono essere rilevati attraverso l’analisi di usi, costumi e convenzioni sociali. Questi infatti riescono a dare indicazioni dei valori condivisi in una specifica comunità o gruppo. Gli usi sono le consuetudini della vita derivanti dalla tradizione: per esempio ci si aspetta che la gestione degli affari domestici sia prevalentemente assegnata alle donne. 84 I costumi sono invece le norme più forti: essi hanno una valenza morale profonda e indicano quali sono i comportamenti che possono essere agiti in relazione al contesto, ai momenti e alle persone con cui si entra in relazione. Inoltre, un ruolo determinante viene riconosciuto ai canali di comunicazione. I valori, infatti, sono trasmessi e influenzati dai messaggi mediatici. Anche la comunicazione di marketing può, dunque, influenzare il processo di acquisizione di valori e di regole sociali. Un ulteriore suggerimento e indicazioni sui valori di una comunità ci vengono offerti dall’analisi dei miti e dei rituali. I miti sono “aneddoti contenenti elementi che simboleggiano gli ideali di una cultura, che generalmente presentano un conflitto tra due forze opposte, il bene e il male, e dal cui esito i membri di una società traggono un’indicazione morale di comportamento” (Solomon, 1996) I rituali sono attività simboliche ed espressive manifestate con azioni o comportamenti che vengono ripetuti periodicamente. (rituali religiosi, r. magici, r. culturali, r. civici, r. di passaggio) Come possiamo distinguere i valori attraverso una prima grande categorizzazione? E ancora, come possiamo misurare i valori? Possiamo distinguere valori terminali e valori strumentali: Valori terminali: una vita serena, una vita eccitante, uguaglianza, libertà, amore, saggezza, vera amicizia (sono gli obiettivi ultimi della vita) Valori strumentali: ambizione, apertura mentale, coraggio, onestà, intelligenza, indipendenza, autocontrollo ( sono i comportamenti per raggiungere gli obiettivi) Questa classificazione prevede una distribuzione dei valori lungo un continuum, in cui da una parte troviamo i v. strumentali e dall’altra quelli terminali. I primi, caratterizzati da un grado di astrattezza superiore, portano al soddisfacimento di quelli terminali. Lo strumento che più si usa per la misurazione dei valori è la scala Rokeach Value Survey. Secondo Rokeach i valori possono essere concettualizzati come una gerarchia semplice e lineare. Tra di essi esiste un ordine di priorità definito tramite un processo cognitivo, che implica il confronto tra coppie di essi, influenzato a sua volta dalla personalità soggettiva, dal grado di socializzazione, dall’ambiente socio-istituzionale e culturale. La Value Survey è costituita da due gruppi di 18 valori. Una scala alternativa è quella definita LOV (list of values) che distingue valori interni ed esterni in nove tipologie(appartenenza,eccitazione rel. amichevoli,rispetto da parte di altri, autorealizzazione, sicurezza, piacere di vivere, appagamento, rispetto per se stesso), resasi necessaria anche perché la scala di Rokeach faceva riferimento a valori eccessivamente astratti e di difficile applicazione nel campo del marketing. Altra scala utilizzata è quella dei Domini Motivazionali di Schwartz che individua 56 valori raggruppati in aree o dom. motivazionali. LA DIFFERENZIAZIONE DELLE CULTURE DI CONSUMO E LE PSICOGRAFIE La ricerca psicografica fornisce un’ampia e realistica analisi dell’universo dei consumatori, facendo emergere le particolarità che permettono di descrivere lo stile di vita di un gruppo sociale. Lo stile di vita riguarda gli schemi di consumo che rispecchiano le scelte personali circa il modo di spendere tempo e denaro. E’ influenzato dai modelli culturali, dai valori, dai dati demografici, dalle 85 subculture, dalla classe sociale, dal gruppo di riferimento, dalla famiglia, dalle motivazioni, dall’emozione e dalla personalità. Le espressioni psychographic segmentation e lifestyle segmentation stanno entrambe ad indicare una segmentazione che va oltre il semplice dato socio demografico: se prevale un’impronta psicologica si parlerà di psychographic segm.; se invece prevale un’impronta di tipo sociologico si parlerà di lifestyle segm. Le lifestyle e psychographic segmentation hanno lo scopo di: enfatizzare la relazione esistente fra prodotto-individuo-scenario di appartenenza; spiegare le differenze tra certi tipi di comportamento manifestate da gruppi di individui non spiegabili in base a caratteristiche fisiologiche, demografiche e socioeconomiche; scoprire differenze di stili di vita; esaminare modelli di consumo dei prodotti e tipologie di consumo; sviluppare tipologie di consumatori. La prima ondata di ricerche psicografiche ha utilizzato prevalentemente i profili di personalità ( scala di misurazione utilizzataEdward’s Personal Preference Schedule) Questi studi hanno dimostrato correlazioni basse e inconsistenti con il comportamento del consumatore, rivelandosi non soddisfacenti per le esigenze di marketing La seconda ondata di ricerche psicografiche ha rimpiazzato il concetto di personalità con il nuovo concetto di lifestyle, definibile come l’insieme dei modi di vivere, spendere tempo e denaro delle persone. Oggi lo studio dei processi di identificazione e di personalizzazione ha riportato nuovamente l’attenzione sull’esigenza di integrare gli studi sugli stili di vita con i processi di significazione che caratterizzano i processi espressivi del Sé. (AIOmisurazione di attività, interessi, opinioni del consumatore = si svolge sottoponendo un questionario a un panel di consumatori a livello nazionale nel quale vengono richieste, oltre alle informazioni demografiche, anche quelle sui tassi medi di consumo di almeno un centinaio di prodotti differenti) LE PRINCIPALI PSICOGRAFIE STRANIERE Psicografia “Monitor” di Yankelovich Elemento principale di questa analisi è lo studio dei valori i quali, secondo Yankelovich, possiedono quelle doti di astrattezza attraverso cui è possibile comprendere il comportamento umano e le sue motivazioni, in modo molto più profondo di quanto si possa fare mediante la sola analisi del comportamento d’acquisto. Psicografia VALS VALS 1 (Value and Lifestyles di Mitchell, 1960) Si basa su un insieme di studi del comportamento umano e della personalità, realizzati nell’ambito della ricerca motivazionale e della psicologia dello sviluppo, ma soprattutto della “teoria delle motivazioni dominanti” di Maslow. La segmentazione VALS fa corrispondere a ogni livello della gerarchia dei bisogni una “fetta” della popolazione, aggiungendo però che ciascun individuo può orientarsi a seguire due percorsi diversi, quello outer-directed (eterodiretto) e quello inner86 directed (autodiretto), che portano entrambi al vertice rappresentato dal bisogno di autorealizzazione. Si distinguono i seguenti profili: Need driven: sono individui caratterizzati da un comportamento d’acquisto fortemente condizionato dalla scarsa disponibilità di reddito, ulteriormente suddivisi in due segmenti: - outer directed: sono collocati ad un livello superiore rispetto al precedente; sono attentissimi a ciò che la gente pensa di loro e ispirano la loro vita a ciò che è materiale tangibile; - inner directed: nascono con la fine della II G. Mondiale e crescono nelle agiate condizioni degli anni ’50 e ’60; sono molto aperti all’innovazione e al cambiamento, attenti alla “qualità della vita” e alla propria auto gratificazione, agiscono seguendo una forza interiore e non solo in relazione al denaro; Integrateds: rappresentano la vetta della gerarchia, sono spinti dal bisogno di autorealizzazione, hanno un’età matura, un alto reddito e dovrebbero riassumere tutte le migliori caratteristiche dei gruppi precedenti. VALS 2 Ha sostituito la prima versione ritenuta eccessivamente universalistica e troppo astratta per analizzare le specificità delle situazioni di consumo. Si differenzia dalla VALS 1 per la minore enfasi che pone sui valori sociali e per la maggiore attenzione che dedica alle risorse psicologiche, economiche ed educative degli individui. Essa definisce i consumatori secondo due dimensioni: self-orientation e personal resources. La tipologia VALS 2 suddivide la popolazione in 8 segmenti con caratteristiche distintive diverse: actualizers: sono soggetti indipendenti, propensi a essere leader e amanti del rischio; consumatori di successo dalle molte risorse, sono interessati ai temi sociali e aperti al cambiamento; fulfilleds: sono persone molto organizzate, pratiche intellettuali e sicure delle proprie capacità; soddisfatte, riflessive e pacate, tendono a prestare attenzione alla concretezza e a i valori di funzionalità; believers: sono individui fedeli, rispettosi delle convenzioni e puntigliosi; hanno forti principi e preferiscono brand sperimentati; achievers: sono pragmatici, seguono le convenzioni sociali, hanno un forte senso del dovere e della famiglia; orientati alla carriera, preferiscono la prevedibilità al rischio o alla scoperta; strivers: seguono la moda, sono influenzati dagli altri e dominati dalla volontà di migliorare la loro condizione; experiencers: soggetti impazienti, dal comportamento impulsivo e spontaneo, giovani e amanti delle esperienze rischiose; makers: curano molto i rapporti familiari, sono pratici e autosufficienti; orientati all’azione, pensano alla propria autosufficienza; strugglers: persone conformiste, conservative e molto caute; sono molto centrate nel soddisfare i bisogni del momento. 87 Psicografia del Centre de Communication Avance’ (CCA) Messa a punto da Cathelat presso il CCA verso la metà degli anni ’70: permette di monitorare il cambiamento sociale attraverso l’andamendo di 26 valori sociali, accoppiati e contrapposti a due a due in 13 flussi culturali e misurati dalle risposte a un questionario autosomministrato. Psicografia 3sc di De Vulpian Nata all’inizio degli anni ’70, fa parte oggi del Research Institute on Social Change (RICS). Nel 3SC francese le aree principalmente coinvolte nell’evoluzione sono: le motivazioni, la mentalità, le aspirazioni, i valori e i tratti della personalità; le produzioni culturali; i costumi e i modi di vita; le strutture sociali informali e le principali credenze e rappresentazioni che l’uomo fa di sé e dell’universo. LE PRINCIPALI PSICOGRAFIE ITALIANE Sinottica di Eurisko L’Istituto Eurisko è stato fondato nel 1972 da Gabriele Calvi; è nata ufficialmetnte nel 1976 con il nome di Psychographia. A partire dal 1993 l’indagine si basa su un campione di 10000 casi, rappresentativo di individui maschi e femmine, in età compresa fra i 14 e i 64 anni. Le interviste vengono realizzate attraverso due rilevazioni di 5000 casi ciascuna, rispettivamente a novembre e a maggio. La psicografia dell’Istituto Eurisko si presenta come un’indagine single source (tutte le informazioni vengono rilevate sugli stessi soggetti) assai completa e operativa e a classificazione standardizzata, dove, cioè, la suddivisione degli stili di vita deve sottostare ai vincoli che il sistema informativo integrato richiede. La struttura composta dagli stili di vita è ripartita secondo questi stili: stili giovanili: liceali, delfini, spettatori; stili superiori: gli arrivati e gli impegnati; stili centrali maschili: gli organizzatori e gli esecutori; stili di vita centrali femminili: colleghe, commesse, raffinate, massaie; stili marginali: gli avventati, gli accorti, le appartate modeste, le appartate povere Oltre alle segmentazioni stilistiche vengono effettuate delle segmentazioni su mappa, ove l’universo degli individui non è più suddiviso in gruppi bensì distribuito in modo continuo in uno spazio geometrico immaginario, rispettando una logica di caratterizzazione del profilo secondo il posizionamento: individui “vicini” sono individui “simili”. Le due dimensioni rappresentanti gli assi portanti della mappa possono essere così interpretate: prima dimensione: tratti duri è la dimensione del confronto sociale, della competizione con gli altri, della conquista. Gli attributi di questa dimensione sono: la forza, la ricchezza, la fisicità del corpo, la razionalità, il rischio, la lotta, il piacere. Seconda divisione: tratti morbidiè la dimensione culturale della forma e della sovrastruttura, rispetto alla semplice sostanza. Gli attributi di questa dimensione sono:l’amore, la cultura, lo spirito, l’emotività, la moderazione, la dolcezza, l’eleganza. Monitor 3SC di Gpf & A (Sistema di Correnti Socioculturali e Scenari di Cambiamento) A partire dal 1977 a intervalli di 18 mesi, vengono sottoposte a intervista 5000 persone formanti un campione rappresentativo della popolazione italiana. 88 La parte di questionario utilizzata per le rilevazioni successive consiste in una batteria di item, circa 170, riguardanti aspetti e fenomeni rilevanti per spiegare la dinamica del mutamento sociale e indaganti soprattutto i valori e gli atteggiamenti degli italiani per quanto riguarda una serie di aree socialmente considerevoli. PRIVATO Cultura edonistica, legata all’accettazione del rischio e prospettive temporali di breve periodo, orientata al soddisfacimento di bisogni individuali e alla continua ricerca di stimoli e gratificazioni. Il consumo vissuto come strumento di piacere e differenziazione del sé, è caratterizzato dalla precoce adozione e dalla rapida obsolescenza delle mode, degli acquisti di impulso e da una forte valorizzazione dei benefit intangibili di marche e prodotti. Cultura di stampo piccolo borghese, stratificata, conformista, intollerante, orientata alla difesa di interessi particolari e al raggiungimento di traguardi materiali. Il consumo vissuto come indicatore di prestigio sociale, è caratterizzato dall’accettazione passiva di modelli di consumo etero diretti. CHIUSURA APERTURA Cultura post-materialista, orientata alla realizzazione del sé e caratterizzata dalla ricerca di autenticità e progettualità, dal rifiuto delle convenzioni sociali, dall’impegno etico, dalla sensibilità ambientale. L’approccio al consumo, di tipo critico e selettivo,è orientato all’autodirezione e al pragmatismo. Forte interesse riscuotono i benefit prestazionali e le innovazioni di prodotto e di servizio. Cultura austera e do veristica, fondata sulla condivisione dei valori più tradizionali: famiglia, religione. La diffusa ostilità al nuovo è speculare alla nostalgia del passato e alla ricerca di certezze e di radici. Tutte le forme di sollecitazione al consumo sono fonte di ostilità e di diffidenza. Il risparmio è vissuto come valore. Il prezzo è la principale leva competitiva. SOCIALE PORSCHE: UNA STORIA DI VALORE 89 Costruire l’auto che non c’era è ancora oggi l’obiettivo di ogni nuovo modello Porsche (dal nome dell’ideatore) che nasce per rispondere alle esigenze del futuro, forte dei valori rappresentati dalla propria storia in quella che possiamo definire una tradizione nell’innovazione riconoscibile in tutti gli elementi progettuali stilistici e produttivi dei prodotti. Insieme al valore della tradizione, un altro fondamentale elemento che contraddistingue, in termini di significato, il marchio Porsche è quello della razionalità. ( auto da usare per ogni evenienza, dalle corse in pista all’andare ad accompagnare i figli a scuola) Il terzo elemento distintivo del marchio Porsche è senz’altro costituito dalle relazioni tra appassionati ( rete di comunicazione interna che esprime vitalità e capacità di rendere tangibili significati. Porsche opera anche in ambito ambientale sostenendo progetti ecosostenibili. Porsche, inoltre, lega la propria esperienza a quella del mondo della musica ( il sound, il piacere dell’ascolto che rimandano inevitabilmente all’unicità del rombo Porsche) ”Porsche Jazz Festival”, “Porsche Live”,”Le notti”In ambito letterario: “La brevità meravigliosa”. Riesce a coinvolge anche i giovani creativi emergenti in quest’ambito: “Tiro Rapido” (genere giallo/noir); “Giro Rapido” (il viaggio); “Volo Rapido” scrittuta creativa scrivere un romanzo, una traccia in 911 minuti (911 richiamo esplicito al modello Porsche). PSICOLOGIA DEI CONSUMI CAPITOLO 8 IL CONSUMO NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA Consumo: azione di acquisto che coinvolge soprattutto una famiglia. FAMIGLIA -> attore principale, con un ruolo sempre + determinante da parte di bambini ed adolescenti. I bambini hanno una forte influenza nella scelta di prodotti e marche, nell’acquisto degli stessi, nell’aggiornamento sulle tendenze del momento, qualità dei prodotti, e ciò sia x l’influenza della ubblicità che dei pari. (es: uso del motorino, i giovani innescano il trend negli adulti). Questo perché c’è anche una maggiore tendenza degli adulti al ‘giovanilismo’ (aspirazione a restare o apparire giovani), quindi i giovani oggi hanno sicuramente + influenza nel consumo degli adulti, e sn diventati un target per il marketing. I bambini vengono continuamente bombardati da messaggi pubblicitari fin dalla nascita per avere una fidelizzazione alla marca quanto + precoce possibile.. (Negli Stati Uniti il motto della fidelizzazione è ‘cradle to grave’ : dalla culla alla tomba). Nonostante ci sia un premio per la migliore e + efficace pubblicità destinata ai bambini, sono iniziative che non vengono accolte positivamente dagli educatori, x questa ‘commercializzazione dell’infanzia’ che in una società consumistica in cui viviamo è anche comprensibile, ma gli educatori sono preoccupati per la debolezza dei bambini di fronte alle strategie di marketing come la persuasione. Il ruolo del consumo: non è più né semplicemente un atto razionale del consumatore per la soddisfazione dei propri bisogni, né come un agire simbolico per determinare l’appartenenza a una determinata categoria sociale. Bisogna invece tener presente la valenza comunicativa che ha assunto, rivolta prima a se stessi e poi al mondo delle relazioni sociali. Per questo anche l’atto di consumo che potrebbe sembrare più istintivo 90 e irrazionale diventa un atto dotato di significato e quindi la pubblicità diventa uno strumento per la costruzione di senso anche nell’infanzia; diventa un’enciclopedia di senso di facile accesso che genera un linguaggio e ha quindi un ruolo nell’etichettatura sociale delle merci e delle marche che gli stessi consumatori inizieranno a consumare. La pubblicità è un genere narrativo particolarmente adatto alla fruizione da parte dei bambini: breve , dinamica, colorata, coinvolgente, musicale e quindi anche piacevole per loro. I prodotti pubblicizzati diventano un elemento di integrazione nel gruppo dei pari, il consumo è un passaggio obbligato per l’integrazione nel gruppo dei compagni e per i giochi. Il sogno del consumo è magico, gratifica, concilia gli opposti. IL CONSUMO NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA Il consumismo nei giovani si è accentuato molto e soprattutto da un’età sempre più bassa, quindi i bambini e gli adolescenti sono diventati un target importante sia per il loro effetto trainante nelle decisioni dell’intera famiglia sia per la loro effettiva capacità di acquisto: un nuovo attore economico da fidelizzare. Rischiano di essere troppo coinvolti in questo consumismo e di acquisirne i valori; passando la maggior parte del tempo davanti la tv con mess pubblicitari o nei centri commerciali conoscono perfettamente e sanno riconoscere le marche (prima di ancora di saper scrivere). Diventano oggetto degli studi di marketing, con i loro stili di vita e i consumi mutevoli spesso agendo da collaboratori per le aziende: diventano dei teenagers consulenti -> trendspotters, che tengono le imprese informate sui principali trend, spesso sono il punto di partenza di azioni di viral marketing verso i propri compagni. Negli Stati Uniti a partire dagli anni ’80 si è sviluppato un filone di ricerca ‘etnografica’ che raccoglie dati sui comportamenti dei bambini da parte di addetti al marketing e ricercatori, studiandoli da vicino in ogni momento della loro giornata per capirne gusti, desideri, mode; nei suoi spazi privati il bambino potrà comportarsi + naturalmente x cui si raccolgono info + profonde, tanto da stringere cn lui un rapporto di fiducia e ad utilizzare queste info per lo sviluppo dei nuovi prodotti o per campagne pubblicitarie. Le aziende investono tanto in termini di comunicazione per bambini, investendoli del ruolo di consumatori, con pubblicità suggestive che arrivano a casa quando il bambino è davanti la tv nel suo ambiente tranquillo, familiare, al pc, mentre passeggia o addirittura a scuola (soprattutto negli USA c’è una commercializzazione della scuola: sponsorizzazione da parte di grandi aziende soprattutto del settore alimentare di libri e strutture scolastiche. Es: Coca-Cola sponsorizza un intero istituto, McDonald’s: fa lavorare gli insegnanti per qualke sera nei propri ristoranti per attirare i ragazzini delle scuole, opp a Milano McD. Offre buoni pasto e gadget brandizzati) I bambini sono considerati dal mercato e dalla pubblicità come: Consumatori Immediati: Il bambino è il consumatore ideale perché ingenuo a cui si può vendere qualsiasi cosa; i bambini oggi fanno acquisti da soli senza la supervisione dei genitori scegliendo i prodotti pubblicizzati che + preferiscono (merendine, caramelle, snack) e i genitori cercano di placare il loro senso di colpa per il poco tempo dedicato a loro aumentando la paghetta settimanale. Mediatori dei consumi degli adulti: sono uno strumento per le aziende per il loro grande potere di influenzare i genitori, e questo aiuta le aziende a dirigere i consumi e gli acquisti delle famiglie. Quindi diventano il bersaglio anche dei prodotti per adulti, a volte sono glis tessi adulti disinformati 91 che chiedono consigli e suggerimenti ai loro figli. La tecnica messa in atto dai bambini verso i genitori viene definita ‘pester power’ (o nag factor) ovvero il potere di assillare per le richieste non appagate che potrebbe compromettere il rapporto con i genitori che vogliono vederlo felice. Futuri consumatori: le aziende da subito cercano di fidelizzare il consumatore creando un atteggiamento positivo nei confronti della marca così da condizionare le scelte d’acquisto future. Bambini consumatori di domani. Secondo la scuola di Francoforte, il bambino non ha nessun potere in quanto è sottomesso dagli interessi delle imprese, e c’è un rapporto di passività in quanto l’attore economico non è libero di agire. Al contrario, il bambino nn è passivo e decodifica attivamente il mess dei media, in particolare della pubblicità, i bambini riescono ad analizzare la struttura narrativa e a caprine la natura persuasiva. I bambini crescono più velocemente, manifestano esigenze simili a quelle degli adulti e sono più smaliziati ormai verso ciò ke li circonda e verso il marketing. Ciò non significa che riescano a decodificare i mess pubblicitari e a opporvi resistenza (soprattutto i + piccoli) ma che al contrario sono molto più sensibili a queste forme di suggestione. Nonostante queste diverse visioni del rapporto bambino e consumo, non si può realmente considerare che il bambino è un soggetto indipendente dai mezzi di comunicazione di massa: gli spot televisivi sono sì considerati come uno spettacolo ma invogliano anche al desiderio e al possesso (quindi all’acquisto da parte dei genitori) senza avere coscienza del significato di quella scelta. [SCHEDA: CASE HISOTRY – TIM TRIBU’ ] La strategia di Tim nasce nel 2005 un momento in cui l’azienda è leader di mercato ma c’è voglia di rinnovarsi, cambiare, usare nuovi mezzi di comunicazione e differenziarsi dalla concorrenza. A livello strategico e quindi come un modo per rinnovare le strategie di marketing a lungo termine viene pensata l’idea della Tim Tribù ( non solo un nuovo piano tariffario quindi). La TIM essendo entrata per prima sul mercato aveva un numero di utenti e una community più grande degli altri operatori entrati nel mercato per target o con tariffe diverse (Vodafone si differenzia perché orientata ad un target più giovane; Wind per i suoi prezzi bassi). Anche Tim decide di rivolgersi in particolar modo ai più giovani con una maggiore conoscenze dei nuovi mezzi di comunicazione e le nuove tecnologie, l’immagine dell’azienda era troppo lontana dal nuovo target che si voleva colpire. Il nuovo target a cui voleva indirizzarsi era però cambiato negli anni, andava studiato, capito; un target esperto, curioso e attento alle relazioni interpersonali, alle community, da qui l’idea di un gruppo di amici, una comunità di amici globale che Tim definisce con il concetto di Tribù per creare appartenenza a quel gruppo. Anche la comunicazione di Tim cambia, il linguaggio più vicino ai giovani, diversi co-marketing, azioni virali, mezzi ATL e BTL, partnership con Mtv, cinema e sponsorizzazioni di eventi per lancio di nuovi film: il concetto era semplice diventare indispensabili per ogni utente giovane che volesse sentirsi parte di quella tribù e non escluso da agevolazioni, partecipazioni a giochi e premi. Si differenzia dalla concorrenza non con una guerra tariffaria, semplicemente essendo più vicina centrata ai bisogni del target generando awareness fino a diventare un nuovo fenomeno sociale. LE FASI DI SVILUPPO DEL BAMBINO E LA SOCIALIZZAZIONE AL CONSUMO 92 Bisogna capire lo sviluppo cognitivo del bambino in relazione al mondo dei consumi. J. PIAGET, individua 4 fasi evolutive dell’attività cognitiva del bambino: 1) 2) 3) 4) La fase sensomotoria (fino ai 2 anni) La fase preoperazionale (dai 2 ai 7 anni) La fase operazionale concreta (dai 7 ai 12 anni) La fase operazionale formale (dai 12 anni) 1) Nella prima fase sensomotoriail bambino utilizza un approccio sensoriale e le sue abilità motorie per capire ciò che lo circonda, è aperto e sensibile ad ogni stimolo sensoriale e risponde con comportamenti fissi che seguono uno schema semplice stimolo-risposta. (solo nella seconda fase iniziano a svilupparsi le capacità cognitive). 