lOMoARcPSD|4359741 MARX Possibile Riassunto Storia della Filosofia Contemporanea (Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara) StuDocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 MARX POSSIBILE: BENEDETTO CROCE TEORICO MARXISTA Introduzione Benedetto Croce nel biennio 1896-1897 si impegna a delineare i contorni di un proprio "Marx possibile", ossia un Marx critico, pienamente capace di esplicitare i fondamenti della scienza socio-economica da lui praticata. Per il giovane Croce (che era un ricco borghese) si tratta di rispondere alla seguente domanda: il plusvalore di cui parla Marx è un fatto o una fantasticheria? Mentre per la scienza economica accademica è una fantasticheria, per Croce esso è un fatto, ossia è il risultato di una scienza essenzialmente empirica: la sociologia economica. Oggi poi questa domanda acquista una grande importanza, dato che ci si chiede quale sia il ruolo del lavoro umano e dell'economia reale in un'economia che si muove in un luogo sempre più evanescente e virtuale, il mercato finanziario. Questo è il motivo che ha spinto il professore a scrivere questo libro, frutto di una lunga ricerca sulla filosofia crociana dell'economia del periodo 1896-1909. In questo libro si rileggono in una prospettiva nuova le tesi del giovane Croce sul materialismo storico e sulla sociologia economica marxistica. Si tratta di tesi che sono state misconosciute dalla letteratura critica a causa delle interpretazioni che il Croce neohegeliano della maturità ha fornito di esse, un filosofo ormai intento a delineare il proprio Sistema e pronto a liquidare le proprie riflessioni giovanili sul marxismo come un precedente utile ma ormai superato. La tesi più importante del giovane Croce è la <<tesi sul paragone ellittico>>, costruita tenendo presente la "teoria degli ostacoli" delineata da Engels nella sua ultima opera. Croce traccia una possibile interpretazione della teoria del plusvalore, connettendola non all'identità valore=lavoro vivo, ma all'identità classico-ricardiana valore=sforzo-lavoro=pene, sacrifici, astensioni. Il plusvalore è inteso come un fenomeno storico-sociale ben determinato. Lo spostamento del "fatto" scoperto da Marx dal piano economico generale al piano storicosociale rappresenta l'aspetto peculiare della difesa crociana della teoria del plusvalore di Marx. Le tesi sul paragone ellittico delineano una prospettiva chiaramente diversa rispetto a quella costruita da Engels contro Schmidt. Engels infatti ribadisce l'idea di ricondurre sempre (in ogni singolo processo produttivo) la produzione di valore al solo lavoro vivo. Engels non accetta l'idea ricardiana di considerare il lavoro vivo solo come l'elemento che in ultima istanza ha storicamente generato ogni bene dotato di valore di scambio. Non accetta dunque la tesi di Pantaleoni (ripresa di fatto da Croce) secondo cui il capitale, nella società capitalistica, è un bene complementare che insieme ad un altro fattore (il lavoro) dà vita ad un processo tecnico vantaggioso. Il presupposto della prospettiva di Engels sembra consistere nell'idea secondo cui il profitto del capitale sia una sorta di fatto storico innaturale e il lavoro appartenga naturalmente al lavoratore, ma invece non esiste alcuna legge di natura che impone al lavoratore di essere proprietario del proprio lavoro. Lo stesso Marx afferma che il valore d'uso della forza lavoro non appartiene al suo venditore (Verkaufer), ossia al lavoratore. La schiavitù e la libertà sono entrambi dei fenomeni storico-accidentali, ossia eventi riguardanti la possibilità dei lavoratori impegnati nell'attività economica produttiva di disporre o meno, liberamente, delle proprie capacità di lavoro. La stessa idea del "crollo del capitalismo" elaborata dal marxismo ortodosso non è corretta secondo Croce. Questa tesi infatti afferma che la crisi del capitalismo, in ultima istanza, è stimolata più dalla spontanea forza storico-metafisica della sua innaturalità che non dall'azione cosciente di uomini desiderosi di riappropriarsi di beni e di relazioni sociali ritenuti ormai fuori controllo, a causa di azioni sociali più o meno volontarie, ma comunque imputabili alle loro scelte. Inoltre il giovane Croce non aderisce in alcun modo ad una "via breve al socialismo" che non passi per un preventivo lavoro di preparazione delle coscienze, simile al lavoro svolto dall'illuminismo prima della Rivoluzione francese. Egli Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 sogna dunque un "marxismo teorico", ma questo sogno sarà misconosciuto da Croce stesso, il quale nel periodo della maturità consiglierà di leggere i propri scritti giovanili sulla base della convinzione secondo cui è impossibile coniugare marxismo e teoresi. Le convinzioni epistemologiche neokantiane elaborate da Croce fra il 1893 e il 1895 incidono soprattutto su due punti cruciali della sua proposta teorica. In primo luogo incidono sulla questione generale della scientificità della sociologia economica marxiana, questione alla quale Croce risponde collocando le teorie marxiste in un posto intermedio tra scienze proprie, che indagano l'universale, e scienze improprie, ossia le scienze storico-sociali (=tesi sul canone). In secondo luogo tali convinzioni neokantiane incidono sulle tesi sul paragone ellittico, che portano il giovane Croce a riflettere sull'uso dell' Ideal-tipo nel procedimento scientifico della sociologia economica. 1. 1896: Croce marxista 1. Premessa La riflessione storiografica sul rapporto tra il giovane Croce e il Marxismo è stata condizionata dall’auto-interpretazione del percorso filosofico formulato da Croce stesso, già dai primi anni del Novecento e influenzato dal relativo distacco dai temi marxiani che Croce maturò nei primi decenni del secolo, insieme alla scelta di perseguire una prospettiva neohegeliana. Ciò che appare certo rileggendo i testi crociani di quegli anni ( 1896- 1897) è il fatto che il giovane Croce dovette avere nei confronti di Marx ed Engels un atteggiamento di disponibilità, per questo motivo come dimostrano varie testimonianze il Croce che iniziò a pubblicare studi sul materialismi storico veniva solitemente considerato un marxista, ed una serie di inidizi confermano questa opinione diffusa: Croce non solo si presenta sulla scena culturale come l’editore degli scritti marxisti del suo maesto e amico Antonio Lobriola, ma pubblica anche sul ‘’Devenir sociale’’ e collobora alla ‘’Critica Sociale’’ di Filippo Turati, accetta di scrivere sull’ ‘’Avanti’’. 1.1 La <<via regia<< dell’umanità: il marxismo critico Croce dunque in una fase storica molto delicata della vita pubblica italiana, dopo i fatti del 98’ e durante le repressioni che ne erano seguite, rivendica con orgoglio la sua vicinanza al movimento socialista e al marxismo, inoltre nella seconda metà degli anni Novanta dell’Ottocento gli indizi che spingevano i contemporanei a credere che Croce fosse un socialista marxista erano molti. Ma egli come si considerava effettivamente? Croce ha sempre dichiarato di essere rimasto quasi folgorato dalla lettura del saggio lobrioliano ‘’In Memoria del Manifesto dei Comunisti’’ che decise subito di pubblicare a sue spese, e nella ricostruzione del 1902 Croce afferma di essere stato in sostanza marxista, ed in una significativa intervista ‘’La morte del socialismo’’ chiarisce di aver fatto sua la fede socialista, ma per un periodo dato che non diviene mai fede in senso stretto, fede pratico-politica. Infatti, le tesi di Marx lo persuadono, ma come studioso, e come ricorderà più volte non prenderà mai la tessera del partito, ma per un periodo considererà come studioso il marxismo come via regia dell’umanità. Il Croce trentenne che scrive i primi saggi sul materialismo storico è dunque un giovane che si auto-concepisce come teorico del marxismo che condivide le ide di fondo di Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 Lobriola, ed è per questo spirito, che egli accetta di collaborare al ‘’Devenir social’’ (diretto oltre che da Sorel da Lfargue). Croce sa di inserirsi da studioso in una disputa interna al marxismo dell’epoca, e per questo si comportò per almeno un biennio da difensore critico del marxismo, come si considerava nel 1899 quando scrive la ‘’Prefazione’’ alla sua raccolta. Egli infatti dichiara che gli scritti da lui riproposti rappresentano in Italia la medesima tendenza svolta in Francia per opera del Sorel: cerca di liberale il nocciolo sano e realistico del pensiero di Marx dagli intrecci metafisici e letterari del suo autore. E nel 99’ Croce si sentiva ancora parte di quel marxismo critico che Lobriola difendeva, ed è proprio questo il tema dello scontro tra Croce e Lobriola. Scontro che porterà croce a sostenere l’idea secondo cui la tesi dei promotori della ‘crisi del marxismo’ fossero la prova del fatto che tutte le teorie marxista erano destinate a dissolversi. Giunto a questa conclusione lascerà credere di essere stato convinto di questo dal 1899 al 1900, e nel 1937 giudicherà l’idea della memoria del maggio 96’ di appellarsi ad Engels e a Lobriola come il frutto di una candidezza giovanile, ma i testi del 96’ e del 9’ documentano chiaramente che Croce nel momento in cui andava formandosi una visione del tutto originale della filosofia di Marx, difese con forza per un periodo tale separazione opponendosi all’idea di vedere Marx come filosofo metafisico- materialista della storia. Infatti nel 99’ considera l’aspetto metafisico- materialistico del marxismo come qualcosa che riguarda essenzialmente il giovane Marx e nel giugno del 99’ crede ancora che il materialismo storico e il materialismo metafisico siano cose separate e afferma che la crisi del marxismo deve essere letta come una ‘’ribellione contro lo storicismo pseudomarxistico tedesco. 