Uploaded by Paolo Rosati

Le celle monastiche sublacensi nel medioevo

TEORIA E PRATICA DEL LAVORO
NEL MONACHESIMO ALTOMEDIEVALE
Atti del Convegno internazionale di studio
Roma - Subiaco, 7-9 giugno 2013
a cura di
LETIZIA ERMINI PANI
FONDAZIONE
C E NTR O I TALI ANO DI STUDI
S ULL’ALTO M E DIOE VO
S POLETO
2015
INDICE
MAURO MEACCI, Presentazione ........................................
Programma del Convegno internazionale ....................
pag. VII
»
IX
»
X1
»
29
»
37
»
57
»
71
»
89
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119
»
141
»
163
ALBA MARIA ORSELLI, Del lavoro monastico - o dei monaci e il
lavoro? (tardoantico e alto medioevo) ...............................
GIOVANNI SPINELLI, San Benedetto d’Aniano e il lavoro mona-
stico nel suo tempo ........................................................
GLAUCO MARIA CANTARELLA, Inutile et ociosum opus: il
labor a Cluny .............................................................
FRANCO DE VIVO, Rappresentazioni del lavoro intellettuale nei
monasteri inglesi dell’alto medioevo ................................
FRANCESCO SANTI, Cultura politica e spiritualità nel liber de
cultura hortorum (hortulus) di Walahfrido Strabone.
Un’ipotesi di lettura .....................................................
MARIA CARLA SOMMA, …Cum ingenti toedio et labore…
(Chronicon Casauriense, RIS II, 2, coll. 797-798) scriptoria, biblioteche ed archivi nei monasteri benedettini altomedievali ................................................................
GIUSEPPA G. ZANICHELLI, La strutturazione del lavoro all’interno
dello scriptorium ........................................................
FRANCESCA ROMANA STASOLLA, Celle e dipendenze per l’orga-
nizzazione del lavoro monastico in area laziale .................
CHIARA CARLONI, Celle e dipendenze del monastero di Farfa in
area laziale ..................................................................
VI
INDICE
PAOLO ROSATI, Celle e dipendenze del monastero dei S.S. Sco-
lastica e Benedetto in area laziale .................................... pag. 191
GIULIA MAGGIORE, Celle e dipendenze del monastero del San
Salvatore al Monte Amiata in area laziale ...................... » 213
FEDERICO MARAZZI, I luoghi della produzione artigianale nei
monasteri altomedievali europei. Un excursus sulla base delle
fonti scritte e archeologiche ........................................... » 231
PAOLA GALETTI, I mulini monastici tra IX e XI secolo: tecnolo-
»
267
»
293
»
321
»
347
»
395
e scelte insediative del monachesimo benedettino nella Marittima medievale. Un caso di studio .........................
»
425
SONIA ANTONELLI, Impianti di produzione ceramica in ambito
monastico: alcune considerazioni ..................................
»
453
gia e organizzazione del lavoro e della produzione .............
FABIO REDI, Da Equizio alle grance del XII secolo. I monaci be-
nedettini e la pastorizia nel territorio aquilano ..................
MICHELE VOLTAGGIO, Perambulatio per monasteria. Acco-
glienza monastica lungo le vie di pellegrinaggio in terra
santa ..........................................................................
LUCHINA BRANCIANI, Vere monachi sunt si labore manuum
suarum vivunt (R.S.B. , ): la Regula Sancti Benedicti nella narrazione delle Cronache Sublacensi tra l’alto
medioevo e l’età moderna .............................................
MARIANNA CERNO, Ora, lege et labora: martiri, monaci e la-
voro nell’agiografia dell’alto medioevo italiano ....................
PIO F. PISTILLI - GIOVANNI BARCO, Lavoro, economia, strutture
PAOLO ROSATI
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO
DEI S.S. SCOLASTICA E BENEDETTO IN AREA LAZIALE
L’obiettivo di questa indagine è di analizzare strutturazione documentaria delle citazioni, problemi di natura lessicale, tipologia delle attestazioni della proprietà e la loro durata e posizionamento strategico nel controllo delle acque e delle popolazioni dei possessi sublacensi. La ricerca è stata approntata tenendo in considerazione la
lettura dei documenti con particolare attenzione su indicatori, vettori, attori e tecnologie, organizzati nel medioevo per il lavoro dai
monaci di Subiaco nel centro del Lazio (Fig. 1).
Fig. 1 - Area di indagine del gruppo di ricerca, l’unione e il posizionamento delle celle e
dipendenze dei più grandi monasteri del Lazio sono stati effettuati tramite Quantum Gis.

PAOLO ROSATI
Alcuni dati sulla consistenza della citazione ecclesiastica nel Regesto Sublacense sono utili per comprendere meglio il dato analizzato e alcune statistiche preliminari.
Sono presenti all’interno del corpus del Regesto 264 citazioni riguardanti proprietà ecclesiastiche del monastero di subiaco tra IX e
XII secolo.
Le ecclesiae di proprietà del monastero sono 172, i monasteri 51,
mentre 34 sono le cellae. In totale sono 264 i passi di testo in cui si
parla di proprietà ecclesiastiche sublacensi nel Regesto. (Fig. 2).
Fig. 2 - Dati statistici percentuali, presi nell’analisi intero corpus del Regesto Sublacense. I risultati riguardano la suddivisione delle dipendenze dei S.S. Scolastica e Benedetto nel Lazio.
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO DEI SS. SCOLASTICA

Sono in tutto 150 i luoghi sacri individuati nel corpus e tuttavia
di questi luoghi citati sono circa 100 le dipendenze menzionate e facenti parte dei possessi di Subiaco tra IX e XII secolo (Fig.2).
Vi sono sostanziali differenze di dotazioni e potenziamenti fondiari tra le tre classi principali di citazione appena elencati (Fig.3).
Fig. 3 - Dati percentuali divisi per epoca a partire dal IX e giungendo al XII secolo. Da notare il sostanziale immobilismo percentuale tra X e XII secolo è segno di un meccanismo
di organizzazione del lavoro, con partizioni che evidenziano le strutture coinvolte nella
gestione del territorio in base al ruolo specifico di ogni dipendenza.