2) Nella fase preoperazionale il bambino inizia ad avere un’idea del mondo, l’attività cognitiva è basata su un pensiero simbolico; si sviluppano le capacità linguistiche e la capacità di pensare in modo + organizzato attraverso gesti, simboli, immagini. Il suo pensiero è però ancora intuitivo e legato solo a ciò che vede attorno a lui. Il gioco è simbolico, reinventa l’uso degli oggetti, il bambino è ancora egocentrico, esiste solo il suo punto di vista. 3) Nella fase operazionale-concretal’attività diventa + complessa, sviluppa ragionamenti sempre + flessibili, strutture logiche per compiere operazioni mentali e ottener e informazioni sugli oggetti. Decentra l’attenzione, è attento a più messaggi provenienti da fonti diverse contemporaneamente. 4) Nella 4 fase si sviluppa la capacità di pensiero astratto/ipotetico, si raggiunge il completo sviluppo delle abilità cognitive e un ragionamento più articolato. Quindi il bambino è vulnerabile al marketing e alla comunicazione fino ai 7 anni in quanto la sua concezione del mondo si basa molto più sulle esperienze sensoriali ed emotive piuttosto che cognitive. In questa fase perciò sono più indifesi e nn riescono a prenderne le distanze, è in questa fase che il ruolo dei genitori e della scuola sono determinanti per lo sviluppo delle sue capacità critiche e del suo ruolo di soggetto economico. Il modo migliore di studiare questo fenomeno è attraverso la consumer socialization, un insieme di ricerche per capire il processo attraverso cui i bambini e gli adolescenti imparano il loro ruolo da consumatori. WARD -> Socializzazione al consumo (Consumer socialization): il processo attraverso cui i giovani acquisiscono competenze e atteggiamenti rilevanti per il loro futuro ruolo di consumatori’. E’ un processo che inizia nei primi mesi di età e si estende fino all’adolescenza (anche nell’età adulta c’è questa socializzazione, ma è inversa, perché sono i + giovani a socializzare il consumo degli adulti). Per capire questo processo bisogna scomporre il comportamento di consumo infantile in diversi fattori che poi vanno a costruire il futuro ruolo di consumatori: costruire un sistema di credenze sul mercato, acquisire conoscenze sui prodotti e sulle marche, costruire schemi cognitivi sul processo di acquisto, apprendere le competenze per agire nel mercato come agente economico, competenze decisonali, strategie per influenzare gli acquisti familiari, conoscenze su pubblicità e meccanismi di persuasione. AGENZIE DI SOCIALIZZAZIONE AL CONSUMO BAMBINO OUTPUT DELLA SOCIALIZZAZIONE 93 - Famiglia Gruppo dei pari Educatori Mass media Comunicazione di marketing - Livello di sviluppo cognitivo - Competenze comportamentali - Competenze relazionali - Conoscenze - Competenze - Atteggiamenti - Valori - Motivazioni La ricerca su questa consumer socialization non s’è limitata solo a studiare gli output di socializzazione ma anche i meccanismi cognitivi che lo caratterizzano, approfondendo inoltre il ruolo di tutti gli attori sociali che esercitano un’influenza su di esso (agenzie di socializzazione). Tra questi attori notiamo la presenza della com di marketing, questa influenza il bambino non solo con comunicazione e pubblicità ma anche con gli stessi prodotti con cui interagisce per fargli già sperimentare il suo ruolo di consumatore, e con luoghi di consumo che facilitano l’apprendimento dell’atteggiamento di acquisto. Il ruolo dei media e in particolare della pubblicità influisce anche nella cultura e nella trasmissione di valori e modelli di vita, con un’attenzione anche allo sviluppo poi di valori materialistici. LE FASI DEL PROCESSO DI SOCIALIZZAZIONE AI CONSUMI Il processo di socializzazione ai consumi può essere rappresentato attraverso uno schema input-output dove ai 2 estremi troviamo le agenzie di socializzazione e gli esiti del processo. L’importanza del modello risiede nel considerare eventuali agenti esterni che possono frapporsi tra l’agenzia di socializzazione e il soggetto influenzando l’esito del processo; questi agenti esterni possono essere: iniziative di educazione ai consumi, da tentativi dei genitori di filtrare gli stimoli del marketing a cui sn esposti i figli e da strategie aziendali con l’uso di insider o trendspotter. La socializzazione ai consumi può essere descritta come un processo che si alterna in diverse fasi: 1. Capacità di provare desideri e preferenze; 2. La volontà di ottenere un mezzo per soddisfarli; 3. l’opportunità di compiere delle scelte d’acquisto; 4. La possibilità di valutare il prodotto e le sue alternative. La prima dimensione si manifesta nei primi mesi di vita, il comportamento infantile non è ancora consapevole, i desideri e le preferenze provocano solo reazioni. I comportamenti invece orientati a uno scopo emergono intorno ai 2 anni di età quando i bambini iniziano a chiedere ai genitori di acquistare dei prodotti per soddisfare i loro desideri. Invece nei prima anni di scuola elementare emerge l’opportunità di compiere scelte d’acquisto, è il momento in cui i bambini iniziano a sperimentare soli o con i coetanei le prime scelte autonome di consumo. Solo nell’adolescenza poi c’è la coscienza critica verso i prodotti e le scelte, il consumo è la fase finale di una serie di scelte e valutazioni tra diverse alternative. ROEDDER suddivide l’iter di socializzazione in 3 stadi di sviluppo: 1. Il perceptual stage ; 2. L’analytical stage; 3. Il reflective stage Nel 1 stadio ibambini hanno già familiarità con la marca con la spesa ma è ancora una prima comprensione, le conoscenze di consumo sono elementari si basano su caratteristiche fisiche o sensoriali die beni fano riferimento a una singola caratteristica. Nel 2 stadio le esperienze di acquisto e consumo si strutturano in modo più complesso, in base alla performance e alle caratteristiche funzionali, ci sono più strategie decisionali, valutazioni, ipotesi e pensieri complessi. Il 3 stadio che segna il passaggio all’adolescenza si sposta sull’azione di consumo come un modo per esprimere se stessi e la propria identità, per essere accettati in un gruppo e per comunicare. 94 IL RICONOSCIMENTO DELLE MARCHE I bambini riescono a riconoscere le marche ancora prima di saper leggere, riconoscono nei punti vendita i diversi packaging di diversi prodotti o sanno richiamare quei brand che hanno visto continuamente in tv soprattutto se associati a forti colori, figure e forme o personaggi. Verso l’età scolare i bambini non solo sono in grado di riconoscerne le caratteristiche visive ma ne riconoscono anche le caratterisitche principali e pian piano iniziano a catalogarli in base alle funzioni d’uso. La comprensione delle marche dipende anche dal ruolo e dalla comprensione delle funzioni del packaging. Nei primi anni c’è scarso interesse verso la scatola ed è quasi un ostacolo al prodotto, anche perché sono gli stessi genitori a scartare il prodotto e a mettere via la confezione. Già verso i 6 anni i bambini inziano a vedere nel packaging un modo x riconoscere e differenziare i prodotti, c’è + interesse per le confezioni colorate, brillanti con disegni. La fase successiva è poi iniziare a leggere le info riportate sul packaging cercando però promozioni, sconti e premi in particolar modo. La conoscenza reale della marca si sviluppa in età scolare, più che altro si riconosce il suo significato simbolico e lo status associato a certe marche anche in vista di un riconoscimento sociale nel gruppo dei pari e a giudizi e opinioni sugli altri in base alle marche che utilizzano. [SCHEDA: NAG FACTOR] I bambini hanno viste replicate le proprie risorse finanaziarie per piccole spese, dolciumi , giocattoli; questi sono i bambini che poi diventeranno i consumatori di domani per cui vale la pensa socializzarli da subito al consumo, ma cosa più importante questi bambini hanno un grande potere di influenzare le scelte dei genitori. Questo potere per guadagnarsi l’acquisto di un bene è conosciuto come nag factor(o pester power) è un’azione di assillo continuo ai genitori per ottenere qualcosa sotto la spinta di pubblicità o gruppo dei pari. Si può anche distinguere tra assillo persistente e assillo d’importanza: il primo fa riferimento al continuo richiedere da parte del bambino che aumenta il volume della voce e diminuisce le pause tra una richiesta e un’altra, ritmo incalzante fino alla resa dei genitori. L’assillo d’importanza invece più potente e subdolo è appreso dalla pubblicità, le richieste sono sempre le stesse ma argomentate secondo la presunta importanza personale di possedere quel bene facendo riferimento all’educazione, al tempo, alla felicità propria alla sicurezza personale, argomentazione a cui un genitore non può resistere. Per capire il motivo o la nascita di questo nag factor bisogna prima capire il rapporto tra genitori e figli e il modo in cui i bambini vivono la propria quotidianità, il ruolo dei genitori, l’educazione data, il fatto stesso che si innesca nei bambini la convinzione che solo i genitori possano darti ciò di cui hai bisogno e non bisogna chiedere ad altri come segno anche di buona educazione, è come se queste rischieste quindi fossero in un certo senso incentivate dagli stessi genitori. Le richieste sono più forti per prodotti di marca. I LUOGHI DI VENDITA Nei punti vendita il bambino inizia a costruire i primi schemi cognitivi sul consumo grazie a degli stimoli esterni e ambientali del punto vendita come prodotti, display, sistema di prezzi, personale di vendita, promozioni. Apprendono così i comportamenti più idonei per agire in questi luoghi: interazione con personale di vendita, altri consumatori, transazioni, modalità di utilizzare offerte e promozioni; ovviamente il genitore diventerà un modello di comportamento per i figli nell’esperienza di co-shopping o anche potrà 95 porsi come una chiave interpretativa. L’esposizione al processo d’acquisto non si traduce in una comprensione dello stesso, questa compare con l’avanzare dell’età e con l’adolescenza, fino a quel momento i negozi vengono visti come luoghi per appagare i propri desideri, in modo egocentrico quindi. Una comprensione più matura inizia quando iniziano ad essere considerati importanti per l’approvvigionamento della famiglia, si comprende meglio anche il significato di certe insegne e del modo di esposizione. I primi script (copioni) delle esperienze si basano su una sequenza di azioni elementari, poi nel periodo successivo questi si trasformano in schemi più astratti e generali. Quando nel bambino inizia a svilupparsi il pensiero ipotetico riuscirà anche a prevedere certi eventi che possono presentarsi in determinate situazioni così da fissare dei veri e propri piani nella propria mente e organizzarle in metapiani e schemi complessi. LA CONOSCENZA E L’USO DEL DENARO Per acquisire competenze d’acquisto è anche importante conoscere i prezzi e valutare la convenienza. Nell’infanzia i prezzi vengono associati alle caratteristiche fisiche dei prodotti, un ogg. costa di più perché è più grande o + pesante, solo con l’età poi capiscono che il prezzo può dipendere dalla quantità di lavoro necessaria o ai fattori produttivi o alla realtà di marca; come la comparazione tra prezzi per valutarne la convenienza iniziano a manifestarsi quando iniziano a prendere parte alle decisioni d’acquisto familiari o quando hanno a disposizione somme di denaro per potersi gestire autonomamente. LA CONOSCENZA DELLA PUBBLICITA’ E DEI MECCANISMI DELLA PERSUASIONE Nella società postmoderna assistiamo a una perdita di valore di famiglia , scuola e istituzioni che ha visto crescere il ruolo dei media e della televisione come guida a modelli e stili di vita, soprattutto per il tempo che i bambini trascorrono davanti la tv. La tv scandisce i momenti di una giornata dei bambini, prima o dopo la scuola soli, in famiglia con amici, anche se trascorrono la maggior parte del tempo soli davanti la tv come passatempo il pomeriggio. La fruizione dipende dall’età e quindi dalla comprensione dei programmi e dall’interesse, dalla stagione, il livello culturale della famiglia in grado di offrire anche delle alternative durante la giornata. I bambini oggi guardano troppa tv, come fonte di divertimenti, di evasione e di conoscenza e informazione grazie ad un linguaggio semplice e immediato dove prevalgono le immagini. Ci sono diversi stili di consumo televisivo: può essere Tv-passione, l’attenzione è massima; Tv-tappezzeria, la tv fa da sottofondo mentre il bambino svolge un’altra attività e nn è molto attento; Tv-tappabuchi, guardano la tv quando nn hanno niente da fare o per passatempo però acceterebbero volentieri proposte alternative. Oggi siamo davanti a una tv più generalista con meno contenuti per ragazzi e bambini che spesso sono costretti a guardare film, programmi pesati x tutti. Al contrario della tv invece nella pubblicità i bambini appaiono sempre + o come testimonial di prodotti destinati ad un pubblico giovane o adulto, o come destinatari di questi mess. E’ nei momenti in cui i bambini sono davanti alla tv e in cui magari sono attenti a fruire programmi adatti a loro come cartoni o telefilm (orari pomeridiani) che la pubblicità li bombarda di più, pubblicità in cui i bambini però sono specifici destinatari. IL RICONOSCIMENTO DELLA PUBBLICITA’ Nel rapporto tra pubblicità e bambini è importante capire il grado di fiducia che i bambini ripongono in essa in base alle diverse età. Ad 8 anni i bambini hanno molta fiducia, sono convinti che la pubblicità dica cose 96 vere, che dia ottimi consigli; con l’aumentare dell’età diminuisce questa credibilità. Iniziano a riconoscere la pubblicità intorno ai 5 anni e vengono distinti per la loro breve durata ; riconoscerla non significa capirne la natura commerciale anzi vengono percepiti come una forma di intrattenimento o di informazione sui prodotti senza alcuno scopo, non essendo in grado di capirli non sono neanche in grado di difendersi. I bambini non sono passivi davatni la tv in quanto c’è bisogno di uno sforzo di elaborazione e interpretazione delle informazioni ma non tutti i contenuti sono facilmente decodificabili, questo può variare in base all’età e allo sviluppo cognitivo raggiunto: più sarà alto più il bambino riuscirà a comprendere il contenuto e soprattutto lo scopo della pubblicità. Per poter essere efficace il mess pubblicitario deve essere compreso chiaramente e memorizzato riuscendo a raggiungere l’obiettivo di modificare l’atteggiamento o il comportamento del bambino; la comprensione del linguaggio televisivo è condizionata principalmente dall’età ma anche dal livello di alfabetizzazione e cultura, dal contesto familiare e dla tempo trascorso davanti la tv. Per capire le modalità di ricezione e comprensione dei mess pubblicitari possiamo basarci sulla teoria degli stadi di sviluppo di Piaget: Nei primi mesi di vita i bambini sono già in grado di rispondere agli stimoli televisivi, la sua attenzione è catturata da luci, suoni, colori e immagini, il bambino pensa che ciò che vede accade veramente, che gli oggetti siano reali e che i personaggi parlino con lui. Tra i 2 e i 7 anni l’attenzione per gli spot cresce anche se hanno ancora difficoltà a capire gli intrecci e la differenza tra realtà e finzione, difficoltà di distinguere personaggi umani e cartoni. Riconoscono la pubblicità per la sua brevità inserita in altri programmi, per la funzione di divertire, per il jingle e solo verso i 7-8 anni anche la memorizzazione degli slogan e si concentrano più selle info contenute. Dopo gli 8 anni il ricordo e la comprensione aumentano e si concentrano sempre più sul contenuto e sulle caratteristiche del prodotto presentato, distinguono la realtà dalla fantasia e la natura della pubblicità come genere televisivo, ed è a quest’età che iniziano ad avere dubbi sulla veridicità dei messaggi pubblicitari. Fino ad arrivare all’adolescenza in cui sono molto + coscienti dell’intento persuasivo e commerciale della pubblicità e iniziano ad avere un atteggiamento più critico prendendone un po’ di + le distanze anche se i loro comportamenti d’acquisto sono ancora condizionati dalla pubblicità e dal gruppo dei pari. La pubblicità per vendere prodotti si rivolge però a quel pubblico di bambini più fragile e indifeso per le carenze cognitive che non può capire ancora le finalità del mess e può essere ingannato; è importante informare ed educare i bambini sulla natura e gli scopi della pubblicità sia in famiglia che a scuola. L’ATTRAZIONE DELLA PUBBLICITA’ La pubblicità è un genere televisivo che attrae e interessa molto bambini e adolescenti per la sua forma estetica e per un linguaggio vicino a loro, la apprezzano perché p vista come fonte di divertimento e di informazioni sulla realtà diventando oggetto di discussione con i compagni. Lo spot si presenta come una storia breve a lieto fine con un sottofondo musicale, protagonisti sorridenti in un clima familiare e sereno. Le caratteristiche che attraggono i bambini: Brevità spazio-temporale (utile per la concentrazione e l’attenzione dei bambini), ripetitività nell’arco di una giornata facilità l’ascolto e la memorizzazione, ai bambini piacciono le cose ripetute danno senso di sicurezza e stabilità, semplicità delle situazioni e immagini le storie narrate sono chiuse con uno schema semplice con inizio e fine e i problemi alla fine vengono sempre risolti, semplicità verbo-iconicalinguaggio immediato e semplice, chiaro; facile da memorizzare la ripetizione, durata breve ritmo, musica, presenza di attori bambini, sono in grado di ricordare per la natura standardizzata del testo pubblicitario; rapidità delle azioni; aspetti ludici, umoristici e paradossali sono spot divertenti, avventure emozionanti che coinvolgono e fanno partecipare i bambini; musica, personaggi sorridenti simpatici e rassicuranti sono definiti come comportamenti condivisi a cui aspirare; clima di serenità, amicizia, successo atmosfere allegre, problemi risolti, contesti familiari e 97 calorosi. Grazie a questi elementi lo spot entra nella mente creando un mondo, una realtà in cui il bambino può indentificarsi, il bambino ha bisogno di modelli a cui aspirare perciò le pubblicità per minori sono piene di situazioni e personaggi simili alla realtà in cui vivono i bambini, scene di vita quotidiana (il momento della colazione) in modo che il bambino inizia a fare delle connessioni tra i 2 mondi identificandosi con i protagonisti degli spot e a suscitare emozioni. Quando i protagonisti degli spot sono + grandi entra in gioco il processo di emulazione apprendono per imitazione per avere gli stessi benefici e ricompense, diventano modelli da imitare. La pubblicità dice loro come essere felici e come realizzare i propri desideri con quei prodotti. I bambini nelle diverse fasce d’età sono attratte da elementi e personaggi diversi: i bambini più piccoli da immagini e cartoni, personaggi di fantasia, animali, quelli più grandi invece da figure adulte appartenenti al mondo del cinema o dello sport (da imitare). Soprattutto il campo dei prodotti elementari si rivolge più ai bambini che ai genitori per influenzare le scelte alimentare dei + piccoli, scelte in termini di conoscenza e preferenza del cibo, e infatti la pubblicità ha una diretta influenza sulla scelta e sulle preferenze alimentari dei bambini, da qui il rischio della promozione di prodotti junk food (cibo spazzatura ricco di grassi e zuccheri che aumenta il rischio di obesità), in questo caso vendono sogni , stili di vita e comportamenti alimentari per cui si associano elementi ludici e fantastici per coinvolgere emotivamente e associare il consumo a motivazioni più profonde del semplice bisogno di sopravvivenza (non si acquista solo una merendina ma uno stile di vita); soprattutto le pubblicità di junk food creano attorno al cibo simpatia e allegria trasformando il bisogno di mangiare in gioco e divertimento (spesso associandolo a cartoni animati, testimonial, musiche) e sono molto più pubblicizzati rispetto a cibi salutari come frutta e verdura, il junk food viene presentato come attraente e desiderabile associato a immagini divertenti e a gadget e regali. Vedendo questi prodotti sullo schermo costantemente i bambini li riterranno più importanti rispetto ad altri che non vengono pubblicizzati (gli spot per gli adulti presentano il cibo in termini di salute, quelli per i bambini come divertimento, fantasia e gusto). Nonostante questo ci sono azioni di marketing significative per promuovere uno stile alimentare nell’infanzia più salutare per prevenire l’obesità ( = lancio di nuovi prodotti a base di frutta e verdura, Zuegg; o l’associazione di Ferrero tra consumo di snack e merendine con l’importanza di svolgere attività sportive con testimonial dello sport). LE NUOVE STRATEGIE DI RETE PER UN MARKETING PER L’INFANZIA: L’ADVERGAMING Oltre alla pubblicità le aziende oggi hanno scoperto le potenzialità di internet, l’età in cui i bambini iniziano a navigare in rete si abbassa sempre di più, è un mezzo innovativo e in espansione che non attrae solo il pubblico adulto ma anche i più piccoli per il suo modo di comunicare e di interagire in modo dinamico; i bambini giocano, si divertono e sono + attivi, devono decider e compiere azioni ci vuole + impegno; la rete è anche considerata per questo più pericolosa xkè può sfuggire al controllo dei genitori. Così le aziende alimentari sfruttano la comunicazione online costruiscono i siti in forma di cartoon, colorati ricchi di giochi e gadget di ogni tipo per raggiungere direttamente i bambini senza dover passare tra i genitori, inoltre il marketing online può tenere l’attenzione e impiegare i bambini anche per più tempo coinvolgendoli e immergendoli totalmente nel mondo della marca. La caratteristica di tutti i siti per bambini è l’advergaming(advertisement e videogame) per definire la pubblicità sottoforma di videogioco, confonde gioco e pubblicità; alcuni siti di aziende di prodotti alimentari come Nesquik Nestlè sono strutturati come dei videogiochi in cui il bambino può esplorare, divertirsi e giocare con diverse attività che ruotano intorno al brand e al prodotto, i bambini si divertono con personaggi e testimonial inconsapevoli di essere sottoposti continuamente a un bombardamento pubblicitario, instaurano con la marca un rapporto amichevole e familiare (per loro è un videogioco, un passatempo e non una pubblicità, ma non fa altro che creare fedeltà e atteggiamenti positivi verso un brand). 