2. Maggio 96’: sulla concezione materialistica della storia. Non è facile cercare di ricostruire l’originario senso complessivo di un determinato testo facendo riferimento al solo orizzonte concettuali nel quale il suo autore sviluppa le proprie tesi e al contesto nel quale l’opera venne a trovarsi immediatamente una volta pubblicata. Non ci sono dubbi sul fatto che Croce volesse a partire dal 1900 sottolineare quello che è il nucleo concettuale principale su cui ruota la memoria, ovvero il rapporto tra materialismo storico e conoscenza scientifica ma ci che muta rapidamente nell’orizzonte concettuale crociano dopo il 96’ è il concetto di scienza. Sembra infatti già avvallare l’idea secondo cui la memoria ha significato di polemica con Engels, inteso come rappresentante del marxismo scientifico e nel 1902 Croce non ha dubbi nell’attribuire tale significato alla propria riflessione sul materialismo storico svolta a partire dal 96’. 2.3 Una tesi fondamentale del marxismo critico: la storia non si può risolvere in teorie. L’idea di scienza e di teoria sottintesa nei primi scritti filosofici crociani è quella delineata nel saggio del 1895 dove si legge di scienze di concetti e scienze proprie che cercano categorie più generali e appartengono alla matematica. Il giovane Croce dunque sembra non avere dubbi riguardo al fatto che le scienze proprie si esprimono in formule, e sono dirette a classificare il mondo dell’esperienza, ossia a ridurre le cose ai loro concetti, mentre le scienze storiche o dei fatti ritraggono l’evoluzione delle cose. Ma la storia non si risolve in teorie secondo Croce e su questa base aveva sviluppato tra il 93’ e il 95’ la sua difesa teorica della specificità delle scienze improprie, ovvero delle conoscenze storiche, inoltre la contrapposizione a cui allude è quella tra complessità dell’oggetto storico e la semplificazione teorica. Per cui la teoria propriamente scientifiche per il giovane Croce, che segue in questo lo spirito del ritorno a Kant sono semplificazione, l’oggetto storico reale non è riconducibile a delle teorie. Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 Il materialismo storico pienamente cosciente di sé non pretende di essere teoria della storia, per cui il Croce della memoria del 96’ è fedele alla convinzione espressa nella frase conclusiva della Prefazione di Labriola: ‘’ La filosofia della storia non può e non deve essere una storia universale narrata filosoficamente ma una semplice ricerca sui metodi, sui principi e sul sistema delle coscienze storiche’’. La storia non si risolve in teoria, è su questo concetto che si basa l riflessione del giovane Croce, cioè sulla contrapposizione fra realtà complesso-concreta e astrazione concettuale, su cui basa la sua prima lettura del materialismo storico, e in nome di questa lettura egli si scaglia contro ogni storia universale narrata filosoficamente cioè contro ogni filosofia materiale della storia, e contro goni tentativo di cogliere il senso generale di quel complesso concreto che è il corso storico. Croce ritiene impossibile ridurre agli universali, e alle leggi l’individuale: perché la storiografia non è scienza propria, scienza di leggi, e non è possibile neanche la scienza propria dell’intero concreto corso storico: la filosofia metafisica della storia. 3. Da anti-hegliano contro i monisti: il materialismo storico non è materialismo metafisico Con l’affermazione secondo cui il materialismo storico è l’ultima definitiva filosofia della storia, Lobriola nei due saggi marxisti aveva smussato di fatto la sua critica alla filosofia della storia. Croce invece con la memoria del 96’ resta fedele in modo radicale alla tesi lobrioliana sviluppata nella Per-lezione e la usa per fornire un’interpretazione autentica dei saggi marxisti di Lobriola che aveva da poco pubblicato. La Per-lezione si era scagliata contro una trattazione filosofica della storia universale, Lobriola aveva individuato il fondamento della filosofia della storia nella filosofia monistica che culmina in Hegel e che pretende di ridurre ad assoluta unità ogni materia conoscibile e ogni metodo di conoscenza. Croce nel 96’ muove da questa posizione anti-monistica per chiarire la natura del vero marxismo e il senso dei saggi di Lobriola, infatti tra materialismo storico (antico) e filosofia della storia Croce vede un abisso, perché la filosofia della storia è metafisica (idealismo di Hegel) mentre il materialismo storico è realismo, e non materialismo metafisico. Quindi è questa la tesi centrale della memoria, e l’obiettivo polemico di Croce del 96’ è il marxismo monistico, figlio del materialismo metafisico, per questo critica esplicitamente una di queste correnti che definisce monismo astratto, che ha come concezione storica il materialismo metafisico. Il motivo che spinge Croce a definire astratto il marxismo monistico risiede nella convinzione secondo il quale il monista è colui che dimentica, e trascura la complessità del concreto riducendolo a leggi, al generale, per questo per Croce il marxismo diviene monistico quando introuce nel materialismo storico un elemento metafisico e in qualche modo hegeliamo. Nella memoria del 96’ la questione del rapporto Marx-Hegel è affrontata in relazione alle tesi sul monismo e Croce ritiene opportuno ristudiare con precisione e con critica le relazioni del socialismo scientifico con l’hegelismo. Inoltre, secondo Croce, tra i due vi è un legame psicologico, perché entrambi ricollegano le nuove credenze alle vecchie. Quindi la tesi di Croce antimonista e antihegeliano del 96’ è chiara: Marx vissuto al tempo dell’hegelismo fu costretto ad usare la concettualità hegeliana senza rendersi conto che si trattava di un’arma pericolosa, del quale non condivideva i presupposti di cui si doveva servire in quanto uomo psicologicamente inserito nell’età dell’hegelismo. 3.1 Marx non è contro l’ideale: è contro l’idea metafisica di Hegel Agli occhi di Croce del 96’ non può esservi un vero e profondo legame fra il realismo di Marx e il monismo metafisico hegeliano. L’idea di Marx di capovolgere la concezione Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 hegeliana della storia non può dunque essere interpretata come la volontà di affermare un nuovo monismo. Il vero Marx non punta a sostituire al monismo idealistico il monismo metafisico, o alla vecchia metafisica una nuova metafisica, ma anzi per il Croce del 96’ nessuna metafisica è compatibile con il materialismo storico, per cui il capovolgimento a cui allude Marx è la negazione dell’idea cioè dello Spirito e del Dio di Hegel, non la negazione dell’ideale, ed è proprio dalla confusione tra idea ed ideale che nasce secondo la memoria del 96’ il marxismo monistico alla Plechanov. Quindi è questa la tesi su cui Croce costruisce la critica all’interpretazione monistica di Marx, il marxismo monistico confonde l’idea di Hegel con l’ideale, e ciò che il marxismo monistico non comprende è il fatto che Hegel non ha mai sostenuto che il soggetto della storia sia l’ideale. Croce non ha dubbi sul fatto che Marx condividesse le tesi di fondo secondo cui le idee degli uomini sono il riflesso delle condizioni materiali anzi ricorda che questo è il concetto che Marx ha dell’ideale. Per cui l’obiettivo polemico di Marx secondo il Croce lobrioliano-realista del 96’ è l’idea e il capovolgimento marxiano vuole essere la negazione di ogni metafisica, in particolare della metafisica della storia. Il vero marxismo punta a negare l’idea trascendentale non il ruolo che nella storia hanno le idee degli uomini. L’obiettivo di Marx è per il Croce del 96’ la difesa di una concezione realistica pluralistica della storia, l’inverso della filosofia hegeliana della storia, dunque sistema di forza on realtà razionale. La contrapposizione su cui Croce costruisce il suo discorso è ancora una volta quella tra la complessità della realtà concreta e gli astratti generi-universali con cui operano le scienze proprie. Secondo Croce, Hegel pretende di ridurre la storia all’idea, per cui il monismo hegeliano vorrebbe dar formula a tutti i fatti storici, ma questo per Croce del 96’ coincide esclusivamente con la negazione di ogni scienza propria del corso storico di ogni filosofiametafisica della storia. 