PAOLO ROSATI
Le ecclesiae, presenti in donazioni singole effettuate al monastero, sono divisibili in due gruppi: fondazioni prive di beni fondiari
associati, chiese con piccoli appezzamenti di terreno affiancati a petiole de vinea. Per il primo gruppo, la comparsa e la scomparsa dal
corpus di documenti di queste chiese, ha un ritmo molto intenso al
punto che si può ipotizzare il ruolo di oggetto di scambio, in un processo di “monetizzazione” dell’edificio sacro. Queste vengono confermate dai pontefici tramite privilegia o fatte oggetto di donazione
tra possidenti terrieri e monastero, invece di legittimazione territoriale, diritti su altre proprietà o per motivi devozionali.
Dall’analisi di queste dinamiche è evidente come il potere del
Monastero Sublacense nella Valle Dell’Aniene si affermò in un territorio la cui cristianizzazione era già stata ampliamente avviata, con
processi che traggono la loro origine nell’opera di evangelizzazione
delle genti aniensi di San Benedetto nel V secolo e da fondazioni ecclesiastiche di IV-V secolo ad opera di evergeti per conto delle diocesi di Tibur e Praeneste.
A fronte di questo, la tardiva ricomposizione della documentazione sublacense è capace di offrire dati storici di sicura analisi solo
a partire dal IX secolo i quali mostrano come vennero gradualmente colonizzate dai monaci, in concorrenza con il potere diocesano, le
strutture ecclesiastiche con o senza fondi lungo tutto il medio e basso corso del fiume Aniene (Fig.4).
Procedendo per gradi di densità, l’occupazione sistematica delle
preesistenti strutture ecclesiastiche da parte del monastero, all’interno di quelli che divennero nell’XI secolo i confini delle Terre Immuni Sublacensi, ebbe lo scopo di controllare la cura animarum delle popolazioni di coloni che abitavano nei fundi attorno alle ecclesiae. Vanno inoltre assegnati alle ecclesiae ruoli che vanno dal controllo di alcuni punti topografici essenziali 1, al quale si affianca la ge1. Presso incroci e arterie principali tra cui ad esempio S. Maria di Roviano le cui citazioni qui sono in ordine cronologico, Il Regesto Sublacense dell’XI secolo, a cura di L.
ALLODI - G. LEVI, Roma, 1889 (d’ora in avanti abbreviato R.S.), doc. 14, p. 34; doc. 10, p. 21;
doc. 15, p. 39; doc. 21, p. 56. Il presente intervento si inserisce nel progetto del XXVIII ciclo di dottorato portato avanti da chi scrive per l’Università dell’Aquila sotto la guida del
Professor Fabio Redi, dal titolo “Il Regesto Sublacense: analisi topografica e archeologica”.
L’analisi dei dati qui presentati è stata approntata assieme ad un gruppo di ricerca coordi-
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO DEI SS. SCOLASTICA

Fig. 4 - Posizionamento e distribuzione spaziale dei differenti tipi di dipendenze
sublacensi nel Lazio del IX secolo.
stione diretta dei patrimonia limitrofi in completa continuità con il
sistema fondiario tardo-romano. Nei secoli IX e X la popolazione era
raggruppata in insediamenti costruiti in prossimità della terra da coltivare. Il paesaggio agricolo era composto da piccole cellule agricole dette fundi, raggruppate in vaste proprietà terriere citate con il
nome di massae. I coloni coltivavano terre fertili il cui spazio è estremamente limitato da silvae, paludi (pantani) ed incoltum.
Nel X secolo il Monastero rafforzò il suo potere sulla fascia di aggregazione fondiaria immediatamente fuori dalle terre sublacensi
propriamente dette. In questi territori venne mantenuto saldo il controllo demico, cultuale e fiscale delle proprietà sublacensi in Afile 2,
nato dalla prof. Francesca Romana Stasolla, che ha coinvolto le dottoresse Chiara Carloni
e Giulia Maggiore, a loro va il mio ringraziamento per i preziosi spunti ed i proficui dialoghi. Dall’analisi dei documenti contenuti nel Regesto Sublacense sono state estrapolate tutte le citazioni documentarie riguardanti le dipendenze ecclesiastiche sublacensi.
2. In Afile viene eretto un complesso religioso circondato da un numero considerevo-
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PAOLO ROSATI
nella Massa Iubenzana 3 e Ampollonia 4 proprio attraverso una fitta
colonizzazione della rete ecclesiastica. L’utilizzo delle chiese per gli
scopi sopra preposti venne meno a stretto contatto con le antiche civitates sedi diocesane di Praeneste e Tibur (Fig.5).
Fig. 5 - Posizionamento e distribuzione spaziale dei differenti tipi di dipendenze
sublacensi nel Lazio del X secolo.
le di fondi, S. Angelus in cicerara, edificato su una cisterna romana i cui resti sono ancora
presenti e visitabili nel centro abitato di Affile. Dalle citazioni che lo riguadano sembra divenire presto centro della socialità e dell’economia del circondario. S.Angelo in cicerara viene infatti detto cella nel 967, importanza che va deteriorandosi poi all inizio dell’XI secolo
quando viene restaurato per volontà imperiale ed infine rilanciato per volontà degli Abati
Sublacensi, tramite la trasformazione in monastero. In particolare, dopo la sua fondazione,
la cella di S.Angelo in cicerara venne restaurata con finanziamento e per concessione fatta
dall’Imperatore Ottone III al Monacho Petrus Presbiter a partire dal 10 Agosto 999. Nel documento 193 del 1013 ritroviamo al suo posto un monastero. È evidente come la nuova fase di cantiere abbia coinvolto l’allargamento della struttura ecclesiastica ed il potenziamento volto all’attività monastica. In particolare si riferiscono alla sola struttura della ecclesia di
S.Angelo in Cicerara, i passi trascritti nel R.S. (nota 1), doc. 12, p. 29; doc. 14, p. 36; doc. 192,
p. 230; doc. 193, p. 23; doc. 21, p. 61.
3. Ad esempio S.Anatolia presso Gerano: R.S. (nota 1), doc. 17, p. 48.
4. In particolare S. Martinus detto anche Ss. Martinus Benedictus et Anastasius le cui
fonti in ordine cronologico sono: R.S. (nota 1), doc. 12, p. 28; doc. 14, p. 35; doc. 10, p. 24;
doc. 15, p. 42; doc. 21, p. 59.
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO DEI SS. SCOLASTICA

Nel corso del XI secolo nei pochi luoghi dove le chiese costituirono le uniche strutture di aggregazione demica, ovvero in quelle
poche aree che non presero parte l’imponente fenomeno dell’incastellamento sublacense di X- XI secolo, le chiese assunsero il controllo e la gestione di tecnologie molitorie, di coltivazioni diversificate ed ampie nel loro territorio di appartenenza 5.
Negli altri territori, si nota un graduale concentramento delle risorse e delle popolazioni attorno a fundi, montes, casalia o villae, che
nel XI secolo troviamo trasformati in castra, indice e sinonimo di un
progressivo avvicinamento all’attività di incastellamento (Fig.6).
Fig. 6 - Posizionamento e distribuzione spaziale dei differenti tipi di dipendenze sublacensi nel Lazio del XI secolo. Da notare come a Roma si sia formato un ravvicinato schema
composto da una cella, un monastero e chiese limitrofe.
Sono dieci i monasteri posseduti da S.S. Benedetto e Scolastica
secondo i cartulari del Regesto e la maggior parte di queste citazio-
5. S. Giorgio di Riofreddo R.S. (nota 1), doc. 10, p. 23; doc. 15, p. 41; doc. 21, p. 58.

