FRATTURE SOVRACONDILOIDEE DI OMERO Epidemiologia : 2-6 % di tutte le fratture (il 30% di quelle di gomito) negli adulti Incidenza > Maschi giovani e femmine anziane Meccanismo traumatico – sport e incidenti stradali nei giovani; traumi a energia (trauma diretto sul gomito o caduta sul palmo della mano) negli - Fx in flessione: per trauma diretto in regione posteriore e inferiore con gomito flesso (115°-145°) - Fx in estensione: trauma indiretto sulla mano atteggiata a difesa (flessione 40°-60°) - Fx capitulum humeri: trauma indiretto sulla mano atteggiata a difesa a gomito esteso Classificazione: A – fratture extra-articolari (le A1 sono da avulsione del condilo e della e si associano di solito a lussazione - il trattamento di questa ha la B – fratture parzialmente articolari (monocondiloidee) C – fratture articolari complete (bicondiloidee); rappresentano il 96% delle fratture dell’omero distale! (N.B. nel 26% delle fratture tipo C c’è un danno incompleto del n. ulnare) Classificazione alternativa è quella di Jupiter: 1. fratture extra-articolari ed extracapsulari; 2. fratture intra-capsulari ed extra-articolari; 3. fratture intra-capsulari ed intra-articolari. Caratteristica di questa classificazione è l’individuazione della colonna laterale e della colonna mediale della paletta omerale e la suddivisione delle fratture articolari in mono- o bi-colonnari. Classificazione di Mehne e Matta delle fratture bicolonnari (utile per il planning preoperatorio perchè pone l’accento sulle caratteristiche anatomiche della lesione in relazione alle colonne scheletriche): A T alta A T bassa AY Ad H A lambda mediale A lambda laterale Inquadramento diagnostico: 1. Anamnesi 2. Esame Obiettivo (importante: neuro-vascolare!) 3. Rx standard AP e laterale (+/- oblique) 4. TC con ricostruzioni 2D e 3D Trattamento: (I gruppo Jupiter) Fratture composte o scomposte <3mm Fratture scomposte tutore articolato BAM x 3-4 settimane osteosintesi + BAM x 2gg + FKT autogestita +/- (II gruppo Jupiter) Osteosintesi “open” (accesso posteriore - placca e viti) Pz anziano/osteoporosi/chirurgia controindicata (+ apparecchio gessato!) osteosintesi “minima” (III gruppo Jupiter) Riduzione a cielo aperto e osteosintesi con placca e viti Fratture stabili composte/elevato rischio operatorio/gravi lesioni neurologiche trattamento incruento (gesso o tutore per 20-30gg + cauta rieducazione funzionale) elevato rischio di scomposizione secondaria, pseudoartrosi, rigidità! OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO CRUENTO: 1. Riduzione anatomica 2. Sintesi stabile 3. Mobilizzazione precoce (poiché il gomito dell’adulto tende alla rigidità) Anatomia chirurgica: l’omero distale è costituito da due colonne e dalla troclea centrale a formare un triangolo. La colonna laterale è costituita anteriormente dal capitulum humeri mentre posteriormente non ha cartilagine articolare e può essere usata come sede di placca. La colonna laterale si incurva anteriormente con il centro di rotazione (30°) quindi l’applicazione di una placca dritta sulla superficie laterale rischia di raddrizzarne la parte distale. La troclea a forma di rocchetto si trova in posizione centrale più che mediale ed il suo asse di rotazione si trova più avanti rispetto alla diafisi omerale. L’articolazione ulno-trocleare si muove lungo un singolo asse di rotazione permettendo la flesso-estensione. N. B. Attenzione a non bloccare le fosse olecraniche, l’apofisi coronoide ed il capitello radiale con mezzi di sintesi! E’ fondamentale ricostruire entrambe le colonne per garantire la stabilità del gomito! Legamenti collaterali sono essenziali per la stabilità (soprattutto il mediale è vulnerabile: attenzione a un’eccessiva dissezione chirurgica!). Posizione del paziente: (compatibilmente con le condizioni cliniche generali ed eventuali lesioni associate) Decubito laterale, con braccio appoggiato su un supporto di ca. 4 cm che permette la flessione del gomito a 120° Decubito prono, con braccio su supporto radiotrasparente Posizione supina (con braccio sostenuto da piccola tavola) - preferibile nelle fratture tipo B3 che necessitano di un’esposizione laterale più estesa. Vie di accesso: L’incisione posteriore sulla linea mediana consente di evitare importanti rami nervosi cutanei e dà accesso a tutte le parti del gomito. L’incisione laterale diretta può essere usata nelle fratture isolate del capitello e della troclea. Esposizione per le fratture extra-articolari Campbell – si divarica il tricipite brachiale sulla linea mediana con sollevazione dalla parte posteriore dell’omero e dell’olecrano Allonso-Llamas – solleva il tricipite. L’inserzione sull’olecrano non viene toccata mentre è mobilizzato dall’omero posteriore attraverso due finestre laterale e mediale Esposizione per fratture articolari Osteotomia dell’olecrano (permette di mobilizzare il tricipite brachiale o da un lato o prossimalmente offrendo un’eccellente esposizione dell’omero distale) – è l’unica che può essere estesa e dà un’esposizione eccellente. Si preferisce un’osteotomia Chevron orientata distalmente che è più stabile di una osteotomia trasversale. Si inizia con una sega oscillante e completata fratturando l’osso subcondrale con un osteotomo; la frammentazione della corticale anteriore facilita il riposizionamento e aumenta la stabilità della fissazione (due fili di K e cerchiaggio a 8 posti necessariamente sotto il tricipite) grazie all’interdigitazione dei frammenti. Può avere complicazioni legate alla creazione, fissazione e guarigione dell’osteotomia. Bryan/Morrey