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BIOLOGIA
Glossario
Polimerizzazione: reazione chimica che porta alla formazione di una catena polimerica (molecola
costituita da più parti uguali che si ripetono in sequenza)
Alleli: (genetica) le due o più forme alternative dello stesso gene che si trovano nella stessa
posizione su ciascun cromosoma omologo. Gli alleli controllano lo stesso carattere ma possono
portare a prodotti quantitativamente o qualitativamente diversi.
Materia vivente: il 75/80% del protoplasma (materia vivente) è costituito da acqua.
Componenti inorganici: materiali inorganci, cationi o anioni e oligoelementi in piccole quantità.
Componenti organici: carboidrati, proteine, lipidi e acidi nucleici.
Carboidrati C + H +O
Monosaccaridi es. glucosio, fruttosio
Disaccaridi saccarosio: glucosio+fruttosio, maltosio: glucosio+glucosio, lattosio:glucosio+galattosio
Oligosaccaridi fino 10 MS
Polisaccaridi da 10 MS in su, es.amido, glicogeno, cellulosa
Omopolisaccaridi: con unità monosaccaridiche identiche
Eteropolisaccaridi: con unità monosaccaridiche diverse
Monosaccaridi si suddividono in base al numero di atomi di C che li compongono (Triosi, Pentosi..)
Es. Trioso: gliceraldeide Pentoso: ribosio, Esoso: glucosio
Il Glucosio è fondamentale per la formazione dell’ATP (glicolisi, ciclo di krebs, fosforilazione os.)
Cellulosa: polimero lineare, unità monosaccaridiche unite da legame beta 1-4 (non digeribile per
l’uomo per mancanza di enzimi), fermentata dalla flora batterica intestinale grazie a batteri che
idrolizzano il legame, costituisce pareti dei vegetali, catene disposte parallelalmente, formano
fibrille mediante legami idrogeno
Glicogeno: polisaccaride di deposito animali
Amido: polisaccaride di deposito piante
Entrambe costituiti da amilosio e amilopectina
Amilosio: lineare, molecole di glucosio unite da legame alfa 1-4 monoglucosidici
Amilopectina: ramificato, molecole di glucosio unite da legame alfa 1-4 e alfa 1-6 monoglucosidico
(1-6 nei punti di ramificazione)
Lipidi
Lipidi semplici: derivano dall’esterificazione di acidi grassi con alcoli, es. il gruppo OH del glicerolo
(alcole) reagisce con il gruppo OH (del COOH) di un acido grasso dando origine a un monogliceride
e ad una molecola di acqua come scarto, così si possono formare di- e trigliceridi
Trigliceridi: compongono la maggior parte dei lipidi presenti (98%), molecole idrofobiche
funzione: riserva energetica (presenti nei adipociti), isolamento termico (calore corporeo),
sostegno di organi
Lipidi complessi:
Restante 2% dei lipidi sono: fosfolipidi, glicolipidi, colesterolo, vitamine liposolubili con funzioni
strutturali (membrana plasmatica), dal colesterolo avviene la sintesi di acidi biliari e Vit D
Dai trigliceridi derivano lipidi più complessi: fosfolipidi (via esterificazione un gruppo OH del
glicerolo si unisce ad un gruppo fosfato, gli altri due gruppi OH a degli acidi grassi, dando origine a
molecole con code idrofobiche non solubili=molecole anfipatiche), compongono le membrane
cellulari. AL gruppo fosfato possono essere legati ulteriori molecole: es. colina o serina danno
origine a fosfatidilcolina e fosfatidilserina, presente ad es. nelle membrane)
1
Acidi grassi: catene lineari di lipidi a pari numero di atomi di C. Consistono in un gruppo acido
COOH e una catena R, diversa per ogni acido grasso.
Acidi grassi saturi: catena singola, si distinguono in
-acidi grassi a catena corta fino a 4 atomi C (acetico) solubili in acqua
-a catena media 6-12 atomi C (laurico)
-a catena lunga 14-18 atomi C (palmitico, stearico) insolubili in acqua
-a catena molto lunga 20-24 atomi C (arachidonico)
più aumenta il numero di atomi C nella catena, più aumenta l’insolubilità in acqua
Acidi grassi insaturi: sono presenti uno o più doppi legami. Maggiore è il numero di doppi legami,
maggiore è la solubilità in acqua, acidi grassi monoinsaturi: un solo doppio legame (es. oleico)
acidi grassi poliinsaturi: 2 o più doppi legami (es. linoleico)
Steroidi: es. colesterolo e vitamina D
Lipidi policiclici con struttura base di 4 anelli fusi tra loro con una catena laterale alifatica (nel caso
del colesterolo) più un gruppo ossidrile (idrofilico) rivolto verso la fase acquosa nelle membrane
Aminoacidi
Gruppo carbossilico+gruppo amminico+atomo di H e catena laterale R legati a un atomo C. In
natura sono 20 e possono combinarsi in svariate formule. La catena laterale di ogni aa conferisce
le proprietà particolari alla proteina che andrà a formare. A base della catena R si distinuguono aa:
non polari: alanina, valina, leucina, meteonina, isoleucina, prolina, fenilalanina, triptofano
polari ma non carichi: glicina, tirosina, cisteina, serina, glutammina
aa acidi carichi negativamente: glutammato, aspartato
aa basici carichi positivamente: arginina, lisina, istidina
Essenziali: isoleucina, leucina, metionina, fenilalanina, lisina, triptofano, treonina, istidina, valina
Condizionatamente essenziali: richiedono apporto esogeno: arginina, cisteina, glutammina, glicina,
prolina, tirosina
Non essenziali: alanina, aspartato, asparagina, glutammato, serina
Gli aa sono i componenti delle proteine, le proteine vengono formate attraverso legame peptidico
(per disidratazione: perdità di molecola H2O) tra più aa: unione il gruppo COOH a NH, legame
planare che da una certa struttura alla catena peptidica. Per formare il legame peptidico è
necessario l’ATP. Le proteine svolgono diverse funzioni nella cellula e le loro strutture possono
essere divise in diversi livelli:
• Struttura primaria: data dalla sequenza aminoacidica. Le proteine derivano da una sequenza
presente nel DNA che è il gene: il gene codifica per una proteina tramite un processo di
trascrizione in un RNA messaggero che si posiziona sui ribosomi (organelli dediti a sintesi proteica)
e grazie agli RNA Transfer può essere sintetizzata la catena polipeptidica che ha una determinata
sequenza di aa che rispetta quella nucleotidica del DNA.
• Struttura secondaria: alfa-elica: gli aa interagiscono tra loro attraverso legami deboli, si forma
una alfa elica con le catene laterali R degli aa posizionati verso l’esterno
struttura a foglietto beta: la catena polipeptidica si ripiega su se stessa come a formare un foglio
piegato più volte (a zigzag), una parte delle catene laterali R si posiziona sopra il foglietto, l’altra
metà sotto
• Struttura terziaria: interazioni tra gruppi laterali distanti tra loro, attraverso legami deboli (ionici,
idrogeno, interazioni idrofobiche, ponti di sulfuro), ripiegamento su se stessa, struttura
tridimensionale, molte proteine con una sola catena peptidica sono complete con la struttura
terziaria (che può essere denaturata con calore, distruzione legami deboli)
• Struttura quaternaria: unione di più catene polipeptidiche (es. emoglobina, collagene) per
formare la proteina finale e funzionante. Emoglobina: 4 catene polipeptidiche (2 alfa e 2 beta),
2
ogni catena possiede un gruppo prostetico eme che contiene il ferro che permette gli scambi di
CO2 e O2. Collagene: proteina presente nei tessuti connettivi, 3 catene peptidiche identiche a
formare una tripla elica
Funzioni delle proteine
Difesa= anticorpi
Riserva di molecole= accumulo
Sostegno= proteine strutturali
Catalizzatori= proteine enzimatiche
Proteine canale= dedite al trasporto (permettono passaggio)
Movimento cellulare= proteine motrici (actina, miosina..)
Regolare l’attività di altre molecole (attivano o inibiscono altre reazioni)
Ricevono segnali da ambiente extracellulare (ricettori/neurotrasmettitore)
Veicolano segnali= ormoni
Acidi nucleici
DNA= acido deossiribonucleico RNA= acido ribonucleico. DNA e RNA hanno composizione simile
che differisce in poche parti. Sono catene polinucleotidiche: La struttura base è un nucleotide
costituito da una molecola di zucchero, ribosio nell’RNA e deossiribosio nel DNA, legato a uno o
più gruppi fosfato e ad una base purinica o pirimidinica. Tali basi si appaiano tra di loro tramite dei
ponti idrogeno, adenina+timina (o uracile nel RNA) e guanina+citosina
Basi pirimidiniche: uracile, timina, citosina (anelli monociclici)
basi puriniche: adenina, guanina (anelli policiclici)
Il DNA è costituito da due catene antiparallele legate tra loro con formazione di doppia elica, l’RNA
forma una sola singola catena. Nel 1953 Watson e Crick scoprono, grazie agli studi precedenti sulla
base della diffrazione a raggi X il DNA. La struttura ha accorpamento costante e regolare con solchi
di distanza maggiori e minori a distanze regolari, il DNA ha carica negativa
Funzioni del DNA
➔ depositario dell’informazione genetica che codifica i caratteri ereditari;
➔ informazioni per dirigere la propria duplicazione al momento della riproduzione cellulare;
➔ dirige il processo di costruzione di proteine specifiche: nella catena i geni codificano per
una precisa proteina
Dove si trova
Cellule Eucariote → è separato da una membrana e si trova nel nucleo
Cellule Procariote → libero nel citoplasma
Com’è fatto
filamenti molto lunghi: si piegano e ripiegano su se stessi per riuscire a stare nelle cellule, essendo
spesso più grande di esse. Si superavvolge: grazie a delle proteine (istoni, combinati in 8) cariche
positivamente che gli permettono di avvolgersi attorno a loro 2 volte a formare i nucleosomi.
Questi si superavvolgono ancora sino ad assumere la forma del cromosoma delle cellule in
divisione. Tra i nucleosomi sono presenti i DNA linker (istone H1)
Come si duplica
1. svolgimento separando poi le due eliche che lo compongono
2. DNA polimerasi provvede a sintetizzare la molecola complementare seguendo la conformazione
stessa del filamento (adenina con timina e guanina con citosina). In seguito a questa
polimerizzazione si ottengono 2 molecole di DNA identiche alla precedente, ognuna di queste due
eliche contiene un elica vecchia e una di nuova sintesi (=replicazione semiconservativa)
Funzioni RNA
➔ messaggero o mRNA, copia di un gene per una determinata proteina;
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➔ transfer o di trasporto tRNA ha struttura a trifoglio e porta l’aminoacido della sintesi
proteica. Si unisce al ribosoma e fa sì che avvenga legame peptidico tra due aminoacidi;
➔ ribosomale, costituisce i ribosomi che sono organelli dediti alla sintesi proteica rRNA.
Com’è fatto: può assumere diverse configurazioni grazie ai legami idrogeno che si possono
formare tra le basi: adenina con uracile e guanina con citosina.
Biologia
Cellule procariote
sono semplici, ad es. batteri, hanno la membrana cellulare esterna, nucleo assente, DNA circolare
libero nel citoplasma, organelli con membrana assenti, presenti ribosomi e macromolecole per il
normale metabolismo cellulare, presenti flagelli e parete che protegge il batterio
Cellule eucariote: sono più complesse. Hanno un nucleo.
I viventi a livello molecolare: virus e viroidi e prioni. Da soli non possono duplicarsi, devono
infettare altre cellule per potersi riprodurre attraverso di esse.
I viventi a livello cellulare: sono procarioti (archea, batteri) o eucarioti (protozoi, lieviti tra i
monocellulari) o le cellule animali e vegetali che compongono organismi.
Linneo: alla fine del 1700 fondò l’attuale classificazione dei viventi in classi.
Lamark: nel 1809 ipotizzò che le specie potessero modificarsi a seconda delle condizioni
ambientali, tuttavia questo non giustificava l’eredità dei geni.
Nel 1859 Darwin – Origine della specie per mezzo della selezione naturale. Con tale libro spiegò
che sopravvivono solo gli esseri che hanno caratteri genetici che gli danno la capacità di
sopravvivere e quindi di andare avanti e riprodursi, lasciando che la prole acquisisca quei caratteri
ereditari che hanno consentito al genitore di vivere.
Biotecnologie
Microscopio ottico: ci permette di vedere le cellule grazie ad un fascio di luce.
Microscopio elettronico: molto più potente, ci permette, tramite un fascio di elettroni, di vedere
dentro la cellula.
Enzimi di restrizione: enzimi presenti all’interno dei batteri, in grado di riconoscere delle
particolari sequenze di nucleotidi* all’interno del filamento di DNA e di catalizzare un taglio
(idrolisi) esattamente in corrispondenza di esse.
*Nucleotide: composti costituiti da una base azotata (purinica o pirimidinica), da uno zucchero
pentoso (ribosio o deossiribosio) unita a una o più molecole di fosfato.
Gli enzimi di restrizione sono importanti perché utili nello studio della genetica, è grazie a loro che
è possibile effettuare dei tagli nel DNA per poterne inserire dell’altro all’interno della cellula di un
organismo. Si utilizzano vettori plasmidi: piccole molecole di DNA circolare presente all’interno di
batteri in molte copie. Sono stati modificati appositamente per essere usati in biologia molecolare
inserendo geni per resistenza ad antibiotici, in modo che vadano a tagliare nel punto esatto.
Genoma umano: solo il 3% del DNA è costituito da DNA codificante. Il restante 97% genoma
umano è detto intergenerico o non codificante.
Batteri
cellule procariote, non presentano nucleo né organelli, presente cromosoma batterico libero nel
citoplasma e ribosomi (destinati alla sintesi proteica) e tutti gli enzimi e le proteine. All’esterno
della membrana hanno una parete batterica (protezione), flagelli: movimento, pili: per riprodursi
Classificazione dei batteri
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Forma: Bacilli (bastoncino), cocchi (sfera), diplococchi (due cocchi assieme), diplobacilli (due bacilli
assieme), streptococchi/bacilli (a catena), stafilococchi (a grappolo), spirilli (a spirale), vibroni (a
virgola), spirochete (con più curve)
Temperatura ambiente di vita: Criofili o psicrofili= vivono a basse temperature, Mesofili= tra 30° e
37°, Termofili= alte temperature
Presenza/assenza di ossigeno: Aerobi= vivono in presenza di ossigeno, Anaerobi= in assenza di
ossigeno, Esistono aerobi che in assenza di ossigeno diventano anaerobi (=facoltativi)
Grado di acidità: Acidofili (ambiente acido) Alcalofili (ambiente basico)
Elevate concentrazioni saline: Alofil
Composizione tipica della cellula procariote
•Parete cellulare: di due tipi, composte da uno strato di peptidoglicano, ma con struttura diversa
(gram positivi o gram negativi), classificazione deriva dal colore che assumono in presenza di un
liquido di contrasto al quale risulteranno positivi o negativi)
gram positivi: intorno alla regolare membrana plasmatica si trova uno strato di peptidoglicano
spesso, che assorbe il colore
gram negativi: intorno alla regolare membrana plasmatica si trova uno strato di peptidoglicano più
sottile, con membrana aggiuntiva all’esterno, una capsula che fa sì che il liquido di contrasto non
colori la cellula poiché racchiusa da un doppio strato si membrana.
La membrana plasmatica regolare proteggere il batterio. È costituita da un doppio strato di
fosfolipidi come quello di tutte le altre cellule. È selettiva, permette il passaggio di sostanze tra
interno ed esterno, presenti diverse proteine di membrana, lipoproteine
• Plasmidi: sono indipendenti dal cromosoma batterico, sono molecole di DNA, danno
caratteristiche aggiuntive al batterio.
• Proteine di membrana: intercalate alle catene fosfolipidiche e possono essere: integrali di
membrana (la attraversano tutta) o proteine periferiche, esterne o interne
• Ribosomi: organelli dediti alla sintesi proteica (cellule procariote e eucariote), costituiti da RNA e
proteine, composti da due unità che si possono separare centrifugandole in laboratorio. La più
grande ha maggiori catene di RNA e proteine. La più piccola solo proteine. I ribosomi si associano
all’RNA messaggero che porta le informazioni dettate dal gene traducendo il messaggio in
proteina (in sequenza aminoacidica) con l’aiuto del tRNA
• Inclusioni citoplasmatiche: materiali di riserva (azoto, zolfo, fosforo, etc); granuli vari o cristalli
tipiche di alcuni batteri.
• Nucleotide: = il DNA, un’unica molecola circolare più grande del batterio stesso, per poter stare
nella cellula deve superavvolgersi.
• Flagelli: uno o tanti, consentono movimento, composti da un’unica proteina avvolta da formare
un filamento. La rotazione spinge in avanti il batterio: senso antiorario-movimento in avanti, senso
orario-movimento indietro o capriole per cambiare direzione
Virus:organismi che per vivere necessitano di infettare un’altra cellula per riprodursi
Classificazione dei virus
In base al tipo di cellula infettata
-Batteriofagi o fagi (che infettano i batteri, hanno coda e fibre della coda che consentono di
iniettare il loro DNA nel batterio e produrre nuovi fagi)
-Virus vegetali
-Virus animali
In base all’acido nucleico in esso contenuto
Desossiribovirus (hanno DNA); Ribovirus o retrovirus (hanno RNA)
In base alla loro forma: allungati, sferici o poliedrici
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In base al tipo di simmetria: cubica, elicoidale o complessa
Esiste un’altra classificazione che parte dalla presenza di DNA o RNA e si basa sul fatto che le
catene siano a doppia o a singola elica (7 categorie) slide 8 lezione virus
Composizione dei virus: molte forme o dimensioni: alcuni hanno una membrana con proteine a
loro associate ed altri no. In generale la loro composizione è data da:
• Genoma virale: DNA o RNA
• Capside: involucro proteico che protegge il virus in ambiente extracellulare e che consente la
penetrazione nella cellula prescelta.
• Pericapside o peplos: ulteriore involucro proteico esterno al capside presente solo in alcuni virus
Infezioni
Il virus entra nella cellula ospite e fa sì che essa trascriva il suo DNA o RNA. I retrovirus sono
sempre virus a RNA a singola elica positiva, ma l’infezione avviene grazie ad un enzima presente
nel virus stesso (trascriptasi inversa) che trascrive l’RNA in DNA quindi passando ad una struttura a
doppia elica che verrà tradotta in proteine.
Tipi di infezioni da virus animali
✗ Infezioni di tipo litico: il virus viene immediatamente replicato nella cellula formando da subito
numerose particelle virali
✗ Infezioni di tipo cronico o consistente: il virus resta nella cellula e solo occasionalmente si
manifesterà in forme virali
✗ Infezione latente / provirale: di seguito all’infezione, il genoma del virus si integrerà con il
cromosoma della cellula ospite: moltiplicandosi, la cellula si porterà dietro l’evento virale.
✗ Infezione trasformante: il virus si insidierà nella cellula ospite causando delle modificazioni
della stessa (virus oncogeni che danno origine alle cellule tumorali)
Ciclo di replicazione di virus animali
Il virus entra per endocitosi (passando per la membrana cellulare), all’interno della cellula avviene
la decapsulazione (il capside viene degradato) e il DNA della cellula viene trascritto e tradotto per
produrre le proteine del virus. Parallelamente avviene la duplicazione del DNA virale. Gli enzimi di
assemblaggio presenti nella cellula produrranno nuove particelle virali che usciranno dalla stessa
una volta mature
Ciclo di replicazione retrovirus (HIV)
=virus a RNA con trascriptasi inversa, entrata nella cellula, rimozione dell’envelope e del capside,
l’enzima di trascrizione viene attivato, trascrive RNA virale in una molecola di DNA che viene poi
sintetizzato dalla cellula ospite in doppia elica. Rimane nel cromosoma sino a che viene trascritto
in RNA messaggero che sarà tradotto in proteine che ricreano envelope, capside, enzima
trascriptasi inversa così da ricreare altri virus completi che andranno ad infettare altre cellule.