PAOLO ROSATI
ni è estremamente tardiva e databile al XII secolo 6 (Fig.7). Questo
accade nonostante l’elevato numero delle citazioni di monasteria pre-
Fig. 7 - Posizionamento e distribuzione spaziale dei differenti tipi di dipendenze sublacensi
nel Lazio del XII secolo.Va notato come la disposizione sistematica composta tra: monastero,
cella e chiese presente a Roma nell’XI secolo è ora presente a Tivoli, Gallicano e Paliano.
senti nel Regesto Sublacense faccia supporre il contrario; la maggior
parte dei documenti in cui ricorrono nomi di monasteri contengono atti diplomatici di Subiaco con altre entità monastiche laziali che
6. S.Angelus Monasterio Marsicano citato nel X-XI secolo R.S. (nota 1), doc. 14, p. 37;
doc. 21, p. 58; S. Angelus Monastero in Afile citato tra XI e XII secolo R.S. (nota 1), doc.
193, p. 231; doc. 183, p. 224; S. Antoninus presso le acque albule di Tivoli citato nel XII secolo R.S. (nota 1), doc. 183, p. 224; S. Crux et Antoninus fuori le mura della città di Tivoli
citato nell’XI secolo, R.S. (nota 1), doc. 21, p. 60; S. Erasmo in Celio Monte a Roma citato tra X e XII secolo (vedi intera bibliografia nota 9); S. Iohannes in Fundo Coniano citato nel XII secolo R.S. (nota 1), doc. 183, p. 224; S. Pastor in Galliacano citato nel XII secolo R.S. (nota 1), doc. 183, p. 224; S. Quintus in Anticoli di Campagna nel XII R.S. (nota 1),
doc. 183, p. 224; S. Sebastianus di Paliano citato nel XII secolo R.S. (nota 1), doc. 183, p. 224;
S. Michael Arcangelus in Barreia presso il fiume Sangro citato tra X e XII secolo R.S. (nota 1), doc. 3, p. 5; doc. 21, p. 58.
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO DEI SS. SCOLASTICA

non sono possessi di S.S. Scolastica e Benedetto ma tramiti o destinatari di scambio nelle trattazioni fondiarie (Fig. 8).
Fig. 8 - Dipendenze sublacensi nella città di Roma tra IX e XII secolo.
Diversamente da quanto accade per le ecclesiae il monastero di
Subiaco finanzia, costruisce, media e dota monasteri 7. Citazioni di
monasteria sono presenti con dotazioni ingenti di possessi 8.
7. « Idest iiii” In integrum sibi inuicem domora iunctas . Cum inferioribus et superioribus earum a solo et usque ad summe tecta . Cum oratorium sancti theodori christi martyris . ad monasticam conuersationem que sine dubio ibidem faciatis prout tibi uidetur . quia
melius michi uidetur de mo- nachis quam fortasset de monache ; Et nulla laicaris coniugalis dicione umquam ibi abitentur . nisi fortasset propter hora . Item et cortis duabus . Unam quidem minore et altera maiore Cum furnu et metatu . et ortuo malore uineatum cum
arboribus suis In integrum . Antea unum minore et alterum maiore uidebatur esse . Cum
introita earum per porta maiore et per posterule; Et quia his omnibus locis ad monastenum
construendum ponamus (2) cum omnibus eorum pertinentiis . posita rome regione . iii .
Iuxta porta maiore (3) »: R.S. (nota 1), doc. 152, p. 171.
8. Da Marozia viene ceduto al monastero Sublacense l’Oratorio di S.Theodoro, la monaca indica che venga trasformato in monastero, a questo proposito dona anche altre case
vicine all’oratorio di cui una con forno e metatu. R.S. (nota 1), doc. 122, p. 171. Per l’intera cronologia dell’interessante evoluzione dell’oratorio e chiesa di S.Theodoro fino alla ri-