3.2 il pluralismo realistico: la teoria dei fattori come verità La storia non è mossa da una realtà razionale ma è un sistema di forze, al monismo hegeliano si contrappone secondo il Croce il pluralismo realistico del materialismo storico, le forza e i fattori storici sono molti, per cui si schiera della parte del pluralismo dei sostenitori della teoria dei fattori, Lobriola, per Croce ha il merito di riconoscere il valore della teoria dei fattori mostrando come la storiografia fosse già prevenuta nel suo svolgimento alla teoria dei fattori storici, cioè alla concezione che il processo storico sia l’effetto di una serie di forza che prendono il nome di formazioni sociali, mentre il materialismo storico procede oltre. Le polemica di Lobriola contro i sostenitor fatti storici condivisa da Croce del 96’ ma questo non gli impedisce di ricordare anche i meriti della teoria dei fattori, per cui anche in questo caso si riallaccia a una tesi lobrioliana, perché proprio in Engels e in Lobriola poteva ritrovare l’idea secondo cui la teoria dei fattori deve essere conservata nel materialismo storico che intende procedere oltre l’astratta teoria dei fattori, tanto che tenta di chiarire il senso del materialismo storico che procede oltre la teoria dei fattori e li considera tutti insieme come parti di un unico processo. Anche il materialismo storico è quindi riflessione dei fattori storici sulla serie di forma, che punta a delineare la relazione a partire dallo schema logico tutto-parte. Ma proprio perché è convinto di ciò Croce rifiuta di definire una semi-dottrina la teoria dei fattori (idea di Lobriola), ma vera e ultima dottrina, perché non potrà mai dire nulla di più nuovo e più vero della storia. 3.3 il materialismo storico non è in alcun modo una formula teorica, perché non è affatto un nuovo metodo Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 Croce condivide dunque con Engels e Lobriola la tesi secondo cui il materialismo storico si assume il compito di delineare la relazione tra i vari fattori che danno vita alla storia. Ma rigurado al modo in cui il materialismo storico può e deve delineare la sua veduta il Croce del 96’ indica una via del tutto originale. Egli esclude la possibilità che tale veduta si espliciti in termini teorici ed afferma che si realizza solo nel lavoro storiografico empiricoconcreto. Per Croce la veduta del materialismo storico non si può sostenere senza distruggerla prende infatti in astratto la veduta del materialismo storico, che non si può riassumere in una formula valida per ogni esempio storico. Quindi la concezione materialistica della storia gli appare come una visione della storia che cogli la complessità del reale e deve essere approssimativa, ma non può e non deve essere trasformata in legge della storia. Per questo Croce ribadisce che mostra una formulazione teorica che non è causale. 4. Lo statuto epistemologico delle verità scoperte dal marxismo. 4.1 Le vedute di Marx accrescono i presupposti culturali necessari alla concezione della storia Cosa c’è di nuovo nel materialismo storico? Questa domanda attraversa tutta la memoria del 96’. La risposta di Croce è chiara: non siamo di fronte ad una nuova teoria della storia, né di fronte a un nuovo metodo storiografico. Gli storici della scuola materialistica, condividevano il realismo antimetafisico, aggiungendo nuove esperienze, non nuove vedute. Croce giudica in modo assolutamente positivo la repulsione del marxismo verso le teorie e la legge come l’espressione di. Una veduta capace di rispettare la complessità del reale. Ma che ruolo svolgono le nuove vedute nel progresso della vera storiografia? Esse evidentemente per il Croce del 96’ non incidono sul metodo degli storici e non possono mai trasformare la storiografia in una scienza propria, o in una teoria della storia. Tuttavia, le nuove vedute sono assai utili al progresso della conoscenza storica, infatti il metodo realistico è un metodo, quindi uno strumento teorico-astratto che non produce di per sé un’adeguata conoscenza storica, perché dispone solo di piccole parti e per Croce la matura visione delle cose è indispensabili allo storico quanto la scelta realistico-metafisica. L’ampliamento della cultura è perciò un elemento che rende possibile il progresso della conoscenza storica. 4.2 Il definitivo contributo del materialismo storico alla scoperta dei dati nuovi Croce non ha dubbi riguardo al fatto che il materialismo storico abbia scoperto dati nuovi, ma piuttosto si chiede se le nuove vere vedute delineate dagli storici quale contributo forniscono in generale alla conoscenza. E’ in questo contesto che va inserita la polemica crociana contro ciò che è ultimo e definitivo. Per il Croce del 96’ è un dato la scoperta di dati nuovi, e poiché è scoperta di verità è per la sua parte definitiva. La scoperta di una legge è invece per Croce qualcosa di totalmente diverso, perché si scopre una legge per astrazione e quando si trova una legge non si possono ammettere dati nuovi che non siano esempi della legge. In questo caso la scoperta è definitiva, ma in un senso tutto diverso. La legge è definitiva non nel senso che scopre una verità che riguarda un dato, ma nel senso che riguarda tutti i dati, ed è la verità universali. Per cui il problema per Croce è ancora una volta quello di non confondere i due piani, quello della conoscenza pura e astratta delle scienze proprie e la conoscenza storiche che descrivono il dato reale. Per cogliere l’originalità del marxismo che Croce difende nel 96’ è molto importante sottolineare la sua piena adesione alle preziose vedute generale del materialismo storico. Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 Dunque, l’ambito al quale appartengono le verità generali, le vedute del materialismo storico sono le esperienze di vita (in tedesco: Erlebnism). 4.3 Il terzo tipo di verità: i concetti impropri empirico. Concreti della sociologia di Marx. E’ evidente che oltre alle verità delle scienze proprie e quella delle scienze improprie Croce individua una nuova specie di verità. Queste verità di supporto non sono le verità delle scienze proprie esprimibili in formule scientifiche, anzi al contrario sottintendono un terzo tipo di verità, cioè delle verità parziali he non riguardano tutti gli individui e neanche un solo evento ma più eventi. Le verità che sorgono dall’esperienza della vita, sono generali ma il genere, l’universale che esprimono non è una dorma concepita astrattamente da una scienza propria, ma una sorta di forma impropria ottenuta empiricamente, è un concetto improprio. Dunque, questo particolare tipo di concetto inizia ad essere delineato nei suoi contorni già nella memoria del 96’, e la veduta empiricostorica delle formule generali fa si che queste vedute nel momento in cui manifestano la loro lontananza dalle scienze astratte conservano per Croce un valore di verità, poiché i concetti impropri sono comunque più concreti dei concetti elaborati dalle scienze proprie. Dunque, per Croce gli aiuti che alle scienze storiche derivano dalle vedute del materialismo storico, e dall’esperienza della vita, e sono sorte dal bisogno pratico-concreto di studiare la natura specifica della moderna società capitalistica. 4.4 Sociologia puro-astratta e sociologia concreta Nel 96’ Croce nello scritto ‘’Intorno all’organismo della filosofia della storia, parla dell’esperienza di un gruppo di scienze proprie che si occupano della storia ed attribuisce ad esso il nome di sociologia. La filosofia della storia, in quanto scienza delle leggi storiche, non può essere se no il gruppo delle scienze sociali. e la sociologia secondo Croce indaga il secondo gruppo di questioni legittime di cui deve occuparsi la nuova e vera filosofia della storia. Si tratta di problemi astratti, scientifici che concernono l’individuazione di leggi risolvibili in termini di scienza propria fin quando implicano la riduzione concettuale dei singoli elementi. Sulla scia di Lobriola egli è disposto a riconoscere alle conoscenze storiche logiche concettuali puro-proprie del complesso sociale, ma oltre questo tipo di astratto di sociologia, la memoria ne individua un altro. Croce pensa probabilmente ad una netta distinzione tra due tipi di sociologia: astratta (puro-propria) e concreta. Ed applica in generale alla sociologia la stessa distinzione a cui aveva accennato nel 95’ parlando della psicologia sociale (concreta). Il marxismo con la sua propensione a mostrare in concreto la teoria delle relazioni dei fattori tra di loro è dunque sociologia concreta, ma per il giovane Croce la sociologia concreta marxiana non è scienza assolutamente concreta (=scienza impropria), ma rispetto alla scienza storica è un elemento di supporto, cioè un prezioso aiuto. 5. L’influsso di F.A. Lange 5.1 Il Materialismo metafisico è solo un presupposto, non necessario del materialismo storico Come abbiamo già notato uno degli argomenti centrali della memoria del 96’ sostiene la netta distinzione tra il materialismo storico e il. Materialismo metafisico, ma su quali basi Croce teorizza questa distinzione? Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 Abbiamo già notato che il giovane Croce insista sull’idea secondo cui il materialismo metafisico sia assolutamente estraneo al materialismo storico, tuttavia è necessario chiarire la natura di tale estraneità di cui parla Croce del 96’ Si tratta di comprendere la memoria a partire dal tema neokantiano della distinzione tra i piani del conoscere. L’estraneità del materialismo storico al materialismo metafisico è per Croce l’estraneità di una attività conoscitiva diretta al concreto rispetto ad una concezione metafisica, il materialismo metafisico che per definizione non ha direttamente a che fare con la conoscenza empirica di dati anche se può svolgere, una funzione regolativa e rappresentare un presupposto rispetto al conoscere empirico concreto. Le vedute del materialismo storico restano su un piano del tutto estraneo a quello della metafisica, per cui il materialismo storico per Croce è la concezione della storia di Marx ed Engels, anche se una concezione storica per Croce rimane sempre un insieme di vedute che riguardano fatti avvenuti. Per cui l’ambito della concezione storica è sempre realistico, perché tali concezioni sono fatti storici concreti. 5.2 Il materialismo come la massima della ricerca empirica Non vi sono dubbi dunque che nel 96’ lo scopo di Croce è quello di non fare in alcun modo il gioco degli avversari del materialismo storico, ovvero di confondere i presupposti metafisici esterni alla concezione realistica del materialismo storico con la concezione stessa. Più tardi la posizione crociana sotto la spinta di Lobriola e di Gentile maturerà. Progressivamente il materialismo metafisico apparrà a Croce sempre meno estraneo al materialismo storico. Ai suoi occhia andava accreditandosi l’idea che egli già nel 96’ avesse in fondo colto con chiarezza alcuni suoi particolari come il fatto che il materialismo storico fosse effettivamente metafisico, ma dell’idea secondo il quale il materialismo storico sarebbe fallace nella memoria del 96’ non vi è traccia. Croce infatti sostiene sempre coerentemente il contrario, ma da dove ricava l’idea di distinguere nettamente il materialismo metafisico dal materialismo storico? Il testo a cui croce si richiama è l’opera di uno degli autori più importanti al ritorno di Kant, F.A. Lange, che conferma proprio questa distinzione. Lange infatti se la prende con il materialismo in quanto teoria che pretende di spiegare completamente la realtà indipendente che sta fuori di noi, e contesta il materialismo come filosofia, cioè come tesi che non concede l’inconcepibilità dello spirituale, che viene completamente spietato riconducendolo alla materia. Per cui per Croce come per Lange, il materialismo riesce a divenire massima realistica, cioè un canone quando rinuncia al suo ruolo di filosofia (di teoria propria) ed accetta l’idea secondo cui qualcosa rimarrà inconcepibile. 5.3 L’appello alla modestia teorica del marxismo è un appello criticistico all’inconcepibilità della cosa in sé In effetti quello di Croce del 96’ è un appello alla modestia rivolto al materialismo storico. Ma nel 1896 tale appello ha solo il senso di richiamare alla memoria la modestia del conoscere umano sottolineata dal criticismo kantiano. Per il giovane Croce il materialismo storico non deve proclamarsi scientifico, non perché le sue vedute non siano vere ma perché nessuna filosofia più pretendere d’essere scientifica in quanto tutte devono accettare l’inconcepibilità delle cose. Con ben altri occhi invece Croce leggerà tale appello Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 alla modestia una volta approdato alla convinzione neohegeliana secondo cui è impossibili una logica del concreto capace di concepire il modo completo e assoluto e le loro storicità. La memoria del 96’ tiene dunque presenti entrambi gli aspetti dell’inconcepibilità di cui tratta Lange: l’inconcepibilità delle cose (del reale) e l’inconcepibilità dello spirituale, ma per divenire massima, quindi canone storiografico il materialismo storico deve in primo luodo accettare il primo aspetto dell’inconcepibilità, cioè deve accettare i limiti della conoscenza, deve rinunciare all’idea propria che la propria teoria spieghi completamente il reale, ed è proprio questo ciò che secondo il Croce del 96’, Engels fa rifiutando il determinismo materialistico e l’idea del marxismo come teoria rigorosa che si esplicita in formule. Il vero marxismo critico lobrioliano per il giovane Croce deve accettare l’inconcepibilità delle cose, e deve accettare che le sue vedute non possono non sottintendere il ‘’press ’a poco’’. L’accettazione critico kantiana della debolezza del concepire le cose in sé per Crice è come la base della valorizzazione delle vedute marxiane. 5.4 L’inconcepibilità dello spirituale ovvero la frattura tra la conoscenza (materialismo storico) e l’ideale (il socialismo) L’accettazione criticista dell’inconcepibilità dello spirituale apre in Lange la strada alla difesa dell’assoluta indipendenza dell’ideale ma anche al tentativo di fondere solo sull’etica la scelta a favore del socialismo. Il Croce del 96’ appare evidentemente interessato ad una difesa dell’ideale, e in questo ambito va collocare la tesi della frattura tra materialismo storico e socialismo sviluppata nell’ultima parte della memoria. Così come Lange aveva scisso la massima materialistica dal punto di vista dell’ideale e aveva sostenuto la validità di entrambi così Croce, scinde il materialismo storico e socialismo difendendoli entrambi, e l’ambito della conoscenza del reale e la sfera degli ideali sono per Croce assolutamente distinti. Quello che contesta è il fatto che questa contestazione possa trasformarsi in imperativo ideale. La scelta socialista è dunque una scelta morale, che non ha a che fare con il realismo del materialismo storico, per questo rielaborando il tema neokantiano dell’inconcepibilità delle cose e dello spirituale difende tra il 96’ e il 97’ un suo marxismo che salva da un lato il materialismo storico come sociologia concreta e dall’altro l’ideale del socialismo. 5.5 Un esempio di come l’ideale può essere il presupposto necessario delle ‘’scoperte’’ marxiste: il concetto di plusvalore Croce accanto al tema che tratta ampiamente tra il 96’ e il 97’ si chiede: in economia pura si può parlare di sopra-valore? Per il giovane Croce l’economia pura non potrebbe mai scoprire, in quanto scienza un fatto storico concreto: il plus-valore, perché può dirci soltanto che anche in tale società una merce è sempre vista per quel che vale e caratterizzata da quel determinato contesto sociale. Riguardo alla specificità di un determinato contesto sociale la scienza pura a differenza dell’impuro materialismo storico non può spiegarci nulla. La spinta verso il concreto è garantita dall’interesse morale, dalla spinta all’ideale per cui per vere il concreto fatto individuale, il plus-lavoro a cui è costretto il lavoratore è necessaria la spinta verso l’ideale. Quindi il presupposto morale che rende possibile la sociologia concreta elaborata dal materialismo storico è solo un presupposto morale, cioè ciò che rende possibile la sociologia concreta marxista. L’attenzione all’ideale è il punto di partenza di un’indagine che rende possibile della scoperta, e tra le scoperte del materialismo storico, Croce nella Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 memoria del 96’ enuncia il concetto di sopra-valore, che è estraneo alla scienza (propriapura). Infine, la scienza economica pure ha funzione solo di sussidio tecnico per la scoperta del plus-lavoro e del puls-valore. Marx dunque, per il giovane Croce, non si è fermato al piano delle scienze pure-astratte, e proprio per questo ha scoperto un fatto: plus-valore—pluslavoro. 2. Il concetto di valore-lavoro come strumento della sociologia concreta 1. L'Anti-Loria La prefazione del terzo volume del Capitale scritta da Engels rappresenta nel 1896 un importante punto di riferimento per il giovane Croce. Nel novembre di quell'anno, quando Croce pubblica in francese il suo scritto contro Loria, la prefazione è da poco apparsa in italiano, grazie all'interessamento di Antonio Labriola. Quest'ultimo cerca con insistenza di convincere il suo giovane amico Croce (che ha già, grazie al saggio del '93, una buona fama internazionale come teorico della storia) a divenire l'Anti-Loria. Benedetto Croce accetta l'invito e pubblica in francese (e solo dopo in italiano) il saggio "Le teorie storiche del professor Loria", sulla rivista marxista Le Devenir social, acquistando una rapida fama internazionale fra i marxisti. Croce in tale saggio va oltre le critiche di Engels, oltre l'accusa di aver riproposto le idee del materialismo storico in modo impreciso. Non che Croce non condivida pienamente la tesi di Engels sul plagio, tuttavia egli non vuole "aggiungere colpi ai colpi", ma vuole limitarsi ad esaminare l'elaborazione scientifica che Loria ha fatto di quelle idee non sue. Infatti ,nulla esclude in via di principio che un plagiatario non riesca ad essere migliore della sua fonte, e dunque un perfezionatore o comunque un buon interprete (ma non è questo il caso). 