Claudia Murro Storia della matematica2 20/21 • nacque il 15 febbraio 1564 a Pisa • 5 settembre 1580: iscrizione all'Università di Pisa • 1583: incontro con Ostilio Ricci Matematica come una scienza non astratta, una disciplina che servisse a risolvere i problemi pratici. Importanza della precisione nell’osservazione dei dati. • 1585: isocronismo delle oscillazioni del pendolo ISOCRONISMO DEL PENDOLO Dopo aver osservato nella Cattedrale di Pisa un lampadario che oscillava dopo un intervento di accensione o spegnimento delle candele, Galileo ne misurò il tempo utilizzando il battito del polso. Egli si accorse che il periodo di oscillazione di un pendolo è indipendente dalla sua ampiezza, fenomeno detto isocronismo del pendolo, e cercò di trovare le relazioni tra la lunghezza e il peso del pendolo e il suo periodo. In realtà, un pendolo è strettamente isocrono soltanto se le sue oscillazioni sono di piccola ampiezza, come fu scoperto da Huygens in seguito. Molti anni più tardi, Galileo propose l'utilizzo del pendolo come meccanismo regolatore degli orologi, e ne abbozzò un progetto. Tuttavia, ormai vecchio e cieco, non riuscì a realizzarlo, e l'orologio a pendolo venne costruito solo nel 1657 da Huygens. L'aneddoto è così celebre da essere diventato ormai il simbolo dello spirito di osservazione che dovrebbe contraddistinguere lo scienziato moderno. Attuale lampada presente nel duomo di Pisa • 1589 contratto triennale per una cattedra di matematica all'Università di Pisa «Il metodo che seguiremo sarà quello di far dipendere quel che si dice da quel che si è detto, senza mai supporre come vero quello che si deve spiegare. Questo metodo me l'hanno insegnato i miei matematici, mentre non è abbastanza osservato da certi filosofi quando insegnano elementi fisici... Per conseguenza quelli che imparano, non sanno mai le cose dalle loro cause, ma le credono solamente per fede, cioè perché le ha dette Aristotele. Se poi sarà vero quello che ha detto Aristotele, sono pochi quelli che indagano; basta loro essere ritenuti più dotti perché hanno per le mani maggior numero di testi aristotelici [...] che una tesi sia contraria all'opinione di molti, non m'importa affatto, purché corrisponda alla esperienza e alla ragione.» Pio Paschini, Vita e Opere di Galileo Galilei, Città del Vaticano, Casa Editrice Herder, 1965, p.70 • 1592 cattedra di matematica a Padova «li diciotto anni migliori di tutta la mia età». Lettera a Fortunio Liceti, 23 giugno 1640. (Ed. Naz., Vol. XVIII, Lettera N. 4025, pp. 164-165) Officina in cui costruisce strumenti ed esegue esperimenti per studiare il moto dei corpi. STUDI SUL MOTO Secondola fisica aristotelica, vi era una spontanea tendenza dei corpi a spostarsi verso quello che era il loro luogo naturale. Il fuoco saliva, mentre i corpi gravi (fatti di terra e acqua) tendevano a cadere per raggiungere il centro della Terra. Oltre ai moti detti “naturali”, c’erano i moti “violenti”, come il lancio di una pietra o di una freccia in cui l’oggetto segue una certa direzione fino a che il suo “impeto” non si esaurisce, dando luogo a un moto naturale verso il basso. Aristotele sostiene che più un corpo è pesante più cade velocemente, Galileo sostiene che gli oggetti cadono tutti con la stessa velocità, che è proporzionale non al peso ma al tempo trascorso da quando il moto è iniziato. Per Galileo qualunque corpo tende a cadere verso il basso nella direzione del centro della Terra. Se vi sono corpi che salgono verso l'alto è perché il mezzo nel quale si trovano, avendo una densità maggiore, li spinge in alto, secondo il principio di Archimede; Galileo formula: la legge sulla caduta dei gravi. Ricorrendo alla matematica, il problema era quello di capire come trattare eventi dinamici, con figure geometriche o numeri che sono statici. Galileo riuscì a risolvere il problema disegnando una linea