PAOLO ROSATI
Oltre alla semplice rendita fondiaria in più di un caso i cenobi amministrano terre coltivate in maniera diversificata e spesso sono affiancati da rendite cospicue dovute a differenti casi di sfruttamento
fondiario. Il monastero di S. Erasmo a Roma ne è un esempio. Leggendo la sua cronistoria 9 si nota da subito la modalità di incameramento del monastero celimontano. S. Erasmo nasce come monastero
indipendente con il suo abate, il suo archivio, la sua chiesa, possedimenti propri, sue cellae ed ecclesiae a Roma e Suburbio. Quando Subiaco nel 938 lo incamera assieme a tutte le sue pertinenze 10, ne elenca le proprietà, ne incorpora l’archivio e inizia a gestirle come emanazione diretta del potere temporale e spirituale sublacense in Roma.
Come vedremo non è affatto un caso che quando nel Regesto nel 997
e nel 1024 viene descritta la struttura di S. Erasmo i monaci di Subiaco usino il termine cella 11: si documentò così il diretto controllo da
parte della casa madre e gli si affidò la gestione produttiva dei fondi
detenuti a Roma. Il terzo livello di citazione riguarda infatti le Cellae monastiche. Dall’analisi dei documenti sono state citate 19 fondazioni di celle appartenute al Monastero Sublacense. Molti sono i livelli
di interesse per questo tipo di citazioni.All’interno del Regesto ogni
citazione di cella corrisponde ad una proprietà sublacense. Dato di
notevole interesse è il posizionamento topografico di queste strutture, nessuna cella è inserita all’interno dei confini delle Terre Immuni
Sublacensi 12. Questo eleva le cellae ad emanazioni dirette del potere
chiesta di potenziamento in monastero e alla successiva mancata trasformazione da parte del
Monastero Sublacense: R.S. (nota 1), doc. 27, p. 67; doc. 121, p. 169; doc. 122, p. 171; doc. 3,
p. 6; doc. 12, p. 29; doc. 14, p. 36; doc. 10, p. 25; doc. 15, p. 43; doc. 21, p. 60.
9. TraVIII e XII secolo in ordine strettamente cronologico la storia di S. Erasmo e delle sue proprietà è contenuta in: R.S. (nota 1), doc. 145, p. 196; R.S. (nota 1), doc. 111, p. 158;
doc. 55, p. 95; doc. 31, p. 71; doc. 87, p. 132; doc. 83, p. 127; doc. 116, p. 163; doc. 116, p. 164; doc.
24, p. 63; doc. 35, p. 74; doc. 103, p. 148; doc. 123, p. 172; doc. 26, p. 66; doc. 90, p. 135; doc. 119,
p. 167; doc. 3, p. 6; doc. 88, p. 133; doc. 12, p. 29; doc. 14, p. 36; doc. 66, p. 109; doc. 28, p. 90;
doc. 59, p. 100; doc. 114, p. 161; doc. 136, p. 186; doc. 68, p. 111; doc. 84, p. 129; doc. 105, p. 15;
doc. 13, p. 32; doc. 82, p. 126; doc. 10, p. 24; doc. 104, p. 150; doc. 53, p. 92; doc. 15, p. 43; doc.
100, p. 144; doc. 102, p. 147; doc. 106, p. 152; doc. 101, p. 145; doc. 98, p. 143; doc. 57, p. 98; doc.
72, p. 115; doc. 107, p. 153; doc. 21, p. 60; doc. 77, p. 120; doc. 29, p. 69; doc. 183, p. 224.
10. R.S. (nota 1),doc. 24, p. 63.
11. Per il 997 R.S. (nota 1), doc. 13, p. 32, per il 1024 doc. 106, p. 152.
12. Le celle monastiche citate sono le seguenti: S. Angelo in Afile X-XI secolo R.S.
(nota 1), doc. 3, p. 6; doc. 21, p. 61. S.Angelo in Petra a Paliano XI-XII secolo R.S. (nota 1),
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO DEI SS. SCOLASTICA

sublacense nella diocesi in cui queste si trovavano. Inoltre di rimando
possiamo riferire al monastero di S.S. Scolastica e Benedetto le funzioni produttive e delle cellae all’interno delle Terre Immuni.
Passando al vaglio le citazioni di cellae troviamo diversi punti di
interesse sul lavoro monastico.
La cella veniva fondata e costruita da un monaco, succede così per
Palumbus fondatore per il monastero di S.Angelo in territorio marsicano di una: « cellam in honore sancti benedicti et sancti felicis .
quam a nouiter construxit palumbus presbiter et monachus eiusdem
monasterii cum omnibus ad easdem ecclesias uel corte sua in integrum pertinentibus in uniuerso marticano territorio »; successivamente incamerata da Subiaco nel 967 13.
Le cellae potevano essere fondate e dotate anche da famiglie di nobili evergeti, così come accadde a Roberto da Curcumello e Antiochia
coniugi, i quali rinunciarono all’annua rendita dovuta dalla chiesa di
San Benedetto de Rivo de Merula, essendo la cella di proprietà sublacense ed Aloisa, figlia dei dedicatari, la governatrice della cella stessa 14.
Le cellae potevano avere funzioni molto diverse tra di loro con aldoc. 21, pp. 60-61; R.S.( nota 1), doc. 183, p. 224; S. Barbara o S.S. Barbara e Anastasio in Tivoli X-XII secolo R.S. (nota 1), doc. 17; p. 48; doc. 166, p. 212; doc. 3, p. 6; doc. 12, p. 28; doc.
14, p. 35; doc. 13, p. 32; doc. 15, p. 42; doc. 21, p. 59; doc. 183, p. 224. S. Benedictus in Passerano XI-XII secolo R.S.(nota 1),, doc. 10, p. 24; doc. 15, p. 42; doc. 21, p. 60; doc. 183, p. 224.
S. Benedictus de Rivo de Merula XII secolo R.S. (nota 1), doc. 151, p. 199. S.S. Benedictus et Felix in Marsicano X secolo R.S.( nota 1), doc. 3, p. 5. S. Benedictus quae vocatur Angeli in Rundiniano X secolo R.S. (nota 1), doc. 3, p. 6; doc. 21, p. 61. S. Benedictus qui modo S. Crux dicitur in Osa XII secolo R.S. (nota 1), doc. 183, p. 224. S. Crux di Quintiliolo presso Tivoli XI secolo R.S. (nota 1), doc. 10, p. 24; doc. 15, p. 42; doc. 21, p. 60. S. Erasmus in Coelio Monte in Roma X-XI secolo R.S. (nota 1), doc. 13, p. 32; doc. 106, p. 152.
S. Euticius in Marsi X-XI secolo R.S. (nota 1), doc. 3, p. 5; doc. 21, p. 58. S. Felicitas super
Flacci XI secolo R.S. (nota 1), doc. 21, p. 59. S. Laurentius in Catacumba in Tiburtino X secolo R.S. (nota 1), doc. 3, p. 6. S. Maria in Cellanova XI secolo R.S. (nota 1), doc. 10, p. 24;
doc. 15, p. 42;, doc. 21, p. 60. S. Maria in Surrisco in territorio Albanense X- XII secolo R.S.
(nota 1), doc. 3, p. 6; doc. 216, p. 253; doc. 21, p. 60; doc. 203, p. 245, doc. 183, p. 224. S. Maria
in Gallicano XI-XII secolo R.S. (nota 1), doc. 199, p. 240; doc. 183, p. 224. S. Nycolaus in
Falconiano X secolo R.S., doc. 9, p. 18; doc. 17, p. 47. S. Paulus in territorio Marsicano XI
secolo R.S. (nota 1), doc. 21, p. 58. S. Scolastica in Macellum Roma XI secolo R.S. (nota
1), doc. 10, p. 25; doc. 15, p. 43; doc. 21, p. 60. S. Sebastianus fuori le mura di Tivoli XI secolo R.S. (nota 1), doc. 21, p. 59; R.S. (nota 1), doc. 10, p. 24; R.S. (nota 1), doc. 15, p. 42.
13. R.S. (nota 1), doc. 3, p. 5.
14. R.S. (nota 1), doc. 151, p. 199.