2. La vera storiografia e il valore-lavoro come concetto tipico 2.1 L'arte di operare con concetti: la distinzione tra il fatto e l'ideale Croce riconduce Loria al gruppo dei monisti già delineato sul piano teorico nella memoria del maggio '96: lo riconduce ai frettolosi seguaci del materialismo storico che trasformano la tesi di Marx in una teoria. Per Croce il materialismo storico non è una teoria. Marx ed Engels non lo hanno mai ridotto ad una teoria assoluta, ma essi si sono limitati ad elaborare aforismi generali e applicazioni particolari. La storiografia deve servire come ammonimento e indicazione per chi vuole comprendere la storia. Le teorie storiche di Loria sono teorie in senso proprio (cioè rigorose, assolute), egli ha l'attitudine a semplificare il complesso-concreto dando vita ad un banalizzante e radicale monismo economicistico. Per lui il solo uomo che esiste è l'astratto homo economicus, tutte le altre manifestazioni dello spirito sono gli strumenti di cui l'homo economicus si serve. L'errore di Loria consiste nel non saper vedere la pluralità delle manifestazioni dello spirito, l'unica forma che lo spirito assume è (secondo il materialismo storico falsificato e banalizzato di Loria) la forma economica, la dimensione ideale gli è del tutto ignota. Il principio neokantiano al quale il giovane Croce si attiene con rigore (ossia la netta separazione fra reale e ideale) è del Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 tutto ignorato da Loria. Ciò che sul piano della realtà è assurdo (in quanto è in contrasto con elementi reali che ne impediscono la realizzazione concreta) non è assurdo come concezione ideale. La debolezza di una concezione ideale si può scoprire solo se si evidenzia una difficoltà interna al piano della razionalità ideale: le condizioni di fatto non possono contestare le idee. L'incapacità di distinguere tra il concetto (l'ideale) e il fatto reale è all'origine di tutti gli errori di Loria. Ma tale incapacità, che rende impossibile qualunque discussione scientifica, non è presente in Marx. 2.2 Il concetto di valore nel marxismo (valore = lavoro) e nell'economia pura (valore =utilità) Croce vuole mettere in evidenza che il reale evolversi delle cose, ossia il carattere storicodinamico del reale, non è un argomento contro la natura stabile e a-temporale dei concetti. Egli infatti distingue l'ideale colto nel reale dalle scienze proprie (pure, generali) e il reale, che resta comunque distinto dai concetti puri e a-temporali e che può essere descritto da concetti impropri, che non pretendono di ridurre il concreto a teorie rigorose-assoluteastratte. In quest'ottica, estranea a Loria, il concetto conserva la sua dignità di oggetto ideale-generalizzante che coglie il reale senza confondersi con esso. In questo contesto assumono dignità di concetti sia il concetto di valore di marxiano sia quello marginalista. Per Croce il concetto marxiano è un "concetto-veduta" che ha funzione di supporto nei confronti delle scienze improprie, è un aiuto fornito alla storiografia, mentre il concetto marginalista si inscrive nell'ambito astratto-generalizzante tipico delle scienze proprie. Il Croce del '96 si pone dunque in una posizione intermedia fra le due scuole, riconoscendo rigore e scientificità ad entrambe. L'idea di tenere insieme entrambe le teorie sul valore (ossia affermare che: <<ciò che vale è il lavoro, ma anche l'utile>>) è la tesi centrale di tutti i saggi raccolti nel 1900 in Materialismo storico ed economia marxistica. 2.3 Engels e la possibilità di unificare le due scuole Nel '96 Croce sa bene che in economia la questione del plus di valore che si realizza con la produzione e la vendita di nuovi prodotti viene affrontata o a partire del valore-lavoro oppure a partire dalla teoria del valore-utilità. Nel primo caso il plus appare come il frutto del lavoro impiegato nella produzione, nel secondo caso (ossia per la scuola austriaca) il plus appare come la remunerazione ottenuta dal capitale nel momento dello scambio, cioè nel momento in cui si rende manifesta l'utilità, la desiderabilità del prodotto. In questo secondo caso il profitto appare come un frutto del capitale (e dunque il saggio del profitto risulta immediatamente derivato dalla quantità di capitale), mentre per la teoria del valorelavoro esso deriva dal lavoro ed è determinato dalla sua quantità. La Prefazione al terzo volume del Capitale accreditava l'idea che, se lette con attenzione, le conclusioni raggiunte dai più acuti critici della teoria marxiana del plusvalore coincidono nella sostanza con quelle evidenziate da Marx. Engels commentava a tal proposito la teoria del profitto di Lexis, la quale sfocia praticamente negli stessi risultati della teoria del plusvalore di Marx. Anche Lexis scopre a suo modo che i lavoratori sono i "defraudati", per lui infatti nella società capitalistica "ogni non-lavoratore può vendere al di sopra del prezzo, ma non il lavoratore". Egli parla esplicitamente del trasferimento di una parte del valore del prodotto complessivo alla classe capitalistica. Lexis si chiede: <<da dove sono ricavati tutti questi aumenti sui prezzi che costituiscono il profitto dei capitalisti?>> e risponde: <<dal prodotto complessivo dei lavoratori>>. Lexis non assume a misura del valore il lavoro per le singole specie di merci, ma assume il lavoro come la misura del valore del complesso delle merci (prodotto complessivo), mostrando anch'egli come Marx che la difformità fra il valore in lavoro delle merci e il prezzo al quale esse sono vendute è riscontrabile solo se si Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 considerano le singole merci, ma non se si considera la totalità delle merci. Per Engels in altri termini la legge del valore di Ricardo e di Marx vale per l'insieme delle merci (le merci valgono in virtù del lavoro che contengono); mentre la singola merce spesso non si scambia al suo valore (ovvero in base al lavoro che contiene). 2.3.1 I due tipi di scambio: capitalismo e pre-capitalismo L'accusa che Loria muove a Marx è l'accusa di astrattismo o di fantasticheria. Egli afferma: <<Del valore a cui le merci non si vendono, né possono vendersi mai, nessun economista che abbia fior di senno si è occupato né vorrà mai occuparsi, perché quello strano e inarrivabile valore sarebbe una specie di noumeno che non si manifesterebbe giammai nelle cose. Ora il Marx, sostenendo che il valore delle merci è determinato dal lavoro, ma che le merci non si vendono mai al loro valore, giunge alla creazione assurda di un valorenoumeno>>. Engels mostra che il valore-lavoro non è affatto il valore "a cui le merci non si vendono", ma viceversa è il valore a cui le merci sono state vendute per un periodo lunghissimo. Engels contesta la tesi di Loria distinguendo nella storia due grandi fasi (precapitalismo e capitalismo) e constatando che in tutta la prima fase si può parlare di una sostanziale coincidenza fra prezzi ai quali le merci vengono scambiate e valore-lavoro. Engels muove da quello che a suo avviso è il passo decisivo del terzo volume del Capitale, in cui Marx distingue due tipi di scambio: 1. 1) Lo scambio di merci ai loro valori, in cui le merci vengono scambiate semplicemente come merci (ovvero, sostanzialmente, al loro valore in termini di lavoro); 2. 2) Lo scambio a prezzi di produzione, in cui le merci (come accade nella società capitalistica) si scambiano come "prodotti di capitali" (i capitali pretendono una adeguata remunerazione in base alla quantità di capitali stessi impiegata per produrre la singola merce). 2.3.2 Engels contro Loria: la teoria degli ostacoli Engels si contrappone a Loria affermando che la legge del valore-lavoro è una legge che ha dominato per molti millenni e che poi è stata sempre più ostacolata, trasgredita, violata. A suo avviso tale progressiva azione ostativa coincide con l'affermarsi del capitalismo. La progressiva violazione della legge valore-lavoro coincide con la lenta trasformazione dei valori in prezzi e non porta alla cancellazione della legge scoperta da Marx, ma ad una sua efficacia limitata al valore totale delle merci, al prodotto complessivo, e dunque ad una efficacia solo indiretta sul prezzo della singola merce. Per Engels il processo di allontanamento dalla legge del valore-lavoro si concretizza soprattutto con l'affermarsi del capitale commerciale e, infine, con la grande industria. In particolare, egli insiste sul ruolo rivoluzionario del commerciante nel momento in cui dalla produzione mercantile semplice passiamo alla produzione mercantile capitalistica, e arriva ad affermare che solo con l'affermarsi del commercio (in particolare del commercio estero gestito dalle grandi compagnie commerciali di navigazione in regime di monopolio) noi per la prima volta ci imbattiamo in un profitto. Croce nel '96 riteneva corretta la sostanza della ricostruzione storica di Engels: nel comunismo primitivo e nell'economia medievale e domestica i fatti che ostacolavano la legge marxiana del valore sono stati minori in numero e in intensità, mentre hanno raggiunto il massimo nella società capitalistica. La relazione del valore con il Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 lavoro appare più evidente nelle organizzazioni economiche semplici perché viene meno contrastata ed offuscata da altri fatti. 