CINISMO Branciari Sofia, Cirilli Viola, Fraticelli Malvina, Petetti Chiara IL CINISMO Fu una corrente filosofica, che ebbe origine dal filosofo Antistene di Atene (445 a.C.), prima allievo di Gorgia e poi di Socrate. Tra le quattro scuole ellenistiche, quella dei cinici è la più “particolare”, in quanto i membri sono considerati degli anticonformisti estremi. ‘Cinico’ ‘Cane’ Vivere come gli animali Vita di estrema naturalezza e sfrontatezza completamente svincolata da ogni convenzione sociale La scuola Cinica venne fondata dal famoso filosofo ateniese Antistene, il quale riprese il pensiero socratico, in particolare radicalizzò l’insistenza di Socrate sull’ἐγκράτεια, la padronanza di sé. Diogene Laerzio scrive che Antistene fu il primo «a rendere due volte tanto il mantello», cioè ad avvolgerselo attorno al corpo due volte, in modo da non aver bisogno di possedere un altro capo di vestiario. Sembra inoltre che Antistene sia stato il primo filosofo a «portare un bastone e una bisaccia», che sarebbero divenuti simboli della vita povera e vagabonda dei cinici. Secondo Antistene, l’obiettivo della vita filosofica era il raggiungimento della felicità, ottenuta attraverso la virtù. La virtù risiede nelle azioni. Lo stesso Antistene afferma: «Il sapiente non deve vivere secondo le leggi della città, ma secondo quelle della virtù» «La virtù è nelle azioni e non ha bisogno né di moltissime parole, né di moltissime cognizioni» L’insegnamento di Antistene si riflette perfettamente sulla condotta di questi uomini: i cinici infatti rifiutavano l'incivilimento, con esso l'autorità politica, le tradizioni e le convenzioni sociali. Condividono un ideale individualistico, sono indifferenti e fedeli unicamente al proprio rigore morale. Il cardine della vita cinica è la critica alle norme imposte dalla società. L'ideale è l'autosufficienza Tesi fondamentale è la ricerca della felicità come unico fine dell'uomo DOTTRINA CINICA ἀναίδεια Mancanza di ogni pudore, con l’intento di contestare le tradizioni radicate della società αὐτάρκεια Autosufficienza e completo controllo di sé; una condizione che non può essere conseguita senza maturare una certa indifferenza rispetto alle cose esterne. παρρησία Libertà di dire tutto ciò che si ritiene sia vero, con franchezza e senza filtri, adottata come stile di vita ed elevata a principio filosofico DOTTRINA CINICA ἐγκράτεια εὐδαιμονία Approccio ascetico, da intendersi nel senso originario del termine, ovvero come un continuo esercizio spirituale, a cui dedicarsi con costanza e disciplina, ritenuto indispensabile per raggiungere il sommo bene Ricerca della felicità, intesa come bene supremo, nonché fine naturale della vita umana DIOGENE Nasce a Sinope nel 412 a.C. e muore a Corinto nel 323 a.C. Definito il “Cane” o il “Socrate pazzo”. Conduce uno stile di vita coerente con il suo pensiero filosofico. Diogene metteva continuamente in discussione le convenzioni del vivere comune. Decide di vivere in una botte. Vive in accordo con la natura, per cercare di raggiungere la felicità. «Durante un banchetto gli gettarono degli ossi, come a un cane. Diogene, andandosene, urinò loro addosso, come fa un cane.» La virtù, per lui, è un’uscita dalle convenzioni sociali consiste nell'evitare qualsiasi piacere fisico superfluo e rifiutare valori come la ricchezza, il potere, la gloria; sofferenza e fame erano positivamente utili nella ricerca della bontà. «Una volta, dopo aver notato un bambino che beveva con le mani, gettò via la ciotola dalla bisaccia, esclamando: “Un bambino mi ha vinto in fatto di semplicità”. Gettò via anche il piatto cavo, per aver visto un bambino che, siccome aveva rotto il piatto, raccoglieva il suo passato di lenticchie con la parte concava di un pezzo di pane. » Spesso si scontra con personalità importanti del suo tempo, come Platone. «Siccome Platone aveva dato questa definizione: “L’uomo è un animale bipede implume”, ed era stato approvato Diogene allora, dopo aver spennato un gallo, lo portò nella sua Scuola e dichiarò: “Questo è l’uomo di Platone”. Perciò alla definizione fu aggiunto anche: “con le unghie piatte e larghe”.» È uno strenuo sostenitore delle sue idee, al punto da arrivare a comportamenti indecenti. «Era abituato a fare tutto in pubblico, … E soleva addurre press’a poco le seguenti argomentazioni: “Se pranzare non è fuori luogo, non è fuori luogo nemmeno farlo in piazza; ma pranzare non è fuori luogo; dunque, non è fuori luogo nemmeno farlo in piazza”. E, mentre si masturbava frequentemente in pubblico, soleva dire: “Magari fosse possibile anche far cessare la fame stropicciandosi il ventre!”