PAOLO ROSATI
cune erano demandate alla gestione delle attività produttive molitorie di un centro cittadino, altre al controllo di rendite fondiarie vinarie, alcune di quelle olearie o sementariciae, altre ancora erano polifunzionali.
Esempio produttivo di cella sublacense è S. Barbara detta anche S.
Barbara e Anastasio a Tivoli, citata continuamente tra il 936 e il 1051
con le seguenti modalità 15: dalla citazione semplice del 936 si passa
alla menzione del 965, quando vengono assegnate alla cella delle vigne. Due anni dopo, nel 967 negli elenchi di proprietà non sono più
presenti le vigne, donate o vendute, mentre al loro posto troviamo alcune mole ad acqua. S. Barbara ne possiede tre in questo periodo,
tutte a Tivoli 16, senza menzione di ulteriori possessi fondiari.Tra 967
e 968 la cella di Santa Barbara opera un’attività di molitura delle rendite fondiarie tiburtine sicuramente non sublacensi. Questa operazione porta evidenti benefici e rendite sicure se già l’anno successivo, nel 968, S. Barbara detiene nuove rendite fondiarie e vinarie, oltre alle mole ad acqua. Dal 973, affiancata alla molitura, vi sono rendite da fondi vinari, oleari e vari appezzamenti di orti, tutti in territorio tiburtino, potenziati poi nel 997 a prati e pascoli. Nel 1005 troviamo possedimenti intatti rispetto agli anni precedenti, potenziati
da abitazioni e cantine nella città, fuori le mura S. Barbara doveva
gestire alcuni casali e terreni ad incolto detti silva. Nel 1015 Santa
Barbara detiene la rendita della chiesa di S. Sebastiano in desertis posita, mentre nel 1051 possiede oltre a tutti i beni sopracitati, palmataria ovvero coltivazioni di sussidio alla produzione di vino.
L’aumento esponenziale delle rendite e la messa a frutto delle
mole ad acqua testimoniano l’imponente lavoro di rendicontazione,
investimento e utilizzo del felice posizionamento topografico della
15. In ordine cronologico R.S. (nota 1), doc. 17; p. 48; doc. 166, p. 212; doc. 3, p. 6; doc.
12, p. 28; doc. 14, p. 35; doc. 13, p. 32; doc. 15, p. 42; doc. 21, p. 59; doc. 183, p. 224; mentre per
i documenti pseudoepigrafici abbiamo menzione in Nicolò I R.S. (nota 1), doc. 7, p. 15, e probabilmente il documento di riepilogo dei beni assegnati a S. Barbara da papa LeoneVII, R.S.
(nota 1), doc. 45, p. 86, che dall’analisi delle citazoni sembra piuttosto essere un riepilogo di
seconda metà XI secolo con data posta all’origine della proprietà sublacense della cella.
16. « Intra civitate autem tiberim cellam vocabulo sancte barbare cum omnibus sui pertinentibus intus et foris et aquimolium ex integro extra porta datum firmiter per predictum e caloleo. et alias duo aquimola in loco qui vocatur trullo sicut omnimodo sepe nominato venerabili monasterio per suas moniminas competunt.» R.S. (nota 1), doc. 3, p. 6.
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO DEI SS. SCOLASTICA

cella 17 con proprietà, oliveto, vigne e la chiesa di S. Sebastiano positae presso l’accesso principale dell’antico emporio del Tempio di
Ercole Vincaetore, Porta Oscura 18.
Altre peculiarità delle strutture riferibili a celle le troviamo nella
suddetta citazione di S. Erasmo nel 997: « Et infra huius alme rome .
Confirmamus uobis cellam sancti herasmi qui ponitur in cilio montis . Cum domibus, cella vinaria et fenile . cum ortuis . et uineis. circa
se . Cum arboribus oliuarum . et diuersa genera arborea pomarum .
Cum (2) ceteris uineis . et * casalibus . scilicet pratum qui ponitiur
foris ponte salario . et casale qui ponitur a quarto . et alio casale qui
uocatur quinto » 19.
Viene elencato ogni bene presente nella struttura o nelle sue prossime vicinanze, tra cui la citazione particolare di fienile, la cantina vinaria, orti, vigne, frutteti e oliveti intorno alla cella. Sembra quindi
che vengano definiti beni della cella i possedimenti in cui i monaci
di sant’Erasmo hanno pieno accesso o gestione diretta.
Allo sfruttamento delle attività molitorie di mandra, nel 967 20
viene anche detta la cella di S. Lorenzo ad Catacumba presso Subiaco, sempre fuori dai territori delle Terre Immuni.
Altre funzioni delle cellae monastiche sono state riscontrate per S.
Maria di Sorrisco. Nella donazione di S. Gregorio, certamente pseudoepigrafica ma riferibile a una tradizione molto vicina alla realtà di XI
secolo, vengono donate la chiesa di S. Donato presso il lago di Fogliano (Lt), una torre vicina ai laghi, coloni e colone, la cella oggi santuario di S. Maria della Soresca di Sabaudia ed ogni terra fino al mare. S.
Donato e S. Maria sono oggetto di altre donazioni nel Regesto 21. Il
sistema lagunare perimarino 22 e il suo controllo dovevano essere par17. « Iuxta eiusdem episcopio intro civitam tiburtina »: R.S. (nota 1), doc. 17; p. 48; « iuxta uia publica »: R.S. (nota 1), doc. 15, p. 42.
18. Informazioni desumibili nelle citazioni di S. Barbara: R.S. (nota 1), doc. 15, p. 42;
R.S. (nota 1), doc. 21, p. 59.
19. R.S. (nota 1), doc. 13, p. 32.
20. R.S. (nota 1), doc. 3, p. 6.
21. In ordine cronologico S. Donatus: R.S. (nota 1), doc. 51, p. 90. S. Maria: R.S. (nota
1), doc. 216, p. 253; doc. 3, p. 6; doc. 203, p. 245; doc. 21, p. 60; doc. 183, p. 224.
22. « Et confirmo cartulam quam fecit tertullus patricius de tusculana . et de lacu (3) fuliano cum ecclesia sancti donati . et cum turre . cum colonis et colonabus suis . et sancta maria in surriscu usque in mare » R.S. (nota 1), doc. 216, p. 253.