ed associando ad ogni punto un tempo e un segmento ortogonale proporzionale alla velocità. In questo modo costruì il prototipo del diagramma velocità-tempo e lo spazio percorso da un corpo è semplicemente uguale all'area della figura geometrica costruita. Il tempo non è un’intuizione interiore della coscienza, ma una dimensione oggettiva della realtà che costituisce, insieme allo spazio, un parametro misurabile del movimento Il principio d'inerzia e il moto circolare: Studiando il piano inclinato ebbe l'intuizione del principio di inerzia: un corpo, non soggetto a forze, permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. Si immagini infine di spianare montagne e riempire valli in modo da realizzare un percorso rettilineo assolutamente piano e senza attriti. Una volta iniziato il moto inerziale della sfera che scende da un piano inclinato, questa continuerà a muoversi lungo tale percorso rettilineo fino a fare il giro completo della Terra e ricominciare quindi indisturbata il proprio cammino. Ecco realizzato un moto inerziale che avviene lungo un'orbita circolare, coincidente con la circonferenza terrestre. Galileo sembrerebbe erroneamente ritenere che tutti i moti inerziali debbano essere moti circolari. Probabilmente per questo motivo considerò, per i moti planetari da lui ritenuti inerziali, sempre e solo orbite circolari. Misura dell'accelerazione di gravità: Galileo riuscì a determinare il valore che egli credeva costante dell'accelerazione di gravità studiando la caduta di sfere ben levigate lungo un piano inclinato, anch'esso ben levigato. Con semplici misure ad angoli differenti d’inclinazione del piano riuscì a ottenere un valore di g solamente di poco inferiore a quello esatto per Padova, nonostante gli errori sistematici, dovuti all'attrito che non poteva essere completamente eliminato. Misura della velocità della luce: La sua idea fu quella di portarsi su una collina con una lanterna coperta da un drappo e quindi toglierlo lanciando così un segnale luminoso ad un assistente posto su un'altra collina ad un chilometro e mezzo di distanza: questi non appena avesse visto il segnale, avrebbe quindi alzato a sua volta il drappo della sua lanterna e Galileo vedendo la luce avrebbe potuto registrare l'intervallo di tempo impiegato dal segnale luminoso per giungere all'altra collina e tornare indietro. Una misura precisa di questo tempo avrebbe consentito di misurare la velocità della luce ma il tentativo fallì data l'impossibilità per Galilei di avere uno strumento che potesse misurare i centomillesimi di secondo che la luce impiega per percorrere una distanza di pochi chilometri. Laboratorio didattico: “Gli esperimenti di Galileo” • 9 ottobre 1604: Supernova di Keplero I resti della Supernova di Keplero in un'osservazione moderna L’UNIVERSO DI ARISTOTELE Poiché il cerchio era considerato la forma perfetta, i movimenti dei corpi celesti dovevano essere circolari ed il cosmo doveva essere suddiviso in una serie di sfere concentriche. La sfera centrale (detta anche sublunare) era occupata dalla Terra e dalla sua atmosfera; essa era l'unica parte "imperfetta" del cosmo perché mutevole. Al di fuori di questa sfera ve ne erano altre otto, composte di etere. Le prime corrispondenti ai sette pianeti (nell'ordine: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno) e l'ultima, il Firmamento, alle stelle fisse. Ogni oggetto celeste era "incastonato" nella propria sfera e ne condivideva il moto circolare uniforme (perfetto, immutabile ed eterno) attorno alla Terra. La supernova fu accesa dalla fusione di due “cadaveri” stellari che unendosi determinarono la massa critica necessaria per generare la spettacolare esplosione. L’evento segna lo spartiacque tra l’astronomia antica e l’astronomia moderna: fu allora che nello studio degli astri l’osservazione incominciò a prevalere sui preconcetti