98 La maggior parte dei siti di aziende che decidono di investire in advergaming utilizza videogiochi online di avventura e sport con musiche e all’interno del gioco possono comparire prodotti, packaging, testimonial, logo, diventa un’esperienza di brand divertente aumentando il ricordo della marca anche in altre occasioni, in più c’è il coinvolgimento diretto del bambino personalizzando e scegliendo i propri protagonisti, immedesimandosi e superando diversi livelli come una sfida personale o una gara tra amici, in questo modo i bambini trascorreranno con voglia molto tempo davanti al pc e a quel brand (es: Ovetto Kinder, Kinder Frutti in cui sostituire i volti dei personaggi con foto proprie o della famiglia per renderlo ancora + intimo e personale; Mulino Bianco in forma di cartoon dove vivono tutti i testimonial di ogni pubblicità e prodotto) INTERNET COME LUOGO DI INFORMAZIONE PER I BAMBINI Internet oltre a persuadere e divertire sa anche informare i consumatori; mentre un mess pubblicitario fornisce poche info il sito può descrivere nel dettaglio le diverse caratteristiche e gli ingredienti, linea completa dei prodotti e i vari gusti e punti vendita, sezioni dedicate alla giusta nutrizione e a uno stile di vita sano. Sono ancora pochi i consigli di educazione alimentare che rimangono spesso per siti web rivolti a un pubblico più adulto piuttosto che quelli per i bambini concentrati sul gioco. Alcuni siti inseriscono una sezione dedicata a materiali educativi per sviluppare conoscenze su storia, scienze, matematica.. presentati dagli stessi testimonial confondendo pubblicità ed educazione. Inoltre sul web i bambini possono rivedere gli spot di ciò che hanno visto in tv quando vogliono, in questo caso la visione non è considerata in modo negativo o come interruzione ma come intrattenimento; è un modo per rinforzare il mess e per parlare delle caratteristiche positive del prodotto alimentare ora che sono + attenti i bambini (ad esempio costruendo mini cartoni animati con i personaggi delle pubblicità e del brand). LE STRATEGIE DI PERSONALIZZAZIONE DELL’ESPERIENZA ON LINE DEL VISITATORE Per rendere l’esperienza del bambino con la marca unica e memorabile bisogna personalizzarla, ad esempio registrandosi sul sito, offre accesso a + contenuti e + giochi, promozioni mentre l’azienda così riesce ad ottenere informazioni utili e dati personali; una volta registrato il bambino fa parte di una community, è come vivere in un mondo parallelo in cui i bambini si sentono appartenere a quel gruppo del mondo della marca; opp si è soliti utilizzare sondaggi e questionari per chiedere preferenze e opinioni riguardo certi argomenti e renderli + partecipi (su Magic Kinder i bambini possono votare e scegliere la sorpresa dell’anno così l’azienda raccoglie info per accontentare al meglio i bambini con la scelta dei nuovi premi). I siti delle aziende alimentari offrono una quantità di materiale brandizzato da scaricare o acquistare, estendendo l’esperienza oltre il web diventando parte integrante della vita del bambino; i visitatori possono scaricare screensaver, sfondi, suonerie, icone per il pc. Oppure è frequente distribuire gadget o attività ricreative incentrate sul marchio che mantengono costante la presenza e l’esposizione al brand che giocheranno con questi oggetti nel tempo libero restando continuamente esposti alla pubblicità. Un’altra modalità di estendere l’esperienza online alla quotidianità incoraggiando a raccogliere punti, bollini per vincere premi e regali, per poter vincere però è necessario acquistare il prodotto e ciò incentiva l’acquisto ripetuto, la visita del sito e l’effettivo consumo di quel prodotto aumentando la fedeltà di marca. Nei siti 99 delle aziende si trovano anche spazi dedicati alle ricette o a proposte di nuovi modi di usare quel prodotto per stimolarne l’acquisto (Nesquik Squeeze) Il web illustra anche le prmozioni legate all’acqusito di determinati prodotti, cioè regali, gadget, concorsi, coupon, premi per incoraggiare alla prova del prodotto, acqusiti di grandi quantità dello stesso prodotto ad un prezzo conveniente. Questo perché i siti hanno più spazio e possibilità di spiegare modalità, regolamenti, scadenze rispetto alla pubblicità + breve. PRESENZA DI ‘’AD ALERT’’ Nonostante tutto ciò appena detto, nessuno avverte il bambino che non sta giocando con un normale videogame ma che è sottoposto continuamente a pubblicità, c’è confusione su internet tra gioco e pubblicità soprattutto per i bambini che non hanno ancora le capacità di comprensione e decodifica della pubblicità. In alcuni siti americani esiste un ‘’ad alert’’ ossia scritte che avvertono i bambini che stanno guardando pubblicità, ma sono casi rari (es. Mc Donald’s in America). CAPITOLO 9 (PARTE III – LE APPLICAZIONI DELLA PSICOLOGIA DEI CONSUMI) IL CAMBIAMENTO DEGLI ATTEGGIAMENTI L’obiettivo principale di chi si occupa di marketing e di comportamento dei consumatori è di modificare gli atteggiamenti per fidelizzare un consumatore alla scelta di una marca o per ndirizzarlo nella scelta di un nuovo prodotto. Le modalità possono essere diverse per rendere + favorevoli gli atteggiamenti dei consumatori verso un brand o un’azienda, come la scelta del packaging, di un bravo testimonial, la segnalazione di ingredienti contenuti nei prodotti alimentari, l’impegno sociale delle aziende. In un contesto attuale sempre più saturo di informazioni e suggerimenti è sempre più difficile riuscire a persuadere i consumatori e provare a cambiarne gli atteggiamenti, riuscire ad attirare l’attenzione di un pubblico distratto ed esigente figuriamoci a cambiarne gli atteggiamenti. E’ evidente come ormai non basta più solo presentare un prodotto e ripetere il mess xkè sia percepito e faccia effetto, il modo in cui elaboriamo le informazioni risponde al principio del massimo risparmio energetico (economia dell’attenzione) rendendo ancora + difficile il compito di chi vuole attirare l’attenzione. Generalmente le informazioni che vengono + recepite dai consumatori sono quelle attese che concordano con gli stereotipi o con schemi già consolidati. IL RUOLO DELLA PERSUASIONE La prima cosa da dire è che si occupa di persuasione deve fare i conti con meccanismi psicologici a volte poco razionali e standard; tra i fattori che rendono più efficace la persuasione ci sono: - La reciprocità: le persone sono più propense a modificare i propri atteggiamenti se si sentono in dovere verso qualcuno o qualcosa (il regalo ai consumatori prima di una vendita, effetto ‘piede nella porta’ per far sentire il consumatore in dovere verso il venditore). 100 - Il valore dell’autorità: l’importanza della fonte del messaggio e il suo grado di autorità in un tema (es: CNN) ha effetto sui comportamenti degli ascoltatori. L’effetto della scarsità di prodotti o servizi: spinge i consumatori a modificare il proprio atteggiamento e a considerare quel rodotto più gradevole o indispensabile. L’effetto piacevolezza della fonte: una fonte attraente raggiungerà ricompense positive , oppure un processo di identificazione per godere delle stesse qualità di quel modello con cui ci si identifica. Non sempre le intenzioni del comunicatore sono colte e comprese correttamente dal proprio target di riferimento (soprattutto se sono bambini dove la comunicazione spesso è molto adultocentrica, poco attenta alle specificità dei bambini). Ciò si verifica anche nel processo di memorizzazione, non è sempre scontato che il prodotto ogg del mess e ciò che dovrebbe essere ricordato sia lineare e immediato. Chi si occupa di persuasione deve quindi anche studiare il modo di rendere quella pubblicità memorizzabile oltre che comprensibile, spesso accade di vedere pubblicità molto accattivanti ma difficilmente memorizzabili. Perché ci sia un effettivo cambiamento degli atteggiamenti, l’efficacia della comunicazione deve essere valutata in base alla capacità di attirare l’attenzione, di essere percepita correttamente, compresa e ricordata e per la sua intrinseca capacità persuasiva. Un gruppo di ricercatori della Scuola di Yale (guidati da Hovland) hanno studiato gli elementi che rendono una comunicazione persuasiva mettendo in luce i 3 fattori del ‘chi dice cosa a chi’ quindi: 1. Caratteristiche della fonte, 2. Natura del mess, 3. Caratteristiche del ricevente. BOX : DIFFERENZE DI GENERE E CAMBIAMENTO DEGLI ATTEGGIAMENTI Studio sulle differenze di genere, le differenze funzionali tra il cervello dell’uomo e quello delle donne. In particolare le differenze durante il processo d’acquisto, le emozioni sono decisive talvolta nell’acquistare un certo bene, uomini e donne sembrano diversi di fronte a uno stimolo emotivo intenso, le donne ricordano in modo particolare gli stimoli emotivi quando viene attivata di più l’amigdala sinistra, per gli uomini avviene il contrario; quindi uomini e donne memorizzano in modo diverso le diverse emozioni e quindi i diversi prodotti. Le donne utilizzano per decidere l’emisfero sinistro, gli uomini il destro, ciò è fondamentale per iniziare a pensare strategie di marketing generoriented. Le donne utilizzano strategie di acquisto mirate a classificare i prodotti in precise categorie, quindi la decisione d’acquisto si basa molto su ciò che è contenuto in memoria e quindi sulle esperienze, ciò permette decisioni + veloci in situazioni routinarie nel caso di un prodotto già conosciuto e provato, è un processo di scelta più veloce e anche + efficace basato su categorizzazioni (basta vedere le corsie dei supermercati per vedere le differenza tra uomo e donna nel fare gli acquisti). Gli uomini sono meno determinati in alcuni tipi di scelta come al supermercato e quindi + vulnerabili rispetto a informazioni marginali ma con un impatto emotivo + positivo, quindi l’abilità comunicativa sembra fare + effetto sull’uomo, mentre le donne in determinate circostanze sono + abili nel perseguire le proprie strategie d’acquisto. GLI OBIETTIVI DELLA PERSUASIONE Per capire la persuasività di un messaggio bisogna capirne l’obiettivo, quindi che tipo di cambiamento si vuole promuovere con un messaggio persuasivo. Uno dei primi obiettivi della comunicazione 101 pubblicitaria è provare a determinare un cambiamento cognitivo che non necessariamente porta poi a un cambiamento di comportamento. Affinchè ci sia l’intenzione di cambiare un comportamento non basta solo essere consapevoli o avere delle opinioni riguardo un prodotto, occorre anche considerare il valore personale del contesto sociale, cioè quanto quel comportamento venga apprezzato dagli altri per esempio, e l’importanza attribuita alla considerazione che gli altri hanno di noi. L’obiettivo del cambiamento dell’azione è un po’ + complicato, ovvero quello di indurre determinate persone a compiere una specifica azione in un periodo di tempo, quindi nn solo riuscire a comprendere il messaggio e le informazioni ma occorre fornire adeguate informazioni ed efficaci motivazioni in base alle quali gli individui saranno spinti a compiere una determinata azione. Ancora più complesso è l’obiettivo di cambiamento comportamentale ovvero indurre una modificazione più o meno permanente del comportamento di un gruppo che presentano un atteggiamento favorevole verso il cambiamento. La relazione tra atteggiamento e comportamento non è lineare, un cambiamento dell’atteggiamento non comporta un cambiamento dell’azione vera e propria; la difficoltà nell’attuazione di processi comunicativi persuasivi è dovuta al fatto che il cambiamento di un atteggiamento verso una persona, un’azione o una situazione non corrisponde poi in un cambiamento di comportamento (Es. persone convinte della nocività di un comportamento ma continuano cmq a ad agire con comportamenti pericolosi, come il fumo). Certe informazioni su alcuni prodotti o situazioni non sono sufficienti per determinare un certo comportamento, ad es. quando non si è liberi di rispettare i propri atteggiamenti per paura della valutazione sociale, sono atteggiamenti quindi a cui non corrispondono dei comportamenti (e viceversa). La teoria dell’azione ragionata (Fishbein e Ajzen) indica che il comportamento di una persona dipende oltre che dalla valutazione degli attributi di un particolare prodotto, dalla possibilità che lo caratterizzino ma anche da altre variabili quali la pressione sociale, le aspettative individuali dei risultati di un’azione e il valore attribuito a questi risultati (infatti nella costruzione del mess pubblicitario bisogna anche fare attenzione al ruolo della norma soggettiva e del contesto del consumatore). Nella vita quotidiana la maggior parte delle nostre intenzioni è così immediata da non sembrare un processo consapevole o ragionato analizzando costi e benefici; la teoria dell’azione ragionata vede l’uomo fortemente razionale quindi in questo caso la persuasione e il rapporto tra atteggiamento tra atteggiamento e comportamento agito dipendono da un processo di valutazione razionale degli attributi, del loro valore e della pressione sociale riguardo un’azione. L’ultimo tipo di cambiamento che la comunicazione persuasiva tenta di attuare, e anche quello + diffcile, è un cambiamento di valoriovvero modificare i valori radicati in alcuni individui rispetto a determinate situazioni; questo perché i media assumono un ruolo importante accanto ai vecchi organizzatori sociali come famiglia, lavoro, scuola, e si inseriscono, in particolare la tv, in quel processo di costruzione della realtà, orientando i processi di costruzione della conoscenza. Inizialmente gli studiosi trattavano il tema della persuasione e dell’influenza della comunicazione sugli individui come un’influenza determinante facendo riferimento a quegli anni in cui la comunicazione politica aveva dominato e ritenevano che gli individui fossero passivi a tutta la comunicazione, si sviluppa la teoria del proiettile magico: i mezzi di massa sono come proiettili che arrivano sicuramente a bersaglio perché mirano a innescare i meccanismi automatici che governano i comportamenti delle folle (il processo persuasivo veniva visto come unidirezionale dalla fonte ai destinatari). Poi verso la fine del XX secolo si afferma invece la teoria dell’influenza limitata: il mess promozionale perde quel valore determinante e influenzante, viene avvalorato se accompagnato dalla testimonianza di persone degne di fiducia, è importante quindi coinvolgere per la persuasione possibili opinion leader per altri. Negli ultimi decenni del XX secolo si è affermata la teoria dell’influenza modellatrice: offrendo indicazioni su 102 stili e modelli di vita a cui ispirarsi. Bisogna capire più che l’effetto della persuasioneha sui consumatori, cosa invece ne fanno i consumatori dei mess persuasivi. I consumatori non sono più una massa passiva ma ben consapevoli fruitori di comunicazione simbolica alla ricerca di informazioni per informarsi, divertirsi e identificarsi con il proprio gruppo di appartenenza, interagendo con il mess: modello interazionista -> co-costruttore di significati, secondo 3 principi: 1. Il consumatore reagisce alle informazioni sulla base del significato che egli stesso contribuisce a dare. 2. Il significato attribuito a questi oggetti è correlato alle informazioni provenienti dal contesto culturale di riferimento e dalle relazioni sociali. 3. Il significato viene costruito attraverso un processo interpretativo continuo. Questo modello quindi considera le parti del processo persuasivo non + come emittente e ricevente ma come comunicatori: l’azienda e la marca che comunicano qualcosa di sé e il ricevente, consumatore che costruisce il significato sulla base del suo sé e della sua cultura in modo proattivo. Il processo di cambiamento degli atteggiamenti quindi viene visto oggi in modo interpretativo e costruttivo, in più la memorizzazione e la percezione di un mess avvengono secondo procedimenti selettivi, l’audience si espone quindi alle informazioni congeniali alle loro attitudini evitando le altre. C’è da dire che in tutto questo i media hanno un ruolo fondamentale nell’offrire informazioni di base, quindi il modo di presentare un certo fenomeno attraverso i media influenza sicuramente il giudizio che le persone hanno di quel fenomeno. La comunicazione persuasiva oggi deve fare affidamento non più solo sul valore della razionalità ma deve basarsi su leve simboliche. LA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA: MODALITA’ DI INFLUENZAMENTO Per quanto riguarda la comunicazione pubblicitaria le modalità di influenzamento riguardano l’informazione, la persuasione, la seduzione. Informazione: le persone normalmente valutano e decidono cosa fare anche in base a ciò che sanno, le informazioni di cui dispongono anche se selezionate, costruiscono un sistema di conoscenze che orientano il proprio comportamento. L’influenzamento della comunicazione pubblicitaria consiste quindi nell’informazione: uno spot può dire qualcosa su quel prodotto su qualsiasi aspetto che prima non si sapeva, ora che si sa quindi, questo, può indurre il consumatore a comportarsi in modo diverso rispetto al comportamento iniziale senza quell’informazione. Persuasione: Una seconda modalità di influenzamento è rappresentata dalla persuasione, persuadere significa indurre il proprio interlocutore a cambiare la propria opinione alla luce di un argomento convincente. I significati del termine persuasione sono 2: il primo presuppone l’idea di verità e presume che la ragione possa riconoscerla in quanto resa evidente dall’argomento; in questo senso la persuasione fa appello alla razionalità presupponendo un interlocutore ragionevole disposto a mettere in discussione la propria opinione e se persuaso ad adottare quella nuova, è intelligente colui che grazie a un argomento ragionevole si persuade a modificare le proprie credenze e i propri comportamenti; una giusta via di mezzo, né essere facilmente influenzabili né però restare ciechi e sordi di fronte ad un argomento mantenendo le proprie opinioni e resistenza al cambiamento. Chi viene persuaso riconosce la verità dell’argomento, convincere diventa un vincere insieme condividendo qualcosa di vero razionalmente: ciò che a volte fa la pubblicità mostrando qualcosa che il consumatore possa cogliere in quanto vero, cerca di persuadere 103 mostrando come dato un problema, il prodotto o la marca che si vuole promuovere offre la soluzione migliore. Il 2 significato del termine persuasione prescinde dall’idea di verità e presuppone i limiti e la soggettività dei ragionamenti umani, quindi l’argomento è persuasivo non perché mostra la verità razionale ma perché riesce a far prevalere le ragioni del persuasore su quelle del persuaso avvalendosi di espedienti. Il termine convincere qui rimanda alla relazione tra uno che vince e uno che perde, il prevalere di chi convince e sa usare argomenti persuasivi su chi viene convinto, sono in posizione di uno ‘one up’ sull’altro ‘one down’. Seduzione: Un terzo modo di influenzare si avvale della seduzione. Sedurre significa condurre a sé, attrarre l’altro e indurlo a seguire spontaneamente quanto indicato da chi seduce. E’ un modo di comunicare che fa appello alle emozioni e influenza il soggetto ponendosi come risposta illusoria ai suoi bisogni e desideri; l’autorevolezza della fonte induce a credere nelle sue affermazioni, induce a fidarsi, suscita consenso e disponibilità verso chi si dimostra amichevole e umoristico, simpatico. L acomunicazione pubblicitaria si mostra a volte come informativa a volte come persuasiva, ma soprattutto come seduttiva per suscitare interesse, adesione, sorrisi, positività mostrandosi gioiosa, fantasiosa, giocando con i sentimenti che legati a prodotti o marche liberano l’oggetto dalla sua funzione d’acquisto e lo caricano di significati simbolici. IL VALORE DELLA PERSUASIONE TRA UTILITA’ E ATTRAZIONE SIMBOLICA L’idea della persuasione della modernità è influenzata dal positivismo (‘800) che si è imposta nella riflessione sull’uomo, promuovendo un’immagine forte e indipendente, capace di dominare la natura con il proprio ingegno, di costruire e di influenzare la natura; era un periodo storico caratterizzato dall’ottimismo e una visione dell’uomo come forza, artefice della propria vita e del mondo. Questa visione prevedeva anche una perdita della centralità dell’anima e della sua coscienza, piuttosto ciò lasciava + spazio al ruolo delle forze esterne nella sua determinazione. Da quest’influenzamento esterno che scaturisce la dimensione ansiogena del tema della persuasione e della decisione: nel momento che l’uomo si appropria della libertà e dell’autonomia rischia di essere la preda di qualcosa di esterno e incontrollabile come la persuasione occulta dei poteri nascosti e divini. A contribuire ad aumentare le differenze verso il termine persuasione troviamo l’esperienza dei totalitarismi che hanno fornito un esempio di pericolosità dell’influenzamento della propaganda nelle decisioni e nella manipolazione delle coscienze. E’ diventato per questo un tema contraddittorio che ha messo da una parte la libertà dell’individuo come forza creatrice e dall’altra ha messo l’uomo nella natura e l’ha reso dipendente da altre forze esterne. L’uomo però è sempre e cmq visto come un essere razionale, e inizialmente anche il processo di acquisto poteva essere spiegato da un modello razionale e logico, il soggetto quindi veniva visto come capace di prendere decisioni e cambiare i propri atteggiamenti su una razionale ricerca di informazioni e un’attenta valutazione delle alternative per ottenere il massimo beneficio con le minime energie. Questa stabilità era collegata al principio di coerenza che vincolava l’individuo ad essere coerente con i valori e i principi che aveva interiorizzato e metterli in pratica poi coerentemente. La postmodernità ha cambiato radicalmente il modo di vedere l’uomo e i suoi processi decisionali e di cambiamento, rinunciando all’ idea di un soggetto e una coscienza stabile e razionale, non esistono più i valori universali e le istituzioni guida per le scelte decisionali e per la costruzione di atteggiamenti e hanno lasciato il posto alla continua riscoperta di valori, al continuo cambiamento degli atteggiamenti e ad un modo per esprimere la propria individualità. La persuasione cambia il proprio ruolo, l’audience non ascolta + in modo neutrale e riesce ad accettare + facilmente ciò che è coerente con le proprie aspettative quindi per modificare gli atteggiamenti occorre confermare alcuni aspetti e idee preesistenti. 