PAOLO ROSATI
ticolarmente utili al Monastero Sublacense per la posizione geografica di questi possedimenti. La grande laguna univa senza discontinuità
il promontorio di Anzio al Circeo, permetteva di navigare per un lungo tratto in acque calme, al coperto dalle dune della lunga spiaggia
Pontina.Affacciati sulla laguna di Fogliano S. Donato, la torre e S. Maria in Surrisco, dovevano controllare il traffico di cabotaggio di navi in
continuo passaggio tra Roma e il Sud Italia e viceversa. Possiamo dedurre data la vicinanza alle acque del lago che la cella di S. Maria dovesse possedere un proprio sbocco a mare con utilizzo principale per
pesca in laguna e tramite il Porto canale romano di Paola 23 un approdo marino utilizzato per il controllo del traffico di cabotaggio.
UTILIZZO DELLE INFRASTRUTTURE
Dalla cartografia di supporto al contributo si può notare come
l’area geografica dell’espansione altomedievale dei possedimenti ecclesiastici del Monastero Sublacense abbia come epicentro la media
Valle dell’Aniene. Gestendo il dato geografico in base alla densità
della rete di dipendenze ecclesiastiche sublacensi si nota una graduale rarefazione delle attestazioni allontanandosi dalla Valle Sublacense
propriamente detta, con un secondo grado di diffusione verso i Monti Tiburtini Prenestini e Roma, ed una terza fascia comprensiva di
dipendenze sui colli albani e il litorale Tirreno.
Privandoci quindi del dato cronologico e mostrando tutte le dipendenze ecclesiastiche appartenute al Monastero di Subiaco tra il IX
e il XII secolo si evincono informazioni provenienti dalla analisi spaziale. Si nota il raggruppamento di queste pertinenze in vari nuclei
costituitisi e disposti secondo le esigenze del Monastero ed oggi interpretabili grazie al GIS, come prossimi agli acquedotti romani ancora in funzione nel medioevo.
Alcuni acquedotti sono attivi nel medioevo nel periodo storico
23. Il porto-canale sembra avere una lunga vita dopo l’età romana, con una ipotizzabile continuità per tutto il medioevo fino al restauro di XVIII secolo. Oltre ai restauri in materiali di varia provenienza presenti presso la chiusa, il falso diploma di Gregorio Magno, riferibile ad una situazione di XI secolo, dopo S. Maria in surrisco cita infatti uno sbocco diretto dalla laguna al Tirreno, usque in mare.
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO DEI SS. SCOLASTICA

indagato, rimessi in efficienza nel IX secolo con un poderoso restauro
da Papa Adriano I 24.
È aperto il dibattito sulla fine dell’utilizzo delle infrastrutture dell’Aqua Claudia/Anio Novus nel medioevo (Fig. 9). Marcelli e Mun-
Fig. 9 - Controllo del percorso dell’Acquedotto Claudio/Anio Novus
da parte delle dipendenze ecclesiastiche di Subiaco.
zi riportano come si tende a pensare generalmente la fine della forma Claudia nell’XI secolo. Si spinge più avanti con la ricerca Giorgia Maria Annoscia 25 che da analisi di fonti storiche documentarie
propone l’utilizzo della forma Claudia almeno fino al 1217 26.
24. In particolare è decisamente interessante il passo nella biografia di Adriano I, nel quale viene riportata la notizia del restauro dell’Acquedotto Claudio: L. DUCHESNE, Le Liber
Pontificalis, texte, introdution et commentaire, vol. I, Paris, 1886, pp. 504-505. Sul restauro
e l’utilizzo degli acquedotti in epoca medievale cfr. M. MARCELLI - M. MUNZI, Roma medievale e l’acqua, in I giganti dell’acqua, a cura di S. LA PERA - R. TURCHETTI, Roma,
2007, pp. 35-48. In particolare da p. 41 vi è una interessante trattazione sull’utilizzo degli acquedotto Claudio almeno fino all’XI secolo.
25. G. ANNOSCIA, Fonti e strutture per la conoscenza del sistema idrico di Roma nel
Medioevo, Roma, 2007.
26. ANNOSCIA 2007 (nota 25), p. 139. Secondo l’Annoscia l’Aqua Claudia dovette af-

PAOLO ROSATI
In piena continuità con le fonti ritrovate dall’Annoscia si pone il
Magister Gregorius nel suo narratio de Mirabilia urbis Roma, fonte
datata alla fine del XII secolo in cui il magister dice di vedere dal Palatino il ramo celimontano dell’acquedotto e come « da sorgenti
montane scorre in città un fiume di acqua » 27.
Aperto alla ricerca è anche il tema della gestione dell’acquedotto
Claudio. Se nella seconda metà del XIV secolo, la normativa scritta
in materia di acqua menziona come la cura degli acquedotti e delle
acque sia di competenza comunale 28, nel Regesto Sublacense leggiamo una interessante fonte scritta datata 1051 in cui Papa Leone IX
conferma i beni all’abbazia e dice: « sub obtentu summi Iudicis . et
auctoritate Beati Petri apostolorum principis per priuilegium sancte
romane sedis confirmamus et corroboramus uobis... aquam in integrum [-15-] cum forma antiqua que ducit aquam de flumine . et pergit ad plebem sancti laurentii et ex ea forma omnino contradicimus
aquam tolle[ndi] uel diriua[ndi] . nisi quantum sufficit ad usum ortorum et baptisterii . In his aquis nullus presumat molendinum ponere . nisi consensu abbatis et fratrum ipsius monasterii quicumque
aliter fecerit duodecim libras auri componat medietatem nostro palatio medietatem ipsi monasterio » 29.
È tramite questo documento che veniamo a conoscenza dell’utifluire in città in forma ridotta almeno fino alla costruzione della fontana della Navicella antistante S.Tommaso in Formis con annesso monastero-ospedale sotto Onorio III. Mentre
l’ultima menzione del suddetto acquedotto è del 1217 in ANNOSCIA 2007 (nota 25), p. 140;
Tabella II. p. 71, n° 43;Appendice con schede Storico - Documentarie: p. 200, n° 43.
27. MARCELLI-MUNZI 2007 (nota 24). p. 45, n. 85.
28. In particolare questa materia di legislazione viene potenziata nel 1363. Come scrivono Marcelli e Munzi, con l’incremento delle opere infrastrutturali del canale dell’Acqua
Marrana: « tutela manutenzione e cura degli acquedotti è di competenza comunale anche
se nei secoli successivi, risulta oggetto di contenzioso tra autorità capitolina, che ribadisce
nelle successive redazioni degli statuti le normative emanate, e quella pontificia che conferma
con successive bolle a partire dal 1399, la pertinenza dell’Acqua Marrana al Capitolo Lateranense, vietando espressamente a chiunque di imporvi oneri e tasse »: MARCELLI - MUNZI 2007 (nota 24). p. 47. Per il tema della gestione delle acque di Roma nel XIV secolo e la
loro legislazione, indicato anche in MARCELLI - MUNZI 2007 (nota 24). p. 47, n. 98: R. MOTTA, Il canale della Marrana o Acqua Mariana, in Gli acquedotti Claudio e Aniene Nuovo:
nell’area della banca d’Italia inVia Tuscolana, a cura di D. MINICIOLI - G. PISANI SARTORIO,
Roma 2001. pp. 100-101.
29. R. S. (nota 1), doc. 21, p. 56, rr. 4-10.
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO DEI SS. SCOLASTICA

