Il Medioevo è il periodo che va dal 476 al 1492 d.C., sono date convenzionali, in cui avvengono eventi importanti che hanno determinato modificazioni notevoli per l’Europa e tutto il mondo. Gli studiosi sono soliti dividerlo in due parti: f dvd g -- Alto Medioevo (476-1000 d.C.): è il periodo di affermazione dei regni romano-barbarici; c n --Basso Medioevo (1000-1492 d.C.): si affermano le istituzioni comunali. I primi ad utilizzare il termine “Medioevo” sono gli scrittori Umanisti, vissuti tra il 1450-1500 d.C. Ciò significa “età di mezzo”, tra l’Impero Romano e la loro epoca che ritenevano splendente. Nell’epoca medievale la mentalità umana era dominata dal senso del divino (società teocentrica) s e secondo loro ogni aspetto del mondo dipende da Dio. Questa convinzione fortemente radicata condizionò moltissimo il modo di vedere tra arti, la scienza, la storia, la letteratura. La scienza era interpretata come una disciplina astratta, cioè che i fenomeni naturali venivano osservati a partire da ipotesi di tipo filosofico-religioso e non si effettuavano esperimenti. La storia era la rappresentazione di un disegno divino, per cui tutti gli avvenimenti che erano accaduti li ha decisi Dio. La letteratura nel medioevo aveva uno scopo esclusivamente morale e didascalico, cioè non era finalizzata al piacere della lettura ma serviva ad ammaestrare, cioè ad insegnare qualcosa al lettore. Con Dante si è iniziato a dare spesso un’interpretazione allegorica dei testi letterari. L’allegoria è una parola che deriva dal greco e significa “dico altro”, è una sorta di figura retorica attraverso cui si traduce in immagini concrete un concetto astratto. ESEMPIO: Dante all’inizio dell’Inferno dopo essersi inoltrato nella selva oscura dice che il suo cammino è bloccato perché di fronte a lui ci sono tre fiere: un leone indica la superbia, una lupa, l’avarizia e una lonza sta a rappresentare la lussuria, cioè il piacere carnale. Sono i tre peccati che ha commesso prima dei 35 anni e che gli impediscono di avvicinarsi a Dio. L’interpretazione allegorica venne data anche a molti testi latini visto che altrimenti sarebbero stati banditi in quanto non credevano in Dio ma praticavano il paganesimo. Dante sceglie come sua guida Virgilio, perché aveva scritto un'opera “Le Bucoliche”, che parlava di vita campestre, campagna. Nell’opera Virgilio celebra la nascita di un bambino che secondo i commentatori dovrebbe essere il figlio di un console molto amico di Augusto, cioè Asinio Pollione. I Cristiani del Medioevo immaginarono la nascita dell’identificato puer in senso allegorico, affermando che si trattasse di Gesù Cristo tanto che si diceva che dopo l’avvento di Cristo molti pagani si erano convertiti al cristianesimo leggendo proprio il brano di Virgilio. Autori come Virgilio, Cicerone e le sacre scritture, visti in questa maniera divennero delle autoritate, cioè dei testi la cui autorità non poteva essere messa in discussione e così quando gli autori scrivevano andavano a cercare nella Autoritas la veridicità di quello che sostenevano. Nell’Alto medioevo la letteratura veniva praticata nei monasteri, dove i frati amanuensi trascrivevano antichi manoscritti. Siccome non esisteva il copyright molto spesso i monaci stravolgevano il testo di partenza (c’è oggi una disciplina all’università che si occupa di risalire alla storia nel momento in cui ci sono soltanto delle copie che è la filologia). Nel Basso Medioevo i centri culturali si spostano dai monasteri alle scuole gestite dai comuni e alle corti dei sovrani. Nelle scuole c’era un’istruzione primaria in cui si doveva imparare a leggere e scrivere e fare canto. C’era un’istruzione secondaria in cui si insegnavano le Sette Arti Liberali, che erano proprie dei ricchi, e sono diverse dalle Arti Meccaniche, per i più poveri. Le Arti Liberali si distinguono in: d --- Trivio (grammatica, retorica e dialettica): hanno per oggetto il linguaggio e dunque il pensiero; b --- Quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia, musica): si occupano di cose naturali. La prima Università fu costruita nel 1088 a Bologna, frutto di uno spontaneo sviluppo di scuole comunali in cui studenti e insegnanti si erano riuniti