Ciclo di replicazione Litico
Il fago si aggancia al batterio e inietta il suo DNA. Degradazione e sintesi: il nuovo DNA virale viene
trascritto in RNA e tradotto in proteine del fago, duplicato quindi come DNA. Le parti si
assemblano e nuovi virus prendono vita. Quando il ciclo è completo avviene la lisi: la fuoriuscita
dalla cellula di nuovi virus che andranno ad infettare altri batteri.
Ciclo di replicazione lisogenico
la procedura è come quella del ciclo litico tranne che il DNA va ad integrarsi a quello del
cromosoma della cellula ospitante saltando il passaggio di trascrizione in RNA e relativa traduzione
in proteine. Quando la cellula si riproduce porta con se i frammenti del DNA del fago e questo
evento continua indisturbato sino a che un evento esterno porterà la fase a compimento facendo
fuoriuscire nuovi fagi come nel ciclo litico. Il fago lamda può eseguire sia questo ciclo che il litico.
Viroidi: piccole molecole di RNA che infettano principalmente piante; capaci di autoreplicarsi e
privi di capside. Sono libere nelle cellule vegetali.
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Prioni: proteine con struttura errata che causano danni portando le proteine sane ad assumere
conformazione errate (causa della mucca pazza)
Genetica batterica (Cellule procariote)
L’informazione genetica nei batteri si trova nel cromosoma batterico in forma di unica molecola
circolare e nei DNA plasmidici: piccole molecole circolari di DNA che circolano libere e che sono in
grado di replicarsi autonomamente. Possono essere anche più di uno per cellula.
Composizione cellule procariote
• Cromosoma: contiene geni ribosomali, geni della parete cellulare, geni per la replicazione e
regolazione e tutte le informazioni necessarie alle funzioni essenziali della cellula.
• Plasmidi: geni importanti per la replicazione del DNA plasmidico stesso, piccole molecole
circolari di DNA circolare in grado di replicarsi autonomamente che danno caratteristiche extra al
batterio come la resistenza agli antibiotici o funzione di riparazione
Replicazione dei procarioti
avviene per scissione binaria: il DNA ha origine di replicazione e man mano che si duplica, la cellula
si allunga sino a formare il setto che, stringendosi e poi chiudendosi, da’ origine a due cellule
Mutazioni
Quando il DNA si replica ci possono essere appaiamenti errati che, se non corretti dal sistema di
correzione, danno origine mutazioni di DNA. Agenti fisici o chimici sono causa dei mutamenti che
possono portare alla morte cellulare se i danni non vengono riparati e la sequenza corretta non
viene ripristinata. Queste mutazioni non sono sufficenti all’adattamento del batterio ai cicli
evolutivi degli ambienti, la variabilità genetica avviene anche per mezzo di altri sistemi:
Ricombinazione genetica
1. Trasformazione: il DNA presente nell’ambiente (tramite morte di altri batteri) entra nella cellula
procariota e trova spazio nella sequenza analoga, correggendo l’errore.
2. Trasduzione: a seguito dell’infezione da parte di un virus fago si può avere che questo trasmetta
DNA batterico e, anziché infettare la cellula, ne correggerà il DNA poiché è complementare.
Oppure alcuni diventano nuovi fagi con DNA batterico anziché di fago.
3. Coniugazione: avviene tra due batteri, uno dei due possiede un plasmide con funzione
coniugativa, lo porta a produrre dei pili (fili di DNA) che trasferiscono DNA da una cellula all’altra.
(fattore F)
Elementi trasponibili di procarioti: sequenze di DNA che si trovano all’interno del cromosoma
batterico. Sono in grado di muoversi all’interno del cromosoma stesso o all’interno di altri batteri
tramite sequenze di riconoscimento che fanno sì che si associno. Questo procedimento porta
nuove caratteristiche alla cellula, come la resistenza ad antibiotici.
Organismi viventi (cellule eucariote)
Sono in gradi di riprodursi, di compiere cicli vitali, di rinnovare la propria struttura, di reagire agli
stimoli e di evolversi. La riproduzione degli organismi viventi avviene in due modi:
-Riproduzione asessuata: assenza patrimonio genetico ereditario
-Riproduzione sessuata: l’insieme dei meccanismi mediante i quali gli esseri viventi provvedono
alla conservazione della specie generando individui simili a sé che portano avanti il patrimonio
genetico
Riproduzione asessuata
moltiplicazione cellulare, patrimonio genetico invariato rispetto a quello del genitore. Avviene per
divisione cellulare mitotica di una cellula madre che genera due cellule figlie del tutto uguali a lei.
(detto scissione), unica forma di riproduzione degli organismi monocellulari. Nei pluricellulari è il
meccanismo col quale si svolge l’accrescimento, la crescita, lo sviluppo, del singolo individuo.
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Oltre alla scissione ci sono altri metodi di riproduzione cellulare:
-frammentazione: distaccamento di parte dell’organismo cellulare a seguito del quale da ambo le
parti lo stesso si rigenera completamente dando origine a due cellule identiche.
-gemmazione: tipica del lievito, formazione di gemme laterali che si separano a causa di una
strozzatura, successivamente si completano divenendo cellule complete.
-poliembrionia: la divisione in due o più parti dello zigote (della prima cellula che si forma dopo la
fecondazione). Oppure l’embrione stesso nelle prime fasi di sviluppo può dividersi in più parti (es.
formazione di gemelli identici).
-sporulazione: tipica delle muffe, avviene in condizioni ambientali di stress per cui l’organismo,
non essendo in gradi di sopravvivere, genera delle spore (cellule specializzate, o sporocisti) che
producono mitospore in grado di sopravvivere a condizioni avverse per potersi sviluppare
successivamente in ambiente favorevole.
Riproduzione sessuata
il nuovo organismo si genera dalla fusione di gameti (maschili e femminili), detto fecondazione=
unione di gameti, meiosi: processo di divisione che genera i gameti stessi.
Stadi di divisione meiotica
Una cellula germinale duplica il suo DNA e va incontro a una prima divisione durante la quale
avviene il “crossing over” in cui i cromosomi analoghi appaiati si scombinano dalle parti di DNA
aumentando la variabilità genetica. Nella seconda divisione meiotica i cromosomi vengono
separati nelle cellule figlie per ottenere le cellule aploidi ossia i gameti maschili o femminili. Nel
caso delle piante si producono spore.
Anfigonia: fecondazione (unione) dei due gameti per arrivare alla formazione di una nuova cellula:
lo zigote. Il nuovo individuo sarà metà con DNA di padre e metà di madre.
Partenogenesi: riproduzione tramite sviluppo di gameti femminili in assenza di fecondazione. Non
c’è variabilità di DNA. Auto attivazione di ovulo non fecondato che ricostruisce un diploide
omozigote in tutti i lodi, cioè avente due assetti aploidi identici, evento accidentale, è difficile che
lo zigote si sviluppi. In alcune forme di vita (insetto stecco) è una forma di riproduzione alternativa.
Il ciclo vitale: nascita → crescita → sviluppo → morte, la durata è variabile a seconda della specie.
Crescita=aumento delle cellule, sviluppo=modifiche strutturali
Metabolismo:
-complesso delle trasformazioni di natura chimica che avvengono negli organismi, in ogni cellula.
La capacità di nutrirsi è diversa per organismi autotrofi o eterotrofi: i primi usano molecole
inorganiche, i secondi molecole organiche (per sintetizzare altre molecole utili)
-reazione agli stimoli, come le variazioni di temperatura, pressione, ecc. Le reazioni ai vari
cambiamenti: produzione di spore, letargo, mimetismo, reazione ai rumori ecc
-capacità di movimento: organismi unicellulari si muovono mediante movimento ameboide,
tramite prolungamenti (flagelli o pseudopiedi). Gli organismi superiori hanno allungamenti
(braccia, gambe o rami)
Anabolismo: sintesi di molecole complesse a partire da molecole più semplici, processo che
consuma energia, reazioni endoergoniche.
Catabolismo: degradazione molecole complesse in molecole più semplici liberando energia,
reazioni esoergoniche
Le condizioni ambientali, fisiche o biologiche, indispensabili affinché ci sia esistenza sono:
acqua, ossigeno, concentrazione salina, concentrazione idrogenionica (pH), temperatura, luce
Gli ambienti biologici sono di diverso tipo e, si sono sviluppate forme di vita diverse adattate a
quell’ambiente: Ambiente acqueo: marino e d’acqua dolce, Ambiente terrestre: Epigeo (sopra la
terra), Ipogeo, Entozoico
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Ambiente marino
>Dominio bentonico o di fondo: ci vivono gli organismi più o meno legati al fondale
>Ambiente litoraneo: vicino alla costa, profondità max 200 m, molto eterogeneo: le parti più vicine
alla riva rivelano alta popolazione grazie a luce e moto ondoso, a profondità maggiore la luce è
scarsa, il moto ondoso quasi assente, risulta più scarso di vita.
>Ambiente profondo: il mare va avanti ai 200 m e la vita è più rara.
>Dominio pelagico: acque libere, lontane dal fondo e dalla costa, organismi che con una vita non
strettamente legata al fondale, la variabilità maggiore è data dalla salinità e dall’ossigenazione
Organismi viventi presenti in ambiente marino
Plancton: organismi animali e vegetali che galleggiano e quasi tutti vengono trasportati dai moti
ondosi e dalle correnti.
Nectun: organismi che nuotano attivamente (pesci, cefalopodi, tartarughe, cetacei)
Benthos: organismi che vivono a stretto contatto col fondale fissati ad un substrato (alghe, coralli,
crostacei)
Organismi viventi presenti in ambiente di acqua dolce
Nei laghi di montagna flora e fauna sono più limitati (clima più gelido), idem nei fiumi, torrenti o
sorgenti, sarà più facile che la vita sviluppi in climi miti.
Ambiente terrestre
varia in base a latitudine, longitudine, sottosuolo, vegetazione, clima e stagioni
>Epigeo: organismi che vivono sulla superficie terrestre
>Ipogeo: organismi che vivono nella terra (grotte, anfratti, gallerie)
>Entozoico: endoparassiti che vivono all'interno di un altro animale ospite
Rapporti intraspecifici: quelli tra individui della stessa specie
Colonie: Individui della stessa specie, dopo essersi riprodotti per via asessuata (germinazione)
vivono assieme in colonie che possono essere omeomorfe (tutti uguali, come spugne o coralli) o
eteromorfe (individui aventi funzioni specifiche diverse)
Società animali: fisicamente separati ma conducono una vita comune
Temporane…
Durature
Collettiviste
Individualiste
Rapporti interspecifici: tra individui di specie diversa – simbiosi (quando condividono per trarre
beneficio reciproco)
Mutualismo: nessuno degli individui può vivere isolato
Commensalismo: solo una delle due specie trae beneficio
Inquinilismo: le specie condividono spazio comune
Amensalismo: Una specie impedisce o diminuisce il successo di un'altra senza trarne vantaggi, es.
un organismo produce una sostanza chimica che ha effetti negativi su specie/organismi circostanti
Parassitismo: Una delle due specie conviventi trae vantaggio dalla situazione a discapito dell'altra
a cui reca danno biologico
Parassita&Ospite
• il parassita dipende dall'ospite da cui è legato da relazione anatomica e fisiologica;
• Il parassita ha struttura anatomica più semplice di quella dell'ospite;
• l'ospite è più grande del parassita;
• il ciclo vitale del parassita è più breve di quello dell'ospite;
• il parassita ha rapporti solo con un ospite, ma non viceversa.
Tipi di parassitismo
• facoltativo= nessuna modifica morfo-funzionale;
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• obbligato= vita del parassita legata a quella dell'ospite;
• ectoparassiti= utilizzano particolari strategie per infettare l'ospite, es. le sanguisughe
individuano l'ospite tramite appositi ricettori di individuamento e ne verificano l'identità
tramite la temperatura della pelle della vittima o mediante indicazioni chimiche;
• endoparassiti= attaccano l'ospite in modo passivo, es. gli endoparassiti che infettano l'uomo
quando ingerisce acqua sporca
La membrana plasmatica
delimita le cellule e regola il passaggio delle varie sostanze permettendo la comunicazione con
cellule adiacenti. Vista al microscopio elettronico si presenta come una struttura trilaminare: due
strati più densi e uno intermedio più chiaro dovuto alla sua costituzione composta da un doppio
stato di fosfolipidi: molecole anfipatiche aventi una parte idrofila (gruppo fosfato) e una idrofoba
(coda di acidi grassi). Se queste molecole vengono messe in acqua formano delle micelle, ossia si
dispongono in modo da chiudere le code tenendole lontane dall'acqua. Quelli delle cellule
formano un doppio strato: nella parte esterna della cellula ci sono le teste idrofiliche e all'interno
ci sono le code idrofobiche. Tra di queste ci sono, intercalate, delle proteine.
1954: modello di Dawson-Danelli, poi abbandonato: si pensava che la membrana plasmatica fosse
composta da proteine che mettevano in comunicazione interno ed esterno della cellula.
1972: modello a mosaico chiuso di Singer-Nicolson: Modello attuale che prevede il doppio strato
di fosfolipidi con proteine di membrana intercalate, che vi penetrano.
Possono essere proteine periferiche: estrinseche o intrinseche cioè tutte nella parte idrofobica. Le
proteine integrali transmembrana attraversano tutta struttura e possono essere:
-single-pass: attraversano la membrana una volta sola
-multiple pass: la proteina è ripiegata più volte facendo più di una entrata e uscita nella cellula
Presente nella membrana plasmatica ci sono anche molecole di colesterolo: questo ha 4 anelli
idrofobici fusi tra loro e un gruppo ossidrile OH che si disporrà vicino alle teste dei fosfolipidi,
mentre la restante parte entrerà nella membrana assieme alle code (funzione di dare rigidità alla
membrana plasmatica)
Alcuni fosfolipidi possono essere glicosilati: diventano glicolipidi che sono fosfolipidi con zuccheri
legati al gruppo fosfato.
Le proteine di membrana hanno la funzione di recepire segnali o di formulare canali che danno la
possibilità ad interno ed esterno della cellula di comunicare (proteine canale): gli aminoacidi che
sono a contatto con i fosfolipidi all'esterno della proteina sono idrofobici non polari, mentre quelli
all'interno sono idrofili polari, tale composizione permette il passaggio di acqua e altri ioni.
L'esperimento di Frye-Eddin ha dimostrato la fluidità del doppio strato fosfolipidico e che le
proteine di membrana si muovono nello strato lipidico. Raramente avviene che si scambino tra il
sopra e il sotto (tra la parte di membrana a contatto con l’ambiente extracellulare e quella a
contatto col citoplasma) fenomeno flip-flop, può accadere anche per i fosfolipidi.
Funzioni della membrana plasmatica
• protettiva e di forma
• scambio sostanze nutritive
• trasporto attivo [pompano soluti attraverso la membrana con richiesta immediata di energia,
contro gradiente di concentrazione] o passivo [passaggio selettivo di ioni o molecole]
• reattività agli stimoli esterni
• risposta agli ormoni tramite legame con ricettori e ormoni stessi
• interazione e comunicazione tra le cellule
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• proprietà antigeniche e reazioni immunitarie
-La membrana plasmatica può avere un orletto a spazzola per aumentare la superficie di
assorbimento (cellule epiteliali dell’intestino atte a recepire i nutrienti)
-è dotata di giunzioni: permettono il legame tra altre cellule nella formazione dei tessuti. La
giunzione intracellulare può permettere lo scambio di nutrienti tra le cellule.
-La funzione di ancoraggio delle cellule tramite ad esempio le integrine permette che la cellula si
ancori alla matrice extracellulare che si connettono ai microfilamenti intracellulari.
-La membrana, tramite enzimi legati ad essa, permette attività enzimatica che permette a questi
di catalizzare reazioni che avvengono sulla superficie o all’interno della membrana stessa.
-La trasduzione di segnale avviene tramite alcuni recettori (proteine) che ricevono segnali
dall’ambiente extracellulare e che trasmettono ad altre proteine (es. gli ormoni, inoltrano il
messaggio all’interno della cellula tramutando l’input stesso in segnale differente.
-Il riconoscimento cellulare avviene attraverso antigeni (=sostanza in grado di essere riconosciuta
come estranea dal sistema immunitario) di membrana, come glicoproteine, che fungono da
marcatori di membrana. Ad esempio le cellule batteriche hanno proteine di superficie o antigeni
che vengono riconosciuti come estranei dalle cellule umane.
Diffusione: una sostanza si diffonde dalla zona di massima concentrazione della stessa verso tutta
la soluzione in cui è stata posta in modo da essere uniformemente distribuita (movimento passivo)
Osmosi: la membrana plasmatica è semipermeabile: possibile passaggio netto di acqua ma non di
altre sostanze. Ci sono i vari tipi di soluzioni:
➔ soluzione ipotonica: quando la soluzione ha concentrazione più bassa di soluto rispetto a
quello che poniamo nella membrana (sacca) semipermeabile: il soluto richiama acqua dalla
soluzione, la membrana si gonfia
➔ soluzione ipertonica: quando nella soluzione è stato disciolto più soluto di quello che si
trova dentro la membrana (sacca) semipermeabile: l’acqua viene richiamata in senso opposto,
quella presente all’interno della sacca va all’esterno e la sacca semipermeabile si schiaccia.
➔ soluzione isotonica: quando la soluzione ha la stessa concentrazione di soluto di quella
presente all’interno della membrana semipermeabile: l’acqua viaggia in ambo le direzioni
lasciando invariata la forma della sacca
Osmosi: flusso di solvente tra due soluzioni separate da una membrana semipermeabile dovuto
generalmente a differenze di concentrazione.
Trasporto di membrana
-diffusione semplice: attraverso un canale acquoso (passivo), es: il sodio o l’acqua che passano in
un canale tramite le proteine canale composte da aminoacidi idrofobici nei punti in cui sono vicini
al fosfolipide e polari nell’interno del loro canale
-trasporto passivo tramite proteine carrier: agiscono tramite gradiente di concentrazione: quando
all’esterno della membrana plasmatica c’è una maggior concentrazione di una sostanza come ad
esempio il glucosio, questo interagisce con la proteina carrier e si lega ad essa, la proteina cambia
la sua conformazione e rilascia il glucosio all’interno della cellula dove la sua concentrazione è
minore. Dopo il rilascio, la carrier riprendè la sua conformazione iniziale, con la bocca aperta verso
l’esterno della cellula.
-trasporto mediato: diffusione facilitata secondo gradiente di concentrazione, es. il glucosio che in
certi casi può passare dall’interno della cellula verso il flusso del sangue attraverso una proteina
cavea che ne permette il passaggio per gradiente di concentrazione.
-Il trasporto attivo attraverso membrana: contro gradiente di concentrazione, utilizza una
molecola di ATP, è detto attivo a causa dell’immediato consumo di energia. L’ATP viene idrolizzata
liberando energia necessaria al trasporto.
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-trasporto attivo pompa Na+/K+: pompa sodio – potassio, fa sì che 3 ioni di sodio presenti
all’interno della cellula vengano trasportati fuori da essa e 2 ioni di potassio vengano portati
all’interno, entrambi contro gradiente di concentrazione e con l’utilizzo di una molecola di ATP e
tramite una proteina carrier.