e sui dogmi. A Keplero e Galileo sfuggì l’avvistamento ma ben presto i due si avventurarono nella controversa interpretazione di quanto stava avvenendo in cielo e, pur divergendo nella spiegazione, su una cosa si trovarono d’accordo: la comparsa di un nuovo corpo celeste negava il principio aristotelico dell‘immutabilità dei cieli. SN 1604 - SUPERNOVA KEPLERO La Supernova 1604, conosciuta anche come la Supernova di Keplero o la stella di Keplero, fu una supernova esplosa nella nostra galassia, la Via Lattea. È al momento l'ultima supernova ad essere stata osservata nella nostra galassia, e si trovava ad una distanza di non più di 20.000 anni luce dalla Terra. La supernova fu osservata per la prima volta il 9 ottobre 1604. Keplero la vide per la prima volta il 17 ottobre, non fu lui a scoprirla, ma la studiò così a lungo che essa prese il suo nome. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Betelgeuse, la prossima supernova osservabile dal secolo XVII? Betelgeuse è oggi una Supergigante rossa 800 volte più grande del Sole, dista da noi circa 600 anni luce. La luce di Betelgeuse, la stella più brillante della costellazione di Orione, nel 2019 si è affievolita del 50% circa e il destino di Betelgeuse è di esplodere in un momento imprecisato da qui a 100 mila anni nel futuro. Per questa ragione ogni evento insolito che riguarda questa stella è seguito con interesse dagli astronomi che si occupano di evoluzione stellare. L’ultima supernova nella nostra Via Lattea (visibile ad occhio nudo) fu quella del 1604. Se assisteremo all’esplosione di Betelgeuse sarà un evento che non accade da secoli e quando avverrà cambierà l’aspetto della costellazione di Orione, familiare agli esseri umani per migliaia di anni. • 1609: Galileo punta un cannocchiale verso il cielo Non sembra che, negli anni della polemica sulla "nuova stella", Galilei si fosse già pubblicamente pronunciato a favore della teoria copernicana: si ritiene che pensasse di non disporre ancora di prove sufficientemente forti finché non seppe che alcuni occhialai olandesi avevano realizzato un curioso strumento ottico: un tubo munito alle estremità di due lenti, guardando attraverso il quale gli oggetti lontani apparivano più vicini. Non appena conobbe i dettagli costruttivi, Galileo si dedicò a perfezionare lo strumento, riuscendo in pochi mesi ad aumentarne il potere d’ingrandimento (fino a 20 ingrandimenti: ottenne quindi un telescopio), per primo decise di puntarlo verso il cielo. La novità sta nel fatto che Galileo è stato il primo a portare dentro la scienza questo strumento, usandolo in maniera prettamente scientifica e concependolo come un potenziamento dei nostri sensi Grazie al cannocchiale, Galileo propone una nuova visione del mondo celeste: • Alle stelle visibili ad occhio nudo, si aggiungono altre innumerevoli stelle mai scorte prima d’ora. L'Universo, dunque, diventa più grande. • Non c’è differenza di natura fra la Terra e la Luna. Galileo arreca così un duro colpo alla visione aristotelico-tolemaica del mondo, sostenendo che la superficie della Luna non è affatto liscia e levigata bensì ruvida, rocciosa. Quindi, tra gli astri, almeno la Luna non possiede i caratteri di “assoluta perfezione” che ad essa erano attribuiti dalla tradizione. Vengono scoperti i satelliti di Giove, che Galileo denominerà “stelle medicee” in onore di Cosimo II de’ Medici. • Le nuove scoperte furono pubblicate il 12 marzo del 1610 nel Sidereus Nuncius Galileo osservò come prima cosa la Luna: osservò la metà chiara (quando vediamo la "mezzaluna”) e la metà scura e si accorse che laddove terminava la parte chiara c’erano puntini scuri e laddove terminava la parte scura c’erano puntini chiari: interpretò questa cosa in modo corretto, le chiazze erano delle montagne: anche sulla Luna, quindi, ci sono le montagne come sulla Terra. Questa osservazione