104 [BOX: PUBBLICITA’ E CONSUMATORE] : Il rapporto tra consumatore e pubblicità è cambiato, non sono più la preda e il cacciatore, questo rapporto oggi è una relazione che entrambi gli attori contribuiscono a costruire, non è + cioò che la pubblicità dice di sé e dei suoi prodotti ma cosa “dice di me a me” come interagisce e come coinvolge il consumatore (es: advergame è interattivo, dà al consumatore un ruolo + attivo nel rapporto). Giocare con la pubblicità significa giocare con i nostri desideri. La pubblicità oggi propone un doppio schema di gioco: evasione e persuasione. La componente ‘evasione’ serve a voler violare il confine tra realtà e fantasia, con scene di sogno, illusione, fantasia con una forte componente ludica.; tutto si basa sulla ‘logica del desiderio’ e ‘l’evasione dalla realtà’. La logica della ‘persuasione’ riguarda la dimensione dell’adattamento intelligente alla realtà; in questo caso il gioco pubblicitario pone il fruitore in una situazione di preda in quanto il gioco consiste nel persuaderlo in qualcosa. Ciò fa nascere una reazione di diffidenza e sospetto con un forte controllo razionale, sottoponendo a critica ciò che viene proposto, valutare la credibilità ed evitare l’illusione. La pubblicità equilibra queste due dimensioni di evasione e persuasione, riassorbendo l’evasione nella persuasione: conquistare lo spazio del desiderio diventando complice dello spettatore e quindi credibile con questa relazione d’intesa intima. DAL RUOLO DI SPETTATORE AL RUOLO DI COSTRUTTORE DI SENSO Il comportamento può dipendere dalle situazioni o dalle circostanze, si agisce quindi influenzando in un modo o in un altro il divenire degli accadimenti, in questo caso si parla di decisioni: scegliere un corso di azione tra quelli possibili. Per questo si studiano i meccanismi di comunicazione e persuasione per capire come influenzare le azioni altrui per cambiarne gli atteggiamenti. La persuasione però non è semplicemente la trasmissione di un messaggio da una fonte a un destinatario trascurando la relazione nella quale i comunicanti sono coinvolti, è ispirato troppo a una visione positivistica dell’uomo. Le diverse teorie di riferimento sulla persuasione: Teoria IPODERMICA: che descrive gli effetti che nel dopoguerra aveva la comunicazione di massa, teoria chiamata anche del proiettile magico, muovendosi in una teoria meccanicistica considerando che esistesse un repertorio comportamentale dell’uomo e i messaggi potessero essere recepiti nello stesso modo con tutte risp immediate e dirette; in questo caso la comunicazione persuasiva può influenzare decisioni di un gruppo di persone indifese di fronte alla forza della comunicazione, se il bersaglio viene raggiunto si otteneva il successo prefissato (la fiducia dei mass media derivava dai risultati della propaganda in atto nella Grande Guerra che influenzava le masse). Teoria DEGLI EFFETTI LIMITATI E DELL’AGENDA SETTING: Secondo la teoria degli effetti limitati l’interesse ad acquisire informazioni così come la memorizzazione avvengono secondo procedimenti selettivi, esponendosi alle informazioni + congeniali alle proprie attitudini e a evitare i messaggi contrastanti; le campagne di persuasione hanno effetto soprattutto se gli individui sono già d’accordo, sono i + interessati ad esporsi all’informazione, per rinforzare certi atteggiamenti e comportamenti. Inoltre il contenuto del mess pubblicitario viene rielaborato all’interno di dinamiche sociali e ha valore solo in queste interazioni in cui viene poi interpretato, accettato o rifiutato. La mente umana è punto di incontro di tante influenze strutturanti, e non c’è una corrispondenza diretta tra mess, decisione e successiva risposta comportamentale, esistono anche variabili di mediazione come la percezione selettiva o gli stati mentali del ricevente. Perciò la gente tende a includere o escludere dalle proprie conoscenze ciò che i media includono 105 o escludono dal proprio contenuto, dando più importanza a ciò che includono proprio perché sono i media a dare + enfasi e priorità a certe informazioni. Si può ipotizzare quindi che lo spazio e l’enfasi dedicata alla notizia influenzino il modo in cui l’ascoltatore costruisce la propria agenda personale in cui inserisce e diverse notizie; i media in una prospettiva di agenda setting definiscono quali sono le notizie a cui dare + attenzione e importanza, dicendo a cosa devono pensare gli ascoltatori (non come i sogg devono pensare). Ciò è strettamente collegato al meccanismo euristico della disponibilità , ovvero, dovendo stimare la probabilità di accadimento di un certo fenomeno il giudizio delle persone sarà influenzato dalle informazioni + disponibili o + reperibili in memoria; nel caso dell’agenda setting certe info sono più reperibili perché presentate con + frequenza rendendo queste informazioni più disponibili. La ricerca recente però sta criticando questa corrispondenza tra l’agenda dei media e quella del pubblico, in quanto esistono variabili individuali che possono mediare questa corrispondenza troppo semplicistica. La TEORIA DELLA COLTIVAZIONE A differenza della teoria dell’agenda setting, la teoria della coltivazione non solo ci dice quali sono le cose su cui decidere e pensare ma anche in che modo dobbiamo pensare ad esse. Secondo questa teoria i media hanno un ruolo di socializzazione che possa plasmare decisioni, comportamenti, le persone soggette ai media hanno una visione uniforme e condivisa del mondo a causa della presentazione unica della realtà comunicata, è un processo mainstreaming in cui la televisione conduce ad un’omogeneizzazione della visione del mondo (basti vedere la differenza con chi guarda meno la televisione, ci sono differenze di idee dovute al diverso grado di esposizione). Una delle principali critiche però è posta proprio su questa relazione, non si riesce a dimostrare che chi guarda di + la tv è + influenzato da essa, la relazione potrebbe essere inversa considerando che nell’ideazione dei programmi si cerca di rispecchiare i gusti e le opinioni dei potenziali spettatori e le persone scelgono i programmi in base alle proprie opinioni quindi potrebbero avere una visione comune xkè selezionati dall’inizio per condivisione di opinioni. Il messaggio per avere un’efficacia deve avere dei criteri: credibilità, coerenza (logica), consistenza (continuità temporale e non contraddittorietà, costanza), congruenza (nel luogo giusto, al momento giusto, con le parole giuste). La TEORIA DEI RUOLI E IL RUOLO ATTIVO dello spettatore: per essere persuasivi bisogna produrre un mess che corrisponde il + possibile con quanto gli altri si immaginano o si aspettano da noi, sottolineando la visione dell’uomo razionale e coerente, e quindi gli uomini in questo caso possono essere persuasi dalla coerenza di un discorso razionale. Per fortuna poi successivamente si è passati a valutare anche il ruolo del destinatario oltre che il ruolo del messaggio, quindi alle sue differenze individuali e alle variabili cognitive e sociali, un pubblico attivo. Le motivazioni personali, le emozioni e il contesto sociale influenzano il modo di percepire la realtà. Questo rappresenta una guida capace di influenzare il modo di percepire la realtà esterna e per costruire categorie dotate di senso. LO STUDIO DEI SINGOLI ELEMENTI PERSUASIVI Per capire i fattori che rendono efficace la persuasione bisogna studiare le caratteristiche della fonte, del messaggio e del ricevente (aspetti studiati dalla scuola di Yale); la fonte può avere grande impatto per la ricezione del mess, può essere attrattiva ed efficace nell’attirare l’attenzione (un bel testimonial), così come rendere credibile e veritiero il mess (testimonial prestigiosi); tra l’altro alcuni elementi positivi di una persona possono creare un effetto alonesu tutto ciò che lo circonda e sul prodotto che utilizza per esempio 106 nel caso di una pubblicità. L’efficacia persuasiva è ancora + forte se il mess e la sua fonte rispondono a specifici bisogni dei consumatori, e sono + motivati pure a lasciarsi trasportare, soprattutto coloro che tendono ad essere + sensibili al giudizio degli altri sono + facilmente persuasibili da una fonte attrattiva rispetto a quelli orientati internamente. Invece la credibilità, la fiducia e l’oggettività della finte hanno più efficacia soprattutto se il consumatore non ha potuto sapere molto di quel prodotto affidandosi del tutto alla fonte, soprattutto se è una fonte legittima (quasi si arriva a un grado di obbedienza che induce ad eseguire ordini in quanto si riconosce una figura autoritaria e legittima; es. esperimento-> delle persone sono state incaricate a dare scosse elettriche a collaboratori complici che avrebbero finto dolore, nel caso in cui le risposte di quest’esperimento fossero sbagliate, così i soggetti dell’esperimento finirono per venir meno ai propri principi morali perché non si sentivano personalmente responsabili in quanto persuasi da un potere esterno più grande e legittimo, loro avevano solo agito come esecutori di quel comando). Altro fattore importante che influenza l’attrattività della fonte è il processo di identificazione con essa (usando ad es personaggi famosi che offrono esempi di simbolizzazione e aspirazione) interpretando diverse categorie sociali simboliche e attraenti (uomo manager, donna elegante e affascinante, mascolinità) ovviamente dipende anche dalla credibilità di quei personaggi e la coerenza tra il personaggio famoso e il prodotto che deve essere immediato per i consumatori. E’ stato scoperto però che la credibilità della fonte a parità di messaggio non ha per forza degli effetti immediati sugli atteggiamenti; esiste un effetto sleeper (Kelman e Hovland) secondo il quale i consumatori dopo un po’ tendono a dimenticare l’identità della fonte del mess e si lasciano influenzare solo dal contenuto del mess memorizzato, si dissocia la fonte e il contenuto del mess, opp il contenuto del mess è + forte. Il gruppo di Yale studiò anche la variabile del soggetto destinatario con la sua personalità e suscettibilità alla persuasione e inoltre anche la struttura del messaggio in base alla sequenza di informazioni, e gli effetti di primacy ovvero memorizzazione e influenza delle prime informazioni, e recency ovvero memorizzazione delle ultime informazioni con conclusioni esplicite o i contenuti minacciosi. Solitamente se parliamo di memoria, quando il tempo che passa tra la presentazione della lista di parole e il ricordo è breve i soggetti ricorderanno le parole all’inizio e alla fine della lista, ciò è definito effetto della posizione seriale , le parole all’inizio di una lista sono ricordate meglio alla fine, però siccome la memoria a breve termine ha una capienza limitata ogni parola successiva della lista esclude quella precedente epr questo motivo è + probabile che vengano ricordate le ultime parole piuttosto che quelle centrali (effetto primacy e recency). Invece l’utilizzo dei fear appeals, ovvero il richiamo alla paura può aumentare o inibire la risposta a una pubblicità influenzando il processo decisionale. L’uso della paura è efficace se oltre all’informazione paurosa viene anche fornita una soluzione reale e facilmente applicabile per evitare quegli effetti spiacevoli mostrati (es. la pubblicità sociale è diventata un importante bacino di persuasione, il mess però più che far leva sulla paura dovrebbe fornire soluzioni ed enfatizzare risultati positivi associati al cambiamento di un particolare comportamento), tutto ciò diventa ancora + persuasivo se spinge l’audience a parlarne e a condividerlo con altre persone, in quanto la discussione di un messaggio e al sua difesa durante un confronto con altri facilita l’adozione poi delle scelte e dei comportamenti riportati nel messaggio. PERSUASIONE E DISSONANZA COGNITIVA (Festinger) L’efficacia del messaggio sulle decisioni e sul comportamento deve essere utile per le sue capacità di ridurre una situazione di disagio come la dissonanza. La dissonanza cognitiva nasce dal contrasto tra un atteggiamento e un comportamento o tra 2 atteggiamenti causando una situazione di disagio in cui l’individuo proverà ad adottare tutte le possibili soluzioni per creare uno stato di coerenza e benessere, se 107 una persona agisce in un modo o dichiarerà opinioni contrarie ai propri atteggiamenti proverà uno stato di tensione spiacevole; questa dissonanza è percepita se le persone sono state indotte ad agire liberamente, se non c’è una forza esterna che costringe ad agire autonomamente è + difficile giustificare a se stessi e agli altri un comportamento incoerente soprattutto in un contesto sociale che fa della coerenza uno stile di vita. LE FASI DELLA COMUNICAZIONE PERSUASIVA (William McGuire) McGuire studia il processo persuasivo secondo un percorso a tappe di 6 fasi: 1. Esposizione al messaggio, 2. Attenzione, 3. Comprensione, 4. Accettazione o rifiuto, 5. Persistenza al cambiamento, 6. Azione sulla base di nuove ipotesi; la sua conclusione è che solo quei messaggi che inducono nuovi atteggiamenti e comportamenti sono persuasivi. McG. osservò che tutti quelli con una forte autostima di sé erano + disposti a prendere in considerazione il mess però erano anche meno disponibili a cedere verso nuove indicazioni perché certi delle loro convinzioni, quindi i soggetti + influenzabili erano quelli con meno autostima. Kapferer invece non segue un percorso ideale del messaggio per diventare persuasivo, per lui la persuasione è tutto ciò che il ricevente fa di quel messaggio piuttosto che tutto ciò che il mess fa a quella stessa persona, il suo modello pone le seguenti fasi: esposizione al mess, decodifica, accettazione, persistenza temporale nel sistema cognitivo, conversione in azione, persistenza dell’azione ovvero creazione di un nuovo atteggiamento. In questo caso quindi il cambiamento di atteggiamento dopo l’accettazione di un messaggio persuasivo è dovuto non tanto al contenuto del mess ma al contenuto dei pensieri elaborati dal ricevente in risposta a quello stimolo del mess. Secondo il modello di Hovland (Scuola di Yale), la comunicazione esercita un’influenza sulle convinzioni del sogg quando realizza 4 passaggi: 1. Il mess deve attirare l’attenzione del ricevente, 2. Le argomentazioni comprese devono essere comprese dal ricevente, 3. Chi riceve il mess deve accettarle come vere e farle proprie, 4. Facendo propri i contenuti del mess il ricevente ottiene un incentivo e la persuasione diventa efficace. Ciò resta sempre e cmq generalizzato xkè non si può adattare a tutti i processi esplicativi e non sempre si realizzano tutti i passaggi. Questo modello sottolinea come i processi di persuasione siano condizionati dal livello di involvement, se c’è basso involvement cambiano prima le credenze e i comportamenti e poi gli atteggiamenti, invece in caso di alto involvement cambia prima la prospettiva da cui si guarda l’esperienza e il senso che si attribuisce e poi credenze, atteggiamento e comportamento. La tattica di persuasione che ha + probabilità di risultare efficace è quella che dirige le decisioni in modo tale che chi riceve il mess rifletta sul problema in modo favorevole al punto di vista di chi lo comunica, però il contatto con il sogg da persuadere non deve essere generico, bisogna conoscere il modo in cui ogni persona organizza le proprie conoscenze ( in quanto la persuasione dipende anche dal modo in cui il sogg interpreta e come reagisce al mess in base alle sue caratteristiche personali); prima di persuadere è bene conoscere meglio l’audience, il suo modo di pensare, usare le stesse immagini e metafore ed esprimere sentimenti ed emozioni con il suo stesso vocabolario. IL RUOLO DEI PROCESSI DI ELABORAZIONE Il gruppo di Yale ha fornito il modello più serio di spiegazione del mess persuasivo, però col tempo s’è visto che non sempre si realizzano tutti i passaggi per avere effetto, ad es. gli argomenti non sempre vengono compresi per parlare id persuasione, basti pensare ai bambini che vengono cmq influenzati dai mess pubblicitari. Se parliamo del modello della probabilità di elaborazione ELM di Petty e Cacioppo, considera la persuasione come un processo che ha l’obiettivo di cambiare gli atteggiamenti o i comportamenti senza l’uso dell’inganno o della forza che può avvenire attraverso 2 vie: la periferica e la centrale. Se il ricevente è motivato a elaborare il mess e quindi disposto a collaborare si ottiene un’elaborazione di tipo centrale , mentre se una delle 2 condizioni (motivazione e capacità) non si avvera si ottiene solo un’elaborazione periferica di intrattenimento piacevole ma senza effetti duraturi. La pubblicità quindi lavora su questi 2 108 percorsi: quello centrale prevede una razionalità e un’elaborazione cognitiva delle informazioni e delle alternative, richiede energia e attenzione, è attivato soprattutto dai + motivati e dai + competenti in materia. La seconda via periferica è caratterizzata da un minore impegno nell’elaborazione delle info e nelle decisioni, la decisione in questo caso viene presa in modo automatico secondo abitudini determinata anche da pregiudizi esterni senza un’attenta riflessione sulle info e le possibili alternative. Questo dovrebbe spingere il marketing a prestare attenzione al grado di coinvolgimento (+ coinvolta/motivata – coinvolta/motivata) e alle competenze del proprio target xkè ciò permette di capire se il mess deve essere strutturato per agire a livello centrale o periferico, quindi con un’attenta elaborazione delle info o in modo + superficiale su aspetti secondari. Il modello ELM prevede che una stessa variabile possa attivare allo stesso tempo sia un percorso centrale che periferico; alcune variabili per le loro caratteristiche sono capaci di attivare quasi esclusivamente la via centrale o identificare una lista di variabili centrali e una lista di variabili + periferiche. Il modello di Chaikenprevede invece la possibilità che i 2 processi si verifichino contemporaneamente, chi riceve il mess può avere la motivazione e la capacità di seguire un’elaborazione sistematica e allo stesso tempo se disponibile potrebbe lasciarsi guidare da pregiudizi o elementi + superficiali; il giudizio finale e il cambiamento di atteggiamento possono essere influenzati da entrambe le modalità di elaborazione perché il modo di reagire di un individuo deve essere sempre visto nella sua complessità in modo dinamico e interattivo (es. scelta e acquisto di un auto, oggi si somigliano così tanto che l’influenza del processo comunicativo e la decisione di acquisto vengono guidate soprattutto da aspetti simbolici e affettivi piuttosto che solo dalla valutazione costi-benefici). Il processo decisionale è complesso e deve fare i conti anche con processi non razionali o automatici, quindi le decisioni istintive e controllate non possono escludersi; i processi automatici sono quelli attivati in modo + immediato e forniscono la prima risp che poi viene controllata e nel caso modificata valutando con + attenzione le informazioni e le alternative; a volte però il tempo limitato o la stanchezza o i pochi interessi specifici potrebbero ostacolare l’avvio di un’analisi + razionale e dettagliata. Riassunto capitolo 10 esempio: la protagonista ha un'amica che si sposa e non ha ancora acquistato il regalo. La sposa ha fatto la lista nozze ai magazzini John Lewis di Londra che permettono di acquistare on line. sul sito ad assistere i clienti ivi sono delle commesse virtuali che attraverso delle domande aiutano il cliente nella scelta del regalo.il cliente soddisfatto e felice si ricorderà dell'acquisto in futuro e provvederà a recarsi nel negozio durante un viaggio a Londra. Vi sono altri casi in cui dopo l'acquisto le persone continuano a ricevere messaggi promozionali a volte graditi a volte no. Alcune persone non autorizzano l'invio di tali messaggi per proteggere la propria privacy. Negli Usa se ne inventano di tutti i colori, come i carrelli intelligenti che forniscono info sui prodotti e riconoscendo il cliente suggeriscono cosa manca nella sua dipensa. 109 Ciò non è fantascienza ma l'incrocio fra tecnologia e servizi al cliente. Dall'e-commerce all'm-commerce. molti ricercatori hanno studiato il mezzo internet per vedere se fosse stato possibile utilizzarlo nelle ricerche di mercato. in psicologia dei consumi, tra le ricerche svolte negli anni, si evince che le principali barriere all'acquisto on line vi è quello della insicurezza sulla privacy. Oggi affrontiamo un'ulteriore evoluzione: l'm-commerce, ovvero il commercio sui telefonini, nuovo grande mezzo di comunicazione, interattivo, indipendente da un terminale (casa, uffici, etc), ma sempre limitato nelle occasioni d'uso. Questa tecnologia permette, quindi, di concentrarci su nuovi contesti di consumo, per cui serviranno nuove strategie di mkt che vedranno come obiettivo la possibilità di scambiare info e dati con il consumatore ai fini della ricerca. Percezione del rischio e fiducia negli acquisti su internet. secondo i dati Istat, sull'utilizzo delle nuove tec in Italia, il 23% degli italiani acquiosta on line (fascia tra i 20 e i 44, in maggioranza uomini). Ciò è dovuto anche al fatto che nel nostro paese solo il 43% delle famiglie possiede un accesso ad internet. Dato inferiore alla media europea. ricerche simili negli USA hanno dimostrato che chi acquista on line rispetto chi utilizza internet per altri scopi ha un'età più elevata e una possibilità economica maggiore, è meno avverso al rischio, è più comodista, impulsivo e più favorevole alla pubblicità. Il rischio è uno dei fattori che differenziano chi acquista da chi nn acquista. tra i fattori che lo influenzano: - il genere= i maschi percepiscono un livello di rischio minore quando acquistano prodotti che conoscono meglio, come quelli elettronici. -esperienza d'uso di internet= chi lo usa di più percepisce un livello inferiore di rischio. fare acquisti comporta un doppio livello di rischio: 1° l'uso della tecnologia che fa da tramite ( la paura di un virus, acquisizione dei propri dati da parte di altri utenti, la paura di diventare dipendenti da internet), 2° prodotto o servizio che si vuole acquistare. atri ostacoli: voler interagire con il commerciante, dubbi su come protestare in caso di insoddisfazione, preoccupazione circa la carta di credito. Ricerca su studenti universitari di psicologia vs ingegneria: per entrambi chi aveva già acquistato sentiva meno il rischio, cosa che nn avviene per altre attività. 110 Inoltre chi si ritiene competente si ritiene in grado di proteggersi dai rischi, quando il rischio riguarda gli errori del venditore, la possibilità di proteggersi è più alt. quindi ciò dipende dalle competenze. la fiducia è un elemento importante, che nell'acquisto tradizionale si manifesta nel primo approccio col venditore, in quello on line può svilupparsi dall'osservare il sito, dagli elementi grafici. Mariani e Zappalà hanno dimostrato che gli elementi ergonomici del sito influenzano la percezione del rischio. Il processo decisionale avviene in 2 fasi: -scelta del prodotto (che avviene sulla base delle info e descrizioni) ; - accettare o restituirlo (vi sono altre info cruciali). la polizza assicurativa può ridurre il rischio. Case history: ebay 1995 USA come una community di appassionati. 2001 in Italia. 2007 5 milioni di utenti. Italia tra i paesi con crescita di utenti maggiore. In Italia ha avuto successo anche in relazione al fatto della sfiducia degli italiani nell'acquisto a distanza e scambio tra privati. LA sfida si ebay è stat quella di assicurare le xsone sulla sicurezza delle transazioni (metodo diverso per ogni paese: in Italia con il codice fiscale, In usa con la carta di credito). Hanno anche realizzato una campagna in rete per la sicurezza, e per sfatare dei miti su interrogativi che le persone nella vita quotidiana non si pongono. Venne fornito un vademecum in cui la gente doveva affidarsi ai propri sensi: vista: controllare password olfatto: fiutare l'odore di bruciato ascolto: ascoltare e prestare attenzione alle credenziali degli altri utenti. gusto: assaggiare un acquisto, leggere bene le descrizioni tatto: toccare la spedizione ovvero scegliere un metodo sicuro Evento university ebay, in cui vi sono formatori. Successo di ebay: piattaforma realizzata da persone comuni. 111 es Archio Palmas: Giuseppe palmas era un fotografo della dolce vita i cui lavori non ebbero successo in vita. Il figlio decise di mettere su ebay i lavori e ben presto girarono per il mondo. Poco dopo il figlio riuscì a realizzare una personale a NY. Raccolta di info e preoccupazioni per la privacy le ricerche sui consumatori stanno sempre di più utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione che aiutano a raggiungere ovunque l'utente e in poco tempo. Ma le preoccupazioni sulla privacy e indisponibilità dei consumatori di essere costantemente bersagliato da ricerche di mercato sono ancora un groppo limite. Internet ha permesso di instaurare una relazione one to one e personalizzata con l'utente, (mkt relazionale). Il MKT one to one o interattivo ha sviluppato dei metodi di raccolta dati in banche dati facili da interrogare per le ricerche di mercato. Queste strategie di raccolta dati (CRM) hanno incontrato degli ostacoli nel reperire info sui consumatori ecco perchè spesso alcune di queste attività sono svolte senza la partecipazione degli utenti come il monitoraggio delle pagine web che grazie all' IP number, raccolgono dati sui percorsi dell'utente. Ma anche questo tipo di ricerche sono fonte di preoccupazione da parte degli utenti che si sentono costantemente osservati e per tale motivo sono delle tecniche inefficienti nel lungo periodo perchè il condizionamento può avere effetti negativo sul consumatore. vi sono 2 prospettive di ricerca relative agli studi fatti per riuscire a recuperare info utili dagli utenti: 1- interazione uomo-computer nei contesti e-commerce: disegno di interfacce adeguate fra utente e sistema (embodied conversational agents-simulazioni di uomini che interagiscono con gli utenti reali). l'approccio utilizzato è “centrato sul sistema”, ovvero esso deve adattarsi al linguaggio umano. 2- studio delle variabili situazionali, enfatizzando il valore della fiducia per risolvere le problematiche sulla privacy. Self-disclosure con i computer: l'adozione dei computer per le ricerche informative sui consumatori è avvenuta perché si pensava che fossero più attendibili delle interazioni faccia a faccia in cui l'intervistato è condizionato dall'interazione con l'intervistatore (desiderabilità sociale). 