Procedimento trasporto attivo della pompa Na+/K+
1. la proteina carrier con il “cancello” aperto verso l’interno della cellula lega a sé 3 ioni Na+
2. l’ ATP interviene rilasciando alla proteina carrier una molecola di fosfato tramite idrolisi, che si
lega ad essa
3. il legame col gruppo fosfato permette alla proteina carrier di cambiare conformazione ed aprirsi
verso l’esterno della cellula chiudendosi invece dalla parte interna
4. gli ioni Na+ escono dalla proteina verso l’ambiente extracellulare e, dal momento che vi è
ancora il gruppo fosfato legato alla carrier, questo fa sì che essa leghi a sé 2 ioni K+
5. l’unione con gli ioni potassio porta la proteina a chiudersi verso l’esterno della cellula e a
riaprirsi verso l’interno
6. qui rilascerà gli ioni K+
Trasporto attivo secondario secondo gradiente di concentrazione: per avere un gradiente di
un’altra molecola come per il trasporto del glucosio visto prima, occorre tenere basso il livello di
sodio all’interno della cellula. Così abbiamo che il glucosio, la cui concentrazione è maggiore
all’interno al contrario del sodio. Ciò fa sì che la proteina cambi conformazione e porti le sostanze
all’interno della cellula. Il sodio viene tenuto basso dalla pompa sodio-potassio.
Ci sono altri processi che permettono lo scambio di sostanze attraverso la membrana, ma non
sono dovuti a proteine, bensì a vescicole che si fondono con la membrana.
Esocitosi: vescicola secretoria contenente proteine o altre sostanze di scarto, si fonde con la
membrana plasmatica rilasciando il contenuto verso l’esterno.
Fagocitosi: processo inverso per il quale la cellula deve inserire delle sostanze presenti all’esterno,
la membrana plasmatica si chiude attorno alla molecola da ingerire formando un anello che
diventa vescicola (estroflessioni). Intervengono poi i lisosomi (organelli dediti al degrado di
sostanze) che si fondono con la vescicola, gli enzimi litici presenti all’interno dei lisosomi
degradono le sostanze inglobate. Da tale procedimento, ma non solo da questo, provengono i
fagosomi, vescicole contenenti delle sostanze che possono rimanere nella cellula diventando un
granulo di pigmento di lipofuscina, la loro quantità è indicativa per l’età della cellula.
Pinocitosi: simile alla fagocitosi, permette l’ingresso di piccole molecole attraverso i microvilli che
si chiudono su queste.
Endocitosi mediata da recettore: molecole-bersaglio si legano a recettori specifici presenti sulla
cellula: formazione di una nuova vescicola, es. assorbimento delle LDL: glicoproteine a bassa
densità che contengono acidi grassi e colesterolo.
Il Citoscheletro
• microtubuli (i più spessi, composti da α e β tubulina, sono cavi)
• filamenti intermedi
• microfilamenti (i più sottili, composti da actina)
• centrioli e centrosoma
• ciglia e flagelli
• assonema
Il citoscheletro è una rete di fibre ancorate alla membrana plasmatica mediante proteine di
membrana. I sistemi di filamenti proteici hanno diverse funzioni: mantenere la struttura e la forma
delle cellule come uno scheletro, permettere l’ancoraggio di organuli e macromolecole, sono
responsabili della formazione delle fibre del fuso durante la divisione mitotica, facendo spostare i
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cromosomi, permettono il movimento cellulare e hanno struttura scomposta che viene
continuamente ricomposta.
Flusso assonico= vescicole che vengono sintetizzate nel corpo cellulare e che devono essere
trasportate nella parte terminante dell’assome (← cellula neuronale).
Microtubuli
Subunità proteiche di tubulina α e β che vengono continuamente aggiunte da un lato e disgregate
dall’altro in una conformazione a spirale composta da 13 dimeri, forma di tubo con il centro vuoto.
Funzioni: impalcature permettono il movimento di organuli e vescicole, formano le fibre del fuso
che separano i cromosomi durante il processo mitotico di divisione cellulare, presenti all’interno di
ciglia e flagelli e ne consentono il movimento. Ai microtubuli sono associate delle proteine che si
regolano regolarmente con le tubuline e con le vescicole da trasportare: “proteine motrici”
chinesina: costituita da due catene e globulare da un lato, formando due piedi che camminano
sulle tubuline legandosi ad esse un piede dopo l’altro
Dineina: struttura simile a quella della chinesina, ma più complessa.
Filamenti intermedi
Provvedono alla resistenza meccanica della cellula soggetta a stress fisico, come le cellule
epiteliali, muscolari o i neuroni, spesso connessi ad altri tipi di filamenti del citoscheletro
(microfilamenti e microtubuli), costituiti da subunità proteiche avvolte a spirale che si associano
ad altri filamenti identici unendosi insieme in un’unica forma regolare, sempre a spirale. Sono
composti, alla base, da un’estremità NH2 e dall’altra da COOH con, al centro, una struttura ad α
elica. Hanno proteine a loro associate e si legano alla membrana del nucleo. Le proteine di
membrana mediano la connessione tra nucleo tramite i desmosomi.
Microfilamenti
costituiti da subunità globulari di actina. Più unità di questa si associano a formare filamenti e più
filamenti si associano a formare un’unica elica flessibile. Ai filamenti di actina si associano proteine
diverse a seconda della funzione che devono svolgere,
proteine di nucleazione: intervengono per iniziare a costruire un nuovo filamento unendo nel
modo corretto le actine
proteine che sequestrano i monomeri: impediscono la polimerizzazione di monomeri dell’actina,
quando sono associate ai monomeri, essi non possono polimerizzarsi
proteine di incappucciamento: si legano ad un’estremità del filamento per regolarne la lunghezza
proteine che polimerizzano e depolimerizzano i monomeri di actina: promuovono la crescita di
nuovi filamenti che aumentano la lunghezza/consentono di ridurre la lunghezza o di degradare il
microfilamento, occorrono per adattarsi ai cambiamenti cellulari
proteine che formano legami crociati: tengono i filamenti uniti tra loro formando anche legami
trasversali che permettono la formazione di un reticolo di microfilamenti
proteine che tagliano i filamenti: in grado di legarsi al microfilamento e tagliarlo in due
proteine che legano la membrana: permettono i movimenti della cellula.
I microfilamenti si trovano anche dentro i microvilli (← estroflessioni della membrana plasmatica
che servono ad assorbire nutrienti, es. cellule dell’apparato digerente).
Centrioli
le strutture da cui si formano i microtubuli. Costituiti da microtubuli stessi associati tra loro in
modo regolare: sono 9 fibrille che contengono ognuna 3 microtubuli. Hanno una struttura regolare
grazie a delle proteine che tengono insieme i tubuli. Sono organelli della cellula che si trovano
sempre in coppia (sempre 2 e sempre diametralmente opposti, perpendicolari uno all’altro).
Durante la mitosi, quando devono formare le fibre del fuso, si duplicano. Si trovano vicino al
nucleo e da essi partono tutti gli altri microtubuli.
Centrosoma
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struttura complessa che contiene i due centrioli circondati da un materiale amorfo detto materiale
pericentriolare. È il principale sito di inizio dei microtubuli. È composto da proteine di connessione
e microtubuli che dipartono dai centrioli.
Ciglia e flagelli
sottili organelli motori simili a peli che si proiettano sulla superficie di molti tipi di cellule. Sono
filamenti avvolti da una estroflessione della membrana plasmatica e, alla base, sono ancorati al
centriolo basale. Le ciglia sono più corte e numerose dei flagelli e formate da microtubuli
raggruppati in modo da formare 9 coppie disposte alla periferia e 2 microtubuli centrali. Tale
disposizione viene detta assonema (complesso 9+2). I flagelli sono meno numerosi e più lunghi. Li
troviamo in organismi monocellulari come i protisti (protozoi) e nei gameti maschili (spermatozoi)
Assonema
struttura che si trova all’interno di ciglia e flagelli. Le 9 coppie di microtubuli sono legate assieme
da proteine di connessione. Le due centrali sono più unite rispetto a quelle esterne.
Giunzioni cellulari o matrice extracellulare
La matrice extracellulare è una rete organizzata di materiale extracellulare. Presente nelle
immediate vicinanze della membrana plasmatica, al di fuori di essa. È costituita da diversi tipi di
strutture di proteine (collagene, proteoglicani, acido ialuronico, ecc) legate esternamente alla
membrana plasmatica tramite delle proteine di membrana.
Funge da impalcatura tra le cellule, può avere forme diverse a seconda del tessuto in cui si trova e
delle proteine presenti, principalmente di tipo fibroso. Può avere ruolo regolatorio per
determinare forma e attività della cellula.
La lamina basale o membrana basale la parte di matrice extracellulare che si trova alla base del
tessuto epiteliale. Tutte le cellule poggiano su di essa, fornisce un supporto meccanico per la
divisione cellulare e genera i segnali per la sopravvivenza cellulare. Serve da substrato per la
migrazione cellulare: le cellule epiteliali si duplicano solo negli strati più profondi, vicino alla
lamina basale e quelle esterne subiscono processi per i quali vengono eliminate. Serve anche per
separare i tessuti adiacenti all’interno di un organo. Funge da barriera per il passaggio di molecole.
Le giunzioni cellulari permettono l’unione di cellule adiacenti, es. per la formazione di tessuti e
cambiano a seconda di quale sia il tipo di tessuto.
Tipi di giunzioni cellulari:
GAP: canali costituiti da proteine di membrana presenti su entrambe le membrane cellulari delle
due cellule formando una connessione tra loro. Il canale che si forma è idrofilo e permette alle
cellule di scambiarsi sostanze. Può essere aperto o chiuso.
Desmosomi: funzione strutturale di tenere unite le cellule senza passaggio di sostanze, presenti
nelle cellule epiteliali, costituiti da proteine nella parte a contatto con la membrana plasmatica e
all’interno di ogni cellula vi sono filamenti intermedi del citoscheletro composti da cheratina.
Emidesmosomi: struttura simile ai desmosomi (come se fossero a metà). Si trovano sulla
membrana basale di una cellula epiteliale che appoggia sulla lamina basale
Giunzioni strette: impediscono il passaggio di molecole o sostanze. Le membrane plasmatiche si
fondono formando una struttura pentalaminare data fusione delle proteine di membrana. Si trova
negli enterociti, cellule intestinali, il cui passaggio di sostanze deve passare direttamente verso
l’enterocita stesso che deve lavorare i nutrienti.
Giunzioni aderenti: struttura simile al desmosoma, le membrane sono unite da proteine di
adesione che permettono alle membrane di essere vicine e non disgiungersi, differenza: all’interno
delle membrane plasmatiche ci sono proteine del citoscheletro legate mediante proteine di
adesione.
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Plasmodesmi: mettono in comunicazione il citoplasma di due cellule adiacenti permettendo il
passaggio di acqua, ioni e nutrienti di vario genere. A differenza delle GAP i canali sono rivestiti da
membrana plasmatica stessa.
Endomembrane: tutti gli organelli delimitati da membrana presenti all’interno di una cellula
eucariote.
Reticolo endoplasmatico: esistono due tipi di reticolo dentro alla cellula: liscio e rugoso
Reticolo endoplasmatico liscio: costituito da due membrane tubulari connesse tra loro, non ha
ribosomi; sede della biogenesi di membrana, sintesi del colesterolo e ormoni steroidei nel fegato
per detossificazione dei composti organici. Nelle cellule muscolari sequestra ioni di calcio
Reticolo endoplasmatico rugoso: ha sacche appiattite e sulla sua membrana esterna sono presenti
i ribosomi. È a contatto con la membrana plasmatica, è luogo di sintesi delle proteine esterne alla
cellula, delle integrali di membrana e di proteine che devono andare in altri organelli nella cellula.
Sede della sintesi delle catene di carboidrati e di fosfolipidi
Sintesi di proteine: inizia su un ribosoma libero. La proteina trasmette un segnale captato dal
ribosoma. La sintesi si blocca mentre il ribosoma si associa al reticolo endoplasmatico rugoso, si
posiziona sul traslocone dove vi è un recettore che fa sì che il ribosoma si associ al reticolo e la
proteina nascente entri dentro al reticolo attraverso il trasclocone spostando il tappo del canale, la
sintesi continua all’interno del reticolo endoplasmatico rugoso. Nel caso della sintesi di proteine
integrali di membrana il procedimento è analogo tranne che per il fatto che il traslocone si apre e
la parte di proteina che presenta aminoacidi idrofobici resteranno all’interno della membrana
plasmatica, mentre la parte terminale che dovrà andare all’esterno del della cellula si troverà
all’interno del reticolo endoplasmatico rugoso.
Complesso di golgi
localizzato tra il reticolo endoplasmatico e la membrana plasmatica. Costituito da cisterne
appiattite un po’ ricurve e disposte in pile ordinate e connesse tra loro tramite tubuli membranosi.
Ai bordi queste cisterne appiattite sono più dilatate. Da queste partono vescicole, che trasportano
proteine o altre sostanze che devono arrivare altrove nella cellula. Le cisterne sono dette cis nel
lato che da’ sul reticolo endoplasmatico, le centrali e trans quelle che si affacciano sulla membrana
plasmatica. In questa serie di cisterne hanno luogo modificazioni delle proteine, facendo passare
queste ultime dal lato cis verso il lato trans. Funzioni: regolare il movimento delle proteine a
seconda che siano di secrezione, di membrana o destinate ad altri organi. L’apparato di golgi può
modificare chimicamente le proteine rimuovendo porzioni di sequenze aminoacidiche
aggiungendo gruppi funzionali o unità lipidiche o glucidiche. Come si spostano: 1. gemmano, 2.
vanno verso il lato cis, 3. si spostano verso il lato trans, 4. si generano vescicole che vanno verso la
membrana plasmatica se la proteina deve essere secreta. Lo spostamento delle vescicole è dovuto
alla presenza dei microtubuli che lo facilitano
Lisosomi-organelli digestivi: al loro interno sono presenti ca 50 enzimi di tipo idrolitico (fosfatasi,
nucleatasi, proteasi). Hanno attività ottimale a pH acido: sulla membrana del lisosoma è presente
una pompa protonica che ha la funzione di mantenere basso il pH all’interno, hanno la funzione di
degradare le sostanze che arrivano dall’ambiente esterno o che devono essere eliminate.
Intervengono nel turn-over degli organelli che non funzionano o sono vecchi e devono essere
dismessi e degradati dal lisosoma. Come avviene: l’organello viene circondato da una membrana
che deriva dal reticolo endoplasmatico. Questa avvolge l’organello e si fonde con un lisosoma. Le
proteine di quest’ultimo arrivano all’apparato del golgi tramite sue vescicole portando enzimi
idrolitici nel lisosoma che si fonde con l’organello avvolto nel reticolo endoplasmatico. Questo da’
origine ad un *autofago lisosoma. Le sostanze vengono degradate e si forma un corpo residuo che
alla cellula non occorre. Il corpo residuo ha due possibilità: o viene buttato fuori dalla cellula
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mediante esocitosi, o può rimanere indefinitivamente all’interno della cellula come granulo di
pigmento di lipofuscina (è inutile alla cellulla) *autofagio= membrana che avvolge sia
Perossisoma
detti anche microcorpi, sono vescicole circondate da membrana. Contengono enzimi ossidativi. In
essi si forma e poi viene degradata l’acqua ossigenata (perossido di idrogeno) H2O2 e si duplicano
per scissione da organelli preesistenti. Dentro di essi avviene la riduzione dell’ossigeno molecolare
ad acqua attraverso due tappi: in uno interviene l’ossidasi che trasforma ossigeno in perossido di
idrogeno, poi questo in presenza dell’enzima catalasi viene convertito in acqua con liberazione di
ossigeno. Questo è il procedimento che evita la formazione di radicali liberi nella cellula
[radicali liberi: molecole o atomi molto reattivi che contengono almeno un elettrone spaiato
nell’orbitale più esterno].
Vacuolo delle cellule vegetali
occupa il 90% del citoplasma, delimitato da una membrana singola (tonoplasto) sulla quale è
presente una pompa protonica per mantenere alta la concentrazione di ioni all’interno.
Il tonoplasto oltre ad eliminare le sostanze tossiche ha la funzione di dare gonfiore alla cellula
grazie all’alta concentrazione di ioni all’interno del vacuolo in modo che per osmosi l’acqua possa
entrare dentro e rigonfiare la cellula, ci sono i cloroplasti ed il nucleo, entrambi schiacciati da un
lato. Il citoplasma è poco. Ribosomi e reticolo endoplasmatico sono molto ridotti rispetto alla
cellula animale.
Mitocondri e Cloroplasti
organelli dediti alla sintesi di energia per le cellule. L’ATP (adenosin trifosfato) è la molecola che
immagazzina energia che la sua idrolisi rilascia (ADP+fosfato), è utile a svariati processi (sintesi
proteica, contrazione muscolare, trasporto attivo, e altri processi che richiedono energia). L’ADP
viene poi riconvertita ad ATP grazie ad alcune vie metaboliche (glicolisi, il ciclo di krebs,
fosforilazione ossidativa) che portano alla sintesi di ATP. Queste reazioni avvengono nei
mitocondri: essi sono in grado di convertire l’energia in una forma utilizzabile dalle cellule. Nei
cloroplasti avviene la fotosintesi clorofilliana, processo che utilizza energia luminosa per
sintetizzare il glucosio a partire da anidride carbonica e acqua con l’utilizzo di energia.
I mitocondri sono organelli respiratori della cellula. Hanno struttura complessa costituita da delle
membrane (interna ed esterna) e al loro interno abbiamo gli enzimi del ciclo di krebs e della
fosforilazione ossidativa. Ha forma di bastoncino ed e costituito per il 65-70% di proteine e per il
25-30% di lipidi. Sono presenti, in piccole quantità molecole di acidi nucleici. Ci sono enzimi in
grado di sintetizzare l’ATP e l’ATP sintasi, l’enzima finale che converte ADP e fosfato.
La membrana mitocondriale esterna è regolare, quella interna si solleva in numerose pliche (creste
mitocondriali) trasversali rispetto alla lunghezza del mitocondrio stesso. Lo spazio tra le varie
membrane: spazio intermembrana, spazio attorno alle varie creste: matrice mitocondriale.
Procedimento respirazione cellulare partendo dal glucosio
nel citoplasma avviene la glicolisi che converte il glucosio in acido piruvico che entra nel
mitocondrio sotto forma di acetil CoA, che farà parte del ciclo di krebs (matrice mitocondriale). Il
ciclo di krebs produce NADH che va a far parte del processo di respirazione cellulare e della
fosforilazione ossidativa con la successiva sintesi di ATP. Citoplasma → glicolisi → piruvato + 2
molecole di ATP, Piruvato → entra nel mitocondrio, matrice mitocondriale → ciclo di krebs ossia
l’acetil CoA → NADH + 2 molecole di ATP creste mitocondriali → trasporto degli elettroni ossia
NADH → sintesi di 32 molecole di ATP (a partire da una molecola di glucosio)
Gli enzimi presenti nei mitocondri appartengono a tre classi e agiscono in sequenza:
1. enzimi ossidativi del ciclo di krebs (matrici mitocondriali) degradano i prodotti derivanti
dall’assorbimento intestinale a CO2 e liberano elettroni o i loro equivalenti atomi di idrogeno
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2. enzimi della catena respiratoria (o del sistema di trasporto degli elettroni, creste mitocondriali)
che trasportano elettroni o relativi protoni attraverso reazione intermedie ottenendo un flusso di
protoni che arriva poi all’ATP sintasi.
3. ATP sintasi, l’enzima deputato alla sintesi dell’ATP partendo da ADP e fosfato. Viene attivato da
questo flusso di protoni che dallo spazio intermembrana secondo gradiente migrano verso la
matrice attraverso questo enzima, attivandolo. Così lui sintetizzerà ATP. Gli enzimi si trovano sulle
creste mitocondriali, ve ne sono molte per garantire molti enzimi dediti alla catena respiratoria.
Altre funzioni dei mitocondri:
• metabolismo di lipidi e fosfolipidi
• sono in grado di ossidare gli acidi grassi
• insieme al reticolo endoplasmatico liscio partecipano alla biosintesi degli ormoni steroidei
• sono in grado di accumulare e concentrare varie sostanze
• nella matrice avviene una modesta sintesi proteica di DNA, ribosomi e varie classi di RNA.
La presenza di DNA e di tutto l’apparato per la sintesi proteica (ribosomi, tRNA e mRNA) nei
mitocondri gli permette di sintetizzare alcune delle proteine di cui lui stesso necessita, non tutte, il
suo DNA è molto piccolo ma molto simile a quello batterico (circolare).