fa cadere definitivamente l’idea di matrice aristotelica per cui la Luna, doveva essere perfettamente sferica, priva di irregolarità. Invece la Luna, come la Terra, era fatta di materiale irregolare ed imperfetto. Disegni di Galileo Galilei Foto del Poi Galileo osserva le fasi di Venere: come la Luna, Venere presenta fasi, esse testimoniano che Venere gira intorno al Sole e non alla Terra. Se l’osservazione della Luna fa cadere la diversità tra mondo terrestre e mondo sublunare, l’osservazione delle fasi di Venere fa vedere che quella di Copernico non era un’ipotesi matematica ma una verità fisica. Teoria sulle maree Nel 1616 Galileo Galilei scrisse il Discorso sul flusso e il reflusso del mare, egli cercò di spiegare le maree come risultato della rotazione e rivoluzione terrestre attorno al Sole, ritenendo che gli oceani si comportassero come l'acqua in una grande bacinella. La rotazione terrestre costringerebbe gli oceani alternativamente ad accelerare e ritardare. La teoria era però errata. Scoperta delle macchie solari – invenzione dell’elioscopio Galileo oscura la stanza e punta il cannocchiale verso il Sole, collocando, a circa 1 metro dall'oculare, un foglio di carta bianca. In tal modo il disco solare viene proiettato sul foglio. Per osservare le macchie solari con maggiore contrasto, Galileo dispone uno schermo oscurante intorno al foglio. A questo punto traccia col compasso un cerchio sopra il foglio e accostando o allontanando il foglio, trova la posizione nella quale l'immagine del Sole corrisponde perfettamente al cerchio. Registra quindi sul foglio le macchie. Gli oppositori (astronomi del vaticano) sostenevano che le macchie fossero sciami di astri rotanti intorno al Sole, mentre Galileo le considerava materia fluida appartenente alla superficie del Sole e ruotante intorno ad esso proprio a causa della rotazione stessa della stella. Fra il 1612 e il 1615 Galileo difese il modello eliocentrico e chiarì la sua concezione della scienza in quattro lettere private, note come "lettere copernicane". Il Saggiatore (1623) ll Saggiatore, nel quale con bilancia esquisita e giusta si ponderano le cose contenute nella Libra astronomica e filosofica di Lotario Sarsi Sigensano Nell’autunno del 1618 erano apparse tre comete. Orazio Grassi pubblicò un trattato, proponendo una spiegazione a questo fenomeno. Galileo rispose tramite un suo discepolo. Il Grassi, sotto lo pseudonimo di Lotario Sarsi, replicò, fingendo che il Sarsi fosse una persona diversa dal Grassi, scrisse il Saggiatore. Il titolo dell'opuscolo deriva dalla bilancia di precisione, il "saggiatore" appunto, con la quale gli orefici pesano l'oro, in contrapposizione alla grossolana "libra", con la quale il Grassi, secondo il parere di Galileo, pesa le opinioni, che esse siano proprie o altrui. L'ipotesi di Galileo che le comete fossero delle apparenze dovute ai raggi solari era sbagliata, mentre il Grassi, correttamente, affermava che esse erano corpi celesti. Ma Galileo aveva ragione nel sostenere che non era la scienza libresca del Grassi quella giusta, in quanto non fondata sulle esperienze, bensì sui libri degli antichi. Galileo invece si basava sul suo nuovo metodo scientifico, sull'osservazione e la sperimentazione. Celeberrima, in quest’ottica, è la metafora del “libro della natura”: esso sarebbe costituito, secondo Galilei, non da carta - come pare intendere il “Sarsi” - bensì da “triangoli, cerchi ed altre figure geometriche”, e solo chi si intende di matematica può essere in grado di leggerlo adeguatamente. Per questo motivo Il Saggiatore è di grande rilevanza nel moderno concetto di scienza. Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632) Ebbe da subito un enorme successo, ma la Chiesa, che dapprima ne aveva concesso la stampa, mutò radicalmente la sua posizione, inserendolo nell'Indice dei libri proibiti nel 1633. Dialogo che, confrontando le diverse opinioni degli interlocutori, gli avrebbe consentito di esporre le varie teorie correnti sulla cosmologia, e dunque anche quella copernicana, senza mostrare di impegnarsi personalmente a favore di nessuna di esse. Nel Dialogo i due massimi sistemi messi a confronto sono quello tolemaico e quello copernicano (Galileo esclude così dalla discussione l'ipotesi recente di Tycho Brahe) e tre sono i protagonisti: due sono personaggi reali, amici di Galileo, Salviati (1582-1614) e Sagredo (1571-1620), mentre il terzo protagonista è Simplicio, un personaggio inventato che richiama nel nome un noto, antico commentatore di Aristotele, oltre a sottintendere il suo semplicismo scientifico. Egli è il sostenitore del sistema tolemaico, mentre l'opposizione copernicana è sostenuta dal Salviati e, svolgendo una funzione più neutrale, dal Sagredo. ESPERIMENTO MENTALE Un esperimento mentale è un esperimento che non si intende realizzare nella pratica, ma viene solo immaginato: i suoi risultati non vengono, quindi, misurati sulla base di un esperimento fisico in laboratorio, ma calcolati teoricamente applicando le leggi della fisica. Esempio: Einstein per mostrare come, secondo la teoria della relatività ristretta, eventi che sono simultanei in un sistema di riferimento inerziale non lo sono in un altro descrive il paradosso dei gemelli. Altri esperimenti mentali sono i paradossi di Zenone (come Achille e la tartaruga). Il gran naviglio ‘’Salviati Riserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti; siavi anco un gran vaso d’acqua, e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca, che sia posto a basso: e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza; i pesci si vedranno andar notando indifferentemente per tutti i versi; le stille cadenti entreranno tutte nel vaso sottoposto; e voi, gettando all’amico alcuna cosa, non piú gagliardamente la dovrete gettare verso quella parte che verso questa, quando le lontananze sieno eguali; e saltando voi, come si dice, a piè giunti, eguali spazii passerete verso tutte le parti. Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia che mentre il vassello sta fermo non debbano succeder cosí, fate muover la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, né da alcuno di quelli potrete comprender se la nave cammina o pure sta ferma: voi saltando passerete nel tavolato i medesimi spazii che prima, né, perché la nave si muova velocissimamente, farete maggior salti verso la poppa che verso la prua, benché, nel tempo che voi state in aria, il tavolato sottopostovi scorra verso la parte contraria al vostro salto; e gettando alcuna cosa al compagno, non con piú forza bisognerà tirarla, per arrivarlo, se egli sarà verso la prua e voi verso poppa, che se voi fuste situati per l’opposito; le gocciole cadranno come prima nel vaso inferiore, senza caderne pur una verso poppa, benché, mentre la gocciola è per aria, la nave scorra molti palmi; i pesci nella lor acqua non con piú fatica noteranno verso la precedente che verso la sussequente parte del vaso, ma con pari agevolezza verranno al cibo posto su qualsivoglia luogo dell’orlo del vaso; e finalmente le farfalle e le mosche continueranno i lor voli indifferentemente verso tutte le parti, né mai accaderà che si riduchino verso la parete che riguarda la poppa, quasi che fussero stracche in tener dietro al veloce corso della nave, dalla quale per lungo tempo, trattenendosi per aria, saranno state separate; e se abbruciando alcuna lagrima d’incenso si farà un poco di fumo, vedrassi ascender in alto ed a guisa di nugoletta trattenervisi, e indifferentemente muoversi non piú verso questa che quella parte. E di tutta questa corrispondenza d’effetti ne è cagione l’esser il moto della nave comune a tutte le cose contenute in essa ed all’aria ancora, che per ciò dissi io che