112 Tuttavia vi sono pensieri contrastanti. Weisband e Kiesler hanno condotto una meta-analisi di 39 studi dal 69 al 94, secondo la quale l'assenza di info sul contesto sociale dell'intervistato riduce la percezione di essere identificati e quindi aumenta la disponibilità a fornire info. Inizialmente quindi, la self-disclosure era più alta nelle interviste via computer ma con il tempo questa si abbassava perchè aumentava la consapevolezza del mezzo nei consumatori. Vi sono anche altri studi che dimostrano come la desiderabilità sociale può aumentare in certi casi nelle interviste via pc a seconda delle identità rese salienti e delle relazioni di potere che si instaurano. Gli effetti “linking” e “reciprocity” come strategie x raccogliere info via pc Moon (letteratura Psicologica e self-disclosure) ha tentanto di verificare gli effetti di Linking (il consumatore sarebbe disposto a fornire più info al pc verso il quale ha sviluppato una preferenza) e gli effetti di reciprocity (il cons tenderebbe a rispondere in modo più intimo dopo aver ricevuto info dal pc). Questo avviene quando il consumatore ha un rapporto con la macchina come se si trattasse di una persona (teoria della Risposta Sociale). Inoltre si verificano tali risultati quando è il pc ad iniziare il dialogo fornendo prima domande più superficiali e poi domande più intime (al contrario nn si verificano effetti positivi). In questo studio i consumatori erano consapevoli che fosse un esperimento quindi nn erano condizionati ne dall'interlocutore, ne da ricompense come accade a volte. Le dimensioni relazionali della raccolta di info. la ricerca si è concentrata anche sulla relazione tra consumatore e organizzazione. Spesso è possibile ottenere info tramite lo “scambio secondario” (ovvero non monetario come nel caso di quello primario, in cui in cambio di info personali i cons ottengono servizi e offerte personalizzate). Culnan e Milberg hanno segnalato che la gestione dello scambio secondario è importante perché un errore può compromette anche quello primario. Data la voglia di diminuire la percezione del rischio sui consumatori, si è fatto ricorso alle “fair information practises”, ovvero le pratiche per mezzo delle quali le aziende comunicano ai consumatori la necessità di fare delle ricerche di mercato ed automaticamente loro saranno maggiormente disponibili a fornire informazioni. La consapevolezza fa diminuire il rischio. Anche lo scambio di info con il denaro secondo alcuni fa diminuire il rischio perchè gli utenti percepiscono questo scambio come una dimostrazione di trasparenza, secondo altri studiosi le info più delicate non verrebbero scambiate con denaro perchè si contribuirebbe alla mercificazione dell'info. 113 Metodologia della ricerca on line. ricerca quantitativa: nella nostra esperienza ci siamo resi conto di come la distribuzione di ricerche di mercato via mail fosse problematica a causa della non attendibilità degli indirizzi e la scarsa disponibilità a rispondere. oggi è necessario che ci sia una forma di accordo preventivo con il proprietario dell'indirizzo di posta. oggi le percentuali di risposta sono inferiori al 30%. ricerca qualitativa: è stata sempre molto utilizzata l'osservazione partecipante e l'analisi del discorso per analizzare la comunicazione spontanea in vari contesti (anche in questi casi è necessario chiedere il consenso dell'intervistato). Nel caso del focus group vi sono stati vari studi ma bisogna prendere in esame la possibilità di utilizzare la metodologia on line. Due sono le caratteristiche delle interviste qualitative (in profondità) via mail: asincronia e forma testuale che influiscono sulla percezione del discorso, Nell'ambito dell'intervista normale, sebbene anonima, il consumatore percepisce l'interazione con l'intervistato, costituendo una barriera alla self-disclosure. Per diminuire le asimmetrie di potere tra intervistato e intervistatore, quest'ultimo potrebbe utilizzare un linguaggio equo, sottolineando il ruolo del contributo individuale dell'intervistato. Anche il tempo di risposta alle mail veicola messaggi diversi. Una risposta immediata viene interpretata positivamente. Il modello di intervistata e-mail repeated interviews prevedono interviste lunghe da 1 a tre mesi con uno spesso intervistato e serve a stabilire una relazione di fiducia. Un problema in questo campo è quello della rottura del contratto di ricerca in quanto gli utenti on line non sono obbligati a partecipare e neanche su compenso economico i riusciva a trattenerli ma era necessaria una motivazione intrinseca. Economia della mobilità e nuovi strumenti per l'analisi comportamentale del consumatore. Con la nuova tecnologia del mobile e la possibilità di connettersi ad internet si aprono nuovi mercati. Tale tec si può suddividere in una 2: 1- tec wireless che consentono l'accesso, la gestione, il trasferimento di dati in modo indipendente dalla presenza di un cavo (smartphone); 2- tec di posizionamento che consentono di rilevare posizione e spostamento di un oggetto/soggetto con riferimento a un dato contesto geografico. Alcuni autori hanno evidenziato la voglia di sviluppare una sinergia tra psico dei consumi, mkt e progettazione informartica per disegnare applicazioni davvero utili. 114 per fare in modo che queste applicazioni siano davvero utili bisogna adattarle, in seguito a testing, a i reali bisogni dei consumatori. Ad esempio invece di focalizzarsi sulle tecniche di segmentazione in base alle caratteristiche sociodemografiche, si potrebbero analizzare gli acquisti passati del singolo utente, sia in termini di frequenza sia sui gusti, la varietà etc. Inoltre, parlando di tec mobile, bisogna tenere in conto la stimolazione ambientale e studiare e prevedere i comportamenti delle diverse identità situate (consumatori riconoscibili in termini di caratteristiche sociodemografiche, gusti, atteggiamenti, tratti di personalità, bisogni funzionali e simbolici stimolati dall'essere in un luogo per un determinato scopo, svolgendo un'azione precisa). esistono dei data-mining che permettono di seguire i comportamenti degli utenti nel tempo. Tecnologia mobile e mkt della mobilità. L'italia sembra il Paese ideale per sviluppare m-commerce per questo sta crescendo sempre più il m-mkt che ha l'obiettivo di raggiungere il consumatore in maniera interattiva direttamente al cell. Le strategie di interazione con il cons potrebbero essere ancora più pervasive perchè raggiungono l'utente ovunque e sono in grado di fornire info sul comportamento in atto, immediatamente e con consapevolezza da parte del consumatore. mCRM (Mobile CRM) dovrà anche esso soddisfare dei bisogni dei consumatori in termini di servizi e info ma anche di privacy (problematica importante). Il mobile consente l'implementazione di metodologie qualitative come chiamate telefoniche e altre adatte alla mobilità.Tali tec possono essere sfruttate per monitorare comportamenti all'interno di musei, centri commerciali, librerie etc. In alcuni ipermercati si utilizza il portale shopping system (PSS) che da la possibilità ai consumatori di registrare i prodotti acquistati e risparmiare tempo e ai venditori il vantaggio di raccogliere info sul comportamento del cons che vengono associati ai dati sociodemografici raccolti al momento della distribuzione dello strumento. Randel e Muller presentano lo shopping jacket un pc portatile dove inserire la lista della spesa che ti avvisa quando il con si trova nelle vicinanze del negozio. L'iGrocer, uno smartphone che memorizza il profilo nutrizionale del cliente e controlla che i prodotti nel carrello nn contengano ingredienti desiderati; suggerisce gli acquisti; inserendo ricette ti dice quali alimenti comprare etc. My Grocer combina tec wireless con l'RFID che avvisa il fornitore sulla mancata disponibilità di alcuni alimenti nello scaffale, grazie all'etichetta presente in ogni prodotto. alla cassa viene automaticamente trasmessa la lista della spesa. Riassunto capitolo 11 115 L'identità organizzativa e la relazione con i consumatori. La relazione tra azienda e consumatore ha assunto un ruolo importante nel determinare le scelte e influenzare il grado di soddisfazione del cliente (ovvero il giudizio espresso nei confronti del servizio o del prodotto offerto). esso dipende dalla percezione della qualità relazionale. Tale relazione viene influenzata dalla comunicazione, ovvero dall'immagine che l'organizzazione vuole trasmettere. Se in passato bastava il prodotto o il servizio a posizionare l'azienda nel mercato, oggi l'identità organizzativa che viene trasmessa attraverso vari canali è un elemento molto significativo. Cambiamento organizzativo e soddisfazione del consumatore. Il cambiamento organizzativo rappresenta la carta vincente per ogni organizzazione che voglia sopravvivere nel mercato. Secondo Weik è preferibile parlare di organizing (processo continuo dell'organizzazione) piuttosto che organization (da il senso della stabilità). Cambiamenti tecnologici, economici e socioculturali sono alcune delle variabili con cui bisogna entrare in relazione per adattarsi alle esigenze del consumatore. La globalizzazione ha creato una profonda instabilità dei processi organizzativi per questo motivo le organizzazioni in grado di relazionarsi e stare vicino al cliente sono quelle con maggiore possibilità di sopravvivere. Questo modello gestionale impone l'abbandono di modelli organizzativi burocratici e stabili. Il pensiero delle persone è flessibile instabile per cui è difficile trovare delle regole fisse e universali per dimostrare che il prezzo o la qualità o le caratteristiche del prodotto etc, sono variabili sulle quali operare quando bisogna catturare il cliente. Vi sono altre variabili socioculturali etc, che possono incidere. Il nuovo consumatore è sempre più autonomo e si fa guidare dalla libertà del suo potere di scelta più che da altre ideologie particolari. Anche la relazione tra consumatore e produttore diventa più confusa; da un lato i i consumatori hanno sempre più possibilità di scelta, sono più critici e consapevoli ma anche più bombardati dalle promozioni e dall'altro le organizzazioni lavorano sempre più in funzione dei comportamenti dei consumatori. Ecco perché sempre più si cerca di analizzare la soddisfazione dei clienti per orientare il lavoro dell'organizzazione. 116 Se prima il consumatore doveva ricercare il prodotto adesso può accedere ad internet e confrontare prezzi e qualità di tutti i competitor. Questa liberalizzazione del processo di scelta del consumatore l'ha reso più sensibile al fascino della valutazione della qualità del prodotto ma anche più attendo ai messaggi provenienti dall'organizzazione, che grazi agli input dei clienti riduce i tempi di progettazione, pianificazione, distribuzione e controllo, risponde con rapidità: questo è organizing (la capacità di ascoltare, di comunicare e vendere la propria immagine. Oltre l'informazione: la comunicazione dell'identità organizzativa. l'impresa ha sempre avuto relazioni con diversi soggetti, i clienti, i fornitori, i collaboratori, il governo etc., trattando ogni relazione in maniera diversa. Nel momento storico in cui i media sono sempre più attenti alle azioni organizzative, l'esigenza di prestare attenzione alla coerenza tra ciò che si dichiara di essere e i comportamenti organizzativi è cresciuta sensibilmente. Si rileva una azione di comunicazione interna e di condivisione dei progetti di corporate social responsability tra tutti i dipendenti. Le organizzazioni hanno appreso che la reputazione organizzativa ha una forte influenza sul brand, sul posizionamento e sulla possibilità di costruire e mantenere una relazione di fiducia con i consumatori. L'organizzazione dee gestire se stessa come fosse un brand, riuscendo a differenziarsi dagli altri e garantire una certa consistenza nel tempo e nello spazio, creare empatia con i consumatori. I brand nn sono solamente i singoli prodotti ma sono associati ad uno stile di vita ed a ideologie che vengono condivise dalle persone. es: Malboro, nella sua comunicazione ha un'immagine coerente con i suoi valori. L'azienda deve essere in grado d stimolare emozioni e superare barriere etniche religione e culturali. Sempre più i consumatori scelgono spinti dalle emozioni e non dalla ragione per cui non occorre comunicare informazioni sul valore del prodotto o servizio ma sul significato simbolico che assume per creare una relazione di fiducia. Il formarsi delle opinioni non può avvenire solo al consumo del singolo prodotto o alle campagne pubblicitarie ma grazie all'insieme di scambi e relazioni con l'esterno. Se osserviamo le campagne pubblicitarie delle imprese possiamo osservare i cambiamenti negli anni per seguire le esigenze dei consumatori. Es: Osserviamo il mercato della telefonia. Gli operatori cercano di creare universi simbolici per differenziarsi: Omnitel era gioventù, innovazione, etc.; Tim era rassicurante ma ancora legata alla dimensione statalista, improvvisamente cambiò per ringiovanire il brand,TIM tribù). Sebbene sia necessario integrare la comunicazione interna ed esterna per una più efficacie politica di comunicazione, spesso le aziende le considerano separatamente. ???? p446 117 Le contraddizioni nella gestione dell'identità organizzativa. il concetto di identità organizzativa può essere descritto tramite due denominazioni: corporate identity e organizational identity. La prima, nel campo del Marketing, si riferisce a come l'organizzazione si relaziona con gli stakeholder e la seconda richiama la letteratura di tipo organizzativo e psicologico-sociale, si riferisce a come i membri si percepiscono. Entrambe devono essere coerenti tra di loro e non in contrasto. Albert e Whetten ritengono che da una parte l'identità è analizzata per definire le caratteristiche più specifiche di una org, per comunicarla all'esterno, dall'altra è utilizzata al'interno per descriversi e pensarsi nella relazione con gli altri. Il concetto di identità risponde da una parte all'esigenza di creare valore, dall'altra alla necessità di individuare e comunicare aspetti specifici dell'organizzazione. le dimensioni che possono essere utili per distinguere l'identità di una organizzativa, sono ade esempio, la filosofia gestionale, i valori in cui crede, la sua cultura, il significato che intende trasmettere. Un'identità è forte quando è coerente sia all'interno che all'esterno, perchè le incongruenze sono fatali per l'organizzazione. quello che a prima vista sembra un errore di comunicazione diventa un problema capace di coinvolgere l'intero sistema organizzativo. Operare un mutamento della propria presenza sul mercato, si ripercuote sulle modalità di funzionamento interno, o nel caso in cui si voglia mutare la gestione interna questo può provocare modifiche all'esterno. L'immagine dell'organizzazione è il risultato complesso e difficile da cogliere tra quello che viene espresso di per sé e ciò che invece vuole essere trasmesso dal comunicatore che si occupa di trasmettere una certa immagine. L'identità non è l'oggetto in se ma la rappresentazione di esso, per tale motivo, Berg e Gagliardi avevano parlato di possibilità di falsificare dell'identità attraverso la gestione dell'immagine al fine di mostrare al mercato ciò che l'impresa potrebbe essere e non ciò che è veramente, cercando di presentare un'immagine verosimile in relazione alle attese del mercato. La grande competizione tra aziende le ha spinte a creare immagini forti ma a volte anche un pò false pur di lasciare il segno. Un 'eccessiva differenza tra la realtà organizzativa e la comunicazione verso l'esterno può causare problemi sia con il consumatore, sempre più consapevole e sensibile, e sia con gli stakeholders interni, mezzo di comunicazione verso i consumatori. 118 L'identità è un fenomeno complesso che permette a coloro che si occupano di corporate image, anche di manipolarla , sottolineando alcuni aspetti invece che altri. Il rapporto tra identità, immagine e cultura organizzativa. Concetti come identità, cultura e immagine devono essere analizzati nei processi di cambiamento. SI può far riferimento all'analisi di Hatch e Schultz, che propongono di analizzare il concetto di identità in relazione al concetto di image da una parte e cultura dall'altra. Una prima considerazione a fatta in relazione alla distinzione tra corporate e organizational identity: la prima nasce dal mkt e fa riferimento ai processi di comunicazione, la seconda legata ai processi organizzativi fa capo all'area delle scienze organizzative. La corporate identity richiama la specificità dell'organizzazione e il modo con cui viene comunicata ai propri stakeholders e come si differenzia dagli altri. Balmer analizza il concetto da due diverse prospettive: quella della scuola e quella legata alla dimensione visiva ed espressiva ovvero si sofferma sui processi di comunicazione grafica (logo, colori, stili comunicativi). La corporate identity rappresenta non chi si è ma chi si vuol diventare, è una linea guida per i cambiamenti che si vogliono mettere in atto. Il concetto di organizational identity (identità organizzativa) ha una valenza psicosociale e fa riferimento a ciò che i membri dell'organizzazione percepiscono in relazione a chi sono. L'org identity è legata alla teoria dell'identità sociale secondo la quale la relazione ed il confronto con gli altri diventano necessari e indispensabili per costruire la propria identità, rappresenta la miriade di modi attraverso i quali i membri percepiscono chi sono effettivamente. Per quanto riguarda i concetti di Image e cultura, Hatch e Schultz mettono in relazione identità e immagine e identità e cultura. L'immagine fa riferimento a ciò che si comunica verso l'esterno ed è strettamente legata all'identità, a come essa viene percepita dagli altri. é più prossima al concetto di corporare identity. In ogni caso quando si fa riferimento all'identità si considera il valore comunicativo che alcuni attributi hanno in relazione alla dimensione esterna; Nel riferirsi all'identità la dimensione pregnante è quella interna. Infine il concetto di immagine può essere declinato in molteplici modalità, in relazione al tipo di pubblico. Ciò non significa che le identità non possono essere molteplici e frammentate. 119 Rapporto tra identità e cultura. Secondo Hatch, l'identità permette di esprimere se stessi e le proprie esperienze attraverso le proprie credenze e aspettative che sono a loro volta influenzate dalla cultura organizzativa e dai valori che esprime. A differenza dell'identità la cultura fa riferimento a tutti quegli aspetti che colorano la vita quotidiana in un contesto organizzativo e sociale nel quale il significato e i valori sono espressi dai comportami e dagli artefatti. L'identità fa riferimento a quanto è narrato e vissuto dai singoli membri: anche in questo caso il concetto di identità è espresso in maniera formale, esplicita e consapevolmente accessibile, opponendosi a un livello più tacito e inconsapevole che caratterizza le assunzioni culturali. Gli assunti taciti permeano l'intera organizzazione e influenzano la mission, la strategia, i mezzi usati, i sistemi di valutazione, le sue norme, etc. é limitante spiegare il concetto di identità solo nelle aree di comunicazione e mkt, essi richiedono l'integrazione di conoscenze strategico- organizzative, comunicative e psicosociali nella gestione dei processi di comunicazione. L'identità è: risultato di un processo sia interno che esterno; non completamente separata dalla percezione che gli altri hanno dell'impresa; caratterizzata da una molteplicità di espressioni; un testo deve essere letto in base al suo contesto culturale; legata ad una dimensione istituzionale; manifestazione ed espressione di simboli culturali. Un Museo che cambia faccia: (BOX) Il Museo Nazionale della Scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci” è il caso di una organizzazione che ha cercato di mantenere la relazione con i clienti in un momento di crisi come quella della ristrutturazione. Oggi i musei scientifici sono più attenti ai bisogni di un consumatore postmoderno esigente, informato, selettivo, sempre più alla ricerca di esperienze che coinvolgano i sensi. Per tale motivo, il museo affianca l'efficace sistema di raccolta e catalogazione, anche lo sviluppo di servizi educativi e di professionalità come l'exhibition design, il mkt e la comunicazione. Questi sperimentano nuovi linguaggi, metodologie e modalità di coinvolgimento per creare esperienze uniche. Il continuo evolversi, sia nelle esposizioni sia nella struttura è una caratteristica di un museo. Si può scegliere o di chiudere e sparire dall'agenda setting o tenere aperta solo una parte dell'edificio o chiudere per tre mesi durante i lavori. L'efficacia della strategia dipende dalla condivisione dei valori e degli obiettivi. 120 Comunicare i valori in corso: All'inizio del 2008 iniziano i lavori che ebbero la durata di un anno. Diventava allora importante coinvolgere il pubblico all'interno del cambiamento, bisognava garantire un'immagine interna ed esterna coerente al delicato momento di cambiamento, costruire una relazionale stabile tra tutti i livelli di personale e i visitatori. Il concept della campagna: “Con che faccia teniamo aperti?”, i soggetti erano 4 facce della campagna ed ognuno veicolava messaggi diversi. Sagome segnaletiche di operai al lavoro senza volto in cui introdurre la propria faccia per scattare foto. Info-piantine che riportano oltre alla giuda del museo anche la spiegazione dei lavori, come nel sito internet. L'attività di comunicazione parla sia ai visitatori ma anche ai possibili clienti del museo. Identità organizzativa e ruolo della comunicazione interna. Secondo molti autori per fidelizzare i clienti occorre considerare gli effetti che i processi comunicativi hanno all'interno dell'organizzazione. Questo non è solo giustificato dal fatto che i clienti interni sono al contempo consumatori, ma anche perchè gli attori dell'organizzazione hanno un ruolo attivo nel supportare la comunicazione all'esterno. Un'identità forte e condivisa serve a motivare i dipendenti i quali possano diventare comunicatori a loro volta. Si tratta di individuare e soddisfare i bisogni e i desideri dei collaboratori, promuovere i processi di socializzazione al lavoro che possono sviluppare un profondo senso di appartenenza. Esempio delle banche in termini di cambiamento organizzativo: In seguito agli scandali finanziari, all'entrata in gioco di competitor stranieri, alla possibilità di accedere ai servizi direttamente direttamente da casa, ha costretto le banche a trovare nuove soluzioni per accaparrarsi fette di mercato e mantenerei vecchi clienti. La trasparenza, la serietà e la reputazione hanno assunto un ruolo sempre più pregnante. A tal fine sembra significativo l'intervento in termini di formazione sulle dinamiche interpersonali e sulla comunicazione efficacie che vede coinvolti non solo gli agenti e i consulenti ma soprattutto il management e tutti gli operatoti del back office. es di Banca San Paolo che nello spot pubblicitario ha adottato un sms in cui la banca non è più identificabile con un prodotto o un servizio ma con la faccia delle persone che ci lavorano: “io sono la banca, ma sono uno come te! di me ti puoi fidare”. 121 Questo tipo di comunicazione ha avuto degli effetti positivi solo perchè l'immagine rappresentata coincideva con la realtà, ovvero l'immagine coincideva con i vissuti dei dipendenti della banca. Le incongruenze potrebbero avere un risultato negativo e per questo devono essere gestire dal management. Balmer e Greyser hanno ideato uno schema per evitare le incongruenze: 1. identità attuale: insieme di caratteristiche attuali relative allo stile della leadership, alla qualità dei prodotti e servizi, alla struttura organizzativa, etc. 2. identità comunicata: identità comunicata attraverso processi formali (spot, broshure, relazioni pubbliche) 3. id. ideale: si basa su quanto il management ha ideato e pianificato e sulla base dell'ideale posizionamento nel mercato.Generalmente questa è influenzata da fattori esterni (industria del viaggio dopo l'11 settembre). 4. id. percepita: si riferisce a quanto viene vissuto e percepito dai clienti e dal mercato. (corporate image e reputazione). 5. id. desiderata: ciò che viene desiderato dal management ed è in stretta relazione con la visione dell'organizzazione, (rientra nell'id. ideale). Queste tipologie non rappresentano una classificazione tassonomica dell'identità, essa più che un aspetto oggettivante è la risultante di un processo di costruzione e di significazione in continuo divenire. Un aspetto sul quale mancano ancora delle teorie relative è la corporate social responsability, considerata sempre più uno strumento di comunicazione esterna che una possibile strategia di coinvolgimento e di motivazione interna per stimolare l'identificazione dei membri con l'organizzazione. L'identità organizzativa trova la sua origine in diverse fonti: ci sono identità fortemente influenzate dai processi comunicativi, e identità determinate dai valori e dalla cultura, altre influenzate e determinate dalla leadership forte. Alvesson, propone di distinguere le organizzazioni e le loro identità in funzione del grado di investimento in termini di sforzi e di impegno economico nel creare l'immagine comunicata e opporla a quella rivelata dalla reale natura dell'impresa. Vi sono pseudo eventi finalizzati a mostrare l'immagine dell'impresa, pseudo strutture che rivestono un valore simbolico. Esse sono pseudo azioni che difficilmente le persone all'esterno dell'impresa riescono a distinguere dalla realtà dei fatti. Secondo Alvesson, si possono distinguere le organizzazioni utilizzando un continuum che prevede da una parte le imprese che maggiormente sono rappresentate dalle immagini in maniera controllata , e a volte manipolatoria (ciò non vuol dire necessariamente falsare la realtà), e dall'altra, le imprese la cui immagine e identità derivano dalla sostanza delle cose. 122 L'interesse verso la corporate image può essere definito in termini negativi e positivi. per quanto riguarda quelli negativi, quando la dimensione identitaria e simbolica deve compensare quella reale troppo complessa. Per quelli positivi, fa riferimento alla capacità del management di intervennire al cambiamento in maniera proattiva. Customer satisfaction in ambito sanitario. Rappresenta l'obiettivo principale dell'azienda orientata al mkt, i cui sforzi tendono allo sviluppo di una relazione di qualità con la clientela e alla sua conseguente fidelizzazione. La soddisfazione dell'acquirente di un prodotto o dell'utente di un servizio. Nel contesto sanitario si parla di soddisfazione del paziente. Nel libro il cliente nella sanità, Favretto riassume i risultati di una ricerca presso i degenti dimessi dell'Azienda ospedaliera Ospedaliera di Desenzano del Garda, relativamente alla soddisfazione percepita rispetto al loro ricovero ospedaliero. Le ipotesi erano: l'esistenza di una relazione tra la soddisfazione del paziente e le sue caratteristiche scio-anagrafiche; l'esistenza di una relazione tra la soddisfazione espressa dall'utente per il ricovero ospedaliero e la soddisfazione per la sua vita in genere; l'esistenza di una relazione tra la soddisfazione espressa dall'utente per il ricovero ospedaliero e la soddisfazione per i servizi pubblici in generale. Strumento utilizzato: questionario a 1025 persone e una serie di focus group. I risultati: Non sono emerse differenze per quanto riguarda la soddisfazione percepita che tuttavia tende ad aumentare con il crescere dell'età e a diminuite con l'aumentare del grado di istruzione. é stat evidenziata una correlazione tra la soddisfazione dichiarata per la propria vita privata e la soddisfazione del paziente e tra questa e la soddisfazione per i servizi pubblici in generale. “Organizzare la soddisfazione in sanità” è stata un'altra ricerca condotta per verificare una relazione tra le caratteristiche socioanagrafiche e la soddisfazione. Strumento: intervista telefonica tramite questionario standardizzato. Risultati: identici all'indagine precedente. L'appartenenza all'organizzazione e la relazione con il cliente. 