I mitocondri sono in grado di dividersi e formare altri mitocondri. La loro duplicazione è simile a
quella batterica. Altre sostanze di cui necessita arrivano dalla cellula e sono sintetizzati a partire
dal DNA del nucleo cellulare. I mitocondri sono semi autonomi e le analogie con le cellule
procariote fanno ipotizzare che l’attuale struttura delle cellule eucariote derivi dall’assunzione di
batteri da parte di cellule primitive che abbiano poi realizzato una simbiosi con la cellula ospite.
Cloroplasti
organelli deputati alla fotosintesi clorofilliana, composti da due membrane: esterna liscia e
regolare e interna impermeabile che si ripiega a formare delle pile di sacche (tilacoidi) che
formano delle pile ordinate (grana). Spazio interno dei tilacoidi=lume, spazio interno del
cloroplasto=stroma (contiene enzimi dediti alla sintesi dei carboidrati). Sui tilacoidi ci sono gli
enzimi per la fotosintesi
Fotosintesi clorofilliana: processo biosintetico che porta alla formazione di glucosio con sviluppo di
ossigeno a partire da anidride carbonica e acqua. Si divide in due fasi:
I. Fase luminosa: assorbimento dell’energia luminosa che viene conservata sotto forma di ATP e
NADH. Si ha sviluppo di ossigeno.
II. Fase oscura: ATP e NADH vengono poi utilizzati nella fase oscura per ridurre la CO2 a formare
glucosio e altri prodotti organici. La reazione complessiva: 6CO2 + 6H2O → C6H12O6 + 6O2
Centri dediti alla fotosintesi fotosistema 1 dove un complesso detto P700 viene eccitato dalla luce
e a cascata una sequenza di elettroni vanno ad eccitare altre molecole portando alla sintesi di
NADPH a partire da NAD+ e protoni. Il fotosistema 2 ha procedimento simile, ma ad essere
eccitato è il complesso detto AP680. Questi due complessi sintetizzano NADPH che è necessario
per la sintesi del glucosio. I due sistemi sono collegati da altri enzimi situati sulle membrane dei
tilacoidi che trasportano gli elettroni dal fotosistema 1 al 2.
Nucleo
delimitato da una doppia membrana (involucro nucleare). Contiene cromatina: fibre di DNA
associate a proteine. Sono presenti uno o più nucleoli (strutture dense di elettroni di forma
irregolare dove avviene la sintesi dell’RNA ribosomale e l’assemblaggio dei ribosomi). La parte
interna del nucleo contiene il nucleoplasma, sostanza fluida in cui sono presenti i soluti del nucleo.
La matrice nucleare è una rete di fibrille che contiene proteine delimitata dall’involucro nucleare.
Su questa membrana vi sono dei pori nucleari che permettono il passaggio di materiale.
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Involucro nucleare: costituito da due membrane cellulari disposte parallelamente una all’altra. È
una barriera che impedisce il passaggio di ioni e soluti tra nucleo e citoplasma che può avvenire
solo attraverso i pori nucleari che sono costituiti da proteine. In corrispondenza di questi, le due
membrane si fondono. La membrana interna è legata a una rete fibrillare tramite proteine
integrali di membrana. La membrana esterna è in continuità con quella del reticolo
endoplasmatico rugoso, essa stessa è il reticolo endoplasmatico e vi sono i ribosomi (organuli che
traducono DNA)
Pori nucleari: detti anche complesso del poro nucleare (struttura molto complessa). Permettono il
passaggio di RNA e proteine in entrambe le direzione. Ha simmetria ottagonale dovuta alla
ripetizione per 8 volte di 30 diversi tipi di proteine.
Funzionamento: una proteina presente nel citoplasma che deve entrare nel nucleo ha con se un
segnale di localizzazione nucleare, un’altra proteina (importina α / β), un recettore riconosce
queste sequenze-segnale e si lega alla proteina che deve entrare formando un complesso proteico
che si lega ai filamenti citoplasmatici che compongono il poro stesso (dalla parte del citoplasma)
che ne consentono l’ingresso. All’interno del nucleoplasma è presente un’altra proteina (RAN GTP)
con cui l’importina α / β interagisce legandosi ad essa nel lato della importina β (la α è legata alla
proteina trasportata), la proteina viene rilasciata all’interno del nucleo, l’importina beta verrà
rimandata fuori dal nucleo, nel citoplasma; qui la RAN GTP verrà idrolizzata a RAN GDP e P e
ritrasportata nel nucleo dove viene riconvertita nuovamente a RAN GTP mentre l’importina α, una
volta rilasciata la proteina nel nucleoplasma, viene rimandata all’esterno del nucleo attraverso un
esportina a rilegarsi con la importina β.
Cromatina
Composto da DNA + proteine ad esso associate (istoni). Nelle cellule non in divisione la cromatina
si presenta sotto forma di granuli (eu cromatina), in forma condensata è detta eterocromatina.
Quando la cellula è in divisione la cromatina si condensa sempre di più a formare i cromosomi.
Sono quindi capaci di autoreplicazione e di mantenere le proprie caratteristiche attraverso le
successive divisioni cellulari.
Cromosomi
Il DNA, per la presenza dei gruppi fosfato, ha carica negativa. Intervengono gli istoni, carichi
positivamente, che si associano ad esso. Vi sono 8 istoni di 4 tipi presenti in coppie. Vi si avvolgono
146 paia di basi di DNA (primo livello dei cromosomi). Tra un nucleosoma (struttura di DNA
avvolto attorno all’istone) e l’altro è presente un altro istone chiamato DNA linker o di giunzione,
tramite al quale i nucleosomi possono condensarsi sempre di più. Ulteriori superavvolgimenti del
DNA portano alla formazione dei cromosomi visibili nella metafase della divisione mitotica. Le
estremità dei cromosomi si dicono telomeri e sono strutture che formano una sorta di cappuccio
composto da strutture associate a proteine che si ripetono. Le due unità che compongono il
cromosoma sono parallele ed identiche, dette cromatidi. La parte centrale del cromosoma è
chiamata centromero ed è la costrizione primaria. Associato a questo vi sono proteine specifiche
(cinetocori) che permettono l’attacco del cromosoma ai microtubili che compongono il fuso
mitotico al momento della divisione cellulare.
Esistono diversi tipi di cromosomi e vengono classificati in base alla posizione del centromero:
metacentrico: centromero a meta dei cromosomi
submetacentrico: centromero più in alto rispetto alla meta dei cromosomi
arcocentrico: centromero quasi all’estremità alta dei cromosomi
telocentrico: centromero in altro, mancanza dei 2 braci superiori
Struttura del DNA
doppia elica antiparallela formata da nucleotidi ognuno dei quali ha il desossiribosio come
zucchero, un gruppo fosfato e una base azotata. Ve ne sono di 4 tipi diversi miscelati in diverse
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sequenze. La doppia elica esegue solchi più profondi o meno profondi con regolarità (solco minore
e solco maggiore). Più triplette possono codificare per un gene.
Duplicazione DNA
la doppia elica si separa e degli enzimi specifici (DNA polimerasi) possono iniziare a sintetizzare
una nuova molecola appaiando sempre adenina → timina e guanina → citosina e viceversa sino ad
arrivare alla sintesi di due molecole di DNA identiche che hanno un’elica del DNA di partenza e una
di quello appena sintetizzato: è detta replicazione semireplicativa: ogni filamento serve da stampo
per quello nuovo. La direzione con la quale la DNA polimerasi sintetizza il nuovo DNA va sempre e
solo da 3’ a 5’ quindi da un lato abbiamo un filamento continuo, mentre quelli di nuova sintesi
crescono in direzioni opposte, questo fa sì che un filamento venga assemblato in modo continuo e
l’altro in segmenti che vengono uniti successivamente tramite un altro enzima la DNA ligasi. La
DNA primasi sintetizza DNA partendo da brevi frammenti di RNA rimovibili che vengono inseriti
come un primer tra un segmento e l’altro. A procedimento concluso la DNA polimerasi si stacca ed
interviene la DNA ligasi che unisce le due molecole di DNA appena create. Le due proteine che si
occupano dello svolgimento del doppio filamento di DNA sono la Girasi che lo svolge e taglia e la
Elicasi, che lo apre. L’RNA primer viene rimosso è tagliato da una proteina e poi degradato.
Possono avvenire degli errori di replicazione: non sempre all’adenina corrisponde la timina e alla
guanina la citosina, se ciò dovesse accadere ci sono degli enzimi che utilizzano una delle due eliche
come stampo per correggere l’errore, ma lo stampo potrebbe essere errato ed in questo caso
insorgono delle mutazioni.
Ciclo cellulare
La vita delle cellule va incontro a
➔ mitosi: cellule somatiche
➔ meiosi: cellule che formano gameti (cellule riproduttive sessuali mature)
Fasi del ciclo cellulare: mitosi
Interfase
-fase G1: sintesi di proteine e altre molecole ma non DNA, accrescimento della cellula,
duplicazione organelli, la cellula segue il suo normale metabolismo
-fase S: si duplicano DNA e cromosomi, da questo punto la cellula va di sicuro incontro alla mitosi
-fase G2 : la cellula cresce e si prepara per la mitosi
-(fase G0: esiste solo nelle cellule che non si duplicano più, es. neuroni-arresto del ciclo cellulare)
Fase M
1.Mitosi
-Profase: il materiale cromosomico si condensa, inizia la formazione delle fibre del fuso, il
citoscheletro scompare, complesso del golgi e RE si frammentano, degradazione involucro
nucleare, cromosomi costituiti da 2 cromatidi fratelli uniti al livello del centromero
-Prometafase: i cromosomi iniziano a disperdersi lungo il fuso mitotico per potersi poi separare, i
microtubuli cromosomici si collegano al cinetocore dei cromosomi
-Metafase: i cromosomi sono disposti sulla linea equatoriale, connessi ad entrambi i poli del fuso
-Anafase: separazione dei cromosomi ai poli opposti della cellula.
-Telofase: in cui si formano di nuovo involucro nucleare, il complesso di golgi e il RE, e la cellula
inizia a dividersi.
2. Citocinesi: fase terminale in cui la cellula si divide definitivamente in due cellule figlie identiche
tra loro ed identiche alla cellula di partenza tramite vescicole che aumentano sempre più.
Il fuso mitotico è molto importante nel processo di divisione cellulare: permette la divisione equa
dei cromosomi nelle due cellule, grazie al centromero a cui si legano i microtubuli: all’inizio della
mitosi i centrioli iniziano a produrre nuovi microtubuli disperdendosi ai poli opposti della cellula
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mentre il nucleo si disgrega di modo che i cromosomi restino liberi di agganciarsi ad essi. Durante
l’interfase si ha la duplicazione dei centrioli, che all’inizio della mitosi iniziano a formare
nuovamente microtubuli che formano il fuso
Fasi del ciclo cellulare: meiosi
La meiosi porta alla formazione dei gameti (cellule riproduttive sessuali mature), si verifica
soltanto nelle cellule deputate alla riproduzione sessuata (linea germinale). Consiste in due
divisioni consecutive accompagnate da una sola riproduzione di DNA. I gameti che si verranno a
formare avranno corredo cromosomico dimezzato rispetto alla cellula madre, saranno aploidi (con
solo una copia di cromosoma), quando nella fecondazione si uniranno i due nuovi gameti
(maschile e femminile) si potrà ripristinare il corredo cromosomico diploide (cromosoma presente
in due copie dalla stessa forma e dimensione ciascuna proveniente da uno dei genitori).
Le fasi della meiosi sono le stesse della mitosi ma ripetute due volte con solo una divisione del
DNA. Quando i cromosomi sono appaiati avviene uno scambio di materiale genetico (anafase I):
crossing-over, meccanismo di ricombinazione genetica dal materiale proveniente dai due genitori
La seconda divisione non prevede più scambio di materiale genetico: da una cellula aploide
otterremo 4 cellule diploidi con corredo cromosomico diverso dalla cellula madre e in tutte e
diverso tra loro, questo da’ variabilità ai nuovi individui.
Nell’interfase la durata media è di 20/30 ore e si ha la duplicazione dell’DNA e il raddoppiamento
di ciascun cromosoma in due cromatidi.
Profase I: i cromosomi omologhi (diversi) si appaiano punto per punto e poi iniziano a condensare
Metafase I: le tetradi (4 cromosomi) si allineano sul piano equatoriale della cellula e restano unite
a livello dei chiasmi (i siti in cui è avvenuto il crossing-over).
Anafase I: i cromosomi omologhi si separano e migrano ai poli opposti della cellula. I cromatidi
fratelli restano uniti dai centromeri.
Telofase I solo un cromosoma di ogni coppia di omologhi raggiunge ciascun polo ed avviene la
citocinesi. Le cellule figlie saranno diverse (avvenuto scambio di materiale genetico)
Profase II: i cromosomi si condensano nuovamente ma il DNA non si replica, ci sarà solo
separazione dei cromatidi in due cellule diverse.
Metafase II: i cromosomi si allineano lungo il piano equatoriale.
Anafase II: i cromatidi migrano verso i poli opposti della cellula separandosi e dandoli a due cellule
aventi metà del correndo cromosomico.
Telofase II: si formano i nuclei ai poli e avviene la citocinesi: si ha 4 gameti (nelle piante 4 spore)
Gametogenesi
uomo: spermogenesi, punto di partenza sono gli spermatogoni, che si duplicano per mitosi e nel
momento in cui si avrà produzione di spermatozoi gli spermatogoni andranno incontro a meiosi,
avranno la prima e poi la seconda divisione meiotiche che porta alla formazione di 4 spermatozoi
con corredo cromosomico aploide ognuno diverso dall’altro
donna: oogenesi, mitosi degli oogoni e, al momento di formare le cellule uovo (oociti) avremo
meiosi dell’oogonio, da un oogonio si formerà solo una cellula-uovo, le altre 3 che si formeranno
sono corpi polari che andranno a degradarsi.
Sintesi proteica
è un processo di trascrizione e traduzione. Avviene in 2 passaggi fondamentali:
Trascrizione: consiste nella copia di una determinata sequenza di DNA (di un gene) ossia una
sequenza che codifica per una determinata proteina in RNA, attraverso la complementarietà delle
basi, all’adenina verrà appaiato uracile e citosina e guanina verranno appaiate tra loro. Tutto ciò
avviene grazie alla RNA polimerasi, in grado di svolgere parzialmente la doppia elica di DNA e di
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sintetizzare una copia di DNA in RNA, vari passaggi: inizio, allungamento e termine, sempre
andando da 3’ a 5’.
I. inizio: RNA polimerasi si lega a delle sequenze specifiche presenti nel DNA;
II. allungamento: RNA polimerasi prosegue la sintesi di RNA messaggero;
III. termine: RNA polimerasi incontra dei segnali che fanno in modo che la trascrizione si fermi.
Durante la trascrizione vi è l’aggiunta del cap, un cappuccio all’estremità 5’ dell’mRNA nascente
che avviene mentre ancora RNA polimerasi sta sintetizzando: vengono aggiunte delle metilguanosine che chiuderanno l’estremità 5’ così non viene degradato da esonucleasi presenti nella
cellula. Al termine della trascrizione anche nell’estremità 3’ verranno aggiunte una serie di
adenine formando la coda di poli A: circa 2300 adenine, per evitare l’attacco di esonucleasi che
degradano l’RNA partendo da 3’, quindi lo attaccano senza riuscire a ledere la parte codificante.
Traduzione
RNA messaggero si sposta nel citoplasma passando per i pori nucleari e si posiziona sui ribosomi
dove interviene il tRNA a portare gli aa corrispondenti ad una determinata tripletta di nucleotidi
presente sull’mRNA
Ribosomi: organelli presenti in tutte le cellule ove avviene la sintesi proteica, costituiti da due
subunità, una maggiore (60S) e una minore (40S), complessivamente un ribosoma
è definito come 80S ed è composto da RNA ribosomale (l’80% di tutto quello presente nelle
cellule) e proteine (S=Sveberg: il deposito a seguito di centrifuga della cellula, in laboratorio).
Il ribosoma si unisce con mRNA al momento della traduzione che avviene grazie all’tRNA
localizzato nel citoplasma, costituito da una catena polinucleotidica ripiegata a forma di trifoglio.
Su una delle sue estremità porta con se l’aminoacido. La traduzione richiede ATP, idrolizzata ad
AMP+2 gruppi fosfato e viene ad opera dell’aminoacil-tRNA sintetasi. Anche qui abbiamo fase di
inizio, allungamento e termine:
Inizio: RNA messaggero si unisce alla subunità minore del ribosoma grazie a sequenze di
riconoscimento e fattori di inizio presenti su di essa che faranno in modo che assuma la corretta
posizione, quindi giungerà il tRNA che si legherà al codone (cioè all’aminoacido da portare) e uno
dei fattori di inizio verrà rilasciato. Quando la subunità maggiore si lega alla minore saranno
rilasciati gli altri fattori di inizio.
Allungamento: consiste in un susseguirsi di tRNA che man mano riconoscono le sequenze
dell’mRNA portando l’aminoacido corrispondente alla tripletta. Gli aminoacidi portati si legano tra
loro tramite legami peptidici. Intanto il ribosoma si sposta lungo l’mRNA sino a che non arriva il
segnale di interruzione.
Terminazione: ci sono triplette specifiche a cui non corrispondono aa e quando il ribosoma ne
incontra una arriva un fattore di rilascio che si lega all’mRNA permettendogli di dissociarsi
dal ribosoma. La catena peptidica viene rilasciata: origine della nuova proteina. La subunità
maggiore e la minore si separano facendo uscire il mRNA e rilasciando il fattore di rilascio: mRNA
viene degradato dagli esonucleasi.
Riassumendo:
1) un mRNA viene trascritto dal DNA
2) mRNA si sposta dal nucleo ai ribosomi
3) ai ribosomi giunge l’mRNA, con la sua sequenza di nucleotidi: precise triplette (codoni)
4) giungono gli tRNA con gli anticodoni, corrispondenti alle triplette dell’mRNA e si allineano uno
di seguito all’altro
5) all’altra estremità degli tRNA di si vengono a trovare allineati, nell’esatto ordine, gli aminoacidi
corrispondenti, che vengono poi legati tra loro nella sequenza precisa per costituire la proteina “X”
richiesta dalla cellula.
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Proprietà del codice genetico
Degenerato: più codoni (triplette) possono codificare lo stesso aa
Univoco: ogni codone è però specifico per un solo aa e non per un altro
Universale: tutti gli organismi vivente hanno lo stesso codice genetico
(eccezioni sono i mitocondri, i funghi e i protisti) Il codice genetico è composto da 4 basi che si
possono combinare in 64 modi diversi a seconda dell’ordine. Per ogni tripletta ci sono aa
corrispondenti. La metionina è la tripletta di inizio della tradizione e ci sono 3 codoni di stop a cui
non corrisponde alcun aa: fanno subentrare il fattore di rilascio che termina la traduzione
Regolazione dell’espressione genetica
Negativa: possono essere inducibili o repremibili.
Es. inducibile: operone LAC: nei batteri l’operone LAC è una sequenza che, qualora nella cellula
procariote vi fosse lattosio da idrolizzare, questo si lega al repressore rendendolo inattivo
inducendo la trascrizione dei geni che codificano per gli enzimi che idrolizzano il lattosio.
Es. repremibile: operone TRP: nei batteri sequenza di DNA per gli enzimi che sintetizzano il
triptofano: quando questa sostanza è presente nella cellula ed è stato già abbastanza sintetizzato,
si lega al repressore, attivandolo, bloccando la sintesi degli enzimi che sintetizzano il triptofano.
Positiva: avviene quando lo status di base della trascrizione è spento e viene stimolato da una
proteina che arriva la trascrizione all’occorrenza. Ad esempio gli estrogeni, quando arrivano alla
cellula bersaglio, nel nucleo, dove sono presenti recettori specifici a cui si legano. Questo
complesso formatosi attiva la trascrizione di determinati geni che codificano per determinate
proteine che rispondono a quel comando.