2.4 La teoria degli ostacoli come conferma del carattere storico (o improprio) dei concetti marxiani Il Croce del 96-97 non condivide affatto l'idea di Bohm-Bawerk secondo cui riconoscere alla legge del valore-lavoro una esistenza ideale significa rinunciare a rivendicare al valore marxiano una sorta di validità empirica, che legalmente gli spetterebbe soltanto se avesse superato la prova dei fatti che esplicitamente rifiuta. Al contrario per Croce il concetto marxiano di valore ha superato ampiamente la prova dei fatti, perché aiuta a descrivere un fenomeno (il valore = lavoro) che caratterizza le formazioni economiche più semplici e che è ben presente anche nella complessa società capitalistica, tuttavia in essa il valore=lavoro è una realtà contrastata ed offuscata da altri fatti. Croce si oppone perciò alla tesi di Bohm- Bawerk secondo cui la legge del valore-lavoro è una semplice astrazione assolutamente lontana dalla realtà. Questa tesi si fonda sull'idea di assimilare i concetti marxiani alle astrazioni metafisiche, mentre Croce già nella memoria del maggio '96 aveva insistito sulla tesi opposta: i concetti che caratterizzano il materialismo storico sono concetti impropri, cioè empirici, dunque necessariamente approssimativi. Essi, rispetto ai concetti propriamente scientifici, sono più vicini al mondo storico- concreto. Appunti Il giovane Croce, infatti recepisce molte delle idee che si ritrovano nella letteratura tedesca della seconda metà dell’800. È influenzato da Antonio Labriola che lo aveva spinto a leggere fin da ragazzo gli autori tedeschi, che avevano affrontato questa tematica. Il giovane Croce contemporaneamente ai neokantiani del Baden, elabora una riflessione basata sulla separazione fra le scienze distinguendo fra quelle che lui chiama: • Scienze proprie cercano leggi universali • Scienze improprie non usano il metodo generalizzante, ricercando l’individuale e non le leggi. In un primo tempo Croce nel 1893 nega che le scienze storico-sociali siano scienze e afferma che si tratta di una conoscenza che non può essere definita scienza. Poi leggendo Dilthey chiarisce dicendo: << si possono anche chiamare scienze le scienze storiche come fa Dilthey, ma bisognerebbe chiamarle scienze improprie, perché si tratta di scienze che non usano il metodo generalizzante, ricercano l’individuale non le leggi. Le scienze proprie ricercano leggi, regolarità >>. Questa distinzione che Croce elabora, contemporaneamente e indipendentemente dai neokantiani del Baden, si basa sugli stessi autori su cui i neokantiani avevano discusso e interpretato. Questa distinzione è alla base degli scritti giovanili di Croce su Marx; perché appunto mentre Croce stava cercando di definire il concetto di conoscenza storica e lo fa nel primo saggio filosofico che egli scrive nel 1893; gli giungono gli scritti di Labriola che nel frattempo, dopo che Croce aveva lasciato Roma, era diventato marxista e aveva scritto alcuni saggi sul marxismo, su questa nuova filosofia della storia che condivideva. Croce legge questi saggi, studia intensamente il marxismo per due anni, si immerge nella letteratura del marxismo, crede nella validità di alcune tesi di Marx. Si avvicina al movimento socialista, senza mai diventare socialista, poi però progressivamente si Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 allontana dal socialismo e dal marxismo di Labriola, perché sorge con Labriola un contrasto teorico. Il contrasto con Labriola sorge riguardo all’interpretazione fornita da Croce della teoria del plusvalore, in una nota che aggiunge al suo secondo saggio sul marxismo dedicato all’analisi delle dottrine di Achille Loria. In questo saggio aggiunge una nota che poi spiegherà successivamente fra il 96’, 97’ e poi nel 98’ in altri saggi. In questa nota definisce la sua teoria del cosiddetto paragone ellittico= formula una propria tesi sulla teoria del plusvalore, una propria interpretazione della teoria del plusvalore di Marx. In cosa consiste questa interpretazione? Secondo il giovane Croce la teoria del plusvalore di Marx ha una sua validità. Coloro che la rigettano non ne hanno capito il senso. Croce se la prende in particolare con quegli autori della cosiddetta Scuola Austriaca, sostenitori dell’economia marginalista, che avevano negato validità alla teoria del plusvalore. Böhm-Bawerk è il più celebre tra questi autori, il quale come Achille Loria, contesta la teoria di Marx del plusvalore, e verrà poi attaccato da Engels. Engels nella prefazione del terzo capitolo del Capitale attacca Loria, scrivendo che sarebbe necessario che un qualche socialista marxista italiano chiarisse bene le teorie di Loria, mettendo in evidenza la debolezza delle teorie di questo autore e “spennando il pavone”. Labriola spinge Croce a scrivere contro Loria per “spennare il pavone”, cioè mettere in evidenza la debolezza delle teorie di Loria e quindi anche la debolezza delle teorie di Bohm-Bawerk. Su cosa si basa la teoria di questi due autori (Loria e Bohm-Bawerk), che sostengono la debolezza della teoria del plusvalore? Si basano su una critica rivolta alla stessa teoria del valore-lavoro, così come era stata delineata da Marx il quale l’aveva ripresa da Smith e da Ricardo. La tesi di Loria e di Bohm-Bawerk del valore=lavoro, riguarda l’idea secondo cui il valore delle merci nella società, in particolare nella società capitalistica, deriva dalla quantità di lavoro necessario alla produzione delle merci stesse, (identità valore=lavoro vivo). 2.5 Il valore-lavoro: un <<concetto tipico>> non un noumeno Croce afferma che: Loria non capisce che quelli che lui definisce "noumeni" sono presenti in tutte le scienze, in quanto si tratta di un necessario procedimento intellettuale. Questi noumeni sono semplicemente concetti, sono gli strumenti generalizzanti usati solitamente dalle scienze e, più in generale, dal pensiero umano. Essi sono formule generali ma non assolute, e caratterizzano la sociologia marxista. Croce nel saggio su Loria per la prima volta fa riferimento all'idea di <<tipo>>. Egli parla di concetti tipici e nella celebre nota aggiunta all'edizione italiana definisce società ipotetica e tipica la società basata sul valore-lavoro con la quale Marx paragona la società capitalistica. Dunque le formule generali ma non assolute sono spesso generalizzazioni ideali-ipotetiche, sono tipi ideali costruiti sulla base dell'esperienza di vita. La difesa dello spirito egualmente rigoroso di marxisti e austriaci è primariamente la rivendicazione della validità epistemologica dei concetti elaborati dalle due scuole. Loria non solo scambia normali strumenti del procedimento intellettuale (i concetti tipici) con i noumeni, ma non comprende neanche il concetto di valore della scuola austriaca. L'errore di tale scuola consiste per Loria nel concepire un'unificazione verbale che eleva una condizione generalissima dello scambio a legge del valore stesso. Quindi Loria non sa nemmeno cosa sia una legge! Ignora lo strumento fondamentale delle scienze proprie-pure, che sono appunto quelle scienze che individuano leggi. Egli non capisce che le leggi nascono dalle generalizzazioni. L'unificazione di due concetti particolari in un concetto più generale è il normale Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 procedimento con cui le scienze proprie individuano le leggi. Il tentativo della scuola austriaca di formulare un concetto del valore che comprenda sia i prodotti ottenuti in condizioni di libera concorrenza sia quelli di monopolio muove da una tesi assolutamente corretta: ai concetti propri (= puri) si giunge generalizzando e astraendo da tutti i casi particolari. 