123 La comunicazione interna non ha solo obiettivi di manipolazione ma offre anche un'opportunità di identificazione sia per il consumatore esterno sia per il cliente interno. La comunicazione assume un ruolo fondamentale nei processi di socializzazione, in quanto il modo in cui il soggetto attribuisce un senso agli eventi che si susseguono nella vita sociale e lavorativa può spiegare gran parte delle decisioni concrete, dello stile di azione e delle caratteristiche del suo comportamento nell'ambito dell'organizzazione. In letteratura si parla di “contratto psicologico”, ovvero la ricerca sul patto che si instaura tra i collaboratori e l'organizzazione, fondato sull'appartenenza, sul coinvolgimento, sull'impegno, sull'engagement etc, che indicano il passaggio dall'adesione a stare nell'organizzazione verso l'attivazione di tutte le proprie risorse per dare senso e contribuire al successo complessivo. Per fare in modo che ciò si verifichi, il management deve proporre ai collaboratori una narrazione dell'organizzazione più efficace affinché possa essere compresa. Gli abili manager sono quelli che affrontano il cambiamento attraverso l'abilità del dialogo e della condivisione dei valori e degli obiettivi. La narrazione diviene una delle leve manageriali per favorire il processo di identificazione organizzativa. Essa rappresenta l'elemento cardine emozionalmente forte dell'organizzazione, non riducibile alla vision o alla mission e alla comunicazione, ma comprende tutto ciò che fa riferimento alle competenze, alle credenze fondamentali, ai valori etc. La sfida del management è quella di creare dei messaggi emotivamente accattivanti, immagini dell'organizzazione attraenti e narrazioni in grado di coinvolgere gli stakeholders interni. Le attività manageriali necessarie sono: - La capacità di individuare e definire la narrazione organizzativa che più riesce a dare una rappresentazione ed un'immagine reale dell'organizzazione. - la capacità di leggere eventuali incongruenze tra le identità organizzative e tra immagine e identità attuale. - capacità di creare storie, immagini coerenti. - capacità di ridurre l'incongruenza tra comunicazione interna ed esterna. - capacità di creare valore. - capacità di ottimizzare i processi organizzativi in relazione non solo alla produzione ma anche alla comunicaz. - la comunicazione come fattore importante come produzion, mkt etc. 124 Per saperne di più, Customer satisfaction: percezione e soddisfazione negli studi dentistici. Collaborazione tra IULM e l'Associazione Nazionale Dentisti Italiani per sviluppare un ricerca che prendesse in esame percezioni, vissuti e soddisfazione dei pazienti odontoiatrici. Il processo: L'obiettivo era valutare la qualità della prestazione odontoiatrica da parte dei pazienti. Strumenti: una parte della ricerca con focus group e interviste in profondità e una parte quantitativa con questionari somministrati in parte in formato cartaceo in parte formato elettronico. Analisi: La prima dimensione analizzata è l'immagine; è emerso che l'immagine degli studi privati sia più alta per la maggior parte degli intervistati, ma anche molti risultano sconosciuti evidenziando una carenza comunicativa. Un'altra dimensione è la valutazione della soddisfazione dei pazienti in merito ai diversi aspetti costitutivi della qualità del servizio privato. Secondo la letteratura anglosassone, la soddisfazione è un concetto multidimensionale che presenta una certa difficoltà ad essere valutato oggettivamente dai pazienti, per questo si presta attenzione all'esperienza di cura nel suo insieme. il paziente è sempre più agente attivo nella relazione di cura (si parla anche qui di prosumer). Risultati: Il successivo ritorno del paziente è legato al livello di soddisfazione attribuita a una o poche variabili, quali attenzione ricevuta dal personale, chiarezza delle info ricevute, accessibilità confort e pulizia, etc. Pag468 mappa: confronto tra grado di importanza esplicita (verbale) assegnata a ciascun servizio e la correlazione dei singoli fattori con il grado di soddisfazione generale. Dall'incrocio dei dati è possibile generare delle mappe in cui i diversi fattori oggetto di analisi appaiono collocati in uno dei quattro possibili quadranti: fattori dovuti- prerequisiti di un servizio fattori strategici- servizi di reale impatto fattori critici o opportunità- aspetti che dimostrano di possedere un forte impatto nel determinare la soddisfazione. Gli aspetti relazionali hanno una valenza strategica di grande valore. Il market-driven management nell'economia d'impresa globale. 125 La globalizzazione provoca una diffusa sovrapproduzione produttiva e quindi un'offerta molto superiore alle potenzialità di assorbimento da parte della domanda. l'eccesso di offerta impone comportamenti competitivi nuovi. L'economia d'impresa globale delinea uno spazio competitivo non condizionato da confini definiti e fisici. L'eccesso di offerta esprime nuovi modelli di consumo che affiancano comportamenti non fedeli ai noti meccanismi di fedeltà. Marketing management e market-driven management. Con il mkt management il processo gestionale parte dalla domanda, per definire poi i caratteri di un prodotto in relazione ad uno specifico spazio di mercato che tende ad essere stabile per tempi non brevi. Con il market-driven mng, invece, l'orientamento al mercato è innanzitutto volto a individuare un temporaneo spazio di concorrenza , cioè un vuoto di domanda altamente instabile per effetto delle innovazioni continue proposte da tutti i competitor. lI mkt-driven presuppone che l'azienda si focalizzi prima sulla concorrenza per individuare temporanee opportunità di domanda e quindi combini le caratteristiche del prodotto con le attese. Market-driven mng e competitive customer value. Il mt-driven mng è una strategia aziendale dominata dal customer value, che presuppone il confronto diretto con la concorrenza e che si è sviluppata con la globalizzazione negli anni 80. Il mtk driven valorizza le attività incentrate sulla redditività degli spazi di concorrenza, politiche di mercato basate sul competiting pricing e sull'innovazione continua, matrice di valutazione delle performance con un orizzonte di brevissimo periodo. Un'impresa market-driven: - ha una dimensione e dei valori coerenti con la complessità e la trasparenza dei mercati globali. - monitora costantemente il sistema della concorrenza. -il tempo è un fattore critico per gestire la domanda . Il club dei grandi ricchi. 126 Nell'ambito finanziario i grandi ricchi vengono suddivisi in tre gruppi: HNWI-HIGH NETWORTH INDIVIDUAL fino a 5 milioni di dollari; VHNWI-VERY HNWI fino a 30 milioni; UHNWI- ULTRA HNWI patrimoni che superano i 30 milioni. Dagli studi fatti i ricchi sono sempre più ricchi, i grandi ricchi sono sempre meno in valore relativo e sempre più in valore assoluto. Tradizionalmente gli incontri tra banchieri e clienti avvengono in salotti privati.Nel caso dei new hnwi, il consulente che deve entrare in relazione con questi non può nn tenere in conto l'origine della ricchezza di questa tipologia. la multiculturalità è un altro fenomeno attuale, per cu il consulente sa che una certa questione deve essere affrontata in modo diverso a seconda della sensibilità dell'interlocutore. Anche dalla valenza attribuita alla ricchezza dipendono gli stili di vita, i quali a sua volta dipendono dalla storia personale e da fattori culturali. Che cos'è il wealth manager? un professionista appassionato capace di tradurre in soluzione le emozioni del suo cliente. Una ricerca mostra che il 30% dei rapporti tra il wm e il cliente cessa nella fase iniziale quando questo nn è durato ancora abbastanza dada consentire al wm l'ammortamento dell'investimento fatto per acquisire il cliente. CAPITOLO 12 (by Nesich ) DESIGN DELL’ESPERIENZA E MARKETING NONCONVENZIONALE Introduzione L’attività di shopping consiste nell’andare in giro a guardare le vetrine, esplorare i negozi, i centri commerciali etc. L’obiettivo di un tale comportamento sembra essere quello di raccogliere stimoli, informazioni e più in generale fare nuove esperienze. La gratificazione deriva dall’esplorazione di ambienti di shopping in grado di mettere in scena significati, utili quindi a comunicare chi si è e chi piace essere. Quest’interpretazione sul ruolo dell’ambiente sull’esperienza di shopping mette l’accento sulla componente simbolica del consumo e sulla sua funzione al fine della costruzione identitaria. Così, come attraverso l’acquisto di un prodotto, anche attraverso l’interazione con un ambiente di 127 shopping connotato simbolicamente, il consumatore puo’ soddisfare bisogni legati all’espressione del self più che non di tipo funzionale-utilitaristico. La sollecitazione ludica e la stimolazione cognitiva che il consumatore ottiene nel luogo d’acquisto sono da considerarsi al pari delle componenti funzionali di un prodotto, costituiscono le “ragioni d’uso”. La progettazione dell’esperienza attraverso il design e la pianificazione degli stimoli ambientali sembra rappresentare una delle nuove frontiere della strategia di “marketing al retail”. Le applicazioni strategiche riguardanti l’esperienza si possono distinguere in 2 diversi ambiti: 1. il marketing esperienziale, il cui obiettivo è quello di intervenire sul vissuto del consumatore all’interno del punto vendita e di manipolare percezioni e comportamenti attraverso una pianificazione ad hocdelle variabili ambientali; 2. il marketing dell’esperienza, il cui scopo è la produzione e la commercializzazione del’esperienza intesa come vera e propria offerta economica. Per entrambi gli ambiti, nel primo caso gestire l’esperienza di consumo, nel secondo creare e commercializzare nuove esperienze, emerge la necessità di comprendere che cosa sia l’esperienza in senso psicologico, come si possa valutare e osservare. Le origini del focus sull’esperienza Holbrook e Hirshman (1982) criticano la visione di stampo cognitivista che descriverebbe il consumatore come un mero risolutore di problemi, impegnato nell’elaborazione di informazioni e nella presa di decisione necessaria alla selezione e all’acquisto di prodotti. A questa visione tradizionale i due autori contrappongono una visione esperienziale per la quale il consumatore sarebbe anche condizionato da emozioni, fantasie che non solo condizionano scelte e comportamenti, ma che sembrerebbero costituire una parte imprescindibile del consumo. Affianco alla scelta funzionale-utilitaristica c’è una stimolazione sensoriale e ludica per gratificazioni legate al piacere. L’approccio esperienziale suggerisce l’importanza di integrare allo studio del consumatore come risolutore di problemi anche l’indagine sulle componenti ludiche e creative, sulle risposte emozionali, sui significati simbolici del consumo che concorrono a definire la relazione che il consumatore instaura con i prodotti e con i brand. Il focus sull’esperienza implica quindi uno spostamento dal paradigma dell’acquisto come atto di scambio fra prodotto e denaro, al paradigma del consumo come comportamento esplorativo erelazionale prima ancora che d’uso. Schmitt e Simonson (1997) propongono l’attuazione di strategie improntate alla dimensione sensoriale e a quella simbolica-relazionale con cui si esprime l’interazione fra consumatore, 128 prodotto e brand. Gli autori sottolineano la necessità di una pianificazione “estetica” al fine di comunicare l’identità della marca e gestire al meglio il vissuto del consumatore. Per il marketing estetico, la strategia di marketing deve concentrarsi sulla gestione delle impressioni che l’azienda produce nel consumatore e cioè pianificare in modo coordinato la comunicazione di tutti gli elementi che concorrono alla costruzione dell’identità di marca e quindi in particolare: a) una narrativa coerente con la rappresentazione del brand in tutti i diversi canali e mezzi utilizzati; b) la stimolazione sensoriale del consumatore per promuovere il coinvolgimento anche sul piano edonistico e dell’affettività. Schmitt dopo l’elaborazione del marketing estetico si concentra su come promuovere l’esperienzializzazione dell’offerta. Secondo l’autore, l’esperienza è principalmente legata all’offerta dell’impresa che può orchestrare e gestire la stimolazione sensoriale e mettere in scena i significati simbolici della marca per migliorare la qualità della relazione instaurabile con il consumatore. Le strategie di branding devono perciò coinvolgere tutti i possibili momenti di contatto tra il prodotto e il pubblico, dal design, alla distribuzione in modo da creare una rappresentazione chiara e coerente con l’universo della marca e dei suoi tratti identitari. Diventa indispensabile, quindi, creare contesti in cui impresa e cliente possano interagire al di là della rappresentazione classica pubblicitaria. Il marketing dell’esperienza sottolinea la necessità di superare un destinatario passivo e riconoscere l’importanza dell’esperienza significa elevare il consumatore ad un ruolo attivo e partecipativo. Di qui, il crescente ricorso a mezzi “non-convenzionali”, che perseguono la creazione di esperienze spettacolari finalizzate ad aumentare il coinvolgimento con il brand entrando in contesti di interazione quotidiana. Per Schmitt, gli ambiti in cui il marketing deve intervenire per pianificare strategieesperienziali rivolte al consumatore sono i seguenti: 1. 2. 3. 4. 5. il sense con riferimento alle stimolazioni estetiche il think che riguarda l’elaborazione cognitiva dell’esperienza il feel che comprende emozioni e affettività l’act con riferimento ai comportamenti e agli stili di vita il relate che fa riferimento al contesto socioculturale in cui il consumatore è inserito e le relazioni di influenza che egli instaura Pine e Gilmore (1999), inaugurando il marketing dell’esperienza hanno descritto l’esperienza come una forma di offerta economica a sé stante, distinta dai servizi e dai prodotti, nei confronti della quale esistono da parte dei consumatori aspettative di intrattenimento, coinvolgimento e memorabilità. Esperienzalizzare l’offerta significa ricorrere ai servizi per creare il contesto dell’esperienza e ai beni per coinvolgere il consumatore sul piano emozionale, fisco e intellettuale. 129 Alla base dell’offerta esperienziale c’è quindi la partecipazione del consumatore, e quindi non solo intrattenere i clienti, ma anche coinvolgerli. Le tipologie o ambiti di esperienza sarebbero: 1. il campo dell’intrattenimento, che prevede l’esposizione passiva del consumatore a stimolazioni cognitive come accade quando si ascolta musica 2. il campo dell’educazione, quando alla semplice stimolazione cognitiva si coniuga la partecipazione attiva con l’obiettivo di stimolare un apprendimento 3. l’area dell’evasione, caratterizzata da esperienze dove l’immersione è molto più profonda rispetto alle esigenze di intrattenimento o educative 4. il campo dell’esperienza estetica che prevede l’immersione passiva del consumatore, il quale non entra in interazione con l’ambiente se non in qualità di osservatore. Secondo questo modello, le esperienze più ricche comprendono aspetti di tutti e quattro i campi. Gli autori sostengono che il coordinamento di tutte e quattro le dimensioni consentirebbe la creazione di un “luogo” simbolico che indurrebbe i consumatori a intrattenersi più a lungo, con maggior soddisfazione e un coinvolgimento cognitivo e mnestico superiore. Box: UN MARKETING ESPERIENZIALE è POSSIBILE Gli approccio esperienziali risultano oggi caratterizzati da una certa parzialità in quanto spesso vengono associati all’attività di shopping e quindi si focalizzavano solo sul mondo del retail o ancora vengono banalizzati nell’ambito della comunicazione pubblicitaria senza che in realtà vi sia una vera esperienzializzazione dell’offerta. In realtà un approccio esperienziale può essere concepito per rinnovare la posizione competitiva di un prodotto-servizio, rafforzando agli occhi del consumatore il significato e il valore dell’offerta. Di conseguenza l’esperienza che il consumatore vive va intesa in senso ”olistico”: egli infatti deve formarsi la sua customer experience lungo tutto il suo processo di acquisto e uso del prodotto-servizio. Prendendo spunto dai contributi di Schmitt e Laselle Britton possiamo far riferimento a 5 valenze che possono contribuire a produrre customer experience. La situazione deve essere gratificante dal punto di vista razionale, ma anche stimolante su 1 o più piani (emotiva, relazionale,valoriale, cognitiva,sensoriale) in modo da formare un ricordo positivo e duraturo verso il brand. Il modello però rischia di concretizzarsi in una serie di azioni operative disarticolate che non concorrono alla concezione olistica necessario al vissuto esperienziale. Serve perciò una cornice strategica dove assumano coerenza le singole iniziative esperienziali. 130 Per questa ragione si può ricorrere a un processo/metodo in 5 fasi con cui governare l’esperienzializzazione dell’offerta aziendale. Fase 1: individuazione del “potenziale esperienziale” che è proprio del brand.Esso viene esplorato con ricerca qualitativa e osservazionale sui clienti e non-clienti della marca.Il risultato è una mappa esperienziale che riproduce le 5 valenze esperienziali (cognitiva, emozionale, sensoriale,relazionale e valoriale) e le fasi del processo di acquisto del consumatore.In essa saranno indicate le “attese esperienziali” dei consumatori ricavate dalle indagini. Fase 2:La mappa esperienziale aiuta a definire l’experience concept necessario per impostare l’evoluzione dell’offerta su basi strategiche. L’experience concept corrisponde al sistema di bisogni più ampio entro quale si può inserire il significato dell’uso del prodotto per il cliente. Fase 3: Gli elementi definito fin qui permettono ora di delineare la vera e propria strategia esperienziale. Essa comporta 3 tipi di scelte, fra loro collegate: - il mix di ruolo fra fornitore e cliente( quando possibile partecipaz attiva del cliente) - il grado di personalizzazione della relazione con il cliente - il “tema” sul quale impostare la proposta al cliente Anche qui dovrà esserci una stretta coerenza con la brand strategy, in particolare con la brand value proposition. Fase 4: Si procede con la progettazione operativa dei contenuti esperienziali che l’offerta dovrà cercare di far vivere ai clienti. Le possibilità sono molteplici: attivare una o più delle 5 valenze esperienziali durante processo d’acquisto attraverso le leve del marketing e quindi infine esperienzializzare il prodotto, la marca e la rete di vendita. Fase 5: fase di controllo dei risultati, ad esempio la misurazione dell’impatto sull’immagine della marca, e ancora meglio del differenziale di prezzo che l’offerta esperienzializzata permette di realizzare. Per autori come Schmitt e ancora di più per Pine e Gilmore l’esperienza deve essere parte dell’offerta, finalizzata ad arricchire i prodotti offerti. Questa visione dunque si allontana drasticamente dalla concezione originaria della componente del consumo fornitaci da Holbrook e Hirschman. L’esperienza qui non era assilìmilata a una proprietà identificabili nell’offerta, ma + propriamente in linea con la conoscenza psicologica del costrutto, era descritta nella sua dimensione primariamente soggettiva, come risultante di un vissuto individuale riconducibile all’interazione dell’individuo con le variabili ambientali piuttosto che con beni e servizi orchestrati ad hoc ma cmq non oggettivabile esternamente. Carù e Cova (2003)spiegavano che un limite del marketing esperienziale è il fatto che, la progettazione dell’esperienza che si focalizza solo sul rendere memorabili certi eventi sottovaluta che 131 l’esperienza non equivale a una somma di stimoli, ma è un processo interpretativo del soggetto. Nel considerare i significati che la marca può rappresentare si evidenzia la dimensione interpretativa su cui si basa l’esperienza del consumatore.Emerge quindi la necessità di pensare alla progettazione non come una caratterizzazione dell’offerta da veicolare ad un consumatore più o meno passivo, ma come il risultato di un lavoro di interpretazione dei vissuti del consumatore a di adattamento a un principio di costruzione partecipativa della relazione. Le limitazioni del marketing esprienziali come inteso da Schmitt sono da ricondursi al fatto di studiare e spiegare l’esperienza solo attraverso le risposte comportamentali del consumatore senza far riferimento a nessun meccanismo interpretativo da parte del consumatore. Experience design paradox Gli stimoli fisici che sperimentiamo nei luoghi prescelti influiscono non solo sulla qualità dell’esperienza e sulla soddisfazione, ma possono condizionare il consumo attraverso 2 livelli di influenza: fisico-sensoriale e simbolico. Kotler (1973), ha ampiamente dimostrato l’effetto dell’esperienza legata alle caratteristiche ambientali sul comportamento di consumo. La pianificazione atmosferica è stata definita da molti come una determinante primaria del successo o fallimento di un’attività commerciale. Olivero (2005) ha introdotto il concetto di “experience design paradox” e cioè la contraddizione osservabile da un lato tra l’esistenza di un notevole background di ricerca empirica sul tema, la consapevolezza della rilevanza della progettazione dell’esperienza ormai condivisa da tutti e, dall’altro lato, la difficoltà a rispondere attraverso l’implementazione di una strategia sistematica nella progettazione. Variabili ambientali e paradigma S-O-R La maggior parte delle sperimentazioni hanno spesso adottato il paradigma di tradizione neocomportamentista Stimolo-Organismo-Risposta(S-O-R) concentrandosi su risposte 132 comportamentali quali l’approccio, l’evitamento,il grado di soddisfazione, la quantità di shopping e il tempo trascorso nel negozio. Barman e Evis(1995) distinguono 5 categorie principali di stimoli: 1.variabili esterne(es. architettura edificio, vetrine..) 2. variabili interne (illuminazione, profumi, suoni…) 3. layout e design (organizzazione degli spazi, arredamento) 4. point of purchase e decorazioni( display dei prodotti, indicazioni..) 5. variabili umane (affollamento, personale di vendita …) La ricerca ha dimostrato che una valutazione positiva dell’ambiente contribuisce ad aumentare le vendite e induce i consumatori a dedicare più tempo nell’esplorazione delle merci e a visitare il negozio con > frequenza. Colori L’evidenza empirica dimostra come saremmo attratti maggiormente dai colori caldi quali il rosso o l’arancione, ma poi tenderemmo a considerare come + piacevoli quelli freddi. Inoltre molti effetti vengono manipolati dall’illuminazione e in ulteriori studi si è potuto vedere come l’adozione di illuminazione supplementare produca un effetto positivo sul comportamento del consumatore in termini di numero di prodotti acquistati, di tempo dedicato all’esplorazione dei prodotti e di numero di items visionati. Musica L’impatto della musica influenza la quantità delle vendite e il livello di eccitazione dei consumatori. Tuttavia l’impatto della musica appare dipendere dall’età dei consumatori, dal tempo, dal volume e dall’uso della musica in sottofondo. In uno studio condotto da Yalch e Spangenberg(1990)i consumatori + giovani trascorrevano più tempo nel negozio in presenza di musica in sottofondo, mentre i consumatori + anziani reagivano allo stesso modo in assenza di musica di sottofondo. La musica inoltre sembrava poter influire sull’acquisto d’impulso, ma solo quando i consumatori non erano task-oriented, cioè già motivati verso acquisti specifici. 