I livelli di regolazione dell’espressione genetica: negli eucarioti ci sono 4 livelli di regolazione:
1. trascrizionale
2. post-trascrizionale (interviene a livello di maturazione di RNA trascritto)
3. traduzionale (interagisce con ribosomi o altri che trascrivono)
4. post-traduzionale
Genetica Mendeliana
Mendel, monaco vissuto nell’800, fondò l’attuale genetica tramite studi sulle piante di pisello,
sulla quale sono presenti genitali sia maschili che femminili. Uno dei primi esperimenti prevedeva
l’uso di piante di pisello alte e nane, entrambe di linea pura (linee parentali), incrociandole tra
loro. La prima generazione (F1) era caratterizzata dall’avere dato tutte piante alte, poi prese le alte
della F1 incrociandole tra loro ed ottenne così 3/4 di piante alte e 1⁄4 di piante nane. Il carattere
nano scompariva nella prima progenie dell’incrocio per ricomparire con frequenza di 1⁄4 nella
seconda progenie.
I legge di Mendel (della Dominanza): per ogni carattere considerato nella F1 compariva solo uno
dei due caratteri e mai l’altro. Il carattere che scompariva si ritrovava con la frequenza del 25%
nella seconda generazione filiare. Il carattere della prima generazione è detto dominante, l’altro
recessivo, che rimane latente nella pianta. Questo accade perché nella F1 sono presenti entrambi i
caratteri dei genitori, ma essendo l’altezza carattere dominante sul nano possiamo vedere solo il
dominante. Se guardiamo questa legge a livello di genotipo (=La costituzione genetica di un
organismo o di un gruppo di individui, corrispondente all'insieme degli alleli presenti per ogni
gene, che presiede all'espressione dei caratteri somatici):
• ciascun genitore omozigote (ognuno dei due o più alleli dello stesso gene che codificano in
maniera identica) produce un tipo di geni
• gli eterozigoti (alleli che codificano diversamente per un dato gene) producono due tipi di gameti
in uguale porzione
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• gli eterozigoti F1 autofecondati producono progenie nana in rapporto 3:1 perché i gameti
contengono metà del carattere alto e metà del nano, a livello di fenotipo (insieme delle
caratteristiche visibili dell’organismo) nei 3⁄4 vediamo quello dominante e nel restante 1⁄4 il
recessivo
II legge di Mendel (legge della Segregazione): qui Mendel fa’ delle ipotesi.
Prima ipotesi= le piante adulte contengono una coppia di geni che determinano l’eredità di
ciascun carattere (allele)
Seconda ipotesi= se la coppia di geni presente in un certo individuo è costituita da due alleli
diversi, uno dei due è dominante sull’altro
Terza ipotesi= gli alleli di una coppia che determinano un carattere si separano al momento della
formazione dei gameti: metà contiene un allele e l’altra metà contiene l’altro
Mendel condusse altri esperimenti sui semi dei piselli: uno giallo liscio e uno verde rugoso.
L’incrocio di queste specie viene in F1 con semi tutti gialli e lisci quindi questo è il carattere
dominante. Autofecondando il seme ottenuto in F1 ha ottenuto in F2 16 piante di cui:
• 9 gialli-lisci
• 3 verde liscio
• 3 verde-rugoso
• 1 verde-liscio
queste caratteristiche erano presenti con frequenza: III legge di Mendel.
dominanza incompleta: es. esperimento del colore del fiore delle due piante, incrociando il fiore
rosso con quello bianco otteneva fiori rosa nonostante la pianta coi fiori rossi fosse quella con i
geni dominanti, dominanza che non va ad intaccare tutti gli aspetti.
codominanza: quando entrambi gli alleli si esprimono ugualmente, es. è il gruppo sanguinio:
individui con gruppo sanguinio A esprimono l’allele che determina l’espressione dell’antigene A sul
globulo rosso, individui con gruppo B esprimono l’antigene B sul globulo rosso. Individui con
gruppo AB esprimono entrambi gli antigeni, sia A che B, mentre individui con gruppo 0 non
esprimono alcun allele antigene
A= presentano nel plasma gli anticorpi contro l’antigene B (glutinina B)
B= presentano nel plasma anticorpi contro l’antigene A (glutinina A)
AB= non presentano nessuna glutinina
0= hanno entrambi gli anticorpi
C’è codominanza quando da A e B si arriva ad AB (genitore A + genitore B= figlio AB). L’allele A e il
B sono dominanti sul gruppo 0.
Epistasi: fenomeno per cui l’espressione di un gene dipende dall’effetto di un altro gene o
interazione genetica. Quando avviene, due geni diversi interagiscono tra loro. Uno o più alleli di un
gene inibiscono l’effetto di alleli di un altro gene, un gene epistatico è quello che maschera
l’espressione di un altro gene. Un gene ipostatico è quello che viene mascherato.
Es: il colore del pelo del labrador. Questo cane ha un gene che codifica per un enzima che produce
melanina e questo ha un allele dominante “B” che da’ pelo nero. Quindi cani BB o Bb
presenteranno pelo nero. Il carattere recessivo “b” da’ il colore del pelo marrone. Un altro gene
però controlla la deposizione di pigmento di melanina nel pelo e anche questo è un gene
dominante “E” e ha il suo recessivo “e”. Quindi individui che hanno E avranno pelo nero se hanno
anche B. Pelo marrone se hanno “b”. Ma quando ci sono cani che hanno l’allele recessivo “e”,
indipendentemente dal fatto che abbiano genotipo BB o bb o eterozigote Bb saranno tutti
omozigoti recessivi per “e” ed avranno pelo giallo, perché il pigmento di melanina non si deposita,
il gene della deposizione è epistatico sul gene della produzione di melanina che è ipostatico.
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Cariotipo: è l’assetto cromosomico tipico di ogni specie. I cromosomi visibili in fase di divisione
mitotica si possono isolare e colorare per essere ordinati: nell’uomo ci sono 23 coppie di
cromosomi di cui le prime 22 sono detti autosomi, mentre la 23esima è quella dei cromosomi
sessuali X ed Y. Nella femmina ci sono due cromosomi X mentre nel maschio un X e un Y. Possiamo
marchiare i cromosomi in altro modo e la differenza di questa diversa colorazione ci può indicare
la presenza di alterazioni a livello di DNA dei cromosomi che possono essere causa di patologie.
Eredità autosomica dominante
quando abbiamo che il carattere si manifesta sia in omozigosi che in eterozigosi quindi in un
individuo infetto c’è il rischio di incorrenza del 50% di una determinata patologia, individui sani
non presentano il carattere né possono esserne portatori.
Eredità autosomica recessiva
quando abbiamo la manifestazione di una patologia solo in caso di omozigosi recessiva quindi
genitori sani ma portatori (quindi eterozigoti) possono avere le probabilità del 25% di avere figli
affetti da una determinata patologia. Più questa è rara e più è probabile che ci sia consanguinietà
tra i genitori.
Cromosomi sessuali X ed Y
nelle femmine il cariotipo presenta due cromosomi X mentre nell’uomo un X e un Y, questo
significa che al momento della fecondazione i gameti prodotti dalla femmina presenteranno solo
un cromosoma X mentre i gameti dell’uomo saranno per metà portatori di X e metà di Y dando
una possibilità del 50% di avere un figlio maschio o femmina a seconda del gene contenuto nello
spermatozoo che andrà a fecondare la cellula uovo. In base ai cromosomi sessuali abbiamo
l’ereditarietà legata al sesso ossia legata a patologie che sono presenti sul cromosoma X. Possiamo
avere femmine portatrici o maschi affetti dalla patologia, ad esempio l’emofilia: accade che le
donne sono solo portatrici mentre nei maschi si può manifestare la patologia questo proprio
perché la donna ha due X quindi quello dei due che è sano compensa l’altro. Nel maschio ciò non
avviene. Nella femmina, per evitare il sovradosaggio dovuto alla presenza di due X, durante lo
sviluppo, uno dei due cromosomi viene inattivato. Questo può portare a caratteristiche particolari
(es. gatto tre colori, solo per femmine, dovuto all’inattivazione del cromosoma).
Alterazioni cromosomiche
durante lo sviluppo il DNA può subire delle mutazioni che possono avvenire a livello di cromosomi,
di genoma o di singolo gene. Sono alterazioni di vario tipo:
Delezioni: viene persa una parte del cromosoma, può portare a conseguenze gravi se la parte che
si perde contiene geni essenziali per lo sviluppo di funzioni cellulari;
Duplicazioni: viene ripetuta una parte del cromosoma, un segmento si stacca e si inserisce nel suo
omologo nel quale gli alleli inseriti si sommano a quelli già presenti;
Traslocazione reciproca: scambio di parti di cromosomi tra non omologhi, un segmento si stacca
da un cromosoma e si inserisce su un altro cromosoma non omologo, così alcuni geni possono
trovarsi sotto promotori molto attivi (es, linfoma di burkitt, geni che controllano divisione
cellulare, porta al cancro)
Inversione: parte del cromosoma ruota di 180°, l’ordine dei geni è invertito, se la rottura avviene
all’interno di alcuni geni può portare alla perdita di questi
Non-disgiunzione meiotica: quando le cellule della linea germinale entrano in meiosi può accadere
che una coppia di cromosomi omologhi anziché separarsi equamente nelle due cellule figlie,
migrino da una sola parte della cellula. Se la non disgiunzione avviene nella prima meiosi avremo
formazioni di gameti con 50% con cromosoma in più e l’altra metà con cromosoma in meno. Se
invece la non disgiunzione avviene nella seconda meiosi avremo metà dei gameti sani perché
derivanti dalla cellula disgiunta regolarmente, e le altre due avranno una un cromosoma in più e
una con cromosoma in meno. La conseguenza della non disgiunzione porta alla aneuploidia: un
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gamete che ha un cromosoma in più o in meno e viene fecondato da un gamete sano porta alla
formazione di un cariotipo che avrà degli elementi in più o in meno rispetto alla norma. Un
classico esempio è la trisomia del cromosoma 21 che deriva da una non disgiunzione meiotica e
che porta un gamete ad avere 2 cromosomi 21 che quando verrà fecondato dall’altro gamete sano
si avrà la presenza di 3 cromosomi 21 (da qui il nome). Questo porta alla sindrome di Down.
Poliploidia: presenza di un assetto cromosomico multiplo, maggiore di 2 rispetto a quello standard
nella specie. Deriva da un malfunzionamento del fuso mitotico per cui i cromosomi duplicati
rimangono nelle cellule figlie ma restando tutti all’interno di un unico nucleo. Questo porta alla
formazione di gameti diploidi quindi alla fecondazione il corredo cromosomico sarà di 3N anziché
diploide. Nel caso degli animali questi non saranno vitali, mentre nell’uomo se arrivano alla nascita
non hanno più di un mese di vita. Succede l’1% delle volte.
Mutazioni puntiformi: avvengono a livello di un’unica base nel DNA: a seconda del tipo di
mutazione ha conseguenze diverse, ma dal momento che più triplette possono codificare per un
aminoacido, non è detta che abbiamo conseguenze ogni volta che ciò accade. Quando non accade
nulla si dice che sia “mutazione silente”
Mutazione missenso: il cambiamento di una singola base cambia un singolo aa all’interno della
proteina. Questo può non avere conseguenze se l’aa ha caratteristiche simili a quello che gli è
succeduto, ma se cambia molto, il DNA non codificherà per quella proteina.
Mutazione nonsenso: formazione di una tripletta-codone di stop che non codifica per alcun aa.
Frameshift: slitta la lettura dovuta alla delezione di una o due basi cioè anziché cominciare in un
blocco, avviene nel successivo. La proteina verrà troncata non essendo interpretabile, oppure può
spostare le altre basi dando origine ad altre proteine. Qui abbiamo mutazioni come l’anemia.
Mutazione falciforme: l’emoglobina si cambia di conformazione e la molecole sono più appiccicose
tendendo ad attaccarsi l’una alle altre da qui il nome.
Istologia: lo studio dei tessuti
L’istologia è lo studio dei tessuti, delle cellule specializzate a svolgere determinate mansioni. Il
tessuto esegue un numero limitato ma specifico di funzioni. Tessuti (4 classi):
Epiteliale: Riveste le superfici interne ed esterne del corpo, le vie di transito dei fluidi e costituisce
le ghiandole
Connettivo: Fornisce sostegno strutturale, riempie gli spazi tra gli organi, trasporta materiali e
immagazzina energia
Muscolare: Permette la contrazione dei muscoli scheletrici, viscerali e del cuore
Nervoso: Trasmette ed integra impulsi elettrici da una parte all’altra del corpo
Livelli di organizzazione dei tessuti
Livello molecolare: costituito da proteine e altre molecole, gli atomi si uniscono a formare
molecole sempre più complesse. La forma di una molecola determina la sua funzione (biologia
molecolare)
Livello cellulare: cellule specializzate dei diversi tessuti, le molecole si uniscono a formare organuli
con specifiche funzioni. Sono le componenti strutturali e funzionali delle cellule, le più piccole
unità viventi autonome del corpo (citologia)
Livello tissutale: quando gruppi di cellule specializzate, anche diverse tra loro, coopera per
svolgere una o più funzioni specifiche di un determinato tessuto (istologia)
Livello degli organi: studiato dalla anatomia macroscopica e microscopica. Gli organi sono
composti da due o più tipi di tessuti connessi per svolgere le loro funzioni. Organi costituiscono
apparati ed essi l’organismo
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I tessuti sono caratterizzati da differenziazione cellulare elevata: ciascuna cellula limita alcune sue
operazioni e ne amplifica altre. Nel corpo ci sono circa 200 tipi di cellule specializzate.
Tessuto epiteliale
Riveste tutte le superfici interne ed esterne dell’organismo e costituisce ghiandole:
• Epitelio di rivestimento
• Epitelio ghiandolare
-cellule molto vicine tra loro: quasi assenza di sostanza extracellulare
-polare, con organizzazione strutturale orientata
-cellule sono posizionate sulla lamina basale
-non è vascolarizzato, le cellule si nutrono attraverso le sostanze del liquido extracellulare
-innervazione totale e proliferazione totale: per garantire ricambio cellulare.
-cellule tessuto epiteliale: forma poliedrica ed entrano in rapporto da un lato con un lume o cavità
e dall’altro con un tessuto connettivo che si trova sotto la lamina basale.
-lamina basale: costituita da materiale amorfo extracellulare su cui aderiscono le cellule mediante
giunzioni cellulare apposite (emidesmosomi)
Funzioni
•protezione fisica: rivestimento contro abrasioni, essiccamento, distruzione da agenti lesivi (es.
ulcera) grazie al fatto che è composto da più strati di cellule;
•permeabilità ed assorbimento: di acqua, ioni, sostanze selezionate, gas costituiti da un unico
strato di cellule
•secrezione: epitelio ghiandolare: produce sostanze (dette secreti) scaricate all’esterno dalle
cellule epiteliali secernenti
Classificazione
In base della forma della cellula: piatta, cubica o cilindrica e/o in base al numero di strati di cellule
che il tessuto possiede.
Epitelio pavimentoso semplice: monostratificato (alveoli polmonari, endotelio del cuore,
mesotelio di cavità pleuriche ed addominali), cellule piatte disposte in un unico strato sulla lamina
basale
Epitelio cubico semplice: monostratificato (intestino tenue, ghiandole, dotti escretori delle
ghiandole), un unico strato di cellule con forma di cubo
Epitelio cilindrico semplice: monostratificato, forma delle cellule a cilindro e possono avere
microvilli (aumentano la superficie di apprendimento), riveste la maggior parte del tubo digerente
Epitelio pseudo stratificato: unico strato di cellule oblunghe i cui nuclei non sono allineati ma
disposti su livelli diversi e al microscopio possono sembrare più strati di cellule, anche se partono
tutte dalla lamina basale (trachea)
Epitelio di transizione: (tipico dell’urotelio), si può presentare in forma rilassata o distesa;
composto da cellule cubiche pluristratificate sotto e, le più superficiali, sono dette “a ombrello” o
“cupoliformi”. Sotto tensione si appiattiscono
Epitelio pavimentoso stratificato: nello strato più esterno della pelle (necessario continuo ricambio
di cellule), è cheratinizzato o non cheratinizzato. Le cellule degli strati esterni si riempiono via via
di cheratina che dona loro maggior forza. È il caso dell’epidermide (cellule=cheratinociti), poiché
producono cheratina, al loro interno il citoplasma si riempe di filamenti di cheratina sino a che la
cellula stessa non giunge alla morte diventando una lamella, una squama, dell’ultimo strato della
pelle. Le cellule morte vengono poi sostituite da altre e il processo si ripete, si riproducono
costantemente poiché ricevono stimoli attivatori dalla matrice connettiva sottostante
Epitelio cubico stratificato: riveste i dotti delle ghiandole sudorifere, cellule cubiche in più strati
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Epitelio cilindrico stratificato: riveste la ghiandola mammaria e la laringe con vari strati di cellule
cilindriche
Specializzazioni della membrana plasmatica epiteliale per aumentare la sua funzionalità:
-microvilli (estroflessioni del citoplasma): hanno filamenti di actina al loro interno e hanno
funzione di assorbimento
-ciglia vibratili: presenti nelle vie aeree e nei genitali, servono per facilitare lo spostamento di
sostanze di grandi dimensioni (es. ovuli)
-estereociglia: presenti nell’orecchio, vibrano in conseguenza alle onde sonore (ricche di actina)
-lamina basale: consente alle cellule epiteliali di aderire al tessuto connettivo circostante, grazie
agli emodesmosomi (giunzioni cellulari)
Epitelio ghiandolare: produce (secrezione) sostanze che vengono espulse dalle cellule (secreto)
organizzate in strutture più o meno complesse (ghiandole esocrine o endocrine)
Ghiandole esocrine: unicellulari (es. mucifere), producono muco (es. nel tratto digerente,
produzione di muco per proteggere l’epitelio dalle sostanze che transitano nel tubo digerente)
Possono essere classificate in base al tipo di secreto:
• Sierose: soluzione acquosa (es. saliva)
• mucose: secreto formato da mucina (muco)
• miste: una via di mezzo, produce secreti acquosi e/o densi.
Altre classificazioni:
-forma della ghiandola (tubulare, ad acino o alveolare) caratteristica che può essere incrociata con
la forma del suo dotto (semplice, ramificato, composto)
-in base alla modalità di secrezione:
• merocrine: secrezione attraverso vescicole senza danni al citoplasma (muco, succhi gastrici)
• apocrine: secrezione con perdita di parte del citoplasma (latte)
• olocrine: secrezione con distruzione completa della cellula (sebo)
Ghiandole endocrine: riversano i loro secreti (ormoni) nel liquido interstiziale o nel sangue,
assenza dotti, la cellula-bersaglio può trovarsi lontano dalla ghiandola endocrina, possiede un
recettore in grado di legarsi allo specifico ormone rilasciato, struttura follicolare, a cordoni o a nidi
Gli ormoni prodotti possono essere di tipo peptidico o steroideo:
• Ormone peptidico: l’ormone si lega ad un recettore presente sulla membrana plasmatica della
cellula-bersaglio e il legame che ne consegue scatena una risposta dall’interno della cellula
(trasduzione del segnale): una determinata azione (es. glicogeno viene trasformato in glucosio)
• Ormone steroideo: l’ormone passa attraverso la membrana plasmatica della cellula-bersaglio e
all’interno trova il suo recettore con cui arriva sino all’interno del nucleo dove può legarsi ad un
gene specifico attivando o inibendo la trascrizione di un RNA messaggero con conseguente
attivazione o inibizione della sintesi di una determinata proteina.
Tessuto connettivo
I tessuti che connettono tra loro tutti gli organi, gli apparati e i tessuti, sono di aspetto e
costituzione diversa tra loro e distribuiti in tutto il corpo, non vengono mai a contatto con
l’esterno. Svolgono diverse funzioni correlate alla connessione strutturale dell’organismo.
