FRANCESCO BORROMINI San Carlino alle Quattro Fontane Commissionata nel 1634 dall’Ordine dei Trinitari Secolari Spagnoli, Borromini doveva a rontare i limiti di uno spazio disponibile angusto e irregolare: egli, però, sfruttò queste condizioni per trovare soluzione originali, in un certo senso rivoluzionarie. Nella chiesa, l’artista rompe con gli schemi e le regole dell’archittetura del Rinascimento, basate sulle proporzioni e sulle geometrie semplici. Il progetto prevede una pianta a ellisse longitudinale, forma barocca per eccellenza, perché unisce movimento e irrazionalità. La pianta è la risultante di due triangoli equilateri su base comune, corrispondente all’asse trasversale, ed è disposta longitudinalmente. Questa scelta genera una sensazione di compressione lungo le direttrici diagonali, accentuando il dinamismo: la forte ondulazione delle pareti suggerisce, man mano il fedele procede verso l’altare, il senso di dilatazione dello spazio. Nella parte inferiore del vano della chiesa, la presenza di numerose colonne che producono l’alternarsi di curve concave e convesse accentuano l’e etto di mutevolezza delle forme. L’andamento ondulato inoltre, è ra orzato dalla importante trabeazione, dello stesso colore delle colonne, che segue il movimento delle pareti. Sopra la cornice orizzontale vi sono grandi nicchie che reggono una cupola di forma ovale, fortemente schiacciata: il fatto eccezionale è che la pianta, che no alla cornice è cruciforme, si trasforma poi in una cupola ellittica. Qui lo spazio pare dilatarsi: una luce intensa, proveniente dalla lanterna e da nestre laterali seminascoste, si di onde sulla decorazione della cupola. Essa è disegnata a cassettoni ottagonali che diminuendo di dimensioni, danno l’impressione di una profondità maggiore di quella reale. Tale e etto inoltre è determinato anche dalla luce radente, che penetra dalla lanterna. Si determina un contrasto tra lo spazio pesante e dinamico dalla parte inferiore della chiesa (lo spazio “umano) e quello ampio e leggero della parte alta (lo spazio “divino”) San’Ivo alla Sapienza A data nel 1642, l’area assegnata aveva forma quadrata e piccole dimensioni. Borromini ricorse a una pianta centralizzata, concepita attraverso la gura del triangolo come in San Carlino; qui, però i due triangoli equilateri sono sovrapposti in modo da formare un esagono a stella. Agli angoli dei triangoli sono disegnati, alternativamente, spazi semicircolari (absidi) e nicchie che modellano lo spazio in modo dinamico. Il perimetro della chiesa è costituito da una serie di possenti pilastri corinzi che, con il cornicione che rileva la forma a stella della pianta, danno un senso di unità e omogeneità. La cupola riproduce dal cornicione la forma a stella del livello terreno. Dagli angoli dei pilastri partono 6 costoloni, che dividono l’area in spicchi stabilendo così una simbolica continuità tra la base e la cupola. Le alternanze tra super ci concave e convesse conferiscono alle linee uno slancio eccezionale: via via che gli spicchi di varie forme della cupola procedono verso l’alto, i contrasti si riducono, no al piano circolare dell’imposta della lanterna. La chiesa rileva un complesso sistema di simboli, a partire dalla pianta: il triangolo è simbolo della Trinità e della Sapienza, mentre la stella a sei punte ricorda Salomone. La luce proveniente dalla lanterna e dalle nestre, viene esaltata dal bianco e dall’oro delle pareti. fi ff ff ff fi ff fi ff fi fi L’esterno della chiesa si presenta come complementare all’interno: il tamburo ripete, nella sua linea curva, il disegno esagonale della pianta, mentre la sua forma convessa contrasta con la facciata concava. Da qui si genera il senso di movimento accentuato dalla cupola sopra il quale vi è una piramide a gradini divisa da costoloni: l’andamento concavo è in contrasto con ffi fi 1 2 la lanterna che ha sei lati convessi, accentuati