3. La capacità conoscitiva dei due concetti di valore Croce nella nota pubblicata sull'edizione italiana del saggio su Loria chiarisce quali sono i pregi e i limiti rispettivi del concetto marxiano di valore e del concetto di valore austriacoutilitario. Egli riconosce che entrambe le teorie hanno dignità (derivano da uno spirito egualmente rigoroso) e le pone su due piani gnoseologici diversi, negando l'esistenza di un conflitto tra di esse: rispondendo a problemi diversi e ponendosi su piani conoscitivi differenti, le due teorie non sono in antitesi. Per Croce i sostenitori delle due scuole pensano ad un contrasto solo perché non riconoscono l'effettivo ambito di applicazione delle proprie teorie. Solo la scuola edonistica sviluppa propriamente una teoria generale del valore, ossia definisce che cosa sia il valore dei beni in ogni società. La teoria marxista è un'altra cosa, in quanto (a differenza della teoria austriaca) non appartiene alla scienza propria, il valore che essa descrive non è il valore in generale. Il Croce della maturità non dubiterà mai della forza pratica del marxismo, ma sosterrà anche la tesi sulla sua inconsistenza teorica e gnoseologica. Infatti, abbandonata l'idea di poter sviluppare in qualche modo il "marxismo teorico", non gli resterà altro che constatare di essere di fronte ad un fenomeno importante solo sul piano pratico-storico-politico. Tuttavia nel 1896-97, quando Croce inizia a riflettere profondamente sulla forza politica del marxismo, la posizione crociana è molto diversa. Per il giovane Croce l'importanza pratica del marxismo deriva non semplicemente dalla capacità di tale teoria di essere una visione di sogno e di poesia capace di scaldare i cuori, ma dalla stessa forza conoscitiva delle teorie marxiste. Croce mette in connessione la validità teoretica della teoria del plusvalore (il suo non essere una fantasticheria) con la sua forza politica, sostenendo implicitamente che una prova indiretta della validità gnoseologica della teoria marxista è la sua efficacia storicopolitica. L'economia pura invece (scuola austriaca) è del tutto incapace di vedere la concretezza storica, il fatto messo a nudo dalla teoria marxiana. Tuttavia su un punto Croce concorda con i critici del marxismo (x es. Bohm- Bawerk): come teoria generale del valore la teoria marxista non vale. Marx d'altronde secondo Croce non voleva elaborare una teoria generale, ma la sua concezione del valore è semplicemente la determinazione di quella particolare formazione di valore che ha luogo in una data società (capitalistica) in quanto diverge da quella che avrebbe luogo in una società ipotetica e tipica. Si tratta quindi di un paragone ellittico, ossia di un confronto fra due società intuitivamente rappresentate, fra due particolari modi di formazione del valore non il confronto tra come si forma il valore in generale, ossia in ogni società, e come si forma nella società capitalistica Appunti Croce ci dice cos’è il concetto di valore-lavoro, cioè non una teoria in senso proprio, ma determinazione, Marx infatti utilizza questo concetto per istituire un paragone tra due società: la società capitalistica e la società ipotetica, diversa da quella capitalistica, quindi secondo Croce, Marx intende mettere in evidenza la società capitalistica. Cosa differenzia la società capitalistica e la società lavoratrice? La società capitalistica si basa sulla ricchezza quindi sul plus-valore (=quantità di ricchezza), mentre la società lavoratrice è ipotetica, e funziona in modo puro, cioè in base alla legge del valore= lavoro, Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 dove il valore di scambio delle merci corrisponde al valore di produzione e scambio delle merci. Cosa accomuna la società capitalistica e la società lavoratrice? La concezione della società. Sono infatti concepite entrambe come società mercantili, la società capitalistica è una società mercantile complessa, mentre la società lavoratrice è una società mercantile semplice. Inoltre Croce classifica due tipi di scienza economica: I. II. scienza economica propria degli economisti puri scienza economica marxista Per cui l’economia marxista è diversa da quella pura, perché non si occupa di spiegare l’economia di una società concreta, e quindi la sociologia concreta di Marx si pone al servizio della storeografia ricorrendo ad un’economia sociologica per spiegare gli oggetti concreti diversamente dall’economia pura di Durkheim e Simmel che non possono individuare i fenomeni concreti e quindi il plus-valore. 4. La corretta formulazione della teoria puro-generale del valore Croce chiarisce poi quale sia la corretta teoria generale del valore, ovvero la corretta definizione del modo in cui il valore si forma in ogni società. Croce afferma che in economia pura il valore di un bene è uguale alla somma degli sforzi (pene, sacrifici, astensioni) che sono necessari per produrlo. In particolare, la formula proposta da Croce sembra derivare da una riflessione condotta sui Principii di economia pura di Maffeo Pantaleoni, il quale definisce il valore in termini di <<costo>>. A suo avviso il costo di un bene è qualsiasi disagio che occorre subire per conseguirne la disponibilità: rinunciare al possesso di altri beni, sobbarcarsi un lavoro, soggiacere passivamente a qualche forma di dolore o di astinenza dai piaceri. La forma che il costo assume più frequentemente è il lavoro, inteso come "ogni sforzo penoso dell'uomo". Per Pantaleoni, capitale e lavoro fungono da beni complementari (= si utilizzano in modo congiunto). Su queste basi Pantaleoni contesta la tesi di Bohm-Bawerk sul tempo quale origine esclusiva del'interesse del capitale. Contro questa idea, Pantaleoni osserva che la causa generatrice dell'interesse sta nella produttività del capitale come bene complementare in un processo tecnico vantaggioso, e non nella virtù del tempo. Dunque per lui il tempo di per sé non produce, lascia le cose invariate. Non è il tempo a produrre il valore, ma è sempre il costo=lavoro=pena all'origine del valore, perciò l'interesse del capitale è il risultato di un processo tecnico vantaggioso al quale il capitale dà il suo contributo complementare, in quanto la sua produttività (ossia il suo sforzo=lavoro=pena) può divenire efficace solo in tale processo unitario, e sommarsi a quella che viene dagli altri fattori di produzione (x es. il lavoro). Pantaleoni distingue di fatto due tipi di lavoro: Il lavoro=pena che è ciò che pone in essere il valore, ma per chi lo sopporta è un male, cioè un bene negativo; Il lavoro altrui, che è un bene positivo e che può essere "diretto" (cioè il lavoro che opera da solo, x es. il lavoro del domestico) o "istrumentale" (cioè è parte di un complesso processo tecnico vantaggioso, x es. il lavoro dell'operaio). Croce fa propria l'idea, delineata da Pantaleoni, di ricondurre il valore al concetto ampio di lavoro, al concetto generico di lavoro, o costo, o pena. Tale concetto ha un'estensione Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 talmente grande da comprendere qualsiasi sforzo produttivo: non solo quello derivante dal lavoro dell'operaio (lavoro remunerato dal salario), ma anche quello derivante dal lavoro del capitale (lavoro remunerato dal profitto). Qualsiasi elemento si sforzi per la riproduzione di un bene contribuisce a dare valore al bene stesso, è questa la legge generale del valore che Croce assume dall'economia pura. Tale legge per Croce è generale perché vale sempre, nell'economia privata e nell'economia di ogni società. Questa legge non ha l'obiettivo di spiegare l'origine sociale del capitale, ma data una determinata società tale legge constata quali siano i diversi lavori=pene che concorrono alla produzione di un certo bene e in che misura ognuno concorre effettivamente alla produzione del valore del bene nelle concrete circostanze sociali in cui si realizza la produzione. 5. Il marxismo critico deve seguire Schmidt: il capitale è generatore di valore Il Croce marxista critico del '96 riconosce la necessità economica del profitto, inteso come remunerazione dovuta al capitale per la parte che quest'ultimo ha nella produzione del valore dei beni nella società capitalistica. Questa tesi pone Croce sulla scia di Conrad Schmidt e in netto contrasto con Engels. Quest'ultimo, polemizzando con Schmidt, afferma che la proprietà di generare valore spetta solo al "lavoro vivente" e in nessun modo al capitale. Per Engels la legge del valore- lavoro in quanto legge generale del valore non può riconoscere produttività al capitale in nessuna circostanza sociale: il capitale non produce mai valore, ma se ne appropria sempre sottraendolo al lavoro vivo. Tenendo conto delle idee di Pantaleoni e Schmidt, Croce invece sostiene di fatto che posta la società capitalistica non si può non riconoscere la produttività del capitale. A suo avviso il capitale (ossia il lavoro passato, accumulato) nella società capitalistica partecipa effettivamente alla produzione: il capitalismo è caratterizzato proprio dall'ingresso nella produzione della ricchezza accumulata (capitale), che ostacola la pretesa del lavoro vivo di essere l'unico produttore di valore. Infatti in tale società il lavoro vivo viene comprato, e perciò diventa un bene "istrumentale" complementare che rende produttivo il lavoro accumulato. In questo contesto gli sforzi di cui è capace il capitale (x es. mettere immediatamente a disposizione la materia prima, risparmiando all'operaio il lungo tempo per procurarsela e portarla in fabbrica) consentono un risparmio di tempo al lavoro vivo e dunque, consentendogli di impiegare più tempo per la realizzazione di manufatti, rendono maggiore la produzione. Il ragionamento crociano si basa sull'idea secondo cui il progresso tecnico, rendendo più produttivo il lavoro vivo, provoca la diminuzione del peso di quest'ultimo nel processo produttivo a vantaggio del capitale, il quale riesce ad ottenere lo stesso livello di produzione con minore spesa, ossia con l'utilizzo di un numero minore di operai (L'obiezione di Croce alla legge marxistica della caduta tendenziale del saggio del profitto, 