Classificazione
•tessuto connettivo propriamente detto: tessuto connettivo fibroso lasso e denso, tessuto
connettivo elastico, tessuto connettivo reticolare, tessuto connettivo adiposo
• tessuto connettivo di sostegno: tessuto cartilagineo, tessuto osseo
• tessuto emolinfopoietico: il sangue, che ha funzione di nutrimento
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Tutti questi si interpongono tra tessuti diversi connettendoli tra loro e sono costituiti da cellule
diverse a seconda del tipo di tessuto e da una matrice extracellulare
La matrice extracellulare: costituita da una componente fibrillare e da una sostanza amorfa,
(sostanza fondamentale)
sostanza fondamentale: composta da enzimi, glicoproteine e proteoglicani
componente fibrillare: costituita da fibre (collagene, reticolari, elastiche)
Proteoglicani: molecole costituite da un asse proteico principale sul quale si inseriscono catene
lineari di zuccheri (es. acido ialuronico); funzione: formare una superficie gelatinosa che richiami e
trattenga acqua promuovendo la coesione cellulare.
Glicoproteine: costituite da una molecola proteica sulla quale si inseriscono catene ramificate di
glicidi, funzione di raccordo tra le molecole della matrice extracellulare e le cellule in esse presenti.
Nel tessuto connettivo ci sono tre tipo di fibre:
➔ fibre collagene: alta resistenza, tipiche del tessuto muscolare;
➔ fibre reticolari: (a reticolo), compongono un’impalcatura ramificata, resistente e flessibile.
Sono tipiche delle grosse ghiandole;
➔ fibre elastiche: composte da una parte centrale a cui si avvolge una rete di fibre esterne,
costituite da elastina, sono ondulate e ramificate e riescono a tornare alla loro lunghezza
iniziale a seguito dello stiramento
Le cellule del tessuto connettivo sono molto diverse tra loro, ma derivano tutte da una cellula
mesenchimale da cui, a seconda del tipo di tessuto, derivano le altre cellule
Fibroblasti: producono acido ialuronico e proteine che formano proteoglicani e subunità proteiche
che andranno a formare le fibre extracellulari, funzione: produrre la componente fibrillare del
tessuto connettivo. Dopo aver svolto la loro funzione restano imprigionate nella matrice
diventando fibrociti: non si dividono più ma continuano la produzione di sostanze
Mastociti: cooperano con i fibroblasti per il mantenimento di caratteristiche fisico-chimiche della
matrice extracellulare. Partecipano ai meccanismi di difesa rilasciando eparina, un anticoagulante
e istamina, un vasodilatatore.
Macrofagi: capacità fagocitiche per eliminare i patogeni, sostanze estranee o residui cellulari. La
superficie della cellula presenta molte estroflessioni e pieghe derivanti dai monociti (globuli
bianchi più grandi) che, andando incontro a molte maturazioni, portano ad un aumento del
citoplasma tanto abbondante che la membrana plasmatica è costretta a prolungarsi per fissare la
cellula al substrato. Sono in grado di migrare nel tessuto connettivo e di fagocitare vari materiali
come batteri, cellule morte o detriti cellulari.
Adipociti: cellule voluminose con citoplasma occupato principalmente da un’unica goccia lipidica.
funzione di riserva energetica, sono presenti nel tessuto connettivo fibrillare lasso e costituiscono
il tessuto adiposo.
Linfociti, plasma cellulare, granulociti: cellule principalmente presenti nel sangue. Tutte sono dei
globuli bianchi e derivano da una cellula staminale presente nel midollo osseo che, a seconda di
come si differenzia, può darci linfociti e plasma cellulare, o monociti macrofagi e osteoblasti, o
megacariociti (da cui derivano le piastrine), o mastociti e granulociti.
Caratteristiche del tessuto connettivo:
-cellularità discreta o totale con presenza di matrice extracellulare ed è costituito da fibre e da
sostanza fondamentale
-non è polare e le cellule non poggiano su membrana basale
-vascolarizzazione assente o totale
-innervazione è totale e proliferazione stabile
Funzioni
• costituisce l’impalcatura strutturale del corpo;
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• trasporta fluidi e sostanze in essa disciolti;
• protegge organi ed apparati;
• sostiene e collega tessuti, organi e apparati;
• immagazzina riserve energetiche;
• difende l’organismo da sostanze o agenti estranei.
Tessuto connettivo propriamente detto
Vi sono diversi tipi che differiscono tra loro in base alla proporzione variabile tra un tipo e l’altro di
cellule, fibre e sostanza fondamentale: Tessuto connettivo fibroso lasso, tessuto connettivo
fibroso denso, tessuto elastico, tessuto reticolare, tessuto adiposo
Tessuto connettivo fibroso lasso
costituisce il tessuto di “imballaggio” del corpo. Prevale sostanza fondamentale. Le cellule sono
scarse (fibroblasti, macrofagi, adipociti), scarse fibre collagene, frequenti fibre elastiche,
vascolarizzazione marcata ed è presente innervazione, ha la funzione di:
• proteggere da traumi organi e apparati;
• supporto per l’epitelio del tratto gastroenterico, respiratorio e urinario;
• garantisce ancoraggio e vascolarizzazione al tessuto epiteliale;
• sostegno e protezione attorno alcuni organi (es.reni)
• penetrando negli organi, costituisce l’ambiente in cui decorrono i flussi sanguini;
• interviene nei processi di riparazione dei danni tessutali producendo fibre che portano alla
formazione di un tessuto cicatriziale.
Tessuto connettivo fibroso denso
detto anche collageno, costituito da fibre collagene che sono orientate in modo parallelo
(formando il tessuto denso regolare) o ad intreccio (formando il tessuto denso irregolare). Le
cellule presenti sono fibrociti, sostanza fondamentale e vascolarizzazione scarsa, presente
innervazione, altamente resistente alle sollecitazioni (tendini e nelle fasce muscolari)
✔ Tessuto denso regolare (a fasci paralleli): le fibre di collagene sono strette e parallele tra loro.
Scarsa componente amorfa, scarsa componente cellulare (fibrociti), disposti in file regolari tra i
fasci di fibre (tendini)
✔ Tessuto denso irregolare (a fasci incrociati): lamelle sovrapposte in cui le fibre sono parallele e
si incrociano con angoli diversi (derma), funzioni:
• fornire ancoraggio per altri tessuti;
• trasmettere contrazione muscolare;
• stabilizzare posizione delle ossa;
• ridurre attrito tra i muscoli;
• capacità di resistenza a forze applicate in molte direzioni.
Tessuto elastico
tessuto connettivo denso, regolare, composto da fibre elastiche fortemente estensibili in grado di
tornare alle dimensioni originali a seguito della tensione, funzione:
• garantire stabilità;
• ammortamento traumi;
• rende possibile l’espansione e la contrazione degli organi come ad esempio le arterie.
Tessuto reticolare
costituito principalmente da fibre reticolari. Scarsa presenza cellulare (fibroblasti e macrofagi),
scarsa innervazione e vascolarizzazione. Ha funzione di sostegno organi ghiandolari (fegato, reni) e
non (milza, linfonodi)
Tessuto adiposo
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costituito da cellule adipociti cariche di lipidi, sostanza fondamentale scarsa, anche le fibre (tipo
reticolare). Vascolarizzazione e innervazione moderata. Ha metabolismo cellulare marcato con
continua scissione e sintesi dei lipidi. Ha funzione di:
• riserva materiali energetici (funzione trofica), evitare dispersione di calore (coibente)
• protezione meccanica e di sostegno;
• il 50% (il tessuto adiposo di copertura) è sottocutaneo e ha funzione coibente e meccanica;
• il 45% (tessuto adiposo interno) si trova nell’addome;
• il 5% è grasso di infiltrazione e si trova nel tessuto muscolare con lo scopo di agevolare la
funzione biomeccanica dei muscoli. Si può suddividere in:
✔ tessuto adiposo di deposito: varia in relazione allo stato di nutrizione dell’organismo.
✔ tessuto adiposo di sostegno: non soggetto a variazioni quantitative (pianta del piede, palmo
delle mani)
✔ tessuto adiposo uniloculare: presente nell’uomo adulto e nei mammiferi. È costituito da
cellule a contatto stretto tra loro con scarsa matrice extracellulare. Gli adipociti sono molto
voluminosi con una grossa goccia lipidica (cellula quasi interamente bianca). Attorno alla cellula
c’è un involucro glicoproteico e delle fibre reticolari disperse in scarsa componente amorfa. I lipidi
all’interno degli adipociti sono di riserva, vengono usati per produrre energia da altri distretti del
corpo ed altrettanti lipidi vengono ridepositati all’interno della cellula con continuo ricambio.
✔ tessuto adiposo multiloculare (o bruno): frequente nei bambini, nei piccoli mammiferi e negli
animali in letargo. Le cellule sono più piccole rispetto all’uniloculare e i lipidi sono
presenti all’interno di esse in tante micro gocce disperse in tutto il citoplasma. Presenza di
numerosi mitocondri. Sulla membrana mitocondriale interna è presente la termogenina, proteina
transmembrana che funge da canale per i protoni: dal loro movimento si genera calore ceduto poi
al sangue che circola nella rete vascolare del tessuto. È un metabolismo molto attivo con continuo
scambio tra tessuti di riserve/bisogni energetici. È coinvolto nei processi metabolici come
appetito, fertilità, difesa immunitaria. Mantiene costante il numero di cellule ma può variare il
contenuto di lipidi di ognuna di esse.
Tessuto connettivo: il tessuto cartilagineo
Fornisce un’impalcatura resistente per le formazioni muscolari, per assicurare pervietà (idonietà di
un condotto al passaggio di gas o fluidi) di alcuni organi cavi come laringe e trachea, per la
protezione di visceri e per sostegno di tutto l’organismo (tessuto cartilagineo e tessuto osseo)
Il cartilagineo è il primo scheletro primitivo che si forma nell’embrione e alla nascita viene
sostituito da quello osseo.
Cartilagine metafisaria: presente nelle ossa lunghe per tutto il periodo di accrescimento.
In fase adulta rimangono: cartilagini articolari, intercostali, nasali, laringee, tracheali, bronchiali,
auricolare, anello fibroso (dischi intervertebrali).
Le cellule del tessuto cartilagineo
sono i condrociti e si differenziano da una cellula mesenchimale da cui si originano prima le
condroprogenitrici che danno origine ai condroblasti che si differenziano in condrociti: questi sono
presenti in piccoli gruppi di 2/4 cellule (gruppi isogeni) nella sostanza fondamentale all’interno di
cavità (lacune). Il tessuto cartilagineo è costituito da sostanza fondamentale (gel compatto) che
contiene derivati polisaccaridici (condroitinsolfati) complessati con proteine a formare
proteoglicani. La matrice cartilaginea è composta da proteoglicani, fibre collagene ed acido
ialuronico: tutte cariche negativamente così da attirare e richiedere costantemente acqua.
Quando il tessuto viene sottoposto a carico, l’acqua si sposta e tali sostanze sono costrette le une
vicino alle altre, non appena smette la pressione, le sostanze negative si respingono e richiamano
nuovamente acqua, il tessuto riprende la sua conformazione di partenza.
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Funzioni
• sostegno rigido ma più flessibile delle ossa;
• riduzione attrito tra le superfici ossee articolari;
• resistenza alla compressione;
• limitare gli spostamenti reciproci di ossa vicine.
Tipi di tessuto cartilagineo: si differenziano per le fibre che lo compongono
✔ Cartilagine Ialina: fibre collagene immerse in sostanza fondamentale. Liscio, compone
cartilagini articolari e di sostegno delle vie respiratore. È traslucida e di colore biancoazzurro. La componente amorfa è ricca di glicoproteine e proteoglicani, la componente fibrillare è
costituita da collagene. I condrociti sono disposti in gruppi isogeni. Non è vascolarizzata.
Delimitata da tessuto connettivo fibroso. La componente cellulare della cartilagine ialina ha
aggregati di cellule mesenchimatiche che diventano rotondeggianti formando così centri di
condrificazione da cui si differenziano in cloroblasti che producono matrice cartilaginea
(proteoglicani e collagene) che mettendosi tra i condroblasti ne determinano l’allontanamento. Le
cellule restano così imprigionate all’interno di queste lacune presenti nella matrice ed in questo
modo si differenziano in condrociti ossia cellule quiescenti che possono dividersi formando i
gruppi isogeni o cloni cellulari.
✔ Cartilagine articolare (sempre ialina): consente alle articolazioni di sopportare pressioni
meccaniche. È composta da uno strato tangenziale con cellule allungate, uno strato
intermedio con cellule rotondeggianti e da uno strato radiale con gruppi isogeni paralleli tra
loro e perpendicolari alla superficie.
✔ Cartilagine metafisaria: si trova tra ipifisi e diafisi delle ossa lunghe. Viene man mano sostituita
da tessuto osseo durante l’accrescimento.
✔ Cartilagine elastica: fibre elastiche. Leggero e flessibile. Compone padiglione auricolare ed
epiglottide laringea. Presenta molte fibre elastiche associate a fibre collagene. Le sue cellule
presentano un grosso vacuolo. I gruppi isogeni sono meno numerosi e con meno condrociti. Le
fibre elastiche formano una rete tridimensionale e sono più spesse e abbondanti nella porzione
centrale e più sottili nella regione periferica.
✔ Cartilagine fibrosa: numerose fibre collagene e scarsa sostanza fondamentale. Dure e resistenti,
compongono i dischi intervertebrali. Presenza abbondante di fibre collagene e scarsa componente
amorfa. Colore biancastro e somigliante ad un tessuto connettivo denso e regolare. Le cellule
rotondeggianti sono contenute in lacune in cui sono presenti proteoglicani. Le cellule sono isolate
e raramente raggruppate in gruppi isogeni disposti in file parallele.
Tessuto connettivo: il tessuto osseo
Funzioni
• fornisce impalcatura e supporto all’intero organismo;
• ha possibilità di traslazione di parti all’organismo attraverso un sistema di leve;
• permette il metabolismo di calcio e altri ioni;
• protegge organi e apparati;
• fornisce sostegno e protezione al tessuto emopoietico;
Caratteristiche
-matrice extracellulare costituita da una componente organica per il 33% (fibre collagene), da una
componente amorfa (glicoproteine, ostonectina e osteoclacina e GAG ossia condroitinsolfato,
cheratansolfato e acido ialuronico) e da una parte di componenti inorganici per il 67%: fosfato di
calcio, carbonato di calcio, floruro di calcio, fosfato di magnesio, ecc.
-la componente cellulare del tessuto osseo è costituita da:
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a) cellule progenitrici: danno origine agli osteoblasti. Hanno origine mesenchimale.
b) osteoblasti: producono la parte proteica della matrice. Stimolano la osteogenesi e danno
origine agli osteociti. Sono allineati sulla matrice in corso di deposizione e man mano che
gli osteoblasti vengono racchiusi in lacune si trasformano in osteociti
c) osteociti: situati in spazi ricavati tra le lamelle (lacune ossee). Mantengono e controllano
proteine e minerali, partecipando alla riparazione del tessuto osseo danneggiato. Hanno
prolungamenti ramificati che decorrono all’interno dei canalicoli. Comunicano tra loro tramite
giunzioni di tipo GAP;
d) osteoclasti: cellule che hanno attività fagocite, molto grandi, plurinucleari, derivate dai
macrofagi. Degradano la matrice ossea. Quando vengono attivati aderiscono alla matrice ossea
tramite estroflessioni. Grazie alla presenza di lisosomi all’interno di queste cellule si ha
demineralizzazione (eliminazione della sostanza organica proteica della matrice ossea ad opera dei
lisosomi per esocitosi).
Periostio ed endostio
sono tessuti che delimitano le ossa all’interno e all’esterno. Il periostio è un tessuto connettivo
fibrillare denso a fasci intrecciati, vascolarizzato al suo interno. Ha cellule con capacità
osteoformativa (crescita ossea per apposizione di nuovo tessuto). Dallo strato profondo si
dipartono robusti fasci di fibre (fibre perforanti di Sharpey) per l’ancoraggio del tessuto all’osso.
L’endostio riveste il canale midollare, molto vascolarizzato, sono presenti cellule osteogenetiche
ed ematopoietiche.
Classificazione
Il tessuto osseo può essere classificato in base all’organizzazione della matrice ossea:
*tessuto osseo non lamellare: matrice disposta a formare una massa compatta. Costituisce
l’osso primario dei mammiferi, suddiviso in:
*tessuto osseo non lamellare a fasci intrecciati: detto osso fibroso, presente nelle suture e nelle
inserzioni di tendini e legamenti. Le lacune ossee sono distribuite in modo irregolare così come
anche le fibre collagene. Sono presenti cavità contenenti vasi
*tessuto osseo non lamellare a fasci paralleli: detto pseudolamellare, presente solo
temporaneamente nella prima formazione delle ossa lunghe. Le fibre collagene sono disposte in
grossi fasci paralleli e le lacune ossee sono piccole ed orientate parallele alle fibre collagene.
*tessuto osseo lamellare: la matrice è suddivisa in strutture lamellari al cui interno sono scavate
lacune ossee contenenti osteociti e si suddivide in:
*tessuto osseo compatto: lamelle strettamente sovrapposte una all’altra in anelli concentrici detti
osteoni o in lamine parallele. Le lamelle ossee concentriche sono disposte attorno ad un canale
centrale detto canale di Havers dove sono situati i vasi nutritizi. Le lamelle presentano lacune
contenenti osteociti. L’osteone si trova nella diafasi delle ossa lunghe. Le lamelle concentriche si
dispongono attorno al canale di Havers in modo da avere sempre la più recente all’interno,
mentre quella più esterna è delimitata fa una linea frastagliata più mineralizzata detta linea
cementante. Tali lamelle sono aderenti tra loro e unite da una matrice molto mineralizzata, senza
spazi tra loro e con fibre collagene parallele. Le lacune ossee contenenti gli osteociti sono scavate
nello spessore delle lamelle e da ognuna di essa partono canali che mettono in comunicazione tra
loro le varie lamelle consentendo scambi metabolici;
*tessuto osseo spugnoso: lamelle disposte in modo da formare numerose cavità contenenti
midollo osseo, ossia tessuto emopoietico. Compone la parte interna delle ossa brevi e l’epifisi
delle ossa lunghe. Presenza di un trabecolato che dona all’osso un aspetto spugnoso e possiamo
trovarlo nelle cavità di midollo osseo, vasi e nervi.
Epifisi e Diafasi
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l’epifisi è l’estremità dell’osso, lì dove avvengono le giunzioni con altre ossa. La diafasi p invece la
parte compatta e lunga dell’osso, molto resistente alla compressione in senso longitudinale ma
con una forza laterale può facilmente rompersi. La parte compatta dell’osso è quella esterna,
mentre all’interno è più spugnoso.
Ossificazione
Diretta: detta anche ossificazione intermembranosa o mesenchimale, si forma direttamente da un
tessuto connettivo primario da cellule mesenchimali che si differenziano in osteoblasti che iniziano
a produrre matrice ossea. Parte da centri di ossificazione costituiti da cellule stellate sparse in
abbondante matrice extracellulare; le cellule mesenchimali si differenziano poi in osteoblasti che
secernono una matrice preossea detta osteoide. Gli osteoblasti si ordinano intorno all’osteoide in
file di singole cellule a formare un tessuto detto di disposizione epitelioide ed iniziano così a
produrre matrice ossea. Successivamente l’osteoide acquisisce sali minerali divenendo matrice
mineralizzata e calcificata generando la prima trabecola ossea. La crescita di essa avviene per
apposizione di ulteriore tessuto osteoide. Gli osteoblasti restano inclusi nelle lacune scavate nella
matrice ossea ed emettono prolungamenti all’interno dei canalicoli e si differenziano in osteociti.