.» Diogene è anche la prima persona conosciuta ad aver utilizzato il termine «cosmopolita». Si tratta di una dichiarazione sorprendente in quell’epoca dove l'identità di un uomo era intimamente legata alla sua appartenenza ad una polis particolare. «Difatti, interrogato sulla sua provenienza, Diogene rispose: “Sono cittadino del mondo intero”.» Non si accontenta di condurre in solitudine una vita conforme ai propri principi. Vuole convincere i suoi concittadini ad aprire gli occhi sull’assurdità delle convenzioni sociali. Perciò, la sua attività principale è turbare la quiete pubblica. «In pieno giorno se ne andava in giro con una lanterna accesa, e siccome alcuni gli domandavano a che scopo lo facesse, rispose: “Cerco l’uomo”.» Con questa affermazione, Diogene si riferisce a qualcuno “libero” come lui, che quindi viva la vita come lui. Tra i più celebri aneddoti che riportano il suo disprezzo nei confronti della politica e delle autorità connesse ad essa, abbiamo: «Mentre egli stava prendendo il sole nel Craneo, Alessandro Magno gli si pose in piedi davanti e gli disse: “Chiedimi quello che vuoi”. E quello rispose: “Non farmi ombra”.» IL CINISMO SUCCESSIVO Diogene ebbe una serie di discepoli, tra i quali: Cratete di Tebe e sua moglie Ipparchia. Cratete appare come un pensatore di tipo essenzialmente etico, secondo il quale la vita ideale è data dal raggiungimento della virtù e dalla divulgazione dell'autocontrollo ascetico. «Demetrio di Magnesia narra che consegnò il suo danaro ad un banchiere, a condizione che se i suoi figli fossero rimasti profani ed incolti desse loro il denaro, ma se fossero divenuti filosofi lo distribuisse al popolo; perché i suoi figli, se si fossero dedicati alla filosofia, non avrebbero avuto bisogno di nulla”.» Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VI, 87 301 a.C: influenzato da Diogene, Zenone di Cizio fonda una scuola di stoici. IV sec d.C.: Agostino di Ippona denuncia il comportamento sfacciato dei cinici, nonostante siano il modello per molti ordini ascetici cristiani. Gli ultimi filosofi cinici vissero nel V secolo d. C., più di settecento anni dopo Antistene. La seconda stagione del cinismo risale alla Roma imperiale, al periodo di prima diffusione del cristianesimo. I cinici di questo periodo sono ancor più provocatori e plateali nelle loro condotte, tanto da provocare il disappunto di intellettuali nostalgici del cinismo originario, considerato puro e disinteressato. Luciano di Samosata, per esempio, li attaccava duramente nei suoi dialoghi e l’imperatore Giuliano scrisse un’orazione contro i cinici ignoranti. In ambito moderno è un atteggiamento caratterizzato da una sfiducia generale negli esseri umani. Questa visione della natura umana, che risale ad autori come Niccolò Machiavelli e specialmente Thomas Hobbes, presenta: ● ● ● ● amarezza e nichilismo; sarcasmo e ironia; a volte, umorismo nero o macabro; una forte caratteristica di misantropia Un cinico moderno può avere una generale mancanza di fede o di speranza nella specie umana o nelle persone motivate dall'ambizione, dal desiderio, dall'avidità, dalla gratificazione personale, dal materialismo. Si tratta anche di una forma di prudenza, a volte e altre volte, di critica realistica o di scetticismo. La rudezza e il disprezzo delle convenzioni avvicinano i “cinici” moderni ad alcuni comportamenti di Antistene e Diogene di Sinope. XIX sec: i cinici si concentrano sugli ideali ascetici e sulla critica della civiltà attuale, anti-positiva e pessimista. Esempi di cinici moderni sono: Hobbes e Machiavelli, Voltaire, Arthur Schopenhauer, Giacomo Leopardi, Friedrich Nietzsche, Charles Bukowski, Woody Allen e Oscar Wilde. «Il cinismo è l'arte di vedere le cose come sono, non come dovrebbero essere.» Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Grey 1882: ne “La Gaia Scienza”, Nietzsche fa riferimento a Diogene e alle sue idee. «Il cinismo è quanto di più alto può essere raggiunto sulla terra; per conquistarlo servono i pugni più forti e le dita più delicate.» In altro senso, inteso come freddezza e mancanza di morale, viene anche usato per descrivere un carattere negativo e calcolatore, allontanandosi ancora di più dal concetto originario; come portatori di opportunismo, pragmatismo o spregiudicatezza, sono stati definiti cinici alcuni uomini politici - come Benito Mussolini, talvolta Winston Churchill, Stalin o Richard Nixon.