133 Odore Anche l’odore appare influenzare il comportamento del consumatore. Mitchell,Kahn e Knasko (1995) hanno dimostrato l’effetto positivo dell’uso di odori congruenti con il tipo di merce in vendita.In presenza di odori congruenti aumentava il tempo dedicato ala ricerca di informazioni sul prodotto e ne migliorava la relativa memoria. Inoltre i soggetti sperimentali percepivano il tempo trascorso nel negozio come inferiore rispetto al tempo percepito in assenza di profumo. In generale gli studi dedicati alla manipolazione dell’odore nell’ambiente di shopping hanno evidenziato la sua tendenza a interagire con le altre variabili e il suo impatto sulla sfera emotiva, data la connessione del bulbo olfattivo al sistema limbico deputato al controllo delle emozioni. Layout Il modo in cui i prodotti vengono esposti pare avere un effetto significativo sull’esperienza di shopping. Usare grandi display e cartelli che forniscono informazioni sul prodotto sono tutte strategie che consentono di attirare l’attenzione verso il prodotto con il risultato di aumentare le vendite. Il layout del negozio, ovvero il modo e lo stile in cui i prodotti sono organizzati nello spazio sembra invece avere un ruolo sulla percezione dei prezzi. Smith e Burns(1996) in un loro studio hanno dimostrato come, al diminuire del numero di prodotti esposti si verificava un aumento del prezzo percepito degli stessi. Variabile umana E’ un’altra componente fondamentale. Le persone che popolano un ambiente di consumo, siano esse clienti o personale addetto alle vendite, influiscono sul modo in cui il contesto di shopping viene esperito. La variabile umana può incidere in termini di affollamento e determinare difficoltà nella mobilità all’interno del contesto di shopping, rendendo difficile la reperibilità dei prodotti o addirittura ostacolando l’esperienza di consumo. Gli autori (Grossbart,Hampton,Lapidus, 1990) hanno poi fatto una distinzione tra affollamento reale e affollamento percepito, dimostrando come quello percepito ha un’influenza particolarmente negativa soprattutto nei consumatori taskoriented. 134 Inoltre è risultato che quando il personale di vendita indossava una divisa e accoglieva la clientela cortesemente, la qualità del servizio veniva giudicata nettamente superiore rispetto a quando il personale di vendita si confondeva con il pubblico. Le componenti simboliche dell’esperienza La maggior parte della ricerca empirica in questo ambito ha seguito il paradigma stimolo-rispostaorganismo osservando il verificarsi di effetti anziché proporre nuovi quadri interpretativi. Tra le eccezioni di ricorda un tentativo di ampliamento del modello classico credo-atteggiamentocomportamento basato sulla teoria dell’azione ragionata (Ajzen e Fishbein,1980), con cui si dimostra che, al fine di aumentarne la capacità predittiva sul comportamento di shopping, il modello dovrebbe includere le caratteristiche di negozio, design, assortimento, caratteristiche demografiche e variabili riflettenti l’identità sociale e l’orientamento in termini di stile di vita dei consumatori. Ci si allontana dalla concezione neo-comportamentista di un consumatore che elabora informazioni e risponde agli stimoli esterni con una certa gamma di risposte comportamentali per abbracciare una concezione di consumatore che interagisce con l’ambiente esterno anche ai fini dell’appartenenza sociale, dell’autoespressione e della costruzione identitaria. Berman e Evans(1995) hanno proposto uno schema dove si elencano le variabili intervenienti rispettivamente ai livelli dello stimolo, dell’organismo e delle risposte. Lo schema è stato aggiornato e sono state aggiunte le componenti culturali e motivazionali che consentono l’interpretazione di possibili risposte comportamentali, relative allo sviluppo di fiducia, al bisogno di controllo, alla percezione di rischio o a processi identificativi e comunicativi. Lo schema suggerito evoca il superamento del paradigma S-O-R, ma anche della prospettiva che vorrebbe il consumatore come un decision maker sempre impegnato nell’elaborazione razionale di informazioni in quanto orientato alla risoluzione di problemi. Al contrario, si aderisce a una interpretazione del consumo che evidenzia il ruolo delle sue componenti edonistiche e simboliche. Douglas e Isherwood (1979)hanno dato un contributo antropologico che vede il consumo come un momento privilegiato per la costruzione identitaria che si attua attraverso la scelta fra diverse marche, ovvero attraverso l’adesione a determinati simboli culturali che si accompagnano ai prodotti e agli ambienti in cui i prodotti vengono rappresentati. In alcuni ambiti la funzione simbolico-rappresentativa è particolarmente saliente, ad esempio in contesti di consumo artisticoludico, come nei prodotti di moda. 135 Distinguere il consumo dall’acquisto consente di riconoscere il ruolo primario dell’esperienza e di evidenziare che le variabili atmosferiche costituenti il luogo di consumo possono considerarsi fra le determinanti del significato simbolico attribuibile ai prodotti. Nel proporre la prospettiva esperienziale in contrapposizione a quella dell’information processing, Holbrook e Hirschman (1982)oltre alla componente simbolica enfatizzano il ruolo dei processi di pensiero primari che assecondano il principio del piacere derivante dalla stimolazione fisicosensoriale. L’enfasi sulla funzione esperienziale porta a esplorare variabili fisiche o simboliche soggettivamente. L’analisi di tali elementi non osservabili necessita l’adozione di metodologie introspettive che consentono di rendere conto di come il consumatore stesso interpreti l’esperienza di consumo. L’approccio di ricerca indicato è pertanto quello fenomenologico, che attribuendo all’esperienza un ruolo fondante per l’analisi dell’universo psicologico eleva a dato significativo tutti gli aspetti dell’esperienza di consumo, relativi a colori, emozioni, ricordi evocati, suoni. BOX: IL LUOGO NELL’ESPERIENZA DI ACQUISTO E DI CONSUMO I luoghi commerciali sono sempre più spazi relazioni, luoghi di svago, socializzazione etc.. Le caratteristiche fisiche del negozio assumono un ruolo cruciale, poiché diventano portatrici di un messaggio promozionale e contribuiscono a chiarire l’identità del prodotto e dei suoi consumatori. Mehrabian e Russel (1974)hanno proposto un modello teorico d’impianto Stimolo-OrganismoRisposta, ove i comportamenti di avvicinamento o evitamento del consumatore di fronte allo stimolo del negozio sono mediati da 3 stati emozionali, (piacere, attivazione e controllo). Successivamente Bitner (1992)ha proposto un modello che si riferisce all’ambiente di vendita nel suo insieme definito “servicescape”. Esso indica l’ambiente ove l’esperienza di acquisto/consumo prende forma, viene assemblata, e l’interazione tra le parti ha luogo. Le caratteristiche ambientali vengono percepite(servicescape percepito) dando origine a risposte cognitive, emotive e fisiologiche nel personale e nel cliente, le quali determineranno i comportamenti di avvicinamento ed evitamento nonché le interazioni sociali. La relazione tra servicescapee risposte interne può essere moderata da fattori situazionali e personali. Oltre alle caratteristiche ambientali connesse agli aspetti architettonici e spaziali, il servicescapeè composto anche da caratteristiche sociali e relazionali connesse al personale di vendita e gestione. Un esempio concreto può essere quello di vedere come 2 Paesi molto diversi possono realizzare interventi finalizzati a creare servicescapespecifici ma che portano a vivere esperienza molto simili. E’ il caso degli interventi realizzati dall’architetto Philippe Starck in 2 locali, uno a New 136 York e l’altro a Pechino. A newyork ha progettato, un locale molto in voga con lounge bar, caffetteria, biblioteca, tutto all’interno dell’hotel Hudson. A Pechino, il LAN è un locale notturno di punta con ristorante, lounge bar e altri ambienti innovativi. I due locali differiscono sotto molti aspetti, ma il cliente riesce a cogliere nella propria esperienza elementi positivi e piacevoli che rendono in qualche modo una continuità d’esperienza tra i due servicescape. In altre parole a un processo di globalizzazione impositivo e fonologico, viene preferito uno dialogico, dove le diversità si fondono creativamente per innovare, dove identità vicine e lontane si mescolano per dare origine a una nuova terza identità di prodotto, di servizio, di consumo e culturale. L’introspezione come metodo di accesso all’esperienza La maggior parte degli studi sulla relazione tra stimoli ambientali e comportamento di consumo si è concentrata sull’effetto di una o due variabili osservate in condizioni sperimentali o attraverso l’uso di questionari auto compilati. Parallelamente alla limitata validità dei dati raccolti, l’osservazione di solo alcune variabili non soddisfa la necessità di rilevare l’effetto del contesto di shopping in una condizione di insieme o la rilevanza di ciascun stimolo in presenza di altri. Un’altra dimensione di ricerca che merita di essere esplorata riguarda la relazione fra variabili ambientali e diversi target anche se l’importanza di questi risultati viene messa in forse dalla consapevolezza di una crescente inadeguatezza delle tecniche di segmentazione classiche basate sulle caratteristiche demografiche ai fini della predizione del comportamento. Queste ultime non sarebbero in grado di descrivere la mutevolezza e l’eterogeneità dei modelli di consumo non riconducibili a gruppo socio-demografici. La soluzione è quella di costruire una segmentazione che tenga conto del valore simbolico di determinati stimoli ambientali e del loro ruolo a livello esperienziale attraverso l’uso di tecniche introspettivedi ricerca per la rilevazione di componenti emozionali, sentimenti di identificazione e più in generale, del vissuto che il soggetto ha della situazione e del contesto. Thompsonet al.(1989) suggeriscono il ricorso al paradigma della fenomenologia esistenzialista per studiare l’esperienza di consumo. Il paradigma giunge ad una psicologia olistica basata sul contesto che vede gli essere umani in modo non dualistico e che mira a descrivere l’esperienza così come viene vissuta dall’individuo. Marketing non-convenzionale 137 L’importanza di focalizzarsi sull’esperienza segnala un cambiamento di prospettiva che riguarda innanzitutto il ruolo del consumatore e il suo coinvolgimento attivo nella relazione con l’azienda produttrice. Il valore strategico di far interagire il consumatore direttamente con i prodotti e stato riconosciuto attraverso la diffusione delle promozioni. Negli anni ’90 si è parlato di crisi della marca facendo riferimento al sovraffollamento e al venire meno della loro funzione distintiva. La crisi della marca è stata ricondotta alla crisi della pubblicità istituzionale e oggi in un tale contesto di agguerrita concorrenza, investire sulla visibilità del marchio attraverso campagne stampa e pubblicità televisive oltre ad essere costosissimo non pare dare garanzie di successo. La sfida del marketing è stata quella di riuscire a raggiungere il consumatore nel suo quotidiano, permettendogli di fare esperienza del prodotto promuovendo coinvolgimento e partecipazione. L’abbandono di mezzi di comunicazione convenzionali a favore di tecniche che mirano a entrare direttamente nell’esperienza del consumatore è stato indicato come una nuova tipologia di marketing, nota con il termine marketing non-convenzionale. Il marketing non convenzionale ricorre a mezzi e a strategie più interattive per coinvolgere direttamente e attivamente il consumatore. Il termine marketing non convenzionale si diffonde attraverso il tam-tam generato dai blog di settore (effetto buzz)che a differenza delle testate specializzate supportano un flusso informativo generato dal basso attraverso lo scambio rapido e costante delle comunicazioni tra i lettori/autori. A differenza della strategia convenzionale che prevede il lancio del prodotto e successivamente la sua promozione attraverso i mezzi per la comunicazione pubblicitaria, in una strategia nonconvenzionale la promozione inizia in genere prima della diffusione del prodotto al fine di creare un’aspettativa o un consenso su soggetti che hanno il potenziale di influire su molte altre persone. I lancio del prodotto può seguire la diffusione di queste informazioni e raggiungere quelle persone che, essendo già sensibilizzate e incuriosite rispetto all’argomento, saranno propense ad alimentare un passaparola persuasivo nei confronti di altri consumatori. Un obiettivo della strategia di marketing non convenzionale è di coinvolgere prima di tutto quegli individui che per esperienza, specializzazione e attività on line, possono essere chiamati influencer, affinchè attivino a loro volta processi di passaparola rispetto all’ambito di cui sono considerati degli esperti. Una differenza significativa tra la strategia convenzionale e quella non-convenzionale è insieta nella direzione del flusso comunicativo. Nel primo caso ha un andamento discendente, dalla comunicazione pubblicitaria al consumatore, che rischia di esaurirsi a meno che non si inneschi un passaparola post vendita legato alla soddisfazione per l’acquisto, nel secondo il flusso viene 138 alimentato dal basso e prevede sin dagli inizi una partecipazione attiva del consumatore per la diffusione dell’informazione. Il flusso non convenzionale implica quindi il coinvolgimento del consumatore nelle fasi cruciali dell’attività persuasiva. Fra queste strategie ricordiamo il cosiddetto guerilla marketing. A partire dagli anni ’80 il guerrilla marketing divenne popolare come tattica utile ad affrontare mercati altamente concorrenziali e difficili da penetrare. Nel linguaggio militare la guerriglia rappresenta quell’insieme di tattiche usate dall’esercito per conseguire la vittoria in condizioni di inferiorità numerica o tecnologica. Nella metafora del guerrilla marketing l’azienda si troverebbe a sfruttare metodi ingegnosi per battere il nemico della concorrenza e per raggiungere il consumatore a costi inferiori rispetto a quelli delle strategie convenzionali. L’obiettivo fondamentale è quello di sorprendere il consumatore nel suo territorio , attraverso un’azione limitata nel tempo e nello spazio. La strategia si pone un duplice obiettivo: 1. superare la barriera che il consumatore innalza nei confronti dei messaggi pubblicitari; 2. produrre un effetto sorpresa tale da stimolare il passaparola e attirare l’attenzione mediatica al fine di amplificare il ritorno in termini di contatti e di brand awareness. Un elemento di criticità è la necessità di valutare l’integrazione fra la campagna di guerrilla e le altre strategie di comunicazione dell’azienda. Oggi le aziende ricorrono sempre + spesso al disegno di un concept narrativo che rimanda alla marca senza doverla esplicitare e che troverà nella comunicazione convenzionale una linea di continuità. Come si vede le Box su Lines, la strategia può creare una narrativa all’interno della quale la marca si inserisce solo successivamente ma in modo naturale grazie alla coerenza dei suoi valori con quelli rappresentati dal testimonial. BOX: PETAL VEIL, IL TESTIMONIAL FINZIONALE DI LINES Nella primavera del 2007 Lines lancia la campagna pubblicitaria per due suoi prodotti di punta Lines petalo blu e lines velo. Il marketing theme (tema della comunicazione) è stato “la cura di sé”, la pulizia e la delicatezza sulla pelle. Il target comprendeve ragazze tra i 15-35 anni. 139 Petal Veil è il testimone funzionale creato dalla Lines e collegato ai brand Petalo Blu e Velo. Petal Veil è lo strumento usato per entrare in contatto diretto con le donne attraverso il linguaggio della cura. Le fasi che hanno scandito l’azione di marketing: 1. creazione del personaggio e della sua filosofia 2. credibilità e popolarità del personaggio 3. veicolazione del messaggio 4. reveal Petal Veil nasce come un personaggio positivo, importante e misterioso. Attraverso il web diffonde la sua filosofia e viene creato un tour girando tutta l’Italia a bordo di un motorhome alla ricerca di una musa ispiratrice. La notizia è stata riportata su tutti i media e il reveal è iniziato il 10 settembre 2007. L’approccio che questo guro ha avuto nei confronti di queste ragazze ha consentito di comunicare il ruolo e soprattutto i valori dell’azienda rendendoli una figura d’ascolto per le giovani clienti lines. Le ragazze contattate sono state oltre 5000 e a 200 è stato offerto un trattamento di bellezza. Passaparola L’uso del testimonial funzionale da parte della Lines è un tipico caso ibrido in cui si sfrutta l’effetto buzz sia delle comunicazioni on-line sia di quelle tradizionali, oltre ad intervenire sulla narrativa del marchio. Che si ricorra ad un evento sorprendente, o che si diffonda un concept narrativo, l’obiettivo sarà sempre quello di coinvolgere il numero più alto di persone e ottenere la maggiore risonanza mediatica. Marsden e Kirbi(2006) usano il termine “ombrello” connected marketing per indicare il word of mouth, il buzz e il viral marketing ovvero tutte quelle strategie basate sulla diffusione di informazioni che ricorrono al passaparola come mezzo per la stimolazione della domanda. Si ricorda la distinzione tra word of mouth e word of mouse(passaparola on line). Secondo alcuni quello on line è più efficace grazie alla velocità di trasmissione delle informazioni e anche alla capacità di raggiungere più persone. Le strategie buzzsono finalizzate esclusivamente a diffondere notizie, l’obiettivo primario è quello di creare “rumore” stimolando l’interesse dei consumatori che normalmente ricorrono a forum e chat. Un’altra tipologia di intervento è il viral marketingche, come suggerisce già il termine mira a favorire la diffusione. Solitamente viene prodotto un video o altro materiale interessante e divertente, dove la marca passa in secondo piano, in modo da superare l’eventuale atteggiamento 140 di chiusura nei confronti del messaggio, che invogli il soggetto a condividerlo con i suoi contatti, facilitando in questo modo la sua diffusione. La strategia virale per essere efficace deve avvalersi degli strumenti della comunicaizone digitale che favoriscono la diffusione in tempi rapidi e a costi irrisori. Fra le tecniche che si sono sviluppate e che sfruttano l’interattività per coinvolgere i giovani spicca la categoria degli advergame, veri e propri giochi elettronici che consenono ai brand di raggiungere i consumatori attraverso un’esperienza ludica. BOX: ADVERGAME, LA PUBBLICITà SI FA GIOCO Gli advergame propongono un’interessante combinazione tra una situazione di gioco interattivo e veicolazione di un messaggio pubblicitario. Alla base di tale formato c’è l’obiettivo di creare e diffondere in rete una situazione divertente. Pensiamo a quello che ha fatto Nike qualche anno fa. Ha sfruttato una piattaforma di advergame per pubblicizzare i propri prodotti destinati ad un pubblico di giovani interessati alla partica del basket. C’è una forte interattività tra giocatore e situazione che vedono appunto i giovani utenti sempre + esperti e motivati a diventare protagonisti del processo di costruzione di vere e proprie “comunità interattive”. BOX: IL CASO KENWOOD, VIRAL E GUERRILLA MARKETING Il caso Kenwood inizia nel 2003 quando l’azienda si era resa conto che stava perdendo il suo appeal di marchio tecnologico e all’avanguardia tra i consumatori che costituivano il core target. C’era quindi la necessità di cambiare rotta, parlare ai giovani con un linguaggio diverso e con media adatti allo scopo per portare l’immagine Kenwood ai giovani. Kenwood lancia così il suo primo filmato virale, con l’obiettivo di far percepire ai websurfers un’immagine diversa del marchio, meno seriosa e un po’ sopra le righe. I canali di distribuzione usati sono stati le mailing agli appartenenti alla comunity Kenwood, gli upload sul sito Kenwood.it, inseminazione su siti generici di intrattenimento e poi video su you tube. Infine realizza un product placament. 141 Kenwood è quindi un vero esempio di CONSUMER GENERATED MEDIA in cui il mezzo di trasmissione sono gli utenti stessi. Vanno quindi valutate sempre molto attentamente le potenzialità di circolazione del messaggio e bisogna studiare una campagna ad hoc e non adattare spot nati per la tv ad un altro mezzo. Accanto alla strategia virale, Kenwood ha poi realizzato un’azione di guerrilla “Can’t StopMe” in alcune delle principali città italiani quali Roma, Milano, Palermo e Napoli le persone si sono trovate nel bel mezzo dei marciapiedi un’automobile completamente bruciata e fumante con la musica dentro che suonava a tutto volume grazie all’impianto Kenwood. Poi è stato avviato il “Girls washing Cars” in cui 20 coppie di modelle hanno presidiato i semafori di alcune delle principali città per la gioia degli automobilisti in cui lavavano i vetri e applicavano dei magneti. Naturalmente il marketing non convenzionale non sostituisce quello tradizionale, ma deve essere affiancato ad altre attività a sostegno della brand awareness e della conoscenza qualificata del marchio. BOX: CHIQUITA, IL PROGETTO “IL MIO 10 E LODE” L’obiettivo della marca era quello di trasferire i valori della marca a un gruppo di persone che non acquistavano i prodotti della marca stessa. Gli acquirenti infatti sono di solito le mamme. Pensare a un progetto che stimolasse i giovani e che creasse un luogo di aggregazione. Viene creato così “il bollino blu mettilo tu” in cui veniva chiesto ai giovani, secondo loro, meritava il 10 e lode, il voto massimo. E’ stato fatto un tour sulle spiagge adriatiche nell’estate 2007 in cui si proponeva con allegria e divertimento di interagire con il bollino blu. I bollini potevano essere posizionati su oggetti personali ritenuti da 10 e lode! BOX: DIGITAL MARKETING E MARKETING NON-CONVENZIONALE, LA HAPPINESS FACTORY DI COCA-COLA La campagna di coca cola è composta da 3 fasi: la prima è quella di “SEMINA” in cui lo scopo è quello di stuzzicare la curiosità dei consumatori stimolando la domanda “ma cos’è?”. Questo viene raggiunto attraverso un trailer di 32 secondi in tv.Contemporaneamente sulle bottiglie di coca cola appaiano i personaggi del trailer, così come le facciate e gli interbi degli uffici..tutto è pronto per un grande evento lancio! 