Altre trabecole che derivano da centri di ossificazione vicini confluiscono tra loro.
Indiretta: detta anche ossificazione per sostituzione, si forma da una preesistente cartilagine che
viene gradualmente sostituita da tessuto osseo. Essa può a sua volta essere
• ossificazione indiretta pericondrale: l’osso si forma alla periferia dell’abbozzo cartilagineo e da lì
dipartono vasi in profondità. Da questi le cellule si differenziano in condroclasti che degradano
matrice cartilaginea;
• ossificazione indiretta endocondrale: l’osso si forma all’interno dell’abbozzo cartilagineo; prima
avviene la proliferazione dei condrociti che smettono di proliferare andando incontro
quindi a morte cellulare, poi avviene l’allargamento e la confluenza delle capsule cartilaginee con
la matrice ialina che calcifica per deposizione di sali di calcio, quindi si ha invasione di cellule
mesenchimali che si differenziano in osteoblasti con deposizione di tessuto osseo. Nel frattempo si
formano vasi sanguigni intorno ai margini della cartilagine, penetrando in essa. Le cellule
mesenchimali migrano proprio attraverso questi vasi sanguigni per poi differenziarsi in osteoblasti
che iniziano a produrre tessuto osseo spugnoso nel centro di ossificazione primario, ossia la
diafasi. La formazione dell’osso si estendo di seguito verso le estremità dell’osso. Man mano che
questo cresce si ha il rimodellamento dello stesso ad opera di osteoclasti che formano la cavità
midollare. Di seguito capillari ed osteoblasti migrano nell’epifisi formando un centro di
ossificazione secondario.
Riparazione ossea: come viene riparata una frattura
1. frattura e sanguinamento all’interno dell’area con formazione di ematoma da frattura;
2. si forma un callo interno e una rete di osso spugnoso unisce le superfici interne. Un callo
esterno di cartilagine ed osso stabilizza i margini esterni;
3. la cartilagine del callo viene sostituita da osso e colonne di osso spugnoso uniscono le
estremità della frattura mentre frammenti di osso necrotico e parti di osso presenti vicino
alla frattura vengono rimossi;
4. un rigonfiamento segna la zona della frattura che successivamente verrà rimodellata e
rimarrà solo un lieve segno.
Tessuti connettivi liquidi: tessuto emolinfopoietico
è deputato alla produzione degli elementi figurati del sangue e della linfa (eritrociti, leucociti e
piastrine) tramite organi molto diversi tra loro per sede, struttura, derivazione embriologica e
proprietà funzionali. È il midollo osseo. Vengono definiti connettivi liquidi quei tessuti in cui le
cellule proprie del tessuto sono immerse in una matrice liquida.
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Il sangue: è un liquido vischioso di colore rosso con pH tra 7,3 e 7,4; compone il 7% del peso
corporeo ed è tra i 5 e i 6 litri in un uomo adulto. Composizione:
•matrice (o sostanza intercellulare) liquida: il plasma in cui sono disciolti acqua, proteine
(albumina, fibrinogeno, fattori della coagulazione, anticorpi), lipidi, glucosio, aminoacidi, ioni e
sostanze di rifiuto
•elementi figurati: globuli rossi (emazie o eritrociti) per il 99%, globuli bianchi (granulociti o
leucociti) e piastrine, la maggior parte di queste cellule viene prodotta dal tessuto
emolinfopoietico (midollo osseo sito all’interno del tessuto osseo spugnoso)
Funzioni:
-di trasporto: per O2 e CO2 (globuli rossi) e delle sostanze nutritive assorbite a livello intestinale o
prodotte dall’organismo, degli ormoni, degli anticorpi e degli enzimi, delle sostanze di rifiuto
-di regolazione della temperatura corporea, del pH, dell’equilibrio ionico (pressione osmotica) e di
quello idrico.
-di difesa contro tossine e patogeni
-di emostasi: la capacità di bloccare il flusso di sangue in caso di lesione di parti dei condotti in cui
il sangue stesso scorre (piastrine)
Il Plasma
• acqua: 92% • plasmaproteine: 7%
-albumina 60% delle proteine plasmatiche, viene sintetizzata dal fegato ed immessa nel sangue,
serve a mantenere la pressione osmotica del plasma e a trasportare piccole molecole quali calcio,
bilirubina, acidi grassi liberi, aminoacidi essenziali ed ormoni
-globuline 35% delle proteine plasmatiche, si distinguono in vari tipi:
-lipoproteine (trasporto di lipidi e vitamine liposolubili)
-protrombina (fattore di coagulazione)
-eritropoietina (ormone che stimola la proliferazione degli eritrociti)
-transferrina (per veicolare il ferro)
-immunoglobine (anticorpi)
-globuline (trasporto di ioni)
-fibrinogeno 5% delle proteine plasmatiche, è prodotto dal fegato, ruolo importante nel processo
di emostasi trasformandosi in fibrina
principalmente sono prodotte dal fegato o dalle plasmacellule e da ghiandole endocrine; queste
servono a regolare la pressione osmotica del sangue, a regolare il pH del sangue ed intervengono
nei meccanismi di emostasi, nell’immunità umorale e nel trasporto di varie molecole organiche ed
inorganiche; sono inoltre riserva di materiale proteico
• sostanze inorganiche: ioni, di sodio, cloro, calcio, potassio, iodio o bicarbonato;
• sostanze organiche: materiali nutritivi e residui del metabolismo cellulare.
Gli elementi figurati del sangue
Il midollo osseo: si trova nel tessuto osseo spugnoso, nella cavità midollare di esso e nella diafisi
ed epifisi delle ossa lunghe. Vi sono emocitoblasti che differenziandosi danno origine ai progenitori
degli elementi figurati del sangue: le cellule staminali mieloidi, differenziandosi, danno origine ai
globuli rossi e a diversi tipi di globuli bianchi. Le cellule staminali linfoidi, differenziandosi, danno
origine ai linfociti.
Globuli rossi – eritrociti – emazie: originati da una cellula staminale mieloide, privi di nucleo,
hanno la forma di disco biconcavo e contengono emoglobina, proteina che contiene ferro e
permette lo scambio di O2 e CO2. Hanno rapporto superficie/volume che permette scambio di tali
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gas e possono impilarsi con facilità per fluire lungo i capillari, anche i più piccoli, raggiungendo
tutte le cellule. Si riproducono tramite eritropoiesi (nel midollo osseo) che dipende da ormoni
(eritropoietina, tiroxina, androgeni, ormone somatotropo) e dalla presenza di alcuni aminoacidi,
ferro e vitamine (B6, B12 e acido folico).
Omeostasi (ciclo vitale) di eritrociti ed emoglobina: La circolazione sanguigna opera alla
veicolazione di gas tramite gli eritrociti prodotti dal midollo osseo, riversati nel circolo. Il midollo
osseo può costruire delle cellule grazie alle risorse che vengono recuperate dal metabolismo a
seguito di digestione (assorbimento delle sostanze ingerite coi cibi). Nella milza avviene la
demolizione dei globuli rossi con successivo riutilizzo nel fegato degli aa e del ferro che li
compongono e con smaltimento delle sostanze di rifiuto.
Gruppi sanguigni
La classificazione del sangue nei gruppi sanguigni A B 0 è dovuta alla presenza o assenza sulla
superficie del globulo rosso di antigeni specifici capaci di scatenare una risposta dal sistema
immunitario. Conseguentemente l’organismo possiede degli anticorpi (o agglutinine) anti-gruppo
Emoglobina
compone il 95% delle proteine intracellulari del globulo rosso. Il suo contenuto nel sangue intero è
di 14-18 gr (m) e 12-16 gr (f) per 100 ml di sangue. È un trasportatore di gas formato da 4 subunità
proteiche globulari in cui è presente il gruppo eme che lega uno ione ferro: ve ne sono 4, come gli
atomi di ferro che si legano in totale (ogni eme lega uno ione). Quando lega con l’O2 forma
ossiemoglobina e quando lega con CO2 forma carbossiemoglobina. Essa viene riciclata quando il
globulo rosso muore e la stessa cosa avviene per il ferro con cui lega.
Fattore RH
fa riferimento alla presenza nei globuli rossi di un altro antigene: fattore RH. La presenza o assenza
di esso determina due gruppi: Rh+ (presente) e Rh- (assente). Questo può determinare
incompatibilità materno-fetale alla seconda gravidanza (emostasi del neonato).
Piastrine o trombociti
elementi morfologici anucleati fondamentali per il processo di coagulazione del sangue. Si
formano nel midollo osseo a partire da megacariociti il cui citoplasma si suddivide in piccoli
frammenti circondati da membrana. Sopravvivono in circolo sino a 12 giorni. La loro formazione è
regolata da trombopoietina, interleuchina 6 e da fattori di crescita specifici.
Emostasi: processo
1-Fase vascolare
• lesione del vaso sanguigno
• contrazione delle fibre muscolari lisce del vaso per evitare perdita di sangue
• rilascio di sostanze chimiche ed ormoni locali
2-Fase piastrinica
• le piastrine aderiscono alle superfici esposte della parete del vaso, avviene la modificazione della
sua propria forma, si crea un tappo piastrinico
3-Fase coagulativa
• il fibrinogeno (proteina plasmatica solubile in acqua) si converte in fibrina (una rete che
tiene insieme globuli rossi e piastrine)
• i fattori rilasciati dalle piastrine e dalle cellule endoteliali interagiscono con i fattori della
coagulazione
• formazione del coagulo sanguigno.
Globuli bianchi – leucociti
cellule rotonde e nucleate localizzate nel tessuto connettivo propriamente detto o negli organi
linfoidi. Sono tra i 4mila e i 10mila per mm cubo di sangue (Leucopenia: <4mila per mm cubo
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Leucocitosi >10 mila per mm cubo), hanno movimento ameboide e migrano al di fuori del circolo
ematico per raggiungere i siti in cui vi sono batteri o detriti da eliminare (tramite fagocitosi)
Chemotassi: attivazione dei leucociti da parte di specifici stimoli chimici che li porta a spostarsi
Lisosomi o vescicole di secrezione: presenti nei granulociti che vanno a degradare materiale
estraneo
Globuli bianchi granulati: granulociti
sono leucociti polimorfonucleati: i nuclei presentano numerosi lobi. I granuli sono vescicole di
lisosomi che smaltiscono le sostanze. In base alla loro affinità per i coloranti si distinguono in 3 tipi:
• Neutrofili: 50/70%, difesa dell’organismo contro le infezioni con funzione fagocitaria. I granuli
sono lisosomi che contengono idrolasi e lisozima, enzimi specifici per la degradazione di batteri o
sostanze indesiderate. Agiscono come prima linea di difesa dell’organismo e si attivano per
chemotassi (migrazione direzionata da stimolo chimico). Fagocitano le sostanze uccidendo il
patogeno ingerito con secrezione degli enzimi lisosomali. Nel connettivo degenerano e vengono
degradati dai macrofagi
• Eosinofili: 2/4%, aumentano in presenza di affezioni allergiche e di parassitosi, in presenza di
fenomeni allergici e quando stimolati rilasciano il contenuto dei loro granuli mediante esocitosi.
Sono bersagli troppo grossi per essere fagocitati, ma hanno capacità fagocitiche verso
immunocomplessi e microrganismi. Anch’essi possono migrare per chemotassi;
• Basofili: 0,5/1%, intervengono nel processo infiammatorio. I granuli contengono eparina
(anticoagulante) e istamina (vasodilatatore). Hanno scarsa attività fagocita. Sono
coinvolti nello shock anafilattico: in seguito ad un’esposizione ad un antigene rilasciano istamina
che porta ad ipertensione, perdita di liquidi dai capillari, formazione di edemi, ipersecrezione
mucosa e broncocostrizione.
Globuli bianchi non granulari
• Monociti: 2/8%, insieme ai neutrofili costituiscono la prima linea di difesa dell’organismo, cellule
molto grandi con movimento ameboide e nello spazio tissutale si differenziano in macrofagi,
aventi attività fagocitaria nell’eliminazione dei detriti;
• Linfociti: 20/30%, prodotti nei linfonodi, nella milza ed in altre strutture linfatiche, presenti nel
circolo sanguigno e nei tessuti linfatici, si suddividono in tre classi di linfociti
T → immunità cellulomediata, dal midollo osseo raggiungono il timo
B → immunità umorale (mediata da plasmacellule e anticorpi)
NK → natural killer (sorveglianza immunitaria).
Tessuto linfatico
è un altro tessuto connettivo liquido che si suddivide in tre compartimenti:
1. comparto delle cellule staminali (midollo osseo)
2. organi linfatici primari (centrali) in cui i linfociti assumono la competenza (timo per i
linfociti T e midollo osseo per i linfociti B, borsa di Fabrizio per gli uccelli);
3. organi linfatici secondari o periferici in cui avviene l’incontro tra antigene e anticorpo: linfonodi,
milza e sistema linfatico delle mucose
Immunità innata ed acquisita
sono le prime barriere di protezione del corpo che agiscono con un sistema dei fagociti macrofagi
(neutrofili ed eosinofili) e con le cellule ad attività citotossica naturale (linfociti natural killer)
contro le cellule tumorali e cellule infettate da virus. Operano sino alle 12 ore di vita, dopo di che
si innesca l’immunità acquisita che opera ricordando, a seguito di una precedente esposizione, il
virus ed è detta memoria immunologica. I neutrofili operano tramite dei recettori presenti sulla
loro membrana che si adattano al batterio catturandolo, dopo di che questo viene assorbito per
endocitosi e fagocitato. Una volta all’interno del leucocita neutrofilo esso viene disfatto.
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Immunità umorale
è mediata dai linfociti B e dai loro prodotti di secrezione (anticorpi). Funge da difesa nei confronti
dei microbi extracellulari e dei loro prodotti: le tossine
Immunità cellulo-mediata
mediata dai linfociti T e dai loro prodotti di secrezione: le citochine. Funge da difesa contro
microbi intracellulari come virus e batteri che sopravvivono e proliferano all’interno dei fagociti e
altre cellule e che quindi sarebbero altrimenti inaccessibili ai comuni anticorpi circolanti. Gli
anticorpi riconoscono specificatamente gli antigeni microbici e ne neutralizzano l’infettività con
vari meccanismi. Gli anticorpi sono specifici per tutti gli agenti estranei che possiamo incontrare
nella vita ed interagiscono con le molecole estranee unendosi a loro. Questi verranno poi eliminati
da altre cellule macrofagiche.
Tessuto muscolare
è caratterizzato da cellule con capacità di contrarsi mediante microfilamenti di actina e miosina. Si
suddivide in tre tipologie:
➢ tessuto muscolare striato, o scheletrico: è volontario
➢ tessuto muscolare cardiaco, o miocardico: è involontario
➢ tessuto muscolare liscio, o viscerale: involontario.
Il meccanismo di contrazione è simile in tutti e tre i tipi di tessuto muscolare, ma le cellule
muscolari sono diverse nella loro organizzazione interna.
Caratteristiche
Eccitabilità: risponde alla stimolazione di nervi e ormoni con la contrazione.
Elasticità: se stirato ritorna alla sua lunghezza di riposo.
Contrattilità ed estensibilità: può accorciarsi od estendersi rispetto alla normale lunghezza di
riposo con produzione di forza.
Tessuto muscolare scheletrico striato volontario
ha cellule molto grandi e cilindriche: fibrocellule (fibre muscolari). Sono polinucleati (fusione di più
cellule) unite a formare un sincizio. Sono incapaci di dividersi e proliferare, tessuto costituito da
100 sino a 100000 cellule multinucleate allungate, unità contrattile: sarcomero, presenti cellule
quiescenti con capacità di rigenerare il tessuto danneggiato. Il tessuto ha delle arteriole (funzione
di trasportare ossigeno e nutrienti), capillari con pareti sottili che ne consentono la diffusione e
venule (trasportano il sangue refluo). È dotato di un sistema di membrane che permettono la
diffusione, all’interno della fibra, del potenziale d’azione che arriva sino al nervo motore. Il
sarcolemma è la membrana plasmatica della fibrocellula
Il sarcomero
è l’unità contrattile più piccola presente nel tessuto muscolare, composta da filamenti sottili di
actina e filamenti spessi di miosina. Esso è delimitato alle due estremità da due linee Z da cui
dipartono filamenti sottili di actina da cui si sovrappongono parzialmente filamenti spessi di
miosina. Al centro del sarcomero c’è la linea M dove i filamenti spessi dipartono a sinistra e a
destra in direzioni opposte, rivolte verso i filamenti di actina a cui si legheranno al momento della
contrazione. I filamenti sottili sono costituiti da actina, una proteina filamentosa costituita da due
catene di 300-400 molecole globulari di G actina con siti attivi atti a legarsi alla miosina, altrimenti
coperti per impedire la contrazione a muscolo a riposo. La tropomiosina, proteina filamentosa, è
copre questi siti attivi, la troponina, proteina globulare, si lega alle due precedenti per mantenerne
i rapporti. In questo sito di legame è destinato al calcio per cui, al momento della contrazione,
legandosi alla troponina, questa cambia la sua conformazione spostando i filamenti di
tropomiosina in modo da rendere scoperti i punti di legame dell’actina con la miosina: una
proteina filamentosa formata da una porzione allungata detta coda e da una testa globosa che
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lega con l’actina. La testa di miosina ha un altro sito di legame (che lega con l’ATP), essenziale in
quanto ogni ciclo di contrazione ne consuma una. Nel filamento spesso le molecole di miosina
sono disposte con polarità opposte e ciò è essenziale per il meccanismo della contrazione.
Un’altra proteina, la titina, filamentosa, consente il posizionamento corretto dei filamenti spessi
nel sarcomero: essa fa sì che la miosina rimanga ancorata alla linea Z durante lo stiramento. Vi è
un’altra proteina strutturale, la nebulina, che regola la lunghezza del filamento sottile di actina.
Tessuto muscolare cardiaco (miocardio)
ha cellule corte e ramificate, dimensioni ridotte rispetto al tessuto muscolare striato, cellule
incapaci di dividersi e proliferare, mononucleate, presenza di filamenti di actina e di miosina
organizzati in sarcomeri. Le cellule posseggono ampi collegamenti le une con le altre mediante
membrane saldate assieme (GAP junctions); presenza di dischi intercalari. Vi sono cellule
pacemaker (segnapasso) che danno ritmo alla contrazione. Il tessuto muscolare cardiaco è situato
nel cuore in rapporto con il tessuto connettivo (valvole cardiache) e ha le seguenti funzioni:
➔ circolazione sanguigna;
➔ mantenimento della pressione del sangue (detta idrostatica)
Il funzionamento è come quello del muscolo scheletrico ad eccezione per il disco intercalare: zona
di contatto e adesione tra le estremità di fibre muscolari cardiache contigue tramite gap junctions.
Tessuto muscolare viscerale liscio
possiede cellule piccole e fusiformi, capacità di dividersi e proliferare, cellule mononucleate,
presenza di filamenti di actina e miosina, la striatura è assente poiché l’organizzazione delle
fibrocellule è differente, la contrazione è dovuta ad actina e miosina e loro relativa interazione, ma
non sono organizzate in fasci, si contrae grazie al sistema nervoso autonomo. Quando si contrae,
la cellula del tessuto si accorcia e il nucleo prende forma di cavatappi, presente nei muscoli
viscerali, organi cavi (tubo digerente), albero respiratorio, vie urinarie, genitali, arterie, vene.
Le sue funzioni sono:
• progressione di cibo, feci, urina e secrezioni;
• controllo del calibro delle vie respiratorie;
• controllo del calibro dei vasi sanguigni.