da doppie colonne; a loro volta queste sorreggono un coronamento a spirale che termina con una struttura metallica sormontata su una sfera e una croce. San Giovanni in Laterano L’intervento fu dovuto ai rischi di cedimento strutturale della chiesa. Borromini non abbandonò l’idea di intervenire in maniera moderna, pur rispettando la forma originale della Basilica paleocristiana. Riempì un arcata ogni due, incassando due colonne vicine già esistenti all’interno di grandi pilastri; ogni pilastro venne arricchito di enormi lesene e con un tabernacolo di marmo grigio scuro con statue. Questo modello è fatto proseguire anche negli angoli del lato di entrata. Così facendo, Borromini trasformò la navata in uno spazio chiuso, sostituendo il ritmo originario uno nuovo, scandito da decorazioni e con nuovi e etti spaziali e cromatici. Galleria di Palazzo Spada Esempio più a ascinante di inganno visivo, commissionata dal cardinale Bernardino Spada e costruita nel 1540. La Galleria doveva collegare il giardino del palazzo con un giardino “di invenzione”, costituito piccole aiuole ed alberi dipinto sulla parate di fondo. Borromini nge uno spazio molto più profondo di quanto non sia in realtà, utilizzando il metodo della prospettiva accelerata. La galleria, lunga 8,6 m, ci appare profonda oltre 35 metri, ovvero circa quattro volte di più. Già i pittori dell’antica Roma avevano ottenuto risultati simili utilizzando più punti di fuga nelle prospettive dipinte (es. secondo e quarto stile pittura pompeiana). Borromini restringe gradualmente la distanza tra le colonne tuscaniche, disposte in quattro gruppi di tre ciascuno. Inoltre, egli ha studiato l’abbassamento progressivo della trabeazione sulle colonne, e il relativo innalzamento del pavimento verso il fondo; di conseguenza, si riduce l’altezza di ciascuna colonna. Gli e etti di deformazione sono applicati anche ai particolari architettonici, come i capitelli e le basi per le colonne. Man mano che si procede verso il fondo, si accorciano anche i riquadri del pavimento. Gli e etti visivi sarebbero stati ancora più sorprendenti se fosse stata realizzata l’apertura di tre nestre sul lato destro. GUARINO GUARINI ff fi fi fi fi fi ff fi ff ff Cappella della Santa Sindone Nel 1668 fu chiamato a Torino da Carlo Emanuele II per terminare la Cappella. Guarini abbandonò il tradizionale progetto di Castellamonte, con corpo cilindro e cupola a volta, e ideò un edi cio seguendo i princìpi architettonici del Barocco. All’esterno, il tamburo è costituito da sei grandi nestre ad arco, sormontate da un cornicione ondulato, al di sopra del quale vi è una cupola che presenta dei costoloni con motivo a zig zag e termina con una lanterna di forma conica. All’interno, la volta è costruita da una successione decrescente di esagoni: fra i costoloni si aprono piccole nestre che danno trasparenza allo spazio e un’illusionistica profondità. Guarini riuscì ad accentuare lo slancio verso l’alto mediante elementi sovrapposti (prospettiva accelerata). La struttura geometrica dell’edi cio rileva l’aspetto più barocco del suo stile, cioè quello di dare forma a contenuti complessi e irrazionali attraverso sistemi razionali di estensione spaziale, in una sorta di ars combinatoria. Palazzo Carignano Residenza del principe di Carignano e sede per primo Parlamento italiano. Il materiale utilizzato di origine povera, ovvero il laterizio (utilizzato nel periodo bizantino per creare decorazioni. L’edi cio richiama il Borromini nell’andamento ondulato della facciata, che presenta il corpo centrale convesso, due lati concavi e due blocchi rettilinei agli estremi. Il palazzo ha una forma a U, e la parte centrale è de nita in maniera originale perché vi si trova un corpo ellittico che si conclude in un tamburo senza cupola e sporge in modo convesso sui due lati dell’edi cio. La decorazione è ricca ma, soprattutto nel cortile