per apprendere studi avanzati. Lo studio didattico prevedeva 3 fasi: la lettura dei testi, il dibattito sulle cose lette e la contro argomentazione a quanto emesso dalla discussione. Quando i barbari conquistarono l’Impero Romano d’Occidente, la loro lingua si fuse con quella dei romani creando le lingue neo-latine o romanze perché nacquero nell’area detta Romania. Tra le lingue neo-latine ci sono: l’Italiano, il Francese, il Rumeno, lo Spagnolo, il Portoghese. Per buona parte dell’Alto Medioevo i monaci furono gli unici a scrivere in latino testi di storia, che riguardavano ciò che accadeva all’interno dei loro monasteri, le agiografie, cioè testi dedicati ai santi e gli inni sacri. Il primo a dire che si dovesse parlare lingue romanze al posto del latino fu l’imperatore Carlo Magno che nell’813 convocò nella località francese di Tours un’assemblea in cui obbligò gli ecclesiastici a celebrare l’omelia e cioè la predica che il prete fa all’altare non in latino ma nelle due lingue che si parlavano nell’Impero affinché il popolo li comprendesse. In Francia si trova la prima testimonianza in volgare, il “Giuramento di Strasburgo”, un documento politico firmato da Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo, che nel 842 si permisero aiuto reciproco per evitare che il terzo fratello, Lotario, divenuto allora imperatore controllasse le zone dell’impero e decidono che il documento non dovesse essere scritto in latino affinché gli eserciti potessero capirli. In Italia dobbiamo aspettare il “Placito Capuano”, un documento giuridico scritto nel 960, che indica gli atti di un processo in cui si confrontano l’abbazia di Montecassino, tra Lazio e Campania, e un proprietario terriero. Egli pretendeva per sé dei territori che l’abbazia rivendicasse fossero suoi da almeno trent’anni e per dimostrarlo l’abate portò in tribunale tre testimoni che deposero a suo favore. Il documento venne redatto dal giudice che tenne il processo che si pensa si chiamasse Arechisi. Tutto è stato scritto in volgare tranne l’ultima parte della deposizione dei testimoni. Il giudice non tradusse tutto anche se avrebbe potuto e scrive in italiano antico perché capisce che se avesse scritto in latino nessuno avrebbe capito le motivazioni della testimonianza. Quando il giudice traduce il documento ha qualche problema visto che conosce il latino, s parla anche lui in volgare ma non lo sa scrivere perché essa non aveva una sua grammatica. “L’indovinello Veronese” venne scoperto nella Biblioteca Capitale Veronese, anno 1924, da un paleografo, studioso di documenti antichi, di nome Luigi Schiaparelli. f Si trattava di due postille, 2 note, che si trovavano nella parte superiore della pergamena graffiata. La prima, che si trova sul margine superiore, venne scritta in italiano, mentre la seconda nota è interamente in latino classico. Forse sono state scritte dalla stessa persona ma si pensa di no. Nel 1928 un’insegnante universitario Vincenzo de Bartholomaeis presentò il “Ritrovo Veronese” ai suoi studenti. Una sua studentessa, caduta nel dimenticatoio di nome Liliana Calzi, fece notare all’insegnante che la nota ricordava un indovinello di area emiliana che diceva: d la fatica del contadino esprime il lavoro dello scrittore che spinge avanti i diti (buoi) nel foglio bianco (bianchi prati) con una penna d’oca (bianco aratro) rilasciando l’inchiostro (nero seme). Questa cosa venne confermata da una poesia che era già stata scritta da Giovanni Pascoli e con il nome di “Piccolo aratore”. Da allora ha preso il nome di “Indovinello Veronese”. Chi scrive ha scritto in italiano antico o voleva scrivere in latino ma non padroneggiando la lingua ha sbagliato? La questione è irrisolvibile e siccome ci sono troppe incongruenze tra volgare e latino non si può considerare il primo testo in cui è stato utilizzato l’italiano antico al posto del latino. Si dice che il Placito sia stato il primo documento in lingua volgare perché si sa la ragione per cui è stato utilizzato l’italiano antico. “L’iscrizione della Basilica di San Clemente” risale al XII-XII secolo d.C., si trova all’interno della cripta, è un documento atteso in lingua volgare che affianca un discorso. Si tratta di un