e Trap (Triceps –Reflecting -Anconeus Pedicle) – sollevano il tricipite ma comportano il rischio di avulsione del tricipite e debolezza nell’estensione terminale. Riduzione : Approccio tradizionale: si riparano per primi i frammenti articolari fissandoli tra loro con viti in compressione interframmentaria. Poi si uniscono con placche la troclea ed il capitello ricostruiti alla diafisi omerale. Alternativa: si fissano provvisoriamente tutti i frammenti alla diafisi con fili di K e poi si applicano placche e viti. In questo caso la riduzione deve iniziare dalla colonna con il quadro più semplice di frattura (è la tecnica migliore per le fratture a lambda: il frammento più grande viene fissato alla diafisi e via via i frammenti piccoli uno a uno). Fratture A1- la fissazione non è generalmente necessaria poiché la lesione principale è la lussazione. Per i frammenti più grandi si usano viti da 3,5 o 4,0 mm (meglio dei fili di K). Fratture B- nelle fratture parziali isolate della colonna laterale o mediale si può usare una placca o solo viti. In quelle articolari da avulsione del capitello o della troclea si usano viti senza testa, viti a testa svasata, piccoli fili di K filettati o pin riassorbibili. Fratture A2, A3, C- le fratture articolari complete o di entrambe le colonne vengono stabilizzate con due placche posizionate parallele (una mediale e una laterale) o ortogonali (postero-laterale e mediale). In parallelo si hanno maggiori vantaggi soprattutto nelle fratture molto basse o in quelle con estesa frammentazione articolare mentre la disposizione ortogonale garantisce maggiore robustezza. Tipi di placche: Placche da ricostruzione da 3,5 - facili da modellare LC-DCP (placche a compressione dinamica a contatto limitato) - più robuste Placche LCP (incorporano viti LHS a testa bloccata che forniscono stabilità angolare) - utili in fratture colonnari molto basse, grave comminuzione, osso di bassa qualità L’artroplastica totale di gomito è appropriata solo in pazienti con limitate esigenze funzionali o con preesistente artrosi del gomito, ORIF impossibile, grave comminuzione articolare, età >60aa. Tecniche chirurgiche: PLACCA “A 90 GRADI” (ortogonali) 1. Ricostruire la superficie articolare (sintesi temporanea con fili di K, viti libere ed Herbert per piccoli frammenti, innesti nelle perdite di sostanza) 2. Fissare i condili alla diafisi (sintesi temporanea con fili di K, poi placca ulnare mediale e radiale posteriore) PLACCHE “PARALLELE” Numerose viti interdigitate (NO libere!) Le 2 placche e le viti interdigitate creano l’equivalente architettonico di un arco, in cui la chiave di volta è rappresentata dalla superficie articolare sorretta dalle viti Lo scopo, quando possibile, è di collocare in ogni placca due o preferibilmente tre viti sopra e sotto la frattura. Se i frammenti articolari anteriori (troclea e capitello) non si adattano bene probabilmente c’è un affondamento della colonna laterale che deve essere corretto e fissato con una placca. Complicanze : Lesioni nervose – possono essere colpiti tutti e tre i principali nervi che attraversano il gomito (ulnare, radiale, mediano). Neuroaprassia e assonotmesi (trazione, contusione e intrappolamento) sono più frequenti rispetto alle lacerazioni. Il nervo ulnare è il più colpito sia nel momento del trauma che durante l’intervento chirurgico. È più a rischio con la via d’accesso con lembo tricipitale. La neuroaprassia dell’ulnare è frequente ma raramente persistente, mentre in caso di paralisi c’è indicazione al trattamento con neurolisi e trasposizione. Il radiale è a rischio con la via trans-tricipitale quando estesa troppo prossimalmente. Viziosa consolidazione – può avvenire a livello della metafisi omerale distale colonnare o a livello della superficie articolare per riduzione insufficiente della frattura. La deformità che consegue una cattiva riduzione trans-colonnare può avvenire in qualsiasi dimensione (procurvato/recurvato e varo/valgo) e può causare una perdita di mobilità in flesso estensione (la prima) e una significativa deformità estetica, instabilità o neuriti dell’ulnare (la seconda). Infezione – rara. Si tratta con debridment seriati ed antibiotici ev. Gli impianti possono essere lasciati se non allentati. Rigidità ed ossificazione eterotopica – il gomito è soggetto a rigidità dopo un trauma a causa dell’alto grado di congruenza dell’articolazione e della vicinanza del muscolo brachiale, anteriormente alla capsula, che forma tessuto cicatriziale e osso eterotopico dopo il trauma. Il ritorno ad un completo ROM è raro. Tra i fattori di rischio abbiamo i gravi traumi dei tessuti molli e dei t. ossei soprattutto della superficie articolare, chirurgia tardiva, età avanzata e immobilizzazione prolungata dopo l’intervento. La causa più frequente è la contrattura della capsula. Un fattore estrinseco che può contribuire alla rigidità postraumatica è l’ossificazione eterotopica che può essere favorita da traumi cranici, gravi lesioni ossee e dei tessuti molli e chirurgia ritardata. Osteoartrosi – è più frequente se la frattura è stata inizialmente trattata in modo incruento o non è stata ripristinata la congruenza articolare con l’intervento chirurgico. Il collasso precoce della superficie articolare nonostante una sintesi adeguata fa sospettare un’osteonecrosi. Instabilità – non è un problema comune dopo questo tipo di fratture quando i legamenti collaterali sono intatti ed è ripristinata la congruenza articolare. È più frequente la rigidità da cicatrizzazione capsulare e fibrosi.