interno, assume un carattere fantasioso nelle le di pilastri ornati di stelle. In ne la pietra bianca isolata della facciata ricorda il tempo rinascimentale come ad esempio il Palazzo Ducale. Chiesa di San Lorenzo Guarini assunse la direzione dei lavori nel 1668: questi si concluderanno nel 1687, dopo la sua morte. La chiesa presenta e etti spaziali scenogra ci. La pianta è costruita attorno a uno spazio ottagonale dai lati convessi, di cui sei occupati da cappelle. L’e etto è che il vano centrale sembra ettersi verso il centro. Guarini concepì un asse dominante composto dalla successione di tre spazi: il vano d’ingresso, il vano centrale e il presbiterio di forma ovale. Lo spazio centrale, così mosso, crea una pressione che trova uscita nella sovrastante cupola. Essa ha i costoloni semicircolari sporgenti che non s’incontrano al centro, ma si intersecano più volte, disegnando una stella ad otto punte con al centro un ottagono. Queste intersezioni conferiscono alla struttura una grande solidità e la fa apparire come una rete sospesa. La chiesa si caratterizza per gli svariati e etti di colore: le super ci sono rivestite da marmi neri, bianchi e rossi; le cappelle sono decorate internamente ed esternamente da colonne corinzie in marmo colorato. La loro forma è risaltata da una cornice a righe lisce che ne segue la forma con decorazioni in stucco bianco che risaltano sul rosso della parete. La luce entra nelle cupole grazie a nestre aperte tra le estremità dei costoloni e dalle lanterne. Sopra la grande cornice del primo ordine, Guarini ha collocato delle nestre in ampie arcate che danno un’intesa luminosità all’ambiente. Anche le arcate sono alternante ai pennacchi di sostegno della cupola, a rescati di diversi colori: ciò dona alla struttura grande trasparenza e leggerezza. ff fi fl fi ff ff fi fi fi fi fi fl fi fi Nella struttura dello spazio del corpo centrale emerge il principio compositivo del Guarini, secondo il quale le unità architettoniche concave e convesse devono essere organizzate secondo un criterio de nito come “per giustapposizione pulsante”, che crea, cioè, un ritmo continuo e ondulatorio. Questo principio crea un sistema di luce/ombra, vuoto/pieno che ha valenze simboliche, intendono comunicare il con itto intenso ma essenziale che c’è, nell’interiorità del credente, tra spirito e materia. ff fi 3 4 BALDASSARRE LONGHENA Chiesa di Santa Maria della Salute Realizzazione gli fu a data nel 1631 dalla Repubblica veneta a seguito di un concorso. Il progetto doveva sostituire la chiesa in legno che era stata realizzata come ex voto per la ne della peste. Diversamente dalla tradizione architettonica veneziana, Longhena progettò una chiesa a pianta centrale ottagonale, coperta da una grande cupola sorretta da otto pilastri; lo spazio principale ha un ambulacro di derivazione paleocristiana e bizantina, che conduce a un santuario con 2 absidi sull’asse trasversale e un altare al centro. Quattro enormi colonne del coro reggono una volta, sopra la quale si alza una cupola. La chiesa è, quindi, un esempio di ra orzamento dell’asse longitudinale negli organismi a pianta centrale. La divisione degli spazi è uni cata da una successione di colonne che guidano lo sguardo del fedele dall’entrata all’altare attraverso l’ambulacro e il presbiterio. L’esterno è dominato da due cupole di diversa grandezza; la più grande ricorda San Pietro. La monumentalità dell’edi cio è ra orzata dalla facciata con al centro l’arco di trionfo, ripetuto per ciascun lato. Il rivestimento in marmo grigio chiaro contrasta con la pietra bianca, creando e etti di dinamismo e leggerezza. Reggia di Versailles È l’emblema più spettacolare della monarchia assoluta di Luigi XIV. Il nucleo originario era un casino di caccia molto amato dal re, che decise di ampliarlo per farne la propria residenza (1667): esso doveva ospitare i più grandi aristocratici di Francia ed