si stesse sotto coverta; ché quando si stesse di sopra e nell’aria aperta e non seguace del corso della nave, differenze piú e men notabili si vedrebbero in alcuni de gli effetti nominati: e non è dubbio che il fumo resterebbe in dietro, quanto l’aria stessa; le mosche parimente e le farfalle, impedite dall’aria, non potrebber seguir il moto della nave, quando da essa per spazio assai notabile si separassero; ma trattenendovisi vicine, perché la nave stessa, come di fabbrica anfrattuosa, porta seco parte dell’aria sua prossima, senza intoppo o fatica seguirebbon la nave, e per simil cagione veggiamo tal volta, nel correr la posta, le mosche importune e i tafani seguir i cavalli, volandogli ora in questa ed ora in quella parte del corpo; ma nelle gocciole cadenti pochissima sarebbe la differenza, e ne i salti e ne i proietti gravi, del tutto impercettibile. Sagredo: Queste osservazioni, ancorché navigando non mi sia caduto in mente di farle a posta, tuttavia son piú che sicuro che succederanno nella maniera raccontata: in confermazione di che mi ricordo essermi cento volte trovato, essendo nella mia camera, a domandar se la nave camminava o stava ferma, e tal volta, essendo sopra fantasia, ho creduto che ella andasse per un verso, mentre il moto era al contrario. Per tanto io sin qui resto sodisfatto e capacissimo della nullità del valore di tutte l’esperienze prodotte in provar piú la parte negativa che l’affirmativa della conversion della Terra’’ Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo Scontro con la chiesa e gli ultimi anni Nel 1615 Galileo fu denunciato al Santo Uffizio per la pericolosità delle sue teorie in quanto contraddiceva le Sacre scritture. Nel 1616, iniziò il primo processo a Galileo, ma qualcuno introdusse nel verbale del processo un atto dove si obbligava lo scienziato a non insegnare le teorie di Copernico. Carta di cui non si seppe nulla fino al 1633, quando si aprì il secondo processo a Galileo in seguito alla pubblicazione del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. Lo scienziato aveva inviato il suo manoscritto a Roma alla fine del 1629 per ottenere il permesso alla pubblicazione. L’inquisitore lo concesse, previa una revisione del libro, che Galileo fece solo in parte. Fu allora che i suoi nemici tirarono fuori gli atti falsificati della prima serie di udienze, e lo scienziato fu accusato di eresia e condannato. Da una serie di documenti presenti negli archivi vaticani si evince come a salvare dal rogo lo scienziato fu proprio il cardinal Bellarmino, il primo accusatore (ma anche caro amico di Galileo), che scrisse di suo pugno “Galilei non è eretico”. Quando si aprì il secondo processo Galileo era ormai anziano, la sua salute malferma. Solo il 12 aprile 1633 l’inquisitore lo interrogò (in latino) e lui poté rispondere (in italiano). Gli interrogatori si susseguirono per settimane fino al 21 giugno, giorno dell’ultima udienza: minacciandolo di tortura, gli chiesero se sostenesse ancora la teoria eliocentrica: «Tenni, sì come tengo ancora, per verissima e indubitata l’opinione di Tolomeo, cioè la stabilità della Terra e la mobilità del Sole” fu l’arrendevole risposta. Il giorno dopo gli inquisitori lessero a Galileo, genuflesso, la sentenza: «Ti sei reso a questo Santo Offizio veementemente sospetto d’eresia, d’aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine scritture, ch’il Sole sia centro della Terra e che non si muova [...] e che la Terra si muova e non sia centro del mondo. [...] Ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de’ Dialoghi e ti condaniamo al carcere». Per salvare la vita, lo scienziato abiurò: «Io Galileo inginocchiato avanti di voi [...] con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie [...] questo dì 22 giugno 1633». Continuò a scrivere e studiare e morì nel 1642 nella sua casa-prigione di Arcetri.