Lo stimolo elettrico fa aprire i canali del calcio. La contrazione muscolare nel muscolo liscio
avviene per ingresso da parte del calcio dal fluido extracellulare e dal reticolo endoplasmatico. Il
calcio si lega alla calmodulina e la attiva, così che questa attivi una chinasi della catena leggera
della miosina. Essa va a fosforilare la miosina e questo fa sì che il fosfato si idrolizzi passando da
ATP in ADP. Quindi la miosina può interagire con l’actina portando alla contrazione muscolare
Tessuto nervoso
mette in comunicazione le varie parti dell’organismo e riceve informazioni sia dall’ambiente
esterno che da quello interno e risponde a tali informazioni. È costituito da:
➢ nella scatola cranica: encefalo del sistema nervoso centrale (SNC);
➢ nella rachide (spina dorsale): il midollo spinale del SNC;
➢ il sistema nervoso periferico, che è tutto quello che si trova al di fuori dei due precedenti.
È composto da due tipi di cellule: le cellule nervose o neuroni e le cellule di sostegno o neuroglia a
cui appartengono vari tipi di cellule.
Il neurone
costituito da un corpo cellulare sito del normale metabolismo cellulare (soma o pirenoforo), ha un
solo nucleo molto evidente, segno di un metabolismo molto attivo, contiene uno o più nucleoli, un
reticolo endoplasmatico rugoso molto esteso; possiede numerosi apparati del Golgi molto
sviluppati, con diverse vescicole ad essi associate, mitocondri ed altri organuli. Vi è una sola coppia
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di centrioli sede dell’organizzazione microtubulare (non si riproducono, il neurone non è in grado
di dividersi)
Citoscheletro: ha numerosi filamenti intermedi (neurofilamenti) e microtubuli che separano il
tessuto endoplasmatico rugoso in ampie aree dette corpi di Nissl, questo perché il neurone ha
numerose estroflessioni. I neurofilamenti sono più numerosi nell’assone poiché permettono
spostamento intracellulare di vescicole, i microtubuli sono più abbondanti nei dendriti. Il reticolo
endoplasmatico liscio è presente nei dendriti e nell’assone con funzione di regolazione del calcio
intracellulare (deve essere alto nei dendriti). La membrana plasmatica è sede dei fenomeni
bioelettrici che avvengono grazie al cambiamento di potenziale, quindi di polarità, della carica
elettrica presente sulla membrana plasmatica si ha la conduzione dello stimolo elettrico. Dai
dendriti, che ricevono il potenziale d’azione e lo conducono verso il corpo cellulare, detto polo
ricevente. Sono rivestiti da membrana e sono più grandi vicino al pirenoforo. Vi sono delle piccole
spine dendritiche, ossia delle estroflessioni di forma allungata che possono dare origine alla
trasmissione del potenziale d’azione detto “sinapsi assospinodendritico”, che, altrimenti, è detto
“sinapsi assodendritico”. Compongono l’apparato ricevente del neurone. Infine vi è l’assone detto
anche neurite, anch’esso un prolungamento cellulare che conduce il potenziale d’azione lontano
dal corpo cellulare, detto per tale motivo polo trasmittente, ha origine dal corpo cellulare
attraverso il cono di emergenza. A questo segue il segmento iniziale. Da queste due regioni
originano i potenziali d’azione che saranno trasportati lungo la fibra nervosa. Possono esserci
ramificazioni secondarie ad angolo retto. Qui sono presenti mitocondri, microtubuli,
neurofilamenti, microfilamenti e vescicole disposti parallelamente all’asse maggiore.
Flusso assonico
Grazie alla presenza dei microtubuli e delle proteine ad essi associate (chinesina e dineina) è
possibile il trasporto intracellulare di vescicole che contengono il neurotrasmettitore che viene
rilasciato nella sinapsi. Le vescicole vanno incontro ad esocitosi nel momento in cui arriva il
potenziale d’azione. È presente un flusso anterogrado e un flusso retrogrado più lento rispetto al
primo, dove i materiali sintetizzati (usati) a livello della terminazione nervosa vengono riportati al
corpo cellulare come materiali di scarto, verranno degradati grazie ai lisosomi.
Classificazione
i neuroni vengono classificati in base alla loro struttura:
• neuroni unipolari, con un solo prolungamento;
• neuroni bipolari, con dendrite e assone ben distinti e separati dal corpo cellulare da cui ne
fuoriescono da due posizioni opposte;
• neuroni pseudounipolari, dove i due tipi di processi originano da un unico polo e si separano
a distanza del corpo cellulare,
• neuroni multipolari, dove vi sono molti dendriti e sempre un solo assone.
Sistema nervoso centrale: cellule di sostegno
dette anche cellule gliali (neuroglia o glia) forniscono sostegno ai neuroni. Esse sono:
a) Gli astrociti: grandi dimensioni, forma stellata, costituiscono manicotti attorno ai vasi sanguigni
dell’encefalo, mantenendo la barriera ematoencefalica e promuovendo la formazione di giunzioni
comunicanti tra cellule endoteliali dei capillari. Formano un’impalcatura tridimensionale di
sostegno per i neuroni e provvedono alla riparazione del tessuto nervoso danneggiato.
b) Gli oligodendrociti: cellule stellate che formano la guaina mielinica intorno all’assone del
neurone aumentando così la velocità dello stimolo nervoso. La membrana plasmatica
dell’oligodendrocita si avvolge sull’assone, isolandolo, lasciando non isolati solo alcuni punti, detti
nodi di Ranvier, il segnale elettrico può saltare da un nodo all’altro grazie a tali aperture in cui vi
sono i canali sodio-potassio, fondamentali, localizzati esattamente in quel punto, un solo
oligodendrocita può mielinizzare più assoni.
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c) cellule ependimali: cubiche o cilindriche, rivestono le cavità del SNC (ventricoli e canale
centrale) con produzione di liquor cefalorachidiano (il liquido cerebrospinale), sono di vario tipo:
-cellule ependimali tipiche, con ciglia e unite tra loro da giunzioni GAP,
-taniciti: cellule atipiche ependimali in cui la parte basale si espande perpendicolarmente alla
parete ventricolare approfondendosi nel tessuto nervoso.
d) cellule della microglia sono di piccole dimensioni. Sono macrofagi del SNC specializzati e
fungono da difesa mobile di tipo fagocitico per rimuovere detriti cellulari, rifiuti e agenti patogeni.
Quando vengono attivate cambiano forma e migrano dove occorre, verso le aree interessate dal
danno, questo avviene a seguito di infiammazioni, traumi, ischemie
Sistema nervoso Periferico: cellule di sostegno o cellule gliali (neuroglia o glia).
✔ Cellule di Schwann o neurilemmociti: cellule appiattite nel SNP con ampio citoplasma ricco di
mielina, responsabili della mielinizzazione degli assoni periferici formando la guaina mielinica
attorno ad un solo assone, avvolgendosi a spirale attorno ad esso per aumentare la velocità di
trasmissione del segnale elettrico (come gli oligodendrociti nel SNC)
✔ Cellule satelliti o amficiti: anch’essi tipici del SNP, circondano i corpi cellulari dei neuroni e
regolano così i livelli di ossigeno e anidride carbonica e dei nutrienti
Sostanza grigia & Sostanza bianca
sostanza grigia: presente nel SNC, è costituita da: corpi cellulari dei neuroni, dendriti, terminali
degli assoni e di vari tipi di cellule gliali
sostanza bianca: costituita dagli assoni ricoperti dalla guaina mielinica (nel SNC), formata dagli
oligodendrociti. Nel SNP è formata dalle cellule di Shwann e da vari tipi di cellule gliali.
Fibra nervosa
è costituita dall’assone ricoperto dal proprio involucro formato da cellule gliali. Si ha fibra
mielinica, quando la cellula di Schwann/oligodendrocita si arrotola a spirale attorno all’assone
circondandolo con più giri di membrana (guaina mielinica) e in superficie con citoplasma e
membrana plasmatica (neurilemma).
Si ha fibra Amielinca quando una sola cellula di Schwann/oligodendrocita ricopre più assoni con un
solo giro di membrana e citoplasma.
Nervo periferico…
Potenziale d’azione
propagazione dell’impulso elettrico all’interno della cellula nervosa, 4 elementi fondamentali:
1. Dendriti: ricevono il segnale da altre cellule o dall’esterno: ingresso del segnale elettrico
2. Cono di emergenza: elemento decisionale (trigger), l’elemento da cui si propaga il potenziale
d’azione lungo l’assone
3. Assone: conduce il messaggio all’interno della cellula;
4. Sinapsi: elemento di uscita e di comunicazione con altre cellule (terminazione
dell’assone), comunica con le altre cellule trasmettendo loro il potenziale d’azione
Potenziale di membrana
è proprio del plasmalemma (della membrana plasmatica dei neuroni). In condizioni normali la
cellula non si trova in stato di equilibrio polare, ma in stato stazionario, poiché lo ione sodio è
presente in maggiori quantità all’esterno della cellula e lo ione potassio è presente maggiormente
all’interno della cellula, si crea una differenza di potenziale per cui l’esterno della cellula è più
positivo dell’interno di essa. Tale potenziale di membrana viene mantenuto costante dalla pompa
sodio-potassio. In condizioni di riposo la cellula si trova in costante disequilibrio che viene
mantenuto a spese di energia metabolica che viene fornita dall’ATP (pompa Na+/K-)
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Il potenziale d’azione è quel segnale utilizzato dal sistema nervoso per ricevere, analizzare e
trasmettere le informazioni. Nasce quando uno stimolo depolarizzante porta il potenziale
intracellulare dalla condizione di riposo al valore soglia. Uno stimolo elettrico fa sì che cambi il
potenziale di membrana e quindi si generi il potenziale d’azione. I neuroni posseggono canali
rapidi voltaggio dipendenti che si aprono in risposta a tale stimolo elettrico:
➔ ioni Na+, Cl- e Ca2+ entrano nella cellula;
➔ Ioni K+ escono dalla cellula;
➔ il movimento netto di tali cariche elettriche attraverso la membrana produce una variazione
del potenziale di membrana, generando un segnale elettrico:
I. Fase di riposo: La permeabilità di membrana agli ioni K+ è alta, i canali sono quasi tutti aperti in
modo che gli ioni K+ possano diffondersi fuori dalla cellula. Al contempo la permeabilità di
membrana al Na+ è bassa, pertanto il cancello di attivazione è chiuso e quello di inattivazione
aperto e il Na+ non entra nella cellula.
II. Fase di depolarizzazione: ingresso di Na+, la stimolazione apre il cancello di attivazione dei
canali per Na+ e mentre la cellula si depolarizza, un numero sempre maggiore di canali per Na+ si
apre uno di seguito all’altro (gli adiacenti si attivano via via per propagazione lineare da una zona
detta trigger per propagarsi lungo tutto l’assone) ottenendo che la polarità della cellula varia sino
ad invertirsi e passando da -70 millivolt a +20 mV.
III. Ripolarizzazione: uscita di K+, il cancello di attivazione si chiude e l’ingresso di Na+ cessa. I più
lenti canali del K+ raggiungono il picco di permeabilità. Riassumendo:
• DEPOLARIZZAZIONE il movimento degli ioni rende l’interno della cellula meno negativo
o positivo rispetto all’esterno grazie all’ingresso degli ioni sodio.
• RIPOLARIZZAZIONE il movimento di cariche tende a ristabilire l’originario potenziale di
membrana con uscita degli ioni potassio.
• IPERPOLARIZZAZIONE il movimento degli ioni porta il potenziale di membrana a valori più
negativi con ingresso di ioni calcio. Il movimento di ioni tra fuori e dentro la cellula, cambiando la
polarità della stessa, genera il segnale.
Vi sono delle piccole differenze per le cellule mielinizzate, dove una cellula che sia oligodendrocita
per SNC o di Schwann per SNP, ha racchiuso l’assone in una fibra mielinica lasciando però scoperti
i nodi di Ranvier: la conduzione di segnale sarà molto più veloce poiché è nei nodi che sono situate
le pompe sodio-potassio. In una cellula amielinica, la propagazione sarà più lenta poiché il segnale
dovrà percorrere tutto l’assone per intero. La mielina riduce la capacità di membrana, ossia la
quantità di carica da spostare e aumenta molto la resistenza di membrana, grazie all’isolamento
elettrico della guaina viene persa una quantità minore di segnale. Le fibre mieliniche sono
metabolicamente più efficienti perché il lavoro di pompa è confinato nei nodi di Ranvier dove sono
concentrati i canali Na+ voltaggio dipendenti.
Sinapsi: si trova al termine dell’assone ed è la struttura deputata a trasmettere il messaggio
nervoso tra cellule. Non esiste continuità citoplasmatica tra cellule nervose, ma vi è la fessura
sinaptica che separa la terminazione presinaptica dalla cellula postsinaptica.
La trasmissione da sinapsi può avvenire in diversi modi:
-con altri neuroni
-con giunzioni muscolari per ottenere contrazioni
-con giunzioni neuroghiandolari per ottenere secreti
Può essere classificata in base al punto in cui la sinapsi incontra l’altra cellula
➢ asso-dendritica: quando la terminazione nervosa si connette ad un dendrite;
➢ asso-somatica: quando la terminazione nervosa si connette al soma (corpo cellulare)
➢ asso-assonica: quando un assone poggia su un altro assone che poggia su un’altra cellula.
Le sinapsi possono essere classificate in base al modo in cui comunicano con la cellula successiva:
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● nelle sinapsi elettriche la presenza di giunzioni GAP crea una continuità tra le due cellule
trasmettendo un segnale elettrico direttamente da una cellula all’altra. Le GAP sono poste tra le
membrane pre e post sinaptiche e consentono la comunicazione tra le due cellule per passaggio
diretto passivo di correnti da una all’altra. Si realizza in entrambe le direzioni ed esistono sinapsi
elettriche che conducono preferenzialmente in una direzione che nell’altra (rettificazione). La
trasmissione, rapida, è adatta per riflessi in cui sia necessaria una rapida trasmissione tra cellule,
ossia una risposta sincrona da parte di un numero elevato di neuroni
● nelle sinapsi chimiche la trasmissione è elettrica-chimica-elettrica con rilascio di un
neurotrasmettitore e sono più lente. Quando arriva il potenziale d’azione il calcio entra nella
cellula provocando esocitosi di vescicole contenenti il neurotrasmettitore che viene rilasciato nello
spazio intersinaptico. Si lega poi a dei recettori specifici presenti sulla membrana post sinaptica,
così si aprono i canali sodio-potassio voltaggio dipendenti della cellula ricevente con trasmissione
effettiva del potenziale d’azione
Corrente di placca (EPP)
Nel versante pre sinaptico la depolarizzazione che si produce all’arrivo del potenziale d’azione
determina l’ingresso degli ioni calcio nel terminale pre sinaptico attraverso canali voltaggio
dipendenti che si aprono brevemente con conseguente esocitosi del mediatore. Nel versante post
sinaptico l’acetil CoA viene rilasciata nello spazio sinaptico e si lega al recettore nicotinico
determinando l’attivazione di un canale cationico che permette l’ingresso di ioni sodio e calcio con
uscita di ioni K+. La corrente risultante prende il nome di corrente di placca e determina a sua
volta una variazione del potenziale in senso depolarizzante di membrana noto anche con la sigla
EPP. Tale corrente persiste sino a che l’acetil CoA rimane legata al suo recettore. Dopo di che il
neurotrasmettitore, svolta la sua mansione di legarsi al recettore specifico, deve essere rimosso
velocemente per porre fine all’effetto. In questo caso l’eliminazione avviene per degradazione ad
opera di enzimi specifici (colinesterasi)
Contrazione muscolare
La più piccola parte contrattile del tessuto muscolare è il sarcomero: è composto da filamenti
spessi di miosina disposti a fasci e in sensi opposti e da filamenti sottili di actina alla quale sono
legate le proteine tropomiosina e troponina. La tropomiosina tiene coperti i siti di legame
dell’actina con la miosina, la troponina, oltre a tenere unita l’actina con la tropomiosina, quando
vengono rilasciati gli ioni calcio nel sarcoplasma, subisce un cambiamento conformazionale dato
da un sito di legame per il calcio. Ciò fa sì che, spostandosi, si trascini dietro la tropomiosina che
lascia liberi i siti di legame dell’actina per la miosina. Le teste delle molecole di miosina sono
disposte in modo elicoidale sfasate regolarmente l’una all’altra in modo che possa stabilire
rapporti con l’actina per mezzo di ponti trasversali
Placca neuromotoria
Le fibre vengono portate in contrazione dalle fibre nervose motorie tramite le giunzioni sinaptiche
neuromuscolari dette anche placche motrici. Il potenziale d’azione viene innescato dal potenziale
post sinaptico delle placche motrici e si ha così il potenziale di placca. Il potenziale d’azione si
propaga dal luogo d’insorgenza lungo l’intera fibra tramite le correnti elettrotoniche.
I tubuli a T consentono il propagarsi della depolarizzazione dalla superficie verso l’interno della
cellula muscolare. Il lume di ciascun tubulo contiene liquido extracellulare e comunica con
l’esterno della fibra muscolare. Le due diramazione di un tubolo T formano circonferenze che
circondano ciascuna microfibrilla interponendosi tra le due cisterne terminali. Non esiste
continuità tra tubuli T e cisterne terminali. L’insieme di due cisterne e del tubulo T compreso tra di
loro costituisce la triade
Come avviene la contrazione: passaggi
• arriva il segnale elettrico
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• si ha depolarizzazione del sarcolemma (della membrana post sinaptica)
• la depolarizzazione si propaga lungo i tubuli T
• i tubuli T arrivano a livello del reticolo sarcoplasmatico
• di conseguenza questo si depolarizza aprendo i canali del calcio che viene rilasciato
all’interno del sarcoplasma
• il calcio si lega alla troponina che, cambiando conformazione, sposta la tropomiosina che
lascia liberi i siti di legame dell’actina per la miosina
• questo fa sì che la miosina possa legarsi e dare origine alla contrazione
Ciclo dei ponti
come avviene la contrazione (la miosina è in grado di legarsi all’actina solo in presenza di ATP).
1. L’ATP si lega alla miosina causandone il distacco dall’actina. La miosina contine ATPasi, enzima
in grado di scindere il legame ad alta energia dell’ATP (idrolisi). Se la testa della miosina è già
legata all’actina perché reduce da un precedente ciclo, ne consegue un rapido distacco da essa;
2. la miosina idrolizza ATP, la testa della miosina ruota e si solleva con conseguente rilascio di
energia. Parte di questa energia viene assorbita dalla molecola di miosina che raggiunge in questo
modo lo stato ad alta energia mentre i prodotti finali della reazione (ADP e fosfato) rimangono
fissati al sito della miosina stessa;
3. la miosina si lega all’actina a seguito dell’idrolisi dell’ATP, il legame è modulato dalla presenza di
ioni calcio, il forte legame della miosina con l’actina è associato al rilascio del fosfato che può così
abbandonare il sito di legame dell’ATP della miosina causando il colpo di forza (o frusta): si ha
scivolamento di filamenti sottili e spessi gli uni sugli altri con colpi di frusta e con rilascio di fosfato;
l’estensione della zona del collo della miosina stirando la parte elastica con produzione di forza
determina questo colpo di forza e l’accorciamento della lunghezza del collo della miosina causa lo
scivolamento dei filamenti spessi e sottili gli uni sugli altri. L’ADP viene rilasciato dal complesso
actina-miosina;
4. per permettere alla miosina di attaccarsi ad un nuovo sito per l’actina e ripetere il ciclo, il
legame tra actina e miosina deve essere spezzato e ciò avviene con il legame di una molecola di
ATP alla testa della miosina. L’ATP si lega in modo rapido ed irreversibile al sito ATPasico dell
miosina formando il complesso actina-miosina-ATP. Così il legame actina-miosina diventa debole e
ne consegue un rapido distacco. In questa trasformazione la miosina passa da uno stato ad alta
energia ad uno stato a bassa energia.
5. In assenza di ATP il ciclo si arresta quando la testa della miosina è ritornata nello stato a bassa
energia e actina e miosina restano fissate insieme incapaci di staccarsi: questa condizione è detta
stato di rigor. Il ciclo di ogni ponte si realizza indipendentemente dagli altri ponti. Solo il 25-50 %
dei ponti risultano attaccati e producono movimento
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