essere così bello da divenire un polo d’attrazione unico. A questa opera di ristrutturazione collaborano gli architetti Le Vau e Mansart, oltre a centinaia di pittori, scultori e artigiani coordinati da Le Brun. L’originaria costruzione fu ampliata e avvolta su tre lati da costruzione nuove e da un’ampia facciata verso il parco, ad opera di Le Vau. Successivamente Mansart completò il palazzo costruendo le Scuderie, l’Orangerie (giardino invernale), la Galleria degli specchi, gli appartamenti e aggiunse la Capella e il Grand Trianon. Gli interni sono decorati da a reschi, armi preziosi, trofei in bronzo, specchi e legni d’orati; a questi si aggiunge la creazione di appositi mobili forniti dalla fabbrica reale dei Gobelins. In questo cantiere si a erma un’arte cerimoniale composta da opere improntate ad una sintesi tra Classicismo e Barocco. Ad accrescere la spettacolarità dell’edi cio vi sono i vasti giardini alla francese, opera di André Le Notre, con lunghi e dritti viali che convergono in ampi spazi circolari con grandi fontane. fi fi ff ff ff ff fi ff ffi fi ff Places Royales Nel campo dell’urbanistica, Parigi a ermò il suo carattere laico attraverso la formazione di alcune piazze con la funzione di centri focali del tessuto cittadino: la place royale è di forma simmetrica, con la statua del sovrano al centro. • Place Dauphine: voluta da Enrico IV, presenta una forma triangolare che si apre su Pont Neuf, dove fu posizionata la statua del sovrano. • Place des Vosges: piazza di forma quadrata, delimitata su tre lati da palazzi uniformi, pensati per ospitare abitazioni della borghesia cittadina. • Place des Victoires: si presenta come uno spazio aperto, circondato da palazzi di aspetto uniforme, con un bugnato al piano terra e un ordine gigante al livello superiore. • Place Vendôme: di forma rettangolare, con angoli smussati; al centro dei lati lunghi dei palazzi furono progettati dei risalti sottolineati da frontoni classicheggianti 5 FILIPPO JUVARRA Basilica di Superga Posta in alto su una collina a est di Torino, la chiesa è inserita all’interno di un monastero rettangolare. Le sue forme sono classicamente misurate: i lati del pronao quadrato corrispondono alla metà del diametro della chiesa e hanno la stessa lunghezza dei muri adiacenti ad essa; tamburo, cupola e corpo inferiore della chiesa sono di uguale altezza. Idea cupola tra due campanili ai lati è ripresa da Borromini (Sant’Agnese in Agone a Roma) ma Juvarra accentua l’altezza del tamburo. Esterno come sintesi di idee architettoniche correnti: corpo della chiesa presenta un sviluppo della croce greca. La pianta presenta grandi aperture laterali, mentre la trabeazione sembra essere retta da esili colonne. La decorazione è derivazione borrominiana e berniana, mentre i colori azzurrini e gialli sono settecenteschi. Palazzina di caccia di Stupinigi I lavori iniziarono nel 1729, alla ne del regno di Vittorio Amedeo II, dando vita a un cantiere ininterrotto. Il complesso, anche se nasce come ritrovo per la caccia, rappresenta una reggia settecentesca. La costruzione è costituita da due corpi frontali, che si distendono lungo l’asse longitudinali, sono destinati ad “uso di villa”; il nucleo ha pianta ellittica, da cui partono lunghe ali oblique. Due dei quattro bracci continuano no a de nire il cortile, mentre gli altri due si interrompono. A questi ne corrispondono altri in senso diagonale. L’edi cio si presenta, quindi, come un organismo aperto, esteso virtualmente all’in nito, che interagisce perfettamente con l’esterno. Nel nucleo principale è ricavata una grande sala da ballo ellittica, che contiene gallerie e una balconata per i musicisti e spettatori; copre una cupola sorretta da quattro archi poggianti su altrettanti pilastri. La sala si apre sul giardino in una luminosa continuità tra archittetura e natura. Luce non è usata violentemente, ma per mostrare con