lizzo in epoca medievale della forma antiqua che conduceva l’acqua
del fiume Aniene a partire da Subiaco a Roma (baptisteria) seguendo quello che nell’antichità è il tracciato dell’Anio Novus. L’acquedotto di quella che nei documenti medievali romani viene detta forma Claudia, ebbe per secoli la principale captazione nel lacus superior sublacense, sulle cui sponde era sorto il Monastero dei S.S. Scolastica e Benedetto e dovette scorrere in città sul tracciato dell’Anio
Novus, almeno in un primo tratto 30.
Il medesimo passo testimonia come Leone IX diede in concessione l’intero percorso dell’acquedotto Claudio/Anio Novus al monastero sublacense, confermando di fatto un processo di colonizzazione dei tratti aerei dell’Anio Novus, che S.S. Scolastica e Benedetto compie in maniera sistematica dal 926 31. L’occupazione dei fondi nei pressi dell’acquedotto avvenne sia all’interno di Roma e suburbio 32, che nella campagna romana dove ecclesiae, monasteria e
cellae, ma anche castella, roccae e turres vengono acquisiti e fondati
proprio in prossimità dei tratti aerei dell’Anio Novus (Fig. 1).
30. Non era d’altronde facile nel medioevo distinguere i due collettori, dal momento
che a Roma e nel Suburbio corrono sulle medesime infrastrutture. La forma Lateranensis
continuò a funzionare con l’utilizzo delle acque dell’Anio Novus. Questo è dimostrato archeologicamente dai ben noti restauri, individuati da Thomas Ashby, presso via del Mandrione che chiudono lo speco dell’Aqua Claudia e consentirono all’Anio Novus di scorrere ancora alimentando la forma Lateranensis. Citando testualmente Ashby (TH.ASHBY, The
aqueducts of ancient Rome, Oxford, 1935): « The still later work in Vicolo del Mandrione
must rapresent a last attempt to keep Anio Novus running, so that the forma lateranensis
should not fail » p. 16; p. 239, fig. 24 « rapresentig a moment when the task of supplyng the
city had been transferred from the Claudia, now blocked, to the Anio Novus; for the Claudia originally supplied the forma Lateranensis» p. 16, n. 3. Per le stesse citazioni in italiano:
TH.ASHBY, Gli acquedotti dell’antica Roma, Roma. 1991. p. 32 e p. 32, n. 47.
31. Data della nuova fondazione e restituzione dei beni posseduti dal cenobio prima
della distruzione Saracena.
32. Come giustamente riconosciuto da Rossella Motta nel 2001, che intuisce come a
Roma l’abbazia di Subiaco concentra le sue proprietà lungo le infrastrutture dell’acquedotto Claudio/Anio Novus: « La concentrazione dei possedimenti dell’abazia di Subiaco
sembra quasi seguire la linea dell’Acquedotto Claudio: dal ramo neroniano, fino a Porta
Maggiore, si spinge nel territorio più lontano lungo la via Labicana o meglio tra la via Latina e la pubblica Albanese a quattro cinque miglia dalla città »: R. MOTTA, La decadenza
degli acquedotti Claudio e Marcio ed il Riuso delle loro strutture dalla fine del mondo antico al XIX secolo, in MINICIOLI-PISANI SARTORIO 2001 (nota 28).

PAOLO ROSATI
Dalla captazione, alla distribuzione, da S.S. Scolastica e Benedetto a S. Erasmo alla metà dell’XI secolo, l’intero percorso dell’acquedotto è controllato in maniera seriale da dipendenze sublacensi.
Da recenti ricognizioni nei pressi di Gallicano, è stato notato come l’intero settore idrico, proprietà di Subiaco giovò di copiosi restauri medievali. Presso Ponte Lupo, nel cui speco scorreva l’Aqua
Marcia, alcuni archi sono stati restaurati nel medioevo con opere edilizie e materiale provenienti direttamente da Subiaco: travertino spugnoso giallo detto localmente ‘cardellino’, proveniente da cave nei
pressi del monastero (Fig.10). Del tutto simili agli interventi medie-
Fig. 10 - Interventi di restauro con pietra di cava sublacense, cardellino,
presso Ponte Lupo, nel settore idrico di Gallicano.
vali fatti nellaValle Sublacense al ramo dell’Anio Novus sotto il paese di Anticoli Corrado, sembrano essere invece i restauri medievali
presso il ponte Scalino di Gallicano, su cui scorrevano verso Roma
sia l’Aqua Claudia che l’Anio Novus.
Nei secoli presi in analisi il Monastero controllava da vicino anche dipendenze nei pressi delle sorgenti della forma Antoniana, presso il “pantanello” dell’antica Gabii e le captazioni della Tepula presso Marino e Grotta Ferrata, sui Colli Albani. Disposizioni di rendite
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO DEI SS. SCOLASTICA