142 La seconda fase è quella di AVVIO dove si annuncio che il film completo è uscito e si chiama Happiness Factory visibile solo nelle sale cinematografiche o sul sito coca cola. L’altra fase è quella di suscitare una maggiore richiesta di informazioni sull’evento. La happiness factory proposta dal brand sul sito web colpisce sull’immaginazione dello spettatore, si crea un dialogo in cui egli stesso diventa parte del team. Coca cola grazie a questa iniziativa ha permesso di vivere emozioni positive cercando di vivere la vita con più ottimismo. CAPITOLO 13 (by Nesich ) I CONSUMI ALIMENTARI Introduzione Il diffondersi delle mode, così come in generale la scelta di consumo come conseguenza di un’influenza sociale si sono spiegati con il meccanismo dell’imitazione, per cui certi beni contraddistinti in termini di pregio ed esclusività si diffondono gradualmente nella popolazione che intende per l’appunto imitare i gruppi più agiati e innovatori. Alla base dell’imitazione, è possibile individuare il bisogno a differenziarsi unito all’influenza del modello ideale rappresentato dalla classe superiore. Implicita a questa concezione è la rappresentazione piramidale di una società stratificata dove l’accessibilità ai consumi è primariamente una questione di status sociale oltre che costituire lo stimolo di base alla significazione dei beni. Questo principio spiega il fenomeno dell’ostentazione nella scelta di cibi rari e costosi e anche la frequentazione di ristoranti di lusso al fine di distinguersi dalla massa attraverso l’esibizione di consumi alimentari raggiungibili a pochi. Il limite di una spiegazione esclusivamente “differenzialista” per la comprensione dei consumi alimentari emerge chiaramente nello studio delle società contemporanee complesse. Ovvero, quando il valore simbolico dei beni si esplicita non soltanto in qualità di status symbol, ma si gioca sul piano emozionale ed esperienziale e tutte le volte, la riflessione di Bourdieu sulle differenze fra gustialimentari borghesi e gusti alimentari popolari sembra essere datata rispetto alle evoluzioni contemporanee, cha hanno dato 143 luogo sia a fenomeni trickle down, per cui ricercatezze gastronomiche si diffondono costantemente anche tra classi sociali inferiori. La superiorità simbolica del consumo alimentare Il comportamento di consumo alimentare si distingue in modo originale rispetto agli altri consumi in quanto il valore simbolico del cibo e delle azioni legate al mangiare non si costituisce solo culturalmente in quanto fin dalla nascita il cibo ha un ruolo centrale nella vita di ognuno. Il valore simbolico del cibo è insito nella sua natura non si genera nel consumo. Esso si esplica in quanto oggetto primario nella relazione con la madre. Non appena il bisogno di nutrirsi non è prontamente soddisfatto dalla madre, la mancanza di soddisfazione e soprattutto l’indipendenza di essa dal controllo del bambino stimola lo sviluppo della consapevolezza di un oggetto diverso, esterno, indipendente dal sé. La frustrazione del bisogno alimentare appare cruciale per la scoperta dell’oggetto “lattecibo” e per l’instaurarsi della prima relazione sociale, quella con la madre. Il cibo è al tempo stesso un oggetto di piacere, di soddisfazione orale e anche, causa di possibili frustrazioni quando il desiderio dello stesso non ottiene adeguata soddisfazione. La forte ambivalenza provata nei confronti del cibo appare un’inevitabile conseguenza della difficoltà a regolare la pulsione alimentare. Il cibo può essere considerato l’oggetto relazionale per eccellenza, cruciale e primario anche rispetto alle relazioni di amore e attaccamento. Il cibo è il primo oggetto di scambio relazionale, un oggetto altamente simbolico, associato al piacere ma anche rappresentante primario dell’inevitabile dipendenza della relazione con l’altro, dell’incapacità di bastare a se stessi, di essere veramente autonomi. I significati simbolici costruiti culturalmente e attribuiti a determinati cibi, non solo si costituiscono successivamente alle rappresentazioni primarie, ma è ipotizzabile che la loro origine sia per l’appunto favorita dalla fondazione psicologica della simbologia alimentare. Si deve concludere che il cibo, in quanto oggetto di consumo, si distingue da tutti gli altri prodotti per la sua maggiore valenza simbolica. Il consumo di cibo si contraddistingue per la stretta relazione che ha con il corpo. E’ una relazione di tipo trasformativoin quanto il cibo ha la facoltà di influire sul corpo e sul suo benessere, diventando parte di esso, modificandone le funzioni e le sembianze. 144 L’assoluta specificità del modo in cui si consuma il prodotto cibo, che chiamiamo incorporazione, esprime in maniera emblematica lo stretto rapporto simbolico tra cibo e identità.(il cibo è quindi funzionale all costruzione identitaria). BOX: MAGNUM 5 SENSI – NON LA VEDO Eros e cibo Il significato simbolico dell’alimentazione che abbiamo detto essere primariamente psicologico si contraddistingue fin dalle sue origini in senso fortemente erotico. Il latte materno mediante il quale il bambino si relaziona con la mamma e ottiene soddisfazione orale. Secondo Freud, la prima fase dello sviluppo psicosessuale, detta fase orale, è contraddistinta da una non differenziazione fra soddisfazione del bisogno sessuale e soddisfazione ottenibile attraverso la nutrizione. Freud distingue 3 fasi di sviluppo psicosessuale: orale, anale e genitale. La fase orale, come quella anale, è caratterizzata da un’organizzazione pregenitale della vita sessuale. In questa fase la soddisfazione sessuale si realizza mediante sollecitazioni orali e viene a rappresentarsi simbolicamente nell’atto di incorporazione dell’oggetto-cibo, verso cui vengono rivolte anche fantasie aggressive, sadico-cannibaliche. Abraham(1924)ritiene che il mordere rappresenti l’espressione originaria dell’impulso sadico, con cui il bambino mette in atto la fantasia di annietare l’oggetto, di incorporarlo secondo una modalità aggressiva, inaugurando in questo modo l’inizio del conflitto di ambivalenza verso l’oggetto di amore e odio. La dipendenza dal cibo per la sopravvivenza , i fini della soddisfazione orale-erotica caricano di ambivalenza l’atto del mangiare radicandone le dinamiche attorno alla contrapposizione fra soddisfazione-gratificazione-dipendenza e astinenza-controlloautonomia. La stimolazione orale, che ottieniamo da bambini durante la suzione del latte, acquisisce nella vita adulta la funzione simbolica di sedare il bisogno di amore, fornendo quel 145 conforto necessario nelle situazioni in cui il sé si sente debole e necessita di affidarsi all’altro. Va detto che il piacere è fortemente condizionato dalla stimolazione multisensoriale, ed è così che il piacere di assaporare un buon piatto non dipende solo dal gusto della pietanza, ma anche dal suo aspetto, dal suo odore e dall’insieme delle stimolazioni che complessivamente contribuiscono a produrre un vissuto esperienziale unico. L’esperienza multisensoriale dell’atto del mangiare concorre a caratterizzare i consumi alimentari in modo originale. BOX: LA CASE HISTORY: COME PERUGINA CONTINUA A ESSERE LA MARCA ITALIANA DEL CIOCCOLATO Fin dagli anni ’70 il cioccolato era sempre stato considerato un peccato di gola, ma all’inizio degli anni 2000 il consumatore ha iniziato a intraprendere un cammino di ricerca del piacere, anche attraverso il consumo di cioccolato. Negli ultimi anni si è virati verso una ricerca del piacere che fosse sia personale, sia da condividere con gli altri. L’approccio alla degustazione del vino; il rito del bere buon vino ha educato i consumatori a utilizzare lo stesso approccio nei consumi food classici, e di conseguenza il cioccolato ne ha risentito in modo positivo. Più in generale nonostante la situazione economica non favorevole, negli ultimi anni sono presenti due macrotendenze che hanno favorito l’operazione di Nero Perugina; da una parte l’accentuarsi di prodotti a più basso indice di prezzo, e, dall’altra l’aumento della penetrazione delle fasce premium anche nei redditi meno abbienti, perché anche per queste fasce era molto forte il bisogno di gratificazione personale. Inoltre diversi studi hanno dimostrato come il consumo di cioccolato agisca in modo positivo sull’umore, e debba appartenere a una dieta sana e equilibrata, dando grande enfasi all’aspetto di wellness del prodotto. Perugina propone ora un prodotto sano e naturale senza sentirsi necessariamente in colpa. Il piacere che vuole veicolare l’azienda con il lancio di Nero Perugina non è un piacere edonistico, tipico dell’adolescenza, ma un piacere adulto, che attraverso l’esaltazione del fondente permette di vivere un’esperienza inebriante grazie a un percorso di conoscenza e di cultura su quello che si sta mangiando. La proposizione di perugina attraverso Nero Perugina è proprio quella di coprire per la prima volta con un nuovo marchio tutto il mondo del fondente e accompagnare i consumatori tramite la Neroterapia suggerendo loro come e quando degustare il cioccolato, per arrivare a un piacere che coinvolge tutti i cinque sensi. La Neroterapia vuole offrire il cioccolato della migliore qualità a un prezzo accessibile, parlando con calore al suo target. Oltre alla comunicazione above the line, sono state promosse iniziative con eventi e attività di pr con lo scopo di restare sempre in contatto con il consumatore. 146 Perugina conferma, così. Il suo ruolo di Azienda simbolo dell’arte cioccolatiera italiana e la sua duplice capacità di essere allo stesso tempo custode di una lunga e ineguagliabile tradizione e simbolo di modernità. La costruzione identitaria fra disgusto, rifiuto ed eccesso alimentare Negli ultimi anni le persone affette da disturbi alimentari, come l’anoressia e la bulimia, soprattutto giovani e femmine, sono diventate sempre più numerose, tanto da rappresentare un disturbo psicologico tra i più comuni. L’aumento di queste patologie evidenzia la significatività simbolica del cibo nei processi di costruzione identitaria. L’atto di vomitare dopo un’ abbuffata rappresenta un tentativo di riparazione rispetto alla trasgressione alimentare che potrebbe nuocere al corpo e provoca senso di colpa. Per il bulimico vomitare è come un rito di purificazione in quando il cibo è desiderato ma deve essere espulso dal corpo perché nocivo all’estetica del corpo. In altre parole, se il controllo sul corpo ai fini estetici viene imposto dalla comunicazione di massa come modello di comportamento da imitare, i mezzi per esercitare tale controllo non solo si diffondono con l’intento di perseguire l’ideale di riferimento, ma alcuni casi, possono entrare nel repertorio comportamentale-comunicativo degli adolescenti proprio perché si prestano in modo esemplare alla rivendicazione del bisogno di autonomia e del rifiuto della dipendenza dal cibomadre-mondo esterno. L’esercizio del controllo sulla pulsione e differenze di genere Il comportamento alimentare può essere spiegato, almeno in parte, come esercizio di controllo su corpo e identità. Questa tematica sembra colpire più le donne e soprattutto giovani che si rivelano più preoccupate per la linea rispetto agli uomini. Zajonc(1965) propone la Drive Theory, secondo la quale la presenza di altri avrebbe un effetto eccitante sul comportamento del singolo, portando a risposte dominanti come l’intensificazione di azioni semplici o, al contrario, l’inibizione rispetto ad azioni più complesse. L’atto del mangiare è un’azione semplice, suscettibile pertanto di facilitazione quando condotta in presenza di altri. Conner e Armitage (2002), come anche De Castro e Brewer(1992) sono tutti autori che hanno messo in luce attraverso una serie di studi l’effetto della facilitazione sociale quando si mangia 147 insieme agli altri; inoltre hanno dimostrato che in presenza di altri il pasto durerebbe persino 15 minuti in più rispetto a quando mangiamo soli, pertanto, le persone in compagnia, mangiano di più e più lentamente. In sostanza possiamo dire che, se ci sono persone si mangia di più perché, grazie all’effetto di facilitazione sociale si allenta il controllo cognitivo sul comportamento alimentare. Va detto però che, l’effetto di facilitazione sociale dipende fortemente dal tipo di gruppo e quindi dal tipo di relazione tra le persone del gruppo, e anche dalla gestione delle impressioni. Quando mangiamo insieme ad amici, le persone tenderebbero ad essere più rilassate, allentando i freni inibitori e quindi ricevendo maggiori gratificazioni. Inoltre, l’idea che il modo in cui consumiamo il pasto possa essere oggetto di giudizio sociale ci porta a riflettere sulla connotazione morale associata al controllo della pulsione orale.Il controllo della pulsione orale può essere sottoposto a giudizi perché è rivelatrice del lato istintuale del nostro essere umani. La pulsione orale, se soddisfatta senza alcun controllo puo’ essere indice di scarso rigore morale, come d’altronde lo è l’assunzione di sostanze quali fumo, alcol etc.. Il controllo della pulsione è una prerogativa femminile. Per le donne + colte, il controllo sull’alimentazione veniva interpretato come “comportamento responsabile nei confronti della salute e della prevenzione”, mentre per quelli più ricche veniva visto come “principali doveri della donna verso se stessa e il proprio partner”. Concludendo possiamo dire che il comportamento a tavola è l’espressione dell’adattamento alle norme sociali che prescrivono il controllo e regolano la soddisfazione. Es: anni 60 ricerca stati uniti su un preparato per torte che aveva fatto flop. Le donne volevano davvero comprare il preparato, ma vivevano acquisto con un grande senso di colpa, perché non si dimostravano brave madri di famiglia. La nuova versione richiedeva l’aggiunta di altri ingredienti o decorazioni successive alla cottura e funzionò. La cultura dell’alimentazione come espressione simbolica del bisogno di controllo nella società dei consumi Alla base dei disturbi alimentari esiste un quadro psicologico di tipo narcisistico, caratterizzato da un’eccesiva preoccupazione per il sè. Emozioni negative, difficilmente espresse, si spostano sul corpo, che diventa in questi casi fulcro di identità e delle azioni. Moltissimi nuovi trend di consumi sono da ricondursi alla visione del corpo come un mezzo per il controllo e la comunicazione del self in un contesto sociale caratterizzato da incertezza, rischio e 148 complessità. Alcuni cambiamenti sociali, come l’aumentata percezione del rischio e il venir meno della sicurezza, tradizionalmente garantite da istituzioni religiose e governative, sembrano mettere in crisi la relazione fra individuo e società, dove quest’ultima appare sempre + caratterizzata da modelli di isolamento e scambio e sempre meno ispirata a quelli di comunità e condivisione. In questo contesto, il comportamento alimentare diviene espressione sintomatica di un ripiegamento narcisistico di tipo difensivo rispetto all’aumentata incertezza, ma anche proattivo nel perseguimento di una costruzione identitaria adeguata alle richieste di un ambiente sociale complesso. Il trend emergente dell’acqua in bottiglia Nuovi trend di consumo indicano un crescente focus sul corpo, salute e aspetto fisico. Inoltre la culturalizzazione del cibo viene interpretata come conseguenza di un maggiore interesse per gli oggetti che sono in relazione trasformativa con il corpo Un importante trend di consumo emergente riguarda l’acqua in bottiglia dove tra l’altro l’Italia si rivela il paese in cima alla classifica per il suo consumo. Curiosamente il consumo continua a crescere nei paesi in cui l’acqua è potabile, sana e a costo zero. L’acqua viene trattata come un prodotto che può differenziarsi in modo considerevole, infatti, i produttori di acque in bottiglia cercano di distinguersi tra loro attraverso marchi riconoscibili e caratteristiche peculiari. Le marche di acqua si posizionano sul mercato con prezzi e promesse diverse in termini di contenuti e funzionalità. Per l’acqua il nome del produttore non viene quasi mai menzionato in quanto la qualità dipende dalla fonte che la origina. Il paradosso emerge quando si considera una sorta di riluttanza in certi consumatori quando pensano di bere acqua proveniente direttamente dalla fonte, in quanto la considerano meno sicura e meno controllata. Il consumatore di acqua in bottiglia, è quindi un cliente che ricerca il benessere e che rinuncia ad altre gratificazioni orali in nome della salute. L’acqua si configura come una bevanda priva di gusto e calorie, funzionale alla depurazione. BOX: COME RIVITALIZZARE UN BRAND STORICO 149 L’azienda Ferrarelle S.P.A è impegnata da + di 3 anni nella rivitalizzazione del suo marchio storico, Ferrarelle. Mentre nel ventennio precedente il posizionamento era stato chiaro, forte e efficace, negli anni 1990-2004 si è andati costantemente alla ricerca di un nuovo posizionamento competitivo scommettendo di volta in volta, sulla gioia di vivere, sulle proprietà dissentanti etc. Questo continuo cambio di rotta ha disorientato i consumatori portandoli a fare altre scelte di consumo. L’obiettivo della nuova strategia di Ferrarelle è stato quelli di rinnovare le ragioni per essere la scelta preferita dei consumatori. Il primo aspetto considerato è stato il target (giovani tra 14-24 anni). Il lancio di nuovi formati, e di nuovi settori, e ancora di nuovi mercati geografici. Ferrarelle diventa così sponsor della Maratona di Roma 2007, acqua ufficiale di Cinema Festa internazionale di roma, teatro della scala.. L’orientamento assunto riflette la scelta di un alto posizionamento che si giustifica con le seguenti: - puntare sulla creatività italiana per portare marchio comunicare l’autentica effervescenza naturale mettendo in evidenza sul packaging il bollino che attesta che sia l’unica l’acqua minerale in italia. sul fronte dell’advertising, agire in controtendenza rispetto alla concorrenza; se i principali player decantano le acque perché povere di sostanze ed elementi. Ferrarelle punta sulla ricchezza della presenza di sali minerali che ne determinano il usto unico. Ferrarelle ha riconquistato così quote di mercato e a tornare ad avere un trend positivo, nonostante i fortissimi investimenti spesi che fanno capire quanta fatica si debba fare per rivitalizzare un brand storico gestito in passato in maniera non ottimale. Il rischio alimentare e il ruolo della fiducia Con la produzione alimentare industriale il consumatore perde il controllo diretto sugli eventuali rischi provenienti dalla natura oltre a essere ovviamente sottoposto a nuovi e inquietanti pericoli. Si diffondono così marchi alimentari in grado di comunicare valori salutisti o più in generale, in grado di sedurre il consumatore grazie ad una personalità accattivante. La comunicazione a favore della naturalità del prodotto viene perseguita anche attraverso il packaging. Attraverso i colori quali il bianco, il giallo, il verde si richiama la purezza e la naturalezza dei prodotti creando così un effetto tranquillante rispetto all’artificialità del processo industriale di produzione o lavorazione degli alimenti. 150 Il naturale e quindi tradizionale a differenza del nuovorimanda a concetti conosciuti che quindi riducono la dimensione di rischio percepito e incertezza. La preoccupazione per il rischio alimentare è caratterizzata anche da un effetto di amplificazione sociale, per il quale il solo fatto di essere al centro dell’attenzione mediatica rende un argomento “amplificato”riguardo la percezione dei suoi effetti. Pensiamo ad esempio al morbo della mucca pazza in cui l’acquisto di carne nel 96 diminuì del 17%. Nel 97 i consumatori iniziarono a riacquistare carne come in precedenza. L’effetto amplificazione sociale da parte dei media sembra dipendere da alcune caratteristiche importanti: 1.ampio volume di info 2.disaccordo tra i vari attori coinvolti nel dibattito 3.drammatizzazione dell’info sui rischi BOX: IL CASO MULINO BIANCO NON SI VEDE BOX: IL VALORE DEL CONSUMO CRITICO Il consumo critico nasce in Italia alla fine degli anni 80 e si fonda sulla riflessione intorno al rapporto tra imprese e consumi e sull’idea che, dietro alla simulazione del consumatore sovrano e dei bisogni cui le imprese cercano di rispondere, si nascondono comportamenti antiecologici, manipolatori e politicamente scorretti. Il fine del consumo critico o responsabile è quello di condurre i consumatori a riappropriarsi dell’autonomia decisionale e di prendere coscienza del potere che possiedono per condizionare le imprese. La storia del consumo critico in Italia si articolo intorno ad alcune esperienze: 151 - quella del commercio equo solidale quella della finanza etica quella dei bilanci di giustizia quella dei gruppi di acquisto solidali Il consumo critico e responsabile viene individuato come uno degli strumenti efficaci in grado di contribuire a ridurre l’impatto ambientale e a salvaguardare l’ecosistema. I consumatori critici prestano attenzione alla sfera politica rappresentata dai poteri locali, e la scelta di praticare il consumo critico si inquadra all’interno di modelli di valore che coinvolgono l’organizzazione sociale e la cultura nel loro complesso. La discussione sulla percezione del rischio rimanda al costrutto di fiducia come elemento indispensabile per garantire la relazione fra consumatore e produttore. Se da un lato la relazione con il consumatore appare divenire più difficile, dall’altra la stessa durata della relazione è minata dall’aumentare costante della concorrenza. Alle molteplici offerte dei produttori si assiste oggi al fenomeno progressivo delle private labela opera della distribuzione. Coop e Esselunga propongono ormai prodotti di qualità a diversi posizionamenti di prezzo e sembrano ormai essere per molti preferiti rispetto alle grandi marche in quanto viste più sicure e affidabili. In particolare al Nord i consumatore sembrano preferire le private label, mentre al sud si preferiscono le grandi marche industriali. Se per i prodotti alimentari in generale vengono preferite le private label, per i prodotti caratterizzati da un maggiore contenuto di innovazione, come i prodotti funzionali, sembrano ancora essere preferite le marche industriali. BOX: ZUEGG FRULLì – PURA FRUTTA DA BERE È una nuova linea di bevande prodotta da Zuegg unico a potersi configurare come 100% naturale. Il prodotto vuole collegarsi come il classico frullato di frutta, senza aggiunta di sostanza. Zuegg analizzando il mercato ha visto che c’era una domanda insoddisfatta soprattutto per i bambini di età compresa tra i 3-8 anni per la colazione e la merenda. Esso si dimostra anche come una risposta concreta al tema dell’obesità infantile, ma promette anche alla mamme una qualità e un buon prezzo. 152 La strategia del lancio è stata quella di tipo comparativo in cui si focalizzava sugli ingredienti del prodotto. Gli espositori venivano messi vicino ai prodotti ortofrutticoli per esaltare la naturalezza del prodotto e il packaging è stato ridefinito in quanto elemento fondamentale per l’immagine. Globalizzazione e slow food L’accettabilità di cibi nuovi è stata oggetto di misurazione attraverso la Scala di Atteggiamento della Neofobia Alimentare (Food Neofobia Scale)al fine di poter predire le probabilità di successo di varie tipologie di cibo, tra cui anche i cibi etnici considerati non familiari. La familiarità del cibo è un attributo fondamentale in quando seno di rifiuto o accettazione dei prodotti alimentari. Il concetto di cucina del territorio che salvaguarda le tradizioni e che mira a un certo conservatorismo locale è un’idea nuova, mentre già la cucina mediterranea e quella europea aspiravano a conquistare tutto il mondo. La nostra èlite gastronomica dopo aver scoperto i cibi etnici ed essersi esposta al modello di cucina internazionale del passato, ha messo in atto un tipico effetto snob andando a rifiutare le produzioni che potevano raggiungere la massa dando via a un processo culturale di rivalutazione di prodotti tipici e rari del territorio. Il movimento braidese(Bra è la città in provincia di Cuneo) ha dato vista al Slow Food che nasce con la finalità di contrapporsi al Fast Food. BOX: SLOW FOOD non si vede I nuovi luoghi del consumo alimentare L’importanza data ai consumi alimentari si evidenza anche dall’attenzione che viene data al disegno di nuovi luoghi per il consumo e il commercio del cibo. La progettazione è sempre + orientata a soddisfare esigenze emergenti che rimandano al bisogno di recuperare il rapporto di vicinanza con la produzione, e che oltre a richiedere un’attenzione particolare ai valori della qualità e del genuino, perseguono un coinvolgimento sensoriale ed esperienziale. Nelle 2 box successive ci sono 2 esempi tale proposito. 153 BOX: AGRISERVICE E’ una società di Teramo costituita da 136 aziende agricole e allevatrici cha hanno sperimentato con successo una nuova formula commerciale, ovverosia, una rete di vending machine di latte fresco e di un supermercato alimentare ad assortimento completo collocato lungo la superstrada che conduce a Giulianova. Conta su 4000 clienti che per cultura e mentalità sono alla ricerca di prodotti alimentari del territorio di qualità superiore. L’azienda può praticare prezzi contenuti avendo eliminato ogni intermediazione commerciale inoltre la relazione diretta con la struttura di vendita permette la massima garanzia di genuinità. Inoltre si possono assaggiare spuntini e piatti rapidi. In sostanza agriservice ha risolto efficacemente il compito di declinare in modo oriinale ed efficace il concetto di farmer maker che tanto successo sta riscuotendo negli Stati Uniti.Il bisogno di naturalità e di salubrità rappresenta la tendenza principale. EATELY Centro enogastronomico polifunzionale aperto a Torino nel 2007 con l’obiettivo di offrire al pubblico cibi di qualità a prezzi ragionevoli e di comunicare, al tempo stesso, i metodi produttivi e la storia di tanti produttori che costituiscono il meglio della gastronomia italiana. Il punto vendita si struttura in aree di vendita specifiche, in aree di ristorazione e aree dedicate alla didattica. E’ un garnde mercato dove è possibile fare esperienze sensoriali vere e proprie come nei reali mercati rionali ai quali il progetto è ispirato. La presenza di una bibilioteca, le sale di degustazione,il percorso visivo etc..mettono in luce un grande mercato di “alti” cibi dove comprare, mangiare e imparare. EATALY E SLOW FOOD Slow food ha accettato il ruolo di consulente strategico di Eataly, individuando in questo progetto una forma moderna e innovativa di distribuzione alimentare da affiancare soprattutto alle grandi città. 154 155