1947). Ora è evidente che l'intero ragionamento di Croce, muovendosi sulla scia di Pantaleoni, si basa sulla tesi che fa del lavoro e del capitale due beni complementari capaci entrambi di generare valore. Ma per Croce (come per Schmidt) riconoscere che nella società capitalistica il capitale genera valore non significa affermare che il pluslavoro-plusvalore non sia un fatto. Il profitto che remunera lo sforzo del capitale è il risultato di un pluslavoro, di un sovrasforzo da parte del lavoro vivo. E ciò testimonia il fatto che il lavoro vivo nella società capitalistica riconosce al capitale valore e remunerazione, svalutando se stesso sino a limiti bassi, determinati dal fatto che come nota Pantaleoni in un regime di lavoro diviso il lavoro di molti individui perde ogni grado di utilità come bene da utilizzare isolatamente. La soluzione crociana alla questione della titolarità della capacità di generare valore (sottolineata da Engels) si fonda sul Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 riconoscimento del valore di verità delle teorie di entrambe le scuole economiche. Posta la società capitalistica, nessuno può negare la tesi edonistico-austriaca che nota che il capitale genera valore: l'economia pura non si pone il problema storico, ma svolge una indagine pura su un dato di fatto. Le tesi marxiste che circoscrivono il valore al solo lavoro non si possono provare per deduzione puramente economica, ma per altra via, ossia attraverso il paragone ellittico. Appunti per Croce è possibile scoprire il plusvalore soltanto se si confronta la società capitalistica con un’altra società, la società lavoratrice. Per cui l’economia pura non può riuscire a cogliere il plus-valore ma solo la sociologia concreta di Marx può, perché è strumento di scienze improprie. N.B le due forme di economia sono comunque entrambe valide per Croce. 6. L'ipotesi del valore-lavoro come stadio transitorio di un procedimento rigorosamente scientifico Per Croce l'impossibilità di dedurre le tesi sul plusvalore per via puramente economica non implica l'impossibilità di seguire la via percorsa da Marx. Si tratta di una via che punta a descrivere la specificità storica delle società capitalistiche, della produzione del valore nel sistema capitalistico rispetto ad altre società. L'espediente escogitato da Marx per cogliere la specificità storico-sociale della produzione capitalistica è la delineazione di un tipo, di una società ipotetica e tipica basata esclusivamente sulla legge del valore=lavoro vivo. Si può affermare che agli occhi del giovane Croce, dal punto di vista metodologico, nell'indagine marxista l'ipotesi del valore-lavoro svolge nei confronti della teoria della società capitalistica la funzione di stadio transitorio: un concetto tipico-ipotetico astratto descrive una parte di realtà e rappresenta il primo passo per poter descrivere un fenomeno nella sua intera complicazione. 7. Il presupposto capitalistico della teoria del plusvalore: la (non naturale) eguaglianza umana Per Croce il lavoro che Marx pone alla base della società ipotetica-tipica è un concetto ipotetico-astratto pensato a partire da un preciso presupposto teorico (l'eguaglianza) sul quale è necessario meditare, perché le osservazioni marxiane sull'eguaglianza umana sono connesse all'idea di non considerare la forza lavoro come una "forza puramente naturale". Le pagine del Capitale sulle quali Croce vuole richiamare l'attenzione sono certamente quelle in cui si legge che il qualcosa di comune che rende possibile l'eguaglianza fra due merci (senza la quale non si realizzerebbe lo scambio) non può essere una qualità naturale, ossia un elemento della natura. Come è noto, l'elemento in comune a due cose che si scambiano è secondo Marx la qualità di essere prodotti di lavoro, ovvero è il lavoro umano eguale, il lavoro umano in astratto. In proposito è opportuno notare che in fondo per Marx il lavoro umano eguale ed astratto non è una qualità naturale della merce in due sensi diversi: 1. Non è naturale perché tale qualità, a differenza di altre (come la qualità geometrica, fisica, chimica), non appartiene per natura alla merce, ma è il risultato di un evento storico-sociale: la produzione. 2. Non è naturale inoltre perché prescinde dalla natura specifica di un determinato tipo di lavoro (tessitura, filatura) ed è per definizione un elemento astratto ed uguale, Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 privo delle determinazioni che caratterizzano i singoli lavori concreti, sempre qualitativamente diversi l'uno dall'altro. Per Bohm-Bawerk invece la forza-lavoro è solo forza naturale, nel senso che è sempre legato alla specifica diversità dell'individualità a cui appartiene: non è mai astratto ed eguale. Per l'economia pura la forza lavoro umana è naturale quanto quella animale: essa è sempre determinata dalla natura del soggetto che la produce. Contro questa idea (ovvero contro l'idea che la specificità dei singoli lavori umani li renda irriducibili l'uno all'altro) Marx si pronuncia nelle "osservazioni sui concetti economici di Aristotele". Per Aristotele (la cui riflessione sarà ripresa dall'economia austriaca) l'eguaglianza che rende possibile lo scambio ha un limite. Il limite dell'eguaglianza sta nel fatto che è impossibile che cose tanto diverse siano qualitativamente uguali. Secondo Marx, Aristotele non può ammettere che le naturali differenze fra le merci e fra i lavori siano effettivamente trascurate e ricondotte al lavoro umano in generale (astratto ed eguale) perché conosce solo la società greca, che ha come base naturale la diseguaglianza degli uomini e delle loro forze-lavoro. Egli non può scorgere la presenza del lavoro umano in generale perché gli è estranea l'idea di "uomo in generale", in quanto nella società greca non esiste "l'uomo", ma il "falegname", "l'agricoltore", ecc. Evidentemente Croce fa riferimento a queste tesi di Marx quando afferma che il non considerare la forza-lavoro umana come una forza puramente naturale consente di vedere il fenomeno del pluslavoro-plusvalore. Se i lavori restassero sempre qualitativamente diversi, senza riconoscersi mai eguali, non sarebbe mai pensabile una società in cui il valore-lavoro è legge. Infatti una simile società presuppone che, esistendo l'uomo in generale, il lavoro di un uomo possa essere realizzato in linea di principio da ogni uomo. Croce (come Marx) sostiene che l'eguaglianza umana è proclamata e presunta dalla società capitalistica: È presunta nell'economia capitalistica, che nel momento dell'organizzazione della produzione presuppone l'esistenza del lavoro eguale-astratto (che viene comprato come merce eguale), ma che poi nel momento della vendita dei propri prodotti cerca di differenziarli rispetto a quelli dei concorrenti apponendo il marchio. È proclamata dall'ideologia borghese, che l'ha fatta valere contro l'ideologia feudale-aristocratica, la quale insisteva sulle disuguaglianze naturali. Per il Croce del 1911 (anno in cui scrive "La morte del socialismo") <<l'ideale di eguaglianza è un ingenuo e quasi bambinesco desiderio della regolarità, laddove la vita invece è ineguale e irregolare; sicché quel desiderio non rappresenta neppure un bell'ideale, essendo opposto alla vita e alla realtà>>. 8. La difesa dell'identità valore=sforzo e della migliore economia pura: Croce con Pantaleoni e contro Bohm-Bawerk La formula proposta da Croce per riassumere il concetto generale di valore indica che egli si richiama ad una economia pura alla Pantaleoni, non alla Bohm-Bawerk. Per Pantaleoni l'identità (edonistica) valore=costo=utilità coincide pienamente con la tesi ricardiana del valore=lavoro. Bohm-Bawerk al contrario nega nel modo più assoluto la conciliabilità tra queste due teorie. La tesi del valore-lavoro a suo avviso è una fantasticheria in quanto è contraddetta dai fatti. Il saggio crociano su Loria prosegue l'opera di difesa del marxismo critico iniziata con la memoria del maggio '96. In questo contesto Croce ribadisce che non Marx, ma solo il cattivo marxismo alla Loria considera l'uomo come un essere solo economico-egoistico e nega l'importanza della sfera ideale. Marx non cede alle semplificazioni, al riduzionismo; la sua visione della storia tiene conto della complessità Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com) lOMoARcPSD|4359741 degli eventi storici. L'azione politica di Marx ed Engels dimostra che essi non pensano affatto che si possa privare il movimento storico dell'elemento ideale ed umano. Al contrario, Loria non comprende che le previsioni della storia non possono avere alcun carattere di certezza e che la complessità degli eventi storici consente, al massimo, un calcolo di probabilità. Marx invece ha saputo distinguere i fatti (cioè le condizioni di fatto) dalle azioni che gli uomini compiono nel tentativo di realizzare i propri ideali: egli ha dato opportuno rilievo ad entrambi gli elementi e non ha mai creduto in una scienza capace di rendere superflua l'azione umana. Scaricato da Gaia Munduleddu (bentudeothoca@gmail.com)