e fondi anche in questi casi non sembrano essere affatto casuali, le due
condotte citate sono anch’esse elencate tra i restauri del Pontefice
Adriano I ed attive nel medioevo.
Inoltre la disposizione dell’intero nucleo di possedimenti Immuni del Monastero nella media Valle dell’Aniene si estendeva lungo il
corso dell’Acquedotto Anio Novus, collettore che partiva dal Lacus
Superior di S. Scolastica si dirigeva a Roma 33. Del tutto simile è
l’operazione che si riscontra per le sorgenti dell’Aqua Claudia e per
l’Aqua Marcia le cui captazioni sono rispettivamente nella pianura del
castello di Agosta e in quella controllata da Arsoli e Marano. L’Aqua
Marcia in particolare fu in attività almeno fino alla fine del X secolo ed ha captazioni attive fino alla metà dell’XI secolo 34.
NOTE CONCLUSIVE
Celle, ecclesiae e monasteria si distinguono nelle strutture e nelle
definizioni patrimoniali. La lettura cartografica dello sviluppo territoriale permette di individuare nei secoli XI e XII nuclei di possedimenti sublacensi presso Subiaco, Tivoli e Gallicano, dove vennero a
formarsi gruppi di dipendenze composti da: una cella, un monasterium e almeno una ecclesia.Tale modello di gestione dei patrimoni fu
sperimentata e si ritrova a Roma già nella prima metà del XI secolo.
Questo differenzia l’utilizzo da parte della casa madre delle tre tipologie di possedimenti ecclesiastici e mostra come le ecclesiae vennero utilizzate per i servizi di cura animarum dei coloni presenti nei
fondi sublacensi.Tra il X e l’inizio dell’XI il loro acquisto o ricezione da donazioni e privilegi, segnala la presenza di avamposti Subla33. S. Laurentius ad Aquas altas, passava Riarco, Campo d’Arco a Subiaco diretto verso
la Media valle dell’Aniene dove correndo sempre sulla sponda sinistra dell’Aniene giungeva presso Agosta a S. Felicita poi proseguiva per Marano, Anticoli Corrado e poi attraversando i Ruffi e la Valle del Giovenzano riemergeva nella Valle di Empiglione l’antica Massa Apollonia. A quel punto traforava i monti tiburtini, riemergeva presso Gallicano, Passerano, si affiancava alla via Latina e infine giungeva a Roma passando Porta Maggiore, per
poi dirigersi a nord della Basilica Lateranense alle pendici palatine attraversando tutto il al
Celio.
34. In particolare i documenti che ne testimoniano la continuità sono in R.S. (nota 1),
docc. 10, 15, 21.

PAOLO ROSATI
censi all’interno di territorio laziale e romano in profonda trasformazione. Le cellae, rette da un priore o una governatrice, furono
fondate dai monaci e sono direttamente legate al lavoro e alla trasformazione dei beni agricoli per la produzione di generi alimentari complessi (molitura, panificazione, vinificazione), dalle materie prime raccolte nei fondi. I monasteria, sviluppatisi dal potenziamento di
ecclesiae posti in posizione preminente o strategica, dovevano avere
la funzione di connessione con la casa madre, oltre alla gestione per
S.S. Scolastica e Benedetto delle rendite fondiarie e della forza lavoro impiegata nei fundi e nelle cellae.
Gli studi storici, topografici e archeologici evidenziano inoltre il
fatto che l’acqua in uso a Roma nel quartiere ecclesiastico Lateranense fu captata dei grandi laghi neroniani sublacensi dall’Anio Novus. Con portata sempre più esigua, questo avvenne almeno fino all’inizio del XIV secolo, quando un evento definitivo ed irrimediabile colpì Subiaco nel 1305 con il cedimento delle dighe neroniane e
la conseguente distruzione della captazione principale del collettore
dell’Anio Novus 35. Durante i secoli indagati il Monastero cercò di
dislocare i propri possessi presso il corso degli acquedotti ancora in
funzione con oltre all’Anio Novus questo accadde anche per, l’Antoniniana, la Tepula e la Marcia.
Il cenobio sublacense fu dunque in grado di organizzare modelli
di controllo e sviluppo del territorio, cercò di garantire la sua esistenza e la sua ricchezza attraverso i secoli grazie al forte controllo detenuto sul suo Territorio Immune, posto a diretta difesa e occupazione delle preziose fonti Aniensi.
Il controllo delle valli del medio corso dell’Aniene e la loro fortificazione così serrata, con questi dati andrebbe riletta e tarata aggiungendo alle informazioni raccolte negli anni, l’importanza di
queste ultime proposte. Bisognerà analizzare il ruolo di ciascuna fortificazione nell’osservazione degli archi dell’Anio Novus. La ricerca
futura dovrà interrogarsi sul peso che ebbe la vicinanza delle captazioni dell’Aqua Marcia sulla scelta dei siti per la costruzione dei ca-
35. Sul cedimento delle due dighe neroniane di Subiaco e la conseguente l’inondazione della valle dell’Aniene nell’inverno 1305 vedi: P. D. CHERUBINO MIRZIO DA TREVIRI,
Cronaca Sublacense, Roma, 1885, pp. 363-364.
CELLE E DIPENDENZE DEL MONASTERO DEI SS. SCOLASTICA

stelli di Arsoli, Marano, Anticoli, Roviano e rocche afferenti; sulla
predominanza strategica del castello di Agosta sulla Fonte d’Augusto
e sulle piscine limarie, sorgenti dell’Aqua Claudia; sulla precoce fondazione del castello di Subiaco, in posizione dominante rispetto alle
infrastrutture idriche da cui scaturiva l’acqua dell’Anio Novus. Andrà considerato inoltre quale enorme danno avrebbe causato alla città di Roma e alla Campagna Romana l’interruzione degli acquedotti durante operazioni belliche sui confini orientali delle Terre Immuni Sublacensi 36, se questi fossero stati privi della serrata difesa dalle roccae e dei castella Sublacensi 37.
Se le ipotesi qui presentate potranno in futuro essere rafforzate
non vi sarà dubbio sull’alacre operosità, sulla portata della conoscenza, della tecnica, delle abilità di gestione delle risorse naturali fondiarie e idriche dei monaci di Subiaco: monaci che con le loro capacità gestionali, il loro studio e lavoro, garantirono la sopravvivenza
del proprio monastero e delle loro dipendenze al fine e con l’onere
di assicurare alla Città Eterna un flusso d’acqua potabile continuo
per duecentocinquanta anni (metà X - inizio XIV).
36. Che corrispondono ad un lungo tratto di frontiera del patrimonium sancti petri
con i regni del Sud.
37. L’elenco dei beni e degli attraversamenti a Roma dell’acquedotto o forma claudia
presso fondazioni ecclesiastiche sublacensi o vicine ad esso è il seguente: S. Erasmus in Coelio Monte in Roma XI secolo R.S. (nota 1), doc. 10, p. 24; doc. 15, p. 43; doc. 21, p. 60; doc.
104, p. 150. S.Theodorus in Roma, ad Portam Maiorem, X secolo R.S. (nota 1), doc. 12, p.
29; doc. 15, p. 43; R.S. (nota 1), doc. 27, p. 67. Ss. Cosma et Damianus Roma, oratorium iuxta forma Claudia X secolo R.S. (nota 1), doc. 114, p. 161.