nitidezza la qualità delle decorazioni. Internamente l’edi cio è organizzato su diversi “bracci” collegati da gallerie. LUIGI VANVITELLI fi fi fi fi fi fi fi fi Reggia di Caserta Il palazzo eretto tra il 1752 e il 1774, ha forma di rettangolo, al cui interno quattro bracci costruiti ritagliano quattro ampi cortili. Esso, dunque, presenta un impianto semplice e rigoroso, secondo le regole di razionalità che esprimono il carattere di Vanvitelli. Per lo stesso principio la facciata ha un andamento uniforme e ciò anticipa il severo gusto neoclassico di ne secolo. Il palazzo viene, tuttavia, ravvivato dal contrasto tra il cotto delle facciate e l’alto basamento in travertino, disegno che si ripete anche nella facciata sul giardino. Fulcro del palazzo è un vestibolo ottagonale, posto all’incrocio dei due bracci, con spazi aperti e chiusi, e circondato da colonne ioniche. Qui, un lato, si snoda lo Scalone d’onore, che porta agli appartamenti reali e, sul lato opposto, alla Cappella Palatina. L’allineamento nel corridoio al piano terra forma il cannocchiale ottico: un collegamento visivo tra il vestibolo d’accesso, gli altri due lungo il parco, con le fontane che si succedono in fuga prospettica, no al culmine della collina (così forma una continua cascata d’acqua). Completa il complesso il Teatro di Corte: questo fu realizzato sul modello del Teatro San Carlo di Napoli. 6 Stesso principio di regolarità viene applicato nella realizzazione dell’immenso Parco, organizzato secondo il modello di Versailles e dunque seguendo il principio alla francese: con lunghi coni ottici e grandi aree di parterre, con forme geometriche. Il giardino si fonde con la libera natura del colle, da cui scende l’acqua entro una sequenza di fontane e di cascate, decorate da ra nati gruppi di statue di carattere mitologico. GIOVAN BATTISTA TIEPOLO Ritratto di Antonio Riccobono Realizzato nel 1745 grazie a committenti di Rovigo, celebra un letterato e uno dei teorici estetici del Cinquecento, appartenuto alla locale Accademia dei Concordi. Il Tiepolo lo rappresenta con l’espressione di chi viene sorpreso da un osservatore inatteso e viene distratto dallo studio delle sue carte. Vestito di un abito bordato di pelliccia, tipico degli intellettuali, il personaggio si impone nella forza e nelle vivezza di uno sguardo penetrante e quasi infastidito. A reschi di Palazzo Labia Tra il 1746 e il 1750, Tiepolo lavora alla decorazione di Palazzo Labia, di proprietà di una delle famiglie più ricche di Venezia. L’incarico riguardava la decorazione di due sale, quella da ballo e la Sala degli Specchi. Sulle pareti della sala da ballo, si trova l’Incontro tra Antonio e Cleopatra e il Banchetto di Cleopatra. Nella scena del Banchetto viene rappresentato un particolare curioso: Antonio, che aveva portato all’amato molti regali preziosi, accortosi dell’insoddisfazione della regina, le domandò che cosa egli avrebbe potuto ancora aggiungere per non essere da lei deriso. Cleopatra rispose che in una sola cena lei sarebbe stata capace di consumare dieci milioni di sesterzi: quindi, durante un banchetto, per dimostrargli la sua ricchezza e il suo potere, lasciò cadere in un bicchiere d’aceto una perla d’inestimabile valore per farla scioglierla e poi berla. fi ffi ff ffi ff La rappresentazione è uno spettacolo fastoso e solenne, a cui partecipa lo stesso pittore (compare all’estrema sinistra del banchetto). Straordinaria tecnica illusionistica e l’uso sapiente della luce danno allo spazio un senso irreale. Ma a di erenza del Barocco, qui c’è una chiara scissione tra rappresentazione e realtà. Il gesto sospeso della regina, in particolare, crea un clima di tensione. In ne oltre le colonne spunta un obelisco bianco, allegoria alla Gloria. La scena dipinta, allora, divine un’immagine di Venezia che celebra la sua grandezza tra Oriente (Cleopatra) e Occidente (Antonio) e la sua Gloria e mera.